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1 Julius Caesar * Due cose impressionano il lettore di Plutarco; il ...

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<strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> *<strong>Due</strong> <strong>cose</strong> <strong>impressionano</strong> <strong>il</strong> <strong>lettore</strong> <strong>di</strong> <strong>Plutarco</strong>; <strong>il</strong> primo piano dato all’ethos in<strong>di</strong>viduale el’apparato <strong>di</strong>vinatorio <strong>di</strong> presagi, pro<strong>di</strong>gi, oracoli, sogni che sempre accompagnanol’agire del personaggio, e che <strong>il</strong> personaggio stesso, oltre che lo storico, è impegnato ainterpretare, come segni del futuro […], del favore o sfavore degli dei, o della compatib<strong>il</strong>itàfra progetto umano e progetto <strong>di</strong>vino […]. Come fatto <strong>di</strong> mentalità, la mantica va dallasuperstizione all’ottimismo politico alla religiosità più profonda; ma a essa <strong>Plutarco</strong>riconosce una portata conoscitiva e uno statuto scientifico. 1Molteplici e ripetuti, i presagi spesso drammatizzano l’azione del Giulio Cesare shakespeariano,sotto la copertura delle impronte testuali <strong>di</strong> realtà eterogenee apparentate alla denominazione storicaplutarchiana. Per <strong>il</strong> primo dei drammi romani Shakespeare attinse alle Vite <strong>di</strong> Cesare, <strong>di</strong> Bruto e <strong>di</strong>Antonio dello storiografo classico, “mostrando – scrive Serpieri – una straor<strong>di</strong>naria capacitàstereoscopica <strong>di</strong> montaggio degli episo<strong>di</strong> salienti sul piano della fabula storica come su quello delconflitto ideologico che intendeva presentare. Della ricchissima Vita <strong>di</strong> Cesare riprese solo le ultimepagine, in quanto gli interessava drammatizzare la crisi finale, mentre seguì da vicino la Vita <strong>di</strong>Bruto – che costituisce un singolo, pur grande episo<strong>di</strong>o storico – e consultò solo la parte centraledella Vita <strong>di</strong> Antonio.” 2Dunque, Shakespeare usa assetti verbali e visivi soltanto settoriali, dei punti narrativi che spessosono periferici sì da non intaccare <strong>il</strong> merito dell’elaborazione estetica e dell’altezza artistica a cuiperviene la sua opera, attraverso una complessa operazione transattiva – a partire dalle fonti – <strong>di</strong>articolazione delle mappe dei co<strong>di</strong>ci e delle convenzioni retoriche, dell’immissione <strong>di</strong> sensi nuovigrazie all’arricchimento dell’isomorfismo delle immagini 3 , costellazione associativa dei campisemantici del linguaggio.Nel testo sono aggiogate insieme raffigurazioni iconiche <strong>di</strong>verse e inaspettate, la cuideco<strong>di</strong>ficazione può rivelarsi clamorosamente ambigua; inoltre la messa a fuoco <strong>di</strong> una fantasia <strong>di</strong>or<strong>di</strong>ne funerario, ad esempio, semanticamente omologab<strong>il</strong>e ad altre <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente uso categoriale,non comporta, naturalmente, un occultamento o un’espunzione definitiva <strong>di</strong> queste, anzi, si accrescela compagine metaforica, l’amplificazione simbolica <strong>di</strong> un mondo a forte caratterizzazionevisionaria, profetica, che in molti tratti del testo prende <strong>il</strong> sopravvento sulle altre funzioni dellinguaggio. “Tra i principali nuclei <strong>di</strong> immagini che sostengono <strong>il</strong> dramma”, scrive Lombardo, “-* Riportiamo qui <strong>il</strong> primo capitolo del libro <strong>di</strong> Stefano Bajma Griga Da <strong>Plutarco</strong> a Shakespeare, in uscita per l'e<strong>di</strong>toreTrauben <strong>di</strong> Torino1 G. Brunetti, Shakespeare, <strong>Plutarco</strong> e <strong>il</strong> <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, in <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> dal testo alla scena, a cura <strong>di</strong> M. Tempera,Bologna, CLUEB, 1992, pp. 48-49.2 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri, in AA. VV., Nel Laboratorio <strong>di</strong> Shakespeare: dalle fonti ai drammi, 4 voll.,Parma, Pratiche, 1988, vol. IV, I Drammi Romani (a cura <strong>di</strong> A. Serpieri, K. Elam, C. Corti), p. 11.3 Per <strong>il</strong> Giulio Cesare, la Spurgeon r<strong>il</strong>eva, nel suo schema sommario, 83 “images” a fronte <strong>di</strong> 2450 “lines in play”.Anche se sono decisamente esigue rispetto ad Antonio e Cleopatra: 266 contro 3016 e al Coriolano: 189 contro 3279(cfr. C. Spurgeon, Shakespeare’s Imagery and What it Tells us, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, ed. or.1935, pp. 361-362), la loro configurazione significante approda a soglie <strong>di</strong> riconoscib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> visioni e <strong>di</strong> esperienze –pur in un quadro mob<strong>il</strong>e e variab<strong>il</strong>e – della problematica episteme rinascimentale suscettib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> varie interpretazioni cuimassimamente attinge Shakespeare. E’ la complessa rifrazione dei co<strong>di</strong>ci culturali che configura la cifra più autenticadel dramma: la “precaria e mutevole realtà […] è la vera protagonista” del <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> (A. Lombardo, Il <strong>Julius</strong><strong>Caesar</strong> e la nuova realtà, in <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> dal testo alla scena… cit., p. 23.www.turindamsreview.unito.it1


immagini <strong>di</strong> sangue come nel Macbeth; <strong>di</strong> animali, <strong>di</strong> malattia, <strong>di</strong> acqua, come in Antony andCleopatra – quello legato al fuoco è <strong>di</strong> gran lunga <strong>il</strong> più ricco, percorrendo l’opera ora attraverso <strong>il</strong>linguaggio ora, come in questo caso materialmente, dall’inizio alla fine – da quando, ad esempio,Cassio esclama: I, as Aeneas, our great ancestor, / Did from the flames of Troy upon his shoulder /The old Anchises bear, so from the waves of Tiber / Did I the tired <strong>Caesar</strong>… (I, ii, 111-14 4 )”, altizzone ardente con cui Porzia si soffoca; al fuoco “che Cassio vede mentre brucia la sua tenda aquello che brucerà <strong>il</strong> cadavere <strong>di</strong> Bruto”; alla tempesta <strong>di</strong> fuoco che cade dal cielo, alle torce umaneche “le donne sgomente giurano d’aver visto”, al fuoco che sarà appiccato dai plebei alle case deicongiurati. “E se la frequenza con cui, <strong>di</strong>rettamente e in<strong>di</strong>rettamente <strong>il</strong> fuoco compare nasce dallanecessità <strong>di</strong> suggerire l’elemento <strong>di</strong>struttivo che si annida nell’azione, che corrode Roma (unaRoma, dunque, che è <strong>il</strong> linguaggio a costruire ed è <strong>il</strong> linguaggio a <strong>di</strong>struggere), che aggre<strong>di</strong>sce sia <strong>il</strong>mondo pubblico sia quello domestico, ancor più essa sembra determinata dall’esigenza <strong>di</strong>caratterizzare la natura <strong>di</strong> una realtà che ha la stessa mutevolezza, la stessa inafferrab<strong>il</strong>ità dellafiamma.” 5La messa a fuoco dei frammenti plutarchiani non può essere che abbastanza approssimativa,obbedendo soltanto alla esigenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, da parte <strong>di</strong> Shakespeare, certi blocchi drammaticifunzionali alla scena e le loro interrelazioni, tralasciando la ricostruzione capziosa <strong>di</strong> eventialquanto improbab<strong>il</strong>i narrati dallo scrittore <strong>di</strong> Cheronea, e puntando invece alla lorotransco<strong>di</strong>ficazione in <strong>di</strong>fferenti prospettive “ideologiche ed epistemiche” nell’ancoraggio <strong>di</strong> unsenso nuovo “all’interno <strong>di</strong> una scena inventata”, secondo convenzioni del genere drammatico edella <strong>di</strong>sseminazione simbolica dell’universo elisabettiano. Ad esempio, “nel fitto sistema <strong>di</strong>corrispondenze tra microcosmo, cosmo politico e microcosmo umano, la tempesta costituisce,com’è noto, un topos ricorrente della trage<strong>di</strong>a elisabettiana, a<strong>di</strong>bito a segnalare gran<strong>di</strong>sconvolgimenti in tutti i comparti del reale”. 6Le strade allegoriche, in<strong>di</strong>rizzate verso una trascendenza, battute da Shakespeare risultano altresìestese ad altre fonti classiche: “la pioggia <strong>di</strong> fuoco, i guerrieri armati nei cieli, l’uccello della notte,gli spettri vaganti per le strade, dalle Metamorfosi, XV, 787-98, dove si parla appunto dei pro<strong>di</strong>giche precedettero la fine <strong>di</strong> Cesare; gli uccelli del malaugurio e le bestie selvagge (leone e leonessa)dalla Pharsalia, i, 522-82; i terrib<strong>il</strong>i fulmini dalle Georgiche, i, 466-92.” 7 In effetti, si tratterà solo<strong>di</strong> palli<strong>di</strong> riflessi che non rivelano affatto affinità segrete fra la drammaturgia shakespeariana el’immaginario epocale con le varie interazioni <strong>di</strong> se<strong>di</strong>menti tratti da contesti culturali <strong>di</strong> altre fontianteriori e retrospettive. Scrive Serpieri che “certo è, comunque, che la fonte <strong>di</strong> gran lunga piùimportante, e l’unica assolutamente sicura, resta <strong>Plutarco</strong>, nella traduzione del North.” E’ lanarrazione dello scrittore <strong>di</strong> Cheronea “a fornire a Shakespeare la concatenazione e la logica stessa<strong>di</strong> tutti gli eventi presentati nel dramma, a suggerirgli le interpretazioni dei personaggi centrali e <strong>il</strong><strong>di</strong>segno storico in cui essi sono implicati, e infine a sollecitargli la fantasia anche a livellolinguistico e ideativo.” 8La ferita <strong>di</strong> Porzia4 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, ed. by T.S. Dorch, London, The Arden Shakespeare, paperbacks, 1966 6 . Il testo da cui si cita è quellobasato sull’In Foglio del 1623.5 A. Lombardo, Il <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>… cit., pp. 23-24.6 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 85.7 Ibidem.8 Ivi, p. 17.www.turindamsreview.unito.it2


La prima e la quarta scena dell’atto secondo del Giulio Cesare shakespeariano sono incentrateintorno a Bruto e a sua moglie Porzia. Entrambe sono transco<strong>di</strong>ficate dalla narrazione plutarcheadella Vita <strong>di</strong> Bruto, rispettivamente ai paragrafi 7 e 8. 9La prima scena è inestricab<strong>il</strong>mente legata a certe zone psichiche avulse dal testo, comeoperazione <strong>di</strong> effusività soggettivistica a forte valenza sentimentale che ha Porzia per protagonista.Ma – come vedremo in seguito – la sequenza porta tracce sotto specie <strong>di</strong> immagini profonde,oscuramente generative <strong>di</strong> tensioni <strong>di</strong>verse da quelle apparenti, complementari alla processualità<strong>di</strong>alogica che presenta, in <strong>Plutarco</strong>, <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> “scena narrativa con battute in prima persona daparte <strong>di</strong> Porzia”, drammatizzate “molto fedelmente” da Shakespeare. 10 Come si può cogliere dallaarticolazione dei punti salienti della sequenza, le denominazioni, le impronte testuali plutarchianevengono imposte con determinatezza, e la percezione dei termini referenziali è imme<strong>di</strong>ata e globale.La configurazione comparata dei blocchi sintagmatici, nel doppio assetto verbale, viene cosìpresentata da Serpieri:Bru.<strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>because she would no aske her husband what I have made strong proof of my constancy,he ayled before she had made some proofe by Giving myself a voluntary woundher selfe, she tooke a little rasour […] and […] Here, in the thigh: can I bear that withgave her selfe a great gash withal in her thigh[patience,(1058/42-45) And not my husband’s secrets?(vv. 299-302)even in her greatest payne of all, she spake in I grant I am a woman; but withalthis sort unto him. I being, O Brutus, (sayd she) A woman well reputed, Cato’s daughter.the daughter of Cato… (vv. 294-95)(1058/49-49)… was married unto thee, not to be thy bedfellowand companion in bed and at borde onelie, likea harlot, but to be partaker also with thee, ofthy good and ev<strong>il</strong>l fortune (1058/49-51)…Am I your selfBut, as it were, in sort or limitation,To keep with you at meals, comfort your bedAnd talk to you sometimes? Dwell I but in[the suburbsOf your good pleasure? If it be no more,Portia is Brutus’ harlot, not his wife.(vv. 282-287)I confesse, that a woman wit commonly is too If this were true, then should I knowweake to keepe a secret safely; but yet […][this secret.I am the daughter of Cato, & wife of Brutus I grant I am a woman; but withal(1059/1-4) A woman that Lord Brutus took to wife.(vv. 291-293)With those wordes she shewed him her woundeon her thigh, and told him what she had donecfr. vv. 299-302, sopra citati9 I riferimenti alle sequenze plutarchiane riportate in narrazione e scena del testo shakespeariano sono tratte dallaPresentazione delle fonti, dalla Tabulazione e dal Commento al Giulio Cesare, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri (cfr. ivi, p. 87).10 Ivi, p. 90.www.turindamsreview.unito.it3


to prove her selfe (1059/6-7)Brutus was amazed to heare what she sayd unto Brutus. O ye gods,him, and […] he besought the goddess to give him Render me worthy of this noble wife!the grace he might bring his enterprise to so good (vv. 302-303)passe, that he might be founde a husband, worthieof so noble a wife as Porcia (1059/7-10) 11“Le riprese letterali sono moltissime – commenta Serpieri -, e la parola è data innanzitutto aPorzia, nel drama come nella fonte; anche se <strong>il</strong> dramma inserisce, per necessità <strong>di</strong> ritmo scenico,varie brevi battute <strong>di</strong> Bruto, a parte, l’ultima, registrata pure in <strong>Plutarco</strong>.” 12Nella narrazione plutarchiana la funzione emotiva della sequenza è con<strong>di</strong>zionata dalla ambiguitàsott<strong>il</strong>e <strong>di</strong> quella tensione che irrompe nel primo momento in cui Porzia mostra <strong>il</strong> taglio che si èinferto nella coscia. Nel racconto, l’eccesso <strong>di</strong> significazione, l’iperbolico ‘great gash’ va a toccareun livello profondo e ancora nascosto alle motivazioni dell’inflessib<strong>il</strong>e gesto <strong>di</strong> mut<strong>il</strong>azione che ellasi è imposto per propria volontà. Secondo una strategia <strong>di</strong> riduzione che sembra poter esserericondotta al principio della <strong>di</strong>namica scenica, l’atto linguistico – limitato al ‘Giving myself avoluntary wound’ – è strettamente correlato alla simultanea ostensione del corpo <strong>di</strong> Porzia,comprendente la gestualità del personaggio, che denuda la coscia e mostra la ferita sanguinante,enunciata nell’autoriferimento deittico: ‘Here, in the thigh’. La rappresentazione a funzionereferenziale, marcata visivamente, manifesta in maniera più <strong>di</strong>retta, più icastica, la singolarecoesione dell’immaginario shakespeariano. Nell’ultimo frammento, l’incastro metonimico <strong>di</strong> fortecontestualizzazione scenica come in precedenza, è enunciato nell’imme<strong>di</strong>atezza dell’apostrofe <strong>di</strong>Bruto. La sua particolare intonazione esclamativa è ora rivolta agli dei, e viene drammatizzata nellafunzione conativa dell’appello che trasmette l’atteggiamento emotivo <strong>di</strong> Bruto in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<strong>di</strong>retto, che presuppone nuovamente la simultanea ostensione del corpo – del volto e delle bracciadeitticamente orientati nello sguardo in<strong>di</strong>cante <strong>il</strong> cielo -, transco<strong>di</strong>ficando in termini <strong>di</strong> rapportiprossemici e cinesici in situazione, e operando altresì un’ellissi sulla prolungata integrazione<strong>di</strong>scorsiva plutarchiana (‘Brutus was amazed […] worthie of so noble a wife as Porcia’).Lo svolgersi e <strong>il</strong> concludersi della medesima scena veicolano altre osservazioni incisive inmerito alla transco<strong>di</strong>ficazione della strategia <strong>di</strong>scorsiva plutarchiana, là dove Shakespearericostruisce, <strong>di</strong>sgiunge e trasforma gli assi temporali e spaziali in altra contestualizzazione, ancheantinomica quando non si contempli la vicenda dei congiurati, “i turbamenti <strong>di</strong> Bruto e Porzia”, <strong>il</strong>tempo fra la notte e l’alba delle I<strong>di</strong> <strong>di</strong> Marzo, alla luce <strong>di</strong> un modello regolativo assolutizzante cheappartiene al genere drammatico elisabettiano. In proposito, Serpieri segnala l’episo<strong>di</strong>o in cui ècoinvolto <strong>il</strong> cospiratore Ligario, “<strong>di</strong>slocato nella modalità hysteron proteron”, per cui “la primacooptazione <strong>di</strong> un congiurato nella fonte risulta l’ultima nel dramma.” Si tratta <strong>di</strong> una fratturatematica, <strong>di</strong> un assetto linguistico e visivo che intacca i punti periferici della voce dello storico. “Ciò<strong>di</strong>pende dalla situazione <strong>di</strong>versa, <strong>di</strong> fatto capovolta, in cui tale cooptazione avviene: nella fonte èBruto a recarsi in casa del malato Ligario; nel dramma è quest’ultimo ad andare, pur malato, a casa<strong>di</strong> Bruto.” Di certo, almeno in apparenza, la logica drammaturgica shakespeariana pare presiedere,come già si è detto, ad una ricostruzione capziosa degli eventi narrati da <strong>Plutarco</strong>, ma “taletrasformazione obbe<strong>di</strong>sce ad esigenze drammatico-teatrali, perché, a <strong>di</strong>fferenza della formanarrativa dove una serie <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> collegati tematicamente possono svolgersi in tempi e luoghi<strong>di</strong>versi, l’unità tematica comporta a teatro unità <strong>di</strong> situazione, e quin<strong>di</strong> unità <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> spazio.”E’ <strong>il</strong> riconoscimento altresì <strong>di</strong> una scrittura drammatica che stringe e costringe ancora <strong>di</strong> più laparola del narratore: “tutte le f<strong>il</strong>a della congiura devono necessariamente convergere in casa <strong>di</strong>11 Ibidem.12 Ivi, pp. 90-91.www.turindamsreview.unito.it4


Bruto nel tempo drammatico più ricco <strong>di</strong> suspense, l’alba del giorno fati<strong>di</strong>co. Spazio e tempo, neldramma, serrano unità narrative sparse e assumono in se stessi significato simbolico.” 13Aperto a continui spostamenti <strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i interpretazioni, <strong>il</strong> Giulio Cesare autorizza ariconoscere un certo esteso contesto in cui trova riscontro una lettura del segno che prelude afenomeni straor<strong>di</strong>nari, “sovrannaturali”, rintracciab<strong>il</strong>i come elementi fondativi ricorrenti nellageometria degli schemi archetipici plutarchiani, presenze oggettive aspettualmente determinanti latonalità narrativa delle Vite. 14Riprendendo la Tabulazione <strong>di</strong> Serpieri, vale la pena soffermarsi ancora un momentosull’immaginario profetico plutarchiano che sarà alla base <strong>di</strong> una fittissima rete <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> messi incampo da Shakespeare. Dalla Vita <strong>di</strong> Bruto, al sommario “Cerimonie <strong>di</strong> purificazione e altripresagi”, si legge che le truppe <strong>di</strong> Bruto e Cassio si sono riunite per compiere “i riti <strong>di</strong> purificazionein campo aperto”. Esse hanno “più entusiasmo delle truppe nemiche”, suscitato dalla generosità delloro luogotenente che “ha fornito d’armi, coperto e d’oro e d’argento <strong>il</strong> suo esercito”, ma, nellamedesima circostanza, si avverano sogni <strong>di</strong> malaugurio per Cassio: “un littore gli porge rovesciatala corona <strong>di</strong> fiori che doveva mettersi sul capo durante <strong>il</strong> sacrificio”; “una statua della vittoriaappartenente a Cassio viene fatta cadere per terra”; “appaiono moltissimi uccelli da preda che sinutrono <strong>di</strong> carcasse”; “appaiono alveari <strong>di</strong> api nell’accampamento e gli indovini or<strong>di</strong>nano che quelluogo sia escluso dal campo”. In seguito, la notte prima della battaglia <strong>il</strong> fantasma <strong>di</strong> Cesare siripresentò a Bruto “e poi svanì senza <strong>di</strong>r nulla”, anche se <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Volumnio, che “fu al seguito <strong>di</strong>Bruto per tutta la guerra non ne fa menzione”. Per Volumnio i segni vaticinanti vanno in<strong>di</strong>viduati inaltri, paradossali e inquietanti fenomeni: “uno sciame d’api ricoprì la prima aqu<strong>il</strong>a dell’esercito; uncomandante emanò da un braccio qualche goccia <strong>di</strong> olio <strong>di</strong> rose; prima della battaglia due aqu<strong>il</strong>e siazzuffarono tra i due eserciti, e infine l’aqu<strong>il</strong>a che stava dal lato <strong>di</strong> Bruto cedette e fuggì”; prima chefosse dato l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> attacco, quando fu “aperta la porta dell’accampamento, <strong>il</strong> primo uomoincontrato dall’alfiere fu un etiope, che venne fatto a pezzi dai soldati in quanto segno <strong>di</strong> cattivoaugurio”.Le combinazioni, <strong>il</strong> sistema delle immagini e la progressione tematica del materiale epifanicoplutarcheo sono inestricab<strong>il</strong>mente legati all’angolatura psicologica in cui Shakespeare coglie i duecapi della congiura nella situazione testuale concreta che è la vig<strong>il</strong>ia della battaglia. NellaTabulazione, al sommario “Cattivi presentimenti <strong>di</strong> Cassio e Bruto”, si legge che Cassio confida in<strong>di</strong>sparte a Messala “<strong>di</strong> aver seguito sempre la f<strong>il</strong>osofia <strong>di</strong> Epicuro, ma <strong>di</strong> aver cambiato oraatteggiamento, dando in parte cre<strong>di</strong>to ai presagi: nel trasferimento da Sar<strong>di</strong>, due aqu<strong>il</strong>e si eranoposate sul primo vess<strong>il</strong>lo dell’esercito, ma son volate via quella mattina; e al loro posto son venuticorvi, cornacchie e avvoltoi”; ma “egli assicura che, nonostante tutto ciò, <strong>il</strong> suo spirito è forte epronto ad affrontare i pericoli.” 15Il mondo visionario plutarcheo è ancora introdotto da una giustificazione narrativa in cui si<strong>di</strong>ssolve la figura <strong>di</strong> Porzia la quale sembra stravolta da una qualche piaga mentale preesistenteall’atto <strong>di</strong> darsi volontariamente la morte. Sarà interessante presentare qualche altro prelievo affinedalle Vite e dal Giulio Cesare, dove l’ut<strong>il</strong>ità della chiarificazione testuale della Tabulazione <strong>di</strong>13 Ivi, p. 91.14 Scrive Campanelli nel saggio che precede – incentrato sulla coppia Nicia/Crasso -: “Il riferimento ad eventi, che sipossono leggere in chiave superstiziosa, o gli indovini che, cautamente insistono nell’in<strong>di</strong>care che tutti i presagi eranosfavorevoli, ma che non vengono ascoltati da Crasso, delineano più la pertinacia del personaggio che un veroriferimento alla religione. Questo vale anche per tutte quelle manifestazioni come i fulmini o i sacrifici imperfetti, chesembrano finalizzati più a rendere vivace <strong>il</strong> racconto che ad una reale <strong>di</strong>mostrazione storica.” Eventi alquantoimprobab<strong>il</strong>i, caratterizzati “dalla presenza del <strong>di</strong>vino” scortano “l’uomo e le sue azioni; Nicia viene <strong>di</strong>strutto dalla suaansia e dal suo bigottismo, Crasso dall’atteggiamento opposto, come quando gli auguri traggono, dalle vittimesacrificali, ripetuti e funesti segnali.” Per Campanelli, nello slittamento verso <strong>il</strong> lato religioso, in<strong>di</strong>rizzato allatrascendenza, prende <strong>il</strong> sopravvento una lettura del segno in chiave referenziale dogmatica: “La forza dellasuperstizione è demonica e <strong>Plutarco</strong> non vuole toglierle <strong>il</strong> potere <strong>di</strong> seduzione, vuole solo inserirlo nel giusto contesto,proprio perché, come accade qui [nella Vita <strong>di</strong> Bruto], non sempre tutte le dottrine f<strong>il</strong>osofiche sono in grado <strong>di</strong> dominaretale forza irrazionale, pur sempre determinatasi in ambito fenomenico.” (cfr. supra, pp.).15 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri…cit., pp. 64-71.www.turindamsreview.unito.it5


Serpieri resta comunque innegab<strong>il</strong>e. “Drammatico messaggio <strong>di</strong> Bruto su un malore forse mortaledella moglie”, titola <strong>il</strong> sommario in un accumulo <strong>di</strong> riferimenti alla Vita <strong>di</strong> Bruto: “Un servo <strong>di</strong>Bruto sopraggiunge ad informarlo che la moglie sta morendo”, ma Bruto, “pur sconvolto”, intendeportare a termine “l’impresa”. A causa <strong>di</strong> un’accentuazione nevrotica della sua sensib<strong>il</strong>ità, che è <strong>il</strong>risultato <strong>di</strong> una contaminazione casuale che non ha un rapporto propriamente tematico conl’intreccio centrale della narrazione plutarchea, Porzia, “sconvolta per quanto sta per accadere […]è uscita varie volte <strong>di</strong> casa a chiedere notizie <strong>di</strong> Bruto e ha mandato molti messaggeri ad informarsi,quin<strong>di</strong> ha avuto un malore che fa subito spargere la voce che ella sia morta; ma poi si è ripresa.” Lavoce dello storico trova riscontro nel tessuto drammaturgico shakespeariano, ma contesto ecircostanza includono una globalità dell’informazione riguardante Porzia che prevede <strong>di</strong>verse<strong>di</strong>sgiunzioni le quali, peraltro, oltre alla <strong>di</strong>slocazione spaziale, lasciano più indeterminate lesuccessioni temporali definitive. Il sommario ricapitola <strong>il</strong> frammento sull’“angoscia <strong>di</strong> Porzianell’attesa”. Dapprima ella incarica Lucio <strong>di</strong> recarsi al Senato “a vedere cosa sta accadendo”, e, <strong>di</strong> lìa poco, si presenta alla sua casa l’“indovino che aveva dato a Cesare l’avvertimento per le I<strong>di</strong> <strong>di</strong>Marzo”. L’indovino informa Porzia che Cesare non è ancora giunto in Campidoglio, è per strada, equi egli lo aspetterà e “l’ammonirà ancora a guardarsi da qualcosa che lui stesso non conosce”. Lostesso indovino ignora <strong>il</strong> contenuto degli eventi: la <strong>di</strong>sperata esitazione del momento colma l’umore<strong>di</strong> sofferenza che sarà oscuramente generativo del gesto estremo <strong>di</strong> Porzia: “La cosa preoccupaancor più Porzia, che si sente male, ma <strong>di</strong>ssimula <strong>il</strong> malore e manda via Lucio <strong>di</strong>cendogli <strong>di</strong>informare Bruto che lei è su <strong>di</strong> morale e <strong>di</strong> tornare a darle la sua risposta.” Una contrattadrammaticità concretizza poi, in <strong>Plutarco</strong>, l’allontanamento definitivo <strong>di</strong> Bruto dalla moglie pertrasferirsi in Grecia dove “segretamente fa preparativi <strong>di</strong> guerra”. Il sommario recita laconicamente:“Data la situazione a Roma, Bruto decide <strong>di</strong> lasciare l’Italia per Atene e si congeda a Elea daPorzia.” Nell’ultimo frammento, <strong>il</strong> racconto dello storico che pone fine alla Vita <strong>di</strong> Bruto èinestricab<strong>il</strong>mente legato all’occultamento della natura esplicita del suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Porzia, alla suaambiguità inespugnab<strong>il</strong>e. “Quanto alla moglie <strong>di</strong> Bruto, Porzia – riporta <strong>il</strong> sommario -, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofoNicolao e lo storico Valerio Massimo scrivono che si uccise dopo la morte del marito, eludendo lasorveglianza <strong>di</strong> parenti e amici, con dei carboni ardenti che tenne in bocca fino al soffocamento”.Ma <strong>Plutarco</strong>, come se intendesse avviare una collazione delle varianti <strong>di</strong> resoconti storici onarratologici a cui ha attinto, soggiunge: “ma forse Nicolao si sbaglia sui tempi, perché c’è unalettera <strong>di</strong> Bruto che, se autentica, attesta che tale morte era avvenuta prima, in quanto Bruto s<strong>il</strong>amenta della negligenza degli amici che aveva portato una donna malata a sim<strong>il</strong>e morte.” NelGiulio Cesare, prima che avvenga <strong>il</strong> violento, inspiegab<strong>il</strong>e litigio fra Bruto e Cassio, alla vig<strong>il</strong>iadella battaglia <strong>di</strong> F<strong>il</strong>ippi, “Messala dà la notizia della morte della moglie a Bruto, che la accogliestoicamente.” 16 In realtà questa breve scena si carica <strong>di</strong> riverberazioni paradossali, derivanti dallanatura indecifrab<strong>il</strong>e ed enigmatica della stoica coscienza <strong>di</strong> Bruto, ingegnosa nel rimuovere i suoisensi <strong>di</strong> colpa per la tragica fine della moglie 17 , anche per la frammentazione, l’espressione <strong>di</strong>fettosadel suo <strong>di</strong>scorso. Messala apre lo scambio <strong>di</strong>alogico con Bruto chiedendo notizie <strong>di</strong> Porzia, e Brutonega recisamente i fatti <strong>di</strong> cui è a conoscenza, continua a fingere, cioè, <strong>di</strong> essere all’oscuro della suamorte. Sarà l’insistenza <strong>di</strong> Messala a costringere Bruto a recedere dalla sua <strong>di</strong>ffidente convenienza atacere, permeata, all’apparenza, dal prevalente, vincolante e conc<strong>il</strong>iativo pensiero stoico che loesorta a stare al gioco della reticenza.16 Ivi, pp. 44, 45, 55, 61, 74.17 A proposito della tipologia degli usi devianti del “senso <strong>di</strong> colpa” - che funzionano secondo <strong>il</strong> modo simbolico -,Laplanche e Pontalis inseriscono nell’in<strong>di</strong>ce categorico <strong>il</strong> modello <strong>di</strong> “un senso <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> indegnità personale senzariferimento a un atto preciso <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> soggetto si accusi” e che, nella strategia testuale, significa l’attuazione <strong>di</strong> unsignificato in<strong>di</strong>retto. Ma, pur tenendo conto delle <strong>di</strong>verse selezioni contestuali e circostanziali, va posta come<strong>di</strong>scriminante l’assunzione incontrovertib<strong>il</strong>e per cui “<strong>il</strong> senso <strong>di</strong> colpa, conscio o inconscio che sia, si riduce sempre auna stessa relazione topica: quella tra l’Io e <strong>il</strong> Super-io, che è a sua volta un residuo del complesso e<strong>di</strong>pico” (cfr. J.Laplanche - J.B. Pontalis, Enciclope<strong>di</strong>a della psicoanalisi, a cura <strong>di</strong> L. Mecacci e C. Puca, Tomo Primo, Roma-Bari,Laterza, 1997, pp. 82-84).www.turindamsreview.unito.it6


Si è a lungo riscontrato la presenza della narrazione plutarchiana che <strong>di</strong> certo ha investito lescelte e le combinazioni tematiche, <strong>il</strong> sistema delle immagini a cui è inestricab<strong>il</strong>mente legato <strong>il</strong>processo comunicativo, l’assetto verbale e visivo del linguaggio shakespeariano. Ma, ciò che altresìconta, è riconoscere come un certo contesto <strong>di</strong> fenomeni rintracciab<strong>il</strong>i alla fonte – come certestrutture profonde che regolano la compagine metaforica delle Vite – abbiano subìtoun’amplificazione simbolica attraverso una complessa rifrazione dei piani e dei co<strong>di</strong>ci culturalidell’universo shakespeariano, comunque innegab<strong>il</strong>i. E’ dunque necessario valutare la caricatrasformazionale enunciata nelle seriazioni figurative, nei mo<strong>di</strong> metaforici, in quelle zone psichicheavulse dai testi plutarchiani che presiedono alla logica delle azioni, alla sintassi dei personaggi, alcorso degli eventi or<strong>di</strong>nati temporalmente attraverso le strutture <strong>di</strong>scorsive del dramma. Obbedendoall’esigenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, nel Giulio Cesare, certi blocchi funzionali e le loro interrelazioni, non sipossono tralasciare parallele analisi delle microstrutture che funzionano come scorciatoie <strong>di</strong> unpensiero che risulta molto più esteso sulla strada allegorica battuta dal testo.“Nel Giulio Cesare – scrive D. Ga<strong>il</strong>or -, un problema interessante è costituito dalcomportamento curioso <strong>di</strong> Bruto <strong>di</strong> fronte alla notizia della morte della moglie, che egli riceve pocoprima della battaglia <strong>di</strong> F<strong>il</strong>ippi; se già è strano che Bruto riveli la notizia a Cassio solo dopo chequest’ultimo ha litigato furiosamente con lui, ancora più perplessi si è <strong>di</strong> fronte al fatto che inseguito, quando Messala gli chiede se abbia avuto notizie della moglie, egli si comporti come senulla sapesse della morte <strong>di</strong> lei, così infliggendo inut<strong>il</strong>mente, si <strong>di</strong>rebbe quasi sa<strong>di</strong>camente, un senso<strong>di</strong> angoscia a Messala, che naturalmente è turbato dal compito <strong>di</strong> dare la triste notizia.” 18 SecondoGa<strong>il</strong>or, “vi è da parte <strong>di</strong> Bruto un comportamento decisamente bizzarro, <strong>il</strong> quale non può esseresbrigativamente liquidato facendo riferimento al suo ‘stoicismo’”, che è “scarsamente <strong>il</strong>lustratonella trama ed è un dato che si evince più dai libri <strong>di</strong> storia che non dal dramma <strong>di</strong> Shakespeare”.L’altra osservazione incisiva <strong>di</strong> Ga<strong>il</strong>or, a proposito del suo contegno, riguarda <strong>il</strong> “fatto che uneventuale desiderio ‘stoico’ <strong>di</strong> Bruto <strong>di</strong> mostrarsi forte <strong>di</strong> fronte alla sofferenza non significa cheegli abbia né <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto né <strong>il</strong> dovere <strong>di</strong> fare soffrire anche Messala, né <strong>di</strong> coinvolgere Cassio in unatremenda lite perché lui, Bruto, ha deciso <strong>di</strong> tenere per sé la dolorosa notizia.” 19 Bruto confessa aCassio <strong>il</strong> suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Porzia soltanto alla fine del litigio. Riporta <strong>il</strong> sommario <strong>di</strong> Serpieri: “Di nuovosoli, tornano sui loro malumori, e Bruto rivela <strong>il</strong> suo dolore segreto: Porzia è morta, si è uccisainghiottendo del fuoco, per l’angoscia dovuta all’assenza del marito e alle notizie dello strapotere <strong>di</strong>Ottaviano e Antonio.” 20 Di certo, per ragioni altre dalla coesione <strong>di</strong> un senso, la morte <strong>di</strong> Porzia èevocata nel testo shakespeariano per ben due volte e in maniera <strong>di</strong>versa “ai vv. 143-161 e 180-194”.Ciò potrebbe essere dovuto ad una “revisione” della “prima stesura”, ma che in realtà risulta essereuna referenza vincolante che non restituisce affatto una forma univoca alla situazione rendendolapiù comprensib<strong>il</strong>e, perché “nella stampa dell’In-foglio entrambe le versioni furono riportate pererrore.” Anche l’ipotesi istruzionale che presiede al racconto dello storico <strong>di</strong> Cheronea, è inquinatada un’imprecisa, incontrollata valutazione temporale dell’evento. “E’ da notare – commentaSerpieri – che <strong>Plutarco</strong> lascia in sospeso <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> quella morte: secondo alcune auctoritates, <strong>il</strong>f<strong>il</strong>osofo Nicolao e lo storico Valerio Massimo, essa fu un suici<strong>di</strong>o conseguente alla fine <strong>di</strong> Bruto;ma secondo altri, e soprattutto secondo la testimonianza <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong> Bruto (la cui autenticitàtuttavia sarebbe dubbia), <strong>il</strong> suici<strong>di</strong>o avvenne prima, per squ<strong>il</strong>ibrio mentale. Shakespeare,evidentemente, opta per questa seconda versione e quin<strong>di</strong> rimette in sequenzialità storica un eventoche, nella seconda versione offerta da <strong>Plutarco</strong>, risulterebbe narrato con analessi.” 21C’è da notare, comunque, <strong>il</strong> proce<strong>di</strong>mento retorico messo in atto da Bruto nel raccontare aCassio <strong>il</strong> suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Porzia. Nel Giulio Cesare è presupposta una fluttuante focalizzazione <strong>di</strong>elementi <strong>di</strong>fferenziali, accanto alla valutazione emotiva <strong>di</strong> elementi inconsci introiettati che fanno18 D. Ga<strong>il</strong>or, Shakespeare e <strong>il</strong> mondo onirico: <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> e Macbeth, Napoli, E<strong>di</strong>SES, 1998, pp. 11-12.19 Ivi, p. 12.20 Ju<strong>il</strong>us <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri…cit., pp. 60-61.21 Ivi, p. 116.www.turindamsreview.unito.it7


da schermo contro certi sentimenti indesiderati che affliggono <strong>il</strong> protagonista shakespeariano. Cosìinvera la storia la fantasia <strong>di</strong> Bruto:Impatient of my absence,And grief that young Octavius with Mark AntonyHave made themselves so strong; for with her deathThat ti<strong>di</strong>ngs came. With this she fell <strong>di</strong>stract,And, her attendants absent, swallow’d fire.(IV, iii, 152-155)Trattando I segni linguistici, Ga<strong>il</strong>or afferma che si tratta <strong>di</strong> “un passo davvero curioso. Tra <strong>il</strong> primoverso e <strong>il</strong> secondo, vi è un vero e proprio anacoluto, che mostra tutta la tensione che vi è in Bruto inrelazione alla morte della moglie.” Certo, vi è immissione <strong>di</strong> un secondo pensiero sintatticamenteavulso dal costrutto della precedente <strong>di</strong>sposizione; ma, in ogni caso, la valenza retorica del doppiosegno linguistico va ad afferire al livello “metalogico”, appunto per “la trasformazione delcontenuto referenziale” 22 che sposta <strong>il</strong> contesto pragmatico, spiazza l’interlocutore e va acombinarsi, poi, in una funzione più complessa. Per Ga<strong>il</strong>or, “la sua confusione mentale <strong>di</strong>ventasempre più evidente man mano che parla. […] Nel quarto verso del passo citato egli <strong>di</strong>ce le vagheed ambigue parole with this, ‘con questo’. Con che cosa? Il referente delle parole rimane indefinito,ed in ciò si può cogliere un altro tentativo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re quale sia la causa del suici<strong>di</strong>o.” Rimanendonell’ambito dei metalogismi, più precisamente ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad una sospensione ellittica, aduna falsificazione referenziale che è figura costitutiva della lettera dell’inconscio. Bruto, tuttavia,non cessa <strong>di</strong> raccontare porzioni della propria realtà emotiva, ma non sa viverla coscientemente emetterla sotto controllo. Non gli resta, dunque, che obbe<strong>di</strong>re al modello della rappresentazionesemantica <strong>di</strong> un quadro psicologico a doppio valore con<strong>di</strong>zionale: repressione deldolore/aggressività verso Cassio. Il <strong>di</strong>sagio espresso dalle parole <strong>di</strong> Bruto è indagato da Ga<strong>il</strong>orattraverso martellanti domande a cui risponde conducendo un processo <strong>di</strong> comprensione <strong>di</strong> un veroe proprio testo enigmatico da ricostruire per via <strong>di</strong> inferenze psicoanalitiche <strong>di</strong> matrice freu<strong>di</strong>ana.“Ma come mai Bruto – si chiede Ga<strong>il</strong>or – […] sembra così preoccupato <strong>di</strong> negare la propria parte <strong>di</strong>colpa? E perché <strong>il</strong> suo doloroso stato d’animo dovrebbe tradursi in aggressività verso l’amico? Sicomprende che cercare la colpa dell’altro (cosa che Bruto fa nel dare del ladro a Cassio) spessoserve nella vita per coprire o alleggerire la propria colpa, ma perché avrebbe bisogno <strong>di</strong> farequesto?” La risposta più convincente è che <strong>di</strong>etro a uno sguardo in<strong>di</strong>gnato, Bruto mascheri “altrisensi <strong>di</strong> colpa, irrazionali e legati a fatti remoti. Di che potrà trattarsi, ci verrà in<strong>di</strong>cato in un passocurioso” riguardante la tragica fine dello stesso Cassio.Anziché portare un messaggio persuasivo sul corso degli eventi, la riflessione proposta daMessala, al suo ritorno, è una incontrollata effusione della fantasia che veicola nuove nebulose <strong>di</strong>possib<strong>il</strong>i interpretazioni alla regione <strong>di</strong> spazio logico del linguaggio:Mistrust of good success hath done this deed.O hateful Error, Melancholy’s ch<strong>il</strong>d,Why dost thou show to the apt thoughts of menThe things that are not? O Error, soon conceiv’d,Thou never com’st unto a happy birth,But k<strong>il</strong>l’st the mother that engender’d thee.(V, iii, 66-71)Se la base culturale plutarchiana è tale da ammettere la pluralità delle posizioni e delle scelteshakespeariane, <strong>di</strong> certo, i proce<strong>di</strong>menti metaforici messi qui in atto da Messala offrono nuove22 A. Serpieri, La retorica a teatro, in ID., Retorica e immaginario, Parma, Pratiche, 1986, p. 77.www.turindamsreview.unito.it8


possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> focalizzazione, mirano a sod<strong>di</strong>sfare altre interrogazioni e incertezze. Un impianto d<strong>il</strong>inguaggio così fluttuante, criptico, che riesuma un passato non consonante con <strong>il</strong> presente dellarealtà non può che verbalizzare un’altra esperienza, una rappresentazione che a livello intrapsichicoriflette immutab<strong>il</strong>i contenuti inconsci. “Quello che è sorprendente – annota Ga<strong>il</strong>or – è che Messala,senza alcun motivo apparente, parli <strong>di</strong> un figlio che uccide la madre. Forse questa riflessioneapparentemente gratuita <strong>di</strong> Messala getta un’ulteriore luce, prima <strong>di</strong> tutto, sul ferimento <strong>di</strong> Porzia”,che è l’azione <strong>di</strong> un altro testo enigmatico originale, ancora una volta da ricostruire per via <strong>di</strong>inferenze interpretative del modo simbolico, dell’attuazione <strong>di</strong> un senso in<strong>di</strong>retto. “Bruto non assisteal ferimento. […] Porzia <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver ferito se stessa, ma né Bruto né lo spettatore può sapere chesia veramente così. Quello del ferimento è dunque un momento che rientra nella categoria deglieventi non visti, ma solo intuiti, conosciuti ‘per sentito <strong>di</strong>re’ – quella categoria <strong>di</strong> eventi che, com’ènoto agli psicanalisti, è la fonte delle più gran<strong>di</strong> paure e delle più bizzarre fantasie.” Restaall’orizzonte, dunque, la memoria notturna <strong>di</strong> un sovvertimento psichico della letteralità <strong>di</strong> unlinguaggio che involge su <strong>di</strong> sé altri significati, oscuramente ra<strong>di</strong>cati in uno schema concettualelontano da una logica certezza. “Chi vede la ferita senza vedere <strong>il</strong> feritore può anche immaginare <strong>di</strong>essere stato personalmente autore dell’azione, può, cioè, immaginare <strong>di</strong> avere castrato, ossia‘ucciso’ sessualmente, quell’uomo che è <strong>di</strong>ventato donna. D’altro canto, qualcuno, qualche ‘terzapersona’, ha pur ferito Porzia, e, […] nella logica dei sogni, la ‘terza persona’ [è] la ‘prima’, ossia,in questo caso, Bruto.” Si tratta <strong>di</strong> un fenomeno inconscio che presiede all’atteggiamento <strong>di</strong> Bruto,ed è inut<strong>il</strong>e affrontarlo con proclami o <strong>di</strong>vieti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne morale. A quest’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fenomeni ci si puòsolo sensib<strong>il</strong>izzare, per poi riconoscerli come preistoria <strong>di</strong> una perversione. “L’idea che Bruto sisenta in colpa per <strong>il</strong> ferimento <strong>di</strong> Porzia, si può arguire anche da quello che egli <strong>di</strong>ce subito dopoaver visto la ferita: <strong>il</strong> suo proposito <strong>di</strong> essere degno <strong>di</strong> lei potrebbe leggersi come un desiderio <strong>di</strong>riparare ad un torto che pensa <strong>di</strong> aver fatto. Se Bruto immagina <strong>di</strong> avere ferito Porzia, può ancheimmaginare <strong>di</strong> averla uccisa, ossia <strong>di</strong> essere quell’‘Errore’, quel figlio indegno che uccide la madre.Ecco, dunque, un altro fattore che aiuta a spiegare la confusione <strong>di</strong> Bruto nel parlare della mortedella moglie con Cassio, ed anche <strong>il</strong> suo bisogno <strong>di</strong> cercare un ‘colpevole’ in quest’ultimo.” Se <strong>il</strong>contesto obbliga a vedere le sue figure <strong>di</strong> deviazione in modo nuovo, Porzia, come figura traslativadella madre, fa emergere la tragicità del destino in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> Bruto: <strong>il</strong> suo mondo affettivo, le suefantasie indesiderate hanno sv<strong>il</strong>uppato un’autocomprensione <strong>di</strong> sé mistificata, specchio <strong>di</strong> coazioniche continuano a inscenare lo stesso dramma attraverso la rappresentazione ossessiva dellesprezzanti reazioni verso la madre.“Non meno enigmatica della scena del litigio è quella che segue imme<strong>di</strong>atamente.” Come si èriportato più sopra, Bruto è reticente nel rispondere a Messala se egli abbia notizie della moglie: sesi assegna una funzione a ogni pre<strong>di</strong>cato del linguaggio, qui siamo ai limiti dell’accettab<strong>il</strong>itàpragmatica delle regole conversazionali e <strong>di</strong>alogiche. “Messala insiste, ma alla fine è costretto a <strong>di</strong>requello che Bruto continua a fingere <strong>di</strong> non sapere, e cioè che Porzia è morta.” La stoica assunzione<strong>di</strong> Bruto:Why, farewell, Portia. We must <strong>di</strong>e, Messala:With me<strong>di</strong>tating that she must <strong>di</strong>e once,I have the patience to endure it now.(IV, iii, 189-191)non è incontrovertib<strong>il</strong>e, perché sia la condensazione semantica delle parole <strong>di</strong> Messala:Even so great men great losses should endure.(IV, iii, 192)sia quelle all’apparenza più confidenziali <strong>di</strong> Cassio, ma che si rivelano derealizzanti, calano unoschermo che mette al riparo da certi sentimenti indesiderati:www.turindamsreview.unito.it9


I have as much of this in art as you,But yet my nature could not bear so.(IV, iii, 193-194)aprono ad assunzioni rive<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, a conseguenze <strong>il</strong>lative. “Perché Bruto si comporta in questo modo?La risposta che qualcuno dà […] è che Shakespeare in questo modo vuole <strong>di</strong>mostrare quanto Brutosia stoico, ed è interpretazione autorizzata e incoraggiata dalle frasi <strong>di</strong> Messala e <strong>di</strong> Cassio.”Senonché, l’intenzione <strong>di</strong>mostrativa e ostentatoria con cui Bruto modula la sua battuta, in realtàproduce una sospensione provvidenziale del <strong>di</strong>scorso dal quale sopraggiunge la minaccia della suaresponsab<strong>il</strong>ità per la fine tragica <strong>di</strong> Porzia. ‘Ebbene, ad<strong>di</strong>o, Porzia. Dobbiamo morire, Messala: /me<strong>di</strong>tando che una volta doveva morire’, è un tropo che intesse para<strong>di</strong>gmaticamente la semanticadel suo <strong>di</strong>scorso, la cui valenza retorica si attualizza in un metalogismo che prende la forma <strong>di</strong> unatautologia che associa un valore <strong>di</strong> verità logica, ma altrettanto superflua (“Dobbiamo morire,Messala”); e si può in<strong>di</strong>viduare come l’in<strong>di</strong>ce categorico della riflessione <strong>di</strong> Bruto segua unaprocedura <strong>di</strong> rimbalzo che opera uno spostamento referenziale dell’oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, che fapassare ad un altro scambio linguistico su <strong>di</strong> un topic ovvio e generalizzante, a cui egli ricorre perster<strong>il</strong>izzare e paralizzare ogni ulteriore indagine sul contenuto proposizionale dell’interrogazioneche fa affiorare l’enigma nascosto sotto <strong>il</strong> valore accettato e rispettato dello stoicismo. E riguardoall’oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, la trama <strong>il</strong>locutiva che contrassegna la parola <strong>di</strong> Bruto manifesta la suaestraniazione rispetto alla domanda <strong>di</strong> Messala che ha già trovato, fin dall’inizio, la rispostairrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>e che impe<strong>di</strong>sce l’esperienza dell’interazione <strong>di</strong>scorsiva; <strong>il</strong> <strong>di</strong>alogo inverte <strong>il</strong> suo corso,capovolge la sua precipua intenzionalità per concludersi nell’enunciazione da cui si è originata.L’implicazione della morte <strong>di</strong> Porzia viene attualizzata da Bruto attraverso l’istanza <strong>di</strong>un’enunciazione retorica <strong>di</strong> denegazione che inquadra <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>scorso in un gioco artificioso <strong>di</strong>preterizione in cui è impossib<strong>il</strong>e svolgere l’elaborazione <strong>di</strong> una comunicazione verbale. Il pensieronon viene esplicitato, non si attiva alcun concetto topicale, con l’unica preoccupazione da partedell’inquisito <strong>di</strong> evitare l’argomento che gli viene imposto d’autorità. Le <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> Bruto nonsono soltanto confuse e ambigue; esse rivolgono al para<strong>di</strong>gma della denegazione ogni estensione<strong>di</strong>scorsiva, in forza <strong>di</strong> una adeguazione sistematica alla rimozione del senso dello scambio e dellacompetizione <strong>di</strong>alogica.“Bisognerebbe chiedersi, però, – scrive Ga<strong>il</strong>or – perché mai Shakespeare avrebbe avuto questapreoccupazione, ed anche che cosa sia lo stoicismo. Inoltre, una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> stoicismo nonrichiede che Bruto continui così a lungo a fingere con Messala <strong>di</strong> non sapere nulla <strong>di</strong> Porzia.” Brutonon cessa <strong>di</strong> raccontare con <strong>il</strong> linguaggio dei sintomi una porzione della propria realtà; “<strong>il</strong> suo stranocomportamento […] si presta a varie considerazioni”: in primo luogo si può sospettare un’insistenzaeccessiva, uno spreco <strong>di</strong> energie testuali che orientano “i <strong>di</strong>scorsi su Porzia”, che puntano “adalterare <strong>il</strong> rapporto tra tali <strong>di</strong>scorsi e lo scontro con Cassio.” In secondo luogo, nel quadropsicanalitico della valutazione emotiva <strong>di</strong> Ga<strong>il</strong>or, <strong>il</strong> “sogno riguardante la morte <strong>di</strong> Porzia si allungae così acquista più peso, per cui tende a perdere <strong>il</strong> suo status <strong>di</strong> ‘proposizione causale’. In questomodo, viene attenuato o nascosto <strong>il</strong> rapporto <strong>di</strong> causalità tra la morte <strong>di</strong> Porzia e <strong>il</strong> litigio.” E non haspecifiche finalità normative la testimonianza <strong>di</strong> Messala sollecitata da Bruto “a <strong>di</strong>re quanto egli giàsa. […] Si può pensare, allora, che Bruto derivi sod<strong>di</strong>sfazione dal sentirsi <strong>di</strong>re che Porzia è morta”.Un annientamento psichico che costituisce la migliore <strong>di</strong>fesa contro l’emergere <strong>di</strong> desideripulsionali um<strong>il</strong>ianti <strong>di</strong> cui Porzia può essersi fatta oggetto. “Bruto potrebbe avere un buon motivoper desiderarne la morte. […] Un senso <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> repulsione nei confronti <strong>di</strong> Porzia, scambiataper la madre, potrebbe dedursi dagli elogi quasi esagerati che Bruto fa nella scena che si svolge nelfrutteto. Il desiderio <strong>di</strong> ucciderla potrebbe spiegare perché Bruto finga con Messala <strong>di</strong> non sapereche sia morta: può trattarsi <strong>di</strong> uno stratagemma per risultare ‘innocente’ rispetto a quanto èsuccesso. Tale desiderio spiegherebbe, anche, la sua ‘stoica accettazione’ della per<strong>di</strong>ta, che cela inrealtà sod<strong>di</strong>sfazione per quanto è avvenuto.”www.turindamsreview.unito.it10


E’ all’interno degli spazi simbolici <strong>il</strong> luogo in cui avviene la morte <strong>di</strong> Porzia, preesistenti a ognisimulazione <strong>di</strong> realtà, <strong>di</strong>sertati dalla parola e dai significati che presiedono alla rappresentazione, eche mettono in campo elementi che sono alla base <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> che modulano <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorsodell’immaginario. E’ “una morte avvenuta altrove, a cui né Bruto né lo spettatore assiste, cosicchénon si constata <strong>di</strong>rettamente che sia stata Porzia ad uccidersi: se Bruto avesse sognato <strong>di</strong> sentirsiinformare del decesso <strong>di</strong> Porzia, si potrebbe fac<strong>il</strong>mente dedurre che egli desideri (anche se al tempostesso teme) <strong>di</strong> esserne l’uccisore; questo stato mentale conflittuale spiegherebbe ulteriormente laconfusione che egli palesa in relazione all’argomento.”Nei limiti dell’accettab<strong>il</strong>ità pragmatica, “se Porzia sta per la madre”, ciò che ci fa ammaliare è <strong>il</strong>non mascherab<strong>il</strong>e, ciò <strong>di</strong> cui Bruto non può liberarsi, nemmeno con l’aus<strong>il</strong>io della sua praticaf<strong>il</strong>osofica. L’um<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong> Bruto risiede nella deriva nevrotica, nella frustrazione dei suoiambivalenti desideri pulsionali verso la madre, nel <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> cui quei desideri inconfessab<strong>il</strong>i sonofatti oggetto. “Se egli si fa ripetere la storia della morte <strong>di</strong> Porzia, <strong>il</strong> suo comportamento si connotaanche come quello <strong>di</strong> un masochista”, poiché <strong>il</strong> racconto e la sua reiterazione traslano una veritàritrovata nella sofferenza della per<strong>di</strong>ta. “Se è vero che ogni manifestazione ‘intellettuale’ dell’uomosi può collegare alla sua con<strong>di</strong>zione psichica, e se per stoicismo si intende (com’è <strong>il</strong> caso nel <strong>Julius</strong><strong>Caesar</strong>) la capacità <strong>di</strong> sopportare <strong>il</strong> dolore, non si tratta, allora, <strong>di</strong> una ‘nob<strong>il</strong>itazione’ del desiderio<strong>di</strong> soffrire, ossia, appunto, <strong>di</strong> masochismo? […] E’ anche pensab<strong>il</strong>e che una delle funzioni delmasochismo […] sia quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarre la mente da altri dolori remoti, o, meglio, <strong>di</strong> consentirle <strong>di</strong>fingere <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarsi, mentre rivive le vecchie sofferenze dell’infanzia; e quin<strong>di</strong>, nel caso <strong>di</strong> Bruto, chela per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Porzia gli serva per <strong>di</strong>menticare e al tempo stesso rievocare per<strong>di</strong>te più antiche.”Dunque, un narciso tormentato, incapace <strong>di</strong> vivere <strong>il</strong> proprio lutto, in grado <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>upparein<strong>di</strong>sturbato la sua <strong>di</strong>mensione intellettuale abbracciando la f<strong>il</strong>osofia degli stoici, ma che vedràcompiersi la tragicità del suo destino in<strong>di</strong>viduale – suicida egli stesso – con un’evidenza eun’intensità impressionanti.“Forse non è del tutto casuale se è Messala a rivelare a Bruto la ‘notizia’ della morte <strong>di</strong> Porzia.Messala, infatti, non è tornato in tempo per portare la buona notizia del successo temporaneo cheforse avrebbe evitato <strong>il</strong> suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Cassio, così come Bruto non è tornato dalla moglie e quin<strong>di</strong> nonha potuto salvarla.”Ga<strong>il</strong>or, co<strong>di</strong>ficando <strong>il</strong> modello espressivo <strong>di</strong> due pre<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> linguaggio sulla fattualitàdrammatica, constata che “vi è perfino una certa analogia sintattica ed anche fonologica tra le parole<strong>di</strong> Messala, Mistrust of my success e quelle <strong>di</strong> Bruto, Impatient of my absence, e sia Bruto cheMessala tendono a parlare in terza persona, come per spostare via da sé i sensi <strong>di</strong> colpa legati alfatto <strong>di</strong> non essere stati presenti per salvare la persona che è morta.” All’analogia sintattica r<strong>il</strong>evatada Ga<strong>il</strong>or potremmo aggiungere che si tratta <strong>di</strong> un’interazione testuale trasversale, che prescinde dalcontesto <strong>di</strong>versamente pertinentizzato dalla <strong>di</strong>namica rappresentazionale del presente scenico. E’ unraccordo con <strong>il</strong> passato basato su una logica proairetica che non riformula, con <strong>il</strong> semplice concorsodel livello linguistico, l’invarianza del significato e ci rivela un’affinità segreta, un’immagineinaspettata <strong>di</strong> un mondo visionario che non ha giustificazione drammaturgica in cui pur si <strong>di</strong>ssolve.Su basi testologiche e <strong>di</strong> intreccio, secondo la logica drammatica degli elementi fondativi deldramma, la deco<strong>di</strong>ficazione linguistica del doppio sintagma contrassegnato da implicitacorrelazione, a cui è unito un ulteriore investimento semantico in funzione paronomasica che fungeda supplemento semiotico e, quin<strong>di</strong>, sottoposto a caratteristiche formali estreme, può rivelarsiclamorosamente ambigua. Così, Ga<strong>il</strong>or conclude <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>scorso con una <strong>di</strong>varicazione finale delsenso, tramite una seconda equivalenza paradossale, se mantenuta sul registro dell’in<strong>di</strong>ce coesivodrammaturgico convenzionale e dei vincoli sistemici, ma che risulta invece essere <strong>il</strong> coagulo <strong>di</strong> unacorrispondenza epistemica che non ci sembra trascurab<strong>il</strong>e, se vista attraverso <strong>il</strong> prisma delle fantasieinconsce. “Il comune destino <strong>di</strong> Porzia e Cassio, quello per cui chi poteva salvare l’uno e l’altra eraassente al momento cruciale, fornisce un’ulteriore conferma dell’idea <strong>di</strong> uno scambio tra Cassio ePorzia, nonché tra <strong>il</strong> padre e la madre, e quin<strong>di</strong> del fatto che vi siano sensi <strong>di</strong> colpa in Bruto neiconfronti <strong>di</strong> entrambi.” Una connessione mentale profonda si <strong>di</strong>spone nell’inter<strong>di</strong>pendenzawww.turindamsreview.unito.it11


funzionale del “comportamento assunto da Cassio” nella scena della “finzione <strong>di</strong> Bruto conMessala” a cui egli assiste. “Il fatto è che Cassio non rivela a Messala che Bruto già sa <strong>di</strong> Porzia,ossia non ‘tra<strong>di</strong>sce’ l’amico. Si <strong>di</strong>rebbe che questo comportamento sia dovuto ad una complicità trai due, legata non solo al fatto <strong>di</strong> avere ucciso insieme Cesare ma anche all’intimità ed all’unioneraggiunta nella tenda. Sembrerebbe, ancora, che tale complicità sia attinente in qualche modoproprio alla morte <strong>di</strong> Porzia, sulla quale i due tacciono assieme, come se assieme ne fossero statiresponsab<strong>il</strong>i; e, ad<strong>di</strong>rittura, nasce <strong>il</strong> sospetto che vi sia una certa confusione nelle loro menti tra talemorte (della ‘madre’) e l’assassinio <strong>di</strong> cui effettivamente sono autori (quello del ‘padre’).” 23How foolish do your fears seem now, Calphurnia!“Nell’ottica elisabettiana, in uno stato nazionale da poco unito e ancora non saldo, la congiuraera ritenuta impresa sempre infame. Chi la promuoveva, pertanto, doveva essere un ‘v<strong>il</strong>lain’: qualeappunto Cassio si rivela” in un momento <strong>di</strong> racconto al passato, in cui indulge ad inquinare la“<strong>di</strong>gnità ideale” <strong>di</strong> Cesare, in un processo istruzionale che everte qui ogni rapporto <strong>di</strong> sim<strong>il</strong>arità e <strong>di</strong>veritiera correlazione del testo shakespeariano con la fonte plutarchea. “L’anima della rivolta contro<strong>il</strong> potere costituito doveva essere in<strong>di</strong>viduab<strong>il</strong>e, e condannab<strong>il</strong>e, in quel 1599 (l’anno della probab<strong>il</strong>ecomposizione del dramma) che aveva sconvolto l’Ingh<strong>il</strong>terra con la fallita congiura del Conte <strong>di</strong>Essex contro la regina Elisabetta.” Shakespeare in<strong>di</strong>vidua, poi, un altro copione, basato sullamedesima logica nel descrivere Cassio attraverso la fisionomia categoriale del v<strong>il</strong>lain là dove <strong>il</strong>testo attribuisce a Cassio la “contraffazione” dei “biglietti <strong>di</strong> incitamento alla rivolta”, mentre in<strong>Plutarco</strong> essi “sono lasciati da vari citta<strong>di</strong>ni e uomini politici sulla se<strong>di</strong>a pretoria <strong>di</strong> Bruto o ai pie<strong>di</strong>della statua del suo celebre antenato.” 24Lo storico <strong>di</strong> Cheronea non è affatto tentato <strong>di</strong> registrare l’immagine <strong>di</strong> Cesare come oggetto <strong>di</strong>paro<strong>di</strong>a. Ecco, invece, come la sua voce si proietta a correlare, per catene associative, l’esemplaritàdel comportamento <strong>di</strong> Cesare, benché egli fosse “es<strong>il</strong>e <strong>di</strong> complessione, […] soggetto a emicranie ead attacchi ep<strong>il</strong>ettici”, aspetti che egli pone comunque in r<strong>il</strong>ievo, ma che accosta, al seguito dellanarrazione, ad una corrispondenza <strong>di</strong> parole colme <strong>di</strong> virtù eccezionale. “Comunque – scrive<strong>Plutarco</strong> – egli non prese questa sua debolezza a giustificazione <strong>di</strong> vita molle, anzi consideròl’attività m<strong>il</strong>itare una cura <strong>di</strong> questa debolezza, contrastando i suoi malanni con lunghissime marce,mangiando frugalmente, dormendo sempre all’aperto, faticando, e così mantenendo <strong>il</strong> corpoinattaccab<strong>il</strong>e ai mali.” L’elogio del condottiero Cesare riecheggia, senza riserve, in altri brani dellasua biografia, come nella seguente prova stringente <strong>di</strong> coraggio e <strong>di</strong> potenza fisica che egli <strong>di</strong>ede inoccasione <strong>di</strong> un’impresa <strong>di</strong> guerra: “<strong>il</strong> terzo [pericolo] lo corse quando, accesasi una mischia pressol’isola <strong>di</strong> Faro, saltò dalla <strong>di</strong>ga in una barca e cercava <strong>di</strong> portare aiuto ai suoi che lottavano, maaccorrendo da ogni parte gli Egiziani contro <strong>di</strong> lui, fu costretto a buttarsi in acqua e con grandestento si salvò a nuoto. Si <strong>di</strong>ce che in quell’occasione egli avesse in mano molte carte, e per quantofosse preso <strong>di</strong> mira e si dovesse immergere non le lasciò, ma con una mano teneva quei fogli fuord’acqua e con l’altra nuotava.” 25In Shakespeare, la scena seconda dell’atto primo contiene <strong>il</strong> monologo <strong>di</strong> Cassio, sv<strong>il</strong>uppato conretorica furibonda secondo una strategia volta a ridurre e a sminuire <strong>il</strong> personaggio <strong>di</strong> Cesare. “Eglisv<strong>il</strong>isce la persona <strong>di</strong> Cesare adducendo due esempi della sua condotta e debolezza: i. durante unasfida <strong>di</strong> nuoto nel Tevere invernale, dovette soccorrerlo, altrimenti sarebbe affogato; ii. una voltaebbe una febbre in Spagna e si lamentò come una ragazzina malata; Cassio si vergogna <strong>di</strong> esseresottoposto a un tale debole uomo che invece è <strong>di</strong>ventato un <strong>di</strong>o.” 26 :23 D. Ga<strong>il</strong>or, Shakespeare e <strong>il</strong> mondo onirico… cit., pp. 119-125.24 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri…cit., p. 84.25 <strong>Plutarco</strong>, Alessandro. Cesare, introduzione <strong>di</strong> D. Magnino e A. La Penna, traduzione e note <strong>di</strong> D. Magnino, M<strong>il</strong>ano,BUR, 2004 18 , p. 349 e pp. 419-421.26 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri…cit., pp. 32-33.www.turindamsreview.unito.it12


Cas. […] For once, upon a raw and gusty day,The troubled Tiber chafing with her shores,<strong>Caesar</strong> said to me, “Dar’st thou, Cassius, nowLeap in with me into this angry flood,And swim to yonder point?” Upon the word,Accountred as I was, I plunged inAnd bade him follow; so indeed he <strong>di</strong>d.The torrent roar’d, and we <strong>di</strong>d buffet itWith lusty sinews, throwing it asideAnd stemming it with hearts of controversy.But ere we could arrive the point propos’d,<strong>Caesar</strong> cried, “Help me, Cassius, or I sink.”I, as Æneas, our great ancestor,Did from the flames of Troy upon his shoulderThe old Anchises bear, so from the waves of TiberDid I the tired <strong>Caesar</strong>. And this manIs now become a god, and Cassius isA wretched creature, and must bend his bodyIf <strong>Caesar</strong> carelessly but nod on him.He had a fever when he was in Spain,And when the fit was on him, I <strong>di</strong>d markHow he <strong>di</strong>d shake; ‘tis true, this god <strong>di</strong>d shake;His coward lips <strong>di</strong>d from their colour fly,And that same eye whose bend doth awe the worldDid lose his lustre; I <strong>di</strong>d hear him groan;Ay, and that tongue of his, that bade the RomansMark him and write his speeches in their books,Alas, it cried, “Give me some drink, Titinius,”As a sick girl. Ye gods, it doth amaze meA man of such a feeble temper shouldSo get the start of the majestic world,And bear the palm alone.(I, ii, vv. 99- 129)Cassio sa sfruttare con grande finezza le capacità <strong>di</strong> modulazione <strong>di</strong> un sistema semiotico doveinferenze e istruzione retorica prevalgono e <strong>di</strong>rigono in modo vincolante la concretizzazione sullascena <strong>di</strong> connotazioni fisiche e psicologiche <strong>di</strong> Cesare assolutamente <strong>di</strong>stanti dalla narrazionefontistica. Se ne possono estrarre forme entimematiche che <strong>di</strong> certo lusingano la vanità <strong>di</strong> Bruto acui vivamente parla Cassio, come ad esempio nel reiterato s<strong>il</strong>logismo retorico svolto al livello dellinguaggio che instaura imme<strong>di</strong>atamente un coinvolgimento <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> Bruto: “E come <strong>il</strong> nostrogrande antenato Enea trasse sulle sue spalle, dalle fiamme <strong>di</strong> Troia, a salvamento, <strong>il</strong> vecchioAnchise, così trassi io dalle onde del Tevere, Cesare fiaccato”; “Quest’uomo è <strong>di</strong>ventato un <strong>di</strong>o, eCassio una meschina creatura, e deve inchinare la sua persona se Cesare, anche <strong>di</strong>strattamente, glifaccia pur un cenno”; “e quello stesso occhio che soltanto all’inchinarsi spaura <strong>il</strong> mondo intero,perdette ben la sua luce”; “quella sua lingua che costrinse i romani a scrivere i suoi <strong>di</strong>scorsi nei loropropri libri, quella stessa lingua, ahimè, prese a gridare […] allo stesso modo che una fanciullinainferma”; “molto mi stupisce che un uomo <strong>di</strong> una tempra così debole debba <strong>di</strong> tanto sopravanzare lawww.turindamsreview.unito.it13


maestà del mondo e portarne da solo la palma.” 27 Inoltre, <strong>il</strong> sol<strong>il</strong>oquio <strong>di</strong> Cassio è dominato da altresconcertanti combinazioni metaforiche dai limiti imprecisi, in cui sono associate scarti <strong>di</strong> immaginiaudaci che segnano <strong>il</strong> corso dei suoi pensieri. E <strong>il</strong> campo delle modalità retoriche della scena puòestendersi fino ad includere i due composti peculiari <strong>di</strong> metafore catacresizzate adattateconvenientemente al contesto: “le labbra vigliacche se ne fuggirono dalle loro ban<strong>di</strong>ere colorate” e“quello stesso occhio […] perdette ben la sua luce”. 28Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Cassio, per quanto fittizio, contribuisce, da una parte, a presentare la propria<strong>di</strong>fferente visione degli eventi, <strong>il</strong> cui fine si traduce nel grado dell’intensa falsificazionereferenziale; e, dall’altra parte, a verificare la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità e l’approvazione del suo interlocutore,esercitando su <strong>di</strong> lui un’influenza notevole, una pressione persuasiva ai fini del suo coinvolgimentoemozionale. Ma è certo che le complicanze comunicative arricchite dalle accensioni retoriche dellinguaggio <strong>di</strong> Cassio, segnalano altresì la confessione della menzogna, la frattura tra <strong>il</strong> linguaggioinnocente e <strong>il</strong> linguaggio corrotto; ed è <strong>il</strong> primo segno, imme<strong>di</strong>atamente messo allo scoperto, delgioco testuale che ci permette <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le strutture ideologiche dell’interlocutore <strong>di</strong> Bruto, làdove insorge <strong>il</strong> racconto estemporaneo <strong>di</strong> eventi casuali.A fronte <strong>di</strong> questa costruzione fluttuante del linguaggio, si addensa una forte corrispondenzaspazio-temporale che pertiene all’asse della rappresentazione sistematizzata in coincidenza esimultaneità con la narrazione <strong>di</strong> Cassio. Le consonanze fra <strong>di</strong>scorso e statuto della scena s<strong>il</strong>egittimano in un ambito <strong>di</strong> contenuto, per <strong>il</strong> fatto <strong>di</strong> veicolare nuclei tematici forti nelle prospettiveinterne del dramma. “Per conseguire <strong>il</strong> massimo grado <strong>di</strong> contemporaneità – scrive Serpieri – tral’offerta della corona a Cesare, durante la corsa sacra, e la ‘tentazione’ <strong>di</strong> Cassio nei confronti <strong>di</strong>Bruto, <strong>il</strong> drammaturgo, dopo aver introdotto la situazione inglobante, ne sposta subito gli sv<strong>il</strong>uppifuori scena.” Si tratta <strong>di</strong> un insieme mob<strong>il</strong>e <strong>di</strong> congiunture che materializzano la consequenzialitàdella rappresentazione la quale, a sua volta, <strong>di</strong>viene la causa della vitalizzazione del racconto. Ledue determinanti drammatiche della sostanza significante si compenetrano in una snodatura che siesercita nella <strong>di</strong>scorsivizzazione del testo come applicazione <strong>di</strong> una duplice struttura oppositiva. E’un incrocio <strong>di</strong> suoni che vanno ad attraversare lo spazio rappresentazionale, “un ‘fuori scena’ che sifa presente sulla scena – dove si svolge <strong>il</strong> decisivo colloquio tra Cassio e Bruto – con segnali sonori(fanfare e grida) che vengono recepiti dai due personaggi in scena secondo una valenza opposta aquella effettiva: non, cioè, come le acclamazioni del popolo per <strong>il</strong> reiterato rifiuto da parte <strong>di</strong> Cesaredella corona offertagli da Antonio, bensì come manifestazioni favorevoli alla incoronazione <strong>di</strong>Cesare.” E’ una catena sintagmatica che si congiunge, nella coscienza <strong>di</strong> Bruto e Cassio, allapercezione <strong>di</strong>fensiva <strong>di</strong> una falsificazione del reale. “In tal modo, le parole <strong>di</strong> Cassio vengonoappoggiate da quanto l’evento in contemporanea, fuori scena, sembra comunicare attraverso i suoisegnali. E’ come se tutta la storia cesarea, nella sua virtuale apoteosi, stesse risuonando intorno aidue che parlano <strong>di</strong> una possib<strong>il</strong>e e urgente cospirazione anticesarea.” 29L’elaborazione <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> un processo tra universi plurali e eterogenei comporta latrasfigurazione innovativa delle strutture testologiche, st<strong>il</strong>istiche e dei rapporti tematici chedemarcano i campi <strong>di</strong> senso. Le mo<strong>di</strong>ficazioni del linguaggio sono mo<strong>di</strong>ficazioni dello statuto delsoggetto: <strong>il</strong> Cesare shakespeariano ha connotazioni fisiche e psicologiche assolutamente <strong>di</strong>stanti daquelle attinte alle fonti plutarchiane ed incarnano <strong>di</strong> conseguenza modelli <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>comportamento sul doppio piano dell’essere e dell’apparire. Nel caso del racconto <strong>di</strong> Cassio èevidente come <strong>il</strong> ruolo cesareo sia dedotto dalla sua lunga replica e dai segni, non solo verbali,concretizzati sulla scena.Le obiezioni più aff<strong>il</strong>ate contro tutto ciò che Shakespeare sottrae alla stora plutarchea portanoelementi <strong>di</strong>fferenziali costanti e indubitab<strong>il</strong>i che mirano a effetti <strong>di</strong> contrasto e <strong>di</strong> smitizzazione –come avremo campo <strong>di</strong> osservare – a proposito del corso degli avvenimenti or<strong>di</strong>nati nella fabula deldramma, concernenti anche quella serie <strong>di</strong> sequenze che riguardano idee, retaggi culturali,27 W. Shakespeare, Giulio Cesare, introduzione, traduzione e note <strong>di</strong> G. Bal<strong>di</strong>ni, M<strong>il</strong>ano, BUR, 2001 14 , pp. 41-43.28 Ivi, p. 43.29 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 80.www.turindamsreview.unito.it14


l’immaginario delle credenze e anche dei puri eventi mentali posti <strong>di</strong> fronte alla massicciamaterialità delle connessioni tragiche.Sulla corsa sacra che avveniva durante la festa dei Lupercali, <strong>Plutarco</strong> si limita ad una rapidascorsa <strong>di</strong> descrizioni culturali dei suoi vari significati complementari, assegnando ad essa, fral’altro, una funzione aspettualmente indeterminata <strong>di</strong> matrice generativa. “Era la festa dei Lupercali– scrive lo storico <strong>di</strong> Cheronea -, a proposito della quale molti scrivono che era in antico una festa <strong>di</strong>pastori, e che ha una qualche relazione con le feste Licee dell’Arca<strong>di</strong>a. Molti giovani nob<strong>il</strong>i, e anchemagistrati, corrono nu<strong>di</strong> per la città colpendo per gioco e per ridere, con cinghie <strong>di</strong> cuoio peloso, ipassanti; molte donne, anche dell’aristocrazia, si offrono ai colpi, come gli scolari a scuola offronole mani alle percosse, convinte che se sono incinte sarà fortunato <strong>il</strong> parto, se sono ster<strong>il</strong>iconcepiranno.” In un passaggio <strong>di</strong> poco successivo, <strong>Plutarco</strong> accenna, poi, alla partecipazione <strong>di</strong>Antonio alla corsa sacra, ma per riscontrare <strong>di</strong>rettamente <strong>il</strong> gesto del console <strong>il</strong> quale “quandodunque entrò nel foro e la folla si aprì innanzi a lui, porse a Cesare un <strong>di</strong>adema intrecciato con unacorona d’alloro.” 30 L’inferenza e l’istruzione shakespeariana prevalgono decisamente sulla semplicetrasposizione scenica del rapporto <strong>di</strong> equivalenza con la narrazione plutarchea. Nel dramma, Cesaremanifesta <strong>di</strong>rettamente, in una doppia istanza <strong>di</strong> enunciazione, sia l’esortazione rivolta a Calfurnia<strong>di</strong> attraversare la corsa sacra sia la richiesta ad Antonio, come partecipante al rituale, <strong>di</strong> toccare lamoglie per liberarla dalla male<strong>di</strong>zione della sua ster<strong>il</strong>ità. “Perché mai – si chiede Ga<strong>il</strong>or –Shakespeare avrebbe dovuto introdurre <strong>il</strong> motivo della ster<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> Calfurnia e quello del tentativo <strong>di</strong>farla guarire da Antonio?”, visto che entrambi i motivi non vanno necessariamente ad afferire alla<strong>di</strong>namica drammaturgica dell’intreccio testuale. “Possib<strong>il</strong>mente Shakespeare introduce questomotivo nel quadro <strong>di</strong> uno sforzo per ‘smitizzare’ Cesare, cioè per mostrarlo un essere deboleindegno <strong>di</strong> quella grande fama che ha. […] Se dunque Cesare <strong>di</strong>ce pubblicamente che Calfurnia èinfeconda, si può immaginare che egli lo faccia per fare sapere che la mancanza <strong>di</strong> figli non <strong>di</strong>pendeda lui, così come molti altri suoi <strong>di</strong>scorsi e comportamenti sono palesemente volti a provare la suapotenza, ossia la sua non-impotenza. Shakespeare in questo modo insinua comunque un dubbio,ossia fa sospettare che Cesare possa anche essere impotente.” Ma, prosegue Ga<strong>il</strong>or, se la scenaimplica la ster<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> Calfurnia, ad essa è anche strettamente collegata, nel tessuto verbale, l’istanzadel suo risanamento. “‘Toccala’, <strong>di</strong>ce Cesare ad Antonio, ‘e potrà <strong>di</strong>ventare incinta’. […] Per glielisabettiani la parola strike, ‘colpire’, fac<strong>il</strong>mente assumeva un significato sessuale. […] Se, quin<strong>di</strong>,Cesare invita Antonio ad agire in modo tale da rendere gravida Calfurnia, è come se gli <strong>di</strong>cesse <strong>di</strong>possederla sessualmente. […] Dato che la corsa non viene rappresentata in scena, Shakespeare nonera costretto ad eliminare <strong>il</strong> riferimento alla nu<strong>di</strong>tà [come riportato in <strong>Plutarco</strong>], e quin<strong>di</strong> si puòsospettare che questa soppressione sia sullo stesso piano della trasformazione <strong>di</strong> ‘colpire’ in‘toccare’. […] Nel caso del <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, <strong>di</strong>venta evidente ciò che potrebbe essere implicito inaltre situazioni del genere, vale a <strong>di</strong>re che – data la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> età e <strong>di</strong> status politico tra Cesare eAntonio – è proprio <strong>il</strong> ‘padre’ ad invitare <strong>il</strong> ‘figlio’ a fare sesso con sua moglie, ovvero con la‘madre’.” E <strong>il</strong> critico mette in campo altri elementi che saranno alla base <strong>di</strong> una fittissima rete <strong>di</strong>riman<strong>di</strong> psicanalitici preesistenti nell’immaginario shakespeariano, costantemente rinvenib<strong>il</strong>i nelGiulio Cesare, come appunto l’in<strong>di</strong>viduazione del nucleo incestuoso. “Questa considerazione cifornisce un’altra possib<strong>il</strong>e spiegazione della strana inclusione del motivo della ster<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> Calfurnia:è un modo per farla apparire ‘meno madre’ in una fantasia che ha a che fare proprio con la madre.[…] Per quel che ci è dato sapere, Antonio in seguito si comporta nel modo previsto, ossia, nudo,tocca Calfurnia. Nei termini della fantasia onirica, dunque, <strong>il</strong> contatto sessuale incestuoso èavvenuto, per cui Antonio ha un debito da scontare nei confronti <strong>di</strong> Cesare.” Sono, queste,assunzioni incontrovertib<strong>il</strong>i, che mostrano come sia <strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>mente pertinentizzato l’universodrammatico shakespeariano rispetto alle fonti originarie: “Per concludere queste osservazioni suAntonio, resta solo da riba<strong>di</strong>re la grande perizia <strong>di</strong> Shakespeare nel fare apparire enormemente<strong>di</strong>versi fra loro personaggi che rivelano <strong>di</strong> avere molto in comune ad un livello profondo, e da30 <strong>Plutarco</strong>, Cesare… cit., p. 443.www.turindamsreview.unito.it15


imarcare quel potente processo <strong>di</strong> sublimazione delle fantasie che genera la nob<strong>il</strong>e poesia del <strong>Julius</strong><strong>Caesar</strong>”, non riducib<strong>il</strong>e all’alibi della sola parola espressiva, almeno laddove cade la <strong>di</strong>scriminantenel processo <strong>di</strong> cooperazione interpretativa in cui valgono i sentimenti della sovrasignificazione.“Anche Antonio, dunque, potrebbe volere la morte <strong>di</strong> Cesare, per cui non vi è alcuna sostanziale<strong>di</strong>fferenza tra lui e Bruto. E’ forse per questo motivo che Antonio si sforza <strong>di</strong> apparire – o forseShakespeare si sforza <strong>di</strong> farlo apparire – <strong>di</strong>verso da Bruto, in ogni possib<strong>il</strong>e modo. […]L’opposizione fra i due <strong>di</strong>venta dunque speculare: Antonio è, per così <strong>di</strong>re, <strong>il</strong> contro-Bruto. Egli ècolui che vorrebbe, o avrebbe voluto uccidere <strong>il</strong> padre Cesare, ma che tramuta <strong>il</strong> proposito omicidain un desiderio <strong>di</strong> ‘aiutare’ Cesare”. E Ga<strong>il</strong>or trae un’ultima considerazione da un deciso sospetto:“E non va trascurato <strong>il</strong> fatto che nel momento in cui Antonio si dà da fare per ‘salvare’ Cesare,questi giace a terra morto, […] è, insomma, un ‘aiuto’, un ‘salvataggio’, che Antonio effettua solonel momento in cui Cesare appare totalmente impotente e in nessun modo minaccioso, quasi come a<strong>di</strong>re che Antonio può cominciare a mostrare vero affetto per Cesare solo dal momento che questi èdel tutto debellato.” 31La notte che precede le I<strong>di</strong> <strong>di</strong> Marzo Calfurnia sogna confusamente l’assassinio <strong>di</strong> Cesare. Egl<strong>il</strong>e è accanto, risvegliato dallo sbattere <strong>di</strong> porte e finestre, dal br<strong>il</strong>lare <strong>di</strong> una gran luce, ed è ancor più<strong>di</strong>sturbato dal pianto e dai lamenti della consorte. Il sogno è cifrato, ma allo stesso tempo la suaiscrizione è chiara, anche se esprime una verità che la trascende. Il testo onirico manca, comunque,<strong>di</strong> un pattern <strong>di</strong> memorizzazione del tutto, e mantiene piuttosto la registrazione <strong>di</strong> particolari cheaprono allo spazio concesso all’interpretazione: le sue immagini, la sua verbalizzazione – comevedremo – possono essere combinate in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, e proprio perché esso riproduce unasimbologia orientata a sensi <strong>di</strong>versi, esposti a tutti i pericoli <strong>di</strong> un’indagine omogeneizzante. Scrive<strong>Plutarco</strong>, riportando anche altre voci sull’episo<strong>di</strong>o: “ed ecco che contemporaneamente sispalancarono tutte le porte e le finestre della camera: [Cesare] sconvolto dal rumore e dalla lucedella luna che br<strong>il</strong>lava, s’accorse che Calfurnia dormiva profondamente, ma nel sonno emettevavoci confuse e lamenti inarticolati: le sembrava infatti <strong>di</strong> piangere <strong>il</strong> marito tenendolo tra le bracciaucciso. Alcuni invece <strong>di</strong>cono che la donna non ebbe questa visione; le parve invece <strong>di</strong> lamentarsi epiangere per aver visto crollare un fastigio che stava sulla casa <strong>di</strong> Cesare, aggiuntovi per ornamentoed onore in seguito a deliberazione del senato, come racconta Livio.” 32 Come annota Serpieri <strong>il</strong>racconto plutarcheo è a “prospettiva variab<strong>il</strong>e”, con la doppia “focalizzazione” esterna e interna orasu Cesare, ora su Calfurnia. Anche l’uso del doppio sintagma nominale, investito nello spostamentodeittico, e l’implicazione cataforica <strong>di</strong> un tempo presente con un coreferente tempo successivo sonotrattati congiuntamente. “ Nel dramma – scrive Serpieri – non si può avere, in situazione <strong>di</strong>monologo, che la focalizzazione del personaggio che parla; e pertanto <strong>il</strong> drammaturgo, che ha intesodargli forte risalto iniziale in una sua solitu<strong>di</strong>ne, trasforma nella enunciazione <strong>di</strong> Cesare i ‘manyfumbling lamentable speeches’ della fonte [nella traduzione plutarchea <strong>di</strong> North] tramite la modalitàdella enunciazione riportata da Calfurnia al v. 3, transco<strong>di</strong>ficando al contempo <strong>il</strong> segmentonarrativo, a focalizzazione interna, ‘For shee dreamed that <strong>Caesar</strong> was slaine’.” 33La mattina seguente – riporta <strong>Plutarco</strong> – Calfurnia cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuadere Cesare a recarsi in senato:“ella pregò Cesare <strong>di</strong> non uscire, se era possib<strong>il</strong>e, ma <strong>di</strong> rimandare la seduta al senato; se però nonfaceva alcun conto dei suoi sogni, almeno indagasse <strong>il</strong> futuro me<strong>di</strong>ante altri sacrifici <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinazione.A quanto sembra un certo sospetto e timore presero anche Cesare: precedentemente infatti nonaveva notato in Calfurnia alcuna debolezza femmin<strong>il</strong>e derivante da scrupoli religiosi, mentre ora lavedeva oltremodo sconvolta.” 34 Il responso degli indovini è sfavorevole e Cesare manda Antonio asciogliere <strong>il</strong> senato. Così, <strong>di</strong> cenno, è quanto <strong>Plutarco</strong> ci fa vedere, mentre, nel testo shakespeariano,è la stessa Calfurnia che propone ad Antonio <strong>di</strong> recarsi in senato per giustificare l’assenza <strong>di</strong> Cesare,adducendo la scusa che suo marito è stato colto da un improvviso malore. Aperta allo spostamento31 D. Ga<strong>il</strong>or, Shakespeare e <strong>il</strong> mondo onirico… cit., pp. 143-150.32 <strong>Plutarco</strong>, Cesare… cit., p.449.33 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 92.34 <strong>Plutarco</strong>, Cesare… cit., p. 449.www.turindamsreview.unito.it16


continuo, l’interpretazione <strong>di</strong> Shakespeare tende ad una più attenta specificazione del carattere <strong>di</strong>Cesare, rivelando un più affascinante statuto tragico <strong>di</strong> “un uomo <strong>di</strong>viso tra <strong>il</strong> suo ruolo pubblico,che lo obbliga a mostrarsi sicuro e sprezzante <strong>di</strong> ogni pericolo, e la sua <strong>di</strong>mensione privata, conturbamenti, paure e compromessi. […] Il responso degli indovini è negativo, ma Cesare cerca <strong>di</strong>interpretarlo dalla sua prospettiva pubblica come un invito a sfidare <strong>il</strong> pericolo; eppure basterannopoche altre parole della moglie perché egli ceda al suo turbamento.” 35Contro l’emergere in Cesare dei propri sentimenti <strong>di</strong> impotenza <strong>di</strong> fronte ai nefasti presagiadombrati nel sogno <strong>di</strong> Calfurnia, la voce dello storico assegna a Decio Bruto <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> fugareogni traccia <strong>di</strong> soverchieria che provenga dall’universo dell’irrazionale, che sa aggiogare insiemeimmagini <strong>di</strong>verse e inaspettate. Con <strong>di</strong>stacco sdegnoso, Decio è persuasivo ed efficace nelcommentare l’episo<strong>di</strong>o, volgendo l’articolazione peculiare della sua replica sul registro delloslittamento ironico della valutazione emotiva <strong>di</strong> un segno incontrollato, scaturito dalla fantasia <strong>di</strong>Calfurnia: “Se ora qualcuno avesse a <strong>di</strong>re ai senatori che stavano in seduta <strong>di</strong> sciogliere la riunione eritrovarsi poi quando Calfurnia avesse avuto migliori sogni, quali sarebbero stati i <strong>di</strong>scorsi degliinvi<strong>di</strong>osi?” E, ancora, “Chi avrebbe tollerato gli amici <strong>di</strong> Cesare se avessero tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>re chequesta non era la schiavitù degli uni e la tirannia dell’altro?” 36Anziché attenersi all’agevole sistematizzazione narratologica plutarchea, Shakespeare rinviainvece a dei frames intertestuali, laddove <strong>il</strong> sogno <strong>di</strong> Calfurnia è sommariamente riferito da Cesarein un accostamento strumentale e con effetti <strong>di</strong> prospettiva drammatica che vanno ad afferire alla<strong>di</strong>namica <strong>di</strong>scorsiva che conclude la penultima sequenza scenica e che prelude all’imminente azionedei congiurati, nel momento in cui Decio Bruto interviene in <strong>di</strong>fesa della bontà del sogno <strong>di</strong>Calfurnia che apre a molteplici conseguenze <strong>il</strong>lative. “Shakespeare – spiega Serpieri – dà moltor<strong>il</strong>ievo al sogno <strong>di</strong> Calfurnia […] secondo una versione <strong>di</strong>versa, inventata, rispetto alle due versioniriportate da <strong>Plutarco</strong>. […] Ma perché Shakespeare inventa un altro sogno? Presumib<strong>il</strong>mente perché,a <strong>di</strong>fferenza delle due versioni plutarchiane (<strong>il</strong> cui senso è univoco), <strong>il</strong> sogno inventato si presta aduna doppia interpretazione, quella negativa <strong>di</strong> Calfurnia, e <strong>di</strong> Cesare stesso, e quella positiva <strong>di</strong>Decio Bruto.” L’insistenza eccessiva sul sogno autorizza a sospettare che <strong>il</strong> suo contenuto sia unanebulosa che possa dare a<strong>di</strong>to a possib<strong>il</strong>i interpretazioni simboliche orientate da <strong>di</strong>fferenti selezionicontestuali e circostanziali. “Questo sogno, insomma – conferma Serpieri -, apre un contrasto <strong>di</strong>carattere ermeneutico. In tal modo è riproposta l’ambiguità dei segni e <strong>il</strong> <strong>di</strong>verso comportamento, edestino, dell’uomo a seconda dell’interpretazione che egli dà <strong>di</strong> quei segni. E’ un para<strong>di</strong>gma moltoimportante in tutto <strong>il</strong> dramma (come, del resto, in <strong>Plutarco</strong>): dalla profezia in I, 2 alla ‘lettura’ deiportenti in I, 3 al rifiuto <strong>di</strong> Cesare <strong>di</strong> ascoltare Artemidoro in III, 1 al formidab<strong>il</strong>e gioco linguisticoche è l’orazione <strong>di</strong> Antonio in III, 2, e fino alla tragica errata interpretazione dei segni (eventi)m<strong>il</strong>itari da parte <strong>di</strong> Cassio in V, 3.” 37Dunque, anche le decisioni f<strong>il</strong>ologiche possono essere rette da congetture, aprire ad esplicativeabduzioni suggerite da inferenze altrettanto ragionevoli e comunque autorizzate dal testoshakespeariano. Per Ga<strong>il</strong>or, ad esempio, un’immagine emerge dal contesto scenico con assolutachiarezza: “Assai interessante e significativa – scrive – è, poi, la scena in cui Decio effettivamenteconvince Cesare a recarsi al Campidoglio.” Decio Bruto interpreta per Cesare <strong>il</strong> sogno <strong>di</strong> Calfurniaorientando la sua ispezione critica dei suoi segni verso un risultato positivo, come si è già detto.“Cesare, lusingato come aveva previsto [Decio Bruto] si convince ad andare al Campidoglio. Ora,la cosa strana <strong>di</strong> questa scena, l’apparente ‘sbadataggine’ <strong>di</strong> Shakespeare, è che non era statosoltanto <strong>il</strong> sogno <strong>di</strong> Calfurnia a mettere in guar<strong>di</strong>a Cesare, ma anche altri presagi. Adesso, invece,egli dà interamente la ‘colpa’ del fatto che Cesare non voleva andare al Senato alla moglie, a cui fafare la figura della moglie isterica. Poco prima, tra l’altro, Calfurnia si era permessa <strong>di</strong> <strong>di</strong>re aCesare: ‘tu non ti muoverai da casa tua oggi’ (II. i. 9). Dato che si era mostrata capace <strong>di</strong> esternarela propria volontà con tanta energia, appare strano <strong>il</strong> fatto che adesso non protesti per la nuova35 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 93.36 <strong>Plutarco</strong>, Cesare… cit., p. 451.37 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 94.www.turindamsreview.unito.it17


decisione del marito e per <strong>il</strong> modo um<strong>il</strong>iante in cui quest’ultimo la tratta. […] Ma soprattutto, ci sipotrebbe chiedere come mai non si parli più degli altri presagi che hanno intimorito Cesare.”Contesto e circostanza sono in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i per poter conferire alla scena <strong>il</strong> suo significato pieno ecompleto e Ga<strong>il</strong>or, <strong>di</strong> fatto, seleziona e introduce elementi nuovi nel tracciare un percorsointerpretativo solidale rispetto all’oggetto del <strong>di</strong>scorso. In<strong>di</strong>vidua, cioè, un’isotopia checontrad<strong>di</strong>stingue una <strong>di</strong>versa coerenza comunicativa, a cui assegna un valore <strong>di</strong> profonda verità chemira a sod<strong>di</strong>sfare quelle interrogazioni e incertezze che lui stesso ha posto in luce, e avanza laseguente ipotesi <strong>di</strong> senso: “Si <strong>di</strong>rebbe, allora, che Shakespeare sia stato portato a concentrarel’attenzione sulla situazione triangolare che si viene a creare, e proprio nell’intimità della casa, traCesare, Calfurnia e Decio, ossia una situazione in cui questi separa <strong>il</strong> marito dalla moglie, che èquanto fa anche <strong>il</strong> figlio e<strong>di</strong>pico che uccide <strong>il</strong> padre. In questo modo, me<strong>di</strong>ante questo ‘altro Bruto’,l’azione dei cospiratori contro Cesare comincia ad assumere un valore e<strong>di</strong>pico.” 38Anche H. Bloom pare con<strong>di</strong>videre le stesse premesse teoriche avanzate da Ga<strong>il</strong>or, dovute, forse,a motivi <strong>di</strong> un’appartenenza culturale, che <strong>di</strong> certo trova inut<strong>il</strong>e affrontare un fenomeno inconsciocon proclami e <strong>di</strong>vieti. A quest’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fenomeni ci si può solo sensib<strong>il</strong>izzare per poi riconoscerlicon <strong>il</strong> linguaggio dei sintomi, dell’introiezione, dell’in<strong>di</strong>screzione che si assegna alle valutazioniemotive, riflettendo sulle potenzialità drammatiche a partire da una lettura modernamenteantidogmatica del Giulio Cesare: “Si potrebbe considerare Totem e tabù <strong>di</strong> Freud come unariscrittura del Giulio Cesare: <strong>il</strong> padre totem deve essere ucciso, e <strong>il</strong> suo cadavere deve essereripartito e <strong>di</strong>vorato dall’orda dei figli. […] Non con<strong>di</strong>vido affatto l’identificazione freu<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>Amleto con E<strong>di</strong>po; sono infatti Bruto e in seguito Macbeth a manifestare ambiguità e<strong>di</strong>piche verso <strong>il</strong>oro dominatori paterni. […] Bruto può cercare <strong>di</strong> affermare la ragione contro <strong>il</strong> cuore, ma sul pianopragmatico pugnala Cesare (secondo alcune tra<strong>di</strong>zioni, nei genitali). […] Giulio Cesare èinteressante in quanto stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> fattori che proiettano la loro ombra sul parrici<strong>di</strong>o.” 39 Per N. Fryqueste assunzioni sono <strong>di</strong>versamente rive<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, come <strong>di</strong>versamente pertinentizzato è <strong>il</strong> lorouniverso: “Il principe caduto corrisponde al ‘padre primor<strong>di</strong>ale’ <strong>di</strong> un mito freu<strong>di</strong>ano piuttosto tetro,basato, si <strong>di</strong>rebbe, su un rozzo concetto <strong>di</strong> ‘inconscio collettivo’ <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> critico letterariofortunatamente può fare a meno. Per <strong>il</strong> critico, l’assassinio del principe simboleggia, daAgamennone in poi, la rottura dell’unità sociale, che si ripresenta costantemente a ogni nuovagenerazione. La visione tragica comincia con l’essere nel tempo, e quel tempo è sempre un tempodopo, posteriore a un tempo in cui si godeva <strong>di</strong> più la vita, ed era possib<strong>il</strong>e attribuire maggioreimportanza nella vita alla figura dei genitori.” Quanto al dramma del Super-io che vive Bruto, Fryesibisce in proposito l’immagine <strong>di</strong> un uomo che “parla <strong>di</strong> un ‘sogno tremendo’ in cui <strong>il</strong> Genio tieneconsesso; l’assassinio evoca un cattivo genio sotto forma dello spettro <strong>di</strong> Cesare. Il senso <strong>di</strong>un’interruzione nella continuità temporale dell’esistenza si spiega in buona parte con la peculiare,arcana malvagità <strong>di</strong> un delitto come l’omici<strong>di</strong>o.” 40Thy ev<strong>il</strong> spirit, Brutus.Il mondo visionario del Bruto shakespeariano, stravolto da un’accentuazione nevrotica della suasensib<strong>il</strong>ità, è ancora introdotto da una giustificazione narrativa attinta da <strong>Plutarco</strong>, ma per confluirein un blocco drammatico funzionale alla complessa rifrazione e transco<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong>scorsivadell’indagine storica delineata dallo scrittore <strong>di</strong> Cheronea. L’apparizione del fantasma <strong>di</strong> Cesare aBruto (IV, iii), sotto specie <strong>di</strong> un’immagine profonda, oscuramente generativa per la progressionetematica degli eventi, urta e stravolge definitivamente la maschera <strong>il</strong>lusoria della sua coscienza. Lasequenza dell’irruzione improvvisa <strong>di</strong> un’entità sovrannaturale inscrive nel dramma una sorpresa38 D. Ga<strong>il</strong>or, Shakespeare e <strong>il</strong> mondo onirico… cit., pp. 78-79.39 H. Bloom, Shakespeare. L’invenzione dell’uomo, trad. it. <strong>di</strong> R. Zuppet, M<strong>il</strong>ano, Rizzoli, 2001, pp. 80-91.40 N. Fry, Tempo che opprime, tempo che re<strong>di</strong>me. Riflessioni sul teatro <strong>di</strong> Shakespeare, trad. it., <strong>di</strong> M.P. De Angelis eV. Poggi, Bologna, <strong>il</strong> Mulino, 1986, pp. 42-43 e p. 86.www.turindamsreview.unito.it18


paradossale che segna uno spostamento inatteso verso una comunicazione che si traducelinguisticamente in un forte effetto <strong>di</strong> perlocuzione su Bruto, l’unico assoggettato interlocutore delfantasma. I mo<strong>di</strong> effettivi del rituale allucinatorio transitano nella metafora affettiva che appartienealla deriva della logica metonimica dell’inconscio e che rafforza esplicitamente – ancora una volta –le congiunzioni simboliche del testo.Le norme <strong>di</strong> coesione epistemiche dell’immaginario shakespeariano sono rinvenib<strong>il</strong>i nonsoltanto nella prospettiva drammaturgica generale, ma anche come riflesso della cultura ambiente inbase a con<strong>di</strong>vise affinità formali. Nel suo proporre “un più chiaro riconoscimento della natura‘fantastica’ ed ‘onirica’ <strong>di</strong> drammi come <strong>il</strong> <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>”, Ga<strong>il</strong>or sostiene che “la logica dell’operashakespeariana è proprio quella della fantasia, dei sogni, dell’inconscio.” Un campo <strong>di</strong> sensoimpersonale, dunque, quale luogo d’identificazione del testo, <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e all’iniziativadell’esperienza drammaturgica personale. “Un particolare aspetto del rapporto <strong>di</strong> Shakespeare con <strong>il</strong>mondo fantastico-onirico riguarda certe ‘credenze’ del drammaturgo che non sono con<strong>di</strong>vise dallamaggior parte dei lettori e degli spettatori moderni: in relazione al Macbeth, ci troviamo,possib<strong>il</strong>mente, a chiederci se Shakespeare credeva nelle streghe, e sia <strong>il</strong> <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong> sia <strong>il</strong>Macbeth potrebbero porre <strong>il</strong> problema dell’esistenza dei fantasmi. […] Il nostro atteggiamento neiconfronti delle questioni delle credenze rischia <strong>di</strong> essere con<strong>di</strong>zionato, anche, dallo scarto temporaleche ci separa da uno scrittore del Cinquecento: per un verso, sappiamo che Shakespeare non eraancora lontano dal Me<strong>di</strong>oevo, cioè da un’epoca che ten<strong>di</strong>amo a vedere come ‘primitiva’, per cuipare ipotizzab<strong>il</strong>e che egli, come altri uomini rinascimentali, credesse nei fantasmi; per un altroverso, non vogliamo attribuire al drammaturgo atteggiamenti che cozzano con quella intelligenza equella ‘modernità’ che ci piace ascrivergli.”In realtà, la lavorazione artistica <strong>di</strong> Shakespeare sulla natura fenomenologia da parte della suaimmaginazione non sembra affatto <strong>di</strong>ventare un’assolutizzazione incongrua <strong>di</strong> elementi tratti dallacultura classica <strong>di</strong> <strong>Plutarco</strong>, in cui si possono anche raggruppare pregiu<strong>di</strong>zi, credenze, eventisovrannaturali, ma, piuttosto, si tratta <strong>di</strong> una trasmissione <strong>di</strong> motivi che possiedono le caratteristichedella loro recursività. Essi sono fonte <strong>di</strong> ricchezza e non <strong>di</strong> penuria culturale e costituiscono ungerme tematico al massimo grado della sua drammaturgia. A questi che potrebbero apparire – allacoscienza moderna - in<strong>di</strong>cazioni liminari, Shakespeare sa imporre la propria vibrazione poetica e <strong>di</strong>sensib<strong>il</strong>ità applicando originali schemi <strong>di</strong> linguaggio addotti per descriverli. “Tutti, a prescindere dalcontesto”, afferma Ga<strong>il</strong>or, “credono – potenzialmente – nei fantasmi […] e in tante <strong>cose</strong> ‘assurde’.E ciò perché tutti possiedono una <strong>di</strong>mensione psichica che si può definire onirica o fantastica. […]Quando ci si ricorda <strong>di</strong> come funzioni la nostra <strong>di</strong>mensione fantastico-onirica […] e soprattuttoquando si accetta l’idea che un’opera teatrale <strong>di</strong> Shakespeare possa essere un’espressione <strong>di</strong> tale<strong>di</strong>mensione, allora si comprende meglio, e più fac<strong>il</strong>mente, perché succedano determinate <strong>cose</strong> intale opera.” L’idea, poi, in cui è adombrata la figurativizzazione dell’immaginario drammaturgicoshakespeariano, non pertiene affatto alle teorie contemporanee del testo: “Non vi è […]alcun’etichetta che avverta lo spettatore teatrale elisabettiano che sta per assistere ad unarappresentazione in cui si svolgeranno eventi ‘bizzarri’. […] E’ essenzialmente dopo <strong>il</strong> periodorinascimentale che nasce l’amore per le etichette e per le <strong>di</strong>visioni: trage<strong>di</strong>a/comme<strong>di</strong>a,poesia/prosa, poesia faceta/poesia seria, fantasia/realismo, ecc. In qualche misura, lo spettatoreteatrale elisabettiano poteva anche non sapere a quale ‘genere’ <strong>di</strong> rappresentazione stava perassistere.” 41Ora, per affrontare i complessi problemi <strong>di</strong> quest’ultima transco<strong>di</strong>ficazione dal generenarratologico a quello drammatico, si cercherà <strong>di</strong> gettare sul caso in esame, ossia “l’apparizione delfantasma e la successiva indagine <strong>di</strong> Bruto presso i suoi uomini, se l’abbiano visto anch’essi omeno” 42 , uno sguardo quanto più possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>retto sull’elaborazione dell’ulteriore <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> unprocesso che avviene fra universi plurali ed eterogenei. L’in<strong>di</strong>viduazione delle varianti <strong>di</strong>41 D. Ga<strong>il</strong>or, Shakespeare e <strong>il</strong> mondo onirico… cit., pp. 36-40.42 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., p. 116.www.turindamsreview.unito.it19


linguaggio costituiranno una premessa inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e a uno stu<strong>di</strong>o strutturale del frammento del testoplutarcheo che si trasforma in “atto scenico” nel Giulio Cesare e che costituisce – sottolineaSerpieri – “una delle più fedeli drammatizzazioni del materiale narrativo nell’intera opera.” 43A livello del <strong>di</strong>scorso, è riguardevole la logica epistemica in cui rientrerebbe l’apparizione delfantasma all’interno della funzione violazione/punizione, al punto da incidere <strong>di</strong>rettamente sullastoria plutarchiana. Il caso straor<strong>di</strong>nario si presenta nella biografia <strong>di</strong> Dione in estesa equivalenzarispetto alla sequenza corrispondente <strong>di</strong> Cesare e Bruto. Il confronto si esplicita nei seguenti termini(rispettivamente in Dione, Cesare e Bruto):Mentre si stava tramando <strong>il</strong> complotto, a Dione apparve un fantasmaenorme e terrib<strong>il</strong>e. Infatti gli capitò <strong>di</strong> trovarsi seduto, a tarda sera,in un vestibolo della casa, da solo e immerso nei suoi pensieri;improvvisamente si udì un rumore all’altra estremità del vestiboloe, volgendosi da quella parte, essendoci ancora luce vide una donna,grande, che dall’abbigliamento e dal volto sembrava in tutto unaErinni tragica che spazzava la casa con una specie <strong>di</strong> scopa.Terrib<strong>il</strong>mente turbato e spaventato, mandò a chiamare gli amici,raccontò loro ciò che aveva visto e li pregò <strong>di</strong> rimanere e <strong>di</strong> passarela notte con lui, perché era del tutto sconvolto e temeva che, se fosserimasto solo, <strong>il</strong> pro<strong>di</strong>gio gli sarebbe apparso <strong>di</strong> nuovo. Ma non siverificò più una seconda volta. Qualche giorno dopo, però, suofiglio, che era appena poco più che un bambino, per un accesso <strong>di</strong>dolore e <strong>di</strong> collera originato da un motivo banale e puer<strong>il</strong>e si gettòa capofitto dal tetto e si uccise. 44Cesare morì a cinquantasei anni […]. Ma <strong>il</strong> suo grande demone,<strong>di</strong> cui fruì durante la vita, lo seguì in morte come ven<strong>di</strong>catoredella sua uccisione, perseguitando per tutta la terra i suoi uccisorifino a non lasciarne in vita alcuno, anzi colpendo tutti coloroche in qualche modo avevano messo mano all’azione o avevanoavuto parte al <strong>di</strong>segno. Dei fatti […] <strong>di</strong>vini fu soprattutto quelfantasma che apparve a Bruto che rivelò che l’uccisione <strong>di</strong> Cesarenon era stata ben accetta agli dei. Capitò così. Quando stava per farpassare l’esercito da Abido, sull’altra sponda, <strong>di</strong> notte, secondo <strong>il</strong>suo solito, riposava nella tenda, non dormendo, ma pensando alfuturo. […] Gli sembrò <strong>di</strong> sentire un rumore presso la porta, eguardando alla luce della lanterna già fioca, ebbe la terrib<strong>il</strong>e visione<strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong> eccezionale grandezza e <strong>di</strong> aspetto spaventoso. Nerimase dapprima sbigottito, ma quando vide che quello né <strong>di</strong>ceva néfaceva alcunché, ma se ne stava in s<strong>il</strong>enzio presso <strong>il</strong> suo letto, glichiese chi fosse. L’apparizione rispose: “Il tuo cattivo demone, oBruto: mi vedrai a F<strong>il</strong>ippi”. E Bruto coraggiosamente rispose: “TiVedrò”. E subito l’apparizione sparì. […] Nel secondo scontro[con Antonio], ancora <strong>di</strong> notte gli venne lo stesso fantasma, e non<strong>di</strong>sse nulla; Bruto capì <strong>il</strong> suo destino e si buttò nel pericolo. Noncadde però in battaglia, ma nella fuga si rifugiò in luogo <strong>di</strong>rupato,e appoggiato <strong>il</strong> petto alla spada nuda morì, aiutato, come <strong>di</strong>cono,da un amico che rese <strong>il</strong> colpo più forte. 4543 Ibidem.44 <strong>Plutarco</strong>, Dione, introduzione <strong>di</strong> M Dreher, traduzione <strong>di</strong> P. Fabrini, note <strong>di</strong> F. Cuccioli. Bruto, introduzione <strong>di</strong> B.Scarmigli, traduzione <strong>di</strong> P. Fabrini, note <strong>di</strong> L. Gh<strong>il</strong>li, M<strong>il</strong>ano, BUR, 2000, pp. 283-285.www.turindamsreview.unito.it20


Quando, dunque, [Bruto] si apprestava a far passare l’esercitoDall’Asia in Europa, la notte era molto avanzata e la tenda eraIlluminata da una luce molto fioca, e tutto <strong>il</strong> campo era immersoNel s<strong>il</strong>enzio. Mentre stava riflettendo e me<strong>di</strong>tando su qualcosa,gli sembrò <strong>di</strong> sentir entrare qualcuno. Guardò verso l’ingressoe gli si presentò un’apparizione terrib<strong>il</strong>e e strana <strong>di</strong> un corpomostruoso e orrib<strong>il</strong>e, che stava ritto in s<strong>il</strong>enzio davanti a lui.Tuttavia ebbe <strong>il</strong> coraggio <strong>di</strong> chiedergli: “Chi sei, uomo o <strong>di</strong>o?E perché sei venuto qui da me?” E <strong>il</strong> fantasma gli rispose: “OBruto, sono <strong>il</strong> tuo demone cattivo; mi rivedrai a F<strong>il</strong>ippi”. E Bruto,senza turbarsi, <strong>di</strong>sse: “Ti rivedrò”. Scomparso <strong>il</strong> fantasma, Brutochiamò i servi; essi affermarono <strong>di</strong> non aver u<strong>di</strong>to alcuna voce e<strong>di</strong> non aver visto alcuna apparizione. […] Dicono che […] sipresentò <strong>di</strong> nuovo a Bruto <strong>il</strong> fantasma, con lo stesso aspetto,ma se ne andò senza <strong>di</strong>re parola. 46Nel narrativizzare Le Vite <strong>Plutarco</strong> è solito affiancare all’univocità del senso ridondantifigurativizzazioni, alle quali sembrano connaturate propensioni memoriali cariche <strong>di</strong> pratichereligiose, <strong>di</strong> osc<strong>il</strong>lazioni fantastiche che pertengono all’universo sovrannaturale. Il realismo dellaricostruzione soggettiva – che a tratti sfiora sobriamente accenti elegiaci – è intercalato da unmontaggio letterario che induce al sogno, alla visionarietà, all’evasione verso <strong>il</strong> negativo della<strong>di</strong>sarmante e prepotente rivalsa del fato, che stria la ragione storica del suo <strong>di</strong>segno biografico. E,del resto, <strong>Plutarco</strong>, nell’affrontare gli avvenimenti esteriori, i fatti che aprono la strada allacomprensione storica, si lascia attrarre da altri or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> fenomeni, da altri co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> valoriassiologici <strong>di</strong> natura ideologica e immanente agli elementi costitutivi del suo sistema <strong>di</strong> racconto e<strong>di</strong> commento interpretativo.Risulta chiaro dal seguente <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Cassio, <strong>il</strong> cui pensiero sulle percezioni sensoriali edextrasensoriali esprimono appieno l’ispirazione tragica plutarchea, <strong>di</strong> come <strong>il</strong> suo sguardo siarivolto ad un mondo e ad un cielo ingombro delle immagini degli dèi:45 <strong>Plutarco</strong>, Cesare… cit., 461-463.46 <strong>Plutarco</strong>, Bruto… cit., pp. 555-557 e p. 593.Così Bruto continuò a vegliare e, quando fu giorno, andò atrovare Cassio e gli raccontò la visione. Cassio, che seguivale dottrine <strong>di</strong> Epicuro e che era solito aver <strong>di</strong>scussioni conBruto su questi argomenti, <strong>di</strong>sse: “O Bruto, la nostra dottrinaafferma che noi non sentiamo né ve<strong>di</strong>amo ogni cosa realmente,ma che la percezione è qualcosa <strong>di</strong> fluido e <strong>di</strong> fallace, e che lanostra mente è ancora più rapida a sconvolgersi e a mutarsi inqualsiasi tipo <strong>di</strong> forma senza partire da alcunché <strong>di</strong> reale. Infattisulla cera l’impressione viene dall’esterno, mentre l’animaumana, avendo in se stessa sia ciò che opera l’impressione dei sensisia ciò che viene da essa creato, può variarsi molto fac<strong>il</strong>mente efoggiare forme per conto proprio. E lo <strong>di</strong>mostrano le trasformazioniche hanno i sogni durante <strong>il</strong> sonno; da uno spunto <strong>di</strong> poco contol’immaginazione le porta a <strong>di</strong>ventare emozioni e immagini <strong>di</strong>ogni tipo. L’immaginazione è per sua natura in continuo movimento,e <strong>il</strong> suo movimento è fantasia e pensiero. Inoltre in te <strong>il</strong> corpoaffaticato naturalmente eccita e turba la mente. Non è cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e cheesistano dei dèmoni né, se esistono, che abbiano aspetto umano e unawww.turindamsreview.unito.it21


voce e un potere tali da arrivare fino a noi; come vorrei che fossecosì, perché potremmo confidare non solo in armi e in cavalli ein navi così numerose, ma anche nell’aiuto degli dèi. 47“<strong>Plutarco</strong> continua la vita <strong>di</strong> Cesare dopo la morte per raccontare del demone <strong>di</strong> Cesare cheperseguita i congiurati e che è un altro segno certo della presenza del <strong>di</strong>vino. Mentre nel raccontarela battaglia <strong>di</strong> F<strong>il</strong>ippi e <strong>di</strong> come Bruto, pur avendo la capacità <strong>di</strong> vincerla, sia sconfitto per una serie<strong>di</strong> circostanza fortuite, non può fare a meno <strong>di</strong> commentare sull’ineluttab<strong>il</strong>ità dell’impero: sono glidei che hanno decretato la fine della repubblica romana.” Anche là dove si può presumere unaspontaneità vitale, esistono cultura, convenzione, sistema e quin<strong>di</strong> (a monte) ideologia, e <strong>Plutarco</strong>“la intende anche, la storia, religiosamente, come governata dal fato, dalla provvidenza.” Narrazionirealiste, evocazioni, trasfigurazioni esaltate, ma alonate da inquietu<strong>di</strong>ni gravide <strong>di</strong> minaccia, paionoconnaturarsi alla propensione memoriale plutarchea, alla fenomenologia delle sue visionicomparative. Come abbiamo notato a questo riguardo, “<strong>Due</strong> <strong>cose</strong> <strong>impressionano</strong> <strong>il</strong> <strong>lettore</strong> <strong>di</strong><strong>Plutarco</strong>: <strong>il</strong> primo piano dato dall’ethos in<strong>di</strong>viduale e l’apparato <strong>di</strong>vinatorio <strong>di</strong> presagi, pro<strong>di</strong>gi,oracoli, segni che sempre accompagnano l’agire dei personaggi.” La natura ad<strong>di</strong>tizia <strong>di</strong> taliproce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> scrittura spesso apre prospettive all’infinito, subisce una iperco<strong>di</strong>ficazionepotenziatrice attraverso “la <strong>di</strong>vinazione”, che “è un modo <strong>di</strong> conoscere <strong>il</strong> mondo nella sua<strong>di</strong>mensione più vasta, oltre l’agire imme<strong>di</strong>ato dell’uomo; mondo enigmatico e rischioso che mettegli uomini in contatto con <strong>il</strong> <strong>di</strong>vino: e a volte i personaggi tragici <strong>di</strong> <strong>Plutarco</strong> sono tali perchécostretti ad agire contro <strong>il</strong> manifesto segno contrario degli dei.” Tenace luogo <strong>di</strong> identificazione con“la conclusione rituale <strong>di</strong> varie trage<strong>di</strong>e euripidee”, che aprono a molteplici <strong>di</strong>rezioni semantiche leinnumerevoli “forme del <strong>di</strong>vino.” 48Della transizione fra lo st<strong>il</strong>e narrativo plutarcheo e la transco<strong>di</strong>ficazione scenica shakespearianadell’apparizione a Bruto del fantasma <strong>di</strong> Cesare ne dà una analitica e puntualissima ricostruzionesemiotica Serpieri. Shakespeare segue <strong>il</strong> narratore nella sostanziale nervatura <strong>di</strong>egetica, riservandotuttavia originalità nella trattazione e nel montaggio della catena dei momenti sequenziali. L’analisicondotta da Serpieri intende “mostrare quali sott<strong>il</strong>i operazioni <strong>di</strong> transco<strong>di</strong>ficazione si attuino anchenella fedele ripresa <strong>di</strong> un brano narrativo <strong>di</strong> marcato carattere ‘scenico’.” Il drammaturgo si imbattequi in un <strong>di</strong>scorso narrativo molto marcato mimeticamente e, senza alterarne gli sv<strong>il</strong>uppisintagmatici interni, attinge appieno alla sostanza della strutturazione tematica plutarchiana. Laconfigurazione <strong>di</strong>scorsiva dell’emergenza <strong>di</strong>egetica è suscettib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> integrarsi, <strong>di</strong> adattarsicompiutamente al tessuto verbale-visivo della rappresentazione drammatica, ma deve farsi carico <strong>di</strong>altre significazioni ad essa funzionali. Scrive Serpieri: “Elisa la ‘voce’ narrante, i personaggidrammatici assumono sia gli enunciati che le enunciazioni <strong>di</strong>rette o riportate dal testo narrativo,collocandosi in situazione deittica e in azione performativa, e quin<strong>di</strong> presentandosi imme<strong>di</strong>atamenteposseduti dagli atteggiamenti proposizionali o emotivi e dalle intenzioni <strong>il</strong>locutorie o perlocutorieche nel tessuto narrativo afferiscono sempre alla ‘regia’ del narratore. Le passioni non conosconome<strong>di</strong>azione: la scena sembra la vita.” 49Dalla manifestazione testuale imme<strong>di</strong>ata della rete <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> ideologici, epistemologici edetico-religiosi, Serpieri riporta, come riflesso della cultura epocale, un esempio vibrante cheShakespeare cerca in altri tempi e in altra realtà rispetto a <strong>Plutarco</strong>: “si noti, infine, latransco<strong>di</strong>ficazione culturale nella interrogazione dell’ambigua identità del fantasma (‘a god or aman’ nella fonte, secondo la classica alternativa della cultura mitologica greca) in termini <strong>di</strong> figureignote a <strong>Plutarco</strong>: non solo uomo o <strong>di</strong>o, ma anche angelo o <strong>di</strong>avolo secondo i parametri della culturacristiana (some god, some angel, or some dev<strong>il</strong>’).” 5047 Ivi, pp. 557-559.48 G. Brunetti, Shakespeare… cit., pp. 48-49.49 <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>, a cura <strong>di</strong> A. Serpieri… cit., pp. 116-120.50 Ivi, p. 119.www.turindamsreview.unito.it22


La premessa inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e al Giulio Cesare <strong>di</strong> Shakespeare è che non ci sono “stelle fisse” e, al d<strong>il</strong>à della rievocazione storica, l’intenzionalità del drammaturgo è quella <strong>di</strong> presentarci “unaimmagine della umana frag<strong>il</strong>ità e mutevolezza nonché <strong>di</strong> ciò che potremmo modernamente definirela relatività del reale. Se non ci sono eroi, nel Giulio Cesare, è perché non ci sono certezze, non cisono valori assoluti.” E, nel suo dramma romano, Shakespeare sembra abbozzare un’estesaperio<strong>di</strong>zzazione autobiografica <strong>di</strong> una realtà che si affretta ogni volta a deluderlo dal dubbio e daltimore del negativo. “Si muove, d’altro canto, in una realtà intellettuale che le scoperteastronomiche, geografiche, scientifiche e <strong>il</strong> travaglio <strong>di</strong> quella Rinascenza ‘animata da nuovibisogni, da nuovi impeti religiosi, da ricerche <strong>di</strong> nuove orientazioni f<strong>il</strong>osofiche, travagliata dallascepsi, solcata dai lampi dell’avvenire’ <strong>di</strong> cui scrive Croce nel suo saggio su Shakespeare rendono <strong>il</strong>terreno su cui crolla l’‘or<strong>di</strong>ne’ del Me<strong>di</strong>oevo.” Tale conflittualità accende anche la <strong>di</strong>namicadrammatica shakespeariana, la sua “forma tragica che è […] priva dei valori e dei punti fermi cherendono una trage<strong>di</strong>a possib<strong>il</strong>e; una rappresentazione teatrale in cui lo stesso teatro è messo indubbio; una struttura linguistica che denuncia tutta la possib<strong>il</strong>e ambiguità e <strong>il</strong>lusorietà dellinguaggio – è l’omologo della realtà che ne è la sostanza e l’oggetto.” 5151 A. Lombardo, Il <strong>Julius</strong> <strong>Caesar</strong>… cit., pp. 28-31.www.turindamsreview.unito.it23

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