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La piccola gente

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PRESENTAZIONE IN CATALOGO

PRESENTAZIONE IN CATALOGO

La maturità di Ballarini

G

iuseppe Ballarini, pittore a Pesaro, ha avuto l’intelligenza di uscire allo scoperto con le sue

opere nella piena maturità. È ancora vivo lo stupore suscitato dalla prima mostra con una

indimenticabile “Via Crucis”, nel segno della più schietta religiosità.

La critica fu unanime nel giudicare Ballarini un autentico pittore.

Seguirono altre mostre, in Italia e all’estero, con sempre maggiori consensi. Tra i tanti, il più caro

al Ballarini resta quello di Alessandro Gallucci, un autentico maestro di quella scuola pittorica

pesarese del novecento ancora tutta da scoprire e da sistemare criticamente.

Inserito in questo filone il Ballarini può rappresentare una continuità ideale della scuola pesarese,

dividendo il campo con altri pochi nomi riconducibili ad analoghe esperienze pittoriche e di

cultura.

Sotto le spoglie di una grammatica elementare e di un declinante piccolo mondo provinciale, in

realtà la pittura di Ballarini nasconde un fitto retroterra culturale, teso nella sperimentazione di

nuove tecniche e di nuove espressioni.

Le mostre succedute hanno puntualmente registrato questa ricerca.

Della prima “Via Crucis” si è detto. Seguì una pittura di annotazioni marginali sugli uomini e

sulle cose della periferia pesarese, colte in rarefatte atmosfere di bianche luci iridescenti. Ci fu chi

volle leggervi precisi riferimenti letterari, in particolare certe poesie di Marino Moretti, che ha nel

sangue precise ascendenze pesaresi.

Nel proseguio della sua ricerca indirizzata verso un’umanità sofferente ed emarginata, Ballarini

si è incontrato con il mondo degli zingari. Ne è venuta fuori una mostra rilucente di colori, vivace

e sapiente l’uso dei rossi, sovrabbondante di figure colte nella esuberante vitalità, ma con negli

occhi la fatale tristezza che accompagna i nomadi.

E siamo al quarto tempo della pittura di Ballarini. Tre anni di lavoro, una settantina di quadri.

La mostra si apre con un omaggio ad Alessandro Gallucci. È qualcosa di più del riconoscimento

di un discepolato ideale. Vuole essere un tentativo di lettura di quelle “marine”, che tanta parte

hanno nella pittura gallucciana.

Il mare è parte del paesaggio pesarese e anche Ballarini tenta la sua interpretazione, confessando

candidamente che è molto difficile rendere il mare in pittura. Lo si capisce per i colori sfuggenti

dell’Adriatico, tra il verde e l’azzurro in un’altalena da caleidoscopio.

Poi Ballarini torna sul retroterra che non ha mai dimenticato.

Lo percorre attraverso il fitto reticolo delle strade bianche di campagna, alla scoperta di paesaggi

che sono il volto di una terra.

Le finestre che si aprono su questi paesaggi sono un tenue diaframma, che separa ancora il piacere

della scoperta dalla autentica partecipazione.

Ballarini, infine, ritrova in questi paesaggi l’umanità che predilige: i fanciulli, le vecchiette, i personaggi

di paese. Dalle finestre, diventate quadri, Ballarini ci ridona il piacere di ritrovare un

mondo ancora vivo nel quieto paesaggio tra l’Adriatico e l’Appennino.

H

o rivisto “Peppe” Ballarini dopo trent’anni di assenza dalla nostra città, l’ho incontrato

in occasione della sua ultima mostra tenuta al Palazzo Ducale di Pesaro nel novembre

‘79 e mi è ancora vivo lo stupore per averlo lasciato agrimensore e ritrovato affermato pittore.

Osservando i suoi dipinti profusi di giuochi luminosi “dei più accorti” ho capito che ama teneramente

la sua terra, i luoghi di meditazione, i suoi colori. Il vincolo che lo tiene legato a Pesaro

ha origini ancestrali; il suo modo di vedere e sentire la natura è amore per le cose quotidiane e

semplici che, rappresentate sulla tela, riescono a comunicare emozioni cariche di luminoso cromatismo

e di genuina ispirazione artistica.

Il suo disegno lindo e inciso, ha completezza di costruzione, acutezza di analisi e di sintesi,

caratteristiche queste che lo qualificano come un pittore che sa esprimere un suo linguaggio. Nei

suoi dipinti ha fermato le emozioni, cogliendo il significato più profondo svelandone le semplici

ispirazioni. Ballarini riesce a riaffermare unitamente ai perduti valori di un tempo la riscoperta di

nuove sensazioni traducendoli con un linguaggio aderente alla realtà delle “cose”.

“Peppe” Ballarini trovandosi solo con se stesso, ha riscoperto le campagne da tempo dimenticate,

le verdi marine autunnali, le vecchie imbarcazioni sulla battigia, oppure i naufraghi tronchi

depositati dal mare sulle nostre spiaggie; le tranquille vecchiette di Novilara o i giuochi dei bambini

di un tempo a noi lontano.

Le sue inquadrature dell’entroterra pesarese rispecchiano la sua autentica condizione di pittore

vissuto in spontaneità, anche se qualche sua marina o paesaggio cantano di colore più sognato

che realistico. L’acutezza cromatico-disegnativa e la esattezza descrittiva dei suoi dipinti rappresentano

il desiderio e volontà di definizione del valore pittorico che per Ballarini è costante ricerca

di cogliere nella natura tutto ciò che è di reale.

La sua pittura ha un sapiente uso di caldi colori che conferiscono alle inquadrature una forza

fantasiosa di toni di valida espressione estetica e di rigorosa coerenza espressiva.

Con la pittura Ballarini ha riscoperto la sua autenticità di uomo non estraneo alle alienazioni

del nostro tempo, ma dimostrandosi capace di possedere profondi valori umani e pittorici quali

la bellezza e l’armonia.

Fano, Novembre 1980 Athos Tombari

Pesaro, Novembre 1979 Nando Cecini

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