physique amusante - Treccani
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Da Storia della Scienza (2002), L'Età dei Lumi<br />
La <strong>physique</strong> <strong>amusante</strong><br />
di J. Riskin e A. Walters<br />
1. Dimostrazioni e intrattenimento<br />
Intorno al 1700, la conoscenza della Natura iniziò a divenire una questione di pubblico<br />
interesse. Nel corso della seconda metà del XVII secolo, la fondazione delle accademie<br />
scientifiche aveva conferito una dimensione istituzionale al fenomeno, ormai non privo<br />
di una certa rilevanza commerciale a causa dei crescenti costi della sperimentazione<br />
che necessitava di nuovi e dispendiosi strumenti, come, per esempio, la pompa ad<br />
aria e i generatori elettrici. In alcuni casi, tali costi erano pagati dal pubblico che<br />
assisteva alle dimostrazioni e dagli acquirenti delle versioni volgarizzate degli<br />
strumenti. Gli sperimentatori, infatti, avevano iniziato ad attrarre un pubblico di<br />
spettatori paganti e a delineare il profilo di una scienza della Natura per il popolo. Tra i<br />
primi ideatori dei corsi di fisica sperimentale aperti al pubblico figuravano alcuni<br />
divulgatori delle teorie di Newton: Francis Hauksbee (1666 ca.-1713), John Keill<br />
(1671-1721) e Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744). Tuttavia, i corsi tenuti da<br />
questi ultimi furono preceduti da quelli organizzati dai loro colleghi non newtoniani del<br />
Continente, Jacques Rohault (1620-1672), Pierre-Sylvain Régis (1632-1707) e Pierre<br />
Polinière (1671-1734), che, a partire dalla fine del XVII secolo, avevano illustrato al<br />
pubblico parigino i principî della fisica cartesiana. I conferenzieri pubblici provenivano<br />
da ambienti diversi: alcuni, come, per esempio, Hauksbee, Keill e Desaguliers, erano<br />
fabbricanti di strumenti e dimostratori affiliati a società erudite; altri, come Willem<br />
Jacob 's Gravesande (1688-1742), erano professori universitari; altri ancora erano<br />
liberi professionisti, come, per esempio, l'abate Jean-Antoine Nollet (1700-1770), che<br />
in seguito si dedicò all'insegnamento nei collegi e nelle scuole tecniche. Benché<br />
fossero di differente nazionalità (inglesi, francesi e olandesi), di differente formazione<br />
(newtoniani e cartesiani) e status (accademici e indipendenti), i primi divulgatori dei<br />
principî della filosofia della Natura formavano un gruppo ristretto ma coeso.<br />
Nell'ideare i loro corsi, il newtoniano 's Gravesande e il divulgatore itinerante delle<br />
teorie cartesiane Nollet presero entrambi a modello quelli tenuti da Desaguliers, che<br />
negli anni Trenta si vantava di aver formato ben otto dei dodici pubblici conferenzieri<br />
allora attivi nel mondo. Così, un piccolo numero di individui di diverse nazionalità,<br />
oltre che tra loro dissimili per formazione filosofica e posizione sociale, si trovarono a<br />
operare insieme per definire un corpus comune di concetti e di dimostrazioni, un<br />
programma pubblico di studi della Natura, adottando collettivamente un principio più<br />
pedagogico che filosofico: quello secondo cui per rendere accessibile al grande<br />
pubblico la conoscenza della Natura bisognava far leva sull'esperienza sensibile.<br />
Basandosi su questo assioma, si procedette all'esclusione di una grande quantità di<br />
materiale, definendo così in negativo il profilo di questo programma di studi. Nollet,<br />
nel Programme, ou, Idée générale d'un cours de <strong>physique</strong> expérimentale, del 1738,<br />
dichiarò che, per rendere i suoi corsi accessibili a "individui di ogni età, sesso e<br />
posizione sociale", aveva evitato di cadere sia nel "puro e semplice spettacolo<br />
d'intrattenimento" sia in uno "studio troppo serio" (pp. xi-xii). Rivolgendosi a un<br />
pubblico molto vasto, la filosofia <strong>amusante</strong> dovette definire scrupolosamente i limiti<br />
intellettuali dei suoi contenuti: la matematica fu eliminata, e con essa tutto ciò che era<br />
considerato 'astratto', come sosteneva Isaac Greenwood (1702-1745) nel suo An<br />
experimental course of mechanical philosophy del 1726. I fondatori della scienza<br />
popolare ritenevano che il grande pubblico avrebbe compreso più facilmente ciò che<br />
era percettibile e tangibile e che ne sarebbe stato divertito: il compito principale di un<br />
fisico amusant era quindi quello di tradurre le astrazioni filosofiche in esperienze<br />
sensibili. Nell'opera Physices elementa mathematica, experimentis confirmata (1720-
1721) 's Gravesande promise di "esporre le conclusioni rigorosamente matematiche"<br />
della filosofia newtoniana, rendendole "visibili al pubblico" attraverso il metodo degli<br />
esperimenti (I, pp. xvii-xviii) e Desaguliers, a sua volta, in A course of experimental<br />
philosophy (1734-1744), affermò che la filosofia newtoniana, benché fondata sulla<br />
matematica, poteva essere appresa senza ricorrere al calcolo, citando, a questo<br />
proposito, un illustre precedente: "Il grande Locke divenne un filosofo newtoniano<br />
senza l'aiuto della geometria; egli, infatti, chiese a Huygens se tutte le proposizioni<br />
matematiche dei Principia di Sir Isaac erano vere ed essendogli stato risposto che<br />
poteva far affidamento sulla loro certezza, le diede per scontate [...] divenendo così il<br />
maestro della fisica" (I, prefazione). Una volta privato della geometria, il<br />
newtonianismo divenne quindi accessibile a "tutte le classi e a tutte le professioni, e<br />
persino alle signore [...] attraverso il divertimento" (ibidem). L'elenco dei sottoscrittori<br />
di Desaguliers, in cui figuravano contesse e visconti, un muratore, un fabbricante di<br />
vetro colorato, un libraio e un commerciante, oltre che "le loro maestà, il re e la<br />
regina", conferma questa tesi. La nuova accessibilità si fondava sulle 'macchine' ideate<br />
per esemplificare le scoperte compiute da Newton con l'indagine matematica; non si<br />
deve tuttavia supporre che questi ricercatori pensassero di poter sostituire la<br />
geometria con gli strumenti dimostrativi. Desaguliers riconosceva che certi<br />
esperimenti non erano validi dal punto di vista matematico e che 'non dimostravano',<br />
ma si limitavano a illustrare un enunciato. Un esempio di questo genere d'illustrazioni<br />
era quello riguardante la differenza tra il moto e la velocità offerto da Desaguliers:<br />
una molla avrebbe impresso a un peso x la stessa quantità di moto, ma una velocità<br />
doppia rispetto a un peso 2x. "N.B. - aggiungeva Desaguliers - Si ricorre a questo<br />
esperimento per illustrare più che per dimostrare un tale fenomeno" (ibidem, p. 144).<br />
I conferenzieri popolari indussero così il loro pubblico ad adottare nei confronti della<br />
conoscenza della Natura un nuovo atteggiamento, fondato su una forma dimostrativa<br />
che consentiva agli allievi di comprendere la tesi enunciata, senza spiegare le ragioni<br />
su cui si basava il suo contenuto di verità. Gli esperimenti illustrativi prolungarono<br />
l'iter espositivo abitualmente adottato dai filosofi della Natura del XVIII secolo. Questi<br />
ultimi sottolineavano l'importanza delle basi empiriche della conoscenza, sostenendo<br />
che la teoria dovesse essere basata sull'esperienza. I conferenzieri popolari, invece,<br />
ritennero di dover ritradurre le teorie così ottenute in esperimenti, ritornando<br />
all'empirismo e individuando nell'esperienza sensibile il punto d'arrivo e di partenza<br />
della conoscenza popolare della Natura. I fisici amusants indussero così i loro allievi a<br />
divenire degli esemplari fenomenologi; promettendo di non andare mai "al di là della<br />
fisica percettibile", Nollet nelle Leçons de <strong>physique</strong> expérimentale (1754) dichiarò di<br />
volersi dedicare "soprattutto all'illustrazione delle relazioni esistenti tra i fenomeni" (I,<br />
p. 237).<br />
Le proprietà generali della materia<br />
I primi corsi pubblici di fisica sperimentale furono quindi organizzati sulla base di<br />
principî sensisti, in termini di proprietà percettibili della materia, e vennero divisi in<br />
due grandi sezioni dedicate, rispettivamente, all'illustrazione delle proprietà generali e<br />
a quella delle proprietà particolari della materia. La prima includeva nozioni usate sia<br />
nella fisica cartesiana sia in quella newtoniana, tra cui, per esempio, le nozioni di<br />
estensione, resistenza, divisibilità, attrazione e repulsione. Si trattava proprio di quelle<br />
nozioni astratte che, secondo i conferenzieri, sarebbero apparse incomprensibili al<br />
grande pubblico in mancanza di un'esauriente illustrazione. Nel suo primo<br />
esperimento, in cui si proponeva di trattare la divisibilità della materia, Nollet ricorse a<br />
un procedimento chimico che consentiva di scomporre in due parti una moneta:<br />
calcinò una certa quantità di zolfo posta intorno a una moneta, estraendo una delle<br />
sue leghe sotto la forma di solfuro. La moneta si trovò così a essere divisa in due parti<br />
disuguali, una delle quali sembrava non essersi affatto ridotta: la parte più piccola, la
cui presenza non era percettibile quando era ancora incorporata in quella più grande,<br />
rappresentava concretamente le parti minuscole della materia, rendendo tangibile e<br />
quindi dilettevole il principio di divisibilità. La forza d'attrazione fu illustrata durante la<br />
prima lezione del corso di 's Gravesande, mediante la fusione di due gocce di un<br />
liquido, e da Desaguliers il quale, dopo aver provocato l'ascensione di un liquido rosso<br />
in una serie di tubi di sezioni crescenti, dimostrò che il liquido saliva più in alto nel<br />
tubo più piccolo, in cui era a più stretto contatto con il vetro. Egli, inoltre, dimostrò<br />
che, se sottoposto a un'azione di sfregamento, un tubo di vetro poteva attrarre sulla<br />
sua superficie una piuma; nella conferenza successiva, il tubo di vetro respinse la<br />
piuma, consentendo così a Desaguliers d'illustrare la forza repulsiva della materia.<br />
Infine, egli ricorse all'attrazione e alla repulsione magnetica allo scopo di descrivere<br />
l'attrazione e la repulsione in generale. Desaguliers affermò che le cause del moto<br />
erano diverse in ciascuno dei tre casi, ma evitò di affrontare la questione della<br />
causalità e, a dire il vero, non tentò in alcun modo di spiegare questi fenomeni: i suoi<br />
allievi dovevano limitarsi a osservarli e a prendere atto dell'effettiva esistenza delle<br />
forze di attrazione e repulsione. Gettiamo ora uno sguardo sull'atteggiamento degli<br />
allievi di Desaguliers verso l'uso dell'illustrazione in sostituzione delle prove. Nella sua<br />
quinta conferenza, Desaguliers impiegò una macchina ideata per dimostrare la<br />
composizione delle velocità; si trattava di un dispositivo che, combinando il moto<br />
orizzontale e verticale di due regoli, consentiva a una matita applicata al congegno di<br />
tracciare una linea diagonale. Alcuni allievi osservarono che, per quanto riuscisse a far<br />
muovere in diagonale la matita, questo congegno non dimostrava che la Natura agisse<br />
nello stesso modo. Questa riserva, che riecheggia la contemporanea controversia dei<br />
filosofi naturali sulle cause che inducono un corpo in moto a seguitare a muoversi,<br />
mostra che gli allievi di Desaguliers non erano del tutto insensibili alle complessità<br />
filosofiche implicite nelle sue illustrazioni. Finché queste complessità rimanevano<br />
nell'ombra, Desaguliers e i suoi colleghi potevano concordare sulle illustrazioni anche<br />
nei casi in cui vi era una discordanza di opinioni sulle spiegazioni e quindi ideare corsi<br />
illustrativi basati su programmi comuni. Nell'illustrare la conservazione della quantità<br />
di moto nelle collisioni elastiche, in cui impiegò una serie di palle d'avorio sospese a<br />
caviglie, anche Nollet eluse la questione delle cause che inducono un corpo in moto a<br />
seguitare a muoversi. Provocando una collisione tra la prima e la seconda palla, Nollet<br />
causò l'oscillazione verso l'alto di quest'ultima che, tornando indietro, entrò in<br />
collisione con la prima palla che oscillò a sua volta verso l'alto. Quindi Nollet nelle<br />
Leçons consigliò ai suoi allievi di "astenersi" dall'esaminare la Natura del movimento in<br />
generale, ma di "seguitare a discutere sul modo in cui la velocità si trasmette da un<br />
corpo all'altro" (I, p. 359). Provocando, per esempio, la collisione di palle di<br />
dimensioni diverse e in differenti combinazioni, essi avrebbero potuto constatare che<br />
nei corpi elastici la trasmissione della velocità lascia invariato il prodotto tra la massa<br />
e la velocità. Nollet riteneva che questa fosse una caratteristica osservabile della<br />
proprietà dell'elasticità, così come quella che consentiva la trasmissione dell'impulso<br />
dalla prima all'ultima palla d'avorio del sistema. Le definizioni filosofiche e, in<br />
particolare, quelle relative alle proprietà generali della materia dovevano essere rese<br />
visibili. Desaguliers illustrò la differenza tra il moto e la velocità mediante una molla<br />
che lanciava due pesi, le cui dimensioni erano una il doppio dell'altra: il peso più<br />
piccolo percorreva una distanza doppia rispetto a quello più grande, benché l'identico<br />
grado di compressione della molla indicasse la stessa quantità di moto. Tentando,<br />
infine, di rendere manifesta la matematica, Desaguliers illustrò la legge dell'inverso<br />
del quadrato - secondo cui le 'qualità' fisiche variano in misura inversamente<br />
proporzionale al quadrato della distanza dalla loro fonte - mediante un esperimento.<br />
Tenendo sospeso di fronte a un foro praticato in un foglio di cartone, dietro al quale<br />
ardeva la fiamma di una candela, un cubo di un pollice (2,54 cm) e ponendolo a un<br />
piede (30,48 cm) di distanza dalla candela, dimostrò che l'ombra di quest'ultimo
copriva la faccia di un cubo di due pollici posto a due piedi di distanza dalla candela.<br />
L'area della faccia del secondo cubo equivaleva al quadruplo di quella del primo, come<br />
si poteva constatare sovrapponendo il primo cubo al secondo. Traducendo una legge<br />
matematica in una proprietà percettibile, Desaguliers sostituì la dimostrazione<br />
geometrica con la spiegazione empirica, giungendo a dimostrare, empiricamente<br />
appunto, il rapporto esistente tra le superfici dei due cubi. Possiamo immaginare il<br />
disappunto degli allievi del corso che s'interrogavano sulle cause della legge<br />
dell'inverso del quadrato; l'unica spiegazione di cui disponevano, quella secondo cui la<br />
candela proiettava l'ombra del cubo di un pollice sull'intera faccia del cubo di due<br />
pollici, esemplifica il programma pedagogico di Desaguliers che si basava sul continuo<br />
ritorno al particolare tangibile. Le proprietà particolari della materia Allo stesso modo<br />
della legge dell'inverso del quadrato e del principio di conservazione della quantità di<br />
moto, bisognava rendere accessibile all'esperienza sensibile anche la geometria<br />
dell'ottica. Desaguliers dedicò un buon terzo del programma del suo primo corso di<br />
lezioni pubbliche all'ottica <strong>amusante</strong> e soprattutto alla geometria dei raggi luminosi.<br />
L'attrazione più ricercata dell'ottica <strong>amusante</strong> era la "lanterna magica", oggi nota col<br />
nome di 'diascopio': si trattava di una scatola contenente una lampada a olio, la cui<br />
luce veniva concentrata, grazie a una combinazione di lenti e specchi, su una serie di<br />
lastre di vetro dipinte disposte su un lato della scatola e proiettata su uno schermo<br />
esterno da una serie di lenti inserite nel lato opposto. Fu 's Gravesande a scoprire la<br />
lanterna magica, in origine ideata come strumento di magia naturale, nel corso della<br />
sua ricerca di macchine interessanti costituite dalla combinazione di specchi e lenti, in<br />
grado di mostrare immagini gradevoli e utili che avrebbero illustrato le leggi dell'ottica<br />
geometrica; nel secondo decennio del XVIII secolo, la introdusse nel programma della<br />
fisica <strong>amusante</strong>. Nollet impiegò un'altra di queste macchine nel suo corso: lo<br />
strumento rendeva visibile oltre un ostacolo l'immagine di un oggetto, riflettendola<br />
lungo un condotto dal percorso tortuoso. In altre parole, si trattava di un periscopio, a<br />
quel tempo noto con il nome di 'polemoscopio'. Così, oltre a decorare i loro salotti con<br />
microscopi e telescopi, i parigini iniziarono a inserire i polemoscopi nelle finestre delle<br />
loro case per non farsi sorprendere da visitatori inattesi e a uscire a passeggio con<br />
polemoscopi portatili per osservare, senza averne l'aria, quelli che si trovavano alle<br />
loro spalle. L'ottica rientrava nella seconda parte del programma di studi dedicata alle<br />
proprietà particolari della materia; le altre componenti di questa parte del corso erano<br />
la pneumatica e l'idrostatica. Il più richiesto, e replicato, 'numero' idrostatico era la<br />
"tazza di Tantalo", un congegno dotato di un sifone che serviva a illustrare le relazioni<br />
esistenti tra l'acqua e la pressione dell'aria. La figura cava di Tantalo nascondeva un<br />
sifone inserito nel fondo della tazza; il gomito del sifone si trovava sotto il mento di<br />
Tantalo. Se l'acqua versata nella tazza superava il gomito del sifone, quest'ultimo<br />
svuotava la tazza fino al fondo. Riempita fino al torace di Tantalo, la tazza tratteneva<br />
l'acqua per un tempo illimitato; se però si tentava di riempire la tazza fino a<br />
consentire a Tantalo di dissetarsi, essa si svuotava completamente. La pneumatica<br />
prometteva numeri molto più divertenti di quelli dell'idrostatica, grazie soprattutto alla<br />
pompa ad aria, uno strumento affascinante, che agiva su una proprietà ben<br />
percettibile - l'elasticità dell'aria -, e dotato di una serie di accessori atti a illustrare in<br />
molti modi questa proprietà. Gli esperimenti con la pompa ad aria occupavano una<br />
posizione di rilievo nel programma dedicato alle proprietà particolari della materia dei<br />
primi corsi popolari; uno degli esperimenti più praticati era quello che consentiva<br />
attraverso l'aspirazione dell'aria di restituire la primitiva freschezza a una mela<br />
vecchia. Nel suo corso, Desaguliers condusse cinquanta esperimenti con la pompa ad<br />
aria, in molti casi riprendendo con alcune modifiche quelli di Robert Boyle e<br />
presentandoli quasi sempre come semplici 'illustrazioni' dell'elasticità e della pressione<br />
dell'aria. Egli fece esplodere una bottiglia vuota posta sotto una campana di vetro e<br />
aspirò l'aria contenuta in un boccale di birra, invitando i suoi allievi a verificare,
assaggiandola, che aveva perso del tutto il gas disciolto nel liquido. Creò molte<br />
graziose fontane collegando un recipiente svuotato dell'aria a un contenitore d'acqua o<br />
di mercurio attraverso un tubo; molestò alcuni pesci, facendoli sollevare e abbassare<br />
in una bacinella d'acqua alterando la pressione dell'aria sovrastante; quindi condusse<br />
lo stesso esperimento con alcune figure concave di vetro. Soffocò topi e uccelli; posò<br />
la metà inferiore di un guscio d'uovo sotto un recipiente e gli restituì l'aspetto di un<br />
uovo intero provocando l'espansione dell'aria contenuta nella bolla che si trova tra la<br />
membrana testacea e il guscio. Alcuni degli esperimenti condotti da Desaguliers con la<br />
pompa ad aria non si limitavano a svolgere una funzione illustrativa; ci riferiamo a<br />
quegli esperimenti che non mostravano soltanto gli effetti dell'elasticità dell'aria, ma<br />
fornivano anche alcune indicazioni sulle sue cause e sulle sue funzioni, la ponevano in<br />
relazione con altre proprietà o ne verificavano i limiti in situazioni diverse. Dopo aver<br />
dimostrato, per esempio, che una siringa non poteva funzionare in un recipiente privo<br />
d'aria, Desaguliers sostenne che tutti i fenomeni di aspirazione e pompaggio non<br />
derivano dall''orrore del vuoto' della Natura, ma dalla pressione dell'aria. Tuttavia, gli<br />
allievi del corso di Desaguliers studiarono la pressione dell'aria limitandosi quasi<br />
sempre a osservarne gli effetti. La macchina che aveva reso visibile un principio<br />
teorico da sempre considerato astratto - la pompa ad aria - divenne una fonte di<br />
divertimento.<br />
Il ‘bambino elettrico’. Immagine tratta dal sito: www.princeton.edu<br />
Svago e ricerca: gli automi e l'elettricità<br />
Nel corso degli anni Trenta, anche alcuni particolari tipi di macchine - gli automi -<br />
iniziarono a essere considerati illustrazioni di un certo genere di conoscenza, come<br />
una teoria resa manifesta. Come la lanterna magica, gli automi erano stati ideati in un<br />
campo estraneo alla filosofia della Natura, ossia quello dell'intrattenimento e dei giochi<br />
di prestigio. Nella prima metà del XVIII secolo, tuttavia, il loro status si modificò<br />
grazie al loro valore di congegni amusants, o, piuttosto, grazie alla nuova importanza<br />
che la pedagogia sensista iniziò ad attribuire all'amusement. Nel 1733, un meccanico<br />
francese, Maillard - il cui nome e le cui date di nascita e morte sono ignoti - presentò<br />
alcuni automi all'Académie Royale des Sciences: un cigno che, mosso da un congegno<br />
a orologeria e da un sistema di ingranaggi, nuotava ruotando lentamente il capo e due<br />
cavalli, uno dei quali trainava una carrozza e l'altro una gondola, mossi<br />
rispettivamente da un sistema di pesi e da una manovella, a cui l'Académie concesse
la sua approvazione ufficiale. Tuttavia l'evento che segnò una svolta decisiva<br />
nell'ammissione degli automi nel campo della filosofia fu l'esposizione inaugurata a<br />
Parigi nell'inverno del 1738, nel corso della quale un meccanico, Jacques de<br />
Vaucanson (1709-1782), presentò tre automi: un suonatore di flauto, un suonatore di<br />
piffero e tamburello e un'anatra. Per più di un anno Vaucanson intrattenne una folla<br />
entusiasta a Parigi, prima d'intraprendere con le sue creazioni un viaggio attraverso la<br />
Francia e l'Europa. Le innovazioni introdotte da Vaucanson nella progettazione di<br />
queste macchine erano più filosofiche e pedagogiche che tecniche. Per organizzare il<br />
loro movimento, impiegò sistemi di pesi e alberi a camme; si trattava, in entrambi i<br />
casi, di tecniche già conosciute. Tuttavia, invece di mascherare, come gli altri<br />
costruttori di automi, i meccanismi interni con rivestimenti decorativi, Vaucanson volle<br />
riprodurre il reale funzionamento dei suoi soggetti: il suonatore di flauto, per esempio,<br />
non nascondeva un carillon, ma suonava un vero flauto ed era stato costruito<br />
prendendo a modello e osservando attentamente un suonatore di flauto in carne e<br />
ossa. Tra i molti numeri dell'anatra si può segnalare in particolare la capacità di<br />
mangiare, digerire ed espellere il cibo, riproducendo perfettamente il funzionamento<br />
degli organi interni presi a modello. Dal momento che le sue macchine riproducevano<br />
sia i processi naturali sia i loro effetti, Vaucanson le pubblicizzò come teorie rese<br />
manifeste dai loro modelli, affermando che gli spettatori avrebbero potuto apprendere<br />
queste teorie limitandosi a osservare le sue macchine. Il suonatore di flauto costituiva<br />
una teoria acustica in versione <strong>amusante</strong> e l'anatra era uno studio anatomico; in<br />
entrambi i casi le teorie erano perfettamente visibili: le penne di rame dell'anatra<br />
presentavano alcuni fori che consentivano di scrutare al suo interno. Lo sviluppo dei<br />
congegni automatici rientra in un'area d'indagine che ricevette un forte impulso dal<br />
nuovo interesse per il divertimento come metodo didattico: un altro esempio è<br />
l'elettricità. Benché, come si è già detto, l'elettricità venisse presa in esame nella<br />
prima parte del corso di Desaguliers per spiegare l'attrazione e la repulsione, essa era<br />
scarsamente rappresentata nella seconda parte del suo corso, e non appariva affatto<br />
in quello di 's Gravesande. Verso la metà del secolo il programma di studi della fisica<br />
<strong>amusante</strong>, precedentemente basato sulle proprietà generali della materia, iniziò a<br />
incentrarsi sulle sue proprietà particolari e, in questa trasformazione, i dispositivi<br />
elettrici finirono per uguagliare e in alcuni casi persino superare l'importanza della<br />
pompa ad aria. Indubbiamente, il nuovo interesse per le dimostrazioni e la possibilità<br />
di idearne di graziose con l'elettricità contribuirono a concentrare l'attenzione dei<br />
filosofi e dei pedagoghi sui fenomeni elettrici. Verso la metà del secolo, il metodo<br />
illustrativo dell'insegnamento della scienza naturale iniziò a influenzare anche la<br />
ricerca, richiamando l'attenzione dei fisici sulle più facilmente dimostrabili proprietà<br />
particolari della materia. Nel corso degli anni Quaranta, le scoperte elettriche, molte<br />
delle quali compiute da divulgatori, diedero un forte impulso a questa scienza e fecero<br />
delle dimostrazioni elettriche la parte più attraente dei programmi dei conferenzieri.<br />
Stephen Gray (1666-1736) fu un pioniere nell'uso della bacchetta di vetro che,<br />
sottoposta a un'azione di sfregamento, produceva elettricità; Gray fece volteggiare<br />
alcuni fogli di ottone con la sua bacchetta, elettrificò penne e sughero e inventò il<br />
condensatore umano, elettrificando il corpo di un ragazzo appeso al soffitto con corde<br />
di seta. Nello stesso periodo, un professore di storia naturale dell'Università di<br />
Wittenberg, Georg Matthias Bose (1710-1761), inventò un generatore più potente,<br />
costituito da un globo di vetro che veniva fatto girare su una ruota. La carica si<br />
trasmetteva a un primo conduttore, costituito da una bacchetta di ferro o da una<br />
canna di fucile, tenuta sospesa sopra la macchina da corde di seta. Con l'aiuto di<br />
questa macchina, Bose ideò molte esperienze divertenti; collegò il primo conduttore al<br />
suo posto a sedere a tavola con un filo metallico e, durante una cena, afferrò il filo<br />
metallico con una mano e posò l'altra sul tavolo, provocando l'emissione di scintille<br />
dalle forchette dei suoi ospiti. In un'altra occasione, dopo aver chiesto a un uomo di
tenere una moneta tra i denti, Bose lo costrinse a lasciarla cadere, scaricando su di<br />
essa il primo conduttore. In seguito, Benjamin Franklin (1706-1790) ideò e interpretò<br />
una versione per signore di questo gioco, il 'bacio elettrificato'. La bottiglia di Leida,<br />
inventata nel 1746, consentì di escogitare i più ingegnosi divertimenti; si trattava di<br />
un congegno costituito da un contenitore d'acqua legato alla terra e caricato da un filo<br />
metallico che lo collegava al primo conduttore. Se il circuito di collegamento fra<br />
l'interno e l'esterno veniva chiuso, per esempio, da qualcuno che prendeva in mano la<br />
bottiglia toccando al tempo stesso il filo metallico, il dispositivo produceva una scossa<br />
violenta. Il dimostratore londinese William Watson (1715-1787) scaricò la bottiglia<br />
lungo un circuito costituito da un filo metallico che passava per il ponte di Westminster<br />
e riattraversava il fiume, trasmettendo la scossa elettrica a schiere di persone<br />
disposte lungo entrambe le rive e dando fuoco a un contenitore di alcol. Anche Nollet<br />
trasmise la scossa elettrica a un gran numero di persone; secondo i resoconti del<br />
1746 dell'Académie Royale des Sciences, Nollet diede simultaneamente la scossa a<br />
240 persone riunite davanti al re a Versailles e a più di 200 monaci cistercensi nel loro<br />
monastero a Parigi. Si ricorse a ogni sorta d'innovazioni per giungere all'ideazione di<br />
nuovi modelli della bottiglia di Leida; in una di queste, il circuito era chiuso da due<br />
persone che si scambiavano uova crude. Franklin costruì con lamine di metallo e vetro<br />
condensatori che avevano l'aspetto di dipinti incorniciati; uno di questi raffigurava il re<br />
cinto da una corona rimovibile. Toccando con una mano la cornice e strappando con<br />
l'altra la corona dalla testa del re, si chiudeva il circuito e si era puniti per il<br />
tradimento. Franklin, inoltre, fabbricò con un tappo di sughero e fili di lino un ragno<br />
che saltava avanti e indietro tra la bottiglia di Leida caricata e un conduttore costituito<br />
da un filo metallico. Nollet ideò un altro tipo di gioco: dopo aver formato con piccoli<br />
quadrati di peltro immagini e messaggi scritti scaricò su di essi la bottiglia di Leida,<br />
creando dipinti e messaggi scritti elettrici che splendevano nell'oscurità. Concepì,<br />
senza realizzarla, l'idea di convogliare la carica di un fulmine verso una casa e di<br />
impiegarla per scrivere a lettere di fuoco 'morirai' su uno dei suoi muri. La bottiglia di<br />
Leida divenne lo scherzo alla moda degli anni Quaranta del Settecento. Come i<br />
polemoscopi, questi congegni vennero installati sui portoni d'ingresso delle case, in<br />
modo da trasmettere la scossa elettrica ai visitatori che, posando i piedi sullo stuoino<br />
e suonando il campanello, completavano il circuito. Le proprietà dell'elettricità, la sua<br />
forza attrattiva e repulsiva, la sua trasmissibilità, le sue manifestazioni che variavano<br />
a seconda delle sostanze in cui operava, la sua natura ignea, divennero familiari al<br />
grande pubblico. Il corso di Nollet e gli altri corsi popolari avevano insegnato che una<br />
vasta e ricca osservazione dei fenomeni elettrici s'identificava con la loro conoscenza.<br />
Il pubblico aveva assistito agli spettacolari effetti creati dall'elettricità e si era abituato<br />
a spiegarli con le proprietà riconosciute all'elettricità, proprietà osservate e quindi<br />
comprensibili: l'osservazione degli effetti veniva così a coincidere con la loro<br />
spiegazione. Alla fine del secolo, l'abitudine d'identificare le esperienze straordinarie<br />
con la conoscenza della Natura avrebbe finito paradossalmente con l'esasperare i<br />
dimostratori della fisica <strong>amusante</strong>. Uno di essi scrisse: "Ci sono persone a cui i più<br />
straordinari effetti sembrano indegni di attenzione, soprattutto quando possono, con<br />
una sola parola, assegnar loro una causa, vera o falsa; ho visto, per esempio, un<br />
uomo rifiutarsi di assistere al gioco della scatola dei numeri, sostenendo che "è un<br />
gioco che tutti conoscono". "Come - gli domandai - lei sa in che modo si può riuscire a<br />
conoscere anticipatamente l'ordine di successione di numeri estratti a caso?". "Sì,<br />
naturalmente - replicò - con l'elettricità"." (Decremps, Codicile de Jérôme Sharp,<br />
1791, p. 5). La fisica <strong>amusante</strong> aveva creato una diffusa propensione ad attribuire gli<br />
effetti straordinari a proprietà naturali della materia non ancora spiegate. Un<br />
conferenziere di argomenti fisici espresse, in un testo redatto nel 1799, la propria<br />
delusione per l'atteggiamento dei suoi allievi che desideravano soltanto osservare e<br />
non apprendere qualche nozione di fisica; nel corso del secolo, infatti, era stata loro
insegnata l'identità di osservazione e apprendimento.<br />
Il salotto di Madame Geoffrin. Immagine tratta al sito: www.voltaire-integral.com<br />
2. La filosofia della Natura nella sua versione da salotto<br />
Nell'Europa del XVIII secolo, la filosofia della Natura non solo divenne una disciplina<br />
socialmente accettata, ma s'impose come una vera e propria moda grazie ai tentativi<br />
d'individuare i punti di contatto esistenti tra la ricerca scientifica e quella<br />
dell'eleganza, intrapresi dagli scrittori, dai fabbricanti di strumenti, dai conferenzieri e<br />
da altre figure di divulgatori, e soprattutto grazie alla pratica di un'arte estremamente<br />
raffinata: quella della conversazione. Nel Settecento, infatti, la politesse s'impose<br />
come modello di comportamento sociale sia nella sfera pubblica sia in quella privata<br />
delle società europee. Benché, applicato alla scienza, il significato di questa nozione<br />
tenda a trasformarsi a seconda delle diverse aree culturali, nelle nazioni europee del<br />
XVIII secolo si possono rilevare alcune costanti. In primo luogo, nella sua versione 'da<br />
salotto', la letteratura scientifica tentò di associare la ricerca nel campo della filosofia<br />
della Natura ai valori, alle attività e alle aspirazioni culturali e sociali del suo pubblico.<br />
Dal momento che la conversazione era considerata la principale attività delle persone<br />
di mondo, le opere riconducibili a questo genere si proposero soprattutto di<br />
perfezionarla, finendo nella maggior parte dei casi con l'adottare la forma letteraria<br />
del dialogo. Per conformarsi alle convenzioni che regolavano la conversazione<br />
elegante, questo genere di letteratura scientifica evitò la matematica e il suo<br />
linguaggio eccessivamente tecnico; illustrò le problematiche scientifiche con brani di<br />
poesia classica e contemporanea, collegandole a temi sociali e morali appropriati. In<br />
secondo luogo, ricorrendo quasi sempre alla forma della conversazione, la scienza da<br />
salotto doveva necessariamente essere rivolta a un pubblico formato da entrambi i<br />
sessi, dal momento che la conversazione elegante era un campo dominato dalle<br />
donne. In tal modo, queste ultime furono apertamente incoraggiate a svolgere un<br />
ruolo attivo nella ricerca scientifica, mentre si tentò di rendere la scienza attraente e<br />
accessibile alle donne, un tentativo che s'inseriva in una dichiarata strategia volta a<br />
introdurre e legittimare il discorso scientifico nella società elegante. Nel secolo che<br />
vide nascere la cultura di consumo, infine, la scienza che ricorreva a uno stile
espositivo di tipo 'mondano' mise in luce la funzione dei libri, degli strumenti e persino<br />
degli utensili domestici, come mezzi diretti ad agevolare l'esplorazione della Natura e<br />
a facilitare l'interazione sociale. Ciò contribuì a mettere in rilievo i rapporti esistenti tra<br />
l'acquisizione di una conoscenza scientifica socialmente utile e quella dei beni materiali<br />
che illustravano e simboleggiavano tale genere di conoscenza. Nella sfera pubblica, la<br />
scienza da salotto si manifestò nelle lezioni dimostrative tenute da conferenzieri come<br />
Jean-Théophile Desaguliers e l'abate Jean-Antoine Nollet; in quella privata, domestica,<br />
invece, essa integrò e approfondì le esperienze che questi conferenzieri presentavano<br />
al loro pubblico. Ritroviamo l'espressione letteraria della scienza domestica da salotto<br />
nelle numerose opere dialogiche pubblicate in Europa nel corso del Settecento, che si<br />
proponevano d'introdurre l'élite - e coloro che aspiravano a farne parte - alla<br />
conoscenza della filosofia della Natura. Il modello di queste opere va indubbiamente<br />
ricercato negli Entretiens sur la pluralité des mondes (1686) di Bernard Le Bovier de<br />
Fontenelle (1657-1757). In questo libro, che conobbe un grande successo, Fontenelle<br />
svela il contenuto delle lezioni impartite alla Marchesa di G *** - un'avvenente e colta<br />
dama dell'aristocrazia francese - da un personaggio della corte che si era recato a<br />
farle visita da Parigi; nel corso di cinque serate, passeggiando con la marchesa nel<br />
parco della sua residenza di campagna, l'anonimo visitatore introduce la sua ospite<br />
alla conoscenza della filosofia cartesiana - all'epoca molto diffusa in Francia - in<br />
conversazioni scandite da schermaglie amorose e digressioni letterarie. Gli Entretiens<br />
di Fontenelle illustrano il fascino che poteva esercitare un'esposizione pittoresca e<br />
romantica, in lingua volgare, dei temi della filosofia della Natura; le sue numerose<br />
riedizioni in francese nel corso del XVIII secolo, così come le sue traduzioni in inglese,<br />
italiano, tedesco, russo e greco, testimoniano la fortuna di questo tipo di approccio.<br />
Inoltre, quest'opera fu frequentemente imitata; nell'elenco dei dialoghi scientifici<br />
proposti all'attenzione del pubblico nel XVIII secolo figurano gli Astronomical dialogues<br />
(1719) di John Harris, i molti volumi dell'opera di Noël-Antoine Pluche, Le spectacle de<br />
la nature (1732-1750), Il newtonianismo per le dame (1737) di Francesco Algarotti,<br />
The young gentleman and lady's philosophy (1755-1756) di Benjamin Martin e The<br />
young gentleman and lady's astronomy (1768) di James Ferguson. Tra le opere che<br />
presentavano la filosofia della Natura in una veste garbata, ma senza ricorrere alla<br />
forma del dialogo immaginario, ricordiamo gli Élémens de la philosophie de Newton<br />
(1738) di Voltaire, le Lettres à une princesse d'Allemagne (1768-1772) di Leonhard<br />
Euler e la Introduction to astronomy (1786) di John Bonnycastle. La letteratura<br />
scientifica da salotto, così come è rappresentata in queste opere, esprimeva la<br />
convinzione che per partecipare alle conversazioni eleganti fossero necessarie alcune<br />
cognizioni di filosofia della Natura. In questo tipo di conversazioni, infatti, erano<br />
affrontati temi come il commercio, lo stato dell'Impero e altre questioni di interesse<br />
pubblico; quindi per potervi partecipare attivamente era necessario essere al corrente<br />
delle difficoltà poste da alcuni problemi ancora da risolvere come, per esempio, quello<br />
relativo alla determinazione della longitudine. Si riteneva che una certa familiarità con<br />
l'astronomia, la storia naturale e la geografia animasse le conversazioni che vertevano<br />
fin troppo spesso su temi storici, letterari e artistici. Inoltre, la società elegante<br />
seguiva le mode, come, per esempio, quella degli esperimenti elettrici che si affermò<br />
verso la metà del secolo. Così, nelle sue Lettres à une princesse d'Allemagne,<br />
Leonhard Euler (1707-1783) apre la sezione dedicata all'elettricità osservando che da<br />
qualche tempo quest'ultima è divenuta un tema così importante nella fisica che non è<br />
più consentito a nessuno di ignorarne gli effetti; quindi, poiché la principessa ne ha<br />
certamente sentito parlare molto spesso, Euler non può tollerare il pensiero di<br />
lasciarla nell'ignoranza di una parte così importante della fisica. Tuttavia le<br />
convenzioni sociali dell'epoca richiedevano solo alcune cognizioni di filosofia della<br />
Natura e non una conoscenza approfondita di questa: infatti chi era troppo<br />
competente veniva considerato con diffidenza, soprattutto se ostentava il proprio
sapere. In effetti nella letteratura dell'epoca coloro che cercavano di inserire in ogni<br />
conversazione argomenti di tipo scientifico spesso erano descritti come maleducati; in<br />
particolare erano considerati inopportuni i pedanti che non esitavano a usare il<br />
linguaggio tecnico della scienza nelle conversazioni eleganti. A questo proposito, ne Il<br />
newtonianismo per le dame Algarotti (1712-1764) mostra come si potesse ridurre al<br />
silenzio un noioso matematico: Avendomi un giorno costui assalito con alcuni altri,<br />
ch'erano meco in un Giardino, si preparava già, siccome dimostrava la sua aria, di<br />
farne l'ultimo strazio colle sue dimostrazioni, e co' suoi corollarj. Io e gli altri che lo<br />
conoscevamo perfettamente, a forza di parlar di Poesia, e di citar passi de' Poeti,<br />
linguaggio che egli non intendeva, senza lasciargli mai aprir bocca, riuscimmo in una<br />
delle più difficili imprese, com'era quella, di non essere infastiditi, e d'infastidire anzi<br />
uno de' più fastidiosi del mondo. (p. 140) La poesia s'inserisce nella letteratura della<br />
scienza da salotto non soltanto come un'arma da utilizzare contro il noioso linguaggio<br />
filosofico (e contro coloro che lo usavano), ma anche come un abbellimento retorico<br />
che rendeva la scienza socialmente attraente e quindi accettabile. La letteratura della<br />
scienza da salotto è imbevuta di poesia: come spiega John Harris (1667-1719) nella<br />
prefazione agli Astronomical dialogues, "le digressioni, le riflessioni, la poesia e i motti<br />
di spirito sono introdotti per rendere più attraenti e gradevoli quelle nozioni che prive<br />
di questa veste potrebbero apparire troppo contorte e astratte" (p. V). Così, per<br />
esempio, osservando che "l'antico linguaggio della filosofia" si esprimeva in versi,<br />
nella sua discussione dei cambiamenti geologici subiti dalla Terra nel corso del tempo,<br />
negli Élémens de la philosophie de Newton, Voltaire cita un lungo brano di Ovidio.<br />
Nell'opera di Algarotti, l''esplorazione' delle teorie newtoniane della luce e del colore<br />
da parte della Marchesa di E*** e del suo precettore iniziano con una digressione nata<br />
da una discussione sulla poesia inglese e in seguito l'autore ricorre frequentemente<br />
alla poesia per illustrare e sottolineare alcuni brani della conversazione. La versione da<br />
salotto della scienza si avvaleva anche del sostegno di altre arti. Interrompendo la<br />
discussione sul suono che apre le sue Lettres, Euler si chiede perché la buona musica<br />
suscita in noi il sentimento del piacere e sostiene che, sebbene la comprensione della<br />
struttura armonica di un brano di musica bello e ben composto indubbiamente<br />
accentui il piacere intellettuale che si prova ascoltandolo, la ragione da sola non è<br />
sufficiente a spiegare il piacere che esso suscita nell'ascoltatore. Se le opere dell'uomo<br />
erano frequentemente menzionate per illustrare i meriti culturali della scienza da<br />
salotto, il valore religioso di quest'ultima era messo in luce attraverso il riferimento<br />
alle opere di Dio. Benché gli autori delle opere riconducibili a questo genere letterario<br />
appartenessero a nazionalità diversamente orientate dal punto di vista religioso, come<br />
l'Inghilterra, la Francia, l'Italia e la Germania, e che quindi non potevano trovarsi<br />
d'accordo sui dettagli dottrinali, tutti sostenevano che la contemplazione delle<br />
meraviglie della Creazione divina conduceva a un più profondo apprezzamento del<br />
potere e della saggezza di Dio. Ritroviamo questo tipo d'approccio in un passaggio<br />
dell'Introduction to astronomy di Bonnycastle (1750-1821), che conclude il suo esame<br />
del Sistema solare esaltando la forza ispiratrice della visione delineata nella sua<br />
opera: Che meravigliosa idea del Creatore e della sua opera viene qui presentata<br />
all'immaginazione! Il Sole, un superbo corpo di fuoco, è collocato al centro del<br />
Sistema e attorno alla sua sfera i pianeti, i satelliti e le comete effettuano le loro<br />
rivoluzioni, con un ordine e una regolarità che deve ispirare alle nostre menti le più<br />
entusiaste concezioni sul loro divino Creatore. Chi può contemplare le dimensioni e le<br />
distanze di questi grandi corpi e la meravigliosa armonia dei loro moti senza rimanere<br />
colpito dalla magnificenza di questa scena e dalla grandiosa forza dell'onnipotenza?<br />
(p. 43) Alla religiosità entusiasta ma innocua della letteratura scientifica da salotto<br />
corrispondeva un analogo rinsaldarsi delle convenzioni dell'élite sociale; gli autori si<br />
sforzavano di operare una distinzione tra rendere la scienza accessibile e renderla<br />
'popolare' (termine, quest'ultimo, inteso in senso peggiorativo), ponendo l'accento
sulla superiorità sociale del loro pubblico. Questa strategia li condusse a dedicare le<br />
opere ai membri dell'aristocrazia e a dipingere la filosofia della Natura come uno<br />
svago che ben si addiceva alla loro nobile indole; gli autori di questo genere di opere<br />
si preoccuparono in particolare di fare una distinzione tra il loro pubblico 'illuminato' e<br />
i lettori 'volgari'. Così, nel suo esame delle teorie scientifiche contemporanee sulle<br />
comete, Benjamin Martin (1704-1782) confermò il valore sociale dell'indagine<br />
filosofica che "suscita nelle menti ingegnose e liberali il piacere di ammirare i fenomeni<br />
del meraviglioso operare della Natura, che gli animi volgari e superstiziosi interpretano<br />
come funesti presagi e prodigi del fato" (The young gentleman, ed. 1781-1782, p.<br />
111). Il messaggio sociale delle Lettres di Euler era, a dire il vero, più sottile; a<br />
proposito della certezza delle testimonianze dei sensi, egli domanda alla principessa di<br />
immaginare i disordini sociali che avrebbero potuto nascere se questa certezza fosse<br />
stata messa in discussione: "Se i contadini osassero dubitare dell'esistenza del loro<br />
balivo, o i soldati dell'esistenza dei loro ufficiali, in quale confusione precipiteremmo!"<br />
(Lettres, II, p. 178). Queste "assurdità" potevano "dissolvere tutti i legami sociali", ed<br />
era quindi necessario riconoscere la verità delle testimonianze dei sensi - e di<br />
conseguenza dell'esistenza dei balivi e degli ufficiali - "come una delle principali leggi<br />
della Natura" (ibidem, p. 179). La sola convenzione sociale che la letteratura<br />
scientifica di tipo divulgativo sfidò fu quella relativa alla presunta incapacità delle<br />
donne di apprendere la filosofia della Natura e di trarre vantaggio da questa<br />
conoscenza: in effetti, nel Settecento, alcuni osservatori della società dell'epoca<br />
sostenevano che le donne erano costituzionalmente e intellettualmente inadatte per<br />
tale apprendimento, mentre altri temevano che la scienza avrebbe potuto allontanare i<br />
membri del 'gentil sesso' dai loro obblighi domestici e familiari, trasformando le donne<br />
di casa in filosofi. Le opere letterarie della scienza da salotto affrontavano tali<br />
questioni a diversi livelli. Naturalmente, esse ritraevano donne che discutevano di<br />
filosofia naturale in ambienti eleganti; tutte le opere dialogiche qui citate (con la<br />
significativa eccezione dello Spectacle de la nature di Pluche) descrivono donne<br />
avvenenti e colte - alcune appena adolescenti - che apprendono un po' di filosofia<br />
della Natura conversando in modo informale con amici o familiari in visita di cortesia.<br />
Lo stesso titolo dell'opera di Euler esprime la convinzione secondo cui quella filosofia si<br />
addiceva perfettamente alle donne, mentre Voltaire dimostrava esplicitamente di<br />
approvare il fatto che esse la studiassero dedicando i suoi Élémens de la philosophie<br />
de Newton alla marchesa Gabrielle-Émilie du Châtelet, la "Minerva di Francia,<br />
l'immortale Émilie, l'amica di Neuton [sic] e della verità" (ed. 1824), oltre che essa<br />
stessa esperta studiosa della filosofia naturale newtoniana. Nel caso del citato<br />
Spectacle de la nature di Noël-Antoine Pluche (1688-1761) i doveri sociali delle donne,<br />
così come gli obblighi di coloro che conversavano con loro, sono ben illustrati ma, al<br />
contrario della maggior parte delle opere riconducibili a questo genere letterario,<br />
nell'opera di Pluche la figura dell'allievo è rappresentata da un giovane gentiluomo;<br />
l'elenco dei personaggi include il cavalier de Breuil, tutore del giovane, il priore di<br />
Jonval e il conte e la contessa di Jonval. Anziché assumere il ruolo di allieva, la<br />
contessa contribuisce alle lezioni impartite al cavaliere con la sua esperienza nel<br />
campo dell'allevamento dei bachi da seta e in altre arti domestiche. Inoltre la sua<br />
partecipazione consente al cavaliere di apprendere alcune regole della società<br />
elegante; all'inizio del dialogo, la contessa esprime il desiderio di partecipare alle<br />
conversazioni filosofiche, affermando, tuttavia, che ciò sarà possibile solo se gli uomini<br />
saranno disposti a non affrontare temi che esulano dalla sua competenza. Il priore<br />
risponde nominandola 'presidente' dell'improvvisata società, una carica che le<br />
conferiva il privilegio di decidere il tema del convegno. La partecipazione della<br />
contessa di Jonval alle lezioni impartite al giovane cavaliere illustra un altro<br />
argomento avanzato dalla letteratura della scienza da salotto a favore dell'istruzione<br />
scientifica delle donne: il loro ruolo di educatrici. Solo le madri potevano educare i
fanciulli secondo i principî di una istruzione 'illuminata'. Nell'opera di James Ferguson<br />
(1710-1776) The young gentleman and lady's astronomy, per esempio, Eudosia, il<br />
personaggio della giovane signora che si dedica all'apprendimento della filosofia<br />
naturale, all'inizio delle lezioni si chiede con timore: "Non sarò forse derisa per aver<br />
cercato di imparare ciò che, secondo gli uomini, si addice solo a loro?" (p. 2).<br />
Neander, fratello ed educatore della giovane donna, la rassicura: "Non da un uomo<br />
che ragioni correttamente" (ibidem). Lo studio della Natura, spiega Neander, "[infonde<br />
nelle nostre menti] le più nobili idee sulla grandezza del Creatore e della sua opera, e<br />
di conseguenza ci [porta] più vicino a Lui" (ibidem). L'astronomia, inoltre, favoriva<br />
l'armonia domestica e il rispetto dei valori familiari; se fosse più studiata dalle donne,<br />
continua Neander, "la conseguenza sarebbe che le signore disporrebbero di un modo<br />
razionale di trascorrere il tempo a casa e non sarebbero attratte da ordinari e<br />
dispendiosi passatempi, andando alla ricerca di carte, palle e altri giochi; esse<br />
diverrebbero quindi mogli, madri e amanti molto migliori; ciò dovrebbe sembrare<br />
ovvio a chiunque sia dotato di buon senso" (ibidem, pp. 45-46). Tuttavia, non tutti<br />
concordavano con questa tesi e le signore che si dedicavano allo studio della filosofia<br />
della Natura sapevano che le loro ricerche erano disapprovate da un certo settore<br />
della società elegante. Così, il precettore dell'opera di Algarotti Il newtonianismo per le<br />
dame avverte la Marchesa di E*** di essere prudente nella scelta dei suoi<br />
interlocutori: "E a voi non mancherà forse [...] chi dica, che molto più ne sapete, che<br />
non conviensi per avventura ad una Dama [...]. Ben per lei che voi saprete dissimular<br />
talora il vostro sapere con coloro, che si beffan di ciò che dovrebbono imparare, e che<br />
alla Scienza della Fisica voi congiungerete anco quella del Mondo" (pp. 299-300). Se i<br />
dialoghi immaginari di Fontenelle, Algarotti, Ferguson e di altri autori, insieme al<br />
contributo meno originale di Euler e Bonnycastle, illustrano l'ideale della scienza da<br />
salotto, l'effettiva pratica di quest'ultima non è facilmente definibile. Una delle più<br />
acute descrizioni di questa nella vita reale è quella offerta dallo scambio epistolare,<br />
risalente all'inizio degli anni Sessanta del Settecento, tra la figlia di una proprietaria di<br />
immobili della borghesia londinese, Polly Stevenson, e un locatario americano della<br />
madre di quest'ultima, il celebre Benjamin Franklin (1706-1790). Lo scambio<br />
epistolare ha inizio quando Polly chiede a Franklin di guidarla nello studio della<br />
filosofia della Natura. Lo scienziato acconsente e per lei traduce in inglese Le spectacle<br />
de la nature di Pluche, che, a suo parere, era scritto "nello stile semplice e accessibile<br />
nel quale si distinguono i francesi [...] [e] fornisce un gran numero di conoscenze<br />
filosofiche e pratiche, senza addentrarsi nell'arida matematica a cui non possono non<br />
ricorrere gli autori di studi più esatti, ma che può scoraggiare i giovani che iniziano a<br />
dedicarsi a questa materia". Inoltre le consiglia di "legger[lo] tenendo una penna in<br />
mano", dal momento che questo era "il miglior metodo di imprimere questo genere di<br />
particolari nella memoria, dove rimarranno in attesa di essere impiegati nella pratica<br />
in una futura occasione, se riguardano questioni utili, o abbelliranno e perfezioneranno<br />
la vostra conversazione, se si tratta di semplici curiosità" (Franklin a Stevenson, 17<br />
maggio 1760, Papers). Franklin, quindi, la invita a scrivergli a Londra da dove egli le<br />
avrebbe risposto nel caso in cui avesse sentito il bisogno di ricevere spiegazioni più<br />
approfondite su ciò che leggeva. Inizia così uno scambio epistolare nel corso del quale<br />
è affrontata un'ampia gamma di temi scientifici e da cui sono stati estratti alcuni dei<br />
saggi pubblicati nelle ultime edizioni degli Experiments and observations in electricity<br />
(1750 ca.) dello stesso Franklin. Questa corrispondenza ci consente di gettare uno<br />
sguardo sul ruolo svolto dalla scienza da salotto nella vita sociale e intellettuale di una<br />
giovane ed elegante signora. In una delle sue lettere, per esempio, Franklin ricorda a<br />
Polly che benché "la conoscenza della Natura possa ornare le maniere ed essere utile",<br />
tuttavia ella doveva moderare i propri studi, in modo da "non trascurare la conoscenza<br />
e la pratica dei principali doveri", come quelli materni e quelli coniugali (Franklin a<br />
Stevenson, 11 giugno 1760, ibidem). Polly, invece, si rammarica del tempo che è
costretta a sottrarre allo studio per far fronte ai suoi obblighi sociali: "Frequenti<br />
impegni mi impediscono di dedicare tutto il tempo che desidererei alla ricerca della<br />
conoscenza. Non vorrei che pensaste che le mie parole siano dettate da<br />
un'affettazione della saggezza, o dall'insoddisfazione per la mia situazione; ma non<br />
posso impedirmi di desiderare di poter sottrarre una parte del mio tempo al gioco<br />
delle carte, per consacrarlo alla lettura" (Stevenson a Franklin 13 gennaio 1761,<br />
ibidem). Le lezioni impartite a Polly non solo assumono la forma di uno scambio<br />
epistolare 'mondano', ma si svolgono in ambienti 'mondani'. In una sua lettera, Polly<br />
scrive a Franklin dalla stazione termale che si era recata a visitare, per chiedergli<br />
spiegazioni sugli effetti prodotti dall'innalzamento della temperatura dell'acqua. In<br />
un'altra, nell'osservare che "il libro della Natura è sempre aperto, e io ho<br />
frequentemente osservato cose che eccitano la mia curiosità", la giovane donna<br />
descrive un esperimento, compiuto nel corso di alcune conversazioni e con un<br />
apparato molto particolare: Avevo spesso osservato, mentre sedevo al tavolo dove si<br />
serve il tè, che quando una tazza viene rovesciata e nel piattino cade un po' di tè, la<br />
tazza si solleva, nel tè appaiono alcune bollicine. Penso di aver scoperto che la causa<br />
di ciò sia il calore che provoca la rarefazione dell'aria nella tazza, che tentando di<br />
espandersi fa sollevare la tazza, spingendo dal fondo da dove il tè sale in bollicine. Per<br />
confermare la verità di questa intuizione ho tentato di condurre lo stesso esperimento<br />
con l'acqua fredda e il fenomeno è cessato. (Stevenson a Franklin, agosto 1760,<br />
ibidem) L'uso di oggetti ordinari - come, per esempio, la tazza da tè e il piattino di<br />
Polly - per illustrare e spiegare il funzionamento del mondo naturale è una<br />
caratteristica che si ritrova spesso nelle opere della scienza da salotto, tanto più se gli<br />
oggetti in questione erano affascinanti articoli di lusso; infatti, così come sono descritti<br />
in queste opere, anche gli orologi, i ventagli, i nei posticci e altri oggetti personali e<br />
domestici potevano contribuire alla comprensione dei fenomeni naturali. Ma, come è<br />
ovvio, gli oggetti più citati per la loro utilità nelle indagini filosofiche erano gli<br />
strumenti scientifici. Concentrato nelle più interessanti capitali europee, Londra e<br />
Parigi, il commercio settecentesco degli strumenti scientifici appagò la curiosità<br />
entusiasta suscitata dalla scienza nella società elegante. Erano fabbricati diversi generi<br />
di strumenti ideati soprattutto per i consumatori dell'élite e delle classi medie, incluse<br />
le versioni ridotte e meno potenti degli strumenti abitualmente impiegati nelle lezioni<br />
dimostrative - in particolare pompe ad aria e macchine elettriche -, destinate all'uso<br />
domestico. Inoltre erano costruiti 'giocattoli scientifici', quasi sempre basati sui<br />
principî del magnetismo oppure dell'ottica, come i planetari e i globi terrestri, che<br />
fungevano sia da strumenti didattici sia da accessori decorativi; erano infine realizzati<br />
strumenti pratici o sperimentali - inclusi i microscopi, le scatole da disegno, i sestanti<br />
per la navigazione e altri congegni - che si distinguevano da quelli impiegati dai<br />
ricercatori per la loro ornamentazione sofisticata. Nelle mani del consumatore<br />
elegante, questi oggetti servivano sia da elementi di interazione sociale, sia da segni<br />
distintivi di un certo status sociale. Così, la funzione del barometro, come scriveva<br />
Edward Saul nel 1730 in An historical and philosophical account of the barometer, non<br />
era solo quella di misurare la pressione atmosferica: questo strumento, soprattutto,<br />
poteva essere messo in mostra "nelle case eleganti e distinte, dove può essere<br />
esposto come un accessorio filosofico o decorativo dell'arredo, oltre che fornire<br />
frequentemente argomenti di discussione sui diversi e improvvisi cambiamenti da esso<br />
subiti" (p. 1). Ritroviamo la descrizione di un'analoga scena di società in un quadro di<br />
Pietro Longhi, La lezione di geografia (1750 ca.), in cui un gentiluomo impartisce<br />
lezioni di geografia a giovani signore in un ambiente domestico aristocratico. Una<br />
signora maneggia un piccolo globo terrestre - lo strumento più usato nell'educazione<br />
in campo geografico - mentre il gentiluomo aiuta l'altra a ripassare le lezioni. La<br />
tensione galante e forse persino seduttiva - da che cosa è attratto lo sguardo del<br />
precettore? - dimostra che non sempre la sensualità era estranea alla diffusione della
scienza da salotto nell'Europa del XVIII secolo.<br />
Pubblicato il 16/11/2007