Baciata da un Angelo IL POTERE DELL'AMORE - Altervista
Baciata da un Angelo IL POTERE DELL'AMORE - Altervista
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Elizabeth Chandler<br />
<strong>Baciata</strong> <strong>da</strong> <strong>un</strong> <strong>Angelo</strong><br />
<strong>IL</strong> <strong>POTERE</strong><br />
DELL’AMORE<br />
Alle molte mani che hanno creato questo libro<br />
Newton Compton editori
Capitolo 1<br />
«Questa volta ce la farò!», disse Tristan. «Devo avvisare<br />
Ivy, devo dirle che non è stato <strong>un</strong> semplice incidente. Lacey,<br />
devi aiutarmi! Lo sai che queste cose <strong>da</strong> angelo non mi<br />
riescono bene».<br />
«Puoi dirlo forte», rispose Lacey, appoggiata alla lapide di<br />
Tristan.<br />
«Quindi verrai con me?».<br />
Lacey si guardò le <strong>un</strong>ghie, <strong>un</strong>ghie l<strong>un</strong>ghe e viola che non si<br />
sarebbero mai rotte o scheggiate, proprio come i folti capelli<br />
castani di Tristan non si sarebbero mai all<strong>un</strong>gati. Alla fine<br />
disse: «Penso di potermi intrufolare a <strong>un</strong>a festa in piscina per<br />
<strong>un</strong>’oretta. Ma ascoltami Tristan, non aspettarti che mi comporti<br />
come <strong>un</strong>a perfetta e angelica invitata».<br />
Ivy stava a bordo piscina, rabbrividendo per l’acqua fred<strong>da</strong><br />
che ogni tanto la schizzava. Due ragazze la urtarono, inseguite<br />
<strong>da</strong> <strong>un</strong> ragazzo con <strong>un</strong>a pistola ad acqua. Tutti e tre caddero in<br />
piscina, inzuppando Ivy con <strong>un</strong>a doccia di schizzi ghiacciati.<br />
Se fosse successo <strong>un</strong> anno prima, sarebbe rimasta tremante a<br />
pregare il suo angelo dell’acqua. Ma gli angeli non esistevano.<br />
Ivy lo sapeva, adesso.<br />
L’inverno precedente, quando era rimasta a penzolare <strong>da</strong> <strong>un</strong><br />
trampolino sopra la piscina della scuola, paralizzata <strong>da</strong> <strong>un</strong>a<br />
paura che aveva imparato a conoscere sin <strong>da</strong>ll’infanzia, aveva<br />
pregato il suo angelo dell’acqua. Ma era stato Tristan a<br />
salvarla.<br />
Lui le aveva insegnato a nuotare. Nonostante avesse battuto<br />
i denti <strong>da</strong>l terrore il primo giorno, e il successivo e quello dopo<br />
ancora, aveva amato il tocco dell’acqua quando lui era riuscito<br />
a farle vincere la paura. Lo aveva amato, perfino quando aveva<br />
obiettato che gli angeli non esistevano.
Tristan aveva ragione. E ora Tristan se n’era an<strong>da</strong>to, lontano<br />
come la sua fede negli angeli.<br />
«Che ne dici di <strong>un</strong> bagno?».<br />
Ivy si girò di scatto e vide il suo volto abbronzato e <strong>un</strong><br />
cespuglio di capelli dorati riflessi negli occhiali <strong>da</strong> sole di Eric<br />
Ghent. Aveva i capelli bagnati tirati indietro, praticamente<br />
appiccicati alla testa.<br />
«Mi dispiace che non abbiamo <strong>un</strong> trampolino», disse Eric.<br />
Ignorò la frecciatina. «In ogni caso è <strong>un</strong>a splendi<strong>da</strong> piscina».<br />
«Non è molto profon<strong>da</strong> <strong>da</strong> questo lato», disse, togliendosi<br />
gli occhiali e lasciandoli penzolare sul suo petto magro. Aveva<br />
gli occhi azzurri, e le sue ciglia erano così chiare che quasi non<br />
si vedevano.<br />
«So nuotare… anche nel lato profondo», disse Ivy.<br />
«Davvero?». Eric accennò <strong>un</strong> sorriso. «Fammi sapere<br />
quando ti va», le disse, poi si allontanò per chiacchierare con<br />
gli altri ospiti.<br />
Ma Ivy non si aspettava certo <strong>un</strong>’accoglienza migliore.<br />
Nonostante lei e le sue due più care amiche fossero state<br />
invitate alla sua festa di mezza estate in piscina, non<br />
appartenevano alla cerchia più esclusiva dei ragazzi di<br />
Stonehill. Ivy era sicura che Beth, Suzanne e lei si trovassero lì<br />
solo grazie a Gregory, il migliore amico di Eric nonché<br />
fratellastro di Ivy.<br />
Guardò <strong>un</strong>a fila di persone che prendevano il sole, <strong>da</strong>ll’altra<br />
parte della piscina, cercando le sue amiche. Beth era seduta tra<br />
<strong>un</strong>a dozzina di corpi ricoperti d’olio abbronzante e teste<br />
ossigenate, con <strong>un</strong> enorme cappello e <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga t<strong>un</strong>ica. Parlava<br />
a velocità inarrestabile con Will O’Leary, <strong>un</strong> altro amico di<br />
Gregory. Per qualche motivo Beth Van Dyke, che non aveva<br />
mai nemmeno lontanamente immaginato di essere cool, e Will,<br />
che era considerato molto molto cool, erano diventati amici.<br />
Le ragazze intorno a loro cercavano di offrire al sole – o
forse a Will – il loro profilo migliore, ma Will non ci faceva<br />
caso. Annuiva in maniera incoraggiante a Beth, che<br />
probabilmente gli stava raccontando la sua ultimissima idea per<br />
<strong>un</strong> racconto. Ivy si chiedeva se a Will, con i suoi modi pacati,<br />
potessero piacere le cose che scriveva Beth – poesie e racconti<br />
e, <strong>un</strong>a volta per <strong>un</strong> compito di storia, <strong>un</strong>a biografia di Maria, la<br />
regina di Scozia – che in qualche maniera finivano sempre per<br />
essere piatte e noiose storie d’amore. Quel pensiero la fece<br />
sorridere.<br />
Will guardò <strong>da</strong>ll’altra parte della piscina proprio in quel<br />
momento e colse il sorriso. Per <strong>un</strong> attimo il suo voltò sembrò<br />
illuminarsi. Probabilmente era solo il tremolio del sole che si<br />
rifletteva sull’acqua, ma Ivy fece <strong>un</strong> timido passo indietro. Con<br />
la stessa rapidità lui si spostò all’ombra del cappello di Beth.<br />
Indietreggiando, Ivy urtò <strong>un</strong> torace molto bello e muscoloso.<br />
La persona non si spostò, ma anzi abbassò la testa sulla sua<br />
spalla, sfiorandole l’orecchio con le labbra.<br />
«Penso che tu abbia <strong>un</strong> ammiratore», disse Gregory.<br />
Ivy non si allontanò. Ormai era abituata ai modi del<br />
fratellastro, alla sua tendenza ad avvicinarsi troppo,<br />
all’abitudine di comparirle alle spalle di sorpresa. «Un<br />
ammiratore? Chi?».<br />
Gli occhi grigi di Gregory le sorrisero. Aveva i capelli neri,<br />
era alto, snello e con <strong>un</strong>a bella abbronzatura presa giocando a<br />
tennis tutti i giorni.<br />
Nell’ultimo mese lui e Ivy avevano passato molto tempo<br />
insieme, sebbene fino ad aprile lei non lo avrebbe mai creduto<br />
possibile. Fino ad allora, infatti, le <strong>un</strong>iche cose che lei e<br />
Gregory avevano avuto in com<strong>un</strong>e erano state lo shock seguito<br />
alla decisione dei loro genitori di sposarsi, la rabbia e la<br />
diffidenza che provavano l’<strong>un</strong>o nei confronti dell’altra. A<br />
diciassette anni Ivy si gua<strong>da</strong>gnava <strong>da</strong> vivere e ba<strong>da</strong>va al suo<br />
fratellino. Gregory scorrazzava per le campagne del
Connecticut sulla sua BMW con <strong>un</strong> gruppetto di amici ricchi<br />
che disprezzavano chi<strong>un</strong>que non possedesse quello che<br />
avevano loro.<br />
Ma tutto questo appariva senza importanza adesso che lui e<br />
Ivy avevano condiviso molto di più… il suicidio della madre di<br />
Gregory e la morte di Tristan. Ivy aveva scoperto che quando<br />
due persone vivono nella stessa casa condividono alc<strong>un</strong>i dei<br />
sentimenti più profondi e, in maniera abbastanza sorprendente,<br />
aveva iniziato a confi<strong>da</strong>rsi con Gregory. Lui le era stato vicino<br />
quando aveva sentito di più la mancanza di Tristan.<br />
«Un ammiratore», ripeté Ivy, sorridendo. «Sembra quasi che<br />
tu abbia letto i racconti d’amore di Beth». Si allontanò <strong>da</strong>lla<br />
piscina e Gregory la seguì come <strong>un</strong>’ombra. Rapi<strong>da</strong>mente Ivy<br />
ispezionò il patio cercando la sua migliore amica, nonché la<br />
prima che avesse mai avuto, Suzanne Goldstein. Per il bene di<br />
Suzanne, non voleva che Gregory le stesse così vicino. Non<br />
voleva che le sussurrasse all’orecchio come se condividessero<br />
chissà quale segreto.<br />
Suzanne aveva corteggiato Gregory per tutto l’inverno, e<br />
Gregory l’aveva incoraggiata. Suzanne aveva detto che stavano<br />
ufficialmente uscendo insieme; lui sorrideva e non ammetteva<br />
nulla. Non appena Ivy ebbe appoggiato <strong>un</strong>a mano su Gregory<br />
per allontanarlo <strong>un</strong> po’, si aprì <strong>un</strong>a porta a vetri scorrevole e<br />
<strong>da</strong>lla casa uscì Suzanne. Si fermò <strong>un</strong> attimo, come per mettere<br />
a fuoco la scena… il l<strong>un</strong>go ovale azzurro della piscina, le statue<br />
di marmo, le terrazze piene di fiori. La pausa diede<br />
opport<strong>un</strong>amente a tutti i ragazzi l’occasione di guar<strong>da</strong>rla. Con<br />
la sua brillante criniera di capelli neri e <strong>un</strong> minuscolo bikini<br />
che sembrava più <strong>un</strong> gioiello che <strong>un</strong> capo d’abbigliamento<br />
metteva decisamente in ombra tutte le altre ragazze, anche<br />
quelle che frequentavano <strong>da</strong> molto tempo il gruppo di Eric e<br />
Gregory.<br />
«Se qualc<strong>un</strong>o ha degli ammiratori», disse Ivy, «quella è
Suzanne. E se sei sveglio, faresti meglio ad an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> lei prima<br />
che altri venti ragazzi si mettano in co<strong>da</strong>».<br />
Gregory rise e spostò <strong>un</strong>a ciocca arruffata di capelli dorati<br />
<strong>da</strong>lla guancia di Ivy. Naturalmente sapeva che Suzanne li stava<br />
guar<strong>da</strong>ndo. Sia Gregory che Suzanne stavano recitando <strong>un</strong>a<br />
parte nel loro gioco del corteggiamento, e Ivy si era spesso<br />
trovata nel mezzo. Suzanne si mosse con grazia felina,<br />
raggi<strong>un</strong>gendoli rapi<strong>da</strong>mente, ma <strong>da</strong>ndo l’impressione di non<br />
camminare più veloce di chi sta facendo <strong>un</strong>a tranquilla<br />
passeggiata.<br />
«Che bel costume!», esclamò salutando Ivy.<br />
Ivy sbatté le ciglia, poi abbassò lo sguardo sul suo costume<br />
intero. Suzanne era con lei quando lo aveva comprato e l’aveva<br />
incoraggiata a trovare qualcosa di più provocante. Ma<br />
sicuramente era solo <strong>un</strong>a mossa per attirare l’attenzione di<br />
Gregory sul… gioiello di Suzanne.<br />
«Ti sta benissimo, Ivy».<br />
«È quello che le ho detto anch’io», disse Gregory con <strong>un</strong><br />
tono eccessivamente caloroso.<br />
Non aveva mai detto nulla sul costume di Ivy. La sua<br />
piccola bugia serviva a far ingelosire Suzanne. Ivy gli lanciò<br />
<strong>un</strong>’occhiataccia e rise.<br />
«Hai portato la crema solare?», chiese Suzanne. «Io ho<br />
dimenticato la mia».<br />
Ivy non riusciva a crederci. Suzanne usava quella stessa<br />
scusa <strong>da</strong> quando avevano dodici anni e an<strong>da</strong>vano in vacanza<br />
nella casa sulla spiaggia dei Goldstein.<br />
«So che mi friggerò la schiena», disse Suzanne.<br />
Ivy andò a prendere la borsa su <strong>un</strong>a sedia lì vicino. Sapeva<br />
che Suzanne si sarebbe potuta stendere persino su <strong>un</strong>a lastra di<br />
metallo senza scottarsi. «Ecco qua. Tienila. Ce n’è ancora<br />
molta».<br />
E poi mise il tubetto in mano a Gregory. Fece per an<strong>da</strong>rsene
ma Gregory la trattenne per <strong>un</strong> braccio. «E tu?», chiese, con <strong>un</strong><br />
tono basso e molto intimo.<br />
«E io cosa?»<br />
«Non hai bisogno di <strong>un</strong> po’ di crema?», chiese.<br />
«No, sono a posto».<br />
Ma lui non la lasciò an<strong>da</strong>re. «Sai che ti dimentichi i p<strong>un</strong>ti<br />
più scoperti», disse spalmandole la crema sul collo e sulle<br />
spalle. La sua voce era morbi<strong>da</strong> e setosa come le sue dita.<br />
Provò a infilare <strong>un</strong> dito sotto <strong>un</strong>a bretella. Ivy la trattenne al<br />
suo posto. Stava impazzendo. Senza dubbio anche Suzanne<br />
stava bruciando, pensò… anche se non per il sole.<br />
Ivy si allontanò <strong>da</strong> Gregory e si infilò in <strong>un</strong> attimo gli<br />
occhiali <strong>da</strong> sole, sperando che nascondessero la sua rabbia. Si<br />
allontanò in fretta, lasciandoli a tormentarsi e a sfi<strong>da</strong>rsi a<br />
vicen<strong>da</strong>.<br />
Entrambi la stavano usando per gua<strong>da</strong>gnare p<strong>un</strong>ti di fronte<br />
all’altro. Perché non potevano tenerla fuori <strong>da</strong>i loro stupidi<br />
giochi?<br />
Sei invidiosa, si rimproverò. Sei solo invidiosa perché loro<br />
hanno qualc<strong>un</strong>o e tu non hai Tristan.<br />
Trovò <strong>un</strong> lettino vuoto vicino a <strong>un</strong> gruppetto di persone e ci<br />
si sdraiò. Il ragazzo e la ragazza vicino a lei guar<strong>da</strong>vano<br />
interessati Suzanne che portava Gregory verso due lettini in <strong>un</strong><br />
angolo appartato. Bisbigliavano fissando Gregory che le<br />
spalmava la crema solare sul corpo <strong>da</strong>lle forme perfette.<br />
Ivy chiuse gli occhi e pensò a Tristan, al progetto di<br />
scappare insieme al lago, di restare immobili a galleggiare con<br />
il sole che brillava e scal<strong>da</strong>va mani e piedi. Pensò a come<br />
Tristan l’aveva baciata sul sedile posteriore della macchina la<br />
notte dell’incidente. Ricor<strong>da</strong>va la tenerezza del suo bacio, il<br />
modo in cui le accarezzava il viso con meraviglia, quasi<br />
riverenza. Il modo in cui l’aveva abbracciata l’aveva fatta<br />
sentire non solo amata, ma perfino venerata.
«Non sei ancora entrata in acqua».<br />
Ivy aprì gli occhi. Era abbastanza chiaro che Eric non<br />
l’avrebbe lasciata in pace fino a quando non si fosse buttata in<br />
piscina.<br />
«Ci stavo giusto pensando», disse, togliendosi gli occhiali<br />
<strong>da</strong> sole. La stava aspettando a bordo piscina.<br />
Ivy era felice che, almeno alla sua festa, Eric fosse rimasto<br />
sobrio. Forse questo era il suo modo di compensare: senza<br />
alcool, senza droghe, Eric si divertiva così, mettendo alla prova<br />
le persone sulle loro debolezze.<br />
Ivy scivolò nella piscina. Per pochi attimi, il vecchio terrore<br />
la pervase non appena l’acqua le lambì il collo, e si sentì<br />
terribilmente spaventata. «Questo è il coraggio», le aveva detto<br />
Tristan, «affrontare ciò di cui si ha paura». Dopo qualche<br />
bracciata si sentì <strong>un</strong> po’ meglio.<br />
Fece <strong>un</strong>a vasca completa, si fermò e aspettò Eric <strong>da</strong>l lato più<br />
profondo. Lui non era <strong>un</strong> gran nuotatore.<br />
«Non male», disse Eric quando la raggi<strong>un</strong>se. «Non male per<br />
<strong>un</strong>a principiante».<br />
«Grazie», disse Ivy.<br />
«Non hai neanche il fiatone».<br />
«Penso di essere in forma».<br />
«Niente fiatone, neanche <strong>un</strong> po’», disse lui. «Sai, c’è <strong>un</strong><br />
gioco che facevamo io e Gregory in campeggio quando<br />
eravamo piccoli».<br />
Fece <strong>un</strong>a pausa, e Ivy immaginò che stesse per proporre di<br />
giocarci in quel momento. Avrebbe voluto starsene aggrappata<br />
al bordo sull’altro lato della piscina, dove l’acqua era poco<br />
profon<strong>da</strong> e gli alberi non coprivano il sole, e dove quasi tutti gli<br />
altri sguazzavano o stavano seduti.<br />
«È <strong>un</strong>a prova per vedere quanto a l<strong>un</strong>go riusciamo a<br />
trattenere il respiro», le disse. Parlava senza guar<strong>da</strong>rla; Eric<br />
guar<strong>da</strong>va raramente <strong>un</strong>a persona negli occhi.
«Devi an<strong>da</strong>re sott’acqua e starci più a l<strong>un</strong>go possibile<br />
mentre l’altra persona tiene il tempo».<br />
Ivy pensò che era <strong>un</strong> gioco stupido, ma lasciò correre. Prima<br />
avessero giocato, prima si sarebbe liberata di lui.<br />
Eric si immerse velocemente, tenendo <strong>un</strong> braccio fuori<br />
<strong>da</strong>ll’acqua così che lei potesse leggere il suo orologio. Rimase<br />
sott’acqua per <strong>un</strong> minuto e cinque secondi, e ne uscì<br />
ansimando. Ivy, allora, fece <strong>un</strong> respiro profondo e si tuffò.<br />
Contava lentamente… <strong>un</strong>o, due, tre… era determinata a<br />
batterlo. L’odore di cloro era forte, ed era tentata di chiudere<br />
gli occhi, ma qualcosa le diceva di non fi<strong>da</strong>rsi di Eric.<br />
Quando finalmente riemerse lui disse: «Sono <strong>da</strong>vvero<br />
impressionato! Un minuto e tre secondi».<br />
Lei aveva contato <strong>un</strong> minuto e quindici.<br />
«Eccoci alla prova successiva», disse. «Vediamo se<br />
riusciamo a stare sott’acqua più a l<strong>un</strong>go immergendoci<br />
insieme. Come se ci facessimo coraggio a vicen<strong>da</strong>. Pronta?».<br />
Ivy annuì riluttante. Dopo quella prova, sarebbe uscita <strong>da</strong>lla<br />
piscina. Eric guardò il suo orologio. «Al mio tre. Uno, due…»,<br />
all’improvviso la trascinò con lui sott’acqua.<br />
Ivy non aveva trattenuto il respiro. Cercò di liberarsi ma<br />
Eric non la lasciò an<strong>da</strong>re. Gli faceva gesti con le mani ma lui la<br />
teneva stretta per le spalle.<br />
Ivy iniziò a soffocare. Aveva inghiottito dell’acqua quando<br />
Eric l’aveva trascinata giù, aveva cercato di tossire per liberarsi<br />
i polmoni, ma ogni volta che lo faceva inghiottiva altra acqua.<br />
Eric la teneva stretta.<br />
Cercò di <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong> calcio ma lui allontanò le gambe e sorrise<br />
a labbra strette.<br />
Si sta divertendo, pensò lei. Pensa che sia divertente. È<br />
pazzo!<br />
Ivy lottò per liberarsi. I crampi le paralizzavano lo stomaco,<br />
le ginocchia le tremavano. Sentiva i polmoni bruciare.
All’improvviso il viso di Eric si contrasse. Scattò di fianco<br />
così velocemente che Ivy gli girò intorno. Poi la lasciò an<strong>da</strong>re.<br />
Entrambi uscirono <strong>da</strong>lla piscina, boccheggiando e sputando<br />
acqua.<br />
«Idiota! Sei <strong>un</strong>o stupido idiota!», gridò Ivy. Ma la tosse le<br />
impedì di insultarlo ancora.<br />
Eric si issò sul bordo, il volto pallido, si stringeva ancora il<br />
fianco. Quando tolse la mano lei vide i segni rossi, sottili<br />
strisce di sangue, come se qualc<strong>un</strong>o gli avesse graffiato la<br />
schiena e il fianco con <strong>un</strong>ghie l<strong>un</strong>ghe e affilate.<br />
Eric lanciò <strong>un</strong>o sguardo rapido e sfocato intorno, poi si girò<br />
verso di lei. Il suo viso sembrava stravolto quasi come quando<br />
era sott’acqua. «Stavo solo scherzando», disse.<br />
Qualc<strong>un</strong>o lo chiamò <strong>da</strong>ll’altro lato della piscina. Gli invitati<br />
iniziavano a spostarsi all’interno. Si alzò lentamente e si<br />
diresse verso la casa. Ivy rimase vicino al bordo della piscina,<br />
respirando profon<strong>da</strong>mente. Sapeva che doveva rimanere lì.<br />
Doveva aspettare fino a quando il respiro non fosse tornato<br />
normale, e poi fare ancora qualche vasca. Tristan le aveva fatto<br />
superare la sua paura. Non avrebbe lasciato che Eric la<br />
risvegliasse di nuovo. Iniziò a nuotare.<br />
Quando arrivò in fondo alla piscina e si girò per <strong>un</strong>’altra<br />
vasca, Beth la raggi<strong>un</strong>se e le afferrò <strong>un</strong>a caviglia. Ivy alzò lo<br />
sguardo e vide Beth in bilico sul bordo, con il cappello a tesa<br />
larga che le scendeva sugli occhi. Will corse ad afferrare Beth.<br />
«Che succede?», chiese Ivy, sorridendo a Beth e lanciando<br />
<strong>un</strong> rapido sguardo timido a Will.<br />
«Stanno an<strong>da</strong>ndo tutti dentro per guar<strong>da</strong>re dei video», disse<br />
Beth entusiasta, «di quelli girati a scuola quest’anno, e dopo le<br />
lezioni durante le partite di baseball e…», Beth si fermò.<br />
«Alle gare di nuoto», Ivy completò la frase al suo posto.<br />
Forse avrebbe potuto vedere, ancora <strong>un</strong>a volta, Tristan nuotare<br />
a farfalla.
Beth si allontanò <strong>da</strong>l bordo e si girò verso Will. «Resto <strong>un</strong><br />
po’ qui».<br />
«Non restare qui per me, Beth», disse Ivy. «Io…».<br />
«Ascolta», la interruppe Beth, «se tutti stanno dentro posso<br />
finalmente scoprire questo splendido corpo bianco come la<br />
neve senza abbagliare ness<strong>un</strong>o».<br />
Will rise teneramente e sussurrò all’orecchio di Beth<br />
qualcosa rivolto solo a lei.<br />
Will era <strong>un</strong>a ragazzo dolce, ma Ivy non l’avrebbe biasimato<br />
se fosse stato ancora arrabbiato con lei, dopo la scenata che<br />
aveva fatto la sera del sabato precedente. Lui aveva disegnato<br />
degli angeli… in <strong>un</strong> disegno c’era Tristan come <strong>un</strong> angelo con<br />
le braccia strette intorno a Ivy. Lei l’aveva strappato in mille<br />
pezzi.<br />
«Vai dentro a guar<strong>da</strong>re i video, Beth», disse Ivy decisa.<br />
«Voglio solo nuotare <strong>un</strong> po’».<br />
A quel p<strong>un</strong>to Will si fece avanti. «Non dovresti nuotare <strong>da</strong><br />
sola, Ivy».<br />
«È quello che diceva Tristan».<br />
Per tutta risposta, Will la guardò esattamente come faceva<br />
lui. I suoi occhi erano pozze scure, abbastanza profonde <strong>da</strong><br />
affogarci dentro, pensò Ivy. Quelli di Tristan erano color<br />
nocciola, e avevano qualcosa in com<strong>un</strong>e con quelli di Will,<br />
qualcosa che la attraeva.<br />
Si scostò rapi<strong>da</strong>mente, poi trattenne il respiro. Con <strong>un</strong><br />
morbido lampo di ali colorate, <strong>un</strong>a farfalla si posò sulle sue<br />
spalle.<br />
«Guar<strong>da</strong>te», disse Beth. Ivy ebbe l’impressione che tutti<br />
stessero pensando a Tristan, che nuotava sempre a a farfalla.<br />
Ivy provò a scacciare l’insetto. Lui batté le ali ma<br />
sorprendentemente rimase lì.<br />
«Ti ha scambiata per <strong>un</strong> fiore», disse Will, sorridendo con<br />
occhi luminosi.
«Forse», rispose Ivy, ansiosa di allontanarsi <strong>da</strong> lui e Beth. Si<br />
diede <strong>un</strong>a spinta sul bordo della piscina e cominciò a nuotare.<br />
Fece <strong>un</strong>a vasca dopo l’altra, e quando finalmente fu stanca,<br />
andò al centro della piscina e si mise a galleggiare.<br />
«È <strong>un</strong>a sensazione bellissima, Ivy. Sai cosa vuol dire<br />
nuotare in <strong>un</strong> lago, con gli alberi e il cielo che ti circon<strong>da</strong>no?<br />
Restare a galla con il sole che ti scal<strong>da</strong> mani e piedi».<br />
Il ricordo delle parole di Tristan era così vivido che era<br />
come se le stesse parlando in quel momento. Sembrava<br />
impossibile che il cielo fosse rimasto lì; sarebbe dovuto an<strong>da</strong>re<br />
in frantumi come il parabrezza della macchina la notte<br />
dell’incidente, ma stava lì.<br />
Si ricordò di quando era distesa sull’acqua, e sentiva il suo<br />
braccio dietro di lei mentre le insegnava a restare a galla. «Stai<br />
tranquilla, non ti agitare», le aveva detto.<br />
Non si era agitata. Aveva chiuso gli occhi e aveva<br />
immaginato di essere al centro di <strong>un</strong> lago. Quando aveva aperto<br />
gli occhi, lui la stava guar<strong>da</strong>ndo, il suo volto era come il sole,<br />
la scal<strong>da</strong>va.<br />
«Sto galleggiando», aveva sussurrato Ivy, e lo sussurrò<br />
anche adesso.<br />
«Stai galleggiando».<br />
«Galleggiando». L’avevano letto ogn<strong>un</strong>o sulle labbra<br />
dell’altro, e per <strong>un</strong> momento ebbe la sensazione che lui fosse di<br />
nuovo chino sopra di lei… «Galleggiando»… le loro labbra<br />
vicine, così vicine…<br />
«Ri<strong>da</strong>mmelo!».<br />
Ivy tirò immediatamente su la testa. Si asciugò rapi<strong>da</strong>mente<br />
gli occhi.<br />
La porta della casa si era improvvisamente spalancata, e<br />
Gregory stava correndo sul prato, aveva in mano <strong>un</strong> piccolo<br />
indumento nero. Degli strani grumi di spuma bianca gli<br />
schizzavano <strong>da</strong>i capelli. Eric arrivò sfrecciando dietro di lui, in
<strong>un</strong>a mano stringeva il cappello di Beth – l’<strong>un</strong>ica cosa che lo<br />
copriva – e nell’altra <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go coltello <strong>da</strong> cucina. «Sei morto,<br />
Gregory».<br />
«Vieni a prenderlo». Gregory lo incitava, tenendo stretto il<br />
costume di Eric. «Forza, fammi vedere cosa sai fare».<br />
«Io ti…».<br />
«Certo, certo», lo sfotté Gregory.<br />
All’improvviso Eric smise di correre. «Ti prenderò<br />
Gregory», lo minacciò. «Quando meno te lo aspetti».
Capitolo 2<br />
Lacey si sedette al tavolino di <strong>un</strong> bar, sorridendo a Tristan<br />
con l’aria di essere molto compiaciuta di se stessa. Sembrava lo<br />
avesse perdonato per averla trascinata via <strong>da</strong>lla festa di Eric.<br />
Ora teneva i pollici stretti e agitava le mani, muovendo le dita<br />
come se fossero ali. «Devi ammetterlo, far posare quella<br />
farfalla su Ivy è stato <strong>un</strong> tocco di classe».<br />
Tristan fissava le sue dita scintillanti e le sue l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie,<br />
e rispose con qualcosa a metà tra <strong>un</strong>a smorfia e <strong>un</strong> sorriso.<br />
Quando aveva incontrato Lacey Lovitt per la prima volta,<br />
aveva pensato che le <strong>un</strong>ghie viola e lo strano riflesso magenta<br />
sui suoi capelli neri a spazzola fossero il risultato del suo<br />
vagare per il mondo per gli ultimi due anni… <strong>un</strong> periodo l<strong>un</strong>go<br />
per la specie di angeli a cui appartenevano. Ma in realtà era<br />
come lei voleva che fossero i suoi capelli e le sue <strong>un</strong>ghie, come<br />
li aveva colorati dopo il suo ultimo film a Hollywood e prima<br />
che il suo aereo cadesse.<br />
«La farfalla è stata <strong>un</strong> tocco di classe», iniziò, «ma…».<br />
«Ti stai chiedendo come ho fatto», lo interruppe lei. «Credo<br />
che ti dovrò insegnare a usare i campi di forza». Fissò il<br />
vassoio dei dessert non appena le passò vicino… non che lei, o<br />
lui, potessero <strong>da</strong>vvero mangiare.<br />
«Ma…», riprese Tristan.<br />
«Ti stai chiedendo come potevo sapere della farfalla», disse<br />
lei. «Te l’ho detto. Ho letto tutto sull’eroe delle superiori di<br />
Stonehill, il grande nuotatore Tristan Carruthers, sul giornale<br />
locale. Sapevo che la farfalla era il tuo stile. Sapevo che Ivy ti<br />
avrebbe pensato».<br />
«In realtà mi stavo chiedendo se non sarebbe stato meglio<br />
lasciar perdere le torte».<br />
Gli occhi di Lacey sbirciarono di nuovo il vassoio dei dolci.<br />
«Nemmeno per sogno», le disse.<br />
C’erano solo pochi clienti ai tavoli esterni del bar alle
quattro e mezzo del pomeriggio, ma sapeva che a Lacey<br />
bastava poco per scatenare <strong>un</strong> putiferio. Due torte e <strong>un</strong> po’ di<br />
panna montata le erano bastati poco prima, <strong>da</strong> Eric. «Intendo,<br />
non è <strong>un</strong> po’ vecchio come scherzo? Era già vecchio quando lo<br />
facevano I tre marmittoni».<br />
«Uffa, <strong>da</strong>tti <strong>un</strong>a calmata, musone», rispose. «Si sono<br />
divertiti tutti alla festa. Va bene, qualc<strong>un</strong>o si è divertito e pochi<br />
altri, come Suzanne, hanno avuto qualcosa <strong>da</strong> ridire sui loro<br />
capelli. Ma io mi sono divertita».<br />
Tristan scosse la testa. Lacey era stata velocissima ad<br />
an<strong>da</strong>rsene in giro per la festa, seminando zizzania grazie alla<br />
sua invisibilità. Si era chiaramente divertita a tirare il costume<br />
di Gregory ogni volta che Eric gli passava vicino. «Ora capisco<br />
perché non porti mai a termine <strong>un</strong>a missione», disse Tristan.<br />
«Bene, scuuusami! Per favore ricor<strong>da</strong>melo la prossima volta<br />
che mi pregherai di venire con te e di aiutarti a metterti in<br />
contatto con Ivy». Si alzò all’improvviso e si allontanò<br />
teatralmente <strong>da</strong>l bar. Tristan era abituato alle sue scenate<br />
drammatiche e la seguì lentamente l<strong>un</strong>go la stra<strong>da</strong> principale.<br />
«Hai <strong>un</strong>a bella faccia tosta, Tristan, a criticare i miei piccoli<br />
scherzi. Dov’eri tu mentre Ivy boccheggiava come <strong>un</strong> pesce<br />
rosso sul fondo della piscina? Chi si è occupato di Eric?»<br />
«Tu», disse, «e sai dov’ero».<br />
«Tutto incastrato dentro Will».<br />
Tristan annuì. La verità era imbarazzante.<br />
Lui e Lacey camminavano in silenzio l<strong>un</strong>go il marciapiede,<br />
superando <strong>un</strong>a fila di negozi con tendoni a strisce colorate. Le<br />
vetrine piene di oggetti antichi e composizioni di fiori essiccati,<br />
libri d’arte e stampe rivelavano il gusto di quella ricca cittadina<br />
del Connecticut. Tristan camminava ancora come se fosse vivo<br />
e solido, spostandosi quando incrociava qualche passante.<br />
Lacey an<strong>da</strong>va dritta attraverso di loro.<br />
«Sto sbagliando qualcosa», disse finalmente Tristan. «In <strong>un</strong>
attimo sono dentro Will, mi sento <strong>un</strong>a parte di lui, così che<br />
quando lui guar<strong>da</strong> Ivy, lo faccio anch’io. È come se provasse<br />
quello che provo io per lei. Poi all’improvviso mi respinge».<br />
Lacey si era fermata a guar<strong>da</strong>re la vetrina di <strong>un</strong> negozio di<br />
vestiti.<br />
«Ci sto an<strong>da</strong>ndo troppo pesante», continuò Tristan. «Ho<br />
bisogno che Will parli al posto mio. Ma penso che lui abbia<br />
scoperto che mi aggiro nella sua testa, e adesso ha paura di<br />
me».<br />
«O forse», disse Lacey, «ha paura di lei».<br />
«Di Ivy?»<br />
«Dei suoi sentimenti per lei».<br />
«I miei sentimenti per lei!», disse Tristan brusco.<br />
Lacey si girò a guar<strong>da</strong>rlo, con la testa inclinata. Tristan<br />
simulò <strong>un</strong> improvviso interesse per <strong>un</strong> orrendo vestito nero di<br />
paillette appeso in <strong>un</strong>a vetrina. Non poteva vedere il riflesso<br />
del volto di Lacey più di quanto potesse vedere il suo. C’erano<br />
solo <strong>un</strong> luccichio dorato e <strong>un</strong>’ombra di morbidi colori che<br />
brillavano sulla vetrina; pensò che <strong>un</strong> credente avrebbe visto la<br />
stessa cosa guar<strong>da</strong>ndo verso di loro.<br />
«Perché?», chiese Lacey. «Voglio sapere perché pretendi di<br />
essere l’<strong>un</strong>ico ragazzo al mondo innamorato di…».<br />
Tristan la interruppe. «Sono entrato nella mente di Will, e<br />
siccome è <strong>un</strong>a buona radio, ha iniziato a provare quello che<br />
provo io e a percepire i miei pensieri. È così che f<strong>un</strong>ziona, va<br />
bene?»<br />
«Non ti capita mai di pensare che il motivo per cui <strong>un</strong><br />
principiante come te riesce a entrare così facilmente nella<br />
mente di Will è che lui prova già i tuoi stessi sentimenti e<br />
pensa le cose che pensi tu, almeno riguardo Ivy?».<br />
Ci aveva pensato, ma aveva fatto del suo meglio per<br />
scacciare quel dubbio.<br />
«Sono entrato anche nella mente di Beth», le ricordò.
La prima volta che Lacey aveva visto Beth, aveva detto a<br />
Tristan che l’amica di Ivy era “<strong>un</strong>a radio” naturale, cioè che era<br />
in grado di ricevere messaggi <strong>da</strong> <strong>un</strong> diverso piano esistenziale.<br />
Così come Tristan era riuscito a far disegnare angeli a Will in<br />
<strong>un</strong> tentativo di consolare Ivy, in <strong>un</strong>’altra occasione aveva<br />
indotto Beth a scrivere automaticamente delle cose, ma era<br />
stato tutto così confuso che ness<strong>un</strong>o di loro era riuscito a <strong>da</strong>re<br />
<strong>un</strong> senso a quello che aveva fatto.<br />
«Ci sei entrato, ma è stata troppo dura per te», gli fece<br />
notare Lacey. «Hai esitato troppo, ricordi? E com<strong>un</strong>que anche<br />
Beth vuole bene a Ivy».<br />
Si girò di nuovo verso la vetrina. «Questo vestito è <strong>un</strong>o<br />
schianto», disse, e riprese a camminare. «Quello che <strong>da</strong>vvero<br />
vorrei capire è cosa ci trovate tutti in questa ragazzina».<br />
«È carino <strong>da</strong> parte tua salvare <strong>un</strong>a ragazzina che consideri<br />
così insignificante», commentò secco Tristan.<br />
Superarono il laboratorio di fotografia dove lavorava Will e<br />
si fermarono <strong>da</strong>vanti a Celentano, la pizzeria dove Will aveva<br />
disegnato gli angeli su <strong>un</strong>a tovaglietta.<br />
«Non l’ho salvata», rispose Lacey. «Eric stava solo<br />
giocando… ma tu faresti meglio a immaginare di che tipo di<br />
gioco si tratta. Ho conosciuto diversi sfigati nella mia vita, e<br />
devo dire che lui non è certo qualc<strong>un</strong>o con cui mi piacerebbe<br />
an<strong>da</strong>re a <strong>un</strong>a festa».<br />
Tristan annuì. Aveva tanto <strong>da</strong> imparare. Dopo aver viaggiato<br />
indietro nel tempo con la mente, era sicuro che qualc<strong>un</strong>o<br />
avesse sabotato i freni della sua macchina la notte che si era<br />
schiantato contro <strong>un</strong> cervo. Ma non aveva idea del motivo.<br />
«Pensi che sia stato Eric?»<br />
«A sabotarti i freni?», Lacey arrotolò <strong>un</strong>a ciocca di capelli<br />
viola con <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ghia app<strong>un</strong>tita. «C’è <strong>un</strong>a bella differenza tra<br />
fare il bullo sul fondo di <strong>un</strong>a piscina e commettere <strong>un</strong> omicidio.<br />
Cosa aveva contro te e Ivy?».
Tristan sollevò le mani, poi le lasciò ricadere. «Non lo so».<br />
«Per quale motivo qualc<strong>un</strong>o poteva avercela con te o con<br />
lei? Potevano avercela solo con <strong>un</strong>o di voi due. Se volevano far<br />
fuori te, lei adesso è salva».<br />
«Se lei è salva, perché sono stato riportato indietro per <strong>un</strong>a<br />
missione?»<br />
«Per tormentare me», disse Lacey. «Di sicuro rappresenti <strong>un</strong><br />
qualche tipo di p<strong>un</strong>izione per me. Oh, su con la vita, musone!<br />
Forse hai solo intrapreso la missione sbagliata».<br />
Passò attraverso la porta di Celentano senza aprirla, poi<br />
tornò indietro e con fare dispettoso suonò le tre campanelle che<br />
erano sopra. Due ragazzi con maglietta e pantaloni verdi<br />
fissarono la porta. Tristan sapeva che aveva materializzato la<br />
p<strong>un</strong>ta delle dita – <strong>un</strong> trucco che lui aveva imparato <strong>da</strong> poco – e<br />
aveva tirato la cor<strong>da</strong> delle campanelle. Le fece suonare <strong>un</strong>’altra<br />
volta e i ragazzi, che non potevano vedere né Lacey né Tristan,<br />
si guar<strong>da</strong>rono a vicen<strong>da</strong> perplessi.<br />
Tristan sorrise e disse: «Farai scappare i clienti così».<br />
Lacey salì sul bancone vicino a Dennis Celentano. Aveva<br />
steso degli impasti per la pizza e ne stava facendo roteare <strong>un</strong>o<br />
con fare esperto sopra la testa… solo che stranamente<br />
l’impasto non ricadeva giù. Rimase appeso a mezz’aria come<br />
<strong>un</strong>o straccio bagnato. Dennis restò a fissarlo a bocca aperta, poi<br />
iniziò a guar<strong>da</strong>re <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra, cercando di capire cosa<br />
stesse tenendo su l’impasto.<br />
Tristan pensò che l’impasto sarebbe stato <strong>un</strong>a variante della<br />
torta in faccia. «Comportati bene, Lacey».<br />
Lo rimise giù. Lasciarono Dennis e i suoi clienti a guar<strong>da</strong>rsi<br />
increduli. «Con te intorno», si lamentò rivolta a Tristan,<br />
«gua<strong>da</strong>gnerò tanti p<strong>un</strong>ti e concluderò la mia missione in<br />
pochissimo tempo».<br />
Tristan ne dubitava. «Forse potresti gua<strong>da</strong>gnare qualche<br />
p<strong>un</strong>to in più aiutandomi con la mia», le disse. «Non mi avevi
detto che c’è <strong>un</strong> modo per an<strong>da</strong>re indietro nel tempo attraverso<br />
la mente di qualc<strong>un</strong> altro? Che potrei vedere eventi del passato<br />
nella memoria di qualc<strong>un</strong> altro?»<br />
«No, ho detto che io posso farlo», rispose.<br />
«Insegnami».<br />
Lei scosse la testa.<br />
«Dai, Lacey!».<br />
«No!».<br />
Adesso si trovavano alla fine della stra<strong>da</strong>, di fronte a <strong>un</strong>a<br />
vecchia chiesa circon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> <strong>un</strong> basso muretto di pietra. Lacey<br />
saltò sul muro e iniziò a camminare.<br />
«È troppo pericoloso, Tristan. E non credo che ti potrebbe<br />
aiutare in qualche modo. Anche se riuscissi a entrare nella<br />
mente di <strong>un</strong>o come Eric, cosa pensi di trovare? Le rotelle di<br />
quel tipo si sono accartocciate e fritte. Sarebbe – per usare le<br />
sue parole – <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> brutto viaggio per te».<br />
«Insegnami come fare», insistette. «Per scoprire chi ha<br />
sabotato i freni, devo rivivere quella notte nella mente di<br />
chi<strong>un</strong>que può aver visto qualcosa, compresa Ivy».<br />
«Ivy! Non ci riuscirai mai! Quella ragazzina ha chiuso con<br />
te e con chi<strong>un</strong>que altro».<br />
Lacey si fermò, aspettando di avere tutta l’attenzione di<br />
Tristan, poi alzò <strong>un</strong>a gamba come se stesse facendo <strong>un</strong><br />
esercizio su <strong>un</strong>a trave <strong>da</strong> ginnastica. Non ha mai perso il<br />
piacere di avere <strong>un</strong> pubblico, pensò Tristan.<br />
«Ho provato io stessa con Ivy alla festa di oggi<br />
pomeriggio», riprese Lacey. «Non riesco proprio a immaginare<br />
come fosse possibile, persino quando eri vivo, che tu e quella<br />
ragazzina an<strong>da</strong>ste così d’accordo».<br />
«Pensi che potresti inventarti <strong>un</strong> modo per dirmi le cose<br />
senza fare osservazioni sarcastiche su “quella ragazzina”?»<br />
«Certo», rispose accondiscendente e ricominciò a<br />
camminare sul muro. «Ma non sarebbe così divertente».
«Proverò ancora con Philip», disse Tristan, più a se stesso<br />
che a lei. «E con Gregory…».<br />
«Ma <strong>da</strong>i, Gregory è <strong>un</strong> osso troppo duro. Ti fidi di lui? Che<br />
doman<strong>da</strong> stupi<strong>da</strong>», disse prima che Tristan potesse rispondere.<br />
«Non ti fidi di ness<strong>un</strong>o che abbia occhi per Ivy».<br />
Tristan ebbe <strong>un</strong> sussulto. «Gregory fa coppia fissa con<br />
Suzanne».<br />
Lacey rise di lui. «Sei così ingenuo! È confortante, per <strong>un</strong><br />
pezzo di ragazzo come te, ma fa anche <strong>un</strong> po’ tenerezza».<br />
«Insegnami come fare», disse per la terza volta, poi la<br />
raggi<strong>un</strong>se e le prese la mano. Siccome gli angeli riuscivano a<br />
toccarsi, gliela strinse. «Sono preoccupato per lei, Lacey,<br />
<strong>da</strong>vvero preoccupato».<br />
Lei guardò in basso, verso di lui.<br />
«Aiutami».<br />
Lacey fissò le l<strong>un</strong>ghe dita che le stava stringendo. Tirò via la<br />
mano molto lentamente, poi scese e gli carezzò la testa. Tristan<br />
odiava il modo in cui lei lo trattava, come se fosse <strong>un</strong><br />
ragazzino, e non gli piaceva implorarla, ma lei conosceva cose<br />
che <strong>da</strong> solo avrebbe potuto imparare solo con molto, molto<br />
tempo.<br />
«Ok, va bene. Ma ascoltami bene, perché te lo spiegherò<br />
soltanto <strong>un</strong>a volta».<br />
Lui annuì.<br />
«Prima di tutto devi trovare <strong>un</strong> aggancio. Devi trovare<br />
qualcosa che quella persona ha visto o fatto quella notte. Il<br />
miglior tipo di aggancio è <strong>un</strong> oggetto o <strong>un</strong>’azione legata solo a<br />
quella notte, ma evita qualsiasi cosa che possa spaventare il tuo<br />
ospite. Non vorrai certo allarmarlo».<br />
Salì attentamente l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a sezione crollata del muro. «È<br />
più o meno come fare <strong>un</strong>a ricerca in <strong>un</strong> computer della<br />
biblioteca. Se scegli <strong>un</strong> termine troppo vago, ti viene fuori <strong>un</strong><br />
sacco di robaccia inutile».
«È abbastanza facile», disse fiducioso.<br />
«Uh-uuuh», fece lei roteando gli occhi. «Una volta che hai<br />
l’aggancio, entri nella persona, come hai già fatto con Beth e<br />
Will, però devi stare molto più attento. Se il tuo ospite ti<br />
percepisce, se sente che c’è qualcosa che non va, starà in<br />
guardia. E quindi sarà troppo all’erta per abbandonarsi ai<br />
ricordi».<br />
«Non sapranno mai che io sono lì».<br />
«Uh-uuuh», disse ancora. «Devi essere paziente. Devi<br />
procedere lentamente».<br />
Procedette molto lentamente l<strong>un</strong>go il muro. «E devi poco a<br />
poco mettere a fuoco l’immagine che stai usando come<br />
aggancio, qual<strong>un</strong>que essa sia. Ricor<strong>da</strong>ti di vedere le cose nello<br />
stesso modo in cui le vedrebbe il tuo ospite».<br />
«Naturalmente». Sembrava facile. Probabilmente ci sarebbe<br />
arrivato <strong>da</strong> solo, pensò. «E poi?».<br />
Lei saltò giù <strong>da</strong>l muro. «Tutto qui».<br />
«Tutto qui?»<br />
«E poi comincia il divertimento».<br />
«Ma dimmi com’è, Lacey, così saprò cosa aspettarmi.<br />
Dimmi come ci si sente».<br />
«Penso che probabilmente puoi arrivarci <strong>da</strong> solo».<br />
Si bloccò <strong>un</strong> attimo. «Puoi leggere nel pensiero?».<br />
Si girò per guar<strong>da</strong>rlo dritto negli occhi. «No, ma sono<br />
abbastanza brava nel leggere i volti. E il tuo è come <strong>un</strong> grosso<br />
libro stampato».<br />
Guardò altrove.<br />
«Tu hai bisogno di me, Tristan, ma non mi prendi sul serio.<br />
Ho incontrato <strong>un</strong> sacco di gente come te quand’ero viva».<br />
Tristan non sapeva cosa dire.<br />
«Ascolta. Ho la mia missione <strong>da</strong> portare a termine. È il<br />
momento che cominci a frugare per New York, devo tornare<br />
dove tutto è cominciato e capire quello che devo capire. Grazie
a te, sono già in ritardo per il treno».<br />
«Mi dispiace», disse.<br />
«So che non puoi farne a meno. Ascoltami, se tu dovessi<br />
portare a termine la tua missione prima che io torni, posso<br />
prendere la tua tomba? Voglio dire, io non ne ho <strong>un</strong>a, a meno<br />
che non consideriamo il mio seggiolino d’aeroplano in fondo<br />
all’Atlantico, e tu non ne avrai bisogno dopo che…».<br />
«Certo, non c’è problema».<br />
«Naturalmente potrei concludere la mia missione prima di<br />
quel momento».<br />
Dopo due anni passati a perdere tempo?, pensò, ma non osò<br />
dirlo ad alta voce.<br />
«Giuro che la tua faccia è come <strong>un</strong>o di quei grossi libri che<br />
leggeva mia madre».<br />
Poi rise e si diresse in fretta verso la stazione che stava al<br />
confine della città, incastrata tra il fiume e la collina.<br />
Tristan andò nella direzione opposta salendo l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a<br />
stra<strong>da</strong> che portava in cima alla collina, dove c’era la casa dei<br />
Baines. Philip doveva essere in casa, pensò. Il fratellino di Ivy<br />
aveva ancora <strong>un</strong>a sal<strong>da</strong> fede negli angeli, mentre lei non ci<br />
credeva più. Riusciva a vedere l’aura di Tristan, sebbene non<br />
sapesse cosa fosse. Stranamente, anche Ella, il gatto di Ivy,<br />
vedeva Tristan.<br />
Lui riusciva ad accarezzare Ella quando materializzava la<br />
p<strong>un</strong>ta delle dita. Era il massimo che sapeva fare: accarezzare<br />
<strong>un</strong> gatto, prendere <strong>un</strong> pezzo di carta. Tristan desiderava più di<br />
ogni altra cosa toccare Ivy, essere forte abbastanza per<br />
stringerla tra le braccia.<br />
Adesso an<strong>da</strong>va dritto verso casa sua ad aspettarla di ritorno<br />
<strong>da</strong>lla festa. Avrebbe anche <strong>da</strong>to <strong>un</strong>’occhiata a Gregory. E<br />
mentre faceva queste cose, avrebbe cercato di capire chi<br />
potesse avere la chiave che gli serviva per… “oh, qualc<strong>un</strong>o mi<br />
dica come fare”, pregò… mettersi in contatto con Ivy!
Capitolo 3<br />
Suzanne scostò bruscamente alc<strong>un</strong>e foglie che ricadevano<br />
<strong>da</strong> <strong>un</strong>a pianta sospesa che aveva decisamente bisogno di <strong>un</strong>a<br />
potata, poi si all<strong>un</strong>gò langui<strong>da</strong> sul divano. Indossava <strong>un</strong><br />
accappatoio di seta dorata e aveva <strong>un</strong> asciugamano verde e oro<br />
avvolto intorno alla testa come <strong>un</strong> turbante. Tutto in quella<br />
stanza – la grande vasca roton<strong>da</strong>, i cuscini, la lussuosa<br />
moquette e la carta <strong>da</strong> parati intessuta di seta – era verde o<br />
dorato.<br />
La prima volta che Ivy era entrata in quella stanza della casa<br />
di Suzanne aveva sgranato gli occhi per lo stupore. All’epoca<br />
aveva sette anni. Il bagno sontuoso, l’elegante cameretta e il<br />
baule rivestito di velluto a coste contenente ventisei Barbie<br />
convinsero Ivy che Suzanne fosse <strong>un</strong>a principessa, e Suzanne<br />
non si comportava in maniera tanto diversa. Era <strong>un</strong>a<br />
straordinaria principessa che condivideva con gioia tutti i suoi<br />
giocattoli e aveva <strong>un</strong>a simpatica vena di follia.<br />
Quel giorno Ivy e Suzanne si erano tagliate i capelli per fare<br />
delle piccole parrucche per le Barbie. Ventisei bambole<br />
avevano bisogno di molti capelli. Ivy pensava che non sarebbe<br />
più stata invitata, ma presto la signora Goldstein iniziò ad<br />
an<strong>da</strong>rla a prendere praticamente tutti i giorni, perché Suzanne<br />
diceva che desiderava giocare con lei più della sua paghetta o<br />
di <strong>un</strong> pony.<br />
Suzanne sospirò, si sistemò il turbante e aprì gli occhi. «È<br />
abbastanza caldo per te, Ivy?».<br />
Ivy annuì. «È perfetto». Dopo aver riportato Suzanne a casa<br />
<strong>da</strong>lla festa, Ivy si era tolta il costume per indossare <strong>un</strong>a<br />
maglietta e dei pantaloncini. Suzanne le aveva prestato <strong>un</strong>a<br />
vestaglia di raso rosa, che era necessaria nella casa rinfrescata<br />
<strong>da</strong>ll’aria condizionata. Così Ivy si sentiva perfettamente calata<br />
nella parte della principessa.
«Perfetto», ripeté Suzanne, alzando <strong>un</strong>a gamba slanciata e<br />
abbronzata e all<strong>un</strong>gando le dita dei piedi. Diede <strong>un</strong> improvviso<br />
e sgraziato calcio alla pianta sospesa sopra al divano, poi tirò<br />
giù la gamba e rise. Ora che avevano lavato via la torta e la<br />
panna montata <strong>da</strong>i suoi capelli si sentiva molto meglio.<br />
«Lui è… perfetto. Dimmi la verità Ivy», disse. «Gregory mi<br />
pensa spesso?»<br />
«E io che ne so, Suzanne?».<br />
Suzanne si girò su <strong>un</strong> fianco per guar<strong>da</strong>re meglio Ivy. «Ok,<br />
Gregory parla di me?»<br />
«Sì», disse Ivy timorosa.<br />
«Spesso?»<br />
«Naturalmente non mi ha mai detto niente di<br />
compromettente. Sa che sei la mia migliore amica e che ti<br />
racconterei tutto, o almeno che tu mi costringeresti a farlo». Ivy<br />
sorrise.<br />
Suzanne si mise a sedere e si tolse il turbante. Una cascata<br />
di capelli corvini le scese sulle spalle.<br />
«È solo <strong>un</strong> flirt», disse. «Gregory flirterebbe con tutte…<br />
persino con te».<br />
Ivy non rimase male per il persino con te. «Sicuramente sì»,<br />
disse. «Sa che lo verresti a sapere. Gli piace anche giocare».<br />
Suzanne abbassò la testa e le sorrise tra le ciocche di capelli<br />
umidi.<br />
«Sai», continuò Ivy, «voi due state <strong>da</strong>ndo a Beth <strong>un</strong> sacco di<br />
materiale per le sue storie. Scriverà almeno cinque commedie<br />
teatrali prima che finiamo le superiori. Se fossi in te, cercherei<br />
di <strong>da</strong>rci <strong>un</strong> taglio».<br />
«Uhm». Suzanne sorrise tra sé. «E pensare che ho appena<br />
cominciato».<br />
Ivy rise e si alzò. «Bene, ora devo an<strong>da</strong>re».<br />
«Ma come? Aspetta! Non abbiamo parlato quasi per niente<br />
delle altre ragazze della festa».
Avevano fatto a pezzi le altre ragazze per tutto il viaggio<br />
fino a casa, e mentre Suzanne faceva la doccia avevano gri<strong>da</strong>to<br />
decine di commenti maliziosi per sovrastare il rumore<br />
dell’acqua.<br />
«E non abbiamo parlato di te», aggi<strong>un</strong>se.<br />
«Be’, per quanto mi riguar<strong>da</strong>, non c’è nulla <strong>da</strong> dire su di<br />
me», disse Ivy. Si tolse la vestaglia e iniziò a piegarla.<br />
«Niente? Non è quello che ho sentito dire», disse Suzanne<br />
maliziosa.<br />
«Cosa hai sentito?»<br />
«Prima di tutto, sappi che quando l’ho sentito…».<br />
«Sentito cosa?», chiese Ivy impaziente.<br />
«…ho detto a tutti che, siccome ti conosco <strong>da</strong> molto tempo,<br />
lo ritengo improbabile».<br />
«Cos’è che ritieni improbabile?».<br />
Suzanne iniziò a pettinarsi. «Credo di aver detto addirittura<br />
molto improbabile… non ricordo».<br />
Ivy si mise a sedere. «Suzanne, di cosa stai parlando?»<br />
«Di certo ho detto che ero molto sorpresa di scoprire che<br />
stavi pomiciando con Eric sul fondo della piscina».<br />
Ivy rimase a bocca aperta. «Baciare Eric! E tu hai detto che<br />
ti sembrava improbabile? È più che impossibile! Suzanne, sai<br />
che non lo farei mai!».<br />
«Non sono sicura di niente sul tuo conto, almeno in questo<br />
periodo. Le persone fanno cose strane quando soffrono per la<br />
morte di qualc<strong>un</strong>o. Si sentono sole. Cercano modi diversi per<br />
dimenticare… cosa stavate facendo esattamente?»<br />
«Facevamo <strong>un</strong> gioco».<br />
«Giocavate a baciarvi?».<br />
Ivy sbuffò. «Giocavamo a <strong>un</strong> gioco stupido».<br />
«Sono contenta di sentirtelo dire», disse Suzanne. «Non<br />
penso che Eric va<strong>da</strong> bene per te. È troppo spericolato, si<br />
comporta in modo strano. Ma sicuramente dovresti iniziare <strong>un</strong>a
nuova storia».<br />
«No».<br />
«Ivy, è ora che ricominci a vivere».<br />
«Vivere e avere storie non sono la stessa cosa», fece notare<br />
Ivy.<br />
«Per me sì», rispose Suzanne.<br />
Risero tutte e due.<br />
«E Will?», chiese Suzanne.<br />
«Che mi dici di lui?»<br />
«Be’, è arrivato <strong>da</strong> poco a Stonehill, come te, ed è <strong>un</strong> po’<br />
artista, come te… Gregory mi ha detto che i quadri che<br />
presenterà al festival sono bellissimi».<br />
Gregory aveva detto a Ivy la stessa cosa. Si chiese se quei<br />
due non fossero d’accordo per farli mettere insieme.<br />
«Non sei più arrabbiata con lui per aver disegnato quegli<br />
angeli, vero?», chiese Suzanne.<br />
Per aver disegnato <strong>un</strong> ritratto di Tristan come <strong>un</strong> angelo che<br />
mi abbracciava, pensò Ivy tra sé. «So che voleva solo farmi<br />
star meglio», disse piano.<br />
«Allora <strong>da</strong>gli <strong>un</strong>a possibilità, Ivy. So cosa stai pensando. So<br />
esattamente come ti senti. Ricordi quand’è morto S<strong>un</strong>beam, e<br />
io ho detto “ne ho abbastanza di chihuahua. Non voglio più<br />
avere <strong>un</strong> cane”? Ma adesso ho Peppermint e…».<br />
«Ci penserò, va bene?».<br />
Ivy sapeva che Suzanne aveva tutte le migliori intenzioni,<br />
ma perdere Tristan non era come perdere <strong>un</strong> vecchio cane di<br />
quattordici anni quasi cieco e completamente sordo. Era stanca<br />
di avere a che fare con persone con ottime intenzioni che però<br />
dicevano idiozie.<br />
Un quarto d’ora dopo, Ivy stava tornando a casa. La sua<br />
vecchia Dodge si arrampicava sulla collina. Qualche mese<br />
prima non l’avrebbe ritenuto possibile, ma si era affezionata al<br />
basso muro di pietra, agli squarci alberati e ai campi di fiori
selvatici che stava attraversando… il muro, gli alberi e i fiori<br />
del suo patrigno Andrew. Nella grande villa bianca sulla cima<br />
della collina, con le sue ali, i due camini e le pesanti imposte<br />
nere adesso si sentiva a casa. Gli alti soffitti non le sembravano<br />
poi così imponenti, l’ampio salone e la scalinata centrale non le<br />
mettevano più soggezione, nonostante salisse ancora le scale di<br />
corsa. Mancava circa <strong>un</strong>’ora alla cena e Ivy pensava di<br />
prendersi <strong>un</strong> po’ di tempo per sé nella sala per la musica. Erano<br />
passate quattro settimane esatte <strong>da</strong> quando Tristan era morto –<br />
anche se, a quanto pareva, ness<strong>un</strong>o aveva notato la ricorrenza –<br />
e quattro settimane esatte <strong>da</strong> quando aveva smesso di suonare il<br />
pianoforte. Philip, il suo fratellino di nove anni, l’aveva pregata<br />
di suonare per lui come faceva prima. Ma ogni volta che si<br />
sedeva sullo sgabello sentiva <strong>un</strong> freddo che la invadeva. La<br />
musica si era congelata <strong>da</strong> qualche parte dentro di lei.<br />
Devo superare questo blocco, pensò Ivy mentre<br />
parcheggiava la macchina nel garage dietro casa.<br />
Mancavano due settimane al festival delle arti di Stonehill e<br />
Suzanne l’aveva iscritta tra i partecipanti. Se Ivy non avesse<br />
iniziato subito a prepararsi, lei e Philip avrebbero dovuto<br />
eseguire il loro famoso duetto del valzer Chopsticks.<br />
Ivy si fermò <strong>un</strong> attimo fuori <strong>da</strong>l garage per guar<strong>da</strong>re Philip<br />
che giocava vicino alla sua casa sull’albero. Era così preso <strong>da</strong>l<br />
gioco che non notò la sua presenza.<br />
Ma Ella la vide. Sembrava quasi che la gatta la stesse<br />
aspettando, con gli occhi verdi fissi e spalancati nell’attesa.<br />
Iniziò a fare le fusa ancor prima che Ivy la accarezzasse dietro<br />
le orecchie, il suo p<strong>un</strong>to preferito, poi la seguì dentro.<br />
Ivy salutò sua madre e Henry, il cuoco, che sedevano al<br />
tavolo della cucina. Henry sembrava sfinito, e sua madre, le cui<br />
ricette più complicate erano copiate direttamente <strong>da</strong>lle<br />
confezioni delle zuppe in scatola, sembrava confusa. Ivy pensò<br />
che stessero preparando insieme <strong>un</strong> menu per <strong>un</strong>a cena <strong>da</strong>
offrire ai finanziatori del college di Andrew.<br />
«Com’è an<strong>da</strong>ta la festa, cara?», chiese la madre.<br />
«Bene».<br />
Henry stava cancellando con grande impegno alc<strong>un</strong>e voci<br />
<strong>da</strong>lla lista di Maggie. «Pollo à la royale, torta al cioccolato con<br />
panna montata», disse, sbuffando con disapprovazione.<br />
«Ci vediamo dopo», disse Ivy. Dopo che tutti e due ebbero<br />
riabbassato gli occhi sulla lista, salì le scale di servizio.<br />
L’ala ovest, dove si trovavano la sala <strong>da</strong> pranzo, la cucina e<br />
la camera dei giochi, era la più utilizzata della casa. Un<br />
corridoio stretto con diversi quadri appesi alle pareti collegava<br />
la sala dei giochi alla parte occupata <strong>da</strong>llo studio di Andrew al<br />
primo piano e la stanza di Gregory al secondo. Ivy salì la<br />
piccola scala a chiocciola che partiva <strong>da</strong>l corridoio, poi tornò<br />
verso il corpo centrale della casa, nella zona dove c’erano la<br />
sua stanza e quella di Philip. Appena entrò nella sua camera,<br />
sentì <strong>un</strong> profumo dolce.<br />
Rimase senza fiato per la sorpresa. Sulla scrivania, vicino<br />
alla foto di Tristan con il suo cappello <strong>da</strong> baseball preferito e la<br />
sua vecchia giacca della scuola, c’erano dodici fiori di lavan<strong>da</strong>.<br />
Ivy si avvicinò. Le lacrime iniziarono subito a scorrerle sul<br />
viso, come se fossero sempre state lì senza che lo sapesse.<br />
Tristan le aveva regalato quindici fiori di lavan<strong>da</strong> il giorno<br />
successivo a quello in cui avevano discusso sull’esistenza degli<br />
angeli… <strong>un</strong>o per ciasc<strong>un</strong>a statua che possedeva. Quando si era<br />
accorto di quanto lei amasse quell’insolito colore, gliene aveva<br />
regalati molti di più, mentre an<strong>da</strong>vano a <strong>un</strong>a cena a lume di<br />
candela, la notte dell’incidente. C’era <strong>un</strong> biglietto vicino ai<br />
fiori. La scrittura irregolare di Gregory non era mai stata facile<br />
<strong>da</strong> decifrare, e lo era ancor meno attraverso <strong>un</strong> velo di lacrime.<br />
Si asciugò gli occhi e riprovò.<br />
«So che queste sono state le quattro settimane più dure della<br />
tua vita», c’era scritto.
Ivy prese il vaso e appoggiò delicatamente il viso sui petali<br />
profumati. Gregory le era stato vicino, si era preso cura di lei,<br />
sin <strong>da</strong>lla notte dell’incidente. Mentre tutti gli altri cercavano di<br />
convincerla a ripensare a quella notte e a parlare dell’incidente<br />
– perché, dicevano, l’avrebbe aiutata a star meglio – lui aveva<br />
lasciato che lei si prendesse il suo tempo, che trovasse <strong>da</strong> sola<br />
<strong>un</strong> modo di superare tutto. Forse era stato il suo lutto, il<br />
suicidio di sua madre, a renderlo così comprensivo.<br />
Il biglietto cadde svolazzando sul pavimento. Ivy si abbassò<br />
rapi<strong>da</strong>mente a raccoglierlo. Il biglietto cadde di nuovo. Quando<br />
cercò di raccoglierlo ancora, le si strappò <strong>un</strong> pezzetto tra le<br />
dita, come se il biglietto fosse stato trattenuto <strong>da</strong> qualcosa. Ivy<br />
aggrottò le sopracciglia e riallisciò con cura la carta. Poi si<br />
mise a sedere sulla scrivania, spostando di lato il pesante vaso.<br />
Nonostante avesse pianto, adesso si sentiva in pace con se<br />
stessa. Decise di provare a suonare il pianoforte, sperando di<br />
riuscire a ritrovare la musica dentro di lei. «Forza Ella.<br />
Andiamo di sopra. Ho bisogno di esercitarmi».<br />
La gatta la seguì attraverso <strong>un</strong>a porta che nascondeva <strong>un</strong>a<br />
ripi<strong>da</strong> scala che portava al terzo piano. La stanza della musica<br />
di Ivy, che aveva il tetto inclinato e <strong>un</strong> abbaino, era stata<br />
ammobiliata <strong>da</strong> Andrew come regalo per lei. Ivy stentava<br />
ancora a credere di avere <strong>un</strong> pianoforte tutto suo, <strong>un</strong> pianoforte<br />
a mezza co<strong>da</strong> con i tasti perfetti e splendenti, perfettamente<br />
accor<strong>da</strong>ti. Si meravigliava ancora del suono dell’impianto<br />
stereo, così come del suono dell’antiquato grammofono con cui<br />
ascoltava i vecchi dischi jazz di suo padre.<br />
All’inizio Ivy era in imbarazzo per tutti i regali costosi che<br />
Andrew faceva a lei e a Philip. Pensava che avrebbero fatto<br />
arrabbiare Gregory. Ma ora sembrava passato così tanto tempo,<br />
<strong>da</strong> quei mesi in cui credeva che Gregory la odiasse perché<br />
aveva invaso il suo spazio vitale, a casa e a scuola.<br />
Ella la superò scattante e saltò sul pianoforte.
«E così, sei sicura che oggi suonerò», disse Ivy.<br />
La gatta aveva ancora gli occhi spalancati e guar<strong>da</strong>va fisso<br />
poco oltre Ivy, facendo le fusa.<br />
Ivy prese gli spartiti, indecisa su cosa suonare. Qualsiasi<br />
cosa, giusto per sciogliere le dita. Per il festival avrebbe<br />
suonato qualcosa che aveva eseguito nei suoi vecchi concerti.<br />
Cercando tra gli spartiti di musica classica tirò fuori <strong>un</strong> libro di<br />
canzoni tratte <strong>da</strong>i musical di Broadway. Era l’<strong>un</strong>ico tipo di<br />
vecchia musica leggera che Tristan, <strong>un</strong> fan del rock, conosceva.<br />
Decise di provare con Liszt e aprì lo spartito. Le mani le<br />
tremarono non appena toccò i tasti e iniziò i suoi esercizi. Le<br />
piaceva la sensazione familiare delle dita che si scioglievano; il<br />
ripetitivo salire e scendere delle note le <strong>da</strong>va <strong>un</strong> senso di pace.<br />
Diede <strong>un</strong>o sguardo alle battute d’apertura di Liebestraum e si<br />
sforzò di suonarlo. Poi le sue mani presero il sopravvento, e fu<br />
come se non avesse mai smesso di suonare. Per <strong>un</strong> mese aveva<br />
tenuto duro; adesso si stava arrendendo alla musica che la<br />
avvolgeva. La melodia voleva portarla via, e lei la lasciava<br />
fare, lasciava che la portasse ov<strong>un</strong>que volesse.<br />
«Ti amo, Ivy, e <strong>un</strong> giorno mi crederai».<br />
Smise di suonare. La percezione che lui fosse lì la<br />
sconvolse. Il ricordo era così vivo… lui dietro di lei sotto la<br />
luce della l<strong>un</strong>a piena, che la ascoltava suonare… non riusciva a<br />
credere che non ci fosse più. Le cadde la testa in avanti, sul<br />
pianoforte. «Tristan! Mi manchi, Tristan!».<br />
Pianse come avrebbe pianto qualc<strong>un</strong>o che avesse appena<br />
saputo che era morto. Questo dolore non passerà mai, pensò.<br />
Mai.<br />
Ella le si accucciò accanto alla testa, strusciando il muso sul<br />
suo viso. Quando le lacrime smisero di scorrere, Ivy prese in<br />
braccio la gatta. In quel momento sentì <strong>un</strong> suono: tre note<br />
distinte. Ella è scivolata sulle zampe, pensò Ivy.<br />
Battè le palpebre asciugandosi gli occhi e strinse la gatta tra
le braccia. «Cosa farei senza di te, Ella?».<br />
Tenne la gatta stretta fino a quando non riprese a respirare<br />
normalmente. Poi si rimise composta sullo sgabello e si alzò<br />
per an<strong>da</strong>rsi a lavare la faccia. Ivy era a metà della stanza, con la<br />
schiena rivolta al pianoforte, quando sentì di nuovo le stesse tre<br />
note. Ma adesso l’identica sequenza era stata suonata due volte.<br />
Si girò verso la gatta, che sgranò gli occhi verso di lei. Ivy<br />
rise mentre lacrime fresche le scorrevano sul volto. «O io sto<br />
diventando pazza, Ella, o tu stai imparando». Quindi imboccò<br />
le scale diretta in camera <strong>da</strong> letto.<br />
Voleva abbassare le tapparelle e addormentarsi<br />
immediatamente, ma non ci riuscì. Sapeva che il dolore non si<br />
sarebbe mai attenuato, ma doveva an<strong>da</strong>re avanti,<br />
concentrandosi sulle persone intorno a lei. Sapeva che Philip<br />
ormai faceva a meno di lei. Aveva smesso di chiederle di<br />
giocare con lui <strong>da</strong> tre settimane. Ora sarebbe uscita e glielo<br />
avrebbe chiesto lei.<br />
Dalla porta sul retro lo vedeva impegnato in qualche rituale<br />
di cucina magica tra due grossi aceri nella sua nuova casa<br />
sull’albero. Aveva ammucchiato dei legnetti e vi aveva messo<br />
sopra <strong>un</strong>a vecchia pentola.<br />
È solo questione di tempo, pensò Ivy, prima che deci<strong>da</strong> di<br />
accendere il mucchio di legna e dia fuoco al curatissimo<br />
giardino di Andrew. Aveva già scarabocchiato coi gessetti il<br />
viale d’accesso.<br />
Lo osservava divertita, e mentre lo guar<strong>da</strong>va le tornarono in<br />
mente quelle sei note. Quelle terzine ripetute le erano familiari,<br />
erano di qualche canzone che aveva ascoltato molto tempo<br />
prima. All’improvviso, delle parole si attaccarono alle note.<br />
«When you walk trough a storm…».<br />
Ivy cantò, ricor<strong>da</strong>ndosi le parole poco a poco «When you<br />
walk trough a storm… keep your head up high». Si fermò. «<br />
And don’t be afraid of the <strong>da</strong>rk». Era <strong>un</strong>a canzone del musical
Carousel. Non si ricor<strong>da</strong>va molto dello spettacolo, a parte che<br />
alla fine <strong>un</strong> uomo, dopo essere morto, appariva come <strong>un</strong> angelo<br />
alle persone che aveva amato. Il titolo della canzone le ronzava<br />
nella testa.<br />
«You’ll never walk alone!», disse ad alta voce.<br />
Si coprì la bocca con <strong>un</strong>a mano. Stava impazzendo, se<br />
<strong>da</strong>vvero credeva che Ella avesse suonato quelle note, se<br />
<strong>da</strong>vvero credeva che quella musica contenesse <strong>un</strong> messaggio.<br />
Tuttavia, Ivy trovava <strong>un</strong> qualche conforto ripensando a quella<br />
canzone.<br />
Dall’altra parte del giardino Philip stava canticchiando la<br />
sua canzoncina su <strong>un</strong>a pentola di ramoscelli secchi. Ivy si<br />
avvicinò a lui in silenzio. Quando la guardò e mosse la<br />
bacchetta verso di lei, Ivy capì di essere diventata parte dei suoi<br />
giochi. Gli diede cor<strong>da</strong>.<br />
«Può aiutarmi signore?», disse. «Mi sono persa nel bosco <strong>da</strong><br />
molto tempo, sono lontano <strong>da</strong> casa e non ho niente <strong>da</strong><br />
mangiare».<br />
«Siediti bambina», disse Philip con <strong>un</strong>a voce tremolante <strong>da</strong><br />
uomo anziano.<br />
Ivy si morse le labbra per non ridere.<br />
«Adesso ti do qualcosa <strong>da</strong> mangiare».<br />
«Non è… non è <strong>un</strong>o stregone, vero?», gli chiese facendo<br />
finta di essere spaventata.<br />
«No».<br />
«Bene», disse, sedendosi vicino al fuoco e fingendo di<br />
scal<strong>da</strong>rsi le mani.<br />
Philip le portò la pentola di foglie ed erbacce. «Sono <strong>un</strong><br />
mago».<br />
«Che paura!». Ivy si alzò di scatto.<br />
Philip scoppiò a ridere, poi rapi<strong>da</strong>mente riprese la sua aria<br />
seria <strong>da</strong> mago. «Sono <strong>un</strong> mago buono».<br />
«Meno male!».
«A parte quando sono cattivo».<br />
«Capisco», disse Ivy. «Come ti chiami, mago?»<br />
«Andrew».<br />
La scelta del nome la stupì, ma decise di non dire niente. «E<br />
questa è casa tua, mago Andrew?», chiese indicando la casa<br />
sull’albero sopra le loro teste.<br />
Philip annuì.<br />
L’altro Andrew, quello che faceva le magie con le sue carte<br />
di credito, aveva pagato degli operai per ricostruire la casa<br />
sull’albero in cui Gregory giocava <strong>da</strong> bambino. Era grande più<br />
del doppio adesso, con <strong>un</strong>a stretta passerella che la collegava<br />
all’acero più vicino, dove erano state sistemate <strong>un</strong>’altra<br />
piattaforma e <strong>un</strong>’altra ringhiera. Su tutti e due gli alberi erano<br />
stati aggi<strong>un</strong>ti altri piani. Una scala di cor<strong>da</strong> penzolava <strong>da</strong> <strong>un</strong>o, e<br />
<strong>un</strong>a cor<strong>da</strong> spessa che reggeva <strong>un</strong>’altalena era appesa all’altro.<br />
Era tutto quello che <strong>un</strong> bambino potesse desiderare, e anche di<br />
più… così avevano commentato Ivy e Gregory dopo essercisi<br />
arrampicati per <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata, <strong>un</strong> giorno che Philip non<br />
c’era.<br />
«Vuoi salire nel mio nascondiglio?», le chiese Philip in quel<br />
momento. «Sarai al sicuro <strong>da</strong> tutte le bestie feroci, bambina».<br />
Sgattaiolò sulla scala di cor<strong>da</strong> e Ivy lo seguì, divertita per<br />
l’esercizio fisico, con la cor<strong>da</strong> dura che le grattava il palmo<br />
delle mani, mentre il vento e i suoi movimenti facevano<br />
oscillare la scala. Si arrampicarono per due piani sopra la<br />
piattaforma principale, poi si fermarono per riprendere fiato.<br />
«È bello qui sopra, maghetto».<br />
«È sicuro», rispose Philip. «Ma non quando viene il<br />
serpente d’argento».<br />
Un centinaio di metri più avanti c’era il basso muro di pietra<br />
che delimitava la proprietà dei Baines. Da lì, il terreno<br />
diventava sempre più ripido, tra rocce frastagliate, cespugli<br />
aggrovigliati e alberi affusolati, che cercavano in tutti i modi di
imanere aggrappati al suolo roccioso. Oltre la proprietà dei<br />
Baines, più in basso, c’era la piccola stazione di Stonehill, ma<br />
<strong>da</strong>lla casa sull’albero si poteva sentire il fischio dei treni solo<br />
quando passavano tra il fiume e la collina.<br />
Più lontano, verso nord, Ivy vedeva <strong>un</strong> blu quasi posticcio,<br />
come se avessero tagliato via dei brandelli di cielo e li avessero<br />
incastrati tra gli alberi, e, lì vicino, <strong>un</strong> treno che an<strong>da</strong>va veloce,<br />
riflettendo la luce del sole.<br />
Lo indicò. «Che cos’è, mago Andrew?»<br />
«Il serpente d’argento», rispose senza esitazione.<br />
«Morde?»<br />
«Solo se ti incontra sulla sua stra<strong>da</strong>. In quel caso ti divora e<br />
ti sputa nel fiume».<br />
«Mio Dio».<br />
«Qualche volta di notte si arrampica oltre il fiume», disse<br />
Philip, con <strong>un</strong>’espressione molto seria.<br />
«Non ce la può fare».<br />
«Ce la fa», insistette. «E tu devi stare molto attenta. Potresti<br />
farlo arrabbiare».<br />
«Va bene, non dirò più nulla».<br />
Lui annuì in segno di approvazione, poi l’avvisò. «Non<br />
fargli sapere che hai paura. Devi trattenere il respiro».<br />
«Trattenere il respiro?», Ivy osservò attentamente il fratello.<br />
«Ti vedrà se ti muovi. Ti osserva persino quando pensi che<br />
non lo stia facendo. Giorno e notte».<br />
Come gli venivano certe idee?<br />
«Sente il tuo odore se hai paura».<br />
Era veramente spaventato <strong>da</strong> qualcosa, o era solo <strong>un</strong> gioco?,<br />
si chiese Ivy. Philip aveva sempre avuto <strong>un</strong>a fervi<strong>da</strong><br />
immaginazione, ma le sembrava che stesse diventando troppo<br />
fervi<strong>da</strong> e più fosca del solito. Ivy sperava che il suo amico<br />
Sammy tornasse presto <strong>da</strong>l campeggio estivo. Suo fratello<br />
aveva tutto quello che poteva desiderare lì, ma era troppo
lontano <strong>da</strong>gli altri bambini. Passava troppo tempo nel suo<br />
piccolo mondo.<br />
«Il serpente non mi prenderà, Philip», gli disse con tono<br />
quasi severo. «Non ho paura di lui. Non ho paura di niente»,<br />
disse, «perché a casa tua siamo al sicuro. Giusto?»<br />
«Giusto, ragazzina, resta qui», disse lui. «E non far entrare<br />
ness<strong>un</strong> altro. Sto an<strong>da</strong>ndo nella mia altra casa per prenderti dei<br />
vestiti magici. Così sarai invisibile».<br />
Ivy fece <strong>un</strong> sorrisino. Come avrebbe fatto a fingere di essere<br />
invisibile? Poi prese <strong>un</strong>a vecchia scopa e iniziò a pulire il<br />
pavimento.<br />
Quasi subito sentì Philip gri<strong>da</strong>re. Si girò rapi<strong>da</strong>mente e lo<br />
vide barcollare sul bordo della stretta passerella, a cinque metri<br />
<strong>da</strong> terra. Gettò via la scopa e corse verso di lui, ma sapeva che<br />
non sarebbe riuscita ad afferrarlo in tempo.<br />
Poi, all’improvviso, recuperò l’equilibrio. Si abbassò a<br />
quattro zampe e si voltò guar<strong>da</strong>ndo oltre la sua spalla.<br />
L’espressione rapita sul suo viso bloccò Ivy all’istante. Aveva<br />
già visto quello sguardo in passato: pieno di meraviglia,<br />
luminoso di gioia, e sulla bocca <strong>un</strong> timido sorriso.<br />
«Cos’è successo?», chiese Ivy, avvicinandosi molto<br />
lentamente, adesso. «Sei inciampato?».<br />
Lui scosse la testa, poi prese l’estremità rotta di <strong>un</strong>a tavola.<br />
Ivy si abbassò per guar<strong>da</strong>rla bene. Il ponte era stato costruito<br />
come <strong>un</strong>a passerella in miniatura, con due tavole di legno<br />
l<strong>un</strong>ghe e sottili sistemate tra i due alberi e <strong>un</strong>a serie di piccole<br />
assi appoggiate sopra. Le assi sporgevano oltre le tavole di<br />
qualche centimetro <strong>da</strong> entrambi i lati. Quest’asse, in<br />
particolare, era inchio<strong>da</strong>ta male su <strong>un</strong> lato… tanto che Ivy tolse<br />
il chiodo con le sole mani; sull’altro lato c’era <strong>un</strong> foro ma<br />
ness<strong>un</strong> chiodo.<br />
«Quando ho messo il piede qui», spiegò Philip, «si è alzata<br />
<strong>da</strong>ll’altra parte».
«Come <strong>un</strong>’altalena», disse Ivy. «Meno male che non hai<br />
perso l’equilibrio».<br />
Philip annuì. «Meno male che il mio angelo custode era<br />
qui».<br />
Ivy trattenne il respiro.<br />
«Perché qualche volta non c’è. Ma di solito c’è quando ci<br />
sei tu».<br />
Ivy chiuse gli occhi e scosse la testa.<br />
«Adesso se n’è an<strong>da</strong>to», disse Philip.<br />
Bene, pensò Ivy. «Philip, ne abbiamo già parlato. Non<br />
esistono gli angeli. Ci sono solo le statue…».<br />
«Le tue statue», la interruppe. «Ci sto molto attento».<br />
«Ti ho detto», mentre parlava sentiva la gola stringersi e la<br />
testa iniziare a pulsare, «ti ho detto che se vuoi tenerti quelle<br />
statue, non devi più parlarmi di angeli. Non ti ho detto così?».<br />
Abbassò la testa e annuì.<br />
«E tu non me l’hai promesso?».<br />
Annuì di nuovo.<br />
Ivy sospirò e tirò su il pezzo di legno.<br />
«Ora vieni dietro di me. Voglio controllare ogni tavola<br />
prima che tu ci metta i piedi».<br />
«Ma Ivy», disse, «io ho visto il mio angelo custode! L’ho<br />
visto afferrare la tavola di legno <strong>da</strong>ll’altro lato e spingerla in<br />
basso per non farmi cadere. L’ho visto!».<br />
Ivy si accucciò a sedere sui talloni. «Non me lo dire. Fammi<br />
pensare. Aveva le ali e <strong>un</strong>a camicia <strong>da</strong> notte, e <strong>un</strong>a piccola<br />
aureola sulla testa».<br />
«No. Era solo luce. Brillava e basta. Penso che abbia <strong>un</strong>a<br />
forma di qualche tipo, ma io non riesco a vederla. Non riesco a<br />
vederlo in faccia», disse Philip. Il suo volto di bambino era<br />
serio.<br />
«Adesso basta!», disse Ivy. «Adesso basta! Non voglio più
sentirne parlare! Conserva questa storia per quando Sammy<br />
torna a casa, va bene?»<br />
«Va bene», disse, con la bocca tirata. Si spostò con cautela<br />
dietro di lei.<br />
Ivy iniziò a controllare le tavole e sentiva il fratellino che<br />
passava la scopa nella casa sull’albero dietro di lei. Poi la scopa<br />
si fermò. Si girò a guar<strong>da</strong>re. Il volto di Philip era di nuovo<br />
felice e luminoso. Teneva ancora in mano la scopa ma si era<br />
messo in p<strong>un</strong>ta di piedi. «Grazie», disse a bassa voce.
Capitolo 4<br />
Quella sera, Ivy vagava nervosa <strong>da</strong> <strong>un</strong>a stanza all’altra della<br />
casa. Non aveva voglia di uscire o di chiamare qualc<strong>un</strong>o dei<br />
suoi amici, ma non riusciva a trovare niente <strong>da</strong> fare in casa.<br />
Ogni volta che sentiva l’orologio del soggiorno battere le ore,<br />
non riusciva a non pensare alla notte in cui era morto Tristan.<br />
Quando Maggie e Andrew an<strong>da</strong>rono a dormire, Ivy salì in<br />
camera sua a leggere qualcosa. Avrebbe voluto che Gregory<br />
fosse a casa. Nelle ultime settimane avevano guar<strong>da</strong>to spesso la<br />
TV insieme a tar<strong>da</strong> notte, seduti tranquilli <strong>un</strong>o accanto all’altra,<br />
a mangiare biscotti e a ridere per i programmi più stupidi. Si<br />
chiedeva dove si trovasse adesso. Forse aveva aiutato Eric a<br />
rimettere tutto a posto dopo la festa, e poi erano usciti insieme.<br />
O forse era an<strong>da</strong>to <strong>da</strong> Suzanne. Poteva chiamare Suzanne e<br />
dirle… Ivy si fermò prima di finire il pensiero. Cosa le passava<br />
per la mente? Chiamare Suzanne nel bel mezzo di <strong>un</strong><br />
app<strong>un</strong>tamento?<br />
Dipendo troppo <strong>da</strong> Gregory, pensò Ivy.<br />
Scese al piano di sotto senza far rumore e prese <strong>un</strong>a torcia<br />
<strong>da</strong>l cassetto in cucina. Forse <strong>un</strong>a passeggiata le avrebbe fatto<br />
venir sonno; forse l’avrebbe aiutata a sbarazzarsi di quel<br />
formicolio che sentiva nella mente. Quando Ivy aprì la porta<br />
sul retro, vide la BMW di Gregory parcheggiata fuori <strong>da</strong>l<br />
garage. A <strong>un</strong> certo p<strong>un</strong>to doveva aver riportato indietro la<br />
macchina per poi uscire di nuovo. Avrebbe voluto che fosse lì<br />
per fare <strong>un</strong>a passeggiata con lui.<br />
Il viale d’accesso, <strong>un</strong> susseguirsi di curve l<strong>un</strong>go il fianco<br />
della collina, era l<strong>un</strong>go quasi <strong>un</strong> chilometro. Ivy lo percorse<br />
fino alla fine. Dopo il ritorno l<strong>un</strong>go la salita ripi<strong>da</strong>, finalmente<br />
si sentiva stanca, ma la sua mente era sempre sveglia, irrequieta<br />
come gli alberi scossi <strong>da</strong>l vento. Era come se ci fosse qualcosa<br />
che doveva ricor<strong>da</strong>re, e che non l’avrebbe fatta addormentare
fino a che non l’avesse ricor<strong>da</strong>ta… ma non aveva la più palli<strong>da</strong><br />
idea di cosa fosse.<br />
Quando ritornò a casa, il vento era cambiato e <strong>un</strong> odore<br />
tagliente e umido si sparse sul crinale della collina. A ovest, i<br />
lampi illuminavano il cielo, restituendo l’immagine di grosse<br />
nuvole che sembravano troneggiare sulle montagne. Ivy<br />
desiderava <strong>un</strong>a tempesta con tuoni, lampi e vento per liberarsi<br />
di tutto quello che era rinchiuso dentro di lei.<br />
All’<strong>un</strong>a e mezzo si mise a letto. La tempesta non aveva<br />
raggi<strong>un</strong>to il loro lato del fiume, ma c’erano più lampi a ovest.<br />
Forse la raffica di vento e pioggia successiva si sarebbe<br />
abbattuta sulla casa.<br />
Alle due era ancora sveglia. Sentì il l<strong>un</strong>go fischio<br />
dell’ultimo treno della notte che attraversava il ponte e<br />
superava la piccola stazione poco più giù della casa. «Portami<br />
con te», sussurrò. «Portami con te».<br />
La sua mente prese a vagare dopo il solitario fischio, e Ivy si<br />
sentì scivolare via, cullata <strong>da</strong>l sordo rombo del tuono sulle<br />
colline lontane.<br />
Poi il rombo divenne più forte, più forte e più vicino. La<br />
luce tremò. Il vento prese forza, e gli alberi che prima<br />
oscillavano debolmente adesso si frustavano a vicen<strong>da</strong> con i<br />
rami fradici di pioggia. Ivy osservava la tempesta. Riusciva a<br />
vedere poco, ma sapeva che qualcosa non an<strong>da</strong>va. Aprì la<br />
porta.<br />
«Chi è?», gridò verso l’esterno. «Chi c’è?».<br />
Doveva essere fuori. Ecco <strong>un</strong>a sagoma. Lottava contro il<br />
vento e si avvicinava a <strong>un</strong>a finestra, con i fulmini che le<br />
saettavano intorno. La finestra era viva, con ombre e riflessi.<br />
Riusciva a stento a distinguere la figura sull’altro lato, ma<br />
sapeva che qualc<strong>un</strong>o o qualcosa era lì, e quella figura le<br />
sembrava familiare.<br />
«Chi è?», chiese ancora, avvicinandosi sempre di più alla
finestra.<br />
Le sembrava di aver già vissuto quella scena, sapeva che era<br />
così, <strong>un</strong>a volta, <strong>da</strong> qualche parte, forse in <strong>un</strong> sogno, pensò. Fu<br />
sommersa <strong>da</strong> <strong>un</strong> senso di terrore.<br />
Lei era in <strong>un</strong> sogno, era intrappolata lì, nel vecchio incubo.<br />
Voleva scappare! Scappare!<br />
Sapeva che la fine sarebbe stata terribile. Non ricor<strong>da</strong>va di<br />
più, solo che era terribile.<br />
Poi Ivy sentì <strong>un</strong> rombo cupo. Si girò. Il suono aumentava<br />
fino a diventare insopportabile nel mezzo della tempesta.<br />
Un’Harley Davidson rossa rombò verso di lei.<br />
«Basta! Per favore basta!», Ivy piangeva. «Ho bisogno di<br />
aiuto! Devo uscire <strong>da</strong> questo incubo!». Il motociclista esitò per<br />
<strong>un</strong> istante. Poi diede gas e partì a tutta velocità.<br />
Ivy guardò verso la finestra. La figura era ancora là. Le<br />
stava facendo dei cenni? Chi o cosa poteva mai essere? Ivy<br />
avvicinò il viso alla finestra. Immediatamente il vetro esplose.<br />
Gridò e pianse, mentre <strong>un</strong> cervo insanguinato usciva attraverso<br />
il vetro rotto.<br />
«Ivy, Ivy svegliati!».<br />
Gregory la stava scuotendo. «Ivy, è solo <strong>un</strong> sogno.<br />
Svegliati!», le ordinò. Era ancora completamente vestito. Philip<br />
stava dietro di lui. Un fantasmino in <strong>un</strong> pigiama chiaro.<br />
Ivy guardò prima l’<strong>un</strong>o poi l’altro, poi si accoccolò addosso<br />
a Gregory. Lui la prese tra le braccia.<br />
«Era di nuovo il cervo?», chiese Philip. «Il cervo che arriva<br />
attraverso la finestra?».<br />
Ivy annuì e deglutì più volte. Le faceva bene sentire le forti<br />
braccia di Gregory attorno a lei. «Mi dispiace averti svegliato,<br />
Philip».<br />
«Non fa niente», disse.<br />
Cercò di fermare il tremolio delle mani. Gregory era a casa<br />
adesso, si disse, an<strong>da</strong>va tutto bene. «Mi dispiace per quello che
è successo, Philip. Non volevo spaventarti».<br />
«Non sono spaventato», rispose.<br />
Ivy si girò bruscamente a guar<strong>da</strong>re il viso del fratello e vide<br />
che in effetti non era spaventato.<br />
«C’erano gli angeli nella mia stanza», spiegò.<br />
«E allora perché non torni <strong>da</strong> loro?», gli disse Gregory. Ivy<br />
si accorse che le sue braccia muscolose si stavano irrigidendo.<br />
«Perché…».<br />
«Va tutto bene, Gregory. Lascia stare Philip», disse con<br />
tenera rassegnazione. «Sta affrontando la situazione nel miglior<br />
modo che può».<br />
«Ma ti sta rendendo le cose più difficili», insisté Gregory.<br />
«Non lo capisci Philip? Ho cercato <strong>un</strong> milione di volte di…».<br />
Si fermò, e Ivy sapeva che anche Gregory si era accorto<br />
della luce negli occhi di Philip, della certezza assoluta sul suo<br />
viso. Per <strong>un</strong> momento la volontà del bambino fu più forte di<br />
quelle di loro due messe insieme. Era impossibile discutere con<br />
lui di quello in cui credeva. Ivy si ritrovò a desiderare di essere<br />
di nuovo così innocente.<br />
Gregory sospirò e disse a Philip: «Posso occuparmi io di<br />
Ivy. Perché tu non vai a schiacciare <strong>un</strong> pisolino? Domani<br />
abbiamo <strong>un</strong>a grande giornata… la partita degli Yankees,<br />
ricordi?».<br />
Philip si girò verso Ivy e lei annuì.<br />
Poi guardò oltre lei e Gregory, in <strong>un</strong>a maniera tale che Ivy<br />
istintivamente si guardò intorno. Non c’era niente.<br />
«Starai bene», disse fiducioso, e se ne andò a letto.<br />
Ivy riaffondò addosso a Gregory. Lui la riprese tra le<br />
braccia. Le sue mani erano delicate e confortanti. Le tirò<br />
indietro i capelli, poi le prese il viso e lo girò verso il suo.<br />
«Come stai?», le chiese.<br />
«Tutto bene, credo».<br />
«Non riesci a scacciare quel sogno, vero?».
Capì che Gregory era preoccupato. Vide che cercava sul suo<br />
viso degli indizi per capire cosa provava.<br />
«Era il solito sogno ma diverso», gli disse Ivy. «Voglio dire,<br />
c’erano delle cose in più».<br />
Gregory aggrottò ancor di più le sopracciglia, preoccupato.<br />
«Cosa c’era in più?»<br />
«Una tempesta. C’erano ancora tutte quelle immagini<br />
mischiate sulla finestra, ma questa volta ho capito che stavo<br />
vedendo <strong>un</strong>a tempesta. Gli alberi sbattevano e i lampi si<br />
riflettevano sulla finestra. E c’era <strong>un</strong>a moto», disse.<br />
Era difficile per lei spiegare il senso di terrore che le<br />
ispirava quella moto, <strong>da</strong>to che quella parte di sogno era così<br />
semplice e ordinaria. Il motociclista non le aveva fatto del<br />
male. Non si era fermato ad aiutarla, tutto qui.<br />
«È arrivata <strong>un</strong>a motocicletta rossa sfrecciando», continuò.<br />
«Ho chiamato il motociclista, sperando che mi aiutasse. Lui ha<br />
rallentato per <strong>un</strong> momento, poi è ripartito».<br />
Gregory le strinse la testa sul petto e le accarezzò <strong>un</strong>a<br />
guancia. «Penso di potertelo spiegare io. Eric mi ha appena<br />
riaccompagnato. Lui ha <strong>un</strong>a Harley Davidson rossa… l’hai<br />
vista prima. Probabilmente hai sentito il rumore del motore<br />
mentre dormivi e si è intrecciato con il tuo sogno».<br />
Ivy scosse la testa. «Credo che ci sia qualcos’altro,<br />
Gregory», disse con calma.<br />
Lui smise di accarezzarle la guancia, restò molto calmo,<br />
aspettando che an<strong>da</strong>sse avanti.<br />
«Ricordi la tempesta che c’era la sera che tua madre si è… è<br />
morta?»<br />
«Si è uccisa», disse lui chiaramente.<br />
Lei annuì. «E io ero in giro lì intorno, stavo facendo <strong>un</strong>a<br />
consegna per il negozio».<br />
«Sì».<br />
«Penso che sia <strong>un</strong>a parte del sogno. L’avevo completamente
dimenticato. Pensavo che il mio incubo riguar<strong>da</strong>sse solo<br />
Tristan e l’incidente, con il cervo che sfon<strong>da</strong> il vetro, che<br />
sfon<strong>da</strong> il nostro parabrezza. Ma non è così».<br />
Fece <strong>un</strong>a pausa e cercò di mettere in ordine le cose nella sua<br />
mente.<br />
«Per qualche ragione ho messo insieme i due eventi. La<br />
notte che tua madre è morta non sono riuscita a trovare la casa<br />
giusta. Quando sono uscita per controllare la targa con il nome<br />
della stra<strong>da</strong>, è arrivato qualc<strong>un</strong>o con <strong>un</strong>a moto rossa. Mi ha<br />
visto fargli segno di fermarsi e ha esitato, ma poi è an<strong>da</strong>to via».<br />
Sentiva Gregory immobile, respirarle velocemente sulla<br />
fronte. La teneva così stretta che lei riusciva a sentire il battito<br />
accelerato del suo cuore.<br />
«Poi ho pensato di aver trovato la casa… ero indecisa tra<br />
due. Una aveva <strong>un</strong>a grossa finestra panoramica, e dentro c’era<br />
qualc<strong>un</strong>o, ma non riuscivo a capire chi fosse. Ho pensato che<br />
potesse essere la persona che aspettava la mia consegna. Poi si<br />
aprì la porta della casa accanto… ed era lì che sarei dovuta<br />
an<strong>da</strong>re».<br />
Era strano il modo in cui le ritornavano in mente i dettagli di<br />
quella notte.<br />
«Capisci Gregory? È la finestra a cui mi avvicino nel sogno<br />
e attraverso cui cerco di guar<strong>da</strong>re. Non so perché».<br />
«Sai se era Eric, la persona che hai visto quella notte?», le<br />
domandò.<br />
Ivy scrollò le spalle.«Era <strong>un</strong>a moto rossa, e il motociclista<br />
aveva <strong>un</strong> casco rosso. D’altra parte penso che molti<br />
motociclisti va<strong>da</strong>no in giro così. Se era Eric, che motivo aveva<br />
per non fermarsi?».<br />
Gregory non rispose.<br />
«Forse ne aveva», disse Ivy. «Voglio dire, so che è tuo<br />
amico, ma in fondo io non gli sono mai piaciuta», aggi<strong>un</strong>se<br />
velocemente.
«Per quel che ne so io», disse Gregory, «a Eric è veramente<br />
piaciuta solo <strong>un</strong>a persona nella sua vita. Può fare cose terribili<br />
alla gente che gli sta intorno».<br />
Ivy alzò lo sguardo, sorpresa. Gregory capiva Eric più di<br />
quanto lei pensasse. Eppure, era rimasto <strong>un</strong> suo amico fedele,<br />
proprio come era <strong>un</strong> amico per lei in quel momento.<br />
Si rilassò sul suo petto. Adesso le stava venendo sonno, ma<br />
non le an<strong>da</strong>va di allontanarsi <strong>da</strong> quelle braccia così confortanti.<br />
«Non è strano», rifletteva Ivy, «che ho <strong>un</strong>ito la morte di tua<br />
madre e quella di Tristan in <strong>un</strong> <strong>un</strong>ico sogno?»<br />
«Non molto», rispose Gregory. «Io e te abbiamo vissuto <strong>un</strong><br />
grande dolore, Ivy, e l’abbiamo vissuto insieme, aiutandoci<br />
l’<strong>un</strong> l’altra ad an<strong>da</strong>re avanti. Mi sembra abbastanza ovvio che<br />
tu abbia collegato questi eventi nel tuo sogno». Le girò il viso<br />
verso il suo, <strong>un</strong>’altra volta, guar<strong>da</strong>ndola negli occhi. «No?»<br />
«Penso di sì», disse lei.<br />
«Ti manca <strong>da</strong>vvero tanto, non è così? Non riesci a non<br />
ricor<strong>da</strong>re».<br />
Ivy lasciò cadere la testa, poi gli sorrise tra le lacrime.<br />
«Devo solo iniziare a ricor<strong>da</strong>re quanto sono fort<strong>un</strong>ata ad avere<br />
<strong>un</strong> amico come te. Qualc<strong>un</strong>o che mi capisce <strong>da</strong>vvero».<br />
«È meglio di qualsiasi film di Hollywood uscito<br />
quest’estate», disse Lacey.<br />
«Chi ti ha invitato qui?», chiese Tristan.<br />
Era rimasto seduto accanto al letto di Ivy a guar<strong>da</strong>rla<br />
dormire… non sapeva per quanto tempo. Alla fine Gregory<br />
l’aveva lasciato solo con lei. Ivy sembrava tranquilla.<br />
Dopo che Gregory se n’era an<strong>da</strong>to, Tristan aveva<br />
ricapitolato tutto quello che aveva imparato, e aveva cercato<br />
con difficoltà di prenderci confidenza. Era ormai passato <strong>un</strong> bel<br />
po’ <strong>da</strong> quando il sonno era diventato <strong>un</strong>’oscurità senza sogni.<br />
Non gli piombava più addosso così velocemente e così spesso
come quando era appena diventato <strong>un</strong> angelo, ma sapeva che<br />
non poteva an<strong>da</strong>re avanti senza fermarsi <strong>un</strong> attimo a riprendere<br />
fiato. Nonostante fosse molto stanco, non sopportava l’idea di<br />
rin<strong>un</strong>ciare a quei momenti <strong>da</strong> solo con Ivy nella quiete della<br />
notte. Si arrabbiò per l’intrusione di Lacey.<br />
«Mi ha man<strong>da</strong>to Philip», gli disse.<br />
«Philip? Non capisco».<br />
«Oggi a Manhattan ho trovato questa buffa statuina di <strong>un</strong><br />
angelo custode, <strong>un</strong> giocatore di baseball con le ali». Agitò le<br />
braccia come se stesse volando. «L’ho presa per fargli <strong>un</strong><br />
regalino».<br />
«Vuoi dire che l’hai rubata?»<br />
«Be’, come avresti voluto che la pagassi?», tagliò corto.<br />
«Com<strong>un</strong>que, gliela stavo per lasciare, quando lui ha visto la<br />
mia aura, mi ha indicato e mi ha man<strong>da</strong>to qui. Credo che<br />
pensasse che la sorella avesse bisogno di tutto l’aiuto<br />
possibile».<br />
«Da quanto tempo sei qui?», le chiese Tristan. Non si era<br />
accorto dell’arrivo di Lacey.<br />
«Da quando Gregory le ha tirato indietro i capelli e le ha<br />
alzato il viso», rispose.<br />
«L’hai visto?»<br />
«Ti dirò, a Hollywod farebbe la sua figura», disse Lacey.<br />
«Ha tutte le mosse a<strong>da</strong>tte».<br />
Da <strong>un</strong>a parte Tristan voleva sapere cosa ne pensava Lacey,<br />
ma ne era anche spaventato. Da <strong>un</strong>a parte, desiderava che<br />
Gregory non stesse facendo niente di più che <strong>un</strong> gioco<br />
romantico con Ivy; non voleva che succedesse niente di serio<br />
tra loro due. Dall’altra, temeva che ci fosse <strong>un</strong> motivo ben più<br />
fosco dietro quel gioco.<br />
«Così hai sentito tutto. Sei stata qui tutto questo tempo».<br />
«Già». Lacey si arrampicò sulla testiera del letto di Ivy. I<br />
suoi occhi marroni luccicavano come bottoni brillanti, e le sue
ciocche di capelli viola erano pallide e leggere alla luce della<br />
l<strong>un</strong>a. Si era appollaiata sulla testa di Ivy.<br />
«Non volevo disturbarti, stavi pensando così<br />
profon<strong>da</strong>mente», disse. «E pensavo che volessi stare <strong>un</strong> po’ <strong>da</strong><br />
solo con lei».<br />
Tristan tirò su la testa. «Com’è che all’improvviso sei<br />
diventata così premurosa? Hai portato a termine la tua<br />
missione? Ti stai preparando a partire?»<br />
«Portato a termine?», pron<strong>un</strong>ciando quella frase quasi<br />
soffocò. «Ehm… no», disse, senza guar<strong>da</strong>rlo in faccia. «Dubito<br />
seriamente che mi metterò in viaggio verso il regno dell’aldilà<br />
così presto».<br />
«Oh», disse Tristan. «Allora cos’è successo a New York?»<br />
«Uh… non penso che dovrei dirtelo. In ogni caso, molto<br />
probabilmente sarà sui giornali di domani».<br />
Lui annuì. «Quindi adesso stai cercando di recuperare<br />
qualche p<strong>un</strong>to».<br />
«Prendi <strong>un</strong> po’ di vantaggio su di me adesso che puoi», lo<br />
incoraggiò.<br />
Tristan sorrise.<br />
«Ottengo dei p<strong>un</strong>ti grazie a questo», disse, toccandogli<br />
appena le labbra con la p<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong>a delle sue l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie,<br />
ma il suo sorriso era già scomparso. «Sei <strong>da</strong>vvero<br />
preoccupato».<br />
«Hai sentito del sogno?», disse. «È quasi sicuro. C’è<br />
qualche collegamento tra la morte di Caroline e la mia».<br />
«Raccontami di Caroline. Come si è suici<strong>da</strong>ta?», chiese<br />
Lacey.<br />
«Si è sparata, in testa».<br />
«E sono sicuri che sia stato <strong>un</strong> suicidio?»<br />
«Be’», disse Tristan, «la polizia ha trovato solo le sue<br />
impronte digitali sulla pistola, e le sue dita erano ancora strette<br />
intorno al calcio. Non ha lasciato biglietti ma aveva strappato
delle foto del padre di Gregory e della madre di Ivy».<br />
Lacey saltò giù <strong>da</strong>lla testiera e cominciò a camminare in<br />
cerchio nella stanza.<br />
«Penso che qualc<strong>un</strong>o potrebbe aver organizzato questa<br />
messa in scena per farlo sembrare <strong>un</strong> suicidio», disse Tristan<br />
lentamente. «E Ivy era lì vicino quella notte. Potrebbe aver<br />
visto qualcosa. Lacey! Cosa potrebbe succedere se Ivy avesse<br />
visto qualcosa che non doveva…».<br />
«Ti ho mai detto che ho recitato in Perry Mason?», lo<br />
interruppe Lacey.<br />
«…e se non se ne fosse ancora resa conto?», gridò Tristan.<br />
«Certo, adesso Raymond Burr è morto», continuò Lacey.<br />
«Devo verificare l’indirizzo della madre di Gregory», le<br />
disse Tristan, «e l’indirizzo a cui Ivy ha fatto <strong>un</strong>a consegna<br />
quella notte».<br />
«Appena ho letto i necrologi, ho cercato Raymond», disse<br />
Lacey.<br />
«Ascoltami Lacey».<br />
«Sono sicura che gli è stata assegnata qualche missione».<br />
«Lacey, per favore», la pregò.<br />
«Pensavo che potremmo diventare amici».<br />
«Lacey!», gridò.<br />
«Cioè, Raymond sarebbe <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> bell’angelo».<br />
Tristan si prese la testa tra le mani. Aveva bisogno di tempo<br />
per riflettere su quello che stava succedendo e trovare <strong>un</strong> modo<br />
di proteggere Ivy.<br />
«Ma se ne deve essere an<strong>da</strong>to per i fatti suoi», disse Lacey.<br />
«An<strong>da</strong>to», Tristan rifletteva. Sentiva la mente appannarsi.<br />
Aveva bisogno di riposarsi prima di trarre qualche conclusione.<br />
«Non riesco nemmeno a dirti quanto ci sono rimasta male!».<br />
«L’hai appena fatto», osservò Tristan seccato.<br />
«Raymond aveva detto che non si sarebbe mai dimenticato<br />
dell’episodio che avevo fatto con lui».
Poteva dipendere <strong>da</strong> tante ragioni, pensò Tristan.<br />
«Raymond aveva sempre riconosciuto il mio talento».<br />
Ivy era in pericolo, lui non sapeva come avvisarla o <strong>da</strong> chi<br />
metterla in guardia, e Lacey parlava e straparlava di <strong>un</strong> attore<br />
morto.<br />
«Com<strong>un</strong>que, quello che voglio dire è che forse ti posso<br />
aiutare per questa questione», disse Lacey.<br />
Tristan la fissò. «Perché hai avuto <strong>un</strong>a parte secon<strong>da</strong>ria in<br />
<strong>un</strong> episodio con <strong>un</strong> altro attore che faceva finta di essere <strong>un</strong><br />
avvocato che in qualche modo risolveva crimini in<br />
televisione?»<br />
«Bene, se vuoi metterla così, non contare sul mio aiuto!».<br />
Attraversò offesa la stanza, poi si fermò teatralmente a<br />
guar<strong>da</strong>re sopra la sua spalla.<br />
Tristan desiderò che se ne an<strong>da</strong>sse <strong>un</strong>a volta per tutte. La<br />
stanza adesso era immersa nella prima luce del mattino, i primi<br />
uccellini erano venuti fuori e le loro canzoni cinguettanti<br />
rimbalzavano <strong>da</strong> <strong>un</strong> albero all’altro. Voleva <strong>un</strong> altro po’ di<br />
tempo per stare <strong>da</strong> solo con Ivy. Si mise dietro di lei,<br />
desideroso di toccarla.<br />
«Non lo farei se fossi in te».<br />
«Non sai cosa sto per fare», rispose Tristan.<br />
«Oh, posso immaginarlo», disse alle sue spalle. «E sei<br />
troppo stanco».<br />
«Lasciami stare, Lacey».<br />
«Ho solo pensato di avvertirti».<br />
«Lasciami stare!».<br />
Obbedì.<br />
Appena lei se ne andò, Tristan all<strong>un</strong>gò le mani. Ivy dormiva<br />
tranquillamente. Desiderava ardentemente toccarla, sentire il<br />
suo calore, riconoscere la sua dolcezza anche solo <strong>un</strong>’altra<br />
volta. Con tutta la forza che aveva, Tristan si concentrò sulla<br />
p<strong>un</strong>ta delle sue dita. Sapeva di essere stanco, molto stanco, ma
sfruttò le sue ultime energie per concentrarsi. Le dita smisero<br />
di luccicare. Erano concrete, adesso.<br />
Lentamente, delicatamente, mosse le dita l<strong>un</strong>go la sua<br />
guancia, e sentì la pelle di seta, sentì quanto era meravigliosa.<br />
Percorse le labbra con le dita.<br />
Se solo avesse potuto baciare quelle labbra! Se solo avesse<br />
potuto stringere Ivy, racchiuderla tra le sue braccia…<br />
Poi iniziò a non sentirla più.<br />
Provò ancora, ma stava perdendo sensibilità.<br />
«No!», scoppiò in lacrime. Si sentì morire <strong>un</strong>’altra volta. Il<br />
dolore di perderla era così intenso, così insopportabile, che<br />
quando sopraggi<strong>un</strong>se l’oscurità senza sogni si lasciò an<strong>da</strong>re<br />
senza esitazione.
Capitolo 5<br />
«Ehi, buongiorno dormiglione!», disse la ragazza seduta<br />
sulla panchina del centro commerciale.<br />
Tristan fece <strong>un</strong> salto, preso alla sprovvista nel bel mezzo dei<br />
suoi pensieri.<br />
Si era svegliato <strong>da</strong>ll’oscurità appena quindici minuti prima e<br />
immediatamente aveva seguito Ivy mentre an<strong>da</strong>va al lavoro <strong>da</strong><br />
’Tis the Season. Negli ultimi minuti aveva cercato di mettere<br />
insieme i frammenti del sogno di Ivy per capire cosa<br />
significassero, ma si sentiva ancora annebbiato e confuso.<br />
Lacey lo prese in giro. «Sai che giorno è oggi?»<br />
«Uhm, l<strong>un</strong>edì».<br />
«Brrrrt». Lei fece la sua odiosa imitazione di <strong>un</strong>a sirena di<br />
<strong>un</strong> quiz televisivo, poi lo invitò con <strong>un</strong> gesto a sedersi vicino a<br />
lei.<br />
Tristan si mise a sedere. «È l<strong>un</strong>edì», insistette. «Quando<br />
sono entrato nel centro commerciale, ho controllato <strong>un</strong><br />
giornale, proprio come mi avevi detto tu».<br />
«Forse avresti dovuto controllare quello di oggi»,<br />
p<strong>un</strong>tualizzò Lacey. «È martedì, ed è quasi l’<strong>un</strong>a. Ivy dovrebbe<br />
fare <strong>un</strong>a pausa tra poco».<br />
Osservò il centro commerciale e il negozio. Ivy era<br />
impegnata con due clienti, <strong>un</strong> anziano calvo che si stava<br />
provando <strong>un</strong> mantello <strong>da</strong> Superman e <strong>un</strong>a nonnina con <strong>un</strong> cesto<br />
rosa e orecchie <strong>da</strong> coniglio. Sapeva che ’Tis the Season<br />
vendeva costumi e oggetti per le vacanze, la maggior parte<br />
fuori stagione. Ma l’oscurità di poco prima, i due clienti in<br />
quella bizzarra tenuta e la presenza di <strong>un</strong>a donna enorme che si<br />
era appena seduta su di lui con <strong>un</strong> caffè e <strong>un</strong>a ciambella lo<br />
confondevano parecchio.<br />
Lacey gli diede <strong>un</strong>a pacca sul braccio. «Ti avevo detto che<br />
eri troppo stanco. Ti avevo avvertito».
«Spostati», grugnì. Non poteva sentire il peso della donna,<br />
ma il grosso vestito a strisce che gli fluttuava addosso lo<br />
metteva a disagio.<br />
Lacey si spostò <strong>un</strong> po’ e disse: «Devo raccontarti <strong>un</strong>a cosa.<br />
Ho avuto <strong>da</strong> fare, mentre eri nell’oscurità».<br />
«Lo so già».<br />
Il giornale di l<strong>un</strong>edì aveva catturato la sua attenzione a causa<br />
di <strong>un</strong> articolo sulla gente raccolta in preghiera a Times Square,<br />
dopo che <strong>un</strong>’immagine di Barbra Streisand proiettata su <strong>un</strong><br />
tabellone elettronico aveva ass<strong>un</strong>to le sembianze di <strong>un</strong> paffuto<br />
angioletto rosa e aveva iniziato a svolazzare qua e là.<br />
«Per caso c’entra qualcosa con l’ingorgo sulla<br />
quarantaduesima?», le chiese.<br />
Lei liquidò la doman<strong>da</strong> con <strong>un</strong> gesto della mano.<br />
«Ho letto qualcosa sulla Streisand che sta valutando se fare<br />
causa, e su come i tassisti di New York…».<br />
«Barbra non avrebbe mai dovuto dire che starnazzo come<br />
<strong>un</strong>’oca. O che avrei potuto frequentare qualche altra lezione di<br />
canto…».<br />
«Lacey, riuscirai mai a portare a termine la tua missione?»<br />
«La mia missione? Oggi sto aiutando te», disse, e poi si alzò<br />
<strong>da</strong>lla panchina.<br />
Tristan scosse la testa e la seguì.<br />
«Domenica sono an<strong>da</strong>ta al cimitero a far visita alla madre di<br />
Gregory», disse Lacey mentre camminavano accanto alla gente<br />
che faceva acquisti. «Mentre ero lì, è arrivato qualc<strong>un</strong>o, <strong>un</strong> tipo<br />
alto e magro, con i capelli scuri. Sulla quarantina direi. Ha<br />
lasciato dei fiori sulla tomba di Caroline».<br />
«Non è la prima volta», disse Tristan. «L’ho visto il giorno<br />
che eravamo nella cappella». Si ricor<strong>da</strong>va di aver visto<br />
quell’uomo <strong>da</strong> dietro, scambiandolo per Gregory finché non si<br />
era girato. Ricor<strong>da</strong>va ancora il volto dell’uomo, in pre<strong>da</strong><br />
all’angoscia.
«Come si chiama?», chiese Lacey.<br />
«Non lo so».<br />
Si stavano allontanando <strong>da</strong> ’Tis the Season. Tristan guardò<br />
indietro rimpiangendo Ivy, ma Lacey proseguiva spedita.<br />
«Dobbiamo trovarlo. Potrebbe esserci di aiuto».<br />
«Di aiuto per cosa?»<br />
«Per scoprire cosa è successo la notte in cui Caroline è<br />
morta».<br />
Si fermarono vicino a <strong>un</strong>a fontana per guar<strong>da</strong>re gli zampilli<br />
d’acqua ricadere in gocce rosa e blu. Un giorno, mentre<br />
ness<strong>un</strong>o guar<strong>da</strong>va, Tristan aveva espresso <strong>un</strong> desiderio in quel<br />
posto, il desiderio che Ivy fosse sua.<br />
«Ho cercato l’indirizzo di Caroline nell’elenco telefonico»,<br />
continuò Lacey. «528 di Willow Street. La <strong>da</strong>ta della morte era<br />
scritta sulla sua lapide. Sono venuta qui stamattina per<br />
controllare i registri del negozio di quel giorno», si fermò e<br />
guardò Tristan in attesa.<br />
Siccome lui non parlava, disse: «Sei <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> angelo<br />
Lacey, che mi aiuti a risolvere questa faccen<strong>da</strong>».<br />
«Cosa hai scoperto?», le chiese Tristan, ignorando il suo<br />
sarcasmo.<br />
«Per prima cosa, che Lillian e sua sorella non hanno idea di<br />
come si tengono i registri. Ma dopo <strong>un</strong> sacco di ricerche – ci ho<br />
rimesso gli occhi, praticamente – ho scoperto che il 28 maggio<br />
è stata fatta <strong>un</strong>a consegna alla signora Abromaitis, in Willow<br />
Street… senza numero civico. L’ho cercato sull’elenco del<br />
telefono. Indovina <strong>un</strong> po’? 530».<br />
«La porta accanto», disse Tristan, con la voce ridotta a <strong>un</strong><br />
sussurro. Stava pensando a ipotesi terrificanti. «Lo sapevo. Ivy<br />
ha visto qualcosa».<br />
«Sembra proprio di sì», Lacey era d’accordo. Afferrò al<br />
volo <strong>un</strong>a moneta che <strong>un</strong>a donna aveva gettato nella fontana e<br />
gliela lanciò indietro. La donna guardò la sfort<strong>un</strong>ata moneta a
terra e poi la mise in <strong>un</strong> vaso di felci.<br />
«Ivy ha visto qualcosa a casa di Caroline», disse Tristan, «e<br />
non è stato <strong>un</strong> suicidio».<br />
«Possiamo supporre di sì», rispose Lacey. «Caroline<br />
potrebbe com<strong>un</strong>que essersi uccisa, e qualc<strong>un</strong>o potrebbe essere<br />
an<strong>da</strong>to lì in seguito per prendere o nascondere qualcosa.<br />
Insomma, ci sono molte cose che Ivy potrebbe aver visto…».<br />
«E che non avrebbe dovuto vedere», Tristan completò la<br />
frase di Lacey. «Devo riuscire ad avvertirla, Lacey!».<br />
«Pensavo che avremmo controllato la casa oggi».<br />
«Devo avvertirla adesso!».<br />
«Ricordo come facevamo le ricerche in Perry Mason», disse<br />
Lacey. Iniziò a trascinare Tristan verso l’uscita del centro<br />
commerciale, ma lui aveva intenzione di tornare indietro <strong>da</strong><br />
’Tis the Season, ed era più forte. «Tristan, stammi a sentire!<br />
Non puoi fare nulla per proteggere Ivy. Tu e io non abbiamo<br />
quel tipo di potere. Il massimo che sai fare è <strong>un</strong>ire i tuoi poteri<br />
a quelli di qualc<strong>un</strong> altro e rendere quella persona più forte. Ma<br />
tu stesso non riusciresti a fermare qualc<strong>un</strong>o che volesse farle<br />
del male».<br />
Tristan era pietrificato. Non aveva mai temuto per la propria<br />
vita quanto ora temeva per quella di Ivy.<br />
«Fino a quando rimane in compagnia è al sicuro», aggi<strong>un</strong>se<br />
Lacey. «Adesso andiamo a controllare la casa e…».<br />
«Quando salirà in macchina stasera sarà <strong>da</strong> sola», sottolineò<br />
Tristan. «Quando andrà a fare <strong>un</strong>a passeggiata, o andrà nella<br />
sua stanza della musica, sarà in pericolo».<br />
«Ci sono altre persone in casa con lei», rispose Lacey.<br />
«probabilmente lì è al sicuro. Quindi scopriamo <strong>da</strong> chi deve<br />
guar<strong>da</strong>rsi e poi…».<br />
Ma Lacey era rimasta a parlare <strong>da</strong> sola. Beth e Suzanne<br />
erano entrate nel centro commerciale. Appena le aveva viste,<br />
Tristan era tornato indietro e ora camminava con loro. Pensava
che avessero <strong>un</strong> app<strong>un</strong>tamento con Ivy per pranzo. Stavolta ce<br />
l’avrebbe fatta.<br />
Ivy era all’ingresso del negozio, e per <strong>un</strong> momento Tristan<br />
si dimenticò che lei vedeva solo le ragazze. Quando vide<br />
l’espressione di benvenuto sul suo volto, le corse incontro ma<br />
solo per rendersi conto che stava guar<strong>da</strong>ndo Suzanne e Beth<br />
dietro di lui. Le cose non miglioravano. Il dolore di starle<br />
accanto e di esserle allo stesso tempo lontano sembrava non<br />
attenuarsi.<br />
«Ora, an<strong>da</strong>te a pranzo con calma», Lillian stava parlando<br />
con le ragazze. «È <strong>un</strong>a giornata morta, approfittatene per fare<br />
<strong>un</strong> po’ di shopping. Mi raccomando, <strong>da</strong>te <strong>un</strong>’occhiata in quel<br />
nuovo negozio di articoli <strong>da</strong> regalo. Scommetto che loro non<br />
hanno delle campane a vento fosforescenti».<br />
«Sicuramente non a forma di fate e folletti», disse Beth.<br />
Ogni volta che entrava nel negozio, <strong>un</strong>’espressione di totale<br />
meraviglia le appariva sul viso. Suzanne doveva trascinarla via<br />
di forza oltre la porta.<br />
Tristan seguì le ragazze per il centro commerciale. Si<br />
fermavano <strong>da</strong>vanti a tutte le vetrine, e lui iniziò a essere<br />
impaziente. Voleva che Beth si sedesse e incominciasse a<br />
scarabocchiare sul suo blocchetto. Pensò che non sarebbero<br />
mai più uscite <strong>da</strong> Beautiful You, con tutte quelle boccette,<br />
tubetti e flaconi colorati.<br />
Iniziò a camminare avanti e indietro <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra<br />
del negozio e si scontrò con Lacey. Non si era reso conto che<br />
l’aveva seguito.<br />
«Rilassati Tristan», disse Lacey. «Ivy è al sicuro adesso, a<br />
meno che qualc<strong>un</strong>o non le salti addosso con <strong>un</strong>a lima per<br />
<strong>un</strong>ghie».<br />
Poi si allontanò verso <strong>un</strong> angolo, come se fosse ipnotizzata,<br />
esattamente come le altre, <strong>da</strong>lle centinaia di colori… che a lui<br />
sembravano tutti qualcosa tra il rosso e il rosa. Tristan si chiese
se, <strong>un</strong>a volta arrivato nel regno dell’aldilà, avrebbe mai<br />
compreso alc<strong>un</strong>i misteri sulle donne.<br />
Suzanne, che adesso aveva tutto il braccio ricoperto <strong>da</strong>i<br />
segni dei rossetti provati, stava parlando di <strong>un</strong> matrimonio a<br />
Philadelphia a cui avrebbe partecipato il weekend successivo.<br />
«Mi piacerebbe che venissi con noi, Ivy», disse. «Ho fatto<br />
vedere <strong>un</strong>a tua foto a mio cugino. È assolutamente interessato,<br />
e sarebbe perfetto per te».<br />
Terribile, pensò Tristan.<br />
«E così hai deciso di an<strong>da</strong>re al lago, alla fine?», chiese Beth.<br />
Si stava provando <strong>un</strong>a cuffia <strong>da</strong> doccia che la faceva<br />
assomigliare a <strong>un</strong> f<strong>un</strong>go argentato.<br />
«Al lago!», esclamò Suzanne, sorpresa. «Lei deve rimanere<br />
a casa, e tu devi stare con lei, Beth».<br />
Beth rispose infastidita. «Suzanne, lo sai che non posso<br />
mancare alla ri<strong>un</strong>ione della mia famiglia. Pensavo che sareste<br />
an<strong>da</strong>te insieme a Philadelphia».<br />
Ivy si era allontanata <strong>da</strong>lle due amiche.<br />
«Ivy!», la richiamò Suzanne.<br />
«Sì?», aveva iniziato a spulciare in <strong>un</strong> mucchio di<br />
fermacapelli e non alzò lo sguardo.<br />
«Che fai questo weekend?»<br />
«Sto a casa».<br />
Suzanne alzò le sopracciglia scure perfettamente curate.<br />
«Tua madre ti lascia sola?»<br />
«Pensa che tu e Beth starete con me. E spero che voi due mi<br />
coprirete», aggi<strong>un</strong>se Ivy.<br />
Lacey guardò Tristan.<br />
«Non so bene perché», continuò. «Ma mi piacerebbe avere<br />
la casa tutta per me. Avrò <strong>un</strong> bel po’ di tempo per prepararmi<br />
per il festival, ed Ella mi farà compagnia».<br />
«Ma Ella non può proteggerti», protestò Tristan.<br />
«Solo che non mi piace l’idea di te che te ne stai sola e
depressa tutto il week end», disse Suzanne.<br />
«Quella casa è troppo grande, troppo isolata», aggi<strong>un</strong>se<br />
Beth.<br />
«Dai retta a loro, Ivy», insistette Tristan.<br />
«Ve l’ho detto a tutte e due, non voglio an<strong>da</strong>re al lago<br />
J<strong>un</strong>iper! Non ce la faccio!».<br />
«È qualcosa che riguar<strong>da</strong> Tristan, vero?», disse Suzanne.<br />
«Non mi va di parlarne», rispose Ivy.<br />
Era proprio così. Tristan ricor<strong>da</strong>va i programmi che avevano<br />
fatto la sera in cui era morto. Ivy gli aveva detto che voleva<br />
galleggiare sotto il sole nel p<strong>un</strong>to più profondo del lago<br />
J<strong>un</strong>iper. «Nuoterò anche sotto la luce della l<strong>un</strong>a».<br />
«Sotto la luce della l<strong>un</strong>a?», le aveva risposto. «Vuoi nuotare<br />
al buio?»<br />
«Con te sì».<br />
Lacey sfiorò il braccio di Tristan. «Devi riuscire a entrare in<br />
contatto con lei, questa volta».<br />
Lui annuì.<br />
Seguirono le ragazze fuori <strong>da</strong>l negozio. Tristan era tentato di<br />
scivolare nella mente di Beth proprio in quel momento, per<br />
spingerla a sedersi a <strong>un</strong> tavolo dove avrebbe potuto tirar fuori il<br />
suo taccuino, ma non voleva forzarla troppo. Avrebbe potuto<br />
opporre resistenza.<br />
Beth si fermò all’improvviso <strong>da</strong>vanti a Electronic Wizard, e<br />
Tristan seguì il suo sguardo sui computer in vendita all’interno.<br />
«Guar<strong>da</strong>la! Guar<strong>da</strong>la!», disse Suzanne, <strong>da</strong>ndo leggere<br />
gomitate a Ivy. «Sembra quasi che Beth stia fissando dei<br />
ragazzi».<br />
«C’è il portatile che desidero tanto», disse Beth.<br />
Lacey, allora, si mise proprio dietro di lei. Tristan vide che<br />
la p<strong>un</strong>ta delle sue dita aveva smesso di brillare. Le diede <strong>un</strong>a<br />
piccola spinta. Beth entrò incespicando attraverso la porta del<br />
negozio e guardò sorpresa Suzanne e Ivy dietro di lei. Le due
seguirono Beth all’interno, con Tristan e Lacey dietro.<br />
«Posso aiutarti?», chiese <strong>un</strong> commesso.<br />
«Sto solo <strong>da</strong>ndo <strong>un</strong>’occhiata», disse Beth, arrossendo.<br />
«Posso provare i computer esposti?».<br />
Il commesso li indicò con <strong>un</strong> gesto della mano e andò via.<br />
«Tocca a te, Tristan», disse Lacey.<br />
Beth non ci mise molto ad aprire il programma di scrittura.<br />
Tristan doveva impegnarsi per mettersi in contatto con lei, per<br />
indovinare a cosa stava pensando, proprio come gli aveva<br />
insegnato Lacey per entrare nella mente delle altre persone.<br />
Cosa vede <strong>un</strong>a scrittrice quando guar<strong>da</strong> <strong>un</strong>o schermo di<br />
computer vuoto?, pensò Tristan. Lo schermo di <strong>un</strong> cinema<br />
pronto per essere riempito <strong>da</strong>lle facce degli attori? Un cielo<br />
notturno con <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica piccola stella che brilla, <strong>un</strong> <strong>un</strong>iverso che<br />
aspetta solo di essere descritto? C’erano infinite possibilità. Le<br />
infinite curve dell’amore… e tutte le sue impossibilità.<br />
Beth iniziò a scrivere.<br />
Impossibilità<br />
Cosa vedeva quando guar<strong>da</strong>va tutte le notti la sfera scura e<br />
solitaria del cielo? Possibilità. Le infinite curve dell’amore e,<br />
oh, povero cuore triste, tutte le impossibilità dell’amore.<br />
Oh! pensò Tristan.<br />
«Oh!», scrisse Beth, poi strizzò gli occhi <strong>da</strong>vanti allo<br />
schermo.<br />
«Resta con lei, Tristan», disse Lacey. «Mantieni la<br />
concentrazione».<br />
Torna indietro. Cancella quella parola. Oh, povero cuore<br />
triste. Così Tristan suggerì a Beth.<br />
Rimasero entrambi immobili, poi Tristan vide il nesso: Non<br />
dovresti restare a casa <strong>da</strong> sola.<br />
«Non dovresti restare a casa <strong>da</strong> sola», scrisse Beth.
Non è sicuro stare <strong>da</strong> soli, pensò lui.<br />
«Non è sicuro stare <strong>da</strong> soli», scrisse lei.<br />
Poi, prima che lui potesse man<strong>da</strong>rle <strong>un</strong> messaggio su<br />
qualsiasi altra cosa, lei scrisse ancora: «Ma il mio cuore è al<br />
sicuro <strong>da</strong> solo con lui?»<br />
No, pensò Tristan.<br />
«Sì», rispose Beth.<br />
No!<br />
«Sì».<br />
No!<br />
«Sì!», Beth aggrottò le sopracciglia.<br />
Tristan singhiozzò. Di sicuro, lei voleva continuare il<br />
racconto in cui la ragazza che guar<strong>da</strong> il cielo di notte non<br />
sarebbe rimasta sola a l<strong>un</strong>go. Ma Tristan voleva imporle <strong>un</strong><br />
avvertimento. Se Ivy restava <strong>da</strong> sola con la persona sbagliata…<br />
«Cosa c’è che non va?», chiese Ivy.<br />
«Ho ancora quella buffa sensazione», disse Beth. «È<br />
<strong>da</strong>vvero strano, come se ci fosse qualc<strong>un</strong>o nella mia testa, che<br />
mi dice delle cose».<br />
«Oddio, voi scrittori», sbuffò Suzanne.<br />
Ivy si chinò per <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata allo schermo. «No! Sì! No!<br />
Sì!», lesse e fece <strong>un</strong>a risatina triste. «Mi ricor<strong>da</strong> il mio primo<br />
incontro con Tristan».<br />
«È Tristan», scrisse Beth velocemente.<br />
Ivy smise di sorridere.<br />
Tristan andò avanti, e Beth scrisse più veloce che poteva:<br />
«Stai attenta Ivy. Sei in pericolo, Ivy. Non stare <strong>da</strong> sola. Ti<br />
amo. Tristan».<br />
Ivy si tirò su. «Non è divertente, Beth! È stupido e cattivo!».<br />
Beth fissò lo schermo, con la bocca spalancata per<br />
l’incredulità.<br />
Suzanne si abbassò per leggere. «Beth!», disse. «Come hai<br />
potuto? Ivy, aspetta!».
Ma Ivy era già praticamente fuori <strong>da</strong>l negozio. Suzanne le<br />
corse dietro. Beth fissò lo schermo, tremava senza controllo.<br />
Tristan scivolò fuori <strong>da</strong>lla sua mente, esausto.<br />
«Vuoi stamparlo adesso?», chiese il commesso an<strong>da</strong>ndole<br />
incontro.<br />
Beth scosse la testa lentamente e cancellò il file. «Non<br />
questa volta», disse con gli occhi pieni di lacrime.<br />
Tutti gli sforzi che Tristan aveva fatto in quella settimana<br />
per mettersi in contatto con Ivy non erano serviti a nulla. La<br />
cosa peggiore era che i suoi tentativi di avvertirla l’avevano<br />
allontanata <strong>da</strong> lui e <strong>da</strong>lle persone che le volevano bene. Stava<br />
evitando Beth, e adesso anche Philip, dopo che il bambino le<br />
aveva raccontato che il suo angelo aveva detto che non sarebbe<br />
dovuta restare sola. Tristan avrebbe potuto provare <strong>un</strong>’altra<br />
volta con Will, ma sapeva che Ivy avrebbe solo alzato <strong>un</strong>’altra<br />
barriera, ancora più alta.<br />
Giovedì notte andò al cimitero di Riverstone Rise, con<br />
l’intenzione di riposarsi <strong>un</strong> po’, e sperando di tenere lontana<br />
l’oscurità senza sogni per essere in grado di tenere d’occhio Ivy<br />
durante tutto il week end. L<strong>un</strong>go la stra<strong>da</strong> per la sua tomba,<br />
Tristan decise di passare per la cappella di Caroline e<br />
controllare se qualc<strong>un</strong>o aveva lasciato delle rose fresche.<br />
Pensava che Lacey avesse ragione: dovevano scoprire chi era<br />
l’uomo che an<strong>da</strong>va <strong>da</strong> Caroline e cosa sapeva sulla sua morte.<br />
Tristan procedeva lentamente per il cimitero, come se fosse<br />
ancora in carne e ossa, preoccupato di turbare il riposo dei<br />
morti. Sotto la luce della l<strong>un</strong>a, le pietre bianche <strong>da</strong>vano l’idea<br />
di <strong>un</strong> roccioso paesaggio cittadino: obelischi che si innalzavano<br />
come grattacieli, mausolei come palazzi, le pietre basse<br />
disposte in circolo e i lucidi blocchi rettangolari che<br />
delimitavano gli spazi della gente com<strong>un</strong>e. Era <strong>un</strong>a città<br />
immobile e inquietante, la città dei morti… la mia città, pensò
tristemente. Poi riconobbe la pietra che delimitava <strong>un</strong> angolo<br />
della cappella di famiglia dei Baines.<br />
Era <strong>un</strong>a cappella ben curata con alc<strong>un</strong>e statue ornamentali,<br />
che sembravano osservare Tristan mentre si avvicinava alla<br />
tomba di Caroline. Quando superò la targa commemorativa<br />
trasalì per lo stupore. Seduto dov’era sepolta Caroline,<br />
appoggiato alla sua lapide come se stesse nel suo letto, c’era<br />
Eric. Aveva le gambe e le braccia abbandonate, e la testa girata<br />
di lato, con la guancia appoggiata sulla pietra. Per <strong>un</strong> attimo<br />
Tristan ebbe il dubbio che non stesse respirando. Poi<br />
avvicinandosi, vide che i pallidi occhi di Eric erano aperti, e le<br />
pupille dilatate come se non avesse fatto altro che bere per due<br />
notti di seguito.<br />
Respirava piano e borbottava qualcosa… qualcosa che<br />
poteva avere senso solo per <strong>un</strong>a mente sotto l’effetto di qualche<br />
droga. Tristan si chiese se in quello stato Eric fosse<br />
consapevole di quello che faceva. Era in grado di alzarsi? Di<br />
camminare? In quello stato di confusione, avrebbe potuto fare<br />
qualcosa di cui in seguito si sarebbe pentito? Dopo aver<br />
materializzato le dita, Tristan le mosse l<strong>un</strong>go il palmo aperto<br />
delle mani di Eric.<br />
Eric gli afferrò le dita e per <strong>un</strong> attimo Tristan fu in trappola.<br />
Poi dissolse le sue dita e si liberò.<br />
«È passato <strong>un</strong> po’», disse Eric, piegando la mano che aveva<br />
stretto attorno a quella di Tristan. «È passato troppo tempo,<br />
Caroline, mi dispiace per quello che è successo. Sono successe<br />
tante cose, molte di più di quanto si possa pensare». Rise piano<br />
e indicò, come se potesse vederla proprio di fronte a lui.<br />
«Naturalmente, tu lo sai».<br />
«Non lo so», rispose Tristan. «Cosa sta succedendo?<br />
Spiegamelo».<br />
Eric tirò su la testa, e per <strong>un</strong> attimo Tristan pensò che avesse<br />
sentito la doman<strong>da</strong>.
«Già… forse», disse Eric, rispondendo a qualche altra<br />
doman<strong>da</strong>. «Ma potrebbe essere, sai, difficile. Non mi piacciono<br />
le cose… difficili».<br />
Difficili? si domandò Tristan. Cosa voleva dire?<br />
Complicate? Crudeli?<br />
Eric si tirò su a sedere, strizzando gli occhi, prestando<br />
attenzione alla voce che sentiva nella sua testa. Aveva i capelli<br />
praticamente bianchi sotto la luce della l<strong>un</strong>a, e i suoi occhi<br />
velati fissavano il nulla attraverso Tristan.<br />
«Stai parlando di Ivy, si chiama Ivy», disse Eric, muovendo<br />
<strong>un</strong>a mano ossuta nell’aria. Passò esattamente attraverso<br />
Tristan, gelandolo come se fosse stato toccato <strong>da</strong> <strong>un</strong>o scheletro.<br />
«Ok, cosa posso fare?», disse Eric. «Sai dove sono,<br />
Caroline. Non spingermi! Allontanati!». Saltò in piedi e rimase<br />
lì, battendo i denti.<br />
Poi fece <strong>un</strong>a risata cupa, di gola. «Sì, ok», disse. «Questo<br />
weekend andranno tutti al lago, tranne Ivy». Eric sorrise come<br />
se avesse appena sentito qualcosa di divertente. «Non è <strong>un</strong>a<br />
cosa carina <strong>da</strong> dire, adesso!».<br />
Che cosa pensava che avesse detto Caroline, nella sua mente<br />
annebbiata <strong>da</strong>lla droga?<br />
«Ehi!», gridò Eric. «Ti ho detto di non spingermi». Si spostò<br />
di lato. «Allontanati Caroline. Non voglio ascoltarti ancora.<br />
Allontanati!».<br />
Tristan lo guardò fino a quando non scomparve l<strong>un</strong>go la<br />
stra<strong>da</strong>. Provò a immaginare l’altra metà della conversazione di<br />
Eric. Che cosa pensava che volesse fargli fare Caroline?<br />
La mente di Tristan fu invasa <strong>da</strong> pensieri terrificanti. Poi si<br />
calmò e, concentrando tutte le sue energie, chiamò: «Caroline,<br />
sei qui?». La chiamò tre volte, ogni volta con la speranza che<br />
rispondesse. Ma i suoi sensi <strong>da</strong> angelo gli avevano già detto<br />
quello che il silenzio confermava: non c’era nient’altro che <strong>un</strong><br />
corpo freddo, e le sue domande stavano marcendo con lui.
Capitolo 6<br />
Venerdì mattina Gregory sventolò <strong>un</strong> pezzo di carta con <strong>un</strong><br />
numero di telefono <strong>da</strong>vanti a Ivy. «Promettimelo», disse.<br />
Lei scrollò le spalle e annuì senza entusiasmo.<br />
«Il lago J<strong>un</strong>iper è a <strong>un</strong>’ora e mezzo <strong>da</strong> qui, anzi,<br />
considerando come guido io, appena a <strong>un</strong>’ora», aggi<strong>un</strong>se con<br />
<strong>un</strong> sorriso. «Promettimelo, Ivy».<br />
«So ba<strong>da</strong>re a me stessa», gli disse, e risistemò il cibo nella<br />
borsa termica per la quarta volta. Maggie aveva preparato <strong>da</strong><br />
mangiare per Andrew, Gregory, Philip e lei ma voleva portare<br />
altro cibo. Avevano provviste sufficienti a sfamare <strong>un</strong>a<br />
famiglia di orsi.<br />
«Lo so che sai ba<strong>da</strong>re a te stessa», disse Gregory, «ma<br />
potresti sentirti ancora giù o spaventata. Questo posto può far<br />
<strong>da</strong>vvero paura quando si è soli». Agitò il foglietto. «Se hai<br />
bisogno di me… anche nel bel mezzo della notte… chiamami».<br />
Ivy mosse leggermente la testa, senza voler dire né sì né no,<br />
poi iniziò a impacchettare tutti i biscotti e le patatine che sua<br />
madre aveva sistemato sul tavolo della cucina. «Spero che tu<br />
sia pronto per mangiare ventiquattr’ore al giorno», disse a<br />
Gregory.<br />
Rise e aprì <strong>un</strong>a delle borse che Ivy stava reggendo,<br />
afferrando due biscotti. Gliene mise <strong>un</strong>o in bocca, e lei lo<br />
morse.<br />
«Te l’ho detto Ivy, non dirò nulla sul fatto che resti qui <strong>da</strong><br />
sola», disse Gregory, «ma devi chiamarmi <strong>un</strong>a volta al giorno».<br />
La fulminò con lo sguardo. «D’accordo?».<br />
Lei annuì.<br />
«Promettimelo», disse lui, con il viso vicino al suo. La<br />
teneva ferma con <strong>un</strong> dito agganciato alla fibbia della cintura.<br />
«Promettimelo».<br />
«Va bene, va bene, te lo prometto», disse lei, ridendo.
La lasciò an<strong>da</strong>re. Per <strong>un</strong> momento Ivy desiderò che<br />
rimanesse a casa.<br />
«So che cosa stai per fare in realtà», disse scherzando.<br />
«Appena ti avremo lasciato campo libero, chiamerai <strong>un</strong> sacco<br />
di gente e vi divertirete come matti».<br />
«È proprio così», disse Ivy, spingendo <strong>un</strong> pacco di tovaglioli<br />
dentro la borsa degli sp<strong>un</strong>tini. «Mi hai scoperto».<br />
«Hai pensato di chiamare Will?», Gregory stava ancora<br />
sorridendo ma parlava seriamente.<br />
«No», disse lei, con tono sicuro.<br />
«Perché non ti piace?», le chiese. «Non dirmi che è per quei<br />
disegni di angeli…».<br />
«No, non è per quello». Ivy controllò che ci fossero piatti e<br />
bicchieri di carta. Erano quelli di ’Tis the Season ed erano<br />
decorati con tacchini del giorno del Ringraziamento e cuori di<br />
San Valentino. «Mi piace. Solo che non mi sento a mio agio<br />
con lui. Non te lo so spiegare. Quando lo guardo, ha qualcosa<br />
negli occhi…».<br />
Gregory rise forte. «È amore? O è solo <strong>un</strong>a tempesta<br />
ormonale?»<br />
«Sì, sì, hai ragione», disse Ivy. «Dev’essere quello».<br />
«Penso di sì». Le mise le mani sulle spalle per non farla<br />
an<strong>da</strong>r via. «Uno di questi giorni capirai che ci sono ragazzi che<br />
non immagineresti mai che ti guar<strong>da</strong>no… con qualcosa negli<br />
occhi».<br />
Ivy si guardò i piedi.<br />
Gregory rise ancora e tolse le mani. «Cerca di essere gentile<br />
con Will», disse. «Gli sono capitate cose brutte, in passato».<br />
Prima che Ivy potesse chiedergli di quali cose brutte stesse<br />
parlando, Maggie e Philip entrarono in cucina. Philip indossava<br />
<strong>un</strong> cappellino degli Yankees e <strong>un</strong>a maglietta che Gregory gli<br />
aveva comprato alla partita.<br />
Poco a poco, Philip si stava affezionando a Gregory, e
Gregory ne sembrava contento. Le cose che diceva sugli angeli<br />
gli <strong>da</strong>vano ancora fastidio, ma probabilmente solo perché<br />
turbavano Ivy.<br />
Philip diede <strong>un</strong> piccolo pugno sul braccio di Ivy. Gregory<br />
aveva notato che quando c’erano altre persone, il suo fratellino<br />
non l’abbracciava mai. Maggie, che <strong>da</strong>l collo in giù era vestita<br />
per <strong>un</strong>a scampagnata e <strong>da</strong>l collo in su era pronta per an<strong>da</strong>re <strong>da</strong>l<br />
fotografo, le diede <strong>un</strong> pizzicotto e <strong>un</strong> bacio. Gregory e Philip<br />
sfregarono immediatamente le loro facce sullo stesso p<strong>un</strong>to.<br />
Ivy rise ma lasciò l’impronta rossa e fresca delle labbra della<br />
madre sulla sua guancia.<br />
«Ho <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a ragazza speciale», disse Maggie. «Ci hai<br />
preparato tutto. Giuro, ho allevato <strong>un</strong>a futura madre migliore di<br />
me».<br />
Ivy rise.<br />
Gregory portò fuori la borsa termica, e gli altri lo seguirono<br />
con bagagli e valigie, <strong>da</strong> sistemare nella macchina di Maggie.<br />
Gregory si era organizzato per an<strong>da</strong>re con la sua, e Andrew,<br />
che era stato trattenuto <strong>da</strong> <strong>un</strong>a ri<strong>un</strong>ione pomeridiana, li avrebbe<br />
raggi<strong>un</strong>ti al lago più tardi.<br />
Ci fu <strong>un</strong> gran sbattere di portiere e sprazzi di musica a tutto<br />
volume. Philip, che voleva an<strong>da</strong>re con Gregory, giocava con il<br />
suo stereo. Alla fine tutt’e due le macchine partirono, e Ivy<br />
rimase <strong>da</strong> sola a godersi il silenzio. L’aria del pomeriggio era<br />
cal<strong>da</strong> e ferma, e solo le cime degli alberi si muovevano <strong>un</strong> po’.<br />
Era <strong>un</strong>o dei pochi momenti di vera pace che provava <strong>da</strong> quando<br />
Tristan era morto.<br />
Entrò in casa e prese <strong>un</strong> libro che le aveva regalato Beth, di<br />
sicuro era <strong>un</strong>a storia d’amore piena di passione. Beth glielo<br />
aveva man<strong>da</strong>to tramite Suzanne con <strong>un</strong> biglietto di scuse,<br />
spaventata all’idea di incontrarla o chiamarla. Ivy le aveva<br />
telefonato per dirle che non era più arrabbiata.<br />
In ogni caso era ancora perplessa. Era stato troppo strano <strong>da</strong>
parte di Beth… scrivere al computer messaggi firmati<br />
«Tristan». Beth in genere era così attenta ai sentimenti delle<br />
altre persone. Certo, anche Will le era sembrato attento, e<br />
guar<strong>da</strong> cosa aveva fatto: aveva messo <strong>un</strong> paio di ali addosso a<br />
Tristan.<br />
Nonostante quel ricordo doloroso, Ivy sorrise. Che cosa<br />
avrebbe pensato Tristan di Will che lo trasformava in <strong>un</strong><br />
angelo?<br />
Lesse per più di <strong>un</strong>’ora e mezzo nella casa sull’albero,<br />
guar<strong>da</strong>ndo fuori ogni tanto attraverso le assi quella lontana<br />
striscia luccicante che era il fiume. Poi mise il libro nella<br />
cintura dei suoi jeans e scese la scala di cor<strong>da</strong>. Aveva voglia di<br />
<strong>un</strong>a passeggiata, così girò intorno alla facciata della casa e<br />
scese per il viale pieno di curve. Aumentò il passo, e mantenne<br />
<strong>un</strong>a buona an<strong>da</strong>tura anche mentre si arrampicava l<strong>un</strong>go la<br />
collina più volte, an<strong>da</strong>ndo avanti e indietro fino alla cima,<br />
su<strong>da</strong>ta e divertita.<br />
Forse sarebbe riuscita finalmente a suonare il Liebestraum,<br />
pensò. Con tutta quella calma intorno a lei, probabilmente<br />
avrebbe scatenato <strong>un</strong>a tempesta, e lo avrebbe suonato tutto fino<br />
alla canzone d’amore. Si era esercitata per il festival tutti i<br />
giorni ma non era riuscita ad arrivare alla fine del pezzo. A <strong>un</strong><br />
certo p<strong>un</strong>to le tornavano in mente i ricordi, <strong>un</strong>a lenta marea<br />
montava dentro di lei e lavava via la musica. Forse quel giorno<br />
sarebbe riuscita a restare sulle note.<br />
Ivy prese <strong>un</strong>a bibita <strong>da</strong>lla cucina e corse di sopra per fare<br />
<strong>un</strong>a doccia. A metà stra<strong>da</strong> si chiese se era il caso di chiudere la<br />
porta sul retro. Non essere stupi<strong>da</strong>, si disse. Ness<strong>un</strong>o viene mai<br />
su questa collina. Aveva intenzione di godersi quei giorni di<br />
tranquillità e non si sarebbe lasciata prendere <strong>da</strong>ll’ansia di<br />
Suzanne, Beth e Gregory.<br />
Quando salì i gradini fino alla sua stanza della musica, Ella<br />
le corse incontro e saltò sullo sgabello del pianoforte.
Ivy sorrise. «Anche tu ti stai esercitando per il festival?».<br />
Ripensò alle tre note che Ella “aveva suonato” la settimana<br />
prima, poi rimosse il ricordo; quella canzone l’avrebbe fatta<br />
pensare a Tristan.<br />
Cominciò i suoi esercizi, poi suonò le canzoni preferite di<br />
Philip, e alla fine iniziò il Liebestraum. Era contenta di come<br />
stava suonando, sentiva le dita volare sui tasti, completamente<br />
catturati <strong>da</strong>l ritmo intenso della musica. Poco prima di tornare<br />
al tema d’apertura, nel momento in cui si fermò per girare<br />
pagina, sentì <strong>un</strong> rumore.<br />
Pensò subito a <strong>un</strong>a finestra che sbatteva. Le venne la pelle<br />
d’oca, ma non si lasciò sopraffare <strong>da</strong>lla paura. Si disse che <strong>un</strong><br />
vetro che si rompeva era <strong>un</strong>o dei rumori dei suoi incubi. Se<br />
<strong>da</strong>vvero qualc<strong>un</strong>o voleva entrare, tutto quello che doveva fare<br />
era aprire la porta sul retro. Quel rumore non era di <strong>un</strong> vetro<br />
che si rompe, si disse. Un ramo di <strong>un</strong> albero era caduto sulla<br />
casa, o era caduto qualcosa al piano di sotto.<br />
Si sentì di nuovo agitata. Si guardò intorno e vide che Ella<br />
era an<strong>da</strong>ta via. Forse il gatto aveva sbattuto contro qualcosa. La<br />
cosa migliore <strong>da</strong> fare era <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata e rendersi conto che<br />
non era successo niente. Ivy andò in fondo alla scala e<br />
controllò se si sentiva qualcosa.<br />
Pensava che il rumore provenisse <strong>da</strong>ll’ala ovest della casa,<br />
<strong>da</strong>ll’ufficio di Andrew. Forse era Andrew, che era uscito prima<br />
<strong>da</strong>lla ri<strong>un</strong>ione e si era fermato a casa per prendere qualcosa.<br />
Ivy scese piano le scale fino alla sua camera <strong>da</strong> letto e si<br />
fermò proprio dietro la porta che conduceva nel salone.<br />
Avrebbe voluto che Ella fosse con lei; la gatta avrebbe potuto<br />
avvertirla drizzando le orecchie o tirando su la co<strong>da</strong>.<br />
All’improvviso la casa le sembrò enorme, grande il doppio<br />
di quanto fosse in realtà, piena di centinaia di posti nascosti e<br />
lontana <strong>da</strong> chi<strong>un</strong>que avrebbe potuto sentirla se avesse gri<strong>da</strong>to.<br />
Ivy tornò indietro e prese il telefono della sua stanza, poi lo
imise a posto.<br />
Riprendi il controllo di te stessa, pensò. Non puoi far fare<br />
alla polizia tutta la stra<strong>da</strong> fino a qui per niente.<br />
«Andrew?», chiamò. «Andrew, sei tu?».<br />
Ness<strong>un</strong>a risposta.<br />
«Ella, vieni qui. Dove sei, Ella?».<br />
La casa era immersa in <strong>un</strong> silenzio assor<strong>da</strong>nte.<br />
Ivy arrivò in p<strong>un</strong>ta di piedi nel salone e decise di scendere la<br />
scalinata centrale piuttosto che quella più stretta che portava<br />
all’ala ovest. C’era <strong>un</strong> telefono sul tavolo nella sala del piano di<br />
sotto. Se avesse notato che qualcosa non an<strong>da</strong>va, avrebbe<br />
telefonato immediatamente <strong>da</strong> lì.<br />
Alla fine della scalinata Ivy guardò rapi<strong>da</strong>mente a destra e a<br />
sinistra. Forse avrebbe dovuto solo correre via <strong>da</strong>lla porta<br />
d’ingresso, pensò.<br />
E poi? Avrebbe lasciato che qualc<strong>un</strong>o prendesse tutto quello<br />
che voleva? O meglio ancora, gli avrebbe permesso di trovarsi<br />
<strong>un</strong> posticino comodo per nascondersi ad aspettarla?<br />
Non lasciar correre troppo l’immaginazione, si rimproverò.<br />
Le stanze nell’ala est della casa – il soggiorno, la biblioteca<br />
e il solarium – erano chiuse, con le imposte serrate per non far<br />
entrare la prima luce del sole. Ivy girò <strong>da</strong>ll’altra parte,<br />
sbirciando il soggiorno <strong>da</strong> dietro <strong>un</strong> angolo. Lo attraversò,<br />
innervosita <strong>da</strong>llo scricchiolio delle vecchie assi del pavimento,<br />
e aprì la porta della cucina. Di fronte a lei c’era la porta che<br />
non aveva chiuso a chiave, non era stata aperta. Dopo aver<br />
controllato velocemente due armadi, chiuse la porta che <strong>da</strong>va<br />
sull’esterno.<br />
E il seminterrato? Chiuse a chiave la porta della cucina che<br />
vi conduceva. Posso controllare l’ingresso esterno più tardi,<br />
pensò, e andò nella sala <strong>da</strong> pranzo. Non c’era niente di strano.<br />
Come mise piede nel corridoio che portava allo studio di<br />
Andrew, Ella arrivò trotterellando dietro di lei.
«Ella!», Ivy tirò <strong>un</strong> sospiro di sollievo. «Cosa hai<br />
combinato?».<br />
Ella mosse violentemente la co<strong>da</strong> <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra.<br />
«La prima volta hai rotto la sua sedia», disse Ivy,<br />
rimproverando la gatta, nonostante si sentisse decisamente<br />
sollevata. «E adesso cosa? Un vaso Waterford?».<br />
Entrò decisa nella stanza e si fermò.<br />
Il vetro di <strong>un</strong>a finestra era sfon<strong>da</strong>to, la porta lì vicino<br />
socchiusa. Ivy indietreggiò.<br />
Andò a sbattere contro di lui. «Che cosa…».<br />
Prima che potesse girarsi, le misero <strong>un</strong> cappuccio sulla testa.<br />
Ivy gridò e lottò per liberarsi, strappando il sacco con le mani,<br />
artigliandolo come <strong>un</strong> gatto. Ma più tirava il cappuccio, più le<br />
si stringeva attorno al viso. Si sentiva soffocare.<br />
Combatteva per non lasciarsi prendere <strong>da</strong>l panico, lottando<br />
contro qualc<strong>un</strong>o molto più forte di lei. Pensa a qualcosa!<br />
Pensa!, si diceva.<br />
Aveva i piedi ancora liberi. Ma sapeva che se avesse perso<br />
l’equilibrio scalciando, lui l’avrebbe avuta in pugno. Iniziò a<br />
sfruttare il suo peso, ondeggiando con il suo corpo <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte<br />
all’altra. Ce la mise tutta. Lui perse la presa e Ivy corse via.<br />
Poi lui l’afferrò di nuovo. Adesso la stava spingendo contro<br />
qualcosa, <strong>un</strong> muro o <strong>un</strong> angolo, pensò. Non riusciva a vedere<br />
nulla e non aveva idea di dove si trovasse. Anche se fosse<br />
riuscita a liberarsi, non avrebbe saputo dove scappare. Il<br />
cappuccio era così ruvido che ogni volta che lo tirava il tessuto<br />
le bruciava la faccia. Voleva sollevare le mani e liberarsi la<br />
visuale così <strong>da</strong> vedere in faccia il suo aggressore.<br />
Lui non diceva niente. Lo sentì cambiare la presa, adesso la<br />
teneva con <strong>un</strong> solo braccio. Poi sentì qualcosa premuto sulla<br />
testa, qualcosa di duro e rotondo… come la canna di <strong>un</strong>a<br />
pistola.<br />
Iniziò a scalciare e a urlare.
Poi sentì <strong>un</strong>a serie di colpi <strong>da</strong> qualche parte nella casa.<br />
Qualc<strong>un</strong>o bussava e chiamava: «Ivy! Ivy!».<br />
Cercò di rispondere.<br />
Fu spinta all’indietro e non riuscì a evitare di cadere. Andò a<br />
sbattere contro qualcosa di duro come <strong>un</strong>a roccia e scivolò.<br />
Oggetti metallici cascavano e sbattevano attorno a lei. Poi tutto<br />
divenne nero.<br />
«Ivy! Ivy!», la chiamò Tristan.<br />
«Ivy! Ivy!», gridò Will, bussando rumorosamente alla porta<br />
d’ingresso. Poi iniziò a correre intorno alla casa, cercando <strong>un</strong><br />
altro modo per entrare.<br />
Vide la macchina di Gregory parcheggiata sul retro. Si<br />
bloccò – Tristan si bloccò – <strong>da</strong>vanti alla finestra rotta e alla<br />
porta che <strong>da</strong>va sull’ufficio di Andrew.<br />
«Ivy, che cosa… chi ha fatto questo?», stava dicendo<br />
Gregory, chino sopra di lei, mentre le toglieva con delicatezza<br />
il cappuccio che aveva sulla testa. «Stai bene? Va tutto bene<br />
adesso. Sei al sicuro».<br />
Gli attrezzi del camino erano sparpagliati sul pavimento. Ivy<br />
alzò la testa e guardò Gregory. Poi entrambi si girarono verso<br />
Will, che era fermo sulla porta. Tristan era appena scivolato<br />
fuori <strong>da</strong> Will, ma vedeva il terrore e l’incredulità sul volto di<br />
Ivy, e la rabbia montare su quello di Gregory.<br />
«Che ci fai qua?», chiese Gregory.<br />
Will era senza parole, e persino Tristan, se fosse rimasto<br />
dentro di lui, non sarebbe riuscito a <strong>da</strong>re <strong>un</strong> risposta<br />
soddisfacente per Gregory o per Ivy.<br />
«Non lo so», disse Will. «Ho solo pensato… ho solo capito<br />
che dovevo venire qui. Ho sentito che qualcosa non an<strong>da</strong>va e<br />
che dovevo venire».<br />
Adesso che la vampata di rabbia stava lasciando il volto di<br />
Gregory, videro che era molto pallido. Sembrava scosso quasi
quanto Ivy.<br />
«Stai bene Ivy?», chiese Will.<br />
Lei annuì e si girò, appoggiando la testa sul petto di<br />
Gregory.<br />
«Posso fare qualcosa?», domandò ancora Will.<br />
«No».<br />
«Forse dovrei chiamare la polizia».<br />
«Forse sì», disse Gregory, freddo e per niente amichevole.<br />
Quando Will chiamò, parlò con calma, ma Tristan sapeva<br />
che il suo alleato si sentiva scosso e spaventato proprio come<br />
lui. Tristan sapeva qualcosa di più sul perché Will<br />
all’improvviso aveva sentito che Ivy era in pericolo.<br />
Lei ha bisogno di te. Il messaggio era arrivato a Tristan, non<br />
avrebbe potuto dire se l’avesse sentito per <strong>da</strong>vvero o solo nella<br />
sua mente. Ma sapeva che stava per succedere qualcosa, e si<br />
era ricor<strong>da</strong>to che Lacey gli aveva detto che <strong>da</strong> solo non avrebbe<br />
potuto proteggere Ivy, che doveva <strong>un</strong>ire i suoi poteri con quelli<br />
di qualc<strong>un</strong> altro. Così era corso dritto <strong>da</strong> Will, e gli aveva<br />
ordinato di an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> Ivy, perché lei aveva bisogno di aiuto.<br />
Era stato difficile, soprattutto all’inizio. Tristan si era dovuto<br />
impegnare molto per canalizzare la sua energia, e piano piano<br />
Will si era arreso alla sua volontà. Tristan si chiedeva se si<br />
rendeva conto di essersi arrampicato su per la collina a più di<br />
dieci chilometri l’ora, nonostante il caldo e la stra<strong>da</strong> in salita.<br />
Chissà se Will si ricor<strong>da</strong>va di aver corso intorno alla casa più<br />
veloce di quanto fosse umanamente possibile?<br />
Ma non abbastanza veloce per sorprendere l’assalitore di<br />
Ivy, pensò Tristan. Fino a quando non l’avesse scoperto, non<br />
c’era modo di sapere quando avrebbe colpito la prossima volta,<br />
o come Will poteva proteggere Ivy.<br />
Will e io. Io e Will. Non si poteva negare che Will teneva a<br />
Ivy, e Tristan aveva bisogno che fosse così.<br />
Tristan guardò Gregory che sollevava Ivy e la portava sul
divano. Ella stava accovacciata sotto la scrivania di Andrew,<br />
con gli occhi che fiammeggiavano come se fossero di brace.<br />
«Chi è stato, Ella?», chiese Tristan. «Sei l’<strong>un</strong>ica che l’ha<br />
visto. Chi è stato?».<br />
Will uscì <strong>da</strong>lla stanza e tornò con del ghiaccio.<br />
Gregory lo prese e lo mise con delicatezza sulla testa di Ivy.<br />
«Sono qui. Andrà tutto bene», le ripeteva, accarezzandola e<br />
confortandola.<br />
Poco dopo sentirono <strong>un</strong>a sirena. Una macchina della polizia<br />
entrò <strong>da</strong>l viale, seguita inaspettatamente <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra macchina,<br />
quella di Andrew.<br />
«Cos’è successo?», gridò Andrew, entrando di corsa in casa<br />
con i poliziotti. «Ivy, stai bene?».<br />
Guardò la finestra rotta, poi Will e infine rivolse la sua<br />
attenzione a Gregory. «Che ci fai tu qua?», gli chiese. «Dovevi<br />
essere con Maggie e Philip».<br />
«Che ci fai tu?», chiese a sua volta Gregory.<br />
Andrew lanciò <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata ai poliziotti, poi indicò la<br />
sua scrivania. «Ho lasciato qui dei documenti. Dei resoconti su<br />
cui volevo lavorare al lago».<br />
«Io sono venuto perché Ivy mi ha chiamato», disse Gregory.<br />
«Prima le avevo detto di chiamarmi se avesse avuto bisogno di<br />
qualsiasi cosa». Abbassò lo sguardo verso di lei. Ivy lo<br />
guar<strong>da</strong>va perplessa. «Mi hai chiamato tu, giusto?», le chiese.<br />
«No».<br />
Gregory sembrava sorpreso, poi strinse forte le sue mani e le<br />
lasciò an<strong>da</strong>re. «Oh», disse a bassa voce. «Allora devi <strong>un</strong> grosso<br />
favore a qualc<strong>un</strong>o».<br />
Si girò verso gli altri. «Quando siamo arrivati al lago, sono<br />
dovuto an<strong>da</strong>re al supermercato. Maggie aveva dimenticato la<br />
carta igienica. Quando sono tornato, il custode mi ha detto che<br />
qualc<strong>un</strong>o mi aveva chiamato tre volte, ma non aveva lasciato<br />
ness<strong>un</strong> messaggio. Ho pensato che fosse Ivy. È <strong>un</strong> periodo duro
per lei… lo sai», disse rivolgendosi al padre. «Non ho perso<br />
tempo e sono corso a casa».<br />
«Sei <strong>un</strong>a ragazza fort<strong>un</strong>ata», sottolineò <strong>un</strong> poliziotto.<br />
Poi iniziarono a fare domande. Tristan camminava<br />
lentamente per la stanza, studiando i volti e leggendo quello<br />
che scrivevano i poliziotti.<br />
Era gelosia, quello che sentiva ogni volta che vedeva<br />
Gregory toccare Ivy? Oppure era <strong>un</strong>a qualche intuizione?, si<br />
chiese. Ivy era <strong>da</strong>vvero al sicuro tra le braccia di Gregory?<br />
Era stato Gregory a dire a Eric che Ivy sarebbe rimasta <strong>da</strong><br />
sola per tutto il week end? E se era stato Eric a fare tutto<br />
questo, Gregory lo avrebbe coperto?<br />
E perché Gregory aveva chiesto a suo padre come mai si<br />
trovasse lì? Pensava che la spiegazione di Andrew per il suo<br />
ritorno fosse troppo scontata?<br />
La polizia rimase a l<strong>un</strong>go quel pomeriggio e fece tantissime<br />
domande, ma per Tristan erano tutte sbagliate.
Capitolo 7<br />
Quando Ivy aprì la porta, il martedì mattina, sapeva già che<br />
Beth aveva letto il giornale locale. La sua amica la salutò con<br />
<strong>un</strong> rapido, timido: «Come stai?», abbracciò Ivy, fin quasi a<br />
bloccarle il respiro, poi si ritrasse, arrossendo.<br />
«Sto bene», disse Ivy. «Sto <strong>da</strong>vvero bene».<br />
«Sicura?», Beth sembrava <strong>un</strong>a mamma-gufo molto<br />
preoccupata, con gli occhi spalancati e i capelli crespi e<br />
anno<strong>da</strong>ti che parevano morbide piume. Fissava la guancia<br />
livi<strong>da</strong> di Ivy.<br />
«È l’ultima mo<strong>da</strong> in fatto di tatuaggi», disse Ivy, sorridendo<br />
e toccandosi il volto delicatamente.<br />
«La tua faccia sembra <strong>un</strong>a… <strong>un</strong>a violetta».<br />
Ivy rise. «Viola e gialla. Al festival avrò <strong>un</strong> aspetto<br />
fantastico. Hai qualcosa che sta bene con questi colori?».<br />
Beth cercò di sorridere, ma riuscì solo a mordersi <strong>un</strong> labbro.<br />
«Vieni pure», disse Ivy gui<strong>da</strong>ndola in cucina. «Beviamo<br />
qualcosa. Siamo bloccate qui per <strong>un</strong> po’. Sto per essere<br />
interrogata la terza volta».<br />
«Da <strong>un</strong> giornale?»<br />
«Dalla polizia».<br />
«La polizia! Ivy, gli hai raccontato del…», Beth esitò.<br />
«Di cosa?»<br />
«Dei messaggi al computer», disse Beth a bassa voce.<br />
«No». Ivy le porse <strong>un</strong>o sgabello <strong>da</strong> bar. «Per quale motivo?<br />
È stata solo <strong>un</strong>a strana coincidenza. Stavi solo scherzando<br />
e…».<br />
Si fermò dopo aver visto lo sguardo di Beth. «Io non stavo<br />
facendo proprio niente».<br />
Ivy scrollò le spalle, poi prese qualche chicco di caffè. Da<br />
venerdì sera si comportava come se non fosse successo niente,<br />
come se avesse già superato il trauma. Non le an<strong>da</strong>va di
ovinare il week end di tutti gli altri e cercava di non farli<br />
preoccupare e di non farli sentire in dovere di ricoprirla di<br />
attenzioni. Ma in realtà era contenta che tutta la sua famiglia<br />
stesse a casa con lei. Iniziava a sentirsi spiata.<br />
Philip era convinto che <strong>un</strong> angelo aveva man<strong>da</strong>to Gregory a<br />
salvarla… lo stesso angelo che gli aveva evitato quella brutta<br />
caduta <strong>da</strong>lla casa sull’albero, aveva detto. Aveva trovato <strong>da</strong><br />
poco <strong>un</strong>a statuina di <strong>un</strong> angelo vestito <strong>da</strong> giocatore di baseball<br />
ed era convinto che gli fosse stata regalata <strong>da</strong> <strong>un</strong> grande amico<br />
del suo angelo custode.<br />
Ivy sapeva che suo fratello diceva quelle cose perché era<br />
spaventato. Forse, pensava, dopo aver perso Tristan, Philip era<br />
terrorizzato all’idea di perdere anche lei. Forse era per questo<br />
motivo che l’aveva messa in guardia più di <strong>un</strong>a volta <strong>da</strong>l treno<br />
che scalava la collina per catturarla.<br />
Come poteva fargliene <strong>un</strong>a colpa? Dopo l’incidente con la<br />
macchina, e poi l’agguato di venerdì, lei stessa vedeva pericoli<br />
nascosti <strong>da</strong>ppertutto. E se adesso c’era qualcosa di cui <strong>da</strong>vvero<br />
non sentiva il bisogno, era che Beth la guar<strong>da</strong>sse come se<br />
avesse scorto qualcosa di spaventoso <strong>da</strong>ll’aldilà.<br />
«Beth, tu sei mia amica, ed eri preoccupata perché sarei<br />
rimasta sola, come lo erano Suzanne e Gregory. La differenza è<br />
che tu sei <strong>un</strong>a scrittrice e… e hai <strong>un</strong>’immaginazione molto<br />
fervi<strong>da</strong>», aggi<strong>un</strong>se Ivy sorridendo. «È <strong>un</strong>a cosa naturale che<br />
quando ti preoccupi, poi ne venga fuori <strong>un</strong>a storia».<br />
Beth non sembrava convinta.<br />
«In ogni caso, tu non sei responsabile. Anche se tu fossi <strong>un</strong>a<br />
sensitiva… i sensitivi sanno semplicemente delle cose, non le<br />
fanno succedere».<br />
Suonarono alla porta e Ivy si asciugò le mani. «In ogni caso<br />
non c’è ness<strong>un</strong> motivo per dirlo alla polizia».<br />
«Dire che cosa?», chiese Gregory, che era appena entrato in<br />
cucina.
Si era alzato prima del solito, e si era preparato per <strong>un</strong>a<br />
giornata a New York con Suzanne.<br />
«Racconta tutto a Gregory, Beth, se ti fa sentire più<br />
tranquilla», consigliò Ivy, prima di an<strong>da</strong>re ad aprire la porta.<br />
Un uomo con i capelli rossi e <strong>un</strong>a mentina in bocca<br />
camminava su e giù nel portico all’ingresso come se stesse<br />
aspettando <strong>da</strong> ore. Si presentò come il luogotenente Donnelly e<br />
chiese a Ivy se poteva parlarle nello studio dove era stata<br />
aggredita.<br />
«Devo controllare», rispose Ivy. «Il mio patrigno oggi non è<br />
an<strong>da</strong>to al college e se sta lavorando…».<br />
«È in casa? Ottimo», la interruppe il detective. «Anche lui è<br />
sulla mia lista».<br />
Pochi minuti dopo vennero accompagnati tutti nello studio<br />
di Andrew <strong>da</strong> Gregory. Il detective aveva domande <strong>da</strong> fare a<br />
tutti loro, ma la maggior parte delle cose di cui parlarono<br />
riguar<strong>da</strong>va fatti già emersi in precedenza.<br />
Quando finirono, il luogotenente disse: «Il motivo per cui vi<br />
abbiamo interrogato di nuovo è che c’è stato <strong>un</strong> altro attacco<br />
simile la scorsa notte a Ridgefield. Lo stesso modo di<br />
introdursi in casa, la vittima è <strong>un</strong>a ragazza adolescente, le<br />
hanno messo <strong>un</strong> cappuccio sulla testa. Se il nostro amico sta<br />
iniziando <strong>un</strong>a serie di attacchi del genere, vogliamo trovare<br />
tutte le analogie che possiamo. Così <strong>da</strong> elaborare <strong>un</strong> profilo<br />
comportamentale, prevedere le sue mosse, e catturarlo».<br />
«Quindi siete gi<strong>un</strong>ti alla conclusione che l’attacco a Ivy è<br />
stato casuale», disse Andrew, «anziché <strong>un</strong> gesto di qualc<strong>un</strong>o<br />
che la conosce?»<br />
«Non siamo gi<strong>un</strong>ti a ness<strong>un</strong>a conclusione», rispose il<br />
detective, sporgendosi verso di lui e drizzando le folte<br />
sopracciglia rosse, «ma io sono sempre interessato alle teorie<br />
degli altri».<br />
«Non ho ness<strong>un</strong>a teoria», disse Andrew chiaramente.
«Voglio solo sapere se adesso Ivy è al sicuro».<br />
«C’è qualche motivo per cui pensa che non lo sia? C’è<br />
qualc<strong>un</strong>o che lei conosce che potrebbe voler fare del male a<br />
qualche membro della sua famiglia?»<br />
«No», rispose Andrew. Quindi si girò verso Gregory. «Non<br />
che io sappia», disse lentamente. «Ti viene in mente qualc<strong>un</strong>o,<br />
Gregory?».<br />
Gregory lasciò la doman<strong>da</strong> in sospeso per qualche istante.<br />
«No».<br />
Andrew si rivolse di nuovo al detective. «Vogliamo solo<br />
sapere se possiamo pensare che Ivy è al sicuro».<br />
«Certo. La capisco, signore», disse Donnelly. «E senza<br />
dubbio lei capisce che non posso <strong>da</strong>rle questa certezza». Diede<br />
a Ivy il suo biglietto <strong>da</strong> visita. «Se si ricor<strong>da</strong> qualcosa, mi<br />
telefoni».<br />
«Quella ragazza di Ridgefield», disse Ivy, tirando il<br />
detective per la manica, «sta bene?».<br />
La bocca dell’uomo si incurvò in <strong>un</strong>’espressione triste.<br />
Scosse due volte la testa. «È morta», disse piano, poi aprì la<br />
porta accanto al vetro appena riparato. «Conosco la stra<strong>da</strong>».<br />
Appena se ne fu an<strong>da</strong>to, Ivy corse fuori <strong>da</strong>lla stanza, non<br />
voleva che gli altri la vedessero piangere. Gregory la raggi<strong>un</strong>se<br />
a metà delle scale sul retro. Lei si divincolò per non farsi<br />
prendere e cadde a quattro zampe. Lui la tirò a sé.<br />
«Ivy, parlami, che hai?».<br />
Ivy si ritrasse e strinse le labbra.<br />
«Che hai?»<br />
«Sarebbe potuto succedere a me!», disse tra le lacrime. «Se<br />
tu non fossi arrivato proprio in quel momento, se tu non<br />
l’avessi spaventato facendolo scappare…», le lacrime si<br />
rincorrevano sulle sue guance.<br />
«Non è successo», disse con tono dolce ma deciso, e la fece<br />
sedere sui gradini.
Non an<strong>da</strong>rtene adesso, lo supplicava Ivy tra sé. Non uscire<br />
con Suzanne oggi. Ho più bisogno di te di quanto ne abbia lei.<br />
Si sentì immediatamente in colpa per quei pensieri.<br />
Gregory le asciugò le lacrime.<br />
«Mi dispiace», disse Ivy.<br />
«Per cosa?»<br />
«Perché mi comporto in maniera così… così…».<br />
«Umana?».<br />
Ivi appoggiò la testa sul suo petto.<br />
Lui le spostò i capelli <strong>da</strong>l volto e se li arrotolò tra le dita.<br />
«Mio padre aveva ragione, sai. Per <strong>un</strong>a volta il vecchio<br />
Andrew ha colto nel segno. Mi dispiace per la famiglia<br />
dell’altra ragazza, ma mi sento sollevato. Adesso sappiamo che<br />
non era qualc<strong>un</strong>o che ce l’aveva con te». Le tirò indietro la<br />
testa per guar<strong>da</strong>rla negli occhi. «E poi adesso Will non è più fra<br />
i sospettati», scherzò.<br />
Ivy non rise.<br />
«A meno che Will non abbia <strong>un</strong>a carriera di cui non<br />
sappiamo niente. Riesce a essere tremen<strong>da</strong>mente silenzioso e<br />
misterioso…».<br />
Ivy non sorrise neppure stavolta. Respirava il più<br />
regolarmente possibile, cercando di soffocare i singhiozzi.<br />
«Faresti meglio ad an<strong>da</strong>re, Gregory», gli consigliò. «Ti sei<br />
accorto di che ora è? A Suzanne non piace chi arriva in ritardo<br />
agli app<strong>un</strong>tamenti».<br />
«Lo so», disse, e allontanò Ivy, per guar<strong>da</strong>rla bene.<br />
Chissà se guar<strong>da</strong> Suzanne in questa maniera, si chiese, così<br />
intensamente, come se volesse scovare i suoi pensieri? La<br />
guar<strong>da</strong> negli occhi come fa con me? Si preoccupa per lei come<br />
si preoccupa per me?<br />
Un’altra on<strong>da</strong>ta di senso di colpa la travolse; il suo volto<br />
doveva averlo rivelato.<br />
«Che succede?», le chiese lui. «Cosa stai pensando?»
«Niente. È meglio che tu va<strong>da</strong>».<br />
Continuò a guar<strong>da</strong>rla perplesso.<br />
«Quando esci, puoi dire a Beth che scenderò tra <strong>un</strong><br />
minuto?».<br />
Lui scrollò le spalle, poi si staccò <strong>da</strong> lei. «Certo».<br />
Ivy salì in fretta le scale. Era contenta di passare la giornata<br />
con Beth. Se Ivy le diceva che non aveva voglia di parlare di<br />
qualcosa, lei cambiava subito argomento. Purtroppo era già<br />
d’accordo per cenare con Suzanne, al suo rientro <strong>da</strong> New York.<br />
Ivy non aveva ness<strong>un</strong>a voglia di passare la serata a parlare di<br />
tutti i dettagli dell’eroico salvataggio di Gregory e tutti i “e lui<br />
ha detto, e io gli ho detto” dell’app<strong>un</strong>tamento di Suzanne.<br />
Aveva appena superato la stanza di Gregory quando sentì il<br />
suo telefono suonare. Era indecisa se rispondere per lui o<br />
lasciare che si attivasse la segreteria.<br />
Probabilmente è Suzanne, pensò Ivy, che chiama per sapere<br />
dov’è finito. Si fermò ad ascoltare; se si fosse trattato della sua<br />
amica, avrebbe risposto per dirle che Gregory stava arrivando.<br />
La segreteria diede il segnale per lasciare <strong>un</strong> messaggio. Ci<br />
fu <strong>un</strong> momento di silenzio, poi qualc<strong>un</strong>o disse: «Sono io. Mi<br />
servono i soldi, Gregory. Sai che non mi piace an<strong>da</strong>re <strong>da</strong>l tuo<br />
vecchio. E sai cosa succederà se non mi <strong>da</strong>rai i soldi. Mi<br />
servono i soldi, Gregory, adesso».<br />
Chiuse la chiamata senza dire il suo nome, ma Ivy lo aveva<br />
riconosciuto <strong>da</strong>lla voce. Eric.<br />
Ivy tamburellò con le dita sulla sedia di vimini, osservò il<br />
laghetto dietro la casa dei Goldstein, e per l’ennesima volta<br />
controllò l’orologio. Era chiaro che Suzanne aveva dimenticato<br />
i loro programmi. Dovevano vedersi alle sei e mezzo. Adesso<br />
erano le sette e venticinque. Ivy si sentiva decisamente irritata<br />
per aver aspettato tutto quel tempo, soprattutto perché non<br />
aveva molta voglia di vedere Suzanne quella sera. Ma pensò
che poteva passarci sopra, <strong>da</strong> brava migliore amica.<br />
«La tua migliore amica per sempre», mormorò. A casa<br />
aveva <strong>un</strong>a grossa scatola di lettere spiegazzate, biglietti che<br />
Suzanne aveva iniziato a scriverle in quarta elementare ogni<br />
volta che si annoiava in classe. Tutte le lettere finivano con “la<br />
tua migliore amica per sempre”.<br />
Per sempre… ma la verità era che, con Gregory in mezzo, le<br />
cose tra loro due stavano cambiando. E Suzanne ne era<br />
colpevole quanto lei. Ivy si alzò bruscamente <strong>da</strong>lla sedia e<br />
scese le scale del portico.<br />
Dall’altro lato della casa gi<strong>un</strong>se il rumore di <strong>un</strong>a macchina<br />
che risaliva il viale. Si chiuse <strong>un</strong>a portiera. Ivy girò intorno<br />
all’edificio, poi si fermò. Gregory e Suzanne camminavano<br />
lentamente verso la casa, abbracciati, la testa di Suzanne<br />
appoggiata sulla spalla di Gregory. Ivy rimpianse di non<br />
essersene an<strong>da</strong>ta via prima, molto prima.<br />
Gregory la vide per primo e si fermò. A quel p<strong>un</strong>to Suzanne<br />
alzò lo sguardo. «Ciao, Ivy!», disse sorpresa. Un momento più<br />
tardi, si mise le mani sulla testa. «Oh no, mi sono<br />
completamente dimenticata! Mi sono completamente<br />
dimenticata! Spero che tu non mi abbia aspettato troppo a<br />
l<strong>un</strong>go».<br />
Dalle sei e mezzo, e lo sai, e sto morendo di fame, avrebbe<br />
voluto dire Ivy, ma non lo fece. Ma non avrebbe nemmeno<br />
giocato al gioco di Suzanne, rassicurandola in qualche modo:<br />
Oh no, non ti preoccupare, sono stata qui per conto mio. Era<br />
quello che avrebbe dovuto rispondere, o no? Si limitò a fissare<br />
la sua amica e lasciarla trarre le sue conclusioni.<br />
Forse Gregory avrebbe allentato <strong>un</strong> po’ la tensione tra loro<br />
due. Si intromise rapi<strong>da</strong>mente. «Abbiamo deciso all’ultimo<br />
momento di mangiare <strong>un</strong>a pizza <strong>da</strong> Celentano. Mi dispiace ma<br />
non sapevamo che fossi qui, Ivy. Sarebbe stato fantastico se<br />
fossi venuta con noi».
Fu ricompensato con due occhiatacce: <strong>un</strong>a <strong>da</strong> Suzanne,<br />
perché aveva detto che la cena sarebbe stata fantastica se Ivy<br />
fosse stata con loro; e <strong>un</strong>’altra <strong>da</strong> Ivy, per aver insinuato che le<br />
avrebbe fatto piacere uscire con loro durante <strong>un</strong> app<strong>un</strong>tamento.<br />
Non aveva mai sentito dire che tre persone sono troppe?<br />
Gregory si liberò <strong>da</strong>ll’abbraccio di Suzanne, poi si ritirò<br />
verso la macchina. Infilò <strong>un</strong>a mano in tasca e appoggiò l’altra<br />
sulla portiera aperta, cercando di sembrare disinvolto.<br />
«Mi rendo conto che c’è qualcosa di cui parlare, stasera, <strong>un</strong><br />
po’ di panni sporchi <strong>da</strong> lavare. Forse è meglio che io va<strong>da</strong>,<br />
prima di finire invischiato in <strong>un</strong>a soap opera».<br />
Sei tu la soap opera, pensò Ivy.<br />
«Potresti anche restare», rispose Suzanne. «Quasi tutti i<br />
ragazzi sono bravi solo a parlare».<br />
Gregory rise – non così spontaneamente come avrebbe<br />
voluto far credere, pensò Ivy – poi fece tintinnare le chiavi<br />
della macchina verso di loro e se ne andò.<br />
«Sono distrutta», disse Suzanne, abbandonandosi sui gradini<br />
dell’ingresso e trascinando Ivy giù accanto a lei. «Manhattan<br />
d’estate… lasciatelo dire, è piena di matti. Avresti dovuto<br />
vedere tutta quella gente a Times Square, che aspettava <strong>un</strong>’altra<br />
apparizione di…».<br />
Si interruppe <strong>da</strong> sola, ma Ivy sapeva cosa stava per dire.<br />
Aveva già letto dell’immagine di Barbra Streisand che si era<br />
trasformata in <strong>un</strong> angelo.<br />
Suzanne allora si all<strong>un</strong>gò e accarezzò il volto di Ivy molto,<br />
molto dolcemente. «Non si sono stancati di vederti al pronto<br />
soccorso?».<br />
Ivy ri<strong>da</strong>cchiò.<br />
«Come ti senti?», chiese Suzanne.<br />
«Va tutto bene… <strong>da</strong>vvero», aggi<strong>un</strong>se quando vide lo<br />
sguardo dubbioso dell’amica.<br />
«Fai dei sogni anche su questa storia, adesso?»
«Finora no», disse Ivy.<br />
«Sei forte, ragazza», disse Suzanne, scuotendo la testa. «E<br />
scommetto che sei affamata e pronta a uccidermi».<br />
«Molto affamata e quasi pronta», rispose Ivy mentre<br />
Suzanne si alzava e frugava nella sua borsetta alla ricerca delle<br />
chiavi di casa. Peppermint, il chihuahua di Suzanne, li salutò<br />
con grandi guaiti di gioia, pregustando la cena. An<strong>da</strong>rono dritte<br />
in cucina.<br />
Mentre Suzanne <strong>da</strong>va <strong>da</strong> mangiare a Peppermint, Ivy dette<br />
<strong>un</strong>’occhiata nel congelatore dei Goldstein, che di solito era<br />
sempre ben fornito. Scelse <strong>un</strong>a grossa scodella di zuppa fatta in<br />
casa. Suzanne sistemò <strong>un</strong> piattino di dolci al cioccolato e <strong>un</strong>a<br />
piccola torta con la glassa al limone sul tavolo. Prese <strong>un</strong><br />
dolcetto, poi iniziò ad an<strong>da</strong>re avanti e indietro sulla sedia<br />
girevole.<br />
«Ce l’ho fatta, Ivy», disse. «Gregory ha abboccato. Adesso<br />
devo solo tirare su la lenza».<br />
«Pensavo che avresti avvolto la lenza la scorsa settimana, o<br />
forse addirittura la settimana prima», disse Ivy.<br />
«Ecco perché mi serve il tuo aiuto», disse immediatamente<br />
Suzanne. «Con Gregory non sono mai sicura. Ho bisogno di<br />
sapere, Ivy… è uscito con qualche altra ragazza questo<br />
weekend? Voglio dire, io ero via e lui è dovuto rientrare a casa<br />
per te, forse ha tirato fuori la sua agendina e…».<br />
Ivy girava e rigirava il cucchiaio nella zuppa. «Non lo so»,<br />
disse.<br />
«Non puoi non saperlo! Vivi con lui!».<br />
«Sabato mattina è stato a casa. Il pomeriggio abbiamo<br />
giocato a tennis e siamo an<strong>da</strong>ti a fare shopping. La sera è<br />
venuto a vedere <strong>un</strong> film con me e Philip. È uscito <strong>un</strong> po’<br />
domenica pomeriggio, ma poi è sempre stato con Philip e me».<br />
«E te. Per fort<strong>un</strong>a che sei la mia migliore amica e la<br />
sorellastra di Gregory», sottolineò Suzanne, «o altrimenti sarei
stata decisamente gelosa e sospettosa. Meglio per noi due, no?»<br />
«Già», rispose Ivy, senza entusiasmo.<br />
«E l<strong>un</strong>edì? È uscito?»<br />
«È uscito <strong>un</strong> po’ la mattina, poi la notte scorsa, tardi.<br />
Suzanne, non mi sembra corretto riferirti tutto quello che fa<br />
lui».<br />
«Bene, <strong>da</strong> che parte stai allora?», chiese l’amica.<br />
Ivy sbriciolò <strong>un</strong> cracker nella zuppa. «Non sapevo di<br />
dovermi schierare <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte o <strong>da</strong>ll’altra».<br />
«Ti senti più leale verso di me, o verso Gregory?», insistette<br />
Suzanne. «Sai, all’inizio pensavo che non ti piacesse molto.<br />
Anzi, pensavo che non lo sopportassi proprio, ma che non<br />
dicessi niente per non ferire i miei sentimenti».<br />
Ivy annuì. «All’epoca non lo conoscevo molto bene. Ma<br />
adesso sì, e siccome tengo a lui e tengo a te, e siccome lo stai<br />
corteggiando…».<br />
«L’ho conquistato, Ivy».<br />
«Siccome l’hai conquistato, e hai agganciato me all’amo<br />
anni fa, come posso schierarmi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte o <strong>da</strong>ll’altra?»<br />
«Non essere così ingenua», rispose Suzanne. «C’è sempre<br />
<strong>un</strong>a parte <strong>da</strong> cui schierarsi, in amore». Iniziò a tagliare a fette<br />
sottili i dolcetti al cioccolato che erano nel piattino. «L’amore è<br />
<strong>un</strong>a guerra».<br />
«Non farlo, Suzanne».<br />
Smise di affettare i dolcetti. «Cosa non dovrei fare?»<br />
«Non fare quello che stai per fargli».<br />
Suzanne si a<strong>da</strong>giò sullo schienale della sedia. «Cosa stai<br />
dicendo, di preciso?», c’era <strong>un</strong> gelo evidente nella sua voce.<br />
«Ti sto dicendo di non prenderlo in giro. Non sballottarlo <strong>da</strong><br />
<strong>un</strong>a parte all’altra come hai fatto con gli altri ragazzi. Lui<br />
merita di più, molto di più».<br />
Suzanne rimase in silenzio per <strong>un</strong> momento. «Sai di cosa hai<br />
bisogno, Ivy? Di <strong>un</strong> ragazzo tutto per te».
Ivy teneva gli occhi fissi sulla zuppa.<br />
«E Gregory è d’accordo con me su questo p<strong>un</strong>to».<br />
Ivy alzò gli occhi di scatto.<br />
«Pensa che Will sia perfetto per te».<br />
«Tristan era perfetto per me».<br />
«Era», disse Suzanne. « Era. La vita va avanti, e tu devi<br />
an<strong>da</strong>re avanti con lei!».<br />
«Lo farò quando sarò pronta», rispose Ivy.<br />
«Devi liberarti del passato». Suzanne la prese per il polso.<br />
«Devi smetterla di comportarti come <strong>un</strong>a bambina, aggrappata<br />
alla mano del tuo fratellone Gregory».<br />
Ivy distolse lo sguardo.<br />
«Devi ricominciare a uscire e a guar<strong>da</strong>re altri ragazzi. Will è<br />
<strong>un</strong> inizio».<br />
«Stanne fuori, Suzanne».<br />
«Gregory e io possiamo organizzarti qualcosa».<br />
«Ho detto, stanne fuori!».<br />
«Va bene!».<br />
Suzanne tagliò <strong>un</strong>a piccolissima fetta di dolcetto, poi p<strong>un</strong>tò<br />
il coltello verso Ivy. «Ma stanne fuori anche tu, e non dirmi<br />
cosa devo fare. Ti sto avvisando adesso, non intrometterti tra<br />
me e Gregory».<br />
Che cosa intendeva per intromettersi?, si chiese Ivy. Doveva<br />
smetterla di <strong>da</strong>rle suggerimenti, oppure di stare aggrappata alla<br />
mano di Gregory?<br />
Entrambe fissavano i loro piatti in silenzio. Peppermint<br />
guar<strong>da</strong>va ora l’<strong>un</strong>a ora l’altra. Poi in qualche modo, dopo <strong>un</strong><br />
silenzio che sembrò interminabile, affrontarono argomenti<br />
meno delicati, chiacchierando del matrimonio a cui era an<strong>da</strong>ta<br />
Suzanne. Ma mentre Suzanne parlava e lei annuiva, tutto<br />
quello che Ivy riusciva a pensare era che, in <strong>un</strong> modo o<br />
nell’altro, avrebbe perso <strong>un</strong>a persona che significava molto per<br />
lei.
Capitolo 8<br />
«Ancora <strong>un</strong> minuto di pazienza, Philip», disse Ivy.<br />
«Vogliamo <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata anche agli altri quadri».<br />
«Penso che andrò a cercare Gregory».<br />
Ivy si all<strong>un</strong>gò rapi<strong>da</strong>mente e afferrò il fratellino per il<br />
bavero della maglietta. «Non oggi. Sei incastrato con me e<br />
Beth».<br />
Negli ultimi quattro giorni Ivy aveva passato pochissimo<br />
tempo con Gregory, l’aveva visto solo qualche volta a pranzo o<br />
a cena con tutta la famiglia, o l’aveva incontrato per caso<br />
nell’ingresso. Ogni volta che le loro strade si erano incrociate,<br />
lei era stata molto attenta a non iniziare conversazioni che<br />
sarebbero an<strong>da</strong>te per le l<strong>un</strong>ghe. Ogni volta che lui era an<strong>da</strong>to a<br />
cercarla – e più lei lo evitava più lui la cercava – Ivy gli aveva<br />
detto che stava per an<strong>da</strong>re nella sua stanza della musica per<br />
esercitarsi.<br />
Gregory sembrava perplesso e anche <strong>un</strong> po’ irritato per la<br />
distanza che lei stava mettendo tra loro. Ma cos’altro poteva<br />
fare? Il loro rapporto era diventato troppo intimo. Senza<br />
volerlo, Ivy aveva iniziato a dipendere <strong>da</strong> lui. Se non faceva <strong>un</strong><br />
passo indietro adesso, rischiava di perdere l’amicizia di<br />
Suzanne.<br />
Suzanne e Beth avevano incontrato Gregory, Philip e Ivy in<br />
città quel pomeriggio, in fondo a Main Street, dove iniziava lo<br />
spazio del festival. Suzanne aveva abbracciato immediatamente<br />
Gregory, infilandogli <strong>un</strong>a mano nella tasca posteriore dei<br />
pantaloni, e allontanandolo <strong>da</strong> Ivy e Philip. Ivy, per tutta<br />
risposta, aveva trascinato Philip nella direzione opposta. Beth<br />
era rimasta ferma all’angolo della stra<strong>da</strong>.<br />
«Vieni con noi», le aveva detto Ivy. «Andiamo a vedere la<br />
mostra».<br />
L’esposizione era stata allestita l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a stradina stretta
piena di vecchi negozi che partiva <strong>da</strong> Main Street. Una varietà<br />
di persone – donne che spingevano bambini nei passeggini,<br />
anziane signore con cappelli di paglia, ragazzini con le facce<br />
dipinte, due tipi vestiti <strong>da</strong> pagliacci – passeggiava guar<strong>da</strong>ndo i<br />
dipinti, cercando di indovinare di quali artisti si trattasse. Ogni<br />
quadro aveva <strong>un</strong> titolo ed era numerato, ma i nomi erano<br />
coperti per la premiazione che ci sarebbe stata più tardi quel<br />
giorno.<br />
Ivy, Beth e Philip erano quasi alla fine dell’esposizione<br />
quando Philip iniziò a fare storie per an<strong>da</strong>re a cercare Gregory.<br />
In quel momento Ivy indicò <strong>un</strong> quadro molto strano,<br />
cercando di distrarlo. «Cos’è, secondo te?», gli chiese.<br />
«Cose». Lesse il titolo con <strong>un</strong>o sguardo severo.<br />
«Mi sembra <strong>un</strong>a fila di rossetti», disse Beth, «o alberi caduti<br />
o candele di Natale o bottiglie di ketchup o missili al<br />
tramonto…».<br />
Philip fece <strong>un</strong>a smorfia. «A me sembra stupido», disse ad<br />
alta voce.<br />
«Shhh! Philip, abbassa la voce», lo rimproverò Ivy. «Per<br />
quanto ne sappiamo, la persona che lo ha dipinto potrebbe<br />
essere dietro di noi».<br />
Philip si guardò intorno. Lo sguardo severo sparì<br />
immediatamente. Il volto gli si illuminò. «No», disse, «ma c’è<br />
<strong>un</strong>…». Non completò la frase.<br />
«Cosa?», chiese Beth.<br />
Ivy si guardò alle spalle. Non c’era ness<strong>un</strong>o.<br />
Philip scrollò le spalle. «Non importa», disse.<br />
Si avvicinarono all’ultima opera in concorso, <strong>un</strong> pannello<br />
con quattro quadri ad acquerello.<br />
«Wow!», disse Beth. «Numero trentatré, chi<strong>un</strong>que tu sia, per<br />
me sei il vincitore».<br />
«Anche per me», disse Ivy. I colori dell’artista erano quasi<br />
trasparenti e sembravano brillare di luce propria.
Ivy indicò <strong>un</strong> quadro con <strong>un</strong> giardino. «Mi piacerebbe stare<br />
seduta lì, per ore e ore. Mi dà tanta serenità».<br />
«A me piace il serpente», osservò Philip.<br />
Solo <strong>un</strong> bambino avrebbe potuto fare caso a quel serpente,<br />
pensò Ivy, così nascosto nella tela.<br />
«Vorrei parlare con la donna nell’ultimo quadro», disse<br />
Beth.<br />
La donna sedeva sotto <strong>un</strong> albero <strong>da</strong>ndo le spalle al pittore.<br />
Intorno a lei era pieno di germogli in fiore, luminosi germogli<br />
di melo, che a Ivy ricor<strong>da</strong>vano la neve. Lesse il titolo: Troppo<br />
presto.<br />
«C’è <strong>un</strong>a storia dietro questo quadro», disse Beth a bassa<br />
voce.<br />
Ivy annuì. Conosceva la storia, o almeno ne conosceva <strong>un</strong>a<br />
simile, sulla perdita di <strong>un</strong>a persona prima di avere la possibilità<br />
di…<br />
Per <strong>un</strong> momento sentì gli occhi pizzicare. Poi ricacciò<br />
indietro le lacrime e disse: «Bene, abbiamo visto tutto.<br />
Andiamo a spendere <strong>un</strong> po’ di soldi».<br />
«Sì!», gridò Philip. «Dove sono le giostre?»<br />
«Non ci sono giostre in <strong>un</strong> festival come questo».<br />
Philip si bloccò all’istante. «Non ci sono le giostre?», non ci<br />
voleva credere. «Non ci sono le giostre!».<br />
«Temo che il pomeriggio sarà l<strong>un</strong>go», disse Ivy a Beth.<br />
«Potremmo cavarcela portandolo a mangiare».<br />
«Voglio an<strong>da</strong>re a casa».<br />
«Torniamo su Main Street», suggerì Ivy, «e vediamo cosa<br />
vendono».<br />
«È noioso». Suo fratello stava mettendo quel muso che<br />
voleva dire problemi. «Vado a cercare Gregory».<br />
«No!». Ivy lo disse così bruscamente che Beth rimase a<br />
guar<strong>da</strong>rla stupita.<br />
«Sta con la sua ragazza, Philip», gli ricordò con calma, «e
non possiamo an<strong>da</strong>re a disturbarlo».<br />
Philip iniziò a trascinare i piedi come se avesse camminato<br />
per chilometri e chilometri. Anche Beth camminava piano, e<br />
osservava Ivy.<br />
«È solo che non sarebbe carino nei confronti di Gregory»,<br />
spiegò Ivy a Beth, come se avesse chiesto <strong>un</strong>a qualche<br />
spiegazione. «Non è abituato ad avere <strong>un</strong> bambino di nove anni<br />
che lo segue <strong>da</strong>ppertutto».<br />
«Oh». Il modo in cui Beth distolse lo sguardo fece intendere<br />
a Ivy che la sua amica aveva capito che le cose non stavano<br />
proprio così.<br />
«E sicuramente, nemmeno Suzanne è abituata a <strong>un</strong>a<br />
situazione del genere».<br />
«Credo di no», rispose Beth neutra.<br />
«Mi annoio, mi annoio, mi annoio», si lamentò Philip.<br />
«Voglio an<strong>da</strong>re a casa».<br />
«Allora cammina!», rispose Ivy arrabbiata.<br />
Beth si guardò intorno. «Che ne dite di farci qualche foto?»,<br />
propose. «Tutti gli anni c’è <strong>un</strong>o stand che si chiama Foto del<br />
vecchio West. Hanno tanti costumi che puoi indossare. È<br />
divertente».<br />
«Splendi<strong>da</strong> idea!», rispose Ivy. «Ce ne faremo abbastanza<br />
<strong>da</strong> riempire <strong>un</strong> album», poi aggi<strong>un</strong>se sussurrando: «se serve a<br />
tenerlo occupato».<br />
Lo stand con il bal<strong>da</strong>cchino era stato piazzato di fronte al<br />
fotografo e sembrava <strong>un</strong> piccolo palcoscenico. C’erano diversi<br />
sfondi tra cui scegliere, armadi di vestiti in cui adulti e bambini<br />
potevano frugare, e accessori sparsi qua e là… pistole, tazze di<br />
legno e <strong>un</strong>a finta testa di bisonte. Una tintinnante musica <strong>da</strong><br />
pianoforte creava nel tendone <strong>un</strong>’atmosfera <strong>da</strong> saloon.<br />
Lo stesso fotografo era vestito <strong>da</strong> cowboy, con tanto di<br />
cappello, camicia e pantaloni stretti di pelle. Beth lo sbirciava<br />
di nascosto. «Carino», commentò. «Davvero carino».
Ivy sorrise.<br />
«Qualsiasi cosa indossi gli stivali è degna della mia<br />
attenzione», disse Beth, a voce <strong>un</strong> po’ troppo alta.<br />
Il cowboy si girò verso di loro.<br />
«Will!».<br />
Will sorrise a Beth, che arrossì imbarazzata.<br />
Le posò <strong>un</strong>a rassicurante mano sul braccio, poi salutò Ivy<br />
con <strong>un</strong> cenno del capo. Philip si era già infilato nell’armadio<br />
dei vestiti.<br />
«Come stai?», chiese Will.<br />
Beth si colpì la fronte con la mano. «Mi ero completamente<br />
dimenticata che saresti stato qui, a lavorare».<br />
Lui le sorrise… <strong>un</strong> sorriso grande e spontaneo. Era<br />
impossibile vedere gli occhi di Will sotto l’ombra del cappello,<br />
ma Ivy se ne accorse quando mosse lo sguardo <strong>da</strong> Beth a lei,<br />
perché il sorriso non era più così grande e così spontaneo.<br />
«Stavate pensando di farvi fare <strong>un</strong>a foto?», chiese loro.<br />
Philip aveva già affon<strong>da</strong>to i gomiti nel mucchio dei vestiti.<br />
«Sembra che il nostro accompagnatore abbia deciso così»,<br />
disse Beth a Ivy.<br />
«Il vostro accompagnatore?»<br />
«Mio fratello, Philip», spiegò Ivy. Si era infilato tra due<br />
ragazzi così imponenti <strong>da</strong> sembrare giocatori di football.<br />
«Quello piccolo».<br />
Will annuì. «Forse dovrei accompagnarlo a <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata<br />
in <strong>un</strong> altro armadio. I costumi per le donne sono lì», aggi<strong>un</strong>se<br />
parlando <strong>da</strong> sopra la sua spalla, indicando <strong>un</strong> baule dove si era<br />
rad<strong>un</strong>ata <strong>un</strong>a folla di ragazze.<br />
Alc<strong>un</strong>e erano più grandi di Ivy e Beth. Altre sembravano<br />
due o tre anni più piccole. Molte di loro an<strong>da</strong>vano avanti e<br />
indietro, e guar<strong>da</strong>vano Will ri<strong>da</strong>cchiando.<br />
«Ehi cowboy», lo chiamò Beth a bassa voce. «Penso che<br />
loro abbiano bisogno del tuo aiuto, perfino più di Philip».
«Se la stanno cavando bene», disse e continuò a fare quello<br />
che stava facendo.<br />
«Adoro queste chiappe».<br />
Will si bloccò.<br />
Ivy guardò Beth, e Beth guardò Ivy. Ivy sapeva di non aver<br />
detto nulla, ma anche Beth si comportava come se non avesse<br />
aperto bocca. I suoi occhi azzurri erano divertiti e sorpresi.<br />
«Non l’ho detto io».<br />
«Nemmeno io».<br />
Will si limitò a scuotere la testa e si allontanò.<br />
«Però lo stavi pensando», disse qualc<strong>un</strong>o. Ivy si guardò<br />
intorno.<br />
«Be’, forse sì, Ivy», ammise Beth, «ma…». Will si voltò.<br />
«Non l’ho detto io», continuò Ivy.<br />
«Detto cosa?», chiese Will, alzando la testa.<br />
Ivy era sicura che avesse sentito. «Che hai… che ho<br />
pensato… che…», Ivy guardò Beth di traverso. «Oh, non<br />
importa».<br />
«Qualcosa sulle tue chiappe», disse Beth.<br />
Ivy si mise le mani nei capelli. «Non mi interessano le sue<br />
chiappe!».<br />
Il brusio di voci sotto il tendone si fermò di colpo. Tutti<br />
guar<strong>da</strong>vano Will e Ivy.<br />
«Vuoi <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata alle mie?», chiese <strong>un</strong>o dei due tizi<br />
che sembravano giocatori di football.<br />
«Oh mio Dio», esclamò Ivy.<br />
Will esplose in <strong>un</strong>a risata.<br />
«Hai le guance tutte rosa», disse Beth a Ivy.<br />
Ivy si coprì il volto con le mani.<br />
Beth gliele tirò via. «Meglio il rosa che il viola e il giallo».<br />
Un quarto d’ora dopo, Ivy faceva smorfie mentre Beth le<br />
chiudeva la cerniera del vestito <strong>da</strong>vanti allo specchio del<br />
camerino.
«Se mi chino, Will farà <strong>un</strong>a bella foto».<br />
«La farà anche se stai dritta», commentò Beth.<br />
Avevano deciso di vestirsi <strong>da</strong> ballerine di saloon con due<br />
vestiti identici rossi e neri, “vestiti <strong>da</strong> sgualdrine”, li aveva<br />
definiti Beth. Con le mani si allisciò il vestito sugli ampi<br />
fianchi. «Non mi importa se il mio uomo rispetta la legge»,<br />
disse con <strong>un</strong> forte accento del West. «Basta che rispetti le mie<br />
leggi».<br />
Ivy rise, poi si guardò nello specchio. Beth le aveva <strong>da</strong>to il<br />
vestito più piccolo, e non c’era <strong>un</strong>a curva che non si notasse.<br />
Ivy non era convinta di uscire <strong>da</strong>l camerino, nonostante Beth le<br />
avesse detto che i due giocatori di football se n’erano an<strong>da</strong>ti. A<br />
Ivy non interessavano i fratelli Macho; era Will che la<br />
intimidiva.<br />
Forse se n’era accorto. Porse il braccio a Beth, quando lei e<br />
Ivy uscirono. «Oh, miss Lizzie», disse, «sta veramente bene<br />
oggi, e anche lei, miss Ivy», aggi<strong>un</strong>se a bassa voce.<br />
«E io?», chiese Philip. Era uscito con dei pantaloni a frange<br />
e <strong>un</strong>a camicia che erano quasi della misura giusta. Ma il<br />
cappello <strong>da</strong> cowboy era di almeno dieci taglie più grande.<br />
«Spaventoso», disse Will. «Spaventoso e imponente, se solo<br />
riuscissi a vederti il mento».<br />
Ivy rise, ora si sentiva più a suo agio.<br />
«Che dici se ne proviamo <strong>un</strong>o di <strong>un</strong>’altra taglia?»<br />
«Prendilo nero», disse Philip.<br />
«Ok, Slim».<br />
Will ne trovò <strong>un</strong>o che poteva an<strong>da</strong>re bene e li mise in posa<br />
<strong>da</strong>vanti all’obbiettivo, cercando l’angolazione migliore. Poi si<br />
tirò indietro il cappello e andò dietro la macchina fotografica.<br />
Era <strong>un</strong>a fotocamera nuova inserita dentro <strong>un</strong> vecchio modello,<br />
sistemato in modo <strong>da</strong> spruzzare <strong>un</strong> po’ di fumo a ogni scatto…<br />
<strong>un</strong> altro aspetto della messa in scena. Dopo il flash e il fumo, la<br />
testa di Will ricomparve improvvisamente <strong>da</strong> dietro la
macchina. Sembrò quasi <strong>un</strong>a scenetta comica, e all’inizio Ivy<br />
pensò che facesse parte dello spettacolo. Ma il modo in cui<br />
Will li guar<strong>da</strong>va li fece girare tutti e tre per guar<strong>da</strong>re dietro di<br />
loro.<br />
«Io… ehm… penso che ne farò <strong>un</strong>’altra», disse. «Vi<br />
dispiace mettervi esattamente come prima?».<br />
Lo fecero e ci fu <strong>un</strong> altro sbuffo di fumo.<br />
«Cosa c’era di sbagliato nella prima?», chiese Beth.<br />
«Non ne sono sicuro». Uno sguardo che Ivy non riuscì a<br />
interpretare passò oltre lei e Beth. Scosse la testa. Poi riabbassò<br />
di nuovo il cappello sugli occhi. «Ci vorrà qualche minuto per<br />
svilupparla. Volete due copie o tre?», chiese Will.<br />
«Due bastano», rispose Ivy. «Una per Beth e <strong>un</strong>a per noi».<br />
«Io ne voglio <strong>un</strong>a tutta per me», disse Philip.<br />
«Anch’io», disse <strong>un</strong>’altra voce.<br />
Si girarono tutti.<br />
«Salve, amico», disse Gregory, indicando Philip. «Signore».<br />
Indugiò con lo sguardo su Ivy, ammirando ogni dettaglio.<br />
Suzanne le diede <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata. «Non lasci niente<br />
all’immaginazione», commentò. «È <strong>un</strong> miracolo che non si sia<br />
rad<strong>un</strong>ata <strong>un</strong>a folla».<br />
Will si tirò su i pantaloni. «Parli di lei o di me?», le chiese<br />
scherzando.<br />
Gregory rise. Beth rise con lui, poi guardò Suzanne a<br />
disagio. Suzanne non era divertita.<br />
Will cambiò i rullini e si preparò per il prossimo gruppo di<br />
clienti.<br />
«Suzanne, c’erano solo due vestiti così simili», disse Ivy<br />
velocemente, «e io e Beth volevamo vestirci allo stesso modo,<br />
così lei ha preso quello e io… spiegaglielo Beth».<br />
Ma mentre Beth ripeteva la spiegazione, Ivy si diceva:<br />
Perché dovrei preoccuparmi? Fino a quando Gregory non<br />
imparerà a togliere gli occhi di dosso alle altre ragazze, non ci
sarà niente <strong>da</strong> fare. Spero che dia <strong>un</strong>a bella occhiata anche a<br />
Beth.<br />
Si girò per an<strong>da</strong>rsi a cambiare in camerino.<br />
Gregory l’afferrò per <strong>un</strong> braccio. «Ti aspettiamo», disse.<br />
«Andiamo a vedere i quadri di Will».<br />
Ivy vide Suzanne con la co<strong>da</strong> dell’occhio, che tamburellava<br />
sul coperchio di <strong>un</strong> baule, con il suo anello rosa che rifletteva il<br />
sole.<br />
«Li abbiamo già visti», gli rispose Ivy.<br />
«Anche se non sappiamo quali sono», aggi<strong>un</strong>se Beth.<br />
«Sono acquerelli», disse Gregory.<br />
«Acquerelli?», risposero Ivy e Beth contemporaneamente.<br />
«Will», Gregory lo chiamò. «Che numero hanno i tuoi<br />
quadri?»<br />
«Il trentatré», rispose.<br />
Beth e Ivy si guar<strong>da</strong>rono stupefatte.<br />
«Hai dipinto <strong>un</strong> giardino dove Ivy vorrebbe stare per ore e<br />
ore», disse Beth.<br />
«E il serpente», disse Philip.<br />
«E la donna con i germogli che le cascano intorno, come se<br />
fossero neve», aggi<strong>un</strong>se Ivy.<br />
«Già». Will continuava a lavorare, sistemando i clienti di<br />
fronte alla macchina fotografica.<br />
«Sono bellissimi!», disse Beth.<br />
«A me piace il serpente», disse Philip.<br />
Ivy guar<strong>da</strong>va Will senza dire nulla. Adesso era di nuovo il<br />
Will O’Leary di sempre, che si comportava come se non gli<br />
importasse nulla dei suoi quadri e dei loro commenti. Poi si<br />
accorse di <strong>un</strong> rapido movimento della sua testa, come se stesse<br />
controllando se lei era ancora lì. Allora si rese conto che il suo<br />
desiderio era che anche lei facesse <strong>un</strong> commento.<br />
«I tuoi quadri sono <strong>da</strong>vvero… ehm…», non riusciva a<br />
trovare le parole a<strong>da</strong>tte.
«Sì, va bene», disse Will, interrompendola prima che se ne<br />
venisse fuori con la parola giusta.<br />
«Allora venite con noi a <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’altra occhiata?», le chiese<br />
Gregory, impaziente.<br />
«Datemi <strong>un</strong> minuto», rispose Beth, correndo in camerino.<br />
Philip camminava verso il camerino e contemporaneamente<br />
si spogliava.<br />
«Io non posso», disse Ivy. «Suono alle cinque e ho bisogno<br />
di…».<br />
«Esercitarti?», gli occhi di Gregory fiammeggiavano.<br />
«Mi serve <strong>un</strong> po’ di tempo per concentrarmi, per riflettere<br />
bene su quello che suonerò, tutto qua. Non ci riesco con tutti<br />
quanti intorno».<br />
«Mi dispiace se non vieni», disse Suzanne, e Ivy riconobbe<br />
che faceva progressi. Com<strong>un</strong>que ci rimase male quando vide<br />
Gregory voltarle le spalle.<br />
Perse <strong>un</strong> po’ di tempo nel camerino, aspettando che gli altri<br />
se ne an<strong>da</strong>ssero. Quando uscì c’erano solo due clienti, che si<br />
provavano i cappelli e ridevano.<br />
Will si stava riposando su <strong>un</strong>a sedia di tela, con <strong>un</strong>a gamba<br />
stesa su <strong>un</strong> baule, e studiava <strong>un</strong>a foto che teneva in mano.<br />
Quando la vide, evitò di guar<strong>da</strong>rla. «Grazie per esserti<br />
fermata», disse.<br />
«Will, non mi hai <strong>da</strong>to la possibilità di dirti quanto mi<br />
piacciono i tuoi quadri. Lì per lì non sono riuscita a trovare le<br />
parole…».<br />
«Non ero a caccia di complimenti, Ivy».<br />
«Non mi interessa», disse lei, e si lasciò cadere sulla sedia di<br />
fronte a lui. «Ho qualcosa <strong>da</strong> dirti».<br />
«Bene». Fece <strong>un</strong>a smorfia quasi impercettibile. «Spara».<br />
«Riguar<strong>da</strong> il quadro che si intitola Troppo presto».<br />
Will si tolse il cappello. Lei avrebbe preferito che l’avesse<br />
tenuto. Per qualche motivo… e le sembrava che succedesse
sempre più spesso… guar<strong>da</strong>rlo negli occhi le rendeva difficile<br />
parlare. Si disse che erano solo due profondi occhi castani, ma<br />
ogni volta che li guar<strong>da</strong>va si sentiva in caduta libera.<br />
«Gli occhi sono le finestre dell’anima», aveva letto <strong>un</strong>a<br />
volta. E le sue erano spalancate.<br />
Si concentrò sulle sue mani. «Ogni tanto, quando qualcosa ti<br />
tocca nel profondo, è difficile trovare le parole. Puoi dire<br />
“bellissimo”, “favoloso”, “eccezionale”, ma queste parole non<br />
<strong>da</strong>nno l’idea di quello che senti <strong>da</strong>vvero, soprattutto se hai<br />
provato tutto questo, ma l’immagine ti fa… ti colpisce, tanto. E<br />
il tuo quadro è così». Si stava torcendo le dita. «Tutto qui».<br />
«Grazie», disse Will.<br />
Lo guardò, e fu <strong>un</strong> errore.<br />
«Ivy…».<br />
Cercò di guar<strong>da</strong>re <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra parte, ma non ci riuscì.<br />
«…come stai?»<br />
«Sto bene. Davvero. Sto bene». Perché doveva ripeterlo a<br />
tutti? E perché quando lo diceva a Will, sentiva che lui riusciva<br />
a capire che era <strong>un</strong>a bugia?<br />
«Anch’io devo dirti qualcosa», le disse. «Prenditi cura di<br />
te».<br />
Sentiva che le stava guar<strong>da</strong>ndo la guancia, quella contusa<br />
<strong>da</strong>ll’aggressione. C’era ancora <strong>un</strong>a macchia sbiadita del livido,<br />
nonostante avesse provato in tutti i modi a nasconderla con il<br />
trucco.<br />
«Per favore prenditi cura di te».<br />
«Perché non dovrei?», disse brusca.<br />
«Perché qualche volta la gente non lo fa».<br />
Ivy avrebbe voluto dirgli che non sapeva di cosa stava<br />
parlando, che lui non aveva mai perso qualc<strong>un</strong>o che amava.<br />
Poi, però, ricordò le parole di Gregory sul passato difficile di<br />
Will. Forse Will poteva capire.<br />
«Chi è la persona nel tuo dipinto?», chiese Ivy. «Qualc<strong>un</strong>o
che conosci?»<br />
«Mia madre. Mio padre non ha ancora visto il quadro». Poi<br />
scacciò quel pensiero e andò avanti. «Stai attenta Ivy. Non<br />
dimenticarti che ci sono altre persone che sentirebbero di aver<br />
perso tutto, se perdessero te».<br />
Ivy distolse lo sguardo.<br />
Lui si avvicinò al suo volto. Lei si tirò indietro<br />
istintivamente quando lui le toccò la guancia. Ma non le fece<br />
male, e non la lasciò an<strong>da</strong>re. Le posò <strong>un</strong>a mano dietro la nuca.<br />
Non c’era modo di allontanarsi <strong>da</strong> lui.<br />
Forse non voleva allontanarsi <strong>da</strong> lui.<br />
«Stai attenta, Ivy. Stai attenta!», i suoi occhi brillavano con<br />
<strong>un</strong>a strana intensità. «Ti ripeto, stai attenta!».<br />
Ivy strabuzzò gli occhi, poi si liberò e corse via.
Capitolo 9<br />
Tristan si all<strong>un</strong>gò sull’erba, esausto. Il parco in fondo a<br />
Main Street si stava riempiendo di gente. I teli <strong>da</strong> picnic<br />
sembravano tante zattere in <strong>un</strong> immenso mare verde. I bambini<br />
si rotolavano e si spintonavano. I cani tiravano i guinzagli e si<br />
annusavano a vicen<strong>da</strong>. Due adolescenti si baciavano. Una<br />
coppia più anziana sistemava l’ombrellone e li guar<strong>da</strong>va, la<br />
donna sorrideva.<br />
Lacey tornò <strong>da</strong>lla sua esplorazione del palcoscenico<br />
sistemato nel parco, che era pronto per lo spettacolo delle<br />
cinque. Si lasciò cadere accanto a Tristan. «Hai fatto <strong>un</strong>a<br />
stupi<strong>da</strong>ggine», lo rimproverò.<br />
Si aspettava che gli avrebbe detto <strong>un</strong>a cosa del genere.<br />
«Quale?», le chiese. D’altronde era stato <strong>un</strong> pomeriggio<br />
l<strong>un</strong>go ed erano successe tante cose.<br />
«Provare a entrare nella testa di Gregory», sbuffò. «È <strong>un</strong><br />
miracolo che non ti abbia spedito a Manhattan. O a Los<br />
Angeles!».<br />
«Ero disperato, Lacey! Devo sapere a che gioco sta<br />
giocando con Ivy e Suzanne».<br />
«E pensi che ti serva <strong>un</strong> viaggio nella sua testa per<br />
scoprirlo?», gli chiese incredula. «Avresti dovuto chiederlo a<br />
me. Non si comporta tanto diversamente <strong>da</strong> <strong>un</strong> sacco di ragazzi<br />
che ho conosciuto. Va a farsi <strong>un</strong> giro con la ragazza facile<br />
mentre insegue Miss difficile-<strong>da</strong>-conquistare». Avvicinò il<br />
volto a quello di Tristan. «Sbaglio?».<br />
Tristan non rispose. Non era preoccupato solo per quel<br />
giochino romantico. Da quando aveva trovato il collegamento<br />
tra la morte di Caroline e la consegna di Ivy alla porta accanto,<br />
aveva iniziato a porsi domande sullo scopo nascosto della<br />
nuova vicinanza tra Gregory e Ivy.<br />
«Bene, spero che oggi tu abbia imparato la lezione».
«Ho <strong>un</strong> terribile mal di testa», rispose. «Sei soddisfatta?».<br />
Gli mise <strong>un</strong>a mano sulla fronte con delicatezza e disse con<br />
voce più calma: «Se ti fa stare meglio, sappi che probabilmente<br />
ce l’ha anche lui».<br />
Tristan strabuzzò gli occhi, sorpreso <strong>da</strong>l suo gesto carino.<br />
Lei tolse la mano, e strizzò gli occhi in risposta. «E perché<br />
gironzolavi intorno a Philip, intrufolandoti nella sua testa?», gli<br />
chiese. «Mi è sembrato <strong>un</strong> ulteriore spreco di energia. Lui vede<br />
già la tua aura… e si mette nei guai ogni volta che lo dice.<br />
Quella breve conversazione ha messo Gregory <strong>da</strong>vvero di buon<br />
umore oggi pomeriggio».<br />
«Devo dire a Philip chi sono. Beth ha scritto il mio nome sul<br />
computer. Se Philip le dice che mi vede, prima o poi dovrà<br />
crederci».<br />
Lacey scosse la testa, perplessa.<br />
«E a proposito di Philip», disse Tristan, alzandosi su <strong>un</strong><br />
gomito, «mi è sembrato che l’umore di Gregory sia migliorato<br />
molto quando Philip ha smesso di parlare di angeli e ha tirato<br />
fuori <strong>un</strong>a vera fotografia che ne ritraeva <strong>un</strong>o. A quale missione<br />
stavi lavorando oggi quando sei saltata in quella foto?».<br />
Lacey non rispose subito, stava guar<strong>da</strong>ndo tre donne in body<br />
che erano appena state presentate sul palco. «Cosa pensi che<br />
faranno?»<br />
«Danza o aerobica. Rispondi alla mia doman<strong>da</strong>».<br />
«Al posto loro mi sarei messa dei veli».<br />
«Riprovaci».<br />
«Lavoravo sul mio processo di semimaterializzazione», gli<br />
disse, «per rendermi abbastanza concreta <strong>da</strong> avere <strong>un</strong>a forma<br />
visibile ma senza diventare <strong>un</strong> corpo reale. Non si sa mai…<br />
potrei aver bisogno di qualcosa del genere in futuro. Per<br />
portare a termine le mia missione, ovviamente».<br />
«Ovviamente. E hai proiettato la tua voce, così che tutti<br />
quelli che erano <strong>da</strong> Foto del vecchio West hanno potuto
sentirla… immaginavo avessi bisogno di esercitarti <strong>un</strong> altro po’<br />
in quella cosa, anche».<br />
«Oh, già, quella cosa», disse agitando le mani. «In quel<br />
momento lavoravo alla tua missione».<br />
«Alla mia missione?»<br />
«A modo mio», rispose. «Ho decisamente <strong>un</strong> altro stile<br />
rispetto a te».<br />
«In effetti, non mi sarebbe mai venuto in mente di dire che<br />
Will ha delle belle chiappe».<br />
«Delle chiappe fantastiche», lo corresse Lacey. «Le più<br />
belle che abbia visto <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’ di tempo…», guardò Tristan<br />
pensierosa. «Girati».<br />
«Non pensarci nemmeno».<br />
Lacey scoppiò a ridere, poi disse: «La tua ragazzina ha <strong>un</strong>a<br />
vera e propria corazza al posto della pelle. Ho pensato che con<br />
<strong>un</strong> piccolo scherzo magari riuscivo a farla rilassare <strong>un</strong> po’, e a<br />
farla aprire con Will. Ho pensato che avevo <strong>un</strong>a possibilità,<br />
almeno fino a quando gli occhi di Will fossero rimasti coperti<br />
<strong>da</strong>l cappello. Penso che sono quegli occhi a colpirla, a farla<br />
chiudere in quella maniera».<br />
«Vede me in quegli occhi».<br />
«Con alc<strong>un</strong>i ragazzi capita», continuò Lacey, «hanno degli<br />
occhi così belli che <strong>un</strong>a ragazza potrebbe affogarci dentro».<br />
«Lei non lo sa, ma in quegli occhi vede me».<br />
Vedendo che Lacey non confermava, Tristan si alzò a sedere<br />
di scatto. «Ivy vede me quando guar<strong>da</strong> Will negli occhi?»<br />
«No», disse Lacey. «Vede <strong>un</strong> altro ragazzo che è<br />
innamorato di lei e questo la spaventa a morte».<br />
«Non ci credo!», disse Tristan. «Ti sbagli, Lacey».<br />
«Ho ragione».<br />
«Will potrebbe anche essersi preso <strong>un</strong>a cotta, e lei potrebbe<br />
trovarlo <strong>un</strong> po’ attraente, ma…».<br />
Lacey si stese sull’erba. «Va bene, va bene. Tu credi solo a
quello che ti pare, non senti ragioni». Si mise <strong>un</strong> braccio dietro<br />
la testa, alzandola <strong>un</strong> po’. «E non è poi molto diverso <strong>da</strong> come<br />
si comporta Ivy, che si rifiuta di credere a quello che succede<br />
sotto al suo naso».<br />
«Ivy non potrebbe mai innamorarsi di qualc<strong>un</strong> altro»,<br />
insistette Tristan. «Prima dell’incidente non lo sapevo, ma<br />
adesso lo so. Ivy ama solo me. Ora ne sono sicuro».<br />
Lacey gli diede <strong>un</strong> colpetto sul braccio con <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ghia.<br />
«Scusami se mi permetto di ricor<strong>da</strong>rti che ora sei morto».<br />
Tristan tirò su le ginocchia e le afferrò con le braccia. Si<br />
concentrò abbastanza per materializzare le dita e strappò <strong>un</strong><br />
ciuffo d’erba.<br />
«Stai diventando bravo», commentò Lacey. «Non ti serve<br />
più <strong>un</strong> grosso sforzo».<br />
Era troppo arrabbiato per apprezzare il complimento.<br />
«Tristan, hai ragione. Ivy ti ama, più di quanto ami chi<strong>un</strong>que<br />
altro. Ma il mondo va avanti, e se vuoi che rimanga viva, non<br />
può restare innamorata di <strong>un</strong> morto per sempre. La vita ha<br />
bisogno di altra vita. È così che il mondo va avanti».<br />
Tristan non rispose. Guardò le tre signore in body che prima<br />
saltellavano e poi si trascinavano giù <strong>da</strong>l palco, madide di<br />
sudore. Ascoltò <strong>un</strong>a bambina vestita come Annie per metà<br />
cantare e per metà urlare Tomorrow più e più volte.<br />
«Non ha importanza chi ha ragione», disse alla fine. «Ho<br />
bisogno di Will. Senza di lui non posso aiutare Ivy».<br />
Lacey annuì. «È appena arrivato. Penso che stia facendo <strong>un</strong>a<br />
pausa. Sta seduto <strong>da</strong> solo vicino all’ingresso del parco».<br />
«Gli altri sono laggiù», disse Tristan, indicando la direzione<br />
opposta.<br />
Beth e Philip erano distesi a pancia in giù su <strong>un</strong> telo, a<br />
guar<strong>da</strong>re gli spettacoli e a raccogliere trifogli, intrecciandoli in<br />
<strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga collana. Suzanne e Gregory erano seduti sullo stesso<br />
telo. Lei era appoggiata sulla schiena di lui, con il mento su <strong>un</strong>a
spalla. Eric li aveva raggi<strong>un</strong>ti, ma era seduto sull’erba appena<br />
dietro il telo, giocherellando con l’orlo. Guar<strong>da</strong>va<br />
continuamente verso la folla, muovendosi a scatti in <strong>un</strong> modo<br />
strano e guar<strong>da</strong>ndosi continuamente alle spalle.<br />
Dopo diverse esibizioni, fu presentata Ivy. Philip si alzò<br />
immediatamente e iniziò ad applaudire. Tutti si misero a ridere,<br />
inclusa Ivy, che gettò lo sguardo sul fratellino.<br />
«Questo la aiuterà», disse Lacey. «Sta rompendo il ghiaccio.<br />
Mi piace quel ragazzino».<br />
Ivy iniziò a suonare, non la canzone con cui si era iscritta<br />
ma la Sonata al Chiaro di L<strong>un</strong>a, il brano che aveva suonato<br />
<strong>un</strong>a notte per Tristan, <strong>un</strong>a notte che sembrava lontana intere<br />
stagioni.<br />
Questa è per me, pensò Tristan. Questa è la canzone che ha<br />
suonato per me, voleva dirlo a tutti, la notte in cui trasformò<br />
l’oscurità in luce, la notte che ballò con me. Ivy sta suonando<br />
per me, voleva dirlo a Gregory e Will.<br />
Gregory sedeva assolutamente immobile, incurante dei<br />
piccoli movimenti di Suzanne, guar<strong>da</strong>va Ivy come incantato.<br />
Anche Will era seduto sull’erba, con <strong>un</strong> ginocchio alzato, e<br />
<strong>un</strong> braccio appoggiato sopra con noncuranza. Ma non c’era<br />
ness<strong>un</strong>a noncuranza nel modo in cui la guar<strong>da</strong>va. Stava<br />
assaporando ogni singola nota. Tristan si alzò in piedi e andò<br />
<strong>da</strong> Will.<br />
Tristan guardò Ivy <strong>da</strong>l p<strong>un</strong>to di vista di Will, le sue mani<br />
decise, il groviglio di capelli dorati nella luce del tardo<br />
pomeriggio, l’espressione del suo volto. Ivy era in <strong>un</strong> altro<br />
mondo, e lui desiderava ardentemente esserne parte. Ma lei non<br />
lo sapeva, e Tristan temeva che non l’avrebbe mai saputo.<br />
In <strong>un</strong> batter d’occhio, Tristan entrò in sintonia con i pensieri<br />
di Will e scivolò dentro di lui. Adesso ascoltava la musica di<br />
Ivy con le orecchie di Will. Quando finì di suonare, lui si alzò<br />
in piedi con Will. Iniziò ad applaudire con le mani alte sopra la
testa, sopra la testa di Will. Ivy fece <strong>un</strong> inchino e annuì,<br />
guar<strong>da</strong>ndo verso di lui.<br />
Poi si girò verso gli altri. Suzanne, Beth ed Eric la<br />
acclamavano, Philip saltava su e giù cercando di vedere oltre il<br />
pubblico in piedi. Gregory era immobile. Gregory e Ivy erano<br />
le <strong>un</strong>iche persone immobili in quel parco pieno di confusione,<br />
stavano in silenzio e si guar<strong>da</strong>vano a vicen<strong>da</strong>, come se si<br />
fossero dimenticati di chi<strong>un</strong>que altro.<br />
Will si girò bruscamente e tornò indietro verso la stra<strong>da</strong>.<br />
Tristan uscì <strong>da</strong> lui e si lasciò cadere sull’erba. Pochi istanti<br />
dopo si accorse che Lacey era accanto a lui. Non disse niente,<br />
si limitò a sederglisi accanto, spalla a spalla, come <strong>un</strong> vecchio<br />
compagno di squadra su <strong>un</strong>a panca della piscina.<br />
«Mi sbagliavo, Lacey», disse Tristan. «Ivy non vede me, e<br />
non vede nemmeno Will».<br />
«Vede Gregory», disse Lacey.<br />
«Sì, Gregory», ripeté lui, con amarezza. «Adesso non so<br />
proprio come fare per aiutarla!».<br />
In <strong>un</strong> certo senso, avere a che fare con Suzanne dopo lo<br />
spettacolo era stato più facile di quanto Ivy si aspettasse. Come<br />
<strong>da</strong> accordi precedenti, Ivy aveva incontrato Philip e i suoi<br />
amici all’ingresso del parco. Prima che potesse salutarli,<br />
Suzanne si era girata <strong>da</strong>ll’altra parte.<br />
Ivy la raggi<strong>un</strong>se e le toccò <strong>un</strong> braccio. «Allora, ti sono<br />
piaciuti i quadri di Will?», le chiese.<br />
Suzanne fece finta di non aver sentito.<br />
«Suzanne, Ivy ti ha chiesto cosa pensi dei quadri di Will»,<br />
disse Beth a bassa voce.<br />
La risposta fu geli<strong>da</strong>. «Scusami Beth, cos’hai detto?».<br />
Beth guardò le amiche, a disagio. Eric rise, divertito <strong>da</strong>lla<br />
tensione tra le due. Gregory sembrava preoccupato e distante<br />
sia <strong>da</strong> Suzanne che <strong>da</strong> Ivy.
«Stavamo parlando dei quadri di Will», le suggerì Beth.<br />
«Sono fantastici», disse Suzanne. Si era posizionata in modo<br />
<strong>da</strong> escludere Ivy <strong>da</strong>lla sua visuale.<br />
Ivy lasciò passare dei bambini con dei palloncini, cambiò<br />
posizione e provò di nuovo a parlare con Suzanne. Stavolta si<br />
ritrovò <strong>da</strong>vanti la sua schiena. Beth si mise in mezzo e iniziò a<br />
chiacchierare, come se le parole potessero colmare il vuoto e la<br />
distanza tra loro.<br />
Appena Beth si fermò per riprendere fiato, Ivy disse che<br />
doveva an<strong>da</strong>rsene per accompagnare Philip a casa di <strong>un</strong> amico.<br />
Forse Philip aveva visto e compreso più di quanto Ivy<br />
pensasse. Aspettò finché non si ritrovarono a <strong>un</strong> isolato di<br />
distanza <strong>da</strong>gli altri e disse: «Sammy mi ha detto di non an<strong>da</strong>re<br />
prima delle sette».<br />
Ivy gli mise <strong>un</strong>a mano sulla spalla. «Lo so, grazie per non<br />
averlo detto <strong>da</strong>vanti a tutti».<br />
L<strong>un</strong>go la stra<strong>da</strong> verso la macchina, Ivy si fermò a <strong>un</strong><br />
chioschetto e comprò due mazzi di papaveri. Philip non le<br />
chiese perché li aveva comprati né dove stavano an<strong>da</strong>ndo.<br />
Forse aveva capito.<br />
Appena Ivy si fu allontanata <strong>da</strong>l festival iniziò a sentirsi<br />
sorprendentemente più leggera. Aveva cercato in tutti i modi di<br />
tranquillizzare l’amica, di farla contenta allontanandosi <strong>da</strong><br />
Gregory. Si era avvicinata a Suzanne più e più volte, e ogni<br />
volta era stata respinta. Non c’era motivo di provarci ancora, di<br />
continuare a muoversi in p<strong>un</strong>ta di piedi tra Suzanne e Gregory.<br />
La sua rabbia era diventata sollievo; si sentiva libera <strong>da</strong> <strong>un</strong><br />
peso che non aveva mai voluto portare.<br />
«Perché abbiamo due mazzi di fiori?», chiese Philip mentre<br />
Ivy gui<strong>da</strong>va canticchiando. «Uno è <strong>da</strong> parte mia?».<br />
Aveva già capito.<br />
«In realtà, sono tutt’e due <strong>da</strong> parte nostra. Ho pensato che<br />
sarebbe stato carino lasciare dei fiori sulla tomba di Caroline».
«Perché?».<br />
Ivy scrollò le spalle. «Perché era la madre di Gregory, e<br />
Gregory è stato buono con noi».<br />
«Ma era <strong>un</strong>a signora odiosa».<br />
Ivy si girò a guar<strong>da</strong>rlo. Odiosa non era <strong>un</strong>a parola del<br />
vocabolario di Philip. «Cosa?»<br />
«La madre di Sammy ha detto che era odiosa».<br />
«Be’, la madre di Sammy non sa tutto», rispose Ivy,<br />
oltrepassando il grosso cancello di ferro.<br />
«Ma conosceva Caroline», disse Philip, cocciuto.<br />
Ivy si rendeva conto che Caroline non era simpatica a molta<br />
gente. Lo stesso Gregory non le aveva mai parlato bene della<br />
madre.<br />
«Ok, allora faremo così», disse mentre parcheggiava. «Uno<br />
dei due mazzi, quello arancione, lo metteremo sulla tomba di<br />
Caroline <strong>da</strong> parte mia, e l’altro, quello viola, lo metteremo su<br />
quella di Tristan <strong>da</strong> parte di tutt’e due».<br />
Entrarono in silenzio nella zona di Riverstone Rise<br />
dov’erano sepolte le persone ricche.<br />
Quando Ivy andò a lasciare i fiori <strong>da</strong> Caroline, si accorse<br />
che Philip era rimasto indietro.<br />
«Fa freddo?», le chiese.<br />
«Freddo?»<br />
«La sorella di Sammy dice che le tombe delle persone<br />
cattive sono fredde».<br />
«Fa molto caldo. E guar<strong>da</strong>. Qualc<strong>un</strong>o ha lasciato a Caroline<br />
<strong>un</strong>a rosa rossa, qualc<strong>un</strong>o che deve averla amata molto».<br />
Philip non era convinto e sembrava ansioso di an<strong>da</strong>rsene.<br />
Ivy si chiese se si sarebbe comportato in maniera strana anche<br />
sulla tomba di Tristan. Ma come si allontanarono iniziò a<br />
saltellare tra le pietre e riprese il suo tipico comportamento<br />
allegro e chiacchierone.<br />
«Ricordi quando Tristan si è messo l’insalata in testa al
matrimonio di mamma», chiese Philip, «e gli è colata tutta<br />
addosso? E ricordi il se<strong>da</strong>no che gli usciva <strong>da</strong>lle orecchie?»<br />
«E le code di gambero che aveva nel naso», disse Ivy.<br />
«E quelle cose nere sui denti».<br />
«Olive. Mi ricordo».<br />
Dal giorno del f<strong>un</strong>erale, era la prima volta che Philip le<br />
parlava di Tristan, il Tristan con cui <strong>un</strong>a volta aveva giocato. Si<br />
chiese come mai avesse iniziato all’improvviso.<br />
«E ricordi quando l’ho sconfitto a <strong>da</strong>ma?»<br />
«Due partite su tre», disse.<br />
«Oh sì». Philip fece <strong>un</strong> gran sorriso, congratulandosi <strong>da</strong><br />
solo, poi si allontanò. Corse verso l’ultimo mausoleo di <strong>un</strong>a fila<br />
di eleganti cappelle e bussò. «Ehi lì dentro, aprite!», gridò, poi<br />
aprì le braccia e fece finta di volare superando Ivy,<br />
aspettandola vicino a <strong>un</strong>a curva.<br />
«Tristan era bravo al Sega Mega Drive», disse Philip.<br />
«Ti ha insegnato diversi trucchetti, no?»<br />
«Già. Mi manca».<br />
«Anche a me», disse Ivy, mordendosi le labbra. Fu contenta<br />
che Philip fosse corso via di nuovo. Non voleva rovinare i suoi<br />
bei ricordi piangendo.<br />
Ivy si inginocchiò <strong>da</strong>vanti alla tomba di Tristan e percorse<br />
con le dita le lettere incise sulla pietra, il nome di Tristan e le<br />
<strong>da</strong>te di nascita e di morte. Non riusciva a recitare la preghiera<br />
scolpita sulla lapide, <strong>un</strong>a preghiera agli angeli perché lo<br />
proteggessero, così la lesse in silenzio, con le dita. Anche<br />
Philip volle toccare la lapide, poi si mise a sistemare i fiori.<br />
Voleva metterli a forma di T.<br />
Sta superando il trauma, pensò Ivy guar<strong>da</strong>ndolo. Se ci riesce<br />
lui, forse posso farcela anch’io.<br />
«A Tristan piacerà quando torna», disse Philip, alzandosi<br />
per ammirare il suo lavoro.<br />
Ivy pensò di aver capito male.
«Spero che torni prima che i fiori muoiano», continuò.<br />
«Cosa?»<br />
«Forse torna quando è buio».<br />
Ivy gli mise <strong>un</strong>a mano sulla bocca. Non voleva occuparsi lei<br />
di quella cosa, ma qualc<strong>un</strong>o doveva farlo e sapeva di non poter<br />
certo contare su sua madre.<br />
«Dove pensi che sia Tristan adesso?», gli chiese Ivy con<br />
cautela.<br />
«So dov’è. È al festival».<br />
«E come lo sai?»<br />
«Me l’ha detto. Lui è il mio angelo custode, Ivy. Lo so che<br />
mi hai detto di non parlare mai più di angeli», Philip parlava<br />
molto in fretta, come se potesse evitare di farla arrabbiare<br />
pron<strong>un</strong>ciando le parole velocemente, «ma le cose stanno così.<br />
Non lo sapevo fino a che non me l’ha detto oggi».<br />
Ivy si sfregò le braccia.<br />
«Deve essere qui con quell’altro», disse Philip.<br />
«Quell’altro?», ripeté lei.<br />
«L’altro angelo», disse a bassa voce. Poi mise <strong>un</strong>a mano in<br />
tasca e tirò fuori <strong>un</strong>a fotografia stropicciata. Era <strong>un</strong>a di quelle<br />
che si erano fatti <strong>da</strong> Foto del vecchio West, ma non la stessa<br />
che avevano <strong>da</strong>to a lei. Doveva esserci stato qualche problema<br />
con il proiettore, o forse addirittura con la pellicola. C’era<br />
<strong>un</strong>’ombra dietro di lui.<br />
Philip la indicò. «È lei. L’altro angelo».<br />
La sua forma ricor<strong>da</strong>va vagamente <strong>un</strong>a ragazza, così Ivy<br />
capì perché aveva detto “lei”.<br />
«Dove l’hai presa?»<br />
«Me l’ha <strong>da</strong>ta Will. Gliel’ho chiesta perché lei non c’è nella<br />
foto che hai tu. Penso che sia <strong>un</strong>’amica di Tristan».<br />
Ivy poteva solo immaginare che cos’altro poteva creare la<br />
fervi<strong>da</strong> mente di Philip… <strong>un</strong>’intera com<strong>un</strong>ità di angeli tra<br />
amici e parenti. «Tristan è morto», disse. «È morto. Lo vuoi
capire?»<br />
«Sì». Aveva <strong>un</strong>’espressione tetra e consapevole, come se<br />
fosse <strong>un</strong> adulto, ma la sua pelle <strong>da</strong> bambino era liscia e dorata<br />
sotto la luce del sole che stava per tramontare. In quel<br />
momento ricordò a Ivy il dipinto di <strong>un</strong> angelo.<br />
«Mi manca Tristan e quello che faceva», le disse Philip.<br />
«Vorrei tanto che potesse ancora giocare con me. Qualche<br />
volta mi viene ancora <strong>da</strong> piangere. Ma sono contento che<br />
adesso è il mio angelo custode, Ivy. Lui aiuterà anche te».<br />
Lei decise di non discutere. Non poteva ragionare con <strong>un</strong><br />
bambino che credeva così fermamente in quello che diceva.<br />
«Dobbiamo an<strong>da</strong>re», disse alla fine.<br />
Lui annuì, poi tirò indietro la testa e gridò: «Spero che ti<br />
piaccia, Tristan».<br />
Ivy camminò in fretta <strong>da</strong>vanti a lui. Era contenta di lasciarlo<br />
a dormire a casa di Sammy. Adesso che il suo amico era<br />
tornato <strong>da</strong>lle vacanze, forse Philip avrebbe passato più tempo<br />
nel mondo reale.<br />
Quando Ivy gi<strong>un</strong>se a casa trovò <strong>un</strong> biglietto di sua madre<br />
che le ricor<strong>da</strong>va che lei e Andrew erano an<strong>da</strong>ti a <strong>un</strong>a cena di<br />
gala organizzata per il festival delle arti.<br />
«Bene», disse Ivy ad alta voce. Aveva avuto abbastanza<br />
conversazioni obbligate per quel giorno. Una sera <strong>da</strong> sola con<br />
Ella e <strong>un</strong> buon libro erano esattamente ciò di cui aveva<br />
bisogno. Corse di sopra, scalciò via le scarpe e indossò la sua<br />
maglietta preferita, piena di buchi e così grande che poteva<br />
usarla come <strong>un</strong> abitino.<br />
«Solo io e te, gatta», disse a Ella, che l’aveva seguita su per<br />
le scale e poi di nuovo giù in cucina. «La signorina è pronta per<br />
la cena?», Ivy aveva sistemato due ciotole sul bancone. «Per te<br />
bocconcini di pesce, per me tonno. Spero di non averli<br />
scambiati».<br />
Ella si strusciava avanti e indietro sulle gambe di Ivy che
preparava <strong>da</strong> mangiare. Poi la gatta miagolò piano.<br />
«Mi chiedi perché uso il servizio buono?», Ivy aveva tirato<br />
fuori <strong>un</strong> servizio di piatti di vetro decorati, bicchieri e brocca di<br />
cristallo. «Dobbiamo festeggiare. Ho suonato il pezzo, Ella,<br />
l’ho suonato tutto fino alla fine!».<br />
Ella miagolò ancora.<br />
«No, non quello su cui mi sono esercitata, e nemmeno<br />
quello su cui ti sei esercitata tu. Ho suonato la Sonata al<br />
Chiaro di L<strong>un</strong>a. Sì». Ivy sospirò. «Ho pensato che dovevo<br />
suonarla per lui <strong>un</strong>’ultima volta prima di poter suonare di<br />
nuovo solo per me. Adesso posso suonare di tutto! Andiamo<br />
gatta».<br />
Ella la seguì nel soggiorno e guardò incuriosita mentre Ivy<br />
accendeva <strong>un</strong>a candela e la metteva sul pavimento tra di loro.<br />
«Roba di classe, no?».<br />
La gatta rispose con <strong>un</strong> altro debole miagolio.<br />
Ivy aprì la grande porta a vetri che <strong>da</strong>va sul patio e sul retro<br />
della casa, e mise <strong>un</strong> CD di jazz.<br />
«Pochi gatti possono dire di aver passato <strong>un</strong> sabato sera<br />
così, lo sai?».<br />
Ella fece le fusa per tutta la cena. Ivy si sentì soddisfatta<br />
mentre la guar<strong>da</strong>va pulirsi e poi avvicinarsi alle alte porte a<br />
specchio, con il naso e le orecchie tesi a catturare tutti gli odori<br />
e i suoni del crepuscolo.<br />
Dopo qualche minuto con Ella, Ivy tirò fuori <strong>un</strong> libro <strong>da</strong><br />
sotto il cuscino della sedia, <strong>un</strong>a raccolta di racconti che aveva<br />
letto Gregory. Spostando <strong>un</strong> po’ la candela, si mise a pancia in<br />
giù e iniziò a leggere.<br />
Fu allora che si rese conto di quanto fosse stanca. Le parole<br />
cominciarono a confondersi <strong>da</strong>vanti agli occhi, e la candela<br />
iniziò a proiettare <strong>un</strong> tremolio ipnotico sulle pagine. Stava<br />
leggendo <strong>un</strong>a specie di giallo, e lei cercava di rimanere<br />
concentrata, non voleva perdere ness<strong>un</strong> indizio. Ma prima che
il killer colpisse la secon<strong>da</strong> volta, le si chiusero gli occhi.<br />
Non sapeva per quanto tempo avesse dormito. Era stato <strong>un</strong><br />
sonno senza sogni. Si era svegliata all’improvviso, allarmata <strong>da</strong><br />
<strong>un</strong> rumore.<br />
Prima ancora di aprire gli occhi, si era resa conto che era<br />
molto tardi. Il CD era finito e riusciva a sentire <strong>un</strong> intero coro<br />
di grilli all’esterno. Dal soggiorno veniva il morbido rintocco<br />
dell’orologio sul caminetto. Perse il conto delle ore… le<br />
<strong>un</strong>dici? Mezzanotte?<br />
Senza muovere la testa, aprì gli occhi sulla stanza buia e<br />
vide che la candela, nonostante ci fosse rimasto solo <strong>un</strong><br />
mozzicone, era ancora accesa. Ella se n’era an<strong>da</strong>ta, e <strong>un</strong>a porta<br />
a specchio, che rifletteva la luce argentea della l<strong>un</strong>a, era<br />
spalancata.<br />
Un vento freddo soffiò dentro. I capelli sottili si agitarono<br />
sulle braccia incrociate di Ivy e sentì subito il freddo sulla<br />
pelle. È stata Ella che è scivolata attraverso la porta, si disse.<br />
Probabilmente la porta non era chiusa, ed Ella l’aveva aperta<br />
con <strong>un</strong>a spinta per uscire. Ma la corrente era forte, e<br />
attraversava la stanza <strong>da</strong>lla porta alle spalle di Ivy. Quella<br />
porta, che conduceva al corridoio, era chiusa quando Ivy si era<br />
addormentata.<br />
Adesso era aperta… Ivy non aveva bisogno di girarsi per<br />
saperlo. E sapeva anche che qualc<strong>un</strong>o la stava guar<strong>da</strong>ndo. Una<br />
tavola scricchiolò sull’uscio, poi <strong>un</strong>’altra, ancora più vicina a<br />
lei. Sentiva <strong>un</strong>’oscura presenza sopra di lei.<br />
Ivy ispirò in silenzio, poi spalancò la bocca e iniziò a<br />
gri<strong>da</strong>re.
Capitolo 10<br />
Ivy urlò e iniziò a lottare contro quell’uomo, scalciando con<br />
tutte le sue forze. Lui la teneva schiacciata sul pavimento, con<br />
la mano a tapparle naso e bocca. Lei tentò di gri<strong>da</strong>re, poi provò<br />
a morderlo, ma lui era troppo veloce. Iniziò a rotolarsi avanti e<br />
indietro. L’avrebbe spinto sulla fiamma della candela, se fosse<br />
stato necessario.<br />
«Ivy! Ivy! Sono io! Calmati, Ivy! Spaventerai Philip. Sono<br />
io».<br />
Si afflosciò sotto il suo corpo. «Gregory».<br />
Lui si alzò lentamente. Si guar<strong>da</strong>rono, su<strong>da</strong>ti e affannati.<br />
«Pensavo che fossi addormentata», disse Gregory. «Ho<br />
provato a controllare se stavi bene senza svegliarti».<br />
«Io… io… non sapevo chi eri. Tutto qua. Philip non c’è.<br />
Dorme a casa di Sammy, e mamma e Andrew sono a <strong>un</strong>a cena<br />
di gala».<br />
«Non c’è ness<strong>un</strong>o?», chiese Gregory brusco.<br />
«No, pensavo…».<br />
Gregory si colpì il palmo con il pugno più volte, poi si<br />
accorse di come Ivy lo stava guar<strong>da</strong>ndo e si fermò.<br />
«Ma che ti passa per la testa?», le chiese. «Che ti passa per<br />
la testa, Ivy?», le teneva tutte e due le braccia strette tra le<br />
mani. «Come hai potuto essere così stupi<strong>da</strong>?»<br />
«Cosa vuoi dire?», chiese lei.<br />
La fissò dritta negli occhi. «Perché mi stai evitando?».<br />
Ivy distolse lo sguardo.<br />
«Guar<strong>da</strong>mi! Rispondimi!».<br />
Ivy girò la testa. «Chiedilo a Suzanne, se proprio vuoi<br />
saperlo».<br />
Poi vide i suoi occhi brillare, come se avesse capito tutto<br />
all’improvviso. Era difficile credere che non avesse capito che<br />
cosa stava succedendo. Per quale altro motivo avrebbe dovuto
evitarlo?<br />
Gregory lasciò an<strong>da</strong>re la presa. «Ivy». La sua voce era più<br />
debole adesso, tentennante. «Sei a casa <strong>da</strong> sola, a tar<strong>da</strong> notte, in<br />
<strong>un</strong>a casa dove sei stata aggredita la settimana scorsa, con la<br />
porta spalancata. Hai lasciato la porta spalancata! Come hai<br />
potuto fare <strong>un</strong>a cosa così stupi<strong>da</strong>?».<br />
Ivy deglutì. «Pensavo di aver chiuso a chiave la porta a<br />
specchio. Evidentemente mi sono sbagliata, ed Ella deve averla<br />
aperta con <strong>un</strong>a spinta».<br />
Gregory si lasciò cadere sul divano, massaggiandosi le<br />
tempie.<br />
«Mi dispiace, scusami, ti ho fatto arrabbiare», gli disse.<br />
Lui fece <strong>un</strong> respiro profondo e le prese le mani. Si era<br />
decisamente calmato. «No. Ti ho terrorizzato. Sono io che<br />
dovrei scusarmi».<br />
Anche alla luce incerta della candela, Ivy riusciva a vedere<br />
la stanchezza nei suoi occhi. Si avvicinò e gli accarezzò la<br />
tempia che si era massaggiato <strong>un</strong> attimo prima. «Hai mal di<br />
testa?»<br />
«Non così forte come prima».<br />
«Ma ti fa ancora male. Stenditi», gli disse. Raccolse <strong>un</strong><br />
cuscino <strong>da</strong>l pavimento. «Ti preparo <strong>un</strong> po’ di tè e <strong>un</strong>’aspirina».<br />
«Faccio io».<br />
«Lascia fare a me». Gli posò delicatamente <strong>un</strong>a mano sulla<br />
spalla. «Hai fatto così tanto per me, Gregory. Per favore<br />
lasciami fare almeno questo».<br />
«Non ho fatto niente che non volessi fare».<br />
«Per favore».<br />
Gregory si mise comodo.<br />
Ivy si alzò e mise <strong>un</strong> disco di pianoforte e sassofono.<br />
«Troppo alto? Troppo basso?»<br />
«Perfetto», le rispose, chiudendo gli occhi.<br />
Preparò <strong>un</strong>a teiera, mise qualche biscotto sul vassoio con
l’aspirina, e portò tutto nella stanza illuminata <strong>da</strong>lla candela.<br />
Sorseggiarono il tè e mangiarono i biscotti in silenzio. Poi<br />
Gregory fece tintinnare la sua tazza contro quella di Ivy in <strong>un</strong><br />
brindisi silenzioso.<br />
«Cos’è questa roba? Mi sembra di bere <strong>un</strong> giardino».<br />
Lei rise. «Infatti lo stai bevendo… e ti farà sentire bene».<br />
Bevve <strong>un</strong> altro sorso e la guardò attraverso il vapore della<br />
tisana. «Tu mi fai sentire bene», disse.<br />
«Ti piace farti grattare la schiena?», gli chiese Ivy. «A<br />
Philip sì».<br />
«Farmi grattare la schiena?»<br />
«O accarezzare. Quando eri piccolo tua madre non ti ha mai<br />
accarezzato la schiena per farti addormentare?»<br />
«Mia madre?»<br />
«Girati».<br />
Lui la guardò, abbastanza divertito, poi posò la tazza e si<br />
girò a pancia in giù.<br />
Ivy iniziò ad accarezzargli la schiena, disegnando con le<br />
mani cerchi grandi e piccoli sulla sua pelle, proprio come<br />
faceva con Philip. Riusciva a sentire quanto era teso; tutti i<br />
muscoli erano contratti. Gregory aveva proprio bisogno di <strong>un</strong><br />
massaggio, e sarebbe stato meglio se si fosse tolto la maglietta,<br />
ma aveva paura di chiederglielo.<br />
Ma perché? In fondo è il mio fratellastro, si ricordò Ivy.<br />
Non è <strong>un</strong> app<strong>un</strong>tamento galante. È <strong>un</strong> ottimo amico, quasi <strong>un</strong><br />
fratello…<br />
«Ivy?»<br />
«Sì?»<br />
«Ti dà fastidio se mi tolgo la maglietta?»<br />
«No, anzi!», rispose.<br />
Se la sfilò e si stese di nuovo. La sua schiena era ampia,<br />
abbronzata e muscolosa per tutte le ore di tennis che faceva.<br />
Ivy si rimise al lavoro, stavolta con più forza, muovendo le
mani l<strong>un</strong>go la colonna vertebrale e sui muscoli delle spalle. Gli<br />
massaggiò il collo, accarezzandogli i l<strong>un</strong>ghi capelli scuri, poi<br />
spostò le mani sulla parte inferiore della schiena. Lentamente<br />
ma inequivocabilmente, lo sentiva rilassarsi sotto le sue dita.<br />
Senza avvertirla si girò e la guardò.<br />
A lume di candela, i suoi lineamenti gettavano ombre<br />
irregolari. La luce dorata riempiva <strong>un</strong>a fossetta sul suo collo.<br />
Era tentata di toccare quella fossetta, di accarezzargli il collo e<br />
sentire il suo cuore battere più forte.<br />
«Sai», disse Gregory, «lo scorso inverno, quando mio padre<br />
mi disse che avrebbe sposato Maggie, l’ultima cosa che volevo<br />
era che tu venissi a stare a casa mia».<br />
«Lo so», rispose Ivy, sorridendogli.<br />
Lui si alzò e le accarezzò <strong>un</strong>a guancia.<br />
«Ora…», disse, aprendo le dita e intrecciandole nei capelli<br />
di Ivy. «Ora…». Avvicinò il viso.<br />
Se ci baciamo, pensò Ivy, se ci baciamo Suzanne…<br />
«Ora?», sospirò Gregory.<br />
Lei non riuscì più a resistere. Chiuse gli occhi.<br />
Con tutt’e due le mani, lui le avvicinò la testa alla sua. Poi la<br />
toccò con dolcezza, e il bacio fu l<strong>un</strong>go e dolce e meraviglioso.<br />
Le sollevò la testa e la baciò sul collo.<br />
Ivy avvicinò di nuovo la bocca e si baciarono ancora.<br />
Rabbrividirono entrambi, colti di sorpresa <strong>da</strong>l rumore di <strong>un</strong><br />
motore e <strong>da</strong>lla luce dei fari che provenivano <strong>da</strong>l viale. La<br />
macchina di Andrew.<br />
Gregory tirò indietro la testa e rise. «Incredibile».<br />
Singhiozzò. «I nostri ba<strong>da</strong>nti sono arrivati».<br />
Ivy sentì le sue dita allontanarsi <strong>da</strong> lei lentamente e<br />
controvoglia. Poi spense la candela, accese la luce, e cercò di<br />
non pensare a Suzanne.<br />
Tristan avrebbe voluto conoscere <strong>un</strong>a maniera per
confortare Ivy. Aveva le lenzuola arrotolate intorno e i capelli<br />
dorati erano più aggrovigliati del solito. Stava di nuovo<br />
sognando? Era successo qualcosa <strong>da</strong> quando si era allontanato<br />
<strong>da</strong> lei, al festival?<br />
Dopo lo spettacolo, Tristan sapeva che avrebbe dovuto<br />
scoprire chi voleva far del male a Ivy. Sapeva anche che gli<br />
rimaneva poco tempo. Se Ivy si fosse innamorata di Gregory,<br />
allora Will non sarebbe più stato <strong>un</strong> buon mezzo per mettersi in<br />
contatto con lei e avvertirla del pericolo.<br />
Ivy si agitò. «Chi c’è? Chi c’è?», mormorò.<br />
Tristan riconobbe l’inizio dell’incubo ricorrente. Si sentì<br />
invadere <strong>da</strong>l terrore, come se anche lui fosse stato trascinato<br />
nel sogno. Non poteva restare lì a guar<strong>da</strong>rla morire di paura di<br />
nuovo. Se solo fosse riuscito a toccarla, ad abbracciarla…<br />
Ella, dov’era Ella?<br />
La gatta era seduta sulla finestra. Tristan si avvicinò<br />
rapi<strong>da</strong>mente a lei, materializzando le dita. Si meravigliò di<br />
quanto fosse aumentata la sua abilità: riuscì ad afferrare la gatta<br />
per il collo per qualche istante e a portarla sul letto. La mise giù<br />
e, <strong>un</strong> attimo prima che le dita tornassero a essere immateriali,<br />
svegliò Ivy scuotendola delicatamente.<br />
«Ella», disse a bassa voce. «Oh Ella». Prese la gatta tra le<br />
braccia.<br />
Tristan si allontanò <strong>da</strong>l letto. Adesso doveva amarla così, a<br />
<strong>un</strong> passo di distanza, aiutando gli altri a confortarla e a<br />
prendersi cura di lei al posto suo.<br />
Con Ella rannicchiata accanto a lei, Ivy poco a poco scivolò<br />
in <strong>un</strong> sonno più tranquillo. L’incubo era sparito, spinto via nei<br />
più profondi recessi della sua mente, così profondi che non<br />
l’avrebbe tormentata per <strong>un</strong> po’. Se solo fosse riuscito a capire<br />
del tutto quel sogno. Tristan era sicuro che Ivy aveva visto<br />
qualcosa che non doveva vedere la notte che Caroline era<br />
morta… o almeno che qualc<strong>un</strong>o la pensava così. Se fosse
iuscito a scoprire di cosa si trattava, avrebbe scoperto anche<br />
chi la stava seguendo. Ma non riusciva a entrare nella mente di<br />
Ivy più di quanto non riuscisse a entrare in quella di Gregory.<br />
La lasciò lì, addormentata. Aveva già deciso cosa fare, e<br />
aveva intenzione di arrivare fino in fondo, nonostante gli<br />
avvertimenti di Lacey: viaggiare indietro nel tempo attraverso<br />
la mente di Eric. Doveva scoprire se era Eric il motociclista del<br />
sogno di Ivy, e se era <strong>da</strong> Caroline la sera in cui era morta.<br />
Mentre Tristan an<strong>da</strong>va a casa di Eric cercò di ricor<strong>da</strong>re tutti<br />
i dettagli di quello che aveva visto quella notte. Dopo il<br />
festival, Lacey lo aveva accompagnato a casa di Caroline.<br />
Mentre lei apriva gli armadi, guar<strong>da</strong>va dietro i quadri e frugava<br />
tra le cose che stavano per essere messe via, lui aveva studiato<br />
la casa nei minimi particolari, sia dentro che fuori. Quei<br />
particolari sarebbero stati le chiavi, le cose su cui si sarebbe<br />
concentrato, <strong>un</strong>a volta entrato nella testa di qualc<strong>un</strong>o, la sua<br />
possibilità per tirare il giusto filo dei ricordi.<br />
«Se stai per procedere con <strong>un</strong>o dei tuoi stupidi piani», gli<br />
aveva detto Lacey mentre guar<strong>da</strong>va tra i cuscini del divano,<br />
«preparati bene. E prima riposati <strong>un</strong> po’».<br />
«Adesso sono pronto», aveva risposto, mentre ispezionava<br />
con lo sguardo la stanza dove era morta Caroline.<br />
«Ascolta, angelo sospeso», disse Lacey, «adesso stai<br />
incominciando ad avere il controllo dei tuoi poteri. Va bene,<br />
ma non correre troppo. Non sei pronto per le Olimpiadi del<br />
Paradiso. Non ancora. Se vuoi entrare nella mente di Eric,<br />
stanotte prenditi qualche ora di oscurità. Ne avrai bisogno».<br />
Tristan non le rispose subito. Aveva notato che <strong>da</strong>lla finestra<br />
panoramica si vedeva perfettamente la stra<strong>da</strong> e quindi anche<br />
chi<strong>un</strong>que si fosse avvicinato a piedi. «Forse hai ragione», disse<br />
dopo <strong>un</strong> po’.<br />
«Non ci sono forse su questo argomento. Inoltre Eric sarà<br />
più vulnerabile alla tua intrusione all’alba o subito dopo,
quando il sonno è leggero», gli aveva detto Lacey. «Cerca di<br />
fare tutto quando è abbastanza sveglio <strong>da</strong> star dietro ai tuoi<br />
suggerimenti, ma non troppo all’erta per capire cosa sta<br />
facendo».<br />
Gli era sembrato <strong>un</strong> buon consiglio. In quel momento,<br />
mentre il cielo iniziava a illuminarsi a est, Tristan trovò Eric<br />
addormentato sul pavimento della sua camera <strong>da</strong> letto. Il letto<br />
era rifatto ed Eric aveva ancora i vestiti del giorno prima,<br />
rannicchiato su <strong>un</strong> fianco, accanto allo stereo. C’erano riviste<br />
sparpagliate tutto intorno. Tristan si inginocchiò vicino a lui.<br />
Materializzò le dita e sfogliò <strong>un</strong>a rivista per motociclisti, fino a<br />
che non trovò <strong>un</strong>a foto di <strong>un</strong>a moto simile a quella di Eric. Si<br />
concentrò su quell’immagine e lo svegliò. Si ritrovò ad<br />
ammirare le linee pulite e curve della moto, immaginandone la<br />
potenza, e capì subito che stava guar<strong>da</strong>ndo il giornale con gli<br />
occhi di Eric. Era stato facile come entrare nella mente di Will.<br />
Forse Lacey si sbagliava, pensò. Forse non aveva capito quanto<br />
i suoi poteri fossero cresciuti. Poi la foto iniziò a sbiadire.<br />
Gli occhi di Eric si chiusero. Per <strong>un</strong> momento Tristan si<br />
ritrovò nel buio. Adesso era il momento di pensare alla via di<br />
casa di Caroline, di portare lentamente Eric verso quella casa e<br />
di spingerlo a ricor<strong>da</strong>re.<br />
Ma all’improvviso l’oscurità si aprì, come se <strong>un</strong> muro nero<br />
fosse stato diviso in due, e Tristan fu respinto lontano. La<br />
stra<strong>da</strong> gli veniva incontro <strong>da</strong>l nulla come in <strong>un</strong> videogame.<br />
Correva troppo veloce per reagire, troppo veloce anche solo per<br />
capire dove stesse an<strong>da</strong>ndo.<br />
Era su <strong>un</strong>a moto, lanciato in stra<strong>da</strong> tra lampi di luce e attimi<br />
di buio. Si guardò intorno e vide alberi, muri di pietra e case. Il<br />
verde degli alberi era così intenso che gli <strong>da</strong>va fastidio agli<br />
occhi. Il cielo era blu neon. Sentiva il calore del rosso.<br />
Percorsero <strong>un</strong>a stra<strong>da</strong> in salita, salendo sempre di più.<br />
Tristan cercava di rallentare, sterzando <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte e <strong>da</strong>ll’altra,
per riprendere <strong>un</strong> minimo di controllo, ma non ne aveva la<br />
forza.<br />
All’improvviso inchio<strong>da</strong>rono. Tristan alzò lo sguardo e vide<br />
la casa dei Baines.<br />
La casa di Gregory… era casa sua e non lo era. Guardò la<br />
casa mentre si avvicinavano. Era come guar<strong>da</strong>re <strong>un</strong>a stanza<br />
riflessa in <strong>un</strong>a palla di natale; vedeva le cose distorte in <strong>un</strong>a<br />
strana prospettiva, familiari e allo stesso tempo assurde.<br />
Era in <strong>un</strong> sogno, o in <strong>un</strong> ricordo distorto <strong>da</strong>lla droga?<br />
Bussarono ed entrarono <strong>da</strong>lla porta principale. Non c’era il<br />
soffitto, non c’era il tetto. In pratica, non c’era <strong>un</strong>a stanza<br />
ammobiliata, ma <strong>un</strong> enorme cortile, delimitato <strong>da</strong>i muri della<br />
casa. Gregory era lì, che li guar<strong>da</strong>va <strong>da</strong>lla cima di <strong>un</strong>o scivolo<br />
molto alto, <strong>un</strong>a pista argentata che non terminava al livello del<br />
pavimento ma proseguiva in <strong>un</strong> t<strong>un</strong>nel.<br />
C’era anche <strong>un</strong>a donna. Tristan riconobbe subito Caroline.<br />
Quando lei li vide si sbracciò e gli sorrise, cal<strong>da</strong> e<br />
amichevole. Gregory rimase sulla cima del suo scivolo,<br />
guar<strong>da</strong>ndoli con <strong>un</strong>’espressione geli<strong>da</strong>, ma Caroline li invitò<br />
con <strong>un</strong> gesto a salire su <strong>un</strong>a giostra, e loro non poterono<br />
rifiutare.<br />
Lei era su <strong>un</strong> lato, e loro <strong>da</strong>ll’altro. Corsero e spinsero,<br />
corsero e spinsero e poi saltarono su. Giravano e giravano, ma<br />
invece di rallentare, come si aspettava Tristan, la giostra<br />
an<strong>da</strong>va sempre più veloce. E ancora più veloce, si reggevano<br />
solo con la p<strong>un</strong>ta delle dita mentre giravano vorticosamente.<br />
Tristan pensò che gli si sarebbe staccata la testa. Poi persero la<br />
presa e volarono via.<br />
Quando Tristan aprì gli occhi, il mondo girò ancora per <strong>un</strong><br />
istante, poi si fermò. Il cortile era scomparso, ma non i muri<br />
della casa, che delimitavano <strong>un</strong> cimitero.<br />
Vide la sua tomba. E vide quella di Caroline. Poi ne vide<br />
<strong>un</strong>a terza, aperta, con <strong>un</strong> mucchio di terra appena scavata
accanto.<br />
Era Eric che aveva iniziato a tremare o era proprio lui?<br />
Tristan non lo sapeva e non riusciva a fermarsi, tremava così<br />
forte che cadde a terra. Il pavimento rombò e si inclinò. Le<br />
lapidi gli rotolarono intorno, come denti sputati fuori <strong>da</strong> <strong>un</strong><br />
teschio. Stava rannicchiato su <strong>un</strong> fianco, tremante, e aspettava<br />
che la terra si spalancasse come <strong>un</strong>’enorme bocca per<br />
inghiottirlo.<br />
Poi finì. Tutto si fermò. Vide <strong>da</strong>vanti a lui la foto patinata di<br />
<strong>un</strong>a moto. Eric si era svegliato.<br />
Era <strong>un</strong> sogno, pensò Tristan. Era ancora dentro Eric, ma lui<br />
non sembrava essersene accorto. Forse era sfinito, o forse il suo<br />
cervello fritto era troppo abituato a strane sensazioni e strani<br />
pensieri per accorgersi di Tristan.<br />
Gli strani eventi del sogno significavano qualcosa? C’era<br />
<strong>un</strong>a qualche verità nascosta o erano solo i deliri di <strong>un</strong>a mente<br />
sconvolta <strong>da</strong>lla droga?<br />
Caroline era <strong>un</strong>a figura misteriosa. Si ricor<strong>da</strong>va di come non<br />
avessero avuto ness<strong>un</strong>a esitazione ad accettare il suo invito<br />
sulla giostra. La sua espressione era troppo accogliente.<br />
La vide di nuovo, quell’espressione accogliente. Adesso era<br />
più anziana. La immaginò in piedi sulla porta di casa sua. Poi<br />
entrò con lei. Adesso era nei ricordi di Eric!<br />
Caroline guar<strong>da</strong>va in giro per la stanza, e anche loro. Gli<br />
avvolgibili della grossa finestra panoramica erano aperti;<br />
riusciva a vedere delle grosse nuvole scure che si addensavano<br />
a ovest. In <strong>un</strong> vaso c’era <strong>un</strong>a rosa a gambo l<strong>un</strong>go, ancora stretta<br />
in <strong>un</strong> bocciolo. Caroline era seduta di fronte a lui, sorridente.<br />
Ma adesso si stava incupendo.<br />
I ricordi saltavano, come <strong>un</strong> film montato male, con le scene<br />
che si sovrapponevano. Sorridente, accigliata, di nuovo<br />
sorridente. Tristan riusciva appena a sentire cosa stessero<br />
dicendo; le parole erano coperte <strong>da</strong> on<strong>da</strong>te di emozione.
Caroline rise fragorosamente. Rideva in maniera quasi<br />
isterica, e Tristan si sentiva sopraffatto <strong>da</strong>l terrore e <strong>da</strong>lla<br />
frustrazione. Lei non smetteva di ridere, e Tristan pensò di<br />
esplodere per l’enorme angoscia che Eric stava provando.<br />
Afferrò Caroline per le braccia e la scosse, la scosse così<br />
forte che la sua testa sbatté avanti e indietro come quella di <strong>un</strong>a<br />
bambola di pezza. All’improvviso sentì <strong>un</strong>a voce gri<strong>da</strong>re<br />
contro di lei.<br />
«Ascoltami! Dico sul serio! Non è <strong>un</strong>o scherzo. Ness<strong>un</strong>o sta<br />
ridendo tranne te. Non è <strong>un</strong>o scherzo!».<br />
Poi Tristan si sentì spremere la testa, la sua mente era così<br />
compressa che per <strong>un</strong> attimo pensò che si sarebbe dissolto.<br />
Caroline e la stanza scomparvero, come la scena di <strong>un</strong> film che<br />
si disintegra sotto agli occhi; lo schermo divenne nero. Eric<br />
aveva chiuso con forza la sua memoria. La sua camera <strong>da</strong> letto<br />
riapparve all’improvviso.<br />
Tristan si alzò e camminò con Eric per la stanza. Vide le sue<br />
dita aprire <strong>un</strong>o zaino e tirare fuori <strong>un</strong>a busta. Eric lasciò cadere<br />
delle pillole colorate nella sua mano tremante, le portò alla<br />
bocca e le ingoiò.<br />
Adesso, pensò Tristan, era ora di prendere seriamente gli<br />
avvertimenti di Lacey su <strong>un</strong>a mente sconvolta <strong>da</strong>lla droga. Se<br />
ne andò via di corsa.
Capitolo 11<br />
«Stiamo vendendo <strong>un</strong> sacco di mantelli e di denti», disse<br />
Betty, controllando gli scontrini di ’Tis the Season. «C’è <strong>un</strong>a<br />
convention di vampiri all’Hilton questa settimana?»<br />
«Non lo so», mugugnò Ivy, contando il resto di <strong>un</strong> cliente<br />
per la terza volta.<br />
«Penso che tu abbia bisogno di <strong>un</strong>a pausa, cara», commentò<br />
Lillian.<br />
Ivy guardò l’orologio. «Ma ho cenato solo <strong>un</strong>’ora fa».<br />
«Lo so», disse Lillian, «ma siccome chiuderai al posto mio e<br />
di Betty, e siccome hai appena venduto a quel ragazzo tanto<br />
carino che aveva comprato il mantello di Dracula <strong>un</strong> paio di<br />
labbra di cera…».<br />
«Labbra di cera? Sei sicura?»<br />
«Le Ruby Reds», disse Lillian. «Non ti preoccupare. L’ho<br />
bloccato all’uscita e l’ho convinto a cambiarle con <strong>un</strong><br />
simpatico set di zanne finte. Ma penso che ti dovresti prendere<br />
<strong>un</strong>a piccola pausa».<br />
Ivy abbassò lo sguardo sul registratore di cassa,<br />
imbarazzata. Ormai erano tre giorni che faceva <strong>un</strong> errore dietro<br />
l’altro, nonostante le sorelle avessero finto dolcemente di non<br />
averci fatto caso. Si chiedeva se in cassa fosse filato tutto liscio<br />
domenica e l<strong>un</strong>edì. Era <strong>da</strong>vvero stupita che si fi<strong>da</strong>ssero di lei al<br />
p<strong>un</strong>to di farle chiudere il negozio quella sera.<br />
«L’ultima volta che ti ho visto così», disse Betty, «ti stavi<br />
innamorando».<br />
Lillian la guardò malissimo.<br />
«Questa volta non è così», disse Ivy convinta. «Ma forse<br />
potrei fare <strong>un</strong>a pausa».<br />
«Vai pure», disse Lillian. «Prenditi tutto il tempo che ti<br />
serve».<br />
Diede a Ivy <strong>un</strong>a leggera spinta.
Ivy camminava <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra del piano superiore del<br />
centro commerciale, cercando di ricapitolare la situazione. Da<br />
sabato lei e Gregory avevano intrapreso <strong>un</strong>a sorta di timido<br />
balletto: mani che si sfioravano, sguardi che si incrociavano, e<br />
poi si tiravano indietro. Domenica sera sua madre aveva<br />
apparecchiato la tavola per <strong>un</strong>a cena in famiglia e aveva acceso<br />
due candele. Gregory aveva guar<strong>da</strong>to Ivy <strong>da</strong>lla parte opposta<br />
del tavolo come aveva fatto spesso anche prima, ma stavolta<br />
Ivy aveva visto la fiamma <strong>da</strong>nzare nei suoi occhi. L<strong>un</strong>edì<br />
Gregory era an<strong>da</strong>to via senza dire niente a ness<strong>un</strong>o. Ivy non<br />
sapeva dove fosse an<strong>da</strong>to e non osava chiederlo. Forse <strong>da</strong><br />
Suzanne. Forse sabato notte era stato solo <strong>un</strong> attimo di<br />
tenerezza, <strong>un</strong> <strong>un</strong>ico istante, <strong>un</strong> <strong>un</strong>ico bacio, dopo tutti i<br />
momenti difficili che avevano condiviso.<br />
Ivy si sentiva in colpa.<br />
Ma era così sbagliato voler bene a qualc<strong>un</strong>o che voleva bene<br />
a lei? Era sbagliato desiderare di toccare qualc<strong>un</strong>o che la<br />
toccava così delicatamente? Era sbagliato cambiare idea su<br />
Gregory?<br />
Ivy non si era mai sentita così confusa. Soltanto <strong>un</strong>a cosa le<br />
era chiara: aveva bisogno di analizzare il suo comportamento e<br />
concentrarsi su cosa stava facendo, si disse… proprio mentre<br />
inciampava in <strong>un</strong> passeggino.<br />
«Oh, mi scusi».<br />
La donna che spingeva il passeggino le sorrise, Ivy rispose<br />
al sorriso, poi indietreggiando urtò <strong>un</strong> banchetto che vendeva<br />
orecchini e collane. Tintinnò tutto.<br />
«Mi scusi, mi spiace».<br />
Evitò a malapena <strong>un</strong> cestino dell’immondizia, poi andò<br />
diretta <strong>da</strong> Coffee Mill.<br />
Prese <strong>un</strong>a tazza di cappuccino e andò verso il lato opposto<br />
del centro commerciale. I due grandi negozi che stavano lì<br />
avevano chiuso, e la maggior parte delle luci era spenta. Si
mise a sedere su <strong>un</strong>a panchina vuota in quel crepuscolo<br />
artificiale, sorseggiando il cappuccino. Le voci dei clienti<br />
<strong>da</strong>ll’altro lato del negozio le arrivavano in morbide onde che<br />
quasi non la sfioravano.<br />
Ivy chiuse gli occhi per <strong>un</strong> momento, godendosi la<br />
solitudine. Poi li aprì, girandosi rapi<strong>da</strong>mente, sorpresa <strong>da</strong> tre<br />
voci diverse alla sua destra. Una di queste le era molto<br />
familiare.<br />
«C’è tutto», disse.<br />
«Li conterò».<br />
«Non ti fidi di me?»<br />
«Ho detto che li conterò. Puoi immaginare <strong>da</strong> solo quanto<br />
mi fido di te».<br />
Gregory, Eric e <strong>un</strong>a terza persona stavano parlando in <strong>un</strong><br />
t<strong>un</strong>nel poco illuminato che portava al parcheggio, senza<br />
rendersi conto che qualc<strong>un</strong>o li stava guar<strong>da</strong>ndo. Quando la<br />
terza persona si spostò sotto la luce, Ivy non riuscì quasi a<br />
credere ai suoi occhi. L’aveva visto fuori <strong>da</strong>lla scuola e sapeva<br />
che era <strong>un</strong>o spacciatore. Ma quando vide Gregory porgergli<br />
<strong>un</strong>a borsa, quello che non riuscì a credere era come si fosse<br />
potuta dimenticare l’altro volto di Gregory.<br />
Come aveva potuto diventare così intima con <strong>un</strong> ragazzo<br />
che aveva amici ricchi con vizi pericolosi? Come aveva potuto<br />
stringere <strong>un</strong> rapporto con <strong>un</strong>a persona che, annoiata <strong>da</strong> tutto<br />
quello che aveva, correva dei rischi stupidi? Perché si era fi<strong>da</strong>ta<br />
di <strong>un</strong>a persona che faceva giochi pericolosi con i suoi amici,<br />
senza pensare che qualc<strong>un</strong>o poteva farsi male?<br />
Tristan l’aveva avvertita <strong>un</strong>a volta, prima di quella notte al<br />
ponte della ferrovia, prima di quella notte in cui Will era quasi<br />
rimasto ucciso. Ma Ivy pensava che Gregory fosse cambiato <strong>da</strong><br />
allora. Nelle ultime quattro settimane lui… be’, certo, si era<br />
sbagliata.<br />
Si alzò bruscamente <strong>da</strong>lla panchina, rovesciandosi addosso
il cappuccino.<br />
Tristan!, gridò tra sé, aiutami Tristan! Aiutami a rigare<br />
dritta! Corse verso la parte più illuminata del centro<br />
commerciale. Si stava affrettando verso le scale mobili quando<br />
si scontrò con Will.<br />
La ragazza che era con lui, <strong>un</strong>a ragazza con i capelli biondo<br />
rame che Ivy aveva visto alla festa di Eric, imprecò a bassa<br />
voce.<br />
Will guardò Ivy, e Ivy guardò lui. Non poteva sopportarlo, il<br />
modo in cui la guar<strong>da</strong>va, il modo in cui riusciva a tenerla<br />
prigioniera con lo sguardo.<br />
«Che ci fai qui?», chiese Ivy.<br />
«Che te ne frega?», rispose bruscamente la ragazza.<br />
Ivy la ignorò. «Non dirmelo», disse a Will, «hai solamente<br />
avuto la sensazione… hai giusto pensato… in qualche modo<br />
sapevi…».<br />
Lei vide <strong>un</strong>o scintillio nei suoi occhi, e distolse rapi<strong>da</strong>mente<br />
lo sguardo.<br />
La ragazza strabuzzava gli occhi, guar<strong>da</strong>ndo Ivy come se<br />
fosse <strong>un</strong>a matta; Ivy si sentiva <strong>un</strong> po’ matta. «Io… devo tornare<br />
a lavorare», disse, ma lui la teneva intrappolata con lo sguardo.<br />
«Se hai bisogno di me», le disse Will, «chiamami». Poi girò<br />
leggermente la testa, come se qualc<strong>un</strong>o gli stesse parlando <strong>da</strong><br />
sopra la spalla.<br />
Ivy ne approfittò per togliersi di torno e corse verso le scale<br />
mobili, salendo più veloce di quanto si muovessero i gradini, e<br />
si precipitò nel negozio.<br />
«Oh, cara», disse Lillian quando Ivy entrò di corsa <strong>da</strong>lla<br />
porta.<br />
«Oh!», disse Betty.<br />
Ivy aveva l’affanno, più per la rabbia che per la corsa. Si<br />
fermò per guar<strong>da</strong>rsi il vestito verde chiaro. Era color fango.<br />
«Dovremmo metterlo subito a bagno».
«No, non fa niente», disse, cercando di controllare il respiro,<br />
inspirando piano e profon<strong>da</strong>mente per calmarsi. «Basta pulirlo<br />
con <strong>un</strong>a spugna». Andò verso lo spogliatoio nel retro del<br />
negozio, ma Betty era già an<strong>da</strong>ta verso <strong>un</strong> espositore di vestiti,<br />
e Lillian ne guar<strong>da</strong>va <strong>un</strong> altro pensierosa.<br />
«Basta pulirlo con <strong>un</strong>a spugna», ripeté Ivy. «Ci metto <strong>un</strong><br />
minuto».<br />
Lillian e Betty fecero finta di niente.<br />
«E com<strong>un</strong>que è <strong>un</strong> vecchio vestito», aggi<strong>un</strong>se Ivy.<br />
Ogni tanto le signore anziane facevano finta di essere sorde.<br />
«Qualcosa di semplice», chiese infine. L’ultima volta si era<br />
ritrovata con <strong>un</strong> costume <strong>da</strong> alieno con delle batterie che la<br />
facevano suonare e lampeggiare.<br />
Le sorelle si mantennero sul semplice, <strong>da</strong>ndole <strong>un</strong>a morbi<strong>da</strong><br />
camicetta bianca, arricciata sulle spalle, e <strong>un</strong>a gonna colorata.<br />
«Oh, che bella zingarella», disse Lillian a Betty.<br />
«Dovremmo vestirla tutti i giorni», rispose Betty.<br />
Le sorrisero come due adoranti ziette.<br />
«Non dimenticarti di spegnere le luci del retro, tesoro»,<br />
disse Betty, poi le sorelle tornarono a casa <strong>da</strong>i loro sette gatti.<br />
Ivy tirò <strong>un</strong> sospiro di sollievo. Era contenta di rimanere <strong>da</strong><br />
sola in negozio per le due ore successive. Sarebbe stata<br />
abbastanza impegnata <strong>da</strong> non pensare a quello che aveva<br />
appena visto.<br />
Era arrabbiata, ma più con se stessa che con Gregory. Lui<br />
era quello che era. Non aveva cambiato le sue abitudini. Era<br />
stata lei a trasformarlo in <strong>un</strong> ragazzo perfetto.<br />
Alle nove e venticinque, Ivy aveva finito con il suo ultimo<br />
cliente.<br />
Il centro commerciale era quasi vuoto. Cinque minuti dopo<br />
spense le luci nel negozio, chiuse la porta <strong>da</strong>ll’interno e iniziò a<br />
contare i soldi e a sistemare gli scontrini.<br />
Rimase sorpresa quando qualc<strong>un</strong>o bussò alla porta.
«Zingarella», si sentì chiamare.<br />
«Gregory».<br />
Per <strong>un</strong> momento pensò di lasciarlo lì fuori, rimettendo in<br />
piedi il muro che lui aveva eretto tra loro lo scorso gennaio. Gli<br />
andò incontro lentamente, sbloccò la porta del negozio e la aprì<br />
di pochi centimetri.<br />
«Ti disturbo?», le chiese.<br />
«Devo finire di fare i conti e poi chiudo».<br />
«Starò buono», le promise.<br />
Ivy aprì la porta <strong>un</strong> po’ di più e lui entrò.<br />
Fece per an<strong>da</strong>re alla cassa, poi si girò rapi<strong>da</strong>mente.<br />
«Preferisco togliermi subito questo peso», disse.<br />
Gregory aspettava: sembrava che sapesse che stava per<br />
succedere qualcosa di grave.<br />
«Ho visto te, Eric e quell’altro ragazzo, lo spacciatore, fare<br />
<strong>un</strong>o scambio».<br />
«Ah, sì», disse lui, come se fosse <strong>un</strong>a cosa <strong>da</strong> nulla.<br />
«Ah, sì?», ripeté lei.<br />
«Pensavo che mi avresti detto qualcosa del tipo: “Da adesso<br />
in poi non dobbiamo vederci più <strong>da</strong> soli”».<br />
Ivy guardò in basso, tirando e torcendo <strong>un</strong> fiocco della<br />
gonna. Probabilmente sarebbe stato meglio se non si fossero<br />
visti più.<br />
«Ah», disse lui. «Capisco. Stavi per dirmi anche questo».<br />
Ivy non gli rispose. Onestamente non sapeva cosa dire.<br />
Gregory si avvicinò e le mise <strong>un</strong>a mano sulle sue,<br />
impedendole di tirar via il fiocco.<br />
«Eric si droga», disse, «lo sai. Ed è pieno di debiti, debiti<br />
seri, con il nostro amichevole spacciatore di quartiere. L’ho<br />
tirato fuori <strong>da</strong>i guai».<br />
Ivy guardò Gregory negli occhi. Il contrasto con<br />
l’abbronzatura li faceva sembrare più luminosi, come il mare<br />
argentato in <strong>un</strong> giorno di nebbia.
«Non ce l’ho con te, Ivy, se pensi che io stia facendo la cosa<br />
sbagliata. Se fossi stato sicuro che Eric avrebbe smesso <strong>un</strong>a<br />
volta finiti i soldi, non avrei pagato per lui. Ma Eric non<br />
smetterà, e loro lo andranno a cercare».<br />
Le lasciò la mano. «Eric è mio amico. Lo è sin <strong>da</strong>lle<br />
elementari. Non so cos’altro fare».<br />
Ivy si allontanò, pensando a quanto Gregory fosse stato leale<br />
con Eric e a quanto lei fosse stata sleale nei confronti di<br />
Suzanne.<br />
«Avanti. Dillo», la sfidò. «Non ti piace quello che sto<br />
facendo. Pensi che dovrei trovarmi degli amici migliori».<br />
Lei scosse la testa. «Non ce l’ho con te per quello che stai<br />
facendo», disse. «Eric è fort<strong>un</strong>ato ad averti come amico,<br />
proprio come lo sono io. Fort<strong>un</strong>ata come Suzanne».<br />
Gregory le girò il volto verso di lui con <strong>un</strong> dito. «Finisci di<br />
lavorare», disse, «così possiamo parlare <strong>un</strong> altro po’. Andiamo<br />
<strong>da</strong> qualche parte, non a casa, va bene?»<br />
«Va bene».<br />
«Pensi di uscire vestita così?», le chiese, sorridendo.<br />
«Oh! Me n’ero dimenticata. Mi sono versata <strong>un</strong> cappuccino<br />
addosso. Il mio vestito è a mollo nel lavandino».<br />
Lui rise. «Non fa niente. Sembri… esotica», disse, con gli<br />
occhi che indugiavano sulle sue spalle nude.<br />
Lei sentì <strong>un</strong> piacevole formicolio.<br />
«Credo che dovrei cercare <strong>un</strong> costume anche per me».<br />
Iniziò a esaminare cappelli e parrucche. Pochi minuti dopo<br />
la chiamò. «Come sto?».<br />
Ivy lo guardò <strong>da</strong> dietro la cassa e rise forte.<br />
Indossava <strong>un</strong>a parrucca rossa e increspata, <strong>un</strong> cappello a<br />
cilindro e <strong>un</strong>a cravatta a pois.<br />
«Affascinante», gli disse.<br />
Gregory si provò <strong>un</strong> costume dopo l’altro… <strong>un</strong>a maschera<br />
<strong>da</strong> Klingon, la testa e il petto di King Kong, <strong>un</strong> enorme
cappello e <strong>un</strong> boa a fiori.<br />
«Sei <strong>un</strong> pagliaccio!», esclamò Ivy.<br />
Lui le sorrise agitando il suo mantello piumato.<br />
«Se vuoi provare <strong>un</strong> costume completo ci sono dei camerini<br />
sul retro. Quello a sinistra è grande, con specchi su tutti i lati.<br />
Ti vedi <strong>da</strong> tutte le prospettive», gli disse. «Mi dispiace proprio<br />
che Philip non sia qui per giocare con te».<br />
«Quando hai finito, posso giocare con te», rispose Gregory.<br />
Ivy lavorò ancora <strong>un</strong> po’. Quando finalmente chiuse i<br />
registri, si accorse che lui era sparito sul retro.<br />
«Gregory?», lo chiamò.<br />
«Sì, tesovo mio», rispose con <strong>un</strong>o strano accento.<br />
«Cosa stai facendo?»<br />
«Vieni qui, tesovo», rispose. «Ti stavo aspettando».<br />
Lei sorrise. «Cosa hai in mente?».<br />
Ivy andò in p<strong>un</strong>ta di piedi verso il camerino e aprì piano la<br />
porta scorrevole. Gregory si era appiattito contro il muro. Poi si<br />
girò velocemente, saltando <strong>da</strong>vanti a lei.<br />
«Oh», Ivy rimase senza fiato, sorpresa. Non stava facendo<br />
finta; Gregory si era trasformato in <strong>un</strong> vampiro<br />
sorprendentemente affascinante con <strong>un</strong>a maglia bianca con <strong>un</strong>a<br />
grande scollatura a V e <strong>un</strong> mantello nero allacciato al collo. Si<br />
era pettinato all’indietro i capelli neri e aveva <strong>un</strong>o sguardo<br />
crudele.<br />
«Ciao, tesovo».<br />
«Dimmi <strong>un</strong> po’», gli disse, riprendendosi <strong>da</strong>llo spavento,<br />
«se tiri fuori le zanne riesci a pron<strong>un</strong>ciare le R?»<br />
«No di cevto. Io pavlo così». La tirò dentro la stanza. «E<br />
osevei dive, tesovo, che hai <strong>da</strong>vvevo <strong>un</strong> collo adovabile».<br />
Ivy rise. Gregory si era messo i denti finti <strong>da</strong> vampiro e<br />
aveva iniziato a mordicchiarle il collo, facendole il solletico.<br />
«Dove devo infilare il paletto di legno?», chiese,<br />
allontanandolo delicatamente. «Qui?», gli diede <strong>un</strong> colpetto
dove la maglia si apriva.<br />
Gregory le prese la mano e la tenne stretta per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go<br />
istante. Poi si tolse le zanne e se la portò alle labbra, baciandola<br />
dolcemente. La strinse più forte. «Penso che tu lo abbia già<br />
fatto, me l’hai spinto dritto nel cuore», le disse.<br />
Ivy alzò lo sguardo verso di lui, respirando piano. Gli occhi<br />
grigi di Gregory fiammeggiavano come braci sotto le ciglia<br />
abbassate.<br />
«Che collo adorabile», disse, abbassando la testa, con i<br />
capelli che cadevano in avanti. La baciò teneramente sulla<br />
gola. La baciò ancora e ancora, muovendo lentamente la bocca<br />
verso quella di Ivy.<br />
I suoi baci divennero sempre più au<strong>da</strong>ci. Ivy rispondeva con<br />
baci più delicati. La tirò a sé, tenendola stretta, poi<br />
all’improvviso la lasciò an<strong>da</strong>re, abbassandosi <strong>da</strong>vanti a lei. Si<br />
inginocchiò accostandosi a lei, muovendo lentamente le sue<br />
mani decise sul suo corpo, accarezzandola e tirandola giù,<br />
vicino a sé. «Va tutto bene», mormorò. «Va tutto bene».<br />
Si abbracciarono con passione, dondolandosi. Poi Ivy aprì<br />
gli occhi. A sinistra, a destra, avanti, dietro, <strong>da</strong> tutti gli angoli<br />
del camerino, vedeva lei e Gregory abbracciati.<br />
Si allontanò <strong>da</strong> lui. «No!», si portò le mani al volto,<br />
coprendosi gli occhi.<br />
Gregory cercò di tirarle via le mani <strong>da</strong>l viso. Lei si voltò<br />
verso il muro, accucciandosi in <strong>un</strong> angolo, ma non riusciva a<br />
togliersi <strong>da</strong>lla mente la sua immagine mentre baciava Gregory.<br />
«Non è giusto», disse.<br />
«Non è giusto?»<br />
«Non è <strong>un</strong>a cosa giusta, per te, per me, per Suzanne».<br />
«Dimentica Suzanne! Quello che conta siamo io e te».<br />
«Non dimenticare Suzanne», Ivy lo implorò a bassa voce.<br />
«Ti desidera <strong>da</strong> tanto tempo. E io voglio starti accanto, parlarti,<br />
toccarti. E baciarti. Come potrei farne a meno, dopo che sei
stato così adorabile con me? Ma Gregory, io so», fece <strong>un</strong><br />
respiro l<strong>un</strong>go e profondo. «So che sono ancora innamorata di<br />
Tristan…».<br />
«E pensi che io non lo sappia?». Rise. «È evidente, Ivy».<br />
Fece <strong>un</strong> passo verso di lei e le prese <strong>un</strong>a mano. «So che sei<br />
ancora innamorata e che soffri ancora per lui. Lascia che ti aiuti<br />
a superare il dolore».<br />
Le teneva teneramente la mano stretta tra le sue.<br />
«Pensaci Ivy. Pensaci e basta», disse.<br />
Lei annuì in silenzio, con la mano libera giocava con il<br />
fiocco della gonna.<br />
«Adesso mi cambio», le disse, «e torniamo a casa ciasc<strong>un</strong>o<br />
con la sua macchina. Io prendo <strong>un</strong>a stra<strong>da</strong> più l<strong>un</strong>ga, così non<br />
arriviamo insieme. Non ci vedremo mentre saliamo nelle nostre<br />
camere. Quindi…», si portò la sua mano alla bocca. «Questo è<br />
il mio bacio della buonanotte», disse, posando delicatamente le<br />
labbra sulla p<strong>un</strong>ta delle sue dita.<br />
Quando Tristan si svegliò, il camerino era illuminato solo<br />
<strong>da</strong>l suo fioco splendore, che si rifletteva negli specchi. Ma<br />
l’oscurità che sentiva in quella stanza vuota non era dovuta<br />
solo alla mancanza di luce. Sentiva l’oscurità come <strong>un</strong> qualcosa<br />
di concreto dentro di sé, <strong>un</strong>’ombra sinistra e subdola, <strong>un</strong>a<br />
presenza che lo terrorizzava e lo faceva infuriare.<br />
«Gregory», disse a bassa voce, e le immagini di cui era stato<br />
testimone ore prima gli lampeggiarono nella mente. Per <strong>un</strong><br />
momento pensò che la stanza fosse illuminata. Gregory si è<br />
<strong>da</strong>vvero innamorato di Ivy?, si chiese Tristan. E aveva detto la<br />
verità su Eric e lo spacciatore? Tristan doveva scoprirlo, e per<br />
farlo doveva entrare nella sua testa. «Ora tocca a te, Gregory»,<br />
disse. «Ora tocca a te».<br />
«Puoi smetterla di parlare <strong>da</strong> solo? Altrimenti come fa <strong>un</strong>a<br />
povera ragazza ad addormentarsi?».
Tristan attraversò la porta del camerino e si spinse nel<br />
negozio, che era illuminato <strong>da</strong> due deboli luci di servizio e<br />
<strong>da</strong>ll’insegna dell’uscita. Lacey si era distesa ai piedi di <strong>un</strong><br />
costume <strong>da</strong> King Kong.<br />
«Ti ho aspettato al tuo indirizzo di Riverstone Rise», disse e<br />
gli porse <strong>un</strong> fiore secco. «Ti ho portato questo. Ce n’erano altri,<br />
appena seccati, che formavano <strong>un</strong>a T sulla tua lapide. Ho<br />
pensato che non ci vai <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’».<br />
«Esatto».<br />
«Ho <strong>da</strong>to <strong>un</strong>’occhiata a Eric. Tanto per essere sicura che non<br />
ti fossi perso in quel parco giochi altrimenti noto come la sua<br />
mente. Poi ho <strong>da</strong>to <strong>un</strong>’occhiata a Ivy, che non sta passando <strong>un</strong>a<br />
bella nottata. Allora, che altro è successo?»<br />
«Sta bene?», chiese Tristan. Aveva pensato di seguirla a<br />
casa e riposarsi lì per il tempo che gli serviva. Poi si sarebbe<br />
potuto assicurare che Ella fosse con lei; avrebbe potuto<br />
chiamare Philip se Ivy avesse avuto bisogno di lui. Ma sapeva<br />
che se fosse an<strong>da</strong>to con lei, sarebbe rimasto sveglio tutta la<br />
notte a contemplarla. «Sta bene?»<br />
«Come al solito», rispose Lacey, tirandosi su i capelli.<br />
«Allora dimmi, cosa mi sono persa di questa telenovela?<br />
Gregory è agitato esattamente come lei. Cos’è che lo<br />
tormenta?».<br />
Tristan le raccontò cos’era successo quella sera, e quello che<br />
aveva provato nella mente di Eric… il ricordo di quella scena<br />
in casa di Caroline e il senso schiacciante di terrore e<br />
frustrazione. Lacey ascoltò per <strong>un</strong> po’, poi iniziò a camminare<br />
per il negozio. Materializzò le dita e si provò <strong>un</strong>a maschera,<br />
girandosi verso Tristan, e poi <strong>un</strong>’altra.<br />
«Forse non è la prima volta che Eric si indebita», disse<br />
Lacey. «E se Eric prima chiedeva aiuto a Caroline per i soldi<br />
della droga… proprio come fa adesso con Gregory? E se quella<br />
notte, quando aveva bisogno di denaro, Caroline non è riuscita
ad aiutarlo?»<br />
«No, non è così semplice», rispose Tristan, <strong>un</strong> po’ troppo<br />
velocemente. «So che non è così semplice».<br />
Lacey alzò <strong>un</strong> sopracciglio. «Lo sai, o è solo quello che vuoi<br />
credere?», gli chiese.<br />
«Cosa stai dicendo?»<br />
«Ho l’impressione che per te sarebbe <strong>un</strong>a piccolissima<br />
soddisfazione trovare le prove della colpevolezza di Gregory.<br />
Povero, innocente, bellissimo Gregory», disse, prendendo in<br />
giro Tristan. «Forse la sua <strong>un</strong>ica colpa è correre dietro alle<br />
ragazze ed essersi innamorato della tua… che a sua volta si è<br />
innamorata di lui», aggi<strong>un</strong>se con l’aria saccente.<br />
«Non puoi credere veramente che le cose stiano così!», disse<br />
Tristan.<br />
Lei scrollò le spalle. «Non nego che Gregory ogni tanto si<br />
comporti <strong>da</strong> idiota, ma qualche volta, almeno <strong>un</strong>a volta, ha<br />
avuto il cuore di tirare <strong>un</strong> amico fuori <strong>da</strong>i guai». Si leccò le<br />
labbra. «Penso che sia ricco, bello e innocente».<br />
«Se è innocente i suoi ricordi me lo dimostreranno», disse<br />
Tristan.<br />
Lacey scosse la testa, diventando seria all’improvviso.<br />
«Stavolta potrebbe sbatterti fuori alla velocità della luce».<br />
«Ci proverò lo stesso, e ci riuscirò, Lacey. Dopotutto, ho<br />
avuto <strong>un</strong>a maestra <strong>da</strong>vvero in gamba».<br />
Lei gli fece l’occhiolino.<br />
«Avevi ragione. È stato più facile entrare in Eric mentre il<br />
suo sonno era leggero. Proverò a fare la stessa cosa con<br />
Gregory».<br />
«Questo mi dice che non devo insegnarti le cose!».<br />
Tristan alzò la testa indispettito. «Tutto questo dovrebbe<br />
farti prendere <strong>un</strong> bel po’ di p<strong>un</strong>ti, Lacey… p<strong>un</strong>ti angelici per<br />
avermi aiutato nella mia missione».<br />
Lei si allontanò.
«E questi p<strong>un</strong>ti potrebbero aiutarti a portare a termine la tua.<br />
Non è quello che vuoi?».<br />
Lacey fece finta di niente, continuando a <strong>da</strong>rgli le spalle.<br />
Tristan la guardò, perplesso. «C’è qualcosa che mi sfugge?»<br />
«Ti sfuggono <strong>un</strong> sacco di cose, Tristan». Singhiozzò. «Cosa<br />
vuoi che faccia con questo fiore?»<br />
«Lasciarlo qui, credo. Sei stata carina a portarmelo, ma mi<br />
servirebbero troppe energie per portarmelo dietro. Ascolta,<br />
devo an<strong>da</strong>re».<br />
Lei annuì.<br />
«Grazie Lacey».<br />
Lei rimase girata.<br />
«Sei <strong>un</strong> angelo».<br />
«Già».<br />
Tristan si affrettò e arrivò in camera <strong>da</strong> letto di Ivy proprio<br />
mentre il cielo iniziava a illuminarsi. Era <strong>da</strong>vvero tentato di<br />
materializzare <strong>un</strong> dito e accarezzarle <strong>un</strong>a guancia.<br />
Ti amo, Ivy. Non ho mai smesso di amarti.<br />
Solo <strong>un</strong>a piccola carezza, è tutto quello che voglio. Quanto<br />
mi può costare, <strong>un</strong>a carezzina?<br />
Si allontanò <strong>da</strong> lei prima di cedere alla tentazione e sprecare<br />
energie che gli servivano per Gregory.<br />
Gregory dormiva <strong>un</strong> sonno agitato. Tristan diede<br />
<strong>un</strong>’occhiata ai suoi CD e ne trovò <strong>un</strong>o che conosceva.<br />
Materializzò due dita e mise il disco nel lettore, con il volume<br />
molto basso. Diede <strong>un</strong> colpetto a Gregory, poi iniziò a seguire<br />
la musica, ripetendo le parole, concentrandosi sulle immagini<br />
suggerite <strong>da</strong>lla canzone.<br />
Ma per qualche motivo, Tristan iniziò a sentirsi confuso.<br />
Aveva pensato di sapere a memoria le parole della canzone. Si<br />
concentrò e si rese conto che c’erano altre immagini<br />
sovrapposte alle sue: quelle di Gregory.<br />
Sono dentro, Lacey! Sono dentro!
Sentì subito che Gregory lo stava cercando, muovendosi alla<br />
cieca, disperatamente, come <strong>un</strong>a persona addormentata che<br />
cerca a tentoni la sveglia quando suona. Tristan rimase<br />
immobile, assolutamente immobile, e la musica allontanò<br />
Gregory <strong>da</strong> lui.<br />
Tristan si abbassò con <strong>un</strong> sospiro di sollievo. Quanto ci<br />
avrebbe messo Gregory a buttarlo fuori <strong>da</strong>lla sua mente?<br />
Ma ogni pensiero del genere era <strong>un</strong> pensiero lontano <strong>da</strong><br />
quelli di Gregory e non avrebbe fatto altro che metterlo in<br />
allarme. Tristan non poteva perdere tempo a pensare a quello<br />
che stava facendo, doveva farlo e basta.<br />
Aveva deciso di concentrarsi sulla lampa<strong>da</strong> <strong>da</strong> terra che era<br />
nel soggiorno di Caroline. Il giorno che lui e Lacey avevano<br />
perlustrato la casa, l’aveva notata vicino alla poltrona su cui la<br />
polizia aveva trovato il corpo di Caroline. La lampa<strong>da</strong> alogena,<br />
con il suo l<strong>un</strong>go stelo e il disco metallico sulla p<strong>un</strong>ta, era così<br />
familiare <strong>da</strong> non creare allarme, ma forse poteva ispirare il<br />
ricordo di Caroline seduta in poltrona in quel tardo pomeriggio<br />
di maggio.<br />
Tristan si concentrò. Girava intorno alla lampa<strong>da</strong> con il<br />
pensiero. Ci si avvicinava come se volesse accenderla.<br />
E si ritrovò nel soggiorno di Caroline. Lei era seduta in<br />
poltrona, che guar<strong>da</strong>va verso di lui, divertita. Poi si alzò<br />
all’improvviso. Aveva le guance arrossate, con delle l<strong>un</strong>ghe<br />
macchie rosse, proprio come quelle di Gregory quando era<br />
arrabbiato. Ma aveva anche <strong>un</strong>’espressione di vittoria negli<br />
occhi.<br />
Andò al tavolo. Tristan, nella memoria di Gregory, rimase<br />
dov’era, vicino alla lampa<strong>da</strong>. Caroline afferrò <strong>un</strong> foglietto e lo<br />
agitò verso di lui, come per prenderlo in giro. Tristan sentì i<br />
pugni di Gregory serrarsi.<br />
Poi Caroline si avvicinò a lui. Tristan pensava che gli stesse<br />
dicendo di leggere il foglietto, ma non riusciva a sentir bene le
parole. La rabbia era montata così velocemente, la furia era<br />
così travolgente che sentiva il cuore martellare, il sangue<br />
ribollire dentro di lui, riempiendogli le orecchie.<br />
Poi la sua mano scattò. Colpì la lampa<strong>da</strong>, man<strong>da</strong>ndola a<br />
sbattere contro la donna. La vide barcollare, cadere all’indietro<br />
come <strong>un</strong>’immagine di <strong>un</strong> cartone animato contro il brillante<br />
quadrato blu della finestra panoramica.<br />
Gregory gridò. Lo stesso Tristan gridò, quando vide<br />
Caroline cadere all’indietro, con <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go rivolo di sangue sul<br />
volto.<br />
Gregory si alzò di scatto, e Tristan capì che si era accorto di<br />
lui. Sarebbe stato lui il prossimo a essere spinto via. Si affrettò<br />
per uscire. Ma adesso le immagini turbinavano intorno a lui<br />
come frammenti taglienti, vetri colorati in <strong>un</strong> caleidoscopio.<br />
Aveva la nausea e le vertigini. Non riusciva a separare la sua<br />
mente <strong>da</strong> quella di Gregory. Correva in cerchio per <strong>un</strong> labirinto<br />
senza uscita, di pensieri deliranti. Sapeva di essere rimasto<br />
intrappolato.<br />
Poi all’improvviso sentì <strong>un</strong>a voce chiamare Gregory,<br />
pregandolo di svegliarsi. Ivy.<br />
La vide attraverso gli occhi di Gregory, avvolta nella sua<br />
vestaglia, china sopra di lui. Lo stringeva tra le braccia,<br />
consolandolo. Gregory, allora, mise a tacere i suoi deliranti<br />
pensieri, e Tristan scivolò fuori.
Capitolo 12<br />
«Proprio così, Philip!», disse Gregory, asciugandosi il<br />
sudore <strong>da</strong>l viso con la maglietta. «Non ti <strong>da</strong>rò più lezioni di<br />
tennis. Altrimenti mi batterai sempre».<br />
«Allora dovrò <strong>da</strong>rti io delle lezioni», rispose Philip,<br />
visibilmente compiaciuto.<br />
Gregory si sfilò la maglietta su<strong>da</strong>ta e la usò per colpire<br />
Philip delicatamente. «Marmocchio».<br />
Ivy e Maggie, che avevano assistito alla lezione di quel<br />
giovedì mattina, risero.<br />
«Questo è tutto ciò che ho sempre desiderato», disse<br />
Maggie.<br />
Era <strong>un</strong>a splendi<strong>da</strong> giornata di sole, il cielo era blu come in<br />
<strong>un</strong>a cartolina, e <strong>un</strong>a leggera brezza accarezzava le cime dei<br />
pini. Erano sedute insieme accanto al campo <strong>da</strong> tennis, Ivy<br />
prendeva il sole, la madre stava sul lato in ombra del telo.<br />
Maggie sussurrava soddisfatta. «Siamo <strong>un</strong>a famiglia,<br />
finalmente! E posso an<strong>da</strong>rmene in giro sapendo che i miei<br />
pulcini sono felici e al sicuro in casa».<br />
«Non perdere neanche <strong>un</strong> attimo a pensare a noi, mamma»,<br />
disse Ivy. «Tu e Andrew vi meritate di passare <strong>un</strong> po’ di tempo<br />
<strong>da</strong> soli al lago».<br />
Maggie annuì. «Andrew ha bisogno di <strong>un</strong>a vacanza, di<br />
sicuro. Ha diversi pensieri ultimamente. Di solito, prima di<br />
addormentarci, mi racconta tutto quello che ha fatto durante il<br />
giorno… nei minimi dettagli. Mi addormento così».<br />
Ivy rise.<br />
«Ma sono certa», continuò Maggie, «che c’è qualcosa che lo<br />
preoccupa, e se lo sta tenendo per sé».<br />
Ivy prese la mano della madre. «Voi due avete <strong>da</strong>vvero<br />
bisogno di allontanarvi <strong>un</strong> po’ <strong>da</strong> noi, e anche <strong>da</strong>l college.<br />
Spero che vi divertirete, mamma».
La madre la baciò, poi corse a salutare Philip.<br />
Gli mise <strong>un</strong> braccio intorno alle spalle. «Stammi bene,<br />
zucchina».<br />
Philip fece <strong>un</strong>a smorfia.<br />
«Ok», Gregory rispose al posto suo, prendendolo in giro.<br />
Maggie rise. Schioccò <strong>un</strong> bel bacio a Philip, esitò <strong>un</strong> attimo<br />
e poi diede <strong>un</strong> timido bacio anche a Gregory.<br />
«Prenditi cura dei miei bambini», disse a bassa voce. «Della<br />
mia bambina grande e anche di quello piccolo».<br />
Gregory sorrise. «Puoi contare su di me, Maggie».<br />
La madre di Ivy se ne andò contenta, con la sua enorme<br />
valigia che ondeggiava dietro di lei. La macchina era già<br />
pronta; stava an<strong>da</strong>ndo a prendere Andrew che usciva <strong>da</strong>lla<br />
ri<strong>un</strong>ione mattutina.<br />
Gregory sorrise a Ivy, poi si distese sul telo accanto a lei.<br />
«Per i prossimi tre giorni», disse, «possiamo mangiare tutto<br />
quello che vogliamo, quando vogliamo».<br />
«Io adesso mi preparo <strong>un</strong> panino», disse Philip. «Ne volete<br />
<strong>un</strong>o?».<br />
Ivy fece di no con la testa. «Devo an<strong>da</strong>re a lavorare presto.<br />
Prenderò qualcosa al centro commerciale».<br />
«Con cosa te lo fai?», chiese Gregory.<br />
«Formaggio cremoso, cannella e zucchero».<br />
«Penso che ne farò a meno».<br />
Philip si avviò verso casa, ma solo dopo essersi asciugato la<br />
faccia con la maglietta, per poi toglierla e sbatterla contro <strong>un</strong><br />
albero.<br />
Dopo che il fratellino fu scomparso dietro il boschetto di<br />
pini che separava la casa <strong>da</strong>l campo <strong>da</strong> tennis, Ivy disse. «Sai,<br />
ti imita. Ti fa piacere essere diventato <strong>un</strong> modello di<br />
comportamento?»<br />
«Non lo so». Gregory fece <strong>un</strong> mezzo sorriso. «Credo che<br />
dovrò cambiare <strong>un</strong> po’ le mie abitudini».
Ivy rise e si sistemò sul telo. «Grazie per essere stato carino<br />
con mia madre», disse.<br />
«Per averle promesso di prendermi cura della sua bambina?<br />
Non sarà difficile portare a termine l’incarico». Gregory si<br />
distese vicino a Ivy. La guardò, poi le accarezzò delicatamente<br />
la pelle nu<strong>da</strong> sotto al collo. «La tua pelle è così cal<strong>da</strong>».<br />
Ivy sentiva caldo <strong>da</strong>ppertutto. Posò la sua mano su quella di<br />
Gregory.<br />
«Come mai non ti sei messa questo bikini alla festa di<br />
Eric?».<br />
Ivy rise. «Lo metto solo dove mi sento a mio agio».<br />
«E ti senti a tuo agio con me?», si alzò su <strong>un</strong> gomito e la<br />
guardò dritto negli occhi, poi lasciò che il suo sguardo vagasse<br />
lentamente su di lei.<br />
«Sì e no», gli rispose.<br />
«Sei sempre troppo sincera», le disse sorridente,<br />
avvicinandosi a lei.<br />
Senza toccarla, abbassò la sua bocca verso quella di Ivy. Lei<br />
lo baciò. Gregory si allontanò per <strong>un</strong> momento, poi si abbassò<br />
nuovamente sfiorandola con le labbra.<br />
Si baciarono <strong>un</strong>a terza volta. Poi Ivy si tirò su e gli mise le<br />
braccia intorno al collo, tirandolo a sé.<br />
Non sentì i deboli passi sull’erba.<br />
«Ti aspettavo al parco per le dieci».<br />
Gregory sobbalzò, e Ivy afferrò <strong>un</strong> lembo del telo.<br />
«A quanto pare hai trovato qualcosa di meglio <strong>da</strong> fare»,<br />
disse Eric indicando Ivy.<br />
Gregory si alzò. Ivy si coprì con il telo, come se Eric<br />
l’avesse sorpresa senza vestiti. Per come la guar<strong>da</strong>va, si sentiva<br />
nu<strong>da</strong>. Si sentiva smascherata.<br />
Eric rise.<br />
«Ho visto <strong>un</strong> film in cui <strong>un</strong>a sorella non riusciva a togliere le<br />
mani di dosso al fratello».
«Fratellastro», gli disse Gregory.<br />
Ivy si rannicchiò sotto il telo.<br />
«Be’, non importa. Evidentemente hai dimenticato Tristan,<br />
no?», disse Eric. «Ti ha <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a mano Gregory?».<br />
«Smettila, Eric», lo avvertì Gregory.<br />
«È più bravo di Tristan a fare certe cose?», le chiese Eric,<br />
con voce bassa e profon<strong>da</strong>. «Sicuramente sa fare le mosse<br />
giuste». Quelle parole erano come serpenti che strisciavano<br />
nella mente di Ivy.<br />
«Stai zitto!», urlò Gregory saltando in piedi.<br />
«Ma tu lo sapevi, vero?», continuò Eric con voce sdolcinata.<br />
«Sapevi quanto è bravo Gregory, perché le ragazze parlano di<br />
queste cose».<br />
«Vattene via!».<br />
«Suzanne te l’avrà detto», insisteva Eric.<br />
«Ti avverto…».<br />
«Almeno alla sua migliore amica, Suzanne avrà raccontato<br />
quanto è passionale Gregory», disse Eric arricciando le labbra.<br />
«Fuori <strong>da</strong> casa mia!».<br />
Eric si girò verso Gregory e rise. «Casa tua?». All<strong>un</strong>gò le<br />
labbra in <strong>un</strong> sorriso esageratamente finto. «Tua? Un giorno<br />
forse, se sarai fort<strong>un</strong>ato».<br />
Gregory rimase in silenzio per <strong>un</strong> istante, poi parlò con tono<br />
freddo e minaccioso. «Ti conviene sperare che sarò fort<strong>un</strong>ato,<br />
Eric. Perché se va male a me, va male anche a te». Fece alc<strong>un</strong>i<br />
passi verso l’amico.<br />
Eric si allontanò. Si guardò indietro come <strong>un</strong> bambino che<br />
scappa e sfi<strong>da</strong> gli altri a prenderlo, ma c’era <strong>un</strong>’eco folle nella<br />
sua risata che gelò il sangue di Ivy.<br />
Philip, che era uscito sentendo gri<strong>da</strong>re, attraversò di corsa il<br />
prato.<br />
«Cosa c’è che non va?», chiese. Passava lo sguardo <strong>da</strong><br />
Gregory a Ivy, che era accanto a lui, ancora avvolta nel telo.
«Cos’è successo?»<br />
«Niente», disse Gregory. «Niente per cui tu ti debba<br />
preoccupare».<br />
Philip lo guardò perplesso, poi si girò verso Ivy. «Stai<br />
bene?».<br />
Lei annuì in silenzio.<br />
Gregory abbracciò Ivy. «Eric le ha detto delle cose cattive».<br />
«Quali cose cattive?»<br />
«Cose cattive e basta».<br />
«Quali?»<br />
«Non mi va di parlarne adesso», disse Ivy.<br />
Philip si morse <strong>un</strong> labbro. Poi si girò e si allontanò.<br />
Ivy sapeva che si era sentito estromesso. Si liberò<br />
<strong>da</strong>ll’abbraccio protettivo di Gregory. «Posso avere <strong>un</strong><br />
abbraccio, Philip? So che adesso stai diventando grande, ma<br />
non mi sento molto bene. Posso avere <strong>un</strong> abbraccio?».<br />
Il fratellino tornò indietro e l’abbracciò, stringendola forte.<br />
«Ci prenderemo cura di te», sussurrò.<br />
«Vi prenderete…?», gli rispose.<br />
«Gregory e io», la rassicurò, «e l’angelo Tristan».<br />
Ivy lo lasciò an<strong>da</strong>re all’improvviso. Fece del suo meglio per<br />
non balbettare. «Grazie», disse e poi corse in casa.<br />
Quando Tristan aveva sentito gri<strong>da</strong>re, era corso alla finestra<br />
per vedere cosa stava succedendo. Gregory ed Eric erano<br />
nascosti <strong>da</strong>gli alberi. Il suono delle loro voci gli era arrivato,<br />
ma non era riuscito ad afferrare le parole. Lo scambio rabbioso<br />
finì all’improvviso, come era cominciato.<br />
Tristan era indeciso su cosa fare. Voleva assicurarsi che Ivy<br />
stesse bene, ma non poteva lasciare la stanza di Gregory in<br />
quello stato. Aveva passato la mattinata a ispezionarla, c’erano<br />
i cassetti ancora aperti, fogli sparsi ov<strong>un</strong>que, le tasche di<br />
giacche e pantaloni rivoltate. Se Gregory si fosse accorto che
qualc<strong>un</strong>o aveva guar<strong>da</strong>to nelle sue cose, sarebbe diventato<br />
molto più cauto, e sarebbe stato più difficile capire cosa stava<br />
succedendo.<br />
L’ultima volta che Ivy aveva avuto bisogno di aiuto, aveva<br />
chiamato Tristan… nella sua mente… ma lui l’aveva sentita.<br />
Rimase immobile per qualche istante, in ascolto. Quando si<br />
rese conto che non era in pericolo, decise di rimanere dov’era e<br />
iniziare a rimettere a posto.<br />
Qualche minuto dopo sentì Ivy correre di sopra, poi Philip e<br />
Gregory che parlavano mentre si avvicinavano alla casa.<br />
Tristan cercò di fare più in fretta, ma aveva sempre meno<br />
energia. Le dita, che aveva materializzato ripetutamente per<br />
brevi periodi, iniziavano a farsi stanche e maldestre. Riusciva a<br />
malapena ad aprire e chiudere il cassetto della scrivania di<br />
Gregory.<br />
C’era <strong>un</strong>a vecchia rivista della scuola sulla scrivania, in cui<br />
Gregory aveva raccolto degli articoli di giornale. Tristan li<br />
aveva sfogliati, cercando di capire perché interessassero a<br />
Gregory. Adesso erano sparsi in giro. Cercò di afferrarne <strong>un</strong>o e<br />
diede <strong>un</strong>a botta a <strong>un</strong>a pila di scatole piene di videocassette.<br />
Alc<strong>un</strong>e videocassette scivolarono fuori <strong>da</strong>lle loro custodie e<br />
Tristan si affrettò a rimetterle a posto. Sentiva Gregory che<br />
parlava con Philip in fondo alle scale di servizio, ma più<br />
cercava di fare in fretta, più combinava guai. Una delle cassette<br />
non entrava nella sua custodia, c’era incastrato qualcosa.<br />
Tristan raccolse tutte le sue energie e lo tirò fuori. Vide che<br />
su <strong>un</strong> lato della custodia nera c’erano, avvolte nel cellophane,<br />
tre pasticche rosse.<br />
Sentì i gradini scricchiolare. Gregory stava salendo. Tristan<br />
strappò via la plastica, rimise la videocassetta nella custodia e<br />
la mise sulla cima della pila. Sapeva che Gregory non poteva<br />
vederlo, ma avrebbe notato le pasticche. Con le ultime energie<br />
che gli erano rimaste, le nascose dietro la scrivania. Mezzo
secondo dopo Gregory entrò nella stanza.<br />
Tristan si accasciò, esausto. Vide che era tutto a posto tranne<br />
<strong>un</strong> orario dei treni che stava per terra.<br />
Ness<strong>un</strong> problema, si disse. Gregory avrebbe pensato che<br />
fosse caduto <strong>da</strong>lla scrivania, visto che non c’era niente a<br />
trattenerlo.<br />
Infatti, Gregory non si accorse neanche dell’orario, ma andò<br />
dritto a sedersi alla scrivania. Aveva la fronte imperlata di<br />
sudore, e la pelle aveva preso <strong>un</strong>o strano colore, pallido,<br />
nonostante l’abbronzatura. Si prese la testa tra le mani. Per<br />
diversi minuti rimase a massaggiarsi le tempie, poi si ria<strong>da</strong>giò<br />
sullo schienale.<br />
All’improvviso alzò la testa di scatto. Fissava l’orario dei<br />
treni sul pavimento, poi iniziò a guar<strong>da</strong>rsi lentamente intorno,<br />
sospettoso. Si avvicinò alla videocassetta e la tirò fuori <strong>da</strong>lla<br />
custodia. Gli cascò giù la mascella.<br />
Controllò l’etichetta, poi iniziò a tirar fuori <strong>un</strong>a cassetta<br />
dopo l’altra. Strappò il cellophane a <strong>un</strong>’altra cassetta…<br />
conteneva altre tre pasticche… e continuò a controllare la<br />
stanza.<br />
«Philip!», si alzò all’improvviso, facendo cadere la sedia. Si<br />
diresse verso la porta, poi si fermò e diede <strong>un</strong> pugno contro il<br />
muro. Rimase lì, senza muoversi, fissando la porta che <strong>da</strong>va<br />
nell’ingresso, in <strong>un</strong>a mano teneva ancora stretta la droga.<br />
«Dannato moccioso».<br />
Infilò le pasticche in fondo alla tasca, poi ci mise sopra il<br />
portafogli. Tornò alla scrivania, rialzò la sedia e si mise seduto<br />
a leggere l’orario dei treni.<br />
Tristan sbirciò sopra la sua spalla e si accorse che Gregory<br />
aveva segnato l’orario dell’ultimo treno dopo mezzanotte.<br />
Partiva <strong>da</strong> Tusset all’1:45, ma non fermava alla piccola<br />
stazione di Stonehill. Gregory fece qualche rapido calcolo,<br />
scrisse 2:04, lo cerchiò due volte, poi infilò l’orario sotto <strong>un</strong>
libro. Rimase seduto per <strong>un</strong> quarto d’ora, con il mento<br />
appoggiato sulle mani.<br />
Tristan si chiedeva cosa gli passasse per la testa, ma era<br />
troppo debole per provare a entrarci. Gregory sembrava molto<br />
più calmo adesso… così calmo <strong>da</strong> avere <strong>un</strong>’aria inquietante. Si<br />
rimise a sedere lentamente e annuì, come se avesse preso<br />
qualche decisione importante. Poi prese le chiavi della<br />
macchina e si avviò verso la porta. A metà delle scale, Gregory<br />
iniziò a fischiettare.
Capitolo 13<br />
«Penso che sia morto. Non c’è più nulla <strong>da</strong> fare per lui»,<br />
disse Beth, guar<strong>da</strong>ndo il papavero secco che Ivy aveva messo<br />
in <strong>un</strong> bicchiere d’acqua sul tavolo tra di loro.<br />
Aprendo il negozio quel giovedì mattina, Lillian e Betty<br />
avevano trovato il fiore nella bocca di King Kong, che<br />
sp<strong>un</strong>tava come <strong>un</strong>a rosa <strong>da</strong>lla bocca di <strong>un</strong> ballerino. Più tardi<br />
Ivy aveva negato più di <strong>un</strong>a volta di essere stata lei a piazzarlo<br />
lì.<br />
«Perché stai cercando di resuscitarlo?», le chiese Beth<br />
mentre leccava <strong>un</strong> gelato. «Non possiamo comprarne <strong>un</strong> altro a<br />
King Kong?»<br />
«Vendevano papaveri sabato al festival», rispose Ivy. «Ne<br />
ho comprati <strong>un</strong> po’ per Tristan. Philip e io li abbiamo portati al<br />
cimitero».<br />
«Sono contenta che Philip sia venuto con te», disse Beth.<br />
«Tristan manca anche a lui».<br />
«Li ha usati per disegnare <strong>un</strong>a T sulla tomba», le disse Ivy,<br />
con <strong>un</strong> sorriso.<br />
Beth annuì, come se adesso fosse perfettamente chiaro<br />
perché Ivy dovesse annoiarla con <strong>un</strong> papavero appassito<br />
trovato in negozio.<br />
«Sto impazzendo, non credi?», disse Ivy all’improvviso.<br />
«Penso di star migliorando… Credo di essere sulla buona<br />
stra<strong>da</strong> per superare il trauma della morte di Tristan… Ed<br />
eccomi qua, a salvare questo stupido fiore come se fosse <strong>un</strong><br />
ricordo perché sembra <strong>un</strong>o di quelli che…».<br />
Strappò il papavero <strong>da</strong>l bicchiere e lo gettò in <strong>un</strong> vassoio di<br />
piatti sporchi che <strong>un</strong>a cameriera stava portando via.<br />
Beth si alzò, inseguì la cameriera e tornò indietro con il<br />
papavero.<br />
«Magari farà dei semi», disse, rimettendolo a posto nel
icchiere d’acqua.<br />
Ivy scosse la testa e continuò a sorseggiare il tè in silenzio,<br />
mentre Beth rosicchiava il suo cono.<br />
Ivy annuì. «Mi dispiace Beth. Ti chiamo nel panico alle<br />
nove di sera, ti strappo alla tua scrittura per venire a prendere<br />
qualcosa con la squadra di bowling uomo-panciuto-semprepiaciuto<br />
<strong>da</strong> Howard Johnson», guardò l’affollata stanza verde e<br />
arancione, «e adesso non riesco a parlare».<br />
«Non c’è problema», disse Beth, porgendo il suo cono a Ivy.<br />
«Sto per prendermi <strong>un</strong>a tripla porzione di dolcetti al latte, per<br />
<strong>un</strong>a cosa del genere puoi chiamarmi anche alle tre del mattino.<br />
Ma come fai a sapere che stavo scrivendo?».<br />
Ivy sorrise. Beth l’aveva raggi<strong>un</strong>ta nel parcheggio con <strong>un</strong><br />
paio di pantaloni della tuta accorciati con le forbici, senza<br />
trucco e con <strong>un</strong> vecchio paio di occhiali che si metteva solo<br />
quando era incollata allo schermo di <strong>un</strong> computer. Un post-it<br />
giallo scarabocchiato era ancora appiccicato alla sua maglietta,<br />
e i capelli erano tenuti su <strong>da</strong> <strong>un</strong> mollettone.<br />
«Solo <strong>un</strong>a sensazione», disse Ivy. «Che fa Suzanne<br />
stasera?».<br />
Ivy e Suzanne non si erano più parlate <strong>da</strong>l giorno del<br />
festival.<br />
«È uscita con qualc<strong>un</strong>o».<br />
«Con Gregory?», le chiese Ivy, preoccupata. Le aveva<br />
promesso di rimanere con Philip fino al suo rientro.<br />
«No, con <strong>un</strong> tipo che dovrebbe far impazzire Gregory di<br />
gelosia».<br />
«Ah».<br />
«Non te l’ha detto?», le chiese Beth, sorpresa. «Suzanne<br />
parla solo di questo». Vedendo l’espressione sul volto di Ivy,<br />
aggi<strong>un</strong>se in fretta: «Sono sicura che Suzanne pensa di averlo<br />
fatto. Sai com’è… dici <strong>un</strong>a cosa a <strong>un</strong>a persona e pensi di averla<br />
detta a <strong>un</strong>’altra».
Ivy annuì, ma tutt’e due sapevano che le cose non stavano<br />
esattamente così.<br />
«Gregory non ha passato molto tempo con Suzanne<br />
ultimamente», disse Beth, interrompendo per <strong>un</strong> attimo la<br />
ricerca di gocce di cioccolato nel suo cono, «ma questo lo sai».<br />
Ivy scrollò le spalle. «Esce, ma io non gli chiedo dove va».<br />
«Be’, Suzanne è sicura che si ve<strong>da</strong> con qualc<strong>un</strong>’altra».<br />
Ivy iniziò a scarabocchiare la sua tovaglietta.<br />
«All’inizio Suzanne pensava che se la stesse semplicemente<br />
tirando <strong>un</strong> po’. Non si preoccupava perché non c’era di mezzo<br />
<strong>un</strong>a in particolare. Ma adesso pensa che si incontri con<br />
<strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica persona. Pensa che sia <strong>da</strong>vvero legato a qualc<strong>un</strong>o».<br />
Ivy alzò lo sguardo e si accorse che Beth stava studiando le<br />
sue reazioni. Beth riesce <strong>da</strong>vvero a leggere nel pensiero o è<br />
semplicemente la mia espressione che le rivela tutto?<br />
«Suzanne ha iniziato a chiedermi che cosa penso che stia<br />
succedendo», continuò Beth, inarcando <strong>un</strong> sopracciglio.<br />
«E tu cosa le hai detto?», chiese Ivy.<br />
Beth sbatté le ciglia <strong>un</strong> bel po’ di volte, poi distolse lo<br />
sguardo. Guardò <strong>un</strong>a cameriera con i capelli grigi che civettava<br />
con due uomini calvi in divisa <strong>da</strong> bowling di raso rosso scuro.<br />
«Non sono la persona giusta a cui chiederlo», disse alla fine.<br />
«Mi conosci Ivy, io guardo sempre le persone aggi<strong>un</strong>gendo<br />
dettagli a quello che vedo per inventarmi storie su di loro.<br />
Spesso non distinguo più la realtà delle cose <strong>da</strong>lla mia<br />
fantasia».<br />
«Quale pensi che sia la realtà su Gregory?», insistette Ivy.<br />
Beth agitò il cono. «Penso che è <strong>un</strong>o che si guar<strong>da</strong> intorno.<br />
Penso che, ehm, piace a <strong>un</strong> sacco di ragazze. Non so dire a chi<br />
è <strong>da</strong>vvero interessato e che cosa pensa in questo periodo.<br />
Semplicemente non lo capisco molto».<br />
Beth diede <strong>un</strong> morso scrocchiante al cono e masticò<br />
pensierosa. «Gregory è come <strong>un</strong>o specchio», disse. «Riflette
chi<strong>un</strong>que sia con lui. Quando sta con Eric, si comporta come<br />
Eric. Quando sta con te, è premuroso e divertente come te. Il<br />
problema per me è che non riesco a capire chi sia veramente,<br />
non più di quanto possa vedere attraverso <strong>un</strong>o specchio, perché<br />
riflette tutti quelli che stanno intorno a lui. Capisci cosa voglio<br />
dire?»<br />
«Penso di sì».<br />
«Che devo dire a Suzanne, Ivy?», chiese Beth, cambiando<br />
tono di voce. Stava implorando <strong>un</strong>a risposta. «Quando mi<br />
chiede che sta succedendo, cosa le devo dire?»<br />
«Non lo so». Ivy iniziò a contemplare di nuovo la<br />
tovaglietta, leggendo attentamente tutte le descrizioni dei<br />
dessert. «Te lo dirò quando lo saprò, ok? Allora, come va la<br />
scrittura?»<br />
«La scrittura?», ripeté Beth, sorpresa <strong>da</strong>l cambio di<br />
argomento. «Be’, ci sono buone notizie».<br />
«Davvero? Raccontami».<br />
«Pubblicheranno <strong>un</strong> mio racconto. Voglio dire, su <strong>un</strong>a<br />
rivista vera». Gli occhi azzurri di Beth brillavano. «True Heart<br />
Confessions».<br />
«Beth, è meraviglioso! Quale racconto?»<br />
«Quello che ho scritto per la compagnia teatrale. Sai, è<br />
uscito sulla rivista letteraria della scuola, in primavera».<br />
Ivy cercò di ricor<strong>da</strong>rsi. «Ne ho letti così tanti».<br />
«“Lei si p<strong>un</strong>tò la pistola al petto”», iniziò Beth. «“Risoluta e<br />
triste, fred<strong>da</strong> e inflessibile. C’erano foto di lui. Foto vecchie e<br />
scolorite di lui… di lui insieme a lei… foto strappate, fradicie<br />
di lacrime, incrostate di sale” ecc. ecc.».<br />
Due cameriere, che portavano vassoi pieni di cibo, si<br />
fermarono ad ascoltare.<br />
«Che c’è?», chiese Beth a Ivy. «Hai <strong>un</strong>’espressione <strong>da</strong>vvero<br />
strana».<br />
«Niente… niente, stavo solo riflettendo», rispose Ivy.
«Lo fai spesso ultimamente».<br />
Ivy rise. «Forse voglio tenermi in allenamento per il<br />
prossimo mese, quando ricomincerà la scuola».<br />
Portarono il conto. Ivy prese la borsetta.<br />
«Ascolta», disse Beth, «perché non dormi a casa mia<br />
stanotte? Non dobbiamo per forza parlare. Guardiamo qualche<br />
film, ci diamo lo smalto alle <strong>un</strong>ghie, facciamo biscotti al<br />
forno…». Ingoiò l’ultimo pezzo del suo cono. «Biscotti<br />
dietetici», aggi<strong>un</strong>se.<br />
Ivy sorrise, poi iniziò a frugare nella borsetta. «Dovrei<br />
an<strong>da</strong>re a casa, Beth».<br />
«No, non dovresti».<br />
Ivy smise di frugare. Beth l’aveva detto con troppa<br />
convinzione.<br />
«Non so perché», disse Beth, arricciandosi impacciata <strong>un</strong>a<br />
ciocca di capelli. «Non devi e basta».<br />
«Devo an<strong>da</strong>re a casa», le disse Ivy. «Se Philip si sveglia nel<br />
bel mezzo della notte e si accorge che non ci sono, penserà che<br />
c’è qualcosa che non va».<br />
«Chiamalo», le rispose l’amica. «Se si è addormentato,<br />
Gregory può lasciargli <strong>un</strong> biglietto vicino al letto. Non dovresti<br />
tornare a casa stasera. Ho… <strong>un</strong> presentimento, <strong>un</strong><br />
presentimento <strong>da</strong>vvero forte».<br />
«Beth, so che hai di questi presentimenti, e almeno <strong>un</strong>a volta<br />
in passato hai avuto ragione, ma stavolta è diverso. Chiuderò<br />
tutte le porte a chiave, Gregory è a casa, non mi succederà<br />
niente».<br />
Beth guar<strong>da</strong>va oltre la spalla di Ivy, muoveva gli occhi<br />
come se stesse cercando di mettere a fuoco qualcosa.<br />
Ivy si guardò intorno rapi<strong>da</strong>mente e vide <strong>un</strong> uomo con i<br />
capelli ricci con <strong>un</strong>a divisa <strong>da</strong> bowling giallo canarino. L’uomo<br />
le fece l’occhiolino, e Ivy smise di guar<strong>da</strong>rlo.<br />
«Posso venire io <strong>da</strong> te?», chiese Beth.
«Cosa? No. Non stasera», disse Ivy. «Ho bisogno di dormire<br />
<strong>un</strong> po’, e tu devi finire la storia che ho interrotto. Stasera offro<br />
io», aggi<strong>un</strong>se, afferrando lo scontrino.<br />
Nel parcheggio Ivy la salutò diverse volte, ma Beth era<br />
riluttante a lasciarla an<strong>da</strong>re.<br />
Mentre Ivy tornava a casa ripensò alla storia di Beth. I<br />
dettagli del suicidio di Caroline non erano stati resi pubblici,<br />
quindi Beth non poteva sapere delle foto che Caroline aveva<br />
strappato il giorno che si era sparata. Era buffo come Beth nei<br />
suoi racconti inventasse cose che sembravano improbabili e<br />
melodrammatiche, fino a quando poi non succedevano<br />
<strong>da</strong>vvero.<br />
Quando arrivò a casa vide che tutte le luci erano spente,<br />
tranne <strong>un</strong>a in camera di Gregory. Sperava che non si fosse<br />
accorto della sua macchina che saliva l<strong>un</strong>go il viale. La lasciò<br />
fuori <strong>da</strong>l garage. Così, se si fosse preoccupato, si sarebbe<br />
accorto che era arrivata a casa sana e salva. Ivy decise di<br />
an<strong>da</strong>re su per la scalinata centrale, così <strong>da</strong> non passare vicino<br />
alla stanza di Gregory. Nel pomeriggio l’aveva chiamata due<br />
volte in negozio. Sapeva che voleva parlarle, ma non si sentiva<br />
pronta.<br />
Era <strong>un</strong>a serata cal<strong>da</strong>, ancora senza l<strong>un</strong>a, c’erano solo le<br />
stelle che brillavano in cielo. Rimase a guar<strong>da</strong>rle per <strong>un</strong> po’,<br />
poi si avviò in silenzio per il prato verso il patio.<br />
«Dove sei stata?».<br />
Ivy fece <strong>un</strong> salto. Non l’aveva visto seduto all’ombra.<br />
«Cosa?»<br />
«Dove sei stata?».<br />
Ivy si irritò per il suo tono. «Fuori», disse.<br />
«Mi dovevi richiamare. Perché non mi hai richiamato, Ivy?»<br />
«Ero occupata con dei clienti».<br />
«Pensavo che saresti tornata a casa subito dopo il lavoro».<br />
Ivy gettò le chiavi sul tavolo di ferro battuto, facendo <strong>un</strong> bel
po’ di rumore. «E io pensavo che non sarebbe stato <strong>un</strong><br />
problema stare in giro <strong>un</strong>’oretta… non certo per te. Sono stanca<br />
di questa discussione, Gregory!».<br />
Lo sentiva muoversi sulla sedia, ma non riusciva a vederlo<br />
in volto.<br />
«Mi sto <strong>da</strong>vvero stancando di tutta questa gente che mi<br />
controlla! Beth non è mia madre, e tu non sei il mio fratello<br />
maggiore!».<br />
Lui ri<strong>da</strong>cchiò. «Mi fa piacere sentirtelo dire. Avevo paura<br />
che Eric ti avesse confuso».<br />
Ivy mosse leggermente la testa, poi disse: «Forse l’ha fatto».<br />
Fece <strong>un</strong> passo verso casa.<br />
Gregory le afferrò <strong>un</strong> polso. «Dobbiamo parlare».<br />
«Ho bisogno di riflettere, Gregory».<br />
«Allora rifletti ad alta voce», disse.<br />
Ivy scosse la testa.<br />
«Ivy, ascoltami. Non stiamo facendo niente di sbagliato».<br />
«Allora perché mi sento così… così confusa? E così<br />
sleale?».<br />
«Nei confronti di Suzanne?», le chiese.<br />
«Suzanne pensa che hai <strong>un</strong>a storia con <strong>un</strong>’altra ragazza», gli<br />
disse Ivy.<br />
«Infatti», rispose lui, calmo. «Ma non so se l’altra ragazza<br />
ha <strong>un</strong>a storia con me… che dici, ce l’hai?».<br />
Ivy si morse <strong>un</strong> labbro. «Non è solo per Suzanne».<br />
«Tristan».<br />
Lei annuì.<br />
La tirò per <strong>un</strong> braccio, avvicinandola a sé. «Siediti».<br />
«Gregory, non mi va di parlarne».<br />
«Allora limitati ad ascoltare. Ascoltami fino alla fine. Tu<br />
ami Tristan. Lo ami più di chi<strong>un</strong>que altro».<br />
Ivy si allontanò <strong>un</strong> po’, ma la sua presa era troppo forte.<br />
«Ascoltami! Se tu fossi morta nell’incidente, cosa avresti
desiderato per Tristan? Avresti desiderato che non lo amasse<br />
ness<strong>un</strong>’altra? Avresti desiderato che rimanesse <strong>da</strong> solo per il<br />
resto della sua vita?»<br />
«No, assolutamente no».<br />
«Assolutamente no», ripeté a bassa voce.<br />
Poi la tirò giù sulla sedia, accanto a lui. Il metallo era freddo<br />
e duro.<br />
«Ti ho pensato tutto il giorno e tutta la notte», le disse.<br />
La accarezzava piano, sul volto e sul collo. La baciò<br />
delicatamente, come se fosse <strong>un</strong>a bambina. Lei lo lasciava fare,<br />
ma non rispondeva ai baci.<br />
«Ti ho aspettato qui tutta la sera», disse. «Ho bisogno di<br />
uscire. Perché non vieni a farti <strong>un</strong> giro con me?»<br />
«Non possiamo lasciare solo Philip», gli ricordò Ivy.<br />
«Certo che possiamo», rispose Gregory a bassa voce.<br />
«Dorme come <strong>un</strong> ghiro. Chiudiamo a chiave tutte le porte di<br />
casa e accendiamo l’allarme esterno. Possiamo farci <strong>un</strong> giretto<br />
in macchina qui intorno. E non parlerò più, te lo prometto».<br />
«Non possiamo lasciare solo Philip», disse <strong>un</strong>a secon<strong>da</strong><br />
volta.<br />
«Starà bene. Non c’è niente di sbagliato a farsi <strong>un</strong> giro, Ivy.<br />
Non c’è niente di sbagliato a sparare lo stereo a tutto volume e<br />
correre <strong>un</strong> po’ in macchina. Non c’è niente di sbagliato nel<br />
divertirsi».<br />
«Non mi va», disse.<br />
Sentì il suo corpo irrigidirsi.<br />
«Non stasera», aggi<strong>un</strong>se subito dopo. «Sono stanca,<br />
Gregory. Ho <strong>da</strong>vvero bisogno di an<strong>da</strong>re a letto. Magari <strong>un</strong>’altra<br />
sera».<br />
«Va bene, tutto quello che vuoi», disse con voce rauca. Si<br />
a<strong>da</strong>giò sulla sedia. «Vai a dormire <strong>un</strong> po’».<br />
Ivy lo lasciò lì e attraversò la casa buia. Andò a controllare<br />
Philip, poi attraversò il bagno adiacente la sua stanza, dove
trovò Ella a salutarla con gli occhi luminosi. Ivy accese <strong>un</strong>a<br />
piccola lampa<strong>da</strong> <strong>da</strong> tavolo, ed Ella iniziò a fare le fusa.<br />
«Fai le fusa a me», chiese Ivy, «o a lui?».<br />
La foto di Tristan, l’<strong>un</strong>ica che la madre le aveva regalato,<br />
stava nel cerchio di luce.<br />
Ivy prese la foto tra le mani. Tristan le sorrideva, con il suo<br />
vecchio cappellino <strong>da</strong> baseball, naturalmente girato al<br />
contrario. Il suo giubbino della scuola era aperto e sventolava,<br />
come se stesse camminando verso di lei. Alc<strong>un</strong>e volte non<br />
riusciva a credere che fosse morto. La sua mente lo sapeva, lo<br />
aveva saputo <strong>da</strong>ll’esatto momento in cui Tristan aveva smesso<br />
di esistere, ma il suo cuore non riusciva a dimenticarlo.<br />
«Ti amo, Tristan», disse, poi baciò la foto. «Sogni d’oro».<br />
Ivy si svegliò urlando. Aveva la voce roca, come se avesse<br />
urlato per ore. L’orologio segnava l’<strong>un</strong>a e <strong>un</strong> quarto del<br />
mattino.<br />
«Va tutto bene! Sei al sicuro! Va tutto bene, Ivy».<br />
Gregory la stava abbracciando. Philip era accanto al letto,<br />
con in braccio Ella.<br />
Ivy li guardò, poi si aggrappò a Gregory. «Quando finirà?<br />
Quando finirà questo incubo?»<br />
«Shh, shh. Va tutto bene».<br />
Ma non era così. L’incubo stava peggiorando. Si<br />
aggi<strong>un</strong>gevano dettagli, che creavano continuamente nuovi<br />
rivoli di terrore che le si anni<strong>da</strong>vano negli angoli più nascosti<br />
della mente. Ivy chiuse gli occhi, rilassandosi accucciata<br />
accanto a Gregory.<br />
«Perché continua a fare questi sogni?», chiese Philip.<br />
«Non sono sicuro», disse Gregory. «Penso dipen<strong>da</strong> <strong>da</strong>l<br />
trauma dell’incidente».<br />
«Qualche volta i sogni sono messaggi degli angeli», suggerì<br />
Philip.
Aveva detto angeli velocemente, poi aveva guar<strong>da</strong>to Ivy,<br />
come se si aspettasse che lo sgri<strong>da</strong>sse per averli nominati di<br />
nuovo.<br />
Gregory studiò Philip per <strong>un</strong> momento, poi chiese: «Gli<br />
angeli sono buoni, giusto?».<br />
Philip annuì.<br />
«Bene, se gli angeli sono buoni», ragionava Gregory, «pensi<br />
che manderebbero a Ivy brutti sogni?».<br />
Philip ci pensò su, poi scosse la testa lentamente. «No… ma<br />
forse è <strong>un</strong> angelo cattivo a farlo».<br />
Ivy sentì Gregory irrigidirsi.<br />
«È la mia mente che fa tutto questo», disse piano. «È solo la<br />
mia mente che si abitua a quello che è successo a me e Tristan.<br />
Tra <strong>un</strong> po’ gli incubi scompariranno».<br />
Ma stava mentendo. Aveva paura che i sogni non sarebbero<br />
mai scomparsi. E iniziava a pensare che ci fosse qualcos’altro<br />
oltre al trauma della morte di Tristan.<br />
«Ho <strong>un</strong>’idea, Philip», disse Gregory. «Fino a quando gli<br />
incubi di Ivy non scompariranno, faremo i turni per svegliarla e<br />
stare con lei. Stanotte tocca a me. La prossima volta a te, va<br />
bene?».<br />
Philip guardò prima Gregory poi Ivy, perplesso. «Va bene»,<br />
disse alla fine. «Ivy, posso portare Ella nella mia stanza?»<br />
«Certo. Adora farsi coccolare <strong>da</strong> te».<br />
Ivy guardò il fratellino portare via Ella, con la testa<br />
appoggiata su di lei, le sopracciglia aggrottate.<br />
«Philip», lo chiamò. «Domani, quando torno <strong>da</strong>l lavoro<br />
facciamo qualcosa, solo io e te. Decidi tu cosa, qualcosa di<br />
divertente. Va tutto bene, Philip. Davvero. Si sistemerà tutto».<br />
Lui annuì, ma Ivy aveva la sensazione che non le credesse.<br />
«Dormi bene», disse Ivy. «C’è Ella con te. E il tuo angelo<br />
custode», aggi<strong>un</strong>se.<br />
Philip la guardò, con gli occhi spalancati <strong>da</strong>lla sorpresa. «Lo
vedi anche tu?».<br />
Ivy esitò <strong>un</strong> attimo.<br />
«Assolutamente no», rispose Gregory per lei.<br />
Assolutamente no. Ripeté Ivy dentro di sé… eppure per <strong>un</strong><br />
attimo aveva pensato di vederlo. Riusciva quasi a credere che<br />
Philip avesse <strong>un</strong> angelo custode, lei sicuramente non l’aveva.<br />
«Buonanotte», disse dolcemente.<br />
Quando andò via, Gregory strinse Ivy tra le braccia e la<br />
cullò per diversi minuti. «Sempre lo stesso sogno?», disse.<br />
«Sì».<br />
«C’era ancora Eric?»<br />
«Il motociclista rosso», rispose Ivy.<br />
«Vorrei poter far cessare i tuoi incubi», disse Gregory. «Se<br />
sapessi come, li sognerei io al posto tuo ogni notte. Se solo<br />
potessi tirarti fuori <strong>da</strong> tutto questo».<br />
«Non penso che qualc<strong>un</strong>o possa farli cessare», gli rispose.<br />
Gregory alzò la testa. «Che vuoi dire?»<br />
«C’era qualcosa di nuovo stanotte. Come l’ultima volta si<br />
era aggi<strong>un</strong>to il motociclista, adesso si è aggi<strong>un</strong>to qualcos’altro.<br />
Gregory, penso che forse sto cercando di ricor<strong>da</strong>re qualcosa. E<br />
penso che dovrei continuare a farlo finché non ricorderò…<br />
questa cosa». Scrollò le spalle.<br />
Lui girò la testa per guar<strong>da</strong>rla dritta negli occhi. «Cos’è che<br />
si è aggi<strong>un</strong>to al sogno?»<br />
«Stavo gui<strong>da</strong>ndo. La finestra era lì, quella attraverso cui non<br />
riesco a distinguere l’ombra <strong>da</strong>ll’altro lato. Era la stessa<br />
finestra, ma stavolta stavo gui<strong>da</strong>ndo, non camminando».<br />
Si fermò. Non voleva pensarci. Non voleva pensare al<br />
significato di quel nuovo aspetto del sogno.<br />
Lui la strinse più forte. «E tutto il resto era uguale?»<br />
«No. Stavo gui<strong>da</strong>ndo la macchina di Tristan».<br />
Ivy lo sentì respirare più velocemente.<br />
«Quando ho visto la finestra, ho cercato di fermare la
macchina. Ho premuto il freno, ma la macchina non rallentava.<br />
Poi ho sentito la sua voce. “Fermati Ivy! Fermati! Non vedi,<br />
Ivy? Fermati, Ivy!”. Ma non riuscivo a fermarmi. Non riuscivo<br />
a rallentare, premevo il pe<strong>da</strong>le ripetutamente. Non avevo i<br />
freni!».<br />
Ivy si sentì gelare. Gregory la teneva stretta, ma anche la sua<br />
pelle era fred<strong>da</strong> e su<strong>da</strong>ta.<br />
«Perché non c’erano i freni?», sussurrò. «Sto ricor<strong>da</strong>ndo,<br />
Gregory? Che cosa sto ricor<strong>da</strong>ndo?».<br />
Lui non rispose. Tremava esattamente come lei.<br />
«Resta con me», lo pregò. «Ho paura di riaddormentarmi».<br />
«Resto con te, ma tu hai bisogno di dormire, Ivy».<br />
«Non posso! Ho paura di sognare ancora. Mi terrorizza solo<br />
l’idea! Non so cosa succederà la prossima volta».<br />
«Io sarò qui. Ti sveglierò appena inizierai a sognare, ma<br />
devi dormire. Ti porto qualcosa che ti aiuterà».<br />
Si alzò.<br />
«Dove vai?», chiese, terrorizzata.<br />
«Shh», la tranquillizzò. «Vado a prepararti qualcosa che ti<br />
aiuterà a dormire».<br />
Poi prese la foto di Tristan <strong>da</strong>lla scrivania e la mise sul<br />
comodino vicino a lei.<br />
«Torno subito. Non ti lascio sola, Ivy, ti prometto che non ti<br />
lascio sola», le accarezzò i capelli. «Non fino a quando questi<br />
incubi non saranno finiti per sempre».
Capitolo 14<br />
«Ivy, fermati! Fermati! Non vedi, Ivy? Ivy, fermati!».<br />
Ma non si era fermata. Ivy aveva iniziato a raccontare il<br />
sogno a Gregory, e adesso lui sapeva che lei stava ricor<strong>da</strong>ndo<br />
meglio. Forse la prossima volta avrebbe ricor<strong>da</strong>to tutto…<br />
qual<strong>un</strong>que cosa avesse dovuto ricor<strong>da</strong>re, Gregory non voleva<br />
saperla. Se ci sarebbe stata <strong>un</strong>a prossima volta.<br />
Tristan giaceva nella stanza di Ivy. Era impazzito, le aveva<br />
gri<strong>da</strong>to di tutto. Aveva esaurito praticamente tutte le sue<br />
energie. E per cosa? Ivy era lì, tremante e terrorizzata,<br />
fremendo in attesa del ritorno di Gregory.<br />
Tristan si alzò. Si precipitò fuori <strong>da</strong>lla stanza e scese la scala<br />
principale della casa buia, dirigendosi d’istinto in cucina, dove<br />
trovò Gregory. Era accesa solo la piccola luce sopra i fornelli.<br />
L’acqua sibilava nella teiera. Gregory la controllava, seduto su<br />
<strong>un</strong>o sgabello vicino al bancone, pallido e madido di sudore.<br />
Iniziò a giocare con <strong>un</strong> pacchetto di cellophane che aveva<br />
tirato fuori <strong>da</strong>lla tasca. Tristan poteva immaginare che cosa ci<br />
fosse dentro e che cosa Gregory avesse in mente di fare. E<br />
sapeva che, anche se fosse stato nel pieno delle forze, non<br />
sarebbe riuscito a batterlo. Non riusciva a utilizzare la mente di<br />
Gregory come faceva con quella di Will. Gregory avrebbe<br />
lottato contro Tristan come poteva, e il suo corpo era cento<br />
volte più forte delle dita materializzate di Tristan.<br />
Ma le dita umane potevano anche scivolare, pensò Tristan.<br />
Se <strong>un</strong>a piccola capsula rossa… qualcosa che Tristan potesse<br />
manipolare… fosse caduta inaspettatamente, Gregory avrebbe<br />
dovuto cercarla a tentoni.<br />
Gregory aveva scelto <strong>un</strong> tè al lampone, forse perché l’aroma<br />
forte avrebbe coperto il sapore della droga, pensò Tristan. Si<br />
avvicinò a Gregory con cautela. Doveva materializzare le dita<br />
esattamente al momento giusto.
Gregory aprì con cautela il pacchetto di cellophane e prese<br />
due delle tre pasticche. Tristan all<strong>un</strong>gò la mano e iniziò a<br />
concentrarsi sulle dita. La mano di Gregory si avvicinò al tè<br />
caldo.<br />
Nello stesso momento in cui Gregory le lasciò, Tristan<br />
spinse vie le pasticche con <strong>un</strong>a manata, facendole schizzare<br />
l<strong>un</strong>go il bancone. Gregory imprecò e all<strong>un</strong>gò la mano, ma<br />
Tristan fu più veloce e le spinse nel lavandino. Le pasticche si<br />
appiccicarono sulla superficie umi<strong>da</strong> e Tristan dovette di nuovo<br />
<strong>da</strong>rsi <strong>da</strong> fare per man<strong>da</strong>rle giù nello scarico.<br />
Appena ci riuscì Gregory buttò la terza pasticca nel tè.<br />
Adesso Tristan cercava di afferrare la tazza, ma Gregory la<br />
teneva ben sal<strong>da</strong> tra le dita. Mescolò l’infuso con <strong>un</strong><br />
cucchiaino, e quando la capsula fu sciolta, si avviò di sopra.<br />
Ivy sembrava così sollevata quando lo vide.<br />
«Non berlo Ivy!», l’avvisò Tristan, nonostante sapesse che<br />
non poteva sentirlo.<br />
Lei bevve, poi si mise a sedere e si accucciò addosso a<br />
Gregory.<br />
Lui afferrò di nuovo la tazza, <strong>un</strong> attimo prima che Tristan<br />
riuscisse a toccarla. «Scotta?»<br />
«No, va benissimo, grazie».<br />
«Basta!», urlò Tristan.<br />
Lei bevve ancora, come per rassicurare Gregory che il tè<br />
an<strong>da</strong>va bene.<br />
«Ho preso la roba giusta, che dici? Ne hai così tanta laggiù».<br />
«Mettilo giù, Ivy».<br />
«È perfetto», disse, e fece <strong>un</strong> sorso più l<strong>un</strong>go degli altri.<br />
«Lacey, dove sei quando ho bisogno di te? Ho bisogno della<br />
tua voce, ho bisogno che qualc<strong>un</strong>o le dica di non bere!».<br />
Ogni volta che Ivy cercava di appoggiare il tè drogato sul<br />
tavolino, Gregory lo prendeva e glielo reggeva. Era seduto sul<br />
letto accanto a lei, con <strong>un</strong>a mano la teneva stretta, e con l’altra
le reggeva la tazza.<br />
«Ancora <strong>un</strong> po’», la pregò.<br />
«No!», gridò Tristan.<br />
«Come ti senti?», le chiese Gregory dopo pochi minuti.<br />
«Ho sonno. Mi sento strana. Non ho paura… mi sento<br />
semplicemente strana. Sento come se ci fosse qualc<strong>un</strong> altro qui,<br />
che ci guar<strong>da</strong>», disse, <strong>da</strong>ndo <strong>un</strong>’occhiata alla stanza.<br />
«Ci sono io, Ivy!».<br />
Tristan faceva di tutto per mantenere la calma. Una sola<br />
pillola probabilmente non sarebbe bastata a ucciderla, ragionò.<br />
Gregory aveva trovato l’altro pacchetto che lui aveva nascosto<br />
dietro la scrivania? Pensava di drogarla <strong>un</strong> po’ adesso, per<br />
<strong>da</strong>rle il resto in seguito?<br />
«Lacey! Non posso salvarla <strong>da</strong> solo!».<br />
Will, pensò Tristan, devo trovare Will. Ma quanto tempo ci<br />
sarebbe voluto? Ivy iniziava a chiudere gli occhi.<br />
«Dormi», continuava a ripeterle Gregory. «Non bisogna<br />
aver paura di dormire».<br />
Ivy chiuse gli occhi. Poi piegò la testa. Gregory non si<br />
preoccupò di sostenerla. La spinse di lato e la fece appoggiare<br />
al cuscino.<br />
Senza rendersene conto, Tristan aveva iniziato a piangere.<br />
La prese tra le braccia, anche se non poteva toccarla. Era<br />
troppo lontana <strong>da</strong> lui, e si stava allontanando anche <strong>da</strong> Gregory,<br />
mentre precipitava sempre di più in <strong>un</strong> sonno innaturale.<br />
Tristan piangeva disperato.<br />
Gregory si alzò all’improvviso e uscì <strong>da</strong>lla stanza.<br />
Tristan sapeva che doveva cercare aiuto, ma non poteva<br />
lasciare sola Ivy troppo a l<strong>un</strong>go.<br />
Philip. Era l’<strong>un</strong>ica possibilità. Tristan corse nella stanza<br />
accanto.<br />
Appena entrò, Ella si mise in allerta.<br />
«Aiutami Ella. Dobbiamo svegliarlo, quel tanto che basta
per farmi entrare».<br />
Ella saltò sul petto di Philip, gli annusò il volto, poi<br />
miagolò.<br />
Philip aprì gli occhi e batté le palpebre. Alzò la manina e<br />
accarezzò stancamente Ella. Tristan immaginò quanto dovesse<br />
sembrargli morbido il pelo della gatta. Un istante dopo, avendo<br />
condiviso il suo pensiero, scivolò dentro il ragazzino.<br />
«Sono io, Philip. Il tuo amico, il tuo angelo custode, sono<br />
Tristan».<br />
«Tristan», mormorò Philip, e immediatamente si ritrovarono<br />
seduti <strong>un</strong>o <strong>da</strong>vanti all’altro, con <strong>un</strong>a scacchiera tra loro. Philip<br />
mangiò <strong>un</strong>a pedina a Tristan. «Sto vincendo!».<br />
Tristan era finito in <strong>un</strong> ricordo o in <strong>un</strong> ricordo che era<br />
diventato <strong>un</strong> sogno. Cercò di portarli fuori di lì.<br />
«Svegliati, Philip. Sono Tristan. Svegliati. Ho bisogno del<br />
tuo aiuto. Ivy ha bisogno del tuo aiuto».<br />
Tristan sentiva Ella fare le fusa e vedeva il suo muso mentre<br />
lo scrutava, anche se tutto era <strong>un</strong> po’ sfocato. Sapeva che Philip<br />
stava ascoltando e si stava svegliando lentamente.<br />
«Forza Philip, <strong>da</strong>i, così amico».<br />
Philip stava guar<strong>da</strong>ndo le statue degli angeli adesso. Si<br />
chiedeva cosa stesse succedendo, ma non aveva paura. Sentiva<br />
le gambe e le braccia ancora addormentate. Fino a quel<br />
momento an<strong>da</strong>va tutto bene.<br />
Poi Tristan sentì <strong>un</strong> rumore all’ingresso. Sentì i passi di<br />
Gregory, ma erano molto pesanti.<br />
«Forza Philip! Dobbiamo an<strong>da</strong>re a vedere!».<br />
Prima che Philip riuscisse a svegliarsi del tutto, Gregory era<br />
arrivato alla fine delle scale. Un attimo più tardi, sentì sbattere<br />
il portone.<br />
«Mettiti le scarpe! Le scarpe!».<br />
Un motore d’auto si avviò. Tristan lo riconobbe… la<br />
vecchia Dodge di Ivy. Il cuore gli balzò in petto. Gregory
aveva Ivy con sé. Dove la stai portando? Dove?<br />
«Non lo so», disse Philip con la voce assonnata.<br />
Pensa. Cosa gli conviene fare?, Tristan si disse.<br />
«Non lo so», mugugnò Philip.<br />
Con Ivy drogata, sarebbe stato facile simulare <strong>un</strong> incidente.<br />
Ma in che modo? Dove e come lo stava per fare? Dovevano<br />
esserci degli indizi nella sua stanza, qualche suggerimento nei<br />
ritagli di giornale.<br />
Tristan ricordò all’improvviso l’orario dei treni. Ricordò la<br />
strana espressione di Gregory quando lo aveva visto sul<br />
pavimento. Gregory aveva cerchiato l’ultimo treno della notte,<br />
quello che si fermava a Tusset. Poi aveva fatto qualche calcolo,<br />
aveva scritto <strong>un</strong> orario e l’aveva cerchiato due volte. Le 2:04.<br />
Sembrava esatto. Tristan sapeva che il treno attraversava la<br />
stazione di Stonehill qualche minuto dopo le due ogni notte.<br />
Attraversava! Non si fermava a <strong>un</strong>a piccola stazione come la<br />
loro, che sarebbe stata deserta dopo la mezzanotte. Doveva<br />
fermarlo!<br />
Guardò l’orologio di Philip. L’1:43.<br />
«Philip, sbrigati!».<br />
Il ragazzino era curvo sulla sedia, con solo <strong>un</strong>a scarpa<br />
allacciata. Non era riuscito ad allacciarsi l’altra. Riusciva<br />
appena a stare in piedi, e camminava lentamente nell’ingresso<br />
con Tristan che lo gui<strong>da</strong>va. Tristan scelse la scalinata centrale,<br />
dove c’era <strong>un</strong> corrimano a cui aggrapparsi. Arrivarono sani e<br />
salvi fino alla fine, poi Tristan lo guidò verso la porta sul retro,<br />
che Gregory aveva lasciato aperta. Come se avesse <strong>un</strong> orologio<br />
dentro, Tristan sentiva trascorrere ogni secondo.<br />
Non ce l’avrebbero mai fatta a piedi; il l<strong>un</strong>go viale<br />
d’accesso li avrebbe portati nella direzione opposta alla<br />
stazione. Le chiavi, c’era il tempo di cercare le chiavi della<br />
macchina di Gregory? E se avessero sprecato il poco tempo che<br />
avevano per cercare delle chiavi che Gregory aveva con sé?
«Dall’altra parte, Philip». Tristan fece girare Philip. Era <strong>un</strong>a<br />
scorciatoia pericolosa, ma era la loro <strong>un</strong>ica possibilità: il lato<br />
ripido e roccioso della collina, che portava alla stazione.<br />
Dopo qualche passo, l’aria fresca della notte svegliò Philip.<br />
Attraverso gli occhi e le orecchie del bambino, Tristan si rese<br />
conto delle ombre argentate e dei suoni fruscianti della notte.<br />
Anche lui si sentì più forte. Incoraggiato <strong>da</strong> Tristan, Philip<br />
iniziò a correre sull’erba. Superarono il campo <strong>da</strong> tennis,<br />
quaranta metri più giù c’era il confine della proprietà, il p<strong>un</strong>to<br />
dove il terreno all’improvviso precipitava.<br />
Correvano più veloci di quanto potesse fare <strong>un</strong> bambino,<br />
grazie all’<strong>un</strong>ione delle loro forze. Tristan non sapeva quanto<br />
avrebbero retto le sue, e non era sicuro di riuscire a riportarli<br />
sani e salvi l<strong>un</strong>go il lato ripido della collina. Sembrava che ci<br />
sarebbe voluto tutto il tempo del mondo per arrivare così<br />
lontano.<br />
Mentre scavalcavano il muro di pietra che segnava la fine<br />
della proprietà, ci fu <strong>un</strong> attimo di resistenza <strong>da</strong> parte di Philip.<br />
«Non ho il permesso», disse Philip.<br />
«È tutto a posto, sei con me».<br />
Sotto di loro si vedeva la stazione. Per arrivarci dovevano<br />
discendere <strong>un</strong> pendio dove gli <strong>un</strong>ici appigli erano le radici di<br />
qualche alberello e alc<strong>un</strong>i piccoli sp<strong>un</strong>toni di roccia, con<br />
burroni a picco sotto di loro. Ogni tanto macchie di cespugli<br />
rompevano la superficie rocciosa, ma il più delle volte erano<br />
solchi di terra ricoperti <strong>da</strong> rocce sparse che sarebbero rotolate<br />
giù al minimo tocco.<br />
«Io non ho paura», disse Philip.<br />
«Mi fa piacere che almeno <strong>un</strong>o dei due non ne abbia».<br />
Iniziarono a scendere piano e con cautela l<strong>un</strong>go la collina.<br />
La l<strong>un</strong>a si era alzata tardi e le ombre che creava erano l<strong>un</strong>ghe e<br />
confuse. Tristan doveva continuamente riprendere il controllo,<br />
ricor<strong>da</strong>ndosi che le gambe su cui camminava erano più corte, e
le braccia non potevano arrivare troppo lontano.<br />
Erano a metà stra<strong>da</strong> quando sbagliò la misura di <strong>un</strong> salto. Fu<br />
troppo corto, e si trovarono su <strong>un</strong> baratro di <strong>un</strong>a decina di<br />
metri, con niente a cui aggrapparsi eccetto qualche pietra,<br />
prima di <strong>un</strong> altro baratro. Barcollarono. Tristan si rinchiuse in<br />
se stesso, mascherando i suoi pensieri e il suo istinto. Fu il<br />
naturale senso dell’equilibrio di Philip a salvarli.<br />
Mentre scendevano, Tristan cercò di non pensare a Ivy,<br />
nonostante l’immagine della sua testa che si piegava sulla<br />
spalla come quella di <strong>un</strong>a bambola di pezza non smettesse di<br />
tornargli in mente. E in tutto questo era perfettamente<br />
consapevole del tempo che passava.<br />
«Che succede?», chiese Philip, percependo la<br />
preoccupazione di Tristan.<br />
«Pensa a camminare. Te lo dico dopo».<br />
Tristan non poteva permettersi di far sapere a Philip quanto<br />
Ivy fosse in pericolo. Aveva nascosto le sue deduzioni, per non<br />
far sapere a Philip chi era Gregory e che intenzioni aveva. Non<br />
era sicuro di come avrebbe reagito Philip, se sarebbe entrato<br />
nel panico per Ivy o se avrebbe cercato di difendere Gregory.<br />
Adesso erano alla fine della discesa, e correvano tra l’erba<br />
alta e i cespugli, inciampando sulle rocce. Philip si storse <strong>un</strong>a<br />
caviglia, ma continuò a correre. Di fronte a loro c’era <strong>un</strong> alto<br />
recinto di ferro. Poco oltre, c’era la stazione.<br />
La stazione aveva due binari affiancati, <strong>un</strong>o in direzione<br />
nord e <strong>un</strong>o in direzione sud. I marciapiedi erano collegati tra<br />
loro <strong>da</strong> <strong>un</strong> ponte molto alto che passava sopra i binari. Sul lato<br />
dei treni che an<strong>da</strong>vano a sud, che era il più lontano <strong>da</strong> Philip e<br />
Tristan, c’erano <strong>un</strong>a cabina di legno e <strong>un</strong> parcheggio. Tristan<br />
sapeva che l’ultimo treno della notte an<strong>da</strong>va verso sud.<br />
Appena si avvicinarono al recinto, sentirono la campana<br />
della chiesa suonare, <strong>un</strong>a, due volte. Erano le due in p<strong>un</strong>to.<br />
«Il recinto è altissimo, Tristan».
«Almeno non è elettrificato».<br />
«Possiamo riposarci <strong>un</strong> attimo?».<br />
Prima che Tristan potesse rispondere, sentì il fischio di <strong>un</strong><br />
treno in lontananza.<br />
«Philip, dobbiamo fare prima del treno!».<br />
«Perché?»<br />
«Perché sì. Arrampicati!».<br />
Philip obbedì, infilò i piedi nei buchi della rete, si tenne<br />
stretto con le dita e si tirò su. Erano in cima al recinto, alto più<br />
o meno tre metri. Poi Philip saltò. Caddero e rotolarono per<br />
terra.<br />
«Philip!».<br />
«Pensavo che avessi le ali. Dovresti avere le ali».<br />
«Be’, tu non ce le hai!», gli ricordò Tristan.<br />
Il treno fischiò ancora, stavolta era più vicino.<br />
Corsero verso il marciapiede più vicino. Da lì riuscivano a<br />
vedere tutta la stazione.<br />
Ivy.<br />
«Ha qualcosa che non va», disse Philip.<br />
Era sul marciapiede in direzione sud, appoggiata a <strong>un</strong><br />
pilastro in fondo alla banchina. Aveva la testa che pendeva di<br />
lato.<br />
«Potrebbe cadere! Tristan sta arrivando <strong>un</strong> treno e…», Philp<br />
iniziò a gri<strong>da</strong>re. «Ivy! Ivy!».<br />
Lei non lo sentiva.<br />
«Le scale», gli disse Tristan.<br />
Le salirono di corsa, poi attraversarono il ponte e scesero<br />
<strong>da</strong>ll’altra parte.<br />
Sentivano il treno sempre più vicino. Philip continuava a<br />
chiamarla, ma Ivy fissava il binario, come ipnotizzata. Tristan<br />
guardò il p<strong>un</strong>to in cui guar<strong>da</strong>va lei, poi lui e Philip si sentirono<br />
raggelare.<br />
«Tristan, Tristan, dove sei?», gli chiese Philip con <strong>un</strong>a voce
terrorizzata.<br />
«Qui. Sono qui. Sono ancora dentro di te».<br />
Ma persino a Tristan sembrava di essere fuori di lì, <strong>da</strong>ll’altra<br />
parte del binario. Tristan fissava l’immagine di se stesso in<br />
penombra sul marciapiede in direzione nord. L’assur<strong>da</strong> figura<br />
aveva <strong>un</strong> giubbino della scuola, come quello che aveva Tristan<br />
nella sua foto, e <strong>un</strong> vecchio cappello <strong>da</strong> baseball messo al<br />
contrario. Tristan lo guar<strong>da</strong>va fisso, estasiato come Ivy e<br />
Philip.<br />
«Non sono io», disse a Philip. «Non lasciarti ingannare. È<br />
qualc<strong>un</strong> altro vestito come me». Gregory, disse tra sé.<br />
«Chi è? Perché si è vestito come te?».<br />
Videro <strong>un</strong>a mano palli<strong>da</strong> uscire <strong>da</strong>lla penombra alla luce<br />
della l<strong>un</strong>a. La figura chiamava Ivy a gesti, incoraggiandola ad<br />
attraversare il binario.<br />
Il treno adesso correva verso di loro, il faro bianco<br />
lampeggiò sul binario, il fischio mandò <strong>un</strong> ultimo<br />
avvertimento.<br />
Ivy non prestò alc<strong>un</strong>a attenzione a quel suono. Era attratta<br />
<strong>da</strong>lla mano come <strong>un</strong>a falena <strong>da</strong> <strong>un</strong>a luce accesa. Continuava a<br />
chiamarla a gesti. All’improvviso Ivy all<strong>un</strong>gò la sua mano e<br />
iniziò a camminare.<br />
«Ivy!», gri<strong>da</strong>rono all’<strong>un</strong>isono Tristan e Philip. « Ivy! Ivy non<br />
farlo!».