17.04.2020 Views

CANALETTO_2019_Catalogo

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

FIG. 5

FIG. 8

JACOPO GUARANA,

AGOSTINO MENGOZZI

COLONNA

Apollo direttore d’orchestra,

particolare. Venezia, chiesa

di Santa Maria dei Derelitti

(Ospedaletto)

FRANCESCO FONTEBASSO,

QUADRATURISTA DEL XVIII

SECOLO

Personaggi affacciati a

una balaustra e figurazioni

allegoriche.

Venezia, palazzo Bernardi

FIG. 6

FIG. 9

per i piacere dei ‘foresti’ Canaletto dipingeva della sua

città” [1] . A esiti così originali poteva condurre la comune

ricerca del “naturale”.

Teste di carattere: osservazione e immaginazione

si compenetrano. “Leggiadrissime teste fatte a capriccio”,

oppure “teste [...] prese dal naturale ornate poi a capriccio”,

“tanto vere [...] che sembrano vive”, “che non può l’occhio

qua giù in terra veder cosa più vaga, e dilettevole!”, scrive

Francesco Maria Tassi [2] . Anche il grande Tiepolo si esercitò

in tale ambito. Con capolavori: la Giovane con pappagallo

di Oxford, o la Dama con mandolino di Detroit.

Siamo nella categoria soggettiva del gusto, e il

filone conosce una fortuna ininterrotta, anche nella

scultura, e pure fuori d’Italia. Lorenzo Tiepolo, il figlio

minore di Giambattista, ne farà il suo cavallo di battaglia

a Madrid nella tecnica del pastello. Fantasia sì, ma anche

realismo: ne trarrà profitto anche il giovane Goya (fig. 11).

L’interesse per il costume contemporaneo alimenta

anche la visione di Giandomenico Tiepolo. Il

confronto tra il modelletto del padre Giambattista

per il soffitto della villa dei Pisani a Stra (cat. V.31) e

il pressoché contemporaneo Consilium in Arena di

Giandomenico (Udine, Musei Civici; fig. 12) evidenzia lo

scarto tra un’arte celebrativa al suo apice, sorretta da una

concezione “sublime” dello stile, e un’arte documentaristica

e descrittiva, estranea alla tradizione dell’elogio.

Il salone di Stra: nel momento di prendere congedo

da Venezia nel marzo 1762 per recarsi a Madrid,

Tiepolo riconvoca tutte le figure del suo mondo

immaginifico: la Fama, le Virtù e i Vizi, i Continenti, l’Italia,

le Arti, quindi, in mezzo, i figli del procuratore di

San Marco Almorò III Pisani e Paolina Gambara. Sono

Almorò I Alvise, in azzurro, in grembo all’allegoria di

Venezia, quindi la sorella Elena, il fratello Almorò II

Carlo e l’altra sorella Elisabetta. Più in basso, in abito

di color rosa, il cugino Almorò, figlio di Alvise II detto

Andrea e di Marina Sagredo, artista in erba, accompagnato

da una delle Grazie. Trionfo dell’immaginazione

che non conosce confini e, al contempo, apoteosi dei

Pisani. Ma non nei personaggi del passato, bensì negli

esponenti giovanissimi che, come gli avi, si copriranno

di gloria al servizio della Serenissima, qui protagonista.

Anche qui Tiepolo viene dunque a sorprenderci.

Ma si dia un’occhiata, nel medesimo affresco, pure alla

coppia di giovani colta in un momento di svago sotto

un pino marittimo in un angolo dell’immensa composizione:

quasi uno scampolo da Déjeuner sur l’herbe (figg.

13, 14). Brani di “verità” nell’immaginazione.

La stessa famiglia di Giambattista Tiepolo – la

consorte Cecilia Guardi, il figlio Giuseppe Maria religioso

somasco, le tre figlie femmine – è stata oggetto di raffigurazione.

La vediamo nel dipinto generalmente riferito

all’ancor giovane Lorenzo Tiepolo [3] , anteriore alla partenza

per Madrid (1762), dove accompagnò il padre e il

fratello maggiore Giandomenico. Quasi un motivo firma,

la mano guantata di bianco della madre con il ventaglio,

così simile nella Dama con il tricorno della National

Gallery di Washington, opera riconosciuta di Lorenzo [4] .

JACOPO GUARANA

Coppia di personaggi femminili

a una finestra schermata da

grata.

Venezia, chiesa di Santa Maria

dei Derelitti (Ospedaletto)

(fotografia d’epoca)

FIG. 7

MICHELANGELO MORLAITER

Scena di ricevimento,

particolare.

Venezia, palazzo Grassi

1 _ A. Mariuz, Il Settecento. La

pittura, in Storia di Venezia. Temi.

L’arte, a cura di R. Pallucchini, I,

Roma 1995, p. 312.

2 _ F. M. Tassi, Vite de’ pittori,

scultori, architetti bergamaschi

scritte dal conte cavalier Francesco

Maria Tassi. Opera postuma,

Bergamo 1793.

3 _ R. Pallucchini, La pittura

nel Veneto. Il Settecento, II, Milano

1995, p. 199.

4 _ A. Mariuz, Tiepolo 1998,

“Arte Veneta”, 54, 1999, p. 89.

PIETRO VISCONTI (?)

Composizione.

Stra, villa Pisani

Ha tutto il fascino dell’opera incompiuta, dell’abbozzo

con parti già rifinite e altre no, anche elementi di

mobilia. Soprattutto, a caratterizzarlo, quel fondo a grandi

chiazze pressoché uniformi, che ci cattura perché viene a

conferire alla scena un singolare carattere di iperrealtà. Un

unicum nel panorama settecentesco: una rara scena di conversazione

moderna, che si può accostare al coevo Ritratto

della famiglia del procuratore Alvise Pisani di Alessandro

Longhi (Venezia, Gallerie dell’Accademia), ma senza riferimenti

allegorici, e con la presenza del pittore stesso, che si

raffigura mentre sta abbozzando con il pastello – il mezzo

pittorico preferito da Lorenzo – un ritratto, con lo sguardo

rivolto verso un personaggio che doveva campeggiare sulla

destra, evocato da quei primi tocchi di colore.

Consilium in Arena: illustrare un fatto contemporaneo,

con una data precisa (settembre 1748) e un luogo

determinato, la Sala del consiglio nel palazzo del Gran

Maestro dell’Ordine a Malta. Persino la foggia degli abiti

era prescritta, così come l’ora del giorno: di prima mattina.

La circostanza è la discussione della richiesta della

nobiltà udinese di poter accedere all’Ordine di Malta.

Siamo sulla scia di un dipinto come l’Assemblea dei

vescovi dissidenti in Sorbona contro la bolla “Unigenitus”

di Nicolas Vleughels conservato a Versailles, inciso da

Nicolas Edenlinck. Lo sguardo si sposta dall’alto verso il

basso. È la realtà a portata di sguardo.

Tutto un mondo viene a spalancarsi: anzitutto

nel campo della veduta, lungo tutto il secolo. Dopo

Carlevarijs, Canaletto mette in evidenza il complesso

organismo urbano di Venezia, le sue mille sfaccettature,

rivelate da un occhio d’aquila e aggregate anche ricorrendo

a “pittoresche licenze”, come aveva ben compreso

Anton Maria Zanetti (1771). Tanto da scrivere che la sua è

spesso pure una “Venezia immaginaria”, strutturata con

deformazioni prospettiche, tagli di luce/ombra calcolati,

dilatazioni spaziali, al fine di dar vita a vedute che talvolta

sconfinano nella visione. Si potrebbe dire allora, in certo

senso, che si compenetrano i due poli del nostro discorso.

Il Bacino di San Marco con San Giorgio Maggiore

(cat. IV.04) è come fosse ripreso da una mongolfiera, e

nulla sfugge allo sguardo del pittore: ogni dettaglio è

funzionale alla resa di quell’immenso panorama tenuto

sotto controllo da un’intelligenza visiva senza confronti.

Nessuno aveva dato di Venezia e del suo centro politico

e commerciale una tale glorificazione.

La componente illuministica, intesa come attenzione

al “vero” che si risolve in immagine mentale, non

si limita tuttavia a ritrarre il più fedelmente possibile la

città, ma talvolta addirittura la riprogetta, configurando

una Venezia ‘possibile’, altrettanto veridica.

Sempre Canaletto. È il caso della Veduta immaginaria

di Rialto (Parma, Galleria Nazionale), con il progetto non

realizzato di Palladio per il ponte e i contigui edifici costruiti

dall’architetto, inteso a connotare in senso classicistico

il cuore di Venezia (fig. 15). O, ancora, della Veduta della

Piazzetta con i Cavalli della basilica di San Marco (Windsor

Castle, Royal Collections), con i bronzi antichi: issati su alti

piedistalli in modo da esaltarne il valore di autonome opere

d’arte, anticipando la sistemazione suggerita da Antonio

Canova quando tornavano a Venezia nel 1815 quei capolavori

dall’esilio di Parigi. Ne risultano “capricci”, cioè liberi

assemblaggi di edifici e monumenti diversi, alla cui messa

in forma concorrono l’osservazione attenta e la libertà della

fantasia, così come il culto dell’Antico.

Capricci. Tutto il secolo ne è pervaso. Combinare

realtà e fantasia, a eccitare lo sguardo andando oltre i

confini dell’una e dell’altra. Una didascalia posta in calce

a un’incisione di Giambattista Brustolon ricavata da

un’invenzione di Canaletto con vari edifici, veneziani e

non, ci porta all’essenza del fenomeno: “L’antico, ed il

26 — CANALETTO & VENEZIA — — VENEZIA ’700: IMMAGINAZIONE / OSSERVAZIONE — 27

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!