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PreTesti - Telecom Italia

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39<br />

lo smarrimento che, nel romanzo, provava<br />

Franz Biberkopf appena uscito dal carcere<br />

di Tegel, mentre col tram 41 s'inoltrava nelle<br />

viscere della città babelica e implacabile,<br />

e "dentro di lui qualcosa gridava con terrore:<br />

attenti, attenti, si comincia!".<br />

Eppure, non è che Berlino ci parli oggi con<br />

meno irruenza. In un certo senso, anzi, la<br />

città è divenuta quasi il prodotto vivente<br />

di quel montaggio frenetico che Döblin<br />

esercitava nelle pagine del suo romanzo,<br />

sgretolandone la for­<br />

ma narrativa in un<br />

arruffio di segni,<br />

voci, balenii, schegge,<br />

mentre da dietro<br />

il più piccolo dettaglio<br />

(l'insegna di un<br />

negozio, lo scorcio di<br />

un caffè, il titolo di<br />

giornale…) poteva<br />

far capolino lo sguardo di un futuro troppo<br />

irrefrenabile e incerto per non riuscire minaccioso.<br />

A chi passeggi oggi per Berlino,<br />

quasi ogni batter d'occhio è come un gioco<br />

audace di stacchi, dissolvenze, incroci lungo<br />

una narrazione di cui la storia stessa si<br />

è incaricata di mescolare i tempi e gli spazi:<br />

le linee inflessibili del vecchio aeroporto di<br />

Tempelhof, nella cui severità ancora s'indovina<br />

l'allucinata monumentalità della capitale<br />

Germania vagheggiata da Hitler, accolgono<br />

senza imbarazzo l'atmosfera svagata<br />

e un po' fricchettona di un parco; e sulle<br />

facciate solenni degli edifici lungo la Karl-<br />

Marx-Allee, réclame architettonica del socialismo<br />

reale nella Berlino divisa, si aprono<br />

come nulla fosse le vetrine chiassose dei<br />

supermercati e dei fast­food. Ma tutto questo<br />

ci arriva nella figura già rasserenata di<br />

una storia che conosciamo, di una città che<br />

è proprio quella che ci hanno raccontato e<br />

che siamo venuti a vedere.<br />

È forse vero, come ha<br />

osservato Wim Wenders,<br />

che a parlare oggi di berlino<br />

sono soprattutto i suoi<br />

spazi vuoti<br />

È forse vero allora, come ha osservato Wim<br />

Wenders, che a parlare oggi di Berlino sono<br />

soprattutto i suoi spazi vuoti, come gli scorci<br />

in cui la città dei simboli storici e delle<br />

arditezze architettoniche offre al nostro<br />

sguardo un varco d'incertezza, il pretesto<br />

di uno smarrimento che non avevamo previsto<br />

e che ci lascia più interdetti di quanto<br />

possa mai fare la vista, improvvisa ma non<br />

davvero inattesa, di una Trabant. Del resto,<br />

proprio Döblin affermava che "Berlino è<br />

per la maggior parte<br />

invisibile", a ricordarci<br />

come quel balenare<br />

di segni, quel<br />

tramestare beffardo<br />

della storia sia ancora<br />

niente o quasi:<br />

Berlino trapela altrove,<br />

in un certo nostro<br />

sguardo più sottile e<br />

involontario, e nel remoto turbamento che<br />

ci procura.<br />

Vista da una finestra all'angolo della Taubenstrasse,<br />

come in un racconto di E.T.A.<br />

Hoffman, la Berlino del 1822 poteva già<br />

produrre "una piccola vertigine che assomigliava<br />

al delirio non sgradevole di un sogno<br />

a venire", solo nell'ondeggiare della folla in<br />

una piazza durante un giorno di mercato. E<br />

la Berlino guglielmina dei romanzi di Theodor<br />

Fontane, appena sbozzata negli interni<br />

ordinati della case borghesi, nelle passeggiate<br />

lungo la Sprea, nei balconi affacciati<br />

sul Tiergarten, sapeva però già pungolare<br />

crucci inconfessati e smascherare inquietudini<br />

a lungo represse: una passeggiata<br />

per l'Unter den Linden poteva rivelare alla<br />

giovane Effi ciò che la signora von Briest<br />

ignorava, compiaciuta della bontà d'animo<br />

della propria figlia che viveva senza pretese,<br />

"fra fantasticherie e sogni": il fatto che,<br />

nondimeno, in certe questioni Effi aveva<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012

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