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Quick now. Here. Now. Always. L'invito al risveglio nei Four Quartets ...

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<strong>Quick</strong> <strong>now</strong>. <strong>Here</strong>. <strong>Now</strong>. <strong>Always</strong>.<br />

L’invito <strong>al</strong> <strong>risveglio</strong> <strong>nei</strong> <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong> di T. S. Eliot<br />

Marcella Scopelliti<br />

I Quartetti di T. S. Eliot vennero pubblicati, per la prima volta in unico volume, nel 1943. In<br />

questo articolo se ne propone una lettura puntu<strong>al</strong>e a partire d<strong>al</strong>la dimensione mistica che<br />

contraddistingue l’opera. La tesi è che questi poemetti “esoterici” (diretti solo a coloro che<br />

hanno la disponibilità di intraprendere la quest verso un’esistenza autentica) non<br />

costituiscano una mera rassicurazione di stampo religioso, bensì un invito propulsivo e<br />

irresistibile <strong>al</strong>la vita. Hic et nunc.<br />

Gesù disse, “Se vi diranno ‘Da dove venite?’<br />

dite loro, ‘Veniamo d<strong>al</strong>la luce,<br />

d<strong>al</strong> luogo dove la luce è apparsa da sé, si è stabilita,<br />

ed è apparsa nella loro immagine.’<br />

Se vi diranno, ‘Siete voi?’<br />

dite, ‘Siamo i suoi figli, e siamo i prescelti del Padre vivente.’<br />

Se vi chiederanno, ‘Qu<strong>al</strong> è la prova che il Padre è in voi?’<br />

dite loro, ‘È il movimento e la quiete.’ “<br />

[...]<br />

I discepoli dissero a Gesù,<br />

“Dicci, come verrà la nostra fine?”<br />

Gesù disse, “Avete dunque trovato il principio, che cercate la fine?<br />

Vedete, la fine sarà dove è il principio.<br />

Beato colui che si situa <strong>al</strong> principio:<br />

perché conoscerà la fine e non sperimenterà la morte.” 1<br />

I <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong> 2 di Thomas Stearns Eliot si innestano solennemente<br />

nel punto di crisi di The Love Song of J. Alfred Prufrock. Per<br />

interrompere quella catena tempor<strong>al</strong>e che lo porta ad affermare «I<br />

have measured out my life with coffee spoons», Prufrock dovrebbe<br />

osare e «force the moment to its crisis» 3 , dovrebbe insomma<br />

rifiutare l’ennesimo cucchiaino di caffè e liberare il suo presente d<strong>al</strong><br />

pressante chiacchiericcio delle donne nella stanza. Come indicano le<br />

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T.S.Eliot in una fotografia, con multipla<br />

esposizione, di Cecil Beaton (1956).


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epigrafi <strong>al</strong>l’opera, i <strong>Quartets</strong> si fanno portatori di una concezione eraclitea della re<strong>al</strong>tà: essa esiste solo in<br />

quanto flusso eterno in cui le cose si generano e si distruggono - «houses rise and f<strong>al</strong>l» 4 - per virtù d’antitesi.<br />

Se, da un canto la re<strong>al</strong>tà viene colta nel suo farsi, d’<strong>al</strong>tro canto viene colta nel suo riferirsi a un punto fermo<br />

che la trascende. Secondo questa duplice direttrice si attua la trasformazione del fragile presente degli uomini<br />

vuoti e il riscatto della morte che diventa così un inizio. L’uomo vive nel tempo e fuori d<strong>al</strong> tempo: vive nel<br />

flusso ma è in grado di avvertire le interferenze di un mondo trascendente. Nei <strong>Quartets</strong>, come si avrà modo<br />

di spiegare più avanti, l’uomo redime il tempo e sconfigge il determinismo del passato e del presente<br />

attraverso l’incursione nell’eterno. Lungi d<strong>al</strong>l’essere una fuga breve e consolatoria, l’esperienza del time<br />

between suscita una consapevolezza inaudita con cui affrontare la vita terrena. Si tratta di un movimento di<br />

andata e di ritorno, di spoliazione e reintegrazione tempor<strong>al</strong>e. I Quartetti sono, secondo chi scrive, un<br />

incontenibile appello <strong>al</strong>la vita.<br />

Ogni quartetto poggia su un pattern di cinque elementi/movimenti, an<strong>al</strong>ogo a quello di The Waste Land. Il<br />

tema di partenza si snoda a partire d<strong>al</strong>la contemplazione del luogo che dà nome <strong>al</strong> singolo poemetto ed è<br />

seguito d<strong>al</strong>lo sviluppo, in chiave minore, di un tema contrario, nel fondersi tra la voce lirica, appesa <strong>al</strong><br />

ricordo fisico di un’esperienza, e la voce del “filosofo” che sentenzia astrattamente. Ogni poemetto termina<br />

con un repose il cui significato è incarnato d<strong>al</strong> ritorno <strong>al</strong> luogo di partenza con una nuova consapevolezza, un<br />

riconoscimento. La struttura è quella della quest, il viaggio di conquista del tempo, il viaggio da e verso casa.<br />

Il periodo in cui Eliot scrive i <strong>Quartets</strong> è un momento biograficamente rilevante e rappresenta il “ritorno” del<br />

poeta, dopo un esilio europeo di una quindicina d’anni in America e <strong>nei</strong> luoghi dell’infanzia. I Quattro<br />

Quartetti sono spesso interpretati <strong>al</strong>la luce della conversione di Eliot del 1927 e sanciscono la svolta d<strong>al</strong> caos<br />

moderno di The Waste Land <strong>al</strong>l’organicità dell’ordine metafisico (di matrice cristiana). Chi scrive crede di<br />

poter rintracciare <strong>nei</strong> Quartet, più che una volontà di aderire a una religione intesa come corpus dogmatico e<br />

prefissato, una sorta di consapevolezza religiosa di matrice gnostica. Il senso storico permette a Eliot di<br />

recuperare una religiosità dei primordi, una consapevolezza poco ortodossa che però <strong>al</strong>l’interno dell’opera<br />

fornisce uno strumento operativo (non si tratta di aderire a un dogma ma piuttosto di piegare il dogma per<br />

cambiare la vita terrena) sia per la scrittura sia per il lettore (la cui presenza è ben chiara <strong>al</strong> poeta) 5 . La<br />

condizione di Prufrock è quella dell’anima girovaga che, consapevole di appartenere a un <strong>al</strong>tro mondo («the<br />

very first world» in cui la luce del giorno investe le forme con lucida quiete), guarda <strong>al</strong> mondo in cui è<br />

gettata e tutto le appare strano, incomprensibile e addirittura grottesco. Indossa sempre maschere per<br />

sopravvivere e può succedere che si abitui <strong>al</strong> mondo della penombra e diventi una unhe<strong>al</strong>thy soul:<br />

<strong>Here</strong> is a place of disaffection<br />

time before and time after<br />

in a dim light: <strong>nei</strong>ther daylight<br />

investing form with lucid stillness […]<br />

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nor darkness to purify the soul<br />

emptying the sensu<strong>al</strong> with deprivation<br />

cleansing affection from the tempor<strong>al</strong>.<br />

Neither plenitude nor vacancy.<br />

Only the a flicker over the strained time-ridden faces<br />

distracted from distraction by distraction. 6<br />

Secondo l’iter di s<strong>al</strong>vezza della gnosi (ben enucleato d<strong>al</strong>le epigrafi a questo scritto) a questo punto l’anima<br />

dovrà essere risvegliata attraverso l’esperienza della luce da cui proviene, dovrà morire <strong>al</strong> mondo per<br />

risvegliarsi con una nuova consapevolezza che la faccia tornare nel rose garden qui e ora: nel tempo e sulla<br />

terra. A questo punto sembra emergere in filigrana <strong>al</strong>l’opera di Eliot un fertile e propulsivo connubio tra una<br />

consapevolezza gnostica (the way up - the rose garden) e la via dei grandi mistici (the way down- the jew-<br />

tree). 7 Risulta interessante, nel contesto dello studio della tarda filosofia eliotiana, rilevare la presenza di<br />

queste due direttrici e di coglierne il punto di intersezione nella figura dello Still Point.<br />

Il rose garden di Burnt Norton irrompe dopo la riflessione astratta dei primi versi e ci porta nel mondo della<br />

«nursery t<strong>al</strong>e, della filastrocca per l’infanzia» 8 . Esso richiama <strong>al</strong>la mente Alice in Wonderland di Lewis<br />

Carroll e anche il giardino per antonomasia, l’Eden (più tardi Eliot specificherà che l’<strong>al</strong>bero tra le cui foglie<br />

stanno i bambini è il melo, l’<strong>al</strong>bero del peccato). Il first gate che conduce <strong>al</strong> giardino è il momento della<br />

nascita <strong>al</strong>la luce e rappresenta per l’uomo della dim light la possibilità di scegliere. Le presenze bambine che<br />

abitano il rose garden sono anticipate d<strong>al</strong> tordo il cui canto («find them, find them, round the corner») 9 è<br />

definito d<strong>al</strong> poeta «the deception of the thrush». L’inganno è forse rappresentato d<strong>al</strong> fatto che le presenze del<br />

giardino (come tutto ciò che appartiene <strong>al</strong> regno di luce) sono invisibili, non si possono raggiungere: solcano<br />

le foglie autunn<strong>al</strong>i senza toccarle. L’inganno è questa improvvisa primavera innestatasi sull’autunno che non<br />

è fatta per durare, come il giardino non è fatto per dimorare. Persino i bambini non sono hosts ma guests.<br />

Rifiuterei l’interpretazione di Milward 10 per cui il tordo inganna il poeta facendogli oltrepassare il territorio<br />

<strong>al</strong>trui compiendo una felix culpa che condurrebbe <strong>al</strong>la redenzione. I bambini che trattengono le risate sono<br />

invisible, la loro musica è unheard e il loro sguardo è unseen. Il tutto rimanda a una bellezza gratuita, a<br />

un’esperienza sensori<strong>al</strong>e senza oggetto, una presenza che si esaurisce in se stessa. Questa plenitude assoluta<br />

ha lo stesso carattere della completa vacancy:<br />

I said to my soul, be still, and wait without hope<br />

for hope would be hope for the wrong thing; wait without love<br />

for love should belove of the wrong thing; there is yet faith<br />

but the faith and the love and the hope are <strong>al</strong>l in the waiting.<br />

Wait without thought, for you are not ready for thought;<br />

so the darkness sh<strong>al</strong>l be the light, and the stillness the dancing. 11<br />

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All’uomo che non sta attivamente cercando nulla, che non tenta di loc<strong>al</strong>izzare i bambini, qui, nell’heart of<br />

light è concesso il momento della rivelazione. Improvvisamente il laghetto prosciugato si riempe d’acqua e<br />

sulla superficie si disegnano i riflessi delle presenze invisibili mentre si <strong>al</strong>zano i fiori del loto. Si traccia così<br />

la prima mod<strong>al</strong>ità di affrancamento d<strong>al</strong>la catena del tempo: la via positiva, della gioia gratuita. «Then a cloud<br />

passed, and the pool was empty»: l’illuminazione svanisce e l’uccello invita l’uomo <strong>al</strong> congedo perché<br />

«human kind cannot bear very much re<strong>al</strong>ity» 12 .<br />

L’uomo vive nel tempo e la fuga non può rivelarsi un momento consolatorio e rassicurante, <strong>al</strong> contrario,<br />

colta la luce del rose garden e ivi riconosciutosi, deve tornare nel tempo e continuare la sua trasformazione.<br />

Si noti a questo punto come Eliot nello stesso verso citi il loto e la rosa («the lotos rose, quietly quietly»)<br />

anche se quest’ultima è evocata solo d<strong>al</strong> suono infatti rose è il passato del verbo rise. L’enfasi poggia sul<br />

carattere mistico dell’esperienza del giardino e la giustapposizione di due simboli così eloquenti e diversi fra<br />

loro indica la combinazione tra il misticismo orient<strong>al</strong>e e quello occident<strong>al</strong>e. Qui, in aggiunta <strong>al</strong>le<br />

considerazione sulla portata univers<strong>al</strong>e della poesia di Eliot, notiamo anche come l’intera sua opera si<br />

presenti come un immenso organismo che muta <strong>al</strong> variare dei tempi ma si poggia sempre su un solido<br />

disegno portante, una sorta di dna sotterraneo. Il rose garden dei <strong>Quartets</strong> con il loto e la rosa richiamano il<br />

wasted garden della Waste Land e in particolare la scena dei giacinti:<br />

“You gave me hyacinths first a year ago;<br />

they c<strong>al</strong>led me the hyacinth girl”.<br />

-Yet when we came back, late, from the hyacinth garden,<br />

your arms full and your hair wet, I could not<br />

speak, and my eyes failed, I was <strong>nei</strong>ther<br />

living nor dead, and I k<strong>now</strong> nothing,<br />

looking into the heart of light, the silence.<br />

Oed’ und leer das Meer. 13<br />

Il giardino dei giacinti è il luogo dove la critica ha spesso individuato la frustrazione e il f<strong>al</strong>limento<br />

dell’amore romantico. Potremmo aggiungere, retrospettivamente, che è anche il luogo in cui si re<strong>al</strong>izza un<br />

abbozzo di epifania. La sensazione è la stessa, siamo in the heart of light (come in Burnt Norton) e<br />

l’esperienza è quella del vuoto, del limbo tra vita e morte, dell’impossibilità dei sensi (gli occhi non vedono<br />

e la bocca non parla) e dell’attesa senza speranza (citazione del Tristano e Isotta: “desolato e vuoto il<br />

mare”). La differenza tra i due giardini è, secondo chi scrive, che nel giardino dei giacinti l’esperienza si<br />

conclude senza l’approdo <strong>al</strong>lo still point, quindi senza quel completamento che farebbe tornare l’uomo <strong>al</strong>la<br />

vita tempor<strong>al</strong>e con una nuova consapevolezza. É insomma un giardino sterile.<br />

La seconda possibilità per affrancarsi d<strong>al</strong>la schiavitù del tempo è la via negativa che conduce <strong>al</strong> buio, «the<br />

darkness of perpetu<strong>al</strong> solitude». L’anima deve perdere se stessa, essa è la re<strong>al</strong>tà dietro la<br />

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re<strong>al</strong>tà, luogo di m<strong>al</strong>e e dolore, luogo indefinibile per eccellenza, luogo ignoto per eccellenza e per questo<br />

spaventoso. Si tratta, come la migliore mistica insegna, di un distacco completo d<strong>al</strong> mondo.<br />

Vengono in mente i passi di Meister Eckhart:<br />

Se l’occhio deve conoscere il colore, deve essere prima spoglio di ogni colore. […]<br />

Se l’anima deve conoscere Dio, deve anche obliare se stessa e perdersi; perché non<br />

vede e conosce Dio, finché vede e conosce se stessa. Se invece si perde per amore di<br />

Dio e rinuncia a tutte le cose, <strong>al</strong>lora ritrova se stessa in Dio. 14<br />

È la kafkiana «via da qui» 15 , la via dell’annichilimento già delineata da Meister Eckhart e da San Giovanni<br />

della Croce 16 che Eliot cita quasi <strong>al</strong>la lettera.<br />

[...] In order to arrive there,<br />

to arrive where you are, to get from where you are not,<br />

you must go by a way wherein there is no ecstasy.<br />

In order to arrive to what you do not k<strong>now</strong><br />

you must go by a way which is a way of ignorance.<br />

In order to possess what you do not possess,<br />

you must go by the way of dispossession.<br />

In order to arrive at what you are not<br />

you must go through the way in which you are not.<br />

And what you do not k<strong>now</strong> is the only thing you k<strong>now</strong><br />

and what you own is what you do not own<br />

and where you are is where you are not. 17<br />

Descend lower significa affrontare la notte oscura dell’anima, far crollare tutte le certezze di un mondo<br />

inautentico per ritrovare, come nella way up, la propria origine. A differenza dell’iter mistico, non si tratta di<br />

un movimento a senso unico verso un’unità con Dio o con un principio trascendente ma si tratta anche di un<br />

ritorno <strong>al</strong>la vita tempor<strong>al</strong>e perché se é vero che «to be conscious is not to be in time» é anche vero che «only<br />

in time the moment in the rose garden» e «only through time time is conquered» 18 . La via negativa<br />

suggerisce una lotta dell’uomo contro se stesso nel senso proprio di un suicidio dell’ego: in East Cocker c’è<br />

il corteo di un funer<strong>al</strong>e ma é nobody’s funer<strong>al</strong> perché non c’é re<strong>al</strong>mente nessuno da seppellire.<br />

La figura dello Still Point è presentata per la prima volta, in Burnt Norton, come presente in un momento<br />

isolato «with no before and after», e poi, nel quartetto conclusivo Little Gidding, come qu<strong>al</strong>cosa di possibile<br />

per l’uomo a patto che affronti tutto l’iter spiritu<strong>al</strong>e dei quartetti. É il momento della visione completa in cui<br />

tutti gli opposti sono riconciliati, é la fonte del movimento e del pattern ed é, come il “motore immobile” di<br />

Dante, definibile solo per paradosso:<br />

At the still point of the turning world. Neither flesh nor<br />

fleshless;<br />

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<strong>nei</strong>ther from nor towards; at the still point, there the dance is,<br />

but <strong>nei</strong>ther arrest nor movement. […]<br />

Neither ascent nor decline. Except for the point, the still<br />

point,<br />

there would be no dance, and there is only the dance.<br />

I can only say, there we have been: but I cannot say where.<br />

And I cannot say, how long, for that is to place it in time. 19<br />

Nello still point la fine e il fine sono l’inizio: grazia e agonia, bellezza e desolazione, s<strong>al</strong>ita e discesa, nascita<br />

e morte. L’unione é possibile grazie <strong>al</strong>la tensione che fa sì che il motore immobile contenga stillness e<br />

movement; viene in mente il Vangelo di Tommaso: Qu<strong>al</strong> è la prova che il Padre è in voi?’ dite loro, ‘È il<br />

movimento e la quiete.’ Scoprire, tramite l’azione o tramite l’astensione d<strong>al</strong>l’azione, lo still point, significa,<br />

nel disegno gnostico, tornare <strong>al</strong> regno di luce d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e siamo venuti. Se la fine é l’inizio, la vita é un faticoso<br />

ritorno, possibile solo se ci si é liberati tramite il ricordo dell’origine. I quartetti sono una sorta di nostos, da<br />

casa verso casa: «Home is where one starts from» 20 .<br />

I discepoli dissero a Gesù,<br />

“Dicci, come verrà la nostra fine?”<br />

Gesù disse, “Avete dunque trovato il principio, che cercate la fine?<br />

Vedete, la fine sarà dove è il principio.<br />

Beato colui che si situa <strong>al</strong> principio:<br />

perché conoscerà la fine e non sperimenterà la morte.” 21<br />

Inizio e fine coincidono. Torneremo forse nel luogo di luce d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e siamo venuti. La fine non è <strong>al</strong>tro che un<br />

nuovo inizio, la morte non è che una rinascita. Tutto ciò, che ha un sapore innegabilmente religioso, non va<br />

però inteso in modo ortodosso: non ci si riferisce a un’<strong>al</strong>tra vita dopo la vita, ci si riferisce a una vita nuova<br />

here, <strong>now</strong> and <strong>al</strong>ways. Questo comporta un invito irresistibile <strong>al</strong>la lotta, la lotta per una vita autentica che ha<br />

tutta l’urgenza di una necessità interiore da soddisfare qui e ora:<br />

[…] Not in Utopia –subterraneous fields- or some secreted island, heaven<br />

k<strong>now</strong>s where! But in the very world of <strong>al</strong>l of us –the place in wich, in the<br />

end, we found our happiness, or not at <strong>al</strong>l! 22<br />

La difficoltà di questo cammino sta nel fatto che sia nell’esperienza del giardino sia in nella traversata del<br />

buio «We had the experience but missed the meaning» e capire é «an occupation for the saint». 23 Per gli <strong>al</strong>tri<br />

il cammino é più duro ma la forza dell’uomo consiste proprio nel continuare a provare. Anche se ogni<br />

tentativo si rivela un f<strong>al</strong>limento, l’appello di The Dry S<strong>al</strong>vages é molto chiaro: «Not fare well, but fare<br />

forward, voyagers». Preghiera, osservanza, disciplina, pensiero e azione. Tommaso, nel Vangelo, dice la<br />

stessa cosa: siate transeunti.<br />

For most of us, this is the aim<br />

never here to be re<strong>al</strong>ised;<br />

who are only undefeated<br />

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because we have gone on trying;<br />

we, content at the last<br />

if our tempor<strong>al</strong> reversion nourish<br />

(not too far from the yew-tree)<br />

the life of significant soil. 24<br />

Nell’ultimo quartetto la voce del filosofo trae le proprie conclusioni delineando tre vie possibili:<br />

l’attaccamento a un sé fasullo (gli uomini vuoti addormentati <strong>al</strong>la vita), il distacco da sé (una danza breve e<br />

isolata ossia un rifugio temporaneo) oppure il movimento con e dentro il pattern ossia the dance.<br />

La carica propulsiva dei <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong> investe l’uomo di una responsabilità che poco ha a che fare con una<br />

religione ortodossa. Sta <strong>al</strong> lettore sopravvissuto <strong>al</strong>la terra desolata del Novecento combattere per un<br />

cambiamento, per un’affermazione della vita che sia, non un rifugio o una consolazione, bensì un ritorno a<br />

casa dopo un periglioso viaggio in mare.<br />

Così facendo, <strong>al</strong>l sh<strong>al</strong>l be well, <strong>al</strong>l manner of things sh<strong>al</strong>l be well.<br />

Note<br />

1. Traduzione del Vangelo di Tommaso contenuta in Elaine Pagels, Il Vangelo segreto di Tommaso, Ed. Mondadori,<br />

Milano, 2005, p. 155.<br />

2. I poemetti vennero pubblicati separatamente: Burnt Norton (1936), East Cocker (1940), The Dry S<strong>al</strong>vages (1941) e<br />

Little Gidding (1942). Furono editi insieme nel 1943.<br />

3. Prufrock and Other Observations (1917) in Thomas Stearns Eliot, Selected poems, Faber and Faber, London, 1954,<br />

p. 11.<br />

4. T. S. Eliot, <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong>, Garzanti, Milano, 1982, p. 20.<br />

5. «My words echo thus, in your mind» in op. cit. Burnt Norton I, p. 5. Da confrontare con TWL (1922), The Buri<strong>al</strong> Of<br />

the Dead v. 76. La citazione di Baudelaire in TWL e l’appello <strong>al</strong> lettore <strong>nei</strong> <strong>Quartets</strong> hanno la funzione di<br />

richiamare il lettore-uomo-fratello <strong>al</strong> dramma della scelta per la vita. Autore e lettore sono accomunati d<strong>al</strong>la stessa<br />

condizione: la letteratura puntu<strong>al</strong>izza la desolazione ma non può da sola redimere.<br />

6. T. S. Eliot, <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong>, Garzanti, Milano, 1982, Burnt Norton, II, pp. 10-11, corsivo mio.<br />

7. D<strong>al</strong>l’epigrafe di Eraclito <strong>al</strong>l’inizio dei <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong>: «La via che s<strong>al</strong>e e la via che scende sono la stessa cosa». op.<br />

cit. p. 2.<br />

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8. Giuliana Ferreccio, La lezione dei maestri e la musica di <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong>, in Giuliana Ferreccio (a cura di), La<br />

tradizione dei Moderni e la musica, Torino, Libreria Stampatori.<br />

9. T. S. Eliot, op. cit. p. 4.<br />

10. Peter Milward, A commentary on T.S. Eliot’s <strong>Four</strong> <strong>Quartets</strong>, The Hokuseido Press, Tokio, 1968.<br />

11. T. S. Eliot, East cocker III, in op. cit. pp. 29-30.<br />

12. T. S. Eliot, Burnt Norton I, in op. cit. p. 6.<br />

13. T. S. Eliot, The Waste Land (1922), Bur, Milano 2006, p. 100, corsivo mio.<br />

14. Scitote, quia prope est regnum dei in Sermoni Tedeschi, Meister Eckhart, introduzione di Marco Vannini, Adelphi,<br />

Milano 1985, p. 182. Johannes “Meister” Eckhart (Hochheim, Turingia, 1260 circa – Colonia, 1327 o 1328) fu un<br />

mistico e teologo cristiano. Domenicano, passò la vita tra insegnamento e predicazione. Fu processato per eresia nel<br />

1326.<br />

15. Per uno studio sull’asse gnostico nell’opera di Kafka si veda l’introduzione di Ferruccio Masini <strong>al</strong> volume di F.<br />

Kafka, Aforismi e Frammenti, a cura di Giulio Schiavoni, Rizzoli, Milano 2004.<br />

16. Alcuni versi di Eliot sono la parafrasi di frammenti della S<strong>al</strong>ita <strong>al</strong> Monte Carmelo di San Giovanni Della Croce,<br />

mistico spagnolo dell’ordine carmelitano, nato nel 1542 e morto nel 1591.<br />

17. T. S. Eliot, East Cocker III, op. cit. p. 30.<br />

18. T. S. Eliot, Burnt Norton II, op. cit. p. 10.<br />

19. Ivi.<br />

20. T. S. Eliot,. East Cocker V, op. cit. p. 34.<br />

21.Traduzione del Vangelo di Tommaso contenuta in Elaine Pagels, cit. p. 155.<br />

22. William Wordsworth, Il preludio, Mondadori, Milano 2003, pp. 420-422. In traduzione: « […] non in un’Utopia,<br />

regioni sotterranee, o in qu<strong>al</strong>che isola nascosta, chissà dove, ma entro il mondo stesso che è il mondo di tutti noi, il<br />

luogo dove, infine, troviamo la nostra felicità, o la manchiamo». Si può rintracciare una certa affinità tra la<br />

consapevolezza gnostica così delineata e la poetica di W. Wordsworth, incentrata sull’acquisizione della philosophic<br />

mind, una sorta di conoscenza diretta di ciò che sembrava occulto partendo d<strong>al</strong> dato sensibile; uno stato che costituisce<br />

qu<strong>al</strong>cosa di molto simile <strong>al</strong> <strong>risveglio</strong> gnostico.<br />

23. T. S. Eliot, Dry S<strong>al</strong>vages II, op. cit. p. 47.<br />

124. T.S. Eliot, Dry S<strong>al</strong>vages V, op. cit. p. 58.<br />

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