L'intervista completa a Maria Belli - Spi-Cgil Emilia-Romagna
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un’ulteriore sorveglianza nei primi tempi di avvio di tale esperienza. Lei accettò per tre<br />
mesi come volontaria.<br />
L’altro centro era in via Fabio Filzi, una zona signorile, una traversa vicino al cimitero,<br />
in una casetta di proprietà del comune. Tanta gente venne a lamentarsi in modo esplicito<br />
dicendo: Li porti a casa sua! Un dottore mi urlò: Mi sono fatto una villa e lei mi porta i<br />
matti come dirimpettai!”<br />
D - Malgrado i contrasti sei sempre andata avanti?<br />
R - “Con tanta determinazione andai oltre e pensai anche per i drogati. Un signore, che<br />
non aveva figli ed era presidente del quartiere, lasciò in eredità la sua casa al comune. Io<br />
la utilizzai per ospitare e assistere i drogati”.<br />
D - Hai lavorato in un periodo storico particolare in cui c’era voglia di socializzare e di<br />
partecipare.<br />
R - “Gli anni ’70 furono un periodo molto fertile di idee creative, molto seguite poi in<br />
altre città italiane e anche all’estero. Venivano perfino delegazioni dalla Norvegia, dalla<br />
Francia e altre nazioni soprattutto per la novità degli asili nido, dove i bambini venivano<br />
divisi per fasce d’età. Mi preme sottolineare che la caratteristica particolare di questi<br />
progetti era che venivano sottoposti all’opinione pubblica attraverso i comitati di quartiere,<br />
che programmavano delle assemblee, di solito molto affollate; la gente, aveva una gran<br />
voglia di partecipare ed esprimere la propria idea. Così dietro l’assessore c’erano tanti<br />
cittadini che arricchivano con le loro idee il progetto. Mi ricordo le feste di Natale e di fine<br />
anno scolastico per citarne alcune. La sanità, gli anziani, l’infanzia questo fu il mio<br />
assessorato!”.<br />
D - In quegli anni è stato necessario imporre, come adesso accade, le quote rosa?<br />
R - “Promuovemmo tante donne nei comitati Scuola-città, a dirigere i servizi, che<br />
richiedevano persone capaci per la loro gestione. Le donne si proponevano e si<br />
dichiaravano pronte a programmarli e a gestirli. Grande risultato!<br />
Nel 1986, dopo 16 anni, mi dimisi dal mio incarico perché accettai la proposta di fare il<br />
vicepresidente nel consiglio di amministrazione dell’Icap (Istituto autonomo case popolari),<br />
carica incompatibile con quella di consigliere comunale. Feci delle belle esperienze e capii<br />
tante cose.<br />
Facevo assemblee con gli inquilini e mi resi conto ciò che non andava: soprattutto il<br />
concentrare tante case in poco terreno. Io abitavo già nell’appartamento attuale, nella<br />
zona pep; viveva a casa con noi mia zia, che mi dava una mano anche se tenevo a seguire<br />
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