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Roberto Alonge<br />

Personaggi:<br />

LA GIOVINEZZA AMOROSA DI CAVOUR<br />

Camillo Benso Conte di Cavour<br />

Marchesa Anna Giustiniani Schiaffino detta Nina<br />

Marchese Stefano Giustiniani<br />

Marchesa Clementina Guasco di Castelletto<br />

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IMPIANTO SCENICO<br />

Molto semplice, a scena fissa, con un punto‐leggio nell’angolo destro di proscenio.<br />

Nel dettaglio:<br />

a) SCENA FISSA<br />

I personaggi saranno vestiti in abiti d’epoca, ma per la scenografia sono<br />

sufficienti pochi elementi autentici, senza ossessioni naturalistiche.<br />

Palcoscenico diviso simmetricamente in due: a estrema destra una poltrona e<br />

un tavolino, con lampada sopra il tavolino; idem a estrema sinistra. Nel<br />

centro, ma in fondo scena, un sontuoso letto a baldacchino.<br />

L’impianto andrà bene per tutte le varie ambientazioni che riuniranno i<br />

personaggi (a coppie o a triangoli variabili: Cavour e Nina; Nina e suo marito;<br />

Cavour e la Marchesa Guasco; Cavour, Nina e suo marito). Una unica<br />

eccezione alla perfetta corrispondenza delle due metà della scena: in quella di<br />

sinistra ci sarà anche una grossa finestra (la finestra da sola, costituita dal<br />

puro telaio, anche senza la parete, come in Wielopole‐Wielopole di Kantor, in<br />

modo da risultare più ossessiva). Potrebbe essere collocata all’angolo sinistro,<br />

in proscenio, in modo da risultare simmetrica rispetto al punto‐leggio,<br />

collocato in proscenio a destra. Le due donne avranno cura di operare<br />

essenzialmente in questa metà di sinistra, dove è la finestra, per le ragioni che<br />

saranno chiare in seguito.<br />

b) PUNTO‐LEGGIO<br />

In proscenio, a destra, nell’angolo estremo, ci sarà un leggio, accanto a<br />

un’asta appendiabiti, di foggia ottocentesca. Il leggio è anch’esso di forma<br />

ottocentesca, con penna e calamaio. Tutte le sequenze al leggio si<br />

svolgeranno a palcoscenico buio, salvo un occhio di bue sul personaggio di<br />

Cavour, in piedi, davanti al leggio. Il pungo‐leggio, possibilmente, dovrebbe<br />

restare in ombra nel corso delle sequenze che si svolgeranno a scena fissa.<br />

Destra e sinistra si intendono sempre rispetto allo spettatore.<br />

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PRIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio, tutto il palcoscenico nell’oscurità, salvo un occhio di bue che illumina<br />

il leggio e l’asta appendiabiti. Davanti al leggio, Cavour, giovane di 24 anni, avvolto<br />

in una ricca vestaglia da camera, che gli giunge sino ai piedi).<br />

CAVOUR (legge, con la penna in mano) Diario del Nobil Uomo il signor Conte Camillo<br />

Benso di Cavour. (Pausa). Santena, 24 giugno 1834. Da circa due anni non avevo<br />

ricevuto notizie dirette dalla signora G., che ho conosciuto quattro anni fa, quando<br />

ero a Genova, dislocato come ufficiale del Genio. Conservando di lei un tenero e<br />

penoso ricordo, spesso mi sono trovato a rimpiangere che la mia scempiaggine e<br />

delle circostanze sfortunate mi avessero impedito di stringere – con questa signora<br />

dolce e amabile – un legame che avrebbe reso più charmant la mia triste e<br />

monotona esistenza. Ed ecco – mentre mi trovavo a Grinzane – che ricevo un suo<br />

biglietto, in cui mi dice che è arrivata a Torino, per collocare la figlia al collegio del<br />

“Sacro Cuore”, e che desidererebbe vedermi. Decido di partire all’istante, all’una,<br />

sotto il sole, abbandonando cinquanta affari che mi restavano da terminare. A Bra<br />

cambio cavallo, e, senza fermarmi, arrivo a Torino alle otto passate: corro a casa<br />

mia, mi cambio, e senza perdere un istante volo all’albergo dove è Nina. Mi dicono<br />

che è andata all’Opera; mi precipito senza indugio, e nel sesto palco di sinistra,<br />

prima fila, la vedo: vestita di nero, con le tracce sul viso di lunghe e crudeli<br />

sofferenze. (Pausa). Il palco era pieno, ma alla fine riuscimmo a restare un attimo<br />

soli. (Pausa). ”Cosa avete pensato di me?”. “Cosa ho pensato?” – rispondo –<br />

“Potete voi domandarmelo? Voi avete sofferto” – “Ho sofferto! Oh, sì, ho molto<br />

sofferto!”. Con l’arrivo del marito non potemmo dirci più niente. Il giorno seguente,<br />

alle otto e mezza di sera, ero al suo albergo. Incontro il marito che usciva, per<br />

andare a vedere il falò della festa di S. Giovanni, e io salgo, e trovo Nina tutta sola,<br />

triste, seduta accanto al tavolo. Le prendo la mano, la porto alle mie labbra,<br />

gridando: “Nina, potete voi perdonarmi?” (All’interrogativo – retoricamente gridato<br />

– segue una lunga pausa, durante la quale Cavour trascrive sul diario la battuta<br />

finale, che ripete in modo straniato, mentre la scrive). “Nina, potete voi<br />

perdonarmi?” (Cavour posa la penna accanto al calamaio, e con calma si toglie la<br />

veste da camera, che depone sull’appendiabiti. Buio).<br />

SECONDA SCENA<br />

(Scena fissa, come descritta in incipit. Qui rappresenta l’hotel torinese Feder, dove<br />

sono alleggiati il Marchese Giustiniani e sua moglie Anna Giustiniani Schiaffino detta<br />

Nina).<br />

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MARCHESE (severo ma civile) Signora Marchesa, io conosco molto bene il vostro<br />

legame con quell’uomo. So perfettamente cosa è intercorso fra voi, anni fa. Ma, in<br />

verità, poiché non mi sono mai dato troppo pensiero di voi, non voglio essere così<br />

ingiusto da esigere che voi rinunciate a essolui. Tuttavia, credo dovervi avvertire (e,<br />

questo, più come amico che come marito) che voi avete torto a cedere – senza<br />

nessuna resistenza – a un uomo che non è conveniente per voi sotto nessun<br />

aspetto! Un uomo che è notoriamente un libertino, un infame seduttore… (Nina,<br />

con un gesto calmo ma reciso della mano, gli impone di non proseguire nel ritratto<br />

negativo di Cavour). Taccio, saprò essere cavaliere, e non mi abbasserò a fare il<br />

ritratto impietoso di colui… (Pausa). Marchesa, voi siete padrona di fare ciò che<br />

volete. Ricevetelo, finché così vi piacerà. Purché non sia segretamente, né in modo<br />

che la cosa possa compromettervi.<br />

(Buio).<br />

TERZA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour ancora in veste da camera).<br />

Santena, 28 giugno 1834. (Pausa. Poi, con accento melodrammatico). Disgraziato, io<br />

sono indegno di tanto amore! Come, come lo dovrò riconoscere? Ah, lo giuro, mai,<br />

mai più dimenticherò, mai più abbandonerò questa donna celeste! La mia esistenza<br />

le sarà consacrata; lei sarà il fine della mia vita, l’unico oggetto delle mie cure e dei<br />

miei sforzi! Possa la maledizione del cielo calare sulla mia testa, se giammai mi<br />

arrivasse di causarle volutamente la minima pena o di offendere il più piccolo<br />

sentimento di questo cuore perfetto e adorabile! (Pausa. Con voce più calma, quasi<br />

neutra, da resoconto): Nina è rimasta diversi giorni a Torino, e non è ripartita che<br />

venerdì, alle due del pomeriggio, diretta ai bagni di Vinadio. Per tutto questo tempo<br />

io l’ho vista regolarmente, due volte al giorno, mattina e pomeriggio, eccetto il<br />

mercoledì, quando sono andato da lei solo il mattino. (Di nuovo con voce intonata,<br />

questa volta sul poetico‐romantico). Che ore charmantes abbiamo passato insieme,<br />

che deliziosi momenti! (Pausa). Tempi di felicità e di amore, ritornerete voi mai?<br />

(Cavour si interrompe bruscamente, come uscendo dalla parte, e si spoglia al solito<br />

modo, appendendo la veste da camera. Buio).<br />

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QUARTA SCENA<br />

(Scena fissa. Hotel Feder di Torino)<br />

NINA Camillo, questo è il nostro ultimo incontro! Oggi pomeriggio io parto per i<br />

bagni di Vinadio… Io non ti domando di essermi fedele; tu sei giovane, amerai altre<br />

donne. Ma una, una che ti adori come me, posso affermare che non la incontrerai<br />

mai! (Pausa). E poi, Camillo, in coscienza, potrei io affliggerti con il peso di una<br />

donna sempre sofferente, e che probabilmente non guarirà più? Potrei io<br />

permettere che un giovane – come tu sei, pieno di forza, di vita, di talento, chiamato<br />

forse a percorrere la più brillante carriera, a contribuire al bene comune –, mi<br />

sacrifichi il suo avvenire, le sue speranze? (Pausa. Nina si avvicina al letto, sul fondo.<br />

Con accento più prosaico ma con timbro sempre assai intimo, mentre scosta una<br />

tendina del letto a baldacchino, per poterci entrare, ovviamente). Io porto anche<br />

della flanella. (Pausa). Bisogna che io creda davvero nel tuo amore, per darti dei<br />

simili dettagli… (Seduta sulla sponda del letto, di faccia al pubblico, comincia a<br />

sbottonarsi la camicetta).<br />

CAVOUR (si avvicina a lei, di spalle al pubblico, cominciando a togliersi la giacca,<br />

sensualmente appassionato) Io vi raggiungerò ai bagni di Vinadio… (Buio).<br />

QUINTA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera).<br />

Santena, 10 luglio 1834. Oggi Papà mi ha portato una lettera di Nina. Come scrive<br />

bene! Che maniera toccante ha lei di esprimersi! Come tutte le sue frasi respirano la<br />

tenerezza, la dedizione, e l’amore! Come è spontanea e vera in tutto ciò che dice!<br />

Che fortuna, che gloria essere amato da una donna come questa! (Pausa. Più calmo,<br />

ma solo un po’ meno eccitato). È così memorabile che voglio trascrivere questo<br />

passo nel mio Diario, per paura che la lettera abbia a perdersi. (Scrive copiando il<br />

passo della lettera): “Senza dubbio è attraverso l’amore che l’eternità può essere<br />

compresa. L’amore confonde le nozioni di tempo, cancella i concetti di inizio e di<br />

fine. Si crede aver sempre amato l’oggetto che si ama, tanto è difficile immaginare<br />

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che si sia potuto vivere senza di lui”. (La luce si spegne lentamente sulle ultime<br />

battute).<br />

SESTA SCENA<br />

(Scena fissa. Bagni ddi Vinadio, hotel dove soggiornano i Marchesi Giustiniani)<br />

MARCHESE Marchesa, io vi vedo fortemente combattuta. Voi meditate qualcosa di<br />

clamoroso. Colui vi deve aver proposto di lasciarmi. Ma tempo sei mesi colui non vi<br />

amerà più! Voi uccidete i vostri genitori! E a me rapite l’onore! E coprite di vergogna<br />

i vostri bambini! (Pausa). Io potrei anche permettervi di amarlo, se voi foste<br />

prudente… Ma se intendete fuggire con lui, fosse pure in capo al mondo, io verrò a<br />

domandare conto a lui dell’affronto che mi avrà fatto! Laverò l’affronto nel suo<br />

sangue! (Pausa). E voi avrete sulla coscienza la colpa della sua morte, o della mia!<br />

NINA Io non posso e non voglio rinunciare alla mia passione!<br />

MARCHESE Ho intercettato alcune delle lettere che colui vi ha inviato. Lui sta<br />

venendo qui, a Vinadio, per rapirvi a me! Per organizzare la fuga! Ma io ho ricevuto<br />

una lettera di vostro padre, che propone di chiudervi in un convento, o in un istituto<br />

per alienati mentali. Ho deciso. Noi lasciamo Vinadio domani stesso, e torniamo<br />

immediatamente a Genova.<br />

NINA (sublime). Non partirò per Genova prima di averlo visto un’ultima volta!<br />

Dovessi morire, sono decisa ad attenderlo qui, a Vinadio!<br />

MARCHESE (prendendola per un braccio, con una certa violenza) Voi non sapete<br />

quello che state dicendo, ma io vi costringerò a seguirmi! Voi dovete seguire il vostro<br />

legittimo consorte!<br />

NINA (con imperio). Ricordatevi i torti che voi avete nei miei confronti, Marchese!<br />

MARCHESE (improvvisamente pentito e anche un po’ intenerito, mentre lei piange<br />

silenziosamente per tutto il tempo della tirata del marito) Io non voglio punto la<br />

vostra morte, Signora… Ho creduto di dover assolvere a un dovere d’amicizia,<br />

cercando d’impedirvi di abbandonarvi a una passione che potrebbe avere per voi<br />

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delle conseguenze funeste. Ma poiché voi credete che ciò sia al di sopra delle vostre<br />

forze, e che ne andrebbe della vostra vita, io cesso di oppormi a che voi lo amiate, e<br />

sono disposto a rimandare la partenza per Genova fino a quando lui non arriverà<br />

qui. Esigo però da parte vostra i riguardi dovuti alla mia posizione e al mio nome…<br />

(Il Marchese si accosta alla moglie, e abbracciandola, scoppia in lacrime anche lui.<br />

Nina, a sua volta, gli salta al collo e lo abbraccia, piangendo in modo scoperto, senza<br />

più reprimersi. Buio).<br />

SETTIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera, quasi in procinto di chiudere<br />

l’annotazione diaristica)<br />

… il marito ha creduto che io andavo a Vinadio per rapirla a lui, d’intesa con lei. Ecco<br />

perché è montato su tutte le furie. (Pausa). Ma poi, che toccante riconciliazione!<br />

Una moglie e un marito che si abbracciano teneramente per celebrare il permesso<br />

vero e proprio – che lui stesso concede – a essere fatto… (gesto discreto ed elegante<br />

della mano a indicare le corna. Pausa). Bah, comunque fin qui tutto bene, ciò che ha<br />

fatto il Marchese Giustiniani. Ma ben presto la leggerezza naturale dell’uomo di<br />

mondo riprende il sopravento, e per far mostra di una filosofica indifferenza (del<br />

tutto fuori luogo) eccolo mettersi, il giorno dopo, a tenere a sua moglie la lezione<br />

sulla maniera in cui ella deve condursi con me! E fra le altre, straordinario che le<br />

dica: “Ricordati che gli uomini si stancano presto delle donne, che non restano<br />

attaccati ad esse che per un tempo più o meno lungo, il quale comunque finisce<br />

sempre! Così io ti consiglio di non fare l’oca, e di non lasciarti piantare. Appena tu<br />

vedrai che lui comincia a raffreddarsi, anticipalo, e mandalo subito al diavolo!” (tutta<br />

la citazione con voce che imiterà quella del Marchese. Pausa). Si è mai visto una<br />

cosa simile?<br />

(Buio improvviso. Poi di nuovo luce).<br />

Santena, 22 luglio 1834. Ci siamo lasciati. Alle cinque meno un quarto lei è salita in<br />

carrozza ed è partita per Genova. È una grande consolazione, per noi, pensare che<br />

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d’ora in avanti – per ritrovarci – non avremo più ostacoli materiali gravi da<br />

superare. La condotta generosa di Giustiniani mi assicura di questo. (Stupito). Mi ha<br />

molto sollecitato ad andare a trovarlo a Voltri. Oh, come approfitterò con premura<br />

del suo invito! Nina mi ha promesso di scrivermi. Dio, come scrive bene! Senza<br />

nemmeno conoscerla, io sarei diventato innamorato pazzo di una donna capace di<br />

esprimersi con tanta passione e tanta grazia! (Pausa). Nina sa perfettamente<br />

l’inglese. Ho scoperto con rapimento che ha letto e gustato tutto Shakespeare. Sa<br />

anche a memoria una folla di brani di questo incomparabile autore! (Pausa).<br />

Mamma è buona e mi comprende. Le ho letto una lettera di Nina, e Mamma si è<br />

intenerita, e si è messa a piangere a calde lacrime. Desidererei molto che potesse<br />

conoscere Nina; sono sicuro che l’amerebbe. La dolcezza di Mamma si accorda così<br />

bene con il carattere di Nina. E poi tutt’e due sanno amare. Nina è forse più<br />

passionale, Mamma, però, è anche lei tenera. Oh, sono le due sole donne degne di<br />

essere adorate che io conosca! Non ce ne sono altre come loro nel mondo! (Pausa).<br />

Ma anche Papà è meraviglioso! Mi ha scritto che l’Innominata (come lui la chiama)<br />

“manca assolutamente di prudenza”, e che, in simili casi, “la prudenza è un dovere, e<br />

non una viltà” (frasi virgolettate dette con intonazione di voce particolare, che sarà<br />

quella di papà) .<br />

(Buio. Poi di nuovo luce).<br />

Santena, 24 luglio 1834. Finalmente, ho parlato con la Marchesa Clementina Guasco<br />

di Castelletto. Come tutte le nostre dame di Torino, ama solo le proposizioni galanti<br />

e le storielle scandalose.<br />

OTTAVA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione della Marchesa Clementina Guasco).<br />

CLEMENTINA Davvero un po’ strano, Conte, che, quando ci siamo visti, in campagna,<br />

presente la vostra signora madre, voi non mi abbiate quasi nemmeno rivolto la<br />

parola… (Pausa). Avrei ben dovuto lagnarmi, dicendovi: fort impoli, mon cher ami…<br />

CAVOUR Voi siete sicuramente informata, Marchesa, che ero tutto preso, perché mi<br />

è toccato di fare una scappata a Vinadio…<br />

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CLEMENTINA Più che una scappata, una scappatella… caro Conte! Sappiamo tu‐tto!<br />

CAVOUR Ahimé, non sono cose che sia possibile tener segrete troppo a lungo…<br />

CLEMENTINA Invece ieri, per parte mia, ho apprezzato molto, la vostra<br />

conversazione…<br />

CAVOUR Non so dire se è davvero merito mio, o è demerito di tutti gli altri uomini<br />

che vi circondavano, Marchesa cara…<br />

CLEMENTINA (più insinuante) In ogni caso vi sono grata di avermi accompagnata, al<br />

baracon, dove si ballava…<br />

CAVOUR Spero di essermi disimpegnato in modo onorevole, cara la mia Marchesa,<br />

perché erano anni che non mi cimentavo più nell’arte della danza…<br />

CLEMENTINA Mi sono compiaciuta di come avete ballato la monferrina… (Pausa.<br />

Poi, con allusiva intenzione). E anche di avermi, poi, condotta nel boschetto…<br />

CAVOUR Voi mi fate arrossire, mia tenera Marchesa…<br />

NONA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera)<br />

Santena, 29 luglio 1834. (Con stacco, urlando improvvisamente, assai<br />

melodrammatico, ma poi via via più calmo). Io sono un indegno, un infame! Non<br />

trovo termini abbastanza forti per stigmatizzare la mia orribile condotta! Ho abusato<br />

atrocemente del potere che mi dà il mio spirito diabolico; in una parola, ho sedotto<br />

la Marchesa Clementina Guasco del Castelletto… Come è successo? Non lo capisco<br />

nemmeno io… Certamente non ne ho avuto il consapevole intento, nemmeno<br />

all’ultimo momento.(Involontariamente compiaciuto). Ma mi è bastato l’intero<br />

lunedì. Il giorno seguente l’ho condotta nel boschetto, e, là, ella mia ha confessato la<br />

sua passione; e tutto è stato detto… Oh, umanità, quanto sei fragile! (Pausa.Poi<br />

ancora compiaciuto). In verità, si finirà per farmi credere, contro me stesso, che ho<br />

dei mezzi di seduzione di prim’ordine. (Pausa). Comunque sia, io mi trovo ora nella<br />

più triste posizione del mondo! Eccomi lanciato in un doppio intrigo, che mi obbliga<br />

a una <strong>continua</strong> dissimulazione, la quale mi è odiosa. Se almeno – come ho sempre<br />

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creduto – il mio legame con Clementina non fosse che l’effetto di un piccolo<br />

capriccio da parte sua, di quegli intrighi alla Torinese, subito incominciati e subito<br />

finiti… insomma, di quelle cosette che piacciono alle nostre dame galanti di Torino…<br />

io sarei felice di lasciare – di buon cuore – che fosse lei a rompere con me, una volta<br />

soddisfatto il capriccio…<br />

DECIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione della Marchesa Clementina Guasco di Castelletto).<br />

CLEMENTINA Mi dovete promettere di venire spesso a trovarmi, qui in campagna… e<br />

anche a Torino, quando sarà l’autunno…<br />

CAVOUR Non mancherà, signora Marchesa… Sarà mia premura…<br />

CLEMENTINA Io ho dei progetti, per l’avvenire… (Con amarezza, seriamente) O<br />

almeno, per i prossimi anni… (Pausa). Sapete bene… che io sono malata… Voi siete<br />

l’ultimo legame della mia triste esistenza…<br />

CAVOUR (imbarazzzzato) Marchesa, in verità, io non avrei mai creduto…<br />

CLEMENTINA … che io potessi provare dei sentimenti?<br />

CAVOUR (sempre più imbarazzato) Vi ho sempre vista perfettamente a vostro agio…<br />

nei limiti del bon ton e delle buone maniere…<br />

CLEMENTINA (cominciando ad andare verso di lui, che indietreggerà a poco a poco,<br />

fino a trovarsi seduto su una poltrona, a gambe aperte, sotto l’effetto della lenta ma<br />

implacabile avanzata di lei) E voi mi avete risposto – sempre – con molta<br />

galanteria… (Pausa. Con ironia un po’ amara). Ma l’amore non si nutre di<br />

galanteria…<br />

CAVOUR (sempre a disagio) Devo confessare che mi sono sbagliato…<br />

CLEMENTINA Io vi ho confessato – in totale franchezza – tutti i miei intrighi passati…<br />

E vi ho assicurato che nulla di tutto quello si avvicina al sentimento che nutro in<br />

questo momento per voi… (Clementina si è inginocchiata ai suoi piedi, fra le gambe<br />

aperte di Cavour). Io ho la convinzione profonda – sfortunatamente troppo ben<br />

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fondata – che la mia salute non potrà mai più rimettersi, e che io non ho più che<br />

pochi anni da vivere… (Si china sul suo ventre).<br />

CAVOUR Oh! Possiate voi sbagliarvi, Marchesa… Oh! Oh! (Si spegne lentamente la<br />

luce).<br />

UNDICESIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera).<br />

Santena, 30 luglio 1834. Io sono in una situazione spaventosa! Tra due donne deboli,<br />

malate, svuotate di forza, che mi assicurano tutt’e due di non vivere che per me!<br />

(Pausa). Che fare? L’amore di Clementina costituisce veramente una parte<br />

essenziale del suo essere? Il tempo lo dirà. Per il momento, non mi resta che fare<br />

ogni sforzo per nasconderle la mia passione per Nina. Non sarà facile, ma speriamo.<br />

E la povera Nina, bisogna bene ingannarla… Oh, è orribile!<br />

(Buio. Poi luce).<br />

Santena, 2 agosto 1834. Nina mi scrive che ha visto suo padre e sua madre, i quali<br />

l’hanno accolta freddamente. Ma che si sono astenuti dal muoverle rimproveri.<br />

Scrive che non cessa di ripetere a suo marito che ella mi adora. Le ho consigliato di<br />

scegliere un confidente più conveniente…<br />

DODICESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione di Nina, a Voltri. Nina sola, in scena, nella sua metà di<br />

sinistra. In penombra il letto, in fondo, e in oscurità totale tutta la parte destra del<br />

palcoscenico, dove è l’altra poltrona con l’altro tavolino, oltre al punto‐leggio. Il<br />

personaggio – mentre parla – si muove liberamente nel suo piccolo spazio di<br />

reclusa).<br />

NINA Amare è il fine della mia esistenza. Ma amare con forza, amare come io ti amo,<br />

sprofondare nel tuo amore. Ecco Nina; ecco la tua Nina. Tu la conosci, ora. Ma tu<br />

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l’ami? Ah, diglielo, almeno, abbi cura di lei, e, se bisogna, nascondile la verità!<br />

(Pausa). O Camillo, Camillo! Io non so più che dire! Io sento tanto amore per te che<br />

non cesserò di parlartene; ma se tu mi ami di meno, se tu mi disprezzi, Dio grande!<br />

Oh, io dovrei allora serbare il silenzio, seppellire nel mio cuore la fiamma che lo<br />

divora (si avvicina alla finestra), e morire, sì, morire piuttosto che causarti un istante<br />

di noia o di pietà – la pietà! Oh, come è umiliante ottenere solo la pietà quando si<br />

brucia d’amore! (Pausa. Si allontana dalla finestra). No, Camillo, io non so essere<br />

gelosa, e questo non già perché io ti ami freddamente. No, Camillo, io non sarò mai<br />

gelosa. Ho in te la fiducia più illimitata. (Torna ad avvicinarsi alla finestra). Se però la<br />

tua felicità esigesse dei crudeli sacrifici, io saprò impormeli, e morirò. (Pausa. Siede<br />

sulla poltrona). Più di una volta, durante la serata di ieri, ho portato il tuo foulard<br />

alle mie labbra. “Camillo, Camillo” – mi dicevo sottovoce – “è te che io amo, te<br />

solo!” (Pausa). Camillo e l’amore devono plasmarmi e farmi così come mi vogliono.<br />

Io sono a te, Camillo; fa di me ciò che ti sembra meglio. Io ti amo, ti amo, non<br />

respiro che per amarti! (Pausa. Si alza). Il Marchese pensava di mettere in dubbio il<br />

tuo amore per me. Diceva che una prova della mia follia era la decisione presa a<br />

Vinadio, di vederti o morire. (Si avvicina ancora alla finestra). Sosteneva che una<br />

persona pronta a sacrificare la propria vita – per una ragione qualunque – è,<br />

comunque, un po’ pazza. Che rispondergli? Cosa si può opporre a simili argomenti?<br />

Ciò che tu mi hai detto una volta: che gli italiani non sanno morire. (Pausa. Torna a<br />

sedersi). Io aspetto per questa sera una tua lettera. La posta è arrivata a Genova ieri<br />

mattina, ma qui, a Voltri, non la distribuiranno che oggi. Solo il lunedì ricevo lo<br />

stesso giorno dell’arrivo. Come trasalisce il mio cuore, quando il domestico ritorna a<br />

mani vuote! E come guardo la tua lettera, prima di aprirla! Qualche volta rompo il<br />

sigillo con precipitazione; altre volte, mi chiudo prima di tutto nella mia camera, mi<br />

sistemo nella mia poltrona, e mi sforzo di prolungare, di assaporare il piacere che<br />

mi causa il possesso di una lettera cara. Oggi nessun sentimento di paura potrà<br />

offuscare la mia felicità: Camillo mi ama sempre, mi ama quanto io lo amo! (Pausa.<br />

Si alza). Mio marito mi ha detto che Mamma gli aveva parlato male di te, e che mio<br />

padre aveva dichiarato che bisogna mettere fine al mio legame con te. Non è<br />

l’intenzione del Marchese. Gli ho letto (perché l’ha voluto) quasi tutta la tua ultima<br />

lettera, ed è sembrato rassicurato, perché conservava ancora delle inquietudini circa<br />

il mio progetto di fuga. Ha visto che non è minimamente questione. Mi ha persino<br />

domandato se pensavi di venire tu a Voltri. “Non ancora”, gli ho detto. Ma tu verrai,<br />

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non è vero, Camillo? (Torna ad avvicinarsi alla finestra). A dispetto delle più crudeli<br />

sofferenze dell’anima e del corpo, sento che il mio destino è bello, che il tuo amore<br />

è una sicura garanzia di eterna felicità. Se no – te lo ripeto – io mi ucciderò. Mi<br />

sorprendo qualche volta a pensare con delizia a una pistola carica. L’idea della mia<br />

distruzione mi dominerebbe interamente, se non pensassi di ritrovarmi con te. Io<br />

non posso risolvermi ad abbandonare la vita finché spero di poterti abbracciare<br />

ancora una volta. (Pausa). No, non credere, mio dolce amico, che io abbia in questo<br />

momento più motivi di tristezza del solito. No, i miei genitori <strong>continua</strong>no a non<br />

parlarmi, ma mio marito è con me, mi sostiene. Né il Cielo né l’Inferno potranno mai<br />

farmi rinunciare a Camillo! (Pausa, poi in tono non più esaltato, ma pratico, rapido, e<br />

un po’ losco). Parlerò a mio marito per sapere quando giudicherà più conveniente<br />

che tu venga.<br />

TREDICESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione della Marchesa Clementina Guasco di Castelletto).<br />

CLEMENTINA (si sporge dalla vita in su fuori dalla finestra, e le gambe penzoloni che<br />

si agitano sotto l’ampia gonna ottocentesca). Mi butto, mi butto! (Cavour, dietro di<br />

lei, fa per avvicinarsi, per impedirle di buttarsi dalla finestra). Non vi avvicinate che<br />

mi butto!<br />

CAVOUR (si ferma, disperato, sinceramente preoccupato, benché un po’ incredulo)<br />

Ma, Marchesa, non fate! Cosa dirà vostro marito?<br />

CLEMENTINA Non parlatemi di colui! (Pausa. Stizzita che Cavour non sappia dire<br />

altro). Basta, mi butto, mi butto! Voglio farla finita! Non resisto più!<br />

CAVOUR Ma cosa posso fare per voi, Clementina? Vi supplico…<br />

CLEMENTINA Dirmi almeno che mi amate…<br />

CAVOUR Vi amo!<br />

CLEMENTINA Più di quanto amiate colei!<br />

CAVOUR Più di… (con uno scatto Cavour le è sopra e l’afferra per la vita,<br />

costringendola a ritirarsi dalla finestra).<br />

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CLEMENTINA Mi avete ingannato! Come sempre! Siete subdolo! (Pausa). Ho bisogno<br />

di essere rassicurata sui vostri sentimenti per me. Ho necessità di sapere che colei<br />

non sarà mai più che una amica, per voi.<br />

CAVOUR Je suis désolé, Marchesa, ma il legame che mi unisce a quella signora risale<br />

a molto indietro nel tempo, e mi è difficile…<br />

CLEMENTINA (interrompendolo) Allora fra noi tutto è finito!<br />

CAVOUR Dopo la prova d’amore che vi ho dato l’altra settimana?<br />

CLDM NTINA (un po’ impudente, pur ricordando perfettamente) A cosa vi riferite?<br />

CAVOUD Sono partito da Santena alle dieci di sera, vi ho raggiunto in campagna, ho<br />

passato un’ora con voi…<br />

CLEMENTINA (sfacciata, provocante) Nel mio letto – dite meglio, Conte – nel mio<br />

letto!<br />

CAVOUR … e dopo un’ora con voi, sono ritornato a casa mia, dove sono arrivato alle<br />

tre e un quarto della notte. Sono cose che non si fanno che una volta, nella vita…<br />

CLEMENTINA Conte, siete indelicato a farmi pesare in questa fatta le attenzioni che<br />

avete avuto per me…<br />

CAVOUR E abbiamo appena passato insieme tre giorni in maniera assai gradevole,<br />

impiegando il tempo al nostro meglio…<br />

CLEMENTINA Proprio per questo…<br />

CAVOUR Vi ho accompagnato a fare delle compere in una folla di negozi, senza<br />

timore di comprometterci agli occhi del pubblico…<br />

CLEMENTINA Sono io – semmai, non voi – che mi sono compromessa, davanti alla<br />

società intera. Dirò di più: sono stata desiderosa e fiera di far conoscere a tutti il mio<br />

legame con voi. Ma proprio per questo…<br />

CAVOUR (dirigendosi verso il letto, e aprendo con intenzione la tenda frontale del<br />

baldacchino) Proprio per questo?<br />

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CLEMENTINA Proprio per questo non posso accettare… (lo segue al letto) che tutta<br />

Genova sappia, e fra un poco anche tutta Torino, che voi siete legato a un’altra<br />

signora… È una cosa che mi accora, che mi toglie le forze… (si lascia cadere sul letto,<br />

frontalmente al pubblico, con le gambe leggermente aperte).<br />

CAVOUR (togliendosi la giacca) Dunque fra noi tutto è finito? Proprio oggi, che vi ho<br />

portato il ritratto che mi sono fatto fare dai pittori Romanini?<br />

CLEMEN TINA (dischiudendo ancor più le gambe, in un sospiro) Fatemelo vedere…<br />

solo vedere…<br />

CAVOUR (in piedi, sopra di lei, di spalle al pubblico) Ma non volete che ve lo dia? Lo<br />

volete solo vedere… il ritratto?<br />

CLEMENTINA (in un sospiro più intenso e profondo) Datemelo… datemelo…<br />

QUATTORDICESIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera).<br />

Mais pauvres femmes! (Pausa. Ripete in italiano). Ma povere donne! Come siete<br />

deboli, quando amate! Non le avevo fatto nessuna concessione, eppure… ho<br />

ricevuto da Clementina tutte le prove di tenerezza che una donna può donare…<br />

(Pausa). Mi ha anche scritto… (Si cerca in tasca, estrae un biglietto e legge):<br />

“Camillo, non dimenticherò mai questa lunga corsa che hai fatto per vedermi<br />

qualche istante! Angelo mio bene amato, io ti appartengo: me lo ripeto a ogni<br />

momento; e gioisco di averti potuto dare ancora questa ultima prova d’affetto”.<br />

(Commentando, mentre ripiega e rimette in tasca il biglietto). Sì, però che differenza<br />

fra la sua maniera di scrivere e quella di Nina! (Pausa. Tira fuori dall’altra tasca la<br />

miniatura che si è fatto fare e la guarda compiaciuto). È la cosa più noiosa del<br />

mondo, stare ore e ore, per farsi ritrarre. Una rude compensazione dei piaceri<br />

dell’amore. Peraltro devo confessare che avrei potuto annoiarmi maggiormente,<br />

senza la vivacità e la loquacità di miei pittori. (Pausa. Abbassando un po’ la voce). Ho<br />

avuto la pazienza di farmi fare due ritratti… uno per ognuna delle mie belle…<br />

(Pausa). Eccomi dunque a Genova. Il mio viaggio si è svolto senza avventure né<br />

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accidenti. Partito da Alba, sono andato a dormire ad Asti. (Pausa). All’albergo mi<br />

hanno dato una camera vicina a quella occupata da una Contessa di cui ignoro il<br />

nome, la quale, ritrovandosi tutta sola, si sarebbe – a quel che pare – molto bene<br />

accomodata alla mia compagnia. Due volte ho chiuso la porta che ci separava, e due<br />

volte l’ho ritrovata mezza aperta. Confesso che l’idea di profittare di queste avances<br />

non mi è nemmeno venuta, sebbene la sembianza della dama non fosse affatto<br />

senza attrattive… Ma, lasciando la Marchesa Guasco … per andare a trovare la<br />

Marchesa Giustiniani… sarebbe stato troppo forte – lungo la strada –, fra la prima e<br />

la seconda, coucher con una terza dama… (Cenno della mano destra ribattuta a<br />

pugno chiuso, a significare fottere, ad uso di spettatori che non capiscono il<br />

francese).<br />

QUINDICESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione dei Marchesi Giustiniani a Voltri. Le due poltrone sono<br />

accostate, nella parte sinistra del palcoscenico. Il letto, possibilmente, in oscurità<br />

assoluta. Nina, seduta in poltrona, accanto a un tavolino, sta scrivendo)<br />

MARCHESE (entra ed afferra la lampada che sta sul tavolino di Nina, per portarsela<br />

via) Signora, oggi non c’è bisogno di scrivere, mi pare…<br />

NINA Sto cercando di scrivere ai miei genitori… (Pausa). Se fossi sicura di essere<br />

bene accolta, di non dover subire delle scene, andrei volentieri a far loro una visita.<br />

Vi ho chiesto, nei giorni passati, di cercare di sondarli a questo proposito…<br />

MARCHESE I vostri genitori stanno per andare nella loro campagna. Non c’è modo di<br />

raddolcirli; non si sono degnati di rispondermi, nemmeno quando ho espresso loro i<br />

vostri rispettosi saluti.<br />

NINA (afflitta) Lo sapevo…<br />

MARCHESE Vostro padre mi ha preso da parte e mi ha chiesto come state…<br />

NINA Lui mi ha sempre amata molto… Ha migliori disposizioni della Mamma, che<br />

non vuole sentire pronunciare il mio nome, che ha dato persino ordine ai domestici<br />

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di non ricevere le mie lettere. Io sono un mostro, un traditore assassino, perché le<br />

mie lettere debbano imprimere un carattere d’infamia su quelli che le ricevono?<br />

MARCHESE Io sono indignato quanto voi, ma conoscete le condizioni che pongono…<br />

NINA (con fermezza ma con civile serenità) Le mie intenzioni sono immutabili… Io<br />

però vi sono molto grata… che siate al mio fianco…<br />

MARCHESE (ironico, ma senza cattiveria) Grazie… Stasera ho anche avuto l’onore di<br />

sentirvi suonare il piano per me… Mi avete persino dedicato un valzer… (Su un tono<br />

più serio, e con una certa fermezza). Lui domani può venire all’ora che vuole; anche<br />

prima di pranzo, e restare tutta la giornata. Ma non gli offrirò di passare la notte a<br />

Voltri, qui da me. Ci tengo, che se ne vada la sera. (Esce con la lampada).<br />

NINA (nella penombra, sempre seduta, dopo una lunga pausa) La vita è un male per<br />

me; io sono nociva alla società, dal momento che ne turbo l’ordine. Dunque, posso<br />

morire. È solo Camillo che mi fa vivere ancora.<br />

SEDICESIMA SCENA<br />

(Stessa scena, mattino seguente. Il letto sempre in oscurità assoluta. Nina ancora<br />

seduta in poltrona; il marito e Cavour in piedi).<br />

MARCHESE Accomodatevi, Conte.<br />

CAVOUR (imbarazzato) Siete troppo gentile, Marchese…<br />

MARCHESE Accomodatevi pure, io sto uscendo.<br />

CAVOUR Posso stare in piedi…<br />

(Nessuno dei due uomini si siede – anche perché c’è una sola poltrona libera – e<br />

continueranno a parlare stando in piedi, mentre Nina rimane seduta).<br />

MARCHESE Mi auguro che voi, Conte, riusciate a ricondurre a sentimenti più<br />

ragionevoli i convincimenti politici della Marchesa…<br />

NINA (auto‐ironica) Nina, in politica, è di una esaltazione incredibile…<br />

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MARCHESE Professa il più puro spirito repubblicano. È arrivata al punto di inviare dei<br />

fondi alla Giovane Italia, e a simpatizzare con Mazzini!<br />

C AVOUR La Marchesa ha un’anima ardente e generosa, che si lascia trasportare<br />

dalle seducenti teorie dei patrioti esaltati.<br />

NINA Lo spettacolo dell’avvilimento della mia patria ha riempito di indignazione il<br />

mio cuore. Ho abbracciato con foga i princìpi che ho creduto i più propri a restituire<br />

indipendenza e libertà.<br />

CAVOUR Le teorie che vi hanno affascinato, Marchesa, hanno poco fondamento…<br />

MARCHESE Per la mia consorte, caro Conte, Raspail e i suoi amici sono degli<br />

autentici eroi, e Carrel è il suo Dio!<br />

CAVOUR Sono soltanto dei bousingots…<br />

MARCHESE Pardon… ? Un termine che mi sfugge…<br />

NINA (pronta, con involontario compiacimento) Indica gli studenti rivoluzionari…<br />

MARCHESE (leggermente ironico) Già, la Marchesa è nata a Parigi, e ci ha vissuto la<br />

sua infanzia…<br />

CAVOUR (correggendolo educatamente). La Marchesa è donna di vasta cultura…<br />

NINA Troppo buono il signor Conte…<br />

CAVOUR È vero, tuttavia, che Armand Carrel nobilita il pensiero repubblicano,<br />

liberandolo dagli attacchi sistematici alla proprietà, ai nobili e ai preti.<br />

NINA Io credo che gli uomini abbiano tutti gli stessi diritti, che l’eguaglianza<br />

dovrebbe regnare sulla terra, e che il solo primato del talento merita di essere<br />

riconosciuto.<br />

CAVOUR Voi non pensate, però, ai mezzi, che i partigiani di queste idee vorrebbero<br />

usare, per realizzarle, quelle idee…<br />

MARCHESE Convulsioni, assassini,vittime, sangue, guerre…<br />

NINA (rispondendo a Cavour) Io pensavo che sono uomini coraggiosi, i quali non<br />

tergiversano, come capita talvolta a quelli del giusto mezzo…<br />

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CAVOUR Il Marchese ha ragione a osservare…<br />

NINA (interrompendolo e seguitando il filo del proprio pensiero, con entusiasmo ma<br />

anche con un margine di auto‐ironia) …mi sembrava che, una volta repressi gli<br />

abusi, uno dei miei Santi Padri avrebbe tirato fuori dalla tasca un bel piano di<br />

riorganizzazione sociale, le cui basi fondamentali sarebbero…<br />

MARCHESE (con accento leggermente sarcastico, completando in anticipo l’elenco<br />

della moglie, che conosce ormai a memoria) … perfetta eguaglianza, diffusione<br />

dell’istruzione, e tutto ciò che ne consegue…<br />

NINA (un po’ rassegnata ad avere torto) Sì, e che tutto questo dovesse realizzarsi<br />

naturalmente – pensavo – per la sola ragione di essere giusto.<br />

MARCHESE (congedandosi) Ma io, comunque, faccio affidamento su di voi, Conte,<br />

sulla vostra misura e la vostra moderazione… Voglio dire… per convincerla circa la<br />

vanità delle sue credenze politiche… (Sull’orlo dell’uscio si volta e non sa rinunciare a<br />

una frecciata ironica). La ragione è assai possente quando… a l’amour pour<br />

auxiliaire… (Esce).<br />

CAVOUR (provato dall’incontro, si lascia cadere sulla poltrona). Senza imbarazzo e<br />

senza turbamento… lui! Un uomo veramente straordinario!<br />

NINA (alzandosi e andando incontro a Cavour, che si alza lui pure) E che ha avuto<br />

anche il buon gusto di restare il meno possibile, come terzo incomodo, e di lasciarci<br />

la più completa libertà!<br />

CAVOUR Oh, Nina… (Si abbracciano e si baciano, con passione).<br />

NINA (sempre abbracciata a lui) Gettarmi fra le tue braccia, vedere i tuoi occhi nei<br />

miei, darti la mia anima in un bacio, questo è vivere! (Nina lo fa sedere in poltrona,<br />

e si accovaccia i suoi piedi, gli prende una mano e se la porta alle labbra). Sento che<br />

questo è il nostro ultimo incontro. Poi andrai a Parigi, per sei mesi… (Pausa). Amami,<br />

perché Nina ti ama, ti ama, non ama che te! Io sono tutta tua! Sono in balia tua,<br />

senza riserve… Tu puoi contare sulla mia dedizione al mio signore e padrone… Tu<br />

farai di me ciò che vorrai. Qualunque cosa succeda, io sono a te, io sono la tua<br />

schiava, e non voglio costarti il più leggero sacrificio. Tu – per me – non devi<br />

rinunciare a nulla di ciò che ti possa far piacere. Camillo, se non mi puoi stringere al<br />

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tuo petto, sopporta che io stia ai tuoi piedi. Non dimenticarmi! Per lo meno, non<br />

dimenticarmi del tutto! (Pausa. Gli prende e gli bacia anche l’altra mano). Povera<br />

Nina… Se io potessi vedere ciò che l’avvenire mi prepara… (Pausa). Non andare<br />

troppo dalla signora del Guasco. E tuttavia, amico mio, fate ciò che vi piace. (Pausa).<br />

Amami soltanto più di tutte le altre figlie di Eva, e poi… e poi, fa ciò che vuoi! (China<br />

la fronte sulle sue ginocchia). La mia missione è amarti, adorarti.<br />

CAVOUR (un po’ imbarazzato dalla posizione di lei, così devozionale, ai suoi piedi, la<br />

accarezza con dolcezza sui capelli) Ti ritrovo come ti ho lasciata: dolce, amorosa,<br />

appassionata. Sei un angelo, le tue carezze hanno la soavità celeste. Il piacere non<br />

sembra mai l’impulso che ti muove; non lasci trasparire che il solo sentimento. Io ho<br />

imparato da te che l’amore può stare insieme al pudore. (Buio progressivo sui<br />

personaggi, che alla fine risulteranno in totale oscurità mentre,<br />

contemporaneamente, il faro illuminerà in modo vistoso, sul fondo, meraviglioso, il<br />

letto a baldacchino, intatto, con le cortine completamente chiuse).<br />

DICIASSETTESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione dei Marchesi Giustiniani a Genova. Sul lato sinistro del<br />

palcoscenico una sola poltrona, accanto al tavolino. L’altra poltrona sul lato destro,<br />

accanto all’altro tavolino. In penombra la parte destra del palcoscenico, dove, più<br />

avanti comparirà Cavour, come presenza mentale. In oscurità assoluta il letto, sul<br />

fondo).<br />

NINA (seduta accanto al tavolino, mentre scrive). Genova, 31 dicembre 1834. Fra<br />

poche ore l’anno finisce. Ah, che riflessioni premono nella mia testa! Un anno fa –<br />

chi l’avrebbe creduto? – E di qui a un anno, a che punto saremo, noi? Tu fra un po’<br />

andrai a Parigi, fra le grandi dame del faubourg St. Germain, e chi sa? (Pausa). Lo<br />

sentivo… lo sentivo, che non ti avrei rivisto, prima della tua partenza… e che i giorni<br />

di ottobre erano il nostro ultimo incontro. (Si alza, e comincia a muoversi nello<br />

spazio illuminato del lato sinistro del palcoscenico. Poi, con stacco, cambiando<br />

discorso). Mio marito è fiero come un galletto quando porta a spasso i suoi quattro<br />

cavalli, appollaiato su un sedile che tocca le nuvole. L’altro giorno, per fargli piacere,<br />

ho accettato di uscire nella sua superba carrozza. È di umore variabile, ma l’unica è<br />

non farci caso, e non far nulla che possa scontentarlo. Da quando stiamo più spesso<br />

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nel palazzo di Genova, insiste maggiormente per portarmi all’Opera o comunque<br />

in quella baraonda insensata che si chiama beau monde, colmo di stupidità e di<br />

frivolezza. Ma già a ottobre era contento che qualche volta io uscissi con te…<br />

CAVOUR (nel lato destro del palcoscenico, in penombra, come controcanto mentale<br />

a quello che lei dice) Oh, società, quale deplorevole organizzazione ti sei data,<br />

perché un marito possa – senza essere svergognato e schernito – farsi gloria del<br />

proprio cocuage! (Cenno delle corna con la mano, ad uso di spettatori che non<br />

capiscono il francese).<br />

NINA E tuttavia, che cosa avrei fatto, io, se il Marchese si fosse alleato ai miei<br />

genitori per prevalere – con le buone o con le cattive – sul sentimento che mi<br />

dominava? Dove sarei, io, a quest’ora? Qualunque siano i suoi torti, io devo della<br />

riconoscenza a colui che, solo, in un momento terribile, mi ha protetta. (Pausa). Il<br />

viaggio a Parigi ti aiuterà a distrarti, e ti restituirà il vigore intellettuale che lamenti di<br />

aver perduto. Ti persuaderai che ci sono altre chances, per te, che non sia quella di<br />

diventare un mercante di buoi. Io credo di sapere che tu vali; non disperare sul tuo<br />

destino, Camillo. (Pausa). Sono incantata che tu vada a Parigi. È a Chaillot, nella<br />

Grand Rue, che sono nata. Ho abitato a lungo Rue St. Marc n. 10, Rue des Petits<br />

Champs, Rue Louis le Grand, Rue Caumartin. A Parigi il mio giovane cuore si è<br />

aperto alle speranze più illimitate di felicità! L’Italia è stata per me la terra del<br />

disinganno!<br />

CAVOUR (sempre nel lato destro del palcoscenico, in penombra, in piedi, come<br />

controcanto mentale a quello che lei dice, e così per tutta la scena, durante la quale<br />

apparirà sempre più lontano ed estraniato da lei, tutto preso ormai dalle esperienze<br />

del viaggio europeo: incontri, lezioni, visite, ecc.) Nella sua ultima lezione Cherbuliez<br />

ha sviluppato il grande principio della popolazione, tratto dalle dottrine di Malthus,<br />

e ha confutato con molta energia le frivole obiezioni che vi opponeva Sismondi, il<br />

quale era presente. Sismondi è persona di buon cuore, di spirito molto elastico, di<br />

sentimenti generosi, con uno stile piacevole, ma manca di potenza logica e di forza<br />

argomentativa: è un buon ed onesto declamatore.<br />

NINA Non potendo nulla sperare per me, io trovo una ben grande consolazione a<br />

contemplare la carriera che si apre davanti a te, e che tu percorrerai con gloria e<br />

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successo. Dimmi se a Parigi hai visto la principessa Belgiojoso, e quali sono le<br />

persone che frequenti di più.<br />

CAVOUR (c.s.) Ho trovato Senior che passeggiava nel suo giardino con Tocqueville e<br />

Beaumont, mentre discutevano la grande questione della divisione della proprietà.<br />

Cosa straordinaria, il radicale inglese sosteneva la grande proprietà, e il legittimista<br />

francese la piccola proprietà. Senior crede che un piccolo proprietario non ha né<br />

sicurezza né agiatezza, e che è meglio per lui essere al soldo di un grande<br />

proprietario, per non dover nulla temere dalla sorte e dall’andamento delle stagioni.<br />

NINA La condotta odiosa dei rifugiati italiani contro il celebre professor Pellegrino<br />

Rossi mi ha indignato! Cosa vogliono questi disgraziati? Come ho potuto, io, stare un<br />

istante nel loro partito? Bisognava che arrivasse Camillo a illuminare il mio spirito, e<br />

a farmi distinguere ciò che è praticabile da ciò che è puramente chimerico. Ho<br />

abbandonato le bandiere dei nostri demagoghi, e mi sono arruolata ciecamente<br />

sotto le tue!<br />

CAVOUR (c.s.) Siamo andati a visitare la tipografia di Stowes, il più grande<br />

stabilimento di questo genere in Londra. Vi stampano il Penny Magazine e il<br />

Saturday Magazine: del primo tirano 180.000 esemplari, del secondo 80.000.<br />

NINA (si sposta verso la finestra). Dio mi comprende e mi ascolta. Nessuna paura si<br />

associa in me all’idea della morte. Lasciare quelli che amo mi farebbe rimpiangere la<br />

vita, ma sento che li rivedrò in un altrove. Camillo, Camillo, perché siamo stati messi<br />

sulla terra?<br />

CAVOUR (c.s.) I tessitori, fra tutti gli operai, sono i soli che abbiano avuto a soffrire<br />

in maniera irrimediabile per l’introduzione delle macchine. La loro industria è morta.<br />

Per quanti sacrifici possano imporsi, non potranno mai sostenere la concorrenza<br />

dei prodotti meccanici.<br />

NINA (con uno scarto improvviso in dialetto genovese). Camilletto caro, Camilletto<br />

bello, te veuggio tanto ben, ma quando te ou pourrò dì? Son tanto fiacca, a me<br />

existensa e l’è così precaria che non ho coragio da pensà a l’avvegnì.<br />

CAVOUR (c.s.) Alla parata non c’erano molti soldati – al massimo un 400 fanti e un<br />

50 cavalieri – ma erano tutti collettivamente e individualmente ammirabili. Non c’è<br />

nulla di così bello al mondo come questi plotoni di granatieri montati su superbi<br />

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cavalli neri e che manovrano con la precisione e l’armonia più perfette. La banda<br />

musicale è vestita con ricchezza incredibile, tutti scarlatto e oro. Dopo questo poco<br />

che ho visto, non mi stupisco più dell’immensa reputazione di cui gode l’esercito<br />

inglese.<br />

NINA (torna a sedersi, e riprende a scrivere al tavolino). To His Excellency Camillo<br />

Count Cavour. Poste restante. London. Genoa, May 16, 1835. Oh yes, dear Camillo,<br />

your silence has caused me no little pain. Your marriage’s false news were yet<br />

unknown to me… ma se fosse stato vero, che ti eri sposato, non avresti udito mai<br />

più nulla di me. E non per rancore. La tua felicità mi è assai più cara della mia. E<br />

ricorda, comunque, che la nostra intesa è sempre stata che tu non devi sacrificare<br />

nulla a me.<br />

CAVOUR (c.s.) Brockedon mi ha condotto da Faraday, il grande fisico. L’abbiamo<br />

trovato che si alzava da tavola, senza panciotto, con un vecchio abito logoro, sporco<br />

e sbrindellato. Mi ha ricevuto con molta cortesia. Peccato che faticasse a parlare in<br />

francese quanto io faticavo a parlare in inglese.<br />

NINA Voltri, 30 giugno 1835. In verità, Camillo, io non so come posso sostenere così<br />

a lungo sia la tua assenza sia la privazione delle tue lettere. Sono ben undici giorni<br />

che non ne ricevo. Otto grossi mesi sono trascorsi dal nostro ultimo incontro. Tu sei<br />

nel profondo dell’Inghilterra, e non sai nemmeno precisarmi l’epoca in cui ci<br />

rivedremo. E se ti prendesse voglia di andare a studiare l’America? Peraltro, che dirò<br />

delle tue lettere, piccoli trattati di politica e di economia? Tolta una sola vocale (la<br />

seconda a di amica), avresti potuto tranquillamente indirizzarle a un giornale,<br />

anziché a me.<br />

CAVOUR (c.s.) Il manicomio diretto dal sig. Mott e soci è situato in una bella<br />

campagna a tre miglia da Londra. Un grazioso giardino, tenuto con molta cura, gli dà<br />

l’aria di una ricca casa di campagna. Il corpo del fabbricato principale è occupato da<br />

coloro che possono pagare la pensione, da 2 a 5 sterline la settimana.<br />

NINA Voltri, 7 luglio 1835. Ciò che è veramente singolare è che il Marchese ha avuto<br />

delle velleità, di ricondurmi al dovere per via autoritaria. (Pausa) Comunque sono<br />

sicura che preferirebbe accordarmi un congedo piuttosto che offrirci ancora<br />

l’ospitalità a casa sua, a Voltri. Ha manifestato della ripugnanza a permettermi di<br />

riceverti qui. Io ti vedrò, dovessi venire in capo al mondo!<br />

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CAVOUR (c.s.) Bruxelles, 12 luglio. Colonie penali : 250 detenuti, di cui 50 sono<br />

fanciulli. Lavorano in comune sotto la sorveglianza di quattro fattori e di due guardie<br />

campestri. Tre pasti al giorno, tutti in comune. Pane di segala al mattino, minestra a<br />

mezzogiorno, ratatouille, cioè patate bollite e passate con qualche legume, la sera.<br />

Ogni detenuto prende inoltre un salario proporzionato al lavoro che fa.<br />

NINA (si alza e va al limite estremo del suo spazio, al confine con il lato in penombra<br />

ove è Cavour, anche lui sul bordo. I personaggi sono cioè vicinissimi) Asti, 31 luglio<br />

1835. Dirti come e perché io mi trovi in questo momento ad Asti sarebbe troppo<br />

lungo. Quasi prigioniera, spiata, tradita dall’infame Adele, la mia cameriera, più<br />

immonda dei rigagnoli delle strade, che inventa e riferisce calunnie su di me, tutto<br />

ciò che le passa per la testa; condannata ad assistere alla completa corruzione di<br />

mio figlio, sottratto sempre più alle mie cure e alla mia educazione; e l’altro, l’altro,<br />

il cui onore, così a lungo addormentato, si è risvegliato furioso, stupito di esistere<br />

ancora! Oh, Camillo, era abbastanza perché io me ne andassi, per fuggire, non so<br />

dove. Ti indirizzo questa lettera a Torino, non sapendo dove sei, perché da più di<br />

una settimana sono priva di tue notizie.<br />

CAVOUR (che si accosta inizialmente anche lui al limite estremo del suo spazio, al<br />

confine con quello di Nina, di modo che davvero i due personaggi potrebbero<br />

toccarsi, solo che allungassero la mano. Sempre in penombra lo spazio di Cavour).<br />

Torino, 1 agosto 1835. Eccomi arrivato! Sono quasi da te, cinquanta chilometri<br />

soltanto, da Torino ad Asti! E, tuttavia, siamo ancora separati! Oh, come mi costa<br />

non poter seguire l’impulso del mio cuore, correre da te, saziarmi della felicità di<br />

vederti, di ascoltarti, di essere con te, tutto a te, nient’altro che a te. Mais hélas!<br />

(Con enfasi crescente, che dovrà risultare falsa). La ragione che mi ha fatto tornare a<br />

precipizio mi trattiene qui: il colera ci minaccia! È scoppiato mercoledì a Cuneo, ed è<br />

alle nostre porte! La mia famiglia è in campagna, ma mio padre – nominato<br />

Presidente della Commissione di Salute Pubblica – non può muoversi da Torino. Vi<br />

deve restare per tutto il tempo che durerà l’epidemia, (intenerendosi via via in<br />

maniera ridicola, quasi piangendosi addosso) e non avrà presso di sé altra persona<br />

della famiglia che me. In simili circostanze la sola idea di abbandonarlo sarebbe<br />

criminale, e Nina me ne vorrebbe per averci soltanto pensato! (Di nuovo enfatico,<br />

ma caricaturale, falso). Appena ci saremo sbarazzati del colera, il mio primo passo<br />

sarà a Genova, sarà a Voltri! Volerò fra le tue braccia! Verrò a chiederti la felicità,<br />

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quella che l’amore solo può dare, e di cui ho una sete così ardente! (Pausa. Poi<br />

incalzante, su un registro burocratico‐efficientistico). Per fortuna finora il colera non<br />

sembra avanzare verso Genova; non ha raggiunto la linea della Roja, e forse non la<br />

passerà. Ciò malgrado, io ti consiglio fortemente di cercare un rifugio sicuro per te e<br />

per il tuo bambino. È un dovere il fatto di non esporti inutilmente: soprattutto<br />

quando si è – come nel tuo caso – così necessaria alla felicità di un essere che ti<br />

adora. Io ti scongiuro: lascia Voltri, conduci tuo figlio in un posto dove il flagello non<br />

possa raggiungerti. Va in Toscana, a Pisa, a Lucca, da qualche parte, dove le<br />

montagne e le province ti separino dai paesi infetti. (Autoritario come non è mai<br />

stato con la Nina). Non mi dire di no: è una preghiera, è un consiglio, è un ordine che<br />

ti do, in nome di tutto ciò che ti è più caro, in nome dell’amore! Tu mi hai promesso<br />

di ascoltarmi, di seguire i miei consigli. Ecco che si presenta un’occasione per<br />

adempiere ai tuoi impegni. Non ti sottrarre, ma chérie. Non mettermi di cattivo<br />

umore contro di te. Peraltro è anche un po’ nel mio interesse che io ti prego di porti<br />

al sicuro. Finché tu sarai a Voltri, io sarò preoccupato, ansioso, inquieto. Non potrò<br />

occuparmi di ciò che dovrò fare. Tu non hai niente da temere per me. Io sono un<br />

colosso di salute. Il mio viaggio mi ha dato nuova energia; sono in condizione di<br />

combattere contro qualunque male, e posso prometterti che mi curo, che faccio<br />

attenzione, che non mi espongo inutilmente. Tu avrai notizie di me a ogni giro di<br />

posta, ma a condizione che tu non resti a Voltri. (Gesuitico e irenico). Io penso che a<br />

quest’ora tuo marito ti avrà già proposto di partire. Segui il suo desiderio, e seguilo<br />

dove vorrà condurti. Queste grandi crisi sono epoche di riconciliazione. Forse i tuoi<br />

genitori torneranno a te, il loro affetto ti sarà restituito. E, passato il pericolo, noi<br />

potremo sperare in giorni calmi e sereni, pieni di felicità e di amore. Culla il tuo<br />

spirito nella speranza dell’avvenire. Il cuore mi dice che noi siamo prossimi a una<br />

stagione di risarcimenti. Rassegniamoci ancora per qualche tempo, e aspettiamo<br />

l’avvenire con fiducia. Facciamo fronte con coraggio ai doveri che ci sono imposti:<br />

tu, portando via tuo figlio; io, restando accanto a mio padre. Noi troveremo<br />

consolazione nella testimonianza della nostra coscienza. E, in seguito, la Provvidenza<br />

non ci abbandonerà. Il tempo stringe, sono assediato da tutte le parti. Addio amore<br />

mio.<br />

NINA (al limite estremo del suo spazio, allunga una mano, che non riesce però a<br />

incontrare quella di Cavour, che resta inerte, anche lui al limite estremo del suo<br />

spazio, rifiutando di allungare la sua mano). Ho capito. (Pausa). Riparto. (Pausa).<br />

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Qui, ad Asti, mi hanno raggiunta mia cugina e suo marito. Riparto con loro. (Pausa).<br />

Camillo, scrivimi a Genova; è la sola consolazione che resta alla tua disgraziata<br />

amica. (Lunga pausa. Ripete la battuta iniziale di Cavour). “Sono quasi da te,<br />

cinquanta chilometri soltanto, da Torino ad Asti!”. (Pausa). Dopo quasi un anno, dal<br />

nostro ultimo incontro… E non ha potuto percorrerli, cinquanta chilometri. Non ha<br />

voluto. (Abbassa la mano che ha tenuto fino a quel punto tesa, al confine fra i due<br />

spazi). Ho capito. Riparto. I tuoi consigli mi hanno determinata. Vedo che, legandomi<br />

a te, ti avrei reso infelice.<br />

DICIOTTESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione dei Marchesi Giustiniani a Genova. Nina, seduta, accanto al<br />

tavolino, con la penna in mano, rassegnata, spenta, sempre più malata).<br />

MARCHESE (in piedi, duro, feroce) Scrivete! (Detta, e Nina scriverà, sotto dettatura).<br />

“Mio padre mi ha accolta fra le sue braccia. Per il momento non scrivermi più…” (Si<br />

corregge). “Per il momento non scrivetemi più, ma indirizzate a lui le vostre nuove,<br />

perché egli possa comunicarmele. Mio padre è disposto a far questo; e vi darà al<br />

tempo stesso le mie nuove. La mia famiglia – che ho abbeverato di dolore – merita<br />

da parte mia questo doveroso sacrificio”. È tutto. Sigillate. (Allunga la mano, in<br />

modo autoritario, aspettando che Nina gli dia la lettera, già chiusa con il sigillo).<br />

Bene. Non avrete più diritto di occuparvi del bambino. Adele controllerà ogni vostro<br />

spostamento, e mi riferirà. Se tenterete ancora di avvelenarvi, come avete fatto a<br />

fine agosto, sarete rinchiusa in una casa per alienati mentali. È tutto. (Esce).<br />

NINA (si alza, si guarda intorno, inerte, muta, passiva. Guarda intensamente la<br />

finestra, che è chiusa. Occhio di bue sulla finestra).<br />

DICIANNOVESIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera).<br />

CAVOUR 18 febbraio 1836. L’altro ieri sono stato chiamato… nel palazzo della<br />

Marchesa Clementina Guasco di Castelletto. Nella stessa camera dove avevo passato<br />

con lei tanti dolci momenti. (Pausa). Ma c’era la sorella. Mi ha chiesto, con un tono<br />

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imbarazzato, di restituire tutte le lettere che mi erano stata scritte da… da<br />

Clementina. Non ho potuto rifiutarle questo sacrificio, che – a quanto mi ha detto la<br />

sorella – avrebbe assicurato la sua pace e il suo riposo. (Pausa). Il suo riposo<br />

eterno… (Pausa). Clementina è morta il 7 gennaio 1836, di mal sottile, a 34 anni.<br />

VENTESIMA SCENA<br />

(Scena fissa. Abitazione dei Marchesi Giustiniani a Genova).<br />

NINA (sfatta, quasi demente, si aggirerà nel suo spazio, nella metà sinistra del<br />

palcoscenico, come un fantasma, parlando lentamente, con pause infinite che qui<br />

per questo si evita di segnalare, mescolando ricordi, sogni, deliri, passando e<br />

ripassando davanti a quella finestra dalla quale, alla fine, si getterà). Possiamo noi<br />

dire sempre? Noi, creature così fragili, la cui esistenza è così limitata? Noi, che un<br />

raggio di sole troppo ardente priva qualche volta della memoria e della ragione? Il<br />

sempre è per noi? L’anima non muore – lo sento – ma porta con sé dei ricordi? O si<br />

nutre, dopo la morte, della sua semplice esistenza? Io vorrei ricordarmi, vorrei che la<br />

vita futura non avesse con la presente che un punto di contatto. Che l’amore, il solo<br />

amore incatenasse questi due modi di esistenza, che – per mezzo suo – noi<br />

avessimo la facoltà di ricordare… di ricordare… di ricordare… “Sono quasi da te,<br />

cinquanta chilometri soltanto, da Torino ad Asti!”. Dopo quasi un anno, dal nostro<br />

ultimo incontro… E non ha potuto percorrerli, cinquanta chilometri. Non ha voluto.<br />

Ho capito. Riparto. I tuoi consigli mi hanno determinata. Come dice lui, “Nella vita,<br />

prima l’onore e la coscienza”. No, io non posso spaventarmi, di trovarmi lanciata,<br />

sola, in un territorio sconosciuto, qualunque esso sia; anche quello della morte. Tu<br />

non hai assolutamente nulla da rimproverarti. Un presentimento – più forte della<br />

mia ragione – mi dice che non mi hai dimenticata… Quando Dio mi ha creata, era in<br />

collera. Far tanto soffrire un’anima nel corpo di una donna! Ah, che la distrugga, lui,<br />

questa maledetta prigione! Io non amo la mia condizione di donna. Perché non sono<br />

stata consultata? Nascere, così, senza sapere perché. È una vessazione, bisogna<br />

ammetterlo. Ho passato una brutta notte. Ah, Camillo, imprudente, ho scritto<br />

queste cose? Ma cosa temere? La morte discende su di me. Che m’importano i<br />

giudizi dei miei cari confratelli della razza umana!... Camillo, adesso è finito il tempo<br />

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in cui dicevo “Ti amo”. Percorri la tua carriera con onore, produci tutto il bene che è<br />

in tuo potere di fare, e pensa a me, quando ti resterà del tempo…. La donna che ti<br />

amava è morta: non era più bella, aveva troppo sofferto. Camillo, addio. Nel<br />

momento in cui scrivo queste righe, io sono nell’incrollabile risoluzione di non<br />

rivederti mai più. Tu le leggerai – spero – ma quando una barriera insormontabile si<br />

sarà innalzata fra di noi; quando io avrò avuto la grande iniziazione ai segreti della<br />

tomba; quando, forse (fremo pensandoci) io ti avrò dimenticato. Buongiorno,<br />

signore! Sorge il giorno. – Nina, Nina! – Chi mi chiama? – Esci dalla prigione mortale,<br />

ritorna alla tua origine, ritorna, raggio sperduto per un istante in un mare tenebroso,<br />

ritorna, ritorna! Dolce raggio dell’astro immortale! – Ah, senza rimpianto, anima<br />

mia, parti presto, risali sorridendo verso i cieli. (Buio. Grido di persona che si butta<br />

da una finestra. E quindi occhio di bue sulla finestra con le ante spalancate).<br />

VENTUNESIMA SCENA<br />

(Punto‐leggio. Cavour sempre in veste da camera).<br />

CAVOUR (profondamente turbato, con il pianto in gola) Colei che io ho fatto tanto<br />

soffrire, senza che ella, mai, si sia lamentata di me. (Pausa, poi, con stacco,<br />

improvvisamente notarile, leggermente freddo, senza emozione). Alle ore 5<br />

pomeridiane del dì 30 aprile 1841, volava a miglior vita di questa, che aveva sofferta<br />

iniquissima e traditrice, in età di soli 34 anni, la Signora Marchesa Anna Giustiniani di<br />

padre Schiaffini. La sua mente ingentilì, erudì sempre con ischiette e forti dottrine,<br />

con umane e virtuose discipline. Coltivò le lingue Inglese, Tedesca, Italiana e<br />

Francese, nelle quali parlava e scriveva elegantissimamente. L’ultima lingua ebbe in<br />

maggior pregio, e in essa valse assaissimo, siccome in quella fu educata. Visse<br />

schietta, onorata, benefattrice ed amantissima di tutti; pur di chi l’era pena, ingiuria<br />

e martoro; morì qual visse, pianta, desiderata, lodata. Dio l’abbia nella sua gloria,<br />

chè certo è questo solo degno guiderdone a quanto Ella patì.<br />

(Cavour si toglie la vesta da camera che colloca sull’appendiabiti, e rimane in un<br />

bellissimo vestito da cerimonia, per le grandi occasioni. Essendo nel frattempo<br />

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trascorsi altri cinque anni, avrà messo su un po’ di pancia, sì da risultare più simile al<br />

Cavour consueto dell’iconografia risorgimentale. Occhio di bue sul personaggio<br />

mentre parte, fortissima, la Marcia Reale d’Ordinanza, preceduta dalla Fanfara<br />

Reale, inno di Casa Savoia fino all’avvento della Repubblica).<br />

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