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ARTICOLO
to la dimessa mitologia del suo universo paesano, ma quando la travolgente passione per gli zingari
per il loro vivere sfrontato e nomade si quietò, gli rimase per un po’, sotterranea e dolorosa la
paura di aver perduto la capacità di sognare e per qualche tempo si identificò forse in quel grande
guerriero riverso e ferito con le mani abbarbicate alla terra quasi a riacquistare coscienza di una
realtà e di una verità abbandonate per inseguire le forme seducenti e splendide dell’immaginario:
visione calda di sole, confortata dal contatto solitario e silenzioso con la terra viva e accogliente e
a dimostrazione di una nuova maturità artistica conquistata, trova con l’andamento obliquo delle
pennellate una stesura più lieve, quasi inconsistente che offre al volume della figura distesa
l’espressione dinamica. Con “il Guerriero” Ballarini forse si stacca dalla preoccupazione del raccontare,
per raggiungere con un’intuizione più sottile e trasfigurante (pur nella perdurante coscienza
figurativa) la ricreazione di un’immagine compiuta in se stessa anche se lacunosa rispetto alle apparenze
naturali.
Nel suo lungo e solitario cammino artistico Giuseppe Ballarini si affiancò per qualche anno
all’ormai anziano pittore pesarese Alessandro Gallucci che gli fu unico confidente, amico e maestro;
a lui non si sottraeva per fastidio o per distrazione, con lui non recitava socievolezza, per lui
la porta della soffitta sui tetti di via Manzoni era sempre aperta; a lui Ballarini confidava con
autentico abbandono ed incondizionata fiducia emozioni e progetti, confessava incertezze e limiti,
registrava maturazioni e progressi.
Ora che ha la barba tutta bianca, Giuseppe Ballarini vuole, forse ricordando cari e lunghi
discorsi fatti con Gallucci, dipingere grandi quadri che sappiano “raccontare” non più aneddoti,
luoghi e personaggi, ma le emozioni, i riflessi interiori, i palpiti, le folgorazioni, le malinconie che
ha accumulato in tanto tempo di silenzio: e sarà certamente la luce a diventare base espressiva
della sua pittura, non in quanto rappresentata, ma come principio generatore ed operante: quella
luce in trasparenza, già protagonista indiretta di tante sue opere, che rende diafani e timbrati i
colori, che sospende come a mezz’aria i confini delle forme, che permette il sovrapporsi dei toni
diversi, come velature.
Periodico Pesaro-Urbino, Febbraio 1987 Ivana Baldassarri
Ballarini e l’ottocento ritrovato
S
e uno si affida al sentimento, il tempo passato è più facile ritrovarlo. E come un intreccio di
venti, il contrasto in noi stessi ci fa variare tra memorie diverse. E così lo stile gli vien dietro.
Ognuno si accorge che c’è un Ballarini dei piccoli quadri, ritratti critici, umoristici, di personaggi
e d’atmosfera, vedutine e scenette deliziose del quotidiano, agrodolci o solo patetiche: gli
sposi, la coppia in vacanza, le anziane, i marinai, le donne appoggiate al muro, il curato e la perpetua,
donne, ombrelli e mutande nel vento e così via. Vi domina un azzurrino e verde ma
soprattutto un personale rosa o rosso-rosa.
E proprio per contrasto vien fuori l’altro che è in una dimensione più lontana e più grande e
perciò meno critica, più storica ma colma di significati. Talora ottocentesca, quasi preraffaellita, o
neogotica nel guerriero caduto in una terra erbosa e solitaria e definitiva, soprattutto di aria
romantica, come con evidenza nel violinista, tra cupi cipressi e un biancore di scena o nelle
sequenze degli zingari, specie donne con volti scuri, gonne verdi e bianche, fuochi e cavalli, passi
di danza o come la zingara sporca o morata e nuda in un cielo rosa, o la bella giovane triste e
amorosa, immersa nella malinconia del paesaggio, quasi un segno di una libertà illusoria, amara e
dolorosa.
Proprio perché è una ricerca nel tempo sentimentale, c’è una pittura rupestre e la ricerca del
simbolo, come nella grande barca di legno, spezzata alla riva del mare, con l’onda che la penetra
e la sommerge, o nella tempesta di mare sulla scogliera dove regge l'urto un capanno di pescatori.
Ma lo stesso simbolo è nei grandi quadri di querce di variate colorazioni, con le vecchie che guardano
bianche lenzuola ad asciugarsi nei prati, una grande natura per piccole cose. Le diverse e
contrastanti suggestioni di Ballarini, si uniscono così tra uomini e natura, tra il piccolo e il grande,
il prossimo e il distante. Questo dialogo in contrasto non ha bisogno di una definizione: è
come se per dipingere abbia bisogno di un’altalena. O anche di ascoltare più voci e alternandole
ritrovare un nuovo sentimento. Il piacere buono di dipingere e di vivere. Un sentimento da
vedersi con gli occhi, con colori grandeggianti, tumultuanti o un piccolo alone d’oro.
Periodico Pesaro-Urbino, Marzo 1988 Mario Omiccioli
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