20.05.2013 Views

Aromatici - Treccani

Aromatici - Treccani

Aromatici - Treccani

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

10.6.1 Produzione e uso<br />

degli aromatici<br />

Introduzione<br />

Un complesso per la produzione di aromatici è un<br />

insieme di unità di processo in grado di convertire la<br />

naphtha di petrolio e la benzina di pirolisi (pygas) negli<br />

intermedi petrolchimici fondamentali: Benzene Toluene<br />

e Xileni (BTX). Il benzene è un ‘mattone’ petrolchimico<br />

molto versatile utilizzato nella fabbricazione di<br />

oltre 250 differenti prodotti. I più importanti derivati del<br />

benzene sono l’etilbenzene, il cumene e il cicloesano. Il<br />

gruppo degli xileni, noti anche come xileni misti, è presente<br />

nella frazione C 8 , formata da quattro diversi isomeri<br />

aromatici: il p-xilene, l’o-xilene, il m-xilene e l’etilbenzene.<br />

Gli xileni misti sono impiegati in piccole<br />

quantità per la produzione di solventi, ma la maggior<br />

parte di essi è sottoposta a ulteriori processi all’interno<br />

del complesso, allo scopo di ottenere uno o più singoli<br />

isomeri. Il più importante isomero aromatico C 8 è il<br />

p-xilene, utilizzato quasi esclusivamente per la produzione<br />

di fibre, resine e pellicole a base di poliesteri. Negli<br />

ultimi anni, il mercato delle fibre poliesteri ha registrato<br />

tassi di crescita del 5-6% l’anno e quello delle resine<br />

tassi tra il 10 e il 15% l’anno, in seguito alla diffusione<br />

dei contenitori in PET (polietilentereftalato). Una piccola<br />

percentuale del toluene prodotto viene recuperato<br />

per la fabbricazione di solventi e derivati, ma la maggior<br />

parte di questa sostanza è utilizzata per produrre benzene<br />

e xileni. Il toluene sta assumendo un ruolo sempre<br />

più importante nella produzione di xileni, attraverso i<br />

processi di disproporzionamento del toluene e di transalchilazione<br />

con gli aromatici C 9 .<br />

I complessi per la produzione di aromatici possono<br />

avere diverse configurazioni. Il complesso più semplice<br />

produce solo benzene, toluene e xileni misti ed è composto<br />

dalle seguenti unità di processo principali: trattamento<br />

con idrogeno della naphtha per rimuovere zolfo<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

10.6<br />

<strong>Aromatici</strong><br />

e azoto; reforming catalitico per la produzione di aromatici<br />

dalla naphtha; estrazione degli aromatici per la<br />

produzione di BTX.<br />

Tuttavia, i complessi per la produzione di aromatici<br />

più moderni sono progettati in modo da massimizzare<br />

la resa di benzene, p-xilene e, a volte, o-xilene. Circa<br />

la metà dei complessi della UOP (Universal Oil Products)<br />

esistenti è configurata per produrre sia p-xilene<br />

sia o-xilene. I più recenti sono dotati, in aggiunta alle<br />

unità già menzionate, dei seguenti impianti principali:<br />

estrazione del p-xilene per separarlo dai suoi isomeri;<br />

isomerizzazione degli xileni per la produzione di una<br />

miscela equilibrata di isomeri; transalchilazione degli<br />

aromatici C 9 e del toluene per la produzione di xileni e<br />

benzene.<br />

Un complesso per la produzione di aromatici può<br />

essere configurato in molti modi diversi, a seconda dei<br />

tipi di alimentazione disponibili, dei prodotti che si desidera<br />

ottenere e dell’ammontare del capitale disponibile.<br />

Questa ampia flessibilità consente di variare la gamma<br />

di prodotti per venire incontro alle esigenze di lavorazione<br />

a valle.<br />

Considerazioni sulla carica<br />

Un complesso per la produzione di aromatici può<br />

essere alimentato con una qualsiasi di queste correnti:<br />

naphtha di prima distillazione; naphtha da hydrocracking;<br />

xileni misti; benzina di pirolisi; olio leggero di coking;<br />

condensato; Gas di Petrolio Liquefatti (GPL).<br />

La naphtha di petrolio è di gran lunga l’alimentazione<br />

più utilizzata per la produzione di aromatici. La<br />

naphtha da reforming, o riformato, incide per il 70% sul<br />

totale della produzione mondiale dei BTX. Il pygas sottoprodotto<br />

nella fabbricazione dell’etilene costituisce la<br />

seconda fonte per importanza, con il 23%. I liquidi da<br />

carbone prodotti nei forni da coke coprono il restante<br />

7%. Il pygas e i liquidi da carbone sono fonti importanti<br />

di benzene, che è possibile utilizzare direttamente per<br />

591


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

produrre benzene oppure mescolare al riformato per alimentare<br />

un complesso integrato per la produzione di<br />

aromatici. Anche gli xileni misti sono molto richiesti dall’industria,<br />

dove vengono utilizzati per alimentare un circuito<br />

Parex-Isomar autonomo o come carica supplementare<br />

per un complesso integrato.<br />

Processo Platforming CCR<br />

Il processo Platforming CCR (Continuous Catalytic<br />

Reformer, unità di reforming catalitico continuo) è<br />

utilizzato attualmente dalle industrie petrolifere e petrolchimiche<br />

di tutto il mondo per produrre aromatici<br />

dai nafteni e dalle paraffine, da utilizzare come carburante<br />

per motori o come fonte di componenti aromatici<br />

specifici. Nella produzione di aromatici, la carica<br />

di naphtha è ristretta in genere alla frazione C 6 -C 9 ,<br />

per favorire al massimo la produzione di benzene, toluene<br />

e xileni.<br />

La distribuzione delle classi di idrocarburi (paraffine,<br />

nafteni e aromatici) determina la possibilità di riformare<br />

più o meno facilmente i diversi tipi di benzina. I<br />

componenti aromatici attraversano l’unità di reforming<br />

relativamente inalterati. I nafteni si trasformano rapidamente<br />

ed efficacemente in aromatici, mentre le paraffine<br />

reagiscono in un tempo più lungo e con minore<br />

selettività.<br />

Chimica del processo<br />

Le principali reazioni che consentono di ottenere i<br />

prodotti desiderati sono quattro: deidrociclizzazione<br />

delle paraffine e loro trasformazione in anelli a 5 atomi;<br />

isomerizzazione degli anelli a 5 atomi, con la formazione<br />

di anelli a 6 atomi; deidrogenazione degli anelli<br />

a 6 atomi e loro trasformazione in aromatici; hydrocracking<br />

degli idrocarburi più pesanti e formazione di<br />

idrocarburi più leggeri. La funzione dell’unità di reforming<br />

è quella di convertire efficacemente le paraffine e<br />

rigeneratore<br />

CCR<br />

catalizzatore<br />

rigenerato<br />

catalizzatore<br />

esausto<br />

reattori<br />

sovrapposti<br />

fig. 1. Processo Platforming CCR.<br />

forni<br />

carica di<br />

naphtha trattata<br />

scambiatore<br />

termico della<br />

miscela di<br />

alimentazione<br />

i nafteni in aromatici, riducendo al minimo gli episodi<br />

di rottura dell’anello o di cracking.<br />

Descrizione del processo<br />

La carica di naphtha trattata con idrogeno è mescolata<br />

al gas di riciclo ricco in H 2 e riscaldata mediante<br />

scambio termico con l’effluente del reattore (fig. 1). La<br />

miscela di alimentazione viene quindi portata alla temperatura<br />

di reazione nel forno di riscaldamento e inviata<br />

alla sezione di reazione, composta generalmente da<br />

quattro reattori adiabatici a flusso radiale disposti in serie<br />

in senso verticale. Mentre il catalizzatore fluisce verticalmente<br />

verso il basso lungo la pila dei reattori per forza<br />

di gravità, la carica fluisce radialmente lungo i letti catalitici<br />

anulari. Data la predominanza di reazioni endotermiche,<br />

prima del passaggio al reattore successivo è necessario<br />

riportare la carica a temperatura di reazione in appositi<br />

forni intermedi. Il gas dei forni è utilizzato di solito<br />

per produrre vapore ad alta pressione, ma sono possibili<br />

anche altre forme di integrazione termica.<br />

L’effluente dall’ultimo reattore è sottoposto a scambio<br />

termico con la miscela di alimentazione, raffreddato<br />

e scomposto in prodotti liquidi e vapore in un separatore.<br />

La fase vapore è ricca di idrogeno, una parte del<br />

quale viene compressa e inviata di nuovo ai reattori per<br />

essere riciclata. Il rimanente gas ricco in H 2 viene compresso<br />

e mescolato alla fase liquida da separatore, per<br />

essere trasferito alla sezione di recupero del prodotto.<br />

Una progettazione ottimale di questa sezione consente<br />

di ottenere le prestazioni desiderate. Il prodotto liquido<br />

dalla sezione di recupero è inviato poi a uno stabilizzatore,<br />

dove i componenti saturi leggeri vengono<br />

separati dal riformato ricco in aromatici. Dopo un certo<br />

tempo di attività alle condizioni di reazione, sul catalizzatore<br />

Platforming si formano dei depositi di coke.<br />

Il catalizzatore parzialmente disattivato è estratto in<br />

continuazione dal fondo dell’ultimo reattore e inviato<br />

compressore<br />

del gas di rete<br />

gas di rete ricco in H 2 gas<br />

combustibile<br />

residui leggeri<br />

stabilizzatore<br />

riformato<br />

ricco in aromatici<br />

592 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

separatore


al rigeneratore CCR. Il catalizzatore scende attraverso<br />

il rigeneratore, dove i depositi carboniosi sono bruciati<br />

e i livelli di umidità e di cloruri ricondotti nella norma.<br />

Il catalizzatore rigenerato è sollevato con idrogeno alla<br />

sommità del reattore. Dato che le sezioni di reazione e<br />

di rigenerazione sono separate tra loro, ognuna di esse<br />

è in grado di operare alle proprie condizioni ottimali.<br />

Inoltre è possibile arrestare temporaneamente la sezione<br />

di rigenerazione per interventi di manutenzione,<br />

senza compromettere l’operatività delle sezioni di reazione<br />

e di recupero.<br />

Prestazioni del processo<br />

La conoscenza della chimica del processo consente<br />

di comprendere le cause della perdita di resa liquida volumetrica<br />

che si verifica nella zona di reazione. La perdita<br />

di resa dipende da due fattori: una contrazione naturale,<br />

causata dalla maggiore densità del prodotto aromatico,<br />

e la formazione di prodotti leggeri e meno pregiati,<br />

dovuta al verificarsi di reazioni di cracking.<br />

La conversione in aromatici di nafteni e paraffine<br />

causa un incremento della densità del materiale di reazione.<br />

La fig. 2 mostra la conversione volumetrica di<br />

una naphtha povera e di una ricca nel corso del processo<br />

Platforming. La naphtha povera è quella con un elevato<br />

contenuto di paraffina della carica, di solito superiore<br />

al 65%. La naphtha ricca presenta un contenuto di<br />

paraffina più basso e una minore differenza di densità<br />

tra la carica e il riformato. Il sistema catalitico non è in<br />

grado di controllare la diminuzione volumetrica delle<br />

rese causata dalla maggiore densità degli aromatici. Tuttavia,<br />

diminuendo le reazioni di hydrocracking, i sistemi<br />

catalici selettivi riescono a limitare drasticamente la<br />

perdita di resa. Abbinando a un sistema catalitico selettivo<br />

condizioni di reazione ottimali è possibile migliorare<br />

la selettività della reazione catalitica e impedire le<br />

reazioni di hydrocracking, due premesse fondamentali<br />

per raggiungere il livello massimo delle rese di idrogeno<br />

e di aromatici.<br />

naphtha<br />

povera riformato<br />

P<br />

N<br />

A<br />

N<br />

da P<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

P<br />

A<br />

perdita<br />

da N<br />

da A<br />

fig. 2. Reazioni del processo Platforming.<br />

P, paraffina; N, nafteni; A, aromatici.<br />

naphtha<br />

ricca riformato<br />

perdita<br />

P<br />

N<br />

A<br />

P<br />

A<br />

N<br />

da P<br />

da N<br />

da A<br />

AROMATICI<br />

È ben noto che le rese di un sistema di reforming<br />

catalitico sono favorite dalle basse pressioni operative.<br />

A partire dalla metà degli anni Ottanta la composizione<br />

dei catalizzatori e l’abbassamento delle pressioni operative<br />

hanno registrato notevoli passi in avanti. A pressioni<br />

operative effettive del reattore di 3,510 5 Pa (50<br />

psi), tipiche degli ultimi progetti e delle più recenti iniziative<br />

industriali della UOP, il livello di selettività delle<br />

reazioni più difficili è migliorato in modo evidente. In<br />

tali condizioni, le selettività di reazione per le classi di<br />

paraffine più pesanti e per quelle di nafteni con anelli a<br />

5 e 6 atomi vanno dall’80 al 100%. Grazie all’abbassamento<br />

delle pressioni operative e all’impiego delle più<br />

avanzate tecnologie nel campo dei catalizzatori, si è riusciti<br />

a ridurre drasticamente il divario tra rese reali e rese<br />

teoriche.<br />

Le basse pressioni operative aumentano tuttavia la<br />

velocità di formazione di depositi di coke sul catalizzatore<br />

e alla fine possono causare un calo delle prestazioni.<br />

Questo problema è stato risolto nel 1971 con l’avvio<br />

della prima unità di rigenerazione CCR del mondo, progettata<br />

e realizzata dalla UOP. Negli anni trascorsi dall’avvio<br />

di questa prima unità, la UOP ha continuato a<br />

migliorare e a espandere le capacità di rigenerazione dei<br />

suoi impianti per mantenere il sistema di rigenerazione<br />

CCR al passo con le esigenze della sezione di reazione.<br />

Processo Cyclar<br />

Il processo Cyclar converte direttamente i GPL in un<br />

prodotto liquido aromatico, con un’unica operazione. La<br />

UOP ha sviluppato, in collaborazione con un’altra società,<br />

il processo Cyclar, espandendo l’uso dei GPL alla produzione<br />

di aromatici petrolchimici pregiati. I GPL sono<br />

costituiti principalmente dalla frazione propano e butano<br />

ricavata dai giacimenti di olio e di gas e dai processi<br />

di raffinazione del petrolio. Il prezzo relativamente basso<br />

dei GPL e la loro abbondanza ne fanno un’alimentazione<br />

ideale per le applicazioni petrolchimiche. La produzione<br />

di benzene, toluene e xileni avviene oggi principalmente<br />

attraverso il reforming catalitico della naphtha<br />

di petrolio. Tuttavia, la forte domanda di naphtha da parte<br />

dei produttori di benzina e delle industrie petrolchimiche,<br />

abbinata alle crescenti difficoltà di approvvigionamento,<br />

fa prevedere un aumento di prezzo di questa fonte.<br />

Il processo Cyclar offre un’opportunità unica di produrre<br />

BTX con un grado di purezza petrolchimico da una carica<br />

meno pregiata e può essere utilizzato sui luoghi di<br />

produzione per convertire i GPL in eccesso in un prodotto<br />

liquido trasportabile in oleodotto.<br />

Chimica del processo<br />

Il processo Cyclar converte direttamente i GPL in<br />

prodotto liquido aromatico con una singola operazione.<br />

Questa reazione, termodinamicamente favorita da temperature<br />

superiori a 425 °C, è chiamata generalmente<br />

593


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

deidrociclodimerizzazione. Lo stadio che limita la velocità<br />

del processo è la deidrogenazione delle paraffine<br />

leggere (propano e butani) a olefine. Una volta create,<br />

le olefine, estremamente reattive, oligomerizzano formando<br />

intermedi a maggior numero di atomi di C, che<br />

a loro volta si convertono rapidamente in componenti<br />

ciclici, i nafteni. Tutte queste reazioni – deidrogenazione,<br />

oligomerizzazione e ciclizzazione – richiedono un<br />

catalizzatore con proprietà acide.<br />

Le fasi conclusive della reazione sono la deidrogenazione<br />

dei nafteni e la loro conversione nei corrispondenti<br />

aromatici. Le condizioni operative del processo<br />

Cyclar sono estremamente favorevoli a questa<br />

reazione, che si conclude con una conversione virtualmente<br />

completa dei nafteni. Gli intermedi possono anche<br />

subire una reazione collaterale di hydrocracking con<br />

formazione di metano ed etano e conseguente perdita<br />

di resa. La carica può comprendere anche paraffine più<br />

pesanti, come i pentani. Le unità Cyclar operano una<br />

conversione quasi completa di olefine e pentani, purché<br />

siano state progettate a questo scopo, tenendo conto<br />

che questo tipo di carica comporta un’accelerazione<br />

nell’accumulo di coke sul catalizzatore rispetto a una<br />

carica formata esclusivamente di butano e propano.<br />

Anche se la sequenza di reazione include alcuni passaggi<br />

esotermici, la preponderanza delle reazioni di deidrogenazione<br />

rende complessivamente questo processo<br />

altamente endotermico, come si può facilmente intuire<br />

dal fatto che, per ogni mole di aromatici formata<br />

dalla conversione di propano o butano, vengono prodotte<br />

cinque moli di idrogeno.<br />

Descrizione del processo<br />

Il processo Cyclar è diviso in tre sezioni principali<br />

(fig. 3). La sezione di reazione è formata da una pila di<br />

reattori a flusso radiale, uno scambiatore per il riscaldamento<br />

della miscela di alimentazione, un forno di riscaldamento<br />

della carica e alcuni forni intermedi.<br />

La sezione di rigenerazione CCR comprende una<br />

colonna di rigenerazione e un sistema di trasferimento<br />

del catalizzatore. La sezione di recupero del prodotto<br />

è composta dalle colonne di separazione, compressione<br />

e stripping e dagli impianti di recupero del gas. Lo<br />

schema di flusso è simile a quello del processo Platforming<br />

CCR, ampiamente utilizzato in tutto il mondo per<br />

il reforming della naphtha di petrolio. La carica fresca<br />

e la corrente di riciclo sono miscelate tra loro e sottoposte<br />

a scambio termico con l’effluente del reattore. La<br />

carica viene portata poi alla temperatura di reazione nel<br />

forno di riscaldamento e inviata alla sezione di reazione,<br />

composta da quattro reattori adiabatici a flusso radiale,<br />

disposti l’uno sull’altro in una o più pile. Il flusso di<br />

catalizzatore scende per gravità lungo la pila, mentre la<br />

carica scorre in senso radiale attraverso i letti catalitici<br />

anulari. Durante il passaggio da un reattore a quello<br />

successivo, la carica è riportata alla temperatura di reazione<br />

in un forno intermedio. L’effluente dall’ultimo<br />

reattore è inviato a un separatore, dove è suddiviso in<br />

prodotti liquidi e in vapore. Il liquido è trasferito in una<br />

colonna di stripping in cui i componenti saturi leggeri<br />

vengono rimossi dal prodotto aromatico C 6 . Il vapore<br />

in uscita dal separatore è compresso e inviato alla<br />

sezione di recupero del gas, in genere un’unità criogenica,<br />

dove è suddiviso in un flusso di idrogeno puro al<br />

95%, un flusso di gas combustibile formato da saturi<br />

leggeri e un flusso di GPL di riciclo non convertiti.<br />

Dopo un certo periodo operativo, le prestazioni del<br />

catalizzatore Cyclar sono ridotte dalla formazione di depositi<br />

di coke. Il catalizzatore parzialmente disattivato è<br />

estratto in continuo dal fondo della pila di reazione e inviato<br />

all’unità di rigenerazione CCR. Il catalizzatore scende<br />

lungo la colonna di rigenerazione, dove i depositi di<br />

carbonio sono eliminati per combustione. Il catalizzatore<br />

rigenerato è sollevato con idrogeno sulla cima della<br />

pila di reazione. Poiché le sezioni di reazione e di rigenerazione<br />

sono separate, ciascuna di esse può operare alle<br />

proprie condizioni ottimali. Inoltre, è possibile arrestare<br />

temporaneamente la sezione di rigenerazione per interventi<br />

di manutenzione, senza compromettere l’operatività<br />

delle sezioni di reazione e di recupero del prodotto.<br />

Le principali variabili operative del processo Cyclar<br />

sono la temperatura, la velocità spaziale, la pressione e<br />

la composizione della carica. La temperatura deve essere<br />

abbastanza alta da assicurare una conversione quasi<br />

completa degli intermedi di reazione, in modo da ottenere<br />

un prodotto liquido praticamente privo di impurità<br />

non aromatiche, ma abbastanza bassa da minimizzare le<br />

reazioni termiche non selettive. La velocità spaziale è<br />

regolata in modo da ottimizzare la conversione entro questa<br />

gamma di temperature, per ottenere alte rese di prodotto<br />

riducendo al minimo i costi operativi. La pressione<br />

di reazione ha un impatto determinante sulle prestazioni<br />

del processo. Attualmente la UOP offre due versioni<br />

alternative del processo Cyclar. La versione a bassa pressione<br />

è consigliabile nei casi in cui sia necessaria la massima<br />

resa di aromatici. La versione ad alta pressione<br />

richiede la metà del catalizzatore rispetto all’altra ed è<br />

la più indicata quando prevalga l’esigenza di limitare al<br />

minimo gli investimenti e i costi operativi.<br />

Rese e qualità del prodotto<br />

I principali prodotti liquidi ottenibili dal processo<br />

Cyclar sono benzene, toluene, xileni e aromatici più<br />

pesanti. In linea generale, la resa di aromatici aumenta<br />

con il numero di atomi di carbonio della carica. Nelle<br />

operazioni a bassa pressione la resa totale di aromatici<br />

va dal 61% in peso della carica fresca con una carica di<br />

propano puro, al 66% con una di butano puro, con una<br />

corrispondente diminuzione della produzione di gas combustibile.<br />

Per le alimentazioni miste propano-butano ci<br />

594 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


igeneratore<br />

CCR<br />

catalizzatore<br />

rigenerato<br />

fig. 3. Processo Cyclar.<br />

catalizzatore<br />

esausto<br />

reattori<br />

sovrapposti<br />

si può basare su un’interpolazione lineare di queste percentuali<br />

di resa. La distribuzione delle specie di butano<br />

nella carica non produce effetti sulla resa. La composizione<br />

della carica non influisce neppure sulla distribuzione<br />

delle specie aromatiche nel prodotto liquido. Dalle<br />

cariche di butano si ottiene un prodotto più povero di<br />

benzene e più ricco di xileni di quello che si ricava dal<br />

propano. Con entrambe le cariche (propano o butano),<br />

il prodotto liquido contiene circa il 91% di BTX e il 9%<br />

di aromatici più pesanti.<br />

Il processo Cyclar fornisce prodotti aromatici di alta<br />

qualità. È possibile ottenere toluene e xileni con un<br />

grado di purezza petrolchimico mediante il semplice<br />

frazionamento, senza che sia necessario ricorrere a una<br />

successiva estrazione. Il sottoprodotto costituito dalle<br />

componenti leggere contiene quantità non trascurabili<br />

di idrogeno, che è possibile recuperare in diversi modi,<br />

secondo il grado di purezza richiesto. Un sistema di<br />

assorbimento/stripping fornisce un flusso con una percentuale<br />

di idrogeno del 65% in moli; una cold box produce<br />

il 95% in moli di idrogeno; un sistema di assorbimento/stripping<br />

abbinato a un’unità di adsorbimento<br />

a fluttuazione di pressione (PSA, Pressure Swing<br />

Adsorption) produce il 99% in moli di idrogeno; infine<br />

una cold box combinata con un’unità PSA può produrre<br />

una corrente di idrogeno con una purezza superiore<br />

al 99% in moli, se necessario.<br />

Processo Platforming RZ<br />

Il processo Platforming RZ è un sistema a letto fisso<br />

particolarmente indicato per la produzione di aromatici,<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

forni<br />

carica fresca di GPL<br />

dagli essiccatori<br />

scambiatore<br />

della<br />

miscela di<br />

alimentazione<br />

separatore<br />

colonna di<br />

stripping<br />

idrogeno<br />

gas<br />

combustibile<br />

residui leggeri<br />

inviati al gas<br />

combustibile<br />

aromatici C 6+<br />

AROMATICI<br />

soprattutto per i produttori interessati a ottenere grandi<br />

quantità di benzene. Nel processo Platforming RZ<br />

viene utilizzato il catalizzatore RZ-100. Con la sua capacità<br />

di convertire in aromatici anche le componenti più<br />

refrattarie dell’alimentazione (le paraffine C 6 e C 7 ), il<br />

catalizzatore RZ-100 ha segnato un netto progresso<br />

rispetto alle tecniche di reforming catalitico convenzionali.<br />

Il processo Platforming RZ è utilizzato in primo luogo<br />

nei casi in cui si vogliano ottenere rese più elevate di aromatici<br />

BT (benzene e toluene) e di idrogeno. Le caratteristiche<br />

di selettività del catalizzatore RZ-100 favoriscono<br />

in particolare la produzione di benzene. La superiore<br />

capacità del processo RZ Platforming nel convertire<br />

le cariche leggere paraffiniche e la sua flessibilità nel<br />

processare le frazioni di naphtha di prima distillazione<br />

offrono molte opportunità per migliorare la produzione<br />

di aromatici e il recupero dell’idrogeno necessario, sia<br />

nelle unità già operanti sia in quelle in via di realizzazione.<br />

Chimica del processo<br />

Il processo Platforming è progettato per convertire<br />

efficacemente paraffine e nafteni in aromatici, riducendo<br />

al minimo gli episodi di rottura dell’anello o di<br />

cracking.<br />

Pur presentando molte affinità con i tradizionali catalizzatori<br />

di reforming, l’RZ-100 se ne distacca nettamente<br />

per ciò che riguarda la produzione di aromatici<br />

leggeri (benzene e toluene). La selettività per il benzene<br />

e il toluene dei tradizionali catalizzatori di reforming<br />

595


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

è significativamente più bassa di quella per gli aromatici<br />

C 8 . In confronto ai catalizzatori tradizionali, l’RZ-100<br />

presenta una selettività per gli aromatici leggeri molto<br />

più accentuata.<br />

Descrizione del processo<br />

La configurazione di un’unità Platforming RZ è simile<br />

a quelle delle altre unità Platforming a letto fisso<br />

(fig. 4). La carica di naphtha trattata con H 2 è mescolata<br />

all’idrogeno di riciclo e sottoposta a scambio termico<br />

con l’effluente del reattore. La miscela di alimentazione<br />

è quindi portata alla temperatura di reazione nel forno<br />

di riscaldamento e inviata alla sezione di reazione, composta<br />

da una serie di reattori a flusso radiale affiancati<br />

tra loro, secondo la disposizione tradizionale. Poiché la<br />

maggior parte delle reazioni è di tipo endotermico, occorre<br />

riportare la carica di alimentazione alla temperatura<br />

di reazione trasferendola in un forno intermedio prima<br />

del passaggio al reattore successivo.<br />

Il gas dei forni è utilizzato di solito per produrre vapore<br />

ad alta pressione, ma sono possibili anche altre forme<br />

di integrazione termica. L’effluente dall’ultimo reattore<br />

è sottoposto a scambio termico con la miscela di alimentazione,<br />

raffreddato e scomposto in prodotti liquidi<br />

e vapore in un separatore. La fase vapore è ricca in gas<br />

di idrogeno, una parte del quale viene compressa e inviata<br />

di nuovo ai reattori per essere riciclata. Il rimanente<br />

gas ricco in H 2 viene compresso e mescolato alla fase<br />

liquida dal separatore, per essere trasferito alla sezione<br />

di recupero del prodotto. Una corretta progettazione di<br />

questa sezione consente di ottenere prestazioni ottimali<br />

in funzione delle diverse richieste locali. Il prodotto liquido<br />

dalla sezione di recupero è inviato poi a uno stabilizzatore,<br />

dove i componenti saturi leggeri vengono rimossi<br />

dal riformato ricco in aromatici C 6 . Dopo un certo<br />

tempo di funzionamento, il catalizzatore si disattiva. La<br />

durata media del ciclo operativo va dagli otto ai dodici<br />

reattori<br />

fig. 4. Processo Platforming RZ.<br />

forni<br />

carica di<br />

naphtha trattata<br />

scambiatore<br />

della<br />

miscela di<br />

alimentazione<br />

mesi. Esistono efficaci impianti esterni per la rigenerazione<br />

del catalizzatore RZ-100.<br />

Prestazioni del processo<br />

Anche se il processo Platforming CCR rappresenta<br />

attualmente il sistema più efficace per produrre xileni a<br />

partire dalle frazioni di benzina più pesanti, il suo tasso<br />

di conversione in aromatici delle paraffine C 6 e C 7 è in<br />

genere inferiore al 50%, anche a basse pressioni operative.<br />

Il processo Platforming RZ offre invece una selettività<br />

per gli aromatici costante, con un tasso nell’ordine<br />

dell’80% o superiore, anche nel trattamento delle componenti<br />

di alimentazione più refrattarie, come le paraffine<br />

C 6 e C 7 .<br />

L’alimentazione di un’unità Platforming RZ può essere<br />

costituita da un’ampia gamma di prodotti, dal raffinato<br />

proveniente dalle unità di estrazione alla naphtha<br />

BTX. Una delle applicazioni più efficaci del catalizzatore<br />

RZ-100 è la produzione di aromatici e idrogeno da<br />

cariche di paraffine leggere, come il raffinato BT. È anche<br />

possibile utilizzare il catalizzatore RZ-100 in parallelo<br />

con un’unità di reforming tradizionale, per ottimizzare<br />

la produzione degli aromatici ricercati, processando le<br />

diverse frazioni della carica trattata con H 2 . In questi<br />

casi, l’unità di reforming tradizionale può essere incaricata<br />

di processare la frazione più pesante dell’alimentazione,<br />

per trarre vantaggio dalla sua superiore capacità<br />

di produrre xileni. La naphtha leggera, ricca in componenti<br />

C 6 e C 7 , può essere invece inviata all’unità Platforming<br />

RZ, dotata di una migliore selettività per la conversione<br />

delle paraffine leggere in benzene e toluene.<br />

Processo Parex<br />

Il processo Parex è un metodo innovativo di separazione<br />

per adsorbimento, finalizzato al recupero del<br />

p-xilene dagli xileni misti, che garantisce un elevato<br />

grado di purezza, un alto tasso di recupero del prodotto,<br />

compressore<br />

del gas di rete<br />

gas di rete ricco in H 2gas<br />

combustibile<br />

residui leggeri<br />

stabilizzatore<br />

596 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

separatore<br />

aromatici C 6+


un’elevata efficienza di esercizio e una lunga vita produttiva<br />

dell’adsorbente. Con l’espressione ‘xileni misti’<br />

si intende una miscela di isomeri aromatici C 8 che comprende<br />

l’etilbenzene, il p-xilene, il m-xilene e l’o-xilene.<br />

I punti di ebollizione di questi isomeri sono così ravvicinati<br />

da rendere poco praticabile la separazione con i<br />

metodi di distillazione convenzionali. Il processo Parex<br />

permette di recuperare efficacemente il p-xilene per<br />

mezzo di un adsorbente zeolitico solido molto selettivo<br />

per questo isomero. A differenza della consueta cromatografia<br />

discontinua, il processo Parex simula la presenza<br />

di un letto mobile di adsorbente mediante un flusso continuo<br />

in controcorrente di carica liquida sopra l’adsorbente.<br />

La carica e i prodotti entrano ed escono in continuo<br />

dal letto di adsorbente, con composizioni quasi<br />

costanti. Questa tecnica è chiamata separazione a letto<br />

mobile simulato.<br />

Nei complessi per la produzione di aromatici, l’unità<br />

Parex è collocata a valle della colonna degli xileni ed è<br />

integrata con un’unità Isomar. L’alimentazione della colonna<br />

degli xileni consiste negli aromatici C 8 prodotti da<br />

un’unità Platforming CCR e negli xileni prodotti da un’unità<br />

Tatoray. La frazione di testa C 8 della colonna degli<br />

xileni è alimentata all’unità Parex dove, nell’estratto, viene<br />

recuperato p-xilene con un elevato grado di purezza. Il<br />

raffinato dell’unità Parex è inviato all’unità Isomar, dove<br />

gli altri isomeri aromatici C 8 sono convertiti in nuovo<br />

p-xilene e riciclati alla colonna degli xileni. Il processo<br />

Parex è progettato per recuperare oltre il 97% in peso del<br />

p-xilene dalla carica in un singolo passaggio, fornendo<br />

un prodotto puro al 99,9% in peso e più.<br />

Il p-xilene con un elevato grado di purezza recuperato<br />

nel processo Parex è utilizzato per produrre fibre,<br />

resine e film poliesteri. Il p-xilene è convertito inizialmente<br />

in acido tereftalico (TPA, terephthalic acid) o in<br />

dimetiltereftalato (DMT), che vengono poi fatti reagire<br />

con glicole etilenico per formare polietilentereftalato<br />

(PET), che costituisce la materia prima della maggior<br />

parte dei poliesteri.<br />

Descrizione del processo<br />

La separazione si effettua nelle camere di adsorbimento.<br />

Ciascuna camera di adsorbimento è suddivisa in<br />

un certo numero di letti di adsorbente. Ogni letto di adsorbente<br />

è sostenuto dal basso da apposite griglie, progettate<br />

in modo da garantire una distribuzione del flusso<br />

estremamente efficiente. Ogni assemblaggio delle griglie<br />

è collegato alla valvola rotatoria da un tubo di letto.<br />

Le griglie tra i letti di adsorbente servono a iniettare o<br />

estrarre liquido dalla camera di adsorbimento, raccogliendo<br />

al tempo stesso il liquido dal letto soprastante e<br />

ridistribuendolo su quello sottostante. Una tipica unità<br />

Parex è dotata di 24 letti di adsorbente, di 26 griglie di<br />

camera e di 24 tubi che collegano i letti alla valvola rotatoria.<br />

Per motivi di praticità di costruzione, la maggior<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

AROMATICI<br />

parte delle unità Parex è formata da due camere di adsorbimento<br />

in serie con 12 letti ciascuna. Nel processo Parex,<br />

sono presenti quattro flussi principali distribuiti nella<br />

camera di adsorbimento attraverso la valvola rotatoria.<br />

I flussi in questione sono: a) l’alimentazione in entrata<br />

(carica di xileni misti); b) l’estratto diluito in uscita<br />

(p-xilene diluito nell’eluente); c) il raffinato diluito in<br />

uscita (etilbenzene, m-xilene e o-xilene diluiti nell’eluente);<br />

d ) l’eluente in entrata (eluente riciclato dalla<br />

sezione di frazionamento).<br />

A ogni istante, sono attive solo quattro condotte di<br />

letto, che trasportano i flussi dentro e fuori la camera di<br />

adsorbimento. La valvola rotatoria serve a spostare periodicamente<br />

le posizioni di ingresso della carica liquida e<br />

i punti di estrazione, a mano a mano che il profilo di<br />

composizione si muove verso il basso all’interno della<br />

camera. Una pompa consente la circolazione del liquido<br />

dal fondo della prima camera di adsorbimento alla<br />

sommità della seconda, mentre un’altra pompa fa circolare<br />

il liquido dal fondo della seconda camera alla sommità<br />

della prima. In questo modo, le due camere di adsorbimento<br />

funzionano come un singolo circuito continuo<br />

di letti adsorbenti. L’estratto diluito è inviato alla colonna<br />

dell’estratto per la separazione dell’estratto dall’eluente.<br />

Il prodotto di testa della colonna dell’estratto è<br />

inviato a una colonna di rifinitura dove il p-xilene con<br />

un elevato grado di purezza è separato da ogni traccia di<br />

toluene eventualmente presente nella carica.<br />

Il raffinato diluito proveniente dalla valvola rotatoria<br />

è inviato alla colonna del raffinato, dove viene separato<br />

dall’eluente. Il prodotto di testa della colonna del<br />

raffinato contiene i componenti aromatici C 8 non estratti:<br />

etilbenzene, m-xilene, o-xilene e qualunque componente<br />

non aromatico eventualmente presente nella carica.<br />

Il raffinato prodotto viene poi inviato all’unità Isomar<br />

per la formazione di nuovo p-xilene e quindi riciclato<br />

all’unità Parex.<br />

Il desorbente proveniente dal fondo delle colonne<br />

dell’estratto e del raffinato è riciclato alle camere di<br />

adsorbimento attraverso la valvola rotatoria. Allo scopo<br />

di evitarne l’accumulo, si provvede a inviare un flusso<br />

di desorbente di riciclo in una piccola colonna di ridistillazione,<br />

per liberarlo da ogni traccia di componenti<br />

pesanti. In condizioni operative normali, gli xileni misti<br />

sono sottoposti a stripping, trattati con argilla e ridistillati<br />

prima di essere inviati all’unità Parex. Di conseguenza,<br />

la quantità di componenti pesanti che occorre<br />

rimuovere dal fondo della colonna di ridistillazione del<br />

desorbente è molto limitata.<br />

Processo Isomar<br />

Il processo Isomar permette di ottimizzare il recupero<br />

di un particolare isomero dello xilene da una miscela<br />

di isomeri aromatici C 8 . Tale processo è utilizzato in<br />

genere per il recupero del p-xilene, ma può essere usato<br />

597


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

anche per aumentare il recupero di o-xilene e m-xilene.<br />

Nel caso del p-xilene, si processa una carica di xileni<br />

misti in un’unità Parex, dove avviene l’estrazione dell’isomero<br />

p-xilene. Il raffinato proveniente dall’unità<br />

Parex, quasi interamente privo di p-xilene, è trasferito<br />

quindi all’unità Isomar. Quest’ultima ristabilisce la distribuzione<br />

di equilibrio degli isomeri, principalmente creando<br />

nuovo p-xilene dall’o-xilene e dal m-xilene non recuperati.<br />

L’effluente dall’unità Isomar è quindi trasferito di<br />

nuovo all’unità Parex per il recupero del nuovo p-xilene.<br />

In questo modo è possibile riciclare l’o-xilene, il<br />

m-xilene e l’etilbenzene fino al totale esaurimento. L’etilbenzene<br />

è convertito in xileni o in benzene, a seconda<br />

del tipo di catalizzatore utilizzato.<br />

Chimica del processo<br />

I catalizzatori di isomerizzazione degli xileni si dividono<br />

in due grandi categorie: i catalizzatori di isomerizzazione<br />

dell’etilbenzene (EB), che convertono l’etilbenzene<br />

in xileni misti, e i catalizzatori di dealchilazione<br />

dell’etilbenzene, che convertono l’etilbenzene in<br />

benzene, coprodotto di un certo valore.<br />

L’offerta attuale della UOP comprende il catalizzatore<br />

di isomerizzazione I-400 EB e il catalizzatore di<br />

dealchilazione I-300 EB. La scelta del catalizzatore di<br />

isomerizzazione dipende dalla configurazione del complesso<br />

per la produzione di aromatici, dalla composizione<br />

delle cariche e dalla gamma di prodotti che si desidera<br />

ottenere. In genere la scelta cade sul catalizzatore<br />

I-400 quando lo scopo primario del complesso è quello<br />

di produrre la massima quantità possibile di p-xilene. In<br />

alternativa, si può utilizzare il catalizzatore I-300 per<br />

decongestionare un’unità Parex o un cristallizzatore già<br />

esistenti, aumentando la quantità di EB convertito a ogni<br />

passaggio attraverso l’unità di isomerizzazione ed eliminando<br />

l’esigenza della circolazione dei nafteni intermedi<br />

attraverso il circuito di riciclo Parex-Isomar. La<br />

reazione di isomerizzazione dell’EB presenta un limite<br />

termodinamico in quanto la conversione di EB all’equilibrio<br />

è pari a circa il 30% in peso a passaggio. La reazione<br />

di dealchilazione dell’EB, invece, non avendo limitazioni<br />

termodinamiche, consente di ottenere percentuali<br />

di conversione dell’EB di almeno il 70% in peso a passaggio.<br />

La riduzione delle dimensioni del circuito Parex-<br />

Isomar per mezzo di una ricarica di I-300 avviene a spese<br />

della resa di p-xilene, dato che tutto l’EB presente nella<br />

carica viene convertito in benzene e non in nuovo p-xilene.<br />

Tutti i catalizzatori di isomerizzazione degli xileni<br />

causano una certa perdita di componenti aromatici durante<br />

la reazione, con la formazione di sottoprodotti. Un’ampia<br />

percentuale della carica complessiva proveniente<br />

dall’unità Isomar va alla colonna dello xilene. Un tipico<br />

circuito Parex-Isomar presenta un rapporto di alimentazione<br />

combinata di circa 3,5. Di conseguenza, anche<br />

una piccola riduzione della quantità di sottoprodotti che<br />

si formano a ogni passaggio attraverso l’unità Isomar si<br />

traduce in un forte aumento della resa. Nel processo Isomar<br />

la formazione di sottoprodotti è ridotta al minimo,<br />

ma il livello esatto può variare in funzione della composizione<br />

della carica, del tipo di catalizzatore e della<br />

severità operativa. Nel caso dei catalizzatori di isomerizzazione<br />

EB, la formazione di sottoprodotti dipende<br />

dalle perdite a passaggio di componenti ciclici C 8 (EB,<br />

xileni e nafteni C 8 ). Per quanto riguarda il catalizzatore<br />

I-400, la perdita di anelli è compresa tra l’1,5 e il 2% in<br />

moli a passaggio. Con il catalizzatore I-9, la perdita di<br />

anelli C 8 va dal 3 al 5% in moli a passaggio. Nel caso<br />

dei catalizzatori di dealchilazione dell’EB, la formazione<br />

di sottoprodotti dipende dalle perdite a passaggio di<br />

xileni. Con il catalizzatore I-300, queste ultime sono<br />

comprese tra l’1 e il 2% in peso. L’EB è convertito in<br />

benzene con un livello di selettività generalmente superiore<br />

al 90% in moli. Il livello di conservazione degli<br />

anelli aromatici è nel complesso molto alto, oltre il 99%<br />

in moli per i catalizzatori di dealchilazione dell’EB. La<br />

maggior parte dei sottoprodotti dei catalizzatori Isomar<br />

(eccetto il benzene prodotto con lo I-300) può essere<br />

riconvertita in xileni quando nello schema di flusso sia<br />

compresa un’unità di transalchilazione Tatoray.<br />

Il catalizzatore I-300 offre il vantaggio della semplicità<br />

di un sistema a catalizzatore singolo. Lo I-300 consente<br />

di dimezzare la quantità di catalizzatore richiesta<br />

dal processo Isomar rispetto ai catalizzatori della generazione<br />

precedente e di eliminare l’uso di letti multipli<br />

di diversi catalizzatori, con le relative e complicate operazioni<br />

di carico e di distribuzione. A differenza di altri<br />

catalizzatori di dealchilazione dell’etilbenzene, il catalizzatore<br />

I-300 non necessita di aggiunte continue di<br />

ammoniaca per mantenere un adeguato livello di attività<br />

e di selettività.<br />

Descrizione del processo<br />

Un’unità Isomar è sempre collegata con un’unità di<br />

recupero di uno o più isomeri dello xilene. In genere, si<br />

tratta di un’unità Parex per il recupero del p-xilene. Nello<br />

schema di flusso Parex-Isomar (fig. 5), la carica fresca<br />

di xileni misti è inviata alla colonna dello xilene, che può<br />

essere progettata sia per il recupero dell’o-xilene nei residui<br />

di distillazione, sia semplicemente per eliminare i<br />

composti aromatici C 9 , al fine di adeguare la carica alle<br />

specifiche richieste dall’unità Parex. Il prodotto di testa<br />

della colonna dello xilene è inviato quindi all’unità Parex,<br />

dove viene estratto il 99,9% in peso del p-xilene. Il raffinato<br />

dell’unità Parex, contenente meno dell’1% in peso<br />

di p-xilene, è inviato all’unità Isomar.<br />

Prestazioni del processo<br />

Il modo migliore per mettere a confronto tra loro i<br />

catalizzatori di isomerizzazione dello xilene è quello<br />

di misurare la resa totale di p-xilene dal circuito Parex-<br />

598 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


affinato<br />

dall’unità Parex<br />

forno<br />

idrogeno<br />

di reintegro<br />

gas di<br />

spurgo<br />

fig. 5. Processo Isomar.<br />

Isomar. La resa di p-xilene, ottenuta da una carica fresca<br />

di xileni misti inviata al circuito Parex-Isomar, è caratterizzata<br />

dalle seguenti considerazioni.<br />

La base per il confronto è lo schema di flusso della<br />

resa di un circuito Parex-Isomar, ottenuta processando<br />

una carica di xileni misti composta per il 17% in peso<br />

da etilbenzene, per il 18% in peso da p-xilene, per il 40%<br />

in peso da m-xilene e per il 25% in peso da o-xilene. La<br />

severità operativa per i catalizzatori I-9 e I-400 è del<br />

22,1% in peso di p-xilene sul totale degli xileni dall’unità<br />

Isomar. La severità operativa per il catalizzatore<br />

I-300 è una conversione dell’etilbenzene pari al 65% in<br />

peso a passaggio. Con il catalizzatore I-9, la resa totale<br />

di p-xilene è pari all’84% in peso della carica fresca di<br />

xileni misti. Grazie all’elevato livello complessivo della<br />

conservazione degli anelli aromatici, e della conversione<br />

dell’etilbenzene in benzene, il catalizzatore I-300 permette<br />

una resa di benzene più p-xilene complessivamente<br />

più elevata, benché la resa del p-xilene sia solo del 76,5%<br />

in peso. Questo significa che per produrre una data quantità<br />

di p-xilene con il catalizzatore I-300 è necessaria una<br />

quantità maggiore di xileni misti. Il catalizzatore I-400<br />

si basa sullo stesso tipo di reazioni chimiche dei catalizzatori<br />

I-9, ma è più selettivo e produce minori perdite<br />

di componenti ciclici. Con il catalizzatore I-400, la<br />

resa totale di p-xilene è del 7% in peso più alta di quella<br />

dei catalizzatori I-9 e si attesta sul 91% in peso della<br />

carica fresca di xileni misti.<br />

Processo Tatoray<br />

Il processo Tatoray permette di convertire in modo<br />

selettivo il toluene e gli aromatici C 9 (A 9 ) in benzene e<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

colonna di trattamento<br />

con argilla<br />

gas<br />

combustibile<br />

al debutanizzatore<br />

dell’unità<br />

Platforming<br />

vapore<br />

alla colonna di<br />

splitting degli xileni<br />

AROMATICI<br />

xileni. In un moderno complesso per la produzione di<br />

aromatici, questo processo è inserito tra la sezione di<br />

estrazione degli aromatici e quella di recupero dello xilene.<br />

Il toluene estratto è alimentato all’unità di processo<br />

Tatoray, invece di essere aggiunto alla miscela di benzine<br />

o venduto per la produzione di solventi.<br />

Se si desidera aumentare al massimo la produzione<br />

di p-xilene, è possibile inviare all’unità di processo<br />

Tatoray anche il sottoprodotto A 9 . In questo modo si<br />

sposta l’equilibrio chimico dalla produzione di benzene<br />

a quella di xileni. Negli ultimi tempi, la domanda di<br />

p-xilene ha superato l’offerta di xileni misti. Il processo<br />

Tatoray offre una soluzione ideale per produrre nuovi<br />

xileni misti dal toluene e dagli aromatici pesanti. L’inclusione<br />

di un’unità di processo Tatoray in un complesso<br />

di produzione di aromatici può più che raddoppiare<br />

la resa di p-xilene da una data carica di naphtha.<br />

Chimica del processo<br />

Le due principali reazioni che si verificano nel processo<br />

Tatoray sono quelle di disproporzionamento e di<br />

transalchilazione. La conversione di toluene in benzene<br />

e xileni è detta disproporzionamento del toluene. La transalchilazione<br />

è invece la conversione di una miscela di<br />

toluene e di A 9 in xileni.<br />

Il processo è progettato per funzionare a un tasso di<br />

conversione a passaggio molto più elevato degli altri processi<br />

di disproporzionamento del toluene. Con un tipico<br />

rapporto di alimentazione 50:50 tra toluene e aromatici<br />

C 9 , la conversione totale è di circa il 50% a passaggio.<br />

Questo elevato livello di conversione riduce al minimo<br />

la quantità di materiale non convertito che deve essere<br />

riciclata attraverso la sezione di frazionamento dei BT.<br />

Un piccolo flusso di riciclo permette di ridurre al minimo<br />

le dimensioni delle colonne di benzene e di toluene,<br />

quelle dell’unità di processo Tatoray e i consumi di tutte<br />

queste unità.<br />

Le reazioni del processo Tatoray sono condotte in un’atmosfera<br />

di idrogeno per ridurre al minimo la formazione<br />

di coke sul catalizzatore. A causa della trascurabile distruzione<br />

di anelli aromatici in questo processo, il consumo<br />

di idrogeno è molto contenuto. I gruppi metile sono estremamente<br />

stabili nelle condizioni di reazione e pertanto<br />

rimangono sostanzialmente inalterati nel corso del processo.<br />

La maggior parte del consumo di idrogeno deve<br />

essere attribuita al cracking delle impurezze non aromatiche<br />

presenti nell’alimentazione dell’unità Tatoray.<br />

Descrizione del processo<br />

Il processo Tatoray utilizza uno schema di flusso<br />

molto semplice, costituito da un reattore a letto fisso e<br />

da una sezione di separazione del prodotto (fig. 6). La<br />

carica fresca inviata all’unità Tatoray è mescolata con gas<br />

di riciclo ricco in idrogeno, preriscaldata mediante scambio<br />

termico con l’effluente del reattore e vaporizzata in<br />

599


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

fig. 6.<br />

Processo Tatoray.<br />

serbatoio<br />

di accumulo<br />

dell’alimentazione<br />

toluene<br />

dalla colonna<br />

del toluene<br />

aromatici C 9<br />

dalla colonna<br />

degli A 9<br />

toluene<br />

dall’unità<br />

Parex<br />

un forno di riscaldamento, dove è portata alla temperatura<br />

di reazione. Il vapore caldo di alimentazione entra<br />

nel reattore, dove fluisce verso il basso su un letto fisso<br />

di catalizzatore.<br />

L’effluente del reattore è raffreddato mediante scambio<br />

termico con la miscela di alimentazione, mescolato<br />

con gas di reintegro per reintegrare la piccola quantità<br />

di idrogeno consumata nel reattore e infine inviato a un<br />

separatore di prodotto. Il gas ricco di idrogeno è recuperato<br />

dalla sommità del separatore e inviato di nuovo<br />

al reattore per essere riciclato. Una piccola percentuale<br />

del gas di riciclo viene spurgata per rimuovere dal circuito<br />

del gas di riciclo i residui leggeri accumulati. Il<br />

prodotto liquido è recuperato dal fondo del separatore e<br />

inviato a una colonna di stripping.<br />

Il prodotto di testa C 5 dell’unità di stripping è raffreddato<br />

e separato in prodotti liquidi e gas. Il gas di testa<br />

dello stripping è inviato al sistema del gas combustibile.<br />

Il liquido di testa è inviato di nuovo alla colonna di<br />

debutanizzazione dell’unità Platforming per consentire<br />

il recupero di tutto il benzene contenuto in questa corrente<br />

nell’unità di estrazione solfolano. Il benzene e il<br />

toluene prodotti, insieme al toluene e agli A 9 non coinvolti<br />

nella reazione, sono recuperati dalla sommità della<br />

colonna di stripping e inviati di nuovo alla sezione di frazionamento<br />

dei BT del complesso.<br />

Prestazioni del processo<br />

Un’unità di processo Tatoray è in grado di processare<br />

tutte le cariche comprese tra quelle composte per<br />

il 100% in peso da toluene e quelle composte per il<br />

100% in peso da A 9 . La concentrazione ottimale degli<br />

A 9 nella carica è di solito del 40-60% in peso. La capacità<br />

di processare gli A 9 amplia la gamma delle cariche<br />

da destinare alla produzione degli xileni e diminuisce<br />

drasticamente la selettività dell’unità per il benzene.<br />

Le cariche possono contenere fino al 10% di<br />

aromatici C 10 .<br />

gas di riciclo<br />

Un complesso per la produzione di aromatici privo<br />

di un’unità Tatoray può produrre approssimativamente<br />

200.000 tonnellate metriche per anno, (MTA, Metric<br />

Tons per Annum) di p-xilene da 25.000 barili per giorno<br />

di funzionamento (BPSD, Barrels Per Stream Day)<br />

di naphtha Light Arabian (frazione 160-300 °F). Se si<br />

aggiunge al complesso un’unità Tatoray A 7 (alimentazione<br />

di solo toluene), la stessa quantità di naphtha può<br />

produrre 280.000 MTA di p-xilene, con un incremento<br />

del 40%. Quando al complesso viene aggiunta un’unità<br />

Tatoray A 7 /A 9 , il punto finale della naphtha passa da<br />

300 a 340 °F, in modo da includere nella carica il maggior<br />

numero possibile di precursori A 9 . La naphtha più<br />

pesante produrrà circa 420.000 MTA di p-xilene, con un<br />

incremento del 110% rispetto al complesso di base.<br />

Il processo Tatoray produce benzene di purezza petrolchimica<br />

e xileni. Il grado di purezza del benzene ottenuto<br />

con una carica composta al 100% di toluene risponde<br />

facilmente alle specifiche ASTM per il benzene raffinato<br />

di grado commerciale 545. Con una carica<br />

composta al 50% da toluene e al 50% da aromatici C 9 ,<br />

la purezza del benzene prodotto risponde alle specifiche<br />

per il benzene raffinato di grado commerciale 535. Lo<br />

xilene prodotto da un’unità Tatoray presenta una distribuzione<br />

equilibrata degli isomeri e contiene una percentuale<br />

molto bassa di etilbenzene. La bassa concentrazione<br />

di etilbenzene rende gli xileni prodotti con il<br />

processo Tatoray una carica ideale per un’unità Parex o<br />

per un’unità di cristallizzazione del p-xilene.<br />

Processo PX-Plus<br />

Il processo PX-Plus consente di operare il disproporzionamento<br />

selettivo del toluene a benzene e xileni.<br />

Il processo è paraselettivo e permette di ottenere un prodotto<br />

con una concentrazione del p-xilene nella frazione<br />

degli xileni di circa il 90%, molto al di sopra del valore<br />

di equilibrio del 25% raggiungibile con le tecnologie<br />

di transalchilazione degli aromatici C 9 e del toluene,<br />

600 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

forno<br />

gas di spurgo<br />

all’unità<br />

Isomar<br />

gas<br />

combustibile<br />

prodotto liquido di<br />

testa al debutanizzatore<br />

dell’unità Platforming


come il processo Tatoray. Il processo PX-Plus offre una<br />

soluzione economica per espandere gli impianti per la<br />

produzione di p-xilene già esistenti.<br />

Incrementare la concentrazione di p-xilene nei flussi<br />

di un complesso per la produzione di aromatici mediante<br />

l’aggiunta di un’unità PX-Plus può produrre importanti<br />

benefici. La percentuale di recupero da un cristallizzatore<br />

a stadio singolo può passare dal 65% a oltre<br />

l’80%, in seguito all’aumento della concentrazione di<br />

p-xilene nell’alimentazione. Poiché le condizioni di temperatura<br />

e di pressione utilizzate in questo processo sono<br />

simili a quelle dei sistemi di reazione di molte raffinerie<br />

e di molti impianti petrolchimici, spesso può risultare conveniente<br />

riutilizzare le apparecchiature dismesse per realizzare<br />

una nuova unità PX-Plus. Il processo PX-Plus può<br />

essere anche utilizzato negli impianti nuovi di grandi<br />

dimensioni laddove sia disponibile un approvvigionamento<br />

sufficiente di toluene e si sia interessati a ottenere, oltre<br />

al p-xilene, anche significative quantità di benzene.<br />

Chimica del processo<br />

Il disproporzionamento del toluene a benzene e xileni<br />

avviene attraverso un intermedio bimolecolare. Dopo<br />

che quest’ultimo si è scisso in benzene e xilene, può verificarsi<br />

un certo riarrangiamento dei gruppi metile nella<br />

molecola di xilene. La struttura porosa del catalizzatore<br />

permette la fuoriuscita di benzene e p-xilene, ma inibisce<br />

la diffusione dell’o-xilene e del m-xilene.<br />

Descrizione del processo<br />

Nell’unità PX-Plus (fig. 7), la carica di toluene fresco<br />

è mescolata con gas di riciclo ricco di idrogeno e<br />

preriscaldata per scambio termico con l’effluente del<br />

reattore, poi vaporizzata e portata alla temperatura di reazione<br />

in un forno di riscaldamento. Il reattore può essere<br />

a flusso verticale o radiale, a seconda delle dimensioni<br />

dell’unità. La corrente uscente dal reattore attraversa lo<br />

fig. 7. Processo<br />

PX-Plus.<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

serbatoio<br />

di accumulo<br />

dell’alimentazione<br />

toluene<br />

forno<br />

gas di riciclo<br />

AROMATICI<br />

scambiatore termico carica-effluente, viene condensata<br />

e inviata al separatore del prodotto (gas-liquido), dove<br />

viene rimosso l’idrogeno di riciclo. Il liquido dal separatore<br />

è inviato alla colonna di stripping, dove i sottoprodotti<br />

leggeri sono rimossi dalla frazione di testa. Il<br />

flusso di residui di stripping è inviato all’unità di frazionamento<br />

benzene-toluene, dove nella frazione di testa<br />

viene recuperato benzene di elevata purezza, mentre il<br />

toluene è inviato di nuovo al reattore per essere riciclato.<br />

Il concentrato di p-xilene può essere quindi alimentato<br />

direttamente a un cristallizzatore a stadio singolo o<br />

inviato all’unità Parex attraverso la colonna di ridistillazione<br />

dello xilene insieme alla carica fresca di xileni<br />

misti e agli isomeri di riciclo.<br />

Prestazioni del processo<br />

In un’unità di processo PX-Plus tipica, la concentrazione<br />

di p-xilene nel prodotto xileni misti è il 90%, la<br />

percentuale di conversione di toluene è il 30% per passaggio,<br />

il rapporto molare benzene/xileni è 1,32 e la qualità<br />

del benzene è elevata. Con una conversione di toluene<br />

del 30%, la produzione di sottoprodotti leggeri per<br />

passaggio è inferiore al 2% in peso. La resa di p-xilene<br />

rispetto al toluene convertito è circa il 41% in peso e<br />

quella di benzene il 46% in peso.<br />

Processo TAC9<br />

Il processo TAC9 permette di convertire in modo<br />

selettivo gli aromatici C 9 -C 10 in xileni misti. Nei moderni<br />

complessi per la produzione di aromatici, le tecnologie<br />

di transalchilazione, come i processi Tatoray e<br />

TAC9, sono inserite tra la sezione di estrazione o di<br />

frazionamento degli aromatici e quella di recupero<br />

dello xilene. Gli aromatici pesanti frazionati possono<br />

essere alimentati all’unità TAC9, invece di essere<br />

aggiunti alla miscela di benzine o venduti per la produzione<br />

di solventi.<br />

idrogeno<br />

di riciclo<br />

alla colonna<br />

di frazionamento<br />

B-T<br />

gas di spurgo<br />

gas<br />

combustibile<br />

prodotto liquido di<br />

testa al debutanizzatore<br />

dell’unità Platforming<br />

vapore<br />

601


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

L’inclusione in un complesso di produzione di aromatici<br />

delle tecnologie di transalchilazione, per processare<br />

il toluene e gli aromatici C 9 -C 10 , consente una resa<br />

di p-xilene più che doppia da una data carica di naphtha.<br />

Il processo TAC9 fornisce un modo più efficiente per<br />

ottenere nuovi xileni misti dalla frazione più pesante<br />

degli aromatici. La valorizzazione dei flussi di sottoprodotti<br />

permette agli operatori di ottenere prodotti più<br />

pregiati dagli aromatici pesanti.<br />

Chimica del processo<br />

Il processo TAC9 include diversi tipi di reazioni degli<br />

aromatici C 9 -C 10 , tra cui il disproporzionamento (ridistribuzione<br />

dei gruppi alchilici tra due molecole identiche,<br />

come nel caso del toluene), la transalchilazione (trasferimento<br />

di gruppi tra molecole diverse) e la dealchilazione<br />

(rimozione completa o parziale di un gruppo alchilico).<br />

Nel processo TAC9 la dealchilazione dei gruppi alchilici<br />

avviene in modo tale da trattenere i gruppi metile.<br />

I componenti interessati sono in primo luogo i composti<br />

aromatici contenenti alchilici o alchilbenzeni. Per<br />

esempio, i gruppi etile coinvolti nelle reazioni sarebbero<br />

quelli degli aromatici contenenti almeno un gruppo<br />

sostituente etile, come il dietilbenzene, il metiletilbenzene<br />

(etiltoluene) o il dimetiletilbenzene (etilxilene). Inoltre,<br />

i gruppi metile coinvolti sarebbero quelli dei componenti<br />

aromatici dotati solo di sostituenti metile, come<br />

il toluene, lo xilene o il trimetilbenzene. Il catalizzatore<br />

TAC9, molto attivo, converte quasi tutti i gruppi etile,<br />

propile e butile presenti sugli anelli aromatici in frazioni<br />

leggere attraverso la dealchilazione. I gruppi metile<br />

sono oggetto delle reazioni di disproporzionamento e di<br />

transalchilazione. È possibile realizzare un riequilibrio<br />

dei gruppi metile per la produzione di xileni attraverso<br />

il controllo della composizione della carica.<br />

La resa in xilene ottenuta è una funzione sia del rapporto<br />

tra metile e fenile (aromatici), sia di quello tra<br />

gruppi etile e gruppi metile nella carica fresca. Un rapporto<br />

tra gruppi metile e gruppi etile più alto si traduce<br />

in rese di xilene più elevate. In alcuni casi, per ottimizzare<br />

la resa può essere necessario un leggero spurgo<br />

di benzene verso un’unità di estrazione. È possibile<br />

ottenere xileni misti con concentrazioni molto basse di<br />

etilbenzene. Questa bassa concentrazione favorisce le<br />

operazioni delle unità Isomar e Parex di un complesso<br />

integrato.<br />

L’alimentazione tipo è una combinazione di aromatici<br />

C 9 e C 10 derivati da riformati o da benzina di pirolisi<br />

(un sottoprodotto ricco di aromatici dei processi di cracking<br />

dell’etilene), sottoposta a trattamento con idrogeno. La<br />

distribuzione dei gruppi alchilici e il rapporto C 9 a C 10<br />

delle cariche varierà con la fonte di provenienza e con le<br />

modalità del frazionamento preliminare a monte.<br />

Le tradizionali tecniche di transalchilazione possiedono<br />

una capacità limitata di processare il materiale<br />

C 10 , principalmente a causa del suo impatto sfavorevole<br />

sulla vita operativa del catalizzatore. Alti livelli di<br />

C 10 si riflettono in intervalli più brevi tra gli interventi<br />

di rigenerazione del catalizzatore, con una conseguente<br />

riduzione dell’efficienza di esercizio. La spiccata<br />

attività del catalizzatore TAC9 consente invece di convertire<br />

efficacemente gli aromatici pesanti in prodotti<br />

di maggior pregio, assicurando al tempo stesso una resa<br />

del catalizzatore vantaggiosa dal punto di vista economico.<br />

Le reazioni del processo TAC9 sono condotte in un’atmosfera<br />

di idrogeno per ridurre quanto più possibile la<br />

formazione di coke sul catalizzatore. La perdita di aromatici<br />

è contenuta al minimo. I gruppi metile sono estremamente<br />

stabili nelle condizioni di reazione e pertanto<br />

rimangono sostanzialmente inalterati nel corso del processo.<br />

La maggior parte del consumo di idrogeno deve<br />

essere attribuita alle reazioni di dealchilazione e al<br />

cracking delle impurezze non aromatiche presenti nell’alimentazione.<br />

La Toray Industries ha introdotto sul mercato l’attuale<br />

generazione di catalizzatori TAC9 nel 1996. L’esperienza<br />

sul campo ne ha dimostrato la capacità di<br />

operare per diversi anni senza bisogno di rigenerazione.<br />

Sono state documentate durate del ciclo operativo<br />

superiori ai cinque anni. La rigenerazione avviene per<br />

mezzo di una semplice procedura di combustione del<br />

carbonio.<br />

Descrizione del processo<br />

Il processo TAC9 usa uno schema di flusso molto<br />

semplice, identico a quello del processo Tatoray e consistente<br />

in un reattore a letto fisso integrato con una<br />

sezione di separazione del prodotto. La carica fresca<br />

è mescolata al materiale di riciclo e inviata all’unità<br />

TAC9. Il materiale di alimentazione è combinato con<br />

il gas di riciclo ricco di idrogeno, sottoposto a preriscaldamento<br />

mediante scambio termico con l’effluente<br />

del reattore e poi vaporizzato in un forno di riscaldamento,<br />

dove è portato alla temperatura di reazione.<br />

Il vapore caldo di alimentazione passa quindi nel reattore,<br />

dove fluisce verso il basso su un letto fisso di<br />

catalizzatore.<br />

L’effluente del reattore è raffreddato dapprima<br />

mediante scambio termico con la miscela di alimentazione<br />

e poi ulteriormente in un condensatore, quindi<br />

viene raccolto nel separatore. Il gas ricco di idrogeno è<br />

estratto dalla sommità del separatore e riciclato al reattore<br />

con l’aggiunta di idrogeno di reintegro. Una piccola<br />

parte del gas di riciclo è spurgata dal circuito del<br />

gas di riciclo. Il liquido dal fondo del separatore è inviato<br />

a una colonna di stabilizzazione. La frazione di testa<br />

C 5 dalla colonna di stabilizzazione è raffreddata e separata<br />

in gas e prodotti liquidi. Il gas di testa è trasferito<br />

al sistema del gas combustibile, mentre il prodotto<br />

602 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


stabilizzato TAC9 è inviato all’unità di frazionamento<br />

del prodotto.<br />

Le condizioni operative (temperatura e pressione) del<br />

processo sono simili a quelle del processo Tatoray. La<br />

conversione totale è molto vicina al 50%. Ciò consente<br />

di adattare il processo alle esigenze di riutilizzo delle<br />

apparecchiature esistenti in occasione del rammodernamento<br />

degli impianti.<br />

Processo al solfolano<br />

Il processo al solfolano abbina l’estrazione liquido-liquido<br />

alla distillazione estrattiva, per recuperare<br />

aromatici con elevato grado di purezza da diverse<br />

miscele di idrocarburi, quali la naphtha di petrolio<br />

riformata (riformato), la benzina di pirolisi (pygas) o<br />

l’olio leggero di coking (COLO, Coke Oven Light<br />

Oil). I contaminanti più difficili da rimuovere nella<br />

sezione di estrazione sono quelli più facili da eliminare<br />

nella sezione di distillazione estrattiva e viceversa.<br />

Questa combinazione di tecniche ibride permette<br />

alle unità solfolano di processare materiali di<br />

alimentazione con una gamma di punti di ebollizione<br />

molto più ampia di quella che sarebbe possibile adottando<br />

una sola delle due tecniche. Una stessa unità<br />

solfolano può essere impiegata per il recupero simultaneo<br />

di aromatici C 6 -C 9 di elevata purezza, consentendo<br />

il recupero a valle dei singoli componenti aromatici<br />

mediante un semplice processo di frazionamento.<br />

In genere, quando la produzione riguarda solo<br />

benzene o toluene, è possibile realizzare l’unità solfolano<br />

solo come unità di distillazione estrattiva (ED,<br />

Extractive Distillation), eliminando l’unità di estrazione<br />

e semplificando il progetto.<br />

Il processo al solfolano prende nome dal solvente utilizzato:<br />

il tetraidrotiofene 1, 1-diossido, o solfolano, che<br />

è il più efficace tra i solventi per il recupero degli aromatici<br />

attualmente in uso. Nella maggior parte delle unità<br />

di estrazione si possono migliorare purezza del prodotto<br />

e percentuali di recupero aumentando la quantità di<br />

solvente in circolazione. Dato che il solfolano presenta<br />

una selettività e una capacità per gli aromatici superiori<br />

a quelle di qualsiasi altro solvente di estrazione disponibile,<br />

le unità solfolano sono in grado di operare con il<br />

più basso rapporto solvente/carica per qualunque carica<br />

di riformato. Di conseguenza, per quanto riguarda la<br />

lavorazione del riformato, le unità solfolano presentano<br />

minori costi di costruzione e di operazione rispetto alle<br />

unità di estrazione di altro tipo.<br />

Un’unità solfolano è inserita di solito all’interno<br />

di un complesso per la produzione di aromatici, per<br />

consentire il recupero dal riformato di benzene e toluene<br />

con elevato grado di purezza. Nei complessi più<br />

moderni, totalmente integrati, l’unità solfolano è collocata<br />

a valle della colonna di splitting del riformato.<br />

La frazione C 6 -C 7 dalla testa della colonna di splitting<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

AROMATICI<br />

del riformato è alimentata all’unità solfolano. L’estratto<br />

aromatico dall’unità solfolano è trattato con argilla per<br />

rimuovere eventuali tracce di olefine, poi benzene e<br />

toluene sono recuperati singolarmente mediante un<br />

semplice frazionamento. Il raffinato dall’unità solfolano<br />

è aggiunto in genere alla miscela di benzine o utilizzato<br />

per la produzione di solventi alifatici. Il benzene<br />

deve sempre essere recuperato mediante estrazione<br />

o distillazione estrattiva, per rispondere alle<br />

specifiche di purezza richieste nelle applicazioni petrolchimiche.<br />

Il toluene deve essere estratto per l’uso diretto<br />

nelle applicazioni petrolchimiche e ciò avviene quasi<br />

sempre prima che sia inviato a un’unità di dealchilazione<br />

o di disproporzionamento per la produzione di<br />

altro benzene o xileni. Le moderne unità Platforming<br />

CCR operano a una tale severità che la frazione C 8<br />

del riformato contiene solo tracce irrilevanti di impurezze<br />

non aromatiche e può essere inviata direttamente<br />

alla sezione di recupero degli xileni, senza estrazione.<br />

Quantità non trascurabili di impurezze non aromatiche<br />

sono invece presenti nella frazione C 8 dei<br />

flussi di pygas e di COLO, ed è quindi necessario procedere<br />

alla loro estrazione prima del recupero sotto<br />

forma di xileni misti commerciabili, oppure dell’invio<br />

alla sezione recupero dello xilene.<br />

Descrizione del processo<br />

Come mostra la fig. 8, la carica fresca è immessa<br />

nell’estrattore e fluisce verso l’alto, in controcorrente<br />

rispetto a un flusso di solvente povero. A mano a<br />

mano che la carica fluisce nell’estrattore, gli aromatici<br />

vengono dissolti selettivamente dal solvente. Un<br />

flusso di raffinato, con un bassissimo contenuto di<br />

aromatici, esce dalla sommità dell’estrattore. Il solvente<br />

arricchito, carico di aromatici, esce invece dal<br />

fondo dell’estrattore e passa nella colonna di stripping.<br />

I componenti non aromatici dotati di volatilità<br />

superiore a quella del benzene vengono separati completamente<br />

dal solvente per distillazione estrattiva e<br />

rimossi dalla sommità della colonna insieme a una<br />

piccola quantità di aromatici. Questo flusso di testa è<br />

riciclato di nuovo all’estrattore, dove i componenti<br />

non aromatici leggeri spiazzano i non aromatici pesanti<br />

dalla fase solvente in uscita dal fondo dell’estrattore.<br />

Il prodotto di fondo della colonna di stripping,<br />

sostanzialmente privo di impurezze non aromatiche,<br />

è inviato alla colonna di recupero, per la separazione<br />

degli aromatici dal solvente.<br />

A causa della notevole differenza tra il punto di<br />

ebollizione del solfolano e quello dei componenti aromatici<br />

più pesanti, la separazione può essere effettuata<br />

facilmente, con un minimo impiego di energia. Per<br />

abbassare al minimo la temperatura del solvente, la<br />

colonna di recupero opera sotto vuoto. Il solvente purificato<br />

esce dal fondo della colonna di recupero ed è<br />

603


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

fig. 8. Processo<br />

al solfolano.<br />

serbatoio<br />

di accumulo<br />

della<br />

alimentazione<br />

raffinato<br />

allo<br />

stoccaggio<br />

inviato di nuovo all’estrattore. L’estratto è recuperato<br />

dalla sommità della colonna e inviato alle colonne di<br />

distillazione a valle per il recupero individuale di benzene<br />

e toluene. Il raffinato esce dalla sommità dell’estrattore<br />

ed è inviato alla colonna di lavaggio, dove<br />

viene lavato con acqua allo scopo di rimuovere il solvente<br />

che vi è disciolto. L’acqua ricca di solvente è<br />

fatta evaporare nella colonna di stripping dell’acqua<br />

mediante scambio termico con il solvente caldo in circolazione<br />

e quindi utilizzata come vapore di stripping<br />

nella colonna di recupero. Il solvente accumulato sul<br />

fondo della colonna di stripping dell’acqua è pompato<br />

di nuovo alla colonna di recupero. Il raffinato esce<br />

dalla sommità della colonna di lavaggio. La quantità<br />

di solfolano ancora rimasta nel raffinato è trascurabile.<br />

Il raffinato è aggiunto in genere alla miscela di<br />

benzine o viene utilizzato per la produzione di solventi<br />

alifatici. In condizioni operative normali, il solfolano<br />

subisce solo un degrado ossidativo molto contenuto.<br />

Il progetto dell’unità include un piccolo rigeneratore<br />

del solvente per premunirsi contro il rischio di<br />

infiltrazioni d’aria nell’unità. Nel corso delle normali<br />

operazioni, una piccola parte del solvente circolante<br />

è diretta al rigeneratore per la rimozione del solvente<br />

ossidato.<br />

L’estratto prodotto da un’unità solfolano può contenere<br />

tracce di olefine e di altre impurezze che potrebbero<br />

influenzare negativamente le prove colorimetriche<br />

di lavaggio acido dei prodotti finali di benzene e toluene.<br />

Per eliminare ogni traccia di impurità, prima del frazionamento<br />

l’estratto è sottoposto a trattamento con argilla,<br />

effettuato in condizioni molto blande e con un consumo<br />

minimo.<br />

Dopo il trattamento, l’estratto è inviato alla sezione<br />

di frazionamento degli aromatici, per il recupero di benzene,<br />

toluene e, a volte, xileni misti con elevato grado di<br />

purezza. La configurazione della sezione di frazionamento<br />

degli aromatici può variare a seconda delle particolari<br />

esigenze operative del cliente.<br />

Prestazioni del processo<br />

Le elevate prestazioni del processo al solfolano sono<br />

state dimostrate in oltre 130 unità operative. Il recupero<br />

del benzene supera il 99,9% in peso, mentre il toluene è<br />

recuperato in genere per oltre il 99,8% in peso. Il processo<br />

al solfolano consente anche un efficiente recupero<br />

degli aromatici pesanti, se necessario. Il recupero<br />

medio degli xileni supera il 98% in peso e nell’industria<br />

sono stati documentati casi di recupero del 99% con alimentazioni<br />

molto ricche.<br />

Le unità solfolano producono usualmente benzene con<br />

un punto di solidificazione di 5,5 °C come minimo e molte<br />

unità commerciali danno benzene con un contenuto di<br />

impurezze non aromatiche inferiore a 100 ppm. Anche il<br />

toluene e gli aromatici C 8 prodotti da un’unità solfolano<br />

presentano un grado di purezza elevatissimo e superano in<br />

molti casi le specifiche sul grado di nitrazione. In effetti,<br />

la purezza finale dei prodotti aromatici nel loro complesso<br />

dipende in genere più dalla configurazione e dall’uso<br />

corretto della sezione di frazionamento a valle che dall’efficacia<br />

estrattiva dell’unità di solfolano vera e propria.<br />

Le prestazioni di un’unità di estrazione degli aromatici in<br />

termini di purezza e di tasso di recupero del prodotto sono<br />

in gran parte dipendenti dal consumo di energia.<br />

In generale, tassi di circolazione del solvente più<br />

alti corrispondono a prestazioni più elevate, ma al costo<br />

604 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

vapore<br />

rigeneratore<br />

del solvente<br />

colonna di<br />

recupero<br />

vapore<br />

vapore<br />

all’eiettore<br />

estratto al<br />

trattamento con<br />

argilla nell’unità<br />

di frazionamento<br />

BT


di un maggiore consumo di energia. Il processo al solfolano<br />

può vantare il più basso consumo di energia tra<br />

tutte le tecnologie di estrazione industriale degli aromatici.<br />

Un’unità solfolano media consuma 275-300<br />

kcal di energia per kg di estratto prodotto, anche con<br />

un tasso di purezza del benzene del 99,99% in peso e<br />

un tasso di recupero del 99,95% in peso. La progettazione<br />

delle unità solfolano prevede anche un efficace<br />

recupero del solvente e il suo riciclo nella stessa unità.<br />

Le perdite prevedibili di solfolano in soluzione non<br />

superano 5 ppm della velocità di alimentazione fresca<br />

all’unità.<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

Bibliografia generale<br />

Gary J.H., Handwerk G.E. (1984) Petroleum refining.<br />

Technology and economics, New York-Basel, Marcel<br />

Dekker.<br />

Johnson J.A. (1986) Aromatics complexes, in: Meyers R.A.<br />

(editor in chief) Handbook of petroleum refining processes,<br />

New York-London, McGraw-Hill, Chapter 2.1.<br />

Vladas Zukauskas<br />

Copyright 2004 UOP LLC<br />

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge<br />

L’uso è autorizzato dalla UOP<br />

AROMATICI<br />

605


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

10.6.2 Intermedi aromatici di uso<br />

petrolchimico<br />

Introduzione<br />

La reazione di alchilazione dei composti aromatici è<br />

largamente impiegata nell’industria chimica per la produzione<br />

di importanti intermedi tra cui l’etilbenzene e il<br />

cumene. La fig. 1 riporta le principali alchilazioni applicate<br />

industrialmente per trasformare benzene, toluene e<br />

xilene, per reazione con olefine, in isopropilbenzene<br />

(cumene), diisopropilbenzene, etilbenzene, dietilbenzene,<br />

C 10 -C 14 alchilbenzeni lineari (LAB), cimene, isobutilbenzene,<br />

orto-tolilpentene. Nella fig. 1 sono indicati<br />

anche i derivati principali di questi intermedi. Le alchilazioni<br />

riportate sono di due tipi: l’alchilazione sull’anello<br />

aromatico catalizzata da acidi e quella su catena<br />

laterale catalizzata da basi.<br />

Dal punto di vista dei volumi di produzione, le alchilazioni<br />

acido-catalizzate del benzene sono le più importanti:<br />

nel 2004 circa il 75% del benzene prodotto nel mondo<br />

(36,5 milioni di t) è stato alchilato con olefine, il 71% del<br />

quale per produrre etilbenzene e cumene (tab. 1).<br />

Alchilazione di idrocarburi aromatici con olefine<br />

La reazione di alchilazione degli idrocarburi aromatici<br />

può essere condotta utilizzando diversi agenti alchilanti:<br />

alogenuri alchilici, alcoli, alchilsolfati, olefine. Le olefine<br />

fig. 1. Principali reazioni<br />

di alchilazione<br />

dei composti aromatici<br />

con olefine di interesse<br />

industriale.<br />

SO 3Na<br />

CH 3<br />

ibuprofen<br />

OH<br />

CH 3<br />

CH 2<br />

H3CCCH3 H<br />

sono quelli utilizzati più estensivamente nella petrolchimica.<br />

La reazione di alchilazione dell’anello aromatico<br />

con olefine è una reazione esotermica e pertanto è favorita,<br />

dal punto di vista termodinamico, dalla bassa temperatura.<br />

Infatti la costante di equilibrio diminuisce all’aumentare<br />

della temperatura, come illustrato nella fig. 2 per<br />

l’alchilazione del benzene con etilene e propilene. L’entalpia<br />

di reazione a 25 °C in fase gassosa è di –105,51 e<br />

–99,65 kJ/mol, per la formazione rispettivamente di etilbenzene<br />

e cumene. Quindi la formazione di questi alchilaromatici<br />

è accompagnata da una liberazione di energia,<br />

sotto forma di calore, di cui si deve tener conto nella progettazione<br />

degli impianti di produzione.<br />

Catalisi acida<br />

Gli acidi utilizzati come catalizzatori per l’alchilazione<br />

di idrocarburi aromatici sono di diversa natura:<br />

a) alogenuri metallici, come il cloruro di alluminio e<br />

di gallio e il fluoruro di boro; b) ossidi misti e zeoliti;<br />

c) acidi protici, come gli acidi solforico, fluoridrico e<br />

fosforico; d) resine solfoniche. Quelli più attivi sono gli<br />

acidi di Brönsted che contengono un protone acido. Gli<br />

alogenuri metallici, che sono acidi di Lewis, sono poco<br />

attivi in alchilazione se usati allo stato puro e devono<br />

essere attivati tramite addizione di piccole quantità di un<br />

cocatalizzatore, come un acido alogenidrico. Il cocatalizzatore<br />

reagisce con l’acido di Lewis generando un<br />

CHCH 2 C 2H 5<br />

606 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

CH 3<br />

C 2H 5<br />

C 2H 5<br />

OH<br />

H3CCHCH3 H3CCHCH3 CH3 CH3 H 3CCHCH 3<br />

CH 3<br />

H 3C<br />

OH<br />

OH<br />

CH 3


acido di Brönsted. Questi catalizzatori sono noti anche<br />

come catalizzatori di Friedel-Crafts e vengono ancora<br />

usati estensivamente nell’alchilazione, anche se i nuovi<br />

processi utilizzano catalizzatori acidi solidi. I catalizzatori<br />

di Friedel-Crafts e gli acidi minerali in genere sono<br />

tossici e altamente corrosivi e quindi difficili da manipolare<br />

e conservare, in quanto corrodono i contenitori,<br />

le tubazioni e le apparecchiature in cui vengono utilizzati.<br />

Al termine della reazione sono mescolati con i prodotti<br />

e devono essere separati con operazioni dispendiose<br />

anche da un punto di vista energetico. Spesso si ricorre<br />

alla loro neutralizzazione con basi e i sali ottenuti vengono<br />

poi separati per lavaggio con acqua. In questo modo<br />

il catalizzatore acido non viene recuperato e le acque<br />

saline prodotte devono essere smaltite, con i relativi problemi<br />

di impatto ambientale. Per tutte queste ragioni i<br />

log K<br />

Derivato Milioni di t di benzene %<br />

Etilbenzene 19,5 53,4<br />

Cumene 6,3 17,3<br />

LAB 1,3 3,5<br />

Cicloesano 5,0 13,8<br />

Nitrobenzene 2,3 6,3<br />

Altro 2,1 5,7<br />

Totale 36,5 100<br />

12<br />

8<br />

4<br />

0<br />

4<br />

tab. 1. Suddivisione degli usi del benzene<br />

nell’industria chimica<br />

3,5 2,5<br />

1.000/T (K)<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

etilbenzene<br />

cumene<br />

1,5 0,5<br />

fig. 2. Dipendenza delle costanti di equilibrio<br />

delle reazioni di alchilazione del benzene con etilene<br />

e propilene per produrre etilbenzene e cumene.<br />

AROMATICI<br />

catalizzatori acidi solidi, e in particolare le zeoliti, sono<br />

preferiti nelle tecnologie di nuova generazione (Perego<br />

e Ingallina, 2004).<br />

Le zeoliti sono allumino-silicati cristallini a elevata<br />

porosità, con pori regolari aventi un diametro compreso<br />

tra 0,3 e 1 nm. In funzione dell’architettura atomica<br />

di una data zeolite, fino al 50% del suo volume<br />

può essere costituito dalle cavità porose. L’unità fondamentale<br />

del reticolo zeolitico è il tetraedro, costituito<br />

da Si 4 e Al 3 legati a quattro atomi di ossigeno.<br />

I tetraedri sono legati insieme attraverso la condivisione<br />

di un atomo di ossigeno a formare catene polimeriche.<br />

La formazione della struttura tridimensionale<br />

è dovuta al fatto che tutti e quattro gli atomi di ossigeno<br />

di ogni tetraedro sono condivisi con altri tetraedri.<br />

In base al numero di tetraedri che formano l’apertura<br />

del canale zeolitico, le zeoliti vengono così classificate:<br />

a pori piccoli (8 tetraedri), a pori medi (10 tetraedri),<br />

a pori larghi (12 tetraedri) e a pori extralarghi<br />

(12 tetraedri). Un’altra caratteristica della porosità<br />

zeolitica è rappresentata dalla presenza di interconnessioni<br />

fra i suoi sistemi di canali, che possono essere<br />

monodimensionali, bidimensionali o tridimensionali.<br />

La presenza di alluminio in coordinazione tetraedrica<br />

genera cariche negative che sono localmente<br />

neutralizzate da cationi presenti nei canali zeolitici;<br />

scambiando questi cationi con il protone si ottiene una<br />

zeolite acida.<br />

La catalisi delle zeoliti è caratterizzata dalla shape<br />

selectivity (selettività di forma; Csicsery, 1995). Questo<br />

principio è abbastanza semplice: il sistema poroso di una<br />

zeolite può regolare l’accesso delle molecole reagenti e<br />

determinare le dimensioni degli intermedi e dei prodotti.<br />

Le zeoliti di interesse per l’achilazione degli aromatici<br />

sono prevalentemente a pori medi o larghi, come<br />

riportato in tab. 2 insieme alle più importanti caratteristiche<br />

strutturali.<br />

Meccanismo di reazione. Il meccanismo di alchilazione<br />

prevede dapprima la formazione di un elettrofilo<br />

E per interazione dell’olefina con l’acido; segue poi<br />

l’attacco elettrofilo all’anello aromatico (ArH) con<br />

la formazione di un intermedio [EArH] , noto<br />

anche come intermedio di Wheland o ione arenio. Da<br />

questo, per eliminazione di un H , cioè di un protone,<br />

si forma un alchilaromatico. Nel caso dell’alchilazione<br />

del benzene con etilene, catalizzata da un acido HA, la<br />

sequenza di reazione è:<br />

CH 2 CH 2HA<br />

H<br />

<br />

CH 2 CH 3<br />

CH 3CH 2 A <br />

A HA <br />

CH 2CH 3<br />

607


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

Zeolite<br />

Codice IZA Struttura<br />

(International Zeolite dimensionale<br />

Association) dei canali<br />

Beta BEA 3D larghi<br />

La specie attivata CH 3 CH 2 A è spesso rappresentata<br />

come un carbocatione libero CH 3 CH 2 . Questa<br />

però è una rappresentazione qualitativa, infatti il carbocatione<br />

completamente libero non viene mai ottenuto:<br />

la protonazione dell’etilene produce un solo carbocatione<br />

primario. Nel caso di olefine superiori la protonazione<br />

può formare due carbocationi; per es. dal propilene<br />

si possono formare un carbocatione secondario<br />

(i-propilico, CH 3 CH CH 3 ) e uno primario (n-propilico,<br />

CH 3 CH 2 CH 2 ). La stabilità relativa dei carbocationi cresce<br />

nell’ordine primariosecondarioterziario e influenza<br />

la velocità e la selettività della reazione di alchilazione.<br />

Cinetica. L’effetto della natura del gruppo alchilico<br />

sulla velocità di reazione è riportato in tab. 3. L’isopropilazione<br />

è circa 1.460 volte più veloce dell’etilazione<br />

del toluene, usando GaBr 3 come catalizzatore e bromuro<br />

di alchile come alchilante. Dati analoghi sono stati<br />

riportati per l’alchilazione del benzene con olefine, con<br />

catalizzatore zeolitico (REY, zeolite Y scambiata con<br />

terre rare): a 100 °C il propilene è circa 300 volte più<br />

veloce dell’etilene (Beck e Haag, 1997). Questi dati sono<br />

in accordo con l’affinità protonica (Vogel, 1985), cioè<br />

la tendenza di una olefina a protonarsi formando il corrispondente<br />

carbocatione:<br />

etilene a etile 672 kJ/mol<br />

propilene a i-propile 755 kJ/mol<br />

i-butene a t-butile 810 kJ/mol<br />

Selettività. I prodotti delle alchilazioni catalizzate<br />

dagli acidi sono quelli derivati dai carbocationi più stabili.<br />

Per esempio, nel caso dell’alchilazione con propilene<br />

l’i-propilbenzene (cumene) è praticamente l’unico<br />

prodotto di monoalchilazione, perché la formazione del<br />

carbocatione i-propilico è favorita rispetto a quella dell’n-propilico:<br />

la differenza tra le entalpie di formazione<br />

in fase gas dei due carbocationi è di 67 kJ/mol. Oltre ad<br />

alchilare l’anello aromatico, l’olefina può seguire altri<br />

cammini di reazione: può reagire con se stessa formando<br />

oligomeri superiori, come nel caso della produzione<br />

di cumene accompagnata dalla formazione di oligomeri<br />

del propilene (per esempio nonene), oppure può isomerizzare<br />

formando olefine diverse che a loro volta<br />

potranno produrre altri prodotti di alchilazione, come<br />

nel caso di alchilazione del benzene con 1-dodecene<br />

dove, accanto al 2-fenildodecano, si formano anche gli<br />

altri isomeri (3-,4-,5-,6-fenildodecano).<br />

Oligomerizzazione e isomerizzazione sono reazioni<br />

parallele dell’alchilazione e ne riducono la selettività.<br />

Entrambe sono reazioni catalizzate dagli acidi e possono<br />

essere limitate attraverso l’utilizzo di catalizzatori di<br />

alchilazione molto selettivi o con opportune condizioni<br />

operative. La selettività è anche influenzata dalle reazioni<br />

consecutive. Dopo la prima alchilazione il substrato<br />

aromatico può subire alchilazioni successive, formando<br />

dei sottoprodotti polialchilati. La presenza di sostituenti<br />

alchilici sull’anello aromatico ne aumenta la reattività,<br />

grazie alla loro capacità di favorire la delocalizzazione<br />

della carica positiva sull’intermedio di Wheland. Infatti,<br />

la presenza di sostituenti alchilici come etile o i-propile<br />

sull’anello aromatico aumenta la velocità di alchilazione<br />

di Friedel-Crafts da 1,4 a 3,2 volte rispetto al benzene<br />

non sostituito (Olah, 1973). Al fine di massimizzare<br />

la resa di monoalchilato sono utilizzati diversi approcci.<br />

Il più ovvio è quello di operare con un largo eccesso<br />

molare, ovvero con un alto rapporto aromatico/olefina.<br />

Ciò permette di contenere anche la sottoproduzione di<br />

608 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

Pori<br />

Dimensione<br />

pori (nm)<br />

0,660,67<br />

0,560,56<br />

Mordenite MOR 1D larghi 0,650,70<br />

Y FAU 3D larghi 0,740,74<br />

MCM-22 MWW 3D medi<br />

ZSM-5 MFI 3D medi<br />

tab. 3. Velocità relative nella alchilazione del toluene<br />

(Allen e Yats, 1961)<br />

Gruppo achilico Velocità relativa<br />

Metile 1,0<br />

Etile 13,7<br />

i-propile 20.000<br />

tab. 2. Zeoliti rilevanti nell’alchilazione catalitica<br />

0,550,40<br />

0,510,41<br />

0,530,56<br />

0,510,55


oligomeri (Norris Shreve e Albright, 1958). Lo svantaggio<br />

è costituito dalla necessità di separare l’eccesso<br />

di aromatico e di riciclarlo, con elevati costi energetici.<br />

Un altro accorgimento consiste nell’applicazione di catalizzatori<br />

molto selettivi come quelli zeolitici, in grado di<br />

ridurre la formazione dei più ingombranti polialchilati<br />

e di favorire la formazione di monoalchilato. Per esempio,<br />

nell’alchilazione del benzene con propilene catalizzata<br />

da zeolite Beta:<br />

CH 2CHCH 3<br />

k 2<br />

CH 2CHCH 3<br />

il rapporto tra le costanti di velocità per la formazione<br />

dei prodotti di- e mono- alchilati è pari a 0,54 (Perego et<br />

al., 1999).<br />

Alchilazione del benzene<br />

Etilbenzene<br />

Nel 2004 la produzione mondiale di etilbenzene (EB)<br />

è stata di circa 26 milioni di t, con una domanda che cresce<br />

mediamente del 4-5% all’anno. La quasi totalità dell’EB<br />

è usata per la produzione di stirene, materia prima<br />

per polimeri termoplastici ed elastomeri.<br />

fig. 3. Principali<br />

reazioni durante<br />

l’alchilazione<br />

del benzene<br />

con etilene.<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

k 1<br />

CH 3CHCH 3<br />

CH 3CHCH 3<br />

CH 3CHCH 3<br />

CH 2 = CH 2 CH 3CH 2 <br />

alchilbenzeni superiori<br />

alchilbenzeni superiori<br />

H <br />

H <br />

H <br />

AROMATICI<br />

Alchilazione del benzene a EB. Le principali reazioni<br />

che avvengono durante l’alchilazione del benzene con<br />

etilene, catalizzata da acidi, sono riassunte in fig. 3.<br />

Il primo stadio è rappresentato dalla formazione del<br />

carbocatione etilico, che segue poi due principali vie di<br />

reazione: reagisce col benzene per dare EB, che in seguito,<br />

per alchilazioni successive, forma dietil- e trietilbenzene<br />

(DEB e TEB); oppure reagisce con un’altra molecola<br />

di etilene per formare un carbocatione C 4 , che può<br />

successivamente alchilare, oligomerizzare, isomerizzare<br />

e crackizzare, dando altri alchilbenzeni e olefine. In<br />

misura molto limitata l’EB può alchilare il benzene a<br />

1,1-difeniletano. È importante sottolineare che DEB e<br />

TEB possono reagire con il benzene per dare EB. Questa<br />

reazione, nota con il nome di transalchilazione, è una<br />

reazione di equilibrio:<br />

e in opportune condizioni può avvenire già durante l’alchilazione.<br />

Il processo tradizionale per la produzione di<br />

EB venne sviluppato intorno al 1930. Il catalizzatore<br />

impiegato era AlCl 3 -HCl e tutte le operazioni erano eseguite<br />

in un reattore agitato, in condizioni piuttosto blande:<br />

170 °C e 0,7 MPa. All’uscita del reattore, dopo la<br />

separazione, i polietilbenzeni (prevalentemente DEB e<br />

TEB) venivano riciclati nel reattore di alchilazione, dove<br />

si convertivano in presenza di un eccesso di benzene<br />

per transalchilazione, fino a una conversione prossima<br />

C 4H 9 <br />

C 2H 4<br />

C 2H 4<br />

<br />

C 6H 13<br />

H <br />

C 2H 5<br />

H <br />

C 2H 5<br />

CH<br />

H <br />

C 4 olefine<br />

C 6 olefine<br />

2<br />

CH 2CH 3<br />

CH 3<br />

H <br />

C 2H 5 <br />

cracking<br />

C 2H 5<br />

CH 2CH 3<br />

CH 2CH 3<br />

C 2, C 4, C 5, C 7 olefine<br />

altri alchilati<br />

609


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

all’equilibrio termodinamico. La composizione di equilibrio<br />

è funzione del rapporto etilene/benzene; tale rapporto<br />

è tipicamente compreso tra 0,35 e 0,55 (Franck e<br />

Stadelhofer, 1988).<br />

Per superare i problemi connessi con l’utilizzo dell’AlCl<br />

3 , a partire dalla metà degli anni Sessanta del 20°<br />

secolo, diversi catalizzatori zeolitici sono stati sperimentati<br />

in questa reazione. Nel 1976 la Mobil-Badger<br />

avviò il primo impianto industriale per la produzione di<br />

EB in fase gassosa, con reattore a letto fisso, caricato<br />

con un catalizzatore a base di ZSM-5. Il reattore operava<br />

in condizioni di alta temperatura (390-450 °C) e di<br />

pressione elevata (1,5-2 MPa). Come nel processo ad<br />

AlCl 3 , dopo separazione, i polialchilati venivano riciclati<br />

nel reattore per essere transalchilati. A causa della<br />

disattivazione dovuta al deposito di residui carboniosi<br />

(coke) nei pori zeolitici, il catalizzatore doveva essere<br />

rigenerato ogni 40-60 giorni. La rigenerazione era condotta<br />

in situ, insufflando aria per permettere la combustione<br />

del coke. La frequenza elevata di questa operazione<br />

rendeva necessario disporre di due reattori, uno<br />

per la rigenerazione e uno per la reazione, per garantire<br />

una produzione continua. Questo processo, commercializzato<br />

a partire dal 1980, venne in seguito migliorato<br />

con l’aggiunta di un reattore dedicato alla transalchilazione<br />

dei polietilbenzeni, ottenendo in questo modo un<br />

miglioramento sia delle rese sia della vita del catalizzatore<br />

(Wang, 1993).<br />

Un sensibile miglioramento venne in seguito ottenuto<br />

da UOP/Lummus/Unocal con lo sviluppo di un processo<br />

in fase liquida. Il vantaggio della fase liquida è<br />

rappresentato da un miglior controllo termico che si riflette<br />

in un allungamento della vita del catalizzatore. In questo<br />

modo le rigenerazioni sono meno frequenti e possono<br />

essere condotte sul catalizzatore scaricato dal reattore<br />

in forni dedicati. Per problemi di controllo diffusivo<br />

le zeoliti a pori medi, come la ZSM-5, non erano adatte<br />

a operare in fase liquida. Per questo motivo nel nuovo<br />

processo si utilizzò la zeolite Y, una zeolite a pori larghi.<br />

Il processo venne commercializzato per la prima volta<br />

in Giappone nel 1990 (Narsolis et al., 1997).<br />

Altre zeoliti a pori larghi si sono dimostrate adatte per<br />

l’alchilazione in fase liquida del benzene con l’etilene (per<br />

esempio L, Omega, ZSM-12, Beta). In particolare la zeolite<br />

Beta è risultata più selettiva di una zeolite Y ultrastabilizzata<br />

(USY), con una selettività globale (EB<br />

DEBTEB) del 99,3%, contro il 91,1% della Y. Entrambe<br />

le zeoliti hanno un sistema di canali tridimensionale,<br />

ma la presenza di larghe cavità (diametro di 1,2 nm) all’intersezione<br />

dei canali di quella Y è probabilmente la causa<br />

della formazione di sottoprodotti voluminosi che, oltre a<br />

ridurre la selettività, determinano una più veloce disattivazione<br />

del catalizzatore (Bellussi et al., 1995).<br />

Prestazioni molto interessanti sono state ottenute anche<br />

con la MCM-22, una zeolite a pori medi, caratterizzata<br />

da due sistemi di canali indipendenti, di cui uno dotato<br />

di larghe cavità aperte sulla superficie esterna, con aperture<br />

di 12 tetraedri e dimensioni di 0,710,71 nm. Grazie<br />

a questa peculiarità, la MCM-22 mostra un’attività<br />

catalitica comparabile alla USY, ma inferiore rispetto<br />

alla Beta. Comunque, la selettività è più elevata rispetto<br />

sia a USY sia a Beta, in quanto la formazione di DEB e<br />

TEB è particolarmente contenuta (Cheng et al., 1999).<br />

L’MCM-22 è stata applicata in un processo in fase liquida<br />

chiamato EBMax e commercializzato da Exxon/Mobil<br />

a partire dal 1995.<br />

La zeolite Beta è il catalizzatore del processo sviluppato<br />

da Polimeri Europa per la produzione di EB.<br />

Dopo alcuni anni di valutazione in un impianto pilota, il<br />

catalizzatore è stato valutato in un reattore industriale di<br />

un’unità EB esistente a partire dal 2001. Il catalizzatore<br />

a base di zeolite Beta ha mostrato prestazioni eccezionali<br />

sia dal punto di vista dei consumi specifici di<br />

materie prime sia da quello della qualità dell’EB prodotto.<br />

Lo schema di flusso del processo di Polimeri Europa<br />

è riportato in fig. 4 (Girotti et al., 2004). Il catalizzatore<br />

viene distribuito nel reattore su più letti e l’alimentazione<br />

dell’etilene viene ripartita su di essi in modo da<br />

realizzare localmente un rapporto benzene/etilene più<br />

elevato di quello globale, per le ragioni precedentemente<br />

descritte. Questo è un accorgimento utilizzato in tutti<br />

i processi di alchilazione con reattori a letti catalitici.<br />

Dal 1990 UOP/Lummus ha migliorato il proprio processo<br />

in fase liquida (Narsolis et al., 1997), che viene<br />

ora commercializzato con il nome EBOne. Il catalizzatore,<br />

originariamente una zeolite Y, ora è costituito da<br />

una zeolite Beta modificata. I miglioramenti apportati<br />

al catalizzatore sono stati estesi anche al processo sviluppato<br />

da CDTECH (un consorzio tra ABB Lummus e<br />

Chemical Research and Licensing), basato sulla distillazione<br />

catalitica che combina reazione e distillazione<br />

in una sola operazione. Il catalizzatore, confezionato in<br />

‘balle’, viene posizionato sui piatti della colonna di distillazione<br />

(fig. 5). Su ogni singolo piatto il rapporto benzene/etilene<br />

risulta molto elevato (>1.000), per effetto<br />

della resistenza al trasferimento di massa e dell’equilibrio<br />

liquido-vapore, con i conseguenti vantaggi sulla<br />

selettività. Inoltre il calore di reazione viene sfruttato per<br />

distillare il benzene, realizzando un risparmio energetico.<br />

Tale processo, denominato CDTECH EB, è particolarmente<br />

adatto per correnti diluite di etilene (Cho e Zhu,<br />

2003). Delle oltre 70 unità industriali di EB nel mondo,<br />

nel 2002 solo il 24% impiegava ancora come catalizzatore<br />

AlCl 3 -HCl; le altre utilizzavano catalizzatori zeolitici:<br />

il 40% in fase gassosa e il 36% in fase liquida (Perego<br />

e Ingallina, 2002).<br />

Isopropilbenzene (cumene)<br />

La produzione mondiale di cumene nel 2004 è stata<br />

di 9,5 milioni di t; esso è utilizzato quasi esclusivamente<br />

610 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


enzene<br />

etilene<br />

compressione<br />

etilene<br />

sezione di<br />

alchilazione<br />

per la produzione di acetone e fenolo e per il consumo<br />

di fenolo è prevista una crescita del 5 % all’anno.<br />

Alchilazione del benzene con propilene. La reazione<br />

di alchilazione del benzene con il propilene è molto simile<br />

a quella con l’etilene (fig. 6).<br />

Il carbocatione i-propilico reagisce con il benzene<br />

per dare cumene e per alchilazioni successive di- e triisopropilbenzene.<br />

Di- e tri-isopropilbenzene possono<br />

transalchilare a cumene in presenza di un eccesso di<br />

benzene. Il carbocatione può inoltre reagire con propilene<br />

producendo carbocationi C 6 che evolvono attraverso<br />

oligomerizzazione, cracking e alchilazione, dando<br />

oligomeri superiori e altri alchilbenzeni. Piccole quantità<br />

di n-propilbenzene sono anche ottenute per isomerizzazione<br />

del cumene. Questo rappresenta un aspetto<br />

molto critico, in quanto l’n-propilbenzene non può<br />

essere separato per semplice distillazione e quindi la<br />

sua formazione incide direttamente sulla qualità finale<br />

del cumene.<br />

La domanda di cumene come additivo alto-ottanico<br />

per gli aerei militari nella Seconda Guerra Mondiale<br />

portò allo sviluppo del primo processo basato sull’impiego<br />

di acido solforico. I problemi legati all’uso di un<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

colonna recupero<br />

benzene<br />

trattamento<br />

con argilla<br />

sezione di<br />

transalchilazione<br />

benzene<br />

colonna benzene<br />

PEB<br />

fig. 4. Schema di flusso del processo in fase liquida per la produzione di EB.<br />

colonna EB<br />

colonna PEB<br />

AROMATICI<br />

spurgo<br />

acqua oleosa<br />

EB<br />

al sistema<br />

da vuoto<br />

olio<br />

flussante<br />

acido libero furono superati già negli anni Quaranta, con<br />

l’introduzione da parte di UOP di un catalizzatore a base<br />

di acido fosforico supportato (SPA, Supported Phosphoric<br />

Acid). Questa tecnologia è ancora oggi ampiamente diffusa:<br />

il catalizzatore è caricato in un reattore a letto fisso<br />

che opera in fase liquida (180-240 °C; 3-4 MPa). La formazione<br />

di polialchilati, che non vengono transalchilati<br />

dal SPA, e degli oligomeri del propilene è minimizzata<br />

operando con un alto rapporto benzene/propilene (da<br />

5 a 10). Anche in questo caso il rapporto viene ulteriormente<br />

aumentato suddividendo l’alimentazione del propilene<br />

sui singoli letti catalitici. Il catalizzatore SPA, pur<br />

essendo supportato, genera comunque problemi di corrosione,<br />

dovuti a un rilascio di acido libero; inoltre, alla<br />

fine del ciclo di vita non può essere rigenerato.<br />

Negli anni Settanta, Monsanto-Lummus introdusse<br />

una nuova tecnologia basata sull’impiego di AlCl 3 -HCl,<br />

molto simile a quella dell’EB. Il vantaggio dell’AlCl 3<br />

consiste nella capacità di catalizzare la transalchilazione<br />

dei polialchilati, che possono quindi essere riciclati<br />

nel reattore di alchilazione, diversamente dal catalizzatore<br />

SPA. Comunque solo pochi impianti sono stati realizzati<br />

con questa tecnologia.<br />

611


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

etilene<br />

leggeri<br />

benzene<br />

sezione distillazione catalitica<br />

sezione distillazione<br />

etilbenzene e pesanti<br />

fig. 5. Schema di funzionamento di una colonna di<br />

distillazione con catalizzatore per la produzione di EB.<br />

fig. 6. Reazione<br />

di alchilazione<br />

del benzene<br />

con il propilene.<br />

CH 2 = CHCH 3 CH 3CH CH 3<br />

alchilbenzeni superiori<br />

alchilbenzeni superiori<br />

H <br />

H <br />

H <br />

C 3H 6<br />

C 3H 6<br />

La ricerca di catalizzatori zeolitici per la produzione<br />

di cumene è stata per molti versi simile a quella<br />

dell’EB, anche se, rispetto a quest’ultimo, sono stati<br />

necessari molti più anni per giungere a un risultato di<br />

rilievo. Ciò si deve prevalentemente al fatto che la zeolite<br />

ZSM-5, il catalizzatore del processo EB della Mobil,<br />

evidenziò un grosso limite nella reazione a cumene,<br />

rappresentato dalla elevata coproduzione di n-propilbenzene.<br />

D’altra parte la ZSM-5, essendo a pori medi,<br />

non è sufficientemente attiva in fase liquida (Bellussi<br />

et al., 1995). Anche per il cumene un sensibile miglioramento<br />

si ottenne quindi operando in fase liquida con<br />

zeoliti a pori larghi. Con catalizzatori basati su queste<br />

zeoliti, intorno alla metà degli anni Novanta furono<br />

pubblicizzati nuovi processi ed effettuate le prime marce<br />

industriali da parte di Dow-Kellogg, Mobil-Raytheon,<br />

CDTech, EniChem e UOP. In tutti i casi, si trattò di<br />

interventi migliorativi in impianti esistenti, mediante<br />

la sostituzione del SPA con un catalizzatore zeolitico.<br />

In fig. 7 vengono riportati il tipo di reattore e le zeoliti<br />

utilizzate in questi processi.<br />

A partire dal marzo 1996 Enichem (ora Polimeri<br />

Europa) sperimentò su un reattore dell’impianto per la<br />

produzione di cumene di Porto Torres un nuovo catalizzatore<br />

a base di zeolite Beta. I risultati furono molto<br />

positivi per quanto riguarda sia i consumi specifici di<br />

materie prime, sia la qualità del cumene. La fig. 8 confronta<br />

la qualità del cumene ottenuto con il catalizzatore<br />

zeolitico e con il catalizzatore SPA, in termini di concentrazione<br />

delle impurità. Sulla base di questi risultati<br />

tutto l’impianto fu convertito a zeolite Beta. Dopo anni<br />

di esercizio il nuovo catalizzatore ha evidenziato anche<br />

CH3 CH3 CH<br />

CH 2CH 2CH 3<br />

612 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

C6H13 C9H19 H <br />

H <br />

H <br />

C 6 olefine<br />

C 6 olefine<br />

C <br />

3H7 H CH 3<br />

cracking<br />

CH<br />

CH 3<br />

CH 3<br />

CH<br />

CH 3<br />

C 2, C 4, C 5, C 7 olefine<br />

altri alchilati


società ExxonMobil UOP CD-Tech Dow-Kellog Polimeri Europa<br />

processo Q-max CDCumene 3-DDM<br />

zeolite MCM-22 Beta Y Mordenite Beta<br />

reattore<br />

letto fisso<br />

con riciclo<br />

un’elevata stabilità, arrivando a produrre più di 30.000 t<br />

di cumene per tonnellata di catalizzatore, da confrontare<br />

con le 1.500 t ottenute per tonellata di SPA. Lo schema<br />

a flusso del processo di produzione del cumene di<br />

Polimeri Europa è riportato in fig. 9 (Girotti et al., 2004).<br />

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA<br />

letto fisso<br />

fig. 7. Processi per la produzione di cumene con catalizzatori zeolitici.<br />

ppm<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

non aromatici a-metilstirene n-propilbenzene<br />

t-butilbenzene indice bromo<br />

zeolite<br />

SPA<br />

fig. 8. Confronto delle prestazioni del catalizzatore<br />

a base di zeolite Beta e del catalizzatore SPA.<br />

distillazione<br />

catalitica<br />

Nel 2001, su circa quaranta impianti di cumene esistenti<br />

nel mondo, già quattordici operavano con catalizzatore<br />

zeolitico (Degnan et al., 2001).<br />

Bibliografia citata<br />

letto fisso letto fisso<br />

AROMATICI<br />

Allen R.H., Yats L.D. (1961) Kinetics of three compound<br />

equilibrations. V: Concurrent alkylation and isomerization,<br />

«Journal of the American Chemical Society», 83, 2799-2805.<br />

Beck J.S., Haag W.O. (1997) Alkylation of aromatics, in: G.<br />

Ertl et al. (edited by) Handbook of heterogeneous catalysis,<br />

Weinheim, VCH, 2123-2139.<br />

Bellussi G. et al. (1995) Liquid-phase alkylation of benzene<br />

with light olefins catalyzed by b zeolites, «Journal of<br />

Catalysis», 157, 227-234.<br />

Cheng J. C. et al. (1999) A comparison of zeolites MCM-22,<br />

Beta and USY for liquid phase alkylation of benzene with<br />

ethylene, in: Studies in surface science and catalysis, 121,<br />

Amsterdam, Elsevier, 53-60.<br />

Cho S., Zhu W. (2003) Ethylbenzene/styrene monomer<br />

technological advancements enable dramatic improvements<br />

in unit capacities and project economics, in: Proceedings<br />

of the ERTC petrochemical conference, Paris (France), 3-5<br />

March.<br />

Csicsery S.M. (1995)The future of shape selective catalysis,<br />

in: Studies in surface science and catalysis, 94, Amsterdam,<br />

Elsevier, 1-12.<br />

Degnan T.F. et al. (2001) Alkylation of aromatics with ethylene<br />

and propylene. Recent developments in commercial<br />

processes, «Applied Catalysis A. General», 221, 283-294.<br />

Franck H.G., Stadelhofer J.W. (1988) Industrial aromatic<br />

chemistry, Berlin, Springer, 134.<br />

613


INDUSTRIA PETROLCHIMICA: PRODOTTI DI BASE E FILIERE PRODUTTIVE<br />

benzene<br />

fresco<br />

colonna recupero<br />

benzene<br />

propilene fresco<br />

trattamento<br />

con argilla<br />

catalizzatore zeolitico<br />

reattore di alchilazione<br />

depropanizzatore<br />

Girotti G. et al. (2004) Zeolite catalysts the way forward,<br />

«Hydrocarbon Engineering», November.<br />

Narsolis F. et al. (1997) High performance catalyst for liquid<br />

phase EB technology, «Petroleum Technology Quarterly»,<br />

Summer, 77-81.<br />

Norris Shreve R., Albright L.F. (1958) Alkylation, in:<br />

Groggins P.H. (editor in chief) Unit processes in organic<br />

synthesis, New York, McGraw-Hill, 804-855.<br />

Olah G.A. (1973) Friedel-crafts chemistry, New York, John<br />

Wiley, 35-36.<br />

Perego C., Ingallina P. (2002) Recent advances in the<br />

industrial alkylation of aromatics. New catalysts and new<br />

processes, «Catalysis Today» , 73, 3-22.<br />

Perego C., Ingallina P. (2004) The combining alkylation<br />

riciclo benzene<br />

fig. 9. Schema di flusso del processo in fase liquida per la produzione di cumene.<br />

and transalkylation for alkylaromatic production, «Green<br />

Chemistry», 6, 274-279.<br />

Perego C. et al. (1999) Development and industrial application<br />

of a new b zeolite catalyst for the production of benzene,<br />

in: Proceedings of 12 th International zeolite conference,<br />

Warrendale (PA), Material Reasearch Society, 4v.; v. I, 575.<br />

Vogel P. (1985) Carbocation chemistry, Amsterdam, Elsevier, 74.<br />

Wang S.-H. (1993) Styrene, Process Economics Program<br />

Report 33C, Supplement C, SRI Consulting.<br />

Carlo Perego<br />

EniTecnologie<br />

San Donato Milanese, Milano, Italia<br />

614 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI<br />

colonna benzene<br />

colonna cumene<br />

polialchilbenzeni<br />

colonna di<br />

diisopropilbenzene<br />

reattore di<br />

transalchilazione<br />

spurgo<br />

acqua oleosa<br />

GPL<br />

cumene puro<br />

catalizzatore<br />

zeolitico<br />

pesanti a olio<br />

combustibile

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!