Polyglossia 2017

La mente umana
A note on resilience
Zahra Seyyad
This piece considers the mind as a plant in bloom, and
how the phases of its life resemble the human value of
resilience. Zahra's choice to write the text in Italian
stems from her personal experience, of having first
experienced mental health problems when living in
Italy.
La mente umana è una pianta rigogliosa.
Plasmati dai nostri pensieri, dai più oscuri e
profondi ai più frivoli e superficiali, notiamo
d’avere una forma. Sono le nostre foglie, soggetti
a cambiamenti costanti. E fragili che sono, si
lacerano, non appena il flusso degli avvenimenti
si fa sentire; qualche volta, peggio ancora,
vengono recisi o trascinati via. Basta un soffio di
vento, un pizzico di realtà. Prima di potere
sfruttare la possibilità di piantarsi definitivamente
nel suolo, possiamo osservare la caduta
di ogni foglia. Possiamo osservare la lunga
discesa d’essa, rappresentante di un’ideale ormai
perso. Questo, comunque succeda, ci porta
alla stessa realizzazione. Che la discesa sia stata
rapida, brutale, provocata con forza da fattori
altri; o che sia stata un dolce ed armonioso distacco
lento, quel che si perso, tale rimarrà, perso.
Nessun albero si riappropria delle foglie giacenti
ormai al suolo, non può nemmeno tentarci.
Eppure, è risaputo che quel che si perde, spesso,
lo si ricerca. Poi succede questo: le foglie ricrescono,
senza risultare mai identiche alle
precedenti, chissà se semplicemente il senso di
queste foglie nuove sia riempire un vuoto, perché
le conseguenze dell’essere vuoti, magari,
sono qualcosa da temere. Inoltre, potrebbe capitare
che queste facciano la loro comparsa durante
dei lunghi periodi invernali. Queste sono
proprio con l’inverno: privano di ogni convinzione,
mettono a nudo tutti, fanno soffrire a
lungo. Ma, dopo, tutti sanno cosa arriva: la primavera.
Finalmente, qui, rinasceremo. Rinasceremo
più rigogliosi che mai, rinverdendo oltre
ogni limite, poiché le avversità, anche più difficili,
saranno state superate. Può mettere a dura
prova l’animo umana, la speranza primaverile.
Perciò è bene ricordare che tutto è destinato a
mutare. Ed ecco che l’uomo arriva alla sconcertante
scoperta di come un albero percosso da
anche le peggiori tempeste, un albero spoglio,
cui un bambino dispettoso strappa le foglie, si
sente. Cosa sorreggono le foglie, però? I rami,
così come le emozioni, pure le più ignote o
meno comuni, sorreggono i nostri pensieri. Esse
crescono, con noi. Poi, con il tempo, si moltiplicano.
Capita, ogni tanto, che non sia un vento a
spirare, ma una bufera, una vera e proprio.
Ovvero, un susseguirsi di eventi causali (non è
forse meglio convincersi che siano tali, no?), con
un tale peso, capace di sovraccaricare i rami,
danneggiandoli irrimediabilmente, se non
spezzandoli, addirittura. questi, contrariamente
alle foglie, potrebbe non crescere più. Così,
nemmeno le foglie potrebbero tornare a
crescere, lasciandoci mutilati nell’animo. Quindi,
avere un tronco lacerato cosa vorrebbe dire?
Non lo si può immaginare, e neanche comprendere
le cause che abbiano portato a tali ferite.
Che nessuno debba scoprirlo mai.
De la cour aux Ernests
à la Cour carrée
Lucrezia Baldo
Lucrezia Baldo recounts her experience of using art,
drama and poetry to introduce the public to the
charms of the Louvre's Petite Galerie.
Un jeudi après-midi d’octobre je me suis
retrouvée pour la première fois devant les œuvres
de la Petite Galerie au sein du projet ‘Les
Jeunes ont la parole’ entre mon université pendant
cette année, l’Ecole Normale Supérieure de
Paris, et le Musée du Louvre. On peut difficilement
expliquer la magie qui se produit à la
création d’un lien avec une œuvre spécifique
quand on est entouré de nombreuses autres,
chacune avec ses propres particularités. Les
deux statuettes qui avaient capturé mon attention
étaient L’Idole cloche, probablement pour
son étrangeté, et La Danseuse aux crotales, pour
son élégance. C’est en suivant mon instinct que
je me suis embarquée dans cette aventure.
L’idée du projet était d’animer le musée
pendant trois soirées avec des médiations qui
puissent présenter les œuvres de manière interactive.
Mon école devait occuper l’espace de
la Petite Galerie et avec mon binôme, Camille,
j’ai voulu mettre en communication quatre
œuvres mystérieuses: Les Danseuses de Delphes,
La Danseuse aux crotales, Les Danseuses accompagnées
d’Eros jouant du tambourin, et L’Idole cloche.
Ces œuvres semblaient avoir été mises ensemble
parce qu’elles avaient toutes inspiré des
artistes contemporains à leur découverte pendant
le XIXe et XXe siècle. L’inspiration allait
donc être le centre de notre médiation. On est
vite arrivées à un projet bien défini: écrire et
réciter la fable, en rime et en alexandrins, d’une
danseuse choisie par les dieux de l’Olympe pour
incarner la danse et la beauté. On aurait des images,
des instruments et des objets pour entretenir
les gens et mieux expliquer notre propos.
Au final, on avait écrit nos strophes, fab-
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