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DOVE FINISCE ROMA - Urban Magazine

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LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 28.02.02 - EURO zero<br />

<strong>DOVE</strong> <strong>FINISCE</strong> <strong>ROMA</strong><br />

VIAGGIO AL TERMINE DELLA CITTÀ<br />

VAMPIRI NELLA NEBBIA<br />

A MILANO, UNA PICCOLA BOTTEGA DEGLI ORRORI<br />

SUBLIMINALMARKET<br />

OCCHI, ORECCHIE, NASO: CHI FA VERAMENTE LA SPESA<br />

istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />

#06<br />

SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MILANO


SOMMARIO|MARZO<br />

08URBAN VOCI:<br />

10 GIOVENTÙ SUBSONICA<br />

13SUBLIMINAL MARKET<br />

16 FATE BINGO ALLA RIUNIONE<br />

18HORRORSHOP<br />

20 SOTTO BOLOGNA, NEW ORLEANS<br />

22 LO SPIRITO DEL GIOCO<br />

26LA CITTÀ NUDA<br />

30 L’ERBA DEL VICINO...<br />

32 KINGSTON, A <strong>ROMA</strong><br />

34FASHION POSTCARD<br />

40 GILBERTI, ARTISTA SOTTILE<br />

43URBAN GUIDA:<br />

77 LIA CELI: 2 TETTE, 1 SEDERE, 12 MESI<br />

URBAN Mensile - Anno 2, Numero 6, 28.02.02<br />

direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />

aldo@urbanmagazine.it<br />

caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />

andrea@urbanmagazine.it<br />

redazione: ISIDE CASU impaginazione<br />

SARA TEDESCHI redattrice<br />

segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />

daria@urbanmagazine.it<br />

MUSICA 44<br />

MEDIA 47<br />

LIBRI 49<br />

FILM 52<br />

general manager: PER TEGELOF<br />

presidente: SIMONA TEGELOF<br />

sales manager Italia: AUGUSTA ASCOLESE<br />

distribution manager: LINDA PISANI<br />

distribution assistant: PAOLA MARTINI<br />

key account: ALBERTO ALLOISIO<br />

ALFONSO PALMIERE<br />

Stampa: CSQ (centro stampa quotidiani),<br />

via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />

Questo numero di <strong>Urban</strong> è stampato<br />

in 300.000 copie<br />

Fotolito: Body&Type,<br />

via San Calocero 22, 20123 Milano<br />

Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01<br />

A Torino, un palazzo con il piercing al naso. A Milano,<br />

sussurri e bisbigli nella Loggia dei Mercanti. La città<br />

nasconde trappole e trucchi. <strong>Urban</strong> va a cercarli.<br />

Il supermercato, il luogo più metropolitano della città,<br />

credete di conoscerlo? Errore! Mentre fate la spesa, i<br />

maghi dell’occulto e della grande distribuzione vi<br />

studiano come insetti. E voi comprate di più. Astuti, eh?<br />

La Piccola bottega degli orrori con il meglio dell’horror<br />

movie. Un miscuglio straordinario di maniaci e motoseghe<br />

sanguinanti, con un pubblico affezionato, conoscitori<br />

colti, aspiranti serial killer. A Milano. <strong>Urban</strong> è andato a<br />

vedere. Mamma mia che paura!<br />

Stalker guarda la città. Stalker cammina. Stalker esplora<br />

gli spazi vuoti, i buchi della geografia urbana,<br />

le zone ai margini. <strong>Urban</strong> si è fatto accompagnare in<br />

un’esplorazione negli interstizi dimenticati di Roma.<br />

Risultato? Un mondo parallelo, pieno di vuoti. E ricco<br />

di storie, di vite, di abitanti umani.<br />

L’Italia che non c’è più. E che forse non c’è mai stata.<br />

L’Italia delle cartoline ritoccate, dei colori saturi, delle<br />

villeggiature anni Cinquanta. Questo mese abbiamo<br />

giocato al collage. Con un’idea: la moda entra ovunque?<br />

Bene! Allora anche qui. Preparate i francobolli!<br />

TEATRO 55<br />

ARTE 57<br />

SHOPPING 59<br />

CLUB 62<br />

Editore: URBAN ITALIA srl<br />

via Tortona 27, 20144 Milano<br />

telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />

urbanitalia@urbanmagazine.it<br />

Per la pubblicità:<br />

URBAN PUBBLICITÀ +39 02 42292141<br />

Distribuzione:<br />

URBAN ITALIA srl, Albatros Milano<br />

Copertina: foto Wolfgang Tillmans, Aufsicht,<br />

green,1999 - courtesy Maureen Paley Interim Art.<br />

Le opere di Tillmans sono in mostra al castello di<br />

Rivoli (To), fino al 5 maggio. Curatore Giorgio<br />

Verzotti, catalogo Charta.<br />

BAR E RISTORANTI:<br />

MILANO 65<br />

<strong>ROMA</strong> 69<br />

BOLOGNA 72<br />

TORINO 74<br />

URBAN 7


illustrazione: Wayne tratto da Scrawl - Booth-Clibborn Edit.<br />

URBAN VOCI<br />

CERCA, RAGAZZO, CERCA<br />

LETTERE<br />

PSYCHIATRIC HELP<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

ti ho trovato e non ti lascio più. Però fammi dire: se<br />

leggo <strong>Urban</strong> la città mi sembra una cosa. Se invece esco<br />

di casa, la città mi sembra un’altra cosa. All’inizio ero<br />

contento, poi mi sono un po’ depresso e mi sono chiesto:<br />

perché non vedo quello che vedono loro? Rispondete,<br />

o pagatemi l’analista!<br />

Francesco, Milano<br />

Caro Francesco, di analista dobbiamo già pagare il nostro<br />

e quindi lascerei perdere. Tu prova a uscire di casa come<br />

fossi a Dublino (o Copenhagen, o Boston, o Parigi, o…)<br />

e non farti depistare dalle cose che sai o credi di sapere.<br />

Cerca il nuovo, in città. E vedrai…<br />

ROSA ROSAE<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

va bene, hai vinto tu. D’ora in poi quando mi venderanno<br />

una rosa al ristorante ci penserò due volte a dire di no.<br />

Il vostro articolo (<strong>Urban</strong> n. 5) mi ha fatto vedere la cosa<br />

sotto un altro aspetto.<br />

Bravi, continuate così.<br />

Carlo, Roma<br />

Spett. <strong>Urban</strong>,<br />

quando cercano di vendermi le rose al ristorante, di solito<br />

dico un no grazie, sforzandomi di essere gentile. Ma che ci<br />

sia gente che addirittura prende in giro il venditore non<br />

potevo immaginarlo.<br />

Se è tutto vero quello che avete scritto, complimenti: in<br />

realtà non è la storia triste di chi vende le rose, ma la storia<br />

(tristissima) di chi tratta male chi le vende.<br />

Stefania Pirri, Milano<br />

Abbiamo selezionato solo due delle numerose lettere arrivate<br />

in redazione a proposito dell’esplorazione di Cristiano<br />

Valli nel magico (?) mondo dei venditori di rose. Per tranquillizzare<br />

Stefania, sì, è tutto vero. Per tranquillizzare gli al-<br />

MARZO 06<br />

Hanno scritto, disegnato,<br />

scattato foto, pensato,<br />

suonato, ballato,<br />

e mangiato con noi<br />

questo mese:<br />

8 URBAN<br />

sandro avanzo<br />

silvia ballestra<br />

eddi berni<br />

luca bernini<br />

gibi<br />

michele calzavara<br />

monia capuccini<br />

christian carosi<br />

barbara casavecchia<br />

antonello catacchio<br />

Non si finisce mai di imparare. Bella frase, eh? Ma se<br />

volete sapere cos’è la ‘sindrome del sedere’ andate<br />

a pagina 13. Non aspettatevi grandi sederi (non siamo<br />

quel tipo di giornale), ma imparerete qualche<br />

trucchetto. Per esempio che uno dei luoghi più urbani<br />

del mondo, il supermarket, custodisce segreti che voi<br />

nemmeno vi immaginate (e, guarda caso, il sedere è il<br />

vostro). E così è per tutta la città, ovvio. Dal piercing di<br />

Torino (qui accanto) agli interstizi di Roma<br />

(esplorazione a pagina 26). Del resto, che siamo qui per<br />

cercare si sa. E infatti cerchiamo. Cerchiamo quello che<br />

nelle nostre vite, e nei posti dove esse scorrono, può<br />

lasciare una traccia, pesante o leggera, un attimo di<br />

divertimento fugace o un’impressione che dura per<br />

sempre. Per questo cerchiamo. Quanto a quello che<br />

tri: sì, continueremo così. Visto che la città l’abbiamo sotto<br />

gli occhi ogni giorno ma resta difficile da vedere?<br />

VERGOGNA PLASTICA<br />

Cari di <strong>Urban</strong>,<br />

sabato sera in un locale storico milanese, il Plastic. 20 euro<br />

di ingresso + 2,50 di guardaroba per avere servizi intasati,<br />

né un pezzo di carta né un asciugatore ad aria per asciugarsi<br />

le mani, cocktail cattivo servito in bicchieri di plastica,<br />

pista grande semi-deserta impraticabile per il fumo (una<br />

vera camera a gas, mi lacrimavano gli occhi), sala privée<br />

inavvicinabile se non per i conoscenti del Giuliano, il doorman,<br />

saletta con musica trash carina ma impraticabile per<br />

l'affollamento (impossibile ballare, anche se poteva essere<br />

molto divertente). Un quadro desolante. Sicuramente tanti<br />

lia celi<br />

stefano centonze<br />

cesare cicardini<br />

lucrezia cippittelli<br />

selvaggia conti<br />

michela crociani<br />

paul de cellar<br />

micol de pas<br />

deborah di leo<br />

guido fuà<br />

carlo frassoldati<br />

roberto giallo<br />

gabriella giandelli<br />

daniela iraci<br />

stacey lamble<br />

cristina lattuada<br />

fabio lebo<br />

alessandro lisi<br />

carlo longo<br />

paolo madeddu<br />

illustrazione: Annalisa Pagetti<br />

troviamo, beh, vedete voi. Un antro dell’orrore a Milano,<br />

dove i fanatici dello splatter e della motosega recitano<br />

se stessi fino alla caricatura, o il gioco etico dove vince<br />

anche chi perde se si comporta bene. Stranezze? Mica<br />

tanto: c’è gente (tanta) che le fa e che le consuma, che<br />

forse trova in queste passioni materiale per la propria<br />

personale ricerca. Noi raccontiamo tutto questo. Curiosi<br />

come scimmie e con la pretesa di cogliere le sfumature<br />

che altri non vedono, non guardano, o che passano via<br />

per fretta e distrazione. <strong>Urban</strong> è questo, alla fine: una<br />

piccola avventura che diventa un po’ più grande in<br />

questo numero, che conta otto pagine in più. Come si<br />

dice, altro giro altra corsa. Buona lettura.<br />

locali riescono comunque a vivere di rendita sulla<br />

fama acquisita, però io con i miei amici stranieri in visita<br />

a Milano mi sono un po' vergognato.<br />

Saluti<br />

Francesco Letti, Milano<br />

VOGLIO SPOSARLA!<br />

Ehi, <strong>Urban</strong>!<br />

Affranto e stremato da donne noiose e poco inclini all’ironia,<br />

vorrei sposare la vostra Lia Celi, l’unica che mi abbia<br />

fatto ridere negli ultimi tempi. Che ne dite, accetterà?<br />

Come posso contattarla?<br />

Dario, Roma<br />

Caro Dario, come sai le migliori sono già prese: Lia Celi ci<br />

risulta già sposata, felicemente e con prole. Ma non si sa<br />

mai, magari non sei geloso… Se vuoi scriverle, comunque,<br />

indirizza qui: anche noi vogliamo farci due risate!<br />

COME VI VENGONO?<br />

Spett. direttore di <strong>Urban</strong>,<br />

non scrivo mai ai giornali, ma questa volta non posso trattenermi.<br />

Strepitoso, geniale, il servizio di moda con i<br />

pupazzi di cera! Perché nel mondo della moda si prendono<br />

tutti tremendamente sul serio? E come fate voi a sghignazzarci<br />

su alla grande? Ma come vi vengono certe idee?<br />

Grandi!<br />

Lucia Massi, Bologna<br />

Già, come ci vengono? Boh!<br />

A.R.<br />

Ancora una volta: scrivete lettere brevi, sennò le renderemo<br />

brevi noi con le forbici. L’indirizzo è sempre quello:<br />

URBAN, via Tortona 27 - 20144 MILANO.<br />

Se siete elettronici usate la mail:<br />

redazione@urbanmagazine.it. Se usate il fax, dite al<br />

vostro dito di fare il numero 02-47716084<br />

emmanuel mathez<br />

luca merli<br />

vittorio montieri<br />

alberto mori<br />

mariacarla ottaiano<br />

annalisa pagetti<br />

peppe palazzolo<br />

silvia palombi<br />

lorenza pignatti<br />

cecilia rinaldini<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

susanna scafuri<br />

andrea scarpa<br />

p.d. sfornelli<br />

beatrice tartarone<br />

d.p. tesei<br />

sara totale<br />

foto: Michele Calzavara<br />

IL CITOFONO, NEL 1200<br />

A Milano, la bellissima<br />

Loggia dei Mercanti mantiene<br />

un segreto vecchio di secoli<br />

spifferandolo a tutti quelli<br />

che passano. Toglietevi una<br />

soddisfazione: parlate<br />

al muro: qualcuno sentirà<br />

quello che dite<br />

Parlare a un muro, di solito, è un’attività inutile.<br />

Ma parlare a un pilastro? Magari rivolti verso un angolo di<br />

una volta qualsiasi di Loggia dei Mercanti, a Milano, bisbigliando<br />

qualcosa al ghiandone e al serizzo, cioè quarzo,<br />

ortoclasio, biotite, plagioclasio, anfibolo… in poche<br />

parole alla roccia, quella dei pilastri di cui sopra?<br />

In questo caso è diverso, qui la voce viaggia tra gli angoli<br />

opposti di ogni crociera, e scavalca l’eventuale orecchio<br />

indiscreto in pallonetto o palombella, a seconda dello<br />

sport o del regista preferiti.<br />

In una curiosa combinazione di geometria e porosità del<br />

materiale, sembra di vederla quest’onda sonora che arriva<br />

all’ortoclasio, poi rimbalza alla biotite che la rimpalla<br />

all’anfibolo e di sponda al plagioclasio che rifinisce in verticale<br />

fino all’orecchio attento all’angolo opposto della<br />

volta. Ed è come ascoltare un citofono medievale nascosto.<br />

La loggia è del 1228, il Broletto nuovo della Milano<br />

medievale, per oltre cinque secoli luogo di mercanti di<br />

tutto ma non di cibarie e panni, che stipulavano contratti<br />

e vendevano merce, forse si spifferavano prezzi e clausole.<br />

Imbrogliavano in brolo, se vogliamo fare i linguisti:<br />

BACI RUBATI<br />

A Torino, un palazzo si è fatto il<br />

piercing. Per ricordarci che la<br />

comunicazione cominciò con le<br />

pitture rupestri. Sesto anniversario<br />

Era il 28 marzo 1996. A Torino. L’anno successivo la<br />

città sarebbe stata percorsa dal grande flusso dei giovani<br />

artisti dell’Europa e del Mediterraneo. Per salutarli<br />

Torino si vestì a festa, e si fece un piercing di 22 chili di<br />

acciaio inossidabile, lucidato e brillantato, a 15 metri da<br />

terra, in piazza Corpus Domini.<br />

Erano i Cliostraat e Corrado Levi a ricordarci che “i primi<br />

segni d’arte e di civiltà sono scalfiture rupestri”, e che<br />

questo anello di 2 metri e passa di diametro infilato nell’angolo<br />

di un vecchio edificio vuole riportare “le lancette<br />

del proprio orologio al momento in cui è cessato il<br />

rapporto tra comunicazione sociale e costruito”.<br />

Perbacco!<br />

Oggi quel rapporto non c’è ancora, rimane forse nei<br />

graffiti urbani, tatuaggi sui muri delle nostre città che,<br />

come il piercing, sono il segno dei corpi viventi su marmi<br />

pietre e cemento, perché anche la città sia un corpo<br />

vivente, come i nostri che la percorrono tutti i giorni.<br />

Baci <strong>Urban</strong>i è il nome di questo piercing, cioè un atto<br />

d’amore, tra humour e amarezza, tra i linguaggi delle<br />

giovani generazioni e le loro città.<br />

<strong>Urban</strong> non c’era ancora in quel del 1996, ma c’è oggi<br />

nel 2002, a festeggiare e salutare il sesto anniversario<br />

di Baci <strong>Urban</strong>i che si avvicina.<br />

Che ne vengano altri. Di baci, e di piercing.<br />

MICHELE CALZAVARA<br />

in milanese la radice è la stessa. Ora è presidio dei<br />

piccioni, impuzzita da un McDonald, ma sempre aperta<br />

per passare un minuto di meraviglia, e parlare a un<br />

muro, attività comunque inutile, ma stavolta il muro<br />

risponde. Provare per credere.<br />

M.C.<br />

URBAN 9<br />

foto: Cesare Cicardini


IL GIOCO<br />

SONICO<br />

VENGONO DA TORINO, ma vanno dappertutto. E intorno a loro<br />

è nato un piccolo culto che li vuole banda ‘di tendenza’.<br />

Loro ci scherzano, ma un po’ ci credono anche. In poche parole,<br />

i Subsonica. Torchiati da <strong>Urban</strong>, of course...<br />

testo: Paolo Madeddu / foto: Luca Merli<br />

10 URBAN<br />

Va bene, forse lasceranno nella società e nel<br />

mondo un po’ meno tracce di quelle lasciate<br />

da altri ragazzini-carini (i Beatles, gli Stones…).<br />

Però, porca miseria, arrivano questi Subsonica<br />

e hanno tutti addosso, occhi e orecchie.<br />

Sarà che il rock italiano ha la sua dimensione<br />

non proprio gigante, ma insomma, c’è un<br />

piccolo culto intorno ai Subsonica, che a <strong>Urban</strong><br />

gli prudevano le mani. Ecco fatto: riuniti per<br />

una chiacchierata, siamo andati a cercare cosa<br />

c’è dietro. Per scoprire che dietro i Subsonica<br />

ci sono i Subsonica. Vedete un po’ voi…<br />

Come si fa nelle interviste vere cominciamo<br />

dal prodotto. Il disco si chiama Amorematico.<br />

Sarebbe a dire?<br />

(Samuel) È un titolo scomponibile in più parti:<br />

1) amore 2) matematico 3) automatico 4) ematico.<br />

L’amore è il calore delle emozioni e dei<br />

sentimenti, la matematica l’aspetto più razionale,<br />

calcolatore. Automatico è sia una reazione inevitabile<br />

che un meccanismo progettato con<br />

cura. Ematico sottolinea la sofferenza, il sangue<br />

che pulsa, le sensazioni provate componendo<br />

questi pezzi.<br />

Molto bello. Ma voi, in copertina, che ci fate<br />

vestiti da astronauti?<br />

(Samuel) L’astronauta è un viaggiatore, uno che<br />

va alla ricerca di qualcosa. Con questo disco<br />

siamo partiti alla ricerca di una parte dei<br />

Subsonica che forse per i troppi impegni avevamo<br />

un po’ perso di vista. Abbiamo fatto una<br />

specie di viaggio introspettivo all’interno dei<br />

Subsonica.<br />

A giudicare dalla foto, siete finiti in un luogo<br />

sfigatissimo. Pare Blair Witch Project...<br />

(Roger Rama, il dj) È un tocco molto piemontese,<br />

anzi, molto Savoia…<br />

(Max) Secondo Samuel il bosco rappresentava<br />

lo spazio interiore…<br />

(Samuel) Beh, il bosco è triste, ma mettici degli<br />

astronauti e diventa divertente…<br />

A proposito di Blair Witch Project, per molti<br />

brani vi siete ispirati alla realtà, tipo i fatti di<br />

Genova e di Novi Ligure. Per le atmosfere<br />

dei brani, invece, vi siete per caso ispirati a<br />

qualche film?<br />

(Samuel) Niente di preciso, anche perché ultimamente<br />

ci siamo andati poco. L’unico film che<br />

ho visto negli ultimi mesi è Jack lo Squartatore<br />

– molto bello.<br />

Molto allegro, anche. A ogni modo, perché<br />

un viaggio all’interno dei Subsonica?<br />

(Max) Sono passati cinque anni da quando ci<br />

siamo messi a giocare… È stata un’avventura<br />

continua: il tempo è volato, perché quando giochi<br />

il tempo vola. E mentre giocavamo, è arrivata<br />

una serie di conferme, abbiamo raggiunto obiettivi<br />

nemmeno sperati, di vendita e di critica…<br />

E vi siete montati la testa.<br />

(Max) No! Ma il gioco si è fatto serio. Ci siamo<br />

sentiti addosso una certa pressione. È venuta<br />

gente a spiegarci i motivi per cui abbiamo venduto<br />

tanti dischi, e come dovevamo fare per<br />

venderne di più... Insomma, per la prima volta<br />

ci siamo sentiti gli occhi addosso. Un clima di<br />

verifica, che ci ha imposto una riflessione. E<br />

un’esplorazione.<br />

E i testi? Non avete paura che qualcuno<br />

venga a chiedervi cos’è esattamente un<br />

deserto retrattile o come nasce l’esigenza di<br />

raschiare la faccia contro il muro?<br />

(Samuel) Guarda, abbiamo un sito frequentato<br />

da 15.000 ingressi la settimana con gente che<br />

ci fa il contropelo… Ogni volta che scriviamo<br />

qualcosa di introspettivo e metaforico dobbiamo<br />

renderne conto.<br />

Non sarà semplice rendere queste atmosfere<br />

dal vivo, ci avete pensato?<br />

(Max) Se intendi dire che non è musica facile<br />

da proporre nei palazzetti o all’aperto, può<br />

essere vero, anche se gruppi come Underworld<br />

e Chemical Brothers riescono a non disperdere<br />

il feeling anche in grandi spazi come i festival.<br />

Certo a noi piace molto l’atmosfera dei club,<br />

ma in città come Torino e Milano andremo nei<br />

palazzetti perché abbiamo un seguito piuttosto<br />

ampio e non vogliamo lasciare fuori nessuno.<br />

Giusto, il cliente ha sempre ragione. In Italia,<br />

storicamente, per i gruppi è più dura. Ma ci<br />

sono anche dei vantaggi?<br />

(Max) In effetti in classifica, ma anche a<br />

Sanremo, gli artisti solisti hanno la precedenza.<br />

(Samuel) Un solista fa meno fatica a farsi rico-<br />

noscere. Per i discografici è più semplice “vendere”<br />

l’immagine di un personaggio solo, che<br />

di cinque musicisti.<br />

(Max) Penso che ai solisti capiti più spesso di<br />

fare compromessi, mentre convincere tutti i<br />

membri di un gruppo è più dura.<br />

Belle parole! A cosa avete detto no?<br />

(Max) Per esempio, dopo aver affrontato Sanremo,<br />

abbiamo detto un no secco al Festivalbar.<br />

Sanremo era accettabile come apertura verso<br />

certi canali, è stata un’operazione molto trasparente<br />

tant’è che l’abbiamo raccontata giorno<br />

per giorno su Internet.<br />

A quel punto, il Festivalbar era solo questione<br />

di passaggi tv.<br />

E poi il Festivalbar è un po’ sputtanato, no?<br />

(Max) Questo sarebbe eccessivo da dire. Però<br />

Sanremo ha di interessante che ci si suona.<br />

Al Festivalbar invece c’è il playback e passa<br />

chiunque, vai e in dieci minuti hai fatto il tuo<br />

videoclip, e non sei costretto a confrontarti con<br />

te stesso e con cantanti che altrimenti non<br />

incontreresti mai come al Festival, che è una<br />

settimana in un mondo parallelo e un po’ alieno<br />

che ti fa riflettere su un sacco di cose.<br />

Certo che frequentando il vostro sito Internet<br />

e conoscendovi, nonché sentendo la vostra<br />

ritmica così vitale, si rimane sorpresi<br />

da certe atmosfere cupe e dai testi, così<br />

sconsolati.<br />

(Samuel) A volte il divertimento – compreso<br />

quello insito nella dance – è un modo di aneste-<br />

tizzare una sorta di malinconia, un po’ di ansia<br />

dovuta a una vita sballottata tra furgone, palchi,<br />

studio di registrazione. Cose che creano una<br />

sorta di squilibrio emotivo.<br />

(Roger Rama) Guarda, io produco brani dance, e<br />

il 99 per cento dei pezzi dance desidera comunicarti<br />

messaggi del calibro di “Salta qui”, “Su le<br />

mani”, “Dammi quello”. Qui hai testi che comunicano<br />

qualcosa della vita. Io, accostatomi ai<br />

Subsonica da esterno, manipolando i loro suoni<br />

per questo cd, mi sono convinto che si tratta di<br />

una band che anche quando fa dance mantiene<br />

la voglia di cantare canzoni, di una melodia –<br />

rifacendosi al pop. Sono un gruppo di ragazzi…<br />

(il gruppo sghignazza)<br />

Ehi! Ci si potrebbe fare una t-shirt!<br />

“Subsonica: un gruppo di ragazzi”.<br />

(Roger Rama) Volevo dire che è un gruppo di<br />

ragazzi che cerca di comunicare emozioni ad<br />

altri ragazzi.<br />

E che a quanto pare fa tendenza – anche i<br />

libri parlano di voi. Diciamocelo, fa figo dire<br />

“ascolto i Subsonica”.<br />

(Max) Non è che “vogliamo” avere un sapore<br />

diverso rispetto a quello che c’è in giro. È che ci<br />

piace pensare che lo abbiamo. Per esempio, c’è<br />

questo romanzo di Carlo Lucarelli dove si parla<br />

di un nostro concerto. Fa piacere, ma non credo<br />

sia perché siamo “trendy”: ci può stare che i<br />

personaggi di un libro si trovino a un nostro<br />

concerto. Ne abbiamo fatti più di 400. Alla fine<br />

c’entra anche il calcolo delle probabilità…<br />

URBAN 11


SUBLIMINALMARKET<br />

ANDATE IN TRE A FARE LA SPESA: tu e i tuoi due occhi. Ma sei sicuro di comprare quello che vuoi tu?<br />

Perché gli occhi vanno dove vogliono? E perchè quando giri il carrello guardi da un’altra parte?<br />

E la ‘sindrome del sedere’? <strong>Urban</strong> vi racconta qualche trucco: il supermarket come non l’avete mai visto<br />

testo: Vittorio Montieri / foto: Emmanuel Mathez<br />

Sei lì che spingi il tuo carrello, quando<br />

l’altoparlante comincia a diffondere le dolci<br />

note di Maria Maria di Santana.<br />

All’improvviso ti viene un’irrefrenabile voglia di<br />

vino e come in trance ti dirigi verso la<br />

bottiglieria per accaparrartene una di quello<br />

buono. Poi il motivo di sottofondo cambia.<br />

C’è Vamos A Bailar di Paola e Chiara.<br />

E adesso che ti prende? La tua uniforme casual,<br />

che è sempre stata la tua seconda pelle, d’un<br />

botto non ti piace più e ti metti a cercare tra le<br />

corsie qualcosa di più modaiolo. Sei rinscemito?<br />

Nient’affatto. È il potere della musica sul<br />

comportamento d’acquisto o, citando la ricerca<br />

dell’Istituto Italiano di Studi Interdisciplinari<br />

dello psicologo Massimo Cicogna, “lo spazio<br />

mentale che nel consumatore occupano certi<br />

messaggi subliminali legati all’ascolto di alcuni<br />

brani”. E noi che pensavamo di essere ormai<br />

vaccinati a tutti i trucchi del ‘trade’ d’ogni<br />

genere e dimensione! Come quando ti fermi<br />

all’autogrill per prendere un caffè e per uscire<br />

devi fare lo slalom tra i salami e i provoloni:<br />

sappiamo come resistere alla tentazione di<br />

ripartire con una caciotta nel bagagliaio. O<br />

quando sei in coda alla cassa, circondato da<br />

tutte le tentazioni ‘last minute’: cioccolatini,<br />

caramelle, lamette, pellicole. Eh, ci vuole ben<br />

altro per intaccare il nostro stoicismo! Abbiamo<br />

perfino imparato che le merci in scadenza sono<br />

quelle davanti e gli ultimi arrivi dietro, e<br />

facciamo abitualmente stretching dentro ai frigo<br />

per raggiungere l’ultimo yogurt della fila.<br />

Insomma, diciamolo: abbiamo messo su un’aria<br />

da ‘noi non ci frega nessuno’. Bella ambizione,<br />

ma mica vero.<br />

In fondo siamo umani, ed è per questo che<br />

lo shopping è diventato l’ultima frontiera<br />

dell’antropologia. Fior di scienziati che ieri<br />

studiavano i popoli dell’Amazzonia e delle<br />

Samoa, ora scrutano i nostri movimenti tra gli<br />

scaffali, ricostruiscono il nostro tragitto dagli<br />

scontrini, e si arrovellano per capire come mai le<br />

zuppe e i dentifrici disposti in ordine alfabetico<br />

vendano il 5 per cento in meno rispetto a quelli<br />

messi alla rinfusa. Addio Tristi Tropici,<br />

addio Margaret Mead. Oggi l’etnologo delle<br />

URBAN 13


tribù metropolitane si chiama Paco Underhill,<br />

fondatore della Envirosell, e per scrivere la sua<br />

Science of Shopping ha visionato qualcosa<br />

come 20.000 ore di filmati ripresi all’interno dei<br />

centri commerciali. E ha scoperto cose come<br />

il ‘cannibalismo asimettrico’, ovvero come un<br />

prodotto può fagocitare l’attenzione di quello<br />

di fianco, ma anche ‘l’area di decompressione’<br />

o ‘il fattore sedere’. Proprio così.<br />

“È stato osservato – spiega Giusi Scandroglio,<br />

della Envirosell Italia - che quando una<br />

consumatrice è piegata per scegliere un<br />

prodotto e si sente sfiorare inavvertitamente da<br />

dietro, desiste dall’acquisto e prosegue oltre.<br />

Dunque bisogna evitare di proporre merci che<br />

necessitano di essere esaminate attentamente in<br />

spazi troppo angusti. L’area di decompressione<br />

è invece la zona d’ingresso di un supermercato,<br />

quella dei primi passi necessari per ambientarsi<br />

14 URBAN<br />

visivamente e psicologicamente all’interno. Qui<br />

non va messo niente, perché tanto non sarebbe<br />

preso in considerazione”. Perché ciò avvenga,<br />

bisogna prima che il battito delle nostre ciglia<br />

rallenti da una media di 32 battiti al minuto fino<br />

a circa la metà.<br />

Dopodiché si comincia. “Di solito con la<br />

frutta e la verdura, che trasmettono<br />

un’immagine di freschezza”, puntualizza Ivano<br />

Schieppati, manager della JDA, azienda leader<br />

nella consulenza per il largo consumo. E si<br />

prosegue “seguendo un percorso il più<br />

possibile dettato dal distributore. Non a caso i<br />

punti caldi o i prodotti di routine come il pane<br />

e lo zucchero sono generalmente posti agli<br />

antipodi”. Nel mezzo, si fa di tutto perché ci<br />

scappi l’acquisto che non era nella lista. Si è<br />

notato ad esempio che quando giriamo il<br />

carrello, come alla fine di un corridoio,<br />

puntualmente dirigiamo lo sguardo nella<br />

direzione opposta. Ed è lì che troveremo le<br />

merci più redditizie per il super, le<br />

promozioni, le ‘private label’. Allo stesso<br />

modo, Schieppati conferma, è stato verificato<br />

che l’altezza ideale per un articolo esposto è<br />

di 15 gradi sotto al livello dell’occhio, e per<br />

quel posto a 130 centimetri da terra si<br />

scatena la guerra dei brand. Lo stesso<br />

principio, in scala ridotta, vale per i dolciumi o<br />

i giocattoli, regolarmente piazzati a misura di<br />

bambino. Buffo, però! Più una cosa è in bella<br />

vista, più i paranoici del consumerismo<br />

possono gridare alla persuasione occulta, più<br />

è evidente più è inconscia e subliminale.<br />

Non è però il caso di fare del vittimismo per la<br />

povera massaia telecomandata. Le vittime<br />

predestinate dell’acquisto d’impulso, fa notare<br />

Schieppati, non sono le casalinghe, che sanno<br />

far di conto e hanno il loro percorso ben<br />

programmato, ma piuttosto i professionisti che<br />

lavorano magari per qualche multinazionale, i<br />

workaholic del marketing e della<br />

comunicazione, insomma la stessa comunità di<br />

pusher del consumismo che, quando consuma,<br />

improvvisa. Per questo dopo le 18 bisogna<br />

assolutamente evitare ‘l’effetto Sarajevo’, ossia<br />

farsi trovare sguarniti da questo trafelato<br />

target di acquirenti che fino a un attimo prima<br />

si è preoccupato di far aumentare i profitti di<br />

qualche marca e adesso paga il dazio.<br />

Ma le strategie commerciali non si fermano a<br />

questi aspetti meccanici. “Nei nuovi<br />

supermercati della Unes” - spiega Alessandro<br />

Mofredini, direttore marketing della catena -<br />

“abbiamo cercato di sedurre la clientela con<br />

un’esperienza estetica, influenzando gli<br />

atteggiamenti attraverso la progettazione,<br />

sviluppando gli aspetti emozionali e semantici<br />

del punto vendita”: tonalità pastello per dare<br />

una sensazione di relax e comfort e attenuare<br />

lo stress della spesa; luci diffuse e ovattate, ma<br />

intense sui prodotti per esaltare i cromatismi<br />

del packaging; design senza spigoli che si<br />

avvicina, in un’ottica new age, alle rotondità<br />

del corpo umano con le sue connotazioni<br />

di accoglienza e benessere; scenografie<br />

dei retrobanchi con fondali tridimensionali<br />

che rappresentano ora un’onda ora un<br />

paesaggio bucolico; e un sistema di<br />

altoparlanti unidirezionali, realizzati dagli studi<br />

di architettura acustica della Bose, in grado<br />

di circoscrivere delle isole sonore con<br />

sottofondi differenziati per i vari reparti, dove,<br />

a seconda della merce, si ascolterà ora il<br />

rumore del mare ora il cinguettio di un uccello.<br />

Basta che compri, amico, ed eccoti la natura<br />

elettronica.<br />

“Sull’impiego dell’aromaterapia – ammette<br />

Mofredini – ci siamo fermati per le difficoltà<br />

tecnologiche nella diffusione degli odori. Ma<br />

già adesso la doratura del pane semilavorato è<br />

in grado di emanare una piacevole fragranza”.<br />

Il pubblico ha gradito. In una ricerca della<br />

Macno condotta dal prof. Abis risulta che i<br />

clienti hanno notato e apprezzato le novità. E<br />

hanno piacevolmente speso. Dal 10 al 20 per<br />

cento in più. Capito il trucco?<br />

<strong>Urban</strong> ringrazia Coop per aver permesso al nostro<br />

fotografo di impazzare per un supermercato<br />

URBAN 15


FATE BINGO!<br />

ALLA RIUNIONE<br />

COME UNA TAVOLA<br />

della tombola. Invece dei<br />

numerini, tutte le scemenze<br />

che sentite dire in ufficio, in<br />

quell’antro della tortura che<br />

è la sala riunioni. Ora basta<br />

con la noia da brain storming!<br />

Ci pensa <strong>Urban</strong>!<br />

16 URBAN<br />

Si sa con sufficiente esattezza quando il<br />

Signore creò le piante, i mari, le creature del cielo<br />

e della terra, l’uomo e la donna. Nessuno sa, però,<br />

come e perché inventò le riunioni, ma doveva<br />

essere una giornataccia. Proprio così: ad ogni<br />

giorno che sorge, migliaia di persone, bestemmiando<br />

e maledicendo il destino, entrano ‘in riunione’.<br />

Riunione di budget, di pianificazione,<br />

brain storming, riunioni creative di pubblicitari,<br />

riunioni della forza vendita, breefing di redazione.<br />

Mettetela come volete, ma la riunione è un<br />

intervallo di tempo sospeso, una nicchia spaziotemporale<br />

in cui si dicono (e si sentono dire)<br />

cose che in situazioni normali nessuno penserebbe<br />

possibili.<br />

Core business? Customer Satisfaction?<br />

Andiamo, la vita vera sta da un’altra parte! Si sa<br />

come finisce: la riunione, alla fine, è il luogo della<br />

vegetazione, del pisolo clandestino (perché<br />

credete che molti ci vadano con gli occhiali da<br />

sole?), della distrazione, dell’origami, dello scarabocchio.<br />

Ma da oggi basta! <strong>Urban</strong> ha raccolto<br />

dalla Grande Rete una delle più grandi invenzioni<br />

dell’homo riunitus (che prima era sapiens, poi si<br />

è arruolato nel terziario avanzato), e la presenta<br />

con orgoglio ai suoi lettori. Il Bingo delle<br />

Cazzate gira in rete ovunque e si accasa di pre-<br />

ferenza negli hard disk di pubblicitari e creativi.<br />

È facile: basta presentarsi alla riunione con la<br />

tavola del Bingo e stare mediamente attenti.<br />

Vince il primo che barra cinque caselle, corrispondenti<br />

ai più terrificanti luoghi comuni dei<br />

briefing. Bingo! Come per magia l’attenzione aumenta,<br />

l’entusiasmo è contagioso. Sentirete frasi<br />

come: “Fantastico! Sono stato in riunione solo<br />

cinque minuti e ho fatto bingo!”. Oppure:<br />

“All’ultimo workshop l’atmosfera era tesa, perché<br />

a 32 di noi mancava solo la quinta parola”.<br />

Insomma, tutta un’altra vita. Ci voleva poco, no?<br />

Non sappiamo, onestamente, chi si è inventato<br />

questo miracoloso Bingo. Qualcuno sospetta<br />

che siano stati i Capi Supremi, stanchi di vedere<br />

gente sbadigliare alle riunioni. C’è chi dice che il<br />

Bingo delle cazzate viene - come il rock’n’roll -<br />

dal basso, cioè da gente stufa di sentir dire<br />

‘competitors’ al posto di ‘concorrenti’.<br />

Ma la sostanza resta: se andrete alle riunioni<br />

con questa pagina di <strong>Urban</strong>, come per incanto<br />

la noia scomparirà, il clima si farà più sereno e<br />

magari (questo non possiamo garantirlo) a lungo<br />

andare si sentiranno un po’ meno cazzate.<br />

Del resto, anche noi, nel nostro piccolo, teniamo<br />

molto alla Costumer Satisfaction. Voilà!


ZOMBIE<br />

HORROR<br />

PICTURE<br />

SHOW<br />

MOTOSEGHE SANGUINANTI, maniaci<br />

omicidi, vampiri, serial killer. E tutti i loro<br />

fanatici estimatori. Una piccola bottega<br />

degli orrori si battezza Bloodbuster e sazia<br />

gli affamati di sangue. Piccolo viaggio tutto<br />

da ridere nelle manie dell’horror-cult.<br />

A Milano. Paura, eh?<br />

18 URBAN<br />

testo: Silvia Ballestra / foto: Cesare Cicardini<br />

Una sera di nebbiolina spettrale, un’insegna<br />

gialla che pulsa nella parte meno frequentata di<br />

via Panfilo Castaldi (al civico 30), a Porta<br />

Venezia, una specie di Barbès milanese. Dice<br />

l’insegna: Bloodbuster, specializzato in “horror,<br />

polizieschi, erotici, arti marziali, mondo movies…<br />

e molto altro che non osavate neanche immaginare!”,<br />

strategicamente piazzato fra la Borsa del<br />

fumetto e la Cineteca di piazza Oberdan, vi<br />

accoglie col suo tesoro di circa mille cassette fra<br />

rare e rarissime. Da un televisore posto in alto<br />

una voce colma d’allarme sta parlando di “una<br />

pietra tombale lunga dodici miglia” e un terzetto<br />

di ventenni si aggira estasiato fra gli scaffali<br />

(il più motivato ha trovato finalmente quel che<br />

cercava sebbene il suo beniamino, un attore<br />

americano di cui non afferro il nome, “è ormai un<br />

pallido ricordo di se stesso, con solo la motosega<br />

stretta in pugno a testimoniare la grandezza<br />

d’un tempo”).<br />

Serie A, da Amytiville Horror a Cronemberg, ma<br />

anche tutto il resto (The Stuff il gelato che uccide?,<br />

Killer Condom, il preservativo che uccide?,<br />

Le notti erotiche dell’uomo invisibile? Pronti!).<br />

Quando ci torno la mattina dopo, nel lettore<br />

video gira un titolo più diurno (Il giorno degli<br />

zombi di Romero, “un capolavoro assoluto”<br />

mormora a ragione un avventore prima di scomparire<br />

sotto una pioggia battente) e allora mi<br />

decido - mano a mano che la colonna sonora<br />

cresce di intensità e le urla si fanno sempre più<br />

raccapriccianti - a mettere sotto torchio i due<br />

giovani ed eroici titolari che lottano coraggiosamente<br />

contro l’assedio degli asfissianti e ignorantissimi<br />

Blockbuster. Intanto i clienti: si dividono,<br />

dicono, in tre categorie - i collezionisti, gli<br />

appassionati di horror e i malati di mente (con<br />

le relative sottocategorie degli spaccamaroni<br />

e dei nichilisti). Più i confusi che si presentano e<br />

chiedono “il film con la mano guantata di nero”<br />

o “quello del supermercato”. Chi invece si è<br />

avvicinato da una prospettiva “colta”, magari<br />

sulla scia di certi discorsi sul trash fatti a metà<br />

degli anni 90 o dopo il successo di Tarantino o<br />

Ed Wood, pare che non abbia retto al peggio<br />

vero, “perché poi il collezionista stesso, quando<br />

si risveglia, ammette che sono solo brutti film,”<br />

ironizzano. L’età non è indicativa, a parte una<br />

preminenza di adolescenti a caccia di usato<br />

horror, e nemmeno la provenienza geografica,<br />

poche donne, molta vendita per corrispondenza.<br />

Interrogati su cinque titoli da consigliare a uno<br />

che voglia incominciare a tuffarsi nell’horror si<br />

schermiscono: “Cinque? Sarebbe impossibile,<br />

sono migliaia!” poi però Daniele qualcosa tira<br />

fuori: La casa dalle finestre che ridono di Pupi<br />

Avati è realmente inquietante, e per quanto<br />

riguarda i maestri, concordano, certamente<br />

bisogna parlare di Fulci e Argento. Dunque gli<br />

italiani? Non c’è dubbio, è stracertificato, Marco<br />

Giusti docet, che l’alveo è qui, nei Settanta nostrani.<br />

A parte i grandissimi che tutti ci invidiano,<br />

i Fulci, gli Argento (“e Scorsese si è laureato con<br />

una tesi su La maschera del demonio di Bava”),<br />

tutti hanno cominciato così, anche gente che poi<br />

è stata risucchiata dalla fiction televisiva come<br />

Michele Soavi o Ruggero Deodato (è suo, ricordano<br />

indignati, quel Cannibal Holocaust ove un<br />

Luca Barbareschi esordiente uccide davvero un<br />

povero maialino). Ed è proprio la tv che ha sterminato<br />

ogni sussulto: “se prima era un vanto<br />

avere il V.M.18, adesso, col passaggio televisivo<br />

come obiettivo, ci si appiattisce e autocensura<br />

dall’inizio, altrimenti non ci si arriva. Con il politically<br />

correct di oggi sarebbe impensabile girare<br />

Non si sevizia un paperino, ti arresterebbero<br />

proprio, eppure tutto questo è stato fatto qui,<br />

mentre siamo costretti ad andare a cercare<br />

le cose italiane in Germania, in Olanda, negli<br />

Stati Uniti. Invece il pubblico esiste e continua a<br />

chiederci tutto Abatantuono”.<br />

Ma cos’è che tiene insieme il cinema d’azione<br />

di Hong Kong con Braindead o Milano odia: la<br />

polizia non può sparare o la Fenech? “È diverso<br />

da qualunque altra cosa che vedi di solito”,<br />

rispondono con grande semplicità.<br />

Poi, prima che si tuffino in un pacco appena<br />

consegnato contenente fra l’altro L’assistente<br />

sociale tutta pepe tutta sale, riesco a strappare<br />

a Daniele un’ultima risposta: fra tutti quei cimiteri,<br />

motel, case, paludi, boschi, qual è, alla fine,<br />

la location prediletta? “ Il corpo umano”, mi<br />

dice. Che domande!<br />

URBAN 19


DI GIORNO STIMATI PROFESSIONISTI, di notte virtuosi del jazz.<br />

Da cinquant’anni, ogni venerdì, c’è una cantina di Bologna<br />

che sembra un angolo di New Orleans. Amici, ospiti, vino e cibarie.<br />

Ma soprattutto musica da big band. E buonanotte ai suonatori...<br />

DR. JEKYLL<br />

& MR. SWING<br />

testo: Peppe Palazzolo / foto: Emmanuel Mathez<br />

20 URBAN<br />

Era il 1952, il 16 aprile per l’esattezza, quando<br />

un gruppo di ragazzi stregati dal jazz portato<br />

dagli yankee nel ’45, ottennero un’esibizione<br />

al Modernissimo di Piazza Re Enzo (oggi cinema<br />

Arcobaleno). Portavano il nome di<br />

Magistratus Jazz Band, perché tutti iscritti<br />

all’università e l’ateneo più vecchio del mondo<br />

non aveva l’orchestra. Terminati gli studi, quei<br />

ragazzi divennero “legittimamente” i Dr. Dixie<br />

Jazz Band perché finirono tutti per essere<br />

medici, commercialisti, avvocati, notai e a praticare<br />

con successo la libera professione.<br />

Ognuno il suo strumento del mestiere, insomma,<br />

ma senza abbandonare gli strumenti del<br />

piacere, lucidissimi ottoni, sax, trombe, xilofono,<br />

questo per dire che sembra di sentirli.<br />

Da allora quei dottori vissero due vite, da Dr.<br />

Jekyll a Mr. Hyde ma con la musica per pozione.<br />

Dopo un paio di cantine dove darsi appuntamento<br />

per le prove del venerdì, da trent’anni<br />

il quartier generale dei Dr. Dixie ha trovato<br />

dimora in uno scantinato di via Cesare Battisti<br />

(al civico 7/b, pieno centro storico), dove sempre<br />

di venerdì i “dottori” si incontrano e continuano<br />

a suonare davanti agli amici e ai maniaci dello<br />

swing d’una volta. Ovviamente tutto è gratuito,<br />

anzi, agli ospiti non mancano mai vino e affettati,<br />

attaccati con ferocia tra una reprise e l’altra, tra<br />

un a solo e una fuga del trombone.<br />

I dottori pagano per tutti. I Dr. Dixie hanno<br />

ravvivato Bologna quando era tra le capitali<br />

europee del jazz, negli anni ’60 e ’70, e continuano<br />

tenacemente anche quando il jazz si è<br />

spostato nei teatri o nei palazzetti, o si è assopito<br />

in un consumo colto e museale. Qui no.<br />

E così oggi la cantina è un’istantanea del tempo<br />

che fu, della Bologna sotterranea di mattoni<br />

rossi, delle volte a crociera con le pareti fitte di<br />

locandine d’epoca (con preziose rarità).<br />

C’è persino un vecchio flipper americano<br />

detentore di sfide lontane. Lì sotto, insomma,<br />

affiora una città che in superficie non esiste più<br />

e che osanna la memoria. Ma occhio a farne<br />

una questione di nostalgia, perché per fare lo<br />

swing da grande orchestra serve fiato e buone<br />

orecchie. Loro ne hanno e dunque...<br />

Mezzo secolo dopo, con nell’aria il profumo<br />

dell’anniversario, della formazione originaria<br />

sono rimasti in tre: Nardo Giardina, e Gherardo<br />

Canaglia e Luciano Scudellari (tutti e tre ginecologi,<br />

e bando alle battutacce da caserma!).<br />

Il resto della band (Checco Coniglio, Franco<br />

Franchini e Zeno Odorizzi) si è aggiunto dal<br />

’56 al ’58 o più avanti, anche se oggi, con<br />

qualche “giovane” in più, sul palchetto suonano<br />

in quattordici, una folla.<br />

Nelle innumerevoli session si possono contare<br />

centinaia di ospiti o ex militanti dello swing,<br />

perché quei venerdì dai Dr. Dixie, divennero<br />

per molti più che un focolare, e tanto per dire<br />

di come quella cantina sia diventata un centro<br />

seminascosto ma pulsante di Bologna, vi forniamo<br />

un piccole indice dei nomi.<br />

Quelli, insomma, che di lì ci passano, partecipano,<br />

suonano, giocano, danno una mano.<br />

Roba (anche) da vip: Lucio Dalla, Piero<br />

Angela, Johnny Dorelli, Teo Ciavarella, Renzo<br />

Arbore, Paolo Conte e Pupi Avati (che negli<br />

anni ’70 si ispirò proprio a loro per la serie<br />

televisiva Jazz Band).<br />

Oggi qualcuno cerca imperterrito i geni<br />

che allungano la vita. Chissà mai! Li trovasse<br />

(magari!), si tenga libero il venerdì sera.<br />

A Bologna. In mancanza di geni, pazienza:<br />

il vecchio jazz dei V-disc (quelli con la copertina<br />

in carta da pacco che arrivavano diritti con<br />

gli americani), come elisir di giovinezza funziona<br />

sempre. E se non sono stanchi loro dopo<br />

cinquant’anni...


22 URBAN<br />

SI CHIAMA ULTIMATE, ma potete<br />

chiamarlo come avete sempre<br />

fatto: frisbee. Solo che qui ci<br />

sono le squadre e il campionato.<br />

Ma attenti: quel che conta è<br />

“lo spirito del gioco”, per cui<br />

vince anche chi perde. Possibile?<br />

Possibile sì: un’utopia che si<br />

gioca. E attenti alla capoccia<br />

Credevate che per essere “frisbisti” bastasse<br />

lanciare un disco di plastica al parco? Non<br />

avete ancora visto un torneo di Ultimate, la<br />

disciplina sportiva che trasforma un semplice<br />

gesto del polso in una pratica di gruppo.<br />

Sono passati decenni, da quando un pasticcere<br />

americano, visto che i suoi clienti buttavano<br />

via le torte per utilizzarne i vassoi, decise<br />

di produrre in serie l’oggetto volante più<br />

semplice del mondo. Da allora l’ufo di plastica<br />

con il quale, prima o poi, tutti hanno avuto un<br />

incontro ravvicinato, ne ha sfiorate, di teste!<br />

I suoi sostenitori, nel frattempo, si sono dati<br />

da fare, e stufi di passarselo, più o meno<br />

acrobaticamente, ci hanno costruito sopra un<br />

gioco. All’inizio, forse, tutto assomigliava più<br />

a un “torello”, dove spetta a chi sta in mezzo<br />

intercettare i lanci degli avversari.<br />

Poi ci si è organizzati meglio per imbastire<br />

vere e proprie partitelle. Oggi il regolamento<br />

è ben definito, c’è una federazione nazionale<br />

(www.ultimate.it), migliaia di appassionati e<br />

un campionato mondiale, che l’anno prossimo<br />

si svolgerà alle Hawaii. Siete ancora in tempo<br />

per buttarvi nella mischia e sperare, chi può<br />

dire, in una convocazione per le isole di<br />

Magnum PI. Non si sa mai.<br />

Voglia di correre e di stare in compagnia.<br />

Oltre a un frisbee (ovvio) serve questo. E poi<br />

tanta dedizione. Perché, anche se non ci credete,<br />

per lanciare il disco a un vostro compagno<br />

– debitamente smarcato – senza farlo cadere<br />

(il frisbee, non il compagno!), ci vogliono anni<br />

di pratica. E un fisichino bello scattante, disposto<br />

a buttarsi verso prese apparentemente<br />

irraggiungibili, di quelle che strappano gli<br />

applausi. Filosofia dell’impossibile, superare i<br />

propri limiti, e per un istante, sospesi a mezz’aria<br />

in una posa plastica, convincersi di non<br />

essere così sovrappeso. Poco importa se tutto<br />

si conclude con un rovinoso tuffo nel fango.<br />

Ciò che conta è l’intenzione e il rispetto di<br />

poche e semplici regole. Si corre su un campo<br />

d’erba ampio come quello da rugby (e qui entra<br />

in gioco il fiato).<br />

Sette contro sette, passaggi solo al volo.<br />

Se il disco cade, tocca agli altri attaccare. Non<br />

si può camminare con il frisbee in mano, ma<br />

bisogna fermarsi e cercare qualcuno, bello<br />

smarcato, pronto a riceverlo. Fa punto la<br />

squadra che riesce a recapitare il disco nelle<br />

mani del compagno che si trova in area di<br />

meta. Il gioco, praticamente, non si ferma<br />

un istante. Quando attacchi, corri<br />

per liberarti di chi ti cura, se difendi<br />

è esattamente l’inverso: devi<br />

stare attaccato al tuo uomo e,<br />

quando ha il freesby in mano,<br />

“chiudere” un lato del campo<br />

per ridurgli la visuale.<br />

Spetta a lui trovare qualcuno<br />

cui passarlo<br />

entro 10 secondi. Se poi<br />

riesci anche a intercettare<br />

un lancio, stai entrando in<br />

partita. Un mix tra la pallacanestro<br />

(piede perno,<br />

passaggi veloci e smarcature<br />

rapide) e il football americano<br />

(lanci lunghi, ma nessun<br />

placcaggio). Con una particolarità:<br />

non c’è un arbitro, ma un’au-<br />

toregolamentazione<br />

da far invidia al<br />

gioco delle biglie. In caso<br />

di contestazioni, si discute, e<br />

mal che vada si riprendere il gioco in modo<br />

da simulare cosa sarebbe più probabilmente<br />

accaduto se non fosse stato commesso il fallo.<br />

Provate a immaginarvelo nel campionato di<br />

calcio e vedreste scorrere il sangue…<br />

Il contatto fisico (intenzionale) è vietato e l’agonismo<br />

non deve mai prevalere sul rispetto<br />

reciproco e la correttezza. Frisbisti uguale<br />

pacifisti? Non è detto, ma di sicuro sono<br />

devoti a un’entità astratta che altri sport non<br />

hanno, o hanno dimenticato.<br />

Il “credo” per entrare a far parte della banda<br />

si chiama Spirito del gioco. Non ci sono<br />

idoli o templi dove cercarlo. Il rituale è ripetuto<br />

costantemente durante i tornei, quando gli<br />

adepti, provenienti da ogni dove, si incontrano<br />

per celebrare il rito del lancio iniziale. Alla fine<br />

non è importante chi vince. Addirittura esiste<br />

un apposito premio per la squadra che si è<br />

distinta nell’interpretare con devozione la filosofia<br />

dello Spirito. Simpatia, allegria, alta<br />

spettacolarità delle azioni, anche a discapito<br />

del risultato, sono gli elementi per diventarne<br />

il sacerdote di turno. Chi perde non è mai<br />

sbeffeggiato. Anzi, è buona regola cantare<br />

una canzoncina tutti abbracciati alla fine della<br />

gara, sporchi e felici.<br />

Pronti a un bella bevuta di birra che regolarmente<br />

segue (talvolta però si sovrappone) alla<br />

fase più sportiva dell’attività.<br />

Pochi pazzi frikkettoni? Neanche a dirlo. In<br />

un periodo di impoverimento spirituale (così<br />

almeno dice qualcuno), la ricerca dello Spirito<br />

del gioco sembra conquistare persone di tutte<br />

le età, sesso, professione e convinzione poli-<br />

VOLA, LO SPIRITO!<br />

testo: Christian Carosi<br />

foto: Emmanuel Mathez<br />

tica. Così mi assicura Crive, uno degli storici<br />

praticanti in forza ai SalutamiAntonio di<br />

Cernusco sul Naviglio. Sono andato a trovarlo<br />

durante un meeting di preparazione delle<br />

nuove leve provenienti da tutta Italia, da<br />

Bergamo a Torre dell’Orso. Saranno loro a<br />

diffondere il verbo lungo tutta la penisola e<br />

un giorno potranno sfidare le squadre più<br />

titolate: i Cotarica e le Tequila Bum Bum di<br />

Bologna, i Bradipi di Cesena, i Voladora<br />

di Parma. Peccato non ci siano più i Discarica<br />

di Pero, che si allenavano nonostante le pessime<br />

condizioni ambientali. Guardo i nuovi<br />

apostoli del disco volante. Non hanno ancora<br />

la sicurezza dei loro maestri e tantomeno le<br />

t-shirt d’appartenenza, ma tanta voglia di<br />

scagliare in aria progetti finalizzati alla meta.<br />

Uno mi sfiora l’orecchio, accompagnato dall’urlo<br />

d’avvertimento…Uuuuup! Chi lo conosce<br />

abbassa istintivamente la testa, gli altri<br />

stanno a guardare.<br />

URBAN 23


LA CITTÀ NUDA<br />

La città ha le sue zone morte. Spicchi di di vuoto, interstizi, margini. È in questi spazi che si muove Stalker,<br />

laboratorio d’arte urbana. Esplorano, cercano, vedono quello che normalmente non si vede. <strong>Urban</strong> li ha<br />

seguiti: ma che Roma è mai questa? Stupori, sorprese e orizzonti di una transumanza cittadina. Strabiliante<br />

testo: Barbara Casavecchia / foto: Stalker<br />

26 URBAN<br />

Roma la pensi sempre piena di gente, chiese,<br />

mercatini, palazzi, ingorghi, cupole, pellegrini,<br />

auto blu e turisti, come una massa densa da<br />

sostanza radioattiva. Invece, come un atomo,<br />

è piena di vuoti invisibili: oasi murate, aree<br />

dismesse, squat. Lacune che durano anni o<br />

poche ore, che non trovi senza una guida, come<br />

La Zona di un vecchio film di Tarkovsky,<br />

custodita dagli Stalker. La citazione è d’obbligo,<br />

visto che Stalker – un Laboratorio d’Arte <strong>Urban</strong>a<br />

attivo a Roma dal ’95 (e in rete:<br />

www.stalkerlab.it) – ha deciso di chiamarsi così<br />

per quel film. Cresciuto all’ombra della Pantera,<br />

l’imprendibile felino a zonzo per l’Agro romano<br />

eletto mascotte dal movimento studentesco,<br />

Stalker ha iniziato occupando i Lungotevere,<br />

esplorando i dintorni del Raccordo Anulare,<br />

attraversando le “amnesie urbane”, i vuoti che<br />

danno un senso ai pieni della città. Terre di<br />

nessuno nascoste all’occhio. Insomma, Stalker<br />

si è dato alla “transurbanza”. Perché stalker in<br />

inglese è chi segue di nascosto, un maniaco<br />

camminatore, un vagabondo che non guarda il<br />

territorio dall’alto, sulle mappe a volo d’uccello<br />

o di satellite, ma lo sperimenta in orizzontale, a<br />

piedi, inciampando in persone, pozzanghere,<br />

filo spinato, cani da guardia.<br />

Così quest’intervista diventa viaggio, gita,<br />

esplorazione, verso Campo Boario.<br />

L’appuntamento è sotto<br />

al Ponte dell’Industria, davanti al Barcone (la<br />

Tribuna Tevere dove ogni domenica un migliaio di<br />

persone vede la partita sul megaschermo). “Per<br />

capire il Campo bisogna vedere cosa c’è attorno<br />

e come cambia. Insieme al Mattatoio, è la punta<br />

di un cuneo che va dal mare a Testaccio, un<br />

cuneo ancora vuoto perché, paradossalmente, ci<br />

sono troppi progetti in ballo”, mi dicono. Come<br />

no. Andiamo.<br />

Lungotevere dei Papareschi. Pista ciclabile:<br />

“Di questa striscia di cemento siamo un po’<br />

TRANSURBANI<br />

Il Laboratorio d’Arte<br />

<strong>Urban</strong>a Stalker è un<br />

soggetto collettivo: artisti<br />

e architetti che scrutano<br />

le aree di margine e i<br />

vuoti urbani in via di<br />

trasformazione. Attivo a<br />

Roma dal 1995, Stalker<br />

ha effettuato alcune azioni<br />

di ‘transurbanza’<br />

attraversando a piedi<br />

le zone interstiziali di<br />

Roma, Milano, Torino,<br />

Parigi, Berlino e Miami.<br />

Dal maggio del 1999<br />

occupa, insieme alla<br />

comunità kurda di Roma,<br />

l'edificio del presidio<br />

veterinario del Campo<br />

Boario (ex Mattatoio),<br />

ribattezzato Ararat: una<br />

nuova forma di spazio<br />

pubblico contemporaneo<br />

fondata sull’accoglienza e<br />

l’ospitalità. Per vederli in<br />

rete: www.stalkerlab.it<br />

URBAN 27


esponsabili. Qui nel ’93 c’erano ortiche alte<br />

due metri: le abbiamo spianate col machete,<br />

steso tapparelle come passatoie e inventato un<br />

parco spontaneo, Vivilerive. L’anno dopo è<br />

diventato Al-Quantara, un percorso lungo un<br />

chilometro tra installazioni, sculture, video, un<br />

bar, un teatro, una spiaggetta, le baracche degli<br />

immigrati algerini. Sono venuti artisti, architetti,<br />

studenti, politici, e tanta gente del quartiere,<br />

che alla fine si è ripresa il lungofiume”. Sull’altra<br />

riva intanto, scorrono i Magazzini Generali,<br />

i gazometri, i due parallelepipedi giallo-rossi<br />

dell’Acea.<br />

Risaliamo davanti al Multisala della Paramount<br />

Universal, foderato di metallo ondulato.<br />

È appena finito ma - porca miseria - più Anni<br />

Ottanta di Mister Fantasy. “È il vecchio<br />

Consorzio Agrario. La cosa demenziale è che<br />

usano il Lungotevere come retro, per il<br />

parcheggio”. Dietro l’angolo scopriamo un<br />

Royal Bingo (bingo!), una fontana di epica<br />

bruttezza, una piazzetta blindata con ristoranti<br />

in costruzione. Dietrofront.<br />

Scendiamo le scale del Teatro India, che nel ’99<br />

Mario Martone ha portato dentro l’ex Miralanza,<br />

dove una volta si faceva sapone con gli scarti<br />

del Mattatoio. Alle spalle un altro cantiere, con<br />

la betoniera che romba e una gru. “Un nuovo<br />

parcheggio”, spiega la guardia che ci rispedisce<br />

indietro. Dietrofront di nuovo: hai voglia a<br />

esplorare, a transumare. Qui c’è una non-Roma<br />

che è come nascosta. Via di nuovo. Tra via<br />

Pacinotti e la ferrovia, gli Ex Mulini Biondi tirati<br />

a lucido. Dietro le facciate in mattoni chiari<br />

dall’aplomb britannico, appartamenti, loft e<br />

negozi deluxe, ancora vuoti.<br />

Attraversiamo il Ponte dell’Industria, il primo<br />

in ferro di tutta Roma. A metà c’è una matassa<br />

di lana rossa ingarbugliata, rimasuglio del filo<br />

che Stalker ha usato tempo fa per segnare il<br />

tragitto di una camminata collettiva, riproposta<br />

agli studenti della Cornell University e del New<br />

Jersey Institute of Technology. Poi via di nuovo.<br />

Devo dirlo: questa esplorazione con le mie<br />

guide indiane comincia a mostrare posti<br />

strambi. Luoghi fisici senza un uso, luoghi in<br />

attesa. Una città che aspetta e che non è più<br />

qualcosa anche se non si sa bene cosa<br />

diventerà. Un margine, ecco. Via del Commercio,<br />

Italgas. Un operaio ci fa entrare di straforo e<br />

gironzoliamo sotto ai gazometri, chiusi dall’84.<br />

Pare che i Giapponesi volessero smontarli e<br />

rimontarli a casa loro. La scala per salire in cima<br />

al più alto è sbarrata, peccato. Gli altri due sono<br />

in restauro: ci stanno facendo dei parcheggi<br />

multipiano, tanto per cambiare.<br />

Via Ostiense, Mercati Generali. Gli Stalker<br />

spiegano: “Qui dovrebbero trasferirsi Roma 3,<br />

gli uffici comunali e tutto ciò che sarebbe<br />

dovuto andare al Mattatoio. Un altro<br />

megaprogetto fantasma”. Al civico 106 c’è<br />

l’ingresso per la Centrale Elettrica Montemartini,<br />

succursale post-industriale dei Musei Capitolini.<br />

Dannazione. Altro dietrofront.<br />

Ma poi. Sotto i piloni del Ponte dell’Industria,<br />

dietro a una parete di laminato e cartone,<br />

gracchia una radio. Poco più avanti, gli orti dei<br />

pensionati delle ferrovie, floridi e recintati.<br />

Siamo a metà tra Roma Ostiense e Trastevere,<br />

sopra alla testa corre il treno per Fiumicino. Ci<br />

arrampichiamo per un sentiero fangoso e<br />

sbuchiamo davanti alla Torre romana che<br />

regolava l’accesso al porto fluviale. A segnare<br />

l’ingresso nel Campo Boario, invece, c’è il totem<br />

di motorini dei punkabbestia. Siamo arrivati.<br />

Nel Campo ci trovi di tutto: cani, gatti e<br />

caprette, cavalli nelle stalle e nei recinti, il<br />

giardino davanti al centro sociale Villaggio<br />

Globale, il bar in foglie di palma dei Senegalesi<br />

che vivono sotto alle tettoie della Pelanda Suini,<br />

qualche salotto en plein air, una palestra, le<br />

roulotte e i macchinoni scintillanti del campo<br />

Rom Caldasha (una tribù italiana che usa l’area<br />

dagli anni ’80. Ma gli zingari vivono al Testaccio<br />

dal ’500), il gazebo plastificato dello Zoo Bar<br />

tappezzato di manifesti del concorso per<br />

cubiste. Una Roma misteriosa. Loro, le guide,<br />

raccontano: “Siamo qui dal 1999. Ci avevano<br />

invitato alla Biennale dei Giovani Artisti del<br />

Mediterraneo, nei padiglioni ristrutturati del<br />

Mattatoio. La nostra proposta è stato un<br />

workshop per studenti: un viaggio nella realtà<br />

dei rifugiati kurdi venuti a Roma per Ocalan.<br />

Insieme a loro abbiamo occupato l’ex palazzina<br />

veterinaria all’ingresso del Campo, per farci una<br />

sala da tè, una cucina, un barbiere, delle camere.<br />

L’Ararat.” In questi anni, i kurdi sono cresciuti di<br />

numero e Laboratorioboario ha prodotto<br />

incontri, seminari e performance. Il banchetto<br />

collettivo Pranzoboario. Un nuovo giardino con<br />

palme, noci e ceci. Transborderline,<br />

“un’infrastruttura abitabile per la libera<br />

circolazione delle persone”, che nel 2000 è<br />

sbarcata alla Biennale di Architettura di Venezia<br />

e a Manifesta, a Lujbljana. Sulla terrazza è nato<br />

Il Tappeto Volante: una rappresentazione in<br />

corde e rame del soffitto della Cappella Palatina<br />

di Palermo, realizzata insieme ai rifugiati e ad<br />

altri abitanti del Campo. Bellissimo. E ha girato<br />

anche lui: qui - scusate il bisticcio -<br />

il nomadismo è di casa. Il tappeto è stato a<br />

Tunisi, Tirana, Sarajevo, oggi è a Salonicco, poi<br />

andrà a Palermo e continuerà a girare per il<br />

Mediterraneo.<br />

A questo punto mi guardo intorno. Più mondi<br />

ai margini di una città. Ma anche – a volerla<br />

mettere giù dura – più mondi e basta. “Abbiamo<br />

scelto il Campo Boario perché è un territorio<br />

incerto, dove i confini mutano in continuazione.<br />

Un ottimo laboratorio di sperimentazione<br />

LUOGHI SENZA USO, LUOGHI IN ATTESA, BUCHI DI CITTÀ<br />

28 URBAN<br />

urbana per immaginare lo spazio pubblico.<br />

Presto qui ci saranno la Facoltà d’Architettura e<br />

il Dams: un fatto positivo, se riusciranno a<br />

cogliere le potenzialità di quest’area. È assurdo<br />

che la gente impari a progettare scatoloni vuoti<br />

per la cultura giovanile o l’intercultura da calare<br />

dall’alto, senza riuscire a vedere quello che la<br />

realtà già propone, anche quando è difficile<br />

come qui. A noi interessa lavorare su questo<br />

paradosso, conservando qualcosa del<br />

nomadismo di questo luogo, della sua capacità<br />

di autorganizzarsi.”<br />

Intanto, sono passate tre ore, ho scritto un<br />

quinto di quello che ho visto, sentito, annusato.<br />

Un quinto dei miei stupori. Usciamo sul piazzale<br />

del Mattatoio, per un caffè dalla Sora Rosa.<br />

Stalker saluta e se ne va. Mi lascia qui dove il<br />

territorio è noto, con la sensazione che la<br />

prossima volta sarà più facile trovare La Zona.<br />

Anche in un’altra città.


La tessera fedeltà dà diritto all'omaggio.<br />

Qualche sacchetto acquistato, e poi ne arriva<br />

uno gratis. Marketing e grande distribuzione<br />

hanno fatto scuola anche nell’aromatico mondo<br />

dei fumatori di cannabis, ormai avvezzi a fare<br />

shopping pagando con la carta di credito.<br />

Questo succede a Lugano, ma probabilmente<br />

anche a Mendrisio e a Ponte Chiasso, mete elvetiche<br />

molto apprezzate dai milanesi che, usciti<br />

dall'ufficio, salgono in auto, varcano il confine<br />

in un'oretta scarsa e tornano a casa tutti contenti<br />

con i loro sacchetti pieni di cime e foglie<br />

seccate. Che, vendute per profumare armadi e<br />

cassetti (ma andiamo!), assumeranno poi, una<br />

volta approdate a Milano, forme variabili dalla<br />

canna al cannone. E ciao-ciao al profumino su<br />

maglioni e camicie. Lavanda per armadi! Uh!<br />

Non ci vuole molto per capire che è un pietoso<br />

trucchetto. E perché altrimenti i cugini svizzeri<br />

esporrebbero cartelli che vietano ai minori di<br />

aromatizzare i propri armadi?<br />

Lugano, città di banchieri e orologiai, ha visto<br />

affermarsi un'altra categoria di lavoratori:<br />

i canapai, apprezzatissimi anche in Italia, Milano<br />

in testa. Più che per i capi tessuti con le fibre di<br />

questa generosa pianta o per i prodotti cosmetici<br />

ricavati dalle sue foglie, proprio per i sacchetti<br />

così profumati. Filippo B., ad esempio, è un<br />

ingegnere di 40 anni. Spesso esce dalla multinazionale<br />

con sede a Milano dove si occupa di<br />

componenti elettroniche e fa una gita a Lugano.<br />

Racconta: “Quando vado in Svizzera indosso<br />

giacca e cravatta Oxford ben stirata. Ai finanzieri<br />

piacciono le persone a modo, e io lo sono. Non<br />

vorrei mai deluderli”. O Luca F., presidente (sì:<br />

presidente!) di una nota casa discografica, che<br />

spiega: “Ho un fornitore a Milano, fisso da anni,<br />

una persona davvero fidata. Ma quando voglio<br />

dell’erbetta come si deve vado a Lugano a bordo<br />

della mia Audi presidenziale: viviamo a un tiro<br />

di schioppo dalle piantagioni migliori del mondo.<br />

Lo dico a ragion veduta visto che ho viaggiato<br />

molto: l’erba ticinese è proprio buona.<br />

Al contrario di quella albanese, l’unica che si<br />

trova in Italia".<br />

In Svizzera la marijuana, grazie a una norma<br />

del ’52, si può coltivare, trasformare e vendere<br />

purché la destinazione d'uso finale non sia<br />

fumarsela. Bizzarro, eh? Per la verità, un decreto<br />

federale del ’91 assicura (come molti sanno) che<br />

“non è nociva per la salute”. Contraddizioni a<br />

parte, questo popolo che può contare su 1<br />

milione e 600 mila chilometri quadrati di pascolo<br />

oltre a un milione di chilometri di boschi e foreste<br />

ha smesso di produrre solo frumento, orzo e<br />

barbabietole. I canapai giurano che la Svizzera<br />

ormai è tutta una coltivazione di marijuana.<br />

Piantina considerata sacra dagli induisti, venerata<br />

dai Sufi musulmani, dai Copti cristiani e usata a<br />

scopo medicinale dagli Esseni 200 già anni prima<br />

di Cristo. Figurarsi dai ragazzi milanesi 2002<br />

anni dopo!<br />

Piero è stato il primo canapaio di Lugano.<br />

Trentatreenne, valtellinese, è il solo dei suoi<br />

quindici colleghi (in una città di 30 mila abitanti)<br />

a non vendere i famigerati sacchetti. Ma in una<br />

stagione, da buon agricoltore, produce anche<br />

30 mila talee, piantine piccole che se ben curate<br />

e nutrite, nel giro di due o tre mesi sono pronte<br />

per il raccolto. Spiega: “È vero che i milanesi<br />

arrivano a frotte. Ma ho anche clienti siciliani,<br />

romani, pugliesi, abruzzesi, umbri, molisani<br />

e veneti. Quest’anno c’è stata un’ondata di veneti”.<br />

Una migrazione, insomma.<br />

Buddha o Trance, Shaman o Voodoo, Hempstar<br />

o Oasis, nomi e ‘modelli’ di erba da acquistare<br />

sono tanti, e vanno dai più leggeri (‘per signora’)<br />

a quelli in grado di stendere ben bene il<br />

fumatore più incallito. A Lugano se ne trovano<br />

almeno una trentina (per chi è affezionato<br />

all’hashish, invece, è meglio Soletta, vicino a<br />

Berna: il campionario offre 45 qualità). I prezzi<br />

oscillano all’incirca tra i cinque e gli otto euro<br />

al grammo: la più cara viene da Zurigo, dov’è<br />

coltivata in serra, mentre la più economica arriva<br />

dalle piantagioni ticinesi, dove il clima è ideale<br />

per ottenere un elevato contenuto di Thc,<br />

il tetraidrocannabinolo, sostanza che determina<br />

l'efficacia ‘psicoattiva’ della canapa. Per i puristi<br />

c’è anche la versione bio, ci mancherebbe!<br />

“Individuare i negozi è facilissimo. Se non si ha<br />

voglia di passeggiare per la città cercandoli,<br />

basta aprire l'elenco telefonico alla lettera ‘c’ di<br />

canapa e canapaio, ed ecco che spuntano:<br />

Mondopuro, Verde Oro, Green Bulldog, Il<br />

Canapaio, Pura Vida, Sweet Leaf, Flower Power,<br />

Green Spirit...”, elenca Michela, agente di viaggi<br />

trentenne milanese che a Lugano va (in treno)<br />

almeno una volta al mese. Fa la spesa e torna<br />

indietro. Come una volta si faceva per il pieno di<br />

benzina. “Lavoro soprattutto con una<br />

clientela fissa, metà di svizzeri e metà di italiani<br />

- racconta Marco, titolare di Sweet Leaf. Sono<br />

bancari, assicuratori, professionisti e un piccolo<br />

giro di studenti”. Quantificare il giro d'affari dei<br />

canapai non è facile. L’ultimo che ha dichiarato<br />

in diretta tivù il proprio incasso mensile (90 mila<br />

franchi, circa 132 mila euro) ha assistito, nel giro<br />

di 24 ore, alla chiusura del suo negozio di<br />

Zurigo effettuata altrettanto in diretta (la tivù è<br />

una passione anche in Svizzera!) dalle forze dell’ordine.<br />

La formula del franchising familiare<br />

(tanti negozi affidati a cugini, sorelle e fratelli),<br />

adottata da molti previdenti canapai, gli ha evitato<br />

però la bancarotta. Una domanda a questo<br />

punto sembra opportuno porre agli efficienti<br />

e marketing oriented cugini svizzeri. A quando<br />

la formula ‘tre per due’?<br />

L’ERBA<br />

DEL VICINO<br />

30 URBAN<br />

SACCHETTINI PIENI D’ERBA, venduti per profumare gli armadi. Ma nessuno li usa<br />

così: la gente, in genere, preferisce fumarseli. Perchè la Svizzera è una piccola Jamaica<br />

e da Milano ci si va a far la spesa. <strong>Urban</strong> è andato a ficcare il naso. Che profumo!<br />

testo: Anna Tagliacarne / foto: Alberto Mori<br />

URBAN 31


KINGSTON, A <strong>ROMA</strong><br />

REGGAE, DUB, SKA, rock steady, dancehall, ritmi in levare, 7 pollici, cassette e cd.<br />

Tutto rigorosamente “made in Jamaica”. Guarda come sta bene San Lorenzo con i dreadlocks...<br />

testo: Monia Cappuccini / foto: Guido Fuà<br />

Dum, dum, dum-dum. Una linea di basso (“una<br />

cosa tesa e giusta”, come diceva zio Marley)<br />

rimbalza da San Lorenzo, Roma, a downtown<br />

Kingston, Jamaica. Vibrazioni reggae a scaldare<br />

e a far muovere il corpo, aggiungi un po’ di<br />

additivo per abbandonarti ai lenti ritmi tropicali,<br />

e oplà… ecco un angolo di città in cui la distanza<br />

dalla Jamaica si misura in good vibrations.<br />

Distanze ravvicinate. Nome: One Love Music<br />

Corner. Luogo: via di Porta Labicana (al 38).<br />

Missione (possibile): fare da terminale per tutto<br />

ciò che è reggae e dintorni, produzioni italiane,<br />

eventi, rock steady, dub, ska e dancehall style in<br />

cd e lp (ampia selezione di audiocassette, video,<br />

riviste, fanzine, e pure l’acquisto in rete, all’indirizzo<br />

www.onelovehp.com). Ma soprattutto vinile,<br />

in 7 pollici (due tracce, pezzo e versione),<br />

formato fetish qui da noi, un perno su cui invece<br />

32 URBAN<br />

ruota buona parte dell’industria discografica in<br />

Giamaica. È dai primi anni ’90 che la One Love<br />

Crew diffonde il meglio della musica giamaicana<br />

con un proprio sound system, organizzando<br />

serate e concerti con ospiti italiani e internazionali,<br />

e alternandosi al ruolo di distributore, artista,<br />

produttore. Poi, dagli strumenti e i tasti della<br />

consolle e dal lavorìo incessante dei dj, al negozio.<br />

Nato nel ’96, seguito, tre anni dopo dalla società,<br />

la One Love Jamaica. Società giamaicana, per<br />

dire: ché per suonare quella roba lì – lo spirito<br />

in levare del rasta people – bisogna andare alle<br />

radici. Dunque le radici piantate a Kingston,<br />

dove, a turno, si trasferiscono per periodi di sei<br />

mesi. Per aggiornarsi sulla musica di là (prima<br />

di portarla di qua, ovvio), ma anche per altro:<br />

“entrare in relazione con la vita, l’anima, la mentalità<br />

ed il cuore della cultura reggae”, come<br />

dice Lampadread, del Corner di Roma. E aggiunge<br />

per spiegare di più: “Aprire il negozio per noi<br />

ha significato una scommessa, è stato un modo<br />

per ricavare reddito da un lavoro che già facevamo<br />

con passione, e che continua a regalarci grandi<br />

soddisfazioni”.<br />

Così, dopo aver contribuito a far crescere la scena<br />

italiana da pionieri, gli otto reggae fanatic del<br />

One Love Hi Pawa gironzolano ora per il mondo<br />

da professionisti, collaborano con label e artisti.<br />

Con un piede a San Lorenzo e uno in quell’infernoparadiso<br />

dei vicoli di Kingston, dove i suoni non<br />

vengono rinchiusi e se ne vanno in giro, pulsando.<br />

Proprio quello che cercano quelli che vengono<br />

qui, passando nel varcare di una porta da Roma<br />

al Caribe. Ops! Ma niente teletrasporto.<br />

Reggae. A farselo scorrere addosso, è un po’ la<br />

stessa cosa, no?


34 URBAN<br />

SO UV ENIR D’ITALIE<br />

LA MODA sì che sa infilarsi! E mischiare quel che era con<br />

quel che è. Guardate il Belpaese con una luce diversa. Cartoline e sfilate<br />

da un’Italia delle meraviglie, così démodé<br />

Q<br />

foto Daniela Iraci ˜ costumi Stacey Lamble ˜ trucco Carlo Longo ˜ acconciature Alessandro Lisi<br />

fotomontaggi Deborah di Leo ˜ direzione artistica Aldo Buscalferri<br />

Rapallo “Passeggiata a mare” | abito Jean Paul Gautier, borsa vintage (da Reruns ˜ Strascé, Milano)<br />

V igevano “Piazza Ducale” | abito gessato e camicia fantasia Etro<br />

URBAN 35


36 URBAN<br />

P alermo “Fontana Pretoria” | abito Patty Shelabarger, collana Egitto e bracciale Manina, Milano<br />

Roma “Piazza S.Pietro” | giacca, camicia e pantalone Paul Smith, cappello Neil Barret<br />

URBAN 37


Milazzo “Ritrovo ˜ Ristorante ˜ Bar” | vestaglia borsa vintage (da Reruns ˜ Strascé, Milano), costume da bagno Neil Barret, telo mare e porta ˜ telo Etro<br />

38 URBAN URBAN 39<br />

Sanremo “Panorama di Levante” | top e gonna Emilio Pucci, cappello e borsa Manina, Milano


40 URBAN<br />

PICCOLI<br />

MOSTRI<br />

IN CITTÀ<br />

FAUSTO GILBERTI, ARTISTA.<br />

Disegna figurine magre e disarmanti.<br />

Tu le guardi, ma sembra che siano<br />

loro a guardare te<br />

testo: Silvia Palombi<br />

immagini: courtesy Galleria Perugi, Padova<br />

Dopo un po’ che guardavo le figurette nere e<br />

magre di Fausto Gilberti che, detto fra noi,<br />

sembrano fatte di liquirizia, ho capito che ero io<br />

a essere osservata e mi sono nascosta. Sì, perché<br />

non sono io che le guardo, sono loro che mi<br />

fissano, mi scrutano; è imbarazzante perché<br />

sembra quasi che gli dia fastidio. Sono sicura<br />

che uno alla fine ha detto “embeh?”, ho sentito<br />

benissimo. Gilberti dipinge a olio su tela (ma<br />

anche sul muro se qualcuno gliene mette a<br />

disposizione uno abbastanza grande) e incornicia<br />

le sue storie istantanee sempre con una<br />

striscia dipinta, nera manco a dirlo. Fa delle<br />

polaroid, immense però; una volta si è mortificato<br />

in una miniatura di 87x87 centimetri, ma è<br />

stato male per una settimana.<br />

Adesso sta lavorando a un’opera web e a un<br />

cartone animato. Qualche titolo di suoi lavori<br />

per inquietarvi e farvi venire la voglia di conoscerlo<br />

meglio? Famiglia per bene, Pedofilo<br />

perverso, Il solito gruppetto, Mammicidio.<br />

Fausto è nato a Brescia nel 1970 e lì dipinge.<br />

Con la liquirizia.


Jessica Stockholder, Specchio, 2001<br />

GUIDA|MARZO<br />

MUSICA 44<br />

MEDIA 47<br />

LIBRI 49<br />

FILM 52<br />

La star del mese: Jessica Stockholder.<br />

Milano, Galleria Raffaella Cortese.<br />

Fino al 30 marzo 2002<br />

CAPOLAVORO<br />

Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />

GRANDE<br />

Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />

BUONO<br />

Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />

VABBÈ<br />

Coraggio, consideriamola una prova generale<br />

BLEAH!<br />

Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />

PRO E CONTRO<br />

I VOTI DI URBAN<br />

BUONI E CATTIVI<br />

AFFOLLATO<br />

Be’, tutti qui stasera?<br />

ETNICO<br />

Qui nessuno è straniero<br />

FLIRT<br />

Uno ci spera sempre /1<br />

GAY<br />

Uno ci spera sempre /2<br />

<strong>ROMA</strong>NTICO<br />

Due cuori e un tavolino<br />

VEGETARIANO<br />

Il silenzio delle zucchine<br />

VIP<br />

C’era questo, c’era quello...<br />

TEATRO 55<br />

ARTE 57<br />

SHOPPING 59<br />

CLUB 62<br />

MANGIAMO DI TUTTO,<br />

PROVIAMO LA CITTA<br />

Mestiere difficile, quello del critico: c’è sempre qualcuno che gli sparerebbe<br />

volentieri. Ma c’è un trucco: andare, vedere e raccontare. <strong>Urban</strong> fa così<br />

Cominciamo a capirci, noi e voi. Ed è questo il momento<br />

di dare qualche spiegazione (solo quando non ci si<br />

capisce è inutile spiegarsi). A parte quello che vuole<br />

spezzare le gambe al critico musicale, quello che non è<br />

d’accordo con il critico cinematografico e quello che sta<br />

cercando con il machete chi gli ha consigliato di mangiare<br />

in quel posto “tanto carino”… a parte questo, diciamolo,<br />

andiamo d’amore e d’accordo. Come avrete capito,<br />

si parla qui di gusti & gusti, di letture critiche e<br />

giudizi che vengono - e ci mancherebbe! - giudicati.<br />

Traduco in italiano: come sapete queste pagine contengono<br />

scelte.<br />

Non è un catalogo, ma una guida. Cioè contiene quello<br />

che <strong>Urban</strong> ha deciso di segnalare in base alle sue passioni,<br />

ai suoi gusti e - chissà - alle sue paturnie. Da qui<br />

l’ovvia dialettica tra critici e utenti. Dunque c’è sempre<br />

FOOD: Milano 65<br />

Roma 69<br />

Bologna 72<br />

Torino 74<br />

quello che si lamenta e che non è d’accordo. Giusto: se<br />

volessimo essere tutti d’accordo su tutto, il giornale ce<br />

lo leggeremmo tra noi (e anche in quel caso…). Ma data<br />

per scontata la critica dei critici, ci fanno più impressione<br />

quelli che si stupiscono.<br />

Arrivano lettere e mail di questo tenore: “Ehi, è proprio<br />

vero! Sono andato a mangiare lì e avevate ragione!<br />

Dunque ci andate veramente!”. Ecco, questo ci manda in<br />

bestia: tutto un giornale per dire che qui la vita è reale<br />

(non virtuale) e poi ecco quello che si stupisce, che non<br />

si capacita: ma come fate? Buona domanda, ma risposta<br />

semplice: quando scriviamo questa guida ci travestiamo<br />

da consumatori, da avventori, da compratori di dischi, da<br />

spettatori al cinema, da clienti di libreria. Insomma, restiamo<br />

noi, e cerchiamo di essere un po’ voi. Facile, no?<br />

A.R.<br />

Frisbee, spiaggia, skater, graffiti & musica. A Rimini (28 marzo – 1 aprile) va in scena il Paganello (www.paganello.<br />

com) 2002 e la XII edizione della Coppa del Mondo di Beach Ultimate Cup. Ci sarà anche <strong>Urban</strong>: cercatelo!<br />

CIOCCOLATO A GO-GO E L , AFRICA AL CINEMA<br />

<strong>ROMA</strong> / Eurocholate<br />

Nove giorni di libidine pura tra ‘cioccocrociere’,<br />

seminari, degustazioni, mostre<br />

e guinness delle prelibatezze. Dove?<br />

Nel Sacher Romano Impero, ovviamente!<br />

Andateci, e non pensate alla dieta.<br />

Dalla Terrazza del Pincio al Palazzo delle<br />

Esposizioni, complici i punti golosi<br />

del centro storico, la promessa è: cioccolato<br />

a go–go per tutti. Per informazioni:<br />

www.eurochocalate. roma.it.<br />

2-10 marzo<br />

MILANO / Sentieri selvaggi<br />

Il consiglio è uno solo: svecchiatevi e<br />

catapultatevi alla quinta edizione del<br />

Festival di Sentieri selvaggi (www.senti<br />

eriselvaggi.org), che torna con quattro<br />

serate al Teatro dell’Elfo e allo Spazio<br />

Oberdan. Per avvicinare e capire i molti<br />

volti e modi della musica contemporanea<br />

ci si può aiutare con la parola. E infatti<br />

le esecuzioni sono precedute da<br />

approfondimenti sui giovani autori e<br />

sulle partiture. 3 marzo-15 aprile<br />

MI - <strong>ROMA</strong> - TO / Cinema Africano<br />

Se 70 pellicole e 30 video vi<br />

sembrano pochi, avete trovato pane<br />

per i vostri denti, o meglio, Un posto<br />

sulla terra. Il 12° Festival del Cinema<br />

Africano di Milano sbarca anche a<br />

Roma e Torino e presenta corti e<br />

‘lunghi’ realizzati da registi africani<br />

e della diaspora africana<br />

(www.festivalcinemaafricano.org).<br />

A Milano (15-21 marzo), Roma (23<br />

marzo-4 aprile) e Torino (5-7 aprile).<br />

URBAN 43<br />

foto: Lucio Tonina


URBAN HITS<br />

Ecco quello che abbiamo<br />

ascoltato facendo questo numero<br />

di <strong>Urban</strong>. Roba da matti!<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

44 URBAN<br />

CREED<br />

Weathered - Epic<br />

AA.VV.<br />

Vanilla sky - OST<br />

MANLIO SGALAMBRO<br />

Fun Club - Columbia<br />

MAX GAZZÈ<br />

Ognuno fa quello<br />

che gli pare? - Virgin<br />

INCUBUS<br />

Morning view - Universal<br />

ASTRO LOUNGE<br />

Smash Mouth - Universal<br />

BRUCE SPRINGSTEEN<br />

Nebraska - Sonyc<br />

SMASH MOUTH<br />

Smash Mouth - Universal<br />

ANASTACIA<br />

Freak of nature - Sony<br />

SHANDON<br />

Not so happy to<br />

be sad - V2<br />

HORROR HITS<br />

Giù le mani da vecchi e bambini!<br />

Dieci dischi che i deboli<br />

di cuore e i giovani d’età dovrebbero<br />

evitare…<br />

RICORDATEVI<br />

DEI FIORI-Valeria Rossi<br />

Genere big babol…<br />

NUMERO ZERO-Mina<br />

Già lei è triste, con Zero...<br />

OK COMPUTER<br />

Radiohead<br />

Ok, il prezzo è giusto?<br />

I AM SAM /COLONNA<br />

Artisti Vari<br />

Le nonne piangono.<br />

I LIVE-Antonello Venditti<br />

Meglio i Pokemon…<br />

QUALUNQUE DISCO<br />

Gazzosa<br />

Spuma?<br />

GODDESS IN THE<br />

DOORWAY-Mick Jagger<br />

Basta succhiare il sangue<br />

a Lenny Kravitz<br />

SHAKE-Zucchero<br />

Ma questa<br />

non l’ho già sentita?<br />

JOVANOTTI LIVE<br />

2000-Jovanotti<br />

Bello! E la musica?<br />

LIVING PROOF-Cher<br />

Un monumento! Alla<br />

chirurgia plastica…<br />

MUSICA<br />

IL MONDO E TONDO,<br />

PROPRIO COME UN CD<br />

Due magistrali pasticciatori di suoni. E una manciata di musicisti - tra i migliori - da tutto<br />

il pianeta. Risultato: un disco che è un progetto culturale, un esperimento e un’esplorazione<br />

AUTORI VARI<br />

1 Giant Leap – Nun<br />

1 Giant Leap è qualcosa di più<br />

di un semplice album. È un progetto<br />

multimediale, composto da<br />

un cd e da un dvd di cui esiste<br />

anche una versione tagliata ed<br />

editata per un’eventuale visione<br />

cinematografica. Un progetto audiovisivo,<br />

dunque, curato da due<br />

intelligenze artistiche e musicali<br />

inglesi, Jamie Catto e Duncan<br />

Bridgeman, rispettivamente fondatore<br />

dei Faithless e autore e<br />

produttore pop di successo. I due<br />

giovanotti hanno deciso di fare il<br />

giro del mondo con un computer<br />

in spalla e alcune basi preregistrate,<br />

per coinvolgere in quello<br />

che può essere considerato un<br />

work in progress durato un anno,<br />

musicisti, artisti, intellettuali,<br />

esponenti del pensiero no global,<br />

semplici passanti.<br />

Il loro computer è andato così via<br />

via arricchendosi delle testimonianze<br />

musicali e parlate di personaggi<br />

del calibro di Michael<br />

Stipe, Neneh Cherry, Robbie<br />

Williams, Maxi Jazz, Speech, Grant<br />

Lee Phillips, Eddi Reader, Baaba<br />

Maal, Mahotella Queens, Asha<br />

Bosle, Michael Franti, Brian Eno,<br />

Dennis Hopper, Kurt Vonnegut e<br />

tanti altri. 1 Giant Leap è diviso in<br />

12 capitoli, ognuno dei quali corrisponde<br />

a un argomento/tematica<br />

cruciale: Dio, Denaro, Sesso e<br />

saggezza, Unità, Maschere e così<br />

via. Il risultato, soprattutto se apprezzato<br />

nella sua versione audiovideo,<br />

è commovente ed eccitante<br />

al tempo stesso. È veramente<br />

un giro del mondo a bordo di<br />

un tappeto volante fatto di musi-<br />

BAD RELIGION<br />

The process of belief<br />

Epitaph<br />

Non è frequente vedere gente<br />

che ha ‘inventato un genere’ suonare<br />

ancora in giro e tenere il tiro<br />

alto. Succede però ai Bad<br />

Religion, che più di 15 anni fa insegnarono<br />

a tutti cos’era l’hard<br />

core e costruirono, disco dopo<br />

ca, alla scoperta di tutto ciò che,<br />

pur tra mille differenze e modalità,<br />

ci unisce.<br />

Trovare l’unità nella diversità,<br />

si erano proposti Catto e<br />

Bridgeman. Nelle loro peripezie,<br />

UN MURO DI CHITARRE ELETTRICHE:<br />

I BAD RELIGION RITORNANO A CASA<br />

Brett Gurewitz<br />

torna nel gruppo.<br />

E il gruppo torna<br />

alla vecchia Epitaph.<br />

Chi ha detto che<br />

la melodia non<br />

deve far casino?<br />

disco, la poco soave (ma imperdibile!)<br />

architettura del punk melodico.<br />

Dopo di loro, centinaia di<br />

ragazzini californiani hanno fatto<br />

scintille, ma i capiscuola non hanno<br />

mai mollato. Ora, ecco che<br />

torna al gruppo uno dei soci fondatori<br />

(Brett Gurewitz, chitarra),<br />

proprio mentre i Bad Religion<br />

tornano all’ovile della vecchia<br />

Epitaph, label indipendente e<br />

attraversando continenti e raccontando<br />

incontri, ci sono riusciti.<br />

E adesso ci fanno vedere e ascoltare<br />

il risultato. Da brivido.<br />

LUCA BERNINI<br />

scalpitante. Risultato: un disco<br />

bellissimo, forse tra i migliori del<br />

gruppo, dove magicamente dal<br />

muro elettrico delle chitarre<br />

emergono melodie pop, coretti,<br />

rullanti di razza, impennate della<br />

chitarra. I Beach Boys investiti da<br />

un treno e tritati dal punk. Gran<br />

bella prova, bentornati. Avercene,<br />

di ‘vecchietti’ così!<br />

ROBERTO GIALLO<br />

PAT METHENY - SPEAKING OF NOW<br />

PAT METHENY<br />

Speaking of Now - Wea<br />

Per festeggiare 25 anni di carriera,<br />

Pat Metheny si è regalato<br />

questo undicesimo album,<br />

che alla fine è un regalo anche<br />

per chi da anni lo segue con<br />

passione. Dopo le prove opache<br />

degli ultimi anni, infatti, il<br />

chitarrista americano è finalmente<br />

tornato a comporre melodie<br />

fresche e coinvolgenti,<br />

dove l'improvvisazione e gli<br />

arrangiamenti filano che è una<br />

bellezza. Insomma, avete presente<br />

le vecchie cose? Bene,<br />

qui si respira quell’aria: un<br />

jazz elegante e ‘discorsivo’,<br />

capace di divagare, ma anche<br />

di ritornare al punto con decisione.<br />

Oltre ai fidati Lyle Mays<br />

e Steve Rodby nel gruppo ci<br />

sono tre nuovi ingressi:<br />

Richard Bona (voce e percussioni),<br />

Cuong Vu (voce e tromba)<br />

e Antonio Sanchez (batteria).<br />

Tutti giovani e bravi.<br />

E grazie ai quali i nove pezzi<br />

di questo cd mettono di<br />

buon umore.<br />

ANDREA SCARPA<br />

SILICONE SOUL<br />

A Soul Thing - Virgin<br />

In realtà, questo lunghissimo disco<br />

di musica dance e house<br />

(dura 71 minuti e passa!) degli<br />

scozzesi Craig Morrison e<br />

Graeme Reedie è uscito un anno<br />

fa. Senza dar fastidio a nessuno.<br />

Negli ultimi mesi, però, la versione<br />

cantata (da Louise<br />

Marshall) del pezzo Right On è<br />

U2<br />

Elevation 2001 Live from<br />

Boston - Universal Video<br />

Boh. Uno alla fine si arrende.<br />

Che gli U2 siano bravi, belli e<br />

buoni è diventata una storia<br />

così ‘globalizzata’ che alla fine<br />

si ha voglia di dire basta, che<br />

palle, ormai anche loro sono<br />

vecchi arnesi del rock, trattia-<br />

ALANIS MORISSETTE - UNDER RUG SWEPT<br />

diventata una hit ovunque nel<br />

mondo, così adesso tutto il gioco<br />

viene ripubblicato con questa<br />

nuova perlina. Il pezzo in questione<br />

è anche gradevole e ballabile,<br />

ma per il resto siamo alla<br />

cattiveria pura. Che si possa<br />

pensare che l’elettronica è difficile<br />

da valutare e dunque si consegna<br />

al pubblico quel che capita,<br />

passi. Ma qui si esagera!<br />

Perché lo fate, ragazzi, perché?<br />

A chi giova?<br />

ANDREA SCARPA<br />

ALANIS MORISSETTE<br />

Under rug swept - Wea<br />

Una che è partita incazzata come<br />

un puma e che poi ha trovato<br />

l’equilibrio, che terzo disco<br />

fa? Quello di Alanis Morrisette è<br />

un album bello solido, di conferma:<br />

sono qui, sono sempre nuda<br />

e vi racconto quello che vedo<br />

guardandomi e sentendomi<br />

dentro. Il cd è bello, con almeno<br />

un paio di pezzi veramente<br />

sopra il mondo, e assomiglia<br />

più al primo, leggendario<br />

Jagged little pill che a quello<br />

dopo, più intimista e ‘pensato’.<br />

In Under rug swept Alanis, è<br />

meno istintivamente arrabbiata<br />

con il mondo e con le cose, e<br />

qualche volta resta la voglia di<br />

sentirla urlare, ma in certe canzoni<br />

(come il singolo Hands<br />

clean) ha ancora la capacità di<br />

prendersi sulle spalle le tue sfighe<br />

e dargli voce con dolcezza<br />

e forza, consolatoria e incazzata.<br />

E poi scrive canzoni come<br />

That particular time, ovvero<br />

moli con rispetto, ma smettiamola<br />

con l’incensamento di<br />

Bono e the Edge. Insomma:<br />

“bravi ma basta”. Poi metti su il<br />

dvd e ti trovi un concerto pieno<br />

di musica e di anima, ripreso<br />

e suonato benissimo in quel<br />

di Boston... La scaletta fa paura,<br />

le versioni sono pulite e<br />

‘volano’ come uno sogna debbanno<br />

fare dal vivo le canzoni<br />

FLUXUS - FLUXUS<br />

piano voce e tastiere liquide<br />

piene di nostalgia e pensiero.<br />

Alanis resta e si conferma, il<br />

suo modo di scrivere è diventato<br />

uno stile, e anche per questo<br />

cd si può dire che vale il<br />

suo prezzo. Un bel modo di fare<br />

primavera.<br />

EDDI BERNI<br />

FLUXUS<br />

Fluxus - Furious Party<br />

Sono dieci anni e più che i<br />

Fluxus da Torino si danno da fare,<br />

da quando quel Vita in un<br />

pacifico mondo nuovo li segnalò<br />

alla critica underground di allora<br />

come poderoso gruppo crossover<br />

dalle entrature quasi metal.<br />

Da allora sono passati anni<br />

e album, un percorso discografico<br />

quasi tortuoso e non privo<br />

di episodi interlocutori (Pura lana<br />

vergine) e altri assolutamente<br />

poco considerati (Non esistere),<br />

fino a ritrovare se stessi in<br />

una forma canzone infettiva e<br />

potente con questo nuovo album<br />

che porta semplicemente il<br />

loro nome. Del resto, non è una<br />

novità che la carriera di gruppi<br />

italiani passi inosservata per<br />

anni. Testi meravigliosi, poesia<br />

metropolitana e malessere<br />

espresso con furia e la giusta<br />

introspezione, un suono mai così<br />

essenziale ed emozionante.<br />

La tromba di Roy Paci e la chitarra<br />

di Roberto ‘Tax’ Farano<br />

sono soltanto due piccoli regali<br />

aggiuntivi a quello che è già un<br />

piccolo capolavoro.<br />

LUCA BERNINI<br />

YANN TIERSEN - AMELIE FROM MONTMARTRE<br />

YANN TIERSEN<br />

Amelie from Montmartre<br />

Virgin<br />

Due motivi per procurarsi questo<br />

disco. Il primo è il suo autore,<br />

Yann Tiersen, eccentrico<br />

musicista francese capace da<br />

tempo di mescolare minimalismo,<br />

folk e poesia in una musica<br />

capace di riscaldare il cuore<br />

come il migliore bicchiere di<br />

vino. Il secondo è il film di<br />

Jean-Pierre Jeunet, Il favoloso<br />

mondo di Amelie, di recente<br />

uscito sui nostri schermi e salutato,<br />

anche qui, come in<br />

Francia, come una rivelazione.<br />

Personaggio poco conosciuto<br />

in Italia - per niente, anzi, se<br />

non fosse stato per quei pazzi<br />

del Consorzio Produttori<br />

Indipendenti (Maroccolo e gli<br />

altri, per capirci) che avevano<br />

pubblicato qualche anno fa lo<br />

splendido Le phare - Yann<br />

Tiersen ci regala una colonna<br />

sonora che affianca a momenti<br />

quasi cameristici tutta la delicatezza<br />

e la magia del personaggio<br />

protagonista, raccontato<br />

in 20 composizioni che<br />

sembrano piccoli episodi ottenuti<br />

affiancando fisarmonica,<br />

pianoforte, mandolini, piano<br />

giocattolo (in questo similmente<br />

a un altro francese eccentrico,<br />

Pascal Comelade) e<br />

tanti altri strumenti.<br />

È un disco struggente, neanche<br />

a dirlo, e prezioso come<br />

sanno esserlo solo certe piccole<br />

cose.<br />

LUCA BERNINI<br />

SEMPRE U2, NONOSTANTE TUTTO<br />

Imbolsiti, vecchi, dinosauri del rock. Bravi! Esercitatevi a dire male del gruppo di Bono e<br />

The Edge. Ma poi, quando li vedete in dvd... Ecco un disco che è difficile togliere dal lettore<br />

e già sei costretto a dire “staranno<br />

pure invecchiando, ma lo<br />

fanno proprio bene”…<br />

Poi metti su il secondo dvd, e<br />

ti ritrovi le riprese fatte tra il<br />

pubblico e poi anche la versione<br />

fatta in regia, con il regista<br />

che balla tutto il tempo mentre<br />

dà gli stacchi e sembra si stia<br />

divertendo veramente tanto…<br />

E poi il backstage, tre live ex-<br />

tra, due trailers delle precedenti<br />

tournee, link e savescreen<br />

vari… Certe volte è vero,<br />

non contano gli anni, contano<br />

i chilometri, come insegnava<br />

il vecchio Indiana Jones: e i<br />

quattro ex ragazzi di Dublino a<br />

strada fatta e consumata stanno<br />

ancora davanti a tutti…<br />

EDDI BERNI<br />

<strong>ROMA</strong><br />

DAL VIVO<br />

MILANO<br />

3 marzo<br />

STEREOPHONICS<br />

Magazzini Generali<br />

È passato un po’ di tempo<br />

dalla rivelazione di<br />

Performance & Cocktails, ma<br />

loro ci sono sempre. Pop-rock.<br />

12 marzo<br />

STROKES – Rolling Stone<br />

Il ritorno del rock. Ma rock<br />

come? Rock e basta, appena<br />

appena un po’ velvet.<br />

Ecco i trionfatori dei referendum<br />

2001.<br />

1 marzoVERDENA -<br />

Palacisalfa<br />

Dopo un album straordinario<br />

e un nuovo Ep, il rock italiano<br />

non può più fare a meno di<br />

loro. Di meglio c’è molto poco.<br />

11 marzo<br />

INTERNATIONAL NOISE<br />

CONSPIRACY<br />

Black Out Rock Club<br />

Uno dei gruppi del momento,<br />

capaci e intriganti con una<br />

formula semplice, ma ancora<br />

non svelata. Molto urban.<br />

E un vago sapore di Clash.<br />

TORINO<br />

8 marzo<br />

DAVIDE VAN DE SFROOS<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

Una vera e propria leggenda<br />

del nord ovest, musica folk<br />

in dialetto e un seguito<br />

di pubblico che continua<br />

a crescere.<br />

15 marzo<br />

SHANDON<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

Il punk più punk che c’è, con<br />

un nuovo album – Not so<br />

happy to be sad – fresco di<br />

stampa. Da vedere.<br />

BOLOGNA<br />

10 marzo<br />

CRANBERRIES<br />

Palamalaguti<br />

Che dire su Dolores e affini?<br />

Tanta voglia di normalità,<br />

casa, famiglia e affetto.<br />

Come saranno dal vivo?<br />

Scopritelo voi.<br />

27 marzo<br />

SUBSONICA<br />

Ruvido Live Music & Restore<br />

I trionfatori di questo 2002<br />

iniziato timidamente sono<br />

loro. E la loro musica sintetica<br />

e ispirata. Voi provateci.<br />

URBAN 45


Leo Cimpelin, Martin Mystere<br />

MEDIA<br />

FUMETTI, CARTOON<br />

E ANCORA FUMETTI<br />

Arrivano i classici.<br />

A Cartoomics tengono<br />

banco ancora loro:<br />

gli eroi più famosi<br />

del mondo<br />

Se siete rissosi, irascibili e inimitabili,<br />

e il vostro eroe è<br />

Braccio di Ferro, il posto giusto<br />

(anzi, l’appuntamento giusto)<br />

per voi è Cartoomics, il più importante<br />

punto d’incontro milanese<br />

con il mondo del fumetto,<br />

dei cartoons e dei videogame. Il<br />

bel tenebroso Diabolik, eroe di<br />

ben più di una generazione, svelerà<br />

qui tutti i suoi segreti in una<br />

mostra con tavole originali e oggetti<br />

cui ha prestato la sua calzamaglia<br />

nera.<br />

Cucciolo e Tiramolla, compagni<br />

di tante vacanze quando le loro<br />

avventure si potevano comprare<br />

L , UNICA RADIO LIBERA: LA TUA<br />

Problemi col monopolio dell’informazione?<br />

Desiderio incontrollabile<br />

di esprimersi via<br />

etere? La soluzione sta nell’acquisto<br />

di un kit per farsi una<br />

radio in casa. I pezzi necessari<br />

si possono ordinare in rete<br />

dalla Free Radio Berkeley<br />

(www.freeradio. org). Costo in-<br />

in edicola in pacchi da minimo<br />

quattro album, festeggiano invece<br />

il loro cinquantesimo compleanno.<br />

Esposti anche tutti gli<br />

oggetti che hanno ospitato l’effigie<br />

del marinaio forzuto Popeye<br />

e, udite-udite, sarà possibile anche<br />

incontrare colui che gli ha<br />

dato vita, il grande disegnatore<br />

Hy Eisman. Ma non è finita qui.<br />

Un’altra mostra sarà infatti dedicata<br />

al compagno inseparabile<br />

di Zagor, il pacioso Cico, ormai<br />

da vent’anni protagonista di una<br />

testata tutta sua, la Cico Story.<br />

Cartoomics sarà anche l’occasione<br />

per fare un confronto tra la<br />

produzione di due disegnatori di<br />

generazioni diverse. La casa editrice<br />

Epierre celebra infatti in un<br />

volume l’instancabile maestro<br />

Leo Cimpelin (tra gli innumerevoli<br />

personaggi spiccano il legionario<br />

Triburzio e Johnny Logan)<br />

e Leo Ortolani, autore del supe-<br />

torno ai 1.500 dollari per l’apparecchio<br />

base, che garantisce<br />

30 km di diffusione. Insomma,<br />

una volta montati amplificatori,<br />

circuiti e antenna, in città vi<br />

sentiranno tutti.<br />

C’è solo un problema: la legge<br />

Mammì impone un’autorizzazione<br />

governativa per poter<br />

Courtesy by Leo Cimpelin<br />

reroe Ratman. La mostra (www.<br />

assoexpo.com/cartoomics) non è<br />

però dedicata solo ai fumetti. C’è<br />

spazio anche per le postazioni<br />

di gioco per videogame, per lo<br />

scambio di schede telefoniche,<br />

Con meno di 2.000 euro vi fate un’emittente radiofonica. Unico problema: sarete pirati<br />

trasmettere programmi radiofonici.<br />

E sì, perché l’etere è considerato<br />

di proprietà dello Stato<br />

che, in via del tutto eccezionale,<br />

lo può concedere ai privati.<br />

Non disperate, restano solo<br />

due alternative: o ci si mette in<br />

coda dietro alla lobby dei comunicatori<br />

di professione per<br />

francobolli, sorpresine e figurine<br />

(da quelle Liebig a quelle<br />

dei Pokemon) e di edizioni rare<br />

di dischi in vinile. Previsti anche<br />

borse di studio e premi per<br />

giovani sceneggiatori e ‘querce<br />

secolari’ del fumetto italiano.<br />

Gran finale, il 23 marzo, con<br />

editori, autori, disegnatori e<br />

ospiti internazionali. Dove? Alla<br />

Sala Congressi in via Corridoni<br />

16. Andateci su una cattivissima<br />

e superaccessoriata coupé nera.<br />

O in alternativa portatevi la vostra<br />

scatoletta di spinaci.<br />

SUSANNA SCAFURI<br />

Cartoomics 2002<br />

Salone del Fumetto dei<br />

Cartoon e dei Videogames<br />

Fiera di Milano<br />

21-24 marzo<br />

Tel. 02-4815541<br />

ottenere una licenza o si fa finta<br />

di nulla sperando di non essere<br />

beccati. Oppure, si fa come<br />

quelli di Free Radio Berkeley,<br />

che per trovare uno spazio libero<br />

dove trasmettere sono andati<br />

fino in Chiapas.<br />

CHRISTIAN CAROSI<br />

SUL PALCO<br />

DONNE IN TEATRO<br />

Milano<br />

In campana: a Milano riapre<br />

lo storico Teatro in corso di<br />

Porta Nuova 32. Ci sono voluti<br />

cinquant’anni, ma dall’8<br />

marzo il nuovissimo spazio<br />

culturale polivalente promette<br />

di fare faville. Si comincia con<br />

la mostra dedicata alla pittrice<br />

mozambicana Bertina Lopes<br />

(fino al 7 aprile) e si continua<br />

con seminari, laboratori e film.<br />

Filo conduttore l’Africa.<br />

Tel. 02-36530451<br />

TEATRO SULLA LUNA<br />

Milano<br />

Il teatro va sulla Luna. Il Franco<br />

Parenti (via Pier Lombardo, 14)<br />

si arricchisce di nuovi spazi. Il<br />

progetto Città della Luna prevede<br />

infatti la trasformazione<br />

del teatro in una innovativa cittadella<br />

dello spettacolo capace<br />

di diventare punto di riferimento<br />

per media diversi. Per ora, si<br />

parte con l’inaugurazione di<br />

una caffetteria con postazioni<br />

Internet. Poi corsi (gratuiti) di<br />

navigazione Web, incontri, serate<br />

a tema, musica, food, libreria<br />

e spazio bimbi.<br />

Tel. 02-55184075<br />

SUL WEB<br />

LINK ASSOCIATED<br />

www.linkassociated.org<br />

Potremmo chiamarlo intrattenimento<br />

(e informazione)<br />

digitale. Ovvero la capacità<br />

di catturare l’utente attraverso<br />

la Rete. Un esempio?<br />

Il Link Associated di<br />

Bologna, noto in tutta Italia<br />

per la sua produzione culturale<br />

d’avanguardia, ridefinisce<br />

adesso il proprio ruolo<br />

spalancando le porte al web.<br />

Firmato da poco l’ingresso<br />

di Radio K nel proprio<br />

Network, il Link punta ora<br />

sulla diffusione dei contenuti<br />

via Rete grazie al cablaggio<br />

di una superficie pari a<br />

circa 3000 mq. I laboratori<br />

multimediali del Network<br />

stanno ultimando un gigantesco<br />

database sul quale<br />

poggeranno diverse produzioni<br />

culturali: editoria digitale,<br />

format radiotelevisivi,<br />

immagini di eventi, conferenze,<br />

interviste e una web<br />

tv con palinsesto no-stop<br />

(24 ore su 24). Come dire,<br />

se Maometto non va alla<br />

montagna…<br />

PEPPE PALAZZOLO<br />

URBAN 47


LIBRI<br />

IL SUONO DEGLI EX<br />

Prendi una rock band composta di ex amanti e l’altalena emotiva tra l’underground<br />

e il mercato. Buona scrittura e autoironia nel microcosmo della musica giovane<br />

LA BAND DEGLI EX AMANTI<br />

Pagan Kennedy<br />

Arcanafiction, 154 pp.,<br />

8,26 euro<br />

Sono quattro, i componenti d’una<br />

band indie in ascesa, e a turno,<br />

Hank, Lilly, Shaz e Walt, nell’ordine,<br />

vengono raccontati in quattro<br />

capitoli: questa la struttura del libro<br />

(è un romanzo, eh, anche se<br />

esce per Arcana che conoscevamo<br />

come casa editrice specializzata<br />

in saggistica, biografie e testi<br />

di canzoni, e ora apre alla fiction).<br />

Hank è un chitarrista che ha già<br />

cambiato decine di band - la perfida<br />

fanzine Sound, popolarissima<br />

fra i musicisti della scena, scrive<br />

che “usa i gruppi proprio come<br />

fazzolettini di carta” - e in attesa<br />

di sfondare e diventare famoso lavora<br />

in un negozio di dischi. Lilly<br />

è una studentessa d’arte e ha talento:<br />

vuole imparare a suonare,<br />

scrive i testi, trova le melodie,<br />

inventa il nome del gruppo (gli<br />

Exes: dovrà essere composto da<br />

gente che è stata insieme e poi si<br />

è lasciata, esattamente come loro<br />

due), elabora strategie promozionali,<br />

tiene il palco.<br />

Shaz, la bassista, è una giovane<br />

che proviene da una famiglia musulmana,<br />

è bisex, e fugge da<br />

un’esperienza già avviata con un<br />

gruppo, gli Sluggo, che ha mollato<br />

alla vigilia della firma del contratto<br />

con una major e di un tour<br />

europeo. Infine il suo ex, il batterista,<br />

Walt, che, invece, da studente<br />

prodigio è passato a fare il postino<br />

dopo una crisi nervosa. Il tutto<br />

ambientato a Boston, fra punk,<br />

grunge e cross-over.<br />

È brava Pagan Kennedy, a rendere<br />

conto, con perizia e con leggerezza,<br />

delle diverse dinamiche.<br />

Intanto, quelle di coppia: la trova-<br />

IL TESTAMENTO DI MAMMA<br />

Anne Fine<br />

Sonzogno, 300 pp.,<br />

15,90 euro<br />

La mamma tirannica che, da<br />

vecchia, è ancora più dura, il disagio<br />

dei figli che rimuginano<br />

sulle angherie subite da sempre,<br />

le discussioni attorno a questioni<br />

patrimoniali (la casa), il balletto<br />

fra fratelli, sono elementi comuni<br />

ta degli ex fa in modo che si raccontino<br />

diversi modi di essere<br />

amanti e amici, la collaborazione<br />

e solidarietà, il rapporto fra uomini<br />

e donne, quello coi rispettivi,<br />

attuali, partner.<br />

Poi, e qui viene il bello, c’è la delicata<br />

questione del gruppo.<br />

Dapprima le prove in due, Hank e<br />

Lilly da soli in cantina che lavorano,<br />

fantasticano e cazzeggiano (la<br />

loro prima batteria - elettronica -<br />

diventa un amico immaginario, tale<br />

Ivan, che pensano come un metallaro<br />

un po’ campagnolo e ottuso).<br />

Poi la ricerca dei nuovi mem-<br />

a questo testo e al precedente<br />

Villa ventosa.<br />

Déja vu, per chi segue la Fine,<br />

sebbene qui sia Colin al centro<br />

del racconto, stretto com’è fra<br />

donne che lo trattano malissimo -<br />

la mamma da accudire, la sorella<br />

gemella che se ne tiene alla larga,<br />

la rampante immobiliarista<br />

Perdita, e Mel, un’ex trapezista<br />

con un’adorabile figlia treenne.<br />

bri da rodare e la sintonia da costruire,<br />

l’equilibrio da accordare.<br />

Quindi il primo concerto, il rapporto<br />

col pubblico, la stampa<br />

(sebbene si tratti del solito, pettegolissimo,<br />

Sound col suo amatoodiato<br />

circuito underground), lo<br />

sbattimento delle tournée, la lealtà,<br />

la possibilità di diventare<br />

“grandi”, di andare a fare le rockstar<br />

in giro per il mondo.<br />

Dunque il salto dall’essere indipendenti<br />

all’avere a che fare con il<br />

mercato, col solito dilemma (falso<br />

problema?) fra purezza e commercialità,<br />

con la prospettiva di<br />

MAMME INGLESI: CHE TRAGEDIA!<br />

Più varie facce e voci che bene<br />

rendono l’idea di una società occidentale<br />

sempre più popolata<br />

dagli anziani con tutte le paturnie<br />

e difficoltà vere. Lo stile, brillante,<br />

i dialoghi e gli sfoghi recriminatori<br />

e vittimistici, sempre acidi e taglienti,<br />

risultano un po’ impantanati<br />

in una questione macchinosa<br />

(i dettagli relativi a un’assicurazione<br />

sono noiosi per loro stessa<br />

fare di questo divertimento un lavoro,<br />

attraente ma non così ovvio<br />

e semplice - e sarà Shaz a fare<br />

maggiori resistenze.<br />

Un romanzo riuscito perché poteva<br />

essere a forte rischio-compiacimento<br />

(data l’ambientazione,<br />

da brivido!!!), ma che invece,<br />

giocando sul registro del comico,<br />

e poggiando su buoni riferimenti,<br />

riesce a essere onesto e credibile.<br />

Chissà che ne diranno i tanti<br />

musicisti italiani che scrivono,<br />

di solito, d’altro.<br />

SILVIA BALLESTRA<br />

Una società anziana, una famiglia claustrofobica. Anne Fine e la cupa normalità domestica<br />

natura). L’intuizione di fare delle<br />

piccole tragedie domestiche uno<br />

scenario per il dispiegarsi di affetti<br />

e dolori e gelosie, indagando<br />

l’equilibrio sempre incerto<br />

della ‘famiglia’ sta incamminandosi<br />

sulla strada del già collaudato.<br />

Da lodare, però, sempre, la vivacità<br />

e il palpitante godimento<br />

della narratrice. Ma sono davvero<br />

così fetenti le mamme inglesi?<br />

illustrazione: Gabriella Giandelli<br />

IN LIBRERIA<br />

Il pestaggio visto<br />

da dentro e il<br />

topo politically<br />

uncorrect. Ma<br />

Topolino era a<br />

Genova?<br />

NOI DELLA DIAZ<br />

Lorenzo Guadagnucci<br />

Editrice Berti, pp.170,<br />

8 euro<br />

Fortuna (per noi, non certo<br />

per lui) che dentro la scuola<br />

Diaz ci fosse anche un giornalista:<br />

Lorenzo Guadagnucci<br />

della redazione economica del<br />

Resto del Carlino, la sera del<br />

21 luglio 2001, come altre<br />

decine di giovani e meno giovani,<br />

aveva preso posto col<br />

suo sacco a pelo all’interno di<br />

quelle mura dove fu condotta<br />

una terribile mattanza. Questo<br />

suo libro molto intenso si apre<br />

con lo choc delle botte cieche<br />

e improvvise, prosegue con la<br />

degenza in ospedale, la comprensibile<br />

angoscia, i rapporti<br />

umani che instaura coi carcerieri<br />

e i medici in questa situazione<br />

impazzita, il racconto di<br />

Porto Alegre con i bei ritratti<br />

di Galeano, Bové e Gesualdi, e<br />

finisce con schede tematiche<br />

sul lavoro, serio, fatto in questi<br />

anni dal movimento per un<br />

mondo più giusto.<br />

CAMERATA TOPOLINO<br />

Alessandro Barbera<br />

Stampa alternativa<br />

pp. 110,<br />

7,23 euro<br />

Prometteva di più quel titolo<br />

a effetto! In realtà si tratta<br />

di un excursus su tutto quello<br />

che è stato scritto sui fumetti<br />

Disney - e non sui film,<br />

come giustamente rileva<br />

l’autore - negli ultimi trent’anni,<br />

in Italia. Scorrendo<br />

la bibliografia si trovano<br />

le firme più disparate, dagli<br />

esperti di sempre, Del<br />

Buono, Raffaelli, Faeti, fino a<br />

Garavini e Del Giudice: tanti,<br />

soprattutto da sinistra,<br />

hanno scritto, ma solo su<br />

Topolino. Certo che leggere<br />

Oreste De Fornari che stronca<br />

il Libro della giungla (personaggi<br />

scialbi?!, trama sfilacciata?!)<br />

fa prudere le mani.<br />

Dunque, urge un libro più<br />

nutrito e completo sull’ideologia<br />

Disney, proprio perché<br />

l’ultimo capitoletto, quello<br />

sul mondo magico-iniziatico<br />

delle fiabe, sposta il dibattito<br />

su un piano più articolato e<br />

interessante (e quel fascista<br />

di Topolino diventa nazista).<br />

URBAN 49


VIA DI QUI<br />

Vivere in famiglia,<br />

grazie al tribunale.<br />

Tanguy da ridere<br />

Tanguy è straordinario: ha<br />

compiuto trentadue anni, è laureato<br />

in filosofia, parla correntemente<br />

una quantità esagerata<br />

di lingue, tra cui il cinese e il<br />

giapponese, è una persona<br />

brillante e seducente che sa come<br />

comportarsi in società.<br />

Insomma, sarebbe il figlio modello<br />

per ogni genitore.<br />

Se non che Tanguy vive ancora<br />

con loro e non ha alcuna intenzione<br />

di andarsene dal nido famigliare.<br />

Esauriti i tentativi di<br />

convincimento, ai vecchi non<br />

resta che cacciarlo di casa. Ma<br />

Tanguy non si dà per vinto, li<br />

porta in tribunale, vince la causa<br />

e torna trionfalmente a casa.<br />

A questo punto in famiglia è<br />

guerra aperta. Etienne Chatilez<br />

con Tanguy mostra di saper cogliere<br />

ancora una volta uno dei<br />

nodi contraddittori del vivere<br />

contemporaneo occidentale<br />

trasformandolo in commedia<br />

paradossale.<br />

Le risate sono comprese nel<br />

prezzo, anche se alla fine tutto<br />

ruota intorno a una sola idea,<br />

per quanto brillante. Sabine<br />

Azema e André Dussolier sono<br />

i genitori del piccolo mostro,<br />

interpretato da Eric Berger.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

GARZANTINA<br />

Gestire un casinò è come derubare<br />

una banca senza poliziotti<br />

in giro. Las Vegas purifica<br />

dai peccati. È come un<br />

lavaggio macchine della moralità.<br />

(Robert De Niro,<br />

Casinò)<br />

Io credo nell'intelligenza dell’universo,<br />

con l’eccezione di<br />

qualche cantone svizzero.<br />

(Woody Allen, Il dormiglione)<br />

Sto male, ho una colica apatica,<br />

ho bevuto troppi liquori<br />

stranieri: curassò, pernacchio.<br />

(Totò, Totò, Peppino e i fuorilegge)<br />

Non vedo volare tanto fango<br />

dalle ultime elezioni. (Groucho<br />

Marx, Un giorno alle corse)<br />

Gli americani come europei<br />

non sono granché. (Barbara<br />

Hershey, Ritratto di signora)<br />

A che ora è la rivoluzione,<br />

signora? Come si deve venire?<br />

Già mangiati? (Vittorio<br />

Gassman, La Terrazza)<br />

52 URBAN<br />

FILM<br />

IL GRANDE ALTMAN<br />

GIOCA COL MORTO<br />

Una tenuta di caccia in Inghilterra. Padroni e servitù. E poi il cadavere. Ma Robert Altman<br />

non si dedica al giallo: semplicemente indaga e racconta le rotte di collisione dei suoi<br />

personaggi. Un cast tutto all-star e le dita incrociate per la cerimonia degli Oscar. Da vedere<br />

GOSFORD PARK<br />

di Robert Altman<br />

A Berlino lo hanno premiato<br />

con un Orso alla carriera. La sera<br />

dei Golden Globe si era aggiudicato<br />

il premio per la miglior<br />

regia. E le dita sono incrociate<br />

per la notte degli Oscar. Stiamo<br />

parlando di Robert Altman, vecchio<br />

leone piuttosto scontroso<br />

con il cinema made in<br />

Hollywood, che disprezza con<br />

convinzione.<br />

Lui realizza i film dove gli sembra<br />

più opportuno, con i collaboratori<br />

che desidera. E soprattutto<br />

racconta le storie che ha<br />

voglia di raccontare, non quelle<br />

suggerite dall’ufficio marketing.<br />

Il suo nuovo film è un gioiellino<br />

prezioso come la tenuta dove si<br />

svolge: Gosford Park. L’idea del<br />

film venne ad Altman mentre<br />

stava guardando, insieme al suo<br />

amico Bob Balaban, Upstairs<br />

Downstairs, una vecchia serie te-<br />

levisiva britannica. Nella serie si<br />

raccontavano i drammi dei servitori,<br />

per certi versi analoghi a<br />

quelli dei loro padroni. Pur mantenendo<br />

le distanze tra il piano<br />

di sopra e quello di sotto. C’era<br />

però un problema: come potevano<br />

due americani raccontare con<br />

precisione una realtà così tipicamente<br />

britannica?<br />

Semplice: affidandosi a uno sceneggiatore<br />

dotato di talento e<br />

suddito di Sua Maestà come<br />

Julian Fellowes. E Fellowes non si<br />

è limitato a scrivere la sceneggiatura,<br />

ha coinvolto anche sua moglie,<br />

ex dama di compagnia di<br />

una nobildonna, per curare tutti i<br />

dettagli della rigida etichetta che<br />

va osservata in queste circostanze.<br />

Gosford Park si svolge nel novembre<br />

del 1932, quando un<br />

gruppo di nobilotti e ospiti eccellenti<br />

raggiunge l’omonima tenuta<br />

per un week-end di caccia. Inutile<br />

dire che ognuno degli ospiti ha<br />

un seguito. Chi si porta il segre-<br />

tario, chi l’assistente, chi la cameriera.<br />

Tutta servitù che va ad aggiungersi<br />

a quella, già numerosa,<br />

della tenuta. In breve i giochi sono<br />

fatti: al piano superiore i padroni<br />

coi loro capricci, a quello<br />

inferiore è invece tutto un brulicare<br />

di servitori. Le rotte di collisione<br />

sono molteplici. Sino al fattaccio:<br />

il delitto. Già, perché dietro<br />

Gosford Park c’è un racconto<br />

che potrebbe essere uscito dalla<br />

penna di Agatha Christie, ma solo<br />

perché ci scappa il morto.<br />

Contrariamente alla scrittrice, che<br />

su quello ha sempre concentrato<br />

la sua attenzione, per Altman<br />

scoprire il colpevole è l’ultima<br />

delle preoccupazioni.<br />

Come sottolinea un suonatissimo<br />

investigatore di Scotland<br />

Yard. Quello che davvero sta a<br />

cuore ad Altman è l’affresco che<br />

si va componendo in due ore e<br />

diciassette di film. Un affresco<br />

decisamente corale, come già<br />

aveva fatto magistralmente con<br />

Nashville e Short Cuts. E ancora<br />

una volta Balaban ha messo insieme<br />

un cast veramente eccezionale.<br />

Nei piani alti troviamo<br />

una sublime Maggie Smith, capace<br />

di frasi magnificamente taglienti,<br />

mentre nei panni del<br />

maggiordomo preso dalla parte<br />

(ri)troviamo Alan Bates. E ancora<br />

Kristin Scott Thomas, Charles<br />

Dance, Derek Jacobi, Helen<br />

Mirren, sino ai più giovani Emily<br />

Watson, Ryan Philippe, Clive<br />

Owen.<br />

E Bob Balaban, che oltre ad<br />

avere partecipato alla genesi del<br />

film e ad avere avuto un ruolo<br />

nella produzione, interpreta il<br />

personaggio più stravagante e<br />

incomprensibile per gli inglesi,<br />

sia servi che padroni: un produttore<br />

cinematografico hollywoodiano.<br />

E i duetti tra i sudditi di<br />

Sua Maestà e il figlio della colonia<br />

ribelle sono da antologia.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

THE SHIPPING NEWS<br />

THE SHIPPING NEWS<br />

Lasse Hallström<br />

Un progetto a lungo coccolato<br />

da Hollywood, dopo che il romanzo<br />

di Annie Proulx era stato<br />

pubblicato aggiudicandosi il<br />

Pulitzer. Dopo molti tentativi andati<br />

a vuoto è riuscito nell’impresa<br />

Lasse Halström, regista di<br />

origine svedese che sa spremere<br />

dai romanzi anche più di quanto<br />

nascondano. Basti ricordare il<br />

successo di Chocolat. Kevin<br />

Spacey è Quoyle, un uomo decisamente<br />

mediocre, strapazzato<br />

dal padre e dalla vita. Sino a<br />

quando incrocia Cate Blanchett<br />

che sa come far girare la testa<br />

agli uomini. E lui è più che disposto<br />

a perdere la testa, ma dopo<br />

qualche tempo la donna<br />

muore e Quoyle si ritrova solo<br />

con la figlia e l’anziana zia (Judi<br />

Dench). Per lenire<br />

le ferite esistenziali non resta<br />

che tornare da dove era partito:<br />

Terranova. E finalmente troverà<br />

un lavoro brillante come giornalista<br />

nel quotidiano locale e un<br />

nuovo amore niente male interpretato<br />

da Julianne Moore.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

IL DERVISCIO<br />

IL DERVISCIO<br />

Alberto Rondalli<br />

Esordio cinematografico ricco<br />

di ambizioni quello di Alberto<br />

Rondalli dopo che aveva già<br />

diretto un Padre Pio in versione<br />

tv. A cominciare dall’ispirazione:<br />

il romanzo di Mesa Selimovic.<br />

Ambientato nell’impero ottomano<br />

di fine ’800, girato in turco,<br />

Rondalli ci porta nel mondo dei<br />

dervisci, capi spirituali riconosciuti<br />

per il loro ruolo anche sociale.<br />

Ed è interamente avvolto di spiritualità<br />

Nurettin, il protagonista,<br />

che non viene sfiorato dalla vita<br />

quotidiana. Sino a quando suo<br />

fratello non viene incarcerato e<br />

ucciso. Ingiustamente. Allora decide<br />

di affrontare il mondo, sporcandosi<br />

prima le mani, poi anche<br />

l’anima. Raffinato e colto nel linguaggio,<br />

ottimamente fotografato,<br />

il film punta sulla ricerca di una<br />

dimensione spirituale. Ma concede<br />

poco allo spettatore. Bandita<br />

l’azione, rimane solo la possibilità<br />

di riflessione su immagini e situazioni<br />

che oltretutto hanno una loro<br />

complessità non sempre facilmente<br />

decodificabile.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

IN THE BEDROOM<br />

Si dice che sia il film che in<br />

qualche modo preclude a<br />

Moretti il trionfo americano perché<br />

il tema trattato è sostanzialmente<br />

analogo. E perché, nonostante<br />

sia un tema con cui non<br />

è così immediato l’entertainment,<br />

Hollywood se lo è giocato<br />

con serietà. La storia in sintesi<br />

vede una giovane che divorzia e<br />

trova un nuovo partner. Ma l’ex<br />

di turno non solo non gradisce,<br />

addirittura lo stende. E allora<br />

entrano in gioco i devastati genitori<br />

del giovane assassinato<br />

che meditano una sorta di giustizia<br />

fai da te per compensare<br />

la perdita irreparabile. Quindi,<br />

se è pur vero che l’attenzione è<br />

prevalentemente rivolta al dolore<br />

dei genitori che perdono un<br />

figlio, il resto della trama è piuttosto<br />

lontano da quello del film<br />

di Nanni. In compenso il film di<br />

Todd Field può avvalersi dell’ottima<br />

interpretazione di Sissy<br />

Spacek (affiancata da Tom<br />

Wilkinson) nei panni della madre<br />

disperata.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

INCANTESIMO NAPOLETANO<br />

INCANTESIMO<br />

NAPOLETANO<br />

P. Genovese - L. Miniero<br />

A Napoli può succedere di tutto.<br />

E succede. In particolare nella famiglia<br />

Aiello, allietata dall’arrivo<br />

di Assunta. Tutto bene, sino a<br />

quando la bimba non comincia a<br />

pronunciare le prime parole: parla<br />

con smaccato accento milanese.<br />

Alla pastiera preferisce il panettone,<br />

all’impepata di cozze il<br />

risotto giallo. Per la famiglia è<br />

una croce da nascondere agli occhi<br />

di tutti. E a nulla servono le<br />

lezioni del fonoiatra e le cassette<br />

di napoletano per Cotoletta, così<br />

è stata ribattezzata la piccina,<br />

che ha gusti, formazione e parlata<br />

decisamente meneghini e assolutamente<br />

inspiegabili. Un incantesimo<br />

orchestrato da Paolo<br />

Genovese e Luca Miniero, che in<br />

alcuni momenti colgono nel segno<br />

scatenando grasse risate,<br />

merito anche dei due superbi attori<br />

che interpretano i genitori:<br />

Marina Gonfalone e Gianni<br />

Ferreri. Ma un’idea, seppure originale<br />

e divertente, non riesce a<br />

reggere l’intero film.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

GLADIATORE MATEMATICO<br />

Uno strepitoso<br />

Russel Crowe, la<br />

scienza dei numeri<br />

e la follia. Ron<br />

Howard regista<br />

A BEAUTIFUL MIND<br />

Ron Howard<br />

La storia è quella, vera, di John<br />

Forbes Nash jr., un genio della<br />

matematica. Un personaggio<br />

capace di spaziare con la mente<br />

nella ricerca matematica come<br />

se fosse sempre stato il suo<br />

elemento naturale. Puro istinto.<br />

Affascinante da seguire come<br />

se si assistesse, in prima persona,<br />

alla creazione di un’opera<br />

d’arte. Poi qualcosa si inceppa,<br />

gli oliatissimi meccanismi mentali<br />

di John saltano: la schizo-<br />

frenia è in agguato. È l’inizio di<br />

un’altra storia tremenda e terribile,<br />

con momenti alterni che<br />

portano Nash fuori e dentro l’abisso<br />

della sua mente. La vera<br />

biografia, scritta da Sylvia<br />

Nasar, Il genio dei numeri<br />

(Rizzoli), è alla base del film di<br />

Ron Howard che sa toccare i<br />

giusti tasti emotivi, solo con<br />

qualche insistenza di troppo.<br />

Ma la vera sorpresa, la scoperta,<br />

è ancora lui, l’uomo che dà<br />

corpo al genio: Russell Crowe,<br />

che a questo punto si conferma<br />

attore di proporzioni stellari,<br />

capace di qualsiasi interpretazione<br />

e in grado di allungare le<br />

mani su ogni tipo di premio.<br />

Accanto al giovanottone neozelandese,<br />

capace di passare da<br />

un gladiatore a un matematico,<br />

troviamo Jennifer Connelly nei<br />

panni della moglie e gli amici<br />

Ed Harris e Paul Bettany.<br />

IN THE BEDROOM<br />

Todd Field<br />

ITALIANI<br />

ALBANESE<br />

ABBANDONATO<br />

Antonio Albanese torna alla<br />

regia cinematografica e trova<br />

ospitalità tra le braccia robuste<br />

di Luigi DeLaurentiis, per<br />

intenderci, il produttore dei<br />

Boldi-De Sica natalizi.<br />

E il suo racconto sembrerebbe<br />

addirittura negare il titolo,<br />

Il nostro matrimonio<br />

è in crisi, visto che Aisha<br />

Cerami prima del matrimonio<br />

decide di sottrarsi alla<br />

‘faccenda’ puntando su<br />

un centro new age, gestito<br />

nientemeno che dal guru<br />

Shell Shapiro. Inutile dire che<br />

Antonio cercherà in tutti<br />

i modi di farla tornare sui<br />

suoi passi. Come sempre nei<br />

film di Albanese, non è tanto<br />

la storia ciò che conta, ma il<br />

mondo poetico e singolare<br />

che il suo personaggio<br />

porta con sé.<br />

SALVATORES<br />

SMEMORATO<br />

Salvatores chiama a raccolta<br />

alcuni suoi fedelissimi e qualche<br />

new entry per puntare su<br />

Ibiza, crocevia di mille contraddizioni.<br />

Il titolo (Amnesia)<br />

deriva dalla più grande discoteca<br />

dell’isola, ma l’attenzione<br />

punta in altre direzioni.<br />

Sono infatti tre storie che si<br />

sfiorano per mostrarci come<br />

le prime impressioni non fossero<br />

quelle giuste. Come tutti<br />

si possa essere afflitti da amnesia.<br />

Cast italospagnolo, con<br />

Diego Abatantuono regista<br />

porno, padre di Martina<br />

Stella che gli piomba all’improvviso<br />

sul set, dove troviamo<br />

anche la Agrado, ossia<br />

Antonia San Juan. Nel film<br />

anche Sergio Rubini,<br />

Alessandra Martines,<br />

Ugo Conti e Bebo Storti.<br />

VIRZÌ<br />

INNAMORATO<br />

Ecco il nuovo Virzì che<br />

ha dovuto subire tutti<br />

i contraccolpi delle vicende<br />

finanziarie di Cecchi Gori.<br />

Attori giovani e sconosciuti<br />

per una storia (My name is<br />

Tanino) che racconta<br />

di un giovane siciliano che<br />

incontra l’americana Sally.<br />

Lui non sarà Harry, ma le<br />

cose non vanno male.<br />

Dopo un’iniziale cortesia<br />

qualcosa non sembra<br />

più andare per il verso<br />

giusto.<br />

URBAN 53


TEATRO<br />

DANZA IN SOLITARIA<br />

Più che una nuova<br />

tendenza,<br />

l’assolo di danza<br />

è un classico<br />

del teatro del ’900.<br />

A Bologna,<br />

una rassegna<br />

per ricordarlo a tutti<br />

Ballare da soli. Una tendenza<br />

che è diventata una costante<br />

della scena teatrale degli ultimi<br />

vent’anni. E oggi, addirittura,<br />

l’assolo di danza è quasi una<br />

tendenza dominante. Spesso i<br />

coreografi si propongono come<br />

autori e interpreti delle proprie<br />

creazioni per le ragioni più diverse:<br />

per contenere il costo degli<br />

spettacoli, per esigenze estetiche<br />

e sperimentali o per pura<br />

autogratificazione narcisistica.<br />

“Ma questo è un fenomeno che<br />

si riallaccia a tutta la storia del<br />

teatro del ’900”, spiega Eugenia<br />

Casini Ropa, la docente del<br />

Dams di Bologna che ha organizzato<br />

la rassegna SOLO: Sul<br />

monologo di danza, parlando<br />

dei quattro spettacoli in scena<br />

dal 12 al 15 marzo alla Sala<br />

InterAction dell’Arena del Sole.<br />

“Il progetto serve a individuare<br />

le problematiche alla base di<br />

questa forma teatrale, ma anche<br />

a mettere in rapporto il ‘discor-<br />

IL GUARDIANO<br />

Roma, Teatro India, 6-17 marzo<br />

Lo spazio diviso in due, nel<br />

mezzo pende un secchio.<br />

Prezioso il ruolo di scene e co-<br />

ZITTI TUTTI!<br />

Milano, Teatro Out Off<br />

L’ex comedian Gigio Alberti alle<br />

prese con i versi poetici iperrealisti<br />

di Raffaello Baldini. Per la regia<br />

di Lorenzo Loris, Alberti recita<br />

un grottesco monologo fatto<br />

di comiche storie di paese con<br />

fendenti per tutto e tutti: mode,<br />

morte, ricchezza, povertà, figli,<br />

tempo che passa e mogli...<br />

Fino al 10 marzo<br />

so’ danzato del singolo con<br />

la collettività e lo spettatore.<br />

Serve, insomma, per indagare<br />

il passaggio dai movimenti del<br />

corpo del ballerino solista a<br />

quelli coordinati di un’intera<br />

compagnia e a identificare le differenze<br />

di genere nelle performance<br />

maschili e femminili”.<br />

Molte le iniziative a latere: oltre<br />

agli spettacoli dal vivo, sono<br />

previsti infatti anche tre appuntamenti<br />

con proiezioni di video<br />

(12 -14 marzo) commentate<br />

dalla stessa Eugenia Casini Ropa<br />

e dal critico Elisa Vaccarino.<br />

L’intento è quello di introdurre<br />

il pubblico al mondo dei ‘soli’<br />

femminili e maschili, in una lun-<br />

stumi, disegnati da Graziano<br />

Gregori e Carla Teti, per questo<br />

allestimento del testo di Harold<br />

Pinter. In una stanza–prigione si<br />

consuma il rito di soprusi di due<br />

4.48 PSYCHOSIS<br />

Bologna, Teatri di Vita<br />

Primo di tre spettacoli del<br />

Progetto Sarah Kane che questo<br />

agguerrito palcoscenico dedica<br />

alla drammaturga inglese morta<br />

alla fine degli anni ’90. L’ora del<br />

titolo fa riferimento a quella in<br />

cui, pare, si nutrono più facilmente<br />

propositi suicidi. La brava<br />

Monica Nappo è diretta da<br />

Pierpaolo Sepe. 22-24 marzo<br />

ga carrellata attraverso le creazioni<br />

per interprete solitario più<br />

significative. Opere realizzate<br />

dai maggiori danzatori mondiali<br />

del ’900 e disponibili grazie al<br />

prezioso montaggio di rari materiali<br />

realizzato dalla Cinémateque<br />

de la Danse di Parigi).<br />

Al termine dell’evento (il 15<br />

marzo) è prevista anche una tavola<br />

rotonda con la partecipazione<br />

di auterevoli studiosi nazionali<br />

del settore come Marinella<br />

Guatterini, Concetta Lo Iacono,<br />

Alessandro Pontremoli e Silvana<br />

Sinisi. Uno degli aspetti più innovativi<br />

dell’iniziativa consiste proprio<br />

in questo suo essere nello<br />

stesso tempo rassegna dal vivo<br />

fratelli ai danni del terzo uomo,<br />

ospitato per caso e poi intrappolato<br />

in un gioco di perversione e<br />

violenza. Due attori per tre personaggi:<br />

Marcello Bartoli è Davies, il<br />

PORTASUDEUROPA<br />

Torino, Teatro Gobetti<br />

Storia di Khalida, giornalista algerina<br />

e della sua resistenza quotidiana,<br />

tra la routine del lavoro<br />

in redazione e la scrittura clandestina<br />

di un manifesto per la libertà<br />

contro il fondamentalismo.<br />

Solitudine, battaglia civile e amore<br />

per il proprio paese, la porta<br />

sud d’Europa.<br />

Dal 5 al 24 marzo<br />

di balletti e parte integrante del<br />

programma didattico dei corsi<br />

universitari.<br />

SANDRO AVANZO<br />

SOLO: sul monologo di danza<br />

Sala InterAction, Arena del Sole,<br />

Bologna<br />

• Rebecca Murgi in Io sono Shake<br />

12 marzo<br />

• Giorgio Rossi in Balocco e La tua<br />

veste bianca - Una danza d’amore<br />

13 marzo<br />

• Raffaella Giordano in Fiordalisi<br />

14 marzo<br />

• Enzo Cosimi in Bacon: punizione<br />

per un ribelle<br />

15 marzo<br />

HAROLD PINTER E IL MONDO DIVISO DA UN SECCHIO<br />

Quando l’ospite diventa vittima nel gioco della violenza. Due attori per tre personaggi<br />

barbone, mentre per Mick e<br />

Aston, Dario Cantarelli si cimenta<br />

nella doppia interpretazione.<br />

Regia di Giuseppe Emiliani.<br />

CECILIA RINALDINI<br />

BUCHNER, ALBERTI, SARAH KANE< A SUD DELL , EUROPA<br />

WOYZECK<br />

Roma, Teatro Valle<br />

Each Man Kills the Thing He<br />

Loves. Il capolavoro di George<br />

Buchner è riletto dal maestro<br />

Barberio Corsetti come paradigma<br />

delle tragedie scatenate dal<br />

senso di possesso dell’oggetto<br />

d’amore. Tra petali di rose rosse<br />

e superfici metalliche più dure di<br />

qualsiasi roccia.<br />

13-24 marzo<br />

ANCORA!<br />

Gialli, musical e<br />

commedie: dallo<br />

schermo al palcoscenico.<br />

Il teatro<br />

gioca al cinema<br />

CARTONISSIMA<br />

Milano, Teatro Ciak<br />

A quarant’anni dalla prima<br />

rappresentazione, il regista<br />

Andrea Taddei rivisita una delle<br />

più celebri farse di Dario Fo<br />

per riscoprirne i meccanismi<br />

comici, le battute e l’attualità<br />

della satira. Ecco un tuffo indietro<br />

nella Milano del boom<br />

vista, però, col senno di poi.<br />

Dal 5 al 17 marzo<br />

AMICI MIEI<br />

Bologna, Teatro<br />

delle Celebrazioni<br />

Nel nome di Mario Monicelli<br />

si riuniscono in palcoscenico i<br />

Gatti di Vicolo Miracoli. Il regista<br />

affida loro in teatro le<br />

vicende del celebre film del<br />

’75, che rimane uno dei suoi<br />

massimi e più amati successi.<br />

Con le loro tremende zingarate,<br />

i quattro scanzonati protagonisti<br />

continuano a sbeffeggiare<br />

il perbenismo, la società<br />

e perfino la morte con irresistibile<br />

spirito goliardico.<br />

Dal 15 al 17 marzo<br />

FULL MONTY<br />

Torino, Teatro Colosseo<br />

Dopo i clamori della stampa<br />

fin dalle selezioni degli interpreti<br />

(ma c’è da spogliarsi<br />

davvero?), arriva la versione<br />

italiana del musical campione<br />

d’incassi a Broadway tratto<br />

dal fortunato film. A garantire<br />

la qualità dell’operazione ci<br />

sono Gigi Proietti alla regia,<br />

Giampiero Ingrassia, Rodolfo<br />

Laganà e Miranda Martino<br />

nel ruolo di protagonisti.<br />

Dal 12 al 16 marzo<br />

DELITTO PER DELITTO<br />

Roma, Teatro Quirino<br />

Alessandro Benvenuti dirige<br />

l’inedita coppia Alessandro<br />

Gassman-Giuseppe Fiorello<br />

(alla sua prima prova teatrale)<br />

nella versione che il drammaturgo<br />

e sceneggiatore<br />

americano Craig Warner ha<br />

scritto, a partire dalle pagine<br />

del racconto di Patricia<br />

Highsmith e dallo script di<br />

Raymond Chandler, per il film<br />

di Alfred Hitchcock. In una<br />

scenografia anni ’40, la piece<br />

si sviluppa con l’effetto del<br />

montaggio alternato e approfondisce<br />

l’attrazione tra<br />

i due ‘sconosciuti in treno’.<br />

Dal 12 al 18 marzo<br />

URBAN 55


SHOPPING<br />

I MEDIA IN BOTTEGA:<br />

LA MODA STAMPATA<br />

Quasi nascosta tra corso di<br />

Porta Ticinese e via Correnti, via<br />

Gian Giacomo Mora è uno degli<br />

angoli più inesplorati nel cuore<br />

della giungla d’asfalto milanese.<br />

Ma è proprio qui, tra un parrucchiere<br />

meravigliosamente fermo<br />

al giurassico e un’affascinante<br />

pasticceria antidiluviana, che gli<br />

ultimi Mr. Livingstone del terziario<br />

più avanzato hanno deciso<br />

quest’inverno di piantare le tende,<br />

seguendo il sentiero tracciato<br />

da qualche pioniere dell’<br />

happy hour e della cucina fusion.<br />

Uno di loro è Fabio<br />

Ventola, che si è installato al<br />

numero civico 4 con la libreria<br />

della moda di<br />

Mode…Information, il principale<br />

distributore internazionale di<br />

pubblicazioni fashion.<br />

In questo che in Europa è il primo<br />

punto vendita del gruppo<br />

con vetrina su strada, sono finalmente<br />

reperibili tutti i volumi e i<br />

magazine più pregiati in fatto di<br />

lifestyle, dall’ineffabile Visionaire,<br />

il periodico più caro al mondo<br />

(dai 200 ai 500 euro e passa), al<br />

meglio dell’editoria giapponese<br />

in esclusiva. In più qui, tra le pareti<br />

ocra, i mattoni a vista e i monitor<br />

che girano sfilate e collezio-<br />

ni, si trovano anche i famosi ‘quaderni<br />

di tendenza’, che già oggi,<br />

con due-tre anni d’anticipo, dettano<br />

le linee, i tessuti e i colori<br />

che ‘andranno’ dal 2004 in poi.<br />

Alcuni, come Pantone View o come<br />

In View di Li Edelkoort, la futurologa<br />

del costume, hanno l’aspetto<br />

di comuni riviste. In altri il<br />

segreto del vestire e dell’abitare<br />

è racchiuso in un’enorme valigia<br />

come quella in vetrina, dove, provenienti<br />

dalla Groenlandia, da<br />

Cuba o dalla Russia, sono raccolti<br />

i suoni, le immagini, i profumi e i<br />

materiali che ispireranno lo stile<br />

prossimo venturo. Per restare nel<br />

presente, al piano inferiore c’è<br />

una libreria con lo stato dell’arte<br />

in fatto di fotografia, grafica, interior<br />

design, floreale e abbigliamento.<br />

Diventato in un lampo il<br />

punto di riferimento degli addetti<br />

ai lavori, Mode Information è destinato<br />

a calamitare la folta schiera<br />

di studenti che gravitano intorno<br />

alle discipline dell’immagine e<br />

di fashion victim metropolitani.<br />

VITTORIO MONTIERI<br />

Mode Information<br />

Milano, via Gian Giacomo Mora 4<br />

2 TORRI, 3 STILISTI, 1 NEGOZIO<br />

Difficile non frequentarlo.<br />

Seducente e accattivante, Imperial<br />

town è un negozio che non passa<br />

inosservato… Presente sulla scena<br />

bolognese da circa dieci anni,<br />

è un punto di riferimento per giovani<br />

modaioli e fashion victim di<br />

QUI <strong>ROMA</strong>: C , E TRIPPA PER GATTI (E GIAPPONESI)<br />

EDO<br />

Piazza del Paradiso, 18<br />

Prima di diventare la metropoli<br />

tecnologica che sappiamo, Tokyo<br />

si chiamava Edo. Questo negozio<br />

porta il nome della città vecchia,<br />

ma la sua superficie è aperta a<br />

tutte e due le anime del<br />

Giappone, quella del passato e<br />

quella ultramoderna. Il nuovo è<br />

rappresentato da ciotole in plasti-<br />

tutte le età. Il negozio, dove è facile<br />

incontrarci giovani e studenti,<br />

è meta di pellegrinaggio anche<br />

per esigenti ricercatori di stile.<br />

Strategicamente posizionato vicino<br />

alla Piazzola (il mercato del venerdì<br />

e sabato che vende abbi-<br />

ca, bacchette, borse e altri pezzi<br />

realizzati da artisti contemporanei.<br />

L’antico da ceramiche, stampe<br />

e vassoi in lacca. Si fanno notare<br />

anche la linea di gonne e borse<br />

create utilizzando stoffe di antichi<br />

kimono, e gli stessi kimono proposti<br />

come giacche, abiti o spolverini.<br />

Attigua allo shop una galleria<br />

che presenta mostre di autori<br />

giapponesi e non.<br />

foto: Beatrice Tartarone<br />

I fashion-magazine che ‘fanno tendenza’,<br />

belli e illeggibili. Soprattutto costosi.<br />

Ecco un’edicola molto particolare. A Milano<br />

Se volete esplorare i nuovi stili, ispirati ai maestri della moda, uno show room imperiale<br />

gliamento nuovo e usato) il negozio<br />

offre prodotti di ricerca a un<br />

prezzo abbordabile, realizzati dall’omonimo<br />

marchio e disegnati da<br />

un team di tre giovani stilisti che<br />

non nascondono la loro passione<br />

per designer anticonformisti<br />

ECOGAT<br />

Via F. Cesi, 56<br />

Miao! Il mondo a forma di gatto.<br />

In zona piazza Cavour, Ecogat è il<br />

primo negozio in Italia interamente<br />

dedicato agli amanti del felino.<br />

Aperto quasi per gioco da Hamed<br />

Tarik, è stipato all’inverosimile di<br />

oggetti, utensili, complementi<br />

d’arredo, provenienti dall’Africa,<br />

dall’America e da tutta Europa, il<br />

e irriverenti come Andrew<br />

MacKenzie, John Richmond,<br />

Helmut Lang, Dolce e Gabbana.<br />

LORENZA PIGNATTI<br />

Imperial town<br />

Bologna, via Venturini, 5<br />

cui motivo dominante è sempre e<br />

comunque lui: il gatto. Niente animali<br />

in gabbia, cibi o prodotti per<br />

la pulizia, ma gatti sotto forma di<br />

tazza, maglietta, grembiule, bottoni,<br />

scope, mouse pad, borse,<br />

porta cd, puzzle, zerbini, e poi laziali<br />

o romanisti, di saponaria o di<br />

alabastro, con gli stivali e senza.<br />

Tutti in vendita a eccezione di<br />

Ombra, il micio del proprietario.<br />

TUTTO A TORINO<br />

Gioielli per tutti e<br />

vestiti pezzi-unici.<br />

Ma anche la bomboniera<br />

del jazz.<br />

Però, Torino!<br />

POLLICINA<br />

Torino, via san Tommaso 4/g<br />

Bologna,<br />

via San Petronio Vecchio 15/b<br />

Se un diamante è per sempre,<br />

un bijou è per una stagione<br />

o due. Ma oltre a essere<br />

di qualche zero più economico,<br />

puoi sbizzarrirti con la<br />

fantasia e cambiarlo a seconda<br />

dell’umore. Nei negozi<br />

Pollicina - più grande quello<br />

di Bologna, più raccolto quello<br />

di Torino - trovi un’infinità<br />

di ornamenti e accessori, anche<br />

i più eccentrici, realizzati<br />

con ogni tipo di materiale: legno,<br />

vetro, plastica, cuoio, rame,<br />

argento, osso, madreperla.<br />

E per creare a proprio piacimento,<br />

le stesse perline sono<br />

disponibili anche sfuse.<br />

ONDE<br />

Torino, via Plana 1/m<br />

Mentre proliferano i magazzini<br />

multipiano stracolmi di cd<br />

e paccottiglia assortita, la vera<br />

sorpresa è trovare il classico<br />

‘negozio di dischi’: piccolo,<br />

raccolto, quasi familiare,<br />

dove non ci sta tutto lo scibile<br />

della musica mondiale d’ogni<br />

tempo, così una bella<br />

scrematura comincia col farla<br />

il proprietario. Fuori il rock,<br />

non tutto ma quasi. Dentro la<br />

musica tradizionale italiana e<br />

straniera, la world music, il<br />

jazz e le avanguardie. E due<br />

stanzette per ascoltare e scegliere<br />

in santa pace.<br />

AUTOPSIE VESTIMENTAIRE<br />

Torino, via Bonelli 6/b<br />

Niente collezioni ma pezzi<br />

unici, uno massimo due per<br />

taglia, ottenuti recuperando<br />

i fine pezza di importanti<br />

aziende. Quindi materiali di<br />

alta qualità e prezzi buoni.<br />

Così lavora Alice, che tra le<br />

novità di primavera propone<br />

gilet a ragnatela fatti all’uncinetto<br />

o felpe coi bordi<br />

bruciati, da cui sbuca una<br />

fascetta d’organza trasparente<br />

elasticizzata. Tutte da<br />

collezionare, invece, le cartoline<br />

del negozio, con i vestitini<br />

da applicare su una<br />

modella di carta. Nota bene:<br />

apre solo di pomeriggio, venerdì<br />

e sabato anche dalle<br />

22 alle 24.30.<br />

URBAN 59


TUTTO MILANO<br />

Noleggia una<br />

Ferrari, ma non ti<br />

scordare i fiori<br />

MARYFLOR<br />

Via Montevideo, 10<br />

Quello che non trovate da un<br />

fiorista tradizionale, lo trovate<br />

qui. Maryflor è una piccola<br />

foresta tropicale nel cuore di<br />

Milano e tra le sue pareti<br />

spugnate a colori vivaci racchiude<br />

le piante più esotiche<br />

e bizzarre che si possano reperire<br />

in una grande città:<br />

come la monvellea, che sembra<br />

un corallo; o una cilindrica<br />

sanseveria; o la pig face,<br />

che ricorda certi oggetti di<br />

design di Alessi; o la bombax,<br />

sotto la quale si dice sia<br />

nato Budda. Qualcuna costa<br />

come un motorino, ma poi le<br />

bastano due gocce d’acqua<br />

per dare il meglio di sé.<br />

VIPERNOLO<br />

Via Populonia, 6<br />

Guidare una Ferrari, così, una<br />

volta nella vita. Vipernolo è il<br />

posto dove chi volesse può<br />

togliersi lo sfizio, noleggiandola<br />

senza conducente. Tra le<br />

auto e le moto sportive disponibili,<br />

ci sono infatti una<br />

Ferrari F355 e una 360<br />

Modena. Costare, costa! Dai<br />

750 euro al giorno (Iva, tasse,<br />

assicurazione inclusi) più 0,93<br />

euro al chilometro; e ovviamente<br />

c’è da lasciare un deposito<br />

cauzionale che viene<br />

concordato col cliente.<br />

Consegna in 24 ore e poi, via<br />

con la ‘rossa’!<br />

A+B<br />

Piazza XXV Aprile, 7<br />

Il quartiere è il più hot, intorno<br />

a Corso Como. La scenografia<br />

è a metà strada tra<br />

una palestra, con una porzione<br />

di campo da basket<br />

sul pavimento di linomeum<br />

verde e con tanto di ‘cavallina’<br />

degli anni ’50, e una libreria<br />

coi suoi scaffali tecnici<br />

in alluminio. Così si presenta<br />

il nuovissimo tempio delle<br />

‘scarp de’ tenis’, oggi dette<br />

‘sneakers’. Oltre alle versioni<br />

più introvabili dei marchi<br />

classici - edizioni limitate e<br />

serie speciali - fanno parte<br />

della selezione le brand extension<br />

sportive di alcune<br />

griffe di moda come Dirk<br />

Bikkembergs e Marc Jacobs.<br />

Guardate come vi stanno nel<br />

gigantesco specchio rotondo<br />

in fondo al negozio.<br />

Narcisi!<br />

60 URBAN<br />

foto: Guido Fuà<br />

SHOPPING<br />

Massimo e Laura, diciamola tutta,<br />

sono stati dei precursori a livello<br />

nazionale. Al loro<br />

Umbraculum va innanzitutto il<br />

merito di aver sdoganato l’oggetto<br />

candela da certe connotazioni<br />

tutte italiane, facendone un vero<br />

complemento d’arredo e un fedele<br />

compagno dell’abitare quoti-<br />

PORTO LUNA CENTRALE<br />

Bologna, via Galliera 19/b<br />

Un annetto fa, quando hanno<br />

aperto, tenevano anche altre<br />

cose. Poi, raccontano Arianna<br />

e Marco, “abbiamo deciso di<br />

correggere la rotta”. Il lapsus ti<br />

fa già capire dove sono andati<br />

a parare. A questi due il mare<br />

gli scorre nelle vene.<br />

Fare scalo a Porto Luna<br />

Centrale è come entrare in<br />

Se siete a caccia di borse dell’acqua<br />

calda a forma di coccodrillo<br />

rosa, zainetti gonfiabili<br />

color caramella o di una grossa<br />

bocca rossa che funga da divano,<br />

Io sono un autarchico è il negozio<br />

che fa per voi.<br />

Prima che il gusto Ikea imperasse<br />

anche a Roma, questo negozio<br />

di oggetti per la casa, gadget<br />

e regali, è stato pioniere dell’idea<br />

del design minimale e<br />

pensato (ma comunque a prezzi<br />

accessibili), e del gusto per il<br />

bell’oggetto. Gusto che Franco<br />

(che gestisce il negozio insieme<br />

a Lucia) ha da prima di darsi al<br />

commercio, da quando era designer<br />

(o come semplicemente dice<br />

lui “artigiano”). Gusto che lo<br />

ha portato poi ad aprire questo<br />

negozio per vendere oggetti che<br />

lui stesso cerca, importa o va a<br />

comprare da fornitori in giro per<br />

tutta l’Italia. Io sono un autarchico<br />

è per il quartiere Monti dav-<br />

diano. E poi di aver concepito<br />

quel mix di raffinati elementi per<br />

la casa, che vanno dall’oggetto di<br />

tendenza alle soluzioni per la<br />

profumazione degli ambienti, diventato<br />

oggi una delle ‘filosofie’<br />

più in voga tra i nuovi store. Così,<br />

mentre nella bottega al pianterreno<br />

sei accolto da candele inserite<br />

un’imbarcazione e salpare verso<br />

terre lontane, ammirando a<br />

dritta una chaise-longue da<br />

ponte dell’Andrea Costa e a babordo<br />

un coordinato fatto di<br />

rami di caffè, a prua un tavolino<br />

ricavato da una culla pensile indiana<br />

e a poppa teste di capitello<br />

trasformate in fermalibro.<br />

E all’orizzonte modelli di velieri.<br />

Che aspettate, mollate gli<br />

ormeggi!<br />

IN CASA,<br />

MINIMAL<br />

DESIGN<br />

Citazione colta nel nome. E ricerca incessante<br />

di mobili e oggetti. A Roma, tante<br />

idee per non globalizzarsi pure la casa<br />

vero un’istituzione. È qui da abbastanza<br />

tempo (più di 10 anni)<br />

per aver visto la trasformazione<br />

di Monti da tranquillo e popolare<br />

rione del centro (di quelli con<br />

il giornalaio di fiducia, il pizzicagnolo<br />

di fiducia, l’emporio di fiducia…)<br />

a vivace zona di boutique,<br />

vinerie e ristoranti etnici.<br />

È un ritrovo per chi abita nel<br />

quartiere, una meta fissa per chi<br />

lo frequenta da sempre. Chi entra<br />

può stare sicuro di avere tutta<br />

l’attenzione e la disponibilità<br />

di Franco e Lucia, che se il negozio<br />

è vuoto (cosa assai rara)<br />

ma anche se il negozio è preso<br />

d’assalto dagli acquirenti, sono<br />

sempre pronti a spendere qualche<br />

parola per voi e per i vostri<br />

IL NEGOZIO CHE VALE LA CANDELA<br />

Piccole, grandi, colorate. Che bella cera! Scaldatevi alla fiamma della new-age, a Torino<br />

in bambù alti fino a due metri e<br />

vasche in cera dove galleggiano<br />

petali e bugìe, nei locali sovrastanti<br />

ti aggiri tra i cuscini di<br />

Maria Grazia Bagnaresi e le essenze<br />

di Etro. Umbraculum tra i<br />

primi, ma anche Umbraculum l’ultimissimo.<br />

A fine marzo, infatti, è<br />

prevista l’apertura di un nuovo<br />

SHOPPING NAVIGATO: REALE, SURREALE E VIRTUALE<br />

EYESONWORLDS.COM<br />

www.eyesonworlds.com<br />

Pouf a dondolo, sedie fatte di<br />

cerniere, cuscini in rete metallica.<br />

Sul web se ne trovano delle belle,<br />

soprattutto se andate sul sito<br />

eyesonworlds.com. È un’eccitante<br />

vetrina per tutti i creativi nell’anima<br />

fatta da creativi per professione,<br />

giovani designer cui certo<br />

non mancano talento e idee per<br />

dare una botta di modernità al<br />

acquisti, fornire idee su come<br />

costruire scale per soppalchi<br />

montando i moduli di una libreria<br />

o su come fare un figurone<br />

regalando un gadget che costa<br />

poco più di 5 euro. O raccontarvi<br />

del perché sopra il bancone ci<br />

sia un cartello di Marqueziana<br />

memoria, “Emporio José Arcadio<br />

Buendia”, di com’è andato l’inevitabile<br />

incontro con Nanni<br />

Moretti o di come la tv tedesca<br />

abbia fatto un servizio su questo<br />

‘pith-or-escou!’ negozio<br />

romano facendolo sembrare<br />

un supermercato.<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

Io sono un autarchico<br />

Roma, via del Boschetto 92<br />

spazio in via Barbaroux 9. Con<br />

una chicca: un angolo per la degustazione<br />

del tè. Farà scuola<br />

anche questa volta?<br />

VITTORIO MONTIERI<br />

Umbraculum<br />

Torino, via dei Mercanti 1 e 2<br />

vostro appartamento o una rinfrescata<br />

al vostro look. Si spazia<br />

col mouse dai gioielli fuori dal<br />

comune di Lorenzo Borroni alle<br />

borse malgasce in rafia e zinco<br />

di Authentique Sud, dai tappeti<br />

in silicone di Harry e Camila alla<br />

lampada punk di Antonella<br />

Veggiotti. Poi s’infila quel che<br />

più piace nel carrello telematico<br />

e si compra con un clic. E una<br />

carta di credito.


Caccia al vip nelle<br />

notti romane.<br />

E il fetish-trendy...<br />

BUSH<br />

Via Galvani, 46<br />

62 URBAN<br />

<strong>ROMA</strong><br />

Very important person, creativi<br />

della notte, prezzemolata di<br />

trendy e luccichii. Un esempio?<br />

Flavia Vento è una delle<br />

vip più affezionate a questo<br />

locale che aggiunge una nota<br />

di internazionalità alle notti<br />

romane. Nato da un’idea di<br />

Paola Cuervo, spagnola di nascita<br />

ed esperta di notti ‘ibicezenche’<br />

il Bush si è affermato<br />

come un posto che fa tendenza.<br />

Qualche nome? Tra i dj<br />

passati di qui (e come poteva<br />

mancare?) José Padilla, diggei<br />

del Café del Mar di Ibiza.<br />

Tel. 06-57288691<br />

GENDER<br />

Via Faleria, 9<br />

Amanti ed estimatori del fetish:<br />

questo è il locale giusto per voi<br />

se volete passare una serata all’insegna<br />

del voyerismo.<br />

Quanto alla musica, il Gender<br />

nasce come locale underground<br />

e qui si balla sulle note<br />

più recenti proposte dal mercato.<br />

Il vestito in latex, comunque,<br />

è meglio tenerlo in armadio durante<br />

la settimana: il Gender<br />

apre solo per il week- end.<br />

Tel. 06-70497638<br />

BLOOM<br />

Via del Teatro Pace, 29/30<br />

Una rapida ascesa per il<br />

Bloom che, grazie al suo look<br />

post-atomico e alla musica<br />

lounge è riuscito ‘a fare la voce<br />

grossa’ tra i locali notturni<br />

romani. Il merito, siamo sinceri,<br />

va anche alle frequentazioni<br />

vip, in particolare gente del<br />

mondo del cinema. Di recente,<br />

e con questo abbiamo detto<br />

tutto, da queste parti pare ci<br />

sia stato anche un casto spogliarello<br />

di Luce Caponegro.<br />

In arte Selen.<br />

Tel. 06-68301808<br />

CHIC&KITSCH<br />

Via San Saba, 11/a<br />

Un vecchio locale ricavato da<br />

un cinema in disuso, una famiglia<br />

(come quella dei Carezzi)<br />

che ha dedicato tutto alla vita<br />

notturna. Quindi deliziosi<br />

party-house con un dj come<br />

il newyorkese David Morales.<br />

E il posto torna a essere uno<br />

dei locali più frequentati dai<br />

nottambuli romani. Si balla, si<br />

beve e si mangia. Fino a tardissimo.<br />

Tel. 06-5782022<br />

CLUB<br />

LA MUSICA A FETTE<br />

Quasi un classico delle notti milanesi, capace di spaziare dal jazz più colto alle ultime<br />

tendenze. E un nome che è difficile da scordare: La Salumeria della Musica<br />

LA SALUMERIA<br />

DELLA MUSICA<br />

Milano<br />

Musica sì, salumeria no.<br />

Ambiente curioso, varia umanità.<br />

Dove? Alla Salumeria della<br />

Musica, locale gentilmente<br />

newyorkese e buona scelta per<br />

una serata sulle note di musica<br />

di qualità.<br />

In una ex fabbrica di catene<br />

d’oro, ecco un grande loft con<br />

annesso soppalco. Il grande<br />

bancone del bar fa gola e colore,<br />

i tavolini high-tech e le seg-<br />

Una casa antica per il nuovo<br />

Cassero. L’associazione<br />

dell’Arcigay si lascia infatti alle<br />

spalle la sede storica di Porta<br />

Saragozza e si trasferisce alla<br />

Salara, un deposito del sale del<br />

’700 in via Don Minzoni al 18.<br />

giole sono di gusto e le luci<br />

basse azzeccatissime. Se ci venite<br />

in dolce compagnia va bene<br />

lo stesso, anzi forse è meglio<br />

per voi... (a patto però che<br />

arriviate presto, quando la<br />

gente è ancora poca).<br />

In tutti i casi, non dimenticatevi<br />

che per entrare bisogna fare la tessera<br />

(annuale: 7,75 euro).<br />

Venerdì e sabato il locale è discobar<br />

(un perbacco davvero per<br />

la musica), gli altri giorni trionfa la<br />

musica dal vivo (i concerti iniziano<br />

alle 22): rock, funky, jazz, pop, soul<br />

o d’autore. Il ‘taglio’ della musica è<br />

Il circolo cambia pelle? Sì, ma<br />

non spirito: dibattiti, arte e<br />

performance, ma anche musica<br />

dal vivo e dj fino a tarda notte<br />

rimangono le caratteristiche<br />

principali del locale.<br />

Un posto dove si può discutere<br />

e informarsi, ma anche divertirsi,<br />

bere, assistere a concerti e<br />

performance. L’antica costru-<br />

insomma buono. Fin qui tutto bene.<br />

Birretta con gli amici o cocktail<br />

con la donna dei sogni ok.<br />

Evitate però di ingolosirvi di<br />

fronte ai prosciutti, ai salami e<br />

alle caciotte appese al secondo<br />

bancone della gastronomia. Ne<br />

rimarreste scornati. Il menu invoglia<br />

con torte salate, dolci e piadine.<br />

Saremo forse noiosi, ma<br />

nel nostro caso il prosciutto era<br />

salato, il salame banale, il formaggio<br />

non si sa e la panna cotta<br />

stile ‘sanpietrino’. Il vino se l’è<br />

cavata perché era giovane.<br />

Peccato perché la fetta di salame<br />

ci sta sempre bene, tra un saxofono<br />

e una chiara alla spina...<br />

Altra nota dolente i bagni, non<br />

sempre di igiene svizzera.<br />

In compenso, però, potete dare<br />

un’occhiata alla programmazione.<br />

Su Internet (www.salumeria dellamusica.com),<br />

non in bagno. Un ultimo<br />

consiglio: non andateci la<br />

domenica o il lunedì. Sono chiusi.<br />

SARA TEDESCHI<br />

La Salumeria della Musica<br />

Milano, via Pasinetti 2<br />

02-56807350<br />

GAY BY GAY: IL NUOVO CASSERO<br />

Chiedete in giro: il Cassero bolognese è stato per anni un punto di riferimento. Ora cambia<br />

casa (un deposito di sale del 1700), ma non il suo spirito libero. Liberissimo<br />

IL CASSERO<br />

Bologna<br />

zione in mattoni, nel vecchio<br />

porto fluviale di Bologna,<br />

adesso ospita al primo piano<br />

gli uffici e un centro di accoglienza<br />

e di documentazione.<br />

Al piano terra, invece, si balla,<br />

si ascolta musica, si organizzano<br />

mostre d’arte o festival di<br />

cinema. Ricco il programma di<br />

marzo e aprile: martedì show<br />

e performance artistiche, mercoledì<br />

incontri e dibattiti, giovedì<br />

Les.bo, la serata dance organizzata<br />

da Arcilesbica. E nelle<br />

notti del week-end spazio ad<br />

alcuni tra i migliori dj della scena<br />

europea.<br />

FABIO LEBO<br />

foto: Beatrice Tartarone<br />

foto: Guido Fuà<br />

RIALTO<br />

SANTAMBROGIO<br />

Roma<br />

“Ma che è, un teatro?” “Ma allora<br />

è un cinema!” “Aaahhhh, ma è solo<br />

un centro sociale…”<br />

L’associazione Culturale<br />

Rialtoccupato è tutto ma anche<br />

molto di più. O molto di meno. A<br />

seconda del giorno della settimana<br />

in cui si decida di visitarlo, a<br />

chi ci sia passato quella sera, alla<br />

stagione, alle pulsioni che fremono<br />

in città e che si raccolgono qui.<br />

Sulle rubriche dei quotidiani è<br />

classificato come centro sociale.<br />

Ma la sua posizione centrale, le<br />

attività proposte, il flusso di gente<br />

che lo frequenta lo rendono un<br />

posto complicato da inquadrare.<br />

Simile più a una Kunsthaus di<br />

Berlino Est, in realtà è uno spa-<br />

zio assegnato dal Comune di<br />

Roma al gruppo di occupanti<br />

del centro sociale Rialto<br />

Occupato (ormai sgomberato<br />

da più di due anni). Costituito<br />

in associazione, questo gruppo<br />

di persone ora gestisce in maniera<br />

molto aperta e vivace<br />

uno spazio assolutamente imprevedibile<br />

e curioso nel centro<br />

di Roma.<br />

Nel complesso rinascimentale<br />

S. Ambrogio al Ghetto, ex monastero<br />

ed ex istituto professionale<br />

per l’alimentazione ormai<br />

abbandonato e in decadenza<br />

da anni, due piani interamente<br />

dedicati alle arti, all’incontro,<br />

alla fruizione di tutto<br />

ciò che è contemporaneo e<br />

attuale. Accoglie i passanti un<br />

po’ meravigliati uno schermo<br />

Fuori dalle righe, ma anche<br />

dentro. Un po’ underground,<br />

ma strizzando l’occhiolino al<br />

trendy. Chi? Dove? Stiamo parlando,<br />

neanche a dirlo, di Da<br />

Giancarlo: storico locale alternativo<br />

della città, regno incon-<br />

montato sulle impalcature sopra<br />

il portone d’ingresso; strana<br />

visione tra i sampietrini dissestati<br />

e le mura antiche e diroccate<br />

di un quartiere che fa<br />

pensare a come doveva essere<br />

Roma il secolo scorso. Un bel<br />

cortile a ferro di cavallo, una<br />

lunga veranda in vetro e ghisa<br />

che dà sul cortile, una serie<br />

sterminata di sale, corridoi,<br />

stanze, spazi che vengono dedicati<br />

alle attività più diverse,<br />

un tranquillissimo pub a lume<br />

di candela dove i tavolini e le<br />

sedie tradiscono la loro provenienza<br />

scolastica. Seduti a questi<br />

tavolini si può fare base per<br />

passare da una mostra a un<br />

film, si può sostare dopo uno<br />

spettacolo teatrale ascoltando<br />

la musica. Sentendosi come a<br />

casa di un amico.<br />

trastato (ovvio!) di Giancarlo.<br />

Scesa la seconda scalinata in<br />

Lungo Po Diaz (ai Murazzi), ci si<br />

trova in un ambiente piacevole,<br />

accogliente e con tanta musica<br />

di qualità. Tra i frequentatori<br />

del locale, bazzicato fino a tardi<br />

soprattutto da studenti, ci sono<br />

personaggi di primo piano della<br />

musica italiana e internazio-<br />

Oggi cinema.<br />

Domani musica.<br />

Poi teatro.<br />

Sempre birra,<br />

chiacchiere<br />

e interventi<br />

culturali.<br />

Nato come un<br />

centro sociale,<br />

il Rialto<br />

Santambrogio<br />

dice sempre<br />

la sua.<br />

Nelle notti<br />

di Roma<br />

UN POSTO ECLETTICO<br />

Un locale ‘alternativo’<br />

ai Murazzi.<br />

Dove incontrare<br />

la ‘nuova’ scena<br />

torinese e ballare<br />

senza ritegno<br />

Cabaret, danza, teatro di ricerca,<br />

musica jazz, classica o elettronica,<br />

performance o videoarte; da un<br />

giorno all’altro gli spazi di questa<br />

officina di idee possono cambiare<br />

destinazione, aprire, chiudere, accogliere<br />

o buttare fuori.<br />

Pochi gli appuntamenti fissi<br />

(quelli con il cinema soprattutto:<br />

in cui si presentano film esordienti,<br />

trascurati o dimenticati e<br />

in lingua originale), molte le rassegne<br />

o le attività non regolari<br />

che offre il programma di Rialto<br />

Santambrogio (www.rialtosantambrogio.org).<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

Rialto Santambrogio<br />

Roma, via di S. Ambrogio 4<br />

06-68133640<br />

TORINO HA UN CUORE NOTTURNO,<br />

TUTTA LA MUSICA PASSA DA QUI<br />

DA GIANCARLO<br />

Torino<br />

nale, come i Subsonica o<br />

Madaski. Ogni tanto si esibisce<br />

anche Mao, il conduttore-musicista,<br />

spalla di Andrea Pezzi in<br />

alcune trasmissioni tv. Si balla<br />

sulle note dei Sex Pistols e di<br />

altri classici, ma il punto di forza<br />

del locale rimangono comunque<br />

i concerti dal vivo.<br />

FABIO LEBO<br />

MILANO<br />

Biciclette all night<br />

e l’happy hour<br />

a base di tortillas<br />

LE BICICLETTE<br />

Conca del Naviglio, 10<br />

Nel cuore del Ticinese (via<br />

Torti angolo Conca del Naviglio),<br />

Le Biciclette resiste ormai da<br />

anni e si conferma come uno<br />

dei locali di tendenza in città.<br />

Arredato in stile high-tech minimalista,<br />

si è trasformato da<br />

negozio di bici in posto dove<br />

si può mangiare e bere (cucina<br />

fusion e ottimi vini) e incontrare<br />

giovani artisti che tutti i mesi<br />

espongono qui le loro opere.<br />

Tel. 02-8394177<br />

RICCI<br />

Piazza della Repubblica, 27<br />

Se sotto i portici di via<br />

Pisani notate una piccola folla<br />

di ragazzi ben curati ed<br />

eleganti non stupitevi: lì c’è<br />

il Ricci, estroverso locale con<br />

divanetti zebrati, prediletto<br />

dai gay milanesi e frequentato<br />

da chi la moda ce l’ha nel<br />

sangue oltre che indosso.<br />

Ci si guarda, ci si mostra,<br />

si beve un cocktail aspettando<br />

di muoversi per le discoteche<br />

più in voga. Tavolini all’aperto<br />

sotto funghetti termici e musica<br />

dance all’interno.<br />

Tel. 02-66982536<br />

CHARRO CAFÉ<br />

Via S. Maria Segreta, 7/9<br />

Il marchio è quello famoso di<br />

una catena di negozi di stivali<br />

e cinture in stile tex-mex e infatti<br />

anche il locale è caratterizzato<br />

da un arredamento di<br />

ispirazione centroamericana.<br />

Ci potete venire per bere e<br />

mangiare, ma anche ‘solo’ per<br />

il dopocena, quando le serate<br />

si fanno ballerine e (alcuni)<br />

clienti si scatenano in danze<br />

sfrenate sui tavoli.<br />

Tel. 02-72016337<br />

PREGUNTA<br />

Via Gallarate, 2<br />

Come fa una periferica cantina<br />

messicana in piazzale<br />

Accursio a diventare in poco<br />

tempo uno dei luoghi culto<br />

della notte? Semplice: basta<br />

organizzare eventi musicali<br />

(Happy Jam Session e<br />

Festival Jazz) con bravi musicisti<br />

e il gioco è fatto.<br />

Concerti a parte, anche<br />

l’happy hour a base di tortilla<br />

fa la sua parte. Della serie:<br />

come prenderci per la gola<br />

e per le orecchie.<br />

Tel. 02-39265739<br />

URBAN 63


Stefano Ricci, Depositonero, Courtesy by Infinito Ltd edizioni<br />

ARTE<br />

MATERIALI D , ARTE<br />

Stefano Ricci, non è “solo” un disegnatore.<br />

Nel suo tratto compaiono elementi, oggetti,<br />

materiali disparati, cancellature. Perfette<br />

IN VIDEO VERITAS<br />

Non la solita rassegna a base di monitor. Ma<br />

un luogo per bersi l’arte in relax. A Roma<br />

Una serie di video di giovani<br />

artisti, provenienti da tutto il<br />

mondo, raccolti da Maria Rosa<br />

Sossai all’interno di uno spazio<br />

dedicato all’arte contemporanea.<br />

La ‘solita’ rassegna video?<br />

No, tranquilli! Video Lounge è un<br />

progetto espositivo che nasce<br />

con uno spirito diverso e due<br />

appuntamenti (ciascuno di una<br />

settimana) durante i quali ver-<br />

ALFRED STIEGLITZ<br />

Roma, 06-48941230<br />

Il Palazzo delle Esposizioni rende<br />

omaggio ad Alfred Stieglitz,<br />

uno dei più interessanti protagonisti<br />

della storia della fotografia,<br />

e a Camera Work, la rivista<br />

che ha fondato nei primi del<br />

Novecento. La mostra raccoglie<br />

alcune tra le più importanti ed<br />

emozionanti foto pubblicate sulla<br />

rivista e comprende originali<br />

d’epoca, stampe alla gomma bicromata,<br />

al platino e al carbone.<br />

Fino all’8 aprile<br />

ranno presentati su grandi monitor<br />

o su pareti dodici video di<br />

altrettanti artisti.<br />

Quali? Emmanuelle Antille,<br />

Simone Berti, Monica Bonvicini,<br />

Yang Fudong, Fabrice Hybert,<br />

Marcello Maloberti, Marzia<br />

Migliora, Adrian Paci, Ene-Liis<br />

Semper, Ann-Sofi Sidén, Annika<br />

Ström e Gina Tornatore. Durante<br />

SAMUEL BOURNE<br />

Roma, 06-692050205<br />

Il Palazzo Fontana di Trevi presenta<br />

la vasta opera fotografica<br />

realizzata da Samuel Bourne nella<br />

sua permanenza in India dal<br />

1863 al 1869. Un’occasione<br />

unica per osservare le sue fotografie<br />

riprese in alta montagna, i<br />

primi paesaggi dell’Himalaya, le<br />

architetture, i costumi e i ritratti<br />

che testimoniano la presenza<br />

britannica. Il titolo dice tutto:<br />

Samuel Bourne fotografo in India.<br />

Fino al 14 aprile<br />

Non chiamatelo più disegnatore!<br />

In Italia è noto soprattutto per<br />

aver allietato le caldi giornate<br />

estive dello scorso anno illustrando<br />

frammenti del romanzo Il giardiniere<br />

tenace di John Le Carré<br />

pubblicati sulle pagine de la<br />

Repubblica. In realtà però Stefano<br />

Ricci si è già conquistato un posto<br />

nell’Olimpo dell’arte visiva<br />

contemporanea a livello internazionale.<br />

Soprattutto in Francia,<br />

Belgio e Svizzera. E le sue opere<br />

non vengono più associate esclusivamente<br />

a progetti editoriali o<br />

spettacoli di danza, ma apprezzate<br />

in quanto tali.<br />

Ecco allora l’occasione per poter<br />

osservare in prima persona le immagini<br />

del giovane artista bolognese:<br />

una personale a Torino<br />

(tel. 011-837349) che raccoglie<br />

un centinaio di lavori, alcuni dei<br />

quali davvero imponenti. Al tratto<br />

fortemente marcato, quasi violen-<br />

la rassegna il pubblico potrà poi<br />

accedere ad articoli, foto, cataloghi<br />

e libri dedicati agli artisti<br />

presenti in mostra. Attenzione<br />

però. Non si tratta del solito apparato<br />

didascalico alle opere,<br />

ma di un approccio all’arte diverso.<br />

Un modo per aprirsi a un<br />

pubblico di non soli addetti ai<br />

lavori. In un’atmosfera accogliente<br />

e rilassante. Cosa che<br />

non guasta mai.<br />

D.P. TESEI<br />

Video lounge<br />

Roma, Fondazione A. Olivetti<br />

Dal 15 al 29 marzo<br />

TUTTO IL MONDO IN UN CLIC< QUATTRO MOSTRE<br />

DAHMANE<br />

Bologna, 051-243438<br />

I luoghi della seduzione, le pose e<br />

gli indumenti concorrono a esaltare<br />

la natura sensuale della donna<br />

nelle opere di Dahmane. Nato<br />

a Parigi negli anni Cinquanta il celebre<br />

fotografo di nudi presenta<br />

alla Mondo Bizzarro Gallery una<br />

serie di fotografie e di fotomontaggi,<br />

in cui il ritratto erotico femminile<br />

viene inserito in contesti<br />

fantastico-surreali da far invidia a<br />

René Magritte.<br />

Dal 2 marzo al 4 aprile<br />

to, si uniscono la scura grafite<br />

delle pellicole trasparenti, del filo<br />

da cucito e una carta leggera e<br />

ricca di cotone, che l’artista sporca<br />

con scotch di carta e sfibra con<br />

la gomma per cancellare, agendo<br />

su alcune parti della superficie e<br />

creando dei vuoti.<br />

I contorni delle figure, volti di<br />

bambini ingranditi, donne corpulente,<br />

abbracci che nascondono<br />

segreti mai svelati, sembrano il<br />

frutto di sogni, o forse anche di<br />

incubi. La superficie diviene carnosa,<br />

quasi rugosa, e il disegno,<br />

che è alla base e rappresenta il<br />

suo vero punto di forza, si sgretola<br />

per amalgamarsi a macchie di<br />

colore dai toni caldi.<br />

BURNING BOOTS<br />

Bologna, 051-251557<br />

D.P. TESEI<br />

Stefano Ricci, Depositonero<br />

Torino, Infinito Ltd gallery<br />

Fino al 23 marzo<br />

Per la sua prima mostra personale<br />

italiana, l’artista americano<br />

David Smithson presenta nello<br />

spazio Interno&dumdum alcune<br />

fotografie inedite e un video, girato<br />

sul fiume Lika in Croazia, in cui<br />

viene ripreso con una camera fissa<br />

un gesto semplice: una coppia<br />

di stivali da Cowboy che brucia.<br />

Le fiamme divampano e l’allegoria<br />

alla guerra e alla distruzione<br />

diviene sempre più evidente.<br />

Dall’1 al 16 marzo<br />

Video Still dal video di Yang Fudong<br />

DA VEDERE<br />

La Francia, il Sud<br />

Africa e l’Italia:<br />

fate un piacere<br />

ai vostri occhi<br />

IL SENSO DELLA LOTTA<br />

Milano, 02-485919<br />

L’insolita mostra al Centro<br />

Culturale Francese nasce dall’incontro<br />

tra il duo artistico<br />

MasBedo, formato da Jacopo<br />

Bedogni e Nicolò Massazza,<br />

e lo scrittore Michel<br />

Houellebecq.<br />

In mostra fotografie, installazioni<br />

e un video. E ancora: musica,<br />

poesie e il cortometraggio,<br />

inedito in Italia, girato dal<br />

tanto discusso autore del romanzo<br />

Piattaforma.<br />

Dal 6 al 15 marzo<br />

WILLIAM KENTRIDGE<br />

Milano, 02-29000101<br />

Poesia, racconti, energia, ispirazione.<br />

Per pensare, stupirsi,<br />

commuoversi. La Galleria Lia<br />

Rumma ospita la creatività di<br />

Kentridge, noto per i suoi cortometraggi<br />

di animazione e<br />

per i disegni preparatori di<br />

questi film. Poliedrico e multiforme<br />

artista sudafricano,<br />

Kentridge è un ritrattista della<br />

storia, dei conflitti e delle bellezze<br />

del suo paese. Al centro<br />

dell’esposizione milanese c’è<br />

la videoanimazione Medicin<br />

Chest. Fino al 28 marzo<br />

LOUISE BOURGEOIS<br />

Milano, 02-783840<br />

Un’arzilla signora davvero la<br />

Bouregeois, che a novant’anni<br />

suonati (è nata il 25 dicembre<br />

1911) presenta alla Galleria<br />

Karsten Greve la sua nuova<br />

mostra. In mostra due sculture<br />

in marmo, e in particolare<br />

Baroque del 1970, ma anche<br />

disegni su carta e incisioni recenti.<br />

Sempre fresca e inquieta<br />

la Bourgeois esplora le relazioni<br />

familiari e si interroga<br />

sulla vita e sulla morte.<br />

Fino al 30 marzo<br />

NINO MIGLIORI<br />

Torino, 011-544132<br />

La Fondazione Italiana per la<br />

Fotografia (fino al 24 marzo) e<br />

la Galleria Fiaf (fino al 15 marzo)<br />

rendono omaggio al fotografo<br />

italiano, mettendo in evidenza<br />

due aspetti importanti<br />

del suo lavoro: la ricerca sperimentale<br />

e la passione amatoriale.<br />

Nelle sue opere la nuda<br />

realtà si traforma in visioni oniriche<br />

e suggestioni surreali.<br />

URBAN 57


illustrazione: Gibi<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

TEMPO DI BRUNCH,<br />

POPOLO DI YANKEE<br />

Impazza in città il pasto all’americana: un po’ pranzo, un po’<br />

colazione, un po’ rito della domenica mattina. Ecco la nuova<br />

passione alimentare dei milanesi, che si travestono da newyorkesi<br />

Che domenica bestiale, cantava<br />

tempo fa Fabio Concato.<br />

Bestiale e affamata, aggiungiamo<br />

noi. E anche discretamente<br />

pigra. Già, perché ogni settimana<br />

funziona così: si lasciano indietro<br />

un centinaio di cose da<br />

fare, tanto domenica c’è tutto<br />

il tempo, poi il sabato sera si<br />

fa regolarmente tardi.<br />

Anzi, tardissimo. E scusate se<br />

una volta tanto, il mattino evitiamo<br />

l’incubo della sveglia…<br />

Scusate ancora se alzarsi tardi e<br />

infilarsi nella vasca è un lusso irrinunciabile:<br />

se ne esce in tempo<br />

per avvertire un certo languorino<br />

e accorgersi che non è più<br />

ora di colazione, ma non ancora<br />

di pranzo. Il caffè è poco, l’arrosto<br />

con patate, troppo. E allora?<br />

Diciamolo, se c’è un prodotto<br />

d’importazione su cui è impossibile<br />

non essere d’accordo, quello<br />

è il brunch. Possibilmente da<br />

consumare fuori casa. Nel<br />

brunch tutto è assolutamente<br />

sciolto ed elastico, dall’orario<br />

a quello che si ingoia.<br />

I brunchisti, l'avrete capito, si<br />

dividono in due grandi famiglie:<br />

quella degli abitudinari-fideisti<br />

(ogni maledetta domenica, ore<br />

12-12,30, nel tal posto, allo<br />

stesso tavolo), e quella dei cu-<br />

riosi-ondivaghi, che aggiornano<br />

settimanalmente l’inventario delle<br />

bruncherie scegliendo tipo di<br />

cucina, ambiente e anche amici.<br />

Fra loro, c'è così chi ama brunchare<br />

all'irlandese (per esempio<br />

al Murphy's Law di via<br />

Montevideo 3) e chi azzarda<br />

i tacos in abbinata ai formaggi<br />

(da Joe Peña's, via Savona 17),<br />

chi va di gnocco fritto (alle<br />

Cantine della Vetra in via Pio IV<br />

3) e chi vuole trovare il quotidiano<br />

sul tavolo (li offrono Le<br />

Biciclette di via Torti e il Nord<br />

Est Caffè in via Borsieri 35).<br />

Tutti però sembrano d'accordo:<br />

il brunch più elastico e democratico<br />

è quello a buffet, metà<br />

colazione e metà pranzo anche<br />

nel prezzo. Senza cedere alla<br />

tentazione della location superaccessoriata<br />

o del menu con i<br />

singoli piatti da ordinare, ci si<br />

può così abbuffare in modo indegno<br />

oppure piluccare come<br />

uccellini a 18-20 euro. Il conto,<br />

in genere, prevede anche la mezza<br />

bottiglia di minerale, il succo<br />

di frutta e il caffè (spesso in polvere,<br />

ahinoi). Altro atout interessante,<br />

quello della musica, pensata<br />

per accompagnare degnamente<br />

(ma non sempre) crêpes<br />

salate o sformati di carciofi.<br />

In genere, i primi a piombare<br />

sul buffet appena allestito sono<br />

le famigliole con bimbi piccoli:<br />

a locale ancora semivuoto,<br />

è più facile sistemare il passeggino<br />

e somministrare un biberon<br />

rassicurante al pupo, prima<br />

di aggredire il vassoio con l’insalata<br />

russa e il salmone al vapore.<br />

Poi, a scaglioni rallentati,<br />

arrivano i solitari e i gruppi di<br />

amici: occhiali scuri e Gazzetta<br />

dello Sport in tasca, disdegnano<br />

il prosecchino (bleah!) offerto<br />

dalla casa e ingollano bidoni<br />

di succhi di frutta per dar tregua<br />

al fegato intasato dalla<br />

notte brava. Ultime ad approdare,<br />

le coppie di vecchia<br />

o anche recente (la sera prima?)<br />

data: sguardi languidi<br />

e fame robusta, ma soprattutto<br />

nessuna fretta. Per loro,<br />

il brunch è solo un dettaglio<br />

di una domenica cominciata<br />

benissimo. O quasi.<br />

COLAZIONE IN PALESTRA< E PRANZO PER SINGLE<br />

BRUNCH<br />

HOME DELIVERY<br />

02-76011492<br />

Finalmente, un brunch a domicilio<br />

da prenotare via telefono<br />

o mettendo mano all’email<br />

(Californiabakery@hotmail,<br />

almeno il giorno prima). Unica<br />

pecca, funziona da lunedì a<br />

sabato ma non… domenica! Il<br />

servizio, a cura della California<br />

Bakery, porta in tutta la città il<br />

più leggero Business Brunch<br />

(non di sabato) oppure il<br />

Weekend Brunch (solo di sabato)<br />

in varie versioni fra quiche<br />

e sushi, muffin e bagel, crostini<br />

o bacon and eggs. Portatevi<br />

un dizionario! Fra gli 8,26<br />

e i 18,08 euro, quasi un affare.<br />

Chiuso domenica.<br />

DOWN TOWN<br />

02-76011485<br />

Un fitness brunch? Perchè no?<br />

Lo propone il Down Town,<br />

nota palestra del centro,<br />

come break o aperitivo di<br />

stepping, jogging, muscoling<br />

e rassoding.<br />

Per 15,49 euro vi aspetta un<br />

buffet semi-light ‘mirato’<br />

(d’altra parte non vorrete mica<br />

rovinare tutto abbuffandovi?)<br />

a base di insalate di farro,<br />

orzo e soia, verdure bollite,<br />

pasta agli spinaci, torte<br />

alla carota o alla banana.<br />

Piazza Cavour, 2.<br />

Aperto domenica.<br />

UNA HOTEL TOCQ<br />

02-62071<br />

P.D. SFORNELLI<br />

Single di tutta Milano, abbracciatevi<br />

nel brunch. Qui i clienti-tipo<br />

della domenica sono solitari, sui<br />

30-40, perlopiù di sesso maschile:<br />

quindi, questo è il ‘brunchingle’<br />

più affollato in città. Fatto anche<br />

di intenditori che addentano piatti<br />

caldi come lasagne vegetali o lonza<br />

di maiale all'ananas. Donne, fatevi<br />

sotto. Via A.di Tocqueville,<br />

7/d. Aperto domenica.<br />

VAI COL LUSSO<br />

Il breakfast della<br />

mondanità: artisti,<br />

hotel e discoteca<br />

SHERATON<br />

DIANA MAJESTIC<br />

02-20581<br />

Quando si dice un brunch di<br />

lusso. E non solo perché costa<br />

non poco: i 30 euro qui sono<br />

spesi benissimo. Da quando il<br />

vecchio albergo un po’ fanè di<br />

Porta Venezia ha subìto un lifting<br />

che ha conservato il meglio<br />

e rifatto il peggio, il risultato<br />

è un ambiente caldo, elegante<br />

e avvolgente: sedie e<br />

poltrone comodissime, tavole<br />

ben apparecchiate, mix di vecchi<br />

arredi rimpolpati con gusto<br />

da lampade trendy-chic. Il buffet<br />

poi è sontuoso, per qualità<br />

e quantità: da un bel salmone<br />

a fumanti ravioli, dal Praga caldo<br />

alle crêpes spadellate al<br />

momento. Per chi fa tardi, (il<br />

brunch chiude alle 15), alle 18<br />

comincia l’happy hour più modaiola<br />

in città. Viale Piave, 42.<br />

Aperto domenica<br />

OLD FASHION CAFE'<br />

02-8056231<br />

Alla moda, con musica, in ambiente<br />

discoteca. E con piacevole<br />

terrazza estiva sul parco<br />

Sempione. Che cosa chiedere<br />

di più a un brunch metropolitano?<br />

Poco o nulla, in apparenza:<br />

il buffet (35 euro, fino<br />

alle 15,30) è ricco di insalate<br />

miste, salumi, salmoni, formaggi,<br />

polpette, uova preparate al<br />

momento, frutta, budini e brioscini.<br />

Peccato solo che manchino<br />

piatti più elaborati, e che di<br />

caldo ci sia solo una pasta e<br />

un chili con carne che vi peserà…<br />

chili sullo stomaco. Il servizio<br />

è veloce e cortese, mentre<br />

il dance sound in sottofondo<br />

(ma non troppo) è spesso<br />

opera di un dj dai mixaggi assassini.<br />

Via Alemagna, 6.<br />

Aperto domenica.<br />

YGUANA CAFE’<br />

02-89404195<br />

Pare un posticino per artisti,<br />

viste le periodiche mostre di<br />

giovani talenti. E visto pure<br />

l’ambiente, con sedie colorate,<br />

sgabelli di alluminio e bancone<br />

in acciaio. Il brunch proposto,<br />

livello rosticceria, è di quelli<br />

tradizional-robusti: frittelle di<br />

mais, hamburger e uova. Gran<br />

bella selezione di torte. E anche<br />

di una bella fauna under<br />

30. Spenderete meno di 15<br />

euro. Via Papa Gregorio XIV,<br />

16. Aperto domenica.<br />

URBAN 65


TRADITIONAL<br />

Vecchia Milano<br />

style: mangiatevi il<br />

‘come eravamo’<br />

La vetrina già la dice tutta.<br />

No, non è uno di quei posti in<br />

cui si mangia in vetrina, molto<br />

high-tech-anni-ottanta. È che<br />

qui, alla Madonnina, a fianco<br />

della porta d'ingresso c'è proprio<br />

una vetrina, come quelle<br />

dei negozi. Dentro, una scelta<br />

di oggetti d’epoca, selezionati<br />

a seconda dell’occasione. Ci si<br />

trovano vecchi ferri da stiro e<br />

cartoline in bianco e nero, foto<br />

della Milano che fu o colori<br />

sgargianti dei favolosi anni<br />

Settanta.<br />

Una volta entrati al piano terra<br />

di una casa di ringhiera, lo<br />

scenario cambia: è quello delle<br />

trattorie classiche, con tavoli in<br />

legno e tovaglie a quadretti.<br />

Pareti color giallo e pavimento<br />

di graniglia, dolci caserecci e<br />

vino sfuso sono gli ingredienti<br />

base dei pranzi di via Gentilino<br />

6, alla Madonnina. Tutto come<br />

vuole la tradizione, menu compreso,<br />

che prevede piatti tipici<br />

sia di primo che di secondo.<br />

Un po’ come andare a pranzo<br />

dalla nonna, che qualche volta<br />

fa la zuppa e la carne ai ferri,<br />

oppure si sbizzarrisce in gnocchi<br />

ripieni conditi con il sugo<br />

rosso e, in qualche caso, prepara<br />

anche la polenta, da<br />

mangiare con il formaggio o<br />

con lo spezzatino. Che ci si vada<br />

per nostalgia, per passione<br />

o per sfuggire al panino mangiato<br />

in piedi per non perdere<br />

più di cinque minuti, non si sa,<br />

ma a frequentare la Madonnina<br />

ormai sono in tanti: all’ora<br />

di punta si rischia di non trovare<br />

posto.<br />

Già, perché ci sono anche i<br />

clienti fissi, quelli che forse<br />

pranzano lì da una quarantina<br />

d’anni, tra un passaggio di<br />

mano e l’altro, e ormai sono in<br />

confidenza con gli attuali gestori,<br />

che li considerano un po’<br />

figli e un po’ nipoti. Sono abituati,<br />

loro, i ‘clienti d’oro’, anche<br />

alla musica-spacca-timpani:<br />

intorno alle 13.30, immancabilmente,<br />

arriva un duo<br />

d’eccezione che si esibisce in<br />

un live davvero unico.<br />

Fisarmonica e trombone conquistano<br />

il locale al ritmo di<br />

Volare, Michelle e altre cover<br />

intramontabili. E d’estate si<br />

pranza anche all’aperto, sotto<br />

il pergolato del cortile, mentre<br />

la sera è aperto solo da giovedì<br />

a sabato inclusi.<br />

66 URBAN<br />

MICOL DE PAS<br />

RISTORANTI-BAR<br />

illustrazione: Gibi ALGHE,<br />

»»»» MILANO<br />

LUSSO, TRATTORIE E UN TRAM DI PASSAGGIO<br />

ALTRO LUOGO<br />

AIMO E NADIA<br />

02-29017038<br />

Museo o galleria d’arte? Questa<br />

la domanda che sorge spontanea<br />

varcando giardino e porta. Invece<br />

no: è l’apertura più recente e ‘seria’<br />

in città. È il ristorante-wine<br />

bar di Stefania Moroni, figlia della<br />

più celebre coppia di chef della<br />

città (cioè Aimo e Nadia).<br />

E qui, fin dall’ingresso tipo<br />

Guggenheim, ma anche dietro e<br />

intorno i tavoli, galleggerete fra<br />

i quadri ‘forti’, anche giganti, di<br />

Paolo Ferrari (no, non quello dei<br />

fustini). Ma soprattutto potrete<br />

bearvi di una varietà notevole di<br />

pani, di carni superscelte, di verdure<br />

da orto come una volta. Il<br />

tutto in piatti di alta cucina, tipo<br />

un’interessante zuppa di cicerchie<br />

con cozze, a prezzi neanche<br />

tanto impegnativi (dai 35 euro in<br />

su). Se volete spendere la metà,<br />

l’Area Assaggi propone the best<br />

in fatto di salumi, formaggi, oli<br />

o cioccolati stra-ricercati.<br />

Piazza Repubblica, 13.<br />

Chiuso domenica.<br />

Finora le abbiamo ingurgitate<br />

senza farci caso. Che cosa? Le fasce<br />

scure, sottili e gommose, che<br />

avvolgono i cilindretti di riso e<br />

pesce comunemente chiamati<br />

sushi: a qualcuno danno un senso,<br />

visivo e gustativo, di cellophane;<br />

in realtà sono solo alghe. Sì,<br />

quegli organismi vegetali che vivono<br />

in acqua e possono essere<br />

neri, verdi, azzurri, rossi, bruni: in<br />

Oriente infatti costituiscono un<br />

piatto richiestissimo. Senza andare<br />

tanto lontano, basta però aver<br />

frequentato le tavole campane o<br />

TRATTORIA<br />

SAN VITTORE<br />

Tel. 02-468355<br />

La parola d’ordine è: prenotare.<br />

Se no inutile farsi venire l’acquolina<br />

in bocca. Il locale è piccolo, anzi<br />

piccolissimo, ma l’atmosfera<br />

calda e rilassante. Musica rigorosamente<br />

jazz old e new style.<br />

Carne o pesce che sia (cotti con la<br />

salamandra, andate e scopritelo<br />

da voi) va comunque di lusso.<br />

Dite pesce? Antipasto di cernia<br />

con acciughe, spezie e verdure,<br />

maltagliati al polipo e fagioli messicani<br />

e trancio di tonno all’anice<br />

stellato. Può bastare? Dolci e vini<br />

(anche della casa) al bacio. Spesa<br />

sui 50 euro. Via San Vittore, 13.<br />

Chiuso domenica e lunedì.<br />

EMILIA & CARLO<br />

02-862100<br />

Tifosi dell’Inter? Evitatelo. Sì, perché<br />

questa ex storica trattoria toscana<br />

- ora rimessa a nuovo - è<br />

spesso frequentata dai dirigenti<br />

rossoneri. Se però riuscite a superare<br />

l’avversione per gli odiati<br />

cializzato, dove le trovate sotto<br />

forma di alimenti e non: si chiama<br />

Algoteca (Piazza Giovine Italia, 2.<br />

Tel. 02-4987378). E qui i fanatici<br />

della dieta curativa e vegetariana<br />

possono sbizzarrirsi fra alghe in<br />

compresse (contro ipertensione e<br />

colesterolo) ma anche vasetti di<br />

crema o paté (di alghe, ovvio),<br />

alghe con tonno o sardine, chutney,<br />

salse e aromi algosi in arrivo<br />

dalla Bretagna.<br />

E il gusto non è neppure malvagio<br />

come si pensa. C’è anche un<br />

ATM<br />

02-6552365<br />

LE VERDURE DI MARE<br />

È normale incontrarle nel sushi. Un po’ meno in forma di frittelle. Ma le alghe, ricche di<br />

vitamine e minerali, compaiono sempre più spesso a tavola. E minacciano di diventare moda<br />

siciliane per conoscere alghe in<br />

umido, soffritte, crude con olio<br />

e limone. Oppure, sotto forma<br />

di frittelle.<br />

Quella che fino a ieri era solo<br />

una curiosità, oggi sta diventando<br />

moda. Da quando i soliti dietologi<br />

di grido ne hanno scoperto<br />

il ricco contenuto di vitamine e<br />

sali minerali, consigliando le alghe<br />

come integratori alimentari,<br />

è iniziata la caccia all’alga magica.<br />

Che a Milano si conclude inevitabilmente<br />

nell’unico shop spe-<br />

cugini e i loro quartier generali<br />

gastronomici, oppure siete di<br />

provata fede milanista, sappiate<br />

che l’ubicazione, centralissima, risulta<br />

perfetta per il pre o post-cinema.<br />

E che il menu ha un piede<br />

nella tradizione toscana e uno<br />

nell’innovazione (il terzo piede lo<br />

lasciamo a Ronnie, anzi Sceva),<br />

cioè libera scelta fra ribollita e<br />

crudité di mare con salsa al lime<br />

e sesamo. Noi però facciamo<br />

il tifo per l’ottima carne, in arrivo<br />

giornaliero dalla Macelleria<br />

dell’Annunciata, come dire una<br />

sicurezza. Conto sui 40 euro.<br />

Via Sacchi, 10. Chiuso sabato<br />

a pranzo e domenica.<br />

PONTE ROSSO<br />

02-8373132<br />

Lui ex marinaio triestino, lei artista<br />

del vetro piombato. In mezzo,<br />

una bottiglia di buon vino rosso.<br />

È nata così una delle coppie storiche<br />

dei Navigli. Il locale è una<br />

bomboniera rustica: collezioni<br />

di bicchierini e cavatappi, tavoli<br />

mignon, vassoi che ruotano pericolosamente<br />

sulla testa dei clien-<br />

ti. Troverete alcune chicche della<br />

cucina triveneta - alici in saor, involtini<br />

di speck e insalata, crostini<br />

di radicchio - ma anche tanta<br />

Milano di una volta. Fatevi consigliare<br />

da Adolfo, buon conoscitore<br />

dei vini delle sue parti. Ve la<br />

caverete con 30 euro. Ripa<br />

di Porta Ticinese, 23. Chiuso<br />

mercoledì sera e domenica.<br />

Ormai, è risaputo, è uno dei meeting<br />

point più popolari della città.<br />

E infatti spesso e volentieri i<br />

clienti, data l’esiguità dello spazio<br />

interno, strabordano all’esterno.<br />

Qui, in questo ex circolo ricreativo<br />

dell’Atm, l’happy hour<br />

dura fino alle 21 (e con ricco<br />

quanto affollato buffet: il bancone,<br />

purtroppo, è risicato), i cocktail<br />

e i piattini di mezzogiorno<br />

sono sfiziosi. E la musica di sottofondo<br />

è davvero niente male.<br />

Il tutto senza pagare il biglietto<br />

(del tram): meglio di così…<br />

Bastioni di Porta Volta, 15.<br />

Chiuso domenica.<br />

libro di ricette per chi si vuole allenare<br />

ai fornelli, La vera arte della<br />

cucina con le alghe. Per chi però<br />

non vuole fare troppa fatica,<br />

e trovarsi le alghe già nel piatto,<br />

l’indirizzo è uno solo: il ristorante<br />

vegetariano Desiderata di via<br />

Cagnola 6 (tel. 02-33603003),<br />

che propone in esclusiva frittata<br />

di alghe e pasta con piselli e alghe,<br />

aspic in gelatina di alghe<br />

e terrina di finto pesce a base<br />

di alghe. La full immersion<br />

è garantita.<br />

P.D. SFORNELLI


RISTORANTI-BAR<br />

illustrazione: Stefano Centonze<br />

»»»» <strong>ROMA</strong><br />

Sono passati trent’anni da<br />

quando uno studente di medicina<br />

con brillante attitudine<br />

per la cucina s’inventò un modo<br />

intelligente per arrotondare il<br />

mensile di fuorisede. In mano<br />

una valigetta di coltelli, padelle<br />

di ghisa e rame, aiutato da un<br />

passaparola discreto, cominciò<br />

a girare le case della Roma bene<br />

come chef ’volante’. Fu un<br />

successo. E se questo ex studente<br />

non è oggi un cuoco di<br />

rango, lo deve all’altra sua<br />

grande passione per la diagnostica<br />

fine, che lo ha portato a<br />

diventare un luminare. E a cucinare<br />

solo per pochi amici.<br />

Trent’anni dopo, il venticello<br />

gastronomico che aveva spinto<br />

il nostro cuoco-scienziato si è trasformato<br />

in ciclone. Sull’atavica<br />

fame romana di catering (party,<br />

Un classico della Roma bene,<br />

questa grande gastronomia<br />

con annesso negozio di alimentari<br />

selezionati e accanto<br />

uno shop di chicche e accessori.<br />

Da decenni Franchi propone,<br />

insieme a tartufi e foie<br />

gras, formaggio Stilton e prosciutto<br />

Pata negra, i suoi trionfi<br />

di crostacei, galantine, salmoni,<br />

timballi pronti per l’asporto. A<br />

ricevimenti e salotti mondanopolitici<br />

qui vanno a mille) s’è innestato<br />

il trend di chi vuole ricevere<br />

in casa con zero voglia<br />

di mettersi ai fornelli, ma tanta<br />

voglia di fare bella figura.<br />

Così alla prima fase del ’China<br />

Cena’, il pony col box di spring<br />

rolls, dim sun e manzo croccante,<br />

per non parlare degli ormai<br />

dilaganti Pronto Pizza, è subentrata<br />

la fase matura del mercato:<br />

in campo sono scesi gli chef<br />

e i ristoranti ‘veri’. Se avete voglia,<br />

e le migliaia di euro sufficienti,<br />

potete portarvi addirittura<br />

a casa anche star come<br />

Colonna o Vissani. Sennò, un<br />

po’ più modestamente (ma non<br />

fatevi illusioni risparmiose) potete<br />

chiedere che a preparare<br />

chez vous i piatti dei grandi lo-<br />

La catering-mania fa proseliti. E<br />

Roberto Dionisi, nato macellaio<br />

serio, ha scelto di tuffarsi nel nuovo<br />

filone. Così, la sua “Proposte”<br />

allestisce a richiesta pranzi e cene<br />

complete e “chiavi in mano” in<br />

cali arrivi una squadra comandata<br />

da un loro fidato luogotenente.<br />

Sul ‘portar via’ invece,<br />

un tempo regno dei rosticcieri di<br />

quartiere, si sono gettati anche<br />

nomi di rango come la Rosetta<br />

e team come California (06-<br />

8091041), specialisti cioè di cenoni<br />

scenografici con villone, piscinona<br />

o castellone incluso.<br />

Hanno rafforzato le strutture i<br />

big tradizionali, da Palombini<br />

(tel. 06-5911700) a Vanni (tel.<br />

06-322364), da Tornatora (anche<br />

kasher, tel. 06-5593658)<br />

a Natalizi (tel. 06-85350736).<br />

Non mollano ovviamente i pionieri<br />

come il Byron (tel. 06-322<br />

0405), tra i primi a sposare alta<br />

ristorazione e catering, ma<br />

monta l’assalto del nuovo: i sushisti<br />

(Hamasei, Hasekura, il “so-<br />

IL TELEFONO, LA TUA CENA< FATE IL PIENO COSI<br />

PANELLA<br />

06-4872344<br />

Un macellaio sfida? Il re dei fornai<br />

risponde. E così i Panella, titolari<br />

della sublime Arte del Pane<br />

Siate onesti:<br />

mentite!<br />

Dite che avete<br />

cucinato tutto<br />

il giorno.<br />

E telefonate<br />

ai migliori chef<br />

‘d’asporto’<br />

CATERING D , ALTO BORDO:<br />

A CASA VOSTRA CON STILE<br />

FRANCHI<br />

06-6874651<br />

richiesta, allestimenti per feste<br />

e banchetti. Prezzi medio-alti.<br />

Via Cola di Rienzo, 200.<br />

Chiuso giovedì pomeriggio.<br />

PROPOSTE D’AUTORE<br />

06-3217917<br />

tutta Roma e adiacenze, facendosi<br />

carico anche della tavola e del<br />

personale di servizio. E della carne,<br />

ovviamente. Prezzi alti, successo<br />

crescente.<br />

Via G. Avezzana, 17.<br />

Chiuso domenica.<br />

lo asporto” F.F. Express di Santa<br />

Maria dell’Anima), gli indiani (il<br />

Fast di via Mamiani), gli atipici<br />

come Baba e i riciclati da altre<br />

aree food come Dionisi.<br />

In tutto questo tripudio alimentare,<br />

non bisogna dimenticare<br />

un particolare che conta sempre<br />

di più: l’accompagnamento giusto,<br />

naturalmente di vino, perfino<br />

per il più banale teicheuèi.<br />

Ecco allora spiegata la fortuna<br />

di Bleve (tel. 06-6865970),<br />

emerito pioniere del wine bar e<br />

catering ‘unofficial’, tra i più gettonati<br />

dai pubblicitari per il suo<br />

stile apparentemente informale:<br />

da lui trovate le più rare e sfiziose<br />

chicche eno-gastronomiche.<br />

Da catering e non.<br />

PAUL DE CELLAR<br />

(cioè, l’apoteosi dei prodotti da<br />

forno e non solo), propongono<br />

adesso un servizio a domicilio<br />

che va dal semplice buffet freddo<br />

al ricevimento in grande stile, attrezzature,<br />

tavoli e camerieri inclusi.<br />

Prezzi decisamente alti (lo<br />

sapete: diciamo sempre pane al<br />

pane) ma giustificati dall’arte del<br />

catering e dalla qualità di quello<br />

che, comodi-comodi a casa,<br />

metterete sotto i denti. Largo<br />

Leopardi, 4. Chiuso domenica.<br />

TOP DEI TOP<br />

Non vorrete<br />

risparmiare sul<br />

ricevimento!<br />

Ordinate un dj<br />

LA ROSETTA/RICCIOLI<br />

CAFÉ<br />

06-6861002<br />

06-68210313<br />

Non c’è dubbio: Massimo<br />

Riccioli, il giovane patron<br />

della Rosetta e del vicinissimo<br />

Riccioli Café, ha spirito da imprenditore.<br />

E così, mentre si<br />

prepara a far tris acquisendo<br />

un ex pub accanto al Café, lancia<br />

i suoi due locali nell’affaire<br />

catering e take away. Al<br />

Riccioli ostriche, crudi, sushi,<br />

sashimi, formaggi, grandi vini<br />

da portar via tra le 12,30 e le<br />

0,30 (e volendo, potete portare<br />

via anche un dj in carne e<br />

ossa). Da Rosetta invece i suoi<br />

piatti ‘vestiti’ o l’intero allestimento<br />

di un super-pranzo, con<br />

chef spedito a domicilio insieme<br />

a posate, calici griffati e argenteria.<br />

Prezzi ovviamente<br />

molto variabili, a partire da 15<br />

euro al piatto fino… alle stelle.<br />

Quindi, meglio prenotare in<br />

anticipo (e coi piedi per terra).<br />

Via della Rosetta 8/9 e<br />

Piazza Coppelle 10/a.<br />

Chiuso domenica.<br />

HASEKURA<br />

06-483648<br />

Il vento d’Oriente tira e il sushi<br />

trionfa. Chi, come questo piccolo<br />

locale della Suburra, aveva<br />

fatto da pioniere ben prima<br />

dell’attuale sushi-mania, raccoglie<br />

adesso i meritati frutti.<br />

Così, al pienone perenne che<br />

incassa a pranzo e a cena nella<br />

sua sala tascabile (35 coperti,<br />

otto menu dai 18 ai 45 euro<br />

circa), l’Hasekura aggiunge ora<br />

la disponibilità di ottimi piatti<br />

da asporto, che bisogna però<br />

prenotare in anticipo. E che<br />

piatti: suky-yaky, tempura,<br />

sushi e sashimi fra i migliori in<br />

città. Via dei Serpenti, 27.<br />

Chiuso domenica.<br />

BABA<br />

06-3330745<br />

06-87131785<br />

Di là, al Flaminio, un curioso ristorante<br />

dove si cena alle 21<br />

secche, sgomitando su un super-buffet.<br />

Di qua, sulla<br />

Nomentana, una sede dedicata<br />

a catering e take away dove<br />

Baba, titolare del doppio esercizio,<br />

propone la ricca messe<br />

di piatti già collaudata ‘di là’.<br />

Prezzi misurati, qualità più che<br />

accettabile. Via Casale Tor di<br />

Quinto 1 e via Peruzzi 50.<br />

Sempre aperto (il catering).<br />

URBAN 69


LEGGI E BEVI<br />

Il caffè delle lettere.<br />

Colti e satolli<br />

Avete mai assistito a un raduno<br />

di poeti disgustisti? Vi siete<br />

mai imbattuti nel sonettaro<br />

Angelo Conte? E in Mr “O”, ex<br />

guardia giurata folgorato in sogno<br />

dal grande Elvis, che se ne<br />

va in giro come un ugola clonata<br />

riproducendo cover sovrapponibili<br />

del mitico The King?<br />

Se avreste voluto rispondere<br />

sì, Lettere Caffè è l’indirizzo che<br />

fa per voi. Via San Francesco a<br />

Ripa 100-101, dalla parte di<br />

viale Trastevere dove il caos del<br />

lato opposto arriva appena. È<br />

qui che Enza Li Gioi, scrittrice e<br />

ideatrice insieme al disegnatore<br />

Riccardo Mannelli del mensile<br />

Lettere, è riuscita a far convergere<br />

le idee che affollavano<br />

le pagine della rivista. Il risultato<br />

è un locale - in città l’unico,<br />

anche se presto un altro<br />

Lettere Caffè aprirà sulla<br />

Tiburtina - dove l’arte in ogni<br />

sua forma trova ospitalità, laboratorio<br />

permanente per chiunque<br />

abbia voglia di sperimentarsi.<br />

Per sapere cosa succede<br />

in queste due sale parallele come<br />

binari, basta entrare - non<br />

c’è chiusura - dalla mattina fino<br />

a tardi. Mostre, letture di poesie,<br />

teatro, corsi di lingua e ballo,<br />

concerti ma, soprattutto, fenomenali<br />

fuori programma. Ad<br />

animare questo posto, infatti,<br />

oltre ai nomi da cartellone -<br />

Nada, Claudio Lolli, Stefano<br />

Rosso, Valentino Bucchi, Miguel<br />

Angel Martìn - sono proprio gli<br />

artisti avventori o viceversa. Il<br />

meglio a tarda notte, quando la<br />

gradazione alcolica aiuta l’ispirazione.<br />

Il ‘rischio’ è rimanere<br />

folgorati da improvvisazioni al<br />

pianoforte o inaspettate intonazioni<br />

jazz, piuttosto che dalle<br />

declamazioni del poeta al vostro<br />

fianco.<br />

Basta accomodarsi: nessuno<br />

vi farà premura per liberare il<br />

tavolo. Anzi, se avete fame, potete<br />

scegliere con calma fra<br />

specialità istriane e triestine innaffiate<br />

da vini e grappe conterranee,<br />

mentre tè, tisane e<br />

dolci vi sazieranno il pomeriggio.<br />

Sul web (http://it. geocities.com/letterecaffe)<br />

trovate il<br />

programma, mentre scrivendo<br />

a letterecaffe@libero.it lo riceverete<br />

direttamente.<br />

Un’anticipazione, intanto, ve la<br />

diamo noi: il 28 marzo serata<br />

tributo a Rino Gaetano. Tavoli<br />

con prenotazione.<br />

MARIA CARLA OTTAIANO<br />

70 URBAN<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» <strong>ROMA</strong><br />

IL FILOSOFO CHEF E I POLITICI AL BUFFET<br />

UNO E BINO<br />

06-4460702<br />

Quando Giampaolo Gravina ha<br />

aperto il suo locale-chicca a San<br />

Lorenzo, a sostenerlo sono stati la<br />

sua passione per il vino e un master<br />

in filosofia teoretica: un’impostazione<br />

eno-intellettuale che aiuta<br />

certamente a superare qualsiasi<br />

difficoltà iniziale. Oggi infatti Uno<br />

e Bino è un terno al lotto. Cioè, un<br />

successo: la saletta, spartana e accogliente<br />

al tempo stesso - attenzione:<br />

qui non si fuma! - è sempre<br />

stracolma. E prenotare è indispensabile<br />

per: 1) poter pescare tra le<br />

selezionatissime bottiglie raccolte<br />

con cura certosina dal patron;<br />

2) gustare una cucina senza preconcetti,<br />

attenta alla leggerezza<br />

ma eclettica e disinvolta (paccheri<br />

al ragù di maiale con ricotta e<br />

maggiorana, baccalà mantecato<br />

su crema di lenticchie e patate…).<br />

Prezzi abbastanza misurati – 30-<br />

35 euro – e clima rilassato/amichevole.<br />

Via degli Equi, 58.<br />

Chiuso a pranzo e lunedì.<br />

TULLIO<br />

06-4818564<br />

Qui, in queste salette dai tavoli<br />

addossati, con la fila che attende<br />

pigiata nella minuscola bussola<br />

dell’ingresso, tra camerieri<br />

affannati ma mai domi e i patron<br />

a fare da pierre e antenne, è<br />

successo praticamente di tutto.<br />

Buona parte cioè degli ‘eventi’<br />

destinati a finire nelle cronache<br />

mondane (i litigi dei Cecchi Gori<br />

e i rimorchi di svariate vallette<br />

da calendario), ma anche quello<br />

che quasi mai approda per intero<br />

nelle pagine politiche: le<br />

guerre e le paci segrete sulla<br />

Rai, le grandi manovre sugli avvicendamenti<br />

direttoriali di un<br />

grande giornale o di un teatro<br />

pubblico, l’ecografia politica che<br />

precede la nascita di un nuovo<br />

partito (quello targato D’Antoni,<br />

per esempio). Ai tavoli di Tullio<br />

insomma passa prima o poi tutta<br />

la Roma che conta. E quella<br />

che conta di più si assicura la<br />

privacy riservandosi una saletta.<br />

SCUOLA DI CIBO,<br />

MARZO E SLOW<br />

Se siete convinti che il binomio cibo-cultura<br />

sia un luogo comune, andate alle lezioni<br />

dell’Arcigola. Il vostro stomaco vi ringrazierà<br />

Corsi di degustazione vino e assaggi<br />

guidati di formaggi, forum<br />

su specialità in estinzione e viaggi<br />

golosi fra le tavole delle regioni<br />

italiane: a Roma ormai si sprecano.<br />

E a partecipare sono più curiosi<br />

che esperti, più dilettanti che<br />

professionisti. Segno insomma di<br />

una crescente, per non dire inarrestabile<br />

enogastrocuriosità quasi<br />

di massa. A soddisfarla pensa<br />

quasi sempre la macchina ben<br />

oliata di Slowfood Arcigola, con la<br />

sua continua offerta di focus intriganti<br />

e occasioni di gustoso divertimento,<br />

senza contare frequenti<br />

puntate nel sociale.<br />

Così, il marzo Slow romano si<br />

apre con una cena davvero speciale,<br />

intitolata “Un altro mondo è<br />

possibile” e ospitata dal numero<br />

uno dei vegetariani romani,<br />

Arancia Blu. L’incasso è destinato<br />

a Emergency di Gino Strada.<br />

Ma Slow ha comunque in serbo<br />

altre sorprese. Qualche esempio?<br />

La più appetitosa? Quella<br />

che prevede a fine mese l’incon-<br />

tro tra uno dei formaggi più saporiti<br />

del Piemonte e alcuni<br />

esempi della nuova cultura vinicola<br />

laziale.<br />

Il 27 all’Hotel Rex di via Torino<br />

sfilano infatti la Robiola di<br />

Roccaverano (traduciamo per i<br />

meno formaggiofili: la più famosa<br />

robiola d’Italia, ottenuta da<br />

latte di capra e stagionata in foglie<br />

di verza) da una parte, dall’altra<br />

i vini della Tenuta Mottura<br />

di Civitella d’Agliano con i suoi<br />

Riesling, Grechetto e perfino un<br />

ambizioso Latour locale. Per non<br />

finire belli brilli (camarilli?), ecco<br />

accanto alle robiole assaggi di<br />

altri ‘formaggioni’ come<br />

Raschera d’alpeggio o Bra duro<br />

stravecchio. Un posto a tavola<br />

per tanto ben di Dio (Dop) costa<br />

20,66 euro: per prenotarlo, telefonate<br />

allo 06-485665 (lunedì,<br />

mercoledì e venerdì dalle 18 alle<br />

20). Buon vinaggio (vino+formaggio,<br />

che credete?).<br />

PAUL DE CELLAR<br />

Quindi, occhi aperti. Sì, ma la<br />

cucina? Dal classico, medio gusto<br />

toscano, con la carne anche<br />

ai ferri giustamente famosa. C’è<br />

anche pesce, però, e più vini di<br />

quanti appaiono in carta. Via<br />

San Nicola da Tolentino, 26.<br />

Chiuso domenica.<br />

RIOS<br />

06-2417211 PEPE VERDE<br />

Una sirena esotica al Casilino:<br />

una cucina che arriva da lontano,<br />

ma che una volta tanto non<br />

è targata Oriente. Parla peruviano,<br />

invece, questo Rios, e il<br />

profumo di Latinoamerica si respira<br />

già dal modo allegro e<br />

disinvolto con cui l’ospite è accolto,<br />

per non dire dell’atmosfera<br />

un po’ rumorosa ma divertente.<br />

Il menu poi mette insieme<br />

piatti davvero tipici come<br />

la pachamanca (un gran misto<br />

di carni bianche e rosse, più<br />

patate e fave) e sapori poveri di<br />

tante culture gastronomiche<br />

contadine, come quello della<br />

patata ripiena di formaggio acido.<br />

Buono il ceviche, cioè la<br />

marinata di pesce crudo (ma<br />

anche pollo) con lime e peperoncino<br />

già portata al successo<br />

da chef di tendenza, qui riproposta<br />

nella sua versione “etnica”.<br />

Via G. Alessi, 116.<br />

Chiuso mercoledì.<br />

06-85301181<br />

Definirla una pizzeria e basta,<br />

non le rende giustizia. Qui c’è<br />

molto di più: attenzione alla gastronomia<br />

e alle sue tendenze,<br />

piatti caldi più che dignitosi,<br />

l’immarcescibile filetto al pepe<br />

verde. E complessivamente il livello<br />

è buono. Le pizze sono<br />

fantasiose (vedi quella con pere,<br />

taleggio e gorgonzola), il lardo<br />

dell’antipasto è di Arnad, i primi<br />

sono corposi ma sapidi. I prezzi<br />

decisamente abbordabili: sui 15<br />

euro per due ricche portate.<br />

V.le Gorizia, 38.<br />

Chiuso a pranzo.<br />

illustrazione: Stefano Centonze


PER MANGIARE<br />

Il bar che fa<br />

tendenza, il regno<br />

della Nutella<br />

e la pizzeria-asilo.<br />

C’è da scegliere<br />

INSOMNIA CAFÉ<br />

051-261552<br />

Black people, black dogs.<br />

Non spaventatevi: parliamo<br />

di clientela modaiola postdark<br />

e di due simpatici cagnoni<br />

nerocriniti (dei proprietari)<br />

che hanno dato il nome<br />

ai cocktail più gettonati,<br />

Zagor e Zibog. Insomma, un<br />

bar very black e very trendy,<br />

dove ritrovarsi per un aperitivo,<br />

una birra (scelta discreta),<br />

un whisky (ottimi i torbati),<br />

uno Chardonnay. C’è sempre<br />

folla, sempre in piedi, e anche<br />

una sala riservata ai non<br />

fumatori. Prezzi medi, apre<br />

dal tardo pomeriggio all’una<br />

di notte. Via de’ Giudei, 6/c.<br />

Sempre aperto.<br />

NUTELLERIA<br />

051-234216<br />

Panini, crêpes, brioche, krapfen,<br />

piadine, baguette, pizza,<br />

frullato: tutto, qui, è rigorosamente<br />

alla, con, a base di<br />

Nutella. Perfino il bancone ha<br />

la forma del classico vasetto,<br />

mentre i tavolini portano i colori<br />

della celebre etichetta.<br />

Certo, prima di perdersi nella<br />

deliziosa crema bisogna trovarlo<br />

questo angolo goloso:<br />

all’interno del self-service<br />

C’Entro, come ben sanno tutti<br />

gli studenti che qui si perdono<br />

e si ritrovano. Dopo di che, ci si<br />

può spalmare di Nutella dalle<br />

15,30 fino a mezzanotte inoltrata.<br />

E senza spendere grandi<br />

cifre. Via Indipendenza, 45.<br />

Chiuso domenica.<br />

PIZZERIA<br />

IL CAPRICCIO<br />

051-450936<br />

Non è grandissima e neppure<br />

centrale. Però da queste parti,<br />

a San Lazzaro, la pizza è<br />

buona e ben farcita, la spesa<br />

contenuta, il servizio abbastanza<br />

puntuale anche con il<br />

pienone (cioè spesso). Mica<br />

poco, non vi pare? Unico piccolo-grande<br />

difetto: l’acustica.<br />

Specialmente nel weekend,<br />

quando decine di bambini urlanti<br />

zigzagano forsennati fra i<br />

tavoli apparecchiati: spiccicare<br />

una parola diventa allora impresa<br />

ardua. Spiaccicare la<br />

pizza per terra, invece, la cosa<br />

più facile del mondo.<br />

Via della Repubblica, 5.<br />

Chiuso martedì.<br />

72 URBAN<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» BOLOGNA<br />

I FORZATI DEL CIBO,<br />

DELUSI DALLA MENSA<br />

Ogni giorno 100.000 studenti cercano un pranzo decente. E trovarlo nelle mense<br />

universitarie è un’impresa titanica. Per fortuna c’è qualche alternativa. Piccola mappa utile<br />

illustrazione: Sara Totale<br />

Le famose tre T di Bologna (torri,<br />

tette e tortellini)? Chi le sfrucuglia<br />

di più se non la marea di studenti<br />

che affolla regolarmente università<br />

e centro storico?<br />

Sono centomila, studente più, studente<br />

meno. E quando si parla di<br />

tortellini (sul resto, sorvoliamo...)<br />

da sgranocchiare allegramente<br />

durante la pausa pranzo, ecco che<br />

i nodi (dello stomaco) vengono al<br />

pettine. Già, perché la carica di<br />

questi centomila affamati si abbatte<br />

inesorabilmente su tre (ave-<br />

Si trova quasi alla fine di via<br />

Zamboni, è aperta da lunedì a<br />

venerdì fra le 12 e le 14,30, le<br />

19 e le 21,30 (sabato e domenica<br />

12-14,30) ed è sempre superaffollata.<br />

Se arrivate verso le 13<br />

preparatevi a file interminabili in<br />

mezzo a studenti di lettere, legge,<br />

economia. In pratica, un selfservice<br />

così così dove si può pagare<br />

in contanti o con la chiave<br />

prepagata dell’Arstud. Piazza<br />

Puntoni, 1. Sempre aperta.<br />

te letto bene: tre) sole mense universitarie.<br />

E quelle poche, oltre a<br />

offrire pasti non certo memorabili<br />

(pasta collosa, carni insipide, verdure<br />

brodose), hanno per di più<br />

tariffe fra le più alte in assoluto in<br />

Italia: fra i 3,10 e i 6,20 euro, in<br />

media, per un pasto completo.<br />

Comunque troppo, per degli<br />

studenti che non navigano certo<br />

nell’oro.<br />

Ecco perché, nonostante siano<br />

aperte anche al pubblico di non<br />

universitari, non le frequenta<br />

MA COME MANGIANO MALE I FUTURI INGEGNERI<br />

MENSA IRNERIO<br />

051-244115<br />

MENSA DI INGEGNERIA<br />

051-584164<br />

Ospitata dalla struttura di<br />

Ingegneria, è aperta da lunedì a<br />

venerdì tra le 12 e le 14,30. Il<br />

maggior difetto sono le interminabili<br />

code e la qualità da nuda<br />

sopravvivenza dei vassoi-pasto.<br />

In più, ma qui si va a gusti personali,<br />

la clientela è costituita<br />

per il novanta per cento da studenti<br />

di sesso maschile.<br />

Il perché, non chiedetelo a noi.<br />

Viale Risorgimento, 2.<br />

Chiuso sabato e domenica.<br />

quasi nessun altro. Meno male<br />

però che a queste mense non<br />

mancano le alternative: in centro,<br />

lungo la cosiddetta T (la<br />

quarta, formata da via Ugo Bassi<br />

- Rizzoli - Indipendenza) esistono<br />

altri bar o self-service dove<br />

chi studia può nutrirsi meglio<br />

senza spendere una fortuna e<br />

usare anche i buoni pasto<br />

dell'Università.<br />

Posti dove l’ambiente è molto<br />

più accogliente e le code per<br />

fortuna un lontano ricordo. Sono<br />

BESTIAL MARKET<br />

051-555588<br />

Il ‘Mercato del bestiame’ lo trovate<br />

tra Porta Lame e Porta San<br />

Felice: aperto da lunedì a venerdì<br />

fino alle 22,30, è simpatico perché<br />

attrezzato con angolo studio,<br />

angolo Internet, angolo relax con<br />

giochi di società. Particolarmente<br />

indicato agli studenti del Dams e<br />

ai cultori della pizza: qui infatti<br />

potete trovare sia un forno a legna,<br />

sia un conto abbordabile.<br />

Via Berti, 2/2.<br />

Chiuso sabato e domenica.<br />

le prerogative targate Bass’Otto<br />

(via U. Bassi, 8), C’Entro (via<br />

Indipendenza, 45), La Galleria<br />

(P.za XX Settembre, 6). Nel<br />

‘Fiera District’, invece, svettano<br />

a grande richiesta lo snack bar<br />

Europa (P.za Costituzione, 5/c),<br />

il Vertice (v.le Aldo Moro, 26/a)<br />

o il Corner’s Rest (Piazza<br />

Costituzione, 6). Che altro dire?<br />

Per studiare bene, bisogna saper<br />

mangiare (e scegliere) bene….<br />

BREK<br />

051-273253<br />

CARLO FRASSOLDATI<br />

Per chi studia, un vero must.<br />

Perché in un ambiente tipo vecchio<br />

magazzino può trovare un<br />

self di medio livello (buone paste<br />

e insalate) e un tavolino dove<br />

ripassare in pace. Mica poco,<br />

di questi tempi... Un consiglio?<br />

Nel caso di ressa, è più facile<br />

trovare posto al primo piano.<br />

Abbastanza lunghi gli orari: dalle<br />

11,30 alle 15 e dalle 18,30<br />

alle 22,30. Piazza Malpigli, 1.<br />

Sempre aperto.


SPUNTINI<br />

Bruschette kitsch<br />

e dolci celestiali.<br />

E poi? Poi la birra<br />

BRUSCHETTERIA<br />

PAUTASSO<br />

011-4366706<br />

Il menu è fisso sia a pranzo<br />

sia a cena. Idem quel tocco<br />

inarrivabile di kitsch: sublime,<br />

per esempio, il finto<br />

pergolato con uva in plastica<br />

che cala dal soffitto.<br />

Kitsch o non kitsch, il posto<br />

è sempre affollato: a pranzo<br />

ci si può servire liberamente<br />

al ricco buffet per soli 5,20<br />

euro, mentre la cena piemontese<br />

a prezzo fisso (18<br />

euro) propone quattro antipasti,<br />

una zuppa, due primi<br />

e due secondi. Sulla quantità<br />

non si discute, sulla qualità<br />

dipende: dai giorni e…<br />

dall’uva.<br />

P.za Emanuele Filiberto, 4.<br />

Sempre aperto.<br />

REFETTORIO<br />

011-887422<br />

È il bar, torteria e officina gastronomica<br />

ideale per la<br />

clientela modaiola. A pranzo<br />

i piattini di pasta, cous cous,<br />

carne o verdure sono piuttosto<br />

mediocri e salati (nel senso<br />

del prezzo: 4-7 euro),<br />

quasi quanto il personale che<br />

serve ai tavoli. Poco male:<br />

avete sempre la possibilità di<br />

rifarvi con i dolci. E che dolci!<br />

Le torte infatti sono fantastiche,<br />

come pure i prezzi: una<br />

fetta per colazione o merenda<br />

viene sui 2,5 euro. Buono<br />

anche l’orario di apertura: si<br />

parte alle 8 del mattino e si<br />

chiude alle 21.<br />

Via dei Mille, 23/d.<br />

Chiuso domenica.<br />

BIRRIFICIO TORINO<br />

011-2876562<br />

L’idea è simpatica: un grande<br />

birrificio ricavato in una ex<br />

fabbrica di biscotti. Grande<br />

per dimensioni, con un tripudio<br />

di fermentatori, tubazioni<br />

e lampade in rame. Grande,<br />

soprattutto, per la qualità della<br />

birra: una varietà bionda,<br />

una rossa e una rara, chiarissima<br />

weissbier di segale. Per<br />

tamponare i danni dell’alcol<br />

meglio ricorrere ai vari panini<br />

(3,6 euro, come una birra media).<br />

Oppure, esagerare con<br />

gulasch o stinco di maiale: e<br />

qui, meglio tamponare subito<br />

con altri galloni di birra.<br />

Via Parma, 30.<br />

Sempre aperto.<br />

74 URBAN<br />

foto: Beatrice Tartarone<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» TORINO<br />

CONCEPT DA TAVOLA<br />

Il cibo è molto ma non è tutto. Anche l’ambiente conta e i ristoratori torinesi guardano<br />

sempre più al design d’interni. Ecco dove mangiare architettura e bere Feng Shui<br />

Ormai è chiaro: senza il famoso<br />

‘concept’ tanto di moda non si<br />

inaugura neanche un chiosco di<br />

panini. Oggi infatti qualsiasi locale,<br />

ristorante o bar che si rispetti<br />

deve avere una filosofia,<br />

un’immagine, un’atmosfera tutta<br />

sua e ben definita.<br />

Ecco perché a Torino i concept<br />

del food e del drink che vanno<br />

per la maggiore viaggiano rigorosamente<br />

sui binari del design,<br />

etnico, minimale o spaziale che<br />

sia. Lo dimostrano in modo lam-<br />

ll ‘Pesce’? Totalmente ristrutturato,<br />

arredato e dipinto dagli artisti<br />

che l’hanno messo in piedi. A partire<br />

dalle sale del ’600, proseguendo<br />

con il contrasto tra pavimenti<br />

grezzi e arredi moderni, finendo<br />

con tavoli e bancone dipinti<br />

dal boss Paolo Gillone. E il piacere<br />

dello stomaco? Non male: la<br />

cucina è ricercata e internazionale.<br />

E il dispiacere del conto? Tra i<br />

18 e i 30 euro. Via Valerio, 5/b.<br />

Chiuso lunedì.<br />

pante il Fusion Café e il suo design<br />

estremo by Walter Vallini<br />

(molto vetro e acciaio, arredi basic,<br />

opere d’arte contemporanea<br />

alle pareti), oppure il più minimal<br />

dei lounge bar in città, il<br />

Dual (tutto bianco e acciaio, con<br />

lampade di design e forme minimal-stondate),<br />

progettato dagli<br />

architetti Orlando e Mosconi<br />

di +Studio.<br />

Gli stessi cioè che hanno curato<br />

lo spettacoloso rifacimento del<br />

Jammin’ ai Murazzi (acciaio la-<br />

IL MODERNO NELL , ANTICO E I GOURMET MONGOLI<br />

FISH<br />

011-5217933<br />

ARCADIA<br />

011-5613898<br />

L’effetto visivo è garantito: interni<br />

simil-newyorkesi abbinati a<br />

(vere) colonne del Settecento.<br />

L’effetto audio, idem: in sottofondo,<br />

musica new age a manetta.<br />

L’effetto cibo, almeno esteticamente,<br />

anche: l’Arcadia è stato<br />

il primo sushi bar a Torino,<br />

con jap-menu a partire da 26<br />

euro. A scelta, per i tradizionalisti,<br />

c’è anche un classico menu<br />

italiano. Galleria Subalpina, 16.<br />

Chiuso domenica.<br />

vorato, soppalchi techno, colori<br />

caldi) e che ora stanno allestendo<br />

un nuovo locale polifunzionale<br />

sul Po.<br />

Tecnologico e post-industriale<br />

anche il recupero dei Docks<br />

Dora, ex magazzini ferroviari<br />

del caffè. Uno dei promotori,<br />

l’architetto Maurizio Cilli, vi ha<br />

installato non solo il suo studio,<br />

ma anche un locale di successo<br />

come Docks Home, da lui ridisegnato<br />

mantenendo cemento,<br />

mattoni e tubazioni a vista ori-<br />

PASTIS<br />

011-5211085<br />

La struttura minimal è vagamente<br />

anni ’50, con sedie impreziosite<br />

da grafiche pubblicitarie<br />

e opere di giovani artisti<br />

alle pareti. Per questo, forse,<br />

proprio qui Marco Ponti ha girato<br />

di recente il film Santa<br />

Maradona. Le italian tapas (di<br />

carne, pesce e verdura) sono<br />

buone, i vini invece così così.<br />

Conto conveniente.<br />

Piazza Emanuele Filiberto,<br />

9/b. Chiuso domenica.<br />

ginali con l’aggiunta di un arredo<br />

minimo e pulito sul quale<br />

trionfa il bancone in acciaio.<br />

Con la stessa filosofia ha progettato<br />

The Beach, cioè la più<br />

efficace ristrutturazione delle<br />

arcate ai Murazzi. “Non amo gli<br />

interventi particolarmente forti”,<br />

spiega lui. “Anche perché a<br />

caratterizzare un locale dev’essere<br />

prima la clientela, poi la<br />

tecnologia”.<br />

È chiaro il concept?<br />

OTIUM & SIBERIAKI<br />

011-4360738<br />

CRISTINA LATTUADA<br />

Sotto, lo scantinato in mattoni<br />

consacrato alla degustazione di<br />

grappe e distillati vari; al piano<br />

terra la piacevole osteria con<br />

camino e soffitto a cassettoni.<br />

A fianco un ristorante mongolo<br />

in tinta ocra con pesci e carni<br />

alla piastra e, ovviamente, vodka<br />

a fiumi. Esotismo & estetismo,<br />

per chi apprezza, costano<br />

dai 7 ai 20 euro.<br />

Via Bellezza, 8/g.<br />

Sempre aperto.


testo: Lia Celi<br />

illustrazione: Annalisa Pagetti<br />

Mentre voi state ancora sbavando sulla foto del<br />

marzo 2002, la modella del marzo venturo sta<br />

dicendo “cheese”. La guerra dei calendari sexy è<br />

già cominciata, e quest’anno si annuncia più<br />

spietata di un raid Usa: per bruciare la concorrenza<br />

i magazine più previdenti anticiperanno ad aprile<br />

l’uscita del calendario 2003. Si dice addirittura<br />

che GQ lancerà quest’autunno i calendari 2004.<br />

E se <strong>Urban</strong> è uno dei pochi periodici costretti a<br />

scandire l’anno in dodici mesi e non in ventiquattro<br />

tette, è solo perché non può permettersi nessuno<br />

degli ingredienti-base del gadget più ambito dai<br />

maschi italiani. E cioè...<br />

1) La modella<br />

Fervono le grandi manovre per scegliere le pin-up<br />

della prossima annata, ma individuare un soggetto<br />

nuovo è una battaglia persa: tutte le femmine<br />

guardabili fra i 18 e i 35 anni hanno già posato<br />

per un calendario e per trovare una letterina che<br />

ancora non si è spogliata bisogna ravanare nell’alfabeto<br />

fenicio. Va detto che, da quando il calendario<br />

sexy è stato sdoganato dal retrobottega del barbiere,<br />

la starlet nostrana ha finalmente trovato la<br />

sua giusta dimensione artistica: non deve recitare,<br />

né ballare, né intrattenere il pubblico, e nemmeno<br />

sculettare sù e giù per le passerelle. Anzi, più sta<br />

ferma meglio è. Fanno tutto il fotografo e il<br />

makeup-artist, a lei basta inserire l’espressione<br />

“scopami subito” e mantenerla fino a quando le<br />

dicono basta. Unica eccezione, Sabrina Ferilli, che<br />

prima di arrivare a esibirsi chiappe al vento per<br />

un calendario ha dovuto abbassarsi a fare l’attrice<br />

e perfino a presentare Sanremo. Insomma, per le<br />

maggiorate italiche (ma anche d’importazione)<br />

i calendari hanno colmato il vuoto lasciato dalla<br />

scomparsa dei film di Alvaro Vitali e dalla conversione<br />

alla monogamia di Vittorio Sgarbi.<br />

2) Il fotografo<br />

Anzi, il “mago dell’obiettivo”. E mago lo è sul<br />

serio, perché nelle sue foto Ornella Vanoni mostra<br />

ancora la freschezza dei sessant’anni, e comunque<br />

farsi pagare fior di quattrini per passare una settimana<br />

ai Caraibi con la Marcuzzi in tanga non è un<br />

trucco alla portata dei comuni mortali.<br />

Eppure ogni anno i direttori dei magazine devono<br />

lottare con il dubbio insistente che, avendo a disposizione<br />

una bonazza e un’isola tropicale, anche<br />

il fattorino del bar sarebbe in grado di tirar fuori<br />

dodici foto decenti. Invece bisogna staccare un<br />

lauto assegno a un sociopatico che se la tira come<br />

Henri Cartier-Bresson ed è convinto che fino a<br />

quando una ragazza non passa davanti alla sua<br />

Leica è solo un insignificante agglomerato di cellule.<br />

Ma, recita la ferrea legge del calendario,<br />

quanto più si copre d’oro il fotografo, tanto più la<br />

bellona si scopre. “Ho accettato solo perché dietro<br />

l’obiettivo c’era XY, è la dichiarazione-tipo della signorina,<br />

perché i suoi nudi non sono mai volgari”.<br />

Ovvero: XY è in grado di fotografarti in tutte<br />

le pose più sconce del Kamasutra senza che si<br />

veda mai la patonza.<br />

C’è sempre una manina pudica, una foglia di bana-<br />

no, una vongola, quel tanto che basta perché l’edicolante<br />

non releghi il calendario nel reparto pornazzi,<br />

e per non bruciarsi il servizietto promozionale<br />

al Tg1.<br />

3) II set esotico<br />

State per prenotare una vacanza in qualche paradiso<br />

selvaggio e incontaminato? Rassegnatevi a<br />

convivere con una ghenga invadente e caciarona<br />

che vi frega sempre i posti migliori in spiaggia e<br />

in hotel e si circonda di doberman pronti ad<br />

allontanare i turisti allupati e i nativi premurosi<br />

che, impietositi da quella povera donna bianca<br />

costantemente nuda, insistono per regalarle un<br />

pareo. Ma quest’anno la crisi è in agguato: è sempre<br />

più difficile trovare una location originale, e le<br />

spiagge esclusive espongono cartelli che vietano<br />

l’ingresso ai cani e alle troupe dei calendari.<br />

Si temono tafferugli come quelli scoppiati un paio<br />

d’anni fa in una nota isoletta, dove la troupe che<br />

fotografava Alessia Merz contendeva il territorio<br />

a quella che immortalava Manuela Arcuri, e si è<br />

resa necessaria la mediazione di Gil Cagné.<br />

Anche i Verdi hanno lanciato l’allarme: in uno dei<br />

calendari 2002 più gettonati una polputa valletta<br />

televisiva si copre le vergogne con l’ultimo esemplare<br />

esistente al mondo di Meganthera Tropicalis<br />

(il penultimo l’aveva calpestato il truccatore).<br />

Peggio ancora: Greenpeace ha denunciato che<br />

alcune rarissime specie di uccelli mediterranei<br />

hanno sostituito il tradizionale richiamo amoroso<br />

con il greve “faccela vedé, faccela toccà”.<br />

URBANSATIRA<br />

BELLEZZE AL MURO<br />

Ehi, ragazzi! Mentre ancora state sbavando sui calendari sexy di quest’anno, stelline e magazine stanno<br />

già pensando a quelli del 2003. Perchè non si può fermare il tempo. Figurarsi un bel paio di tette!<br />

URBAN 77

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