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le alla formazione del senso di appartenenza<br />
sin dai primi anni di vita. Appartenere significa<br />
essere convinti di avere il posto che ci spetta,<br />
di essere stati desiderati.<br />
Il bambino che nella relazione con i genitori<br />
non riesce a cogliere il senso dell’appartenenza<br />
non potrà formarsi quella fiducia di<br />
base mediante la quale potrà affrontare le difficoltà<br />
della vita “sento di avere un senso, di<br />
poter dare un significato positivo al mio essere<br />
al mondo”.<br />
Questa carica positiva di amore, di accettazione,<br />
di gioia intensa e continuativa nel<br />
tempo serve al bambino per costruirsi quella<br />
fiducia di base indispensabile per poter raggiungere<br />
una sana autonomia ed esprimere le<br />
proprie capacità attraverso l’iniziativa e l’industriosità<br />
(Erickson).<br />
Altra funzione genitoriale è quella normativa<br />
legata all’esercizio dell’autorità come<br />
autorevolezza. Il bambino non è capace di<br />
prendersi cura di sé stesso perché non sa di<br />
cosa ha bisogno o come soddisfare i suoi bisogni.<br />
In questo apprendimento la guida necessaria<br />
è quella di un’altra persona (genitore)<br />
la quale, con il suo intervento (controllo) permette<br />
– non permette, concede – non concede,<br />
seleziona i bisogni da soddisfare ed aiuta a<br />
controllare e ad educare l’impulsività e l’aggressività.<br />
Sono i genitori che insegnano al bambino<br />
la priorità dei bisogni cui dare risposta e<br />
lo aiutano a prendersi cura di sé. Un bambino<br />
ha bisogno di un chiaro sistema di norme e<br />
divieti. La politica del lasciar fare non è una<br />
scelta di amore ma di comodo. Il bambino<br />
cerca il limite, ha bisogno di contenimenti<br />
fisici e psichici per cui i genitori devono saper<br />
dire dei sani NO motivati ma inflessibili.<br />
L’esercizio dell’autorità fa parte del rapporto<br />
educativo. Ciò che discrimina è il motivo del<br />
suo esercizio:<br />
– l’autoritarismo è il potere usato a vantaggio<br />
di chi lo esercita;<br />
– l’autorevolezza è il potere usato a vantaggio<br />
di chi è educato;<br />
– la complicità è il potere usato per accattivarsi<br />
in modo subdolo chi è educato.<br />
L’autorevolezza chiede ai genitori di<br />
confrontarsi su ciò che vale veramente nella<br />
vita, di conoscere i ritmi di crescita dei figli<br />
per evitare di leggere le loro reazioni secondo<br />
modelli e schemi mentali riferibili al comportamento<br />
adulto.<br />
Il silenzio dell’ascolto e le parole del dialogo<br />
dovranno sempre essere gli elementi di<br />
scambio reciproco tra genitori e figli da protrarsi<br />
nel tempo. L’amore, l’esempio e l’ascolto<br />
sono la sintesi di ogni forma educativa e<br />
l’unico mezzo per vincere giorno dopo giorno,<br />
conflitto dopo conflitto la lotta tra il bene che<br />
i figli dovranno riconoscere e capire e il male<br />
che una volta individuato dovranno imparare<br />
ad evitare.<br />
Non esistono genitori ideali o modelli da<br />
copiare; normalità è avere problemi, ma anche<br />
tensione a ricercare possibili soluzioni, a mantenere<br />
non senza sforzo, la coerenza tra principi<br />
e comportamento concreto, ad affrontare<br />
gli inevitabili cambiamenti come opportunità<br />
di sperimentare il nuovo, nonostante i rischi e<br />
le incertezze, a considerare il donare sé all’altro<br />
come arricchimento e non come impoverimento,<br />
a dare cura e amore senza fusione. È un<br />
percorso lungo e faticoso che passa attraverso<br />
la ribellione, il conflitto, la ricontrattazione,<br />
ma la posta in gioco ne vale la pena perché<br />
è importante: la graduale autonomia dei figli<br />
e degli stessi genitori verso una nuova unità<br />
di coppia.<br />
L’osservazione ha messo in evidenza<br />
che nel corso del lungo processo formativo<br />
da neonato ad adulto, la persona affronta<br />
esperienze diverse, alcune delle quali lasciano<br />
segni profondi sul mondo delle sue conoscenze<br />
e nella sfera dei suoi comportamenti<br />
pratici, ma nessuna di esse ha l’immediatezza,<br />
la continuità, la profondità dei rapporti<br />
che si realizzano nella normale sfera del<br />
quotidiano. Vi è un misterioso mondo vitale<br />
che si esprime nella concretezza del vissuto<br />
familiare che alla fine appare vincente sulle<br />
altre proposte educative forse più suggestive<br />
ed autorevoli, ma che non hanno dalla loro<br />
parte il sostegno e l’apporto della vita quotidiana.<br />
Si educa per quello che si è, assai più<br />
che per quello che si sa ed anche se in apparenza<br />
la famiglia sembra oggi relegata in una<br />
posizione marginale dal moltiplicarsi di altre<br />
agenzie educative, i genitori sono ancora<br />
“maestri che contano” la cui proposta lascia<br />
tracce profonde a livello di vissuto assai più<br />
che di appreso. Vi sono molti luoghi in cui<br />
si impara a conoscere, ma pochi in cui si<br />
apprende ad essere.<br />
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