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Attilio Momigliano, voce Verga da Enciclopedia Italiana di ... - Treccani

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"VERGA, GIOVANNI" <strong>voce</strong> tratta <strong>da</strong>lla <strong>Enciclope<strong>di</strong>a</strong> italiana <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti, vol. XXXV<br />

GIOVANNI VERGA<br />

La fase patriottico-romantica e sentimental-borghese<br />

Novelliere e romanziere, nato il 31 agosto 1840 a Catania, ivi morto il 27 gennaio<br />

1922. A Catania ebbe come maestro un verseggiatore byroniano e montiano,<br />

Antonino Abate. Risentì <strong>di</strong> questa educazione nel suo primo romanzo e<strong>di</strong>to, I<br />

Carbonari della montagna (Catania 1861-62), racconto storico del periodo<br />

murattiano. Nel '63 pubblicò nel giornale fiorentino La nuova Europa un romanzo<br />

d'argomento contemporaneo e prevalentemente amoroso, Sulle lagune. Nel '66,<br />

con Una peccatrice (Torino), cominciò la serie dei romanzi passionali, che<br />

comprende Storia <strong>di</strong> una capinera (Milano 1871), Eva (ivi 1873), Tigre reale (ivi<br />

1873), Eros (ivi 1875). Se si prescinde <strong>da</strong>i primi due romanzi, insignificanti e<br />

rimasti quasi ignoti, è questa la prima maniera del V., langui<strong>da</strong>mente<br />

sentimentale nella famosissima Storia <strong>di</strong> una capinera, morbi<strong>da</strong>mente ed<br />

enfaticamente romantica negli altri racconti.<br />

Nel '69 il <strong>Verga</strong> era an<strong>da</strong>to a Firenze, poi a Milano, dove visse a lungo e <strong>da</strong> cui si<br />

assentò qualche volta, tra il '76 e l'80, per lutti domestici. L'allontanamento <strong>da</strong>lla<br />

città nativa, provinciale e isolata <strong>da</strong>l movimento letterario, influì sulla sua<br />

operosità anteriore all'80. Alle reminiscenze della letteratura sentimentale e<br />

romantica - italiana e francese - si aggiunsero le suggestioni degli ambienti<br />

mon<strong>da</strong>ni e della scapigliatura milanese. Di qui il fondo letterario e falso della sua<br />

prima maniera, e quell'infatuazione cupa e passionale che è insieme reminiscenza<br />

libresca e autobiografia torbi<strong>da</strong>.<br />

Si preannuncia la produzione del <strong>Verga</strong> maggiore<br />

Maggiore serietà c'è nella Storia <strong>di</strong> una capinera, dove è evidente il proposito <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare come la sensibilità sentimentale <strong>di</strong> Maria metta capo naturalmente al<br />

suo sventurato amore; preannunzî del <strong>Verga</strong> maggiore, poeta della vita normale,<br />

della realtà aspra che si deve affrontare con forza e con buon senso, ci sono<br />

nell'Erminia <strong>di</strong> Tigre reale, e soprattutto nella protagonista <strong>di</strong> Eva. Era questa la<br />

nota che il <strong>Verga</strong>, scoprendo faticosamente il fondo del proprio animo,<br />

approfondendo la malinconia della letteratura borghese, ritornando alle sane<br />

impressioni dei giorni passati <strong>da</strong> fanciullo nella campagna siciliana, era destinato<br />

a portare nel verismo, il quale rimaneva in lui una concezione triste, ma era<br />

frenato <strong>da</strong>lla ripugnanza per la patologia fisica e morale.<br />

Questa concezione si venne formando lentamente. La novella Ned<strong>da</strong> (Milano<br />

1874), con cui, per ragioni contenutistiche più che poetiche, la tra<strong>di</strong>zione critica<br />

fa incominciare il suo verismo, ha gia una protagonista verghiana (una povera<br />

conta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Sicilia): ma ha, per lo più, l'intonazione <strong>di</strong> una "pietosa istoria",<br />

raccontata <strong>da</strong> un borghese <strong>di</strong> buon cuore; ha, troppo spesso, il taglio e il tono<br />

d'un racconto e<strong>di</strong>ficante o educativo, e uno stile che, a poche battute d'una<br />

severa e costernata oggettività, mescola con un ibri<strong>di</strong>smo continuo l'osservazione<br />

puramente documentaria della realtà, la gentilezza manierata della Storia <strong>di</strong> una<br />

capinera e la compostezza ricalcata sul Manzoni.<br />

Il mutamento d'intonazione è più visibile nell'Eva del romanzo omonimo, una<br />

piccola e graziosa creatura che ha però un senso positivo della vita ed è la prima<br />

chiara <strong>voce</strong> <strong>di</strong> quella considerazione quadrata e tenace della fatica dell'esistenza<br />

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"VERGA, GIOVANNI" <strong>voce</strong> tratta <strong>da</strong>lla <strong>Enciclope<strong>di</strong>a</strong> italiana <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti, vol. XXXV<br />

che riempirà <strong>di</strong> sé l'opera del V. In questo romanzo prepondera ancora lo scrittore<br />

mon<strong>da</strong>no e falso. Ma la storia logica, malinconica e senza falsi fascini, dell'amore<br />

<strong>di</strong> quella ballerina, forzata <strong>da</strong> Enrico ad abbandonare gli splendori del<br />

palcoscenico e ridottasi a vivere con lui nella sua casa squalli<strong>da</strong>, ha già in molte<br />

pagine una soli<strong>da</strong> motivazione artistica.<br />

La secon<strong>da</strong> maniera: un verismo secco, paesano e affettuoso<br />

Le novelle Vita dei campi (Milano 1880) segnano l'inizio della secon<strong>da</strong> maniera: un<br />

verismo secco, alieno per lo più <strong>da</strong>lle lente accumulazioni tipo Zola, e, come notò<br />

L. Russo, spirituale, paesano e affettuoso, mentre il realismo e il naturalismo<br />

francese erano meccanici, metropolitani e aspri. Qualche cosa <strong>di</strong> sistematico c'è<br />

anche nel V., non solo nella soverchia accentuazione della sicilianità dello stile,<br />

ma anche nella linea generale, se non <strong>di</strong> Mastro-don Gesualdo, dei Malavoglia, i<br />

quali, se evitano la descrizione meto<strong>di</strong>ca e tendenziosa e sono, nelle singole<br />

pagine, sintetici, sembrano poi, nel complesso, scarsi d'impeto, come mortificati<br />

<strong>da</strong> un programma - sia pure vivificato <strong>da</strong> un cuore profondo e <strong>da</strong> una fantasia<br />

coerente - e, infine, non veramente sintetici. Caratteristiche che dànno qualche<br />

ragione anche alla tepidezza del lettore comune.<br />

Una scarna poetica verista si può spigolare nell'opera del V. nelle pagine intitolate<br />

Fantasticheria (in Vita dei campi), dove egli fissa il tema della sua secon<strong>da</strong><br />

maniera in polemica con il sé stesso della prima e preannunzia l'argomento dei<br />

Malavoglia; nel prelu<strong>di</strong>o all'Amante <strong>di</strong> Gramigna (Vita dei campi), in cui però, a<br />

parte l'ubbia naturalistica, l'arte è concepita con una purezza flaubertiana; nella<br />

prefazione ai Malavoglia, nella quale il tema <strong>di</strong> esso e dell'intero ciclo dei Vinti, che<br />

doveva comprendere anche Mastro don Gesualdo, La duchessa <strong>di</strong> Leyra,<br />

L'onorevole Scipioni, L'uomo <strong>di</strong> lusso e rappresentare le sfortunate ambizioni degli<br />

uomini in una scala ascendente <strong>da</strong>l giovane pescatore 'Ntoni al protagonista<br />

dell'ultimo volume, è descritto con una terminologia naturalistica. Si aggiungano<br />

le affermazioni testimoniate <strong>da</strong>ll'Ojetti (Alla scoperta dei letterati, Torino 1895) -<br />

notevolissima questa: che a scrivere s'impara "ascoltando" -, e l'aneddoto del<br />

giornale <strong>di</strong> bordo che svela al V. lo stile che gli occorre (Riccardo Artuffo, in La<br />

Tribuna, 2 febbraio 1911).<br />

Lo stile verista <strong>di</strong> <strong>Verga</strong><br />

Il carattere principale del verismo del V. è l'illusione che lo stile sia non l'uomo,<br />

ma la cosa. Di qui la sua semplicità, spesso espressiva, talora ricalcata<br />

faticosamente sui <strong>di</strong>scorsi "ascoltati"; <strong>di</strong> qui la sua secchezza, spesso potente,<br />

talora fred<strong>da</strong>, e l'impressione che, in complesso, al V., troppo stu<strong>di</strong>oso<br />

dell'impersonalità, manchi la facilità superiore dei gran<strong>di</strong>ssimi.<br />

Il motivo <strong>di</strong> Vita dei campi è la rappresentazione d'una umanità primitiva e<br />

istintiva: troppo ischeletrita in Cavalleria rusticana, e talora abbassata a<br />

osservazione caratteristica e folcloristica; meglio riuscita nella Lupa, anche meglio<br />

in Jeli il pastore e soprattutto in Rosso Malpelo, dove la linea un po' oscillante fra<br />

il ritratto e il racconto non turba però troppo l'impressione lirica fon<strong>da</strong>mentale <strong>di</strong><br />

"leggen<strong>da</strong> popolare" (Capuana) e s'incomincia a vedere che sotto la superficie<br />

compressa del verismo verghiano scorre una forte corrente <strong>di</strong> sentimento.<br />

Qualche volta le pagine <strong>di</strong> queste novelle, come poi quelle culminanti dei due<br />

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maggiori romanzi, si alzano a un canto desolato, che è come l'interpretazione<br />

lirica che il V. fa del pathos dei derelitti, ed è la sublimazione lirica del verismo.<br />

Le classi umili <strong>di</strong>ventano protagoniste: I Malavoglia<br />

Con I Malavoglia (Milano 1881) il V. ritorna alla sfera della vita sociale. D'ora<br />

innanzi il tema della sua arte sarà, si può <strong>di</strong>re sempre, la rappresentazione delle<br />

classi più umili della società. I Malavoglia ritraggono, nelle persone della famiglia<br />

protagonista, le "tenaci affezioni dei deboli", "l'istinto che hanno i piccoli <strong>di</strong><br />

stringersi fra loro per resistere alla tempesta della vita", e la triste sorte <strong>di</strong> uno <strong>di</strong><br />

essi che, per brama <strong>di</strong> meglio, si stacca <strong>da</strong>l gruppo, e soccombe. Il motivo lirico è<br />

il sentimento della famiglia, dell'onestà tra<strong>di</strong>zionale, gli umili e santi affetti e<br />

bisogni che tengono legati fra loro i protagonisti: rappresentati con maggiore<br />

soli<strong>di</strong>tà e solennità in nonno 'Ntoni, e riflessi con tenera malinconia in tutti gli<br />

altri, e nello stesso giovane che si ribella agl'ideali familiari e degenera, e tuttavia<br />

li riconosce quando, tornato al paese dopo la vana esperienza del nuovo e<br />

dell'ignoto, si sente indegno della casa che ha abbandonato.<br />

Intorno ai Malavoglia è raccolta tutta la vita del paese, con un'ispirazione unitaria<br />

più continua che in Mastro-don Gesualdo: basti citare come esempio il capitolo<br />

III, magistralmente orchestrato intorno al motivo della burrasca che farà<br />

naufragare la barca con i lupini. I compaesani dei protagonisti costituiscono<br />

l'ambiente in cui questi vivono, la causa e il contraccolpo delle loro vicende: <strong>di</strong> qui<br />

il colore uguale con cui sono rappresentati, quella tinta <strong>di</strong> miseria e <strong>di</strong><br />

malinconia, che non solo risponde alla verità della loro vita, ma anche al tono<br />

delle peripezie dei Malavoglia, e avvolge tutto il romanzo d'un'atmosfera grigia e<br />

dolente. La vita <strong>di</strong> Aci Trezza non ci si presenta pettegola e piccina, come quella<br />

degli ambienti paesani in scrittori borghesi, ma seria, come è per quei pescatori,<br />

sui quali il V. non s'innalza con l'arguzia dell'uomo che si ritiene superiore.<br />

(Invece il tono <strong>di</strong> Mastro-don Gesualdo sarà quello dello scrittore staccato, assai<br />

meno verista, isolato <strong>da</strong>ll'ambiente umile e paesano: il V. <strong>di</strong> questo secondo<br />

romanzo farà causa comune, s'immedesimerà quasi soltanto con i personaggi<br />

socialmente o sentimentalmente più elevati: il protagonista, Bianca e i due<br />

fratelli, Dio<strong>da</strong>ta).<br />

Quest'unità fra personaggi <strong>di</strong> sfondo e protagonisti è mirabile: ma, se <strong>di</strong> rado nei<br />

singoli capitoli, in complesso questa pittura <strong>di</strong> piccoli interessi, rancori, intrighi,<br />

cinismi, passioni frammezzo alle vicende dei Malavoglia, pesa un po' e fa<br />

desiderare un proce<strong>di</strong>mento più sintetico.<br />

All'unità del tono dei Malavoglia contribuisce anche il paesaggio, non lirico, non<br />

largo, ma domestico, colorito delle preoccupazioni, delle abitu<strong>di</strong>ni, dei sentimenti<br />

dei paesani, non <strong>di</strong>sgiungibili né <strong>da</strong> questi né <strong>da</strong>l paese. Però il paesaggio, pur<br />

conservandosi aderente all'umiltà, alla miseria, al dramma dei personaggi, pur<br />

avendo la loro fisionomia povera e dolente, ha un ufficio suo: è un po' il conforto<br />

<strong>di</strong> quell'esistenza, un po' il gran tutto in cui quelle pene si confondono e<br />

annegano. Per questa via il paesaggio <strong>di</strong>venta il soffio che solleva il romanzo, il<br />

motivo melo<strong>di</strong>co che, nei momenti culminanti, fa <strong>di</strong> quelle pene minute e<br />

insistenti un canto desolato e tranquillo. Si ve<strong>da</strong>, per questo, la chiusa del libro; e<br />

si noti che un'intonazione e un ufficio simili avrà ancora il paesaggio in Mastrodon<br />

Gesualdo, nella notte <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> che il protagonista passa accanto a Dio<strong>da</strong>ta,<br />

nelle pagine in cui la vista dei campi conquistati e fertili fa <strong>di</strong>menticare a<br />

Gesualdo la pena incessante della sua vita. Ma nei Malavoglia il senso del<br />

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"VERGA, GIOVANNI" <strong>voce</strong> tratta <strong>da</strong>lla <strong>Enciclope<strong>di</strong>a</strong> italiana <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti, vol. XXXV<br />

paesaggio è più costante, più unitario e più profondo: più che <strong>di</strong> paesaggio è<br />

perciò <strong>da</strong> parlare <strong>di</strong> "patria", cioè del motivo che, abbracciando il cielo <strong>di</strong> Aci<br />

Trezza, il mare, il suolo, la casa, il paese, costituisce il centro affettivo del<br />

romanzo. Per esso, nei Malavoglia circola un soffio religioso, d'una religiosità<br />

domestica e semplice, che colorisce d'un'affettuosità intima tutta la scena fra cui<br />

si svolge quell'umile vita. Per esso si scopre che il motivo ispiratore <strong>di</strong> tutte le<br />

pagine del libro è quello in<strong>di</strong>cato <strong>da</strong>lle parole <strong>da</strong>l V.: "il tenace attaccamento <strong>di</strong><br />

quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere"<br />

(Fantasticheria), questa interpretazione - prima e unica nella letteratura italiana -<br />

del lirismo dei poveri. Per questo riguardo il V. è an<strong>da</strong>to al <strong>di</strong> là del Manzoni, in<br />

virtù <strong>di</strong> quel suo sforzo d'immedesimazione, tanto <strong>da</strong> <strong>da</strong>rci della patria, della<br />

natura e del cielo una concezione ancora ignota alla poesia italiana, adeguando,<br />

con perfetta verità <strong>di</strong> tono, il mare, il cielo, il paesaggio <strong>di</strong> Aci Trezza ai cuori<br />

semplici <strong>di</strong> quei pescatori.<br />

Mastro-don Gesualdo. Una tecnica potente, uno stile venato <strong>di</strong> lirismo<br />

Mastro-don Gesualdo (Milano 1889) è la biografia d'un muratore siciliano,<br />

Gesualdo Motta, arricchito in mezzo ad avversità d'ogni sorta, circon<strong>da</strong>to <strong>da</strong>lla<br />

malignità e <strong>da</strong>ll'invi<strong>di</strong>a dei rivali e dei beneficati, amareggiato anche <strong>da</strong>lla<br />

lontananza spirituale della moglie, <strong>di</strong> nascita troppo superiore alla sua, e infine<br />

<strong>da</strong>ll'in<strong>di</strong>fferenza della figlia, che tiene della finezza aristocratica della madre. La<br />

sua vita è una continua lotta che si risolve in una sconfitta: egli muore dopo<br />

lunghe sofferenze, quasi abbandonato, nel palazzo dove la figlia e il genero<br />

scialacquano le ricchezze che egli ha gua<strong>da</strong>gnato. Gesualdo è della stessa tempra<br />

<strong>di</strong> nonno 'Ntoni, ma ha fatto esperienze più varie, e vive in mezzo a un mondo più<br />

vario: perciò il suo romanzo ha un aspetto più multiforme. Forse, anche, in<br />

talune pagine il V. si <strong>di</strong>mostra artista più potente: forse in tutta la sua opera non<br />

c'è nulla <strong>di</strong> uguale alla morbidezza delle tinte e al respiro riposato della notte che<br />

Gesualdo passa con Dio<strong>da</strong>ta alla Canziria: e certo soltanto nella descrizione della<br />

morte <strong>di</strong> Gesualdo il V. ha raggiunto l'evidenza gigantesca dei realisti immortali.<br />

Questi due passi mostrano chiaramente le due qualità che il V. ha acquistato<br />

negli anni che corrono fra il 1881 e il 1889. Anzitutto una tecnica più <strong>di</strong>spersa e<br />

più potente, un fare più aerato, più complesso, più sensibile, che si manifesta<br />

nella preparazione <strong>di</strong>screta e pietosa del matrimonio <strong>di</strong> Bianca, nelle figure <strong>di</strong><br />

Dio<strong>da</strong>ta e dei Trao, nella costruzione dei capitoli - pittoreschi, mobili, corsi <strong>da</strong><br />

folate <strong>di</strong> vita, eppure quasi sempre equilibratissimi e convergenti verso il motivo<br />

fon<strong>da</strong>mentale (v. per es., nel I come spicca, tra la confusione dell'incen<strong>di</strong>o e la<br />

selvatichezza spaurita dei Trao, la figura gagliar<strong>da</strong> <strong>di</strong> Gesualdo) -; un<br />

atteggiamento meno sorvegliato e più spontaneo, che fa apparire la dura<br />

<strong>di</strong>sciplina antilirica dei Malavoglia come la via necessaria perché il V. potesse<br />

abbandonarsi alla lirica, al romanticismo e ad un linguaggio meno i<strong>di</strong>otistico<br />

senza aver paura del lirismo, dell'emozione torbi<strong>da</strong> e della letteratura. Poi, una<br />

pittura <strong>di</strong> una sicurezza e potenza caratteristica del tutto nuove, che si rivela nei<br />

ritratti (il sensale nel cap. II, donna Agrippina nel cap. III, le acqueforti <strong>di</strong> Diego e<br />

Fer<strong>di</strong>nando, la Rubiera inchio<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>ll'apoplessia), nei quadri (la morte <strong>di</strong><br />

Nunzio), negli ambienti (il palazzo del duca), nel gusto spicciolo del colore e della<br />

linea, in una capacità classica e violenta <strong>di</strong> cogliere la vitalità delle cose, del<br />

paesaggio e delle persone.<br />

Il linguaggio del V. è <strong>di</strong>ventato a volte più sfumato, a volte più massiccio, più<br />

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energico che nei Malavoglia. In complesso il V. è ora più multiforme, tutto motivi,<br />

senza insistenze. Ma a questa maggiore ricchezza <strong>di</strong> attitu<strong>di</strong>ni è venuta meno<br />

l'armonia che teneva insieme i Malavoglia, libro più povero e più coerente.<br />

L'intonazione <strong>di</strong> Mastro-don Gesualdo oscilla fra il caratteristico e l'epico-tragico:<br />

un tono caratteristico che sta <strong>di</strong> mezzo fra la serietà dei Malavoglia e la frivolezza<br />

degli scrittori borghesi, e sale spesso verso il pittoresco <strong>di</strong> alto stile; un tono<br />

epico-tragico, che si sfibra in certi capitoli per culminare negli ultimi, dove<br />

l'umanità del protagonista si rivela in tutta la sua ricchezza, e la melo<strong>di</strong>a triste<br />

dei momenti più ispirati del V. si fonde con un realismo maschio. L'oscillazione<br />

fra i due toni e la leggera preponderanza del primo corrispondono alla<br />

preponderanza dell'ambiente sul protagonista, o almeno all'oscillazione<br />

dell'intonazione artistica fra i due elementi, che qui non sono più fusi come nei<br />

Malavoglia. Ma è grande in Mastro-don Gesualdo, pur continuando anche in<br />

questo romanzo l'abuso della parte <strong>di</strong>alogata, la vivacità degli affreschi<br />

drammatici; grande la spontaneità, che talora sembra quasi foga sorvegliata.<br />

Mastro-don Gesualdo è un libro pieno d'impeto: c'è in esso un senso della vita non<br />

più mortificato, ma largo e pronto. Si <strong>di</strong>rebbe che il V. si senta più sicuro e più<br />

forte: e quin<strong>di</strong> è meno sistematico e meno verista.<br />

Il ciclo dei Vinti non fu continuato: e della Duchessa <strong>di</strong> Leyra il V. scrisse soltanto<br />

il primo capitolo.<br />

Le altre opere<br />

Fra i due maggiori romanzi stanno Il marito <strong>di</strong> Elena (Milano 1882), che nasce<br />

<strong>da</strong>lla stessa filosofia della vita dei Malavoglia, ma preannuncia la psicologia più<br />

indefinita della moglie e della figlia del Motta e la flori<strong>da</strong> vena pittoresca <strong>di</strong><br />

Mastro-don Gesualdo; le Novelle rusticane (Torino 1883), dove, in racconti non <strong>di</strong><br />

rado un po' secchi o slegati, si continuano o si preannunciano motivi dei due<br />

romanzi, e soprattutto si presenta, nelle pitture grottesche o sintetiche, l'abilità<br />

figurativa <strong>di</strong> Mastro-don Gesualdo, come succede in Per le vie (Milano 1883),<br />

novelle dov'è ritratta, con la solita secchezza, la vita dei bassifon<strong>di</strong> milanesi e<br />

nelle quali, come in una raccolta posteriore, Don Candeloro e Ci. (ivi 1894), il V.<br />

abbandona il regionalismo nativo per rientrare negli ambienti caratteristici del<br />

realismo straniero. Stanno <strong>di</strong> mezzo fra quel regionalismo e questo realismo le<br />

novelle <strong>di</strong> Vagabon<strong>da</strong>ggio (Firenze 1887).<br />

Delle altre opere del V. meritano una menzione particolare i drammi, soprattutto<br />

per il posto che occupano nella storia del teatro verista: ve<strong>di</strong> in particolare<br />

Cavalleria rusticana (1884), derivata <strong>da</strong>lla novella omonima.<br />

Altre opere: Primavera e altri racconti (Milano 1876); Drammi intimi (Roma 1884),<br />

in parte ristampati nei Ricor<strong>di</strong> del Capitano d'Arce (Milano 1891); Dal tuo al mio<br />

(ivi 1906); Teatro <strong>di</strong> G. V. (ivi 1912). Per in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> opere minori e <strong>di</strong> lettere, v.<br />

il libro fon<strong>da</strong>mentale <strong>di</strong> L. Russo, Giovanni <strong>Verga</strong>, nuova re<strong>da</strong>zione, Bari 1934.<br />

<strong>Attilio</strong> <strong>Momigliano</strong><br />

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BIBLIOGRAFIA:<br />

Del V. non esiste una biografia.<br />

Sulla sua opera:<br />

L. Capuana, Stu<strong>di</strong> sulla letteratura contemporanea, I, Milano 1880; II, Catania,<br />

1882; id., Per l'arte, Catania 1885; id., Libri e teatro, ivi 1892; id., Gli "ismi"<br />

contemporanei, ivi 1898; id., Cronache letterarie, ivi 1899;<br />

F. Torraca, Saggi e rassegne, Livorno 1885;<br />

B. Croce, G. V., in La Critica, 1903, poi in Lett. della nuova Italia, 3ª ed., III, Bari<br />

1929, pp. 5-32;<br />

L. Russo, G. V., Napoli 1920 (prima e<strong>di</strong>zione del libro già cit.: e<strong>di</strong>z. <strong>da</strong> consultarsi<br />

per le Curiosità e testimonianze bio-bibliografiche);<br />

A. <strong>Momigliano</strong>, Impressioni <strong>di</strong> un lettore contemporaneo, Milano 1928 (v. gli articoli<br />

Rileggendo V., del 1921-23); id., G. V. narratore, Palermo 1923;<br />

F. De Roberto, Il maestro <strong>di</strong> G. V., Stato civile della "Cavalleria rusticana", Il volo<br />

d'Icaro (Domenico Castorina e G. V.), La duchessa <strong>di</strong> Leyra, Storia della "Storia <strong>di</strong><br />

una capinera", in La Lettura del settembre 1920, gennaio e ottobre 1921, giugno e<br />

ottobre 1922;<br />

G. A. Borgese, Tempo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare, Milano 1923;<br />

A. Navarria, Le due e<strong>di</strong>zioni delle Novelle rusticane, I primi romanzi <strong>di</strong> G. V., in<br />

L'educazione nazionale, 1921, nn. 13-14, 1922, n. 2; id., I Malavoglia, in Lunario<br />

siciliano <strong>di</strong> gennaio-aprile 1928;<br />

Stu<strong>di</strong> verghiani (3 fascicoli a cura <strong>di</strong> L. Perroni), Palermo 1929;<br />

G. Marzot, V. e la tra<strong>di</strong>zione, in Pan, agosto 1934.<br />

Più minute in<strong>di</strong>cazioni nell'opera citata del Russo.<br />

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