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numero 3 - Piccole Serve

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le alla formazione del senso di appartenenza<br />

sin dai primi anni di vita. Appartenere significa<br />

essere convinti di avere il posto che ci spetta,<br />

di essere stati desiderati.<br />

Il bambino che nella relazione con i genitori<br />

non riesce a cogliere il senso dell’appartenenza<br />

non potrà formarsi quella fiducia di<br />

base mediante la quale potrà affrontare le difficoltà<br />

della vita “sento di avere un senso, di<br />

poter dare un significato positivo al mio essere<br />

al mondo”.<br />

Questa carica positiva di amore, di accettazione,<br />

di gioia intensa e continuativa nel<br />

tempo serve al bambino per costruirsi quella<br />

fiducia di base indispensabile per poter raggiungere<br />

una sana autonomia ed esprimere le<br />

proprie capacità attraverso l’iniziativa e l’industriosità<br />

(Erickson).<br />

Altra funzione genitoriale è quella normativa<br />

legata all’esercizio dell’autorità come<br />

autorevolezza. Il bambino non è capace di<br />

prendersi cura di sé stesso perché non sa di<br />

cosa ha bisogno o come soddisfare i suoi bisogni.<br />

In questo apprendimento la guida necessaria<br />

è quella di un’altra persona (genitore)<br />

la quale, con il suo intervento (controllo) permette<br />

– non permette, concede – non concede,<br />

seleziona i bisogni da soddisfare ed aiuta a<br />

controllare e ad educare l’impulsività e l’aggressività.<br />

Sono i genitori che insegnano al bambino<br />

la priorità dei bisogni cui dare risposta e<br />

lo aiutano a prendersi cura di sé. Un bambino<br />

ha bisogno di un chiaro sistema di norme e<br />

divieti. La politica del lasciar fare non è una<br />

scelta di amore ma di comodo. Il bambino<br />

cerca il limite, ha bisogno di contenimenti<br />

fisici e psichici per cui i genitori devono saper<br />

dire dei sani NO motivati ma inflessibili.<br />

L’esercizio dell’autorità fa parte del rapporto<br />

educativo. Ciò che discrimina è il motivo del<br />

suo esercizio:<br />

– l’autoritarismo è il potere usato a vantaggio<br />

di chi lo esercita;<br />

– l’autorevolezza è il potere usato a vantaggio<br />

di chi è educato;<br />

– la complicità è il potere usato per accattivarsi<br />

in modo subdolo chi è educato.<br />

L’autorevolezza chiede ai genitori di<br />

confrontarsi su ciò che vale veramente nella<br />

vita, di conoscere i ritmi di crescita dei figli<br />

per evitare di leggere le loro reazioni secondo<br />

modelli e schemi mentali riferibili al comportamento<br />

adulto.<br />

Il silenzio dell’ascolto e le parole del dialogo<br />

dovranno sempre essere gli elementi di<br />

scambio reciproco tra genitori e figli da protrarsi<br />

nel tempo. L’amore, l’esempio e l’ascolto<br />

sono la sintesi di ogni forma educativa e<br />

l’unico mezzo per vincere giorno dopo giorno,<br />

conflitto dopo conflitto la lotta tra il bene che<br />

i figli dovranno riconoscere e capire e il male<br />

che una volta individuato dovranno imparare<br />

ad evitare.<br />

Non esistono genitori ideali o modelli da<br />

copiare; normalità è avere problemi, ma anche<br />

tensione a ricercare possibili soluzioni, a mantenere<br />

non senza sforzo, la coerenza tra principi<br />

e comportamento concreto, ad affrontare<br />

gli inevitabili cambiamenti come opportunità<br />

di sperimentare il nuovo, nonostante i rischi e<br />

le incertezze, a considerare il donare sé all’altro<br />

come arricchimento e non come impoverimento,<br />

a dare cura e amore senza fusione. È un<br />

percorso lungo e faticoso che passa attraverso<br />

la ribellione, il conflitto, la ricontrattazione,<br />

ma la posta in gioco ne vale la pena perché<br />

è importante: la graduale autonomia dei figli<br />

e degli stessi genitori verso una nuova unità<br />

di coppia.<br />

L’osservazione ha messo in evidenza<br />

che nel corso del lungo processo formativo<br />

da neonato ad adulto, la persona affronta<br />

esperienze diverse, alcune delle quali lasciano<br />

segni profondi sul mondo delle sue conoscenze<br />

e nella sfera dei suoi comportamenti<br />

pratici, ma nessuna di esse ha l’immediatezza,<br />

la continuità, la profondità dei rapporti<br />

che si realizzano nella normale sfera del<br />

quotidiano. Vi è un misterioso mondo vitale<br />

che si esprime nella concretezza del vissuto<br />

familiare che alla fine appare vincente sulle<br />

altre proposte educative forse più suggestive<br />

ed autorevoli, ma che non hanno dalla loro<br />

parte il sostegno e l’apporto della vita quotidiana.<br />

Si educa per quello che si è, assai più<br />

che per quello che si sa ed anche se in apparenza<br />

la famiglia sembra oggi relegata in una<br />

posizione marginale dal moltiplicarsi di altre<br />

agenzie educative, i genitori sono ancora<br />

“maestri che contano” la cui proposta lascia<br />

tracce profonde a livello di vissuto assai più<br />

che di appreso. Vi sono molti luoghi in cui<br />

si impara a conoscere, ma pochi in cui si<br />

apprende ad essere.<br />

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