Baciata da un Angelo ANIME GEMELLE - only fantasy
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Elizabeth Chandler<br />
<strong>Baciata</strong> <strong>da</strong> <strong>un</strong> <strong>Angelo</strong><br />
<strong>ANIME</strong> <strong>GEMELLE</strong><br />
Newton Compton editori
Capitolo 1<br />
Sempre a testa alta, con i ricci capelli biondi legati perché<br />
non le ricadessero sugli occhi, Ivy chiuse la porta<br />
dell’assistente scolastico e attraversò orgogliosamente il<br />
corridoio. Alc<strong>un</strong>i ragazzi della squadra di nuoto si voltarono<br />
per fissarla mentre si avvicinava all’armadietto. Ivy si fece<br />
forza e non abbassò lo sguardo, cercando di sembrare sicura di<br />
sé. I pantaloni e il top che aveva scelto per affrontare il primo<br />
giorno di scuola erano stati accuratamente selezionati <strong>da</strong><br />
Suzanne, la sua più vecchia amica, nonché sua guru personale<br />
per quanto riguar<strong>da</strong>va la mo<strong>da</strong>. È <strong>un</strong> vero peccato che Suzanne<br />
non abbia trovato anche <strong>un</strong> bella busta di plastica che si<br />
abbinasse bene ai vestiti per coprirmi la faccia, pensò Ivy.<br />
Superò la bacheca degli ann<strong>un</strong>ci. La gente sussurrava, la<br />
indicava con piccoli cenni del capo. Avrebbe dovuto<br />
aspettarselo.<br />
Qualsiasi ragazza capace di far perdere la testa a Tristan<br />
Carruthers avrebbe sollevato la curiosità generale. Qualsiasi<br />
ragazza che fosse stata con lui la notte in cui aveva perso la<br />
vita sarebbe stata oggetto di pettegolezzi. E naturalmente,<br />
qualsiasi ragazza che avesse cercato di togliersi la vita perché<br />
non riusciva a superare il lutto per la morte di Tristan era<br />
con<strong>da</strong>nnata a subire gli sguardi, le voci incontrollate,<br />
l’indiscrezione ossessiva. Tutti la osservavano molto, molto<br />
attentamente. E tutti dicevano la stessa cosa di lei: con il cuore<br />
spezzato aveva preso qualche pillola e poi aveva cercato di<br />
ammazzarsi buttandosi sotto al treno.<br />
Lei riusciva a ricor<strong>da</strong>re solo il cuore spezzato, la l<strong>un</strong>ga<br />
estate prima dell’incidente stra<strong>da</strong>le, gli incubi sul cervo<br />
investito che infrangeva il parabrezza. Tre settimane prima<br />
aveva avuto <strong>un</strong> altro di quegli incubi e si era risvegliata<br />
all’improvviso, urlando. Tutto quello che riusciva a ricor<strong>da</strong>re di
quella notte era il suo fratellastro, Gregory, che la consolava.<br />
Poi si era riaddormentata, fissando la foto di Tristan. Quella<br />
foto, la sua preferita – in cui indossava il vecchio giubbotto<br />
della scuola e <strong>un</strong> cappello <strong>da</strong> baseball – adesso era diventata <strong>un</strong><br />
vero tormento. E aveva iniziato a tormentarla anche prima che<br />
il suo fratellino le raccontasse la sua strana versione dei fatti.<br />
Philip aveva detto che quella notte era stata salvata <strong>da</strong> <strong>un</strong><br />
angelo, ma naturalmente la sua ricostruzione non aveva smosso<br />
le certezze né della sua famiglia né della polizia. Tutti<br />
credevano che si trattasse di <strong>un</strong> tentato suicidio. E come faceva<br />
Ivy a negare di aver ass<strong>un</strong>to droghe, se le sue analisi del sangue<br />
dimostravano il contrario? Cosa poteva rispondere al<br />
macchinista, che garantiva che non sarebbe mai e poi mai<br />
riuscito a frenare in tempo?<br />
«Co-co-coccodè, co-co-coccodè». Una flebile voce sottile<br />
interruppe i pensieri di Ivy. «Chi vuole giocare al gioco del<br />
pollo?».<br />
La stava chiamando <strong>da</strong>l ripostiglio immerso nell’ombra<br />
sotto le scale. Ivy sapeva che era il migliore amico di Gregory,<br />
Eric Ghent. Non si fermò e continuò a camminare.<br />
«Co-co-coccodè, co-co-coccodè…».<br />
Lei non reagì e a quel p<strong>un</strong>to Eric sbucò fuori <strong>da</strong>l suo oscuro<br />
nascondiglio, come <strong>un</strong>o scheletro risvegliato <strong>da</strong>lla tomba. I<br />
capelli biondi arruffati ricadevano in ciocche disordinate sulla<br />
sua fronte alta, e gli occhi parevano due biglie di <strong>un</strong> azzurro<br />
pallido custodite in due sacchetti ossei. Ivy non vedeva Eric <strong>da</strong><br />
tre settimane: sospettava che Gregory avesse fatto in modo che<br />
il suo inopport<strong>un</strong>o amico se ne stesse alla larga <strong>da</strong> lei.<br />
Ma adesso Eric si spostò velocemente e le sbarrò il passo.<br />
«Perché non l’hai fatto?», le chiese. «Non ne hai avuto il<br />
fegato? Perché non hai tenuto duro, perché non ti sei uccisa?»<br />
«Ti dispiace, eh?», le rispose a bruciapelo Ivy.<br />
«Co-co-coccodè, co-co-coccodè», disse lui, con voce sottile,
effar<strong>da</strong>.<br />
«Lasciami in pace, Eric». Ivy affrettò il passo.<br />
«Uh-uh». Non adesso». Le afferrò il polso, le dita ossute si<br />
strinsero sal<strong>da</strong>mente intorno al suo braccio. «Non puoi<br />
cacciarmi via, Ivy. Io e te abbiamo troppo in com<strong>un</strong>e».<br />
«Noi non abbiamo proprio nulla in com<strong>un</strong>e», rispose lei,<br />
liberandosi.<br />
«Gregory», disse lui, alzando <strong>un</strong> dito. «La droga». E alzò <strong>un</strong><br />
secondo dito. «E siamo entrambi dei veri campioni del gioco<br />
del pollo». Alzò <strong>un</strong> terzo dito e glielo agitò sotto la faccia.<br />
«Siamo fratelli adesso».<br />
Ivy continuò a camminare normalmente, anche se l’istinto le<br />
diceva di mettersi a correre. Eric scivolò al suo fianco.<br />
«Dillo al tuo caro fratellino», disse. «Cosa ti ha spinto a<br />
farlo? Cosa hai pensato quando hai visto il treno lanciato a tutta<br />
velocità sui binari? Avevi l’adrenalina a mille? È stato<br />
incredibile, no?».<br />
Ivy era disgustata <strong>da</strong>lle sue domande. Era impossibile che<br />
lei si fosse deliberatamente buttata sui binari, di fronte al treno.<br />
Aveva perso Tristan, ma c’erano ancora molte persone a cui<br />
voleva bene, a cui teneva – Philip, sua madre, Suzanne e Beth,<br />
e Gregory, che l’aveva protetta e confortata dopo la morte di<br />
Tristan. Anche per Gregory era stato <strong>un</strong> periodo molto duro:<br />
sua madre si era tolta la vita <strong>un</strong> mese prima della tragedia di<br />
Tristan. Ivy aveva visto quanto dolore, quanta rabbia, erano<br />
nati <strong>da</strong> quella morte, e non poteva neanche concepire l’idea di<br />
fare la stessa cosa. Sarebbe stata <strong>un</strong>a pazzia.<br />
Ma tutti erano convinti che lei avesse tentato il suicidio.<br />
Anche Gregory.<br />
«Quante volte te lo devo dire? Non riesco a ricor<strong>da</strong>re cosa è<br />
successo quella notte, Eric. Non ci riesco».<br />
«Ma prima o poi ricorderai tutto», disse lui con <strong>un</strong>a debole<br />
risata. «Prima o poi succederà».
Si allontanò <strong>da</strong> lei e si voltò, come <strong>un</strong> cane che si è spinto<br />
fino ai confini del suo territorio. Ivy proseguì verso il suo<br />
armadietto, ignorando le occhiate curiose della gente. Sperava<br />
proprio che Suzanne e Beth avessero già finito i loro corsi di<br />
orientamento per l’ultimo anno.<br />
Ivy non aveva bisogno di guar<strong>da</strong>re i numeri degli armadietti<br />
per trovare la nuova tana di Suzanne Goldstein. Suzanne non<br />
c’era, ma l’armadietto era impregnato della fragranza del suo<br />
profumo preferito – c’era <strong>un</strong>’intera bottiglia, aperta – e fu<br />
l’odore a condurla a destinazione, senza esitazioni. Suzanne <strong>da</strong><br />
qualche tempo usciva con tre nuovi ragazzi, ma Beth e Ivy<br />
sapevano che era solo <strong>un</strong>a messinscena per fare ingelosire<br />
Gregory.<br />
Invece sull’armadietto di Beth Van Dyke – che quell’anno<br />
era proprio accanto a quello di Ivy – c’era già <strong>un</strong> fogliettino<br />
attaccato. Ma di sicuro non era il messaggio di <strong>un</strong> ragazzo che<br />
era rimasto colpito <strong>da</strong>l suo fascino. Più probabilmente era stata<br />
lei a richiudere lo sportello dell’armadietto attaccandoci <strong>un</strong><br />
racconto d’amore scarabocchiato su <strong>un</strong> foglio – <strong>un</strong>a delle molte<br />
storie di antiquato romanticismo che affollavano il suo<br />
quaderno.<br />
Ivy raggi<strong>un</strong>se il suo armadietto per prendere i libri. Si<br />
inginocchiò, digitò la combinazione e aprì lo sportello. Rimase<br />
senza fiato. Attaccata alla parete interna dell’armadietto c’era<br />
<strong>un</strong>a fotografia di Tristan, la stessa che la tormentava <strong>da</strong> tre<br />
settimane. Per <strong>un</strong> momento restò immobile, esterrefatta. Come<br />
diavolo era finita lì?<br />
Cercò istericamente di riportare alla memoria tutto quella<br />
che aveva fatto nel corso della mattinata: l’appello in aula<br />
magna, poi l’assemblea, e dopo <strong>un</strong>’ora di orientamento<br />
l’incontro con l’assistente scolastico. Ripercorse mentalmente<br />
tutta la mattinata due volte, ma non riusciva a ricor<strong>da</strong>re di aver<br />
attaccato la foto all’armadietto. Stava <strong>da</strong>vvero uscendo di
testa?<br />
Ivy chiuse gli occhi e si appoggiò allo sportello. Sto<br />
impazzendo, pensò. Sto <strong>da</strong>vvero impazzendo.<br />
«Sono fuori di testa, Gregory?», gli aveva chiesto tre<br />
settimane prima in camera sua, il giorno in cui era uscita<br />
<strong>da</strong>ll’ospe<strong>da</strong>le. Aveva sollevato la foto di Tristan, con le mani<br />
che le tremavano. Gregory aveva delicatamente preso la foto e<br />
l’aveva passata a Philip, il suo salvatore, il suo fratellino di<br />
nove anni.<br />
«Presto starai meglio, Ivy. Di questo sono sicuro», aveva<br />
detto Gregory, facendola stendere sul letto vicino a lui,<br />
abbracciandola.<br />
«Il che vuol dire che adesso sono completamente pazza».<br />
Gregory non aveva risposto. Ivy aveva notato il profondo<br />
cambiamento che era avvenuto in lui quando era an<strong>da</strong>ta a<br />
trovarla in ospe<strong>da</strong>le. I suoi capelli neri erano sempre curati e<br />
ben pettinati, il suo volto affascinante era imperscrutabile come<br />
<strong>un</strong>a maschera, proprio come la prima volta che l’aveva visto, e<br />
i suoi luminosi occhi grigi tenevano nascosti i veri pensieri che<br />
agitavano le profondità del suo animo.<br />
«Non è facile capirlo, Ivy», aveva detto con grande cautela.<br />
«Chi può dire cosa ti stesse passando per la testa in quei<br />
momenti?». Poi aveva guar<strong>da</strong>to Philip, che stava riponendo la<br />
foto incorniciata sullo scrittoio. «E la storia di Philip di certo<br />
non è di grande aiuto».<br />
Il suo fratellino aveva risposto solo con <strong>un</strong>’occhiataccia<br />
cocciuta.<br />
«Forse adesso che non c’è ness<strong>un</strong> altro qui intorno puoi dirci<br />
finalmente cosa è successo <strong>da</strong>vvero, Philip», aveva detto<br />
Gregory.<br />
Philip aveva fissato le due mensole vuote dove <strong>un</strong> tempo era<br />
sistemata la collezione di angeli di Ivy. Adesso tutte le statuette<br />
erano passate a lui. Ivy gliele aveva regalate, ma a <strong>un</strong>a
condizione: gli aveva fatto promettere che non avrebbe mai più<br />
parlato di angeli.<br />
«Te l’ho già detto».<br />
«Ripetimi tutto <strong>da</strong>ll’inizio», aveva detto Gregory, con <strong>un</strong><br />
tono profondo e pieno di tensione.<br />
«Per favore, Philip». Ivy gli aveva preso la mano. «È<br />
importante per me».<br />
Poi gli aveva lasciato la mano. Sapeva che lui era stanco<br />
degli interrogatori, delle domande dei poliziotti, dei dottori<br />
all’ospe<strong>da</strong>le, di sua madre e del padre di Gregory, Andrew.<br />
«Stavo dormendo», le aveva risposto Philip. «Quando tu ti<br />
sei risvegliata, dopo che avevi avuto quell’incubo, Gregory mi<br />
ha chiesto di rimanere insieme a te. Ma poi ho sentito <strong>un</strong>a voce<br />
che mi chiamava. All’inizio non ho capito chi fosse. Mi ha<br />
detto di svegliarmi. Ha detto che avevi bisogno di aiuto».<br />
Philip si interruppe, come se la storia finisse lì.<br />
«E?».<br />
Philip aveva alzato lo sguardo sulle mensole deserte, poi si<br />
era allontanato <strong>da</strong> lei.<br />
«Va’ avanti», lo aveva incoraggiato Ivy.<br />
«Ecco, adesso ti metterai a urlare».<br />
«No, non lo farò», aveva detto lei. «E neanche Gregory».<br />
Poi aveva rifilato a Gregory <strong>un</strong>’occhiataccia di avvertimento.<br />
«Dicci solo tutto quello che ricordi».<br />
«Hai sentito <strong>un</strong>a voce nella tua testa», aveva detto Gregory,<br />
«che ti avvertiva che Ivy era in pericolo e aveva bisogno del<br />
tuo aiuto. E ti sembrava la voce di Tristan».<br />
«Era la voce di Tristan», aveva ribattuto Philip. «Era<br />
Tristan, trasformato in angelo».<br />
«Ok, ok», aveva detto Gregory.<br />
«E la sua voce ti ha spiegato perché ero in pericolo?», aveva<br />
chiesto Ivy. «La voce ti ha detto dove mi trovavo?».<br />
Lui aveva scosso la testa. «Tristan mi ha detto di mettermi le
scarpe, di scendere le scale e uscire <strong>da</strong>lla porta sul retro. Poi<br />
abbiamo corso l<strong>un</strong>go il giardino fino al muro di pietra. Sapevo<br />
che non avevo il permesso di scavalcarlo, ma Tristan mi ha<br />
detto che non dovevo preoccuparmi perché c’era lui con me».<br />
Ivy poteva sentire la tensione che irrigidiva il corpo di<br />
Gregory, ma aveva annuito, cercando di convincerlo a<br />
proseguire.<br />
«Era spaventoso, Ivy, ho dovuto scendere giù per la collina.<br />
Non riuscivo a tenermi, le rocce erano <strong>da</strong>vvero scivolose».<br />
«Ma è impossibile», aveva detto Gregory, con <strong>un</strong> tono pieno<br />
di frustrazione e perplessità. «Un ragazzino non avrebbe mai<br />
potuto fare <strong>un</strong>a cosa del genere. Dannazione, non ce l’avrei<br />
fatta nemmeno io».<br />
«Ma c’era Tristan con me», gli aveva ricor<strong>da</strong>to Philip.<br />
«Non so come hai fatto ad arrivare alla stazione, Philip»,<br />
aveva detto Gregory con astio, «ma sono stufo di tutta questa<br />
storia, di Tristan e di tutto il resto. Non voglio sentirla<br />
<strong>da</strong>ccapo».<br />
«Ma io sì», aveva detto Ivy, pacata, e aveva sentito che<br />
Gregory tratteneva il fiato. «Continua», aveva detto a suo<br />
fratello.<br />
«Quando siamo arrivati in fondo ci mancava ancora <strong>un</strong>a<br />
recinzione <strong>da</strong> scavalcare. Gli ho chiesto cosa stava succedendo,<br />
ma Tristan non ha voluto rispondermi. Mi ha solo detto che<br />
dovevamo aiutarti. Perciò ho iniziato a scavalcare la<br />
recinzione, ma ho combinato <strong>un</strong> mezzo disastro. Pensavo che<br />
siccome Tristan era <strong>un</strong> angelo avremmo potuto volare» – a quel<br />
p<strong>un</strong>to Gregory si era alzato e si era messo a passeggiare<br />
nervosamente su e giù per la stanza – «ma invece non<br />
potevamo, e siamo caduti a terra, <strong>da</strong>ll’altra parte della<br />
recinzione».<br />
Ivy aveva abbassato lo sguardo e aveva fissato la caviglia<br />
insanguinata di suo fratello. Le ginocchia erano scorticate e
ferite.<br />
«Poi abbiamo sentito il fischio del treno. Ma dovevamo<br />
an<strong>da</strong>re avanti. Quando ci siamo avvicinati ancora di più ti<br />
abbiamo visto sulla banchina. Ti abbiamo chiamato, ci siamo<br />
messi a urlare, ma tu non ci sentivi. Siamo saliti sul ponte e<br />
l’abbiamo attraversato di corsa, ed è stato a quel p<strong>un</strong>to che<br />
abbiamo visto l’altro Tristan. Quello con il cappello e il<br />
giubbotto, proprio come in quella foto», aveva detto, indicando<br />
l’immagine incorniciata.<br />
Ivy era rabbrividita.<br />
«Quindi», aveva detto Gregory, «l’angelo Tristan era in due<br />
posti diversi – con te, eppure allo stesso tempo <strong>da</strong>ll’altra parte<br />
dei binari. E fa <strong>un</strong>o scherzetto a Ivy, la chiama, le dice di<br />
raggi<strong>un</strong>gerlo. E non è <strong>un</strong>o scherzetto divertente. Proprio per<br />
niente».<br />
«Tristan era con me», aveva ribadito Philip.<br />
«E allora chi c’era <strong>da</strong>ll’altra parte dei binari?», gli aveva<br />
chiesto Gregory.<br />
«Un angelo cattivo», aveva risposto Philip, con <strong>un</strong>a<br />
sicurezza assoluta. «Qualc<strong>un</strong>o che voleva Ivy morta».<br />
Gregory aveva chiuso gli occhi, e li aveva riaperti subito.<br />
Ivy si era appoggiata alla testata del letto. Per quanto<br />
potesse sembrare folle la storia di Philip, le sembrava<br />
com<strong>un</strong>que più credibile rispetto alla versione ufficiale: lei che<br />
aveva ass<strong>un</strong>to droghe e si era gettata <strong>da</strong>vanti al treno. E c’era<br />
sempre l’innegabile prova che in qualche modo suo fratello era<br />
<strong>da</strong>vvero lì quella sera, e l’aveva trattenuta all’ultimo momento.<br />
Il macchinista aveva visto <strong>un</strong>a specie di foschia e aveva<br />
com<strong>un</strong>icato per radio che non sarebbe mai riuscito a fermarsi in<br />
tempo.<br />
«Credevo che avessi visto Tristan», aveva detto Philip.<br />
«Cosa?», aveva chiesto Ivy.<br />
«Ti sei voltata. Ho pensato che avessi visto la sua luce».
Philip l’aveva guar<strong>da</strong>ta, pieno di speranza.<br />
Ivy aveva scosso la testa. «Non me lo ricordo. Non mi<br />
ricordo nulla dopo la stazione».<br />
Forse sarebbe stato più semplice se non fosse mai riuscita a<br />
ricor<strong>da</strong>re cosa era successo. Ma adesso ogni volta che guar<strong>da</strong>va<br />
la foto avvertiva quella strana sensazione che le solleticava la<br />
memoria, qualcosa che non le permetteva di dimenticare tutto e<br />
an<strong>da</strong>re avanti. Ivy fissò la foto finché non le si appannò la<br />
vista. Non si accorse che aveva iniziato a piangere.<br />
«Ivy… Ivy, no».<br />
Le parole di Suzanne la riportarono al presente. Quando alzò<br />
la testa vide che la sua amica era inginocchiata vicino<br />
all’armadietto. La sua bocca era <strong>un</strong>’esile linea continua di<br />
tristezza e rossetto. Anche Beth era uscita <strong>da</strong>ll’ora di<br />
orientamento; adesso era in piedi vicino a loro, e frugava<br />
dentro lo zaino alla ricerca di <strong>un</strong> fazzoletto. Fissò Ivy, le sue<br />
lacrime si riflettevano negli occhi lucidi dell’amica.<br />
«Sto bene», disse Ivy, asciugandosi in fretta gli occhi,<br />
fissando prima l’<strong>un</strong>a e poi l’altra. «Davvero, sto bene».<br />
Ma sapeva che non le credevano. Quella mattina Gregory<br />
l’aveva accompagnata a scuola in macchina, e Suzanne si era<br />
proposta di riportarla a casa alla fine delle lezioni. Come se non<br />
si fi<strong>da</strong>ssero a lasciarla <strong>da</strong> sola, come se fossero convinti che<br />
<strong>un</strong>a volta al volante lei potesse sterzare di botto e buttarsi giù<br />
<strong>da</strong> <strong>un</strong>a scogliera.<br />
«Non avresti dovuto attaccare quella foto all’armadietto»,<br />
disse Suzanne. «Prima o poi dovrai superare questa cosa, Ivy.<br />
Se continui così rischi di…». Esitò.<br />
«Impazzire?».<br />
Suzanne si risistemò le morbide ciocche di capelli neri, poi<br />
iniziò a giocare con l’orecchino a cerchietto. Prima non aveva<br />
mai avuto problemi a dirle tutto quello che pensava, ma adesso<br />
si sforzava di usare il massimo tatto. «Non è <strong>un</strong>a cosa sana,
Ivy», disse alla fine. «Non ti fa bene tenere quella foto,<br />
rivederla ogni volta che apri l’armadietto».<br />
«Ma non sono stata io a metterla lì», le rispose Ivy.<br />
Suzanne la fissò, perplessa. «Che vuoi dire?»<br />
«Mi hai visto mentre la attaccavo?», le chiese Ivy.<br />
«Be’, no, ma sicuramente ti ricordi…», iniziò a dire la sua<br />
amica.<br />
«No, non me lo ricordo».<br />
Suzanne e Beth si scambiarono delle l<strong>un</strong>ghe occhiate.<br />
«Perciò deve essere stato qualc<strong>un</strong> altro», disse Ivy, cercando<br />
di sembrare più sicura di quanto realmente non fosse. «È <strong>un</strong>a<br />
foto presa <strong>da</strong>ll’album scolastico. Chi<strong>un</strong>que potrebbe essersela<br />
procurata. Non l’ho attaccata io, perciò deve essere stato<br />
qualc<strong>un</strong> altro».<br />
Ci fu <strong>un</strong> momento di silenzio. Suzanne sospirò.<br />
«Sei stata <strong>da</strong>ll’assistente oggi?», le chiese Beth.<br />
«Sono appena uscita <strong>da</strong>l suo ufficio», le rispose Ivy,<br />
richiudendo l’armadietto e lasciando la foto dov’era. Si alzò in<br />
piedi e guardò Beth. Anche il suo abbigliamento era stato<br />
accuratamente scelto <strong>da</strong> Suzanne. Ma Beth, per quanto potesse<br />
essere vestita alla mo<strong>da</strong>, agli occhi di Ivy sarebbe sempre<br />
sembrata <strong>un</strong> gufo con gli occhi giganteschi, con la sua faccia<br />
ton<strong>da</strong> e i capelli scompigliati simili a piume.<br />
«Che ti ha detto la signora Bryce?», le chiese Beth quando si<br />
incamminarono l<strong>un</strong>go il corridoio.<br />
«Non molto. Devo an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> lei due volte alla settimana e<br />
dirle se ho passato qualche momento difficile. Allora, ci sarete<br />
tutte e due l<strong>un</strong>edì?», chiese Ivy, cambiando argomento.<br />
Gli occhi di Suzanne si illuminarono. «Alla festa dei<br />
Baines? È <strong>un</strong>a tradizione del Labor Day!». Sembrava contenta<br />
di poter parlare di <strong>un</strong>a festa.<br />
Ivy sapeva bene che l’ultimo mese non era stato facile per<br />
Suzanne. Era stata terribilmente gelosa delle attenzioni che
Gregory aveva riservato a Ivy, al p<strong>un</strong>to che aveva smesso di<br />
parlare alla sua più vecchia amica. In seguito, quando Gregory<br />
aveva detto a Suzanne che Ivy aveva cercato di togliersi la vita,<br />
era stata presa <strong>da</strong>i sensi di colpa per averla lasciata sola. Ma<br />
Ivy sapeva che anche lei aveva delle responsabilità se si erano<br />
<strong>un</strong> po’ allontanate. Si era avvicinata troppo a Gregory. Nelle tre<br />
settimane che erano passate dopo l’incidente alla stazione,<br />
Gregory era diventato <strong>un</strong> po’ più freddo con Ivy, e aveva<br />
cominciato a trattarla più come <strong>un</strong>a sorella che come <strong>un</strong>a<br />
potenziale ragazza. Suzanne si era riavvicinata a lei, e Ivy era<br />
felice del cambiamento che si era verificato in entrambi i<br />
rapporti.<br />
«Andiamo alla festa dei Baines <strong>da</strong> quando eravamo<br />
piccole», disse Beth a Ivy. «Tutti a Stonehill ci vanno».<br />
«Tranne me», p<strong>un</strong>tualizzò Ivy.<br />
«E Will. Lui si è trasferito qui lo scorso inverno, come te»,<br />
disse Beth. «Gli ho parlato della festa, e anche lui viene».<br />
«Davvero?». Ivy aveva notato che Beth e Will stavano<br />
insieme sempre più spesso. «È molto carino».<br />
«Sì, proprio carino», disse Beth, con entusiasmo.<br />
Si studiarono a vicen<strong>da</strong> per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go istante. Possibile che<br />
Beth e Will stessero diventando qualcosa di più che due buoni<br />
amici? Dopo aver scritto tutte quelle storie d’amore, forse Beth<br />
aveva finalmente capitolato. Non era neanche così improbabile:<br />
<strong>un</strong> sacco di ragazze si erano prese <strong>un</strong>a cotta per Will. Persino<br />
Ivy, ogni volta che si perdeva in quei profondi occhi marroni…<br />
Si riscosse e allontanò subito quel pensiero <strong>da</strong>lla mente.<br />
Le ragazze uscirono <strong>da</strong>lla scuola e Suzanne le costrinse a<br />
fare il giro l<strong>un</strong>go, in modo <strong>da</strong> poter passare vicino al campo <strong>da</strong><br />
football dove si allenavano i ragazzi della squadra.<br />
«Devo informarmi <strong>un</strong> po’ di più sui giocatori», disse<br />
Suzanne, dopo aver squadrato i ragazzi per l<strong>un</strong>ghi minuti.<br />
«Altrimenti magari ci provo con il numero quarantanove, e
solo dopo scopro che è <strong>un</strong>a matricola».<br />
«Un fico è <strong>un</strong> fico», replicò Beth in tono saggio. «E poi le<br />
donne che si mettono con uomini più giovani sono di mo<strong>da</strong>».<br />
«Non dite a Gregory che mi sto guar<strong>da</strong>ndo in giro», disse<br />
Suzanne bisbigliando mentre raggi<strong>un</strong>gevano le macchine.<br />
«Perché, guar<strong>da</strong>re non è permesso?», chiese Beth con voce<br />
innocente.<br />
«Anzi, ora che ci ripenso, diteglielo, diteglielo», disse<br />
Suzanne, gesticolando teatralmente. «Fagli sapere, Ivy, che me<br />
ne vado in giro a caccia di ragazzi».<br />
Ivy si limitò a sorridere. Fin <strong>da</strong>ll’inizio Suzanne e Gregory<br />
avevano combattuto <strong>un</strong>a guerriglia psicologica.<br />
«Voglio dire, perché mai dovrei accontentarmi di <strong>un</strong> solo<br />
ragazzo?», continuò Suzanne.<br />
Ivy sapeva che era solo <strong>un</strong>a finta. Suzanne era ossessionata<br />
<strong>da</strong> Gregory <strong>da</strong> marzo: in realtà voleva disperatamente<br />
accontentarsi di <strong>un</strong> solo ragazzo.<br />
«E ho intenzione di iniziare proprio alla festa dei Baines».<br />
Aprì la portiera della macchina. «In quel posto sono iniziate <strong>un</strong><br />
sacco di storie, sapete».<br />
«E tu, in quante storie ti butterai?», la prese in giro Ivy.<br />
«Sei».<br />
«Fantastico», disse Beth. «Così avrò altre sei storie di cuori<br />
infranti <strong>da</strong> scrivere».<br />
«Me ne basterebbero anche cinque», aggi<strong>un</strong>se Suzanne,<br />
lanciando <strong>un</strong>’occhiata maliziosa a Ivy, «se il sesto te lo prendi<br />
tu e smetti di pensare a Tristan».<br />
Ivy non rispose.<br />
Suzanne entrò in macchina, chiuse la portiera, e si sporse<br />
<strong>da</strong>ll’altro lato per togliere la sicura. Ma prima che Ivy potesse<br />
aprire la portiera, Beth le strinse la mano. Parlò in fretta, con<br />
voce pacata: «Non puoi dimenticare, Ivy. Non ancora.<br />
Dimenticare sarebbe pericoloso».
In <strong>un</strong> angolo nascosto della sua mente Ivy sentì di nuovo<br />
quella strana sensazione fastidiosa.<br />
Poi Beth spalancò la portiera, saltò in macchina, e se ne<br />
andò via.<br />
Suzanne la fissò nello specchietto retrovisore, con <strong>un</strong>o<br />
sguardo accigliato. «Non riesco a capirla. Da <strong>un</strong> po’ se ne va in<br />
giro di qua e di là come <strong>un</strong> coniglio spaventato. Cosa ti ha detto<br />
adesso?».<br />
Ivy alzò le spalle. «Mi ha solo <strong>da</strong>to <strong>un</strong> piccolo consiglio».<br />
«Non dirmi che… ha avuto <strong>un</strong>’altra delle sue<br />
premonizioni».<br />
Ivy rimase in silenzio.<br />
Suzanne scoppiò a ridere. «Devi ammettere, Ivy, che Beth è<br />
<strong>un</strong> po’ strana. Io non prendo mai sul serio i suoi “consigli”. E<br />
neanche tu dovresti».<br />
«Finora non l’ho mai fatto», rispose Ivy. E tutte e due le<br />
volte se ne era pentita amaramente.
Capitolo 2<br />
«Oh Romeo Romeo, perché sei tu Romeo», urlò Lacey.<br />
Tristan, che aveva seguito Ivy l<strong>un</strong>go la grande scalinata<br />
della casa dei Baines, si fermò sul pianerottolo e sporse la testa<br />
fuori <strong>da</strong>lla finestra.<br />
Lacey gli sorrise. Se ne stava in mezzo a <strong>un</strong>’aiuola, l’<strong>un</strong>ica<br />
oasi di tutta la proprietà di Andrew Baines che non era stata<br />
calpestata <strong>da</strong>lla folla di ospiti con i cestini <strong>da</strong> picnic e le<br />
coperte. I suonatori dell’orchestra caraibica stavano già<br />
provando nel patio. Lampade di cartone dondolavano appese ai<br />
pini intorno ai campi <strong>da</strong> tennis, e alla loro ombra erano stati<br />
disposti grandi tavoli imbanditi.<br />
Molto prima che Tristan conoscesse Ivy, molto prima che<br />
Andrew sorprendesse tutti sposando Maggie, Tristan già<br />
an<strong>da</strong>va alla festa che si teneva ogni anno. Si ricor<strong>da</strong>va bene che<br />
ai suoi occhi di bambino la casa era enorme, gigantesca, con<br />
l’ala occidentale e orientale, i doppi camini e le file di pesanti<br />
persiane nere – sembrava uscita <strong>da</strong>l calen<strong>da</strong>rio del New<br />
England di sua madre.<br />
«Lascia stare la tua bella, Romeo», lo chiamò Lacey. «Ti<br />
stai perdendo <strong>un</strong>a grande festa. Qua tutti si divertono.<br />
Soprattutto le coppie nascoste in mezzo agli arbusti».<br />
Persino adesso, a due mesi e mezzo <strong>da</strong>ll’inizio della sua<br />
esistenza <strong>da</strong> angelo, il primo istinto di Tristan era quello di<br />
zittirla, di dirle di fare piano. Ma ness<strong>un</strong>o poteva sentirli,<br />
tranne quando Lacey proiettava la sua voce, <strong>un</strong> potere che lui<br />
ancora non padroneggiava bene. Le rifilò <strong>un</strong> sorriso sbilenco,<br />
poi si allontanò <strong>da</strong>lla finestra. Nello stesso momento in cui<br />
Tristan si voltò e si diresse verso le scale, Ivy si fermò, si girò,<br />
e fissò la finestra.<br />
Subito il cuore di Tristan si riempì di speranza. Ha sentito<br />
qualcosa, pensò.
Ma lo sguardo di Ivy gli passò proprio attraverso, e poi<br />
senza esitazione si perse dietro di lui. Ivy si appoggiò al<br />
<strong>da</strong>vanzale, fissando pensosa la scena <strong>da</strong>vanti ai suoi occhi.<br />
Tristan rimase in piedi al suo fianco e la osservò a l<strong>un</strong>go,<br />
mentre fuori venivano accese le torce, inon<strong>da</strong>ndo<br />
improvvisamente di luce il tramonto estivo.<br />
Ivy guardò <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra parte, e anche Tristan fece lo stesso,<br />
finché non capì che lei stava fissando Will, fermo in piedi, <strong>un</strong><br />
po’ in disparte rispetto alla folla, come per sorvegliare gli<br />
ospiti. Improvvisamente Will alzò lo sguardo e i suoi occhi<br />
incontrarono quelli di Ivy. Tristan conosceva bene l’immagine<br />
che in quel momento si stava stampando nella mente di Will:<br />
due brillanti occhi verdi e <strong>un</strong>a cascata di capelli biondi che<br />
ricadevano morbidi sulle spalle di Ivy.<br />
Ivy fissò Will per <strong>un</strong> attimo infinito, poi si ritrasse di scatto,<br />
portandosi le mani sulle guance. Tristan si allontanò <strong>da</strong>lla<br />
finestra con altrettanta rapidità. Scatta <strong>un</strong>a foto, Will, dura di<br />
più, pensò, poi scese di corsa le scale.<br />
Lacey lo stava aspettando nel patio, e si divertiva a colpire<br />
<strong>un</strong> piatto della batteria ogni volta che il batterista si voltava.<br />
Naturalmente lui non poteva vederla, e non si accorgeva<br />
neppure della vaga luminescenza violacea che coloro che<br />
credevano fermamente negli angeli ogni tanto riuscivano a<br />
scorgere. Fece l’occhiolino a Tristan.<br />
«Non sono qui per fare il buffone», disse lui.<br />
«Ok, tesoro, diamoci <strong>da</strong> fare allora», disse Lacey, <strong>da</strong>ndogli<br />
<strong>un</strong>a piccola spinta. Anche se potevano scivolare attraverso il<br />
corpo delle persone, erano solidi e molto concreti l’<strong>un</strong>o per<br />
l’altra.<br />
«Voglio farti vedere <strong>un</strong>a persona che sta man<strong>da</strong>ndo giù <strong>un</strong><br />
drink dopo l’altro vicino ai campi <strong>da</strong> tennis», gli disse Lacey,<br />
ma prima si diresse verso la casetta sull’albero di Philip.<br />
Semplicemente, non riuscì a resistere alla possibilità di <strong>da</strong>re
<strong>un</strong>a spinta all’altalena quando vide che ci si stava sedendo<br />
sopra <strong>un</strong>a ragazza con <strong>un</strong> prendisole rosa.<br />
«Lacey, non sei più <strong>un</strong>a bambina. Quando ti deciderai a<br />
comportarti come <strong>un</strong>a persona adulta?»<br />
«Lo farò», rispose lei, «quando tu inizierai a comportarti<br />
come <strong>un</strong> angelo».<br />
«Lo sto già facendo, mi sembra», disse.<br />
Lei scosse la testa. I suoi capelli viola, come del resto quelli<br />
cortissimi e castani di Tristan, non venivano smossi <strong>da</strong>l vento.<br />
«Ripeti con me», lo indottrinò Lacey, con <strong>un</strong> tono <strong>da</strong> maestrina<br />
p<strong>un</strong>tigliosa: «Ivy respira, Will respira, io no».<br />
«È solo che quel giorno alla stazione ha guar<strong>da</strong>to proprio<br />
verso di me», disse Tristan. «Ero sicuro che avesse<br />
ricominciato a credere. Quando ho afferrato Philip e lei, ero<br />
sicuro che Ivy mi avesse visto».<br />
«Se l’ha fatto, ha dimenticato tutto», disse Lacey.<br />
«Ma devo fare in modo che ricordi. Beth…».<br />
«È troppo sconvolta per aiutarti», tagliò corto Lacey. «Ha<br />
predetto l’intrusione in casa, poi ha previsto il pericolo quella<br />
notte alla stazione dei treni. Ha <strong>un</strong> dono speciale, ma è troppo<br />
impaurita, non può più essere <strong>un</strong> canale di com<strong>un</strong>icazione».<br />
«Philip, allora».<br />
«Philip! Oh, per favore. Secondo te Gregory continuerà a<br />
tollerare a l<strong>un</strong>go che <strong>un</strong> ragazzino se ne va<strong>da</strong> in giro a parlare<br />
di <strong>un</strong> angelo, Tristan?».<br />
Tristan sapeva che aveva ragione.<br />
«Rimane solo Will», disse Lacey. Poi tornò indietro e lo<br />
indicò teatralmente, con le sue l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie viola. «Allora,<br />
fino a dove arriva la tua gelosia?»<br />
«Lontano, temo», rispose con onestà, poi sospirò. «Ti<br />
ricordi come ti sentivi quando quell’attrice ti ha rubato la parte<br />
per quel film, quella che secondo te puzzava?»<br />
«Ma lei puzza <strong>da</strong>vvero», rispose d’<strong>un</strong> fiato Lacey.
«Moltiplica quella sensazione per mille. Il fatto è che Will<br />
non è <strong>un</strong> cattivo ragazzo. Andrebbe benissimo per Ivy, e io<br />
desidero solo tutto il bene per lei. La amo. Farei qualsiasi cosa<br />
per Ivy…».<br />
«Moriresti per lei», disse Lacey. «Ma ci hai già provato, e<br />
guar<strong>da</strong> come ti sei ridotto».<br />
Tristan fece <strong>un</strong>a smorfia. «Sono finito qui con te».<br />
Lei gli sorrise, poi gli diede <strong>un</strong>a piccola gomitata. «Guar<strong>da</strong><br />
là. Il tizio vicino a quella donna che sembra si sia fatta fare la<br />
permanente e il taglio di capelli in <strong>un</strong> salone di bellezza per<br />
cani. Lo riconosci?»<br />
«È l’amico di Caroline», disse Tristan, osservando<br />
quell’uomo alto, <strong>da</strong>i capelli scuri. «Quello che lascia sempre<br />
fiori sulla sua tomba».<br />
«Ha battuto Andrew a tennis e sembra proprio che si sia<br />
goduto ogni singolo istante della partita».<br />
«Hai scoperto come si chiama?», le chiese Tristan.<br />
«Tom Stetson. Insegna al college di Andrew. Credimi, <strong>un</strong><br />
giorno a Stonehill è meglio di mille soap opera. Pensi che fosse<br />
<strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga, torri<strong>da</strong> relazione segreta? Pensi che Andrew<br />
sapesse? Sveglia, Tristan!».<br />
«Ti sto ascoltando», disse lui, ma il suo sguardo era fisso<br />
sulla folla a pochi metri <strong>da</strong> loro: Ivy, Will e Beth parlottavano<br />
vicini.<br />
«Oh, l’amore colpisce al cuore», canticchiò Lacey. Tristan<br />
la odiava quando calcava le parole in quel modo. «Te lo giuro,<br />
Tristan, quella ragazza ti ha ridotto a <strong>un</strong> colabrodo, ti ha<br />
pugnalato così tante volte al cuore che sembri <strong>un</strong> pezzo di<br />
groviera».<br />
Lui fece <strong>un</strong>a smorfia.<br />
«È patetico il modo in cui la guardi con quei grandi occhi <strong>da</strong><br />
cane bastonato. Lei non ti vede nemmeno. Spero solo che <strong>un</strong><br />
giorno…».
«Lo sai invece cosa spero io, Lacey?», le chiese Tristan,<br />
voltandosi di scatto verso di lei. «Spero che ti innamorerai di<br />
qualc<strong>un</strong>o».<br />
Lacey distolse lo sguardo.<br />
«E spero che succe<strong>da</strong> molto presto, prima che la mia<br />
missione gi<strong>un</strong>ga al termine», continuò lui. «Voglio esserci quel<br />
giorno, così potrò prenderti in giro e ridere alle tue spalle».<br />
Si aspettava <strong>un</strong>a risposta tagliente, ma Lacey tenne gli occhi<br />
bassi, e continuò a fissare il gatto di Ivy, Ella, che li aveva<br />
seguiti fendendo la folla.<br />
«Non vedo l’ora che arrivi quel momento», proseguì<br />
Tristan. «Il giorno in cui Lacey Lovitt si innamorerà di <strong>un</strong><br />
ragazzo che non può avere».<br />
«E cosa ti fa pensare che non mi sia già successo?»,<br />
mormorò, poi si chinò per accarezzare Ella, e continuò a<br />
giocare con il gatto per diversi minuti.<br />
Erano due anni che Lacey continuava a temporeggiare e non<br />
portava a termine la propria missione: ormai aveva sviluppato<br />
<strong>un</strong>a resistenza e dei poteri notevoli, molto maggiori di quelli di<br />
Tristan. Lui sapeva che Lacey era in grado di materializzare le<br />
sue dita e di mantenerle in quello stato per accarezzare il gatto<br />
molto più a l<strong>un</strong>go.<br />
«Vieni, Ella», disse dolcemente Lacey, e Tristan vide che il<br />
gatto drizzava le orecchie. Lacey stava proiettando la sua voce.<br />
Ella seguì Lacey, e Tristan seguì Ella fino a <strong>un</strong> tavolo<br />
imbandito. C’erano Eric e Gregory lì, ed Eric stava litigando<br />
con Gregory e con il barista, cercando di farsi servire <strong>un</strong>a birra.<br />
Lacey diede <strong>un</strong>a piccola spinta a Ella, e il gatto saltò sul<br />
tavolo. I tre ragazzi non si accorsero di lei.<br />
«Una tazza di latte, per favore».<br />
«Solo <strong>un</strong> minuto, signorina», disse il barista, voltandosi.<br />
Spalancò gli occhi quando vide Ella.<br />
Ella sbatté le palpebre.
Il barista si voltò verso i ragazzi. «Voi l’avete sentito?»<br />
«Latte, e in fretta, per piacere».<br />
Eric e il barista fissarono il gatto. Gregory all<strong>un</strong>gò il collo<br />
per vedere chi c’era dietro a Eric. «Che problema c’è?», disse<br />
impaziente. «Dammi solo <strong>un</strong> tè ghiacciato».<br />
«Io preferisco il latte».<br />
Il barista si avvicinò a Ella, finché il suo volto non fu<br />
vicinissimo al musetto del gatto. Lei miagolò e balzò giù <strong>da</strong>l<br />
tavolo. Lacey ri<strong>da</strong>cchiò, ma smise di proiettare la voce, e<br />
adesso solo Tristan poteva udirla.<br />
Il barista, ancora molto perplesso, servì il tè ghiacciato a<br />
Eric. Poi Gregory fece <strong>un</strong> cenno con la testa, e lui e Eric si<br />
incamminarono subito verso destra. Tristan li seguì mentre si<br />
aprivano la stra<strong>da</strong> in mezzo alla folla, fino al muro di pietra che<br />
delimitava il confine della proprietà.<br />
Sotto di loro, in lontananza, c’erano <strong>un</strong>a piccola stazione dei<br />
treni e i binari che costeggiavano il fiume. Persino Tristan<br />
faceva fatica a credere che lui e Philip fossero riusciti a<br />
scendere l<strong>un</strong>go quel ciglio scosceso. Era ripido e roccioso, e<br />
non c’erano p<strong>un</strong>ti a cui aggrapparsi, a parte delle prominenze<br />
rocciose e qualche arbusto qua e là.<br />
«Impossibile», stava dicendo Gregory tra sé. «Quel<br />
ragazzino mi sta mentendo, nasconde qualcosa. Chi c’è dietro<br />
di lui?»<br />
«Non preoccuparti, parla pure <strong>da</strong> solo. Fammi solo sapere se<br />
hai bisogno di me», disse Eric con <strong>un</strong>a risatina.<br />
Gregory lo fissò.<br />
«Da <strong>un</strong> po’ di tempo lo fai spesso. Parli <strong>da</strong> solo». Eric fece<br />
<strong>un</strong> ghigno. «O forse parli con gli angeli».<br />
«Al diavolo gli angeli», disse Gregory.<br />
Eric scoppiò a ridere. «Sì, certo, forse dovresti iniziare a<br />
pregarli. Ti sei messo nei guai, Gregory». Si fece serio, il suo<br />
volto era teso, corrugato. «In guai <strong>da</strong>vvero grossi. E mi stai
trascinando verso il baratro insieme a te».<br />
«Sei <strong>un</strong> idiota! Sei tu che ti stai fregando con le tue mani –<br />
combini <strong>un</strong> casino dopo l’altro. Te lo chiedo <strong>un</strong>’altra volta,<br />
dove sono i vestiti?»<br />
«Te lo ripeto per l’ennesima volta, io non li ho».<br />
«Voglio quel cappello e quel giubbotto», disse Gregory. «E<br />
sei tu che devi procurarmeli, perché se non lo fai, Jimmy non<br />
avrà mai i soldi che gli devi». Gregory reclinò la testa<br />
all’indietro. «E tu sai quali conseguenze ci potrebbero essere.<br />
Sai che questi spacciatori sono molto permalosi quando si tratta<br />
di soldi».<br />
Eric fece <strong>un</strong>a smorfia. Senza alcol in corpo non era in grado<br />
di affrontare Gregory. «Ne ho abbastanza», sospirò. «Sono<br />
stufo di fare il lavoro sporco per te».<br />
Cercò di allontanarsi ma Gregory lo trattenne afferrandogli<br />
il braccio. «Ma lo farai lo stesso, non è vero? E terrai anche la<br />
bocca chiusa, perché hai bisogno di me. Hai bisogno della tua<br />
dose».<br />
Eric cercò di liberarsi, ma era troppo debole. «Lasciami<br />
an<strong>da</strong>re. Ci stanno guar<strong>da</strong>ndo».<br />
Gregory allentò la presa e si guardò intorno. Eric sgattaiolò<br />
via in tutta fretta. «Fa’ attenzione, Gregory», lo avvertì. «Sento<br />
che ci stanno guar<strong>da</strong>ndo».<br />
Gregory inarcò <strong>un</strong> sopracciglio e scoppiò in <strong>un</strong>a risata<br />
minacciosa. E continuò a ri<strong>da</strong>cchiare anche quando Eric era<br />
ormai lontano.<br />
Lacey alzò le spalle. «Brutto tipo. Matto come <strong>un</strong> cavallo».<br />
Rimasero a osservarlo mentre Gregory tornava alla festa,<br />
sorridendo e scherzando con tutti.<br />
«Secondo te, qual è il lavoro sporco che Eric ha fatto?»,<br />
chiese Lacey a Tristan. «Far fuori Caroline? Tagliarti i freni?<br />
Assalire Ivy nell’ufficio di Andrew?». Materializzò <strong>un</strong> dito e<br />
spinse <strong>un</strong>a piccola pietra fino al bordo della cresta.
«Naturalmente, non siamo neppure certi che Caroline sia stata<br />
<strong>da</strong>vvero uccisa, e non possiamo escludere che i tuoi freni si<br />
siano rotti per <strong>un</strong> semplice incidente».<br />
Tristan annuì. «Dovrò farmi di nuovo <strong>un</strong> piccolo viaggetto<br />
nel passato. Entrerò ancora nei ricordi di Eric».<br />
Lacey aveva preso <strong>un</strong>’altra pietra e la spostò leggermente.<br />
«Vuoi tornare nella mente di Eric? Tu sei pazzo, Tristan!<br />
Pensavo avessi imparato la lezione la volta scorsa. È an<strong>da</strong>to, i<br />
suoi circuiti sono bruciati. È troppo pericoloso, e i suoi ricordi<br />
non ti <strong>da</strong>ranno alc<strong>un</strong>a prova».<br />
«Ma quando avrò scoperto che cosa sta succedendo, potrò<br />
trovare la prova che sto cercando», le spiegò.<br />
Lacey scosse la testa.<br />
«Devo fare in modo che Ivy ricordi cosa è successo alla<br />
stazione dei treni. E subito», disse Tristan. «Devo parlare con<br />
Will, convincerlo ad aiutarmi».<br />
«Certo, grande idea», disse Lacey. «Mi pareva che qualc<strong>un</strong>o<br />
avesse già proposto <strong>un</strong>a cosa del genere. Un quarto d’ora fa,<br />
più o meno».<br />
Tristan scrollò le spalle.<br />
«E allora quel qualc<strong>un</strong>o verrà insieme a te, nel caso avessi<br />
bisogno di aiuto come al solito», aggi<strong>un</strong>se.<br />
«Niente scherzi», la ammonì lui.<br />
«Non te lo prometto, Tristan».<br />
Trovarono Will nel patio, stava ballando con Beth. Ivy e<br />
Suzanne erano sedute accanto alla madre di Ivy, e osservavano<br />
i loro compagni di classe che si scatenavano al ritmo della<br />
musica reggae. Lacey iniziò a ballare <strong>da</strong> sola, muovendo i<br />
fianchi, alzando le mani sopra le testa per poi farle scorrere<br />
l<strong>un</strong>go i fianchi. Balla bene, pensò Tristan mentre lei si<br />
dimenava e <strong>da</strong>nzava l<strong>un</strong>go il patio. Ella vide la luce di Lacey e<br />
iniziò a seguirla. Un ragazzo fece <strong>un</strong> passo indietro, pestò Ella<br />
e inciampò, cadendo di schiena vicino al gatto.
«Ti va di ballare?». Era Lacey che proiettava la sua voce.<br />
Il ragazzo fissò Ella per <strong>un</strong> istante, poi balzò in piedi.<br />
«Vieni qui, Ella», la richiamò Maggie, e il gatto si avviò<br />
pigramente verso la madre di Ivy, con Lacey alle calcagna. Ella<br />
saltò in braccio a Maggie, e la madre di Ivy si rimise a<br />
osservare i ragazzi che ballavano.<br />
«Ness<strong>un</strong>o mi chiede mai di ballare, Maggie». Era di nuovo<br />
Lacey.<br />
Maggie sollevò il gatto, lo rigirò, le prese il muso tra le mani<br />
perfettamente curate, fissando Ella come se si aspettasse di<br />
sentirla parlare di nuovo <strong>da</strong> <strong>un</strong> momento all’altro.<br />
«Voi avete sentito qualcosa?», chiese Maggie alle ragazze,<br />
ma non ottenne risposta. Suzanne stava fornendo a Ivy <strong>un</strong><br />
dettagliato resoconto sulle varie coppie che si dimenavano<br />
<strong>da</strong>vanti a loro.<br />
Tristan lasciò Lacey ai suoi giochetti e attraversò la folla per<br />
raggi<strong>un</strong>gere Beth e Will. Stavano ballando, guancia a guancia,<br />
come <strong>un</strong>a coppietta felice, ma lui conosceva bene il motivo per<br />
cui Beth e Will stavano <strong>da</strong>vvero così tanto tempo assieme. Era<br />
per Ivy.<br />
«Ho paura», disse Beth. «So delle cose che vorrei non<br />
sapere – e le so prima ancora che acca<strong>da</strong>no, Will. E poi scrivo<br />
delle parole che non avevo intenzione di scrivere».<br />
«Io disegno immagini che non volevo disegnare», replicò<br />
Will.<br />
«Vorrei che qualc<strong>un</strong>o potesse spiegarci cosa sta succedendo.<br />
Qual<strong>un</strong>que cosa sia, non è ancora finita – ne sono sicura. Ho<br />
questa sensazione che mi tormenta, so che le cose vanno male,<br />
molto male, e che andranno sempre peggio. Ho paura di non<br />
farcela. A volte penso di essere impazzita».<br />
Will la attirò a sé. Tristan lanciò <strong>un</strong>’occhiata a Ivy e si<br />
accorse che lei si era girata di scatto per non guar<strong>da</strong>re.<br />
«Certo che non sei impazzita, Beth. È solo che tu hai <strong>un</strong>
dono che…».<br />
«Ma io non lo voglio <strong>un</strong> dono come questo!», urlò lei.<br />
«Shh. Shh», disse Will, e le scompigliò i capelli.<br />
«Ci sta guar<strong>da</strong>ndo», disse Beth. «Si farà <strong>un</strong>’idea sbagliata.<br />
Forse è meglio se le chiedi di ballare».<br />
Tristan capì subito cosa stava pensando Will: per <strong>un</strong> attimo<br />
fissò Ivy e si disse che sarebbe stato fantastico metterle <strong>un</strong><br />
braccio intorno alla vita, tirarla a sé, passarle le dita in mezzo ai<br />
capelli morbidi. In quello stesso istante i loro pensieri si fusero,<br />
e Tristan scivolò dentro Will.<br />
Will si avvicinò ancor di più a Beth. «Ho di nuovo quella<br />
sensazione. Non la sopporto».<br />
«Devo parlare a Ivy», disse Tristan, e Will ripeté le parole<br />
ad alta voce.<br />
«Cosa le dirai?», chiese Beth.<br />
«Chiedile se vuole ballare», disse Tristan, e ancora <strong>un</strong>a volta<br />
Will pron<strong>un</strong>ciò quelle parole come se fossero sue.<br />
«Chiediglielo tu», rispose Beth.<br />
Will serrò le mascelle. Tristan percepiva la lotta che<br />
divampava nel suo animo: l’istinto gli diceva di scacciare<br />
l’intruso <strong>da</strong>lla sua mente, mentre la curiosità controbilanciava<br />
il primo impulso. «Chi sei?», gli chiese Will silenziosamente.<br />
«Tristan. Sono Tristan. Devi credermi adesso».<br />
«Non riesco a credere», disse Beth.<br />
Lei e Will avevano smesso di ballare e si fissavano,<br />
immobili, cercando di capire cosa stesse succedendo.<br />
«È dentro di te, non è vero?», chiese Beth, con la voce rotta<br />
<strong>da</strong>ll’emozione. «Quelle che pron<strong>un</strong>ci sono le sue parole».<br />
Will annuì.<br />
«Puoi costringerlo ad an<strong>da</strong>rsene?», chiese.<br />
«Non farlo!».<br />
«Perché non te ne vai e ci lasci in pace?», urlò Beth.<br />
«Non posso. Per il bene di Ivy, non posso».
Will e Beth si abbracciarono. Poi Will la guidò lontano <strong>da</strong>lla<br />
folla, <strong>da</strong> Ivy.<br />
«Ti va di ballare?», chiese a Ivy.<br />
Lei guardò Beth, incerta.<br />
«Sono esausta», disse Beth, costringendo Ivy ad alzarsi e<br />
mettendosi a sedere al suo posto. «Vai pure. Devo <strong>da</strong>re <strong>un</strong> po’<br />
di riposo a questi piedini delicati e minuti. Sai, porto solo il<br />
quarant<strong>un</strong>o».<br />
Will e Ivy camminarono in silenzio, fianco a fianco, e<br />
raggi<strong>un</strong>sero la zona meno affollata del patio. Tristan lo sentì<br />
tremare quando la cinse con le braccia. Avvertì ogni singolo<br />
movimento goffo e imbarazzato, e si ricordò come si era<br />
sentito lui, la primavera precedente. I primi app<strong>un</strong>tamenti con<br />
Ivy. Quando rimaneva solo con lei, faccia a faccia, non riusciva<br />
a spiccicare parola, rispondeva a monosillabi.<br />
«Come stai?», le chiese Will.<br />
«Bene».<br />
«Perfetto».<br />
Tra loro calò <strong>un</strong> profondo silenzio. Tristan poteva sentire le<br />
mille domande che affollavano la mente di Will. «Se sei qui»,<br />
gli disse silenziosamente Will, «perché non mi dici cosa devo<br />
fare?»<br />
«Non sono così fragile», disse Ivy.<br />
«Cosa?»<br />
«Balli come se avessi paura di rompermi», disse lei ad alta<br />
voce, con gli occhi verdi che scintillavano.<br />
Will la guardò sorpreso. «Sei arrabbiata».<br />
«Te ne sei accorto», rispose lei con voce tagliente. «Non<br />
sopporto più il modo in cui mi tratta la gente – tutti sono così<br />
cauti e gentili con me! Si muovono in p<strong>un</strong>ta di piedi, stanno<br />
attenti a cosa dicono, come se avessero paura di fare qualcosa<br />
di sbagliato e di ferirmi. Be’, ho <strong>un</strong>a notizia per te, Will, e per<br />
tutti gli altri. Non sono fatta di cristallo, e non sto per an<strong>da</strong>re in
pezzi. Capito?»<br />
«Lo so», disse Will. Poi, senza preavviso, la fece girare due<br />
volte su se stessa, allontanandola per poi tirarla di nuovo a sé,<br />
come <strong>un</strong>o yo-yo. Piegò il braccio fino a farla quasi cadere, poi<br />
la riprese all’ultimo momento, chinandosi su di lei per tirarla<br />
su.<br />
«Va meglio così?».<br />
Ivy si risistemò i capelli tutti scompigliati e cercò di<br />
riprendere fiato. «Sì, <strong>un</strong> po’».<br />
«Ti volevo parlare di <strong>un</strong>a cosa», disse Will, anche se erano<br />
parole di Tristan.<br />
Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro per fissarlo negli occhi, ma si<br />
voltò subito. Gli occhi di Will erano profondissimi, intensi –<br />
<strong>un</strong>a ragazza poteva perdersi in quegli occhi, proprio come<br />
aveva detto Lacey. È per questo che Ivy ha guar<strong>da</strong>to <strong>da</strong> <strong>un</strong>’altra<br />
parte, pensò Tristan, cercando di tenere sotto controllo la<br />
gelosia.<br />
«Riguar<strong>da</strong>… Beth. È <strong>un</strong> po’ scossa ultimamente», disse<br />
Tristan tramite Will. «Sai che ha delle premonizioni».<br />
«So che le ho fatto prendere <strong>un</strong> bello spavento qualche<br />
settimana fa», disse Ivy, «ma era solo <strong>un</strong>a…».<br />
Will scosse la testa, compiendo lo stesso gesto di Tristan.<br />
«Beth ha paura del futuro, non di quello che è successo quel<br />
giorno».<br />
«Che vuoi dire?», chiese Ivy. La sua voce era carica di<br />
indignazione, ma Tristan si accorse del lieve tremito che la<br />
incrinava. «Non succederà proprio niente nel futuro», insistette<br />
lei. «Cosa devo fare per convincere tutti che sto bene?»<br />
«Devi ricor<strong>da</strong>re, Ivy».<br />
«Ricor<strong>da</strong>re cosa?», chiese.<br />
«La notte dell’incidente».<br />
Tristan sentì che adesso Will lottava per ritrarsi. Aveva<br />
paura di affrontare quel discorso. «Quale incidente?», chiese
silenziosamente Will. «Quello in cui hai perso la vita?»<br />
«L’incidente?», ripeté Ivy. «Ti riferisci al mio tentativo di<br />
suicidio? Un incidente? E questo cosa sarebbe, <strong>un</strong> eufemismo<br />
gentile?»<br />
«Ivy, non puoi credere che sia an<strong>da</strong>ta così. Sai che non è<br />
vero», disse Will, pron<strong>un</strong>ciando con passione bruciante ogni<br />
singola parola che Tristan gli dettava.<br />
«Ormai non so più niente», replicò lei, con la voce rotta<br />
<strong>da</strong>ll’emozione.<br />
«Cerca di ricor<strong>da</strong>re», la supplicò Will, <strong>da</strong>ndo voce alle<br />
parole di Tristan. «Mi hai visto alla stazione dei treni».<br />
«Tu eri là?», gli chiese lei, sorpresa.<br />
«Io ci sono sempre stato per te. Ti amo!».<br />
Ivy guardò Will. In quell’istante Tristan si rese conto che<br />
era stato <strong>un</strong>o sbaglio parlare tramite Will. Ma era troppo tardi.<br />
«Non puoi, Will».<br />
Will deglutì.<br />
«Dovresti innamorarti di qualc<strong>un</strong>’altra. Io… io non ti amerò<br />
mai».<br />
Tristan sentì che Will incassava il colpo.<br />
«Non amerò mai più ness<strong>un</strong> altro», disse Ivy, facendo <strong>un</strong><br />
passo indietro, «non come amavo Tristan».<br />
«Dille che sono io a parlare», gli ordinò Tristan.<br />
Ma Will rimase immobile, senza pron<strong>un</strong>ciare <strong>un</strong>a sola<br />
parola. Altre coppie an<strong>da</strong>rono a sbattere contro di loro,<br />
scoppiando a ridere, <strong>da</strong>nzando e divertendosi. Will teneva Ivy a<br />
mezzo metro di distanza, e Ivy si rifiutava di guar<strong>da</strong>rlo negli<br />
occhi. Poi lei si girò all’improvviso, e Will la lasciò an<strong>da</strong>re.<br />
«Seguila», gli ordinò Tristan. «Non abbiamo ancora finito».<br />
«Lasciami in pace», sibilò Will, e se ne andò nella direzione<br />
opposta, a testa bassa.<br />
Gregory, che stava accompagnando Suzanne in mezzo alle<br />
altre coppie, gli strinse <strong>un</strong> braccio.
«Non ti starai tirando indietro, vero?»<br />
«Tirando indietro?», ripeté Will, con voce roca.<br />
«Riguardo a Ivy», disse Suzanne.<br />
«La grande caccia», disse Gregory, rivolgendo <strong>un</strong> sorriso<br />
malizioso a Will.<br />
«Non credo che a Ivy piaccia essere cacciata».<br />
«Oh, andiamo», lo prese in giro Gregory. «La mia innocente<br />
e dolcissima sorellastra adora i giochetti psicologici. E,<br />
credimi, è <strong>un</strong>a vera professionista».<br />
È <strong>un</strong>a vera professionista quando si tratta di scappare <strong>da</strong> te,<br />
pensò Tristan, uscendo <strong>da</strong>lla mente di Will.<br />
«Fossi in te io non mi tirerei indietro», disse Gregory,<br />
fissando Ivy, immobile all’altra estremità del patio. La guardò<br />
così a l<strong>un</strong>go che alla fine anche Suzanne e Tristan si voltarono<br />
in quella direzione, a disagio. «Non c’è niente di meglio che<br />
<strong>da</strong>re la caccia a <strong>un</strong>a ragazza che sa giocare duro».
Capitolo 3<br />
«E quindi», disse Philip a Ivy quel mercoledì sera, «posso<br />
guar<strong>da</strong>re di nuovo Jurassic Park».<br />
«Perché “quindi”?», ripeté Ivy con <strong>un</strong> largo sorriso. China<br />
sulle mani di Maggie, le stava rapi<strong>da</strong>mente mettendo lo smalto<br />
sulle <strong>un</strong>ghie. Sua madre e Andrew dovevano an<strong>da</strong>re a <strong>un</strong>a<br />
serata organizzata <strong>da</strong>l college per raccogliere fondi.<br />
«Perché Andrew mi ha <strong>da</strong>to il permesso».<br />
«Allora ha controllato tutti i tuoi compiti?», chiese Ivy.<br />
«Ha detto che il mio tema sulla festa era molto ben fatto e<br />
che ho <strong>un</strong>a grande fantasia».<br />
«Molto ben fatto, grande fantasia», lo prese in giro Maggie.<br />
«Un giorno, senza neanche accorgercene, avremo <strong>un</strong><br />
professorino alto <strong>un</strong> metro e mezzo che se ne va in giro per la<br />
casa».<br />
Ivy sorrise di nuovo. «Vai ad accendere il registratore»,<br />
disse a Philip. «Scendo quando ho finito qui con mamma».<br />
Philip balzò <strong>da</strong>l letto facendo scattare le molle del<br />
materasso, e per poco a Ivy non cadde la boccetta di smalto.<br />
Quando rimasero sole, Maggie sussurrò a Ivy: «Gregory ha<br />
detto che rimarrà in casa stasera, perciò se Philip ti dà<br />
problemi…».<br />
Ivy si accigliò. Non aveva mai avuto problemi a gestire<br />
Philip, e di certo se la cavava meglio lei di Gregory, e anche di<br />
sua madre.<br />
«…o se ti senti, come dire, <strong>un</strong> po’ a terra…».<br />
Ivy sapeva cosa voleva dire <strong>da</strong>vvero sua madre – depressa,<br />
fuori di testa, sull’orlo del suicidio. Maggie non riusciva a<br />
pron<strong>un</strong>ciare quelle parole, ma aveva accettato l’idea che tutti<br />
avevano di Ivy. Non c’era modo di farle cambiare opinione,<br />
quindi Ivy decise di ignorare il suo commento. «È carino <strong>da</strong><br />
parte di Andrew aiutare Philip con i compiti», disse.
«Andrew vuole molto bene a Philip, e anche a te», replicò<br />
sua madre. «È <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’ che volevo parlartene, Ivy, ma con<br />
tutto quello che è successo, be’, sai, nelle ultime tre<br />
settimane…».<br />
«Fuori il rospo, mamma».<br />
«Andrew ha inoltrato la doman<strong>da</strong> di adozione».<br />
Ivy macchiò di Passione Scarlatta le nocche di sua madre.<br />
«Stai scherzando».<br />
«Abbiamo intenzione di portare avanti la pratica per Philip»,<br />
disse Maggie, pulendosi le nocche, «ma tu ben presto compirai<br />
diciotto anni. La decisione spetterà a te».<br />
Ivy non sapeva cosa dire. Si chiese se Gregory sapesse<br />
qualcosa, e se sì, cosa ne pensasse. Adesso suo padre avrebbe<br />
avuto due figli, e ogni giorno era sempre più evidente che<br />
Andrew preferiva Philip.<br />
«Andrew vuole che tu sappia che questa sarà sempre casa<br />
tua. Ti vogliamo molto bene, Ivy. Ness<strong>un</strong>o potrà mai amarti<br />
più di noi». Sua madre parlava velocemente, con <strong>un</strong>a voce tesa<br />
e nervosa. «Andrà sempre meglio, con il passare del tempo.<br />
Credimi, tesoro. Le persone non si innamorano <strong>un</strong>a volta sola»,<br />
continuò Maggie, parlando sempre più rapi<strong>da</strong>mente. «Un<br />
giorno incontrerai <strong>un</strong> ragazzo speciale. Sarai di nuovo felice. Ti<br />
prego, credimi», la supplicò.<br />
Ivy richiuse la boccetta di smalto. Quando si alzò, sua madre<br />
rimase immobile sul letto. La fissava con aria preoccupata, le<br />
<strong>un</strong>ghie rosse ben distese sul grembo. Ivy si chinò e la baciò<br />
dolcemente sulla fronte, dove si era creato <strong>un</strong> intrico di<br />
profonde rughe per la preoccupazione. «Va già meglio», disse.<br />
«Vieni, accendo il phon, così asciughiamo questo capolavoro<br />
di manicure».<br />
Quando Andrew e Maggie se ne furono an<strong>da</strong>ti, Ivy andò in<br />
salotto a guar<strong>da</strong>re i dinosauri di Jurassic Park che sbranavano<br />
e dilaniavano i poveri umani. Si sistemò <strong>un</strong> cuscino dietro la
testa e p<strong>un</strong>tò i piedi contro lo sgabello su cui era seduto suo<br />
fratello. Ella le saltò in grembo e si stiracchiò sulle l<strong>un</strong>ghe<br />
gambe di Ivy, appoggiandole il musetto peloso sul ginocchio.<br />
Ivy accarezzò il gatto, con la mente rivolta altrove. La<br />
continua messinscena – la parte che aveva ininterrottamente<br />
recitato negli ultimi giorni per convincere tutti che stava bene –<br />
l’aveva sfiancata, e adesso le palpebre le sembravano<br />
incredibilmente pesanti. Mentre le prime gocce di pioggia si<br />
abbattevano sul Jurassic Park, si addormentò.<br />
Scene di vita scolastica si fusero e si proiettarono nella sua<br />
mente in <strong>un</strong> sogno complicato e indistinto: il volto sgraziato<br />
dell’assistente, la signora Bryce, con quei piccoli occhi<br />
in<strong>da</strong>gatori, si trasformava in continuazione, si sfocava e<br />
tornava nitido. Ivy era nella sua classe, poi nei corridoi –<br />
camminava senza meta e senza fine per le varie aule.<br />
Insegnanti e al<strong>un</strong>ni erano in fila ai suoi lati e la fissavano.<br />
«Sto bene. Sono felice. Sto bene. Sono felice», ripeteva,<br />
ancora e ancora.<br />
Fuori <strong>da</strong>lla scuola si stava per scatenare <strong>un</strong> temporale.<br />
Poteva sentirne il rumore attraverso le pareti, sentiva le mura<br />
che venivano scosse <strong>da</strong>lla sua furia. E adesso poteva vederlo, le<br />
verdi foglie di maggio strappate <strong>da</strong>i rami, le fronde che si<br />
piegavano e ondeggiavano sotto il cielo nero come l’inchiostro.<br />
Ora stava gui<strong>da</strong>ndo, non camminava più. Il vento la faceva<br />
sban<strong>da</strong>re, e i fulmini squarciavano il cielo. Sapeva di essersi<br />
persa. Un sentimento di terrore e paura cominciò a strisciare<br />
nel suo animo. Non sapeva dove stesse an<strong>da</strong>ndo, eppure la<br />
paura diventava sempre più incontrollabile, come se si stesse<br />
avvicinando ogni minuto di più a qualcosa di terrificante. Da<br />
dietro la curva sbucò all’improvviso <strong>un</strong>a Harley rossa. Il<br />
motociclista rallentò. Per <strong>un</strong> momento pensò che si sarebbe<br />
fermato per aiutarla, ma poi riprese velocità e sfrecciò via. Lei<br />
superò la curva e vide la finestra.
Conosceva bene quella finestra, il grande vetro rettangolare<br />
dietro cui si intravedeva <strong>un</strong>’ombra scura. La macchina acquistò<br />
velocità. Stava correndo verso quella finestra, sempre più<br />
rapi<strong>da</strong>mente. Cercò di fermarsi, cercò di frenare, premette il<br />
pe<strong>da</strong>le ancora e ancora, sempre più forte, ma la macchina non<br />
rallentava. Non sarebbe mai riuscita a fermarsi! Poi la portiera<br />
si spalancò, e Ivy si buttò fuori. Barcollò. Non riusciva a<br />
trovare <strong>un</strong> appiglio. Per <strong>un</strong> attimo pensò che si sarebbe<br />
schiantata contro la grande vetrata.<br />
L’aria fu squarciata <strong>da</strong>l fischio di <strong>un</strong> treno, l<strong>un</strong>go,<br />
perforante. Un’ombra scura aleggiava dietro il vetro, sempre<br />
più grande. Ivy all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano. Il vetro esplose – <strong>un</strong> treno<br />
lanciato a tutta velocità ci passò attraverso, frantumandolo in<br />
mille pezzi. Per <strong>un</strong> istante il tempo si congelò, i vetri rimasero<br />
sospesi in aria come stalattiti di ghiaccio, il gigantesco treno<br />
era perfettamente fermo, <strong>un</strong> attimo di pausa immobile, prima di<br />
travolgerla, di schiacciarla a morte.<br />
Poi due mani la afferrarono, tirandola indietro. Il treno passò<br />
oltre, e i cocci di vetro si fusero nel terreno. Il temporale era<br />
passato, anche se il cielo era ancora nero – il cielo che si vede<br />
solo nei momenti che precedono l’alba. Ivy si chiese di chi<br />
fossero le mani che l’avevano salvata; erano forti come quelle<br />
di <strong>un</strong> angelo. Abbassò lo sguardo e scoprì che era abbracciata a<br />
Philip.<br />
Era incredibile la pace che adesso li circon<strong>da</strong>va. Forse era<br />
<strong>da</strong>vvero l’alba – vide <strong>un</strong> debole scintillio all’orizzonte. La luce<br />
divenne sempre più forte. Divenne l<strong>un</strong>ga e alta come <strong>un</strong>a<br />
persona, e ai bordi scintillava di mille colori. Non era il sole,<br />
anche se riscal<strong>da</strong>va il suo cuore come <strong>un</strong> piacevole tepore.<br />
Racchiuse lei e Philip, sempre più vicino.<br />
«Chi è?», chiese Ivy. «Chi c’è?». Non aveva paura. Per la<br />
prima volta dopo molto, molto tempo, si sentiva piena di<br />
speranza. «Chi è?», urlò, cercando disperatamente di
aggrapparsi a quella speranza.<br />
«Gregory». La scosse e la risvegliò. Stava strattonando Ivy<br />
con forza. «Sono Gregory!».<br />
Le era seduto accanto sul divano, le teneva le braccia. Philip<br />
era <strong>da</strong>ll’altro lato, stringeva con forza il telecomando del<br />
videoregistratore.<br />
«Stavi sognando. Un incubo, di nuovo», disse Gregory. Era<br />
irrigidito, teso. La fissò, cercando di incrociare i suoi occhi.<br />
«Pensavo che questi sogni fossero finiti. Sono passate tre<br />
settimane – speravo che…».<br />
Ivy chiuse gli occhi per <strong>un</strong> attimo. Voleva rivedere quella<br />
luce, quel bagliore scintillante. Voleva an<strong>da</strong>re via <strong>da</strong> Gregory,<br />
tornare verso quella sensazione di fervente speranza. Ma le<br />
parole di Gregory rosicchiavano via gli ultimi brandelli di<br />
ricordo.<br />
«Cosa?», le chiese. «Cosa sogni, Ivy?».<br />
Lei non rispose.<br />
«Parlami!», disse. «Per favore». La sua voce si era ridotta a<br />
<strong>un</strong> balbettio supplichevole. «Perché hai quest’aria sconvolta?<br />
C’era qualcosa di nuovo nel sogno?»<br />
«No». Ma si accorse subito dell’espressione scettica di<br />
Gregory. «Solo all’inizio», aggi<strong>un</strong>se in tutta fretta. «Prima di<br />
mettermi in macchina sotto quella terribile tempesta, stavo<br />
camminando nei corridoi della scuola, e tutti mi fissavano».<br />
«Ti fissavano», ripeté lui. «E basta?».<br />
Lei annuì.<br />
«So che è stata dura per te negli ultimi giorni», disse<br />
Gregory, sfiorandole delicatamente la guancia con <strong>un</strong> dito.<br />
Ivy voleva solo essere lasciata in pace. Ogni momento che<br />
passava insieme a Gregory allontanava sempre di più la luce<br />
del sogno e quel sentimento di speranza.<br />
«So che non è facile affrontare le voci e i pettegolezzi a<br />
scuola», aggi<strong>un</strong>se Gregory, comprensivo.
Ma Ivy non voleva starlo a sentire. Se solo avesse potuto<br />
riacquistare <strong>un</strong> po’ di speranza non avrebbe avuto bisogno<br />
della comprensione di ness<strong>un</strong>o, soprattutto non di quella di<br />
Gregory. Chiuse gli occhi, sperando di poterlo respingere,<br />
allontanare. Ma lui continuava a fissarla, come i suoi compagni<br />
di scuola nel sogno.<br />
«Mi sorprende che la tua, ehm, esperienza alla stazione non<br />
facesse parte del sogno», disse.<br />
«Sorprende anche me», rispose lei, spalancando gli occhi. Si<br />
chiese se Gregory si fosse accorto che lei non gli stava dicendo<br />
tutto. «Sto bene, <strong>da</strong>vvero. Ritorna pure a fare quello che stavi<br />
facendo».<br />
Ivy non capiva bene perché fosse così restia ad aprirsi con<br />
lui: sapeva solo che la luce diventava sempre più debole in<br />
presenza di Gregory.<br />
«Mi stavo preparando <strong>un</strong>o sp<strong>un</strong>tino», disse. «Tu vuoi<br />
qualcosa?»<br />
«No, grazie».<br />
Gregory annuì e uscì <strong>da</strong>lla stanza, con <strong>un</strong>o sguardo<br />
preoccupato. Ivy attese di sentirlo armeggiare in cucina, poi si<br />
mise a sedere sul pavimento accanto a suo fratello, che aveva<br />
ricominciato a guar<strong>da</strong>re il film.<br />
«Philip», disse piano, «quella notte alla stazione dei treni,<br />
dopo che mi hai salvato… c’era per caso <strong>un</strong>a specie di luce<br />
tremolante?».<br />
Philip si voltò verso di lei, con gli occhi spalancati. «Allora<br />
ti ricordi!».<br />
«Shhh». Ivy lanciò <strong>un</strong>’occhiata in direzione della cucina,<br />
ascoltando i rumori, i movimenti di Gregory. Poi si rimise a<br />
sedere e cercò di passare in rassegna le immagini nella sua<br />
mente. Vide la luce del sogno come se fosse ancora alla<br />
stazione. Era sulla banchina, non lontano <strong>da</strong> Philip e <strong>da</strong> lei. Era<br />
solo <strong>un</strong>a creazione della sua mente, o stava finalmente
icor<strong>da</strong>ndo?<br />
«Cosa ha fatto la luce?», chiese a suo fratello. «Si<br />
muoveva?».<br />
Philip rifletté per <strong>un</strong> momento. «Camminava intorno a noi in<br />
cerchio».<br />
«Proprio come nel mio sogno», disse Ivy. Poi si voltò e si<br />
portò svelta <strong>un</strong> dito alle labbra.<br />
Quando entrò Gregory, <strong>un</strong> minuto dopo, lei e Philip erano<br />
seduti vicini e guar<strong>da</strong>vano la tele, tutti presi <strong>da</strong>l film.<br />
«Ho pensato che <strong>un</strong> po’ di tè ti avrebbe fatto bene. Per<br />
calmarti», disse Gregory, chinandosi su di lei con <strong>un</strong>a tazza<br />
fumante in mano. Passò <strong>un</strong>a merendina a Philip.<br />
«Ehi, grazie», disse Philip, tutto felice.<br />
Gregory annuì e guardò di nuovo Ivy. «Non bevi?»<br />
«Uh, certo. Ma certo… grazie», farfugliò, sorpresa <strong>da</strong>lla<br />
duplice immagine che le era balenata per <strong>un</strong> attimo nella<br />
mente: Gregory come era adesso, <strong>da</strong>vanti a lei, e Gregory in<br />
piedi in camera sua. Quando prese la tazza <strong>da</strong>lle sue mani, lo<br />
rivide mentre le passava <strong>un</strong>’altra tazza di tè fumante. Poi lo<br />
rivide di nuovo, seduto vicino a lei, sul suo letto, mentre le<br />
porgeva la tazza, gliela avvicinava alle labbra, la costringeva a<br />
bere.<br />
«Preferisci qualcos’altro?», le chiese.<br />
«No, va benissimo». Stava forse ricor<strong>da</strong>ndo qualcosa di<br />
quella sera? Possibile che Gregory le avesse fatto bere del tè<br />
drogato? «Sei palli<strong>da</strong>», disse lui, e le sfiorò la pelle nu<strong>da</strong> del<br />
braccio. «Sei fred<strong>da</strong> come il ghiaccio, Ivy».<br />
Aveva la pelle d’oca. Lui continuò a stringerle il braccio,<br />
spostando il dito su e giù. Ivy si accorse della sua forza, della<br />
presa d’acciaio di quelle dita. Gregory l’aveva tenuta stretta<br />
molte volte dopo la morte di Tristan, ma lei non si era mai<br />
accorta di quanto fosse forte. Adesso Gregory fissava lo<br />
schermo alle sue spalle, guar<strong>da</strong>va <strong>un</strong> tizio sbranato <strong>da</strong> <strong>un</strong>
dinosauro.<br />
«Gregory, mi fai male al braccio».<br />
Lui la lasciò an<strong>da</strong>re subito e fece <strong>un</strong> passo indietro per<br />
osservarla bene. Era impossibile indovinare quali fossero i suoi<br />
pensieri, dietro quegli occhi grigi e sfuggenti.<br />
«Mi sembri ancora sconvolta», osservò lui.<br />
«Sono solo molto stanca», replicò Ivy. «Sono stufa di essere<br />
sempre fissata <strong>da</strong> tutti, controllata a vista, come se stessero solo<br />
aspettando… non so neanche cosa».<br />
«Che tu impazzisca?», le suggerì piano.<br />
«Immagino di sì», disse. Ma non succederà, pensò. E finora<br />
non sono impazzita, e non mi importa di quello che dici tu, né<br />
di quello che pensa la gente.<br />
«Grazie per il tè», disse. «Ora mi sento meglio. Rimango <strong>un</strong><br />
po’ con Philip a guar<strong>da</strong>re questi poveracci che vengono<br />
trasformati in pappa per dinosauri».<br />
Le labbra di Gregory si sollevarono leggermente in <strong>un</strong><br />
sorriso tirato.<br />
«Grazie», rispose Ivy. «Non so cosa farei senza di te».<br />
Per <strong>un</strong> attimo lui le appoggiò <strong>un</strong>a mano sulle sue, poi si<br />
allontanò e li lasciò a guar<strong>da</strong>re il film. Quando Ivy sentì i suoi<br />
passi sulle scale prese la tazza e rovesciò il tè in <strong>un</strong> vaso di<br />
fiori. Philip era troppo preso <strong>da</strong>l film per accorgersi di<br />
qualcosa.<br />
Ivy si rimise a sedere sul divano e chiuse gli occhi, cercando<br />
di ricor<strong>da</strong>rsi come fosse fatta quella luce, cercando di<br />
aggrapparsi a quel barlume di speranza che il sogno le aveva<br />
trasmesso.<br />
Possibile che fosse tutto vero? Forse Philip aveva continuato<br />
a vederlo per tutto il tempo. C’era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> angelo per lei? I<br />
suoi occhi si riempirono di lacrime. Era Tristan?<br />
«Tristan?», lo chiamò piano Ivy, e rabbrividì per
l’eccitazione. Si era nascosta nello spogliatoio della scuola<br />
giovedì pomeriggio, e aveva aspettato che la piscina fosse<br />
deserta. Quando il professore se ne era an<strong>da</strong>to a <strong>un</strong>a ri<strong>un</strong>ione<br />
lei si era tolta le scarpe ed era salita sul trampolino. E ora se ne<br />
stava ferma sulla pe<strong>da</strong>na sopra la vasca, proprio come quel<br />
giorno di aprile.<br />
Anche se nel frattempo aveva imparato a nuotare, provava<br />
ancora <strong>un</strong> po’ del vecchio terrore. Fece tre passi in avanti e<br />
sentì il trampolino che si curvava sotto il suo peso.<br />
Digrignando i denti, Ivy fissò l’acqua azzurra sotto di lei, che<br />
scintillava per il riflesso delle luci al neon. Non avrebbe mai<br />
amato l’acqua come la amava Tristan, ma era lì che lui era<br />
riuscito a raggi<strong>un</strong>gerla per la prima volta. Ed era proprio lì che<br />
adesso Ivy voleva tentare di ristabilire <strong>un</strong> contatto.<br />
«Tristan?», lo chiamò con <strong>un</strong> filo di voce.<br />
L’<strong>un</strong>ico suono nella piscina vuota era il debole ronzio delle<br />
luci.<br />
Angeli, aiutatemi! Aiutatemi a raggi<strong>un</strong>gerlo.<br />
Ivy non disse quelle parole ad alta voce. Dopo la morte di<br />
Tristan aveva smesso di pregare gli angeli. Dopo averlo perso,<br />
non riusciva più a trovare le parole; non riusciva a credere che<br />
qualc<strong>un</strong>o le ascoltasse <strong>da</strong>vvero. Ma quella preghiera uscì <strong>da</strong>lle<br />
sue labbra come se avesse scavato <strong>un</strong> solco di fuoco <strong>da</strong>l centro<br />
del suo cuore.<br />
Fece altri due passi avanti. «Tristan!», urlò. «Ci sei?».<br />
Camminò fino all’estremità del trampolino e rimase<br />
immobile proprio sull’orlo. «Tristan, dove sei?». La sua voce<br />
riecheggiava tra le mura di cemento. «Ti amo!», gridò. «Ti<br />
amo!».<br />
Ivy abbassò la testa. Non c’era. Non riusciva a sentirla.<br />
Avrebbe fatto meglio a scendere subito, prima che qualc<strong>un</strong>o la<br />
vedesse e la prendesse per matta.<br />
Fece <strong>un</strong> passo indietro. Abbassò lo sguardo e si voltò, piano,
con grande attenzione. Quando rialzò gli occhi rimase senza<br />
fiato.<br />
All’altra estremità della pe<strong>da</strong>na l’aria vibrava, scintillava.<br />
Era <strong>un</strong>a specie di luce liqui<strong>da</strong> – <strong>un</strong>a massa dorata ardente, <strong>da</strong>lle<br />
vaghe sembianze umane. La forma scintillante era circon<strong>da</strong>ta<br />
<strong>da</strong> <strong>un</strong>a nebbia di colori accecanti e tremolanti. Era la stessa<br />
luce che aveva visto alla stazione.<br />
«Tristan», disse piano. All<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano e iniziò a<br />
camminare verso di lui. Voleva solo essere avvolta <strong>da</strong> quella<br />
luce dorata, circon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>i suoi colori, abbracciata <strong>da</strong> Tristan,<br />
qual<strong>un</strong>que sembianza avesse ora.<br />
«Dimmi che sei tu. Parlami», lo implorò. «Tristan!».<br />
«Ivy!».<br />
«Ivy!».<br />
Le due voci rimbalzarono tra le mura – Gregory e Suzanne.<br />
«Ivy, che ci fai lassù?»<br />
«Sta impazzendo, Gregory! Lo sapevo che sarebbe<br />
successo».<br />
Ivy abbassò gli occhi e vide che Gregory aveva già fatto due<br />
scalini mentre Suzanne si guar<strong>da</strong>va intorno, frenetica. «Vado a<br />
cercare aiuto», disse Suzanne. «Vado a chiamare la signora<br />
Bryce».<br />
«Aspetta», disse Gregory.<br />
«Ma, Gregory, lei…».<br />
«Aspetta». Era <strong>un</strong> ordine. Suzanne rimase in silenzio.<br />
«Girano già fin troppe voci su Ivy. Possiamo gestirla <strong>da</strong><br />
soli».<br />
Gestirmi?, pensò Ivy. Parlavano di lei come se fosse <strong>un</strong>a<br />
bimbetta difficile, <strong>un</strong>a ragazzina pazza che non sapeva ba<strong>da</strong>re a<br />
se stessa.<br />
«La faccio scendere io», disse con calma Gregory.<br />
«Scendo <strong>da</strong> sola», disse Ivy. «Se avessi bisogno di aiuto, c’è<br />
Tristan qui con me».
«Te l’avevo detto… è fuori, è an<strong>da</strong>ta, Gregory. Matta come<br />
<strong>un</strong> cavallo! Ma non vedi che…».<br />
«Suzanne», urlò Ivy, «ma non la vedi la sua luce?».<br />
Adesso Gregory stava salendo gli ultimi scalini.<br />
«Qui non c’è niente, Ivy. Niente», disse Suzanne con voce<br />
lamentosa.<br />
«Guar<strong>da</strong>», disse Ivy, indicandole il p<strong>un</strong>to preciso. «Proprio<br />
qui!». Poi fissò Gregory, <strong>da</strong>ll’altra parte della pe<strong>da</strong>na. Suzanne<br />
aveva ragione. Non c’era niente lì, ness<strong>un</strong> colore tremolante,<br />
ness<strong>un</strong>a luce dorata.<br />
«Tristan?»<br />
«Gregory», rispose lui con <strong>un</strong> roco sussurro, poi le tese la<br />
mano.<br />
Ivy si guardò intorno, <strong>da</strong> entrambi i lati. Stava <strong>da</strong>vvero<br />
impazzendo? Si era sognata tutto? «Tristan?»<br />
«Adesso basta, Ivy. Ora scendi».<br />
Non voleva an<strong>da</strong>re con lui. Voleva solo tornare <strong>da</strong> quella<br />
luce dorata, farsi abbracciare <strong>da</strong> quel bagliore. Avrebbe <strong>da</strong>to<br />
qualsiasi cosa pur di condividere ancora quell’attimo con<br />
Tristan.<br />
«Vieni qui, Ivy. Non rendere le cose ancora più difficili».<br />
Ivy odiava il suo tono condiscendente.<br />
«Dai!», le ordinò Gregory. «O vuoi che va<strong>da</strong> a chiamare la<br />
signora Bryce?».<br />
Lei lo guardò, ma sapeva che non poteva combattere contro<br />
di lui. «No», disse alla fine, «posso scendere anche <strong>da</strong> sola. Vai<br />
avanti. Vai avanti! Io ti seguo».<br />
«Brava», disse Gregory, poi iniziò a scendere. E anche lei<br />
stava per affrontare il primo scalino quando sentì la voce di<br />
Suzanne. «Will! Da questa parte! Sbrigati».<br />
«Sta’ calma, Suzanne», disse Gregory.<br />
Ma Will, che era appena entrato in piscina, vide Ivy sulla<br />
pe<strong>da</strong>na e corse verso di loro. «Beth mi ha detto che la stavate
cercando», disse a Suzanne, senza fiato. «Ma lei sta bene?<br />
Cosa stava cercando di fare?».<br />
Il risentimento che bruciava nell’animo di Ivy si tramutò in<br />
rabbia.<br />
Lei. Continuavano tutti a comportarsi come se lei non<br />
potesse udirli, come se non riuscisse a capire quello che<br />
dicevano.<br />
«Lei è proprio qui!», urlò Ivy con rabbia. «Non dovete<br />
parlare di me come se non ci stessi più con la testa».<br />
«Pensa che lassù ci sia Tristan, è convinta che lui possa<br />
aiutarla», spiegò Suzanne a Will. «Ha detto qualcosa sulla luce<br />
di Tristan».<br />
E a quel p<strong>un</strong>to Will alzò gli occhi e fissò Ivy. Ivy restituì il<br />
suo sguardo. Le sue occhiate furiose incontrarono<br />
<strong>un</strong>’espressione di puro stupore. Will esaminò la pe<strong>da</strong>na dietro<br />
di lei, alla ricerca di qualcosa. Diede <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata per<br />
tutta la piscina, poi fissò di nuovo lei. Ivy vide che mormorava:<br />
«Tristan», anche se non lo disse ad alta voce, ma lo sillabò solo<br />
con le labbra. Alla fine le chiese: «Ce la fai a scendere?»<br />
«Ma certo che ce la faccio».<br />
Gregory e Suzanne rimasero ad osservarla immobili sui due<br />
lati della scalinata, come se fossero pronti ad afferrarla al volo.<br />
Will se ne stava in disparte e continuava a scoccare delle rapide<br />
occhiate per tutta la piscina.<br />
Quando Ivy toccò terra Suzanne la abbracciò, poi si ritrasse<br />
e la fissò. «Vorrei solo prenderti a schiaffi». Stava ridendo, ma<br />
Ivy vide le lacrime che le riempivano gli occhi, il sollievo che<br />
le si leggeva in faccia.<br />
A quel p<strong>un</strong>to Gregory si avvicinò a lei e la cinse con il<br />
braccio, tirandola a sé. «Mi hai fatto prendere <strong>un</strong> bello<br />
spavento, Ivy», disse. Ivy riusciva a malapena a respirare e<br />
cercò di fare <strong>un</strong> passo indietro, ma lui non la lasciava an<strong>da</strong>re.<br />
Suzanne appoggiò la mano sul braccio di Gregory. Aveva
superato lo shock, a quanto pareva, e non sembrava affatto<br />
felice di quel l<strong>un</strong>go abbraccio. Will rimaneva in disparte, senza<br />
dire <strong>un</strong>a parola.<br />
«Ti porto a casa», disse Gregory, e alla fine liberò Ivy.<br />
«No, sto bene», protestò lei.<br />
«Davvero, ti porto io».<br />
«Sul serio, Gregory. Preferirei…».<br />
«E io che faccio, vado a piedi?», si intromise Suzanne.<br />
Gregory si voltò verso di lei. «Prima riporto te e poi…».<br />
«Ma io sto bene», insisté lei.<br />
«Sta bene», ripeté Suzanne. «Ed è vero, te lo dico io. E poi<br />
noi abbiamo <strong>da</strong> fare, no?»<br />
«Suzanne, dopo quello che è successo, non puoi pretendere<br />
che lasci <strong>da</strong> sola Ivy. Se Maggie è a casa, allora forse…».<br />
«Se vuoi ti do <strong>un</strong>o strappo io, Ivy», disse improvvisamente<br />
Will.<br />
«Sì, grazie», rispose lei.<br />
Gregory sembrava irritato.<br />
Suzanne sorrise. «Be’, allora, fratellone», disse, cingendo<br />
Gregory con <strong>un</strong> braccio, «è tutto a posto. Non hai nulla di cui<br />
preoccuparti».<br />
«Rimani tu con lei?», chiese Gregory a Will. «Ti prenderai<br />
cura di lei finché non torna Maggie?»<br />
«Certo». Will fissò la pe<strong>da</strong>na. «O io o Tristan», aggi<strong>un</strong>se.<br />
Ivy alzò la testa e lo fissò. Suzanne ri<strong>da</strong>cchiò, poi si coprì la<br />
bocca con <strong>un</strong>a mano. Gregory rimase imperturbabile, senza<br />
l’ombra di <strong>un</strong> sorriso.
Capitolo 4<br />
«Oh, ciao», disse Beth qualche minuto dopo, alzando gli<br />
occhi per guar<strong>da</strong>re Ivy e Will. Era appoggiata all’armadietto di<br />
Ivy, seduta sulle ginocchia con <strong>un</strong>a penna in mano, come se<br />
fino a quel momento fosse stata impegnatissima a scrivere <strong>un</strong><br />
racconto. Ma quando Ivy abbassò gli occhi sul quaderno di<br />
Beth, capì tutto.<br />
«Se scrivi così finirai per mettere la fine del racconto in<br />
prima pagina», disse Ivy, chinandosi per rimettere <strong>da</strong>lla parte<br />
giusta il libro rovesciato.<br />
Will ri<strong>da</strong>cchiò e Beth diventò tutta rossa.<br />
«Be’, forse non sono proprio <strong>un</strong>a grande attrice», disse,<br />
tirandosi in piedi. «Stai bene?».<br />
Ivy alzò le spalle. «Non so più come rispondere a questa<br />
doman<strong>da</strong> – e anche quando rispondo, ness<strong>un</strong>o mi crede lo<br />
stesso».<br />
«Sta benissimo», disse Will, poggiando <strong>un</strong>a mano sulla<br />
spalla di Beth. Un gesto rassicurante. Stranamente, il suo tono<br />
tranquillo riuscì a calmare anche Ivy.<br />
Prese i suoi libri, e tutti e tre si avviarono insieme al<br />
parcheggio. Beth camminava tra Will e Ivy, e si sforzava di<br />
tenere viva la conversazione. Ma dopo pochi minuti, quando<br />
Beth li salutò, Ivy e Will ricaddero in <strong>un</strong> pesante silenzio pieno<br />
di imbarazzo. Ivy salì sull’Hon<strong>da</strong> argento di Will e tenne lo<br />
sguardo fisso <strong>da</strong>vanti a sé. Nella stra<strong>da</strong> di ritorno l’<strong>un</strong>ica cosa<br />
che Will le chiese fu se voleva alzare il finestrino.<br />
Dopo la festa Will aveva fatto di tutto per evitare Ivy. Lei<br />
pensava che fosse imbarazzato per quell’assur<strong>da</strong> conversazione<br />
durante il ballo. E gli era immensamente grata perché era stato<br />
capace di ingoiare il suo orgoglio pur di tirarla fuori<br />
<strong>da</strong>ll’imbarazzante triangolo con Suzanne e Gregory.<br />
«Ancora grazie», disse Ivy.
«Ness<strong>un</strong> problema», rispose Will, abbassando il parasole.<br />
Ivy si chiedeva perché lui non avesse voluto ness<strong>un</strong>a<br />
spiegazione. Non le aveva mai doman<strong>da</strong>to come diavolo fosse<br />
finita sopra quel trampolino. Forse anche lui era convinto,<br />
come tutti gli altri, che Ivy fosse matta <strong>da</strong> legare. Gui<strong>da</strong>va con<br />
gli occhi fissi sulla stra<strong>da</strong>. Quando si fermarono a <strong>un</strong> incrocio,<br />
Will rimase a fissare con <strong>un</strong>a concentrazione quantomeno<br />
sospetta i pedoni che attraversavano. Poi si decise a lanciarle<br />
<strong>un</strong>’occhiata fuggitiva.<br />
«Era solo <strong>un</strong>o scherzo, non è vero?», disse alla fine Ivy.<br />
«Quando hai detto a Gregory che saresti rimasto con me –<br />
altrimenti ci avrebbe pensato Tristan. Stavi solo scherzando».<br />
Il semaforo scattò, e attraversarono <strong>un</strong> isolato prima che<br />
Will rispondesse. «Gregory non ha riso», osservò.<br />
«Ma tu stavi scherzando?», insisté Ivy, girandosi per<br />
guar<strong>da</strong>rlo negli occhi.<br />
«Tu cosa ne pensi?»<br />
«E che importanza ha cosa penso io?», esplose Ivy. «Io sono<br />
sola la tipa fuori di testa che ha cercato di ammazzarsi».<br />
Will sterzò improvvisamente e accostò. «Non ci credo»,<br />
disse calmo.<br />
«Be’, tutti gli altri ci credono».<br />
Lui tenne il motore acceso e appoggiò le braccia al volante.<br />
Ivy fissò le macchie di vernice sulle sue mani. «Magari tutti se<br />
la sono bevuta», disse, «ma non pensavo che ci credessi anche<br />
tu».<br />
Lei non rispose.<br />
«A quanto ne so io», la sua voce era calma, ragionevole, «i<br />
veri pazzi non pensano di essere pazzi. E tu invece perché ne<br />
sei convinta?»<br />
«Be’, sai, c’è quel piccolo dettaglio della mia apparizione in<br />
piena notte alla stazione», rispose Ivy, incapace di nascondere<br />
il sarcasmo nella sua voce. «Proprio <strong>un</strong> attimo prima che il
treno arrivasse a tutta velocità».<br />
Lui si voltò verso di lei, sfi<strong>da</strong>ndola a sostenere lo sguardo<br />
dei suoi occhi scuri. «Ti ricordi di aver gui<strong>da</strong>to fin lì? Ricordi<br />
di essere saltata <strong>da</strong>vanti al treno?».<br />
Ivy scosse la testa. «No. Niente di tutto questo. Ricordo solo<br />
la luce, dopo. Quel bagliore».<br />
«Lo stesso che hai visto su quel trampolino».<br />
Lei annuì.<br />
«Non riesco a capire perché tu lo vedi e io lo sento», disse<br />
Will.<br />
«Tu lo senti?». Ivy all<strong>un</strong>gò la mano e spense il motore. «Tu<br />
lo senti?»<br />
«Sì. Anche Beth».<br />
Ivy rimase a bocca aperta.<br />
«Scrive delle storie piene di frasi che non sono sue, di strani<br />
messaggi. Io disegno angeli che non volevo dipingere».<br />
Tracciò con il dito il contorno di <strong>un</strong>’immagine invisibile sul<br />
finestrino. «Per <strong>un</strong> po’ abbiamo pensato di aver perso la testa».<br />
Ivy ricor<strong>da</strong>va bene quel giorno nel negozio di articoli<br />
elettronici, quando Beth aveva scritto sul computer: «Stai<br />
attenta, Ivy. Sei in pericolo. Non restare mai sola. Ti amo.<br />
Tristan». Ivy era uscita di corsa <strong>da</strong>l negozio, furiosa con Beth<br />
per averle fatto quello scherzo. Invece avrebbe dovuto <strong>da</strong>rle<br />
ascolto. Qualche giorno dopo era stata assalita a casa sua.<br />
«Sta cercando di avvertirti», proseguì Will. «Beth pensa che<br />
sia <strong>un</strong>a faccen<strong>da</strong> troppo grossa, <strong>un</strong>a cosa che ness<strong>un</strong>o di noi è<br />
in grado di gestire, ed è spaventata a morte».<br />
Ivy aveva la pelle d’oca alla base del collo. Fin <strong>da</strong>lla sera<br />
precedente aveva continuato a pensare al modo per raggi<strong>un</strong>gere<br />
quella luce che credeva fosse Tristan. Si era sempre rifiutata di<br />
chiedersi perché <strong>un</strong> angelico Tristan stesse cercando di mettersi<br />
in contatto con lei.<br />
«Devi ricor<strong>da</strong>re cosa è successo», proseguì Will. «È quello
che Tristan stava cercando di dirti quella notte alla festa,<br />
mentre ballavamo».<br />
«Era con te quella sera?». Ivy cominciò a ripercorrere<br />
mentalmente tutti gli strani eventi dell’estate precedente.<br />
«Perciò tutti gli angeli che disegnavi, e quella foto di <strong>un</strong> angelo<br />
che somigliava così tanto a Tristan…».<br />
«Mi sono stupito quanto te», disse Will. «Ho cercato di<br />
dirtelo, non avrei mai fatto nulla del genere per ferirti. Ma non<br />
so spiegarti cosa è successo. È entrato dentro di me. Era come<br />
se non potessi oppormi, dovevo per forza disegnare quegli<br />
angeli. Mi sembrava che la mia mano non mi appartenesse».<br />
Lei gli sfiorò le mani, <strong>un</strong>a delicata carezza.<br />
«Penso volesse consolarti, <strong>da</strong>rti forza», aggi<strong>un</strong>se Will.<br />
Ivy annuì e ricacciò indietro le lacrime. «Allora mi dispiace<br />
di non aver capito. Mi dispiace di essermi arrabbiata con te».<br />
Respirò a fondo. «Devo ricor<strong>da</strong>re. Devo tornare a quella notte.<br />
Will, mi porti alla stazione?».<br />
Lui accese subito la macchina. Quando arrivarono, diverse<br />
persone erano appena scese <strong>da</strong> <strong>un</strong> treno di pendolari <strong>da</strong> New<br />
York. Non appena la stazione si svuotò Will parcheggiò. Poi<br />
camminò insieme a Ivy fino alla fine della piattaforma<br />
meridionale. «Io non dirò più nulla», disse. «Probabilmente è<br />
meglio se te ne vai <strong>un</strong> po’ in giro <strong>da</strong> sola, per vedere se ti torna<br />
qualcosa in mente. Ma sarò proprio qui se avrai bisogno di<br />
me».<br />
Ivy annuì, poi salì gli scalini. Leggendo il rapporto della<br />
polizia aveva scoperto qual era il pilone al quale era<br />
appoggiata, quando Philip l’aveva vista – anzi, qual era il<br />
pilone a cui era aggrappata, più che appoggiata, si corresse<br />
mentalmente. Era quello contrassegnato con la lettera D. Ma<br />
aveva dimenticato quanto fossero vicini i piloni di metallo<br />
all’estremità della piattaforma, e quanto questa fosse a sua<br />
volta vicina, terribilmente vicina, ai binari. Quando vide il
pilone rabbrividì.<br />
Sapeva che avrebbe dovuto appoggiarsi di schiena al pilone<br />
e sforzarsi di ricor<strong>da</strong>re le sensazioni di quella notte, ma non ci<br />
riusciva, non ancora. Raggi<strong>un</strong>se in tutta fretta i gradini alla fine<br />
della piattaforma che portavano al ponte sopra i binari. Poi<br />
attraversò il ponte e andò <strong>da</strong>ll’altro lato. Dalla piattaforma nord<br />
Ivy guardò Will, seduto su <strong>un</strong>a panchina, che la aspettava<br />
pazientemente.<br />
Iniziò a camminare su e giù. Chi poteva essere stato lì quella<br />
notte? Se la storia di Philip era vera, qualc<strong>un</strong>o doveva essersi<br />
travestito <strong>da</strong> Tristan. Chi<strong>un</strong>que, o quasi, avrebbe potuto<br />
procurarsi <strong>un</strong> giubbotto della scuola e <strong>un</strong> cappello <strong>da</strong> baseball.<br />
E dopo averli indossati nella penombra, chi<strong>un</strong>que avrebbe<br />
potuto farsi passare per Tristan – Gregory compreso.<br />
Respinse in fretta quel pensiero. Stava diventando<br />
paranoica, non poteva sospettare di Gregory. Ma forse non era<br />
così paranoico sospettare di Eric. Ricordò la notte in cui lui<br />
aveva trascinato Will sui binari proprio <strong>un</strong> attimo prima<br />
dell’arrivo del treno. Eric si divertiva come <strong>un</strong> matto a fare<br />
giochetti pericolosi come quello. E di sicuro non aveva<br />
problemi a procurarsi <strong>un</strong> po’ di droga.<br />
Un l<strong>un</strong>go urlo perforante squarciò i pensieri di Ivy, il fischio<br />
di <strong>un</strong> treno diretto a sud, che riecheggiava tra le ripide pareti<br />
della collina. Fissò il versante alle sue spalle. Le sembrava<br />
impossibile che Philip fosse riuscito a scendere fin lì sano e<br />
salvo, ma forse, se gli angeli esistevano <strong>da</strong>vvero, se c’era<br />
Tristan con lui…<br />
Il fischio risuonò di nuovo. Ivy cominciò a correre. Fece gli<br />
scalini due alla volta, attraversò di corsa il ponte, poi giù<br />
<strong>da</strong>ll’altro lato. Sentì il rombo del treno ancora prima di vederlo,<br />
poi scorse i fanali, <strong>un</strong>a palli<strong>da</strong> luce, <strong>un</strong> occhio cieco nel giorno.<br />
Era <strong>un</strong>o di quei grossi treni della Armtrak che non si<br />
fermavano e attraversavano la stazione a tutta velocità.
Corse fino al pilone e rimase appoggiata di schiena, vicino<br />
al bordo, ipnotizzata <strong>da</strong>ll’occhio bianco del treno. Il suo cuore<br />
prese a battere forte, sempre più forte, man mano che il treno<br />
divorava la distanza che li separava. Le tornò in mente quella<br />
scena che <strong>un</strong>a volta le aveva descritto Philip: il treno che si<br />
inerpicava su per la collina, il treno che le <strong>da</strong>va la caccia, e ora<br />
correva verso di lei. Le lamiere scintillanti, la piattaforma sotto<br />
i suoi piedi che vibrava. Aveva la sensazione che il suo corpo<br />
scosso <strong>da</strong>i tremori stesse per an<strong>da</strong>re in pezzi.<br />
Poi il treno si dissolse in <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga scia nebulosa.<br />
Ivy non sapeva per quanto tempo lui fosse rimasto lì, dietro<br />
di lei. Si rese conto che gli stava stringendo le mani con forza,<br />
con le dita intrecciate. Si voltò leggermente e lo guardò <strong>da</strong><br />
sopra la spalla.<br />
«Sono felice che tu non abbia saltato», le disse con <strong>un</strong><br />
mezzo sorriso. «Sarebbe stata la fine per entrambi».<br />
Ivy ritrasse la mano e si voltò per guar<strong>da</strong>rlo negli occhi.<br />
«Ti ricordi adesso?», le chiese Will.<br />
Lei scosse la testa stancamente. «No».<br />
Will alzò il braccio come per sfiorarle la guancia. Ivy lo<br />
guardò, e lui subito allontanò la mano e la mise in tasca.<br />
«Usciamo», disse.<br />
Ivy lo seguì fino alla macchina, continuando a tenere gli<br />
occhi fissi sui binari.<br />
E se Gregory ed Eric avessero agito di com<strong>un</strong>e accordo?, si<br />
chiese. Ma non riusciva ancora a credere che qualc<strong>un</strong>o, e<br />
Gregory meno di chi<strong>un</strong>que altro, volesse farle del male.<br />
Gregory le voleva bene. O almeno, lei ne era convinta.<br />
Lasciarono il parcheggio, Will gui<strong>da</strong>va senza parlare, e<br />
sembrava immerso nei suoi pensieri come lei. Poi Ivy si<br />
riscosse e indicò <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to. A <strong>un</strong>a cinquantina di metri<br />
<strong>da</strong>ll’uscita del parcheggio era ferma <strong>un</strong>a Harley rossa. «Sembra<br />
proprio quella di Eric», disse.
«E lo è». Un l<strong>un</strong>go canale di scolo con erba alta e arbusti<br />
costeggiava la stra<strong>da</strong>. Eric stava controllando il canale ed era<br />
così preso che non si accorse della macchina che risaliva il<br />
crinale della collina.<br />
Quando Will aprì la portiera Eric alzò la testa di scatto.<br />
«Hai perso qualcosa?», chiese Will, uscendo <strong>da</strong>lla<br />
macchina. «Vuoi <strong>un</strong>a mano?».<br />
Eric strizzò gli occhi, accecato <strong>da</strong>lla luce del sole. «No,<br />
grazie», rispose. «Sto solo cercando <strong>un</strong>a vecchia cor<strong>da</strong> con cui<br />
legavo le mie cose». Poi vide Ivy in macchina. Sembrò<br />
sorpreso, e fissò a l<strong>un</strong>go prima Will e poi lei. Alla fine, gli fece<br />
cenno di ripartire. «Tra <strong>un</strong> minuto me ne vado anch’io», disse.<br />
Will annuì e risalì in macchina.<br />
«Non ti sembra strano cercare con tanta energia <strong>un</strong>a vecchia<br />
cor<strong>da</strong>?», osservò Ivy quando ripartirono.<br />
«Ivy», disse Will, «c’è <strong>un</strong> qualche motivo per cui qualc<strong>un</strong>o<br />
ti potrebbe voler ferire o spaventare?»<br />
«Che vuoi dire?»<br />
«Qualc<strong>un</strong>o ce l’ha con te?»<br />
«No», rispose lentamente. Almeno adesso, pensò. L’inverno<br />
precedente la situazione era completamente diversa: Gregory<br />
non era stato affatto contento del matrimonio di suo padre con<br />
Maggie. Ma il risentimento e la rabbia erano scomparsi <strong>da</strong><br />
mesi, si disse subito. E Gregory era stato meraviglioso dopo la<br />
morte di Tristan, l’aveva confortata, l’aveva perfino salvata il<br />
giorno dell’aggressione. Era stato Gregory ad arrivare sul posto<br />
prima di chi<strong>un</strong>que altro, aveva messo in fuga l’aggressore e le<br />
aveva tolto il cappuccio <strong>un</strong> attimo prima che anche Will si<br />
precipitasse nella stanza.<br />
Ma era an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>vvero così? Forse invece era stato lì tutto il<br />
tempo.<br />
Si era giustificato per il suo improvviso ritorno a casa con<br />
<strong>un</strong>a scusa poco credibile. Improvvisamente Ivy sentì freddo,
molto freddo. E se fosse stato Gregory ad assalirla, per poi<br />
cambiare i suoi piani non appena era comparso Will?<br />
Quel pensiero le scorse nelle vene come <strong>un</strong> fiume di<br />
ghiaccio, fu presa <strong>da</strong>i brividi, aveva la pelle d’oca alla base del<br />
collo. Contorse le mani. Senza rendersene conto, aveva piegato<br />
<strong>un</strong>a penna che aveva preso in macchina fino a spezzarla.<br />
«Ecco», disse Will, togliendole la penna e offrendole la sua<br />
mano. «Avrò bisogno delle dita quando arriveremo a casa tua»,<br />
disse con <strong>un</strong> sorriso, «ma per il momento eviterò che tu ti<br />
riempia di inchiostro <strong>da</strong>lla testa ai piedi».<br />
Ivy gli strinse la mano. E continuò a tenerla forte anche<br />
quando si girò per osservare le grandi distese verdi che<br />
sfrecciavano in <strong>un</strong> lampo indistinto fuori <strong>da</strong>l finestrino, la fine<br />
dell’estate che veniva spezzata <strong>da</strong> fugaci ombre di aut<strong>un</strong>no.<br />
«Io ci sono sempre stato per te. Ti amo». Le parole le<br />
fluttuarono di nuovo in mente. «Will, quando stavamo ballando<br />
e Tristan era dentro di te, e tu hai detto…». Esitò.<br />
«E io ho detto…?»<br />
«Ci sono sempre stato per te. Ti amo». Vide che Will<br />
deglutiva, in difficoltà. «Era Tristan che parlava, giusto?»,<br />
disse Ivy. «Era solo Tristan a dire quelle cose, sono stata io a<br />
capire male. Giusto?».<br />
Will osservò <strong>un</strong>o stormo di anatre che volavano alte in cielo.<br />
«Giusto», disse alla fine.<br />
Rimasero in silenzio per tutto il tragitto fino a casa.
Capitolo 5<br />
Ivy era in piedi <strong>da</strong>vanti a Philip, ed esaminava gli scaffali<br />
colmi di tesori che si trovavano in camera sua: le statue degli<br />
angeli che gli aveva regalato dopo la morte di Tristan, <strong>un</strong><br />
pupazzo di Don Mattingly, fossili donati <strong>da</strong> Andrew, e <strong>un</strong><br />
vecchio chiodo della ferrovia arrugginito.<br />
Philip e Maggie erano tornati a casa quel pomeriggio<br />
proprio nel momento in cui Will stava riaccompagnando Ivy.<br />
Ivy e Philip si erano fatti <strong>un</strong>o snack, poi lei aveva <strong>da</strong>to<br />
<strong>un</strong>’occhiata ai suoi compiti mentre lui, con estrema attenzione,<br />
trasportava in camera il suo ultimo tesoro, <strong>un</strong> nido di uccelli<br />
mezzo marcito. Ivy lo osservò mentre sistemava il nido in bella<br />
evidenza, poi passò delicatamente <strong>un</strong>a mano sulle statuette<br />
degli angeli, sfiorandole piano. Ne toccò <strong>un</strong>a che non era stata<br />
sua, <strong>un</strong> angelo con le ali che indossava la maglia di <strong>un</strong>a<br />
squadra di baseball.<br />
«Quella me l’ha portata l’amica di Tristan», le disse Philip.<br />
«La ragazza angelo. L’ho vista <strong>un</strong> paio di volte».<br />
«Hai visto <strong>un</strong> altro angelo? Sei sicuro?», gli chiese Ivy,<br />
stupita.<br />
Philip annuì. «È venuta alla nostra festa».<br />
«Come fai a distinguerla <strong>da</strong> Tristan?», si meravigliò Ivy.<br />
Philip rifletté per <strong>un</strong> istante. «Ha <strong>un</strong> colore diverso, tipo<br />
violetto».<br />
«E come fai a sapere che è <strong>un</strong>a ragazza?»<br />
«Be’, si capisce <strong>da</strong>lle forme», rispose.<br />
«Oh».<br />
«Come <strong>un</strong>a ragazza della tua età», aggi<strong>un</strong>se. Philip tirò fuori<br />
<strong>un</strong>a fotografia <strong>da</strong> dietro <strong>un</strong>’alta pila di fumetti. Nella foto c’era<br />
<strong>un</strong>a specie di nebbia indistinta. Ivy si ricor<strong>da</strong>va quando era<br />
stata scattata: era la prima foto che Will aveva fatto quel giorno<br />
alla fiera.
Philip la studiò attentamente e poi si accigliò. «Be’, forse<br />
non si vede molto bene qui», disse.<br />
Non si vede molto bene cosa?, si chiese silenziosamente<br />
Ivy.<br />
«Davvero rivuoi solo l’angelo dell’acqua?», le chiese Philip.<br />
Ivy sapeva che suo fratello voleva tenersi tutte le statue.<br />
«Solo quella», lo tranquillizzò, poi riportò in camera sua la<br />
statuetta di porcellana. Era la sua preferita. La veste<br />
svolazzante verde acqua l’aveva convinta a <strong>da</strong>rle lo stesso<br />
nome dell’angelo che Ivy aveva visto <strong>da</strong> piccola, quando aveva<br />
solo quattro anni. L’angelo che l’aveva salvata quella volta che<br />
stava annegando. Ivy appoggiò la statuetta vicino al ritratto di<br />
Tristan, fece scorrere le dita sulla superficie liscia, perfetta,<br />
dell’angelo. Poi toccò la foto di Tristan.<br />
«Due angeli… i miei due angeli», disse, poi se ne andò al<br />
terzo piano, nella sua stanza della musica.<br />
Ella la seguì e balzò sul <strong>da</strong>vanzale della piccola finestra<br />
<strong>da</strong>ll’altra parte della stanza. Ivy si sedette <strong>da</strong>vanti al piano e<br />
iniziò a esercitarsi con le scale, spandendo nell’aria note<br />
tremolanti. Mentre le sue mani si muovevano su e giù l<strong>un</strong>go la<br />
tastiera, ripensava a Tristan, a quanto era bello quando nuotava,<br />
con la luce che si rifletteva sull’acqua tutto intorno a lui.<br />
Proprio come adesso la sua luce scintillava intorno a lei.<br />
I raggi tardivi di settembre erano oro puro, come il bagliore<br />
di Tristan, e il tramonto avrebbe ass<strong>un</strong>to le sue stesse tonalità<br />
di colori. Ivy fissò la finestra e smise subito di suonare. Ella era<br />
agitata, con le orecchie alzate, gli occhi spalancati e scintillanti.<br />
Ivy si voltò di scatto per guar<strong>da</strong>rsi alle spalle. «Tristan», disse<br />
piano.<br />
Il bagliore la circon<strong>da</strong>va.<br />
«Tristan», sussurrò di nuovo. «Parlami. Perché non riesco a<br />
sentirti? Gli altri ti sentono – Will e Beth. Non puoi parlare con<br />
me?».
Ma l’<strong>un</strong>ico suono nella stanza era la zampettare sordo di<br />
Ella che era scesa <strong>da</strong>l <strong>da</strong>vanzale per trotterellare<br />
tranquillamente vicino a lei. Ivy si chiese se il gatto poteva<br />
vedere Tristan.<br />
«Sì, lei mi ha visto <strong>da</strong>lla prima volta che sono tornato».<br />
Ivy rimase paralizzata al suono di quella voce. «Sei tu. Sei<br />
<strong>da</strong>vvero…».<br />
«Sorprendente, eh?».<br />
Dentro al suo animo Ivy riusciva non solo a sentire la voce,<br />
ma anche la sfumatura ironica in quelle parole. Era lo stesso<br />
tono di sempre, la voce che aveva quando qualcosa lo<br />
divertiva. Poi l’ironia scomparve.<br />
«Ivy, ti amo. Non smetterò mai di amarti».<br />
Ivy si nascose il volto tra le mani. I palmi e le dita erano<br />
immersi in quella palli<strong>da</strong> luce d’oro. «Ti amo, Tristan, e mi sei<br />
mancato. Non sai quanto mi sei mancato».<br />
«Non sai quanto tempo sono rimasto al tuo fianco, a<br />
guar<strong>da</strong>rti dormire, a sentirti suonare. È stato come lo scorso<br />
inverno. Non ho fatto altro che aspettarti, sperando che ti<br />
accorgessi di me».<br />
Il desiderio bruciante nella sua voce la fece rabbrividire, gli<br />
stessi brividi che <strong>un</strong> tempo i suoi baci le facevano nascere<br />
nell’animo.<br />
«Se avessi i poteri angelici ti avrei tirato broccoli e carote»,<br />
aggi<strong>un</strong>se, ridendo.<br />
Anche Ivy rise, ripensando al vassoio pieno di verdure che<br />
lui aveva rovesciato al matrimonio di sua madre.<br />
«Sono state le carote che avevi nelle orecchie e la co<strong>da</strong> di<br />
gambero nel naso a renderti irresistibile agli occhi miei e di<br />
Philip», disse, sorridendo. «Oh, Tristan, vorrei che fossimo<br />
stati insieme quest’estate. Vorrei che fossimo an<strong>da</strong>ti al lago e<br />
fossimo rimasti in mezzo all’acqua a galleggiare, con il sole, a<br />
farci il solletico sulle mani e sui piedi».
«Io voglio solo starti vicino», le disse Tristan.<br />
Ivy alzò la testa. «Vorrei poter sentire le tue braccia sul mio<br />
corpo».<br />
«Non potresti essere più vicina al mio cuore».<br />
Ivy tese le mani, poi si abbracciò <strong>da</strong> sola, come <strong>un</strong> uccello<br />
che richiude le ali. «Mille volte ho sperato di poterti dire<br />
ancora che ti amo. Ma non ho mai creduto… non ho mai<br />
creduto di poter avere <strong>un</strong>’altra opport<strong>un</strong>ità…».<br />
«Ma devi credere, Ivy!». Il panico che incrinava la sua voce<br />
si rifletté nell’animo di Ivy. «Non smettere mai di credere, o<br />
smetterai di vedermi. Hai bisogno di me adesso, e non sai<br />
quanto», la avvertì.<br />
«A causa di Gregory», disse lei, appoggiandosi le mani in<br />
grembo. «Lo so bene. È solo che non capisco perché mai lui<br />
dovrebbe voler…», poi si bloccò, spaventata <strong>da</strong>ll’ipotesi<br />
peggiore, «voler farmi del male».<br />
«Ucciderti», disse Tristan. «Tutto quello che Philip ti ha<br />
raccontato di quella sera è successo <strong>da</strong>vvero. Solo che<br />
“l’angelo cattivo” era Gregory. E non era la prima volta, Ivy.<br />
Quando eravate soli quel weekend…».<br />
«Ma non ha senso», disse lei, «dopo tutto quello che ha fatto<br />
per me». Balzò in piedi e iniziò a camminare nervosamente su<br />
e giù. «Dopo l’incidente, è stato l’<strong>un</strong>ico a capire perché non ne<br />
volessi parlare».<br />
«Non voleva che ci riflettessi troppo», rispose Tristan. «Non<br />
voleva che ricor<strong>da</strong>ssi quella notte e iniziassi a farti delle<br />
domande. E di certo temeva che tu potessi chiederti se<br />
l’incidente era stato <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> incidente, per dirne <strong>un</strong>a».<br />
Ivy si fermò <strong>da</strong>vanti alla finestra. Tre piani più sotto Philip<br />
tirava calci a <strong>un</strong> pallone. Andrew, che era appena tornato a<br />
casa, si era fermato nel vialetto per osservarlo. Maggie stava<br />
attraversando il giardino per an<strong>da</strong>re a salutarlo.<br />
«Non è stato <strong>un</strong> incidente», disse lei alla fine. Le tornò in
mente il suo incubo: era in macchina di Tristan, e non poteva<br />
fermarsi – proprio come quella notte, quando avevano investito<br />
il cervo senza poter frenare. «Qualc<strong>un</strong>o ha tagliato i freni».<br />
«Sembra proprio di sì».<br />
Ivy sentì <strong>un</strong>a morsa allo stomaco al pensiero di Gregory che<br />
la toccava, che la baciava, che la teneva stretta. Così vicino <strong>da</strong><br />
poterla uccidere senza difficoltà, appena se ne fosse presentata<br />
l’occasione. Non voleva crederci. «Perché?», gridò.<br />
«Penso che tutto sia nato la notte dell’omicidio di Caroline».<br />
Ivy ritornò al piano e si mise a sedere lentamente, cercando<br />
di mettere ordine nei suoi pensieri. «Pensi che dia la colpa a me<br />
per… per l’assassinio di sua madre? Ma è stato <strong>un</strong> suicidio,<br />
Tristan». Ma non appena lo disse avvertì <strong>un</strong> groppo in gola e<br />
nel petto, <strong>un</strong>a paura crescente che minacciava di chiudere la<br />
porta in faccia a ogni pensiero ragionevole.<br />
«Eri nella casa accanto la notte in cui è morta», le disse<br />
Tristan. «Penso che tu abbia visto qualc<strong>un</strong>o alla finestra,<br />
qualc<strong>un</strong>o che sa cosa è successo, o che ne è direttamente<br />
responsabile. Cerca di ricor<strong>da</strong>re».<br />
Ivy si sforzò di separare i ricordi di quella notte <strong>da</strong>gli incubi<br />
che erano seguiti. «Io vedevo solo l’ombra di <strong>un</strong>a persona. Con<br />
tutti i riflessi sul vetro non ho visto chi fosse».<br />
«Ma lui ha visto te».<br />
Frammento dopo frammento il sogno si stava disvelando.<br />
Ivy iniziò a tremare.<br />
«Lo so», disse gentilmente Tristan. «Lo so».<br />
Ivy moriva <strong>da</strong>lla voglia di provare di nuovo le sensazioni<br />
che quella voce <strong>un</strong> tempo le provocava, quando parlava con<br />
quel tono dolce.<br />
«Anch’io ho paura», disse Tristan. «Non ho i poteri per<br />
proteggerti <strong>da</strong> solo. Ma, credimi, insieme siamo più forti di<br />
lui».<br />
«Oh, Tristan, mi sei mancato».
«Anche tu mi sei mancata», rispose, «mi è mancato tenerti<br />
stretta, baciarti, farti arrabbiare…».<br />
Lei rise.<br />
«Ivy, suona per me».<br />
«Non… non chiedermelo adesso. Voglio solo sentire ancora<br />
la tua voce», lo supplicò. «Pensavo di averti perso per sempre,<br />
ma ora che sei qui…».<br />
«Shh, Ivy. Suona. Ho sentito <strong>un</strong> rumore. C’è qualc<strong>un</strong>o in<br />
camera tua».<br />
Ivy guardò Ella, ferma in cima ai gradini, intenta a scrutare<br />
l’oscurità in basso. Il gatto iniziò a scendere piano le scale,<br />
frustando l’aria con la co<strong>da</strong>. È Gregory, pensò Ivy.<br />
Lei aprì nervosamente <strong>un</strong>o spartito e si mise a suonare.<br />
Suonava forte, cercando di ricacciare indietro i ricordi degli<br />
abbracci di Gregory, dei suo baci ardenti, quella notte in cui<br />
erano rimasti <strong>da</strong> soli nel negozio, e quell’altra notte, nella casa<br />
immersa nel buio.<br />
Aveva cercato di ucciderla? Di uccidere sua madre? Non<br />
aveva alc<strong>un</strong> senso. Forse l’avrebbe creduto possibile se si fosse<br />
trattato di Eric, mezzo pazzo per la droga. Le tornò in mente il<br />
messaggio sulla segreteria telefonica di Gregory: Eric aveva<br />
sempre bisogno di soldi per comprarsi le dosi. Forse aveva<br />
cercato di farsi <strong>da</strong>re <strong>un</strong> po’ di liquidi <strong>da</strong> Caroline, e le cose<br />
erano an<strong>da</strong>te a finire nel modo peggiore. Ma che motivo poteva<br />
avere Gregory per commettere <strong>un</strong> crimine tanto orrendo?<br />
«È proprio quello che sto cercando di capire». Ivy smise di<br />
suonare per <strong>un</strong> momento. «Mi senti?», chiese silenziosamente.<br />
«Non riesci a nascondere bene i tuoi pensieri come Will».<br />
Quindi aveva sentito tutto quello che lei aveva appena<br />
pensato, anche la parte sui baci ardenti. Ivy ricominciò a<br />
suonare, premendo forte i tasti.<br />
La voce di Tristan era così chiara e niti<strong>da</strong>, come se parlasse<br />
<strong>da</strong> dentro la sua testa.
«Forse avrei fatto meglio a non stare a sentire, vero?».<br />
Sorrise e cercò di suonare meno violentemente.<br />
«Ivy, dobbiamo essere sinceri. Se non possiamo fi<strong>da</strong>rci<br />
l’<strong>un</strong>o dell’altra, su chi altro possiamo contare?»<br />
«Ti amo. E te lo dico con tutta la sincerità del mondo», disse<br />
Ivy, scandendo silenziosamente le parole, in modo che solo<br />
Tristan potesse sentirle. Terminò la canzone e si preparò per il<br />
pezzo successivo.<br />
«Se ne è an<strong>da</strong>to», le disse Tristan.<br />
Ivy fece <strong>un</strong> sospiro di sollievo.<br />
«Stammi a sentire, Ivy. Devi uscire di qui».<br />
«Uscire? Che vuoi dire?», chiese.<br />
«Devi scappare <strong>da</strong> Gregory, allontanarti <strong>da</strong> lui il più<br />
possibile».<br />
«Ma è impossibile», disse Ivy. «Non posso semplicemente<br />
fare i bagagli e scappare. Non saprei dove an<strong>da</strong>re».<br />
«Ti inventerai qualcosa. E io chiederò a Lacey – anche lei è<br />
<strong>un</strong> angelo – di starti vicino. Almeno fino a quando non avrò<br />
scoperto che sta succedendo e non avrò trovato <strong>un</strong>a qualche<br />
prova <strong>da</strong> portare alla polizia, devi stare lontano <strong>da</strong> qui».<br />
«No», disse Ivy, allontanandosi <strong>da</strong>l piano.<br />
«Sì, invece», insistette lui. Poi le disse cosa aveva scoperto<br />
nel corso del suo viaggio nel tempo all’interno delle menti di<br />
Eric e di Gregory. Le raccontò dei litigi tra Gregory e sua<br />
madre, del sarcasmo con cui Caroline gli aveva sventolato in<br />
faccia <strong>un</strong> foglio di carta, e della rabbia con cui lui le aveva<br />
scagliato contro la lampa<strong>da</strong>, procurandole <strong>un</strong> taglio in faccia.<br />
Poi le raccontò dei ricordi che aveva scoperto nella mente di<br />
Eric, l’incontro drammatico tra lui e Caroline, che aveva avuto<br />
luogo durante <strong>un</strong>a notte di tempesta.<br />
«Hai ragione per quanto riguar<strong>da</strong> Eric», concluse Tristan.<br />
«Ha bisogno di soldi per la droga; lui c’entra di sicuro. Ma<br />
ancora non so esattamente cosa abbia fatto per Gregory».
«Eric stava cercando qualcosa nel canale di scolo vicino alla<br />
stazione oggi», disse Ivy.<br />
«Davvero? Allora ha preso sul serio la minaccia di<br />
Gregory», rispose Tristan, e le parlò della discussione che<br />
aveva sentito alla festa. «Terrò d’occhio entrambi. Nel<br />
frattempo, devi an<strong>da</strong>rtene».<br />
«No», ripeté Ivy.<br />
«Sì, e il prima possibile».<br />
«No!». Questa volta parlò ad alta voce, fu più forte di lei.<br />
Tristan rimase in silenzio.<br />
«Non ho intenzione di an<strong>da</strong>re», disse lei, parlando di nuovo<br />
solo con la mente. Ivy andò alla finestra e guardò fuori, i<br />
vecchi alberi piegati <strong>da</strong>l vento che incorniciavano la collina.<br />
Quella vista le era diventata familiare nel corso degli ultimi sei<br />
mesi. Aveva osservato ogni loro trasformazione,<br />
<strong>da</strong>ll’esplosione di fiori rossi in primavera, alle fitte foglie verdi<br />
fino alle delicate linee d’oro sotto il sole della sera – i colori<br />
dell’aut<strong>un</strong>no. Quella era la sua casa, quello era il luogo in cui<br />
abitavano le persone che amava. Non aveva alc<strong>un</strong>a intenzione<br />
di permettere a chicchessia di cacciarla via. Non aveva alc<strong>un</strong>a<br />
intenzione di lasciare Philip e Suzanne con Gregory.<br />
«Suzanne non sa nulla», disse Tristan. «Dopo che te ne sei<br />
an<strong>da</strong>ta insieme a Will oggi, ho seguito lei e Gregory. È<br />
innocente – confusa sul tuo conto e totalmente presa <strong>da</strong> lui».<br />
«Totalmente presa <strong>da</strong> Gregory… e tu vuoi che la lasci sola<br />
con lui?»<br />
«Non sa nulla, non rischia di finire nei guai», controbatté<br />
Tristan.<br />
«Se scappo», disse Ivy, «come potremo sapere cosa<br />
combina Gregory? Come faremo a essere sicuri che non se la<br />
pren<strong>da</strong> con Philip? Forse Philip non capisce bene cosa è<br />
successo, ma ha visto molte cose quella sera, cose che di sicuro<br />
non piacciono per niente a Gregory».
Tristan rimase in silenzio.<br />
«Non ti vedo», disse Ivy, «ma so benissimo che faccia stai<br />
facendo in questo momento».<br />
Poi lo sentì ridere, e iniziò a ri<strong>da</strong>cchiare anche lei.<br />
«Oh, Tristan, so che mi ami e hai paura per me, ma non<br />
posso abbandonarli. Philip e Suzanne non sospettano che<br />
Gregory possa essere pericoloso. Non staranno in guardia».<br />
Lui non rispose.<br />
«Ci sei?», chiese lei dopo <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio.<br />
«Stavo solo pensando», disse.<br />
«Allora ti nascondi», rispose lei. «Tieni segreti i tuoi<br />
pensieri».<br />
Improvvisamente Ivy venne investita <strong>da</strong> <strong>un</strong>’on<strong>da</strong>ta di<br />
sensazioni, l’amore e la tenerezza la carezzarono. Poi la paura,<br />
intensa e terribile, la invase, insieme a <strong>un</strong>a disperazione muta.<br />
Navigava su <strong>un</strong> mare che ribolliva di emozioni, e per <strong>un</strong><br />
momento rimase senza fiato.<br />
«Forse avrei dovuto sollevare solo <strong>un</strong> angolo del velo sotto<br />
cui nascondo le mie emozioni», osservò Tristan. «Adesso devo<br />
lasciarti, Ivy».<br />
«No. Aspetta. Quando ti rivedrò?», chiese. «Come farò a<br />
trovarti?»<br />
«Be’, non devi certo stare per forza in bilico su <strong>un</strong><br />
trampolino».<br />
Ivy sorrise.<br />
«Sali sul ramo di <strong>un</strong> albero, in alto, oppure sul tetto di <strong>un</strong>a<br />
casa di almeno tre piani».<br />
«Cosa?»<br />
«Stavo solo scherzando», rispose, ridendo. «Chiamami e<br />
basta – in ogni momento, in ogni luogo, silenziosamente. Se<br />
non vengo, vorrà dire che starò facendo qualcosa che non<br />
posso interrompere, o che mi troverò nell’oscurità», sospirò.<br />
«Posso percepirla quando si sta avvicinando – la sento anche in
questo momento – e posso combattere, allontanarla per <strong>un</strong> po’.<br />
Ma alla fine cedo, perdo coscienza. È così che recupero le<br />
energie. Immagino che <strong>un</strong> giorno l’oscurità sarà definitiva».<br />
«No!».<br />
«Sì, amore», disse lui piano.<br />
Un momento dopo era scomparso.<br />
Il vuoto che lasciò dentro di lei era quasi insopportabile.<br />
Senza la sua luce, la stanza precipitò nell’ombra e Ivy si sentì<br />
quasi persa nell’oscuro confine tra due mondi. Ricacciò<br />
indietro i dubbi che iniziavano a far breccia nel suo animo. Non<br />
si era sognata tutto – Tristan era stato <strong>da</strong>vvero lì, e sarebbe<br />
tornato presto.<br />
Si esercitò con qualche brano di Bach, suonando<br />
meccanicamente, <strong>un</strong> pezzo dopo l’altro. Aveva appena richiuso<br />
lo spartito quando sua madre la chiamò. C’era <strong>un</strong>’inflessione<br />
strana nella voce di Maggie, e quando Ivy arrivò in fondo alle<br />
scale capì il perché.<br />
Maggie era immobile in piedi <strong>da</strong>vanti alla cassettiera di Ivy:<br />
l’angelo dell’acqua era a terra, in mille pezzi.<br />
«Tesoro, mi dispiace», disse sua madre.<br />
Ivy raggi<strong>un</strong>se la cassettiera e si chinò. C’era qualche coccio<br />
più grande, ma per il resto la statuetta si era spaccata in<br />
frammenti minuscoli. Impossibile ripararla.<br />
«Probabilmente è stato Philip a lasciarla qui», disse Maggie.<br />
«Deve averla appoggiata troppo vicino al bordo. Ti prego, non<br />
lasciarti sconvolgere <strong>da</strong> questa cosa, tesoro».<br />
«Ma l’ho sistemata io, mamma. E non c’è proprio nulla per<br />
cui sconvolgersi. Gli incidenti capitano», disse, sorpresa <strong>da</strong>lla<br />
sua stessa calma. «Non devi sentirti in colpa».<br />
«Ma non sono stata io», rispose subito Maggie. «Sono<br />
entrata per dirti che la cena è pronta e l’ho trovata a terra».<br />
Philip, sentendo le loro voci, fece capolino alla porta. «Oh,<br />
no!», disse, addolorato. «Si è rotta!».
Gregory entrò subito dopo di lui. Fissò a l<strong>un</strong>go la statua, poi<br />
scosse la testa, guar<strong>da</strong>ndo il letto. «Ella», disse piano.<br />
Ma Ivy sapeva chi era il responsabile. Era la stessa persona<br />
che aveva distrutto la costosissima sedia di Andrew qualche<br />
mese prima – e non era certo Ella. Ivy aveva voglia di<br />
picchiarlo, di mettere Gregory contro al muro, costringerlo ad<br />
ammettere tutto di fronte agli altri. Ma sapeva che doveva<br />
resistere, far buon viso a cattivo gioco. E non avrebbe ceduto –<br />
alla fine avrebbe vinto. I <strong>da</strong>nni che Gregory aveva procurato<br />
non si limitavano certo a <strong>un</strong>a statuetta rotta. E prima o poi Ivy<br />
lo avrebbe costretto a confessare tutto.
Capitolo 6<br />
«’Tis the Season, sono Ivy. Come posso aiutarla?»<br />
«Allora? Scoperto qualcosa?»<br />
«Suzanne! Ti avevo detto di non chiamarmi al lavoro a<br />
meno che non fosse <strong>un</strong>’emergenza. Sai che c’è <strong>un</strong> evento<br />
speciale per il venerdì notte», disse Ivy, e guardò verso la<br />
porta: erano appena entrati due clienti. Il piccolo negozio,<br />
pieno fino all’orlo di costumi e di articoli fuori stagione<br />
ammassati ov<strong>un</strong>que senza alc<strong>un</strong> criterio – uova di Pasqua,<br />
pupazzi a forma di tacchino e menorah di plastica – attraeva<br />
sempre clienti. Betty, <strong>un</strong>a delle due sorelle che possedevano il<br />
negozio, era a casa con la febbre, e Lillian e Lily erano<br />
terribilmente impegnate.<br />
«Ma questa è <strong>un</strong>’emergenza», insistette Suzanne. «Hai<br />
scoperto chi è la ragazza con cui Gregory deve uscire stasera?»<br />
«Non so nemmeno se ha <strong>un</strong> app<strong>un</strong>tamento. Sono venuta qui<br />
in negozio subito dopo scuola, perciò non ci sono novità<br />
rispetto all’ultima volta in cui ci siamo parlate, alle tre del<br />
pomeriggio».<br />
Ivy avrebbe preferito che Suzanne non avesse chiamato.<br />
Nelle ventiquattro ore successive alla visita di Tristan, lei era<br />
sempre rimasta costantemente all’erta, ov<strong>un</strong>que. A casa, la<br />
camera di Gregory era proprio <strong>da</strong>ll’altra parte del corridoio<br />
rispetto alla sua. A scuola, lo vedeva sempre. Era stato quasi <strong>un</strong><br />
sollievo dover an<strong>da</strong>re al lavoro: si sentiva al sicuro in mezzo<br />
alla folla di clienti ed era felice di non dover pensare a<br />
Gregory, anche se solo per sei ore.<br />
«Be’, di certo sei <strong>un</strong>a pessima detective», disse Suzanne, e<br />
la sua risata infranse i pensieri di Ivy. «Appena torni a casa<br />
stasera, inizia a guar<strong>da</strong>rti attorno. Philip forse sa qualcosa.<br />
Voglio sapere dove e con chi, per quanto tempo e cosa<br />
indossava lei».
«Ascoltami, Suzanne», disse Ivy. «Non voglio an<strong>da</strong>re avanti<br />
e indietro come <strong>un</strong>a trottola tra te e Gregory. Anche se sapessi<br />
che lui stasera esce con <strong>un</strong>’altra, non mi sembrerebbe giusto<br />
dirtelo, proprio come non andrei mai a dire a lui che adesso sei<br />
con Jeff».<br />
«Ma devi dirglielo, Ivy!», esclamò Suzanne. «È proprio<br />
questo il p<strong>un</strong>to! Come diavolo fa a impazzire di gelosia se non<br />
sa nulla?».<br />
Ivy scosse la testa in silenzio e guardò tre ragazzi che<br />
infilzavano con delle penne il pupazzo di King Kong del<br />
negozio, alto più di due metri. «Ci sono dei clienti, Suzanne,<br />
devo riagganciare».<br />
«Ma hai capito cosa ho detto? Voglio che Gregory diventi<br />
incredibilmente geloso».<br />
«Ne riparliamo più tardi, ok?»<br />
«Scan<strong>da</strong>losamente geloso», disse Suzanne. «Una gelosia<br />
accecante. Deve perderci la testa».<br />
«Ne riparliamo», disse Ivy, e riattaccò.<br />
Ogni volta che <strong>un</strong> cliente usciva <strong>da</strong>l negozio i suoi pensieri<br />
tornavano sempre a Suzanne. Se avesse reso Gregory<br />
scan<strong>da</strong>losamente geloso come promesso, come avrebbe reagito<br />
lui? Le avrebbe fatto del male? Sperava proprio che la storia tra<br />
Gregory e Suzanne si spegnesse, ma il loro rapporto a corrente<br />
alternata sembrava fatto apposta per mantenere accesa la<br />
passione.<br />
Se dico a Suzanne che Gregory esce con <strong>un</strong> centinaio di<br />
ragazze, pensò Ivy, lei lo vorrà sempre di più. Se parlo male di<br />
lui, Suzanne prenderà le sue difese, e si arrabbierà con me.<br />
Quando arrivò l’orario di chiusura Lillian era esausta.<br />
Seduta <strong>da</strong>vanti alla cassa, chiuse gli occhi per <strong>un</strong> momento.<br />
«Stai bene?», chiese Ivy. «Sembri molto stanca».<br />
L’anziana signora le sfiorò delicatamente la mano. L’anello<br />
di diamanti di sua madre, il cristallo rosa per la cristalloterapia,
e <strong>un</strong> com<strong>un</strong>icatore di Star Trek scintillavano sulle sue dita<br />
nodose. «Sto bene, tesoro, sto bene. Sono vecchia, nient’altro».<br />
«Perché non ti riposi <strong>un</strong> po’? Ci penso io ai conti», le disse<br />
Ivy, prendendo i fogli che aveva in mano. Si ripromise di<br />
accompagnarla alla macchina dopo la chiusura. Quando tutti i<br />
clienti se ne an<strong>da</strong>vano e le luci venivano abbassate, il centro<br />
commerciale deserto si riempiva di ombre e strani rumori. E<br />
quella sera sia Ivy che Lillian avevano bisogno di compagnia.<br />
«Il mio <strong>un</strong>ico problema è che sono <strong>un</strong>a vecchia<br />
incartapecorita», disse Lillian con <strong>un</strong> sospiro. «Ivy, mi faresti<br />
<strong>un</strong> favore? Puoi chiudere tu stasera?»<br />
«Chiudere?», si sorprese Ivy. Restare qui <strong>da</strong> sola?, pensò.<br />
«Ma certo».<br />
Lillian si alzò e si mise il maglione. «Domattina arriva pure<br />
<strong>un</strong> po’ più tardi, tesoro», disse, avviandosi verso la porta.<br />
«Betty dovrebbe essere di nuovo in piena forma, e ce la<br />
caveremo benissimo. Sei <strong>un</strong> vero angelo».<br />
«Ness<strong>un</strong> problema», disse piano Ivy mentre osservava<br />
Lillian che scompariva nei meandri del centro commerciale. Si<br />
chiese dove fosse Tristan. Forse avrebbe fatto meglio a<br />
chiamarlo.<br />
Non fare la vigliacca, si disse, e si voltò per aprire lo<br />
sportello dietro cui stavano gli interruttori. Abbassò di intensità<br />
tutte le luci del negozio, poi ci ripensò e ne riaccese alla<br />
massima potenza alc<strong>un</strong>e. Lanciò <strong>un</strong>’occhiata in direzione dei<br />
camerini in fondo al negozio. Combatté contro l’impulso di<br />
correre a controllare che tutti i clienti fossero usciti e non ci<br />
fosse più ness<strong>un</strong>o lì con lei. Non fare la paranoica, si disse. Ma<br />
era fin troppo facile immaginare che qualche malintenzionato<br />
fosse nascosto là, nell’oscurità, oppure fuori, nei meandri bui<br />
del centro commerciale.<br />
«Dammi tutto quello che c’è nella cassa».<br />
Ivy fece <strong>un</strong> salto per la paura. Era la voce di Eric. Le
premette le dita forte contro la schiena. Poi sentì <strong>un</strong>’altra risata<br />
– Gregory. Si voltò di scatto per guar<strong>da</strong>rli in faccia.<br />
«Oh, scusa», disse Gregory quando vide l’espressione nei<br />
suoi occhi. «Non volevamo farti paura sul serio».<br />
«Io invece sì», disse Eric con <strong>un</strong>a risatina acuta.<br />
«Pensavamo che stessi per staccare, quindi abbiamo fatto <strong>un</strong><br />
salto per salutarti», disse Gregory, sfiorandole il gomito, con<br />
voce morbi<strong>da</strong> e calma.<br />
«Per prendere l’incasso prima che lo mettessi in cassaforte»,<br />
intervenne Eric. «Quanto hai, a proposito?»<br />
«Ignoralo», le disse Gregory.<br />
«Oh, ma lei mi ignora anche se non glielo dici. Lo fa<br />
sempre», rispose Eric, e iniziò a rovistare nei vari scaffali.<br />
«Stasera andiamo a farci <strong>un</strong> giro», disse Gregory. «Vuoi<br />
venire con noi?».<br />
Ivy si costrinse a sorridere e sventolò tutte le ricevute del<br />
negozio. «Grazie, ma ho <strong>un</strong> sacco <strong>da</strong> fare».<br />
«Aspetteremo».<br />
Lei sorrise di nuovo e scosse la testa.<br />
«Dai, su, Ivy», insistette Gregory. «Non sei uscita<br />
praticamente mai nelle ultime tre settimane. Ti farà bene farti<br />
<strong>un</strong> giro».<br />
«Credi?». Ivy alzò lo sguardo per guar<strong>da</strong>re Gregory negli<br />
occhi. «Non fai altro che cercarmi».<br />
«E continuerò a farlo», rispose, sorridendole. Non c’era<br />
modo di indovinare cosa ci fosse dietro quegli occhi grigi,<br />
quali fossero i suoi veri pensieri. Il suo volto affascinante era<br />
inespressivo come <strong>un</strong>a maschera.<br />
«Denti!», urlò Eric. «Guar<strong>da</strong>te questi canini <strong>da</strong> vampiro!<br />
Che ficata». Aprì la confezione e si ficcò i canini in bocca,<br />
facendo <strong>un</strong> ghigno verso Gregory. Aveva le braccia<br />
scheletriche l<strong>un</strong>go i fianchi, e muoveva nervosamente le mani.<br />
Ivy ripensò a quella notte in cui Gregory aveva applaudito Eric,
che li aveva portati sui binari del treno. Cosa era disposto a fare<br />
Eric per gua<strong>da</strong>gnarsi l’approvazione di Gregory? Fin dove<br />
poteva arrivare?<br />
«Be’, è <strong>un</strong> miglioramento, Eric», disse Gregory, «e ci sono<br />
delle ragazze che vanno matte per i vampiri». Rivolse <strong>un</strong><br />
sorriso malizioso a Ivy. «Non è vero?».<br />
L’ultima volta che Gregory era passata a trovarla in negozio<br />
all’ora di chiusura si era vestito <strong>da</strong> Dracula. Ivy ricor<strong>da</strong>va i suoi<br />
baci ardenti, la passione con cui lei li aveva ricambiati.<br />
Ma adesso la sua pelle era geli<strong>da</strong>, e la rabbia scorreva nel<br />
suo corpo. Le sue dita si chiusero in <strong>un</strong> pugno, e subito nascose<br />
le mani dietro la schiena.<br />
Se vuoi giocare, giochiamo, pensò, e reclinò indietro la<br />
testa. «Alc<strong>un</strong>e ragazze sì, certo».<br />
Gregory le fissò il collo, con gli occhi che brillavano, poi si<br />
fissò sulla sua bocca, come se volesse baciarla di nuovo.<br />
«Ivy, ma che accidenti stai facendo?».<br />
La doman<strong>da</strong> la prese alla sprovvista. Era la voce di Tristan.<br />
Non si era accorta che era scivolato dentro la sua mente, ed era<br />
evidente che né Eric né Gregory l’avevano sentito. Ivy sapeva<br />
di essere diventata rossa, e abbassò bruscamente la testa.<br />
Gregory scoppiò a ridere. «Stai arrossendo».<br />
Ivy si voltò e si allontanò di qualche passo. Ma non poteva<br />
allontanarsi <strong>da</strong> Tristan.<br />
«Pensi che lui voglia baciarti di nuovo?», le chiese Tristan,<br />
furioso. «È più probabile che voglia strangolarti! Ivy, non fare<br />
la stupi<strong>da</strong>. I suoi sono solo giochetti».<br />
Lei gli rispose silenziosamente: «So quello che faccio».<br />
Gregory la seguì <strong>da</strong>ll’altra parte del bancone e le posò <strong>un</strong>a<br />
mano sui fianchi.<br />
«Gregory, per favore», disse.<br />
«Per favore cosa?», le chiese, con la bocca vicinissima al<br />
suo orecchio.
«C’è Eric», gli ricordò, guar<strong>da</strong>ndosi alle spalle. Ma Eric era<br />
<strong>da</strong>ll’altra parte del negozio, perso nel suo mondo di costumi.<br />
«Colpa mia», disse piano Gregory. «Non avrei dovuto<br />
portare Eric».<br />
«Sbarazzati di Gregory», si intromise Tristan. «Sbatti fuori<br />
tutti e due e chiudi a chiave la porta».<br />
Ivy sgusciò via <strong>da</strong> Gregory.<br />
«Chiama la sicurezza», continuò Tristan. «Chiedi agli agenti<br />
di accompagnarti fino alla macchina».<br />
«E poi», disse Ivy a Gregory, «c’è Suzanne. Sai che io e<br />
Suzanne siamo amiche <strong>da</strong> sempre».<br />
«Ivy!», esclamò Tristan. «Ancora non hai capito nulla su<br />
questi due? Ti stai fregando con le tue stesse mani. Adesso<br />
tirerà fuori <strong>un</strong>a delle sue solite scuse».<br />
Ivy ripose in silenzio: «So quello che faccio».<br />
«Suzanne è troppo facile», disse Gregory, avvicinandosi a<br />
Ivy. «Troppo gelosa, e troppo facile. Mi sono stufato».<br />
«Immagino che sia molto più eccitante», osservò Tristan,<br />
«provarci con la ragazza del tipo che hai ammazzato».<br />
Ivy piegò la testa di lato come se avesse ricevuto <strong>un</strong>o<br />
schiaffo.<br />
«C’è qualcosa che non va?», le chiese Gregory.<br />
«Ivy, mi dispiace», disse in fretta Tristan, «ma non mi stai<br />
ascoltando. Sembra quasi che tu non capisca…».<br />
«Capisco, Tristan», ripose Ivy, arrabbiata. «Lasciami prima<br />
che succe<strong>da</strong> <strong>un</strong> disastro».<br />
«A cosa pensi?» le chiese Gregory. «Sei arrabbiata, te lo<br />
leggo negli occhi». Le passò <strong>un</strong>a mano sulle sopracciglia<br />
aggrottate, poi le sfiorò la guancia, toccandole delicatamente il<br />
collo. «Un tempo ti piaceva quando ti toccavo», le disse.<br />
Ivy poteva percepire la rabbia di Tristan che montava dentro<br />
di lei. Aveva paura di perdere il controllo. Chiuse gli occhi, si<br />
concentrò al massimo, e lo spinse fuori, più lontano che poteva
<strong>da</strong>lla sua mente.<br />
Quando riaprì gli occhi Gregory la stava fissando. «Fuori?»,<br />
disse. «Parli con me?»<br />
«Se sto parlando con te?», ripeté Ivy. Terribile. Aveva<br />
parlato ad alta voce. «No», disse a Gregory. «Non mi sembra di<br />
averti detto nulla».<br />
Lui la guardò accigliato.<br />
«Ma mi conosci», disse con tono allegro. «Sono solo <strong>un</strong> po’<br />
pazza».<br />
Lui continuava a fissarla. «Forse», disse.<br />
Ivy sorrise e si allontanò. Per i successivi quindici minuti<br />
aiutò Eric a districarsi tra i vari costumi, mentre teneva<br />
d’occhio la porta del negozio, aspettando che passasse l’agente<br />
della sicurezza. Quando arrivò la guardia, indicando l’orologio<br />
per com<strong>un</strong>icarle che l’orario di chiusura – le nove e mezzo –<br />
era passato <strong>da</strong> <strong>un</strong> pezzo, lei lo chiamò ad alta voce. Dato che il<br />
centro commerciale era ufficialmente chiuso, gli chiese se<br />
poteva accompagnare Eric e Gregory all’uscita.<br />
Poi chiuse a chiave e si appoggiò di schiena contro la porta,<br />
sfinita ma sollevata. «Mi dispiace, Tristan», disse, ma era quasi<br />
sicura che lui non potesse udirla.<br />
Tristan osservò Ivy: teneva la testa china sulle ricevute del<br />
negozio, con i capelli ricci che gettavano <strong>un</strong>a rete d’oro sotto<br />
l’<strong>un</strong>ica luce accesa sulla scrivania, accanto alla cassa. Il resto<br />
del negozio era illuminato solo fiocamente, e gli angoli erano<br />
immersi nell’oscurità.<br />
Voleva toccarle i capelli, materializzare le dita e sentire la<br />
morbidezza della sua pelle. Voleva parlarle, solo parlarle. Ma<br />
rimase nascosto, ancora furioso, ferito <strong>da</strong>l modo in cui lei<br />
l’aveva sbattuto fuori <strong>da</strong>lla sua mente.<br />
Ivy alzò la testa all’improvviso e si guardò intorno, come se<br />
avesse avvertito la sua presenza. «Tristan?».
Se rimaneva fuori <strong>da</strong> lei, Ivy non poteva sentirlo. Ma cosa<br />
doveva dirle? Che la amava. Che era terrorizzato, che aveva<br />
paura per lei.<br />
Ma lei lo vide. «Tristan». Il modo in cui lei pron<strong>un</strong>ciava il<br />
suo nome lo faceva ancora tremare. «Non credevo che saresti<br />
tornato. Dopo che ti ho sbattuto fuori, non credevo che saresti<br />
tornato <strong>da</strong> me».<br />
Tristan rimase dov’era.<br />
«E non stai venendo <strong>da</strong> me, non è vero?», gli chiese.<br />
Lui sentì il tremito nella sua voce e rimase immobile,<br />
indeciso sul <strong>da</strong> farsi. Doveva abbandonarla? Magari lasciarla<br />
<strong>da</strong> sola nell’incertezza per <strong>un</strong> po’. Non voleva litigare, e aveva<br />
del lavoro <strong>da</strong> fare quella sera.<br />
Se solo sapessi quanto ti amo, pensò.<br />
«Tristan», disse silenziosamente.<br />
Adesso era nella sua mente e scoprì il pensiero che avevano<br />
condiviso: se solo sapessi quanto ti amo.<br />
Ivy stava piangendo.<br />
«Non piangere. Ti prego, non farlo».<br />
«Cerca di capirmi», lo implorò silenziosamente. «Ti ho <strong>da</strong>to<br />
il mio cuore, ma è pur sempre mio, e mi appartiene ancora.<br />
Non puoi arrivare come se niente fosse e prendere il controllo.<br />
Io ho ancora i miei pensieri, Tristan, e il mio modo di<br />
affrontare i problemi».<br />
«Hai sempre avuto i tuoi pensieri e il tuo modo di affrontare<br />
i problemi», disse. Non riuscì a trattenere <strong>un</strong>a risata. «Mi<br />
ricordo il tuo primo giorno di scuola… eri tu che portavi in giro<br />
il tuo tutor. Quel giorno mi sono innamorato di te», le disse.<br />
«Ma devi anche sforzarti di capirmi. Ho paura per te. Cosa<br />
stavi facendo, Ivy? Cosa ti è saltato in mente? Perché stavi<br />
giocando in quel modo con Gregory?».<br />
Ivy andò <strong>da</strong>ll’altra parte del bancone e camminò fino a <strong>un</strong><br />
angolo buio del negozio. Eric aveva lasciato <strong>un</strong>a pila di
costumi per terra. Tristan sentiva la loro morbidezza di seta<br />
tramite le mani di Ivy mentre lei li raccoglieva. «Sto giocando<br />
al gioco di Gregory», disse. «Sto interpretando il ruolo che lui<br />
mi ha assegnato – lo allontano e poi lo attraggo di nuovo».<br />
«Ma è troppo pericoloso, Ivy».<br />
«No», rispose decisa. «Vivere nella sua stessa casa e cercare<br />
di evitarlo – questo sì che sarebbe pericoloso. Non posso<br />
nascondermi, perciò devo sempre tenerlo d’occhio. Sempre. È<br />
questo il trucco». Sollevò <strong>un</strong>a maschera nera e se la mise sulla<br />
faccia.<br />
«Devo scoprire cosa fa, cosa dice», continuò. «Devo<br />
aspettare che si tradisca. Finché me ne sto qui – e te l’ho detto,<br />
Tristan, non ho intenzione di an<strong>da</strong>rmene – non posso fare<br />
altrimenti».<br />
«C’è <strong>un</strong> altro modo per tenerlo d’occhio», disse Tristan, «e<br />
per avere <strong>un</strong>’altra persona tra di voi nello stesso tempo. Will è<br />
suo amico. Potresti uscire con Will».<br />
Ci fu <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio, e Tristan si accorse che Ivy gli stava<br />
tenendo nascosti i suoi pensieri. «No, non è <strong>un</strong>a bella idea»,<br />
disse alla fine.<br />
«Perché no?». La voce di Tristan era troppo nervosa, troppo<br />
tagliente. Si accorse che lei rifletteva bene prima di aprire<br />
bocca, sceglieva con cura le parole.<br />
«Non voglio che Will entri in questa storia».<br />
«Ma lui c’è già dentro fino al collo», controbatté Tristan.<br />
«Sa tutto di me. Ti ha portato lui alla stazione per aiutarti a<br />
ricor<strong>da</strong>re cosa è successo».<br />
«Sì, ma questo è tutto quello che sa», disse Ivy. «E non<br />
voglio che tu gli dica altro». Iniziò a rimettere a posto i<br />
costumi, tirandoli fuori <strong>da</strong>l mucchio per ripiegarli.<br />
«Lo stai proteggendo», disse Tristan.<br />
«È vero».<br />
«Perché?», chiese.
«Perché dovrei mettere in pericolo <strong>un</strong>’altra persona?»,<br />
replicò lei.<br />
«Will correrebbe qualsiasi pericolo per te. Ti ama». Tristan<br />
rimpianse di aver detto quelle parole nel momento stesso in cui<br />
le pron<strong>un</strong>ciò.<br />
Ma ovviamente Ivy lo sapeva già. O forse no, pensò<br />
d’improvviso. Poteva sentire la lotta che le dilaniava l’anima.<br />
Tristan venne risucchiato in <strong>un</strong> turbine di emozioni che non<br />
riusciva a capire. Sapeva che Ivy era confusa.<br />
«Non credo», disse Ivy. «Will è <strong>un</strong> amico, nient’altro».<br />
Tristan non disse nulla.<br />
«Ma anche se quello che dici è vero, Tristan, non è giusto<br />
usarlo in questo modo. Sarebbe come prenderlo in giro».<br />
Davvero?, si chiese Tristan. Forse Ivy aveva solo paura di<br />
ammettere che era attratta <strong>da</strong> Will.<br />
«Cosa stai pensando? Cosa mi nascondi?», chiese Ivy.<br />
«Mi chiedo se sei del tutto onesta con te stessa».<br />
Ivy attraversò in tutta fretta il negozio, come se potesse<br />
allontanarsi <strong>da</strong> lui, prese a riappendere i costumi, rimettendo al<br />
loro posto gli articoli che erano stati spostati durante la<br />
giornata. «Non so perché la pensi così. È come se fossi<br />
geloso», disse lei.<br />
«Lo sono», rispose.<br />
«Sei cosa?», chiese <strong>un</strong>a voce incrinata <strong>da</strong>lla frustrazione.<br />
«Geloso». Non aveva senso cercare di nasconderlo, pensò<br />
Tristan.<br />
«Chi l’ha detto?», domandò Ivy.<br />
«Chi ha detto cosa?», chiese Tristan.<br />
«Chi ha detto cosa?», riecheggiò <strong>un</strong>a voce femminile, la<br />
stessa voce di poco prima, quella frustrata.<br />
«Lacey!», esclamò Tristan. Non si era accorto del suo<br />
arrivo.<br />
«Sì, tesoro?», Lacey stava proiettando la voce in modo che
anche Ivy potesse sentirla. Ivy si guardò intorno.<br />
«Questa è <strong>un</strong>a conversazione privata», disse Tristan.<br />
«Be’, la sua parte era privata», replicò Lacey, continuando a<br />
proiettare la voce. «Quando la tua ragazza parla dentro di sé,<br />
posso sentire solo quello che dici tu. E questo sì che è<br />
frustrante! La storia d’amore dell’anno, e io mi perdo metà dei<br />
dialoghi. Non puoi chiedere alla tua tipa di parlare ad alta voce,<br />
per favore?»<br />
«La tua tipa?», ripeté Ivy ad alta voce.<br />
«Così va meglio», disse Lacey.<br />
«Ma quel blob violetto è lei?», chiese Ivy.<br />
«Scusami?», disse Lacey.<br />
Tristan sentì che gli stava venendo <strong>un</strong> tremendo mal di testa.<br />
«Sì, è lei», disse a Ivy.<br />
«Blob?», sibilò Lacey.<br />
«Agli occhi di Ivy tu hai quell’aspetto», disse Tristan. «Lo<br />
sai benissimo».<br />
«E ai tuoi occhi com’è?», chiese Ivy a Tristan.<br />
Lui esitò.<br />
«Sì, diccelo. Come sono ai tuoi occhi?», chiese Lacey.<br />
Tristan cercò di inventarsi <strong>un</strong>a descrizione oggettiva.<br />
«Direi… sul metro e sessanta… occhi marroni, penso… e <strong>un</strong><br />
naso tondo, e capelli folti».<br />
«Gran bel lavoro, Tristan», commentò Lacey. «Hai appena<br />
descritto <strong>un</strong> grizzly». Poi, rivolta a Ivy: «Ciao, sono Lacey<br />
Lovitt. E adesso sono sicura che tu sappia perfettamente qual è<br />
il mio vero aspetto».<br />
Tristan sentiva la mente di Ivy che cercava qualche ricordo,<br />
qualche immagine di Lacey Lovitt nella sua memoria.<br />
«La star della musica co<strong>un</strong>try?».<br />
Un tacchino di plastica scagliato con violenza volò per la<br />
stanza.<br />
«E pensare che sono pure tornata indietro per mettere in
guardia questa tipa».<br />
«Perché continua a chiamarmi tipa?»<br />
«Penso che sia <strong>un</strong>o slang <strong>da</strong> star del cinema», disse<br />
prudentemente Tristan.<br />
«Eri <strong>un</strong>a star del cinema?». Ivy si chinò per raccogliere il<br />
tacchino. «Quindi devi essere carina», disse piano Ivy.<br />
«Chiedilo a Tristan», disse Lacey.<br />
«Lo è?».<br />
Tristan si sentiva in trappola. «Non sono bravo a giudicare<br />
queste cose».<br />
«Oh, ma certo», dissero nello stesso istante Ivy e Lacey.<br />
Erano tutte e due furiose. Ivy se ne andò <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte, Lacey<br />
<strong>da</strong>ll’altra.<br />
«Come hai fatto a lanciare questo tacchino, Lacey Lovitt?»,<br />
chiese Ivy, strizzando il pupazzo. «Tristan lo sa fare?».<br />
Lacey ri<strong>da</strong>cchiò. «Al massimo può tirare a casaccio, senza<br />
la minima mira», disse. «Sta ancora imparando a materializzare<br />
le dita, a rendersi solido. Ha ancora molto <strong>da</strong> imparare. Per sua<br />
fort<strong>un</strong>a, ha <strong>un</strong>a grande insegnante. Me, per la precisione».<br />
Si avvicinò a Ivy. Tristan poteva sentire il formicolio sulla<br />
pelle di Ivy, delicatamente sfiorata <strong>da</strong>l tocco di Lacey.<br />
Attraverso gli occhi di Ivy vide le l<strong>un</strong>ghe dita violacee che<br />
lentamente prendevano forma sul suo braccio.<br />
«Quando Tristan scivolerà fuori <strong>da</strong>lla tua mente», disse<br />
Lacey, «ai miei occhi assumerà <strong>un</strong> aspetto solido. Ma a meno<br />
che non si materializzi, come ho appena fatto io, per te sarà<br />
solo <strong>un</strong>a palli<strong>da</strong> luminosità. Ci vuole <strong>un</strong> sacco di energia per<br />
materializzarsi. Sta diventando più forte, ma se spreca troppa<br />
energia, cadrà nell’oscurità».<br />
«Lui per te è solido? Lo puoi vedere e toccare?», chiese Ivy.<br />
«Può tenermi per mano, vedere il mio volto», disse Lacey.<br />
«E può… be’, sai».<br />
Tristan sentiva che la pelle di Ivy era di nuovo percorsa <strong>da</strong>
quel formicolio.<br />
«Ma non l’ha mai fatto», disse pacatamente Lacey. «È<br />
completamente preso <strong>da</strong> te». Sollevò <strong>un</strong> cappello e lo fece<br />
girare tenendolo sulla p<strong>un</strong>ta del dito, alzandoselo sopra la testa.<br />
Agli occhi di Ivy era <strong>un</strong>a nebbia color lavan<strong>da</strong> con <strong>un</strong>a specie<br />
di tuba che vorticava misteriosamente. «Sai, mi divertirei<br />
moltissimo a infestare questo posto. Una bella pubblicità per le<br />
vecchiette, prima di Halloween».<br />
«Non pensarci nemmeno», disse Tristan.<br />
«Scusami, avevo dimenticato che ti eri prenotato per<br />
primo», gli disse Lacey. «Com<strong>un</strong>que, sono venuta per <strong>da</strong>rvi <strong>un</strong><br />
paio di notizie. Gregory ha appena preso <strong>un</strong> po’ di droga».<br />
«Quando?», chiese subito Tristan.<br />
«Stasera, proprio prima di venire qui», rispose Lacey, e poi<br />
disse a Ivy: «Fa’ attenzione a quello che mangi. Fa’ attenzione<br />
a quello che bevi. Non rendergli la vita troppo facile».<br />
Ivy rabbrividì.<br />
«Grazie, Lacey», disse Tristan. «Sono in debito con te –<br />
anche se ficchi il naso <strong>da</strong>ppertutto e ascolti le nostre<br />
conversazioni private e non ti fai mai gli affari tuoi».<br />
«Certo, certo».<br />
«Sono io ad avere <strong>un</strong> debito con te», disse Ivy.<br />
«Questo è sicuro», fece Lacey, «e non solo per questo!<br />
Negli ultimi due mesi e mezzo mi sono dovuta sorbire sospiri e<br />
pianti e sonetti su di te sufficienti a riempire tre tomi di<br />
pessima poesia. E devo dirti che…».<br />
«Lacey non si è mai innamorata», la interruppe Tristan, «e<br />
quindi non può capire…».<br />
«Scusami? Scusami», lo sfidò Lacey. «Come fai a esserne<br />
così sicuro?».<br />
Tristan scoppiò a ridere.<br />
«Come ti stavo dicendo…», Lacey si avvicinò a Ivy. «Non<br />
riesco proprio a capire cosa ci trovi in te».
Ivy, presa alla sprovvista, rimase per <strong>un</strong> attimo in silenzio.<br />
«Be’, io invece capisco benissimo cosa ci trova in te».<br />
«Oh, per favore».<br />
Ivy rise e prese <strong>un</strong>a tuba, facendola girare anche lei sulle<br />
dita. «Tristan va matto per le ragazze che fanno sempre di testa<br />
loro».
Capitolo 7<br />
Tristan era disteso in tutta tranquillità. Ascoltava il respiro<br />
di Eric e cercava di conservare le energie, fissando il cielo fuori<br />
<strong>da</strong>lla finestra che iniziava a schiarirsi. I numeri sulla sveglia<br />
elettrica di Eric lampeggiavano: erano le 4:46. Non appena Eric<br />
iniziò ad agitarsi e a muoversi, Tristan scivolò nella sua mente.<br />
Aveva già fatto <strong>un</strong> tentativo venerdì notte, molte ore dopo la<br />
sua gita al centro commerciale, e anche il sabato notte, quando<br />
Eric era tornato a casa dopo <strong>un</strong> festino alcolico. Lacey più volte<br />
l’aveva messo in guardia sui pericoli del viaggio nel tempo<br />
dentro a <strong>un</strong>a mente confusa <strong>da</strong>ll’alcol e stravolta <strong>da</strong>lla droga.<br />
Ma adesso erano passate ventiquattro ore <strong>da</strong>ll’ultima birra di<br />
Eric, e Tristan era deciso a fare <strong>un</strong> tentativo. Voleva scoprire<br />
quale fosse lo sporco lavoro che Eric aveva svolto per Gregory.<br />
Aveva avuto <strong>un</strong> colpo di fort<strong>un</strong>a quando era piombato in<br />
camera di Eric, l<strong>un</strong>edì mattina: aveva trovato <strong>un</strong> vecchio libro<br />
sui treni aperto su <strong>un</strong>a mensola. Dopo aver materializzato <strong>un</strong><br />
dito, aveva sfogliato il libro, in cerca di <strong>un</strong>a foto di <strong>un</strong> treno<br />
che potesse essere simile a quelli che attraversavano la stazione<br />
di Stonehill. Adesso osservava Eric che dormiva, e aspettava<br />
l’occasione buona per fargli vedere quella foto e scivolare<br />
dentro a <strong>un</strong> pensiero condiviso. Con <strong>un</strong> altro po’ di fort<strong>un</strong>a<br />
avrebbe potuto gui<strong>da</strong>re quel pensiero fino a trasformarlo in <strong>un</strong><br />
ricordo: il ricordo di quella notte in cui Ivy era stata drogata e<br />
trascinata alla stazione.<br />
Aspettò pazientemente mentre le cifre scintillanti<br />
sull’orologio digitale scandivano il passare dei minuti. Il<br />
respiro di Eric era sempre meno regolare, muoveva le gambe<br />
nervosamente – era il momento. Tristan lo fece svegliare<br />
delicatamente. Eric vide il libro sul cuscino e alzò la testa,<br />
stravolto <strong>da</strong>l sonno, e fissò la foto strizzando gli occhi.<br />
Treno, pensò Tristan. Il fischio. Rallenta. Sembra <strong>un</strong>
incidente. Ma non è <strong>un</strong> incidente. Gregory. Fallimento<br />
completo. Co-co-coccodè. Il gioco del pollo. Co-co-coccodè.<br />
Tristan passò in rassegna tutti i pensieri che potevano essere<br />
associati a quella foto. Non sapeva quale fosse la chiave giusta,<br />
ma all’improvviso vide la foto attraverso gli occhi semichiusi<br />
di Eric. Pareva abbastanza sveglio per cogliere l’impulso.<br />
Tristan gli inviò l’immagine più niti<strong>da</strong> possibile di <strong>un</strong> cappello<br />
<strong>da</strong> baseball e <strong>un</strong> giubbotto della scuola, gli abiti che Gregory<br />
aveva indossato quella notte, e che aveva ordinato a Eric di<br />
trovare.<br />
Tristan avvertì la tensione di Eric. Per <strong>un</strong> momento si<br />
ritrovò sospeso in <strong>un</strong>’oscurità fuori <strong>da</strong>l tempo, e il suo pugno<br />
andò a sbattere contro qualcosa di duro. Fu ricacciato indietro,<br />
perse l’equilibrio, e poi venne di nuovo spinto in avanti.<br />
Aveva tutti i muscoli in tensione – Eric stava lottando contro<br />
qualc<strong>un</strong>o. Un pugno allo stomaco, scagliato con forza, lo fece<br />
piegare in due. Eric si voltò di scatto – e anche Tristan – e vide<br />
il suo avversario. Gregory.<br />
Tristan vide la stra<strong>da</strong>, nell’istante in cui si girò di lato<br />
insieme a Eric, e poi venne spinto <strong>da</strong>ll’altra parte, sballottato<br />
qua e là sotto i colpi di Gregory. Stimò di essere a <strong>un</strong>a trentina<br />
di metri <strong>da</strong>lla stazione. Mentre lottava i suoi piedi<br />
continuavano a scivolare sulle piccole pietre a lato della stra<strong>da</strong>.<br />
Qualcosa di app<strong>un</strong>tito gli ferì la mano. Tristan capì<br />
improvvisamente che Eric stringeva <strong>un</strong> mazzo di chiavi.<br />
«Sei <strong>un</strong> idiota». Tristan sentiva le parole di Eric che gli si<br />
formavano sulla lingua. «Non puoi gui<strong>da</strong>re tu. Ti andrai a<br />
schiantare e ci ammazzerai entrambi. Saremo io, te e Tristan<br />
per sempre, io, te e Tristan per sempre, io, te e Tristan…».<br />
«Chiudi il becco. Dammele», disse Gregory, strappandogli<br />
le chiavi di mano, aprendo il palmo nudo e rigato di sangue.<br />
«Non riesci nemmeno a tenerti in piedi».<br />
Tristan si rese conto che ben presto si sarebbe sentito male.
Intrappolato nel corpo di Eric, si chinò sulla Harley, con le<br />
mani sullo stomaco e il respiro corto. Gregory, chino sulla<br />
parte posteriore della moto, stava armeggiando con qualcosa –<br />
cercava di legare il giubbotto e il cappello.<br />
«Dobbiamo an<strong>da</strong>rcene», gli disse Gregory.<br />
Si fecero forza e riuscirono ad arrampicarsi sulla moto.<br />
Aveva le gambe incredibilmente pesanti, fu <strong>un</strong> inferno issarsi<br />
sul sedile. Gregory lo spinse indietro e si mise alla gui<strong>da</strong>.<br />
«Tieniti forte».<br />
Ed Eric si tenne forte. Quando Gregory spinse a fondo<br />
l’acceleratore, la testa di Tristan venne sbalzata all’indietro. Le<br />
mascelle si serrarono, sentiva gli occhi piccoli come ciottoli<br />
che rotolavano dentro la sua testa. In quel breve istante vide<br />
<strong>un</strong>a specie di nebbia dietro di lui. Si voltò giusto in tempo per<br />
vedere i vestiti che volavano via, ma non disse nulla.<br />
Arrivarono in città, poi si inerpicarono sulla ripi<strong>da</strong> collina<br />
fino a casa di Gregory. Gregory scese <strong>da</strong>lla moto e corse<br />
dentro. Ora la moto era nelle mani di Eric – nelle mani di<br />
Tristan, anche se lui non aveva modo di controllare il mezzo.<br />
Scese <strong>da</strong>lla collina, gui<strong>da</strong>ndo come <strong>un</strong> pazzo. All’improvviso<br />
la stra<strong>da</strong> serpeggiò via <strong>da</strong> sotto le ruote, e Eric si trovò su <strong>un</strong><br />
altro sentiero.<br />
Erano finiti in <strong>un</strong> altro ricordo? Si erano in qualche modo<br />
collegati a <strong>un</strong>’altra sezione del passato? La stra<strong>da</strong>, con le sue<br />
improvvise svolte e le curve strette, aveva <strong>un</strong> qualcosa di<br />
familiare. La Harley si fermò bruscamente e Tristan sentì di<br />
nuovo la stessa terribile sensazione: erano nel p<strong>un</strong>to in cui lui<br />
era morto.<br />
Eric parcheggiò e scese, guar<strong>da</strong>ndosi intorno per diversi<br />
minuti. Si chinò per esaminare dei cocci blu che rilucevano –<br />
frammenti di vetro sull’acciottolato. Improvvisamente all<strong>un</strong>gò<br />
<strong>un</strong>a mano e prese <strong>un</strong> mazzo di rose. Sembravano fresche, come<br />
se qualc<strong>un</strong>o le avesse lasciate lì <strong>da</strong> poco, ed erano legate con
del nastro viola, come quelli che Ivy portava nei capelli. Eric<br />
sfiorò <strong>un</strong>a rosa che non era sbocciata. Il suo corpo fu<br />
attraversato <strong>da</strong> <strong>un</strong> brivido.<br />
Una rosa, non ancora aperta, si trovava in <strong>un</strong> vaso sul tavolo<br />
di Caroline. La mente di Eric aveva fatto <strong>un</strong> nuovo salto, e<br />
Tristan si rese subito conto di essere già stato in quel ricordo.<br />
La finestra panoramica, la tempesta che infuriava fuori, il<br />
terrore intenso di Eric, la frustrazione crescente… tutto era fin<br />
troppo familiare per Tristan. Proprio come prima, il ricordo<br />
scorreva via: era come il frammento <strong>da</strong>nneggiato di <strong>un</strong>a<br />
pellicola, e i singoli fotogrammi si disfacevano, spazzati via <strong>da</strong><br />
on<strong>da</strong>te di emozioni, con il suono confuso. Caroline lo guar<strong>da</strong>va<br />
e rideva, rideva come se al mondo non potesse esserci nulla di<br />
più buffo. Improvvisamente lui si gettò su di lei, la strinse, la<br />
scosse, strattonandola finché alla fine la testa di Caroline non<br />
ricadde all’indietro come quella di <strong>un</strong>a bambola di pezza.<br />
«Stammi a sentire», disse. «Dico sul serio! Non è <strong>un</strong>o<br />
scherzo! Ness<strong>un</strong>o sta ridendo, solo te. Non è <strong>un</strong>o scherzo!».<br />
Poi Eric si lasciò sfuggire <strong>un</strong> lamento. Non era paura quella<br />
che lo paralizzava adesso. Non era frustrazione, non era rabbia<br />
quella che ardeva nel suo corpo. Era <strong>un</strong> sentimento più<br />
profondo e terribile, di pura disperazione. Si lamentò di nuovo<br />
e aprì gli occhi. Tristan vide il libro dei treni proprio <strong>da</strong>vanti a<br />
lui.<br />
Il libro divenne <strong>un</strong>’immagine tremolante, indistinta, e Eric si<br />
passò la mano sopra gli occhi. Ora era sveglio, e piangeva.<br />
«Non di nuovo», sussurrò. «Non di nuovo».<br />
Cosa voleva dire?, si chiese Tristan. Cos’era che Eric non<br />
voleva che accadesse di nuovo? Che Gregory uccidesse<br />
ancora? O che lui perdesse il controllo? Forse non voleva più<br />
uccidere per conto suo. O forse avevano fatto tutto assieme ed<br />
erano legati indissolubilmente <strong>da</strong> <strong>un</strong> nodo di colpa.
Tristan lottò duramente per non perdere coscienza, per<br />
restare insieme a Eric tutta la mattina. Scivolò fuori <strong>da</strong>lla sua<br />
mente nel momento stesso in cui Eric si ridestò del tutto ma lo<br />
accompagnò a scuola, sicuro che i ricordi che lo torturavano lo<br />
avrebbero spinto ad affrontare Gregory. E Tristan rimase<br />
<strong>da</strong>vvero sorpreso quando, all’ora di pranzo, Eric attraversò in<br />
tutta fretta la sala mensa affollata e raggi<strong>un</strong>se il tavolo dove Ivy<br />
mangiava <strong>da</strong> sola.<br />
«Devo parlarti».<br />
Ivy sbatté gli occhi, stupita. I capelli chiari di Eric erano in<br />
disordine. Nel corso dell’estate era dimagrito così tanto che la<br />
sua pelle diafana praticamente non riusciva più a coprire le<br />
ossa. Le occhiaie erano profonde e nere come due ferite.<br />
Quando Ivy parlò Tristan sentì <strong>un</strong>’imprevista gentilezza<br />
nella sua voce. «Ok. Dimmi».<br />
«Non qui. Non con tutta questa gente intorno».<br />
Ivy si guardò intorno. Tristan pensò che stesse cercando il<br />
modo migliore per gestire quella situazione. Voleva scivolare<br />
dentro di lei e urlare: «Non farlo! Non an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte<br />
con lui!». Ma sapeva quello che sarebbe successo: lei lo<br />
avrebbe buttato fuori come l’ultima volta.<br />
«Mi puoi dire di cosa si tratta?», chiese Ivy, con <strong>un</strong> fil di<br />
voce.<br />
«Non qui», ripeté lui. Picchiettava nervosamente le dita sul<br />
tavolo.<br />
«A casa mia, allora», suggerì lei.<br />
Eric scosse la testa, continuava a guar<strong>da</strong>rsi intorno. Tristan,<br />
con immenso sollievo, avvistò Beth e Will che portavano i loro<br />
vassoi verso il tavolo di Ivy. Anche Eric li vide. «C’è <strong>un</strong>a<br />
vecchia macchina», disse lui in fretta, «abbandonata a <strong>un</strong><br />
chilometro di distanza <strong>da</strong>i ponti della ferrovia, proprio vicino al<br />
fiume. Ci vediamo lì domani, alle cinque. Vieni <strong>da</strong> sola. Voglio<br />
parlarti, ma devi venire <strong>da</strong> sola».
«Ma io…».<br />
«Vieni <strong>da</strong> sola. Non dirlo a ness<strong>un</strong>o». Si stava già<br />
allontanando.<br />
«Eric», lo chiamò lei. «Eric!».<br />
Lui non si voltò.<br />
«Che è successo?», le chiese Will posando il vassoio sul<br />
tavolo. Non si era accorto della presenza di Tristan. E neanche<br />
Beth e Ivy lo avevano visto. Forse ness<strong>un</strong>o si accorge del mio<br />
bagliore per colpa della luce del sole che filtra attraverso le<br />
grandi vetrate della sala mensa, pensò Tristan.<br />
«Eric pareva <strong>un</strong> pazzo», disse Beth, sedendosi vicino a Will,<br />
di fronte a Ivy. Tristan fu felice di vedere <strong>un</strong>a matita e <strong>un</strong><br />
quaderno sul vassoio di Beth. Poteva com<strong>un</strong>icare con tutti e tre<br />
contemporaneamente, spingendo Beth a scrivere quello che lui<br />
voleva dire. «Cosa ti ha detto?», le chiese lei. «C’è qualcosa<br />
che non va?».<br />
Ivy rabbrividì. «Vuole parlarmi, più tardi».<br />
«Perché non adesso?», le chiese Will.<br />
Bella doman<strong>da</strong>, pensò Tristan.<br />
«Ha detto che vuole vedermi <strong>da</strong> sola», rispose Ivy,<br />
abbassando la voce. «Non dovevo dirlo a ness<strong>un</strong>o».<br />
Beth osservava Eric che si avviava verso la porta. Strinse gli<br />
occhi.<br />
Non mi fido di lui, pensò Tristan, sforzandosi di formulare<br />
ogni parola con la massima nitidezza. Aveva indovinato: i suoi<br />
pensieri incrociarono quelli di Beth, e <strong>un</strong> momento dopo si<br />
trovava dentro la sua mente. Poi sentì che lei si ritraeva.<br />
«Non aver paura, Beth», le disse. «Non buttarmi fuori. Ho<br />
bisogno del tuo aiuto. Ivy ha bisogno del tuo aiuto».<br />
Con <strong>un</strong> sospiro Beth prese la matita vicino al suo quaderno,<br />
la infilò nel piatto e la usò per rigirare la zuppa.<br />
Will sorrise e le diede <strong>un</strong> colpetto con il gomito. «Fossi in te<br />
proverei con <strong>un</strong> cucchiaio», disse.
Poi gli occhi di Ivy si allargarono per la sorpresa. «Beth<br />
scintilla».<br />
«Ma è Tristan?», chiese Will.<br />
Beth asciugò la matita e aprì il quaderno.<br />
«Sì», scrisse.<br />
Ivy si accigliò. «Adesso può parlare direttamente con me.<br />
Perché usa ancora te per com<strong>un</strong>icare?».<br />
Le dita di Beth si agitarono freneticamente per <strong>un</strong> attimo,<br />
poi scrisse in tutta fretta: «Perché Beth mi ascolta ancora».<br />
Will rise forte.<br />
Le mani di Beth si mossero di nuovo sul foglio. «Conto su<br />
Will e Beth per convincerti… non an<strong>da</strong>re con Eric!».<br />
«Conti su di me?», mormorò Will.<br />
«È troppo pericoloso, Ivy», scribacchiò Beth. «È <strong>un</strong>a<br />
trappola. Diglielo tu, Will».<br />
«Prima devo capire bene come si sono svolti i fatti»,<br />
insistette Will.<br />
«Eric mi ha chiesto di an<strong>da</strong>re alle cinque al fiume, a <strong>un</strong><br />
chilometro di distanza <strong>da</strong>i ponti sulla ferrovia», disse Ivy.<br />
Will annuì, aprì <strong>un</strong>a bustina di ketchup e versò la salsa<br />
sull’hamburger. «Nient’altro?», le chiese.<br />
«Mi ha detto di an<strong>da</strong>re all’app<strong>un</strong>tamento <strong>da</strong> sola e di<br />
raggi<strong>un</strong>gerlo presso <strong>un</strong>a vecchia macchina vicino al fiume».<br />
Will aprì metodicamente <strong>un</strong>a secon<strong>da</strong> bustina di ketchup,<br />
poi <strong>un</strong>a di mostar<strong>da</strong>. Le sue azioni lente e precise irritarono<br />
Tristan.<br />
«Diglielo, Will! Falla ragionare», scrisse furiosamente Beth.<br />
Ma era impossibile mettere fretta a Will. «Forse Eric ti sta<br />
tendendo <strong>un</strong>a trappola», disse pensieroso a Ivy. «E forse è <strong>un</strong>a<br />
trappola mortale».<br />
«Esattamente», scrisse Beth.<br />
«Oppure», continuò Will, «forse Eric sta dicendo la verità.<br />
Magari si sta facendo prendere <strong>da</strong>l panico e adesso vuole <strong>da</strong>rti
qualche informazione importante. Onestamente, non so cosa<br />
dirti».<br />
«Idiota!», scrisse Beth. «Non farlo, Ivy», aggi<strong>un</strong>se ad alta<br />
voce, con il fiato corto. «Questo sono io a dirtelo, non Tristan».<br />
Will si voltò verso di lei. «Che c’è?», le chiese. «Cosa<br />
vedi?».<br />
Anche Tristan, dentro la sua mente, lo stava vedendo, e<br />
quella visione lo sconvolse allo stesso modo.<br />
«La macchina», disse Beth. «Non appena ne hai parlato<br />
sono riuscita a vederla, <strong>un</strong>a vecchia macchina che affon<strong>da</strong> pian<br />
piano nel fango. Qualcosa di terribile è successo là dentro. C’è<br />
<strong>un</strong>a nebbia scura intorno alla macchina».<br />
Will strinse la mano tremante di Beth.<br />
«La macchina sta scivolando nel fango come <strong>un</strong>a bara»,<br />
disse lei. «Il cofano si è già inabissato. La parte posteriore…<br />
non riesco a vedere… ci sono <strong>un</strong> sacco di arbusti e rami. Una<br />
portiera è aperta, almeno in parte, blu, penso. C’è qualcosa<br />
dentro».<br />
Gli occhi di Beth erano spalancati, pieni di terrore, e <strong>un</strong>a<br />
lacrima le scorreva l<strong>un</strong>go la guancia. Will la scacciò via<br />
gentilmente, ma <strong>un</strong>’altra lacrima le bagnò gli occhi.<br />
«I sedili anteriori sono an<strong>da</strong>ti», continuò lei. «Ma vedo il<br />
sedile posteriore, e c’è qualcosa…». Scosse la testa.<br />
«Va’ avanti», la incitò Will piano.<br />
«C’è <strong>un</strong>a coperta che copre quella cosa. E <strong>un</strong> angelo la<br />
sorveglia. L’angelo sta piangendo».<br />
«Cosa c’è sotto la coperta?», sussurrò Ivy.<br />
«Non riesco a vedere», rispose Beth in <strong>un</strong> sussurro. «Non<br />
riesco a vedere!».<br />
Poi la sua mano iniziò a scrivere: «Vedo solo quello che<br />
vede Beth. La coperta non può essere sollevata».<br />
«Sei tu l’angelo, Tristan?», chiese Ivy.<br />
«No», scrisse Beth. Poi afferrò la mano di Ivy. «C’è
qualcosa di terribile là sotto. Non an<strong>da</strong>re! Ti prego, Ivy».<br />
«Stalla a sentire, Ivy!», disse Tristan, ma le mani di Beth<br />
tremavano troppo violentemente, era impossibile scrivere.<br />
Ivy fissò Will.<br />
«Beth ha già avuto ragione due volte nel passato», disse.<br />
Ivy annuì, poi sospirò. «Ma che succede se <strong>da</strong>vvero Eric ha<br />
qualcosa di importante <strong>da</strong> dirmi?»<br />
«Troverà <strong>un</strong> altro modo», rifletté Will. «Se <strong>da</strong>vvero vuole<br />
parlarti, si inventerà qualcosa».<br />
«Immagino che tu abbia ragione», disse Ivy, e Tristan si<br />
lasciò cadere sulla sedia, sollevato.<br />
Subito dopo si allontanò <strong>da</strong> loro tre. Sentì Ivy che chiedeva<br />
mentalmente: «Dove vai?». Ma sapendo che lei era in buone<br />
mani non si fermò: si era ripreso <strong>da</strong>lle fatiche del viaggio nel<br />
tempo ma non poteva prevedere quanto sarebbero durate quelle<br />
energie miracolosamente recuperate. Aveva tempo per frugare<br />
nella camera di Gregory mentre la casa era deserta. Se fosse<br />
riuscito a trovare l’ultima dose comprata <strong>da</strong> Gregory, Ivy<br />
avrebbe avuto <strong>un</strong>a prova almeno per quell’accusa.<br />
Ma in realtà quello di cui aveva <strong>da</strong>vvero bisogno erano il<br />
giubbotto e il cappello, pensò Tristan uscendo <strong>da</strong>lla scuola. I<br />
vestiti avrebbero potuto convincere la polizia a riprendere in<br />
esame la versione di Philip. Un singolo campione di capelli<br />
avrebbe potuto confermare che Gregory era coinvolto in<br />
qualche modo.<br />
Qualc<strong>un</strong>o doveva aver trovato i vestiti dopo che erano<br />
caduti <strong>da</strong>lla moto. Ma quel qualc<strong>un</strong>o si rendeva conto della<br />
loro importanza? La storia di Philip non era stata divulgata, ma<br />
di sicuro dovevano essere girate delle voci. Possibile che nel<br />
gioco di Gregory ci fosse <strong>un</strong> giocatore sconosciuto?<br />
«Ma Ivy», piagnucolò Suzanne, «dovevamo trovare la<br />
scarpetta di cristallo per il ballo. Quelle scarpette rosse… sono<br />
l’<strong>un</strong>ico paio di scarpe in tutto il New England che sono perfette
per la mia festa di compleanno. E ho solo <strong>un</strong>a settimana di<br />
tempo utile per la caccia!».<br />
«Mi dispiace», rispose Ivy, frugando nell’armadietto alla<br />
ricerca di <strong>un</strong> altro libro. «So che te l’avevo promesso». Passò la<br />
pila di volumi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a mano all’altra, afferrando <strong>un</strong> bigliettino<br />
dietro i libri.<br />
Tre minuti prima dell’arrivo di Suzanne Ivy aveva aperto il<br />
suo armadietto e aveva scoperto che la foto di Tristan era<br />
scomparsa. E al suo posto era attaccato quel bigliettino.<br />
«Che ne dici di mercoledì?», propose Ivy. «Devo lavorare<br />
dopo scuola domani, ma possiamo fare shopping mercoledì. Ti<br />
troveremo <strong>un</strong> incredibile paio di scarpe».<br />
«Ma per quel giorno io e Gregory avremo fatto pace e<br />
probabilmente saremo impegnati».<br />
«Avremo fatto pace?», ripeté Ivy. «Che vuoi dire?».<br />
Suzanne sorrise. «Ha f<strong>un</strong>zionato, Ivy, ha f<strong>un</strong>zionato come se<br />
gli avessi fatto <strong>un</strong> incantesimo». Con la schiena appoggiata alla<br />
fila di armadietti, Suzanne piegò le ginocchia e lentamente si<br />
abbassò fino a toccare il pavimento con il sedere – <strong>un</strong>a mossa<br />
non facile con i jeans stretti, pensò Ivy. Un gruppo di ragazzi in<br />
fondo al corridoio ammirò le sue doti atletiche.<br />
«Dato che ti rifiutavi di parlargli di Jeff», continuò Suzanne,<br />
«ci ho pensato io. Ho chiamato Gregory “Jeff”».<br />
«L’hai chiamato Jeff? E lui se ne è accorto?»<br />
«Sì, tutte e due le volte», rispose Suzanne.<br />
«Wow».<br />
«E <strong>un</strong>a volta mentre la situazione si stava scal<strong>da</strong>ndo… roba<br />
pesante».<br />
«Suzanne!».<br />
Suzanne reclinò la testa e scoppiò a ridere. Era <strong>un</strong>a risata<br />
selvaggia e contagiosa, e tutti i passanti sorrisero superandole<br />
nel corridoio.<br />
«E quindi che ha detto Gregory? Che cosa ha fatto?», chiese
Ivy.<br />
«Era incredibilmente geloso», disse Suzanne, con gli occhi<br />
che scintillavano per l’eccitazione. «Ho temuto che ci saremmo<br />
ammazzati entrambi».<br />
«Che vuoi dire?».<br />
Suzanne scivolò accanto a Ivy e si chinò per sussurrarle<br />
all’orecchio, con i l<strong>un</strong>ghi capelli scuri che le ricadevano sulla<br />
fronte, come <strong>un</strong>a tendina dietro la quale si potevano confessare<br />
i più sordidi segreti.<br />
«La secon<strong>da</strong> volta eravamo sui sedili posteriori». Suzanne<br />
chiuse gli occhi per <strong>un</strong> istante, rapita <strong>da</strong>l ricordo. «Era<br />
terribilmente pallido, poi in <strong>un</strong> attimo il collo gli è diventato<br />
tutto rosso. Giuro, era bollente, come se avesse quaranta gradi<br />
di febbre. Mi ha allontanato e ha alzato la mano. Per <strong>un</strong> istante<br />
ho pensato che mi avrebbe colpito, e sono stata presa <strong>da</strong>l<br />
panico».<br />
Guardò Ivy negli occhi, con le pupille enormi per<br />
l’eccitazione. Ivy pensò che Suzanne forse si era fatta prendere<br />
<strong>da</strong>l panico in quel momento, ma adesso quell’episodio era solo<br />
<strong>un</strong> racconto eccitante. La sua amica si godeva quel ricordo<br />
nello stesso modo in cui <strong>un</strong> appassionato di horror si gusta <strong>un</strong>a<br />
casa infestata <strong>da</strong>i fantasmi – ma Gregory non era <strong>un</strong> mostro di<br />
cartapesta.<br />
«Poi ha abbassato la mano, mi ha detto <strong>un</strong> paio di parolacce,<br />
si è spostato <strong>da</strong>l sedile posteriore a quello anteriore e ha<br />
iniziato a gui<strong>da</strong>re come <strong>un</strong> pazzo. Ha aperto tutti i finestrini e<br />
ha continuato a urlarmi contro, ha detto che per lui potevo<br />
anche scendere subito. Ma ovviamente correva troppo forte e<br />
sban<strong>da</strong>va a destra e a sinistra. Io cercavo di reggermi e invece<br />
volavo <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra. Lui mi guar<strong>da</strong>va nello specchietto<br />
retrovisore e a volte si girava completamente per fissarmi,<br />
infischiandosene della stra<strong>da</strong>. È <strong>un</strong> miracolo che non siamo<br />
morti entrambi».
Ivy fissò la sua amica, paralizzata <strong>da</strong>lla paura.<br />
«Oh, andiamo, Ivy. Alla fine, quando mi sono ritrovata con<br />
il braccio destro nella manica sinistra del cappotto e i capelli<br />
tutti sconvolti a coprirmi la faccia ha rallentato, e siamo<br />
scoppiati a ridere».<br />
Ivy nascose il volto tra le mani.<br />
«Ma quando mi ha riportata a casa quella notte», continuò<br />
Suzanne, «ha giurato che non voleva vedermi mai più. Mi ha<br />
detto che gli faccio perdere l’autocontrollo, che lo costringo a<br />
fare pazzie». Sembrava soddisfattissima di se stessa, come se<br />
Gregory gli avesse fatto <strong>un</strong>o splendido complimento. «Ma<br />
sabato prossimo verrà. Verrà alla mia festa, puoi scommetterci<br />
tutto quello che hai».<br />
«Suzanne, tu stai giocando con il fuoco», disse Ivy.<br />
Suzanne sorrise.<br />
«Tu e Gregory non siete fatti l’<strong>un</strong>o per l’altra», le disse Ivy.<br />
«Pensaci. Tutti e due vi state comportando come pazzi».<br />
Suzanne alzò le spalle e rise.<br />
«Anzi, ti comporti <strong>da</strong> idiota!».<br />
Suzanne chiuse gli occhi, sorpresa <strong>da</strong>l duro rimprovero di<br />
Ivy.<br />
«Gregory ha <strong>un</strong> carattere terribile», continuò Ivy. «Tutto<br />
può succedere. Non lo conosci bene come lo conosco io».<br />
«Oh, <strong>da</strong>vvero?». Suzanne inarcò <strong>un</strong> sopracciglio. «Invece<br />
penso di conoscerlo abbastanza bene».<br />
«Suzanne…».<br />
«E so come gestirlo… molto meglio di te», aggi<strong>un</strong>se,<br />
guar<strong>da</strong>ndosi intorno, con gli occhi scintillanti per la rabbia.<br />
«Perciò non farti illusioni».<br />
«Cosa?»<br />
«In realtà l’hai sempre voluto, no? Fin <strong>da</strong>ll’inizio. Da<br />
quando hai perso Tristan hai messo gli occhi su Gregory. Ma<br />
lui è mio, non tuo, e non riuscirai a rubarmelo!».
Suzanne si alzò in fretta, si pulì i jeans, e corse via.<br />
Ivy si appoggiò contro l’armadietto. Sapeva che era inutile<br />
richiamare Suzanne e per <strong>un</strong> attimo pensò di convocare Tristan,<br />
di chiedergli di tenere d’occhio la sua amica. Forse Lacey<br />
poteva essere d’aiuto. Ma non era il momento. Ivy aveva<br />
cambiato i suoi piani per quel pomeriggio, e se Tristan le<br />
avesse letto nella mente, avrebbe cercato di fermarla.<br />
Dispiegò il foglio che era stato attaccato al posto della foto<br />
di Tristan. Il biglietto, firmato con le iniziali di Eric, era breve<br />
e convincente: «Vieni <strong>da</strong> sola. Alle cinque. So perché fai quei<br />
sogni».
Capitolo 8<br />
Ivy parcheggiò vicino ai ponti della stazione. Si trovava<br />
nello stesso spiazzo in cui si era fermato Gregory mesi prima,<br />
quella notte in cui Eric si era messo a fare i suoi giochetti <strong>da</strong><br />
pazzoide. Uscì e percorse la breve distanza che la separava <strong>da</strong>i<br />
due ponti. Sotto il sole del tardo pomeriggio le rotaie del nuovo<br />
ponte scintillavano. E accanto al nuovo c’era il vecchio ponte,<br />
<strong>un</strong> arrugginito ammasso di ferro che si fermava a metà stra<strong>da</strong><br />
<strong>da</strong>ll’altra parte del fiume. Contorti pezzi di metallo e legni<br />
marci si alzavano <strong>da</strong>lla spon<strong>da</strong> opposta, ma le due metà del<br />
vecchio ponte non si congi<strong>un</strong>gevano più, come due mani che si<br />
sfiorano senza toccarsi.<br />
Quando Ivy avvistò chiaramente i due ponti paralleli sotto la<br />
luce del sole – quando vide lo spazio di due metri e mezzo che<br />
li divideva e il baratro fino all’acqua e alle rocce sottostanti –<br />
capì che razza di rischio aveva corso Eric quando aveva cercato<br />
di saltare <strong>da</strong> <strong>un</strong> ponte all’altro. Ma che succede dentro quella<br />
testa?, si chiese. O era completamente pazzo o per lui vivere o<br />
morire non faceva la minima differenza.<br />
La Harley di Eric non si vedeva <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte, ma<br />
c’erano moltissimi alberi e arbusti dietro i quali nasconderla.<br />
Ivy si guardò intorno, poi scese lentamente l<strong>un</strong>go la banchina,<br />
facendo molta attenzione. Si allontanò sempre di più <strong>da</strong>i ponti,<br />
per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go tratto scivolò finché non raggi<strong>un</strong>se <strong>un</strong> angusto<br />
sentiero che correva parallelo al fiume. Camminò con calma,<br />
cercando di restare tranquilla, con tutti i sensi all’erta, pronta a<br />
cogliere il minimo rumore. Quando sentì i rami frusciare alzò<br />
subito lo sguardo, come se si aspettasse di beccare Eric e<br />
Gregory in agguato, pronti a saltarle alla gola.<br />
«Datti <strong>un</strong>a calmata, Ivy», si disse per tranquillizzarsi, ma<br />
continuò a procedere con la massima prudenza. Se fosse<br />
riuscita a sorprendere Eric, forse avrebbe potuto capire cosa
stava architettando prima di finire in <strong>un</strong>a trappola.<br />
Ivy guardò l’ora diverse volte, e alle cinque e cinque si<br />
chiese se avesse superato la macchina senza accorgersene. Ma<br />
dopo qualche metro con la co<strong>da</strong> dell’occhio vide <strong>un</strong>o scintillio<br />
– la luce del sole riflessa sul metallo. Quindici metri <strong>da</strong>vanti a<br />
lei, vide <strong>un</strong> sentiero ricoperto di vegetazione che portava <strong>da</strong>l<br />
fiume fino a <strong>un</strong> ammasso di metallo.<br />
Ivy si aprì la stra<strong>da</strong> a forza nella vegetazione, sempre<br />
tenendosi al riparo. Una volta pensò di aver udito <strong>un</strong> rumore<br />
alle sue spalle, <strong>un</strong> suono appena percepibile di rami spezzati<br />
sotto i piedi di qualc<strong>un</strong>o. Si voltò di scatto. Niente. Niente, a<br />
parte qualche foglia sollevata <strong>da</strong>l vento.<br />
Ivy si liberò di <strong>un</strong> paio di l<strong>un</strong>ghi rami e fece due passi in<br />
avanti, poi respirò a fondo, con il fiato corto. La macchina era<br />
proprio come Beth l’aveva descritta, con l’asse sprofon<strong>da</strong>to<br />
nella terra, la parte posteriore sepolta <strong>da</strong>i viticci. Il cofano si<br />
era staccato, e il tettuccio di vinile si era spaccato in tanti<br />
piccoli pezzi neri. Le porte divelte man<strong>da</strong>vano riflessi blu –<br />
proprio come aveva detto Beth.<br />
La portiera posteriore era aperta. C’era forse <strong>un</strong>a coperta sul<br />
sedile posteriore?, si chiese Ivy. Cosa c’era sotto la coperta?<br />
Di nuovo, udì <strong>un</strong> rumore alle sue spalle e si voltò di scatto,<br />
osservando la vegetazione. Le facevano male gli occhi, era<br />
faticoso mettere a fuoco ogni singola ombra, ogni foglia agitata<br />
<strong>da</strong>l vento, alla ricerca di <strong>un</strong>a sagoma umana intenta a osservare<br />
tutti i suoi movimenti. Ma non c’era ness<strong>un</strong>o.<br />
Guardò l’ora. Le cinque e dieci. Eric non si sarebbe arreso<br />
così presto, pensò. O è lui a essere in ritardo oppure sta<br />
aspettando che sia io a fare la prima mossa. Be’, anch’io so<br />
essere paziente, pensò Ivy, e si mise a sedere, tranquilla.<br />
Qualche minuto dopo iniziò a sentire delle dolorose fitte alla<br />
gamba, i muscoli erano rimasti in tensione troppo a l<strong>un</strong>go. Si<br />
massaggiò il polpaccio e guardò di nuovo l’ora: le cinque e <strong>un</strong>
quarto. Aspettò altri cinque minuti. Forse Eric non aveva avuto<br />
il fegato di presentarsi all’app<strong>un</strong>tamento, pensò.<br />
Si alzò lentamente, ma qualcosa le impedì di fare <strong>un</strong> altro<br />
passo in avanti. Udì di nuovo gli avvertimenti di Beth come se<br />
la sua amica fosse lì con lei, come se le stesse sussurrando<br />
nell’orecchio.<br />
«Angeli, aiutatemi», pregò Ivy. Una parte di lei voleva<br />
scoprire cosa c’era nella macchina. Ma <strong>un</strong>’altra parte voleva<br />
solo scappare via. «Angeli, ci siete? Tristan, ho bisogno di te.<br />
Ho bisogno di te adesso!».<br />
Si avvicinò alla macchina, piena di timore. Quando<br />
raggi<strong>un</strong>se lo spiazzo si fermò solo per <strong>un</strong> istante, in attesa, per<br />
essere sicura che ness<strong>un</strong>o l’avesse seguita. Poi si chinò e<br />
osservò il sedile posteriore.<br />
Chiuse gli occhi e li riaprì: per <strong>un</strong> momento non riuscì a<br />
capire se quello che stava vedendo era reale – forse era solo <strong>un</strong><br />
altro incubo, o <strong>un</strong> altro scherzo di Eric. Poi urlò, urlò finché<br />
non le fece male la gola. Aveva capito tutto senza neppure<br />
toccarlo – era troppo pallido, troppo immobile, i suoi occhi blu<br />
erano spalancati, persi nel nulla. Eric era morto.<br />
Ivy fece <strong>un</strong> salto quando qualc<strong>un</strong>o la toccò <strong>da</strong> dietro.<br />
Riprese a urlare. Due braccia la circon<strong>da</strong>rono, tirandola<br />
indietro, tenendola forte. Pensò che avrebbe urlato fino a farsi<br />
esplodere il cervello. Ma il ragazzo che la stringeva la fermò, la<br />
tenne stretta finché lei non si lasciò an<strong>da</strong>re, perdendosi nel suo<br />
abbraccio, appoggiandosi senza forze al suo corpo. Le guance<br />
di lui sfiorarono il suo volto.<br />
«Will», disse. Anche il suo corpo era scosso <strong>da</strong>i brividi.<br />
Will le girò la faccia verso di lui e la tenne stretta contro il<br />
suo petto, coprendole gli occhi con le mani. Ma nella sua<br />
mente Ivy poteva vedere Eric, immobile, che fissava il vuoto<br />
<strong>da</strong>vanti a sé, gli occhi spalancati, come se fosse solo<br />
lievemente sorpreso <strong>da</strong> quello che era accaduto.
Will spostò il peso del corpo <strong>da</strong> <strong>un</strong> piede all’altro, e Ivy capì<br />
che stava cercando di guar<strong>da</strong>re Eric pur continuando ad<br />
abbracciarla. «Io… io non vedo ness<strong>un</strong> segno di colluttazione»,<br />
disse. «Ness<strong>un</strong>a ferita. Niente sangue».<br />
Improvvisamente Ivy sentì il cuore in gola, lo stomaco in<br />
subbuglio. Digrignò i denti e ricacciò indietro i conati. «Forse<br />
la droga», disse. «Un’overdose».<br />
Will annuì. Aveva il fiato corto, respirava forte contro la sua<br />
guancia. «Dobbiamo chiamare la polizia».<br />
Poi Ivy si staccò bruscamente <strong>da</strong> lui. Si chinò e si costrinse a<br />
fissare Eric a l<strong>un</strong>go, con la massima attenzione. Doveva<br />
memorizzare tutto. Doveva raccogliere ogni indizio. Quello<br />
che era successo a Eric poteva essere <strong>un</strong> ammonimento per lei.<br />
Ma guar<strong>da</strong>ndo il corpo non provava nulla se non <strong>un</strong> forte senso<br />
di perdita; vedeva solo <strong>un</strong>o spreco, <strong>un</strong>a vita buttata via.<br />
Ivy si avvicinò alla macchina. Will le bloccò la mano. «Non<br />
farlo. Non toccarlo», disse. «Lascia il corpo così com’è, in<br />
modo che la polizia possa esaminarlo».<br />
Ivy annuì, poi prese <strong>un</strong>a vecchia coperta buttata in fondo<br />
alla macchina e la posò delicatamente sul corpo di Eric.<br />
«Angeli…», iniziò, ma la preghiera le morì sulle labbra.<br />
Mentre si allontanava sapeva che <strong>un</strong> misericordioso angelo<br />
della morte vegliava su Eric, piangendo – proprio come aveva<br />
detto Beth.<br />
«Non mi importa di quello che pensi tu, Lacey. Io sono<br />
contento di essermi perso il mio f<strong>un</strong>erale», disse Tristan mentre<br />
le persone si rad<strong>un</strong>avano nel cimitero per compiangere la morte<br />
di Eric. Alc<strong>un</strong>i se ne stavano <strong>da</strong> soli, in disparte, rigidi come<br />
sol<strong>da</strong>ti; altri si appoggiavano alla spalla del vicino, in cerca di<br />
consolazione e sostegno.<br />
Il sole quel venerdì era pallido e incerto. Molti dei presenti<br />
stavano iniziando ad aprire gli ombrelli, simili a luminosi fiori
di nylon che sbocciavano in mezzo alle grigie lapidi e agli<br />
alberi ammantati di nebbia. Will aveva Beth <strong>da</strong> <strong>un</strong> lato e Ivy<br />
<strong>da</strong>ll’altro. Con il capo scoperto, lasciava che la pioggia si<br />
mischiasse alle lacrime sul suo volto. Suzanne cingeva con <strong>un</strong><br />
braccio la vita di Gregory, con lo sguardo fisso a terra, a<br />
osservare l’erba scintillante.<br />
Per la terza volta nel giro di cinque mesi loro quattro si<br />
ritrovavano al Riverstone Rise, e la polizia continuava a<br />
rifilargli le solite domande di routine.<br />
«Allora?», disse Lacey, appollaiata sul ramo di <strong>un</strong> albero.<br />
Tristan sbuffò. «Gregory ha alzato <strong>un</strong> muro invalicabile<br />
intorno a sé», rispose, e continuò a girare in tondo, frustrato,<br />
sotto l’olmo. Nel corso della f<strong>un</strong>zione aveva tentato più volte<br />
di infilarsi dentro la mente di Gregory. «A volte penso che lui<br />
si accorga di me nel momento stesso in cui cerco di<br />
avvicinarmi. Penso che si ren<strong>da</strong> conto che c’è qualcosa che non<br />
va non appena capito nelle sue vicinanze».<br />
«Potrebbe anche essere», disse Lacey. Materializzò <strong>un</strong> dito e<br />
si aggrappò a <strong>un</strong> ramo, lasciandosi cadere con grazia proprio<br />
vicino a lui. «Parlando in termini angelici, tu non sei<br />
esattamente <strong>un</strong> professionista».<br />
«Che vuoi dire?»<br />
«Be’, mettiamola in questi termini. Se stessi cercando di<br />
rubare televisori invece che pensieri», gli disse, «ti saresti già<br />
fatto beccare <strong>da</strong> <strong>un</strong> cane di quindici anni, mezzo sordo e cieco<br />
come <strong>un</strong>a talpa».<br />
Tristan incassò il colpo. «Allora <strong>da</strong>mmi due anni per<br />
riman<strong>da</strong>re quello che devo fare», ribatté, «cioè, scusa, due anni<br />
per fare pratica, e diventerò bravo quanto te».<br />
«Forse», disse Lacey, e poi aggi<strong>un</strong>se con <strong>un</strong> sorriso:<br />
«Anch’io ho cercato di entrare in lui. Impossibile».<br />
Tristan studiò il volto di Gregory. Non lasciava trapelare<br />
nulla, la sua bocca era <strong>un</strong>a linea continua e imperturbabile, e
teneva gli occhi fissi <strong>da</strong>vanti a sé.<br />
«Sai», disse Lacey, materializzando <strong>un</strong>a mano e<br />
sollevandola per catturare ogni goccia di pioggia, «Gregory<br />
non deve essere per forza responsabile di tutto quello che<br />
succede. Hai visto il rapporto della polizia. Gli agenti non<br />
hanno rinvenuto ness<strong>un</strong> indizio di colluttazione».<br />
Il medico legale aveva dichiarato che si trattava di<br />
<strong>un</strong>’overdose letale. I genitori di Eric non si arrendevano, e<br />
sostenevano che era stato <strong>un</strong> incidente. A scuola girava voce<br />
che si fosse suici<strong>da</strong>to. Tristan credeva che fosse <strong>un</strong> omicidio.<br />
«Il rapporto non prova nulla», ribatté, continuando a<br />
camminare su e giù. «Gregory non aveva bisogno di usare la<br />
forza. Era sufficiente comprargli <strong>un</strong>a dose forte senza dirgli che<br />
si trattava di roba pesante. Forse ha aspettato che Eric fosse più<br />
sbronzo del solito per <strong>da</strong>rgli la dose fatale. La polizia non<br />
pensa a <strong>un</strong> omicidio, Lacey, solo perché non ha ness<strong>un</strong> motivo<br />
per farlo».<br />
«E invece tu sì».<br />
«Eric era pronto a parlare. Era pronto a dire qualcosa a Ivy».<br />
«Aha! Allora la tipa aveva ragione», lo p<strong>un</strong>zecchiò Lacey.<br />
«Aveva ragione», ammise, anche se era ancora furioso con<br />
Ivy per aver cercato di incontrare Eric quel l<strong>un</strong>edì pomeriggio.<br />
Lo aveva chiamato proprio all’ultimo momento, quando<br />
sarebbe stato troppo tardi, se avesse <strong>da</strong>vvero avuto bisogno di<br />
lui. Accorrendo in suo soccorso, Tristan l’aveva trovata<br />
sottobraccio a Will, mentre si allontanavano <strong>da</strong>lla scena del<br />
delitto. Will aveva detto che quel pomeriggio aveva seguito<br />
Ivy, spinto <strong>da</strong> <strong>un</strong> misterioso istinto.<br />
«Ti senti ancora escluso?», gli chiese Lacey.<br />
Lui non rispose.<br />
«Tristan, quando ti entrerà in testa che siamo morti?», disse<br />
Lacey. «E questo è quello che succede quando sei morto. La<br />
gente si dimentica di invitarti».
Tristan teneva gli occhi fissi su Ivy. Voleva starle accanto,<br />
tenerle la mano.<br />
«Dobbiamo cercare di aiutarli quando possiamo e poi<br />
lasciarli an<strong>da</strong>re», gli disse Lacey. «Diamo <strong>un</strong>a mano, e poi ciao<br />
ciao». Agitò entrambe le mani, come per salutarlo.<br />
«Come ti ho detto prima, Lacey, spero che <strong>un</strong> giorno ti<br />
innamorerai di qualc<strong>un</strong>o. Spero che prima che la tua missione<br />
sia finita, qualche ragazzo ti insegni cosa si prova, quant’è dura<br />
amare qualc<strong>un</strong>o e osservarlo mentre si strugge d’amore per<br />
<strong>un</strong>’altra persona».<br />
Lacey fece <strong>un</strong> passo indietro.<br />
«Spero che tu possa imparare cosa significa dire addio a <strong>un</strong>a<br />
persona che ami <strong>da</strong> impazzire, molto di più di quanto quella<br />
persona possa immaginare».<br />
Lei si girò di scatto. «Forse il tuo desiderio sarà<br />
accontentato», disse.<br />
Lui la guardò, sorpreso <strong>da</strong>l suo tono di voce. Di solito non<br />
doveva fare troppa attenzione a non ferire i sentimenti di<br />
Lacey. «Mi sono perso qualcosa?», le chiese.<br />
Lei scosse la testa.<br />
«Cosa?», chiese. «Che c’è?». All<strong>un</strong>gò la mano per sfiorarle<br />
la guancia.<br />
Lacey si ritrasse.<br />
«Ti stai perdendo la preghiera finale», disse. «Dobbiamo<br />
pregare insieme agli altri per Eric». Lacey gi<strong>un</strong>se le mani e<br />
ass<strong>un</strong>se <strong>un</strong>’aria estremamente angelica.<br />
Tristan sospirò. «Prega tu al posto mio», disse. «Io non ho<br />
molti sentimenti positivi <strong>da</strong> dedicare a Eric».<br />
«Una ragione in più per pregare», replicò. «Se non riposa in<br />
pace, potrebbe finire qui con noi».<br />
«Angeli, prendetevi cura di lui. Lasciate che riposi in pace»,<br />
pregò Ivy. «Aiutate la famiglia di Eric», disse silenziosamente,
e fissò Christine, la sorella maggiore di Eric. Era in piedi tra i<br />
suoi genitori, <strong>da</strong>ll’altra parte del feretro.<br />
Più di <strong>un</strong>a volta Ivy aveva notato che Christine la stava<br />
osservando. Quando i loro occhi si incontrarono, la bocca della<br />
ragazza tremò leggermente, poi si serrò, <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga linea serrata<br />
e ininterrotta. Christine aveva gli stessi capelli biondi di Eric e<br />
la stessa pelle di porcellana, ma i suoi occhi erano di <strong>un</strong>a<br />
tonalità vibrante di blu. Era splendi<strong>da</strong> – <strong>un</strong> terribile ricordo di<br />
quello che sarebbe potuto essere Eric se la droga e l’alcol non<br />
avessero minato il suo corpo e la sua mente.<br />
«Angeli, prendetevi cura di lui», pregò di nuovo Ivy.<br />
Il prete concluse la f<strong>un</strong>zione, e tutti si girarono nello stesso<br />
istante. Le dita di Gregory sfiorarono quelle di Ivy. Aveva le<br />
mani fredde come ghiaccio. Ivy ripensò alla sera in cui la<br />
polizia aveva com<strong>un</strong>icato loro la notizia della morte di<br />
Caroline. Gregory era semplicemente gelido.<br />
«Come va?», gli chiese.<br />
Lui le prese le mani e le strinse forte le dita. La notte in cui<br />
Caroline era morta aveva fatto lo stesso identico gesto, e Ivy<br />
aveva creduto che finalmente si fosse aperto, si stesse<br />
avvicinando a lei.<br />
«Sto bene», disse lui. «E tu?»<br />
«Contenta che sia tutto finito», rispose onestamente.<br />
Lui studiò il suo volto, ogni singolo centimetro. Ivy si<br />
sentiva in trappola, imprigionata <strong>da</strong>lle sue mani, invasa <strong>da</strong>i suoi<br />
sguardi, violata nei suoi pensieri.<br />
«Mi dispiace, Gregory. Tu ed Eric eravate amici <strong>da</strong> così<br />
tanto tempo», disse. «So che per te è molto più dura che per<br />
chi<strong>un</strong>que altro».<br />
Gregory continuava a fissarla.<br />
«Hai cercato di aiutarlo, Gregory. Hai fatto tutto quello che<br />
potevi», disse Ivy. «E lo sappiamo entrambi».<br />
Gregory abbassò la testa, spostando il viso vicinissimo al
suo. Le venne la pelle d’oca. Qualc<strong>un</strong>o che non sapeva bene<br />
cosa stesse accendendo – Andrew e Maggie per esempio, che li<br />
osservavano <strong>da</strong> <strong>un</strong>a certa distanza – avrebbe pensato che si<br />
trattasse di <strong>un</strong> momento di condivisone, di dolore e di<br />
reciproco sostegno. Ma per Ivy era solo la mossa di <strong>un</strong> animale<br />
di cui lei non si fi<strong>da</strong>va, <strong>un</strong> cane che non mordeva ma la<br />
intimidiva digrignando i denti troppo vicino alla sua pelle nu<strong>da</strong>.<br />
«Gregory!».<br />
Era così concentrato su Ivy che fece <strong>un</strong> salto quando<br />
Suzanne gli posò <strong>un</strong>a mano alla base del collo. Ivy fece subito<br />
<strong>un</strong> passo indietro, e Gregory la lasciò an<strong>da</strong>re.<br />
È nervoso come me, pensò Ivy mentre osservava Suzanne e<br />
Gregory che si avviavano verso le macchine parcheggiate<br />
l<strong>un</strong>go la stra<strong>da</strong>. Beth e Will si incamminarono, e Ivy li seguì<br />
lentamente, tenendosi a distanza. Con la co<strong>da</strong> dell’occhio<br />
avvistò la sorella di Eric che si avvicinava a lei a larghi passi.<br />
Ivy aveva detto alla polizia che lei e Will erano an<strong>da</strong>ti a farsi<br />
<strong>un</strong> giretto dopo la scuola e avevano visto la macchina di Eric.<br />
Quando il signore e la signora Ghent avevano saputo della<br />
morte di Eric, le avevano telefonato per discutere della<br />
testimonianza che lei aveva rilasciato alla polizia e farsi <strong>da</strong>re<br />
maggiori dettagli. Ora Ivy si preparò a subire <strong>un</strong> nuovo<br />
interrogatorio.<br />
«Sei Ivy Lions, non è vero?», le chiese la ragazza. Aveva<br />
delle guance perfette e rosee, e i capelli lisci scintillavano sotto<br />
la pioggia. Era stranissimo trovarsi a discutere con <strong>un</strong>a<br />
versione sana di Eric.<br />
«Sì», rispose Ivy. «Mi dispiace, Christine. Sono <strong>da</strong>vvero<br />
desolata per te e per la tua famiglia».<br />
La ragazza accettò le condoglianze di Ivy con <strong>un</strong> cenno del<br />
capo. «Tu… tu dovevi essere molto legata a Eric», disse.<br />
«Come?»<br />
«Immagino che fossi <strong>un</strong>a persona molto speciale per lui».
Ivy la fissò, confusa.<br />
«Per quello che ha lasciato. Quando… quando io ed Eric<br />
eravamo piccoli», iniziò Christine, con la voce che le tremava,<br />
«ci lasciavamo dei messaggi in <strong>un</strong> posto segreto in soffitta. Li<br />
mettevamo in <strong>un</strong>a vecchia scatola di cartone. E sulla scatola<br />
avevamo scritto: “Attenzione! Rane! Non aprire!”».<br />
Christine scoppiò a ridere, poi le lacrime le inumidirono gli<br />
occhi. Ivy attese pazientemente di scoprire dove volesse an<strong>da</strong>re<br />
a parare.<br />
«Quando sono tornata a casa per… per il f<strong>un</strong>erale, ho <strong>da</strong>to<br />
<strong>un</strong>’occhiata nella scatola, così, di impulso», continuò Christine.<br />
«Non mi aspettavo di trovarci qualcosa dentro – erano anni che<br />
non la usavamo. Ma ho trovato <strong>un</strong> biglietto per me. E questa».<br />
Tirò fuori <strong>da</strong>lla borsetta <strong>un</strong>a busta grigia. «Il biglietto diceva<br />
solo: “Se mi succede qualcosa, consegna questa a Ivy Lions”».<br />
Ivy spalancò gli occhi.<br />
«Non te lo aspettavi», osservò Christine. «Non hai idea di<br />
che cosa ci sia dentro».<br />
«No», disse Ivy, poi prese la busta chiusa. Sentiva che<br />
dentro c’era qualcosa di rigido e piccolo, sembrava <strong>un</strong> oggetto<br />
duro avvolto in <strong>un</strong>’imbottitura. Quello che c’era scritto sulla<br />
busta la incuriosiva ancora di più. Il nome e l’indirizzo di Eric<br />
erano riportati con <strong>un</strong>a scrittura chiara e niti<strong>da</strong>, e c’era anche il<br />
nome di Ivy, a caratteri cubitali. L’adesivo che specificava<br />
l’indirizzo a cui riportare la busta in caso di mancata consegna<br />
recava il nome e l’indirizzo di Caroline Baines.<br />
«Oh, già», disse Christine quando Ivy le indicò l’adesivo.<br />
«Probabilmente è solo <strong>un</strong>a vecchia busta che Eric ha preso<br />
senza pensarci».<br />
Ma non era <strong>un</strong>a vecchia busta. Ivy controllò il timbro: il 28<br />
maggio, il giorno del compleanno di Philip. Il giorno della<br />
morte di Caroline.<br />
«Forse non lo sapevi», continuò Christine. «Eric era molto
legato a Caroline. Per lui era <strong>un</strong>a secon<strong>da</strong> madre».<br />
Ivy alzò lo sguardo, sorpresa. «Davvero?»<br />
«Fin <strong>da</strong> quando era solo <strong>un</strong> bambino, Eric non è mai an<strong>da</strong>to<br />
d’accordo con mia madre», le spiegò Christine. «Io sono più<br />
grande di sei anni, e stavo con lui a volte, quando mia madre<br />
restava per giorni interi a New York per lavoro. Ma di solito<br />
rimaneva <strong>da</strong>i Baines, e si affezionò a Caroline più che a noi.<br />
Persino dopo il suo divorzio, quando ormai Gregory non<br />
abitava più con lei, Eric an<strong>da</strong>va spesso a trovarla».<br />
«Non lo sapevo», disse Ivy.<br />
«Hai intenzione di aprirla?», domandò Christine, fissando<br />
con curiosità la busta.<br />
Ivy strappò <strong>un</strong> angolo e tirò fuori il contenuto. «Se è di<br />
natura personale», la avvertì, «potrei non avere voglia di<br />
mostrarti cosa c’è scritto».<br />
Christine annuì.<br />
Ma non c’era ness<strong>un</strong> messaggio, solo del tessuto avvolto<br />
intorno a <strong>un</strong> oggetto duro. Ivy tirò fuori <strong>un</strong>a chiave. Era l<strong>un</strong>ga<br />
cinque centimetri, più o meno. Un’estremità era ovale, con<br />
delle elaborate decorazioni incise nel metallo. L’altra estremità,<br />
quella che doveva entrare nella serratura, era <strong>un</strong> semplice<br />
cilindro cavo con due piccoli denti sulla p<strong>un</strong>ta.<br />
«Sai cosa apre?», le chiese Christine.<br />
«No», rispose Ivy. «E non c’è ness<strong>un</strong> messaggio».<br />
Christine si morse il labbro, poi disse: «Be’, forse in fin dei<br />
conti è stato <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> incidente». Ivy poteva sentire il tono di<br />
speranza nella sua voce. «Voglio dire, se Eric aveva progettato<br />
di uccidersi, avrebbe lasciato <strong>un</strong> messaggio per spiegare tutto<br />
questo… non credi?».<br />
A meno che non sia stato ucciso prima di averne la<br />
possibilità, pensò Ivy, ma annuì per far capire a Christine che<br />
era d’accordo con lei.<br />
«Eric non si è suici<strong>da</strong>to», disse Ivy con voce ferma e sicura.
Poi vide la gratitudine negli occhi di Christine e arrossì. Se solo<br />
Christine sapesse, pensò Ivy, che potrei essere io la causa della<br />
morte di suo fratello.<br />
Ivy fece ricadere la chiave nella busta, la richiuse e la<br />
ripiegò a metà. Se la ficcò nell’impermeabile, e disse a<br />
Christine che se avesse scoperto a cosa serviva la chiave<br />
l’avrebbe subito informata.<br />
Christine la ringraziò, le disse che era stata <strong>un</strong>’ottima amica<br />
per Eric, e quella frase fece arrossire ancora di più Ivy.<br />
Era ancora sconvolta quando raggi<strong>un</strong>se Will e Beth, che<br />
erano rimasti a osservarla <strong>da</strong> <strong>un</strong>a ventina di metri di distanza,<br />
stretti sotto l’ombrello.<br />
«Cosa ti ha detto?», le chiese Will, trascinandola sotto<br />
l’ombrello insieme a loro.<br />
«Mi ha… ehm… mi ha ringraziata perché sono stata <strong>un</strong>a<br />
buona amica per Eric».<br />
«Oh, accidenti», disse piano Beth.<br />
«Nient’altro?», le chiese Will.<br />
Era <strong>un</strong>a doman<strong>da</strong> che Ivy si sarebbe aspettata <strong>da</strong> Gregory,<br />
<strong>un</strong>a di quelle volte che la metteva spalle al muro per estorcerle<br />
informazioni.<br />
«Avete parlato a l<strong>un</strong>go», osservò Will. «Non ti ha detto<br />
nient’altro?»<br />
«No», mentì Ivy.<br />
Will fissò la tasca in cui lei aveva nascosto la busta. Doveva<br />
essersi accorto dello scambio, e di sicuro anche in quel<br />
momento riusciva a intravedere l’angolo della busta che<br />
sporgeva, ma non le fece altre domande.<br />
Avevano avuto l’autorizzazione a non an<strong>da</strong>re a scuola quel<br />
giorno, e se ne an<strong>da</strong>rono <strong>da</strong> Celentano per <strong>un</strong> pranzo tardivo.<br />
Mentre studiavano i menu Ivy si chiese cosa stesse pensando<br />
Will, e se avesse dei sospetti su Gregory. Alla centrale di<br />
polizia quel l<strong>un</strong>edì Will aveva lasciato che fosse lei a parlare,
poi aveva confermato la sua versione. Ness<strong>un</strong>o aveva fatto<br />
parola dello strano app<strong>un</strong>tamento richiesto <strong>da</strong> Eric. Ora Ivy<br />
voleva raccontare tutto a Will. Se lo avesse guar<strong>da</strong>to troppo a<br />
l<strong>un</strong>go negli occhi, non sarebbe mai riuscita a tenere il segreto.<br />
«Allora, come va?», disse Pat Celentano, che si era<br />
avvicinata per prendere le ordinazioni. Quasi tutti i clienti che<br />
si erano fermati per il pranzo se ne stavano an<strong>da</strong>ndo, e la<br />
proprietaria parlava a voce più bassa del solito. «Non è stata<br />
<strong>un</strong>a bella mattinata per voi».<br />
Prese le ordinazioni, poi posò delle matite e dei colori in più<br />
sulla tovaglia di carta.<br />
Will, che aveva già affisso diversi disegni sulle pareti del<br />
locale, cominciò immediatamente ad abbozzare <strong>un</strong>o schizzo.<br />
Ivy iniziò a scarabocchiare sul suo foglio. Beth compose<br />
l<strong>un</strong>ghe catene di parole in rima, borbottando tra sé mentre la<br />
lista cresceva. «Scusa», disse, quando la catena sconfinò nello<br />
spazio di Will e sporcò il suo disegno.<br />
Stava scrivendo e illustrando filastrocche. Beth e Ivy si<br />
sporsero per leggere quello che aveva scritto, e iniziarono a<br />
ridere piano. Will aveva fatto <strong>un</strong> disegno di loro vestite con i<br />
costumi <strong>da</strong> vecchio West. «I tesori di Virginia City», l’aveva<br />
intitolato.<br />
Beth indicò il disegno. «Penso che tu ti sia dimenticato<br />
qualche curva», disse. «Il vestito di Ivy era molto più aderente.<br />
Naturalmente, era sempre meno stretto dei tuoi pantaloni <strong>da</strong><br />
cowboy».<br />
Ivy sorrise, ricor<strong>da</strong>ndo la voce che li aveva confusi tutti quel<br />
giorno, <strong>un</strong>a voce che era venuta fuori <strong>da</strong>l nulla – Lacey che si<br />
divertiva.<br />
«Che bel sedere!», dissero Ivy e Beth contemporaneamente,<br />
e scoppiarono a ridere.<br />
Con quell’improvvisa risata vennero fuori le lacrime. Ivy si<br />
coprì il volto con le mani.
Will e Beth rimasero sedute in silenzio e la fecero sfogare,<br />
poi Will le fece posare delicatamente la mano sul tavolo e<br />
iniziò a delinearne la sagoma con <strong>un</strong>a matita. La penna corse<br />
l<strong>un</strong>go le sue dita, ancora e ancora, quel delicato tocco la<br />
calmava. Poi anche Will posò la sua mano sul foglio, proprio<br />
accanto a quella di Ivy, e tracciò il suo contorno.<br />
Quando sollevarono le mani, Ivy guardò il disegno. «Ali»,<br />
disse, sorridendo leggermente. «Una farfalla, oppure <strong>un</strong><br />
angelo».<br />
Will le lasciò la mano. Ivy voleva avvicinarsi a lui,<br />
appoggiare la testa alla sua spalla. Voleva dirgli tutto quello<br />
che sapeva e chiedere il suo aiuto. Ma non poteva metterlo in<br />
pericolo. Per colpa sua, il ragazzo che amava con tutto il cuore<br />
era stato ucciso. E non avrebbe mai permesso che accadesse lo<br />
stesso all’altro ragazzo – Ivy si trattenne. All’altro ragazzo che<br />
lei… amava?
Capitolo 9<br />
Riaccompagnarono Ivy con la macchina, ma lei non entrò in<br />
casa. Con la busta di Eric ancora in tasca, prese la sua<br />
macchina e cominciò a gui<strong>da</strong>re. Dopo <strong>un</strong>’ora di giri senza<br />
meta, l<strong>un</strong>go vie secon<strong>da</strong>rie che seguivano il fiume in direzione<br />
nord, aveva attraversato il ponte, si era diretta verso sud ed era<br />
tornata <strong>da</strong>ll’altra parte, in città. Alla fine parcheggiò in fondo a<br />
Main Street.<br />
Aveva finalmente smesso di piovere e il parcheggio deserto<br />
era umido, brillava dei colori del tardo pomeriggio: il sole<br />
trafiggeva le nuvole nere e blu e donava all’erba <strong>un</strong>a sfumatura<br />
scintillante di verde. Ivy era <strong>da</strong> sola sotto il padiglione di legno,<br />
e ripensava al giorno della fiera. Gregory era rimasto a<br />
osservarla in disparte, mentre Will la fissava <strong>da</strong>ll’altra parte del<br />
prato. Ma quel giorno, mentre suonava, l’<strong>un</strong>ica presenza che<br />
aveva avvertito <strong>da</strong>vvero era quella di Tristan. C’era sul serio?<br />
Mentre si esibiva nella Sonataper pianoforte numero 14,<br />
Tristan aveva capito che stava suonando per lui?<br />
«C’ero. E lo sapevo».<br />
Ivy abbassò lo sguardo, si fissò le mani scintillanti e sorrise.<br />
«Tristan», disse piano.<br />
«Ivy». La sua voce era come <strong>un</strong>a forte luce nel suo animo.<br />
«Ivy, <strong>da</strong> cosa stavi scappando?».<br />
La doman<strong>da</strong> la colse alla sprovvista. «Cosa?»<br />
«Perché gui<strong>da</strong>vi in quel modo? Da cosa fuggi?», le chiese<br />
Tristan.<br />
«Stavo gui<strong>da</strong>ndo e basta».<br />
«Eri sconvolta», ribatté lui.<br />
«Stavo cercando di pensare, nient’altro. Ma non ci sono<br />
riuscita», confessò.<br />
«A cosa non riuscivi a pensare?»<br />
«A te». Ivy fece scorrere piano la mano sul legno piatto e
<strong>un</strong>iforme della panchina su cui era seduta. «Sei morto per<br />
causa mia. L’ho capito <strong>da</strong> tempo, ma mi sono sempre rifiutata<br />
di affrontare la questione, almeno fino ad ora. Adesso ho<br />
realizzato che Eric potrebbe essere morto per colpa mia. E ho<br />
capito cosa potrebbe accadere a Will se scoprisse cosa sta<br />
succedendo».<br />
«Will scoprirà tutto, in <strong>un</strong> modo o nell’altro», le disse<br />
Tristan.<br />
«Ma non possiamo permetterlo!», disse Ivy. «Non possiamo<br />
metterlo in pericolo».<br />
«Se è questo quello che provi», osservò Tristan con voce<br />
tagliente, «non avresti dovuto lasciare incustodito il cappotto al<br />
tavolo».<br />
Ivy si mise subito la mano in tasca. La busta c’era ancora,<br />
piegata a metà, ma quando la esaminò per bene capì che era<br />
stata aperta.<br />
«Ci ha guar<strong>da</strong>to dentro non appena tu e Beth l’avete lasciato<br />
solo».<br />
Ivy chiuse gli occhi per <strong>un</strong> attimo. Si sentiva tradita.<br />
«Immagino… immagino che anch’io sarei stata curiosa», disse<br />
con voce piatta.<br />
«Secondo te, a che cosa serve la chiave?», le chiese Tristan.<br />
Ivy si rigirò la busta tra le mani. «Una scatola di piccole<br />
dimensioni, <strong>un</strong> armadio. Nella casa di Caroline», aggi<strong>un</strong>se,<br />
esaminando l’indirizzo. «Tu puoi entrarci?»<br />
«Senza problemi, e posso materializzare le dita per togliere<br />
il catenaccio e farti entrare», le disse. «Porta con te la chiave e<br />
troveremo quello che Eric voleva farti trovare. Ma non oggi,<br />
ok?».<br />
Ivy sentì la tensione che incrinava la sua voce. «C’è<br />
qualcosa che non va?»<br />
«Sono stanco. Davvero stanco».<br />
«L’oscurità», sussurrò lei, spaventata. Tristan l’aveva
avvertita che prima o poi sarebbe gi<strong>un</strong>to il momento in cui non<br />
sarebbe più tornato <strong>da</strong>ll’oscurità.<br />
«Va tutto bene», la rassicurò. «Ho solo bisogno di <strong>un</strong> po’ di<br />
riposo. Sei <strong>un</strong> impegno costante e faticoso, lo sai», rise.<br />
È colpa mia, pensò Ivy. È morto per causa mia, e adesso…<br />
«Ivy, no. Non puoi vederla in questo modo», disse.<br />
«Ma io la penso <strong>da</strong>vvero così», controbatté lei. «Ero io<br />
quella che doveva morire. Se non fosse stato per me…».<br />
«Se non fosse stato per te, non avrei mai capito che vuol<br />
dire amare <strong>un</strong>’altra persona», le disse. «Se non fosse stato per<br />
te, non avrei mai baciato delle labbra così dolci».<br />
Ivy moriva <strong>da</strong>lla voglia di baciarlo adesso, subito. «Tristan»,<br />
disse, tremando per l’idea che le era venuta in mente in quel<br />
preciso istante, «se morissi, potrei stare con te».<br />
Lui rimase in silenzio. Lei poteva avvertire la confusione<br />
che agitava i suoi pensieri, le emozioni che si scontravano<br />
nell’animo di Tristan, come in quello di Ivy.<br />
«Potrei stare con te per sempre», gli disse.<br />
«No».<br />
«Sì!».<br />
«Non è così che deve an<strong>da</strong>re», disse. «E lo sai anche tu».<br />
Ivy si alzò e si mise a camminare in tondo. La presenza di<br />
Tristan dentro di lei era più forte, più reale del giorno aut<strong>un</strong>nale<br />
all’esterno. Quando erano insieme, l’odore di terra bagnata, lo<br />
splendore dell’erba verde smeraldo e le prime foglie scarlatte<br />
sembravano solo pallide immagini sfocate ai margini del suo<br />
campo visivo.<br />
«Non sarei stato man<strong>da</strong>to indietro ad aiutarti», continuò<br />
Tristan. «Non sarei diventato <strong>un</strong> angelo se non fosse<br />
importante che tu rimanga in vita. Ivy, voglio che tu sia mia» –<br />
lei sentiva tutto il panico nella sua voce – «ma non puoi<br />
esserlo».<br />
«Ma sono tua!», urlò lei.
«Siamo sulle rive opposte del fiume», disse lui, «ed è <strong>un</strong><br />
fiume che non può essere attraversato. Tu sei destinata a stare<br />
con <strong>un</strong>’altra persona».<br />
«Io sono destinata a te», ripeté.<br />
«Zitta».<br />
«Non voglio perderti, Tristan!».<br />
«Shh. Shh», la calmò lui. «Senti, Ivy, presto cadrò nelle<br />
tenebre, e potrebbe passare <strong>un</strong> bel po’ di tempo prima che io<br />
sia di nuovo in grado di raggi<strong>un</strong>gerti».<br />
Ivy continuava a camminare su e giù.<br />
«Stai ferma. Sto uscendo <strong>da</strong>l tuo corpo, perciò non potrai<br />
più sentirmi», le disse. «Stai ferma».<br />
Poi tutto cadde nel silenzio. Ivy rimase immobile, stupefatta.<br />
L’aria intorno a lei scintillava d’oro. Sentì le sue mani che la<br />
sfioravano, gentili carezze che le toccavano la guancia,<br />
sollevandole il mento. La baciò. Le loro labbra si sfiorarono, si<br />
sfiorarono <strong>da</strong>vvero, <strong>un</strong> bacio l<strong>un</strong>go e tremen<strong>da</strong>mente dolce.<br />
«Ivy»… non riusciva a sentirlo, ma udì lo stesso quel nome,<br />
sussurrato contro la sua guancia. «Ivy». Un attimo dopo era<br />
scomparso.
Capitolo 10<br />
Ivy si mise due grandi orecchini a cerchio, si pulì <strong>un</strong> po’ di<br />
mascara che le era rimasto sotto <strong>un</strong> occhio, poi fece <strong>un</strong> passo<br />
indietro per guar<strong>da</strong>rsi con calma allo specchio, esaminandosi<br />
con sguardo critico.<br />
«Sei molto sexy».<br />
Fissò l’immagine riflessa di Philip e scoppiò a ridere. «Di<br />
sicuro non hai imparato quest’espressione <strong>da</strong> Andrew. E come<br />
fai a sapere cosa significa essere molto sexy, in ogni modo?»<br />
«Gliel’ho spiegato io».<br />
Ivy si voltò di scatto. Gregory era comparso sulla porta, e si<br />
appoggiava tutto tranquillo allo stipite. Dopo la morte di Eric,<br />
la settimana precedente, Ivy aveva avvertito costantemente la<br />
presenza di Gregory, che la seguiva ov<strong>un</strong>que, come <strong>un</strong> angelo<br />
nero.<br />
«E sei <strong>da</strong>vvero sexy», aggi<strong>un</strong>se, mentre la esaminava piano,<br />
lentamente, spostando gli occhi <strong>da</strong>ll’alto in basso, su ogni<br />
centimetro del suo corpo.<br />
Forse avrei dovuto scegliere <strong>un</strong>a gonna <strong>un</strong> po’ meno corta,<br />
pensò Ivy, o <strong>un</strong>a maglietta <strong>un</strong> po’ meno scollata.<br />
Ma era decisa a far vedere a tutti i ragazzi che avrebbero<br />
partecipato alla festa di Suzanne che non era <strong>un</strong>a povera<br />
depressa pronta a imboccare la stessa stra<strong>da</strong> verso<br />
l’autodistruzione che Eric aveva percorso fino in fondo.<br />
Suzanne non aveva annullato la festa, anche se era solo il<br />
giorno dopo il f<strong>un</strong>erale. Ivy l’aveva incoraggiata: le aveva detto<br />
che sarebbe stata la cosa migliore per tutti – anche i loro<br />
compagni di scuola avevano bisogno di stare <strong>un</strong> po’ assieme,<br />
farsi forza a vicen<strong>da</strong>.<br />
«Sono i colori. Sono quelli che ti rendono sexy», disse<br />
Philip a Ivy, ansioso di far capire che sapeva bene di cosa stava<br />
parlando.
Ivy guardò Gregory. «Bel lavoro, professore».<br />
Gregory rise. «Ho fatto del mio meglio», disse, poi sollevò<br />
le chiavi della macchina e le fece tintinnare.<br />
Ivy prese le sue chiavi e la borsetta.<br />
«Ivy, è <strong>un</strong>a cosa stupi<strong>da</strong>», disse Gregory. «Perché dobbiamo<br />
an<strong>da</strong>re nello stesso posto con due macchine?».<br />
Ne avevano già discusso nel corso della cena. «Te l’ho<br />
detto, quasi sicuramente me ne andrò prima di te». Prese <strong>un</strong><br />
regalo impacchettato per Suzanne e spense la lampa<strong>da</strong> sotto lo<br />
specchio. «Tu esci con la padrona di casa – tutti se ne andranno<br />
prima di te, con ogni probabilità».<br />
Gregory fece <strong>un</strong> mezzo sorriso e alzò le spalle. «Forse, ma<br />
se te ne vuoi an<strong>da</strong>re, ci saranno decine di ragazzi ansiosi di<br />
<strong>da</strong>rti <strong>un</strong>o strappo a casa».<br />
«Perché sei sexy», disse Philip. «Perché…».<br />
«Grazie, Philip».<br />
Gregory fece l’occhiolino al fratello di Ivy. Philip saltò giù<br />
<strong>da</strong>l letto, usando il suo foulard come <strong>un</strong> paracadute, e schizzò<br />
nel bagno che <strong>un</strong>iva la sua camera a quella della sorella.<br />
Gregory era ancora appoggiato alla porta. «Davvero guido<br />
così male?», le chiese, all<strong>un</strong>gando <strong>un</strong>a mano per bloccarle<br />
l’uscita. «Se non sapessi bene che non è così, penserei che tu<br />
abbia paura di venire in macchina con me».<br />
«Non ho paura», disse sicura Ivy.<br />
«Allora forse hai paura di restare sola con me».<br />
«Oh, <strong>da</strong>i», disse Ivy, avvicinandosi svelta a lui e<br />
abbassandogli il braccio. Lo fece girare prendendolo per le<br />
spalle e spingendolo via. «Diamoci <strong>un</strong>a mossa o faremo tardi.<br />
Spero che la tua BMW abbia <strong>un</strong> po’ di benzina».<br />
Gregory le afferrò la mano e la attirò a sé. Vicina, troppo<br />
vicina. Il cuore di Ivy iniziò a martellare all’impazzata mentre<br />
scendevano le scale – non voleva assolutamente an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> sola<br />
con lui. Avrebbe voluto esser <strong>un</strong> po’ più sciolta mentre saliva
in macchina. Era troppo sulla difensiva. Ma quel continuo<br />
contatto fisico, incessante e non necessario, le <strong>da</strong>va sui nervi.<br />
Gregory continuava a guar<strong>da</strong>rla mentre faceva manovra per<br />
uscire <strong>da</strong>l vialetto.<br />
Quando si fermarono in fondo alla collina Gregory disse:<br />
«Non andiamo <strong>da</strong> Suzanne».<br />
«Cosa?», esclamò Ivy. Cercò di mascherare la tensione<br />
crescente fingendosi sorpresa e scettica. «Io e Suzanne siamo<br />
amiche <strong>da</strong> quando avevamo sette anni, e secondo te io mi perdo<br />
il suo diciassettesimo compleanno? Avanti, rimetti in moto!»,<br />
gli ordinò. «Fino a Lantern Road. Oppure scendo subito».<br />
Gregory le posò la mano sulla gamba e guidò fino a casa di<br />
Suzanne. Quindici minuti dopo, quando Suzanne andò ad<br />
aprire la porta, non sembrava particolarmente contenta di<br />
vedere Gregory e Ivy insieme.<br />
«Ha insistito per accompagnarmi», le disse Ivy. «Farebbe<br />
qualsiasi cosa per farti ingelosire, Suzanne».<br />
Gregory la fissò, ma Suzanne scoppiò a ridere con aria<br />
sollevata.<br />
«Sei meravigliosa», disse Ivy alla sua vecchia amica, e la<br />
abbracciò. Ivy avvertì <strong>un</strong> momento di esitazione, poi Suzanne<br />
le restituì l’abbraccio.<br />
«Dove lo metto il regalo?», chiese Ivy mentre <strong>un</strong> gruppo di<br />
ragazzi che si erano infilati tutti dentro <strong>un</strong>a jeep sbucavano<br />
fuori <strong>da</strong>lla macchina e si precipitavano in casa.<br />
«In fondo al corridoio», disse Suzanne, indicando <strong>un</strong> tavolo<br />
su cui era ammucchiata <strong>un</strong>’incredibile pila di scatole. Ivy si<br />
diresse subito in quella direzione, felice di scappare <strong>da</strong><br />
Gregory. Il l<strong>un</strong>go corridoio centrale dei Goldstein <strong>da</strong>va su <strong>un</strong><br />
salotto che correva l<strong>un</strong>go tutta la parte posteriore della casa: le<br />
sue immense vetrate, l<strong>un</strong>ghe <strong>da</strong>l pavimento fino al soffitto, si<br />
aprivano su <strong>un</strong> porticato e sul cortile posteriore in lieve<br />
pendenza che arrivava fino a <strong>un</strong> laghetto. Era <strong>un</strong>a cal<strong>da</strong> sera di
settembre, e la festa si era spostata <strong>da</strong>l salotto al portico, fino al<br />
giardino.<br />
Uscendo <strong>da</strong>l portico, Ivy vide Beth seduta su <strong>un</strong>’amaca,<br />
intenta a conversare animatamente con due cheerleader. Le due<br />
ragazze parlavano contemporaneamente, tutte eccitate, e Beth<br />
dondolava la testa <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra, come se stesse<br />
seguendo <strong>un</strong>a partita di tennis.<br />
Con la co<strong>da</strong> dell’occhio, appena fuori <strong>da</strong>l suo campo visivo,<br />
intravide per <strong>un</strong> istante Will, seduto sui gradini del portico<br />
vicino a <strong>un</strong>a ragazza <strong>da</strong>i capelli rossi: era la ragazza con cui<br />
passeggiava sei settimane prima, quando Ivy l’aveva incontrato<br />
al centro commerciale. E se al mondo esisteva <strong>un</strong>a ragazza<br />
sexy, be’, era lei.<br />
«Vorrei saperti leggere nel pensiero», disse Gregory,<br />
sfiorando la pelle nu<strong>da</strong> di Ivy con <strong>un</strong> bicchiere gelido.<br />
Sembrava impossibile uscire <strong>da</strong>lla sua ombra scura.<br />
«Che stai facendo – stai cercando di farle <strong>un</strong> incantesimo?»,<br />
le chiese.<br />
Ivy scosse la testa. «Stavo solo pensando… pensavo che, a<br />
proposito di ragazze sexy, be’, lei è <strong>un</strong>a ragazza sexy».<br />
Gregory osservò l’amica di Will per <strong>un</strong> momento, poi alzò<br />
le spalle. «Alc<strong>un</strong>e ragazze sembrano sexy, ma è tutta<br />
apparenza. Altre ragazze invece ti respingono, è dura<br />
conquistarle, sembrano fatte di ghiaccio», la fissò con gli occhi<br />
che brillavano, «ma in realtà dentro hanno <strong>un</strong> fuoco». Si<br />
avvicinò a lei. «Caldo come l’inferno», sussurrò.<br />
Ivy gli scoccò <strong>un</strong> sorriso innocente. «Come Philip, ho<br />
sempre <strong>da</strong> imparare <strong>da</strong> te».<br />
Gregory rise. «Posso prenderti <strong>da</strong> bere?», le chiese,<br />
passandole con la mano sinistra <strong>un</strong> bicchiere di plastica.<br />
«Non ho sete», disse Ivy. «Grazie com<strong>un</strong>que».<br />
«Ma l’ho preso per te. Ti ho vista lì in piedi, a fissare<br />
Will…».
«Non stavo fissando Will», protestò lei.<br />
«Ok, allora tenevi d’occhio la rossa. Si chiama Samantha,<br />
com<strong>un</strong>que, e pensavo che magari <strong>un</strong> drink poteva raffred<strong>da</strong>re i<br />
tuoi bollenti spiriti».<br />
«Grazie». Ivy prese il bicchiere che lui teneva nella mano<br />
destra.<br />
Era solo la sua immaginazione, o Gregory aveva scostato<br />
leggermente il bicchiere? Ivy si ricor<strong>da</strong>va il monito di Lacey, e<br />
non voleva bere <strong>da</strong>l bicchiere che le stava passando. Ma lui<br />
insisteva, e lei alla fine cedette. «Grazie. Ci vediamo», gli disse<br />
Ivy con voce soave.<br />
«Dove vai?»<br />
«In giro», rispose. «Ho messo questa gonna corta per <strong>un</strong>a<br />
ragione ben precisa».<br />
«Posso accompagnarti?»<br />
«Certo che no». Lei rise come se Gregory avesse detto<br />
qualcosa di veramente stupido. Ma dentro il suo animo Ivy<br />
bruciava di tensione, aveva lo stomaco stretto in <strong>un</strong>a morsa,<br />
non riusciva quasi a respirare. «Come faccio a fare strage di<br />
cuori con te dietro?».<br />
Con suo grande sollievo Gregory non la seguì. Ivy rovesciò<br />
la bibita nel giardino appena Gregory scomparve <strong>da</strong>lla vista. Si<br />
fece stra<strong>da</strong> in mezzo alla folla, sorrise e si mise ad ascoltare i<br />
racconti di ogni singolo ragazzo che avesse voglia di farsi bello<br />
<strong>da</strong>vanti a <strong>un</strong> pubblico, mentre faceva in modo di tenersi sempre<br />
alla larga <strong>da</strong> Gregory. Cercò di evitare anche Will, e non vide<br />
più né l’<strong>un</strong>o né l’altro fino a quando Suzanne non richiamò<br />
tutti per spegnere le candeline.<br />
I partecipanti alla festa si accalcarono in casa per il taglio<br />
della torta e per gli auguri. Suzanne pretese di avere vicino Ivy<br />
e Gregory, ai suoi lati. La signora Goldstein, che non si fi<strong>da</strong>va<br />
della figlia al p<strong>un</strong>to di rin<strong>un</strong>ciare a sorvegliare tutto <strong>da</strong>lla<br />
finestra superiore – anche se senza gli occhiali, come disse lei
stessa – fece il suo ingresso trionfale con la torta e scattò <strong>un</strong><br />
migliaio di foto a Suzanne, Ivy e Gregory.<br />
«Ora mettetele <strong>un</strong> braccio sulle spalle», disse la signora<br />
Goldstein a Ivy e a Gregory.<br />
Ivy fece scivolare <strong>un</strong> braccio sopra la schiena di Suzanne.<br />
«Bellissimi! Siete tutti bellissimi!». Flash.<br />
«Fatemene fare <strong>un</strong>’altra», disse la signora Goldstein, poi<br />
mosse la macchinetta e bisbigliò: «Non muovetevi».<br />
E infatti restarono immobili, almeno per chi li osservava <strong>da</strong><br />
<strong>da</strong>vanti. Dietro la schiena di Suzanne, Gregory iniziò a far<br />
scorrere <strong>un</strong> dito l<strong>un</strong>go il braccio di Ivy, su e giù, su e giù. Poi le<br />
dita divennero due, e il movimento si trasformò in <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga,<br />
profon<strong>da</strong> carezza. Ivy avrebbe voluto mettersi a gri<strong>da</strong>re.<br />
Voleva <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>o schiaffo, cacciarlo via.<br />
«Sorridete», disse la signora Goldstein. Flash.<br />
«E <strong>un</strong>’altra. Ivy…».<br />
Lei si costrinse a sorridere. Flash.<br />
Ivy cercò di non staccarsi troppo bruscamente <strong>da</strong> Gregory.<br />
Si ricor<strong>da</strong>va del sogno di Philip, su quel treno – il serpente<br />
d’argento – che voleva divorarla. Lui ti guar<strong>da</strong> sempre, aveva<br />
detto Philip, e quando ha paura lo sente, lo sente <strong>da</strong>ll’odore.<br />
Suzanne iniziò a tagliare la torta, e Ivy la passava ai vari<br />
invitati. Quando ne diede <strong>un</strong>a fetta a Gregory, lui la toccò<br />
leggermente sul polso e si rifiutò di prendere il piatto finché lei<br />
non lo guardò negli occhi.<br />
Dopo di lui toccava a Will. «Continuiamo a mancarci di <strong>un</strong><br />
soffio», le disse.<br />
Stava quasi per dirgli di prendere due piatti e di an<strong>da</strong>re ad<br />
aspettarla sotto il portico, ma poi vide Samantha, in piedi<br />
proprio dietro di lui.<br />
«La festa è grande», disse Ivy.<br />
Quindici minuti più tardi Ivy era seduta <strong>da</strong> sola su <strong>un</strong>a<br />
panchina a <strong>un</strong>a ventina di metri di distanza <strong>da</strong>l portico, e
mangiava la sua torta mentre guar<strong>da</strong>va Peppermint, il volpino<br />
di Suzanne. Il piccolo cane, che veniva regolarmente lavato,<br />
pettinato, curato con le attenzioni più amorevoli e condotto<br />
all’esterno solo a guinzaglio, era riuscito a fuggire per quella<br />
notte e tutto felice scavava buche nella fanghiglia. Ivy<br />
raggi<strong>un</strong>se il portico e iniziò ad accarezzare il cane.<br />
Un gruppo di ragazzi accalcati sotto il portico cominciarono<br />
a chiamare il cane, cercando di convincerlo a riprendere dei<br />
rametti, ma Peppermint era testar<strong>da</strong> come la sua padrona. Poi<br />
Ivy la chiamò piano. E quando si rese conto del suo errore era<br />
troppo tardi. Peppermint conosceva Ivy. Peppermint adorava<br />
Ivy. Peppermint adorava la torta. Corse verso di lei – per<br />
quanto glielo permettevano le sue piccole zampe – e si gettò in<br />
volo sul grembo di Ivy, poi le si arrampicò addosso con le sue<br />
zampette sporche di fango. Le posò le zampe anteriori sul<br />
petto, si alzò su quelle posteriori e cominciò a leccarle la<br />
faccia. Poi balzò giù e si scrollò per liberarsi di tutta l’acqua<br />
mista a fango che le bagnava il folto pelo.<br />
«Pep! Ehi!». Ivy si asciugò il volto, poi cercò di pulirsi i<br />
capelli. Il cane colse al volo l’occasione e ingurgitò tutta la<br />
torta di Ivy. «Pep, sei <strong>un</strong>a porcella!».<br />
Ivy sentì <strong>un</strong>o scoppio di risate vicino a lei. Will si catapultò<br />
sulla panchina vicina. «Peccato che non ci fosse la signora<br />
Goldstein con la macchina fotografica», disse.<br />
«Peccato che tu non abbia chiamato Peppermint prima di<br />
me», rispose Ivy.<br />
Will non riusciva a smettere di ridere. «Vi prendo dei<br />
tovaglioli», balbettò, «per te e per il cane».<br />
Fu di ritorno in <strong>un</strong> attimo e riportò <strong>un</strong>a pila di fazzoletti e<br />
salviettine. Seduto sulla panchina vicino a lei, Will pulì il cane<br />
mentre Ivy cercava invano di rimuovere la fanghiglia <strong>da</strong>lla<br />
gonna e <strong>da</strong>l top.<br />
«Forse faresti prima a buttarti nel fosso. Così saresti tutta di
<strong>un</strong> colore solo», disse Will.<br />
«Grande idea. Perché non ti butti prima tu e mi dici quant’è<br />
profondo?».<br />
Lui le sorrise, poi prese <strong>un</strong> fazzoletto pulito e le asciugò la<br />
guancia, proprio vicino all’orecchio.<br />
«Ce l’hai anche nei capelli», le disse.<br />
Lei sentiva le sue dita che le sollevavano delicatamente i<br />
capelli, cercando di togliere il fango. Rimase immobile.<br />
Quando lui scostò la mano, qualcosa nell’animo di Ivy si<br />
smosse. Voleva essere toccata ancora.<br />
Ivy abbassò lo sguardo in tutta fretta e si fissò la gonna.<br />
Attaccò ferocemente <strong>un</strong>a chiazza di fango. Poi Will posò<br />
Peppermint a terra, in mezzo a loro. Il cane finalmente pulito<br />
agitò la sua piccola co<strong>da</strong> per fargli le feste. «Scommetto che<br />
vorresti essere <strong>un</strong> tenero cucciolo come me».<br />
Ivy e Will si girarono di scatto e si chinarono<br />
contemporaneamente sul cane, sbattendo testa contro testa.<br />
«Ahi!».<br />
Will ricominciò a ridere. Si guar<strong>da</strong>rono negli occhi, ridendo<br />
forte, e non notarono se Peppermint avesse mosso la bocca<br />
quando “parlò” per la secon<strong>da</strong> volta.<br />
«Se tu fossi <strong>un</strong> tenero cucciolo come me, Will, potresti<br />
saltare addosso a Ivy».<br />
Era <strong>un</strong>a voce familiare, e Ivy si guardò intorno, alla ricerca<br />
di <strong>un</strong> sospetto bagliore viola.<br />
«Potresti ficcare la testa sotto le braccia di Ivy e farti<br />
coccolare. So che non desideri altro».<br />
Ivy lanciò <strong>un</strong>a rapi<strong>da</strong> occhiata a Will, imbarazzata, ma lui<br />
non sembrava per niente in difficoltà. Fissava il cane, con la<br />
bocca contratta in <strong>un</strong> leggero sorriso. «Puoi anche mettere le<br />
parole in bocca a <strong>un</strong> cane, angelo», disse, «ma con me non<br />
f<strong>un</strong>ziona».<br />
«Non sei affatto divertente! Anche se hai <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong> bel
sedere», aggi<strong>un</strong>se Lacey.<br />
«Pensavo fosse <strong>un</strong> sedere fantastico», disse Will.<br />
Lacey scoppiò a ridere. Ivy finalmente la vide, proprio<br />
dietro di loro. A quanto pareva era in grado di proiettare la sua<br />
voce. Adesso il soffice bagliore viola si spostò <strong>da</strong>vanti a loro.<br />
«Si chiama Lacey», disse Ivy a Will.<br />
«Voi due mi avete deluso», disse Lacey. «Continuo ad<br />
aspettare che si accen<strong>da</strong> la passione, ma voi la tirate per le<br />
l<strong>un</strong>ghe, non vi decidete mai. Come coppia, vi meritate <strong>un</strong> bello<br />
zero in pagella. Quasi quasi raggi<strong>un</strong>go i tizi fermi sotto il<br />
portico».<br />
Will alzò le spalle. «Vai, divertiti».<br />
«Qualcosa mi dice che Peppermint non sarà l’<strong>un</strong>ica a finire<br />
nel fango stanotte», disse Ivy a voce bassa.<br />
Il bagliore viola si allontanò rapi<strong>da</strong>mente. «È<br />
impressionante quanto la pensiamo allo stesso modo, tipa»,<br />
disse Lacey. «Ma il fatto è che Tristan è ancora nell’oscurità,<br />
perciò probabilmente stasera mi comporterò come si deve.<br />
Senza di lui intorno a rompermi le scatole, non mi diverto allo<br />
stesso modo».<br />
Ivy fece <strong>un</strong> piccolo sorriso.<br />
«Vedi, lui manca anche a me», disse Lacey. Per <strong>un</strong><br />
momento Ivy ebbe l’impressione che la sua voce fosse<br />
leggermente diversa <strong>da</strong>l solito. Aveva <strong>un</strong>’intonazione gioiosa,<br />
<strong>da</strong> ragazzina felice. Poi riprese il solito tono tragico: «Ooops,<br />
eccola che arriva. Attenzione, dieci metri, dietro di voi – <strong>un</strong>a<br />
pollastrella con la P maiuscola. Vi saluto, ragazzi».<br />
Ma Lacey non se ne andò subito. «Mamma, sono an<strong>da</strong>ta a<br />
nuotare! Mi sono divertita così tanto!», disse Peppermint a<br />
voce abbastanza alta perché Suzanne la udisse.<br />
Il bagliore viola scivolò via quando Suzanne raggi<strong>un</strong>se il<br />
portico.<br />
«Pep! Oh, Pep!». Si accorse del pelo bagnato della
cagnolina. «Cattiva. Guar<strong>da</strong> che ti rimetto nella tua cuccia».<br />
Poi vide la gonna e il top di Ivy terribilmente macchiati di<br />
fango. «Ivy!».<br />
«Hai intenzione di mettere anche me nella cuccia?», chiese<br />
Ivy.<br />
Will scoppiò a ridere.<br />
Suzanne scosse la testa. «Mi dispiace. Cattiva!».<br />
Peppermint abbassò la testa, contrita, finché Suzanne non si<br />
voltò per guar<strong>da</strong>re Ivy. Poi il cane rialzò subito il muso e<br />
ricominciò ad agitare la co<strong>da</strong>.<br />
«È colpa mia», disse Ivy. «Ho chiamato Peppermint mentre<br />
stava giocando nel fango. Non è niente – ho solo bisogno di <strong>un</strong><br />
po’ di sapone».<br />
«Te lo vado a prendere», disse Suzanne.<br />
«No, va tutto bene», rispose Ivy, ridendo. «So dov’è». Si<br />
alzò in piedi.<br />
«Se vuoi buttare i vestiti in lavatrice», le disse Suzanne,<br />
«mettiti qualcosa di mio. Ricor<strong>da</strong>, i vestiti puliti…».<br />
«Sono tutti quelli che non sono per terra», dissero<br />
contemporaneamente, e scoppiarono a ridere.<br />
Ivy si diresse verso la casa e sentì Suzanne che chiedeva a<br />
Will come aveva fatto a fare quella voce <strong>da</strong> cane. Stava ancora<br />
sorridendo tra sé quando entrò in casa. Percorse in fretta il<br />
corridoio, guar<strong>da</strong>ndosi intorno per vedere se Gregory era in<br />
agguato <strong>da</strong> qualche parte. Sperava proprio di non ritrovarselo<br />
<strong>da</strong>vanti in cima alle scale.<br />
Ivy si rilassò quando entrò nella camera di Suzanne, <strong>un</strong>a<br />
stanza in cui aveva passato innumerevoli pomeriggi a<br />
spettegolare, leggere riviste, truccarsi. La grande stanza era<br />
arre<strong>da</strong>ta con dei mobili di legno scuro e <strong>da</strong>ppertutto, <strong>da</strong> muro a<br />
muro, c’era la moquette di <strong>un</strong> bianco immacolato. Suzanne e<br />
Ivy dicevano sempre che l’<strong>un</strong>ico modo per tenere la stanza<br />
pulita era camminare sui vestiti. Ma quella sera Ivy si tolse le
scarpe. La stanza era tirata a lucido, con il copriletto di seta<br />
verde meticolosamente sistemato e solo <strong>un</strong>a camicetta leggera<br />
abbandonata <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte. Ivy si tolse la sua maglia macchiata,<br />
si infilò la maglietta senza sbottonarla, e si diresse verso il<br />
bagno di Suzanne.<br />
Il sapone fece meraviglie sul top lavorato a maglia.<br />
Compresse la maglietta in <strong>un</strong> asciugamano e poi l’appese su<br />
<strong>un</strong>a gruccia. Sistemò nella giusta posizione il phon, come<br />
Suzanne le aveva insegnato, lo accese alla massima potenza per<br />
asciugare il top e si dedicò alla gonna. Ivy, china sul lavandino,<br />
si era tirata su la gonna denim e la sfregava con tutta la forza<br />
che aveva, quando all’improvviso sentì l’aria cal<strong>da</strong> sulla<br />
schiena, e i capelli e la maglietta si sollevarono. Alzò subito lo<br />
sguardo.<br />
Nello specchio vide Gregory che le p<strong>un</strong>tava addosso il phon<br />
e rideva.<br />
Ivy si strinse nella maglietta come se fosse <strong>un</strong> cappotto. «È<br />
il top che deve essere asciugato, non il mio corpo», disse aspra.<br />
Gregory scoppiò a ridere, spense il phon e lo lasciò cadere,<br />
facendolo penzolare <strong>da</strong>l filo.<br />
«Sto perdendo la pazienza», disse.<br />
Ivy lo fissò con gli occhi sgranati.<br />
«Mi sto stancando di <strong>da</strong>rti la caccia», disse.<br />
Lei si morse le labbra. «Non so perché continui a provarci».<br />
Lui tirò indietro la testa, studiandola come se stesse<br />
prendendo <strong>un</strong>a decisione della massima importanza. Si spostò<br />
ancora più vicino a lei. Nel suo alito si sentiva forte l’odore<br />
dell’alcol. «Bugiar<strong>da</strong>», le sussurrò. «Tutti i ragazzi della festa ti<br />
<strong>da</strong>rebbero la caccia se ne avessero l’opport<strong>un</strong>ità».<br />
I pensieri di Ivy si inseguivano veloci. Quanto aveva bevuto<br />
Gregory? A che gioco stava giocando?<br />
Il suo braccio la circondò. Ivy combatté la sensazione di<br />
panico crescente che montava dentro al suo animo. Non poteva
in ness<strong>un</strong> modo sfuggirgli, perciò ricambiò piano l’abbraccio,<br />
cercando di trascinarlo via <strong>da</strong>l bagno isolato. Aveva lasciato la<br />
porta della stanza aperta, e se fosse riuscita ad arrivare in <strong>un</strong><br />
p<strong>un</strong>to in cui qualc<strong>un</strong> altro avrebbe potuto vederli o sentirli…<br />
Ma lui la spinse senza alc<strong>un</strong>a difficoltà dentro la stanza <strong>da</strong><br />
letto. E Ivy vide che la porta che <strong>da</strong>va sul corridoio era stata<br />
chiusa. Gregory iniziò a spingerla verso il letto.<br />
Non può uccidermi, non qui, pensò mentre veniva spinta<br />
indietro. Sarebbe troppo facile risalire a lui. Fece <strong>un</strong> altro passo<br />
indietro. Le sue impronte digitali sono sul phon e sulla porta, si<br />
ricordò, indietreggiando ancora e ancora. E qualc<strong>un</strong>o potrebbe<br />
entrare in qualsiasi momento, si disse. Gregory era così vicino<br />
che lei non riusciva nemmeno a vederlo bene in faccia.<br />
Ivy cadde sul letto e alzò lo sguardo per fissarlo. Gli occhi<br />
di Gregory erano simili a due carboni ardenti. Le guance erano<br />
rosse, infuocate. È troppo furbo per tirare fuori <strong>un</strong>a pistola,<br />
pensò. Più probabile che mi faccia inghiottire <strong>un</strong>a pasticca.<br />
E poi Gregory le fu sopra. Ivy lottò contro di lui. Gregory<br />
derise i suoi sforzi mentre lei si dimenava, e poi si lasciò<br />
sfuggire <strong>un</strong> debole gemito. «Ti amo», disse.<br />
Ivy rimase immobile, e Gregory sollevò la testa, fissandola,<br />
con gli occhi accesi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a strana luce. «Ti voglio. Ti desidero<br />
<strong>da</strong> tantissimo tempo».<br />
Era <strong>un</strong>a specie di terribile, spietato scherzo?<br />
«Tu sai delle cose su di me», disse piano Gregory, «ma tu<br />
mi ami, non è vero, Ivy? Non faresti mai nulla per ferirmi».<br />
Il suo ego era <strong>da</strong>vvero così immenso? Era folle fino a quel<br />
p<strong>un</strong>to? No, pensò, è solo <strong>un</strong> avvertimento.<br />
Le posò la mano sul collo. Le sfregò il pollice contro la<br />
gola, poi premette forte, sulla vena. Un sorriso gli illuminò il<br />
volto. «Cosa ti avevo detto? Sangue veloce e caldo», disse. Poi<br />
le tolse la mano <strong>da</strong>lla gola e lentamente accarezzò il bordo<br />
della maglietta sbottonata. Le si accapponò la pelle.
«Pelle d’oca», disse lui. Sembrava compiaciuto. «Se fra <strong>un</strong><br />
mese non riuscirò più a farti venire la pelle d’oca quando ti<br />
sfioro, se non perderai più la testa quando ti bacio, allora capirò<br />
che non provi più quello che provi adesso».<br />
Ci credeva <strong>da</strong>vvero!<br />
«E sarebbe <strong>un</strong> vero peccato», disse, continuando a sfiorarle<br />
il bordo della camicetta. «A quel p<strong>un</strong>to dovrei trovare <strong>un</strong> modo<br />
per risolvere la questione». Si lasciò cadere pesantemente su di<br />
lei e premette con forza la bocca contro la sua.<br />
Stai al gioco, si disse Ivy. Gioca, se vuoi rimanere in vita.<br />
Angeli, dove siete? Ricambiò il suo bacio, anche se ogni fibra<br />
del suo corpo urlava, protestava. La baciò di nuovo. Oh, angeli,<br />
aiutatemi! I baci di Gregory si fecero sempre più ardenti,<br />
insistenti.<br />
Lei lo spinse via con forza, prendendolo di sorpresa. Riuscì<br />
a scansarlo quel tanto che bastava per rotolare via <strong>da</strong>l letto. Ma<br />
poi non riuscì a vincere i conati, e vomitò sul tappeto.<br />
Quando finì di rimettere, si voltò per fissare Gregory,<br />
asciugandosi la bocca con <strong>un</strong>a mano, mentre con l’altra si<br />
appoggiava a <strong>un</strong>a sedia per non cadere. Si accorse che sul volto<br />
di Gregory adesso c’era <strong>un</strong>’espressione completamente diversa.<br />
Aveva capito. Il velo di menzogne era stato sollevato, e non era<br />
più possibile fingere. Aveva visto esattamente cosa Ivy<br />
provava per lui. E i suoi occhi mostravano con esattezza cosa<br />
Gregory provava per lei.<br />
Prima che potessero dire qualcosa, la porta della stanza si<br />
spalancò. Suzanne era in piedi sulla soglia. «Mi ero accorta che<br />
eravate scomparsi», iniziò, e fissò il letto sfatto alle loro spalle.<br />
Poi notò il disastro sul tappeto. «Oh, Dio!».<br />
Ma Gregory era già pronto. «Ivy ha bevuto troppo», disse.<br />
«Non è vero. Non ho bevuto proprio niente!», ripose lei in<br />
fretta.<br />
«Non regge l’alcol», disse Gregory, raggi<strong>un</strong>gendo Suzanne,
all<strong>un</strong>gando <strong>un</strong>a mano verso di lei.<br />
Anche Ivy si mosse verso la sua amica. «Suzanne, per<br />
favore, ascoltami».<br />
«Ero preoccupato per lei e…».<br />
«Abbiamo parlato poco fa», le ricordò Ivy. «Abbiamo<br />
parlato poco fa… ti sembravo ubriaca?».<br />
Ma Suzanne la fissava con <strong>un</strong>’espressione assente.<br />
«Rispondimi!», le ordinò Ivy. Lo sguardo sperduto negli<br />
occhi di Suzanne la spaventava. La mente della sua amica era<br />
già stata avvelenata <strong>da</strong> quello che aveva visto.<br />
«Bella maglietta», osservò Suzanne. «Non riuscivi a trovare<br />
i bottoni?».<br />
Ivy se la chiuse immediatamente.<br />
«Sono salito per vedere se era tutto a posto», continuò<br />
Gregory, «e lei, sai…». Fece <strong>un</strong>a pausa come se fosse<br />
tremen<strong>da</strong>mente imbarazzato. «Mi è saltata addosso. Ma<br />
immagino che la cosa non ti sorpren<strong>da</strong> troppo».<br />
«Già», rispose Suzanne con <strong>un</strong> tono freddo, distaccato.<br />
«Suzanne», la implorò Ivy, «ascoltami. Siamo amiche <strong>da</strong><br />
così tanto tempo. Ti sei sempre fi<strong>da</strong>ta di me…».<br />
«Questa volta era bella decisa», disse Gregory. Poi si<br />
accigliò. «Forse è stata la sbronza».<br />
Questa volta?, pensò Ivy. «Te lo giuro, Suzanne, sta<br />
mentendo!».<br />
«L’hai baciato?», chiese Suzanne, con la voce che tremava.<br />
«L’hai baciato?». Fissò di nuovo il letto sfatto.<br />
«Lui ha baciato me!».<br />
«Ma che razza di amica sei?», urlò Suzanne. «Sappiamo<br />
tutte e due che sbavi per Gregory sin <strong>da</strong> quando è morto<br />
Tristan».<br />
«Ma è lui che mi…». Ivy con la co<strong>da</strong> dell’occhio intravide<br />
Gregory che la fissava, e si bloccò a metà frase.<br />
Sapeva che aveva perso quella battaglia.
Suzanne stava tremando così violentemente che non riusciva<br />
nemmeno a parlare. «Vattene», disse a voce bassa, roca.<br />
«Vattene, Ivy. E non tornare mai più».<br />
«Pulisco tutto e…».<br />
«Vattene! Vattene e basta», urlò Suzanne.<br />
Non c’era nulla <strong>da</strong> fare. Ivy lasciò la sua amica in lacrime,<br />
abbracciata a Gregory.
Capitolo 11<br />
Ivy non si chiese neppure come avrebbe fatto a tornare a<br />
casa. Si infilò nel bagno più giù l<strong>un</strong>go il corridoio e si lavò i<br />
denti con il dentifricio. Si abbottonò la camicetta, si ricompose,<br />
scese le scale, afferrò la borsetta e si precipitò fuori <strong>da</strong>lla casa.<br />
Ricacciò indietro le lacrime. Non voleva che Gregory<br />
potesse ascoltare delle voci su di lei che scappava di casa,<br />
sconvolta. Le tornarono in mente per l’ennesima volta le parole<br />
di Philip. «Se ne accorge se hai paura. Lo sente <strong>da</strong>ll’odore».<br />
Adesso Ivy era terrorizzata – sia per lei che per i suoi amici.<br />
Potevano imbattersi in qualc<strong>un</strong>o dei suoi segreti in qualsiasi<br />
momento. E l’ego di Gregory era così smisurato, ed era<br />
abbastanza fuori di testa <strong>da</strong> pensare di potersela cavare<br />
chiudendo il becco non solo a lei ma anche a Suzanne, a Will,<br />
persino a Beth.<br />
Ivy percorse in tutta fretta Lantern Road. Le case in quel<br />
quartiere erano molto distanziate, e non c’erano marciapiedi.<br />
Mancava più di <strong>un</strong> chilometro di oscurità prima dell’incrocio e<br />
altri tre prima di arrivare in città. L’<strong>un</strong>ica luce era quella<br />
palli<strong>da</strong> e gialla della l<strong>un</strong>a.<br />
«Angeli, restatemi accanto», pregò Ivy.<br />
Aveva coperto più o meno <strong>un</strong> terzo del percorso prima<br />
dell’incrocio quando i fanali di <strong>un</strong>a macchina la accecarono. Si<br />
allontanò <strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> e si gettò in mezzo a <strong>un</strong> cespuglio. La<br />
macchina la superò di qualche metro, poi inchiodò. Ivy si fece<br />
stra<strong>da</strong> in mezzo agli arbusti per nascondersi. L’uomo al volante<br />
spense tutte le luci, e Ivy riuscì a vedere la sagoma della<br />
macchina che si stagliava contro la l<strong>un</strong>a: <strong>un</strong>a Hon<strong>da</strong>. La<br />
macchina di Will.<br />
Lui uscì e si guardò intorno. «Ivy?».<br />
Lei avrebbe voluto uscire fuori, mettersi a correre, buttarsi<br />
tra le sue braccia, ma si trattenne.
«Ivy, se ci sei, dimmelo. Dimmi che stai bene».<br />
La sua mente vagliò tutte le possibilità. Cercava <strong>un</strong>a<br />
scappatoia, non voleva raccontargli tutta la tremen<strong>da</strong>,<br />
pericolosa verità.<br />
«Rispondimi. Stai bene? Lacey ha detto che eri nei guai.<br />
Dimmi se posso aiutarti in qualche modo». Persino sotto quella<br />
palli<strong>da</strong> luce, si vedeva chiaramente che era molto preoccupato.<br />
Voleva abbracciarlo, raccontargli tutto. Voleva correre <strong>da</strong> lui,<br />
sentire le sue braccia intorno al corpo, sentirsi finalmente al<br />
sicuro. Ma per il suo stesso bene non poteva – non poteva<br />
metterlo in pericolo. Le bruciavano gli occhi. Li chiuse e li<br />
riaprì diverse volte, poi sbucò fuori, in mezzo alla stra<strong>da</strong>.<br />
«Ivy», Will la chiamò in <strong>un</strong> sussurro.<br />
«Io… io stavo an<strong>da</strong>ndo a casa», disse lei.<br />
Lui guardò i rovi, il cespuglio in cui si era buttata. «Hai<br />
preso <strong>un</strong>a scorciatoia?»<br />
«Magari puoi <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>o strappo», disse lei piano.<br />
Will studiò il suo volto per <strong>un</strong> istante, poi silenziosamente le<br />
aprì la portiera. Dopo averla chiusa e aver abbassato la sicura,<br />
Ivy si appoggiò alla portiera, e finalmente si sentì al sicuro.<br />
Sarebbe stata al sicuro finché non avesse raggi<strong>un</strong>to la casa sulla<br />
collina.<br />
Will entrò <strong>da</strong>l lato del gui<strong>da</strong>tore. «Davvero vuoi an<strong>da</strong>re a<br />
casa?», chiese.<br />
Prima o poi, avrebbe dovuto farlo per forza. Lei annuì, ma<br />
Will non mise in moto.<br />
«Ivy, di che hai paura?».<br />
Lei scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. «Non lo so».<br />
Will le sfiorò delicatamente le mani. Ivy gli girò i palmi ed<br />
esaminò le chiazze che la trementina non aveva pulito. Poteva<br />
vedere le mani di Will anche con gli occhi chiusi. Le loro dita<br />
erano intrecciate, <strong>un</strong>ite in modo indissolubile, e quella stretta le<br />
<strong>da</strong>va forza.
«Voglio aiutarti», disse, «ma non posso farlo se non so cosa<br />
sta succedendo».<br />
Ivy si voltò.<br />
«Devi dirmi cosa sta succedendo», insitette.<br />
«Non posso, Will».<br />
«Cosa è successo quella notte alla stazione?», chiese lui.<br />
Ivy non rispose.<br />
«Devi ricor<strong>da</strong>rti qualcosa adesso. Devi avere <strong>un</strong>’idea anche<br />
vaga di quello che è successo. C’era qualc<strong>un</strong> altro là? Cos’è<br />
che ti ha spinto a tentare di attraversare i binari?».<br />
Lei scosse la testa senza dire niente.<br />
«Va bene», disse lui con <strong>un</strong> tono rassegnato. «Allora ho solo<br />
<strong>un</strong>’altra doman<strong>da</strong> per te. Sei innamorata di Gregory?».<br />
Ivy fu presa alla sprovvista, e voltò la testa di scatto verso di<br />
lui. Will la fissò negli occhi. Studiò attentamente tutto il suo<br />
volto. «Proprio quello che avevo bisogno di sapere», disse con<br />
calma.<br />
Cosa gli aveva fatto capire con il suo sguardo? Che odiava<br />
Gregory? O che si stava innamorando di Will?<br />
Gli lasciò la mano. «Per favore, riportami a casa», disse, e<br />
lui obbedì.<br />
«E adesso», disse <strong>un</strong>a voce rotta <strong>da</strong>ll’emozione, «torniamo<br />
al programma di oggi… Per amore di Ivy». La sigla di <strong>un</strong>a<br />
soap opera venne fischiettata ad alto volume – e anche<br />
abbastanza male, pensò Tristan.<br />
Anche Will la udì. Si guardò intorno: si trovava nella<br />
camera oscura della scuola, e già <strong>da</strong> <strong>un</strong> po’ lavorava in<br />
completa solitudine. Vide il bagliore viola di Lacey. «Ancora<br />
tu», mormorò.<br />
Come sempre, Tristan pensò che era incredibilmente facile<br />
mettersi in sintonia con la mente di Will. Scivolò velocemente<br />
dentro di lui, in modo <strong>da</strong> poter com<strong>un</strong>icare
contemporaneamente con Will e Lacey.<br />
Will chiuse gli occhi. «Tristan?», disse ad alta voce.<br />
«Sì», mormorò lui. La musica <strong>da</strong> soap opera continuava<br />
incessante in sottofondo. «Sei stonata, Lacey», le disse Tristan.<br />
Il fischio cessò, e il bagliore viola si avvicinò a Will.<br />
Lui spostò in tutta fretta <strong>un</strong> rullino. «Puoi fare <strong>un</strong> passo<br />
indietro, per favore, Lacey? Rischi di sovraespormi la<br />
pellicola».<br />
«Be’, scusami!», rispose lei. «Allora voi due eroi senza<br />
macchia e senza paura non avete bisogno di me. Me ne vado».<br />
Fece <strong>un</strong>a pausa per <strong>da</strong>r loro tempo di fermarla. Ma ness<strong>un</strong>o<br />
disse nulla, e lei aggi<strong>un</strong>se: «Ma prima che me ne va<strong>da</strong>, lasciate<br />
che vi faccia <strong>un</strong> paio di domande. Chi è che ha richiamato il<br />
Rip van Winkle dei poveri <strong>da</strong>ll’oscurità? Se non fosse stato per<br />
me avremmo aspettato altri cento anni. Chi è che l’ha portato in<br />
questa camera oscura?»<br />
«Ti ho chiamato, Tristan», gli spiegò Will. «Ho bisogno del<br />
tuo aiuto».<br />
«Chi ha giocato a fare l’angelo custode alla festa di<br />
Suzanne?», continuò Lacey. «Chi è stato a dirti che Ivy era in<br />
guai grossi?»<br />
«Ivy era nei guai? Cosa è successo?», chiese Tristan.<br />
«Chi, ditemi, chi è che fa la segretaria in questa specie di<br />
pietoso fan club di Ivy?»<br />
«Ditemi cosa è successo», ordinò Tristan. «Ivy sta bene?»<br />
«Sì e no», rispose Will, poi raccontò a Tristan dell’incidente<br />
alla festa, includendo anche la versione dei fatti di Gregory.<br />
«Non so cosa sia successo <strong>da</strong>vvero», disse. «Ho rivisto Ivy più<br />
tardi, in mezzo alla stra<strong>da</strong>. Era sconvolta e si è rifiutata di<br />
parlare. La domenica è an<strong>da</strong>ta a lavorare, poi dritta filata <strong>da</strong><br />
Beth. A scuola oggi ha parlato solo con Beth ma non ha detto<br />
neppure a lei cosa è successo <strong>da</strong>vvero».<br />
«Lacey, tu non hai visto nulla?», chiese Tristan.
«Scusate, stavo… ehm, stavo socializzando in quel<br />
momento».<br />
«Secondo te che stava facendo?», chiese Tristan.<br />
«Stava gettando nel fango le scarpe di fan ingrati», gli disse<br />
Will.<br />
«Stavo parlando di Ivy!», sbottò Tristan, ma era più<br />
arrabbiato con se stesso che con Will. Era già la secon<strong>da</strong> volta<br />
che Will rimaneva vicino a Ivy in <strong>un</strong> momento di difficoltà,<br />
mentre lui non c’era.<br />
«Ti ho chiamato…», iniziò Will.<br />
«E poi ha chiamato e chiamato», disse Lacey. «Gli ho detto<br />
che eri nell’oscurità. So che l’amore è cieco, ma a quanto<br />
sembra è anche sordo. Immagino che…».<br />
«Devi dirmi <strong>un</strong> po’ di cose, Tristan», la interruppe Will.<br />
«Devi dirmele adesso. Come faccio ad aiutare Ivy se non so<br />
cosa sta succedendo?»<br />
«Ma sai abbastanza», lo sfidò Tristan. «Molto più di quanto<br />
tu abbia confessato a Ivy». Iniziò a in<strong>da</strong>gare la mente di Will,<br />
ma venne subito cacciato indietro. «So bene che hai guar<strong>da</strong>to<br />
dentro la busta, Will», disse Tristan. «Ti stavo osservando<br />
quando hai tirato fuori la chiave».<br />
Will non parve sorpreso, non cercò di difendersi. Passò la<br />
pellicola in <strong>un</strong> contenitore. «Cosa apre la chiave?», chiese.<br />
«Pensavo che tu fossi già riuscito a scoprirlo», lo incalzò<br />
Tristan.<br />
«No».<br />
Tristan riprovò a in<strong>da</strong>gare i pensieri di Will, nascondendo<br />
completamente i suoi, muovendosi lentamente, con grande<br />
circospezione. Venne buttato fuori come <strong>un</strong> giocatore di<br />
hockey che viene spinto contro il muro.<br />
«Ok, ok, voi due, che succede?», chiese Lacey. «Hai la<br />
stessa espressione testar<strong>da</strong> di Tristan, Will. Te lo leggo in<br />
faccia».
«Mi sta bloccando fuori <strong>da</strong>lla sua mente», lo accusò Tristan.<br />
«Come se tu non avessi fatto lo stesso con me», replicò Will<br />
con astio. «Prima mi fai correre come <strong>un</strong> pazzo giù <strong>da</strong>lla<br />
collina per salvare la vita di Ivy. Io ti permetto di prendere il<br />
controllo. Vado con te, ti seguo ov<strong>un</strong>que tu va<strong>da</strong>, faccio quello<br />
che tu mi dici di fare, e trovo Ivy con <strong>un</strong>a busta in testa. E c’è<br />
anche Gregory, con <strong>un</strong>a strana scusa, ma tu ti rifiuti di<br />
spiegarmi che succede».<br />
Will abbassò il recipiente e si mise a camminare su e giù per<br />
la stanza, sollevando e poi riabbassando subito filtri, marcatori,<br />
risme di carta. «Mi fai parlare per conto tuo. Mi costringi a<br />
ballare con lei, fai in modo che io la avverta del pericolo e le<br />
dica che la ami». La voce di Will aveva iniziato a tremare<br />
leggermente. «Ma non mi dici nulla, non mi spieghi cosa sta<br />
succedendo».<br />
Ivy non me lo permetterà, pensò Tristan, ma sapeva che non<br />
era solo quello il motivo. Non gli piaceva il fatto che lui avesse<br />
bisogno di Will, e non gli piaceva il modo in cui Will stava<br />
prendendo in pugno la situazione.<br />
«Odio questa roba del controllo della mente», proseguì Will,<br />
pieno di rabbia. «Non mi piace che cerchi di leggermi nella<br />
mente. Se vuoi sapere qualcosa, basta che me la chiedi».<br />
«Quello che voglio sapere», disse Tristan, «è come diavolo<br />
faccio a fi<strong>da</strong>rmi di te. Sei amico di Gregory…».<br />
«Oh, perché non crescete, voi due!», li interruppe Lacey.<br />
«Non mi piace il controllo della mente. Come faccio a fi<strong>da</strong>rmi<br />
di te. Puah!», li prese in giro. «Per favore, non annoiatemi a<br />
morte con i vostri battibecchi. Tutti e due siete innamorati di<br />
Ivy, ed è solo questo il motivo per cui vi tenete i vostri stupidi<br />
segreti e continuate a bisticciare come due bambini dell’asilo».<br />
«Tu sei innamorato di lei, Will?», gli chiese a bruciapelo<br />
Tristan.<br />
Si accorse che Will stava riflettendo, cercava di evadere la
doman<strong>da</strong>.<br />
Will riprese il contenitore del rullino e se lo passò <strong>da</strong> <strong>un</strong>a<br />
mano all’altra. «Sto solo cercando di fare quello che è meglio<br />
per lei», disse alla fine.<br />
«Non hai risposto alla mia doman<strong>da</strong>».<br />
«Non riesco a capire che importanza possa avere», ribatté<br />
Will. «Tu c’eri quando ho ballato con lei. Hai sentito quello<br />
che ha detto Ivy. Sappiamo entrambi che non amerà mai<br />
ness<strong>un</strong>o come ama te».<br />
«Sappiamo entrambi che tu speri non sia vero», rispose<br />
Tristan.<br />
Will buttò il contenitore sul tavolino. «Ho del lavoro <strong>da</strong><br />
fare».<br />
«Anch’io», disse Tristan, e uscì <strong>da</strong>lla sua mente prima di<br />
esserne sbattuto fuori.<br />
Sapeva che prima o poi Ivy avrebbe amato <strong>un</strong> altro ragazzo,<br />
e quel ragazzo poteva benissimo essere Will. Ma se proprio<br />
doveva lasciarla nelle mani di Will, aveva intenzione di<br />
controllare che fosse <strong>un</strong> tipo a posto. Voleva studiarlo a fondo,<br />
prima.<br />
Quando Tristan uscì <strong>da</strong>lla camera oscura sentì la voce di<br />
Lacey, con il solito tono <strong>da</strong> soap opera: «E così i nostri due eroi<br />
si allontanano», disse, «accecati <strong>da</strong>ll’amore, non ascoltano i<br />
consigli della saggia e bellissima Lacey» – fischiettò per<br />
qualche secondo – «che, d’altro canto, deve fare i conti con i<br />
propri problemi di cuore. Ma a chi importa di Lacey?», chiese<br />
con voce triste. «A chi importa di Lacey?».
Capitolo 12<br />
Ivy era al tavolo della cucina e studiava i moduli che aveva<br />
appena tirato fuori <strong>da</strong> <strong>un</strong>a busta marrone – i fogli per<br />
l’adozione di Philip. Dall’altra parte del tavolo, suo fratello e il<br />
suo migliore amico, Sammy, stavano ficcando i cucchiai dentro<br />
il barattolo di burro di arachidi.<br />
Sammy era <strong>un</strong> ragazzino basso e buffo, con dei capelli di <strong>un</strong><br />
rosso brillante sparati dritti in aria e folti come erba su <strong>un</strong><br />
prato. Ivy si accorse che la stava fissando. Poi vide che faceva<br />
<strong>un</strong> cenno a Philip. «Chiediglielo. Dai, chiediglielo».<br />
«Cosa devi chiedermi?»<br />
«Sammy vuole incontrare Tristan», disse Philip. «Ma io non<br />
riesco a farlo venire qui. Tu sai dov’è?».<br />
Ivy si guardò istintivamente alle spalle, ma Philip la<br />
tranquillizzò. «Va tutto bene. Mamma è di sopra, e adesso<br />
Gregory non ha problemi a sentir parlare di angeli».<br />
«Davvero?», gli chiese Ivy, sorpresa.<br />
Philip annuì.<br />
«Io voglio <strong>da</strong>vvero vedere <strong>un</strong> angelo», disse Sammy, tirando<br />
fuori <strong>un</strong>a macchina fotografica <strong>da</strong> <strong>un</strong>o zaino malconcio.<br />
Ivy sorrise. «Penso che Tristan si stia riposando adesso»,<br />
disse, poi si voltò verso Philip. «Ma di che tipo di angeli avete<br />
parlato tu e Gregory?»<br />
«Mi ha chiesto di Tristan».<br />
«Cosa voleva sapere, esattamente?», gli chiese Ivy.<br />
Sospettava già che l’incidente del treno fosse <strong>un</strong> vero incubo<br />
che torturava Gregory. In fin dei conti, sarebbe stato<br />
assolutamente impossibile per Philip arrivare così in fretta alla<br />
stazione senza essere aiutato <strong>da</strong> qualc<strong>un</strong>o. Ma Gregory sapeva<br />
che stava affrontando qualcosa di troppo grande per lui, <strong>un</strong><br />
avversario che non era solo <strong>un</strong>a persona?<br />
«Mi ha chiesto che aspetto ha Tristan», le disse Philip. «E
come faccio a sapere quando c’è anche lui».<br />
«E come si fa a farlo arrivare», disse Sammy. «Ricor<strong>da</strong>telo,<br />
ti ha chiesto anche questo».<br />
«Voleva sapere se tu hai mai parlato con Tristan», aggi<strong>un</strong>se<br />
Philip.<br />
Ivy posò la busta sul tavolo. «Quando avete fatto tutti questi<br />
discorsi?»<br />
«Ieri notte», ripose suo fratello, «mentre giocavamo sulla<br />
casa sull’albero».<br />
Ivy si accigliò. Non le piaceva l’idea che Gregory giocasse<br />
con Philip lassù. Era già successo <strong>un</strong> incidente nel corso<br />
dell’estate.<br />
Fissò la doman<strong>da</strong> di adozione. Andrew non aveva detto a<br />
Gregory che aveva intenzione di nominare Philip suo legittimo<br />
erede. Ivy si chiese se Andrew avesse le stesse paure che<br />
nutriva lei.<br />
«Secondo te quand’è che Tristan si risveglierà <strong>da</strong>l suo<br />
pisolino?», chiese Sammy.<br />
«Non lo so <strong>da</strong>vvero», rispose Ivy.<br />
«Ho <strong>un</strong>a torcia, nel caso in cui lo avvisti di notte», le disse.<br />
«Ottima idea», disse Ivy con <strong>un</strong> sorriso. Osservò i due<br />
ragazzi che leccavano il burro di arachidi <strong>da</strong>i loro cucchiai per<br />
poi correre subito fuori.<br />
Dopo quel sabato notte aveva cercato disperatamente di<br />
raggi<strong>un</strong>gere Tristan. A scuola giravano le voci più strane sulla<br />
festa. Lei e Gregory erano riusciti a evitarsi nei corridoi. E Ivy<br />
si era tenuta alla larga anche <strong>da</strong> Suzanne, ma mentre Gregory la<br />
ignorava quando la incrociava, Suzanne ogni volta le mostrava<br />
teatralmente il suo disprezzo. Tutti avevano capito che era<br />
furiosa con Ivy.<br />
Perciò, quando Beth le disse che Gregory e Suzanne<br />
sarebbero an<strong>da</strong>ti alla partita di football quel pomeriggio, Ivy fu<br />
immensamente sollevata. Aveva dormito poco nelle ultime due
notti, e adesso poteva finalmente riposarsi, sapendo che non<br />
doveva temere incursioni notturne <strong>da</strong> parte di Gregory. Anche<br />
se ora teneva sempre chiusa a chiave la porta, non si sentiva<br />
mai <strong>da</strong>vvero al sicuro.<br />
Infilò la busta e i moduli in mezzo al mucchio di libri di<br />
scuola e stava quasi per an<strong>da</strong>re di sopra quando sentì <strong>un</strong>a<br />
macchina che parcheggiava sul retro. Sembrava proprio la<br />
BMW di Gregory. Il suo primo istinto fu quello di mettersi a<br />
correre, di barricarsi in camera, ma non voleva che Gregory<br />
pensasse che aveva paura di lui. Si mise a sedere, aprì il<br />
giornale e si chinò sul tavolo, facendo finta di leggere. La porta<br />
della cucina era spalancata, e Ivy sentì immediatamente il<br />
profumo. «Suzanne».<br />
Suzanne rispose con <strong>un</strong>’occhiataccia.<br />
«Ciao», disse Gregory. Il suo tono non era né freddo né<br />
amichevole, e la sua espressione era indecifrabile – ma pronta<br />
ad accendersi in <strong>un</strong> sorriso non appena qualc<strong>un</strong> altro avesse<br />
varcato la porta. Suzanne continuava a fissare Ivy con <strong>un</strong>o<br />
sguardo gelido.<br />
«Ma che sorpresa», disse Ivy. «Beth mi aveva detto che<br />
sareste an<strong>da</strong>ti a vedere la partita».<br />
«Suzanne si stava annoiando, e io dovevo prendere <strong>un</strong>a<br />
cosa», le disse Gregory. Diede la schiena a Ivy, si avvicinò alla<br />
credenza, e tirò fuori <strong>un</strong>a capiente tazza di rame. «Perché non<br />
le prendi <strong>da</strong> bere?», le chiese, e le passò la tazza.<br />
«Certo». Gregory uscì in tutta fretta.<br />
Ivy diede <strong>un</strong>’occhiata nel frigo. «Scusa, non abbiamo niente<br />
di freddo», disse a Suzanne.<br />
Suzanne non aprì bocca.<br />
A parte te, si disse Ivy, poi si chinò per prendere <strong>un</strong>a<br />
bottiglia sotto il lavello. Si chiese perché mai Gregory le avesse<br />
lasciate sole. Forse in quel momento se ne stava fuori <strong>da</strong>lla<br />
porta, e aspettava di sentire cosa si sarebbero dette. Forse era
solo <strong>un</strong> test per controllare se Ivy aveva in mente di rivelare a<br />
Suzanne cosa <strong>da</strong>vvero sapeva di lui.<br />
«Come va?», chiese Ivy.<br />
«Bene».<br />
Una risposta molto sintetica, ma almeno era <strong>un</strong> inizio. Ivy<br />
lasciò cadere qualche cubetto di ghiaccio nella so<strong>da</strong> e passò il<br />
bicchiere a Suzanne. «A scuola <strong>un</strong> sacco di gente parla della<br />
tua festa. Si sono divertiti tutti».<br />
«Sì, sia al piano terra che al piano di sopra, dove ci sono le<br />
stanze <strong>da</strong> letto».<br />
Ivy rimase in silenzio.<br />
«E la tua sbronza?», le chiese Suzanne.<br />
«Non mi sono sbronzata», le disse Ivy.<br />
«Oh, giusto, ti sei liberata subito di tutto l’alcol».<br />
Ivy si morse il labbro.<br />
«Non ho potuto dormire nella mia stanza sabato notte»,<br />
disse Suzanne, e si diresse verso la cucina, passandosi il<br />
bicchiere <strong>da</strong> <strong>un</strong>a mano all’altra.<br />
«Mi dispiace tanto, Suzanne. Davvero. Ma la verità è che io<br />
non avevo bevuto proprio niente», disse Ivy con voce ferma.<br />
«Vorrei crederti». A Suzanne tremavano le labbra. «Vorrei<br />
che tu e Gregory poteste dirmi che mi sono sognata tutto».<br />
«Sai che lui non lo farà mai. E io nemmeno».<br />
Suzanne annuì e abbassò la testa. «So che tutte le ragazze<br />
piangono quando <strong>un</strong>a storia finisce. Ma non avrei mai creduto<br />
di dover tirare fuori i fazzoletti per te. Perché la nostra storia<br />
finisce qui».<br />
«Conosci me <strong>da</strong> prima di qualsiasi altro ragazzo», rispose<br />
subito Ivy. «Ti sei fi<strong>da</strong>ta di me per dieci anni. Adesso il primo<br />
che ti dice due paroline riesce a convincerti a non fi<strong>da</strong>rti più di<br />
me».<br />
«Ma ti ho vista con i miei occhi!».<br />
«Cosa hai visto?», Ivy stava quasi urlando. «Hai visto ciò
che lui voleva mostrarti, quello che lui ti ha raccontato. Come<br />
posso convincerti che…».<br />
«Come? Smettila di provarci con il mio ragazzo, ecco come!<br />
Tieni quelle tue maledette mani a posto!». Suzanne bevve <strong>un</strong><br />
l<strong>un</strong>go sorso. «Ti stai rendendo ridicola, Ivy, e il peggio è che lo<br />
fai a mie spese».<br />
«Suzanne, perché non riesci ad ammettere che è almeno<br />
possibile che sia stato Gregory a provarci con me?»<br />
«Bugiar<strong>da</strong>», disse Suzanne. «Non mi fiderò mai più di te».<br />
Bevve <strong>un</strong> altro sorso di so<strong>da</strong>, infuriata, lasciando <strong>un</strong> alone di<br />
rossetto sul metallo scintillante. «Ti avevo avvertita, Ivy. Ma tu<br />
non mi hai <strong>da</strong>to ascolto. Evidentemente non tenevi abbastanza<br />
a me».<br />
«Tengo a te più di quanto tu non sappia», disse Ivy, facendo<br />
<strong>un</strong> passo verso Suzanne.<br />
Suzanne si voltò di scatto. «Di’ a Gregory che sono sul<br />
patio», disse uscendo <strong>da</strong>lla porta della cucina.<br />
Ivy la lasciò an<strong>da</strong>re. È inutile, pensò. Gregory ha avvelenato<br />
la sua mente. Ricacciando indietro le lacrime, Uscì di corsa<br />
<strong>da</strong>lla cucina, verso le scale. Andò a sbattere contro Gregory e<br />
lo spintonò via. Non perse tempo a dirgli dove era an<strong>da</strong>ta<br />
Suzanne. Era sicura che lui avesse sentito ogni singola parola.<br />
Ivy non si fermò neppure per riprendere fiato finché non<br />
raggi<strong>un</strong>se la stanza della musica. Chiuse con forza la porta e si<br />
appoggiò di schiena allo stipite. Mantieni la calma, si disse,<br />
mantieni la calma.<br />
Ma non riusciva a smettere di tremare. Aveva perso tutte le<br />
speranze di vincere contro Gregory. Aveva bisogno di aiuto, di<br />
qualc<strong>un</strong>o che le dicesse che sarebbe an<strong>da</strong>to tutto bene. Le tornò<br />
in mente il giorno in cui Will l’aveva riaccompagnata a casa<br />
<strong>da</strong>lla stazione: lui le aveva creduto, e le aveva anche <strong>da</strong>to la<br />
sicurezza e l’appoggio di cui aveva bisogno per credere in se<br />
stessa.
«Troverò Will», disse ad alta voce, poi si voltò verso la<br />
porta e fu sorpresa di vedere la scintillante luce dorata.<br />
«Tristan!».<br />
La sua luce dorata la circondò. «Sì, Tristan», disse, e adesso<br />
era dentro la sua mente.<br />
«Stai bene? Dove sei stato?», le chiese silenziosamente Ivy.<br />
«Sei stato via così a l<strong>un</strong>go questa volta. Sono successe<br />
tantissime cose <strong>da</strong> quando sei caduto nell’oscurità».<br />
«Lo so», rispose Tristan. «Will e Lacey mi hanno detto<br />
tutto».<br />
«Ti hanno detto di Suzanne? Lei pensa… crede a tutto<br />
quello che le dice Gregory, e adesso mi odia, è…». Il fiume di<br />
lacrime era irrefrenabile.<br />
«Shh, Ivy, shh. So tutto di Suzanne», le disse Tristan. «E mi<br />
dispiace, ma adesso non puoi pensare a lei. Devi scor<strong>da</strong>rtela. Ci<br />
sono <strong>un</strong> sacco di cose più importanti…».<br />
«Scor<strong>da</strong>rmela?». Le lacrime divennero gocce di rabbia, e<br />
Ivy si mise a parlare ad alta voce. «Ma Gregory vuole ferirmi<br />
in tutti i modi possibili!».<br />
«Ivy, parla con il pensiero», le ricordò velocemente Tristan.<br />
«So che non è facile per te…».<br />
«Tu non sai proprio niente! Non capisci come mi sento»,<br />
disse Ivy, mettendosi a sedere sullo sgabello del piano. Passò in<br />
fretta le dita sui tasti.<br />
«Stammi a sentire, Ivy. Ho scoperto <strong>un</strong>a cosa che devi<br />
assolutamente sapere».<br />
«Non posso continuare a perdere le persone che mi sono<br />
care», disse lei.<br />
«C’è <strong>un</strong>a cosa di cui devo parlarti», insistette Tristan.<br />
«Prima ho perso te, adesso Suzanne, e…».<br />
«Will», disse lui.<br />
«Will?». Il tono di Tristan, basso e deciso, la mise in<br />
allarme. «Che c’entra Will?», chiese lei, incrociando le braccia.
«Non puoi fi<strong>da</strong>rti di lui».<br />
«Ma io mi fido di lui», rispose Ivy, fermamente decisa a non<br />
cambiare idea su quel p<strong>un</strong>to.<br />
«Ho appena perquisito casa sua», le disse Tristan.<br />
«Perquisito?»<br />
«E ho trovato delle cosette interessanti», aggi<strong>un</strong>se.<br />
«Tipo?», domandò lei.<br />
«Dei libri sugli angeli. Una copia delle chiavi di Caroline».<br />
«Be’, che ti aspettavi?», chiese Ivy. «Certo che ha dei libri<br />
sugli angeli. Sta cercando di capire cosa sei tu, esattamente, e<br />
perché sei tornato. E sappiamo entrambi che la curiosità<br />
l’aveva spinto a frugare nella busta che conteneva le chiavi.<br />
Avrei fatto la stessa cosa se fossi stata in lui», aggi<strong>un</strong>se, sulla<br />
difensiva.<br />
«C’era anche <strong>un</strong>a copia del racconto di Beth», disse Tristan.<br />
«Quello sulla donna che si suici<strong>da</strong>, quello che ha letto per il<br />
corso di recitazione il mese prima che Caroline morisse. Te lo<br />
ricordi?».<br />
Ivy annuì lentamente. «La donna distrusse le fotografie del<br />
suo amore insieme alla sua nuova compagna, lasciandole<br />
sparse come suo ultimo messaggio prima di spararsi».<br />
«Proprio come Caroline ha distrutto le foto di Andrew e di<br />
tua madre», disse Tristan.<br />
Ivy aveva già riflettuto sulla strana somiglianza tra il<br />
racconto di Beth e il rapporto della polizia. Aveva concluso che<br />
fosse <strong>un</strong> altro esempio dell’inquietante capacità della sua amica<br />
di predire gli avvenimenti, ma adesso capiva che forse Gregory<br />
aveva preso l’idea <strong>da</strong> Beth.<br />
«E c’è anche <strong>un</strong> ritaglio dell’articolo sulla ragazza a<br />
Ridgefield», proseguì Tristan. «Quella che è stata assalita<br />
proprio dopo di te, con le stesse identiche mo<strong>da</strong>lità. Ha<br />
f<strong>un</strong>zionato, ti ricordi? Il modus operandi ha convinto tutti che<br />
si trattasse di <strong>un</strong>a serie di crimini collegati, commessi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a
persona che non ti conosceva direttamente».<br />
Ivy si prese la testa tra le mani, ripensando a quella ragazza.<br />
«Che vuoi dire?», chiese alla fine. «Che Will ha capito<br />
molto più di quanto noi pensassimo? Ne sono felice. Volevo<br />
proteggerlo, ma adesso non c’è più ragione per escluderlo».<br />
«Invece c’è <strong>un</strong>a ragione», ripose subito Tristan. «Will ha<br />
anche qualcos’altro. Il giubbotto e il cappello».<br />
Ivy alzò la testa di scatto. Come aveva fatto a procurarsi gli<br />
abiti? Sapeva che erano delle prove della massima importanza?<br />
Perché non le aveva detto nulla?<br />
«Oh, sa bene che sono molto importanti», Tristan rispose ai<br />
suoi pensieri. «Erano scrupolosamente avvolti dentro buste di<br />
plastica e ben nascosti».<br />
«Ma io non gli ho mai detto cosa ho visto. Non gli ho mai<br />
detto cos’è stato a spingermi ad attraversare i binari, e quella<br />
storia non è mai stata divulgata».<br />
«Perciò o lui c’entra in qualche modo o…».<br />
«No!», disse Ivy.<br />
«…o in qualche modo ha capito tutto. Forse Eric gli ha<br />
raccontato qualcosa. In ogni caso, non ci ha detto tutto quello<br />
che sa». Ivy ripensò a quel giorno alla stazione quando<br />
avevano trovato Eric che esaminava il canale di scolo vicino<br />
alla stra<strong>da</strong>. Allora Will stava fingendo con Eric… o con lei.<br />
Si tirò a sedere, appoggiando la mano sul piano.<br />
«Ivy?».<br />
Lei spinse mentalmente <strong>da</strong> parte Tristan e andò alla finestra.<br />
Piegò le ginocchia e appoggiò braccia e mento sul <strong>da</strong>vanzale.<br />
«Ivy, parlami. Non cacciarmi via».<br />
«Sta solo cercando di aiutarci», disse Ivy. «Sono sicura che<br />
non ci sia nient’altro».<br />
«Com’è possibile che voglia aiutarci se ci sta nascondendo<br />
delle cose?»<br />
«Perché pensa che sia la cosa giusta <strong>da</strong> fare», rispose, anche
se sapeva che non aveva alc<strong>un</strong> senso. «Lo conosco. Mi fido di<br />
lui».<br />
«Suzanne si fi<strong>da</strong> di Gregory», ribatté Tristan.<br />
«Ma non è la stessa cosa!», sbottò Ivy, cacciando fuori<br />
Tristan <strong>un</strong>a volta per tutte. «Non è la stessa cosa!».<br />
Aveva urlato, e per <strong>un</strong> momento pensò di udire la sua stessa<br />
eco dentro la stanza. Poi capì che l’urlo veniva <strong>da</strong> sotto.<br />
Suzanne stava gri<strong>da</strong>ndo. Ivy sentì la voce di Gregory che<br />
copriva quella di Suzanne. Scese di corsa nella sua camera <strong>da</strong><br />
letto e attraversò il corridoio del secondo piano fino a<br />
raggi<strong>un</strong>gere la scalinata posteriore. Suzanne stava salendo di<br />
corsa le strette scale, i l<strong>un</strong>ghi capelli neri le sobbalzavano sulle<br />
spalle, il volto pallido era madido di sudore. Stringeva con<br />
forza la tazza in cui Ivy le aveva versato la so<strong>da</strong>.<br />
Gregory la raggi<strong>un</strong>se. «Suzanne», disse, «devi <strong>da</strong>re a Ivy<br />
<strong>un</strong>a possibilità di spiegarsi».<br />
Suzanne gettò indietro la testa e rise forte, <strong>un</strong>a risata<br />
selvaggia che per poco non la fece cadere giù <strong>da</strong>lle scale. Poi<br />
guardò Ivy, e lei capì che era successo qualcosa di tremendo.<br />
«Non vedo l’ora», disse Suzanne. «Voglio proprio vedere<br />
cosa si inventerà questa volta».<br />
Suzanne passò la so<strong>da</strong> a Ivy, costringendola a prendere il<br />
bicchiere in mano. Poi aprì piano la mano sinistra chiusa a<br />
pugno. Stretta nel palmo su<strong>da</strong>to della sua amica, Ivy vide <strong>un</strong>a<br />
pillola arancione. Lanciò <strong>un</strong>’occhiata a Gregory, poi fissò di<br />
nuovo la pasticca.<br />
«Che cos’è?», chiese Suzanne. «Dimmi, cos’è questa cosa<br />
che ho trovato nel mio drink?»<br />
«Sembra <strong>un</strong>a compressa di vitamine», disse Ivy, circospetta.<br />
«Vitamine!». Suzanne fece <strong>un</strong>a risatina stridula, ma Ivy si<br />
accorse che aveva le lacrime agli occhi. «Vitamine. Cosa<br />
volevi fare, Ivy? Spedirmi a fare <strong>un</strong> bel viaggetto come ha fatto<br />
Eric? Sei pazza. Sei <strong>un</strong>a folle, paranoica strega fuori di testa».
Gettò la pasticca nella so<strong>da</strong>. «Ecco, rimettiamo le vitamine<br />
dove stavano. Adesso bevi, bevi fino all’ultima goccia».<br />
Ivy fissò la tazza color rame. Sapeva che era stato Gregory a<br />
organizzare la cosa, e sapeva anche che non era pericolosa, ma<br />
non poteva correre il rischio.<br />
«Ingoia», disse Suzanne, con le lacrime che le rigavano la<br />
faccia. «Ingoia le tue vitamine».<br />
Ivy portò le labbra sul bordo della tazza e scosse la testa. La<br />
bocca di Suzanne si contrasse in <strong>un</strong>a smorfia.<br />
Suzanne si voltò, si gettò tra le braccia di Gregory, e corse<br />
giù al primo piano. Gregory la seguì. Ivy si mise a sedere sugli<br />
scalini e appoggiò la testa sulle ginocchia. Non cercò di<br />
nascondere le lacrime, anche se sapeva che Gregory si era<br />
fermato <strong>un</strong> attimo e si era voltato, solo per godersi la scena.
Capitolo 13<br />
Tristan aveva pensato che mettere in guardia Ivy sulla<br />
pericolosità di Will lo avrebbe fatto sentire meglio. In fin dei<br />
conti, i suoi sospetti erano reali. Will non stava ammettendo<br />
tutto quello che sapeva, e si rifiutava di dire come faceva a<br />
saperlo. Adesso Ivy poteva fi<strong>da</strong>rsi solo di Tristan. In teoria,<br />
questo avrebbe dovuto farlo sentire astuto, trionfante –<br />
quantomeno soddisfatto. Ma non era così. Per quanto avessero<br />
bisogno l’<strong>un</strong>o dell’altra, per quanto fosse forte l’amore che li<br />
<strong>un</strong>iva, lui e Ivy si trovavano sulle rive opposte di <strong>un</strong> fiume<br />
impossibile <strong>da</strong> valicare.<br />
Quel l<strong>un</strong>edì il mondo sembrava più grigio, più freddo.<br />
Rimase fuori <strong>da</strong>lla casa buia di Caroline e avvertì l’aut<strong>un</strong>no che<br />
arrivava come <strong>un</strong>a creatura abbandonata, cacciata <strong>da</strong>lla sua<br />
tana. Quando Tristan passò attraverso le pareti, si sentì come<br />
<strong>un</strong> invasore, <strong>un</strong> fantasma che infestava, non <strong>un</strong> angelo che<br />
aiutava le persone amate. Desiderava con tutto il cuore stare<br />
con Ivy ma non osava an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> lei in quel momento. Sapeva<br />
che quelle notizie su Will l’avevano ferita, l’avevano fatta<br />
arrabbiare. Ora che le aveva detto tutto, come poteva farla stare<br />
meglio?<br />
«Tristan?».<br />
Si guardò intorno, sospettoso.<br />
«Tristan?».<br />
Voleva sentire la voce di Ivy con tanta intensità che alla fine<br />
si era convinto di averla udita <strong>da</strong>vvero.<br />
«Ci sei?», lo chiamò lei. «Fammi entrare».<br />
Tristan si precipitò alla porta, e si concentrò rapi<strong>da</strong>mente sul<br />
compito di materializzare le dita. Ma continuava a perdere la<br />
presa sul chiavistello, non riusciva ad aprirlo. Poi la porta della<br />
casa immersa nel buio si spalancò <strong>da</strong>vanti a Ivy, ruotando<br />
lentamente sui cardini. Deve essere <strong>un</strong>o spettacolo notevole,
pensò lui.<br />
Lei entrò e si fermò proprio <strong>da</strong>vanti al rettangolo di luce<br />
proiettato <strong>da</strong>l bagliore della l<strong>un</strong>a che filtrava attraverso le porte.<br />
Immersa in quella luce argentea, la sua pelle era palli<strong>da</strong> e<br />
diafana come quella di <strong>un</strong>’apparizione. Per <strong>un</strong> momento<br />
Tristan credette che fosse accaduto qualcosa di terribile e<br />
meraviglioso, e che lei lo avesse raggi<strong>un</strong>to sotto forma di<br />
spirito. Ma poi Ivy si girò verso di lui, con occhi pieni di amore<br />
ma perduti nel nulla. Erano occhi che avvertivano solo <strong>un</strong><br />
bagliore, non vedevano <strong>un</strong> volto.<br />
«Ti amo». Condivisero quel pensiero, e lui scivolò lieve<br />
nella sua mente.<br />
«Mi dispiace, Tristan», disse lei piano. «Mi dispiace di<br />
averti buttato fuori in quel modo».<br />
Ma lui era così felice di essere lì con lei, così contento che<br />
lo avesse raggi<strong>un</strong>to, che per <strong>un</strong> momento non trovò le parole.<br />
«So che ti ho ferito quando ti ho detto di Will», le disse alla<br />
fine.<br />
Lei alzò le spalle e chiuse la porta. «Ma dovevi dirmi la<br />
verità».<br />
Tristan osservò il lieve movimento con cui incurvò le spalle<br />
e capì che quella notizia le faceva ancora male. Dovrei<br />
convincerla a parlarne, pensò. Dovrei ricor<strong>da</strong>rle che si<br />
innamorerà di nuovo, che <strong>un</strong> giorno ci sarà <strong>un</strong>’altra persona…<br />
«Ti amo, Tristan», disse Ivy. «Per favore, qual<strong>un</strong>que cosa<br />
succe<strong>da</strong>, promettimi che non te lo scorderai mai».<br />
Un’altra volta. Potevano parlare del futuro <strong>un</strong>’altra volta.<br />
«Mi stai ascoltando?», chiese Ivy. «So che ci sei. Ti stai<br />
nascondendo, Tristan. Sei arrabbiato?»<br />
«Mi stavo solo chiedendo», disse, «come facevi a sapere che<br />
sarei venuto qui».<br />
Tristan percepì il sorriso che si allargava sulle labbra di lei.<br />
«Non ne sono sicura», disse. «Immagino che avessi solo
isogno di te, <strong>un</strong> bisogno fortissimo. E dopo quello che è<br />
successo oggi pomeriggio, non pensavo che saresti venuto se ti<br />
avessi chiamato. Ho capito che toccava a me cercarti. Mi sono<br />
infilata in macchina e ho continuato a gui<strong>da</strong>re, e sono finita<br />
qui».<br />
Lui scoppiò a ridere. «Quando tutta questa storia sarà finita,<br />
tu e Beth dovete aprire <strong>un</strong> negozio – cartomanzia, tè e<br />
telepatia».<br />
«Potresti <strong>un</strong>irti a noi per le sedute spiritiche», suggerì Ivy. Il<br />
sorriso di lei si riversò nell’animo di Tristan, inon<strong>da</strong>ndolo di<br />
calore.<br />
«Lyons, Van Dyke, e lo Spirito. Perfetto», disse lui, ma<br />
sapeva che <strong>un</strong>a volta finita la missione non sarebbe tornato<br />
indietro. Ness<strong>un</strong>o degli angeli che Lacey aveva conosciuto era<br />
mai tornato.<br />
Ivy stava ancora sorridendo quando attraversò la cucina di<br />
Caroline. I suoi occhi si abituavano sempre più all’oscurità.<br />
«Sembra proprio che tu abbia frugato <strong>un</strong> po’ <strong>da</strong>ppertutto»,<br />
disse, osservando i cassetti della cucina aperti e gli sportelli<br />
spalancati.<br />
«Lacey e io abbiamo <strong>da</strong>to <strong>un</strong>’occhiata <strong>da</strong> queste parti ad<br />
agosto, molto prima che tu prendessi la chiave, ma non<br />
abbiamo lasciato tutta questa confusione», rispose. «C’è stato<br />
qualc<strong>un</strong> altro».<br />
Lui riuscì a percepire il suo pensiero, anche se lei aveva<br />
cercato duramente di nasconderlo. Will.<br />
«I possibili sospettati sono molti», disse in fretta Tristan.<br />
«Gregory o Eric. Oppure Will», aggi<strong>un</strong>se, abbassando la voce.<br />
«O persino quel tizio che si ferma sempre <strong>da</strong>vanti alla tomba di<br />
Caroline a lasciarle delle rose».<br />
«C’era <strong>un</strong>a rosa a stelo l<strong>un</strong>go <strong>da</strong>vanti alla lapide».<br />
«Ma hai visto l’uomo?», chiese Tristan mentre Ivy sbirciava<br />
dentro le credenze. Erano quasi tutte vuote, ma in <strong>un</strong>o degli
ultimi cassetti trovò <strong>un</strong>a torcia.<br />
«No. Com’è fatto?»<br />
«Alto, magro, capelli scuri», rispose Tristan. «Si chiama<br />
Tom Stetson, e lavora al college di Andrew. Lacey lo ha<br />
seguito alla tua festa per il Labour Day. Non ti hanno mai<br />
parlato di lui?».<br />
Ivy scosse la testa, poi disse subito: «Se scuoto la testa, o<br />
faccio <strong>un</strong>’espressione strana, tu di sicuro non te ne accorgi,<br />
<strong>da</strong>to che sei dentro di me».<br />
«Invece me ne accorgo. Lo sento. Adoro quando sorridi».<br />
Il sorriso si allargò a tal p<strong>un</strong>to che Tristan si sentì avvolto<br />
<strong>da</strong>l suo calore.<br />
«Allora, che ne pensi?», chiese Ivy. «Tom Stetson era il<br />
nuovo amante di Caroline? È in qualche modo coinvolto?»<br />
«Non lo so», disse Tristan, «ma sia lui che Gregory devono<br />
avere le chiavi di questa casa. Penso che sia stato Tom a<br />
mettere le cose negli scatoloni».<br />
«E magari, già che c’era, a frugare dentro cassetti e<br />
scaffali», disse Ivy.<br />
«Forse».<br />
Ivy afferrò la catenella che portava al collo. Strinse nel<br />
pugno la chiave che le dondolava sotto la camicetta. La parte<br />
centrale di argento e i due dentini frastagliati brillavano sotto la<br />
luce della torcia.<br />
«Be’, sono io quella che ha le chiavi», disse. «Adesso, se<br />
solo riuscissimo a trovare la serratura…».<br />
Iniziarono a cercare insieme. In salotto trovarono <strong>un</strong>a<br />
cassettiera con <strong>un</strong>o scompartimento chiuso a chiave che era<br />
stato forzato. Poco lontano, sul caminetto, c’era <strong>un</strong>a scatola con<br />
<strong>un</strong> lucchetto di ottone che era stato spezzato. E adesso era<br />
vuoto. Ivy provò a inserire la chiave in entrambe le serrature,<br />
ma non apriva ness<strong>un</strong>a delle due.<br />
Tristan, in camera <strong>da</strong> letto, richiamò l’attenzione di Ivy sul
panno dello scrittoio, su cui era chiaramente visibile <strong>un</strong>a<br />
sagoma rettangolare, come se <strong>un</strong>a scatola pesante fosse rimasta<br />
là sopra per chissà quanto tempo. Ma adesso era sparita.<br />
L’armadio di Caroline era ancora pieno di borsette e scarpe, e<br />
pareva proprio che qualc<strong>un</strong>o avesse frugato anche lì. Ivy tirò<br />
fuori tutto e tastò in fondo all’armadio. Poi si spostarono in<br />
<strong>un</strong>’altra stanza. Un’ora e mezza dopo, conclusero che la loro<br />
ricerca non aveva portato ad alc<strong>un</strong> risultato.<br />
«C’è <strong>un</strong> sacco di robaccia qui dentro, ma non troveremmo<br />
proprio nulla», disse Tristan, frustrato.<br />
Ivy si lasciò cadere per terra, in <strong>un</strong> angolo del corridoio.<br />
Tristan notò che non si sedeva mai su <strong>un</strong>a delle sedie di<br />
Caroline.<br />
«Il problema è che non sappiamo cosa è già stato sottratto<br />
<strong>da</strong> qui, né cosa potrebbe esserci stato portato», osservò Ivy.<br />
«Se solo avessimo <strong>un</strong> qualche indizio per capire cosa stiamo<br />
cercando».<br />
«E Beth?», chiese improvvisamente Tristan. «E se<br />
chiedessimo aiuto a lei? Ha <strong>un</strong> vero sesto senso. Forse se tu le<br />
facessi vedere la chiave, le permettessi di tenerla in mano, di<br />
meditare a l<strong>un</strong>go, lei riuscirebbe a dirci dove cercare… almeno<br />
potrebbe <strong>da</strong>rci <strong>un</strong> consiglio».<br />
«Ottima idea». Ivy diede <strong>un</strong>’occhiata all’orologio. «Puoi<br />
venire con me?».<br />
Tristan sapeva che avrebbe dovuto dire di no. Era stanco e<br />
doveva riposarsi se voleva evitare di cadere di nuovo<br />
nell’oscurità. Ma non poteva abbandonarla. Qualcosa gli<br />
diceva che non aveva ancora molto tempo <strong>da</strong> passare con Ivy.<br />
«Verrò, ma sarà meglio che mi limiti a osservare», disse. E<br />
rimase in silenzio fino a casa di Beth.<br />
Il signor Van Dyke ormai era abituato a vedersi piombare in<br />
casa Ivy negli orari più impensabili. Fermo sulla porta, alzò<br />
appena gli occhi <strong>da</strong>i suoi testi di giurisprudenza, sollevò
evemente i suoi occhiali <strong>da</strong> lettura, gridò: «Beth!» e fece<br />
cenno a Ivy di salire.<br />
Tristan non poteva credere ai suoi occhi quando vide in che<br />
condizioni erano Beth e la sua camera, ma Ivy gli spiegò<br />
silenziosamente: «Sta scrivendo».<br />
Beth fissò Ivy come se fosse in <strong>un</strong> altro mondo, anzi, a<br />
diversi mondi di distanza. Un fermaglio cercava di domare i<br />
suoi capelli racchiudendoli in <strong>un</strong>a co<strong>da</strong> sbilenca. Un vecchio<br />
paio di occhiali ondeggiava sulla p<strong>un</strong>ta del naso; anch’essi<br />
erano sbilenchi, <strong>da</strong>to che avevano perso <strong>un</strong>a stanghetta. Portava<br />
degli enormi pantaloncini <strong>da</strong> ginnastica e delle luride ciabatte<br />
pelose a forma di muso di cane, sporche di popcorn e schifezze<br />
varie.<br />
Ivy si avvicinò a Beth e le tirò <strong>un</strong> post-it giallo via <strong>da</strong>lla<br />
maglietta. «Passionale, delicato, fedele, serpeggiante,<br />
delizioso», lesse, poi disse: «Mi dispiace <strong>da</strong>vvero se sono<br />
piombata qui dentro in questo modo».<br />
«Non c’è problema», rispose Beth tutta allegra, e prese il<br />
post-it. «Cercavo proprio questo… grazie».<br />
«Abbiamo bisogno del tuo aiuto».<br />
«Abbiamo? Oh». Beth chiuse subito la porta e liberò <strong>un</strong><br />
angolino del letto, buttando per terra pezzi di carta e fogli<br />
sparsi. Osservò il volto di Ivy, poi sorrise. «Buonasera, signor<br />
bagliore», disse a Tristan.<br />
«Beth, ti ricordi della busta che mi ha <strong>da</strong>to la sorella di<br />
Eric?», chiese Ivy.<br />
Tristan vide il lampo che illuminò gli occhi di Beth. Aveva<br />
osservato lo scambio al cimitero e di sicuro <strong>da</strong> allora stava<br />
bruciando <strong>da</strong>lla curiosità.<br />
«Dentro c’era questa». Ivy tirò fuori la chiave e la mise in<br />
mano a Beth.<br />
«Sembra la chiave di <strong>un</strong>a scatola», disse Beth, «o di <strong>un</strong><br />
cassetto. Potrebbe essere di <strong>un</strong>a vecchia porta, ma non credo –
non sembra abbastanza antica».<br />
«Sulla busta c’erano l’indirizzo e il nome di Caroline», disse<br />
Ivy. «Abbiamo cercato in casa sua ma non abbiamo capito cosa<br />
apre. Puoi lavorarci <strong>un</strong> po’ su? Sai, magari puoi tenerla <strong>un</strong> po’<br />
con te, pensarci con calma, vedere se ti viene in mente<br />
qualcosa».<br />
Tristan vide che Beth indietreggiava. «Oh, Ivy, io…».<br />
«Per favore».<br />
«Ha paura», disse piano Tristan a Ivy. «Devi aiutarla. Le sue<br />
stesse predizioni la terrorizzano».<br />
«Non ti sto chiedendo di avere delle visioni o di predire<br />
qualcosa», disse subito Ivy. «Mi basta che tu la tenga <strong>un</strong> po’<br />
per vedere che reazioni ti suscita. Può anche essere <strong>un</strong>a cosa<br />
banale o assur<strong>da</strong>, non ha ness<strong>un</strong>a importanza, ma forse ci <strong>da</strong>rà<br />
<strong>un</strong> indizio su dove cercare».<br />
Beth abbassò gli occhi e fissò la chiave. «Vorrei che non me<br />
lo avessi chiesto, Ivy. Quando faccio cose come questa, alla<br />
fine si risvegliano tanti pensieri nella mia mente, cose che non<br />
capisco, cose che a volte mi spaventano». Si voltò e guardò con<br />
rimpianto lo schermo del computer, dove il cursore<br />
lampeggiava, in attesa che lei tornasse a scrivere. «Vorrei che<br />
non me lo avessi chiesto».<br />
«Ok, ti capisco», disse Ivy, riprendendo la chiave.<br />
La mano di Beth si chiuse intorno a quella di Ivy. Tristan<br />
poteva sentire quanto era fred<strong>da</strong> e su<strong>da</strong>ta. «Lasciamela fino a<br />
domani», disse. «Te la restituisco domattina a scuola. Forse mi<br />
verrà qualche immagine».<br />
Ivy gettò le braccia al collo della sua amica. «Grazie.<br />
Grazie. Non te l’avrei chiesto se non fosse stato importante».<br />
Qualche minuto dopo Ivy era già sulla stra<strong>da</strong> di ritorno<br />
verso casa. «Sei ancora con me», disse passeggiando sulla<br />
l<strong>un</strong>ga via.<br />
La felicità che animava la sua voce riscaldò il cuore di
Tristan, ma non riusciva a liberarsi della stanchezza che lo<br />
attanagliava, di quella crescente paura che prima o poi<br />
l’oscurità potesse avere il sopravvento. Che sarebbe successo<br />
se lui fosse sprofon<strong>da</strong>to nell’oscurità proprio quando Ivy aveva<br />
più bisogno di lui?<br />
«Rimarrò con te finché non arrivi in camera tua», disse.<br />
«Poi torno <strong>da</strong> Beth».<br />
Quando raggi<strong>un</strong>sero <strong>un</strong> cespuglio Ivy si chinò<br />
improvvisamente.<br />
«Ella? Ella, esci fuori e saluta. Il tuo ragazzo è qui con me».<br />
Gli occhi verdi del gatto scintillarono, ma non sbucò fuori.<br />
«Ella, vieni fuori, che succede?».<br />
Ella miagolò, e Ivy frugò in mezzo ai cespugli per tirarla<br />
fuori. La sollevò, accarezzandola nel suo p<strong>un</strong>to preferito dietro<br />
le orecchie. Il gatto non si mise a fare le fusa.<br />
«Che c’è che non va?», disse Ivy, poi rimase senza fiato.<br />
Tristan sentì il brivido che le scuoteva il corpo, il fremito che si<br />
riversò anche dentro di lui. L<strong>un</strong>go il lato destro del gatto c’era<br />
<strong>un</strong> taglio, il pelo era stato strappato brutalmente via. La pelle<br />
rosa era impregnata di sangue.<br />
«Ella, come ti sei fatta questo…». Ma Ivy non finì la<br />
doman<strong>da</strong>. Indovinò la risposta nel momento stesso in cui la<br />
capì Tristan. «Gregory», disse.
Capitolo 14<br />
Ivy continuò a sognare Ella per tutta la notte. Incubi l<strong>un</strong>ghi e<br />
oscuri in cui Gregory <strong>da</strong>va la caccia al gatto e Ivy inseguiva<br />
Gregory. Poi, non appena si avvicinava, lui la attaccava. Il<br />
sonno di Ivy non divenne più calmo con il passare delle ore, e<br />
solo quando iniziò ad albeggiare trovò finalmente pace.<br />
Adesso, con gli occhi chiusi per proteggersi <strong>da</strong>lla luce del sole,<br />
contò gli attutiti rintocchi dell’orologio in soggiorno.<br />
Sembravano lontani chilometri, milioni di chilometri – cinque,<br />
sei, sette, otto…<br />
«Otto!». E si tirò a sedere di scatto.<br />
Ella, che si era avvicinata furtivamente, si strusciò contro il<br />
corpo di Ivy, affon<strong>da</strong>ndo il musetto nel suo fianco. Ivy se la<br />
mise in grembo, con la massima delicatezza. Vide di nuovo la<br />
ferita e subito le vennero le lacrime agli occhi. «Ok, ragazza,<br />
vediamo di pulirti per bene».<br />
Sollevò delicatamente Ella e la portò in bagno.<br />
«Ivy, Ivy, non sei ancora pronta?», la chiamò sua madre in<br />
fondo alle scale.<br />
Ivy si voltò e attraversò il corridoio, tenendosi vicina al<br />
muro per non farsi vedere <strong>da</strong> Maggie. «Arrivo», urlò.<br />
«Sono già usciti tutti», le rispose Maggie. «Vado anch’io».<br />
«A dopo», disse Ivy, sollevata.<br />
Sentì lo scalpiccio dei tacchi di sua madre sul pavimento e il<br />
rumore della porta che sbatteva. Poi Ivy sollevò Ella,<br />
portandosela vicina al volto per esaminare di nuovo la ferita. Il<br />
taglio era dritto, come se fosse stato fatto con <strong>un</strong> rasoio affilato.<br />
La notte precendente Tristan aveva dovuto usare tutti i suoi<br />
poteri di persuasione per impedirle di partire a testa bassa e<br />
precipitarsi in camera di Gregory. Ma quella mattina Ivy si<br />
rendeva conto che Tristan aveva fatto bene a trattenerla.<br />
Avrebbe affrontato Gregory, ma solo quando sarebbe stata
perfettamente calma e luci<strong>da</strong>. Gregory la voleva sconvolgere,<br />
destabilizzare, e la sua rabbia non sarebbe servita ad altro che a<br />
incoraggiarlo.<br />
«Ok, piccola, andrà tutto bene», sussurrò Ivy a Ella<br />
rientrando in camera.<br />
Il sole della mattina era abbastanza alto e intenso <strong>da</strong><br />
invadere la stanza e accarezzare i mobili, illuminando ogni<br />
particella di polvere e accendendo i riflessi di vernice dorata<br />
della cornice che racchiudeva la foto di Tristan. Ivy fissò la<br />
foto per <strong>un</strong> istante, poi si ritrasse. Davanti alla cornice erano<br />
posati dei peli neri – erano di Ella. Ivy tenne stretta Ella con <strong>un</strong><br />
braccio e all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano per accarezzare quei soffici peli.<br />
Poi prese <strong>un</strong>a ciocca di ricci biondi.<br />
Erano i suoi capelli! Qualc<strong>un</strong>o le aveva tagliato <strong>un</strong>a ciocca<br />
di capelli.<br />
Gregory, sicuramente. Ivy si lasciò cadere su <strong>un</strong>a sedia<br />
vicino alla cassettiera e si dondolò avanti e indietro,<br />
abbracciando Ella. Quando l’aveva fatto? Come?<br />
Ogni notte, <strong>da</strong> quando Tristan le aveva detto tutto quello che<br />
sapeva su Gregory, Ivy aveva chiuso a chiave la porta della<br />
camera che si affacciava sul corridoio. C’era anche <strong>un</strong>’altra<br />
entrata, tramite il bagno che <strong>un</strong>iva la sua stanza a quella di<br />
Philip. Ivy aveva sistemato il catenaccio in modo che Philip<br />
potesse aprirla in caso di emergenza, ma solo spingendo forte,<br />
e facendo molto rumore. Invece, in qualche modo Gregory<br />
l’aveva aperta in perfetto silenzio. Le venne la pelle d’oca,<br />
pensando a lui che si chinava su di lei addormentata, con <strong>un</strong><br />
paio di forbici in mano.<br />
Fece <strong>un</strong> profondo respiro e si rimise in piedi. Ripulì Ella,<br />
poi pulì bene lo scrittoio, con le mani che le tremavano ancora.<br />
Poi, spinta <strong>da</strong> <strong>un</strong> improvviso impulso, entrò di corsa in camera<br />
di Gregory: voleva vedere con i suoi occhi le forbici, il rasoio,<br />
le prove di quello che aveva fatto.
Iniziò a rovistare e a buttare qua e là fogli, vestiti e riviste.<br />
In mezzo alle pagine di «Rolling Stone» trovò <strong>un</strong> cartoncino.<br />
Era ripiegato a metà e dentro c’era stampata <strong>un</strong>’immagine<br />
scura. Quando Ivy lo aprì le si fermò il cuore nel petto.<br />
Riconobbe subito la scrittura: i caratteri decisi e forti erano<br />
identici a quelli delle di<strong>da</strong>scalie sotto i disegni di Will.<br />
Lesse in fretta il biglietto, poi lo rilesse di nuovo, molto<br />
lentamente, parola per parola, come <strong>un</strong>o scolaretto. Era<br />
sorpresa <strong>da</strong> ogni lettera, <strong>da</strong>l significato di ogni parola. Mentre<br />
leggeva il messaggio di Will continuava a ripetersi che quelle<br />
non potevano essere parole sue. Impossibile. Ma c’era anche la<br />
firma.<br />
«Gregory», c’era scritto, «voglio di più. Se fai sul serio, devi<br />
portare il doppio della cifra. Io sto correndo <strong>un</strong> bel rischio,<br />
sono <strong>un</strong> tuo complice adesso… devi fare in modo che ne valga<br />
la pena. Porta il doppio della cifra se rivuoi giubbotto e<br />
cappello».<br />
Ivy chiuse gli occhi e si appoggiò alla scrivania di Gregory.<br />
Aveva l’impressione che il suo cuore fosse stato compresso,<br />
trasformato in <strong>un</strong>a piccola pietra. Una volta che tutta quella<br />
storia fosse finita, non sarebbe rimasto più nulla di morbido<br />
dentro di lei, niente che fosse ancora in grado di sanguinare…<br />
o di piangere.<br />
Riaprì gli occhi. Tristan aveva ragione su Gregory e Will.<br />
Aveva sempre avuto ragione. Ma Tristan non aveva previsto<br />
che Will l’avrebbe tradita in quel modo – che sarebbe passato<br />
<strong>da</strong>lla parte di Gregory e l’avrebbe abbandonata, sola e<br />
vulnerabile, se il prezzo fosse stato soddisfacente.<br />
Ivy si sentiva sconfitta, non <strong>da</strong>lle minacce oscure e piene di<br />
odio di Gregory, ma <strong>da</strong>lla insensibile spietatezza di Will. Che<br />
senso aveva continuare a lottare? Erano tutti contro di lei.<br />
Rimise la lettera tra le pagine della rivista. Poi vide <strong>un</strong> libro<br />
spiegazzato su Babe Ruth, <strong>un</strong>o dei tascabili di Philip, in cima
alla pila di volumi di Gregory.<br />
Doveva continuare a lottare. Philip era coinvolto in quella<br />
storia insieme a lei.<br />
Riaprì la rivista, tirò fuori la lettera, poi si mise a correre<br />
l<strong>un</strong>go il corridoio. Doveva prepararsi per an<strong>da</strong>re a scuola.<br />
Prima di uscire di casa quella mattina, Ivy aveva portato la<br />
ciotola dell’acqua e i croccantini di Ella in camera sua. Aveva<br />
lasciato la gatta lì dentro, chiudendo a chiave sia la porta del<br />
bagno che quella che <strong>da</strong>va sul corridoio.<br />
Ivy aveva perso la prima ora. Arrivò alla lezione di inglese<br />
con <strong>un</strong> po’ di ritardo, e quando entrò in classe Beth sollevò la<br />
testa. Sembrava stanca e preoccupata. Ivy le fece l’occhiolino,<br />
e Beth le rivolse <strong>un</strong> timido sorriso.<br />
Alla fine della lezione camminarono fianco a fianco,<br />
cercando di districarsi in mezzo alla folla di ragazzini che si<br />
accalcavano nel corridoio. Gli armadietti che sbattevano, le<br />
chiacchiere e le urla coprivano ogni altro rumore, e le ragazze<br />
erano costrette a gri<strong>da</strong>re se volevano capirsi. Ivy prese<br />
sottobraccio la sua amica e aprì il palmo. Beth le fece<br />
immediatamente scivolare in mano la chiave.<br />
Quando raggi<strong>un</strong>sero <strong>un</strong>a stanza vuota alla fine del corridoio,<br />
Beth disse: «Ivy, dobbiamo parlare. Ho fatto <strong>un</strong> sogno ieri<br />
notte. Non so cosa significhi, ma penso…».<br />
Suonò la campanella.<br />
«Oh, no, ho <strong>un</strong> compito alla prossima ora».<br />
«Allora a pranzo», disse Ivy. «Raggi<strong>un</strong>gimi al tavolo in<br />
fondo, all’angolo», aggi<strong>un</strong>se quando si divisero.<br />
Due ore dopo, Ivy ebbe fort<strong>un</strong>a. La signora Bryce,<br />
l’assistente scolastico, le permise di uscire presto per an<strong>da</strong>re a<br />
pranzo, dicendosi molto soddisfatta dei progressi di Ivy, del<br />
suo nuovo atteggiamento propositivo e pieno di speranza.<br />
Allora il corso di teatro f<strong>un</strong>ziona <strong>da</strong>vvero, pensò Ivy infilandosi<br />
dietro il piccolo tavolo incassato nell’angolo più remoto della
sala mensa. Beth la raggi<strong>un</strong>se qualche minuto dopo.<br />
«Will sta facendo la fila. Devo dirgli di raggi<strong>un</strong>gerci?», le<br />
chiese Beth.<br />
Ivy diede <strong>un</strong> rapido morso al sandwich e mandò giù il<br />
boccone a fatica. Will era l’ultima persona al mondo che<br />
voleva vedere. Ma Beth si fi<strong>da</strong>va ancora di lui. E già lo stava<br />
chiamando a gesti.<br />
«Hai detto qualcosa a Will a proposito della chiave?», le<br />
chiese Ivy.<br />
«No».<br />
«Ottimo», disse Ivy. «Non farlo. Non voglio che Will lo<br />
sappia – non ancora, quantomeno», aggi<strong>un</strong>se, abbassando il<br />
tono della voce quando vide l’espressione sorpresa sul volto di<br />
Beth.<br />
«Ma Will potrebbe avere qualche buona idea», disse Beth,<br />
aprendo il suo sacchetto del pranzo. Come al solito, tirò fuori il<br />
dessert prima di ogni altra cosa. «Sono sicura che lui ti <strong>da</strong>rebbe<br />
volentieri <strong>un</strong>a mano».<br />
Senza dubbio, pensò Ivy. Ma solo per gua<strong>da</strong>gnare qualche<br />
spicciolo.<br />
«Sai cosa prova per te», aggi<strong>un</strong>se Beth.<br />
Ivy non riuscì a nascondere il suo sarcasmo. «Oh, certo, lo<br />
so bene».<br />
Beth le fece l’occhiolino. «Ivy, farebbe qualsiasi cosa per<br />
te».<br />
E già che c’è, cercherebbe di fare anche <strong>un</strong> po’ di soldi,<br />
pensò Ivy, ma stavolta riuscì a parlare con <strong>un</strong> tono di voce<br />
normale. «Forse hai ragione, Beth, ma ti prego di non dirgli<br />
nulla lo stesso, ok?».<br />
Beth corrugò la fronte. Non disse più nulla, ma di sicuro<br />
pensava che Ivy stesse commettendo <strong>un</strong> errore.<br />
«Dimmi cosa hai sognato ieri notte», disse Ivy.<br />
La sua amica scosse lentamente la testa. «Era strano, Ivy,
molto semplice ma strano. Ho continuato a sognare sempre la<br />
stessa cosa, ancora e ancora. Non so se abbia in qualche modo<br />
a che fare con la chiave, ma di sicuro c’entravi tu».<br />
«Raccontami tutto», disse Ivy, avvicinandosi a lei, ma<br />
continuando a scrutare con la co<strong>da</strong> dell’occhio Will che si<br />
avvicinava al bancone.<br />
«C’erano queste grandi ruote», disse Beth, «due, tre, non so<br />
quante fossero. Grandi ruote seghettate, con grossi denti, come<br />
le ruote di <strong>un</strong> trattore, oppure delle catene <strong>da</strong> neve, <strong>un</strong>a cosa del<br />
genere. Si muovevano tutte nella stessa direzione. Poi sei<br />
arrivata tu. Non c’era nient’altro nel sogno, solo tu e le ruote.<br />
Tu hai mosso la mano e le hai fermate. Poi le hai spinte, e le<br />
ruote si sono messe a girare nella direzione opposta».<br />
Beth rimase in silenzio. I suoi occhi erano sperduti, vuoti,<br />
come se stesse vivendo di nuovo lo stesso sogno.<br />
«E?»<br />
«Nient’altro», disse Beth. «È tutto quello che ho sognato,<br />
ancora e ancora».<br />
Ivy si rimise a sedere, disorientata. «Hai idea di cosa<br />
significhi?», chiese.<br />
«Stavo per chiederti la stessa cosa», rispose Beth. «Ivy, ecco<br />
Will. Perché non gli parli e…».<br />
«No», disse subito lei.<br />
Beth si morse il labbro. Ivy abbassò gli occhi sul suo<br />
sandwich mangiucchiato.<br />
«Ciao!», disse Will, tirando indietro <strong>un</strong>a sedia e posando il<br />
vassoio sul tavolo. «Come va?»<br />
«Come sempre», disse Ivy, evitando il suo sguardo.<br />
«Beth?»<br />
«Come sempre», borbottò lei.<br />
Will rimase in silenzio per <strong>un</strong> attimo. «Come mai sei<br />
arrivata tardi stamattina?», chiese a Ivy.<br />
Lei alzò gli occhi di scatto. «Come fai a sapere che sono
arrivata tardi?»<br />
«Perché ho fatto tardi anch’io». Will inclinò leggermente il<br />
capo, come se cercasse di indovinare cosa stesse pensando.<br />
Ivy distolse lo sguardo.<br />
«Sono arrivato subito dopo di te», disse, poi le prese la<br />
mano, sfiorandola piano, cercando di costringerla a guar<strong>da</strong>rlo.<br />
Ma lei non cedette.<br />
«Che c’è che non va?».<br />
Odiava il suo tono di voce, così innocente, così preoccupato.<br />
«Beth? Dimmi che c’è».<br />
Ivy lanciò <strong>un</strong>’occhiata alla sua amica. Beth alzò le spalle, e<br />
Will spostò gli occhi <strong>da</strong> <strong>un</strong>a parte all’altra. Aveva<br />
<strong>un</strong>’espressione calma e pensierosa, come quella di <strong>un</strong><br />
insegnante che cerca pazientemente di ottenere <strong>un</strong>a risposta.<br />
Ma le sue mani tradirono il suo nervosismo quando strinse con<br />
forza il bordo del vassoio.<br />
Will trattenne il respiro, poi disse piano: «Sorpresa. Ecco<br />
Gregory».<br />
Ivy alzò lo sguardo, sperando che Suzanne fosse con lui. Se<br />
Suzanne l’avesse gelata con il suo solito atteggiamento<br />
sprezzante, avrebbe avuto <strong>un</strong>a scusa per an<strong>da</strong>rsene. Ma<br />
Gregory era solo, e si avvicinava sorridendo, assolutamente<br />
sicuro di sé, come se fossero tutti grandi amici.<br />
Will lo salutò.<br />
«Non sapevo che avessi l’ora libera», disse Ivy.<br />
«Avevo storia, ma i miei compagni sono in biblioteca», le<br />
disse. «Sto facendo delle ricerche, non vedi?».<br />
Ivy ri<strong>da</strong>cchiò, ben decisa a sembrare a suo agio quanto lui.<br />
«Su che argomento?»<br />
«Famosi omicidi del diciannovesimo secolo», rispose<br />
Gregory, prendendo <strong>un</strong>a sedia.<br />
«Hai imparato qualcosa di interessante?».<br />
Lui ci rifletté <strong>un</strong> attimo, poi sorrise e si sedette vicino a lei.
«Niente di utile. Will, mi dispiace di averti <strong>da</strong>to buca ieri».<br />
Ivy si voltò per guar<strong>da</strong>re Will.<br />
«Che ne dici di vederci più tardi oggi pomeriggio?»,<br />
propose Gregory.<br />
Will esitò, poi annuì. «Da Celentano», disse.<br />
«Posso venire anch’io?», chiese Ivy. Li prese entrambi alla<br />
sprovvista.<br />
«Oh, dimenticavo», disse, con <strong>un</strong> gesto noncurante, «oggi<br />
devo lavorare».<br />
«Peccato», disse Gregory, ma l’espressione sorpresa sui loro<br />
volti le aveva già detto tutto quello che aveva bisogno di<br />
sapere. Dovevano vedersi per <strong>un</strong>a ragione ben precisa. Gregory<br />
doveva pagare Will. Se non altro Will era abbastanza furbo <strong>da</strong><br />
effettuare lo scambio in <strong>un</strong> posto sicuro, in <strong>un</strong> luogo pubblico.<br />
Per tutta la conversazione Beth era rimasta in silenzio.<br />
Osservò la scena con gli occhi blu spalancati per la sorpresa, e<br />
Ivy si chiese se riuscisse a indovinare i pensieri nascosti dietro<br />
i volti dei due ragazzi. Aveva lasciato il suo dolce<br />
mangiucchiato nella confezione.<br />
«Se non lo finisci, lo mangio io», disse Ivy, sforzandosi di<br />
dire delle cose normali, cercando con tutte le sue forze di<br />
resistere, di far credere a tutti che non aveva paura.<br />
Beth le passò il dolce. Gregory e Will fissarono <strong>un</strong><br />
app<strong>un</strong>tamento, Ivy prese <strong>un</strong> pezzo di dolce, poi posò il resto<br />
del dessert proprio di fronte a Gregory.<br />
«A che ora sei tornato ieri?», gli chiese.<br />
Gregory la guardò in silenzio per <strong>un</strong> istante e ondeggiò sulla<br />
sedia. «Fammi pensare… alle nove, mi pare».<br />
«Hai sentito qualcosa di strano?»<br />
«Del tipo?», rispose.<br />
«Un miagolio, dei rumori, <strong>un</strong> gatto che si lamentava».<br />
«È successo qualcosa a Ella?», chiese Beth.<br />
«È stata inseguita <strong>da</strong> <strong>un</strong> animale», le rispose Ivy.
Will si accigliò. Il suo sguardo preoccupato si posò su Ivy.<br />
«Si è ferita sul fianco destro, <strong>un</strong> piccolo taglio. Ha perso <strong>un</strong><br />
po’ di sangue e di peli», continuò Ivy. «Ma non c’erano segni<br />
di morsi. Che tipo di animale potrebbe fare <strong>un</strong>a cosa del<br />
genere?», chiese, fissando Gregory negli occhi.<br />
«Non ne ho idea», rispose lui con calma.<br />
«Tu lo sai, Will?»<br />
«No… no. Ella sta bene?». Lei sentì la paura che gli<br />
incrinava la voce, e per poco non cambiò di nuovo idea sul suo<br />
conto.<br />
«Oh, certo, sta bene», disse Ivy, alzandosi in piedi,<br />
rimettendo a posto il vassoio con quello che restava del suo<br />
pranzo. «Ella è <strong>un</strong>a piccola gattaccia di stra<strong>da</strong>».<br />
«Proprio come la sua proprietaria», disse Gregory con <strong>un</strong><br />
sorriso. «Proprio come lei».
Capitolo 15<br />
Ivy non riusciva a smettere di pensare alle ruote. Per tutta la<br />
giornata continuò a disegnare dei cerchi dentellati… sul suo<br />
quaderno di matematica, sul compito di spagnolo, e su <strong>un</strong>a<br />
dispensa di storia. Divennero trattori, fiocchi di neve, strani<br />
pomelli di porte fantascientifiche. Più tardi, al ’Tis the Season,<br />
osservò con particolare attenzione qualsiasi oggetto che avesse<br />
<strong>un</strong>a forma sferica – ghirlande natalizie, ciambelle per fare il<br />
bagno, e <strong>un</strong> p<strong>un</strong>taspilli che aveva la forma di <strong>un</strong>a ciambella<br />
ricoperta di cioccolato.<br />
Cercò di non pensare a quello che stava accadendo <strong>da</strong><br />
Celentano, e fu immensamente sollevata quando Tristan non<br />
rispose al suo richiamo. Non doveva dirgli del ricatto, pensò.<br />
Non era stato Tristan a fi<strong>da</strong>rsi stupi<strong>da</strong>mente di Will.<br />
Quando tornò a casa <strong>da</strong>l lavoro quella sera, Maggie e<br />
Andrew erano usciti, e Philip era in soggiorno con Gregory, a<br />
guar<strong>da</strong>re <strong>un</strong> film.<br />
«Hai finito i compiti?», chiese Ivy a suo fratello. «Sì. Me li<br />
ha controllati Gregory».<br />
Gregory, immerso nel ruolo del bravo fratello maggiore, le<br />
sorrise. Ivy restituì il sorriso, anche se dentro di sé era<br />
intimorita <strong>da</strong>l crescente affetto che legava suo fratello a<br />
Gregory. Cosa avrebbe fatto Gregory, pensava, dopo aver<br />
scoperto che ben presto per la legge sarebbero stati figli dello<br />
stesso padre? Per Gregory il denaro era tutto, era <strong>un</strong>o status<br />
symbol. Gli serviva per controllare quelli che gli stavano<br />
intorno. Come avrebbe reagito se avesse scoperto che doveva<br />
dividere la fort<strong>un</strong>a dei Baines insieme a Philip?<br />
«Resta <strong>un</strong> po’ con noi», le disse Gregory, indicandole la<br />
sedia libera accanto a lui.<br />
«Grazie, ma ho delle cose <strong>da</strong> fare di sopra».<br />
Si incamminò l<strong>un</strong>go il corridoio, ma Gregory si alzò di
scatto e le bloccò la stra<strong>da</strong>. «Tua madre ha lasciato <strong>un</strong> mucchio<br />
di vestiti puliti fuori <strong>da</strong>lla tua porta», le disse. «Maggie ha detto<br />
che spera che tu abbia la chiave. Anche la porta del bagno era<br />
chiusa».<br />
«Sì, ho la chiave».<br />
Lui si chinò per parlarle all’orecchio e le sussurrò: «Spera<br />
anche che tu non ti droghi là dentro». Le sue labbra si<br />
contrassero in <strong>un</strong> ghigno.<br />
«Sono sicuro che tu l’abbia tranquillizzata», rispose Ivy.<br />
Lui rise, e lei lo superò.<br />
In cima alla scalinata tirò fuori <strong>un</strong>a chiave <strong>da</strong>lla borsetta.<br />
Quando aprì la porta rimase in attesa di Ella, convinta che<br />
sarebbe schizzata via non appena avesse intravisto <strong>un</strong>o<br />
spiraglio.<br />
«Ella?». Fece <strong>un</strong> passo dentro la stanza. «Ella?».<br />
Vide <strong>un</strong> rigonfiamento sotto le coperte. Ivy lasciò cadere i<br />
libri vicino al letto, poi tirò via le coperte. Ella si era<br />
raggomitolata fino a formare <strong>un</strong>a piccola palla di pelo.<br />
Ivy la sfiorò delicatamente e la accarezzò con <strong>un</strong> dito nel<br />
p<strong>un</strong>to che lei preferiva, dietro le orecchie, poi la scosse,<br />
studiando il taglio sul fianco. Le ferite stavano iniziando a<br />
rimarginarsi.<br />
«Sembri così spaventata, Ella».<br />
Il gatto alla fine si tirò sulle zampe e zoppicando raggi<strong>un</strong>se<br />
l’estremità del letto. Ivy la raggi<strong>un</strong>se subito, sollevando la<br />
zampa che Ella non appoggiava a terra.<br />
«Oh, mio Dio!». I cuscinetti rosei erano sporchi e<br />
impregnati di sangue rappreso. Quando Ivy li toccò, vide il<br />
rosso del sangue che affluiva sotto la crosta appena formatasi.<br />
Ivy sollevò il gatto con mani tremanti e se la portò <strong>da</strong>vanti al<br />
viso, cullandola.<br />
«Oh, Ella, mi dispiace. Mi dispiace». Affondò il volto nel<br />
pelo di Ella, mente calde lacrime le bagnavano il volto. «Ho
chiuso le porte – tutte e due. Non ti avrei mai lasciato qui se<br />
avessi pensato che sarebbe entrato lui».<br />
Ma come ci era riuscito? Prima dormiva lui in quella stanza,<br />
quindi forse aveva conservato <strong>un</strong>a chiave. Decise che quella<br />
notte avrebbe messo dei mobili contro la porta prima di<br />
mettersi a letto. «Domani quando vado a scuola ti lascio in<br />
macchina», le promise.<br />
Si alzò e chiuse la porta della camera, chiedendosi se<br />
Gregory non fosse rimasto per tutto il tempo nascosto là fuori,<br />
a godersi la scena. Dopo aver pulito le ferite sul fianco e sulle<br />
zampe di Ella, Ivy la coccolò a l<strong>un</strong>go. Il gatto fece le fusa per<br />
<strong>un</strong> po’, chiudendo lentamente gli occhi.<br />
Quando fu sicura che Ella si fosse addormentata, la posò<br />
delicatamente sul letto. Non appena lasciò il gatto, le sue mani<br />
ripresero a tremare. Prese <strong>un</strong>a pesante poltrona e la posizionò<br />
in modo <strong>da</strong> bloccare il pomello della porta che <strong>da</strong>va sul<br />
corridoio. Dopo essersi assicurata che reggesse, si svestì. Forse<br />
<strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga doccia cal<strong>da</strong> l’avrebbe calmata.<br />
Chiuse la porta che collegava il bagno alla stanza di Philip,<br />
poi accese la radio e aprì l’acqua al massimo della potenza. Per<br />
i primi dieci minuti riuscì a eliminare tutto, fuorché la musica.<br />
Ma pensieri colmi di preoccupazione continuavano a ronzarle<br />
nel cervello. La cordicella bagnata a cui era attaccata la chiave<br />
continuava a sfregarle contro il collo. Ivy chiuse gli occhi, ma<br />
continuava a vedere immagini di ruote e di parole scritte a<br />
mano: il messaggio del ricatto.<br />
Alla fine chiuse l’acqua e rimase immobile a gocciolare<br />
sotto la doccia. Si chiese se a Tristan mancasse la sensazione<br />
dell’acqua che scorre sulla pelle. Le mancavano le mani di<br />
Tristan, il suo contatto. Cercò di ricor<strong>da</strong>rlo, ma la sua mente<br />
continuava a correre <strong>da</strong> Will. Si focalizzò sul volto di Tristan,<br />
ma ricor<strong>da</strong>va solo la sensazione che le aveva trasmesso Will<br />
quando l’aveva presa per mano il giorno in cui erano tornati a
casa <strong>da</strong>lla stazione. Cercò di ricor<strong>da</strong>re cosa provava quando<br />
Tristan le sfiorava la mano, ma di nuovo sentì solo il tocco di<br />
Will, quella volta che l’aveva toccata per toglierle il fango <strong>da</strong>i<br />
capelli, e quella volta che le aveva messo la mano sulle sue a<br />
pranzo, per costringerla a guar<strong>da</strong>rlo.<br />
Scostò la tendina e uscì <strong>da</strong>lla doccia. Ebbe subito la<br />
sensazione che cento piccoli aghi le si fossero conficcati nel<br />
piede. Ricadde contro la parete della doccia. Cercò di<br />
riacquistare l’equilibrio, si mise a sedere sul piatto della doccia<br />
e con molta cautela sollevò il piede per esaminarlo. Frammenti<br />
di vetro le sp<strong>un</strong>tavano <strong>da</strong>lla pianta, erano sparsi <strong>da</strong>ppertutto sul<br />
tappetino.<br />
La mente di Ivy si mise a correre all’impazzata, e lei<br />
ondeggiò avanti e indietro, tenendosi la caviglia, stringendola<br />
forte. Poi si calmò e iniziò a tirare via i vetri <strong>da</strong>l piede,<br />
rimuovendo tutti i frammenti che riuscì a togliere con la mano.<br />
Ripiegò il tappetino coperto di vetro e lo mise <strong>da</strong> parte, poi<br />
controllò il pavimento. Raggi<strong>un</strong>se saltellando l’armadio per<br />
prendere delle pinzette.<br />
Ness<strong>un</strong> frammento era entrato troppo in profondità. Le<br />
faceva male il piede, niente di più – voleva solo spaventarla.<br />
Ivy si mise al lavoro con calma, metodicamente, poi indossò la<br />
vestaglia e sollevò il piede per esaminarlo di nuovo. Era striato<br />
di sangue, macchiato di rosso – proprio come la zampa di Ella.<br />
Improvvisamente Ivy si accasciò a terra. Si portò le<br />
ginocchia contro il petto. «Tristan!», urlò. «Tristan, ti prego,<br />
vieni! Ho bisogno di te».<br />
Cominciò a singhiozzare in modo inconsolabile. «Tristan!<br />
Non mi lasciare sola. Ho bisogno di te! Dove sei? Per favore,<br />
Tristan!».<br />
Ma lui non venne. Alla fine i singhiozzi di Ivy si<br />
attenuarono, le spalle si abbassarono, e si mise a piangere<br />
calme lacrime silenziose.
«Ehm».<br />
Qualc<strong>un</strong>o che si schiariva la gola.<br />
Ivy alzò gli occhi e vide <strong>un</strong> bagliore violaceo <strong>da</strong>vanti al<br />
grande specchio del bagno.<br />
«Non so dove sia», disse Lacey con <strong>un</strong>a voce secca e<br />
in<strong>da</strong>ffarata. Poi il bagliore viola si avvicinò a Ivy.<br />
Ivy cercò di sbattere le palpebre per ricacciare indietro le<br />
lacrime, ma non poteva farci nulla. Prese <strong>un</strong> fazzoletto <strong>da</strong>lla<br />
scatola e lo tenne sollevato a mezz’aria, in attesa che lei lo<br />
prendesse.<br />
«Grazie… Lacey».<br />
«Sei orribile quando piangi», disse Lacey, e Ivy sentì la<br />
sfumatura di soddisfazione nel suo commento.<br />
Ivy annuì, si asciugò gli occhi, poi si soffiò forte il naso.<br />
«Immagino che invece tu sia molto carina», disse. «Le stelle<br />
del cinema sono sempre carine».<br />
«Ma io non piangevo mai».<br />
«Oh».<br />
«Non singhiozzavo, non piangevo», si vantò Lacey. «Era<br />
questa la mia regola di vita».<br />
«E non l’hai mai infranta?»<br />
«Nel corso della mia vita, mai», rispose Lacey.<br />
Ivy si accorse della piccola incertezza che incrinò la voce di<br />
Lacey. All<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano, prese <strong>un</strong> altro fazzoletto, poi le<br />
chiese: «E adesso?»<br />
«Non sono affari tuoi», le disse Lacey. «Fammi vedere il<br />
piede».<br />
Ivy, obbediente, alzò il piede. Sentì delle dita che<br />
gentilmente le sfioravano la pelle.<br />
«Ti fa molto male?»<br />
«Starò bene». Ivy abbassò il piede, ci appoggiò con molta<br />
attenzione il peso del corpo e si alzò. Faceva più male di<br />
quanto volesse ammettere. «In realtà, sono molto più
preoccupata per Ella. Ha delle brutte ferite sotto la zampa». Ivy<br />
le raccontò delle ciocche di pelo strappate, e dei suoi stessi<br />
capelli posati vicino alla foto. «È stato Gregory, ne sono<br />
sicura».<br />
«Che bel tipo», commentò Lacey, sarcastica. «Penso che tu<br />
abbia ricevuto il messaggio: tutto quello che succede a Ella<br />
succederà anche a te».<br />
Ivy deglutì a fatica e annuì. «Hai cercato Tristan?»<br />
«A casa di Caroline. E <strong>da</strong> Will. Alla sua tomba. Non si trova<br />
<strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte – forse è di nuovo nell’oscurità». Lacey<br />
sospirò, poi si rese conto di quello che stava facendo e cercò di<br />
far creder a Ivy che stava solo schiarendosi la gola.<br />
«Hai paura», disse Ivy, aprendole la porta e facendola<br />
entrare nella stanza.<br />
«Per Tristan? Mai». Il bagliore viola superò Ivy e si distese<br />
sui cuscini.<br />
«Hai paura. Lo sento <strong>da</strong>lla tua voce», insistette Ivy.<br />
«Ho paura solo che Tristan levi le tende e mi lasci qui a<br />
sbrigare il lavoro sporco per lui», ripose Lacey.<br />
Ivy si mise a sedere sul letto, ed Ella alzò la testa. «Sei stata<br />
carina a venire qui non appena hai capito che avevo bisogno di<br />
aiuto».<br />
«Non sono venuta per te».<br />
«Lo so», disse Ivy.<br />
«La signorina lo sa», la prese in giro Lacey. Il bagliore viola<br />
si alzò <strong>da</strong>l cuscino, scattante come il fantasma di <strong>un</strong> gatto. «E<br />
sentiamo, cosa credi di sapere?»<br />
«Che tieni moltissimo a Tristan», disse ad alta voce Ivy. Che<br />
sei innamorata di lui, pensò.<br />
«Tieni così tanto a lui che sei pronta a <strong>da</strong>re <strong>un</strong>a mano a <strong>un</strong>a<br />
persona che non sopporti, anzi, che vorresti veder scomparire<br />
<strong>da</strong>lla faccia della terra, solo per fargli piacere».<br />
Una volta tanto Lacey rimase in silenzio.
«Appena rivedo Tristan gli dico che sei corsa qui non<br />
appena ti ho chiamato».<br />
«Oh, non ho bisogno che tu mi faccia fare bella figura»,<br />
rispose subito Lacey.<br />
Ivy alzò le spalle. «Ok, non gli dirò nulla».<br />
Lacey si avvicinò al letto. Ivy vide che la zampa ferita di<br />
Ella veniva sollevata bene in alto.<br />
«Brutta situazione».<br />
«Lacey», e la voce di Ivy tremò leggermente, «riesci a<br />
com<strong>un</strong>icare con i gatti? Puoi spiegare a Ella che non sapevo<br />
che Gregory fosse in grado di entrare? Puoi dirle che non gli<br />
avrei permesso di farle del male se lo avessi saputo, e che<br />
domani…».<br />
«Per chi mi hai preso», la interruppe Lacey, «per il dottor<br />
Doolittle? Per Biancaneve? Hai per caso visto dei teneri<br />
uccellini posarsi sulle mie mani?»<br />
«Ma se non vedo neanche le tue mani», le ricordò Ivy.<br />
«Sono <strong>un</strong> angelo, e non posso parlare con i gatti, proprio<br />
come non puoi farlo tu».<br />
Ella iniziò a fare le fusa.<br />
«Ma ti dirò cosa so fare», disse Lacey, con <strong>un</strong> filo di voce.<br />
«Quello che farò, per la precisione. Se f<strong>un</strong>ziona», aggi<strong>un</strong>se. «È<br />
<strong>un</strong>a specie di esperimento».<br />
Ivy rimase in attesa, paziente.<br />
«Prima cosa, stenditi», le ordinò Lacey. «Rilassati.<br />
Rilassati! No, aspetta. Va’ a prendere <strong>un</strong>a candela».<br />
Ivy si alzò e frugò in tutti i cassetti, e alla fine tirò fuori <strong>un</strong>a<br />
vecchia candela di Natale che le aveva regalato Philip. «Dove<br />
la devo mettere?»<br />
«In <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to in cui puoi vederla», rispose Lacey.<br />
Ivy la posò sul comodino vicino al letto e la accese. Nello<br />
stesso momento vide Ella che faceva <strong>un</strong> piccolo balzo, come se<br />
qualc<strong>un</strong>o le avesse <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a leggera spinta. Il gatto andò
zoppicando in fondo al letto.<br />
«Adesso stenditi, con i piedi <strong>da</strong> questa parte, vicino a Ella»,<br />
disse Lacey.<br />
Ivy si all<strong>un</strong>gò come le era stato ordinato, e la lampadina<br />
vicino al letto si spense.<br />
«Guar<strong>da</strong> la candela. Rilassati!», comandò Lacey.<br />
Ivy ri<strong>da</strong>cchiò. Lacey non era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a virtuosa della<br />
difficile arte di far sentire a proprio agio il prossimo. Ma dopo<br />
l<strong>un</strong>ghi minuti passati immobile a fissare la cal<strong>da</strong> e tremolante<br />
fiamma, Ivy iniziò a rilassarsi <strong>da</strong>vvero.<br />
«Bene. Non cercare di respingermi», disse Lacey a voce più<br />
bassa. «Tieni gli occhi fissi sulla candela. Lascia che i tuoi<br />
pensieri, la tua mente, il tuo spirito fluiscano verso di essa,<br />
lasciando indietro il tuo corpo. Lascialo qui, in modo che io<br />
possa fare quello che devo fare».<br />
Ivy fissò la fiamma, osservò il modo in cui cambiava forma,<br />
continuamente, senza posa. Immaginò di essere <strong>un</strong>a falena che<br />
volava verso il fuoco, in lenti circoli. Poi sentì che la pianta dei<br />
suoi piedi diventava sempre più cal<strong>da</strong>. Aveva la sensazione che<br />
<strong>un</strong>a mano bollente le stesse stringendo il piede, e d’istinto<br />
cercò di spostarlo. Guar<strong>da</strong> la candela, guar<strong>da</strong> la candela, si<br />
disse mentre il caldo si faceva sempre più intenso. Proprio<br />
quando iniziava a pensare che non ce la faceva più, il bruciore<br />
si attenuò. Sentì <strong>un</strong>a carezza fresca, poi <strong>un</strong>a sensazione<br />
solleticante.<br />
«Fatto».<br />
La voce di Lacey era così flebile che Ivy la udì appena. Ivy<br />
riusciva a intravedere a malapena il bagliore di Lacey adesso,<br />
anche se l’oscurità era totale. Si tirò a sedere. «Stai bene?».<br />
Lacey non rispose. «Accendi la luce», disse, e la sua voce<br />
era poco più di <strong>un</strong> sussurro.<br />
Ivy si alzò e senza riflettere mise a terra il piede ferito,<br />
appoggiandovi sopra tutto il peso del corpo. Non sentì dolore,
non avvertì il minimo fastidio. Accese la luce, poi si rimise<br />
subito a sedere e alzò il piede. La pianta era più liscia del<br />
palmo della mano, più liscia della pianta dell’altro piede, non<br />
c’era la minima traccia dei tagli. Anche la zampa di Ella era<br />
perfettamente guarita.<br />
«Sì! Oh, sì!», disse Lacey, facendosi i complimenti <strong>da</strong> sola.<br />
«Lacey, sei <strong>un</strong> genio!», disse, ma la sua voce era ancora debole<br />
e incerta come quella di <strong>un</strong>a vecchia, e il suo bagliore viola era<br />
sospeso a pochi centimetri <strong>da</strong> terra.<br />
«Lacey, che ti è successo?», le chiese Ivy. «Stai bene?».<br />
Ness<strong>un</strong>a risposta.<br />
«Parlami», la implorò Ivy.<br />
«Stanca».<br />
«Tristan», lo invocò piano Ivy, e la sua voce era solo <strong>un</strong><br />
sussurro, ma dentro al suo animo era <strong>un</strong> grido. «Vieni, ti prego.<br />
A Lacey è successo qualcosa. Devi aiutarla, Tristan. Angeli,<br />
aiutate Lacey!».<br />
«Sono solo stanca», mormorò Lacey.<br />
«Non avresti dovuto provarci. Sei an<strong>da</strong>ta oltre le tue<br />
capacità», le disse Ivy, terrorizzata. «Come posso aiutarti?<br />
Dimmi cosa devo fare».<br />
«Vai. Gregory è nella stanza di Philip adesso. Vai».<br />
Ivy non si mosse.<br />
«Porta con te Ella», le disse debolmente Lacey. «Fagli<br />
vedere che sta bene. Sarà <strong>un</strong> vero spasso».<br />
«No. Io non ti lascio in queste condizioni».<br />
«Vai, ti ho detto. Non sprecare tutto quello che ho fatto».<br />
«<strong>Angelo</strong> cocciuto», mormorò Ivy. Prese Ella e si avviò<br />
verso la porta, riluttante. Proprio mentre usciva udì la voce<br />
soffocata di Lacey: «Sei a posto, Ivy, sei <strong>un</strong>a a posto».<br />
«Cosa hai detto?», la richiamò Ivy.<br />
Ma Lacey non aveva alc<strong>un</strong>a intenzione di ripetere.<br />
Ivy entrò nella stanza di Philip, portando il gatto in braccio
come se fosse <strong>un</strong> neonato. Quando Gregory la vide in piedi nel<br />
corridoio gli si illuminarono gli occhi. Spera che mi metta a<br />
urlare come <strong>un</strong>a pazza e che lo accusi di tutto quello che ha<br />
fatto, pensò Ivy. Gli rivolse <strong>un</strong> bel sorriso e vide che lui<br />
abbassava gli occhi. Il sorriso si spense sul volto di Gregory<br />
quando la vide entrare a piedi nudi e senza il minimo dolore.<br />
«Ella voleva <strong>da</strong>rvi la buonanotte», disse. Ella si stava<br />
contorcendo furiosamente tra le sue braccia, voleva scappare il<br />
più lontano possibile <strong>da</strong> Gregory.<br />
Anche se Ivy detestava essere costretta a tenere ferma Ella<br />
con la forza, sapeva che poteva gua<strong>da</strong>gnare qualche p<strong>un</strong>to nella<br />
sua battaglia contro Gregory, e forse Ella non avrebbe più<br />
corso rischi, almeno per <strong>un</strong> po’. Era stata ben attenta a tenere<br />
sempre il fianco ferito del gatto contro di sé, nascondendolo<br />
alla vista degli altri. Le sue ferite erano guarite, ma la pelle era<br />
ancora rosa e nu<strong>da</strong>. Ivy si mise a sedere sul letto di Philip, tirò<br />
su il piede in modo che Gregory potesse vedere che le piante<br />
erano perfettamente sane.<br />
Vide <strong>un</strong> attimo di incertezza, <strong>un</strong> secondo di sorpresa nei<br />
suoi occhi, e poi la maschera ricadde sul suo volto – la<br />
maschera <strong>da</strong> bravo fratellone che indossava quando doveva<br />
mettere a letto Philip. Naturalmente, Gregory poteva dirsi che<br />
c’erano dei validi motivi per cui i piedi di Ivy non erano feriti:<br />
magari lei aveva avuto dei sospetti, aveva esaminato bene il<br />
tappetino prima di uscire <strong>da</strong>lla doccia ed era riuscita a evitare i<br />
cocci.<br />
«Voglio abbracciare Ella», disse Philip.<br />
Si all<strong>un</strong>gò per prenderla, ma Ivy tenne stretto il gatto che<br />
fremeva per liberarsi.<br />
«Che succede al micio?», chiese Gregory.<br />
«Non so. Forse vuole giocare».<br />
Gregory ri<strong>da</strong>cchiò.<br />
«È vero, Ella?», chiese Ivy. «Stai scalpitando, piccola?».
Mise di schiena il gatto sopra il letto, come per accarezzarlo<br />
sulla pancia.<br />
Fu a quel p<strong>un</strong>to che Gregory la vide, la piccola zampa con il<br />
cuscinetto soffice, roseo e liscio come quelli di <strong>un</strong> gattino. I<br />
suoi occhi si spostarono sull’altra zampa, come se gli fosse<br />
venuto il sospetto che le ferite potessero essere <strong>da</strong> quella parte.<br />
Ivy tenne fermo il gatto, concedendo a Gregory tutto il tempo<br />
che voleva per esaminare le zampe. Lui rimase senza fiato.<br />
Impallidì.<br />
«Voglio abbracciarla», ripeté Philip.<br />
«Lei sì e io no?», lo prese in giro Ivy, poi lasciò libera Ella.<br />
Il gatto schizzò via con la velocità di <strong>un</strong> proiettile, troppo<br />
veloce per avere <strong>un</strong>a zampa ferita, così veloce che ness<strong>un</strong>o fece<br />
in tempo a vedere lo squarcio ormai rimarginato sul fianco.<br />
«Oh, be’», disse Ivy, chinandosi per <strong>da</strong>re <strong>un</strong> bacio a Philip.<br />
«Buonanotte, e sogni d’oro». Superò Gregory e disse: «Non<br />
scor<strong>da</strong>re di dire le preghiere agli angeli».<br />
Il giorno successivo Ivy mise <strong>un</strong>a scatola di cartone e dei<br />
fogli di giornale in macchina e portò Ella a scuola con lei. Era<br />
chiaro che Gregory riusciva a entrare in camera sua, anche<br />
quando entrambe le porte erano chiuse a chiave. Forse aveva<br />
ancora <strong>un</strong>a chiave, o forse era bravissimo a scassinare le<br />
serrature. Forse c’era <strong>un</strong> altro modo di entrare <strong>da</strong>ll’attico, <strong>un</strong>a<br />
piccola apertura <strong>da</strong> cui poteva salire, per poi tornare indietro<br />
scendendo <strong>da</strong>lla stanza della musica. In ogni caso, non poteva<br />
uscire lasciando Ella <strong>da</strong> sola a casa.<br />
Parcheggiò in <strong>un</strong>o dei posti più lontani <strong>da</strong>lla scuola, sotto le<br />
fronde dei salici piangenti. I rami avrebbero riparato la<br />
macchina <strong>da</strong>l sole e <strong>da</strong>lla pioggia, rifletté, <strong>da</strong>ndo <strong>un</strong>’occhiata<br />
alle nubi che si addensavano a ovest. Abbassò i finestrini per<br />
permettere a Ella di avere <strong>un</strong> po’ d’aria, ma solo <strong>un</strong>o spiraglio,<br />
non di più. Non voleva che qualc<strong>un</strong>o riuscisse a infilare la
mano e a far scattare la serratura.<br />
«Questo è il massimo che posso fare per te, gatto», disse, e<br />
si precipitò verso la scuola.<br />
Incrociò Beth dopo la prima ora, mentre an<strong>da</strong>vano alla<br />
lezione di inglese. «Qualche altro sogno?», le chiese Ivy.<br />
«Sempre lo stesso, ancora e ancora. Se non lo capisci quanto<br />
prima io ci perdo la testa».<br />
Fecero entrambe <strong>un</strong> passo indietro mentre gli altri ragazzi si<br />
accalcavano per entrare in classe.<br />
«Vorrei parlare con Tristan», disse Ivy. «Non riesco a<br />
raggi<strong>un</strong>gerlo».<br />
«Forse sta lavorando con Will», suggerì Beth.<br />
Ivy scosse la testa, era sicura che Tristan non avrebbe mai<br />
chiesto l’aiuto di Will. Ma Beth proseguì. «Will non era a<br />
scuola alla prima ora».<br />
«Davvero?». Ivy cercò di tenere a ba<strong>da</strong> la nuova paura che<br />
era appena nata in lei. Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi<br />
per Will? Sapeva che razza di persona era Gregory, e pensava<br />
di essere in grado di gestirlo. Pensava di poterla tradire senza<br />
conseguenze.<br />
«Mi ha chiamato ieri sera. Stava lavorando», proseguì Beth.<br />
«Oggi avrebbe dovuto <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>a mano con il mio computer,<br />
ma ha detto che aveva <strong>da</strong> fare <strong>un</strong>a cosa e quindi non ci<br />
saremmo potuti vedere».<br />
Oh, angeli, ba<strong>da</strong>te a lui, pregò Ivy silenziosamente. Fino a<br />
che p<strong>un</strong>to Will si era lasciato trascinare dentro a quella storia?<br />
Davvero adesso lavorava per Gregory, come <strong>un</strong> tempo faceva<br />
Eric? Angeli, proteggetelo, pregò, contraddicendo quello che le<br />
diceva il suo cervello.<br />
«Ragazze», le richiamò il signor McDivitt, «noialtri stiamo<br />
facendo inglese, qui. E voi?».<br />
Ivy passò l’ora di inglese, come tutte le altre che seguirono,<br />
a scarabocchiare ruote dentate. E cercò continuamente di
contattare Tristan. Ogni singola ora del giorno pareva<br />
all<strong>un</strong>garsi a dismisura, per poi collassare su se stessa, con lo<br />
stesso movimento di <strong>un</strong>a fisarmonica: i minuti si trascinavano<br />
avanti, <strong>un</strong>o dopo l’altro, poi all’improvviso l’ora era finita, e lei<br />
si ritrovava <strong>un</strong>’ora più vicina a <strong>un</strong>a nuova trappola di Gregory,<br />
qual<strong>un</strong>que fosse. Ivy provò l’impulso di salire su <strong>un</strong> banco e di<br />
muovere in avanti le lancette dell’orologio, di far correre a<br />
velocità pazzesca le rotelle dentate dell’ingranaggio.<br />
Ruote… orologi, pensò. Dentro gli orologi ci sono gli<br />
ingranaggi – ruote dentellate – e i vecchi orologi, come quello<br />
che torreggiava sul caminetto nel salotto di casa, avevano<br />
anche delle serrature che si aprivano con <strong>un</strong>a chiave. Perché<br />
non ci aveva pensato prima? Nel sogno di Beth le ruote<br />
giravano in <strong>un</strong> senso, poi Ivy all<strong>un</strong>gava la mano e le spingeva<br />
nell’altra direzione – man<strong>da</strong>ndo indietro il tempo, pensò,<br />
spedendo tutti nel passato. Nel passato Caroline viveva nella<br />
casa sulla collina. Poteva aver nascosto qualcosa nell’orologio<br />
sulla mensola tanto tempo prima.<br />
Guardò di nuovo l’orologio appeso sul muro della classe.<br />
Era l’ultima ora, e mancavano venticinque minuti all’uscita.<br />
Sapeva che alla fine dell’ora sua madre sarebbe uscita per<br />
an<strong>da</strong>re a prendere Philip, e che Gregory sarebbe stato ancora in<br />
classe. Era la sua occasione. Non appena la professoressa ebbe<br />
assegnato i compiti, Ivy prese i libri e si alzò. «Signora<br />
Carson», disse piano.<br />
La professoressa le concesse subito il permesso di uscire e<br />
Ivy non si fermò in infermeria come avrebbe dovuto. Uscì <strong>da</strong>lla<br />
scuola, camminò con calma per <strong>un</strong>a quindicina di metri e poi si<br />
mise a correre verso la macchina.<br />
Una fred<strong>da</strong> pioggia aut<strong>un</strong>nale le bagnava il viso e<br />
opprimeva la città come <strong>un</strong>a cappa grigia. Ivy attraversò due<br />
interi isolati prima di rendersi conto che doveva azionare i<br />
tergicristalli. Era nervosa, i suoi piedi scattavano con rabbia
sulla frizione, e continuava a ripartire di scatto e fermarsi,<br />
imprecando contro il traffico che bloccava le strade anguste.<br />
Ella continuava a provare a saltarle in grembo. «Aspetta <strong>un</strong><br />
attimo, gatto!».<br />
Quando alla fine raggi<strong>un</strong>se il vialetto di ingresso arrivò fino<br />
in fondo alla stradina, tirò il freno a mano, e si buttò fuori <strong>da</strong>lla<br />
macchina, lasciando la portiera aperta. A casa non c’era<br />
ness<strong>un</strong>o – quantomeno, non c’era ness<strong>un</strong>a macchina oltre alla<br />
sua. Le tremavano le mani per la tensione. Aprì la porta e<br />
disattivò l’allarme.<br />
Attraversò di corsa la cucina e piombò in salotto. Sulla<br />
mensola della cucina c’era il vecchio orologio di mogano, alto<br />
più di mezzo metro, con la bellissima facciata a mezzal<strong>un</strong>a e il<br />
pendolo d’oro che oscillava con il suo ritmo regolare dietro il<br />
vetro decorato. Si ricor<strong>da</strong>va bene: c’era <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a toppa in<br />
basso, nel legno cesellato.<br />
Ivy sollevò la cordicella che portava al collo, avvicinò la<br />
chiave alla toppa, la inserì. La girò delicatamente a sinistra, poi<br />
a destra. La serratura scattò, e lei aprì la porticina dell’orologio.<br />
Era convinta che avrebbe visto subito qualcosa. Ma non<br />
c’era niente, e per <strong>un</strong> momento restò senza fiato. Non fare la<br />
stupi<strong>da</strong>, si disse. Qualc<strong>un</strong>o deve caricare l’orologio, quindi<br />
qualc<strong>un</strong> altro ha la chiave – probabilmente Andrew – perciò è<br />
normale che non ci sia nulla in bella vista. Con grande cautela<br />
all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano e bloccò il pendolo a metà oscillazione, poi<br />
infilò l’altra mano e tastò tutt’intorno.<br />
Avrebbe avuto bisogno di <strong>un</strong>o sgabello per raggi<strong>un</strong>gere le<br />
profondità dei congegni interni. Si alzò in p<strong>un</strong>ta di piedi, spostò<br />
piano le dita risalendo l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a parte del rivestimento di<br />
legno. Sentì qualcosa di sporgente, il bordo di <strong>un</strong> foglio.<br />
Dapprima cercò di tirarlo via con grande delicatezza, per paura<br />
di strapparlo e di lasciarne <strong>un</strong>a parte all’interno dell’orologio.<br />
Era <strong>un</strong> foglio spesso, forse <strong>un</strong>a busta. Tirò con più forza, e
venne via.<br />
Ivy fissò il vecchio incartamento marrone che teneva in<br />
mano. Poi prese <strong>un</strong> coltello <strong>da</strong>l cassetto dell’argenteria e con<br />
<strong>un</strong> gesto rapido lo aprì.
Capitolo 16<br />
Dentro alla busta Ivy trovò tre fogli. Il primo era <strong>un</strong> biglietto<br />
scritto a mano, difficile <strong>da</strong> decifrare. Ma la firma era chiara:<br />
Caroline. Sotto c’era <strong>un</strong>a lettera <strong>da</strong>llo studio del dottor Edward<br />
Ghent – il padre di Eric, capì Ivy con <strong>un</strong> improvviso sussulto. Il<br />
terzo foglio sembrava <strong>un</strong>a fotocopia di <strong>un</strong> rapporto tecnico <strong>da</strong><br />
parte di <strong>un</strong>a compagnia di nome MediLabs.<br />
Ivy lesse in fretta la breve lettera scritta <strong>da</strong>l padre di Eric.<br />
C’erano degli strani spazi vuoti tra le lettere e molte correzioni.<br />
Cara Caroline,<br />
il rapporto che ti allego indica che le cose stanno proprio<br />
come sospettavi. Come ti ho spiegato, questo esame del sangue<br />
può provare, nei casi in cui non si registra <strong>un</strong> riscontro<br />
positivo, che <strong>un</strong> determinato uomo non è il padre biologico del<br />
soggetto in questione. Ed è evidente che Andrew non è il padre.<br />
Non era il padre di Gregory?, si chiese Ivy, poi continuò a<br />
leggere.<br />
L’esame non può provare che Tom S. è il padre, solo che è<br />
<strong>un</strong> possibile candi<strong>da</strong>to, ma suppongo che questo non sia in<br />
dubbio.<br />
«Tom S., Tom S.», mormorò Ivy. Tom Stetson, pensò,<br />
l’uomo alla festa, alto e magro, con i capelli neri come<br />
Gregory, quello che secondo Tristan insegnava allo stesso<br />
college di Andrew – l’uomo che lasciava sempre rose sulla<br />
tomba di Caroline. Finì di leggere.<br />
Se posso esserti ulteriormente di aiuto, fammelo sapere.<br />
Naturalmente, queste informazioni sono strettamente riservate.
Quindi, pensò Ivy, ness<strong>un</strong> altro sapeva chi era il vero padre<br />
di Gregory. Neppure Gregory? La risposta a tale interrogativo<br />
forse era sepolta nelle righe scarabocchiate di Caroline. Ivy<br />
lesse la lettera tutto d’<strong>un</strong> fiato.<br />
Andrew,<br />
lascio questa lettera qui, la leggerai quando sarà il<br />
momento. Tuo figlio ha preso le tue parti nella causa per il<br />
divorzio, ha mentito per stare a casa tua, ha convinto il giudice<br />
ad affi<strong>da</strong>rlo a te. Adesso vive con te – o forse voleva solo<br />
vivere con i tuoi soldi? E poi, sei sicuro che sia <strong>da</strong>vvero tuo<br />
figlio?<br />
Mi dispiace.<br />
Caroline.<br />
Allora Andrew non ne sapeva nulla. E se Gregory invece<br />
aveva scoperto tutto, sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa<br />
pur di tenere al sicuro il suo segreto. Aveva riposto tutte le sue<br />
speranze sui soldi dei Baines. Ivy si chiese cosa sarebbe<br />
accaduto se Andrew avesse scoperto che Gregory non era<br />
<strong>da</strong>vvero suo figlio. E poi ora Andrew aveva <strong>un</strong> altro figlio, <strong>un</strong><br />
figlio che adorava.<br />
Forse Caroline aveva capito tutto quello che stava per<br />
accadere. Forse aveva capito che era la sua occasione per<br />
vendicarsi di entrambi, di Gregory e di Andrew. Ivy chiuse gli<br />
occhi e si immaginò la donna che minacciava Gregory. Le<br />
tornò in mente quel giorno in cui Gregory era tornato a casa<br />
dopo essere an<strong>da</strong>to a trovare sua madre. Era sconvolto – e<br />
adesso Ivy capiva che forse lei lo aveva minacciato di rivelare<br />
tutto.<br />
Possibile che Gregory le avesse tappato la bocca, che<br />
l’avesse ammazzata per avere l’eredità?
Quelle lettere erano <strong>un</strong>a prova abbastanza significativa: di<br />
certo la polizia si sarebbe messa in moto, avrebbe aperto<br />
<strong>un</strong>’in<strong>da</strong>gine. Eric le aveva lasciato quello di cui aveva bisogno.<br />
Angeli, pregò, fate in modo che Eric riposi in pace.<br />
Poi guardò l’orologio. Mancavano ventisette minuti alle tre,<br />
ma lei aveva bloccato le lancette, e quindi dovevano essere<br />
passati almeno altri cinque minuti. Gregory sarebbe tornato a<br />
momenti. Ivy richiuse in fretta lo sportellino dell’orologio. Si<br />
rimise la catenella con la chiave al collo e ripiegò i tre fogli,<br />
sistemandoli con grande cura nella busta. Poi andò di corsa alla<br />
porta.<br />
Fuori, la nebbia si era trasformata in <strong>un</strong>a leggera<br />
pioggerella. Ivy si ficcò la busta sotto la maglietta e si mise a<br />
correre verso la macchina. Guidò come <strong>un</strong>a pazza fino alla<br />
stazione di polizia, con la pelle d’oca sulle braccia fradice di<br />
pioggia. Quando si fermò a <strong>un</strong> semaforo rosso frugò nella<br />
borsetta, poi la rovesciò sul sedile, cercando di ritrovare il<br />
biglietto <strong>da</strong> visita su cui era scritto il nome del detective che<br />
aveva condotto le in<strong>da</strong>gini relative all’aggressione che aveva<br />
subìto. «Tenente Patrick Donnelly», lesse, poi buttò <strong>un</strong>a<br />
manciata di fazzoletti e fermagli per capelli sul sedile<br />
posteriore, insieme alla roba del gatto. Fu a quel p<strong>un</strong>to che Ivy<br />
se ne ricordò.<br />
«Ella», la chiamò, sperando che il gatto fosse nascosto sotto<br />
il tappetino. «Ella!». Al semaforo successivo Ivy si girò ed<br />
esaminò il sedile. Toccò la vecchia coperta, e non sentì ness<strong>un</strong><br />
rigonfiamento caldo. Il gatto doveva aver trovato <strong>un</strong> modo di<br />
fuggire quando aveva lasciato aperta la portiera. «Rimani fuori<br />
casa, Ella», sussurrò Ivy. «Non può prenderti là fuori».<br />
Quando arrivò alla stazione, il sergente di turno si segnò il<br />
suo nome, poi le disse che il sergente non c’era. «Tornerà a<br />
momenti. Tra pochissimo», ripeté, fissandola con occhi miti e<br />
azzurri, mentre lei torturava i bordi del biglietto <strong>da</strong> visita del
tenente. «Posso fare qualcosa per te?»<br />
«No». Strappò <strong>un</strong> altro pezzo del biglietto.<br />
«Posso chiamarti qualc<strong>un</strong> altro», propose.<br />
«No, aspetterò», insisté Ivy. La sua storia era troppo strana e<br />
troppo complicata, non poteva raccontarla a ness<strong>un</strong> altro.<br />
Si mise a sedere sulla dura panchina e fissò il muro color<br />
oliva e le squallide mattonelle. Proprio di fronte a lei c’era <strong>un</strong><br />
grande orologio. Ivy osservò la lancetta dei minuti che saltava<br />
<strong>da</strong> <strong>un</strong> numeretto nero all’altro e cercò di riflettere su quello che<br />
avrebbe detto al detective.<br />
Meglio lasciar perdere gli angeli, pensò. Non aveva bisogno<br />
di complicarsi la vita: sarebbe già stato difficile farsi prendere<br />
sul serio senza tirare in ballo eventi soprannaturali.<br />
La porta della stazione si spalancò, e Ivy alzò lo sguardo,<br />
piena di speranza. Due giovani agenti fecero rapporto al<br />
sergente, <strong>da</strong>ndole la schiena. Ivy si alzò e chiese se qualc<strong>un</strong>o<br />
poteva telefonare al tenente Donnelly.<br />
«Pat dovrebbe tornare <strong>da</strong> <strong>un</strong> momento all’altro», il sergente<br />
stava dicendo agli altri agenti. «Sta parlando con il figlio di<br />
O’Leary».<br />
Il figlio di O’Leary? Will?<br />
Gli agenti si voltarono di scatto, e il sergente la fissò negli<br />
occhi. «Sei sicura che non possiamo fare nulla per te nel<br />
frattempo?»<br />
«Può <strong>da</strong>re questo al tenente Donnelly», disse Ivy, tirando<br />
fuori la busta di Caroline. Chiese <strong>un</strong>a busta più grande e vi<br />
scrisse sopra: «Devo parlare con lei il prima possibile». Scrisse<br />
nome, indirizzo e numero di telefono, poi vi ficcò dentro la<br />
busta di Caroline. La consegnò al sergente senza dire <strong>un</strong>a<br />
parola e si precipitò fuori. Salì in macchina e guidò fino a casa.<br />
Non riusciva a smettere di pensare a Ella e a Philip,<br />
terrorizzata.<br />
Quando parcheggiò <strong>da</strong>vanti alla casa, vide solo la macchina
di sua madre nel garage. Ottimo, pensò, Philip era al sicuro, e<br />
lei avrebbe avuto <strong>un</strong> po’ di tempo per trovare Ella prima<br />
dell’arrivo di Gregory. Fece <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go giro per salire al piano di<br />
sopra, attraverso il salotto, controllando di non aver lasciato<br />
alc<strong>un</strong>a traccia delle sue frenetiche ricerche. L’orologio<br />
ticchettava incessantemente, anche se era rimasto indietro di<br />
qualche minuto. Salì di corsa la scalinata centrale, due gradini<br />
alla volta. Sentì sua madre che parlava al telefono nella sua<br />
camera, si affacciò alla porta e la salutò frettolosamente con <strong>un</strong><br />
cenno della mano, poi andò in camera sua. La porta era<br />
spalancata ed Ella non si vedeva <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte. Il gatto non<br />
era acciambellato sulle lenzuola, perciò si chinò per guar<strong>da</strong>re<br />
sotto il letto, pensando che Ella potesse essersi nascosta là,<br />
dopo tutto quello che era successo. Non c’era, ma Ivy notò che<br />
le scarpe e le scatole sotto il suo letto erano state spinte tutte <strong>da</strong><br />
<strong>un</strong>a parte fino a formare <strong>un</strong> muro.<br />
Studiò il muro, poi strinse forte la coperta del letto. Forse<br />
Gregory l’aveva fatto per bloccare Ella il giorno in cui l’aveva<br />
ferita alle zampe. O forse il muro l’aveva aiutato a intrappolare<br />
il gatto quando le aveva fatto il taglio sul fianco. Ma poi vide<br />
che anche le ciabatte che Ivy si era tolta quella mattina<br />
facevano parte del muro. Si tirò su, lentamente, e vide che la<br />
porta che conduceva alla sala della musica al terzo piano era<br />
aperta. Lei la teneva sempre chiusa.<br />
«Ella», bisbigliò, e il terrore che le scorreva nelle vene era<br />
così forte che non riusciva a parlare ad alta voce. Non riusciva<br />
nemmeno a camminare. Strisciò fino alla porta e vide che di<br />
sopra la luce era accesa. Si appoggiò allo stipite, si tirò su, poi<br />
si incamminò lentamente per le scale. Cosa le aveva fatto<br />
Gregory? Le aveva tagliato la zampa? Le aveva tagliato <strong>un</strong><br />
pezzo di orecchio?<br />
Quando Ivy arrivò in cima alle scale guardò subito sotto il<br />
piano, poi sotto le sedie. Alla fine i suoi occhi corsero alla
finestra. Fissò la strana ombra sul <strong>da</strong>vanzale.<br />
«Ella! Oh, no! Ella!».<br />
Il gatto penzolava appeso a <strong>un</strong>a cor<strong>da</strong>, fissata a <strong>un</strong> chiodo<br />
nel soffitto basso. Ivy tirò la cor<strong>da</strong>, poi sollevò Ella, ma il<br />
corpo del gatto era freddo, privo di vita. La testa ricadeva verso<br />
il basso, il piccolo collo era spezzato. Accarezzò il gatto dietro<br />
le orecchie, delicatamente, come se Ella stesse semplicemente<br />
dormendo.<br />
«Ella», sussurrò, poi iniziò a urlare di nuovo. «L’ha uccisa!<br />
L’ha uccisa!».<br />
«Ivy! Che succede?», la chiamò sua madre.<br />
Ivy cercò di riacquistare l’autocontrollo. Tutto il suo corpo<br />
era scosso <strong>da</strong> fremiti incontrollabili. Si aggrappò a Ella,<br />
strusciando il volto contro il soffice pelo della gatta. Non<br />
riusciva a staccarsi, non riusciva a lasciarla an<strong>da</strong>re. «L’ha<br />
uccisa. L’ha uccisa!».<br />
Sua madre stava salendo le scale.<br />
«Gregory l’ha uccisa, mamma!».<br />
«Ivy, calmati. Cosa hai detto?», le chiese Maggie quando<br />
arrivò in cima alla scalinata.<br />
«Ha ucciso Ella!». Ivy lasciò il gatto e rimase immobile in<br />
piedi tra il corpo e la madre.<br />
«Di cosa parli?», le chiese la madre.<br />
Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro.<br />
«Oh, mio…». Sua madre si portò la mano alla bocca. «Ivy,<br />
cosa hai fatto?»<br />
«Cosa ho fatto? Stai <strong>da</strong>ndo la colpa a me? Pensi ancora che<br />
sia pazza, mamma? È stato Gregory. C’è lui dietro a tutto<br />
questo».<br />
Sua madre la fissò come se parlasse <strong>un</strong>’altra lingua.<br />
«Chiamo l’assistente».<br />
«Mamma, ascoltami».<br />
Ma Ivy sapeva che sua madre era troppo terrorizzata <strong>da</strong>lla
scena che aveva <strong>da</strong>vanti agli occhi, troppo spaventata <strong>da</strong> Ivy e<br />
<strong>da</strong> quello che pensava avesse fatto. Non ascoltava, non capiva.<br />
Maggie prese <strong>un</strong> foglio di carta ripiegato che era stato lasciato<br />
sul pianoforte e se lo rigirò più volte tra le mani senza neppure<br />
guar<strong>da</strong>rlo.<br />
Ivy lo prese, dispiegò il biglietto, e lesse: «Posso ferire chi<br />
ami».<br />
Ficcò il biglietto nelle mani di sua madre. «Leggi! Non<br />
capisci? Gregory mi dà la caccia! Gregory ha ucciso Ella per<br />
ferire me».<br />
La madre di Ivy fece <strong>un</strong> passo indietro. «Ma Gregory è<br />
uscito con Philip», disse, «e…».<br />
«Con Philip? Dove?»<br />
«Chiamo la signora Bryce. Lei saprà cosa fare».<br />
«Dove?», domandò Ivy, stringendole le spalle, scuotendola.<br />
«Dimmi dove ha portato Philip».<br />
Sua madre si dimenò e si rintanò in <strong>un</strong> angolo. «Non c’è<br />
motivo di perdere la calma, Ivy».<br />
«Gli farà del male!».<br />
«Gregory adora Philip», ribatté sua madre, rintanata<br />
nell’angolo più lontano. «Hai visto quanto stanno insieme. Lui<br />
gioca sempre con Philip».<br />
«Sì, l’ho visto», fece Ivy.<br />
«Ha promesso a Philip che l’avrebbe portato a cercare<br />
vecchi chiodi <strong>da</strong> ferrovia», proseguì sua madre, «e ha<br />
mantenuto la promessa persino con questo tempaccio. Gregory<br />
ha <strong>un</strong> effetto positivo su Philip. È per questo che ieri gli ho<br />
detto che lui e Philip saranno presto veri fratelli, anche se<br />
Andrew mi aveva chiesto di non parlargliene».<br />
«Oh, no», disse Ivy, indietreggiando, con la schiena contro<br />
lo stereo.<br />
«Posso ferire chi ami» – sentiva le parole ronzarle in testa<br />
come se le stesse pron<strong>un</strong>ciando Gregory, proprio lì <strong>da</strong>vanti a
lei, come se le sussurrasse all’orecchio. Fissò sua madre e<br />
disse: «Sai dove volevano an<strong>da</strong>re a cercare i chiodi?».<br />
Sua madre stava scendendo le scale, lentamente. «Vicino al<br />
ponte della ferrovia. Gregory ha detto che poteva salire sul<br />
vecchio ponte e raccogliere <strong>un</strong> sacco di chiodi per Philip».<br />
Maggie sembrava sollevata di aver raggi<strong>un</strong>to il pianerottolo.<br />
«Puoi scendere adesso, Ivy. Lascia Ella <strong>da</strong> sola. Io chiamo<br />
l’assistente. Scendi adesso, Ivy».<br />
Ivy fissò i gradini, e sua madre fuggì <strong>da</strong>lla camera. Aspettò<br />
che Maggie entrasse in camera sua e si attaccasse al telefono<br />
per chiamare la signora Bryce, poi attraversò di corsa il bagno<br />
e la stanza di Philip e si precipitò giù per la scalinata<br />
posteriore.<br />
«Tristan, dove sei?», si lamentò, correndo verso la<br />
macchina. Girò con forza le chiavi nel cruscotto.<br />
«Tristan, dove sei?».<br />
Ivy partì sgommando, la porta era rimasta aperta e sbatteva.<br />
La aprì e la richiuse mentre scendeva a tutto gas <strong>da</strong>lla collina.<br />
Prendeva le curve troppo velocemente, e poteva essere molto<br />
pericoloso sull’asfalto bagnato. Per <strong>un</strong> attimo pensò che non<br />
sarebbe mai gi<strong>un</strong>ta a destinazione.<br />
«Angeli», pregò, mentre le lacrime le solcavano il volto.<br />
«Non permetteteglielo… non permetteteglielo».
Capitolo 17<br />
Non appena arrivò in cima alla collina, Tristan capì che Ivy<br />
non c’era. La macchina era scomparsa. Maggie era immobile<br />
<strong>da</strong>vanti al vialetto di ingresso, e stringeva <strong>un</strong> cordless, con<br />
<strong>un</strong>’espressione sconvolta. «Non mi importa se è in ri<strong>un</strong>ione,<br />
devo parlargli».<br />
Cosa era successo? Dov’era Ivy? Era ancora estremamente<br />
debole, intontito, come se avesse dormito troppo, troppo<br />
pesantemente. Quando era caduto nell’oscurità aveva avuto la<br />
sensazione che <strong>un</strong>a forza molto più grande della sua, <strong>un</strong>a forza<br />
che non aveva mai sperimentato prima, lo avesse spinto oltre i<br />
limiti della coscienza, nel buio privo di sogni.<br />
«Ma è <strong>un</strong>’emergenza!», Maggie stava urlando.<br />
Dimmi, Maggie, raccontami cosa è successo, pensò Tristan.<br />
«Andrew. Oh, Andrew». Maggie chiuse gli occhi, sollevata.<br />
«È Ivy… è impazzita. È scappata».<br />
Scappata dove?<br />
«Non so cosa le sia successo. È salita di sopra e<br />
all’improvviso ho sentito <strong>un</strong> urlo. Sono an<strong>da</strong>ta su a controllare,<br />
nella sua sala della musica. Lei… lei ha ucciso Ella».<br />
Cosa?<br />
«Ho detto che ha ucciso Ella… sì, ne sono sicura».<br />
Gregory ha ucciso Ella, pensò Tristan.<br />
«Non lo so», disse Maggie. «Le ho detto che Gregory aveva<br />
portato Philip ai ponti per raccogliere chiodi vecchi».<br />
Tristan iniziava a capire. Un attimo prima che lui cadesse<br />
nell’oscurità, Gregory aveva ferito il fianco di Ella. Tristan<br />
aveva pensato che volesse solo spaventare Ivy, ma adesso<br />
capiva che era <strong>un</strong> avvertimento. Gregory stava infliggendo i<br />
suoi colpi vicinissimo a lei, sempre più vicino.<br />
«Pensavo che si sarebbe calmata, Andrew», disse Maggie.<br />
«Le ho detto che Gregory si stava comportando molto bene con
Philip. Ho pensato che fosse il modo migliore per gestire la<br />
crisi. Poi sono an<strong>da</strong>ta a chiamare l’assistente, e lei è scappata.<br />
Si è messa a gui<strong>da</strong>re come <strong>un</strong>a pazza. Cosa devo fare?».<br />
Tristan non aspettò di sentire il resto. Si precipitò verso i<br />
ponti, l<strong>un</strong>go la stessa stra<strong>da</strong> che doveva aver imboccato Ivy.<br />
Adesso era ben sveglio, e si sentiva più forte che mai. Anche la<br />
sua mente f<strong>un</strong>zionava alla perfezione. Gregory voleva uccidere<br />
Philip? Era così folle <strong>da</strong> credere di potersela cavare<br />
ammazzando <strong>un</strong>a persona dopo l’altra?<br />
È completamente pazzo, pensò Tristan. E se fosse stata <strong>un</strong>a<br />
trappola? E se fosse stato solo <strong>un</strong>o stratagemma per attirare Ivy<br />
allo scoperto, ai ponti della ferrovia?<br />
Tristan la raggi<strong>un</strong>se sulla l<strong>un</strong>ga stra<strong>da</strong> tortuosa che correva<br />
l<strong>un</strong>go il fiume. Si sistemò al suo fianco in macchina, ma lei era<br />
così concentrata sulla stra<strong>da</strong> che non si accorse neppure della<br />
sua luce d’oro. La macchina prese <strong>un</strong>a buca e il sobbalzo la<br />
riscosse.<br />
Una buca! Anzi, molte buche. Fa’ attenzione. Devi an<strong>da</strong>re ai<br />
ponti. Trova Philip, pensò Tristan, e alla fine riuscì a<br />
condividere <strong>un</strong> pensiero con lei e scivolò nella sua mente.<br />
«Sono io».<br />
«Tristan! Dove sei stato?»<br />
«Nell’oscurità», rispose lui subito. «Ivy, rallenta. Stammi a<br />
sentire. Potrebbe essere <strong>un</strong>a trappola».<br />
«Lo dicevi anche quando dovevo vedermi con Eric», gli<br />
ricordò, accelerando. «Forse se fossi an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> lui <strong>un</strong> pochino<br />
prima….».<br />
«Non è vero», la interruppe lui, «e tu lo sai benissimo. Non<br />
potevi fare nulla per salvare Eric».<br />
«Ma salverò Philip», disse. «Gregory non mi porterà via<br />
<strong>un</strong>’altra persona a cui voglio bene».<br />
«E con cosa lo salverai? Una pistola? Un coltello? Cosa ti<br />
sei portata dietro?».
Tristan sentì il dubbio che si faceva stra<strong>da</strong> nella mente di lei,<br />
e la nuova paura che le scorreva nelle vene.<br />
«Torna indietro. Vai <strong>da</strong>lla polizia», insistette.<br />
«Sono già an<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>lla maledetta polizia!».<br />
«Allora prova con Will», disse Tristan. «Andiamo a<br />
prendere Will».<br />
«Non possiamo fi<strong>da</strong>rci di Will», rispose lei a bruciapelo.<br />
«L’hai detto anche tu».<br />
«Ero geloso, Ivy, e non sopportavo che avesse dei segreti<br />
con te. Ma adesso abbiamo bisogno di lui, e poi farebbe<br />
qualsiasi cosa per te», controbatté Tristan.<br />
Ivy si ritrasse. Gli stava nascondendo qualcosa. «Cosa?<br />
Cosa c’è?».<br />
Ivy scosse la testa e non disse nulla.<br />
«Lui può aiutarci», ripeté Tristan.<br />
«Non ho bisogno del suo aiuto. Io ho te, Tristan – o almeno<br />
lo pensavo», lo sfidò lei.<br />
«Sai che puoi contare su di me, ma non posso fermare le<br />
pallottole».<br />
«E Gregory non può certo mettersi a sparare. Non può<br />
rischiare così tanto», disse Ivy, sicura di sé. «È sempre stato<br />
questo il suo problema, fin <strong>da</strong>ll’inizio. Deve inventarsi<br />
qualcosa di meglio, di più sottile. Ci sono già state troppe<br />
vittime. Troppe persone a lui vicine sono morte. Non potrebbe<br />
cavarsela se ci fosse <strong>un</strong> altro omicidio, con qualche prova<br />
riconducibile a lui».<br />
Il suo tono sicuro fece capire a Tristan che quella battaglia<br />
era perduta. Ivy aveva deciso.<br />
«Tornerò per te», le disse.<br />
«Tristan?», lo chiamò lei.<br />
Ma lui l’aveva già superata, e arrivò al ponte quasi<br />
istantaneamente. Il tempo era peggiorato, le poche gocce<br />
leggere si erano tramutate in <strong>un</strong>a pioggia fred<strong>da</strong> e tagliente che
spazzava entrambe le rive del fiume. La nebbia si alzava<br />
<strong>da</strong>ll’acqua cal<strong>da</strong> che scorreva tra i due ponti. Tristan vide la<br />
nebbia, e tuttavia in qualche modo riusciva a vedere anche con<br />
chiarezza i ponti paralleli coperti <strong>da</strong>l manto di caligine.<br />
Gregory e Philip non si trovavano <strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte. Poi Tristan<br />
sentì delle voci, più in alto l<strong>un</strong>go il fiume. Si stavano spostando<br />
verso nord, allontanandosi <strong>da</strong>l p<strong>un</strong>to in cui era morto Eric. Lì<br />
non c’erano sentieri facilmente percorribili. Tristan si sentiva<br />
<strong>un</strong>’aquila, riusciva a inquadrare perfettamente i suoi due<br />
obiettivi, per poi scendere in picchiata su di loro. Qualcosa era<br />
cambiato in lui <strong>da</strong> quando era riemerso <strong>da</strong>ll’ultima,<br />
profondissima oscurità. Le sue abilità lo sorprendevano.<br />
Gregory era insieme a Philip, in piedi <strong>da</strong>vanti a <strong>un</strong>a vecchia<br />
baracca nascosta <strong>da</strong> arbusti e rami. Spinse la porta di legno, e<br />
Philip entrò nell’edificio fatiscente senza esitazioni.<br />
«Saremo proprio due veri cacciatori», stava dicendo<br />
Gregory a Philip. «So dove possiamo trovare delle fascine.<br />
Basta trovare dei pezzi asciutti di legno per accendere <strong>un</strong> bel<br />
fuoco».<br />
Tristan rimase ad ascoltare, cercando di capire quale potesse<br />
essere il piano di Gregory. Voleva appiccare il fuoco<br />
all’edificio e intrappolare Philip all’interno? No, Ivy aveva<br />
ragione: era troppo poco prudente, e Gregory ormai era<br />
costretto a fare molta, molta attenzione. E poi, Maggie sapeva<br />
che Philip era uscito insieme a lui.<br />
Philip posò a terra i suoi chiodi di ferro. «Ti do <strong>un</strong>a mano. I<br />
chiodi staranno benissimo qui».<br />
Gregory scosse la testa. «No, è meglio se rimani a fare la<br />
guardia al tesoro. Io vado nei boschi, torno tra pochissimo».<br />
«Aspetta», disse Philip. «Posso gettare <strong>un</strong> incantesimo sul<br />
tesoro. A quel p<strong>un</strong>to ness<strong>un</strong>o potrà toccarlo e…».<br />
«No», tagliò corto Gregory.<br />
«Ma io voglio <strong>da</strong>rti <strong>un</strong>a mano».
«Adesso ti dico come puoi aiutarmi», rispose Gregory,<br />
troppo bruscamente. «Prestami il tuo giubbotto».<br />
Il ragazzino lo guardò perplesso.<br />
«Avanti, su <strong>da</strong>mmelo!», ordinò Gregory, senza riuscire a<br />
nascondere la sua impazienza.<br />
Per tutta risposta la mascella di Philip si contrasse e nel suo<br />
sguardo si accese la sua solita luce testar<strong>da</strong>. I suoi occhi si<br />
strinsero in due fessure colme di sospetto.<br />
«Devo portare il legno», gli spiegò Gregory con <strong>un</strong> tono più<br />
gentile. «Poi accenderemo <strong>un</strong> bel fuoco, e staremo all’asciutto<br />
e al caldo».<br />
Philip, riluttante, si tolse il giubbotto rosso. Poi<br />
improvvisamente spalancò gli occhi. E Tristan capì che l’aveva<br />
visto.<br />
«Cosa c’è? Che stai guar<strong>da</strong>ndo?», chiese Gregory, girandosi<br />
di scatto.<br />
Tristan si precipitò fuori <strong>da</strong>lla porta, in modo che il<br />
ragazzino non potesse più scorgere il bagliore. Sperava proprio<br />
che cogliesse il suo messaggio silenzioso.<br />
Philip capì al volo. «Niente», disse.<br />
Ci fu <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go silenzio, poi Gregory si avvicinò alla porta e<br />
sbirciò fuori, ma non percepì la presenza di Tristan.<br />
«Pensavo di aver visto <strong>un</strong> grosso ragno», disse Philip.<br />
«I ragni non possono farti niente di male», gli disse<br />
Gregory.<br />
«Una tarantola sì», rispose Philip, cocciuto.<br />
«Ok, ok», disse Gregory, con <strong>un</strong> tono aspro e irritato. «Ma<br />
qui non ci sono tarantole. Quindi rimani qui e fai la guardia al<br />
nostro tesoro. Torno presto».<br />
Non appena uscì fuori <strong>da</strong>lla baracca, Gregory richiuse la<br />
porta e ispezionò i cespugli e gli alberi tutt’intorno. Si assicurò<br />
che ness<strong>un</strong>o lo stesse osservando, prese <strong>un</strong> lucchetto <strong>da</strong>llo<br />
zaino, lo assicurò alla serratura arrugginita e senza fare rumore
chiuse dentro Philip.<br />
«Lacey, Lacey, ho bisogno del tuo aiuto. Philip ha bisogno<br />
del tuo aiuto», la chiamò Tristan, poi passò attraverso le mura<br />
della baracca.<br />
Philip lo accolse con <strong>un</strong> luminoso sorriso. «Come mai sei<br />
qui? Perché ti stavi nascondendo?».<br />
Tristan rimase dov’era e attese che il ragazzo si avvicinasse<br />
a lui, poi attraversò la porta. Come aveva previsto, Philip cercò<br />
di seguirlo. Tristan mise <strong>un</strong>a mano sul lucchetto: sapeva che il<br />
ragazzino lo avrebbe visto scintillare. Philip all<strong>un</strong>gò subito la<br />
mano e cercò di girare la maniglia.<br />
«Non si apre», disse Philip.<br />
Condividendo quel pensiero Tristan scivolò dentro di lui.<br />
«Non puoi, perché c’è <strong>un</strong> lucchetto fuori. È stato Gregory a<br />
mettercelo».<br />
Philip rimise la mano sulla maniglia. Come se non riuscisse<br />
a crederci, continuò per <strong>un</strong> po’ a fare forza, tirando e<br />
spingendo.<br />
«Basta. È chiusa a chiave. Philip, calmati e stammi a<br />
sentire».<br />
Ma il ragazzino continuava a picchiare sulla porta con i suoi<br />
piccoli pugni.<br />
«Philip…».<br />
Iniziò a prendere a calci la porta. Sempre più disperato, ci si<br />
scagliò contro con tutto il peso del corpo, ancora e ancora.<br />
«Basta! Non ci riuscirai mai. E poi avrai bisogno di tutte le<br />
tue energie per altre cose».<br />
«Che succede?», chiese Philip. Respirava affannosamente,<br />
con la bocca aperta, e gli occhi che saettavano irrequieti per<br />
tutta la stanza. «Ma perché mi ha chiuso dentro?»<br />
«Non ne sono sicuro», rispose Tristan in tutta onestà. «Ma<br />
adesso ti dico quello che puoi fare tu. Adesso me ne vado,
Philip, ma solo per <strong>un</strong> po’. Se Gregory ritorna prima di me e ti<br />
fa uscire, mettiti a correre e vai verso la stra<strong>da</strong>. Arriva alla<br />
stra<strong>da</strong> prima che puoi e cerca di attirare l’attenzione di qualche<br />
macchina che passa. Non tornare insieme a lui, ok? Non an<strong>da</strong>re<br />
<strong>da</strong> ness<strong>un</strong>a parte insieme a lui».<br />
«Ho paura, Tristan».<br />
«Andrà tutto bene», lo rassicurò Tristan, contento che Philip<br />
non potesse in<strong>da</strong>gare la sua mente e non avesse modo di<br />
scoprire quanto fosse spaventato lui. «Ho già chiamato Lacey».<br />
«Ho chiamato Lacey», lo prese in giro <strong>un</strong>a voce. «E sei stato<br />
proprio fort<strong>un</strong>ato. Non aveva nulla di meglio <strong>da</strong> fare».<br />
Il volto di Philip si illuminò quando vide il bagliore violetto<br />
di Lacey.<br />
«Ma in che casino vi siete cacciati?», chiese.<br />
Tristan ignorò la doman<strong>da</strong>. «Devo an<strong>da</strong>re. Adesso sei al<br />
sicuro, Philip», disse, scivolando fuori <strong>da</strong> lui.<br />
«Non così in fretta», disse silenziosamente Lacey a Tristan,<br />
senza farsi udire <strong>da</strong> Philip. «Che succede?»<br />
«Non ne sono sicuro. Penso sia <strong>un</strong>a trappola. Devo trovare<br />
Will», rispose in fretta, avvicinandosi alle mura della baracca.<br />
«Ivy ha bisogno di aiuto».<br />
«Che novità», gli rispose Lacey, ma Tristan se ne era già<br />
an<strong>da</strong>to.
Capitolo 18<br />
Ivy guidò fino ai due ponti, stringendo con forza il volante,<br />
sporgendosi in avanti, sforzandosi al massimo per vedere<br />
qualcosa. Accese gli abbaglianti, ma la nebbia assorbiva le luci,<br />
riducendoli a pallidi fantasmi. La pioggia e le prime foglie che<br />
erano cadute a terra rendevano l’asfalto scivoloso, e quando<br />
prese <strong>un</strong>a curva a forte velocità le ruote improvvisamente<br />
persero aderenza. La macchina iniziò a sban<strong>da</strong>re di lato,<br />
superando ampiamente la linea che divideva i due sensi di<br />
marcia. Senza tremare, senza chiudere gli occhi, Ivy riportò la<br />
macchina in carreggiata.<br />
Il fiume, gli alberi, e la stra<strong>da</strong>: per chilometri e chilometri<br />
non vide altro. Se Philip e Gregory non erano ai due ponti, non<br />
sarebbe di certo stato facile cercarli <strong>da</strong> sola. Ivy voleva<br />
richiamare Tristan, ma sapeva che non sarebbe accorso in suo<br />
aiuto. Lui non capiva. Il tempo stava peggiorando, ed era<br />
troppo tardi per chiamare la polizia.<br />
Tristan aveva ragione, naturalmente. Lei non era armata, a<br />
meno di non considerare <strong>un</strong>’arma il chiodo arrugginito che<br />
tintinnava nel portatazza. Ma aveva <strong>da</strong>vvero <strong>un</strong>a freccia al suo<br />
arco: aveva lasciato tutte le informazioni alla polizia. E se<br />
Gregory avesse fatto del male a Philip, avrebbe avuto molte,<br />
molte spiegazioni <strong>da</strong> <strong>da</strong>re.<br />
All’improvviso schiacciò con forza i freni e girò il volante,<br />
con <strong>un</strong> grande stridio di ruote. Per poco non mancò la curva<br />
che sfociava nello spiazzo. I fanali disegnavano <strong>un</strong> arco di luce<br />
tra gli alberi. Il cuore cominciò a martellarle con forza nel<br />
petto. Proprio <strong>da</strong>vanti a lei c’era la macchina di Gregory. Non<br />
potevano essere an<strong>da</strong>ti molto lontano a piedi, si disse.<br />
Ivy parcheggiò con il muso della macchina rivolto verso la<br />
stra<strong>da</strong> e lasciò la portiera socchiusa, ma stavolta per <strong>un</strong>a<br />
ragione ben precisa. Se lei e Philip fossero dovuti scappare, lei
lo avrebbe spinto dentro, si sarebbe buttata in macchina e<br />
avrebbe chiuso le portiere, lasciando fuori Gregory. Poi si mise<br />
a cercare freneticamente <strong>un</strong>a pietra per terra. Ne trovò <strong>un</strong>a, si<br />
inginocchiò <strong>da</strong>vanti alle ruote posteriori della macchina di<br />
Gregory e con la roccia conficcò il chiodo ben dentro gli<br />
pneumatici.<br />
Si mise a correre nel bosco, seguendo il percorso dei binari.<br />
Dall’altra parte della ferrovia il t<strong>un</strong>nel di alberi si richiudeva<br />
sempre più, i rami erano pesanti e minacciosi. Corse l<strong>un</strong>go i<br />
binari e all’improvviso il t<strong>un</strong>nel di alberi si aprì e i ponti<br />
paralleli sbucarono <strong>da</strong>vanti a lei come se fossero sospesi a<br />
mezz’aria.<br />
La nebbia che risaliva <strong>da</strong>l fiume nascondeva i tre piloni che<br />
li sorreggevano, e solo il rumore dell’acqua dimostrava che<br />
sotto correva il fiume. Delle sezioni dei ponti scomparivano<br />
continuamente quando gruppi di nuvole catturavano i loro<br />
scheletri metallici, avvolgendoli come dei veli aderenti per poi<br />
liberarli improvvisamente quando il vento spazzava le nubi. In<br />
mezzo alla nebbia, con tutta quella pioggia, era impossibile<br />
avvistare il p<strong>un</strong>to in cui il vecchio ponte si interrompeva<br />
bruscamente. Quel tempaccio stava rendendo la vita molto più<br />
facile a Gregory. Non doveva far altro che convincere Philip a<br />
seguirlo, poi, <strong>un</strong>a volta arrivati vicino ai binari, <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>a<br />
leggera spinta. Cosa mai poteva essere <strong>un</strong> altro “incidente”,<br />
nella mente malata di Gregory?<br />
Ivy fissò il vecchio percorso dei binari, dove Gregory in<br />
teoria avrebbe dovuto cercare i chiodi per Philip. Strizzò gli<br />
occhi per mettere a fuoco fino a che non le si confuse la vista,<br />
poi fissò il nuovo ponte. La nebbia tremolante si alzò per <strong>un</strong><br />
attimo, e vide <strong>un</strong>o scintillio rosso. Con la stessa rapidità, le<br />
nuvole lo ricoprirono di nuovo. Poi <strong>un</strong> altro breve lampo rosso,<br />
<strong>da</strong>l nuovo ponte – il rosso scintillante del giubbotto di Philip.<br />
«Philip!», urlò lei. «Philip!».
Iniziò a correre l<strong>un</strong>go il tracciato dei binari del nuovo ponte.<br />
«Rimani là dove sei», gli urlò. Se l’avesse vista e si fosse<br />
messo a correre per raggi<strong>un</strong>gerla avrebbe potuto inciampare e<br />
cadere. Ma quando si avvicinò capì che era solo il giubbotto<br />
buttato a terra. Il cuore di Ivy si fermò per <strong>un</strong> istante, ma<br />
continuò a camminare, temendo il peggio, ancora in cerca di <strong>un</strong><br />
qualsiasi indizio che le potesse far capire che fine aveva fatto<br />
suo fratello.<br />
Il giubbotto era fradicio, ma non c’erano tagli, e solo <strong>un</strong>o<br />
schizzo di fango sul polso – ness<strong>un</strong> segno di colluttazione. Per<br />
<strong>un</strong> momento sentì tornare la speranza. Ma naturalmente la<br />
mancanza di tracce di lotta non voleva dire nulla: magari<br />
Gregory aveva convinto Philip a togliersi il giubbotto per<br />
scherzo, come se fosse <strong>un</strong> gioco, per poi <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong>a spinta al<br />
momento più opport<strong>un</strong>o. Sollevò il giubbotto e lo tenne tra le<br />
braccia, proprio come prima aveva stretto Ella.<br />
«Hai trovato qualcosa?».<br />
Si voltò di scatto, e per poco non perse l’equilibrio.<br />
«Ciao, Ivy», disse Gregory. Immerso nella nebbia sembrava<br />
<strong>un</strong>’ombra grigia, <strong>un</strong>a angelo oscuro appollaiato sul ponte a tre<br />
metri di distanza <strong>da</strong> lei. «Anche tu cerchi chiodi?»<br />
«Io cerco mio fratello».<br />
«Non è qui», disse lui.<br />
«Cosa gli hai fatto?», chiese Ivy.<br />
Lui fece <strong>un</strong> ghigno e avanzò di <strong>un</strong> paio di passi. Ivy<br />
indietreggiò, tenendo ancora stretto il giubbotto.<br />
«Co-co-coccodè», disse Gregory con voce cantilenante.<br />
«Chi vuole giocare?».<br />
Ivy guardò la banchina opposta, quasi aspettandosi di veder<br />
comparire <strong>un</strong> treno in lontananza, proprio come nel sogno di<br />
Philip. Un mostro di ferro ansioso di divorarla.<br />
Si voltò verso Gregory. «Cosa gli hai fatto?», chiese di<br />
nuovo, a voce bassa, cercando di tenere sotto controllo il tono
isterico che le stava incrinando la voce.<br />
Gregory ri<strong>da</strong>cchiò piano. «Co-co-coccodè», disse, poi<br />
indietreggiò.<br />
Ivy fece <strong>un</strong> passo in avanti, la rabbia in lei stava<br />
soppiantando la paura. «Hai ucciso Eric, non è vero?», disse.<br />
«Avevi paura di quello che avrebbe potuto dirmi. Non è stata<br />
<strong>un</strong>’overdose accidentale».<br />
Gregory fece <strong>un</strong> altro passo indietro. Lei lo incalzava, passo<br />
dopo passo, seguiva i suoi movimenti.<br />
«Hai ucciso il tuo migliore amico», disse. «E quella ragazza<br />
a Ridgefield – dopo che mi hai assalito a casa mia, hai ucciso<br />
lei per depistare le in<strong>da</strong>gini. E Caroline. È così che è iniziato<br />
tutto. Hai ucciso tua madre».<br />
Metro dopo metro lei lo seguiva, avanzando quando lui si<br />
ritraeva, chiedendosi a che razza di gioco stesse giocando.<br />
C’era <strong>un</strong> treno in arrivo? Cos’era quel rumore che sentiva in<br />
lontananza?<br />
Gregory improvvisamente cambiò direzione, e fece <strong>un</strong> passo<br />
verso di lei. Ivy indietreggiò subito. Sembravano due ballerini<br />
impegnati in <strong>un</strong>’elaborata <strong>da</strong>nza.<br />
«Anche Tristan», urlò Ivy. «Hai ammazzato Tristan!».<br />
«E tutto per causa tua», disse lui. La sua voce era morbi<strong>da</strong> e<br />
vellutata, quasi innaturale, come le contorte figure che la<br />
nebbia disegnava nell’aria. «Eri tu quella che doveva morire.<br />
Non Tristan. Eri tu quella che doveva morire, non la ragazza di<br />
Ridgefield…».<br />
Il fischio del treno. Ivy si voltò.<br />
Gregory scoppiò a ridere. «Sarà meglio che inizi a dire le<br />
tue preghiere, Ivy. Ho sentito delle strani voci su Tristan: a<br />
quanto pare è diventato <strong>un</strong> angelo, ma di certo ness<strong>un</strong>o ha visto<br />
Eric, tramutato in <strong>un</strong>a specie di bagliore. Spero che tu sia stata<br />
<strong>un</strong>a brava bambina».<br />
Di nuovo il fischio del treno, più acuto, più vicino. Ivy si
chiese se ce l’avrebbe fatta a raggi<strong>un</strong>gere l’altra spon<strong>da</strong> del<br />
ponte in tempo. Adesso poteva sentire anche il rumore del<br />
treno, del motore che sbuffava in mezzo agli alberi. Era già<br />
troppo vicino al fiume.<br />
Ora Gregory camminava in fretta all’indietro, e Ivy aveva<br />
intuito il suo piano. Voleva tenerla sul ponte, tra lui e il treno.<br />
Tutti la credevano fuori di testa. Era già stata capace di buttarsi<br />
sotto a <strong>un</strong> treno, e ness<strong>un</strong>o avrebbe dubitato che ci avesse<br />
riprovato.<br />
Gregory si muoveva all’indietro e Ivy gli rimaneva vicino.<br />
«Hai sbagliato tutto», disse lei. «È successo tutto per causa tua,<br />
Gregory. Sei entrato nel panico, avevi il terrore di essere<br />
scoperto. Temevi di restare <strong>da</strong> solo, abbandonato <strong>da</strong> tutti. Il tuo<br />
vero padre non potrà mai <strong>da</strong>rti tutti i soldi che ha Andrew».<br />
Gregory aprì la bocca, solo <strong>un</strong> po’, e la fissò. Lo aveva preso<br />
alla sprovvista. La fine del ponte non era troppo lontana<br />
adesso, e Gregory fece <strong>un</strong> altro passo indietro, incerto. Ivy si<br />
avvicinò. Se fosse inciampato, lei avrebbe avuto <strong>un</strong>a<br />
possibilità.<br />
«Non credevi che io sapessi tutta la storia, non è vero? La<br />
cosa divertente è che quando hai ucciso tua madre io non ti ho<br />
visto proprio per niente. Non ho mai visto il tuo riflesso. Se mi<br />
avessi lasciato in pace, non avrei mai capito che il colpevole eri<br />
tu».<br />
Un’ombra incupì il volto di Gregory. Strinse i pugni.<br />
«Continua», lo sfidò Ivy. «Vienimi a prendere. Spingimi<br />
sotto al treno. Sarò <strong>un</strong>’altra vittima, <strong>un</strong> altro peso sulla tua<br />
coscienza».<br />
Ivy abbassò lo sguardo. Altri tre metri – solo altri tre metri e<br />
avrebbe avuto <strong>un</strong>a possibilità, anche se fosse inciampata.<br />
«Caroline ha <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a chiave a Eric», continuò Ivy. «Ed<br />
Eric l’ha lasciata a me. Ho trovato delle carte dentro l’orologio<br />
di Andrew».
Altri due metri e mezzo.<br />
«Delle lettere molto interessanti <strong>da</strong> parte di tua madre», gli<br />
disse.<br />
Due metri.<br />
«E anche <strong>un</strong> referto medico».<br />
Poco più di <strong>un</strong> metro e mezzo.<br />
«Li ho portati alla polizia <strong>un</strong>’ora fa».<br />
Un metro e mezzo. Gregory si fermò. Rimase assolutamente<br />
immobile. Anche Ivy si bloccò. Poi, senza preavviso, Gregory<br />
le si scagliò contro.<br />
Tristan raggi<strong>un</strong>se la casa di Will nel momento in cui <strong>un</strong>a<br />
macchina scura si allontanava <strong>da</strong>ll’abitazione. Grazie alla sua<br />
nuova vista, molto più acuta, riuscì a scorgere l’uomo alla<br />
gui<strong>da</strong>. Si chiese come mai il detective che aveva condotto le<br />
in<strong>da</strong>gini sull’aggressione subita <strong>da</strong> Ivy fosse an<strong>da</strong>to a trovare<br />
Will.<br />
Will rimase <strong>da</strong> solo sul portico, completamento perso nei<br />
suoi pensieri, al p<strong>un</strong>to che Tristan ebbe qualche difficoltà a<br />
trovare <strong>un</strong> modo per scivolare nella sua mente. Vide che Will<br />
aveva <strong>un</strong>a matita in tasca e la tirò fuori, ma Will non si accorse<br />
di nulla. Tristan sbatté la matita contro la staccionata di legno e<br />
scrisse il suo nome dopo aver materializzato <strong>un</strong> dito. Sottolineò<br />
due volte la scritta, non riusciva a credere neppure lui alla sua<br />
nuova forza.<br />
«Tristan!», disse Will, e Tristan scivolò in lui.<br />
Non perse tempo. «Ivy ha bisogno di aiuto. È an<strong>da</strong>ta ai<br />
ponti, pensa che Gregory abbia portato là Philip. È <strong>un</strong>a<br />
trappola».<br />
«Devo prendere le chiavi», rispose mentalmente Will, e si<br />
precipitò in casa.<br />
«No!».<br />
Will si bloccò e si guardò intorno, confuso.<br />
«Corri e basta! Corri», insistette Tristan.
«Fino ai ponti?», ribatté Will. «Non arriveremo mai in<br />
tempo».<br />
«Ti ci porto io», disse Tristan. «Possiamo an<strong>da</strong>re molto più<br />
veloci se ci teniamo lontani <strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> ed evitiamo il<br />
traffico». Si rendeva conto che era <strong>un</strong>a cosa pazzesca, ma allo<br />
stesso tempo sapeva che per qualche strano motivo era anche<br />
vera. L’ultima oscurità gli aveva <strong>da</strong>to <strong>un</strong>a forza che non aveva<br />
mai avuto, poteri che non aveva mai messo alla prova.<br />
«Fi<strong>da</strong>ti di me», disse Tristan. «Per il bene di Ivy, fi<strong>da</strong>ti di<br />
me», lo scongiurò, anche se lui non si era mai fi<strong>da</strong>to del tutto di<br />
Will.<br />
Will annuì, e iniziarono a camminare come <strong>un</strong>a sola<br />
persona. Tristan poteva percepire lo stupore di Will, la sua<br />
paura. Cosa stava accadendo a Ivy? Cosa stava accadendo al<br />
suo stesso corpo, trascinato e occupato <strong>da</strong> Tristan? Cosa<br />
avrebbe visto la gente che avrebbero incontrato?<br />
«Non penso che ci ve<strong>da</strong>no», disse Tristan. «Ma in realtà non<br />
ne so molto più di te».<br />
Adesso percorrevano la l<strong>un</strong>ga stra<strong>da</strong> piena di curve. E<br />
mentre correvano strane voci si alzavano tutto intorno a loro.<br />
Erano solo dentro la loro testa? O forse era la mente di Will<br />
che si ribellava? Sembravano voci umane pressate e<br />
compresse, proprio come pareva compresso lo spazio mentre<br />
sfrecciavano a folle velocità.<br />
Le voci <strong>da</strong>pprima erano solo <strong>un</strong> indistinto mormorio, ma poi<br />
divennero più forti e intense, più chiare – lamenti, borbottii,<br />
canti, voci oscure e minacciose che si sovrapponevano e si<br />
coprivano a vicen<strong>da</strong>.<br />
«Cosa c’è?», si lamentò Will, coprendosi le orecchie con le<br />
mani. «Cosa sono queste voci?»<br />
«Non lo so».<br />
«Cosa sono queste voci? Non lo sopporto!», disse Will,<br />
scuotendo la testa, come se potesse spazzare via le voci.
Tristan sentiva ben più che delle semplici voci. Stava<br />
vedendo cose che non aveva mai visto prima – animali<br />
spaventati e nascosti dietro gli alberi, rocce spazzate e coperte<br />
di foglie, radici sepolte in profondità nel terreno.<br />
Adesso avevano raggi<strong>un</strong>to lo spiazzo, e vide i binari dietro<br />
lo schermo fradicio di pioggia degli alberi. Mentre si<br />
avvicinavano sempre più veloci ai ponti le voci acute<br />
divennero ancora più alte e intense, quelle basse si fecero più<br />
furiose e profonde.<br />
«Demoni», disse Will, tremante, quando raggi<strong>un</strong>sero i ponti.<br />
«Sono demoni».<br />
Quando Gregory si scagliò contro di lei Ivy si voltò e si<br />
mise a correre. Non c’era modo di passargli accanto in quello<br />
stretto ponte. Quando iniziò a correre vide le luci del treno,<br />
come <strong>un</strong> piccolo sole che fendeva la nebbia e correva in mezzo<br />
agli alberi, vicino al ponte. Non ce l’avrebbe mai fatta ad<br />
arrivare <strong>da</strong>ll’altra parte in tempo – non poteva correre più<br />
veloce del treno. Ma non poteva neppure an<strong>da</strong>re nella direzione<br />
opposta. Forse, se avesse sventolato il giubbotto rosso di<br />
Philip, il macchinista l’avrebbe vista.<br />
Gregory la stava raggi<strong>un</strong>gendo. Il fischio spezzò di nuovo il<br />
silenzio e Gregory scoppiò a ridere. Era solo a pochi metri di<br />
distanza, e rideva e rideva, come se stessero giocando a<br />
nascondino in <strong>un</strong> parco. Era pazzo! Non gli importava di nulla;<br />
sarebbe morto insieme a lei pur di ucciderla. A ogni falcata<br />
gua<strong>da</strong>gnava qualche centimetro – lei lo vedeva con la co<strong>da</strong><br />
dell’occhio. Presa <strong>da</strong>lla disperazione, Ivy si gettò il giubbotto<br />
di Philip alle spalle. Cadde a terra, finì in mezzo alle gambe di<br />
Gregory, attorcigliandosi. Gregory inciampò. Lei si guardò<br />
indietro e lo vide cadere in ginocchio.<br />
Ivy continuò a correre. Sentiva il tremendo rumore del treno<br />
e gli corse incontro con tutte le forze che aveva. Se fosse
iuscita a mettere qualche metro tra lei e Gregory, se lo avesse<br />
distanziato quel tanto che bastava per trovare <strong>un</strong> posto in cui<br />
rannicchiarsi, <strong>un</strong> appoggio solido sotto i binari a cui<br />
aggrapparsi, per restare sospesa nel vuoto fino al passaggio del<br />
treno…<br />
«Angeli, aiutatemi!», pregò. «Oh, angeli, ci siete? Verrete in<br />
mio soccorso? Tristan! Dove sei?»<br />
«Qui, Ivy! Ivy, <strong>da</strong> questa parte».<br />
Sentiva delle voci tutto intorno a lei, che la chiamavano per<br />
nome. Rallentò. Erano solo delle eco nella sua mente, il suono<br />
del vento che veniva stravolto <strong>da</strong>l suo cervello terrorizzato? Poi<br />
vide che anche Gregory si era fermato, ed ascoltava, madido di<br />
sudore, gli occhi spalancati, le pupille grigie cerchiate di<br />
bianco.<br />
Poi Ivy sentì distintamente <strong>un</strong>a sola voce. «Ivy».<br />
La riconobbe subito. «Will!», esclamò.<br />
Proveniva <strong>da</strong>lla direzione opposta, le stava venendo<br />
incontro, correva sul ponte parallelo, e la chiamava a gran<br />
voce. Le altre voci si alzarono più forti che mai, e <strong>un</strong>a nera<br />
paura le serpeggiò nell’animo. È <strong>un</strong>a trappola, <strong>un</strong> trucco, pensò<br />
Ivy. Fa tutto parte del piano di Gregory.<br />
Gregory si era rimesso all’inseguimento, e Ivy ricominciò a<br />
correre.<br />
Will correva a velocità incredibile sull’altro ponte. L’aveva<br />
raggi<strong>un</strong>ta e superata di qualche metro. Era arrivato alla fine del<br />
vecchio ponte.<br />
«Ivy!», gridò. «Ivy, <strong>da</strong> questa parte! Salta!».<br />
Lei lo fissò. C’era <strong>un</strong> salto di più di due metri. Tutto intorno<br />
a lei le voci parlavano e bisbigliavano, quelle acute le<br />
ronzavano in testa, la confondevano, mentre quelle basse la<br />
gettavano nella disperazione più nera.<br />
«Salta!», urlò di nuovo lui, tendendo le braccia verso di lei.<br />
Anche se fosse riuscito ad afferrarla, non c’era niente che lo
trattenesse <strong>da</strong>l cadere a sua volta nel baratro tra i due ponti. Ivy<br />
li avrebbe ammazzati entrambi.<br />
«Ivy, salta!». Sembrava la voce di Tristan.<br />
«Ivy, salta. Ivy, salta», la sfidò Gregory. Aveva smesso di<br />
correre. Adesso camminava all’indietro sui binari, la osservava,<br />
fissava la radura dove il treno sarebbe apparso <strong>da</strong> lì a pochi<br />
istanti. Era rosso in volto, e <strong>un</strong> rivolo di sangue gli scendeva<br />
<strong>da</strong>l naso. Gli brillavano gli occhi – <strong>un</strong>o scintillio di trionfo, di<br />
follia.<br />
«Tristan!», urlò Ivy.<br />
«È qui», disse Will. «Ci aiuterà lui».<br />
Ma lei non avvertiva la presenza di Tristan dentro di sé, e<br />
non vedeva il suo bagliore dentro Will.<br />
«Dove?», urlò. «Dove?»<br />
«Dove? Dove?», le ripeterono in tono di scherzo le voci più<br />
profonde. Il treno arrivò rombando sul ponte.<br />
«Tristan, dove sei?», urlò Ivy.<br />
«Prendila, Will. Prendila!».<br />
Will all<strong>un</strong>gò il braccio e Ivy saltò. Per <strong>un</strong> momento <strong>un</strong> arco<br />
d’oro scintillò tra i due ponti, sorreggendo Ivy e Will. Poi<br />
caddero sui vecchi binari, aggrappandosi con la forza della<br />
disperazione al bordo per non cadere giù.<br />
Il treno divorava il nuovo ponte, e Gregory cominciò a<br />
correre nella direzione opposta. Ivy e Will si tirarono in piedi e<br />
urlarono al macchinista di fermarsi fino ad avere la gola in<br />
fiamme. Ma le loro voci annegarono nell’on<strong>da</strong> sempre più alta<br />
di quell’oscura confusione, <strong>un</strong> malvagio rombo di voci così<br />
profonde che sembravano provenire <strong>da</strong>i recessi più oscuri e<br />
inson<strong>da</strong>bili di tutto ciò che esisteva.<br />
Ivy e Will restarono a guar<strong>da</strong>re impotenti il treno che si<br />
abbatteva su Gregory. Non poteva farcela. Avrebbe dovuto<br />
cercare di saltare sul vecchio ponte. Le voci iniziarono a<br />
strillare. Ivy si mise le mani sulle orecchie, e Will la strinse
forte. Cercò di farle distogliere lo sguardo, ma lei continuava a<br />
fissare la scena.<br />
Gregory saltò, tendendo il corpo e lanciando le braccia in<br />
avanti, con le dita tese in <strong>un</strong> disperato tentativo di aggrapparsi a<br />
qualcosa. Per <strong>un</strong> momento volò come <strong>un</strong> angelo, poi sprofondò<br />
nella nebbia.<br />
Il treno lo superò, senza neppure rallentare. Ivy affondò il<br />
viso nel petto di Will. Si tennero forte, trattenendo il respiro. Il<br />
tumulto di voci si ridusse a <strong>un</strong> mormorio e poi cessò.<br />
«Co-co-coccodè», intonò <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica voce. «Chi è che vuole<br />
giocare, adesso?».<br />
Poi solo silenzio.
Capitolo 19<br />
«Una scatola di fazzoletti», disse Suzanne quel sabato notte.<br />
«Servitevi pure, ragazze. E <strong>un</strong>a bella confezione di dolci».<br />
«Perchè i fazzoletti li <strong>da</strong>i a noi e i dolci te li tieni vicino?»,<br />
chiese Ivy. Lei, Suzanne e Beth erano distese sul pavimento<br />
della sua camera.<br />
Beth afferrò in tutta fretta la scatola di dolci e se la portò<br />
vicino al sacco a pelo. «Non ti preoccupare», disse a Ivy, «ho il<br />
coltello».<br />
«Ma Suzanne ha le <strong>un</strong>ghie», rispose Ivy. «Metti la<br />
confezione in mezzo».<br />
«Aspettate <strong>un</strong> minuto», disse Suzanne, stringendo le labbra.<br />
Erano pallide, non rosso fuoco come al solito. «Sono quattro<br />
giorni che mi comporto in modo delicato, riflessivo,<br />
gentile…».<br />
«E io non ne posso più», disse Ivy. «Mi manca la vecchia<br />
Suzanne… e mi manca <strong>da</strong> molto tempo. Da ben più di quattro<br />
giorni», aggi<strong>un</strong>se piano. Sul volto imbronciato di Suzanne si<br />
dipinse <strong>un</strong>’espressione piena di dolore e Ivy le sfiorò subito la<br />
mano.<br />
«Oh oh, è arrivato il momento dei fazzoletti», disse Beth.<br />
Ne presero <strong>un</strong>o a testa.<br />
«In questi giorni ho pianto via tanto mascara <strong>da</strong> formare <strong>un</strong><br />
lago», si lamentò Suzanne.<br />
«Avanti con i dolci», suggerì Ivy, rubando il coltello a Beth<br />
e dividendo in parti uguali <strong>un</strong> tortino al cioccolato.<br />
Beth passò <strong>un</strong> dito sul bordo della confezione, prendendo il<br />
suo tortino insieme a qualche briciola caduta, poi sorrise a<br />
Suzanne. «È passato <strong>un</strong> secolo <strong>da</strong>ll’ultima volta che sono stata<br />
a <strong>un</strong> pigiama party».<br />
«Anche io», disse Ivy.<br />
«E <strong>da</strong> quanto tempo non passi <strong>un</strong>a notte serena?», chiese
Suzanne a Ivy, con gli occhi ancora umidi.<br />
Ivy si avvicinò alla sua vecchia amica e la abbracciò. «Te<br />
l’ho detto, ho dormito come <strong>un</strong> sasso ieri notte».<br />
Ma le notti precedenti erano state molto più difficili per Ivy,<br />
anche se non aveva fatto ness<strong>un</strong> incubo. Si svegliava nel cuore<br />
della notte, a orari impossibili, e si guar<strong>da</strong>va intorno, come se il<br />
suo corpo, abituato a restare sempre sul chi vive, non riuscisse<br />
a convincersi che non c’era più nulla <strong>da</strong> temere. Ma la paura<br />
con cui aveva convissuto giorno e notte ora era sparita, e anche<br />
gli incubi.<br />
La polizia era arrivata ai ponti quasi subito quel martedì, il<br />
tenente Donnelly aveva risposto al messaggio di Ivy e a <strong>un</strong>a<br />
chiamata di emergenza <strong>da</strong> parte di Andrew. Avevano trovato<br />
Gregory sulle rocce del fiume sottostante e l’avevano<br />
dichiarato morto. E poco più tardi Philip era stato liberato <strong>da</strong>lla<br />
baracca.<br />
«Come sta Philip?», le chiese Beth.<br />
«Sembra che se la cavi bene», disse Suzanne.<br />
«Philip vede il mondo con gli occhi di <strong>un</strong> bambino di nove<br />
anni», rispose Ivy. «Se può spiegare tutto quello che è successo<br />
con <strong>un</strong>a buona storia, non c’è ness<strong>un</strong> problema. Per lui adesso<br />
Gregory era <strong>un</strong> angelo cattivo, e crede che ci saranno sempre<br />
angeli buoni a proteggerlo <strong>da</strong> quelli cattivi, perciò sta bene…<br />
per il momento».<br />
Ma Ivy sapeva che prima o poi suo fratello avrebbe iniziato<br />
a fare domande, e si sarebbe chiesto perché <strong>un</strong>a persona che si<br />
era sempre comportata così bene con lui avesse voluto fargli<br />
del male. Prima o poi avrebbe voluto saperne di più.<br />
Quando Ivy e Andrew uscirono <strong>da</strong>lla centrale di polizia,<br />
quel martedì notte, il caso era stato ricostruito a grandi linee. Il<br />
tenente aveva detto che la polizia avrebbe informato la famiglia<br />
della ragazza a Ridgefield, come anche i genitori di Eric e<br />
Tristan, e avrebbe ann<strong>un</strong>ciato la riapertura dei loro casi.
In seguito, quella stessa sera, il reverendo Carruthers, il<br />
padre di Tristan, era passato a trovarli. Era rimasto con Ivy e la<br />
sua famiglia per diverse ore, ed era stato sempre al loro fianco<br />
fino al rito f<strong>un</strong>ebre che lui stesso celebrò, tre giorni dopo.<br />
Adesso che era tutto finito, Andrew e Maggie sembravano<br />
fragili e provati – ossessionati <strong>da</strong> fantasmi.<br />
«Ma è normale», disse Beth, come se avesse letto i pensieri<br />
di Ivy. «Hanno visto <strong>un</strong> lato di Gregory di cui non avevano mai<br />
sospettato l’esistenza, ed era <strong>un</strong> lato orribile. Stanno appena<br />
iniziando a capire cosa hanno passato. Ci vorrà <strong>un</strong> sacco di<br />
tempo prima che le ferite inizino a rimarginarsi».<br />
«Tutti noi avremo bisogno di tempo», disse Suzanne,<br />
ricacciando indietro le lacrime. Poi prese il coltello. «Secondo<br />
voi abbiamo abbastanza fazzoletti e dolci?».<br />
C’è qualcosa di diverso in lei, pensò Tristan fissando Lacey<br />
quel sabato sera. La trovò dove si erano visti la prima volta,<br />
distesa sulla sua tomba, con <strong>un</strong>a gamba a terra e l’altro<br />
ginocchio sollevato. I suoi ispidi capelli viola catturavano il<br />
riflesso della luce della l<strong>un</strong>a, e la sua pelle era palli<strong>da</strong> come il<br />
marmo su cui era appoggiata. Le l<strong>un</strong>ghe <strong>un</strong>ghie scintillavano di<br />
<strong>un</strong> viola scuro. Ma c’era qualcosa di diverso in lei.<br />
Sul volto di Lacey Tristan vide <strong>un</strong>a malinconia che per <strong>un</strong><br />
attimo gli fece morire le parole in gola. Non riusciva a parlarle,<br />
sul suo volto si vedeva <strong>un</strong>a sfumatura triste che di solito non<br />
c’era, o forse era solo nascosta molto bene.<br />
«Lacey».<br />
Lei fissò Tristan e chiuse gli occhi.<br />
«Che succede?», disse, mettendosi a sedere vicino a lei.<br />
Lo guardò senza dire nulla.<br />
«A cosa pensavi?», le chiese gentilmente.<br />
Lacey abbassò furtivamente gli occhi per fissarsi le mani,<br />
toccandosi la p<strong>un</strong>ta delle dita, <strong>un</strong>a per <strong>un</strong>a, accigliata. Quando
ialzò gli occhi, Tristan ebbe l’impressione che fosse capace di<br />
perforarlo con <strong>un</strong> solo sguardo.<br />
Si sentiva a disagio. «Qualche brutto pensiero?»<br />
«Sei stato alla tomba di Gregory?», chiese.<br />
«Sono appena…».<br />
«Per favore non dirmi che se ne va in giro come se niente<br />
fosse», lo interruppe, gesticolando teatralmente. «Voglio dire,<br />
lo so che il super direttore sceglie le persone più improbabili,<br />
ma forse adesso sta esagerando».<br />
Tristan scoppiò a ridere, felice di vedere che era di nuovo la<br />
solita, vecchia Lacey. «Non ho visto tracce di Gregory», disse.<br />
«Tutto è calmo alla sua tomba, e anche in collina».<br />
Lei riabbassò le mani. «Sei stato con Ivy».<br />
«Sono an<strong>da</strong>to <strong>da</strong> lei, ma non riesco a raggi<strong>un</strong>gerla», disse.<br />
«Né lei né Philip mi vedono, e io non trovo il modo di<br />
scivolare dentro le loro menti. Ho bisogno del tuo aiuto, Lacey.<br />
Lo so che ormai non ne puoi più di sentire questa frase, ma ho<br />
bisogno del tuo aiuto più che mai».<br />
Lei alzò la mano per zittirlo. «C’è <strong>un</strong>a cosa che dovrei dirti,<br />
Tristan».<br />
«Cosa?», le chiese.<br />
«Neanch’io ti vedo».<br />
«Cosa!».<br />
«Vedo solo <strong>un</strong> bagliore dorato», spiegò Lacey, alzandosi in<br />
piedi, «la stessa cosa che tutti gli altri hanno sempre visto<br />
quando guar<strong>da</strong>vano nella tua direzione». Sospirò. «Il che vuol<br />
dire che sono di nuovo <strong>un</strong>a vivente… brrr!». Si esibì nella sua<br />
solita imitazione della sirena di <strong>un</strong> quiz televisivo, ma venne<br />
fuori <strong>un</strong> suono poco convinto, senza allegria. «Oppure stai<br />
diventando <strong>un</strong>a creatura angelica che non posso raggi<strong>un</strong>gere».<br />
«Ma io non voglio!», protestò lui. «Tutto quello che voglio<br />
è dire a Ivy…».<br />
«Ti amo», disse subito Lacey. «Ti amo».
Tristan annuì. «Esattamente. E voglio dirle che la amo così<br />
tanto che desidero trovarle l’amore che il destino ha scelto per<br />
lei».<br />
Lacey si allontanò <strong>da</strong> Tristan.<br />
«Cosa posso fare?», le chiese.<br />
«Non lo so», mormorò lei, camminando nervosamente.<br />
Lui all<strong>un</strong>gò <strong>un</strong>a mano per fermarla, ma le sue dita le<br />
attraversarono il braccio senza incontrare resistenza.<br />
Lacey si sfiorò il braccio nel p<strong>un</strong>to in cui lui aveva cercato<br />
di toccarla. «Adesso sei irraggi<strong>un</strong>gibile per me», disse. «Non<br />
riesco neppure a immaginare cosa ti sta succedendo. Hai<br />
ancora qualc<strong>un</strong>o dei tuoi vecchi poteri?»<br />
«Quando sono uscito <strong>da</strong>ll’oscurità l’ultima volta, avevo<br />
poteri più forti che mai», rispose Tristan. «Riuscivo a proiettare<br />
la voce bene quanto te. Ero in grado perfino di scrivere. E<br />
avevo abbastanza forza <strong>da</strong> sostenere Ivy e Will. Adesso non ho<br />
l’energia neppure per fare la cosa più semplice del mondo.<br />
Come posso raggi<strong>un</strong>gerla?»<br />
«Prega. Chiedi <strong>un</strong>’altra occasione», disse Lacey, «anche se<br />
raggi<strong>un</strong>gerla <strong>un</strong>’ultima volta potrebbe portarti via tutto quello<br />
che ti rimane».<br />
«Allora è così che deve finire?», chiese Tristan.<br />
«Ne so quanto te», sbottò Lacey. «E sai quanto odio<br />
ammetterlo», aggi<strong>un</strong>se in tono più gentile. «Non posso far altro<br />
che pregare e tentare. Se… se tu non dovessi farcela,<br />
consegnerò il tuo messaggio. E le <strong>da</strong>rò <strong>un</strong>’occhiata di quando<br />
in quando – sai, le <strong>da</strong>rò qualche consiglio angelico».<br />
Tristan non disse nulla, e Lacey allora concluse: «Perfetto,<br />
allora non vuoi che io dia alla tua tipa consigli angelici. Non lo<br />
farò, tranquillo!».<br />
«Ti prego, tienila d’occhio», disse lui, «e <strong>da</strong>lle tutti i<br />
consigli che vuoi. Mi fido di te».<br />
«Ti fidi di me – anche se le dovessi <strong>da</strong>re dei consigli
sull’amore?», disse Lacey, mettendolo alla prova.<br />
«Persino sull’amore», disse lui, con <strong>un</strong> largo sorriso.<br />
«Anche se in realtà io non ne so nulla… dell’amore»,<br />
rispose lei.<br />
Tristan la fissò, pieno di curiosità. Poi le si avvicinò per<br />
guar<strong>da</strong>rla meglio.<br />
«Che c’è?», disse Lacey. «Cosa?». Fece <strong>un</strong> passo indietro<br />
per sfuggire a quella luce in<strong>da</strong>gatrice.<br />
«Allora è successo, non è vero?», disse lui con <strong>un</strong>a<br />
tranquilla meraviglia. «È a questo che stavi pensando quando ti<br />
ho trovata. Ti sei innamorata! Non cercare di negarlo. Gli<br />
angeli non dovrebbero mentirsi, e neppure gli amici. Ti sei<br />
innamorata, Lacey».<br />
«Meglio troppo tardi che mai…», rispose lei. «E adesso il<br />
tuo desiderio si è realizzato, perciò puoi an<strong>da</strong>re».<br />
«Lui chi è?», insistette Tristan.<br />
Lei non gli rispose.<br />
«Chi è?», ripeté. «Dimmelo. Forse posso <strong>da</strong>rti <strong>un</strong>a mano. So<br />
che fa male, Lacey. Te lo leggo negli occhi. Lascia che ti<br />
aiuti».<br />
«Oh, per favore!». Lacey camminava in circolo intorno alla<br />
tomba. «Ma tu guar<strong>da</strong>, il signorino adesso si è messo a fare<br />
l’angelo delle schiere celesti superiori!».<br />
Lui ignorò il suo commento. «Chi è? Lo sa quello che<br />
provi?».<br />
Lei scoppiò a ridere, poi abbassò gli occhi e scosse<br />
silenziosamente la testa.«Guar<strong>da</strong>mi», disse lui con voce<br />
gentile. «Non riesco a vederti in faccia».<br />
«Allora siamo pari», rispose lei piano.<br />
«Vorrei solo poterti toccare di nuovo», le disse Tristan.<br />
«Vorrei poterti stringere tra le braccia. Non voglio lasciarti a<br />
soffrire così».<br />
Lacey fece <strong>un</strong> ghigno. «Ma questo è l’<strong>un</strong>ico modo in cui
puoi lasciarmi», rispose lei piano, poi lo fissò a l<strong>un</strong>go, con <strong>un</strong>o<br />
sguardo fisso, e nei suoi occhi si rifletteva l’oro brillante di<br />
Tristan. «A meno che…», disse, «a meno che non me ne va<strong>da</strong><br />
prima io. Ottima idea, Lacey. Niente lacrime, niente pianti»,<br />
disse risoluta.<br />
Poi si voltò e iniziò a percorrere la stra<strong>da</strong> del cimitero.<br />
«Lacey?», la chiamò Tristan.<br />
Lei non si fermò.<br />
«Lacey? Dove stai an<strong>da</strong>ndo?», urlò. «Ehi, Lacey, non te ne<br />
vorrai an<strong>da</strong>re senza salutare».<br />
Lei non si girò neppure, alzò la mano e fece solo <strong>un</strong> vago<br />
gesto, <strong>un</strong> fugace scintillio viola. Poi scomparve dietro gli<br />
alberi.<br />
Tutte le finestre della grande casa in cima alla collina erano<br />
buie: come quelle della città addormentata che Tristan aveva<br />
percorso nella stra<strong>da</strong> di ritorno <strong>da</strong>l cimitero, come quelle di<br />
casa dei suoi, che lui aveva fissato <strong>un</strong>’ultima volta. Tristan<br />
trovò le tre ragazze addormentate sul pavimento della stanza di<br />
Ivy: Beth con il volto delicato e rotondo baciato <strong>da</strong>lla l<strong>un</strong>a,<br />
Suzanne, con la sua massa di capelli neri a<strong>da</strong>giati sul cuscino<br />
come mille fiocchi scintillanti, e Ivy in mezzo alle sue due<br />
amiche, finalmente al sicuro.<br />
Quello che le ragazze non sapevano – o forse avevano fatto<br />
finta di non accorgersene – era che Philip si era intrufolato<br />
nella camera e si era messo a dormire nel letto, con i piedi sul<br />
cuscino e la testa <strong>da</strong>ll’altra parte, in modo <strong>da</strong> essere più vicino<br />
alle ragazze e poter sentire tutti i loro segreti. Tristan lo sfiorò<br />
con la sua luce dorata. Pensò che in quella scena così pacifica<br />
mancava solo Ella. Rimase seduto a l<strong>un</strong>go, lasciando che la<br />
pace di quel luogo si posasse sul suo animo. Non voleva<br />
disturbare il sonno di Ivy, gli mancava il coraggio di porre fine<br />
al poco tempo che avevano a disposizione. Ma prima o poi
doveva finire, e lui lo sapeva. Quando il cielo iniziò a<br />
rischiararsi, lui pron<strong>un</strong>ciò la sua preghiera.<br />
«Chiedo solo di poterle parlare <strong>un</strong>’ultima volta», implorò,<br />
poi si inginocchiò accanto a lei. Si concentrò sulla p<strong>un</strong>ta delle<br />
sue dita e le sfiorò piano la guancia.<br />
Sentì la morbidezza della sua pelle. Poteva toccarla di<br />
nuovo! Poteva avvertire il suo calore! Ivy sbatté le palpebre e<br />
spalancò gli occhi. Si guardò intorno, stupefatta. Lui le sfiorò<br />
la mano.<br />
«Tristan?».<br />
Ivy si tirò a sedere, e lui le tirò indietro <strong>un</strong>a ciocca di capelli<br />
color oro.<br />
Un sorriso curvò le labbra di Ivy, e si sfiorò i capelli nel<br />
p<strong>un</strong>to in cui lui l’aveva toccata. «Tristan, sei tu?».<br />
Lui condivise quel pensiero e scivolò nella sua mente.<br />
«Ivy».<br />
Lei si alzò in piedi e andò alla finestra. «Pensavo che non<br />
avrei più sentito la tua voce», disse silenziosamente. «Pensavo<br />
che te ne fossi an<strong>da</strong>to per sempre. Dopo quell’attimo sul ponte,<br />
non ho più visto la tua luce. E non riesco a vederla neppure<br />
adesso», gli disse, accigliandosi e abbassando gli occhi per<br />
guar<strong>da</strong>rsi la mano.<br />
«Lo so. Non capisco cosa stia succedendo. So solo che sto<br />
cambiando. E che non tornerò».<br />
Lei annuì, accettando le sue parole con <strong>un</strong>a calma che lo<br />
sorprese. Poi vide il tremolio della bocca, il fremito di tutto il<br />
suo corpo. Sembrava sul p<strong>un</strong>to di scoppiare a piangere, ma non<br />
disse nulla.<br />
«Ti amo, Ivy. Non smetterò mai di amarti».<br />
Lei si appoggiò alla finestra, con lo sguardo perso nella<br />
notte palli<strong>da</strong> e scintillante. Aveva gli occhi velati di lacrime.<br />
«Ho pregato per avere <strong>un</strong>’ultima occasione di raggi<strong>un</strong>gerti»,<br />
disse. «Volevo dirti che ti amo, e che anche tu devi continuare
ad amare. La persona che è stata fatta per te, quella che il<br />
destino ha scelto per il tuo futuro, è <strong>un</strong>’altra. Sei destinata a <strong>un</strong><br />
altro».<br />
Lei scattò in piedi e disse: «No».<br />
«Sì, amore mio», disse, con voce delicata ma decisa.<br />
«No!».<br />
«Promettimi, Ivy…».<br />
«L’<strong>un</strong>ica cosa che posso prometterti è che continuerò ad<br />
amarti», disse lei.<br />
«Stammi a sentire», la scongiurò Tristan. «Sai che non<br />
posso rimanere ancora a l<strong>un</strong>go».<br />
La notte palli<strong>da</strong> e scintillante adesso era bagnata <strong>da</strong>lla<br />
pioggia, e nuove lacrime rigavano il volto di Ivy. Ma Tristan<br />
doveva an<strong>da</strong>re.<br />
«Ti amo», disse. «Ti amo. E tu devi amare lui».<br />
Poi Tristan scivolò fuori e la vide in piedi <strong>da</strong>vanti alla<br />
finestra, baciata <strong>da</strong>lla luce del primo mattino. Fece <strong>un</strong> passo<br />
indietro e la osservò chinarsi, appoggiare braccia e mento sul<br />
<strong>da</strong>vanzale. Fece <strong>un</strong> altro passo indietro e vide che le sue<br />
lacrime si asciugavano, i suoi occhi si chiudevano. Quando<br />
fece <strong>un</strong> terzo passo indietro, Tristan credette che il sole fosse<br />
sorto alle sue spalle e avesse distrutto la notte palli<strong>da</strong> in <strong>un</strong><br />
migliaio di frammenti di argento.<br />
Si voltò verso est, ma quel brillante cerchio di luce non era<br />
il sole. Non aveva idea di cosa fosse, sapeva solo che quella<br />
luce era lì per lui. E Tristan corse verso di lei.
Capitolo 20<br />
Ivy si svegliò, il sole le feriva gli occhi. Prima ancora che<br />
potesse ricor<strong>da</strong>re la visita di Tristan, e prima che Beth avesse il<br />
tempo di dire, con <strong>un</strong>a voce gonfia di sonno: «Stanotte ho<br />
sognato che Tristan veniva a salutarci», Ivy capì che se ne era<br />
an<strong>da</strong>to. Era <strong>un</strong>a sensazione che non poteva spiegare: aveva solo<br />
la terribile certezza che non fosse più con lei, e che non sarebbe<br />
tornato. La lotta per restare aggrappata a quello che avevano<br />
costruito, la malinconia, la voglia di spostare indietro il tempo<br />
per tornare <strong>da</strong> lui, e il sogno di vivere in <strong>un</strong> altro mondo<br />
insieme a Tristan: tutto era scomparso dentro di lei. Provava <strong>un</strong><br />
nuovo senso di pace.<br />
Maggie, Andrew e Philip si erano alzati presto, quella<br />
domenica mattina, ed erano già usciti. Le ragazze fecero<br />
<strong>un</strong>’abbon<strong>da</strong>nte e pigra colazione, poi Suzanne e Beth<br />
raccolsero le loro cose e le portarono in macchina di Beth.<br />
Suzanne attese proprio quel momento per farle la doman<strong>da</strong> che<br />
Ivy si era già aspettata diverse volte nel corso della serata.<br />
«Sono stata brava», iniziò Suzanne. «Per tutta la sera e la<br />
mattina non ho detto neppure <strong>un</strong>a singola cosa che non avrei<br />
dovuto dire».<br />
«Ma hai mangiato due tortini che non avresti dovuto<br />
mangiare», le ricordò Ivy. Osservò divertita Beth che cercava<br />
di attirare l’attenzione di Suzanne e le faceva capire a segni che<br />
doveva chiudere la bocca. Ma Suzanne non voleva farsi zittire.<br />
«Beth mi ha detto che se ti avessi parlato di queste cose mi<br />
avrebbe soffocato con <strong>un</strong> mucchio di fogli».<br />
Beth alzò le mani.<br />
«Ma devo chiedertelo. Che succede tra te e Will? Voglio<br />
dire, ti ha salvato la vita. Sbaglio?»<br />
«Will mi ha salvato la vita», confermò Ivy.<br />
«Allora cosa…».
«Ho detto a Suzanne che avevi solo bisogno di <strong>un</strong> po’ di<br />
tempo per mettere a posto le cose». intervenne Beth.<br />
Ivy annuì.<br />
«Ma è innamorato cotto di te!», disse Suzanne, esasperata.<br />
«Non capisce più nulla, ha perso completamente la testa – e <strong>da</strong><br />
mesi».<br />
Ivy non disse nulla.<br />
«La odio quando le viene quell’espressione ostinata», disse<br />
Suzanne a Beth. «Sembra tutta suo fratello».<br />
Ivy scoppiò a ridere – a quanto pareva, lei e Philip avevano<br />
in com<strong>un</strong>e <strong>un</strong> caratteraccio testardo – ma tenne la bocca chiusa,<br />
e non rivelò nulla su quello che c’era tra lei e Will.<br />
Le sue amiche la lasciarono sola e Ivy andò alla casa<br />
sull’albero di Philip, facendo <strong>un</strong>a breve pausa quando<br />
raggi<strong>un</strong>se il gruppo di crisantemi dorati, la zona in cui era stata<br />
sepolta Ella. Sfiorò delicatamente i fiori, poi proseguì. Beth<br />
aveva ragione, aveva molte cose <strong>da</strong> mettere a posto.<br />
Martedì sera aveva detto alla polizia tutto quello che sapeva<br />
su Gregory – tutto, tranne il tentato ricatto <strong>da</strong> parte di Will.<br />
Contro ogni buon senso, Ivy aveva tenuto la bocca chiusa sul<br />
biglietto che aveva trovato nella stanza di Gregory.<br />
Martedì sera era riuscita a convincere se stessa che la polizia<br />
sapeva già tutto di Will. Si era detta che gli agenti avevano<br />
rintracciato i soldi del ricatto quando Will li aveva depositati.<br />
Per questo Donnelly era an<strong>da</strong>to a casa di Will, si ripeteva<br />
mentre si arrampicava sulla scala di cor<strong>da</strong> fino alla casetta<br />
sull’albero. Ma Ivy sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dire<br />
alla polizia del messaggio. Il pericolo insito nella scelta di<br />
tenere il segreto era stato messo bene in chiaro <strong>da</strong>lla vita – e<br />
<strong>da</strong>lla morte – di Caroline.<br />
Arrivò in cima alla scala e percorse la stretta passerella che<br />
portava all’altro albero. Spazzò via delle foglie e si mise a<br />
sedere sul pavimento di legno. In lontananza, verso nord,
vedeva <strong>un</strong> piccolo scorcio del fiume, <strong>un</strong> nastro azzurro gonfio e<br />
pieno di pace. Distesa a terra, fissò gli spicchi del cielo –<br />
adesso si intravedevano solo chiazze blu – ma ben presto,<br />
quando sarebbero cadute le foglie, il cielo sarebbe stato l’<strong>un</strong>ico<br />
tetto che la casetta avrebbe avuto. Va tutto bene, si disse. Il<br />
cielo è il tetto anche degli angeli.<br />
Angeli, prendetevi cura di Will, pregò. Era il massimo che<br />
poteva fare per lui in quel momento. Non poteva fi<strong>da</strong>rsi di lui.<br />
E non avrebbe mai potuto amare <strong>un</strong>a persona che l’aveva<br />
tradita in <strong>un</strong> modo così orribile. Ma il suo cuore correva <strong>da</strong> lui<br />
lo stesso. Angeli, aiutatelo, per favore.<br />
«Ehi, dov’è il campanello?».<br />
Ivy fece <strong>un</strong> salto quando sentì la voce di Will, poi si rigirò di<br />
scatto a pancia in giù per guar<strong>da</strong>rlo attraverso le fessure tra le<br />
assi di legno. «Non c’è».<br />
Lui rimase in silenzio per <strong>un</strong> attimo. «C’è il battente?»<br />
«No». La mente di Ivy correva all’impazzata – o forse era il<br />
suo cuore? Avrebbe voluto fulminarlo con <strong>un</strong>a risposta<br />
bruciante, man<strong>da</strong>rlo via con la co<strong>da</strong> tra le gambe. Ma il<br />
semplice suono della sua voce le faceva male al cuore.<br />
«Forse allora ci sono delle parole magiche», disse.<br />
Ivy non rispose. Will si distese sull’erba, cercando di<br />
sbirciare dentro la casa di legno. Ivy alzò la testa, si sporse<br />
oltre le tavole di legno e lo guardò in faccia.<br />
«Se ci sono delle parole magiche, Ivy, di sicuro vorrei che tu<br />
me le dicessi, perché me le chiedo <strong>da</strong> <strong>un</strong> sacco di tempo, e sto<br />
quasi per rin<strong>un</strong>ciare».<br />
Ivy si morse il labbro.<br />
«Sai», continuò Will, «quando due persone si salvano per<br />
miracolo, quando per pochissimo non ci lasciano le penne, di<br />
solito hanno molte cose <strong>da</strong> dirsi. E anche se non si sono mai<br />
incontrate prima, capita anche che abbiano qualcosa di cui<br />
parlare <strong>da</strong> quel giorno in poi. Ma tu non mi hai detto proprio
niente. Ho cercato di <strong>da</strong>rti tempo, di non metterti fretta. Ho<br />
cercato di <strong>da</strong>rti spazio. Ma tutto quello che voglio è…».<br />
«Grazie», disse Ivy. «Grazie di aver rischiato la vita per me.<br />
Grazie di avermi salvato».<br />
«Non è quello che volevo sentire!», rispose Will con rabbia.<br />
«La gratitudine è l’ultima cosa che…».<br />
«Be’, allora perché non mi dici cos’è che vuoi?», urlò Ivy.<br />
«Onestamente».<br />
Will alzò gli occhi e la fissò con <strong>un</strong>’espressione di totale<br />
stupore. «Perché, quand’è che non sono stato onesto?», le<br />
chiese. Era come se si fosse totalmente dimenticato del ricatto.<br />
«Quando?»<br />
«Ho trovato il tuo messaggio, Will. So che ricattavi<br />
Gregory. Ancora non ho detto nulla alla polizia, ma ben presto<br />
lo farò».<br />
Lui si accigliò. «Diglielo, allora», rispose, alzando la voce<br />
per la frustrazione. «Vai pure! Non è <strong>un</strong>a novità per i poliziotti,<br />
ma se hai il messaggio, può an<strong>da</strong>re benissimo a riempire i loro<br />
archivi. È solo che non riesco a capire…». Fece qualche passo<br />
indietro, allontanandosi <strong>da</strong>lla casetta, poi si bloccò. «Aspetta<br />
<strong>un</strong> secondo. Ma tu pensi…. Non dirmi che credi <strong>da</strong>vvero che io<br />
abbia fatto tutto per soldi?»<br />
«Di solito è questo il motivo per cui si ricatta la gente».<br />
«Pensi che ti tradirei in questo modo?», le chiese, incredulo.<br />
«Ivy, era <strong>un</strong>a messinscena. Ho convinto i Celentano a <strong>da</strong>rmi<br />
<strong>un</strong>a mano, e ho ripreso tutto – in modo <strong>da</strong> avere qualche prova<br />
<strong>da</strong> portare alla polizia».<br />
Ivy si alzò e si avvicinò all’estremità della piattaforma.<br />
«In agosto», disse Will, «quando eri in ospe<strong>da</strong>le, Gregory<br />
mi ha chiamato e mi ha detto che avevi cercato di suici<strong>da</strong>rti. Io<br />
non riuscivo a crederci. Sapevo che Tristan ti mancava <strong>da</strong><br />
morire, ma sapevo anche che sei <strong>un</strong>a combattente. Quella<br />
mattina sono an<strong>da</strong>to alla stazione dei treni per <strong>da</strong>re <strong>un</strong>’occhiata,
per cercare di capire cosa potesse esserti passato per la testa.<br />
Mentre me ne an<strong>da</strong>vo ho visto <strong>un</strong> cappello e <strong>un</strong> giubbotto. Li<br />
ho presi, ma per settimane intere non sono riuscito a capire in<br />
che modo potessero essere collegati a quello che era successo.<br />
Non sapevo neppure se ci fosse <strong>un</strong> collegamento».<br />
Will camminava su e giù, chinandosi a raccogliere dei<br />
piccoli pezzi di legno e spezzandoli.<br />
«Quando è ricominciata la scuola», disse, «ho trovato delle<br />
foto di Tristan nella re<strong>da</strong>zione del giornale. Improvvisamente<br />
ho capito tutto. Sapevo che non era <strong>da</strong> te buttarti sotto a <strong>un</strong><br />
treno, e invece tenderti <strong>un</strong>a trappola era <strong>un</strong>a cosa proprio degna<br />
di Eric e Gregory. Mi sono ricor<strong>da</strong>to di come Eric ci aveva<br />
sfi<strong>da</strong>ti, e all’inizio ho pensato che fosse lui il colpevole di tutto.<br />
In seguito ho capito che la faccen<strong>da</strong> era molto, molto più<br />
grossa».<br />
«Perché non me ne hai parlato prima?», chiese Ivy. «Avresti<br />
dovuto dirmi tutto subito».<br />
«Ma anche tu mi stavi nascondendo delle cose», le ricordò.<br />
«Stavo cercando di proteggerti», gli spiegò.<br />
«E io cosa diavolo stavo facendo, secondo te?». Buttò a<br />
terra i pezzi di legno. «Ho pensato che Eric fosse morto perché<br />
stava per confessare tutto. Non sapevo perché mai Gregory<br />
stesse cercando di farti fuori, ma ho pensato che se era capace<br />
di ammazzare il suo migliore amico, avrebbe cercato di avere<br />
la meglio su di te a ogni costo. Dovevo distrarlo, <strong>da</strong>rgli <strong>un</strong> altro<br />
obiettivo, e cercare di ottenere qualche prova contro di lui nel<br />
frattempo. Ha quasi f<strong>un</strong>zionato. Ho <strong>da</strong>to il nastro al tenente<br />
Donnelly martedì pomeriggio, ma Gregory aveva già fatto<br />
scattare la sua trappola».<br />
Si interruppe, e Ivy si spostò fino al bordo, con le gambe che<br />
sporgevano. Strinse con forza la cor<strong>da</strong> che dondolava vicino a<br />
lei.<br />
«Hai pensato che fossi capace di tradirti», disse Will, con
<strong>un</strong>a voce piatta, piena di incredulità.<br />
«Will, mi dispiace». Sapeva che lo aveva ferito, lo capiva<br />
<strong>da</strong>lla sua voce. «Mi sono sbagliata. Mi dispiace <strong>da</strong>vvero<br />
moltissimo», disse, ma lui si stava già allontanando.<br />
«Ho fatto <strong>un</strong>o sbaglio. Uno sbaglio terribile», gridò lei,<br />
cercando di fermarlo. «Cerca di capirmi. Ero sconvolta,<br />
terrorizzata. Ho pensato di aver tradito me stessa fi<strong>da</strong>ndomi di<br />
te – e di aver tradito Tristan quando mi sono innamorata di te.<br />
Will!».<br />
Stringendo la cor<strong>da</strong>, scese <strong>da</strong>lla casetta e si buttò giù. Ma<br />
Will si era già voltato e aveva fatto <strong>un</strong> passo indietro, e Ivy gli<br />
precipitò praticamente addosso. Finirono rovinosamente a<br />
terra. Restarono per <strong>un</strong> momento sull’erba, Ivy sopra Will,<br />
immobili.<br />
«Bella presa», disse Ivy. Cercava di ridere, ma non riusciva<br />
a smettere di tremare. Aveva paura che Will potesse alzarsi,<br />
togliersela di dosso e an<strong>da</strong>rsene via. Perché non avrebbe<br />
dovuto, in fin dei conti?<br />
«Ti sei innamorata di me?», le chiese.<br />
Lei lo guardò, fissò i suoi profondi occhi marroni, occhi che<br />
scintillavano di <strong>un</strong>a luce interiore, poi vide <strong>un</strong> sorriso<br />
dipingersi sul suo volto. Le sue braccia la cinsero, e lei si<br />
abbandonò contro di lui, vicinissima al suo volto. «Ti amo,<br />
Will», disse piano.<br />
«Ti amo, Ivy». La tenne stretta e la cullò con dolcezza.<br />
«Sai», disse, «è meglio che non sia capitato prima. Se avessi<br />
saputo quanto eri pesante, non avrei mai cercato di afferrarti».<br />
«Cosa?»<br />
«Senza <strong>un</strong> angelo a <strong>da</strong>rmi <strong>un</strong>a mano, sarei stato spacciato»,<br />
disse.<br />
Ivy si tirò su di scatto.<br />
Will scoppiò a ridere. «Ok, ok, era <strong>un</strong>a bugia. Ma questa è la<br />
verità. Giuro sugli angeli», disse. Poi la attirò a sé e la baciò.