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UG Mittelalter 1/99 - Schweizerischer Burgenverein

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in aiuto. Quindi Barbarossa soggiornòquattro giorni al castello e poisi avviò a capo delle truppe verso laLombardia. Federico però si era ingannato.Infatti poche ore dopo chela cavalleria tedesca ebbe valicato ilpasso del Lucomagno, Milano eragià stata messa al corrente delle intenzionidel Barbarossa, grazie alleveloci segnalazioni luminose fattedagli uomini di stanza nelle varietorri ticinesi.Pochi giorni dopo la partenza delletruppe da Bellinzona, il 29 maggio1176, lo «stupendo» corpo imperialetedesco di cavalleria professionalee gli alleati italiani (comaschie altri) furono vinti dopo duri combattimentia Legnano dalle miliziedella fanteria milanese.La seconda disfatta di Barbarossa fuun colpo mortale per il partito imperialenel Ticino. Il Capitolo e ivalligiani si misero subito all’operaper sottomettere definitivamente icapi imperiali, che avevano rialzatola testa alla presenza di Federico inLombardia. Alcherio da Torre si ritirònella sua residenza di Torre equi, vinto ma non domo, rimuginandovendetta contro gli «insolenti»villani di Blenio, gettò le fondamentadel castello di Curterio (a ridossodel villaggio di Torre) e vi siinsediò, per lanciarsi all’occasionesopra la preda. Era una sfida ai valleranied anche ai milanesi, vincitoridel Barbarossa e dei suoi fidiamici.negli anni seguenti una lotta accanitafra la supremazia dei vicini e igiovani signori da Torre insediatinel loro castello. Su ordine diOberto di Terzago, arciprete diMonza, titolare di allora delle decime,nel febbraio 1182 i valligianidavanti al castello assediato giuraronouna convenzione. Si tratta delGiuramento di Torre, in cui giuraronodi abbattere il castello di Curterio,se non venisse loro consegnatovolontariamente, di non permettereche alcun altro ne sorgesse nelleterre di Blenio o di Leventina, dinon ammettere altra giurisdizioneche non fosse quella dei signori canonicidi Milano e che nessuno, fracoloro che avevano domicilio nellazona che va dal Lucomagno al sassodel Pino, avesse podestà.Essi non riconoscevano altra autoritàforestiera che quella del vescovodi Milano nelle cose ecclesiastiche e,in cose temporali, quella più nominaleche effettiva dei canonici delDuomo di Milano, ai quali pagavanoannui diritti di censo, contentidi esser lasciati liberi di regolare dasé i loro affari civili. Il castello diCurterio venne espugnato con laforza.La situazione mutò allorquando, frail 1190 e il 1204 morì Alcherio econ lui si estinsero gli ultimi dirittiformali dei da Torre. Incoraggiatodalla situazione politica generale, ilCapitolo volle creare una giurisdizionechiara e nominò subito unavogadro nella persona del potenteVilfredo da Orello di Locarno.Orello e ViscontiVerso il 1230 gli Orello ricostruironoe ampliarono il castello diSerravalle, ingrandendolo, e vi si insediaronocome rettori di Blenio;infatti tra il 1229 e il 1237 la caricadi avogadro fu abbinata a quelladi rettore. Frattanto nella secondametà del secolo, a Milano venne affermandosila potenza della famigliaVisconti, la quale ottenne la signoriadella città, a scapito del l’anticademocrazia comunale milanese.Nel 1277 divenne signore di Milanol’arcivescovo Ottone Visconti,il quale, per assicurarsi i passi dellealpi, prese direttamente in affittodai canonici la signoria di Blenio eLeventina. I signori canonici di Milanorimasero di diritto i signori, ossiaconti delle tre valli, ma di fattola signoria fu tenuta dai Visconti,che, alla libera democrazia comunaledi Milano, sostituirono con la2: La porta merlata – Das Burgtor mit Zinnenkranz(14. Jh.).Distruzione del castelloSerravalle venne distrutto col fuocoe con le leve nel 1176. Lungo lastrada del Lucomagno si sviluppò3: Vista della rovina liberata dalle macerie – Ansicht der Ruine, gezeichnet von Eugen Probst 1932.4


forza la loro dominazione signorilee costituirono un forte stato milanese.Anche i Visconti nella seconda metàdel 1300 operarono dei lavori al castellodi Serravalle.Nel 1340 la valle fu ceduta in feudoda Azzone Visconti prima a GiovanniVisconti da Oleggio e poi allapotente famiglia bolognese dei Pepoli,il cui governo fu però tirannicoe divenne ben presto intollerabile. Isignori da Pepoli avanzarono preteseanche contro usi e libertà vallerane.Per questo motivo, nel1402, i bleniesi si rivoltarono. Lalotta culminò con l’uccisione del tirannoTaddeolo e con la distruzionedel castello che da quel momentonon si rialzò più dalle sue rovine.L’abbandono del castelloI duchi milanesi, nuovi possessoridel castello, rinunciarono a costruirenuovamente la rocca. Infattidopo l’annessione delle valli alpinemeridionali dai canonici al ducatodi Milano i castelli persero gradualmented’importanza nelle regionisottomesse. Parecchie rocche chefino a quel momento avevano ospitatofamiglie patrizie, signorie diproprietà terriere, vennero abbandonatee divennero patrimonio diprivati signori.Il consolidamento della Confederazionedopo la battaglia di Sempache la formazione di Tre Leghe dellaRezia costituì una minaccia per iconfini settentrionali del Ducato diMilano. I Visconti e gli Sforza riuscironotuttavia a respingere i continuiassalti dei confederati controBellinzona.Nel corso del XV secolo, furono costrettia cedere ad Uri il possessodelle alte valli del Ticino. Il cambiamentopolitico e territoriale decisivo,operato dai confederati e dailoro alleati, ebbe luogo solo all’iniziodel XVI secolo quando il ducatodi Milano, oggetto di contesa dellepotenze europee, era ormai in via didisfacimento e dava gli ultimi segnidi vita.Nel 1500 i cantoni primitivi s’impadronironodi Bellinzona. Nel4: Il barbacane – Das Vorwerk vor dem Tor zurHauptburg (14. Jh.).1512 vennero conquistati il locarnesee il sottoceneri fino alle portedi Chiasso, anche se alcune piazzeforti, come il castello di Locarno, riuscironoa resistere fino al 1513. Lacessione definitiva ai confederatidei territori conquistati venne riconosciutasolo nel 1516 da parte delre di Francia con la pace perpetua.Da allora l’attuale Ticino appartieneai territori confederati, e nel1803 venne riconosciuto comeStato sovrano all’interno della ConfederazioneElvetica.Il castello di SerravalleEntriamo nel castelloLe strozzature naturali della vallecostringono sia il fiume che il tracciatostradale a deviazioni particolari.Sono proprio queste strozzaturenaturali le postazioni ideali perosservare i flussi.Nella bassa valle di Blenio sono duei promontori: uno ad ovest di Torre,dove sorse il castello di Curterio, edun secondo sotto Ludiano a settentrionedi Semione. Ed è proprio sudi un costone meridionale di questopromontorio che sorgono le rovinedel castello di Serravalle.Il fiume lambiva i piedi di granparte di questo promontorio, rendendolocosì inaccessibile dal basso.Si entrava dal lato opposto versomontagna, dove trovavano posto lestrutture difensive più efficaci. Proprioda questa parte è molto probabileche passasse la strada medioevaledel Lucomagno.Ai giorni nostri la situazione sia delfiume che della strada è cambiatarendendo meno chiaro il rapportotra promontorio, strada e fiume.La strada medioevale è rimastacome strada secondaria della spondaoccidentale lungo la quale, tra il paesedi Semione e quello di Ludiano,si incontra una cappelletta, da dove,scendendo dolcemente lungo unviottolo tra prati e boscaglia rada, sigiunge in breve alle imponenti rovinecastellane.Il ripiano roccioso sul quale stannole rovine termina a sud con un burronetrasversale; e pure dirupata è la5: Veduta della rocca principale, a sinistra la torre semicircolare, a destra i pilastri mozzi di una sala terrena.– Ansicht der Hauptburg (12./13. Jh.), links der Halbrundturm (14. Jh.), rechts die Säulenreste einer gedecktenHalle.5


6: Torretta semicircolare – Der westlichen Ringmauervorgestellt ist ein Halbrundturm (14. Jh.), derals einziger Bauteil noch vollständig erhalten ist.metà a nord del lato occidentaledell’altura, che agli altri lati salecon piccole balze. Una diritta filadi castagni segna ancora oggi lavecchia strada di accesso all’anticomaniero.Per arrivare alla porta merlata (fig.2) gli assalitori dovevano passaresotto un poderoso muro, alla lorodestra, esponendo così il corpo, nondifeso dallo scudo, alle offese deidifensori del castello e ai tiri dei balestrierie degli arcieri di una grandetorre rotonda che si eleva a norddella fortezza.Nella rappresentazione dell’architettoProbst redatta durante i lavoridel 1928–1930, possiamo vederela rocca e le stalle con la stradad’entrata (fig. 3). Dopo aver passatola porta merlata (fig. 2) si svoltavaa destra per transitare nel rivellino(fig. 4) piegando poi a sinistra perritrovarsi nella rocca che mostra unachiara pianta geometrica tipicadelle fortezze italiane.La rocca era formata da un vastoatrio, o sala terrena, con cortile,nel quale s’elevano tre colonne inmuratura (fig. 5).Sulla sinistra un’ala che non puòessere descritta nei particolari, nonessendo stata ancora liberata; alladestra il nucleo della rocca, dettoanche palazzo sopraelevato.Separata dal resto della costruzionela potente torre rotonda, o mastio.Un’imponente scalinata conducevadalla sala terrena all’interno delpalazzo, composto da tre salettesopraelevate. Queste sale erano probabilmenteadibite a deposito permateriali ed attrezzi. Accanto sitrova la cucina, in fondo a cui c’è ilforno in sasso, e un locale scavatonella roccia che serviva da dispensa.I locali abitati e quelli di ricevimentosi trovavano sopra i tre localideposito.Sussistono dei dubbi sul numero dipiani superiori: più fonti 2 affermanoce ne fossero più di uno, mentreV. Fusco 3 afferma che ce ne fossesolamente uno. Supponendo che ilpalazzo non superasse in altezza latorretta semicircolare appoggiataalla cinta orientale, noi oggi possiamosolo considerare entrambe leaffermazioni valide. Siamo comunqueportati a credere alla versioneproposta da E. Poeschel, che sicuramentevisitò il castello nel 1928 4 , eche quindi, poté valorizzare la propriatesi avvalendosi delle macerieoggi non più osservabili.Come nel caso di altri castelli, dallasuperficie interna complessiva, sipuò presumere che non ci fosserosolo piccole stanze, ma anche salepiù spaziose e grandi corridoi. Serravallenon era quindi una tetraresidenza, come suppose qualchestorico locale: con le aeree loggedell’alto palazzo signorile, con laveduta che spaziava sulla valleintorno, doveva essere una graditadimora.A ovest, addossato al tratto di muroche corre lungo la cucina, come giàcitato, sorge una torre semicircolaretuttora esistente, con sommità inaggetto munita di caditoie e sottiliferitoie. Si tratta dell’elemento piùalto dell’attuale rovina.Non è conosciuto il motivo precisoper cui a nord manchi un fossato perproteggere il castello dagli assalti.Inoltre è evidente l’assenza dilegami architettonici tra rocca emastio; si può quindi presumereche il mastio costruito in posizioneisolata oltre il muro di cinta, fosseaccessibile dall’ala nord solo attraversoun ballatoio, probabilmentein legno, posto ai piani superiori delpalazzo.7: Sulla parte superiore della torre semicircolare poggia un parapetto sorretto da beccatelli (mensole), coperto daun tetto in piode a corsi regolari. – Die Wehrplattform des Halbrundturmes ruht auf Kragsteinen und ist miteinem Steinplattendach gedeckt (Photo Jean Gabarell, Thalwil).6


0 10 208: La crescita del castello – Die Grundrissentwicklung der Burg im Laufe der Zeit. Oben: vermutlich 12. Jh., Mitte: 13. Jh., unten: letzter Ausbau im 14. Jh.7


CronologiaLe prime notizie riguardanti Serravallecompaiono nella deposizionetestimoniale di Guido da Torre, figliodi Alcherio nel processo che nel1224 oppose il Capitolo milanesedel Duomo ad Enrico da Sacco:«Item vidi dominum imperatorem Fredericumin ipso comitatu belegni adSerrauallem, et ibi stetit per quator dieset fecit levari castrum de Serraualle etpostea illud dedit patri meo (…)»Il documento parlava del soggiornodi Barbarossa a Serravalle nell’annodella battaglia di Legnano. Il castelloricompare in un documentodel 1235 che lo attestava alla famigliaOrello di Locarno.Purtroppo in tutti gli scavi fattisinora, non si è posta particolareattenzione ad esami archeologici oa studi architettonici, cosicché,attualmente, non si è in grado diricostruire esattamente lo sviluppoarchitettonico della rocca. La primacronologia completa è stata fruttodella nostra ricerca, e in seguitoaggiornata dal competente Ufficiodei Monumenti storici del CantoneTicino.Nelle mura del castello si possonoperò rilevare i segni di una storiamovimentata che ha caratterizzatola costruzione della rocca. Anche se,9: Rappresentazione del 1884. – Zustand der Ruine auf einer Photographie von 1884.sfortunatamente, non si è in possessodi informazioni archeologichecirca l’epoca della costruzione, dallerovine attuali si possono far risalirele diverse fasi dei lavori al XIII eXIV secolo.Incertezze sussistono invece nelladatazione di altre parti della costruzioneche risalgono fino al XII secolo,ovvero prima che il castellofosse distrutto per la prima volta.L’ala abitata conserva ancora elementiche risalgono alle origini delcastello. Il palazzo era probabilmentel’unica parte costruita. Inquesto periodo è possibile fosse giàpresente l’apparato delle stalle.Nel 1335 il castello venne assuntodalla famiglia dei Visconti; ed è danotare che durante il periodo di dominiovisconteo, si lavorò alacrementeal rafforzamento delle strutturedifensive. Della metà del XIVsecolo sono le complicate difese,ovvero rivellino, porta merlata etorretta semicircolare. Non si ha alcunanotizia circa la costruzionedelle mura del ricetto, ma è possibileaffermare che il muro di cintafosse stato costruito al più tardi durantequesto periodo. Notizie dellacappella come appare oggi si hannoa metà del XIV secolo; solo la facciatad’accesso e la parte adiacentedella parete orientale appartengonoad un edificio più antico. Sulla cappellasi è intervenuto anche nei secolisuccessivi. Notizie certe sulpassaggio del castello nelle mani deida Pepoli si hanno nel 1371, e bensappiamo che il loro dominio finìcon la distruzione definitiva del castellonel 1402.Del castello poi non abbiamo piùtrovato tracce fino al 1884, anno dipubblicazione di un libro di J. Bertoni6 riguardante le acque termaliacidule di Acquarossa, in cui è riportatauna rappresentazione dellato occidentale del castello (fig. 9).Come si può ben notare, la parte superioredella torretta era in parte decadente;i beccatelli ed il corpo mediodella torretta si presentanoin buono stato. Contrariamente almuro di cinta dove il sasso è spoglio,sulla torretta è presente un’intonacatura.Con molta probabilità latorretta venne intonacata al momentodella costruzione nel XIV secolo;non bisogna quindi sorprendersidi questa differenza che si notasubitamente nel giungere al castello.Nel 1894 appare la traduzione initaliano, con ampliamento, di E.Pometta, del libro «Monumenti artistici»di J. R. Rahn 7 , in cui vi èuna descrizione dello stato d’allorae un rappresentazione del castello(fig. 10). Allora furono descrittisolamente due pilastri in muraturaed è quindi possibile che ci fosseroi resti e le tracce dell’ubicazione diun terzo, in quanto nella situazioneattuale quest’ultimo esiste, e nonsembra un’aggiunta arbitraria.All’inizio del ventesimo secolo, grazieall’interessamento dell’Associazionesvizzera per castelli e ruine, ilcastello è assunto a nuova vita, anuovo vigore. Le rovine del castellosono state riportate alle luce e restauratetra il 1928 e il 1931. Questilavori sono stati effettuati sottola guida dell’associazione con l’apportofinanziario del museo nazionaledi Zurigo, dallo Stato delCanton Ticino e dall’Associazionestessa, ma sopratutto, grazie al generososostegno della famigliaOrelli di Zurigo. Secondo la prassidell’epoca, purtroppo, non si è riservatala dovuta attenzione ad esami8


10: Pubblicazione del 1889 da J. R. Rahn. –Zeichnung von J. R. Rahn (sign. 1889) zeigt dendamaligen Zustand des Halbrundturmes.archeologici o a studi architettonici.E. Poeschel scrisse nel 1931, grazieai reperti oggigiorno scomparsi:« (…) Alla sinistra si apriva un atrioverso il cortile, con tre archi poggiantisu pilastri rotondi, dipinto con colorichiari e che non aveva porte ma solo tendeper chiusura; alla destra sorgeva il palazzo,posto più in alto del cortile, cosìche per arrivare al pianterreno del palazzosi doveva salire una scala esterna.Anche i locali superiori del palazzoerano raggiungibili soltanto per mezzodi un scala esterna, e di un loggiato checorreva sul fronte del palazzo. Il loggiatoproseguiva poi a livello del primopiano al di sopra dell’atrio, sboccandosul cammino di ronda, e da qui tornavaal palazzo. (…)Soltanto i piani superiori erano abitati.Qui le pareti erano ornate di pitture, icui pezzi, che non possono però più esserericonnessi, si trovano copiosamentesparsi sul terreno. (…).» 8Interessantissimo un articolo apparsonel quinto numero dell’anno1928 sulla stessa rivista, in cui l’autoredescrive la composizione dellemacerie: «Già dopo poco tempo, cocciammoin pezzi di castello sotterratifino a cinque metri di profondità, e conservatitalmente bene da lasciar riconosceregrossi frammenti di muro dipinti,testimoni di locali di un castello estremamentelussurrioso per il periodo delXIII e XIV secolo. Tra zolle di terra eframmenti di intonaco dipinti, venneroalla luce, tra altri, parti di profili difinestre e porte in ferro, vetri e punte difrecce.» 9A nostro avviso nella ricostruzionedi alcune parti non è stata posta laparticolare attenzione architettonicacritica, rischiando così di confonderei periodi storici; infattil’arco del palazzo è stato rimesso insesto senza lasciare tracce, e lo stessovale per la torretta semicircolare.Senza pensare alla colonna mancanterisorta!Nell’anno 1933 l’Associazionestessa dichiarò desiderabili ulteriorilavori di dissotterramento, affinchéla rovina potesse presentarsi per laprima volta nella sua integrità.Questi lavori non sono però maistati eseguiti.Qui ci troviamo di fronte al grandedilemma dell’archeologia moderna.Gli scavi hanno da un lato arricchitola storia del castello, ma dall’altrocancellato definitivamente alcunielementi allora esistenti, grazie aiquali è stato possibile tracciarequesta pagina di storia. Come esempio,citiamo il cammino di ronda,il cui tracciato non può esseredescritto con precisione ai nostrigiorni solamente osservando le rovine,mentre allora probabilmenteera più chiaro grazie ai resti sparsinel castello.Il risultato è comunque che da questospoglio sono arrivate fino ai nostrigiorni molte più notizie diquelle presenti prima d’allora e diquelle osservabili oggigiorno sulluogo.Rilievo e analisi dello statodell’operaUna grossa parte della ricerca vertevasui piani di rilievo completodelle rovine. E’ la prima volta nellastoria del castello che è stato eseguitoun rilievo che tenesse contodelle facciate e del profilo dellemura. Prima dell’inizio delle misurazioni,gli unici piani giunticierano la cartina in un libro ed inscala poco usuale, da ricollegareal lavoro svolto dal signor vonMuralt membro dell’Associazionesvizzera per Castelli e Ruine nel1928 e alcuni documenti e piania matita dall’archivio del ‹Schweizer<strong>Burgenverein</strong>› a Basilea datati1920–1930.Ultimato questo lavoro siamo passatiad analizzare lo stato delle rovine,e per questo, abbiamo divisoil castello in tre settori, simili perstato di mantenimento.1) La rocca principale senza l’alameridionale, il mastio e il rivellino,completamente dissodato nel1928–1930;2) L’ala meridionale della rocca nondissodata;3) La porta merlata, le stalle e ilricetto non dissodati e in stato atratti pericolante.I principali danni sono dovuti allapresenza di vegetazione ed allagrossa permeabilità all’acqua ditutte le superfici orizzontali, siasommità delle mura che buchi infacciata.La scomparsa di pietre si fa più evidentein zone con la presenza di pietrepregiate. Ad esempio quelle cheformano gli stipiti delle aperture equelle delle probabili scaffalature.Le piante rampicanti e il muschiorendono meno evidenti i giunti costruttivi.Nel caso del forno, la copertura minacciadi crollare e all’interno lavolta mostra segni di cedimento.Non bisogna dimenticare i probleminel percorrere la zona senzaincorrere in pericoli!Nell’area meridionale della rocca citroviamo di fronte ad un cumulo disassi, terra ed erba, dai quali in alcunitratti è leggibile la struttura diun locale. Il cumulo di macerie sovraccaricale mura che lo arginanocon forze orizzontali.La visione della parte rimanentescoraggia maggiormente le personeche come noi intraprendono un lavorodi ricerca atto alla salvaguardiadei monumenti storici.Assistere senza intervenire al crollodi tasselli importanti della storiadi una regione è purtroppo quelloche è successo in questa parte delcastello.Futuro del castelloQuesiti principaliRuolo molto importante nel dis-9


corso sul restauro è la funzione pensataper il futuro. Mantenere senzacambiamenti un monumento storicoha senso solo se quest’ultimoha ancora un’utilizzazione simile aquella che ebbe al momento dellacostruzione, oppure quando questaè sostituita da una pura soluzionemuseale.Con ciò non vogliamo dire che lasoluzione ideale è coprirlo con unacampana di vetro, in modo che diventisemplicemente un oggetto daesposizione. Inoltre dato il mutamentodelle condizioni rispetto aisecoli passati e la quantità di edificiesistenti degni di protezione, appareimproponibile mantenerli intattifino all’ultima pietra al soloscopo di testimoniarne l’esistenza.Se il monumento, a causa del mutamentodelle condizioni, perde definitivamentela funzione originale, ese questa non viene sostituita, alloraè perso, ha finito di vivere. Questaaffermazione suona molto forte, maè un pensiero basilare della dottrinagermanica sulla protezione dei monumentistorici, in avanguardiarispetto al livello europeo, grazieprobabilmente al periodo di ricostruzionepostbellico.Il castello di Serravalle ha oramaiperso una chiara funzione, e per evitarela sua scomparsa bisogna trovarel’utilizzazione ideale per il suofuturo. Portare una nuova funzionesignifica mantenere vivo tutto il suocontesto storico e culturale; infattise il castello dovesse in futuro attiraremaggiormente l’interesse su sè11: Ricostruzione di Eugen Probst 1941 –Rekonstruktionszeichnung der Burg Serravallevon Eugen Probst, signiert 1941.stesso grazie ad una particolare attività,non solo non scomparirebbe,ma renderebbe servigio alla divulgazionedella storia e della culturadella regione.Il contesto storico e culturale in cuiè vissuto il castello ha avuto, nellamaggioranza dei casi, importanza alivello regionale; per questo secondonoi anche la possibile futurafunzione dovrà essere cercata inquest’ottica. Questo anche per unproblema pratico, ovvero per nonsovraccaricare una struttura chenon sopporterebbe forti sollecitazioni.Come già accennato non è nostra intenzionericostruire l’ipotetico spazioin cui vissero le varie famiglieTorre, Orello, Visconti e Pepoli, inquanto risulterebbe troppo approssimativocon la scarsità di dati pervenutifino ai nostri giorni. Riportiamola ricostruzione della roccaprincipale (Fig. 11) eseguita dall’architetto E. Probst, che diressei lavori nel 1928–1930, ma che anostro avviso risulta alquanto approssimativa.Al di fuori della rocca principale,ovvero all’interno del ricetto, lospazio lascia molte più libertà. Nonbisogna però dimenticare la presenzadella cappella di S. Mariadel castello, con la quale qualsiasioggetto chiuso nelle sue vicinanzeentrerebbe in pieno contrasto.Per questo motivo ci sembra giustificatoproporre l’inserimento di unastruttura scoperta o perlomenoaperta, permessa anche dal climamite della regione al meridionedelle Alpi. La struttura potrà trovarespazio facilmente all’internodelle mura del ricetto, ma non dovràavere molte esigenze particolari,che richiedono urbanizzazione espazi chiusi.Con tutto quanto detto finora sappiamoche mantenere in vita il castello,significa portare un’attività,al suo interno o nelle immediate vicinanze,che dovrà essere caratterizzatacome segue:– interesse culturale regionale– all’aria aperta (o parzialmentecoperta)– con poche esigenze di spazi particolaried alla luce del giorno, ev.con illuminazione notturna– senza servizi igienici all’internodel ricetto (bensì fuori)– flessibilità degli spazi necessari– non concorrente sia col castelloche con la chiesaPer quel che concerne le attivitàculturali regionali, abbiamo sondatoil campo all’interno della valle,ed abbiamo ottenuto risultati sorprendenti:infatti da due differentienti locali, ovvero il Municipio diSemione e l’Ente turistico valle diBlenio, siamo venuti a conoscenzadell’interesse effettivo presente diportare una funzione di tipo culturaleall’interno del castello di Serravalle,in particolare un concerto.Dal calendario estivo dell’Ente turisticoBlenio abbiamo riscontrato,in linea di massima e in ordine diimportanza numerica, sei tipi di categoriedi proposte culturali e non:feste (dalla sagra alla discoteca), tornei(dalle carte al calcio), concerti(all’interno o all’aperto), conferenze,mostre e gite (dalla passeggiataalla trasferta impegnata).Ci sembra giusto quindi restringerein questi ambiti l’utilizzazione daportare al castello. Rimane comunquepossibile, una volta creata lastruttura per le attività culturali regionali,aprire la stessa anche adattività extraregionali, ma con lostesso carattere e richiamo.Un concerto o una gita con conferenzaorganizzata, con poche esigenzee all’aria aperta, sono buoneproposte, in quanto attirerebbero alcastello un discreto numero di persone,in grado di apprezzare, rispettaree quindi in grado di impararea conoscere bene la rocca stessa.Inoltre l’interesse effettivo deglienti locali, per quanto riguarda ilconcerto, non ha fatto altro che alimentarei nostri propositi.Grosse feste e tornei sono estremamentepoco culturali, e rischierebberodi danneggiare velocemente eirreparabilmente le rovine. Mostredi sculture, da poter disporre coerentementenel ricetto, potrebberotrovare posto al castello.Risulta ora chiaro che la strutturache creeremo risponderà, oltre allerichieste formulate in precedenza,anche ad una certa possibilità di10


adattamento, per ospitare più diun’attività precisa. Questo significache, oltre a concerti, gite con conferenzee piccole feste, potrà trovarespazio qualsiasi tipo di attività congli stessi presupposti ed esigenze.Tra queste citiamo il teatro o lacommedia.L’utilizzazione ideale risulta allorail teatro all’aria aperta inteso comestruttura semplice e flessibile, cheabbisogna solo di:– palco con quinte mobili– spazio per gli spettatoriOltre ad una funzione adeguata chepossa ridare al monumento vitalità,non bisogna dimenticare che è necessarioproteggerlo, fare in modoche il deperimento fisico sia rallentato.Cercando di non essere ripetitivi,prolungare la vita al castellosignifica avere la possibilità di divulgareanche il presente ed il passatodello stesso e della regione.Proteggere fisicamente il castellosignifica evitare che i danni ora riscontrati,si trascinino nel prossimofuturo. Gli interventi globali sonoquelli da eseguire in modo unitarioin tutto il castello, in quanto, anchese in passato alcuni settori eranostati considerati diversamente, modificandoil valore architettonico efunzionale, il monumento deve essereconservato globalmente per potertrasmettere il maggior numerodi informazioni. Un comportamentounitario può anche esserespiegato dal lato storico. Il monumentoè sì sorto a tappe, ma questedi volta in volta toccavano settorisempre più ampi. Da ricordare chel’aspetto attuale del castello si ricollegaall’ultimo periodo di vita, grazieai Visconti.Il problema maggiore, che vieneriscontrato in tutto il castello, èquello dell’infiltrazione d’acqua.Questo è accentuato dalla presenzadi erba sulle mura, che non fa altroche rendere l’intera superficie ancorapiù permeabile. L’acqua penetrataall’interno delle mura diventaparticolarmente pericolosa con l’abbassamentodella temperatura, incrinandole mura con l’aumento delproprio volume.Sappiamo, dalla rivista dell’AssociazioneSvizzera di castelli e ruine,che nel 1928–1930 si è cercato diproteggere le mura, e dalla stessa riportiamotestualmente: «… questapittorica rovina è protetta dagli influssidelle intemperie per i prossimi anni».Cosa intendessero esattamente nonsi sa, considerando che la rovina,fino ad allora, era meglio protettagrazie ai cumuli di macerie.Dall’osservazione sembra quasi cheavessero aggiunto calcina sullasommità delle mura, ma è estremamentedifficile affermarlo con sicurezza.Di fatto non è stato aggiuntouno stato protettivo completo chedurasse nel tempo.Attualmente il castello ha bisognodi uno strato che protegga le superficiche più si espongono alle intemperie,soprattutto le sommità, e lesuperfici orizzontali in genere.Esistono differenti modi di fermarel’infiltrazione d’acqua. Quello danoi scelto è una corona protettiva sututte le mura.Utilizzando il principio del muroromano usato per la rocca originaria,si può aggiungere uno stratouniforme composto da mattonciniin cemento con un piccolo strato dibuiacca per evitare che l’acqua penetri.L’acqua piovana penetreràsolo nel terreno, dove scorrerà finoalla falda freatica, come già succedeattualmente, grazie alla pendenzadel promontorio che evita che si forminodegli stagni all’interno dellemura.Il secondo intervento è contro la vegetazione.Questa grande forzadella natura è tranquillamente ingrado di stritolare il monumentocon i propri artigli; è talmente potenteda penetrare in qualsiasi spiraglioe far esplodere l’oggetto invaso.Basti pensare, come paragone,alle radici delle piante cittadine chesollevano e squarciano il catrametutto attorno. Similmente possonocomportarsi le piante rampicantiche penetrano nelle fughe tra i sassied anche nei giunti costruttivi.Inoltre la vegetazione, nelle sue differentiforme, ricoprendo lentamenteil castello nasconde molteinformazioni, in particolare di tipoarchitettonico, come le stratificazioni.Inutile dire che in questo casoil castello perde parte del suo caratterestorico e costruttivo. Per questoci sembra perfettamente sensatoproporre di levare il verde pericolosoche sta sulle mura e di tenerecurata l’erba che sta alla base indeterminati settori.Questo ci porta direttamente al discorsosulla pavimentazione. Dalleconoscenze acquisite, pareva ci fossemolta roccia come superficie all’internodel castello. Nostra intenzionenon è togliere tutta l’erba edil terriccio affinché si possa vederedappertutto la roccia; infatti anchequesti elementi sono oramai entratia far parte della storia del castello,e, dove non provocano danni, possonorimanere.A questo punto il terriccio, ricopertoda un semplicissimo mantoerboso, diventa il contesto da cuiriaffiora la roccia, ponendo accentosoprattutto nelle zone dove, attualmentegià emerge. Inoltre si creeràuno scenario naturale dietro ilpalco, composto dalla pianura diMalvaglia e dalla cornice di montagne,che renderà tutto più suggestivo.Si intravvede il muro ergersidirettamente dalla roccia. Cosìverrà messa in evidenza la stratificazione,mentre nel mezzo dei locali,sarà resa chiara la sua presenza.Si presenta ora un problema di tipopratico, ovvero per evitare cheprendano vita nuove forme diverde, che non sia la semplice erba,bisognerà tenere regolarmentecurato il prato.Lo stato attuale delle fughe trale pietre non è sempre buono, esenza un’analisi particolareggiatadal punto di vista chimico, risultaanche difficile proporre dei rimediadeguati. Sappiamo che in questicasi può essere usato un getto diacqua o di aria pressurizzato perripulire da sostanze chimiche dannosealla reversibilità delle pietre.In questo modo andrebbero peròperse particolarità di diverse muraquale il tipico annerimento dovutoal fuoco appiccato quando il castellofu distrutto. Per questo lasciamo intattala patina che si è formata sullepareti verticali, senza neppure toglieregli strati di calcina anonimi.Interventi più localizzati servireb-11


ero a consolidare la rocca.Le pietre asportate dovranno quindiessere sostituite possibilmente congli stessi materiali usati per la sommità,che impediscano l’infiltrazioned’acqua, dopo aver dovutamenteripulito la zona in questioneda stratificazioni saline e da particelleatmosferiche depositatisi.Si aumenterebbe così anche la sicurezzanel percorrere determinatezone delle rovine.Oltre all’asportazione abbiamo anchenotato in alcuni casi l’aggiuntadi pietre, come, ad esempio, le otturazionidi fessure o canali. Le aggiuntenuociono alla salute fisicadel castello, poiché sono facile ricettoper lo sviluppo di vegetazione.Nei fori orizzontali e verticali, oltreai sassi riposti, gettati o depositati,si è depositato anche terriccio, dadove si sviluppa volentieri la vegetazione,con i problemi a lei collegati.Bisogna quindi liberare questeaperture affinché non diventinoluogo di deposito.Per quanto riguarda il discorso generalesulla sicurezza, oltre ai casi incui bisogna evitare che del materialecada addosso al visitatore, sipresentano anche quelli in cui sidovrebbe evitare che il visitatorecaschi. L’idea di percorso significacreare passaggi sicuri, come pure rimuoverei sassi pericolanti liberandocosì il pavimento, creare deicorrimano per la scale e assicurareun passaggio per uscire a sud.L’ultimo punto è il locale più a suddella rocca, che, come abbiamo piùvolte accennato, è ricoperto da uncumulo di macerie. A questo puntoè d’obbligo la domanda se intraprendereo no uno scavo di tipo archeologico.Scavare significa di persè perdere delle informazioni, echissà quante ne sono già andateperse negli scavi effettuati tra il1928 e il 1930, ma contemporaneamentesignifica venire a conoscenzadi dettagli concernenti l’alasud, della quale si conosce veramentepoco. Considerando che ilcumulo non offre protezione allemura, in quanto si trova solo all’internoe non sulla sommità dellestesse, e che anzi permette all’acquadi penetrare meglio lungo le superficiverticali, e come già detto sottoponele mura a forze orizzontali,ci sembra sensato proporre lo scavo.Progetto0 10 20 30Dopo aver deciso l’utilizzazione piùconsona istaurabile tra le mura, etenendo conto degli interventi necessariper rallentare il decorso deldeperimento della rocca, è venuto ilmomento di concretizzare tutto ciòche è stato detto con un progetto,ovvero un intervento da un lato leggibilee chiaro, e dall’altro che tengaconto della reversibilità della struttura.Non ci sembra adeguato inserireil teatro nella parte principaledella rocca. In questi spazi non troverebbeuna situazione consona alproprio carattere ed entrerebbe inconcorrenza con le rovine del castello,invece di creare un dialogo.Il risultato sarebbe quello di oscurareemtrambi gli obiettivi che intendiamoraggiungere: da un latotestimoniare l’importanza storica eregionale della rocca, rendendo ilpiù possibile tangibili le rovine,dall’altro lato creare un ulterioremotivo di richiamo nella zona, allestendouna struttura pubblica diutilizzazione flessibile nell’ambitodelle attività culturali e folkloristichedella regione.Esaminando la pianta risulta chiarocome all’interno del ricetto la chiesasia l’elemento estraneo, a sé stante.Inserendo allo stesso modo il teatro,cioè sciolto dalle mura di cinta estrutturato in modo da apparirecome oggetto nuovo in un contestoche non lo riguarda, portandoun’utilizzazione nuova all’internodella rocca, l’effetto sarebbe controproducente.Risulta ora chiaro che l’ubicazionedebba essere sì all’interno del ricetto,ma nel contempo si leghi allarocca, si allacci alle mura all’estremosud del promontorio. Così lachiesa rimane l’oggetto pieno unicoed estraneo della struttura fisica delcastello nella nuova costituzionedella rocca. Il profilo del promontorionon fa poi che avvalorare la sceltadi questo punto per situare il teatro.Infatti l’andamento della roccia creaun naturale pendio rivolto a sud,dove il pubblico si potrebbe disporreliberamente approfittando apieno delle manifestazioni proposte.Abbiamo spiegato in precedenzai motivi dell’essenziale interventoprotettivo, la corona.Quello che non abbiamo affrontatoè la tipologia e l’aspetto architettonicoche dovrà assumere. Essenzialmentesi tratta di proteggere, dopoaverla ripulita dalla vegetazione, eda altri tipi di depositi, la sommitàdelle mura, ora esposta alle intemperie.L’altezza degli strati aggiuntisarà uniforme esclusa la zona in cuisorgerà il teatro. Il nuovo aspetto architettonicosarà dunque frutto diquesta corona che delimiterà l’areadell’intervento.Il nostro atteggiamento a propositodello strato uniforme è da ricollegarealla già più volte citata stratificazione:da una stabile roccia èsorto il castello in differenti fasi, masempre con uno sviluppo in verticale,ovvero si aggiungevano nuovielementi su ciò che già esisteva. Trale diverse fasi intendiamo benintesoanche la ricostruzione.L’intervento si aggiunge così naturalmenteagli eventi del castello, costituendol’ultimo strato, quelloche mostrerà chiaramente l’interventosu tutta la struttura medioevale:metterà quindi in evidenza sial’area dell’intervento che sè stesso, eproteggerà la rovina.Paragonando i lavori eseguiti nel12: Profilo del progetto – Längsschnitt durch die Burg mit den geplanten Veränderungen an der Südseite (links).12


0 10 20N13: Pianta del progetto – Grundrissplan mit denvorgesehenen Veränderungen an der Burg. In derKernburg sind verschiedene Treppen und Stege füreinen sicheren Rundgang durch die Ruine eingezeichnet.Im Südteil der Vorburg ist das Freilichttheatergeplant.1928–1930 ai nostri propositi, èmolto evidente la differenza sulpiano della leggibilità; noi vorremmorendere l’intervento leggibile ericonoscibile, mentre allora si cercòdi mimetizzarlo. Ma pensare di riproporreun oggetto utilizzandotecniche di sei o sette secoli fa, èquantomeno utopico.Il nostro intento é fondere l’idea diun teatro con la soluzione propostaper proteggere le rovine. Questosignifica che nella zona all’estremosud del ricetto dove sorgerà il teatroall’aperto, la corona, che proteggeràle mura, sarà sensibilmente più altaper definire l’area del teatro stessoe per rendere leggibile anche dal’-l’esterno la sua ubicazione (Fig. 12).In questo settore all’estremo sud, lemura mostrano molti segni di perditadi compattezza e di resistenza,allora la corona, per non distruggerequello vecchio, abbisognerà di sostegnidirettamente dalla roccia odal suolo geologicamente moltostabile.Dove invece saranno appostati glispettatori la corona con una pendenzacostante passerà dal muronuovo che definisce l’area di basedel teatro, al semplice strato di protezione.Ci pare appropriato in questo contestoche non si mescolino più stilie caratteri; la conseguenza più logicaè proprio quella che da un lavoroatto principalmente alla protezionedell’opera, nasca un secondoobiettivo, quale dare una chiaraimpronta architettonica, inserendouna funzione sensata per la strutturaesistente e la regione che la ospita,o semplicemente che serva a rafforzareuna caratteristica già presentenell’oggetto da proteggere. È logicoche l’obiettivo secondario si uniscaa quello principale per rendere ancorapiù esplicita l’unita del monumento.Si può dire allora che il teatroscaturisce dal particolare trattamentodella corona protettiva.Un intervento che non bisogna dimenticaree che anzi riveste moltaimportanza per una buona funzionalitàdell’opera e del teatro, èquello che assicura un percorso chiaroe sicuro nella visita al castello.Avremmo potuto optare per una libertàdi circolazione all’internodelle mura, come succede oggi, macrediamo sia importante, soprattuttonel ricetto, proporre il percorsopiù logico da affrontare, mentreall’interno della rocca principaleil percorso diventa libero in quantogià sufficientemente delimitatodalle mura.Il tracciato (simile a quello medievale)guida il visitatore dal sentierooggi esistente, lungo cui può osservaredal basso l’imponenza del mastio,attraverso la porta merlata,proseguendo accanto alle stalle. Giuntinella parte centrale del ricetto,il promontorio si apre verso la valle,e il visitatore potrà decidere se seguireil percorso marcato con unmuretto e una scala oppure se continuareliberamente verso il teatro.Dove spunta il muretto il percorsosvolta a destra, costeggiando ilmuro prima dell’ala meridionale epoi quello della corte, dove si attraverseràil rivellino. Questo passaggiolungo le mura e sul rivellinosarà una rampa collegata ad un ponticello.Si giunge quindi con unasvolta a sinistra alla rocca principale,dove la visita sarà libera. Per lasicurezza nel percorrere le due scaleesistenti, bisogna prevedere dei corrimanodi struttura metallica moltoleggeri, come pure il consolidamentodi alcuni scalini ora leggermenteinstabili. Da uno dei localidel palazzo signorile, una passerellaelevata permetterà al visitatore divedere il mastio da sopra, senza peròpoterci entrare, e ritornando avrà lapossibilità di osservare l’intera rovina.L’uscita dalla rocca principalesarà l’apertura, già in uso oggi, dovetroverà posto una scaletta simile permateriale ed idea al ponticello cheoltrepassa il rivellino. Da questopunto si potrà scendere al teatrooppure, costeggiando il confineovest del promontorio e la chiesetta,scendere verso la pianura.Per finire traccio un bilancio provvisoriodegli avvenimenti durantegli ultimi anni.Dal momento che abbiamo presentatola ricerca, si è svegliato l’interessenei confronti di questa strutturamedievale.Negli anni precedenti si era osservatoun interessamento simile perquel che riguarda i castelli di Giornicoin Val Leventina, di Norantolae di Mesocco nella valle Mesolcina.Grazie al nostro lavoro Serravalle èritornato d’attualità sulla stampa eall’Ufficio dei Monumenti storici,forse più dei manieri appena citati.Inoltre, come riportato dalla rivistaalcuni mesi or sono, si è costituita13


laschar la ruina senza in niz (economic).Perquai propona il projectd’endrizzar lien in teater avert,siond ch’ins po realisar quai senzaintervenziuns pli marcantas en lasubstanza istorica. Ins pudess preschentarteaters, concerts, organisarconferenzas, reuniuns e festas, maadina en ina modesta dimensiunlocala.Ensemen cun l’associaziun locala daturissem han ins fundà l’enviern1<strong>99</strong>7 in’amianza per il chasè Serravallecun la finamira da concretisarquest project ensemen cun ils dusarchitects e la tgira da monumentschantunala.Note1Fonti bibliografiche:– Karl Meyer, Blenio und Leventina vonBarbarossa bis Heinrich VII. Diss. Zürich(1911).– Don Pietro Berla, Il Castello di Serravalle(Bellinzona 1944).– Giulio Rossi / Eligio Pometta, Storia delCantone Ticino (Locarno 1980, II. ed.)2Erwin Poeschel, Serravalle. Nachrichten derSchweiz. Vereinigung zur Erhaltung der Burgenund Ruinen (<strong>Burgenverein</strong>) 4, 1931, Heft1; Emilio Clemente, Castelli e torri della svizzeraitaliana, Bollettino storico della Svizzeraitaliana 86 (1974) fasc. 4, 164–167.3Vincenzo Fusco, Guida illustrata ai castelli,torri e rovine della Svizzera Italiana (Lugano1981) 34–38.4Archiv <strong>Schweizerischer</strong> <strong>Burgenverein</strong>: KorrespondenzSerravalle.5Clemente (v. nota 2) 166–167.6J. Bertoni, Les eaux thermales d’Aquarossa,Dongio. (Bellinzona 1884)7Johann Rudolf Rahn / E. Pometta (trad.),I monumenti artistici del Medio Evo nelCantone Ticino (1894), ristampa 1974.8Poeschel (v. nota 2)9Erwin Poeschel, Berichte der Geschäftsleitung.Nachrichten der Schweiz. Vereinigungzur Erhaltung der Burgen und Ruinen (<strong>Burgenverein</strong>)1, 1928, Heft 5.fonti delle illustrazioni:1: AST 33–34, 160 e Ticinensia 1965-8, 4002, 6, 8, 12, 13: Massimo Mobiglia3: Nachrichten (<strong>Burgenverein</strong>) 10, 1937, Heft 4,1944, 5: Thomas Bitterli7, 11: Schweizerisches Burgenarchiv, Basel9: Bertoni (v. nota 6) 810: Rahn (v. nota 7, Zürich 1893) 209Indirizzo dell’autore:Massimo Mobigliadipl arch ETH SIAvia storta 68acasello postale 1476645 Brione s/MinusioE-mail: mmax@swissonline.chDer frühe Burgenbauim südwestlichen deutschen Sprachraumvon Werner MeyerZum Jahre 1027 berichten dieGrösseren St. Galler Annalen wiefolgt 1 :Die Burg, die Chuigeburch heisst, wird,vom Grafen Werner verteidigt, drei Monatelang vergeblich belagert und vomKönig (d.h. Konrad II.) schliesslicheingenommen.Das gleiche Ereignis findet sichauch bei Hermannus Augiensis mitden Worten umschrieben:Cuiburg, die Burg des Grafen Werner,der bis jetzt Widerstand geleistet hatte,und einige andere Burgen von Aufständischen,sind erobert worden.Diese knappen Nachrichten 2 – siegehören reichsgeschichtlich in dieEpisode des Aufstandes HerzogErnsts von Schwaben – führen unsmitten in das Aufsatzthema hinein,das im Sinne einer Einführung dieProblematik des frühen Burgenbauesnamentlich im südwestdeutschenSprachraum umreissen soll 3 .Die Burg, von der in den beidenTextstellen die Rede ist, lässt sichklar identifizieren: Es handelt sichum die Kyburg bei Winterthur(ZH), die sich heute als Gebäudekomplexvornehmlich des 13./14.Jahrhunderts mit einer kleinen,vorgelagerten Stadtanlage präsentiert.Und damit beginnen unsereFragen: Was bedeutet der Burgname?Wie sah die Anlage um 1027aus? Wie war sie befestigt undausgestattet, so dass sie von einemköniglichen Truppenverband dreiMonate lang belagert werden musste?Welche Funktion nahm sie imGüter- und Herrschaftsverband desGrafen Werner ein, als dessen Besitzsie ausdrücklich bezeichnetwird? Und schliesslich: Wann istdie Burg, 1027 schriftlich erstmalsbezeugt, überhaupt errichtet worden?Mangels bisheriger archäologischerUntersuchungen sind diese Fragennur in Ansätzen zu beantworten.Reste eines doppelten Abschnittgrabens,der einen Geländespornvon ca. 6 ha Fläche isoliert, weisenauf eine Grossburg hin, die einenbeachtlichen Kriegerverband hätteaufnehmen können. Die frühe NamensformChuigeburch, nach denLinguisten nhd. einwandfrei als«Kuhburg» zu deuten, weist nicht,wie früher behauptet, auf einebäuerliche Fluchtburg hin, sondernauf einen reichen Herrensitz, dessenInhaber es sich leisten konnten, aufihrem Land Rinder, die anspruchsvollen,vornehmen Nutztiere desHochmittelalters, zu halten. Damitist aber bereits angedeutet, dass die15


Kyburg im frühen 11. Jahrhundertals Grafen- oder Dynastensitz eineherrschaftliche und wirtschaftlicheZentrumsfunktion ausgeübt habenmuss, so dass mit der Eroberungund – mutmasslichen – Zerstörungdie Widerstandskraft Werners, desaufrührerischen Burgherrn, gebrochenwerden sollte.Vergleichbare Anlagen, die mindestensbis in die Jahrtausendwendezurückreichen, sind mehrfach nachgewiesenoder wenigstens zu erschliessen.Wenn archäologischeBefunde vorliegen, wie beispielsweisevon der Frohburg bei Olten(SO), sprechen sie ausser für einenHochadelssitz stets auch für einelandwirtschaftliche und eine gewerblicheNiederlassung, in derRohstoffe gewonnen und verarbeitetwurden 4 . Deren monopolistischeKontrolle bildete einen Eckpfeilerder herrschaftlichen Machtausübung.Im Falle der Frohburggilt dies vor allem für den RohstoffHirschgeweih sowie für das Eisenerz,dessen Abbau die Grafen vonFrohburg innerhalb ihres Machtbereichesals landesherrliches Monopolbetrachteten.Um die Funktionen eines solchenAdelssitzes – herrschaftliches Residieren,Administrieren und Repräsentieren,landwirtschaftliche undgewerbliche Produktion – erfüllenzu können, bedurfte es einer grossflächigenAnlage, die man ungeachtetihrer topographischen Gestalt,ihrer baulichen Gliederungund ihrer verteidigungstechnischenEinrichtungen als Grossburg zubezeichnen hat. Daneben gab esaber schon vor der Jahrtausendwendeauch kleinere Anlagen, dienach Ausweis der archäologischenBefunde zweifelsfrei als dauerndbewohnte, wehrhafte Sitze derOberschicht anzusprechen sind undmit einem Landwirtschaftsbetriebverbunden waren, aber keinen Platzfür eine Handwerkerniederlassungboten und auch keinen grösserenKriegerverband hätten aufnehmenkönnen. Als Oberbegriff für derartige,in ihrer topographischen undbaulichen Erscheinung sehr starkvariierenden Anlagen mag die BezeichnungKleinburg verwendetwerden.Diese Burgen entsprechen in ihrentopographischen Dimensionen amehesten dem Durchschnitt der späterenFesten aus der Zeit der ritterlichenKultur. Da sie und ihre Besitzer,meist nobiles oder Edelfreie,in den Schriftquellen erst vom12. Jahrhundert an deutlicher fassbarwerden, haben die schriftgläubigenMediävisten zu Unrecht angenommen,die Adelsburg sei alsrepräsentativ-wehrhaftes Zentrumeines herrschaftlichen und wirtschaftlichenGüterverbandes frühestensgegen 1100 aufgekommen.Für bestimmte Regionen, zu denenauch der südwestdeutsche Sprachraumgehört, sind von den archäologischenBefunden her die Anfängeder Adelsburg jedoch wesentlichfrüher, d.h. mindestens ins10. wenn nicht vereinzelt sogar ins9. Jahrhundert zu datieren 5 .Auf das Problem, inwieweit die Intensivierungdes Baues von Kleinburgenseit dem 11. Jahrhundertmit dem Aufkommen des sog. Ministerialenstandeszusammenhängt,soll hier nicht eingegangen werden.Grundsätzlich ist festzuhalten, dassdie in der Burgenkunde beliebteBezeichnung «Ministerialenburg»für eine kleine Burganlage terminologischunbrauchbar ist. Denn derBegriff vermengt in unstatthafterWeise topographisch-architektonischeBefunde mit Rechts- und Sozialstrukturen.Er postuliert so einenbaulich definierten, in derRechtsstellung der Burgherren begründetenBurgentyp. Doch findetein solcher weder in den Schriftquellennoch in den archäologischenAussagen eine Bestätigung.Die für die adlige Gross- undKleinburg des Hochmittelalterscharakteristische Multifunktionalitätlässt sich quellenmässig sehrunterschiedlich fassen. Währenduns die Wohn- und Wirtschaftsfunktionenvor allem in den archäologischenBefunden entgegentreten,lässt sich die herrschaftlich-administrativeZentrumsfunktioneher aus den Schriftquellen erschliessen.Auf die Sakralfunktion,die sich aus dem urkundlichenoder archäologischen Nachweiseiner Kirche bzw. Kapelle ergibt,vielleicht auch eines Begräbnisplatzes,soll hier nicht eingegangenwerden. Die zu Recht als spezifischesMerkmal jeder Burg geltendeWehrfunktion zeigt sich in der baulichenund topographischen Gestalt,spiegelt sich aber auch inden Schriftquellen, wenn diese vonBelagerungen, Handstreichen undgewaltsamen Zerstörungen berichten.Freilich darf die an sich unbestreitbareWehrhaftigkeit der Burginterpretatorisch nicht überstrapaziertwerden. Ohne Kenntnis derherrschaftlichen Verhältnisse, derKriegstechnik und Kampfweise,der verfügbaren Mittel bezüglichAusrüstung und Mannschaft solltemit taktischen oder gar strategischenErklärungsversuchen äussersteZurückhaltung geübt werden.Dies gilt namentlich für jene gedanklichenKurzschlüsse, die denBau einer Burg partout als taktischeMassnahme für eine bestimmteKonfliktsituation deuten möchten.Wenn beispielsweise versucht wird,die kleine, in der Längsachse 60 mmessende Wehranlage von Broich/Ruhr als eine 883/84 gegen dieNormannen errichtete «Sperrburg»zu interpretieren, müsstemindestens glaubhaft erläutertwerden, wie von einer solchenKleinburg aus der kriegerischeDurchmarsch eines grösseren Kriegerverbandeshätte aufgehaltenwerden können 6 . Bei Burganlagen,die in die 1. Hälfte des 10. Jahrhundertszu datieren sind, muss beachtetwerden, dass damals die bestehendenSiedlungs- und Herrschafts-und Sozialstrukturen nichtnur durch die Ungarn bedroht wordensind, sondern auch durch regionaleund lokale Machtkämpfe. DieFehden im Bodenseeraum unterden schwäbischen Grossen, in derenVerlauf um 910/20 auch Burgenumkämpft worden sind, mögen alsschriftlich bezeugtes Beispiel angeführtwerden 7 .Damit sind wir bei einer entscheidendenFrage angelangt. Von baulichenEinrichtungen allein, mag es16


sich nun um Gräben, Wälle, Palisaden,Mauern oder Türme handeln,geht überhaupt keine kriegerischeWirkung aus. Eine Burg alsBau sperrt, beherrscht und schütztzunächst gar nichts. Die Wirkunggeht ausschliesslich von der Mannschaftaus, die sich der Wehreinrichtungenals Deckung, als Unterkunft,als Stützpunkt oder alsRückzugsposition bedient. Somitist jede einzelne Wehranlage vonihrer Grösse und ihrer Lage, ihrenbaulichen Einrichtungen, ihrerAusstattung mit Mannschaft, Waffenund Proviant her, aber auch vonihrer Rechtsstellung sowie von denherrschaftspolitischen Ambitionenund ökonomischen Möglichkeitenihrer Besitzer her gesondert zu beurteilen.Vor allem gilt es auch zu beachten,dass die Wehrhaftigkeit einer Burgin keinem Falle ausschliesslich derrein praktischen Verteidigung gedienthat. Die neuere Burgenforschungweist zu Recht mit Nachdruckauf den Symbolwert desWehrbaues hin 8 . Gerade im <strong>Mittelalter</strong>,in einer Epoche symbolorientierter,ausgeprägter Gebärden-und Zeichensprache, wurdeeine Wehranlage als Wahrzeichender Macht, der Herrschaft und desgehobenen Standes verstanden. InKonfliktsituationen wurde der Baueiner Burg deshalb von der Gegenseitevielleicht weniger als konkreteBedrohung, sondern vielmehr alsprovokative Drohgebärde empfunden.Das wechselhafte, während desganzen <strong>Mittelalter</strong>s andauerndeSeilziehen um das Befestigungsrechtist nicht zuletzt auch vor diesemHintergrund zu beurteilen.Ungeachtet der jeweiligen Dimensionenund der einzelnen archäologischoder schriftlich fassbarenFunktionen bieten sich die Burgendes früheren Hochmittelalters konstruktivals höchst unterschiedlicheGebilde dar, wobei auch regionaleBesonderheiten auftreten, die sichihrerseits wieder von natürlichenVorgaben – etwa bezüglich Bodengestaltoder Baumaterial –, aberauch von lokalen Traditionen undauswärtigen Einflüssen her erklärenlassen. Der im südwestdeutschenSprachraum seit der Jahrtausendwendezunehmend beliebtereSteinbau stützt sich, namentlich inseiner monumental-repräsentativenAusformung, einerseits aufnordfranzösische und italienischeVorbilder, anderseits – und dasmüsste noch genauer untersuchtwerden – auf die karolingische undottonische Pfalzenarchitektur. Fürein kontinuierliches Weiterlebender spätrömischen Festungsbaukunst,wie sie uns in den turmbewehrtenKastellen des 4. Jahrhundertsentgegentritt, gibt es im südwestlichendeutschen Sprachraumkeine schlüssigen Hinweise, auchwenn in Einzelfällen römischesMauerwerk in hochmittelalterlicheBurgen integriert worden ist. (Umdas Jahr 1000 richteten sich beispielsweisedie Habsburger vor derGründung ihrer Stammfeste imruinösen Kleinkastell Altenburgbei Brugg ein 9 .)Die in Ausläufern bis ins 13. Jahrhunderthinein angewandte Bauweisemit Erde, Holz und Trockenmauerwerkberuht auf ur- und frühgeschichtlichenTraditionen, wasdie zeitliche Zuweisung einer Anlagemit wehrhaften Wällen undGräben ohne archäologische Abklärungunmöglich macht.Anders sieht es bei jenen sog. Erdwerkenaus, die durch eine zentraleHügelaufschüttung, durch die hinlänglichbekannte «Motte», gekennzeichnetsind. Dass diese Anlagenerst im Hochmittelalter entstandensind und sich seit dem 10. Jahrhundertgewissermassen parallel zu denKleinburgen aus Stein entwickelthaben, muss hier wohl kaum näherausgeführt werden. Hinzuweisen istallenfalls auf die Beobachtung, dasskonstruktiv «reine» Motten, d.h.von der Basis aus künstlich aufgeschütteteHügel, nur in der Ebenevorkommen, während in hügeligemoder gar gebirgigem Gelände dieMotte oft aus einer natürlichen, allenfallskünstlich erhöhten, abgeplattetenoder seitlich angesteiltenErhebung besteht 10 .Die angesprochenen Wehranlagenmit peripheren Palisaden-, WallundGrabenbefestigungen umschliessenAreale von sehr unterschiedlichenDimensionen. Ausserverbindlichen Datierungen könnenauch die Konstruktionsprinzipien– z.B. Sohl- oder Spitzgraben,Schüttungstechnik des Walles,Mehrphasigkeit, Palisaden etc. –nur durch eine archäologische Untersuchungermittelt werden. Fürunsere weiteren Überlegungen istdie Feststellung wichtig, dass imInnern der Wehranlagen funktionellund zeitlich sehr unterschiedlicheBefunde aufzutreten pflegen.Im Falle der Alten Burg ob Unterregenbachweisen die mageren, archäologischenSpuren auf eine wohlwiederholt, aber jeweils nur kurzfristigund temporär benützte, im10.Jahrhundert aufgelassene Fluchtburghin 11 .Bei manchen grossflächigen Anlagenim deutschen Südwesten, erinnertsei etwa an den Glauberg, dieBüraburg, die Schwalenburg undden Christenberg in Hessen, an denRunden Berg bei Urach, den Heiligenbergbei Heidelberg oder anden Zähringer Burgberg, lassensich längerfristige, bisweilen durchZäsuren unterbrochene, aber jedenfallsfunktionell und sozial differenzierteBesiedlungen nachweisen 12 .Funde und Befunde belegen fürdiese Plätze – abgesehen von prähistorischenVorstufen – Besiedlungszeitenzwischen dem 4./5.und dem 9./10. Jahrhundert. EineZuweisung – für die früheste Zeit –an die bei Ammianus erwähntenalemannischen reges, an Gaufürsten,seit karolingischer Zeit auch an namentlichbekannte Hochadlige istim Prinzip unbestritten. Den Zentrumscharakterunterstreichen diein manchen Grossburgen errichtetenKirchen und Bischofssitze. Dassdie Anlagen auch Stätten der gewerblichenund landwirtschaftlichenProduktion sowie des Handelswaren, steht aufgrund der Fundeausser Frage 13 .Zum Aspekt der Wehrhaftigkeit:Die Verteidigungseinrichtungen,einfache oder mehrfache Wälle mit17


Gräben, Palisaden, Trocken- undMörtelmauern mit Türmen undToranlagen, liegen – unter Ausnützungder Topographie – stets an derPeripherie. Je nach Gelände sind sieeinfacher oder komplizierter bzw.stärker ausgestaltet. Für eine wirksameVerteidigung mussten dieWehreinrichtungen auf ihrer ganzenLänge mit Mannschaft besetztwerden, und zwar pro zwei Laufmetermit mindestens einem gut ausgerüstetenMann. Für Grossburgenvon mehreren Hektaren Fläche bedeutetedas im Kriegsfall einenMindestbestand von einigen hundertKriegern, ungerechnet eineEingreifreserve für den Fall des Einbruches.Ob angesichts derartigerZahlen, die zwangsläufig auch Fragender Wasser- und Proviantversorgungaufwerfen, in solchen Burgenauch noch Mobilverbände fürOperationen im Feld stationiertwerden konnten, müsste reiflichüberlegt werden. Nicht zu übersehenist der Schwachpunkt dieserAnlagen: Die Verteidiger, unterstütztdurch die baulichen Einrichtungen,mussten ihre Kräfte stetsauf die ganze, durch die Peripheriedes Areals gebildete Linie verteilen,während die Angreifer den Schwerpunktfür Beschiessung, Schleichangriffund Sturm stets selberwählen konnten.Zusammenfassend lässt sich festhalten,dass die frühmittelalterlichenGrossburgen des 4./5. bis9./10. Jahrhunderts – bei ausreichenderAusstattung und guterWachsamkeit – einen wirksamenSchutz vor Handstreichen undÜberraschungsangriffen boten unddamit die vielfältigen Güter, die siebargen (Handelswaren, Rohstoffe,handwerkliche Erzeugnisse undProviant), einem offenen Zugriffdurch Feindeshand entzogen. Einerlängeren, systematischen Belagerungaber hätten diese Grossburgennicht widerstehen können, auchwenn berücksichtigt werden muss,dass sich im Abendland vor denKreuzzügen die Belagerungstechniknoch auf einem reichlich primitivenStand befand.Die bisherigen Grabungen auf denfrühmittelalterlichen Grossburgendes südwestdeutschen Sprachraumeshaben gezeigt – hierin istGünter Fehrings zusammenfassenderWürdigung beizupflichten 14 –,dass der polyfunktionale Zentrumscharakterder Hochadels- oderDynastenburg des 10. bis 12. Jahrhundertsschon in den älteren Anlagenvoll ausgebildet erscheint.Vereinigten diese doch die Funktionendes herrschaftlichen Sitzesfür die hochadlige Führungsschicht,verbunden mit kriegerischerStandesrepräsentation undansatzweiser Administration, mitden Funktionen des Handelsplatzesund der gewerblichen sowie landwirtschaftlichenProduktionsstätte.Und alles war in einem wehrhaften,verteidigungsfähigen Areal untergebracht.Man könnte somit dieHochadelsburgen aus der Zeit derJahrtausendwende – man denke fürdas Gebiet der Schweiz an die Kyburg,die Frohburg, die Lenzburg –als letzte Entwicklungsstufe derfrühmittelalterlichen Grossburgbezeichnen. Doch ist nicht zu übersehen,dass es sich bei diesen Anlagengewissermassen um ein «Auslaufmodell»handelte. Die Habsburg,um 1030/40 errichtet, bildetso eine der spätesten Anlagen amEnde einer langen Tradition. Dennin ihr verbinden sich die im Frühmittelalterwurzelnden Funktionenbereits mit den im 11. Jahrhundertaufkommenden Bauformen der monumentalenRepräsentationsarchitektur15 .Seit dem 12. Jahrhundert verlief dieEntwicklung des befestigten Dynastensitzesmit Gewerbesiedlungganz klar in die Richtung der städtischenResidenz, wohl nicht zuletztunter dem Einfluss der Bischofssitze.Diese Problematik istim Rahmen dieses Beitrags nichtmehr weiter zu verfolgen 16 .So deutlich sich die Entwicklungslinienvon der frühmittelalterlichenGrossburg zur Dynastenburg des10./11. Jahrhunderts abzeichnen,so wenig lassen sich funktionaleBeziehungen zwischen den frühmittelalterlichenGrossburgen und18den hochmittelalterlichen Kleinburgenfeststellen. Hier ist nach anderenWurzeln und Vorläufern zusuchen, auch wenn – das sei eingestanden– in der Befestigungstechnik,allerdings in bescheidenen Dimensionen,die gleichen Mittel wiebei den Grossburgen (Wälle, Palisaden,Gräben, Erdschüttungen, repräsentativeSteinbauten) eingesetztwerden 17 .Während die Inhaber der GrossundDynastenburgen die landesherrlicheGewalt ausüben, sinddie Kleinburgen als Mittelpunktegrundherrschaftlicher Güterkomplexezu definieren. (Auf die Tatsache,dass im Laufe des Hochmittelaltersdurch Rodung burggestützteHerrschaftsbereiche entstandensind, die als Allodien der landesherrlichenMacht nicht oder nur bedingtunterworfen waren, brauchthier nicht eingetreten zu werden.)Dass sich die Grundherrschaft alssoziale, rechtliche und wirtschaftlicheInstitution schon im Frühmittelalterentfaltet hat, dürfte allgemeinbekannt sein 18 . Wir könnenhier deshalb den Gedanken gleichvorwegnehmen, dass der funktionelleVorläufer der grundherrlichenBurg des Hochmittelalters im frühmittelalterlichenHerrenhof (curia,curtis) zu suchen ist. In Schriftquellendes 12./13. Jahrhundertsspiegelt sich dieser Sachverhalt insofern,als manche Burgen ausdrücklichals Zubehör eines Herrenhofesgelten. Wie sich aber derÜbergang vom Herrenhof zurBurg, von der curtis zum castrum,vollzogen hat, lässt sich nur archäologischgenauer feststellen.Hinter dem Prozess – er spielte sichim südwestdeutschen Sprachraumzwischen dem 10. und 12. Jahrhundertab und war eng mit dem herrschaftlichenLandesausbau verbunden– steckten vor allem Veränderungenim sozialen Selbstbewusstseinder edelfreien und lokaladligenOberschicht. Es bildetesich ein herrschaftlich-kriegerischesGewaltmonopol heraus, auch einadlig-ritterliches Standesdenken,


das nach Abgrenzung gegen unten,d.h. gegen die bäuerliche Untertanenbevölkerung,und nach sichtbarenRepräsentationssymbolen verlangte.Der Herrenhof des Frühmittelalterswar topographisch mitder bäuerlichen Siedlung verbundenund unterschied sich baulichnoch kaum von den Behausungender breiten Bevölkerung. Immerhinzeigen die archäologische Befundevon Lauchheim/Ostalbkreis,dass um 700 drei Herrenhöfe, gelegenan der Peripherie der Siedlung,über eigene Begräbnisplätze verfügten,die vom allgemeinen Friedhofabgesetzt waren 19 .In der Folgezeit, im 8. bis 11. Jahrhundert,begann sich das wachsendeRepräsentationsbedürfnis dergrundherrlichen Oberschicht in derAnwendung einer gehobenen Bauweisein Form von mörtelgemauertenWohnbauten – man denke anUnterregenbach 20 – abzuzeichnen.Zu gleichen Zeit setzte auch dieVerlagerung des Herrensitzes anStandorte abseits der bäuerlichenSiedlungen ein, wobei leicht zu verteidigendeHöhen- oder Insellagenbevorzugt wurden. Die Ausstattungder Anlage mit Wehreinrichtungenmachte den Platz zur Burg,zum castrum. Damit war die Frühformder hochmittelalterlichenKleinburg erschaffen 21 .Rein baulich-topographisch verliefdie weitere Entwicklung keineswegsnach einheitlichem Muster. InHessen werden etwa schon vor derJahrtausendwende aus Stein gemauerte,mit zentralem Hauptturmausgestattete Kleinburgen errichtet,wie die Beispiele Caldernoder Weissenstein bei Marburg zeigen22 . (Der typologische SonderfallHöfe bei Dreihausen soll hier nichtdiskutiert werden.)In anderen Regionen, z.B. im LuzernerHinterland und wohl auchim südwestlichen Schwarzwald, errichtetman noch im 11. oder gar12. Jahrhundert kleine Holzburgen,deren Bauten – Pfosten- undGrubenhäuser – der zeitgleichen,bäuerlichen Bauweise entsprechen.Der oberschichtlich-repräsentativeCharakter dieser kleinen, hölzernenAnlagen lässt sich im isolierten,meist erhöhten Standort und in denBefestigungseinrichtungen fassen.Auch die Motten, oben schon erwähnt,gehören in diesen Zusammenhang,sofern sie deutlich ausserhalbeines bäuerlichen Siedlungsverbandesliegen. Motten, oftüber einer dorfnahen Flachsiedlungerrichtet, sind möglicherweise alscurtes anzusprechen, nicht als Burgen.Dabei ist zu beobachten, dassursprüngliche Herrenhöfe, die imLaufe des späteren Hochmittelaltersdurch bauliche Veränderungendas Aussehen einer Niederungsburgerhalten, in rechtsverbindlichenUrkunden noch lange alscurtes oder curiae bezeichnet werdenkönnen 23 .Nach der Jahrtausendwende setztsich auf den Kleinburgen der wehrhaft-repräsentative,auf massivesMörtelmauerwerk gestützte Monumentalstilimmer mehr durch (Beispiele:Baldenstein /Gamertingen,Schlössel / Klingenmünster, AltenbergBL, Rickenbach SO, GrenchenSO). Der markante, turmartigeHauptbau, der zu der eherunglücklichen Typenbezeichnung«Turmburg» verleitet hat, ist allerdingskeineswegs immer das dominanteBauelement. Es gibt auchfrühe Kleinburgen, die aus einemgemauerten Bering und einer hölzernenInnenüberbauung bestehen24 .Für die Hintergründe der insgesamtungleichen, typologisch etwasverwirrenden Entwicklung sindverschiedene Faktoren zu bedenken.Die Rechtskraft des königlichlandesherrlichenBefestigungsregalssollte in ihrer Wirkung freilichnicht überschätzt werden, vor allemnicht im Rodungsland. Die verfügbarenhandwerklichen Kenntnisse,die natürlichen Vorgaben von Geländeund Baumaterial, die ökonomischenMöglichkeiten und Leitbildvorstellungender Bauherrendürften die regionale Entwicklungder Bauformen im Einzelfall wesentlichgeprägt haben.Während also, um zum Schluss zukommen, die Dynastenburg des10./11. Jahrhunderts aus der frühmittelalterlichenGrossburg hervorgegangenist, aber nach 1100ohne städtische Residenzsiedlungkeine Zukunft mehr hatte, solltedie Kleinburg, welche die Funktionendes frühmittelalterlichen Herrenhofesweiterführte, im späterenHochmittelalter mit ihren monumental-repräsentativenBauformenzum Inbegriff der adlig-ritterlichenStandesarchitektur aufsteigen.RésuméLes découvertes archéologiques etles rares sources écrites montrentque le château seigneurial desIX e –X e siècles remplissait plusieursfonctions, comme l’habitation,la défense, la représentation,l’administration et la production.Il fallait dès lors construire un importantédifice («Grossburg»), quipouvait contenir aussi une troupenombreuse. Il existait aussi à lamême époque des châteaux plusréduits («Kleinburg»), qui servaientd’habitat fortifié à la couchesupérieure de la noblesse.Contrairement à une opinion répandue,ce type de château n’estpas apparu autour de 1100, maisbien au X e , voire au IX e siècle,comme le démontrent les découvertesarchéologiques.Si les fonctions résidentielle et économiquesont attestées essentiellementpar les observations et lesdécouvertes archéologiques, le rôleseigneurial et administratif estconnu surtout grâce aux sourcesdocumentaires. La fonction de défense,quant à elle, est démontréepar les vestiges conservés commepar les documents et les chroniques;il faut toutefois se garder dela surévaluer.Aux IX e et X e siècles, la techniquede construction utilisée associe laterre, le bois et la maçonnerie à sec;elle sera progressivement remplacéepar la pierre dès le XI e siècledans la région de l’Allemagne dusud-est. C’est pendant la mêmepériode, mais surtout pour lespetits châteaux, qu’apparaissentles mottes castrales, ces éminences19


artificielles surmontées de bâtimentsen bois ou en pierre,Ce texte reprend la communicationprésentée le 12 juin 1<strong>99</strong>8 àStuttgart, dans le cadre du groupede travail «Geschichte und ArchäologieBaden-Württemberg».Riassunto(François Christe)I ritrovamenti archeologici e le pochefonti letterarie documentanoche al castello signorile del IX e Xsecolo erano attribuite diverse funzione,come quella abitativa, difensiva,rappresentativa e produttiva.Tutto questo necessitava uncastello di estese proporzioni(«Grossburg») che poteva ospitareanche grossi contigenti militari.Nello stesso periodo a questi catellidi enormi proporzioni si affacciavanoanche castelli di minoregrandezza («Kleinburg») però altrettantoimponenti che fungevanoda residenza ai signori.Contro il parere comune che ilcastello signorile ebbe i suoi inizisolo a partire dal XI secolo, ci sonostati molti ritrovamenti archeologiciche confermano invece l’esistenzadu queste costruzioni giànel X secolo e addirittura nel IXsecolo. Mentre le funzioni abitativeed economiche sono state documentatedai ritrovamenti archeologici,la funzioni signorili/amministrative sono state riportatealla luce solo grazie alle diversefonti letterarie. La funzionedifensiva invece é ricostruibile grazieai resti delle opere murarie, maanche tramite le fonti letterarie ele varie cronache sulla costruzionein questione, sebbene questa funzionenon debba venir sopravalutata.I metodi di costruzione adottatinel IX/X secolo utilizzando terra,legno e muratatura a secco vengonoa poco a poco sostituiti nelterritorio germanico sud-occidentalea partire dal XI secolo con lapietra. Contemporaneamente nasconoperò soprattutto a fianco deicastelli di minore grandezza anchele cosidette «Motte», cioè‚ delleelevazioni in terra sulla cui sommitàvenivano erette costruzionidi difesa in legno o in pietra.Il testo è stato presentato comerelazione del seminario di lavoro«Storia e Archeologia del Baden-Württemberg» nel giugno del1<strong>99</strong>8 a Stoccarda.Resumaziun(Christian Saladin)Ils resultats archeologics e las paucasfuntaunas scrittas confermanch’il chastè nobel dal 9- e 10aveltschientaner adempliva en il medemmument pliras funcziuns:abitaziun, dustanza, represchentaziune producziun. Quai cundiziunavain «chastè grond» ch’era abelda loschar ina pli gronda truppa daguerriers. Daspera existevan giada quest temp er «chastels pitschens»,las sedias fortifitgadas dala classa nobla superiura. Cuntraria l’opiniun derasada ch’ils chastelsnobels existian pir dapi circa l’onn1100, han els lur origin alamin enil 10avel, tscherts schizunt en il9avel tschientaner, sco quai chenumerus resultats archeologicscumprovan.Entant ch’ins po documentar lafuncziun d’avdanza e d’economiaspezialmain cun resultats e chats,sa lascha la funcziun signuriladministrativadocumentar be sinfundament da documents scrits. Lafuncziun defensiva pon ins cumprovarsin fundament da restanzasconstructivas, ma er ord documentse cronicas; ma questa funziunn’‚ betg da survalitar.La tecnica da construcziun applitgadail 9- e 10avel tschientanercun terra, lain e mir sitg vegn substituidaa partir dal 11avel tschientanerplaunsieu entras crappa, inatecnica che deriva da la Germaniadal sidvest. Al medem mumentvegnan construidas, spezialmainper chastels pitschens, uschenumnadasmuttas, crests artifizials daterra, nua ch’ins erigia bajetgs dalain e da crap.Il text è vegnì preschentà ils 12da zercladur 1<strong>99</strong>8 a Stuttgart scoreferat en la gruppa da lavur «Geschichteund Archäologie Baden-Württemberg».LiteraturhinweiseArchäologische Denkmäler in Hessen:Heft 14: Rolf Gensen, Der Ringwall «Hünenkeller»bei Lengefeld (Wiesbaden 1981).Heft 19: Rolf Gensen, Burgring – Gräberfeld –Kirche – Klosterruine in der GemarkungGodelsheim (Wiesbaden 1981).Heft 42: Lutz Fiedler, Die Sinzigburg im mittlerenHaunetal (Wiesbaden 1985).Heft 51: Fritz-Rudolf Herrmann, Der Glaubergam Ostrand der Wetterau (Wiesbaden 1985).Heft 77: Rolf Gensen, Der Christenberg beiMünchhausen (Wiesbaden 1989).Biller 1<strong>99</strong>8:Thomas Biller (Red.), Schloss Tirol: Saalbautenund Burgen des 12. Jahrhunderts in Mitteleuropa.Hrsg. von der Wartburg-Gesellschaftzur Erforschung von Burgen und Schlössern =Forschungen zu Burgen und Schlössern 4 (München/Berlin1<strong>99</strong>8).Böhme 1<strong>99</strong>1:Horst Wolfgang Böhme (Hrsg): Burgen derSalierzeit, Teile 1 und 2 (Sigmaringen 1<strong>99</strong>1).Hansjürgen Brachmann, Der frühmittelalterlicheBefestigungsbau in Mitteleuropa. Schriftenzur Ur- und Frühgeschichte 45 (Berlin 1<strong>99</strong>3).Der Runde Berg bei Urach, Bde. 1–5 (Heidelberg1974–1984).Friederike Dickmans, Die Wüstung Zimmernauf der Gemarkung Stebbach, Gemeinde Gemmingen.Diss. Freiburg 1<strong>99</strong>2.U. Fahrbach / Chr. Wieczorek, Schloss Dallau,Gemeinde Elztal. Ein Zwischenbericht. Denkmalpflegein Baden-Württemberg 1<strong>99</strong>2, 127ff.Fehring 1<strong>99</strong>2:Günter P. Fehring, Einführung in die Archäologiedes <strong>Mittelalter</strong>s (2. Aufl. Darmstadt 1<strong>99</strong>2)mit weiterführenden Literaturangaben.Gensen 1975:Rolf Gensen, Christenberg, Burgwald und AmöneburgerBecken in der Merowinger- und Karolingerzeit.In: Walter Schlesinger (Hrsg.), Althessenim Frankenreich (Sigmaringen 1975)121ff.Hans-Wilhelm Heine, Der Burgwall auf dem20


Dörhai bei Winzenburg, Ldkr. Hildesheim. DieKunde N.F. 40, 1989, 101ff.Hermann Herrnbrodt, Die frühmittelalterlichenRingwälle des Rheinlandes. Château Gaillard 3,1969, 67ff.Hermann Hinz, Motte und Donjon. Zur Frühgeschichteder mittelalterlichen Adelsburg.Zeitschrift für Archäologie des <strong>Mittelalter</strong>s, Beiheft1 (Köln 1981).Walter Janssen, Ausgrabungen auf dem Burgbergvon Castell östlich Würzburg und die Entstehungder frühen Adelsburg in Mainfranken.Château Gaillard 16, 1<strong>99</strong>4, 261ff.Dietrich Lutz, Beobachtungen und Funde zurFrühgeschichte von Herbolzheim, Kr. Heilbronn.Fundberichte aus Baden-Württemberg3, 1977, 593ff.Meyer 1989:Werner Meyer, Die Frohburg, Ausgrabungen1973–1977. Schweizer Beiträge zur Kulturgeschichteund Archäologie des <strong>Mittelalter</strong>s 16(Olten 1989).Meyer 1<strong>99</strong>1:Werner Meyer, Salbüel LU, Bericht über dieForschungen von 1982. Schweizer Beiträge zurKulturgeschichte und Archäologie des <strong>Mittelalter</strong>s17 (Basel 1<strong>99</strong>1).Alois Schneider, Burgen und Befestigungsanlagendes <strong>Mittelalter</strong>s im Bodenseekreis. Fundberichteaus Baden-Württemberg 14, 1989,515ff.Schneider 1<strong>99</strong>1:Hugo Schneider, Stammheimerberg ZH, Berichtüber die Forschungen von 1974–1976.Schweizer Beiträge zur Kulturgeschichte undArchäologie des <strong>Mittelalter</strong>s 17 (Basel 1<strong>99</strong>1).Wilhelm Schneider, Die südwestdeutschen Ungarnwälleund ihre Erbauer. Arbeiten zur alamannischenFrühgeschichte 16 (Tübingen 1989).Barbara Scholkmann, Burg Baldenstein. Das«Alte Schloss» bei Gammertingen (Sigmaringen1982).Heiko Steuer, Die Alamannen auf dem ZähringerBurgberg. Archäologische Informationen ausBaden-Württemberg 13 (Stuttgart 1<strong>99</strong>0).Stork 1<strong>99</strong>5:Ingo Stork, Fürst und Bauer, 10 Jahre archäologischeForschungen in Lauchheim/Ostalbkreis.Archäologische Informationen aus Baden-Württemberg29 (Stuttgart 1<strong>99</strong>5).Tauber 1<strong>99</strong>1:Jürg Tauber, Die Ödenburg bei Wenslingen –eine Grafenburg des 11. und 12. Jahrhunderts.Basler Beiträge zur Ur- und Frühgeschichte 12(Derendingen-Solothurn 1<strong>99</strong>1).R. von Uslar, C. Frühgeschichtliche Burgen. Artikel«Burg» in Johannes Hoops (Begründer),Reallexikon der Germanischen Altertumskunde4 (Berlin/New York) 179ff.Heinz-Joachim Vogt, Die WiprechtsburgGroitzsch. Veröffentlichungen des Landesmuseumsfür Vorgeschichte Dresden 18 (BerlinDDR 1987).Norbert Wand, Holzheim bei Fritzlar in salischerZeit – Ein nordhessisches Dorf mit Herrensitz,Fronhof und Eigenkirche. In: Böhme1<strong>99</strong>1, Teil 1, 169ff.Zeune 1<strong>99</strong>6:Joachim Zeune, Burgen, Symbole der Macht(Regensburg 1<strong>99</strong>6).Weitere Titel sind in den Anmerkungen zitiert.Anmerkungen1Der vorliegende Text bildet die leicht veränderteFassung eines Vortrages, den der Autoram 12. Juni 1<strong>99</strong>8 in Stuttgart an der Tagungdes Arbeitskreises «Geschichte und Archäologie»zum Thema FRÜHE BEFESTIGUN-GEN IM SÜDWESTEN (8. BIS 10. JAHR-HUNDERT) gehalten hat.2Zu den frühen Schriftzeugnissen über dieKyburg vgl. Werner Meyer, Burgenbau undHerrschaftsbildung zwischen Alpen undRhein im Zeitalter der salischen Herrscher.In: Böhme 1<strong>99</strong>1, Teil 2, 303–330, insbes.306f.3Weiterführende Literatur ist am Ende desAufsatzes zusammengestellt. In den Fussnotenwerden nur die unmittelbaren Quellenbelegeaufgeführt.4Zur Frohburg vgl. Meyer 1989.5Werner Meyer, Der frühe Steinbau auf Burgenim Gebiet der heutigen Schweiz. In: Biller1<strong>99</strong>8, 139–152.6Günther Binding, Schloss Broich in Mülheim/Ruhr.Kunst und Altertum am Rhein 23(Düsseldorf 1970) 18ff.7Schneider 1<strong>99</strong>1, 15ff.8Zeune 1<strong>99</strong>6, 34ff.9Peter Frey, Die Habsburg im Aargau. In:Böhme 1<strong>99</strong>1, 349.10Les fortifications de terre en Europe Occidentaledu X e au XII e siècle (Colloque de Caen,2–5 octobre 1980). Archéologie Médiévale11, 1981, 5–123.11Hartmut Schäfer / Günter Stachel, Unterregenbach,Archäologische Forschungen1960–1988. Archäologische Informationenaus Baden-Württemberg 9 (Stuttgart 1989)75ff.12Vgl. Literaturverzeichnis.13Zum Stand der Diskussion über die frühenGrossburgen vgl. Fehring 1<strong>99</strong>2, 92ff.14S. Anm. 12.15Frey (wie Anm. 9) 343ff. – Vgl. auch Tauber1<strong>99</strong>1, 133ff. Der von Tauber 1<strong>99</strong>1, 145f. vorgeschlageneBegriff «Grafenburg» ist imSinne eines bau- oder funktionstypologischenTerminus abzulehnen, wenn man an die unscharfeTrennung zwischen dem Comes- undNobilis-Titel innerhalb von hochadligen Verwandtschaftsgruppendenkt. Vgl. dazu RogerSablonier, Adel im Wandel. Veröffentlichungendes Max-Planck-Institutes für Geschichte66 (Göttingen 1979) 22ff.16Werner Meyer, Burg, Stadt, Residenz und Territorium.Château Gaillard 15, 1<strong>99</strong>2, 247ff.17Meyer (wie Anm. 2) 316ff.18Walter Janssen, – Dietrich Lohrmann, Villa –Curtis – Grangia. Landwirtschaft zwischenLoire und Rhein von der Römerzeit zumHochmittelalter. Beihefte der FRANCIA 11(München/Zürich 1982).19Stork 1<strong>99</strong>5 52ff. – Vergleichbare Befunde liegenaus Holzheim, Elztal-Dallau, Zimmernbei Stebbach und Herbolzheim an der Jagstvor. Vgl. Literaturverzeichnis.20Schäfer / Stachel (we Anm. 11) 54ff.21Zur Problematik Curtis-Castrum in derSchweiz vgl. Meyer (wie Anm. 2) 310f. und327ff. sowie Meyer 1<strong>99</strong>1, 133ff.22Gensen 1975, 121–172.23Meyer (wie oben Anm. 5) 144f.24Beispiele: Rickenbach SO, Multberg ZH, HünenbergZG. Vgl. Meyer (wie oben Anm. 5)141ff.Adresse des Autors:Prof. Dr. Werner Meyer, Historisches SeminarUni Basel, Hirschgässlein 21, 4051 Basel.21


Fondée en 1946, l’Académie des sciences humaines et sociales encourageet coordonne la recherche au niveau national. Elle est une organisationfaîtière pour 50 sociétés membres qu’elle représente auprès des instancesgouvernementales et du public. Elle mène des projets scientifiques à longterme et gère des banques de données scientifiques.Académie suisse des sciences humaines et sociales (ASSH)L’ASSH en brefL’Académie suisse des scienceshumaines et sociales (ASSH) encourageet coordonne la recherchedes sciences humaines et sociales enSuisse, en stimulant la recherche eten favorisant l’échange et la diffusionde nouveaux acquis scientifiques.Elle apporte son soutien financierà des revues spécialisées,telles que Mimos.L’ASSH contribue à la créationd’institutions nationales destinéesà promouvoir de nouvelles idées ettendances et finance des commissionset des conseils œuvrant dansdes domaines spécialisés. Elle estengagée dans des projets à longterme tels que publication desglossaires nationaux. Par ailleurs,l’ASSH offre des services auxiliaires,dont le Service suisse d’informationset d’archivage des donnéespour les sciences sociales SIDOS.Ce dernier se donne pour but dedocumenter avec précision toutesles données disponibles, de les disposeren lieu sûr, ainsi que de les archiverselon des standards facilitantles échanges internationaux.Promotion de la relève, féminine enparticulier, et interdisciplinaritésont deux critères sur lesquelsl’ASSH met un accent tout particulier.En outre et dans la perspectived’un travail de communication,l’ASSH fait entendre sa voix auprèsdes instances politiques et du publicpar des prises de position surdes objets relevant de sa compétence.Le bulletin de l’Académie, qui paraîttrimestriellement, donne unevision générale des affaires courantesdont s’occupent les huit collaborateursdu Secrétariat, mais il faitégalement écho des décisions prisespar la Confédération en matière depolitique scientifique, de mêmequ’il relate les recherches, manifestationset publications des sociétésmembres.NEWS–NEWS–NEWS–NEWSLeistungsvereinbarung: PilotphaseJanuar bis Dezember 1<strong>99</strong>9Nur mit knapper Mehrheit hat derVorstand einer vom Generalsekretariatgemeinsam mit dem Bundesamtfür Bildung und Wissenschaftausgearbeiteten Leistungsvereinbarungzugestimmt. Er gab damit seinerSkepsis und seinen Vorbehaltengegenüber diesem neuen FührungsinstrumentAusdruck. Zustimmungfand der Vorschlag allein, um diegegenwärtig laufenden Vorbereitungsarbeitenfür die Leistungsvereinbarung2000 bis 2003 nichtunnötig zu erschweren. Es ist zuerwarten, dass die gesetzlichenGrundlagen für den Abschlusssolcher Vereinbarungen vom Parlamentim Laufe dieses Jahres geschaffenwerden. Mit Blick auf diePilotvereinbarung 1<strong>99</strong>9 hält derVorstand klar fest, dass dieses Dokumentkeinen Rechtscharakterhat und die Partizipation am Pilotversuchfreiwillig erfolgt. WeitereAuskünfte erteilt Markus Zürcher(zuercher@sagw.unibe.ch)1946 gegründet, fördert und koordiniert die Schweizerische Akademie fürGeistes- und Sozialwissenschaften die Forschung auf nationaler Ebene. AlsDachorganisation vertritt sie 50 Fachgesellschaften gegenüber den politischenBehörden und der Öffentlichkeit. Sie führt langfristige wissenschaftlicheUnternehmen und betreibt wissenschaftliche Datenbanken.22


KurzmitteilungenBericht über das erste SchweizerTonpfeifenkolloquium in Liestalam 26. März 1<strong>99</strong>8Am 26. März 1<strong>99</strong>8 fand im KantonsmuseumBaselland in Liestal aufInitiative von Michael Schmaedeckedas erste Schweizer Tonpfeifenkolloquiumstatt. Der Leiter des KantonsmuseumsBaselland, Jürg Ewald, begrüsstedie 18 Teilnehmer und Teilnehmerinnenaus Deutschland und derSchweiz und wies auf die kulturhistorischeBedeutung der Tonpfeifen unddes Tabakrauchens hin. In der Hoffnung,dass sich das Interesse an diesemfür die Schweiz noch neuen Forschungsgebietin den nächsten Jahrenverstärken möge, lud J. Ewald dendeutschen «Arbeitskreis zur Erforschungder Tonpfeifen» ein, seine jährlicheTagung im Jahr 2000 in Liestalzu veranstalten. Die Einladung wurdevon Martin Kügler, dem Leiter des Arbeitskreises,mit dem Hinweis auf diebereits erkennbaren engen Beziehungenzwischen deutschen Tonpfeifenproduktionsortenund Schweizer Abnehmerndankend angenommen.In seiner Einführung wies MichaelSchmaedecke darauf hin, dass in derSchweiz nach bisherigem Wissensstandkeine Tonpfeifen produziertworden sind. Alle bisher bekanntenTonpfeifenfunde sind Importe, weshalbsich die Frage nach den Herstellungsortenmit besonderer Intensitätstellt. Die Forschungen sind in derSchweiz bisher aber vor allem dadurcherschwert, dass Zugangsmöglichkeitenzu dem Fundmaterial fehlen undTonpfeifen nur selten publiziert werden.Ziel der Tagung sei es daher, dieAufmerksamkeit der Archäologen aufdiese wichtige Quelle und Datierungshilfezu lenken und einen stärkerenInformationsaustausch zu bewirken.Zu diesem Zweck werden die Beiträgedes Kolloquiums voraussichtlich noch1<strong>99</strong>8 in der vom KantonsmuseumBaselland herausgegebenen Reihe«Archäologie und Museum» erscheinen.Der Tagungsband wird um einenBeitrag über spezielle, nur für den Exportproduzierte Modelle der Pfeifenbäckerin der niederländischen StadtGouda und einem Beitrag über die Geschichtedes Rauchens in Basel ergänztwerden.Als erster berichtete Ralph Röber,Archäologisches Landesmuseum Konstanz,über «Tonpfeifen aus Konstanz undFreiburg. Zum Forschungsstand im SüdwestenDeutschlands». Röber stellte fest,dass es sich bei den Funden nur zueinem sehr geringen Anteil um niederländischeImportware handelte. Die inKonstanz und Freiburg oder aber auchin Breisach vorkommenden Tonpfeifensind meist dem 17. Jahrhundert zuzuordnenund zeigen neben aufwendigenBlumendekoren am Stiel häufig auchdas Motiv der Jonas-Pfeifen. OhneMarken oder Stieltexte sind sie bisherjedoch nur schwer einem Produktionsortzuzuweisen. Ein erster Versuch, dasVorkommen von glasierten Tonpfeifenund solchen mit floral verziertemStieldekor zu kartieren, zeigte eine unterschiedlichegeographische Verbreitung.Fanden sich bisher glasierte Exemplarenur im Schwarzwald und imNordosten der Schweiz, ist der Gebrauchder vermutlich aus Mannheimund Frankenthal stammenden Tonpfeifenmit foralem Dekor vorallem imOberrheingraben belegt. Auffällig istdas Vorkommen von tönernen Pfeifenköpfenim Bereich von Festungen,die nachweislich mit französischenoder österreichischen Truppen besetztwaren. Offenbar wurde der Pfeifentypder Manschett- oder Gesteckpfeife imspäten 17. Jahrhundert nur von diesenGruppen gebraucht, da solche Pfeifenköpfevon anderen, nicht militärischgenutzten Orten in Baden-Württemberg nicht bekannt sind. R.Röber betonte abschliessend, dass unterBerücksichtigung von Neufundenin Schwäbisch Gmünd exakte stilistischeVergleiche der Dekore durchgeführtwerden müssen, um einenÜberblick über die Produktion imSüdwesten Deutschland zu gewinnen.23Ausgewählte Beispiele der «Tonpfeifenproduktionin der Kurpfalz im 17. Jahrhundert»stellte Inken Jensen, Reiss-Museum Mannheim, vor. Der Tabakanbauist in der Kurpfalz erst 1654schriftlich belegt, doch müssen, wieStielaufschriften auf Tonpfeifen belegen,schon 1650 Pfeifenbäcker inMannheim gearbeitet haben. Durchden Vergleich von Funden aufwendigdekorierter Pfeifenfragmente mit Stieltextenund Marken in Mannheim,Frankenthal, Heidenberg, der FestungLandskron und Basel konnte die Referentineinige Modelle rekonstruierenund die auf den Stielen vorhandenenAngaben zum Hersteller, dem Produktionsortund dem Entstehungsjahrmit den Marken in Beziehung setzen.Damit wird es bei Vergleichen möglich,auch die Hersteller stark fragmentierterTonpfeifen zu identifizieren.Fehlen wie z.B. für Frankenthalzumeist noch archivalische Untersuchungen,können für Mannheimnach vollständiger Durchsicht der ab1661 vorhandenen Ratsprotokolle eineReihe von Pfeifenbäcker namentlichbenannt, ihre Lebens- und Arbeitsbedingungennäher betrachtet und sogarihre Wohnsitze lokalisiert werden.Ausserdem wird es möglich, Initialenauf Marken aufzulösen und so die Produktemit den archivalischen Belegenin Beziehung zu setzen. Für die Datierungvon Fundkomplexen von besondererBedeutung ist das Ergebnis, dassder Mannheimer Pfeifenbäcker HansPhilipp Finser/Vinsler 1661 nachFrankenthal übersiedelte und dortebenfalls in seinem Beruf tätig war.Martin Kügler, Nürnberg, zeichneteanhand schriftlicher Quellen detailliertdie «Importe von Tonpfeifen aus demWesterwald in die Schweiz» im späten18. und 19. Jahrhundert nach. Der Absatznach Süden spielte in der zweitenHälfte des 18. Jahrhunderts für dieWesterwälder Pfeifenbäcker gegenüberdem Verkauf rheinabwärts nureine nachgeordnete Rolle. Zu nennensind in erster Linie drei Pfeifenbäcker,die unter dem Namen Gebrüder Dornzwischen ca. 1760 und 1792/93 offenbarregelmässig Tonpfeifen in dieSchweiz lieferten. Auf den geregeltenAbsatz dorthin lässt auch ein aufwendiggestalteter Pfeifenkopf mit den13 Schweizer Kantonswappen undder Herstellerangabe Gebrüder Dornschliessen, der in Diessenhofen gefundenworden ist. Anhand zweier Geschäftsbüchereiner Tonpfeifenhandlungaus den Jahren 1802 bis 1806 und1826 bis 1829 zeigt sich, dass der AbsatzWesterwälder Tonpfeifen in dieSchweiz nach 1800 stark zunahm.Aufgrund dieser detaillierten Quellenist es möglich, die Lieferungen exaktnachzuvollziehen. Dabei können 106Empfängerorte in der Schweiz, die Anzahlder gelieferten Tonpfeifen und dieModelle benannt werden.Die Vortragsreihe schloss Michael


Schmaedecke mit seinem Beitrag «ZumGebrauch von Tonpfeifen im Gebietder heutigen Schweiz». M. Schmaedeckebetonte nochmals, dass alle in derSchweiz gefundenen Tonpfeifen Importeseinen. An Herkunftsortenoder Liefergebieten ist für die zweiteHälfte des 17. Jahrhunderts Frankenthaldurch Marken und Stielaufschrifteneindeutig belegt. Der Import ausden Niederlanden scheint stets geringgewesen zu sein, auch wenn bei derMasse der nicht beschrifteten oder gemarktenPfeifen aus dem späten 17.und dem 18. Jahrhundert bisher nochkein Herstellungsort angegeben werdenkann. Für die zweite Hälfte des 18.und des 19. Jahrhunderts ist der Westerwaldals Liefergebiet zu nennen.Auffälig ist, das gehäufte Auftretenvon Tonpfeifen der Firma Gambier ausGivet in Nordfrankreich in Fundkomplexenin der Nähe von Liestal, die derzweiten Hälfte des 19. Jahrhundertsangehören. Insgesamt bleibt es aberderzeit noch bei Einzelbefunden. DerReferent wies aber darauf hin, dass ihmnach einer ersten Umfrage bei SchweizerKollegen bereits eine grosse Zahlan bisher unbeachteten Tonpfeifenfundegemeldet worden ist. Somitseien die bisher nur geringen Kenntnisseüber die Geschichte des Rauchensund die Verbreitung der Tonpfeifenauch eine Frage des Forschungsstandes.Um diese Situation positiv zu verändern,forderte M. Schmaedecke einestärkere Beachtung der Tonpfeifen undeine grössere Sorgfalt bei der Bearbeitung.In der Diskussion wurde von denTeilnehmern der Wunsch geäussert, inden angekündigten Tagungsband einen«Leidfaden zur Bearbeitung vonTonpfeifenfunden» aufzunehmen. M.Schmaedecke und M. Kügler erklärtensich bereit, eine entsprechende Anleitungauszuarbeiten und im Tagungsbandzur Diskussion zu stellen.Das erste Schweizer Tonpfeifenkolloquiumschloss mit der Vorstellung vonTonpfeifenfunden aus Konstanz, Freiburgi.Br. und Breisach (R. Röber), ausWinterthur (L. Frascoli), von der BurgRötteln bei Lörrach (S. Stelzle-Hüglin),aus dem Kanton Zug (R. Rothkegel,aus dem Kanton Baselland (P. Lavicka,K. Rudin, M. Schmaedecke)und dem Westerwald (M. Kügler).(Martin Kügler)Tonpfeifen in der SchweizBeiträge zum Kolloquium über Tabakspfeifenaus Ton in Liestal/Schweiz am26.März 1<strong>99</strong>8, hrsg. von MichaelSchmaedecke. Archäologie und MuseumHeft 40, Liestal 1<strong>99</strong>9 – 139 Seiten.ISBN 3-905069-34-2Schloss Sargans SG: Aktivitätenrund um ein JubiläumAm 24. September 1<strong>99</strong>9 fasste dieBürgerversammlung der OrtsgemeindeSargans den einstimmigen Beschluss,das Schloss Sargans samtdazugehörenden Liegenschaften vomösterreichischen Beamten Friedrichvon Toggenburg käuflich zu erwerben.Damit begann ein neues Zeitalter fürdie mittelalterlichen Gebäude.Im ganzen 19. Jahrhundert noch hattekaum jemand ernsthaft Interesse amSchloss gezeigt. In den Wirren derHelvetik fanden hier französische SoldatenUnterschlupf. 1803 übernahmder neugegründete Kanton St. Gallenden Besitz, wusste aber nichts damitanzufangen und veräusserte ihn 1834an Georg von Toggenburg. Seine Familienahm nie Wohnsitz auf der Burg.Turm, Haupt- und Nebengebäudewaren zusehends vom Zerfall bedroht:In den 1860er- Jahren trug man dassog. Hinterschloss wegen Baufälligkeitab, die Ringmauern stürzten stellenweiseein, im Bergfried fehlten abdem 4. Geschoss sämtliche Böden.Unter der neuen Besitzerin wurde dasSchloss nun in den Jahren 1900 bis1910 unter Aufsicht der SchweizerischenGesellschaft für die Erhaltunghistorischer Kunstdenkmäler fachgerechtrestauriert und vor dem weiterenZerfall gerettet. Treibende Kraft dazuwar der spätere Gründer des Schweizerischen<strong>Burgenverein</strong>s, Architekt EugenProbst (1873–1970). Seit 1902 befindetsich in den historischen Räumlichkeitenein Restaurationsbetrieb,seit 1966 ist der Bergfried Sitz dessarganserländischen Landesmuseum.Das Jubiläum «100 Jahre SchlossSargans im Besitz der OrtsgemeindeSargans» soll während des ganzen Jahres1<strong>99</strong>9 Anlass zum geschichtlichenRückblick bieten. Es sind verschiedenartigeVeranstaltungen geplant, diedie damalige Praxis der Denkmalpflege,vor allem aber auch die Geschichteder Burg seit dem Hochmittelalterbis heute thematisieren:– Bilderausstellung mit SarganserKünstlern (14.5–15.7.<strong>99</strong>)– Präsentation Jubiläumsschrift «DasSchloss Sargans um 1900» (18.6.<strong>99</strong>)– Sonderausstellung im Museum Sarganserland(1.9.–31.10.<strong>99</strong>)– Historisches Theater zum Jubiläum(4., 10., 17. und 24.9.<strong>99</strong>)– Vorstellung der Resultate einer Dendro-Untersuchungim Bergfried.(Mathias Bugg)La Compagnie de la Roseest un groupe de reconstitution historiquedu bas Moyen Âge (1470–1480)illustrant par la pratique la vie quotidienne,civile et militaire, de mercenairessuisses durant les guerres deBourgogne. Ses membres s’engagent àrecréer, le plus fidèlement possible etdans tous les domaines réalisables, lescostumes et les équipements de cetteépoque. La Compagnie de la Rose a vule jour à Estavayer-le-Lac, en Suisse, en1<strong>99</strong>4 grâce à un groupe de personnespassionnées d’histoire et de reconstitutionhistorique.«Nous voulons présenter au public etaux écoles une ‹page d’histoire vivante›avec les activités inhérentes à unetroupe de soldats au repos, entre deuxcampagnes: artisanat, cuisine, entraînementmilitaire, logement …»Adresses actuelles de contact: DavidGrossglauser, ruelle du Bordet 13,1470 Estavayer-le-Lac; Eric Angehrn,le Château, 1470 Lully.Zürich24


VeranstaltungenMit Füssen getreten I:Historische Fussböden aus Stein,Ton und MörtelInstitut für DenkmalpflegeKolloquium im Sommersemester 1<strong>99</strong>9ETH-HauptgebäudeFreitag 16.15–17.45 UhrFreitag, 16.4.1<strong>99</strong>9Ruedi Krebs, Steinhauer, TwannSumpfkalkmörtelbett und SumpfkalkmörtelbodenFreitag, 30.4.1<strong>99</strong>9Prof. Dr. Georges Descœudres, UniversitätZürichFussböden des <strong>Mittelalter</strong>s. EinÜberblickFreitag, 28.5.1<strong>99</strong>9Dr. Christine Bläuer Böhm, Mineralogin,BCD GmbH BernMineralische Böden, Pflege undUnterhaltFreitag, 11.6.1<strong>99</strong>9Dr. Christian Renfer, DenkmalpflegerKanton ZürichFliesenböden, Von der Majolikazum TerrazzoFreitag, 25.6.1<strong>99</strong>9Dr. Jürg Goll, Archäologe, MüstairTonplattenKosten: Fr. 30.– zu bezahlen an derKasse, ETH Hauptgebäude oder PC30-1171-7 mit Vermerk: Vorlesungsnummer12-452.Weitere Auskünfte: Institut für Denkmalpflege(01/632 2284)Die Veranstaltung wurde in Zusammenarbeitmit ICOMOS Schweiz organisiert.ZürichWenn Bettelmönche bauen. DiePrediger in ZürichEine Ausstellung in vier Stationen3. März –29. Mai 1<strong>99</strong>9Der Bau der PrdigerkircheHaus zum Rech, Neumarkt 4, 8001ZürichMo–Fr 08–18, Sa 10–16Spitalkirche, Pfarrkirche CitykirchePredigerkirche, Zähringerplatz, 8001ZürichDi–Sa 10–18, So/Mo 12–18Dominikanerinnen und BeginenHelferei Grossmünster, Kirchgasse 13,8001 ZürichMo–Fr 08–22, Sa 10–18, Sonn- undFeiertage geschlossen.Buchproduktion und HandschriftenbesitzSchweizerisches Landesmuseum, Museumsstr.2, 8001 ZürichDi–So 10–17.Weitere AuskünfteInternet: www.irg.unizh.ch/predigerFaltprospekt zu den begleitenden Veranstaltungen:Helferei Grossmünster,«Programme», Kirchgasse 13, 8001Zürich. Tel. 01/261 53 11, Fax 01/261 53 15.PublikationenMaurizio Mauro, Castelli rocchetorri cinte fortificate nelleMarche, Vol. IV Tomo primo:i castelli dello stato di AscoliAdriapress, Ravenna 1<strong>99</strong>8 – 491 p. Lire140.000.Il volume in esame, il IV rientra nellacollana degli otto volumi complessividedicati all’architettura fortificatadelle Marche, patrocinata dall’IstitutoItaliano dei Castelli. Il testo qui presentato,composto di 491 pagine corredatodi ben 1000 illustrazioni di ottimaqualità grazie all’ausilio di disegnatorie fotografi d’eccezione, prendein esame in modo tecnico-scientificoed organico i castelli e fortificazioni(oltre 80 toponimi) dello scacchiere diquello che fu il potentissimo Stato diAscoli.Oltre l’autore, il meritevolissimo edinstancabile Maurizio Mauro, che si èoccupato essenzialmente dell’indaginee lettura metodica e sistematica dellaparte architettonica, hanno contribuitoall’opera per la parte storica un grannumero di valenti studiosi dell’areapresa in esame, che hanno impreziositoil testo grazie ad una capillare ricerca bibliograficaarchivistica che ha fornitonotizie e dati storici veramente inediti.Un volume dunque particolarmenteinteressante per una vasta gamma dilettori e per tutti coloro che si interessanodi architettura fortificata in generale.Il volume è disponibile direttamentedall’editore (Adriapress-Ravenna)o può essere richiesto all’IstitutoItaliano dei Castelli, cosi’ come alseguente indirizzo:Gianluca Petrini, Aeussere Baselstr.279, CH-4125-RiehenTel./Fax 061/601 89 46.Das Geheimnis der Turris Parva— Spuren hochmittelalterlicherVergangenheit in Schloss TirolNearchos Sonderheft 1, 1<strong>99</strong>8; hrsg. vonKonrad Spindler, in Zusammenarbeit mitdem Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirolund der Abteilung für <strong>Mittelalter</strong>licheund Neuzeitliche Archäologie des Institutesfür Ur- und Frühgeschichte der UniversitätInnsbruck. Golf Verlag Innsbruck1<strong>99</strong>8 – 161 S.ISBN 3-900 773-18-1.25


Michaela Reichel, ArchäologischeAusgrabungen auf demUntererlbach-Hof in Alpbach,NordtirolMit Beiträgen von Kurt Nicolussi,Klaus Oeggl und Joris Peters. Nearchos4, 1<strong>99</strong>6, hrsg. von Konrad Spindler.Golf Verlag Innsbruck 1<strong>99</strong>6 – 228 S.ISBN 3-900 773-16-5Gerhard Billig / Heinz MüllerBurgen. Zeugen sächsischerGeschichteMit Zeichnungen von Richard GruhlVerlag Degener & Co., D-91413 Neustadta.d.Aich – 284 S.ISBN 3-7686-4191-0Für das Gebiet des heutigen FreistaatesSachsen fehlte bislang eine zusammenfassendewissenschaftliche Darstellungdes Burgenbaus. Mit dem vorliegendenWerk soll versucht werden, dieseLücke zu schliessen. Um diesem Anliegengerecht zu werden, sind unterschiedlicheForschungsmethodenberücksichtigt und die Ergebnisse derLandesgeschichte, Bau- und Kunstgeschichte,Archäologie sowie der Siedlungs-und Namenkunde miteinbezogenworden. Die notwendige Auswahlder zu bearbeitenden Burgen geht vomKriterium der direkten urkundlichenErwähnung aus. So werden 142 mittelalterlicheWehranlagen erfasst, diebis in das 15. Jahrhundert hinein alscastrum, munitio, Schloss, Haus undFeste bezeichnet werden.Die 70 Seiten starke Gesamtdarstellungwird durch einen Katalog vonEinzeldarstellungen, in dem alle direkterwähnten Burgen aufgeführtsind. Zu jeder Beschreibung gehört einGrundriss- oder topographischer Planund eine bibliographische Übersicht.Den Schluss bildet ein rund 900 Titelumfassendes Literaturverzeichnis.Aenne Schwoerbel, Die BurgruineWieladingen bei Rickenbachim HotzenwaldHrsg. vom Landesdenkmalamt Baden-Württemberg und dem Förderkreis zurRettung der Burgruine Wieladingen e.V.(=Materialheft zur Archäologie in Baden-Württemberg Bd. 47) Konrad-Theiss-Verlag Stuttgart 1<strong>99</strong>8 – 149 S.In der Hauensteiner Murgschlucht(Südschwarzwald) verborgen und wenigbekannt schlummerte Burg Wieladingendurch die Jahrhunderte. Seit1982 von akuter Einsturzgefahr bedrohtund betroffen, verfügt sie dennochüber umfangreiche mittelalterlicheBausubstanz. Insbesondere der28 m hohe Bergfried mit seinenwuchtigen Buckelquadern ist voll erhalten.Ein eigens zur Rettung der Burgruinegegründeter Förderkreis und das LandesdenkmalamtBaden-Württemberghaben in 12jähriger Arbeit die Anlagebaulich gesichert, archäologisch untersuchtund für Wanderer und Burgenfreundezugänglich gemacht.Das Buch beschreibt die Geschichteder Erbauer, der Herren von Wieladingen,ihren Aufstieg im Dienste desStiftes Säckingen und ihren NiedergangEnde des 14. Jahrhunderts. Esgibt Auskunft über die baugeschichtlicheUntersuchung und die Auswertungdes Fundgutes.Freiheit einst und heute.Gedenkschrift zumCalvengeschehen 14<strong>99</strong>–1<strong>99</strong>9Hrsg. von Walter Lietha. Calven-VerlagChur 1<strong>99</strong>9 – 354 Seiten. CHF 65.–ISBN 3-905261-16-2.Ziel der Gedenkschrift ist es, denhistorisch interessierten Zeitgenosseneinen Einblick in die Ereignissevon 14<strong>99</strong> (Schwabenkrieg-Calvenschlacht)zu vermitteln, aber auch dienachfolgende Mythologisierung aufzuzeichnenund die Errungeschaftenvon damals im Lichte des modernenWertewandels zu erörtern. In diesemZusammenhang werden Aspekte derWirtschafts-, Sozial und Mentalitätsgeschichteneu beleuchtet. Begriffewie Freiheit und Unabhängigkeitwerden im Rahmen der sich änderndenGeistesströmungen analysiert.Dem Werk ist in einem Anhang eineKurzdarstellung des Calvengeschehensfür Schule und Elternhaus beigefügt.So kann es Ausgangspunkt undQuelle des Verständnisses für die diversenim Jahre 1<strong>99</strong>9 stattfindendenGedenkveranstaltungen sein,insbesondere für das im Herbst 1<strong>99</strong>9in Glurns im Südtirol im Rahmeneines Dreiländertreffens stattfindendenSymposiums über den Schwabenkrieg.Aus dem Inhalt:Silvio Margadant: Aufbau und Organisationder Drei Bünde im ausgehenden15. Jahrhundert. Werner Meyer:Das Leben in Graubünden um 1500:Ein Überblick. Florain Hitz: Graubündenin seinem politischen Umfeld:zu den Ursachen des Schwabenkrieges.Constanz und Fritz Jecklin: Der Kampfan der Calven. Martin Bundi: Die politischeund militärische Führung derDrei Bünde un 1498 bis 1500. FlorianHitz: Eidgenössische und BündnerischeKriegsführung um 1500. MercedesBlaas: Das Calvengeschehen aus tirolischerSicht. Martin Bundi: Folgewirkungendes Calven-geschehens; Calvenin Gedenkfeiern sowie in der chronikalischenund literarischen Überlieferung.Georg Jäger: Mythologisierungdes Calvengeschehens und Nationalbewusstsein.Claudio R. Carratsch: Freiheitund Unabhängigkeit heute.Andrea Bräuning, Um UlmherumUntersuchungen zu mittelalterlichenBefestigungsanlagen inUlmHrsg. vom Landesdenkmalamt Baden-Württemberg, Stuttgart 1<strong>99</strong>8 – 176 Seiten.ISBN 3-8062-2396-8Die Rettungsgrabungen auf dem UlmerMünsterplatz stellen in mancherleiHinsicht ein Glücksfall dar. IhreLage im Herzen des mittelalterlichenUlm, im Kontaktbereich zwischendem innersten Münster-«Ring» undder prosperierenden Handelsstadt,liessen sich nicht nur zur grössten Grabungim Stadtkern von Ulm werden.Vielmehr erbrachten die Befundenauch neue wissenschaftliche Erkenntnisseund drängten weiterführendeFragestellungen auf, die – im Vergleichmit acht «benachbarten» Grabungsplätzenaus der Zeit zwischen1967 und 1<strong>99</strong>3 – ein neues Bild des altenHandelsplatzes am Einfluss derBlau in die Donau entstehen liessen:Die königlich-staufische Pfalz undPfalzstadt nehmen Gestalt an, und dasmannigfaltige Fundspektrum zeugtvom Vorort des Herzogs von Schwabenund der späteren reichen Fernhandelsstadt.Eingangs werden die Forschungsgeschichteresümiert und die Topographieund der Naturraum als Rahmen-26


edingung der historischen Siedlungsentwicklungerörtert. Kernstück derPublikation bilden die Befundvorstellungen,die mit den sorgfältig ausgewähltenAbbildungen, den Plan- undProfilzeichnungen auch für den interessiertenLaien verständlich und nachvollziehbarsind. Zusammen mit derVorlage des reichhaltigen Fundmaterialswerden neue Wege in der Erkenntniszur Siedlungsentwicklungund Stadtgenese beschritten. Diesewerde in einem besonderen Kapitelmit anderen Städten verglichen: Ulmist kein Sonderfall und bietet «eineEntstehungsgeschichte, die exemplarischauch für andere Orte den Weg zurStadtwerdung zu veranschaulichen vermag»(Judith Oexle, Stadt um 1300).Zwei eigene Beiträge (Hans-Jörg Küsterund Richard Vogt sowie AnkeBurzler) befassen sich mit sedimentologischenund botanischen Untersuchungenzu Genese und Verfüllung desstauferzeitlichen Stadtgrabens sowieden alamannischen Bestattungsplätzenauf dem Münsterplatz.Stadtarchäologie ist langjährige Teamarbeit,Ulm und die vorliegende Arbeitbelegen dies erneut deutlich. Vonden Schürfungen und Beobachtungeneines Konrad Hassler (ab 1850 Vorstanddes 1841 gegründeten Vereinsfür Kunst und Altertum) bis hin zuden «Gegründern» der Ulmer Stadtarchäologiein der Zeit des Wiederaufbauswar es bereits ein langer Weg.Aber erst ein Jahrzehnt später, mit denGrabungen auf dem Weinhofsporn(1961/63), wird eine wissenschaftlicheSorgfaltspflicht postuliert.Mit den Untersuchungen der achtFundplätze auf Ulmer Stadtgebiet undvor allem jener auf dem Münsterplatz,deren Ergebnisse hier vorliegen,hat sich ein wichtiges Stück frühundhochmittelalterlicher «Ulmergeschichte»abrunden und darstellenlassen, das innerhalb der allgemeinenStadtkernforschung einen festen Platzeinnehmen wird. – Dass die Ergebnisseinnert so kurzer Zeit vorgelegt werdenkönnen, darf als Glücksfall bezeichnetwerden, zu dem man der Autorenschaft,dem Land Baden-Württembergund der Forschung gratulierenkann.(Jürg E. Schneider)Stadt- und LandmauernBand 3: Abgrenzungen –Ausgrenzungen in der Stadtund um die StadtVeröffentlichungen des Institutes für Denkmalpflegean der ETH Zürich, 15.3,1<strong>99</strong>9 – 212 Seiten, zahlreiche Abbildungen,Pläne und Fotos. CHF 78.–ISBN 3-7281-2511-3Der erste Band der Reihe «Stadt- undLandmauern» galt der Stadtmauer immittelalterlichen Rechtsverständnissowie ihrer Bedeutung für den Stadtstatusund die Verteidigung einerSiedlung. Der zweite Band ist einKatalog der bisher archäologisch erforschtenStadtmauern in der Schweiz.Der nun vorliegende dritte Band beschäftigtsich mit Grenzen innerhalbund ausserhalb der Stadt. Grenzsäume,Zonen oder auch Jahreszeiten, in denensich üblicherweise getrennte Bereichdurchdringen, kommen zurSprache, aber auch Abgrenzungen undAusgrenzungen im sozialen und gewerblichenBereich.Gerd Althoff / Hans-WernerGoetz / Ernst Schubert,Menschen im Schattender Kathedrale. Neuigkeitenaus dem <strong>Mittelalter</strong>Wissenschaftliche BuchgesellschaftDarmstadt 1<strong>99</strong>8 – 358 S.Bestellnr. 14221-7Kathedralen, Kirchen und Klösterstanden im Mittelpunkt des mittelalterlichenLebens. Die Menschenim «Licht» der Kathedrale sinduns oft recht gut bekannt, für die– meist namenlose – Masse derMenschen in ihrem «Schatten» interessiertsich die historische Forschunghingegen erst seit wenigenJahrzehnten. Das vorliegende Buchrichtet sein Interesse sowohl auf dieeinen wie auf die anderen.Quellennah und anschaulich beschreibendie drei Autoren dasLeben der Menschen im <strong>Mittelalter</strong>.Anhand ausgewählter Bereichestellen sie uns fremd anmutendeDenk- und Verhaltensweisenebenso vor Augen wie wohlvertraute.Im ersten Teil zeigen sie,was es für das menschliche Zusammenlebenbedeutete, dass die Einrichtungendes modernen Staatesnoch fehlten. Im zweiten Teil werdenEhe und Familie sowie dasKloster als die bestimmenden weltlichenund geistlichen Lebensformeneinander gegenübergestellt.Anschliessend werden mit Todes-,Jenseits- sowie Teufelsvorstellungen«Weltbilder» vorgestellt, dieeinen zentralen Stellenwert imLeben der Menschen hatten. Derdritte Teil gibt Einblicke in denländlichen und städtischen Alltag,erzählt vom Leben «am Rande derGesellschaft», von Gauklern und«Hübscherinnen» und auch vomBeruf des Henkers, der zum letztenThema überleitet: «Verbrechen undStrafe».Am Ende der Lektüre ergibt sichviel Stoff zum Nachdenken darüber,ob mittelalterliches Denkenund Verhalten wirklich «dumpf»und «finster» waren, wie wir esheute gerne glauben.VorankündigungHerbstexkursion 1<strong>99</strong>9ins Allgäu (D)Am 9./10. Oktober 1<strong>99</strong>9 findeteine zweitägige Exkursion in dasburgenkundlich wie landschaftlichreizvolle Gebiet um Pfronten statt.Örtliche Führung: Dr. Joachim Zeune.Leitung: Dr. Heinrich Boxler. GenauereAngaben und Anmeldemöglichkeitenfolgen im Heft 1<strong>99</strong>9/2.27


VereinsmitteilungenEinladungzur FrühjahresversammlungDatum: Samstag, 8. Mai 1<strong>99</strong>9Ort: DornachTreffpunkt: Klosterpforte Kloster Dornach(direkt beim Bahnhof Dornach-Arlesheim)Zeit: 10.00 UhrAnkunft des Regionalzuges aus Basel09.45Programm:– Begrüssung durch den Präsidenten– Referat Prof. Dr. Werner Meyer:Der Schwabenkrieg und die Schlachtbei Dornach im europäischen Rahmen.Mit kurzer Besichtigung desSchlachtdenkmales vor dem Kloster– Referat lic. phil. Guido Facchani:Zur Baugeschichte der Dorneck– ca. 12. Uhr: Mittagessen im Refektoriumdes Klosters– 14.00: Transport mit Bus zur BurgruineDorneck– 14.15: Kurzreferat und Führung Dr.Lukas Högl: die jüngsten Sanierungsarbeitenauf Schloss Dorneck– ab 15.45: Rückfahrt nach Dornach-Bahnhof– 16.10 / 17.14 / 18.14 Abfahrt desRegionalzuges nach Basel SBB.Tagungskosten: 45.–(inkl. Mittagessen [Trockengedeck]und Transfer)Anmeldung: Bis 3. Mai 1<strong>99</strong>9 durch Einzahlendes Tagungsbeitrages pro teilnehmendePerson mit beiliegendemEinzahlungsschein.Organisation: Thomas Bitterli, Geschäftsstelle,Blochmonterstr. 22,4054 Basel, Tel. 061/361 24 44 oder363 94 05 (Fax)Zürcher VortragsreiheExkursionSamstag, 5. Juni 1<strong>99</strong>9Besammlung:13.30 Uhr vor der KlosterkircheRheinauLeitung:Andrea Tiziani und Herr SzostekAnreise:Zürich ab 12.07 (IC)Winterthur an 12.32ab 12.39 (S 33)Marthalen an 13.00ab 13.02 (PTT)Rheinau an 13.16oderSchaffhausen ab 12.48Marthalen an 13.01und weiter wie obenRückreise:Rheinau ab 16.39 (PTT)Marthalen an 16.55ab 17.01Winterthur an 17.21ab 17.27Zürich an 17.53Rheinau–Marthalenwie obenMarthalen ab 17.00Schaffhausen an 17.13(Fahrplanänderungen vorbehalten)Die Teilnahme ist unentgeltlich, fürdie Fahrkarte der Bahn ist jeder selbstbesorgt.Für den Schweizerischen<strong>Burgenverein</strong>Dr. Renata WindlerDr. Heinrich BoxlerJahresversammlung 1<strong>99</strong>9Murten/MoratSamstag, 28. August 1<strong>99</strong>9Beginn ca. 11 Uhr, Rundgang durchMurten (Stadtmauer), ca. 16 UhrVersammlung.Sonntag, 29. August 1<strong>99</strong>9Exkursion (mit Car): Avenches(Stadt), Estavayer-le-Lac (Schloss),Montagny (Siedlungswüstung),Mont Vully (Festungen des 1. Weltkrieges).Zu beachten:Infolge Zusammenfallens mehrererVeranstaltungen an diesem Wochenendekönnte es zu Engpässen bei derZimmerreservation kommen. Deshalbempfehlen wir den Teilnehmerinnenund Teilnehmern, sich rechtzeitigein Zimmer reservieren zu lassen.Im Hotel Schiff am See***(026/670 27 01) haben wir vorsorglich6 Doppelzimmer(235.–/Zi) und4 Einzelzimmer (135.–/Zi) reservierenlassen. Diese können Sie mitHinweis auf uns buchen.Weitere Hotels:Hotel Weisses Kreuz ***026/670 26 41Hotel Enge***026/670 41 36Hotel Adler**026/672 19 20Hotel Ringmauer*026/670 11 01Verkehrsbüro Murten026/672 66 6628


PUBLIKATIONEN DES SCHWEIZERISCHEN BURGENVEREINSSchweizer Beiträge zur Kulturgeschichte und Archäologie des <strong>Mittelalter</strong>sBand 1, 1974Werner Meyer, Alt-Wartburg imKanton Aargau. Bericht über dieForschungen 1967Band 2, 1975 (vergriffen)Jürg Ewald (u.a), Die BurgruineScheidegg bei Gelterkinden.Berichte über die Forschungen1970–1974Band 3, 1976 (vergriffen)*Werner Meyer (u.a.), Das CastelGrande in BellinzonaBericht über Ausgrabungen undBauuntersuchungen von 1967Band 4, 1977 (vergriffen)*Maria-Letizia Boscardin/WernerMeyer, Burgenforschung in Graubünden,Die Grottenburg Fracsteinund ihre Ritzzeichnungen.Die Ausgrabungen der BurgSchiedbergBand 5, 1978Burgen aus Holz und Stein, BurgenkundlichesKolloquium Basel1977 – 50 Jahre <strong>Schweizerischer</strong><strong>Burgenverein</strong>. Beiträge vonWalter Janssen, Werner Meyer,Olaf Olsen, Jacques Renaud,Hugo Schneider, Karl W. StruweBand 6, 1979 (vergriffen)*Hugo Schneider, Die BurgruineAlt-Regensberg im KantonZürich. Bericht über die Forschungen1955–1957Band 7, 1980 (vergriffen)*Jürg Tauber, Herd und Ofen im<strong>Mittelalter</strong>. Untersuchungenzur Kulturgeschichte am archäologischenMaterial vornehmlichder Nordwestschweiz(9.–14. Jahrhundert)Band 8, 1981 (vergriffen)die Grafen von Kyburg. Kyburger-Tagung1980 in Winterthur.Beiträge von Heinz Bühler, AdolfLayer, Roger Sablonier, AlfredHäberle, Werner Meyer, KarlKeller, Ferdinand Elsener,Dietrich Schwarz, Hans Kläui,Jakob Obrecht.Band 9–10, 1982Jürg Schneider (u.a.), Der Münsterhofin Zürich. Bericht über dievom städtischen Büro für Archäologiedurchgeführten Stadtkernforschungen1977/78Band 11, 1984Werner Meyer (u.a.), Die bösenTürnli. Archäologische Beiträgezur Burgenforschung in der UrschweizBand 12, 1986 (vergriffen)*Lukas Högl (u.a.), Burgen im Fels.Eine Untersuchung der mittelalterlichenHöhlen-, Grotten- undBalmburgen der SchweizBand 13, 1987Dorothee Rippmann (u.a.), BaselBarfüsserkirche. Grabungen1975–1977. Ein Beitrag zurArchäologie und Geschichte dermittelalterlichen StadtBand 14/15, 1988Peter Degen (u.a.), Die GrottenburgRiedfluh Eptingen BL.Bericht über die Ausgrabungen1981–1983Band 16, 1989 (vergriffen)*Werner Meyer (u.a.), Die Frohburg.Ausgrabungen 1973–1977Band 17, 1<strong>99</strong>1Pfostenbau und Grubenhaus –Zwei frühe Burgplätze in derSchweiz. Hugo Schneider: StammheimerbergZH. Bericht über dieForschungen 1974–1977. WernerMeyer: Salbüel LU. Bericht überdie Forschungen von 1982Band 18/19, 1<strong>99</strong>2Jürg Manser (u.a.), Richtstätteund Wasenplatz in Emmenbrücke(16.–19. Jahrhundert). Archäologischeund historische Untersuchungenzur Geschichte von Strafrechtspflegeund Tierhaltung inLuzernBand 20/21, 1<strong>99</strong>5Georges Descœudres (u.a.), Sterbenin Schwyz. Berharrung und Wandelim Totenbrauchtum einer ländlichenSiedlung vom Spätmittelalterbis in die Neuzeit. Geschichte –Archäologie – AnthropologieBand 22, 1<strong>99</strong>5Daniel Reicke, «von starken undgrossen flüejen». Eine Untersuchungzu Megalith- und Buckelquader-Mauerwerk an Burgtürmen imGebiet zwischen Alpen und RheinBand 23/24, l<strong>99</strong>6/97Werner Meyer et al., Heidenhüttli– 25 Jahre archäologischeWüstungsforschung im schweizerischenAlpenraumBand 25, 1<strong>99</strong>8Christian Bader, Die BurgruineWulp bei Küsnacht ZHBurgenkarte der Schweiz in4 Blättern, Massstab 1:200000Hans Suter-Haug/Thomas Bitterli,herausgegeben vom Schweizerischen<strong>Burgenverein</strong> mit Unterstützungder SchweizerischenAkademie der Geistes- undSozialwissenschaften (SAGW),Bundesamt für LandestopographieWabern 1974–1985Blatt 1: Nordwestschweiz,3. Auflage 1<strong>99</strong>0Blatt 2: Ostschweiz, 1978Blatt 3: Westschweiz, 2. Auflage1978Blatt 4: Tessin, Graubünden, 1985* = nur noch wenige Exemplare bei der Geschäftsstelle an Lager.


<strong>Schweizerischer</strong>Association SuisseAssociazione SvizzeraAssociaziun Svizra<strong>Burgenverein</strong>des Châteaux fortsdei Castellida Chastels

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