LA FESTA DEI BANDERESI - Pro Loco Bucchianico
LA FESTA DEI BANDERESI - Pro Loco Bucchianico
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REGIONE<br />
ABRUZZO<br />
PROVINCIA<br />
DI CHIETI<br />
COMUNE<br />
DI BUCCHIANICO<br />
Giuliano Davide Di Menna <strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong> <strong>DEI</strong> <strong>BANDERESI</strong><br />
<strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> <strong>Bucchianico</strong><br />
Giuliano Davide Di Menna<br />
<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong> <strong>DEI</strong> <strong>BANDERESI</strong><br />
Associazione <strong>Pro</strong>-<strong>Loco</strong><br />
BUCCHIANICO
Giuliano Davide Di Menna<br />
<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong> <strong>DEI</strong> <strong>BANDERESI</strong><br />
A BUCCHIANICO<br />
Associazione <strong>Pro</strong>-<strong>Loco</strong><br />
San Camillo de Lellis
I disegni sono dell’autore.<br />
Foto di:<br />
Enzo Di Meo, Gianluca Di Pasquale, Loris Mammarella,<br />
Mario Pellegrini, Lino Ruano, Olivia Vispo.<br />
Foto storiche:<br />
Archivio fotogra?co Rita Leva e Enzo Di Meo,<br />
Archivio fotogra?co <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>.<br />
Si ringraziano per la collaborazione:<br />
Annina Di Menna, Enzo Di Meo, Andrea Gentile, Rita Leva,<br />
Angela Natale, p. Felice Ruffini, Assunta Santoferrara,<br />
Cristina Saraullo, Piero Sulpizio, Rosario Sulpizio,<br />
Angiolina Tatasciore, Beatrice Tatasciore, Camillo Tatasciore,<br />
Guglielmo Tatasciore, lo staff di www.bucchianico.net.<br />
Con affetto e riconoscenza si ricordano:<br />
Urbano D’Angelo, Annina De Leonardis, Nicola Di Menna,<br />
p. Raffaele Di Menna, Maria Sebastiani.<br />
I documenti conservati nell’Archivio di Stato di Chieti<br />
sono pubblicati con autorizzazione dell’11 luglio 2008<br />
prot. n. 1593/28.34.01.08 (2)<br />
Le foto di copertina sono di:<br />
Gianluca Di Pasquale, Marco Maccarone, Loris Mammarella,<br />
Daniele Tatasciore, Olivia Vispo.<br />
Si ringraziano:<br />
Maria Giovanna Di Lanzo, Ilenia Di Muzio, Marta Di Muzio,<br />
Gianni Di Prinzio, Gianluca Di Pasquale, Loris Durante,<br />
Giovanni Febo, Andrea Gentile, Camillo Maccarone,<br />
Loris Mammarella, Verino Mennucci, Davide Sebastiano,<br />
Sara Zappacosta (componenti del direttivo <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>).<br />
Impaginazione:<br />
Adriano Ridol?<br />
Stampa:<br />
Arti gra?che Cantagallo, Penne<br />
© Copyright<br />
Associazione <strong>Pro</strong>-loco San Camillo de Lellis ,<br />
<strong>Bucchianico</strong> (CH) 2008<br />
Tutti i diritti sono riservati all’autore.<br />
È vietata la riproduzione di testi foto e disegni<br />
per qualunque uso e con qualsiasi mezzo .
…La Sagra dei banderesi, che si svolge a <strong>Bucchianico</strong> dal 22 al 25 maggio, è il “ricordo” di una progettata invasione<br />
dei chietini al castello di <strong>Bucchianico</strong> per impadronirsi di quelle terre. Tutta la popolazione dell’agro fu allora convo -<br />
cata al castello, dove le donne arrivarono con grandi ceste sul capo, piene di vettovaglie per poter resistere all’assedio<br />
previsto. Ma i chietini, che dal loro posto vedevano la piazza di <strong>Bucchianico</strong>, impressionati da tanto movimento,<br />
pare credessero d’avere a che fare con molta gente armata e rinunziarono all’impresa.<br />
Il fortunato evento è ricordato in questa sagra, dove le donne arrivano ancora con ceste sul capo piene di vettova -<br />
glie e di ?ori. Prima di entrare nel castello, dove tutto il popolo far à banchetto, esse svolgono in piazza una danza<br />
chiamata la “Ciammaichella”, nel frattempo arrivano carri pure colmi di vettovaglie”<br />
(Ignazio Silone) I .<br />
Le brevi e incisive parole di Ignazio Silone sulla festa dei Banderesi sono state scelte da Dacia Maraini per essere<br />
inserite in una piccola e gradevole antologia di scritti che raccontano l’Abruzzo. Una festa le cui usanze sono state<br />
trasmesse oralmente nel tempo e talvolta scritte in opuscoli e articoli giornalistici che da pi ù di un secolo hanno<br />
impegnato redattori Bucchianichesi e altre persone. Nonostante la trasmissione orale delle usanze di Banderese in<br />
Banderese, in rispetto della consuetudine forse pi ù arcana e affascinante della festosit à bucclanea, la necessit à di<br />
conoscere meglio i riti, l’origine e gli sviluppi storici ha impegnato Leonardo De Leonardis negli anni ’90 dell’Ot -<br />
tocento, Tommaso Bruni agli inizi del secolo e poi Antonio Mammarella e Raffaele Di Ruscio negli anni ’50 ?no<br />
all’autorevole Paolo Toschi.<br />
Qualche anno fa, ai principi degli anni ’80, una giovane <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> nel leggere quegli scritti cercava lumi di conoscenza<br />
sull’originalit à dei riti e l’antichit à di essi. Iniziava cos ì la ricerca parallela sugli aspetti storici e quelli folclorici che<br />
per diversi anni ha permesso l’accumulo di molte informazioni alcune delle quali riportate in pubblicazioni, onorate<br />
immeritatamente dell’incoraggiamento di Alfonso Di Nola. Non sar à mai sufficiente perci ò ricordare la guida di questo<br />
maestro, la cui pi ù grande lezione di umilt à fu il suo ascoltare in silenzio la descrizione dei riti e la partecipazione<br />
cordiale in mezzo ai tanti Bucchianichesi. Dopo tanti anni, su spinta dell’attuale <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, si è ritenuto necessario<br />
pubblicare i risultati di questa ricerca, certamente non esaustiva, che l’indegna penna dell’autore ha cercato di rendere<br />
divulgabili e condivise. La festa, in effetti, appartiene a tutti quelli che la vivono e la partecipano, trasmettendosi<br />
all’insegna del rispetto tra le persone e di una gioiosit à sociale che spinge al futuro. La tolleranza e l’analogia con altre<br />
tradizioni festive, permettono poi di considerare i valori di essa un efficace mezzo di confronto culturale con altre<br />
person e dell’Europa e del mondo. Cos ì la spinta alla conservazione della memoria storica, in questo caso costituisce<br />
l’avanguardia culturale per la riscoperta dei valori sociali e religiosi, l’affermazione della competizione civile negli<br />
sport storici, la manifestazione gioiosa della creativit à individuale e artistica, il rinnovo dei modelli di incontro<br />
sociale e la ricerca sulle risorse storiche che presenta indubbi elementi di originalit à sull’identit à da confrontare con<br />
quelle di altre culture.<br />
Giuliano Davide Di Menna<br />
I Dacia Maraini, Il respiro leggero dell’Abruzzo, Ianieri, Altino, 2004, pag. 65.
PRESENTAZIONI<br />
Da oltre 35 anni la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> di <strong>Bucchianico</strong> si occupa della Festa dei Banderesi prestando il proprio impegno al gruppo festivo<br />
del Banderese per sostenere la promozione turistica e l’informazione culturale a chi in prima persona è protagonista della festa. Sin<br />
dalla fondazione i soci pro loco hanno voluto conservare la struttura organizzativa storica della festa offrendo il proprio lavoro nel<br />
coordinamento tra i vari capicontrada e per le attività di ricerca. Esemplare l’impegno dei consigli direttivi che si sono succeduti<br />
in questi decenni nello svolgere un “lavoro che non si vede”, fatto di collaborazioni volontarie, impegni personali, tempo impiegato<br />
per lo sviluppo culturale al servizio della cittadinanza. Il lavoro dei soci e dei presidenti, il consenso e l’impegno degli attori<br />
principali della festa, i gruppi storici, negli anni hanno innescato impulsi di trasformazione ed evoluzione socio-culturale della<br />
festa tuttora evidente. Le costituzioni delle prime associazioni sportive storiche, le associazioni musicali, i comitati e associazioni<br />
di contrada sono state fortemente spinte dai componenti della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> che nell’associazionismo ha visto una importante risorsa<br />
per la crescita sociale e culturale di <strong>Bucchianico</strong>. Così negli anni ’70 la promozione giornalistica, radiofonica e televisiva sono state<br />
le basi per la promozione in ambito regionale e nazionale degli anni successivi (attraverso riviste quali Bellitalia e D’Abruzzo). Nel<br />
1985 la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> editava l’opuscolo “La Tradizione dei Banderesi” seguita poi nel 1988 dall’altro volume “Le feste contadine-<br />
eredità storica e continuità” e nel 1991 con l’opuscolo “<strong>Bucchianico</strong>, guida al centro antico e territorio” e negli ultimi anni con la<br />
pubblicazione di calendari tematici, cartoline e depliant. Contemporaneamente sosteneva la realizzazione di ?lmati e trasmissioni<br />
televisive su reti nazionali dei primi anni ’90 (per tutte la diretta RAI della trasmissione UNO MATTINA) e attivava rapporti<br />
culturali con gli istituti di ricerca interessati ai temi del folclore. Oggi pubblica i risultati della ricerca culturale messi a disposizione<br />
dell’autore, arricchendoli con le foto fornite dai tanti bucchianichesi, ai quali si rinnova il ringraziamento.<br />
Ma sicuramente il ringraziamento più sincero va a tutte le persone che hanno dato il loro impegno gratuito per la crescita cultu -<br />
rale di <strong>Bucchianico</strong>, che hanno creduto nella continuità delle tradizioni, nella loro evoluzione, nei valori sinceri e universali della<br />
tradizione festiva e che hanno lavorato in questi decenni per evitare che la festa scomparisse. Tante donne e tanti uomini delle<br />
“contrade”, i Banderesi, gli appassionati che si sono resi protagonisti veri di quella che può essere considerata la salvaguardia dell’identità<br />
culturale di <strong>Bucchianico</strong>.<br />
Oggi, questo lavoro editoriale, in linea con i precedenti, offre nuovi spunti per la crescita culturale di <strong>Bucchianico</strong>: la necessità di<br />
salvaguardare il patrimonio storico, archivistico, artistico e storico locale con il recupero degli importanti documenti della festa e<br />
la necessità della realizzazione di un “museo dei Banderesi” dove raccogliere le testimonianze antiche della festa e i prodotti artistici<br />
della festa. Con questo proposito, rivolto prima a tutta la cittadinanza e poi alle autorità amministrative competenti, ringrazio i<br />
tanti che si sono adoprati alla realizzazione dell’opera.<br />
Gianni Di Prinzio<br />
Presidente <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> S. Camillo de Lellis<br />
Al turismo balneare e montano che si sviluppa nelle spiagge attrezzate della costa teatina con i “Trabocchi”, nelle aree protette e<br />
nel Parco Nazionale della Maiella, sempre più negli ultimi anni si sta affiancando un turismo culturale ed enogastronomico che<br />
interessa principalmente il territorio collinare e vallivo della <strong>Pro</strong>vincia di Chieti. Le “vie” del vino e dell’olio, i percorsi delle Colline<br />
Teatine, i circuiti religiosi legati ai principali santuari tra cui quelli importanti del Miracolo Eucaristico di Lanciano, S. Camillo<br />
de Lellis di <strong>Bucchianico</strong> e di S. Tommaso di Ortona, costituiscono le attrazioni dominanti del ?usso turistico destagionalizzato, in<br />
crescita e di respiro europeo. Ma è l’intero territorio contrassegnato dalle tradizioni popolari, feste, usanze, dal paesaggio agrario e<br />
dalla cultura gastronomica a diventare la risorsa fondamentale che alimenta questo tipo di turismo, attento all’identit à culturale e<br />
ai prodotti tipici enogastronomici e artigianali.<br />
Le feste di folclore, di cui la <strong>Pro</strong>vincia di Chieti vanta una cospicua testimonianza, sono un patrimonio già analizzato dagli antropologi<br />
e inserito nelle guide turistiche italiane ed europee. Tra queste le feste dei Saraceni di Villamagna, della Madonna dei Turchi<br />
di Tollo, i Talami di Orsogna, le Farchie di Fara Fara Filiorum Petri, S. Michele Arcangelo di Liscia, i Serpari di Pretoro e tante<br />
ancora da far conoscere al grande pubblico.<br />
La pubblicazione che si presenta sulla tradizione dei Banderesi di <strong>Bucchianico</strong>, si colloca a pieno titolo nei programmi di promozione<br />
culturale che la <strong>Pro</strong>vincia di Chieti sta attuando per sostenere le iniziative che hanno carattere di unicità e tipicità del nostro<br />
territorio. L’Amministrazione provinciale infatti è particolarmente attenta al management turistico unitario delle proprie risorse<br />
culturali sia con la promozione diretta che con l’erogazione di ?nanziamenti agli enti locali e associazioni che sono promotrici delle<br />
singole iniziative. L’autore con questa pubblicazione, la precedente “S. Antonio Abate e le Farchie in Fara Filiorum Petri”, l’altra<br />
in preparazione sui Saraceni di Villamagna e S. Antonio Viennese di Miglianico, contribuisce a far conoscere le tradizioni popolari<br />
dei paesi della Val di Foro con la ricerca storica e antropologica che è alla base di ogni valorizzazione.<br />
Tommaso Coletti<br />
Presidente della <strong>Pro</strong>vincia di Chieti
Il cammino che questa Amministrazione ha intrapreso con la pubblicazione dei precedenti volumi riguardanti alcuni aspetti identi-<br />
?cativi d ella comunità di <strong>Bucchianico</strong>, ?nalizzati alla conoscenza e valorizzazione di una rinnovata cultura del territorio intesa come<br />
riscoperta della storia locale, si arricchisce, ora, di un ulteriore contributo, che questa Amministrazione ha voluto sostenere affinché<br />
entri a far parte del patrimonio dei cittadini di <strong>Bucchianico</strong>.<br />
Un ?lo conduttore lega le tappe di questo percorso: infatti, alla realizzazione dello studio incentrato sulla conoscenza storica e sulle<br />
possibili ipotesi di recupero del palazzo dei Caracciolo, che un tempo era il luogo ove si svolgeva la rievocazione del momento culmi -<br />
nante della festa in onore del patrono, S. Urbano, è seguito il libro, curato dall’Associazione “A. C. de Meis”, in cui lo stesso evento è<br />
stato riccamente illustrato con belle e signi?cative immagini fotogra?che. Ora, in questo nuovo volume, con efficacia descrittiva e con<br />
preziosi particolari di carattere storico, folcloristico e documentario, vengono rievocate, grazie ad una attenta indagine nell’archivio del<br />
Comune di <strong>Bucchianico</strong>, nell’Archivio di Stato di Chieti ed in quello della Curia Arcivescovile di Chieti-Vasto, le fasi in cui si dipana<br />
la festa del Patrono, S. Urbano, cioè la Festa dei Banderesi.<br />
Questo ?lo conduttore, rappresentato dalla devozione al Santo Patrono e dalle manifestazioni più tradizionali di tale devozione, si<br />
prolungherà ulteriormente a breve, essendo già in cantiere l’ultimazione di una ricerca diretta all’approfondimento dello studio e della<br />
conoscenza della raffigurazione sacra di S. Urbano e del luogo di culto allo stesso dedicato, che rappresenta, tra l’altro, il sito in cui si<br />
svolgono i momenti più signi?cativi ed evocativi della festa dei Banderesi.<br />
Queste pubblicazioni testimoniano inequivocabilmente la continuità della fede della popolazione di <strong>Bucchianico</strong> a S. Urbano e l’attaccamento<br />
alle tradizioni ereditate dagli avi; le immagini, le rievocazioni, le descrizioni riferite e approfondite nelle ricerche anzidette<br />
evidenziano, infatti, il carattere originario della festa dei Banderesi: la coralità, che costituisce il signi?cato pi ù vero dell’evento ed il<br />
messaggio più autentico dello stesso, quale strumento di riuni?cazione e di pace.<br />
Ed infatti, nei giorni che precedono la festa nonché durante lo svolgimento della rievocazione storica, tutti gli abitanti di <strong>Bucchianico</strong><br />
si ritrovano e si riuniscono intorno a S. Urbano, al Sergentiere, al Banderese e a S. Camillo, quest’ultimo nato, quasi a rafforzare il<br />
signi?cato della festa stessa, durante le celebrazioni di S. Urbano.<br />
È, pertanto, consapevolezza comune tra i Bucchianichesi che, nel corso delle giornate di festa, non devono esistere rivalità, partiti,<br />
fazioni o elementi disturbatori dell’unione di tutti gli abitanti, sia delle contrade che del centro del paese: tutti si danno da fare o<br />
semplicemente partecipano da spettatori, ma tutti insieme sono presenti per la pace di tutta la comunità.<br />
Spero, quindi, vivamente che anche queste nostre iniziative possano contribuire a favorire l’attaccamento ai valori della tradizione e<br />
della storia soprattutto da parte delle giovani generazioni, nella convinzione che la consapevole conoscenza del proprio passato costi -<br />
tuisce presupposto indispensabile per affrontare meglio il futuro.<br />
Desidero, pertanto, rivolgere, anche a nome dell’Amministrazione comunale, un sincero apprezzamento ed un sentito ringraziamento<br />
all’Autore della presente pubblicazione per il prezioso contributo che ha voluto lasciarci e all’Associazione <strong>Pro</strong>-<strong>Loco</strong> “San Camillo de<br />
Lellis” anche per il sostegno e l’impegno che ogni anno assicura per la perfetta riuscita della nostra festa.<br />
Mario Antonio Di Paolo<br />
Sindaco di <strong>Bucchianico</strong><br />
Gentili lettori, non credo umilmente di poter aggiungere valore a questo bel lavoro, che vi apprestate a leggere ed apprezzare.<br />
In quest’opera vi verrà illustrata non la “rievocazione dei Banderesi”, ma la “Tradizione dei Banderesi”, cosa ben diversa non solo<br />
per i termini. Infatti se la rievocazione è una riproduzione o meglio una rappresentazione (quasi teatrale) di un fatto storico; la<br />
tradizione, dal latino tradere ovvero consegnare, trasmettere, non è il culto del passato o la nostalgia di un fatto trascorso. Non è<br />
una reliquia che si venera, bensì qualcosa che ci proviene dal passato attraverso la trasmissione da padre in ?glio e che si mantiene<br />
viva nel presente. La tradizione dei Banderesi di <strong>Bucchianico</strong> risale a non meno di 7 secoli fa. Durante questo lungo periodo, il<br />
mandato dei Banderesi si è evoluto adeguandosi alle mutevoli situazioni storiche e sociali, come è giusto e “?siologico” che sia,<br />
ma una delle cose che è rimasta probabilmente inalterata ancora ai giorni nostri, è proprio l’impegno a promuovere quell’azione<br />
“socializzatrice”, organizzativa e cristiana, con e nella comunità di <strong>Bucchianico</strong>, un tempo utile alla difesa militare del territorio<br />
rurale, oggigiorno necessaria ed evidente per la festa in onore di S. Urbano e non solo...<br />
Sarebbero tante le cose da aggiungere, ma non voglio rubare altro spazio se non per rivolgere un ringraziamento simbolico a tutte<br />
le famiglie e le persone che hanno creduto e credono nella nostra tradizione, consentendole trascorsi tanti secoli di arrivare ai giorni<br />
nostri. Sono ?ero di poter dire che sono davvero poche le realtà in Italia che possono annoverare una continuità ed una fedeltà<br />
così longeve. Per questo il mio impegno ed augurio è che la nostra meravigliosa festa rimanga così sentita e viva nella cittadina, per<br />
tutti gli anni che verranno.<br />
Guglielmo Urbano Tatasciore<br />
Sergentiere
INDICE<br />
Cap. I Il mito della festa 9<br />
Cap. II Il Sergentiere e il Banderese 25<br />
Cap. III I luoghi della festa 31<br />
Cap. IV Il calendario festivo 35<br />
Cap. V La festa 37<br />
Cap. VI I riti 55<br />
Cap. VII I simboli della festa 69<br />
Cap. VIII I segni della festa 79<br />
Cap. IX S. Urbano I <strong>Pro</strong>tettore di <strong>Bucchianico</strong> 91<br />
Cap. X Note storiche sui banderesi 101<br />
Cap. XI I Banderesi: un modello europeo 105<br />
Cap. XII Notizie storiche sulla festa 113<br />
Cap. XIII Note storiche su <strong>Bucchianico</strong> 127<br />
Cap. XIV Gli scritti più antichi sulla festa 141<br />
Cap. XV Sant’Urbano di Cristina Saraullo 145<br />
Cap. XVI I banderesi delle feste passate 151<br />
Bibliogra?a 155<br />
Abbreviazioni<br />
A.C.B. - Archivio Storico comunale<br />
A.S.CH - Archivio di Stato di Chieti<br />
A.C.A.CH - Archivio Curia Arcivescovile di Chieti<br />
7
8<br />
Icona di S. Aldemario, fondatore del monastero di S. Maria Maggiore e S. Urbano.
I<br />
IL MITO DEL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
A sentire le testimonianze popolari da noi raccolte e gli scritti del De<br />
Leonardis la festa ha origine da una “guerra” tra Chieti e <strong>Bucchianico</strong>,<br />
vinta da quest’ultima nel lontano Trecento dopo che S. Urbano suggerì<br />
in sogno al Sergentiere come opporsi all’esercito nemico. Più che la vittoria,<br />
dai fatti leggendari traspare la strategia adottata dal Sergentiere che<br />
consisteva nel far correre i suoi uomini, ornati di pennacchi di piume<br />
colorate, sui merli della cinta muraria di <strong>Bucchianico</strong> per dare l’impres -<br />
sione all’esercito nemico di essere più numerosi. Da questo fatto, si dice,<br />
abbia origine la Ciammaichella, un movimento coreutico che di seguito<br />
descriveremo. La semplicità del racconto leggendario, come spesso accade,<br />
lascia emergere la verità nascosta dei fatti storici: in sostanza la festa<br />
“racconta” l’organizzazione civica per la difesa territoriale che permise a<br />
<strong>Bucchianico</strong> di opporsi agli annosi tentativi di Chieti ad invaderla. In<br />
effetti Boclanico dovette difendersi dalle mire espansionistiche della vicina<br />
e potente città sin dalla sua origine che gli storici fanno risalire agli<br />
inizi dell’Anno Mille 1 e per altri due secoli e mezzo per mantenere libera<br />
l’istituzione municipale dalla soverchia autorevolezza del vescovo-conte<br />
che nel medioevo dominava quella città.<br />
La leggenda mette in risalto l’intervento prodigioso del Santo patrono,<br />
la storica ?gura del Sergentiere e gli uomini di <strong>Bucchianico</strong> a rimarcare<br />
Veduta di <strong>Bucchianico</strong> da c.da Publiconi.<br />
Donna che offre una focaccia. Statuetta<br />
votiva del III a.C. rinvenuta a<br />
<strong>Bucchianico</strong>. In AA.VV., La <strong>Pro</strong>vincia<br />
di Chieti, Chieti, 1990.<br />
9
10<br />
Il Sergentiere Guglielmo e i Banderesi<br />
con pennacchio.<br />
Il Sergentiere Camillo durante la ricon -<br />
segna delle bandiere.<br />
il coinvolgimento della popolazione e non di un corpo militare speciale<br />
nella difesa del territorio. Infatti furono i cittadini abili, abbigliati con<br />
nastri e piume colorate, a difendere il proprio territorio in quella “guerra”<br />
che trova come unico sostegno documentario una lite intercorsa tra<br />
<strong>Bucchianico</strong> e Chieti nel 1335. La vertenza vide come protagonisti gli<br />
uomini di <strong>Bucchianico</strong>, chiamati “naturali” dal Ravizza 2 che si opposero<br />
ai Chietini difendendo i propri terreni coltivati, come anche il De Leo -<br />
nardis 3 evidenziava, a dimostrare il coinvolgimento della popolazione<br />
bracciantile più che quella piccolo-borghese. Un indizio che ben si accorda<br />
al fatto che la Festa dei Banderesi riguardava ?no agli anni ’30 del<br />
Novecento più il mondo contadino che quello cittadino vero e proprio,<br />
quando i componenti della piccola borghesia e dei settori artigianali non<br />
si interessavano molto ai cerimoniali perché non avevano ruoli speci?ci<br />
all’interno dei riti. Le cronache, anzi, dimostrano una certa estraneit à<br />
della borghesia-proprietaria che invece era la destinataria delle goliar -<br />
die e satire dei Banderesi soprattutto durante la Mattinata , un rito<br />
che purtroppo si è perso nella seconda metà del Novecento. Già il De<br />
Leonardis, avvocato, quantunque interessato alla festa nell’ambito dei<br />
suoi studi storiogra?ci, probabilmente sollecitato dal suo amico Raf -<br />
faele Persiani impegnato negli anni ’80 dell’Ottocento negli studi di<br />
folclore come il conterraneo Gennaro Finamore 4 e Antonio De Nino,<br />
descriveva la festa con un’attenzione più da letterato che da demologo.<br />
Il De Leonardis osservava e descriveva ma non conosceva ?no in fondo<br />
i riti e pur tuttavia oggi gli siamo riconoscenti per la sua attenzione alle<br />
feste non soltanto di <strong>Bucchianico</strong> ma anche di altre località della vallata<br />
del Foro essendo stato l’unico ad occuparsi di temi di folclore, in linea<br />
con i più noti corregionali Finamore e De Nino. Pur descrivendo la<br />
festa taceva infatti gran parte dei rituali che erano conosciuti dai soli<br />
contadini che li tramandavano oralmente. De Leonardis, comunque,<br />
individuò l’origine storica dei Banderesi e del culto religioso, talora con<br />
intuizioni che si sono rivelate fondamentali nei decenni successivi e che<br />
sono valide ancora oggi.<br />
La “vittoria” di <strong>Bucchianico</strong> su Chieti<br />
La leggenda motiva la vittoria di <strong>Bucchianico</strong> su un’intervento straordinario<br />
di S. Urbano che andò in sogno al Sergentiere per suggerirgli una<br />
strategia difensiva mentre i documenti archivistici parlano di una lite<br />
per la de?nizione dei con?ni del 1335 che, a giudicare dal tono di essi,<br />
non generò una vera e propria guerra quanto una scorribanda che portò<br />
alla devastazione di alcuni campi coltivati dai Bucchianichesi da parte<br />
dei Chietini; è probabile comunque che l’accesa rivalità delle famiglie<br />
feudali bucclanee abbiano provocato episodi cruenti. Già sul ?nire del<br />
Duecento vicino a <strong>Bucchianico</strong> furono distrutti con la forza e per volontà<br />
dei regnanti angioini, i due castelli abitati (piccoli borghi forti?cati)<br />
di S. Giovanni e S. Ilario, posti nella c.da Feudo, e la popolazione fu<br />
costretta ad andare ad abitare in Chieti. Scomparvero i centri urbani i<br />
cui resti archeologici sono ancora evidenti, suscitando impressione alla<br />
popolazione bucclanea che impaurita poteva chiedere aiuto politico ai<br />
monaci benedettini di S. Maria Maggiore e S. Urbano, autonomi dal
vescovo di Chieti e stretti alleati di Montecassino e di S. Maria Arabona,<br />
quest’ultima protetta dall’autorevole conte di Manoppello.<br />
La strategia escogitata dal Sergentiere fu quella di trasformare gli uomini<br />
del popolo bucclaneo in “banderesi” con il farli correre sugli spalti<br />
della cinta muraria. Di fatto la comunit à civica di <strong>Bucchianico</strong> ovvero<br />
l’Universitas dei cittadini costitu ì un corpo di “guardiani” del territorio<br />
il cui compito era quello di controllare i con?ni e proteggere il centro<br />
forti?cato dalle usurpazioni. A rigore possiamo desumere che il mito<br />
fondativo della festa, oltre alla storica lite per i con?ni, racchiude la scelta<br />
civico-politica di istituire i banderesi , probabilmente in linea con una<br />
tendenza diffusa in gran parte dell’Europa centrale dagli Angioini in un<br />
momento in cui, con il consolidarsi dei centri urbani e l’affievolimento<br />
della grande feudalità, le comunità civiche si trovarono nella condizione<br />
di delimitare il territorio comunale di pertinenza. La politica sveva e<br />
poi angioina, in effetti, tent ò di privilegiare le piccole comunità civiche<br />
contro la grande feudalità, concedendo privilegi e soprattutto la possibilità<br />
di gestire autonomamente le super?ci demaniali il pi ù delle volte<br />
non coltivate e coperte da immensi boschi. L’Università di <strong>Bucchianico</strong>,<br />
se a sud verso Colle Spaccato trovava l’enorme feudo di S. Eleuterio dei<br />
benedettini, e ad est e ovest le valli dell’Alento e Foro come limiti certi al<br />
proprio territorio, solo a nord in direzione di Chieti si trovava di fronte<br />
ad una vasta super?cie cespugliosa dai limiti incerti che Chieti conti -<br />
nuamente usurpava da decenni. Fu così che il piccolo insediamento di<br />
Campo di Roma, dove si trovava la chiesa di S. Marcello e la chiesa del<br />
Buon Consiglio (con il suo precedente culto), erano i limiti antropici<br />
imposti rispettivamente da <strong>Bucchianico</strong> e da Chieti in un territorio senza<br />
con?ni, dove il tratturo non aveva un tracciato certo.<br />
Una festa di maggio<br />
Come diremo in seguito è evidente che la complessità della festa<br />
nasconde un’altra origine ben pi ù antica che afferisce al novero dei<br />
culti propiziatori agrari dei popoli italici sopravvissuti in epoca romana<br />
che si celebravano allo schiudersi della primavera quando le ansie per<br />
il futuro raccolto spingeva la popolazione rurale ad ingraziarsi le varie<br />
divinità agresti ed in modo particolare la dea Cerere. Come gli scavi<br />
archeologici documentano, il territorio bucclaneo, vicino a Teate, fu da<br />
sempre interessato dall’agricoltura per esservi alcuni “fundi” nei quali la<br />
coltivazione dei cereali e dell’olivo fu praticata per secoli. Una statuetta<br />
votiva rappresentante un donna che tiene in mano una “focaccia” nell’atto<br />
di offrirla rinvenuta a <strong>Bucchianico</strong> è l’eloquente testimonianza di<br />
un culto dedicato a Cerere, protettrice delle messi. Come è noto agli<br />
antropologi le feste di maggio erano un’apoteosi di riti che celebravano<br />
la fertilità della natura, delle messi e della donna: così come si auspicava<br />
la rigenerazione della natura così si pregava per la fertilità della donna e<br />
una prole sana e numerosa. Una serie di feste di maggio, in continuazione<br />
delle usanze pasquali, racchiudeva antichi riti sulla fertilit à raccolti per<br />
sincretismo nella tradizione devozionale e cultuale cristiana. Il mese di<br />
maggio nonostante la vigoria della natura lo renda il pi ù bello dell’anno,<br />
per il contadino, coincideva con il periodo pi ù difficile da superare<br />
I banderesi ballano con le bandiere in<br />
piazza.<br />
Il tamburino accompagna i banderesi in<br />
ogni rito.<br />
11
12<br />
Le fave.<br />
Sul carro del Pane si pone l’altarino con<br />
l’icona di S. Urbano e il Pane Benedetto.<br />
per la scarsità del cibo. Maggio era il mese della carestia con le scorte<br />
ridotte allo stremo e con il nuovo raccolto non ancora pronto se non<br />
alcuni legumi e primizie certamente non sufficienti alla completa dieta<br />
alimentare. Un periodo difficile quando anche le forze ?siche dovevano<br />
essere al meglio per i lavori agricoli e il contadino non si limitava solo<br />
a sarchiare il grano verdeggiante e proteggere gli ulivi in ?ore (con la<br />
“tecchia”) ma era impegnato alla cura attenta delle vigne. Era un tempo<br />
di attesa quando il raccolto poteva essere messo a repentaglio dai pericoli<br />
metereologici (grandine), dai pericoli dell’uomo (furti, danni vandalici)<br />
e dagli animali (pascolo abusivo, danneggiamento dei germogli, ecc.) e<br />
dalle greggi che agli inizi del mese transitavano lungo il Tratturo vicino<br />
i campi coltivati. L’8 maggio, festa di S. Michele Arcangelo coincideva<br />
con il ritorno dei pastori e delle greggi che transitavano lungo i tratturi<br />
a volte lambendo i campi coltivati e minacciando le tenere piante di<br />
fave o le vigne.<br />
Una festa dell’abbondanza nella “Costa di maggio”<br />
La carestia era lo spauracchio del popolo bracciantile di <strong>Bucchianico</strong><br />
ovvero di quella parte di popolazione che viveva alla giornata e che<br />
non disponeva di scorte sufficienti a garantire la pani?cazione oltre un<br />
certo tempo. La “costa di maggio”, una metaforica salita verso il nuovo<br />
raccolto, nascondeva le ansie per la carestia. Risultano drammatiche le<br />
testimonianze al processo di canonizzazione di S. Camillo sul famoso<br />
“miracolo delle fave” quando, si diceva, la povera gente emaciata e dal<br />
colorito giallo per essersi cibata di sole erbe di campo fu salvata dal<br />
provvidenziale intervento di p. Camillo. Negli atti processuali si rac -<br />
conta che p. Camillo sollecitava l’Universit à e i responsabili delle Cappelle<br />
laicali a far pani?care il grano da loro conservato, un indizio che<br />
evidenzia l’importante ruolo svolto dalle congregazioni religiose che in<br />
alcuni casi, oltre che prestare le sementi ai contadini nei mesi autunna -<br />
li, avevano come scopo quello di soccorrere la povera gente durante la<br />
carestia. In <strong>Bucchianico</strong> soprattutto le Confraternite del Sacro Monte<br />
di Pietà e di S. Giacomo, entrambi con la sede all’interno della chiesa<br />
di S. Urbano, avevano questo compito. I braccianti che si impegnavano<br />
nella coltivazione a “terraggio” dei terreni feudali, ecclesiastici e in rari<br />
casi demaniali, prendevano a prestito la semente dalla Confraternita per<br />
restituirla a ?ne raccolto con gli interessi; il grano raccolto cos ì diventava<br />
la riserva “infondacata” necessaria sia per la nuova semina che per<br />
la pani?cazione misericordiosa in caso di carestia. Una parte di questa<br />
disponibilità in grano spettava all’Università per effetto di antichissimi<br />
accordi di terraggio ed era venduta per ricavarne il denaro necessario a<br />
fare opere e attività pubbliche o per la pani?cazione di sussistenza per<br />
i meno abbienti. Una organizzazione su basi assistenziali che però non<br />
garantiva affatto la tutela dei poveri e dei mendici che pi ù delle volte<br />
morivano di stenti perchè sottoposti alle imprevedibilità degli esiti del<br />
raccolto e soprattutto quando erano vittime delle maglie speculative della<br />
piccola borghesia terriera che sul commercio dei cereali, dell’olio e del<br />
vino basava la propria fortuna, soprattutto nel Cinquecento.<br />
Un popolo bracciantile indebolito comunque signi?cava per le classi
dominanti la privazione di una forza lavoro importante e sostanzia -<br />
le soprattutto nell’impellenza della mietitura. La manovalanza che in<br />
<strong>Bucchianico</strong>, almeno dalla met à del Cinquecento in poi, rappresentava<br />
circa due terzi della popolazione residente doveva essere rinfrancata e sostenuta<br />
?sicamente, rimessa in forze, dopo il lungo periodo quaresimale<br />
e carestoso per poter poi dedicarsi ai lavori estivi nei campi; c’era quindi<br />
tutto l’interesse anche del ceto dominante a non ?accare molto il ceto<br />
contadino. La festa di S. Urbano, svolta alle “spese del pubblico”, o per<br />
“un mese intero” come si dice nei documenti archivistici, sembra possa<br />
essere letta anche in questo modo: era una festa tollerata e sostenuta dal<br />
ceto borghese dove la cibaria assumeva un ruolo preponderante e sostanziale,<br />
come d’altronde dimostra la maggior parte dei riti e banchetti<br />
pubblici di cui tuttora si ha concreta memoria. Appena dopo 15 giorni<br />
la conclusione della festa, la mietitura di giugno si affacciava alle porte,<br />
uomini e donne dovevano falciare incessantemente a mano dall’alba al<br />
tramonto sotto il sole cocente, con un duro lavoro che non poteva permettersi<br />
soste né infermità, a costituire quell’unica grande opportunit à<br />
di lavoro retribuito che il bracciante svolgeva nelle contrade del proprio<br />
paese o anche in altri paesi ?no in Puglia.<br />
Il cibo: un importante segno di festa<br />
Oltre ai riti religiosi e civici, il compito storico del Banderese è quello<br />
di organizzare banchetti ovvero di offrire cibo ai partecipanti della festa.<br />
L’offerta di cibo e del pane è il segno di festosità che più colpisce della<br />
festa. Come vedremo l’importanza del cibo festivo si strutturava su alcuni<br />
prodotti alimentari che erano alla base di una cucina antica, sicuramente<br />
anche prima dell’arrivo dei prodotti orticoli americani.<br />
Dall’esame attuale gli alimenti base pi ù evidenti sono: il pane di<br />
farina bianca, il vino, le uova, il pesce azzurro, i legumi freschi (fave e<br />
piselli), le carni rosse (vitello e montoni).<br />
La sequenza delle pietanze, la distribuzione gratuita del cibo e l’osservanza<br />
di regole chiare sul consumo evidenzia una ritualità codi?cata<br />
di lunga durata e di tradizione contadina.<br />
Canestro con uova con cui si partecipa al<br />
trasporto delle Some.<br />
Da sempre il Pane Benedetto è simbolo<br />
di abbondanza (foto degli anni ’50).<br />
13
14<br />
Il territorio tra Tiati (Chieti) e<br />
Boclanico (<strong>Bucchianico</strong>) nel 1335<br />
1 - Chieti<br />
2 - Chiesa del Buon consiglio con il Fosso<br />
dell’Inferno<br />
3 - Campo di Roma<br />
4 - Tratturo l ungo il con?ne tra Chieti e<br />
<strong>Bucchianico</strong> contestat o nel 1335<br />
5 - Antica strada dell’Alento tracciata<br />
all’interno di un querceto<br />
6 - l’antica contrada Colle Marcune<br />
con Colle Ginestra<br />
Sembra, anzi, che nel passato il pretesto per consumare le scorte messe<br />
da parte con l’impegnativa questua a cui la gente bracciantile e contadina<br />
aveva contribuito durante l’anno 5 sia stato preponderante nell’insieme<br />
dei rituali. Secondo tradizione, la “cerca” si svolgeva durante i raccolti<br />
principali dell’anno chiedendo ad ogni contadino di fare un’offerta del<br />
prodotto raccolto ai rappresentanti del comitato festa con l’obiettivo<br />
di organizzare poi i banchetti. Il ricavato della questua, come scorta<br />
collettiva, costituiva poi la base fondamentale con cui organizzare le<br />
“giornate dell’abbondanza” che il Banderese offriva al gruppo festivo e<br />
all’intera collettivit à contadina. Si diceva, infatti, che al Banderese non<br />
si poteva negare l’offerta e che egli, ?nita la festa, dovesse distribuire a<br />
tutti ci ò che era avanzato, soprattutto alle famiglie più indigenti.<br />
Il Banderese e la sua azione anticarestia<br />
Come vedremo in seguito, il Banderese oltre che essere impegnato<br />
nel controllo del territorio rurale, nella sua antica funzione medievale di<br />
“guardiano del territorio” ha continuato per secoli ad essere l’unico punto<br />
di riferimento per il ceto contadino nell’ambito della festa patronale<br />
più importante, dove la festosità coinvolgeva tutti i ceti. Il Banderese è<br />
sempre stato un “eletto” del popolo il cui compito anticarestia era noto<br />
e che assumeva un ruolo complesso e vitale per i ceti marginali. <strong>Pro</strong>babilmente,<br />
per questa ragione, l’antico ruolo è sopravvissuto nei secoli<br />
anche se rare sono sue notizie nella documentazione archivistica ufficiale<br />
che, com’è noto, è stata in gran parte prodotta dai ceti dominanti che<br />
non avevano alcun interesse ad assumere tale ruolo.<br />
6<br />
1<br />
4<br />
5<br />
2<br />
3
La lite tra <strong>Bucchianico</strong> e Chieti del 1335<br />
A sostegno della leggenda sono stati rinvenuti ?nora alcuni documenti<br />
del 1335 su un accordo stipulato tra Chieti e <strong>Bucchianico</strong> per una con -<br />
testazione sul tracciato del con?ne che dall’Alento volgeva in direzione<br />
dell’attuale contrada Colle Marconi. I documenti archivistici attestano la<br />
lite per la de?nizione dei con?ni che si concluse mediante l’intervento di<br />
Bartolomeo Caracciolo, Giustiziere d’Abruzzo che stabilì de?nitivamente<br />
la delimitazione territoriale tra le due Università su un tratto di territorio<br />
all’epoca occupato da cespugli e prati e che da quel momento andò a coincidere<br />
con una parte del Tratturo L’Aquila-Foggia. Il paesaggio bucchianichese<br />
dell’epoca desumibile dagli scarni documenti archivistici si strutturava in<br />
una zona latamente destinata all’agricoltura con la dominanza delle colture<br />
oliveto-vigneto nelle contrade vicine al centro urbano mentre nelle zone<br />
di frangia e più lontane, il bosco e i pascoli rendevano meno evidenti le<br />
divisioni tra i comuni. Allo schiudersi del sec. XIV e con la frantumazione<br />
delle grandi proprietà monastiche, i territori municipali di <strong>Bucchianico</strong> e<br />
Chieti si andavano sempre più de?nendo, includendo o escludendo i grandi<br />
feudi controllati dalla nobiltà e dalle proprietà monastiche. Le incertezze di<br />
con?ne sovvenivano in quelle zone dove la naturalità era più conservata e<br />
dove non c’erano evidenti segni antropici facilmente individuabili. Con la<br />
risoluzione giudiziaria dei limiti tra <strong>Bucchianico</strong> e Chieti il con?ne fu reso<br />
evidente con termini lapidei, un fossato scavato a mano e l’edi?cazione di<br />
due colonne in prossimità della contrada Campo di Roma a rimarcare una<br />
divisione territoriale de?nitiva. Pur tuttavia l’incertezza di con?ne perdur ò<br />
nel tempo ed un’altra controversia si accese nel 1657 6 quando fu portata<br />
nella corte della Regia Udienza di Chieti. Nel processo furono chiamati<br />
a deporre i proprietari dei terreni siti sia in <strong>Bucchianico</strong> che in Chieti a<br />
testimoniare sull’andamento del tracciato contestato. Che invece la zona<br />
compresa tra Campo di Roma, il Feudo di S. Giovanni e parte della valle<br />
dell’Alento fossero occupate da cespugli e riposi pascolativi ?no agli inizi<br />
del Seicento ci è attestato dagli atti sui bene?ci ecclesiastici della parrocchia<br />
ed enti religiosi di <strong>Bucchianico</strong> dove si descrivono numerose proprietà ricadenti<br />
a ridosso del tratturo con il loro aspetto cespuglioso e selvoso ?n oltre<br />
il 1620. Il 26 giugno 1335 7 presso il territorio conteso sito in Colle della<br />
Ginestra posto tra <strong>Bucchianico</strong> e Chieti in zona Colle Marconi, il giudice<br />
regio Francesco Pietro Theramo di <strong>Bucchianico</strong>, Benedetto Buriti ordinario<br />
giudice di Chieti e il notaio Simone Frivolo di Tramonto, rogarono l’atto<br />
di accordo tra <strong>Bucchianico</strong> e Chieti.<br />
Altri due atti amministrativi di Chieti e <strong>Bucchianico</strong> rispettivamente<br />
del 29 e 26 settembre 1335 rati?carono la multa di 1000 once che Chieti<br />
dovette pagare a <strong>Bucchianico</strong> per il risarcimento dei danni arrecati sui<br />
terreni che appartenevano a <strong>Bucchianico</strong>. La descrizione dei terreni contesi<br />
ci permette di ubicarli in quella parte di con?ne tra <strong>Bucchianico</strong> e Chieti<br />
che oggi coincide con il Tratturo L’Aquila-Foggia, dalla contrada Campo<br />
di Roma sino a Colle Marconi.<br />
Il con?ne fu ristabilito secondo un percorso di crinale: da Colle Marconi<br />
in direzione di Mirabello (zona dell’odierna Colle S. Antonio) e su una<br />
vigna di Gualterio di Montupoli si apposero termini lapidei; poi dal Colle<br />
Serra e sopra la vigna Fodari si scavò un fossato e si misero termini lapi-<br />
15<br />
Assistettero all’atto i seguenti<br />
testimoni:<br />
il giudice Bartolomeo Francesco di<br />
Penne, il notaio Giacomo Concesio<br />
di Ravello, il notaio Angelo Pisacarne<br />
di Tramonto camerario, Egidio di<br />
Castrognano, il giudice Tancredi di<br />
Tancredi di Garogno erario, il notaio<br />
Tommaso de Eboli erario del Caracciolo<br />
di Napoli, Nicola Arciapellus<br />
di Sorrento, il giudice Rogerio de<br />
Arlano, Lillo Tutiis di Guardiagrele,<br />
sir Giacomo Oderisio di Lanciano, il<br />
notaio Francesco, il notaio Nicola, il<br />
notaio Barnabeo, Bartolomeo Nicola,<br />
Francesco Nicola, Francesco Ciulla di<br />
Villamagna, Crescenzo arciprete di<br />
Villamagna, il notaio Giovanni Rainaldo<br />
Arcolino, Guglielmo Ancolini<br />
di Casalincontrada, sir Nicola Antonio,<br />
Angelo Barnabei, Nicola Pietro<br />
di Pescara, il notaio Bartolomeo di<br />
Spoltore, Berardino di Volumano di<br />
Teramo.<br />
Sotto l’autorità di Bartolomeo Caracciolo<br />
regio ciambellano e Giustiziere<br />
d’Abruzzo.
16<br />
Una pagina della trascrizione delle pergamene del 1335 redatta dal notaio De Matteis nel 1657, epoca in cui si riaccese la controver -<br />
sia sui con?ni tra Chieti e <strong>Bucchianico</strong>. In Archivio di Stato di Chieti, Regia Udienza, b. 12, fasc. 356.
La Ciammaichella in piazza S. Angelo agli inizi del ’900.<br />
I banderesi con il Sergentiere Vincenzo nel largo S. Silvestro (edizione del 1953).<br />
17
18<br />
dei mentre in prossimità del ?ume Alento e sul con?ne tra <strong>Bucchianico</strong>,<br />
Chieti e il Castello di S. Giovanni si edi?c ò una furca a rimarcare un<br />
limite netto ed evidente. La zona era quella dell’attuale Campo di Roma<br />
che si presentava in modo molto diverso da come è oggi. Tutta l’area era<br />
circondata da terreni burgensatici e non coltivati che erano in gran parte<br />
destinati alla pastorizia; i prati naturali si trovavano alternati alle macchie<br />
cespugliate le cui tracce sopravvissero sino agli anni ’50 del Novecento.<br />
Il con?ne è rimasto inalterato ad esclusione di pochi inevitabili scon? -<br />
namenti, trattandosi di un territorio con pochi riferimenti topogra?ci e<br />
antropici, ?no ad oggi.<br />
NOTE<br />
1 Feller L., Saintet è, gestion du patrimonie et r èforme monastique en Italie à la ?ne du<br />
Xé siècle: la vie de saint Aldemar de <strong>Bucchianico</strong> , in “Mèdièvales”, n° 15, 1988.<br />
2 Ravizza, Epitome di pergamene ecc.<br />
3 De Leonardis L. Saggio ecc.<br />
4 G. Finamore in quegli anni pubblica i risultati delle sue ricerche.<br />
5 Analogo principio lo si può trovare nella festa delle “Virtù” in Teramo.<br />
6 A.S. CH. Atti della Regia Udienza di CH. cart. 12, fasc. 356; gli atti trecenteschi<br />
conservati nell’archivio comunale di Chieti furono esibiti durante in processo in Regia<br />
Udienza e per tale ragione furono copiati e trascritti dal notaio De Matteis in atti che<br />
tuttora si trovano allegati a quelli processuali. Le pergamene originali furono regestate<br />
dal Ravizza e si pensa che tuttora siano conservate nell’archivio storico del comune di<br />
Chieti.<br />
7 Ibidem. Negli atti d’archivio si trova l’atto del parlamento comunale di <strong>Bucchianico</strong><br />
del 26 settembre 1334:<br />
“Tenor Syndicatus Universitati hominum Terre Bucclani, et hominum Universitati per<br />
omnia est tenoris et continentia subsequentis.<br />
In Dei nomine Amen. A nativiate ipsius millesimo tricentesimo quarto Regente Serenissimo<br />
Domino nostro Rege Ruberto Dei gratia Inclito Hyerusalem Sicilie Rege,<br />
Ducatus Apulie et Principatus Capua <strong>Pro</strong>vincia forqualquerie, et Pedimontis Comite<br />
Regnorum vero eius XXVI feliciter Annus De 26 mensis septembris 3.a Indictionis apud<br />
Terram Bucclani. Judex Franciscus de Teramo omne, et Regis Bucclani Judex Bartolomesu<br />
de Bartolomeo autorithate Regia publicus eiusdem Terre Notarius, et teste subsciptti<br />
de Bucclano licterati ad hoc vocati et specialiter rogati presenti scripto publico<br />
declaramus, notum facimus et testamur quod Universitas homines dicte Terre Bucclani,<br />
et homines Universitatis ipsius ad vocem preconis de mandato Regij Baiuli dicte Terre,<br />
Congregato in unum morè, et loco solito videlicet In Loggia eiusdem Terre ad honorem<br />
?delitatem S. RegieMajestati pro bono pacis et concordia Universitati et hominum<br />
Universitatis ipsius constituerunt, fecerunt, et ordinaverunt eorum veros legittimos<br />
Syndicos providos Viros Nicolaus Domini Jacobi Cerbellerio Syr Mattheus de Tretano,<br />
Notarius Corradum Oggerij, et Petrus Morellus Concives concives etrium duos videlicet<br />
ipsorum in solidum Itaquod non sit melior conditio occupantis, sed quod duo ex eis<br />
incepererint, alis possint prosequi, mediare, et ?nire ad eundem conparendum et pre -<br />
sentandum se ipsius uniti nomine et pro parte hominum Universitati eiusdem coram<br />
Magni?co et Egregio Viro Domino Bartolomeo Caracciolo de Neapolis milite Regio<br />
Ciambellano Consiliario et familiari et Generali, et Justitiario Aprutij Citra ?umem<br />
Piscarie ad dandum, compromictendum alte e basse in manibus dicti Domini Bartolomei<br />
tamquam persone private pacem, et tractatum pacis et concordiae faciendum inte<br />
homines Civitatis Theatine ex una parte et homines Universitati Terre Bucclani ex altera<br />
de discordia habita intereas nec non ad promictendum damna, que dicuntur illata<br />
hinc inde tam per homines dicte Universitatis Civitatis Theatine hominibus Universi -<br />
tati terre Bucclani in generali, vel speciali, quam per homines Universitati dicte Terre<br />
Bucclani hominibus Civitatis Theatine predictis in generali vel speciali, nec non ad<br />
compromictendum territorium de quo ut dicitur fuit et este questio inter utraque Uni -<br />
versitates predictas in manibus dicti Domini Bartolomei designati in reggijs licteris inde
emanatis ut idem Dominus Bartolomeus de predictis pace, damnis territorio, pro bono<br />
pacis concordiae utrunque Universitatem et hominum Universitatum ipsarum adiudicet,<br />
et adiudicare et providere, laudare, et di?nire valeat pro ut ei melius videbitur expedire,<br />
et se ad id ad poenam unciarum auri mille sollemniter obligandum poenes Dominum<br />
Bartolomeus predictus et se nomine, et pro parte dictarum Universitatum, et hominum<br />
Universitati ipsius obligandum, quod Universitatis dicte Terre Bucclani, et homines<br />
ipsius terre sub poena et obligatione bonorum hominum dicte Universitatis et singularum<br />
presens sindicatum, et sindicos eorum actum eis per Universitatem eiusdem et<br />
hominum Universitatis ipsius super dictis omnibus, et singulis supradeclaratis, sed curabunt,<br />
et facient sub poena predicta quod dicta Universitas, et homines Universitatis<br />
ipsius semper rati?cabunt acceptabunt, et inviolabiler observabunt omnia, et singulis<br />
supradicta, et quod descripto territorio ex parte ipsius territorij nulla donatione, obli -<br />
gationem, permutationem, et alienationis cucius cung. cuntractus dicta Universitatis et<br />
homines Universitatis ipsius, quam singulares persone de dicta Universitate tangente<br />
dictum negotium fecerunt presentis aliquibus extraneis, et territorijs predictis in fraudem<br />
concordie tractati predicti Occ.lis aut et specularibus occ.ne quacumque nec non quod<br />
dicta Universitas dicte Terre Bucclani, et homines ipsius Universitati nullum dabunt<br />
auxilium, consilium, vel favorem singularibus presentis tenentibus, et possidentibus in<br />
territorio supradicto publice vel occultè dicto facto, vel opere in Judicio vel extra per se<br />
vel per alium, sive alios nec sindicatum facient in favorem ipsarum specialium personarum<br />
si dicte speciales presentis in supradictis, vel aliquo predictorum contravenirent sun<br />
poena et obligatione predictis tanquam in eorum arbitratoren amicabilem compositorem<br />
et pacis tractatorem et determinatorem. Cui Domino Bartolomeo prefato, Prefati Sindici<br />
homines Universitatis ipsius sindicatori nomine ipsius Universitatis, et ad dandum<br />
concedendum autorithatem, licentiam, et plenariam potestatem de predictis omnibus<br />
precessionibus, et litibus superius declaratis congnoscendum et eas terminandum, et<br />
decidendum summarie et deplano sine strepitu, et ?gura Judicij absque libellorum<br />
oblatione, et litis contestatione die feriato, et non feriato, partibus presentibus, vel absentibus,<br />
citatis, vel non citatis present idem Domino Bartolomeus pro bono pacis, et<br />
concordia hominum dicte Universitatis visum fuerit, et melius videbitur expedire, et<br />
quod prefati Sindici nomine, et pro parte Universitatis ipsius per stipulationem sollemniter,<br />
et legiptam se obligabunt nomine Regie Curiae sub poena predicta et parti observanti<br />
laudum sententiam seu mandatum vel determinationem faciendo per dictum<br />
Bartolomeus inpremissis, et quolibet premissorum non retractare in totum vel in parte<br />
in Judicio, vel extra judicium, sed ipsa sententiam sive laudus, et determinationem fa -<br />
ciendam per eundem Dominum Bartolomeum acceptabunt, et ?eri acceptare curabunt,<br />
nec peteret dicta Universitatis dicte Terre Bucclani et homines Universitatis ipsius eundem<br />
laudum, seu determinationem reduci ad arbitrium boni viri, sed sentiam ipsa<br />
emologare et rati?care curabunt, nec contra eam pro se, vel alios contrafacere, vel venire<br />
sub pena, et obligatione predictis et renunciavit expresse dicti sindici nomine quos.a<br />
legibus et juribus prohibendibus posse ?eri renunciat e non dereducendo laudum seu<br />
sentiam ad arbitrium boni viri, cum certi?catione bene?cioni et jurium predictorum<br />
sub predicta poena unciarum auri mille medietate dicte poene stipulati pro parte Regie<br />
Curie per me Notarium publicum et per alia medietate pro parte observante predicta,<br />
et poena ipsa soluta vel non commissa, vel non exacta, vel non presens contractis et<br />
omnia, et singula supradicta rata maneant atque ?rma et ad omnia alia, et singula fa -<br />
ciendum per agendum, et tractandum in premissis, et circa premissa, que ipsa me<br />
Universitas et homines Universitatis ipsius facere possent, et deberent si presentialiter<br />
interessent etiam si mandatum exigerent speciale dantes et concedentes predictam Universitatis<br />
et homines Universitatis ipsius predictis suis Sindicis, et duobus ex ejs in solidum<br />
ut supra est expressum poena generalem et liberam licentiam, et potestatem, et<br />
speciale mandatum facienda omnia, et singula subscriptam, et infrascriptam et alia, que<br />
impremissis, et circa premissa facere quo modo liber requirunt, quam vis in presenti<br />
Sindicatui scripta, et expressa non sint promictens et se obligans dicta Universitas, et<br />
homines Universitatis ipsius se ratum, et ?rmum, et gratum habere, atque tenere omni<br />
tempore inviolabiliter observare, et adimplere quie quid et totum impredictis, et circa<br />
predicta per prefatos eorum Sindicos vel duos ex eis actum gestum factum fuerit ac etiam<br />
ordinatum sub hypoteca et obligatione bonorum omnia singulorum hominum Univer -<br />
19
20<br />
sitatis predicte me predicto Notario Bartolomeo tamquam p.na publica predictas promissionem<br />
hypotecationem, et obligationem sollemniter et legiptime stipulante tamquam<br />
pro parte Regie Curie, quam aliarum omnia quorum interest, et interesse poterit in<br />
futurum, et pro abundat.nis cautela suffragio nos predictus Judex Franciscus predictis<br />
omnibus et singulis nostra autorithatem leg.mum interposuimus decretum in cucius rei<br />
testimonium, et tam Curarie certitudinem quam dicte Universitati Terrae Bucclani et<br />
hominum ipsius Universitatis dictorumque sindicorum, et omnia aliorum quorum<br />
interest, et poterit interesse cautela rogatu predictorum Universitati, et hominum Uni -<br />
versitati ipsius factum est de premissis omnibus hoc presens sindicatum publicum Instrumentum<br />
per manus mei qui supra Notarij Bartolomei subscriptione et signo meo<br />
suscriptionibus, et signis prefatis Judicis, et testium subp.tionibus roborati, quod scripsi<br />
Ego qui supra Bartolomeus de Bartolomeo autorithatem Regia publicus dicte Terre<br />
Bucclani Notarius qui predictis omnibus rogatus interfui, et meo presenti solito signo<br />
signavi, actum et celebratum hinc presens sindicatus ut supra legit.s die loco predicto,<br />
et inditione predictis;<br />
Ego Franciscus de Teramo Civis Bucclani qui supra Judex interfui sindicariam autorithatem<br />
interposui, et decretum subscripsi et signum feci;<br />
Ego Petrus Baronucci de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Petrus Stabilis de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Marinus Nicolai Jacobi de Bucclano;<br />
Ego Buccius mastri Berardi de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Magister Guglielmus Reij de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Guglielmus Guglielmi de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Bartolomeus Anielli de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Nicolaus mastri Petri de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Guglielmus Jacobi Petri de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Raymondus Guglielmi de Bucclano hoc testor;<br />
Ego Petrus Guglielmi hoc testor;<br />
Ego Franciscus Nicolai Lombardi de Bucclano hoc testor.<br />
(omissis)<br />
In nomine compromissi in Nos inde facti continentiam et tenorem questionibus, litibus<br />
et controversij olim exortis inter dictas Universitates, et homines Civitatis Theatine et<br />
Terre Bucclani et homines Universitati ipsarum Videlicet<br />
De territori de quo ut dicitur fuit, et est questio inter Universitates predictas et hominum<br />
Universitatum ipsarum cuius territorij ?nes sunt videlicet.<br />
Ab una parte decurrit ?umen Alensi, ab alia parte est fossatus Galesij et ab alia parte est<br />
territorium Casalis Mirabelli et de damnis illatis hinc inde in bonis , et rebus hominum<br />
Universitatis ipsarum per Universitatem predictas, et hominum predictas Universitates<br />
pro ut hoc et alia in compromisso in Nos inde facto plenum, et seriem continentiam<br />
cuius tenor compromissi est per omnia tenoris et continentie subsequentis. In nomine<br />
Dei eterni Salvatoris nostri Jesu X.pti anno ab Incarnatione eius millesimo tricentesimo<br />
quarto Regente Domino nostro Ruberto Dei gratia Hyerusalem et Siciliae Rege, Ducatus<br />
Apulae et principatus Capue <strong>Pro</strong>vincie forqualqueriae ac Pedimontis Comite Regnorum<br />
vero eius anno vigesimo sexto feliciter Amen.<br />
Die primo octobris 3.a Indictionis Lanciani in Communi Palatio Regio Universitatis<br />
eiusdem Nos Rogerius Domini Simeonis de Arclano autorithatem Regia eiusdem Trerre<br />
Lanciani Judex Simon frivolus de Tramonto publicus per totum Regnum Siciliae citra<br />
farum Regia autorithatem Noatrius, et subpredicti testes licteratis de predictam Terra<br />
Laciani ad hoc specialiter vocati, et rogati videlicet<br />
Syr Joannes Philippi, Syr Jacobus Thome, Syr Guglielmus Jacobbi, Syr Jacobus de Rocca<br />
habitator dicte Terre Lanciani Notarius Guglielmus Gugliemi Comitis Notarius<br />
Berardus Notarij Francisci Paolus Jacobi Araldi de Lanciano presenti scripto publico<br />
declaramus, notus facimus, et testamur quod eodem die ibidem Syr Mattheus Bucchi,<br />
Syr Nicolaus Pictati, Notarius Anzellotus, et Franciscus Perroni de Civitate Theatina<br />
Sindici dicte Civitate Theatine de quorum sindicatu predictis nobis Judici Notario, et<br />
testibus plene constitit et extistit facta ?des per quondam publicum Instrumentum<br />
confectum de Sindici eorum per manus Notarij Joannis Nicolai Joannis Carboni eiusdem<br />
Civitatis Theatine et Notarij Publici subscriptione et signo Berardi Syr Pasqualis de
Teramo eiusdem Civitatis Theatine ordinarij Judicis, et quem plurimum testium eadem<br />
Civitate Theatine in debito et consueto numero subscriptionibus, et signis roburatum<br />
tenori et continentia per omnia subscripta, nec non Nicolaus Domini Jacobi Cirvellerij,<br />
Syr Mattheus de Corrano, Noatarius Corradus Oggerij et Petrus Morellus de Bucclano<br />
Sindici Universitatis eiusdem Terre Bucclani de quorum Sindicatui nobis eisdem Judici,<br />
Notario, et testibus subscriptis plene constiti, et facta est plena ?des per quodam publicum<br />
Instrumentum confectum de sindicatui eorum per manus Bartolomei de Bartolomeo<br />
autoritatem Regia publici eiusdem Terre Bucclani, Notarij subscriptione, et signo<br />
Judicis Francisci de Teramo civis, et Regij Bucclani Judicis, et quam plurium depredictam<br />
Terram Bucclani in debito et consul... notario subscriptionibus, et signo roboratum per<br />
omnia continentia subscripte predictis Sindicatum Universitatis Civitatis Theatine quam<br />
Sindici Universitatem Terre Bucclani ante omnia consentientes in predictum Judicem<br />
Reggerium ut in eroum ascriverint ex certa eroum scientia me erorum Judicem in hoc<br />
parte non esse unanimiter, et concorditer Sindicatorio nomine, et pro parte Universitatis<br />
ipsarum sponte tam de supradictis pace, et tractatu pacis faciende inter homines<br />
Universitatis earumdem, quam etiam de damnis illatis hinc inde per homines Univer -<br />
sitatum ipsarum quam etiam de territorio de quo ut dicitur fuit, et est questio inter<br />
Universitae predictas et hominum Universitati ipsarum pro ut territorium ipsam in<br />
Regiis literis inde emanatis, et actis pendentibus assignatis Viro Nobili et Egregio Domino<br />
Bartolomeo Caracciolo de Neapolis militi Regio Ciambellano et familiari, ac<br />
Generali Capitaneo, et Justitiario Aprutij citra ?umen piscariae, quod suos con?nes<br />
territorium ipsum declaratur seriorum, et destinguitur et de adiudicatione facienda al -<br />
teri ipsarum Universitatum, et parte ipsius territorij sponte compromiserunt in Nobilem,<br />
et Egregium Virum, Prefati Dominum Bartolomeum Caracciolum ibidem presentem<br />
consentientem tamquam in eorum arbitratorem, et amicabilem compositorem, et pacis<br />
tractatorem, denunciatorem, Cui Domino Bartolomeo Prefati Sindici hominum Uni -<br />
versitatum predictarum Sindicatorio nomine ipsarum Universitatum deberunt, et con -<br />
tuterunt autoritate, licentiam et plenaria potestatem de predictis omnibus questionibus,<br />
et litibus congnoscendi, et eas terminandi et decidendi summario, et de plano, sine<br />
strepitu, et ?gura Judicij absque libellorum oblatione, et litis contestatione Die feriato,<br />
et non feriato partibus presentibus, et absentibus citatis, vel non citatis, et pro ut eidem<br />
Domino Bartolomeo pro bon pacis et concordiae hominum Universitatum ipsarum<br />
visum fuerit, et melius videbitur expedire volentes, et promictentes prefati Sindici nomine,<br />
et pro parte Universitatum ipsarum pro stipulationem legitimam, et sollennem<br />
in viam sollemniter, et legiptime mutuo stipulantibus quod suum de omnibus et singu -<br />
lis supradictis laudum, et pronunciatio faciendam per eundem Dominum Bartolomeum<br />
Caracciolum non posset nec debet reduci ad arbitrium boni Viri, sed sententiam ipsam<br />
emologare et rat?care, nec contra, tam perse, vel per alium contra facere, vel venire<br />
nomine hominum ipsarum renunciates expresse dicti Sindici nomine Universitatis ip -<br />
sarum, et earundem Universitati legibus et Juribus prohibentibus non posse ?eri renunciatorem<br />
de reducendo laudum, seu sentetiam ad arbitrium boni Viri certi?cari prius<br />
de Juribus supscriptis, et de bene?cio jurium predictorum subpoena unciarum auri<br />
mille medietate videlicet ipsius poene mihi notario predicto nomine et pro parte Regie<br />
Curiae, et reliqua medietate parti alteri observanti omnia, et singula stipulata sollemni -<br />
ter, et promissa à Sindicis supradictis alterius ... et mutuo, ut per se dicitur nomine et<br />
pro parte Universitatum ipsarum, et poena ipsa soluta, vel non commissa, vel non<br />
exectam, vel non presens contractus, et omnia, et singula supradicta, ac sentiam, laudum,<br />
et determinatio faciendam de predictis omnibus, et singulis semper rata maneant atque<br />
?rma que poene quoties commictatur et exegi poterit ab altera partum predictam con -<br />
traveninetes, et facientes quoties contra predictam omnia et singula per alteram partium<br />
earundem actum fuerit, et contravenctum, ac etiam actentatum, promictentes dicti<br />
Sindici Universitatum hominum Civitatis predicte et Terre Bucclani ad predictam poe -<br />
nam stipulatum ut supra nomine dictarum Universitatum, et hominum Terre Bucclani,<br />
et Civitatis iam dicte sub hypoteca et obligatione bonorum omnium dictarum Univer -<br />
sitatum, et particularium personarum Universitatum ipsarum mihi predicto Notario<br />
publico legiptime, et sollemniter stipulanti ut supra quod dicte Universitates Terre<br />
Bucclani, et Civitatis Theatine non revocaverint, vel revocabunt sindicatum eorum<br />
factum eis per Universitaes easdem super predictis omnibus, et singulis, sed curabunt,<br />
21
22<br />
et facienti sub poena predicta quod dicte Universitates, et homine Universitatum ipa -<br />
sarum semper rati?cabunt, et acceptabunt invocabiliter observabunt omnia et singula<br />
subscripta, et determinationem, sententiam, seu laudum faciendum et proferendum de<br />
predictis omnibus, et singulis per dictum Dominum Bartolomeum et quod de predicto<br />
territorio, et parte ipsius territorij nullam donationem et obligationem, permutationem,<br />
et alienationem cuius cumque contractus tam Universitates predicte, quam singulares<br />
p.nem de eisdem Universitatibus tam gentibus dictum negotium facerint aliquibus<br />
personis extraneis a terris predictis infra eorum concordiae contractus predicti ecclesis<br />
aut et secularibus occasione quacumque nec non quod Universitates Terrarum predictarum<br />
seu altera eraumdem nullam dabunt auxilium, consilium, vel favorem... personis<br />
tenentibus, et possidentibus in territorio supradicto publice, vel occultè dicto facto, vel<br />
opere in Judicio vel extra per se vel per alium, sive aliquos nomine Sindicatorio faciant<br />
in favorem ipsarum singularium personarum, sed dicte speciales persone, in predictis et<br />
aliquo predictorum, convenire subpoena, et obligatione predictis. Unde ad futuram<br />
memoriam, et predicatrum Universitatum Civitatis Theatine, Terre Bucclani, et homi -<br />
num Universitatis ipsarum, et cuius libet, et ipsius Domini Justitatrij, et omnium quo -<br />
rum interest, et interesse poterit cautelam rogatum predictorum Sindicorum tam predicte<br />
Civitatis Theatine, et hominum Civitatis eiusdem, quam ipsius Universitati, et hominum<br />
Terre Bucclani, et rogatu ipsius Domini Justitiarij facta de predictis tria publica consi -<br />
milia Instrumentam presens ad cautelam Universitatis Theatine eiusdem, et reliqua duo<br />
ad cautela Domini nostri Justitiarij Universitatis Bucclani, et hominum ipsius manus<br />
mei predicti Notarij subscripto signo signatum signo et subscriptione mei qui supra<br />
Judicis, et supradictorum testium signis et subscriptionibus, roboratumque autoritatem<br />
scripsi Ego predictus Simon publicus per totum dictam Regnum Siciliae regia authoritate<br />
Notarius qui predictis omnibus rogatus interfui, et meo signo signavi supscripta,<br />
autoritatem in trigesima octava linea ubi abrasum legit plene in quatragesima linea, ubi<br />
interlienatum legitur, sed premissa facere et in septuagesima tertia ubi legit. interlineatum<br />
Caracciolum, et in septuagesima octava liena, ubi inter lineatum legit. ubi abrasum et<br />
interlineatum, atque emendatum est per me predictum Notarium non vitio se errore.<br />
Similiter Civitatis, et Sindicis<br />
Ego Rogerius Domini Simeonis de Arclano qui supradicta autoritatem Regia Lanciani<br />
Judex premissa facere subscripsi, et signavi,<br />
Ego Jacobus Thomasij Orlandi de Lanciano qui supra testis rogatus hoc testor,<br />
Ego qui supra Guglielmus Jacobi testis rogatus interfui, subscripsi, et signavi,<br />
Ego Jacobus de Rocca qui supra testis rogatus hoc testor,<br />
Ego predictus Notarius Guglielmo predicto compromisso, interfui, et manu propria hoc<br />
signum feci,<br />
Ego predictas Rugerius Venantius testis rogatus predictis interfui subscripsi et signavi,<br />
Ego Paulus Jacobi Aroldi qui supra testis rogatus predictis interfui subscripsi, et signaviî.
Carro del Vino, uno dei quattro carri tradizionali.<br />
Il Banderese balla con la Banira prima della riconsegna. Guglielmo Tatasciore, attuale sergentiere.<br />
23
24<br />
Carro del Letto, uno dei quattro carri tradizionali.
II<br />
IL SERGENTIERE E IL BANDERESE<br />
Il Sargentiere o Sergentiere<br />
È la massima autorità della festa che dirige e coordina i cerimoniali;<br />
partecipa ad alcuni di essi portando l’alabarda . La carica viene tramandata<br />
di padre in ?glio dalla famiglia Tatasciore-Papè di <strong>Bucchianico</strong> su rati? -<br />
ca del sindaco che nomina il nuovo Sergentiere dopo che il precedente<br />
ha declinato l’incarico; possono assumere la carica gli eredi maschi del<br />
Sergentiere che ha il diritto di indicare il suo successore. Prende il comando<br />
del gruppo dei banderesi nelle varie azioni della Festa. La tradizione del<br />
Sergentiere a carica ereditaria è stata ampiamente testimoniata dal Bruni<br />
che scriveva:<br />
“Oltre al Banderese vi è un’altra dignità a vita ed è il Sergentiere,<br />
o capo, il condottiero della compagnia. Egli trasmette il suo ufficio al<br />
primogenito quando non può per ragion di salute, esercitarlo, o quando<br />
cessa di vivere. Il Sergentiere è, diciamo così, il maestro di cerimonia della<br />
Ciammaichella; da lui dipendono tutti ?nanche il Banderese. Per l’eserci -<br />
zio delle sue funzioni egli, veste come un cavaliere del trecento; brandisce<br />
l’alabarda colla destra, e la spada del comando colla sinistra. Egli precede<br />
tutti, gli tien dietro la paranza, poscia la compagnia e da ultimo il lungo<br />
ed assordante codazzo di pifferi e tamburieri” 8 .<br />
Qualche decennio prima il De Leonardis, scriveva: “È il Sargentiere, o il<br />
capo, il condottiero e il regolo della compagnia. Il Banderese come dissi, è<br />
un dignitario annuale ?glio della fortuna, ma il Sargentiere è un dignitario<br />
a vita. Egli trasmette al suo primogenito il cospicuo ufficio, quando, inabile<br />
o morto, non l’esercita più. Il Sargentiere è il maestro di cerimonia della<br />
Ciammaichella. Per lui si va e si viene, e tutti dai suoi cenni dipendono,<br />
?n lo stesso Banderese! I suoi gusti sono i gusti di tutti, e la vivanda che<br />
egli ri?uta, ed il vino che ripudia, ripudiano e ri?utano tutti. Ogni suo<br />
motto ed ogni sua volontà per la brigata è legge. Un ordine trasgredito,<br />
un passo sbagliato, una disadorna toletta, ed un indecoroso contegno,<br />
rimestano le paterne viscere del Sargentiere. Ma, la Dio mercè! tutti della<br />
compagnia a cominciare dal Banderese, fanno a gara di non incorrere<br />
nella disgrazia di tanto eccelso Capitano, e pongono tutto lo studio a<br />
secondarie le aspirazioni, a favorire i desiderii, e a compiere minutamente<br />
ogni dovere da lui imposto. Eccoti dunque la ?gura del Sargentiere. Ma<br />
bello è il vedere la gravità di quest’uomo nell’esercizio delle sue funzioni,<br />
quando vestito da cavaliere del trecento, brandisce l’alabarda colla destra<br />
mano e la spada del comando colla sinistra! Egli precede tutti, gli tien<br />
dietro la paranza, poscia la Compagnia, e da ultimo il lungo ed assordante<br />
codazzo di pifferai e tamburieri”. 9<br />
Il Sergentiere Luigi Tatasciore.<br />
Il Sergentiere Vincenzo con la mamma<br />
Soladea.<br />
Il Sergentiere Vincenzo con il Banderese<br />
e il fratello che indossavano il cappello<br />
“da carabiniere”.<br />
25
26<br />
Il Sergentiere Urbano<br />
Angiolina Tatasciore, nel 1985,<br />
rilasciava la seguente testimonianza:<br />
“Mi ricordo Sergentiere pure<br />
mio nonno Urbano; il Sergentiere<br />
ha sempre portato vestiti milita -<br />
ri antichi, per Vincenzo la mam -<br />
ma Soladea cucì un’uniforme che<br />
lui indossò per varie celebrazioni.<br />
Quel vestito lo conserviamo ancora<br />
oggi” 10 .<br />
Il Sergentiere Vincenzo varca la Porta<br />
Santa durante le Entrate.<br />
Il tamburino e suonatore di ?sarmonica<br />
negli anni ’60.<br />
La memoria popolare vuole che il Sergentiere sia il discendente del<br />
condottiero trecentesco che seppe resistere agli attacchi dei Chietini dopo<br />
che S. Urbano, in sogno, gli suggerì lo stratagemma che portò alla vittoria<br />
i Banderesi. <strong>Pro</strong>babilmente il personaggio aveva un ruolo militare, era<br />
un “sergente” esperto nelle arti delle armi che doveva istruire e guidare i<br />
“contadini-banderesi” all’arte militare. Non si conosce perchè la famiglia<br />
Tatasciore abbia quest’esclusiva, né risulta che la stessa sia appartenuta al<br />
ceto nobile; è noto soltanto che Urbano Tatasciore fu il comandante di<br />
una milizia cittadina che si formò a <strong>Bucchianico</strong> nel 1796 dopo che il<br />
governo borbonico aveva chiesto a tutte le località del regno di opporre<br />
resistenza all’avanzata francese.<br />
La moglie e madre del Sergentiere<br />
Il 25 maggio, a conclusione dei cerimoniali, il Sergentiere affida l’Arma<br />
Santa alla madre o moglie affinchè venga custodita. “Il Sergentiere alla<br />
?ne delle s?late riconsegnava l’alabarda alla mamma (o alla moglie) che<br />
attendeva sulla soglia di casa. Era un grande onore e perciò il compito<br />
spettava solo a quella” 11 . Si dice che il Banderese eletto per compensare<br />
il Sergentiere dell’impegno festivo gli faceva un’offerta di un tomolo di<br />
grano (circa 35 kg).<br />
Il Banderese<br />
Dai documenti storici risulta che il Banderese ?no agli inizi del Novecento<br />
era una persona eletta per sorteggio tra 6 persone del popolo scelte<br />
in rappresentanza dei Terzieri. Oggi invece lo si elegge pubblicamente,<br />
sempre per sorteggio, tra quelli che presentano la propria candidatura. Il<br />
Banderese, come le analoghe ?gure presenti in altre località italiane e del<br />
Centro Europa, si presenta abbigliato con fogge militari dai colori vivaci e<br />
con un cappello ornato di un pennacchio di piume. Ha tuttora l’obbligo<br />
di organizzare la festa con un gruppo di persone che invita liberamente<br />
tra i suoi parenti e amici con i quali svolge i rituali. Il Banderese è anche<br />
un gonfaloniere, il consegnatario della bandiera comunale.<br />
Può essere Banderese qualsiasi uomo sposato residente a <strong>Bucchianico</strong> di<br />
religione cattolica con ?gli. Egli ha il compito di organizzare i rituali che<br />
tradizionalmente si tramandano di padre in ?glio. Invita i suoi parenti sino<br />
al VII grado, gli amici e i capicontrada a formare il gruppo dei “banderesi”<br />
che partecipano alla festa e al ballo detto Ciammaichella. Organizza le<br />
questue, gli allestimenti festivi e le forme di intrattenimento. Terminata la<br />
sua carica aiuta e consiglia il nuovo Banderese. Per uso antichissimo dirige<br />
un gruppo di uomini, chiamati banderesi che lo seguono nelle cerimonie<br />
principali accompagnati da un tamburino e un suonatore di trevucette ed<br />
è protagonista, insieme ai ?gli o altri ?gure che individua personalmente,<br />
nelle cerimonie principali. Oggi la candidatura è libera ma sino a qualche<br />
anno addietro gli anziani ricordavano che poteva essere Banderese chi era<br />
benestante ed aveva una nutrita parentela.<br />
Nel leggere il De Leonardis e il Bruni risulta invece che nell’Ottocento<br />
il Banderese veniva scelto dall’Amministrazione comunale tra le 6 persone<br />
che avevano effettuato la questua.
Chi si “mette a cavalle”<br />
Dopo la sua elezione il Banderese stabilisce le altre due persone che<br />
insieme a lui parteciperanno ai rituali. Di norma sono i suoi ?gli ad avere<br />
questo ruolo. Se ha un solo ?glio o una ?glia possono essere incaricati i<br />
parenti stretti. Di quelle persone si dice che si “mettono a cavallo”.<br />
La madre, la moglie e i ?gli del Banderese<br />
La madre diventa protagonista nella Consegna gli Anelli al proprio<br />
?glio mentre la moglie è protagonista in molti cerimoniali. Accompagna il<br />
marito nei riti e lo sostiene nella preparazione, soprattutto guida il corteo<br />
dei parenti durante il trasporto delle Some.<br />
La parentela del Banderese<br />
La parentela assume grande importanza nella festa soprattutto nella componente<br />
maschile che è invitata a partecipare sino al settimo grado; non vi può<br />
essere infatti un Banderese che non sia sostenuto da un “gruppo” di uomini,<br />
infoltito oggi anche da amici e contradaioli, che lo coadiuva nei cerimoniali<br />
e nella Ciammaichella. Nel gergo questi uomini sono chiamati banderesi a<br />
sottolineare un ruolo quasi paritetico con il loro capo quando indossano le<br />
bande rosse e azzurre per contraddistinguersi. I parenti caricano e scaricano<br />
il Pane benedetto dal carro e formano il gruppo che canta i versi religiosi<br />
nel trasporto delle Some. Partecipa all’apertura della Porta Santa, alle sacre<br />
funzioni e al rito della Partenza.<br />
Scriveva il Bruni l’eletto “investiga i diversi rami, ed entra nelle case di<br />
quanti sono, o potranno divenire suoi congiunti e li invita a prendere parte<br />
alla Ciammaichella”. Erano necessarie almeno 50 coppie.<br />
Il tamburino e gli altri suonatori<br />
Il tamburino e suonatore di trevucette accompagnano sempre il Banderese<br />
quando svolge i rituali. Si dice che non può esserci banderese senza tamburino.<br />
Il tamburino ha l’importante compito di svolgere la ronda dal 1° maggio ?no<br />
al 27. Infatti tutte le mattine di questo mese gira per le vie cittadine suonando<br />
il tamburo.<br />
I Capicontrada<br />
Nel sec. XIX i “sei contadini” tra i quali si sorteggiava il Banderese erano i<br />
rappresentanti dei Terzieri, scelti dall’amministrazione comunale con il compito<br />
di effettuare la questua. L’usanza comunque era più antica come risulta<br />
dal documento del 180812 in cui si parla di “assegnamenti” di grano e denaro<br />
fatti dal Comune ad “una persona estratta a sorte”, ovviamente tra altri candidati.<br />
La divisione in “contrade” rispondeva a ragioni funzionali per meglio<br />
compiere la questua, ecco perchè ancora oggi i capicontrada più conosciuti e<br />
che meglio hanno rapporti di buon vicinato con gli altri cittadini hanno più<br />
successo nell’organizzazione. Ancora nel pieno Ottocento gran parte del brac -<br />
ciantato era residente nei Terzieri cittadini, soprattutto in quelli più popolari<br />
ovverossia Castellara e Pizzoli, solo più tardi, con il rilancio della mezzadria<br />
molte famiglie si trasferirono nelle campagne. La divisione delle “contrade”<br />
rurali rispondeva all’organizzazione agricola del territorio e l’identi?cazione si<br />
incentrava sui toponimi. Diversamente accadeva per il centro urbano diviso<br />
Banderese con alabarda.<br />
Ogni Terziere era rappresentato da due<br />
persone tra le quali si sorteggiava il<br />
Banderese.<br />
27
28<br />
Il Sergentiere Camillo e Banderese<br />
durante le Passate del 25 maggio.<br />
Gli uomini diventano “banderesi” indos -<br />
sando le fasce a tracolla e alla cinta. Il<br />
25 maggio portano il pennacchio.<br />
“Mi ricordo che mio padre Vin -<br />
cenzo sergentiere durante la festa<br />
indossava un abito che gli era stato<br />
confezionato da “Rachele di Cicoria”,<br />
esperta in ricamo e lavori<br />
in uncinetto. Riusciva a lavorare<br />
il ?lo di cotone che usualmen -<br />
te era utilizzato per l’orditura dei<br />
telai, un tempo molto diffusi a<br />
<strong>Bucchianico</strong>. “Rachele di Cicoria”,<br />
una donna di <strong>Bucchianico</strong>, ese -<br />
guiva lavori minuziosi anche con<br />
“?lo-oro”. Non so a quale stile storico<br />
si sia ispirata per la confezione<br />
dell’abito, si diceva però che il<br />
sergentiere in persona, mio padre,<br />
avesse consultato “libri” con ?gure<br />
storiche. Si diceva che l’elmetto<br />
che lui portava era stato preso<br />
direttamente in Vaticano mentre<br />
il cimiero di ?li di lana di diversi<br />
colori era stato cucito dalle donne<br />
di casa”. (testimonianza di Beatrice<br />
Tatasciore)<br />
La famiglia del Banderese prima del trasporto delle Some in un’edizione degli anni ’50.<br />
Sono evidenti le due ragazze che portano i canestri con le uova e pennacchio.<br />
in Terzieri in cui la probabile rivalità territoriale non sfociava mai comunque<br />
nella divisione contradaiola tipica delle cittadine umbre o toscane. Infatti la<br />
tradizione dei Banderesi si basa sul forte legame sociale delle parentele che<br />
prevarica ogni divisione territoriale. Ancora oggi la divisione del territorio<br />
comunale in “contrade”, voluta dalla <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, è elastica e si consocia inevita -<br />
bilmente ai rapporti sociali: il venir meno del carisma del capocontrada, diverbi<br />
tra le famiglie, eventi luttuosi e tragici, spostano notevolmente (o annullano)<br />
le divisioni territoriali. Risulta invece recente l’affermazione della tifoseria contradaiola<br />
che da anni caratterizza gli esiti di alcune fasi della festa quasi ad aver<br />
allargato nel territorio (sempre più urbanizzato) l’antica rivalità popolare tra le<br />
Piazzjre , li Castelljre e le Farciulejse che un tempo contraddistingueva il centro<br />
storico. Il capo-contrada oggi è una ?gura in evoluzione che può essere scelto<br />
dal Banderese o concertato all’interno di associazioni, gruppi di persone che<br />
appartengono a quelle famiglie che abitano nelle contrade. Le contrade oggi<br />
hanno perso notevolmente la loro iniziale condizione di ruralità ?no ad essere<br />
vere e proprie aree urbane nelle quali si è strutturata una società complessa solo<br />
in parte di origine contadina. La trasformazione del contesto sociale ha avuto<br />
molte ripercussioni sulla festa soprattutto nelle contrade marginali dove la<br />
condizione di “con?ne” territoriale ha permesso rapide evoluzioni sociologiche:<br />
l’esempio della contrada di Colle Marconi vale per tutte, infatti essa è diventata<br />
area residenziale prossima alla conurbazione Chieti-Pescara che da molti anni si<br />
trova nella condizione di dover “inventare” una nuova identità urbana. Così vi<br />
sono altre contrade che hanno una partecipazione periodica alla festa legando<br />
la loro capacità di raggruppamento sociale al carisma del Banderese dell’anno.<br />
Dopo il 1970 vi è stata una variazione del ruolo dei contradaioli quando la <strong>Pro</strong><br />
<strong>Loco</strong> li spinse ad ampliare l’istituto festivo e ad organizzare i carri e canestri per<br />
quella che si comiciò a chiamare “S?lata dei Carri e Canestri” per aumentare<br />
il numero dei partecipanti e rendere l’evento più coinvolgente. Oggi il capo<br />
contrada realizza il carro e organizza l’incontro tra i cittadini presso la propria<br />
abitazione, rendendo più diffuso ciò che avviene nella casa del Banderese.<br />
È interessante notare che gli abitanti della parte “urbana” di <strong>Bucchianico</strong><br />
si sentano a volte esclusi dalla festa quando nella rigida ripartizione delle contrade<br />
rurali non trova spazio quella “cittadina”. In effetti l’idea promossa dalla
<strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> che tutta la s?lata ricordasse una “fuga” dalla campagna portò alla<br />
“necessaria” condizione di avere il Banderese residente in campagna così come<br />
i capi-contrada, contraddicendo quanto storicamente era stato tramandato.<br />
È successo quindi che gli abitanti del centro storico si siano trovati privi di<br />
ruolo ?ntanto che molti di loro si sono spostati a festeggiare nelle contrade<br />
rurali presso amici. Come facilmente si può dedurre, sfuggono da questa rigida<br />
ripartizione i parenti e amici del Banderese che da sempre hanno costituito il<br />
gruppo festivo più antico.<br />
NOTE<br />
8 Bruni, pag. 57.<br />
9 De Leonardis, pag. 46.<br />
10 Testimonianza raccolta nel 1985 da Angiolina Tatasciore ed Elisa Zappacosta,<br />
rispettivamente sorella e moglie del Sergentiere Vincenzo Tatasciore.<br />
11 Ibidem.<br />
12 Stato discusso del Comune di <strong>Bucchianico</strong>, Libro delle Delibere, vol. 1808, in<br />
Archivio Comunale di <strong>Bucchianico</strong>.<br />
Il Sergentiere Camillo durante<br />
un’edizione degli anni ’80.<br />
29
30<br />
I percorsi della Festa (disegno di Loris Durante).
LUOGHI DEL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
IIII<br />
Dove si svolge la Festa<br />
Si vive la festa all’interno di spazi che nel quotidiano sono privati<br />
come la casa del Banderese e negli spazi pubblici, dove il con?ne tra il<br />
limite urbano e quello rurale si perde nell’organizzazione delle contrade.<br />
Si tratta di una festa organizzata da un “privato” che apre i suoi spazi<br />
domestici alla collettività trasformando il soggiorno in un luogo dove<br />
si espone il quadro di S. Urbano e dove le persone si recano a centinaia,<br />
come anche gli altri spazi, compresi quelli esterni e del vicinato nei quali<br />
gli invitati vengono ospitati. La casa del Banderese si apre al pubblico<br />
privandosi della riservatezza che rimane con?nata solo in pochissimi<br />
ambienti. È una forma di antica apertura degli spazi domestici alla col -<br />
lettività che riecheggia la festosità di villaggio che si viveva durante i<br />
<strong>Pro</strong>cessione di S. Urbano del 25 maggio<br />
con ragazzi e ragazze dei “Musici” che<br />
suonano le chiarine.<br />
Il Sergentiere Vincenzo e i Banderesi<br />
nell’aia di una casa rurale dove furono<br />
offerti i complimenti in un’edizione degli<br />
anni ’50.<br />
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32<br />
In una sala del municipio si pone il<br />
“quadro di S. Urbano” su un altarino<br />
insieme al Pane Benedetto.<br />
La scritta “W S. Urbano” si pone oggi in<br />
prossimità della casa del Banderese per<br />
far conoscere la sua abitazione.<br />
Una delle Sale dei Banderesi del<br />
municipio allestita per il banchetto del<br />
25 maggio.<br />
lavori agricoli principali o nelle feste familiari, oggi quasi scomparsa; le<br />
“feste private” come il matrimonio, la nascita e anche la morte trovavano<br />
nella “casa” gli spazi di partecipazione secondo un modello oggi<br />
raro. Le feste private attuali invece si svolgono fuori dalla propria casa,<br />
in ambienti diversi, più comodi che non gli appartamenti urbani. La<br />
casa rurale anche se piccolissima, aveva l’aia, lo spazio aperto protetto<br />
dalle chiome degli alberi, pagliai, “fratte” dove estendeva all’esterno<br />
lo spazio vitale e domestico necessario al convito. Gli spazi rurali si<br />
trasformavano con teloni, pannacci , coperte, tavolate, a formare un’architettura<br />
effimera che i collaboratori e contradaioli sapevano fare con<br />
un’organizzazione invidiabile. Gli stand e pergole contraddistinguono<br />
ancora oggi la tradizione dei Banderesi e sono un segno inequivocabile<br />
di festa, come la luminaria con su scritta “Viva S. Urbano” che si pone<br />
sulla strada della contrada dove risiede il Banderese. Non sfuggirà al<br />
visitatore l’inesistenza di con?ne tra spazi privati e pubblici: nelle ar -<br />
chitetture provvisorie presso la casa del Banderese e vicino il municipio<br />
ovvero nelle case dei contradaioli i limiti tra le strade, la piazza e la casa<br />
privata si confondono. Il tacito accordo pubblico-privato, antichissimo,<br />
che fa assumere al Banderese l’onere dell’organizzazione della festa (un<br />
tempo anche quello del reclutamento) fa del singolo cittadino-eletto<br />
il responsabile di un servizio pubblico. La festosità si sposta dalla casa<br />
privata del Banderese al municipio quando si pone l’icona di S. Urbano<br />
nel nuovo luogo. I luoghi principali, quindi sono la casa del Banderese<br />
e il municipio, simbolicamente coincidenti con la zona rurale e quella<br />
cittadina. Tutti gli altri spazi fanno da corollario a questa dualità dai<br />
fortissimi fondamenti democratici.<br />
Per questa ragione esistono “spazi” festosi codi?cati nella festa che<br />
possono essere così elencati:<br />
- l’abitazione del Banderese e di ri?esso quelle dei capicontrada di -<br />
ventate sostanziali dopo il 1970 per l’organizzazione del carro e corteo;<br />
- il palazzo municipale dove il Banderese trasferisce l’icona quando<br />
dà inizio ai riti cittadini; con l’edi?cio pubblico diventano protagonisti<br />
l’antica Piazza S. Angelo (oggi Piazza Roma) e le vie del centro urbano<br />
con i siti delle sei porte della cinta muraria;<br />
- la chiesa di S. Urbano fulcro dei riti religiosi e dell’antico monastero<br />
benedettino cui si deve la genesi stessa della festa, a cui fanno da spalla<br />
le altre chiese coinvolte nella cerimonia del Ringraziamento e che erano<br />
“grange” della chiesa madre (S. Maria Casoria e S. Spirito oggi dell’Assunta<br />
ne sono un esempio cui è stata aggiunta la Cappellina di S. Camillo) 13 ;<br />
- il Monumento ai Caduti all’imbocco di Viale della Vittoria, luogo<br />
recente della festa introdotto dopo il 1970, sostituisce l’antica chiesa celestina<br />
di S. Spirito (chiesa dell’Assunta del cimitero) dove il 23 maggio il<br />
Sergentiere “incontrava” il gruppo dei “banderesi” per la prima volta e li<br />
accettava offrendo loro il ramajetto ; oggi lo spazio di Viale della Vittoria<br />
coincide simbolicamente con la porta della città dove il Sergentiere e il<br />
Banderese si incontrano, corollario di questo è diventato il campo sportivo<br />
perchè unico spazio urbano di rilevanza funzionale dove radunare<br />
il gruppo dei partecipanti.
Il cortile ed alcune sale del palazzo Caracciolo, demolito nel 1972, erano utilizzati dai “banderesi”.<br />
Casa del Banderese o palazzo municipale?<br />
Il De Leonardis non dice esplicitamente del trasferimento dei<br />
“banderesi” in locali comunali ma parla sempre di svolgimento a “casa”<br />
del Banderese, sita però nel centro antico di <strong>Bucchianico</strong> con i partecipanti<br />
stimati in 50 coppie di uomini. Il palazzo feudale dei Caracciolo<br />
di S. Buono come anche il palazzo Monaco-La Valletta ha ospitato i<br />
Banderesi per molti anni mentre i documenti dicono che era il “Pubblico<br />
Ridotto” all’interno del Palazzo dell’Università il luogo di raduno sia<br />
per i parlamenti comunali che per le feste municipali 14 . Molti anziani<br />
ricordano che i banchetti si celebravano all’interno dei saloni dei palazzi<br />
privati dove più agevole era l’organizzazione quasi a rimarcare l’assenza<br />
dello spazio pubblico che nel passato era a disposizione nel Pubblico<br />
Ridotto, venuto meno con la sua demolizione de?nitiva nel 1809. In<br />
effetti la “loggia”comunale detta Ridotto crollò nel 1806 e fu demolita e<br />
poi trasformata in Gendarmeria (attuale Comando dei Carabinieri) con<br />
la sparizione di uno spazio che aveva un suo ruolo civico. Dopo il 1970 il<br />
palazzo municipale è stato utilizzato ininterrottamente dal Banderese.<br />
NOTE<br />
13 Una fortunata coincidenza ha voluto che il bucchianichese S. Camillo de Lellis sia<br />
nato il 25 maggio durante la celebrazione della festa.<br />
14 La sala del Pubblico Ridotto all’interno del Palatio Universitatis oltre ad ospitare il<br />
parlamento di tutti i cittadini era utilizzato per le feste pubbliche.<br />
Il cuoco e i suoi aiutanti con i Banderesi<br />
in una sala del palazzo Caracciolo nel<br />
1961.<br />
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34<br />
L’abitazione del Banderese è il luogo dove si svolge gran parte dei riti. Il gruppo festivo in un’edizione degli anni ’50.<br />
I riti più importanti tra cui la Ciammaichella si svolgono nella piazza. Nel sec. XVI era una “piazza d’armi” dove si svolgevano le<br />
rassegne dell’Armata di fanti al servizio del principe Caracciolo di S. Buono
IV<br />
IL CALENDARIO FESTIVO<br />
Il ciclo festivo si compie oggi nello spazio di un anno, tempo in cui resta<br />
in carica il Banderese anche se nell’Ottocento si concentrava ai soli appuntamenti<br />
della questua e ad un mese prima della ricorrenza patronale. Alcune<br />
date sono legate alla festa patronale, altre invece possono essere modi?cate dal<br />
Banderese per sua convenienza organizzativa. Quelle in corsivo sono le date<br />
storicamente immodi?cabili.<br />
- Domenica successiva al 27 maggio - “Tiro de la Banira” ovvero Sorteggio<br />
della Banira ed elezione del nuovo Banderese;<br />
- Ultima domenica di giugno - il Banderese organizza la “Compagnia<br />
di S. Urbano;<br />
- Primo venerdì di ogni mese - incontro di preghiera a casa del Banderese;<br />
- Luglio-dicembre - il Banderese sceglie i capicontrada e organizza riunioni<br />
con loro;<br />
- Luned ì di Pasqua - Invito alla Festa da parte del Banderese;<br />
- 1 maggio - inizia il tempo de “il Perdono”. Da questo giorno sino alla<br />
domenica precedente il 23 maggio si recita il rosario a casa del Banderese.<br />
Tutte le mattine alle ore 6,30 un tamburino percorre le vie del centro<br />
antico suonando la sveglia;<br />
- Domenica precedente il 23 maggio Trasporto delle Some di S. Urbano; il<br />
mercoledì precedente si prepara il Pane benedetto. Fino al 1970 questo<br />
rito si svolgeva il 22 maggio.<br />
- 23 maggio - inizio del Triduo a S. Urbano<br />
- 24 maggio - giorno di vigilia con l’Apertura della Porta Santa e il Tizzo;<br />
- 25 maggio - Festa di S. Urbano con la Ciammaichella dei Banderesi.<br />
- 26 maggio - Festa di S. Candida o del Ringraziamento.<br />
- 27 maggio - Giorno della “Partenza” del Banderese.<br />
Il tempo della Festa<br />
Dai documenti risulta che la festa di evidenza pubblica, ad esclusione dei riti<br />
privati del Banderese, durava 15 giorni continuativi nell’Ottocento in coincidenza<br />
con il Perdono mentre si parla di 5 giorni nel 1907. Le date documentate<br />
tuttavia non riguardavano la preparazione e le giornate nelle quali si svolgevano<br />
i riti celebrati a casa dal Banderese. Scriveva De Leonardis: “una volta, quando<br />
non si pensava agli avvisi dell’Agente delle Tasse, e non si pagava la successione, la<br />
cerimonia votiva cominciava quindici giorni prima la festa: oggi dura non più di<br />
quattro o cinque giorni, senza però aver perduto la sua importanza” 15 Si usa far volteggiare la Banira e lo<br />
Stendardo appena la consegna davanti<br />
l’ingresso della chiesa di S. Urbano.<br />
.<br />
NOTA<br />
15 De Leonardis.<br />
Questa testimonianza è stata riproposta interamente dal Bruni, pag. 53.<br />
Durante la questua è usanza portare il<br />
“quadro di S. Urbano”, ornato di alcuni<br />
monili, che verrà estratto a sorte tra gli<br />
offerenti.<br />
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36<br />
Carro del Pane uno dei quattro carri tradizionali.<br />
Un carro delle contrade dove si è rappresentata la lavorazione per il confezionamento dei pennacchi.
V <strong>LA</strong><br />
<strong>FESTA</strong><br />
5.1 Il “Tiro della Banira”<br />
L’elezione del Banderese<br />
Si dice “s’ha terate la Banire” per dire che l’elezione pubblica del<br />
Banderese è avvenuta.<br />
L’elezione del Banderese avviene pubblicamente per sorteggio alla presenza<br />
del Sindaco, del Parroco e del Sergentiere dentro il Municipio, di<br />
norma la domenica successiva il 27 maggio. Il nome del prescelto viene<br />
declamato pubblicamente dal balcone del municipio subito dopo l’estrazione.<br />
La cerimonia avviene nel seguente modo:<br />
1 - i candidati lasciano il proprio nominativo al funzionario comunale<br />
entro le ore 12,00 della domenica; il sorteggio è valido se sono iscritti<br />
almeno due candidati, in caso di unico nominativo si rinvia alla domenica<br />
successiva; 2 - si procede all’imbussolamento scrivendo “Sant’Urbano” e<br />
i nominativi dei candidati su biglietti di carta; 3 - prima del sorteggio il<br />
parroco ed i presenti recitano le Litanie lauretane ed invocano l’intercessione<br />
del santo; 4 - un bambino estrae i biglietti da un sacchetto di panno<br />
scuro sorretto dal Sindaco ?no al biglietto con la scritta “Sant’Urbano”;<br />
la persona estratta subito dopo avrà la carica ed è accolta dal Banderese<br />
uscente, tamburino e suonatore di trecuvette. Per dire che una persona<br />
è diventata Banderese si dice: “j’ha scejte la fèste”. Se il biglietto in cui è<br />
scritto “S. Urbano” viene estratto per ultimo, è Banderese la persona il<br />
cui nome è scritto nel penultimo biglietto.<br />
Il vitello e quadro alla testa del corteo<br />
durante il trasporto delle Some.<br />
Il neobanderese esprime la sua gioia<br />
appena dopo l’ elezione dentro la sala<br />
municipale.<br />
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38<br />
Il “quadro di S. Urbano” simbolo della<br />
festa.<br />
Sull’elezione dei candidati-banderesi scriveva il Bruni che indicava al<br />
mese di giugno l’elezione da parte del sindaco di 6 contadini per la questua,<br />
successivamente, ?nita la questa, dopo Pasqua si estraeva a sorte il<br />
Banderese che aveva l’onore di portare la bandiera. Com’è noto l’usanza<br />
si è modi?cata nel tempo, oggi non può esserci elezione del Banderese se<br />
almeno non vi sono due iscritti.<br />
L’elezione era pubblica anche nell’Ottocento come scriveva il De Leonardis:<br />
“In mezzo a tanta gente, spicca, per la stola candida e la cotta<br />
arricciata, il rappresentante la Collegiata di S. Urbano, il quale, recita le<br />
litanie, esorcizza l’urna e chiama lo Spirito Santo sul fanciullo, proposto<br />
ad estrarre la cartella” 16 .<br />
È singolare che l’elezione del banderese avveniva in modo simile all’elezione<br />
settecentesca degli amministratori comunali che avveniva il 25<br />
agosto di ogni anno 17 , quando 6 uomini, due per ogni Terziere, eleggevano<br />
i componenti il Consiglio dell’Università.<br />
Il ringraziamento al santo dopo l’elezione<br />
Conclusa l’elezione, il neo-Banderese e quello uscente, accompagnati<br />
dai rispettivi gruppi familiari, dai tamburini e musici, si recano nella<br />
chiesa di S. Urbano e vi sostano in preghiera lasciando un mazzo di ?ori<br />
ai piedi del santo.<br />
Presentazione pubblica del neo-Banderese<br />
Il neo Banderese celebra la sua elezione con una festa presso la sua<br />
abitazione che inizia al calar della sera quando l’ex-Banderese vi si reca<br />
portandogli l’immagine di S. Urbano. In questa circostanza riceve tutte<br />
le persone che vogliono omaggiarlo e offre una festa da ballo.<br />
Un simbolo della festa: il quadro e l’altarino<br />
Il “quadro” di S. Urbano è il simbolo della continuità della festa, il<br />
trasferimento di famiglia in famiglia sancisce il passaggio delle consegne ed<br />
è simbolo di raccoglimento del gruppo festivo. Il neo-Banderese lo pone<br />
su un altarino all’interno della sua casa. Negli anni ’70 è andata smarrita<br />
l’antica tela raffigurante S. Urbano del sec. XVIII, quella attuale è stata<br />
realizzata subito dopo il furto o incendio di quell’antica.<br />
La “Consegna della Festa”<br />
Tradizionalmente il Banderese uscente affida gli impegni festivi la<br />
sera del giorno in cui è avvenuta l’elezione del nuovo consegnandogli il<br />
“quadro di S. Urbano” e l’ex-voto “Lu Lacce”. Al crepuscolo i parenti e<br />
amici del Banderese uscente, dopo aver recitato il rosario, formano un<br />
corteo e si dirigono verso la casa del neoeletto. Il Banderese uscente e la<br />
moglie portano a braccio il “quadro di S. Urbano ”, seguiti dai ?gli con<br />
“Lu Lacce ” ed alcune ceste di cancellate e vino, al suono di tamburo e<br />
“trevucette”. Il corteo intona contemporaneamente i “canti di S. Urbano”.<br />
Il neo-Banderese con i suoi familiari accoglie il gruppo sull’uscio dell’abitazione,<br />
prende l’icona di S. Urbano, “Lu Lacce” ed i doni e con gli ospiti<br />
entra in casa. L’icona di S. Urbano viene poggiata su un altarino posto<br />
all’interno dell’abitazione e vi rimane per un anno intero. È usanza che la
sera il Banderese “métte bballe” ossia organizza una festa da ballo aperta<br />
a tutti quelli che vogliono salutarlo e congratularsi.<br />
La “compagnia” a S. Urbano<br />
La “compagnia” è un pellegrinaggio che si svolge a piedi partendo dalla<br />
valle del centro storico sino alla chiesa di S. Urbano.<br />
Alle 8,30 ci si raduna a casa del Banderese per formare la Compagnia che<br />
deve arrivare in tempo per la messa delle 10,30 nella chiesa di S. Urbano. Il I giovani con tamburo, trevucette e<br />
Banderese porta la fascia rossa mentre i ?gli quella azzurra. Si compone così il ?sarmoniche tramandano la tradizione<br />
corteo: due bambini in abito tradizionale portano bandiere rosse ed azzurre, della Paranza.<br />
seguite dalle bambine con mazzi di ?ori, poi le fanciulle che in coppia portano<br />
un cesto di pane, vino, cancellate e frutta. I cesti sono ornati da ?ori di carta<br />
e spighe di grano. Segue una persona che porta l’immagine di S. Urbano (la<br />
stessa usata per la questua) sulla quale si applica un nastro rosso con appuntate<br />
delle banconote. Apre il gruppo dei parenti la moglie del Banderese con in<br />
braccio un mazzo di ?ori. Dietro il quadro s?la il Banderese con i due ?gli,<br />
seguono in doppia ?la i parenti per un totale di circa 500 persone. Quando<br />
la Compagnia “esce” (cioè inizia il suo viaggio), si sparano fuochi d’arti?cio.<br />
Si canta e si cammina a buona andatura mentre il coro di donne e uomini<br />
si assiepa per meglio intonare i canti. Si percorre Via S. Chiara e Viale della<br />
Vittoria, poi si devia per via Vasari sino a giungere a casa del Sergentiere. Si<br />
continua in piazza, si fa un largo giro perimetrale sino ad imboccare il Corso<br />
S. Pierantony per dirigersi alla chiesa di S. Urbano. Le campane suonano La “cerca” con il quadro di S. Urbano.<br />
a festa mentre dal campanile si lasciano cadere petali di rosa sul commosso<br />
gruppo. Nella chiesa si fa omaggio al santo. Inizia la messa, le letture sacre<br />
sono fatte dai ?gli del Banderese. Nell’offertorio i familiari del Banderese<br />
depongono i doni sull’altare. A ?ne rito i partecipanti si intrattengono davanti<br />
l’ingresso per un rinfresco con cancellate e vino, poggiate dentro cesti in?orati<br />
e tavoli. È considerata devozione accettare i doni. L’offerta si estende in piazza<br />
perchè, secondo tradizione, le cancellate e il vino devono essere offerti alla<br />
gente senza avanzi. Tornati a casa del Banderese ci si intrattiene nel primo<br />
pranzo collettivo che il Banderese organizza a casa propria.<br />
5.2 La preparazione<br />
Questo tempo si è dilatato a comprendere i mesi invernali mentre nel<br />
passato era ristretto al periodo intercorrente tra il Lunedì di Pasqua e la<br />
festa patronale.<br />
L’invito ai parenti e gli incontri a casa del Banderese<br />
Il Banderese chiede la collaborazione ai propri parenti che sono invitati<br />
?no al settimo grado e alle famiglie del vicinato per l’organizzazione e la<br />
partecipazione ai rituali. I vicini partecipano alla confezione dei ?ori di<br />
carta, all’allestimento dei carri, dei banchetti ed alla recitazione del Ro -<br />
sario e soprattutto all’organizzazione concreta della festa. Scriveva il De<br />
Leonardis “Viva Sant’Urbano! e con questo motto sulle labbra il designato<br />
dalla sorte ricerca la genealogia di sua famiglia, ne consulta i diversi rami,<br />
ed entra nelle case di quanti furono, sono e potranno e dovranno essere<br />
Durante la questua si usava donare<br />
covoni di grano.<br />
39
40<br />
Nella questua il mosto o vino veniva<br />
donato e conservato all’interno di<br />
“?aschi” di terracotta che alla ?ne<br />
dell’Ottocento erano prodotti da un<br />
ceramista bucchianichese. Lo stesso<br />
avveniva per l’olio d’oliva.<br />
Un chiaro segno di festa e di inizio della questua è il dono delle “pizzette di S. Urbano”.<br />
Le donne con i canestri pieni di pizzette in un’edizione degli anni ’60.<br />
suoi congiunti, per invitarli alla Ciammaichella. Né basta; i parenti potrebbero<br />
essere pochi: settanta od ottanta di loro costituirebbero un numero insigni?cante<br />
di gregarii, quindi si invitano pure i compari, gli amici ed i conoscenti.<br />
Per fare a modo la prescritta cerimonia, ci vogliono non meno di cinquanta<br />
coppie, e tante e più di tante se ne raccolgono annualmente, racimolando nel<br />
campo inesausto dei buontemponi” 18 .<br />
L’inizio della questua del Lunedì di Pasqua<br />
Il Lunedì di Pasqua il Banderese inizia la questua e invita i concittadini a<br />
partecipare ai rituali. Il rituale è il seguente: alle ore 8,00 i capicontrada fanno<br />
colazione a casa del Banderese e poi partono per la questua. Ogni gruppo di<br />
questuanti, composta da una coppia di uomini, un tamburino e un suonatore<br />
di trevucette, si reca presso le famiglie bucclanee che abitano nel territorio<br />
comunale di propria competenza e trasmette l’invito del Banderese.<br />
Prima del 1970 i questuanti si dividevano il territorio comunale in zone<br />
e in esse effettuavano separatamente la questua; per tale ragione il Banderese<br />
prese l’abitudine di individuare parenti o amici che fossero residenti nelle<br />
diverse contrade di <strong>Bucchianico</strong> ed è per questa ragione che la ripartizione<br />
delle contrade cominciò ad essere utilizzata sempre più ?no a trasformarsi<br />
completamente nel 1970.<br />
Scriveva Di Ruscio: “Il territorio del Comune viene diviso in zone ed a<br />
capo di ognuna viene destinato un volenteroso per la raccolta delle offerte<br />
man mano che si maturano i frutti. Infatti tutti offrono quello che possono<br />
secondo le proprie forze e secondo la posizione sociale: grano, granone, ?chi<br />
secchi, vino, olio, altre derrate e denaro”. 19<br />
Le “pizze di S. Urbano”<br />
Durante la questua il Banderese e suoi rappresentanti lasciano in dono<br />
le pizze di S. Urbano (focacce di farina di grano, olio e sale) alle famiglie<br />
visitate di <strong>Bucchianico</strong>. È consuetudine che il dono venga ricambiato<br />
con un’offerta di denaro.
Il Perdono e la recitazione del Rosario<br />
Dal primo maggio sino al 27 maggio il gruppo del Banderese usa<br />
recitare il rosario prima di concludere la serata o nella preparazione o nell’intrattenimento<br />
da ballo. Dalla domenica precedente il 23 maggio sino<br />
al 26 maggio la recitazione avviene nella sala municipale dei Banderesi.<br />
Il “Perdono” coincide con il “mese mariano”, e nel passato era dedicato<br />
alla penitenza e indulgenza simile alla ben nota “perdonanza” celestiniana<br />
che si celebrava anche in <strong>Bucchianico</strong> nella chiesa dell’Assunta.<br />
Il periodo del “Perdono” tuttora viene segnalato alla popolazione con la<br />
sveglia del tamburino che tutte le mattine percorre le vie del centro storico<br />
?no al 27 maggio. Al termine il tamburino si reca a casa del Banderese<br />
per la colazione.<br />
È evidente che la sveglia del tamburino è memoria di quella riguardante<br />
i banderesi che si dovevano preparare al loro compito di ronda.<br />
La preparazione del Pane Benedetto<br />
La mattina del mercoledì precedente il trasporto delle Some di S.<br />
Urbano si prepara il Pane Benedetto che è impastato nell’abitazione del<br />
Banderese e cotto nel forno a legna. Sono incaricate della preparazione<br />
le donne di famiglia e dopo la cottura le pagnotte sono poggiate a lato<br />
del quadro di S. Urbano dentro la casa del Banderese. La sera prima la<br />
pasta viene fatta lievitare vicino il quadro di Sant’Urbano . La mattina, il<br />
Banderese forma la prima “panella” e la passa nelle mani della moglie e<br />
delle altre donne. Il via all’impasto avviene con il “canto a Sant’Urbano”<br />
e con la preghiera mentre si incendiano i fuochi d’arti?cio.<br />
Un carro di una contrada in cui si rappresenta il ciclo della lavorazione della lana.<br />
Sono il Banderese e la moglie a iniziare<br />
l’impasto del Pane Benedetto. A cottura<br />
avvenuta in un forno a legna, il pane si<br />
conserva sopra l’altarino di S. Urbano.<br />
Durante la preparazione si intonano i canti<br />
di S. Urbano (edizione degli anni ’60).<br />
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42<br />
Il gruppo dei parenti procede insieme<br />
al Banderese intonando i canti<br />
di S. Urbano.<br />
Donna con canestro in?orato.<br />
La preparazione dei carri e canestri<br />
Negli anni ’50 si diceva presso le famiglie dei parenti che bisognava “andare<br />
a trovare il Banderese”. Le donne preparavano un canestro di vimini ornato<br />
di ?ori e altre decorazioni al cui interno si mettevano cancellate, biscotti,<br />
pasta, olio, bottiglie di liquore e altro da donare al Banderese. Il canestro<br />
veniva poi portato il giorno 22 maggio a costituire l’insieme che avrebbe<br />
fatto parte del corteo. I canestri erano colmi di doni. Solo negli anni ’70<br />
i donativi sono scomparsi e il canestro è diventato solo un apparato decorativo.<br />
I canestri vengono preparati oggi dalle singole famiglie oppure<br />
dai comitati di contrada nelle case dove si radunano per diverse serate le<br />
persone che “fanno i ?ori”. Da gennaio inizia la preparazione dei ?ori di<br />
carta che impegna per molte ore di lavoro.<br />
Gli incontri a casa del Banderese<br />
È abitudine da qualche anno a questa parte che il Banderese organizzi<br />
incontri preparatori nella sua casa con la partecipazione del Sergentiere,<br />
i responsabili della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, i capicontrada e i parenti responsabili dei<br />
carri. Sono incontri dove si discute dell’organizzazione e si comunicano<br />
i temi dei carri delle contrade.<br />
5.3 Le Some di S. Urbano<br />
Domenica precedente il 23 maggio<br />
L’insieme dei prodotti raccolti con la questua e i donativi offerti costituivano<br />
le “Some” di S. Urbano, cioè le masserizie e i beni che permettevano lo<br />
svolgersi della festa. L’evidenza pubblica delle “Some” con una processione<br />
che assume tuttora i segni di un pellegrinaggio di ringraziamento al santo,<br />
era un modo di far conoscere al pubblico il risultato della questua. La teoria<br />
di persone con canestri, il vitello e montoni, i canestri con le uova ?no ai<br />
carri esibiva i beni alimentari e fondamentali per l’organizzazione della festa<br />
dove le scenogra?e e le decorazioni erano di mero supporto. Tuttora il corteo<br />
termina nella chiesa di S. Urbano dove si ringrazia il santo dell’abbondanza<br />
dei prodotti che poi vengono depositati negli spazi comunali. In altra<br />
occasione si è voluto accomunare questo rito con il trasporto del corredo<br />
matrimoniale, dove in effetti “le some della sposa” diventava l’esibizione<br />
pubblica della dote con una modalità comportamentale molto simile. Le<br />
robe alimentari: il pane, dolci, cancellate, uova, vino e altro signi?cavano la<br />
festa dei Banderesi più delle decorazioni ?oreali che, sembra, si siano sviluppate<br />
e affinate nell’immediato dopoguerra. Oggi questo rito è noto per le<br />
decorazioni e per la ricchezza scenogra?ca dei ?ori di carta, sia dei carri che<br />
dei canestri; l’allestimento dei canestri e dei carri diventa la più imponente<br />
occasione artistica che la società bucclanea conosce mentre il cibo, in quest’epoca<br />
di abbondanza, si è ridotto al solo signi?cato simbolico.<br />
Il rito di questo giorno è sicuramente quello più spettacolare con il coinvolgimento<br />
di oltre 1.300 persone come partecipanti e tutta la popolazione<br />
(o quasi) come spettatori. Il Banderese si sposta dalla sua casa di campagna<br />
dentro le mura del centro antico dopo che il suo corteo familiare si è ricongiunto<br />
con quello delle contrade nei pressi del campo sportivo.
Fuga dalla campagna?<br />
Alcune persone identi?cano questo giorno come “fuga dalla campagna” e<br />
reputano essere memoria di quella fuga della popolazione rurale nell’incombenza<br />
dell’assalto dell’esercito chietino all’interno del borgo forti?cato per<br />
cercare protezione dal Sergentiere. Ci sembra, invece, che questa interpretazione<br />
seppure affascinante contraddica la struttura del rito che come già detto<br />
sembra più ascrivibile ad una processione di “ringraziamento” coerente con i<br />
ruoli storici e la ?gura dei Banderesi.<br />
Un’interpretazione che ha avuto molto successo negli ultimi decenni mentre<br />
gli anziani parlavano di “trasporto delle some” di S. Urbano che si svolgeva<br />
il 22 maggio. In questo giorno il Banderese e la sua parentela si trasferiva dentro<br />
il nucleo storico dalla campagna portando i prodotti della questua che aveva<br />
raccolto tutto l’anno, cioè derrate alimentari e gli animali allevati (montoni<br />
e vitello) per celebrare la festa pubblica dentro il municipio o palazzo feudale<br />
e negli altri spazi cittadini. Si utilizzava la parola “soma”, cioè corredo o<br />
masserizia in analogia al trasporto festoso della dote nelle feste matrimoniali.<br />
L’evento assumeva un valore penitenziale di offerta al santo di quanto si era<br />
raccolto con un corteo simile ai pellegrinaggi che coinvolgeva la famiglia del<br />
Banderese e tutta la gente di <strong>Bucchianico</strong>. Le offerte erano presentate in forma<br />
magni?ca, con apparati decorativi e simbolici di antichissima origine con i<br />
cesti di vimini colmi di dolci, pasta e pane mentre i carri portavano il pane e<br />
il vino e altre robe che sono all’origine dello sviluppo coreogra?co attuale 20 .<br />
Negli anni ’50 del XX secolo Toschi descriveva il corteo così composto:<br />
- due tamburini ed un pifferario, duplice ?la di ragazze, giovani con<br />
vitello, giovani con i montoni, Carro del Pane con l’immagine, Carro del<br />
Letto, Carro con vettovaglie, Carro dei ?gli del Banderese dentro una capanna<br />
di frasche.<br />
Il programma della giornata<br />
In questo giorno il gruppo festivo si raduna nell’abitazione del<br />
Banderese si susseguono propedeuticamente:<br />
- ore 11,00 - cottura rituale della pasta presso l’abitazione del Banderese;<br />
alle ore 11,30 la moglie del Banderese insieme alle altre donne, prende<br />
43<br />
Il trasporto delle Some inniziava con<br />
una fanciulla che portava un mazzo<br />
di ?ori, un ragazzo con il quadro di S.<br />
Urbano, i montoni o vitello e due donne<br />
che portavano i canestri con le uova. Se -<br />
guivano gli altri canestri con i donativi<br />
e i carri.
44<br />
Prima di partire si pone il quadro di S.<br />
Urbano sul Carro del Pane<br />
Il Sergentiere incontra il Banderese e gli<br />
appunta il ramaietto sul petto.<br />
la pasta e processionalmente si reca davanti l’altarino di S. Urbano<br />
chiedendone la benedizione successivamente procede alla cottura;<br />
- ore 11,30 - banchetto rituale a casa del Banderese; al termine il<br />
Banderese e la moglie prendono il quadro di S. Urbano e lo collocano<br />
sul Carro del Pane. I parenti aiutano a caricare il Pane Benedetto sul<br />
Carro del Pane. Sotto lo scoppio di mortaretti il corteo parte.<br />
- ore 13,00 - raduno dei partecipanti nelle abitazioni dei “capicontrada”<br />
da dove iniziano i cortei di contrada;<br />
- ore 15,30 - raduno del gruppo festivo del Banderese e delle altre contrade<br />
presso il campo sportivo;<br />
- ore 17,30 - incontro tra il Sergentiere e Banderese con la consegna<br />
del Ramajetto;<br />
- ore 18,00 - arrivo nella chiesa di S. Urbano;<br />
- ore 19,00 - Ciammaichella in piazza Roma;<br />
- ore 19,30 - parata con i cortei delle singole zone di <strong>Bucchianico</strong>, con<br />
i carri e gruppi festivi;<br />
- ore 21,00 - trasferimento dai carri del quadro di S. Urbano, del Pane<br />
Benedetto, del Vino, del Letto e della Legna da parte dei familia -<br />
ri del Banderese e loro deposito dentro le sale comunali dette dei<br />
“Banderesi”.<br />
Il corteo<br />
Il corteo inizia con la famiglia del Banderese seguiti dalle offerenti<br />
dei cesti in?orati, i 4 carri tradizionali e gli altri delle contrade con un<br />
ordine stabilito per sorteggio alcuni giorni prima la s?lata. Tradizional -<br />
mente la s?lata avviene con il seguente ordine:<br />
1 - vitello in?occhettato, con la “Paranza”, preceduti da qualche anno da uomini<br />
a cavallo in abito tradizionale;<br />
2 - doppia ?la di bambini in costume che portano ?ori;<br />
3 - ragazzo in costume da “banderese” che porta l’immagine di S. Urbano;<br />
4 - giovani che portano ?ori;<br />
5 - il Banderese e i ?gli;<br />
6 - moglie del Banderese con gli altri familiari, di cui alcuni in abito tradizionale<br />
che portano l’ex-voto “Lu Lacce”;<br />
7 - parenti del Banderese che intonano i “canti di S. Urbano”.<br />
8 - due canestri pieni di uova con il pennacchio portati da fanciulle parenti del<br />
Banderese;<br />
9 - corteo in doppia ?la dei canestri, accompagnato da tamburini e suonatori di<br />
trevucette ;<br />
10 - carro del Pane;<br />
11 - carro del Letto;<br />
12 - carro del Vino;<br />
13 - carro della Legna;<br />
14 - ?no agli inizi del Novecento dopo questo carro ne s?lava un altro detto carro dei<br />
Suonatori al cui interno trovavano posto gli anziani e i bambini della famiglia<br />
del Banderese oltre ai suonatori; attualmente questo carro non viene più allestito<br />
a fronte di tanti altri “carri delle contrade” il cui tema interpretativo è libero e<br />
che s?lano con un ordine stabilito per sorteggio.
L’incontro tra il Sergentiere e Banderese<br />
Questo ordine si arricchisce del gruppo di ?guranti che accompagnano<br />
il Sergentiere dopo la consegna del Ramajetto composti da dame e soldati<br />
in abito medievale oltre ai tamburini.<br />
Prima del 1970 e quando la chiesa dell’Assunta o della Madonna di<br />
S. Spirito era agibile, il Sergentiere accoglieva il gruppo dei “banderesi”<br />
che “jave abballènne” all’interno della chiesa e dopo una breve orazione<br />
consegnava loro il “ramajetto”, un mazzetto di garofani, rametti di basilico<br />
e limoncina che ogni banderese appuntava al petto 21 . È un rito di<br />
comparaggio con il gesto simbolico che stringeva le persone alla fedeltà<br />
di gruppo simile a quella sottesa al comparaggio di S. Giovanni che si<br />
celebrava il 24 giugno di ogni anno 22 .<br />
Ci sembra poter ravvisare analogie tra questo rito e il giuramento dei<br />
“frati giurati” ovvero le reclute che dovevano formare le milizie urbane<br />
del Cinquecento che giuravano dopo l’invocazione dello Spirito Santo e<br />
ponendo le mani sui vangeli tenuti dal sindaco.<br />
Il rito attuale si svolge presso il monumento ai Caduti in Viale della<br />
Vittoria. Il Sergentiere parte con il corteo storico dalla piazza e scende<br />
in Viale della Vittoria. Il gruppo dei Musici e Sbandieratori precede il<br />
corteo storico, con gli alabardieri, balestrieri e damigelle. Il Sergentiere<br />
s?la al centro. All’incontro il Sergentiere saluta ad alta voce il Banderese,<br />
gli appunta sul petto il ramaietto e poi lo abbraccia. Successivamente il<br />
corteo si ricompone e si dirige nella chiesa di S. Urbano.<br />
Nelle Entrate partecipano il Banderese e i familiari.<br />
Le Entrate si fanno varcando per nove<br />
volte la Porta Santa girando attorno il<br />
perimetro esterno della chiesa.<br />
45
46<br />
Le bandiere si sono sempre consegnate<br />
sulla porta principale della chiesa<br />
(edizione degli anni ’50).<br />
Prima di “correre” nel Tizzo i concorrenti<br />
stabiliscono il turno con la conta.<br />
Il ringraziamento nella chiesa di S. Urbano<br />
Arrivati alla chiesa di S. Urbano il Sergentiere, il Banderese e i familiari<br />
entrano cantando in chiesa, si inginocchiano davanti il santo mentre il<br />
parroco guida la preghiera. Dopo la benedizione il gruppo esce e riprende<br />
il cammino per dirigersi in piazza dove svolgerà la Ciammaichella.<br />
5.4 La vigilia di S. Urbano<br />
24 maggio<br />
Come tutte le vigilie questo giorno è quello dell’attesa. La mattina la<br />
gente partecipa ai riti religiosi, si incontra negli spazi pubblici, ascolta<br />
la banda musicale, un tempo partecipava alla ?era degli animali. Un<br />
giorno di digiuno in cui il mangiare pesce alludeva al rigore quare -<br />
simale. La sera però inizia la grande attesa con l’apertura giubilare<br />
della Porta Santa, il fuoco d’arti?cio, il Tizzo e il banchetto a base di<br />
pesce. Ma ancora più coinvolgente era l’attesa ?no agli anni ’50 del<br />
Nocevento quando a sera inoltrata iniziava la “Mattinata”, un tripudio<br />
di musica per tutte le vie cittadine.<br />
<strong>Pro</strong>gramma<br />
ore 8,00 - apertura della festa con gli spari<br />
ore 17,30 - uscita dei banderesi<br />
ore 18,15 - consegna dei ramaietti a tutti i banderesi<br />
ore 19,00 - apertura della Porta Santa e cerimonia delle Entrate<br />
ore 20,00 - rinfresco presso il Municipio<br />
ore 20,30 - gioco del Tizzo in piazza<br />
ore 22,00 - banchetto a base di pesce della vigilia<br />
ore 23,00 - inizio della Mattinata con i ?gli del Banderese che dormi -<br />
vano in chiesa (rito oggi scomparso).<br />
La ?era di animali<br />
La mattina presto si apriva la ?era di animali lungo viale della Vit -<br />
toria: vacche marchigiane, montoni e agnelli, maiali erano legati sui<br />
bordi della strada tra le bancarelle mentre la banda musicale eseguiva<br />
i suoi brani nelle vie cittadine, inaugurando il giorno di festa. Non<br />
è escluso che i Banderesi del passato effettuassero il servizio d’ordine<br />
durante la ?era.<br />
L’apertura della Porta Santa, i fuochi e il Tizzo<br />
Il gruppo festivo entra in cripta mentre il parroco si pone sull’altare<br />
dove sono riposte le reliquie del santo. Si recitano le litanie lauretane.<br />
Il parroco apre la Porta Santa e pone la tavoletta sullo stipite. Durante<br />
il rito religioso il gruppo attende nella cripta e poi, uscendo da essa, si<br />
reca davanti la Porta Santa. A lato si trova la banda musicale. Entra per<br />
primo il Sergentiere e con il Banderese si inginocchia sull’altare per una<br />
breve preghiera. Dopo si rialza e va vicino una colonna dove si trova<br />
in?sso un bassorilievo raffigurante S. Urbano, poggia la fronte su di<br />
esaa ed esce. Il giro viene ripetuto per nove volte. Durante l’apertura
della Porta Santa si usa guardare la direzione del fumo degli spari: si<br />
dice che indichi la contrada dove abita il futuro banderese.<br />
La “Mattinata” dei Banderesi<br />
Fino ai primi decenni del Novecento dopo il Tizzo si svolgeva la<br />
Mattinata 23 che consisteva in un’esibizione musicale e stornelli che si<br />
svolgeva per tutta la notte per le vie del paese. Come scriveva il De Leonardis<br />
i suonatori venivano da tutta la provincia e passavano la notte in<br />
festa accompagnando i banderesi; gli uomini si recavano sotto le ?nestre<br />
delle abitazioni dei notabili e si esibivano con stornelli di saluto o di<br />
satira. Quest’aspetto goliardico e festoso dei Banderesi purtroppo si è<br />
perso pur essendo molto importante e tipico di tradizioni analoghe. La<br />
goliardia e lo scherzo caratterizza ancora oggi le feste degli Schützen<br />
che per le vie di Monaco di Baviera si esibiscono in giochi scherzosi al<br />
suono di musica; anche in S. Polo Matese del Molise c’era la tradizione<br />
della “Maitonata” con canti satirici e di derisione accompagnati con<br />
strumenti musicali.<br />
La “Mattinata” di <strong>Bucchianico</strong> si concludeva al sorgere del sole del<br />
25 quando i Banderesi si ricomponevano e andavano alla “prima messa<br />
dei Banderesi”.<br />
La prima messa dei Banderesi<br />
Il De Leonardis descrive chiaramente questo momento mentre alcune<br />
testimonianze orali raccontano dei ?gli del Banderese che pernottavano<br />
in chiesa. Non si hanno molte documentazioni ma l’usanza può essere<br />
ispirata all’incubatio dei cavalieri medievali. Scriveva il De Leonardis:<br />
“Dalla Chiesa, come le altre sere, alla casa del Banderese, dove in<br />
?n di tavola questi sorge a dire.<br />
Mettetevi in silenzio<br />
Cà v’avete da fa l’esame de cuscienzie<br />
Facete le cose bbone<br />
Cà, v’avete da fa la communione<br />
Di fatto, suonata appena la matinata, i Banderesi debbono vestirsi<br />
ed andare in Chiesa.(...)<br />
Nella chiesa due ore prima giorno i banderesi trovano pronti i confessori,<br />
accusano le loro colpe (credo anche quelle relative al vino non<br />
ancora bene digerito) e ne ottengono perdono. Dopo che la messa udita,<br />
il ricevuto pane eucaristico, e le ottenute indulgenze hanno confortato il<br />
morale dei Banderesi, fa uopo che si premunisca il loro ?sico, contro le<br />
smodate fatiche della giornata. All’oggetto tornano in casa del Banderese,<br />
e non ne escono, se non rimpinzati e brilli. (...) Verso le sei del mattino del<br />
25, tranquillizzate le coscienze e ristorati i corpi, la compagnia comincia<br />
a percorrere le molte, lunghe, scoscese, ed intricate vie del paese, e dopo<br />
averle ?late l’una dopo l’altra giunge in piazza” 24 .<br />
Scriveva il Bruni: “Nella Chiesa, due ore prima che spunti il sole,<br />
i Banderesi trovano pronti i confessori, i quali accusano le loro colpe<br />
(quelle della gola s’intende), ed udita la messa, ricevuto il pane euca -<br />
ristico, tornano a casa del banderese, e la lasciano quando sono bene<br />
satolli di cibo e di vino” 25 .<br />
Durante la Ciammaichella del 25 i<br />
banderesi usano destreggiarsi con le<br />
bandiere.<br />
47
48<br />
Le Passate si svolgono nelle vie storiche<br />
che nel passato conducevano alle sei porte<br />
e torri della cinta muraria.<br />
Nelle edizioni antiche i ceri portati dai<br />
Banderesi erano simili alle “torcie” votive<br />
utilizzate in molte feste abruzzesi.<br />
5.5 La Festa di S. Urbano I Papa<br />
25 maggio<br />
Oltre alla festa patronale che prevede tuttora i solenni riti religiosi, le<br />
varie messe tra cui quella solenne a cui un tempo partecipava l’abate di<br />
S. Maria Arabona, tutta la giornata si caratterizza per la Ciammaichella.<br />
Possiamo anzi affermare che questo è il giorno della Ciammaichella,<br />
un ballo rituale che si compone di diversi movimenti e azioni nell’arco<br />
di diverse ore. La Ciammaichella, trova i suoi riferimenti nelle danze<br />
armate del bahìo e degli schützen, con movimenti danzanti prettamente<br />
maschili in cui le coreogra?e contengono momenti di abilità ?sica,<br />
destrezza, ironia e gioco ?no ai passi cadenzati che si addicono ad una<br />
solenne processione. I Banderesi che percorrono le vie urbane a toccare i<br />
punti dove erano situate le sei torri della cinta muraria danzano a doppia<br />
?la, con la bandiera, in cerchio, gridano e accompagnano compìti la<br />
processione religiosa di mezzogiorno per ?nire in un lungo banchetto<br />
ristoratore con oltre cinquecento invitati che si protrae ?no a sera.<br />
I riti della giornata possono essere così sintetizzati:<br />
- 7,30 - messa dei Banderesi nella chiesa di S. Urbano e offerta dei<br />
Ceri;<br />
- 8,30 - colazione del gruppo festivo (dopo la messa);<br />
- 9,00 - premiazione dei carri e canestri migliori;<br />
- 10,00 - inizio del Ballo dei Banderesi;<br />
- 10,45 - consegna dell’Arma Santa al Sergentiere;<br />
- 11,00 - consegna dei Cavalli, degli Anelli e bandiere al<br />
Banderese;<br />
- 12,00 - processione religiosa con le reliquie del santo;<br />
- 15,00 - riconsegna delle bandiere.<br />
La colazione<br />
Dopo il digiuno eucaristico i banderesi si siedono a tavola e fanno<br />
colazione. Si usa mangiare lo spezzatino di carne al sugo di pomodoro<br />
a rimarcare un’antica tradizione alimentare festiva oggi purtroppo<br />
scomparsa: non solo brevi e rapide tazzine di caffè accompagnate da<br />
“cittadini” cornetti ma una succulenta pietanza che permette alle persone<br />
di sostenere gli sforzi ?sici della Ciammaichella.<br />
Premiazione dei carri e canestri<br />
Da alcuni decenni il concorso delle contrade per l’individuazione del<br />
miglior carro e migliori canestri nonchè del “Palio dei Banderesi” ha la<br />
sua conclusione in una premiazione pubblica dove vengono omaggiate<br />
le persone interessate. L’aggiudicazione avviene nel rispetto di un regolamento<br />
che il gruppo festivo ha elaborato insieme alla <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>. In<br />
questa circostanza è possibile osservare i migliori carri e canestri.<br />
La Ciammaichella<br />
Gli uomini vi partecipavano con l’abito della festa con sopra appuntate<br />
le bande rosse e azzurre e con il pennacchio di piume colorate. I più
giovani tuttora danno sfogo alla loro abilità virile nel correre, danzare<br />
con la pesante Banira e Stendardo , e tutti i movimenti che a ?ne giornata<br />
rendono ?ebili i muscoli delle gambe, doloranti i piedi e roca la voce<br />
per gli intensi urli. La festa è una gioiosa dimostrazione di virilità e di<br />
forza dai signi?cati iniziatici soprattutto per i più giovani che si sentono<br />
inseriti nel gruppo.<br />
I giri per le vie cittadine ovvero le “Passate”<br />
Si dice che i banderesi debbano compiere nove giri per le vie urbane<br />
così ripartiti:<br />
3 - liberi;<br />
3 - con i ceri;<br />
3 - con le bandiere.<br />
L’offerta dei ceri<br />
I Banderesi prima di ogni cosa offrono i ceri alla chiesa di S. Urbano.<br />
Dal cortile comunale, dopo la colazione, tornano nella chiesa depositando<br />
un cero votivo ai piedi del santo patrono. Un’analoga offerta dei<br />
ceri avviene il giorno successivo durante il Ringraziamento. Questo rito<br />
ricorda un antico obbligo del banderese nei confronti della Collegiata<br />
di Sant’Urbano.<br />
Consegna dell’Arma Santa<br />
Sulle scale della chiesa di S. Francesco, a lato del municipio, il sindaco<br />
affiancato da un vigile con il gonfalone comunale, consegna l’alabarda o<br />
arma santa o lancia al Sergentiere. Negli ultimi anni questo momento,<br />
diventato turisticamente noto, si è arricchito della partecipazione di<br />
sbandieratori, tamburini e militi in fogge medievali mentre il sindaco<br />
pronuncia una frase di affidamento delle armi richiamandosi al valore<br />
della difesa e identità culturale di <strong>Bucchianico</strong>.<br />
Dopo il 1970 questa consegna fu detta anche “investitura” del<br />
Sergentiere con il sindaco che consegnava una spada al Sergentiere così<br />
come era accaduto agli inizi degli anni ’60.<br />
Successivamente si è preferito tornare all’antico cerimoniale dopo che<br />
dai racconti orali era emerso che l’arma santa o lancia veniva affidata al<br />
Sergentiere da un esponente della borghesia locale, probabilmente in<br />
rappresentanza del sindaco, senza alcun rito di investitura. In effetti la<br />
cerimonia era una palese contraddizione con la tradizione storica.<br />
Visita nella casa di S. Camillo<br />
Dal 1970 è usanza che i banderesi durante i giri nelle vie cittadine,<br />
con il corteo storico, ricordino il concittadino S. Camillo de Lellis de -<br />
positando ?ori nella stalla dov’è nato durante la “messa solenne” di S.<br />
Urbano il 25 maggio 1550.<br />
Consegna degli Anelli, Banira e Stendardo e Cavalli<br />
Finita la cerimonia con il Sergentiere il gruppo si dirige verso la chiesa<br />
di S. Urbano. I tamburini aprono il corteo, il Sergentiere e Banderese<br />
sono seguiti dai suonatori di trevucette , tamburino e dagli altri mentre<br />
Durante la consegna degli Anelli e<br />
bandiere si usa spargere petali di rosa sul<br />
Banderese dal vano campanario.<br />
I genitori baciano i ?gli Banderesi dopo<br />
la consegna degli Anelli.<br />
Le reliquie di S. Urbano sono portate<br />
dai banderesi durante la processione del<br />
25 maggio.<br />
Nel 2004 il Sergentiere Camillo<br />
consegnò pubblicamente l’Arma Santa<br />
al ?glio Guglielmo che da quel momento<br />
assunse l’incarico di Sergentiere.<br />
49
50<br />
Il giorno 25 il gruppo festivo<br />
commemora la nascita di S. Camillo.<br />
Prima della riconsegna i giovani<br />
banderesi usano destreggiarsi abilmente<br />
con le bandiere.<br />
Il sindaco e parroco devono essere lesti<br />
nell’afferrare le bandiere durante la<br />
riconsegna.<br />
il pubblico si dirige velocemente nella piazzetta di S. Urbano.<br />
Sulla porta della chiesa due uomini tengono la Banira e lo Stendardo<br />
mentre il parroco attende con i paramenti sacri su un palchetto. Salgono<br />
i Banderesi e i familiari. Al suono degli spari e campane la mamma e la<br />
moglie del Banderese in?lano gli anelli al dito dei congiunti mentre le<br />
bandiere vengono date velocemente agli uomini che attendono sotto. Un<br />
urlo di evviva e subito sono alzate in una danza gioiosa mentre dal lato<br />
del palchetto spuntano i cavalli bardati su cui saliranno il Sergentiere,<br />
il Banderese e i ?gli. Suonano a festa le campane mentre dai fornici del<br />
campanile vengono lasciate al vento petali di rosa che si diffondono<br />
nell’aria come segno di gioia e fertilità.<br />
Un momento commovente, dove sotto il sole di maggio si fa a gara<br />
per vedere meglio mentre il parroco si impegna nel sermone. Subito i<br />
Banderesi partono per un ennesimo giro mentre la parte rimanente del<br />
pubblico entra in chiesa per la messa solenne.<br />
La processione religiosa<br />
Nell’Ottocento, stando alla descrizione del De Leonardis, la processione<br />
con il santo era il momento più importante della giornata quando<br />
la spettacolare s?lata religiosa con le reliquie del Santo vedeva insieme<br />
i confratelli delle confraternite religiose, la banda musicale, il clero e<br />
soprattutto i carri, la paranza e i Banderesi.<br />
La processione ci è descritta come un evento collettivo che non doveva<br />
discostarsi molto dalla struttura di quelle “processioni” barocche<br />
che sono state citate nei documenti seicenteschi, dove il coinvolgimento<br />
collettivo diventava imponente.<br />
Il santo patrono era onorato da tutti i ceti sociali che nella processione<br />
trovavano il loro posto e dove i Banderesi-contadini arricchivano<br />
lo spettacolo con i carri, gli zampognari e i pifferai.<br />
Dopo la processione i Banderesi facevano altri 2 giri e la ciammaichella.<br />
Scriveva il De Leonardis:<br />
“Ed eccoci allo s?lare della processione: primi i carri trionfali, contornati<br />
di torte, entro i quali suonano le zampogne, secondi i tamburrieri<br />
e pifferai, terza la paranza, quarti i Banderesi, indi i congregati fratelli<br />
colle rispettive Croci e insegne, poi la banda musicale, settimo il Santo<br />
e le sue ossa, ottavo il Clero, e da ultimo la falange delle solite donne,<br />
tutte vestite a festa, e divote in apparenza, ma civettuole in sostanza.<br />
Nella piazza, in questo che costituisce per i Banderesi il settimo giro,<br />
la Ciammaichella si ripete con pompa più solenne, perchè tra lo sparo<br />
delle batterie ed il suono delle campane, vi prendono parte attiva, an -<br />
che i carri, le congregazioni, la banda musicale, il santo e le sue ossa, il<br />
Clero, e le compunte veroniche, e le non pentite maddalene. (...) Dopo<br />
la processione i Banderesi compiono due altri giri e due Ciammichelle,<br />
e poi:<br />
Uh non mirando al torto più che al dritto<br />
Attendon solamente al lor pro?tto.<br />
Terminato il pranzo, di nuovo il ballo, indi la riconsegna della ban -<br />
diera, e salti e capriuole e canti e baccano innocente ed allegro, ed in<br />
ultimo la cena ed il letto” 26 .
La riconsegna delle bandiere e dell’Arma Santa<br />
Verso le 15,00 il gruppo festivo è allo stremo. La piazza si riempie<br />
di pubblico in attesa di vedere lo spettacolo più scherzoso e ilare della<br />
giornata. Sul balcone del convento di S. Camillo il sindaco e il parroco<br />
attendono pazienti quando il corteo sbuca da una delle strade cittadine,<br />
fa un giro in piazza capeggiato dal Sergentiere e dal Banderese a cavallo.<br />
I gruppetti di uomini alzano le bandiere, si esibiscono nell’ennesima<br />
danza per farli sventolare e velocemente si dirigono sotto il balcone.<br />
Avvicinano l’asta alle mani del parroco e del sindaco che, rapidi, cercano<br />
di afferrarla. Ma sono invani i loro tentativi: solo quando i banderesi<br />
decidono di riconsegnarla possono afferrarla e tirarla su. Uno scherzo<br />
spettacolare che richiama gli applausi del pubblico, ?nito il quale si va<br />
al banchetto.<br />
È usanza che il Sergentiere vada a cambiarsi di abito e per tale ragione<br />
viene accompagnato dai Banderesi a casa per tornare poi nelle sale<br />
comunali. Contestualmente lascia l’Arma Santa alla moglie.<br />
Le intemperanze del gruppo dei banderesi spesso irritavano il<br />
Sergentiere che in molte occasioni riprese il giro per il paese quando<br />
questi non riconsegnavano le bandiere: storico fu quell’anno in cui guidò<br />
il corteo ?no alla chiesa della Madonna del Carmine distante oltre due<br />
chilometri per poi tornare nel centro urbano dove ?nalmente i banderesi,<br />
esausti, riconsegnarono subito le bandiere.<br />
Il banchetto<br />
Tutti i partecipanti partecipano al grande banchetto che si tiene<br />
dentro la “Sala dei Banderesi” 27 e negli altri spazi comunali. La cucina è<br />
allestita in uno spazio attiguo ed è diretta da un cuoco/cuoca di ?ducia<br />
del Banderese. All’ingresso della Sala dei Banderesi si trova una piccola<br />
sala dove viene messo il “Quadro di S. Urbano” e il Pane Benedetto<br />
trasportato sul carro del Pane.<br />
La “castellana” e damigelle sono ?gure<br />
scenogra?che introdotte negli anni ’70.<br />
Negli anni ’70 invece dell’alabarda, il<br />
sindaco dava una spada al Sergentiere.<br />
Il ballo con le bandiere nella piazzetta di<br />
S. Urbano in un’edizione degli anni ’90.<br />
51
52<br />
I banderesi e Sergentiere durante il<br />
Ringraziamento davanti la chiesa di<br />
S. Maria Casoria che sorge sui resti<br />
dell’antico monastero carmelitano,<br />
chiuso nel 1652.<br />
Il Banderese e i banderesi lasciano i ceri<br />
nella chiesa di S. Camillo durante il<br />
Ringraziamento.<br />
Omaggio alla famiglia<br />
del Sergentiere<br />
La famiglia del Sergentiere non<br />
partecipava al banchetto in questo<br />
giorno e per tal ragione è tuttora<br />
usanza che prima di sedersi a tavola<br />
alcuni vassoi con le pietanze vengano<br />
portate a casa del Sergentiere<br />
dagli organizzatori.<br />
I ?guranti storici<br />
Dal 1970 i ?guranti del corteo sto -<br />
rico affiancano il Banderese nella<br />
premiazione dei carri e canestri e<br />
nella processione religiosa.<br />
5.6 La festa di S. Candida e del Ringraziamento<br />
26 maggio<br />
La parte della festa che si svolge in questo giorno è detta Festa del<br />
Ringraziamento o di S. Candida, tradizionalmente detta “mamma di<br />
S. Urbano”.<br />
In tono più dimesso e forse più autentico, in questo giorno si svolgono<br />
importanti riti nel territorio rurale. In questo giorno i Banderesi<br />
capeggiati dal Sergentiere svolgono simbolicamente il loro compito di<br />
“guardiani” del territorio recandosi in visita nelle chiese rurali, un tempo<br />
affiliate all’abbazia madre di S. Maria Maggiore e S. Urbano. La conclu -<br />
sione simbolica del rito avviene con la Benedizione dei Quattro Cantoni.<br />
Gli uomini partecipano con gli abiti civili, con sopra le bande rosse e<br />
azzurre, in semplici riti di ringraziamento lasciando nelle chiese rurali un<br />
cero votivo a dimostrazione del loro pellegrinaggio offrendo della festa<br />
l’aspetto più antico e meno turbato dalle intepretazioni turistiche.<br />
<strong>Pro</strong>gramma<br />
Si compone del seguente programma:<br />
- ore 8,00 - raduno a colazione del gruppo festivo nelle sale comunali;<br />
- ore 8,30 - pellegrinaggio del gruppo dei “banderesi” capeggiati<br />
dal Sergentiere e Banderese alle chiese di Madonna dell’Assunta, S.<br />
Chiara, Cappellina S. Camillo, S. Camillo e S. Francesco;<br />
- ore 11,00 - partecipazione alla messa nella chiesa di S. Urbano;<br />
- ore 12,00 - partecipazione alla Benedizione dei Quattro Cantoni;<br />
- ore 12,15 - pellegrinaggio alla chiesa della Madonna del Carmine<br />
e la Cappellina alla Calcara;<br />
- ore 13,00 - banchetto dei Banderesi nella sala municipale.<br />
Il Ringraziamento<br />
Il gruppo si reca nelle chiese rurali di S. Spirito, Madonna del Car -<br />
mine e la Calcara. <strong>Pro</strong>babilmente tra queste nel passato erano incluse<br />
le chiese di S. Martino, posta nella contrada Tella, di S. Cataldo posta<br />
nella contrada Casoni, di S. Marcello posta vicino Campo di Roma,<br />
tutte affiliate alla Prepositura di S. Maria Maggiore e S. Urbano.<br />
La dotazione di “cera” in queste chiese assolveva il compito di “ringraziamento”<br />
al santo per la riuscita della festa e per l’abbondanza.<br />
La Benedizione dei Quattro Cantoni<br />
Dopo la messa il parroco celebra la Benedizione dei Quattro Cantoni.<br />
La cerimonia si svolge nel seguente modo: - i fedeli si dispongono<br />
in doppia ?la all’interno della chiesa stringendo in mano una candela<br />
accesa ed escono processionalmente dall’ingresso principale; - quattro<br />
“banderesi” portano le reliquie di S. Urbano; - uscita la processione,<br />
il parroco si ferma rispettivamente all’imbocco di C.so Pierantonj, sul<br />
belvedere orientale, sull’imbocco di via S. Urbano ed il belvedere occidentale<br />
e sollevando le reliquie, benedice l’agro bucclaneo.
Chiusura della Porta Santa<br />
Dopo la messa, il parroco scende in cripta e chiude la Porta Santa.<br />
Verrà riaperta solo il 24 maggio dell’anno successivo.<br />
5.7 La Partenza<br />
27 maggio<br />
Chiusa la festa il Banderese ritorna alla ritualità privata; il giorno<br />
della partenza, come il nome malinconico suggerisce, riguarda il viaggio<br />
di ritorno che il Banderese fa per ritrasferirsi nella sua abitazione privata<br />
di campagna. Uno svolgimento di trasloco di antica memoria a cui il<br />
contadino-mezzadro era abituato ad affrontare quando si trasferiva da<br />
una masseria all’altra e che questa volta è ritualizzato. Dal municipio<br />
si tolgono tutte le masserizie, dopo aver nettato le sale e il cortile. La<br />
mattina si svolge il lavoro di riordino, dove le persone rassettano gli<br />
spazi nel clima malinconico ed esausto del dopo festa ?no a mezzogiorno.<br />
Il Banderese e la moglie prendono l’icona del santo uscendo dal<br />
municipio e si recano nella chiesa di S. Urbano. Li attende la preghiera<br />
del saluto.<br />
Un gesto antichissimo di rispetto e schietta devozione. All’uscita il<br />
corteo si licenzia dai cittadini bucclanei con un’offerta di “cancellate”<br />
e vino, in un centro ormai quasi deserto nei giorni feriali.<br />
È usanza infatti che il Banderese offra ai passanti i dolci rimasti a<br />
dimostrazione della conclusione del suo compito di “amministratore”<br />
del bene pubblico ricavato dalla questua.<br />
Ordine di s?lata nella Partenza<br />
Il gruppo festivo segue il Banderese e la moglie che portano a braccio<br />
il quadro di S. Urbano, seguono le donne con i canestri e gli uomini che<br />
offrono dolci, pane e vino ai passanti.<br />
Negli anni ’60 il Sergentiere Vincenzo<br />
dismise il suo antico abito e utilizzò un<br />
altro che si affittava nelle sartorie di<br />
Cinecittà.<br />
53
54<br />
Prima della Partenza il Banderese<br />
e la moglie entrano in chiesa portando<br />
il quadro di S. Urbano.<br />
La preghiera del saluto<br />
Prima che il Banderese con il suo gruppo torna a trasferirsi dal municipio<br />
alla sua abitazione, si recita la preghiera del saluto dentro la chiesa<br />
di S. Urbano. Finita la preghiera il gruppo esce dalla chiesa camminando<br />
all’indietro.<br />
NOTE<br />
16De Leonardis.<br />
17Verbale sull’elezione dei nuovi amministratori comunali del 25 agosto 1765. A.C.B.,<br />
Libro dè Parlamenti Antichi.<br />
18De Leonardis.<br />
19Di Ruscio, pag. 2.<br />
20Di Nola.<br />
21Nella festa dei Ceri di Gubbio si usa consegnare un “mazzolino di ?ori” ai ceraioli<br />
che vengono appuntati dagli stessi sulle rispettive camicie.<br />
22Durante la festa di S. Giovanni e soprattutto durante la mietitura, i ragazzi e ra -<br />
gazze potevano legarsi a “cumpare” e “cummère” in un vincolo quasi parentale tant’è<br />
che tra ?ndanzati si evitava il rito perchè il futuro matrimonio poteva essere considerato<br />
incestuoso. Le due persone di scambiavano un “ramajetto” e stringendosi per il mignolo<br />
ripetevano:<br />
Cumpare e comparozze<br />
Faciémece le nozze<br />
La notte de Natale<br />
Faciémece a cumpare.<br />
Il mazzolino era confezionato con ?ori di campo raccolti occasionalmente. Il mazzetto<br />
poteva essere recapitato all’altra persona che poteva ricambiare nello stesso giorno oppure<br />
il 29 giugno, festa di S. Pietro e Paolo. Il vincolo era valido per tutta la vita. “Diciave<br />
l’anzijne: mò v’avete fatte a cumpare; v’aveta purtè respette e n’aveta leteghè”.<br />
23La matinè era in voga in altre località abruzzesi.<br />
24De Leonardis.<br />
25Bruni, pag. 55.<br />
26De Leonardis.<br />
27La sala fu ricavata nel 1990 in una cantina del municipio ex-convento francescano<br />
?no allora abbandonata per opera del banderese Gentile Luigi Giorgio. La sala ha in<br />
evidenza le strutture medievali con gli interventi di consolidamento post-terremoto del<br />
1703. Da pochi anni al suo interno vi sono state in?sse alcune tavolette di ceramica che<br />
ricordano i banderesi delle passate edizione festive.
VI I<br />
RITI<br />
L’invito<br />
È tradizione che il Lunedì di Pasqua il Banderese inviti alla Festa i parenti<br />
e le autorità. Contestualmente alla questua. I gruppi dei questuanti<br />
si recano nelle case e distribuiscono le pizzette di S. Urbano ricevendone<br />
in cambio un’offerta di denaro.<br />
Nel passato era il Banderese che si recava nelle case degli interessati e la -<br />
sciava in dono la “pizzetta di S. Urbano”, una focaccia di farina bianca.<br />
Si racconta che la distribuzione era circoscritta al vicinato. Qualche<br />
giorno dopo si ricambiava portando il canestro con doni (uova, cancellate,<br />
bottiglie di olio o altro); si diceva che le donne “anome jave a ttruvé lu<br />
bbannaraise”.<br />
Il trasporto delle Some<br />
Il trasferimento del gruppo festivo dalla valle all’alto della collina dov’è<br />
situata la chiesa di S. Urbano assume il senso di un pellegrinaggio penitenziale<br />
di invocazione della protezione del santo.<br />
Solo negli anni ’70 si è concretizzata una trasformazione interpretativa<br />
di questo rito che già negli anni ’50 cominciava ad emergere nella società<br />
bucclanea. Per molti il rito era una “fuga dalla campagna” che assumeva<br />
un valore turistico da proporre ad un pubblico di spettatori. Era un’interpretazione<br />
sostenuta più dalle persone esterne al mondo contadino che in<br />
quei riti vi trovavano i segni di un’arcaica usanza contadina della tradizione<br />
abruzzese, già notata dai primi viaggiatori europei di ?ne Ottocento. Il<br />
gruppo salmodiante assomigliava più ad un gruppo del “contado” che<br />
si trasferiva nel centro storico per cercare rifugio e non pellegrini che<br />
invocava la protezione per il raccolto e la pace. Il corteo prendeva le forme<br />
più spettacolari che potevano richiamare turisti, più inclini ad essere<br />
incuriositi dalla “fuga” dalla campagna; si produssero depliant illustrativi,<br />
trasmissioni televisive e radiofoniche che cercavano di far conoscere la<br />
festa al grande pubblico, sino a modi?care la data festiva. Con il tempo<br />
si affievolì la memoria ?no a cambiare la denominazione del rito che da<br />
“trasporto delle Some di S. Urbano” diventava “fuga dalla campagna”,<br />
?no a ridurre il senso religioso della celebrazione.<br />
Il Perdono e la cerimonia delle Entrate<br />
Il rito penitenziale che si svolgeva con l’apertura della Porta Santa con<br />
persone che si trascinavano sulle ginocchia dall’ingresso ?no al reliquario<br />
del santo e poi baciare l’icona in?ssa nella colonna, conferma il grande<br />
pathos dei fedeli. La chiesa di S. Urbano, come primo e più antico san-<br />
Il pane tipico del carro.<br />
Il vitello viene addestrato durante l’anno<br />
e abituato al rullìo del tamburo<br />
per evitare che si spaventi durante<br />
il trasporto delle Some.<br />
55
56<br />
In ogni Entrata il Sergentiere e<br />
Banderese sostano in preghiera davanti le<br />
reliquie del santo.<br />
Il Banderese bacia l’immagine di S.<br />
Urbano durante le Entrate.<br />
tuario di <strong>Bucchianico</strong>, accoglieva i pellegrini dai comportamenti simili a<br />
quelli di altri santuari.<br />
La ronda con il tamburo<br />
La ronda con il tamburo interessa solo le vie principali del centro antico<br />
dove i banderesi svolgono le “passate”.<br />
L’apertura della Porta Santa<br />
Il “perdono” così come sinteticamente ci è giunto dagli scritti ottocenteschi<br />
doveva coincidere con l’apertura della Porta Santa all’interno della<br />
chiesa di S. Urbano. Una tradizione afferente più la catechesi celestiniana<br />
e che trova molti esempi in Abruzzo. In effetti in <strong>Bucchianico</strong> si ha testimonianza<br />
dell’esistenza di una “Porta Santa” nel 1827 28 all’interno della<br />
Chiesa di S. Urbano e dell’usanza di lucrare indulgenze il 14 e 15 agosto<br />
nella chiesa dell’Assunta 29 .<br />
La cerimonia ha inizio alle ore 19,00 di ogni 24 maggio nella cripta<br />
di S. Urbano.<br />
Si esegue nel seguente modo:<br />
- la Banda Musicale si schiera all’esterno della Porta Santa,<br />
- il parroco insieme al Sergentiere, il Banderese ed i parenti, entrano<br />
in cripta,<br />
- il parroco dirige nella recitazione delle litanie e dopo apre la Porta<br />
Santa dall’interno,<br />
- il corteo, capeggiato dal Sergentiere, esce dalla cripta dalla porta<br />
principale d’ingresso e circumvallando il perimetro della chiesa rientra<br />
dalla Porta Santa per nove volte di seguito sostando in preghiera davanti<br />
le reliquie di S. Urbano.<br />
La cerimonia è iniziata dal Sergentiere, Banderese, i figli e i<br />
“banderesi”.<br />
I parenti con i familiari del Banderese la ripetono appena il gruppo<br />
festivo ha terminato.<br />
Mentre si apre la Porta Santa ha luogo lo sparo e la Banda Musicale<br />
esegue un brano musicale.<br />
La cripta fu ricostruita tra il 1759 e 1783 dall’architetto nordico Giu -<br />
seppe Boltrini e non è escluso che l’organizzazione planimetrica e la disposizione<br />
delle porte di accesso siano state determinate dalle necessità<br />
del rito. Il pubblico partecipa in preghiera e attende che il gruppo festivo<br />
compia i nove giri attorno alla chiesa per lucrare l’indulgenza plenaria. Si<br />
vive un momento di grande pathos e religiosa partecipazione soprattutto<br />
quando i partecipanti si inginocchiano davanti le reliquie del santo patrono<br />
e poi appoggiano la fronte su un bassorilievo in bronzo in?sso in una<br />
colonna della cripta a chiedere protezione. Si dice infatti che Sant’Urbano<br />
sia protettore contro il mal di testa.<br />
Sull’apertura della Porta Santa scriveva il Bruni.<br />
“Ed eccoci alla sera del 24 Maggio, vigilia della festa. C’è nella cripta<br />
di S. Maria Maggiore o di Sant’Urbano, la Porta Santa, la quale si apre<br />
una volta all’anno, e proprio la vigilia della festa dopo i vesperi. Fare le<br />
entrate signi?ca uscire di la parecchie volte (cinque o nove) per rientrare<br />
nella Chiesa da un’altra porta. La compagnia dei banderesi va nella Chiesa,
non per pregare soltanto, ma per fare le entrate, ed allorchè essi sono sul<br />
limitare del Tempio si genu?ettono, e, strisciando colle ginocchia ?no<br />
all’altare del Santo ne baciano la predella. Indi si levano, e si apprestano<br />
ad una colonna ov’è incastrata una statuina in bronzo del Patrono, che<br />
baciano con gran devozione. Dalla Chiesa, a due a due, vanno alla casa<br />
del Banderese, ed in ?n di tavola costui dice:<br />
Metteteve in silenzio<br />
Che v’avete da fa l’esame di cuscienze<br />
Facete le cose bbone<br />
Ca v’avete da fa la cummunione” 30 .<br />
L’indulgenza<br />
Alcuni documenti conservati nell’archivio comunale di <strong>Bucchianico</strong><br />
riguardano la concessione di un’indulgenza nel 1818 da parte del cardinale<br />
Scotti che poteva essere lucrata nelle 5 festività della Vergine e nei giorni<br />
della festa di S. Urbano con estensione all’ottava.<br />
La bolla è la seguente:<br />
Reverendissimo Padre<br />
Si supplica la S.V. a degnarsi concedere Indulgenza plenaria perpetua pro omni -<br />
bus, applicabile anche in suffragio dei fedeli defunti, visitando la Chiesa di S. Ma -<br />
ria Maggiore, e di S. Urbano PP. e Martire <strong>Pro</strong>tettore della Terra di <strong>Bucchianico</strong><br />
nella Diocesi di Chieti nelle sette Festività della Beata Vergine e quindici giorni<br />
prima, e quindici giorni dopo la Festa del detto S. Urbano che videlicet<br />
= Ex Audentia Sanctissimi Die 30 Junii 1818 =<br />
Sanctissimus Dominus Nostris Pius PP. VII. Omnibus utriuque Jesus Xpti ? -<br />
delibus vere paenitentibus confessis, ac S. Communione refectis, qui supradicta<br />
Ecclesiam, in singulis B. Maria V. Festivitatibus in Kalendario Romano descrip -<br />
tis, nec non in Festo S. Urbani devoti visitaverint, ibique per aliquod temporis<br />
spatium juxta Mensem Sanctitatis sue pii oraverint, Indulgentiam Plenariam,<br />
Fidelibus quoque Defunctis applicabilem tam in quinque Festis diebus B. M.<br />
V. de precepto, quam in Festo S. Urbani, ac Indulgentiam Septem Annorum,<br />
totidem quam Quadragenarum in reliquis ejusdem B.M.V. Festivitatibus, incipi -<br />
endem a primis Vesperis usque ad Occlasum Solis predictorum Dierum benigne<br />
in Perpetuum concessit absque ulla Brevis expeditione; cum extensione etiam<br />
Indulgentia Plenaria ad totam Octavam Festi S. Urbani semel tantum spatio<br />
prefatorum octo dierum ab Unoquoque lucrandam.<br />
Datum Rome ex Secreteria Congregationis Indulgentiarum.<br />
Sua Paternità Cardinali Scotti<br />
Angelus Costantis Secretarius<br />
La Mattinata o Maitonata<br />
La Mattinata che si svolgeva nella notte tra il 24 e 25 maggio attirava<br />
in <strong>Bucchianico</strong> frotte di musicanti e cantori che si esibivano nelle vie del<br />
centro urbano. Una vera “notte bianca” ante-litteram dove la goliardia dei<br />
partecipanti esprimeva una festosità di origine medievale che trova tuttora<br />
modelli nell’Europa centrale.<br />
Per tutta la giornata del 24 e ?no all’alba del 25 gli zampognari, tam -<br />
burini, pifferai, clarinettisti, contrabbassisti e violinisti si esibivano per le<br />
strade cittadini accompagnando i gruppi di banderesi che improvvisavano<br />
57
58<br />
Decreto di concessione dell’Indulgenza Plenaria del 30 giugno 1818 concessa da Papa Pio VII conservato nell’archivio<br />
storico del comune di <strong>Bucchianico</strong>.
stornelli sotto le ?nestre delle abitazioni delle persone di riguardo e altri<br />
cittadini a volte con tono scherzoso.<br />
Si formavano gruppi: tamburini con pifferai; zampognari con suo -<br />
natori di pive; i suonatori di strumenti a ?ato con violini. Di questi<br />
gruppi si hanno testimonianza da documenti archivistici uno dei quali<br />
del 1829 in cui sono enumerati 67 suonatori tra violinisti, pifferari,<br />
zampognari e tamburini che si esibivano durante la sera, notte e gior -<br />
no tra il 24 e 25 maggio. I suonatori erano pagati dall’Università che<br />
voleva così solennizzare l’evento. I Banderesi partecipano alla Mattinata<br />
ma ne erano più spettatori che attori e probabilmente così come<br />
i Bangards , gli Schützen e Saltner , anticamente ne garantivano l’ordine<br />
ed evitavano risse.<br />
Dopo la mezzanotte del 24 maggio i musici di pifferi e tamburi<br />
annunciavano la “Mattinata”, subito dopo la Paranza si recava sotto<br />
la ?nestra dell’abitazione del Sindaco e si esibiva con un ballabile alla<br />
cui conclusione iniziavano con gli stornelli. In tutte le vie del centro<br />
urbano e per la notte intera era un continuo stornellare dei convenuti,<br />
ospitati dal Banderese.<br />
Scriveva il De Leonardis: “È obbligo del Banderese di far trovare,<br />
più volte al giorno, tavola imbandita, a tutti coloro che vengono a<br />
suonare per la festa. Sin dal mattino del 24 il paese ne è popolato. Ci<br />
si scorgono tutte le gradazioni dei musicisti, dei quali, se Dante fosse<br />
vivo, empirebbe un novello inferno, con tormentati, però, non peccatori<br />
ma innocenti. Non è angolo del paese dove non si faccia musica, e<br />
che musica! Quinci una zampogna, quindi una stridula piva; di su e di<br />
giù crocchi di tamburrieri, e di giù e di su crocchi di pifferai: di là un<br />
clarino rafforzato dai rintocchi di un contrabasso, e di quà un violino<br />
accompagnato da un corno antico ed ammaccato: a ponente quel suonatore<br />
seduto, solfeggia sopra un acciarino, e a levante, raccolto in sè,<br />
l’altro si sforza d’imparare sulla tromba la scala dei tuoni: a settentrione<br />
quella voce fessa è di un vecchio trombone, e a mezzogiorno quel cupo<br />
rimbombo parte da un informe catubba. Insomma da per ogni dove è<br />
armonia strana, e sugli istrumenti si batte forte ?no a sconquassarli, o<br />
ci si soffia dentro con tanta veemenza, come il mantice nella fucina. E si<br />
soffia e si batte a perditempo, per intronare le orecchie, per sconvolgere<br />
le menti, e per costringere a bestemmiare e maledire. Ci sono dei mo -<br />
menti però, nei quali i musici si riuniscono per categorie: quella delle<br />
zampogne e pive; l’altra dei tamburi e pifferi; e l’ultima degl’istrumenti<br />
da corda e da ?ato, ed allora, Dio ti liberi!<br />
Treman le spaziose caverne<br />
E l’aer cieco a quel rumor rimbomba<br />
Uno di questi momenti è dalla mezzanotte in poi. Sarebbe l’ora<br />
del riposo, ma è stabilito che la notte del 24 Maggio, in <strong>Bucchianico</strong>,<br />
non devesi dormire, e per Pluto! non si dorme. Appena scoccate le<br />
dodici, i tamburi e i pifferi aprono la campagna, ed annunziano l’im -<br />
minente maitonata o mattinata. Eccoti un altro vocabolo strano che<br />
io ti spiegherò dicendoti, equivalere nel tempo stesso a serenata ed a<br />
saluto. Quell’accozzaglia d’istrumenti da corda e da ?ato, volgarmente<br />
chiamata Paranza, un quarto d’ora dopo andati i tamburi, vien sotto<br />
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60<br />
I banderesi fanno le Passate in ?la<br />
singola o doppia.<br />
la ?nestra e suona un ballabile, nel quale non si arriva a raccapezzare il<br />
tuono e il tempo. Come lo potresti, se ciascun componente la paranza,<br />
ha illimitata facoltà, e l’esercita, di suonare a quel tuono che meglio gli<br />
piace, e con quel tempo che meglio crede?<br />
Cessata la musica comincia il canto con accompagnamento idem.<br />
Attento,<br />
Appresso a oggi ca ci viene domane<br />
Ringraziamo Dio e Sant’ Rubane<br />
Questi due versi di rubrica, e sono come la introduzione, poi:<br />
Quante mi piace l’udore dillu mele<br />
Li bon giorne li lascie a Raffaele,<br />
E quante mi piace l’udore di la castagne<br />
Li bon giorne li lascio alla compagne,<br />
E quante mi piace la vista di la caniglia<br />
Li bon giorne li lascio alla famiglia.<br />
E così, via, via, ?no a farsi piacere, il grave ed affettuoso cantore,<br />
non so quante altre cose capaci di ispirargli una rima. È inutile dire<br />
che il primo saluto è riserbato al Sindaco, da sotto la casa di cui parte<br />
la mattinata” 31 .<br />
La Ciammaichella ovvero il ballo dei Banderesi<br />
I Bucchianichesi per indicare i movimenti rituali dicono: “le bban -<br />
narejse vè bballènne”, (i banderesi vanno ballando), alludendo alla globalità<br />
dei riti. Per Ciammaichella intendono il procedere a zig-zag nella<br />
piazza secondo un movimento rituale ben documentato anche nelle<br />
descrizioni ottocentesche. Pur tuttavia la denominazione “Ciammai -
chella” assorbe tutto il movimento coreutico quasi ad indicare l’intera<br />
forma del ballo che si compone di diversi movimenti.<br />
Il correre per le vie del centro antico, per nove volte di seguito, del<br />
gruppo dei Banderesi nei vari giorni di festa costituisce il “ballo dei<br />
Banderesi”. Il Ballo viene eseguito oggi da almeno 200 coppie di uomini<br />
in abito rituale, da suonatori di tamburo, pifferi, chitarra e violino, e<br />
si compone dei seguenti movimenti:<br />
- la Ciammaichella,<br />
- s?lata in doppia ?la con gli Evviva, gridati in cerchio,<br />
- movimento delle Capriole o le capetummele ,<br />
- ballo con le bandiere,<br />
- interruzioni per i “complimenti”,<br />
- gioco del Tizzo.<br />
Scriveva il Bruni: “in ognuno di questi, verso le 5 pom., le cinquanta<br />
e più coppie d’invitati si radunano nella piazza pronte al ballo. I tamburi<br />
ed i pifferi danno l’aire, e le coppie, saltando, si rincorrono senza posa<br />
per tutte le strade del paese.” 32<br />
Esaminando complessivamente i movimenti rituali dei Banderesi ci<br />
si accorge della complessità dei passi e del loro ordine biunivoco che<br />
esiste tra movimento di danza e spazio urbano:<br />
- nella piazza si esegue la Ciammaichella, il Tizzo ed il ballo delle<br />
bandiere;<br />
- nella piazzetta di S. Urbano si esegue il ballo delle bandiere;<br />
- nelle vie urbane si cammina a passo in doppia ?la, correndo, ese -<br />
guendo le Capriole e gridando gli Evviva.<br />
Ne viene alla luce una tipologia di ballo maschile nel quale alcuni<br />
elementi della danza armata (o moresca) o con le bandiere, si fondono<br />
a movimenti magici, come la Ciammaichella 33 , ed il Tizzo, di forma<br />
circolare di chiara allusione erotica o comunque propiziatoria, legata a<br />
riti di magia imitativa. Il cerchio, simbolo della città murata, ma anche<br />
della vita, viene difeso correndovi intorno ed acciuffandovi il nemico;<br />
e così doveva essere, secondo i presupposti della magia imitativa 34 per<br />
il nucleo antico della città difeso dalla cinta muraria che in caso di<br />
assedio, doveva essere liberata.<br />
I complimenti<br />
Le famiglie amiche o i parenti del Banderese usano ancora oggi offrire i<br />
“complimenti” al gruppo festivo che consiste nell’offrire dolci o bocconcini<br />
con salumi e bevande ai partecipanti durante i giri per le vie urbane.<br />
Dar da bere - emerge l’abitudine delle famiglie, cioè di privati citta -<br />
dini, di offrire cibo ai “banderesi”. La consuetudine, assunta ad un gesto<br />
di gentilezza in realtà è memoria di antichi obblighi verso i “banderesi”<br />
che erano sostenuti e rifocillati dalle famiglie amiche. È sempre il clan<br />
famigliare a sostenere l’impegno almeno 8 volte durante la vigilia del 24<br />
maggio, come diceva il De Leonardis alla ?ne dell’Ottocento quando<br />
venivano offerti ai banderesi “piatti ricolmi di ciambelle, di pezzi di formaggio,<br />
di salame” con vino.<br />
61<br />
La “ciammaica”<br />
Finora non siamo riusciti a tro -<br />
vare analogie tra lo svolgimento<br />
coreutico della festa e il piccolo<br />
mollusco che vive nel territorio<br />
bucclaneo. Nel Settecento una famiglia<br />
con il cognome “ciamma -<br />
glica” e “ciammaglichella” esisteva<br />
in <strong>Bucchianico</strong> ma nessun nesso si<br />
è rivenuto tra essa e la tradizione<br />
festiva. Questi molluschi terrestri,<br />
però, erano alla base di numerose<br />
ricette alimentari per combattere<br />
la fame nei periodi di carestia. La<br />
selvaggina e le risorse naturali diventavano<br />
fondamentali quando le<br />
piante coltivate e gli animali d’alle -<br />
vamento scarseggiavano nei periodi<br />
carestosi.
62<br />
I banderesi che s?lano in doppia ?la.<br />
La Ciammaichella<br />
La Ciammaichella viene oggi svolta anche durante il corteo dei ca -<br />
nestri e carri in?orati e fu iniziata, sembra dalle testimonianze popolari,<br />
nel 1954 35 .<br />
Dalla chiesa di S. Francesco in poi il corteo esegue la Ciammaichella,<br />
che consiste nel percorrere la piazza in senso trasversale, con movimenti<br />
a zig-zag. Per ordinare i movimenti, quattro alabardieri della milizia si<br />
dispongono alle estremità della piazza e dirigono i movimenti. Finita la<br />
Ciammaichella, il Sergentiere, il Banderese ed il suo gruppo, salgono sul<br />
palco. Gli altri partecipanti si dirigono in via Pizzoli, percorrono il belvedere<br />
e si ridispongono all’imbocco della piazza per ripetere la s?lata.<br />
Finita la s?lata il Banderese si reca all’ingresso del municipio per scaricare<br />
il Pane Benedetto. Insieme alla moglie, il Banderese porta l’icona<br />
di S. Urbano dentro la sala municipale mentre gli altri parenti portano il<br />
Pane benedetto. Finito il rito riaccompagna il Sergentiere nella propria<br />
abitazione.<br />
Nei documenti archivistici si parla di “Ciammaglichella” nel 1811 come<br />
forma spettacolare mentre il patronimico “Ciammaglica o Ciammagli -<br />
chella” è evidente nei catasti del sec. XVII di <strong>Bucchianico</strong>. A rafforzare il<br />
valore magico del Ballo c’è anche l’inscindibile rapporto con i numeri: un<br />
giro per le vie cittadine la sera del 24 maggio e ben nove giri il 25 maggio,<br />
da scomporre in 3 movimenti liberi, 3 con i ceri e 3 con i vessilli. Il corteo<br />
dei Banderesi avvolge il centro antico con i 9 movimenti, toccando le sei<br />
porte (punti di importanza strategica militare e difensiva), garantendone<br />
la protezione.<br />
Scriveva De Leonardis sulla ciammaichella:<br />
“Figurati la nostra piazza solcata da tante linee, l’una delle quali dista<br />
dall’altra un cinquanta o sessanta centimetri. Ebbene: la compagnia le<br />
calca e le percorre tutte, dalla prima alla seconda, da questa alla terza e,<br />
via via, ?no all’ultima. È un ripiegarsi continuo della compagnia, un vai e<br />
vieni, è un zig-zag che mette il capogiro. Questa specie di serpeggiamento<br />
non una ma ben nove volte si ripete, sempre però, inframmettendoci la<br />
escurzione per le strade tutte del paese”. 36<br />
Come si fa la Ciammaichella<br />
L’intero “ballo dei Banderesi”, come si ripete in questo modo:<br />
- tre giri liberamente;<br />
- tre giri con i ceri;<br />
- tre giri con le bandiere. Questi giri erano detti “Passate”.<br />
Scriveva il De Leonardis:<br />
“Dissi pure che nove volte si ripete la Ciammaichella, ed ora debbo<br />
aggiungere, la Compagnia tre volte andare colle mani penzoloni, e tre<br />
volte dopo, portare le torce di cera, di cui si fa regalo al Santo. Al cominciare<br />
dei secondi tre giri, due ?gli del Banderese montano in sella, sopra<br />
placidissimi e ben guarnimentati ronzini; e, l’uno prende posto in testa<br />
alla compagnia, ma sempre dietro al Sargentiere, e l’altro, fanno da staf-<br />
?eri i baldi pedoni, scambiando tra loro, di cinque in cinque minuti, un<br />
così onori?co ufficio. Alla ?ne del sesto giro, che coincide coll’ora della<br />
Messa solenne, i Banderesi vanno in Chiesa e restano genu?essi durante
la funzione. Poi consegnano le torce, e ricevono dalle mani del Sindaco,<br />
o chi per esso, la bandiera e lo stendardo” 37 .<br />
Il Tizzo<br />
Una prova di forza ma anche uno scherzo è il gioco del Tizzo. La sera<br />
del 24 i Banderesi si dirigono in piazza in doppia ?la, cominciano a fare<br />
la ciammaichella ?no a quando il Sergentiere e i Banderesi si dispongo -<br />
no al centro della piazza. Il gruppo, superata la confusione comincia a<br />
disporsi in cerchio con gli uomini rivolti verso l’interno di esso che si<br />
stringono ?no a toccarsi i gomiti. Intanto il pubblico si stringe al cerchio<br />
lasciando uno spazio anulare all’interno del quale andranno a correre i<br />
Banderesi. Di una corsa si tratta: due concorrenti cercano di prendersi a<br />
turno dopo una corsa attorno al cerchio di uomini, giocando di abilità.<br />
I due Banderesi davanti al Sergentiere tirano a sorte a chi sarà il primo,<br />
subito il primo si dispone fuori dal cerchio, si china, si nasconde tra gli<br />
uomini, cerca di non farsi vedere al suo “nemico” ma ecco che l’abilità<br />
dell’altro lo sorprende ed è costretto a correre per non farsi prendere.<br />
È un gioco ilare dove la destrezza dei concorrenti giovani spesso si<br />
scontra con la goffa e simpatica esibizione dei più attempati e panciuti<br />
banderesi che corrono l’uno dietro l’altro. Corrono anche i bambini<br />
quando i lampioni nella sera cominciano a rischiarare la piazza e le luci<br />
del tramonto sono sostituite da quelle arti?ciali. Corrono gli anziani<br />
senza tema di essere derisi. Nessuno del pubblico si lascia andare ad una<br />
tifoseria scorretta ma tutto esprime una semplice ilarità.<br />
“Attezzà” in bucchianichese signi?ca aizzare. I “banderesi” dicono<br />
“jaime a ffè ttizze” (andiamo a fare il Tizzo). Sembrerebbe che l’origine<br />
etimologica di Tizzo (parola italianizzata diffusa dal De Leonardis alla<br />
?ne dell’800) si riconduca alla natura competitiva del movimento.<br />
Egli scrive: “Io non vorrei che tu ricercasti nel dizionario il signi? -<br />
cato di questo vocabolo, perché ci troveresti quello che non fa al caso.<br />
Sempre nel gergo Ciammaichellesco, Tizzo, signi?ca disporsi a circolo,<br />
intorno a cui inseguito corre uno della brigata. Quando è raggiunto<br />
riceve un pugno sulla schiena, per effetto del quale spesso cade bocconi<br />
per terra. La caduta è salutata da ?schi e dai battimani degli astanti, ma<br />
il caduto non se ne offende. - Rialzatosi s’inchina ai dimostranti, come<br />
per applauso ricevuto, e saltando ricerca nel circolo chi crede possa fare<br />
le sue vendette. Il designato insegue il primo offensore, e nell’alternarsi<br />
di questa strana commedia, che cambia ogni due minuti, si fa sentire il<br />
tocco dell’Ave Maria, imponendo la cessazione delle ostilità e l’obbligo<br />
di andare in Chiesa” 38 .<br />
Le capriole<br />
Al via di qualcuno i “banderesi” si distanziavano in doppia ?la dove<br />
ognuno, alzando le mani cercava quelle del compagno corrispondente<br />
per stringere un fazzoletto bianco. La prima coppia, stringendo sempre il<br />
fazzoletto, passava nel carosello formato e uscendo si ridisponeva come in<br />
precedenza. E via via percorrevano lo spazio pubblico. Il movimento già<br />
descritto dal De Leonardis fu citato dal Bruni. Egli scriveva:<br />
“Quelle che si trovano innanzi elevano le destre, che stringono le cocche<br />
Durante il Tizzo vince chi riesce ad<br />
afferrare l’altro.<br />
Prima di gareggiare i concorrenti<br />
stabiliscono il turno con la conta.<br />
63
64<br />
Il Tizzo. Disegno di Silvana Sulpizio.<br />
Il Banderese dà le bandiere ai suoi<br />
uomini dopo averle ricevute dal sindaco<br />
e parroco.<br />
di una pezzuola da soffiarsi il naso, avvolta a mo’ di una grossa corda, e<br />
vi lasciano passare sotto le coppie che seguono, le quali, alla loro volta,<br />
ripetono ciò che è stato fatto dalla prima, sicchè lo s?lare attraverso quelle<br />
forche caudine, è senza interruzione.” 39<br />
Il percorso del Ballo per le vie urbane<br />
Tutte le vie principali del centro antico erano percorsi dal Banderese<br />
?no a giungere i luoghi dove erano poste le porte della cinta muraria.<br />
Oggi si conserva solo Porta Grande nel Terziere di Castellara ma ?no<br />
agli inizi dell’Ottocento erano ancora in piedi Porta S. Urbano, Porta S.<br />
Bartolomeo, Porta S. Giacomo o della Farciola, Porta di Pizzoli e Porta<br />
del Borgo o della Posterna. Furono tutte demolite con le torri quando il<br />
comune si trovò in ristrettezze economiche e vendette il materiale edilizio<br />
recuperato.<br />
Il ballo con la bandiera<br />
Con la bandiera si balla in gruppi di tre persone tenendo l’asta con<br />
la mani e spingendola verso l’alto ?no a farla sventolare oppure da soli.<br />
Il ballo individuale, molto faticoso, per il peso della stoffa, impegna la<br />
persona sia nello sforzo che nell’abilità per tal ragione è ritenuta una prova<br />
di grande abilità reggere la Banira sul palmo della mano o come si faceva<br />
una volta sui denti e sulla fronte.<br />
L’urlo degli Evviva<br />
Durante il Ballo dei banderesi e negli altri rituali, i”banderesi” usano<br />
gridare gli “evviva”. Nell’ordine, il grido esultante è il seguente:<br />
- Eh, eh, eh<br />
evviva S. Urbano,
- Eh, eh, eh<br />
evviva il Sergentiere<br />
- Eh, eh, eh<br />
evviva il Banderese.<br />
Consegna dell’Arma Santa<br />
Un’antica alabarda era conservata dalla famiglia Maij-Scoppetta che<br />
avevano il loro palazzo nella piazza. Il Sergentiere si recava sull’uscio del<br />
portone d’ingresso e lì riceveva l’Arma o la Lancia come veniva detta per<br />
riconsegnarla ai custodi dopo la conclusione dei cerimoniali. Il consegnatario<br />
dell’alabarda può essere soltanto il Sergentiere.<br />
Le “Capriule” . Disegno di Silvana Sulpizio.<br />
La consegna degli Anelli è un rito<br />
commovente in cui la vera protagonista<br />
è la mamma o moglie del Banderese<br />
(edizione degli anni ’50).<br />
65
66<br />
Negli anni ’70 si è affermata l’abitudine<br />
di celebrare il rito della consegna<br />
dell’Arma Santa sulle scale della chiesa<br />
parrocchiale.<br />
E’ usanza antichissima celebrare il rito<br />
della consegna delle bandiere sull’ingresso<br />
della chiesa di S. Urbano.<br />
Il peso e la dimensione delle bandiere<br />
richiedono forza e destrezza.<br />
La consegna degli anelli, delle bandiere e dei cavalli<br />
La cerimonia si svolge la mattina del 25 maggio; nell’ordine si pro -<br />
cede alla:<br />
- consegna degli anelli,<br />
- consegna delle bandiere,<br />
- consegna dei cavalli.<br />
Si svolge nel seguente modo:<br />
- la Banira e Stendardo sono alzate rispettivamente alla destra ed alla<br />
sinistra della porta d’ingresso della chiesa di S. Urbano,<br />
- il parroco dopo la preghiera fa un sermone,<br />
- la moglie del Banderese dona gli anelli d’oro ai ?gli e identicamente<br />
la madre del Banderese dona l’anello d’oro al ?glio mentre dal campanile<br />
si fanno cadere petali di rosa e i parenti lanciano i confetti sulla folla,<br />
- il parroco e sindaco prendono insieme la Banira e Stendardo e le<br />
consegnano ai ?gli del Banderese,<br />
- i ?gli del Banderese le affidano ai “banderesi”,<br />
- successivamente i ?gli del banderese ed il Sergentiere montano a<br />
cavallo.<br />
Tradizionalmente il sindaco consegna la Banira mentre il parroco lo<br />
Stendardo. Scrive il De Leonardis: “Dopo che il sindaco consegna le<br />
bandiere un urah accompagna la tradizione, nel tempo istesso che la<br />
compagnia si stringe per baciare i lembi dei gloriosi vessilli, e la mano<br />
del rappresentante il Municipio. Le insegne del Comune sono affidate al<br />
Banderese padre, e questi le passa nelle mani dei due proprii ?gli, i quali<br />
le portano in processione, tenendosi in sella ?no al non ed ultimo giro<br />
della Ciammaichella” 40 .<br />
La Carrira<br />
La Carrira era una corsa di cavalli senza fantino che si svolgeva nelle<br />
strade fuori porta. La corsa detta anche Carrera ci è documentata dalle<br />
testimonianze sulla canonizzazione di S.Camillo. In Chieti la corsa dei<br />
barberi si svolgeva in via Arniense ?no agli inizi del Novecento.<br />
NOTE<br />
28Dal Libro dei Convegni della Collegiata di S. Maria Maggiore e S. Urbano, datato 28<br />
agosto 1824 - 27 marzo 1827, risulta l’esistenza della Porta Santa in A.C.A.CH, Parroc -<br />
chia di <strong>Bucchianico</strong>, Libro dei Convegni di S. Maria Maggiore, busta 793.<br />
29Dai documenti della S.Visita dell’arcivescovo Ruffo Scilla del 5 maggio 1883 il sacerdote<br />
Francesco Volpe relazionava sulla festa dell’Assunta per la quale si eleggevano sei<br />
deputati.<br />
A.C.A.CH, Santa Visita di Mons. Luigi Ruffo Scilla 1882-1883, - vol.1- Sez. III, B.548,<br />
pag. 7734, Relazione del 5 maggio 1883 a ?rma di Francesco Volpe Rettore della Chiesa<br />
suburbana dell’Assunta.<br />
30Bruni, pag. 54.<br />
31De Leonardis.<br />
32Bruni, pag.52.<br />
33Ciammaichella da “ciammaica” in dialetto signi?ca piccola lumaca ma la de?nizione<br />
sembra contraddire l’aspetto formale del movimento danzante che invece sembra alludere<br />
al movimento del serpente. Non è chiara questa de?nizione che invece trova ampi<br />
riferimenti nel patronimico Ciammarichella, i due fratelli che nel 1809 si facevano<br />
chiamare “insorgenti”, agendo quali sostenitori del Re Ferdinando IV contro i “Francesi<br />
giacobini”, fecero irruzione a Colonnella, a quel tempo amministrata dal Sindaco
Giuseppe Castagna, saccheggiandola ed iniziando eccidi e vendette.<br />
34 Frazer J. Il ramo d’oro , Boringhieri, Torino, 1973.<br />
35 AA.VV., La Tradizione dei Banderesi , op. cit. pag. 22.<br />
36 De Leonardis.<br />
37 De Leonardis.<br />
38 De Leonardis.<br />
39 Bruni.<br />
40 De Leonardis.<br />
Il Sergentiere Vincenzo dopo aver ricevuto l’Arma Santa sul portone del palazzo Maij-Scoppetta.<br />
67
68<br />
La gioisità festiva coinvolge molti giovani.<br />
Le composizioni ?oreali variano di anno in anno e sono lasciate alla fantasia e creatività delle persone.
VII<br />
7.1 I simboli della questua<br />
I SIMBOLI DEL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
“Lu pallude de Sande Rubbène” e i montoni<br />
Per mesi il Banderese alleva uno o più vitelli di razza marchigiana uno<br />
dei quali fa s?lare nella festa. Il vitello prescelto viene addestrato a camminare<br />
per le strade accompagnato da un tamburino. Il vitello e i montoni<br />
erano gli animali allevati dal Banderese per essere destinati al macello.<br />
Le carni poi erano consumate nei banchetti festivi. Scriveva Di Ruscio:<br />
“Si comprano un vitello e parecchi montoni da ingrasso che saranno le<br />
vittime di grandi banchetti che si consumeranno nei giorni di festa” 41 . Gli<br />
animali portati in processione erano ornati con nastri, ?occhi colorati e<br />
gualdrappe con la scritta “W S. Urbano”.<br />
Quadro di S. Urbano<br />
Negli anni ’70 andò smarrito l’antico quadro su tela che i Banderesi si<br />
passavano. Esistono solo alcune foto di esso mentre nulla si conosce della<br />
sua sorte 42 . Oggi un nuovo quadro su tela ha sostituito quello antico. È<br />
usanza che il Banderese contorni la cornice della tela con ?ori di carta<br />
poco prima di porlo sul Carro del Pane. I ?ori sono conservati per un<br />
anno intero.<br />
Il pane a croce di Sant’Urbano<br />
Due pani, l’uno riproducente la scritta “W S. Urbano” e l’altro a forma<br />
di croce intrecciata, sono i simboli fondamentali del carro del pane. È usanza<br />
che detti pani siano conservati il più a lungo possibile dal Banderese; si<br />
dice infatti “lu pène de sande ’Rubbène porte l’abbunnènzie”. Tra i pani<br />
sono altresì importanti i “taralli di Sant’Urbano”.<br />
I canestri con le uova<br />
È tradizione che ad iniziare il corteo dei canestri in?orati siano due<br />
donne che portano sul capo due canestri colmi di uova, rispettivamente<br />
ornati da nastri rossi ed azzurri. Sulle uova si poggiano due pennacchi. Gli<br />
stessi pennacchi saranno indossati dai ?gli del Banderese durante i riti.<br />
I canestri con i ?ori di carta<br />
Le donne del vicinato e legate in parentela “andavano a trovare” il<br />
Banderese portando canestri pieni di dolci, bottiglie di olio, pasta o altra<br />
masserizia. Al Banderese si usava fare dono di beni alimentari ?no agli<br />
anni ’70 del Novecento quando le donne s?lavano con i canestri ricolmi<br />
davanti i carri, successivamente quest’abitudine andò tramontando. Il<br />
Il vitello è ornato con ?occhi di lana<br />
rossa e nastri (edizione anni ’50).<br />
Sulla mantella del vitello, detto anche<br />
“pallude de S. Rubbène” è ricamato<br />
W S. Urbano.<br />
I montoni erano ornati da una<br />
mantellina ricamata.<br />
Il “Palmendiere”.<br />
69
70<br />
Canestro con pani taralli donato nelle<br />
feste di matrimonio.<br />
Canestro con pupa.<br />
“Panelle” di pane.<br />
canestro quindi era un normale mezzo di trasporto che era ornato con<br />
nastri e ?ori di carta anche durante il trasporto del corredo. Il canestro<br />
ornato di ?ori trova il suo antico riferimento nel Palmendjre o Palmen -<br />
diere , il canestro con cui si portava il corredo dotale. All’interno dei<br />
canestri, oltre che i dolci, si metteva spesso una bambola dall’evidente<br />
signi?cato propiziatorio.<br />
Negli anni la decorazione è diventata preponderante affinandosi a<br />
vere e proprie espressione di arte. I ?ori sono diventati un prodotto<br />
artistico personale dove la capacità creativa ha raggiunto livelli altissi -<br />
mi, sia nelle invenzioni che scelta dei colori. In alcuni casi sui canestri<br />
sono state riprodotte scene festive, scene religiose quasi fossero la “festa<br />
nella festa”, ovvero esaltazione delle scene ritenute più importanti.<br />
Negli anni ’80 e ’90 le invenzioni ?oreali si sono arricchite notevol -<br />
mente quasi a differenziarsi stilisticamente nelle diverse contrade.<br />
“Sin dal 1947 i canestri erano preparati dalla famiglia del Banderese<br />
in numero sufficiente a trasportare gli oggetti necessari per i pranzi.<br />
Non si curava assolutamente l’addobbo; anzi l’unica preoccupazione<br />
era quella di riempirlo con quanta più roba possibile. Si scorgevano<br />
solo sporadici ?occhi o nastri colorati ed alcuni ?ori di carta siste -<br />
mati sopra l’intrecciata di vimini. La tradizione dei ?ori di carta sui<br />
canestri di S. Urbano è relativamente recente e si fa risalire al 1947,<br />
quando organizzò la festa il Banderese Agostino D’Angelo; comparvero<br />
i primi intrecci di ?ori di carta che diedero nuovo fascino a tutta la<br />
manifestazione”.<br />
Anche il canestro in?orato non è una tradizione estranea alla gente<br />
rurale di <strong>Bucchianico</strong>. Tra le tante usanze annesse al mondo contadino<br />
merita di essere raccontata quella relativa al matrimonio. Nei festeggiamenti<br />
vi era un giorno dedicato al trasporto del corredo dall’abitazione<br />
paterna della sposa a quella sua futura. In quest’occasione, nota come<br />
“lu trasporte de le some” (trasporto del corredo), i parenti della sposa<br />
confezionavano un canestro in?orato “lu palmendjre”, all’interno del<br />
quale sistemavano i regali che avrebbero lasciato alla sposa. Questo<br />
canestro era molto addobbato, in una struttura simile ai canestri di S.<br />
Urbano ed erano veri simboli di grande pompa ed allegrezza 43 .<br />
Testimonianze: “Prejme de lu ’47 le canistre sciave da lu bbannarai -<br />
se. Dentre a li canistre ce se mettave l’ove, piatte, teijne, vechile, spasette.<br />
Lu bbannaraise ammetave lu vecenète e li pariande e a na poche de<br />
ggiuvenette, je faciave purtè le stare de Sande Rubbène. Bucchianeche<br />
che è nu paese andejche de ?ure. Andejche, quanne na ggiuvenette<br />
se maretave e se purtave le some, la parindjre je faciave le rejle: chi<br />
na cuperte, chi nu lenzole, chi nu tiène. Sta rrobbe l’anome mettave<br />
a nu canestre nghe tutte ?jure de carte e niastre. A la spose j’anome<br />
landave tutte lu canestre nghe tutte la rrobbe e le ?ure. Stu canestre<br />
se chiamève lu palmendjre. Le pariande la la spose je faciave cinque<br />
tarialle appedjune. Le tarialle ere fatte de mèsse de pene nghe l’uaje, lu<br />
sale e l’anice. Ste tarialle l’anome mettave dentr’a nu canestre: quattre<br />
tonne tonne e une mmèzze pressate pe fe mandenaje l’jautre 44 .
Il canestro con la pupa<br />
In molti canestri degli anni ’50 erano collocate le bambole o pupe<br />
contornate da ?ori carta, messe dentro forme sferiche. La pupa veniva<br />
messa anche sul letto del Banderese che s?lava sul carro. Al posto della<br />
pupa a volte si metteva una statuetta della Madonna oppure un’immagine<br />
del santo.<br />
Il Pane Benedetto e il “pane tarallo”<br />
Il pane di farina bianca, viene confezionato il mercoledì prima del<br />
trasporto delle Some di S. Urbano con un rito prestabilito; almeno 10<br />
pagnotte si pongono sull’altarino di S. Urbano dove rimangono per tutta<br />
la festa.<br />
Il pane viene offerto ai partecipanti della festa.<br />
Il pane, oltre agli ovvi signi?cati eucaristici, erano l’alimento base che<br />
veniva distribuito gratuitamente nei momenti di carestia; già nel 1612<br />
S. Camillo sollecitava le confraternite a pani?care le scorte di grano in<br />
soccorso della povera gente. Prima della grande carestia del 1817 il grano<br />
delle Cappelle Laicali di <strong>Bucchianico</strong> veniva macinato e con la farina si<br />
facevano i “pani taralli” da distribuire alla povera gente durante le festività<br />
principali. Il pane-tarallo con l’anice e sale si conservava a lungo; si<br />
seccava e poteva essere rinverdito al momento del bisogno. Fino ad alcuni<br />
decenni fa il Banderese e altre persone usavano conservare il “pane-tarallo”<br />
di S. Urbano per mesi prima di consumarlo, appendendolo alla parete. A<br />
ragione possiamo considerare il “pane-tarallo” l’alimento base di soccorso<br />
nella carestia e per questo motivo è ritenuto simbolo dell’abbondanza.<br />
I Carri<br />
Nel passato i carri erano molto più semplici negli ornamenti ed erano<br />
principalmente usati dal Banderese come mezzo di trasporto per traslocare<br />
il prodotto della questua e l’attrezzatura necessaria all’organizzazione della<br />
festa e banchetti nel centro urbano. I quattro carri erano preparati e messi<br />
a disposizione dai parenti più stretti o dalle famiglie del vicinato. L’incarico<br />
di preparare i carri tuttora viene assegnato dal Banderese a persona<br />
di sua ?ducia. Tra i carri esiste sommessamente una scala di importanza<br />
che dipende dalle cose trasportate. Nel passato il Banderese assegnava gli<br />
incarichi per sorteggio. I carri partivano dall’abitazione del Banderese dove<br />
erano riempiti con i frutti delle questue e masserizie indispensabili alla<br />
festa. I carri erano gli stessi utilizzati per il trasporto dei prodotti agricoli.<br />
Il Carro del Pane non aveva che semplici addobbi: agli spigoli della cassa<br />
erano legati quattro rami di alloro o di ciliegio carichi di frutti; nella parte<br />
anteriore era poggiato il quadro di S. Urbano che era conservato all’interno<br />
della chiesa omonima. Il quadro “ere messe sopr’a le cardelle” 45 contornato<br />
da pani a croce, a tarallo e forma intrecciata mentre all’interno della<br />
cassa erano posate le pagnotte di pane sopra una tovaglia “lu mandejle<br />
de lu pène” sufficienti a sostenere i pranzi della festa. Il carro era trainato<br />
da vacche perfettamente strigliate ed in?occhettate di rosso, giallo e azzurro.<br />
Il carro della Legna veniva riempito di rami e fascine con l’unica<br />
preoccupazione di controllarne la quantità che doveva essere sufficiente<br />
ad alimentare il fuoco delle “furnacèlle” in tutti i giorni di festa.<br />
Pane tarallo a treccia.<br />
Croce di pane per il carro.<br />
Gli antichi carri erano ornati con frasche<br />
di alloro.<br />
71
72<br />
Pizzette di S. Urbano.<br />
Fino alla ?ne degli anni ’70 i carri<br />
erano trainati da vacche.<br />
Banderese con il Laccio nel 1980.<br />
Testimonianze<br />
“Le pizze de Sande Rubbène se<br />
cunservave dentr’a la majse e se diciave<br />
ca purtave l’abbunnènzie de<br />
pene” 47 .<br />
L’uso del carro nelle celebrazioni religiose non era estraneo al contesto<br />
bucchianichese; sino agli anni ’50 del Novecento i comitati delle feste<br />
principali addobbavano un carro tradizionale con alcuni prodotti agricoli:<br />
bottiglie di olio d’oliva, frutta, pollame, formaggio, dolci che erano stati<br />
raccolti durante la questua. La decorazione del carro era affidata dai componenti<br />
il comitato ed erano utilizzati rami di alloro o ciliegio. La mattina<br />
della festività prescelta 46 , folti gruppi di persone accompagnavano i carri,<br />
a volte quattro o cinque, per l’intero percorso dall’abitazione al centro<br />
cittadino con canti e musica e, sotto le Ripe di S. Urbano, aspettavano<br />
l’arrivo della banda musicale. Con pompa riprendevano il tragitto e giunti<br />
in piazza sistemavano i carri al fondo e iniziavano la vendita all’incanto<br />
dei prodotti, con il ricavato si ?nanziava la festa.<br />
Il Carro del Pane<br />
Nel carro si trasporta il quadro di S. Urbano ed il Pane Benedetto.<br />
È usanza decorarlo con varie forme di pane tra cui la croce, i taralli,<br />
le chiavi, il sole, la luna.<br />
Il Carro del Letto<br />
Nel carro si trasporta il letto che il Banderese che ?no a pochi decenni<br />
orsono utilizzava per dormire nelle sale comunali. Persa l’antica funzione<br />
oggi il letto assume un signi?cato simbolico e di manifestazione di raffinatezza<br />
che impegna non poco le donne di casa del Banderese.<br />
Il Carro del Vino<br />
Nel carro si trasporta il vino che il Banderese offrirà durante i banchetti<br />
festivi. Nel tempo alle botti e ?aschi si sono affiancati allestimenti che<br />
ricordano più l’attività del vignaiolo.<br />
Il Carro della Legna<br />
Nel carro si trasportava la legna e rami necessari ad alimentare i fornelli<br />
per la preparazione dei banchetti. Persa l’antica funzione perchè i fornelli<br />
sono oggi alimentati a gas, la legna è diventata inutile. Su questo carro<br />
non si portano più le fascine di rami ma si allestiscono scene rurali ispirate<br />
dal mestiere di legnaiolo.<br />
Il Carro dei Suonatori<br />
Fino alla prima metà del Novecento dentro questo carro ornato con una<br />
piccola tettoia di edera e frasche di alloro che riparava dal sole, il Banderese<br />
faceva salire gli anziani e i bambini di casa insieme ad un tamburino e un<br />
suonatore di trevucette per risparmiarli dalle fatiche del viaggio mentre il<br />
resto del corteo procedeva a piedi.<br />
Gli altri Carri<br />
I carri delle contrade introdotti nel 1970 si ispirarono sin dal primo<br />
momento alle scene agresti; i temi fantasiosi subirono evoluzioni e modi?che<br />
negli anni ?no a concentrarsi su temi legati alla cultura contadina<br />
e artigianale ed ai mestieri scomparsi. Tra i temi riproposti: il mulino, la<br />
fonte, la lavorazione del lino, la lavorazione del formaggio, delle cancellate,
la tessitura, la pani?cazione ecc. Spesso sui carri hanno fatto bella mostra<br />
nelle scene veri oggetti della cultura materiale contadina come una vera<br />
esposizione di attrezzi rari e sempre più sconosciuti.<br />
Le pizzette di S. Urbano<br />
Sono delle focacce del diametro di circa 20 cm a base di farina di<br />
grano, olio e sale.<br />
Il “Laccio” e l’icona di S. Urbano<br />
È un ex-voto di oro, a collana con croce incastonata di gemme, risalente<br />
al 1915.<br />
In quell’anno un miracolo di S. Urbano salvò <strong>Bucchianico</strong> dalla siccità.<br />
Si racconta che i Bucchianichesi colpiti dalla siccità si siano recati in pellegrinaggio<br />
al Volto Santo di Manoppello, portando la statua di S. Urbano.<br />
Al ritorno videro il cielo coprirsi di nuvole e man mano che la processione<br />
tornava a <strong>Bucchianico</strong> la pioggia bagnava le località lasciate.<br />
“Prima di abbandonare il Palazzo Municipale, il nuovo Banderese<br />
riceve dal Banderese uscente la collana di oro che viene posta al collo del<br />
Santo nei giorni di festa” 48 ;<br />
7.2 I simboli del Sergentiere e Banderese<br />
Il Ramajetto<br />
Il ramajetto è un mazzolino di ?ori freschi che viene consegnato dal<br />
Sergentiere al Banderese ed i suoi ?gli quando si incontrano in vicinanza<br />
del Monumento ai Caduti durante il corteo. Si compone di ?ori di garofa -<br />
no, citronella, rose. Diceva Di Ruscio: “Il mazzetto vien da tutti conservato<br />
quale oggetto di buon augurio” 49 . Fino al 1970 la consegna avveniva dentro<br />
la chiesa dell’Assunta il 23 maggio quando i Banderesi erano ricevuti dal<br />
Sergentiere che personalmente consegnava loro il mazzetto di ?ori.<br />
L’Arma Santa<br />
L’Arma Santa è un’alabarda, tipo sorgentina , portata dal Sergentiere<br />
durante la festività ed è custodita dalla sua famiglia.<br />
“Dissi testè di un’alabarda, or voglio che tu sappia, essa, bella di forma<br />
per essere molto antica e ben conservata, stare in deposito nel Palazzo dei<br />
Signori Scoppetta, prospiciente la piazza” 50 .<br />
Scriveva il Bruni: “l’alabarda è antica e di bella forma; essa è depositata<br />
nel palazzo dei sg.ri Scoppetta prospiciente la piazza. Dopo una succolenta<br />
colazione il Sargentiere, preceduto dalla banda musicale, e seguito dalla<br />
folla va a reclamare l’arma, ed avutala, la bacia, l’imbrandisce, e la mostra<br />
al popolo, e poi appoggia l’asta alla spalla destra” 51 .<br />
L’antica alabarda a sorgentina, era conservata come un reliquia. Purtroppo<br />
negli anni ’70 l’alabarda originale fu smarrita, oggi il Sergentiere ne<br />
porta un’altra fatta realizzare dalla sua famiglia. <strong>Pro</strong>babilmente l’alabarda<br />
era l’unica rimasta di una dotazione più numerosa che si smarrì o forse fu<br />
requisita in seguito alle leggi borboniche. È certo che nella seconda metà<br />
dell’Ottocento l’alabarda ne era una sola: “Fatta appena l’abbondante<br />
I Ramajetti sono composti da<br />
“garofanetti a mazzetti”.<br />
Il parroco benedice i Ramajetti.<br />
Il ramaietto.<br />
Alabarda.<br />
73
74<br />
I ceri di S. Urbano poggiati sull’altare<br />
della cripta.<br />
Banderese a cavallo che porta il cero nel 1954.<br />
colazione, il Sargentiere, preceduto dalla Banda musicale, e seguito dalla<br />
turba, va a reclamare quell’arma, ed avutala, la bacia, l’agita per farne mostra<br />
al popolo, e poi devotamente la tiene in alto appoggiandone l’asta contro<br />
la spalla” 52 .<br />
Nel 1985 le testimonianze raccolte dai congiunti del Sergentiere forni -<br />
scono importanti notizie su di essa:<br />
“Negli anni scorsi l’alabarda era conservata da “lu President” (famiglia<br />
Maij-Scoppetta). Alcuni giorni prima la festa di S. Urbano, noi andavano a<br />
prenderla per lucidarla”. (Angiolina Tatasciore). “Il Sergentiere alla ?ne delle<br />
s?late riconsegnava l’alabarda alla mamma (o alla moglie) che attendeva sulla<br />
soglia di casa. Era un grande onore e perciò il compito spettava solo a quella”.<br />
(Angiolina Tatasciore- Elisa Zappacosta).<br />
I Ceri di S. Urbano<br />
Sono candele di cera bianca della lunghezza di circa cm 60. Si offrono al Santo<br />
durante la cerimonia de “l’offerta dei Ceri” e durante il Ringraziamento.<br />
Testimonianze<br />
Durante le feste di S. Camillo, della Madonna dell’Assunta, del Carmine<br />
e di S. Rocco, alcune Compagnie di fedeli portavano in processione la Torcia,<br />
un grande cero alto circa un metro e di diametro di 15 o 20 cm da lasciare<br />
al santo come ex-voto. La Torcia era preparata dalla famiglia che l’anno precedente<br />
era riuscita ad aggiudicarsi l’incarico, in un’offerta all’incanto che<br />
meglio descriveremo in seguito. Alcuni giorni prima della festività questa
famiglia organizzava un folto gruppo di ragazzi e ragazze che poi avrebbero<br />
costituito la “Compagnia della Torcia”. Questi ragazzi erano invitati la mattina<br />
della ricorrenza a casa di quella famiglia per un’abbondante colazione.<br />
La Compagnia partiva dall’abitazione in doppia ?la, accompagnata da una<br />
paranza. Tutti i partecipanti portavano un piccolo cero la “turcétte” ed in<br />
coro intonavano canti religiosi. L’onore di portare la Torcia spettava ad<br />
una sola persona ma chiunque poteva acquistarne il diritto con un’offerta.<br />
Un ragazzo recando in mano un vassoio, gridava:<br />
“A nu solde la torce de la Madonne de l’Assunte”. Quelli che potevano<br />
permettersi l’offerta posavano la moneta dentro il vassoio e prendevano<br />
in braccio il cero. Giunti in prossimit à della chiesa si iniziava la vendita<br />
all’incanto della Torcia. In realt à non si acquistava il cero ma soltanto il<br />
diritto di poterne offrire un altro simile l’anno venturo; le offerte erano<br />
numerose, giusti?cate dal rito considerato di grande onore. Si offriva ge -<br />
neralmente grano: chi “na coppa”, chi “nu mezzette”, chi “nu tommele” al<br />
maggiore offerente si concedeva il diritto; questa persona doveva garantire<br />
una Torcia per l’anno dopo pari al valore del grano che aveva offerto. Per<br />
concludere la Torcia veniva lasciata sull’altare principale della chiesa. Per<br />
la festa di S. Urbano non si è mai organizzata la Torcia perchè i ceri erano<br />
offerti dal Banderese. È signi?cativo che la collettività decise di eliminare<br />
questa usanza che in sostanza era un mezzo per fornire la chiesa dei suoi<br />
bisogni; evidentemente il gesto del Banderese era preso in molta considerazione”<br />
53 .<br />
Consegna delle bandiere davanti l’antico campanile demolito nel 1954.<br />
75<br />
Aneddoto<br />
Na vote une de Chjte addumman -<br />
nese a nu viacchje de Bucchianeche:<br />
che je dicie la mèmme quannde dè<br />
l’anelle a lu ?je?<br />
Lu viacchje ja respunnette:<br />
je dicie purtele bbèlle e purtele ritte<br />
nen te fe fe le abbe da nu Chitejne 54 .
76<br />
La Banira.<br />
Lo Stendardo.<br />
Stemma ricamato sulla Banira.<br />
Gli Anelli di S. Urbano<br />
Sono anelli d’oro che il Banderese porta durante la festa su di essi viene<br />
inciso l’anno festivo. Sono conservati a perenne ricordo dal Banderese.<br />
Le bandiere: la Banira e lo Stendardo<br />
Portate in processione dai Banderesi si ha notizie di esse nel 1840,<br />
quando erano elencate nella Santa Visita di monsignor Saggese 55 tra gli<br />
oggetti conservati all’interno della chiesa di S. Urbano: “di stendardi n°<br />
due con veli di carmosino uno color celeste e l’altro rosso”.<br />
La Banira è la bandiera principale di colore rosso, di forma triangolare<br />
delle dimensioni di circa 4 metri nella quale è cucito il blasone ricamato<br />
con il leone rampante del Comune di <strong>Bucchianico</strong>, la colomba e le bande<br />
emblemi della Prepositura di S. Urbano. Viene issata su un’asta dipinta<br />
di azzurro cuspidata a punta dorata di lancia.<br />
L’altra bandiera principale detta Stendardo è di colore azzurro e di forma<br />
triangolare simile alle dimensioni della Banira, viene issata su un’asta<br />
cuspidata da una sfera dorata sormontata da una croce. Tradizionalmente<br />
si ritiene rappresenti la Prepositura di S. Maria Maggiore e S. Urbano.<br />
Il pennacchio<br />
I banderesi usano portare un cappello ornato da festoni di piume<br />
colorate confezionati a mano. Le piume di gallina, oca e faraona erano<br />
cucite a fascetti per formare un festone di 60-70 cm. Un insieme di almeno<br />
12 festoni costituisce il pennacchio che era legato al cappello. Si usava<br />
colorare i festoni di piume nella tintoria di Fara F. Petri oppure in casa.<br />
Il Persiani descriveva il Banderese come “un ebbro composto a serietà,<br />
massime vestite a quel modo, sotto un pro?uvio di nastri e di ciarpe dai<br />
cento colori, con in testa un piumato cappello” 56 . Fino agli anni ’60 del<br />
Novecento i Banderesi usavano chiedere in prestito il “cappello piumato”<br />
a qualche amico carabiniere per indossarlo durante i cerimoniali.<br />
Testimonianze<br />
“Abbiamo confezionato molti pennacchi perchè un tempo era indossato<br />
da tutti i banderesi. Si iniziava col procurarsi le piume di gallina, oca,<br />
tacchino e faraona, e con la selezione di quelle, perchè le penne non erano<br />
buone. Inizialmente si cuciva un ciuffetto con ?lo resistente ed ago robusto,<br />
quindi man mano si aggiungeva una piuma per volta. Confezionato<br />
“nu ?lacce” (un festone), a volte lungo anche 50 cm, lo si tingeva con<br />
colori acquistati al mercato di Fara Filiorum Petri “nu paese de tendjure”<br />
(un paese di tintori). Si adoperavano vari colori, tra questi il rosso, giallo,<br />
azzurro, ecc.; la colorazione si effettuava in casa: si preparava un calderone<br />
sul fuoco e si faceva sciogliere il colore, a bollitura si gettava dentro il<br />
festone oppure più festoni, dopo un po’ di minuti stabiliti a discrezione<br />
dell’operatore, lo si tirava fuori con “nu furchettaune” (forchettone),<br />
quindi si disponeva ad asciugare in un luogo aerato ed all’ombra, per<br />
evitare la scoloritura. Dopo poche ore tornavano alla bellezza di prima.<br />
Non si disdegnava adoperare foglie di noci o di peperone per colorare di<br />
verde le piume, tant’è che tingere nel medesimo modo maglioni e tele<br />
tessute a mano era una pratica consueta. Per la confezione del pennacchio
si raggruppavano da 20 a 50 festoni e si cucivano tutti insieme all’estremità<br />
in modo da formare un picciolo. Quest’ultimo era completato da<br />
un piccolo gancio di ferro necessario per poterlo allacciare al cappello da<br />
banderese” 57 .<br />
“Sant’Urbane purtave nu pennacchie; a lu palazze ce stave na stenzie<br />
longhe longhe a le chiuve ce s’appenneve le pinniacchije. Lu pennecchie se<br />
faciave nghe le piume bbiènche e se purtave a Guardiagrele a tegnele” 58 .<br />
Le bande o fasce<br />
Le “fasce” colorate di rosso e azzurro si indossano a tracolla dagli uomini<br />
che partecipano ai cerimoniali. Sulla parte che si appoggia alla spalla si<br />
cuciva una coccarda bianca ricamata.<br />
I tamburi<br />
Il Banderese usa partecipare ai riti sempre accompagnato da un tamburino<br />
e suonatore di trevucette. Il tamburo anzi, diventa il simbolo della<br />
sua presenza. Nei cerimoniali invece è sempre accompagnato dalla Paranza<br />
(un piccolo gruppo di musicanti composto da violini, pifferi, tamburi e<br />
altri strumenti).<br />
I simboli dell’Indulgenza<br />
Una tavoletta decorata lavorata a cartiglio con la scritta “Indulgenza<br />
Plenaria 1801” viene affissa sullo stipite della Porta Santa rimanendovi<br />
appesa durante i giorni festivi. Su una colonna della cripta si trova un<br />
bassorilievo di bronzo, che riproduce S. Urbano con pastorale con la<br />
croce a doppia traversa 59 ; i fedeli usano stro?nare la fronte su di esso per<br />
chiedere la protezione dal mal di testa.<br />
NOTE<br />
41Di Ruscio, pag. 2.<br />
42 Pare che la tela si sia distrutta in un incendio causato dai ceri accesi a casa di un<br />
banderese.<br />
43 Testimonianza raccolta nel 1985 di Nicola Di Menna.<br />
44 Testimonianza raccolta da Sebastiani Maria e Nicola Di Menna nel 1985.<br />
45 Le “cardelle” erano i mensoloni sporgenti nella parte anteriore del cassone (“cassa”)<br />
del carro. Testimonianza di Nicola Di Menna.<br />
46 Ad esempio il comitato della festa di S. Aldemario del 6 ottobre preparava i “carri<br />
di S. Aldemario” nella ricorrenza di S. Camillo del 15 luglio.<br />
47 Testimonianza raccolta nel 1985 da Annina Di Menna.<br />
48 Di Ruscio, pag.2.<br />
49 Di Ruscio, pag. 5.<br />
50 De Leonardis.<br />
51 Bruni, pag. 57.<br />
52 De Leonardis.<br />
53 AA.VV, La Tradizione dei Banderesi , op. cit.pag. 21.<br />
54 Testimonianza di Nicola Di Menna raccolta nel 1985.<br />
55 A.C.A.CH, Santa visita di Monsignor Saggese, b. 533 sez. III (1840-42).<br />
56 Persiani, 1880.<br />
57 Testimonianza raccolta nel 1985 da Sebastiani Maria e Di Menna Annina.<br />
58 Testinomianza raccolta nel 1985 da Annina De Leonardis (di Patrasonne) in Mam-<br />
marella Anchitella.<br />
59 La croce a doppia traversa, chiamata croce d’Angiò poi di Lorena, ?gurava nello<br />
stemma dei duchi d’Angiò divenuti duchi di Lorena dal 1473 (Renato II 1451 - 1508,<br />
Bassorilievo di bronzo in?sso in una<br />
colonna della cripta.<br />
Il parroco appende la tavola<br />
dell’indulgenza datata 1801.<br />
77
78<br />
Forme di canestri<br />
?glio di Iolanda d’Angiò). Deve la sua forma alla croce cristiana; sulla piccola traversa<br />
superiore si trova il titulus crucis; essa rappresenta un reliquiario contenente un frammento<br />
della vera croce, venerata dai duchi d’Angiò, a partire da Luigi I (1339 - 1384)<br />
che lo fece ricamare sul suo vessillo.<br />
Le prime forme decorative dei canestri si ispiravano alle forme geometriche pure.<br />
La struttura portante, di norma, era di ?lo di ferro.
SEGNI DEL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
VIIII<br />
8.1 La decorazione<br />
I ?ori di carta<br />
Nel 1811 gli altari delle chiese bucchianichesi erano arricchiti da ?ori<br />
di carta, così risulta dalla descrizione degli altari della chiesa di S. Chiara:<br />
“nel mezzo vi è un quadro della Concezione incassato al mezzo con 12<br />
?ori di carta (…) Nel secondo altare vi è il quadro di S. Lucia con sei ?ori<br />
di carta (…) Nel secondo altare vi è un quadro di S. Francesco contenente<br />
sei ?ori” 60 .<br />
La lavorazione della carta si era diffusa soprattutto per arricchire le<br />
chiese barocche ed erano un’arte afferente più i ceti borghesi che quelli<br />
contadini. L’offerta del ?ore di carta agli altari diventava opera di carità<br />
o ex-voto prerogativa delle famiglie benestanti che potevano permettersi<br />
l’acquisto della carta.<br />
Nel 1895 su una cartolina si stampava: “Presso la cartoleria di Camillo<br />
Marchionne in Chieti trovasi un copioso assortimento di articoli per la<br />
lavorazione di ?ori arti?ciali come: cartaseta di tutte le gradazioni di colori,<br />
foglie di rosa di ogni specie, ?ori arti?ciali composti, nonchè oggetti per<br />
la lavorazione di ballerine, monachine, cuochi, pagliacci, ecc” 61 .<br />
Molti canestri riproducono<br />
simbolicamente una grotta con<br />
l’immagine di S. Urbano.<br />
A, B e C: carta velina tagliata per confezionare la rosa; D, E: il geranio; F, G: il garofano; H, I: ?ore ispirato alla margherita, la carta<br />
era lavorata con un tondino di ferro scaldato.<br />
79
80<br />
La Paranza negli anni ’50.<br />
Nota sul pagamento dei suonatori che<br />
nel 1829 parteciparono alla festa.<br />
Archivio di Stato di Chieti, Intendenza<br />
Conti e bilanci comunali, b. 15.<br />
8.2 La musica ed i canti<br />
La Paranza<br />
La Paranza è un gruppo di musici composti da tamburini, pifferai,<br />
zampognari, ?sarmonicisti e altro che partecipa nei complessivi giorni di<br />
festa, di norma è composta da:<br />
- tamburi, pifferi, chitarre, violini.<br />
Scriveva il Bruni: “Urli, rullo dei tamburi, suoni di pifferi, di chitarre,<br />
di violini assordano, e questo diavolo dura non meno di due ore”. La<br />
composizione della Paranza cambiava in funzione della disponibilità dei<br />
suonatori.<br />
La Paranza era fatta di pifere, lu manduline, la ?sarmoniche, e lu viu -<br />
line. (Testinomianza di Annina De Leonardis di Patrasonne).
82<br />
Prima pagina dello spartito per banda, tratta dalla trascrizione di Arturo Di Sciullo, in A. D. MMII ab ITER,<br />
Edizioni musicali - Toritto (BA).
La “marcia dei Banderesi”<br />
Un’aria musicale viene continuamente suonata dalle trevucette e per?no<br />
dalle bande musicali durante le s?late, si tratta della cosiddetta “Marcia<br />
dei Banderesi” che secondo alcuni è stata composta dal prof. D’Aristotile<br />
originario di Fara F. Petri, direttore della Banda Musicale di <strong>Bucchianico</strong><br />
agli inizi del Novecento.<br />
I “canti di S. Urbano”<br />
Durante il trasporto delle Some di S. Urbano e nei momenti di rin -<br />
graziamento al santo la famiglia del Banderese usa intonare i canti di S.<br />
Urbano. I canti sono eseguiti in coro e sono diretti da due solisti.<br />
1 solista La cambane de Sande Rubbane<br />
se s ènde tante lundane<br />
Le cambane del sande Rubbane<br />
se s ènde tante lundane<br />
2 solista e pe’ quèlle ch’a noi ce chiame<br />
p’annalle a visit à<br />
1 solista e pe’ quèlle ch’a noi ce chiame<br />
p’annalle a visit à<br />
1 solista Le cambane de Sande Rubbane<br />
se s ènde tante lundane<br />
Le cambane de Sande Rubbane<br />
se sènde tante lundane<br />
2 solista e pe’ quelle ch’a noi ce chiame<br />
p’ annalle a veset à.<br />
e pe’ quelle ch’a noi ce chiame<br />
p’ annalle a veset à.<br />
1s. A la fronde de Sand’Urbane<br />
c-i-ha nate na bbella stella<br />
A la fronde de Sand’Urbane<br />
c-i-ha nate na bbella stella<br />
2s. E guardatela quannd’ è bella<br />
ma che splendore che dd à<br />
E guardatela quannd’è bella<br />
ma che splendore che dd à<br />
1s Sand’Urbane quannd à si bbèlle<br />
e tu mitte la pace nguerre<br />
2s e tu mitte la pace nguerre<br />
pe’ sta povera ggiuvent ù<br />
1s Sand’Urbane quannd à si bbèlle<br />
e tu mitte la pace nguerre<br />
2s e tu mitte la pace nguerre<br />
pe’ sta povera ggiuvent ù<br />
1s Sand’Urbane nghe ssu bel vise<br />
tu lascia aperte lu Paradise<br />
2s Sand’Urbane nghe ssu bel vise<br />
tu lascia aperte lu Paradise<br />
1s tu lascia aperte lu Paradise<br />
per tutta l’eternit à<br />
2s tu lascia aperte lu Paradise<br />
per tutta l’eternità<br />
1s Evviva evviva<br />
e sempre evviva<br />
2s Viva le tre persone evviva<br />
la Santissima Trinit à<br />
1s Viva le tre persone evviva<br />
la Santissima Trinit à<br />
1s Per mare, per terra<br />
sei nominato tu<br />
2s Sand’Urbano di <strong>Bucchianico</strong><br />
fai la grazie a chi vuoi tu<br />
1s Sand’Urbano di <strong>Bucchianico</strong><br />
fai la grazie a chi vuoi tu<br />
1s Quanne lu mio cuore<br />
si sente di amore<br />
2s Allor’io mi sento da chiam à<br />
per mare<br />
1s Allor’io mi sento da chiam à<br />
per mare<br />
1s Alle cinque della sera<br />
Sand’Urbano s’ incorona<br />
Alle cinque della sera<br />
Sand’Urbano s’ incorona<br />
2s E si mette la sua corona<br />
poi in cielo se ne and ò<br />
E si mette la sua corona<br />
poi in cielo se ne and ò<br />
1s Sand’Urbane nghe lu core aperte<br />
famme la grazie che jj te cerche<br />
2s F àmmene une per carità<br />
a la mia necessità<br />
Fàmmene une per carità<br />
a la mia necessità<br />
1s La lune a la fronte<br />
e Sand’Urbane è bbelle<br />
La lune a la fronte<br />
e Sand’Urbane è bbelle<br />
2s Oh che sole, oh che lune<br />
ma che splendore che dd à<br />
Oh che sole, oh che lune<br />
ma che splendore che dd à<br />
1s Lu sole a la fronde<br />
Il tamburino e ?sarmonicista precedono<br />
il Sergentiere.<br />
Il tamburo e trevucette sono i principali<br />
strumenti utilizzati nelle s?late.<br />
83
84<br />
Spesso i giovani gareggiano nel suonare le<br />
trevucette.<br />
Banderese con pennacchio.<br />
Una pacchianella con un guarnello di<br />
cotone ricamato della ?ne del sec. XIX.<br />
Si noti il motivo del ricamo a tralci di<br />
uva, uccelli e triangoli. Questi motivi<br />
decorativi si ritrovano nel dipinto<br />
Madonna con Bambino del sec. XVI<br />
conservato presso il Museo Barbella di<br />
Chieti.<br />
e Sand’Urbane è belle<br />
2s Lu sole a la fronte<br />
e Sand’Urbane è belle<br />
1s Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
1s Evviva evviva<br />
e sempre evviva<br />
1s Lu sole a la bocche<br />
e Sand’Urbane è belle<br />
2s Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
1s Lu sole a lu vise<br />
e Sand’Urbane è belle<br />
2s Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
Oh che sole oh che lune<br />
che gioia del mio cuor<br />
8.3 L’abbigliamento rituale<br />
1s Sand’Urbano mo nu ce n’arej ème<br />
e tu dacce la Benedizione<br />
2s E tu dacci la benedizione<br />
per poterci ritornar.<br />
1s Perdona mio Dio<br />
perdona gli innocenti<br />
2s Perdona mio Dio<br />
perdona gli innocenti<br />
1s E perdonaci a noi<br />
che siamo peccator<br />
2s E perdonaci a noi<br />
che siamo peccator<br />
1s Sul monte Calvario<br />
si sente una voce<br />
2s Sul Monte Calvario<br />
si sente una voce<br />
1s e quell’ è la voce<br />
la voce del signor<br />
2s e quell’ è la voce<br />
la voce del signor<br />
I Banderesi del passato non avevano un abito speci?co al ruolo ma<br />
ornavano quello della festa di nastri, sciarpe e pennacchi di piume per<br />
farsi riconoscere; tale tradizione arrivò inalterata sino agli anni ’70 del<br />
Novecento quando per consuetudine il Banderese s?lava in abiti civili<br />
con i soli emblemi storici.<br />
Unico a vestire in abiti cerimoniali, dal De Leonardis ritenuti antichi<br />
e medievali, era il Sergentiere. Le immagini fotogra?che dell’uniforme<br />
del Sergentiere Vincenzo ci consentono di osservare alcune analogie con<br />
le uniformi borboniche ottocentesche.<br />
L’abito da “banderese” di oggi è composto da calzonetto e gilè scuri<br />
con camicia bianca. La foggia da “pacchianella” si è affermata in diversi<br />
decenni a cominciare dagli anni ’30 del Novecento con le Feste dell’Uva,<br />
nelle quali l’idea di abruzzesità di dannunziana interpretazione spinse le<br />
donne ad ispirarsi alle opere di Michetti e dei Cascella con “l’invenzione”<br />
di una sorta di abito contadino ottocentesco. Le “pacchiane” o “pacchianelle”<br />
rispolverarono guarnelli, fazzoli, camicette di lino ricamato, mantire<br />
e gioielli talvolta recuperando autentici abiti presi a prestito dalle nonne<br />
di notevole valore documentale, altre volte ispirandosi alla fantasia; così<br />
anche si prese l’abitudine di conservare gli ori di famiglia e delle anziane<br />
per ornarsene durante la festa. In un certo periodo furono anche presi<br />
a riferimento i costumi “popolari” dei coristi delle maggiolate e gruppi<br />
che si occupavano di canto e danza popolari ?orenti negli anni ’30 e nel<br />
dopoguerra.<br />
Negli anni ’50 anche le prime Feste del Ringraziamento organizzate<br />
a novembre dalla Coldiretti si svolgevano con le persone abbigliate nella
foggia “folcloristica” mentre offrivano simbolicamente i prodotti della terra<br />
durante la messa domenicale, conquistando sempre più il consenso del<br />
pubblico che ormai stava per essere travolto da una trasformazione culturale<br />
e sociologica del boom economico che avrebbe modi?cato per sempre<br />
la struttura socio-culturale contadina. Un successo alimentato dal sindaco<br />
Giuliano Rosolia che nei primi anni ’60 incentivò l’uso dell’abbigliamento<br />
cosiddetto “folcloristico” e medievale perchè voleva immettere la festa nel<br />
circuito turistico. Questa condizione di rapida trasformazione contribuì<br />
non poco ad offuscare gli autentici “segni distintivi” dei Banderesi che, pur<br />
mantenendosi inalterati, con?uirono tra gli elementi del costume folclori -<br />
stico affievolendo il loro valore storico e simbolico.<br />
I programmi di valorizzazione turistica dei decenni successivi portarono<br />
all’affermazione dell’abito da banderese e degli abiti medievali, più<br />
adatte e di effetto scenogra?co per il pubblico. Oggi il corteo storico, i<br />
Banderesi e il Sergentiere partecipano ai principali riti con abiti medievali<br />
che ormai sono in dotazione della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> e delle famiglie. Qualche<br />
anno addietro i componenti della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> scelsero come periodo di<br />
riferimento il Trecento, epoca in cui la leggenda pone la “guerra” tra<br />
Chieti e <strong>Bucchianico</strong>. Furono fatte ricerche basandosi sui dipinti e af -<br />
freschi abruzzesi dell’epoca per individuare le fogge più adatte. Furono<br />
confezionati abiti alcuni dei quali sono tuttora utilizzati. Forse il segno<br />
distintivo dell’evoluzione della festa nella seconda metà del Novecento<br />
può essere individuato nella trasformazione dell’abbigliamento rituale<br />
in abbigliamento scenogra?co e turisticamente più attraente.<br />
Attualmente nel giorno 26 maggio il gruppo festivo si presenta nella<br />
sua più semplice autenticità.<br />
Gli emblemi autentici<br />
Non può esserci un “abito” che rappresenti la “popolarità” per la ragione<br />
che le fogge di abbigliamento si sono sempre evolute nella storia assorbendo<br />
le mode dei ceti più abbienti e le conquiste tecnologiche nella produzione dei<br />
tessuti. A riguardo sono molto eloquenti le immagini fotogra?che d’epoca<br />
che ritraggono i Banderesi nelle mode e fogge del momento.<br />
Però le fasce, il pennacchio , il ramajetto , la coccarda hanno attraversato<br />
tutte le mode conservandosi come i veri e autentici emblemi dei Banderesi<br />
che possono essere indossati su qualsiasi abito mantenendo il loro antico<br />
e intramontabile valore simbolico.<br />
Vestirsi da Banderese<br />
Gli uomini indossano una fascia a tracolla ed una fascia alla cinta mentre<br />
sul cappello, nel solo giorno di S. Urbano, portano il pennacchio. Si<br />
diceva che gli uomini che portavano la Banira indossavano la fascia rossa<br />
a tracolla e quella azzurra alla cinta, il contrario per quelli che portavano<br />
lo Stendardo. In modo più dettagliato scriveva il De Leonardis “Vestirsi,<br />
signi?ca adattarsi gli abiti a foggia dei cavalieri antichi, e chi non ha potuto<br />
procurarseli, si empie di nastri la giubba ed il corpetto, si adatta una ciarpa<br />
di seta a tracollo, ed un’altra alla cinta, e si mette in testa un cappello da<br />
Carabiniere colla relativa piuma. Per un cappello di carabiniere, preso a<br />
prestito, si regalano venti uovi ed una gallina”. 62<br />
“Pacchianella”. Disegno di Silvana Sulpizio.<br />
Uomo vestito da “banderese”.<br />
Disegno di Silvana Sulpizio.<br />
85
86<br />
L’abito da banderese si è affermato alla<br />
?ne degli anni ’50.<br />
La scomparsa dell’abito tradizionale<br />
spinse le pacchianelle degli anni ’60 a<br />
reinterpretare con fantasia le antiche fogge.<br />
Durante i banchetti si consumavano i<br />
doni ricevuti.<br />
8.4 I banchetti e l’alimentazione rituale<br />
Come già detto i “pranzi” di S. Urbano costituiscono una delle fasi<br />
più antiche e conclusive della festa: la ridistribuzione dei prodotti della<br />
questua annuale in forma di pranzi, pizze, pani, complimenti diventava il<br />
mezzo diretto di sostentamento della popolazione rurale che nei mesi di<br />
aprile e maggio viveva seria difficoltà per la penuria delle scorte. L’amministratore<br />
delle scorte era un “eletto” tra le persone del popolo che aveva<br />
la responsabilità della equa ridistribuzione del cibo che non negava l’aiuto<br />
ai poveri e agli emarginati.<br />
Tuttavia l’usanza dei banchetti potrebbe contenere signi?cati orgiastici<br />
molto più remoti di riti propiziatori precristiani. Si mangiano le carni del<br />
vitello o dei montoni sacri?cati, il pane benedetto e si beve il vino portato<br />
processionalmente, come epilogo di un grande rito sacri?cale, coinvolgente<br />
l’intera popolazione.<br />
Il banchetto del “sorteggio” ricostituisce il gruppo familiare che prende<br />
atto dell’impegno, che non è solo di fatica ?sica ma soprattutto sociale<br />
nei confronti del resto della collettività. Il primo vero banchetto è quello<br />
della “Compagnia di S. Urbano” quando il Banderese invita per la prima<br />
volta i parenti e gli altri a partecipare al pellegrinaggio. La “Compagnia”<br />
riproduce in piccolo la grande s?lata delle “Some di S. Urbano” con le<br />
persone che si incontrano e si consolidano come gruppo festivo.<br />
Diverso invece è il pranzo del Lunedì di Pasqua riservato a chi gira per<br />
le case ad invitare con la questua.<br />
Il pranzo che precede il trasporto delle Some, è l’evoluzione di quello<br />
che si faceva il 22 maggio riservato ai portatori di canestri e conducenti<br />
dei carri prima del viaggio; prima del pranzo in tarda mattinata la moglie<br />
del Banderese e altre donne portano i pacchetti di pasta davanti l’immagine<br />
di S. Urbano, intonano i canti dialettali e chiedono al parroco di<br />
benedire il gruppo.<br />
I banchetti<br />
Il banchetto è preparato dai collaboratori del banderese che usano<br />
cucinare nella sua casa e nei locali municipali. Il Banderese incarica un<br />
cuoco e cuoca di gestire la preparazione affidandogli la responsabilità<br />
delle pietanze. Nel dopoguerra il cuoco Romeo Nardantonio ha cucinato<br />
spesso durante la festa.<br />
Il banchetto a casa del Banderese dopo la”Compagnia a S. Urbano”<br />
Il Banderese può a sua discrezione invitare i partecipanti nel banchetto<br />
che non è obbligatorio e può essere sostituito da un semplice rinfresco. Alle<br />
8,00 di mattina il Banderese riceve gli invitati offrendo loro “cancellate”,<br />
dolci e caffè. Dopo la messa è usanza fare complimento con “cancellate”<br />
e vino. Tornati a casa del Banderese gli invitati si trattengono a pranzo.<br />
Il banchetto del Lunedì di Pasqua<br />
Nella mattina gruppetti di tre o quattro persone, accompagnati da tamburo<br />
e trevucette , si recano in ogni casa di <strong>Bucchianico</strong>, offrono le “pizze
Pacchianelle alla ?ne degli anni ’60.<br />
di S. Urbano” e invitano a partecipare alla festa. A conclusione le persone<br />
impegnate vanno a casa del Banderese e si intrattengono a pranzo.<br />
Il banchetto della vigilia<br />
Era usanza mangiare la pasta asciutta e le alici impanate e fritte. Nell’immediato<br />
dopoguerra si serviva ad ogni banderese un uovo fritto al<br />
piatto.<br />
Il banchetto di “colazione” del 25 maggio<br />
La pietanza tradizionale è lo spezzatino di vitello al sugo di pomodoro.<br />
Alcune volte sono stati serviti anche la zuppa di piselli, uova e<br />
formaggio.<br />
Il banchetto del 25<br />
Dopo la pasta, di norma “mezzemaniche” al ragù, negli ultimi anni<br />
sostituiti da cannelloni di carne o timballi, si servono il vitello arrosto e<br />
dolci. Nel dopoguerra si serviva una grossa “pallotta” (polpetta) a base di<br />
uova, carne macinata, formaggio di pecora e pane, fritta e riscucinata nel<br />
sugo di pomodoro.<br />
Il banchetto del 26 maggio<br />
Alle ore 8,00 ha luogo la “colazione” riservata ai “banderesi”, attori<br />
del Ballo dei Banderesi.<br />
Il pranzo del giorno, dove di norma sono invitati tutti gli impiegati<br />
comunali e le varie autorità, prevede un menu simile a quello del 25.<br />
I complimenti<br />
Il dolce tradizionale del Banderese è la “cancellata”, una ferratella a<br />
base di farina, uova, olio e zucchero che viene servita insieme al vino. Il<br />
“complimento” è l’offerta di questo dolce.<br />
Il parroco benedice la cottura della pasta.<br />
Le cancellate.<br />
La “cancellata”, un dolce a base di<br />
farina, uova, zucchero e olio d’oliva.<br />
87
88<br />
Note sulle pietanze<br />
“Mio nonno Romeo Nardanto -<br />
nio cucinava spesso nella festa<br />
dei Banderesi. Era usanza che i<br />
Banderesi mangiavano all’inter -<br />
no di abitazioni che si trovavano<br />
nel centro storico: una volta banchettarono<br />
in una casa del Borgo<br />
S. Nicola, un’altra in una casa di<br />
Castellara. Però, mi ricordo, che<br />
molte volte da bambina andavo<br />
nella cucina del palazzo Caracciolo<br />
dove mio nonno preparava il pranzo<br />
insieme a tante altre persone; i<br />
banderesi mangiavano negli stanzoni<br />
di sopra accessibili da una scala<br />
del cortile. Il cuoco era rispettato<br />
dalla famiglia del Banderese: che<br />
gli riservava i cibi migliori. Una<br />
persona incaricata portava poi il<br />
pacco con i cibi a casa del cuoco;<br />
si diceva: “quésse è pe’ lu cauche…<br />
le sì lassate pe’ lu cauche”, a signi-<br />
?care i doni stipati per il cuoco. Il<br />
cuoco era rispettato perché faceva<br />
fare bella ?gura al Banderese. Il<br />
23 maggio, dopo il ramajetto, i<br />
banderesi usavano mangiare un<br />
uovo fritto. Il 24 maggio era in<br />
uso mangiare pasta a tubetti con<br />
piselli e pesce fritto. La mattina del<br />
25 si mangiava un carciofo ripieno<br />
o polpetta di cacio e uova al sugo<br />
di pomodoro. Durante il banchetto<br />
principale si usava il “dolce di<br />
S. Urbano” una sorta di bign è a<br />
forma di stella allungata fritto in<br />
olio che veniva farcito con crema<br />
alla vaniglia. Si serviva spolverato<br />
di zucchero e cannella”. (testimonianza<br />
di Assunta Santoferrara)<br />
Banchetto dentro gli scantinati del<br />
municipio.<br />
Il banchetto durante un’edizione degli anni ’50.<br />
Simili sono i “complimenti” del 25 maggio. Scriveva il Bruni:<br />
“A sostenere le forze della compagnia concorrono, con generosità, gli<br />
abitanti dei Rioni da essa percorsi, perchè, qua e là, si spalancano le porte,<br />
dalle quali escono i padroni dalle case che offrono dei bocconcini pepati, e<br />
dei ?aschi di vino generoso. In gergo Ciammaillesco questi complimenti<br />
si appellano: dar da bere. I piatti ricolmi di ciambelle, di girelle di formaggio,<br />
di fette di salame, ed i boccaloni di vino spariscono in un ?at, ed il<br />
benefattore è ringraziato con altitonanti grida: Viva Sant’Urbano” 63 .<br />
8.5 I fuochi d’arti?cio<br />
Durante la festa vi sono numerosi fuochi d’arti?cio che possono essere<br />
così ripartiti:<br />
1 - sparo al momento di passaggio di consegna tra il vecchio e nuovo<br />
Banderese;<br />
2 - sparo prima della partenza della “Compagnia di S. Urbano” dalla<br />
casa del Banderese.<br />
3 - la mattina del Lunedì di Pasqua, prima di iniziare la questua.<br />
4 - mercoledì prima del “Trasporto delle Some di S. Urbano”, dopo la<br />
sfornata del Pane Benedetto;<br />
5 - 23 maggio - alle ore 7,30 prima dell’inizio del triduo;<br />
6 - 24 maggio - nel pomeriggio alle ore 17,30 “apertura della festa”<br />
- alle ore 19,00 durante l’apertura della Porta Santa;<br />
- alle ore 23,00 - fuoco pirotecnico artistico<br />
7 - 25 maggio - ore 7,30 - “apertura della festa”;<br />
- ore 11,00 - durante la consegna della Banira;<br />
- ore 12,00 - durante la processione religiosa<br />
- ore 17,30 - apertura della festa”<br />
- ore 23,00 - fuoco pirotecnico artistico;<br />
8 - 26 maggio - ore 7,30 - “apertura della festa”;<br />
- ore 17,00 - “apertura della festa”.
NOTE<br />
60 A.S. CH, Intendenza Soppressione monasteri, busta n° 3, fasc. 27-58, 26<br />
giugno 1811.<br />
61 Pubblicità in Educatore Abruzzese, Organo della Società Educativa Marrucino<br />
Frentano, Anno II n° 12 giugno 1895.<br />
62 De Leonardis.<br />
63 Bruni, pag. 53.<br />
Il Pane Benedetto nel 1961.<br />
A valle della chiesa di S. Urbano<br />
si fanno esplodere i fuochi durante<br />
l’apertura della Porta Santa. Si dice<br />
che il fumo prenda la direzione della<br />
contrada dove abita il futuro Banderese.<br />
Si dice: Vènne lu ‘Bbbannaraise esce a la<br />
contrada... peccaje c-i-a jeijte lu fjume<br />
de lu spare quanne s’ha aperte la Porta<br />
Sènde”.<br />
89
90<br />
Il Banderese regge l’antica tela di S. Urbano smarrita negli anni ’70.<br />
Il Banderese e la moglie portano l’attuale quadro di S. Urbano.
IX S.<br />
URBANO I PAPA<br />
PROTETTORE DI BUCCHIANICO<br />
S. Urbano I Papa<br />
Il culto di S. Urbano si diffuse in <strong>Bucchianico</strong> intorno all’Anno Mille 64<br />
e riguardava con molta probabilità un vescovo di Chieti di tal nome 65 . Ma<br />
come spesso è accaduto con il susseguirsi di eventi e trasformazioni culturali<br />
e politiche all’antico culto si associò quello di S. Urbano I Papa, molto<br />
più antico, e soprattutto più autorevole sancito dall’arrivo delle reliquie<br />
nel 1243 e la consacrazione da parte del vescovo Pietro Salpense 66 .<br />
A.M. Di Nola invece rilevava l’analogia del culto bucchianichese con<br />
quello di S. Urbano di Langres, “?gura protettiva chiaramente contadino<br />
che opera nella vasta gamma di patroni contro la tempesta e la grandine:<br />
Kerler enumera ben 19 patroni antitempestari e 17 santi che assicurano<br />
il bel tempo. Tutto il contesto rituale e religioso bucchianichese sembra<br />
enuclearsi intorno alla speranza di giungere ad un raccolto abbondante.<br />
Questo trasferimento degli attributi propri di S. Urbano di Langres sul<br />
ponte?ce omonimo è accettato, come conseguente all’uso corrente, ?n<br />
dall’epoca della redazione degli Acta Sanctorum, che, nel segnalare la protezione<br />
esercitata da Urbano di Langres sui vigneti, registrano: dal che mi<br />
pare legittimo sospettare che i vignaioli, a motivo dell’omonimo, abbiano<br />
venerato Urbano papa al posto di Urbano di Langres, trasferendo sul primo<br />
quella funzione difensiva che le biogra?e, in particolare il Martirologio<br />
gallicano di Andrea Soussay, assegnano al santo di Langres. In Kerler (sub<br />
voce) gli vengono attribuiti i patronati dei bottai, della frutta, delle vigne,<br />
dei giardini, del tempo favorevole, contro il fulmine, contro il gelo, contro<br />
le epidemie e carestie, contro le tempeste. Il culto di Urbano (insieme il<br />
papa e il vescovo francese), proprio con queste funzioni patronali, doveva<br />
avere una più larga diffusione abruzzese, forse portata, come in altre aree<br />
europee, dall’ordine benedettino” 67 .<br />
Nel 1243 i monaci benedettini di S. Maria Maggiore erano autonomi<br />
dal vescovo di Chieti che in <strong>Bucchianico</strong> controllava la pieve di S. Silvestro<br />
-S. Michele Arcangelo la cui posizione nel centro urbano era distinta<br />
dal monastero cassinese. I monaci di S. Maria accolsero le reliquie che<br />
furono benedette dal vescovo Pietro di Salpe (antica diocesi pugliese) e<br />
la collocarono sotto l’altare maggiore della chiesa a sancire la sua antica<br />
funzione di santuario 68 . L’evento derivava da un’evidente azione politica<br />
antifeudale già sostenuta nel 1238 da Federico II di Svevia contro il vescovo<br />
teatino che favorì i benedettini di S. Urbano e l’insediamento di altre<br />
comunità religiose come quella delle monache di S. Chiara 69 nel 1241,<br />
dei francescani negli anni ’70 e dei Celestini nel 1288. Rafforza questa<br />
ipotesi l’intervento di un prelato che non sedeva al soglio vescovile di<br />
La statua di S. Urbano prima del<br />
restauro.<br />
L’urna delle reliquie prima del furto con<br />
la statuetta lignea indorata.<br />
91
92<br />
La tela raffigurata con S. Urbano del<br />
sec. XVII che si conservava sull’altare<br />
maggiore del santuario di S. Camillo<br />
eliminata dai religiosi prima del 1964.<br />
Il busto argenteo di S. Urbano I Papa<br />
che si conserva a Troia (Foggia).<br />
Chieti ad ufficializzare il prestigioso dono delle reliquie; purtroppo non<br />
ancora sono stati rinvenuti documenti che possano far luce sul donatore<br />
delle reliquie e sul vescovo Pietro titolare della scomparsa diocesi di Salpi,<br />
quasi a far pensare ad un intervento diretto del Vaticano.<br />
Unico documento sulle reliquie di S. Urbano di <strong>Bucchianico</strong> è il testo<br />
della lapide, oggi scomparsa e trascritta dagli storici secondo cui le ossa<br />
conservate nella chiesa pare appartenessero ad un “Padre Illustre Urbano”<br />
inumato sotto l’altare maggiore mentre in più documenti si cita l’esistenza<br />
del culto di S. Urbano già nel secolo XI.<br />
Nella Santa Visita di monsignor Giovanni Battista cardinale Castruccio<br />
di Chieti del 27 agosto 1589 si rileva la presenza “reliquij Sancti Urbani<br />
et Sancti Aldemarij” 70 .<br />
Sull’autenticità di queste reliquie molti storici, pur mostrando qualche<br />
perplessità, si sono orientati a ribadire la tradizione secondo cui le stesse<br />
furono prelevate dalle catacombe romane e lasciate in <strong>Bucchianico</strong> da<br />
cittadini di Troia di Puglia che per tornare alla loro terra transitavano<br />
lungo il tratturo L’Aquila-Foggia nel 1243.<br />
L’arrivo delle reliquie di S. Urbano in <strong>Bucchianico</strong> si avvolge in un<br />
fatto leggendario che forse nasconde scelte politiche ed accordi molto<br />
più concreti 71 . La leggenda narra di cittadini di Troia di Puglia, località<br />
vescovile dove S. Urbano è venerato tra i santi protettori, che sollecitati in<br />
sogno dal santo a prelevare le propria ossa dalle catacombe per una degna<br />
sepoltura si recarono a prenderle nelle catacombe romane. Tornando da<br />
quella città lungo il tratturo L’Aquila Foggia, pernottarono in <strong>Bucchianico</strong><br />
e riposero le reliquie dentro la chiesa. La mattina successiva quando stavano<br />
per riprendere il cammino un violento temporale impedì al corteo di<br />
riprendere il viaggio e così accadde per più volte ?no a quando, compresa<br />
la volontà del santo, decisero di lasciare le sacre ossa a <strong>Bucchianico</strong>. A<br />
Troia di Puglia il cranio di S. Urbano è conservato tra le reliquie. L. De<br />
Leonardis fu il primo a scrivere sulla leggenda nel 1891.<br />
“La tradizione, a cui fo capo, racconta che nel 1243, alcuni pietosi<br />
naturali di Troia, stando in Roma, ebbero un sogno, o una celeste visione.<br />
Videro il Papa e martire Urbano I sfavillante di luce divina che disse loro:<br />
venite a rilevare il mio corpo ignorato nel Cimitero di Pretestato, sulla<br />
Via Tiburtina, e portatelo secovoi. Lo riconoscerete da questi segni, e li<br />
indicò; mentr’esso dopo il mio martirio, fu gittato e confuso in mezzo a<br />
mille altri cadaveri. L’indomani per tempissimo i naturali di Troia, devo -<br />
ti e compunti, furono solleciti di eseguire il mandato: si caricarono del<br />
Sacro peso, fecero autenticare il prezioso deposito, e mossero da Roma.<br />
Camminarono parecchi giorni diretti alla loro patria, ma un bel matti -<br />
no, vinti dalla stanchezza, dal sonno e dal forte caldo, si riposarono in<br />
<strong>Bucchianico</strong>, presso le cui mura transitavano. Le ossa benedette furono<br />
accolte e ricoverate nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, dove numeroso<br />
accorreva il popolo a venerarle. In sul far della sera la compagnia voleva<br />
riprendere il suo cammino, ma quando fu per uscire dal tempio, ecco un<br />
temporale che menava giù a precipizio acqua, fulmini e grandine senza<br />
poi lasciar traccia di sè. Era una illusione, la quale ripetuta diverse volte,<br />
fece gridare al miracolo, e constatare che S. Urbano voleva rimanere nostro<br />
ospite, come vi rimase. Il celebrato corpo fu riposto sotto un altare che
1<br />
2<br />
tosto Pietro da Salpe, Abate, consacrò e benedisse in onore di S. Urbano,<br />
e per memoria, presso l’altare istesso, in una colonna, furono scolpiti i<br />
seguenti versi.<br />
Presul Salpensis, Petrus hoc altare dicavit,<br />
Quo Patris illustris Urbani corpus umavit<br />
Annos si relegis Domini sunt milleducenti<br />
Quadragintaque tres istud denuncio genti 72 .<br />
L’appartenenza delle reliquie a S. Urbano I Papa fu messa in discussione<br />
da Girolamo Nicolino che invece riteneva fossero di un vescovo di Chieti<br />
di nome Urbano.<br />
“È onrata <strong>Bucchianico</strong>, terra fra quanti siano nella <strong>Pro</strong>vincia d’Abruzzo, celebratissima<br />
per la nobiltà dei suoi cittadini, per la dolce temperie del suo clima e fertilit à<br />
dei suoi territori, del corpo ovvero reliquia di un S. Urbano, collocato nella chiesa del<br />
medesimo nome sotto l’altare maggiore da un tale Pietro vescovo (o abate che si fosse<br />
di Salpe) l’anno 1243, come dimostrano i seguenti versi intagliati in una colonna della<br />
Tribuna dello istesso Altare:<br />
PRAESUL SALPENSIS HOC ALTARE DICAVIT<br />
QUO PATRIS ILLUSTRI URBANI CORPUS HUMAVIT<br />
ANNOS SI RELEGIS DOMINI SUNT MILLEDUCENTI<br />
QUADRAGINTAUE TRES ISTUD DENUNCIO GENTI<br />
Et se bene è tenuto per ferma opinione e si ritiene ancora dai Bucchianichesi che<br />
questo sia il corpo di S. Urbano Papa e martire, e per tale lo riveriscono e se l’hanno<br />
preso per loro particolare avvocato, di questa loro credenza non altro nè più antico<br />
fondamento d’autorità possono mostrare che i versi sopradetti, dove in niun modo si<br />
vede fatta menzione di Papa e martire, ma solamente di Patris illustris, che più presto<br />
3<br />
6<br />
5<br />
4<br />
1 - Antica Pieve di san Silvestro;<br />
2- Antica parrocchia di S. Angelo e S.<br />
Salvatore;<br />
3 - Chiesa dei SS. Apostoli consacrata<br />
nel 1280;<br />
4 - Monastero di S. Maria Maggiore e<br />
S. Urbano;<br />
5 - Ospedale della SS. Annunziata;<br />
6 - Antico calanco detto “burrone<br />
dell’ospedale”;<br />
7 - Terziere di Castellara.<br />
Ricostruzione ipotetica dell’interno<br />
della chiesa medievale di S. Urbano.<br />
7<br />
93
94<br />
Il culto di S. Urbano in Abruzzo e<br />
nel centro Italia<br />
Altre reliquie di un “Padre Illustre<br />
Urbano”, espressione usata anche<br />
per il nostro santo, si trovavano<br />
nella chiesa benedettina di S. Angelo<br />
in Barrea nel 1731 73 , in fatti in<br />
quell’anno fu fatta una ricognizione<br />
delle reliquie formalizzata con un<br />
atto notarile.<br />
S. Urbano viene invocato per scongiurare<br />
la siccità in analogia a quanto<br />
avveniva a Chieti quando in caso<br />
di quella calamità veniva portata in<br />
processione la statua di S. Giustino<br />
con le reliquie presso il sepolcro di<br />
S. Eleuterio, vescovo di Chieti.<br />
Si diceva che “se piove ’n Sande<br />
Rubbène - nen piove a San Giustejne”<br />
oppure “a le feste de Sande Giustejne<br />
piove sempre”. Il culto di S.<br />
Urbano doveva essere diffuso anche<br />
a Pretoro se nel sec. XIX all’interno<br />
della chiesa del Pio Monte dè Morti<br />
si conservava la reliquia di “un osso<br />
di S. Urbano M”. Analogo culto è<br />
registrato ad Atessa mentre nella<br />
cattedrale di Chieti si conservano le<br />
reliquie di S. Urbano Papa Martire.<br />
La festa di S. Urbano si celebra il 19<br />
maggio a Matrice (Campobasso) e il<br />
25 maggio in Apiro (Macerata).<br />
Prima pagina dell’atto del notaio G. Maria De Lellis del 25 maggio 1618 con cui<br />
l’Università protestava per irregolarità commesse dal Clero di S. Urbano durante la<br />
processione. In A. S. CH. notarile.<br />
dinota qualche vescovo o abbate per titolo di santità insigne che il Sommo Ponte?ce.<br />
In un antico calendario della nostra chiesa del quale pi ù volte si è fatto menzione ad<br />
alto proposito, si tiene scritto il nome di S. Urbano alli 23 di novembre, si come anche<br />
si trova notato nel catalogo dei vescovi di Chieti e che questo stesso che si riverisce a<br />
<strong>Bucchianico</strong>,opinione più probabile e verosimile, la quale maggiormente ci corrobora<br />
che alcuni anni sono si vedevano nell’istessa chiesa diverse immagini dello stesso Santo<br />
dipinte apparivano con habito e mitra vescovile, non col segno Papale, che facilmente<br />
mostravano la verità del fatto, ma poi sotto colore di ristaurare ed abbellire la chiesa,<br />
dataci sopra il bianco, sono state cancellate, ma che in questo in Bucchianichesi manifestatamente<br />
s’ingannino, apparisce chiaro, perch’al tempo di Papa Clemente VIII,<br />
nel 1599, il Corpo di Sant’Urbano Papa e Martire, insieme con quello di S. Cecilia in<br />
Transtevere, dove prima erano stati trasferiti da Papa Pasquale I, nell’821, come riferisce<br />
il Platina nella vita dell’istesso Pasquale, ed anche appare per una pietra ivi posta dal<br />
Cardinale Paolo Sfrondato nell’istessa chiesa, nipote di Gregorio XIV, di modo che se<br />
per più di 800 anni il corpo di S. Urbano Papa e martire era stato nascosto nell’istesso<br />
luogo, non potè tra questo mezzo Pietro Vescovo Salpense seppellirlo in <strong>Bucchianico</strong>,<br />
nè in quei versi detti di sopra, di questo, nè di alcuna, in onore delle quali 40 anni dopo<br />
pare che stabilissero i Bucchianichesi di clebrar solennemente le festa, come poi hanno
seguitato ogni anno con molta pompa alle spese del pubblico, e si cova da tre versi<br />
ancora oggi intagliati in pietra in?ssa al di fuori del muro dei SS. Apostoli dell’istessa<br />
terra di questo tenore:<br />
ANNO MILLENO CENTUM BIS OCTUAGENO<br />
MUNERE DIVINO, PRAESCRIPTIS ADDITO TRINO<br />
URBANI FESTUM LIMEN TULIT ORDINE GENTIUM<br />
La qual festa si celebra ai 25 di maggio, giorno veramente dedicato a S. Urbano<br />
Papa e martire ma non è cosa impossibile, nè cosa insolita, che in un giorno medesimo<br />
concorrano più santi del medesimo nome, e nel martirologio Romano se ne leggono<br />
degli esempi” 74 .<br />
L’ipotesi fu ripresa dall’Antinori.<br />
“Alcuni pensarono che Pietro fosse di Patria Salpense ma vescovo teatino, e lo dedus -<br />
sero dall’iscrizione. Forse stimarono di non convertire la consacrazione ad altri che al vescovo<br />
della Diocesi, ma sarebbe infelice, e nuova quella maniera di esprimere, e poteva un<br />
vescovo forestiere esercitare quella funzione Ponti?cale colla licentia dell’Ordinario.<br />
e l’Ughelli prova altra memoria di quel Pietro nel 1236, e lo ripone tra i Vescovi Salpensi<br />
accennò che i Chietini pensarono quel S. Urbano essere stato loro vescovo, dicono<br />
infatti che il titolo Patris illustris non dinoti il Sommo Ponte?ce; che è registrato fra i<br />
vescovi teatini in un antico calendario della Cattedrale a 23 novembre; e in un Catalogo<br />
di quelli; che l’essere morto, o venerato in <strong>Bucchianico</strong> terra diocesana lo comprovava;<br />
come pure le immagini antiche con abito e Mitra vescovili, non già col regno: immagini<br />
poi cancellate da Bucchianichesi, i quali lo sostengono Papa, nonostante che in Roma<br />
fosse trasferito il corpo di quello nella chiesa di S. Cecilia nell’A. 821 e poi nel 1599 vi<br />
fosse rilevato; e nonostante che nella citata Iscrizione non si accenni nè il Papato, nè la<br />
traslazione altronde; anzi si dica il corpo umato, segno probabilmente di morte avvenuta<br />
di fresco, e quivi avvenuto. E se ivi la festa si celebra a 25 i maggio in cui dalla chiesa<br />
universale è celebrata quella di S. Urbano Papa, avrà forse avuto il motivo del supporre,<br />
che fosse il Papa di quel nome il colà venerato” 75 .<br />
Le novelle su S. Urbano<br />
S. Urbano è il santo protettore e per tale deve essere rispettato; si diceva<br />
che una mancanza di rispetto nei suoi confronti poteva risvegliare la sua<br />
severità; raccontava Linda Di Lanzo nel 1996 “Sant’Urbane è nu Sènde<br />
de vendette”, nel senso che poteva in?iggere qualche punizione a chi<br />
non assolveva ai suoi doveri religiosi. Anche il vescovo di Chieti venuto<br />
a <strong>Bucchianico</strong> per partecipare alla festa che mostrò disprezzo per i giochi<br />
dei Banderesi dicendo: quest’è na favate!” nel tornare a Chieti fu colpito<br />
da “na fava maligne e n’arendrèse a la case”. S. Urbano protegge dalla<br />
guerra, raccontava Annina De Leonardis nel 1996:<br />
“Sand’Urbane è state nu guerriere, ha fatte la guerre tra Chite e Bucchièneche.<br />
Sand’Urbane ha fatte nu sacche de meracule e purtave pure<br />
lu pennècchie”.<br />
S. Urbano e i suoi “fratelli”<br />
A sancire un’alleanza tra i diversi paesi della vallata del Foro, si raccontava<br />
della “parentela” tra i diversi santi protettori.<br />
Diciave l’anzijne ca Sande Rubbène tenève nove fratialle e ca ère:<br />
S. Giustejne, Sande Stefene, San Ciattè, Sanda Marecarite, San Tumesse,<br />
Sande Biascje, San Gregorie e Sande Pandalaune.<br />
95<br />
Le ?ere di S. Urbano<br />
Una delle due fiere celebrate a<br />
<strong>Bucchianico</strong> sin dagli inizi dell’Ot -<br />
tocento era quella di S. Urbano. La<br />
mattina si usava portare gli animali<br />
da vendere lungo il Viale della Vittoria.<br />
Molte bancarelle si spingevano<br />
?no alle porte del centro antico.<br />
Negli anni ’50 l’amministrazione<br />
comunale volle promuovere questa<br />
?era anche se poi con la crisi del -<br />
l’agricoltura scomparve.<br />
In Veneto si celebrano numerose<br />
?ere di S. Urbano. La pi ù importante<br />
si svolge a Godega di S. Urbano<br />
(Treviso); dice un proverbio veneto<br />
“Par Sant’Urban el formento se fa<br />
granì (Per S. Urbano il frumento si<br />
fa grano). “Le nesse le è nate el dì<br />
de Sant’Urbanî (chi nasce il giorno<br />
di S. Urbano è debole perché il frumento<br />
è terminato e quello nuovo<br />
non è ancora pronto). Altra ?era si<br />
celebra a Moniego di Noale (Venezia)<br />
che dura 10 giorni. Il 16 mag -<br />
gio si celebra la festa di S. Urbano a<br />
Molina di Fumane (Verona).<br />
A Vasto si diceva “A Sant’Urbène, la<br />
sumende se fa grane” (In S. Urbano,<br />
il grano seminato si fa grano).<br />
S. Candida<br />
Il giorno 26 maggio è dedicato alla<br />
festa di S. Candida ritenuta essere<br />
la “mamma” di S. Urbano. La santa<br />
è patrona dell’isola di Ventotene<br />
(Latina) mentre a Bari si trova la<br />
chiesa rupestre di S. Candida la cui<br />
festa si celebra il 1 giugno. A Napoli<br />
si dice che al passaggio di S.<br />
Pietro avvennero le conversioni di<br />
S. Candida e S. Aspreno che furono<br />
i primi cristiani della citt à. La festa<br />
di S. Candida a Napoli e Ventotene<br />
si celebra il 4 settembre. È evidente<br />
che la vicinanza calendariale delle<br />
festività tra S. Urbano e S. Candi -<br />
da ha accomunato i due culti e nel<br />
tempo i due santi siano stati ritenuti<br />
“apparentati”. Le reliquie di S. Candida<br />
M. si conservavano a Villamagna<br />
e nella cattedrale di Chieti nella<br />
metà del sec. XIX.
96<br />
Immagine di S. Urbano realizzata con<br />
?ori di carta.<br />
Dicevano gli anziani che S. Urbano aveva nove fratelli ed erano:<br />
S. Giustino, S. Stefano, S. Cetteo, S. Margherita, S. Tommaso, S. Bia -<br />
gio, S. Gregorio e S. Pantaleone.<br />
test. Nicola e Annina Di Menna, Maria Sebastiani, raccolte nel<br />
1987.<br />
“S. Urbano ere de Rome e de ricca famije”. (test. Di Linda Di Lanzo,<br />
1996) .<br />
“Li viacchje apprejme areccundave ca la famije de Sand’Urbane ère<br />
tutte persaune perbene e ca l’anome fatte tutte sande pecchè ère ggenda<br />
bbona”. (Testimonianza di Annina De Leonardis, 1996) .<br />
S. Urbano che fermò il sole<br />
Na vote stave a cumbatte le Bucchianichejse nghe le Chjteine e la bbattaje<br />
jave nnianze da la matejne. Ere ’undeneure bbone, angaure putave<br />
vèncie le Chjtejne. Accuscì anome cerchèse ’jute a Sande Rubbène, cocche<br />
fermève lu saule, p’avaje n’atru ccaune de tèmpe. Sande Rubbene jèse a lu<br />
Padre ’Terne, e je cerchèse la grazie, ma lu Padre ’Tèrne ja respunnèse:<br />
- Lu saule nen pozze fermè...gna facce pe’ l’autre uammene!... Quelle<br />
che pozze fè, è giralle!<br />
Lu saule avè quase calate ca Jsu Criste le ggirèse all’autre late, a la marejne,<br />
e a lu poste de calè cumingèse aresaje, gna fè la matejne.<br />
È pe’ quesse ca le Bucchianichese vingese la guerre.<br />
(Testimonianza di Nicola Di Menna, raccolta nel 1987) .<br />
Nei lavori dei campi, che spesso richiedevano una pronta esecuzione,<br />
pena la rovina del raccolto, il contadino nell’apprestarsi della sera, usava<br />
esclamare:<br />
- Ah se putèsse fermè ssu saule! ...Ddu tre aure!.<br />
Sovente da altri aveva questa risposta:<br />
- N’ha putjute fermè Sande Rubbène, le vu fermè tiju!<br />
S. Urbano e le fave<br />
“Ce stave june che trumende stave a passè le carre de Sande Rubbène, stave<br />
a recallè le fave. Ha passate le carre e nen ha lassate. Lu jaurne apprèsse se<br />
cumingése a sendeje mèle e ja nate na fava maligne a na cosse e sa morte”.<br />
I Chietini e la campana di S. Urbano<br />
Na vote, quanne cummannève le Chjtejne, stave la cambène de Sande<br />
Rubbène e ca tenève nu sone bbèlle e sperdogne. Le Chjtejne, sempre<br />
mmidijuse, e, dàtese c’anome cummannève, anome venése a Bucchieneche<br />
e s’ava repurtè la cambène de Sande Rubbène e l’ava métte a lu cambanejle<br />
de San Giustejne.<br />
Anome menése nghe nu carre e nu bbèlle pare de vacche e c-ianome<br />
carechése la cambène. Mo, arruvate a lu cumbejne, a l’Alènde, le vacche<br />
se fecchése e nen putave cchiù jeje anniande. Tocche le Chjtejne anome<br />
attacchése nniande a lu carre n’atru pare de vacche, ma lu carre nen se<br />
smuvese. Accuscì le Chjtejne pensènne ca ére nu ségne de Sande Rubbène,<br />
s’anome arrése e anome reggerése lu carre. N’ave mènghe fenejte a ggerè,<br />
ca nu pare saule de vacche ndra recaccese lu carre e nghe nu umènde<br />
arendrése a lu paiaise. (Testimonianza di Nicola Di Menna raccolta nel 1987).
Il vescovo chietino<br />
Na vote, se stave a festeggiè Sande Rubbène e vénne a la feste pure<br />
lu vescuve de Chjte. Ere na persaune ’mpurtante eccuscì j’anome faciese<br />
vedaje tutte la feste nghe tènte de respette, ma lu vescuve nen c-i-aremanése<br />
cundénte e pe’ esse tutte quelle che faciave le bbannarejse ére na<br />
pazzetate.<br />
E subbete se mettese a dicie ca ére nu schendele e tutte la feste nen s’ava<br />
fè, ca parave bbrutte. Eccuscì repartese e se n’arejave a Chjte, ma quanne<br />
stave pe’ passè l’Alende je nasciese na fave maligne a lu colle e se murese<br />
lla pe’ llè. (Testimonianza di Nicola Di Menna raccolta nel 1987) .<br />
I Pugliesi<br />
Si racconta che una volta vennero i Pugliesi a riprendersi le ossa di S.<br />
Urbano ma giunti in prossimità dell’Alento, il carro su cui erano trasportate<br />
le reliquie non riuscì a procedere. Legarono 3 o 4 paia di buoi ma<br />
non riuscirono a proseguire. (Testimonianza Di Giustino Di Lanzo).<br />
NOTE<br />
64 Il nobile Tresidio visse a cavallo dell’Anno Mille costituendo una potente signoria<br />
autonoma dal conte di Chieti.<br />
65 Fu G. Nicolino, storiografo di Chieti, che nel 1657 osservando i ritratti in abiti<br />
vescovili di S. Urbano dipinti all’interno della chiesa di <strong>Bucchianico</strong>, sviluppò questa<br />
ipotesi sorretta anche dall’esistenza di un martirologio della Chiesa teatina nel quale<br />
era inserito un S. Urbano vescovo di Chieti.<br />
66 A. Tredanari, Inventario della cattedrale di Troia , Lucera, 1911. V. Aceto, Troia<br />
Sacra (manoscritto in due volumi conservati nel Tesoro della cattedrale), Anonimo,<br />
Chronicon Troianum in B. Perger, Raccolta di varie cronache del Regno di Napoli , vol.<br />
XXX pag. 558. Salpi, lago costiero nella provincia di Foggia a Salpi del Gargano; il<br />
nome deriva dall’antica città di Salapia situata un tempo sulla riva meridionale.<br />
67 A.M. Di Nola, I banderesi, note per una interpretazione antropologica , in Rivista<br />
abruzzese, anno XLII, 1989, n° 3, pag. 209.<br />
68 G. Di Menna, Vita S. Aldemari ,ecc..<br />
69 È noto che le nascenti comunità Ordinis Sancti Damiani erano appoggiate da<br />
Benedettini laddove mancavano i Francescani.<br />
7 0 A.C.A.CH, Santa Visita di monsignor Castruccio, 1589, sez. III, busta 518, fasc.<br />
7678.<br />
7 1 Non è escluso che la comunità benedettina di Barrea, quella di <strong>Bucchianico</strong> e la<br />
diocesi di Troia di Puglia si siano trovati a stipulare un accordo sulla divisione delle<br />
reliquie, su consenso della casa Sveva.<br />
7 2 De Leonardis, pag.29.<br />
7 3 Tra i repertori del notaio Arcangelo Carallo di Pescocostanzo conservati nell’archivio<br />
di Stato di Sulmona si trova un atto del 19 settembre 1731 sulla ricognizione<br />
delle reliquie di S. Urbano a Barrea.<br />
In Dei Nomine Amen. Die decima nona mensis septembris Indctione secunda Mil -<br />
lesimo septicentesimo trigesimo uno. In Terra Barrea, et ... Reges Nos quides.<br />
Presenti publico Instrumenti cunctis faciendo testamur, personaliter ad presens nobis<br />
factas per magni?cis Officialis de Regimine Universitatis huius prefati testes<br />
videlicet: Dominicus Antonius Ducale Camerarius, Magni?cus Joannes Antonius<br />
Brichetta, Vitus Antonius Signoritto, et Joannes Bono electos, minus Donatus de<br />
Cola, Franciscum Scannicchia Sindicos, et Quintus Pascale per sindicus viam, et per<br />
parte Dominici Bruno, qualmente accessimus ad Ecclesias Matrices sub titolo Divi<br />
Thomas Apostoli prefati Terre, et dum ibidem accessimum, intus sacristiam enunciatis<br />
Ecclesias invenimus Reverendum Patrem D. Angelus Longo S.T.P.D., et discepolis<br />
Cap. Vicarius Generales, presentibus quoque admodus Reverendus D.Cosimo Biondi<br />
Primicchio Insignis Collegiati ecclesiis Civ.s Sancti Germani, et dominus D.Joannem<br />
Statua di S. Urbano realizzata con<br />
migliaia di ?ori di carta.<br />
Il “campanone” di S. Urbano viene<br />
suonato a festa durante la consegna degli<br />
anelli e bandiere.<br />
97
98<br />
Fregio in stucco sulla Porta Santa del<br />
sec. XIX.<br />
Disegno di Beniamino Mammarella<br />
della cappella laterale della chiesa<br />
di S. Urbano.<br />
Apruzzese dè Comitatu, et familis eiusdem Reverendissimi Dominj Vicarij, qui quides<br />
Reverendum Pater Vicarius, instantibus dictis magni?cis Officiaalibus dè Regiminum<br />
intendens visitare, et recognoscere crus P. Xsti Martiris Urbani à Cemeterio Callistrio<br />
extractus, quod in capsula lignea carta indulata cooperta bene clausa, et funiculo<br />
escrico coloris nubei colligata, ac sigillo Eccellentissimi, et Reverendissimi Domini<br />
Cardinalis Carpinei Vicarij Generalis in Alma Urbe eius disctrictu judicij ordinarius<br />
signata, prefate ecclesii ac dicta Universitati dono datum fuisse ...diderunt ab Ill.mo,<br />
et Reverendissimo Domino D. Hyeronimo dè Afflicto, cui prius eides dono datum<br />
fuerit ab a?ato Eminentissimo, et Reverendissimo Domino Cardinali Carpineo,<br />
quod crus in dicta capsula repositus asseruerunt in custodia santuarij Reliquiarus<br />
dictam Matricij ecclesis, mandavit pro.... ad modus Reverendo D. Gregorio dè Vito<br />
Archipresbitero custodi santuarij predecti ut coras se afferuit, et asportavit dictas<br />
capsulam ad ?nes visitandi, et ricognoscendi. Quibus mandatis prefatus dominus<br />
custos exhibeas se preniptas, indutis costa, et stola, se condulit in locus Santuarij<br />
predecti et clausibus aperta ipsius custodia, presens ...steris Reliquijs que in eam as -<br />
servantur, inularit, et extraxit dictam capsulas ligneas carta indulata coopertas modo<br />
ut supra descriptas, et unam simil coram dicta cpasula presentavit eides Reverendus<br />
Patris Vicaris ?des autenticas eiusdem Sacri Crucis. Quam ?de autentica eiusdem<br />
Sacri Crucis pro dictus Reverendus Patres Vicarius, cum eius de familia, et maiori<br />
parte Sacre dotus, et Cleri eiusdem Matricis Ecclesia, cum crucis accentis processionaliter<br />
pervenit ad Altare Majoris ejusdem, ... quo reposita fuit capsula predicta, ea<br />
propter dictis Reverendum Patris Vicarius Generalis vi nostri, . ?delitatis Consocij<br />
Egregij Notarij Thomas Augustini dè Antonuccio huius prefate Terre, Regij Judicij,<br />
et testius subscriptas, et alienatus in numero copioso presentia, intendens procedere<br />
ad astus ricognitionis predicte, diligenter vidit, respoxit, et congnovit capsulas ipsas,<br />
quam foris inverit carta rubei colligata et in duobus lateribus sigillata sigillo prefati<br />
Eminentissimi, et Reverendissimi Domini Cardinalis Carpinti impresso ceram Hi -<br />
spanam modo et forma prout in dicta ?de autorithate, cui et hinc ablata pro dictam<br />
Reverendus Patres Vicarius Generales prefata ligulo scrica coloris rubei, ac eisdem<br />
sigillis, fuit dicta capsula aperta coram doctore Phisicus Domino Thomas de Laureto<br />
huius prefate Terre, pro quam in... in bambacio intigro ossa prefate P. Xtri Martiris<br />
Urbani, ac bene viso, et reviso, fuit (progenio) eius Juramento depositus, esse dictam<br />
os, os crucis dicti in vulgari eloquio, Tibia, seu canna maggiore ò sia fucile maggiore<br />
d’Huomo, quod quidem os in parte superiori, et inferiori in plurimas particulas,<br />
ratione timperis, redactas per eiusdem fuit repertus esce longitudine palmi unius, et<br />
digitorum duorum. Quam depositionem pro dictum Doctor Phisicus coram dicto<br />
Reverendo Patre Vicario Generali abita, affatus Reverendus Patre Vicarius generalis<br />
cum assistentia su... dè eius comitatu, ac ... omnium ut supra, instantibus semper<br />
dictis magni?cus dè Regiminum, invocato prius Xtr Nomine, oartes sacrus Crus divi<br />
Xstri Martiris Urbani forè, et esse authenticas decrevit, et protulit, ac pre inde publice<br />
adorandum, ... et etseras alias Reliquias. Quinimò unico in pre dictam Reverendas<br />
Patres Viacrius generalis extracta fuit e parte extremitatis inferioris dicti Crucis par -<br />
ticula ejusdem et reposita in Reliquiario confecto in statua argentea ad honores dicti<br />
Xstri Martiris urbani, quod quides Reliquiarius beni pro dictam Reverendum Patres<br />
Vicarius generales clausus, cum subscriptam Neminis dicti Xstri Martiris, fuit cooperta,<br />
et sigillo Diocesano Divi Benedicti Abbatis sigillatus, ac in pectore dicti statua ad<br />
. Populi subindicatus. Quibus prefatis immediata dictus Reverendus Patres Vicarius<br />
Generalis coram prefatis omnibus, reposuit reliquas partes maiores dicti crucis intus<br />
capsulam predictam quam modum cooperuit ligula scricam coloris rubei, et albi, ad<br />
modum crucis, et cera Hispana prefate sigillo dicti Divi Benedicti Abbatis, eam qua -<br />
tor sigillis sigillavit, et decoravit, semper duobus à lateribus, alio in medio, et alio in<br />
authoritate, ubi ..?citur ligamus dictam ligula serica; dictam postea capsulam, dictus<br />
Reverendum Patrem Vicarius Generalis inclusit intus alteram armulam ligneam claris<br />
à lateribus, et circus circiter munitam, super quam, propria manu apposuit nomas<br />
crucis dicti Martiris Urbani cum eius dignissima subscriptorum, ac currentis dicti,<br />
et anni, quam quides armula eodem actu, cum crucis accensis fuit coram prefato<br />
Reverendissmo Patre Vicario Generali cum eius de comitatu, et Sacerdototibus Cleri<br />
prefate Matricis Ecclesis pro dictam Reverendissimo D. Gregorius Archpresbiter Cu-
stodes ut supra, levata, et clavibus aperta custodia sub aram maxima altaris Majoris<br />
ubi quiescunt integra ossa corporis divi Martiris Valerij fuit super marmoreum lapi -<br />
dem ad modum lapidis ...pulararij custodis dicti corporis, collocata, et pro eiusdem<br />
Dominus Archipresbiter Custodes immediata clausa ... custodis ..., reversus inde<br />
fuit ante altare Majoris, ubi exposita fuit statua argentea cum Reliquiario in pectore<br />
particulam Crucis dicti Xstri Martiris Urbani, ad Populi adorationem, cui de... dictis<br />
Reverendum Patrem Vicarius Generalis paterna, et benigna indulsit beneditionem<br />
proemio carta antiphonam, qui incipit Iste Sanctus, et pro assistentem Invocato auxilio<br />
nemicis eiusdem Martiris, subscripta fuit oratio ad eius intercessionem, et demum<br />
Populi devotioni ... volendo, pro ad modum Reverendum D. Cosimum Primocerius<br />
Biondo in dicenti assistentia, fuit inscriptam cantum Officij Vespertini ad honores<br />
dicti Sancti. Quibus orbum sic pro actis, statim nos ... fuimus quod de presentis<br />
omnibus publicus son?cere deberumus .. Nos eius per ...<br />
Presentibus<br />
Judice Regio Antonio Parente Terre Barrea<br />
V.S. Dominus Cesare Sacchetti Terre Sancto Donati actuali Gubernatore status eiu -<br />
sdem<br />
V.S.D. Domino D. Simeone Crescentio de Laureto<br />
Magni?co Mario Tarolla<br />
Thomas de Christophano terre Barream<br />
Rev. D. Laureto Gratiano<br />
Francesco Pagli Terre Ville Barrea<br />
Rev. D. Nicolao de Antonuccio<br />
Magni?co Michaele Sarraceca Terre Civitelle<br />
Laurentio Mosca Terre Castri Sangri<br />
Donato Silverio Pitassi Terre Peschi Costantis<br />
Thomas Brunetti Terre A .. ac citeris alis in presenti Instrumenti appositis, plurimis<br />
de Populo huius Terre<br />
Notarius Michael Quaranta Barrea agente”.<br />
74 Girolamo Nicolino, Istoria della città di Chieti, Metropoli delle <strong>Pro</strong>vincie d’Abruzzo ,<br />
Napoli, 1657.<br />
75 A. Antinori, Corogra?a ecc..<br />
2<br />
1<br />
3<br />
4<br />
Interno della cripta progettata dall’arch.<br />
Giuseppe Boltrini di origine milanese<br />
nel 1759 e costruita sui resti medievali<br />
dell’antica chiesa.<br />
1 - Castello di S. Silvestro<br />
2 - Pieve di S. Silvestro<br />
3 - Abbazia benedettina di S. Maria<br />
Maggiore e S. Urbano<br />
4 - Chiesa di S. Antonio<br />
99
100<br />
Pagina tratta dalla Corogra?a storica di A.L. Antinori del 1782 in cui si narra dell’arrivo delle reliquie di S.<br />
Urbano a <strong>Bucchianico</strong>. Tratto da micro?lm del manoscritto conservato nella Biblioteca <strong>Pro</strong>v. “S. Tommasi”<br />
dell’Aquila.
X<br />
NOTE STORICHE SUI <strong>BANDERESI</strong><br />
La documentazione archivistica<br />
Si parla indirettamente del Banderese nel 1808 nello Stato Discusso del<br />
Comune di <strong>Bucchianico</strong> quando si fa riferimento a somme di denaro “in<br />
onore dè SS. <strong>Pro</strong>tettori per le sacre funzioni di Messe, Cera, e di taluni<br />
assegnamenti che si fanno in grano ed in denaro ad una persona estratta<br />
a sorte, che per quindeci giorni prima della festività del S. <strong>Pro</strong>tetttore<br />
fa esercitare la pubblica devozione”. Quella “persona estratta a sorte” è<br />
indubbiamente il Banderese 76 .<br />
Altro importante documento è una lettera del sindaco Salvatore De<br />
Acetis all’Intendente di Chieti per informarlo sul ripristino di una strada<br />
che non era transitabile; egli scriveva: “…debbo farvi presente Sig. Intendente<br />
che (...) in detta strada non solo doveva passare la <strong>Pro</strong>cessione<br />
nel giorno del <strong>Pro</strong>tettore S. Urbano, ma benanche dovè frequentarsi dai<br />
Bandaresi, che fanno la conosciuta Ciammaglichella, per cui tutto fu<br />
eseguito in sei giorni colla spesa di Tomboli quattordici di grano sconcio,<br />
e coppato che la Comune avea di avanzo a quello che nello scorso anno<br />
gli fu ceduto dalli Amministratori della Cappella con approvazione del<br />
S.re Direttore de Demanj, come solito a darsi nel giorno del Corpo di<br />
Cristo…” 77 . Oltre agli scritti del De Leonardis degli anni ’80 dell’Otto -<br />
cento si sono rinvenuti alcuni documenti amministrativi del Comune di<br />
<strong>Bucchianico</strong> che forniscono notizie sui Banderesi successivi alla precedente<br />
lettera del 9 giugno 1811 del sindaco De Acetis 78 .<br />
Ma la descrizione più interessante si trova in un atto amministrativo<br />
del 1836 dal quale risulta che il Decurionato sceglieva 6 persone con<br />
il compito di effettuare la questua per le contrade di <strong>Bucchianico</strong>. Un<br />
mese prima della festa quelle persone rendevano pubblico il ricavato e lo<br />
consegnavano a uno di loro detto Banderese, scelto a sorte. Il Banderese<br />
organizzava banchetti ed aveva l’obbligo di offrire il pranzo agli invitati<br />
che partecipavano vestiti alla “militare”.<br />
Seppure nella sua scarna descrizione, questo documento conferma<br />
quanto il De Leonardis scriverà oltre cinquant’anni dopo; infatti con i<br />
rituali riconfermati poi da Tommaso Bruni nel 1907. Attore principale era<br />
il Decurionato che eleggeva 6 persone divise tra i Terzieri di Castellaro, di<br />
Mezzo e Faricciola (Pizzoli) e li incaricava alla questua e tra essi sorteggiava<br />
il Banderese. Un modo antico di eleggere i “guardiani-banderesi” secondo<br />
la ripartizione urbana dei Terzieri che erano formati già nel Trecento. Il<br />
Banderese risultava essere il primus inter pares perchè privilegiato della consegna<br />
della Bandiera ed iniziato ai rituali cavallereschi. La bandiera comunale<br />
ed il tamburino erano i simboli del reclutamento mentre il Banderese<br />
procedeva al reclutamento delle 50 coppie “invitando” i parenti.<br />
101
102<br />
Prima pagina della lettera all’Intendente di Chieti del sindaco F. Tella del 29 giugno 1836<br />
in cui si parla delle regole della festa. A.S.CH, Intendenza Affari Comunali <strong>Bucchianico</strong>,<br />
busta 108.<br />
Il coinvolgimento della parentela ricordava l’usanza medievale nel formare<br />
le milizie civiche preposte al controllo del territorio e dei nuclei<br />
urbani quando le Universit à incaricavano una persona di ?ducia che si<br />
assumeva la responsabilità totale del compito, che, oltre alla competenza,<br />
riscuoteva la ?ducia e la stima dei cittadini e che era capace di assicurarsi<br />
il rispetto e fedeltà degli uomini. Una condizione che nella parentela e<br />
vicinato poteva essere maggiormente soddisfatta. È evidente che la “?ducia”,<br />
nella festa dei Banderesi, è ancora oggi resa più importante e<br />
sacrale in due fasi sostanziali: quando il Banderese, secondo l’usanza,<br />
si dice debba riconciliarsi con gli oppositori e quando il Sergentiere<br />
consegna il ramajetto ai “banderesi” con un gesto simbolico vicino ai<br />
riti di comparaggio del S. Giovanni.<br />
Anche a Miglianico erano i “parenti” a sostenere chi si impegnava<br />
nella festa di S. Antonio di Viènne a rimarcare l’importanza sociale dei<br />
clan e del circuito dei rapporti di parentela, rinforzati e continuamente<br />
rimescolati con i matrimoni. Per <strong>Bucchianico</strong> fu il Bruni, agli inizi del<br />
secolo XX, a scrivere: “Il designato dalla sorte, lì per lì, nella genealogia
“<strong>Bucchianico</strong> li 29 giugno 1836<br />
Signore<br />
È consuetudine in questo Comune celebrarsi la festiva ricorrenza del <strong>Pro</strong>tettore S. Ur -<br />
bano nel modo come segue. Si scelgono dal Decurionato sei individui i più comodi di<br />
un quartiere del Comune, quali debbono andar questuante nelle diverse contrade della<br />
campagna, e quindi un mese prima della festa in giorno di Domenica rendere di pubblica<br />
ragione il ritratto che il Decurionato appositamente riunito, delibera consegnarsi al così<br />
detto Banderese; che a sorte si presceglie tra i sei incaricati della questua, essendo questi<br />
nell’obbligo durante la festa imbandir pranzo e cena a tutti quegl’invitati espressamente<br />
da lui a far parte del suo corteggio vestiti alla militare nelle passeggiate per le strade del<br />
Paese, non che fornire di cibo tutt’i sonatori che vengono, senza poterli discacciare.<br />
Quest’avanzo del gentilessimo è talmente custodito da questa Cittadinanza che sarebbe<br />
un delitto pensarne l’abolizione. Nell’anno corrente il Decurionato come il solito è venuto<br />
alla scelta di sei contadini più faccoltosi del Quartiere detto di Mezzo, dando loro<br />
la facoltà raccogliere le offerte dè Fedeli per solennizzarsi nell’anno venturo il giorno al<br />
Santo dedicato con tutte quelle prescrizioni in uso da tempo immemorabile. Tra questi<br />
vi è un tal Tommaso di L... il pi ù ricco, perchè moltiplica annualmente i suoi averi in<br />
modo veramente scandaloso commettendo delle usure le più orribili; con ammirazione<br />
generale si è ricusato e che anzi con disprezzo ha raccolto il mio invito. In tale esempio<br />
gli altri si mostrano puranche renitenti. La prego indicarmi come debbo contenermi per<br />
non cadere in dominio a questo popolo che bastantemente superstizioso d’ogni sinistro<br />
evento ne darebbe a me la colpa, come suol accadere nè piccioli casi dove vogliosi addurre<br />
delle novità, e per non essermi addiportato giusta il consueto.<br />
Il Sindaco. Francesco Tella.<br />
Li 30 giugno 1836<br />
Signore<br />
Rilevo con dispiacere dalla sua lettera di jeri che taluni dei prescelti Deputati per<br />
raccogliere le volontarie largizioni dei fedeli per la solenizzazione della festività del<br />
<strong>Pro</strong>tettore S. Urbano si siano ricusati, e che sul di loro esempio altri minacciano far<br />
lo stesso. Io la prego chiamare alla di lei presenza tali individui, e far loro sentire in<br />
mio nome che senza ulteriori pretesti si prestino alla rispettiva incombenza secondo il<br />
solito, e quando non ubbidissero farmelo conoscere distintamente per le disposizioni<br />
possano in oggetto convenire.<br />
A.S.CH, Intendenza Affari Comunali <strong>Bucchianico</strong>, busta 108.<br />
della di lui famiglia investiga i diversi rami, ed entra nella case di quanti<br />
sono, o potranno divenire suoi congiunti, e li invita a prendere parte<br />
alla Ciammaichella. Qualche volta non sono sufficienti tutti i parenti<br />
per eseguire la cerimonia che richiede non meno di cinquanta coppie,<br />
quindi si estende l’invito anche ai compari, ed agli intimi amici” 79 .<br />
Il compito del Banderese<br />
Il compito principale tramandato si esaurisce tuttavia a quelli con -<br />
nessi alla celebrazione festiva. La sua elezione è ?nalizzata alla riuscita<br />
della festa e a garantire una certa forza virile che ha la sua espressione<br />
apoteotica nel “ballo” e soprattutto nella processione. Ad esso si associa<br />
l’altro compito grandioso e pubblicamente rilevante nell’organizzazione<br />
dei banchetti. Infatti si nota la preoccupazione del Banderese e del suo<br />
clan nel fare bella ?gura nei banchetti, nella bontà delle pietanze e nel -<br />
l’organizzazione logistica. Questo compito fu notato dal De Leonardis<br />
che scriveva:”È obbligo del Banderese di far trovare, più volte al giorno,<br />
tavola imbandita, a tutti coloro che vengono a suonare per la festa. Sin<br />
dal mattino del 24 il paese ne è popolato” 80 .<br />
103
104<br />
I suonatori di trevucette stanno<br />
costantemente in mezzo ai banderesi.<br />
Le spese per la festa<br />
Il banderese organizza la festa con i proventi raccolti nella questua e in una<br />
somma che nel secolo XIX era messa a disposizione dal Comune; infatti già<br />
nel Settecento l’Università pagava ducati 51 ed ettolitri sei e litri settanta di<br />
grano81 . È consuetudine attuale che altri proventi siano raccolti con la questua<br />
e dalla libera offerta dei cittadini che “vanno a trovare” il Banderese. L’antica<br />
usanza di offrire derrate, dolci, olio è oggi sostituita con altri doni o offerte<br />
in denaro che gli organizzatori utilizzano per lo svolgimento dei banchetti e<br />
per gli intrattenimenti festivi. Nella sostanza, quindi, si è mantenuta l’usanza<br />
di origine medievale che prevedeva la compartecipazione collettiva alla costi -<br />
tuzione della “soma” di S. Urbano che poi veniva amministrata dal singolo<br />
(Banderese) a vantaggio di tutti. Altri ?nanziamenti di sostegno e di evidenza<br />
pubblica sono quelli provenienti dal Comune, da altri enti pubblici e <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong><br />
che di norma sono utilizzati per la promozione culturale e turistica.<br />
NOTE<br />
76Archivio comunale di <strong>Bucchianico</strong>, Libro delle Delibera, vol. 1808.<br />
77 A.S.CH, Atti dell’Intendenza, Affari Comunali <strong>Bucchianico</strong>, Lettera del sindaco S. De<br />
Acetis, b. 99.<br />
78 Ibidem; la lettera è la seguente:<br />
<strong>Bucchianico</strong> li 9 giugno 1811<br />
Il Sindaco della suddetta Comune al Signor Intendente e Commissario Generale di Polizia<br />
in Apruzzo Citeriore<br />
Ill.mo Signore<br />
Di riscontro a quanto mi partecipate sotto li 6 del corrente giugno per le pretensioni esposte<br />
dal Signor Camillo Franchi al Real Trono sulli accomodi e riforma delle strade interne al<br />
comune, debbo farvi presente Signor Intendente, che ai 16 de p.p. Maggio il Decurionato<br />
essendosi riunito per altri oggetti signi?canti venne benanche a deliberare sull’accomodo<br />
prontaneo di un pezzetto di strada, che non permetteva il passaggio ne a piedi, ne colle vitture.<br />
Tale Deliberazione ebbe la pronta esecuzione perchè in detta Strada non solo dovè passare la<br />
<strong>Pro</strong>cessione nel giorno del protettore S. Urbano, ma benanche dovè frequentarsi dai Bandaresi,<br />
che fanno la conosciuta Ciammaglichella, percui tutto fù eseguito in sei giorni colla spesa di<br />
tomboli quattordeci grano sconcio, e coppato, e la Comune avea di avanzo a quello che nello<br />
scorso anno gli fu ceduto dalli Amministratori delle Cappelle con approvazione del Signor<br />
Direttore de Demanj, come solito a darsi per tanti pani taralli nel giorno del Corpo di Cristo.<br />
Con tale operazione o Signore non si è fatto alterato il sistema dello scolo delle acque piovane,<br />
mentre seguitano a scorrere per l’istessa sola parte, come a tutti costa tale verità.<br />
Del resto Signor Intendente mi sembra scandalosa la condotta del suddetto Signor Franchi<br />
che per una mera specualzione voglia impedire un comodo publico già fatto, e dal lei esaminato<br />
nel momento che si faceva. Vi prevengo in ?ne o Signore, che fuora l’abbitato del<br />
Sig. Samuele Pierantony a suo conto si stà facendo un pezzo di salciata su d’una strada resa<br />
fossosa dall’acqua, ed avendogli data la conoscenza de nostri ordini il medesimo mi ha esibito<br />
una convenzione legale, che ha ripassato con due zii del sudeto Franchi, percui non manco<br />
di rimettervene la copia estratta da quello cancelliere.<br />
Gradite in ?ne i sentimenti della mia stima, mentre mi fù l’onere de salutarvi. Salvadore de<br />
Acetis.<br />
79 Bruni, pag. 52.<br />
80 De Leonardis.<br />
81 De Leonardis.
XII <strong>BANDERESI</strong>:<br />
UN MODELLO EUROPEO<br />
L’Alessio dice che il banderese , nome maschile antico del XIV secolo,<br />
era un “cavaliere che conduceva i vassalli con propria bandiera” mentre nel<br />
XV secolo era “capo rione di Roma che aveva in consegna la “bandiera” 82 .<br />
Il nome “banderese” comunque è da confrontare con l’antico francese<br />
“banerez” designante colui che aveva il diritto di “alzar bandiera” - dal<br />
francese “banière” 83 . Nel Medioevo, dal vocabolo germanico banda (gotico,<br />
bandja , franco banna ), che signi?cava “striscia di panno” o “fascia”, e poi<br />
“manipolo di soldati muniti di tali distintivi, derivò bandus che signi?cava<br />
manipolo di soldati e bandum che signi?cava “insegna”, entrambi legati al<br />
bann , cioè territorio. Da bandum derivarono bandiera (provenzale baniera ,<br />
francese banni ère, spagnolo bandera , portoghese bandeira , inglese banner ,<br />
latino medievale banderia , banerria , banniria ). Quindi “Bandiera signi?cò<br />
un numero determinato di soldati contrassegnati dalla stessa insegna.<br />
Bandiera di Fanti, all’epoca delle compagnie di ventura, indicava una<br />
squadra di fanti affidata o aggruppata sotto un capo 84 . L’antico francese<br />
banderet , sinonimo di banneret , signi?cava “porteur de bannière”, che a<br />
sua volta derivava dal germanico *bandum , “bannière”.<br />
Nella Svizzera romanza il Banderet era il magistrato civile che presiedeva<br />
il consiglio della città del paese di Vaud. Nella prepositura di Moutiers-<br />
Grandval questo magistrato civile era chiamato bandelier .<br />
Sulla presenza dei Banderesi a Roma scriveva il De Leonardis: “Sotto<br />
il ponte?ce del quale ti vado scrivendo, la Città di Roma, al pari delle<br />
altre d’Italia, era ancor divisa in due partiti: Guelfo l’uno e Ghibellino<br />
l’altro. Ogni partito si disputava il sommo della cosa pubblica, concentrata<br />
nell’autorità senatoria; e da questo cozzo di passioni e di ambizioni,<br />
quell’autorità rimase sminuita. Perchè, contrariamente alle primitive,<br />
costanti e gloriose tradizioni Romane, si volle, nel Bolognese Brancaleone<br />
d’Andalo, Conte di Casalecchia, eliggere un senatore non civis romanus, e<br />
non sanguis quiritus; e poi si crearono i Banderesi, Magistrati e Capitani<br />
nel tempo stesso, ma non soggetti ad alcuna supremazia e nè passibili di<br />
altra investitura, oltre quella che fosse il voto popolare. Queste novità<br />
introdotte in Roma, non per bisogno di miglioramento, ma per insania<br />
di partito, e per protesta contro i privilegi vantati dal Papa sulla Città<br />
Eterna, resero più spiccata l’epoca in cui visse Urbano IV. Quindi niente<br />
di più probabile che i Bucchianichesi, a scanso di dubbiezze future sulla<br />
dedicazione della festa, ed a renderla caratteristica, giusta la consuetudine<br />
di quei tempi, avessero parodiata una istituzione, fresca fresca venutaci<br />
dall’Inghilterra e dalla Francia. È risaputo che nel secolo XIII, secolo di<br />
vita isolata per i popoli, e scarsamente abbellita, gl’Italiani cercarono con<br />
Il Saltner si ornava di piume e nastri<br />
colorati per partecipare con l’alabarda<br />
alle processioni religiose o agli<br />
appuntamenti pubblici domenicali.<br />
105
106<br />
Banderese a cavallo in una via storica di<br />
<strong>Bucchianico</strong>.<br />
avidità ogni occasione di far pompa, per acquistare rinomanza alla propria<br />
Terra, od alla comunità da cui dipendevano. Perciò alla festa del Patrono,<br />
il più delle volte, aggiungevano quelle, che il Boccaccio de?nì, molte belle<br />
usanze, ed il Villani chiamò “compagnie di gentili uomini” destinati a<br />
promuovere e procurare divertimenti e sollazzi” 85 . Banderese , Bannarizi<br />
o Bannarisu ,citato da Accursio di Cremona (1321-37), indica “cavaliere<br />
che conduce una schiera con la propria bandiera sotto le proprie insegne<br />
ovvero un capo rione di Roma a cui è affidata una bandiera”. Di Banderesi<br />
parla Boccaccio nel Teseida e Matteo Villani nella Cronica del 1348-63,<br />
e in A. Pucci, nel Centiloquo del 1338. Giovanni Villani racconta che<br />
nel 1325 i Fiorentini elessero messer Piero di Narsi cavaliere banderese<br />
della contea di Bari de Loreno. Nel 1354 Ranieri Sardo raccontava che i<br />
banderesi erano eletti dal popolo.<br />
Come per i Bangards , gli Schützen e i Saltner , i Banderesi non furono<br />
un corpo militare preposto all’arte della guerra. Il loro compito, come<br />
già evidenziato si esauriva nel controllo stretto del territorio coltivato e<br />
destinato all’agricoltura secondo un modello che doveva essere diffuso nella<br />
Vallata del Foro probabilmente dal medioevo. Una traccia eloquente si<br />
trovava in una consuetudine festiva in vita nelle prima metà dell’Ottocento<br />
a Miglianico durante la celebrazione della Festa di S. Antonio Viennese<br />
presso una chiesa rurale della contrada Cerreto negli anni 1829-34. Ne dà<br />
testimonianza una serie di atti prodotti a seguito di una lite tra l’ex-barone<br />
Valignani e il Comune di Miglianico. Il Lunedì di Pasqua, giorno in<br />
cui anche il Banderese di <strong>Bucchianico</strong> inizia formalmente il ciclo festivo<br />
invitando le massime autorità del paese ed i parenti, un “cittadino” di<br />
Miglianico spontaneamente offriva il suo impegno a organizzare la festa,<br />
invitava i suoi parenti, consegnava loro una sorgentina, e portando la<br />
bandiera comunale insieme a loro giocava nei larghi urbani al suono di<br />
tamburo e poi accompagnava la processione religiosa. L’usanza poi andò<br />
a spegnersi per l’intemperanza del tenente di gendarmeria convinto che<br />
le armi rituali potessero essere annoverate tra le “armi proibite” dal governo<br />
borbonico 86 . La chiesa di S. Antonio della contrada Cerreto poteva<br />
essere fatta risalire all’entrata del secolo XV quando il Regno fu invaso<br />
dal morbo pestifero denominato fuoco sacro, quindi si spiegò grande<br />
devozione verso S. Antonio Abate, e furono eretti da molti Signori delle<br />
Chiese, Cappelle, ed altre pie istituzioni sotto l’invocazione di S. Anto -<br />
nio Abate 87 , tra gli altri la famiglia Valignani edi?cò la esistente Chiesa<br />
rurale sotto il titolo di S. Antonio Abate di Cerreto, nel centro d’una<br />
vasta pianura denominata di Cerreto di proprietà di lei sita in tenimento<br />
di Miglianico. E della frequentazione di cavalieri dell’Ordine di Malta in<br />
<strong>Bucchianico</strong> si ha testimonianza di un fatto biogra?co di S. Camillo e<br />
dell’esistenza della chiesa di S. Antonio, recentemente restaurata, che era<br />
di appartenenza di quell’Ordine 88 . Non emergono ?nora dai documenti<br />
archivistici regole scritte sulle modalità di elezione di questi guardiani rurali<br />
il cui compito non poteva certamente limitarsi a quello di organizzare<br />
le feste religiose e di proteggere le processioni. Un compito, questo molto<br />
noto per gli Schützen che ancora oggi s?lano a ?anco del sacerdote che<br />
porta il Sacramento nelle processioni. Un compito non soltanto di parata<br />
ma necessario a ribadire un’identità antimusulmana quando le arringhe
espansionistiche dell’Impero Ottomano avevano portato all’assalto di<br />
Vienna e alla minaccia di tutto l’Adriatico. Sono scarne le informazioni<br />
sul cerimoniale di Miglianico mentre in <strong>Bucchianico</strong> alcuni documenti<br />
amministrativi sono dello stesso tenore.<br />
***<br />
La cittadina di Thann in Alsazia 89 si trova affratellata con Gubbio 90 per<br />
avere una reliquia di S. Teobaldo, ed è posta su un’antica strada di transito<br />
che collegava l’Italia del Nord, la Lorena e Fiandra ed è conosciuta nella<br />
regione di Colmar per i vigneti che sono posti su una collina dalle pendici<br />
molto ripide il cui suolo è di origine vulcanica. <strong>Pro</strong>tettore des Vignobles è<br />
S. Urbano la cui piccola chiesa è edi?cata lungo una suggestiva e pano -<br />
ramica strada, da noi percorsa, che attraversa i vigneti sulla cui facciata si<br />
trova la seguente iscrizione: A.no D.ni Jub. 1933. La statua di S. Urbano<br />
è inserita nella facciata gotica della Collegiata di S. Teobaldo. Il santo è<br />
rappresentato con un grappolo d’uva in mano. In questa cittadina sin dal<br />
sec. XV è stato attivo il Bangard ossia un guardiano incaricato dalla municipalità<br />
di sorvegliare le vigne e il territorio. La denominazione deriva dal<br />
tedesco Bannwarth e dall’alsaziano Bangert . Ogni anno 4 Bangards erano<br />
eletti tra i cittadini, uno per ogni confraternita; l’incarico era onori?co e<br />
permetteva a chi lo riceveva di accedere alle cariche amministrative della<br />
città. I documenti attestano l’esistenza dei bangards sino dal 1483 i cui<br />
nomi, registrati e conservati nella Cabane des Bangards 91 , un edi?cio a loro<br />
riservato, e in cui si incontravano per meglio svolgere la sorveglianza dei<br />
campi coltivati e le vigne, il mantenimento dei sentieri e la prevenzione<br />
degli incendi. La stretta connessione del bangard e “Ban” che in francese<br />
antico indica territorio coltivato sotto il controllo feudale è evidente. Nella<br />
con?nante regione tedesca di Franken, la zona vicino a Norimberga nel<br />
dialetto locale la parola bangard signi?ca invece “?glio senza padre” 92<br />
a rimarcare un’accezione dispregiativa per i Francesi, nemici storici dei<br />
Tedeschi. I Bangards esistevano anche a Hour e Havenne nella provincia<br />
di Namur.<br />
Gli Schützen<br />
Nel Tirolo e nella Baviera sono noti gli Schützen ossia “guardiani rurali”.<br />
Si ipotizza che la loro origine sia dal Brabant e dalle Fiandre e pare<br />
che appartenessero alle Gilde o Confraternite a partire dal secolo XII,<br />
con il rafforzamento della borghesia cittadina contro la nobiltà terriera.<br />
Era l’epoca in cui le “bannalità”, cioè le piccole organizzazioni municipali<br />
nordiche al di sotto dei 1.000 abitanti si vedevano riconoscere i<br />
diritti di demanialità con il diritto di circondarsi di mura e di un fossato.<br />
Gli Schützen si organizzarono in confraternite con uno statuto simile a<br />
quelle religiose. Il loro compito era quello di proteggere il territorio, le<br />
coltivazione e prevenire gli incendi. Con l’andare dei secoli i loro compiti<br />
si allargarano alla protezione degli orfani, degli anziani, dei mercati e<br />
?ere. Erano tenuti a dare spettacolo con il tiro con archi e balestre e poi<br />
archibugi la domenica mattina. Prendevano parte alle processioni e ai pellegrinaggi<br />
e “feste delle primizie”. Nel 1300 quando Papa Bonifacio VIII<br />
concesse l’Indulgenza gli Schützen protessero i cortei dei pellegrini che si<br />
Chiesetta di S. Urbano a Thann in<br />
Alsazia sita in mezzo alle vigne.<br />
Foto dell’autore.<br />
S. Urbano di Thann sulla facciata del<br />
duomo della città. Foto dell’autore.<br />
107
108<br />
Gli Schützen che partecipano ad una<br />
processione religiosa.<br />
recavano nelle chiese giubilari. Fino al secolo XVI, pur essendo esentati<br />
dagli impegni militari per il loro compito, in Baviera non apparteneva -<br />
no all’esercito e accorrevano in battaglia solo in caso di necessità. Nel<br />
1278 gli Schützen della Baviera ebbero il privilegio dall’imperatore di<br />
abbandonare il campo di battaglia all’imbrunire e ripararsi all’interno<br />
delle mura nel caso di guerra. In caso di necessità si riunivano in bandfurt<br />
(bandiere del territorio) sotto la direzione di un capo e sotto l’insegna<br />
di un’unica bandiera a cui appartenevano anche i contadini. Sin dalla<br />
?ne del XV secolo nel Principato di Baviera furono obbligati alla scelta<br />
di due maestri da eleggere ogni due anni; l’elezione era democratica e<br />
insindacabile. Nel Cinquecento gli Schützen potettero contraddistin -<br />
guirsi con un’abbigliamento vivace e rinoscibile; svolgevano il compito,<br />
erano gioviali e amavano recitare versi satirici e ironici durante le feste<br />
e gli appuntamenti annuali 93 . Tuttavia, come abbiamo avuto modo di<br />
osservare, la tradizione riguarda anche Monaco di Baviera.<br />
Il Bahio<br />
A Castelmagno (CN) pochi giorni prima la festa di S. Magno del 19<br />
agosto, il consiglio comunale stabiliva i componenti del Bahio (badia).<br />
Negli anni ’70 del Settecento la badia era composta da:<br />
- 4 ufficiali (l’Abbà, capitano del corpo, il Luogotenente Abbà, il<br />
Sergente Abbà, il Caporale Abbà),<br />
- 5 componenti del corpo<br />
- 5 soldati;<br />
- 1 bombardiere. La badia aveva il compito di mantenere l’ordine<br />
pubblico, soprattutto durante la festa. Portavano una picca o alabarda,<br />
un pennacchio sul cappello di colore per lo più rosso. Tutti portavano sul<br />
petto una coccarda e nastri di vario colore legati alle alabarde. Il primo<br />
Abbà (quello che fa da gonfaloniere) può portare l’alabarda durante le<br />
processioni. I quattro anziani devono pagare il pranzo per sè e per gli altri<br />
otto compagni, provvedere alle spese per i nastri e le coccarde. 94 . Enrico<br />
Bertone scrive “i membri duravano in carica tre anni e poi uscivano<br />
dalla bahio e al loro posto ne venivano nominati altri dal Sindaco nel<br />
giorno dell’Assunta; in epoche più recenti i membri venivano richiesti<br />
dall’Abbà. (…)Tutti gli altri portavano le alabarde che erano ornate da<br />
levrees , i nastri colorati che venivano donati dalle spose agli invitati nel<br />
giorno del matrimonio” 95 .<br />
G.Luigi Bravo scrive che la tradizione della “badia” è importante per<br />
il Piemonte, simile a quelle francesi derivante dalle “medievali Abbazie<br />
o Compagnie degli stolti o dei folli (a loro volta connesse alle origini e<br />
allo sviluppo del dramma medievale). Si tratta di compagnie giovanili o<br />
virili tra i cui diritti e doveri erano quelli di portare le armi, anche come<br />
milizia locale, di organizzare e gestire le feste e i balli, soprattutto del<br />
periodo primaverile, di governare più o meno simbolicamente la comunità<br />
e di mantenervi l’ordine durante il periodo festivo, sotto il comando<br />
del loro capo, l’Abbà”. La badia era legata alle feste dei santi protettori<br />
a Castelmagno in Val Grana (CN), Festiona nelle Alpi Marittime e a<br />
Bannio nell’Ossola (NO) dove i componenti s?lano ancora oggi “a ca -<br />
vallo e in divisa militare ottocentesca, concludendo la parata con spari
a salve”. La Bahìo di Sampeye in val Varaita (CN) era celebrata ogni 5<br />
anni con costumi ricchi di coccarde, nastri colorati e ?ori, associati a<br />
fogge militare ottocentesche e talora l’uniforme dei corazzieri. La festa<br />
si distingueva per i banchetti, bevute, musica e balli 96 .<br />
Il Saltaro<br />
Figura simile preposta al controllo dei pascoli e del bosco era il Saltaro<br />
o Saltner da “Saltuarius” che deriva dal latino “saltus” (bosco). Spesso i<br />
saltuari facevano parte di una corporazione a cui appartenevano i boscalioli,<br />
i falegnami, gli agrimensori e coloro che controllavano i con?ni. Era<br />
una ?gura molto appariscente che si ornava di nastri e piume colorate<br />
portate sul cappello reclutata principalmente tra i contadini e boscaioli<br />
che conoscevano il territorio. Il Saltaro è documentato in Merano mentre<br />
a Cloz vigevano statuti comunali in cui il Saltaro era tenuto al controllo<br />
delle vigne soprattutto nella festa di S. Lorenzo e ne si poteva iniziare la<br />
vendemmia se prima il Saltaro non aveva dato ordine.<br />
Per aspirare all’incarico si doveva avere buona reputazione, essere<br />
una persona ordinata e pulita e possedere un ?sico robusto. Solita -<br />
mente veniva scelto tra i ?gli di contadini. Custodiva le vigne durante<br />
la vendemmia, per evitare i furti e i danni della fauna selvatica. Il<br />
primo giorno di lavoro trascorreva tra baldorie e grandi bevute; egli si<br />
faceva udire a distanza con colpi di pistola sparati a salve in modo da<br />
trovare sempre chi gli offriva da bere e da mangiare quando arrivava<br />
alle abitazioni dei contadini. Il costume indossato abitualmente era<br />
quello tipico dell’agricoltore, con pantaloni di pelle corti, le ginocchia<br />
libere, particolari calzettoni che ricoprivano solo i polpacci, con calzini<br />
corti ai piedi e con scarpe ornate di borchie. Di domenica indossava<br />
un cappello ornato con piume di uccello, code di volpi e scoiattoli;<br />
al collo indossava una o più collane di denti di maiale ed ossa di<br />
animali, disposti in maniera tale da provocare un continuo tintinnio<br />
durante il movimento. In mano stringeva un’alabarda e alla cintura<br />
portava una pistola a due canne. Il Saltner la usava in due occasioni:<br />
il sabato sera, quando dopo il suono delle campane, sparava per due<br />
volte nell’aria per segnalare la sua presenza e la domenica. Il vitto era<br />
offerto ai Saltner dagli stessi contadini che seguivano una particolare<br />
procedura per farlo accomodare in casa; quando l’uomo giungeva alla<br />
soglia dell’abitazione, doveva fermarsi e attendere che il padrone di casa<br />
lo invitasse ad entrare facendo un ?schio o appoggiandogli la mano<br />
sulla spalla e comunque mai chiamandolo a voce. Erano conosciuti<br />
nella conca di Merano; a Marlengo, ricca di vigneti, dove per un certo<br />
periodo lavoravano ben 4 Saltner, uno per ogni Terz . Analoga ?gura<br />
era il “Mastro di campo” di Mezzojuso che girava con una maschera<br />
rossa, calze bianche, brache gialle con bande verdi con sopra una camicia<br />
ornata da nastri e un cappello. Come diceva il Toschi “egli non<br />
camminava ma ballava, ballava in modo tipico, aggirandosi, torcendosi,<br />
gestendo, al ritmo di un tamburo che gli stava costantemente dietro;<br />
e in tal modo, sempre, per oltre un’ora accompagnato dal tamburo,<br />
spesso alla testa delle sue truppe, spesso solo, girava per la piazza, girava<br />
attorno al Castello” 97 .<br />
Il Saltner.<br />
109
110<br />
Banderesi con la Banira.<br />
El Banderal<br />
Una tradizione classi?cata tra quelle carnevalesche è quella di El Banderal<br />
che si celebra ogni 4 anni che consiste nel danzare con una bandiera<br />
davanti le case delle autorità per averne un’offerta nel paese di Carano<br />
(Trento). I giorni prima i giovani si riuniscono per eleggere le ?gure tipi -<br />
che della festa che hanno ruoli distinti come ad esempio il “Bandereal” e<br />
il “Sotto banderal”.<br />
NOTE<br />
82 Alessio- Battisti, Dizionario Etimologico Italiano , etc - Giammarco Ernesto, Lessico<br />
etimologico abruzzese , Ed. dell’Ateneo, Roma, 1985.<br />
83 ibidem.<br />
84 Enciclopedia Treccani, vol. VI, pag. 74, voce: Bandiera.<br />
85 De Leonardis, pag. 10.<br />
86 Nella lettera si scriveva:<br />
“Al sig. Intendente della <strong>Pro</strong>vincia di Chieti<br />
Miglianico 10 Aprile 1834<br />
Signore<br />
Di riscontro al di lei autorevol foglio dè 22 scorso Marzo n° 2107 della spedizione<br />
riguardante la celebrazione della festività di S. Antonio nella chiesa rurale in Contrada<br />
di Cerreto accaduta à 31 di Marzo, io eseguendo quanto con esso m’impose non vi ho<br />
preso parte alcuna, ma ve la ho fatta prendere da Cittadini, ma mi sono limitato dietro<br />
quanto a voce mi disse a permettere la solita pompa entro l’abitato in onore del detto<br />
Santo per essersi esposto nella Chiesa un di lui quadro alla pubblica Venerazione. Questa<br />
pompa consiste in un voto spontaneo di un Cittadino che s’offre di fare la festa, che<br />
esegue col riunire i suoi Parenti, consegnarlo a ciascuno di essi una sorgentina, che si è<br />
fatta credere essere un’arma proibita dalla legge nominandosi lancia, portando esso poi<br />
la bandiera comunale, che giuocano nè larghi al suono di un Tamburo, ed accompa -<br />
gnano la <strong>Pro</strong>cessione con ordine, e senza disturbo alcuno. Nel mentre in detto giorno,<br />
e nel’abitato innanzi al largo di S. Rocco tanto si eseguiva, il Tenente di gendarmeria<br />
qui pervenuto impedì questa funzione antichissima fatt’al solo oggetto di devozione,<br />
e di ossequio verso il Santo, e minacciò l’arresto a tutti quei paci?ci Cittadini nel caso<br />
continuassero ad evitare qualunque disturbo li feci desistere dall’incominciata funzione,<br />
e feci ritirare la Bandiera, e le sorgentine. Che questa funzione sia diretta ad onorare<br />
solamente il Santo, e non a render omaggio all’abolito Baronaggio è un fatto incontrastabile<br />
che può sempre veri?carsi, che la Bandiera abbia avuto, ed abbi attualmente lo<br />
stemma Feudale è falso, infatti presentemente non vi è altro che la leggenda Comune<br />
di Miglianico, ed anticamente vi era l’arma del Comune, cioè quello di un mazzo di<br />
miglio, simile a quello dell’antico suggello comunale. A mettere in chiaro le qualità<br />
della Bandiera, e delle volute armi proibite, io le fo a lei presentare.In questo stato di<br />
cose io la prego di permettere almeno entro l’abitato il prosieguo di tale funzione, ed<br />
impropriamente detto di tale divozione con cui i Cittadini sono soliti di dimostrare il<br />
loro affetto verso i Santi <strong>Pro</strong>tettori, e nel medesimo tempo di conceder loro quest’onoesto<br />
ed innocente divertimento.<br />
Il Sindaco - Diomede Tomei”.<br />
A.C.A.CH, Santa Visita di monsignor Giosuè Saggese, 1844 , B.540, pag.55.<br />
87 Sul culto di S. Antonio di Viènne vedasi: A.Di Nola, Aspetti magico religiosi di una<br />
cultura subalterna , pag. 239.<br />
88 Atto del 25 aprile 1738 sulla presa di possesso del reverendo p. Francesco di Francescantonio<br />
del Bene?cio di S. Antonio Abate. A.S.CH, Notaio Urbano Di Francescantonio,<br />
vol. III, 1739, pag.32.<br />
89 J. Baumann - R. Kirner, Thann, sa Collègiale ses montagnes, Guide historique , archèologique<br />
et touristique, Than, 1948.<br />
90 In onore di S. Teobaldo il 30 giugno di ogni anno si celebra la festa detta Cremation<br />
de Sapins , un incendio di rami di abete rosso con modalità simili alla “Ndocciata” di<br />
Agnone a ricordo di una leggenda sull’arrivo delle reliquie a Thann.<br />
91 Communautè de Communes du Pays de Thann, Thann , ecc..
92 Testimonianza diretta di Benno Zimmermann di Bonn (Germania).<br />
93 D. Höllhuber - W. Kaul, Wallfahrt und Volksfrömmigkeit in Bayern, Verlag Hans<br />
Carl, Nürnberg, 1987<br />
M. Heilmannseder, Brauchtum und historische Feste in Altbayern & Nordtirol , Rosenheimer,<br />
1992.<br />
O.E. Breibeck - W. Bahm Müller, Bayerisches Schützenleben, Pannonia Verlag , Freilassing,<br />
1982.<br />
94 Dal sito del Centro Occitano di Cultura “Detto Dalmastro” - Carta delle Vallate<br />
Occitane in territorio italiano, <strong>LA</strong> BAIO DE SAN MANH Storia e tradizione di Michelino<br />
Isoardi, da “La Vous de Chastelmanh”, Dicembre/Gennaio 2000/2001, “Notizie sulla<br />
Baio negli ordinati di Castelmagno 1777-1792” ,tratto dalla ricerca di Flavio Menardi<br />
Noguera.<br />
95 Enrico Bertone, Con la spada e con la croce-Antiche feste delle Alpi Cozie nella rivista<br />
“Cuneo <strong>Pro</strong>vincia Granda”; Anno XL VII-N.3; ottobre 1998 (testo consultato sul sito<br />
web curato da Michelino Isoardi, del Centro Occitano di Cultura “Detto Dalmastro”<br />
Piazza Caduti 1-12020 - Castelmagno (Cn).<br />
96 Gian Luigi Bravo, Sacro e <strong>Pro</strong>fano / Piemonte, in AA.VV, Le tradizioni popolari in<br />
Italia, La festa, a cura di Alessandro Falassi, Electa, Milano, 1988, pag. 45<br />
97 Paolo Toschi, Le origini del teatro italiano, Edizioni Scienti?che, Napoli, 1955, pag.<br />
571.<br />
Gruppo di banderesi che volteggiano le bandiere.<br />
È considerata grande abilità reggere le<br />
bandiere sul palmo della mano.<br />
111
112<br />
Un estratto del processo di canonizzazione di S. Camillo de Lellis (1625-1628) con la trascrizione di una testimonianza in cui si parla<br />
della festa. Tratto da micro?lm per gentile concessione di p. Felice Ruffini.
XII<br />
NOTIZIE STORICHE<br />
SUL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
L’evento festivo bucclaneo si è costruito nei secoli come un fenomeno<br />
socio-culturale il cui successo è stato determinato dalla capacità dell’istituto<br />
festivo di rinnovarsi e modi?carsi con il mutare delle epoche storiche<br />
evolvendo i contenuti culturali o aggiungendone degli altri. Oggi se ne può<br />
dare un’interpretazione che non può considerarsi esaustiva pena il rischio di<br />
incorrere in clamorose inesattezze. Come tutti i fenomeni sociali la festosità<br />
sottesa a questa celebrazione può essere interpretata o letta con gli strumenti<br />
che le varie discipline ci forniscono ma non per questo con risultati soddisfacenti.<br />
È evidente che nella Festa dei Banderesi si trovano concentrate<br />
tante “feste”, o meglio tanti “comportamenti festivi” che la collettività di<br />
<strong>Bucchianico</strong> ha maturato da almeno dieci secoli raccogliendo sicuramente<br />
usanze che vanno ben oltre questo spazio temporale e che affondano in<br />
epoche ben più remote. La lettura è più stimolante se si considera che la<br />
festa è una realtà “viva” dove i comportamenti festosi cambiano ed evolvono<br />
ancora oggi con il mutare della società e degli uomini. Per tal ragione la<br />
Festa dei Banderesi contiene numerose tracce di usanze passate, talune di<br />
interessante sincretismo. Della festa possono essere individuati due aspetti<br />
culturali distinti: l’uno afferente un signi?cato religioso riguardante il culto<br />
patronale di S. Urbano e l’altro più prettamente civico connesso alla tradizione<br />
dei Banderesi. Una distinzione strutturale che anche l’attento De<br />
Leonardis proponeva più di un secolo orsono. Egli diceva:<br />
“Avrei detto allora che, nella festa del 25 Maggio, altra cosa è il Santo<br />
ed altra la Ciammaichella o i Banderesi” 98 che ci fa capire quanto chiara<br />
sembrava alla ?ne dell’Ottocento la distinzione tra i riti riguardanti i<br />
“banderesi” da quelli religiosi in onore del protettore S. Urbano I Papa, con<br />
tutta la complessità di identi?cazione delle reliquie che ha appassionato gli<br />
storiogra? ?no ad oggi.<br />
Negli ultimi decenni sono stati pubblicati studi che ci permettono di<br />
conoscere la festa e quindi di rintracciarne i cambiamenti avvenuti, rare<br />
invece sono state le sue descrizioni nei secoli passati, sia perchè l’archivio<br />
comunale è andato in gran parte disperso sia perchè il coinvolgimento ha<br />
riguardato i ceti marginali.<br />
Un’importante lapide<br />
Il documento più antico che parla della festa risale al 1280 come recita il<br />
testo di una lapide, rinvenuta qualche anno addietro negli scantinati di un<br />
edi?cio privato sito in c.so S. Pierantony 99 . Il testo della lapide fu pubblicato<br />
da G. Nicolino nel 1657 quando parlava di S. Urbano nella monogra?a<br />
sulla città di Chieti 100 .<br />
Alla processione religiosa partecipano le<br />
autorità municipali.<br />
Il Laccio.<br />
113
114<br />
Lapide che si conserva a sinistra dell’ingresso della chiesa di S. Urbano.<br />
Uno dei primi depliant promozionali<br />
sulla festa del 1971.<br />
ANNO MILLENO CENTUM BIS OCTUAGENO,<br />
MUNERE DIVINO, PRAESCRIPTIS ADDITO TRINO<br />
URBANI FESTUM LIMEN TULIT ORDINE GESTUM<br />
Nel <strong>Pro</strong>cesso Teatino 101 e nelle biogra?e camilliane del secondo de -<br />
cennio del Seicento vi sono notizie importanti sulla festa perchè Camillo<br />
de Lellis nacque il 25 maggio come più volte ha scritto Felice Ruffini in<br />
“Agape” bollettino del santuario di San Camillo negli anni ’70. Dicevano<br />
i testimoni che egli venne alla luce durante la messa “grande” nella “solennissima<br />
festa” in onore di S. Urbano.<br />
Il primo biografo Sanzio Cicatelli scriveva:<br />
“Nacque egli alli 25 di Maggio 1550, Anno Santo e primo del Ponti?cato di Giulio<br />
Terzo regnando nell’una et nell’altra Sicilia l’Imperador Carlo Quinto (...) Nascendo<br />
egli nel proprio giorno di Santo Urbano, quando in Bocchianico una solennissima festa<br />
si fa’ per honor di detto Santo Ponte?ce e Martire. Facendosi ciò sia per haver essi delle<br />
reliquie del detto Santo come anco per essere il titolo della lor Chiesa” 102 .<br />
Nel 1550 si celebrava la festa con una “messa grande” ed una “messa<br />
piccola”. Nel <strong>Pro</strong>cesso teatino testimoniava Matthia Caputa:<br />
“...il P. Camillo nacque nell’anno del Giubileo, et ch’essendo la madre chiamata<br />
Madonna Camilla nella Chiesa di S.to Urbano, nel giorno della sua festa che è alli 25<br />
di maggio se mise a ragionare con la quondam Mascia Dardano mia nonna ... e sog -<br />
giungendoli detta Madonna Camilla che dubitava che presto doveva partorire perche
gli cominciava à venire le doglie, l’esortò detta Mascia à vedere la messa piccola et non<br />
aspettare la grande et andarsene a Casa, et raccontava anco detta quondam Mascia che<br />
la predetta Madonna Camilla partor ì detto Padre Camillo à quell’hora che si faceva<br />
l’elevazione della messa grande ...”<br />
Indizio importante che traspare dalle testimonianze è la parata degli<br />
armigeri: un’Armata che s?lava nella piazza davanti al pubblico. Diceva<br />
Marino Tezzo:<br />
“... il Padre si chiamava Misser Giovanni d’Honofrio de Lellis, ch’era delli Principali<br />
della Terra, e la Madre si chiamava Madonna Camilla di Loreto la quale era una Santa,<br />
honorata, e ben vista da tutta la Terra, e sì che detta Donna, essendo Vecchia incanutita<br />
tutta, partorì il Padre Camillo, e me ricordo, perche essendo il giorno di Maggio 25,<br />
Festa di Sant’Urbano etc. andando io à vedere l’Armata nella Piazza, dove erano molte<br />
Donne, si mossero tutti con rumore le Donne, facendo allegrezza, e dicevano, che Madonna<br />
Camilla così vecchia havea fatto un bel ?gliolo Maschio...”<br />
Sicuramente l’indizio più importante che allude alla tradizione dei<br />
Banderesi con i riti processionali, stendardi e carri si trova nelle parole del<br />
testimone che diceva “...egli nacque nel giorno di S. Urbano Ponte?ce, e Martire,<br />
quando in Bocchianico, per esser titolo della loro Chiesa, si fà sollennissima festa, andando<br />
tutto il popolo in processione con stendardi, et altri carri trionfali...” 103 .<br />
A rafforzare questa ipotesi sovviene l’altra testimonianza di Francesca<br />
De Lellis:<br />
“Ho inteso dire da mia madre chiamata Rocca fosse nato il P.Camillo de Lellis nel dì<br />
di Santo Urbano quando si faceva la procissione per la piazza di questa terra...” 104<br />
Un altro testimone, pur non citando espressamente la Ciammaichella,<br />
la descrive sinteticamente quando diceva che era il “popolo” a partecipare<br />
nelle processioni per le vie cittadine:<br />
“Nel giorno dedicato all’inclito e grande Santo Martire, al Ponte?ce Urbano, <strong>Pro</strong>tet -<br />
tore dello stesso luogo, che è festeggiato con la più solennità da tutti gli abitanti di quella<br />
Terra, dove le reliquie del Martire sono onorate, essendo recate con grande concorso di<br />
popolo che precede o segue processionalmente attraverso le vie cittadine...” 105 .<br />
Ancora più eloquente sul “ballo” dei Banderesi scriveva il Lenzo:<br />
“... inoltre tutta quella popolazione per un intero mese si dedica ad onesti svaghi<br />
degli animi, alcuni ai balli, altri invece agli esercizi di palestra, i restanti vanno in giro<br />
su carri trionfali conducendo cori...” 106 .<br />
Il Cicatelli notava l’importanza della festa che richiamava “gentiluomini”<br />
di Chieti:<br />
“Un’altra volta essendo il giorno di S. Urbano, quando in Bocchianico si f à gran<br />
festa, et essendovi andati da Chieti parecchi gentilhuomini benefattori per vedere<br />
la festa, Camillo gli fece tutti regalare, e banchettare. Ma intendendo poi, che nella<br />
piazza di S. Urbano si faceva quasi una Fiera, con mille giuochi, e trattenimenti; il che<br />
dispiacendoli non poco, lasciando tutti quei Signori à tavola, andò in detta piazza à<br />
predicargli, che santi?cassero quella festa, e che fuggissero il peccato, minacciandoli<br />
l’Inferno; e gridando tanto sopra ciò, che spaventato un putto suo nipote chiamato<br />
Lello ?gliolo d’Honofrio, and ò correndo in casa nostra à dire che Zio Camillo gridava<br />
in piazza dicendo: All’Inferno, all’Inferno, facendo maravigliar tutti, massime non<br />
havendo quel putto più di tre anni” 107 .<br />
Notizie sulla continuità della festa si trovano negli atti delle Sante<br />
Visite dell’arcivescovo teatino nella parrocchia di <strong>Bucchianico</strong>. Nel 1685<br />
il vescovo di Chieti invitava il Preposito e l’Arciprete ad accordarsi sul<br />
modo di organizzare la processione di S. Urbano: “Arciprete e Preposito subito<br />
de questo haverà proprio possesso siano avanti di noi personalmente a prendere resoluzioni<br />
in ordine alla processione di S. Urbano, altrimenti si prohibir à omnimamente la<br />
suddetta <strong>Pro</strong>cessione” 108 . Un indizio importante sulla difficile convivenza tra<br />
Una pagina del libro della novena di S.<br />
Urbano della ?ne sec. XVIII.<br />
Foto della statua stampata su santino<br />
degli inizi del sec. XX.<br />
115
116<br />
Un cerimoniale trasmesso oralmente<br />
L’aspetto più antico e affascinante<br />
è senza dubbio la trasmissione<br />
orale del “cerimoniale” della festa,<br />
con i riti, le scadenze, il mo -<br />
dello della strutturazione sociale,<br />
l’organizzazione, le cui modalit à<br />
sono trasmesse di Banderese in<br />
Banderese. Succede che al passaggio<br />
delle consegne e durante l’anno<br />
festivo, il Banderese chiede a<br />
chi lo ha preceduto come “fare” la<br />
festa. Un comportamento normale<br />
che lega l’”esperto” al neo?ta e che<br />
riduce gli errori. Ma è importante<br />
sottolineare che questa usanza,<br />
forse, è la testimonianza storica<br />
più antica della festa: una consuetudine<br />
che giunge dal medioevo.<br />
Già nel 1687, quando il principe<br />
Caracciolo rinnovava i “Capitoli”<br />
con l’Università di <strong>Bucchianico</strong>,<br />
manteneva le consuetudini che si<br />
svolgevano secondo “l’antico solito”.<br />
Cioè al corpus di usanze locali<br />
che il principe rati?cava e accetta -<br />
va. Alcune di quelle usanze erano<br />
certamente scritte, molte altre però<br />
erano trasmesse oralmente. Oggi,<br />
sebbene i personalismi dei singoli<br />
Banderesi possono in?uire sulla<br />
trasmissione orale dei riti, ritenia -<br />
mo che l’oralità nella festa sia un<br />
patrimonio culturale da conservare<br />
e che lega in uno stretto rapporto,<br />
solidale e di “complicità culturale”<br />
quelli che si impegnano nei riti.<br />
Le reliquie.<br />
L’arrivo nella chiesa di S. Urbano è il momento più importante del trasporto delle Some.<br />
arcipretura e prepositura che ?no alla ?ne del sec. XVIII condividevano<br />
l’amministrazione di alcuni sacramenti. A questo episodio e meglio ad<br />
un’antica rivalità tra le due istituzioni possiamo riferire le “novelle” popolari<br />
sul vescovo che per le sue scelte e per il suo comportamento ostile alla<br />
festa più volte risulta “punito” dal santo. Nel 1731 l’Università spendeva<br />
12 ducati per la festa 109 . Nel 1802 l’Università aumentò la spesa per la<br />
festa a 60 ducati dalle 50 che precedentemente aveva stabilito 110 .<br />
Dal 1804 e sino al 1810 si spesero 50 ducati “in ogni anno dai passati<br />
camerlinghi o sia sindici per la sola Festa popolare di S. Urbano” 111 per<br />
?nanziare la festa.<br />
Le modi?che dopo l’invasione francese<br />
Tra gennaio e febbraio 1799 <strong>Bucchianico</strong> diventò un baluardo di resistenza<br />
borbonica all’esercito francese che aveva occupato Chieti il 24 dicembre<br />
precedente. Da tutta la provincia arrivarono truppe in <strong>Bucchianico</strong>,
capeggiati da <strong>Pro</strong>nio in attesa delle truppe francesi. Ci furono giorni di<br />
guerriglia e di saccheggi che sconvolse il piccolo centro con una massa di<br />
soldati che alloggiava al palazzo Caracciolo e poi al forno comunale sito in<br />
piazza. Colpisce la descrizione sulla resistenza del comandante borbonico<br />
della Fortezza di Pescara 112 che faceva s?lare i suoi soldati avanti e dietro,<br />
con un movimento a serpentina che dalla descrizione sembra ricordare<br />
la “Ciammaichella”, ossia una s?lata dentro il forte militare al suono dei<br />
tamburi dell’intera guarnigione come un rassicurante spiegamento di forze<br />
mentre il nemico francese avanzava ed aveva già oltrepassato il Tronto.<br />
Delle fogge militari borboniche probabilmente i Banderesi conservarono<br />
la “coccarda” che tuttora appongono sulle bande rosse e azzurre mentre<br />
più tardi dalle uniformi della gendarmeria borbonica e quella post-uni -<br />
taria della seconda metà dell’Ottocento, presero a modello il “cappello da<br />
carabiniere” che molti banderesi usavano utilizzare nei giorni di festa. Pur<br />
avendo notizie dei Banderesi nel 1811 113 non sappiamo se la proibizione<br />
della polizia borbonica sulla libera circolazione delle armi tra la popolazione<br />
abbia comportato la riduzione di quelle “rituali” ossia delle alabarde che<br />
erano portate durante le processioni. Delle armi rituali ne è sopravvissuta<br />
solo una, detta “Arma Santa” che può portare solo il Sergentiere. La ragione<br />
per cui l’alabarda o “sorgentina” poteva essere portata solo dal Sergentiere<br />
rivela di fatto il ruolo militare di questo personaggio come d’altronde già<br />
il nome evidenzia; come già detto anche a Miglianico durante la festa di<br />
S. Antonio si usava portare le sorgentine nelle processioni. La sorgentina<br />
era la lancia dei “sergenti” 114 .<br />
Gli studi dei primi demologi<br />
Il fertile clima culturale degli anni ’80 dell’Ottocento, alimentato dal -<br />
l’entusiasmo patriottico per la recente Unità d’Italia, si strutturava su<br />
due fatti destinati a incidere per molto tempo nella società bucclanea: la<br />
fondazione del Circolo di Conversazione nel 1879 che trovava nell’avv.<br />
Leonardo De Leonardis il massimo sostenitore e l’attività della parrocchia<br />
attorno all’arciprete Alfonso Tozzi, originario di Gessopalena, che di lì a<br />
pochi anni diventò vicario del vescovo di Chieti. Risulta poco conosciuta la<br />
personalità del Tozzi ma è certo che incise molto sulla produzione culturale<br />
bucclanea e che permise a De Leonardis di inserirsi nella nuova scuola dei<br />
folcloristi abruzzesi facendolo assurgere al ruolo di primo studioso delle<br />
feste dei paesi della Valle del Foro. Il De Leonardis era amico di Tommaso<br />
Bruni di Francavilla che in quegli anni stava raccogliendo informazioni<br />
sulle tradizioni popolari della vallata del Foro e dell’avv. Vincenzo Piattelli;<br />
quest’ultimo nel 1878 fece pubblicare un primo scritto sui Banderesi nel<br />
giornale “Il Pallano” da lui diretto. Il De Leonardis strinse contatti con<br />
il collega avvocato Raffaele Persiani di Gessopalena che stava per fondare<br />
la Deputazione di Storia Patria dell’Aquila per l’intermediazione dell’ar -<br />
ciprete Tozzi conterraneo del Persiani. A quest’ultimo fece pubblicare la<br />
seconda parte della cronaca stampata della Festa dei Banderesi inserendosi<br />
di fatto all’attività del più giovane Gennaro Finamore, sempre di<br />
Gessopalena, e di Antonio De Nino. Nel 1869 Finamore 115 pubblicava i<br />
Canti Popolari di Gessopalena , probabilmente il De Leonardis ne veniva<br />
a conoscenza interessandosi ad un tema d’avanguardia che in quegli anni<br />
Piccoli banderesi con il cappello da<br />
carabinieri.<br />
Frontespizio della pubblicazione del De<br />
Leonardis del 1890.<br />
Frontespizio della pubblicazione<br />
di Tommaso Bruni del 1907.<br />
117
118<br />
Carro del Pane nel 1952.<br />
Frontespizio della pubblicazione di<br />
Sergio Marciani.<br />
il siciliano Giuseppe Pitrè stava diffondendo. Il saggio sui Banderesi,<br />
pur portando la ?rma del Piattelli pubblicato nel 1878, sicuramente fu<br />
elaborato dal De Leonardis. Dopo 10 anni lo stesso scritto, arricchito, fu<br />
presentato al Circolo di Conversazione e concittadini dal De Leonardis<br />
diventando nel tempo l’unica pubblicazione sulla festa, più volte citata<br />
o copiata dagli studiosi successivi. Allo scritto del De Leonardis si ispirò<br />
poi l’amico Tommaso Bruni che pubblicò 17 anni dopo il Saggio del De<br />
Leonardis un suo studio sulle feste della valle del Foro quando scriveva<br />
“Chi volesse appagare questa curiosità legga l’opuscolo del mio defunto<br />
carissimo amico cav. Avv. Leonardo De Leonardis pubblicato nel 1890.<br />
Io ripeterò, su per giù, ciò che l’altro amicissimo avv. Vincenzo Piattelli,<br />
anche defunto, scrisse nel 1878 e che feci pubblicare, in appendice, al<br />
giornale il Pallano che dirigeva”.<br />
L’in?uenza della Festa dell’Uva e l’introduzione della “pacchianelle”<br />
Dopo il 1915 si usò portare in processione il “laccio”, l’ex-voto d’oro<br />
donato al santo dai Bucchianichesi a signi?care l’aiuto miracoloso del<br />
santo in quel drammatico anno di siccità e guerra. La festa continuò<br />
senza grandi variazioni rispetto al passato e non fu turbata dall’ascesa al<br />
potere del partito nazional-fascista. In?uenze consistenti si ebbero indirettamente<br />
quando il regime riscoprì le tradizioni popolari ritenendole<br />
un ottimo mezzo propagandistico per ottenere l’adesione delle masse<br />
popolari, soprattutto nell’invenzione di feste inneggianti alla ruralità e<br />
all’abbondanza del prodotto agricolo. Le sagre dei prodotti agricoli erano<br />
occasioni di svago e di allegria che nascondevano vere e proprie azioni di<br />
Carro di S. Urbano “la Nave” con i dolci venduti all’incanto dal Banderese durante la<br />
festa di S. Camillo per raccogliere fondi.
propaganda destinate a perdurare nel tempo. A guardare le fotogra?e sulla<br />
Festa dell’Uva del 1936 si vedono carri ornati con edera e alloro trainati da<br />
vacche bianche con sopra giovani donne abbigliate nei costumi popolari<br />
che sembrano aver emulato i carri di S. Urbano, con chiari riferimenti a<br />
modelli decorativi propri del mondo contadino; le ragazze erano abbigliate<br />
alla maniera popolare con guarnelli e “fazzoli” mentre esibivano ceste con<br />
grappoli d’uva contornate da ragazzi abbigliati alla maniera pastorale con<br />
cappello di feltro che suonano la trevucette 116 . Vestirsi alla “pacchianella”<br />
in quegli anni signi?cava riprodurre un’“idea” del mondo popolare ispi -<br />
rata certamente dalla storia locale, dall’arte ?gurativa michettiana e dalla<br />
letteratura tutte sostenute dalla piccola borghesia.<br />
L’interpretazione e il senso di valorizzazione dopo il Congresso del 1957<br />
Nel settembre 1957 una delegazione dei convegnisti da Chieti venne<br />
in <strong>Bucchianico</strong> ad assistere ad una breve riedizione della “ciammaichella”<br />
con ?ori e canestri nella piazza. Paolo Toschi e B. M. Galanti stavano<br />
su un palco posto in fondo alla piazza. Già il Toschi aveva osservato i<br />
Banderesi nel 1951 e ne aveva tracciato uno scritto nella sua “Storia delle<br />
origini del Teatro Italiano”. Maturava una nuova consapevolezza negli<br />
amministratori locali, supportata da Raffaele Di Ruscio, segretario comunale<br />
che si era prodotto in alcuni articoli giornalistici sulla festa, che li<br />
avrebbe indotti a promuoverla turisticamente inserendola nei programmi<br />
amministrativi di rilancio turistico di <strong>Bucchianico</strong> insieme al nuovo ruolo<br />
del Santuario camilliano che la comunità religiosa, in quegli anni, stava<br />
elaborando insieme ai religiosi delle comunità romane. Scrisse sulla festa<br />
anche Antonio Mammarella con l’intento di farla conoscere al pubblico<br />
abruzzese. Nel 1956 fu sempre l’amministrazione comunale a sostenere<br />
la Fiera che si teneva il 24 maggio con l’istituzione di un premio per i<br />
migliori animali. Gli amministratori locali accolsero i congressisti ospiti<br />
a Chieti l’8 settembre 1957 facendo rievocare al banderese di quell’anno<br />
alcune fasi della Ciammaichella nella convinzione che l’evento avrebbe<br />
dato notorietà a <strong>Bucchianico</strong> e contribuito a rilanciare il turismo locale.<br />
In una seduta del consiglio comunale si deliberava: “venga ?nalmente<br />
messo in rilievo con una rievocazione della festa del Banderese tanto cara<br />
ai nostri cuori ed unica della specie forse in tutt’Italia. Fa risaltare come<br />
con la valorizzazione turistica della nostra <strong>Bucchianico</strong>, avrà inizio per noi<br />
una nuova era di rinascita spirituale e materiale, togliendosi cioè dall’isolamento<br />
in cui ?no ad oggi siamo stati costretti a vivere per mancanza di un<br />
impulso dall’alto che questa amministrazione ha l’orgoglio di avere provocato.<br />
Evidentemente prosegue il Sindaco per prevedere ai Congressisti<br />
una rievocazione più giusto possibile corrispondente alla festa di maggio,<br />
?ssata per domani 5 settembre alle ore 12,30 è necessario che il Comune<br />
affronti un sacri?cio ?nanziario per provvedere alle spese di carattere essenziale<br />
quali, cioè un ricevimento modesto, addobbo alla piazza, sparo di<br />
mortaretti, vino e panini ai banderesi partecipanti, orchestrina e quanto<br />
altro si renderà necessario per la buona riuscita della manifestazione per<br />
cui si prevede una spesa massima di £ 150.000” 117 . La Festa continuò<br />
negli anni successivi bene?ciando della condivisione dell’amministrazione<br />
comunale che cercava di arricchirla con sbandieratori e armigeri ispiran-<br />
I congressisti ricevono doni dal Banderese<br />
nel 1957.<br />
Frontespizio della pubblicazione del Lalli.<br />
119<br />
“Durante il Congresso delle Tradizioni<br />
popolari che si svolse a settembre<br />
del 1957 vennero a <strong>Bucchianico</strong><br />
due operatori di Cinecittà, Ettore<br />
Paratore ed Ernesto Giammarco.<br />
Quest’ultimo era il mio professore<br />
che insegnava all’Istituto magistrale<br />
di Chieti. La moglie Italia inse -<br />
gnava in una scuola elementare di<br />
Chiaramilla di <strong>Bucchianico</strong>”. Il<br />
prof. Giammarco chiedeva a tutte<br />
noi di indicargli le parole dialettali<br />
dei rispettivi paesi di provenienza”<br />
perchè era interessato alla materia.<br />
Qualche anno dopo ebbe la cattedra<br />
di dialettologia presso la Facoltà<br />
di Lingue di Pescara”. (Test. di<br />
Beatrice Tatasciore)
120<br />
Una damigella del corteo storico.<br />
Il corteo storico scelse fogge teatrali<br />
ispirate agli abiti trecenteschi.<br />
Negli anni ’70 si diffuse l’usanza di<br />
premiare i migliori carri e canestri.<br />
dosi al modello delle feste umbre sulla scia di quanto avevano fatto già i<br />
precedenti sindaci dagli inizi degli anni ’50. Nel frattempo la Coldiretti<br />
aveva raccolto l’eredità della festa e la sua “anima” contadina molto simile<br />
a quelle delle feste del Ringraziamento 118 . Si guardava al modello delle<br />
feste municipali medievali che sembravano vicine a quella dei Banderesi<br />
ritenuta una festa medievale con una componente militare; si contornò<br />
il tradizionale gruppo festivo contadino con ?guranti in fogge medievali,<br />
altri tamburi, bandiere volendo accomunare la festa bucclanea a quelle<br />
del centro Italia, anche se di motivazioni e origini diverse. Si organizzò un<br />
primo torneo cavalleresco e rilanciò “l’abito popolare” maschile, oggi noto<br />
come “abito da banderese” e l’altro femminile della “pacchianella”. L’attrazione<br />
per la “festosità comunale” dell’Umbria d’altronde trovava il suo<br />
emulo interpretativo nell’idea dei Camilliani di considerare <strong>Bucchianico</strong><br />
la “piccola Assisi d’Abruzzo”e S. Camillo modello di santità simile a San<br />
Francesco. A guardare le fotogra?e dei Banderesi di quegli anni, la festa<br />
sembra aver perso la connotazione originale con persone in abito medievale<br />
o in armature cinquecentesche, quasi fossero comparse cinematogra?che 119<br />
che svolgevano le loro azioni nella piazza e all’interno del palazzo Caracciolo.<br />
La festa arrivò stancamente ?no alla ?ne degli anni ’60 aggravata<br />
dalla crisi economica e sociale quando il desiderio di modernità travolse<br />
quasi totalmente la tradizione che sembrava anacronistica ed obsoleta.<br />
Si trasformava la <strong>Bucchianico</strong> contadina che nell’arco di circa 15 anni<br />
aveva perso circa 1.500 persone per emigrazione, nel mentre si cambiava<br />
radicalmente la mezzadria e l’antiquata organizzazione della forza lavoro<br />
del mondo rurale. Furono anni in cui la partecipazione alla festa di S.<br />
Urbano risentiva della trasformazione sociale e della riduzione delle parentele:<br />
scarse erano le partecipazioni dei giovani e adulti ai rituali che si<br />
erano notevolmente immiseriti.<br />
La festa dopo il 1970: da rito familiare a sagra collettiva<br />
La crisi del 1970 fu emblematica: quella data segnò il crollo della<br />
cultura contadina che aveva permesso la sopravvivenza dei rituali che in<br />
altri paesi erano scomparsi da tempo 120 , soprattutto dopo l’abolizione della<br />
mezzadria avvenuta nel 1964, quando ogni espressione di essa sembrava<br />
superata 121 . Già l’emigrazione aveva cambiato la demogra?a bucclanea ma<br />
solo nell’approssimarsi degli anni ’70, con il ritorno dei primi emigranti,<br />
la prima industrializzazione della Val Pescara, si sentiva il bisogno del<br />
rinnovamento, di cancellare tutti i segni di un passato di cui si percepiva<br />
solo la miseria. L’anno dopo non c’era nessun candidato banderese per<br />
l’organizzazione della festa. Nel 1972 l’istituzione dell’Associazione <strong>Pro</strong><br />
<strong>Loco</strong> ebbe come scopo il rilancio della Festa dei Banderesi nei contenuti<br />
storico-folclorici in un momento in cui l’antica tradizione sembrava<br />
dovesse perdersi per sempre. Dal 1972 al 1974, su spinta del presidente<br />
Ambrogio Di Peppe, la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> scelse alcuni capicontrada per l’organizzazione<br />
del corteo festivo e tra loro, a sorteggio, elesse il Banderese<br />
cercando di far sopravvivere la celebrazione; ?nanche i banchetti, mancando<br />
un vero istituto festivo, furono organizzati da un ristorante locale.<br />
Nel 1976 fu il banderese Luigi Gentile a riorganizzare la festa secondo<br />
il rito tradizionale. Il lavoro svolto dalla <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> in una intelligente
azione di recupero di emergenza, anche su sprone indiretto dell’Ente per<br />
il Turismo, consentì di riaffermare una nuova vitalità e identità alla festa<br />
che trovò tuttavia avversari accaniti per lungo tempo, soprattutto in chi<br />
vi scorgeva soltanto segni di arretratezza e sottosviluppo. La festa, per<br />
molti, signi?cava immobilismo culturale di un mondo contadino fatto di<br />
miseria e oppressione. I riti improvvisamente apparvero incomprensibili,<br />
per taluni addirittura pagani, da abbandonare o modi?care come accadde<br />
per i canti antichi dialettali che furono sostituiti da altri in italiano. Nel<br />
1972, dopo la fondazione, l’Associazione <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> lavorò con l’impegno<br />
di molti cittadini di diversa estrazione culturale il cui scopo era molto<br />
chiaro anche se i dati conoscitivi sulla festa e soprattutto le strategie per<br />
il recupero erano a volte confusi. I soci fondatori, emulando altre feste<br />
italiane 122 , introdussero alcune innovazioni, alcune delle quali decontestualizzate<br />
che sono riassumibili in:<br />
- costituzione delle “contrade”, che permise di allestire un carro, di<br />
organizzare una s?lata con canestri in?orati e di incontrarsi presso l’abi -<br />
tazione del capo-contrada;<br />
- introduzione dell’elemento competitivo, istituendo sia un “Palio dei<br />
Banderesi” riservato alla contrada vincitrice, che “premi” alle portatrici<br />
dei canestri migliori;<br />
- introduzione di un corteo storico con “castellana, damigelle, alabardieri<br />
e tamburini” da affiancare al Sergentiere;<br />
- creazione ex-novo della “Consegna delle Chiavi” che andò a sostituire<br />
l’antica Offerta del Ramajetto che suggellava l’incontro tra Sergentiere e<br />
Banderese;<br />
- rielaborazione del calendario festivo: la cerimonia del trasporto delle<br />
some, da sempre svolta il 22 maggio, fu anticipata alla domenica pre -<br />
cedente il 23 maggio; scomparsa della cerimonia della “Consegna del<br />
Ramajetto” che si svolgeva il 23 maggio, potenziamento dei rituali del<br />
24 e 25 maggio, con la partecipazione attiva di ragazze in abito storico<br />
e ragazzi nelle vesti di tamburini ed alabardieri. Si iniziò così una nuova<br />
fase della Festa di origine contadina con forti segni di trasformazione<br />
culturale-economica. L’ampia partecipazione non più limitata alla sfera<br />
parentale, ma aperta agli amici, portò nuova linfa e nuovi fermenti.<br />
Come era inevitabile si ebbero molte contraddizioni, si accese la rivalità<br />
contradaiola (non sempre sedata dei primi anni), si ebbero incertezze su<br />
alcuni contenuti culturali (ambigui furono agli inizi gli allestimenti dei<br />
carri, volti più a contenuti carnascialeschi, e poi, su indicazione della<br />
stessa <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, mirati al recupero della cultura materiale contadina),<br />
difficoltà ?nanziarie e difficoltà di accettazione collettiva. Oggi la festa<br />
sembra irrigidita su un passato di tipo rurale che mal si adatta ad una<br />
società che non è più contadina. La complessità sociale, tempi e ritmi<br />
di vita quotidiana che non sono più quelli scanditi dal lavoro agricolo<br />
stanno mettendo in seria difficoltà l’organizzazione, anche se si nota un<br />
grande entusiasmo nei giovani.<br />
Contemporaneamente nella guida “La Regione Abruzzo 1972, itine -<br />
rario turistico-storico-artistico” di G.D. Iovino le notizie su <strong>Bucchianico</strong><br />
e sulla festa dei Banderesi emergono con evidenza per il lancio turistico<br />
di essa.<br />
Negli anni ’70 si introdusse il “Palio dei<br />
Banderesi”.<br />
Nei primi anni ’60 si usava affittare<br />
abiti scenici di Cinecittà.<br />
Negli anni ’70 si diede un nuovo corso<br />
alla festa.<br />
121
122<br />
Consegna dell’Arma Santa negli anni ’70.<br />
La guida di Bettina Dürr.<br />
La prima pubblicazione della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong><br />
nel 1985.<br />
Il Palio dei Banderesi<br />
L’ampliamento della partecipazione festiva dall’ambito familiare del<br />
Banderese al contesto sociale più ampio ebbe come conseguenza lo sviluppo<br />
di un senso competitivo all’interno del corteo che prima non si era<br />
mai visto. L’organizzazione del carro e delle s?late delle contrade accese gli<br />
animi e la fantasia dei contradaioli che competevano per ottenere un premio<br />
onori?co inventato dalla <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>; la stessa associazione fu esposta spesso<br />
a critiche molto acute soprattutto quando fu incaricata dell’organizzazione<br />
delle giurie. Quest’ultime subirono nel tempo modi?che, adattamenti, ?no<br />
a coinvolgere persone esterne di <strong>Bucchianico</strong> o gli stessi rappresentanti di<br />
contrada, e alla redazione di un “regolamento per l’attribuzione del palio”<br />
che introdusse criteri di valutazione dei carri e canestri basati sulla qualità,<br />
rispondenza ai temi rurali della festa, la cura dei particolari e la ricchezza<br />
delle scenogra?e. Negli anni la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> e i contradaioli orientarono la<br />
scelta dei temi da trattare sui carri verso gli antichi mestieri scomparsi o sui<br />
temi propri della tradizione festiva. Sui carri si trattarono i seguenti temi:<br />
la lavorazione del lino, la tessitura, il trappito, il mulino, la lavorazione del<br />
rame, la lavorazione del mais, la trebbiatura, la lavorazione del ferro, la<br />
lavorazione del pane, la produzione dei canestri, il vasaio, l’intagliatura del<br />
legno, lo scalpellino, la produzione delle spade, la lavorazione del cuoio, ecc.<br />
a ?anco dei temi religiosi come la riproduzione della chiesa di S. Urbano,<br />
della cripta, della Ciammaichella ecc.<br />
Il corteo storico<br />
La mescolanza di ?guranti in fogge medievali con quelli autentici popolari<br />
si ebbe già nel 1954, quando i giovani banderesi s?larono abbigliati come<br />
“paggi” ?orentini. Ma fu negli anni ’60 che la festa si arricchì di ragazzi in<br />
abito storico a formare una milizia civica di ausilio scenogra?co. Il modello<br />
di valorizzazione ebbe il suo massimo successo alla ?ne degli anni ’70 e inizi<br />
anni ’80 con l’arricchimento del “corteo storico” di damigelle e una “castellana”.<br />
Quest’ultima ?gura, destinata ad avere notevole successo nel pubblico<br />
femminile, conquistò il suo ruolo come dama in un nuovo momento della<br />
festa, introdotto in quegli anni, quando il Sergentiere si recava all’incontro<br />
con il Banderese alle porte del paese. L’equivoco di quest’incontro, basato<br />
sull’improbabile “fuga dalla campagna” elaborata negli anni ’70 generò<br />
un’altra nuova cerimonia, completamente inventata dalla <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, detta<br />
“consegna delle chiavi” dove il sergentiere consegnava le “chiavi” del paese<br />
al Banderese a signi?care la sottomissione della <strong>Bucchianico</strong> cittadina alla<br />
popolazione rurale. Questa cerimonia fu poi successivamente abolita a vantaggio<br />
del recupero dell’autentico rito della “Consegna del ramajetto” che si<br />
svolgeva ?no agli anni ’50 all’interno della chiesa dell’Assunta. La scelta delle<br />
ragazze per il corteo storico ha impegnato la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> nell’elaborazione di<br />
metodi e regole che si sono via via modi?cati negli anni. Certamente oggi<br />
il ruolo “femminile” introdotto nella festa ha assunto una stabilizzazione<br />
unanimemente riconosciuta.<br />
I giochi storici<br />
A latere del corteo storico si sono generate nel corso degli anni ’90<br />
associazioni di giovani il cui scopo è quello di promuovere attività gin-
niche legate agli sport storici. Si sono formate l’Associazione dei “Musici<br />
e Sbandieratori di <strong>Bucchianico</strong>” che ha come scopo l’organizzazione di<br />
spettacoli con le bandiere e coreogra?e con tamburi e chiarine basate<br />
sulla ricerca particolare e personale, in linea con la tradizione bucclanea.<br />
L’Associazione dopo alcuni anni di ricerca ha assunto notorietà internazionale,<br />
l’associazione è iscritta attualmente alla FISB (Federazione Italiana<br />
Sbandieratori). Dopo qualche anno si sono formate l’Associazione degli<br />
Armigeri e Balestrieri, l’Associazione dei Cavalieri del Forlento (la cui<br />
attività è anche quella di diffondere le attività ginniche e l’equitazione)<br />
che hanno parte attiva all’interno della festa.<br />
La produzione del ?ore di carta: raffinata arte popolare<br />
L’allestimento dei canestri con i ?ori di carta ha sviluppato negli anni<br />
una vera e propria cultura della lavorazione della carta colorata. Negli<br />
anni ’60 e ’70 si utilizzavano le carte veline colorate e poi sempre più le<br />
carte crespe a diversi spessori. Le donne riproducevano i ?ori del proprio<br />
giardino principalmente le rose e garofani imitando le forme che altre<br />
più esperte avevano insegnato loro. Negli anni ’60 erano Tecla Scoppetta<br />
e Leone Sulpizio a saper lavorare la cera per fare rose e margherite. Negli<br />
anni ogni donna ha sviluppato uno stile personale e riconoscibile nella<br />
produzione dei ?ori e delle composizioni ?no a giungere negli ultimi anni<br />
a soluzioni decorative raffinate. Si è giunti a riprodurre i ?ori, gli ornati<br />
proposti da ?oristi con mazzi di calle, gerbere, margherite, freesie, grappoli<br />
di glicine, forsitie, maggiociondoli, gladioli ecc.<br />
Si è arrivati anche alla speci?cità degli apparati decorativi delle contrade<br />
che spesso, si differenziano anche nello stile di lavorazione della carta.<br />
Negli ultimi anni gli allestimenti dei canestri sono diventati vere opere<br />
d’arte che rispecchiano la personalità degli autori.<br />
Gli sviluppi degli anni ’90<br />
Le edizioni del 1989 e 1990 furono osservate da A.M. Di Nola. Lo<br />
studioso venne a <strong>Bucchianico</strong> e partecipò alla festa della domenica. La<br />
mattina in paese accompagnato da Emiliano Giancristofaro, Franco Cercone,<br />
Ireneo Bellotta, camminava per le vie cittadine intrattenendosi<br />
affabilmente con i componenti della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>. Chiedeva informazioni,<br />
ascoltava umilmente le descrizioni della festa ?no a farsi accompagnare<br />
nelle contrade rurali dove i gruppi festivi stavano preparandosi alla processione.<br />
Stette in mezzo al corteo seguendo tutti i movimenti dinamici<br />
dei riti. Con garbo accettò l’invito del Banderese al banchetto durante il<br />
quale, sollecitato ad esprimere un saluto disse: “voi Bucchianichesi, sapete<br />
veramente vivere!”. Tornò il 25 maggio e seguì tutti i rituali con entusiasmo;<br />
alla ?ne pubblicò le sue considerazioni sulla Rivista abruzzese. Nel<br />
1991 la ricercatrice Bettina Dürr inserì la festa in un suo libro pubblicato<br />
a Colonia facendola conoscere al pubblico internazionale.<br />
Nel 1992 la Festa dei Banderesi partecipò alla fondazione della Federazione<br />
Giochi Storici d’Italia, in un incontro che si tenne a Firenze,<br />
organizzata dai responsabili del Calcio Storico ?orentino; l’anno dopo<br />
a Beauvais (Francia) partecipò alla fondazione della Federazione Feste<br />
e Giochi Storici d’Europa 123 . Negli anni successivi la <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> cercò di<br />
Rosario Sulpizio, presidente della <strong>Pro</strong><br />
<strong>Loco</strong>, a Beauvais (Francia) nel 1992<br />
allestisce la mostra sui Banderesi in<br />
occasione del primo incontro tra i<br />
rappresentanti delle Feste e Giochi storici<br />
europei.<br />
123<br />
Negli anni ’70<br />
Negli anni ’70 un sostegno culturale<br />
alla festa arrivò dal camilliano p. Felice<br />
Ruffini, venuto in <strong>Bucchianico</strong><br />
per svolgere le attività educative e<br />
di valorizzazione del santuario di S.<br />
Camillo. Già redattore del giornale<br />
camilliano “Amare” a diffusione nazionale,<br />
lanciò in <strong>Bucchianico</strong> “Agape”,<br />
bollettino d’informazione sulle<br />
attività del santuario nel quale pubblicò<br />
le testimonianze del processo<br />
di canonizzazione di S. Camillo che<br />
parlavano della festa di S. Urbano<br />
contribuendo al rilancio culturale<br />
degli usi tradizionali. Negli stessi<br />
anni, tra le attivit à di animazione,<br />
si formò un balletto di saltarello e si<br />
strutturarono scambi culturali con<br />
S. Giovanni Rotondo, Manfredonia<br />
e L’Aquila, dove i signi?cati della tradizione<br />
dei banderesi furono partecipati<br />
al grande pubblico. In quegli<br />
anni il contatto tra i giovani bucclanei<br />
e gli sbandieratori di Cori che<br />
venivano durante le feste a proporre<br />
i propri spettacoli furono fondamentali<br />
a consolidare l’interesse per gli<br />
sport storici. Si guardava all’identità<br />
delle feste storiche del Centro Italia<br />
maturando la certezza che anche la<br />
tradizione dei banderesi presentava<br />
indubbi elementi di originalit à, legati<br />
alla cultura contadina. Il recupero<br />
della memoria degli antichi mestieri,<br />
soprattutto la lavorazione del lino,<br />
era al centro dell’interesse della <strong>Pro</strong>
124<br />
<strong>Loco</strong> di quegli anni. Nel frattempo<br />
il sergentiere Camillo e la moglie<br />
Fidelma tennero ferma la memoria<br />
delle usanze tradizionali e la devozione<br />
religiosa per S. Urbano. Molti cittadini<br />
affezionati della festa, devoti<br />
di S. Urbano, si trovarono concordi<br />
con gli orientamenti della <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong><br />
a diffondere gli apparati decorativi di<br />
?ori di carta. In molte riunioni il pre -<br />
sidente Rosario Sulpizio fu sostenuto<br />
dai rappresentati di contrada nella<br />
redazione di un regolamento per<br />
l’attribuzione del palio dei banderesi,<br />
basato sulla diffusione dei ?ore di<br />
carta, la cura nell’esecuzione degli<br />
apparati decorativi e l’attinenza dei<br />
temi scelti peri carri alla tradizione<br />
contadina. Nel frattempo emerse in<br />
ogni contrada di riconoscere il giusto<br />
merito alle donne che allestivano il<br />
miglior canestro istituendo dei premi<br />
speci?ci. Nel giro di pochi anni si<br />
è avuta un’esplosione della creatività<br />
e cura decorativa ?no ad avere forme<br />
di vera e propria “arte popolare” che<br />
conviveva con una sempre più diffusa<br />
ritrosia a confezionare il canestro,<br />
ritenuto dalle giovani donne scomodo<br />
da portare sul capo. Erano anni<br />
in cui i capicontrada lamentavano<br />
la scarsa partecipazione delle ragazze<br />
che non prestavano attenzione<br />
all’usanza.<br />
Questa crisi di partecipazione spinse<br />
i capicontrada ad assumersi l’onere<br />
rilevante della preparazione di gran<br />
parte dei canestri in?orati chiedendo<br />
alle ragazze di partecipare alla “s?lata”<br />
all’insegna dello spirito competitivo<br />
per l’attribuzione del palio.<br />
A casa del capo contrada le persone<br />
cominciarono a incontrarsi per “fare<br />
i ?ori” necessari all’allestimento dei<br />
canestri e carro, con un cospicuo<br />
impegno ?nanziario oltre che di<br />
tempo libero, ?nch é la circostanza<br />
diventò un’importante occasione di<br />
socializzazione. In effetti la divisione<br />
delle contrade seguiva un criterio<br />
geogra?co funzionale: alcune si consociavano<br />
per avere più forza organizzativa<br />
e maggiore partecipazione<br />
di persone dove l’incontro risultava<br />
fondamentale. Si sono avute contrade<br />
che riescono tuttora a partecipare<br />
ogni anno, anche a seguito della co-<br />
recuperare alcuni signi?cati storici della festa come quello di orientare la<br />
scelta delle scenogra?e e degli abiti storici alle epoche medievali ?no a<br />
produrre uno studio sui costumi storici con l’intento di individuare un<br />
“costume storico” più attinente al contesto abruzzese.<br />
NOTE<br />
98 De Leonardis,1890, pag. 22.<br />
99 La lapide è stata rinvenuta in?ssa in un muro al piano interrato di un edi?cio sito<br />
in Corso S. Pierantony nel 1996 dal camilliano p. Raffaele Di Menna. Attualmente si<br />
trova all’interno del campanile di S. Urbano per interessamento di Camillo Tatasciore,<br />
Sergentiere, e per volontà di Camillo Mennucci, proprietario dell’edi?cio. Nel 1657 lo<br />
storico chietino Girolamo Nicolino trascrisse i versi incisi quando la lapide era collocata<br />
sulla facciata della chiesa medievale dei SS. Apostoli di <strong>Bucchianico</strong> poi demolita nel<br />
1735 per far posto all’attuale chiesa della Madonna del Suffragio o del Purgatorio.<br />
100 G. Nicolini, Istoria della Città di Chieti, Metropoli delle <strong>Pro</strong>vincie di Abruzzo , scritta<br />
dal dottor Girolamo Nicolino della Città predetta. In Napoli per gli Heredi di Onofrio<br />
Savio. MDCLVII.<br />
101 Romana seu Theatina Canonizationis Servi Dei Camilli de Lellis, <strong>Pro</strong>cessus Remis -<br />
sorialis fabricatus in Civitate Theatina , iniziato il 1 ottobre 1625 chiuso il 29 febbraio<br />
1628, Archivio storico Casa Generalizia Camilliana, Roma, consultato in fotocopia da<br />
micro?lm.<br />
102 Cicatelli, Vita Manoscritta , pubblicata da Sannazzaro, 1980.<br />
103 Cicatelli, 1624.<br />
104 Deposizione di Francesca De Lellis, nel <strong>Pro</strong>cesso teatino.<br />
105 Lenzo C., Annales, pag. 34.<br />
106 Ibidem.<br />
107 Cicatelli 1624.<br />
108 A.C.A.CH, Nicolò Radulerico, Per la Governativa della suddetta Sede Arcipretale<br />
e Contea di Chieti e della sua Diocesi , Parrocchia di <strong>Bucchianico</strong>, busta 794.<br />
109 Archivio privato, Carte del magni?co Leopoldo Urbanucci.<br />
110 A.C.B., Libro de Parlamenti , vol. 1802.<br />
111 A.S.CH, Atti dell’Intendenza, Affari Comunali <strong>Bucchianico</strong>, busta 99, fasc. 24.<br />
112 Scrive Colapietra: “Quest’esercito di cartapesta e da palcoscenico se ne viene a<br />
pezzi in poche ore, a Torre di Palma, il 28 novembre 1798, dando inizio ad una dèbacle<br />
che toccherà il suo culmine di mentalità e di costume la vigilia di Natale sotto le mura<br />
della fortezza di Pescara, nella celebre scena tratteggiata dal Thièbault con al centro il<br />
governatore borbonico in boccoli, cipria e calze di seta, che fa passare e ripassare i suoi<br />
uomini con uniformi diverse e con la fanfara in testa, per far credere che siano più<br />
numerosi, dinanzi ai rudi e smaliziati ufficiali francesi, che non possono far altro se<br />
non compatirlo e disprezzarlo”. In R. Colapietra, Per una rilettura socio-antropologica<br />
dell’Abruzzo giacobino e sanfedista , ed. La città del Sole, Napoli, 1995, pag.16.<br />
113 La prima testimonianza documentaria sulla Ciammaichella si trova nella lettera<br />
del sindaco De Acetis all’Intendente di Chieti vedesi nota n.78)<br />
114 C. Battisti - G. Alessio, Dizionario Etimologico Italiano , Firenze, vol. V.<br />
115 G. Papponetti, De Nino, Finamore, Pansa, in AA.VV., L’Abruzzo nell’Ottocento ,<br />
Ediars, Pescara, 1996.<br />
116 AA.VV., Documenti fotogra?ci dei paesi della <strong>Pro</strong>vincia di Chieti negli anni ’30 ,<br />
catalogo della mostra organizzata a Buchcianico nell’estate 1992, dall’Archivio di Stato<br />
di Chieti, pubblicato da Tinari, Ari, 1992.<br />
117 A.C.B., Registro delle Deliberazioni di G.M. dal 20/06/1957 - seduta del 4 set -<br />
tembre.<br />
118 È interessante che alcune forme decorative dei carri presenti nella Festa dei<br />
Banderesi, siano le stesse riprese nelle “Feste dell’Uva” promosse dal P.N.F. negli anni<br />
’30. cfr. AA.VV, Documenti fotogra?ci ecc., Tinari, Ari, 1992.<br />
119 Sembra che il sindaco Rosolia provvedeva a prendere in prestito abiti da scena<br />
nelle sartorie di Cinecittà.<br />
120 Vedasi il rituale per la festa di S. Antonio di Viènne che si celebrava a Miglianico
nella prima metà del secolo XIX.. In A.C.A.CH, Santa Visita di Monsignor Saggese<br />
1844, Miglianico, b. 540, pag.55.<br />
121 Cambiarono le feste familiari, i cibi, gli arredi. Molti giovani emigrarono altri<br />
trovarono lavoro nelle fabbriche.<br />
122 Si proponeva il riferimento al Palio di Siena altri al Carnevale di Viareggio con l’intento<br />
di arricchire la festa di scenogra?e e coreogra?e di sbandieratori per la promozione<br />
turistica, sulla scia della notorietà popolare assunta da quelle feste con le trasmissioni<br />
televisive. Si pensava infatti che solo con l’aumento del pubblico la festa avrebbe trovato<br />
nuovo vigore e invogliato i Bucchianichesi a parteciparvi..<br />
123 La notorietà turistica arrivò con una serie di iniziative di diffusione giornalistica<br />
e radiotelevisiva. L’antropologo Di Nola venne in <strong>Bucchianico</strong> con la giornalista RAI<br />
Maria Rosaria La Morgia e il tecnico Floriano Mazzella.<br />
Alfonso Maria Di Nola intervistato a <strong>Bucchianico</strong> durante la Festa dei Banderesi del 1989.<br />
(Immagine tratta da un ?lmato).<br />
125<br />
stituzione di associazioni o comitati<br />
stabili, altre invece hanno maturato<br />
una forza associativa ciclica che si ripete<br />
dopo un periodo di riposo. Chi<br />
conosce la festa riesce anche a individuare<br />
le singole forme decorative,<br />
la ricerca artistica nei ?ori o la fabbrilità<br />
artigianale dei carri, diversi di<br />
contrada in contrada. Su questi ultimi<br />
i contradaioli si esprimono con<br />
attenzione, dimostrando raffinatezza<br />
nella lavorazione dei materiali (legno,<br />
terracotta, pietra), scelta dei colori,<br />
capacità tecnica nella strutturazione<br />
dei rimorchi agricoli trainati dalle<br />
trattrici, ?no a riprodurre apparati<br />
scenogra?ci fatti di legno, murature,<br />
canne, stoffe, intonaci , meccanismi<br />
per il pompaggio dell’acqua abbastanza<br />
complessi. Il tema del carro,<br />
di norma viene indicato dal capo<br />
contrada e accettato dai collaboratori<br />
durante le riunioni di consultazione<br />
che generalmente si svolgono<br />
in inverno. Si fa molta attenzione a<br />
non avere temi simili tra le contrade.<br />
Negli anni ’80 la coreogra?a della<br />
“ciammaichella” in piazza con i canestri<br />
si modi?cò ?no ad estendersi<br />
alla strada belvedere e ai larghi vicini:<br />
infatti ogni contrada chiese di poter<br />
“s?lare” separata dalle altre in modo<br />
da evidenziare il proprio gruppo festivo,<br />
i canestri e carro nel concorso<br />
per l’attribuzione del palio. Ancora<br />
oggi, si procede in tal modo.
126<br />
Il bando di d. Giovanni de Urries, governatore d’Abruzzo, per la formazione di una milizia locale del 1562 in Archivio di Stato di<br />
Chieti - sez. di Lanciano.
XIII NOTE<br />
STORICHE<br />
SU BUCCHIANICO<br />
13.1 L’organizzazione comunale di <strong>Bucchianico</strong><br />
dell’ancien régime<br />
<strong>Bucchianico</strong>, bene?ciata della demanialità sin dagli inizi del Trecento,<br />
si dotò di un’organizzazione municipale che traspare dai documenti.<br />
Purtroppo non si sono rinvenuti gli statuti comunali medievali ad eccezione<br />
dei nuovi “capitoli” ?rmati tra l’Università e il principe Caracciolo<br />
di S. Buono nel 1687 che, non descrivono però tutte le consuetudini<br />
e i privilegi antichi. Nel 1335 l’organo deliberante dell’Università era<br />
il Parlamento di tutti i cittadini convocato nel “luogo solito” detto<br />
Pubblico Ridotto o Loggia (attuale Portico in piazza) costruito a lato<br />
della chiesa parrocchiale di S. Angelo; c’erano inoltre il Consiglio, il<br />
Mastrogiurato e i Sindaci. Le cariche erano conferite con le electioni<br />
annuali che tradizionalmente si tenevano il 25 agosto, festa di S. Bartolomeo,<br />
dentro la chiesa di S. Francesco; per l’occasione tutti i cittadini<br />
divisi nei Terzieri di Castellara, di Mezzo e Pizzoli-Borgo, nominavano<br />
due rappresentati per ogni Terziere che poi eleggevano il Consiglio 124 .<br />
Agli inizi del Seicento operavano i Gabellotti preposti al controllo del<br />
territorio rurale e a veri?care i “danni dati”, ovverosia i danni arrecati<br />
alle colture e animali con dolo e frode.<br />
I danni dati nei campi agricoli<br />
Nel Duecento l’utilizzazione agricola delle pendici collinari di<br />
<strong>Bucchianico</strong> a uliveti e vigne è attestata dai documenti archivistici; si<br />
trattava di una fascia di piccoli campi coltivati, forse di proprietà demaniale<br />
concessi a terraggio o en?teusi dall’Università ai singoli cittadini.<br />
Erano piccole “campagne” da 2000 a 4000 mq che permetteva il so -<br />
stentamento dei braccianti a lato delle grandi estensioni ecclesiastiche.<br />
Erano campi chiusi protetti da fratte o siepi che ne evitavano l’invasione<br />
da parte degli animali al pascolo, in caso contrario i danni derivanti<br />
dall’intrusione abusiva del bestiame costituivano una larga parte dei<br />
cosiddetti danni dati per il cui accertamento si eleggevano ogni anno i<br />
“Giudici annali”. A questi danni si aggiungevano le devastazioni militari,<br />
le ritorsioni, i saccheggi o, come attestano i documenti storici, il taglio<br />
delle vigne e degli olivi. I danni erano i soliti:<br />
1 - rovina dei tralci e grappoli d’uva, del grano, delle fronde degli<br />
ulivi da parte delle pecore e capre;<br />
2 - furti di primizie e frutta, covoni di grano e uva;<br />
3 - taglio abusivo degli alberi per farne legname;<br />
4 - saccheggio da parte di milizie e briganti.<br />
Ingresso del “Pubblico Ridotto” (attuale<br />
Comando dei Carabinieri) prima del<br />
1809.<br />
Stemma comunale.<br />
127
128<br />
Il culto di S. Urbano all’interno<br />
di un antico santuario<br />
Dopo la morte di S. Aldemario di<br />
Capua, di stirpe longobarda, avvenuta<br />
nella metà del secolo XI la chiesa<br />
da lui costruita diventò un santuario<br />
noto in molti paesi del Chietino. Venivano<br />
in <strong>Bucchianico</strong> a chiedere le<br />
guarigioni per numerose malattie tra<br />
cui la lebbra e la protezione dei raccolti.<br />
Nella Vita Sancti Aldemari , composta<br />
tra il 1130 e 1137 si racconta di<br />
fedeli dell’attuale Pescarese e di Ripa<br />
Teatina che venivano a <strong>Bucchianico</strong><br />
e dormivano nel santuario chiedendo<br />
protezione. S. Aldemario è il protettore<br />
principale di <strong>Bucchianico</strong>, avendo<br />
contribuito personalmente alla<br />
costruzione a cavallo dell’anno mille,<br />
insieme al nobile Tresidio, protettore<br />
dei raccolti e dalla grandine come attesta<br />
una bella novella popolare. Un<br />
ruolo antitempestario che poi è stato<br />
affidato a S. Urbano I Papa dopo il<br />
1243 e a S. Camillo de Lellis dopo il<br />
1746. Si racconta:<br />
“Na vote se smuvese na tempestate e<br />
sembrave c’ava feneje lu monne. Ere<br />
la staggiaune e se faciave na ranzulate<br />
appinève tutte le cambègne. Lu<br />
popele chiamese lu preute cocche<br />
cacciave fore Sand’Aldamèrie ma<br />
quanne le jese pe’ mette fore, la nuvole<br />
mmalamènde j’arefaciese facce:<br />
- Juste tiju me vu fermè!... lu cchiu<br />
peccataure! E a umènde s’angullave<br />
pure lu preute. Lu popele nen sapave<br />
gn’ava fè, currese a cchiamè nu<br />
prevutucce c’abbetave ngambègne.<br />
Quille pijese Sand’Aldamerie e le<br />
purtese a la piazze.<br />
- Nuvole vattene arrete!<br />
- Nen me ne pozze jeje, aja passé… ja<br />
jeje a le Puje!<br />
- Se sa passeè, vattene trattaure trattaure!<br />
- Nen ve bbone, nen me ve ttèmpe!<br />
- Allaure se sa passè, te dianghe pe’ na<br />
veje de carre, da ecche ?n’a le Puje!<br />
- Fu ccuscì ca da Bucchieneche a le<br />
Puje, ce stese la lènze de cambègne,<br />
lareche gne la strade, addò la rénele<br />
spacchese pure le prete.”<br />
(raccolta nel 1985 da Nicola Di<br />
Menna)<br />
In G. Di Menna, Vita Sancti Aldema -<br />
ri, Guardiagrele, 2003.<br />
È probabile che i Banderesi, come corpo contadino, allargassero il<br />
loro compito di guardiani all’intero territorio comunale, coltivato e<br />
non, diviso in “bandi”. Nel parlato ancora oggi si dice “da na vanne<br />
all’autre” (da una banda all’altra) per tutto il territorio. Troviamo labili<br />
riferimenti archivistici nei documenti notarili degli inizi del Seicento<br />
quando sopravvive la parola “banda” per dire la contrada ov’erano<br />
posti i beni terrieri. Non è escluso che la divisione del territorio in<br />
“bandi” avesse a riferimento una chiesa soggetta a S. Maria Maggio -<br />
re: un’ipotesi suffragata dal rito del Ringraziamento. La divisione in<br />
“bandi” in realtà potrebbe essere memoria della divisione territoriale<br />
rurale dell’antica abbazia benedettina e delle sue “cellae” che si strutturarono<br />
attorno all’abbazia bucclanea in epoca normanna: tra il 1040<br />
e 1149 le chiese di S. Paolo (zona di Colle Marconi); di S. Eleuterio<br />
(zona di Colle Spaccato e all’interno del feudo di Bassano); di S. Croce<br />
(zona di Chiaramilla - Colle Marconi), S. Maria di Mirabello (zona di<br />
Colle S. Antonio); S. Maria di Bassano (zona tra la valle dell’Alento<br />
e Casalincontrada); S. Biase (sita nell’omonimo colle sul sito oggi<br />
occupata dalla chiesa dell’Istituto camilliano “Nicolino D’Onofrio”)<br />
erano dipendenti di S. Maria Maggiore e S. Urbano.<br />
Nello stesso periodo nella contrada Casoni la chiesa di S. Cataldo<br />
passava alle dipendenze di S. Maria di Vallebona e quindi di S. Maria<br />
di Pulsano (Monte S. Angelo del Gargano) con un territorio sicura -<br />
mente destinato alla pastorizia, come d’altronde sembra suggerire la<br />
morfologia calanchiva dell’area, poco adatta all’agricoltura, e l’esistenza<br />
di un prato civico sino al tardo Cinquecento detto il “Pratello”.<br />
Risulta interessante comunque ipotizzare un altro rapporto di di -<br />
pendenza tra il potere centrale e il territorio diffuso nel medioevo:<br />
era un regime signorile nel quale il dominus proprietario terriero era<br />
diverso e complementare al dominus feudale.<br />
La signoria terriera si componeva di un dominio ossia una parte<br />
della proprietà gestita direttamente dal signore, di solito di cospicua<br />
estensione e da un’altra divisa in mansi cioè piccoli e medi appez -<br />
zamenti di terreno. Il proprietario dei mansi non solo provvedeva a<br />
raccogliere i frutti della terra ma costituiva anche il rappresentante<br />
politico che imponeva ai sottomessi l’ubbidienza e, mancando solide<br />
istituzioni pubbliche, ne garantiva la sicurezza. Tra i tanti diritti di cui<br />
egli era privilegiato, c’era il noto diritto di “corvèe”, ovvero un certo<br />
numero di giornate di lavoro che i sottoposti dovevano svolgere sul<br />
terreno dominicale.<br />
Non è escluso, quindi, che sul territorio dell’abbazia di S. Maria<br />
Maggiore e S. Urbano si fosse costituita una sorta di signoria banale ,<br />
poco nota e probabilmente facente capo al preposito. Banale , deve<br />
l’origine dal latino “ bannus ” ovvero banno o bando (da binde che<br />
signi?ca legare ovvero obbligare). Nel tempo, con lo sgretolamento<br />
dell’autorità regia, la signoria banale si affermò sempre di più sino a<br />
coincidere con la proprietà terriera 125 . Al Banno, quindi sottendeva<br />
un’organizzazione contadina e del bracciantato poco nota nella quale<br />
si può ipotizzare l’inclusione de “lu bannarajse” (banderese).
13.2 Il Comune e la Prepositura di S. Urbano<br />
Quando il biografo camilliano Sanzio Cicatelli nel 1614 diceva che la<br />
festa di S. Urbano era svolta “alle spese del pubblico” indicava chiaramente<br />
la compartecipazione ?nanziaria da parte dell’Università di <strong>Bucchianico</strong>.<br />
Un’usanza che si mantenne nel Settecento e Ottocento come traspare dagli<br />
Stati discussi dell’Università, dove si parla della somma di ducati 50 e “assegnamenti<br />
di grano” per ?nanziare la festa. Il ?nanziamento comunale era<br />
memoria di un antico ruolo dell’Università che trovava la ragione d’essere<br />
nei complessi rapporti istituzionali con la Prepositura di S. Maria Maggiore<br />
e S. Urbano. Un atto notarile del 25 agosto 1783 redatto dal notaio Pasquale<br />
delle Carceri nel giorno in cui per secoli si usava eleggere i nuovi amministratori,<br />
riassume gli stretti rapporti tra l’Università e la Prepositura quando<br />
la prima aveva il diritto di nomina del preposito per aver dotato l’abbazia<br />
di beni e “uno stendardo pur colle armi di detta Università che si reca nelle<br />
pubbliche processioni” 126 . Erano accordi rinfocolati nei secoli che probabilmente<br />
si sono originati al momento stesso della fondazione del monastero<br />
quando la coesistenza con la comunità civica locale si strutturò attorno alla<br />
signoria di Tresidio. Tra i vari documenti, l’importante Vita S. Aldemari 127<br />
e i Patti e Convenzioni stipulati nel 1455 tra l’abbazia bucclanea, S. Maria<br />
Arabona e l’Università di <strong>Bucchianico</strong>, con quest’ultima che si impegnava<br />
a farli rispettare sotto il controllo dei conti Orsini di Manoppello. L’anno<br />
dopo il conte di <strong>Bucchianico</strong>, Mariano d’Alagno di fede aragonese, diventava<br />
genero del conte Giovanni Orsini di Manoppello per aver sposato la<br />
?glia Catarinella. L’accordo fu stipulato con la vittoria degli Aragonesi sugli<br />
Angioini dopo decenni di guerriglia che videro <strong>Bucchianico</strong> parteggiare per<br />
gli Angioini conquistandosi un Diploma di “perpetua demanialità” concessale<br />
da re Renato d’Angiò nel 1438, disatteso poi clamorosamente per gli<br />
eventi storici e per una “descalazione” dell’abbazia bucchianichese del 1453,<br />
probabilmente per autorità papale, di cui però non ancora si rinvengono<br />
tracce. Il fatto evidenzia la “punizione” in?itta dagli aragonesi all’abbazia<br />
bucchianichese di probabile fedeltà angioina.<br />
L’Università di <strong>Bucchianico</strong> si impegnava a “difendere” l’abbazia dalle<br />
arringhe del vescovo di Chieti e per tale ragione si era conquistato il diritto di<br />
scegliere il preposito e indicare una terna di nomi da proporre all’arcivescovo<br />
per la nomina dell’arciprete. L’equilibrio di potere impegnava non poco la<br />
comunità civica locale se si considera che la scelta dell’arciprete, per consuetudine,<br />
avveniva all’interno del Clero di S. Urbano. In sostanza l’arciprete<br />
era per motivi istituzionali sottoposto al vescovo di Chieti ma aveva solide<br />
radici nel clero “benedettino” di S. Maria Maggiore; un escamotage voluto<br />
dalla comunità civica di <strong>Bucchianico</strong> che evitava l’intollerabile ingerenza del<br />
vescovo di Chieti alla vita religiosa benedettina locale che sin dall’origine era<br />
autonoma dalla diocesi pur nel rispetto delle istituzioni. Si trattava di una<br />
vera soluzione diplomatica per evitare che l’abbazia bucchianichese fosse<br />
soverchiata dal vescovo teatino. L’accordo del 1455 con S. Maria Arabona<br />
a cui S. Urbano era andata sottoposta, chiuse un’annosa diatriba tra i due<br />
monasteri; si accordarono sulla ripartizione dei beni mentre <strong>Bucchianico</strong> si<br />
impegnava ad accogliere l’Abate arabonense durante la festa di S. Urbano<br />
Il campanile attuale sostituì quello<br />
antico demolito nel 1954.<br />
Gli arconi gotici trecenteschi dell’antico<br />
“portico di S. Urbano, chiuso nel<br />
Settecento per ricavare locali oggi<br />
utilizzati come biblioteca.<br />
Il grano.<br />
129
130<br />
La data 1783 in?ssa sul muro esterno<br />
del transetto che attesta la ricostruzione<br />
dell’epoca per opera dell’arch. Giusep -<br />
pe Boltrini e dei mastri fabbricatori<br />
bucchianichesi Beniamino Mammarella<br />
e Attanasio Mancinelli.<br />
La scritta incisa sull’intonaco “7 febraro<br />
1810, giorno de venerdi” all’interno<br />
della cripta documenta una fase dei<br />
lavori interni alla chiesa.<br />
quale maggiore autorità religiosa: un riconoscimento di autorità che poteva<br />
con?iggere con quella del vescovo di Chieti; con questo gesto i Bucchianichesi<br />
scelsero per la loro Festa principale un’autorità religiosa che non era<br />
chietina come d’altronde era accaduto nel 1243 quando a “riporre” le reliquie<br />
di S. Urbano dentro la chiesa non fu il vescovo di Chieti. Quest’accordo<br />
fu ribadito nel 1618 quando l’Università ebbe nuovamente a lamentarsi<br />
delle inosservanze di S. Maria Arabona. L’Università e la Prepositura quindi<br />
condivisero per secoli le scelte politiche ?nalizzate a conservare quell’autonomia<br />
demaniale strutturatasi alla ?ne del Duecento e che si mantenne<br />
?no alla metà del Quattrocento quando <strong>Bucchianico</strong> non aveva feudatario<br />
e dipendeva direttamente dalle regine angioine: una condizione privilegiata<br />
che difficilmente sarebbe stata possibile se fosse stata sottomessa a Chieti.<br />
La crisi politica cominciò nel 1461 quando, dopo la vittoria degli Aragonesi<br />
e l’inevitabile sgretolamento dei feudi reginali, Chieti potè ?nalmente<br />
occupare <strong>Bucchianico</strong> aprendo un nuovo periodo nella storia bucclanea<br />
fatto di alternanza di vari feudatari ?no al 1518 quando fu acquistato dai<br />
marchesi Caracciolo di S. Buono. Nell’atto del 25 agosto 1783 si parla<br />
di numerosi “segni” che attestavano il diritto comunale sulla chiesa di S.<br />
Urbano, cancellati durante la demolizione dell’antica chiesa che in parte<br />
l’ente pubblico stava ?nanziando; tra essi lo stemma civico impresso in un<br />
affresco su una colonna del chiostro di S. Urbano (oggi non più esistente)<br />
che raffigurava un “leone rampante con un foglio tra gli artigli, ove si leggeva<br />
il seguente distico:<br />
BUCC<strong>LA</strong>NI TERRAM DUM PROTEGIT<br />
UMBRA LEONIS - BUCC<strong>LA</strong>NI SEMPER<br />
SE BENE TERRA GERIT “ 128<br />
L’Università fece redigere l’atto notarile a riprova degli antichi diritti<br />
dimostrabili solo dalle iscrizioni e stemmi comunali dipinti all’interno della<br />
chiesa perchè gli archivi, sia comunale che della prepositura, erano dispersi.<br />
La stretta convivenza tra S. Maria Arabona e S. Urbano può ancora oggi<br />
evincersi in alcuni segni architettonici nel coro della chiesa bucclanea dove la<br />
tecnica costruttiva e i mattoni sono identici a quelli utilizzati in una navata<br />
interna della chiesa di Manoppello. 129<br />
La parrocchia e la prepositura<br />
La comunità civica di <strong>Bucchianico</strong> quindi era garante della convivenza<br />
tra la parrocchia di S. Michele Arcangelo e il monastero benedettino di S.<br />
Maria Maggiore e S. Urbano. Una convivenza che già nel secolo XI si era<br />
strutturata quando, dopo il 1034 a poca distanza del monastero costruito da<br />
S. Aldemario di Capua con l’aiuto del conte Tresidio, arte?ce dell’incastel -<br />
lamento di <strong>Bucchianico</strong>, si trovava la più antica Pieve di S. Silvestro situata<br />
fuori le mura forti?cate. Il tutto si giocava negli equilibri tra il vescovo-conte<br />
di Chieti e gli eredi di Tresidio mentre con l’incalzare dei signori normanni<br />
e l’emersione della contea di Manoppello si favoriva la chiesa di S. Angelo<br />
e S. Salvatore, futura parrocchia, che si trovava invece all’interno della<br />
cinta muraria. Tra i documenti, l’importante diploma di Papa Niccolò II<br />
rilasciato al vescovo di Chieti del 12 maggio 1059 con cui gli riconfermava<br />
i diritti sulle pievi e parrocchie della diocesi, tra essi quelli di <strong>Bucchianico</strong>;<br />
dal documento emerge chiaramente la dissoluzione della pieve rurale di S.
Giovanni e la sua aggregazione alla nuova pieve di S. Ilario che ri trovavano<br />
vicino l’attuale contrada Feudo e la riconferma della “pieve” di <strong>Bucchianico</strong><br />
(edi?cata sulla collina) di cui però non si dice il titolo. L’intitolazione di<br />
questa pieve fu tralasciata dal redattore del documento perchè ritenuta ovvia<br />
e l’unica lì esistente. Solo fatto certo è che questa pieve poteva essere inclusa<br />
nel novero di quelle che si erano formate nella media valle del Foro e nel<br />
“dominio” di Tresidio dopo che il vescovo di Chieti vi aveva potuto consolidare<br />
la sua signoria ed autorità ecclesiastica, stretta geogra?camente tra i<br />
domini di Montecassino e Casauria e quelli di altri signori locali. Gli altri<br />
documenti del 1095 e 1115 130 parlano ?nalmente del “Castello e Pieve” di<br />
S. Silvestro e delle chiese di S. Angelo e S. Salvatore. Il toponimo “castello<br />
di S. Silvestro” è ben distinto da “Boclanico” che sembra possa avere più un<br />
signi?cato territoriale mentre il primo pare si riferisse alla sola entità urbana<br />
forti?cata, autonoma dal monastero di S. Maria Maggiore e S. Urbano. Il<br />
“luogo” Boclanico, coincidente con l’attuale collina, ospitava distintamente<br />
il castellare benedettino ed il “castrum” di S. Silvestro in piena espansione.<br />
Tra il 1059 e 1095 all’interno del castello (o “castrum” voluto da Tresidio),<br />
o in sua prossimità, fu edi?cata la chiesa di S. Angelo e S. Salvatore sulla<br />
sommità della collina a ridosso di uno slargo, la cui giurisdizione probabilmente<br />
spettava alla pieve di S. Silvestro, dipendente dal vescovo di Chieti.<br />
All’antica pieve di S. Silvestro, edi?cata nell’XI secolo all’ingresso del castello,<br />
si andò affiancando la chiesa quasi coeva di S. Angelo e S. Salvatore esistente<br />
all’interno dello spazio militare forti?cato (il “castello”); con l’affievolirsi<br />
delle funzioni militari, il castello diventò sempre più un organismo urbano<br />
la cui piazza era dominata architettonicamente dalla chiesa di S. Angelo. La<br />
stretta unione tra S. Silvestro e S. Angelo durò per secoli.<br />
13.3 Lo storico ruolo militare di <strong>Bucchianico</strong><br />
La ricerca sull’origine dei Banderesi ci ha portato a indagare sulla tradizione<br />
militare di <strong>Bucchianico</strong> per veri?care se tra la milizia civica o feudale<br />
vi fosse stata qualche relazione con i Banderesi. Un’ipotesi smentita poi<br />
dall’analogia dei banderesi con i “guardiani” del territorio rurale che in varie<br />
parti d’Europa erano altra cosa rispetto alle milizie civiche, almeno ?no al<br />
Cinquecento. I guardiani del territorio avevano una matrice contadina e<br />
piccolo borghese che assolutamente era estranea all’arte della guerra tradizionalmente<br />
riservata alla nobiltà oppure a professionisti come nel caso della<br />
milizia. Pur tuttavia si ritiene utile documentare quanto è emerso dalla ricerca<br />
allo scopo di far conoscere aspetti della piazzaforte di <strong>Bucchianico</strong> tuttora<br />
inediti. Si può far risalire la funzione militare del “castello” di <strong>Bucchianico</strong><br />
alla sua strutturazione di Tresidio a “castrum” nella prima metà del sec. XI.<br />
Un ruolo militare assicurato dalle famiglie feudali che si succedettero al suo<br />
dominio e che trova la sua attestazione documentaria nel 1438 quando la<br />
forti?cazione bucclanea consentì al capitano Braccio da Montone di resistere<br />
ai ripetuti attacchi dello Sforza durante la complicata e decennale guerra<br />
tra gli Angioini e Aragonesi.<br />
Nel 1518 i Caracciolo di S. Buono acquistarono l’ex-feudo reginale<br />
131<br />
I Patti e Convenzioni del 1455<br />
Nei Patti e Convenzioni del 1455 131 si<br />
dice chiaramente che l’elezione del rettore<br />
di S. Maria spettava all’Università<br />
mentre gli abati cistercensi di S. Maria<br />
Arabona potevano solo confermarli; si<br />
stabiliva anche che il rettore si doveva<br />
chiamare preposto e non arciprete , che<br />
doveva ritenersi “obediente” all’abate<br />
arabonense come “l’altri suditi di esso<br />
abbate”. Il preposto di <strong>Bucchianico</strong><br />
inoltre non poteva essere trasferito da<br />
quella località in altra, salvo per alcune<br />
ragioni nel monastero di S. Maria<br />
Arabona. Parimenti la “comunità di<br />
<strong>Bucchianico</strong>”, prometteva di “difendere”<br />
a proprie spese i diritti di S.<br />
Maria Arabona sul Clero bucchianichese<br />
da eventuali rivendicazioni dell’<br />
“episcopio” teatino. Si trattava di una<br />
sorta di jus patronato dell’Università<br />
sulla comunità religiosa di S. Maria<br />
Maggiore e S. Urbano, di matrice<br />
benedettina, sulla cui origine non si<br />
sono ancora rinvenuti documenti e<br />
su cui possiamo fare solo ipotesi. Con<br />
l’accordo l’Università di <strong>Bucchianico</strong><br />
aveva tutto l’interesse a mantenere<br />
distinta la parrocchia (di ragione del<br />
vescovo di Chieti) dalla prepositura e<br />
si impegnava formalmente a tutelare<br />
il Clero di S. Urb ano, come aveva<br />
sempre fatto, dalle rivendicazioni<br />
del vescovo teatino. Sembra poter<br />
ravvisare in questo accordo quattrocentesco<br />
un’avvisaglia di debolezza del<br />
Clero di S. Urbano mentre nei secoli<br />
passati aveva potuto forti?carsi degli<br />
appoggi politici di Montecassino e<br />
di ri?esso dall’autonomia municipa -<br />
le di <strong>Bucchianico</strong> (contro le ripetute<br />
azioni espansionistiche sia vescovile<br />
che cittadine di Chieti). Dopo la<br />
bolla di “descalazione” del 1453, lo<br />
stesso Clero sembra ancora una volta<br />
rinverdire l’antica simbiosi politica<br />
con l’universitas dei cittadini per così<br />
averne reciproci vantaggi.<br />
L’arciprete era eletto dal Clero di S.<br />
Maria Maggiore e parimenti dall’Università<br />
di <strong>Bucchianico</strong>. Il Clero, retto<br />
dal preposto di S. Maria Maggiore, si<br />
radunava ed eleggeva l’arciprete cui<br />
era affidata la cura animarum . Dopo<br />
la nomina il Clero supplicava l’arcivescovo<br />
di confermare nell’incarico<br />
l’eletto mediante bolla di expelit .
132<br />
Una parte dell’affresco medievale<br />
rinvenuto nella soffitta dell’attuale<br />
Comando Carabinieri che ?no al 1809<br />
ornava la sala pubblica detta “Pubblico<br />
Ridotto”. I simboli araldici sembrano<br />
appartenere al casato angioino.<br />
Affresco con emblemi araldici nella<br />
parete del Pubblico Ridotto, attualmente<br />
parte della soffitta del Comando dei<br />
Carabinieri.<br />
di <strong>Bucchianico</strong> con la probabile ?nalità di consolidare il loro compito di<br />
difensori della costa teatina costantemente minacciata dagli attacchi turchi.<br />
Nella seconda metà del Cinquecento la pressione dell’impero ottomano<br />
sull’Adriatico obbligò Filippo II di Spagna a rafforzare e continuare<br />
le strategie difensive della costa abruzzese adottate dal padre Carlo V che<br />
già aveva approvato la costruzione della piazzaforte di Pescara e delle torri<br />
costiere e tentato di riorganizzazione l’esercito. Diventarono protagonisti il<br />
marchese di <strong>Bucchianico</strong> Caracciolo di S. Buono e i D’Avalos di Pescara,<br />
suoi fedelissimi; il primo aveva opposto resistenza all’assalto turco a Vasto<br />
dirigendo una truppa di 2.500 archibugieri 132 . I D’Avalos e i Caracciolo di<br />
S. Buono investirono capitali propri nella costruzione delle forti?cazioni<br />
militari locali circondandosi a loro volta di fedeli capitani, veri protagonisti<br />
dell’arte della guerra e del reclutamento. La fedeltà al re aveva le sue convenienze;<br />
le famiglie nobili potevano rafforzare il loro prestigio e le proprietà<br />
feudali mentre gli altri che non vantavano origini blasonate, con l’arte militare<br />
e la fedeltà alla corona aspiravano alla scalata sociale guadagnandosi<br />
possedimenti fondiari. Ne sono un esempio ben documentato i De Lellis di<br />
<strong>Bucchianico</strong>, che sortiti quale ramo cadetto della famiglia nobile di Teramo,<br />
avendo servito il re nelle ?la dei D’Avalos, si guadagnarono i loro possedimenti<br />
fondiari in <strong>Bucchianico</strong> 133 . Il padre di S. Camillo, Giovanni era un<br />
capitano di Carlo V che aveva ereditato il mestiere dal padre e dagli zii ed
abitava in <strong>Bucchianico</strong> quando non era impegnato nella guerra. Giovanni<br />
partecipò al Sacco di Roma nel 1527 “nel primier anno che egli alla militia<br />
si diede (che fu l’anno 1527 nel Ponti?cato di Clemente Settimo) si ritrovò<br />
con l’esercito del Duca di Borbone nella presa, e sacco di Roma, stando<br />
esso alhora nella Compagnia di Fabritio Maramaldo” 134 . Fedele ai D’Avalos<br />
partecipò a numerose imprese militari e quando negli anni ’30 del secolo si<br />
stava costruendo la Fortezza del Pescara 135 , Giovanni De Lellis fu tra quelli<br />
incaricati di comandare la guarnigione militare lì acquartierata, pur nelle<br />
difficili condizioni ambientali: la piazzaforte di Pescara infatti si trovava nel<br />
bel mezzo di una palude. Il marchese Caracciolo, negli anni ’60, si spostava<br />
tra Termoli e Pescara a reprimere gli attacchi turcheschi che ebbero l’epilogo<br />
cruento e violento nel 1566 quando furono saccheggiati Francavilla, Ortona,<br />
S. Vito. Ripa Teatina e Villamagna. Il marchese di <strong>Bucchianico</strong> aveva la sua<br />
roccaforte in <strong>Bucchianico</strong>, forti?cata dalla cinta muraria con sei torri che di<br />
lì a qualche anno avrebbe trasformato radicalmente con la costruzione del<br />
palazzo e la “piazza d’armi” necessaria alle esercitazioni militari. La piazza<br />
doveva essere costruita già nel 1550 quando “l’Armata” si esibiva in parata<br />
durante la festa patronale di S. Urbano, comandata dal capitano Giovanni<br />
De Lellis 136 .<br />
Si trattava di un piccolo corpo di fanteria, così come si andava strutturando<br />
in quelli anni con il rinnovamento della tattica militare e dei corpi di<br />
assalto che, come dice Cardini 137 , sembravano privilegiare i corpi di fanteria<br />
a latere dell’antica e nobile cavalleria.<br />
Il rinvenimento di una serie di documenti archivistici riguardanti la<br />
formazione dell’esercito regio di Filippo II di Spagna per difendere il Regno<br />
dai Turchi con il reclutamento di uomini abitanti nell’attuale provincia di<br />
Chieti, tra il 1562 e 1569, attestano il concorso di archibugieri e piccheri.<br />
La rivoluzione delle tecniche di belligeranza portò alla maggiore diffusione<br />
delle armi da fuoco a ?anco delle più arcaiche picche date in dotazione ai<br />
soldati. Carlo V utilizzò per la prima volta gli archibugieri e piccheri nell’esercito<br />
a formare un corpo di fanteria sempre più importante nei campi<br />
di battaglia protetta dalla cavalleria. Scrive Cardini “La vera protagonista<br />
del rinnovamento militare del Cinquecento fu però la fanteria organizzata<br />
in formazioni massicce (…). Senonchè fra la seconda metà del Quattro e<br />
grosso modo il primo trentennio del Cinquecento, furono invece le formazioni<br />
di piccheri a giocare il ruolo delle protagoniste. Si sarebbe dovuto<br />
attendere il Cinquecento inoltrato per assistere al ritorno in auge dei tiratori,<br />
ormai divenuti archibugieri e moschettieri, e non senza che teorici e<br />
generali continuassero ancora per molti decenni a rimpiangere la picca” 138 .<br />
Declinava la cavalleria, la cui nobile origine era garanzia di fedeltà mentre<br />
gli eserciti si riempivano di mercenari, spesso dall’indole volubile, pronti a<br />
schierarsi con chiunque a prova delle convenienze opportuniste: valga per<br />
tutti l’esempio del condottiero Giacomo Caldora che più volte cambiò<br />
partito tormentando le contrade dell’Abruzzo chietino.<br />
È evidente che obiettivo primario dei sovrani spagnoli era di assicurarsi<br />
la fedeltà delle truppe mercenarie elargendo favori ai capitani addetti al<br />
reclutamento oppure affidando il compito alla fedele cerchia della nobiltà<br />
della sua corte. Ma utilizzarono soprattutto le tradizionali milizie civiche<br />
votate alla difesa del proprio territorio e alla fedeltà religiosa. Non era un<br />
I Musici e Sbandieratori di<br />
<strong>Bucchianico</strong><br />
133<br />
Il gruppo dei musici nasce come<br />
associazione culturale nel 1995<br />
che viene affiancato dagli sbandieratori<br />
l’anno successivo con lo<br />
scopo di far conoscere gli esercizi<br />
ginnici e spettacolari presenti<br />
nella festa dei Banderesi al grande<br />
pubblico.<br />
Da quegli anni il gruppo ha par -<br />
tecipato a numerose e importanti<br />
manifestazioni in Italia e in Europa<br />
riscuotendo successo esibendosi<br />
negli spettacoli con chiarine,<br />
tamburi e bandiere. Ha realizzato<br />
propri costumi storici e disegni<br />
delle bandiere dopo attento stu -<br />
dio dell’iconogra?a medievale<br />
abruzzese, prediligendo i colori<br />
blu e rosso, che rappresentano le<br />
bandiere comunali bucclanee. Il<br />
blasone preso a simbolo è il leone<br />
rampante che, all’origine dei<br />
principi Caracciolo di S. Buono,<br />
ha ispirato lo stemma comuna -<br />
le di <strong>Bucchianico</strong>. Nel gennaio<br />
2004 i Musici e Sbandieratori<br />
di <strong>Bucchianico</strong> sono stati il pri -<br />
mo gruppo abruzzese a iscriversi<br />
alla FISB (Federazione Italiana<br />
Sbandieratori) che attualmente<br />
annovera circa 70 gruppi con pi ù<br />
di 4500 atleti tesserati. Nel 2004<br />
hanno conquistato il 1 °posto Piccola<br />
Squadra- 3 ° posto Grande<br />
Squadra nella<br />
Tenzone Argentea Ascoli 2004; il<br />
1°posto Piccola Squadra e il 2° Posto<br />
Grande Squadra nella Tenzone<br />
Argentea Asti nel 2005; : il 3 °<br />
posto Piccola Squadra e 2° posto<br />
Grande Squadra e conseguente<br />
promozione nella categoria Tenzone<br />
Aurea nella Tenzone Argentea<br />
Fabriano del 2006. il 1 ° posto<br />
Piccola Squadra- Torneo e 2°<br />
posto Piccola Squadra nel Torneo<br />
di Piansano del 2007. Il gruppo<br />
conta 33 atleti iscritti alla Fisb ed<br />
ha partecipato inoltre alla Festa<br />
della Senna (Parigi), Musik Para -<br />
de (Germania) con la partecipa -<br />
zione a Bamberg, Suhl, Chemnitz<br />
e Monaco di Baviera.<br />
(a cura di Piero Sulpizio)
134<br />
caso, infatti che le reclute fossero sollecitate a prestare giuramento di fedeltà<br />
durante una messa con la quale era invocato lo Spirito Santo, a rinfocolare la<br />
fede cristiana, nelle mani del proprio sindaco.<br />
Riscoprirono gli antichi ordini militari soprattutto quello di S. Giovanni<br />
detto dei Cavalieri di Malta chiamati a difendere l’Adriatico dagli assalti dei<br />
Turchi. Nelle vallate del Foro e del Sangro si ebbe il rafforzamento dell’ordine<br />
ospitaliero di S. Antonio di Viènne che ebbe tra i suoi sostenitori l’importante<br />
famiglia Valignani di Chieti.<br />
Negli anni 1562 e 1564 e sicuramente anche per altri anni Filippo II emanò<br />
bandi di reclutamento per mezzo del suo “capitano di guerra” Giovanni de<br />
Urries, Governatore della <strong>Pro</strong>vincia abruzzese. Ogni Università doveva darne<br />
diffusione e poi, effettuato il reclutamento, doveva redigere un atto notarile.<br />
Colpisce, nel leggere i bandi conservati tra gli atti archivistici, la strategia<br />
che mirava a formare un esercito ?dato che sortiva dal successo del reclutamen -<br />
to e che fa pensare a modi e consuetudini più antichi. Gli obiettivi desumibili<br />
dai bandi erano i seguenti:<br />
- la formazione di una “lista” e un ruolo (allistato ) di fanti (numiro di fantaria )<br />
in modo da avere un esercito del Regno necessario a fronteggiare armata l’<br />
Turchisca ;<br />
- la certezza della copertura ?nanziaria prevista in 3260 ducati ripartiti secondo<br />
un “notamento” allegato al bando;<br />
- il capitano Giovanni De Urries aveva il compito di passare in ogni “terra” e<br />
far emanare i bandi ai sindaci e governatori delle Università e formare una<br />
lista di soldati;<br />
- ogni sindaco nel termine di due giorni doveva comunicare la lista dei reclutati;<br />
- prima della formazione della lista si doveva celebrare una messa allo Spirito<br />
Santo;<br />
- ogni recluta doveva giurare sopra i vangeli nelle mani del sindaco per le terre<br />
feudali ovvero nelle mani del governatore per le terre demaniali;<br />
- potevano essere reclutati uomini dai 20 ?no ai 45 anni che potevano dimostrare<br />
di essere in possesso di una rendita di almeno 100 ducati;<br />
- al termine del reclutamento ogni università o terra doveva far redigere un<br />
atto notarile a dimostrazione del reclutamento avvenuto.<br />
Le reclute dovevano rimanere a disposizione del re e recarsi laddove il “dibi -<br />
sogno ricircarrà”. Emerge dai bandi il coinvolgimento diretto delle Università<br />
nel reclutamento che erano chiamate a garantire l’effettiva partecipazione a<br />
quella che poteva essere considerata un’emergenza di difesa contro la minac -<br />
cia della sicurezza della popolazione sia urbana che rurale. L’individuazione<br />
delle persone che avevano un reddito sicuro e il giuramento sui testi sacri<br />
erano misure tendenti ad evitare gli avventizi e speculatori del momento<br />
che avrebbero affievolito la fedeltà e la disciplina dell’esercito.<br />
Il giuramento legava le reclute in un vincolo solidale e di fedeltà, infatti<br />
erano chiamate “frati giurati” la cui lealtà si trovava ispirata ai principi religiosi<br />
propria degli ordini militari cavallereschi.<br />
La milizia civica bucclanea<br />
Il 28 marzo 1562 gli officiali dell’Università di <strong>Bucchianico</strong> 139 fecero<br />
redigere l’atto notarile a dimostrazione dell’obbedienza. Il 28 marzo 1562
i magni?ci Vincenzo di Turricella, Nanno Mezzadonna e Giovanni Ur -<br />
bano Renzii attestarono l’elezione di 20 “frati giurati” tutti residenti in<br />
<strong>Bucchianico</strong>: Marsilio de Villamagna, Marzio di Villamagna, Giovanni<br />
dello…,Antonio de Mecio, Giovanni de Florida, Nanno de Peppo, Piccolo<br />
Battista Santiferrari, Giovanni Berardino de Cioncis, Attilio Salvato, Filippo<br />
de Sonso, Masio de Ragona, Nobilio Ottaviano de Cecapesce, Cataldo Arcangelo<br />
de Mariani, Angelo de Castiglia, Marco Angelo de Bastiano, Angelo<br />
de Cici,Giovanni Berardino Tiberio de Cecapesce, Giovanni de Marco de<br />
Carputio,Francesco Buttaschina, Costanzo de Scaperchione.<br />
Seguirono l’esempio altri comuni per i quali sono stati rinvenuti i documenti;<br />
il 9 aprile 1562 fu l’Università di Fara Filiorum Petri 140 ad adempiere<br />
agli obblighi con l’elezione di 3 frati giurati e cioè:<br />
Camillo Giovanni Giacomo Butio, armato con ansa e archebuscio , Nanno<br />
Antonio Giovanni Santis armato di ansa e archebuscio , Giuseppe Valerio<br />
armato di ansa e archebuscio .<br />
Il 10 aprile gli amministratori di Rapino 141 accolsero le reclute Urbano<br />
S. Biagio armato di ansa e picca , Cicci Marco Antonio armato di ansa e<br />
archebuscio , Antonio Fabrizio armato d’ansa e picca mentre l’11 aprile in<br />
Pennapiedimonte 142 furono eletti 3 frati giurati.<br />
È evidente la rilevanza di numero delle reclute di <strong>Bucchianico</strong> rispetto<br />
a quelle di Rapino, Fara F.P. e Pennapiedimonte sicuramente perchè la popolazione<br />
bucclanea rispetto a quella degli altri paesi era più numerosa sia<br />
perchè vi era una tradizione militare più solida.<br />
Un milizia bucclanea antifrancese<br />
Poco più di due secoli dopo, quando il Regno di Napoli era minacciato<br />
dall’invasione francese e il governo borbonico cercava di allistare un esercito<br />
di resistenza, fu ancora <strong>Bucchianico</strong> a rispondere in maniera consistente<br />
all’appello reale. I Borboni cercavano reclute tra le persone del popolo che<br />
avessero già dimestichezza nell’uso di armi da fuoco e si rivolsero principalmente<br />
ai cacciatori “autorizzati” del Regno. Nel 1796 143 in <strong>Bucchianico</strong><br />
erano patentati 70 “cacciatori”, tutti dotati di archibugio, appartenenti principalmente<br />
alle famiglie contadine e bracciantili con qualche eccezione.<br />
Un numero così alto di cacciatori è un indizio interessante sulla dimestichezza<br />
all’uso delle armi dei bucchianichesi verso quella consuetudine<br />
alla caccia che all’epoca poteva esercitarsi con successo nel grande bosco<br />
del Foro, dalla Calcara ?no alla chiesa di S. Vincenzo e in quella contrada<br />
rustica di Cacciotoli come il nome stesso rivela. Un privilegio antico per i<br />
braccianti e contadini che poteva essere ascritto tra le consuetudini tollerate<br />
dal feudatario Caracciolo di S. Buono che nel 1657 approvava i nuovi<br />
“Capitoli” con l’Università consentendo di non variare ciò che si faceva<br />
secondo “l’antico solito”. La <strong>Bucchianico</strong> ?lo-borbonica che trovava anche<br />
nei frati Camilliani una tenace alleanza organizzò una “compagnia” di resistenza<br />
che il 12 luglio 1796 era capeggiata da Urbano Tatasciore; ad essa<br />
appartenevano: Nicola Zappacosta, Urbano Camillo Trovarello, Donato<br />
Amadio, Giuseppe Cavallucci, Francesco Gentile, Lodovico Sigismondo,<br />
Berardino Cocco, Bonaventura Cocco, Giuseppe Ruzzo, Giuseppe Zappacosta<br />
e Sabatino Zappacosta.<br />
Tutti appartenevano al gruppo dei “cacciatorj” già segnalati nel “No-<br />
135
136<br />
tamento Generale de cacciatori volontarj” 144 del 7 giugno 1796 che comprendeva<br />
le seguenti persone:<br />
Nicola Zappacosta di anni 20 sartore<br />
Camillo Trovarello di anni 25 calzolajo<br />
Donato Amadio di anni 18 sartore<br />
Camillo Cavallucci di anni 19 sartore<br />
Lodovico Gismondo di anni 20 bracciale<br />
Venturino Cocco di anni 17 sartore<br />
Giuseppe Zappacosta di anni 20 uomo di campagna<br />
Sabatino Zappacosta di anni 34 uomo di campagna.<br />
Questi soldati erano guidati da un sargente e caporale e portavano una<br />
“bandoliera”. È interessante la somiglianza del linguaggio: si parla di sargente<br />
e di bandoliera che sicuramente sono altra cosa rispetto all’organizzazione<br />
dei Banderesi ma molto simile. Interessante notare che la compagnia di<br />
resistenza del 1796 era capeggiata da Urbano Tatasciore, il cui cognome è<br />
lo stesso della famiglia dei Sergentieri.<br />
Alla ?ne di gennaio 1799 <strong>Bucchianico</strong> fu destinata a baluardo di resi -<br />
stenza all’invasione francese quando le truppe dei massisti per 4 giorni nel<br />
centro la saccheggiarono.<br />
NOTE<br />
124Cfr. A.S. Sulmona, Capitoli della Terra di <strong>Bucchianico</strong>, notaio Giacinto Arcangelo<br />
Carallo di Pescocostanzo, vol. 1687, f.50, atto dell’11 novembre 1687.<br />
A.S. CH, Elezioni di speciali procuratori, notaio Giovanni M. de Lellis, vol. 11, f. 82,<br />
atto del 26 giugno 1621.<br />
Ibidem, dichiarazione di Nicola Buccicatini in merito ai ricorsi fatti dal notaio Pasquale<br />
delle Carceri per l’elezione del mastrogiurato, in A.S. CH, Atti della Regia Udienza, busta<br />
91, fasc. 2819 del 2 ottobre 1757.<br />
Ibidem, Controversia tra l’Università di <strong>Bucchianico</strong>, Casalincontrada e Chieti per<br />
rievendicazioni di siti posti sui rispettivi con?ni, in A.S.CH, Atti della Regia Udienza,<br />
busta 12, fasc. 396.<br />
125 La signoria banale è ritenuta dagli storici più importante. Banale deriva dal latino<br />
“bannus”, ovvero, in italiano, banno o bando . L’imperatore affidava ai comites il compito<br />
di rappresentarlo anche nel potere banale, di legare a se i sudditi. Successivamente i comites<br />
svolsero il compito a titolo personale come fossero l’autorità assoluta nel territorio. La<br />
signoria banale sorse come risultato dell’esercizio abusivo del potere di controllo (potere<br />
regio di banno) che agli inizi aveva l’imperatore.<br />
126A.S.CH, Notaio Pasquale delle Carceri, atto del 25 agosto 1783, pubblicato<br />
in AA.VV., La Tradizione dei Banderesi, un’antica festa storico-folcloristica celebrata a<br />
<strong>Bucchianico</strong>, ed. <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong>, 1985.<br />
127 Di Menna, Vita S. Aldemari.<br />
128 De Leonardis, <strong>Bucchianico</strong> e le sue chiese , 1896.<br />
129 Abbiamo potuto osservare la somiglianza durante alcuni lavori di restauro della<br />
chiesa di S. Maria Arabona; un muro centrale della seconda cappella di sinistra ha alla base<br />
un intervento di sostituzione di materiale con gli stetti mattoni presenti in <strong>Bucchianico</strong>,<br />
purtroppo il muro è stato poi intonacato.<br />
130 Vedasi concessione di Roberto di Loritello al vescovo di Chieti e il diploma di Papa<br />
Pasquale II.<br />
131 Patti e Convenzioni fatte tra fra Massimo di Villamaina e l’Università di <strong>Bucchianico</strong>,<br />
in A.C.A.CH, Santa Visita del 16 novembre 1844 di Mons. Saggese, busta 540.<br />
Vedasi anche:<strong>Pro</strong>testio pro Universitate Bucclani contra R.D. Joannes Maximino<br />
Preposito, in A.S.CH, Notaio Giovanni Maria De Lellis di <strong>Bucchianico</strong>, busta I, volume<br />
9, (Anni 1617-1618), pag. 39.<br />
132S. Razzi.<br />
133 Cicatelli 1624.<br />
134 Cicatelli manoscritto pag. 36.
135 Mammarella A.<br />
136 Romana seu Theatina Canonizationis ecc.<br />
137 Cardini F., Quell’antica festa crudele ecc.<br />
138 Cardini, op. cit. pag. 84.<br />
139 La copia dell’atto notarile è la seguente:<br />
Copia Philippi dei gratia<br />
Don Joannis di Urries miles regius camerarius et in provinciis Aprutinis generalis<br />
gubernator et ad guerra capitanius.<br />
Per quanto havimo ricivute lettera di sua Eccellentia di li misi passati esendosi trattato in<br />
Consiglio de Stato s’era conveniente tenersi quisto Regno allistato un numiro de fantaria<br />
delli medesimi rigni acciò quando venissi la armata Turchisca o occurrisse altra nicissità<br />
si potesse soccorriri con essa guardia delle terre de presidio per evitar li gran dannj che<br />
si causino li estati gravi si genere extraordinarie et per altri degni consideratione delli<br />
quali con banni dati anzi notitia à sua maestà et ordinato che si mitte in executione si<br />
ha facto gran ripartimento per le provincie del regno della quantita che sia ha da poner<br />
ad ognuno de esse et ha (attoccato) quisti ad noi ducati per provincia tremila ducento<br />
sessanta nove como per lo notamento et lista che sua eccellentia ci ha inviato larga appar<br />
ordinandoci per quisto che con la brività possibili dibbiano far far discriptioni del detto<br />
numiro passando a ogni terra secundo in la ditta lista et notaminto appare. Per tanto<br />
volindo noi exiguir quanto sua Eccellentia commanda per tenor della presente ordinamo<br />
et commandamo ad tutti sindici et altri del Regimento delli infrascripte cit à et Terri che<br />
fra termino di duj giornj da poi la riciputa di quisto, debbiano far la elictione delli dictj<br />
soldati sicundo ognuna rimborso della presente appari annotato nilla quali elictioni si<br />
havirrà a tener quisto ordine che primo che si grida a far detta elictioni si farrà cilibrar<br />
una missa del spiritus Santo et dapoi ditta missa li sindici et altri del regimento nilli<br />
terri de baronj jurando in mano del barone et capitanii et nilli terni di dommadio in<br />
mano del gobernator et capitanio di essa sopra li Santi Evangelj di far dicta elictione de<br />
hominj honoratj disposti et actj alla guerra de età di vintj anni ad alto ?no a quaranta o<br />
quarantacinque et ognuno di lor tenga di facultà almino cinto ducatj senza mirar a partiti,<br />
amici o ad altri passioni quali elictioni fatta del modo predetto ut supra con instromento<br />
di pubblico notaro ci la inviarando a borro in capito fra termine di quattro giornj con<br />
lo nome et cognome et per primo la facultà et ancora della qualità dell’armi atto allo<br />
esircitio della guerra delli quale serrando principe avertendo et al tempo per dictij soldati<br />
uscirando del loro casi per andar a servir dove il dibisogno ricircarrà sarrando pagati di<br />
loro soldo como son pagatj tuttj li altri soldati Et ordinarriamo servino à Sua Maestà come<br />
tra brivi giornj li si riarrà la diclaratione delli immunit à exintionj et franchizzi hanno a<br />
goder et l’ordine ha dato a tener ordinando et commandando à tuttj baronj titularij et<br />
non titularj, officiali regij et per essi baronj et altri guaris autoritati et potestate fungentj et<br />
per elictione di dictj soldatj exicutione delli cosi predetti dibbiamo dar alli dettj sindici et<br />
altri di Regimento tutto lo aiuto et consilio et favore sarrà nicissario non sando nisuno il<br />
Consilio per quanto si ha cara la gratia di S.M. et pena di docatj mille si disiderer à evitar<br />
la presente.<br />
Datum in Civitate Thiatine die 28 mensis martij 1562.<br />
In nomine Domini nostri Jesu Xristi Amen. Die 28 martij 1562, X Indictionis. In terra<br />
Bucclani.<br />
In die et loco predictis coram nobis personaliter costitutis magni?ci Joannis Vincentius<br />
Turricella caput de Concilij, Nannes medie donne et Joanne Urbani Renzij socij electi di<br />
concilio eiusdem Terre, sponte asserunt coram nobis quam die vigesimo primo presentis<br />
mensis martij fuisse sibi ipsius et medesime Universitatis bucclani intimatas permisiones<br />
regis aprutine audientis super emanatione electionis fratus juratus quam tenor talis est<br />
videlicet.<br />
Philippo Dei gratia<br />
<strong>Pro</strong>videnze regia aprutina audientia sistente sub gubernio exellentissimi max Gasparis<br />
pizzarij et lionardi Antonj.<br />
Per quanto a sua notitia è pervenuto che li frati giuratj e creatj e deputati nelle città, terre<br />
e luochi di queste a noi devote provincie per la che sono stati creati per la morte segnata<br />
137<br />
Giovanni de Urries era governatore<br />
dell’Abruzzo residente a Chieti. A<br />
donna Giovanna Uries di Chieti,<br />
probabile congiunta del governatore,<br />
nel settembre 1561 il poeta Annibale<br />
Briganti dedic ò un sonetto<br />
alla maniera petrarchesca quando<br />
ella se ne tornò a Napoli. (vedasi<br />
AA.VV. Moduli di Letteratura re -<br />
gionale abruzzese, Dalle origini al<br />
Settecento , Carabba ed. Lanciano,<br />
2007,pag. 178).
138<br />
Fotogrammi tratti da un ?lmato<br />
dell’inizio anni ’60.<br />
di essi e per altri accidenti son a mancando che accade servizio alcuno regio servitio<br />
non si ritrova il numero complito d’essi del che mi risulta non meno il regio disservitio<br />
ch’el danno di populi per non potersi perseguitare e pigliare li fuorasciti e delinguenti e<br />
complimento esseguirsi il regio servitio come si conviene.<br />
Per questo per tenore ch’al presente banno volendo alle cose predette ovviar ordiniamo e<br />
comandiamo a tutti camerlengo, mastrj giuratj e sindici eletti et huomini delle suscritte<br />
città tutte e luochi di queste a noi provincie che di poi l’emanatione del presente banno<br />
fra termine di otto giorni debbiano cercar e deputar nove frati giurati secondo il numero<br />
di prima delli più habili e sufficienti con far dir la messa dello spirito santo e far con altre<br />
sollennità che si ricerca è del detto atto occasione non darne istromento pubblico a questa<br />
regia audientia acciò si possa conservar à presso d’essa e si l’habbia notitia del numero<br />
di detti frati giurati per potersi exeguire ogn’anno per servitio di sua maestà a bene?cio<br />
de popoli occorrerà e non si fosse da nissuno altrimenti per quanto si ha la gratia della<br />
propria maestà e pena de ducati mille si desidera evitar la presente .. al presentante<br />
Datum in civitate Theatina Die XXII februarij.<br />
Sigilli<br />
Constitui sec et voleno ipsi magni?ci de Concilio regiis obedir mandatis usi celebrar<br />
prime hodie mane sacro sncta missa ipsus sancti spitirus tenore à principio ad ?nes usi<br />
dixint prestito prius coram nobis predictis dicemos et testimos per dictos de concilio<br />
corporali de predento in renovatione et electione dictos fratus juratos presente simplciter<br />
et bona ?de et de nosrta respice amore, affectus, odia, rancores alios per huius affectos et<br />
passiones ad electione ipsam pervenuti et eligenti in primis<br />
Santos de pizza grossa caput,<br />
Massilius de Villamagna, Martium de Villamagna, Joanne dello , Antonio de Mecio,<br />
Joannes de ?orida, Nannum de Peppo, Piccolu battipsti Santi ferrarij, Joannes berardinus<br />
de Cioncis, Attilium Salvatum, Philippi de Sonso, Masius de ragona, Nobilio Octaviani<br />
de cecapesce, Cataldo Arcangelo de Mariani, Angelo de Castiglia, Marcus Angelo de<br />
bastiano, Angelus de Cici, Joannes berardino tiberij de cecapesce, Joannes de Marco de<br />
Carputio, franciscus buttaschina, Costantus de scaperchione ibidem presentes audientes<br />
assistentes et intervenientes presentato coram nobis predictis Judice, notarij et testibus<br />
exepto Joanne berardino de Cice absente ex. Terra bucclani ipsos quidem presentes ut.<br />
Cor ipsorum. Factis scriptis mediante affirmantes et ipsam quam libet obligantes simplicus<br />
neques, se fore et posatos ad regis obedir et quibus officialus regiis et hora alibi et per dicti<br />
regio servitio...<br />
A.S.CH (Sezione di Lanciano), Notaio Cesare Primiani di Guardiagrele, anno 1562-<br />
1568, pag. 16). Cfr. C. Marciani, Regesti marciani, fondi del notariato e del decurionato di<br />
area frentana (sec. XVI-XIX) , L’Aquila, 1993.<br />
140 A.S.CH, Sezione di Lanciano, Notaio Cesare Primiani di Guardiagrele, anno 1562-<br />
1568, pag. 16.<br />
141 Il 10 aprile 1562 lo stesso notaio rogava in Rapino, dove furono armati:<br />
Urbano S. Biagio armato di di ansa e picca, Cicci Marco Antonio armato di ansa<br />
e archebuscio, Antonio Fabrizio armati d’ansa e picca. (segue copia del bando).<br />
A.S.CH. Sezione di Lanciano, Notaio Cesare Primiani di Guardiagrele, anno 1562-<br />
1568, pag. 23.<br />
142 L’11 aprile 1562 lo stesso notaio rogava in Pennapiedimonte.Furono eletti Nanno<br />
Santo, biagio Licej, Antonio Fabritijs e Rasati Clementis.A.S.CH. Sezione di Lanciano,<br />
Notaio Cesare Primiani di Guardiagrele, anno 1562-1568, pag. 20.<br />
143 L’elenco dei cacciatori di <strong>Bucchianico</strong> si può ricavare dalla lettera inviata da Giuseppe<br />
Mammarella all’Intendente di Chieti il 9 giugno 1796.<br />
“Attesto io affittatore della Caccia di questa Terra di <strong>Bucchianico</strong> come in questo corrente<br />
anno 17novantasei li cacciatori di questa medesima Terra che han presi da me la licenza<br />
sono li seguenti:<br />
Stefano Sciullo oltrepassa l’età, Aldemario Zappacosta, Tommaso d’Aquino oltrepassa<br />
l’età, Luigi Marino oltrepassa l’età, Pietro di Toro Mammarella, Giuseppe Sammartino,<br />
D. Vincenzo Mancinelli, Urbano Camillo Tocci oltrepassa l’et à; Antonio di Labio,<br />
Sebastiano Sammartino, Giovanni della Pelle, Camillo di Orazio, Marzio di Orazio,
Nicola di Orazio, Giovanni Luciano oltrepassa l’età, Francesco Gentile, Nicola Federico,<br />
Nicola d’Urbano, Andrea di Francesco, Camillo di Lanzo miliziotto, sig. Pasquale di<br />
Attilio, Tommaso Sulpizio oltrepassa l’età; Lodovico Volpe, Sera?no Taraborrelli, Urbano<br />
Mammarella alias Giardiniere, Giuseppe di Canosa di Ruscio, Antonio de Leonardis,<br />
Giuseppe Sinolli, Filippo di Toro Mammarella, Andrea De Leonardis, Giuseppe Coppoli,<br />
Venanzio Marino, Antonio Marino volontario attentato dell’Ill.mo Duca di Vacri, Saverio<br />
Gentile malato, Angelantonio Maccarone oltrepassa l’età, Giuseppe Cocco oltrepassa<br />
l’età, Francesco Tortoreto; Francesco Paolo di Ottavio, Luca Giandonato Marcheggiano,<br />
Giuseppe di Ruscio, Donato di Ruscio, Nicola di Pietrantonio, Marco Mammarella,<br />
Urbano Saraullo, Giuseppe Angelucci, Nicola Tucci, Pietro Tucci, Berardino Mezzadonna,<br />
Vincenzo Rosino, Domenico Saraulletto, Lodovico Marinelli, Giuseppe Tucci, Giuseppe<br />
Lanzo, sig. Salvadore de Acetis, Urbano Pichiecchio ove dando il suo fucile al Re e per<br />
esso alla Corte di <strong>Bucchianico</strong>, Pan?lo di Labio, Urbano Saraulletto, Antonio di Ruscio,<br />
Pasquale Buracchio, Urbano Gentile, Angelantonio Buracchio oltrepassa l’età, Domenico<br />
di Felice, Giovanni Sulpizio oltrepassa l’età, Giustino de Leonardis, Paolo Sulpizio,<br />
Francesco di Menna oltrepassa l’età, Urbano Tatasciore alias Cerase, che in unum sono<br />
numero settanta. Ed in fede <strong>Bucchianico</strong> li nove giugno 1796 - Giuseppe Mammarella.<br />
Che la presente ?rma sia di Giuseppe Mammarella l’attesto io R. Notaro Camillo Torelli<br />
di <strong>Bucchianico</strong> ed in fede richiesto lo segnato”. In A.S.CH, Regia Udienza, Appendice b.<br />
13, Atti per l’arruolamento dei volontari cacciatori, 1796.<br />
144 A.S.CH, Regia Udienza, Appendice b. 13, Atti per l’arruolamento dei volontari<br />
cacciatori, 1796.<br />
Il Sergentiere Antonino Tatasciore poi<br />
emigrato negli Stati Uniti.<br />
139
140<br />
Carro di una contrada in cui si rappresentata “la cucina di una volta”.<br />
Carro di una contrada in cui si rappresentata “la lavorazione della pietra”.
XIV<br />
GLI SCRITTI PIÙ ANTICHI<br />
SUL<strong>LA</strong> <strong>FESTA</strong><br />
Lo scritto più antico sulla festa<br />
L’avv. Piattelli, forse per interessamento del De Leonardis, fece pubblicare<br />
un primo scritto sulla festa su “Il Pallano”. Ne abbiamo rinvenuto una<br />
parte che qui pubblichiamo. L’incipit “Caro Tommaso” lascia intendere<br />
la dedica all’amico Tommaso Bruni che nel 1907 pubblicherà un altro<br />
suo studio.<br />
Caro Tommaso<br />
“Tanto m’aggrada il tuo comandamento<br />
che l’ubbidir, se già fosse, m’è tardo<br />
Voglio quindi ?nirla con la ciammaichella, a patto per ò che il punto della tipogra?a<br />
mi usi la carità di non farmene più dire delle grosse. Dopo che le attente indulgenze e<br />
l’ingoiato pane eucaristico hanno confortato il morale dei banderesi, fa d’uopo che si<br />
premunisca il loro ?sico contro le smodate fatiche della giornata. All’oggetto tornano<br />
in casa del banderese e non ne escono che ubbriachi fradici. Però (tanto li comprende<br />
il sentimento dell’improntata momentanea dignit à) lungi dall’abbandonarsi alle lai -<br />
dezze, alle stravaganze, fanno mostra di gran senno ed incedono sostenuti e gravi, così<br />
richiedendo la non volgare cerimonia. Un ebbro composto a serietà, massime vestite<br />
a quel modo, sotto un pro?uvio di nastri e di ciarpe dai cento colori, con in testa un<br />
piumato cappello, muoverebbe a sberleffi e riso, se la presenza di quei Rodomarti non<br />
contenesse gli spettatori. Un gesto, una parola che potesse, anche di lontano, accennare<br />
a dileggio che rivelasse poca fede o dubbia credenza, sarebbero provocazioni gravissime<br />
e darebbero luogo a sanguinose rappresaglie. Chi dimora a quella nauseante parodia non<br />
volesse mostrare il viso della compiacenza e della completa approvazione, meglio che<br />
mettere a cimento la propria esistenza, proceda per altre vie, divagli i passi. Verso le sei<br />
del mattino del 25, così, come sopra ò detto, tranquillate le coscienze, ristorati i corpi,<br />
la compagnia comincia a percorrere le molte e, se non lunghe, scoscese certo intricate<br />
vie del paese. Attraversatele, l’una dopo l’altra, si giunge in piazza e convien che qui la<br />
gente riddi. La piazza di <strong>Bucchianico</strong>, se non è piccola, non è poi straordinariamente<br />
ampia, eppure alla Compagnia, per fare l’intero giro, occorre meglio che mezz’ora. E<br />
dire che si marcia di buon passo!... come ciò? Ne è causa la Ciammaichella, la quale,<br />
per essere sviluppata a dovere, richiede del tempo materiale. Si ?guri la piazza solcata da<br />
cima a fondo da linee parallele, alla distanza fra loro di un paio di palmi. La compagnia<br />
le percorre tutte, non ne trascura alcuna; dalla prima alla seconda, da questa all’altra, e<br />
via via sempre sino forse alla centocinquantesima- Un ripiegarsi, un va e vieni, un zig zag<br />
che ristucca, che marcia, che mette il giracapo e che consuma tutto quel tempo di cui<br />
sopra ho cennato. Questa girandola o giravolta che và, non una, ma due, ma ben nove<br />
volte si ripete; sempre però inframettendoci la comica escursione per le strade tutte del<br />
paese e per una volta interrotta, come di seguito dirò, dalla processione. Tale baraonda,<br />
tanto moto continuato ed incomposto appena possono smaltire tutto l’insaccato nel<br />
mattino da quei goffi gironzanti. Eccoti in epilogo la Ciammaichella. Te ne ho dato lo<br />
scheletro. Ora mi fa bisogno adombrartene meglio le particolarità tutte e discorrenti<br />
delle dignità taciute, della mimica, delle offerte, della processione, del codazzo religioso<br />
e di quant’altro può rivestir lo scheletro. “Mira colui con quella spada in mano<br />
Che vien di noi à tre si come sire...<br />
Il sergentiere a cavallo il giorno 25<br />
maggio..<br />
I banderesi seguono a piedi il Sergentiere<br />
e Banderese che sono a cavallo durante le<br />
Passate del 25 maggio.<br />
141
142<br />
La ricostruzione della chiesa<br />
di S. Urbano nel Settecento<br />
Dopo il terremoto del 1703 l’anti -<br />
ca chiesa restò danneggiata tant’è<br />
che negli anni ’40 il portico anti -<br />
stante l’ingresso risultava fatiscente<br />
e pericolante. Il clero della Collegiata<br />
di S. Urbano decise allora di<br />
vendere alcuni beni per ricavare la<br />
somma necessaria alla riparazione.<br />
Fecero i lavori ma non fermarono<br />
il degrado. Finalmente nel 1759<br />
pensarono di ricostruire la chiesa<br />
dalle fondamenta con una nuova<br />
organizzazione. Dell’antica chiesa<br />
medievale, forse ad aula unica di<br />
cui un “arcone” era sul presbiterio<br />
così come si arguisce da un debole<br />
accenno nei documenti, non restò<br />
altro che una parte del coro del Trecento,<br />
tuttora visibile. Fu demolita<br />
l’antica cripta e si costruirono i due<br />
“cappelloni” laterali che formano il<br />
transetto. Sostanzialmente la chiesa<br />
cambiò la sua pianta rettangolare in<br />
altra a “croce latina” come ancora<br />
oggi si può osservare. Arte?ci della<br />
ricostruzione furono Giuseppe Boltrini<br />
mastro fabbricatore di origine<br />
milanese, abitante in Chieti, e la sua<br />
squadra tra cui Atanasio Mancinelli<br />
e Sebastiano Mammarella, quest’ultimo<br />
capostipite di una generazione<br />
di muratori e architetti destinati a<br />
diventare famosi nella provincia di<br />
Chieti nei decenni successivi. Un<br />
cantiere che sotto la direzione del<br />
Boltrini si prolungò per più di 25<br />
anni, condizionato dalla penuria<br />
di denaro e da una fastidiosa contestazione<br />
giudiziaria che vide contrapposti<br />
il Boltrini stesso e il clero.<br />
Sostanzialmente la chiesa arrivò incompleta<br />
alla ?ne del secolo, quando<br />
l’invasione francese e i cambiamenti<br />
del tempo cancellarono i programmi<br />
precedenti. Il “grande tempio” che i<br />
Bucchianichesi volevano fu poi concluso<br />
frettolosamente negli anni ’30<br />
dell’Ottocento quando fu ornato<br />
degli stucchi e furono progettate le<br />
due cappelle laterali del presbiterio<br />
dall’arch. Beniamino Mammarella.<br />
Solo più tardi però il perito Nicola<br />
Pinti, diventato benestante, a metà<br />
del secolo ?nanziò la realizzazione<br />
della Cappella di S. Aldemario con<br />
egli è il sargentiere: facciamone conoscenza. È il capo, il condottiero, il regolo di quei<br />
girandoni. Al banderese la fornitura della brigata - specie di quartiere nostro - il sergentiere<br />
l’ardire, la disciplina, il comando. Il banderese è un dignitario annuale, ?glio della for -<br />
tuna, come dai primi cenni hai veduto: il sargentiere è un dignitario a vita, è sempre<br />
lo stesso; e dippiù trasmette al primogenito il cospicuo ufficio, se inabile o morto, per<br />
diritto ereditario, per legge di maiorascato. Il Sargentiere è pure il maestro di cerimonia<br />
della ciammaichella. Per lui si va e si viene; tutti dai suoi cenni dipendono, ?n lo stesso<br />
banderese. I suoi gusti sono i gusti di tutti: la vivanda che egli ripudia, il vino che egli<br />
ri?uta, ripudiano e ri?utano tutti. Ogni suo motto, ogni suo capriccio, per la brigata è<br />
legge. Un ordine trasgredito, un passo sbagliato, una disadorna toletta, un indecoroso<br />
contegno, rimestano le paterne viscere del sargentiere, che sbuffa e manca poco che là<br />
non gli monti da maledetto senno. Innanzi a lui tutti tremano, da lui enorme avrebbero<br />
il castigo. Ma, l à Dio mercè, son pecore tutti; tutti della compagnia fanno a gara di non<br />
incorrere nella disgrazia di tanto eccelso Capitano, di dargli in favore per abbonirlo,<br />
per imbandirlo. A lui il Banderese, pria di accendere i fornelli, sottomette il catalogo<br />
delle vivande, la statistica delle imbandigioni, gli fa riconoscere la bontà delle derrate, la<br />
freschezza dei pesci, la maturità delle carni, la salubrità dei cibi tutti; a lui il saggio dei<br />
vini di prima spillatura; in ogni casa reclama il consiglio di lui, non si discosta dal di<br />
lui parere, segue la di lui approvazione. Quei poveri gregarii pongono tutto lo studio a<br />
secondarne le inclinazioni, a favorirne i desiderii, a compiere minutamente ogni dovere<br />
da lui imposto, a non recedere fosse pure di una linea. Ecco il Sergentiere.<br />
(Purtroppo non si è ancora rinvenuta la prima parte del testo Usi e costumi Abruzzesi:<br />
<strong>Bucchianico</strong>, Festa di S. Urbano nel 25 maggio - Festa dei Banderesi o della Ciammaichella ,<br />
in “Il Pallano ”, Lanciano 14 maggio 1880, Anno II)<br />
Recensione di R. Persiani allo scritto di De Leonardis<br />
Dopo la pubblicazione del De Leonardis, Raffaele Persiani pubblicò<br />
una recensione del volume su la “Rivista di Scienze, Lettere ed Arti”,<br />
Teramo nel 1891.<br />
Saggio di usi e costumi Abruzzesi<br />
o la Festa dei Banderesi<br />
Alle pubblicazioni Abruzzesi del Pannella, del Piccirilli, del di Nino, del Pansa, del<br />
Finamore e di altri non pochi, s’aggiunge l’opuscolo, che annunziamo (1). Se proposito<br />
lodevole fu quello di frugare gli archivi, decifrare le pergamene, illustrare i monumenti;<br />
del pari deve valutarsi lo studio sulle tradizioni degli usi e costumi, sopraviventi alle<br />
generazioni, che passano; rilevando una qualsiasi permanente vitalità per ciascuna terra<br />
di Abruzzo. Esso conserva memorie di uomini e di cose trapassate; e, coi ricordi della<br />
fanciullezza, lusinga la querula esistenza dei vecchi.<br />
Alla ingenua curiosità di Guido, ?glio di sorella, soccorre lo zio Leonardo; scrivendo<br />
sopra talune usanze o rappresentazioni, ricorrenti ciascun anno, in alquante festività<br />
religiose.<br />
Nel martedi dopo Pasqua, Orsogna celebra la festa della Madonna del Rifugio,<br />
altrimenti detta dei Pazzi. Vi si avvera lo spettacolo dei Talami, trasportati a spalla di<br />
robusti giovani, invidia delle conterranee donzelle. Innanzi la statua della vergine, sopra<br />
adornati piedistalli, vanno disposti, in forma piramidale, alquanti fanciulli riccamente<br />
vestiti che sostengono le parti e rappresentano un qualsiasi fatto biblico. Mosè nel Nilo,<br />
Abramo presso a sacri?care Isacco, Giuditta, Oloferne ecc.<br />
Ad onore di S. Domenico, in Pretoro, nella prima domenica di Maggio si portano in<br />
processione serpi moltissime: qualcuna attorcigliate ai tromboni delle bande musicali. Vi<br />
si ripete il miracolo del lupo (uomo, che ne indossa la pelle), il quale, di ordine del Santo,<br />
restituisce alla desolata genitrice, incolume il bambino addentato. Simigliante rappresentazione<br />
si esegue in Villa magna, congiuntamente al trasporto dei serpenti. Buon dato di essi va<br />
riunito nella festa in Cucullo, come quelli, che in tal giorno, non mordono, non avvelenano<br />
per miracolosa potenza di S. Domenico.<br />
Nel 13 Luglio, giorno di Santa Margherita, una trave di fuoco mette in fuga i Saraceni,<br />
giunti quasi ad assaltare le porte dell’abitato di Villamagna.
Nella prima domenica di Agosto, ricorrendo la festività della Madonna del Rosario,<br />
altrimenti detta dei Turchi, in Tollo, si ripete un vero con?itto o battaglia fra Turchi e<br />
Cristiani ?no ad occupare e conquistare il baluardo, elevato nella piazza del comune.<br />
Quando disaminati pericolano i Credenti, interviene la Vergine; le sorti cambiano, que -<br />
sti vincitori, i Turchi volgono a sbaraglio. La vittoria poi si completa in un contrasto o<br />
pugilato, anche fra Turchi e Cristiani, per conseguire, a premio, un ben ricolmo piattello<br />
di maccheroni, di cui sono larghi i direttori della baldoria.<br />
Ricordiamo di avere fanciulli, in Torricella Peligna, assistiti al martirio di sette ?gli e<br />
della madre Santa Felicita, in presenza di un Imperatore S. Marziale, ultimo giovanetto<br />
martire (10 Luglio). Nel 15 Agosto, dedicato all’Assunta, in Caramanico, dal maggiore<br />
offerente si porta in processione il Majo (omaggio). Piramide di verdi rami di pino,<br />
ornata di torte, ciambelle e pupattoli di farina di grano, che vanno comperati poi dai<br />
devoti. In altri luoghi tali ciambelle contornano un carro trasportato da buoi, adorni<br />
per molti nastri a diversi colori. L’interno del carro è occupato da pifferi e cornamuse;<br />
ovvero da altri strumenti musicali.<br />
Dagli Apostoli, è ricercata o dal Battista, per tre volte annunziata la risurrezione di<br />
cristo alla desolata Vergine, quasi diffidente. Nell’incontro del ?glio trionfante colla<br />
madre, le abbrunate vesti di Lei, scompaiano, dando libertà ad una miriade di uccel -<br />
letti con alquante palombe svolazzanti nelle piazze di Sulmona e di Lanciano, gremite<br />
di popolo plaudente fra il suono delle bande musicali ed un immenso scoppiettio di<br />
accese polveri.<br />
La Ciammaichella o la festa dei Banderesi in <strong>Bucchianico</strong>, luogo nat ìo dello scrittore,<br />
nella commemorazione di Sant’Urbano Papa e Martire (25 Maggio) viene pi ù<br />
ampiamente delineata.<br />
Matutine preliminari confessioni; consegne e benedizioni delle armi nella Chiesa<br />
di Sant’Urbano; moltiplici passeggiate militari per tutto l’abitato, a zig zag sulla piazza;<br />
onoranze verso la statua del tanto lungo la processione; balli e baldorie del tizzo; libazioni<br />
a stordi capo; scorpacciate a crepa pelle innumerevoli; pifferai, tamburi, cornemuse,<br />
cattubbe più o meno armoniche; bande musicali diverse con frastuono indescrivibile;<br />
popolazione folta e svariata: Ciò costituisce il complesso della festa ed il baccano dei<br />
devoti, cercato e goduto dalle moltitudini.<br />
Ciammaichella, in dialetto, deriva da Cianmmaica o Ciammaglica - signi?ca lumaca.<br />
Uno pseudo corpo militare passeggia e si svolge nella piazza, in quel giorno, a tratti spirali<br />
progredienti in avanti, tornando quasi sempre sulla linea di partenza e guisa del guscio<br />
di lumaca. Ci ò con accorgimento guerresco per apparire i pochi cresciuti di numero.<br />
È evidente che, in tale apparato di forze si conserva e si prolunga la memoria di un<br />
avvenimento dei tempi che furono.<br />
L’autore propone due ipotesi più o meno storiche: una politica, l’altra militare vede<br />
nelle armi e passeggiate dei Banderesi, ricordato il capitano o magistrato popolare, sorto<br />
in Roma ai tempi dei Urbano IV a sostegno e tutela dei dritti del popolo contro la<br />
preponderanza Ponti?cale nel medio evo. Se tale capitano o magistrato popolare fosse<br />
mai esistito in <strong>Bucchianico</strong>, storicamente, non sappiamo, mancandone memoria. La<br />
nuda simiglianza del nome non basta: giacch è Banderese può attribuirsi a chiunque<br />
inalberi una bandiera di Re o di popolo. Oltre a ci ò se la festa celebravasi in onore di<br />
Papa Urbano I come mai ricordare un fatto, che secondo il modo di pensare di quei<br />
tempi, aveva ferito a sangue il Papato?<br />
Il ricordo militare vuolsi attribuire ad una vittoria, ottenuta dai Bucchianichesi<br />
protetti da Papa Urbano, contro i Chietini, protetti da loro Vescovo Giustino: abendue<br />
in paradiso. Nel contrasto il Vescovo, inferiore per ordine gerarchico, cede al Papa:<br />
<strong>Bucchianico</strong> vince Chieti.<br />
Piuttosto, senza l’intervento celeste, umanamente parlando, vediamo, nella Ciam -<br />
maichella e nei Banderesi, un manipolo di balda giovent ù, ?duciosa della benedizione<br />
ottenuta dal cielo, che parte pel riconquisto di Terra Santa, ovvero, per vittoria, il ritorno<br />
trionfante nella patria che lo vide nascere.<br />
Nell’un caso o nell’altro, troviamo il Sacerdote, che benedice ed incoraggia; ovvero<br />
ringraziando Dio si congratula dei superati perigli. Sempre per ò un misto di sacro e<br />
di profano, di mistico nello spirito, di gaudente nel corpo: come tutte le cronache del<br />
tempo rendono testimonianza.<br />
143<br />
i dipinti di F. Maria De Benedictis<br />
(oggi purtroppo persi a causa di un<br />
furto).<br />
Le vicende settecentesche della ricostruzione<br />
della chiesa possono<br />
essere conosciute attraverso gli atti<br />
giudiziari nella vertenza tra il Boltrini<br />
e il clero, conservati tra gli atti<br />
della Regia Udienza in Archivio di<br />
Stato di Chieti. Si riporta parte di<br />
un atto:<br />
“Fin dall’anno 1759 il <strong>Pro</strong>posto e<br />
Clero della chiesa di S. M. Mag -<br />
giore e S. Urbano della Terra di<br />
<strong>Bucchianico</strong> risolverno di rimo -<br />
dernare la chiesa sudetta dallo stato<br />
antico e ridurla ad una miglior<br />
forma moderna e perciò mediante<br />
decreto di expelit della curia Arcivescovile,<br />
ed accenzione di candela,<br />
restò il partito della Fabrica al capo<br />
mastro muratore Giuseppe Boltrini,<br />
con varij patti da osservarsi, e ne<br />
fu stipolata scrittura penes acta della<br />
corte locale di essa terra, nella quale<br />
vi intervennero il <strong>Pro</strong>posto di allora,<br />
ed il clero, Giuseppe Boltrini ed<br />
altri suoi compagni mastri muratori<br />
da esso associati naturali di detta<br />
Terra; E perciò il suddetto <strong>Pro</strong>posto,<br />
e clero vollero che esso Boltrini<br />
facesse il disegno della pianta della<br />
chiesa, ed alle prospettive esteriore,<br />
ed interiore, come si fece, e fu<br />
?rmato da ambe le parti per futura<br />
cautela come si ravvisa dalla citata<br />
scrittura Fol.3 e colla promessa di<br />
pagarsi il disegno che mai non se<br />
gl’è pagato per intero.<br />
Si diede principio alla Fabrica e da<br />
quanto in quanto sospesa per mancanza<br />
de materiali o di danaro, ed<br />
ogni volta che si tralasciava il lavoro,<br />
veniva misurato e pagato con<br />
ricivi ?no all’anno 1780, tempo in<br />
cui restò il Boltrini creditore di d.6<br />
resto delle Fabriche, e del pagamento<br />
delli disegni.<br />
Nell’anno 1780 si pose mano alla<br />
Fabrica, colla promessa fattole da<br />
Atanasio Mancinelli di pagare al<br />
Boltrini d. 30 per li disegni, d.6 di<br />
attrasso dell’antecedente Fabrica e<br />
di varij accessi fatti a sue spese in<br />
tempo che non si fabricava per concertare<br />
altre idee, con nuovi disegni,
144<br />
e terminata l’opera in quell’anno, il<br />
Boltrini appurò, con detto Mancinelli<br />
allora <strong>Pro</strong>curatore secolare di<br />
essa chiesa, li conti diiocchè si era<br />
pagato alla gente giornaliera, ed al<br />
Boltrini, con esserne da questi fatto<br />
il ricivo, tenendo l isperanzato in<br />
appresso pagarli la fabrica da misurarsi,<br />
e l’attrasso, con li disegni, accessi,<br />
e d.1=20 il mese per comodo<br />
di casa, fuoco, lume, e comodo di<br />
cucina giusta la convenzione ripassata,<br />
a tenore del patto nella citata<br />
scrittura.<br />
Nel mese di Giugno dell’anno<br />
1786 essendosi fatto il <strong>Pro</strong>curatore<br />
Ecclesiastico di detta chiesa D. Camillo<br />
Urbanucci per il clero, questi<br />
volendo mutare l’idea delli cappelloni,<br />
della Croce della Nave, e della<br />
Tribuna, così il <strong>Pro</strong>curatore secolare<br />
Mancinelli scrisse al Boltrini la<br />
elezione del <strong>Pro</strong>curatore del Clero<br />
Ecclesiastico, ed indi costui nome<br />
si fosse portato in <strong>Bucchianico</strong> per<br />
concertare la nuova idea come apparisce<br />
dalla lettera Fol. 86 adempì<br />
il Boltrini, e fu risoluto in presenza<br />
del <strong>Pro</strong>posto <strong>Pro</strong>curatore Ecclesiastico,<br />
e secolare Atanasio Mancinelli<br />
e Camillo Burracchi, di doversi<br />
fare altri disegni, e perché il Boltrini<br />
riluttava di farlo se prima non<br />
era pagato di tutto l’attrasso, fuori<br />
della Fabrica del 1783, furono li -<br />
quidate le giuste pretenzioni del<br />
Boltrini tra tutti i disegni, accessi<br />
e mesate di comodi di casa per g.<br />
61.70, ma furono ridotti e transat -<br />
ti per g.42. E nello stesso tempo di<br />
comun consenso si stese un albarano<br />
con altri patti colla promessa di<br />
ridurlo in scrittura pubblica, ed in<br />
quell’atto della stipula pagarglisi li<br />
g.42 transatti per disegni, accessi e<br />
comodi di casa, e così fu di concerto<br />
restato, che mai si stipolò nuova<br />
scrittura Fol…. per non pagare li<br />
g. 42. (...)<br />
Dalla relazione di Rossi officiale del<br />
14 ottobre 1790 risulta che Giuseppe<br />
Boltrini si fece sostituire da Giovanni<br />
Monteggio di Guardiagrele<br />
nella esecuzione dei lavori.<br />
A.S.CH,Atti della Regia Udienza di<br />
Chieti, b.235, fasc. 6824.<br />
Quale che fosse l’origine storica o probabile della Ciammaichella, sempre però avrebbe<br />
a base un antecedente commendevole per questa terra di Abruzzo; di cui fa mestieri<br />
conservare, come che sia, sempre vivo l’annuale ricordo. I cultori storici, coloro, che<br />
vogliono ricostruire o conoscere la vita pubblica municipale o privata dei nostri padri,<br />
molto bene valuteranno l’opuscolo, di cui ci occupiamo. Lo stile di esso è piano, facile<br />
e spigliato da renderne gradevole la lettura di un ?ato.<br />
Quale menda tipogra?ca, notiamo che, nelle opere dello storico giureconsulto Chietino,<br />
Girolamo si cognomina Nicolino non Nicolini. senza colpa di indiscrezione,<br />
come è noto, lo zio è l’Egregio Sig. Leonardo Cav. de Leonardis; Guido nipote è ?glio<br />
dei coniugi Sigg. Luisa nata de Leonardis e Francesco Avvocato Roberti, ora Pretore in<br />
Guardiagrele.<br />
Chieti Dicembre 1890.<br />
R. Persiani<br />
Attorno alle bandiere si formano gruppi di giovani che a turno le fanno sventolare.
XV<br />
SANT’URBANO<br />
di Cristina Saraullo<br />
La statua di S. Urbano, una scultura del Trecento<br />
Per valutare l’aspetto iconogra?co della scultura di S. Urbano possiamo<br />
fare riferimento alla Bibliotheca Sanctorum , ove si descrive l’immagine<br />
tradizionale del Santo, ritratto come un Ponte?ce canuto dall’ampia ton -<br />
sura, con breve barba 1 , così come lo ritroviamo nei medaglioni del V<br />
secolo facenti parte della serie dei Papi in S. Paolo Fuori le mura ed in<br />
altre riproduzioni di secoli X ed XI 2 .<br />
Bisogna in?ne ricordare che il culto, trasferitosi in Francia per una con -<br />
fusione con l’omonimo vescovo di Langres, ha fatto del Santo il protettore<br />
delle vigne giusti?cando così la sua raffigurazione con un grappolo<br />
d’uva in mano, come avviene nel Nord della Francia e nella Germania.<br />
La scultura presente a <strong>Bucchianico</strong> può essere attribuita all’epoca trecentesca,<br />
come suggerisce la foggia più antica e sempli?cata della tiara<br />
papale.<br />
L’opera pone il santo seduto in posa rigida, frontale, su di un faldistorio<br />
decorato con due teste canine, con la destra benedice e con la sinistra sorregge<br />
il pastorale. Egli è abbigliato con tiara papale, pianeta dorata e tunica<br />
argentea. Nella parte anteriore la pianeta presenta una lista a forma<br />
di croce ove si alternano entro clipei una serie di bassorilievi, contenenti<br />
angeli benedicenti e ?ori, contornati con cornice decorata da fogliame<br />
stilizzato. La pianeta gotica ricade rigida e simmetrica sulle spalle per poi<br />
modellarsi meglio lungo il corpo, cercando di seguirne i movimenti, ci ò<br />
si osserva in particolare nella parte sottostante gli avambracci; questo<br />
effetto è dato da una buona resa del panneggio che comunque non raggiunge<br />
ancora la raffinatezza delle opere coeve dalla quali questa prende<br />
spunto. All’altezza delle ginocchia è possibile notare che la scultura si<br />
presenta consumata, segno tangibile della devozione dei fedeli che usavano<br />
toccare la statua nei giorni di festa quando veniva esposta 3 . Inoltre<br />
è possibile osservare che la pianeta, nella parte inferiore, presenta delle<br />
crettature. La tunica, dai ri?essi argentei, è sollevata lasciando così intravedere<br />
i calzari marroni ancorati al suppedaneo.<br />
In seguito al recente intervento conservativo è possibile cogliere appieno<br />
l’espressività del volto al quale è stato conferito un carattere fortemente<br />
ritrattistico, scorgendo anche una vena malinconica. Il colorito opaco si<br />
avvicina a quello di un’incarnato reale, gli occhi, le sopracciglia e le ciglia<br />
sono marcati, la bocca rossa e carnosa, la barba nera è parte integrante<br />
della scultura stessa. Si notino ancora le mani di color rosso mattone, con<br />
motivi romboidali di color oro e rosso al centro del dorso.<br />
Osservando la parte posteriore della scultura è possibile notare che questa<br />
è stata svuotata ottenendone l’alleggerimento, questa tecnica era dovuta<br />
145
146<br />
Particolare del volto della statua<br />
trecentesca recentemente restaurata.<br />
Particolare della tunica con i clipei con<br />
angeli e motivi decorativi ?oreali.<br />
al fatto che essa doveva essere portata in processione. Tale svuotamento si<br />
rivelava altresì necessario poiché si riducono gli effetti dovuti ai naturali<br />
mutamenti che il legno subisce nel corso degli anni; sono tipiche le fenditure<br />
che alla lunga possono compromettere la stabilità dell’opera 4 .<br />
Analizzando la scultura come manufatto artistico si delinea che la solida<br />
e sintetica struttura geometrica rimanda ai primi tempi del rinnova -<br />
mento della scultura in Italia centrale messa in atto da Nicola Pisano ed<br />
Arnolfo di Cambio; ma il caratteristico modo di panneggiare, in cui le<br />
pieghe si evidenziano con tutto il loro spessore, rimanda ad opere umbre<br />
(prodotte a Perugia, Assisi e Orvieto).<br />
A partire dalla prima metà del XII secolo, le chiese ed i monasteri isolati,<br />
in fondo alle valli più lontane, si ornano di sculture lavorate in maniera<br />
preziosa 5 . Per esse erano impiegati numerosi lapicidi. Vi fu un lento processo<br />
nel quale la scultura lignea, non più assoggettata all’architettura e<br />
in secondo piano, ebbe fortissimo impulso nel Duecento e il secolo fu<br />
contrassegnato, in Abruzzo, dalla determinante affermazione dell’intaglio<br />
ligneo policromato 6 .<br />
Alcuni scultori erano stranieri altri “ virtuosisti” del luogo, di solito riuniti<br />
ma ciascuno specializzato nel proprio settore. Un tempo le montagne<br />
e le valli abruzzesi erano coperte di boschi, materia prima per costruttori<br />
e scultori. La scultura lignea riveste dunque un ruolo centrale nella produzione<br />
?gurativa abruzzese.<br />
NOTE<br />
1 Bibliotheca Sanctorum , Roma 1969 (rist. 1990) vol. XII, coll. 840-841.<br />
2 Affreschi di scuola romana in Sant’Urbano alla Caffarella.<br />
3 Oggi non vi è più la possibilità di toccare la statua lignea, poiché essa alcuni giorni<br />
che precedono la festa di Maggio viene abbigliata, tanto che a qualcuno potrebbe<br />
sfuggire l’effettiva opera lignea medievale che si cela sotto i vestiti paramentali.<br />
4 S. Baroni, Scultura lignea dipinta, i materiali e le tecniche , Firenze 1996<br />
5 È. Bertaux, La scultura medievale in Abruzzo. Le sculture in legno e in bronzo, gli<br />
stucchi e le opere I pietra calcarea nelle Chiese Abruzzesi , Trad. M. Nicolai, L’Aquila<br />
1996<br />
6 C. Tropea, Abruzzo-Giubileo fra fede e arte , Lanciano 1999.
La statua degli inizi del Trecento<br />
recentemente restaurata.<br />
147
148<br />
I banderesi prima della riconsegna delle bandiere.<br />
Particolare della Ciammaichella con i canestri. Le donne s?lano a zig-zag nella piazza portando sul capo i canestri ornati di ?ori di carta.
“Carro della legna”, uno dei quattro carri tradizionali.<br />
Un carro delle contrade in cui si rappresenta “la bottega del lume”.<br />
149
XVI<br />
1891 - Santoferrara Domenico<br />
di Colandonie C.da Tella<br />
1901 - Di Pasquale Antonio di Petozze<br />
C.da Annunziata<br />
1910 - Di Pasquale Antonio di Petozze<br />
C.da Annunziata<br />
1920 - Capodifoglio Giuseppe di Tutù<br />
C.da Frontino<br />
1921 - D’Angelo Gaetano di Taranzjune<br />
C.da Pozzo Nuovo - S. Leonardo<br />
1922 - Gentile Urbano di Benamilie<br />
C.da Pubbliconi<br />
1927 - Di Labio Alfonso<br />
di Lu Scarafaune C.da Porcareccia<br />
>1930 - Di Pasquale Antonio<br />
di Pellicciaune C.da Pubbliconi<br />
>1930 - Sammartino Giuseppe<br />
di Lu Caprare C.da S. Martino Tella<br />
>1930 - Palombaro Concezio<br />
di Rasciate C.da Frontino<br />
>1930 - Maccarone Urbano<br />
di Lu Zozze C.da Cese<br />
>1930 - Rizza Giustino di Rucchitte<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1930 - Gentile Nicola di Tarrunelle<br />
C.da Porcareccia<br />
1931 - Di Muzio Giacomo<br />
di Dell’Ulme C.da Colle Marcone<br />
1932 - Di Meo Raffaele<br />
di Ciumbregneune C.da Annunziata<br />
1933 - Di Ruscio Dante di Giaènde<br />
C.da Borgo S. Nicola<br />
1935 - D’Amelio di Caratelle<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1936 - Gentile Antonio di Tarrunelle<br />
C.da Casoni<br />
1938 - Volpe Carmine di Na Crauce<br />
C.da Cacciotoli<br />
1940 - Palombaro Giuseppe<br />
di Cannilie C.da Penninoli<br />
1945 - Vicentini Giuseppe<br />
di Pallanaire C.da Tiboni<br />
1946 - Cocco Urbano di La Panere<br />
C.da Pozzo Nuovo - S. Leonardo<br />
1947 - D’Angelo Agostino<br />
di Taranzjune C.da Dell’arcata<br />
1948 - Marusco Giuseppe<br />
di Carlantonio C.da Pubbliconi<br />
1949 - Di Labio Raffaele di La Soreche<br />
C.da Cervinelli<br />
I <strong>BANDERESI</strong> DELLE FESTE PASSATE<br />
Foto dei Banderesi che hanno contribuito<br />
alla realizzazione del libro<br />
1936 Gentile Antonio di Tarrunelle<br />
C.da Casoni<br />
1953 Zappacosta Antonio di Metallino<br />
C.da Chiaramilla<br />
1956 Tucci Pietro di Picozze<br />
C.da Pubbliconi<br />
1963 Mancinelli Corradino di Pelicarpo<br />
C.da Canale<br />
1952 Torto Alfonso di La Ricciotte<br />
C.da Piana<br />
1954 Di Menna Davide di La Fujejne<br />
C.da Canale<br />
1961 Di Menna Giacomo di La Fujejne<br />
C.da Piana<br />
1964 D’Urbano Nicola di Casale<br />
C.da Chiaramilla<br />
151
152<br />
1950 - Tatasciore Giovanni di Cutobbe<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1951- Gentile Costantino di Benamilie<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1952 - Torto Alfonso di La Ricciotte<br />
C.da Piana<br />
1953 - Zappacosta Antonio<br />
di Metallino C.da Chiaramilla<br />
1954 - Di Menna Davide di La Fujejne<br />
C.da Canale<br />
1955 - Volpe Carmine di Na Crauce<br />
C.da Cacciotoli<br />
1956 - Tucci Pietro di Picozze<br />
C.da Pubbliconi<br />
1957 - Di Pasquale Quirino<br />
di Pellicciaune C.da Pubbliconi<br />
1958 - Di Lanzo Giustino di Isemmune<br />
C.da Alento<br />
1959 - Di Pasquale Giuseppe<br />
di Pitozze C.da Pizzoli<br />
1960 - Tucci Corrado di La Rusette<br />
C.da Tella<br />
1961 - Di Menna Giacomo<br />
di La Fujejne C.da Piana<br />
1962 - Gentile Eugenio<br />
di Mangiabbone C.da S. Maria Casoria<br />
1963 - Mancinelli Corradino<br />
di Pelicarpo C.da Canale<br />
1964 - D’Urbano Nicola di Casale<br />
C.da Chiaramilla<br />
1965 - D’Orazio Americo di Pisano<br />
C.da Annunziata<br />
1966 - Gentile Giuseppe di Mangiabbone<br />
C.da Pozzo Nuovo - S. L eonardo<br />
1967 - V olpe Aquilino di Na Crauce<br />
C.da Colle Riccio<br />
1968 - Di Tullio Angelo di Cacachiuve<br />
C.da Tella<br />
1969 - Tucci Carmine di La Rusette<br />
C.da Tella<br />
1970 - Di Tullio Luigi di Cacachiuve<br />
C.da Tella<br />
1971 - Di Lanzo Domenico<br />
di Pubblecaune C.da Pubbliconi<br />
Tucci Nunziato di Pecuzzelle<br />
C.da Pubbliconi<br />
1972 - Brunetti Ignazio di Brunette<br />
C.da S. Maria Casoria<br />
1973 - Ruzzi Orlando di La Calèndre<br />
C.da Cacciotoli<br />
1974 - Zappacosta Camillo<br />
di Metallino C.da Chiaramilla<br />
Di Pasquale Contino di Mezzcauze<br />
C.da Chiaramilla<br />
1975 - Tucci Antonio di Pecuzzelle<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1976 - Gentile Luigi di Tarrunelle<br />
C.da Casoni<br />
1965 D’Orazio Americo di Pisano<br />
C.da Annunziata<br />
1968 Di Tullio Angelo di Cacachiuve<br />
C.da Tella<br />
1974 Zappacosta Camillo di Metallino<br />
C.da Chiaramilla<br />
1979 Paolini Gabriele, Nicola di Cirluccì<br />
C.da Colle Marcone<br />
1984 Mammarella Tonino e Luigi<br />
di Zigazì C.da Tella<br />
1967 V olpe Aquilino di Na Crauce<br />
C.da Colle Riccio<br />
1969 Tucci Carmine di La Rusette<br />
C.da Tella<br />
1977 Febbo Camillo di Giancarle<br />
C.da Chiaramilla<br />
1982 Mammarella Anchitella Roberto<br />
di Patrasonne C.da Colle Spaccato<br />
1985 Capodifoglio Sergio di Tutù<br />
C.da Annunziata
1977 - Febbo Camillo di Giancarle<br />
C.da Chiaramilla<br />
1978 - D’Orazio Tommaso<br />
di Scarpalegge C.da Chiaramilla<br />
1979 - Paolini Gabriele, Nicola<br />
di Cirluccì C.da Colle Marcone<br />
1980 - Rosino Vincenzo di Cardenèle<br />
C.da Tiboni<br />
1981 - Gentile Luigi di Tarrunelle<br />
C.da Casoni<br />
1982 - Mammarella Anchitella<br />
Roberto di Patrasonne C.da Colle<br />
Spaccato<br />
1983 - Tucci Nunziato di Pecuzzelle<br />
C.da Pubbliconi<br />
1984 - Mammarella Tonino e Luigi<br />
di Zigazì C.da Tella<br />
1985 - Capodifoglio Sergio di Tutù<br />
C.da Annunziata<br />
1986 - Ruzzi Orlando di La Calèndre<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1987 - Di Pasquale Contino<br />
di Mezzcauze C.da Chiaramilla<br />
1988 - Cavallo Palmerino di Pempele<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1989 - Gentile Urbano di Benamilie<br />
C.da Pubbliconi<br />
1990 - Saraullo Nicola di Lu Piomme<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1991 - D’Angelo Giuliano di Lu Baonze<br />
C.da Fontepietra<br />
1992 - Gentile Luigi di Tarrunelle<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1993 - D’Orazio Dante di Pisano<br />
C.da Piana<br />
1994 - Di Matteo Davide di Mattè<br />
C.da Cese<br />
1995 - Cavallo Lorenzo di La Volpe<br />
C.da Cese<br />
1996 - Malandra Ugo di Lu Strèmbele<br />
C.da Colle dei Gesuiti<br />
1997 - Cavallo Nevino di La Volpe<br />
C.da Pubbliconi<br />
1998 - D’Onofrio Nicola di Nofrie<br />
C.da Campo di Roma<br />
1999 - Paolini Camillo di Cirluccì<br />
C.da Colle Marcone<br />
2000 - Di Lanzo Franco di Isemmune<br />
C.da Frontino<br />
2001 - Zappacosta Antonio<br />
di Taccaune C.da Pozzo Nuovo<br />
2002 - Torto Urbano di Rapinajse<br />
C.da Pubbliconi<br />
2003 - De Leonardis Donato<br />
di Masille C.da Pozzo Nuovo<br />
2004 - Panara Giovanni di Panaritte<br />
C.da Cese<br />
2005 - Santoferrara Rocco<br />
di Ferrar e C.da Piana<br />
1986 Ruzzi Orlando di La Calèndre<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1988 Cavallo Palmerino di Pempele<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1990 Saraullo Nicola di Lu Piomme<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1992 Gentile Luigi di Tarrunelle<br />
C.da Colle Spaccato<br />
1994 Di Matteo Davide di Mattè<br />
C.da Cese<br />
1987 Di Pasquale Contino di Mezzcauze<br />
C.da Chiaramilla<br />
1989 Gentile Urbano di Benamilie<br />
C.da Pubbliconi<br />
1991 D’Angelo Giuliano di Lu Baonze<br />
C.da Fontepietra<br />
1993 D’Orazio Dante di Pisano<br />
C.da Piana<br />
1995 Cavallo Lorenzo di La Volpe<br />
C.da Cese<br />
153
154<br />
2006 - Tucci Enrico di Paconie<br />
C.da S. Maria Casoria<br />
2007 - D’Onofrio Nicola di Nofrie<br />
C.da Campo di Roma<br />
2008 - Liberati Davide Via S. Chiara<br />
2009 - Torto Tonino di Rapinajse<br />
C.da Casoni<br />
1998 D’Onofrio Nicola di Nofrie<br />
C.da Campo di Roma<br />
2001 Zappacosta Antonio di Taccaune<br />
C.da Pozzo Nuovo<br />
2004 Panara Giovanni di Panaritte<br />
C.da Cese<br />
2007 D’Onofrio Nicola di Nofrie<br />
C.da Campo di Roma<br />
1996 Malandra Ugo di Lu Strèmbele<br />
C.da Colle dei Gesuiti<br />
1999 Paolini Camillo di Cirluccì<br />
C.da Colle Marcone<br />
2002 Torto Urbano di Rapinajse<br />
C.da Pubbliconi<br />
2005 Santoferrara Rocco di Ferrare<br />
C.da Piana<br />
2008 Liberati Davide<br />
Via S. Chiara<br />
1997 Cavallo Nevino di La Volpe<br />
C.da Pubbliconi<br />
2000 Di Lanzo Franco di Isemmune<br />
C.da Frontino<br />
2003 De Leonardis Donato di Masille<br />
C.da Pozzo Nuovo<br />
2006 Tucci Enrico di Paconie<br />
C.da S. Maria Casoria<br />
2009 Torto Tonino di Rapinajse<br />
C.da Casoni
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ristica celebrata a <strong>Bucchianico</strong> con la collaborazione di G. Di Prinzio e S.<br />
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Finito di stampare nel mese di luglio 2008 presso le Arti Gra?che Cantagallo, Penne<br />
per conto dell’Associazione <strong>Pro</strong> <strong>Loco</strong> San Camillo de Lellis di <strong>Bucchianico</strong> (CH)