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Ernst Theodor Amadeus Hoffmann - Racconti

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annebbiato e morto. Cercavi, cercavi di nuovo e balbettavi,

sillabavi a fatica, mentre le fredde, incomprensive frasi degli

amici entravano a spegnere l'interna fiamma, simili a soffio di

vento gelato, finché essa non si spegneva. Ma se tu avessi

invece, così come opera un avveduto pittore, dato inizio al tuo

lavoro con pochi tocchi, tracciando l'abbozzo della tua

immagine interiore, allora saresti poi venuto apportando alla

scena sempre più vivi e caldi colori, con fatica non pesante, e la

vivente folla delle multiformi molteplici figure avrebbe

trascinato gli amici, che, come te, avrebbero visto se stessi in

mezzo a quella scena, scaturita dal tuo sentimento.

Nessuno (a te, benevolo lettore, devo confessarlo) mi ha

chiesto fino ad ora la storia dello studente Natanaele, ma tu sai

bene che io faccio parte di quella strana razza degli autori, ai

quali, quando essi portino in sé qualcosa di simile a quello che

prima ho descritto, nasce nell'animo la convinzione che

ognuno, anzi il mondo intero, chieda loro, avvicinandosi: "Ma

di che cosa si tratta dunque? Raccontateci tutto, carissimo!".

Qualcosa mi spingeva dunque con violenza a raccontarti la vita

dello studente Natanaele, che si svolse sotto il peso del destino.

Quello che in essa vi fu di fantastico, di straordinario, riempì

tutta la mia anima, ma appunto per questo e perché dovevo

subito renderti, o lettore, disposto ad ascoltare e a sopportare

una storia che ha dell'insolito, mi tormentai per trovare alla

storia di Natanaele un inizio significativo, originale, captatore

di attenzione.

"C'era una volta...": l'inizio più bello di ogni favola era troppo

freddo.

"Nella piccola città di provincia di ... viveva...": ecco, questo

era già meglio, almeno dava subito il tono.

Oppure entrare subito "in medias res". "'Ma vada al diavolo!'

gridò, mentre ira e terrore gli davano un aspetto selvaggio, lo

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