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TRAKS MAGAZINE 036

Ecco il nuovo numero di TRAKS MAGAZINE: i Diskanto in copertina e all'interno interviste con Sergio Tentella, Amusin' Projects, OutWave, Tugo, Niamh, Daniele Fortunato, Fulvio Effe, Headlight. Leggilo subito!

Ecco il nuovo numero di TRAKS MAGAZINE: i Diskanto in copertina e all'interno interviste con Sergio Tentella, Amusin' Projects, OutWave, Tugo, Niamh, Daniele Fortunato, Fulvio Effe, Headlight. Leggilo subito!

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MAGAZINE

Numero 36 - settembre 2020

DISKANTO

SERGIO TENTELLA

AMUSIN’ PROJECTS

OUTWAVE

TUGO

NIAMH


sommario

4

8

12

16

20

24

28

32

36

Diskanto

Sergio Tentella

Amusin’ Projects

OutWave

Tugo

Niamh

Daniele Fortunato

Fulvio Effe

Headlight

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata

senza alcuna periodicità. Non può pertanto

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com

e provvederemo alla rimozione immediata

TRAKS MAGAZINE

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info@musictraks.com



DISKANTO

Trentacinque anni alle spalle ma un rilancio in pieno corso: il quartetto racconta

i brani di “Temerari sulle maccine volanti”

La vostra è una band decisamente

storica ma il “rilancio” è avvenuto

di recente. Che cos’è successo

dal 2016 in qui?

I Diskanto compiono quest’anno

35 anni. L’attuale formazione raccoglie

due dei quattro originari

fondatori (Turo e Loris), mentre

gli altri due componenti sono entrati

a far parte della famiglia nel

2010 (Stefano) e nel 2016 (Fausto).

Quello odierno è senza dubbio

il miglior combo dall’inizio

della nostra storia e il nostro ultimo

lavoro discografico sta lì a testimoniarlo.

La marcia in più è arrivata

4 anni fa, con l’ingresso del

nuovo batterista, che ha portato

un drumming più potente e fantasioso,

consentendo alla band di riassestare

tutti gli equilibri interni,

ampliare la gamma delle sonorità

a disposizione e liberare potenzialità

inespresse in ciascuno di noi.

Ci conosciamo tutti da 40 anni

(Fausto e Stefano militavano negli

anni ’80 nei Lix Bolero, con cui i

Diskanto hanno fin da allora condiviso

sale prove, concerti e tante

battaglie) e tra di noi c’è grande

affetto e affinità di vedute sul senso

della vita. L’ingresso di Fausto

ha contribuito a iniettare nuovi

stimoli e motivazioni, che si sono

rapidamente tradotti in creatività.

Ne sono sortiti i brani del nuovo

disco.

Quali sono stati gli obiettivi che

vi siete posti con Temerari sulle

macchine volanti?

Volevamo un disco che ci rappresentasse.

Che fotografasse il momento

magico che sentivamo di

attraversare. Che esprimesse tutta

l’energia, la rabbia e la speranza

che percepivamo dentro di noi.

Non siamo ragazzini. Abbiamo

lunghe storie personali e artistiche

alle spalle. Ma il fuoco sacro della

passione per la musica è rimasto

negli anni immutato e continuiamo

a credere nella potenza che

una canzone può avere per ogni

singola persona che la ascolta,

raggiungendo il suo cuore e contribuendo

ad aprire la sua mente.

Suscitando nel contempo emozioni

e riflessioni. Noi crediamo

da sempre nel ruolo sociale della

musica. Scriviamo in italiano perché

abbiamo storie da raccontare,

micce da accendere, muri da abbattere,

catene da spezzare. Ci piace

seminare dubbi e interrogarci

su ciò che ci capita intorno. Musicalmente

volevamo un prodotto

asciutto, senza fronzoli, tosto e

diretto. Per cui abbiamo lavorato,

prima e durante le registrazioni

all’Elfo Studio in Val Tidone, per

togliere – insieme a Giorgio Bodini

e Alberto Callegari - tutto ciò

che non ci sembrava essenziale e

indispensabile. Ne è uscito quello

che reputiamo il nostro miglior

disco di sempre e certamente

quello con sonorità più rock, registrato

interamente in presa diretta,

per conservare il più possibile

la freschezza dell’intenzione

e il sapore live dell’esecuzione. La

musica resta la nostra “stanza dei

giochi”. Uno spazio inebriante che

ci consente di fare spesso il pieno

di felicità e di linfa vitale, utilissimo

per affrontare le tante fatiche

della vita. Eravamo perfettamente

consapevoli che, alla nostra età,

4

5



imbarcarci in un disco e in una

tournee sarebbe stata un’avventura

temeraria, quasi quanto quella

di chi, 100 anni fa, trasvolava la

manica su macchine volanti poco

più che Leonardesche. Per cui abbiamo

provato, fin dalla copertina

(disegnata dalla brava Francesca

Follini), a giocare e prenderci anche

un po’ in giro. Ci divertiamo

un sacco, e non molliamo il colpo…

Vorrei che parlaste anche degli

ospiti del disco, con attenzione

particolare al rapporto che vi

lega a Omar Pedrini.

Essere nati artisticamente negli

anni ’80 ci ha fatto – nel tempo

– incrociare sui palchi tanti musicisti,

con cui nel tempo siamo

rimasti amici e che a più riprese

ci hanno poi volentieri regalato

la loro arte, partecipando in veste

di ospiti a diversi nostri lavori

discografici (da Piero Pelù a Mac

dei Negrita, da Mauro Sabbione a

Giovanni Guerretti e Rodney Prada).

Omar ha più volte raccontato

pubblicamente che da ragazzino

veniva da Brescia in motorino a

Cremona per ascoltare i Diskanto

i quali – tra i pochi a quel tempo

- cantavano rock in italiano, trovando

coraggio per intraprendere

quella via autoctona al rock che

successivamente lo ha portato a

fondare i Timoria e a riempire stadi

e palazzetti durante gli anni ‘90.

È un artista straordinario, nel

contempo colto e popolare. Una

persona semplice, autentica e trasparente

come un vetro. Siamo

rimasti grandi amici e negli anni

abbiamo più volte condiviso palchi

e pezzi di cammino. Era già

stato ospite nel 2013 del nostro

disco Fluido. Questa volta ha cantato

con noi Ci credi ancora?, un

brano che invita a diffidare di tutti

i dogmi, le chiese ed i profeti

(laici e religiosi), e che contiene la

frase simbolo di questo disco (“Io

non credo nella mia salvezza. Credo

negli uomini e nella bellezza,

nel potere della tenerezza”). Per

noi significa che nessuno si salva

da solo e che potremo ritrovare

la luce in fondo al tunnel unicamente

ricostruendo il senso di comunità,

credendo nella bellezza,

nella ricchezza che la diversità tra

gli uomini ci offre e nel rispetto

dell’altro da noi. Temerari ospita

altri grandi amici artisti: Franchino

D’Aniello, flautista dei Modena

City Ramblers (nella canzone

Zep), Melissa Fontana, cantante

dei Duramadre (nel brano Il lanciatore

di coltelli) e Roberto Cipelli

(nella rielaborazione di Povero

tempo nostro).

Raccontate le motivazioni dell’omaggio

a Gianmaria Testa?

Temerari sulla macchine volanti

parla di molti temi, ma è sostanzialmente

un album dedicato alle

relazioni tra gli esseri umani, ai

tanti tic, alle storture, ma anche

ai caratteri e alle sfaccettature che

in questa fase storica ci sembra

che le connotino. Ci sono la fragilità

(ne Il lanciatore di coltelli),

la paura (in Vecchie abitudini),

l’indifferenza (in Odio gli indifferenti),

la razionalità (in Ci credi

ancora?), l’amore per la vita (in

30.000 giorni), la dignità (in Zep),

la precarietà (in Non avrai il mio

scalpo) e il narcisismo autoritario

(in Un giro di vite). Perché ci piace

interrogarci, scavare dentro di

noi e portare alla luce quanto di

buono e di cattivo ritroviamo. È

per questo che ci manca tanto un

profondo indagatore dell’animo

umano e uno strenuo difensore

dei più deboli, come Gianmaria

Testa, a cui abbiamo dunque

deciso di dedicare un omaggio,

provando con grande umiltà a

rileggere a modo nostro un suo

brano struggente e bellissimo,

uscito postumo nel 2019, grazie

alla moglie Paola Farinetti, che lo

ha ritrovato registrato tra i suoi

provini. “Povero tempo nostro”

chiude dunque il nostro CD con

toni anomalmente intensi e delicati,

intrisi di tutto l’amore che

abbiamo provato a iniettare in

quella canzone, ma soprattutto

grazie alla straordinaria partecipazione

di Roberto Cipelli, uno

dei migliori pianisti jazz italiani

(Paolo Fresu, Sheila Jordan, Tiziana

Ghiglioni, Ornella Vanoni

e molti altri), per anni collaboratore

di Testa, a cui abbiamo

chiesto di portare un po’ di Gianmaria

nel mood del brano. Speriamo

di esserci riusciti. Filippo

Bernardoni ha completato l’opera

abbinando i suoi disegni in un

video evocativo ed emozionante.

6

7



SERGIO TENTELLA

Dopo numerose collaborazioni e l’esperienza in duo con Elephantides, il batterista

si lancia in un’avventura solista con “Space Pocket Shapes”

Ci vuoi raccontare come nasce il

tuo progetto?

Circa un anno fa, mentre ero in

tour con Elephantides e altri progetti,

ho iniziato a lavorare ad alcune

idee.



Tra una data e l’altra in treno buttavo

giù beat e melodie, tornavo

in studio e ci lavoravo. Dopo qualche

mese avevo diverse tracce, a

quel punto ho sentito l’esigenza di

lavorare a un ep e iniziare questo

percorso da solista.

Ci fai un track-by-track dei tre

brani dell’ep per raccontarci idee

e intenti di ogni pezzo?

- Space è un brano che mi piace

molto, ogni strumento costruisce

il groove senza mai sovrapporsi

all’altro, ho voluto mescolare ritmiche,

melodie prettamente funk

con con bassi acidi e techno.

- Pocket Shapes è il brano che mi

rappresenta di più in questo EP,

synth e bassi restano sempre costanti

mentre la batteria slitta di

1/16 ogni battuta creando un effetto

di costante sorpresa. Ho deciso

di pubblicare questo brano

per primo e di apparire nel video

con delle sagome, le “forme tascabili”

rappresentano le varie versioni

di me stesso in un tutta la fase

creativa ed esecutiva.

- Moon Dancing, è l’ultima

traccia che ho scritto

durante il lockdown. Un

pomeriggio mi sono imbattuto

nei filmati dell’allunaggio,

mentre li guardavo

ho iniziato a buttare

giù idee fino ad arrivare

alla traccia completa. Per

questo motivo ho deciso

di utilizzare le stesse immagini

nel video, enfatizzando

il concetto di “Motion

Interpolation” con il

Time Remapping e vari

effetti su After Effects.

Hai collaborato, principalmente

come batterista, con

alcuni artisti molto celebri. Dai

chi hai “rubato” qualcosa in termini

di passione, professionalità,

ispirazione?

Quando ti si presenta l’occasione

di lavorare con qualcuno sei libero

di scegliere, con la maggior parte

degli artisti con cui ho lavorato,

ho avuto margine di crescita e d’ispirazione

per migliorarmi, motivo

per cui ho scelto di lavorarci.

Sono una persona curiosa e cerco

spesso di prendere dagli altri ispirazione

per approfondire e migliorare,

questo per dire che ognuno a

modo suo è riuscito a trasmettermi

qualcosa.

Chi ami particolarmente invece

della musica italiana di oggi?

Ahimè non seguo molto la scena

musicale italiana da sempre, quella

di oggi mi sfugge ancora di più.

Quali saranno i tuoi passi futuri?

Lavorare a un nuovo disco degli

Elephantides e da solista, girare il

più possibile con i progetti che seguo

e sperimentare molto.

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AMUSIN’ PROJECTS

Arsen Palestini è un rapper e compositore italiano di stanza a Bologna.

Ha iniziato la sua attività con le Menti Criminali. Di recente ha dato il via

al nuovo progetto, una sorta di “laboratorio collettivo”

Come nasce il progetto Amusin’

Projects?

Be’ dopo molti anni con un gruppo

rap ho deciso di ampliare un

po’ gli orizzonti e mettere su un

progetto in parte solista in parte

collettivo, con apporti da parte di

amici e colleghi brillanti, e come

me (e il mio gruppo, Menti Criminali),

non molto riconosciuti a

livello nazionale, purtroppo, per

vari motivi. Qui posso sperimentare

nelle direzioni del Jazz Rap,

del Trip Hop, del Lo-Fi cantato,

in piena libertà. Senza necessariamente

avere una ‘direzione’, ma

percorrendo più strade, e chissà

dove si arriva. Ma è il bello della



Musica, in fondo, e per fortuna.

Ci racconti qualcosa delle ispirazioni

alla base del nuovo ep “Mystery

in the making vol.2”

Prima di tutto il rap con elementi

jazzy (alla Guru, The Roots, Jungle

Brothers, Lone Catalysts), di

cui siamo grandi appassionati nel

negozio romano di Kato, che è

stato fondamentale per lo sviluppo

delle mie idee. I pezzi più cantati,

invece, in tutto il nuovo filone

Lo-Fi, in grande espansione, che

è in parte legato a quel suono di

Bristol degli anni ‘90 (Portishead,

Tricky, Massive Attack). Co-

munque ascolto e provo a metabolizzare

molte altre cose, anche.

Nessuno stile è del tutto ‘puro’, e

nell’elettronica in fondo può trovare

spazio qualsiasi strumento, o

sample, o stranezza vocale. Tutto

ciò è estremamente stimolante.

Nella produzione mi ha aiutato

molto Simone Romani, che è un

chitarrista funky, anche lui in costante

evoluzione al di fuori dagli

schemi, cosa che dovremmo fare

un pò tutti e tutte, sempre.

Per il disco hai collaborato con

molti artisti, alcuni dei quali anche

di parti opposte del mondo.

Che tipo di esperienza è stata?

Molto bella. Grazie alle tecnologie

si riesce anche a interagire e

costruire canzoni anche con persone

che non si incontrano o non

si possono incontrare, purtroppo.

Col beatmaker giapponese NES

ho trovato una particolare intesa

anche se abbiamo comunicato

solo via Internet. L’avevo fatto anche

in precedenza con il musicista

elettronico piemontese Resonanz

Kreis, e mi ero trovato bene. Incredibile

come si creino queste alchimie

magiche, ma chiaramente

la Musica è impregnata di magia.

Meglio lavorare in compagnia,

però, è decisamente più divertente,

come con C_loud e Mr Tav,

altri ottimi beatmaker emergenti

della scena Lo-Fi.

Tre nomi che ti piacciono particolarmente

della musica contemporanea.

Kendrick Lamar, Run The Jewels,

Tame Impala. Ma ce ne sarebbero

molti altri.

Quali sono i prossimi progetti?

Ci aspetta un “volume 3”?

Cantare un pò di questi pezzi dal

vivo, se si riesce a rimettere in piedi

qualche show, anche piccolo e

in sicurezza, per quanto è possibile.

A proposito, vi aspetto. Il Volume

3? Beh, se campo fino al 2021,

direi di sì. In caso contrario, direi

di no. Grazie e saluti!

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15



OUTWAVE

Il quartetto padovano presenta il nuovo lavoro, “The Storm”, ricco di sonorità

brit pop - alt rock

Ci presentate la vostra band?

Siamo una band padovana composta

da 4 elementi, Luca Ceccato

(voce e chitarra), Alessandro

Andrian (chitarra), Leonardo De

Sisti (basso) e Giovanni Masiero

(batteria). L’idea nasce con la voglia

di esprimere realmente qual-

cosa che vada contro corrente

ri-spetto al contesto musicale

italiano attuale (da qui il nome

“Outwave”, fuori dall’onda), che

possa portare un messaggio agli

ascoltatori attraverso sonorità

brit rielaborate. Il gruppo nasce

quasi 4 anni fa, da una amicizia

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e stima consolidata da anni.

Crediamo fortemente nel nostro

progetto, ed è per questo che siamo

sempre entusiasti di presentarci,

quindi vi ringraziamo per

l’occasione.

Perché avete deciso di cantare

in inglese? C’è la possibilità di

sentirvi usare l’italiano, prima o

poi?

Una sonorità brit pop - alt rock

che si può riconoscere nelle nostre

canzoni richiama prettamente

la lingua inglese, dato che i modelli

di band che ci influenzano

maggiormente sono di matrice

anglosassone. L’inglese, inoltre, la

reputiamo una lingua universale

che, soprattutto nella musica, può

raggiungere la maggior parte degli

ascoltatori. Per ora il nostro sound

ci porta più a continuare con questo

stile… ma sicuramente sperimentare

nuovi orizzonti legati

alla musicalità della lingua italiana

non è una ipotesi da escludere!

Ci raccontate il concept di The

Storm?

The Storm racconta l’evolversi di

un cambiamento personale che

più o meno tutti nella nostra vita

abbiamo vissuto e dal quale ne

siamo usciti inevitabilmente diversi.

Imbatterci nella tempesta,

nel caos che irrompe e stravolge

la nostra quotidianità ci porta a

reagire, riflettere e a valutare ciò

che ha un reale valore per noi. La

tempesta genera paura, è qualcosa

di imprevedibile, ci prende alla

sprovvista e se ci troviamo senza

un riparo ne veniamo travolti,

verso l’ignoto, in balia dei suoi

fulmini. The Storm vuole essere

un messaggio di speranza per chi,

come noi ha affrontato il caos nella

tempesta, ha vissuto quel turbine

di emozioni violente e viscerali

che essa genera, per superarla e

uscirne, certo, diverso rispetto a

prima, ma con una maggiore consapevolezza

di sé stesso e del percorso

personale fatto fino a quel

momento… Ecco perché è così

importante la presenza del nido

in uno scenario “morente”, simbolo

di speranza e di rinascita dalle

rovine generate dalla tempesta

interiore. Questo è il fulcro del

nostro concept album, il cambiamento

è parte integrante della natura

delle cose e degli avvenimenti

e mai come in questo periodo ce

ne siamo resi conto. Non potremo

mai averne il controllo, tuttavia

abbiamo in noi tutte le risorse

per poterlo fronteggiare, in modo

da cercare un nuovo equilibrio in

mezzo a questo flusso di eventi, a

questo groviglio dentro di noi che

non smetterà mai di muoversi.

Tre nomi di vostri punti di riferimento

musicali oggi.

Anche se veniamo da correnti

musicali molto diverse tra loro,

abbiamo trovato un punto d’incontro.

Le influenze musicali sicuramente

sono riscontrabili nel

nostro sound e nelle nostre melodie

che prediligono di certo il

pop – rock anglosassone, traggono

ispirazione da band come U2,

Foo Fighters e Pink Floyd.

Quali saranno i vostri prossimi

passi?

Sicuramente quello che ci auguriamo

è di tornare live al più è

presto. Sentiamo la mancanza del

calore dei nostri fan, a maggior

ragione ora che sta per uscire il

nostro album… Questo periodo

complicato legato alla pandemia

non ci ha demoralizzato, anzi,

sono nate nuove idee artistiche

che potrebbero portarci presto a

registrare altro materiale!

18 19



TUGO

“Giorni” è il primo lavoro autoprodotto della band emiliana, nata nel

2018 dalle ceneri di un’altra formazione dall’esperienza decennale

Come nascono i Tugo?

Il progetto Tugo nasce nel 2018,

evoluzione più o meno naturale

della nostra precedente esperienza,

ormai decennale, con una

band di stampo prettamente acustico,

i “Divi di Hollywood”. Imbracciati

gli strumenti elettrici, ci

siamo lanciati in un paio d’anni di

jam session in sala prove, definendo

un minimo il nostro suono e

scrivendo una decina di pezzi. Da

qui, la decisione di battezzare 4-5

canzoni ed entrare in studio per la

realizzazione dell’ep Giorni.

Di che periodo è figlio questo



ep? Fotografia del momento o

canzoni nel cassetto da tempo?

Se mi stai chiedendo se l’ep è figlio

degli ultimi mesi, tra lockdown e

fasi 2 -3 etc., ti dico di no. Le canzoni

sono nate principalmente nel

2019, affinate in sala prove in vista

del nostro primo live, a Luglio

dello scorso anno, in apertura ai

Fast Animals e Slow Kids. Siamo

entrati al “Purple Caverna Studio”

di Francesco Mazzini, il nostro

batterista, in autunno 2019 e chiuso

tutte le take a fine gennaio, inizio

febbraio 2020.

Il vostro sound è molto elettrico

e anche abbastanza “vintage”.

Che cosa pensate della musica

italiana oggi?

Siamo tre ragazzi con gusti musicali

molto diversi tra loro, il suono

che esce da questo ep ne rappresenta

il perfetto compromesso.

L’immaginario musicale che abbiamo

come riferimento è quello

dei nostri, ahinoi, vent’anni:

Arctic Monkeys, Strokes, Foo Fighters

e poi Verdena, Afterhours e

tutta la scena indie rock italiana di

quegli anni. In Italia negli ultimi

anni abbiamo assistito attoniti alla

scomparsa di quella scena e all’ascesa

del sedicente movimento itpop

che ha letteralmente mangiato

il mercato, forse più per hype

che per effettiva qualità. Qualcosa

si salva, artisti di talento ce ne

sono sicuramente tanti se si ha la

pazienza di andarseli a cercare,

oltre ai più blasonati Giorgio Poi,

Motta, FASK, Andrea Lazlo de

Simone, Lucio Corsi che ancora

sanno graffiare a colpi di chitarroni,

c’è tutto un corollario di band

emergenti che ci piacciono e che

ancora fanno rock.

Ma secondo voi perché Nessuno

vuol bene al bassista?

Ahaha... il ritornello primordiale

in inglese è diventato poi in italiano

Nessuno vuole bene al bassista;

tutto il resto del testo gioca

appunto intorno a questa frase

ma non c’è una storia reale dietro.

Metaforicamente, chi in fondo

non si sente un bassista, relegato

a un ruolo che lo status quo vuole

marginale ed emarginato sul

grande palco che è la vita ? Alla

fine il nostro bassista ce l’ha fatta a

uscire da questa situazione, emancipandosi

a colpi di Rickenbacker

e urlando fuori tutto il suo riot interno.

Ma alla fine non ce n’era bisogno:

gli abbiamo sempre voluto

bene :)

Che cosa seguirà questo ep?

Questo è il nostro anno zero; con

la promozione di questo EP puntiamo

ad uscire dalla nostra città,

dalla cerchia dei nostri amici e parenti

per arrivare alle orecchie di

un pubblico più vasto ed eterogeneo.

Chissà se, finito questo periodo

di emergenza, riusciremo a calcare

palchi per noi nuovi davanti

a un pubblico nuovo e giovane?

Presenteremo il nostro EP con un

release party sabato 26 Settembre

al circolo Arci App Colombofili di

Parma insieme ad Amalthea, giovane

cantautrice parmigiana. Nei

prossimi mesi torneremo sicuramente

in studio per lavorare sulla

definizione del nostro suono, ancora

abbastanza astratto, e buttar

giù qualche nuovo pezzo, idea, venuti

fuori in questi strani Giorni.

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NIAMH

Nessun disco prima di maggio 2021, ma la band metal, forte di un seguito

sempre crescente, guarda al futuro con una certa fiducia

Due dischi, tantissimi live, parecchie

aperture per band di

fama mondiale. A che punto è la

carriera dei Niamh?

Oh, io spero solo all’inizio! Come



si dice, il meglio deve ancora arrivare,

e noi non ci fermiamo mai.

Lavorare duro porta i suoi frutti,

magari non oggi, magari non domani,

ma prima o poi arrivano,

sempre. Qualche soddisfazione ce

la siamo già tolta, ma i bei palchi

danno assuefazione.

Si dice che il rock sia morto, ma

il metal invece continua a contare

su una fetta di fan quasi inossidabile.

Come mai secondo voi?

Perché il metal è una scelta di vita.

Ti poni in una certa maniera, vivi

in una certa maniera. Questo non

vuol dire uniformarsi, ma prendere

alcune cose in maniera diversa,

forse più profonda. Ad esempio,

quasi tutti quelli che amano il

metal, spesso suonano uno strumento.

Si fanno chilometri e chilometri

per vedere la loro band

preferita. Risparmiano tutto l’anno

per andare a vedersi un festival

(purtroppo tocca andare lontano

per vederne uno come si deve...)

Chi altro lo fa se non noi stupidi

metallari? :D

Siete riusciti a ripartire con i

live? Come vedete la situazione

al momento?

Ci stiamo lavorando; purtroppo

non è facile, non ci sono notizie

certe. Ci sono saltati un bel po’ di

concerti, fra cui anche un paio di

date in Russia a ottobre con una

super band. Contavamo di ripartire

a settembre ma forse siamo stati

troppo ottimisti, ma stiamo lavorando

a un mini tour in Svezia per

febbraio e qualche data più piccola

in Italia.

SuperSonic è datato 2019. A

quando il prossimo disco?

Mi sembra ieri l’uscita di SuperSonic!

Be’, per via dell’annullamento

dei vari live, la composizione ne

ha beneficiato. Anche se abbiamo

deciso di non metterci fretta, SuperSonic

ancora non ha beneficiato

di una adeguata promozione

live. Ma è interessante comporre

senza pressioni, ciò ci ha anche

permesso di curare più dettagliamente

l’aspetto dei video, da poco

ne uscito uno per Universe, secondo

singolo di SuperSonic, e a

novembre inizieremo le riprese di

quello che sarà il singolo del prossimo

disco. Comunque, verosimilmente

non credo si possa parlare

di un’uscita prima di maggio.

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DANIELE FORTUNATO

“Quel filo sottile” è il nuovo album del cantautore, un concept che parla

“distanze, ritorni, evoluzioni, crescite, confronti e cambi di prospettiva”

Chi è Daniele Fortunato?

Un papà/cantautore/maestro elementare,

tutto insieme, tutto d’un

fiato, ogni giorno.



Perché la scelta del concept album?

Capita di rado, che le canzoni che

stai scrivendo in un periodo, abbiano

sempre gli stessi protagonisti

ripresi in momenti diversi.

Dovevo necessariamente legare

insieme questi brani e raccontare

la loro storia. Questo concept parla

di distanze, ritorni, evoluzioni,

crescite, confronti e cambi di prospettiva.

È vita vissuta, senza timore

di mostrare luci ed ombre.

Ci vuoi raccontare qualcosa della

“squadra” che hai assemblato

per questo album?

Desideravo uno studio che avesse

cura di produzioni dal suono

“live” e acustico. Ho scelto il Marzi

studio di Riccione (dove hanno

inciso Concato, Gualazzi, Zucchero...)

perché sul territorio è un

punto di riferimento quando ami

certe sonorità. Ad accompagnarmi

in studio ho chiamato tre musicisti

eccezionali: Milko Merloni

(contrabbasso) Gianluca Nanni

(batteria) e Massimo Semprini

(sax) che hanno vestito di atmosfere

jazzy brani di matrice pop

folk; interpretando esattamente il

linguaggio che cercavo per questo

disco.

Tre nomi che ti piacciono particolarmente

della musica italiana?

Samuele Bersani

Zucchero

Daniele Silvestri

Dove ti porteranno i prossimi

passi?

Il 25 settembre uscirà il disco, ed è

già una passo fondamentale. Ora

voglio mettere le canzoni in valigia

e portarle in giro, in luoghi

dove possano risuonare. Una tappa

sicura sarà Novara, in Piemonte,

la città in cui sono nato. Sto

organizzando il concerto in compagnia

di amici musicisti con cui

ho condiviso negli anni strade di

musica e di vita.

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FULVIO EFFE

“Punto” è il primo disco solista per il cantautore appassionato di songwriting

all’americana

Ci vuoi raccontare chi è Fulvio

Effe?

Probabilmente è un bambino un

po’ cresciuto, molto curioso, che

non ha mai smesso di sognare,

che ha avuto la costanza e la caparbietà

di riuscire a fare della

musica il mio lavoro, lavoro a contatto

con i bambini (ho una scuola

di musica in Alessandria) e questo

mi permette di trovare sempre

nuovi spunti creativi, i bambini

sono eccezionali!

Primo disco solista: perché proprio

ora?

Perchè probabilmente questo è il



momento giusto, probabilmente

ho finalmente più tempo rispetto

a qualche anno fa, è un percorso

iniziato ormai quasi 20 anni fa, alcuni

brani risalgono addirittura al

2005, insomma andava fatto!

Il disco svaria molto a livello di

sonorità e di spunti. Quali sono

state le ispirazioni che ti hanno

portato alla scrittura dei brani?

Scrivo sempre a seguito di un’emozione

molto forte, positiva o

negativa che sia, sicuramente la

perdita di mio padre di due anni

fa ha contribuito molto a riaccendere

in me la voglia di tornare a

scrivere.

Quali sono i tuoi punti di riferimento

musicali oggi?

Adoro il cantautorato americano

ma, in linea di massima non ho

veri e propri riferimenti, mi piace

molto sperimentare e cercare nuove

soluzioni ai miei arrangiamenti.

Quali saranno i tuoi prossimi

passi?

Sicuramente far conoscere il disco

il più’ possibile, tramite la rete e i

miei live, e poi chissà magari preparare

già il secondo album.



HEADLIGHT

Con ispirazioni che arrivano dal grande pop internazionale, il quartetto

pubblica “Timeline”, il nuovo lavoro

Come nascono gli Headlight?

Tutto è iniziato con l’incontro del

batterista (Stefano Berarducci) e

del cantante (Domenico D’Alessandro).

L’idea di partenza era

quella di dare vita ad una collaborazione

tra i due, solo per un



brano. Notando entrambi delle

affinità nei gusti musicali, nasce la

voglia di iniziare un percorso insieme,

affiancandosi al chitarrista

(Luca Iurisci) e al bassista (Riccardo

Grumelli). In quel preciso

istante sono nati gli Headlight.

Mi spiegate titolo, copertina e

ispirazioni del vostro disco?

Il tempo impiegato per la registrazione

dell’album, ha rappresentato

per noi una crescita,sotto ogni

aspetto,è stata una esperienza del

tutto nuova. Abbiamo percorso

una vera linea temporale, partendo

da zero ed arrivando ad un

obbiettivo prefissato, l’album Timeline.La

lampadina(accesa) raffigurata

sulla copertina,racchiude

il significato di ciò che la musica

rappresenta per noi,la luce che illumina

il sentiero e ci permette di

andare avanti, anche se intorno a

noi regna il buio.

Perché avete scelto This Love

come singolo e video?

This Love è il sound che stavamo

cercando. Questa traccia ha

rappresentato per noi un punto

di svolta. Il brano prende una direzione

diversa rispetto gli altri.

Eravamo alla ricerca di quelle

sonorità, abbiamo capito che era

quella la chiave giusta. È la traccia

alla quale siamo maggiormente

legati, proprio perché ci rispecchia

meglio delle altre. Il video è stato

una conseguenza di tutto questo.

Quali sono i vostri punti di riferimento

musicali?

Se dovessimo scegliere un solo

gruppo, come riferimento musicale,

sicuramente la scelta ricadrebbe

sui Coldplay. Non nascondiamo

però il nostro amore per gli

U2.

Quali saranno i vostri prossimi

passi?

Il futuro è sempre incerto. Per ora

possiamo dire che stiamo preparando

nuovo materiale, sperando

di suonarlo presto dal vivo.

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