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Baciata da un Angelo ANIME GEMELLE - only fantasy

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Elizabeth Chandler<br />

<strong>Baciata</strong> <strong>da</strong> <strong>un</strong> <strong>Angelo</strong><br />

<strong>ANIME</strong> <strong>GEMELLE</strong><br />

Newton Compton editori


Capitolo 1<br />

Sempre a testa alta, con i ricci capelli biondi legati perché<br />

non le ricadessero sugli occhi, Ivy chiuse la porta<br />

dell’assistente scolastico e attraversò orgogliosamente il<br />

corridoio. Alc<strong>un</strong>i ragazzi della squadra di nuoto si voltarono<br />

per fissarla mentre si avvicinava all’armadietto. Ivy si fece<br />

forza e non abbassò lo sguardo, cercando di sembrare sicura di<br />

sé. I pantaloni e il top che aveva scelto per affrontare il primo<br />

giorno di scuola erano stati accuratamente selezionati <strong>da</strong><br />

Suzanne, la sua più vecchia amica, nonché sua guru personale<br />

per quanto riguar<strong>da</strong>va la mo<strong>da</strong>. È <strong>un</strong> vero peccato che Suzanne<br />

non abbia trovato anche <strong>un</strong> bella busta di plastica che si<br />

abbinasse bene ai vestiti per coprirmi la faccia, pensò Ivy.<br />

Superò la bacheca degli ann<strong>un</strong>ci. La gente sussurrava, la<br />

indicava con piccoli cenni del capo. Avrebbe dovuto<br />

aspettarselo.<br />

Qualsiasi ragazza capace di far perdere la testa a Tristan<br />

Carruthers avrebbe sollevato la curiosità generale. Qualsiasi<br />

ragazza che fosse stata con lui la notte in cui aveva perso la<br />

vita sarebbe stata oggetto di pettegolezzi. E naturalmente,<br />

qualsiasi ragazza che avesse cercato di togliersi la vita perché<br />

non riusciva a superare il lutto per la morte di Tristan era<br />

con<strong>da</strong>nnata a subire gli sguardi, le voci incontrollate,<br />

l’indiscrezione ossessiva. Tutti la osservavano molto, molto<br />

attentamente. E tutti dicevano la stessa cosa di lei: con il cuore<br />

spezzato aveva preso qualche pillola e poi aveva cercato di<br />

ammazzarsi buttandosi sotto al treno.<br />

Lei riusciva a ricor<strong>da</strong>re solo il cuore spezzato, la l<strong>un</strong>ga<br />

estate prima dell’incidente stra<strong>da</strong>le, gli incubi sul cervo<br />

investito che infrangeva il parabrezza. Tre settimane prima<br />

aveva avuto <strong>un</strong> altro di quegli incubi e si era risvegliata<br />

all’improvviso, urlando. Tutto quello che riusciva a ricor<strong>da</strong>re di


quella notte era il suo fratellastro, Gregory, che la consolava.<br />

Poi si era riaddormentata, fissando la foto di Tristan. Quella<br />

foto, la sua preferita – in cui indossava il vecchio giubbotto<br />

della scuola e <strong>un</strong> cappello <strong>da</strong> baseball – adesso era diventata <strong>un</strong><br />

vero tormento. E aveva iniziato a tormentarla anche prima che<br />

il suo fratellino le raccontasse la sua strana versione dei fatti.<br />

Philip aveva detto che quella notte era stata salvata <strong>da</strong> <strong>un</strong><br />

angelo, ma naturalmente la sua ricostruzione non aveva smosso<br />

le certezze né della sua famiglia né della polizia. Tutti<br />

credevano che si trattasse di <strong>un</strong> tentato suicidio. E come faceva<br />

Ivy a negare di aver ass<strong>un</strong>to droghe, se le sue analisi del sangue<br />

dimostravano il contrario? Cosa poteva rispondere al<br />

macchinista, che garantiva che non sarebbe mai e poi mai<br />

riuscito a frenare in tempo?<br />

«Co-co-coccodè, co-co-coccodè». Una flebile voce sottile<br />

interruppe i pensieri di Ivy. «Chi vuole giocare al gioco del<br />

pollo?».<br />

La stava chiamando <strong>da</strong>l ripostiglio immerso nell’ombra<br />

sotto le scale. Ivy sapeva che era il migliore amico di Gregory,<br />

Eric Ghent. Non si fermò e continuò a camminare.<br />

«Co-co-coccodè, co-co-coccodè…».<br />

Lei non reagì e a quel p<strong>un</strong>to Eric sbucò fuori <strong>da</strong>l suo oscuro<br />

nascondiglio, come <strong>un</strong>o scheletro risvegliato <strong>da</strong>lla tomba. I<br />

capelli biondi arruffati ricadevano in ciocche disordinate sulla<br />

sua fronte alta, e gli occhi parevano due biglie di <strong>un</strong> azzurro<br />

pallido custodite in due sacchetti ossei. Ivy non vedeva Eric <strong>da</strong><br />

tre settimane: sospettava che Gregory avesse fatto in modo che<br />

il suo inopport<strong>un</strong>o amico se ne stesse alla larga <strong>da</strong> lei.<br />

Ma adesso Eric si spostò velocemente e le sbarrò il passo.<br />

«Perché non l’hai fatto?», le chiese. «Non ne hai avuto il<br />

fegato? Perché non hai tenuto duro, perché non ti sei uccisa?»<br />

«Ti dispiace, eh?», le rispose a bruciapelo Ivy.<br />

«Co-co-coccodè, co-co-coccodè», disse lui, con voce sottile,


effar<strong>da</strong>.<br />

«Lasciami in pace, Eric». Ivy affrettò il passo.<br />

«Uh-uh». Non adesso». Le afferrò il polso, le dita ossute si<br />

strinsero sal<strong>da</strong>mente intorno al suo braccio. «Non puoi<br />

cacciarmi via, Ivy. Io e te abbiamo troppo in com<strong>un</strong>e».<br />

«Noi non abbiamo proprio nulla in com<strong>un</strong>e», rispose lei,<br />

liberandosi.<br />

«Gregory», disse lui, alzando <strong>un</strong> dito. «La droga». E alzò <strong>un</strong><br />

secondo dito. «E siamo entrambi dei veri campioni del gioco<br />

del pollo». Alzò <strong>un</strong> terzo dito e glielo agitò sotto la faccia.<br />

«Siamo fratelli adesso».<br />

Ivy continuò a camminare normalmente, anche se l’istinto le<br />

diceva di mettersi a correre. Eric scivolò al suo fianco.<br />

«Dillo al tuo caro fratellino», disse. «Cosa ti ha spinto a<br />

farlo? Cosa hai pensato quando hai visto il treno lanciato a tutta<br />

velocità sui binari? Avevi l’adrenalina a mille? È stato<br />

incredibile, no?».<br />

Ivy era disgustata <strong>da</strong>lle sue domande. Era impossibile che<br />

lei si fosse deliberatamente buttata sui binari, di fronte al treno.<br />

Aveva perso Tristan, ma c’erano ancora molte persone a cui<br />

voleva bene, a cui teneva – Philip, sua madre, Suzanne e Beth,<br />

e Gregory, che l’aveva protetta e confortata dopo la morte di<br />

Tristan. Anche per Gregory era stato <strong>un</strong> periodo molto duro:<br />

sua madre si era tolta la vita <strong>un</strong> mese prima della tragedia di<br />

Tristan. Ivy aveva visto quanto dolore, quanta rabbia, erano<br />

nati <strong>da</strong> quella morte, e non poteva neanche concepire l’idea di<br />

fare la stessa cosa. Sarebbe stata <strong>un</strong>a pazzia.<br />

Ma tutti erano convinti che lei avesse tentato il suicidio.<br />

Anche Gregory.<br />

«Quante volte te lo devo dire? Non riesco a ricor<strong>da</strong>re cosa è<br />

successo quella notte, Eric. Non ci riesco».<br />

«Ma prima o poi ricorderai tutto», disse lui con <strong>un</strong>a debole<br />

risata. «Prima o poi succederà».


Si allontanò <strong>da</strong> lei e si voltò, come <strong>un</strong> cane che si è spinto<br />

fino ai confini del suo territorio. Ivy proseguì verso il suo<br />

armadietto, ignorando le occhiate curiose della gente. Sperava<br />

proprio che Suzanne e Beth avessero già finito i loro corsi di<br />

orientamento per l’ultimo anno.<br />

Ivy non aveva bisogno di guar<strong>da</strong>re i numeri degli armadietti<br />

per trovare la nuova tana di Suzanne Goldstein. Suzanne non<br />

c’era, ma l’armadietto era impregnato della fragranza del suo<br />

profumo preferito – c’era <strong>un</strong>’intera bottiglia, aperta – e fu<br />

l’odore a condurla a destinazione, senza esitazioni. Suzanne <strong>da</strong><br />

qualche tempo usciva con tre nuovi ragazzi, ma Beth e Ivy<br />

sapevano che era solo <strong>un</strong>a messinscena per fare ingelosire<br />

Gregory.<br />

Invece sull’armadietto di Beth Van Dyke – che quell’anno<br />

era proprio accanto a quello di Ivy – c’era già <strong>un</strong> fogliettino<br />

attaccato. Ma di sicuro non era il messaggio di <strong>un</strong> ragazzo che<br />

era rimasto colpito <strong>da</strong>l suo fascino. Più probabilmente era stata<br />

lei a richiudere lo sportello dell’armadietto attaccandoci <strong>un</strong><br />

racconto d’amore scarabocchiato su <strong>un</strong> foglio – <strong>un</strong>a delle molte<br />

storie di antiquato romanticismo che affollavano il suo<br />

quaderno.<br />

Ivy raggi<strong>un</strong>se il suo armadietto per prendere i libri. Si<br />

inginocchiò, digitò la combinazione e aprì lo sportello. Rimase<br />

senza fiato. Attaccata alla parete interna dell’armadietto c’era<br />

<strong>un</strong>a fotografia di Tristan, la stessa che la tormentava <strong>da</strong> tre<br />

settimane. Per <strong>un</strong> momento restò immobile, esterrefatta. Come<br />

diavolo era finita lì?<br />

Cercò istericamente di riportare alla memoria tutto quella<br />

che aveva fatto nel corso della mattinata: l’appello in aula<br />

magna, poi l’assemblea, e dopo <strong>un</strong>’ora di orientamento<br />

l’incontro con l’assistente scolastico. Ripercorse mentalmente<br />

tutta la mattinata due volte, ma non riusciva a ricor<strong>da</strong>re di aver<br />

attaccato la foto all’armadietto. Stava <strong>da</strong>vvero uscendo di


testa?<br />

Ivy chiuse gli occhi e si appoggiò allo sportello. Sto<br />

impazzendo, pensò. Sto <strong>da</strong>vvero impazzendo.<br />

«Sono fuori di testa, Gregory?», gli aveva chiesto tre<br />

settimane prima in camera sua, il giorno in cui era uscita<br />

<strong>da</strong>ll’ospe<strong>da</strong>le. Aveva sollevato la foto di Tristan, con le mani<br />

che le tremavano. Gregory aveva delicatamente preso la foto e<br />

l’aveva passata a Philip, il suo salvatore, il suo fratellino di<br />

nove anni.<br />

«Presto starai meglio, Ivy. Di questo sono sicuro», aveva<br />

detto Gregory, facendola stendere sul letto vicino a lui,<br />

abbracciandola.<br />

«Il che vuol dire che adesso sono completamente pazza».<br />

Gregory non aveva risposto. Ivy aveva notato il profondo<br />

cambiamento che era avvenuto in lui quando era an<strong>da</strong>ta a<br />

trovarla in ospe<strong>da</strong>le. I suoi capelli neri erano sempre curati e<br />

ben pettinati, il suo volto affascinante era imperscrutabile come<br />

<strong>un</strong>a maschera, proprio come la prima volta che l’aveva visto, e<br />

i suoi luminosi occhi grigi tenevano nascosti i veri pensieri che<br />

agitavano le profondità del suo animo.<br />

«Non è facile capirlo, Ivy», aveva detto con grande cautela.<br />

«Chi può dire cosa ti stesse passando per la testa in quei<br />

momenti?». Poi aveva guar<strong>da</strong>to Philip, che stava riponendo la<br />

foto incorniciata sullo scrittoio. «E la storia di Philip di certo<br />

non è di grande aiuto».<br />

Il suo fratellino aveva risposto solo con <strong>un</strong>’occhiataccia<br />

cocciuta.<br />

«Forse adesso che non c’è ness<strong>un</strong> altro qui intorno puoi dirci<br />

finalmente cosa è successo <strong>da</strong>vvero, Philip», aveva detto<br />

Gregory.<br />

Philip aveva fissato le due mensole vuote dove <strong>un</strong> tempo era<br />

sistemata la collezione di angeli di Ivy. Adesso tutte le statuette<br />

erano passate a lui. Ivy gliele aveva regalate, ma a <strong>un</strong>a


condizione: gli aveva fatto promettere che non avrebbe mai più<br />

parlato di angeli.<br />

«Te l’ho già detto».<br />

«Ripetimi tutto <strong>da</strong>ll’inizio», aveva detto Gregory, con <strong>un</strong><br />

tono profondo e pieno di tensione.<br />

«Per favore, Philip». Ivy gli aveva preso la mano. «È<br />

importante per me».<br />

Poi gli aveva lasciato la mano. Sapeva che lui era stanco<br />

degli interrogatori, delle domande dei poliziotti, dei dottori<br />

all’ospe<strong>da</strong>le, di sua madre e del padre di Gregory, Andrew.<br />

«Stavo dormendo», le aveva risposto Philip. «Quando tu ti<br />

sei risvegliata, dopo che avevi avuto quell’incubo, Gregory mi<br />

ha chiesto di rimanere insieme a te. Ma poi ho sentito <strong>un</strong>a voce<br />

che mi chiamava. All’inizio non ho capito chi fosse. Mi ha<br />

detto di svegliarmi. Ha detto che avevi bisogno di aiuto».<br />

Philip si interruppe, come se la storia finisse lì.<br />

«E?».<br />

Philip aveva alzato lo sguardo sulle mensole deserte, poi si<br />

era allontanato <strong>da</strong> lei.<br />

«Va’ avanti», lo aveva incoraggiato Ivy.<br />

«Ecco, adesso ti metterai a urlare».<br />

«No, non lo farò», aveva detto lei. «E neanche Gregory».<br />

Poi aveva rifilato a Gregory <strong>un</strong>’occhiataccia di avvertimento.<br />

«Dicci solo tutto quello che ricordi».<br />

«Hai sentito <strong>un</strong>a voce nella tua testa», aveva detto Gregory,<br />

«che ti avvertiva che Ivy era in pericolo e aveva bisogno del<br />

tuo aiuto. E ti sembrava la voce di Tristan».<br />

«Era la voce di Tristan», aveva ribattuto Philip. «Era<br />

Tristan, trasformato in angelo».<br />

«Ok, ok», aveva detto Gregory.<br />

«E la sua voce ti ha spiegato perché ero in pericolo?», aveva<br />

chiesto Ivy. «La voce ti ha detto dove mi trovavo?».<br />

Lui aveva scosso la testa. «Tristan mi ha detto di mettermi le


scarpe, di scendere le scale e uscire <strong>da</strong>lla porta sul retro. Poi<br />

abbiamo corso l<strong>un</strong>go il giardino fino al muro di pietra. Sapevo<br />

che non avevo il permesso di scavalcarlo, ma Tristan mi ha<br />

detto che non dovevo preoccuparmi perché c’era lui con me».<br />

Ivy poteva sentire la tensione che irrigidiva il corpo di<br />

Gregory, ma aveva annuito, cercando di convincerlo a<br />

proseguire.<br />

«Era spaventoso, Ivy, ho dovuto scendere giù per la collina.<br />

Non riuscivo a tenermi, le rocce erano <strong>da</strong>vvero scivolose».<br />

«Ma è impossibile», aveva detto Gregory, con <strong>un</strong> tono pieno<br />

di frustrazione e perplessità. «Un ragazzino non avrebbe mai<br />

potuto fare <strong>un</strong>a cosa del genere. Dannazione, non ce l’avrei<br />

fatta nemmeno io».<br />

«Ma c’era Tristan con me», gli aveva ricor<strong>da</strong>to Philip.<br />

«Non so come hai fatto ad arrivare alla stazione, Philip»,<br />

aveva detto Gregory con astio, «ma sono stufo di tutta questa<br />

storia, di Tristan e di tutto il resto. Non voglio sentirla<br />

<strong>da</strong>ccapo».<br />

«Ma io sì», aveva detto Ivy, pacata, e aveva sentito che<br />

Gregory tratteneva il fiato. «Continua», aveva detto a suo<br />

fratello.<br />

«Quando siamo arrivati in fondo ci mancava ancora <strong>un</strong>a<br />

recinzione <strong>da</strong> scavalcare. Gli ho chiesto cosa stava succedendo,<br />

ma Tristan non ha voluto rispondermi. Mi ha solo detto che<br />

dovevamo aiutarti. Perciò ho iniziato a scavalcare la<br />

recinzione, ma ho combinato <strong>un</strong> mezzo disastro. Pensavo che<br />

siccome Tristan era <strong>un</strong> angelo avremmo potuto volare» – a quel<br />

p<strong>un</strong>to Gregory si era alzato e si era messo a passeggiare<br />

nervosamente su e giù per la stanza – «ma invece non<br />

potevamo, e siamo caduti a terra, <strong>da</strong>ll’altra parte della<br />

recinzione».<br />

Ivy aveva abbassato lo sguardo e aveva fissato la caviglia<br />

insanguinata di suo fratello. Le ginocchia erano scorticate e


ferite.<br />

«Poi abbiamo sentito il fischio del treno. Ma dovevamo<br />

an<strong>da</strong>re avanti. Quando ci siamo avvicinati ancora di più ti<br />

abbiamo visto sulla banchina. Ti abbiamo chiamato, ci siamo<br />

messi a urlare, ma tu non ci sentivi. Siamo saliti sul ponte e<br />

l’abbiamo attraversato di corsa, ed è stato a quel p<strong>un</strong>to che<br />

abbiamo visto l’altro Tristan. Quello con il cappello e il<br />

giubbotto, proprio come in quella foto», aveva detto, indicando<br />

l’immagine incorniciata.<br />

Ivy era rabbrividita.<br />

«Quindi», aveva detto Gregory, «l’angelo Tristan era in due<br />

posti diversi – con te, eppure allo stesso tempo <strong>da</strong>ll’altra parte<br />

dei binari. E fa <strong>un</strong>o scherzetto a Ivy, la chiama, le dice di<br />

raggi<strong>un</strong>gerlo. E non è <strong>un</strong>o scherzetto divertente. Proprio per<br />

niente».<br />

«Tristan era con me», aveva ribadito Philip.<br />

«E allora chi c’era <strong>da</strong>ll’altra parte dei binari?», gli aveva<br />

chiesto Gregory.<br />

«Un angelo cattivo», aveva risposto Philip, con <strong>un</strong>a<br />

sicurezza assoluta. «Qualc<strong>un</strong>o che voleva Ivy morta».<br />

Gregory aveva chiuso gli occhi, e li aveva riaperti subito.<br />

Ivy si era appoggiata alla testata del letto. Per quanto<br />

potesse sembrare folle la storia di Philip, le sembrava<br />

com<strong>un</strong>que più credibile rispetto alla versione ufficiale: lei che<br />

aveva ass<strong>un</strong>to droghe e si era gettata <strong>da</strong>vanti al treno. E c’era<br />

sempre l’innegabile prova che in qualche modo suo fratello era<br />

<strong>da</strong>vvero lì quella sera, e l’aveva trattenuta all’ultimo momento.<br />

Il macchinista aveva visto <strong>un</strong>a specie di foschia e aveva<br />

com<strong>un</strong>icato per radio che non sarebbe mai riuscito a fermarsi in<br />

tempo.<br />

«Credevo che avessi visto Tristan», aveva detto Philip.<br />

«Cosa?», aveva chiesto Ivy.<br />

«Ti sei voltata. Ho pensato che avessi visto la sua luce».


Philip l’aveva guar<strong>da</strong>ta, pieno di speranza.<br />

Ivy aveva scosso la testa. «Non me lo ricordo. Non mi<br />

ricordo nulla dopo la stazione».<br />

Forse sarebbe stato più semplice se non fosse mai riuscita a<br />

ricor<strong>da</strong>re cosa era successo. Ma adesso ogni volta che guar<strong>da</strong>va<br />

la foto avvertiva quella strana sensazione che le solleticava la<br />

memoria, qualcosa che non le permetteva di dimenticare tutto e<br />

an<strong>da</strong>re avanti. Ivy fissò la foto finché non le si appannò la<br />

vista. Non si accorse che aveva iniziato a piangere.<br />

«Ivy… Ivy, no».<br />

Le parole di Suzanne la riportarono al presente. Quando alzò<br />

la testa vide che la sua amica era inginocchiata vicino<br />

all’armadietto. La sua bocca era <strong>un</strong>’esile linea continua di<br />

tristezza e rossetto. Anche Beth era uscita <strong>da</strong>ll’ora di<br />

orientamento; adesso era in piedi vicino a loro, e frugava<br />

dentro lo zaino alla ricerca di <strong>un</strong> fazzoletto. Fissò Ivy, le sue<br />

lacrime si riflettevano negli occhi lucidi dell’amica.<br />

«Sto bene», disse Ivy, asciugandosi in fretta gli occhi,<br />

fissando prima l’<strong>un</strong>a e poi l’altra. «Davvero, sto bene».<br />

Ma sapeva che non le credevano. Quella mattina Gregory<br />

l’aveva accompagnata a scuola in macchina, e Suzanne si era<br />

proposta di riportarla a casa alla fine delle lezioni. Come se non<br />

si fi<strong>da</strong>ssero a lasciarla <strong>da</strong> sola, come se fossero convinti che<br />

<strong>un</strong>a volta al volante lei potesse sterzare di botto e buttarsi giù<br />

<strong>da</strong> <strong>un</strong>a scogliera.<br />

«Non avresti dovuto attaccare quella foto all’armadietto»,<br />

disse Suzanne. «Prima o poi dovrai superare questa cosa, Ivy.<br />

Se continui così rischi di…». Esitò.<br />

«Impazzire?».<br />

Suzanne si risistemò le morbide ciocche di capelli neri, poi<br />

iniziò a giocare con l’orecchino a cerchietto. Prima non aveva<br />

mai avuto problemi a dirle tutto quello che pensava, ma adesso<br />

si sforzava di usare il massimo tatto. «Non è <strong>un</strong>a cosa sana,


Ivy», disse alla fine. «Non ti fa bene tenere quella foto,<br />

rivederla ogni volta che apri l’armadietto».<br />

«Ma non sono stata io a metterla lì», le rispose Ivy.<br />

Suzanne la fissò, perplessa. «Che vuoi dire?»<br />

«Mi hai visto mentre la attaccavo?», le chiese Ivy.<br />

«Be’, no, ma sicuramente ti ricordi…», iniziò a dire la sua<br />

amica.<br />

«No, non me lo ricordo».<br />

Suzanne e Beth si scambiarono delle l<strong>un</strong>ghe occhiate.<br />

«Perciò deve essere stato qualc<strong>un</strong> altro», disse Ivy, cercando<br />

di sembrare più sicura di quanto realmente non fosse. «È <strong>un</strong>a<br />

foto presa <strong>da</strong>ll’album scolastico. Chi<strong>un</strong>que potrebbe essersela<br />

procurata. Non l’ho attaccata io, perciò deve essere stato<br />

qualc<strong>un</strong> altro».<br />

Ci fu <strong>un</strong> momento di silenzio. Suzanne sospirò.<br />

«Sei stata <strong>da</strong>ll’assistente oggi?», le chiese Beth.<br />

«Sono appena uscita <strong>da</strong>l suo ufficio», le rispose Ivy,<br />

richiudendo l’armadietto e lasciando la foto dov’era. Si alzò in<br />

piedi e guardò Beth. Anche il suo abbigliamento era stato<br />

accuratamente scelto <strong>da</strong> Suzanne. Ma Beth, per quanto potesse<br />

essere vestita alla mo<strong>da</strong>, agli occhi di Ivy sarebbe sempre<br />

sembrata <strong>un</strong> gufo con gli occhi giganteschi, con la sua faccia<br />

ton<strong>da</strong> e i capelli scompigliati simili a piume.<br />

«Che ti ha detto la signora Bryce?», le chiese Beth quando si<br />

incamminarono l<strong>un</strong>go il corridoio.<br />

«Non molto. Devo an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> lei due volte alla settimana e<br />

dirle se ho passato qualche momento difficile. Allora, ci sarete<br />

tutte e due l<strong>un</strong>edì?», chiese Ivy, cambiando argomento.<br />

Gli occhi di Suzanne si illuminarono. «Alla festa dei<br />

Baines? È <strong>un</strong>a tradizione del Labor Day!». Sembrava contenta<br />

di poter parlare di <strong>un</strong>a festa.<br />

Ivy sapeva bene che l’ultimo mese non era stato facile per<br />

Suzanne. Era stata terribilmente gelosa delle attenzioni che


Gregory aveva riservato a Ivy, al p<strong>un</strong>to che aveva smesso di<br />

parlare alla sua più vecchia amica. In seguito, quando Gregory<br />

aveva detto a Suzanne che Ivy aveva cercato di togliersi la vita,<br />

era stata presa <strong>da</strong>i sensi di colpa per averla lasciata sola. Ma<br />

Ivy sapeva che anche lei aveva delle responsabilità se si erano<br />

<strong>un</strong> po’ allontanate. Si era avvicinata troppo a Gregory. Nelle tre<br />

settimane che erano passate dopo l’incidente alla stazione,<br />

Gregory era diventato <strong>un</strong> po’ più freddo con Ivy, e aveva<br />

cominciato a trattarla più come <strong>un</strong>a sorella che come <strong>un</strong>a<br />

potenziale ragazza. Suzanne si era riavvicinata a lei, e Ivy era<br />

felice del cambiamento che si era verificato in entrambi i<br />

rapporti.<br />

«Andiamo alla festa dei Baines <strong>da</strong> quando eravamo<br />

piccole», disse Beth a Ivy. «Tutti a Stonehill ci vanno».<br />

«Tranne me», p<strong>un</strong>tualizzò Ivy.<br />

«E Will. Lui si è trasferito qui lo scorso inverno, come te»,<br />

disse Beth. «Gli ho parlato della festa, e anche lui viene».<br />

«Davvero?». Ivy aveva notato che Beth e Will stavano<br />

insieme sempre più spesso. «È molto carino».<br />

«Sì, proprio carino», disse Beth, con entusiasmo.<br />

Si studiarono a vicen<strong>da</strong> per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go istante. Possibile che<br />

Beth e Will stessero diventando qualcosa di più che due buoni<br />

amici? Dopo aver scritto tutte quelle storie d’amore, forse Beth<br />

aveva finalmente capitolato. Non era neanche così improbabile:<br />

<strong>un</strong> sacco di ragazze si erano prese <strong>un</strong>a cotta per Will. Persino<br />

Ivy, ogni volta che si perdeva in quei profondi occhi marroni…<br />

Si riscosse e allontanò subito quel pensiero <strong>da</strong>lla mente.<br />

Le ragazze uscirono <strong>da</strong>lla scuola e Suzanne le costrinse a<br />

fare il giro l<strong>un</strong>go, in modo <strong>da</strong> poter passare vicino al campo <strong>da</strong><br />

football dove si allenavano i ragazzi della squadra.<br />

«Devo informarmi <strong>un</strong> po’ di più sui giocatori», disse<br />

Suzanne, dopo aver squadrato i ragazzi per l<strong>un</strong>ghi minuti.<br />

«Altrimenti magari ci provo con il numero quarantanove, e


solo dopo scopro che è <strong>un</strong>a matricola».<br />

«Un fico è <strong>un</strong> fico», replicò Beth in tono saggio. «E poi le<br />

donne che si mettono con uomini più giovani sono di mo<strong>da</strong>».<br />

«Non dite a Gregory che mi sto guar<strong>da</strong>ndo in giro», disse<br />

Suzanne bisbigliando mentre raggi<strong>un</strong>gevano le macchine.<br />

«Perché, guar<strong>da</strong>re non è permesso?», chiese Beth con voce<br />

innocente.<br />

«Anzi, ora che ci ripenso, diteglielo, diteglielo», disse<br />

Suzanne, gesticolando teatralmente. «Fagli sapere, Ivy, che me<br />

ne vado in giro a caccia di ragazzi».<br />

Ivy si limitò a sorridere. Fin <strong>da</strong>ll’inizio Suzanne e Gregory<br />

avevano combattuto <strong>un</strong>a guerriglia psicologica.<br />

«Voglio dire, perché mai dovrei accontentarmi di <strong>un</strong> solo<br />

ragazzo?», continuò Suzanne.<br />

Ivy sapeva che era solo <strong>un</strong>a finta. Suzanne era ossessionata<br />

<strong>da</strong> Gregory <strong>da</strong> marzo: in realtà voleva disperatamente<br />

accontentarsi di <strong>un</strong> solo ragazzo.<br />

«E ho intenzione di iniziare proprio alla festa dei Baines».<br />

Aprì la portiera della macchina. «In quel posto sono iniziate <strong>un</strong><br />

sacco di storie, sapete».<br />

«E tu, in quante storie ti butterai?», la prese in giro Ivy.<br />

«Sei».<br />

«Fantastico», disse Beth. «Così avrò altre sei storie di cuori<br />

infranti <strong>da</strong> scrivere».<br />

«Me ne basterebbero anche cinque», aggi<strong>un</strong>se Suzanne,<br />

lanciando <strong>un</strong>’occhiata maliziosa a Ivy, «se il sesto te lo prendi<br />

tu e smetti di pensare a Tristan».<br />

Ivy non rispose.<br />

Suzanne entrò in macchina, chiuse la portiera, e si sporse<br />

<strong>da</strong>ll’altro lato per togliere la sicura. Ma prima che Ivy potesse<br />

aprire la portiera, Beth le strinse la mano. Parlò in fretta, con<br />

voce pacata: «Non puoi dimenticare, Ivy. Non ancora.<br />

Dimenticare sarebbe pericoloso».


In <strong>un</strong> angolo nascosto della sua mente Ivy sentì di nuovo<br />

quella strana sensazione fastidiosa.<br />

Poi Beth spalancò la portiera, saltò in macchina, e se ne<br />

andò via.<br />

Suzanne la fissò nello specchietto retrovisore, con <strong>un</strong>o<br />

sguardo accigliato. «Non riesco a capirla. Da <strong>un</strong> po’ se ne va in<br />

giro di qua e di là come <strong>un</strong> coniglio spaventato. Cosa ti ha detto<br />

adesso?».<br />

Ivy alzò le spalle. «Mi ha solo <strong>da</strong>to <strong>un</strong> piccolo consiglio».<br />

«Non dirmi che… ha avuto <strong>un</strong>’altra delle sue<br />

premonizioni».<br />

Ivy rimase in silenzio.<br />

Suzanne scoppiò a ridere. «Devi ammettere, Ivy, che Beth è<br />

<strong>un</strong> po’ strana. Io non prendo mai sul serio i suoi “consigli”. E<br />

neanche tu dovresti».<br />

«Finora non l’ho mai fatto», rispose Ivy. E tutte e due le<br />

volte se ne era pentita amaramente.


Capitolo 2<br />

«Oh Romeo Romeo, perché sei tu Romeo», urlò Lacey.<br />

Tristan, che aveva seguito Ivy l<strong>un</strong>go la grande scalinata<br />

della casa dei Baines, si fermò sul pianerottolo e sporse la testa<br />

fuori <strong>da</strong>lla finestra.<br />

Lacey gli sorrise. Se ne stava in mezzo a <strong>un</strong>’aiuola, l’<strong>un</strong>ica<br />

oasi di tutta la proprietà di Andrew Baines che non era stata<br />

calpestata <strong>da</strong>lla folla di ospiti con i cestini <strong>da</strong> picnic e le<br />

coperte. I suonatori dell’orchestra caraibica stavano già<br />

provando nel patio. Lampade di cartone dondolavano appese ai<br />

pini intorno ai campi <strong>da</strong> tennis, e alla loro ombra erano stati<br />

disposti grandi tavoli imbanditi.<br />

Molto prima che Tristan conoscesse Ivy, molto prima che<br />

Andrew sorprendesse tutti sposando Maggie, Tristan già<br />

an<strong>da</strong>va alla festa che si teneva ogni anno. Si ricor<strong>da</strong>va bene che<br />

ai suoi occhi di bambino la casa era enorme, gigantesca, con<br />

l’ala occidentale e orientale, i doppi camini e le file di pesanti<br />

persiane nere – sembrava uscita <strong>da</strong>l calen<strong>da</strong>rio del New<br />

England di sua madre.<br />

«Lascia stare la tua bella, Romeo», lo chiamò Lacey. «Ti<br />

stai perdendo <strong>un</strong>a grande festa. Qua tutti si divertono.<br />

Soprattutto le coppie nascoste in mezzo agli arbusti».<br />

Persino adesso, a due mesi e mezzo <strong>da</strong>ll’inizio della sua<br />

esistenza <strong>da</strong> angelo, il primo istinto di Tristan era quello di<br />

zittirla, di dirle di fare piano. Ma ness<strong>un</strong>o poteva sentirli,<br />

tranne quando Lacey proiettava la sua voce, <strong>un</strong> potere che lui<br />

ancora non padroneggiava bene. Le rifilò <strong>un</strong> sorriso sbilenco,<br />

poi si allontanò <strong>da</strong>lla finestra. Nello stesso momento in cui<br />

Tristan si voltò e si diresse verso le scale, Ivy si fermò, si girò,<br />

e fissò la finestra.<br />

Subito il cuore di Tristan si riempì di speranza. Ha sentito<br />

qualcosa, pensò.


Ma lo sguardo di Ivy gli passò proprio attraverso, e poi<br />

senza esitazione si perse dietro di lui. Ivy si appoggiò al<br />

<strong>da</strong>vanzale, fissando pensosa la scena <strong>da</strong>vanti ai suoi occhi.<br />

Tristan rimase in piedi al suo fianco e la osservò a l<strong>un</strong>go,<br />

mentre fuori venivano accese le torce, inon<strong>da</strong>ndo<br />

improvvisamente di luce il tramonto estivo.<br />

Ivy guardò <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra parte, e anche Tristan fece lo stesso,<br />

finché non capì che lei stava fissando Will, fermo in piedi, <strong>un</strong><br />

po’ in disparte rispetto alla folla, come per sorvegliare gli<br />

ospiti. Improvvisamente Will alzò lo sguardo e i suoi occhi<br />

incontrarono quelli di Ivy. Tristan conosceva bene l’immagine<br />

che in quel momento si stava stampando nella mente di Will:<br />

due brillanti occhi verdi e <strong>un</strong>a cascata di capelli biondi che<br />

ricadevano morbidi sulle spalle di Ivy.<br />

Ivy fissò Will per <strong>un</strong> attimo infinito, poi si ritrasse di scatto,<br />

portandosi le mani sulle guance. Tristan si allontanò <strong>da</strong>lla<br />

finestra con altrettanta rapidità. Scatta <strong>un</strong>a foto, Will, dura di<br />

più, pensò, poi scese di corsa le scale.<br />

Lacey lo stava aspettando nel patio, e si divertiva a colpire<br />

<strong>un</strong> piatto della batteria ogni volta che il batterista si voltava.<br />

Naturalmente lui non poteva vederla, e non si accorgeva<br />

neppure della vaga luminescenza violacea che coloro che<br />

credevano fermamente negli angeli ogni tanto riuscivano a<br />

scorgere. Fece l’occhiolino a Tristan.<br />

«Non sono qui per fare il buffone», disse lui.<br />

«Ok, tesoro, diamoci <strong>da</strong> fare allora», disse Lacey, <strong>da</strong>ndogli<br />

<strong>un</strong>a piccola spinta. Anche se potevano scivolare attraverso il<br />

corpo delle persone, erano solidi e molto concreti l’<strong>un</strong>o per<br />

l’altra.<br />

«Voglio farti vedere <strong>un</strong>a persona che sta man<strong>da</strong>ndo giù <strong>un</strong><br />

drink dopo l’altro vicino ai campi <strong>da</strong> tennis», gli disse Lacey,<br />

ma prima si diresse verso la casetta sull’albero di Philip.<br />

Semplicemente, non riuscì a resistere alla possibilità di <strong>da</strong>re


<strong>un</strong>a spinta all’altalena quando vide che ci si stava sedendo<br />

sopra <strong>un</strong>a ragazza con <strong>un</strong> prendisole rosa.<br />

«Lacey, non sei più <strong>un</strong>a bambina. Quando ti deciderai a<br />

comportarti come <strong>un</strong>a persona adulta?»<br />

«Lo farò», rispose lei, «quando tu inizierai a comportarti<br />

come <strong>un</strong> angelo».<br />

«Lo sto già facendo, mi sembra», disse.<br />

Lei scosse la testa. I suoi capelli viola, come del resto quelli<br />

cortissimi e castani di Tristan, non venivano smossi <strong>da</strong>l vento.<br />

«Ripeti con me», lo indottrinò Lacey, con <strong>un</strong> tono <strong>da</strong> maestrina<br />

p<strong>un</strong>tigliosa: «Ivy respira, Will respira, io no».<br />

«È solo che quel giorno alla stazione ha guar<strong>da</strong>to proprio<br />

verso di me», disse Tristan. «Ero sicuro che avesse<br />

ricominciato a credere. Quando ho afferrato Philip e lei, ero<br />

sicuro che Ivy mi avesse visto».<br />

«Se l’ha fatto, ha dimenticato tutto», disse Lacey.<br />

«Ma devo fare in modo che ricordi. Beth…».<br />

«È troppo sconvolta per aiutarti», tagliò corto Lacey. «Ha<br />

predetto l’intrusione in casa, poi ha previsto il pericolo quella<br />

notte alla stazione dei treni. Ha <strong>un</strong> dono speciale, ma è troppo<br />

impaurita, non può più essere <strong>un</strong> canale di com<strong>un</strong>icazione».<br />

«Philip, allora».<br />

«Philip! Oh, per favore. Secondo te Gregory continuerà a<br />

tollerare a l<strong>un</strong>go che <strong>un</strong> ragazzino se ne va<strong>da</strong> in giro a parlare<br />

di <strong>un</strong> angelo, Tristan?».<br />

Tristan sapeva che aveva ragione.<br />

«Rimane solo Will», disse Lacey. Poi tornò indietro e lo<br />

indicò teatralmente, con le sue l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie viola. «Allora,<br />

fino a dove arriva la tua gelosia?»<br />

«Lontano, temo», rispose con onestà, poi sospirò. «Ti<br />

ricordi come ti sentivi quando quell’attrice ti ha rubato la parte<br />

per quel film, quella che secondo te puzzava?»<br />

«Ma lei puzza <strong>da</strong>vvero», rispose d’<strong>un</strong> fiato Lacey.


«Moltiplica quella sensazione per mille. Il fatto è che Will<br />

non è <strong>un</strong> cattivo ragazzo. Andrebbe benissimo per Ivy, e io<br />

desidero solo tutto il bene per lei. La amo. Farei qualsiasi cosa<br />

per Ivy…».<br />

«Moriresti per lei», disse Lacey. «Ma ci hai già provato, e<br />

guar<strong>da</strong> come ti sei ridotto».<br />

Tristan fece <strong>un</strong>a smorfia. «Sono finito qui con te».<br />

Lei gli sorrise, poi gli diede <strong>un</strong>a piccola gomitata. «Guar<strong>da</strong><br />

là. Il tizio vicino a quella donna che sembra si sia fatta fare la<br />

permanente e il taglio di capelli in <strong>un</strong> salone di bellezza per<br />

cani. Lo riconosci?»<br />

«È l’amico di Caroline», disse Tristan, osservando<br />

quell’uomo alto, <strong>da</strong>i capelli scuri. «Quello che lascia sempre<br />

fiori sulla sua tomba».<br />

«Ha battuto Andrew a tennis e sembra proprio che si sia<br />

goduto ogni singolo istante della partita».<br />

«Hai scoperto come si chiama?», le chiese Tristan.<br />

«Tom Stetson. Insegna al college di Andrew. Credimi, <strong>un</strong><br />

giorno a Stonehill è meglio di mille soap opera. Pensi che fosse<br />

<strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga, torri<strong>da</strong> relazione segreta? Pensi che Andrew<br />

sapesse? Sveglia, Tristan!».<br />

«Ti sto ascoltando», disse lui, ma il suo sguardo era fisso<br />

sulla folla a pochi metri <strong>da</strong> loro: Ivy, Will e Beth parlottavano<br />

vicini.<br />

«Oh, l’amore colpisce al cuore», canticchiò Lacey. Tristan<br />

la odiava quando calcava le parole in quel modo. «Te lo giuro,<br />

Tristan, quella ragazza ti ha ridotto a <strong>un</strong> colabrodo, ti ha<br />

pugnalato così tante volte al cuore che sembri <strong>un</strong> pezzo di<br />

groviera».<br />

Lui fece <strong>un</strong>a smorfia.<br />

«È patetico il modo in cui la guardi con quei grandi occhi <strong>da</strong><br />

cane bastonato. Lei non ti vede nemmeno. Spero solo che <strong>un</strong><br />

giorno…».


«Lo sai invece cosa spero io, Lacey?», le chiese Tristan,<br />

voltandosi di scatto verso di lei. «Spero che ti innamorerai di<br />

qualc<strong>un</strong>o».<br />

Lacey distolse lo sguardo.<br />

«E spero che succe<strong>da</strong> molto presto, prima che la mia<br />

missione gi<strong>un</strong>ga al termine», continuò lui. «Voglio esserci quel<br />

giorno, così potrò prenderti in giro e ridere alle tue spalle».<br />

Si aspettava <strong>un</strong>a risposta tagliente, ma Lacey tenne gli occhi<br />

bassi, e continuò a fissare il gatto di Ivy, Ella, che li aveva<br />

seguiti fendendo la folla.<br />

«Non vedo l’ora che arrivi quel momento», proseguì<br />

Tristan. «Il giorno in cui Lacey Lovitt si innamorerà di <strong>un</strong><br />

ragazzo che non può avere».<br />

«E cosa ti fa pensare che non mi sia già successo?»,<br />

mormorò, poi si chinò per accarezzare Ella, e continuò a<br />

giocare con il gatto per diversi minuti.<br />

Erano due anni che Lacey continuava a temporeggiare e non<br />

portava a termine la propria missione: ormai aveva sviluppato<br />

<strong>un</strong>a resistenza e dei poteri notevoli, molto maggiori di quelli di<br />

Tristan. Lui sapeva che Lacey era in grado di materializzare le<br />

sue dita e di mantenerle in quello stato per accarezzare il gatto<br />

molto più a l<strong>un</strong>go.<br />

«Vieni, Ella», disse dolcemente Lacey, e Tristan vide che il<br />

gatto drizzava le orecchie. Lacey stava proiettando la sua voce.<br />

Ella seguì Lacey, e Tristan seguì Ella fino a <strong>un</strong> tavolo<br />

imbandito. C’erano Eric e Gregory lì, ed Eric stava litigando<br />

con Gregory e con il barista, cercando di farsi servire <strong>un</strong>a birra.<br />

Lacey diede <strong>un</strong>a piccola spinta a Ella, e il gatto saltò sul<br />

tavolo. I tre ragazzi non si accorsero di lei.<br />

«Una tazza di latte, per favore».<br />

«Solo <strong>un</strong> minuto, signorina», disse il barista, voltandosi.<br />

Spalancò gli occhi quando vide Ella.<br />

Ella sbatté le palpebre.


Il barista si voltò verso i ragazzi. «Voi l’avete sentito?»<br />

«Latte, e in fretta, per piacere».<br />

Eric e il barista fissarono il gatto. Gregory all<strong>un</strong>gò il collo<br />

per vedere chi c’era dietro a Eric. «Che problema c’è?», disse<br />

impaziente. «Dammi solo <strong>un</strong> tè ghiacciato».<br />

«Io preferisco il latte».<br />

Il barista si avvicinò a Ella, finché il suo volto non fu<br />

vicinissimo al musetto del gatto. Lei miagolò e balzò giù <strong>da</strong>l<br />

tavolo. Lacey ri<strong>da</strong>cchiò, ma smise di proiettare la voce, e<br />

adesso solo Tristan poteva udirla.<br />

Il barista, ancora molto perplesso, servì il tè ghiacciato a<br />

Eric. Poi Gregory fece <strong>un</strong> cenno con la testa, e lui e Eric si<br />

incamminarono subito verso destra. Tristan li seguì mentre si<br />

aprivano la stra<strong>da</strong> in mezzo alla folla, fino al muro di pietra che<br />

delimitava il confine della proprietà.<br />

Sotto di loro, in lontananza, c’erano <strong>un</strong>a piccola stazione dei<br />

treni e i binari che costeggiavano il fiume. Persino Tristan<br />

faceva fatica a credere che lui e Philip fossero riusciti a<br />

scendere l<strong>un</strong>go quel ciglio scosceso. Era ripido e roccioso, e<br />

non c’erano p<strong>un</strong>ti a cui aggrapparsi, a parte delle prominenze<br />

rocciose e qualche arbusto qua e là.<br />

«Impossibile», stava dicendo Gregory tra sé. «Quel<br />

ragazzino mi sta mentendo, nasconde qualcosa. Chi c’è dietro<br />

di lui?»<br />

«Non preoccuparti, parla pure <strong>da</strong> solo. Fammi solo sapere se<br />

hai bisogno di me», disse Eric con <strong>un</strong>a risatina.<br />

Gregory lo fissò.<br />

«Da <strong>un</strong> po’ di tempo lo fai spesso. Parli <strong>da</strong> solo». Eric fece<br />

<strong>un</strong> ghigno. «O forse parli con gli angeli».<br />

«Al diavolo gli angeli», disse Gregory.<br />

Eric scoppiò a ridere. «Sì, certo, forse dovresti iniziare a<br />

pregarli. Ti sei messo nei guai, Gregory». Si fece serio, il suo<br />

volto era teso, corrugato. «In guai <strong>da</strong>vvero grossi. E mi stai


trascinando verso il baratro insieme a te».<br />

«Sei <strong>un</strong> idiota! Sei tu che ti stai fregando con le tue mani –<br />

combini <strong>un</strong> casino dopo l’altro. Te lo chiedo <strong>un</strong>’altra volta,<br />

dove sono i vestiti?»<br />

«Te lo ripeto per l’ennesima volta, io non li ho».<br />

«Voglio quel cappello e quel giubbotto», disse Gregory. «E<br />

sei tu che devi procurarmeli, perché se non lo fai, Jimmy non<br />

avrà mai i soldi che gli devi». Gregory reclinò la testa<br />

all’indietro. «E tu sai quali conseguenze ci potrebbero essere.<br />

Sai che questi spacciatori sono molto permalosi quando si tratta<br />

di soldi».<br />

Eric fece <strong>un</strong>a smorfia. Senza alcol in corpo non era in grado<br />

di affrontare Gregory. «Ne ho abbastanza», sospirò. «Sono<br />

stufo di fare il lavoro sporco per te».<br />

Cercò di allontanarsi ma Gregory lo trattenne afferrandogli<br />

il braccio. «Ma lo farai lo stesso, non è vero? E terrai anche la<br />

bocca chiusa, perché hai bisogno di me. Hai bisogno della tua<br />

dose».<br />

Eric cercò di liberarsi, ma era troppo debole. «Lasciami<br />

an<strong>da</strong>re. Ci stanno guar<strong>da</strong>ndo».<br />

Gregory allentò la presa e si guardò intorno. Eric sgattaiolò<br />

via in tutta fretta. «Fa’ attenzione, Gregory», lo avvertì. «Sento<br />

che ci stanno guar<strong>da</strong>ndo».<br />

Gregory inarcò <strong>un</strong> sopracciglio e scoppiò in <strong>un</strong>a risata<br />

minacciosa. E continuò a ri<strong>da</strong>cchiare anche quando Eric era<br />

ormai lontano.<br />

Lacey alzò le spalle. «Brutto tipo. Matto come <strong>un</strong> cavallo».<br />

Rimasero a osservarlo mentre Gregory tornava alla festa,<br />

sorridendo e scherzando con tutti.<br />

«Secondo te, qual è il lavoro sporco che Eric ha fatto?»,<br />

chiese Lacey a Tristan. «Far fuori Caroline? Tagliarti i freni?<br />

Assalire Ivy nell’ufficio di Andrew?». Materializzò <strong>un</strong> dito e<br />

spinse <strong>un</strong>a piccola pietra fino al bordo della cresta.


«Naturalmente, non siamo neppure certi che Caroline sia stata<br />

<strong>da</strong>vvero uccisa, e non possiamo escludere che i tuoi freni si<br />

siano rotti per <strong>un</strong> semplice incidente».<br />

Tristan annuì. «Dovrò farmi di nuovo <strong>un</strong> piccolo viaggetto<br />

nel passato. Entrerò ancora nei ricordi di Eric».<br />

Lacey aveva preso <strong>un</strong>’altra pietra e la spostò leggermente.<br />

«Vuoi tornare nella mente di Eric? Tu sei pazzo, Tristan!<br />

Pensavo avessi imparato la lezione la volta scorsa. È an<strong>da</strong>to, i<br />

suoi circuiti sono bruciati. È troppo pericoloso, e i suoi ricordi<br />

non ti <strong>da</strong>ranno alc<strong>un</strong>a prova».<br />

«Ma quando avrò scoperto che cosa sta succedendo, potrò<br />

trovare la prova che sto cercando», le spiegò.<br />

Lacey scosse la testa.<br />

«Devo fare in modo che Ivy ricordi cosa è successo alla<br />

stazione dei treni. E subito», disse Tristan. «Devo parlare con<br />

Will, convincerlo ad aiutarmi».<br />

«Certo, grande idea», disse Lacey. «Mi pareva che qualc<strong>un</strong>o<br />

avesse già proposto <strong>un</strong>a cosa del genere. Un quarto d’ora fa,<br />

più o meno».<br />

Tristan scrollò le spalle.<br />

«E allora quel qualc<strong>un</strong>o verrà insieme a te, nel caso avessi<br />

bisogno di aiuto come al solito», aggi<strong>un</strong>se.<br />

«Niente scherzi», la ammonì lui.<br />

«Non te lo prometto, Tristan».<br />

Trovarono Will nel patio, stava ballando con Beth. Ivy e<br />

Suzanne erano sedute accanto alla madre di Ivy, e osservavano<br />

i loro compagni di classe che si scatenavano al ritmo della<br />

musica reggae. Lacey iniziò a ballare <strong>da</strong> sola, muovendo i<br />

fianchi, alzando le mani sopra le testa per poi farle scorrere<br />

l<strong>un</strong>go i fianchi. Balla bene, pensò Tristan mentre lei si<br />

dimenava e <strong>da</strong>nzava l<strong>un</strong>go il patio. Ella vide la luce di Lacey e<br />

iniziò a seguirla. Un ragazzo fece <strong>un</strong> passo indietro, pestò Ella<br />

e inciampò, cadendo di schiena vicino al gatto.


«Ti va di ballare?». Era Lacey che proiettava la sua voce.<br />

Il ragazzo fissò Ella per <strong>un</strong> istante, poi balzò in piedi.<br />

«Vieni qui, Ella», la richiamò Maggie, e il gatto si avviò<br />

pigramente verso la madre di Ivy, con Lacey alle calcagna. Ella<br />

saltò in braccio a Maggie, e la madre di Ivy si rimise a<br />

osservare i ragazzi che ballavano.<br />

«Ness<strong>un</strong>o mi chiede mai di ballare, Maggie». Era di nuovo<br />

Lacey.<br />

Maggie sollevò il gatto, lo rigirò, le prese il muso tra le mani<br />

perfettamente curate, fissando Ella come se si aspettasse di<br />

sentirla parlare di nuovo <strong>da</strong> <strong>un</strong> momento all’altro.<br />

«Voi avete sentito qualcosa?», chiese Maggie alle ragazze,<br />

ma non ottenne risposta. Suzanne stava fornendo a Ivy <strong>un</strong><br />

dettagliato resoconto sulle varie coppie che si dimenavano<br />

<strong>da</strong>vanti a loro.<br />

Tristan lasciò Lacey ai suoi giochetti e attraversò la folla per<br />

raggi<strong>un</strong>gere Beth e Will. Stavano ballando, guancia a guancia,<br />

come <strong>un</strong>a coppietta felice, ma lui conosceva bene il motivo per<br />

cui Beth e Will stavano <strong>da</strong>vvero così tanto tempo assieme. Era<br />

per Ivy.<br />

«Ho paura», disse Beth. «So delle cose che vorrei non<br />

sapere – e le so prima ancora che acca<strong>da</strong>no, Will. E poi scrivo<br />

delle parole che non avevo intenzione di scrivere».<br />

«Io disegno immagini che non volevo disegnare», replicò<br />

Will.<br />

«Vorrei che qualc<strong>un</strong>o potesse spiegarci cosa sta succedendo.<br />

Qual<strong>un</strong>que cosa sia, non è ancora finita – ne sono sicura. Ho<br />

questa sensazione che mi tormenta, so che le cose vanno male,<br />

molto male, e che andranno sempre peggio. Ho paura di non<br />

farcela. A volte penso di essere impazzita».<br />

Will la attirò a sé. Tristan lanciò <strong>un</strong>’occhiata a Ivy e si<br />

accorse che lei si era girata di scatto per non guar<strong>da</strong>re.<br />

«Certo che non sei impazzita, Beth. È solo che tu hai <strong>un</strong>


dono che…».<br />

«Ma io non lo voglio <strong>un</strong> dono come questo!», urlò lei.<br />

«Shh. Shh», disse Will, e le scompigliò i capelli.<br />

«Ci sta guar<strong>da</strong>ndo», disse Beth. «Si farà <strong>un</strong>’idea sbagliata.<br />

Forse è meglio se le chiedi di ballare».<br />

Tristan capì subito cosa stava pensando Will: per <strong>un</strong> attimo<br />

fissò Ivy e si disse che sarebbe stato fantastico metterle <strong>un</strong><br />

braccio intorno alla vita, tirarla a sé, passarle le dita in mezzo ai<br />

capelli morbidi. In quello stesso istante i loro pensieri si fusero,<br />

e Tristan scivolò dentro Will.<br />

Will si avvicinò ancor di più a Beth. «Ho di nuovo quella<br />

sensazione. Non la sopporto».<br />

«Devo parlare a Ivy», disse Tristan, e Will ripeté le parole<br />

ad alta voce.<br />

«Cosa le dirai?», chiese Beth.<br />

«Chiedile se vuole ballare», disse Tristan, e ancora <strong>un</strong>a volta<br />

Will pron<strong>un</strong>ciò quelle parole come se fossero sue.<br />

«Chiediglielo tu», rispose Beth.<br />

Will serrò le mascelle. Tristan percepiva la lotta che<br />

divampava nel suo animo: l’istinto gli diceva di scacciare<br />

l’intruso <strong>da</strong>lla sua mente, mentre la curiosità controbilanciava<br />

il primo impulso. «Chi sei?», gli chiese Will silenziosamente.<br />

«Tristan. Sono Tristan. Devi credermi adesso».<br />

«Non riesco a credere», disse Beth.<br />

Lei e Will avevano smesso di ballare e si fissavano,<br />

immobili, cercando di capire cosa stesse succedendo.<br />

«È dentro di te, non è vero?», chiese Beth, con la voce rotta<br />

<strong>da</strong>ll’emozione. «Quelle che pron<strong>un</strong>ci sono le sue parole».<br />

Will annuì.<br />

«Puoi costringerlo ad an<strong>da</strong>rsene?», chiese.<br />

«Non farlo!».<br />

«Perché non te ne vai e ci lasci in pace?», urlò Beth.<br />

«Non posso. Per il bene di Ivy, non posso».


Will e Beth si abbracciarono. Poi Will la guidò lontano <strong>da</strong>lla<br />

folla, <strong>da</strong> Ivy.<br />

«Ti va di ballare?», chiese a Ivy.<br />

Lei guardò Beth, incerta.<br />

«Sono esausta», disse Beth, costringendo Ivy ad alzarsi e<br />

mettendosi a sedere al suo posto. «Vai pure. Devo <strong>da</strong>re <strong>un</strong> po’<br />

di riposo a questi piedini delicati e minuti. Sai, porto solo il<br />

quarant<strong>un</strong>o».<br />

Will e Ivy camminarono in silenzio, fianco a fianco, e<br />

raggi<strong>un</strong>sero la zona meno affollata del patio. Tristan lo sentì<br />

tremare quando la cinse con le braccia. Avvertì ogni singolo<br />

movimento goffo e imbarazzato, e si ricordò come si era<br />

sentito lui, la primavera precedente. I primi app<strong>un</strong>tamenti con<br />

Ivy. Quando rimaneva solo con lei, faccia a faccia, non riusciva<br />

a spiccicare parola, rispondeva a monosillabi.<br />

«Come stai?», le chiese Will.<br />

«Bene».<br />

«Perfetto».<br />

Tra loro calò <strong>un</strong> profondo silenzio. Tristan poteva sentire le<br />

mille domande che affollavano la mente di Will. «Se sei qui»,<br />

gli disse silenziosamente Will, «perché non mi dici cosa devo<br />

fare?»<br />

«Non sono così fragile», disse Ivy.<br />

«Cosa?»<br />

«Balli come se avessi paura di rompermi», disse lei ad alta<br />

voce, con gli occhi verdi che scintillavano.<br />

Will la guardò sorpreso. «Sei arrabbiata».<br />

«Te ne sei accorto», rispose lei con voce tagliente. «Non<br />

sopporto più il modo in cui mi tratta la gente – tutti sono così<br />

cauti e gentili con me! Si muovono in p<strong>un</strong>ta di piedi, stanno<br />

attenti a cosa dicono, come se avessero paura di fare qualcosa<br />

di sbagliato e di ferirmi. Be’, ho <strong>un</strong>a notizia per te, Will, e per<br />

tutti gli altri. Non sono fatta di cristallo, e non sto per an<strong>da</strong>re in


pezzi. Capito?»<br />

«Lo so», disse Will. Poi, senza preavviso, la fece girare due<br />

volte su se stessa, allontanandola per poi tirarla di nuovo a sé,<br />

come <strong>un</strong>o yo-yo. Piegò il braccio fino a farla quasi cadere, poi<br />

la riprese all’ultimo momento, chinandosi su di lei per tirarla<br />

su.<br />

«Va meglio così?».<br />

Ivy si risistemò i capelli tutti scompigliati e cercò di<br />

riprendere fiato. «Sì, <strong>un</strong> po’».<br />

«Ti volevo parlare di <strong>un</strong>a cosa», disse Will, anche se erano<br />

parole di Tristan.<br />

Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro per fissarlo negli occhi, ma si<br />

voltò subito. Gli occhi di Will erano profondissimi, intensi –<br />

<strong>un</strong>a ragazza poteva perdersi in quegli occhi, proprio come<br />

aveva detto Lacey. È per questo che Ivy ha guar<strong>da</strong>to <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra<br />

parte, pensò Tristan, cercando di tenere sotto controllo la<br />

gelosia.<br />

«Riguar<strong>da</strong>… Beth. È <strong>un</strong> po’ scossa ultimamente», disse<br />

Tristan tramite Will. «Sai che ha delle premonizioni».<br />

«So che le ho fatto prendere <strong>un</strong> bello spavento qualche<br />

settimana fa», disse Ivy, «ma era solo <strong>un</strong>a…».<br />

Will scosse la testa, compiendo lo stesso gesto di Tristan.<br />

«Beth ha paura del futuro, non di quello che è successo quel<br />

giorno».<br />

«Che vuoi dire?», chiese Ivy. La sua voce era carica di<br />

indignazione, ma Tristan si accorse del lieve tremito che la<br />

incrinava. «Non succederà proprio niente nel futuro», insistette<br />

lei. «Cosa devo fare per convincere tutti che sto bene?»<br />

«Devi ricor<strong>da</strong>re, Ivy».<br />

«Ricor<strong>da</strong>re cosa?», chiese.<br />

«La notte dell’incidente».<br />

Tristan sentì che adesso Will lottava per ritrarsi. Aveva<br />

paura di affrontare quel discorso. «Quale incidente?», chiese


silenziosamente Will. «Quello in cui hai perso la vita?»<br />

«L’incidente?», ripeté Ivy. «Ti riferisci al mio tentativo di<br />

suicidio? Un incidente? E questo cosa sarebbe, <strong>un</strong> eufemismo<br />

gentile?»<br />

«Ivy, non puoi credere che sia an<strong>da</strong>ta così. Sai che non è<br />

vero», disse Will, pron<strong>un</strong>ciando con passione bruciante ogni<br />

singola parola che Tristan gli dettava.<br />

«Ormai non so più niente», replicò lei, con la voce rotta<br />

<strong>da</strong>ll’emozione.<br />

«Cerca di ricor<strong>da</strong>re», la supplicò Will, <strong>da</strong>ndo voce alle<br />

parole di Tristan. «Mi hai visto alla stazione dei treni».<br />

«Tu eri là?», gli chiese lei, sorpresa.<br />

«Io ci sono sempre stato per te. Ti amo!».<br />

Ivy guardò Will. In quell’istante Tristan si rese conto che<br />

era stato <strong>un</strong>o sbaglio parlare tramite Will. Ma era troppo tardi.<br />

«Non puoi, Will».<br />

Will deglutì.<br />

«Dovresti innamorarti di qualc<strong>un</strong>’altra. Io… io non ti amerò<br />

mai».<br />

Tristan sentì che Will incassava il colpo.<br />

«Non amerò mai più ness<strong>un</strong> altro», disse Ivy, facendo <strong>un</strong><br />

passo indietro, «non come amavo Tristan».<br />

«Dille che sono io a parlare», gli ordinò Tristan.<br />

Ma Will rimase immobile, senza pron<strong>un</strong>ciare <strong>un</strong>a sola<br />

parola. Altre coppie an<strong>da</strong>rono a sbattere contro di loro,<br />

scoppiando a ridere, <strong>da</strong>nzando e divertendosi. Will teneva Ivy a<br />

mezzo metro di distanza, e Ivy si rifiutava di guar<strong>da</strong>rlo negli<br />

occhi. Poi lei si girò all’improvviso, e Will la lasciò an<strong>da</strong>re.<br />

«Seguila», gli ordinò Tristan. «Non abbiamo ancora finito».<br />

«Lasciami in pace», sibilò Will, e se ne andò nella direzione<br />

opposta, a testa bassa.<br />

Gregory, che stava accompagnando Suzanne in mezzo alle<br />

altre coppie, gli strinse <strong>un</strong> braccio.


«Non ti starai tirando indietro, vero?»<br />

«Tirando indietro?», ripeté Will, con voce roca.<br />

«Riguardo a Ivy», disse Suzanne.<br />

«La grande caccia», disse Gregory, rivolgendo <strong>un</strong> sorriso<br />

malizioso a Will.<br />

«Non credo che a Ivy piaccia essere cacciata».<br />

«Oh, andiamo», lo prese in giro Gregory. «La mia innocente<br />

e dolcissima sorellastra adora i giochetti psicologici. E,<br />

credimi, è <strong>un</strong>a vera professionista».<br />

È <strong>un</strong>a vera professionista quando si tratta di scappare <strong>da</strong> te,<br />

pensò Tristan, uscendo <strong>da</strong>lla mente di Will.<br />

«Fossi in te io non mi tirerei indietro», disse Gregory,<br />

fissando Ivy, immobile all’altra estremità del patio. La guardò<br />

così a l<strong>un</strong>go che alla fine anche Suzanne e Tristan si voltarono<br />

in quella direzione, a disagio. «Non c’è niente di meglio che<br />

<strong>da</strong>re la caccia a <strong>un</strong>a ragazza che sa giocare duro».


Capitolo 3<br />

«E quindi», disse Philip a Ivy quel mercoledì sera, «posso<br />

guar<strong>da</strong>re di nuovo Jurassic Park».<br />

«Perché “quindi”?», ripeté Ivy con <strong>un</strong> largo sorriso. China<br />

sulle mani di Maggie, le stava rapi<strong>da</strong>mente mettendo lo smalto<br />

sulle <strong>un</strong>ghie. Sua madre e Andrew dovevano an<strong>da</strong>re a <strong>un</strong>a<br />

serata organizzata <strong>da</strong>l college per raccogliere fondi.<br />

«Perché Andrew mi ha <strong>da</strong>to il permesso».<br />

«Allora ha controllato tutti i tuoi compiti?», chiese Ivy.<br />

«Ha detto che il mio tema sulla festa era molto ben fatto e<br />

che ho <strong>un</strong>a grande fantasia».<br />

«Molto ben fatto, grande fantasia», lo prese in giro Maggie.<br />

«Un giorno, senza neanche accorgercene, avremo <strong>un</strong><br />

professorino alto <strong>un</strong> metro e mezzo che se ne va in giro per la<br />

casa».<br />

Ivy sorrise di nuovo. «Vai ad accendere il registratore»,<br />

disse a Philip. «Scendo quando ho finito qui con mamma».<br />

Philip balzò <strong>da</strong>l letto facendo scattare le molle del<br />

materasso, e per poco a Ivy non cadde la boccetta di smalto.<br />

Quando rimasero sole, Maggie sussurrò a Ivy: «Gregory ha<br />

detto che rimarrà in casa stasera, perciò se Philip ti dà<br />

problemi…».<br />

Ivy si accigliò. Non aveva mai avuto problemi a gestire<br />

Philip, e di certo se la cavava meglio lei di Gregory, e anche di<br />

sua madre.<br />

«…o se ti senti, come dire, <strong>un</strong> po’ a terra…».<br />

Ivy sapeva cosa voleva dire <strong>da</strong>vvero sua madre – depressa,<br />

fuori di testa, sull’orlo del suicidio. Maggie non riusciva a<br />

pron<strong>un</strong>ciare quelle parole, ma aveva accettato l’idea che tutti<br />

avevano di Ivy. Non c’era modo di farle cambiare opinione,<br />

quindi Ivy decise di ignorare il suo commento. «È carino <strong>da</strong><br />

parte di Andrew aiutare Philip con i compiti», disse.


«Andrew vuole molto bene a Philip, e anche a te», replicò<br />

sua madre. «È <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’ che volevo parlartene, Ivy, ma con<br />

tutto quello che è successo, be’, sai, nelle ultime tre<br />

settimane…».<br />

«Fuori il rospo, mamma».<br />

«Andrew ha inoltrato la doman<strong>da</strong> di adozione».<br />

Ivy macchiò di Passione Scarlatta le nocche di sua madre.<br />

«Stai scherzando».<br />

«Abbiamo intenzione di portare avanti la pratica per Philip»,<br />

disse Maggie, pulendosi le nocche, «ma tu ben presto compirai<br />

diciotto anni. La decisione spetterà a te».<br />

Ivy non sapeva cosa dire. Si chiese se Gregory sapesse<br />

qualcosa, e se sì, cosa ne pensasse. Adesso suo padre avrebbe<br />

avuto due figli, e ogni giorno era sempre più evidente che<br />

Andrew preferiva Philip.<br />

«Andrew vuole che tu sappia che questa sarà sempre casa<br />

tua. Ti vogliamo molto bene, Ivy. Ness<strong>un</strong>o potrà mai amarti<br />

più di noi». Sua madre parlava velocemente, con <strong>un</strong>a voce tesa<br />

e nervosa. «Andrà sempre meglio, con il passare del tempo.<br />

Credimi, tesoro. Le persone non si innamorano <strong>un</strong>a volta sola»,<br />

continuò Maggie, parlando sempre più rapi<strong>da</strong>mente. «Un<br />

giorno incontrerai <strong>un</strong> ragazzo speciale. Sarai di nuovo felice. Ti<br />

prego, credimi», la supplicò.<br />

Ivy richiuse la boccetta di smalto. Quando si alzò, sua madre<br />

rimase immobile sul letto. La fissava con aria preoccupata, le<br />

<strong>un</strong>ghie rosse ben distese sul grembo. Ivy si chinò e la baciò<br />

dolcemente sulla fronte, dove si era creato <strong>un</strong> intrico di<br />

profonde rughe per la preoccupazione. «Va già meglio», disse.<br />

«Vieni, accendo il phon, così asciughiamo questo capolavoro<br />

di manicure».<br />

Quando Andrew e Maggie se ne furono an<strong>da</strong>ti, Ivy andò in<br />

salotto a guar<strong>da</strong>re i dinosauri di Jurassic Park che sbranavano<br />

e dilaniavano i poveri umani. Si sistemò <strong>un</strong> cuscino dietro la


testa e p<strong>un</strong>tò i piedi contro lo sgabello su cui era seduto suo<br />

fratello. Ella le saltò in grembo e si stiracchiò sulle l<strong>un</strong>ghe<br />

gambe di Ivy, appoggiandole il musetto peloso sul ginocchio.<br />

Ivy accarezzò il gatto, con la mente rivolta altrove. La<br />

continua messinscena – la parte che aveva ininterrottamente<br />

recitato negli ultimi giorni per convincere tutti che stava bene –<br />

l’aveva sfiancata, e adesso le palpebre le sembravano<br />

incredibilmente pesanti. Mentre le prime gocce di pioggia si<br />

abbattevano sul Jurassic Park, si addormentò.<br />

Scene di vita scolastica si fusero e si proiettarono nella sua<br />

mente in <strong>un</strong> sogno complicato e indistinto: il volto sgraziato<br />

dell’assistente, la signora Bryce, con quei piccoli occhi<br />

in<strong>da</strong>gatori, si trasformava in continuazione, si sfocava e<br />

tornava nitido. Ivy era nella sua classe, poi nei corridoi –<br />

camminava senza meta e senza fine per le varie aule.<br />

Insegnanti e al<strong>un</strong>ni erano in fila ai suoi lati e la fissavano.<br />

«Sto bene. Sono felice. Sto bene. Sono felice», ripeteva,<br />

ancora e ancora.<br />

Fuori <strong>da</strong>lla scuola si stava per scatenare <strong>un</strong> temporale.<br />

Poteva sentirne il rumore attraverso le pareti, sentiva le mura<br />

che venivano scosse <strong>da</strong>lla sua furia. E adesso poteva vederlo, le<br />

verdi foglie di maggio strappate <strong>da</strong>i rami, le fronde che si<br />

piegavano e ondeggiavano sotto il cielo nero come l’inchiostro.<br />

Ora stava gui<strong>da</strong>ndo, non camminava più. Il vento la faceva<br />

sban<strong>da</strong>re, e i fulmini squarciavano il cielo. Sapeva di essersi<br />

persa. Un sentimento di terrore e paura cominciò a strisciare<br />

nel suo animo. Non sapeva dove stesse an<strong>da</strong>ndo, eppure la<br />

paura diventava sempre più incontrollabile, come se si stesse<br />

avvicinando ogni minuto di più a qualcosa di terrificante. Da<br />

dietro la curva sbucò all’improvviso <strong>un</strong>a Harley rossa. Il<br />

motociclista rallentò. Per <strong>un</strong> momento pensò che si sarebbe<br />

fermato per aiutarla, ma poi riprese velocità e sfrecciò via. Lei<br />

superò la curva e vide la finestra.


Conosceva bene quella finestra, il grande vetro rettangolare<br />

dietro cui si intravedeva <strong>un</strong>’ombra scura. La macchina acquistò<br />

velocità. Stava correndo verso quella finestra, sempre più<br />

rapi<strong>da</strong>mente. Cercò di fermarsi, cercò di frenare, premette il<br />

pe<strong>da</strong>le ancora e ancora, sempre più forte, ma la macchina non<br />

rallentava. Non sarebbe mai riuscita a fermarsi! Poi la portiera<br />

si spalancò, e Ivy si buttò fuori. Barcollò. Non riusciva a<br />

trovare <strong>un</strong> appiglio. Per <strong>un</strong> attimo pensò che si sarebbe<br />

schiantata contro la grande vetrata.<br />

L’aria fu squarciata <strong>da</strong>l fischio di <strong>un</strong> treno, l<strong>un</strong>go,<br />

perforante. Un’ombra scura aleggiava dietro il vetro, sempre<br />

più grande. Ivy all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano. Il vetro esplose – <strong>un</strong> treno<br />

lanciato a tutta velocità ci passò attraverso, frantumandolo in<br />

mille pezzi. Per <strong>un</strong> istante il tempo si congelò, i vetri rimasero<br />

sospesi in aria come stalattiti di ghiaccio, il gigantesco treno<br />

era perfettamente fermo, <strong>un</strong> attimo di pausa immobile, prima di<br />

travolgerla, di schiacciarla a morte.<br />

Poi due mani la afferrarono, tirandola indietro. Il treno passò<br />

oltre, e i cocci di vetro si fusero nel terreno. Il temporale era<br />

passato, anche se il cielo era ancora nero – il cielo che si vede<br />

solo nei momenti che precedono l’alba. Ivy si chiese di chi<br />

fossero le mani che l’avevano salvata; erano forti come quelle<br />

di <strong>un</strong> angelo. Abbassò lo sguardo e scoprì che era abbracciata a<br />

Philip.<br />

Era incredibile la pace che adesso li circon<strong>da</strong>va. Forse era<br />

<strong>da</strong>vvero l’alba – vide <strong>un</strong> debole scintillio all’orizzonte. La luce<br />

divenne sempre più forte. Divenne l<strong>un</strong>ga e alta come <strong>un</strong>a<br />

persona, e ai bordi scintillava di mille colori. Non era il sole,<br />

anche se riscal<strong>da</strong>va il suo cuore come <strong>un</strong> piacevole tepore.<br />

Racchiuse lei e Philip, sempre più vicino.<br />

«Chi è?», chiese Ivy. «Chi c’è?». Non aveva paura. Per la<br />

prima volta dopo molto, molto tempo, si sentiva piena di<br />

speranza. «Chi è?», urlò, cercando disperatamente di


aggrapparsi a quella speranza.<br />

«Gregory». La scosse e la risvegliò. Stava strattonando Ivy<br />

con forza. «Sono Gregory!».<br />

Le era seduto accanto sul divano, le teneva le braccia. Philip<br />

era <strong>da</strong>ll’altro lato, stringeva con forza il telecomando del<br />

videoregistratore.<br />

«Stavi sognando. Un incubo, di nuovo», disse Gregory. Era<br />

irrigidito, teso. La fissò, cercando di incrociare i suoi occhi.<br />

«Pensavo che questi sogni fossero finiti. Sono passate tre<br />

settimane – speravo che…».<br />

Ivy chiuse gli occhi per <strong>un</strong> attimo. Voleva rivedere quella<br />

luce, quel bagliore scintillante. Voleva an<strong>da</strong>re via <strong>da</strong> Gregory,<br />

tornare verso quella sensazione di fervente speranza. Ma le<br />

parole di Gregory rosicchiavano via gli ultimi brandelli di<br />

ricordo.<br />

«Cosa?», le chiese. «Cosa sogni, Ivy?».<br />

Lei non rispose.<br />

«Parlami!», disse. «Per favore». La sua voce si era ridotta a<br />

<strong>un</strong> balbettio supplichevole. «Perché hai quest’aria sconvolta?<br />

C’era qualcosa di nuovo nel sogno?»<br />

«No». Ma si accorse subito dell’espressione scettica di<br />

Gregory. «Solo all’inizio», aggi<strong>un</strong>se in tutta fretta. «Prima di<br />

mettermi in macchina sotto quella terribile tempesta, stavo<br />

camminando nei corridoi della scuola, e tutti mi fissavano».<br />

«Ti fissavano», ripeté lui. «E basta?».<br />

Lei annuì.<br />

«So che è stata dura per te negli ultimi giorni», disse<br />

Gregory, sfiorandole delicatamente la guancia con <strong>un</strong> dito.<br />

Ivy voleva solo essere lasciata in pace. Ogni momento che<br />

passava insieme a Gregory allontanava sempre di più la luce<br />

del sogno e quel sentimento di speranza.<br />

«So che non è facile affrontare le voci e i pettegolezzi a<br />

scuola», aggi<strong>un</strong>se Gregory, comprensivo.


Ma Ivy non voleva starlo a sentire. Se solo avesse potuto<br />

riacquistare <strong>un</strong> po’ di speranza non avrebbe avuto bisogno<br />

della comprensione di ness<strong>un</strong>o, soprattutto non di quella di<br />

Gregory. Chiuse gli occhi, sperando di poterlo respingere,<br />

allontanare. Ma lui continuava a fissarla, come i suoi compagni<br />

di scuola nel sogno.<br />

«Mi sorprende che la tua, ehm, esperienza alla stazione non<br />

facesse parte del sogno», disse.<br />

«Sorprende anche me», rispose lei, spalancando gli occhi. Si<br />

chiese se Gregory si fosse accorto che lei non gli stava dicendo<br />

tutto. «Sto bene, <strong>da</strong>vvero. Ritorna pure a fare quello che stavi<br />

facendo».<br />

Ivy non capiva bene perché fosse così restia ad aprirsi con<br />

lui: sapeva solo che la luce diventava sempre più debole in<br />

presenza di Gregory.<br />

«Mi stavo preparando <strong>un</strong>o sp<strong>un</strong>tino», disse. «Tu vuoi<br />

qualcosa?»<br />

«No, grazie».<br />

Gregory annuì e uscì <strong>da</strong>lla stanza, con <strong>un</strong>o sguardo<br />

preoccupato. Ivy attese di sentirlo armeggiare in cucina, poi si<br />

mise a sedere sul pavimento accanto a suo fratello, che aveva<br />

ricominciato a guar<strong>da</strong>re il film.<br />

«Philip», disse piano, «quella notte alla stazione dei treni,<br />

dopo che mi hai salvato… c’era per caso <strong>un</strong>a specie di luce<br />

tremolante?».<br />

Philip si voltò verso di lei, con gli occhi spalancati. «Allora<br />

ti ricordi!».<br />

«Shhh». Ivy lanciò <strong>un</strong>’occhiata in direzione della cucina,<br />

ascoltando i rumori, i movimenti di Gregory. Poi si rimise a<br />

sedere e cercò di passare in rassegna le immagini nella sua<br />

mente. Vide la luce del sogno come se fosse ancora alla<br />

stazione. Era sulla banchina, non lontano <strong>da</strong> Philip e <strong>da</strong> lei. Era<br />

solo <strong>un</strong>a creazione della sua mente, o stava finalmente


icor<strong>da</strong>ndo?<br />

«Cosa ha fatto la luce?», chiese a suo fratello. «Si<br />

muoveva?».<br />

Philip rifletté per <strong>un</strong> momento. «Camminava intorno a noi in<br />

cerchio».<br />

«Proprio come nel mio sogno», disse Ivy. Poi si voltò e si<br />

portò svelta <strong>un</strong> dito alle labbra.<br />

Quando entrò Gregory, <strong>un</strong> minuto dopo, lei e Philip erano<br />

seduti vicini e guar<strong>da</strong>vano la tele, tutti presi <strong>da</strong>l film.<br />

«Ho pensato che <strong>un</strong> po’ di tè ti avrebbe fatto bene. Per<br />

calmarti», disse Gregory, chinandosi su di lei con <strong>un</strong>a tazza<br />

fumante in mano. Passò <strong>un</strong>a merendina a Philip.<br />

«Ehi, grazie», disse Philip, tutto felice.<br />

Gregory annuì e guardò di nuovo Ivy. «Non bevi?»<br />

«Uh, certo. Ma certo… grazie», farfugliò, sorpresa <strong>da</strong>lla<br />

duplice immagine che le era balenata per <strong>un</strong> attimo nella<br />

mente: Gregory come era adesso, <strong>da</strong>vanti a lei, e Gregory in<br />

piedi in camera sua. Quando prese la tazza <strong>da</strong>lle sue mani, lo<br />

rivide mentre le passava <strong>un</strong>’altra tazza di tè fumante. Poi lo<br />

rivide di nuovo, seduto vicino a lei, sul suo letto, mentre le<br />

porgeva la tazza, gliela avvicinava alle labbra, la costringeva a<br />

bere.<br />

«Preferisci qualcos’altro?», le chiese.<br />

«No, va benissimo». Stava forse ricor<strong>da</strong>ndo qualcosa di<br />

quella sera? Possibile che Gregory le avesse fatto bere del tè<br />

drogato? «Sei palli<strong>da</strong>», disse lui, e le sfiorò la pelle nu<strong>da</strong> del<br />

braccio. «Sei fred<strong>da</strong> come il ghiaccio, Ivy».<br />

Aveva la pelle d’oca. Lui continuò a stringerle il braccio,<br />

spostando il dito su e giù. Ivy si accorse della sua forza, della<br />

presa d’acciaio di quelle dita. Gregory l’aveva tenuta stretta<br />

molte volte dopo la morte di Tristan, ma lei non si era mai<br />

accorta di quanto fosse forte. Adesso Gregory fissava lo<br />

schermo alle sue spalle, guar<strong>da</strong>va <strong>un</strong> tizio sbranato <strong>da</strong> <strong>un</strong>


dinosauro.<br />

«Gregory, mi fai male al braccio».<br />

Lui la lasciò an<strong>da</strong>re subito e fece <strong>un</strong> passo indietro per<br />

osservarla bene. Era impossibile indovinare quali fossero i suoi<br />

pensieri, dietro quegli occhi grigi e sfuggenti.<br />

«Mi sembri ancora sconvolta», osservò lui.<br />

«Sono solo molto stanca», replicò Ivy. «Sono stufa di essere<br />

sempre fissata <strong>da</strong> tutti, controllata a vista, come se stessero solo<br />

aspettando… non so neanche cosa».<br />

«Che tu impazzisca?», le suggerì piano.<br />

«Immagino di sì», disse. Ma non succederà, pensò. E finora<br />

non sono impazzita, e non mi importa di quello che dici tu, né<br />

di quello che pensa la gente.<br />

«Grazie per il tè», disse. «Ora mi sento meglio. Rimango <strong>un</strong><br />

po’ con Philip a guar<strong>da</strong>re questi poveracci che vengono<br />

trasformati in pappa per dinosauri».<br />

Le labbra di Gregory si sollevarono leggermente in <strong>un</strong><br />

sorriso tirato.<br />

«Grazie», rispose Ivy. «Non so cosa farei senza di te».<br />

Per <strong>un</strong> attimo lui le appoggiò <strong>un</strong>a mano sulle sue, poi si<br />

allontanò e li lasciò a guar<strong>da</strong>re il film. Quando Ivy sentì i suoi<br />

passi sulle scale prese la tazza e rovesciò il tè in <strong>un</strong> vaso di<br />

fiori. Philip era troppo preso <strong>da</strong>l film per accorgersi di<br />

qualcosa.<br />

Ivy si rimise a sedere sul divano e chiuse gli occhi, cercando<br />

di ricor<strong>da</strong>rsi come fosse fatta quella luce, cercando di<br />

aggrapparsi a quel barlume di speranza che il sogno le aveva<br />

trasmesso.<br />

Possibile che fosse tutto vero? Forse Philip aveva continuato<br />

a vederlo per tutto il tempo. C’era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> angelo per lei? I<br />

suoi occhi si riempirono di lacrime. Era Tristan?<br />

«Tristan?», lo chiamò piano Ivy, e rabbrividì per


l’eccitazione. Si era nascosta nello spogliatoio della scuola<br />

giovedì pomeriggio, e aveva aspettato che la piscina fosse<br />

deserta. Quando il professore se ne era an<strong>da</strong>to a <strong>un</strong>a ri<strong>un</strong>ione<br />

lei si era tolta le scarpe ed era salita sul trampolino. E ora se ne<br />

stava ferma sulla pe<strong>da</strong>na sopra la vasca, proprio come quel<br />

giorno di aprile.<br />

Anche se nel frattempo aveva imparato a nuotare, provava<br />

ancora <strong>un</strong> po’ del vecchio terrore. Fece tre passi in avanti e<br />

sentì il trampolino che si curvava sotto il suo peso.<br />

Digrignando i denti, Ivy fissò l’acqua azzurra sotto di lei, che<br />

scintillava per il riflesso delle luci al neon. Non avrebbe mai<br />

amato l’acqua come la amava Tristan, ma era lì che lui era<br />

riuscito a raggi<strong>un</strong>gerla per la prima volta. Ed era proprio lì che<br />

adesso Ivy voleva tentare di ristabilire <strong>un</strong> contatto.<br />

«Tristan?», lo chiamò con <strong>un</strong> filo di voce.<br />

L’<strong>un</strong>ico suono nella piscina vuota era il debole ronzio delle<br />

luci.<br />

Angeli, aiutatemi! Aiutatemi a raggi<strong>un</strong>gerlo.<br />

Ivy non disse quelle parole ad alta voce. Dopo la morte di<br />

Tristan aveva smesso di pregare gli angeli. Dopo averlo perso,<br />

non riusciva più a trovare le parole; non riusciva a credere che<br />

qualc<strong>un</strong>o le ascoltasse <strong>da</strong>vvero. Ma quella preghiera uscì <strong>da</strong>lle<br />

sue labbra come se avesse scavato <strong>un</strong> solco di fuoco <strong>da</strong>l centro<br />

del suo cuore.<br />

Fece altri due passi avanti. «Tristan!», urlò. «Ci sei?».<br />

Camminò fino all’estremità del trampolino e rimase<br />

immobile proprio sull’orlo. «Tristan, dove sei?». La sua voce<br />

riecheggiava tra le mura di cemento. «Ti amo!», gridò. «Ti<br />

amo!».<br />

Ivy abbassò la testa. Non c’era. Non riusciva a sentirla.<br />

Avrebbe fatto meglio a scendere subito, prima che qualc<strong>un</strong>o la<br />

vedesse e la prendesse per matta.<br />

Fece <strong>un</strong> passo indietro. Abbassò lo sguardo e si voltò, piano,


con grande attenzione. Quando rialzò gli occhi rimase senza<br />

fiato.<br />

All’altra estremità della pe<strong>da</strong>na l’aria vibrava, scintillava.<br />

Era <strong>un</strong>a specie di luce liqui<strong>da</strong> – <strong>un</strong>a massa dorata ardente, <strong>da</strong>lle<br />

vaghe sembianze umane. La forma scintillante era circon<strong>da</strong>ta<br />

<strong>da</strong> <strong>un</strong>a nebbia di colori accecanti e tremolanti. Era la stessa<br />

luce che aveva visto alla stazione.<br />

«Tristan», disse piano. All<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano e iniziò a<br />

camminare verso di lui. Voleva solo essere avvolta <strong>da</strong> quella<br />

luce dorata, circon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>i suoi colori, abbracciata <strong>da</strong> Tristan,<br />

qual<strong>un</strong>que sembianza avesse ora.<br />

«Dimmi che sei tu. Parlami», lo implorò. «Tristan!».<br />

«Ivy!».<br />

«Ivy!».<br />

Le due voci rimbalzarono tra le mura – Gregory e Suzanne.<br />

«Ivy, che ci fai lassù?»<br />

«Sta impazzendo, Gregory! Lo sapevo che sarebbe<br />

successo».<br />

Ivy abbassò gli occhi e vide che Gregory aveva già fatto due<br />

scalini mentre Suzanne si guar<strong>da</strong>va intorno, frenetica. «Vado a<br />

cercare aiuto», disse Suzanne. «Vado a chiamare la signora<br />

Bryce».<br />

«Aspetta», disse Gregory.<br />

«Ma, Gregory, lei…».<br />

«Aspetta». Era <strong>un</strong> ordine. Suzanne rimase in silenzio.<br />

«Girano già fin troppe voci su Ivy. Possiamo gestirla <strong>da</strong><br />

soli».<br />

Gestirmi?, pensò Ivy. Parlavano di lei come se fosse <strong>un</strong>a<br />

bimbetta difficile, <strong>un</strong>a ragazzina pazza che non sapeva ba<strong>da</strong>re a<br />

se stessa.<br />

«La faccio scendere io», disse con calma Gregory.<br />

«Scendo <strong>da</strong> sola», disse Ivy. «Se avessi bisogno di aiuto, c’è<br />

Tristan qui con me».


«Te l’avevo detto… è fuori, è an<strong>da</strong>ta, Gregory. Matta come<br />

<strong>un</strong> cavallo! Ma non vedi che…».<br />

«Suzanne», urlò Ivy, «ma non la vedi la sua luce?».<br />

Adesso Gregory stava salendo gli ultimi scalini.<br />

«Qui non c’è niente, Ivy. Niente», disse Suzanne con voce<br />

lamentosa.<br />

«Guar<strong>da</strong>», disse Ivy, indicandole il p<strong>un</strong>to preciso. «Proprio<br />

qui!». Poi fissò Gregory, <strong>da</strong>ll’altra parte della pe<strong>da</strong>na. Suzanne<br />

aveva ragione. Non c’era niente lì, ness<strong>un</strong> colore tremolante,<br />

ness<strong>un</strong>a luce dorata.<br />

«Tristan?»<br />

«Gregory», rispose lui con <strong>un</strong> roco sussurro, poi le tese la<br />

mano.<br />

Ivy si guardò intorno, <strong>da</strong> entrambi i lati. Stava <strong>da</strong>vvero<br />

impazzendo? Si era sognata tutto? «Tristan?»<br />

«Adesso basta, Ivy. Ora scendi».<br />

Non voleva an<strong>da</strong>re con lui. Voleva solo tornare <strong>da</strong> quella<br />

luce dorata, farsi abbracciare <strong>da</strong> quel bagliore. Avrebbe <strong>da</strong>to<br />

qualsiasi cosa pur di condividere ancora quell’attimo con<br />

Tristan.<br />

«Vieni qui, Ivy. Non rendere le cose ancora più difficili».<br />

Ivy odiava il suo tono condiscendente.<br />

«Dai!», le ordinò Gregory. «O vuoi che va<strong>da</strong> a chiamare la<br />

signora Bryce?».<br />

Lei lo guardò, ma sapeva che non poteva combattere contro<br />

di lui. «No», disse alla fine, «posso scendere anche <strong>da</strong> sola. Vai<br />

avanti. Vai avanti! Io ti seguo».<br />

«Brava», disse Gregory, poi iniziò a scendere. E anche lei<br />

stava per affrontare il primo scalino quando sentì la voce di<br />

Suzanne. «Will! Da questa parte! Sbrigati».<br />

«Sta’ calma, Suzanne», disse Gregory.<br />

Ma Will, che era appena entrato in piscina, vide Ivy sulla<br />

pe<strong>da</strong>na e corse verso di loro. «Beth mi ha detto che la stavate


cercando», disse a Suzanne, senza fiato. «Ma lei sta bene?<br />

Cosa stava cercando di fare?».<br />

Il risentimento che bruciava nell’animo di Ivy si tramutò in<br />

rabbia.<br />

Lei. Continuavano tutti a comportarsi come se lei non<br />

potesse udirli, come se non riuscisse a capire quello che<br />

dicevano.<br />

«Lei è proprio qui!», urlò Ivy con rabbia. «Non dovete<br />

parlare di me come se non ci stessi più con la testa».<br />

«Pensa che lassù ci sia Tristan, è convinta che lui possa<br />

aiutarla», spiegò Suzanne a Will. «Ha detto qualcosa sulla luce<br />

di Tristan».<br />

E a quel p<strong>un</strong>to Will alzò gli occhi e fissò Ivy. Ivy restituì il<br />

suo sguardo. Le sue occhiate furiose incontrarono<br />

<strong>un</strong>’espressione di puro stupore. Will esaminò la pe<strong>da</strong>na dietro<br />

di lei, alla ricerca di qualcosa. Diede <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata per<br />

tutta la piscina, poi fissò di nuovo lei. Ivy vide che mormorava:<br />

«Tristan», anche se non lo disse ad alta voce, ma lo sillabò solo<br />

con le labbra. Alla fine le chiese: «Ce la fai a scendere?»<br />

«Ma certo che ce la faccio».<br />

Gregory e Suzanne rimasero ad osservarla immobili sui due<br />

lati della scalinata, come se fossero pronti ad afferrarla al volo.<br />

Will se ne stava in disparte e continuava a scoccare delle rapide<br />

occhiate per tutta la piscina.<br />

Quando Ivy toccò terra Suzanne la abbracciò, poi si ritrasse<br />

e la fissò. «Vorrei solo prenderti a schiaffi». Stava ridendo, ma<br />

Ivy vide le lacrime che le riempivano gli occhi, il sollievo che<br />

le si leggeva in faccia.<br />

A quel p<strong>un</strong>to Gregory si avvicinò a lei e la cinse con il<br />

braccio, tirandola a sé. «Mi hai fatto prendere <strong>un</strong> bello<br />

spavento, Ivy», disse. Ivy riusciva a malapena a respirare e<br />

cercò di fare <strong>un</strong> passo indietro, ma lui non la lasciava an<strong>da</strong>re.<br />

Suzanne appoggiò la mano sul braccio di Gregory. Aveva


superato lo shock, a quanto pareva, e non sembrava affatto<br />

felice di quel l<strong>un</strong>go abbraccio. Will rimaneva in disparte, senza<br />

dire <strong>un</strong>a parola.<br />

«Ti porto a casa», disse Gregory, e alla fine liberò Ivy.<br />

«No, sto bene», protestò lei.<br />

«Davvero, ti porto io».<br />

«Sul serio, Gregory. Preferirei…».<br />

«E io che faccio, vado a piedi?», si intromise Suzanne.<br />

Gregory si voltò verso di lei. «Prima riporto te e poi…».<br />

«Ma io sto bene», insisté lei.<br />

«Sta bene», ripeté Suzanne. «Ed è vero, te lo dico io. E poi<br />

noi abbiamo <strong>da</strong> fare, no?»<br />

«Suzanne, dopo quello che è successo, non puoi pretendere<br />

che lasci <strong>da</strong> sola Ivy. Se Maggie è a casa, allora forse…».<br />

«Se vuoi ti do <strong>un</strong>o strappo io, Ivy», disse improvvisamente<br />

Will.<br />

«Sì, grazie», rispose lei.<br />

Gregory sembrava irritato.<br />

Suzanne sorrise. «Be’, allora, fratellone», disse, cingendo<br />

Gregory con <strong>un</strong> braccio, «è tutto a posto. Non hai nulla di cui<br />

preoccuparti».<br />

«Rimani tu con lei?», chiese Gregory a Will. «Ti prenderai<br />

cura di lei finché non torna Maggie?»<br />

«Certo». Will fissò la pe<strong>da</strong>na. «O io o Tristan», aggi<strong>un</strong>se.<br />

Ivy alzò la testa e lo fissò. Suzanne ri<strong>da</strong>cchiò, poi si coprì la<br />

bocca con <strong>un</strong>a mano. Gregory rimase imperturbabile, senza<br />

l’ombra di <strong>un</strong> sorriso.


Capitolo 4<br />

«Oh, ciao», disse Beth qualche minuto dopo, alzando gli<br />

occhi per guar<strong>da</strong>re Ivy e Will. Era appoggiata all’armadietto di<br />

Ivy, seduta sulle ginocchia con <strong>un</strong>a penna in mano, come se<br />

fino a quel momento fosse stata impegnatissima a scrivere <strong>un</strong><br />

racconto. Ma quando Ivy abbassò gli occhi sul quaderno di<br />

Beth, capì tutto.<br />

«Se scrivi così finirai per mettere la fine del racconto in<br />

prima pagina», disse Ivy, chinandosi per rimettere <strong>da</strong>lla parte<br />

giusta il libro rovesciato.<br />

Will ri<strong>da</strong>cchiò e Beth diventò tutta rossa.<br />

«Be’, forse non sono proprio <strong>un</strong>a grande attrice», disse,<br />

tirandosi in piedi. «Stai bene?».<br />

Ivy alzò le spalle. «Non so più come rispondere a questa<br />

doman<strong>da</strong> – e anche quando rispondo, ness<strong>un</strong>o mi crede lo<br />

stesso».<br />

«Sta benissimo», disse Will, poggiando <strong>un</strong>a mano sulla<br />

spalla di Beth. Un gesto rassicurante. Stranamente, il suo tono<br />

tranquillo riuscì a calmare anche Ivy.<br />

Prese i suoi libri, e tutti e tre si avviarono insieme al<br />

parcheggio. Beth camminava tra Will e Ivy, e si sforzava di<br />

tenere viva la conversazione. Ma dopo pochi minuti, quando<br />

Beth li salutò, Ivy e Will ricaddero in <strong>un</strong> pesante silenzio pieno<br />

di imbarazzo. Ivy salì sull’Hon<strong>da</strong> argento di Will e tenne lo<br />

sguardo fisso <strong>da</strong>vanti a sé. Nella stra<strong>da</strong> di ritorno l’<strong>un</strong>ica cosa<br />

che Will le chiese fu se voleva alzare il finestrino.<br />

Dopo la festa Will aveva fatto di tutto per evitare Ivy. Lei<br />

pensava che fosse imbarazzato per quell’assur<strong>da</strong> conversazione<br />

durante il ballo. E gli era immensamente grata perché era stato<br />

capace di ingoiare il suo orgoglio pur di tirarla fuori<br />

<strong>da</strong>ll’imbarazzante triangolo con Suzanne e Gregory.<br />

«Ancora grazie», disse Ivy.


«Ness<strong>un</strong> problema», rispose Will, abbassando il parasole.<br />

Ivy si chiedeva perché lui non avesse voluto ness<strong>un</strong>a<br />

spiegazione. Non le aveva mai doman<strong>da</strong>to come diavolo fosse<br />

finita sopra quel trampolino. Forse anche lui era convinto,<br />

come tutti gli altri, che Ivy fosse matta <strong>da</strong> legare. Gui<strong>da</strong>va con<br />

gli occhi fissi sulla stra<strong>da</strong>. Quando si fermarono a <strong>un</strong> incrocio,<br />

Will rimase a fissare con <strong>un</strong>a concentrazione quantomeno<br />

sospetta i pedoni che attraversavano. Poi si decise a lanciarle<br />

<strong>un</strong>’occhiata fuggitiva.<br />

«Era solo <strong>un</strong>o scherzo, non è vero?», disse alla fine Ivy.<br />

«Quando hai detto a Gregory che saresti rimasto con me –<br />

altrimenti ci avrebbe pensato Tristan. Stavi solo scherzando».<br />

Il semaforo scattò, e attraversarono <strong>un</strong> isolato prima che<br />

Will rispondesse. «Gregory non ha riso», osservò.<br />

«Ma tu stavi scherzando?», insisté Ivy, girandosi per<br />

guar<strong>da</strong>rlo negli occhi.<br />

«Tu cosa ne pensi?»<br />

«E che importanza ha cosa penso io?», esplose Ivy. «Io sono<br />

sola la tipa fuori di testa che ha cercato di ammazzarsi».<br />

Will sterzò improvvisamente e accostò. «Non ci credo»,<br />

disse calmo.<br />

«Be’, tutti gli altri ci credono».<br />

Lui tenne il motore acceso e appoggiò le braccia al volante.<br />

Ivy fissò le macchie di vernice sulle sue mani. «Magari tutti se<br />

la sono bevuta», disse, «ma non pensavo che ci credessi anche<br />

tu».<br />

Lei non rispose.<br />

«A quanto ne so io», la sua voce era calma, ragionevole, «i<br />

veri pazzi non pensano di essere pazzi. E tu invece perché ne<br />

sei convinta?»<br />

«Be’, sai, c’è quel piccolo dettaglio della mia apparizione in<br />

piena notte alla stazione», rispose Ivy, incapace di nascondere<br />

il sarcasmo nella sua voce. «Proprio <strong>un</strong> attimo prima che il


treno arrivasse a tutta velocità».<br />

Lui si voltò verso di lei, sfi<strong>da</strong>ndola a sostenere lo sguardo<br />

dei suoi occhi scuri. «Ti ricordi di aver gui<strong>da</strong>to fin lì? Ricordi<br />

di essere saltata <strong>da</strong>vanti al treno?».<br />

Ivy scosse la testa. «No. Niente di tutto questo. Ricordo solo<br />

la luce, dopo. Quel bagliore».<br />

«Lo stesso che hai visto su quel trampolino».<br />

Lei annuì.<br />

«Non riesco a capire perché tu lo vedi e io lo sento», disse<br />

Will.<br />

«Tu lo senti?». Ivy all<strong>un</strong>gò la mano e spense il motore. «Tu<br />

lo senti?»<br />

«Sì. Anche Beth».<br />

Ivy rimase a bocca aperta.<br />

«Scrive delle storie piene di frasi che non sono sue, di strani<br />

messaggi. Io disegno angeli che non volevo dipingere».<br />

Tracciò con il dito il contorno di <strong>un</strong>’immagine invisibile sul<br />

finestrino. «Per <strong>un</strong> po’ abbiamo pensato di aver perso la testa».<br />

Ivy ricor<strong>da</strong>va bene quel giorno nel negozio di articoli<br />

elettronici, quando Beth aveva scritto sul computer: «Stai<br />

attenta, Ivy. Sei in pericolo. Non restare mai sola. Ti amo.<br />

Tristan». Ivy era uscita di corsa <strong>da</strong>l negozio, furiosa con Beth<br />

per averle fatto quello scherzo. Invece avrebbe dovuto <strong>da</strong>rle<br />

ascolto. Qualche giorno dopo era stata assalita a casa sua.<br />

«Sta cercando di avvertirti», proseguì Will. «Beth pensa che<br />

sia <strong>un</strong>a faccen<strong>da</strong> troppo grossa, <strong>un</strong>a cosa che ness<strong>un</strong>o di noi è<br />

in grado di gestire, ed è spaventata a morte».<br />

Ivy aveva la pelle d’oca alla base del collo. Fin <strong>da</strong>lla sera<br />

precedente aveva continuato a pensare al modo per raggi<strong>un</strong>gere<br />

quella luce che credeva fosse Tristan. Si era sempre rifiutata di<br />

chiedersi perché <strong>un</strong> angelico Tristan stesse cercando di mettersi<br />

in contatto con lei.<br />

«Devi ricor<strong>da</strong>re cosa è successo», proseguì Will. «È quello


che Tristan stava cercando di dirti quella notte alla festa,<br />

mentre ballavamo».<br />

«Era con te quella sera?». Ivy cominciò a ripercorrere<br />

mentalmente tutti gli strani eventi dell’estate precedente.<br />

«Perciò tutti gli angeli che disegnavi, e quella foto di <strong>un</strong> angelo<br />

che somigliava così tanto a Tristan…».<br />

«Mi sono stupito quanto te», disse Will. «Ho cercato di<br />

dirtelo, non avrei mai fatto nulla del genere per ferirti. Ma non<br />

so spiegarti cosa è successo. È entrato dentro di me. Era come<br />

se non potessi oppormi, dovevo per forza disegnare quegli<br />

angeli. Mi sembrava che la mia mano non mi appartenesse».<br />

Lei gli sfiorò le mani, <strong>un</strong>a delicata carezza.<br />

«Penso volesse consolarti, <strong>da</strong>rti forza», aggi<strong>un</strong>se Will.<br />

Ivy annuì e ricacciò indietro le lacrime. «Allora mi dispiace<br />

di non aver capito. Mi dispiace di essermi arrabbiata con te».<br />

Respirò a fondo. «Devo ricor<strong>da</strong>re. Devo tornare a quella notte.<br />

Will, mi porti alla stazione?».<br />

Lui accese subito la macchina. Quando arrivarono, diverse<br />

persone erano appena scese <strong>da</strong> <strong>un</strong> treno di pendolari <strong>da</strong> New<br />

York. Non appena la stazione si svuotò Will parcheggiò. Poi<br />

camminò insieme a Ivy fino alla fine della piattaforma<br />

meridionale. «Io non dirò più nulla», disse. «Probabilmente è<br />

meglio se te ne vai <strong>un</strong> po’ in giro <strong>da</strong> sola, per vedere se ti torna<br />

qualcosa in mente. Ma sarò proprio qui se avrai bisogno di<br />

me».<br />

Ivy annuì, poi salì gli scalini. Leggendo il rapporto della<br />

polizia aveva scoperto qual era il pilone al quale era<br />

appoggiata, quando Philip l’aveva vista – anzi, qual era il<br />

pilone a cui era aggrappata, più che appoggiata, si corresse<br />

mentalmente. Era quello contrassegnato con la lettera D. Ma<br />

aveva dimenticato quanto fossero vicini i piloni di metallo<br />

all’estremità della piattaforma, e quanto questa fosse a sua<br />

volta vicina, terribilmente vicina, ai binari. Quando vide il


pilone rabbrividì.<br />

Sapeva che avrebbe dovuto appoggiarsi di schiena al pilone<br />

e sforzarsi di ricor<strong>da</strong>re le sensazioni di quella notte, ma non ci<br />

riusciva, non ancora. Raggi<strong>un</strong>se in tutta fretta i gradini alla fine<br />

della piattaforma che portavano al ponte sopra i binari. Poi<br />

attraversò il ponte e andò <strong>da</strong>ll’altro lato. Dalla piattaforma nord<br />

Ivy guardò Will, seduto su <strong>un</strong>a panchina, che la aspettava<br />

pazientemente.<br />

Iniziò a camminare su e giù. Chi poteva essere stato lì quella<br />

notte? Se la storia di Philip era vera, qualc<strong>un</strong>o doveva essersi<br />

travestito <strong>da</strong> Tristan. Chi<strong>un</strong>que, o quasi, avrebbe potuto<br />

procurarsi <strong>un</strong> giubbotto della scuola e <strong>un</strong> cappello <strong>da</strong> baseball.<br />

E dopo averli indossati nella penombra, chi<strong>un</strong>que avrebbe<br />

potuto farsi passare per Tristan – Gregory compreso.<br />

Respinse in fretta quel pensiero. Stava diventando<br />

paranoica, non poteva sospettare di Gregory. Ma forse non era<br />

così paranoico sospettare di Eric. Ricordò la notte in cui lui<br />

aveva trascinato Will sui binari proprio <strong>un</strong> attimo prima<br />

dell’arrivo del treno. Eric si divertiva come <strong>un</strong> matto a fare<br />

giochetti pericolosi come quello. E di sicuro non aveva<br />

problemi a procurarsi <strong>un</strong> po’ di droga.<br />

Un l<strong>un</strong>go urlo perforante squarciò i pensieri di Ivy, il fischio<br />

di <strong>un</strong> treno diretto a sud, che riecheggiava tra le ripide pareti<br />

della collina. Fissò il versante alle sue spalle. Le sembrava<br />

impossibile che Philip fosse riuscito a scendere fin lì sano e<br />

salvo, ma forse, se gli angeli esistevano <strong>da</strong>vvero, se c’era<br />

Tristan con lui…<br />

Il fischio risuonò di nuovo. Ivy cominciò a correre. Fece gli<br />

scalini due alla volta, attraversò di corsa il ponte, poi giù<br />

<strong>da</strong>ll’altro lato. Sentì il rombo del treno ancora prima di vederlo,<br />

poi scorse i fanali, <strong>un</strong>a palli<strong>da</strong> luce, <strong>un</strong> occhio cieco nel giorno.<br />

Era <strong>un</strong>o di quei grossi treni della Armtrak che non si<br />

fermavano e attraversavano la stazione a tutta velocità.


Corse fino al pilone e rimase appoggiata di schiena, vicino<br />

al bordo, ipnotizzata <strong>da</strong>ll’occhio bianco del treno. Il suo cuore<br />

prese a battere forte, sempre più forte, man mano che il treno<br />

divorava la distanza che li separava. Le tornò in mente quella<br />

scena che <strong>un</strong>a volta le aveva descritto Philip: il treno che si<br />

inerpicava su per la collina, il treno che le <strong>da</strong>va la caccia, e ora<br />

correva verso di lei. Le lamiere scintillanti, la piattaforma sotto<br />

i suoi piedi che vibrava. Aveva la sensazione che il suo corpo<br />

scosso <strong>da</strong>i tremori stesse per an<strong>da</strong>re in pezzi.<br />

Poi il treno si dissolse in <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga scia nebulosa.<br />

Ivy non sapeva per quanto tempo lui fosse rimasto lì, dietro<br />

di lei. Si rese conto che gli stava stringendo le mani con forza,<br />

con le dita intrecciate. Si voltò leggermente e lo guardò <strong>da</strong><br />

sopra la spalla.<br />

«Sono felice che tu non abbia saltato», le disse con <strong>un</strong><br />

mezzo sorriso. «Sarebbe stata la fine per entrambi».<br />

Ivy ritrasse la mano e si voltò per guar<strong>da</strong>rlo negli occhi.<br />

«Ti ricordi adesso?», le chiese Will.<br />

Lei scosse la testa stancamente. «No».<br />

Will alzò il braccio come per sfiorarle la guancia. Ivy lo<br />

guardò, e lui subito allontanò la mano e la mise in tasca.<br />

«Usciamo», disse.<br />

Ivy lo seguì fino alla macchina, continuando a tenere gli<br />

occhi fissi sui binari.<br />

E se Gregory ed Eric avessero agito di com<strong>un</strong>e accordo?, si<br />

chiese. Ma non riusciva ancora a credere che qualc<strong>un</strong>o, e<br />

Gregory meno di chi<strong>un</strong>que altro, volesse farle del male.<br />

Gregory le voleva bene. O almeno, lei ne era convinta.<br />

Lasciarono il parcheggio, Will gui<strong>da</strong>va senza parlare, e<br />

sembrava immerso nei suoi pensieri come lei. Poi Ivy si<br />

riscosse e indicò <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to. A <strong>un</strong>a cinquantina di metri<br />

<strong>da</strong>ll’uscita del parcheggio era ferma <strong>un</strong>a Harley rossa. «Sembra<br />

proprio quella di Eric», disse.


«E lo è». Un l<strong>un</strong>go canale di scolo con erba alta e arbusti<br />

costeggiava la stra<strong>da</strong>. Eric stava controllando il canale ed era<br />

così preso che non si accorse della macchina che risaliva il<br />

crinale della collina.<br />

Quando Will aprì la portiera Eric alzò la testa di scatto.<br />

«Hai perso qualcosa?», chiese Will, uscendo <strong>da</strong>lla<br />

macchina. «Vuoi <strong>un</strong>a mano?».<br />

Eric strizzò gli occhi, accecato <strong>da</strong>lla luce del sole. «No,<br />

grazie», rispose. «Sto solo cercando <strong>un</strong>a vecchia cor<strong>da</strong> con cui<br />

legavo le mie cose». Poi vide Ivy in macchina. Sembrò<br />

sorpreso, e fissò a l<strong>un</strong>go prima Will e poi lei. Alla fine, gli fece<br />

cenno di ripartire. «Tra <strong>un</strong> minuto me ne vado anch’io», disse.<br />

Will annuì e risalì in macchina.<br />

«Non ti sembra strano cercare con tanta energia <strong>un</strong>a vecchia<br />

cor<strong>da</strong>?», osservò Ivy quando ripartirono.<br />

«Ivy», disse Will, «c’è <strong>un</strong> qualche motivo per cui qualc<strong>un</strong>o<br />

ti potrebbe voler ferire o spaventare?»<br />

«Che vuoi dire?»<br />

«Qualc<strong>un</strong>o ce l’ha con te?»<br />

«No», rispose lentamente. Almeno adesso, pensò. L’inverno<br />

precedente la situazione era completamente diversa: Gregory<br />

non era stato affatto contento del matrimonio di suo padre con<br />

Maggie. Ma il risentimento e la rabbia erano scomparsi <strong>da</strong><br />

mesi, si disse subito. E Gregory era stato meraviglioso dopo la<br />

morte di Tristan, l’aveva confortata, l’aveva perfino salvata il<br />

giorno dell’aggressione. Era stato Gregory ad arrivare sul posto<br />

prima di chi<strong>un</strong>que altro, aveva messo in fuga l’aggressore e le<br />

aveva tolto il cappuccio <strong>un</strong> attimo prima che anche Will si<br />

precipitasse nella stanza.<br />

Ma era an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>vvero così? Forse invece era stato lì tutto il<br />

tempo.<br />

Si era giustificato per il suo improvviso ritorno a casa con<br />

<strong>un</strong>a scusa poco credibile. Improvvisamente Ivy sentì freddo,


molto freddo. E se fosse stato Gregory ad assalirla, per poi<br />

cambiare i suoi piani non appena era comparso Will?<br />

Quel pensiero le scorse nelle vene come <strong>un</strong> fiume di<br />

ghiaccio, fu presa <strong>da</strong>i brividi, aveva la pelle d’oca alla base del<br />

collo. Contorse le mani. Senza rendersene conto, aveva piegato<br />

<strong>un</strong>a penna che aveva preso in macchina fino a spezzarla.<br />

«Ecco», disse Will, togliendole la penna e offrendole la sua<br />

mano. «Avrò bisogno delle dita quando arriveremo a casa tua»,<br />

disse con <strong>un</strong> sorriso, «ma per il momento eviterò che tu ti<br />

riempia di inchiostro <strong>da</strong>lla testa ai piedi».<br />

Ivy gli strinse la mano. E continuò a tenerla forte anche<br />

quando si girò per osservare le grandi distese verdi che<br />

sfrecciavano in <strong>un</strong> lampo indistinto fuori <strong>da</strong>l finestrino, la fine<br />

dell’estate che veniva spezzata <strong>da</strong> fugaci ombre di aut<strong>un</strong>no.<br />

«Io ci sono sempre stato per te. Ti amo». Le parole le<br />

fluttuarono di nuovo in mente. «Will, quando stavamo ballando<br />

e Tristan era dentro di te, e tu hai detto…». Esitò.<br />

«E io ho detto…?»<br />

«Ci sono sempre stato per te. Ti amo». Vide che Will<br />

deglutiva, in difficoltà. «Era Tristan che parlava, giusto?»,<br />

disse Ivy. «Era solo Tristan a dire quelle cose, sono stata io a<br />

capire male. Giusto?».<br />

Will osservò <strong>un</strong>o stormo di anatre che volavano alte in cielo.<br />

«Giusto», disse alla fine.<br />

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto fino a casa.


Capitolo 5<br />

Ivy era in piedi <strong>da</strong>vanti a Philip, ed esaminava gli scaffali<br />

colmi di tesori che si trovavano in camera sua: le statue degli<br />

angeli che gli aveva regalato dopo la morte di Tristan, <strong>un</strong><br />

pupazzo di Don Mattingly, fossili donati <strong>da</strong> Andrew, e <strong>un</strong><br />

vecchio chiodo della ferrovia arrugginito.<br />

Philip e Maggie erano tornati a casa quel pomeriggio<br />

proprio nel momento in cui Will stava riaccompagnando Ivy.<br />

Ivy e Philip si erano fatti <strong>un</strong>o snack, poi lei aveva <strong>da</strong>to<br />

<strong>un</strong>’occhiata ai suoi compiti mentre lui, con estrema attenzione,<br />

trasportava in camera il suo ultimo tesoro, <strong>un</strong> nido di uccelli<br />

mezzo marcito. Ivy lo osservò mentre sistemava il nido in bella<br />

evidenza, poi passò delicatamente <strong>un</strong>a mano sulle statuette<br />

degli angeli, sfiorandole piano. Ne toccò <strong>un</strong>a che non era stata<br />

sua, <strong>un</strong> angelo con le ali che indossava la maglia di <strong>un</strong>a<br />

squadra di baseball.<br />

«Quella me l’ha portata l’amica di Tristan», le disse Philip.<br />

«La ragazza angelo. L’ho vista <strong>un</strong> paio di volte».<br />

«Hai visto <strong>un</strong> altro angelo? Sei sicuro?», gli chiese Ivy,<br />

stupita.<br />

Philip annuì. «È venuta alla nostra festa».<br />

«Come fai a distinguerla <strong>da</strong> Tristan?», si meravigliò Ivy.<br />

Philip rifletté per <strong>un</strong> istante. «Ha <strong>un</strong> colore diverso, tipo<br />

violetto».<br />

«E come fai a sapere che è <strong>un</strong>a ragazza?»<br />

«Be’, si capisce <strong>da</strong>lle forme», rispose.<br />

«Oh».<br />

«Come <strong>un</strong>a ragazza della tua età», aggi<strong>un</strong>se. Philip tirò fuori<br />

<strong>un</strong>a fotografia <strong>da</strong> dietro <strong>un</strong>’alta pila di fumetti. Nella foto c’era<br />

<strong>un</strong>a specie di nebbia indistinta. Ivy si ricor<strong>da</strong>va quando era<br />

stata scattata: era la prima foto che Will aveva fatto quel giorno<br />

alla fiera.


Philip la studiò attentamente e poi si accigliò. «Be’, forse<br />

non si vede molto bene qui», disse.<br />

Non si vede molto bene cosa?, si chiese silenziosamente<br />

Ivy.<br />

«Davvero rivuoi solo l’angelo dell’acqua?», le chiese Philip.<br />

Ivy sapeva che suo fratello voleva tenersi tutte le statue.<br />

«Solo quella», lo tranquillizzò, poi riportò in camera sua la<br />

statuetta di porcellana. Era la sua preferita. La veste<br />

svolazzante verde acqua l’aveva convinta a <strong>da</strong>rle lo stesso<br />

nome dell’angelo che Ivy aveva visto <strong>da</strong> piccola, quando aveva<br />

solo quattro anni. L’angelo che l’aveva salvata quella volta che<br />

stava annegando. Ivy appoggiò la statuetta vicino al ritratto di<br />

Tristan, fece scorrere le dita sulla superficie liscia, perfetta,<br />

dell’angelo. Poi toccò la foto di Tristan.<br />

«Due angeli… i miei due angeli», disse, poi se ne andò al<br />

terzo piano, nella sua stanza della musica.<br />

Ella la seguì e balzò sul <strong>da</strong>vanzale della piccola finestra<br />

<strong>da</strong>ll’altra parte della stanza. Ivy si sedette <strong>da</strong>vanti al piano e<br />

iniziò a esercitarsi con le scale, spandendo nell’aria note<br />

tremolanti. Mentre le sue mani si muovevano su e giù l<strong>un</strong>go la<br />

tastiera, ripensava a Tristan, a quanto era bello quando nuotava,<br />

con la luce che si rifletteva sull’acqua tutto intorno a lui.<br />

Proprio come adesso la sua luce scintillava intorno a lei.<br />

I raggi tardivi di settembre erano oro puro, come il bagliore<br />

di Tristan, e il tramonto avrebbe ass<strong>un</strong>to le sue stesse tonalità<br />

di colori. Ivy fissò la finestra e smise subito di suonare. Ella era<br />

agitata, con le orecchie alzate, gli occhi spalancati e scintillanti.<br />

Ivy si voltò di scatto per guar<strong>da</strong>rsi alle spalle. «Tristan», disse<br />

piano.<br />

Il bagliore la circon<strong>da</strong>va.<br />

«Tristan», sussurrò di nuovo. «Parlami. Perché non riesco a<br />

sentirti? Gli altri ti sentono – Will e Beth. Non puoi parlare con<br />

me?».


Ma l’<strong>un</strong>ico suono nella stanza era la zampettare sordo di<br />

Ella che era scesa <strong>da</strong>l <strong>da</strong>vanzale per trotterellare<br />

tranquillamente vicino a lei. Ivy si chiese se il gatto poteva<br />

vedere Tristan.<br />

«Sì, lei mi ha visto <strong>da</strong>lla prima volta che sono tornato».<br />

Ivy rimase paralizzata al suono di quella voce. «Sei tu. Sei<br />

<strong>da</strong>vvero…».<br />

«Sorprendente, eh?».<br />

Dentro al suo animo Ivy riusciva non solo a sentire la voce,<br />

ma anche la sfumatura ironica in quelle parole. Era lo stesso<br />

tono di sempre, la voce che aveva quando qualcosa lo<br />

divertiva. Poi l’ironia scomparve.<br />

«Ivy, ti amo. Non smetterò mai di amarti».<br />

Ivy si nascose il volto tra le mani. I palmi e le dita erano<br />

immersi in quella palli<strong>da</strong> luce d’oro. «Ti amo, Tristan, e mi sei<br />

mancato. Non sai quanto mi sei mancato».<br />

«Non sai quanto tempo sono rimasto al tuo fianco, a<br />

guar<strong>da</strong>rti dormire, a sentirti suonare. È stato come lo scorso<br />

inverno. Non ho fatto altro che aspettarti, sperando che ti<br />

accorgessi di me».<br />

Il desiderio bruciante nella sua voce la fece rabbrividire, gli<br />

stessi brividi che <strong>un</strong> tempo i suoi baci le facevano nascere<br />

nell’animo.<br />

«Se avessi i poteri angelici ti avrei tirato broccoli e carote»,<br />

aggi<strong>un</strong>se, ridendo.<br />

Anche Ivy rise, ripensando al vassoio pieno di verdure che<br />

lui aveva rovesciato al matrimonio di sua madre.<br />

«Sono state le carote che avevi nelle orecchie e la co<strong>da</strong> di<br />

gambero nel naso a renderti irresistibile agli occhi miei e di<br />

Philip», disse, sorridendo. «Oh, Tristan, vorrei che fossimo<br />

stati insieme quest’estate. Vorrei che fossimo an<strong>da</strong>ti al lago e<br />

fossimo rimasti in mezzo all’acqua a galleggiare, con il sole, a<br />

farci il solletico sulle mani e sui piedi».


«Io voglio solo starti vicino», le disse Tristan.<br />

Ivy alzò la testa. «Vorrei poter sentire le tue braccia sul mio<br />

corpo».<br />

«Non potresti essere più vicina al mio cuore».<br />

Ivy tese le mani, poi si abbracciò <strong>da</strong> sola, come <strong>un</strong> uccello<br />

che richiude le ali. «Mille volte ho sperato di poterti dire<br />

ancora che ti amo. Ma non ho mai creduto… non ho mai<br />

creduto di poter avere <strong>un</strong>’altra opport<strong>un</strong>ità…».<br />

«Ma devi credere, Ivy!». Il panico che incrinava la sua voce<br />

si rifletté nell’animo di Ivy. «Non smettere mai di credere, o<br />

smetterai di vedermi. Hai bisogno di me adesso, e non sai<br />

quanto», la avvertì.<br />

«A causa di Gregory», disse lei, appoggiandosi le mani in<br />

grembo. «Lo so bene. È solo che non capisco perché mai lui<br />

dovrebbe voler…», poi si bloccò, spaventata <strong>da</strong>ll’ipotesi<br />

peggiore, «voler farmi del male».<br />

«Ucciderti», disse Tristan. «Tutto quello che Philip ti ha<br />

raccontato di quella sera è successo <strong>da</strong>vvero. Solo che<br />

“l’angelo cattivo” era Gregory. E non era la prima volta, Ivy.<br />

Quando eravate soli quel weekend…».<br />

«Ma non ha senso», disse lei, «dopo tutto quello che ha fatto<br />

per me». Balzò in piedi e iniziò a camminare nervosamente su<br />

e giù. «Dopo l’incidente, è stato l’<strong>un</strong>ico a capire perché non ne<br />

volessi parlare».<br />

«Non voleva che ci riflettessi troppo», rispose Tristan. «Non<br />

voleva che ricor<strong>da</strong>ssi quella notte e iniziassi a farti delle<br />

domande. E di certo temeva che tu potessi chiederti se<br />

l’incidente era stato <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> incidente, per dirne <strong>un</strong>a».<br />

Ivy si fermò <strong>da</strong>vanti alla finestra. Tre piani più sotto Philip<br />

tirava calci a <strong>un</strong> pallone. Andrew, che era appena tornato a<br />

casa, si era fermato nel vialetto per osservarlo. Maggie stava<br />

attraversando il giardino per an<strong>da</strong>re a salutarlo.<br />

«Non è stato <strong>un</strong> incidente», disse lei alla fine. Le tornò in


mente il suo incubo: era in macchina di Tristan, e non poteva<br />

fermarsi – proprio come quella notte, quando avevano investito<br />

il cervo senza poter frenare. «Qualc<strong>un</strong>o ha tagliato i freni».<br />

«Sembra proprio di sì».<br />

Ivy sentì <strong>un</strong>a morsa allo stomaco al pensiero di Gregory che<br />

la toccava, che la baciava, che la teneva stretta. Così vicino <strong>da</strong><br />

poterla uccidere senza difficoltà, appena se ne fosse presentata<br />

l’occasione. Non voleva crederci. «Perché?», gridò.<br />

«Penso che tutto sia nato la notte dell’omicidio di Caroline».<br />

Ivy ritornò al piano e si mise a sedere lentamente, cercando<br />

di mettere ordine nei suoi pensieri. «Pensi che dia la colpa a me<br />

per… per l’assassinio di sua madre? Ma è stato <strong>un</strong> suicidio,<br />

Tristan». Ma non appena lo disse avvertì <strong>un</strong> groppo in gola e<br />

nel petto, <strong>un</strong>a paura crescente che minacciava di chiudere la<br />

porta in faccia a ogni pensiero ragionevole.<br />

«Eri nella casa accanto la notte in cui è morta», le disse<br />

Tristan. «Penso che tu abbia visto qualc<strong>un</strong>o alla finestra,<br />

qualc<strong>un</strong>o che sa cosa è successo, o che ne è direttamente<br />

responsabile. Cerca di ricor<strong>da</strong>re».<br />

Ivy si sforzò di separare i ricordi di quella notte <strong>da</strong>gli incubi<br />

che erano seguiti. «Io vedevo solo l’ombra di <strong>un</strong>a persona. Con<br />

tutti i riflessi sul vetro non ho visto chi fosse».<br />

«Ma lui ha visto te».<br />

Frammento dopo frammento il sogno si stava disvelando.<br />

Ivy iniziò a tremare.<br />

«Lo so», disse gentilmente Tristan. «Lo so».<br />

Ivy moriva <strong>da</strong>lla voglia di provare di nuovo le sensazioni<br />

che quella voce <strong>un</strong> tempo le provocava, quando parlava con<br />

quel tono dolce.<br />

«Anch’io ho paura», disse Tristan. «Non ho i poteri per<br />

proteggerti <strong>da</strong> solo. Ma, credimi, insieme siamo più forti di<br />

lui».<br />

«Oh, Tristan, mi sei mancato».


«Anche tu mi sei mancata», rispose, «mi è mancato tenerti<br />

stretta, baciarti, farti arrabbiare…».<br />

Lei rise.<br />

«Ivy, suona per me».<br />

«Non… non chiedermelo adesso. Voglio solo sentire ancora<br />

la tua voce», lo supplicò. «Pensavo di averti perso per sempre,<br />

ma ora che sei qui…».<br />

«Shh, Ivy. Suona. Ho sentito <strong>un</strong> rumore. C’è qualc<strong>un</strong>o in<br />

camera tua».<br />

Ivy guardò Ella, ferma in cima ai gradini, intenta a scrutare<br />

l’oscurità in basso. Il gatto iniziò a scendere piano le scale,<br />

frustando l’aria con la co<strong>da</strong>. È Gregory, pensò Ivy.<br />

Lei aprì nervosamente <strong>un</strong>o spartito e si mise a suonare.<br />

Suonava forte, cercando di ricacciare indietro i ricordi degli<br />

abbracci di Gregory, dei suo baci ardenti, quella notte in cui<br />

erano rimasti <strong>da</strong> soli nel negozio, e quell’altra notte, nella casa<br />

immersa nel buio.<br />

Aveva cercato di ucciderla? Di uccidere sua madre? Non<br />

aveva alc<strong>un</strong> senso. Forse l’avrebbe creduto possibile se si fosse<br />

trattato di Eric, mezzo pazzo per la droga. Le tornò in mente il<br />

messaggio sulla segreteria telefonica di Gregory: Eric aveva<br />

sempre bisogno di soldi per comprarsi le dosi. Forse aveva<br />

cercato di farsi <strong>da</strong>re <strong>un</strong> po’ di liquidi <strong>da</strong> Caroline, e le cose<br />

erano an<strong>da</strong>te a finire nel modo peggiore. Ma che motivo poteva<br />

avere Gregory per commettere <strong>un</strong> crimine tanto orrendo?<br />

«È proprio quello che sto cercando di capire». Ivy smise di<br />

suonare per <strong>un</strong> momento. «Mi senti?», chiese silenziosamente.<br />

«Non riesci a nascondere bene i tuoi pensieri come Will».<br />

Quindi aveva sentito tutto quello che lei aveva appena<br />

pensato, anche la parte sui baci ardenti. Ivy ricominciò a<br />

suonare, premendo forte i tasti.<br />

La voce di Tristan era così chiara e niti<strong>da</strong>, come se parlasse<br />

<strong>da</strong> dentro la sua testa.


«Forse avrei fatto meglio a non stare a sentire, vero?».<br />

Sorrise e cercò di suonare meno violentemente.<br />

«Ivy, dobbiamo essere sinceri. Se non possiamo fi<strong>da</strong>rci<br />

l’<strong>un</strong>o dell’altra, su chi altro possiamo contare?»<br />

«Ti amo. E te lo dico con tutta la sincerità del mondo», disse<br />

Ivy, scandendo silenziosamente le parole, in modo che solo<br />

Tristan potesse sentirle. Terminò la canzone e si preparò per il<br />

pezzo successivo.<br />

«Se ne è an<strong>da</strong>to», le disse Tristan.<br />

Ivy fece <strong>un</strong> sospiro di sollievo.<br />

«Stammi a sentire, Ivy. Devi uscire di qui».<br />

«Uscire? Che vuoi dire?», chiese.<br />

«Devi scappare <strong>da</strong> Gregory, allontanarti <strong>da</strong> lui il più<br />

possibile».<br />

«Ma è impossibile», disse Ivy. «Non posso semplicemente<br />

fare i bagagli e scappare. Non saprei dove an<strong>da</strong>re».<br />

«Ti inventerai qualcosa. E io chiederò a Lacey – anche lei è<br />

<strong>un</strong> angelo – di starti vicino. Almeno fino a quando non avrò<br />

scoperto che sta succedendo e non avrò trovato <strong>un</strong>a qualche<br />

prova <strong>da</strong> portare alla polizia, devi stare lontano <strong>da</strong> qui».<br />

«No», disse Ivy, allontanandosi <strong>da</strong>l piano.<br />

«Sì, invece», insistette lui. Poi le disse cosa aveva scoperto<br />

nel corso del suo viaggio nel tempo all’interno delle menti di<br />

Eric e di Gregory. Le raccontò dei litigi tra Gregory e sua<br />

madre, del sarcasmo con cui Caroline gli aveva sventolato in<br />

faccia <strong>un</strong> foglio di carta, e della rabbia con cui lui le aveva<br />

scagliato contro la lampa<strong>da</strong>, procurandole <strong>un</strong> taglio in faccia.<br />

Poi le raccontò dei ricordi che aveva scoperto nella mente di<br />

Eric, l’incontro drammatico tra lui e Caroline, che aveva avuto<br />

luogo durante <strong>un</strong>a notte di tempesta.<br />

«Hai ragione per quanto riguar<strong>da</strong> Eric», concluse Tristan.<br />

«Ha bisogno di soldi per la droga; lui c’entra di sicuro. Ma<br />

ancora non so esattamente cosa abbia fatto per Gregory».


«Eric stava cercando qualcosa nel canale di scolo vicino alla<br />

stazione oggi», disse Ivy.<br />

«Davvero? Allora ha preso sul serio la minaccia di<br />

Gregory», rispose Tristan, e le parlò della discussione che<br />

aveva sentito alla festa. «Terrò d’occhio entrambi. Nel<br />

frattempo, devi an<strong>da</strong>rtene».<br />

«No», ripeté Ivy.<br />

«Sì, e il prima possibile».<br />

«No!». Questa volta parlò ad alta voce, fu più forte di lei.<br />

Tristan rimase in silenzio.<br />

«Non ho intenzione di an<strong>da</strong>re», disse lei, parlando di nuovo<br />

solo con la mente. Ivy andò alla finestra e guardò fuori, i<br />

vecchi alberi piegati <strong>da</strong>l vento che incorniciavano la collina.<br />

Quella vista le era diventata familiare nel corso degli ultimi sei<br />

mesi. Aveva osservato ogni loro trasformazione,<br />

<strong>da</strong>ll’esplosione di fiori rossi in primavera, alle fitte foglie verdi<br />

fino alle delicate linee d’oro sotto il sole della sera – i colori<br />

dell’aut<strong>un</strong>no. Quella era la sua casa, quello era il luogo in cui<br />

abitavano le persone che amava. Non aveva alc<strong>un</strong>a intenzione<br />

di permettere a chicchessia di cacciarla via. Non aveva alc<strong>un</strong>a<br />

intenzione di lasciare Philip e Suzanne con Gregory.<br />

«Suzanne non sa nulla», disse Tristan. «Dopo che te ne sei<br />

an<strong>da</strong>ta insieme a Will oggi, ho seguito lei e Gregory. È<br />

innocente – confusa sul tuo conto e totalmente presa <strong>da</strong> lui».<br />

«Totalmente presa <strong>da</strong> Gregory… e tu vuoi che la lasci sola<br />

con lui?»<br />

«Non sa nulla, non rischia di finire nei guai», controbatté<br />

Tristan.<br />

«Se scappo», disse Ivy, «come potremo sapere cosa<br />

combina Gregory? Come faremo a essere sicuri che non se la<br />

pren<strong>da</strong> con Philip? Forse Philip non capisce bene cosa è<br />

successo, ma ha visto molte cose quella sera, cose che di sicuro<br />

non piacciono per niente a Gregory».


Tristan rimase in silenzio.<br />

«Non ti vedo», disse Ivy, «ma so benissimo che faccia stai<br />

facendo in questo momento».<br />

Poi lo sentì ridere, e iniziò a ri<strong>da</strong>cchiare anche lei.<br />

«Oh, Tristan, so che mi ami e hai paura per me, ma non<br />

posso abbandonarli. Philip e Suzanne non sospettano che<br />

Gregory possa essere pericoloso. Non staranno in guardia».<br />

Lui non rispose.<br />

«Ci sei?», chiese lei dopo <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio.<br />

«Stavo solo pensando», disse.<br />

«Allora ti nascondi», rispose lei. «Tieni segreti i tuoi<br />

pensieri».<br />

Improvvisamente Ivy venne investita <strong>da</strong> <strong>un</strong>’on<strong>da</strong>ta di<br />

sensazioni, l’amore e la tenerezza la carezzarono. Poi la paura,<br />

intensa e terribile, la invase, insieme a <strong>un</strong>a disperazione muta.<br />

Navigava su <strong>un</strong> mare che ribolliva di emozioni, e per <strong>un</strong><br />

momento rimase senza fiato.<br />

«Forse avrei dovuto sollevare solo <strong>un</strong> angolo del velo sotto<br />

cui nascondo le mie emozioni», osservò Tristan. «Adesso devo<br />

lasciarti, Ivy».<br />

«No. Aspetta. Quando ti rivedrò?», chiese. «Come farò a<br />

trovarti?»<br />

«Be’, non devi certo stare per forza in bilico su <strong>un</strong><br />

trampolino».<br />

Ivy sorrise.<br />

«Sali sul ramo di <strong>un</strong> albero, in alto, oppure sul tetto di <strong>un</strong>a<br />

casa di almeno tre piani».<br />

«Cosa?»<br />

«Stavo solo scherzando», rispose, ridendo. «Chiamami e<br />

basta – in ogni momento, in ogni luogo, silenziosamente. Se<br />

non vengo, vorrà dire che starò facendo qualcosa che non<br />

posso interrompere, o che mi troverò nell’oscurità», sospirò.<br />

«Posso percepirla quando si sta avvicinando – la sento anche in


questo momento – e posso combattere, allontanarla per <strong>un</strong> po’.<br />

Ma alla fine cedo, perdo coscienza. È così che recupero le<br />

energie. Immagino che <strong>un</strong> giorno l’oscurità sarà definitiva».<br />

«No!».<br />

«Sì, amore», disse lui piano.<br />

Un momento dopo era scomparso.<br />

Il vuoto che lasciò dentro di lei era quasi insopportabile.<br />

Senza la sua luce, la stanza precipitò nell’ombra e Ivy si sentì<br />

quasi persa nell’oscuro confine tra due mondi. Ricacciò<br />

indietro i dubbi che iniziavano a far breccia nel suo animo. Non<br />

si era sognata tutto – Tristan era stato <strong>da</strong>vvero lì, e sarebbe<br />

tornato presto.<br />

Si esercitò con qualche brano di Bach, suonando<br />

meccanicamente, <strong>un</strong> pezzo dopo l’altro. Aveva appena richiuso<br />

lo spartito quando sua madre la chiamò. C’era <strong>un</strong>’inflessione<br />

strana nella voce di Maggie, e quando Ivy arrivò in fondo alle<br />

scale capì il perché.<br />

Maggie era immobile in piedi <strong>da</strong>vanti alla cassettiera di Ivy:<br />

l’angelo dell’acqua era a terra, in mille pezzi.<br />

«Tesoro, mi dispiace», disse sua madre.<br />

Ivy raggi<strong>un</strong>se la cassettiera e si chinò. C’era qualche coccio<br />

più grande, ma per il resto la statuetta si era spaccata in<br />

frammenti minuscoli. Impossibile ripararla.<br />

«Probabilmente è stato Philip a lasciarla qui», disse Maggie.<br />

«Deve averla appoggiata troppo vicino al bordo. Ti prego, non<br />

lasciarti sconvolgere <strong>da</strong> questa cosa, tesoro».<br />

«Ma l’ho sistemata io, mamma. E non c’è proprio nulla per<br />

cui sconvolgersi. Gli incidenti capitano», disse, sorpresa <strong>da</strong>lla<br />

sua stessa calma. «Non devi sentirti in colpa».<br />

«Ma non sono stata io», rispose subito Maggie. «Sono<br />

entrata per dirti che la cena è pronta e l’ho trovata a terra».<br />

Philip, sentendo le loro voci, fece capolino alla porta. «Oh,<br />

no!», disse, addolorato. «Si è rotta!».


Gregory entrò subito dopo di lui. Fissò a l<strong>un</strong>go la statua, poi<br />

scosse la testa, guar<strong>da</strong>ndo il letto. «Ella», disse piano.<br />

Ma Ivy sapeva chi era il responsabile. Era la stessa persona<br />

che aveva distrutto la costosissima sedia di Andrew qualche<br />

mese prima – e non era certo Ella. Ivy aveva voglia di<br />

picchiarlo, di mettere Gregory contro al muro, costringerlo ad<br />

ammettere tutto di fronte agli altri. Ma sapeva che doveva<br />

resistere, far buon viso a cattivo gioco. E non avrebbe ceduto –<br />

alla fine avrebbe vinto. I <strong>da</strong>nni che Gregory aveva procurato<br />

non si limitavano certo a <strong>un</strong>a statuetta rotta. E prima o poi Ivy<br />

lo avrebbe costretto a confessare tutto.


Capitolo 6<br />

«’Tis the Season, sono Ivy. Come posso aiutarla?»<br />

«Allora? Scoperto qualcosa?»<br />

«Suzanne! Ti avevo detto di non chiamarmi al lavoro a<br />

meno che non fosse <strong>un</strong>’emergenza. Sai che c’è <strong>un</strong> evento<br />

speciale per il venerdì notte», disse Ivy, e guardò verso la<br />

porta: erano appena entrati due clienti. Il piccolo negozio,<br />

pieno fino all’orlo di costumi e di articoli fuori stagione<br />

ammassati ov<strong>un</strong>que senza alc<strong>un</strong> criterio – uova di Pasqua,<br />

pupazzi a forma di tacchino e menorah di plastica – attraeva<br />

sempre clienti. Betty, <strong>un</strong>a delle due sorelle che possedevano il<br />

negozio, era a casa con la febbre, e Lillian e Lily erano<br />

terribilmente impegnate.<br />

«Ma questa è <strong>un</strong>’emergenza», insistette Suzanne. «Hai<br />

scoperto chi è la ragazza con cui Gregory deve uscire stasera?»<br />

«Non so nemmeno se ha <strong>un</strong> app<strong>un</strong>tamento. Sono venuta qui<br />

in negozio subito dopo scuola, perciò non ci sono novità<br />

rispetto all’ultima volta in cui ci siamo parlate, alle tre del<br />

pomeriggio».<br />

Ivy avrebbe preferito che Suzanne non avesse chiamato.<br />

Nelle ventiquattro ore successive alla visita di Tristan, lei era<br />

sempre rimasta costantemente all’erta, ov<strong>un</strong>que. A casa, la<br />

camera di Gregory era proprio <strong>da</strong>ll’altra parte del corridoio<br />

rispetto alla sua. A scuola, lo vedeva sempre. Era stato quasi <strong>un</strong><br />

sollievo dover an<strong>da</strong>re al lavoro: si sentiva al sicuro in mezzo<br />

alla folla di clienti ed era felice di non dover pensare a<br />

Gregory, anche se solo per sei ore.<br />

«Be’, di certo sei <strong>un</strong>a pessima detective», disse Suzanne, e<br />

la sua risata infranse i pensieri di Ivy. «Appena torni a casa<br />

stasera, inizia a guar<strong>da</strong>rti attorno. Philip forse sa qualcosa.<br />

Voglio sapere dove e con chi, per quanto tempo e cosa<br />

indossava lei».


«Ascoltami, Suzanne», disse Ivy. «Non voglio an<strong>da</strong>re avanti<br />

e indietro come <strong>un</strong>a trottola tra te e Gregory. Anche se sapessi<br />

che lui stasera esce con <strong>un</strong>’altra, non mi sembrerebbe giusto<br />

dirtelo, proprio come non andrei mai a dire a lui che adesso sei<br />

con Jeff».<br />

«Ma devi dirglielo, Ivy!», esclamò Suzanne. «È proprio<br />

questo il p<strong>un</strong>to! Come diavolo fa a impazzire di gelosia se non<br />

sa nulla?».<br />

Ivy scosse la testa in silenzio e guardò tre ragazzi che<br />

infilzavano con delle penne il pupazzo di King Kong del<br />

negozio, alto più di due metri. «Ci sono dei clienti, Suzanne,<br />

devo riagganciare».<br />

«Ma hai capito cosa ho detto? Voglio che Gregory diventi<br />

incredibilmente geloso».<br />

«Ne riparliamo più tardi, ok?»<br />

«Scan<strong>da</strong>losamente geloso», disse Suzanne. «Una gelosia<br />

accecante. Deve perderci la testa».<br />

«Ne riparliamo», disse Ivy, e riattaccò.<br />

Ogni volta che <strong>un</strong> cliente usciva <strong>da</strong>l negozio i suoi pensieri<br />

tornavano sempre a Suzanne. Se avesse reso Gregory<br />

scan<strong>da</strong>losamente geloso come promesso, come avrebbe reagito<br />

lui? Le avrebbe fatto del male? Sperava proprio che la storia tra<br />

Gregory e Suzanne si spegnesse, ma il loro rapporto a corrente<br />

alternata sembrava fatto apposta per mantenere accesa la<br />

passione.<br />

Se dico a Suzanne che Gregory esce con <strong>un</strong> centinaio di<br />

ragazze, pensò Ivy, lei lo vorrà sempre di più. Se parlo male di<br />

lui, Suzanne prenderà le sue difese, e si arrabbierà con me.<br />

Quando arrivò l’orario di chiusura Lillian era esausta.<br />

Seduta <strong>da</strong>vanti alla cassa, chiuse gli occhi per <strong>un</strong> momento.<br />

«Stai bene?», chiese Ivy. «Sembri molto stanca».<br />

L’anziana signora le sfiorò delicatamente la mano. L’anello<br />

di diamanti di sua madre, il cristallo rosa per la cristalloterapia,


e <strong>un</strong> com<strong>un</strong>icatore di Star Trek scintillavano sulle sue dita<br />

nodose. «Sto bene, tesoro, sto bene. Sono vecchia, nient’altro».<br />

«Perché non ti riposi <strong>un</strong> po’? Ci penso io ai conti», le disse<br />

Ivy, prendendo i fogli che aveva in mano. Si ripromise di<br />

accompagnarla alla macchina dopo la chiusura. Quando tutti i<br />

clienti se ne an<strong>da</strong>vano e le luci venivano abbassate, il centro<br />

commerciale deserto si riempiva di ombre e strani rumori. E<br />

quella sera sia Ivy che Lillian avevano bisogno di compagnia.<br />

«Il mio <strong>un</strong>ico problema è che sono <strong>un</strong>a vecchia<br />

incartapecorita», disse Lillian con <strong>un</strong> sospiro. «Ivy, mi faresti<br />

<strong>un</strong> favore? Puoi chiudere tu stasera?»<br />

«Chiudere?», si sorprese Ivy. Restare qui <strong>da</strong> sola?, pensò.<br />

«Ma certo».<br />

Lillian si alzò e si mise il maglione. «Domattina arriva pure<br />

<strong>un</strong> po’ più tardi, tesoro», disse, avviandosi verso la porta.<br />

«Betty dovrebbe essere di nuovo in piena forma, e ce la<br />

caveremo benissimo. Sei <strong>un</strong> vero angelo».<br />

«Ness<strong>un</strong> problema», disse piano Ivy mentre osservava<br />

Lillian che scompariva nei meandri del centro commerciale. Si<br />

chiese dove fosse Tristan. Forse avrebbe fatto meglio a<br />

chiamarlo.<br />

Non fare la vigliacca, si disse, e si voltò per aprire lo<br />

sportello dietro cui stavano gli interruttori. Abbassò di intensità<br />

tutte le luci del negozio, poi ci ripensò e ne riaccese alla<br />

massima potenza alc<strong>un</strong>e. Lanciò <strong>un</strong>’occhiata in direzione dei<br />

camerini in fondo al negozio. Combatté contro l’impulso di<br />

correre a controllare che tutti i clienti fossero usciti e non ci<br />

fosse più ness<strong>un</strong>o lì con lei. Non fare la paranoica, si disse. Ma<br />

era fin troppo facile immaginare che qualche malintenzionato<br />

fosse nascosto là, nell’oscurità, oppure fuori, nei meandri bui<br />

del centro commerciale.<br />

«Dammi tutto quello che c’è nella cassa».<br />

Ivy fece <strong>un</strong> salto per la paura. Era la voce di Eric. Le


premette le dita forte contro la schiena. Poi sentì <strong>un</strong>’altra risata<br />

– Gregory. Si voltò di scatto per guar<strong>da</strong>rli in faccia.<br />

«Oh, scusa», disse Gregory quando vide l’espressione nei<br />

suoi occhi. «Non volevamo farti paura sul serio».<br />

«Io invece sì», disse Eric con <strong>un</strong>a risatina acuta.<br />

«Pensavamo che stessi per staccare, quindi abbiamo fatto <strong>un</strong><br />

salto per salutarti», disse Gregory, sfiorandole il gomito, con<br />

voce morbi<strong>da</strong> e calma.<br />

«Per prendere l’incasso prima che lo mettessi in cassaforte»,<br />

intervenne Eric. «Quanto hai, a proposito?»<br />

«Ignoralo», le disse Gregory.<br />

«Oh, ma lei mi ignora anche se non glielo dici. Lo fa<br />

sempre», rispose Eric, e iniziò a rovistare nei vari scaffali.<br />

«Stasera andiamo a farci <strong>un</strong> giro», disse Gregory. «Vuoi<br />

venire con noi?».<br />

Ivy si costrinse a sorridere e sventolò tutte le ricevute del<br />

negozio. «Grazie, ma ho <strong>un</strong> sacco <strong>da</strong> fare».<br />

«Aspetteremo».<br />

Lei sorrise di nuovo e scosse la testa.<br />

«Dai, su, Ivy», insistette Gregory. «Non sei uscita<br />

praticamente mai nelle ultime tre settimane. Ti farà bene farti<br />

<strong>un</strong> giro».<br />

«Credi?». Ivy alzò lo sguardo per guar<strong>da</strong>re Gregory negli<br />

occhi. «Non fai altro che cercarmi».<br />

«E continuerò a farlo», rispose, sorridendole. Non c’era<br />

modo di indovinare cosa ci fosse dietro quegli occhi grigi,<br />

quali fossero i suoi veri pensieri. Il suo volto affascinante era<br />

inespressivo come <strong>un</strong>a maschera.<br />

«Denti!», urlò Eric. «Guar<strong>da</strong>te questi canini <strong>da</strong> vampiro!<br />

Che ficata». Aprì la confezione e si ficcò i canini in bocca,<br />

facendo <strong>un</strong> ghigno verso Gregory. Aveva le braccia<br />

scheletriche l<strong>un</strong>go i fianchi, e muoveva nervosamente le mani.<br />

Ivy ripensò a quella notte in cui Gregory aveva applaudito Eric,


che li aveva portati sui binari del treno. Cosa era disposto a fare<br />

Eric per gua<strong>da</strong>gnarsi l’approvazione di Gregory? Fin dove<br />

poteva arrivare?<br />

«Be’, è <strong>un</strong> miglioramento, Eric», disse Gregory, «e ci sono<br />

delle ragazze che vanno matte per i vampiri». Rivolse <strong>un</strong><br />

sorriso malizioso a Ivy. «Non è vero?».<br />

L’ultima volta che Gregory era passata a trovarla in negozio<br />

all’ora di chiusura si era vestito <strong>da</strong> Dracula. Ivy ricor<strong>da</strong>va i suoi<br />

baci ardenti, la passione con cui lei li aveva ricambiati.<br />

Ma adesso la sua pelle era geli<strong>da</strong>, e la rabbia scorreva nel<br />

suo corpo. Le sue dita si chiusero in <strong>un</strong> pugno, e subito nascose<br />

le mani dietro la schiena.<br />

Se vuoi giocare, giochiamo, pensò, e reclinò indietro la<br />

testa. «Alc<strong>un</strong>e ragazze sì, certo».<br />

Gregory le fissò il collo, con gli occhi che brillavano, poi si<br />

fissò sulla sua bocca, come se volesse baciarla di nuovo.<br />

«Ivy, ma che accidenti stai facendo?».<br />

La doman<strong>da</strong> la prese alla sprovvista. Era la voce di Tristan.<br />

Non si era accorta che era scivolato dentro la sua mente, ed era<br />

evidente che né Eric né Gregory l’avevano sentito. Ivy sapeva<br />

di essere diventata rossa, e abbassò bruscamente la testa.<br />

Gregory scoppiò a ridere. «Stai arrossendo».<br />

Ivy si voltò e si allontanò di qualche passo. Ma non poteva<br />

allontanarsi <strong>da</strong> Tristan.<br />

«Pensi che lui voglia baciarti di nuovo?», le chiese Tristan,<br />

furioso. «È più probabile che voglia strangolarti! Ivy, non fare<br />

la stupi<strong>da</strong>. I suoi sono solo giochetti».<br />

Lei gli rispose silenziosamente: «So quello che faccio».<br />

Gregory la seguì <strong>da</strong>ll’altra parte del bancone e le posò <strong>un</strong>a<br />

mano sui fianchi.<br />

«Gregory, per favore», disse.<br />

«Per favore cosa?», le chiese, con la bocca vicinissima al<br />

suo orecchio.


«C’è Eric», gli ricordò, guar<strong>da</strong>ndosi alle spalle. Ma Eric era<br />

<strong>da</strong>ll’altra parte del negozio, perso nel suo mondo di costumi.<br />

«Colpa mia», disse piano Gregory. «Non avrei dovuto<br />

portare Eric».<br />

«Sbarazzati di Gregory», si intromise Tristan. «Sbatti fuori<br />

tutti e due e chiudi a chiave la porta».<br />

Ivy sgusciò via <strong>da</strong> Gregory.<br />

«Chiama la sicurezza», continuò Tristan. «Chiedi agli agenti<br />

di accompagnarti fino alla macchina».<br />

«E poi», disse Ivy a Gregory, «c’è Suzanne. Sai che io e<br />

Suzanne siamo amiche <strong>da</strong> sempre».<br />

«Ivy!», esclamò Tristan. «Ancora non hai capito nulla su<br />

questi due? Ti stai fregando con le tue stesse mani. Adesso<br />

tirerà fuori <strong>un</strong>a delle sue solite scuse».<br />

Ivy ripose in silenzio: «So quello che faccio».<br />

«Suzanne è troppo facile», disse Gregory, avvicinandosi a<br />

Ivy. «Troppo gelosa, e troppo facile. Mi sono stufato».<br />

«Immagino che sia molto più eccitante», osservò Tristan,<br />

«provarci con la ragazza del tipo che hai ammazzato».<br />

Ivy piegò la testa di lato come se avesse ricevuto <strong>un</strong>o<br />

schiaffo.<br />

«C’è qualcosa che non va?», le chiese Gregory.<br />

«Ivy, mi dispiace», disse in fretta Tristan, «ma non mi stai<br />

ascoltando. Sembra quasi che tu non capisca…».<br />

«Capisco, Tristan», ripose Ivy, arrabbiata. «Lasciami prima<br />

che succe<strong>da</strong> <strong>un</strong> disastro».<br />

«A cosa pensi?» le chiese Gregory. «Sei arrabbiata, te lo<br />

leggo negli occhi». Le passò <strong>un</strong>a mano sulle sopracciglia<br />

aggrottate, poi le sfiorò la guancia, toccandole delicatamente il<br />

collo. «Un tempo ti piaceva quando ti toccavo», le disse.<br />

Ivy poteva percepire la rabbia di Tristan che montava dentro<br />

di lei. Aveva paura di perdere il controllo. Chiuse gli occhi, si<br />

concentrò al massimo, e lo spinse fuori, più lontano che poteva


<strong>da</strong>lla sua mente.<br />

Quando riaprì gli occhi Gregory la stava fissando. «Fuori?»,<br />

disse. «Parli con me?»<br />

«Se sto parlando con te?», ripeté Ivy. Terribile. Aveva<br />

parlato ad alta voce. «No», disse a Gregory. «Non mi sembra di<br />

averti detto nulla».<br />

Lui la guardò accigliato.<br />

«Ma mi conosci», disse con tono allegro. «Sono solo <strong>un</strong> po’<br />

pazza».<br />

Lui continuava a fissarla. «Forse», disse.<br />

Ivy sorrise e si allontanò. Per i successivi quindici minuti<br />

aiutò Eric a districarsi tra i vari costumi, mentre teneva<br />

d’occhio la porta del negozio, aspettando che passasse l’agente<br />

della sicurezza. Quando arrivò la guardia, indicando l’orologio<br />

per com<strong>un</strong>icarle che l’orario di chiusura – le nove e mezzo –<br />

era passato <strong>da</strong> <strong>un</strong> pezzo, lei lo chiamò ad alta voce. Dato che il<br />

centro commerciale era ufficialmente chiuso, gli chiese se<br />

poteva accompagnare Eric e Gregory all’uscita.<br />

Poi chiuse a chiave e si appoggiò di schiena contro la porta,<br />

sfinita ma sollevata. «Mi dispiace, Tristan», disse, ma era quasi<br />

sicura che lui non potesse udirla.<br />

Tristan osservò Ivy: teneva la testa china sulle ricevute del<br />

negozio, con i capelli ricci che gettavano <strong>un</strong>a rete d’oro sotto<br />

l’<strong>un</strong>ica luce accesa sulla scrivania, accanto alla cassa. Il resto<br />

del negozio era illuminato solo fiocamente, e gli angoli erano<br />

immersi nell’oscurità.<br />

Voleva toccarle i capelli, materializzare le dita e sentire la<br />

morbidezza della sua pelle. Voleva parlarle, solo parlarle. Ma<br />

rimase nascosto, ancora furioso, ferito <strong>da</strong>l modo in cui lei<br />

l’aveva sbattuto fuori <strong>da</strong>lla sua mente.<br />

Ivy alzò la testa all’improvviso e si guardò intorno, come se<br />

avesse avvertito la sua presenza. «Tristan?».


Se rimaneva fuori <strong>da</strong> lei, Ivy non poteva sentirlo. Ma cosa<br />

doveva dirle? Che la amava. Che era terrorizzato, che aveva<br />

paura per lei.<br />

Ma lei lo vide. «Tristan». Il modo in cui lei pron<strong>un</strong>ciava il<br />

suo nome lo faceva ancora tremare. «Non credevo che saresti<br />

tornato. Dopo che ti ho sbattuto fuori, non credevo che saresti<br />

tornato <strong>da</strong> me».<br />

Tristan rimase dov’era.<br />

«E non stai venendo <strong>da</strong> me, non è vero?», gli chiese.<br />

Lui sentì il tremito nella sua voce e rimase immobile,<br />

indeciso sul <strong>da</strong> farsi. Doveva abbandonarla? Magari lasciarla<br />

<strong>da</strong> sola nell’incertezza per <strong>un</strong> po’. Non voleva litigare, e aveva<br />

del lavoro <strong>da</strong> fare quella sera.<br />

Se solo sapessi quanto ti amo, pensò.<br />

«Tristan», disse silenziosamente.<br />

Adesso era nella sua mente e scoprì il pensiero che avevano<br />

condiviso: se solo sapessi quanto ti amo.<br />

Ivy stava piangendo.<br />

«Non piangere. Ti prego, non farlo».<br />

«Cerca di capirmi», lo implorò silenziosamente. «Ti ho <strong>da</strong>to<br />

il mio cuore, ma è pur sempre mio, e mi appartiene ancora.<br />

Non puoi arrivare come se niente fosse e prendere il controllo.<br />

Io ho ancora i miei pensieri, Tristan, e il mio modo di<br />

affrontare i problemi».<br />

«Hai sempre avuto i tuoi pensieri e il tuo modo di affrontare<br />

i problemi», disse. Non riuscì a trattenere <strong>un</strong>a risata. «Mi<br />

ricordo il tuo primo giorno di scuola… eri tu che portavi in giro<br />

il tuo tutor. Quel giorno mi sono innamorato di te», le disse.<br />

«Ma devi anche sforzarti di capirmi. Ho paura per te. Cosa<br />

stavi facendo, Ivy? Cosa ti è saltato in mente? Perché stavi<br />

giocando in quel modo con Gregory?».<br />

Ivy andò <strong>da</strong>ll’altra parte del bancone e camminò fino a <strong>un</strong><br />

angolo buio del negozio. Eric aveva lasciato <strong>un</strong>a pila di


costumi per terra. Tristan sentiva la loro morbidezza di seta<br />

tramite le mani di Ivy mentre lei li raccoglieva. «Sto giocando<br />

al gioco di Gregory», disse. «Sto interpretando il ruolo che lui<br />

mi ha assegnato – lo allontano e poi lo attraggo di nuovo».<br />

«Ma è troppo pericoloso, Ivy».<br />

«No», rispose decisa. «Vivere nella sua stessa casa e cercare<br />

di evitarlo – questo sì che sarebbe pericoloso. Non posso<br />

nascondermi, perciò devo sempre tenerlo d’occhio. Sempre. È<br />

questo il trucco». Sollevò <strong>un</strong>a maschera nera e se la mise sulla<br />

faccia.<br />

«Devo scoprire cosa fa, cosa dice», continuò. «Devo<br />

aspettare che si tradisca. Finché me ne sto qui – e te l’ho detto,<br />

Tristan, non ho intenzione di an<strong>da</strong>rmene – non posso fare<br />

altrimenti».<br />

«C’è <strong>un</strong> altro modo per tenerlo d’occhio», disse Tristan, «e<br />

per avere <strong>un</strong>’altra persona tra di voi nello stesso tempo. Will è<br />

suo amico. Potresti uscire con Will».<br />

Ci fu <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio, e Tristan si accorse che Ivy gli stava<br />

tenendo nascosti i suoi pensieri. «No, non è <strong>un</strong>a bella idea»,<br />

disse alla fine.<br />

«Perché no?». La voce di Tristan era troppo nervosa, troppo<br />

tagliente. Si accorse che lei rifletteva bene prima di aprire<br />

bocca, sceglieva con cura le parole.<br />

«Non voglio che Will entri in questa storia».<br />

«Ma lui c’è già dentro fino al collo», controbatté Tristan.<br />

«Sa tutto di me. Ti ha portato lui alla stazione per aiutarti a<br />

ricor<strong>da</strong>re cosa è successo».<br />

«Sì, ma questo è tutto quello che sa», disse Ivy. «E non<br />

voglio che tu gli dica altro». Iniziò a rimettere a posto i<br />

costumi, tirandoli fuori <strong>da</strong>l mucchio per ripiegarli.<br />

«Lo stai proteggendo», disse Tristan.<br />

«È vero».<br />

«Perché?», chiese.


«Perché dovrei mettere in pericolo <strong>un</strong>’altra persona?»,<br />

replicò lei.<br />

«Will correrebbe qualsiasi pericolo per te. Ti ama». Tristan<br />

rimpianse di aver detto quelle parole nel momento stesso in cui<br />

le pron<strong>un</strong>ciò.<br />

Ma ovviamente Ivy lo sapeva già. O forse no, pensò<br />

d’improvviso. Poteva sentire la lotta che le dilaniava l’anima.<br />

Tristan venne risucchiato in <strong>un</strong> turbine di emozioni che non<br />

riusciva a capire. Sapeva che Ivy era confusa.<br />

«Non credo», disse Ivy. «Will è <strong>un</strong> amico, nient’altro».<br />

Tristan non disse nulla.<br />

«Ma anche se quello che dici è vero, Tristan, non è giusto<br />

usarlo in questo modo. Sarebbe come prenderlo in giro».<br />

Davvero?, si chiese Tristan. Forse Ivy aveva solo paura di<br />

ammettere che era attratta <strong>da</strong> Will.<br />

«Cosa stai pensando? Cosa mi nascondi?», chiese Ivy.<br />

«Mi chiedo se sei del tutto onesta con te stessa».<br />

Ivy attraversò in tutta fretta il negozio, come se potesse<br />

allontanarsi <strong>da</strong> lui, prese a riappendere i costumi, rimettendo al<br />

loro posto gli articoli che erano stati spostati durante la<br />

giornata. «Non so perché la pensi così. È come se fossi<br />

geloso», disse lei.<br />

«Lo sono», rispose.<br />

«Sei cosa?», chiese <strong>un</strong>a voce incrinata <strong>da</strong>lla frustrazione.<br />

«Geloso». Non aveva senso cercare di nasconderlo, pensò<br />

Tristan.<br />

«Chi l’ha detto?», domandò Ivy.<br />

«Chi ha detto cosa?», chiese Tristan.<br />

«Chi ha detto cosa?», riecheggiò <strong>un</strong>a voce femminile, la<br />

stessa voce di poco prima, quella frustrata.<br />

«Lacey!», esclamò Tristan. Non si era accorto del suo<br />

arrivo.<br />

«Sì, tesoro?», Lacey stava proiettando la voce in modo che


anche Ivy potesse sentirla. Ivy si guardò intorno.<br />

«Questa è <strong>un</strong>a conversazione privata», disse Tristan.<br />

«Be’, la sua parte era privata», replicò Lacey, continuando a<br />

proiettare la voce. «Quando la tua ragazza parla dentro di sé,<br />

posso sentire solo quello che dici tu. E questo sì che è<br />

frustrante! La storia d’amore dell’anno, e io mi perdo metà dei<br />

dialoghi. Non puoi chiedere alla tua tipa di parlare ad alta voce,<br />

per favore?»<br />

«La tua tipa?», ripeté Ivy ad alta voce.<br />

«Così va meglio», disse Lacey.<br />

«Ma quel blob violetto è lei?», chiese Ivy.<br />

«Scusami?», disse Lacey.<br />

Tristan sentì che gli stava venendo <strong>un</strong> tremendo mal di testa.<br />

«Sì, è lei», disse a Ivy.<br />

«Blob?», sibilò Lacey.<br />

«Agli occhi di Ivy tu hai quell’aspetto», disse Tristan. «Lo<br />

sai benissimo».<br />

«E ai tuoi occhi com’è?», chiese Ivy a Tristan.<br />

Lui esitò.<br />

«Sì, diccelo. Come sono ai tuoi occhi?», chiese Lacey.<br />

Tristan cercò di inventarsi <strong>un</strong>a descrizione oggettiva.<br />

«Direi… sul metro e sessanta… occhi marroni, penso… e <strong>un</strong><br />

naso tondo, e capelli folti».<br />

«Gran bel lavoro, Tristan», commentò Lacey. «Hai appena<br />

descritto <strong>un</strong> grizzly». Poi, rivolta a Ivy: «Ciao, sono Lacey<br />

Lovitt. E adesso sono sicura che tu sappia perfettamente qual è<br />

il mio vero aspetto».<br />

Tristan sentiva la mente di Ivy che cercava qualche ricordo,<br />

qualche immagine di Lacey Lovitt nella sua memoria.<br />

«La star della musica co<strong>un</strong>try?».<br />

Un tacchino di plastica scagliato con violenza volò per la<br />

stanza.<br />

«E pensare che sono pure tornata indietro per mettere in


guardia questa tipa».<br />

«Perché continua a chiamarmi tipa?»<br />

«Penso che sia <strong>un</strong>o slang <strong>da</strong> star del cinema», disse<br />

prudentemente Tristan.<br />

«Eri <strong>un</strong>a star del cinema?». Ivy si chinò per raccogliere il<br />

tacchino. «Quindi devi essere carina», disse piano Ivy.<br />

«Chiedilo a Tristan», disse Lacey.<br />

«Lo è?».<br />

Tristan si sentiva in trappola. «Non sono bravo a giudicare<br />

queste cose».<br />

«Oh, ma certo», dissero nello stesso istante Ivy e Lacey.<br />

Erano tutte e due furiose. Ivy se ne andò <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte, Lacey<br />

<strong>da</strong>ll’altra.<br />

«Come hai fatto a lanciare questo tacchino, Lacey Lovitt?»,<br />

chiese Ivy, strizzando il pupazzo. «Tristan lo sa fare?».<br />

Lacey ri<strong>da</strong>cchiò. «Al massimo può tirare a casaccio, senza<br />

la minima mira», disse. «Sta ancora imparando a materializzare<br />

le dita, a rendersi solido. Ha ancora molto <strong>da</strong> imparare. Per sua<br />

fort<strong>un</strong>a, ha <strong>un</strong>a grande insegnante. Me, per la precisione».<br />

Si avvicinò a Ivy. Tristan poteva sentire il formicolio sulla<br />

pelle di Ivy, delicatamente sfiorata <strong>da</strong>l tocco di Lacey.<br />

Attraverso gli occhi di Ivy vide le l<strong>un</strong>ghe dita violacee che<br />

lentamente prendevano forma sul suo braccio.<br />

«Quando Tristan scivolerà fuori <strong>da</strong>lla tua mente», disse<br />

Lacey, «ai miei occhi assumerà <strong>un</strong> aspetto solido. Ma a meno<br />

che non si materializzi, come ho appena fatto io, per te sarà<br />

solo <strong>un</strong>a palli<strong>da</strong> luminosità. Ci vuole <strong>un</strong> sacco di energia per<br />

materializzarsi. Sta diventando più forte, ma se spreca troppa<br />

energia, cadrà nell’oscurità».<br />

«Lui per te è solido? Lo puoi vedere e toccare?», chiese Ivy.<br />

«Può tenermi per mano, vedere il mio volto», disse Lacey.<br />

«E può… be’, sai».<br />

Tristan sentiva che la pelle di Ivy era di nuovo percorsa <strong>da</strong>


quel formicolio.<br />

«Ma non l’ha mai fatto», disse pacatamente Lacey. «È<br />

completamente preso <strong>da</strong> te». Sollevò <strong>un</strong> cappello e lo fece<br />

girare tenendolo sulla p<strong>un</strong>ta del dito, alzandoselo sopra la testa.<br />

Agli occhi di Ivy era <strong>un</strong>a nebbia color lavan<strong>da</strong> con <strong>un</strong>a specie<br />

di tuba che vorticava misteriosamente. «Sai, mi divertirei<br />

moltissimo a infestare questo posto. Una bella pubblicità per le<br />

vecchiette, prima di Halloween».<br />

«Non pensarci nemmeno», disse Tristan.<br />

«Scusami, avevo dimenticato che ti eri prenotato per<br />

primo», gli disse Lacey. «Com<strong>un</strong>que, sono venuta per <strong>da</strong>rvi <strong>un</strong><br />

paio di notizie. Gregory ha appena preso <strong>un</strong> po’ di droga».<br />

«Quando?», chiese subito Tristan.<br />

«Stasera, proprio prima di venire qui», rispose Lacey, e poi<br />

disse a Ivy: «Fa’ attenzione a quello che mangi. Fa’ attenzione<br />

a quello che bevi. Non rendergli la vita troppo facile».<br />

Ivy rabbrividì.<br />

«Grazie, Lacey», disse Tristan. «Sono in debito con te –<br />

anche se ficchi il naso <strong>da</strong>ppertutto e ascolti le nostre<br />

conversazioni private e non ti fai mai gli affari tuoi».<br />

«Certo, certo».<br />

«Sono io ad avere <strong>un</strong> debito con te», disse Ivy.<br />

«Questo è sicuro», fece Lacey, «e non solo per questo!<br />

Negli ultimi due mesi e mezzo mi sono dovuta sorbire sospiri e<br />

pianti e sonetti su di te sufficienti a riempire tre tomi di<br />

pessima poesia. E devo dirti che…».<br />

«Lacey non si è mai innamorata», la interruppe Tristan, «e<br />

quindi non può capire…».<br />

«Scusami? Scusami», lo sfidò Lacey. «Come fai a esserne<br />

così sicuro?».<br />

Tristan scoppiò a ridere.<br />

«Come ti stavo dicendo…», Lacey si avvicinò a Ivy. «Non<br />

riesco proprio a capire cosa ci trovi in te».


Ivy, presa alla sprovvista, rimase per <strong>un</strong> attimo in silenzio.<br />

«Be’, io invece capisco benissimo cosa ci trova in te».<br />

«Oh, per favore».<br />

Ivy rise e prese <strong>un</strong>a tuba, facendola girare anche lei sulle<br />

dita. «Tristan va matto per le ragazze che fanno sempre di testa<br />

loro».


Capitolo 7<br />

Tristan era disteso in tutta tranquillità. Ascoltava il respiro<br />

di Eric e cercava di conservare le energie, fissando il cielo fuori<br />

<strong>da</strong>lla finestra che iniziava a schiarirsi. I numeri sulla sveglia<br />

elettrica di Eric lampeggiavano: erano le 4:46. Non appena Eric<br />

iniziò ad agitarsi e a muoversi, Tristan scivolò nella sua mente.<br />

Aveva già fatto <strong>un</strong> tentativo venerdì notte, molte ore dopo la<br />

sua gita al centro commerciale, e anche il sabato notte, quando<br />

Eric era tornato a casa dopo <strong>un</strong> festino alcolico. Lacey più volte<br />

l’aveva messo in guardia sui pericoli del viaggio nel tempo<br />

dentro a <strong>un</strong>a mente confusa <strong>da</strong>ll’alcol e stravolta <strong>da</strong>lla droga.<br />

Ma adesso erano passate ventiquattro ore <strong>da</strong>ll’ultima birra di<br />

Eric, e Tristan era deciso a fare <strong>un</strong> tentativo. Voleva scoprire<br />

quale fosse lo sporco lavoro che Eric aveva svolto per Gregory.<br />

Aveva avuto <strong>un</strong> colpo di fort<strong>un</strong>a quando era piombato in<br />

camera di Eric, l<strong>un</strong>edì mattina: aveva trovato <strong>un</strong> vecchio libro<br />

sui treni aperto su <strong>un</strong>a mensola. Dopo aver materializzato <strong>un</strong><br />

dito, aveva sfogliato il libro, in cerca di <strong>un</strong>a foto di <strong>un</strong> treno<br />

che potesse essere simile a quelli che attraversavano la stazione<br />

di Stonehill. Adesso osservava Eric che dormiva, e aspettava<br />

l’occasione buona per fargli vedere quella foto e scivolare<br />

dentro a <strong>un</strong> pensiero condiviso. Con <strong>un</strong> altro po’ di fort<strong>un</strong>a<br />

avrebbe potuto gui<strong>da</strong>re quel pensiero fino a trasformarlo in <strong>un</strong><br />

ricordo: il ricordo di quella notte in cui Ivy era stata drogata e<br />

trascinata alla stazione.<br />

Aspettò pazientemente mentre le cifre scintillanti<br />

sull’orologio digitale scandivano il passare dei minuti. Il<br />

respiro di Eric era sempre meno regolare, muoveva le gambe<br />

nervosamente – era il momento. Tristan lo fece svegliare<br />

delicatamente. Eric vide il libro sul cuscino e alzò la testa,<br />

stravolto <strong>da</strong>l sonno, e fissò la foto strizzando gli occhi.<br />

Treno, pensò Tristan. Il fischio. Rallenta. Sembra <strong>un</strong>


incidente. Ma non è <strong>un</strong> incidente. Gregory. Fallimento<br />

completo. Co-co-coccodè. Il gioco del pollo. Co-co-coccodè.<br />

Tristan passò in rassegna tutti i pensieri che potevano essere<br />

associati a quella foto. Non sapeva quale fosse la chiave giusta,<br />

ma all’improvviso vide la foto attraverso gli occhi semichiusi<br />

di Eric. Pareva abbastanza sveglio per cogliere l’impulso.<br />

Tristan gli inviò l’immagine più niti<strong>da</strong> possibile di <strong>un</strong> cappello<br />

<strong>da</strong> baseball e <strong>un</strong> giubbotto della scuola, gli abiti che Gregory<br />

aveva indossato quella notte, e che aveva ordinato a Eric di<br />

trovare.<br />

Tristan avvertì la tensione di Eric. Per <strong>un</strong> momento si<br />

ritrovò sospeso in <strong>un</strong>’oscurità fuori <strong>da</strong>l tempo, e il suo pugno<br />

andò a sbattere contro qualcosa di duro. Fu ricacciato indietro,<br />

perse l’equilibrio, e poi venne di nuovo spinto in avanti.<br />

Aveva tutti i muscoli in tensione – Eric stava lottando contro<br />

qualc<strong>un</strong>o. Un pugno allo stomaco, scagliato con forza, lo fece<br />

piegare in due. Eric si voltò di scatto – e anche Tristan – e vide<br />

il suo avversario. Gregory.<br />

Tristan vide la stra<strong>da</strong>, nell’istante in cui si girò di lato<br />

insieme a Eric, e poi venne spinto <strong>da</strong>ll’altra parte, sballottato<br />

qua e là sotto i colpi di Gregory. Stimò di essere a <strong>un</strong>a trentina<br />

di metri <strong>da</strong>lla stazione. Mentre lottava i suoi piedi<br />

continuavano a scivolare sulle piccole pietre a lato della stra<strong>da</strong>.<br />

Qualcosa di app<strong>un</strong>tito gli ferì la mano. Tristan capì<br />

improvvisamente che Eric stringeva <strong>un</strong> mazzo di chiavi.<br />

«Sei <strong>un</strong> idiota». Tristan sentiva le parole di Eric che gli si<br />

formavano sulla lingua. «Non puoi gui<strong>da</strong>re tu. Ti andrai a<br />

schiantare e ci ammazzerai entrambi. Saremo io, te e Tristan<br />

per sempre, io, te e Tristan per sempre, io, te e Tristan…».<br />

«Chiudi il becco. Dammele», disse Gregory, strappandogli<br />

le chiavi di mano, aprendo il palmo nudo e rigato di sangue.<br />

«Non riesci nemmeno a tenerti in piedi».<br />

Tristan si rese conto che ben presto si sarebbe sentito male.


Intrappolato nel corpo di Eric, si chinò sulla Harley, con le<br />

mani sullo stomaco e il respiro corto. Gregory, chino sulla<br />

parte posteriore della moto, stava armeggiando con qualcosa –<br />

cercava di legare il giubbotto e il cappello.<br />

«Dobbiamo an<strong>da</strong>rcene», gli disse Gregory.<br />

Si fecero forza e riuscirono ad arrampicarsi sulla moto.<br />

Aveva le gambe incredibilmente pesanti, fu <strong>un</strong> inferno issarsi<br />

sul sedile. Gregory lo spinse indietro e si mise alla gui<strong>da</strong>.<br />

«Tieniti forte».<br />

Ed Eric si tenne forte. Quando Gregory spinse a fondo<br />

l’acceleratore, la testa di Tristan venne sbalzata all’indietro. Le<br />

mascelle si serrarono, sentiva gli occhi piccoli come ciottoli<br />

che rotolavano dentro la sua testa. In quel breve istante vide<br />

<strong>un</strong>a specie di nebbia dietro di lui. Si voltò giusto in tempo per<br />

vedere i vestiti che volavano via, ma non disse nulla.<br />

Arrivarono in città, poi si inerpicarono sulla ripi<strong>da</strong> collina<br />

fino a casa di Gregory. Gregory scese <strong>da</strong>lla moto e corse<br />

dentro. Ora la moto era nelle mani di Eric – nelle mani di<br />

Tristan, anche se lui non aveva modo di controllare il mezzo.<br />

Scese <strong>da</strong>lla collina, gui<strong>da</strong>ndo come <strong>un</strong> pazzo. All’improvviso<br />

la stra<strong>da</strong> serpeggiò via <strong>da</strong> sotto le ruote, e Eric si trovò su <strong>un</strong><br />

altro sentiero.<br />

Erano finiti in <strong>un</strong> altro ricordo? Si erano in qualche modo<br />

collegati a <strong>un</strong>’altra sezione del passato? La stra<strong>da</strong>, con le sue<br />

improvvise svolte e le curve strette, aveva <strong>un</strong> qualcosa di<br />

familiare. La Harley si fermò bruscamente e Tristan sentì di<br />

nuovo la stessa terribile sensazione: erano nel p<strong>un</strong>to in cui lui<br />

era morto.<br />

Eric parcheggiò e scese, guar<strong>da</strong>ndosi intorno per diversi<br />

minuti. Si chinò per esaminare dei cocci blu che rilucevano –<br />

frammenti di vetro sull’acciottolato. Improvvisamente all<strong>un</strong>gò<br />

<strong>un</strong>a mano e prese <strong>un</strong> mazzo di rose. Sembravano fresche, come<br />

se qualc<strong>un</strong>o le avesse lasciate lì <strong>da</strong> poco, ed erano legate con


del nastro viola, come quelli che Ivy portava nei capelli. Eric<br />

sfiorò <strong>un</strong>a rosa che non era sbocciata. Il suo corpo fu<br />

attraversato <strong>da</strong> <strong>un</strong> brivido.<br />

Una rosa, non ancora aperta, si trovava in <strong>un</strong> vaso sul tavolo<br />

di Caroline. La mente di Eric aveva fatto <strong>un</strong> nuovo salto, e<br />

Tristan si rese subito conto di essere già stato in quel ricordo.<br />

La finestra panoramica, la tempesta che infuriava fuori, il<br />

terrore intenso di Eric, la frustrazione crescente… tutto era fin<br />

troppo familiare per Tristan. Proprio come prima, il ricordo<br />

scorreva via: era come il frammento <strong>da</strong>nneggiato di <strong>un</strong>a<br />

pellicola, e i singoli fotogrammi si disfacevano, spazzati via <strong>da</strong><br />

on<strong>da</strong>te di emozioni, con il suono confuso. Caroline lo guar<strong>da</strong>va<br />

e rideva, rideva come se al mondo non potesse esserci nulla di<br />

più buffo. Improvvisamente lui si gettò su di lei, la strinse, la<br />

scosse, strattonandola finché alla fine la testa di Caroline non<br />

ricadde all’indietro come quella di <strong>un</strong>a bambola di pezza.<br />

«Stammi a sentire», disse. «Dico sul serio! Non è <strong>un</strong>o<br />

scherzo! Ness<strong>un</strong>o sta ridendo, solo te. Non è <strong>un</strong>o scherzo!».<br />

Poi Eric si lasciò sfuggire <strong>un</strong> lamento. Non era paura quella<br />

che lo paralizzava adesso. Non era frustrazione, non era rabbia<br />

quella che ardeva nel suo corpo. Era <strong>un</strong> sentimento più<br />

profondo e terribile, di pura disperazione. Si lamentò di nuovo<br />

e aprì gli occhi. Tristan vide il libro dei treni proprio <strong>da</strong>vanti a<br />

lui.<br />

Il libro divenne <strong>un</strong>’immagine tremolante, indistinta, e Eric si<br />

passò la mano sopra gli occhi. Ora era sveglio, e piangeva.<br />

«Non di nuovo», sussurrò. «Non di nuovo».<br />

Cosa voleva dire?, si chiese Tristan. Cos’era che Eric non<br />

voleva che accadesse di nuovo? Che Gregory uccidesse<br />

ancora? O che lui perdesse il controllo? Forse non voleva più<br />

uccidere per conto suo. O forse avevano fatto tutto assieme ed<br />

erano legati indissolubilmente <strong>da</strong> <strong>un</strong> nodo di colpa.


Tristan lottò duramente per non perdere coscienza, per<br />

restare insieme a Eric tutta la mattina. Scivolò fuori <strong>da</strong>lla sua<br />

mente nel momento stesso in cui Eric si ridestò del tutto ma lo<br />

accompagnò a scuola, sicuro che i ricordi che lo torturavano lo<br />

avrebbero spinto ad affrontare Gregory. E Tristan rimase<br />

<strong>da</strong>vvero sorpreso quando, all’ora di pranzo, Eric attraversò in<br />

tutta fretta la sala mensa affollata e raggi<strong>un</strong>se il tavolo dove Ivy<br />

mangiava <strong>da</strong> sola.<br />

«Devo parlarti».<br />

Ivy sbatté gli occhi, stupita. I capelli chiari di Eric erano in<br />

disordine. Nel corso dell’estate era dimagrito così tanto che la<br />

sua pelle diafana praticamente non riusciva più a coprire le<br />

ossa. Le occhiaie erano profonde e nere come due ferite.<br />

Quando Ivy parlò Tristan sentì <strong>un</strong>’imprevista gentilezza<br />

nella sua voce. «Ok. Dimmi».<br />

«Non qui. Non con tutta questa gente intorno».<br />

Ivy si guardò intorno. Tristan pensò che stesse cercando il<br />

modo migliore per gestire quella situazione. Voleva scivolare<br />

dentro di lei e urlare: «Non farlo! Non an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte<br />

con lui!». Ma sapeva quello che sarebbe successo: lei lo<br />

avrebbe buttato fuori come l’ultima volta.<br />

«Mi puoi dire di cosa si tratta?», chiese Ivy, con <strong>un</strong> fil di<br />

voce.<br />

«Non qui», ripeté lui. Picchiettava nervosamente le dita sul<br />

tavolo.<br />

«A casa mia, allora», suggerì lei.<br />

Eric scosse la testa, continuava a guar<strong>da</strong>rsi intorno. Tristan,<br />

con immenso sollievo, avvistò Beth e Will che portavano i loro<br />

vassoi verso il tavolo di Ivy. Anche Eric li vide. «C’è <strong>un</strong>a<br />

vecchia macchina», disse lui in fretta, «abbandonata a <strong>un</strong><br />

chilometro di distanza <strong>da</strong>i ponti della ferrovia, proprio vicino al<br />

fiume. Ci vediamo lì domani, alle cinque. Vieni <strong>da</strong> sola. Voglio<br />

parlarti, ma devi venire <strong>da</strong> sola».


«Ma io…».<br />

«Vieni <strong>da</strong> sola. Non dirlo a ness<strong>un</strong>o». Si stava già<br />

allontanando.<br />

«Eric», lo chiamò lei. «Eric!».<br />

Lui non si voltò.<br />

«Che è successo?», le chiese Will posando il vassoio sul<br />

tavolo. Non si era accorto della presenza di Tristan. E neanche<br />

Beth e Ivy lo avevano visto. Forse ness<strong>un</strong>o si accorge del mio<br />

bagliore per colpa della luce del sole che filtra attraverso le<br />

grandi vetrate della sala mensa, pensò Tristan.<br />

«Eric pareva <strong>un</strong> pazzo», disse Beth, sedendosi vicino a Will,<br />

di fronte a Ivy. Tristan fu felice di vedere <strong>un</strong>a matita e <strong>un</strong><br />

quaderno sul vassoio di Beth. Poteva com<strong>un</strong>icare con tutti e tre<br />

contemporaneamente, spingendo Beth a scrivere quello che lui<br />

voleva dire. «Cosa ti ha detto?», le chiese lei. «C’è qualcosa<br />

che non va?».<br />

Ivy rabbrividì. «Vuole parlarmi, più tardi».<br />

«Perché non adesso?», le chiese Will.<br />

Bella doman<strong>da</strong>, pensò Tristan.<br />

«Ha detto che vuole vedermi <strong>da</strong> sola», rispose Ivy,<br />

abbassando la voce. «Non dovevo dirlo a ness<strong>un</strong>o».<br />

Beth osservava Eric che si avviava verso la porta. Strinse gli<br />

occhi.<br />

Non mi fido di lui, pensò Tristan, sforzandosi di formulare<br />

ogni parola con la massima nitidezza. Aveva indovinato: i suoi<br />

pensieri incrociarono quelli di Beth, e <strong>un</strong> momento dopo si<br />

trovava dentro la sua mente. Poi sentì che lei si ritraeva.<br />

«Non aver paura, Beth», le disse. «Non buttarmi fuori. Ho<br />

bisogno del tuo aiuto. Ivy ha bisogno del tuo aiuto».<br />

Con <strong>un</strong> sospiro Beth prese la matita vicino al suo quaderno,<br />

la infilò nel piatto e la usò per rigirare la zuppa.<br />

Will sorrise e le diede <strong>un</strong> colpetto con il gomito. «Fossi in te<br />

proverei con <strong>un</strong> cucchiaio», disse.


Poi gli occhi di Ivy si allargarono per la sorpresa. «Beth<br />

scintilla».<br />

«Ma è Tristan?», chiese Will.<br />

Beth asciugò la matita e aprì il quaderno.<br />

«Sì», scrisse.<br />

Ivy si accigliò. «Adesso può parlare direttamente con me.<br />

Perché usa ancora te per com<strong>un</strong>icare?».<br />

Le dita di Beth si agitarono freneticamente per <strong>un</strong> attimo,<br />

poi scrisse in tutta fretta: «Perché Beth mi ascolta ancora».<br />

Will rise forte.<br />

Le mani di Beth si mossero di nuovo sul foglio. «Conto su<br />

Will e Beth per convincerti… non an<strong>da</strong>re con Eric!».<br />

«Conti su di me?», mormorò Will.<br />

«È troppo pericoloso, Ivy», scribacchiò Beth. «È <strong>un</strong>a<br />

trappola. Diglielo tu, Will».<br />

«Prima devo capire bene come si sono svolti i fatti»,<br />

insistette Will.<br />

«Eric mi ha chiesto di an<strong>da</strong>re alle cinque al fiume, a <strong>un</strong><br />

chilometro di distanza <strong>da</strong>i ponti sulla ferrovia», disse Ivy.<br />

Will annuì, aprì <strong>un</strong>a bustina di ketchup e versò la salsa<br />

sull’hamburger. «Nient’altro?», le chiese.<br />

«Mi ha detto di an<strong>da</strong>re all’app<strong>un</strong>tamento <strong>da</strong> sola e di<br />

raggi<strong>un</strong>gerlo presso <strong>un</strong>a vecchia macchina vicino al fiume».<br />

Will aprì metodicamente <strong>un</strong>a secon<strong>da</strong> bustina di ketchup,<br />

poi <strong>un</strong>a di mostar<strong>da</strong>. Le sue azioni lente e precise irritarono<br />

Tristan.<br />

«Diglielo, Will! Falla ragionare», scrisse furiosamente Beth.<br />

Ma era impossibile mettere fretta a Will. «Forse Eric ti sta<br />

tendendo <strong>un</strong>a trappola», disse pensieroso a Ivy. «E forse è <strong>un</strong>a<br />

trappola mortale».<br />

«Esattamente», scrisse Beth.<br />

«Oppure», continuò Will, «forse Eric sta dicendo la verità.<br />

Magari si sta facendo prendere <strong>da</strong>l panico e adesso vuole <strong>da</strong>rti


qualche informazione importante. Onestamente, non so cosa<br />

dirti».<br />

«Idiota!», scrisse Beth. «Non farlo, Ivy», aggi<strong>un</strong>se ad alta<br />

voce, con il fiato corto. «Questo sono io a dirtelo, non Tristan».<br />

Will si voltò verso di lei. «Che c’è?», le chiese. «Cosa<br />

vedi?».<br />

Anche Tristan, dentro la sua mente, lo stava vedendo, e<br />

quella visione lo sconvolse allo stesso modo.<br />

«La macchina», disse Beth. «Non appena ne hai parlato<br />

sono riuscita a vederla, <strong>un</strong>a vecchia macchina che affon<strong>da</strong> pian<br />

piano nel fango. Qualcosa di terribile è successo là dentro. C’è<br />

<strong>un</strong>a nebbia scura intorno alla macchina».<br />

Will strinse la mano tremante di Beth.<br />

«La macchina sta scivolando nel fango come <strong>un</strong>a bara»,<br />

disse lei. «Il cofano si è già inabissato. La parte posteriore…<br />

non riesco a vedere… ci sono <strong>un</strong> sacco di arbusti e rami. Una<br />

portiera è aperta, almeno in parte, blu, penso. C’è qualcosa<br />

dentro».<br />

Gli occhi di Beth erano spalancati, pieni di terrore, e <strong>un</strong>a<br />

lacrima le scorreva l<strong>un</strong>go la guancia. Will la scacciò via<br />

gentilmente, ma <strong>un</strong>’altra lacrima le bagnò gli occhi.<br />

«I sedili anteriori sono an<strong>da</strong>ti», continuò lei. «Ma vedo il<br />

sedile posteriore, e c’è qualcosa…». Scosse la testa.<br />

«Va’ avanti», la incitò Will piano.<br />

«C’è <strong>un</strong>a coperta che copre quella cosa. E <strong>un</strong> angelo la<br />

sorveglia. L’angelo sta piangendo».<br />

«Cosa c’è sotto la coperta?», sussurrò Ivy.<br />

«Non riesco a vedere», rispose Beth in <strong>un</strong> sussurro. «Non<br />

riesco a vedere!».<br />

Poi la sua mano iniziò a scrivere: «Vedo solo quello che<br />

vede Beth. La coperta non può essere sollevata».<br />

«Sei tu l’angelo, Tristan?», chiese Ivy.<br />

«No», scrisse Beth. Poi afferrò la mano di Ivy. «C’è


qualcosa di terribile là sotto. Non an<strong>da</strong>re! Ti prego, Ivy».<br />

«Stalla a sentire, Ivy!», disse Tristan, ma le mani di Beth<br />

tremavano troppo violentemente, era impossibile scrivere.<br />

Ivy fissò Will.<br />

«Beth ha già avuto ragione due volte nel passato», disse.<br />

Ivy annuì, poi sospirò. «Ma che succede se <strong>da</strong>vvero Eric ha<br />

qualcosa di importante <strong>da</strong> dirmi?»<br />

«Troverà <strong>un</strong> altro modo», rifletté Will. «Se <strong>da</strong>vvero vuole<br />

parlarti, si inventerà qualcosa».<br />

«Immagino che tu abbia ragione», disse Ivy, e Tristan si<br />

lasciò cadere sulla sedia, sollevato.<br />

Subito dopo si allontanò <strong>da</strong> loro tre. Sentì Ivy che chiedeva<br />

mentalmente: «Dove vai?». Ma sapendo che lei era in buone<br />

mani non si fermò: si era ripreso <strong>da</strong>lle fatiche del viaggio nel<br />

tempo ma non poteva prevedere quanto sarebbero durate quelle<br />

energie miracolosamente recuperate. Aveva tempo per frugare<br />

nella camera di Gregory mentre la casa era deserta. Se fosse<br />

riuscito a trovare l’ultima dose comprata <strong>da</strong> Gregory, Ivy<br />

avrebbe avuto <strong>un</strong>a prova almeno per quell’accusa.<br />

Ma in realtà quello di cui aveva <strong>da</strong>vvero bisogno erano il<br />

giubbotto e il cappello, pensò Tristan uscendo <strong>da</strong>lla scuola. I<br />

vestiti avrebbero potuto convincere la polizia a riprendere in<br />

esame la versione di Philip. Un singolo campione di capelli<br />

avrebbe potuto confermare che Gregory era coinvolto in<br />

qualche modo.<br />

Qualc<strong>un</strong>o doveva aver trovato i vestiti dopo che erano<br />

caduti <strong>da</strong>lla moto. Ma quel qualc<strong>un</strong>o si rendeva conto della<br />

loro importanza? La storia di Philip non era stata divulgata, ma<br />

di sicuro dovevano essere girate delle voci. Possibile che nel<br />

gioco di Gregory ci fosse <strong>un</strong> giocatore sconosciuto?<br />

«Ma Ivy», piagnucolò Suzanne, «dovevamo trovare la<br />

scarpetta di cristallo per il ballo. Quelle scarpette rosse… sono<br />

l’<strong>un</strong>ico paio di scarpe in tutto il New England che sono perfette


per la mia festa di compleanno. E ho solo <strong>un</strong>a settimana di<br />

tempo utile per la caccia!».<br />

«Mi dispiace», rispose Ivy, frugando nell’armadietto alla<br />

ricerca di <strong>un</strong> altro libro. «So che te l’avevo promesso». Passò la<br />

pila di volumi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a mano all’altra, afferrando <strong>un</strong> bigliettino<br />

dietro i libri.<br />

Tre minuti prima dell’arrivo di Suzanne Ivy aveva aperto il<br />

suo armadietto e aveva scoperto che la foto di Tristan era<br />

scomparsa. E al suo posto era attaccato quel bigliettino.<br />

«Che ne dici di mercoledì?», propose Ivy. «Devo lavorare<br />

dopo scuola domani, ma possiamo fare shopping mercoledì. Ti<br />

troveremo <strong>un</strong> incredibile paio di scarpe».<br />

«Ma per quel giorno io e Gregory avremo fatto pace e<br />

probabilmente saremo impegnati».<br />

«Avremo fatto pace?», ripeté Ivy. «Che vuoi dire?».<br />

Suzanne sorrise. «Ha f<strong>un</strong>zionato, Ivy, ha f<strong>un</strong>zionato come se<br />

gli avessi fatto <strong>un</strong> incantesimo». Con la schiena appoggiata alla<br />

fila di armadietti, Suzanne piegò le ginocchia e lentamente si<br />

abbassò fino a toccare il pavimento con il sedere – <strong>un</strong>a mossa<br />

non facile con i jeans stretti, pensò Ivy. Un gruppo di ragazzi in<br />

fondo al corridoio ammirò le sue doti atletiche.<br />

«Dato che ti rifiutavi di parlargli di Jeff», continuò Suzanne,<br />

«ci ho pensato io. Ho chiamato Gregory “Jeff”».<br />

«L’hai chiamato Jeff? E lui se ne è accorto?»<br />

«Sì, tutte e due le volte», rispose Suzanne.<br />

«Wow».<br />

«E <strong>un</strong>a volta mentre la situazione si stava scal<strong>da</strong>ndo… roba<br />

pesante».<br />

«Suzanne!».<br />

Suzanne reclinò la testa e scoppiò a ridere. Era <strong>un</strong>a risata<br />

selvaggia e contagiosa, e tutti i passanti sorrisero superandole<br />

nel corridoio.<br />

«E quindi che ha detto Gregory? Che cosa ha fatto?», chiese


Ivy.<br />

«Era incredibilmente geloso», disse Suzanne, con gli occhi<br />

che scintillavano per l’eccitazione. «Ho temuto che ci saremmo<br />

ammazzati entrambi».<br />

«Che vuoi dire?».<br />

Suzanne scivolò accanto a Ivy e si chinò per sussurrarle<br />

all’orecchio, con i l<strong>un</strong>ghi capelli scuri che le ricadevano sulla<br />

fronte, come <strong>un</strong>a tendina dietro la quale si potevano confessare<br />

i più sordidi segreti.<br />

«La secon<strong>da</strong> volta eravamo sui sedili posteriori». Suzanne<br />

chiuse gli occhi per <strong>un</strong> istante, rapita <strong>da</strong>l ricordo. «Era<br />

terribilmente pallido, poi in <strong>un</strong> attimo il collo gli è diventato<br />

tutto rosso. Giuro, era bollente, come se avesse quaranta gradi<br />

di febbre. Mi ha allontanato e ha alzato la mano. Per <strong>un</strong> istante<br />

ho pensato che mi avrebbe colpito, e sono stata presa <strong>da</strong>l<br />

panico».<br />

Guardò Ivy negli occhi, con le pupille enormi per<br />

l’eccitazione. Ivy pensò che Suzanne forse si era fatta prendere<br />

<strong>da</strong>l panico in quel momento, ma adesso quell’episodio era solo<br />

<strong>un</strong> racconto eccitante. La sua amica si godeva quel ricordo<br />

nello stesso modo in cui <strong>un</strong> appassionato di horror si gusta <strong>un</strong>a<br />

casa infestata <strong>da</strong>i fantasmi – ma Gregory non era <strong>un</strong> mostro di<br />

cartapesta.<br />

«Poi ha abbassato la mano, mi ha detto <strong>un</strong> paio di parolacce,<br />

si è spostato <strong>da</strong>l sedile posteriore a quello anteriore e ha<br />

iniziato a gui<strong>da</strong>re come <strong>un</strong> pazzo. Ha aperto tutti i finestrini e<br />

ha continuato a urlarmi contro, ha detto che per lui potevo<br />

anche scendere subito. Ma ovviamente correva troppo forte e<br />

sban<strong>da</strong>va a destra e a sinistra. Io cercavo di reggermi e invece<br />

volavo <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra. Lui mi guar<strong>da</strong>va nello specchietto<br />

retrovisore e a volte si girava completamente per fissarmi,<br />

infischiandosene della stra<strong>da</strong>. È <strong>un</strong> miracolo che non siamo<br />

morti entrambi».


Ivy fissò la sua amica, paralizzata <strong>da</strong>lla paura.<br />

«Oh, andiamo, Ivy. Alla fine, quando mi sono ritrovata con<br />

il braccio destro nella manica sinistra del cappotto e i capelli<br />

tutti sconvolti a coprirmi la faccia ha rallentato, e siamo<br />

scoppiati a ridere».<br />

Ivy nascose il volto tra le mani.<br />

«Ma quando mi ha riportata a casa quella notte», continuò<br />

Suzanne, «ha giurato che non voleva vedermi mai più. Mi ha<br />

detto che gli faccio perdere l’autocontrollo, che lo costringo a<br />

fare pazzie». Sembrava soddisfattissima di se stessa, come se<br />

Gregory gli avesse fatto <strong>un</strong>o splendido complimento. «Ma<br />

sabato prossimo verrà. Verrà alla mia festa, puoi scommetterci<br />

tutto quello che hai».<br />

«Suzanne, tu stai giocando con il fuoco», disse Ivy.<br />

Suzanne sorrise.<br />

«Tu e Gregory non siete fatti l’<strong>un</strong>o per l’altra», le disse Ivy.<br />

«Pensaci. Tutti e due vi state comportando come pazzi».<br />

Suzanne alzò le spalle e rise.<br />

«Anzi, ti comporti <strong>da</strong> idiota!».<br />

Suzanne chiuse gli occhi, sorpresa <strong>da</strong>l duro rimprovero di<br />

Ivy.<br />

«Gregory ha <strong>un</strong> carattere terribile», continuò Ivy. «Tutto<br />

può succedere. Non lo conosci bene come lo conosco io».<br />

«Oh, <strong>da</strong>vvero?». Suzanne inarcò <strong>un</strong> sopracciglio. «Invece<br />

penso di conoscerlo abbastanza bene».<br />

«Suzanne…».<br />

«E so come gestirlo… molto meglio di te», aggi<strong>un</strong>se,<br />

guar<strong>da</strong>ndosi intorno, con gli occhi scintillanti per la rabbia.<br />

«Perciò non farti illusioni».<br />

«Cosa?»<br />

«In realtà l’hai sempre voluto, no? Fin <strong>da</strong>ll’inizio. Da<br />

quando hai perso Tristan hai messo gli occhi su Gregory. Ma<br />

lui è mio, non tuo, e non riuscirai a rubarmelo!».


Suzanne si alzò in fretta, si pulì i jeans, e corse via.<br />

Ivy si appoggiò contro l’armadietto. Sapeva che era inutile<br />

richiamare Suzanne e per <strong>un</strong> attimo pensò di convocare Tristan,<br />

di chiedergli di tenere d’occhio la sua amica. Forse Lacey<br />

poteva essere d’aiuto. Ma non era il momento. Ivy aveva<br />

cambiato i suoi piani per quel pomeriggio, e se Tristan le<br />

avesse letto nella mente, avrebbe cercato di fermarla.<br />

Dispiegò il foglio che era stato attaccato al posto della foto<br />

di Tristan. Il biglietto, firmato con le iniziali di Eric, era breve<br />

e convincente: «Vieni <strong>da</strong> sola. Alle cinque. So perché fai quei<br />

sogni».


Capitolo 8<br />

Ivy parcheggiò vicino ai ponti della stazione. Si trovava<br />

nello stesso spiazzo in cui si era fermato Gregory mesi prima,<br />

quella notte in cui Eric si era messo a fare i suoi giochetti <strong>da</strong><br />

pazzoide. Uscì e percorse la breve distanza che la separava <strong>da</strong>i<br />

due ponti. Sotto il sole del tardo pomeriggio le rotaie del nuovo<br />

ponte scintillavano. E accanto al nuovo c’era il vecchio ponte,<br />

<strong>un</strong> arrugginito ammasso di ferro che si fermava a metà stra<strong>da</strong><br />

<strong>da</strong>ll’altra parte del fiume. Contorti pezzi di metallo e legni<br />

marci si alzavano <strong>da</strong>lla spon<strong>da</strong> opposta, ma le due metà del<br />

vecchio ponte non si congi<strong>un</strong>gevano più, come due mani che si<br />

sfiorano senza toccarsi.<br />

Quando Ivy avvistò chiaramente i due ponti paralleli sotto la<br />

luce del sole – quando vide lo spazio di due metri e mezzo che<br />

li divideva e il baratro fino all’acqua e alle rocce sottostanti –<br />

capì che razza di rischio aveva corso Eric quando aveva cercato<br />

di saltare <strong>da</strong> <strong>un</strong> ponte all’altro. Ma che succede dentro quella<br />

testa?, si chiese. O era completamente pazzo o per lui vivere o<br />

morire non faceva la minima differenza.<br />

La Harley di Eric non si vedeva <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte, ma<br />

c’erano moltissimi alberi e arbusti dietro i quali nasconderla.<br />

Ivy si guardò intorno, poi scese lentamente l<strong>un</strong>go la banchina,<br />

facendo molta attenzione. Si allontanò sempre di più <strong>da</strong>i ponti,<br />

per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go tratto scivolò finché non raggi<strong>un</strong>se <strong>un</strong> angusto<br />

sentiero che correva parallelo al fiume. Camminò con calma,<br />

cercando di restare tranquilla, con tutti i sensi all’erta, pronta a<br />

cogliere il minimo rumore. Quando sentì i rami frusciare alzò<br />

subito lo sguardo, come se si aspettasse di beccare Eric e<br />

Gregory in agguato, pronti a saltarle alla gola.<br />

«Datti <strong>un</strong>a calmata, Ivy», si disse per tranquillizzarsi, ma<br />

continuò a procedere con la massima prudenza. Se fosse<br />

riuscita a sorprendere Eric, forse avrebbe potuto capire cosa


stava architettando prima di finire in <strong>un</strong>a trappola.<br />

Ivy guardò l’ora diverse volte, e alle cinque e cinque si<br />

chiese se avesse superato la macchina senza accorgersene. Ma<br />

dopo qualche metro con la co<strong>da</strong> dell’occhio vide <strong>un</strong>o scintillio<br />

– la luce del sole riflessa sul metallo. Quindici metri <strong>da</strong>vanti a<br />

lei, vide <strong>un</strong> sentiero ricoperto di vegetazione che portava <strong>da</strong>l<br />

fiume fino a <strong>un</strong> ammasso di metallo.<br />

Ivy si aprì la stra<strong>da</strong> a forza nella vegetazione, sempre<br />

tenendosi al riparo. Una volta pensò di aver udito <strong>un</strong> rumore<br />

alle sue spalle, <strong>un</strong> suono appena percepibile di rami spezzati<br />

sotto i piedi di qualc<strong>un</strong>o. Si voltò di scatto. Niente. Niente, a<br />

parte qualche foglia sollevata <strong>da</strong>l vento.<br />

Ivy si liberò di <strong>un</strong> paio di l<strong>un</strong>ghi rami e fece due passi in<br />

avanti, poi respirò a fondo, con il fiato corto. La macchina era<br />

proprio come Beth l’aveva descritta, con l’asse sprofon<strong>da</strong>to<br />

nella terra, la parte posteriore sepolta <strong>da</strong>i viticci. Il cofano si<br />

era staccato, e il tettuccio di vinile si era spaccato in tanti<br />

piccoli pezzi neri. Le porte divelte man<strong>da</strong>vano riflessi blu –<br />

proprio come aveva detto Beth.<br />

La portiera posteriore era aperta. C’era forse <strong>un</strong>a coperta sul<br />

sedile posteriore?, si chiese Ivy. Cosa c’era sotto la coperta?<br />

Di nuovo, udì <strong>un</strong> rumore alle sue spalle e si voltò di scatto,<br />

osservando la vegetazione. Le facevano male gli occhi, era<br />

faticoso mettere a fuoco ogni singola ombra, ogni foglia agitata<br />

<strong>da</strong>l vento, alla ricerca di <strong>un</strong>a sagoma umana intenta a osservare<br />

tutti i suoi movimenti. Ma non c’era ness<strong>un</strong>o.<br />

Guardò l’ora. Le cinque e dieci. Eric non si sarebbe arreso<br />

così presto, pensò. O è lui a essere in ritardo oppure sta<br />

aspettando che sia io a fare la prima mossa. Be’, anch’io so<br />

essere paziente, pensò Ivy, e si mise a sedere, tranquilla.<br />

Qualche minuto dopo iniziò a sentire delle dolorose fitte alla<br />

gamba, i muscoli erano rimasti in tensione troppo a l<strong>un</strong>go. Si<br />

massaggiò il polpaccio e guardò di nuovo l’ora: le cinque e <strong>un</strong>


quarto. Aspettò altri cinque minuti. Forse Eric non aveva avuto<br />

il fegato di presentarsi all’app<strong>un</strong>tamento, pensò.<br />

Si alzò lentamente, ma qualcosa le impedì di fare <strong>un</strong> altro<br />

passo in avanti. Udì di nuovo gli avvertimenti di Beth come se<br />

la sua amica fosse lì con lei, come se le stesse sussurrando<br />

nell’orecchio.<br />

«Angeli, aiutatemi», pregò Ivy. Una parte di lei voleva<br />

scoprire cosa c’era nella macchina. Ma <strong>un</strong>’altra parte voleva<br />

solo scappare via. «Angeli, ci siete? Tristan, ho bisogno di te.<br />

Ho bisogno di te adesso!».<br />

Si avvicinò alla macchina, piena di timore. Quando<br />

raggi<strong>un</strong>se lo spiazzo si fermò solo per <strong>un</strong> istante, in attesa, per<br />

essere sicura che ness<strong>un</strong>o l’avesse seguita. Poi si chinò e<br />

osservò il sedile posteriore.<br />

Chiuse gli occhi e li riaprì: per <strong>un</strong> momento non riuscì a<br />

capire se quello che stava vedendo era reale – forse era solo <strong>un</strong><br />

altro incubo, o <strong>un</strong> altro scherzo di Eric. Poi urlò, urlò finché<br />

non le fece male la gola. Aveva capito tutto senza neppure<br />

toccarlo – era troppo pallido, troppo immobile, i suoi occhi blu<br />

erano spalancati, persi nel nulla. Eric era morto.<br />

Ivy fece <strong>un</strong> salto quando qualc<strong>un</strong>o la toccò <strong>da</strong> dietro.<br />

Riprese a urlare. Due braccia la circon<strong>da</strong>rono, tirandola<br />

indietro, tenendola forte. Pensò che avrebbe urlato fino a farsi<br />

esplodere il cervello. Ma il ragazzo che la stringeva la fermò, la<br />

tenne stretta finché lei non si lasciò an<strong>da</strong>re, perdendosi nel suo<br />

abbraccio, appoggiandosi senza forze al suo corpo. Le guance<br />

di lui sfiorarono il suo volto.<br />

«Will», disse. Anche il suo corpo era scosso <strong>da</strong>i brividi.<br />

Will le girò la faccia verso di lui e la tenne stretta contro il<br />

suo petto, coprendole gli occhi con le mani. Ma nella sua<br />

mente Ivy poteva vedere Eric, immobile, che fissava il vuoto<br />

<strong>da</strong>vanti a sé, gli occhi spalancati, come se fosse solo<br />

lievemente sorpreso <strong>da</strong> quello che era accaduto.


Will spostò il peso del corpo <strong>da</strong> <strong>un</strong> piede all’altro, e Ivy capì<br />

che stava cercando di guar<strong>da</strong>re Eric pur continuando ad<br />

abbracciarla. «Io… io non vedo ness<strong>un</strong> segno di colluttazione»,<br />

disse. «Ness<strong>un</strong>a ferita. Niente sangue».<br />

Improvvisamente Ivy sentì il cuore in gola, lo stomaco in<br />

subbuglio. Digrignò i denti e ricacciò indietro i conati. «Forse<br />

la droga», disse. «Un’overdose».<br />

Will annuì. Aveva il fiato corto, respirava forte contro la sua<br />

guancia. «Dobbiamo chiamare la polizia».<br />

Poi Ivy si staccò bruscamente <strong>da</strong> lui. Si chinò e si costrinse a<br />

fissare Eric a l<strong>un</strong>go, con la massima attenzione. Doveva<br />

memorizzare tutto. Doveva raccogliere ogni indizio. Quello<br />

che era successo a Eric poteva essere <strong>un</strong> ammonimento per lei.<br />

Ma guar<strong>da</strong>ndo il corpo non provava nulla se non <strong>un</strong> forte senso<br />

di perdita; vedeva solo <strong>un</strong>o spreco, <strong>un</strong>a vita buttata via.<br />

Ivy si avvicinò alla macchina. Will le bloccò la mano. «Non<br />

farlo. Non toccarlo», disse. «Lascia il corpo così com’è, in<br />

modo che la polizia possa esaminarlo».<br />

Ivy annuì, poi prese <strong>un</strong>a vecchia coperta buttata in fondo<br />

alla macchina e la posò delicatamente sul corpo di Eric.<br />

«Angeli…», iniziò, ma la preghiera le morì sulle labbra.<br />

Mentre si allontanava sapeva che <strong>un</strong> misericordioso angelo<br />

della morte vegliava su Eric, piangendo – proprio come aveva<br />

detto Beth.<br />

«Non mi importa di quello che pensi tu, Lacey. Io sono<br />

contento di essermi perso il mio f<strong>un</strong>erale», disse Tristan mentre<br />

le persone si rad<strong>un</strong>avano nel cimitero per compiangere la morte<br />

di Eric. Alc<strong>un</strong>i se ne stavano <strong>da</strong> soli, in disparte, rigidi come<br />

sol<strong>da</strong>ti; altri si appoggiavano alla spalla del vicino, in cerca di<br />

consolazione e sostegno.<br />

Il sole quel venerdì era pallido e incerto. Molti dei presenti<br />

stavano iniziando ad aprire gli ombrelli, simili a luminosi fiori


di nylon che sbocciavano in mezzo alle grigie lapidi e agli<br />

alberi ammantati di nebbia. Will aveva Beth <strong>da</strong> <strong>un</strong> lato e Ivy<br />

<strong>da</strong>ll’altro. Con il capo scoperto, lasciava che la pioggia si<br />

mischiasse alle lacrime sul suo volto. Suzanne cingeva con <strong>un</strong><br />

braccio la vita di Gregory, con lo sguardo fisso a terra, a<br />

osservare l’erba scintillante.<br />

Per la terza volta nel giro di cinque mesi loro quattro si<br />

ritrovavano al Riverstone Rise, e la polizia continuava a<br />

rifilargli le solite domande di routine.<br />

«Allora?», disse Lacey, appollaiata sul ramo di <strong>un</strong> albero.<br />

Tristan sbuffò. «Gregory ha alzato <strong>un</strong> muro invalicabile<br />

intorno a sé», rispose, e continuò a girare in tondo, frustrato,<br />

sotto l’olmo. Nel corso della f<strong>un</strong>zione aveva tentato più volte<br />

di infilarsi dentro la mente di Gregory. «A volte penso che lui<br />

si accorga di me nel momento stesso in cui cerco di<br />

avvicinarmi. Penso che si ren<strong>da</strong> conto che c’è qualcosa che non<br />

va non appena capito nelle sue vicinanze».<br />

«Potrebbe anche essere», disse Lacey. Materializzò <strong>un</strong> dito e<br />

si aggrappò a <strong>un</strong> ramo, lasciandosi cadere con grazia proprio<br />

vicino a lui. «Parlando in termini angelici, tu non sei<br />

esattamente <strong>un</strong> professionista».<br />

«Che vuoi dire?»<br />

«Be’, mettiamola in questi termini. Se stessi cercando di<br />

rubare televisori invece che pensieri», gli disse, «ti saresti già<br />

fatto beccare <strong>da</strong> <strong>un</strong> cane di quindici anni, mezzo sordo e cieco<br />

come <strong>un</strong>a talpa».<br />

Tristan incassò il colpo. «Allora <strong>da</strong>mmi due anni per<br />

riman<strong>da</strong>re quello che devo fare», ribatté, «cioè, scusa, due anni<br />

per fare pratica, e diventerò bravo quanto te».<br />

«Forse», disse Lacey, e poi aggi<strong>un</strong>se con <strong>un</strong> sorriso:<br />

«Anch’io ho cercato di entrare in lui. Impossibile».<br />

Tristan studiò il volto di Gregory. Non lasciava trapelare<br />

nulla, la sua bocca era <strong>un</strong>a linea continua e imperturbabile, e


teneva gli occhi fissi <strong>da</strong>vanti a sé.<br />

«Sai», disse Lacey, materializzando <strong>un</strong>a mano e<br />

sollevandola per catturare ogni goccia di pioggia, «Gregory<br />

non deve essere per forza responsabile di tutto quello che<br />

succede. Hai visto il rapporto della polizia. Gli agenti non<br />

hanno rinvenuto ness<strong>un</strong> indizio di colluttazione».<br />

Il medico legale aveva dichiarato che si trattava di<br />

<strong>un</strong>’overdose letale. I genitori di Eric non si arrendevano, e<br />

sostenevano che era stato <strong>un</strong> incidente. A scuola girava voce<br />

che si fosse suici<strong>da</strong>to. Tristan credeva che fosse <strong>un</strong> omicidio.<br />

«Il rapporto non prova nulla», ribatté, continuando a<br />

camminare su e giù. «Gregory non aveva bisogno di usare la<br />

forza. Era sufficiente comprargli <strong>un</strong>a dose forte senza dirgli che<br />

si trattava di roba pesante. Forse ha aspettato che Eric fosse più<br />

sbronzo del solito per <strong>da</strong>rgli la dose fatale. La polizia non<br />

pensa a <strong>un</strong> omicidio, Lacey, solo perché non ha ness<strong>un</strong> motivo<br />

per farlo».<br />

«E invece tu sì».<br />

«Eric era pronto a parlare. Era pronto a dire qualcosa a Ivy».<br />

«Aha! Allora la tipa aveva ragione», lo p<strong>un</strong>zecchiò Lacey.<br />

«Aveva ragione», ammise, anche se era ancora furioso con<br />

Ivy per aver cercato di incontrare Eric quel l<strong>un</strong>edì pomeriggio.<br />

Lo aveva chiamato proprio all’ultimo momento, quando<br />

sarebbe stato troppo tardi, se avesse <strong>da</strong>vvero avuto bisogno di<br />

lui. Accorrendo in suo soccorso, Tristan l’aveva trovata<br />

sottobraccio a Will, mentre si allontanavano <strong>da</strong>lla scena del<br />

delitto. Will aveva detto che quel pomeriggio aveva seguito<br />

Ivy, spinto <strong>da</strong> <strong>un</strong> misterioso istinto.<br />

«Ti senti ancora escluso?», gli chiese Lacey.<br />

Lui non rispose.<br />

«Tristan, quando ti entrerà in testa che siamo morti?», disse<br />

Lacey. «E questo è quello che succede quando sei morto. La<br />

gente si dimentica di invitarti».


Tristan teneva gli occhi fissi su Ivy. Voleva starle accanto,<br />

tenerle la mano.<br />

«Dobbiamo cercare di aiutarli quando possiamo e poi<br />

lasciarli an<strong>da</strong>re», gli disse Lacey. «Diamo <strong>un</strong>a mano, e poi ciao<br />

ciao». Agitò entrambe le mani, come per salutarlo.<br />

«Come ti ho detto prima, Lacey, spero che <strong>un</strong> giorno ti<br />

innamorerai di qualc<strong>un</strong>o. Spero che prima che la tua missione<br />

sia finita, qualche ragazzo ti insegni cosa si prova, quant’è dura<br />

amare qualc<strong>un</strong>o e osservarlo mentre si strugge d’amore per<br />

<strong>un</strong>’altra persona».<br />

Lacey fece <strong>un</strong> passo indietro.<br />

«Spero che tu possa imparare cosa significa dire addio a <strong>un</strong>a<br />

persona che ami <strong>da</strong> impazzire, molto di più di quanto quella<br />

persona possa immaginare».<br />

Lei si girò di scatto. «Forse il tuo desiderio sarà<br />

accontentato», disse.<br />

Lui la guardò, sorpreso <strong>da</strong>l suo tono di voce. Di solito non<br />

doveva fare troppa attenzione a non ferire i sentimenti di<br />

Lacey. «Mi sono perso qualcosa?», le chiese.<br />

Lei scosse la testa.<br />

«Cosa?», chiese. «Che c’è?». All<strong>un</strong>gò la mano per sfiorarle<br />

la guancia.<br />

Lacey si ritrasse.<br />

«Ti stai perdendo la preghiera finale», disse. «Dobbiamo<br />

pregare insieme agli altri per Eric». Lacey gi<strong>un</strong>se le mani e<br />

ass<strong>un</strong>se <strong>un</strong>’aria estremamente angelica.<br />

Tristan sospirò. «Prega tu al posto mio», disse. «Io non ho<br />

molti sentimenti positivi <strong>da</strong> dedicare a Eric».<br />

«Una ragione in più per pregare», replicò. «Se non riposa in<br />

pace, potrebbe finire qui con noi».<br />

«Angeli, prendetevi cura di lui. Lasciate che riposi in pace»,<br />

pregò Ivy. «Aiutate la famiglia di Eric», disse silenziosamente,


e fissò Christine, la sorella maggiore di Eric. Era in piedi tra i<br />

suoi genitori, <strong>da</strong>ll’altra parte del feretro.<br />

Più di <strong>un</strong>a volta Ivy aveva notato che Christine la stava<br />

osservando. Quando i loro occhi si incontrarono, la bocca della<br />

ragazza tremò leggermente, poi si serrò, <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga linea serrata<br />

e ininterrotta. Christine aveva gli stessi capelli biondi di Eric e<br />

la stessa pelle di porcellana, ma i suoi occhi erano di <strong>un</strong>a<br />

tonalità vibrante di blu. Era splendi<strong>da</strong> – <strong>un</strong> terribile ricordo di<br />

quello che sarebbe potuto essere Eric se la droga e l’alcol non<br />

avessero minato il suo corpo e la sua mente.<br />

«Angeli, prendetevi cura di lui», pregò di nuovo Ivy.<br />

Il prete concluse la f<strong>un</strong>zione, e tutti si girarono nello stesso<br />

istante. Le dita di Gregory sfiorarono quelle di Ivy. Aveva le<br />

mani fredde come ghiaccio. Ivy ripensò alla sera in cui la<br />

polizia aveva com<strong>un</strong>icato loro la notizia della morte di<br />

Caroline. Gregory era semplicemente gelido.<br />

«Come va?», gli chiese.<br />

Lui le prese le mani e le strinse forte le dita. La notte in cui<br />

Caroline era morta aveva fatto lo stesso identico gesto, e Ivy<br />

aveva creduto che finalmente si fosse aperto, si stesse<br />

avvicinando a lei.<br />

«Sto bene», disse lui. «E tu?»<br />

«Contenta che sia tutto finito», rispose onestamente.<br />

Lui studiò il suo volto, ogni singolo centimetro. Ivy si<br />

sentiva in trappola, imprigionata <strong>da</strong>lle sue mani, invasa <strong>da</strong>i suoi<br />

sguardi, violata nei suoi pensieri.<br />

«Mi dispiace, Gregory. Tu ed Eric eravate amici <strong>da</strong> così<br />

tanto tempo», disse. «So che per te è molto più dura che per<br />

chi<strong>un</strong>que altro».<br />

Gregory continuava a fissarla.<br />

«Hai cercato di aiutarlo, Gregory. Hai fatto tutto quello che<br />

potevi», disse Ivy. «E lo sappiamo entrambi».<br />

Gregory abbassò la testa, spostando il viso vicinissimo al


suo. Le venne la pelle d’oca. Qualc<strong>un</strong>o che non sapeva bene<br />

cosa stesse accendendo – Andrew e Maggie per esempio, che li<br />

osservavano <strong>da</strong> <strong>un</strong>a certa distanza – avrebbe pensato che si<br />

trattasse di <strong>un</strong> momento di condivisone, di dolore e di<br />

reciproco sostegno. Ma per Ivy era solo la mossa di <strong>un</strong> animale<br />

di cui lei non si fi<strong>da</strong>va, <strong>un</strong> cane che non mordeva ma la<br />

intimidiva digrignando i denti troppo vicino alla sua pelle nu<strong>da</strong>.<br />

«Gregory!».<br />

Era così concentrato su Ivy che fece <strong>un</strong> salto quando<br />

Suzanne gli posò <strong>un</strong>a mano alla base del collo. Ivy fece subito<br />

<strong>un</strong> passo indietro, e Gregory la lasciò an<strong>da</strong>re.<br />

È nervoso come me, pensò Ivy mentre osservava Suzanne e<br />

Gregory che si avviavano verso le macchine parcheggiate<br />

l<strong>un</strong>go la stra<strong>da</strong>. Beth e Will si incamminarono, e Ivy li seguì<br />

lentamente, tenendosi a distanza. Con la co<strong>da</strong> dell’occhio<br />

avvistò la sorella di Eric che si avvicinava a lei a larghi passi.<br />

Ivy aveva detto alla polizia che lei e Will erano an<strong>da</strong>ti a farsi<br />

<strong>un</strong> giretto dopo la scuola e avevano visto la macchina di Eric.<br />

Quando il signore e la signora Ghent avevano saputo della<br />

morte di Eric, le avevano telefonato per discutere della<br />

testimonianza che lei aveva rilasciato alla polizia e farsi <strong>da</strong>re<br />

maggiori dettagli. Ora Ivy si preparò a subire <strong>un</strong> nuovo<br />

interrogatorio.<br />

«Sei Ivy Lions, non è vero?», le chiese la ragazza. Aveva<br />

delle guance perfette e rosee, e i capelli lisci scintillavano sotto<br />

la pioggia. Era stranissimo trovarsi a discutere con <strong>un</strong>a<br />

versione sana di Eric.<br />

«Sì», rispose Ivy. «Mi dispiace, Christine. Sono <strong>da</strong>vvero<br />

desolata per te e per la tua famiglia».<br />

La ragazza accettò le condoglianze di Ivy con <strong>un</strong> cenno del<br />

capo. «Tu… tu dovevi essere molto legata a Eric», disse.<br />

«Come?»<br />

«Immagino che fossi <strong>un</strong>a persona molto speciale per lui».


Ivy la fissò, confusa.<br />

«Per quello che ha lasciato. Quando… quando io ed Eric<br />

eravamo piccoli», iniziò Christine, con la voce che le tremava,<br />

«ci lasciavamo dei messaggi in <strong>un</strong> posto segreto in soffitta. Li<br />

mettevamo in <strong>un</strong>a vecchia scatola di cartone. E sulla scatola<br />

avevamo scritto: “Attenzione! Rane! Non aprire!”».<br />

Christine scoppiò a ridere, poi le lacrime le inumidirono gli<br />

occhi. Ivy attese pazientemente di scoprire dove volesse an<strong>da</strong>re<br />

a parare.<br />

«Quando sono tornata a casa per… per il f<strong>un</strong>erale, ho <strong>da</strong>to<br />

<strong>un</strong>’occhiata nella scatola, così, di impulso», continuò Christine.<br />

«Non mi aspettavo di trovarci qualcosa dentro – erano anni che<br />

non la usavamo. Ma ho trovato <strong>un</strong> biglietto per me. E questa».<br />

Tirò fuori <strong>da</strong>lla borsetta <strong>un</strong>a busta grigia. «Il biglietto diceva<br />

solo: “Se mi succede qualcosa, consegna questa a Ivy Lions”».<br />

Ivy spalancò gli occhi.<br />

«Non te lo aspettavi», osservò Christine. «Non hai idea di<br />

che cosa ci sia dentro».<br />

«No», disse Ivy, poi prese la busta chiusa. Sentiva che<br />

dentro c’era qualcosa di rigido e piccolo, sembrava <strong>un</strong> oggetto<br />

duro avvolto in <strong>un</strong>’imbottitura. Quello che c’era scritto sulla<br />

busta la incuriosiva ancora di più. Il nome e l’indirizzo di Eric<br />

erano riportati con <strong>un</strong>a scrittura chiara e niti<strong>da</strong>, e c’era anche il<br />

nome di Ivy, a caratteri cubitali. L’adesivo che specificava<br />

l’indirizzo a cui riportare la busta in caso di mancata consegna<br />

recava il nome e l’indirizzo di Caroline Baines.<br />

«Oh, già», disse Christine quando Ivy le indicò l’adesivo.<br />

«Probabilmente è solo <strong>un</strong>a vecchia busta che Eric ha preso<br />

senza pensarci».<br />

Ma non era <strong>un</strong>a vecchia busta. Ivy controllò il timbro: il 28<br />

maggio, il giorno del compleanno di Philip. Il giorno della<br />

morte di Caroline.<br />

«Forse non lo sapevi», continuò Christine. «Eric era molto


legato a Caroline. Per lui era <strong>un</strong>a secon<strong>da</strong> madre».<br />

Ivy alzò lo sguardo, sorpresa. «Davvero?»<br />

«Fin <strong>da</strong> quando era solo <strong>un</strong> bambino, Eric non è mai an<strong>da</strong>to<br />

d’accordo con mia madre», le spiegò Christine. «Io sono più<br />

grande di sei anni, e stavo con lui a volte, quando mia madre<br />

restava per giorni interi a New York per lavoro. Ma di solito<br />

rimaneva <strong>da</strong>i Baines, e si affezionò a Caroline più che a noi.<br />

Persino dopo il suo divorzio, quando ormai Gregory non<br />

abitava più con lei, Eric an<strong>da</strong>va spesso a trovarla».<br />

«Non lo sapevo», disse Ivy.<br />

«Hai intenzione di aprirla?», domandò Christine, fissando<br />

con curiosità la busta.<br />

Ivy strappò <strong>un</strong> angolo e tirò fuori il contenuto. «Se è di<br />

natura personale», la avvertì, «potrei non avere voglia di<br />

mostrarti cosa c’è scritto».<br />

Christine annuì.<br />

Ma non c’era ness<strong>un</strong> messaggio, solo del tessuto avvolto<br />

intorno a <strong>un</strong> oggetto duro. Ivy tirò fuori <strong>un</strong>a chiave. Era l<strong>un</strong>ga<br />

cinque centimetri, più o meno. Un’estremità era ovale, con<br />

delle elaborate decorazioni incise nel metallo. L’altra estremità,<br />

quella che doveva entrare nella serratura, era <strong>un</strong> semplice<br />

cilindro cavo con due piccoli denti sulla p<strong>un</strong>ta.<br />

«Sai cosa apre?», le chiese Christine.<br />

«No», rispose Ivy. «E non c’è ness<strong>un</strong> messaggio».<br />

Christine si morse il labbro, poi disse: «Be’, forse in fin dei<br />

conti è stato <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> incidente». Ivy poteva sentire il tono di<br />

speranza nella sua voce. «Voglio dire, se Eric aveva progettato<br />

di uccidersi, avrebbe lasciato <strong>un</strong> messaggio per spiegare tutto<br />

questo… non credi?».<br />

A meno che non sia stato ucciso prima di averne la<br />

possibilità, pensò Ivy, ma annuì per far capire a Christine che<br />

era d’accordo con lei.<br />

«Eric non si è suici<strong>da</strong>to», disse Ivy con voce ferma e sicura.


Poi vide la gratitudine negli occhi di Christine e arrossì. Se solo<br />

Christine sapesse, pensò Ivy, che potrei essere io la causa della<br />

morte di suo fratello.<br />

Ivy fece ricadere la chiave nella busta, la richiuse e la<br />

ripiegò a metà. Se la ficcò nell’impermeabile, e disse a<br />

Christine che se avesse scoperto a cosa serviva la chiave<br />

l’avrebbe subito informata.<br />

Christine la ringraziò, le disse che era stata <strong>un</strong>’ottima amica<br />

per Eric, e quella frase fece arrossire ancora di più Ivy.<br />

Era ancora sconvolta quando raggi<strong>un</strong>se Will e Beth, che<br />

erano rimasti a osservarla <strong>da</strong> <strong>un</strong>a ventina di metri di distanza,<br />

stretti sotto l’ombrello.<br />

«Cosa ti ha detto?», le chiese Will, trascinandola sotto<br />

l’ombrello insieme a loro.<br />

«Mi ha… ehm… mi ha ringraziata perché sono stata <strong>un</strong>a<br />

buona amica per Eric».<br />

«Oh, accidenti», disse piano Beth.<br />

«Nient’altro?», le chiese Will.<br />

Era <strong>un</strong>a doman<strong>da</strong> che Ivy si sarebbe aspettata <strong>da</strong> Gregory,<br />

<strong>un</strong>a di quelle volte che la metteva spalle al muro per estorcerle<br />

informazioni.<br />

«Avete parlato a l<strong>un</strong>go», osservò Will. «Non ti ha detto<br />

nient’altro?»<br />

«No», mentì Ivy.<br />

Will fissò la tasca in cui lei aveva nascosto la busta. Doveva<br />

essersi accorto dello scambio, e di sicuro anche in quel<br />

momento riusciva a intravedere l’angolo della busta che<br />

sporgeva, ma non le fece altre domande.<br />

Avevano avuto l’autorizzazione a non an<strong>da</strong>re a scuola quel<br />

giorno, e se ne an<strong>da</strong>rono <strong>da</strong> Celentano per <strong>un</strong> pranzo tardivo.<br />

Mentre studiavano i menu Ivy si chiese cosa stesse pensando<br />

Will, e se avesse dei sospetti su Gregory. Alla centrale di<br />

polizia quel l<strong>un</strong>edì Will aveva lasciato che fosse lei a parlare,


poi aveva confermato la sua versione. Ness<strong>un</strong>o aveva fatto<br />

parola dello strano app<strong>un</strong>tamento richiesto <strong>da</strong> Eric. Ora Ivy<br />

voleva raccontare tutto a Will. Se lo avesse guar<strong>da</strong>to troppo a<br />

l<strong>un</strong>go negli occhi, non sarebbe mai riuscita a tenere il segreto.<br />

«Allora, come va?», disse Pat Celentano, che si era<br />

avvicinata per prendere le ordinazioni. Quasi tutti i clienti che<br />

si erano fermati per il pranzo se ne stavano an<strong>da</strong>ndo, e la<br />

proprietaria parlava a voce più bassa del solito. «Non è stata<br />

<strong>un</strong>a bella mattinata per voi».<br />

Prese le ordinazioni, poi posò delle matite e dei colori in più<br />

sulla tovaglia di carta.<br />

Will, che aveva già affisso diversi disegni sulle pareti del<br />

locale, cominciò immediatamente ad abbozzare <strong>un</strong>o schizzo.<br />

Ivy iniziò a scarabocchiare sul suo foglio. Beth compose<br />

l<strong>un</strong>ghe catene di parole in rima, borbottando tra sé mentre la<br />

lista cresceva. «Scusa», disse, quando la catena sconfinò nello<br />

spazio di Will e sporcò il suo disegno.<br />

Stava scrivendo e illustrando filastrocche. Beth e Ivy si<br />

sporsero per leggere quello che aveva scritto, e iniziarono a<br />

ridere piano. Will aveva fatto <strong>un</strong> disegno di loro vestite con i<br />

costumi <strong>da</strong> vecchio West. «I tesori di Virginia City», l’aveva<br />

intitolato.<br />

Beth indicò il disegno. «Penso che tu ti sia dimenticato<br />

qualche curva», disse. «Il vestito di Ivy era molto più aderente.<br />

Naturalmente, era sempre meno stretto dei tuoi pantaloni <strong>da</strong><br />

cowboy».<br />

Ivy sorrise, ricor<strong>da</strong>ndo la voce che li aveva confusi tutti quel<br />

giorno, <strong>un</strong>a voce che era venuta fuori <strong>da</strong>l nulla – Lacey che si<br />

divertiva.<br />

«Che bel sedere!», dissero Ivy e Beth contemporaneamente,<br />

e scoppiarono a ridere.<br />

Con quell’improvvisa risata vennero fuori le lacrime. Ivy si<br />

coprì il volto con le mani.


Will e Beth rimasero sedute in silenzio e la fecero sfogare,<br />

poi Will le fece posare delicatamente la mano sul tavolo e<br />

iniziò a delinearne la sagoma con <strong>un</strong>a matita. La penna corse<br />

l<strong>un</strong>go le sue dita, ancora e ancora, quel delicato tocco la<br />

calmava. Poi anche Will posò la sua mano sul foglio, proprio<br />

accanto a quella di Ivy, e tracciò il suo contorno.<br />

Quando sollevarono le mani, Ivy guardò il disegno. «Ali»,<br />

disse, sorridendo leggermente. «Una farfalla, oppure <strong>un</strong><br />

angelo».<br />

Will le lasciò la mano. Ivy voleva avvicinarsi a lui,<br />

appoggiare la testa alla sua spalla. Voleva dirgli tutto quello<br />

che sapeva e chiedere il suo aiuto. Ma non poteva metterlo in<br />

pericolo. Per colpa sua, il ragazzo che amava con tutto il cuore<br />

era stato ucciso. E non avrebbe mai permesso che accadesse lo<br />

stesso all’altro ragazzo – Ivy si trattenne. All’altro ragazzo che<br />

lei… amava?


Capitolo 9<br />

Riaccompagnarono Ivy con la macchina, ma lei non entrò in<br />

casa. Con la busta di Eric ancora in tasca, prese la sua<br />

macchina e cominciò a gui<strong>da</strong>re. Dopo <strong>un</strong>’ora di giri senza<br />

meta, l<strong>un</strong>go vie secon<strong>da</strong>rie che seguivano il fiume in direzione<br />

nord, aveva attraversato il ponte, si era diretta verso sud ed era<br />

tornata <strong>da</strong>ll’altra parte, in città. Alla fine parcheggiò in fondo a<br />

Main Street.<br />

Aveva finalmente smesso di piovere e il parcheggio deserto<br />

era umido, brillava dei colori del tardo pomeriggio: il sole<br />

trafiggeva le nuvole nere e blu e donava all’erba <strong>un</strong>a sfumatura<br />

scintillante di verde. Ivy era <strong>da</strong> sola sotto il padiglione di legno,<br />

e ripensava al giorno della fiera. Gregory era rimasto a<br />

osservarla in disparte, mentre Will la fissava <strong>da</strong>ll’altra parte del<br />

prato. Ma quel giorno, mentre suonava, l’<strong>un</strong>ica presenza che<br />

aveva avvertito <strong>da</strong>vvero era quella di Tristan. C’era sul serio?<br />

Mentre si esibiva nella Sonataper pianoforte numero 14,<br />

Tristan aveva capito che stava suonando per lui?<br />

«C’ero. E lo sapevo».<br />

Ivy abbassò lo sguardo, si fissò le mani scintillanti e sorrise.<br />

«Tristan», disse piano.<br />

«Ivy». La sua voce era come <strong>un</strong>a forte luce nel suo animo.<br />

«Ivy, <strong>da</strong> cosa stavi scappando?».<br />

La doman<strong>da</strong> la colse alla sprovvista. «Cosa?»<br />

«Perché gui<strong>da</strong>vi in quel modo? Da cosa fuggi?», le chiese<br />

Tristan.<br />

«Stavo gui<strong>da</strong>ndo e basta».<br />

«Eri sconvolta», ribatté lui.<br />

«Stavo cercando di pensare, nient’altro. Ma non ci sono<br />

riuscita», confessò.<br />

«A cosa non riuscivi a pensare?»<br />

«A te». Ivy fece scorrere piano la mano sul legno piatto e


<strong>un</strong>iforme della panchina su cui era seduta. «Sei morto per<br />

causa mia. L’ho capito <strong>da</strong> tempo, ma mi sono sempre rifiutata<br />

di affrontare la questione, almeno fino ad ora. Adesso ho<br />

realizzato che Eric potrebbe essere morto per colpa mia. E ho<br />

capito cosa potrebbe accadere a Will se scoprisse cosa sta<br />

succedendo».<br />

«Will scoprirà tutto, in <strong>un</strong> modo o nell’altro», le disse<br />

Tristan.<br />

«Ma non possiamo permetterlo!», disse Ivy. «Non possiamo<br />

metterlo in pericolo».<br />

«Se è questo quello che provi», osservò Tristan con voce<br />

tagliente, «non avresti dovuto lasciare incustodito il cappotto al<br />

tavolo».<br />

Ivy si mise subito la mano in tasca. La busta c’era ancora,<br />

piegata a metà, ma quando la esaminò per bene capì che era<br />

stata aperta.<br />

«Ci ha guar<strong>da</strong>to dentro non appena tu e Beth l’avete lasciato<br />

solo».<br />

Ivy chiuse gli occhi per <strong>un</strong> attimo. Si sentiva tradita.<br />

«Immagino… immagino che anch’io sarei stata curiosa», disse<br />

con voce piatta.<br />

«Secondo te, a che cosa serve la chiave?», le chiese Tristan.<br />

Ivy si rigirò la busta tra le mani. «Una scatola di piccole<br />

dimensioni, <strong>un</strong> armadio. Nella casa di Caroline», aggi<strong>un</strong>se,<br />

esaminando l’indirizzo. «Tu puoi entrarci?»<br />

«Senza problemi, e posso materializzare le dita per togliere<br />

il catenaccio e farti entrare», le disse. «Porta con te la chiave e<br />

troveremo quello che Eric voleva farti trovare. Ma non oggi,<br />

ok?».<br />

Ivy sentì la tensione che incrinava la sua voce. «C’è<br />

qualcosa che non va?»<br />

«Sono stanco. Davvero stanco».<br />

«L’oscurità», sussurrò lei, spaventata. Tristan l’aveva


avvertita che prima o poi sarebbe gi<strong>un</strong>to il momento in cui non<br />

sarebbe più tornato <strong>da</strong>ll’oscurità.<br />

«Va tutto bene», la rassicurò. «Ho solo bisogno di <strong>un</strong> po’ di<br />

riposo. Sei <strong>un</strong> impegno costante e faticoso, lo sai», rise.<br />

È colpa mia, pensò Ivy. È morto per causa mia, e adesso…<br />

«Ivy, no. Non puoi vederla in questo modo», disse.<br />

«Ma io la penso <strong>da</strong>vvero così», controbatté lei. «Ero io<br />

quella che doveva morire. Se non fosse stato per me…».<br />

«Se non fosse stato per te, non avrei mai capito che vuol<br />

dire amare <strong>un</strong>’altra persona», le disse. «Se non fosse stato per<br />

te, non avrei mai baciato delle labbra così dolci».<br />

Ivy moriva <strong>da</strong>lla voglia di baciarlo adesso, subito. «Tristan»,<br />

disse, tremando per l’idea che le era venuta in mente in quel<br />

preciso istante, «se morissi, potrei stare con te».<br />

Lui rimase in silenzio. Lei poteva avvertire la confusione<br />

che agitava i suoi pensieri, le emozioni che si scontravano<br />

nell’animo di Tristan, come in quello di Ivy.<br />

«Potrei stare con te per sempre», gli disse.<br />

«No».<br />

«Sì!».<br />

«Non è così che deve an<strong>da</strong>re», disse. «E lo sai anche tu».<br />

Ivy si alzò e si mise a camminare in tondo. La presenza di<br />

Tristan dentro di lei era più forte, più reale del giorno aut<strong>un</strong>nale<br />

all’esterno. Quando erano insieme, l’odore di terra bagnata, lo<br />

splendore dell’erba verde smeraldo e le prime foglie scarlatte<br />

sembravano solo pallide immagini sfocate ai margini del suo<br />

campo visivo.<br />

«Non sarei stato man<strong>da</strong>to indietro ad aiutarti», continuò<br />

Tristan. «Non sarei diventato <strong>un</strong> angelo se non fosse<br />

importante che tu rimanga in vita. Ivy, voglio che tu sia mia» –<br />

lei sentiva tutto il panico nella sua voce – «ma non puoi<br />

esserlo».<br />

«Ma sono tua!», urlò lei.


«Siamo sulle rive opposte del fiume», disse lui, «ed è <strong>un</strong><br />

fiume che non può essere attraversato. Tu sei destinata a stare<br />

con <strong>un</strong>’altra persona».<br />

«Io sono destinata a te», ripeté.<br />

«Zitta».<br />

«Non voglio perderti, Tristan!».<br />

«Shh. Shh», la calmò lui. «Senti, Ivy, presto cadrò nelle<br />

tenebre, e potrebbe passare <strong>un</strong> bel po’ di tempo prima che io<br />

sia di nuovo in grado di raggi<strong>un</strong>gerti».<br />

Ivy continuava a camminare su e giù.<br />

«Stai ferma. Sto uscendo <strong>da</strong>l tuo corpo, perciò non potrai<br />

più sentirmi», le disse. «Stai ferma».<br />

Poi tutto cadde nel silenzio. Ivy rimase immobile, stupefatta.<br />

L’aria intorno a lei scintillava d’oro. Sentì le sue mani che la<br />

sfioravano, gentili carezze che le toccavano la guancia,<br />

sollevandole il mento. La baciò. Le loro labbra si sfiorarono, si<br />

sfiorarono <strong>da</strong>vvero, <strong>un</strong> bacio l<strong>un</strong>go e tremen<strong>da</strong>mente dolce.<br />

«Ivy»… non riusciva a sentirlo, ma udì lo stesso quel nome,<br />

sussurrato contro la sua guancia. «Ivy». Un attimo dopo era<br />

scomparso.


Capitolo 10<br />

Ivy si mise due grandi orecchini a cerchio, si pulì <strong>un</strong> po’ di<br />

mascara che le era rimasto sotto <strong>un</strong> occhio, poi fece <strong>un</strong> passo<br />

indietro per guar<strong>da</strong>rsi con calma allo specchio, esaminandosi<br />

con sguardo critico.<br />

«Sei molto sexy».<br />

Fissò l’immagine riflessa di Philip e scoppiò a ridere. «Di<br />

sicuro non hai imparato quest’espressione <strong>da</strong> Andrew. E come<br />

fai a sapere cosa significa essere molto sexy, in ogni modo?»<br />

«Gliel’ho spiegato io».<br />

Ivy si voltò di scatto. Gregory era comparso sulla porta, e si<br />

appoggiava tutto tranquillo allo stipite. Dopo la morte di Eric,<br />

la settimana precedente, Ivy aveva avvertito costantemente la<br />

presenza di Gregory, che la seguiva ov<strong>un</strong>que, come <strong>un</strong> angelo<br />

nero.<br />

«E sei <strong>da</strong>vvero sexy», aggi<strong>un</strong>se, mentre la esaminava piano,<br />

lentamente, spostando gli occhi <strong>da</strong>ll’alto in basso, su ogni<br />

centimetro del suo corpo.<br />

Forse avrei dovuto scegliere <strong>un</strong>a gonna <strong>un</strong> po’ meno corta,<br />

pensò Ivy, o <strong>un</strong>a maglietta <strong>un</strong> po’ meno scollata.<br />

Ma era decisa a far vedere a tutti i ragazzi che avrebbero<br />

partecipato alla festa di Suzanne che non era <strong>un</strong>a povera<br />

depressa pronta a imboccare la stessa stra<strong>da</strong> verso<br />

l’autodistruzione che Eric aveva percorso fino in fondo.<br />

Suzanne non aveva annullato la festa, anche se era solo il<br />

giorno dopo il f<strong>un</strong>erale. Ivy l’aveva incoraggiata: le aveva detto<br />

che sarebbe stata la cosa migliore per tutti – anche i loro<br />

compagni di scuola avevano bisogno di stare <strong>un</strong> po’ assieme,<br />

farsi forza a vicen<strong>da</strong>.<br />

«Sono i colori. Sono quelli che ti rendono sexy», disse<br />

Philip a Ivy, ansioso di far capire che sapeva bene di cosa stava<br />

parlando.


Ivy guardò Gregory. «Bel lavoro, professore».<br />

Gregory rise. «Ho fatto del mio meglio», disse, poi sollevò<br />

le chiavi della macchina e le fece tintinnare.<br />

Ivy prese le sue chiavi e la borsetta.<br />

«Ivy, è <strong>un</strong>a cosa stupi<strong>da</strong>», disse Gregory. «Perché dobbiamo<br />

an<strong>da</strong>re nello stesso posto con due macchine?».<br />

Ne avevano già discusso nel corso della cena. «Te l’ho<br />

detto, quasi sicuramente me ne andrò prima di te». Prese <strong>un</strong><br />

regalo impacchettato per Suzanne e spense la lampa<strong>da</strong> sotto lo<br />

specchio. «Tu esci con la padrona di casa – tutti se ne andranno<br />

prima di te, con ogni probabilità».<br />

Gregory fece <strong>un</strong> mezzo sorriso e alzò le spalle. «Forse, ma<br />

se te ne vuoi an<strong>da</strong>re, ci saranno decine di ragazzi ansiosi di<br />

<strong>da</strong>rti <strong>un</strong>o strappo a casa».<br />

«Perché sei sexy», disse Philip. «Perché…».<br />

«Grazie, Philip».<br />

Gregory fece l’occhiolino al fratello di Ivy. Philip saltò giù<br />

<strong>da</strong>l letto, usando il suo foulard come <strong>un</strong> paracadute, e schizzò<br />

nel bagno che <strong>un</strong>iva la sua camera a quella della sorella.<br />

Gregory era ancora appoggiato alla porta. «Davvero guido<br />

così male?», le chiese, all<strong>un</strong>gando <strong>un</strong>a mano per bloccarle<br />

l’uscita. «Se non sapessi bene che non è così, penserei che tu<br />

abbia paura di venire in macchina con me».<br />

«Non ho paura», disse sicura Ivy.<br />

«Allora forse hai paura di restare sola con me».<br />

«Oh, <strong>da</strong>i», disse Ivy, avvicinandosi svelta a lui e<br />

abbassandogli il braccio. Lo fece girare prendendolo per le<br />

spalle e spingendolo via. «Diamoci <strong>un</strong>a mossa o faremo tardi.<br />

Spero che la tua BMW abbia <strong>un</strong> po’ di benzina».<br />

Gregory le afferrò la mano e la attirò a sé. Vicina, troppo<br />

vicina. Il cuore di Ivy iniziò a martellare all’impazzata mentre<br />

scendevano le scale – non voleva assolutamente an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> sola<br />

con lui. Avrebbe voluto esser <strong>un</strong> po’ più sciolta mentre saliva


in macchina. Era troppo sulla difensiva. Ma quel continuo<br />

contatto fisico, incessante e non necessario, le <strong>da</strong>va sui nervi.<br />

Gregory continuava a guar<strong>da</strong>rla mentre faceva manovra per<br />

uscire <strong>da</strong>l vialetto.<br />

Quando si fermarono in fondo alla collina Gregory disse:<br />

«Non andiamo <strong>da</strong> Suzanne».<br />

«Cosa?», esclamò Ivy. Cercò di mascherare la tensione<br />

crescente fingendosi sorpresa e scettica. «Io e Suzanne siamo<br />

amiche <strong>da</strong> quando avevamo sette anni, e secondo te io mi perdo<br />

il suo diciassettesimo compleanno? Avanti, rimetti in moto!»,<br />

gli ordinò. «Fino a Lantern Road. Oppure scendo subito».<br />

Gregory le posò la mano sulla gamba e guidò fino a casa di<br />

Suzanne. Quindici minuti dopo, quando Suzanne andò ad<br />

aprire la porta, non sembrava particolarmente contenta di<br />

vedere Gregory e Ivy insieme.<br />

«Ha insistito per accompagnarmi», le disse Ivy. «Farebbe<br />

qualsiasi cosa per farti ingelosire, Suzanne».<br />

Gregory la fissò, ma Suzanne scoppiò a ridere con aria<br />

sollevata.<br />

«Sei meravigliosa», disse Ivy alla sua vecchia amica, e la<br />

abbracciò. Ivy avvertì <strong>un</strong> momento di esitazione, poi Suzanne<br />

le restituì l’abbraccio.<br />

«Dove lo metto il regalo?», chiese Ivy mentre <strong>un</strong> gruppo di<br />

ragazzi che si erano infilati tutti dentro <strong>un</strong>a jeep sbucavano<br />

fuori <strong>da</strong>lla macchina e si precipitavano in casa.<br />

«In fondo al corridoio», disse Suzanne, indicando <strong>un</strong> tavolo<br />

su cui era ammucchiata <strong>un</strong>’incredibile pila di scatole. Ivy si<br />

diresse subito in quella direzione, felice di scappare <strong>da</strong><br />

Gregory. Il l<strong>un</strong>go corridoio centrale dei Goldstein <strong>da</strong>va su <strong>un</strong><br />

salotto che correva l<strong>un</strong>go tutta la parte posteriore della casa: le<br />

sue immense vetrate, l<strong>un</strong>ghe <strong>da</strong>l pavimento fino al soffitto, si<br />

aprivano su <strong>un</strong> porticato e sul cortile posteriore in lieve<br />

pendenza che arrivava fino a <strong>un</strong> laghetto. Era <strong>un</strong>a cal<strong>da</strong> sera di


settembre, e la festa si era spostata <strong>da</strong>l salotto al portico, fino al<br />

giardino.<br />

Uscendo <strong>da</strong>l portico, Ivy vide Beth seduta su <strong>un</strong>’amaca,<br />

intenta a conversare animatamente con due cheerleader. Le due<br />

ragazze parlavano contemporaneamente, tutte eccitate, e Beth<br />

dondolava la testa <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra, come se stesse<br />

seguendo <strong>un</strong>a partita di tennis.<br />

Con la co<strong>da</strong> dell’occhio, appena fuori <strong>da</strong>l suo campo visivo,<br />

intravide per <strong>un</strong> istante Will, seduto sui gradini del portico<br />

vicino a <strong>un</strong>a ragazza <strong>da</strong>i capelli rossi: era la ragazza con cui<br />

passeggiava sei settimane prima, quando Ivy l’aveva incontrato<br />

al centro commerciale. E se al mondo esisteva <strong>un</strong>a ragazza<br />

sexy, be’, era lei.<br />

«Vorrei saperti leggere nel pensiero», disse Gregory,<br />

sfiorando la pelle nu<strong>da</strong> di Ivy con <strong>un</strong> bicchiere gelido.<br />

Sembrava impossibile uscire <strong>da</strong>lla sua ombra scura.<br />

«Che stai facendo – stai cercando di farle <strong>un</strong> incantesimo?»,<br />

le chiese.<br />

Ivy scosse la testa. «Stavo solo pensando… pensavo che, a<br />

proposito di ragazze sexy, be’, lei è <strong>un</strong>a ragazza sexy».<br />

Gregory osservò l’amica di Will per <strong>un</strong> momento, poi alzò<br />

le spalle. «Alc<strong>un</strong>e ragazze sembrano sexy, ma è tutta<br />

apparenza. Altre ragazze invece ti respingono, è dura<br />

conquistarle, sembrano fatte di ghiaccio», la fissò con gli occhi<br />

che brillavano, «ma in realtà dentro hanno <strong>un</strong> fuoco». Si<br />

avvicinò a lei. «Caldo come l’inferno», sussurrò.<br />

Ivy gli scoccò <strong>un</strong> sorriso innocente. «Come Philip, ho<br />

sempre <strong>da</strong> imparare <strong>da</strong> te».<br />

Gregory rise. «Posso prenderti <strong>da</strong> bere?», le chiese,<br />

passandole con la mano sinistra <strong>un</strong> bicchiere di plastica.<br />

«Non ho sete», disse Ivy. «Grazie com<strong>un</strong>que».<br />

«Ma l’ho preso per te. Ti ho vista lì in piedi, a fissare<br />

Will…».


«Non stavo fissando Will», protestò lei.<br />

«Ok, allora tenevi d’occhio la rossa. Si chiama Samantha,<br />

com<strong>un</strong>que, e pensavo che magari <strong>un</strong> drink poteva raffred<strong>da</strong>re i<br />

tuoi bollenti spiriti».<br />

«Grazie». Ivy prese il bicchiere che lui teneva nella mano<br />

destra.<br />

Era solo la sua immaginazione, o Gregory aveva scostato<br />

leggermente il bicchiere? Ivy si ricor<strong>da</strong>va il monito di Lacey, e<br />

non voleva bere <strong>da</strong>l bicchiere che le stava passando. Ma lui<br />

insisteva, e lei alla fine cedette. «Grazie. Ci vediamo», gli disse<br />

Ivy con voce soave.<br />

«Dove vai?»<br />

«In giro», rispose. «Ho messo questa gonna corta per <strong>un</strong>a<br />

ragione ben precisa».<br />

«Posso accompagnarti?»<br />

«Certo che no». Lei rise come se Gregory avesse detto<br />

qualcosa di veramente stupido. Ma dentro il suo animo Ivy<br />

bruciava di tensione, aveva lo stomaco stretto in <strong>un</strong>a morsa,<br />

non riusciva quasi a respirare. «Come faccio a fare strage di<br />

cuori con te dietro?».<br />

Con suo grande sollievo Gregory non la seguì. Ivy rovesciò<br />

la bibita nel giardino appena Gregory scomparve <strong>da</strong>lla vista. Si<br />

fece stra<strong>da</strong> in mezzo alla folla, sorrise e si mise ad ascoltare i<br />

racconti di ogni singolo ragazzo che avesse voglia di farsi bello<br />

<strong>da</strong>vanti a <strong>un</strong> pubblico, mentre faceva in modo di tenersi sempre<br />

alla larga <strong>da</strong> Gregory. Cercò di evitare anche Will, e non vide<br />

più né l’<strong>un</strong>o né l’altro fino a quando Suzanne non richiamò<br />

tutti per spegnere le candeline.<br />

I partecipanti alla festa si accalcarono in casa per il taglio<br />

della torta e per gli auguri. Suzanne pretese di avere vicino Ivy<br />

e Gregory, ai suoi lati. La signora Goldstein, che non si fi<strong>da</strong>va<br />

della figlia al p<strong>un</strong>to di rin<strong>un</strong>ciare a sorvegliare tutto <strong>da</strong>lla<br />

finestra superiore – anche se senza gli occhiali, come disse lei


stessa – fece il suo ingresso trionfale con la torta e scattò <strong>un</strong><br />

migliaio di foto a Suzanne, Ivy e Gregory.<br />

«Ora mettetele <strong>un</strong> braccio sulle spalle», disse la signora<br />

Goldstein a Ivy e a Gregory.<br />

Ivy fece scivolare <strong>un</strong> braccio sopra la schiena di Suzanne.<br />

«Bellissimi! Siete tutti bellissimi!». Flash.<br />

«Fatemene fare <strong>un</strong>’altra», disse la signora Goldstein, poi<br />

mosse la macchinetta e bisbigliò: «Non muovetevi».<br />

E infatti restarono immobili, almeno per chi li osservava <strong>da</strong><br />

<strong>da</strong>vanti. Dietro la schiena di Suzanne, Gregory iniziò a far<br />

scorrere <strong>un</strong> dito l<strong>un</strong>go il braccio di Ivy, su e giù, su e giù. Poi le<br />

dita divennero due, e il movimento si trasformò in <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga,<br />

profon<strong>da</strong> carezza. Ivy avrebbe voluto mettersi a gri<strong>da</strong>re.<br />

Voleva <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>o schiaffo, cacciarlo via.<br />

«Sorridete», disse la signora Goldstein. Flash.<br />

«E <strong>un</strong>’altra. Ivy…».<br />

Lei si costrinse a sorridere. Flash.<br />

Ivy cercò di non staccarsi troppo bruscamente <strong>da</strong> Gregory.<br />

Si ricor<strong>da</strong>va del sogno di Philip, su quel treno – il serpente<br />

d’argento – che voleva divorarla. Lui ti guar<strong>da</strong> sempre, aveva<br />

detto Philip, e quando ha paura lo sente, lo sente <strong>da</strong>ll’odore.<br />

Suzanne iniziò a tagliare la torta, e Ivy la passava ai vari<br />

invitati. Quando ne diede <strong>un</strong>a fetta a Gregory, lui la toccò<br />

leggermente sul polso e si rifiutò di prendere il piatto finché lei<br />

non lo guardò negli occhi.<br />

Dopo di lui toccava a Will. «Continuiamo a mancarci di <strong>un</strong><br />

soffio», le disse.<br />

Stava quasi per dirgli di prendere due piatti e di an<strong>da</strong>re ad<br />

aspettarla sotto il portico, ma poi vide Samantha, in piedi<br />

proprio dietro di lui.<br />

«La festa è grande», disse Ivy.<br />

Quindici minuti più tardi Ivy era seduta <strong>da</strong> sola su <strong>un</strong>a<br />

panchina a <strong>un</strong>a ventina di metri di distanza <strong>da</strong>l portico, e


mangiava la sua torta mentre guar<strong>da</strong>va Peppermint, il volpino<br />

di Suzanne. Il piccolo cane, che veniva regolarmente lavato,<br />

pettinato, curato con le attenzioni più amorevoli e condotto<br />

all’esterno solo a guinzaglio, era riuscito a fuggire per quella<br />

notte e tutto felice scavava buche nella fanghiglia. Ivy<br />

raggi<strong>un</strong>se il portico e iniziò ad accarezzare il cane.<br />

Un gruppo di ragazzi accalcati sotto il portico cominciarono<br />

a chiamare il cane, cercando di convincerlo a riprendere dei<br />

rametti, ma Peppermint era testar<strong>da</strong> come la sua padrona. Poi<br />

Ivy la chiamò piano. E quando si rese conto del suo errore era<br />

troppo tardi. Peppermint conosceva Ivy. Peppermint adorava<br />

Ivy. Peppermint adorava la torta. Corse verso di lei – per<br />

quanto glielo permettevano le sue piccole zampe – e si gettò in<br />

volo sul grembo di Ivy, poi le si arrampicò addosso con le sue<br />

zampette sporche di fango. Le posò le zampe anteriori sul<br />

petto, si alzò su quelle posteriori e cominciò a leccarle la<br />

faccia. Poi balzò giù e si scrollò per liberarsi di tutta l’acqua<br />

mista a fango che le bagnava il folto pelo.<br />

«Pep! Ehi!». Ivy si asciugò il volto, poi cercò di pulirsi i<br />

capelli. Il cane colse al volo l’occasione e ingurgitò tutta la<br />

torta di Ivy. «Pep, sei <strong>un</strong>a porcella!».<br />

Ivy sentì <strong>un</strong>o scoppio di risate vicino a lei. Will si catapultò<br />

sulla panchina vicina. «Peccato che non ci fosse la signora<br />

Goldstein con la macchina fotografica», disse.<br />

«Peccato che tu non abbia chiamato Peppermint prima di<br />

me», rispose Ivy.<br />

Will non riusciva a smettere di ridere. «Vi prendo dei<br />

tovaglioli», balbettò, «per te e per il cane».<br />

Fu di ritorno in <strong>un</strong> attimo e riportò <strong>un</strong>a pila di fazzoletti e<br />

salviettine. Seduto sulla panchina vicino a lei, Will pulì il cane<br />

mentre Ivy cercava invano di rimuovere la fanghiglia <strong>da</strong>lla<br />

gonna e <strong>da</strong>l top.<br />

«Forse faresti prima a buttarti nel fosso. Così saresti tutta di


<strong>un</strong> colore solo», disse Will.<br />

«Grande idea. Perché non ti butti prima tu e mi dici quant’è<br />

profondo?».<br />

Lui le sorrise, poi prese <strong>un</strong> fazzoletto pulito e le asciugò la<br />

guancia, proprio vicino all’orecchio.<br />

«Ce l’hai anche nei capelli», le disse.<br />

Lei sentiva le sue dita che le sollevavano delicatamente i<br />

capelli, cercando di togliere il fango. Rimase immobile.<br />

Quando lui scostò la mano, qualcosa nell’animo di Ivy si<br />

smosse. Voleva essere toccata ancora.<br />

Ivy abbassò lo sguardo in tutta fretta e si fissò la gonna.<br />

Attaccò ferocemente <strong>un</strong>a chiazza di fango. Poi Will posò<br />

Peppermint a terra, in mezzo a loro. Il cane finalmente pulito<br />

agitò la sua piccola co<strong>da</strong> per fargli le feste. «Scommetto che<br />

vorresti essere <strong>un</strong> tenero cucciolo come me».<br />

Ivy e Will si girarono di scatto e si chinarono<br />

contemporaneamente sul cane, sbattendo testa contro testa.<br />

«Ahi!».<br />

Will ricominciò a ridere. Si guar<strong>da</strong>rono negli occhi, ridendo<br />

forte, e non notarono se Peppermint avesse mosso la bocca<br />

quando “parlò” per la secon<strong>da</strong> volta.<br />

«Se tu fossi <strong>un</strong> tenero cucciolo come me, Will, potresti<br />

saltare addosso a Ivy».<br />

Era <strong>un</strong>a voce familiare, e Ivy si guardò intorno, alla ricerca<br />

di <strong>un</strong> sospetto bagliore viola.<br />

«Potresti ficcare la testa sotto le braccia di Ivy e farti<br />

coccolare. So che non desideri altro».<br />

Ivy lanciò <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata a Will, imbarazzata, ma lui<br />

non sembrava per niente in difficoltà. Fissava il cane, con la<br />

bocca contratta in <strong>un</strong> leggero sorriso. «Puoi anche mettere le<br />

parole in bocca a <strong>un</strong> cane, angelo», disse, «ma con me non<br />

f<strong>un</strong>ziona».<br />

«Non sei affatto divertente! Anche se hai <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> bel


sedere», aggi<strong>un</strong>se Lacey.<br />

«Pensavo fosse <strong>un</strong> sedere fantastico», disse Will.<br />

Lacey scoppiò a ridere. Ivy finalmente la vide, proprio<br />

dietro di loro. A quanto pareva era in grado di proiettare la sua<br />

voce. Adesso il soffice bagliore viola si spostò <strong>da</strong>vanti a loro.<br />

«Si chiama Lacey», disse Ivy a Will.<br />

«Voi due mi avete deluso», disse Lacey. «Continuo ad<br />

aspettare che si accen<strong>da</strong> la passione, ma voi la tirate per le<br />

l<strong>un</strong>ghe, non vi decidete mai. Come coppia, vi meritate <strong>un</strong> bello<br />

zero in pagella. Quasi quasi raggi<strong>un</strong>go i tizi fermi sotto il<br />

portico».<br />

Will alzò le spalle. «Vai, divertiti».<br />

«Qualcosa mi dice che Peppermint non sarà l’<strong>un</strong>ica a finire<br />

nel fango stanotte», disse Ivy a voce bassa.<br />

Il bagliore viola si allontanò rapi<strong>da</strong>mente. «È<br />

impressionante quanto la pensiamo allo stesso modo, tipa»,<br />

disse Lacey. «Ma il fatto è che Tristan è ancora nell’oscurità,<br />

perciò probabilmente stasera mi comporterò come si deve.<br />

Senza di lui intorno a rompermi le scatole, non mi diverto allo<br />

stesso modo».<br />

Ivy fece <strong>un</strong> piccolo sorriso.<br />

«Vedi, lui manca anche a me», disse Lacey. Per <strong>un</strong><br />

momento Ivy ebbe l’impressione che la sua voce fosse<br />

leggermente diversa <strong>da</strong>l solito. Aveva <strong>un</strong>’intonazione gioiosa,<br />

<strong>da</strong> ragazzina felice. Poi riprese il solito tono tragico: «Ooops,<br />

eccola che arriva. Attenzione, dieci metri, dietro di voi – <strong>un</strong>a<br />

pollastrella con la P maiuscola. Vi saluto, ragazzi».<br />

Ma Lacey non se ne andò subito. «Mamma, sono an<strong>da</strong>ta a<br />

nuotare! Mi sono divertita così tanto!», disse Peppermint a<br />

voce abbastanza alta perché Suzanne la udisse.<br />

Il bagliore viola scivolò via quando Suzanne raggi<strong>un</strong>se il<br />

portico.<br />

«Pep! Oh, Pep!». Si accorse del pelo bagnato della


cagnolina. «Cattiva. Guar<strong>da</strong> che ti rimetto nella tua cuccia».<br />

Poi vide la gonna e il top di Ivy terribilmente macchiati di<br />

fango. «Ivy!».<br />

«Hai intenzione di mettere anche me nella cuccia?», chiese<br />

Ivy.<br />

Will scoppiò a ridere.<br />

Suzanne scosse la testa. «Mi dispiace. Cattiva!».<br />

Peppermint abbassò la testa, contrita, finché Suzanne non si<br />

voltò per guar<strong>da</strong>re Ivy. Poi il cane rialzò subito il muso e<br />

ricominciò ad agitare la co<strong>da</strong>.<br />

«È colpa mia», disse Ivy. «Ho chiamato Peppermint mentre<br />

stava giocando nel fango. Non è niente – ho solo bisogno di <strong>un</strong><br />

po’ di sapone».<br />

«Te lo vado a prendere», disse Suzanne.<br />

«No, va tutto bene», rispose Ivy, ridendo. «So dov’è». Si<br />

alzò in piedi.<br />

«Se vuoi buttare i vestiti in lavatrice», le disse Suzanne,<br />

«mettiti qualcosa di mio. Ricor<strong>da</strong>, i vestiti puliti…».<br />

«Sono tutti quelli che non sono per terra», dissero<br />

contemporaneamente, e scoppiarono a ridere.<br />

Ivy si diresse verso la casa e sentì Suzanne che chiedeva a<br />

Will come aveva fatto a fare quella voce <strong>da</strong> cane. Stava ancora<br />

sorridendo tra sé quando entrò in casa. Percorse in fretta il<br />

corridoio, guar<strong>da</strong>ndosi intorno per vedere se Gregory era in<br />

agguato <strong>da</strong> qualche parte. Sperava proprio di non ritrovarselo<br />

<strong>da</strong>vanti in cima alle scale.<br />

Ivy si rilassò quando entrò nella camera di Suzanne, <strong>un</strong>a<br />

stanza in cui aveva passato innumerevoli pomeriggi a<br />

spettegolare, leggere riviste, truccarsi. La grande stanza era<br />

arre<strong>da</strong>ta con dei mobili di legno scuro e <strong>da</strong>ppertutto, <strong>da</strong> muro a<br />

muro, c’era la moquette di <strong>un</strong> bianco immacolato. Suzanne e<br />

Ivy dicevano sempre che l’<strong>un</strong>ico modo per tenere la stanza<br />

pulita era camminare sui vestiti. Ma quella sera Ivy si tolse le


scarpe. La stanza era tirata a lucido, con il copriletto di seta<br />

verde meticolosamente sistemato e solo <strong>un</strong>a camicetta leggera<br />

abbandonata <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte. Ivy si tolse la sua maglia macchiata,<br />

si infilò la maglietta senza sbottonarla, e si diresse verso il<br />

bagno di Suzanne.<br />

Il sapone fece meraviglie sul top lavorato a maglia.<br />

Compresse la maglietta in <strong>un</strong> asciugamano e poi l’appese su<br />

<strong>un</strong>a gruccia. Sistemò nella giusta posizione il phon, come<br />

Suzanne le aveva insegnato, lo accese alla massima potenza per<br />

asciugare il top e si dedicò alla gonna. Ivy, china sul lavandino,<br />

si era tirata su la gonna denim e la sfregava con tutta la forza<br />

che aveva, quando all’improvviso sentì l’aria cal<strong>da</strong> sulla<br />

schiena, e i capelli e la maglietta si sollevarono. Alzò subito lo<br />

sguardo.<br />

Nello specchio vide Gregory che le p<strong>un</strong>tava addosso il phon<br />

e rideva.<br />

Ivy si strinse nella maglietta come se fosse <strong>un</strong> cappotto. «È<br />

il top che deve essere asciugato, non il mio corpo», disse aspra.<br />

Gregory scoppiò a ridere, spense il phon e lo lasciò cadere,<br />

facendolo penzolare <strong>da</strong>l filo.<br />

«Sto perdendo la pazienza», disse.<br />

Ivy lo fissò con gli occhi sgranati.<br />

«Mi sto stancando di <strong>da</strong>rti la caccia», disse.<br />

Lei si morse le labbra. «Non so perché continui a provarci».<br />

Lui tirò indietro la testa, studiandola come se stesse<br />

prendendo <strong>un</strong>a decisione della massima importanza. Si spostò<br />

ancora più vicino a lei. Nel suo alito si sentiva forte l’odore<br />

dell’alcol. «Bugiar<strong>da</strong>», le sussurrò. «Tutti i ragazzi della festa ti<br />

<strong>da</strong>rebbero la caccia se ne avessero l’opport<strong>un</strong>ità».<br />

I pensieri di Ivy si inseguivano veloci. Quanto aveva bevuto<br />

Gregory? A che gioco stava giocando?<br />

Il suo braccio la circondò. Ivy combatté la sensazione di<br />

panico crescente che montava dentro al suo animo. Non poteva


in ness<strong>un</strong> modo sfuggirgli, perciò ricambiò piano l’abbraccio,<br />

cercando di trascinarlo via <strong>da</strong>l bagno isolato. Aveva lasciato la<br />

porta della stanza aperta, e se fosse riuscita ad arrivare in <strong>un</strong><br />

p<strong>un</strong>to in cui qualc<strong>un</strong> altro avrebbe potuto vederli o sentirli…<br />

Ma lui la spinse senza alc<strong>un</strong>a difficoltà dentro la stanza <strong>da</strong><br />

letto. E Ivy vide che la porta che <strong>da</strong>va sul corridoio era stata<br />

chiusa. Gregory iniziò a spingerla verso il letto.<br />

Non può uccidermi, non qui, pensò mentre veniva spinta<br />

indietro. Sarebbe troppo facile risalire a lui. Fece <strong>un</strong> altro passo<br />

indietro. Le sue impronte digitali sono sul phon e sulla porta, si<br />

ricordò, indietreggiando ancora e ancora. E qualc<strong>un</strong>o potrebbe<br />

entrare in qualsiasi momento, si disse. Gregory era così vicino<br />

che lei non riusciva nemmeno a vederlo bene in faccia.<br />

Ivy cadde sul letto e alzò lo sguardo per fissarlo. Gli occhi<br />

di Gregory erano simili a due carboni ardenti. Le guance erano<br />

rosse, infuocate. È troppo furbo per tirare fuori <strong>un</strong>a pistola,<br />

pensò. Più probabile che mi faccia inghiottire <strong>un</strong>a pasticca.<br />

E poi Gregory le fu sopra. Ivy lottò contro di lui. Gregory<br />

derise i suoi sforzi mentre lei si dimenava, e poi si lasciò<br />

sfuggire <strong>un</strong> debole gemito. «Ti amo», disse.<br />

Ivy rimase immobile, e Gregory sollevò la testa, fissandola,<br />

con gli occhi accesi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a strana luce. «Ti voglio. Ti desidero<br />

<strong>da</strong> tantissimo tempo».<br />

Era <strong>un</strong>a specie di terribile, spietato scherzo?<br />

«Tu sai delle cose su di me», disse piano Gregory, «ma tu<br />

mi ami, non è vero, Ivy? Non faresti mai nulla per ferirmi».<br />

Il suo ego era <strong>da</strong>vvero così immenso? Era folle fino a quel<br />

p<strong>un</strong>to? No, pensò, è solo <strong>un</strong> avvertimento.<br />

Le posò la mano sul collo. Le sfregò il pollice contro la<br />

gola, poi premette forte, sulla vena. Un sorriso gli illuminò il<br />

volto. «Cosa ti avevo detto? Sangue veloce e caldo», disse. Poi<br />

le tolse la mano <strong>da</strong>lla gola e lentamente accarezzò il bordo<br />

della maglietta sbottonata. Le si accapponò la pelle.


«Pelle d’oca», disse lui. Sembrava compiaciuto. «Se fra <strong>un</strong><br />

mese non riuscirò più a farti venire la pelle d’oca quando ti<br />

sfioro, se non perderai più la testa quando ti bacio, allora capirò<br />

che non provi più quello che provi adesso».<br />

Ci credeva <strong>da</strong>vvero!<br />

«E sarebbe <strong>un</strong> vero peccato», disse, continuando a sfiorarle<br />

il bordo della camicetta. «A quel p<strong>un</strong>to dovrei trovare <strong>un</strong> modo<br />

per risolvere la questione». Si lasciò cadere pesantemente su di<br />

lei e premette con forza la bocca contro la sua.<br />

Stai al gioco, si disse Ivy. Gioca, se vuoi rimanere in vita.<br />

Angeli, dove siete? Ricambiò il suo bacio, anche se ogni fibra<br />

del suo corpo urlava, protestava. La baciò di nuovo. Oh, angeli,<br />

aiutatemi! I baci di Gregory si fecero sempre più ardenti,<br />

insistenti.<br />

Lei lo spinse via con forza, prendendolo di sorpresa. Riuscì<br />

a scansarlo quel tanto che bastava per rotolare via <strong>da</strong>l letto. Ma<br />

poi non riuscì a vincere i conati, e vomitò sul tappeto.<br />

Quando finì di rimettere, si voltò per fissare Gregory,<br />

asciugandosi la bocca con <strong>un</strong>a mano, mentre con l’altra si<br />

appoggiava a <strong>un</strong>a sedia per non cadere. Si accorse che sul volto<br />

di Gregory adesso c’era <strong>un</strong>’espressione completamente diversa.<br />

Aveva capito. Il velo di menzogne era stato sollevato, e non era<br />

più possibile fingere. Aveva visto esattamente cosa Ivy<br />

provava per lui. E i suoi occhi mostravano con esattezza cosa<br />

Gregory provava per lei.<br />

Prima che potessero dire qualcosa, la porta della stanza si<br />

spalancò. Suzanne era in piedi sulla soglia. «Mi ero accorta che<br />

eravate scomparsi», iniziò, e fissò il letto sfatto alle loro spalle.<br />

Poi notò il disastro sul tappeto. «Oh, Dio!».<br />

Ma Gregory era già pronto. «Ivy ha bevuto troppo», disse.<br />

«Non è vero. Non ho bevuto proprio niente!», ripose lei in<br />

fretta.<br />

«Non regge l’alcol», disse Gregory, raggi<strong>un</strong>gendo Suzanne,


all<strong>un</strong>gando <strong>un</strong>a mano verso di lei.<br />

Anche Ivy si mosse verso la sua amica. «Suzanne, per<br />

favore, ascoltami».<br />

«Ero preoccupato per lei e…».<br />

«Abbiamo parlato poco fa», le ricordò Ivy. «Abbiamo<br />

parlato poco fa… ti sembravo ubriaca?».<br />

Ma Suzanne la fissava con <strong>un</strong>’espressione assente.<br />

«Rispondimi!», le ordinò Ivy. Lo sguardo sperduto negli<br />

occhi di Suzanne la spaventava. La mente della sua amica era<br />

già stata avvelenata <strong>da</strong> quello che aveva visto.<br />

«Bella maglietta», osservò Suzanne. «Non riuscivi a trovare<br />

i bottoni?».<br />

Ivy se la chiuse immediatamente.<br />

«Sono salito per vedere se era tutto a posto», continuò<br />

Gregory, «e lei, sai…». Fece <strong>un</strong>a pausa come se fosse<br />

tremen<strong>da</strong>mente imbarazzato. «Mi è saltata addosso. Ma<br />

immagino che la cosa non ti sorpren<strong>da</strong> troppo».<br />

«Già», rispose Suzanne con <strong>un</strong> tono freddo, distaccato.<br />

«Suzanne», la implorò Ivy, «ascoltami. Siamo amiche <strong>da</strong><br />

così tanto tempo. Ti sei sempre fi<strong>da</strong>ta di me…».<br />

«Questa volta era bella decisa», disse Gregory. Poi si<br />

accigliò. «Forse è stata la sbronza».<br />

Questa volta?, pensò Ivy. «Te lo giuro, Suzanne, sta<br />

mentendo!».<br />

«L’hai baciato?», chiese Suzanne, con la voce che tremava.<br />

«L’hai baciato?». Fissò di nuovo il letto sfatto.<br />

«Lui ha baciato me!».<br />

«Ma che razza di amica sei?», urlò Suzanne. «Sappiamo<br />

tutte e due che sbavi per Gregory sin <strong>da</strong> quando è morto<br />

Tristan».<br />

«Ma è lui che mi…». Ivy con la co<strong>da</strong> dell’occhio intravide<br />

Gregory che la fissava, e si bloccò a metà frase.<br />

Sapeva che aveva perso quella battaglia.


Suzanne stava tremando così violentemente che non riusciva<br />

nemmeno a parlare. «Vattene», disse a voce bassa, roca.<br />

«Vattene, Ivy. E non tornare mai più».<br />

«Pulisco tutto e…».<br />

«Vattene! Vattene e basta», urlò Suzanne.<br />

Non c’era nulla <strong>da</strong> fare. Ivy lasciò la sua amica in lacrime,<br />

abbracciata a Gregory.


Capitolo 11<br />

Ivy non si chiese neppure come avrebbe fatto a tornare a<br />

casa. Si infilò nel bagno più giù l<strong>un</strong>go il corridoio e si lavò i<br />

denti con il dentifricio. Si abbottonò la camicetta, si ricompose,<br />

scese le scale, afferrò la borsetta e si precipitò fuori <strong>da</strong>lla casa.<br />

Ricacciò indietro le lacrime. Non voleva che Gregory<br />

potesse ascoltare delle voci su di lei che scappava di casa,<br />

sconvolta. Le tornarono in mente per l’ennesima volta le parole<br />

di Philip. «Se ne accorge se hai paura. Lo sente <strong>da</strong>ll’odore».<br />

Adesso Ivy era terrorizzata – sia per lei che per i suoi amici.<br />

Potevano imbattersi in qualc<strong>un</strong>o dei suoi segreti in qualsiasi<br />

momento. E l’ego di Gregory era così smisurato, ed era<br />

abbastanza fuori di testa <strong>da</strong> pensare di potersela cavare<br />

chiudendo il becco non solo a lei ma anche a Suzanne, a Will,<br />

persino a Beth.<br />

Ivy percorse in tutta fretta Lantern Road. Le case in quel<br />

quartiere erano molto distanziate, e non c’erano marciapiedi.<br />

Mancava più di <strong>un</strong> chilometro di oscurità prima dell’incrocio e<br />

altri tre prima di arrivare in città. L’<strong>un</strong>ica luce era quella<br />

palli<strong>da</strong> e gialla della l<strong>un</strong>a.<br />

«Angeli, restatemi accanto», pregò Ivy.<br />

Aveva coperto più o meno <strong>un</strong> terzo del percorso prima<br />

dell’incrocio quando i fanali di <strong>un</strong>a macchina la accecarono. Si<br />

allontanò <strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> e si gettò in mezzo a <strong>un</strong> cespuglio. La<br />

macchina la superò di qualche metro, poi inchiodò. Ivy si fece<br />

stra<strong>da</strong> in mezzo agli arbusti per nascondersi. L’uomo al volante<br />

spense tutte le luci, e Ivy riuscì a vedere la sagoma della<br />

macchina che si stagliava contro la l<strong>un</strong>a: <strong>un</strong>a Hon<strong>da</strong>. La<br />

macchina di Will.<br />

Lui uscì e si guardò intorno. «Ivy?».<br />

Lei avrebbe voluto uscire fuori, mettersi a correre, buttarsi<br />

tra le sue braccia, ma si trattenne.


«Ivy, se ci sei, dimmelo. Dimmi che stai bene».<br />

La sua mente vagliò tutte le possibilità. Cercava <strong>un</strong>a<br />

scappatoia, non voleva raccontargli tutta la tremen<strong>da</strong>,<br />

pericolosa verità.<br />

«Rispondimi. Stai bene? Lacey ha detto che eri nei guai.<br />

Dimmi se posso aiutarti in qualche modo». Persino sotto quella<br />

palli<strong>da</strong> luce, si vedeva chiaramente che era molto preoccupato.<br />

Voleva abbracciarlo, raccontargli tutto. Voleva correre <strong>da</strong> lui,<br />

sentire le sue braccia intorno al corpo, sentirsi finalmente al<br />

sicuro. Ma per il suo stesso bene non poteva – non poteva<br />

metterlo in pericolo. Le bruciavano gli occhi. Li chiuse e li<br />

riaprì diverse volte, poi sbucò fuori, in mezzo alla stra<strong>da</strong>.<br />

«Ivy», Will la chiamò in <strong>un</strong> sussurro.<br />

«Io… io stavo an<strong>da</strong>ndo a casa», disse lei.<br />

Lui guardò i rovi, il cespuglio in cui si era buttata. «Hai<br />

preso <strong>un</strong>a scorciatoia?»<br />

«Magari puoi <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>o strappo», disse lei piano.<br />

Will studiò il suo volto per <strong>un</strong> istante, poi silenziosamente le<br />

aprì la portiera. Dopo averla chiusa e aver abbassato la sicura,<br />

Ivy si appoggiò alla portiera, e finalmente si sentì al sicuro.<br />

Sarebbe stata al sicuro finché non avesse raggi<strong>un</strong>to la casa sulla<br />

collina.<br />

Will entrò <strong>da</strong>l lato del gui<strong>da</strong>tore. «Davvero vuoi an<strong>da</strong>re a<br />

casa?», chiese.<br />

Prima o poi, avrebbe dovuto farlo per forza. Lei annuì, ma<br />

Will non mise in moto.<br />

«Ivy, di che hai paura?».<br />

Lei scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. «Non lo so».<br />

Will le sfiorò delicatamente le mani. Ivy gli girò i palmi ed<br />

esaminò le chiazze che la trementina non aveva pulito. Poteva<br />

vedere le mani di Will anche con gli occhi chiusi. Le loro dita<br />

erano intrecciate, <strong>un</strong>ite in modo indissolubile, e quella stretta le<br />

<strong>da</strong>va forza.


«Voglio aiutarti», disse, «ma non posso farlo se non so cosa<br />

sta succedendo».<br />

Ivy si voltò.<br />

«Devi dirmi cosa sta succedendo», insitette.<br />

«Non posso, Will».<br />

«Cosa è successo quella notte alla stazione?», chiese lui.<br />

Ivy non rispose.<br />

«Devi ricor<strong>da</strong>rti qualcosa adesso. Devi avere <strong>un</strong>’idea anche<br />

vaga di quello che è successo. C’era qualc<strong>un</strong> altro là? Cos’è<br />

che ti ha spinto a tentare di attraversare i binari?».<br />

Lei scosse la testa senza dire niente.<br />

«Va bene», disse lui con <strong>un</strong> tono rassegnato. «Allora ho solo<br />

<strong>un</strong>’altra doman<strong>da</strong> per te. Sei innamorata di Gregory?».<br />

Ivy fu presa alla sprovvista, e voltò la testa di scatto verso di<br />

lui. Will la fissò negli occhi. Studiò attentamente tutto il suo<br />

volto. «Proprio quello che avevo bisogno di sapere», disse con<br />

calma.<br />

Cosa gli aveva fatto capire con il suo sguardo? Che odiava<br />

Gregory? O che si stava innamorando di Will?<br />

Gli lasciò la mano. «Per favore, riportami a casa», disse, e<br />

lui obbedì.<br />

«E adesso», disse <strong>un</strong>a voce rotta <strong>da</strong>ll’emozione, «torniamo<br />

al programma di oggi… Per amore di Ivy». La sigla di <strong>un</strong>a<br />

soap opera venne fischiettata ad alto volume – e anche<br />

abbastanza male, pensò Tristan.<br />

Anche Will la udì. Si guardò intorno: si trovava nella<br />

camera oscura della scuola, e già <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’ lavorava in<br />

completa solitudine. Vide il bagliore viola di Lacey. «Ancora<br />

tu», mormorò.<br />

Come sempre, Tristan pensò che era incredibilmente facile<br />

mettersi in sintonia con la mente di Will. Scivolò velocemente<br />

dentro di lui, in modo <strong>da</strong> poter com<strong>un</strong>icare


contemporaneamente con Will e Lacey.<br />

Will chiuse gli occhi. «Tristan?», disse ad alta voce.<br />

«Sì», mormorò lui. La musica <strong>da</strong> soap opera continuava<br />

incessante in sottofondo. «Sei stonata, Lacey», le disse Tristan.<br />

Il fischio cessò, e il bagliore viola si avvicinò a Will.<br />

Lui spostò in tutta fretta <strong>un</strong> rullino. «Puoi fare <strong>un</strong> passo<br />

indietro, per favore, Lacey? Rischi di sovraespormi la<br />

pellicola».<br />

«Be’, scusami!», rispose lei. «Allora voi due eroi senza<br />

macchia e senza paura non avete bisogno di me. Me ne vado».<br />

Fece <strong>un</strong>a pausa per <strong>da</strong>r loro tempo di fermarla. Ma ness<strong>un</strong>o<br />

disse nulla, e lei aggi<strong>un</strong>se: «Ma prima che me ne va<strong>da</strong>, lasciate<br />

che vi faccia <strong>un</strong> paio di domande. Chi è che ha richiamato il<br />

Rip van Winkle dei poveri <strong>da</strong>ll’oscurità? Se non fosse stato per<br />

me avremmo aspettato altri cento anni. Chi è che l’ha portato in<br />

questa camera oscura?»<br />

«Ti ho chiamato, Tristan», gli spiegò Will. «Ho bisogno del<br />

tuo aiuto».<br />

«Chi ha giocato a fare l’angelo custode alla festa di<br />

Suzanne?», continuò Lacey. «Chi è stato a dirti che Ivy era in<br />

guai grossi?»<br />

«Ivy era nei guai? Cosa è successo?», chiese Tristan.<br />

«Chi, ditemi, chi è che fa la segretaria in questa specie di<br />

pietoso fan club di Ivy?»<br />

«Ditemi cosa è successo», ordinò Tristan. «Ivy sta bene?»<br />

«Sì e no», rispose Will, poi raccontò a Tristan dell’incidente<br />

alla festa, includendo anche la versione dei fatti di Gregory.<br />

«Non so cosa sia successo <strong>da</strong>vvero», disse. «Ho rivisto Ivy più<br />

tardi, in mezzo alla stra<strong>da</strong>. Era sconvolta e si è rifiutata di<br />

parlare. La domenica è an<strong>da</strong>ta a lavorare, poi dritta filata <strong>da</strong><br />

Beth. A scuola oggi ha parlato solo con Beth ma non ha detto<br />

neppure a lei cosa è successo <strong>da</strong>vvero».<br />

«Lacey, tu non hai visto nulla?», chiese Tristan.


«Scusate, stavo… ehm, stavo socializzando in quel<br />

momento».<br />

«Secondo te che stava facendo?», chiese Tristan.<br />

«Stava gettando nel fango le scarpe di fan ingrati», gli disse<br />

Will.<br />

«Stavo parlando di Ivy!», sbottò Tristan, ma era più<br />

arrabbiato con se stesso che con Will. Era già la secon<strong>da</strong> volta<br />

che Will rimaneva vicino a Ivy in <strong>un</strong> momento di difficoltà,<br />

mentre lui non c’era.<br />

«Ti ho chiamato…», iniziò Will.<br />

«E poi ha chiamato e chiamato», disse Lacey. «Gli ho detto<br />

che eri nell’oscurità. So che l’amore è cieco, ma a quanto<br />

sembra è anche sordo. Immagino che…».<br />

«Devi dirmi <strong>un</strong> po’ di cose, Tristan», la interruppe Will.<br />

«Devi dirmele adesso. Come faccio ad aiutare Ivy se non so<br />

cosa sta succedendo?»<br />

«Ma sai abbastanza», lo sfidò Tristan. «Molto più di quanto<br />

tu abbia confessato a Ivy». Iniziò a in<strong>da</strong>gare la mente di Will,<br />

ma venne subito cacciato indietro. «So bene che hai guar<strong>da</strong>to<br />

dentro la busta, Will», disse Tristan. «Ti stavo osservando<br />

quando hai tirato fuori la chiave».<br />

Will non parve sorpreso, non cercò di difendersi. Passò la<br />

pellicola in <strong>un</strong> contenitore. «Cosa apre la chiave?», chiese.<br />

«Pensavo che tu fossi già riuscito a scoprirlo», lo incalzò<br />

Tristan.<br />

«No».<br />

Tristan riprovò a in<strong>da</strong>gare i pensieri di Will, nascondendo<br />

completamente i suoi, muovendosi lentamente, con grande<br />

circospezione. Venne buttato fuori come <strong>un</strong> giocatore di<br />

hockey che viene spinto contro il muro.<br />

«Ok, ok, voi due, che succede?», chiese Lacey. «Hai la<br />

stessa espressione testar<strong>da</strong> di Tristan, Will. Te lo leggo in<br />

faccia».


«Mi sta bloccando fuori <strong>da</strong>lla sua mente», lo accusò Tristan.<br />

«Come se tu non avessi fatto lo stesso con me», replicò Will<br />

con astio. «Prima mi fai correre come <strong>un</strong> pazzo giù <strong>da</strong>lla<br />

collina per salvare la vita di Ivy. Io ti permetto di prendere il<br />

controllo. Vado con te, ti seguo ov<strong>un</strong>que tu va<strong>da</strong>, faccio quello<br />

che tu mi dici di fare, e trovo Ivy con <strong>un</strong>a busta in testa. E c’è<br />

anche Gregory, con <strong>un</strong>a strana scusa, ma tu ti rifiuti di<br />

spiegarmi che succede».<br />

Will abbassò il recipiente e si mise a camminare su e giù per<br />

la stanza, sollevando e poi riabbassando subito filtri, marcatori,<br />

risme di carta. «Mi fai parlare per conto tuo. Mi costringi a<br />

ballare con lei, fai in modo che io la avverta del pericolo e le<br />

dica che la ami». La voce di Will aveva iniziato a tremare<br />

leggermente. «Ma non mi dici nulla, non mi spieghi cosa sta<br />

succedendo».<br />

Ivy non me lo permetterà, pensò Tristan, ma sapeva che non<br />

era solo quello il motivo. Non gli piaceva il fatto che lui avesse<br />

bisogno di Will, e non gli piaceva il modo in cui Will stava<br />

prendendo in pugno la situazione.<br />

«Odio questa roba del controllo della mente», proseguì Will,<br />

pieno di rabbia. «Non mi piace che cerchi di leggermi nella<br />

mente. Se vuoi sapere qualcosa, basta che me la chiedi».<br />

«Quello che voglio sapere», disse Tristan, «è come diavolo<br />

faccio a fi<strong>da</strong>rmi di te. Sei amico di Gregory…».<br />

«Oh, perché non crescete, voi due!», li interruppe Lacey.<br />

«Non mi piace il controllo della mente. Come faccio a fi<strong>da</strong>rmi<br />

di te. Puah!», li prese in giro. «Per favore, non annoiatemi a<br />

morte con i vostri battibecchi. Tutti e due siete innamorati di<br />

Ivy, ed è solo questo il motivo per cui vi tenete i vostri stupidi<br />

segreti e continuate a bisticciare come due bambini dell’asilo».<br />

«Tu sei innamorato di lei, Will?», gli chiese a bruciapelo<br />

Tristan.<br />

Si accorse che Will stava riflettendo, cercava di evadere la


doman<strong>da</strong>.<br />

Will riprese il contenitore del rullino e se lo passò <strong>da</strong> <strong>un</strong>a<br />

mano all’altra. «Sto solo cercando di fare quello che è meglio<br />

per lei», disse alla fine.<br />

«Non hai risposto alla mia doman<strong>da</strong>».<br />

«Non riesco a capire che importanza possa avere», ribatté<br />

Will. «Tu c’eri quando ho ballato con lei. Hai sentito quello<br />

che ha detto Ivy. Sappiamo entrambi che non amerà mai<br />

ness<strong>un</strong>o come ama te».<br />

«Sappiamo entrambi che tu speri non sia vero», rispose<br />

Tristan.<br />

Will buttò il contenitore sul tavolino. «Ho del lavoro <strong>da</strong><br />

fare».<br />

«Anch’io», disse Tristan, e uscì <strong>da</strong>lla sua mente prima di<br />

esserne sbattuto fuori.<br />

Sapeva che prima o poi Ivy avrebbe amato <strong>un</strong> altro ragazzo,<br />

e quel ragazzo poteva benissimo essere Will. Ma se proprio<br />

doveva lasciarla nelle mani di Will, aveva intenzione di<br />

controllare che fosse <strong>un</strong> tipo a posto. Voleva studiarlo a fondo,<br />

prima.<br />

Quando Tristan uscì <strong>da</strong>lla camera oscura sentì la voce di<br />

Lacey, con il solito tono <strong>da</strong> soap opera: «E così i nostri due eroi<br />

si allontanano», disse, «accecati <strong>da</strong>ll’amore, non ascoltano i<br />

consigli della saggia e bellissima Lacey» – fischiettò per<br />

qualche secondo – «che, d’altro canto, deve fare i conti con i<br />

propri problemi di cuore. Ma a chi importa di Lacey?», chiese<br />

con voce triste. «A chi importa di Lacey?».


Capitolo 12<br />

Ivy era al tavolo della cucina e studiava i moduli che aveva<br />

appena tirato fuori <strong>da</strong> <strong>un</strong>a busta marrone – i fogli per<br />

l’adozione di Philip. Dall’altra parte del tavolo, suo fratello e il<br />

suo migliore amico, Sammy, stavano ficcando i cucchiai dentro<br />

il barattolo di burro di arachidi.<br />

Sammy era <strong>un</strong> ragazzino basso e buffo, con dei capelli di <strong>un</strong><br />

rosso brillante sparati dritti in aria e folti come erba su <strong>un</strong><br />

prato. Ivy si accorse che la stava fissando. Poi vide che faceva<br />

<strong>un</strong> cenno a Philip. «Chiediglielo. Dai, chiediglielo».<br />

«Cosa devi chiedermi?»<br />

«Sammy vuole incontrare Tristan», disse Philip. «Ma io non<br />

riesco a farlo venire qui. Tu sai dov’è?».<br />

Ivy si guardò istintivamente alle spalle, ma Philip la<br />

tranquillizzò. «Va tutto bene. Mamma è di sopra, e adesso<br />

Gregory non ha problemi a sentir parlare di angeli».<br />

«Davvero?», gli chiese Ivy, sorpresa.<br />

Philip annuì.<br />

«Io voglio <strong>da</strong>vvero vedere <strong>un</strong> angelo», disse Sammy, tirando<br />

fuori <strong>un</strong>a macchina fotografica <strong>da</strong> <strong>un</strong>o zaino malconcio.<br />

Ivy sorrise. «Penso che Tristan si stia riposando adesso»,<br />

disse, poi si voltò verso Philip. «Ma di che tipo di angeli avete<br />

parlato tu e Gregory?»<br />

«Mi ha chiesto di Tristan».<br />

«Cosa voleva sapere, esattamente?», gli chiese Ivy.<br />

Sospettava già che l’incidente del treno fosse <strong>un</strong> vero incubo<br />

che torturava Gregory. In fin dei conti, sarebbe stato<br />

assolutamente impossibile per Philip arrivare così in fretta alla<br />

stazione senza essere aiutato <strong>da</strong> qualc<strong>un</strong>o. Ma Gregory sapeva<br />

che stava affrontando qualcosa di troppo grande per lui, <strong>un</strong><br />

avversario che non era solo <strong>un</strong>a persona?<br />

«Mi ha chiesto che aspetto ha Tristan», le disse Philip. «E


come faccio a sapere quando c’è anche lui».<br />

«E come si fa a farlo arrivare», disse Sammy. «Ricor<strong>da</strong>telo,<br />

ti ha chiesto anche questo».<br />

«Voleva sapere se tu hai mai parlato con Tristan», aggi<strong>un</strong>se<br />

Philip.<br />

Ivy posò la busta sul tavolo. «Quando avete fatto tutti questi<br />

discorsi?»<br />

«Ieri notte», ripose suo fratello, «mentre giocavamo sulla<br />

casa sull’albero».<br />

Ivy si accigliò. Non le piaceva l’idea che Gregory giocasse<br />

con Philip lassù. Era già successo <strong>un</strong> incidente nel corso<br />

dell’estate.<br />

Fissò la doman<strong>da</strong> di adozione. Andrew non aveva detto a<br />

Gregory che aveva intenzione di nominare Philip suo legittimo<br />

erede. Ivy si chiese se Andrew avesse le stesse paure che<br />

nutriva lei.<br />

«Secondo te quand’è che Tristan si risveglierà <strong>da</strong>l suo<br />

pisolino?», chiese Sammy.<br />

«Non lo so <strong>da</strong>vvero», rispose Ivy.<br />

«Ho <strong>un</strong>a torcia, nel caso in cui lo avvisti di notte», le disse.<br />

«Ottima idea», disse Ivy con <strong>un</strong> sorriso. Osservò i due<br />

ragazzi che leccavano il burro di arachidi <strong>da</strong>i loro cucchiai per<br />

poi correre subito fuori.<br />

Dopo quel sabato notte aveva cercato disperatamente di<br />

raggi<strong>un</strong>gere Tristan. A scuola giravano le voci più strane sulla<br />

festa. Lei e Gregory erano riusciti a evitarsi nei corridoi. E Ivy<br />

si era tenuta alla larga anche <strong>da</strong> Suzanne, ma mentre Gregory la<br />

ignorava quando la incrociava, Suzanne ogni volta le mostrava<br />

teatralmente il suo disprezzo. Tutti avevano capito che era<br />

furiosa con Ivy.<br />

Perciò, quando Beth le disse che Gregory e Suzanne<br />

sarebbero an<strong>da</strong>ti alla partita di football quel pomeriggio, Ivy fu<br />

immensamente sollevata. Aveva dormito poco nelle ultime due


notti, e adesso poteva finalmente riposarsi, sapendo che non<br />

doveva temere incursioni notturne <strong>da</strong> parte di Gregory. Anche<br />

se ora teneva sempre chiusa a chiave la porta, non si sentiva<br />

mai <strong>da</strong>vvero al sicuro.<br />

Infilò la busta e i moduli in mezzo al mucchio di libri di<br />

scuola e stava quasi per an<strong>da</strong>re di sopra quando sentì <strong>un</strong>a<br />

macchina che parcheggiava sul retro. Sembrava proprio la<br />

BMW di Gregory. Il suo primo istinto fu quello di mettersi a<br />

correre, di barricarsi in camera, ma non voleva che Gregory<br />

pensasse che aveva paura di lui. Si mise a sedere, aprì il<br />

giornale e si chinò sul tavolo, facendo finta di leggere. La porta<br />

della cucina era spalancata, e Ivy sentì immediatamente il<br />

profumo. «Suzanne».<br />

Suzanne rispose con <strong>un</strong>’occhiataccia.<br />

«Ciao», disse Gregory. Il suo tono non era né freddo né<br />

amichevole, e la sua espressione era indecifrabile – ma pronta<br />

ad accendersi in <strong>un</strong> sorriso non appena qualc<strong>un</strong> altro avesse<br />

varcato la porta. Suzanne continuava a fissare Ivy con <strong>un</strong>o<br />

sguardo gelido.<br />

«Ma che sorpresa», disse Ivy. «Beth mi aveva detto che<br />

sareste an<strong>da</strong>ti a vedere la partita».<br />

«Suzanne si stava annoiando, e io dovevo prendere <strong>un</strong>a<br />

cosa», le disse Gregory. Diede la schiena a Ivy, si avvicinò alla<br />

credenza, e tirò fuori <strong>un</strong>a capiente tazza di rame. «Perché non<br />

le prendi <strong>da</strong> bere?», le chiese, e le passò la tazza.<br />

«Certo». Gregory uscì in tutta fretta.<br />

Ivy diede <strong>un</strong>’occhiata nel frigo. «Scusa, non abbiamo niente<br />

di freddo», disse a Suzanne.<br />

Suzanne non aprì bocca.<br />

A parte te, si disse Ivy, poi si chinò per prendere <strong>un</strong>a<br />

bottiglia sotto il lavello. Si chiese perché mai Gregory le avesse<br />

lasciate sole. Forse in quel momento se ne stava fuori <strong>da</strong>lla<br />

porta, e aspettava di sentire cosa si sarebbero dette. Forse era


solo <strong>un</strong> test per controllare se Ivy aveva in mente di rivelare a<br />

Suzanne cosa <strong>da</strong>vvero sapeva di lui.<br />

«Come va?», chiese Ivy.<br />

«Bene».<br />

Una risposta molto sintetica, ma almeno era <strong>un</strong> inizio. Ivy<br />

lasciò cadere qualche cubetto di ghiaccio nella so<strong>da</strong> e passò il<br />

bicchiere a Suzanne. «A scuola <strong>un</strong> sacco di gente parla della<br />

tua festa. Si sono divertiti tutti».<br />

«Sì, sia al piano terra che al piano di sopra, dove ci sono le<br />

stanze <strong>da</strong> letto».<br />

Ivy rimase in silenzio.<br />

«E la tua sbronza?», le chiese Suzanne.<br />

«Non mi sono sbronzata», le disse Ivy.<br />

«Oh, giusto, ti sei liberata subito di tutto l’alcol».<br />

Ivy si morse il labbro.<br />

«Non ho potuto dormire nella mia stanza sabato notte»,<br />

disse Suzanne, e si diresse verso la cucina, passandosi il<br />

bicchiere <strong>da</strong> <strong>un</strong>a mano all’altra.<br />

«Mi dispiace tanto, Suzanne. Davvero. Ma la verità è che io<br />

non avevo bevuto proprio niente», disse Ivy con voce ferma.<br />

«Vorrei crederti». A Suzanne tremavano le labbra. «Vorrei<br />

che tu e Gregory poteste dirmi che mi sono sognata tutto».<br />

«Sai che lui non lo farà mai. E io nemmeno».<br />

Suzanne annuì e abbassò la testa. «So che tutte le ragazze<br />

piangono quando <strong>un</strong>a storia finisce. Ma non avrei mai creduto<br />

di dover tirare fuori i fazzoletti per te. Perché la nostra storia<br />

finisce qui».<br />

«Conosci me <strong>da</strong> prima di qualsiasi altro ragazzo», rispose<br />

subito Ivy. «Ti sei fi<strong>da</strong>ta di me per dieci anni. Adesso il primo<br />

che ti dice due paroline riesce a convincerti a non fi<strong>da</strong>rti più di<br />

me».<br />

«Ma ti ho vista con i miei occhi!».<br />

«Cosa hai visto?», Ivy stava quasi urlando. «Hai visto ciò


che lui voleva mostrarti, quello che lui ti ha raccontato. Come<br />

posso convincerti che…».<br />

«Come? Smettila di provarci con il mio ragazzo, ecco come!<br />

Tieni quelle tue maledette mani a posto!». Suzanne bevve <strong>un</strong><br />

l<strong>un</strong>go sorso. «Ti stai rendendo ridicola, Ivy, e il peggio è che lo<br />

fai a mie spese».<br />

«Suzanne, perché non riesci ad ammettere che è almeno<br />

possibile che sia stato Gregory a provarci con me?»<br />

«Bugiar<strong>da</strong>», disse Suzanne. «Non mi fiderò mai più di te».<br />

Bevve <strong>un</strong> altro sorso di so<strong>da</strong>, infuriata, lasciando <strong>un</strong> alone di<br />

rossetto sul metallo scintillante. «Ti avevo avvertita, Ivy. Ma tu<br />

non mi hai <strong>da</strong>to ascolto. Evidentemente non tenevi abbastanza<br />

a me».<br />

«Tengo a te più di quanto tu non sappia», disse Ivy, facendo<br />

<strong>un</strong> passo verso Suzanne.<br />

Suzanne si voltò di scatto. «Di’ a Gregory che sono sul<br />

patio», disse uscendo <strong>da</strong>lla porta della cucina.<br />

Ivy la lasciò an<strong>da</strong>re. È inutile, pensò. Gregory ha avvelenato<br />

la sua mente. Ricacciando indietro le lacrime, Uscì di corsa<br />

<strong>da</strong>lla cucina, verso le scale. Andò a sbattere contro Gregory e<br />

lo spintonò via. Non perse tempo a dirgli dove era an<strong>da</strong>ta<br />

Suzanne. Era sicura che lui avesse sentito ogni singola parola.<br />

Ivy non si fermò neppure per riprendere fiato finché non<br />

raggi<strong>un</strong>se la stanza della musica. Chiuse con forza la porta e si<br />

appoggiò di schiena allo stipite. Mantieni la calma, si disse,<br />

mantieni la calma.<br />

Ma non riusciva a smettere di tremare. Aveva perso tutte le<br />

speranze di vincere contro Gregory. Aveva bisogno di aiuto, di<br />

qualc<strong>un</strong>o che le dicesse che sarebbe an<strong>da</strong>to tutto bene. Le tornò<br />

in mente il giorno in cui Will l’aveva riaccompagnata a casa<br />

<strong>da</strong>lla stazione: lui le aveva creduto, e le aveva anche <strong>da</strong>to la<br />

sicurezza e l’appoggio di cui aveva bisogno per credere in se<br />

stessa.


«Troverò Will», disse ad alta voce, poi si voltò verso la<br />

porta e fu sorpresa di vedere la scintillante luce dorata.<br />

«Tristan!».<br />

La sua luce dorata la circondò. «Sì, Tristan», disse, e adesso<br />

era dentro la sua mente.<br />

«Stai bene? Dove sei stato?», le chiese silenziosamente Ivy.<br />

«Sei stato via così a l<strong>un</strong>go questa volta. Sono successe<br />

tantissime cose <strong>da</strong> quando sei caduto nell’oscurità».<br />

«Lo so», rispose Tristan. «Will e Lacey mi hanno detto<br />

tutto».<br />

«Ti hanno detto di Suzanne? Lei pensa… crede a tutto<br />

quello che le dice Gregory, e adesso mi odia, è…». Il fiume di<br />

lacrime era irrefrenabile.<br />

«Shh, Ivy, shh. So tutto di Suzanne», le disse Tristan. «E mi<br />

dispiace, ma adesso non puoi pensare a lei. Devi scor<strong>da</strong>rtela. Ci<br />

sono <strong>un</strong> sacco di cose più importanti…».<br />

«Scor<strong>da</strong>rmela?». Le lacrime divennero gocce di rabbia, e<br />

Ivy si mise a parlare ad alta voce. «Ma Gregory vuole ferirmi<br />

in tutti i modi possibili!».<br />

«Ivy, parla con il pensiero», le ricordò velocemente Tristan.<br />

«So che non è facile per te…».<br />

«Tu non sai proprio niente! Non capisci come mi sento»,<br />

disse Ivy, mettendosi a sedere sullo sgabello del piano. Passò in<br />

fretta le dita sui tasti.<br />

«Stammi a sentire, Ivy. Ho scoperto <strong>un</strong>a cosa che devi<br />

assolutamente sapere».<br />

«Non posso continuare a perdere le persone che mi sono<br />

care», disse lei.<br />

«C’è <strong>un</strong>a cosa di cui devo parlarti», insistette Tristan.<br />

«Prima ho perso te, adesso Suzanne, e…».<br />

«Will», disse lui.<br />

«Will?». Il tono di Tristan, basso e deciso, la mise in<br />

allarme. «Che c’entra Will?», chiese lei, incrociando le braccia.


«Non puoi fi<strong>da</strong>rti di lui».<br />

«Ma io mi fido di lui», rispose Ivy, fermamente decisa a non<br />

cambiare idea su quel p<strong>un</strong>to.<br />

«Ho appena perquisito casa sua», le disse Tristan.<br />

«Perquisito?»<br />

«E ho trovato delle cosette interessanti», aggi<strong>un</strong>se.<br />

«Tipo?», domandò lei.<br />

«Dei libri sugli angeli. Una copia delle chiavi di Caroline».<br />

«Be’, che ti aspettavi?», chiese Ivy. «Certo che ha dei libri<br />

sugli angeli. Sta cercando di capire cosa sei tu, esattamente, e<br />

perché sei tornato. E sappiamo entrambi che la curiosità<br />

l’aveva spinto a frugare nella busta che conteneva le chiavi.<br />

Avrei fatto la stessa cosa se fossi stata in lui», aggi<strong>un</strong>se, sulla<br />

difensiva.<br />

«C’era anche <strong>un</strong>a copia del racconto di Beth», disse Tristan.<br />

«Quello sulla donna che si suici<strong>da</strong>, quello che ha letto per il<br />

corso di recitazione il mese prima che Caroline morisse. Te lo<br />

ricordi?».<br />

Ivy annuì lentamente. «La donna distrusse le fotografie del<br />

suo amore insieme alla sua nuova compagna, lasciandole<br />

sparse come suo ultimo messaggio prima di spararsi».<br />

«Proprio come Caroline ha distrutto le foto di Andrew e di<br />

tua madre», disse Tristan.<br />

Ivy aveva già riflettuto sulla strana somiglianza tra il<br />

racconto di Beth e il rapporto della polizia. Aveva concluso che<br />

fosse <strong>un</strong> altro esempio dell’inquietante capacità della sua amica<br />

di predire gli avvenimenti, ma adesso capiva che forse Gregory<br />

aveva preso l’idea <strong>da</strong> Beth.<br />

«E c’è anche <strong>un</strong> ritaglio dell’articolo sulla ragazza a<br />

Ridgefield», proseguì Tristan. «Quella che è stata assalita<br />

proprio dopo di te, con le stesse identiche mo<strong>da</strong>lità. Ha<br />

f<strong>un</strong>zionato, ti ricordi? Il modus operandi ha convinto tutti che<br />

si trattasse di <strong>un</strong>a serie di crimini collegati, commessi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a


persona che non ti conosceva direttamente».<br />

Ivy si prese la testa tra le mani, ripensando a quella ragazza.<br />

«Che vuoi dire?», chiese alla fine. «Che Will ha capito<br />

molto più di quanto noi pensassimo? Ne sono felice. Volevo<br />

proteggerlo, ma adesso non c’è più ragione per escluderlo».<br />

«Invece c’è <strong>un</strong>a ragione», ripose subito Tristan. «Will ha<br />

anche qualcos’altro. Il giubbotto e il cappello».<br />

Ivy alzò la testa di scatto. Come aveva fatto a procurarsi gli<br />

abiti? Sapeva che erano delle prove della massima importanza?<br />

Perché non le aveva detto nulla?<br />

«Oh, sa bene che sono molto importanti», Tristan rispose ai<br />

suoi pensieri. «Erano scrupolosamente avvolti dentro buste di<br />

plastica e ben nascosti».<br />

«Ma io non gli ho mai detto cosa ho visto. Non gli ho mai<br />

detto cos’è stato a spingermi ad attraversare i binari, e quella<br />

storia non è mai stata divulgata».<br />

«Perciò o lui c’entra in qualche modo o…».<br />

«No!», disse Ivy.<br />

«…o in qualche modo ha capito tutto. Forse Eric gli ha<br />

raccontato qualcosa. In ogni caso, non ci ha detto tutto quello<br />

che sa». Ivy ripensò a quel giorno alla stazione quando<br />

avevano trovato Eric che esaminava il canale di scolo vicino<br />

alla stra<strong>da</strong>. Allora Will stava fingendo con Eric… o con lei.<br />

Si tirò a sedere, appoggiando la mano sul piano.<br />

«Ivy?».<br />

Lei spinse mentalmente <strong>da</strong> parte Tristan e andò alla finestra.<br />

Piegò le ginocchia e appoggiò braccia e mento sul <strong>da</strong>vanzale.<br />

«Ivy, parlami. Non cacciarmi via».<br />

«Sta solo cercando di aiutarci», disse Ivy. «Sono sicura che<br />

non ci sia nient’altro».<br />

«Com’è possibile che voglia aiutarci se ci sta nascondendo<br />

delle cose?»<br />

«Perché pensa che sia la cosa giusta <strong>da</strong> fare», rispose, anche


se sapeva che non aveva alc<strong>un</strong> senso. «Lo conosco. Mi fido di<br />

lui».<br />

«Suzanne si fi<strong>da</strong> di Gregory», ribatté Tristan.<br />

«Ma non è la stessa cosa!», sbottò Ivy, cacciando fuori<br />

Tristan <strong>un</strong>a volta per tutte. «Non è la stessa cosa!».<br />

Aveva urlato, e per <strong>un</strong> momento pensò di udire la sua stessa<br />

eco dentro la stanza. Poi capì che l’urlo veniva <strong>da</strong> sotto.<br />

Suzanne stava gri<strong>da</strong>ndo. Ivy sentì la voce di Gregory che<br />

copriva quella di Suzanne. Scese di corsa nella sua camera <strong>da</strong><br />

letto e attraversò il corridoio del secondo piano fino a<br />

raggi<strong>un</strong>gere la scalinata posteriore. Suzanne stava salendo di<br />

corsa le strette scale, i l<strong>un</strong>ghi capelli neri le sobbalzavano sulle<br />

spalle, il volto pallido era madido di sudore. Stringeva con<br />

forza la tazza in cui Ivy le aveva versato la so<strong>da</strong>.<br />

Gregory la raggi<strong>un</strong>se. «Suzanne», disse, «devi <strong>da</strong>re a Ivy<br />

<strong>un</strong>a possibilità di spiegarsi».<br />

Suzanne gettò indietro la testa e rise forte, <strong>un</strong>a risata<br />

selvaggia che per poco non la fece cadere giù <strong>da</strong>lle scale. Poi<br />

guardò Ivy, e lei capì che era successo qualcosa di tremendo.<br />

«Non vedo l’ora», disse Suzanne. «Voglio proprio vedere<br />

cosa si inventerà questa volta».<br />

Suzanne passò la so<strong>da</strong> a Ivy, costringendola a prendere il<br />

bicchiere in mano. Poi aprì piano la mano sinistra chiusa a<br />

pugno. Stretta nel palmo su<strong>da</strong>to della sua amica, Ivy vide <strong>un</strong>a<br />

pillola arancione. Lanciò <strong>un</strong>’occhiata a Gregory, poi fissò di<br />

nuovo la pasticca.<br />

«Che cos’è?», chiese Suzanne. «Dimmi, cos’è questa cosa<br />

che ho trovato nel mio drink?»<br />

«Sembra <strong>un</strong>a compressa di vitamine», disse Ivy, circospetta.<br />

«Vitamine!». Suzanne fece <strong>un</strong>a risatina stridula, ma Ivy si<br />

accorse che aveva le lacrime agli occhi. «Vitamine. Cosa<br />

volevi fare, Ivy? Spedirmi a fare <strong>un</strong> bel viaggetto come ha fatto<br />

Eric? Sei pazza. Sei <strong>un</strong>a folle, paranoica strega fuori di testa».


Gettò la pasticca nella so<strong>da</strong>. «Ecco, rimettiamo le vitamine<br />

dove stavano. Adesso bevi, bevi fino all’ultima goccia».<br />

Ivy fissò la tazza color rame. Sapeva che era stato Gregory a<br />

organizzare la cosa, e sapeva anche che non era pericolosa, ma<br />

non poteva correre il rischio.<br />

«Ingoia», disse Suzanne, con le lacrime che le rigavano la<br />

faccia. «Ingoia le tue vitamine».<br />

Ivy portò le labbra sul bordo della tazza e scosse la testa. La<br />

bocca di Suzanne si contrasse in <strong>un</strong>a smorfia.<br />

Suzanne si voltò, si gettò tra le braccia di Gregory, e corse<br />

giù al primo piano. Gregory la seguì. Ivy si mise a sedere sugli<br />

scalini e appoggiò la testa sulle ginocchia. Non cercò di<br />

nascondere le lacrime, anche se sapeva che Gregory si era<br />

fermato <strong>un</strong> attimo e si era voltato, solo per godersi la scena.


Capitolo 13<br />

Tristan aveva pensato che mettere in guardia Ivy sulla<br />

pericolosità di Will lo avrebbe fatto sentire meglio. In fin dei<br />

conti, i suoi sospetti erano reali. Will non stava ammettendo<br />

tutto quello che sapeva, e si rifiutava di dire come faceva a<br />

saperlo. Adesso Ivy poteva fi<strong>da</strong>rsi solo di Tristan. In teoria,<br />

questo avrebbe dovuto farlo sentire astuto, trionfante –<br />

quantomeno soddisfatto. Ma non era così. Per quanto avessero<br />

bisogno l’<strong>un</strong>o dell’altra, per quanto fosse forte l’amore che li<br />

<strong>un</strong>iva, lui e Ivy si trovavano sulle rive opposte di <strong>un</strong> fiume<br />

impossibile <strong>da</strong> valicare.<br />

Quel l<strong>un</strong>edì il mondo sembrava più grigio, più freddo.<br />

Rimase fuori <strong>da</strong>lla casa buia di Caroline e avvertì l’aut<strong>un</strong>no che<br />

arrivava come <strong>un</strong>a creatura abbandonata, cacciata <strong>da</strong>lla sua<br />

tana. Quando Tristan passò attraverso le pareti, si sentì come<br />

<strong>un</strong> invasore, <strong>un</strong> fantasma che infestava, non <strong>un</strong> angelo che<br />

aiutava le persone amate. Desiderava con tutto il cuore stare<br />

con Ivy ma non osava an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> lei in quel momento. Sapeva<br />

che quelle notizie su Will l’avevano ferita, l’avevano fatta<br />

arrabbiare. Ora che le aveva detto tutto, come poteva farla stare<br />

meglio?<br />

«Tristan?».<br />

Si guardò intorno, sospettoso.<br />

«Tristan?».<br />

Voleva sentire la voce di Ivy con tanta intensità che alla fine<br />

si era convinto di averla udita <strong>da</strong>vvero.<br />

«Ci sei?», lo chiamò lei. «Fammi entrare».<br />

Tristan si precipitò alla porta, e si concentrò rapi<strong>da</strong>mente sul<br />

compito di materializzare le dita. Ma continuava a perdere la<br />

presa sul chiavistello, non riusciva ad aprirlo. Poi la porta della<br />

casa immersa nel buio si spalancò <strong>da</strong>vanti a Ivy, ruotando<br />

lentamente sui cardini. Deve essere <strong>un</strong>o spettacolo notevole,


pensò lui.<br />

Lei entrò e si fermò proprio <strong>da</strong>vanti al rettangolo di luce<br />

proiettato <strong>da</strong>l bagliore della l<strong>un</strong>a che filtrava attraverso le porte.<br />

Immersa in quella luce argentea, la sua pelle era palli<strong>da</strong> e<br />

diafana come quella di <strong>un</strong>’apparizione. Per <strong>un</strong> momento<br />

Tristan credette che fosse accaduto qualcosa di terribile e<br />

meraviglioso, e che lei lo avesse raggi<strong>un</strong>to sotto forma di<br />

spirito. Ma poi Ivy si girò verso di lui, con occhi pieni di amore<br />

ma perduti nel nulla. Erano occhi che avvertivano solo <strong>un</strong><br />

bagliore, non vedevano <strong>un</strong> volto.<br />

«Ti amo». Condivisero quel pensiero, e lui scivolò lieve<br />

nella sua mente.<br />

«Mi dispiace, Tristan», disse lei piano. «Mi dispiace di<br />

averti buttato fuori in quel modo».<br />

Ma lui era così felice di essere lì con lei, così contento che<br />

lo avesse raggi<strong>un</strong>to, che per <strong>un</strong> momento non trovò le parole.<br />

«So che ti ho ferito quando ti ho detto di Will», le disse alla<br />

fine.<br />

Lei alzò le spalle e chiuse la porta. «Ma dovevi dirmi la<br />

verità».<br />

Tristan osservò il lieve movimento con cui incurvò le spalle<br />

e capì che quella notizia le faceva ancora male. Dovrei<br />

convincerla a parlarne, pensò. Dovrei ricor<strong>da</strong>rle che si<br />

innamorerà di nuovo, che <strong>un</strong> giorno ci sarà <strong>un</strong>’altra persona…<br />

«Ti amo, Tristan», disse Ivy. «Per favore, qual<strong>un</strong>que cosa<br />

succe<strong>da</strong>, promettimi che non te lo scorderai mai».<br />

Un’altra volta. Potevano parlare del futuro <strong>un</strong>’altra volta.<br />

«Mi stai ascoltando?», chiese Ivy. «So che ci sei. Ti stai<br />

nascondendo, Tristan. Sei arrabbiato?»<br />

«Mi stavo solo chiedendo», disse, «come facevi a sapere che<br />

sarei venuto qui».<br />

Tristan percepì il sorriso che si allargava sulle labbra di lei.<br />

«Non ne sono sicura», disse. «Immagino che avessi solo


isogno di te, <strong>un</strong> bisogno fortissimo. E dopo quello che è<br />

successo oggi pomeriggio, non pensavo che saresti venuto se ti<br />

avessi chiamato. Ho capito che toccava a me cercarti. Mi sono<br />

infilata in macchina e ho continuato a gui<strong>da</strong>re, e sono finita<br />

qui».<br />

Lui scoppiò a ridere. «Quando tutta questa storia sarà finita,<br />

tu e Beth dovete aprire <strong>un</strong> negozio – cartomanzia, tè e<br />

telepatia».<br />

«Potresti <strong>un</strong>irti a noi per le sedute spiritiche», suggerì Ivy. Il<br />

sorriso di lei si riversò nell’animo di Tristan, inon<strong>da</strong>ndolo di<br />

calore.<br />

«Lyons, Van Dyke, e lo Spirito. Perfetto», disse lui, ma<br />

sapeva che <strong>un</strong>a volta finita la missione non sarebbe tornato<br />

indietro. Ness<strong>un</strong>o degli angeli che Lacey aveva conosciuto era<br />

mai tornato.<br />

Ivy stava ancora sorridendo quando attraversò la cucina di<br />

Caroline. I suoi occhi si abituavano sempre più all’oscurità.<br />

«Sembra proprio che tu abbia frugato <strong>un</strong> po’ <strong>da</strong>ppertutto»,<br />

disse, osservando i cassetti della cucina aperti e gli sportelli<br />

spalancati.<br />

«Lacey e io abbiamo <strong>da</strong>to <strong>un</strong>’occhiata <strong>da</strong> queste parti ad<br />

agosto, molto prima che tu prendessi la chiave, ma non<br />

abbiamo lasciato tutta questa confusione», rispose. «C’è stato<br />

qualc<strong>un</strong> altro».<br />

Lui riuscì a percepire il suo pensiero, anche se lei aveva<br />

cercato duramente di nasconderlo. Will.<br />

«I possibili sospettati sono molti», disse in fretta Tristan.<br />

«Gregory o Eric. Oppure Will», aggi<strong>un</strong>se, abbassando la voce.<br />

«O persino quel tizio che si ferma sempre <strong>da</strong>vanti alla tomba di<br />

Caroline a lasciarle delle rose».<br />

«C’era <strong>un</strong>a rosa a stelo l<strong>un</strong>go <strong>da</strong>vanti alla lapide».<br />

«Ma hai visto l’uomo?», chiese Tristan mentre Ivy sbirciava<br />

dentro le credenze. Erano quasi tutte vuote, ma in <strong>un</strong>o degli


ultimi cassetti trovò <strong>un</strong>a torcia.<br />

«No. Com’è fatto?»<br />

«Alto, magro, capelli scuri», rispose Tristan. «Si chiama<br />

Tom Stetson, e lavora al college di Andrew. Lacey lo ha<br />

seguito alla tua festa per il Labour Day. Non ti hanno mai<br />

parlato di lui?».<br />

Ivy scosse la testa, poi disse subito: «Se scuoto la testa, o<br />

faccio <strong>un</strong>’espressione strana, tu di sicuro non te ne accorgi,<br />

<strong>da</strong>to che sei dentro di me».<br />

«Invece me ne accorgo. Lo sento. Adoro quando sorridi».<br />

Il sorriso si allargò a tal p<strong>un</strong>to che Tristan si sentì avvolto<br />

<strong>da</strong>l suo calore.<br />

«Allora, che ne pensi?», chiese Ivy. «Tom Stetson era il<br />

nuovo amante di Caroline? È in qualche modo coinvolto?»<br />

«Non lo so», disse Tristan, «ma sia lui che Gregory devono<br />

avere le chiavi di questa casa. Penso che sia stato Tom a<br />

mettere le cose negli scatoloni».<br />

«E magari, già che c’era, a frugare dentro cassetti e<br />

scaffali», disse Ivy.<br />

«Forse».<br />

Ivy afferrò la catenella che portava al collo. Strinse nel<br />

pugno la chiave che le dondolava sotto la camicetta. La parte<br />

centrale di argento e i due dentini frastagliati brillavano sotto la<br />

luce della torcia.<br />

«Be’, sono io quella che ha le chiavi», disse. «Adesso, se<br />

solo riuscissimo a trovare la serratura…».<br />

Iniziarono a cercare insieme. In salotto trovarono <strong>un</strong>a<br />

cassettiera con <strong>un</strong>o scompartimento chiuso a chiave che era<br />

stato forzato. Poco lontano, sul caminetto, c’era <strong>un</strong>a scatola con<br />

<strong>un</strong> lucchetto di ottone che era stato spezzato. E adesso era<br />

vuoto. Ivy provò a inserire la chiave in entrambe le serrature,<br />

ma non apriva ness<strong>un</strong>a delle due.<br />

Tristan, in camera <strong>da</strong> letto, richiamò l’attenzione di Ivy sul


panno dello scrittoio, su cui era chiaramente visibile <strong>un</strong>a<br />

sagoma rettangolare, come se <strong>un</strong>a scatola pesante fosse rimasta<br />

là sopra per chissà quanto tempo. Ma adesso era sparita.<br />

L’armadio di Caroline era ancora pieno di borsette e scarpe, e<br />

pareva proprio che qualc<strong>un</strong>o avesse frugato anche lì. Ivy tirò<br />

fuori tutto e tastò in fondo all’armadio. Poi si spostarono in<br />

<strong>un</strong>’altra stanza. Un’ora e mezza dopo, conclusero che la loro<br />

ricerca non aveva portato ad alc<strong>un</strong> risultato.<br />

«C’è <strong>un</strong> sacco di robaccia qui dentro, ma non troveremmo<br />

proprio nulla», disse Tristan, frustrato.<br />

Ivy si lasciò cadere per terra, in <strong>un</strong> angolo del corridoio.<br />

Tristan notò che non si sedeva mai su <strong>un</strong>a delle sedie di<br />

Caroline.<br />

«Il problema è che non sappiamo cosa è già stato sottratto<br />

<strong>da</strong> qui, né cosa potrebbe esserci stato portato», osservò Ivy.<br />

«Se solo avessimo <strong>un</strong> qualche indizio per capire cosa stiamo<br />

cercando».<br />

«E Beth?», chiese improvvisamente Tristan. «E se<br />

chiedessimo aiuto a lei? Ha <strong>un</strong> vero sesto senso. Forse se tu le<br />

facessi vedere la chiave, le permettessi di tenerla in mano, di<br />

meditare a l<strong>un</strong>go, lei riuscirebbe a dirci dove cercare… almeno<br />

potrebbe <strong>da</strong>rci <strong>un</strong> consiglio».<br />

«Ottima idea». Ivy diede <strong>un</strong>’occhiata all’orologio. «Puoi<br />

venire con me?».<br />

Tristan sapeva che avrebbe dovuto dire di no. Era stanco e<br />

doveva riposarsi se voleva evitare di cadere di nuovo<br />

nell’oscurità. Ma non poteva abbandonarla. Qualcosa gli<br />

diceva che non aveva ancora molto tempo <strong>da</strong> passare con Ivy.<br />

«Verrò, ma sarà meglio che mi limiti a osservare», disse. E<br />

rimase in silenzio fino a casa di Beth.<br />

Il signor Van Dyke ormai era abituato a vedersi piombare in<br />

casa Ivy negli orari più impensabili. Fermo sulla porta, alzò<br />

appena gli occhi <strong>da</strong>i suoi testi di giurisprudenza, sollevò


evemente i suoi occhiali <strong>da</strong> lettura, gridò: «Beth!» e fece<br />

cenno a Ivy di salire.<br />

Tristan non poteva credere ai suoi occhi quando vide in che<br />

condizioni erano Beth e la sua camera, ma Ivy gli spiegò<br />

silenziosamente: «Sta scrivendo».<br />

Beth fissò Ivy come se fosse in <strong>un</strong> altro mondo, anzi, a<br />

diversi mondi di distanza. Un fermaglio cercava di domare i<br />

suoi capelli racchiudendoli in <strong>un</strong>a co<strong>da</strong> sbilenca. Un vecchio<br />

paio di occhiali ondeggiava sulla p<strong>un</strong>ta del naso; anch’essi<br />

erano sbilenchi, <strong>da</strong>to che avevano perso <strong>un</strong>a stanghetta. Portava<br />

degli enormi pantaloncini <strong>da</strong> ginnastica e delle luride ciabatte<br />

pelose a forma di muso di cane, sporche di popcorn e schifezze<br />

varie.<br />

Ivy si avvicinò a Beth e le tirò <strong>un</strong> post-it giallo via <strong>da</strong>lla<br />

maglietta. «Passionale, delicato, fedele, serpeggiante,<br />

delizioso», lesse, poi disse: «Mi dispiace <strong>da</strong>vvero se sono<br />

piombata qui dentro in questo modo».<br />

«Non c’è problema», rispose Beth tutta allegra, e prese il<br />

post-it. «Cercavo proprio questo… grazie».<br />

«Abbiamo bisogno del tuo aiuto».<br />

«Abbiamo? Oh». Beth chiuse subito la porta e liberò <strong>un</strong><br />

angolino del letto, buttando per terra pezzi di carta e fogli<br />

sparsi. Osservò il volto di Ivy, poi sorrise. «Buonasera, signor<br />

bagliore», disse a Tristan.<br />

«Beth, ti ricordi della busta che mi ha <strong>da</strong>to la sorella di<br />

Eric?», chiese Ivy.<br />

Tristan vide il lampo che illuminò gli occhi di Beth. Aveva<br />

osservato lo scambio al cimitero e di sicuro <strong>da</strong> allora stava<br />

bruciando <strong>da</strong>lla curiosità.<br />

«Dentro c’era questa». Ivy tirò fuori la chiave e la mise in<br />

mano a Beth.<br />

«Sembra la chiave di <strong>un</strong>a scatola», disse Beth, «o di <strong>un</strong><br />

cassetto. Potrebbe essere di <strong>un</strong>a vecchia porta, ma non credo –


non sembra abbastanza antica».<br />

«Sulla busta c’erano l’indirizzo e il nome di Caroline», disse<br />

Ivy. «Abbiamo cercato in casa sua ma non abbiamo capito cosa<br />

apre. Puoi lavorarci <strong>un</strong> po’ su? Sai, magari puoi tenerla <strong>un</strong> po’<br />

con te, pensarci con calma, vedere se ti viene in mente<br />

qualcosa».<br />

Tristan vide che Beth indietreggiava. «Oh, Ivy, io…».<br />

«Per favore».<br />

«Ha paura», disse piano Tristan a Ivy. «Devi aiutarla. Le sue<br />

stesse predizioni la terrorizzano».<br />

«Non ti sto chiedendo di avere delle visioni o di predire<br />

qualcosa», disse subito Ivy. «Mi basta che tu la tenga <strong>un</strong> po’<br />

per vedere che reazioni ti suscita. Può anche essere <strong>un</strong>a cosa<br />

banale o assur<strong>da</strong>, non ha ness<strong>un</strong>a importanza, ma forse ci <strong>da</strong>rà<br />

<strong>un</strong> indizio su dove cercare».<br />

Beth abbassò gli occhi e fissò la chiave. «Vorrei che non me<br />

lo avessi chiesto, Ivy. Quando faccio cose come questa, alla<br />

fine si risvegliano tanti pensieri nella mia mente, cose che non<br />

capisco, cose che a volte mi spaventano». Si voltò e guardò con<br />

rimpianto lo schermo del computer, dove il cursore<br />

lampeggiava, in attesa che lei tornasse a scrivere. «Vorrei che<br />

non me lo avessi chiesto».<br />

«Ok, ti capisco», disse Ivy, riprendendo la chiave.<br />

La mano di Beth si chiuse intorno a quella di Ivy. Tristan<br />

poteva sentire quanto era fred<strong>da</strong> e su<strong>da</strong>ta. «Lasciamela fino a<br />

domani», disse. «Te la restituisco domattina a scuola. Forse mi<br />

verrà qualche immagine».<br />

Ivy gettò le braccia al collo della sua amica. «Grazie.<br />

Grazie. Non te l’avrei chiesto se non fosse stato importante».<br />

Qualche minuto dopo Ivy era già sulla stra<strong>da</strong> di ritorno<br />

verso casa. «Sei ancora con me», disse passeggiando sulla<br />

l<strong>un</strong>ga via.<br />

La felicità che animava la sua voce riscaldò il cuore di


Tristan, ma non riusciva a liberarsi della stanchezza che lo<br />

attanagliava, di quella crescente paura che prima o poi<br />

l’oscurità potesse avere il sopravvento. Che sarebbe successo<br />

se lui fosse sprofon<strong>da</strong>to nell’oscurità proprio quando Ivy aveva<br />

più bisogno di lui?<br />

«Rimarrò con te finché non arrivi in camera tua», disse.<br />

«Poi torno <strong>da</strong> Beth».<br />

Quando raggi<strong>un</strong>sero <strong>un</strong> cespuglio Ivy si chinò<br />

improvvisamente.<br />

«Ella? Ella, esci fuori e saluta. Il tuo ragazzo è qui con me».<br />

Gli occhi verdi del gatto scintillarono, ma non sbucò fuori.<br />

«Ella, vieni fuori, che succede?».<br />

Ella miagolò, e Ivy frugò in mezzo ai cespugli per tirarla<br />

fuori. La sollevò, accarezzandola nel suo p<strong>un</strong>to preferito dietro<br />

le orecchie. Il gatto non si mise a fare le fusa.<br />

«Che c’è che non va?», disse Ivy, poi rimase senza fiato.<br />

Tristan sentì il brivido che le scuoteva il corpo, il fremito che si<br />

riversò anche dentro di lui. L<strong>un</strong>go il lato destro del gatto c’era<br />

<strong>un</strong> taglio, il pelo era stato strappato brutalmente via. La pelle<br />

rosa era impregnata di sangue.<br />

«Ella, come ti sei fatta questo…». Ma Ivy non finì la<br />

doman<strong>da</strong>. Indovinò la risposta nel momento stesso in cui la<br />

capì Tristan. «Gregory», disse.


Capitolo 14<br />

Ivy continuò a sognare Ella per tutta la notte. Incubi l<strong>un</strong>ghi e<br />

oscuri in cui Gregory <strong>da</strong>va la caccia al gatto e Ivy inseguiva<br />

Gregory. Poi, non appena si avvicinava, lui la attaccava. Il<br />

sonno di Ivy non divenne più calmo con il passare delle ore, e<br />

solo quando iniziò ad albeggiare trovò finalmente pace.<br />

Adesso, con gli occhi chiusi per proteggersi <strong>da</strong>lla luce del sole,<br />

contò gli attutiti rintocchi dell’orologio in soggiorno.<br />

Sembravano lontani chilometri, milioni di chilometri – cinque,<br />

sei, sette, otto…<br />

«Otto!». E si tirò a sedere di scatto.<br />

Ella, che si era avvicinata furtivamente, si strusciò contro il<br />

corpo di Ivy, affon<strong>da</strong>ndo il musetto nel suo fianco. Ivy se la<br />

mise in grembo, con la massima delicatezza. Vide di nuovo la<br />

ferita e subito le vennero le lacrime agli occhi. «Ok, ragazza,<br />

vediamo di pulirti per bene».<br />

Sollevò delicatamente Ella e la portò in bagno.<br />

«Ivy, Ivy, non sei ancora pronta?», la chiamò sua madre in<br />

fondo alle scale.<br />

Ivy si voltò e attraversò il corridoio, tenendosi vicina al<br />

muro per non farsi vedere <strong>da</strong> Maggie. «Arrivo», urlò.<br />

«Sono già usciti tutti», le rispose Maggie. «Vado anch’io».<br />

«A dopo», disse Ivy, sollevata.<br />

Sentì lo scalpiccio dei tacchi di sua madre sul pavimento e il<br />

rumore della porta che sbatteva. Poi Ivy sollevò Ella,<br />

portandosela vicina al volto per esaminare di nuovo la ferita. Il<br />

taglio era dritto, come se fosse stato fatto con <strong>un</strong> rasoio affilato.<br />

La notte precendente Tristan aveva dovuto usare tutti i suoi<br />

poteri di persuasione per impedirle di partire a testa bassa e<br />

precipitarsi in camera di Gregory. Ma quella mattina Ivy si<br />

rendeva conto che Tristan aveva fatto bene a trattenerla.<br />

Avrebbe affrontato Gregory, ma solo quando sarebbe stata


perfettamente calma e luci<strong>da</strong>. Gregory la voleva sconvolgere,<br />

destabilizzare, e la sua rabbia non sarebbe servita ad altro che a<br />

incoraggiarlo.<br />

«Ok, piccola, andrà tutto bene», sussurrò Ivy a Ella<br />

rientrando in camera.<br />

Il sole della mattina era abbastanza alto e intenso <strong>da</strong><br />

invadere la stanza e accarezzare i mobili, illuminando ogni<br />

particella di polvere e accendendo i riflessi di vernice dorata<br />

della cornice che racchiudeva la foto di Tristan. Ivy fissò la<br />

foto per <strong>un</strong> istante, poi si ritrasse. Davanti alla cornice erano<br />

posati dei peli neri – erano di Ella. Ivy tenne stretta Ella con <strong>un</strong><br />

braccio e all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano per accarezzare quei soffici peli.<br />

Poi prese <strong>un</strong>a ciocca di ricci biondi.<br />

Erano i suoi capelli! Qualc<strong>un</strong>o le aveva tagliato <strong>un</strong>a ciocca<br />

di capelli.<br />

Gregory, sicuramente. Ivy si lasciò cadere su <strong>un</strong>a sedia<br />

vicino alla cassettiera e si dondolò avanti e indietro,<br />

abbracciando Ella. Quando l’aveva fatto? Come?<br />

Ogni notte, <strong>da</strong> quando Tristan le aveva detto tutto quello che<br />

sapeva su Gregory, Ivy aveva chiuso a chiave la porta della<br />

camera che si affacciava sul corridoio. C’era anche <strong>un</strong>’altra<br />

entrata, tramite il bagno che <strong>un</strong>iva la sua stanza a quella di<br />

Philip. Ivy aveva sistemato il catenaccio in modo che Philip<br />

potesse aprirla in caso di emergenza, ma solo spingendo forte,<br />

e facendo molto rumore. Invece, in qualche modo Gregory<br />

l’aveva aperta in perfetto silenzio. Le venne la pelle d’oca,<br />

pensando a lui che si chinava su di lei addormentata, con <strong>un</strong><br />

paio di forbici in mano.<br />

Fece <strong>un</strong> profondo respiro e si rimise in piedi. Ripulì Ella,<br />

poi pulì bene lo scrittoio, con le mani che le tremavano ancora.<br />

Poi, spinta <strong>da</strong> <strong>un</strong> improvviso impulso, entrò di corsa in camera<br />

di Gregory: voleva vedere con i suoi occhi le forbici, il rasoio,<br />

le prove di quello che aveva fatto.


Iniziò a rovistare e a buttare qua e là fogli, vestiti e riviste.<br />

In mezzo alle pagine di «Rolling Stone» trovò <strong>un</strong> cartoncino.<br />

Era ripiegato a metà e dentro c’era stampata <strong>un</strong>’immagine<br />

scura. Quando Ivy lo aprì le si fermò il cuore nel petto.<br />

Riconobbe subito la scrittura: i caratteri decisi e forti erano<br />

identici a quelli delle di<strong>da</strong>scalie sotto i disegni di Will.<br />

Lesse in fretta il biglietto, poi lo rilesse di nuovo, molto<br />

lentamente, parola per parola, come <strong>un</strong>o scolaretto. Era<br />

sorpresa <strong>da</strong> ogni lettera, <strong>da</strong>l significato di ogni parola. Mentre<br />

leggeva il messaggio di Will continuava a ripetersi che quelle<br />

non potevano essere parole sue. Impossibile. Ma c’era anche la<br />

firma.<br />

«Gregory», c’era scritto, «voglio di più. Se fai sul serio, devi<br />

portare il doppio della cifra. Io sto correndo <strong>un</strong> bel rischio,<br />

sono <strong>un</strong> tuo complice adesso… devi fare in modo che ne valga<br />

la pena. Porta il doppio della cifra se rivuoi giubbotto e<br />

cappello».<br />

Ivy chiuse gli occhi e si appoggiò alla scrivania di Gregory.<br />

Aveva l’impressione che il suo cuore fosse stato compresso,<br />

trasformato in <strong>un</strong>a piccola pietra. Una volta che tutta quella<br />

storia fosse finita, non sarebbe rimasto più nulla di morbido<br />

dentro di lei, niente che fosse ancora in grado di sanguinare…<br />

o di piangere.<br />

Riaprì gli occhi. Tristan aveva ragione su Gregory e Will.<br />

Aveva sempre avuto ragione. Ma Tristan non aveva previsto<br />

che Will l’avrebbe tradita in quel modo – che sarebbe passato<br />

<strong>da</strong>lla parte di Gregory e l’avrebbe abbandonata, sola e<br />

vulnerabile, se il prezzo fosse stato soddisfacente.<br />

Ivy si sentiva sconfitta, non <strong>da</strong>lle minacce oscure e piene di<br />

odio di Gregory, ma <strong>da</strong>lla insensibile spietatezza di Will. Che<br />

senso aveva continuare a lottare? Erano tutti contro di lei.<br />

Rimise la lettera tra le pagine della rivista. Poi vide <strong>un</strong> libro<br />

spiegazzato su Babe Ruth, <strong>un</strong>o dei tascabili di Philip, in cima


alla pila di volumi di Gregory.<br />

Doveva continuare a lottare. Philip era coinvolto in quella<br />

storia insieme a lei.<br />

Riaprì la rivista, tirò fuori la lettera, poi si mise a correre<br />

l<strong>un</strong>go il corridoio. Doveva prepararsi per an<strong>da</strong>re a scuola.<br />

Prima di uscire di casa quella mattina, Ivy aveva portato la<br />

ciotola dell’acqua e i croccantini di Ella in camera sua. Aveva<br />

lasciato la gatta lì dentro, chiudendo a chiave sia la porta del<br />

bagno che quella che <strong>da</strong>va sul corridoio.<br />

Ivy aveva perso la prima ora. Arrivò alla lezione di inglese<br />

con <strong>un</strong> po’ di ritardo, e quando entrò in classe Beth sollevò la<br />

testa. Sembrava stanca e preoccupata. Ivy le fece l’occhiolino,<br />

e Beth le rivolse <strong>un</strong> timido sorriso.<br />

Alla fine della lezione camminarono fianco a fianco,<br />

cercando di districarsi in mezzo alla folla di ragazzini che si<br />

accalcavano nel corridoio. Gli armadietti che sbattevano, le<br />

chiacchiere e le urla coprivano ogni altro rumore, e le ragazze<br />

erano costrette a gri<strong>da</strong>re se volevano capirsi. Ivy prese<br />

sottobraccio la sua amica e aprì il palmo. Beth le fece<br />

immediatamente scivolare in mano la chiave.<br />

Quando raggi<strong>un</strong>sero <strong>un</strong>a stanza vuota alla fine del corridoio,<br />

Beth disse: «Ivy, dobbiamo parlare. Ho fatto <strong>un</strong> sogno ieri<br />

notte. Non so cosa significhi, ma penso…».<br />

Suonò la campanella.<br />

«Oh, no, ho <strong>un</strong> compito alla prossima ora».<br />

«Allora a pranzo», disse Ivy. «Raggi<strong>un</strong>gimi al tavolo in<br />

fondo, all’angolo», aggi<strong>un</strong>se quando si divisero.<br />

Due ore dopo, Ivy ebbe fort<strong>un</strong>a. La signora Bryce,<br />

l’assistente scolastico, le permise di uscire presto per an<strong>da</strong>re a<br />

pranzo, dicendosi molto soddisfatta dei progressi di Ivy, del<br />

suo nuovo atteggiamento propositivo e pieno di speranza.<br />

Allora il corso di teatro f<strong>un</strong>ziona <strong>da</strong>vvero, pensò Ivy infilandosi<br />

dietro il piccolo tavolo incassato nell’angolo più remoto della


sala mensa. Beth la raggi<strong>un</strong>se qualche minuto dopo.<br />

«Will sta facendo la fila. Devo dirgli di raggi<strong>un</strong>gerci?», le<br />

chiese Beth.<br />

Ivy diede <strong>un</strong> rapido morso al sandwich e mandò giù il<br />

boccone a fatica. Will era l’ultima persona al mondo che<br />

voleva vedere. Ma Beth si fi<strong>da</strong>va ancora di lui. E già lo stava<br />

chiamando a gesti.<br />

«Hai detto qualcosa a Will a proposito della chiave?», le<br />

chiese Ivy.<br />

«No».<br />

«Ottimo», disse Ivy. «Non farlo. Non voglio che Will lo<br />

sappia – non ancora, quantomeno», aggi<strong>un</strong>se, abbassando il<br />

tono della voce quando vide l’espressione sorpresa sul volto di<br />

Beth.<br />

«Ma Will potrebbe avere qualche buona idea», disse Beth,<br />

aprendo il suo sacchetto del pranzo. Come al solito, tirò fuori il<br />

dessert prima di ogni altra cosa. «Sono sicura che lui ti <strong>da</strong>rebbe<br />

volentieri <strong>un</strong>a mano».<br />

Senza dubbio, pensò Ivy. Ma solo per gua<strong>da</strong>gnare qualche<br />

spicciolo.<br />

«Sai cosa prova per te», aggi<strong>un</strong>se Beth.<br />

Ivy non riuscì a nascondere il suo sarcasmo. «Oh, certo, lo<br />

so bene».<br />

Beth le fece l’occhiolino. «Ivy, farebbe qualsiasi cosa per<br />

te».<br />

E già che c’è, cercherebbe di fare anche <strong>un</strong> po’ di soldi,<br />

pensò Ivy, ma stavolta riuscì a parlare con <strong>un</strong> tono di voce<br />

normale. «Forse hai ragione, Beth, ma ti prego di non dirgli<br />

nulla lo stesso, ok?».<br />

Beth corrugò la fronte. Non disse più nulla, ma di sicuro<br />

pensava che Ivy stesse commettendo <strong>un</strong> errore.<br />

«Dimmi cosa hai sognato ieri notte», disse Ivy.<br />

La sua amica scosse lentamente la testa. «Era strano, Ivy,


molto semplice ma strano. Ho continuato a sognare sempre la<br />

stessa cosa, ancora e ancora. Non so se abbia in qualche modo<br />

a che fare con la chiave, ma di sicuro c’entravi tu».<br />

«Raccontami tutto», disse Ivy, avvicinandosi a lei, ma<br />

continuando a scrutare con la co<strong>da</strong> dell’occhio Will che si<br />

avvicinava al bancone.<br />

«C’erano queste grandi ruote», disse Beth, «due, tre, non so<br />

quante fossero. Grandi ruote seghettate, con grossi denti, come<br />

le ruote di <strong>un</strong> trattore, oppure delle catene <strong>da</strong> neve, <strong>un</strong>a cosa del<br />

genere. Si muovevano tutte nella stessa direzione. Poi sei<br />

arrivata tu. Non c’era nient’altro nel sogno, solo tu e le ruote.<br />

Tu hai mosso la mano e le hai fermate. Poi le hai spinte, e le<br />

ruote si sono messe a girare nella direzione opposta».<br />

Beth rimase in silenzio. I suoi occhi erano sperduti, vuoti,<br />

come se stesse vivendo di nuovo lo stesso sogno.<br />

«E?»<br />

«Nient’altro», disse Beth. «È tutto quello che ho sognato,<br />

ancora e ancora».<br />

Ivy si rimise a sedere, disorientata. «Hai idea di cosa<br />

significhi?», chiese.<br />

«Stavo per chiederti la stessa cosa», rispose Beth. «Ivy, ecco<br />

Will. Perché non gli parli e…».<br />

«No», disse subito lei.<br />

Beth si morse il labbro. Ivy abbassò gli occhi sul suo<br />

sandwich mangiucchiato.<br />

«Ciao!», disse Will, tirando indietro <strong>un</strong>a sedia e posando il<br />

vassoio sul tavolo. «Come va?»<br />

«Come sempre», disse Ivy, evitando il suo sguardo.<br />

«Beth?»<br />

«Come sempre», borbottò lei.<br />

Will rimase in silenzio per <strong>un</strong> attimo. «Come mai sei<br />

arrivata tardi stamattina?», chiese a Ivy.<br />

Lei alzò gli occhi di scatto. «Come fai a sapere che sono


arrivata tardi?»<br />

«Perché ho fatto tardi anch’io». Will inclinò leggermente il<br />

capo, come se cercasse di indovinare cosa stesse pensando.<br />

Ivy distolse lo sguardo.<br />

«Sono arrivato subito dopo di te», disse, poi le prese la<br />

mano, sfiorandola piano, cercando di costringerla a guar<strong>da</strong>rlo.<br />

Ma lei non cedette.<br />

«Che c’è che non va?».<br />

Odiava il suo tono di voce, così innocente, così preoccupato.<br />

«Beth? Dimmi che c’è».<br />

Ivy lanciò <strong>un</strong>’occhiata alla sua amica. Beth alzò le spalle, e<br />

Will spostò gli occhi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra. Aveva<br />

<strong>un</strong>’espressione calma e pensierosa, come quella di <strong>un</strong><br />

insegnante che cerca pazientemente di ottenere <strong>un</strong>a risposta.<br />

Ma le sue mani tradirono il suo nervosismo quando strinse con<br />

forza il bordo del vassoio.<br />

Will trattenne il respiro, poi disse piano: «Sorpresa. Ecco<br />

Gregory».<br />

Ivy alzò lo sguardo, sperando che Suzanne fosse con lui. Se<br />

Suzanne l’avesse gelata con il suo solito atteggiamento<br />

sprezzante, avrebbe avuto <strong>un</strong>a scusa per an<strong>da</strong>rsene. Ma<br />

Gregory era solo, e si avvicinava sorridendo, assolutamente<br />

sicuro di sé, come se fossero tutti grandi amici.<br />

Will lo salutò.<br />

«Non sapevo che avessi l’ora libera», disse Ivy.<br />

«Avevo storia, ma i miei compagni sono in biblioteca», le<br />

disse. «Sto facendo delle ricerche, non vedi?».<br />

Ivy ri<strong>da</strong>cchiò, ben decisa a sembrare a suo agio quanto lui.<br />

«Su che argomento?»<br />

«Famosi omicidi del diciannovesimo secolo», rispose<br />

Gregory, prendendo <strong>un</strong>a sedia.<br />

«Hai imparato qualcosa di interessante?».<br />

Lui ci rifletté <strong>un</strong> attimo, poi sorrise e si sedette vicino a lei.


«Niente di utile. Will, mi dispiace di averti <strong>da</strong>to buca ieri».<br />

Ivy si voltò per guar<strong>da</strong>re Will.<br />

«Che ne dici di vederci più tardi oggi pomeriggio?»,<br />

propose Gregory.<br />

Will esitò, poi annuì. «Da Celentano», disse.<br />

«Posso venire anch’io?», chiese Ivy. Li prese entrambi alla<br />

sprovvista.<br />

«Oh, dimenticavo», disse, con <strong>un</strong> gesto noncurante, «oggi<br />

devo lavorare».<br />

«Peccato», disse Gregory, ma l’espressione sorpresa sui loro<br />

volti le aveva già detto tutto quello che aveva bisogno di<br />

sapere. Dovevano vedersi per <strong>un</strong>a ragione ben precisa. Gregory<br />

doveva pagare Will. Se non altro Will era abbastanza furbo <strong>da</strong><br />

effettuare lo scambio in <strong>un</strong> posto sicuro, in <strong>un</strong> luogo pubblico.<br />

Per tutta la conversazione Beth era rimasta in silenzio.<br />

Osservò la scena con gli occhi blu spalancati per la sorpresa, e<br />

Ivy si chiese se riuscisse a indovinare i pensieri nascosti dietro<br />

i volti dei due ragazzi. Aveva lasciato il suo dolce<br />

mangiucchiato nella confezione.<br />

«Se non lo finisci, lo mangio io», disse Ivy, sforzandosi di<br />

dire delle cose normali, cercando con tutte le sue forze di<br />

resistere, di far credere a tutti che non aveva paura.<br />

Beth le passò il dolce. Gregory e Will fissarono <strong>un</strong><br />

app<strong>un</strong>tamento, Ivy prese <strong>un</strong> pezzo di dolce, poi posò il resto<br />

del dessert proprio di fronte a Gregory.<br />

«A che ora sei tornato ieri?», gli chiese.<br />

Gregory la guardò in silenzio per <strong>un</strong> istante e ondeggiò sulla<br />

sedia. «Fammi pensare… alle nove, mi pare».<br />

«Hai sentito qualcosa di strano?»<br />

«Del tipo?», rispose.<br />

«Un miagolio, dei rumori, <strong>un</strong> gatto che si lamentava».<br />

«È successo qualcosa a Ella?», chiese Beth.<br />

«È stata inseguita <strong>da</strong> <strong>un</strong> animale», le rispose Ivy.


Will si accigliò. Il suo sguardo preoccupato si posò su Ivy.<br />

«Si è ferita sul fianco destro, <strong>un</strong> piccolo taglio. Ha perso <strong>un</strong><br />

po’ di sangue e di peli», continuò Ivy. «Ma non c’erano segni<br />

di morsi. Che tipo di animale potrebbe fare <strong>un</strong>a cosa del<br />

genere?», chiese, fissando Gregory negli occhi.<br />

«Non ne ho idea», rispose lui con calma.<br />

«Tu lo sai, Will?»<br />

«No… no. Ella sta bene?». Lei sentì la paura che gli<br />

incrinava la voce, e per poco non cambiò di nuovo idea sul suo<br />

conto.<br />

«Oh, certo, sta bene», disse Ivy, alzandosi in piedi,<br />

rimettendo a posto il vassoio con quello che restava del suo<br />

pranzo. «Ella è <strong>un</strong>a piccola gattaccia di stra<strong>da</strong>».<br />

«Proprio come la sua proprietaria», disse Gregory con <strong>un</strong><br />

sorriso. «Proprio come lei».


Capitolo 15<br />

Ivy non riusciva a smettere di pensare alle ruote. Per tutta la<br />

giornata continuò a disegnare dei cerchi dentellati… sul suo<br />

quaderno di matematica, sul compito di spagnolo, e su <strong>un</strong>a<br />

dispensa di storia. Divennero trattori, fiocchi di neve, strani<br />

pomelli di porte fantascientifiche. Più tardi, al ’Tis the Season,<br />

osservò con particolare attenzione qualsiasi oggetto che avesse<br />

<strong>un</strong>a forma sferica – ghirlande natalizie, ciambelle per fare il<br />

bagno, e <strong>un</strong> p<strong>un</strong>taspilli che aveva la forma di <strong>un</strong>a ciambella<br />

ricoperta di cioccolato.<br />

Cercò di non pensare a quello che stava accadendo <strong>da</strong><br />

Celentano, e fu immensamente sollevata quando Tristan non<br />

rispose al suo richiamo. Non doveva dirgli del ricatto, pensò.<br />

Non era stato Tristan a fi<strong>da</strong>rsi stupi<strong>da</strong>mente di Will.<br />

Quando tornò a casa <strong>da</strong>l lavoro quella sera, Maggie e<br />

Andrew erano usciti, e Philip era in soggiorno con Gregory, a<br />

guar<strong>da</strong>re <strong>un</strong> film.<br />

«Hai finito i compiti?», chiese Ivy a suo fratello. «Sì. Me li<br />

ha controllati Gregory».<br />

Gregory, immerso nel ruolo del bravo fratello maggiore, le<br />

sorrise. Ivy restituì il sorriso, anche se dentro di sé era<br />

intimorita <strong>da</strong>l crescente affetto che legava suo fratello a<br />

Gregory. Cosa avrebbe fatto Gregory, pensava, dopo aver<br />

scoperto che ben presto per la legge sarebbero stati figli dello<br />

stesso padre? Per Gregory il denaro era tutto, era <strong>un</strong>o status<br />

symbol. Gli serviva per controllare quelli che gli stavano<br />

intorno. Come avrebbe reagito se avesse scoperto che doveva<br />

dividere la fort<strong>un</strong>a dei Baines insieme a Philip?<br />

«Resta <strong>un</strong> po’ con noi», le disse Gregory, indicandole la<br />

sedia libera accanto a lui.<br />

«Grazie, ma ho delle cose <strong>da</strong> fare di sopra».<br />

Si incamminò l<strong>un</strong>go il corridoio, ma Gregory si alzò di


scatto e le bloccò la stra<strong>da</strong>. «Tua madre ha lasciato <strong>un</strong> mucchio<br />

di vestiti puliti fuori <strong>da</strong>lla tua porta», le disse. «Maggie ha detto<br />

che spera che tu abbia la chiave. Anche la porta del bagno era<br />

chiusa».<br />

«Sì, ho la chiave».<br />

Lui si chinò per parlarle all’orecchio e le sussurrò: «Spera<br />

anche che tu non ti droghi là dentro». Le sue labbra si<br />

contrassero in <strong>un</strong> ghigno.<br />

«Sono sicuro che tu l’abbia tranquillizzata», rispose Ivy.<br />

Lui rise, e lei lo superò.<br />

In cima alla scalinata tirò fuori <strong>un</strong>a chiave <strong>da</strong>lla borsetta.<br />

Quando aprì la porta rimase in attesa di Ella, convinta che<br />

sarebbe schizzata via non appena avesse intravisto <strong>un</strong>o<br />

spiraglio.<br />

«Ella?». Fece <strong>un</strong> passo dentro la stanza. «Ella?».<br />

Vide <strong>un</strong> rigonfiamento sotto le coperte. Ivy lasciò cadere i<br />

libri vicino al letto, poi tirò via le coperte. Ella si era<br />

raggomitolata fino a formare <strong>un</strong>a piccola palla di pelo.<br />

Ivy la sfiorò delicatamente e la accarezzò con <strong>un</strong> dito nel<br />

p<strong>un</strong>to che lei preferiva, dietro le orecchie, poi la scosse,<br />

studiando il taglio sul fianco. Le ferite stavano iniziando a<br />

rimarginarsi.<br />

«Sembri così spaventata, Ella».<br />

Il gatto alla fine si tirò sulle zampe e zoppicando raggi<strong>un</strong>se<br />

l’estremità del letto. Ivy la raggi<strong>un</strong>se subito, sollevando la<br />

zampa che Ella non appoggiava a terra.<br />

«Oh, mio Dio!». I cuscinetti rosei erano sporchi e<br />

impregnati di sangue rappreso. Quando Ivy li toccò, vide il<br />

rosso del sangue che affluiva sotto la crosta appena formatasi.<br />

Ivy sollevò il gatto con mani tremanti e se la portò <strong>da</strong>vanti al<br />

viso, cullandola.<br />

«Oh, Ella, mi dispiace. Mi dispiace». Affondò il volto nel<br />

pelo di Ella, mente calde lacrime le bagnavano il volto. «Ho


chiuso le porte – tutte e due. Non ti avrei mai lasciato qui se<br />

avessi pensato che sarebbe entrato lui».<br />

Ma come ci era riuscito? Prima dormiva lui in quella stanza,<br />

quindi forse aveva conservato <strong>un</strong>a chiave. Decise che quella<br />

notte avrebbe messo dei mobili contro la porta prima di<br />

mettersi a letto. «Domani quando vado a scuola ti lascio in<br />

macchina», le promise.<br />

Si alzò e chiuse la porta della camera, chiedendosi se<br />

Gregory non fosse rimasto per tutto il tempo nascosto là fuori,<br />

a godersi la scena. Dopo aver pulito le ferite sul fianco e sulle<br />

zampe di Ella, Ivy la coccolò a l<strong>un</strong>go. Il gatto fece le fusa per<br />

<strong>un</strong> po’, chiudendo lentamente gli occhi.<br />

Quando fu sicura che Ella si fosse addormentata, la posò<br />

delicatamente sul letto. Non appena lasciò il gatto, le sue mani<br />

ripresero a tremare. Prese <strong>un</strong>a pesante poltrona e la posizionò<br />

in modo <strong>da</strong> bloccare il pomello della porta che <strong>da</strong>va sul<br />

corridoio. Dopo essersi assicurata che reggesse, si svestì. Forse<br />

<strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga doccia cal<strong>da</strong> l’avrebbe calmata.<br />

Chiuse la porta che collegava il bagno alla stanza di Philip,<br />

poi accese la radio e aprì l’acqua al massimo della potenza. Per<br />

i primi dieci minuti riuscì a eliminare tutto, fuorché la musica.<br />

Ma pensieri colmi di preoccupazione continuavano a ronzarle<br />

nel cervello. La cordicella bagnata a cui era attaccata la chiave<br />

continuava a sfregarle contro il collo. Ivy chiuse gli occhi, ma<br />

continuava a vedere immagini di ruote e di parole scritte a<br />

mano: il messaggio del ricatto.<br />

Alla fine chiuse l’acqua e rimase immobile a gocciolare<br />

sotto la doccia. Si chiese se a Tristan mancasse la sensazione<br />

dell’acqua che scorre sulla pelle. Le mancavano le mani di<br />

Tristan, il suo contatto. Cercò di ricor<strong>da</strong>rlo, ma la sua mente<br />

continuava a correre <strong>da</strong> Will. Si focalizzò sul volto di Tristan,<br />

ma ricor<strong>da</strong>va solo la sensazione che le aveva trasmesso Will<br />

quando l’aveva presa per mano il giorno in cui erano tornati a


casa <strong>da</strong>lla stazione. Cercò di ricor<strong>da</strong>re cosa provava quando<br />

Tristan le sfiorava la mano, ma di nuovo sentì solo il tocco di<br />

Will, quella volta che l’aveva toccata per toglierle il fango <strong>da</strong>i<br />

capelli, e quella volta che le aveva messo la mano sulle sue a<br />

pranzo, per costringerla a guar<strong>da</strong>rlo.<br />

Scostò la tendina e uscì <strong>da</strong>lla doccia. Ebbe subito la<br />

sensazione che cento piccoli aghi le si fossero conficcati nel<br />

piede. Ricadde contro la parete della doccia. Cercò di<br />

riacquistare l’equilibrio, si mise a sedere sul piatto della doccia<br />

e con molta cautela sollevò il piede per esaminarlo. Frammenti<br />

di vetro le sp<strong>un</strong>tavano <strong>da</strong>lla pianta, erano sparsi <strong>da</strong>ppertutto sul<br />

tappetino.<br />

La mente di Ivy si mise a correre all’impazzata, e lei<br />

ondeggiò avanti e indietro, tenendosi la caviglia, stringendola<br />

forte. Poi si calmò e iniziò a tirare via i vetri <strong>da</strong>l piede,<br />

rimuovendo tutti i frammenti che riuscì a togliere con la mano.<br />

Ripiegò il tappetino coperto di vetro e lo mise <strong>da</strong> parte, poi<br />

controllò il pavimento. Raggi<strong>un</strong>se saltellando l’armadio per<br />

prendere delle pinzette.<br />

Ness<strong>un</strong> frammento era entrato troppo in profondità. Le<br />

faceva male il piede, niente di più – voleva solo spaventarla.<br />

Ivy si mise al lavoro con calma, metodicamente, poi indossò la<br />

vestaglia e sollevò il piede per esaminarlo di nuovo. Era striato<br />

di sangue, macchiato di rosso – proprio come la zampa di Ella.<br />

Improvvisamente Ivy si accasciò a terra. Si portò le<br />

ginocchia contro il petto. «Tristan!», urlò. «Tristan, ti prego,<br />

vieni! Ho bisogno di te».<br />

Cominciò a singhiozzare in modo inconsolabile. «Tristan!<br />

Non mi lasciare sola. Ho bisogno di te! Dove sei? Per favore,<br />

Tristan!».<br />

Ma lui non venne. Alla fine i singhiozzi di Ivy si<br />

attenuarono, le spalle si abbassarono, e si mise a piangere<br />

calme lacrime silenziose.


«Ehm».<br />

Qualc<strong>un</strong>o che si schiariva la gola.<br />

Ivy alzò gli occhi e vide <strong>un</strong> bagliore violaceo <strong>da</strong>vanti al<br />

grande specchio del bagno.<br />

«Non so dove sia», disse Lacey con <strong>un</strong>a voce secca e<br />

in<strong>da</strong>ffarata. Poi il bagliore viola si avvicinò a Ivy.<br />

Ivy cercò di sbattere le palpebre per ricacciare indietro le<br />

lacrime, ma non poteva farci nulla. Prese <strong>un</strong> fazzoletto <strong>da</strong>lla<br />

scatola e lo tenne sollevato a mezz’aria, in attesa che lei lo<br />

prendesse.<br />

«Grazie… Lacey».<br />

«Sei orribile quando piangi», disse Lacey, e Ivy sentì la<br />

sfumatura di soddisfazione nel suo commento.<br />

Ivy annuì, si asciugò gli occhi, poi si soffiò forte il naso.<br />

«Immagino che invece tu sia molto carina», disse. «Le stelle<br />

del cinema sono sempre carine».<br />

«Ma io non piangevo mai».<br />

«Oh».<br />

«Non singhiozzavo, non piangevo», si vantò Lacey. «Era<br />

questa la mia regola di vita».<br />

«E non l’hai mai infranta?»<br />

«Nel corso della mia vita, mai», rispose Lacey.<br />

Ivy si accorse della piccola incertezza che incrinò la voce di<br />

Lacey. All<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano, prese <strong>un</strong> altro fazzoletto, poi le<br />

chiese: «E adesso?»<br />

«Non sono affari tuoi», le disse Lacey. «Fammi vedere il<br />

piede».<br />

Ivy, obbediente, alzò il piede. Sentì delle dita che<br />

gentilmente le sfioravano la pelle.<br />

«Ti fa molto male?»<br />

«Starò bene». Ivy abbassò il piede, ci appoggiò con molta<br />

attenzione il peso del corpo e si alzò. Faceva più male di<br />

quanto volesse ammettere. «In realtà, sono molto più


preoccupata per Ella. Ha delle brutte ferite sotto la zampa». Ivy<br />

le raccontò delle ciocche di pelo strappate, e dei suoi stessi<br />

capelli posati vicino alla foto. «È stato Gregory, ne sono<br />

sicura».<br />

«Che bel tipo», commentò Lacey, sarcastica. «Penso che tu<br />

abbia ricevuto il messaggio: tutto quello che succede a Ella<br />

succederà anche a te».<br />

Ivy deglutì a fatica e annuì. «Hai cercato Tristan?»<br />

«A casa di Caroline. E <strong>da</strong> Will. Alla sua tomba. Non si trova<br />

<strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte – forse è di nuovo nell’oscurità». Lacey<br />

sospirò, poi si rese conto di quello che stava facendo e cercò di<br />

far creder a Ivy che stava solo schiarendosi la gola.<br />

«Hai paura», disse Ivy, aprendole la porta e facendola<br />

entrare nella stanza.<br />

«Per Tristan? Mai». Il bagliore viola superò Ivy e si distese<br />

sui cuscini.<br />

«Hai paura. Lo sento <strong>da</strong>lla tua voce», insistette Ivy.<br />

«Ho paura solo che Tristan levi le tende e mi lasci qui a<br />

sbrigare il lavoro sporco per lui», ripose Lacey.<br />

Ivy si mise a sedere sul letto, ed Ella alzò la testa. «Sei stata<br />

carina a venire qui non appena hai capito che avevo bisogno di<br />

aiuto».<br />

«Non sono venuta per te».<br />

«Lo so», disse Ivy.<br />

«La signorina lo sa», la prese in giro Lacey. Il bagliore viola<br />

si alzò <strong>da</strong>l cuscino, scattante come il fantasma di <strong>un</strong> gatto. «E<br />

sentiamo, cosa credi di sapere?»<br />

«Che tieni moltissimo a Tristan», disse ad alta voce Ivy. Che<br />

sei innamorata di lui, pensò.<br />

«Tieni così tanto a lui che sei pronta a <strong>da</strong>re <strong>un</strong>a mano a <strong>un</strong>a<br />

persona che non sopporti, anzi, che vorresti veder scomparire<br />

<strong>da</strong>lla faccia della terra, solo per fargli piacere».<br />

Una volta tanto Lacey rimase in silenzio.


«Appena rivedo Tristan gli dico che sei corsa qui non<br />

appena ti ho chiamato».<br />

«Oh, non ho bisogno che tu mi faccia fare bella figura»,<br />

rispose subito Lacey.<br />

Ivy alzò le spalle. «Ok, non gli dirò nulla».<br />

Lacey si avvicinò al letto. Ivy vide che la zampa ferita di<br />

Ella veniva sollevata bene in alto.<br />

«Brutta situazione».<br />

«Lacey», e la voce di Ivy tremò leggermente, «riesci a<br />

com<strong>un</strong>icare con i gatti? Puoi spiegare a Ella che non sapevo<br />

che Gregory fosse in grado di entrare? Puoi dirle che non gli<br />

avrei permesso di farle del male se lo avessi saputo, e che<br />

domani…».<br />

«Per chi mi hai preso», la interruppe Lacey, «per il dottor<br />

Doolittle? Per Biancaneve? Hai per caso visto dei teneri<br />

uccellini posarsi sulle mie mani?»<br />

«Ma se non vedo neanche le tue mani», le ricordò Ivy.<br />

«Sono <strong>un</strong> angelo, e non posso parlare con i gatti, proprio<br />

come non puoi farlo tu».<br />

Ella iniziò a fare le fusa.<br />

«Ma ti dirò cosa so fare», disse Lacey, con <strong>un</strong> filo di voce.<br />

«Quello che farò, per la precisione. Se f<strong>un</strong>ziona», aggi<strong>un</strong>se. «È<br />

<strong>un</strong>a specie di esperimento».<br />

Ivy rimase in attesa, paziente.<br />

«Prima cosa, stenditi», le ordinò Lacey. «Rilassati.<br />

Rilassati! No, aspetta. Va’ a prendere <strong>un</strong>a candela».<br />

Ivy si alzò e frugò in tutti i cassetti, e alla fine tirò fuori <strong>un</strong>a<br />

vecchia candela di Natale che le aveva regalato Philip. «Dove<br />

la devo mettere?»<br />

«In <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to in cui puoi vederla», rispose Lacey.<br />

Ivy la posò sul comodino vicino al letto e la accese. Nello<br />

stesso momento vide Ella che faceva <strong>un</strong> piccolo balzo, come se<br />

qualc<strong>un</strong>o le avesse <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a leggera spinta. Il gatto andò


zoppicando in fondo al letto.<br />

«Adesso stenditi, con i piedi <strong>da</strong> questa parte, vicino a Ella»,<br />

disse Lacey.<br />

Ivy si all<strong>un</strong>gò come le era stato ordinato, e la lampadina<br />

vicino al letto si spense.<br />

«Guar<strong>da</strong> la candela. Rilassati!», comandò Lacey.<br />

Ivy ri<strong>da</strong>cchiò. Lacey non era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a virtuosa della<br />

difficile arte di far sentire a proprio agio il prossimo. Ma dopo<br />

l<strong>un</strong>ghi minuti passati immobile a fissare la cal<strong>da</strong> e tremolante<br />

fiamma, Ivy iniziò a rilassarsi <strong>da</strong>vvero.<br />

«Bene. Non cercare di respingermi», disse Lacey a voce più<br />

bassa. «Tieni gli occhi fissi sulla candela. Lascia che i tuoi<br />

pensieri, la tua mente, il tuo spirito fluiscano verso di essa,<br />

lasciando indietro il tuo corpo. Lascialo qui, in modo che io<br />

possa fare quello che devo fare».<br />

Ivy fissò la fiamma, osservò il modo in cui cambiava forma,<br />

continuamente, senza posa. Immaginò di essere <strong>un</strong>a falena che<br />

volava verso il fuoco, in lenti circoli. Poi sentì che la pianta dei<br />

suoi piedi diventava sempre più cal<strong>da</strong>. Aveva la sensazione che<br />

<strong>un</strong>a mano bollente le stesse stringendo il piede, e d’istinto<br />

cercò di spostarlo. Guar<strong>da</strong> la candela, guar<strong>da</strong> la candela, si<br />

disse mentre il caldo si faceva sempre più intenso. Proprio<br />

quando iniziava a pensare che non ce la faceva più, il bruciore<br />

si attenuò. Sentì <strong>un</strong>a carezza fresca, poi <strong>un</strong>a sensazione<br />

solleticante.<br />

«Fatto».<br />

La voce di Lacey era così flebile che Ivy la udì appena. Ivy<br />

riusciva a intravedere a malapena il bagliore di Lacey adesso,<br />

anche se l’oscurità era totale. Si tirò a sedere. «Stai bene?».<br />

Lacey non rispose. «Accendi la luce», disse, e la sua voce<br />

era poco più di <strong>un</strong> sussurro.<br />

Ivy si alzò e senza riflettere mise a terra il piede ferito,<br />

appoggiandovi sopra tutto il peso del corpo. Non sentì dolore,


non avvertì il minimo fastidio. Accese la luce, poi si rimise<br />

subito a sedere e alzò il piede. La pianta era più liscia del<br />

palmo della mano, più liscia della pianta dell’altro piede, non<br />

c’era la minima traccia dei tagli. Anche la zampa di Ella era<br />

perfettamente guarita.<br />

«Sì! Oh, sì!», disse Lacey, facendosi i complimenti <strong>da</strong> sola.<br />

«Lacey, sei <strong>un</strong> genio!», disse, ma la sua voce era ancora debole<br />

e incerta come quella di <strong>un</strong>a vecchia, e il suo bagliore viola era<br />

sospeso a pochi centimetri <strong>da</strong> terra.<br />

«Lacey, che ti è successo?», le chiese Ivy. «Stai bene?».<br />

Ness<strong>un</strong>a risposta.<br />

«Parlami», la implorò Ivy.<br />

«Stanca».<br />

«Tristan», lo invocò piano Ivy, e la sua voce era solo <strong>un</strong><br />

sussurro, ma dentro al suo animo era <strong>un</strong> grido. «Vieni, ti prego.<br />

A Lacey è successo qualcosa. Devi aiutarla, Tristan. Angeli,<br />

aiutate Lacey!».<br />

«Sono solo stanca», mormorò Lacey.<br />

«Non avresti dovuto provarci. Sei an<strong>da</strong>ta oltre le tue<br />

capacità», le disse Ivy, terrorizzata. «Come posso aiutarti?<br />

Dimmi cosa devo fare».<br />

«Vai. Gregory è nella stanza di Philip adesso. Vai».<br />

Ivy non si mosse.<br />

«Porta con te Ella», le disse debolmente Lacey. «Fagli<br />

vedere che sta bene. Sarà <strong>un</strong> vero spasso».<br />

«No. Io non ti lascio in queste condizioni».<br />

«Vai, ti ho detto. Non sprecare tutto quello che ho fatto».<br />

«<strong>Angelo</strong> cocciuto», mormorò Ivy. Prese Ella e si avviò<br />

verso la porta, riluttante. Proprio mentre usciva udì la voce<br />

soffocata di Lacey: «Sei a posto, Ivy, sei <strong>un</strong>a a posto».<br />

«Cosa hai detto?», la richiamò Ivy.<br />

Ma Lacey non aveva alc<strong>un</strong>a intenzione di ripetere.<br />

Ivy entrò nella stanza di Philip, portando il gatto in braccio


come se fosse <strong>un</strong> neonato. Quando Gregory la vide in piedi nel<br />

corridoio gli si illuminarono gli occhi. Spera che mi metta a<br />

urlare come <strong>un</strong>a pazza e che lo accusi di tutto quello che ha<br />

fatto, pensò Ivy. Gli rivolse <strong>un</strong> bel sorriso e vide che lui<br />

abbassava gli occhi. Il sorriso si spense sul volto di Gregory<br />

quando la vide entrare a piedi nudi e senza il minimo dolore.<br />

«Ella voleva <strong>da</strong>rvi la buonanotte», disse. Ella si stava<br />

contorcendo furiosamente tra le sue braccia, voleva scappare il<br />

più lontano possibile <strong>da</strong> Gregory.<br />

Anche se Ivy detestava essere costretta a tenere ferma Ella<br />

con la forza, sapeva che poteva gua<strong>da</strong>gnare qualche p<strong>un</strong>to nella<br />

sua battaglia contro Gregory, e forse Ella non avrebbe più<br />

corso rischi, almeno per <strong>un</strong> po’. Era stata ben attenta a tenere<br />

sempre il fianco ferito del gatto contro di sé, nascondendolo<br />

alla vista degli altri. Le sue ferite erano guarite, ma la pelle era<br />

ancora rosa e nu<strong>da</strong>. Ivy si mise a sedere sul letto di Philip, tirò<br />

su il piede in modo che Gregory potesse vedere che le piante<br />

erano perfettamente sane.<br />

Vide <strong>un</strong> attimo di incertezza, <strong>un</strong> secondo di sorpresa nei<br />

suoi occhi, e poi la maschera ricadde sul suo volto – la<br />

maschera <strong>da</strong> bravo fratellone che indossava quando doveva<br />

mettere a letto Philip. Naturalmente, Gregory poteva dirsi che<br />

c’erano dei validi motivi per cui i piedi di Ivy non erano feriti:<br />

magari lei aveva avuto dei sospetti, aveva esaminato bene il<br />

tappetino prima di uscire <strong>da</strong>lla doccia ed era riuscita a evitare i<br />

cocci.<br />

«Voglio abbracciare Ella», disse Philip.<br />

Si all<strong>un</strong>gò per prenderla, ma Ivy tenne stretto il gatto che<br />

fremeva per liberarsi.<br />

«Che succede al micio?», chiese Gregory.<br />

«Non so. Forse vuole giocare».<br />

Gregory ri<strong>da</strong>cchiò.<br />

«È vero, Ella?», chiese Ivy. «Stai scalpitando, piccola?».


Mise di schiena il gatto sopra il letto, come per accarezzarlo<br />

sulla pancia.<br />

Fu a quel p<strong>un</strong>to che Gregory la vide, la piccola zampa con il<br />

cuscinetto soffice, roseo e liscio come quelli di <strong>un</strong> gattino. I<br />

suoi occhi si spostarono sull’altra zampa, come se gli fosse<br />

venuto il sospetto che le ferite potessero essere <strong>da</strong> quella parte.<br />

Ivy tenne fermo il gatto, concedendo a Gregory tutto il tempo<br />

che voleva per esaminare le zampe. Lui rimase senza fiato.<br />

Impallidì.<br />

«Voglio abbracciarla», ripeté Philip.<br />

«Lei sì e io no?», lo prese in giro Ivy, poi lasciò libera Ella.<br />

Il gatto schizzò via con la velocità di <strong>un</strong> proiettile, troppo<br />

veloce per avere <strong>un</strong>a zampa ferita, così veloce che ness<strong>un</strong>o fece<br />

in tempo a vedere lo squarcio ormai rimarginato sul fianco.<br />

«Oh, be’», disse Ivy, chinandosi per <strong>da</strong>re <strong>un</strong> bacio a Philip.<br />

«Buonanotte, e sogni d’oro». Superò Gregory e disse: «Non<br />

scor<strong>da</strong>re di dire le preghiere agli angeli».<br />

Il giorno successivo Ivy mise <strong>un</strong>a scatola di cartone e dei<br />

fogli di giornale in macchina e portò Ella a scuola con lei. Era<br />

chiaro che Gregory riusciva a entrare in camera sua, anche<br />

quando entrambe le porte erano chiuse a chiave. Forse aveva<br />

ancora <strong>un</strong>a chiave, o forse era bravissimo a scassinare le<br />

serrature. Forse c’era <strong>un</strong> altro modo di entrare <strong>da</strong>ll’attico, <strong>un</strong>a<br />

piccola apertura <strong>da</strong> cui poteva salire, per poi tornare indietro<br />

scendendo <strong>da</strong>lla stanza della musica. In ogni caso, non poteva<br />

uscire lasciando Ella <strong>da</strong> sola a casa.<br />

Parcheggiò in <strong>un</strong>o dei posti più lontani <strong>da</strong>lla scuola, sotto le<br />

fronde dei salici piangenti. I rami avrebbero riparato la<br />

macchina <strong>da</strong>l sole e <strong>da</strong>lla pioggia, rifletté, <strong>da</strong>ndo <strong>un</strong>’occhiata<br />

alle nubi che si addensavano a ovest. Abbassò i finestrini per<br />

permettere a Ella di avere <strong>un</strong> po’ d’aria, ma solo <strong>un</strong>o spiraglio,<br />

non di più. Non voleva che qualc<strong>un</strong>o riuscisse a infilare la


mano e a far scattare la serratura.<br />

«Questo è il massimo che posso fare per te, gatto», disse, e<br />

si precipitò verso la scuola.<br />

Incrociò Beth dopo la prima ora, mentre an<strong>da</strong>vano alla<br />

lezione di inglese. «Qualche altro sogno?», le chiese Ivy.<br />

«Sempre lo stesso, ancora e ancora. Se non lo capisci quanto<br />

prima io ci perdo la testa».<br />

Fecero entrambe <strong>un</strong> passo indietro mentre gli altri ragazzi si<br />

accalcavano per entrare in classe.<br />

«Vorrei parlare con Tristan», disse Ivy. «Non riesco a<br />

raggi<strong>un</strong>gerlo».<br />

«Forse sta lavorando con Will», suggerì Beth.<br />

Ivy scosse la testa, era sicura che Tristan non avrebbe mai<br />

chiesto l’aiuto di Will. Ma Beth proseguì. «Will non era a<br />

scuola alla prima ora».<br />

«Davvero?». Ivy cercò di tenere a ba<strong>da</strong> la nuova paura che<br />

era appena nata in lei. Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi<br />

per Will? Sapeva che razza di persona era Gregory, e pensava<br />

di essere in grado di gestirlo. Pensava di poterla tradire senza<br />

conseguenze.<br />

«Mi ha chiamato ieri sera. Stava lavorando», proseguì Beth.<br />

«Oggi avrebbe dovuto <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>a mano con il mio computer,<br />

ma ha detto che aveva <strong>da</strong> fare <strong>un</strong>a cosa e quindi non ci<br />

saremmo potuti vedere».<br />

Oh, angeli, ba<strong>da</strong>te a lui, pregò Ivy silenziosamente. Fino a<br />

che p<strong>un</strong>to Will si era lasciato trascinare dentro a quella storia?<br />

Davvero adesso lavorava per Gregory, come <strong>un</strong> tempo faceva<br />

Eric? Angeli, proteggetelo, pregò, contraddicendo quello che le<br />

diceva il suo cervello.<br />

«Ragazze», le richiamò il signor McDivitt, «noialtri stiamo<br />

facendo inglese, qui. E voi?».<br />

Ivy passò l’ora di inglese, come tutte le altre che seguirono,<br />

a scarabocchiare ruote dentate. E cercò continuamente di


contattare Tristan. Ogni singola ora del giorno pareva<br />

all<strong>un</strong>garsi a dismisura, per poi collassare su se stessa, con lo<br />

stesso movimento di <strong>un</strong>a fisarmonica: i minuti si trascinavano<br />

avanti, <strong>un</strong>o dopo l’altro, poi all’improvviso l’ora era finita, e lei<br />

si ritrovava <strong>un</strong>’ora più vicina a <strong>un</strong>a nuova trappola di Gregory,<br />

qual<strong>un</strong>que fosse. Ivy provò l’impulso di salire su <strong>un</strong> banco e di<br />

muovere in avanti le lancette dell’orologio, di far correre a<br />

velocità pazzesca le rotelle dentate dell’ingranaggio.<br />

Ruote… orologi, pensò. Dentro gli orologi ci sono gli<br />

ingranaggi – ruote dentellate – e i vecchi orologi, come quello<br />

che torreggiava sul caminetto nel salotto di casa, avevano<br />

anche delle serrature che si aprivano con <strong>un</strong>a chiave. Perché<br />

non ci aveva pensato prima? Nel sogno di Beth le ruote<br />

giravano in <strong>un</strong> senso, poi Ivy all<strong>un</strong>gava la mano e le spingeva<br />

nell’altra direzione – man<strong>da</strong>ndo indietro il tempo, pensò,<br />

spedendo tutti nel passato. Nel passato Caroline viveva nella<br />

casa sulla collina. Poteva aver nascosto qualcosa nell’orologio<br />

sulla mensola tanto tempo prima.<br />

Guardò di nuovo l’orologio appeso sul muro della classe.<br />

Era l’ultima ora, e mancavano venticinque minuti all’uscita.<br />

Sapeva che alla fine dell’ora sua madre sarebbe uscita per<br />

an<strong>da</strong>re a prendere Philip, e che Gregory sarebbe stato ancora in<br />

classe. Era la sua occasione. Non appena la professoressa ebbe<br />

assegnato i compiti, Ivy prese i libri e si alzò. «Signora<br />

Carson», disse piano.<br />

La professoressa le concesse subito il permesso di uscire e<br />

Ivy non si fermò in infermeria come avrebbe dovuto. Uscì <strong>da</strong>lla<br />

scuola, camminò con calma per <strong>un</strong>a quindicina di metri e poi si<br />

mise a correre verso la macchina.<br />

Una fred<strong>da</strong> pioggia aut<strong>un</strong>nale le bagnava il viso e<br />

opprimeva la città come <strong>un</strong>a cappa grigia. Ivy attraversò due<br />

interi isolati prima di rendersi conto che doveva azionare i<br />

tergicristalli. Era nervosa, i suoi piedi scattavano con rabbia


sulla frizione, e continuava a ripartire di scatto e fermarsi,<br />

imprecando contro il traffico che bloccava le strade anguste.<br />

Ella continuava a provare a saltarle in grembo. «Aspetta <strong>un</strong><br />

attimo, gatto!».<br />

Quando alla fine raggi<strong>un</strong>se il vialetto di ingresso arrivò fino<br />

in fondo alla stradina, tirò il freno a mano, e si buttò fuori <strong>da</strong>lla<br />

macchina, lasciando la portiera aperta. A casa non c’era<br />

ness<strong>un</strong>o – quantomeno, non c’era ness<strong>un</strong>a macchina oltre alla<br />

sua. Le tremavano le mani per la tensione. Aprì la porta e<br />

disattivò l’allarme.<br />

Attraversò di corsa la cucina e piombò in salotto. Sulla<br />

mensola della cucina c’era il vecchio orologio di mogano, alto<br />

più di mezzo metro, con la bellissima facciata a mezzal<strong>un</strong>a e il<br />

pendolo d’oro che oscillava con il suo ritmo regolare dietro il<br />

vetro decorato. Si ricor<strong>da</strong>va bene: c’era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a toppa in<br />

basso, nel legno cesellato.<br />

Ivy sollevò la cordicella che portava al collo, avvicinò la<br />

chiave alla toppa, la inserì. La girò delicatamente a sinistra, poi<br />

a destra. La serratura scattò, e lei aprì la porticina dell’orologio.<br />

Era convinta che avrebbe visto subito qualcosa. Ma non<br />

c’era niente, e per <strong>un</strong> momento restò senza fiato. Non fare la<br />

stupi<strong>da</strong>, si disse. Qualc<strong>un</strong>o deve caricare l’orologio, quindi<br />

qualc<strong>un</strong> altro ha la chiave – probabilmente Andrew – perciò è<br />

normale che non ci sia nulla in bella vista. Con grande cautela<br />

all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano e bloccò il pendolo a metà oscillazione, poi<br />

infilò l’altra mano e tastò tutt’intorno.<br />

Avrebbe avuto bisogno di <strong>un</strong>o sgabello per raggi<strong>un</strong>gere le<br />

profondità dei congegni interni. Si alzò in p<strong>un</strong>ta di piedi, spostò<br />

piano le dita risalendo l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a parte del rivestimento di<br />

legno. Sentì qualcosa di sporgente, il bordo di <strong>un</strong> foglio.<br />

Dapprima cercò di tirarlo via con grande delicatezza, per paura<br />

di strapparlo e di lasciarne <strong>un</strong>a parte all’interno dell’orologio.<br />

Era <strong>un</strong> foglio spesso, forse <strong>un</strong>a busta. Tirò con più forza, e


venne via.<br />

Ivy fissò il vecchio incartamento marrone che teneva in<br />

mano. Poi prese <strong>un</strong> coltello <strong>da</strong>l cassetto dell’argenteria e con<br />

<strong>un</strong> gesto rapido lo aprì.


Capitolo 16<br />

Dentro alla busta Ivy trovò tre fogli. Il primo era <strong>un</strong> biglietto<br />

scritto a mano, difficile <strong>da</strong> decifrare. Ma la firma era chiara:<br />

Caroline. Sotto c’era <strong>un</strong>a lettera <strong>da</strong>llo studio del dottor Edward<br />

Ghent – il padre di Eric, capì Ivy con <strong>un</strong> improvviso sussulto. Il<br />

terzo foglio sembrava <strong>un</strong>a fotocopia di <strong>un</strong> rapporto tecnico <strong>da</strong><br />

parte di <strong>un</strong>a compagnia di nome MediLabs.<br />

Ivy lesse in fretta la breve lettera scritta <strong>da</strong>l padre di Eric.<br />

C’erano degli strani spazi vuoti tra le lettere e molte correzioni.<br />

Cara Caroline,<br />

il rapporto che ti allego indica che le cose stanno proprio<br />

come sospettavi. Come ti ho spiegato, questo esame del sangue<br />

può provare, nei casi in cui non si registra <strong>un</strong> riscontro<br />

positivo, che <strong>un</strong> determinato uomo non è il padre biologico del<br />

soggetto in questione. Ed è evidente che Andrew non è il padre.<br />

Non era il padre di Gregory?, si chiese Ivy, poi continuò a<br />

leggere.<br />

L’esame non può provare che Tom S. è il padre, solo che è<br />

<strong>un</strong> possibile candi<strong>da</strong>to, ma suppongo che questo non sia in<br />

dubbio.<br />

«Tom S., Tom S.», mormorò Ivy. Tom Stetson, pensò,<br />

l’uomo alla festa, alto e magro, con i capelli neri come<br />

Gregory, quello che secondo Tristan insegnava allo stesso<br />

college di Andrew – l’uomo che lasciava sempre rose sulla<br />

tomba di Caroline. Finì di leggere.<br />

Se posso esserti ulteriormente di aiuto, fammelo sapere.<br />

Naturalmente, queste informazioni sono strettamente riservate.


Quindi, pensò Ivy, ness<strong>un</strong> altro sapeva chi era il vero padre<br />

di Gregory. Neppure Gregory? La risposta a tale interrogativo<br />

forse era sepolta nelle righe scarabocchiate di Caroline. Ivy<br />

lesse la lettera tutto d’<strong>un</strong> fiato.<br />

Andrew,<br />

lascio questa lettera qui, la leggerai quando sarà il<br />

momento. Tuo figlio ha preso le tue parti nella causa per il<br />

divorzio, ha mentito per stare a casa tua, ha convinto il giudice<br />

ad affi<strong>da</strong>rlo a te. Adesso vive con te – o forse voleva solo<br />

vivere con i tuoi soldi? E poi, sei sicuro che sia <strong>da</strong>vvero tuo<br />

figlio?<br />

Mi dispiace.<br />

Caroline.<br />

Allora Andrew non ne sapeva nulla. E se Gregory invece<br />

aveva scoperto tutto, sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa<br />

pur di tenere al sicuro il suo segreto. Aveva riposto tutte le sue<br />

speranze sui soldi dei Baines. Ivy si chiese cosa sarebbe<br />

accaduto se Andrew avesse scoperto che Gregory non era<br />

<strong>da</strong>vvero suo figlio. E poi ora Andrew aveva <strong>un</strong> altro figlio, <strong>un</strong><br />

figlio che adorava.<br />

Forse Caroline aveva capito tutto quello che stava per<br />

accadere. Forse aveva capito che era la sua occasione per<br />

vendicarsi di entrambi, di Gregory e di Andrew. Ivy chiuse gli<br />

occhi e si immaginò la donna che minacciava Gregory. Le<br />

tornò in mente quel giorno in cui Gregory era tornato a casa<br />

dopo essere an<strong>da</strong>to a trovare sua madre. Era sconvolto – e<br />

adesso Ivy capiva che forse lei lo aveva minacciato di rivelare<br />

tutto.<br />

Possibile che Gregory le avesse tappato la bocca, che<br />

l’avesse ammazzata per avere l’eredità?


Quelle lettere erano <strong>un</strong>a prova abbastanza significativa: di<br />

certo la polizia si sarebbe messa in moto, avrebbe aperto<br />

<strong>un</strong>’in<strong>da</strong>gine. Eric le aveva lasciato quello di cui aveva bisogno.<br />

Angeli, pregò, fate in modo che Eric riposi in pace.<br />

Poi guardò l’orologio. Mancavano ventisette minuti alle tre,<br />

ma lei aveva bloccato le lancette, e quindi dovevano essere<br />

passati almeno altri cinque minuti. Gregory sarebbe tornato a<br />

momenti. Ivy richiuse in fretta lo sportellino dell’orologio. Si<br />

rimise la catenella con la chiave al collo e ripiegò i tre fogli,<br />

sistemandoli con grande cura nella busta. Poi andò di corsa alla<br />

porta.<br />

Fuori, la nebbia si era trasformata in <strong>un</strong>a leggera<br />

pioggerella. Ivy si ficcò la busta sotto la maglietta e si mise a<br />

correre verso la macchina. Guidò come <strong>un</strong>a pazza fino alla<br />

stazione di polizia, con la pelle d’oca sulle braccia fradice di<br />

pioggia. Quando si fermò a <strong>un</strong> semaforo rosso frugò nella<br />

borsetta, poi la rovesciò sul sedile, cercando di ritrovare il<br />

biglietto <strong>da</strong> visita su cui era scritto il nome del detective che<br />

aveva condotto le in<strong>da</strong>gini relative all’aggressione che aveva<br />

subìto. «Tenente Patrick Donnelly», lesse, poi buttò <strong>un</strong>a<br />

manciata di fazzoletti e fermagli per capelli sul sedile<br />

posteriore, insieme alla roba del gatto. Fu a quel p<strong>un</strong>to che Ivy<br />

se ne ricordò.<br />

«Ella», la chiamò, sperando che il gatto fosse nascosto sotto<br />

il tappetino. «Ella!». Al semaforo successivo Ivy si girò ed<br />

esaminò il sedile. Toccò la vecchia coperta, e non sentì ness<strong>un</strong><br />

rigonfiamento caldo. Il gatto doveva aver trovato <strong>un</strong> modo di<br />

fuggire quando aveva lasciato aperta la portiera. «Rimani fuori<br />

casa, Ella», sussurrò Ivy. «Non può prenderti là fuori».<br />

Quando arrivò alla stazione, il sergente di turno si segnò il<br />

suo nome, poi le disse che il sergente non c’era. «Tornerà a<br />

momenti. Tra pochissimo», ripeté, fissandola con occhi miti e<br />

azzurri, mentre lei torturava i bordi del biglietto <strong>da</strong> visita del


tenente. «Posso fare qualcosa per te?»<br />

«No». Strappò <strong>un</strong> altro pezzo del biglietto.<br />

«Posso chiamarti qualc<strong>un</strong> altro», propose.<br />

«No, aspetterò», insisté Ivy. La sua storia era troppo strana e<br />

troppo complicata, non poteva raccontarla a ness<strong>un</strong> altro.<br />

Si mise a sedere sulla dura panchina e fissò il muro color<br />

oliva e le squallide mattonelle. Proprio di fronte a lei c’era <strong>un</strong><br />

grande orologio. Ivy osservò la lancetta dei minuti che saltava<br />

<strong>da</strong> <strong>un</strong> numeretto nero all’altro e cercò di riflettere su quello che<br />

avrebbe detto al detective.<br />

Meglio lasciar perdere gli angeli, pensò. Non aveva bisogno<br />

di complicarsi la vita: sarebbe già stato difficile farsi prendere<br />

sul serio senza tirare in ballo eventi soprannaturali.<br />

La porta della stazione si spalancò, e Ivy alzò lo sguardo,<br />

piena di speranza. Due giovani agenti fecero rapporto al<br />

sergente, <strong>da</strong>ndole la schiena. Ivy si alzò e chiese se qualc<strong>un</strong>o<br />

poteva telefonare al tenente Donnelly.<br />

«Pat dovrebbe tornare <strong>da</strong> <strong>un</strong> momento all’altro», il sergente<br />

stava dicendo agli altri agenti. «Sta parlando con il figlio di<br />

O’Leary».<br />

Il figlio di O’Leary? Will?<br />

Gli agenti si voltarono di scatto, e il sergente la fissò negli<br />

occhi. «Sei sicura che non possiamo fare nulla per te nel<br />

frattempo?»<br />

«Può <strong>da</strong>re questo al tenente Donnelly», disse Ivy, tirando<br />

fuori la busta di Caroline. Chiese <strong>un</strong>a busta più grande e vi<br />

scrisse sopra: «Devo parlare con lei il prima possibile». Scrisse<br />

nome, indirizzo e numero di telefono, poi vi ficcò dentro la<br />

busta di Caroline. La consegnò al sergente senza dire <strong>un</strong>a<br />

parola e si precipitò fuori. Salì in macchina e guidò fino a casa.<br />

Non riusciva a smettere di pensare a Ella e a Philip,<br />

terrorizzata.<br />

Quando parcheggiò <strong>da</strong>vanti alla casa, vide solo la macchina


di sua madre nel garage. Ottimo, pensò, Philip era al sicuro, e<br />

lei avrebbe avuto <strong>un</strong> po’ di tempo per trovare Ella prima<br />

dell’arrivo di Gregory. Fece <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go giro per salire al piano di<br />

sopra, attraverso il salotto, controllando di non aver lasciato<br />

alc<strong>un</strong>a traccia delle sue frenetiche ricerche. L’orologio<br />

ticchettava incessantemente, anche se era rimasto indietro di<br />

qualche minuto. Salì di corsa la scalinata centrale, due gradini<br />

alla volta. Sentì sua madre che parlava al telefono nella sua<br />

camera, si affacciò alla porta e la salutò frettolosamente con <strong>un</strong><br />

cenno della mano, poi andò in camera sua. La porta era<br />

spalancata ed Ella non si vedeva <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte. Il gatto non<br />

era acciambellato sulle lenzuola, perciò si chinò per guar<strong>da</strong>re<br />

sotto il letto, pensando che Ella potesse essersi nascosta là,<br />

dopo tutto quello che era successo. Non c’era, ma Ivy notò che<br />

le scarpe e le scatole sotto il suo letto erano state spinte tutte <strong>da</strong><br />

<strong>un</strong>a parte fino a formare <strong>un</strong> muro.<br />

Studiò il muro, poi strinse forte la coperta del letto. Forse<br />

Gregory l’aveva fatto per bloccare Ella il giorno in cui l’aveva<br />

ferita alle zampe. O forse il muro l’aveva aiutato a intrappolare<br />

il gatto quando le aveva fatto il taglio sul fianco. Ma poi vide<br />

che anche le ciabatte che Ivy si era tolta quella mattina<br />

facevano parte del muro. Si tirò su, lentamente, e vide che la<br />

porta che conduceva alla sala della musica al terzo piano era<br />

aperta. Lei la teneva sempre chiusa.<br />

«Ella», bisbigliò, e il terrore che le scorreva nelle vene era<br />

così forte che non riusciva a parlare ad alta voce. Non riusciva<br />

nemmeno a camminare. Strisciò fino alla porta e vide che di<br />

sopra la luce era accesa. Si appoggiò allo stipite, si tirò su, poi<br />

si incamminò lentamente per le scale. Cosa le aveva fatto<br />

Gregory? Le aveva tagliato la zampa? Le aveva tagliato <strong>un</strong><br />

pezzo di orecchio?<br />

Quando Ivy arrivò in cima alle scale guardò subito sotto il<br />

piano, poi sotto le sedie. Alla fine i suoi occhi corsero alla


finestra. Fissò la strana ombra sul <strong>da</strong>vanzale.<br />

«Ella! Oh, no! Ella!».<br />

Il gatto penzolava appeso a <strong>un</strong>a cor<strong>da</strong>, fissata a <strong>un</strong> chiodo<br />

nel soffitto basso. Ivy tirò la cor<strong>da</strong>, poi sollevò Ella, ma il<br />

corpo del gatto era freddo, privo di vita. La testa ricadeva verso<br />

il basso, il piccolo collo era spezzato. Accarezzò il gatto dietro<br />

le orecchie, delicatamente, come se Ella stesse semplicemente<br />

dormendo.<br />

«Ella», sussurrò, poi iniziò a urlare di nuovo. «L’ha uccisa!<br />

L’ha uccisa!».<br />

«Ivy! Che succede?», la chiamò sua madre.<br />

Ivy cercò di riacquistare l’autocontrollo. Tutto il suo corpo<br />

era scosso <strong>da</strong> fremiti incontrollabili. Si aggrappò a Ella,<br />

strusciando il volto contro il soffice pelo della gatta. Non<br />

riusciva a staccarsi, non riusciva a lasciarla an<strong>da</strong>re. «L’ha<br />

uccisa. L’ha uccisa!».<br />

Sua madre stava salendo le scale.<br />

«Gregory l’ha uccisa, mamma!».<br />

«Ivy, calmati. Cosa hai detto?», le chiese Maggie quando<br />

arrivò in cima alla scalinata.<br />

«Ha ucciso Ella!». Ivy lasciò il gatto e rimase immobile in<br />

piedi tra il corpo e la madre.<br />

«Di cosa parli?», le chiese la madre.<br />

Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro.<br />

«Oh, mio…». Sua madre si portò la mano alla bocca. «Ivy,<br />

cosa hai fatto?»<br />

«Cosa ho fatto? Stai <strong>da</strong>ndo la colpa a me? Pensi ancora che<br />

sia pazza, mamma? È stato Gregory. C’è lui dietro a tutto<br />

questo».<br />

Sua madre la fissò come se parlasse <strong>un</strong>’altra lingua.<br />

«Chiamo l’assistente».<br />

«Mamma, ascoltami».<br />

Ma Ivy sapeva che sua madre era troppo terrorizzata <strong>da</strong>lla


scena che aveva <strong>da</strong>vanti agli occhi, troppo spaventata <strong>da</strong> Ivy e<br />

<strong>da</strong> quello che pensava avesse fatto. Non ascoltava, non capiva.<br />

Maggie prese <strong>un</strong> foglio di carta ripiegato che era stato lasciato<br />

sul pianoforte e se lo rigirò più volte tra le mani senza neppure<br />

guar<strong>da</strong>rlo.<br />

Ivy lo prese, dispiegò il biglietto, e lesse: «Posso ferire chi<br />

ami».<br />

Ficcò il biglietto nelle mani di sua madre. «Leggi! Non<br />

capisci? Gregory mi dà la caccia! Gregory ha ucciso Ella per<br />

ferire me».<br />

La madre di Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro. «Ma Gregory è<br />

uscito con Philip», disse, «e…».<br />

«Con Philip? Dove?»<br />

«Chiamo la signora Bryce. Lei saprà cosa fare».<br />

«Dove?», domandò Ivy, stringendole le spalle, scuotendola.<br />

«Dimmi dove ha portato Philip».<br />

Sua madre si dimenò e si rintanò in <strong>un</strong> angolo. «Non c’è<br />

motivo di perdere la calma, Ivy».<br />

«Gli farà del male!».<br />

«Gregory adora Philip», ribatté sua madre, rintanata<br />

nell’angolo più lontano. «Hai visto quanto stanno insieme. Lui<br />

gioca sempre con Philip».<br />

«Sì, l’ho visto», fece Ivy.<br />

«Ha promesso a Philip che l’avrebbe portato a cercare<br />

vecchi chiodi <strong>da</strong> ferrovia», proseguì sua madre, «e ha<br />

mantenuto la promessa persino con questo tempaccio. Gregory<br />

ha <strong>un</strong> effetto positivo su Philip. È per questo che ieri gli ho<br />

detto che lui e Philip saranno presto veri fratelli, anche se<br />

Andrew mi aveva chiesto di non parlargliene».<br />

«Oh, no», disse Ivy, indietreggiando, con la schiena contro<br />

lo stereo.<br />

«Posso ferire chi ami» – sentiva le parole ronzarle in testa<br />

come se le stesse pron<strong>un</strong>ciando Gregory, proprio lì <strong>da</strong>vanti a


lei, come se le sussurrasse all’orecchio. Fissò sua madre e<br />

disse: «Sai dove volevano an<strong>da</strong>re a cercare i chiodi?».<br />

Sua madre stava scendendo le scale, lentamente. «Vicino al<br />

ponte della ferrovia. Gregory ha detto che poteva salire sul<br />

vecchio ponte e raccogliere <strong>un</strong> sacco di chiodi per Philip».<br />

Maggie sembrava sollevata di aver raggi<strong>un</strong>to il pianerottolo.<br />

«Puoi scendere adesso, Ivy. Lascia Ella <strong>da</strong> sola. Io chiamo<br />

l’assistente. Scendi adesso, Ivy».<br />

Ivy fissò i gradini, e sua madre fuggì <strong>da</strong>lla camera. Aspettò<br />

che Maggie entrasse in camera sua e si attaccasse al telefono<br />

per chiamare la signora Bryce, poi attraversò di corsa il bagno<br />

e la stanza di Philip e si precipitò giù per la scalinata<br />

posteriore.<br />

«Tristan, dove sei?», si lamentò, correndo verso la<br />

macchina. Girò con forza le chiavi nel cruscotto.<br />

«Tristan, dove sei?».<br />

Ivy partì sgommando, la porta era rimasta aperta e sbatteva.<br />

La aprì e la richiuse mentre scendeva a tutto gas <strong>da</strong>lla collina.<br />

Prendeva le curve troppo velocemente, e poteva essere molto<br />

pericoloso sull’asfalto bagnato. Per <strong>un</strong> attimo pensò che non<br />

sarebbe mai gi<strong>un</strong>ta a destinazione.<br />

«Angeli», pregò, mentre le lacrime le solcavano il volto.<br />

«Non permetteteglielo… non permetteteglielo».


Capitolo 17<br />

Non appena arrivò in cima alla collina, Tristan capì che Ivy<br />

non c’era. La macchina era scomparsa. Maggie era immobile<br />

<strong>da</strong>vanti al vialetto di ingresso, e stringeva <strong>un</strong> cordless, con<br />

<strong>un</strong>’espressione sconvolta. «Non mi importa se è in ri<strong>un</strong>ione,<br />

devo parlargli».<br />

Cosa era successo? Dov’era Ivy? Era ancora estremamente<br />

debole, intontito, come se avesse dormito troppo, troppo<br />

pesantemente. Quando era caduto nell’oscurità aveva avuto la<br />

sensazione che <strong>un</strong>a forza molto più grande della sua, <strong>un</strong>a forza<br />

che non aveva mai sperimentato prima, lo avesse spinto oltre i<br />

limiti della coscienza, nel buio privo di sogni.<br />

«Ma è <strong>un</strong>’emergenza!», Maggie stava urlando.<br />

Dimmi, Maggie, raccontami cosa è successo, pensò Tristan.<br />

«Andrew. Oh, Andrew». Maggie chiuse gli occhi, sollevata.<br />

«È Ivy… è impazzita. È scappata».<br />

Scappata dove?<br />

«Non so cosa le sia successo. È salita di sopra e<br />

all’improvviso ho sentito <strong>un</strong> urlo. Sono an<strong>da</strong>ta su a controllare,<br />

nella sua sala della musica. Lei… lei ha ucciso Ella».<br />

Cosa?<br />

«Ho detto che ha ucciso Ella… sì, ne sono sicura».<br />

Gregory ha ucciso Ella, pensò Tristan.<br />

«Non lo so», disse Maggie. «Le ho detto che Gregory aveva<br />

portato Philip ai ponti per raccogliere chiodi vecchi».<br />

Tristan iniziava a capire. Un attimo prima che lui cadesse<br />

nell’oscurità, Gregory aveva ferito il fianco di Ella. Tristan<br />

aveva pensato che volesse solo spaventare Ivy, ma adesso<br />

capiva che era <strong>un</strong> avvertimento. Gregory stava infliggendo i<br />

suoi colpi vicinissimo a lei, sempre più vicino.<br />

«Pensavo che si sarebbe calmata, Andrew», disse Maggie.<br />

«Le ho detto che Gregory si stava comportando molto bene con


Philip. Ho pensato che fosse il modo migliore per gestire la<br />

crisi. Poi sono an<strong>da</strong>ta a chiamare l’assistente, e lei è scappata.<br />

Si è messa a gui<strong>da</strong>re come <strong>un</strong>a pazza. Cosa devo fare?».<br />

Tristan non aspettò di sentire il resto. Si precipitò verso i<br />

ponti, l<strong>un</strong>go la stessa stra<strong>da</strong> che doveva aver imboccato Ivy.<br />

Adesso era ben sveglio, e si sentiva più forte che mai. Anche la<br />

sua mente f<strong>un</strong>zionava alla perfezione. Gregory voleva uccidere<br />

Philip? Era così folle <strong>da</strong> credere di potersela cavare<br />

ammazzando <strong>un</strong>a persona dopo l’altra?<br />

È completamente pazzo, pensò Tristan. E se fosse stata <strong>un</strong>a<br />

trappola? E se fosse stato solo <strong>un</strong>o stratagemma per attirare Ivy<br />

allo scoperto, ai ponti della ferrovia?<br />

Tristan la raggi<strong>un</strong>se sulla l<strong>un</strong>ga stra<strong>da</strong> tortuosa che correva<br />

l<strong>un</strong>go il fiume. Si sistemò al suo fianco in macchina, ma lei era<br />

così concentrata sulla stra<strong>da</strong> che non si accorse neppure della<br />

sua luce d’oro. La macchina prese <strong>un</strong>a buca e il sobbalzo la<br />

riscosse.<br />

Una buca! Anzi, molte buche. Fa’ attenzione. Devi an<strong>da</strong>re ai<br />

ponti. Trova Philip, pensò Tristan, e alla fine riuscì a<br />

condividere <strong>un</strong> pensiero con lei e scivolò nella sua mente.<br />

«Sono io».<br />

«Tristan! Dove sei stato?»<br />

«Nell’oscurità», rispose lui subito. «Ivy, rallenta. Stammi a<br />

sentire. Potrebbe essere <strong>un</strong>a trappola».<br />

«Lo dicevi anche quando dovevo vedermi con Eric», gli<br />

ricordò, accelerando. «Forse se fossi an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> lui <strong>un</strong> pochino<br />

prima….».<br />

«Non è vero», la interruppe lui, «e tu lo sai benissimo. Non<br />

potevi fare nulla per salvare Eric».<br />

«Ma salverò Philip», disse. «Gregory non mi porterà via<br />

<strong>un</strong>’altra persona a cui voglio bene».<br />

«E con cosa lo salverai? Una pistola? Un coltello? Cosa ti<br />

sei portata dietro?».


Tristan sentì il dubbio che si faceva stra<strong>da</strong> nella mente di lei,<br />

e la nuova paura che le scorreva nelle vene.<br />

«Torna indietro. Vai <strong>da</strong>lla polizia», insistette.<br />

«Sono già an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>lla maledetta polizia!».<br />

«Allora prova con Will», disse Tristan. «Andiamo a<br />

prendere Will».<br />

«Non possiamo fi<strong>da</strong>rci di Will», rispose lei a bruciapelo.<br />

«L’hai detto anche tu».<br />

«Ero geloso, Ivy, e non sopportavo che avesse dei segreti<br />

con te. Ma adesso abbiamo bisogno di lui, e poi farebbe<br />

qualsiasi cosa per te», controbatté Tristan.<br />

Ivy si ritrasse. Gli stava nascondendo qualcosa. «Cosa?<br />

Cosa c’è?».<br />

Ivy scosse la testa e non disse nulla.<br />

«Lui può aiutarci», ripeté Tristan.<br />

«Non ho bisogno del suo aiuto. Io ho te, Tristan – o almeno<br />

lo pensavo», lo sfidò lei.<br />

«Sai che puoi contare su di me, ma non posso fermare le<br />

pallottole».<br />

«E Gregory non può certo mettersi a sparare. Non può<br />

rischiare così tanto», disse Ivy, sicura di sé. «È sempre stato<br />

questo il suo problema, fin <strong>da</strong>ll’inizio. Deve inventarsi<br />

qualcosa di meglio, di più sottile. Ci sono già state troppe<br />

vittime. Troppe persone a lui vicine sono morte. Non potrebbe<br />

cavarsela se ci fosse <strong>un</strong> altro omicidio, con qualche prova<br />

riconducibile a lui».<br />

Il suo tono sicuro fece capire a Tristan che quella battaglia<br />

era perduta. Ivy aveva deciso.<br />

«Tornerò per te», le disse.<br />

«Tristan?», lo chiamò lei.<br />

Ma lui l’aveva già superata, e arrivò al ponte quasi<br />

istantaneamente. Il tempo era peggiorato, le poche gocce<br />

leggere si erano tramutate in <strong>un</strong>a pioggia fred<strong>da</strong> e tagliente che


spazzava entrambe le rive del fiume. La nebbia si alzava<br />

<strong>da</strong>ll’acqua cal<strong>da</strong> che scorreva tra i due ponti. Tristan vide la<br />

nebbia, e tuttavia in qualche modo riusciva a vedere anche con<br />

chiarezza i ponti paralleli coperti <strong>da</strong>l manto di caligine.<br />

Gregory e Philip non si trovavano <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte. Poi Tristan<br />

sentì delle voci, più in alto l<strong>un</strong>go il fiume. Si stavano spostando<br />

verso nord, allontanandosi <strong>da</strong>l p<strong>un</strong>to in cui era morto Eric. Lì<br />

non c’erano sentieri facilmente percorribili. Tristan si sentiva<br />

<strong>un</strong>’aquila, riusciva a inquadrare perfettamente i suoi due<br />

obiettivi, per poi scendere in picchiata su di loro. Qualcosa era<br />

cambiato in lui <strong>da</strong> quando era riemerso <strong>da</strong>ll’ultima,<br />

profondissima oscurità. Le sue abilità lo sorprendevano.<br />

Gregory era insieme a Philip, in piedi <strong>da</strong>vanti a <strong>un</strong>a vecchia<br />

baracca nascosta <strong>da</strong> arbusti e rami. Spinse la porta di legno, e<br />

Philip entrò nell’edificio fatiscente senza esitazioni.<br />

«Saremo proprio due veri cacciatori», stava dicendo<br />

Gregory a Philip. «So dove possiamo trovare delle fascine.<br />

Basta trovare dei pezzi asciutti di legno per accendere <strong>un</strong> bel<br />

fuoco».<br />

Tristan rimase ad ascoltare, cercando di capire quale potesse<br />

essere il piano di Gregory. Voleva appiccare il fuoco<br />

all’edificio e intrappolare Philip all’interno? No, Ivy aveva<br />

ragione: era troppo poco prudente, e Gregory ormai era<br />

costretto a fare molta, molta attenzione. E poi, Maggie sapeva<br />

che Philip era uscito insieme a lui.<br />

Philip posò a terra i suoi chiodi di ferro. «Ti do <strong>un</strong>a mano. I<br />

chiodi staranno benissimo qui».<br />

Gregory scosse la testa. «No, è meglio se rimani a fare la<br />

guardia al tesoro. Io vado nei boschi, torno tra pochissimo».<br />

«Aspetta», disse Philip. «Posso gettare <strong>un</strong> incantesimo sul<br />

tesoro. A quel p<strong>un</strong>to ness<strong>un</strong>o potrà toccarlo e…».<br />

«No», tagliò corto Gregory.<br />

«Ma io voglio <strong>da</strong>rti <strong>un</strong>a mano».


«Adesso ti dico come puoi aiutarmi», rispose Gregory,<br />

troppo bruscamente. «Prestami il tuo giubbotto».<br />

Il ragazzino lo guardò perplesso.<br />

«Avanti, su <strong>da</strong>mmelo!», ordinò Gregory, senza riuscire a<br />

nascondere la sua impazienza.<br />

Per tutta risposta la mascella di Philip si contrasse e nel suo<br />

sguardo si accese la sua solita luce testar<strong>da</strong>. I suoi occhi si<br />

strinsero in due fessure colme di sospetto.<br />

«Devo portare il legno», gli spiegò Gregory con <strong>un</strong> tono più<br />

gentile. «Poi accenderemo <strong>un</strong> bel fuoco, e staremo all’asciutto<br />

e al caldo».<br />

Philip, riluttante, si tolse il giubbotto rosso. Poi<br />

improvvisamente spalancò gli occhi. E Tristan capì che l’aveva<br />

visto.<br />

«Cosa c’è? Che stai guar<strong>da</strong>ndo?», chiese Gregory, girandosi<br />

di scatto.<br />

Tristan si precipitò fuori <strong>da</strong>lla porta, in modo che il<br />

ragazzino non potesse più scorgere il bagliore. Sperava proprio<br />

che cogliesse il suo messaggio silenzioso.<br />

Philip capì al volo. «Niente», disse.<br />

Ci fu <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio, poi Gregory si avvicinò alla porta e<br />

sbirciò fuori, ma non percepì la presenza di Tristan.<br />

«Pensavo di aver visto <strong>un</strong> grosso ragno», disse Philip.<br />

«I ragni non possono farti niente di male», gli disse<br />

Gregory.<br />

«Una tarantola sì», rispose Philip, cocciuto.<br />

«Ok, ok», disse Gregory, con <strong>un</strong> tono aspro e irritato. «Ma<br />

qui non ci sono tarantole. Quindi rimani qui e fai la guardia al<br />

nostro tesoro. Torno presto».<br />

Non appena uscì fuori <strong>da</strong>lla baracca, Gregory richiuse la<br />

porta e ispezionò i cespugli e gli alberi tutt’intorno. Si assicurò<br />

che ness<strong>un</strong>o lo stesse osservando, prese <strong>un</strong> lucchetto <strong>da</strong>llo<br />

zaino, lo assicurò alla serratura arrugginita e senza fare rumore


chiuse dentro Philip.<br />

«Lacey, Lacey, ho bisogno del tuo aiuto. Philip ha bisogno<br />

del tuo aiuto», la chiamò Tristan, poi passò attraverso le mura<br />

della baracca.<br />

Philip lo accolse con <strong>un</strong> luminoso sorriso. «Come mai sei<br />

qui? Perché ti stavi nascondendo?».<br />

Tristan rimase dov’era e attese che il ragazzo si avvicinasse<br />

a lui, poi attraversò la porta. Come aveva previsto, Philip cercò<br />

di seguirlo. Tristan mise <strong>un</strong>a mano sul lucchetto: sapeva che il<br />

ragazzino lo avrebbe visto scintillare. Philip all<strong>un</strong>gò subito la<br />

mano e cercò di girare la maniglia.<br />

«Non si apre», disse Philip.<br />

Condividendo quel pensiero Tristan scivolò dentro di lui.<br />

«Non puoi, perché c’è <strong>un</strong> lucchetto fuori. È stato Gregory a<br />

mettercelo».<br />

Philip rimise la mano sulla maniglia. Come se non riuscisse<br />

a crederci, continuò per <strong>un</strong> po’ a fare forza, tirando e<br />

spingendo.<br />

«Basta. È chiusa a chiave. Philip, calmati e stammi a<br />

sentire».<br />

Ma il ragazzino continuava a picchiare sulla porta con i suoi<br />

piccoli pugni.<br />

«Philip…».<br />

Iniziò a prendere a calci la porta. Sempre più disperato, ci si<br />

scagliò contro con tutto il peso del corpo, ancora e ancora.<br />

«Basta! Non ci riuscirai mai. E poi avrai bisogno di tutte le<br />

tue energie per altre cose».<br />

«Che succede?», chiese Philip. Respirava affannosamente,<br />

con la bocca aperta, e gli occhi che saettavano irrequieti per<br />

tutta la stanza. «Ma perché mi ha chiuso dentro?»<br />

«Non ne sono sicuro», rispose Tristan in tutta onestà. «Ma<br />

adesso ti dico quello che puoi fare tu. Adesso me ne vado,


Philip, ma solo per <strong>un</strong> po’. Se Gregory ritorna prima di me e ti<br />

fa uscire, mettiti a correre e vai verso la stra<strong>da</strong>. Arriva alla<br />

stra<strong>da</strong> prima che puoi e cerca di attirare l’attenzione di qualche<br />

macchina che passa. Non tornare insieme a lui, ok? Non an<strong>da</strong>re<br />

<strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte insieme a lui».<br />

«Ho paura, Tristan».<br />

«Andrà tutto bene», lo rassicurò Tristan, contento che Philip<br />

non potesse in<strong>da</strong>gare la sua mente e non avesse modo di<br />

scoprire quanto fosse spaventato lui. «Ho già chiamato Lacey».<br />

«Ho chiamato Lacey», lo prese in giro <strong>un</strong>a voce. «E sei stato<br />

proprio fort<strong>un</strong>ato. Non aveva nulla di meglio <strong>da</strong> fare».<br />

Il volto di Philip si illuminò quando vide il bagliore violetto<br />

di Lacey.<br />

«Ma in che casino vi siete cacciati?», chiese.<br />

Tristan ignorò la doman<strong>da</strong>. «Devo an<strong>da</strong>re. Adesso sei al<br />

sicuro, Philip», disse, scivolando fuori <strong>da</strong> lui.<br />

«Non così in fretta», disse silenziosamente Lacey a Tristan,<br />

senza farsi udire <strong>da</strong> Philip. «Che succede?»<br />

«Non ne sono sicuro. Penso sia <strong>un</strong>a trappola. Devo trovare<br />

Will», rispose in fretta, avvicinandosi alle mura della baracca.<br />

«Ivy ha bisogno di aiuto».<br />

«Che novità», gli rispose Lacey, ma Tristan se ne era già<br />

an<strong>da</strong>to.


Capitolo 18<br />

Ivy guidò fino ai due ponti, stringendo con forza il volante,<br />

sporgendosi in avanti, sforzandosi al massimo per vedere<br />

qualcosa. Accese gli abbaglianti, ma la nebbia assorbiva le luci,<br />

riducendoli a pallidi fantasmi. La pioggia e le prime foglie che<br />

erano cadute a terra rendevano l’asfalto scivoloso, e quando<br />

prese <strong>un</strong>a curva a forte velocità le ruote improvvisamente<br />

persero aderenza. La macchina iniziò a sban<strong>da</strong>re di lato,<br />

superando ampiamente la linea che divideva i due sensi di<br />

marcia. Senza tremare, senza chiudere gli occhi, Ivy riportò la<br />

macchina in carreggiata.<br />

Il fiume, gli alberi, e la stra<strong>da</strong>: per chilometri e chilometri<br />

non vide altro. Se Philip e Gregory non erano ai due ponti, non<br />

sarebbe di certo stato facile cercarli <strong>da</strong> sola. Ivy voleva<br />

richiamare Tristan, ma sapeva che non sarebbe accorso in suo<br />

aiuto. Lui non capiva. Il tempo stava peggiorando, ed era<br />

troppo tardi per chiamare la polizia.<br />

Tristan aveva ragione, naturalmente. Lei non era armata, a<br />

meno di non considerare <strong>un</strong>’arma il chiodo arrugginito che<br />

tintinnava nel portatazza. Ma aveva <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a freccia al suo<br />

arco: aveva lasciato tutte le informazioni alla polizia. E se<br />

Gregory avesse fatto del male a Philip, avrebbe avuto molte,<br />

molte spiegazioni <strong>da</strong> <strong>da</strong>re.<br />

All’improvviso schiacciò con forza i freni e girò il volante,<br />

con <strong>un</strong> grande stridio di ruote. Per poco non mancò la curva<br />

che sfociava nello spiazzo. I fanali disegnavano <strong>un</strong> arco di luce<br />

tra gli alberi. Il cuore cominciò a martellarle con forza nel<br />

petto. Proprio <strong>da</strong>vanti a lei c’era la macchina di Gregory. Non<br />

potevano essere an<strong>da</strong>ti molto lontano a piedi, si disse.<br />

Ivy parcheggiò con il muso della macchina rivolto verso la<br />

stra<strong>da</strong> e lasciò la portiera socchiusa, ma stavolta per <strong>un</strong>a<br />

ragione ben precisa. Se lei e Philip fossero dovuti scappare, lei


lo avrebbe spinto dentro, si sarebbe buttata in macchina e<br />

avrebbe chiuso le portiere, lasciando fuori Gregory. Poi si mise<br />

a cercare freneticamente <strong>un</strong>a pietra per terra. Ne trovò <strong>un</strong>a, si<br />

inginocchiò <strong>da</strong>vanti alle ruote posteriori della macchina di<br />

Gregory e con la roccia conficcò il chiodo ben dentro gli<br />

pneumatici.<br />

Si mise a correre nel bosco, seguendo il percorso dei binari.<br />

Dall’altra parte della ferrovia il t<strong>un</strong>nel di alberi si richiudeva<br />

sempre più, i rami erano pesanti e minacciosi. Corse l<strong>un</strong>go i<br />

binari e all’improvviso il t<strong>un</strong>nel di alberi si aprì e i ponti<br />

paralleli sbucarono <strong>da</strong>vanti a lei come se fossero sospesi a<br />

mezz’aria.<br />

La nebbia che risaliva <strong>da</strong>l fiume nascondeva i tre piloni che<br />

li sorreggevano, e solo il rumore dell’acqua dimostrava che<br />

sotto correva il fiume. Delle sezioni dei ponti scomparivano<br />

continuamente quando gruppi di nuvole catturavano i loro<br />

scheletri metallici, avvolgendoli come dei veli aderenti per poi<br />

liberarli improvvisamente quando il vento spazzava le nubi. In<br />

mezzo alla nebbia, con tutta quella pioggia, era impossibile<br />

avvistare il p<strong>un</strong>to in cui il vecchio ponte si interrompeva<br />

bruscamente. Quel tempaccio stava rendendo la vita molto più<br />

facile a Gregory. Non doveva far altro che convincere Philip a<br />

seguirlo, poi, <strong>un</strong>a volta arrivati vicino ai binari, <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>a<br />

leggera spinta. Cosa mai poteva essere <strong>un</strong> altro “incidente”,<br />

nella mente malata di Gregory?<br />

Ivy fissò il vecchio percorso dei binari, dove Gregory in<br />

teoria avrebbe dovuto cercare i chiodi per Philip. Strizzò gli<br />

occhi per mettere a fuoco fino a che non le si confuse la vista,<br />

poi fissò il nuovo ponte. La nebbia tremolante si alzò per <strong>un</strong><br />

attimo, e vide <strong>un</strong>o scintillio rosso. Con la stessa rapidità, le<br />

nuvole lo ricoprirono di nuovo. Poi <strong>un</strong> altro breve lampo rosso,<br />

<strong>da</strong>l nuovo ponte – il rosso scintillante del giubbotto di Philip.<br />

«Philip!», urlò lei. «Philip!».


Iniziò a correre l<strong>un</strong>go il tracciato dei binari del nuovo ponte.<br />

«Rimani là dove sei», gli urlò. Se l’avesse vista e si fosse<br />

messo a correre per raggi<strong>un</strong>gerla avrebbe potuto inciampare e<br />

cadere. Ma quando si avvicinò capì che era solo il giubbotto<br />

buttato a terra. Il cuore di Ivy si fermò per <strong>un</strong> istante, ma<br />

continuò a camminare, temendo il peggio, ancora in cerca di <strong>un</strong><br />

qualsiasi indizio che le potesse far capire che fine aveva fatto<br />

suo fratello.<br />

Il giubbotto era fradicio, ma non c’erano tagli, e solo <strong>un</strong>o<br />

schizzo di fango sul polso – ness<strong>un</strong> segno di colluttazione. Per<br />

<strong>un</strong> momento sentì tornare la speranza. Ma naturalmente la<br />

mancanza di tracce di lotta non voleva dire nulla: magari<br />

Gregory aveva convinto Philip a togliersi il giubbotto per<br />

scherzo, come se fosse <strong>un</strong> gioco, per poi <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>a spinta al<br />

momento più opport<strong>un</strong>o. Sollevò il giubbotto e lo tenne tra le<br />

braccia, proprio come prima aveva stretto Ella.<br />

«Hai trovato qualcosa?».<br />

Si voltò di scatto, e per poco non perse l’equilibrio.<br />

«Ciao, Ivy», disse Gregory. Immerso nella nebbia sembrava<br />

<strong>un</strong>’ombra grigia, <strong>un</strong>a angelo oscuro appollaiato sul ponte a tre<br />

metri di distanza <strong>da</strong> lei. «Anche tu cerchi chiodi?»<br />

«Io cerco mio fratello».<br />

«Non è qui», disse lui.<br />

«Cosa gli hai fatto?», chiese Ivy.<br />

Lui fece <strong>un</strong> ghigno e avanzò di <strong>un</strong> paio di passi. Ivy<br />

indietreggiò, tenendo ancora stretto il giubbotto.<br />

«Co-co-coccodè», disse Gregory con voce cantilenante.<br />

«Chi vuole giocare?».<br />

Ivy guardò la banchina opposta, quasi aspettandosi di veder<br />

comparire <strong>un</strong> treno in lontananza, proprio come nel sogno di<br />

Philip. Un mostro di ferro ansioso di divorarla.<br />

Si voltò verso Gregory. «Cosa gli hai fatto?», chiese di<br />

nuovo, a voce bassa, cercando di tenere sotto controllo il tono


isterico che le stava incrinando la voce.<br />

Gregory ri<strong>da</strong>cchiò piano. «Co-co-coccodè», disse, poi<br />

indietreggiò.<br />

Ivy fece <strong>un</strong> passo in avanti, la rabbia in lei stava<br />

soppiantando la paura. «Hai ucciso Eric, non è vero?», disse.<br />

«Avevi paura di quello che avrebbe potuto dirmi. Non è stata<br />

<strong>un</strong>’overdose accidentale».<br />

Gregory fece <strong>un</strong> altro passo indietro. Lei lo incalzava, passo<br />

dopo passo, seguiva i suoi movimenti.<br />

«Hai ucciso il tuo migliore amico», disse. «E quella ragazza<br />

a Ridgefield – dopo che mi hai assalito a casa mia, hai ucciso<br />

lei per depistare le in<strong>da</strong>gini. E Caroline. È così che è iniziato<br />

tutto. Hai ucciso tua madre».<br />

Metro dopo metro lei lo seguiva, avanzando quando lui si<br />

ritraeva, chiedendosi a che razza di gioco stesse giocando.<br />

C’era <strong>un</strong> treno in arrivo? Cos’era quel rumore che sentiva in<br />

lontananza?<br />

Gregory improvvisamente cambiò direzione, e fece <strong>un</strong> passo<br />

verso di lei. Ivy indietreggiò subito. Sembravano due ballerini<br />

impegnati in <strong>un</strong>’elaborata <strong>da</strong>nza.<br />

«Anche Tristan», urlò Ivy. «Hai ammazzato Tristan!».<br />

«E tutto per causa tua», disse lui. La sua voce era morbi<strong>da</strong> e<br />

vellutata, quasi innaturale, come le contorte figure che la<br />

nebbia disegnava nell’aria. «Eri tu quella che doveva morire.<br />

Non Tristan. Eri tu quella che doveva morire, non la ragazza di<br />

Ridgefield…».<br />

Il fischio del treno. Ivy si voltò.<br />

Gregory scoppiò a ridere. «Sarà meglio che inizi a dire le<br />

tue preghiere, Ivy. Ho sentito delle strani voci su Tristan: a<br />

quanto pare è diventato <strong>un</strong> angelo, ma di certo ness<strong>un</strong>o ha visto<br />

Eric, tramutato in <strong>un</strong>a specie di bagliore. Spero che tu sia stata<br />

<strong>un</strong>a brava bambina».<br />

Di nuovo il fischio del treno, più acuto, più vicino. Ivy si


chiese se ce l’avrebbe fatta a raggi<strong>un</strong>gere l’altra spon<strong>da</strong> del<br />

ponte in tempo. Adesso poteva sentire anche il rumore del<br />

treno, del motore che sbuffava in mezzo agli alberi. Era già<br />

troppo vicino al fiume.<br />

Ora Gregory camminava in fretta all’indietro, e Ivy aveva<br />

intuito il suo piano. Voleva tenerla sul ponte, tra lui e il treno.<br />

Tutti la credevano fuori di testa. Era già stata capace di buttarsi<br />

sotto a <strong>un</strong> treno, e ness<strong>un</strong>o avrebbe dubitato che ci avesse<br />

riprovato.<br />

Gregory si muoveva all’indietro e Ivy gli rimaneva vicino.<br />

«Hai sbagliato tutto», disse lei. «È successo tutto per causa tua,<br />

Gregory. Sei entrato nel panico, avevi il terrore di essere<br />

scoperto. Temevi di restare <strong>da</strong> solo, abbandonato <strong>da</strong> tutti. Il tuo<br />

vero padre non potrà mai <strong>da</strong>rti tutti i soldi che ha Andrew».<br />

Gregory aprì la bocca, solo <strong>un</strong> po’, e la fissò. Lo aveva preso<br />

alla sprovvista. La fine del ponte non era troppo lontana<br />

adesso, e Gregory fece <strong>un</strong> altro passo indietro, incerto. Ivy si<br />

avvicinò. Se fosse inciampato, lei avrebbe avuto <strong>un</strong>a<br />

possibilità.<br />

«Non credevi che io sapessi tutta la storia, non è vero? La<br />

cosa divertente è che quando hai ucciso tua madre io non ti ho<br />

visto proprio per niente. Non ho mai visto il tuo riflesso. Se mi<br />

avessi lasciato in pace, non avrei mai capito che il colpevole eri<br />

tu».<br />

Un’ombra incupì il volto di Gregory. Strinse i pugni.<br />

«Continua», lo sfidò Ivy. «Vienimi a prendere. Spingimi<br />

sotto al treno. Sarò <strong>un</strong>’altra vittima, <strong>un</strong> altro peso sulla tua<br />

coscienza».<br />

Ivy abbassò lo sguardo. Altri tre metri – solo altri tre metri e<br />

avrebbe avuto <strong>un</strong>a possibilità, anche se fosse inciampata.<br />

«Caroline ha <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a chiave a Eric», continuò Ivy. «Ed<br />

Eric l’ha lasciata a me. Ho trovato delle carte dentro l’orologio<br />

di Andrew».


Altri due metri e mezzo.<br />

«Delle lettere molto interessanti <strong>da</strong> parte di tua madre», gli<br />

disse.<br />

Due metri.<br />

«E anche <strong>un</strong> referto medico».<br />

Poco più di <strong>un</strong> metro e mezzo.<br />

«Li ho portati alla polizia <strong>un</strong>’ora fa».<br />

Un metro e mezzo. Gregory si fermò. Rimase assolutamente<br />

immobile. Anche Ivy si bloccò. Poi, senza preavviso, Gregory<br />

le si scagliò contro.<br />

Tristan raggi<strong>un</strong>se la casa di Will nel momento in cui <strong>un</strong>a<br />

macchina scura si allontanava <strong>da</strong>ll’abitazione. Grazie alla sua<br />

nuova vista, molto più acuta, riuscì a scorgere l’uomo alla<br />

gui<strong>da</strong>. Si chiese come mai il detective che aveva condotto le<br />

in<strong>da</strong>gini sull’aggressione subita <strong>da</strong> Ivy fosse an<strong>da</strong>to a trovare<br />

Will.<br />

Will rimase <strong>da</strong> solo sul portico, completamento perso nei<br />

suoi pensieri, al p<strong>un</strong>to che Tristan ebbe qualche difficoltà a<br />

trovare <strong>un</strong> modo per scivolare nella sua mente. Vide che Will<br />

aveva <strong>un</strong>a matita in tasca e la tirò fuori, ma Will non si accorse<br />

di nulla. Tristan sbatté la matita contro la staccionata di legno e<br />

scrisse il suo nome dopo aver materializzato <strong>un</strong> dito. Sottolineò<br />

due volte la scritta, non riusciva a credere neppure lui alla sua<br />

nuova forza.<br />

«Tristan!», disse Will, e Tristan scivolò in lui.<br />

Non perse tempo. «Ivy ha bisogno di aiuto. È an<strong>da</strong>ta ai<br />

ponti, pensa che Gregory abbia portato là Philip. È <strong>un</strong>a<br />

trappola».<br />

«Devo prendere le chiavi», rispose mentalmente Will, e si<br />

precipitò in casa.<br />

«No!».<br />

Will si bloccò e si guardò intorno, confuso.<br />

«Corri e basta! Corri», insistette Tristan.


«Fino ai ponti?», ribatté Will. «Non arriveremo mai in<br />

tempo».<br />

«Ti ci porto io», disse Tristan. «Possiamo an<strong>da</strong>re molto più<br />

veloci se ci teniamo lontani <strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> ed evitiamo il<br />

traffico». Si rendeva conto che era <strong>un</strong>a cosa pazzesca, ma allo<br />

stesso tempo sapeva che per qualche strano motivo era anche<br />

vera. L’ultima oscurità gli aveva <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a forza che non aveva<br />

mai avuto, poteri che non aveva mai messo alla prova.<br />

«Fi<strong>da</strong>ti di me», disse Tristan. «Per il bene di Ivy, fi<strong>da</strong>ti di<br />

me», lo scongiurò, anche se lui non si era mai fi<strong>da</strong>to del tutto di<br />

Will.<br />

Will annuì, e iniziarono a camminare come <strong>un</strong>a sola<br />

persona. Tristan poteva percepire lo stupore di Will, la sua<br />

paura. Cosa stava accadendo a Ivy? Cosa stava accadendo al<br />

suo stesso corpo, trascinato e occupato <strong>da</strong> Tristan? Cosa<br />

avrebbe visto la gente che avrebbero incontrato?<br />

«Non penso che ci ve<strong>da</strong>no», disse Tristan. «Ma in realtà non<br />

ne so molto più di te».<br />

Adesso percorrevano la l<strong>un</strong>ga stra<strong>da</strong> piena di curve. E<br />

mentre correvano strane voci si alzavano tutto intorno a loro.<br />

Erano solo dentro la loro testa? O forse era la mente di Will<br />

che si ribellava? Sembravano voci umane pressate e<br />

compresse, proprio come pareva compresso lo spazio mentre<br />

sfrecciavano a folle velocità.<br />

Le voci <strong>da</strong>pprima erano solo <strong>un</strong> indistinto mormorio, ma poi<br />

divennero più forti e intense, più chiare – lamenti, borbottii,<br />

canti, voci oscure e minacciose che si sovrapponevano e si<br />

coprivano a vicen<strong>da</strong>.<br />

«Cosa c’è?», si lamentò Will, coprendosi le orecchie con le<br />

mani. «Cosa sono queste voci?»<br />

«Non lo so».<br />

«Cosa sono queste voci? Non lo sopporto!», disse Will,<br />

scuotendo la testa, come se potesse spazzare via le voci.


Tristan sentiva ben più che delle semplici voci. Stava<br />

vedendo cose che non aveva mai visto prima – animali<br />

spaventati e nascosti dietro gli alberi, rocce spazzate e coperte<br />

di foglie, radici sepolte in profondità nel terreno.<br />

Adesso avevano raggi<strong>un</strong>to lo spiazzo, e vide i binari dietro<br />

lo schermo fradicio di pioggia degli alberi. Mentre si<br />

avvicinavano sempre più veloci ai ponti le voci acute<br />

divennero ancora più alte e intense, quelle basse si fecero più<br />

furiose e profonde.<br />

«Demoni», disse Will, tremante, quando raggi<strong>un</strong>sero i ponti.<br />

«Sono demoni».<br />

Quando Gregory si scagliò contro di lei Ivy si voltò e si<br />

mise a correre. Non c’era modo di passargli accanto in quello<br />

stretto ponte. Quando iniziò a correre vide le luci del treno,<br />

come <strong>un</strong> piccolo sole che fendeva la nebbia e correva in mezzo<br />

agli alberi, vicino al ponte. Non ce l’avrebbe mai fatta ad<br />

arrivare <strong>da</strong>ll’altra parte in tempo – non poteva correre più<br />

veloce del treno. Ma non poteva neppure an<strong>da</strong>re nella direzione<br />

opposta. Forse, se avesse sventolato il giubbotto rosso di<br />

Philip, il macchinista l’avrebbe vista.<br />

Gregory la stava raggi<strong>un</strong>gendo. Il fischio spezzò di nuovo il<br />

silenzio e Gregory scoppiò a ridere. Era solo a pochi metri di<br />

distanza, e rideva e rideva, come se stessero giocando a<br />

nascondino in <strong>un</strong> parco. Era pazzo! Non gli importava di nulla;<br />

sarebbe morto insieme a lei pur di ucciderla. A ogni falcata<br />

gua<strong>da</strong>gnava qualche centimetro – lei lo vedeva con la co<strong>da</strong><br />

dell’occhio. Presa <strong>da</strong>lla disperazione, Ivy si gettò il giubbotto<br />

di Philip alle spalle. Cadde a terra, finì in mezzo alle gambe di<br />

Gregory, attorcigliandosi. Gregory inciampò. Lei si guardò<br />

indietro e lo vide cadere in ginocchio.<br />

Ivy continuò a correre. Sentiva il tremendo rumore del treno<br />

e gli corse incontro con tutte le forze che aveva. Se fosse


iuscita a mettere qualche metro tra lei e Gregory, se lo avesse<br />

distanziato quel tanto che bastava per trovare <strong>un</strong> posto in cui<br />

rannicchiarsi, <strong>un</strong> appoggio solido sotto i binari a cui<br />

aggrapparsi, per restare sospesa nel vuoto fino al passaggio del<br />

treno…<br />

«Angeli, aiutatemi!», pregò. «Oh, angeli, ci siete? Verrete in<br />

mio soccorso? Tristan! Dove sei?»<br />

«Qui, Ivy! Ivy, <strong>da</strong> questa parte».<br />

Sentiva delle voci tutto intorno a lei, che la chiamavano per<br />

nome. Rallentò. Erano solo delle eco nella sua mente, il suono<br />

del vento che veniva stravolto <strong>da</strong>l suo cervello terrorizzato? Poi<br />

vide che anche Gregory si era fermato, ed ascoltava, madido di<br />

sudore, gli occhi spalancati, le pupille grigie cerchiate di<br />

bianco.<br />

Poi Ivy sentì distintamente <strong>un</strong>a sola voce. «Ivy».<br />

La riconobbe subito. «Will!», esclamò.<br />

Proveniva <strong>da</strong>lla direzione opposta, le stava venendo<br />

incontro, correva sul ponte parallelo, e la chiamava a gran<br />

voce. Le altre voci si alzarono più forti che mai, e <strong>un</strong>a nera<br />

paura le serpeggiò nell’animo. È <strong>un</strong>a trappola, <strong>un</strong> trucco, pensò<br />

Ivy. Fa tutto parte del piano di Gregory.<br />

Gregory si era rimesso all’inseguimento, e Ivy ricominciò a<br />

correre.<br />

Will correva a velocità incredibile sull’altro ponte. L’aveva<br />

raggi<strong>un</strong>ta e superata di qualche metro. Era arrivato alla fine del<br />

vecchio ponte.<br />

«Ivy!», gridò. «Ivy, <strong>da</strong> questa parte! Salta!».<br />

Lei lo fissò. C’era <strong>un</strong> salto di più di due metri. Tutto intorno<br />

a lei le voci parlavano e bisbigliavano, quelle acute le<br />

ronzavano in testa, la confondevano, mentre quelle basse la<br />

gettavano nella disperazione più nera.<br />

«Salta!», urlò di nuovo lui, tendendo le braccia verso di lei.<br />

Anche se fosse riuscito ad afferrarla, non c’era niente che lo


trattenesse <strong>da</strong>l cadere a sua volta nel baratro tra i due ponti. Ivy<br />

li avrebbe ammazzati entrambi.<br />

«Ivy, salta!». Sembrava la voce di Tristan.<br />

«Ivy, salta. Ivy, salta», la sfidò Gregory. Aveva smesso di<br />

correre. Adesso camminava all’indietro sui binari, la osservava,<br />

fissava la radura dove il treno sarebbe apparso <strong>da</strong> lì a pochi<br />

istanti. Era rosso in volto, e <strong>un</strong> rivolo di sangue gli scendeva<br />

<strong>da</strong>l naso. Gli brillavano gli occhi – <strong>un</strong>o scintillio di trionfo, di<br />

follia.<br />

«Tristan!», urlò Ivy.<br />

«È qui», disse Will. «Ci aiuterà lui».<br />

Ma lei non avvertiva la presenza di Tristan dentro di sé, e<br />

non vedeva il suo bagliore dentro Will.<br />

«Dove?», urlò. «Dove?»<br />

«Dove? Dove?», le ripeterono in tono di scherzo le voci più<br />

profonde. Il treno arrivò rombando sul ponte.<br />

«Tristan, dove sei?», urlò Ivy.<br />

«Prendila, Will. Prendila!».<br />

Will all<strong>un</strong>gò il braccio e Ivy saltò. Per <strong>un</strong> momento <strong>un</strong> arco<br />

d’oro scintillò tra i due ponti, sorreggendo Ivy e Will. Poi<br />

caddero sui vecchi binari, aggrappandosi con la forza della<br />

disperazione al bordo per non cadere giù.<br />

Il treno divorava il nuovo ponte, e Gregory cominciò a<br />

correre nella direzione opposta. Ivy e Will si tirarono in piedi e<br />

urlarono al macchinista di fermarsi fino ad avere la gola in<br />

fiamme. Ma le loro voci annegarono nell’on<strong>da</strong> sempre più alta<br />

di quell’oscura confusione, <strong>un</strong> malvagio rombo di voci così<br />

profonde che sembravano provenire <strong>da</strong>i recessi più oscuri e<br />

inson<strong>da</strong>bili di tutto ciò che esisteva.<br />

Ivy e Will restarono a guar<strong>da</strong>re impotenti il treno che si<br />

abbatteva su Gregory. Non poteva farcela. Avrebbe dovuto<br />

cercare di saltare sul vecchio ponte. Le voci iniziarono a<br />

strillare. Ivy si mise le mani sulle orecchie, e Will la strinse


forte. Cercò di farle distogliere lo sguardo, ma lei continuava a<br />

fissare la scena.<br />

Gregory saltò, tendendo il corpo e lanciando le braccia in<br />

avanti, con le dita tese in <strong>un</strong> disperato tentativo di aggrapparsi a<br />

qualcosa. Per <strong>un</strong> momento volò come <strong>un</strong> angelo, poi sprofondò<br />

nella nebbia.<br />

Il treno lo superò, senza neppure rallentare. Ivy affondò il<br />

viso nel petto di Will. Si tennero forte, trattenendo il respiro. Il<br />

tumulto di voci si ridusse a <strong>un</strong> mormorio e poi cessò.<br />

«Co-co-coccodè», intonò <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica voce. «Chi è che vuole<br />

giocare, adesso?».<br />

Poi solo silenzio.


Capitolo 19<br />

«Una scatola di fazzoletti», disse Suzanne quel sabato notte.<br />

«Servitevi pure, ragazze. E <strong>un</strong>a bella confezione di dolci».<br />

«Perchè i fazzoletti li <strong>da</strong>i a noi e i dolci te li tieni vicino?»,<br />

chiese Ivy. Lei, Suzanne e Beth erano distese sul pavimento<br />

della sua camera.<br />

Beth afferrò in tutta fretta la scatola di dolci e se la portò<br />

vicino al sacco a pelo. «Non ti preoccupare», disse a Ivy, «ho il<br />

coltello».<br />

«Ma Suzanne ha le <strong>un</strong>ghie», rispose Ivy. «Metti la<br />

confezione in mezzo».<br />

«Aspettate <strong>un</strong> minuto», disse Suzanne, stringendo le labbra.<br />

Erano pallide, non rosso fuoco come al solito. «Sono quattro<br />

giorni che mi comporto in modo delicato, riflessivo,<br />

gentile…».<br />

«E io non ne posso più», disse Ivy. «Mi manca la vecchia<br />

Suzanne… e mi manca <strong>da</strong> molto tempo. Da ben più di quattro<br />

giorni», aggi<strong>un</strong>se piano. Sul volto imbronciato di Suzanne si<br />

dipinse <strong>un</strong>’espressione piena di dolore e Ivy le sfiorò subito la<br />

mano.<br />

«Oh oh, è arrivato il momento dei fazzoletti», disse Beth.<br />

Ne presero <strong>un</strong>o a testa.<br />

«In questi giorni ho pianto via tanto mascara <strong>da</strong> formare <strong>un</strong><br />

lago», si lamentò Suzanne.<br />

«Avanti con i dolci», suggerì Ivy, rubando il coltello a Beth<br />

e dividendo in parti uguali <strong>un</strong> tortino al cioccolato.<br />

Beth passò <strong>un</strong> dito sul bordo della confezione, prendendo il<br />

suo tortino insieme a qualche briciola caduta, poi sorrise a<br />

Suzanne. «È passato <strong>un</strong> secolo <strong>da</strong>ll’ultima volta che sono stata<br />

a <strong>un</strong> pigiama party».<br />

«Anche io», disse Ivy.<br />

«E <strong>da</strong> quanto tempo non passi <strong>un</strong>a notte serena?», chiese


Suzanne a Ivy, con gli occhi ancora umidi.<br />

Ivy si avvicinò alla sua vecchia amica e la abbracciò. «Te<br />

l’ho detto, ho dormito come <strong>un</strong> sasso ieri notte».<br />

Ma le notti precedenti erano state molto più difficili per Ivy,<br />

anche se non aveva fatto ness<strong>un</strong> incubo. Si svegliava nel cuore<br />

della notte, a orari impossibili, e si guar<strong>da</strong>va intorno, come se il<br />

suo corpo, abituato a restare sempre sul chi vive, non riuscisse<br />

a convincersi che non c’era più nulla <strong>da</strong> temere. Ma la paura<br />

con cui aveva convissuto giorno e notte ora era sparita, e anche<br />

gli incubi.<br />

La polizia era arrivata ai ponti quasi subito quel martedì, il<br />

tenente Donnelly aveva risposto al messaggio di Ivy e a <strong>un</strong>a<br />

chiamata di emergenza <strong>da</strong> parte di Andrew. Avevano trovato<br />

Gregory sulle rocce del fiume sottostante e l’avevano<br />

dichiarato morto. E poco più tardi Philip era stato liberato <strong>da</strong>lla<br />

baracca.<br />

«Come sta Philip?», le chiese Beth.<br />

«Sembra che se la cavi bene», disse Suzanne.<br />

«Philip vede il mondo con gli occhi di <strong>un</strong> bambino di nove<br />

anni», rispose Ivy. «Se può spiegare tutto quello che è successo<br />

con <strong>un</strong>a buona storia, non c’è ness<strong>un</strong> problema. Per lui adesso<br />

Gregory era <strong>un</strong> angelo cattivo, e crede che ci saranno sempre<br />

angeli buoni a proteggerlo <strong>da</strong> quelli cattivi, perciò sta bene…<br />

per il momento».<br />

Ma Ivy sapeva che prima o poi suo fratello avrebbe iniziato<br />

a fare domande, e si sarebbe chiesto perché <strong>un</strong>a persona che si<br />

era sempre comportata così bene con lui avesse voluto fargli<br />

del male. Prima o poi avrebbe voluto saperne di più.<br />

Quando Ivy e Andrew uscirono <strong>da</strong>lla centrale di polizia,<br />

quel martedì notte, il caso era stato ricostruito a grandi linee. Il<br />

tenente aveva detto che la polizia avrebbe informato la famiglia<br />

della ragazza a Ridgefield, come anche i genitori di Eric e<br />

Tristan, e avrebbe ann<strong>un</strong>ciato la riapertura dei loro casi.


In seguito, quella stessa sera, il reverendo Carruthers, il<br />

padre di Tristan, era passato a trovarli. Era rimasto con Ivy e la<br />

sua famiglia per diverse ore, ed era stato sempre al loro fianco<br />

fino al rito f<strong>un</strong>ebre che lui stesso celebrò, tre giorni dopo.<br />

Adesso che era tutto finito, Andrew e Maggie sembravano<br />

fragili e provati – ossessionati <strong>da</strong> fantasmi.<br />

«Ma è normale», disse Beth, come se avesse letto i pensieri<br />

di Ivy. «Hanno visto <strong>un</strong> lato di Gregory di cui non avevano mai<br />

sospettato l’esistenza, ed era <strong>un</strong> lato orribile. Stanno appena<br />

iniziando a capire cosa hanno passato. Ci vorrà <strong>un</strong> sacco di<br />

tempo prima che le ferite inizino a rimarginarsi».<br />

«Tutti noi avremo bisogno di tempo», disse Suzanne,<br />

ricacciando indietro le lacrime. Poi prese il coltello. «Secondo<br />

voi abbiamo abbastanza fazzoletti e dolci?».<br />

C’è qualcosa di diverso in lei, pensò Tristan fissando Lacey<br />

quel sabato sera. La trovò dove si erano visti la prima volta,<br />

distesa sulla sua tomba, con <strong>un</strong>a gamba a terra e l’altro<br />

ginocchio sollevato. I suoi ispidi capelli viola catturavano il<br />

riflesso della luce della l<strong>un</strong>a, e la sua pelle era palli<strong>da</strong> come il<br />

marmo su cui era appoggiata. Le l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie scintillavano di<br />

<strong>un</strong> viola scuro. Ma c’era qualcosa di diverso in lei.<br />

Sul volto di Lacey Tristan vide <strong>un</strong>a malinconia che per <strong>un</strong><br />

attimo gli fece morire le parole in gola. Non riusciva a parlarle,<br />

sul suo volto si vedeva <strong>un</strong>a sfumatura triste che di solito non<br />

c’era, o forse era solo nascosta molto bene.<br />

«Lacey».<br />

Lei fissò Tristan e chiuse gli occhi.<br />

«Che succede?», disse, mettendosi a sedere vicino a lei.<br />

Lo guardò senza dire nulla.<br />

«A cosa pensavi?», le chiese gentilmente.<br />

Lacey abbassò furtivamente gli occhi per fissarsi le mani,<br />

toccandosi la p<strong>un</strong>ta delle dita, <strong>un</strong>a per <strong>un</strong>a, accigliata. Quando


ialzò gli occhi, Tristan ebbe l’impressione che fosse capace di<br />

perforarlo con <strong>un</strong> solo sguardo.<br />

Si sentiva a disagio. «Qualche brutto pensiero?»<br />

«Sei stato alla tomba di Gregory?», chiese.<br />

«Sono appena…».<br />

«Per favore non dirmi che se ne va in giro come se niente<br />

fosse», lo interruppe, gesticolando teatralmente. «Voglio dire,<br />

lo so che il super direttore sceglie le persone più improbabili,<br />

ma forse adesso sta esagerando».<br />

Tristan scoppiò a ridere, felice di vedere che era di nuovo la<br />

solita, vecchia Lacey. «Non ho visto tracce di Gregory», disse.<br />

«Tutto è calmo alla sua tomba, e anche in collina».<br />

Lei riabbassò le mani. «Sei stato con Ivy».<br />

«Sono an<strong>da</strong>to <strong>da</strong> lei, ma non riesco a raggi<strong>un</strong>gerla», disse.<br />

«Né lei né Philip mi vedono, e io non trovo il modo di<br />

scivolare dentro le loro menti. Ho bisogno del tuo aiuto, Lacey.<br />

Lo so che ormai non ne puoi più di sentire questa frase, ma ho<br />

bisogno del tuo aiuto più che mai».<br />

Lei alzò la mano per zittirlo. «C’è <strong>un</strong>a cosa che dovrei dirti,<br />

Tristan».<br />

«Cosa?», le chiese.<br />

«Neanch’io ti vedo».<br />

«Cosa!».<br />

«Vedo solo <strong>un</strong> bagliore dorato», spiegò Lacey, alzandosi in<br />

piedi, «la stessa cosa che tutti gli altri hanno sempre visto<br />

quando guar<strong>da</strong>vano nella tua direzione». Sospirò. «Il che vuol<br />

dire che sono di nuovo <strong>un</strong>a vivente… brrr!». Si esibì nella sua<br />

solita imitazione della sirena di <strong>un</strong> quiz televisivo, ma venne<br />

fuori <strong>un</strong> suono poco convinto, senza allegria. «Oppure stai<br />

diventando <strong>un</strong>a creatura angelica che non posso raggi<strong>un</strong>gere».<br />

«Ma io non voglio!», protestò lui. «Tutto quello che voglio<br />

è dire a Ivy…».<br />

«Ti amo», disse subito Lacey. «Ti amo».


Tristan annuì. «Esattamente. E voglio dirle che la amo così<br />

tanto che desidero trovarle l’amore che il destino ha scelto per<br />

lei».<br />

Lacey si allontanò <strong>da</strong> Tristan.<br />

«Cosa posso fare?», le chiese.<br />

«Non lo so», mormorò lei, camminando nervosamente.<br />

Lui all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano per fermarla, ma le sue dita le<br />

attraversarono il braccio senza incontrare resistenza.<br />

Lacey si sfiorò il braccio nel p<strong>un</strong>to in cui lui aveva cercato<br />

di toccarla. «Adesso sei irraggi<strong>un</strong>gibile per me», disse. «Non<br />

riesco neppure a immaginare cosa ti sta succedendo. Hai<br />

ancora qualc<strong>un</strong>o dei tuoi vecchi poteri?»<br />

«Quando sono uscito <strong>da</strong>ll’oscurità l’ultima volta, avevo<br />

poteri più forti che mai», rispose Tristan. «Riuscivo a proiettare<br />

la voce bene quanto te. Ero in grado perfino di scrivere. E<br />

avevo abbastanza forza <strong>da</strong> sostenere Ivy e Will. Adesso non ho<br />

l’energia neppure per fare la cosa più semplice del mondo.<br />

Come posso raggi<strong>un</strong>gerla?»<br />

«Prega. Chiedi <strong>un</strong>’altra occasione», disse Lacey, «anche se<br />

raggi<strong>un</strong>gerla <strong>un</strong>’ultima volta potrebbe portarti via tutto quello<br />

che ti rimane».<br />

«Allora è così che deve finire?», chiese Tristan.<br />

«Ne so quanto te», sbottò Lacey. «E sai quanto odio<br />

ammetterlo», aggi<strong>un</strong>se in tono più gentile. «Non posso far altro<br />

che pregare e tentare. Se… se tu non dovessi farcela,<br />

consegnerò il tuo messaggio. E le <strong>da</strong>rò <strong>un</strong>’occhiata di quando<br />

in quando – sai, le <strong>da</strong>rò qualche consiglio angelico».<br />

Tristan non disse nulla, e Lacey allora concluse: «Perfetto,<br />

allora non vuoi che io dia alla tua tipa consigli angelici. Non lo<br />

farò, tranquillo!».<br />

«Ti prego, tienila d’occhio», disse lui, «e <strong>da</strong>lle tutti i<br />

consigli che vuoi. Mi fido di te».<br />

«Ti fidi di me – anche se le dovessi <strong>da</strong>re dei consigli


sull’amore?», disse Lacey, mettendolo alla prova.<br />

«Persino sull’amore», disse lui, con <strong>un</strong> largo sorriso.<br />

«Anche se in realtà io non ne so nulla… dell’amore»,<br />

rispose lei.<br />

Tristan la fissò, pieno di curiosità. Poi le si avvicinò per<br />

guar<strong>da</strong>rla meglio.<br />

«Che c’è?», disse Lacey. «Cosa?». Fece <strong>un</strong> passo indietro<br />

per sfuggire a quella luce in<strong>da</strong>gatrice.<br />

«Allora è successo, non è vero?», disse lui con <strong>un</strong>a<br />

tranquilla meraviglia. «È a questo che stavi pensando quando ti<br />

ho trovata. Ti sei innamorata! Non cercare di negarlo. Gli<br />

angeli non dovrebbero mentirsi, e neppure gli amici. Ti sei<br />

innamorata, Lacey».<br />

«Meglio troppo tardi che mai…», rispose lei. «E adesso il<br />

tuo desiderio si è realizzato, perciò puoi an<strong>da</strong>re».<br />

«Lui chi è?», insistette Tristan.<br />

Lei non gli rispose.<br />

«Chi è?», ripeté. «Dimmelo. Forse posso <strong>da</strong>rti <strong>un</strong>a mano. So<br />

che fa male, Lacey. Te lo leggo negli occhi. Lascia che ti<br />

aiuti».<br />

«Oh, per favore!». Lacey camminava in circolo intorno alla<br />

tomba. «Ma tu guar<strong>da</strong>, il signorino adesso si è messo a fare<br />

l’angelo delle schiere celesti superiori!».<br />

Lui ignorò il suo commento. «Chi è? Lo sa quello che<br />

provi?».<br />

Lei scoppiò a ridere, poi abbassò gli occhi e scosse<br />

silenziosamente la testa.«Guar<strong>da</strong>mi», disse lui con voce<br />

gentile. «Non riesco a vederti in faccia».<br />

«Allora siamo pari», rispose lei piano.<br />

«Vorrei solo poterti toccare di nuovo», le disse Tristan.<br />

«Vorrei poterti stringere tra le braccia. Non voglio lasciarti a<br />

soffrire così».<br />

Lacey fece <strong>un</strong> ghigno. «Ma questo è l’<strong>un</strong>ico modo in cui


puoi lasciarmi», rispose lei piano, poi lo fissò a l<strong>un</strong>go, con <strong>un</strong>o<br />

sguardo fisso, e nei suoi occhi si rifletteva l’oro brillante di<br />

Tristan. «A meno che…», disse, «a meno che non me ne va<strong>da</strong><br />

prima io. Ottima idea, Lacey. Niente lacrime, niente pianti»,<br />

disse risoluta.<br />

Poi si voltò e iniziò a percorrere la stra<strong>da</strong> del cimitero.<br />

«Lacey?», la chiamò Tristan.<br />

Lei non si fermò.<br />

«Lacey? Dove stai an<strong>da</strong>ndo?», urlò. «Ehi, Lacey, non te ne<br />

vorrai an<strong>da</strong>re senza salutare».<br />

Lei non si girò neppure, alzò la mano e fece solo <strong>un</strong> vago<br />

gesto, <strong>un</strong> fugace scintillio viola. Poi scomparve dietro gli<br />

alberi.<br />

Tutte le finestre della grande casa in cima alla collina erano<br />

buie: come quelle della città addormentata che Tristan aveva<br />

percorso nella stra<strong>da</strong> di ritorno <strong>da</strong>l cimitero, come quelle di<br />

casa dei suoi, che lui aveva fissato <strong>un</strong>’ultima volta. Tristan<br />

trovò le tre ragazze addormentate sul pavimento della stanza di<br />

Ivy: Beth con il volto delicato e rotondo baciato <strong>da</strong>lla l<strong>un</strong>a,<br />

Suzanne, con la sua massa di capelli neri a<strong>da</strong>giati sul cuscino<br />

come mille fiocchi scintillanti, e Ivy in mezzo alle sue due<br />

amiche, finalmente al sicuro.<br />

Quello che le ragazze non sapevano – o forse avevano fatto<br />

finta di non accorgersene – era che Philip si era intrufolato<br />

nella camera e si era messo a dormire nel letto, con i piedi sul<br />

cuscino e la testa <strong>da</strong>ll’altra parte, in modo <strong>da</strong> essere più vicino<br />

alle ragazze e poter sentire tutti i loro segreti. Tristan lo sfiorò<br />

con la sua luce dorata. Pensò che in quella scena così pacifica<br />

mancava solo Ella. Rimase seduto a l<strong>un</strong>go, lasciando che la<br />

pace di quel luogo si posasse sul suo animo. Non voleva<br />

disturbare il sonno di Ivy, gli mancava il coraggio di porre fine<br />

al poco tempo che avevano a disposizione. Ma prima o poi


doveva finire, e lui lo sapeva. Quando il cielo iniziò a<br />

rischiararsi, lui pron<strong>un</strong>ciò la sua preghiera.<br />

«Chiedo solo di poterle parlare <strong>un</strong>’ultima volta», implorò,<br />

poi si inginocchiò accanto a lei. Si concentrò sulla p<strong>un</strong>ta delle<br />

sue dita e le sfiorò piano la guancia.<br />

Sentì la morbidezza della sua pelle. Poteva toccarla di<br />

nuovo! Poteva avvertire il suo calore! Ivy sbatté le palpebre e<br />

spalancò gli occhi. Si guardò intorno, stupefatta. Lui le sfiorò<br />

la mano.<br />

«Tristan?».<br />

Ivy si tirò a sedere, e lui le tirò indietro <strong>un</strong>a ciocca di capelli<br />

color oro.<br />

Un sorriso curvò le labbra di Ivy, e si sfiorò i capelli nel<br />

p<strong>un</strong>to in cui lui l’aveva toccata. «Tristan, sei tu?».<br />

Lui condivise quel pensiero e scivolò nella sua mente.<br />

«Ivy».<br />

Lei si alzò in piedi e andò alla finestra. «Pensavo che non<br />

avrei più sentito la tua voce», disse silenziosamente. «Pensavo<br />

che te ne fossi an<strong>da</strong>to per sempre. Dopo quell’attimo sul ponte,<br />

non ho più visto la tua luce. E non riesco a vederla neppure<br />

adesso», gli disse, accigliandosi e abbassando gli occhi per<br />

guar<strong>da</strong>rsi la mano.<br />

«Lo so. Non capisco cosa stia succedendo. So solo che sto<br />

cambiando. E che non tornerò».<br />

Lei annuì, accettando le sue parole con <strong>un</strong>a calma che lo<br />

sorprese. Poi vide il tremolio della bocca, il fremito di tutto il<br />

suo corpo. Sembrava sul p<strong>un</strong>to di scoppiare a piangere, ma non<br />

disse nulla.<br />

«Ti amo, Ivy. Non smetterò mai di amarti».<br />

Lei si appoggiò alla finestra, con lo sguardo perso nella<br />

notte palli<strong>da</strong> e scintillante. Aveva gli occhi velati di lacrime.<br />

«Ho pregato per avere <strong>un</strong>’ultima occasione di raggi<strong>un</strong>gerti»,<br />

disse. «Volevo dirti che ti amo, e che anche tu devi continuare


ad amare. La persona che è stata fatta per te, quella che il<br />

destino ha scelto per il tuo futuro, è <strong>un</strong>’altra. Sei destinata a <strong>un</strong><br />

altro».<br />

Lei scattò in piedi e disse: «No».<br />

«Sì, amore mio», disse, con voce delicata ma decisa.<br />

«No!».<br />

«Promettimi, Ivy…».<br />

«L’<strong>un</strong>ica cosa che posso prometterti è che continuerò ad<br />

amarti», disse lei.<br />

«Stammi a sentire», la scongiurò Tristan. «Sai che non<br />

posso rimanere ancora a l<strong>un</strong>go».<br />

La notte palli<strong>da</strong> e scintillante adesso era bagnata <strong>da</strong>lla<br />

pioggia, e nuove lacrime rigavano il volto di Ivy. Ma Tristan<br />

doveva an<strong>da</strong>re.<br />

«Ti amo», disse. «Ti amo. E tu devi amare lui».<br />

Poi Tristan scivolò fuori e la vide in piedi <strong>da</strong>vanti alla<br />

finestra, baciata <strong>da</strong>lla luce del primo mattino. Fece <strong>un</strong> passo<br />

indietro e la osservò chinarsi, appoggiare braccia e mento sul<br />

<strong>da</strong>vanzale. Fece <strong>un</strong> altro passo indietro e vide che le sue<br />

lacrime si asciugavano, i suoi occhi si chiudevano. Quando<br />

fece <strong>un</strong> terzo passo indietro, Tristan credette che il sole fosse<br />

sorto alle sue spalle e avesse distrutto la notte palli<strong>da</strong> in <strong>un</strong><br />

migliaio di frammenti di argento.<br />

Si voltò verso est, ma quel brillante cerchio di luce non era<br />

il sole. Non aveva idea di cosa fosse, sapeva solo che quella<br />

luce era lì per lui. E Tristan corse verso di lei.


Capitolo 20<br />

Ivy si svegliò, il sole le feriva gli occhi. Prima ancora che<br />

potesse ricor<strong>da</strong>re la visita di Tristan, e prima che Beth avesse il<br />

tempo di dire, con <strong>un</strong>a voce gonfia di sonno: «Stanotte ho<br />

sognato che Tristan veniva a salutarci», Ivy capì che se ne era<br />

an<strong>da</strong>to. Era <strong>un</strong>a sensazione che non poteva spiegare: aveva solo<br />

la terribile certezza che non fosse più con lei, e che non sarebbe<br />

tornato. La lotta per restare aggrappata a quello che avevano<br />

costruito, la malinconia, la voglia di spostare indietro il tempo<br />

per tornare <strong>da</strong> lui, e il sogno di vivere in <strong>un</strong> altro mondo<br />

insieme a Tristan: tutto era scomparso dentro di lei. Provava <strong>un</strong><br />

nuovo senso di pace.<br />

Maggie, Andrew e Philip si erano alzati presto, quella<br />

domenica mattina, ed erano già usciti. Le ragazze fecero<br />

<strong>un</strong>’abbon<strong>da</strong>nte e pigra colazione, poi Suzanne e Beth<br />

raccolsero le loro cose e le portarono in macchina di Beth.<br />

Suzanne attese proprio quel momento per farle la doman<strong>da</strong> che<br />

Ivy si era già aspettata diverse volte nel corso della serata.<br />

«Sono stata brava», iniziò Suzanne. «Per tutta la sera e la<br />

mattina non ho detto neppure <strong>un</strong>a singola cosa che non avrei<br />

dovuto dire».<br />

«Ma hai mangiato due tortini che non avresti dovuto<br />

mangiare», le ricordò Ivy. Osservò divertita Beth che cercava<br />

di attirare l’attenzione di Suzanne e le faceva capire a segni che<br />

doveva chiudere la bocca. Ma Suzanne non voleva farsi zittire.<br />

«Beth mi ha detto che se ti avessi parlato di queste cose mi<br />

avrebbe soffocato con <strong>un</strong> mucchio di fogli».<br />

Beth alzò le mani.<br />

«Ma devo chiedertelo. Che succede tra te e Will? Voglio<br />

dire, ti ha salvato la vita. Sbaglio?»<br />

«Will mi ha salvato la vita», confermò Ivy.<br />

«Allora cosa…».


«Ho detto a Suzanne che avevi solo bisogno di <strong>un</strong> po’ di<br />

tempo per mettere a posto le cose». intervenne Beth.<br />

Ivy annuì.<br />

«Ma è innamorato cotto di te!», disse Suzanne, esasperata.<br />

«Non capisce più nulla, ha perso completamente la testa – e <strong>da</strong><br />

mesi».<br />

Ivy non disse nulla.<br />

«La odio quando le viene quell’espressione ostinata», disse<br />

Suzanne a Beth. «Sembra tutta suo fratello».<br />

Ivy scoppiò a ridere – a quanto pareva, lei e Philip avevano<br />

in com<strong>un</strong>e <strong>un</strong> caratteraccio testardo – ma tenne la bocca chiusa,<br />

e non rivelò nulla su quello che c’era tra lei e Will.<br />

Le sue amiche la lasciarono sola e Ivy andò alla casa<br />

sull’albero di Philip, facendo <strong>un</strong>a breve pausa quando<br />

raggi<strong>un</strong>se il gruppo di crisantemi dorati, la zona in cui era stata<br />

sepolta Ella. Sfiorò delicatamente i fiori, poi proseguì. Beth<br />

aveva ragione, aveva molte cose <strong>da</strong> mettere a posto.<br />

Martedì sera aveva detto alla polizia tutto quello che sapeva<br />

su Gregory – tutto, tranne il tentato ricatto <strong>da</strong> parte di Will.<br />

Contro ogni buon senso, Ivy aveva tenuto la bocca chiusa sul<br />

biglietto che aveva trovato nella stanza di Gregory.<br />

Martedì sera era riuscita a convincere se stessa che la polizia<br />

sapeva già tutto di Will. Si era detta che gli agenti avevano<br />

rintracciato i soldi del ricatto quando Will li aveva depositati.<br />

Per questo Donnelly era an<strong>da</strong>to a casa di Will, si ripeteva<br />

mentre si arrampicava sulla scala di cor<strong>da</strong> fino alla casetta<br />

sull’albero. Ma Ivy sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dire<br />

alla polizia del messaggio. Il pericolo insito nella scelta di<br />

tenere il segreto era stato messo bene in chiaro <strong>da</strong>lla vita – e<br />

<strong>da</strong>lla morte – di Caroline.<br />

Arrivò in cima alla scala e percorse la stretta passerella che<br />

portava all’altro albero. Spazzò via delle foglie e si mise a<br />

sedere sul pavimento di legno. In lontananza, verso nord,


vedeva <strong>un</strong> piccolo scorcio del fiume, <strong>un</strong> nastro azzurro gonfio e<br />

pieno di pace. Distesa a terra, fissò gli spicchi del cielo –<br />

adesso si intravedevano solo chiazze blu – ma ben presto,<br />

quando sarebbero cadute le foglie, il cielo sarebbe stato l’<strong>un</strong>ico<br />

tetto che la casetta avrebbe avuto. Va tutto bene, si disse. Il<br />

cielo è il tetto anche degli angeli.<br />

Angeli, prendetevi cura di Will, pregò. Era il massimo che<br />

poteva fare per lui in quel momento. Non poteva fi<strong>da</strong>rsi di lui.<br />

E non avrebbe mai potuto amare <strong>un</strong>a persona che l’aveva<br />

tradita in <strong>un</strong> modo così orribile. Ma il suo cuore correva <strong>da</strong> lui<br />

lo stesso. Angeli, aiutatelo, per favore.<br />

«Ehi, dov’è il campanello?».<br />

Ivy fece <strong>un</strong> salto quando sentì la voce di Will, poi si rigirò di<br />

scatto a pancia in giù per guar<strong>da</strong>rlo attraverso le fessure tra le<br />

assi di legno. «Non c’è».<br />

Lui rimase in silenzio per <strong>un</strong> attimo. «C’è il battente?»<br />

«No». La mente di Ivy correva all’impazzata – o forse era il<br />

suo cuore? Avrebbe voluto fulminarlo con <strong>un</strong>a risposta<br />

bruciante, man<strong>da</strong>rlo via con la co<strong>da</strong> tra le gambe. Ma il<br />

semplice suono della sua voce le faceva male al cuore.<br />

«Forse allora ci sono delle parole magiche», disse.<br />

Ivy non rispose. Will si distese sull’erba, cercando di<br />

sbirciare dentro la casa di legno. Ivy alzò la testa, si sporse<br />

oltre le tavole di legno e lo guardò in faccia.<br />

«Se ci sono delle parole magiche, Ivy, di sicuro vorrei che tu<br />

me le dicessi, perché me le chiedo <strong>da</strong> <strong>un</strong> sacco di tempo, e sto<br />

quasi per rin<strong>un</strong>ciare».<br />

Ivy si morse il labbro.<br />

«Sai», continuò Will, «quando due persone si salvano per<br />

miracolo, quando per pochissimo non ci lasciano le penne, di<br />

solito hanno molte cose <strong>da</strong> dirsi. E anche se non si sono mai<br />

incontrate prima, capita anche che abbiano qualcosa di cui<br />

parlare <strong>da</strong> quel giorno in poi. Ma tu non mi hai detto proprio


niente. Ho cercato di <strong>da</strong>rti tempo, di non metterti fretta. Ho<br />

cercato di <strong>da</strong>rti spazio. Ma tutto quello che voglio è…».<br />

«Grazie», disse Ivy. «Grazie di aver rischiato la vita per me.<br />

Grazie di avermi salvato».<br />

«Non è quello che volevo sentire!», rispose Will con rabbia.<br />

«La gratitudine è l’ultima cosa che…».<br />

«Be’, allora perché non mi dici cos’è che vuoi?», urlò Ivy.<br />

«Onestamente».<br />

Will alzò gli occhi e la fissò con <strong>un</strong>’espressione di totale<br />

stupore. «Perché, quand’è che non sono stato onesto?», le<br />

chiese. Era come se si fosse totalmente dimenticato del ricatto.<br />

«Quando?»<br />

«Ho trovato il tuo messaggio, Will. So che ricattavi<br />

Gregory. Ancora non ho detto nulla alla polizia, ma ben presto<br />

lo farò».<br />

Lui si accigliò. «Diglielo, allora», rispose, alzando la voce<br />

per la frustrazione. «Vai pure! Non è <strong>un</strong>a novità per i poliziotti,<br />

ma se hai il messaggio, può an<strong>da</strong>re benissimo a riempire i loro<br />

archivi. È solo che non riesco a capire…». Fece qualche passo<br />

indietro, allontanandosi <strong>da</strong>lla casetta, poi si bloccò. «Aspetta<br />

<strong>un</strong> secondo. Ma tu pensi…. Non dirmi che credi <strong>da</strong>vvero che io<br />

abbia fatto tutto per soldi?»<br />

«Di solito è questo il motivo per cui si ricatta la gente».<br />

«Pensi che ti tradirei in questo modo?», le chiese, incredulo.<br />

«Ivy, era <strong>un</strong>a messinscena. Ho convinto i Celentano a <strong>da</strong>rmi<br />

<strong>un</strong>a mano, e ho ripreso tutto – in modo <strong>da</strong> avere qualche prova<br />

<strong>da</strong> portare alla polizia».<br />

Ivy si alzò e si avvicinò all’estremità della piattaforma.<br />

«In agosto», disse Will, «quando eri in ospe<strong>da</strong>le, Gregory<br />

mi ha chiamato e mi ha detto che avevi cercato di suici<strong>da</strong>rti. Io<br />

non riuscivo a crederci. Sapevo che Tristan ti mancava <strong>da</strong><br />

morire, ma sapevo anche che sei <strong>un</strong>a combattente. Quella<br />

mattina sono an<strong>da</strong>to alla stazione dei treni per <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata,


per cercare di capire cosa potesse esserti passato per la testa.<br />

Mentre me ne an<strong>da</strong>vo ho visto <strong>un</strong> cappello e <strong>un</strong> giubbotto. Li<br />

ho presi, ma per settimane intere non sono riuscito a capire in<br />

che modo potessero essere collegati a quello che era successo.<br />

Non sapevo neppure se ci fosse <strong>un</strong> collegamento».<br />

Will camminava su e giù, chinandosi a raccogliere dei<br />

piccoli pezzi di legno e spezzandoli.<br />

«Quando è ricominciata la scuola», disse, «ho trovato delle<br />

foto di Tristan nella re<strong>da</strong>zione del giornale. Improvvisamente<br />

ho capito tutto. Sapevo che non era <strong>da</strong> te buttarti sotto a <strong>un</strong><br />

treno, e invece tenderti <strong>un</strong>a trappola era <strong>un</strong>a cosa proprio degna<br />

di Eric e Gregory. Mi sono ricor<strong>da</strong>to di come Eric ci aveva<br />

sfi<strong>da</strong>ti, e all’inizio ho pensato che fosse lui il colpevole di tutto.<br />

In seguito ho capito che la faccen<strong>da</strong> era molto, molto più<br />

grossa».<br />

«Perché non me ne hai parlato prima?», chiese Ivy. «Avresti<br />

dovuto dirmi tutto subito».<br />

«Ma anche tu mi stavi nascondendo delle cose», le ricordò.<br />

«Stavo cercando di proteggerti», gli spiegò.<br />

«E io cosa diavolo stavo facendo, secondo te?». Buttò a<br />

terra i pezzi di legno. «Ho pensato che Eric fosse morto perché<br />

stava per confessare tutto. Non sapevo perché mai Gregory<br />

stesse cercando di farti fuori, ma ho pensato che se era capace<br />

di ammazzare il suo migliore amico, avrebbe cercato di avere<br />

la meglio su di te a ogni costo. Dovevo distrarlo, <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong> altro<br />

obiettivo, e cercare di ottenere qualche prova contro di lui nel<br />

frattempo. Ha quasi f<strong>un</strong>zionato. Ho <strong>da</strong>to il nastro al tenente<br />

Donnelly martedì pomeriggio, ma Gregory aveva già fatto<br />

scattare la sua trappola».<br />

Si interruppe, e Ivy si spostò fino al bordo, con le gambe che<br />

sporgevano. Strinse con forza la cor<strong>da</strong> che dondolava vicino a<br />

lei.<br />

«Hai pensato che fossi capace di tradirti», disse Will, con


<strong>un</strong>a voce piatta, piena di incredulità.<br />

«Will, mi dispiace». Sapeva che lo aveva ferito, lo capiva<br />

<strong>da</strong>lla sua voce. «Mi sono sbagliata. Mi dispiace <strong>da</strong>vvero<br />

moltissimo», disse, ma lui si stava già allontanando.<br />

«Ho fatto <strong>un</strong>o sbaglio. Uno sbaglio terribile», gridò lei,<br />

cercando di fermarlo. «Cerca di capirmi. Ero sconvolta,<br />

terrorizzata. Ho pensato di aver tradito me stessa fi<strong>da</strong>ndomi di<br />

te – e di aver tradito Tristan quando mi sono innamorata di te.<br />

Will!».<br />

Stringendo la cor<strong>da</strong>, scese <strong>da</strong>lla casetta e si buttò giù. Ma<br />

Will si era già voltato e aveva fatto <strong>un</strong> passo indietro, e Ivy gli<br />

precipitò praticamente addosso. Finirono rovinosamente a<br />

terra. Restarono per <strong>un</strong> momento sull’erba, Ivy sopra Will,<br />

immobili.<br />

«Bella presa», disse Ivy. Cercava di ridere, ma non riusciva<br />

a smettere di tremare. Aveva paura che Will potesse alzarsi,<br />

togliersela di dosso e an<strong>da</strong>rsene via. Perché non avrebbe<br />

dovuto, in fin dei conti?<br />

«Ti sei innamorata di me?», le chiese.<br />

Lei lo guardò, fissò i suoi profondi occhi marroni, occhi che<br />

scintillavano di <strong>un</strong>a luce interiore, poi vide <strong>un</strong> sorriso<br />

dipingersi sul suo volto. Le sue braccia la cinsero, e lei si<br />

abbandonò contro di lui, vicinissima al suo volto. «Ti amo,<br />

Will», disse piano.<br />

«Ti amo, Ivy». La tenne stretta e la cullò con dolcezza.<br />

«Sai», disse, «è meglio che non sia capitato prima. Se avessi<br />

saputo quanto eri pesante, non avrei mai cercato di afferrarti».<br />

«Cosa?»<br />

«Senza <strong>un</strong> angelo a <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>a mano, sarei stato spacciato»,<br />

disse.<br />

Ivy si tirò su di scatto.<br />

Will scoppiò a ridere. «Ok, ok, era <strong>un</strong>a bugia. Ma questa è la<br />

verità. Giuro sugli angeli», disse. Poi la attirò a sé e la baciò.

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