Reyneri- La vulnerabilità degli immigrati.pdf - Cnel
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C. Saraceno e A. Brandolini (a cura di), Disuguaglianze economiche e<br />
<strong>vulnerabilità</strong> in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007.<br />
Sud-America e sono prevalentemente di età matura, coniugate, spesso con<br />
figli al paese di origine e con istruzione medio-alta, molto raramente si<br />
prospetta un futuro di inserimento nella società italiana e il loro principale<br />
problema, oltre alla situazione di stress psicologico causata della segregazione<br />
e dalla convivenza con una persona anziana, è la lontananza dai figli rimasti<br />
nel paese di origine. Questo problema è un poco meno grave per le<br />
domestiche, sia perché la minore età fa sì che molte non abbiano figli, sia<br />
perché è più frequente che entrino nella prospettiva di un insediamento<br />
stabile, con il ricongiungimento del coniuge e dei figli. Per costoro, invece, non<br />
rari sono i rischi di molestie sessuali e persino di gravidanze indesiderate e<br />
aborti.<br />
5. Squilibri retributivi e povertà<br />
Secondo un’indagine Istat [2002] presso le imprese, nel 2001 le<br />
differenze nella retribuzione mensile tra i lavoratori non-comunitari e gli<br />
italiani andavano dall’8,5% nel settore <strong>degli</strong> alberghi e della ristorazione al<br />
16,5% nel commercio, dal 17,8% nelle costruzioni al 24,2% nell’industria, sino<br />
al 37,1% nei servizi alle imprese, ove gli <strong>immigrati</strong> sono concentrati nei servizi<br />
di pulizia. Ma questa analisi, che indica una tendenza all’aumento dal 1999,<br />
non tiene conto delle differenze nei livelli di inquadramento e nelle altre<br />
caratteristiche dei lavoratori e delle imprese (genere, età, anzianità di servizio,<br />
regime di orario, area geografica, ecc.). Per poter vedere se gli <strong>immigrati</strong><br />
sono, a parità di condizioni, discriminati rispetto agli italiani sul piano<br />
retributivo si deve far ricorso a ricerche che “controllino” tali condizioni. I tre<br />
studi disponibili, purtroppo riferiti a periodi più lontani nel tempo, giungono a<br />
conclusioni simili: un discriminazione retributiva esiste, ma è abbastanza<br />
contenuta (inferiore a quella di genere) e si riduce man mano cresce<br />
l’anzianità di soggiorno in Italia.<br />
Secondo la prima ricerca, che interessa i dipendenti di imprese private<br />
non agricole nel periodo 1986-1994, i lavoratori non-comunitari guadagnano il<br />
10% meno <strong>degli</strong> italiani (-6% i sudamericani, -9% gli africani, -11% gli<br />
asiatici, -12% gli europei orientali), ma la differenza tende ad annullarsi dopo<br />
una decina di anni di presenza in Italia. <strong>La</strong> seconda indagine, che riguarda gli<br />
anni 1989-2002 ed esclude il lavoro domestico, rileva che, a parità di<br />
caratteristiche osservabili, gli <strong>immigrati</strong> dai paesi europei orientali, da quelli<br />
africani e da quelli dell’America centro-meridionale guadagnano dal 6%<br />
all’8% in meno <strong>degli</strong> italiani, ma i differenziali più che si dimezzano passando<br />
dal 1993-1995 al 2002 [Brandolini, Cipollone e Rosolia 2005]. Infine, il terzo<br />
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