Editoriale Gli Alamari sulla pelle Come è stato più e più volte ribadito, l’ANC è custode delle tradizioni dell’Arma e perciò ne è affidataria del Medagliere che queste tradizioni di fedeltà, lealtà e dedizione al servizio dello Stato e dei cittadini incarna nelle ricompense al Valore concesse alla Bandiera e ai singoli militari, in ormai duecento anni di un percorso storico che, in pace e in guerra, l’Istituzione e i suoi figli hanno tracciato e che è intimamente connesso, anzi, fuso con quello più ampio della storia nazionale e, sì, in piccola ma ponderosa porzione, anche di quella internazionale dal 1855. E rimanendo sempre in tema storico, sappiamo che gli scopi associativi originari del nostro Sodalizio (1886) erano, in sintesi: l’assistenza ai militari in congedo sia in termini di sussidi, sia di aiuto all’eventuale nuovo collocamento lavorativo; gli onori ai deceduti; la presenza ufficiale alle cerimonie nazionali; i contatti con le altre Associazioni secondo i principi di apoliticità e di fedeltà alla Patria. Poi, accanto all’assistenza, apparvero sanciti altri due fondamentali compiti: “…mantenere vivo il sentimento delle nobili tradizioni dell’Arma” e “curare la fratellanza sincera e cordiale fra i Carabinieri in servizio e quelli in congedo” (Statuto del 1926, art. 2), tant’è che “Possono essere nominati Soci d’Onore… i Comandanti Generali dell’Arma” (art. 14). Ancora, nello Statuto del 1935, viene confermato che uno degli scopi sociali è quello di “cementare il cameratismo coi colleghi dell’Arma in attività di servizio…” (art. 1), per cui “Possono appartenere all’associazione anche gli ufficiali ed i sottufficiali dell’Arma in servizio…” (art. 16); infine, nel 1951, è ribadito che “Possono far parte dell’Associazione, quali soci aggregati, gli ufficiali, i sottufficiali, gli appuntati e carabinieri…” (art. 6). Attualmente è in vigore lo Statuto approvato il 25 luglio 1956 con le modifiche deliberate dal Consiglio Nazionale nel 2006 e 2007, col quale sono riproposti gli scopi iniziali, sia quelli spirituali e morali in riferimento alle tradizioni, sia quello che potremo definire “primigenio” dell’assistenza ai Soci; accanto a questi sono contenuti altri enunciati di rilevante importanza. Primi tra tutti la vigente denominazione di Associazione Nazionale Carabinieri e il dettato che “Presidente Onorario è il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri” (art. 1/2)); poi, all’art. 2, la possibilità di “promuovere e partecipare – anche costituendo appositi nuclei – ad attività di Volontariato per il conseguimento di finalità assistenziali, sociali e culturali”; quindi la custodia del Medagliere di cui ho accennato in apertura; altro dato fondamentale “Possono essere soci effettivi coloro che abbiano prestato o prestino servizio militare nell’Arma” (art. 5/4) e “Possono essere soci collettivi i comandi dell’Arma che costituiscono comandi di corpo o reparto autonomo, nonché le sale convegno unificate dei vari reparti dell’Arma” (art. 5/5) e tralascio l’apertura, non meno importante, ai familiari e ai simpatizzanti. Ecco che, nel tempo, i vincoli tra Carabinieri in servizio e in congedo, nati quasi timidamente, si sono talmente rinsaldati da rendere le definizioni, appunto, di “servizio” e “congedo” una pura indicazione di stato giuridico, non più una differenza concreta. Non v’è dubbio, infatti, che la custodia del Medagliere, la Presidenza Onoraria del Comandante Generale, l’appartenenza all’ANC di militari tout court senza distinzioni amministrative e l’attività di Volontariato, in special modo quella di protezione civile, determinano una sorta di sinergia anche operativa (ognuno nel suo ruolo, s’intende). A questo segno mi piace evidenziare che Stazioni e Sezioni cooperano fornendosi quel reciproco appoggio, fondato sulla conoscenza del territorio e dei concittadini e sull’indubbia esperienza professionale Sfila la Banda dei Carabinieri e sono momenti d’emozione e di vita, che si risolve non soltanto (e già è tanto) nel sostegno e nell’amicizia tra commilitoni e famiglie che vuol dire serenità e comprensione reciproca, ma anche in un bene per le popolazioni che possono contare su un ulteriore strumento di sicurezza e certamente di consiglio. Allora la lettura di queste brevi note spinge, deve spingere a una riflessione: dobbiamo confidare e confidarci tra noi che sopportiamo il peso degli Alamari condividendone l’orgoglio, non importa se sono cuciti sulla giubba o sul sovracolletto, perché, parafrasando l’indimenticabile generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, essi sono cuciti sulla nostra pelle, con un filo doppio che li lega per sempre al nostro cuore e al nostro cervello. Nicolò Mirenna 6 / maggio - giugno 2013 le Fiamme d’Argento