La rivista istituzionale del Soccorso Alpino e Speleologico - n. 82, ottobre 2023

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Le prime forme di turismo montano risalgono alle motivazioni di scoperta scientifica risalenti alla seconda metà del ‘700 dove il lock-down aveva colpito duramente milioni di famiglie, l’idea dell’aria pulita, la speranza di evitare il grande affollamento del mare e delle città d’arte, nella consapevolezza del fatto che in montagna la densità delle persone è per sua natura inferiore, stanti gli spazi di outdoor che ognuno può decidere di occupare, hanno spinto a preferire la vacanza in destinazioni di montagna, avvicinando così alle terre alte molte persone che, in assenza di questa particolare situazione, forse avrebbero continuato a rivolgere altrove i propri interessi turistici. A seguito della successiva graduale normalizzazione della pandemia e della riduzione delle misure di contenimento, culminate il 31 marzo 2022 con il termine in Italia dello stato di emergenza, il turismo montano ha ripreso le proprie dinamiche in una situazione di “normalità”, con la riapertura di tutte le attività e dei servizi che ne sono propri. Qualcosa, però, è nel frattempo cambiata, soprattutto dal lato della domanda: le statistiche delle ultime estati segnalano la presenza di numeri crescenti di turisti in montagna, talvolta con problemi di accesso e di sovraffollamento nei luoghi dove si concentrano masse inattese di visitatori. Anche la montagna ha così iniziato a soffrire il fenomeno dell’overtourism, magari solo nei cosiddetti hot spot, ossia in quei micro-luoghi dove, per le loro particolari caratteristiche (si pensi, ad esempio, a un piccolo lago o a un panorama mozzafiato sulle cime), si concentrano centinaia o migliaia di visitatori, giusto il tempo di un click e di un post sui social media. Ma le statistiche turistiche rilevano anche altri fenomeni, quali un consistente aumento della pratica del ciclismo outdoor, e numeri crescenti di passaggi sugli impianti di risalita per raggiungere i rifugi in quota, dove si ricercano ora menù tipici o, più semplicemente, luoghi insoliti e spettacolari dove stare al sole e consumare 6 APPROFONDIMENTO
merende e aperitivi. E in un’intervista rilasciata a un quotidiano trentino, il gestore di un rifugio storico, situato a poco meno di 2.300 metri di quota, ha recentemente lamentato il fatto che alcuni escursionisti, appreso che non era possibile fare una doccia in rifugio, hanno deciso di ritornare a valle, anziché fermarsi e trascorrere sera e notte in uno dei luoghi più spettacolari delle Dolomiti. E ancora, i dati sul turismo montano parlano di ricerca di esperienze che talvolta contemplano attività adrenaliniche, e un avvicinamento non sempre consapevole e tecnicamente preparato all’ambiente dell’alta montagna e alle sue insidie. Cosa sta succedendo al turismo di montagna? Questa evoluzione è una conseguenza dei cambiamenti delle attitudini e dei comportamenti dei turisti a seguito degli sconvolgimenti degli ultimi anni, o sono gli operatori turistici e gli enti di promozione ad avere indotto questa rivoluzione? Il tema richiede una riflessione, che deve partire dalla storia del turismo montano per capire e interpretare i fenomeni in atto. Possiamo infatti osservare come sia avvenuta una sorta di “evoluzione parallela” fra la società da cui si generava la domanda turistica rivolta alla montagna e le forme di offerta che si sono sviluppate nei territori montani per accogliere e soddisfare masse via via crescenti di “ospiti”. fino a quel momento inesplorate e lontane dagli interessi di chi viveva nelle vicine pianure a nord e a sud delle Alpi. Tale “scoperta” passò velocemente dal lato ovest al lato est, coinvolgendo, nel secolo successivo, le Dolomiti, con il fascino delle loro forme aguzze, delle ghiaie e delle pareti verticali, che attirarono l’interesse degli alpinisti di mezza Europa, dove, nel frattempo, erano sorti i primi Alpine club. La conquista del Monte Pelmo, avvenuta il 19 settembre 1857, segna l’inizio simbolico dell’attività alpinistica nelle Dolomiti, destinata a trasformare la vocazione del territorio, trasformandolo nel “terreno di gioco” degli alpinisti europei, per citare il noto libro di Leslie Stephen del 1871. Non si può ancora parlare, in quegli anni, di “turismo montano” in senso moderno, quanto piuttosto di alpinismo di esplorazione, con piccoli gruppi di persone fortemente motivate e disposte a qualsiasi sacrificio e adattamento pur di raggiungere i propri obiettivi, legati alla conquista di nuove cime e/o all’apertura di nuovi itinerari, che diventavano via via sempre più ambiziosi in termini di difficoltà. La “ruota del turismo” era però partita, nel senso che la diffusione dei disegni, delle descrizioni e delle prime guide cartacee aprì agli occhi di chi abitava le pianure la bellezza e la “diversità” del territorio montano. Ecco allora che Le prime forme di turismo montano risalgono alle motivazioni di scoperta scientifica risalenti alla seconda metà del ‘700, quando ebbe inizio l’epopea dell’alpinismo grazie all’interesse di alcuni ricercatori europei nei confronti delle alte quote (dalla geologia, alla botanica, ai ghiacciai), fino ad allora poco o per nulla studiate. La conquista del Monte Bianco, avvenuta l’8 agosto del 1786, rappresenta il punto di partenza della “scoperta” delle Alpi, rimaste OTTOBRE 2023 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO 7
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