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Reyneri- La vulnerabilità degli immigrati.pdf - Cnel

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C. Saraceno e A. Brandolini (a cura di), Disuguaglianze economiche e<br />

<strong>vulnerabilità</strong> in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007.<br />

rientrano tra quelle non qualificate: manovale edile, bracciante agricolo,<br />

operaio nelle imprese di pulizia, collaboratore domestico, assistente familiare,<br />

portantino nei servizi sanitari, ecc. Si tratta di lavori a bassa qualificazione in<br />

cui è richiesta nella maggior parte dei casi capacità di forza fisica e resistenza.<br />

L’incidenza del personale non qualificato sul totale <strong>degli</strong> occupati italiani e<br />

stranieri è inferiore al 10%. Vi è dunque evidenza di lavori che tendono ad<br />

essere diffusamente coperti dalla componente straniera presente sul mercato<br />

del lavoro. Nel gruppo <strong>degli</strong> artigiani, operai specializzati e conduttori di<br />

impianti si colloca circa il 40% <strong>degli</strong> stranieri occupati. Vi rientrano elettricisti,<br />

carpentieri, falegnami, operai addetti alle macchine meccaniche, camionisti<br />

cioè professioni in cui il lavoro manuale è comunque preminente, anche se i<br />

margini di responsabilità e autonomia sono più ampi rispetto al personale<br />

non qualificato. Circa il 20% <strong>degli</strong> stranieri rientrano nel gruppo <strong>degli</strong><br />

impiegati considerato unitamente a quello delle professioni del commercio e<br />

servizi. Si tratta nella quasi totalità di commesse, cuochi, camerieri, baristi e<br />

magazzinieri. Infine, la contenuta incidenza <strong>degli</strong> stranieri con professioni<br />

qualificate è rappresentata principalmente sia da proprietari e gestori di<br />

negozi, ristoranti o bar, sia da infermieri, insegnanti di lingue straniere o<br />

traduttori. In definitiva, appena cinque professioni (muratori, addetti alle<br />

pulizie, collaboratori domestici e assistenti familiari, braccianti, manovali)<br />

coinvolgono circa un terzo <strong>degli</strong> occupati stranieri, un’incidenza cinque volte<br />

più elevata rispetto a quella <strong>degli</strong> italiani [Istat 2006a].<br />

Secondo un’indagine condotta tra il 2002 e il 2003, che però considera<br />

solo le imprese con oltre 10 addetti, l’inquadramento professionale <strong>degli</strong><br />

<strong>immigrati</strong> è un po’ migliore nei servizi, mentre nell’industria solo in poche<br />

aziende medio-grandi gli <strong>immigrati</strong> ricoprono mansioni impiegatizie o tecniche<br />

[Cozzolino 2005]. Sia pure per la sola Lombardia 21 l’indagine Ismu-Ires<br />

mostra che, anche escludendo gli <strong>immigrati</strong> privi di permesso di soggiorno,<br />

occorrono vuoi molti anni di soggiorno in Italia, vuoi l’accesso alla carta di<br />

soggiorno o addirittura alla cittadinanza italiana per riuscire a infrangere<br />

anche molto parzialmente il “tetto” delle occupazioni qualificate sia nel lavoro<br />

manuale, sia in quello non manuale. Infatti, come mostra la tabella 6, forte è<br />

la differenza nella distribuzione tra chi ha il permesso di soggiorno e chi ha la<br />

carta di soggiorno pluriennale o la cittadinanza italiana. E perché vi sia un<br />

netto salto nelle percentuali delle professioni intellettuali (più 2-4 punti<br />

percentuali), <strong>degli</strong> impiegati (più 2 punti percentuali) e <strong>degli</strong> operai<br />

21 <strong>La</strong> distribuzione dell’occupazione <strong>degli</strong> <strong>immigrati</strong> per livello professionale<br />

nell’indagine Ismu -Ires Lombardia risulta diversa da quella nazionale rilevata<br />

dall’Istat anche perché è stato necessario riclassificare le descrizioni delle mansioni<br />

dichiarate che non rispettavano i codici Isco.<br />

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