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CANALETTO_2019_Catalogo

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ALBERTO

CRAIEVICH

FIG. 1

SEBASTIANO RICCI

Venere e Adone, particolare.

Orléans, Musée des

Beaux-Arts

1 _ Sull’argomento si rimanda

agli ormai classici: M. Levey,

Painting in Eighteenth Century

Venice, London 1959 (III

edizione riveduta, Yale 1994,

edizione italiana Milano 1996);

F. Haskell, Patrons and Painters.

A Study in the Relations Between

Italian Art and Society in the

Age of the Baroque, London

1963 (edizione italiana Firenze

1966); A. Mariuz, Il Settecento.

La pittura (I), in Storia di

Venezia. Temi. L’Arte, a cura di

R. Pallucchini, II, Roma 1995,

pp. 251-383; R. Pallucchini, La

pittura nel Veneto. Il Settecento,

2 voll., Milano 1995.

IL PRIMO

SETTECENTO

UNA NUOVA

PITTURA

Nel primo decennio del

Settecento fiorisce a Venezia una stagione creativa di

straordinaria vitalità: il cambiamento è radicale e interessa

ogni forma artistica [1] .

Prima di allora il panorama pittorico in laguna

era dominato da figure cresciute con i maestri del

Barocco, eredi di quello che Marco Boschini chiamava

“manieron”, uno stile giocato fra irruenza d’esecuzione

e libertà compositiva.

Si tratta di una generazione di artisti nata

attorno agli anni cinquanta del Seicento: Nicolò

Bambini, Antonio Bellucci, Antonio Fumiani, Gregorio

Lazzarini, Giovanni Segala, Angelo Trevisani. Manca,

nel gruppo solo Antonio Molinari, scomparso nel 1704.

Essi, nella maturità, volgono lo sguardo verso la severità

del classicismo bolognese e l’eleganza del barocchetto

romano, creando, con diverse declinazioni, un linguaggio

artistico equilibrato, in cui composizioni ricche di

figure sono disposte con ordine all’interno di grandiosi

impianti architettonici. Il colore è steso in maniera

compatta e fluida; le anatomie e i panneggi sono definiti

con studiata attenzione. Il risultato è una sorta di accademismo

riscaldato dai tradizionali valori della scuola

veneziana; una pittura che potremmo definire ‘europea’,

agganciata agli esiti stilistici più moderni, sebbene priva

di caratteri di grande originalità. La sua fortuna, comunque,

si misura nel successo fuori dai limiti cittadini. Le

opere di questi artisti si ritrovano nelle gallerie dei collezionisti

più raffinati: Stefano Conti a Lucca, Raimondo

Buonaccorsi a Macerata, Lothar Franz von Schönborn,

l’elettore del Palatinato Johan Wilhelm von Pfalz-

Neuburg e, almeno in parte, Johann Adam Andreas von

Liechtenstein [2] .

Rispetto a questi nomi la principale novità è rappresentata

dalla presenza a Venezia fra il 1697 al 1718, di

un pittore veronese, Antonio Balestra che offre un’inflessione

particolarmente addolcita di questo gusto

accademico, devota alla grazia di Correggio. Nel frattempo

un pittore francese, Louis Dorigny, formatosi

presso Charles Le Brun, riporta in auge a Venezia la

tecnica dell’affresco. Entrambi, non a caso, giungono

in città reduci da un soggiorno a Roma presso l’Accademia

di San Luca. È un momento particolarmente

fertile. Tutti i pittori citati sono impegnati nella decorazione

dei palazzi del patriziato sulla scia di un rinnovato

fervore edilizio; dapprima con dipinti su tela, poi,

sempre più di frequente, con la tecnica dell’affresco

che progressivamente prende il sopravvento: in ogni

caso in coabitazione con rigogliose ornamentazioni in

stucco. È la committenza ecclesiastica tuttavia a recitare

la parte del leone: gli ordini religiosi e il clero secolare

fanno decorare le chiese con grandi cicli pittorici. Non

è tutto oro quello che luccica: nel 1713 una supplica del

Collegio dei Pittori destinata a chiedere l’esenzione

della tassa sulla ‘milizia da mar’ recita: “l’essercitio della

pittura con sé medesimo porta che vedendo il pittore

che nella propria patria non trova l’opere corrispondenti

al suo talento, procura negl’esteri paesi procurar le lor

sorti, come han fatto al presente il Beluzzi, il Rizzi, il

Cassana, il Pellegrini et altri nati in questa Serenissima

Dominante e questi si ponno nominar tra famosi e pur

hanno dovuto abbandonar la loro patria per fini sudetti

e continuano in estere regioni il loro soggiorno” [3] .

Prende così piede, per necessità, la nuova vocazione

internazionale della pittura veneziana.

— UNA NUOVA PITTURA — 35

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