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QUANDO E QUANTO IRRIGARE - Il divulgatore

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<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7/2004 “Coltivare risparmiando acqua” Pagg. 20-31<br />

<strong>QUANDO</strong> E <strong>QUANTO</strong> <strong>IRRIGARE</strong><br />

<strong>Il</strong> bilancio idrico della coltura - ossia il calcolo, continuamente aggiornato,<br />

della quantità d’acqua presente nello strato di terreno occupato dalle radici -<br />

costituisce un’ottima base su cui stabilire l’entità degli apporti irrigui. Un<br />

passo ulteriore sulla strada del risparmio idrico è rappresentato dalla tecnica<br />

dello “stress idrico controllato”, che mira a somministrare acqua alle piante<br />

solo nelle fasi fisiologiche in cui esse ne hanno più bisogno.<br />

IRRIGATION:WHEN AND HOW MUCH?<br />

The first choice, which affects the following ones, concerns the optimum irrigation period so that<br />

maximum production yields can be achieved. The second choice concerns the optimum water<br />

supply at each irrigation operation. In this case, too, the choice is affected by many factors but,<br />

above all, by soil capacity to retain water, root depth and irrigation system adopted. If irrigation<br />

water needs are not properly determined, water wastes are inevitable: in case of underestimation<br />

water evaporates too fast from soil and leaf surface whereas in case of overestimation water<br />

percolates down and can not be furtherly absorbed by plant roots. Water balance of crop plants, -<br />

that is the updated calculation of the amount of water present in soil layers reached by roots –<br />

represents a good starting point to establish the proper supplies of irrigation water. One further<br />

step into the water saving philosophy is represented by the “controlled water stress”: this technique<br />

aims at supplying water to plants only when they most need it.<br />

Strategie di gestione irrigua<br />

Tecnica Effetto<br />

Verifica delle previsioni meteorologiche a breve Aumento dell’efficienza irrigua evitando irrigazioni<br />

termine.<br />

seguite da piogge.<br />

Misurazione di piogge, irrigazioni, falda, umidità Stima degli elementi necessari per ottimizzare il bilancio<br />

del suolo mediante pluviometro, contalitri, idrico e irrigare con esatto volume d’acqua.<br />

freatimetro, tensiometro.<br />

Impiego del bilancio idrico ottimizzato. Aumento dell’efficienza irrigua per l’esatta scelta del<br />

momento e del volume d’adacquata.<br />

Individuazione del volume irriguo doneo alla Riduzione dei volumi irrigui, aumentandone l’efficienza<br />

coltura, al terreno, al sistema irriguo.<br />

ed eliminando le perdite in profondità.<br />

Irrigazioni fisiologiche ossia in fasi di sviluppo Aumento dell’efficienza delle irrigazioni.<br />

della pianta particolarmente sensibili.<br />

Applicazione dello stress idrico controllato su Controllo dello sviluppo della pianta con miglior<br />

colture poliennali.<br />

efficienza irrigua e riduzione dei costi di gestione della<br />

coltura.<br />

L’applicazione di una buona pratica irrigua richiede un’esperienza consolidata e approfondite<br />

conoscenze agronomiche, tecnologiche e di economia dell’irrigazione. Infatti gli interventi irrigui<br />

non devono mirare solamente a massimizzare la resa e la qualità delle produzioni, ma anche a<br />

utilizzare acqua in modo efficiente e senza sprechi.<br />

Occorre, infatti, avere buone conoscenze sull’ambiente in cui si opera, sulla risposta all’irrigazione<br />

delle diverse colture, varietà e portinnesti, sul loro probabile consumo idrico e sulla loro sensibilità<br />

allo stress idrico nelle varie fasi biologiche del ciclo colturale. La scelta di appropriate irrigazioni è<br />

inoltre complicata dalla tipologia del terreno su cui si opera e quindi dalle caratteristiche idrologiche<br />

che lo caratterizzano: permeabilità, capacità di campo, punto di appassimento, volume idrico<br />

trattenuto nello strato utile alle piante, ecc.<br />

L’effettuazione di irrigazioni economiche e tese a ottimizzare l’uso dell’acqua prevede quindi tre<br />

scelte principali: quando irrigare, quanto irrigare e come irrigare.<br />

La prima scelta, spesso influenzata dalle altre due, attiene all’individuazione, durante la stagione di<br />

coltivazione, del momento nel quale l’irrigazione potrà sortire il massimo incremento di produzione.<br />

La seconda scelta riguarda la decisione dell’ottimale quantitativo d’acqua da applicare a ogni<br />

1


<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7/2004 “Coltivare risparmiando acqua” Pagg. 20-31<br />

irrigazione. Anche in questo caso la scelta è vincolata da parecchi fattori ma, principalmente, dalla<br />

capacità del terreno di trattenere l’acqua, dalla profondità dello strato esplorato dalle radici e dal<br />

metodo e sistema irriguo adottato. L’applicazione di volumi non corretti porta sempre a uno spreco<br />

d’acqua irrigua: volumi troppo modesti risulteranno irrilevanti ed evaporeranno velocemente dalla<br />

superficie del suolo e delle foglie bagnate, viceversa volumi troppo abbondanti determineranno<br />

una percolazione d’acqua in profondità, non utilizzabile dalle radici delle colture.<br />

Per potersi orientare in una materia così complessa è necessario affidarsi a precisi criteri di<br />

calcolo: il bilancio idrico è sicuramente tra i più affidabili e semplici.<br />

IL BILANCIO IDRICO DELLE COLTURE<br />

<strong>Il</strong> pilotaggio delle irrigazioni tramite il bilancio idrico della coltura è basato sul calcolo e il continuo<br />

aggiornamento del quantitativo d’acqua presente nello strato di terreno interessato dalla coltura. <strong>Il</strong><br />

calcolo è effettuato procedendo alla valutazione o alla misura di tutti gli ingressi e di tutte le perdite<br />

d’acqua dal sistema colturale; gli ingressi d’acqua sono addizionati al totale dell’acqua disponibile<br />

già presente nel suolo, le perdite d’acqua sono invece sottratte. <strong>Il</strong> flusso delle informazioni<br />

permette, quindi, di rendersi conto di quando il bilancio dell’acqua presente diventa tanto negativo<br />

da consigliare un’irrigazione.<br />

<strong>Il</strong> bilancio idrico della coltura si basa quindi sulla stima e la misura di tutti gli ingressi e le perdite<br />

idriche dal sistema colturale, per individuare un certo contenuto di umidità nel terreno, raggiunto il<br />

quale procedere all’irrigazione. Attualmente è attivo un servizio di assistenza tecnica irrigua basato<br />

sul bilancio idrico delle principali colture, accessibile sul web all’indirizzo:<br />

www.consorziocer.it/irrinet3.<br />

L’unità di misura impiegata per tutti i calcoli è il millimetro d’acqua:<br />

1 mm = 1 litro/m2 = 10.000 litri/ettaro = 10 m3/ettaro<br />

Giornalmente viene quindi stimato il contenuto di umidità medio nello strato di terreno colonizzato<br />

dalle radici, impiegando l’equazione di bilancio :<br />

<strong>Il</strong> quantitativo d’acqua a disposizione delle piante è notevolmente influenzato dal tipo di terreno e<br />

dalla sua profondità, cioè dalla capacità del suolo di immagazzinare l’acqua e dalla forza con cui<br />

essa è trattenuta dalle particelle costituenti il suolo.<br />

La profondità, densità ed efficienza delle radici della pianta interagiscono poi col terreno<br />

determinando la frazione d’acqua effettivamente utilizzabile dalle piante, caratteristica di ogni<br />

specie e in genere progressivamente maggiore nel tempo con lo sviluppo e l’approfondimento<br />

dell’apparato radicale.<br />

<strong>Il</strong> volume d’adacquata ottimale<br />

Le caratteristiche idrologiche di ogni terreno sono descritte dalla Capacità Idrica di Campo (CIC) e<br />

dal Punto di Appassimento (PA): la prima esprime la percentuale di umidità presente in un suolo<br />

saturo dopo che tutta l’acqua maggiormente soggetta alla gravità è percolata in profondità, il<br />

secondo esprime la percentuale di umidità alla quale la pianta non riesce più ad assorbire dal<br />

suolo e inizia l’appassimento permanente.<br />

La frazione d’acqua contenuta tra la CIC e il PA è l’Acqua Disponibile (AD) e rappresenta la<br />

capacità del terreno di accumulare riserve idriche e, quindi, di permettere alle colture di resistere a<br />

periodi di siccità più o meno prolungati; passando dai terreni sabbiosi a quelli di medio impasto e<br />

da questi a quelli argillosi si accresce sia il valore del PA e della CIC sia il volume di Acqua<br />

Disponibile con maggiore accumulo e successiva utilizzazione dell’acqua di pioggia o irrigazione<br />

(tab. 1).<br />

2


Tessitura del<br />

terreno<br />

<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7/2004 “Coltivare risparmiando acqua” Pagg. 20-31<br />

Tab. 1 - Caratteristiche idrologiche di terreni a diversa tessitura<br />

Capacità idrica di<br />

campo<br />

(% volume)<br />

Punto di<br />

appassimento<br />

(% volume)<br />

Acqua<br />

disponibile<br />

(% volume)<br />

3<br />

Acqua disponibile<br />

in 100 cm di<br />

profondità<br />

(mm)<br />

Acqua disponibile<br />

in 50 cm di<br />

profondità<br />

(mm)<br />

Riserva<br />

facilmente<br />

utilizzabile**<br />

(mm)<br />

Sabbioso 15 7 8 80 40 20<br />

Franco-sabbioso 21 9 12 120 60 30<br />

Franco* 31 14 17 170 85 43<br />

Franco-argilloso 36 17 19 190 96 48<br />

Franco-limoso 40 19 21 210 105 53<br />

Argilloso 44 21 23 230 115 58<br />

* medio impasto.<br />

** 50% dell’acqua disponibile in 50 cm di profondità.<br />

Aspettare che le piante consumino tutta l’Acqua Disponibile per poi riportare il terreno alla CIC è<br />

un errore perché espone le piante a momenti di stress idrico, soprattutto in prossimità del PA, e dà<br />

luogo a volumi esagerati per qualsiasi tipo di impianto irriguo. Analogamente limitarsi alla quota di<br />

Riserva Facilmente Utilizzabile, lascia alla pianta troppa acqua a disposizione, generando<br />

“consumi di lusso” che non si traducono in incrementi produttivi.<br />

La soluzione al problema è utilizzare un approccio che miri a riportare l’umidità del terreno fino ad<br />

un valore prestabilito dell’acqua disponibile, individuato attraverso l’equazione indicata alle pagine<br />

26 e 27. In tabella 2 sono riportate le formule per il calcolo del volume di adacquata in alcuni tipi di<br />

terreno, secondo l’equazione citata, per una profondità radicale di 50 cm e per una percentuale di<br />

restituzione del 50% dell’acqua disponibile.<br />

Tab. 2 - Formule per il calcolo del volume di adacquata (m3/ha)<br />

Terreno sabbioso V = 0.5 x 1.55 x (((9 - 4)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Terreno franco sabbioso V = 0.5 x 1.4 x (((14 - 6)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Terreno franco V = 0.5 x 1.35 x (((22 - 10)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Terreno franco argilloso V = 0.5 x 1.3 x (((27 - 13)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Terreno limoso V = 0.5 x 1.25 x (((31 - 15)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Terreno argilloso V = 0.5 x 1.2 x (((35 - 17)/100) x 0.5) x 10.000<br />

Le tabelle dei volumi massimi consentiti per le varie colture contenute nei Disciplinari di produzione<br />

integrata sono calcolate secondo i criteri descritti e costituiscono un’ottima traccia per<br />

comportamenti irrigui “virtuosi”.<br />

Ogni quanto irrigare<br />

A sua volta il volume di adacquamento influisce sul turno irriguo, inteso come l’arco di tempo che<br />

passa tra una irrigazione e l’altra dello stesso appezzamento.<br />

<strong>Il</strong> turno e il volume di adacquata sono così strettamente collegati che è ovvio pensare che una<br />

coltura con apparato radicale superficiale (che esplora, cioè, un volume limitato di terreno), con<br />

fabbisogni irrigui elevati e coltivata su di un terreno sciolto, venga irrigata spesso e con volumi<br />

relativamente bassi.<br />

La spiegazione è semplice: un terreno sciolto (con scarsa riserva idrica), esplorato dalle radici per<br />

un volume limitato, non può essere irrigato con volumi troppo elevati, perché non sarebbero<br />

trattenuti nel ridotto strato occupato dalle radici. L’elevato fabbisogno idrico della coltura fa sì che<br />

la poca acqua distribuita venga poi consumata in fretta, costringendo a ripetere frequentemente<br />

l’intervento irriguo. Ecco spiegato il motivo delle irrigazioni esigue (basso volume irriguo) e del<br />

turno stretto (ripetizione frequente dell’intervento).<br />

Per contro colture resistenti alla siccità oppure fasi di sviluppo in cui la coltura è sufficientemente<br />

resistente allo stress idrico, in terreni argillosi e con apparati radicali profondi possono essere<br />

irrigate con volumi più elevati, sopportando turni irrigui più ampi. <strong>Il</strong> turno irriguo ampio può, quando<br />

il clima e il ciclo colturale lo permettono, dare luogo all’eliminazione, come minimo, dell’ultimo<br />

intervento irriguo, che può arrivare tanto a ridosso della raccolta da renderlo poco utile se non<br />

dannoso, con rilevante risparmio idrico.<br />

L’impianto irriguo e la sua capacità di lavoro impongono severi limiti al volume di adacquata e di<br />

conseguenza al turno.


<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7/2004 “Coltivare risparmiando acqua” Pagg. 20-31<br />

Impianti irrigui con un’alta capacità di lavoro – quali rotoloni e loro applicazioni come la slitta<br />

sottochioma e la barra nebulizzatrice - possono erogare grandi quantità di acqua e ben si prestano<br />

in quei casi in cui i volumi di adacquata sono elevati. In questo caso i turni irrigui si allungano.<br />

Impianti irrigui con bassa capacità di lavoro, quali ad esempio gli impianti microirrigui, sono<br />

particolarmente adatti nei casi in cui sono richiesti bassi o bassissimi volumi di adacquata e turni<br />

irrigui molto brevi.<br />

IRRIGAZIONE A DEFICIT IDRICO<br />

Si può andare oltre alla razionalizzazione delle irrigazioni permessa dall’applicazione del bilancio<br />

idrico, individuando forme di riduzione delle irrigazioni basate sul miglioramento delle conoscenze<br />

della fisiologia della pianta.<br />

In pratica si tratta di restituire totalmente i consumi in quelle fasi di sviluppo in cui la pianta ne ha<br />

assolutamente bisogno e, viceversa, di ridurre le somministrazioni di acqua in quelle fasi in cui la<br />

risposta all’irrigazione è scarsa. Nelle colture arboree, poliennali, l’operazione si definisce “stress<br />

idrico controllato” in quanto la fisiologia della pianta è resa complessa dalla coesistenza di sviluppo<br />

di germogli, fiori, frutti e preparazione allo sviluppo degli anni a venire e dunque una gestione<br />

irrigua controllata mira non solo al risparmio idrico, ma anche a influenzare le varie attività<br />

fisiologiche, guidandole verso durevoli obiettivi produttivi e di contenimento della vegetazione.<br />

gemme.<br />

Per le annuali, acqua solo nelle fasi più critiche<br />

Irrigazioni effettuate durante le fasi di massima sensibilità della<br />

coltura allo stress idrico (periodo critico per l’acqua) risultano in<br />

grado di innalzare le rese maggiormente rispetto a quelle<br />

somministrate in periodi di relativa resistenza alla siccità.<br />

La limitazione delle irrigazioni a determinate fasi ha quindi l’obiettivo<br />

di incrementare l’efficienza di<br />

utilizzazione dell’acqua eliminando le irrigazioni che hanno un basso<br />

impatto sulla resa. L’eventuale riduzione di resa può essere<br />

modesta se confrontata con i benefici dati dal risparmio idrico o per<br />

la possibilità di destinare una risorsa idrica limitata ad altre colture.<br />

In generale, la fase di trapianto, semina e primo sviluppo delle<br />

colture è normalmente un periodo critico per tutte le specie.<br />

Successivamente le piante possono attraversare uno o più momenti<br />

critici: per tutte le colture particolarmente rilevanti sono i danni<br />

causati dalla siccità durante la fecondazione, quando la carenza<br />

idrica porta sempre a fenomeni di aborto fiorale con una<br />

conseguente riduzione del numero di semi o frutti portati a<br />

produzione.<br />

Su alcune specie, come la patata, il periodo critico principale viene<br />

attraversato dalla coltura nella precoce fase di stolonizzazione e<br />

tuberizzazione. Nelle colture dove il prodotto è la biomassa<br />

accumulata (lattuga, colture da biomassa, ecc.), questa tecnica non<br />

è proponibile poiché la taglia della pianta o la sua superficie fogliare<br />

devono essere adeguate a una buona capacità fotosintetica per<br />

portare la coltura alla migliore produzione e dunque tutte le fasi di<br />

crescita della pianta sono importanti e vanno in ogni modo garantite<br />

Per l’approfondimento sulle singole colture e le loro specifiche fasi di<br />

sensibilità idrica, si rimanda<br />

alle schede specifiche<br />

.<br />

Stress idrico controllato sulle frutticole<br />

L’efficienza produttiva dei frutteti dipende fortemente da<br />

un’equilibrata ripartizione degli assimilati prodotti dalle foglie per<br />

fotosintesi tra i tre principali processi dell’albero: crescita vegetativa<br />

(chioma e radici), crescita dei frutti, differenziazione a fiore delle<br />

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<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7/2004 “Coltivare risparmiando acqua” Pagg. 20-31<br />

I tre processi sono soggetti a fenomeni di competizione ed interazione tra loro, che vengono<br />

esaltati nei momenti nei quali il fabbisogno d’energia, d’acqua ed elementi nutritivi è<br />

particolarmente elevato.<br />

In pratica sfruttando lo stress idrico e l’irrigazione nelle diverse fasi biologiche attraversate dal<br />

frutteto (fig. 2) si tenta di indirizzare gli assimilati dalle foglie verso gli organi maggiormente<br />

interessanti per l’uomo (frutti) e non per la pianta (foglie, rami, fusto, ecc.).<br />

Per le ragioni indicate, la tecnica dello stress idrico controllato può essere applicata solo su piante<br />

adulte; su quelle in fase di allevamento (primi tre anni dall’impianto) non è mai opportuno limitare la<br />

crescita delle piante per non subire ritardi di entrata in produzione e una perdita di efficienza<br />

produttiva in tutta la vita del frutteto. Sul pesco, ad esempio, numerosi studi hanno individuato<br />

quattro fasi in cui suddividere il suo ciclo fisiologico, che sono state perfezionate per i nostri<br />

ambienti dalle ricerche del CER secondo lo schema riportato in fondo. In termini di regolazione<br />

delle irrigazioni si tratta di impiegare il bilancio idrico per il “controllo” della quantità d’acqua<br />

presente nel terreno. Le irrigazioni saranno allora effettuate per mantenere un’umidità pari al 70-<br />

80% dell’Acqua Disponibile nel terreno nelle fasi F1 e F3 e di solo il 20-25% nelle fasi F2 e F4.<br />

I positivi risultati visti nel pesco sono stati confermati da prove del CER condotte su susino cv.<br />

Fortune coltivato a Castelbolognese (RA), in cui le fasi applicate erano identiche a quelle illustrate<br />

per il pesco (fig. 3).<br />

Analogamente sono state condotte prove sul pero, cv. Conference innestato su BA29,<br />

suddividendone il ciclo biologico annuale in 4 fasi.<br />

Sono state confrontate con un testimonio asciutto sia irrigazioni pienamente soddisfacenti la pianta<br />

in tutto il ciclo colturale (ETc100) sia altre secondo il bilancio idrico, restituendo solo la metà dei<br />

consumi (ETc50). Come stress idrico controllato è stata confrontata sia una gestione irrigua come<br />

quella indicata per il pesco (SIC100) sia una gestione irrigua ancora più limitata restituendo nelle<br />

fasi F2 e F4 solo il 50% dell’evapotraspirato stimato (SIC50).<br />

Lo stress idrico controllato è risultato in grado di incrementare la resa rispetto all’asciutto del 57%,<br />

il peso medio dei frutti del 16% e la produzione commerciale vendibile del 101% (fig. 3).<br />

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Inoltre la gestione irrigua a stress idrico controllato ha indotto gli alberi a un positivo minor rigoglio<br />

vegetativo, oltre che a una maggiore fioritura, e ciò ha determinato un maggior numero di frutti<br />

portati. In Emilia Romagna, peraltro, nelle annate climaticamente normali l’andamento delle piogge<br />

non permette una piena applicazione della metodologia, infatti le piogge non consentono sempre<br />

di indurre lo stress idrico desiderato per un ottimale controllo dell’attività vegeto-produttiva della<br />

pianta; tuttavia i dati esposti rappresentato un’eloquente conferma di questa tecnica.<br />

I risultati in termini di risparmio idrico verranno esposti nelle singole schede per specie.<br />

ACQUA CHE RISALE DALLA FALDA<br />

La risalita d’acqua dalle falde superficiali è un altro ingresso d’acqua da valutare attentamente nel bilancio<br />

idrico delle colture. La sottovalutazione del fenomeno e della sua importanza per l’alimentazione idrica delle<br />

piante porta all’effettuazione di un numero di irrigazioni superiore a quello necessario, con spreco di risorse<br />

idriche preziose. Per falda superficiale o ipodermica si intende la presenza di acqua libera all’interno dei pori<br />

del terreno a una profondità massima di 2-3 m e quindi potenzialmente utilizzabile dalle radici delle colture.<br />

Lo strato sottosuperficiale saturo d’acqua poggia solitamente su un orizzonte impermeabile, mentre il terreno<br />

posto al di sopra del livello di falda si comporta in un certo senso come una carta assorbente che prende<br />

l’acqua dal basso portandola verso l’alto per il richiamo determinato dalla minore umidità negli strati<br />

soprastanti per effetto dell’evapotraspirazione delle colture. Questa risalita di acqua per capillarità può<br />

assumere diverse altezze (centimetri) e diverse portate (litri/giorno) secondo il tipo di terreno. Più le<br />

particelle costituenti il suolo sono fini (terreni argillosi) più la risalita sarà alta e la portata bassa, viceversa se<br />

il terreno è a grana grossa (terreni sabbiosi) l’altezza di risalita sarà bassa e la portata elevata; nei terreni di<br />

medio impasto si realizza spesso il miglior compromesso tra altezza e portata idrica da falda.<br />

L’altezza di risalita capillare utile alle piante può variare dai 20-25 cm nei terreni fortemente sabbiosi sino agli<br />

80-100 cm di quelli argillosi. Le piante possono attingere a questa risorsa solo se hanno un apparato<br />

radicale efficiente e profondo, come è già stato precedentemente illustrato. La falda si misura con dei<br />

piezometri, che possono essere facilmente installati in azienda; attualmente in Emilia Romagna esiste una<br />

rete di rilevamento regionale che alimenta una cartografia visibile nei suoi dati stazione presso numerosi siti<br />

web.<br />

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MISURARE GLI APPORTI DI PIOGGIA<br />

Negli ambienti climaticamente subumidi, come quelli emiliano-romagnoli, la pioggia costituisce<br />

nelle annate normali la principale fonte di alimentazione idrica delle colture. Gli anni 2002 e 2003,<br />

caratterizzati da piogge troppo abbondanti e intense il primo e da un lunghissimo periodo di siccità<br />

il secondo, hanno prodotto rilevanti problemi di eccesso idrico in un anno, seguiti da un periodo di<br />

aridità molto ampia in quello successivo. Anche la stessa quantità di pioggia annualmente caduta<br />

determina una diversa utilità o dannosità a seconda che essa cada in un breve periodo o<br />

regolarmente con moderata intensità durante il ciclo colturale: piogge di forte intensità non sono in<br />

grado di infiltrarsi nel terreno e ruscellano in superficie con bassa utilità per le piante; un periodo<br />

prolungatamente piovoso porta il terreno a saturazione idrica per poi provocare percolazioni<br />

profonde, utili alla ricarica delle falde ma perse dal sistema colturale. Un clima ideale per<br />

l’agricoltura richiederebbe perciò una buona distribuzione delle piogge e intensità variabili da 2 a 7<br />

mm/ora a seconda dei terreni.<br />

La pioggia si misura tramite un pluviometro; per una buona misurazione dell’acqua caduta lo<br />

strumento dovrebbe essere collocato verticalmente a circa 1,5 m dal terreno e in una posizione<br />

lontana da ostacoli capaci di influenzare la misura. La quantità giornalmente caduta viene misurata<br />

in genere con un apposito misurino tarato per la bocca del raccoglitore, in grado di determinarla<br />

direttamente.<br />

La pioggia oraria e quindi l’intensità di precipitazione possono essere misurate con pluviografi<br />

meccanici o elettronici, che permettono una migliore determinazione dell’utilità della pioggia ai fini<br />

del bilancio idrico. Questa informazione è attualmente fornita anche dalla rete meteorologica<br />

dell’Arpa Smr.<br />

La pioggia viene definita utile quando può essere utilizzata dalle piante dopo esser stata trattenuta<br />

dal terreno; l’acqua esuberante la capacità d’accumulo nello strato utile di terreno viene<br />

considerata tra le perdite (perdite di ruscellamento e percolazione profonda) ai fini della<br />

compilazione del bilancio idrico della coltura.<br />

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STRESS IDRICO CONTROLLATO SU PESCO<br />

• Fase 1 - Dall’inizio della fioritura alla formazione di frutticini di 3-4 cm di diametro<br />

(post diradamento). Cominciano i processi di moltiplicazione cellulare dei tessuti costituenti il futuro<br />

frutticino: un buon tenore di umidità nel terreno favorisce tali processi ed evita la cascola. L’attività<br />

vegetativa del germoglio è quasi ferma o molto lenta e quindi l’elevata umidità nel terreno non<br />

stimola un’eccessiva vegetazione.<br />

• Fase 2 - Sino all’indurimento del nocciolo: il frutto non si taglia più facilmente<br />

di netto con un coltello. Nel frutticino il numero di cellule è ormai definito e inizia l’espansione<br />

cellulare che porta all’accrescimento dei frutti. <strong>Il</strong> germoglio inizia il suo rapido sviluppo richiamando<br />

assimilati verso di sé in forte competizione con i frutticini. La competizione esercitata dai germogli<br />

prevarica quella dei frutticini e quindi è opportuno penalizzare l’eccessivo rigoglio vegetativo,<br />

riducendo le disponibilità idriche nel terreno. Lo stress idrico indotto ridurrà anche l’accrescimento<br />

iniziale del frutto, che però recupererà completamente nelle fasi successive.<br />

• Fase 3 - Sino alla raccolta. Gli ormoni vegetali prodotti dal seme in formazione<br />

determinano un forte richiamo di assimilati verso il frutto, che è in distensione cellulare e nel<br />

periodo di massimo accumulo di sostanza secca. La competizione esercitata da frutto è così forte<br />

che determina un accrescimento rallentato dal germoglio. Occorre mettere la pianta nelle migliori<br />

condizioni di disponibilità idrica, perché la maggioranza degli assimilati sarà diretta verso il frutto,<br />

che potrà recuperare l’eventuale riduzione di accrescimento provocata dallo stress idrico imposto<br />

nella fase precedente.<br />

• Fase 4 - Post raccolta. La pianta senza frutti dirigerà gli assimilati nuovamente<br />

verso<br />

il germoglio e se lo stato idrico nel terreno è ottimale la crescita dei germogli sarà notevole, con un<br />

eccesso di rigoglio vegetativo. Un troppo forte sviluppo dei germogli risulta negativo perché riduce<br />

l’induzione a fiore delle gemme (meno fiori nell’anno successivo), determina l’esigenza di maggiori<br />

potature e rallenta la lignificazione dei rami a frutto, rendendoli più sensibili al freddo invernale.<br />

L’irrigazione andrà fortemente ridotta o annullata, determinando uno stress idrico capace di<br />

contenere il rigoglio vegetativo e l’uso dell’acqua non produttivo.<br />

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