numero 3 - Piccole Serve

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14 Ora Jean Pierre sta bene, sebbene invalido per la gamba amputata, è felicemente circondato dai suoi cari. all’ospedale, dove, pur non essendo lontano, arriviamo dopo un’ora circa a causa del molto traffico. Arrivati al reparto delle urgenze e in attesa della visita medica già si vedono le facce dei dottorini non abituati a questo spettacolo poco gradito, che guardano meravigliati e si tappano il naso per l’odore. Non vogliono ricoverarlo perché non hanno l’ambiente adatto per accoglierlo, inoltre la sala operatoria è in fase di ristrutturazione. Infatti da tre mesi si fanno solo interventi per casi urgenti. L’alternativa è quella di rivolgersi alle cliniche private, ma i poveri purtroppo non possono permetterselo. Arriva il chirurgo, capo guarda la gamba e sta in silenzio; ci guarda e ancora non proferisce parola. Chiedo aiuto al Signore e inizio la conversazione. “Senti – gli dico – vedi bene che soffre, anche se non è mio fratello di sangue, lo è come figlio di Dio, come lo sei tu e come lo sono io. Per favore, noi suore siamo disposte a pagare l’operazione e tutto quanto occorre per rimetterlo in salute. Non siamo ricche perché curiamo solo i malati poveri, ma siamo sicure che il Signore vede ogni cosa e ci aiuterà”. Il dottore, sempre zitto zitto, scrive una lista di medicinali da acquistare e di esami da eseguire. “In fretta – dice – perché c’è il rischio di una setticemia”. Per mezzogiorno tutto è già pronto. Nel primo pomeriggio il chirurgo viene di nuovo e prescrive l’eco doppler, perché non sa fino a punto la cancrena ha compromesso la gamba. Eseguito anche questo esame, ritorno a casa, perché ormai si fa sera. Al mattino sono nuovamente all’ospedale sperando di trovare Jean Pierre operato, invece è ancora lì, con il suo piede avvolto in un lenzuolo, che si lamenta dal male. Spero sempre che da un momento all’altro arrivino gli infermieri a prenderlo segue a pag. 19
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