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ARIMINUM sett/ottobre - Rotary Club Rimini

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18 dicembre 1966.<br />

Apposizione della lapide<br />

di Respicio Olmeda. Il sesto da dx,<br />

col cappello, è Ernesto Rastelli,<br />

nipote del telegrafista.<br />

Sotto. La lapide del Garibaldino,<br />

apposta nel 65° anniversario<br />

della morte.<br />

giano di un nastro completamente azzurro,<br />

il colore di casa Savoia, mentre a righe<br />

bianco-azzurre è il nastro che orna quelle<br />

al merito) che insieme alle altre rievocative<br />

della partecipazione alle campagne<br />

risorgimentali dei vari Olmeda compare<br />

nel piccolo medagliere che insieme ad<br />

altri cimeli a suo tempo fu donato dalla<br />

famiglia al Comune, a beneficio dell’allora<br />

costituendo Museo del Risorgimento<br />

poi purtroppo dismesso. E suo è il ritratto<br />

che sulla stampa locale ad ogni ricorrenza<br />

storico-risorgimentale è, fino ad oggi,<br />

passato per quello del povero Luigi<br />

Pasini, essendo tal diversa circostanza<br />

invece dimostrata dalla inequivoca annotazione<br />

apposta in epoca dal nipote<br />

Ernesto sul retro della suggestiva fotografia<br />

scattata dal “Premiato stabilimento<br />

fotografico Ruggero Trevisani, di <strong>Rimini</strong>,<br />

qui riprodotta per ripristinare la verità,<br />

che riporta nella bella grafia del tempo<br />

che fu: Zio Antonio Olmeda, fratello di<br />

mia madre, fratello di Respicio Olmeda.<br />

Curiosa anche la vicenda umana di<br />

Respicio, perché fu il Destino che lavorando<br />

per tempo ed essendo aiutato da<br />

mano mecenate volle poi legare la sua<br />

figura a quella del Generale Garibaldi e<br />

ad uno degli episodi più famosi del<br />

nostro Risorgimento.<br />

Ebbene: è certo noto che in epoca e se<br />

non benestanti, le famiglie avevano gravi<br />

difficoltà a crescere la prole se numerosa.<br />

Si trova sovente notizia di figli destinati<br />

al sacerdozio più per necessità di vita che<br />

per vocazione, di collette di pie donne e<br />

notabili per costituir piccole doti a fanciulle<br />

le cui famiglie versavano in deplorevole<br />

stato di povertà e questo quando<br />

andava bene perché la povertà, allora<br />

come ora, portava spesso ragazzi e ragazze<br />

a scegliere strade riprovevoli per<br />

sopravvivere agli stenti. Avveniva anche,<br />

però, che alla vista di ragazzi volonterosi<br />

e promettenti, forse per sopperire affetti<br />

mancati o venuti a mancare (altissima era<br />

infatti all’epoca la mortalità infantile,<br />

anche fra i benestanti per l’arretratezza<br />

delle possibilità di cure adeguate in caso<br />

di malattie) o forse per la più pura generosità,<br />

qualche famiglia si inducesse a<br />

farsi carico del mantenimento e dell’i-<br />

TRA CRONACA E STORIA<br />

«Respicio seguì Garibaldi<br />

con il ruolo di telegrafista<br />

e passò alla storia<br />

per aver inviato,<br />

il 9 agosto 1866 da Bezzecca,<br />

il famosissimo telegramma<br />

ricordato nei testi di tutte<br />

le scuole italiane:<br />

il celebre “Obbedisco”,<br />

dettatogli dall’Eroe<br />

dei due mondi in persona»<br />

struzione di qualche fortunato o fortunata.<br />

Poiché la famiglia di Respicio era molto<br />

numerosa, avvenne quindi che il medico<br />

del paese (all’epoca, un’autorità) manifestò<br />

al padre l’intenzione di volersi far<br />

carico dell’educazione e degli studi di<br />

quel suo figliolo. Inizialmente la proposta<br />

non fu accettata, come ricordano due<br />

discendenti del ramo Olmeda, le sorelle<br />

Elide (Liviana) e Mara (Franca) nate<br />

anch’esse nella stessa casa dei due garibaldini<br />

marignanesi, perché i genitori<br />

temevano di perderlo, ma allo stesso<br />

tempo non volevano lasciarsi sfuggire<br />

l’opportunità di poter dare una istruzione<br />

ed un titolo di studio a quel proprio figlio:<br />

riuscirono così ad ottenere che Respicio<br />

restasse in famiglia consentendo però, per<br />

doverosa gratitudine, di aggiungere al suo<br />

cognome quello del benefattore,<br />

Bilancioni, che mantenendo egualmente<br />

l’impegno lo fece studiare a Pesaro fino a<br />

conseguire un per quei tempi non affatto<br />

comune diploma per l’uso dell’apparecchio<br />

telegrafico, il mezzo di comunicazione<br />

che all’epoca appariva all’avanguardia<br />

nella possibilità di trasmettere<br />

notizie a distanza.<br />

Respicio divenne quindi telegrafista presso<br />

il servizio Postale civile e quando decise<br />

di seguire Garibaldi mantenne quell’importante<br />

ruolo che gli consentì poi di<br />

passare alla storia per aver inviato, il 9<br />

agosto 1866 da Bezzecca, il famosissimo<br />

telegramma ricordato nei testi di tutte le<br />

scuole italiane: il celebre “Obbedisco”,<br />

dettatogli da Garibaldi in persona.<br />

L’episodio è quanto mai suggestivo e<br />

merita di esser ricordato avvalendosi di<br />

testimonianza di prima mano per esser<br />

desunta da un manoscritto autografo del<br />

Dott. Mario Olmeda Bilancioni, già<br />

Ufficiale Sanitario del Comune di San<br />

Giovanni, figlio del nostro Respicio, che<br />

raccolse e riassunse quindi la memoria<br />

dell’episodio dalla viva voce del protagonista,<br />

unico testimone oculare del fatto (2) .<br />

Siamo nel 1866; è l’anno della nostra<br />

terza guerra per l’indipendenza, che vede<br />

la strana alleanza del giovane regno<br />

d’Italia con la Prussia, sempre ai danni<br />

dell’Asburgo. Per fortuna la Prussia prevale,<br />

mentre l’Italia subisce batoste per<br />

mare e per terra. Lissa (20 luglio) e in<br />

particolare, giorni prima, Custoza (24<br />

giugno).<br />

L’ombra della disfatta sconvolge tutti<br />

meno Garibaldi, che di vittoria in vittoria<br />

sta avanzando verso il trentino anche se<br />

gli giungono notizie terribili che<br />

Respicio, nella sua qualità di dirigente il<br />

servizio telegrafico dello Stato Maggiore<br />

garibaldino, deve certo avergli passato<br />

con pari sgomento: Telegramma di<br />

Lamarmora a Garibaldi all’indomani di<br />

Custoza: “Disfatta irreparabile, ritirata<br />

di là dall’Oglio, salvate l’eroica Brescia<br />

e l’alta Lombardia”. Nel frattempo il Re<br />

telegrafa a Cialdini: “Disastro irreparabile.<br />

Coprite la capitale”. Certo un quadro<br />

sconfortante per chiunque ma non per il<br />

Generale. Il corpo dei Volontari, ricevuto<br />

dapprima l’ordine di ripiegamento e poste<br />

in essere alcune operazioni a difesa in<br />

previsione di un’avanzata austriaca che<br />

fortunatamente non ci fu, riprende infatti<br />

ad avanzare verso la frontiera (che allora<br />

coincideva con il confine del trentino, o<br />

Tirolo inferiore) sostenendo scontri al<br />

SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 /ARIMINVM .7<br />

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