TERRY BROOKS - Liberi di Leggere
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<strong>TERRY</strong> <strong>BROOKS</strong><br />
LA SCATOLA MAGICA DI LANDOVER<br />
(The Tangle Box, 1994)<br />
A Chris, Denny, Gene, Phil, Scott,<br />
Stuart e, da qualche parte là fuori,<br />
Larry.<br />
Vecchi amici che mi conoscono da<br />
allora e che mi hanno lasciato il meglio<br />
<strong>di</strong> sé.<br />
Skat Mandu<br />
Horris Kew avrebbe potuto essere una caricatura <strong>di</strong> Ichabod Crane eseguita<br />
da un artista della Disney. Era alto e sgraziato, simile a un burattino<br />
mal costruito. La testa era troppo piccola, le braccia e le gambe erano<br />
troppo lunghe e le orecchie, il naso, il pomo d'Adamo e i capelli sembravano<br />
spuntargli fuori da tutte le parti. Aveva un aspetto sciocco e inoffensivo,<br />
solo che non lo era affatto. Era uno <strong>di</strong> quegli uomini che posseggono<br />
un minimo <strong>di</strong> potere e lo utilizzano nel peggiore dei mo<strong>di</strong>. Credeva <strong>di</strong> essere<br />
saggio e molto scaltro, solo che non lo era. Era la proverbiale palla <strong>di</strong><br />
neve che riesce puntualmente a trasformarsi in una valanga. Insomma, alla<br />
resa dei conti, rappresentava un vero e proprio pericolo per chiunque, lui<br />
compreso, e nella gran parte dei casi non se ne rendeva nemmeno conto.<br />
Quel mattino non rappresentò un'eccezione.<br />
Si avvicinò al cancello del giar<strong>di</strong>no senza rallentare, con passi lunghi e<br />
decisi, lo spinse con fare rabbioso, come scocciato dal fatto che non si fosse<br />
aperto <strong>di</strong> sua spontanea volontà, quin<strong>di</strong> proseguì verso il maniero. Non<br />
si voltò né a sinistra né a destra per osservare la profusione <strong>di</strong> fiori estivi<br />
che sbocciavano in tutta la loro bellezza sulle aiuole rastrellate in maniera<br />
meticolosa, sulle curatissime siepi, lungo i pergolati <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> fresco. Non<br />
si preoccupò affatto <strong>di</strong> inalare gli odori fragranti che riempivano l'aria tiepida<br />
<strong>di</strong> quel mattino nella parte settentrionale dello stato <strong>di</strong> New York.<br />
Non prestò nemmeno un istante <strong>di</strong> attenzione alla coppia <strong>di</strong> pettirossi che<br />
cantavano sui rami più bassi del vecchio noce americano posto al centro<br />
dell'ampio prato che dava sul maniero. Ignorando tutto ciò, proseguì nel<br />
suo galoppo con la determinazione <strong>di</strong> un rinoceronte alla carica.
Dalla Sala delle Assemblee alla base della collina sulla quale era posto il<br />
maniero proveniva un suono <strong>di</strong> voci che invadeva l'aria come quello <strong>di</strong> uno<br />
sciame d'api. Le folte sopracciglia <strong>di</strong> Horris si corrugarono scure sopra lo<br />
stretto naso a uncino come fossero due pelosi millepie<strong>di</strong> che si avvicinavano<br />
laboriosamente l'uno all'altro. Evidentemente Biggar stava ancora tentando<br />
<strong>di</strong> ragionare con i fedeli. Tentando <strong>di</strong> ragionare con gli ex fedeli, si<br />
corresse. Ma naturalmente, non sarebbe servito a nulla. Ormai non c'era<br />
più nulla da fare. Era proprio quello il guaio delle confessioni. Una volta<br />
confessata una cosa, non ci si poteva più tirare in<strong>di</strong>etro. Si trattava <strong>di</strong> semplicissima<br />
logica, <strong>di</strong> una lezione che mille ciarlatani avevano appreso pagando<br />
con la vita, ma che, per qualche motivo, a Biggar era sfuggita.<br />
Horris <strong>di</strong>grignò i denti. Che cosa aveva creduto <strong>di</strong> fare quell'i<strong>di</strong>ota?<br />
Proseguì con furiosa determinazione verso il maniero, seguito dalle grida<br />
provenienti dalla Sala delle Assemblee, che ora si erano improvvisamente<br />
innalzate assumendo un tono a <strong>di</strong>r poco preoccupante. Sarebbero<br />
giunti lì entro breve. Tutti quanti, i fedeli trasformati in un'orda <strong>di</strong> ingrati<br />
privi <strong>di</strong> ragione, ormai più che <strong>di</strong>sposti a strappargli via gli arti uno per<br />
uno, se solo avessero avuto la possibilità <strong>di</strong> mettergli le mani addosso.<br />
Horris si bloccò improvvisamente ai pie<strong>di</strong> degli scalini che conducevano<br />
alla veranda che percorreva la casa per tutta la sua lunghezza e si ritrovò a<br />
pensare a ciò che stava per perdere. Le spalle strette si incurvarono, il corpo<br />
sconnesso si accasciò e il pomo d'Adamo sussultò come un tappo <strong>di</strong> sughero<br />
in una vasca d'acqua mentre deglutiva il suo <strong>di</strong>sappunto. Cinque anni<br />
<strong>di</strong> lavoro, svaniti nel nulla. Svaniti nel giro <strong>di</strong> un istante. Scomparsi come<br />
la fiamma <strong>di</strong> una candela al vento. Non riusciva a crederci. Aveva lavorato<br />
così tanto...<br />
Scosse il capo ed emise un sospiro. Be', in fondo vi erano altri pesci nell'oceano,<br />
pensò fra sé. E altri oceani in cui pescare.<br />
Salì stancamente per le scale, con le sue scarpe del 49 che sbattevano<br />
contro gli scalini <strong>di</strong> legno come quelle <strong>di</strong> un clown. Ora si stava guardando<br />
attorno. Lo stava facendo, perché era l'ultima possibilità che aveva <strong>di</strong> farlo.<br />
Non avrebbe mai più rivisto quella casa, quel tesoro coloniale che era arrivato<br />
ad amare tanto, quella meravigliosa, antica magione dell'America Rivoluzionaria,<br />
restaurata con tanta cura e riarredata con tanto amore, specificamente<br />
per lui. Caduta in rovina nel mezzo <strong>di</strong> un territorio de<strong>di</strong>cato alla<br />
caccia e agli sport invernali situato nella regione del Lago Fringer nella<br />
parte settentrionale dello stato <strong>di</strong> New York, a poco meno <strong>di</strong> ottanta chilometri<br />
dall'autostrada che univa Utica a Syracuse, era rimasta pressoché
<strong>di</strong>menticata fino al giorno in cui Horris l'aveva riscoperta. Horris era perfettamente<br />
consapevole dell'importanza della storia e ammirava e desiderava<br />
ardentemente le cose <strong>di</strong> importanza storica... soprattutto nei casi in cui<br />
l'oggi e il domani potevano essere uniti a suo personale vantaggio. E Skat<br />
Mandu gli aveva permesso <strong>di</strong> combinare le due cose, trasformando il valore<br />
storico <strong>di</strong> quella casa e della terra che la circondava in un bel pacchettino<br />
regalo che era stato posto ai suoi pie<strong>di</strong>, un pacchetto che non aspettava<br />
altro se non <strong>di</strong> essere aperto.<br />
Ma ormai anche Skat Mandu faceva parte della storia.<br />
Horris si fermò nuovamente, davanti alla porta d'ingresso, ribollendo <strong>di</strong><br />
rabbia. Tutto per colpa <strong>di</strong> Biggar. Avrebbe perso tutto questo per colpa <strong>di</strong><br />
Biggar e della sua maledetta boccaccia. Era assurdo. I cinquanta acri che<br />
comprendevano il rifugio, il maniero stesso, la casa degli ospiti, la Sala<br />
delle Assemblee, i campi da tennis, le stalle, i cavalli, i lavoranti, le automobili,<br />
l'aereo privato, i conti in banca, tutto quanto. Non sarebbe stato in<br />
grado <strong>di</strong> salvare nulla <strong>di</strong> tutto ciò, poiché era stato registrato tutto a nome<br />
della fondazione, la Fondazione Skat Mandu, assolutamente impermeabile<br />
alle tasse, e gli mancava il tempo materiale per salvare alcunché. I soci fiduciari<br />
avrebbero provveduto assai rapidamente a bloccare ogni assetto,<br />
non appena avessero scoperto quanto era accaduto. Certo, rimanevano<br />
sempre i sol<strong>di</strong> nei conti svizzeri, ma questi non sarebbero mai bastati a<br />
compensare per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un simile impero.<br />
Ci sono altri pesci nel mare, ripeté silenziosamente a se stesso Ma perché<br />
mai avrebbe dovuto andare <strong>di</strong> nuovo a pescare, per l'amor <strong>di</strong> Dio?<br />
Diede un calcione alla se<strong>di</strong>a a dondolo accanto alla porta, proiettandola<br />
nel vuoto e sperando con tutto il cuore <strong>di</strong> poter fare la stessa cosa con Biggar.<br />
Le grida provenienti dall'Assemblea tornarono a farsi sentire, sempre più<br />
forti, e si udì un chiarissimo e inconfon<strong>di</strong>bile: "An<strong>di</strong>amo a prenderlo!".<br />
Horris smise <strong>di</strong> pensare a ciò che avrebbe potuto essere stato e si infilò rapidamente<br />
in casa.<br />
Non aveva ancora attraversato la porta quando udì un battito d'ali alle<br />
sue spalle. Tentò <strong>di</strong> sbattere la porta, ma Biggar risultò troppo veloce per<br />
lui. Sfrecciò attraverso l'ingresso a massima velocità, con le ali che sbattevano<br />
selvaggiamente, lasciando cadere qualche piuma mentre si appollaiava<br />
con un fischio sommesso sulla ringhiera delle scale che conducevano al<br />
primo piano.
Horris fissò l'uccello con aria gelida. «Qual è il problema, Biggar? Non<br />
ti volevano dare ascolto?»<br />
Biggar arruffò le piume, agitando tutto il corpo. Era completamente nero,<br />
con una corona <strong>di</strong> piume bianche in testa. Un bell'uccello, bisognava<br />
ammetterlo. Doveva appartenere alla famiglia dei corvi in<strong>di</strong>ani, anche se<br />
Horris non era mai riuscito a determinare con precisione il suo lignaggio.<br />
L'uccello scrutò Horris con uno sguardo malvagio e luccicante. Sbatté una<br />
palpebra. «Awk! Carino Horris. Carino Horris. Biggar è meglio. Biggar è<br />
meglio.»<br />
Horris si premette le <strong>di</strong>ta contro le tempie. «Per cortesia. Potremmo fare<br />
a meno <strong>di</strong> queste i<strong>di</strong>ozie da stupido uccello parlante?»<br />
Biggar serrò il becco. «Horris, è tutta colpa tua.»<br />
«Colpa mia?» Horris era esterrefatto. Fece un passo avanti con aria minacciosa.<br />
«Come puoi pensare che sia colpa mia, specie <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota? Non sono<br />
certo io quello che si è messo a parlare <strong>di</strong> Skat Mandu! Non sono certo<br />
io quello che ha deciso <strong>di</strong> raccontare tutto!»<br />
Biggar si involò fino a un punto più elevato della ringhiera per mantenere<br />
la <strong>di</strong>stanza. «Calma, calma. Cerchiamo <strong>di</strong> ricordare come sono andate le<br />
cose. L'idea in fondo è stata tua, giusto? Ho ragione o no? Ricor<strong>di</strong>? Sei stato<br />
tu a inventarti tutta la faccenda <strong>di</strong> Skat Mandu, non io. Io mi sono limitato<br />
a seguire il programma, ma solo perché tu hai detto che avrebbe funzionato.<br />
Non sono stato altro che la tua pe<strong>di</strong>na. Per tutta la mia vita, sono<br />
sempre stato una pe<strong>di</strong>na per gli esseri umani e per l'umanità in generale.<br />
Un semplice, povero uccello, un emarginato...»<br />
«Un i<strong>di</strong>ota!» Horris si fece ancora avanti, tentando senza successo <strong>di</strong><br />
bloccare le sue mani mentre immaginava <strong>di</strong> serrarle attorno al collo del<br />
pennuto.<br />
Biggar salì svolazzando <strong>di</strong> ancora qualche gra<strong>di</strong>no. «Una vittima, Horris<br />
Kew. Non sono che un prodotto tuo e della tua razza. Ho fatto quel che potevo,<br />
ma non posso certo essere ritenuto responsabile per le mie azioni basandole<br />
sul tuo livello <strong>di</strong> aspettative, o sbaglio?»<br />
Horris si fermò ai pie<strong>di</strong> delle scale. «Dimmi almeno perché lo hai fatto.<br />
Dimmi solo questo.»<br />
Biggar gonfiò il petto. «Ho avuto una rivelazione.»<br />
Horris lo fissò allibito. «Hai avuto una rivelazione» ripete con tono cupo.<br />
Scosse il capo. «Ti ren<strong>di</strong> conto <strong>di</strong> quanto sia ri<strong>di</strong>cola questa affermazione?»
«Io non ci vedo proprio nulla <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>colo. In fondo le rivelazioni sono il<br />
mio campo, no?»<br />
Horris sollevò le braccia al cielo e si voltò dalla parte opposta. «Non<br />
posso crederci!» Si voltò nuovamente verso l'uccello, con un impeto <strong>di</strong><br />
rabbia. La sua figura da spaventapasseri sembrava doversi <strong>di</strong>sarticolare<br />
mentre gesticolava selvaggiamente. «Ci hai rovinati, stupido uccello! Cinque<br />
anni <strong>di</strong> lavoro, buttati dalla finestra! Cinque anni! Skat Mandu era la<br />
fondazione, la base <strong>di</strong> tutto ciò che abbiamo costruito! Senza <strong>di</strong> lui, non<br />
abbiamo più niente, niente! Che cosa ti è venuto in mente?»<br />
«Skat Mandu mi ha parlato» ribatté Biggar con tono quasi offeso.<br />
«Non esiste nessuno Skat Mandu!» sbottò Horris.<br />
«Invece sì.»<br />
Le gran<strong>di</strong> orecchie <strong>di</strong> Horris <strong>di</strong>vennero improvvisamente paonazze, e le<br />
sue narici ancor più gran<strong>di</strong> si <strong>di</strong>latarono visibilmente. «Prova a riflettere su<br />
quel che stai <strong>di</strong>cendo, Biggar» sibilò. «Skat Mandu è un saggio <strong>di</strong> ventimila<br />
anni che abbiamo inventato per convincere un mucchio <strong>di</strong> i<strong>di</strong>oti a separarsi<br />
dai loro sol<strong>di</strong>. Ricor<strong>di</strong>? Ricor<strong>di</strong> il nostro piano? Lo abbiamo inventato<br />
noi, io e te. Skat Mandu, un uomo saggio <strong>di</strong> ventimila anni che ha consigliato<br />
filosofi e reggenti <strong>di</strong> tutto il mondo in tutte le epoche, e che ora è<br />
tornato per con<strong>di</strong>videre con noi la sua grande saggezza. Il piano era esattamente<br />
questo. Abbiamo comprato questo terreno, ristrutturato questa casa<br />
e creato questo ritiro per i fedeli, i poveri fedeli <strong>di</strong>sillusi; i patetici, <strong>di</strong>sperati<br />
ma danarosi fedeli che non desideravano altro che qualcuno che <strong>di</strong>cesse<br />
loro ciò che già sapevano! Era questo che faceva Skat Mandu! E lo<br />
faceva attraverso te, Biggar. Tu eri il tramite, un semplice uccello. Io invece<br />
ero il gestore, l'amministratore dei beni <strong>di</strong> Skat Mandu nel mondo temporale.»<br />
Fece una pausa per riprendere fiato. «Ma Biggar, Skat Mandu non esiste!<br />
Non è mai esistito, né ora né in passato! Ci siamo solo io e te!»<br />
«Gli ho parlato» insistette Biggar.<br />
«Gli hai parlato?»<br />
Biggar gli rivolse uno sguardo impaziente. «Non ripetere. Chi è l'uccello<br />
parlante fra noi due, Horris?»<br />
Horris <strong>di</strong>grignò i denti. «Gli hai parlato? Hai parlato a Skat Mandu? Hai<br />
parlato a qualcuno che non esiste? E allora ti <strong>di</strong>spiacerebbe <strong>di</strong>rmi che cosa<br />
ti ha detto? Ti spiacerebbe con<strong>di</strong>videre con me la sua saggezza?»<br />
«Risparmiami il sarcasmo.» Gli artigli <strong>di</strong> Biggar si serrarono sulla ringhiera<br />
<strong>di</strong> legno lucido.
«Biggar, <strong>di</strong>mmi ciò che ti ha detto.» Il suono della voce <strong>di</strong> Horris era<br />
simile a quello <strong>di</strong> cinque unghie che graffiano una lavagna.<br />
«Mi ha detto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la verità. Mi ha detto <strong>di</strong> ammettere che tu avevi inventato<br />
tutto su <strong>di</strong> lui e su <strong>di</strong> me, ma che ora ero veramente in contatto con<br />
lui.»<br />
Horris serrò le <strong>di</strong>ta con forza. «Fammi capire. Skat Mandu ti ha detto <strong>di</strong><br />
confessare?»<br />
«Ha detto che i fedeli avrebbero capito.»<br />
«E tu gli hai creduto?»<br />
«Dovevo fare ciò che Skat Mandu mi richiedeva. Non mi aspetto che tu<br />
capisca, Horris. E stata una questione <strong>di</strong> coscienza. A volte non si può fare<br />
a meno <strong>di</strong> rispondere a livello emotivo.»<br />
«Tu sei andato completamente fuori <strong>di</strong> testa, Biggar» <strong>di</strong>chiarò Horris.<br />
«Hai fuso il cervello in maniera definitiva.»<br />
«E tu non vuoi affrontare la realtà dei fatti» ribatté Biggar. «Quin<strong>di</strong> risparmia<br />
i tuoi commenti caustici per quelli che ne hanno bisogno.»<br />
«Skat Mandu era la fregatura perfetta!» Horris gridò talmente forte che<br />
Biggar non poté fare a meno <strong>di</strong> trasalire. «Guardati attorno, pezzo <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota!<br />
Siamo atterrati in un mondo dove la gente è convinta <strong>di</strong> aver perso il<br />
controllo della propria vita, dove succedono tante <strong>di</strong> quelle cose da non<br />
capirci niente, dove le credenze sono la cosa più <strong>di</strong>fficile da trovare e il<br />
denaro la più facile! È un mondo che sembra essere stato creato apposta<br />
per gente come noi, strapieno <strong>di</strong> opportunità per arricchirsi, per vivere bene<br />
e per avere tutto ciò che abbiamo sempre desiderato e anche qualcosa in<br />
più! Non dovevamo fare altro che mantenere viva l'illusione <strong>di</strong> Skat Mandu,<br />
tutto qui. E sai cosa voleva <strong>di</strong>re questo? Voleva <strong>di</strong>re mantenere i fedeli<br />
nella convinzione che quell'illusione fosse una realtà! Quanti seguaci abbiamo,<br />
Biggar? Pardon, quanti ne avevamo? Diverse centinaia <strong>di</strong> migliaia,<br />
per lo meno? Sparsi per tutto il mondo, che venivano regolarmente in pellegrinaggio<br />
per visitare il ritiro, per ascoltare qualche parola saggia e preziosa<br />
e per pagare lautamente per la splen<strong>di</strong>da esperienza?»<br />
Inspirò profondamente. «Hai forse pensato anche per un solo istante che<br />
questa gente ci avrebbe perdonati subito se avessimo detto loro che era tutto<br />
un trucco, che avevamo estorto loro del denaro solo per sentire le parole<br />
<strong>di</strong> un uccello, a prescindere da chi fosse la persona dalla quale l'uccello <strong>di</strong>ceva<br />
<strong>di</strong> aver preso le parole? Immaginavi forse che <strong>di</strong>cessero: "Ma sì, Biggar,<br />
non c'è problema, noi capiamo la tua situazione" e che tornassero
tranquilli alle loro case? E assurdo! Immagino che Skat Mandu si starà facendo<br />
una grande risata alla faccia nostra in questo momento, non cre<strong>di</strong>?»<br />
Biggar scosse il suo capo dalla cresta bianca. «È solo <strong>di</strong>spiaciuto per la<br />
mancanza <strong>di</strong> rispetto che abbiamo <strong>di</strong>mostrato nei suoi confronti.»<br />
Horris serrò i denti. «E allora <strong>di</strong>gli da parte mia, Biggar, che non me ne<br />
frega proprio niente!»<br />
«Perché non glielo <strong>di</strong>ci tu <strong>di</strong> persona, Horris?»<br />
«Cosa?»<br />
C'era una luce malvagia nell'occhio <strong>di</strong> Biggar. «Diglielo <strong>di</strong> persona. É<br />
proprio lì alle tue spalle.»<br />
Horris emise una risatina. «Hai perso la testa, Biggar. Dico sul serio.»<br />
«Tu <strong>di</strong>ci? Dici sul serio?» Biggar gonfiò il petto. «E allora voltati, Horris.<br />
Avanti, voltati.»<br />
Horris sentì un brivido che gli percorreva la spina dorsale. Biggar sembrava<br />
maledettamente sicuro <strong>di</strong> se stesso. Improvvisamente la grande casa<br />
gli sembrò molto più vasta <strong>di</strong> quanto non fosse realmente, e il silenzio che<br />
permeava l'aria <strong>di</strong>ventò qualcosa <strong>di</strong> immenso. Le grida riottose della folla<br />
in avvicinamento scomparvero come se fossero state deglutite. Horris ebbe<br />
l'impressione <strong>di</strong> percepire un'oscura presenza che spuntava dal nulla alle<br />
sue spalle, una sagoma spettrale che si condensava e gli sussurrava con solenne<br />
insistenza: Voltati, Horris, voltati!<br />
Horris inspirò profondamente per cercare <strong>di</strong> non tremare. Venne colto<br />
dalla terribile sensazione che in qualche modo, ancora una volta, la situazione<br />
stava sfuggendo al suo controllo. Scosse il capo con fare cocciuto.<br />
«Non ho nessuna intenzione <strong>di</strong> voltarmi» sbottò «stupido uccello!»<br />
Biggar inclinò il capo. «Sta allungando una mano verso <strong>di</strong> teee» sibilò.<br />
Qualcosa <strong>di</strong> molto leggero sfiorò la spalla <strong>di</strong> Horris Kew, che si voltò <strong>di</strong><br />
scatto in un impeto <strong>di</strong> terrore.<br />
Ma non c'era nulla alle sue spalle.<br />
O quasi nulla. Vi era un accenno <strong>di</strong> qualcosa, come un increspamento<br />
della luce, un fremito <strong>di</strong> movimento, un in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> qualcosa che si muoveva<br />
nell'aria.<br />
Horris sbatté le palpebre. No, non c'era nulla, decise infine con sod<strong>di</strong>sfazione.<br />
Nulla.<br />
Improvvisamente, si u<strong>di</strong>rono delle grida provenienti dal giar<strong>di</strong>no. Horris<br />
si voltò. I fedeli lo avevano intravisto attraverso la porta aperta e stavano<br />
scavalcando le aiuole e i cespugli <strong>di</strong> rosa, <strong>di</strong>retti verso il cancello. Avevano
con loro oggetti affilati e contundenti, che bran<strong>di</strong>vano in maniera a <strong>di</strong>r poco<br />
minacciosa.<br />
Horris si avvicinò rapidamente alla porta, la chiuse a chiave, quin<strong>di</strong> si<br />
rivolse nuovamente a Biggar. «Per te è finita» <strong>di</strong>sse. «Ad<strong>di</strong>o e buona fortuna.»<br />
Attraversò rapidamente l'ingresso e il corridoio, sfrecciando accanto al<br />
salotto e alla biblioteca, fino a giungere alla cucina, dalla parte opposta<br />
della casa. Sentì l'odore della cera fresca sul parquet <strong>di</strong> quercia. Sul tavolo<br />
della cucina vi era un vaso <strong>di</strong> rose scarlatte. Assorbì gli odori e i colori<br />
mentre passava rapido, pensando a tempi migliori, rimpiangendo il fatto<br />
che la vita dovesse cambiare così rapidamente proprio nei momenti in cui<br />
meno te l'aspettavi. Meno male che era una persona dalla mentalità elastica,<br />
pensò. Meno male che aveva guardato anche avanti.<br />
«Dove stiamo andando?» domandò Biggar volandogli accanto, sufficientemente<br />
incuriosito da rischiare un possibile colpo da parte <strong>di</strong> Horris.<br />
«Immagino che tu abbia qualche genere <strong>di</strong> piano.»<br />
Horris gli rivolse un'occhiata che avrebbe raggelato un bambino che gioca<br />
in cortile in piena estate. «Certo che ho un piano, ma tu non ne fai assolutamente<br />
parte.»<br />
«Che cosa malvagia, Horris! E denota anche una mentalità ristretta.»<br />
Biggar volò avanti, fino alla fine della cucina, per poi tornare in<strong>di</strong>etro con<br />
un'ampia curva. «Veramente non mi aspettavo una cosa del genere da una<br />
persona come te.»<br />
«A questo punto, non è lecito aspettarsi più nulla da me» <strong>di</strong>chiarò Horris.<br />
«Soprattutto per quanto ti riguarda.»<br />
Si avvicinò a una <strong>di</strong>spensa, aprì le porte, infilò una mano, tirò una leva e<br />
fece un passo in<strong>di</strong>etro mentre l'intero pannello si apriva con visibile sforzo.<br />
Ci volle qualche secondo prima che il pannello si aprisse del tutto, poiché<br />
era rinforzato da uno spesso strato <strong>di</strong> acciaio.<br />
Biggar scese in volo e atterrò sulla porta aperta. «Io sono tuo figlio, Horris»<br />
<strong>di</strong>sse con tono lamentoso. «Sono stato come un figlio per te. Non puoi<br />
abbandonarmi ora.»<br />
Horris alzò lo sguardo. «Ti <strong>di</strong>sconosco. Ti <strong>di</strong>seredo. Ti ban<strong>di</strong>sco per<br />
sempre dalla mia vista.»<br />
Dalla parte opposta della casa si udì un violento percuotere <strong>di</strong> pugni sulla<br />
porta d'ingresso, seguito in rapida successione da un frantumarsi <strong>di</strong> vetri.<br />
Horris si tirò un orecchio con fare nervoso. No, non c'era alcuna possibilità<br />
<strong>di</strong> ragionare con quell'orda. I fedeli erano <strong>di</strong>ventati una folla <strong>di</strong> pazzi scri-
teriati. É noto che quando uno sciocco scopre <strong>di</strong> essere sciocco la cosa non<br />
gli piace affatto. Ma quell'esperienza sarebbe servita loro a qualcosa, o sarebbero<br />
rimasti stupi<strong>di</strong> fino alla fine? si domandò Horris. Comunque fosse,<br />
la cosa non aveva alcuna importanza.<br />
Fu costretto a chinarsi per infilarsi nell'apertura <strong>di</strong>etro il pannello, che<br />
era ben più bassa dei suoi due metri d'altezza. Nel corso della ristrutturazione<br />
della casa, aveva fatto rialzare tutte le altre porte, <strong>di</strong>cendo a tutti che<br />
Skat Mandu aveva bisogno <strong>di</strong> un certo spazio.<br />
Dietro al pannello vi era una scalinata che conduceva verso il basso. Tirò<br />
nuovamente la leva, e il pannello d'acciaio scivolò lentamente nella sua<br />
posizione originale. Biggar si infilò dentro un attimo prima che si chiudesse<br />
e sfrecciò giù per la scalinata alle spalle <strong>di</strong> Horris.<br />
«Era lì <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> te, lo sai?» <strong>di</strong>sse l'uccello, volando talmente vicino a<br />
Horris da sfiorargli il viso con la punta dell'ala. Horris allungò una mano<br />
per afferrarlo, ma non vi riuscì. «Per un minuto solo, ma era proprio lì.»<br />
«Certo che c'era» borbottò Horris, ancora un po' scosso dall'esperienza e<br />
leggermente arrabbiato del fatto che l'uccello gliel'avesse ricordata.<br />
Biggar passò avanti. «Darmi la colpa per i tuoi errori non aiuterà <strong>di</strong> certo<br />
a salvarti. E inoltre, tu hai bisogno <strong>di</strong> me!»<br />
Horris giunse in fondo alle scale e cercò l'interruttore della luce sulla parete.<br />
«Ho bisogno <strong>di</strong> te per che cosa?»<br />
«Per qualsiasi cosa tu abbia in mente.» Biggar proseguì nell'oscurità,<br />
tranquillo del fatto che la sua vista era almeno <strong>di</strong>eci volte superiore a quella<br />
<strong>di</strong> Horris.<br />
«Ti senti piuttosto sicuro <strong>di</strong> questo, non è vero?» Horris imprecò sottovoce<br />
mentre le sue <strong>di</strong>ta sfregavano contro una scheggia <strong>di</strong> legno della parete.<br />
«Se non altro, hai bisogno <strong>di</strong> me come tifoso. Ammettilo, Horris, tu non<br />
puoi sopravvivere senza un pubblico. Hai bisogno <strong>di</strong> qualcuno che ammiri<br />
la tua astuzia, che applauda le tue gesta.» Biggar non era altro che una voce<br />
nell'oscurità totale. «Che scopo ha la progettazione <strong>di</strong> un piano ben concepito<br />
se non c'è nessuno ad apprezzare la sua intrinseca brillantezza? Che<br />
squallida la vittoria senza nessuno che faccia le lo<strong>di</strong> della sua perfetta esecuzione!»<br />
L'uccello si schiarì la gola. «E poi, naturalmente, hai bisogno <strong>di</strong><br />
me per assisterti nel tuo nuovo piano. Di che si tratta, a proposito?»<br />
Horris trovò finalmente l'interruttore e lo accese. Per un attimo, rimase<br />
accecato. «Il mio piano consiste nell'allontanarmi da te il più possibile.»
La cantina si estendeva davanti a lui in una foresta <strong>di</strong> travi <strong>di</strong> legno che<br />
sostenevano la pavimentazione del vecchio maniero proiettando le scure<br />
colonne delle loro ombre nella luce giallastra. Horris si fece avanti con<br />
passo risoluto, sentendo già picchiare sul pannello d'acciaio sopra la sua<br />
testa. Ve<strong>di</strong>amo un po' come se la cavano con quello! pensò ridacchiando<br />
fra sé. Si fece strada attraverso le travi fino a un corridoio che si perdeva<br />
nell'oscurità. Un altro interruttore fece accendere una fila <strong>di</strong> luci. Chinandosi<br />
nuovamente per non sbattere la testa contro il basso soffitto, si infilò<br />
nel cunicolo.<br />
Biggar gli passò nuovamente davanti, un'ombra scura e rapida. «Noi<br />
siamo fatti per stare assieme, Horris. Uccelli dello stesso nido, roba del<br />
genere. Dimmi dove stiamo andando.»<br />
«No.»<br />
«Benissimo, fai pure il misterioso, se così cre<strong>di</strong>. Ma devi ammettere che<br />
siamo sempre una squadra affiatata, nevvero?»<br />
«No.»<br />
«Io e te, Horris. Da quanto tempo siamo assieme ormai? Pensa a tutte le<br />
cose che abbiamo passate, noi due...»<br />
Horris pensò, soprattutto a se stesso. Chinato come un gobbo mentre si<br />
faceva strada attraverso lo stretto cunicolo, con le gambe piegate, le braccia<br />
contratte, il naso che si <strong>di</strong>latava per la polvere e l'aria stantia, le orecchie<br />
allargate come quelle <strong>di</strong> un elefante, rifletté sulla strada che aveva<br />
percorso nella vita per arrivare fino a quel punto. Era stata una strada irta<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, piena <strong>di</strong> trappole e <strong>di</strong> curve improvvise, battuta dalla pioggia<br />
e dal vento, illuminata <strong>di</strong> tanto in tanto da brevi giornate <strong>di</strong> sole.<br />
Horris aveva alcune fortune nella vita, ma nessuna <strong>di</strong> queste sembrava<br />
essergli mai servita a un granché. Era un tipo abbastanza furbo, ma alla resa<br />
dei conti era sempre stato come se gli mancasse qualche frammento <strong>di</strong><br />
informazione <strong>di</strong> cruciale importanza. Riusciva a ragionare piuttosto bene<br />
sulle cose, ma alla fin fine capitava quasi sempre che le sue conclusioni si<br />
fermassero a un passo dalla meta, dalla totale comprensione. Possedeva<br />
una memoria straor<strong>di</strong>naria, ma quando vi faceva appello non riusciva mai<br />
a ricordare ciò che realmente contava.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista delle abilità, era una specie <strong>di</strong> mago; non un semplice<br />
prestigiatore che tira fuori i conigli dai cappelli, ma uno dei pochissimi esistenti<br />
in tutto il mondo in grado <strong>di</strong> praticare della magia vera e propria.<br />
Questo naturalmente <strong>di</strong>pendeva dal fatto che egli non proveniva da quello<br />
stesso mondo, solo che Horris preferiva non insistere molto su questo pun-
to, poiché se confrontate con quelle dei suoi maghi conterranei, le sue abilità<br />
erano a <strong>di</strong>r poco qualcosa <strong>di</strong> marginale.<br />
Più che altro, Horris era un opportunista. Per essere un opportunista bisogna<br />
essere ben consapevoli <strong>di</strong> quelle che sono le possibilità, e le possibilità<br />
erano forse la cosa <strong>di</strong> cui Horris si intendeva maggiormente, in assoluto.<br />
Considerava in continuazione il modo in cui una situazione poteva essere<br />
rigirata a suo vantaggio. Era convinto» del fatto che le ricchezze del<br />
mondo - <strong>di</strong> qualsiasi mondo - fossero state create per suo esclusivo beneficio.<br />
Il tempo e lo spazio erano fattori irrilevanti; alla fin fine, tutto quanto<br />
apparteneva a lui. Aveva una grande opinione <strong>di</strong> se stesso. Chi meglio <strong>di</strong><br />
lui conosceva la nobile arte dello sfruttamento? Era lui l'unico in grado <strong>di</strong><br />
analizzare le debolezze comuni a tutti gli esseri e a determinare come minarle.<br />
Era certo del fatto che la sua acutezza fosse molto affine alla preveggenza,<br />
e la sua missione nella vita era quella <strong>di</strong> migliorare le sue con<strong>di</strong>zioni<br />
pressoché a spese <strong>di</strong> chiunque. Possedeva una vera e propria passione<br />
per lo sfruttamento delle persone e delle circostanze per il raggiungimento<br />
del suo scopo. A Horris non importava assolutamente nulla delle sfortune<br />
degli altri, delle convenzioni morali, delle cause nobili, dell'ambiente, dei<br />
cani e dei gatti randagi o dei bambini. Questi erano tutti problemi riservati<br />
agli esseri inferiori. I suoi interessi si limitavano a se stesso, alle sue como<strong>di</strong>tà,<br />
alla possibilità <strong>di</strong> rigirare le cose a suo favore quando meglio credeva<br />
e alla creazione <strong>di</strong> schemi che rinforzassero la sua convinzione del<br />
fatto che qualsiasi altra forma <strong>di</strong> vita, in confronto a lui, fosse impossibilmente<br />
stupida e ingannabile.<br />
Da qui era nata l'idea della creazione <strong>di</strong> Skat Mandu e <strong>di</strong> un suo culto, in<br />
cui i fervi<strong>di</strong> seguaci ascoltavano le parole <strong>di</strong> un saggio <strong>di</strong> ventimila anni <strong>di</strong><br />
età dalla bocca <strong>di</strong> un uccello.<br />
Anche in quel momento, Horris non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere all'idea.<br />
Horris ammetteva un solo <strong>di</strong>fetto nel proprio carattere, ed era quello <strong>di</strong><br />
non avere l'abilità <strong>di</strong> tenere le cose sotto controllo una volta che le metteva<br />
in moto. Per qualche motivo oscuro, anche i piani che considerava più a<br />
lungo e progettava nei più minimi particolari andavano a finire per prendere<br />
un loro corso autonomo, mollandolo puntualmente per strada come se<br />
nulla fosse. E anche se non era mai per colpa sua, a quanto pareva, per<br />
quanto inesplicabilmente, alla fin fine il capro espiatorio risultava sempre<br />
lui.
Giunto alla fine del cunicolo, si trovò in una stanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci metri quadrati<br />
in cui erano accatastati tavolini e se<strong>di</strong>e pieghevoli, oltre a casse <strong>di</strong><br />
materiale <strong>di</strong> lettura e volantini che parlavano <strong>di</strong> Skat Mandu. Erano gli<br />
strumenti del suo lavoro, più che sufficienti per un bel falò.<br />
Scrutò oltre le cataste <strong>di</strong> materiale inutile verso la porta d'acciaio dalla<br />
parte opposta della stanza ed emise un sospiro. Dietro a quella porta vi era<br />
un tunnel che correva per oltre un chilometro e mezzo sotto la sua proprietà<br />
fino a un garage, a una Land Cruiser 4x4 e la salvezza. Un pianificatore<br />
attento come lui non si sarebbe mai fatto cogliere impreparato nel caso che<br />
le cose dovessero volgere al peggio, come era successo appunto in<br />
quell'occasione. Certo, non si era aspettato <strong>di</strong> dover usare quella scappatoia<br />
così presto, ma ancora una volta le circostanze avevano cospirato contro <strong>di</strong><br />
lui. Fece una smorfia. Essere sempre preparati al peggio era certamente un'ottima<br />
cosa, solo che così la vita risultava piuttosto scocciante.<br />
Rivolse un'occhiata <strong>di</strong> fuoco a Biggar, che si era appollaiato al sicuro in<br />
cima a una pila <strong>di</strong> casse. «Quante volte ti ho avvertito <strong>di</strong> non cedere ad atti<br />
<strong>di</strong> coscienza, Biggar?»<br />
«Molte volte» replicò l'uccello, sollevando gli occhi al cielo.<br />
«Ma a quanto pare le mie parole non sono servite a nulla.»<br />
«Mi <strong>di</strong>spiace. Non sono altro che un semplice uccello. Horris prese in<br />
considerazione l'attenuante.» Immagino che tu ti aspetti un'altra possibilità,<br />
non è vero?<br />
Biggar abbassò il capo per non scoppiare a ridere. «Te ne sarei molto<br />
grato, Horris.»<br />
La figura malferma <strong>di</strong> Horris Kew si protese improvvisamente in avanti<br />
come fosse un lupo in procinto <strong>di</strong> balzare. «Biggar, questa è l'ultima volta<br />
che voglio sentir parlare <strong>di</strong> Skat Mandu. L'ultima. Interrompi ora qualsiasi<br />
rapporto tu abbia con il nostro ex amico. Non voglio più sentir parlare <strong>di</strong><br />
rivelazioni private. Niente più voci dal lontano passato. Da questo momento<br />
in avanti, tu ascolti solo me. Sono stato chiaro?»<br />
L'uccello inspirò rumorosamente. Horris non aveva capito niente, ma<br />
non era il caso <strong>di</strong> sottolinearlo. «Ho recepito e ubbi<strong>di</strong>sco.»<br />
Horris annuì. «Molto bene. Perché se succede <strong>di</strong> nuovo, ti farò impagliare<br />
e montare su un pie<strong>di</strong>stallo.»<br />
Il grigiore invernale dei suoi occhi trasmise la profon<strong>di</strong>tà del suo sentimento<br />
in maniera assai più eloquente delle sue parole, tanto che il becco <strong>di</strong><br />
Biggar rimase serrato, evitando la battuta <strong>di</strong> replica che gli sarebbe venuta<br />
spontanea.
Dall'alto, si udì un suono stridente, <strong>di</strong> assi <strong>di</strong> legno che venivano <strong>di</strong>velte<br />
e schiodate. Horris sgranò gli occhi. I fedeli stavano facendo a pezzi il pavimento!<br />
La porta d'acciaio non li aveva scoraggiati fino al punto che aveva<br />
sperato. A corto <strong>di</strong> fiato, si fece rapidamente strada attraverso le casse,<br />
non verso l'ingresso del tunnel ma in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> quadri appesi<br />
alla parete. Si fermò davanti al falso Degas, armeggiò con un paio <strong>di</strong> leve<br />
nascoste <strong>di</strong>etro la cornice dorata e staccò il quadro. Dietro vi era una<br />
cassaforte a combinazione. Horris lavorò sulla manopola febbrilmente, ascoltando<br />
i suoni della massa inferocita, finché la serratura non scattò.<br />
Infilò una mano all'interno della cassa metallica e ne tirò fuori una scatola<br />
<strong>di</strong> legno dalla lavorazione assai intricata.<br />
«La speranza è l'ultima a morire» commentò Biggar con tono sarcastico.<br />
Be', era proprio così, pensò Horris. Almeno in quel caso. La scatola in<br />
questione era il più grande tesoro che possedesse... anche se non aveva assolutamente<br />
idea <strong>di</strong> che cosa si trattasse. L'aveva evocata più o meno per<br />
sbaglio poco dopo il suo arrivo su quel mondo, in uno <strong>di</strong> quegli strani casi<br />
del destino che accadono <strong>di</strong> tanto in tanto nel corso dell'evocazione degli<br />
incantesimi. Si era reso conto dell'importanza <strong>di</strong> quella scatola fin dal primo<br />
momento in cui la aveva vista. Si trattava <strong>di</strong> una creazione <strong>di</strong> magia<br />
vera, e la sua lavorazione era intricata, antica e sovraccarica <strong>di</strong> incantesimi,<br />
ricca <strong>di</strong> significati segreti. Al suo interno vi era sigillato qualcosa, qualcosa<br />
che rappresentava grande potere. La Scatola magica, così l'aveva chiamata,<br />
più che altro per via dell'impressionante quantità <strong>di</strong> simboli e <strong>di</strong> rune che<br />
ne ricoprivano la superficie. Non aveva fessure o possibilità <strong>di</strong> apertura visibili,<br />
e nonostante tutti i suoi sforzi, Horris non era riuscito in alcun modo<br />
a schiuderne i segreti. Di tanto in tanto, aveva l'impressione <strong>di</strong> percepire un<br />
ce<strong>di</strong>mento nei suoi sigilli, ma per quanti incantesimi le scagliasse addosso,<br />
a prescindere dalla quantità <strong>di</strong> sforzi magici nei quali si pro<strong>di</strong>gava, la scatola<br />
si ostinava sempre a tenere i suoi segreti per sé.<br />
Ciò nonostante, si trattava pur sempre del suo più grande tesoro ottenuto<br />
in quel mondo, e non aveva certo intenzione <strong>di</strong> lasciarlo nelle mani <strong>di</strong> quei<br />
cretini che sarebbero arrivati da lì a poco.<br />
Si infilò la Scatola magica sotto il braccio e attraversò rapidamente la<br />
stanza, facendosi strada attraverso una gimkana <strong>di</strong> mobilia inutile e <strong>di</strong> carta<br />
stampata senza valore per raggiungere la porta del tunnel. Giunto davanti<br />
alla porta si mise ad armeggiare con la manopola della combinazione, che<br />
era posta accanto a una leva che apriva la massiccia serratura. Udì lo scatto<br />
della combinazione e tirò la leva.
Ma la leva non si mosse.<br />
Horris Kew fece una smorfia, assumendo l'aspetto <strong>di</strong> uno scolaretto colto<br />
a bigiare in orario <strong>di</strong> lezione. Girò con rabbia la manopola e ritentò la<br />
combinazione. La leva non si mosse. Ora Horris Kew stava sudando, e assieme<br />
al suono delle assi <strong>di</strong>velte dall'alto iniziavano a giungere anche grida<br />
<strong>di</strong> rabbia. Tentò nuovamente con la combinazione, poi ritentò un'altra volta.<br />
Ogni volta, sentiva chiaramente il suono della serratura che scattava.<br />
Eppure, ogni volta, la leva si rifiutava <strong>di</strong> muoversi.<br />
Infine la sua frustrazione giunse al limite, tanto che Horris si allontanò<br />
<strong>di</strong> un passo e prese a sferrare calcioni alla porta metallica. Biggar lo osservò<br />
con aria impassibile. Horris iniziò a imprecare, quin<strong>di</strong> si mise a saltare<br />
su e giù come un pazzo. Dopo un po', avendo operato un ultimo, futile tentativo<br />
con la leva, tuttora inesplicabilmente recalcitrante, si accasciò al<br />
suolo con la schiena appoggiata alla porta, ormai rassegnato al suo destino.<br />
«Non riesco a capire» mormorò con tono <strong>di</strong>sperato. «La provo personalmente<br />
quasi tutti i santi giorni. Tutti i giorni. E ora non vuole funzionare.<br />
Perché?»<br />
Biggar si schiarì la gola. «Non puoi <strong>di</strong>re che non ti avessi avvertito.»<br />
«Avvertito? Avvertito <strong>di</strong> che cosa?»<br />
«A rischio <strong>di</strong> procurarti un ulteriore <strong>di</strong>spiacere, Horris... Skat Mandu. Ti<br />
ho detto che non sarebbe stato contento.»<br />
Horris alzò lo sguardo verso il pennuto. «Sei ossessivo, Biggar.»<br />
Biggar scosse il capo, arruffò le piume ed emise un sospiro. «Dobbiamo<br />
andarcene, Horris. Vuoi andartene da qui o no?»<br />
«Voglio andarmene» ammise Horris Kew con tono desolato. «Ma...»<br />
Biggar lo interruppe con un gesto impaziente dell'ala. «Allora ascoltami,<br />
va bene? Non interrompermi, non <strong>di</strong>re nulla, limitati ad ascoltare, okay?<br />
Che ti piaccia o meno, io sono effettivamente in contatto con il vero Skat<br />
Mandu. Ho avuto veramente una rivelazione, proprio come ti ho detto prima.<br />
Mi sono inoltrato nell'al<strong>di</strong>là e mi sono messo in contatto con lo spirito<br />
<strong>di</strong> un saggio guerriero <strong>di</strong> altri tempi, colui che noi chiamiamo Skat Mandu.»<br />
«Oh, per l'amor <strong>di</strong> Dio, Biggar!» Horris non riusciva a trattenersi.<br />
«Ascoltami. Lui è venuto da noi con uno scopo ben preciso, uno scopo<br />
<strong>di</strong> grande importanza, anche se non ha ancora voluto rivelarmi <strong>di</strong> che si<br />
tratta. Ciò che so è che se vogliamo uscire da questa cantina e sfuggire a<br />
quella folla inferocita, dobbiamo fare ciò che <strong>di</strong>ce. Non richiede un grande
sforzo. Una frase o due, un incantesimo, nulla più. Ma devi essere tu a<br />
pronunciarlo, Horris. Tu.»<br />
Horris si massaggiò le tempie e pensò alla follia che scorre nel profondo<br />
<strong>di</strong> tutta l'esperienza umana. Certamente in quel momento stava raggiungendo<br />
l'apice. La sua voce gocciolava <strong>di</strong> veleno. «Cosa dovrei <strong>di</strong>re, o potente<br />
tramite?»<br />
«Bando al sarcasmo, con me è sprecato. Devi pronunciare queste parole:<br />
"Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!".»<br />
Horris fece per obiettare, poi si trattenne. Aveva riconosciuto una o due<br />
fra quelle parole, e non vi erano dubbi sul fatto che si trattasse <strong>di</strong> parole <strong>di</strong><br />
potere. Le altre non le aveva mai sentite, ma avevano in sé il peso della<br />
magia e la vibrazione dell'incantesimo. Si strinse la Scatola magica al petto<br />
e alzò nuovamente lo sguardo verso Biggar. Ascoltò il suono della folla iraconda,<br />
sempre più forte ora che le assi del pavimento erano state <strong>di</strong>velte.<br />
Il tempo stava scadendo.<br />
La paura solcò il suo viso sparuto con profonde rughe. Infine, decise <strong>di</strong><br />
rinunciare a ogni resistenza. «Va bene.» Si alzò in pie<strong>di</strong>. «Perché no?» Si<br />
schiarì la gola. «Rashun, oblight, sur...»<br />
«Aspetta!» lo interruppe Biggar con uno svolazzare frenetico d'ali. «Tieni<br />
lontana la scatola!»<br />
«Cosa?»<br />
«La Scatola magica! Tienila lontana, allunga le mani!»<br />
In quel momento Horris capì tutto, capì tutta la verità che stava <strong>di</strong>etro al<br />
segreto della scatola, e rimase allo stesso tempo esterrefatto e terrorizzato<br />
da ciò che significava. Se avesse avuto un luogo dove scappare, avrebbe<br />
mollato lì quella scatola e sarebbe corso via come un <strong>di</strong>sperato. Se avesse<br />
avuto un altro or<strong>di</strong>ne a cui ubbi<strong>di</strong>re, avrebbe resistito a quello <strong>di</strong> Biggar.<br />
Avrebbe fatto pressoché qualunque altra cosa se si fosse trovato in circostanze<br />
<strong>di</strong>fferenti, solo che nei momenti cruciali è raro che la vita ti conceda<br />
<strong>di</strong>verse possibilità, e in questo caso era proprio così.<br />
Tenne la scatola a una certa <strong>di</strong>stanza davanti a sé e iniziò a recitare:<br />
«Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!»<br />
Horris Kew sentì un sibilo nelle orecchie, come un lungo, lento sospiro<br />
<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> rabbia a lungo trattenuta, accompagnato dalla promessa<br />
<strong>di</strong> una terribile vendetta. Improvvisamente, la luce della stanza da<br />
bianca-dorata che era <strong>di</strong>venne <strong>di</strong> un verde malefico, un riflesso pulsante <strong>di</strong><br />
qualche colore saltato fuori da qualche foresta primor<strong>di</strong>ale dove l'antica<br />
vegetazione tiene ancora duro e bestie dotate <strong>di</strong> artigli pattugliano ancora
gli ultimi perimetri del loro antico mondo. Horris avrebbe mollato la Scatola<br />
magica se le sue mani gliel'avessero permesso, ma invece erano come<br />
bloccate in posizione, le sue <strong>di</strong>ta serrate come artigli attorno alla superficie<br />
lavorata, le sue terminazioni nervose legate in<strong>di</strong>ssolubilmente all'improvvisa<br />
pulsazione <strong>di</strong> vita che era scaturita dall'interno della scatola stessa. Il<br />
coperchio della scatola era semplicemente scomparso, e dalle sue profon<strong>di</strong>tà<br />
era uscita una ventata <strong>di</strong> qualcosa che Horris Kew non avrebbe mai<br />
immaginato <strong>di</strong> vedere ancora in vita sua.<br />
Nebbia fatata.<br />
La nebbia salì come un velo e si posò davanti alla porta d'acciaio che<br />
bloccava l'entrata al tunnel, ricoprendola interamente come uno strato <strong>di</strong><br />
vernice per poi <strong>di</strong>ssolverla lentamente finché non rimase che un accenno <strong>di</strong><br />
ombre che giocavano su uno sfondo <strong>di</strong> vuoto assoluto.<br />
«Sbrigati!» sibilò Biggar nel suo orecchio mentre gli sfrecciava accanto.<br />
«Attraversala prima che si chiuda!»<br />
L'uccello scomparve in un istante, e la sua scomparsa sembrò spronare<br />
anche lo stesso Horris Kew, che si lanciò alle sue spalle, sempre tenendo<br />
in mano quella scatola che tanto aveva amato. Ora poteva guardarci dentro<br />
per vedere che cosa vi era nascosto. Il coperchio non c'era più, e avrebbe<br />
potuto tranquillamente guardarci dentro per scoprirne il segreto. Fino a poco<br />
prima, avrebbe dato qualsiasi cosa per farlo. Ora però non osava nemmeno<br />
sbirciare.<br />
Attraversò il velo, attraversò la ragnatela <strong>di</strong> nebbie fatate venute fuori<br />
chissà come dal suo passato con gli occhi sgranati, pensando che avrebbe<br />
potuto trovare più o meno qualunque cosa al <strong>di</strong> là, pensando che sarebbe<br />
potuta succedere qualsiasi cosa. Ebbe un'improvvisa visione <strong>di</strong> monete d'oro<br />
che scomparivano e <strong>di</strong> terreni che svanivano, l'amaro conto delle sue<br />
per<strong>di</strong>te, la somma totale <strong>di</strong> cinque anni perduti nel nulla. La visione scomparve<br />
davanti ai suoi occhi. Si ritrovò in un corridoio senza pavimento,<br />
soffitto e pareti, immerso in una luce sottile nella quale nuotava come un<br />
pesce nella rete che tenta <strong>di</strong> sfuggire. Attorno a sé non percepiva alcun<br />
movimento, non u<strong>di</strong>va nessun suono, non aveva nessuna sensazione <strong>di</strong><br />
luogo o <strong>di</strong> spazio, solo il passaggio e la terrorizzante certezza che qualsiasi<br />
deviazione lo avrebbe portato a perdersi per sempre<br />
Che cosa ho fatto? si domandò fra il terrore e la costernazione.<br />
Ma non venne alcuna risposta, e così continuò a farsi strada a fatica,<br />
come un uomo ricoperto <strong>di</strong> fango secco con il gelo della notte che si insinuava<br />
nel midollo delle sue ossa, la freddezza del suo destino una certezza
che sussurrava una speranza perduta nelle sue orecchie. Ebbe l'impressione<br />
<strong>di</strong> poter vedere Biggar, <strong>di</strong> sentire il suo verso roco e paralizzato, e la speranza<br />
che quella miserabile creatura stesse soffrendo ancor più <strong>di</strong> lui gli<br />
<strong>di</strong>ede la forza <strong>di</strong> andare avanti.<br />
Poi, <strong>di</strong> colpo, la nebbia scomparve e si ritrovò improvvisamente libero<br />
dalla luce paralizzante. Era notte, una notte <strong>di</strong> un nero vellutato, e l'aria<br />
tiepida era carica <strong>di</strong> profumi piacevoli e suoni rassicuranti. Si trovava su<br />
una pianura dove l'erba fitta e morbida agitata dal vento gli sfiorava le caviglie,<br />
fluendo come un oceano verso una <strong>di</strong>stante catena montuosa. Alzò<br />
lo sguardo verso il cielo, e vide otto lune colorate e brillantissime; malva,<br />
pesca, rosa appassita, giada, berillo, verde mare, turchese e bianco. I loro<br />
colori si mischiavano e inondavano la terra dormiente.<br />
Non può essere!<br />
Biggar spuntò fuori da qualche parte alle sue spalle, volando in maniera<br />
alquanto instabile, e si appollaiò sul primo albero che trovò. Sembrava<br />
trattarsi' <strong>di</strong> una piccola quercia nana azzurrognola. L'uccello si scosse un<br />
attimo, si lisciò le penne con il becco, quin<strong>di</strong> si guardò attorno.<br />
Quando vide le lune, fece un balzo sul ramo. «Awk!» gracchiò, <strong>di</strong>menticandosi<br />
momentaneamente <strong>di</strong> se stesso. Sputò con aria <strong>di</strong>sgustata e rabbrividì.<br />
«Horris?» sussurrò. I suoi occhi erano <strong>di</strong>latati come due piattini, cosa<br />
non facile per un uccello. «Siamo forse capitati dove credo che siamo capitati?»<br />
Horris non era in grado <strong>di</strong> rispondere. Non era nemmeno in grado <strong>di</strong> parlare.<br />
Si limitava a fissare il cielo, il paesaggio attorno a sé, i suoi pie<strong>di</strong> e la<br />
superficie ricoperta <strong>di</strong> rune della Scatola magica, che nel frattempo si era<br />
nuovamente chiusa e sigillata.<br />
Landover! Si trovavano a Landover!<br />
«Bentornato a casa, Horris Kew.» La voce alle sue spalle era un sibilo<br />
insi<strong>di</strong>oso, penetrante, freddo come la morte.<br />
Horris sentì il cuore che gli piombava fra i pie<strong>di</strong>. Questa volta, quando si<br />
voltò, c'era veramente qualcosa lì ad aspettarlo.<br />
Figlio<br />
Ben Holiday si risvegliò lentamente, languidamente, e sorrise. Percepiva<br />
la voluta immobilità <strong>di</strong> Willow alle sue spalle. Senza aver bisogno <strong>di</strong> voltarsi,<br />
sapeva già che lo stava guardando. Lo sapeva allo stesso modo in cui<br />
sapeva <strong>di</strong> amarla più della sua stessa vita. Era voltato dalla parte opposta,
sdraiato su un fianco dalla parte del letto dove la debole luce dell'alba penetrava<br />
dalle ampie finestre per illuminare <strong>di</strong> luce argentea la penombra<br />
della stanza, ma sapeva. Allungò una mano alle sue spalle e sentì le <strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />
lei che si chiudevano sulle sue. Inspirò profondamente la fresca aria estiva<br />
carica dei profumi degli alberi della foresta, delle erbe e dei fiori e pensò a<br />
quanto era fortunato.<br />
«Buongiorno» sussurrò.<br />
«Buongiorno» rispose lei.<br />
A quel punto lasciò che i suoi occhi si aprissero del tutto, si girò dalla<br />
parte opposta e si sollevò su un gomito. Lei era a pochi centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
gli occhi gran<strong>di</strong>ssimi nella luce fievole, i capelli color smeraldo che<br />
le ricoprivano parte del viso e le spalle in una cascata <strong>di</strong> velluto, la pelle liscia<br />
e perfetta come se fosse del tutto immune all'invecchiamento. Ben rimaneva<br />
sempre sconvolto dalla bellezza <strong>di</strong> quella creatura, una silfide nata<br />
da una ninfa dei boschi e da un folletto delle acque, cosa assolutamente<br />
impossibile nel mondo da cui era venuto, ma niente più che una meravigliosa<br />
realtà qui a Landover.<br />
«Mi stavi guardando» le <strong>di</strong>sse.<br />
«Vero. Ti stavo guardando mentre dormivi. Stavo ascoltando il tuo respiro.»<br />
La pelle color verde pallido sembrava scura ed esotica nella luce del<br />
primo mattino, e quando si muoveva sotto le lenzuola assumeva l'aspetto<br />
<strong>di</strong> un gatto, morbida e lucente. Ben pensò a quanto tempo erano stati assieme,<br />
dapprima come compagni, poi come moglie e marito. Eppure gli<br />
sembrava ancora così misteriosa... Lei incarnava tutto ciò che egli amava<br />
<strong>di</strong> quel mondo, la sua bellezza, il mistero, la magia e la meraviglia. Lei era<br />
tutte queste cose e anche molto <strong>di</strong> più, e quando gli capitava <strong>di</strong> svegliarsi e<br />
<strong>di</strong> vederla a quel modo, a volte non sapeva bene se stava ancora sognando<br />
o se stava effettivamente vivendo la realtà.<br />
Erano passati poco più <strong>di</strong> due anni da quando era arrivato a Landover,<br />
compiendo un viaggio fra i mon<strong>di</strong>, fra le vite, fra i destini. Era arrivato <strong>di</strong>sperato,<br />
infelice del suo passato, ansioso <strong>di</strong> costruirsi un nuovo futuro. Aveva<br />
abbandonato il suo grattacielo a Chicago per un castello chiamato<br />
Sterling Silver. Aveva rinunciato al lavoro <strong>di</strong> avvocato per <strong>di</strong>ventare un re.<br />
Aveva seppellito i fantasmi della defunta moglie e del figlio nato morto e<br />
aveva incontrato Willow. Aveva comprato un regno magico da un catalogo<br />
natalizio pur sapendo che si trattava <strong>di</strong> una cosa impossibile, rischiando<br />
grosso nella speranza che magari esistesse realmente, e il rischio aveva pa-
gato. Naturalmente, tutto ciò non era stato facile, e gli era costato una certa<br />
fatica.<br />
Un simile cambiamento <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>, vite e destini non è mai una cosa<br />
semplice. Ma Ben Holiday aveva combattuto tutte le battaglie che la sua<br />
strada lo aveva portato a combattere e le aveva vinte tutte, quin<strong>di</strong> ora aveva<br />
tutti i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> rimanere, <strong>di</strong> avanzare dei <strong>di</strong>ritti sulla sua nuova vita, sul<br />
suo nuovo mondo e sul suo nuovo destino, e <strong>di</strong> essere il Re <strong>di</strong> un luogo che<br />
una volta gli sembrava solo un sogno e niente più.<br />
E inoltre aveva Willow, per la quale era marito, amante e miglior amico,<br />
cose che non avrebbe mai più pensato <strong>di</strong> essere per nessuna donna fino a<br />
poco tempo prima.<br />
«Ben» <strong>di</strong>sse lei, attirando il suo sguardo. Vi era calore nei suoi occhi, ma<br />
anche qualcos'altro... qualcosa che Ben non riusciva bene a definire. Aspettativa?<br />
Emozione? Non ne era ben certo.<br />
Si sollevò un po' <strong>di</strong> più sul gomito, sentendo la mano <strong>di</strong> Willow che si<br />
stringeva ancor più forte attorno alla sua.<br />
«Porto in grembo tuo figlio» <strong>di</strong>sse.<br />
La fissò allibito. Non sapeva bene che cosa si sarebbe aspettato <strong>di</strong> sentire<br />
ma certamente non era questo.<br />
Gli occhi <strong>di</strong> Willow presero a luccicare. «Erano <strong>di</strong>versi giorni che lo sospettavo,<br />
ma solo ieri sera ne ho avuta la conferma. Ho fatto la prova come<br />
fa il popolo fatato, inginocchiandomi davanti alla quercia del giar<strong>di</strong>no alla<br />
mezzanotte e toccando due rametti per vedere se rispondevano. Quando li<br />
ho visti avvicinarsi e intrecciarsi fra loro, ho avuto la certezza. É successo<br />
ciò che la Madre Terra aveva preannunciato tempo fa.»<br />
Ben ricordò. Erano stati uniti nella ricerca dell'unicorno nero e si erano<br />
recati entrambi, in occasioni <strong>di</strong>verse, dalla Madre Terra per chiedere consiglio<br />
nella loro ricerca. Lei aveva detto loro che erano persone molto importanti,<br />
e aveva assegnato a Ben il compito specifico <strong>di</strong> proteggere Willow.<br />
Quando la loro ricerca era terminata e il mistero dell'unicorno era stato<br />
svelato, Willow aveva finalmente confidato a Ben ciò che le aveva detto<br />
la Madre Terra, e cioè che un giorno avrebbero avuto un figlio. Ben non<br />
aveva avuto alcuna reazione particolare in quell'occasione. Era ancora tormentato<br />
dal ricordo <strong>di</strong> Annie e non era affatto certo del suo futuro con<br />
Willow. Da allora si era pressoché <strong>di</strong>menticato quella profezia della Madre<br />
Terra, preoccupato come era dal faticoso mestiere <strong>di</strong> reggente e, ultimamente,<br />
dalla battaglia contro Michel Ard Rhi, il figlio del vecchio re, che<br />
era quasi riuscito a rubare il medaglione che dava potere a Ben sul Pala<strong>di</strong>-
no, il campione del Re. Senza il Pala<strong>di</strong>no, Ben non avrebbe mai potuto<br />
continuare a governare Landover come re. Senza quel medaglione, avrebbe<br />
dovuto faticare parecchio da solo per rimanere in vita.<br />
Ma tutto ciò era passato ormai, le minacce portate dalla comparsa dell'unicorno<br />
nero e <strong>di</strong> Michel Ard Rhi erano finite, e tutto ciò che rimaneva ora<br />
<strong>di</strong> quegli eventi era proprio la profezia della Madre Terra, la promessa <strong>di</strong><br />
un altro, nuovo cambiamento in una vita che era già stata cambiata in maniera<br />
incancellabile.<br />
Ben scosse il capo. «Non so cosa <strong>di</strong>re.» Poi si riprese improvvisamente,<br />
sgranando gli occhi. «Sì, che lo so. So cosa <strong>di</strong>re. É la notizia più bella che<br />
potessi immaginare. Dalla morte <strong>di</strong> Annie, non avrei mai immaginato <strong>di</strong><br />
avere un figlio. Avevo rinunciato a tutto. Ma poi ho trovato te... E ora tu<br />
mi <strong>di</strong>ci questo...» Il suo sorriso si allargò, e il Re <strong>di</strong> Landover si ritrovò<br />
quasi a ridere <strong>di</strong> se stesso. «Forse non so veramente che cosa <strong>di</strong>re!»<br />
Willow gli sorrise a sua volta, raggiante. «Io credo che tu lo sappia, Ben.<br />
Le parole sono rispecchiate nei tuoi occhi.»<br />
Allungò una mano e la strinse a sé. «Sono molto felice.»<br />
Pensò per un attimo a come sarebbe stato essere padre, avere un figlio da<br />
allevare. Aveva già tentato <strong>di</strong> immaginarlo molto tempo prima, ma da allora<br />
vi aveva rinunciato definitivamente. Ora avrebbe iniziato <strong>di</strong> nuovo.<br />
L'impatto delle responsabilità che si sarebbe trovato ad affrontare lo mandò<br />
in visibilio. Sarebbe stata dura, lo sapeva. Ma sarebbe stato anche meraviglioso.<br />
«Ben» <strong>di</strong>sse lei a bassa voce, allontanandosi <strong>di</strong> un poco affinché potessero<br />
vedersi in faccia. «Ascoltami un istante. Ci sono alcune cose che devi<br />
sapere. Non sei più nel tuo mondo. Qui tutto è <strong>di</strong>verso. Il modo in cui questo<br />
figlio nascerà sarà <strong>di</strong>verso. Anche il figlio stesso molto probabilmente<br />
non sarà come te lo aspetti...»<br />
«Aspetta un attimo» la interruppe. «Che cosa stai cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi?»<br />
Lo sguardo <strong>di</strong> Willow si abbassò un attimo, poi tornò su <strong>di</strong> lui, stabile<br />
ma leggermente a <strong>di</strong>sagio. «Noi proveniamo da due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, Ben, da<br />
due vite <strong>di</strong>verse, e questo figlio è un'unione delle due cose, qualcosa che<br />
non è mai accaduto prima d'ora.»<br />
«Vuoi forse <strong>di</strong>re che il piccolo corre qualche pericolo?» <strong>di</strong>sse con tono<br />
preoccupato.<br />
«No.»<br />
«In questo caso, null'altro ha importanza. Sarà nostro!, a prescindere dalla<br />
mistura <strong>di</strong> sangue e dalla storia. Sarà il meglio <strong>di</strong> noi due.»
Willow scosse il capo. «Ma per certi versi, ognuno dei nostri mon<strong>di</strong> rimane<br />
un mistero; il mio per te, il tuo per me, e a volte le <strong>di</strong>fferenze non<br />
possono essere comprese o spiegate con tanta facilità...»<br />
Le appoggiò un <strong>di</strong>to sulle labbra. «Ce la faremo. Risolveremo tutto.» La<br />
sua voce era decisa, insistente. Ben non aveva compreso la natura della<br />
preoccupazione della sua compagna, e stava cercando <strong>di</strong> scavalcare l'argomento<br />
nella sua fretta <strong>di</strong> godere dell'euforia che sentiva dentro <strong>di</strong> sé.<br />
«Un figlio, Willow! Voglio andare a <strong>di</strong>rlo a qualcuno! Voglio <strong>di</strong>rlo a tutti<br />
quanti! Avanti, alziamoci!»<br />
In un attimo era già fuori dal letto, correva su e giù per la stanza, tirava<br />
fuori vestiti, scattava verso la finestra per gridare la sua gioia per poi tornare<br />
sul letto per baciarla ripetutamente. «Ti amo» le <strong>di</strong>sse. «Ti amerò per<br />
sempre.»<br />
Prima ancora che Willow fosse scesa dal letto, era già completamente<br />
vestito e fuori della porta. Le parole che lei avrebbe forse voluto <strong>di</strong>rgli rimasero<br />
per sempre impronunciate.<br />
Scese per le scale del castello a balzelloni, due gra<strong>di</strong>ni per volta, come<br />
fosse un bambino lui stesso, canticchiando, fischiettando e parlando fra sé,<br />
esuberante come un tappo <strong>di</strong> spumante. Era un uomo <strong>di</strong> statura me<strong>di</strong>a, con<br />
il naso aquilino e gli occhi <strong>di</strong> un azzurro gelido. I capelli castani stavano<br />
iniziando a <strong>di</strong>ventare un po' ra<strong>di</strong>, ma il volto e le sue mani erano ancora lisce<br />
e tirate. Da giovane aveva fatto il pugile e si allenava ancora regolarmente.<br />
Era in perfetta forma, non aveva pancia e si muoveva con agilità.<br />
Quando era giunto su Landover aveva quasi quarant'anni, ma ora non sapeva<br />
più che età avesse. A volte si sentiva come se avesse completamente<br />
smesso <strong>di</strong> invecchiare. Quel mattino in particolare, ne era certo. Sentiva il<br />
pulsare <strong>di</strong> Sterling Silver sotto i pie<strong>di</strong>, il battito del suo cuore, il suo sangue<br />
vitale, la sua anima. Sentiva il calore delle sue pietre e della sua malta, il<br />
sussurro del suo respiro nell'aria fresca del mattino. Era viva, la casa dei re<br />
<strong>di</strong> Landover, una struttura talmente carica <strong>di</strong> magia da essere in grado <strong>di</strong><br />
mantenersi da sola, <strong>di</strong>pendendo esclusivamente dalla presenza <strong>di</strong> un padrone<br />
per il suo funzionamento.<br />
Quando Ben era giunto a lei per la prima volta, vent'anni <strong>di</strong> incuria l'avevano<br />
ridotta a una rovina annerita. Ora era completamente ristrutturata,<br />
lucida, scintillante e vibrante, e quando Ben si trovava al sicuro all'interno<br />
delle sue mura poteva percepirne i pensieri con la stessa chiarezza con la<br />
quale percepiva i suoi.
Percepì la sua gioia per lui in quel momento, mentre balzava giù dall'ultimo<br />
scalino e si <strong>di</strong>rigeva verso la sala da pranzo. Percepiva il suo desiderio<br />
<strong>di</strong> lunga vita e felicità per il suo figlio nascituro.<br />
Un figlio, pensò per l'ennesima volta. Un figlio mio.<br />
Stava abituandosi all'idea molto più rapidamente <strong>di</strong> quanto non avesse<br />
ritenuto possibile.<br />
Mentre entrava nella sala da pranzo, con le sue pareti ricoperte <strong>di</strong> arazzi<br />
e il suo lungo tavolo già apparecchiato e occupato, gli venne in mente che<br />
avrebbe fatto meglio ad aspettare Willow prima <strong>di</strong> dare la notizia. Ma non<br />
sapeva se sarebbe stato in grado <strong>di</strong> farlo. Non sapeva se sarebbe stato in<br />
grado <strong>di</strong> trattenersi.<br />
Abernathy e Bunion erano già seduti al tavolo. Abernathy, lo scrivano <strong>di</strong><br />
corte, era un uomo che era stato trasformato in un terrier a pelo corto per<br />
via <strong>di</strong> una formula magica mal <strong>di</strong>retta ed era stato costretto a rimanere così.<br />
Bunion invece, il messaggero del re, era un coboldo che, per quel che si<br />
sapeva, non era mai stato trasformato in nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da ciò che era.<br />
Abernathy aveva il volto peloso ed era vestito in maniera molto elegante,<br />
possedeva mani e pie<strong>di</strong> umani ed era in grado <strong>di</strong> parlare meglio della maggior<br />
parte degli umani. Bunion aveva un volto scimmiesco e nodoso, con<br />
denti affilati e un sorriso che avrebbe potuto appartenere a uno squalo affamato.<br />
L'unica dote che avevano in comune era una lealtà assoluta nei<br />
confronti <strong>di</strong> Ben e del trono.<br />
Vedendo il volto dell'Alto Signore che entrava, si fermarono entrambi,<br />
rimanendo bloccati con la forchetta in mano.<br />
«Buongiorno, buongiorno!» esordì Ben con tono entusiasta.<br />
Le forchette rimasero in posizione. I volti dei due assunsero un'espressione<br />
a metà fra lo stupito e il sospettoso. Quattro occhi sbatterono le palpebre.<br />
Fu Abernathy il primo a riprendersi. «Buongiorno, Alto Signore» salutò.<br />
Una pausa. «Avete dormito bene?»<br />
Ben si fece avanti, fremente per l'emozione. Le ceramiche e i cristalli<br />
luccicavano e il profumo delle vivande calde saliva alle narici dai vassoi<br />
d'argento. Il cuoco Parsnip, l'altro coboldo che serviva a corte, si era superato<br />
nuovamente. o perlomeno Ben, nella sua euforia, ebbe questa impressione.<br />
Prese una piccola tortina <strong>di</strong> mele e se la infilò in bocca mentre andava<br />
a sedersi al suo posto. Si guardò attorno alla ricerca <strong>di</strong> Questor<br />
Thews, ma il mago <strong>di</strong> corte non era in giro. Forse avrebbe fatto meglio ad<br />
aspettare, pensò. L'assenza <strong>di</strong> Questor era un ottimo motivo. Avrebbe a-
spettato Questor e Willow. Avrebbe chiamato anche Parsnip dalla cucina.<br />
Così l'annuncio sarebbe stato fatto a tutti quanti contemporaneamente. Pareva<br />
un'ottima idea. Bastava aspettare.<br />
«Indovinate un po'» <strong>di</strong>sse.<br />
Abernathy e Bunion si scambiarono un'occhiata ostile. «Vi faccio notare,<br />
Alto Signore, che non vado particolarmente pazzo per gli indovinelli»<br />
<strong>di</strong>chiarò lo scrivano. «E per quanto riguarda Bunion, lui li o<strong>di</strong>a proprio.»<br />
«Oh, suvvia. Indovinate!»<br />
«Benissimo.» Abernathy si produsse in un lungo sospiro affettato. «Cosa?»<br />
domandò con tono esasperato.<br />
Ben inspirò profondamente. «Non posso <strong>di</strong>rvelo. Non ancora. Ma è una<br />
buona notizia. Una splen<strong>di</strong>da notizia!»<br />
Bunion mise in mostra qualche dente e borbottò qualcosa <strong>di</strong> incomprensibile.<br />
Abernathy tornò a de<strong>di</strong>carsi al cibo. «Ricordatevi <strong>di</strong> farcelo sapere,<br />
quando decidete che è giunto il momento.»<br />
«Non appena arriva Questor» <strong>di</strong>chiarò Ben, sedendosi a sua volta. «E<br />
Willow. E Parsnip. Tutti quanti. Non ve ne andate finché non arrivano.»<br />
Abernathy annuì. «Sto qui incollato alla mia seggiola, Alto Signore. A<br />
proposito, spero che questo annuncio abbia luogo prima della riunione<br />
programmata sulla pianificazione territoriale che dobbiamo tenere con i<br />
rappresentanti <strong>di</strong> Greensward e della Contea dei Fiumi?»<br />
Ben si picchiò la fronte con la mano aperta. «Me n'ero completamente<br />
<strong>di</strong>menticato!»<br />
«E prima del pranzo <strong>di</strong> mezzogiorno con i nuovi giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>strettuali che<br />
avete nominato per le terre del nord?»<br />
«Mi ero scordato anche <strong>di</strong> quello!»<br />
«E della riunione <strong>di</strong> oggi pomeriggio con il comitato <strong>di</strong> pianificazione<br />
per l'irrigazione per l'inizio dei lavori nei deserti orientali del Greensward?»<br />
«Questa me la ricordavo.»<br />
«Bene. E vi ricordate anche della riunione con il personale della cucina<br />
per <strong>di</strong>scutere delle continue scomparse <strong>di</strong> commestibili dalle <strong>di</strong>spense?<br />
Temo che la situazione stia peggiorando.»<br />
Ben si produsse in una smorfia pensierosa. «Male<strong>di</strong>zione, come mai avete<br />
messo tante cose in programma per oggi?»<br />
«Non siamo mica stati noi, siete stato voi. Oggi è il primo giorno della<br />
settimana, e a voi piace sempre iniziare la settimana con quanti più nuovi<br />
progetti possibile.» Abernathy si asciugò la bocca con il tovagliolo. «Su-
perprogrammazione. Non è la prima volta che vi avverto dei pericoli della<br />
cosa.»<br />
«Grazie per avermelo ricordato.» Ben prese un piatto e iniziò a riempirlo<br />
<strong>di</strong> cibo dai vassoi. Pane e marmellata, uova e frutta. «Be', riusciremo a fare<br />
tutto. C'è un sacco <strong>di</strong> tempo a <strong>di</strong>sposizione.» Posò il piatto davanti a sé,<br />
mentre il suo cervello balzava verso le faccende che gli aveva appena illustrato<br />
Abernathy. Perché mai, nel nome della sanità mentale, qualcuno avrebbe<br />
dovuto rubare qualcosa dalla <strong>di</strong>spensa? Il cibo non mancava <strong>di</strong> certo.<br />
«Se Willow non arriva nel giro <strong>di</strong> pochi minuti, vado su a prenderla. E<br />
Bunion può andare a cercare Questor, ovunque si sia cacc...»<br />
In quel momento si spalancò una porta che conduceva all'ingresso del<br />
castello ed apparve Questor Thews.<br />
«Questa è l'ultima goccia, semplicemente l'ultima!» sbottò con furia il<br />
mago <strong>di</strong> corte.<br />
Si avvicinò al tavolo con passo deciso, continuando a borbottare fra sé<br />
con una tale veemenza che le persone sedute non poterono fare a meno <strong>di</strong><br />
fissarlo allibite. Questor Thews indossava la tunica grigia del suo or<strong>di</strong>ne<br />
decorata con toppe <strong>di</strong> colori vivaci e legata alla vita con una banda color<br />
cremisi. Si trattava <strong>di</strong> una figura piuttosto trasandata, alta e magra, con i<br />
capelli e i peli della barba che svolazzavano qua e là. Appariva subito evidente<br />
che avrebbe potuto curarsi un pochino meglio, per lo meno indossando<br />
una tunica nuova e tagliando un po' <strong>di</strong> pelo attorno alle orecchie<br />
come Ben gli aveva suggerito in più occasioni, ma lui non vedeva alcun<br />
motivo per cambiare una situazione nella quale si trovava a suo agio, e <strong>di</strong><br />
conseguenza non lo faceva. Si trattava <strong>di</strong> una persona molto tranquilla e<br />
cortese che <strong>di</strong>fficilmente si lasciava prendere dall'ira, e per questo era<br />
molto strano vederlo tanto agitato in quel momento.<br />
Si fermò davanti al tavolo, dove tirò in<strong>di</strong>etro la sua tunica, come per liberarsi<br />
del fardello che lo opprimeva in quella splen<strong>di</strong>da mattinata estiva.<br />
«É tornato!» annunciò.<br />
«Chi è tornato?» domandò Ben.<br />
«É tornato, e non è nemmeno minimamente pentito per ciò che a fatto!<br />
Non ha nemmeno un briciolo <strong>di</strong> vergogna, nemmeno un briciolo! É arrivato<br />
ai cancelli fiero e baldanzoso come se nulla fosse e ha semplicemente<br />
annunciato la sua presenza!» Il volto <strong>di</strong> Questor stava <strong>di</strong>ventando paonazzo<br />
mentre parlava, avvicinandosi pericolosamente al color cremisi. «Credevamo<br />
<strong>di</strong> essercene liberati definitivamente più <strong>di</strong> vent'anni fa, ma invece<br />
eccolo qua <strong>di</strong> nuovo, come la proverbiale moneta bucata!»
«Questor» Ben tentò <strong>di</strong> intromettersi nel monologo. «Di chi state parlando?»<br />
L'espressione <strong>di</strong> Questor era durissima. «Sto parlando <strong>di</strong> Horris Kew!»<br />
Abernathy si alzò in pie<strong>di</strong> a sua volta. «Quel truffatore! Non può essere<br />
tornato! É stato esiliato! Questor Thews, siete stato troppo tempo al sole!»<br />
«Potete andare giù voi stesso a vedere con i vostri occhi, se credete!»<br />
Questor gli rivolse un sorrisino gelido. «Si presenta come un supplicante,<br />
venuto a chiedere perdono all'Alto Signore. Vuole che gli venga tolto il<br />
bando dell'esilio. Vuole tornare a vivere a Landover!»<br />
«No!» L'esortazione <strong>di</strong> Abernathy uscì come qualcosa <strong>di</strong> simile a un<br />
grugnito. Si rivolse imme<strong>di</strong>atamente a Ben, con il pelo tutto arrizzato.<br />
«No, Alto Signore! Non concedetegli <strong>di</strong> vedervi! Rifiutategli l'ingresso!<br />
Mandatelo via imme<strong>di</strong>atamente!»<br />
«Io non lo farei certo mandare via se fossi in voi!» sbottò Questor avvicinandosi<br />
e piazzandosi accanto al cane. «Lo farei arrestare e lo farei rinchiudere<br />
nella prigione più buia e più profonda del regno! Lo chiuderei<br />
dentro e butterei via la chiave!»<br />
Nel frattempo Willow era entrata nella sala e si era seduta accanto a<br />
Ben. Gli rivolse uno sguardo indagatore mentre ascoltava, ma Ben non poté<br />
far altro che scrollare le spalle per <strong>di</strong>mostrare la sua stessa incomprensione.<br />
«Fermatevi un attimo» intervenne infine. L'unico che non stava dando<br />
alcuna in<strong>di</strong>cazione dei suoi pensieri al riguardo era Bunion, che era seduto<br />
davanti a Ben con un sorriso sconcertante <strong>di</strong>pinto sul volto. «Non ci sto<br />
capendo nulla. Chi è questo Horris Kew?»<br />
«Il vostro peggiore incubo!» sbottò Abernathy, come se questo spiegasse<br />
tutto.<br />
Questor Thews decise <strong>di</strong> essere un po' più eloquente. «Ve lo <strong>di</strong>co io <strong>di</strong><br />
chi si tratta. Horris Kew è il più grande casinista che sia mai vissuto! Un<br />
mago <strong>di</strong> ultima categoria, dotato <strong>di</strong> quel poco <strong>di</strong> magia che basta per mettersi<br />
nei guai. Pensavo che ce ne fossimo liberati, ma avrei dovuto immaginarmelo!<br />
Abernathy, vi ricordate della faccenda delle mucche?»<br />
«La faccenda delle mucche?» ripeté Ben.<br />
Assorto com'era nella sua spiegazione, Questor non gli prestò ascolto.<br />
«Horris asseriva <strong>di</strong> aver trovato un modo per comunicare con le mucche<br />
per permettere un miglior controllo sulle loro abitu<strong>di</strong>ni e ottenere un maggiore<br />
quantitativo <strong>di</strong> latte, solo che le cose non sono andate come prevedeva.<br />
I suoi sforzi magici alla fine non sono serviti ad altro che a far impazzi-
e i poveri animali. Migliaia <strong>di</strong> vacche sono scappate dai loro recinti e<br />
hanno iniziato a galoppare impazzite per la campagna, <strong>di</strong>struggendo i raccolti<br />
e radendo al suolo <strong>di</strong>versi villaggi. E con i polli fu più o meno la stessa<br />
cosa. Nel giro <strong>di</strong> un attimo aveva invertito il processo evolutivo, e come<br />
risultato c'erano galline che volavano dappertutto mollando uova dal cielo.»<br />
Ben si produsse in un' sorriso. «Cosa?»<br />
«E non <strong>di</strong>mentichiamoci della storia dei gatti!» intervenne Abernathy.<br />
«Trovò un modo per farli andare a caccia in gruppi, convinto com'era, nella<br />
sua follia, <strong>di</strong> poter liberare definitivamente il paese dai topi. Solo che nel<br />
giro <strong>di</strong> poco tempo i gatti si sono messi a dare la caccia ai cani!» Rabbrividì.<br />
«Quella fu veramente pessima» assentì Questor annuendo con enfasi in<br />
<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Ben. «Ma la cosa peggiore che fece, la cosa che gli fece meritare<br />
l'esilio definitivo, fu l'incantesimo della pianta a crescita rapida. Riuscì<br />
a tirare fuori una pianta che si riproduceva in nottata, e il risultato finale fu<br />
che tutta la zona nel raggio <strong>di</strong> settanta chilometri da Sterling Silver venne<br />
trasformata in una giungla!» Questor ripiegò le braccia sul petto in aria <strong>di</strong><br />
sfida. «Impiegammo due settimane per liberarcene! E mentre si lavorava<br />
per tagliare le piante, con il Re e la sua corte letteralmente intrappolati nel<br />
castello, i demoni <strong>di</strong> Abaddon approfittarono dell'assenza del Pala<strong>di</strong>no per<br />
razziare le campagne. Perdemmo dozzine <strong>di</strong> villaggi, fattorie e vite umane.<br />
Fu un vero e proprio <strong>di</strong>sastro.»<br />
«Non capisco» dovette ammettere Ben. «Che cosa voleva ottenere con<br />
tutto questo? A sentire i vostri racconti, parrebbe che fosse ben intenzionato.»<br />
«Ben intenzionato?» Questor Thews era paonazzo in volto. «¦ Non credo<br />
proprio! Erano tutti progetti <strong>di</strong> estorsione. Le mucche, i polli, i gatti e le<br />
piante non erano altro per lui che meto<strong>di</strong> per tirare fuori sol<strong>di</strong> a coloro che<br />
ne avevano! A Horris Kew non è mai importato nulla <strong>di</strong> nessuno, tranne<br />
che <strong>di</strong> se stesso! Dieci minuti dopo il fallimento <strong>di</strong> un'idea, ne stava già<br />
progettando un'altra!»<br />
«Ma Questor, tutto ciò è avvenuto più <strong>di</strong> vent'anni fa.» Ben faceva fatica<br />
a trattenersi dal ridere.<br />
«Ecco, vedete?» sbottò Questor con tono irritato. «Horris Kew appare<br />
sempre come una persona pressoché inoffensiva, una semplice scocciatura.<br />
Nessuno lo prende mai sul serio. Anche mio fratello lo ignorò fino alla storia<br />
dei demoni, ma alla fine anche Meeks fece pressione per farlo andare
via. A quanto pare la comparsa inaspettata dei demoni interferì con qualcuno<br />
dei suoi progetti, e mio fratello poteva tollerare più o meno qualsiasi<br />
cosa, eccetto che qualcuno interferisse nei suoi schemi.»<br />
Meeks, il fratello del mago <strong>di</strong> corte Questor Thews, era stato l'uomo che<br />
aveva ingannato Ben convincendolo a venire su Landover e <strong>di</strong>ventando in<br />
seguito il suo peggior nemico. Ora non c'era più, ma non era certo stato<br />
<strong>di</strong>menticato. Certamente uno come lui non avrebbe sopportato che Horris<br />
Kew interferisse con i suoi progetti.<br />
«In ogni caso» continuò Questor «mio fratello convinse il vecchio Re a<br />
esiliare Horris, e Horris venne esiliato. Tutto qui.»<br />
«Uh-huh» Ben si massaggiò il mento. «E dove venne mandato in esilio?»<br />
Questor assunse un'espressione <strong>di</strong> netto <strong>di</strong>sagio. «Venne mandato sul<br />
vostro mondo, Alto Signore» ammise con riluttanza.<br />
«Sulla Terra? Per gli ultimi vent'anni?» Ben tentò <strong>di</strong> ricordare se avesse<br />
mai letto qualcosa a proposito <strong>di</strong> un Horris Kew.<br />
«Un luogo ideale per scaricare scocciatori e reietti, temo. Sapete, non si<br />
può fare granché con la magia in un luogo dove non credono nemmeno<br />
nella sua esistenza.»<br />
Abernathy annuì con aria solenne. Rimasero tutti impalati a fissare Ben,<br />
apparentemente esauriti dalla <strong>di</strong>scussione, aspettando una sua risposta. Ben<br />
rivolse un'occhiata a Willow, che stava mangiando e si rifiutava <strong>di</strong> alzare<br />
lo sguardo, e in quel momento ricordò che voleva <strong>di</strong>re ai suoi amici del futuro<br />
erede. Ma forse era meglio aspettare.<br />
«Be', perché non sentiamo che cosa ha da <strong>di</strong>re» suggerì Ben, in verità<br />
piuttosto incuriosito da un personaggio che era riuscito a mandare su tutte<br />
le furie persino Abernathy, normalmente impassibile. «Magari è cambiato.»<br />
Il colore del viso <strong>di</strong> Questor passò dal cremisi a una tinta scarlatta e<br />
fiammante. «Cambiato? Quando le mucche voleranno forse quel tipo cambierà!»<br />
Si bloccò <strong>di</strong> colpo, forse pensando che, essendoci <strong>di</strong> mezzo Horris,<br />
la sua frase poteva anche non avere valore. «Mai, Alto Signore!» aggiunse,<br />
giusto per mettere le cose in chiaro. «Non dategli u<strong>di</strong>enza. Non lasciategli<br />
mettere nemmeno un piede all'interno del castello. Se avessi saputo che<br />
stava arrivando, avrei mandato una guar<strong>di</strong>a ad accoglierlo sulla strada.<br />
Non riesco ancora a credere che abbia avuto la faccia tosta <strong>di</strong> presentarsi<br />
qui!» Fece una pausa, assumendo improvvisamente un'espressione perplessa.<br />
«Ma, in effetti, come <strong>di</strong>avolo ha fatto a tornare in<strong>di</strong>etro?»
«Non ha importanza» <strong>di</strong>sse Ben con tono paziente. «È un supplicante, e<br />
non posso mandare via un supplicante senza nemmeno parlargli. Che razza<br />
<strong>di</strong> precedente sarebbe? Devo almeno parlargli, che male potrebbe venirne?»<br />
«Voi non ne avete idea, Alto Signore» <strong>di</strong>sse Abernathy con tono sinistro.<br />
«Non ne avete la minima idea» assentì Questor.<br />
«Liberatevene imme<strong>di</strong>atamente.»<br />
«Non permettetegli <strong>di</strong> avvicinarsi a meno <strong>di</strong> un chilometro.»<br />
Ben increspò le labbra. Non gli era mai capitato <strong>di</strong> sentire i suoi consiglieri<br />
così compatti e inflessibili. Pur non riuscendo proprio a capire come<br />
una normalissima conversazione avrebbe potuto arrecargli danno, non era<br />
certo intenzionato a scartare a priori i loro consigli.<br />
«Pensate che la vostra magia sia più potente della sua?» do mandò a<br />
Questor dopo un po'.<br />
Questor si raddrizzò. «Molto più potente, senz'altro. Ma Horris Kew è<br />
un personaggio molto scivoloso e impreve<strong>di</strong>bile.»<br />
Ben annuì. «Be', non posso semplicemente mandarlo via. Perché non lo<br />
riceviamo tutti assieme, così voi potrete avvertirmi se tenta qualche trucchetto?<br />
Che ne pensate?»<br />
Abernathy tornò a sedersi senza <strong>di</strong>re una parola. Questor si irrigidì ulteriormente,<br />
ma alla fine annuì concedendo il suo assenso. «Poi non <strong>di</strong>te che<br />
non vi avevo avvertito» <strong>di</strong>chiarò seccamente, quin<strong>di</strong> fece un cenno a un<br />
servitore che si trovava dalla parte opposta della sala.<br />
Rimasero seduti in silenziosa attesa. Ben prese la mano <strong>di</strong> Willow e la<br />
strinse dolcemente, ottenendo un sorriso in cambio. Parsnip apparve per un<br />
attimo dalla porta della cucina, salutò brevemente il gruppo e scomparve<br />
nuovamente. Ben pensò che gli sarebbe piaciuto liberarsi velocemente <strong>di</strong><br />
quell'Horris Kew per sbrigare le faccende della giornata. Pensò alle riunioni<br />
a cui doveva partecipare e al lavoro che doveva svolgere. Una volta aveva<br />
pensato che nessuno lavorasse più <strong>di</strong> un avvocato penalista, ma ora<br />
sapeva che il mestiere <strong>di</strong> re era ben più impegnativo. Occorreva costantemente<br />
prendere decisioni, considerare piani su piani e risolvere problemi<br />
su problemi. Vi erano molte cose che <strong>di</strong>pendevano da lui. Moltissima gente<br />
veniva influenzata, in un modo o nell'altro, dalle sue decisioni. La sfida<br />
lo affascinava, ma allo stesso tempo era costantemente scoraggiato dalla<br />
gran<strong>di</strong>ssima responsabilità implicata. A volte pensava alle circostanze che<br />
lo avevano portato in quel luogo in quella vita e si domandava come era
possibile che fosse successa una cosa del genere. In pratica significava che<br />
qualsiasi cosa era possibile. Se si fermava a pensare a dove si trovava e a<br />
fare un paragone con il luogo dal quale proveniva, ancora adesso non riusciva<br />
a crederci. Ma quando si fermava a pensarci, decideva sempre che, a<br />
prescindere da quanto insistenti fossero le pressioni e le responsabilità della<br />
sua vita attuale, non l'avrebbe mai più scambiata con quella precedente.<br />
«Potete ancora cambiare idea, Alto Signore» intervenne Questor a bassa<br />
voce, non ancora rassegnato alla situazione.<br />
Ma Ben stava pensando alla sua vita, e ascoltando il commento del mago,<br />
decise che aveva torto. Lui aveva ritrovato se stesso osando, correndo<br />
un rischio che altri non avrebbero mai corso, e cambiare idea adesso non<br />
rappresentava per lui un'opzione ragionevole. Stava per <strong>di</strong>ventare padre,<br />
pensò con rinnovato stupore. Come sarebbe stato per un uomo che aveva<br />
oltrepassato il quarantesimo anno <strong>di</strong> età senza figli? Come sarebbe stato<br />
per un uomo che non aveva avuto famiglia per così tanto tempo? Voleva<br />
un figlio, ma doveva ammettere che non sapeva se era pronto o meno per<br />
averne uno.<br />
Dalla parte opposta della sala, provenne un suono <strong>di</strong> passi pesanti. Entrò<br />
un uomo. Era alto e allampanato e aveva un aspetto piuttosto strano. Le<br />
braccia e le gambe gli spuntavano verso l'esterno, e il naso, le orecchie e il<br />
pomo d'Adamo sembravano essergli stati applicati malamente da un ragazzino.<br />
Indossava una tunica grigia da supplicante che sembrava essere stata<br />
usata come zerbino in una stalla. I pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong> erano su<strong>di</strong>ci e impolverati,<br />
teneva le mani davanti a sé in atteggiamento <strong>di</strong> supplica e il suo corpo era<br />
curvo. Si avvicinò con passò decisamente malfermo, con la testa che ballonzolava<br />
sulle spalle. Su una spalla aveva un uccello dalle piume nere con<br />
una cresta bianca, che si guardava attorno con occhi attenti.<br />
«Alto Signore» esordì Horris Kew crollando sulle ginocchia. «Vi ringrazio<br />
per avermi ricevuto.»<br />
Ben si alzò in pie<strong>di</strong>, pensando fra sé che quel tipo era la minaccia dall'aria<br />
più inoffensiva che avesse mai visto. «In pie<strong>di</strong>» or<strong>di</strong>nò. «Sentiamo cosa<br />
avete da <strong>di</strong>re. La vostra reputazione non è certo fra le migliori.»<br />
Horris si alzò in pie<strong>di</strong>, con il volto segnato contratto in una maschera <strong>di</strong><br />
dolore. Aveva uno strano tic a un occhio che lo faceva apparire come un<br />
uomo che ha costantemente paura <strong>di</strong> ricevere un colpo in testa. «Confesso<br />
tutto, Alto Signore. Ho fatto tutto ciò che mi si accusa <strong>di</strong> aver fatto. Ammetto<br />
tutto ciò che vi hanno riferito Questor Thews e Abernathy. Non ho
alcuna intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere su queste accuse. Sono solo venuto per<br />
chiedere perdono.»<br />
Questor emise un grugnito. «Che cos'hai in mente, Horris Kew? Certamente<br />
avrai in mente qualcosa.»<br />
«Awk! Biggar è meglio!» gracchiò l'uccello.<br />
«Quell'uccello ha un'aria familiare» <strong>di</strong>chiarò Abernathy, scrutando Biggar<br />
con aria sospettosa.<br />
«Non è che un comune corvo in<strong>di</strong>ano, mio compagno <strong>di</strong> viaggio.» L'occhio<br />
<strong>di</strong> Horris Kew si contrasse due volte <strong>di</strong> seguito.<br />
Abernathy si produsse in una smorfia. «Immagino che tu gli abbia insegnato<br />
a dare la caccia ai cani?»<br />
«Awwwkk! Pulci! Pulci!» <strong>di</strong>chiarò l'uccello.<br />
Ben girò attorno al tavolo, frapponendosi fra Abernathy e il pennuto.<br />
«Non dovevate essere in esilio, Horris? Come mai siete tornato?»<br />
«Alto Signore, sono venuto semplicemente a chiedere un'altra possibilità.»<br />
Sul volto angoloso <strong>di</strong> Horris Kew si <strong>di</strong>pinse un'espressione da vero<br />
penitente. «Ho avuto ben vent'anni per pentirmi, per considerare i miei errori,<br />
per riflettere sulla mia condotta. Sono stato fortunato a uscire da Landover<br />
vivo, come vi potrà confermare Questor Thews, ma ora mi piacerebbe<br />
tornare a casa mia e iniziare tutto da capo. Sarebbe possibile?»<br />
Ben lo osservò. «Non lo so.»<br />
«Non fatelo, Alto Signore» intervenne imme<strong>di</strong>atamente Questor.<br />
«Non pensateci nemmeno, Alto Signore» aggiunse Abernathy.<br />
«Awk! Viva Horris, viva Horris!» <strong>di</strong>chiarò l'uccello.<br />
«Grazie, Biggar.» Horris <strong>di</strong>ede una pacchetta affettuosa sul dorso del<br />
pennuto, quin<strong>di</strong> tornò a rivolgere l'attenzione verso Ben. «Alto Signore, se<br />
voi doveste decidere <strong>di</strong> farmi tornare, io avrei un piano in mente. Non<br />
chiederò nulla né a voi né a nessuno, se non <strong>di</strong> essere lasciato solo. Vivrò<br />
in solitu<strong>di</strong>ne come un eremita, e non darò fasti<strong>di</strong>o a nessuno. Ma se dovesse<br />
insorgere la necessità sono pronto e <strong>di</strong>sposto a servire il regno in qualsiasi<br />
modo a me richiesto. Posseggo una conoscenza minore della magia che<br />
potrebbe tornare utile, prima o poi. Io ve la offro per intero, nel caso che<br />
ne possiate avere bisogno. Potete confidare nel fatto che verrò imme<strong>di</strong>atamente<br />
a qualunque vostra richiesta.»<br />
«Se non sbaglio, è stato proprio l'uso della vostra magia che vi ha messo<br />
nei guai la volta scorsa» osservò Ben con tono pacato.<br />
«Sì, sì, non lo posso negare. Ma prometto che non mi intrometterò nelle<br />
faccende del regno e della sua gente a meno che non mi venga specifica-
mente richiesto.» L'occhio scattò nuovamente. «Se dovessi violare questa<br />
promessa, potrete ban<strong>di</strong>rmi ed esiliarmi nuovamente, e non <strong>di</strong>scuterò.»<br />
«No» <strong>di</strong>sse Questor Thews.<br />
«No» riecheggiò Abernathy.<br />
Ben tentò <strong>di</strong> non sorridere. Probabilmente avrebbe dovuto prendere la<br />
faccenda un po' più seriamente, pensò, ma era <strong>di</strong>fficile prendere sul serio<br />
una persona dall'aspetto così ri<strong>di</strong>colo la cui peggiore colpa era stata <strong>di</strong> far<br />
volare le galline e <strong>di</strong> far nascere una ribellione <strong>di</strong> mucche.<br />
«Awk! Bella signora!» gracchiò improvvisamente l'uccello.<br />
Willow sorrise e rivolse un'occhiata a Ben, che si ricordò <strong>di</strong> suo figlio…<br />
«Ci penserò su e vi darò una risposta nel giro <strong>di</strong> qualche giorno» <strong>di</strong>chiarò<br />
infine Ben, ignorando i grugniti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione da parte <strong>di</strong> Questor<br />
Thews e Abernathy. «Tornate allora.»<br />
«Con piacere, con piacere, Alto Signore» rispose Horris Kew fra un profondo<br />
inchino e l'altro. «Grazie, grazie. Mi sento in debito.»<br />
Si allontanò rapidamente, quin<strong>di</strong> venne scortato fuori dalla stanza. Ben<br />
si domandò che tipo <strong>di</strong> uccello fosse quel Biggar. Si domandò anche quante<br />
parole fosse in grado <strong>di</strong> pronunciare.<br />
«Che decisione monumentalmente assurda!» sbottò Questor Thews con<br />
tono <strong>di</strong>sgustato. «Sempre che voi permettiate questo commento, Alto Signore.»<br />
«Permetto, permetto» <strong>di</strong>sse Ben, visto che ormai l'aveva già fatto.<br />
«Quell'uccello ha qualcosa <strong>di</strong> familiare» borbottò Abernathy.<br />
«Solo perché un uomo ha un aspetto inoffensivo, questo non significa<br />
che <strong>di</strong> fatto lo sia» continuò Questor. «E nel caso <strong>di</strong> Horris Kew, le apparenze<br />
non sono solo ingannevoli, sono una vera e propria menzogna!»<br />
Ma Ben era già stanco <strong>di</strong> quell'argomento, quin<strong>di</strong> sollevò le mani con<br />
espressione esasperata. «Signori!» <strong>di</strong>sse ad alta voce. Sperava <strong>di</strong> ottenere<br />
degli sguar<strong>di</strong> mortificati, ma <strong>di</strong> fatto ottenne solo un silenzio ostile. Emise<br />
un sospiro. Non la si può sempre avere vinta, pensò. Era proprio per questo<br />
che nella maggior parte delle questioni bisognava raggiungere un compromesso.<br />
«Ne <strong>di</strong>scuteremo in seguito, d'accordo?»<br />
Willow si alzò in pie<strong>di</strong> accanto a lui, facendolo sorridere mentre avvolgeva<br />
un braccio attorno al suo. «Parsnip!» chiamò. Quando il cuoco apparve<br />
e si piazzò accanto allo scrivano, allo stregone e al messaggero, Ben<br />
domandò. «Che ne pensate dell'idea <strong>di</strong> aggiungere un nuovo membro alla<br />
nostra famiglia?»
«Basta che non si tratti <strong>di</strong> Horris Kew» mormorò Questor Thews, e non<br />
apparve affatto pentito delle sue parole.<br />
Gorse<br />
Horris Kew lasciò Sterling Silver <strong>di</strong> notte, come un fuggitivo, affrettandosi<br />
ad allontanarsi con la massima fretta che la sua <strong>di</strong>gnità gli permettesse,<br />
rivolgendo sguar<strong>di</strong> nervosi a destra e a sinistra a ogni singolo passo.<br />
Procedette con passi lunghi e decisi, la sagoma alta e allampanata che oscillava<br />
a ogni movimento, una strana figura nella più strana fra le terre. Il<br />
tic che aveva misteriosamente sviluppato gli faceva sobbalzare regolarmente<br />
l'occhio come fosse un grillo intrappolato. Biggar gli stava appollaiato<br />
sulla spalla come un uccello del malaugurio.<br />
«Quel cane mi sta veramente antipatico» borbottò l'uccello, arruffando le<br />
piume per <strong>di</strong>mostrare il suo <strong>di</strong>sgusto.<br />
Le labbra <strong>di</strong> Horris Kew si serrarono. «Non parlare <strong>di</strong> quel cane.»<br />
«Mi ha quasi riconosciuto, hai visto? Prima o poi si ricorderà chi sono,<br />
segnati queste mie parole.»<br />
«Considerale già segnate.» Attraversarono il ponte che collegava l'isola<br />
alla terraferma e si <strong>di</strong>ressero verso la foresta occidentale. «E anche se ti riconoscesse?<br />
Tanto Meeks è morto e sepolto.»<br />
Biggar era stato <strong>di</strong> proprietà del mago, un tempo. Era stato proprio Meeks<br />
a compiere l'incantesimo che aveva aumentato l'intelligenza del volatile,<br />
nella speranza <strong>di</strong> usarlo come spia contro i suoi nemici. Ma Biggar era<br />
stato o<strong>di</strong>oso e sfacciato allora come lo era oggi, e nel giro <strong>di</strong> poco tempo<br />
Meeks si era scocciato della sua presenza. Così, quando Horris Kew era<br />
stato esiliato sulla Terra dal vecchio Re, Meeks aveva fatto in modo che<br />
l'uccello scocciatore lo accompagnasse.<br />
Biggar si rannicchiò in una palla <strong>di</strong> piume nere. «Se quel cane mi collega<br />
a Meeks, caro Horris, potrai <strong>di</strong>re definitivamente ad<strong>di</strong>o a qualsiasi speranza<br />
<strong>di</strong> entrare nuovamente fra le mura <strong>di</strong> quel castello.»<br />
Horris tentò <strong>di</strong> assumere un'espressione in<strong>di</strong>fferente. «Ti stai preoccupando<br />
per nulla.»<br />
«Non mi importa. Non mi piace il modo in cui mi ha guardato quel cane.<br />
Se lo vuoi sapere, non mi piace nulla <strong>di</strong> tutto questo.»<br />
Horris tacque, ma nemmeno lui era tanto sicuro che quella faccenda gli<br />
piacesse. Dal momento in cui aveva pronunciato quella frase, "Rashun, oblight,<br />
surena, eccetera" e quella cosa era uscita dalla Scatola magica, gli
era andato tutto storto. Solo a pensarci gli venivano i brivi<strong>di</strong>. Gli venivano<br />
i brivi<strong>di</strong> a pensare a ciò che aveva visto quando si era voltato, e gli vennero<br />
i brivi<strong>di</strong> a pensare che ora li stava aspettando. Era qualcosa <strong>di</strong> ripugnante a<br />
un livello che andava al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualsiasi descrizione, l'essere più orribile<br />
che avesse mai incontrato in vita sua.<br />
E ora quell'essere aveva preso possesso della sua vita, impartendogli or<strong>di</strong>ni<br />
come fosse un servo qualunque, <strong>di</strong>cendogli dove andare e che cosa fare.<br />
Era il suo peggiore incubo <strong>di</strong>venuto realtà, e Horris Kew sapeva bene<br />
che non poteva fare nulla per evitarlo.<br />
«Perché pensi che ci abbia mandati dal Re?» domandò improvvisamente<br />
Biggar, come se gli stesse leggendo nel pensiero. Oltrepassarono la sommità<br />
<strong>di</strong> una collina e si ritrovarono in un prato ai margini <strong>di</strong> una foresta.<br />
Horris buttò fuori il fiato con aria esasperata. «Che vuoi che ne sappia?<br />
Mi ha detto <strong>di</strong> andare a fare questa richiesta a Holiday, e io ci sono andato.<br />
Mi ha detto <strong>di</strong> farlo, e io l'ho fatto. Pensi forse che avrei potuto <strong>di</strong>scutere?»<br />
Biggar non fece alcun commento, il che fu un'ottima cosa, poiché la pazienza<br />
<strong>di</strong> Horris Kew era già stata messa a dura prova dagli eventi delle ultime<br />
ventiquattro ore. Comunque, pensò, era tutta colpa <strong>di</strong> Biggar. L'idea<br />
del me<strong>di</strong>um, <strong>di</strong> Skat Mandu (Skat Mandu, che presa per i fondelli!), la liberazione<br />
<strong>di</strong> quella cosa e il ritorno a Landover. Horris non aveva idea del<br />
gioco al quale stavano giocando, ma sapeva che si trattava <strong>di</strong> un gioco pericoloso.<br />
Erano tornati nell'ultimo luogo dell'universo al quale avrebbero<br />
dovuto tornare, in un luogo dove erano tutt'altro che benvenuti. Certo, il<br />
vecchio Re era morto e questo nuovo, Holiday, sembrava perlomeno <strong>di</strong>sposto<br />
a prendere in considerazione il suo caso. Ma questo non aveva alcuna<br />
importanza. Che cavolo ci facevano lì? Certo, era la sua terra natia e<br />
tutto il resto, ma non era certo un luogo del quale serbava buoni ricor<strong>di</strong>.<br />
Era semplicemente il luogo in cui era nato (per pura fortuna), dove era cresciuto,<br />
dove era riuscito a mettersi nei guai fino al collo, dove era stato <strong>di</strong>chiarato<br />
persona non gra<strong>di</strong>ta ed espulso con l'uso della forza. Nel nuovo<br />
mondo in cui lo avevano mandato era stato perfettamente felice, nella terra<br />
del miele e del latte e dei fedeli <strong>di</strong> Skat Mandu, pronti e <strong>di</strong>sposti a pagare<br />
somme notevoli per quattro fumate e un raggio <strong>di</strong> luce. Si era piazzato bene<br />
là, ed era sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> se stesso, del luogo in cui viveva e delle prospettive<br />
che aveva <strong>di</strong> fronte a sé.<br />
E ora con che cosa si ritrovava? Con nulla. E la colpa era tutta <strong>di</strong> Biggar.<br />
Solo che, in verità, non era solo colpa dell'uccello. La colpa era sua almeno<br />
quanto lo era <strong>di</strong> Biggar, e questo lo irritava ancor <strong>di</strong> più.
Che cosa gli sarebbe capitato ora? Che cosa aveva in mente per lui il<br />
vecchio Skat Mandu?<br />
«Quel cane mi sta veramente antipatico» <strong>di</strong>sse nuovamente Biggar, dopo<strong>di</strong>ché<br />
tacque.<br />
Continuarono a camminare per tutta la mattina, e a mezzogiorno giunsero<br />
al Cuore. Il Cuore era terra sacra, la fonte della magia <strong>di</strong> Landover e la<br />
prova ultima della sua vita. Tutti i re <strong>di</strong> Landover, Ben Holiday compreso,<br />
erano stati incoronati in quel luogo. Si trattava <strong>di</strong> una radura posta al centro<br />
<strong>di</strong> una foresta <strong>di</strong> alberi dalle foglie ampie, il cui perimetro era delimitato<br />
da un cerchio <strong>di</strong> Bonnie Blu e il cui terreno era composto da una mistura<br />
<strong>di</strong> erbe color verde, oro e cremisi. Al centro della radura vi era una specie<br />
<strong>di</strong> palco composto <strong>di</strong> tronchi <strong>di</strong> quercia <strong>di</strong> un bianco scintillante, ancorati<br />
da puntelli d'argento lucidato nei quali erano state poste delle possenti<br />
candele bianche. Tutt'attorno al palco vi era una serie <strong>di</strong> stendar<strong>di</strong>, e, in<br />
cima a ognuno <strong>di</strong> questi, vi erano le ban<strong>di</strong>ere dei re <strong>di</strong> Landover che formavano<br />
una marea <strong>di</strong> colori luminosi. Quella <strong>di</strong> Holiday era la più recente,<br />
ed era composta da una serie <strong>di</strong> bilance a piatti in equilibrio su campo verde,<br />
una specie <strong>di</strong> accenno alla professione <strong>di</strong> avvocato che un tempo aveva<br />
esercitato sulla Terra. Tutt'attorno al palco vi erano file <strong>di</strong> cuscini <strong>di</strong> velluto<br />
bianco per inginocchiarsi e riposarsi.<br />
Il tutto era perfettamente pulito e ben tenuto, come se si attendesse una<br />
nuova incoronazione da un momento all'altro.<br />
Horris Kew entrò nel Cuore e si guardò attorno con aria solenne. La storia<br />
<strong>di</strong> un paese intero lo scrutava e gli faceva l'occhiolino da ogni singolo<br />
tronco e da ogni puntello. «Togliti il cappello, Biggar» <strong>di</strong>sse con tono serio.<br />
«Siamo in chiesa.»<br />
Biggar si guardò attorno con aria dubbiosa, facendo scintillare i suoi occhi<br />
acuti. «Chi <strong>di</strong>avolo si occupa della manutenzione <strong>di</strong> questo luogo?»<br />
Horris lo fissò ed emise un sospiro. «Che profano sei!»<br />
Biggar si involò dalla spalla <strong>di</strong> Horris e si posò su uno dei cuscini bianchi.<br />
«Così adesso passi anche agli insulti, eh! Sei veramente patetico.»<br />
Volutamente, l'uccello si librò sul velluto bianco.<br />
Horris si irrigidì per un istante, poi la sua struttura allampanata si svolse<br />
come se fosse in parte serpente, agitando qua e là i suoi lunghi arti come<br />
stecchi <strong>di</strong> legno attaccati a un burattino <strong>di</strong> stoffa. «Ne ho avuto abbastanza<br />
<strong>di</strong> te, Biggar. Cosa ne <strong>di</strong>resti se ti tirassi quell'inutile collo che ti ritrovi?»<br />
«E che ne <strong>di</strong>resti se ti cavassi gli occhi a beccate, Horris?»<br />
«Maledetta taccola i<strong>di</strong>ota!»
«Stupido babbuino!»<br />
Si scrutarono in cagnesco, Horris con le <strong>di</strong>ta contratte come artigli, Biggar<br />
con le penne tutte arruffate. L'ondata <strong>di</strong> rabbia sfrecciò fra i due per poi<br />
<strong>di</strong>ssiparsi rapidamente, evaporando come acqua su una pietra sotto il sole<br />
<strong>di</strong> mezzogiorno. La tensione scemò dai loro corpi, venendo sostituita dallo<br />
stupore e da una vaga sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio per la repentina spontaneità <strong>di</strong><br />
quel comportamento a <strong>di</strong>r poco imbarazzante.<br />
«L'unico responsabile <strong>di</strong> tutte queste assur<strong>di</strong>tà è quella cosa» <strong>di</strong>chiarò<br />
Horris con tono pacato. «Il buon vecchio Skat Mandu.»<br />
«Devo ammettere che non è esattamente quel che mi aspettavo che fosse»<br />
<strong>di</strong>chiarò Biggar con aria solenne.<br />
«Non è nemmeno una persona. È una cosa.»<br />
«Un verme.»<br />
«Una serpe.»<br />
Biggar chiuse gli occhi «Horris» <strong>di</strong>sse, e nella sua voce si percepiva un<br />
accenno <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione «che cosa ci facciamo qui? Aspetta, non <strong>di</strong>re<br />
nulla prima che abbia finito. So come ci siamo arrivati. Ho capito le meccaniche<br />
dell'evento. Abbiamo liberato quella cosa dalla Scatola magica<br />
dove era intrappolata nella nebbia fatata, e la cosa ha usato la stessa nebbia<br />
fatata per aprire una porta su Landover. Fin lì ci arrivo. Ma cosa cavolo ci<br />
facciamo qui? Dico sul serio, cosa ci facciamo? Riflettici sopra un attimo.<br />
Questo luogo è pericoloso per noi.»<br />
«Lo so, lo so» sospirò Horris.<br />
«Va bene. Allora, perché non ce ne an<strong>di</strong>amo da qualche altra parte? In<br />
qualche luogo meno... minaccioso. Perché non lo facciamo? Magari ci ascolterebbe<br />
se gli suggerissimo <strong>di</strong> andare da qualche altra parte. Magari<br />
prenderebbe almeno in considerazione il fatto <strong>di</strong> lasciare andare noi, anche<br />
se lui volesse rimanere qui. In fondo, a che cosa gli serviamo noi?»<br />
Horris lo fissò con uno sguardo duro. «E dove ce ne andremmo, Biggar?<br />
Avresti forse intenzione <strong>di</strong> tornare da dove siamo venuti, dove i fedeli non<br />
stanno aspettando altro che <strong>di</strong> farci a pezzettini? Grazie a te, quella possibilità<br />
è da scartare a priori.»<br />
«Non è stata colpa mia, Horris, te l'ho già spiegato. E stata colpa <strong>di</strong> Skat<br />
Mandu! O chi cavolo è.» Biggar si avvicinò <strong>di</strong> un cuscino con un balzo.<br />
«Vuoi sapere dove possiamo andare? Abbiamo un sacco <strong>di</strong> possibilità, ho<br />
letto <strong>di</strong> alcune che sono ottime. Che ne pensi per esempio <strong>di</strong> quel luogo<br />
con la strada lastricata <strong>di</strong> mattoni gialli con la città <strong>di</strong> smeraldo e tutta
quella piccola gente che corre qua e là, i Munchies o come cavolo si chiamano?»<br />
Horris lo guardò e sospirò. «Biggar, quello non è un luogo reale. É un<br />
libro.»<br />
Biggar tentò <strong>di</strong> prodursi in una smorfia, ma non vi riuscì. «No che non<br />
era un libro. Era un luogo vero.»<br />
«No, Biggar. Sei andato <strong>di</strong> nuovo in cortocircuito. Stai parlando del regno<br />
<strong>di</strong> Oz. Il regno <strong>di</strong> Oz non è un luogo reale, è un luogo inventato.»<br />
«Anche lo stregone e tutto il resto? Le streghe e le scimmie volanti? No,<br />
non era solo una storia. Era un posto vero.»<br />
«Era una storia, Biggar! Una storia!»<br />
«Va bene, Horris, va bene! Era una storia!» L'uccello chiuse il becco con<br />
una certa enfasi. Rifletté un attimo. «Okay. Che ne <strong>di</strong>resti allora <strong>di</strong> quel<br />
posto con quella gente piccolina dai pie<strong>di</strong> pelosi?»<br />
Horris <strong>di</strong>venne paonazzo. «A che cavolo serve!» sibilò con rabbia. Passò<br />
accanto a Biggar senza nemmeno guardarlo, <strong>di</strong>retto verso gli alberi. «An<strong>di</strong>amo<br />
a fare rapporto e facciamola finita!»<br />
Si allontanò dalla radura e dal Cuore, addentrandosi nella foresta. Biggar<br />
lo seguì poco dopo. Lasciarono la luce del sole per penetrare nel buio e nel<br />
fresco, dove le ombre tessevano le loro trame come ragnatele per tutto il<br />
bosco. Proseguirono senza parlare, Horris con il suo passo deciso, Biggar<br />
volando da un ramo all'altro, portandosi avanti per poi tornare in<strong>di</strong>etro.<br />
Chiuso com'era nella sua cupa riflessione, Horris lo ignorò <strong>di</strong> proposito.<br />
A poco più <strong>di</strong> un chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal Cuore, dove la luce era praticamente<br />
del tutto schermata dai rami degli alberi che si univano fra loro<br />
sopra le loro teste, scesero giù per un declivio fino a un fitto <strong>di</strong> cespugli incastrato<br />
sotto una sporgenza <strong>di</strong> roccia. Facendosi strada attraverso i rovi,<br />
giunsero infine a un'enorme lastra <strong>di</strong> pietra piatta completamente ricoperta<br />
<strong>di</strong> simboli, sia sulla superficie sia ai lati. Horris fissò la pietra, emise il suo<br />
sospiro più languido, allungò una mano e toccò <strong>di</strong>versi simboli in rapida<br />
successione. Fece un veloce passo in<strong>di</strong>etro mentre la porta si apriva con<br />
un suono <strong>di</strong> pietra che macina pietra. Biggar si posò nuovamente sulla sua<br />
spalla, e assieme osservarono l'apertura scura della grotta che si schiudeva<br />
davanti a loro.<br />
Non senza una certa riluttanza, entrarono. La porta <strong>di</strong> pietra si chiuse<br />
lentamente alle loro spalle.<br />
Nella grotta vi era della luce per guidarli nei recessi più profon<strong>di</strong>, una<br />
specie <strong>di</strong> debole fosforescenza che sembrava essere propria della roccia
stessa. Brillava come argento, apparendo in venature e macchie sulle pareti,<br />
fornendo una luce appena sufficiente per attraversare il cunicolo senza<br />
problemi. Faceva piuttosto caldo nella grotta, un calore sgradevole che penetrava<br />
nella pelle lasciandola umida e irritata. Nell'aria vi era anche un<br />
odore caratteristico. Horris e Biggar lo riconobbero imme<strong>di</strong>atamente. Sapevano<br />
da dove proveniva.<br />
Nel giro <strong>di</strong> un attimo giunsero alla parte più profonda della grotta, nel<br />
punto in cui la luce era più forte, il calore più intenso e il puzzo più acre.<br />
In quel punto la grotta si allargava e si innalzava <strong>di</strong> circa sei o sette metri.<br />
Sopra le loro teste vi erano una serie <strong>di</strong> stalattiti che si stagliavano minacciose<br />
come un'antica trappola me<strong>di</strong>evale. La sala era deserta, eccetto per<br />
un lettino <strong>di</strong> legno tutto sgangherato e un tavolino altrettanto sgangherato<br />
sul quale era stato posato un catino d'acqua. Il letto era <strong>di</strong>sfatto e il catino<br />
era pieno.<br />
Accanto al catino vi era la Scatola magica.<br />
Si udì un suono dall'angolo più nascosto della grotta. «Avete fatto come<br />
vi ho detto?» sibilò una voce minacciosa.<br />
Horris tentò <strong>di</strong> trattenere il fiato mentre parlava per non inalare troppo <strong>di</strong><br />
quel puzzo terribile. «Sì. Abbiamo fatto come ci avete detto.»<br />
«E qual è stata la risposta?»<br />
«Ha detto che ci avrebbe pensato sopra. Ma il mago e lo scrivano vogliono<br />
convincerlo a mandarci via.»<br />
L'essere rise. Si spostò nell'oscurità, sollevando il corpo, raddrizzando<br />
gli arti. In verità era ben <strong>di</strong>fficile stabilire che cosa stesse succedendo, e il<br />
risultato era piuttosto sconvolgente. Horris ripensò alla prima volta in cui<br />
aveva messo gli occhi su quell'essere, e si rese improvvisamente conto che<br />
non era ben certo <strong>di</strong> che cosa avesse visto. La cosa che era Skat Mandu aveva<br />
un suo modo <strong>di</strong> mostrare solo una parte <strong>di</strong> se stesso, un frammento <strong>di</strong><br />
corpo o <strong>di</strong> arto o <strong>di</strong> testa (mai un volto), un accenno <strong>di</strong> forma o <strong>di</strong> colore.<br />
Alla fin fine, non rimaneva altro che la sensazione <strong>di</strong> qualcosa, <strong>di</strong> una presenza,<br />
e non un'immagine ben definita. Ciò che rimaneva, in conclusione,<br />
era inevitabilmente qualcosa <strong>di</strong> sgradevole, pesante e ripugnante.<br />
«Vi faccio paura?» domandò l'essere a bassa voce. Nell'oscurità fumosa<br />
si accese uno strano e minaccioso bagliore verdastro.<br />
Horris si pentì improvvisamente <strong>di</strong> essere tornato, pensando che forse,<br />
alla fin fine, avesse ragione Biggar. In che razza <strong>di</strong> follia si erano imbarcati<br />
liberando quel mostro? Era rimasto imprigionato nella Scatola magica fino<br />
ad allora, e li aveva ingannati e convinti a liberarlo usando Biggar come
tramite, Horris come mago ed entrambi come strumenti per scassinare le<br />
serrature che lo tenevano rinchiuso. Nell'angolo più recon<strong>di</strong>to del suo cuore,<br />
Horris Kew sapeva benissimo che nulla <strong>di</strong> ciò che aveva fatto per creare<br />
Skat Mandu era stato realmente idea sua; il tutto era venuto dalla cosa<br />
nella Scatola magica, la cosa intrappolata fino ad allora nelle nebbie fatate,<br />
costretta all'esilio esattamente come loro e condannata all'oblio eterno se<br />
non per un assurdo destino che aveva portato Horris e Biggar al suo involontario<br />
salvataggio.<br />
«Che cosa ci facciamo qui?» squittì improvvisamente Biggar. Dalla sua<br />
voce squillante trasparivano paura e rigi<strong>di</strong>tà.<br />
«Fate ciò che vi <strong>di</strong>co <strong>di</strong> fare.»<br />
Skat Mandu uscì dall'oscurità, innalzandosi come una nube <strong>di</strong> fumo che<br />
si era in qualche modo agglomerata in una forma vagamente familiare ma<br />
non ancora completa. L'odore fece arretrare Horris e Biggar <strong>di</strong> un passo,<br />
mentre l'essere si produceva in una risata profonda e sod<strong>di</strong>sfatta. I suoi<br />
movimenti ricordavano l'incresparsi <strong>di</strong> uno Stagno <strong>di</strong> acqua fetida; nell'improvviso<br />
silenzio poterono u<strong>di</strong>re il sibilo minaccioso del suo respiro. Era<br />
enorme, grasso e dominante e dava la sensazione <strong>di</strong> essere qualcosa <strong>di</strong><br />
molto antico e terribile.<br />
«Mi chiamo Gorse» sussurrò improvvisamente il mostro. Ero parte del<br />
popolo che vive all'interno delle nebbie fatate, ero uno <strong>di</strong> loro finché non<br />
venni intrappolato e messo al bando, molti secoli fa, rimanendo imprigionato<br />
nella Scatola magica fino a ora. Ero un mago <strong>di</strong> grande potere, e tornerò<br />
a esserlo. Voi mi aiuterete.<br />
Horris Kew si schiarì la gola. «Non vedo proprio che cosa potremmo fare.»<br />
Il Gorse scoppiò a ridere. «Io sarò i tuoi occhi, Horris Kew. Io ti vedo<br />
molto meglio <strong>di</strong> quanto non ti veda tu stesso. Sei arrabbiato perché hai perso<br />
ciò che avevi nell'altro mondo, ma ciò che più desideri si trova qui. Hai<br />
paura per ciò che ti è stato fatto, ma sarò io a fornirti il coraggio che ti<br />
manca. Sì, ti ho manipolato. Sì sei stato il mio artiglio. E lo sarai ancora, tu<br />
e l'uccello. Così vanno le cose, Horris. La gente delle nebbie fatate mi ha<br />
chiuso dentro la Scatola magica con degli incantesimi che non potevano<br />
essere <strong>di</strong>sfatti dall'interno, ma solo dall'esterno. Qualcuno doveva pronunciare<br />
l'incantesimo <strong>di</strong> apertura, e io ho scelto te. Ho sussurrato le parole<br />
nella tua mente, ho guidato i tuoi passi nell'evocazione dell'incantesimo.<br />
Una per una, hai pronunciato le parole dell'incantesimo <strong>di</strong> Skat Mandu.<br />
Una per una, hai aperto le serrature che mi tenevano rinchiuso. E quando
ero pronto a uscire, ho fatto in modo che l'uccello confessasse che Skat<br />
Mandu era una truffa, in modo che foste costretti a fuggire. Solo che la vostra<br />
fuga poteva avvenire solo se mi liberavate. Comunque, non avete motivo<br />
per <strong>di</strong>sperarvi. É andato tutto come doveva andare, come il destino voleva<br />
che andasse. Il fato ci ha legati gli uni agli altri.»<br />
Horris non era del tutto sicuro <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re quell'idea, ma d'altro canto era<br />
abbastanza interessato, nonostante tutto il resto, dalla possibilità che ci fosse<br />
qualcosa da guadagnare anche per lui. «Avete in mente qualcosa per<br />
noi?» domandò con tono cauto.<br />
«Ho in mente qualcosa <strong>di</strong> molto interessante» sussurrò il Gorse. «Conosco<br />
la vostra storia. Tu, Horris, sei stato esiliato per la tua visione <strong>di</strong> ciò<br />
che deve essere la magia. L'uccello invece è stato esiliato perché è risultato<br />
essere <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò che il suo creatore si aspettava.»<br />
Stranamente, sia Horris sia Biggar si trovarono imme<strong>di</strong>atamente d'accordo<br />
con questa affermazione (per quanto Biggar non gra<strong>di</strong>sse eccessivamente<br />
che ci si riferisse costantemente a lui con l'appellativo <strong>di</strong> "uccello").<br />
«Rappresentavate una scocciatura e una fonte <strong>di</strong> imbarazzo nei confronti<br />
<strong>di</strong> coloro che si professavano vostri amici ma che in realtà vi temevano ed<br />
erano invi<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> voi. Tale è la natura delle creature contro le quali ci battiamo.»<br />
Il Gorse arretrò con fare poderoso, tornando a nascondersi nell'oscurità<br />
e nel fumo della grotta. Il suo movimento produsse uno strano suono<br />
raschiante, come <strong>di</strong> un coltello che stacca le squame da un pesce. Un<br />
suono del genere avrebbe dovuto risultare impossibile per un essere dall'apparenza<br />
cosi eterea. «Non vi aggraderebbe forse l'idea <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carvi <strong>di</strong><br />
quegli sciocchi?»<br />
Naturalmente sia Horris sia Biggar avrebbero gra<strong>di</strong>to molto l'idea. Tuttavia,<br />
nonostante tutte quelle parole rassicuranti, il loro senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio<br />
nei confronti del Gorse rimaneva immutato. Quella creatura non era <strong>di</strong> loro<br />
gra<strong>di</strong>mento; non gli piaceva il suo aspetto, non gli piaceva il suo odore,<br />
non gli piaceva nemmeno l'idea della sua esistenza, ed erano ancora fermamente<br />
convinti che sarebbero stati molto meglio dove erano prima. Ciò<br />
nonostante, non erano tanto sciocchi da <strong>di</strong>rlo ad alta voce, e il loro unico<br />
desiderio imme<strong>di</strong>ato era <strong>di</strong> saperne qualcosa <strong>di</strong> più.<br />
L'atmosfera già cupa della grotta sembrò serrarsi su <strong>di</strong> loro come il coperchio<br />
<strong>di</strong> una bara quando il Gorse si espanse improvvisamente fra le<br />
ombre, rubando la luce. «Per quel che mi riguarda, mi assicurerò il dominio<br />
sulle nebbie fatate dalle quali sono stato mandato via e su coloro che
hanno vissuto liberamente al loro interno mentre io ero imprigionato. Li<br />
farò miei schiavi finché non mi stancherò <strong>di</strong> loro, dopo<strong>di</strong>ché li farò rinchiudere<br />
in una tale oscurità che non potranno fare altro che gridare all'infinito<br />
supplicando l'arrivo della morte.»<br />
Horris Kew deglutì il groppo che aveva in gola e abbandonò completamente<br />
qualsiasi tentativo <strong>di</strong> arretrare ulteriormente. Gli artigli <strong>di</strong> Biggar si<br />
strinsero sulla sua spalla fino a fargli male.<br />
«E a voi» continuò Gorse a bassa voce «darò Landover. Tutta Landover,<br />
la terra e il popolo, e voi potrete farne ciò che volete.»<br />
Il silenzio che riempì la caverna dopo questa <strong>di</strong>chiarazione fu immenso.<br />
Horris si rese improvvisamente conto che non era in grado <strong>di</strong> ragionare.<br />
Landover? E che cosa se ne sarebbe fatto <strong>di</strong> Landover? Tentò <strong>di</strong> parlare,<br />
ma non vi riuscì. Tentò <strong>di</strong> deglutire, ma non riuscì nemmeno a fare quello.<br />
Si sentiva secco e inari<strong>di</strong>to dal naso alla punta dei pie<strong>di</strong>, e tutta la sua vita<br />
<strong>di</strong> mago non era che un vago ricordo che gli pareva effimero come il fumo<br />
stesso.<br />
«Volete darci Landover?» gracchiò Biggar, come se non avesse sentito<br />
bene.<br />
La risata del Gorse fu ruvida e raggelante. «Nemmeno Skat Mandu avrebbe<br />
potuto darvi tanto nella vostra vita <strong>di</strong> esiliati, non è vero? Ma per<br />
guadagnarvi questo dono dovrete fare ciò che vi <strong>di</strong>co. Esattamente tutto<br />
ciò che vi <strong>di</strong>co. Avete capito bene?»<br />
Horris Kew annuì, e Biggar lo imitò a ruota.<br />
«Ditelo!» sibilò seccamente Gorse.<br />
«Sì!» annasparono entrambi, percependo <strong>di</strong>ta invisibili che si serravano<br />
attorno alla gola. Le <strong>di</strong>ta li afferrarono e rimasero serrate per un momento<br />
incre<strong>di</strong>bilmente lungo prima <strong>di</strong> rilasciare la presa. Horris e Biggar tossirono<br />
e annasparono alla ricerca d'aria nel silenzio che seguì.<br />
Il Gorse si allontanò, il suo puzzo talmente intenso da non permettere <strong>di</strong><br />
respirare. Horris Kew era inginocchiato nell'oscurità della caverna, con lo<br />
stomaco contratto in una morsa <strong>di</strong> dolore, spaventato dal mostro fino al<br />
punto che non riusciva a pensare ad altro se non a fare qualcosa per evitare<br />
<strong>di</strong> stare peggio ancora. Biggar aveva la cresta bianca dritta sopra la testa,<br />
gli occhi acuti da uccello serrati, e stava tremando tutto.<br />
«Vi sono dei nemici che potrebbero rappresentare una minaccia per noi»<br />
sussurrò il Gorse, la sua voce come carta vetrata sul legno. «Se vogliamo<br />
procedere con il nostro piano, dobbiamo toglierli <strong>di</strong> mezzo. Voi mi aiuterete<br />
in questo.»
Horris annuì senza parlare, poiché non si fidava <strong>di</strong> ciò che avrebbe potuto<br />
<strong>di</strong>re. Desiderò <strong>di</strong> aver imparato a mantenere chiusa la sua bocca <strong>di</strong> mago<br />
molto tempo prima.<br />
«Tu scriverai tre lettere, Horris Kew» sibilò il mostro. «Le scriverai ora.»<br />
L'oscurità occupata dal mostro si mosse e i suoi occhi (o così parevano,<br />
almeno) si fissarono su Biggar. «E quando lui avrà finito, tu le consegnerai.»<br />
Scese la notte su Sterling Silver. Il sole sprofondò <strong>di</strong>etro l'orizzonte<br />
cambiando i colori del cielo da azzurro a cremisi e violetto, colori che inondarono<br />
dapprima le nubi screziate a ovest, poi la terra stessa. Le ombre<br />
presero ad allungarsi <strong>di</strong>ventando sempre più scure, riflettendo la superficie<br />
lucida del castello e delle acque che lo circondavano per poi sparire finalmente<br />
in un crepuscolo illuminato dalle lune in uno dei rari perio<strong>di</strong> dell'anno<br />
in cui erano visibili tutte e otto nel cielo notturno.<br />
Sottobraccio a Willow, Ben Holiday salì per le scale che portavano alla<br />
loro camera da letto, sorridendo <strong>di</strong> tanto in tanto per le sensazioni che stava<br />
provando, ancora elettrizzato dall'idea del figlio. Un figlio! Non si stancava<br />
mai <strong>di</strong> ripeterselo, poiché la sola idea produceva in lui una sensazione<br />
<strong>di</strong> vertigine, una sensazione che lo faceva sentire al settimo cielo e sciocco<br />
nello stesso tempo. Ormai tutto il castello sapeva del nascituro. Persino<br />
Abernathy, che normalmente non si lasciava mai andare a <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong><br />
affetto o <strong>di</strong> emotività in generale, nell'apprendere la notizia aveva abbracciato<br />
Willow in maniera estremamente calorosa. Questor aveva imme<strong>di</strong>atamente<br />
iniziato a pianificare l'educazione e l'allevamento dell'erede, programmando<br />
così d'acchito il primo decennio della sua vita. Nessuno comunque<br />
sembrava essere rimasto molto sorpreso dal fatto che aspettassero<br />
un figlio, come se la cosa rientrasse nel normale corso degli eventi.<br />
Ben scosse il capo. Sarebbe stato un bimbo o una bimba? O magari tutt'e<br />
due? Willow lo sapeva già? Avrebbe fatto bene a domandarglielo? Desiderava<br />
tanto sapere che cosa avrebbe dovuto fare, piuttosto che continuare a<br />
ripeterle quanto era felice.<br />
Giunsero a un pianerottolo che dava su una specie <strong>di</strong> terrazzo sui bastioni,<br />
e Willow lo tirò <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé sotto la notte stellata. Camminarono fino ai<br />
merli, dove si fermarono a scrutare Landover. Rimasero in silenzio, mano<br />
nella mano, uno vicino all'altro.<br />
«Dovrò andarmene via per un poco» <strong>di</strong>sse Willow a bassa voce. Era una<br />
frase talmente inaspettata in quel momento che Ben non fu certo <strong>di</strong> aver
sentito bene. Lo sguardo <strong>di</strong> Willow rimase fisso sul la notte, ma la sua mano<br />
si strinse attorno a quella del suo sposo. Prima <strong>di</strong> parlare, lascia che finisca.<br />
Devo <strong>di</strong>re a mia madre <strong>di</strong> questo figlio. Deve saperlo, perché deve<br />
danzare per me. Ricor<strong>di</strong> che ti <strong>di</strong>ssi come la nostra vita assieme fosse già<br />
segnata nell'intrecciarsi dei fiori che formavano il letto della mia concezione?<br />
É stata la notte che ti ho visto per la prima volta a Irrylyn. Seppi imme<strong>di</strong>atamente<br />
che non vi sarebbe mai stato nessun altro per me. Quello fu<br />
il presagio nato dalla danza <strong>di</strong> mia madre.<br />
Si voltò per guardarlo in faccia, gli occhi enormi e insondabili.<br />
«La gente dell'ex popolo fatato vede qualcosa del futuro nel presente, sa<br />
leggere ciò che sarà in ciò che è. È un'arte specifica per ognuno <strong>di</strong> noi,<br />
Ben, e per mia madre il futuro viene spesso predetto attraverso la danza.<br />
Così avvenne quando andai a trovarla nel corso della ricerca dell'unicorno<br />
nero. Così avverrà adesso.»<br />
A quanto pareva, aveva finito. «La sua danza ci <strong>di</strong>rà qualcosa sul futuro<br />
<strong>di</strong> nostro figlio?» domandò Ben con tono leggermente sorpreso.<br />
Willow annuì lentamente, il suo sguardo fisso negli occhi <strong>di</strong> lui, i suoi<br />
lineamenti stagliati nella luce stellare. «Non lo <strong>di</strong>rà a noi, Ben. Lo <strong>di</strong>rà a<br />
me. Lo <strong>di</strong>rà solo a me. Danzerà solo per me, non lo farebbe mai per qualcuno<br />
che non fa parte del nostro popolo. Ti prego <strong>di</strong> non arrabbiarti, ma<br />
dovrò andare sola.»<br />
Ben si produsse in un sorriso imbarazzato. «Posso accompagnarti per<br />
gran parte del tragitto, però. Almeno fino ai vecchi pini.»<br />
Willow scosse il capo. «No. Cerca <strong>di</strong> capire. Questo viaggio deve essere<br />
mio, non tuo. Non è solo un viaggio nella Regione dei Fiumi, è anche un<br />
viaggio all'interno <strong>di</strong> me stessa, e appartiene solo a me. Lo faccio in veste<br />
<strong>di</strong> madre <strong>di</strong> nostro figlio e in veste <strong>di</strong> figlia delle ex fate. Vi saranno altri<br />
viaggi che apparterranno a tutt'e due, viaggi nei quali anche tu potrai venire.<br />
Ma questo appartiene solo a me.»<br />
Vide l'ombra del dubbio negli occhi <strong>di</strong> suo marito, che la portò a esitare<br />
un attimo. «So che è <strong>di</strong>fficile da capire. Ha anche a che fare con ciò che ho<br />
tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti prima. Avere una gravidanza e dare alla luce un figlio su<br />
Landover è ben <strong>di</strong>verso dal fare la stessa cosa sul tuo mondo. Vi sono<br />
gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze che hanno a che vedere con la magia che sostiene la terra,<br />
che dà vita a tutti noi, ma soprattutto alle ex fate. Noi interagiamo con<br />
Landover come fa un popolo che ha passato tutta la propria vita a curarla e<br />
a sincerarsi del suo benessere. É la nostra ere<strong>di</strong>tà, ed è un nostro legame.»
Ben annuì, ma allo stesso tempo sentì un vuoto aprirsi dentro <strong>di</strong> lui.<br />
«Non vedo proprio perché non potrei accompagnarti.»<br />
Vide la gola <strong>di</strong> lei che si contraeva, le lacrime che si formavano nei suoi<br />
occhi. «Lo so. Ho cercato <strong>di</strong> trovare un modo per <strong>di</strong>rtelo, per spiegartelo.<br />
Credo che dovrò semplicemente chiederti <strong>di</strong> fidarti <strong>di</strong> me.»<br />
«Io mi fido <strong>di</strong> te. Sempre. Ma tutto questo è ben <strong>di</strong>fficile da comprendere.»<br />
E non solo. Era preoccupante. Da quando erano andati sulla Terra per<br />
recuperare Abernathy e il medaglione mancante, nell'occasione in cui lei<br />
era quasi morta, Ben non si sentiva affatto sicuro separato dalla sua metà.<br />
Aveva rivissuto tutti gli incubi della morte <strong>di</strong> Annie, della morte prematura<br />
del loro figlio e della piccola morte che era avvenuta dentro <strong>di</strong> lui in seguito<br />
a ciò. E ogni volta che era costretto a separarsi da Willow, anche se era<br />
necessario e anche se si trattava <strong>di</strong> un periodo relativamente breve, lui tornava<br />
a provare quella paura. Anche adesso era così. Anzi, forse era anche<br />
peggio, poiché in quell'occasione il motivo per il quale dovevano separarsi<br />
non gli era nemmeno del tutto chiaro.<br />
«Quando devi andare?» le domandò mentre si sforzava per abituarsi all'idea.<br />
Tutta la sua felicità <strong>di</strong> un attimo prima sembrava essere sprofondata<br />
nel nulla.<br />
«Domani» rispose. «All'alba.»<br />
La <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> Ben si moltiplicò. «Be', ma almeno portati <strong>di</strong>etro Bunion.<br />
Qualcuno che ti protegga!»<br />
«Ben» gli strinse entrambe le mani nelle sue e si avvicinò fino al punto<br />
che poteva vedersi riflessa nei suoi occhi. «Nessuno verrà con me. Andrò<br />
da sola. Non ti devi preoccupare, sarò al sicuro. Non ho bisogno <strong>di</strong> qualcuno<br />
che mi protegga, e tu lo sai. Le ex fate han no i loro meto<strong>di</strong> per proteggersi<br />
quando si trovano a Landover, e io sarò nella terra natia della mia<br />
gente.»<br />
Ben scosse il capo con rabbia. «Non riesco proprio a capire come tu possa<br />
esserne tanto certa! E ancora non riesco a capire per quale motivo tu<br />
debba andare sola!»<br />
Nonostante tutti i suoi sforzi per rimanere calmo, il tono della sua voce<br />
si era alzato, assumendo un'inflessione <strong>di</strong> rabbia. Fece un passo in<strong>di</strong>etro,<br />
tentando <strong>di</strong> allontanarsi da ciò che provava. Ma lei non aveva alcuna intenzione<br />
<strong>di</strong> lasciare le sue mani.<br />
«Questo figlio è molto importante per noi» <strong>di</strong>sse a bassa voce.<br />
«Lo so benissimo!»
«Shhh. La Madre Terra ci ha parlato della sua importanza, ricor<strong>di</strong>?»<br />
Inspirò profondamente. «Ricordo.»<br />
«Allora accetta il fatto che le nostre esigenze debbano cedere il passo a<br />
quelle <strong>di</strong> nostro figlio» sussurrò. «Anche se ci fa male, anche se i motivi<br />
non sono chiari, anche se i nostri desideri sono altri.» Fece una pausa.<br />
«Non lo voglio più <strong>di</strong> quanto non voglia tu. Mi cre<strong>di</strong>?»<br />
Questa affermazione lo colse <strong>di</strong> sorpresa. Non aveva pensato che Willow<br />
facesse questa cosa contro la sua stessa volontà. «Sì, ti credo» <strong>di</strong>sse<br />
infine.<br />
«Ti farei venire più che volentieri, se fosse possibile. Non ti lascerei mai<br />
nemmeno un istante se fosse possibile. Ma purtroppo non lo è. La natura<br />
della vita è così, non possiamo sempre essere assieme in ogni cosa.»<br />
Attese il suo responso. Lui la fissò a lungo senza <strong>di</strong>re nulla, riflettendo.<br />
«Immagino che sia così» <strong>di</strong>sse infine.<br />
«Andrà tutto bene» <strong>di</strong>sse lei.<br />
Lo abbracciò e lo strinse a sé. Ben abbassò il viso fra i suoi capelli color<br />
smeraldo e si ritrovò già sofferente per la sua prossima <strong>di</strong>partita. La sua<br />
paura era come una nube nera che si agitava agli angoli del suo cuore. Si<br />
rese conto in quel momento <strong>di</strong> quanto fossero realmente <strong>di</strong>versi, un uomo<br />
e una silfide, e <strong>di</strong> quante cose ancora non sapesse <strong>di</strong> lei.<br />
«Andrà tutto bene» ripeté ancora.<br />
Ben non <strong>di</strong>scusse, poiché sapeva che non aveva senso farlo. Tuttavia,<br />
non poté fare a meno <strong>di</strong> continuare a domandarsi se non avrebbe fatto meglio<br />
a provarci.<br />
Ra<strong>di</strong>ci<br />
Il viaggio <strong>di</strong> Willow da Sterling Silver fu un viaggio relativamente tranquillo<br />
e privo <strong>di</strong> particolari avvenimenti. Partì coperta dall'oscurità, scivolando<br />
fuori dal castello senza essere vista né sentita. Le guar<strong>di</strong>e notturne<br />
forse percepirono qualcosa a livello superficiale, ma <strong>di</strong>menticarono subito.<br />
Le ex fate mantenevano ancora quanto bastava delle loro vecchie usanze<br />
da poter scomparire come ombra alla luce. Willow <strong>di</strong>scese per una scalinata<br />
sul retro del castello, attraversò le sale deserte, lambì le mura adombrate<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi cortili interni, quin<strong>di</strong> uscì dal portone centrale, che in tempo <strong>di</strong><br />
pace veniva tenuto costantemente sollevato per dare il benvenuto a viaggiatori<br />
notturni e a supplicanti, che lì sapevano <strong>di</strong> trovare un rifugio sicuro<br />
e amichevole. Astenendosi dall'usare la barca, attraversò invece il ponte
sopra il fossato del castello, un ponte costruito da Ben quando era stata<br />
reinstaurata la monarchia e i viaggiatori avevano ripreso a fare visita alla<br />
sede del potere. Attese un momento in cui le più luminose fra le lune erano<br />
adombrate dalle nubi e le guar<strong>di</strong>e erano voltate dalla parte opposta e stavano<br />
parlando <strong>di</strong> cose che non avevano nulla a che vedere con i compiti a loro<br />
assegnati, quin<strong>di</strong> scomparve nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio.<br />
Non svegliò Ben prima <strong>di</strong> andarsene. Rimase per un certo tempo a scrutarlo<br />
nell'oscurità, osservandolo mentre dormiva, pensando a quanto lo<br />
amava. Non voleva che altre parole dure si frapponessero fra loro, quin<strong>di</strong><br />
era molto meglio che partisse a quel modo. Lui l'amava con tutto il cuore,<br />
ma rimaneva sempre il prodotto <strong>di</strong> un mondo che non sapeva accettare l'esistenza<br />
degli esseri fatati, tanto che lui stesso stava ancora imparando a<br />
credere nella loro esistenza. Era per questo che non gli aveva detto tutto.<br />
Era per questo che non aveva potuto farlo.<br />
Camminò per il resto della notte e per tutto il giorno seguente, facendosi<br />
strada attraverso sentieri poco battuti, senza affrettarsi, cercando <strong>di</strong> rimanere<br />
inosservata. Vide molti conta<strong>di</strong>ni nei loro campi, che aravano e piantavano<br />
il secondo raccolto della stagione o che raccoglievano il primo. Osservò<br />
i ven<strong>di</strong>tori noma<strong>di</strong> e gli ambulanti che andavano e venivano dalle varie<br />
comunità del sud e dell'est. Vide anche viaggiatori provenienti dalla ex<br />
terra fatata e dalle colline occidentali dove vagavano i cacciatori. Vide famiglie<br />
intere che si spostavano su carri caricati con tutto ciò che possedevano<br />
<strong>di</strong>rette verso le loro nuove case. Ovunque vi era attività, il movimento<br />
e l'energia della stagione calda che facilitava la messa in pratica dei progetti<br />
fatti durante la stagione fredda. Tutto ciò la portò a sorridere. Seguì il<br />
morbido fluire delle colline boscose, un piccolo essere in movimento in<br />
mezzo a un vasto mare verde che ondulava con il venticello dell'ovest <strong>di</strong><br />
mezza estate come un vero e proprio oceano, stagliato davanti all'orizzonte.<br />
Mangiò e bevve dalle Bonnie Blu, la fonte più abbondante <strong>di</strong> cibo e acqua<br />
<strong>di</strong> tutta Landover, e cantò dolcemente per se stessa quando non c'era<br />
nessuno a sentirla a parte uccellini e piccoli animali.<br />
Rifletté anche. Soppesò l'importanza <strong>di</strong> quel suo atto, sapendo il <strong>di</strong>spiacere<br />
che avrebbe causato a Ben, consapevole delle preoccupazioni alle<br />
quali avrebbe dato origine. Solo che la sua causa nasceva da una necessità<br />
primaria, e non vi era spazio per <strong>di</strong>scutere su ciò che andava fatto. Doveva<br />
avere quel figlio nel modo in cui la natura comandava, e lo schema della<br />
crescita era stato stabilito molto tempo prima, in un'epoca in cui gli umani<br />
non esistevano nemmeno. In ogni caso, la nascita della gente fatata era as-
sai più complessa <strong>di</strong> quella degli umani, specifica e <strong>di</strong>versa in ogni sua fase<br />
a seconda delle caratteristiche fisiche della creatura in questione e del<br />
patrimonio genetico da cui proveniva. Avrebbe potuto <strong>di</strong>scuterne con Ben<br />
in precedenza, in un momento in cui la nascita del figlio non era un fattore<br />
tanto vicino e vi era ancora tempo a <strong>di</strong>sposizione per l'accettazione <strong>di</strong> tutto<br />
ciò, ma così non era stato e ora non c'era più tempo, e in più lei conosceva<br />
Ben abbastanza bene da sapere che la sua reazione a ciò che gli avrebbe<br />
detto sarebbe stata almeno tanto dannosa quanto utile. Pur essendo il Re <strong>di</strong><br />
Landover, per molti aspetti rimaneva sempre un uomo proveniente da un<br />
altro mondo, un uomo che doveva lottare costantemente per accettare ciò<br />
che per lui appariva strano e inusuale. Nel suo caso in particolare era piuttosto<br />
<strong>di</strong>fficile, poiché lui l'amava, si era compromesso nei suoi confronti e<br />
voleva assolutamente sentirsi a suo agio con ciò che lei era. Lei questo lo<br />
sapeva bene, e faceva tutto quel che poteva per rendere più agevole la transizione<br />
che suo marito stava tuttora vivendo.<br />
Alla fin fine, era stato il sogno della Madre Terra a deciderla. Più che <strong>di</strong><br />
un sogno si era trattato <strong>di</strong> una visione, e più che <strong>di</strong> una visione si era trattato<br />
<strong>di</strong> una sensazione dell'essere. La gente fatata si parlava spesso a quel<br />
modo, visitandosi nel sonno per dare consigli o avvertimenti, parlando da<br />
luoghi <strong>di</strong>stanti, viaggiando in groppa ai venti più rapi<strong>di</strong> per poter raggiungere<br />
l'ascoltatore, apparendo come un sussurro nel silenzio o come una debole<br />
luce nell'oscurità. A volte Willow parlava con sua madre a quel modo;<br />
sua madre era una ninfa dei boschi talmente selvaggia da essere in grado<br />
<strong>di</strong> non farsi raggiungere da nessuno, se così desiderava. Era una creatura<br />
alla quale non riuscivano a stare <strong>di</strong>etro nemmeno le ex fate. Willow era<br />
uscita dalla sua vecchia vita quando aveva iniziato a costruirsene una nuova<br />
con Ben, ma <strong>di</strong> tanto in tanto la sua vecchia vita rispuntava fuori in un<br />
modo o nell'altro, come era avvenuto ultimamente con la venuta della Madre<br />
Terra.<br />
La Madre Terra era un elemento fondamentale, il più potente <strong>di</strong> tutta<br />
Landover, una creatura dotata <strong>di</strong> grande potere magico. Aveva la stessa età<br />
della terra stessa e incorporava il suo spirito. Alcuni erano convinti del fatto<br />
che fosse lei la creatrice <strong>di</strong> tutta la terra, ma Willow invece la trovava<br />
troppo fondamentale dal punto <strong>di</strong> vista etico e troppo coinvolta nel suo lavoro<br />
per essere qualcosa <strong>di</strong> così elevato. Ciò nonostante, era una creatura<br />
alla quale valeva la pena <strong>di</strong> dare ascolto. Ben e Willow si erano recati da<br />
lei entrambi nel corso della loro ricerca dell'unicorno nero e lei aveva detto<br />
loro quanto fossero importanti per lei e quanto fosse speciale il loro futuro
figlio. Solo che da allora non erano mai state fornite ulteriori spiegazioni, e<br />
<strong>di</strong> conseguenza sia lei sia Ben si erano praticamente <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong> tutta la<br />
faccenda. Da allora, Willow non aveva mai più sentito notizie della Madre<br />
Terra.<br />
Eppure ora era stata chiamata, improvvisamente, inaspettatamente, in<br />
sogno. La Madre Terra era venuta da lei ben due volte, chiamandola alla<br />
Regione dei Fiumi, a Elderew, alla ex terra fatata dove apparivano più frequentemente<br />
gli elementi fondamentali. L'appello era stato talmente urgente<br />
e in<strong>di</strong>scutibile da portare Willow a congedarsi da Ben senza una spiegazione<br />
completa. Più che le parole stesse della Madre Terra, era stato il suo<br />
tono a convincere la silfide a mettere da parte i suoi dubbi e ad agire imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Quella notte si accampò sulle sponde dell'Irrylyn, nei pressi della piccola<br />
baia dove aveva conosciuto Ben e dove si era resa conto alla maniera delle<br />
fate che erano fatti l'uno per l'altra. Mangiò qualcosa pur non avendo appetito,<br />
pensando al nutrimento <strong>di</strong> suo figlio. Dopo<strong>di</strong>ché si liberò dei suoi abiti<br />
ed entrò nelle acque dell'Irrylyn. Il lago era tiepido e gradevole e l'abbracciò<br />
con dolcezza. Willow galleggiò sulle sue acque nel silenzio della notte,<br />
i cieli sopra la sua testa limpi<strong>di</strong> e screziati dalla luce delle lune e delle stelle<br />
argentate. Lì si abbandonò ai suoi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ben, lasciando che l'avviluppassero.<br />
Riusciva ancora a percepire l'emozione che aveva provato la<br />
prima volta che lo aveva visto. Sentiva ancora perfettamente la certezza<br />
del loro amore. Erano stati scelti l'uno per l'altra, e sarebbero rimasti assieme<br />
fino alla morte. Grazie al dono (o alla male<strong>di</strong>zione) della gente fatata,<br />
aveva colto uno scorcio del loro futuro, e aveva saputo con certezza che<br />
le loro vite sarebbero cambiate in maniera irrevocabile.<br />
E la vita aveva provato la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> quella pre<strong>di</strong>zione. Ben aveva rinunciato<br />
alla sua vecchia vita, deciso più che mai a rimanere su Landover,<br />
convinto da molti fattori, nessuno dei quali però era più forte del suo amore<br />
per Willow. Era rimasto in veste <strong>di</strong> re ed era <strong>di</strong>ventato un regnante forte<br />
e lungimirante. Nonostante i suoi dubbi e le sue paure nei confronti della<br />
grande responsabilità che implicava l'essere re, fino a quel momento aveva<br />
adempiuto a tutti i suoi doveri in maniera egregia e responsabile. La maggior<br />
parte della gente lo considerava un regnante giusto ed efficace. Erano<br />
in pochi coloro che ancora avanzavano dei dubbi nei suoi confronti, e per<br />
la maggior parte si trattava <strong>di</strong> potenziali rivali che desideravano guadagnarsi<br />
una fetta del potere magico del regno. Suo padre era uno <strong>di</strong> questi,<br />
leader delle ex fate e dotato anch'egli <strong>di</strong> un notevole potere magico. Il Si-
gnore dei Fiumi avrebbe preferito un regno in cui era solo lui a controllare<br />
la magia, ma non era certo uno sciocco e si rendeva conto dei benefici che<br />
Ben Holiday aveva apportato da quando era re la sua forza stabilizzante, il<br />
suo modo <strong>di</strong> giostrare con i <strong>di</strong>versi interessi e la sua decisione come leader,<br />
e pur <strong>di</strong>ffidando <strong>di</strong> Ben per molte cose in quanto si trattava <strong>di</strong> un essere<br />
proveniente da un altro mondo, come uomo lo rispettava appieno.<br />
In quanto figlia del Signore dei Fiumi, Willow aveva trascorso un'infanzia<br />
piuttosto agitata nella regione dei laghi; figlia <strong>di</strong> un'unione durata una<br />
sola notte, ricordo costante per lo spirito delle acque della donna che aveva<br />
amato e che non era stato in grado <strong>di</strong> trattenere al suo fianco. Willow infatti<br />
era nata in seguito a un accoppiamento frettoloso e in seguito era stata<br />
abbandonata dalla madre alle cure del padre, poiché la madre era troppo<br />
selvaggia per legarsi a chicchessia, persino a sua figlia. In quanto al padre,<br />
questi aveva fatto il necessario e nulla più; aveva molti figli, e amava la<br />
maggior parte <strong>di</strong> questi ben più <strong>di</strong> lei. L'arrivo <strong>di</strong> Ben le aveva aperto quella<br />
porta nella vita che aspettava da lungo tempo, e Willow non aveva esitato<br />
nemmeno un istante ad attraversarla. Lui, dapprincipio, aveva nutrito<br />
dei dubbi sul fatto che fossero fatti l'uno per l'altra e anche sul loro amore,<br />
ma lei ne era stata sicura fin dal principio grazie all'immutabile profezia<br />
della loro unione. Ciò che le era stato promesso nel momento della sua nascita<br />
era avvenuto, e ora vi sarebbe stato anche un figlio.<br />
Uscì dalle acque dell'Irrylyn e rimase in pie<strong>di</strong> sulla sponda, la sua pelle<br />
verde e vellutata che si asciugava nell'aria fresca della notte. Non era stata<br />
del tutto sincera con Ben. Sarebbe andata sì da sua madre affinché questa<br />
danzasse per lei, ma poi si sarebbe spostata rapidamente da lì. Non sarebbe<br />
andata a fare visita a suo padre, poiché da lui non si aspettava nessuna assistenza<br />
nella nascita <strong>di</strong> suo figlio. Forse avrebbe desiderato il contrario,<br />
ma in cuor suo sapeva che non poteva offrirle granché. Più che ogni altra<br />
cosa, era tornata alla regione dei laghi per vedere la Madre Terra. Solo la<br />
Madre Terra poteva fornirle dei consigli utili, e <strong>di</strong> questo ne era certa, poiché<br />
era stato proprio questo il messaggio che le era stato sussurrato in sogno.<br />
Sarebbe andata là e avrebbe ascoltato ciò che aveva da <strong>di</strong>rle, dopo<strong>di</strong>ché<br />
avrebbe avuto suo figlio in solitu<strong>di</strong>ne.<br />
Quella notte dormì un sonno lungo e profondo, in<strong>di</strong>sturbato da sogni, e<br />
quando si risvegliò trovò il cucciolo del fango che la guardava.<br />
«Ciao, piccolino» lo salutò con tono dolce, sollevandosi sulle ginocchia.<br />
Il cucciolo del fango la osservò con occhioni gran<strong>di</strong> e tristi. Era un essere<br />
basso e lungo con un muso simile a quello <strong>di</strong> un castoro, con gran<strong>di</strong> o-
ecchie pendenti e una coda da lucertola. Aveva le gambe larghe e storte e<br />
i pie<strong>di</strong> palmati e il corpo era screziato <strong>di</strong> varie tonalità <strong>di</strong> marrone, come<br />
schizzato <strong>di</strong> fango. I cuccioli del fango erano animali piuttosto rari su Landover,<br />
essendo anch'essi esseri fatati, e si <strong>di</strong>ceva anche che possedessero<br />
una loro forma <strong>di</strong> magia, sebbene Willow non l'avesse mai vista all'opera.<br />
Riconobbe quel cucciolo in particolare dalla sua infanzia. Si chiamava<br />
Haltwhistle, e serviva la Madre Terra.<br />
«Buon vecchio Haltwhistle» mormorò sorridendo, e il cuccio lo agitò la<br />
coda in ringraziamento.<br />
Si sentiva spinta ad accarezzarlo, ma la Madre Terra l'aveva avvertita<br />
molto tempo prima <strong>di</strong> non toccare mai un cucciolo del fango. Non le era<br />
stata offerta alcuna spiegazione per questo avvertimento, ma Willow aveva<br />
imparato presto a fidarsi ciecamente <strong>di</strong> tutto ciò che <strong>di</strong>ceva la Madre Terra.<br />
Aveva conosciuto quell'elemento fondamentale fin dai giorni della sua infanzia,<br />
quando cresceva nella regione dei laghi. La Madre Terra era venuta<br />
da lei la prima volta quando era molto piccola, spuntando dal suolo stesso<br />
mentre giocava, un'apparizione inaspettata che era risultata più curiosa che<br />
spaventosa per la piccola Willow. In seguito le era stato detto che la Madre<br />
Terra era venuta da lei perché lei era speciale. La Madre Terra le avrebbe<br />
insegnato cose che nessun altro sapeva, e sarebbero rimaste amiche per<br />
sempre. Willow aveva accettato tutto questo nella maniera dei bambini,<br />
con gli occhi sgranati ma niente affatto incredula, poiché quando si è bambini<br />
tutto è possibile. Aveva trovato la Madre Terra un personaggio strano<br />
e meraviglioso, una creatura spirituale più che un essere umano o un'ex fata,<br />
ma nonostante questo la loro amicizia era stata naturale e gradevole fin<br />
dall'inizio. Lei non era altro che una fra i tanti bambini che abitavano la<br />
casa del Signore dei Fiumi; nessuno si curava più <strong>di</strong> tanto <strong>di</strong> lei e allo stesso<br />
modo nessuno si aspettava mai un granché da lei. Willow era una bambina<br />
solitaria, e la Madre Terra aveva contribuito a colmare il vuoto creato<br />
dall'assenza della madre. Man mano che cresceva, la Madre Terra le forniva<br />
i suoi consigli, venendo da lei sempre meno spesso man mano che <strong>di</strong>ventava<br />
più sicura <strong>di</strong> se stessa e la sua vita si riempiva <strong>di</strong> altre cose. Da<br />
quando si era messa con Ben, l'aveva vista una sola volta, appunto nell'occasione<br />
della ricerca dell'unicorno nero.<br />
Ma ora era stata chiamata, e Haltwhistle era stato mandato per condurla<br />
al luogo in cui la Madre Terra la stava aspettando.<br />
Si alzò, si lavò, mangiò qualcosa, quin<strong>di</strong> riprese il cammino con il cucciolo<br />
del fango davanti che faceva strada. La giornata era tiepida e soleg-
giata e la regione dei laghi profumava <strong>di</strong> erba e <strong>di</strong> fiori selvatici. Mentre<br />
camminavano, le acque dei fiumi e dei laghi scintillavano negli spazi fra<br />
gli alberi e le gru e gli aironi sfrecciavano sul pelo dell'acqua con i loro<br />
corpi bianchi e sinuosi. Camminarono per tutta la mattinata, e verso mezzogiorno<br />
si stavano avvicinando a Elderew. A quel punto Haltwhistle si <strong>di</strong>resse<br />
verso sinistra, allontanandosi dalla città del Signore dei Fiumi e dalla<br />
sua gente, entrando in un tratto <strong>di</strong> foresta fitto <strong>di</strong> antichi alberi secolari.<br />
Rampicanti e muschi si aggrappavano alle cortecce formando strisce e<br />
macchie <strong>di</strong> un verde brillante. Gli insetti volavano qua e là, uccelli dai colori<br />
vivaci danzavano fra le fronde e piccoli animali dal volto peloso apparivano<br />
e scomparivano nel nulla nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio. Granelli <strong>di</strong><br />
polvere aleggiavano nei raggi del sole filtrati dagli alberi muovendosi pigramente.<br />
Avvicinandosi al rifugio della Madre Terra, Willow si ritrovò a domandarsi,<br />
come le capitava <strong>di</strong> tanto in tanto, quale fosse il reale interesse che<br />
aveva l'elementale nei suoi confronti. Felice com'era per la sua amicizia e<br />
la sua particolare attenzione, da bambina non le era mai venuto in mente <strong>di</strong><br />
chiederglielo. Crescendo poi, aveva semplicemente accettato le parole della<br />
Madre Terra secondo le quali il destino aveva in serbo per lei un ruolo<br />
molto importante, e non aveva mai indagato ulteriormente su questo fatto.<br />
Era risaputo che gli elementali possedessero questa abilità <strong>di</strong> leggere nel<br />
futuro, quin<strong>di</strong> Willow non aveva mai dubitato nemmeno per un istante che<br />
la Madre Terra potesse sapere delle cose che ancora dovevano avvenire,<br />
cose che lei non poteva sapere. Ciò nonostante, era abbastanza strano sapere<br />
che qualcun altro conosceva il tuo destino e non era <strong>di</strong>sposto a rivelarlo<br />
nei particolari. Già in <strong>di</strong>verse occasioni aveva pensato <strong>di</strong> chiederle qualcosa<br />
in più sul suo futuro, ma alla fin fine non aveva mai trovato il coraggio<br />
<strong>di</strong> chiederglielo. Forse era per via della soggezione che provava nei confronti<br />
della padrona <strong>di</strong> tutta la terra <strong>di</strong> Landover. O forse vi era una parte <strong>di</strong><br />
lei che non desiderava conoscere il proprio futuro, in nessun campo.<br />
Ora però, con la nascita imminente <strong>di</strong> suo figlio, sentiva l'esigenza <strong>di</strong> saperne<br />
<strong>di</strong> più. Decise che questa volta non si sarebbe lasciata intimorire dalla<br />
reverenza che provava nei confronti della Madre Terra.<br />
Haltwhistle la condusse attraverso una foresta sempre più fitta, allontanandosi<br />
dalle radure baciate dal sole per penetrare sempre più fra le ombre,<br />
giungendo infine là dove il silenzio era completo e ininterrotto dal suono<br />
<strong>di</strong> qualsiasi forma <strong>di</strong> vita. Il cucciolo del fango si fermò ai margini <strong>di</strong> uno<br />
spiazzo vuoto piuttosto ampio nel quale si erano radunate le acque sta-
gnanti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi fiumiciattoli del circondario, una superficie nera e immobile<br />
che rifletteva il fogliame degli antichi alberi che ricoprivano ogni cosa.<br />
Il cucciolo del fango la guardò un'ultima volta con il suo sguardo triste,<br />
quin<strong>di</strong> scomparve fra gli alberi. Willow attese nel silenzio.<br />
Poco dopo le acque dello stagno si incresparono e la Madre Terra si sollevò<br />
dalle acque, prendendo forma dal fango lucido e sollevandosi imponente<br />
nel silenzio delle ombre.<br />
«Benvenuta Willow» l'accolse. «Va tutto bene, figliola?»<br />
«Tutto bene, Madre Terra» rispose Willow. «E voi?»<br />
«Immutabile. La terra è stabile e in salute da quando regna Ben Holiday.<br />
Il mio lavoro risulta molto più semplice.» Fece un gesto appena accennato<br />
con la mano e le acque si accesero <strong>di</strong> una debole luminosità. «La tua vita<br />
con lui procede bene, il vostro amore perdura?»<br />
«Certamente, Madre Terra.»<br />
«Sono molto felice <strong>di</strong> sentirti <strong>di</strong>re questo. Ora con<strong>di</strong>viderete un figlio, ed<br />
è proprio per questo motivo che ti ho chiamata a me. Vi sono alcune cose<br />
che devi sapere, e sono cose che non possono essere dette attraverso i sogni.<br />
Sei venuta sola, quin<strong>di</strong>? Senza il tuo Re?»<br />
«Ho pensato che fosse meglio così.» Lo sguardo <strong>di</strong> Willow si scostò<br />
momentaneamente. «Egli non accetta facilmente ciò che trova strano.»<br />
«Non gli hai raccontato dei particolari della tua gravidanza? Dei cicli<br />
della vita e dei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> crescita e dei mo<strong>di</strong> delle ex fate?»<br />
Willow emise un sospiro. «A quanto pare, non riesco a trovare un modo<br />
per <strong>di</strong>rglielo. Avevo intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli tutto, ma quando è arrivato il vostro<br />
sogno ho pensato che fosse meglio aspettare.»<br />
La Madre Terra annuì. «Forse hai ragione.» Il suo volto era giovanile e<br />
vivo, una sorpresa costante se si considerava che aveva la stessa età della<br />
terra stessa. «Glielo <strong>di</strong>rai al momento che riterrai opportuno. Per ora, è<br />
meglio che ci concentriamo sulla nascita. Lo sai che il momento si avvicina?»<br />
«Lo sento, Madre Terra. Il piccolo già si agita dentro <strong>di</strong> me, ansioso <strong>di</strong><br />
nascere. Avverrà molto presto.» Ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Per gli umani<br />
è molto <strong>di</strong>verso. Ben si aspetta che nostro figlio cresca dentro <strong>di</strong> me<br />
per mesi, come fanno quelli delle donne del suo mondo. Non gli è stato<br />
detto nulla, ma me ne rendo conto da come si comporta. Egli è convinto<br />
che il piccolo, essendo suo, sarà come lui. Solo che io già percepisco che<br />
non sarà affatto come lui, e non so proprio come <strong>di</strong>rglielo.» Con sua stessa
sorpresa, Willow si trovò improvvisamente in lacrime. «Cosa succederà se<br />
non accetterà questo figlio? Se lo troverà ripugnante?»<br />
Il sorriso della Madre Terra era pieno <strong>di</strong> dolcezza. «No, Willow, questo<br />
non accadrà. Questo figlio appartiene a voi due ed è stato concepito dall'amore<br />
che con<strong>di</strong>videte. La sua de<strong>di</strong>zione nei tuoi confronti, e ora anche<br />
nei confronti del piccolo, è assoluta. Non lo troverà affatto ripugnante. Né<br />
lo sarà. Sarà un bambino splen<strong>di</strong>do.»<br />
Gli occhi <strong>di</strong> Willow si illuminarono. «E una promessa, Madre Terra? Lo<br />
avete letto nel futuro?»<br />
La Madre Terra passò le mani davanti al volto <strong>di</strong> Willow e la domanda<br />
cadde nel nulla, <strong>di</strong>menticata. «Ora parleremo <strong>di</strong> ciò che dovrai fare per<br />
prepararti alla nascita del piccolo, Willow. Le con<strong>di</strong>zioni non saranno esattamente<br />
come immagini. Quando tuo figlio nascerà, non sarai in forma<br />
umana. La nascita avverrà nel corso del tuo ciclo <strong>di</strong> trasformazione in forma<br />
spirituale.»<br />
«Così vuole il mio nome» <strong>di</strong>sse Willow. «Avevo già percepito che sarebbe<br />
avvenuto in quel periodo. Ed è proprio questo uno dei motivi per i<br />
quali esitavo a parlarne con Ben. Non credo che sia in grado <strong>di</strong> concepire<br />
una cosa simile.»<br />
«Non preoccuparti ulteriormente per Ben Holiday, figliola. La cosa su<br />
cui devi concentrarti ora sono le con<strong>di</strong>zioni del tuo parto. Ascoltami attentamente.<br />
Quando metterai le ra<strong>di</strong>ci per dar vita a tuo figlio, dovrai farlo in<br />
tre terre provenienti da tre mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi. Le terre dovranno provenire da<br />
Landover, dalla Terra e dalle nebbie fatate. La terra riflette l'ere<strong>di</strong>tà del<br />
piccolo, che proviene da una mi stura <strong>di</strong> sangue. Questo figlio è un prodotto<br />
<strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, nato dall'unione fra un umano e una ex fata.<br />
Non è una circostanza che accada molto spesso. Si tratta <strong>di</strong> un'occasione<br />
molto rara e speciale.»<br />
La Madre Terra fece una pausa con una mano sollevata in un gesto strano<br />
e irresistibile. «Le terre dovranno essere raccolte da te, Willow, e da<br />
nessun altro. Dovrai raccoglierle, mischiarle fra loro e dovrai mettervi ra<strong>di</strong>ce<br />
quando sarà il momento del parto. Le terre dovranno provenire da<br />
luoghi speciali <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, poiché dovranno riflettere il<br />
carattere del mondo dal quale provengono, combinando il meglio e il peggio<br />
delle creature che vi <strong>di</strong>morano. In tuo figlio vi è una piccola parte <strong>di</strong><br />
ciascuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, qualcosa <strong>di</strong> Landover, qualcosa della Terra e<br />
qualcosa delle nebbie fatate. Se il figlio dovrà nascere forte e in salute, se<br />
vuole assicurarsi saggezza e intelligenza, se dovrà scegliere fra i semi del
ene e del male che esistono in ogni creatura vivente, al suo interno dovrà<br />
esserci un equilibrio <strong>di</strong> possibilità inerenti al caso. Le terre offrono quell'equilibrio.<br />
Offrono la magia che lo sosterrà e garantirà il suo benessere.»<br />
«Magia fatata, Madre Terra?» domandò Willow con tono dubbioso.<br />
«Come qualunque altra. La <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> questo figlio è lunga e complessa,<br />
Willow. Risale ai tempi in cui la gente della Regione dei Fiumi faceva<br />
parte del mondo fatato. Tu hai entrambi i sangui dentro <strong>di</strong> te, e così<br />
dovrà essere anche per tuo figlio.»<br />
Il volto <strong>di</strong> Willow era contratto e spaventato. «Ma dovrò recarmi su questi<br />
mon<strong>di</strong> per impossessarmi delle terre, Madre Terra? Io non posso fare<br />
questo. Non posso entrare nelle nebbie fatate, e tantomeno posso recarmi<br />
sul mondo <strong>di</strong> Ben, a meno che non mi ci porti lui. Sarà necessario utilizzare<br />
il medaglione che egli porta in quanto Re, quin<strong>di</strong> alla fin fine dovrò portarmelo<br />
<strong>di</strong>etro.»<br />
«No, Willow, lui non potrà accompagnarti in questo viaggio. Sono parole<br />
tue, ricor<strong>di</strong>?» Il volto dell'elemento fondamentale era contemporaneamente<br />
gentile e triste e duro e certo, un miscuglio <strong>di</strong> emozioni talmente<br />
strano che Willow fu portata a fare un passo in<strong>di</strong>etro. «Ora ascoltami bene.<br />
Ascolta tutto ciò che ti <strong>di</strong>rò. L'impresa non sarà facile, ma verrai assistita.<br />
Vi sono delle forze all'opera che nemmeno io comprendo, ma una cosa è<br />
sicura. Tuo figlio deve avere le terre <strong>di</strong> cui ti ho parlato. Dovrai raccoglierle,<br />
mischiarle e mettervi ra<strong>di</strong>ce. Tu sola. Non dovrai farti scoraggiare dalla<br />
tua paura. Dovrai essere coraggiosa. Dovrai crederci. La vita <strong>di</strong> tuo figlio<br />
<strong>di</strong>pende da ciò.»<br />
Willow era sbiancata, sopraffatta dall'enormità dell'impresa che doveva<br />
affrontare. Se Ben non poteva aiutarla, chi avrebbe mai potuto?<br />
«Inizierai dai vecchi pini dove vai a vedere danzare tua madre» sussurrò<br />
la Madre Terra nell'immobilità della sua piccola radura, la sua voce come<br />
un'increspatura sulle acque torbide dalle quali era spuntata. «Farò in modo<br />
che tu giunga là senza problemi. La prima terra verrà dalla regione dei laghi,<br />
dove in un solo granello si può trovare il meglio e il peggio <strong>di</strong> Landover.<br />
Pren<strong>di</strong> un piccolo sacco <strong>di</strong> terra dalla radura dove tua madre danza per<br />
te. Quando avrai finito, ti verrà incontro qualcuno che ti guiderà fino al<br />
mondo <strong>di</strong> Ben.»<br />
«Chi incontrerò, Madre Terra?» domandò Willow a bassa voce. «Chi sarà?»<br />
«Non mi è ancora stato concesso <strong>di</strong> saperlo» venne la risposta. «Solo<br />
questo so. La tua guida verrà dagli esseri fatati, che hanno a loro volta inte-
esse nel benessere e nella sicurezza della nascita <strong>di</strong> tuo figlio. Li ho visitati<br />
in sogno e ho scoperto che è così. Questo figlio del Re e della Regina <strong>di</strong><br />
Landover, questo piccolo nato da un umano e da una fata, è molto importante<br />
anche per loro, quin<strong>di</strong> faranno <strong>di</strong> tutto per cercare <strong>di</strong> proteggerlo. Sono<br />
certa quin<strong>di</strong> che provvederanno a un'ottima guida, una, la cui magia ti<br />
permetterà <strong>di</strong> transitare senza problemi fino al mondo <strong>di</strong> Ben Holiday e <strong>di</strong><br />
tornare nel mondo fatato altrettanto facilmente. La tua guida saprà anche<br />
dove portarti per trovare le terre <strong>di</strong> cui hai bisogno.»<br />
"Ma fai attenzione, figliola" aggiunse subito, la sua voce nuovamente<br />
cupa <strong>di</strong> premonizione. "Gli esseri fatati nascondono segreti in ogni loro<br />
gesto, e, con loro, nulla è realmente come appare. Avranno senz'altro dei<br />
motivi in più, dei motivi nascosti per fornirti assistenza. Non accettare nulla<br />
<strong>di</strong> ciò che ti <strong>di</strong>ranno senza metterla in dubbio. Non pensare <strong>di</strong> conoscere<br />
tutta la verità, e stai sempre attenta. Loro ti daranno l'assistenza che hanno<br />
promesso, e su questo non ci possono essere dubbi. Faranno in modo che il<br />
figlio nasca nel migliore dei mo<strong>di</strong>, e anche su questo non ci piove. Tuttavia,<br />
per quanto riguarda il resto, non vi è alcuna certezza, quin<strong>di</strong> ti consiglio<br />
<strong>di</strong> comportarti in maniera molto cauta, qualsiasi cosa tu faccia."<br />
«Non puoi <strong>di</strong>rmi nulla <strong>di</strong> più?»<br />
«Ti ho già detto tutto.»<br />
«Vi sono troppe incertezze in questo viaggio, Madre Terra» sussurrò la<br />
silfide. «Ho paura.»<br />
La Madre Terra sospirò, producendo il suono del vento che passa fra gli<br />
alberi la sera. «Anch'io ho paura per te, figliola.»<br />
«Devo andare, quin<strong>di</strong>?»<br />
«Se desideri che tuo figlio nasca, sì.»<br />
Willow annuì con fare rassegnato. «Lo voglio.» Rivolse lo sguardo verso<br />
gli alberi, come per vedere qualcosa che le era stato nascosto. «Quanto<br />
tempo ho a <strong>di</strong>sposizione per questo viaggio?»<br />
«Non lo so.»<br />
«Il piccolo, allora. Quanto tempo manca alla sua nascita?»<br />
«Non mi è dato <strong>di</strong> sapere nemmeno questo. Solo lui lo sa. Sarà il piccolo<br />
a decidere quando sarà giunta la sua ora. E a quell'ora tu dovrai essere<br />
pronta.»<br />
Un improvviso senso <strong>di</strong> angoscia strinse la gola <strong>di</strong> Willow. «Non riuscite<br />
a vedere almeno dove nascerà? Non potete <strong>di</strong>rmi nemmeno questo?»<br />
«Nemmeno questo» replicò la Madre Terra con tono triste. «Sarà tuo figlio<br />
stesso a decidere anche questo.»
Willow tentò <strong>di</strong> combattere la propria <strong>di</strong>sperazione. «A quanto pare mi<br />
rimane ben poco da scegliere. Ogni decisione è nelle mani <strong>di</strong> altri.» Non<br />
riuscì a trattenere l'amarezza dalla sua voce. «Io sono la madre <strong>di</strong> questo<br />
bambino. Sono io che lo porto dentro <strong>di</strong> me. Sono io che gli do la vita.<br />
Nonostante ciò, non ho praticamente nessuna influenza sulla modalità della<br />
sua nascita.»<br />
La Madre Terra non <strong>di</strong>sse nulla. Rimasero a fissarsi nella radura silenziosa<br />
mentre i raggi dell'ultimo sole filtravano attraverso gli alberi dal sud<br />
e le acque calme dello stagno riflettevano le loro immagini <strong>di</strong>storte come<br />
attraverso un vetro soffiato. Willow si ritrovò a domandarsi se la sua stessa<br />
nascita fosse stata tanto complicata, se fosse stata proprio la complessità<br />
del parto a convincere sua madre a lasciare suo padre e qualsiasi ulteriore<br />
responsabilità, rinunciando alla sofferenza <strong>di</strong> allevarla proprio per la grande<br />
pena che aveva sofferto per metterla al mondo. Ma naturalmente, non vi<br />
era modo per saperlo. Sua madre non le avrebbe mai detto la verità. Willow<br />
pensò anche al modo in cui aveva lasciato Ben, senza nemmeno svegliarlo<br />
per salutarlo, e se ne rammaricò. Riprese la sua postura. Be', nella<br />
vita venivano offerte ben poche seconde possibilità, quin<strong>di</strong> era inutile stare<br />
lì a rimuginare sulla loro scarsità.<br />
«Ad<strong>di</strong>o, Madre Terra» <strong>di</strong>sse, poiché non vi era altro da <strong>di</strong>re, non vi erano<br />
più parole da pronunciare. «Ricorderò ciò che mi avete detto.»<br />
«Ad<strong>di</strong>o, Willow. Mantieniti in forze, figliola. Andrà tutto bene.»<br />
Era più o meno esattamente la stessa frase che aveva detto lei a Ben.<br />
Andrà tutto bene. Quelle parole le apparvero come una presa in giro. Il<br />
sorriso <strong>di</strong> Willow era cinico e ironico. Si voltò e si incamminò verso il<br />
margine della radura.<br />
Quando si voltò per guardarsi alle spalle, la Madre Terra era già scomparsa.<br />
Stregati<br />
Quando Ben Holiday si svegliò quel mattino senza Willow al fianco,<br />
non si sentiva affatto un uomo felice. Naturalmente non era sorpreso più <strong>di</strong><br />
tanto nel non trovarla lì, dato che lo aveva avvertito precedentemente della<br />
partenza. Capiva persino il motivo per cui se ne era andata senza salutarlo;<br />
probabilmente lui avrebbe reagito male, proprio come lei si sarebbe aspettata.<br />
Nonostante ciò, Ben non era affatto felice. Non gli piaceva l'idea <strong>di</strong><br />
doversi separare da lei, nemmeno per il migliore dei motivi, e in questo ca-
so non era affatto certo che il motivo fosse proprio fra i migliori. Aveva<br />
ascoltato con pazienza la spiegazione <strong>di</strong> sua moglie e aveva cercato <strong>di</strong><br />
comportarsi in maniera giusta e comprensiva, ma a tuttora non riusciva a<br />
capirci niente. Perché se n'era andata da sola? Perché se n'era andata proprio<br />
adesso?<br />
E perché, nonostante gli sforzi che faceva per sopprimerla, permaneva in<br />
lui la sensazione che non gli avesse detto tutto?<br />
Avrebbe potuto rimanere seduto a rimuginare su questo fatto per tutto il<br />
giorno o anche per tutta la settimana, solo che, come al solito, nel suo sforzo<br />
continuo <strong>di</strong> essere un buon re, aveva programmato una giornata fittissima<br />
<strong>di</strong> impegni. Essere un buon re non era affatto facile quanto la gente<br />
poteva immaginare. Innanzitutto, a Landover vi era un grande scontro culturale<br />
in atto. Landover era un luogo in cui il sistema feudale (secondo le<br />
attentissime ricerche storiche <strong>di</strong> Abernathy) era rimasto in vigore per centinaia<br />
<strong>di</strong> anni, mentre Ben Holiday era un prodotto <strong>di</strong> quella che, nel suo<br />
mondo, veniva chiamata democrazia. Di conseguenza, quasi istintivamente,<br />
Ben si era trovato fin dal primo giorno della sua carica a tentare <strong>di</strong> sviluppare<br />
quel genere <strong>di</strong> governo che conosceva e nel quale credeva. L'avvocato<br />
che era in lui aveva insistito subito sulla legge e la giustizia come<br />
punti forti della sua politica, in modo da garantire una certa forma <strong>di</strong> giustizia<br />
alla gente, per la gente e dalla gente. Solo che non si poteva semplicemente<br />
arrivare in uno strano paese e rovesciare completamente il sistema<br />
politico in vigore. Una misura tanto drastica avrebbe condotto tanto inevitabilmente<br />
quanto rapidamente a uno stato <strong>di</strong> completa anarchia. Come<br />
amavano <strong>di</strong>re nella sua terra natia, bisognava lavorare all'interno del sistema.<br />
Così, Ben aveva dovuto accontentarsi fin dall'inizio <strong>di</strong> lavorare per instaurare<br />
una forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatura benevola (ancora adesso non gli piaceva affatto<br />
il suono della parola "<strong>di</strong>ttatura", ma rimaneva la migliore descrizione<br />
che avesse trovato). Naturalmente, l'enfasi andava messa sulla parola "benevola"<br />
e non sull'altra. Il trucco stava proprio nell'introdurre tutti i cambiamenti<br />
che voleva lui senza lasciare che la gente se ne rendesse troppo<br />
conto. La gente tendeva ad accettare i cambiamenti molto più volentieri se<br />
non si rendeva realmente conto <strong>di</strong> ciò che stava succedendo. Di conseguenza,<br />
Ben Holiday in veste <strong>di</strong> re era costretto quasi tutti i giorni a camminare<br />
su un filo sospeso. Ormai però, dopo due anni, era <strong>di</strong>ventato un equilibrista<br />
piuttosto abile.
Il processo era piuttosto complesso, e in realtà solo Questor e Abernathy<br />
capivano quel che stava succedendo. Ed essendo questi ultimi i più stretti<br />
collaboratori del Re (escludendo Willow, naturalmente), erano piuttosto<br />
restii a parlare in giro <strong>di</strong> quanto accadeva. Nella maggior parte dei casi sostenevano<br />
le idee <strong>di</strong> Ben, <strong>di</strong>scutendo solo a favore della cautela quando le<br />
sue proposte parevano loro troppo rivoluzionarie. Una volta che Ben era<br />
riuscito a stabilizzarsi come un re accettabile e dalla mentalità elastica, un<br />
uomo che non era facile scalzare dal trono, il passo successivo era stato<br />
quello <strong>di</strong> tentare <strong>di</strong> far raggiungere un accordo <strong>di</strong> qualche genere alle fazioni<br />
ostili fra loro all'interno del regno. Ciò significava ottenere almeno<br />
una sembianza <strong>di</strong> cooperazione fra popoli tanto <strong>di</strong>versi fra loro come potevano<br />
esserlo gli umani, le ex fate, i cobol<strong>di</strong> e i troll delle rocce (per non<br />
parlare delle molte comunità minori), popoli che fondamentalmente non<br />
volevano nemmeno sentire parlare gli uni degli altri. Ben era riuscito in<br />
quell'impresa attraverso una combinazione <strong>di</strong> minacce, promesse e piccoli<br />
inganni. Un re doveva essere anche una specie <strong>di</strong> mago (con tutto il rispetto<br />
per Questor Thews) e, a questo proposito, vi erano un sacco <strong>di</strong> cose da<br />
imparare sul lavoro. Di conseguenza, un atteggiamento duro da un lato poteva<br />
portare a un compromesso da un altro lato. Bisognava sapere quando<br />
era il caso <strong>di</strong> cedere e quando invece era meglio tenere duro.<br />
Fare l'avvocato, come amava spesso <strong>di</strong>re lo stesso Ben, era un ottimo allenamento<br />
per <strong>di</strong>ventare re.<br />
Era così quin<strong>di</strong> che andavano le cose nel regno <strong>di</strong> Ben Holiday, ultimo<br />
Re <strong>di</strong> Landover, un luogo sulla cui esistenza nessuna persona ragionevole<br />
che non vi fosse già stata avrebbe sottoscritto. Il Re aveva sempre l'ultima<br />
parola in tutte le questioni, in particolare per quanto riguardava le <strong>di</strong>spute<br />
fra i regnanti minori e i capi dei vari popoli del regno. Dato che Ben era finalmente<br />
riuscito a mettere assieme una solida base <strong>di</strong> sostegno in tutto il<br />
territorio, e dato anche il fatto che era spalleggiato dalla potenza armata<br />
del Pala<strong>di</strong>no, fino a quel momento pressoché nessuno si era messo in testa<br />
<strong>di</strong> usare la forza contro <strong>di</strong> lui. Dal canto suo, Ben doveva stare molto attento<br />
a non dare a nessuno dei capi minori l'impressione che il potere stesse<br />
sfuggendo loro <strong>di</strong> mano. Di conseguenza, doveva concedere loro alcune libertà,<br />
e permettere che governassero laddove era ragionevole e consigliabile<br />
che lo facessero. La magia speciale del Re subentrava quando si trattava<br />
<strong>di</strong> ottenere che governassero nel modo in cui voleva lui.<br />
Ben aveva stabilito fin dal principio una serie <strong>di</strong> comitati <strong>di</strong> consiglio<br />
(designati da lui stesso) il cui compito consisteva nella supervisione <strong>di</strong>
questioni basilari per un regno come la gestione delle risorse (terra, acqua,<br />
aria, magia... certo, in un regno magico!), i trasporti e il commercio (scambi<br />
<strong>di</strong> beni e trasporto degli stessi), l'economia (basata soprattutto sui baratti),<br />
le opere pubbliche (costruzione <strong>di</strong> strade, riparazione e gestione delle<br />
terre del Re), e la revisione giuri<strong>di</strong>ca (risoluzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spute civili e <strong>di</strong> violazioni<br />
criminose). Aveva designato dei funzionari amministrativi in ogni<br />
parte del regno per sopravvedere al corretto funzionamento <strong>di</strong> tutto ciò, i<br />
quali si recavano perio<strong>di</strong>camente a Sterling Silver per riferire sul funzionamento<br />
del processo e per <strong>di</strong>scutere come sviluppare al meglio le nuove<br />
leggi. Non era certo un sistema perfetto, ma, se non altro, bisognava dargli<br />
atto che stava contribuendo a insegnare ai molti e <strong>di</strong>versi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Landover<br />
(che se ne rendessero conto o meno) come si partecipa a un sistema<br />
governativo. Si trattava <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento che richiedeva un<br />
certo tempo, ma Ben aveva l'impressione <strong>di</strong> vederlo crescere da solo a vista<br />
d'occhio. Laddove una volta le genti <strong>di</strong> Greenward e della Regione dei<br />
Laghi non si guardavano nemmeno in faccia, ora lavoravano assieme per<br />
risolvere problemi comuni quali la conservazione e la protezione delle risorse<br />
acquifere e l'utilizzo efficace dei terreni destinati alla coltura. Aveva<br />
fatto in modo che con<strong>di</strong>videssero le loro conoscenze e riconsiderassero i<br />
loro pregiu<strong>di</strong>zi. Aveva fatto sì che si comportassero meglio <strong>di</strong> quanto non<br />
si fossero comportati in secoli e secoli.<br />
Per certi versi, era tutto molto primitivo rispetto al luogo da cui veniva,<br />
ma per altri versi era come iniziare da zero prima che subentrassero gli avvelenamenti<br />
tipici della sua precedente società. Ben era molto cauto<br />
nell'introduzione <strong>di</strong> nuove conoscenze dal suo mondo. Cercava <strong>di</strong> limitarsi<br />
alle cose basilari. Buone abitu<strong>di</strong>ni igieniche e tecniche moderne <strong>di</strong> coltivazione,<br />
per esempio. Si teneva invece ben lontano da cose che avrebbero<br />
potuto provocare cambiamenti drastici e possibili danni: infatti si era guardato<br />
bene dall'introdurre invenzioni della Rivoluzione Industriale o altre<br />
trovate terrestri come la polvere da sparo. Poi vi erano alcune cose che non<br />
avrebbe nemmeno saputo come introdurre, e questo <strong>di</strong> fatto limitava molto<br />
le sue possibilità <strong>di</strong> scelta. In fondo lui rimaneva pur sempre un avvocato,<br />
non un ingegnere, un chimico, un dottore o un costruttore. Ma forse, gli<br />
veniva da pensare <strong>di</strong> tanto in tanto, era meglio così.<br />
Fra l'altro, Landover aveva qualcosa che il suo mondo nemmeno si sognava,<br />
ed era molto importante ricordarsi <strong>di</strong> aggiungere anche questo fattore<br />
all'equazione finale. Landover aveva la magia. Magia vera e propria,<br />
del genere in grado <strong>di</strong> cambiare le cose almeno quanto l'invenzione dell'e-
lettricità. Landover era letteralmente infusa <strong>di</strong> magia e molti dei suoi citta<strong>di</strong>ni<br />
la praticavano in un modo o nell'altro; l'uso che ne facevano ovviava<br />
in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> all'esigenza <strong>di</strong> molte delle cose che la scienza era stata<br />
pressoché costretta a introdurre nel vecchio mondo <strong>di</strong> Ben. Insomma, non<br />
era tanto semplice come poteva apparire a prima vista categorizzare e definire<br />
i più e i meno, i pro e i contro, i beni e i mali del Regno <strong>di</strong> Landover.<br />
In ogni caso, gli impegni presi da Ben Holiday in quel primo giorno <strong>di</strong><br />
assenza della sua Willow servirono a <strong>di</strong>strarlo dalla sua preoccupazione e<br />
dalla sua incomprensione, tanto che fu solo dopo una cena a ora tarda,<br />
quando si fu ritirato in solitu<strong>di</strong>ne nella sua camera da letto, che tornò a<br />
confrontarsi con i suoi piccoli demoni personali. Rimase per lungo tempo<br />
in pie<strong>di</strong> sul balcone a scrutare il buio della notte cercando <strong>di</strong> decidere il<br />
modo in cui avrebbe dovuto affrontare la situazione. Naturalmente, avrebbe<br />
potuto andarle <strong>di</strong>etro. Probabilmente Bunion era in grado <strong>di</strong> rintracciarla<br />
nel giro <strong>di</strong> un attimo. Ma anche mentre prendeva in considerazione l'idea,<br />
seppe che non avrebbe mai fatto nulla <strong>di</strong> tanto contrario a ciò che Willow<br />
si aspettava da lui. Prese anche in considerazione l'uso del Landsview,<br />
quel meraviglioso strumento che gli permetteva <strong>di</strong> cercare e trovare qualsiasi<br />
cosa o persona che si trovasse su quel mondo senza mai uscire dal suo<br />
castello. Lo aveva già usato più <strong>di</strong> una volta per vedere che cosa stava accadendo<br />
in qualche luogo <strong>di</strong>stante. Si trattava <strong>di</strong> un'alternativa molto allettante,<br />
ma, alla fin fine, scartò anche quella. Non voleva mettersi a spiare. E<br />
se avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, qualcosa che lei<br />
preferiva tenergli nascosta? Quando si ama una persona come lui amava<br />
lei, non si fa ricorso allo spionaggio.<br />
Infine, decise <strong>di</strong> andarsene a letto e <strong>di</strong> rimanere sveglio gran parte della<br />
notte a pensarla.<br />
Il secondo giorno passò più o meno come il primo, solo che fu costretto<br />
a passare un periodo <strong>di</strong> tempo estremamente lungo con una delegazione <strong>di</strong><br />
troll della roccia per cercare <strong>di</strong> convincerli che poteva essere più conveniente<br />
per loro trasportare una parte dei loro minerali grezzi fuori della regione<br />
del Melchor, per venderli ad altri piuttosto che insistere nel fondere<br />
e forgiare il tutto esclusivamente nelle loro fornaci nel modo che piaceva a<br />
loro. Ciò lo costrinse a cenare tar<strong>di</strong>, il che naturalmente ritardò anche l'ora<br />
del riposo fino a dopo mezzanotte, cosicché quando finalmente riuscì a infilarsi<br />
sotto le lenzuola era talmente stanco che per poco non sprofondò nel<br />
sonno prima <strong>di</strong> infilare una mano sotto il cuscino e trovare un pezzettino <strong>di</strong><br />
carta ripiegato.
Si alzò subito a sedere. Pur non sapendo perché, fu imme<strong>di</strong>atamente certo<br />
dell'importanza <strong>di</strong> quel foglietto. Accese una delle luci da lettura con un<br />
semplice cenno della mano, poiché il castello era sempre sveglio, anche<br />
quando lui dormiva, e sempre sensibile ai suoi desideri. Portò il foglio <strong>di</strong><br />
carta sotto il piccolo cerchio <strong>di</strong> luce. Era piegato in quattro; lo spiegò con<br />
cura e lesse:<br />
Holiday,<br />
Se vuoi avere notizie su una magia invadente<br />
che sta minacciando Landover in una maniera<br />
che nemmeno io posso tollerare, fatti trovare fra<br />
due notti, alla vigilia della luna nuova, presso il<br />
Cuore. Vieni solo. Anch'io farò lo stesso. Ti garantisco<br />
la tua incolumità e un viaggio sicuro.<br />
Strabo.<br />
Ben fissò il messaggio. La sua mente prese a vorticare in maniera frenetica.<br />
Strabo il drago sa scrivere? Come ha fatto a consegnare quel messaggio?<br />
E poi il drago non sarebbe mai riuscito a entrare dalla finestra della<br />
camera da letto, o no?<br />
Si fermò un attimo e rifletté. Non era stato il drago a scrivere. E nemmeno<br />
a consegnare. Aveva fatto fare entrambe le cose da qualcun'altro. In<br />
qualche modo. Sempre ammesso che quella lettera fosse realmente in<strong>di</strong>rizzata<br />
a lui. O che non si trattasse <strong>di</strong> qualche trucco. Cosa abbastanza possibile.<br />
Strabo non gli aveva mai scritto prima <strong>di</strong> allora, e tantomeno aveva<br />
mai tentato <strong>di</strong> mettersi in contatto con lui. Strabo, l'ultimo drago <strong>di</strong> Landover,<br />
una creatura appartata, malinconica, intrattabile che viveva nelle terre<br />
abbandonate <strong>di</strong> Fire Springs nel profondo oriente, non voleva avere nulla a<br />
che fare con Ben Holiday. Tanto più che aveva manifestato in maniera<br />
piuttosto chiara in più <strong>di</strong> un'occasione che sarebbe stato molto felice se non<br />
avesse mai più rivisto il Re in vita sua.<br />
Allora che storia c'era <strong>di</strong>etro a quella lettera?<br />
Ben la lesse ancora due volte, cercando <strong>di</strong> raffigurarsi il drago che pronunciava<br />
quelle parole. In effetti, non era <strong>di</strong>fficile. Il tono sembrava proprio<br />
il suo. Eppure, il fatto che fosse stata mandata una lettera a quel modo<br />
era decisamente strano. Se il drago aveva davvero intenzione <strong>di</strong> incontrarsi<br />
con lui, la minaccia <strong>di</strong> cui parlava doveva essere veramente seria. Ben
scartò a priori la possibilità <strong>di</strong> un attacco alla sua persona. Strabo non aveva<br />
nessun motivo per danneggiarlo, e anche se ne avesse avuti non si sarebbe<br />
certo <strong>di</strong>sturbato per avvertirlo; avrebbe semplicemente preso il volo<br />
e sarebbe venuto a prenderlo. Il fatto <strong>di</strong> chiedergli <strong>di</strong> andare solo era abbastanza<br />
conforme alla personalità del drago. Strabo non aveva una gran<br />
considerazione per gli umani in generale, e se avesse dovuto tenere una riunione<br />
<strong>di</strong> qualsiasi tipo l'avrebbe senz'altro mantenuta su un piano riservato<br />
e strettamente personale. Era un essere molto onorevole, anche se a modo<br />
suo, e se gli aveva promesso un viaggio sicuro avrebbe senz'altro mantenuto<br />
la sua parola.<br />
Ciò nonostante, la faccenda metteva Ben a <strong>di</strong>sagio.<br />
Vieni solo?<br />
Vieni a mezzanotte?<br />
Rilesse il messaggio un'altra volta, ma non apprese nulla <strong>di</strong> nuovo. Rimase<br />
seduto sui suoi cuscini con la schiena appoggiata alla possente testiera<br />
<strong>di</strong> ferro del letto, me<strong>di</strong>tando. Sapeva già ciò che gli avrebbero detto<br />
Questor e Abernathy. Sapeva qual era la scelta più ragionevole. Tuttavia,<br />
vi era qualcosa <strong>di</strong> urgente nel tono <strong>di</strong> quella lettera, qualcosa che gli impe<strong>di</strong>va<br />
<strong>di</strong> scartarla così come se nulla fosse e proseguire nella sua vita normale<br />
<strong>di</strong> tutti i giorni. Non riusciva a fare a meno <strong>di</strong> prendere in considerazione<br />
la questione, pensando sempre più che forse ignorare quell'avvertimento<br />
sarebbe stato un gesto imprudente. Un sesto senso gli sussurrava<br />
che c'era effettivamente qualcosa <strong>di</strong> cui preoccuparsi, qualcosa da temere.<br />
Strabo non agiva mai senza motivo, e se era convinto che esistesse un pericolo<br />
reale per Landover, molto probabilmente aveva ragione. E se pensava<br />
che Ben avrebbe dovuto esserne a conoscenza, probabilmente aveva ragione<br />
anche in questo.<br />
E allora, che fare?<br />
Alla fine, si addormentò senza aver preso una decisione. Pensò alla lettera<br />
tutto il giorno successivo, rimuginandoci sopra fra una riunione e una<br />
conferenza, mentre mangiava e mentre leggeva documenti, mentre correva<br />
attorno al castello nel tardo pomeriggio per mantenersi in allenamento,<br />
sempre seguito come un'ombra dal suo silenzioso e invisibile protettore,<br />
Bunion.<br />
Era la terza notte che passava senza Willow, e quando si ritirò nelle sue<br />
stanze, non aveva ancora risolto la questione.<br />
Ma al mattino si era finalmente deciso. Doveva andare. Se vi era anche<br />
una sola possibilità che quel messaggio fosse vero, doveva correre il ri-
schio. Fra l'altro, cercò <strong>di</strong> convincersi, il rischio che correva non era poi<br />
così grande. Il Cuore, in fondo, <strong>di</strong>stava solo poche ore <strong>di</strong> cavallo dal castello.<br />
Avrebbe portato con sé una pattuglia <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e del Re a cavallo per<br />
assicurarsi una certa protezione, e non lo avrebbe detto a nessuno fino a un<br />
attimo prima della partenza. Così Questor, Abernathy e i cobol<strong>di</strong> sarebbero<br />
rimasti tagliati fuori dalla decisione. Avrebbe lasciato la sua scorta prima<br />
del Cuore, sarebbe andato da solo a vedere com'era la situazione, si sarebbe<br />
incontrato con Strabo, sempre ammesso che ci fosse, e sarebbe comunque<br />
riuscito a tornare prima dell'alba. Era piuttosto semplice come piano, e<br />
se non altro avrebbe sod<strong>di</strong>sfatto il suo bisogno <strong>di</strong> fare qualcosa piuttosto<br />
che camminare su e giù chiedendosi che cosa fare!<br />
Poi vi era un fattore decisivo, anche se Ben non amava soffermarsi troppo<br />
su questa possibilità. A prescindere dal pericolo che avrebbe potuto correre<br />
in qualsiasi situazione, era sempre protetto dal Pala<strong>di</strong>no. Il Campione<br />
del Re era l'essere più potente <strong>di</strong> tutto il regno, ed esisteva solo ed esclusivamente<br />
per garantire la sicurezza del Re stesso. Poteva essere chiamato in<br />
qualsiasi momento, dato che l'unica cosa che Ben doveva fare per avere il<br />
suo potere sul momento era afferrare il medaglione che portava costantemente<br />
attorno al collo, il medaglione con l'immagine incisa <strong>di</strong> un cavaliere<br />
che esce da Sterling Silver all'alba. Bastava afferrare il medaglione, chiamare<br />
il Pala<strong>di</strong>no, e il cavaliere dei fantasmi e delle ombre sarebbe accorso<br />
all'istante.<br />
Il problema del Pala<strong>di</strong>no, naturalmente, era che il campione armato del<br />
Re in realtà non era altri che il Re stesso. O meglio, un altro lato del Re. O<br />
meglio ancora, un altro lato <strong>di</strong> chiunque occupasse la carica <strong>di</strong> Re in quel<br />
dato momento. In questo caso significava che il Pala<strong>di</strong>no non era altri che<br />
un lato <strong>di</strong> Ben, un lato cupo e <strong>di</strong>struttivo che nasceva da qualche angolo<br />
recon<strong>di</strong>to della sua personalità che egli stesso avrebbe preferito non conoscere<br />
nemmeno. Ciò nonostante esisteva eccome, e aleggiava costantemente<br />
da qualche parte ai margini della sua coscienza, in attesa <strong>di</strong> essere chiamato<br />
in causa. Ben aveva sempre fatto fatica, fin da quando era giunto a<br />
conoscenza del segreto del Pala<strong>di</strong>no, ad accettare questo fatto. Il Pala<strong>di</strong>no<br />
era una macchina <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong>struzione che aveva sempre servito i re <strong>di</strong><br />
Landover fin dall'inizio, una creazione degli esseri fatati per proteggere<br />
quel reggente che loro stessi avevano installato per assicurarsi che nessuno<br />
entrasse nel loro mondo fatato. Il Pala<strong>di</strong>no aveva combattuto in tutte le<br />
battaglie dei molti Re <strong>di</strong> Landover, comportandosi sempre da campione e<br />
tenendo duro contro qualsiasi nemico. Era stato sfidato molte volte, ma
non aveva mai perso. Moriva solo quando moriva il suo re. E rinasceva<br />
quando veniva incoronato un nuovo re. Si trattava <strong>di</strong> un essere senza tempo,<br />
un essere eterno che viveva solo per combattere e combatteva solo per<br />
uccidere.<br />
Ma era anche una parte <strong>di</strong> Ben Holiday, una parte integrante <strong>di</strong> ciò che<br />
era, non solo in virtù della carica che aveva e delle responsabilità che aveva<br />
accettate, ma anche perché esisteva in ogni essere vivente il potenziale<br />
per una <strong>di</strong>struzione deliberata e controllata. Ben aveva scoperto quasi subito<br />
che l'infusione del Pala<strong>di</strong>no nel suo essere, la loro unione, era dovuta in<br />
ugual misura sia alla magia <strong>di</strong> Landover sia alla parte oscura della sua personalità<br />
umana. Lui era il Pala<strong>di</strong>no anche e soprattutto perché il Pala<strong>di</strong>no<br />
rappresentava un lato della sua personalità, un lato che aveva tenuto ben<br />
sigillato e nascosto finché non era <strong>di</strong>venuto Re <strong>di</strong> Landover.<br />
Di conseguenza, se ne avesse avuto bisogno, avrebbe sempre potuto fare<br />
appello al Pala<strong>di</strong>no, anche se era reticente a chiamarlo fuori delle tenebre a<br />
meno che il bisogno non fosse realmente impellente. Evocarlo era la sua<br />
ultima risorsa, questo se lo ripeteva in continuazione, ma allo stesso tempo<br />
sapeva sempre <strong>di</strong> poterlo chiamare in caso <strong>di</strong> bisogno. Non era <strong>di</strong> certo una<br />
cosa che poteva scartare a priori pensando, come gli era capitato in passato,<br />
<strong>di</strong> non avere mai più bisogno <strong>di</strong> appellarvisi.<br />
Trascorse il quarto giorno in maniera <strong>di</strong>stratta, rimanendo al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong><br />
se stesso per la maggior parte del tempo, osservando Ben Holiday che<br />
svolgeva i suoi compiti <strong>di</strong> re. Si sentiva talmente strano per ciò che stava<br />
facendo, nascondendo e tenendo solo per sé il suo piano <strong>di</strong> quella notte,<br />
che fu sorpreso che nessuno se ne fosse accorto. Questor Thews e Abernathy<br />
non sembrarono trovare nulla <strong>di</strong> strano in lui e non gli chiesero mai<br />
se qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Nessuno gli chiese nulla.<br />
Compì i suoi doveri della giornata, consumò la sua cena, si ritirò nelle<br />
sue stanze e si sedette in attesa.<br />
Quando fu quasi buio, quando il crepuscolo scivolò via per cedere il<br />
passo alla notte, scese nelle stalle, fece sellare Giuris<strong>di</strong>zione, il suo cavallo<br />
preferito, un grosso baio castrato, chiamò una scorta <strong>di</strong> sei uomini e uscì<br />
dal portone del castello. Tutto ciò lo fece in massimo silenzio e senza avvertire<br />
nessuno, tanto che alla fine riuscì a scivolare via senza attirare l'attenzione.<br />
Pattuglie <strong>di</strong> cavalieri entravano e uscivano costantemente da<br />
Sterling Silver, e una in più che usciva appena dopo il tramonto non era<br />
certo nulla <strong>di</strong> particolare. Persino Bunion doveva essere addormentato a<br />
quell'ora, visto che avevano programmato una corsetta mattutina assieme.
Era una tipica notte estiva, tiepida e pigra, e vi era quella sensazione <strong>di</strong> benessere<br />
generale dell'avvicinarsi delle ore del sonno, in cui basta uno sba<strong>di</strong>glio<br />
e un respiro profondo per <strong>di</strong>menticarsi <strong>di</strong> tutto. Ben e la sua scorta<br />
cavalcarono lungo la strada selciata con Sterling Silver alle loro spalle, un<br />
ammasso <strong>di</strong> luminosità stellare riflessa che scemò lentamente man mano<br />
che salivano per la collina e gli alberi iniziavano a chiudersi attorno a loro.<br />
Procedettero rapi<strong>di</strong>, con Ben che tirava il passo orientandosi con le stelle<br />
e seguendo il suo senso del tempo; era ansioso <strong>di</strong> giungere al Cuore prima<br />
della mezzanotte. Da quando viveva a Landover aveva imparato a trascorrere<br />
le sue giornate senza orologi, e ora era perfettamente in grado <strong>di</strong> stabilire<br />
l'ora con il metodo antico; scrutando il cielo, valutando la lunghezza e<br />
la posizione delle ombre, sentendo l'aria e osservando la condensa che si<br />
accumulava sulle piante. Aveva scoperto che su quel mondo i suoi sensi si<br />
erano sviluppati notevolmente, forse proprio perché era costretto a farvi affidamento.<br />
Indossava un vestito nero, stivali neri e un'armatura <strong>di</strong> maglia<br />
nera concepita da Questor Thews, forgiata con metallo e magia per renderla<br />
leggera e molto resistente allo stesso tempo. Sul petto portava il prezioso<br />
medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover, e al fianco un lungo coltello. Portava<br />
anche una spada lunga legata alla schiena, poiché era regola che il Re<br />
viaggiasse armato nelle sortite notturne. Le sue mani erano coperte da<br />
guanti da cavallerizzo, e attorno al collo portava una sciarpa nera per <strong>di</strong>fendersi<br />
dalla polvere.<br />
Non vi era un alito <strong>di</strong> vento, l'aria era immobile e la notte era spessa e<br />
afosa. Ogni volta che rallentava il passo gli insetti si radunavano attorno<br />
alla sua testa, quin<strong>di</strong> tentò <strong>di</strong> mantenere sempre un'andatura rapida, perlomeno<br />
un trotto, laddove il terreno glielo permetteva. La luna nuova privava<br />
la terra <strong>di</strong> gran parte della sua luminosità notturna (a Landover la luna<br />
nuova era una con<strong>di</strong>zione alquanto particolare, in cui alcune delle otto lune<br />
si trovavano sotto l'orizzonte e altre entravano nelle loro fasi scure. Ben<br />
non aveva mai capito esattamente come funzionasse la cosa, anche se sapeva<br />
che avveniva più o meno ogni mese). La poca luce che permetteva loro<br />
<strong>di</strong> vedere qualcosa era data dalla moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stelle che brillavano nel<br />
cielo perfettamente limpido, un labirinto <strong>di</strong> puntini luminosi che sembravano<br />
essere stati messi lì a uso esclusivo <strong>di</strong> chi desiderava alzare gli occhi<br />
al cielo per sognare. Ben ci provò quando gli alberi si <strong>di</strong>radarono abbastanza<br />
da permetterglielo, ma i suoi pensieri erano proiettati quasi interamente<br />
all'incontro che sarebbe avvenuto da lì a poco.
Il tempo trascorse rapido, e quando giunsero in prossimità del Cuore<br />
mancava ancora un'ora alla mezzanotte. Ben fece arrestare la scorta, lasciò<br />
che gli uomini smontassero <strong>di</strong> sella e or<strong>di</strong>nò loro <strong>di</strong> aspettarlo. Proseguì<br />
solo finché non si trovò a poche centinaia <strong>di</strong> metri dalla sua destinazione,<br />
quin<strong>di</strong> smontò <strong>di</strong> sella a sua volta, lasciò Giuris<strong>di</strong>zione a pascolare e procedette<br />
a pie<strong>di</strong>.<br />
Il bosco era buio e silenzioso quando lo attraversò a pie<strong>di</strong>, e per quanto<br />
tendesse l'orecchio per captare qualche suono familiare, non sentì nulla.<br />
Gli odori della foresta erano pungenti e intossicanti e portarono i suoi pensieri<br />
ad altri luoghi e ad altri tempi, a momenti che erano apparsi decisivi,<br />
ma che ora non erano altro che mattoni usati per la costruzione della sua<br />
vita. Camminò tranquillo, senza preoccuparsi della sua incolumità; stranamente,<br />
si sentiva perfettamente al sicuro. Forse era per via del senso <strong>di</strong><br />
pace che aveva instillato in lui quella notte estiva. O forse era per via del<br />
medaglione che portava al collo, ricordo costante del grande potere che<br />
aveva a <strong>di</strong>sposizione. O magari era semplicemente per via del fatto che lì<br />
non vi era nessuna cosa che potesse minacciarlo. Comunque fosse, procedette<br />
in <strong>di</strong>rezione del Cuore come se stesse facendo una semplice passeggiata<br />
notturna nel suo giar<strong>di</strong>no, alla fine della quale se ne sarebbe andato a<br />
dormire per poi risvegliarsi in un nuovo giorno.<br />
Giunse al Cuore poco prima della mezzanotte, uscendo dal fitto e rimanendo<br />
per un attimo al margine estremo dei primi cuscini e inginocchiatoi<br />
<strong>di</strong> velluto, rivolto verso il palco <strong>di</strong> quercia bianca con i suoi pilastri d'argento<br />
lucido e le sue ban<strong>di</strong>ere. La radura era silenziosa e apparentemente<br />
deserta. Tutto era immobile, nemmeno un alito <strong>di</strong> vento turbava la pace del<br />
Cuore. Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutto ciò che era avvenuto in quel luogo vennero e scomparvero.<br />
Ben si guardò attorno ancora per un po', quin<strong>di</strong> si <strong>di</strong>resse verso il<br />
centro dello spiazzo passando in mezzo fra due file <strong>di</strong> cuscini.<br />
Una debole ventata gli accarezzò il viso per un istante. Attento.<br />
Era quasi giunto al palco quando la figura scura si materializzò alla sua<br />
destra, apparentemente spuntando dal nulla, dalla terra stessa. Ben si bloccò<br />
sui suoi passi, rabbrividendo, sentendo lo stomaco che si contraeva. La<br />
figura indossava un mantello scuro ed era immersa nell'ombra; la luce alle<br />
sue spalle impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernerne i lineamenti.<br />
«Re per gioco» <strong>di</strong>sse una voce familiare.<br />
Nightshade!
Ben si raggelò, mettendosi finalmente in guar<strong>di</strong>a. Che cosa ci faceva lì<br />
Nightshade? La Strega del Deep Fell non era certo amica sua, e la sua presenza<br />
poteva indubbiamente significare che si trattasse <strong>di</strong> una trappola.<br />
Fece qualche passo avanti, alta e imponente. Ora la luce le inondò il viso,<br />
mettendo in risalto il volto magro, freddo e perfettamente liscio, i capelli<br />
corvini con l'unica striscia bianca, le spalle strette e le braccia lunghe<br />
e sottili. «Perché mi hai fatta chiamare?» sibilò, la sua voce fredda e carica<br />
<strong>di</strong> rabbia. «Cos'è questa storia <strong>di</strong> una minaccia magica nei confronti della<br />
mia casa?»<br />
Ben la fissò, allibito. Fatta chiamare? Di cosa stava parlando? Lui si trovava<br />
lì perché era stato chiamato da Strabo! Che razza <strong>di</strong> gioco stava giocando<br />
quella strega?<br />
«Io non ho...» iniziò.<br />
«Tu mi hai scoccia...» iniziò lei.<br />
In quel momento un'ombra gigantesca li sommerse entrambi. Il cielo<br />
venne riempito dalla massa scura <strong>di</strong> Strabo, che si posò con cautela al lato<br />
del palco, ripiegando le ali e avvolgendo su se stesso il lungo corpo da serpente.<br />
La possente massa, nera come la pece e ricoperta <strong>di</strong> dure squame,<br />
emetteva vapore e il puzzo invase imme<strong>di</strong>atamente l'aria. Persino Nightshade<br />
fece un passo in<strong>di</strong>etro con aria <strong>di</strong>sgustata mentre il drago li scrutava<br />
con il suo capo terribile e cornuto.<br />
«Cos'è questa storia?» ruggì, la sua voce come un rombo profondo e<br />
sgradevole, come il grattare <strong>di</strong> pietra sulla terra. La sua massa enorme si<br />
stagliava sulla foresta alle sue spalle. «Che cosa ci fa Holiday, strega?»<br />
domandò con tono perentorio. «Che cosa c'entra lui con il tuo messaggio?»<br />
«Il mio messaggio?» la voce <strong>di</strong> Nightshade era incredula. «Non ti ho<br />
mandato nessun messaggio! Sono venuta qui in risposta alla missiva del<br />
Re per gioco!»<br />
«Stupida vecchia» <strong>di</strong>sse il drago, assumendo l'atteggiamento <strong>di</strong> un grosso<br />
gatto che contempla la sua cena. «Non farmi perdere tempo con i tuoi<br />
sciocchi <strong>di</strong>nieghi. Il messaggio era tuo, le parole erano le tue. Se hai qualche<br />
tesoro da scambiare, offrilo subito e facciamola finita.»<br />
Il volto <strong>di</strong> Nightshade era livido per la rabbia. «Tesoro?»<br />
In quel momento Ben si rese conto <strong>di</strong> quanto stava accadendo, riconobbe<br />
la verità <strong>di</strong> ciò che era stato fatto, e si accorse a livello istintivo che era già<br />
troppo tar<strong>di</strong> per fuggire. Erano stati mandati tre messaggi <strong>di</strong>versi a ognuno<br />
<strong>di</strong> loro, apparentemente mandati da loro stessi, ma evidentemente mandati<br />
tutti e tre da qualcun altro, qualcuno che aveva voluto radunarli in quel
punto esatto. Si era trattata dell'esca per una trappola. Perché? La domanda<br />
rimbombò nelle sue orecchie mentre si faceva avanti, intravedendo per un<br />
attimo la sagoma <strong>di</strong> qualcuno che apparve giusto il tempo necessario per<br />
posare qualcosa a terra, una figura alta e allampanata, vagamente familiare,<br />
che si allontanò subito dalla scatola che aveva posto sul palco. La scatola<br />
era aperta e ne stava uscendo del fumo, o della nebbia... La scatola<br />
non l'aveva mai vista prima <strong>di</strong> allora, ma la figura che la aveva posata...<br />
Horris Kew!<br />
Che cavolo stava succedendo?<br />
«Aspettate!» riuscì a urlare Ben, in<strong>di</strong>cando la sagoma da spaventapasseri.<br />
La testa squamosa <strong>di</strong> Strabo si voltò <strong>di</strong> scatto, il fuoco già presente sulle<br />
sue narici <strong>di</strong>latate e sibilanti. La mani <strong>di</strong> Nightshade si sollevarono imme<strong>di</strong>atamente,<br />
le scariche ver<strong>di</strong> della magia già presenti sulle punte delle sue<br />
<strong>di</strong>ta. Si udì un improvviso crepitio nell'aria. Ben portò istintivamente la<br />
mano al medaglione, chiamando il Pala<strong>di</strong>no al suo salvataggio.<br />
Ma era già troppo tar<strong>di</strong> per tutti. Improvvisamente si trovarono immersi<br />
in una luce fortissima che giungeva da tutti i lati, una luce che era stata<br />
preparata da tempo e che ora veniva liberata in tutta la sua violenza, chiudendoli<br />
nella sua trappola come un'enorme mascella. Si ritrovarono tutti e<br />
tre, Re, strega e drago, spinti l'uno contro l'altro, verso la scatola aperta, e<br />
non ebbero nemmeno un attimo <strong>di</strong> tempo per reagire. La luce li catturò e li<br />
trasportò attraverso i cuscini <strong>di</strong> velluto, portandoli assieme e serrandoli in<br />
un nodo magico che li strinse in maniera a <strong>di</strong>r poco feroce. Poi la nebbia e<br />
l'oscurità si chiusero attorno a loro, sollevandosi per riceverli come fossero<br />
un'offerta inaspettata. Poi, <strong>di</strong> colpo, i tre si ritrovarono a sprofondare in un<br />
vuoto profondo e impenetrabile. Il vuoto si spalancava sotto <strong>di</strong> loro, allargandosi<br />
man mano che vi si addentravano (o forse erano loro che stavano<br />
rimpicciolendo?), come se si fossero improvvisamente trovati in un tubo <strong>di</strong><br />
scarico enorme e vuoto che li risucchiava inesorabilmente nelle sue profon<strong>di</strong>tà.<br />
Ma non era tutto qui. Tutti e tre stavano provando uno strano senso <strong>di</strong><br />
mancanza, come se una parte essenziale <strong>di</strong> ciò che erano stesse venendo<br />
strappata via strato su strato. A quel punto all'interno <strong>di</strong> ognuno apparve un<br />
demone, una bestia terribile, innominabile, senza forma che avevano tenuta<br />
rinchiusa fino a quel momento ma che ora era stata tanto improvvisamente<br />
quanto inspiegabilmente liberata. I tre ulularono nel nulla la loro furia<br />
e la loro <strong>di</strong>sperazione.
Dove cavolo ha ottenuto tutto questo potere Horris Kew? fu l'ultimo, <strong>di</strong>sperato<br />
pensiero <strong>di</strong> Ben.<br />
Dopo<strong>di</strong>ché sprofondò nell'abisso assieme al drago e alla strega, privo <strong>di</strong><br />
voce e <strong>di</strong> energia, scomparendo nelle profon<strong>di</strong>tà della Scatola magica.<br />
Quando furono scomparsi, il Gorse spuntò dal suo nascon<strong>di</strong>glio nell'oscurità<br />
degli alberi alle spalle del palco. «Raccogli la scatola» <strong>di</strong>sse con un<br />
sibilo inquietante, rivolgendosi a Horris Kew.<br />
Horris stava tremando talmente tanto che non riusciva a muoversi. Era lì<br />
impalato con le mani serrate fra loro e le sue scarpe numero 49 ancorate<br />
nel terreno. Era letteralmente sconvolto dalla grandezza <strong>di</strong> ciò che aveva<br />
appena visto; Holiday, Nightshade e Strabo afferrati dalla magia come fossero<br />
bamboline <strong>di</strong> pezza e rinchiusi nelle oscure profon<strong>di</strong>tà della Scatola<br />
magica. Che potere enorme! Certo, il Gorse aveva dovuto faticare molto<br />
per preparare il tutto, per tirare le reti della sua stregoneria e per pronunciare<br />
gli incantesimi che erano rimasti lì ad aspettare i tre. O meglio, Horris<br />
aveva dovuto faticare molto, poiché a quanto pareva il Gorse non era<br />
ancora in grado <strong>di</strong> agire per conto suo. Già dal primo momento Horris aveva<br />
percepito la grande profon<strong>di</strong>tà del potere <strong>di</strong> quella creatura, aveva<br />
sentito il modo possente in cui entrava nella sua psiche, ma nonostante ciò<br />
non avrebbe mai immaginato che quegli incantesimi che gli aveva fatto<br />
pronunciare avrebbero dato vita a una forma <strong>di</strong> magia dal potere così devastante.<br />
Il Gorse emise un altro sibilo, innervosito.<br />
«La scatola, Horris!» sussurrò Biggar dalla sua spalla con tono urgente.<br />
Horris uscì dal suo stato <strong>di</strong> stupore e si fece avanti <strong>di</strong> tutta fretta, per<br />
quanto con passo malfermo. Si fermò davanti alla Scatola magica e ne<br />
scrutò la superficie contorta e nebulosa. Non vi era nulla da vedere. La<br />
scatola era nuovamente chiusa.<br />
Horris fece un passo in<strong>di</strong>etro, ritrovandosi a corto <strong>di</strong> fiato e completamente<br />
sudato. Espirò lentamente. Tutto era andato come previsto dal Gorse.<br />
Il Gorse aveva detto che i messaggi avrebbero attirato i tre, i loro più<br />
gran<strong>di</strong> nemici potenziali, gli unici su Landover che avrebbero potuto rappresentare<br />
una vera minaccia per loro. Aveva detto che i messaggi erano<br />
stregati, in modo che chi li leggesse non potesse fare a meno <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>rvi,<br />
anche se la ragione e il buonsenso li avrebbero portati a fare altrimenti.<br />
Aveva detto che gli incantesimi, le magie e i simboli magici piazzati attorno<br />
al Cuore avrebbero catturato il terzetto con una tale velocità da non
permettere a nessuno dei tre <strong>di</strong> sfuggire. Infine, aveva detto che la Scatola<br />
magica sarebbe stata per loro una prigione dalla quale era impossibile fuggire.<br />
Ma Horris non poté fare a meno <strong>di</strong> chiederlo comunque. «E se escono?»<br />
Il Gorse rise, producendo nell'oscurità un suono basso, profondo e privo<br />
<strong>di</strong> umorismo. «Non riusciranno mai a uscire. Non saranno nemmeno in<br />
grado <strong>di</strong> volerlo. Ho preso le mie precauzioni. In questo momento non sono<br />
altro che dei prigionieri senza speranza. Non sanno chi sono. Non sanno<br />
dove sono. Sono persi nelle nebbie.»<br />
Biggar arruffò le piume. «Gli sta bene» gracchiò.<br />
«Raccogli la scatola» or<strong>di</strong>nò ancora una volta il Gorse.<br />
Questa volta Horris ubbidì rapidamente. Raccolse il contenitore <strong>di</strong> legno<br />
intagliato, facendo comunque attenzione a tenerlo a una certa <strong>di</strong>stanza dal<br />
suo corpo. «E ora cosa facciamo?»<br />
Il Gorse si stava già muovendo. «Riportiamo la scatola alla grotta e aspettiamo.»<br />
La sua voce era tranquilla e sod<strong>di</strong>sfatta. «Quando l'assenza del<br />
Re avrà generato panico a sufficienza, tu e l'uccello farete nuovamente visita<br />
ai vostri amici <strong>di</strong> Sterling Silver.»<br />
Il Gorse si mosse attraverso l'oscurità come fosse fumo. «Solo che questa<br />
volta porterete loro una sorpresina.»<br />
Labirinto<br />
Il Cavaliere si risvegliò sconvolto, in stato d'allerta, sollevandosi dal terreno<br />
come se fosse stato tirato da fili invisibili. Stava sognando, e sebbene<br />
avesse già <strong>di</strong>menticato il sogno in sé, l'impressione del sogno permaneva<br />
tuttora. Il respiro era affannoso e il battito del cuore rapido, come se avesse<br />
corso per chilometri mentre dormiva. Sentiva un calore umido su tutto il<br />
corpo, sotto i suoi abiti. Si sentiva come sul limite <strong>di</strong> qualche cosa che stava<br />
per accadere.<br />
I suoi occhi scrutarono con ansia nell'oscurità. Si trovava in una foresta<br />
<strong>di</strong> alberi scuri ed enormi che si innalzavano come colonne per sostenere il<br />
cielo. Solo che non vi era alcun cielo in vista, solo una nebbia che vorticava<br />
sopra la sua testa cancellando ogni cosa, anche i rami più alti. L'oscurità<br />
della foresta era una specie <strong>di</strong> crepuscolo, sia giorno che notte, sia mattino<br />
che sera. Non era una cosa reale, eppure il Cavaliere riconobbe istintivamente<br />
che si trattava dell'unica realtà del luogo in cui si trovava.<br />
Ma dove si trovava?
Non ne aveva la minima idea. Non ricordava.<br />
Vi erano anche degli altri. Dov'erano?<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong> rapidamente, consapevole del peso della spada lunga sulla<br />
sua schiena, del coltello al suo fianco, della maglia che gli cingeva il<br />
corpo. Era vestito tutto <strong>di</strong> nero, con abiti como<strong>di</strong> e rinforzati <strong>di</strong> cuoio, con<br />
tanto <strong>di</strong> cintura, guanti e stivali. La sua armatura era da qualche parte, lì<br />
vicina, ma non era in grado <strong>di</strong> vederla. Era vicina, questo lo sapeva, perché<br />
percepiva la sua presenza. E la sua armatura veniva sempre da lui quando<br />
ne aveva bisogno.<br />
Anche se non sapeva perché.<br />
Sul suo petto, sotto la tunica, era appeso un medaglione. Lo tiro fuori e<br />
l'osservò. Si trattava <strong>di</strong> un'immagine <strong>di</strong> se stesso che usciva a cavallo da un<br />
castello all'alba. Era un'immagine familiare, eppure era come se la vedesse<br />
per la prima volta. Che cosa significava?<br />
Lasciò perdere la sua perplessità e prese a camminare nell'oscurità.<br />
Qualcosa si mosse al margine opposto della radura, e il Cavaliere procedette<br />
in quella <strong>di</strong>rezione. Mentre si avvicinava, una figura rannicchiata a<br />
terra si alzò in pie<strong>di</strong> e allargò entrambe le braccia. Lunghi capelli neri con<br />
una singola striscia bianca al centro cadevano sul volto e sulle spalle della<br />
figura, e le sue tonache strisciavano sul terreno come ombre liquide.<br />
Era la Dama. Era ancora con lui. Non era scappata via mentre dormiva<br />
(poiché sapeva che sarebbe scappata se le si fosse presentata l'occasione).<br />
Il suo capo si sollevò mentre si avvicinava, e un'esile mano scostò i capelli<br />
corvini. I suoi lineamenti splen<strong>di</strong><strong>di</strong> ed esangui si tesero nel vederlo; emise<br />
un sibilo <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> costernazione.<br />
«Tu» <strong>di</strong>sse semplicemente, ma quella sola parola comunicò tutto il <strong>di</strong>sprezzo<br />
che provava nei confronti <strong>di</strong> lui e <strong>di</strong> ciò che le ave va fatto.<br />
Il Cavaliere non tentò <strong>di</strong> avvicinarsi ulteriormente. Sapeva bene ciò che<br />
lei provava nei suoi confronti, sapeva che dava la colpa a lui per ciò che le<br />
era stato fatto. Non ci si poteva fare nulla. Scostò lo sguardo e osservò la<br />
radura nella quale avevano dormito. Era piccola e raccolta, e non vi era<br />
nulla che suggerisse il motivo per il quale vi si trovavano. Erano giunti lì<br />
in precedenza, questo lo sapeva. Erano arrivati in volo, inseguiti da... qualcosa.<br />
Aveva portato la Dama con sé - e anche un altro - fuggendo alla bestia<br />
che li avrebbe <strong>di</strong>vorati tutti.<br />
Scosse il capo; un forte dolore si accumulò <strong>di</strong>etro i suoi occhi mentre<br />
cercava <strong>di</strong> scrutare nel passato, che era pieno <strong>di</strong> nebbia e oscurità almeno<br />
quanto il presente, quanto quella foresta in cui si trovava.
«Riportami a casa!» sussurrò improvvisamente la Dama. «Non hai alcun<br />
<strong>di</strong>ritto!»<br />
Il Cavaliere si voltò per trovarla in pie<strong>di</strong> con i pugni serrati puntati sui<br />
fianchi. I suoi strani occhi rossi bruciavano <strong>di</strong> rabbia e le sue labbra ritratte<br />
mettevano in mostra denti come quelli <strong>di</strong> un animale. Si <strong>di</strong>ceva che fosse<br />
in grado <strong>di</strong> usare la magia, che possedesse un potere incre<strong>di</strong>bile. Si <strong>di</strong>ceva<br />
che era meglio non farsela nemica. Eppure il Cavaliere se l'era fatta nemica.<br />
Non era ben certo <strong>di</strong> come ciò fosse accaduto, ma ormai era un dato <strong>di</strong><br />
fatto. Aveva portato via la Dama dalla sua casa, dal luogo in cui viveva,<br />
per trasportarla in quella foresta. Lui era il Campione del Re, ed esisteva<br />
solo a comando del Re. Il Re doveva averlo mandato a prendere la Dama,<br />
anche se non ricordava nulla <strong>di</strong> tutto ciò.<br />
«Cavaliere dai pensieri e dalle gesta cupe!» lo apostrofò la Dama con <strong>di</strong>sprezzo.<br />
«Codardo <strong>di</strong>etro alla tua armatura e alle tue armi! Riportami a casa!»<br />
Forse adesso lo stava minacciando, preparandosi a scagliargli addosso la<br />
forza della sua magia. Ma il Cavaliere non ne era convinto. A quanto pareva,<br />
la magia che possedeva non era più sua. Erano giunti fino a quel punto,<br />
e lei non aveva nemmeno accennato un incantesimo contro <strong>di</strong> lui. Se fosse<br />
stata in grado <strong>di</strong> utilizzare la magia contro <strong>di</strong> lui, lo avrebbe fatto già da<br />
tempo. Non che avrebbe fatto molta <strong>di</strong>fferenza. Lui era un'arma forgiata<br />
con l'acciaio. Era più macchina che uomo. La magia gli faceva lo stesso effetto<br />
<strong>di</strong> un po' <strong>di</strong> polvere gettata negli occhi; non trovava spazio nella sua<br />
vita. Il suo era un mondo <strong>di</strong> regole semplici e <strong>di</strong> confini ben precisi e delineati.<br />
Non aveva paura <strong>di</strong> nulla. Un Cavaliere non poteva avere paura.<br />
Nella sua occupazione, la morte era sempre vicina, almeno quanto la vita<br />
stessa. Combattere era l'unica cosa che conosceva, e le battaglie che combatteva<br />
potevano finire in due soli mo<strong>di</strong>; o ammazzava il suo nemico oppure<br />
il suo nemico ammazzava lui. Dopo migliaia <strong>di</strong> battaglie, lui era ancora<br />
vivo. Non credeva che lo avrebbero mai ammazzato. Era convinto <strong>di</strong><br />
vivere in eterno.<br />
Lasciò perdere questi pensieri, pensieri sgra<strong>di</strong>ti poiché non richiesti.<br />
«Sei in viaggio verso una nuova casa» le <strong>di</strong>sse, lasciando che la rabbia <strong>di</strong><br />
lei gli rimbalzasse addosso come foglie gettate su una pietra.<br />
La Dama ebbe un fremito d'ira, portandosi i pugni chiusi davanti al petto<br />
e tendendo i muscoli del collo allo spasimo. «Non ti seguirò più» sussurrò<br />
scuotendo il capo. «Non farò più neanche un passo con te!»
Annuì con fare <strong>di</strong>stratto, non sentendosi in grado <strong>di</strong> duellare verbalmente<br />
con lei. Si voltò nuovamente, si incamminò fino al margine della radura<br />
e scrutò nell'oscurità che stava al <strong>di</strong> là. Gli alberi erano tutti agglomerati<br />
fra loro come fascine gigantesche e impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> vedere alcunché, coprendo<br />
ogni fonte <strong>di</strong> luce. Da che parte bisognava andare? In che <strong>di</strong>rezione<br />
stavano andando? Il Re lo stava aspettando, questo lo sapeva. Era sempre<br />
così. Ma qual era la strada che portava a casa?<br />
Si voltò mentre la Dama gli si avvicinava brandendo il pugnale che era<br />
riuscita in qualche modo a nascondergli fino ad allora, la lama nera <strong>di</strong> veleno.<br />
La Dama cacciò un grido mentre le afferrava il polso e allontanava il<br />
coltello, togliendoglielo dalle mani. Lo colpì e lo prese a calci con fare selvaggio,<br />
cercando <strong>di</strong> liberarsi dalla sua presa, ma lui era molto più forte e<br />
pressoché immune alla sua furia. Infine la Dama crollò al suolo, esausta,<br />
quasi in lacrime, ma rifiutandosi <strong>di</strong> lasciarle sgorgare. Il Cavaliere raccolse<br />
il coltello e lo scagliò lontano, nell'oscurità.<br />
«Attento a ciò che lanci in giro» avvertì una nuova voce, profonda e gutturale.<br />
In quel momento vide il Gargoyle, a poca <strong>di</strong>stanza da lui, appoggiato<br />
sulle zampe posteriori, giunto dai boschi silenzioso come un'ombra a mezzanotte.<br />
Gli occhi della creatura erano gialli mentre lo scrutava, e nelle loro<br />
profon<strong>di</strong>tà serpentine non vi era assolutamente nulla che potesse dare<br />
un'in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> ciò che la mente all'interno <strong>di</strong> quella testa stesse pensando.<br />
«Hai deciso <strong>di</strong> rimanere» <strong>di</strong>sse il Cavaliere con tono tranquillo.<br />
Il Gargoyle scoppiò a ridere. «Deciso? Una strana parola in simili circostanze,<br />
non trovi? Mi trovo qui perché non vi è nessun altro luogo dove<br />
andare.»<br />
Il Gargoyle era un essere ripugnante alla vista. La sua pelle era tutta bitorzoluta<br />
e sgraziata, gli arti storti e fibrosi, il corpo tutto nervi e muscoli e<br />
la testa sprofondata fra le possenti spalle. Le sue zampe erano palmate e<br />
dotate <strong>di</strong> artigli e tutto il suo corpo era ricoperto <strong>di</strong> peli scuri e setolosi. Il<br />
volto era rugoso come una prugna secca e i suoi lineamenti erano ammassati<br />
come fossero la scultura <strong>di</strong> un bambino che aveva tentato senza successo<br />
<strong>di</strong> riprodurre un volto umano. Dietro le labbra spesse si intravedevano<br />
lunghe zanne; il naso era umido e sporco.<br />
Sopra le spalle incurvate spuntavano due deboli ali che sembravano <strong>di</strong><br />
cuoio, troppo piccole per servire ad alcunché, appen<strong>di</strong>ci che apparivano
stranamente fuori luogo. Era come se i suoi antenati avessero posseduto il<br />
dono del volo ma si fossero <strong>di</strong>menticati come si faceva.<br />
Il Cavaliere era <strong>di</strong>sgustato da quella vista, ma non scostò lo sguardo.<br />
Anche la bruttezza faceva parte della sua vita. «Dove ci troviamo?» domandò<br />
al Gargoyle. «Ti sei guardato attorno?»<br />
«Ci troviamo nel Labirinto» replicò la bestia, come se questa fosse la risposta<br />
a ogni domanda.<br />
Il Gargoyle rivolse lo sguardo verso la Dama, che si era ridestata nel<br />
sentirlo parlare. «Non mi guardare!» sibilò la donna, quin<strong>di</strong> scostò nuovamente<br />
lo sguardo.<br />
« In che parte del nostro paese si trova il Labirinto?» insistette Il Cavaliere,<br />
piuttosto confuso.<br />
Il Gargoyle scoppiò nuovamente a ridere. «In ogni parte.» Mostrò i denti<br />
ingialliti e la lingua nera. «In ogni parte <strong>di</strong> ogni parte <strong>di</strong> ogni cosa. E a<br />
nord, a sud, a est e a ovest, e persino al centro. E dove siamo, dove andremo<br />
e dove sempre saremo.»<br />
«È pazzo» sussurrò rapida la Dama. «Fallo stare zitto.»<br />
Il Cavaliere toccò la pesante spada lunga che portava sulla schiena e si<br />
guardò attorno. «Vi è una via d'uscita da ogni labirinto» <strong>di</strong>chiarò. «E noi<br />
troveremo la via d'uscita <strong>di</strong> questo.»<br />
Il Gargoyle si strofinò le zampe come se avesse freddo. «E come ci riuscirete,<br />
Onorevole Cavaliere?» La sua voce era sprezzante.<br />
«Non certo rimanendo qui» <strong>di</strong>sse il Cavaliere. «Hai intenzione <strong>di</strong> venire<br />
con noi o no?»<br />
«Lascialo qui!» sibilò la Dama alzandosi improvvisamente in pie<strong>di</strong> e<br />
stringendo a sé le sue tuniche nere. «Lui non appartiene a noi! Non ha mai<br />
avuto nulla a che vedere con noi!»<br />
«Noi?» ripeté il Gargoyle con tono ironico. «Vi siete forse uniti fra voi,<br />
Dama? Vi siete unita a questo Cavaliere come donna e compagna? Che cosa<br />
inaspettata.»<br />
La Dama increspò le labbra davanti alla creatura, quin<strong>di</strong> scostò lo sguardo.<br />
«Non sono unita a nessuno <strong>di</strong> voi due. Preferirei essere uccisa in questo<br />
momento e farla finita.»<br />
«Anch'io preferirei vederti morta» assentì il Gargoyle.<br />
La Dama si girò <strong>di</strong> scatto sui tacchi. «Sei una brutta bestia, Gargoyle. Se<br />
avessi uno specchio qui con me, te lo mostrerei subito per farti vedere<br />
quanto sei brutto!»
Il Gargoyle trasalì per un attimo a quelle parole, poi ribatté prontamente:<br />
«E tu avresti bisogno <strong>di</strong> uno specchio dentro <strong>di</strong> te per vedere la bruttezza<br />
che possie<strong>di</strong>!»<br />
«Non litigate!» tuonò il Cavaliere, mettendosi in mezzo fra i due. Improvvisamente,<br />
apparve come cambiato, l'uomo vestito <strong>di</strong> nero con la maglia<br />
nera <strong>di</strong>venuto <strong>di</strong> colpo ancor più nero. Era come se la luce attorno a lui<br />
fosse stata succhiata via. Era come se fosse stato rivestito <strong>di</strong> ombre.<br />
«Non litigate» ripeté con tono più calmo. L'ombra scura che si era avviluppata<br />
attorno a lui crollò, e il Cavaliere tornò a essere se stesso.<br />
Seguì un lungo momento <strong>di</strong> silenzio, mentre i tre si scrutavano a vicenda.<br />
Infine, fu la Dama che si rivolse al Cavaliere. «Io non ho paura <strong>di</strong> te.»<br />
Il Cavaliere scrutò nell'oscurità come se non l'avesse neanche sentita; nei<br />
suoi occhi vi era uno sguardo <strong>di</strong>stante e perso che rifletteva ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> occasioni<br />
perdute e <strong>di</strong> possibilità svanite nel nulla.<br />
«Andremo in questa <strong>di</strong>rezione» <strong>di</strong>chiarò il Cavaliere, incamminandosi.<br />
Viaggiarono per il resto della giornata, e la foresta che era il Labirinto<br />
non mutò. L'oscurità persistette, la nebbiolina non demorse, gli alberi non<br />
si <strong>di</strong>radarono mai se non in occasionali radure e la forma e l'aspetto del<br />
mondo rimase assolutamente inalterata. Il Cavaliere faceva strada a pie<strong>di</strong><br />
(dov'era andato a finire il suo cavallo?), cercando <strong>di</strong> procedere in linea retta,<br />
sperando che prima o poi la foresta sarebbe terminata e le colline o le<br />
praterie che senz'altro si trovavano al <strong>di</strong> là avrebbero suggerito loro dove<br />
andare. A ogni passo rifletteva sulle contrad<strong>di</strong>zioni presenti nella sua memoria.<br />
Cercò <strong>di</strong> ragionare, <strong>di</strong> capire che cosa ci faceva lì, <strong>di</strong> ricordare che<br />
cosa lo avesse portato in quel luogo assurdo. Cercò anche <strong>di</strong> ricordare come<br />
era avvenuto che si era ritrovato con la Dama e il Gargoyle. Cercò <strong>di</strong><br />
pensare attraverso la nebbia che avviluppava gran parte del suo passato.<br />
Era un Cavaliere al servizio del Re, un campione <strong>di</strong> infinite battaglie, ma<br />
più <strong>di</strong> questo non riusciva a ricordare.<br />
Si mantenne attaccato a questo fatto, che lo aiutava a tenersi appena al <strong>di</strong><br />
fuori dalla follia che veniva dal troppo pensare.<br />
Trovarono torrenti dai quali abbeverarsi, cosa che fecero, ma assolutamente<br />
nulla da mangiare. Ciò nonostante non provavano alcuna fame. Non<br />
che si sentissero sazi; era come se la sensazione della fame li avesse abbandonati<br />
del tutto. Il Cavaliere era piuttosto perplesso per questo fatto,<br />
ma preferì non parlarne. Camminarono per tutto il giorno, attraverso l'infi-
nitesimale mutamento del crepuscolo, e si fermarono solo quando giunsero<br />
finalmente le tenebre.<br />
Si trovavano in un'altra radura, molto simile alla prima. La foresta attorno<br />
a loro rimaneva immutata. Si sedettero assieme nell'oscurità sempre più<br />
fitta e scrutarono nel nulla. Il Cavaliere non pensò nemmeno <strong>di</strong> fare un<br />
fuoco. Non avevano freddo, non avevano fame, non sentivano il bisogno <strong>di</strong><br />
luce. Riuscivano a vedere piuttosto bene nell'oscurità, e sentivano suoni<br />
che non avrebbero dovuto sentire. Il Gargoyle si sedette a una certa <strong>di</strong>stanza<br />
dagli altri due, non volendo alimentare così presto la rabbia della Dama<br />
nei suoi confronti e sentendosi comunque per qualche verso separato e <strong>di</strong>stante<br />
da loro. Il Cavaliere percepiva perfettamente questo <strong>di</strong>stanziarsi del<br />
Gargoyle, anche mentre camminavano assieme, come se la bestia comprendesse<br />
che vi sarebbe sempre stato un muro fra loro. La creatura si accasciò<br />
nell'ombra, quin<strong>di</strong> allungò il suo corpo sgraziato finché non sembrò<br />
che si fondesse con il suolo stesso.<br />
La Dama era seduta davanti al Cavaliere. «Tu non mi piaci» gli <strong>di</strong>sse.<br />
«Vorrei vederti morto.»<br />
Il Cavaliere annuì con fare impassibile. «Lo so.»<br />
Era rimasta silenziosa e chiusa in se stessa per tutto il giorno, camminando<br />
obbe<strong>di</strong>entemente ma senza alcun interesse. L'aveva osservata <strong>di</strong> tanto<br />
in tanto, trovandola a volte evidentemente ostile e a volte persa e alla ricerca<br />
come lui stesso. La sua postura era ben eretta e determinata, come se<br />
fosse in armatura, ma allo stesso tempo vi era in lei una vulnerabilità che<br />
non riusciva a mascherare o a capire, come se si trattasse per lei <strong>di</strong> qualcosa<br />
<strong>di</strong> nuovo e inaspettato.<br />
«Perché non mi riporti in<strong>di</strong>etro?» insistette la Dama con tono improvvisamente<br />
urgente. «Che <strong>di</strong>fferenza può fare per te? Non vi sono nemici da<br />
combattere. Non vi sono battaglie da vincere. Perché stai facendo tutto<br />
questo? Sono forse tua nemica?»<br />
«Lo hai detto tu.»<br />
«Solo perché mi hai portata via dalla mia casa!» sbottò con tono <strong>di</strong>sperato.<br />
«Solo per questo!» Si fece più vicina sul terreno erboso. «Perché mi hai<br />
portata via?»<br />
Non poteva risponderle. Nemmeno lui sapeva il perché.<br />
«Il tuo Re te l'ha or<strong>di</strong>nato? Perché?»<br />
Non riusciva a ricordare.
«Che cosa vuole da me? Non gli sarò mai utile in nulla, a prescindere da<br />
ciò che possa pensare! Non sarò né sua moglie né sua amante! Sarò la sua<br />
peggiore nemica fino al giorno della mia morte!»<br />
Il Cavaliere inspirò l'aria della foresta, annusando la freschezza verdeggiante<br />
delle foglie e dell'erba, l'umi<strong>di</strong>tà muschiosa del terreno e la secchezza<br />
pungente della corteccia e del legno vecchio. Quali erano le risposte alle<br />
domande della Dama? Perché non riusciva a ricordarle? Si chiuse in se<br />
stesso, cercando <strong>di</strong> riflettere per trovare la pace. Il solo fatto <strong>di</strong> sapere chi<br />
fosse e che cosa faceva gli arrecava conforto. Le uniche cose che lo rassicuravano<br />
erano la consapevolezza della sua forza e della sua abilità, la<br />
pressione delle sue armi sul suo corpo, la sensazione <strong>di</strong> protezione data dal<br />
suo abito da battaglia.<br />
Eppure, non aveva ancora con sé la sua armatura. Ne aveva percepita la<br />
presenza quando era stato costretto a mettersi in mezzo fra la Dama e il<br />
Gargoyle, ma non si era manifestata. Perché? Era venuta da lui, ma allo<br />
stesso tempo era rimasta nascosta, come se stesse giocando a gatto e topo.<br />
La sua armatura... un oggetto privo <strong>di</strong> vita che eppure apparentemente possedeva<br />
una vita sua; un paradosso. Allo stesso modo del medaglione che<br />
portava attorno al collo, era una parte <strong>di</strong> ciò che lui era. Perché allora non<br />
riusciva a ricordarne l'origine?<br />
La Dama era una silenziosa statua d'avorio che lo scrutava con attenzione.<br />
Percepiva che avrebbe voluto uscire dalla sua introspezione, ma evidentemente<br />
non era in grado <strong>di</strong> farlo. Che cosa gli stava nascondendo?<br />
Qualcosa <strong>di</strong> spaventoso. Una confessione profonda e segreta.<br />
Ripiegò le braccia sul suo grembo e il suo volto liscio tornò ad assumere<br />
un'espressione sdegnata. «Tu non hai potere» <strong>di</strong>chiarò con tono aspro. «Sei<br />
privo <strong>di</strong> volontà, non hai uno spirito in<strong>di</strong>pendente per agire per conto tuo.<br />
Non sei altro che uno strumento de<strong>di</strong>cato ai capricci <strong>di</strong> chiunque indossi la<br />
corona. Che cosa triste.»<br />
«Io sono il servo <strong>di</strong> quella corona.»<br />
«Ne sei lo schiavo.» Inclinò leggermente il capo e i suoi capelli riflessero<br />
un bagliore <strong>di</strong> luce nera. Lo fissò. «Non pren<strong>di</strong> mai decisioni che siano<br />
in contrasto con gli or<strong>di</strong>ni del tuo padrone. Non sei in grado <strong>di</strong> esprimere<br />
giu<strong>di</strong>zi tuoi. Mi hai presa senza nemmeno chiedere perché. Mi tieni qui<br />
senza nemmeno domandarti il perché. Fai solo ciò che ti <strong>di</strong>cono, e non ti<br />
importa nulla dei motivi che spingono le tue azioni.»
Non gli piaceva affatto <strong>di</strong>scutere con lei. Nessuno dei due aveva da guadagnarci.<br />
Lui non era molto bravo con le parole, e lei non possedeva il suo<br />
senso dell'onore e dell'obbe<strong>di</strong>enza. Provenivano da vite troppo <strong>di</strong>verse.<br />
«Chi è questo Re che mi vorrebbe fare sua?» domandò con enfasi. «Pronuncia<br />
il suo nome.»<br />
Ancora una volta, non poté. Si limitò a fissarla, intrappolato.<br />
«Sei talmente ignorante che non lo sai neanche?» insistette, aggiungendo<br />
tagliente ironia al proprio tono. «O hai forse paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmelo? Quale dei<br />
due?»<br />
Tacque, ma non riuscì a scostare lo sguardo.<br />
La Dama scosse lentamente il capo. Il suo volto era duro; i suoi capelli<br />
neri e la sua pelle bianca, la mascella tirata e gli occhi scintillanti comunicavano<br />
grande freddezza. Ciò nonostante, era anche bellissima. Era perfetta<br />
come un caro ricordo plasmato amorevolmente dal passare del tempo,<br />
privato <strong>di</strong> ogni ruvi<strong>di</strong>tà o <strong>di</strong>fetto. Lo stava incantando senza volerlo, senza<br />
nemmeno provarci, trascinandolo oltre la sua rabbia e la sua <strong>di</strong>sperazione,<br />
portandolo fuori da ciò che era, verso ciò che non avrebbe mai dovuto essere.<br />
«Qualsiasi cosa ti <strong>di</strong>cessi» si costrinse a <strong>di</strong>re «non significherebbe nulla.»<br />
«Provaci, almeno!» sussurrò la Dama, e improvvisamente il suo tono<br />
aveva assunto una certa morbidezza. «Dammi qualcosa!»<br />
Ma lui non poteva. Non aveva nulla da darle. Aveva solo se stesso, e lei<br />
non era interessata in questo. Voleva motivi e comprensione, e lui non<br />
possedeva nulla <strong>di</strong> ciò. Era perso almeno quanto lei, smarrito in un luogo<br />
che non conosceva, in circostanze che non riusciva a comprendere. Il Labirinto<br />
era un mistero che non riusciva assolutamente a sondare. Per farlo,<br />
doveva innanzitutto riuscire a sfuggirlo. E questo, lo sapeva a livello intuitivo,<br />
non sarebbe stato affatto facile.<br />
«Non provi alcun sentimento nei miei confronti?» domandò la Dama<br />
con tono lamentoso, ma questa volta la falsità nella sua voce la tradì imme<strong>di</strong>atamente.<br />
«I miei sentimenti non hanno nulla a che vedere con ciò che faccio. Io<br />
faccio ciò che mi si richiede <strong>di</strong> fare.»<br />
«Ciò che ti si richiede!» sbottò abbandonando qualsiasi pretesa <strong>di</strong> debolezza,<br />
nuovamente piena <strong>di</strong> rabbia e amarezza. «Fai solo ciò che ti hanno<br />
mandato a fare, patetica creatura! Ti chini al suolo perché è l'unica cosa<br />
che sai fare! Fai ciò che ti si richiede? Io preferirei passare il resto della vi-
ta nel pozzo più profondo <strong>di</strong> tutta la terra piuttosto che passare anche un<br />
solo momento della mia vita a ubbi<strong>di</strong>re alle richieste <strong>di</strong> un'altra persona!»<br />
Il Cavaliere non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere. «E così sia» le <strong>di</strong>sse.<br />
«Perché dove cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> trovarti ora?»<br />
La Dama tornò a ritirarsi in se stessa, a testa china, in silenzio. Rimasero<br />
così seduti a lungo. Il Gargoyle stava dormendo, il suo respiro nasale e ruvido,<br />
i suoi arti contorti che si muovevano in continuazione come se venissero<br />
solleticati da ferri ardenti. La Dama rivolse un'occhiata verso la bestia,<br />
quin<strong>di</strong> scostò lo sguardo. Non guardò il Cavaliere. Fissò un punto del<br />
terreno a un paio <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza sulla sua destra dove l'erba si era seccata<br />
nell'ombra e la terra si era screpolata e trasformata in polvere. Rimase<br />
seduta così a lungo. Il Cavaliere la guardò senza farsi notare, senza realmente<br />
volerlo, incapace <strong>di</strong> fare altrimenti. Era veramente <strong>di</strong>sperata, ma il<br />
motivo del suo malessere andava al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò che gli aveva detto. Si trattava<br />
<strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> enorme, qualcosa che custo<strong>di</strong>va con grande attenzione,<br />
qualcosa che andava ben al <strong>di</strong> là della comprensione del Cavaliere.<br />
Sentì qualcosa <strong>di</strong> strano che lo spingeva da dentro. Avrebbe dovuto <strong>di</strong>re<br />
qualcosa per confortarla. Avrebbe dovuto fare qualcosa per sollevarla dal<br />
suo fardello. Solo che non sapeva che cosa. Rifletté quin<strong>di</strong> sulle parole che<br />
gli aveva rivolto, sulle accuse che aveva formulato nei suoi confronti. Vi<br />
era della verità in quelle parole. Era de<strong>di</strong>cato al servizio <strong>di</strong> un altro, piegato<br />
ai desideri <strong>di</strong> un altro, legato alla causa <strong>di</strong> un altro. Era proprio questa<br />
l'essenza della sua vita <strong>di</strong> Campione del Re. Un Cavaliere in armatura le<br />
cui armi e la cui forza appianavano ogni <strong>di</strong>sputa; questa era la sua identità.<br />
Ripensandoci, in effetti, gli apparve come una cosa molto piccola. Era solo<br />
una singola frase, eppure lo definiva appieno. Che fosse solo questa la<br />
somma <strong>di</strong> tutte le sue parti? Possibile che non fosse nulla <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò?<br />
Chi era?<br />
«Lo sai ciò che mi hai fatto?» Udì improvvisamente la voce della Dama.<br />
Alzò imme<strong>di</strong>atamente lo sguardo. La Dama non lo stava guardando. Stava<br />
sempre fissando lo stesso tratto <strong>di</strong> terreno. Tracce <strong>di</strong> lacrime le solcavano<br />
il viso, sgorgando dai suoi occhi fred<strong>di</strong> e vuoti.<br />
«Lo sai?» sussurrò con tono <strong>di</strong>sperato.<br />
Le ombre della notte avvolsero anche Landover. Tutte e otto le lune erano<br />
<strong>di</strong>etro l'orizzonte, e il cielo e le stelle erano coperti da vari strati <strong>di</strong> nubi.<br />
Il buio era completo. Il calore del giorno aveva lasciato l'aria umida e immobile,<br />
e tutta la terra era silenziosa e afosa.
Il Gorse non provò alcun <strong>di</strong>sagio mentre usciva dal rifugio della sua caverna<br />
e si addentrava nella foresta. Era una creatura fatata, tutt'una con la<br />
natura a prescindere dal suo stato del momento. Procedette sotto forma <strong>di</strong><br />
una nube <strong>di</strong> nebbia scura, lo stato in cui lo aveva ridotto la sua lunga cattività<br />
nella Scatola magica. Ma già ora quella forma priva <strong>di</strong> sostanza stava<br />
iniziando a condensarsi e ad assumere una muova foggia. La libertà le stava<br />
restituendo il volto e il corpo che possedeva una volta. Nel giro <strong>di</strong> poco<br />
tempo, avrebbe riavuto entrambi. Solo allora sarebbe stato pronto per riscuotere<br />
da coloro che gli avevano fatto il torto, la vendetta per la quale<br />
bramava <strong>di</strong>speratamente.<br />
Nei suoi molti secoli <strong>di</strong> cattività, non aveva pensato a nient'altro. Una<br />
volta era stato una creatura fatata <strong>di</strong> grande potere, un essere la cui magia<br />
era formidabile e temuta da tutti. Aveva utilizzato la magia in un modo che<br />
aveva <strong>di</strong>sgustato e mandato su tutte le furie il suo popolo delle nebbie fatate,<br />
il mondo a cui appartenevano tutte le creature fatate, fino al punto che<br />
questi ultimi si erano messi assieme, lo avevano catturato nel momento in<br />
cui si credeva assolutamente in vulnerabile e lo avevano imprigionato. Lo<br />
avevano rinchiuso nei recessi della Scatola magica, uno strumento che avevano<br />
costruito con la loro stessa magia e dal quale nulla poteva fuggire.<br />
Poi avevano sigillato la scatola dall'esterno, in modo che il Gorse non potesse<br />
fare nulla per aprirla.<br />
Lo avevano seppellito lì dentro per consumarlo, per <strong>di</strong>struggere la sua<br />
volontà, per far sì che si <strong>di</strong>menticasse tutto ciò che sapeva e si riducesse<br />
infine in polvere. Ma il loro sforzo non aveva dato i frutti sperati. Il Gorse<br />
era rimasto intrappolato a lungo, sì, ma non aveva affatto <strong>di</strong>menticato, e il<br />
suo o<strong>di</strong>o nei confronti dei responsabili era cresciuto.<br />
Era cresciuto a <strong>di</strong>smisura.<br />
Il Gorse si mosse con agilità attraverso la notte. Gli occorreva poco tempo<br />
per giungere alla sua destinazione, e non aveva alcuna fretta. Aveva atteso<br />
che Horris Kew e l'uccello si addormentassero, non volendo che venissero<br />
a conoscenza <strong>di</strong> certi dettagli, poiché era necessario che continuassero<br />
a credere che fosse loro amico. Naturalmente, non lo era affatto.<br />
L'uomo e l'uccello non erano che delle pe<strong>di</strong>ne, e il Gorse li stava usando<br />
come tali. Se loro preferivano credere un'altra cosa, se sceglievano <strong>di</strong> crederci<br />
perché erano sciocchi e avi<strong>di</strong>, era giusto che fosse così. Era il corso<br />
naturale delle cose. Si trattava <strong>di</strong> creature mortali, e <strong>di</strong> conseguenza non<br />
valevano nulla in confronto al Gorse. Erano sacrificabili.
Superò una collina e si trovò ai margini del Cuore. Lì si fermò per sondare<br />
la situazione; sondò con la vista e con l'u<strong>di</strong>to, con il tatto e con l'olfatto,<br />
e scoprì che non vi era nulla <strong>di</strong> strano, nulla <strong>di</strong> minaccioso. Scrutò attraverso<br />
le file <strong>di</strong> cuscini <strong>di</strong> velluto, oltre il palco e i suoi stendar<strong>di</strong>, oltre il<br />
cerchio <strong>di</strong> Bonnie Blu. Assaporò la presenza della magia che si sollevava<br />
dalla terra, qui nel punto in cui sgorgava la vita della terra stessa. Il potere<br />
<strong>di</strong> quella magia era enorme, ma il Gorse non era ancora pronto per utilizzarla.<br />
Quella notte gli sarebbe servita per uno scopo <strong>di</strong>verso. Una magia<br />
maggiore poteva essere utilizzata per mascherare l'evocazione <strong>di</strong> una minore.<br />
E così sarebbe stato in quel caso.<br />
Il Gorse si raccolse e mandò fuori gli appelli che aveva preparato. Linee<br />
<strong>di</strong> fuoco prive <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> fumo si infilarono nella terra e scomparvero. Il<br />
responso fu imme<strong>di</strong>ato; un rombo sordo e possente, il suono <strong>di</strong> una grande<br />
parete <strong>di</strong> pietra che cedeva. Il rombo durò per poco, poi scemò.<br />
Il Gorse attese nel silenzio.<br />
Poi l'aria davanti a lui si lacerò come fosse composta <strong>di</strong> stoffa, spalancandosi<br />
nel giro <strong>di</strong> un attimo. Dallo squarcio risuonò un tuono profondo e<br />
minaccioso. Un buco si aprì improvvisamente nella notte, e da quel buco<br />
salì lo strepitio metallico <strong>di</strong> cavalieri in armatura e lo scalpitare e il sibilare<br />
dei loro destrieri. I suoni raggiunsero un livello assordante man mano che<br />
si avvicinavano, aumentando la loro velocità. Un vento feroce spazzò il<br />
Cuore, facendo sventolare selvaggiamente le ban<strong>di</strong>ere in cima agli stendar<strong>di</strong><br />
e ululando fra le cime degli alberi.<br />
Il Gorse rimase dov'era.<br />
Coloro che aveva evocato si materializzarono dalla <strong>di</strong>storsione spaziotemporale<br />
in un turbine <strong>di</strong> suono e <strong>di</strong> vento. Erano tutti in armatura, irti <strong>di</strong><br />
spuntoni e armi <strong>di</strong> tutti i generi, e cavalcavano creature da incubo i cui<br />
nomi non erano riconoscibili. Erano in cinque, creature enormi e scure che<br />
fumavano nonostante il calore e l'umi<strong>di</strong>tà della notte e i cui fiati sibilavano<br />
e gracchiavano attraverso i visori dei loro elmi. Erano esili e oscuri come<br />
fantasmi dalla pelle scura, e il puzzo emanato dai loro corpi era qualcosa <strong>di</strong><br />
terribile.<br />
I demoni <strong>di</strong> Abaddon erano arrivati.<br />
Davanti a tutti vi era colui che era stato designato come capo, un mostro<br />
enorme e spigoloso sulla cui armatura erano stati intagliati dei serpenti e<br />
attorno al cui collo penzolavano le teste recise dei suoi nemici. Fece un<br />
cenno agli altri, che si allargarono a ventaglio con le armi in pugno. Come<br />
un sol uomo, avanzarono verso il Gorse.
Il Gorse li lasciò avvicinare. Quando furono abbastanza vicini da potervi<br />
sputare sopra, scomparve davanti ai loro occhi in un lampo <strong>di</strong> luce verde,<br />
riapparve come uno <strong>di</strong> loro, scomparve <strong>di</strong> nuovo e riapparve infine come<br />
un paio <strong>di</strong> occhi <strong>di</strong> serpente. Si infilò nelle loro armature e li leccò amorevolmente,<br />
mostrando loro che erano spiriti consanguinei. Evocò immagini<br />
degli orrori che aveva compiuto ai tempi nei confronti della sua gente e lasciò<br />
che i demoni assaporassero la sua malvagità.<br />
Quando i demoni furono convinti che si trattava <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> loro, che era<br />
potente quanto loro e che li aveva evocati per un motivo ben preciso, il<br />
Gorse emise un sottile sibilo per catturare l'attenzione delle loro orecchie.<br />
«Vi piacerebbe» <strong>di</strong>sse «se preparassi per voi una strada che vi permettesse<br />
<strong>di</strong> venire su Landover senza problemi?»<br />
Fece una pausa, sentendoli grugnire <strong>di</strong> aspettativa. Era troppo facile. «Vi<br />
piacerebbe avere Landover e la sua gente, tutto per voi, per sempre?»<br />
Decisamente troppo facile.<br />
Visione<br />
Dopo aver lasciato la Madre Terra, Willow si incamminò nella foresta in<br />
<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Elderew, persa nei suoi pensieri. Era una giornata limpida e<br />
soleggiata, ricca del profumo dei fiori selvatici estivi e delle erbe ver<strong>di</strong>, e<br />
la foresta era viva e risuonava del canto degli uccelli. Sotto la volta dei<br />
gran<strong>di</strong> alberi si stava proprio bene, il clima tiepido e confortevole, ma Willow<br />
non fece caso a nulla <strong>di</strong> tutto ciò. Attraversò tutta quella bellezza senza<br />
nemmeno rendersene conto, persa in qualche recesso della sua stessa<br />
mente, riflettendo in continuazione sul messaggio della Madre Terra a<br />
proposito del nascituro.<br />
Le sue parole la tormentavano. Doveva raccogliere la terra da quel mondo,<br />
dal mondo <strong>di</strong> Ben e dalle nebbie fatate. Affinché suo figlio nascesse<br />
nel modo corretto, doveva mischiare assieme quelle tre terre e mettervi ra<strong>di</strong>ce.<br />
Non sapeva per quanto tempo avrebbe dovuto rimanerci. Non sapeva<br />
quando sarebbe nato suo figlio. Non sapeva nemmeno dove. Non poteva<br />
chiedere a nessuno <strong>di</strong> aiutarla a raccogliere la terra; doveva farlo da sola.<br />
Ben non poteva venire con lei. Non poteva aiutarla. Nessuno poteva aiutarla.<br />
O almeno, quasi nessuno. Il popolo fatato avrebbe scelto una guida per<br />
assisterla nelle ultime due tappe del suo viaggio. Di chi si sarebbe trattato?
Sentì un brivido nonostante il calore della giornata. Nel corso dell'unica<br />
sua visita al mondo <strong>di</strong> Ben era quasi morta, e <strong>di</strong> conseguenza non ne serbava<br />
certo un buon ricordo. E le nebbie fatate erano ancora peggio, poiché<br />
rappresentavano qualcosa <strong>di</strong> sconosciuto; era letteralmente terrorizzata da<br />
ciò che le sarebbe potuto accadere lì. Una ex fata era ad<strong>di</strong>rittura più vulnerabile<br />
<strong>di</strong> un umano davanti alla loro perfi<strong>di</strong>a. Le nebbie potevano sconvolgerti,<br />
erodere la tua ragione e la tua forza, cambiare ciò che eri e che eri<br />
stato fino al punto che potevi ritrovarti completamente perso, <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong><br />
te stesso. Le nebbie tiravano fuori le paure più cupe che tenevi nascoste<br />
dentro <strong>di</strong> te, dando loro forma, conferendo loro un potere che poteva benissimo<br />
<strong>di</strong>struggerti. La vita all'interno delle nebbie era eterea, una creazione<br />
della mente e dell'immaginazione. Era qualcosa <strong>di</strong> magico, in continuo<br />
mutamento. La realtà era ciò che creavi tu stesso, una palude che poteva<br />
inghiottirti senza lasciare tracce.<br />
La paura <strong>di</strong> Willow nei confronti del mondo fatato era l'ere<strong>di</strong>tà trasmessa<br />
dai suoi antenati, coloro che erano stati esseri fatati, coloro che erano<br />
usciti dalle nebbie. Naturalmente non tutti i suoi antenati se ne erano andati;<br />
alcuni erano rimasti in<strong>di</strong>etro, felici del loro stato <strong>di</strong> immortalità. Alcuni<br />
vivevano ancora ed erano ancora esseri fatati. A volte sentiva le loro voci<br />
nel sonno, nei suoi sogni, voci che la chiamavano e le chiedevano <strong>di</strong> tornare<br />
alla loro vita. Ormai erano passati centinaia <strong>di</strong> anni da quando il popolo<br />
delle ex fate aveva lasciato le nebbie, ma il richiamo sussurrato <strong>di</strong> coloro<br />
che vi erano rimasti non cessava mai.<br />
Era un dato <strong>di</strong> fatto per lei, come lo era per tutti coloro che facevano parte<br />
del popolo delle ex fate. Solo che ora sarebbe tornata nonostante tutti gli<br />
avvertimenti che le sconsigliavano <strong>di</strong> farlo, nonostante tutte le parole <strong>di</strong><br />
cautela passate <strong>di</strong> generazione in generazione. Non si può mai tornare in<strong>di</strong>etro.<br />
Non si può. Eppure, lei avrebbe fatto proprio questo. Avrebbe rischiato<br />
la vita e la sanità mentale per amore <strong>di</strong> suo figlio. Le sue esigenze<br />
contro quelle del nascituro, un conflitto che minacciava <strong>di</strong> lacerarla, <strong>di</strong><br />
spezzarla in due.<br />
Proseguì, immersa nei suoi pensieri, <strong>di</strong>scutendo con se stessa. La foresta<br />
iniziò a mutare in maniera percettibile; gli alberi <strong>di</strong>vennero sempre più alti,<br />
l'aspetto del terreno mutò in maniera sottile ma inequivocabile. Si stava<br />
avvicinando a Elderew. Non aveva nessuna intenzione <strong>di</strong> entrare in città.<br />
Suo padre si trovava lì, e non aveva intenzione <strong>di</strong> vederlo. Lui era il Signore<br />
dei Fiumi, il capo del popolo delle ex fate e signore delle Regioni dei<br />
Laghi. Non erano mai stati molto vicini, e si erano <strong>di</strong>staccati ulteriormente
da quando lei aveva sfidato i suoi desideri andando da Ben Holiday. Lei<br />
sapeva che la sua vita e quella <strong>di</strong> Ben erano destinate a essere legate assieme,<br />
fatte l'una per l'altra, e aveva deciso che avrebbe trovato un modo<br />
per stare con lui a prescindere dalle conseguenze. Il fatto che Ben fosse uscito<br />
a <strong>di</strong>ventare Re a scapito <strong>di</strong> altri che desideravano ottenere il potere su<br />
Landover, suo padre compreso, non l'aveva <strong>di</strong> certo aiutata. Anche il fatto<br />
che avesse lasciato la sua gente per andare a vivere con un umano non le<br />
era certo stato <strong>di</strong> aiuto. Inoltre, il rapporto con suo padre era reso ancor più<br />
teso dal fatto che lei rimanesse in contatto con sua madre. Il Signore dei<br />
Fiumi era tuttora innamorato della madre <strong>di</strong> Willow, l'unica donna che aveva<br />
desiderato e non era riuscito a possedere. Avevano dato vita a Willow<br />
nel corso dell'unica notte trascorsa assieme, e poi sua madre, una ninfa dei<br />
boschi talmente selvaggia da poter vivere solo nel più profondo della foresta,<br />
era tornata alla sua vecchia vita. Il Signore dei Fiumi la aveva cercata<br />
molte volte e aveva persino tentato <strong>di</strong> intrappolarla in ben due occasioni,<br />
ma tutti i suoi sforzi si erano sempre rivelati senza esito. La madre <strong>di</strong> Willow<br />
non aveva intenzione <strong>di</strong> tornare da lui. E il fatto che apparisse <strong>di</strong> tanto<br />
in tanto per vedere Willow, per danzare per lei al modo delle fate con<strong>di</strong>videndo<br />
sogni ed emozioni che trascendevano le parole, era un fatto che il<br />
Signore dei Fiumi non riusciva a sopportare. Eppure aveva molte mogli e<br />
moltissimi figli. Avrebbe dovuto essere sod<strong>di</strong>sfatto. Ma non lo era. Willow<br />
era convinta del fatto che non lo sarebbe mai stato, a meno che sua madre<br />
non fosse tornata al suo fianco.<br />
Si fece strada attraverso un corridoio <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> querce bianche e <strong>di</strong> noce<br />
americano che portava al nastro argentato <strong>di</strong> un ruscello che sfociava nell'Irrylyn,<br />
avvicinandosi sempre più ai gran<strong>di</strong> pini dove sua madre sarebbe<br />
venuta a farle visita quella notte. Ripensò alla sua vecchia vita, alla sua vita<br />
prima che conoscesse Ben, lì nella regione dei laghi, alla sua vita <strong>di</strong> figlia<br />
del Signore dei Fiumi. L'aveva trascorsa quasi sempre in solitu<strong>di</strong>ne,<br />
senza mai sentirsi veramente amata. Si era sempre mantenuta in forze grazie<br />
alla sua convinzione <strong>di</strong> ciò che sarebbe stato un giorno, grazie alla prospettiva<br />
dell'incontro con Ben e della sua vita con lui, grazie alla promessa<br />
fattale dalla Madre Terra quando era ancora bambina, grazie al sogno che<br />
la nutriva e la sosteneva. La realizzazione <strong>di</strong> quel sogno aveva tardato parecchio<br />
ad arrivare, pensò, ma alla fine era valsa la pena, e sarebbe valsa la<br />
pena <strong>di</strong> aspettare qualsiasi lasso <strong>di</strong> tempo.<br />
Giunse al torrente, ne seguì il corso fino a un punto poco profondo e lo<br />
attraversò. In quel momento si sentì gli occhi addosso per la prima volta.
Si fermò. Erano fissi e impavi<strong>di</strong>. Si voltò nella <strong>di</strong>rezione dello sguardo, ma<br />
gli occhi erano già scomparsi. Un'ex fata come lei, probabilmente al servizio<br />
<strong>di</strong> suo padre. Avrebbe dovuto immaginare che non poteva entrare nella<br />
regione dei laghi senza essere notata. Avrebbe dovuto immaginare che suo<br />
padre non lo avrebbe mai permesso.<br />
Emise un sospiro. Ora che sapeva della sua presenza, avrebbe insistito<br />
per parlarle. Tanto valeva che lo aspettasse lì dove era.<br />
Tornò a rivolgersi al ruscello, dove si chinò per bere un po' d'acqua.<br />
L'acqua era limpida e aveva un ottimo sapore. Osservò il suo riflesso in<br />
un'increspatura <strong>di</strong> passaggio; una donna minuta ed esile che sembrava poco<br />
più <strong>di</strong> una bambina, con occhi gran<strong>di</strong> ed espressivi e capelli ricchi e<br />
fluenti, il tutto colorato in varie tonalità <strong>di</strong> verde. Lei era quell'immagine,<br />
ciò che riflettevano le acque del torrente, ma era anche, a intervalli regolari,<br />
quell'albero da cui prendeva il nome, il salice. Si trattava <strong>di</strong> una conseguenza<br />
inevitabile della sua ere<strong>di</strong>tà genetica ed era anche la causa <strong>di</strong> quel<br />
viaggio che aveva da poco intrapreso. Pensò per un attimo a come sarebbero<br />
state <strong>di</strong>verse le cose se avesse avuto un altro sangue, se fosse nata da altri<br />
genitori. Ma non era il caso <strong>di</strong> rifletterci per più <strong>di</strong> un istante. Tanto valeva<br />
allora che riflettesse su come sarebbe stato se fosse nata umana.<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>, e trovò il Signore dei Fiumi davanti a sé. Era un uomo<br />
alto e magro, la sua pelle quasi argentea, granulosa e scintillante, i suoi peli<br />
neri e folti attorno al collo e sugli avambracci. I suoi vestiti da foresta erano<br />
larghi, mal tagliati e legati in vita da una cintura. Portava un sottile<br />
<strong>di</strong>adema d'argento sulla fronte, simbolo del suo ufficio. I lineamenti erano<br />
sottili, il naso quasi inesistente, la bocca una linea stretta che non lasciava<br />
trasparire alcuna espressione.<br />
«Molto rapido, anche per te» <strong>di</strong>sse Willow.<br />
«Ho dovuto essere rapido» replicò «poiché apparentemente mia figlia<br />
non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> farmi visita.»<br />
La voce del padre era profonda ed equilibrata. Era solo, ma lei sapeva<br />
bene che la sua scorta era poco <strong>di</strong>stante, nascosta fra gli alberi, pronta ad<br />
accorrere nel caso che l'avesse chiamata.<br />
«Hai ragione» <strong>di</strong>sse. «Non ne avevo intenzione.»<br />
La sua sincerità lo ammutolì per un attimo. «Sono parole piuttosto sfrontate<br />
per una figlia che parla a suo padre. Sei forse <strong>di</strong>ventata troppo buona<br />
per me ora che sei moglie dell'Alto Signore?» La sua voce lasciò trasparire<br />
un accenno <strong>di</strong> rabbia. «Ti sei forse <strong>di</strong>menticata chi eri e da dove vieni? Hai<br />
forse <strong>di</strong>menticato le tue ra<strong>di</strong>ci, Willow?»
Willow colse il riferimento malizioso. «Non ho <strong>di</strong>menticato nulla. Piuttosto,<br />
ricordo fin troppo bene. Non mi sento benvenuta qui, padre. E sono<br />
convinta del fatto che vedermi non ti faccia in fondo molto piacere.»<br />
La fissò per un attimo in silenzio, quin<strong>di</strong> annuì. «Per via <strong>di</strong> tua madre,<br />
<strong>di</strong>ci? Per via dei miei sentimenti nei suoi confronti? Può darsi, Willow. Ma<br />
ho imparato a mettere da parte quei sentimenti. Ho scoperto che è necessario.<br />
Quin<strong>di</strong> sei venuta per vedere lei?»<br />
«Sì.»<br />
«Per via del figlio che porti in grembo?»<br />
Non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere. Avrebbe dovuto immaginarselo. Il<br />
Signore dei Fiumi aveva spie ovunque, e non era stato fatto nessun tentativo<br />
per mantenere segreta la notizia dell'arrivo del futuro erede. «Sì» rispose.<br />
«Figlio tuo e <strong>di</strong> Holiday, l'erede al trono.» Il volto <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong> suo padre<br />
era privo <strong>di</strong> espressione, ma dalla sua voce si poteva intuire qualcosa <strong>di</strong> ciò<br />
che provava. «Immagino che tu sia felice, Willow.»<br />
«Mentre tu non lo sei» <strong>di</strong>chiarò lei con tono calmo.<br />
«Il piccolo non fa parte del popolo delle ex fate e <strong>di</strong> conseguenza non è<br />
uno <strong>di</strong> noi. Tuo figlio sarà mezzo umano, e io preferirei che non fosse così.»<br />
Willow scosse il capo. «Tu ve<strong>di</strong> ogni cosa dal punto <strong>di</strong> vista dei tuoi interessi<br />
personali, padre. Il figlio è <strong>di</strong> Ben Holiday, e <strong>di</strong> conseguenza rappresenta<br />
un ulteriore ostacolo per i tuoi tentativi <strong>di</strong> ottenere il controllo del<br />
trono <strong>di</strong> Landover. Ora non ti basterà più aspettare la sua morte. Dovrai<br />
avere a che fare anche con suo figlio. Non è forse questo che inten<strong>di</strong>?»<br />
Il Signore dei Fiumi si fece avanti, fermandosi davanti a lei. «Non ho intenzione<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere con te. Sono deluso dal fatto che tu non abbia voluto<br />
informarmi della nascita <strong>di</strong> mio nipote. Lo avresti detto a tua madre, ma<br />
hai lasciato che io lo venissi a sapere in altri mo<strong>di</strong>.»<br />
«Comunque non è stato poi tanto <strong>di</strong>fficile per te saperlo, non è vero?»<br />
domandò. «Con tutte le spie che hai in giro per il regno...»<br />
Seguì un silenzio duro, nel quale silfide e spirito, figlia e padre rimasero<br />
uno davanti all'altra, separati da una <strong>di</strong>stanza che non poteva essere misurata.<br />
Dopo un po', il Signore dei Fiumi <strong>di</strong>stolse lo sguardo. Il sole si rifletté<br />
sulla sua pelle argentata mentre scrutava fra le ombre dei gran<strong>di</strong> alberi della<br />
foresta. «Questa è la mia terra madre. Questa è la mia gente. Per me è<br />
molto importante ricordarmi <strong>di</strong> loro per primi in ogni cosa. Tu hai <strong>di</strong>men-
ticato il significato <strong>di</strong> ciò. Noi ve<strong>di</strong>amo le cose in modo <strong>di</strong>fferente, Willow.<br />
É sempre stato così. Non ti sono mai stato abbastanza vicino da trovare<br />
un modo per far sì che non fosse così. In parte è anche colpa mia. Il<br />
nostro rapporto è stato rovinato dal rifiuto <strong>di</strong> tua madre <strong>di</strong> venire a vivere<br />
con me. Non riuscivo a guardarti in faccia senza vedere anche lei.»<br />
Scrollò le spalle con un movimento lento e voluto, ripensando a un passato<br />
che ora non poteva più riavere. «Eppure io ti ho amata, figlia. Ti amo<br />
tuttora.» Tornò a rivolgerle il suo sguardo. «Tu non mi cre<strong>di</strong>, vero? Non<br />
sai accettare questo fatto.»<br />
Willow sentì qualcosa che si muoveva dentro <strong>di</strong> sé, il ricordo <strong>di</strong> un tempo<br />
in cui non avrebbe desiderato altro al mondo. «Se mi ami veramente»<br />
<strong>di</strong>sse con tono cauto «allora promettimi che proteggerai sempre mio figlio.»<br />
Suo padre la fissò a lungo e intensamente, come se vedesse qualcun altro<br />
in lei. Dopo<strong>di</strong>ché, si appoggiò una mano al petto. Willow si sorprese nel<br />
constatare quanto fosse <strong>di</strong>ventata nodosa quella mano. Il Signore dei Fiumi<br />
stava invecchiando. «Ti do la mia parola» <strong>di</strong>sse. «Per quanto mi sarà possibile,<br />
farò <strong>di</strong> tutto per garantire l'incolumità <strong>di</strong> mio nipote.» Fece una pausa.<br />
«Ma non era necessario chiedermi <strong>di</strong> promettere una cosa simile.»<br />
Willow mantenne lo sguardo fisso su <strong>di</strong> lui. «Io invece credo che lo fosse.»<br />
La mano del Signore dei Fiumi cadde nuovamente al suo fianco. «Sei<br />
troppo dura nei miei confronti. Ma ti capisco.» Alzò lo sguardo al cielo.<br />
«Ora te ne vai da tua madre o vuoi venire in città, a casa mia? Tua madre»<br />
continuò <strong>di</strong> tutta fretta «non verrà fino a stanotte.»<br />
Willow ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione, pensando che in fondo avrebbe anche<br />
potuto accettare quell'invito. Sentiva che le era stato offerto per cortesia<br />
e non per interesse. Ciò nonostante, scosse il capo. «No, preferisco proseguire»<br />
<strong>di</strong>sse. «Devo... voglio rimanere un po' da sola prima <strong>di</strong> vederla.»<br />
Suo padre annuì, come se si fosse aspettato quella risposta. «Cre<strong>di</strong><br />
che...» Si bloccò sulle parole, incapace <strong>di</strong> finire la frase. Willow rimase in<br />
attesa. Il Signore dei Fiumi scostò lo sguardo, quin<strong>di</strong> tornò a fissarla.<br />
«Cre<strong>di</strong> che danzerebbe anche per me?»<br />
Willow provò un improvviso senso <strong>di</strong> tristezza nei confronti del padre.<br />
Era stato molto <strong>di</strong>fficile per lui porre quella domanda. «No, non credo.<br />
Non credo che si farà nemmeno vedere se verrai con me.»
Annuì <strong>di</strong> nuovo, come se si fosse aspettato anche questa risposta. Willow<br />
allungò una mano e strinse quella <strong>di</strong> suo padre. «Ma le chiederò se<br />
vorrà danzare per te in un'altra occasione.»<br />
La mano del padre si strinse attorno alla sua. Rimasero così ancora per<br />
un po', dopo<strong>di</strong>ché il Signore dei Fiumi parlò <strong>di</strong> nuovo. «Ti voglio <strong>di</strong>re una<br />
cosa, Willow. Che tu mi voglia credere o meno, questo <strong>di</strong>pende solo da te.<br />
Ma i miei sogni sono certi e la mia visione è veritiera, poiché fra tutte le ex<br />
fate io sono il più potente e il più vicino ai vecchi mon<strong>di</strong>. Quin<strong>di</strong> ti chiedo<br />
<strong>di</strong> ascoltarmi. Ancor prima che venissi informato della sua prossima nascita,<br />
sapevo già <strong>di</strong> tuo figlio. Lo avevo già sognato. E i sogni mi in<strong>di</strong>cano<br />
che il percorso della tua vita verrà segnato dalla nascita <strong>di</strong> questo figlio.<br />
Dovrete trovare un modo per affrontare con grande forza i cambiamenti<br />
che porterà, sia te sia l'Alto Signore.»<br />
Willow deglutì la sua improvvisa paura. «Hai visto il volto <strong>di</strong> mio figlio?<br />
Hai visto qualcosa che mi puoi <strong>di</strong>re?»<br />
Il Signore dei Fiumi scosse il capo lentamente. «No, Willow. I miei sogni<br />
del piccolo sono troppo vasti per i tuoi interessi specifici. I miei sogni<br />
non sono altro che ombre e luci sul percorso <strong>di</strong> una vita. Se vuoi sapere i<br />
particolari, rivolgiti alla Madre Terra. Forse la sua visione è più chiara della<br />
mia.»<br />
Willow annuì. Suo padre non poteva sapere che aveva già parlato all'elemento<br />
fondamentale. La Madre Terra non lo avrebbe mai permesso. «Farò<br />
come mi hai consigliato. Grazie.»<br />
Willow lasciò la sua mano e fece un passo in<strong>di</strong>etro. Si voltò e si incamminò<br />
verso la foresta. «Non tenterai <strong>di</strong> seguirmi?» <strong>di</strong>sse voltandosi.<br />
Suo padre scosse ancora una volta il capo. «No. Se tu ti ricorderai <strong>di</strong><br />
chiedere della danza.»<br />
Si voltò. «Lo farò.»<br />
Proseguì nel suo cammino senza più voltarsi.<br />
Il resto della giornata trascorse rapida, fra deboli venticelli e ombre che<br />
si allungavano, con il sole che si faceva lentamente strada verso occidente<br />
attraverso il cielo terso per poi sparire finalmente <strong>di</strong>etro l'orizzonte in un<br />
bagno <strong>di</strong> luce color cremisi. Willow si sedette fra i vecchi pini al margine<br />
della radura e attese la notte e l'arrivo della madre. Era giunta in anticipo,<br />
quin<strong>di</strong> passò il tempo a considerare la <strong>di</strong>rezione che stava prendendo la sua<br />
vita. Scoprì che era una cosa <strong>di</strong> cui aveva bisogno.
Quando era piccola, veniva spesso ai vecchi pini a cercare sua madre. Lo<br />
faceva spinta dal bisogno <strong>di</strong> sapere come era fatta sua madre e dalla sensazione<br />
che, conoscendola, avrebbe saputo <strong>di</strong> più anche <strong>di</strong> se stessa. La Madre<br />
Terra l'aveva avvertita del fatto che sua madre avrebbe potuto rimanere<br />
celata per lungo tempo, che sarebbe stata reticente o forse ad<strong>di</strong>rittura impaurita<br />
dall'idea <strong>di</strong> affrontare la figlia che aveva abbandonata. Ma Willow<br />
era più determinata e più testarda <strong>di</strong> quanto la gente non credesse, anche<br />
allora.<br />
Del resto, Willow non era mai stata come la gente la credeva. Aveva iniziato<br />
la sua vita come una bambina piccola, timida e introversa, non molto<br />
carina, priva dei benefici dati dalla guida <strong>di</strong> una madre o dall'interesse <strong>di</strong><br />
un padre, e non vi era alcun motivo per pensare che sarebbe cambiata. Ma<br />
lei aveva sorpreso tutti quanti. La Madre Terra l'aveva aiutata molto con i<br />
suoi incoraggiamenti e i suoi insegnamenti, ma più che altro era stata la<br />
stessa Willow che era riuscita a compiere la trasformazione, e se vi era riuscita<br />
era soprattutto per via della sua determinazione. Dapprincipio aveva<br />
tenuto la cosa per sé. Rimanendo gran parte del tempo per conto suo, scoprì<br />
presto che se voleva veramente una cosa doveva uscire fuori e ottenerla<br />
autonomamente. Imparò a tenere duro, a tirarsi su le maniche, a lavorare<br />
sodo e a essere paziente. Imparò che se volevi veramente una cosa, potevi<br />
sempre trovare un modo per ottenerla. La sua tenacia a livello mentale c'era<br />
sempre stata; il resto era venuto in seguito. Divenne bellissima, anche se<br />
lei non pensò mai <strong>di</strong> esserlo. Gli altri la trovavano sconvolgente, ma lei si<br />
considerava troppo esotica. Essendo costretta a fare gran parte delle cose<br />
per conto suo, aveva imparato a essere amichevole e <strong>di</strong>retta. Imparò a non<br />
avere paura <strong>di</strong> nulla e <strong>di</strong> nessuno. Imparò a sviluppare le sue abilità e le<br />
sue conoscenze con la stessa feroce determinazione che caratterizzava ogni<br />
suo gesto. Ma non perché aveva paura <strong>di</strong> fallire; non pensò mai nemmeno<br />
per un istante che potesse fallire. Era così perché era l'unico modo che conosceva.<br />
Alla fine dei conti, dovette aspettare quasi tre anni prima che sua madre<br />
venisse. Si recava ai vecchi pini almeno una volta alla settimana. Aspettava<br />
tutto il giorno e a volte anche tutta la notte. L'attesa era stremante, ma<br />
non certo insopportabile. E sebbene non vedesse mai sua madre, a volte le<br />
capitava <strong>di</strong> percepirne la presenza. La sensazione veniva assieme a uno<br />
stormire <strong>di</strong> foglie, a un piccolo suono <strong>di</strong> animale, a un sussurro del vento,<br />
o a un profumo <strong>di</strong> fiori nuovi. Non era mai la stessa, ma era sempre riconoscibile.<br />
Incoraggiata da quelle piccole manifestazioni, le raccontava alla
Madre Terra, e la Madre Terra le <strong>di</strong>ceva sì, quella è tua madre. Ti sta guardando.<br />
Ti sta giu<strong>di</strong>cando. Forse un giorno si mostrerà a te.<br />
E infatti un giorno accadde. Apparve a mezzanotte, nel cuore dell'estate,<br />
nel bagliore della luna, balzando e vorticando dagli alberi alla radura, danzando<br />
per la bambina che aveva atteso tanto per vederla. Vi era un che <strong>di</strong><br />
magico nella danza e nella venuta <strong>di</strong> sua madre, e da allora e per sempre<br />
Willow seppe che la sua vita sarebbe stata speciale e piena <strong>di</strong> meraviglie.<br />
Ora, dopo molti anni e molte visite ai vecchi pini, era tornata ancora una<br />
volta. Era tornata per <strong>di</strong>re a sua madre del figlio che portava in grembo, del<br />
viaggio che stava per intraprendere e degli avvertimenti che le erano stati<br />
fatti. Le sue emozioni erano fortemente contrastanti. Da una parte era emozionata<br />
per la prossima nascita del figlio suo e <strong>di</strong> Ben, dall'altra era scoraggiata<br />
dall'idea del viaggio e spaventata dagli avvertimenti della Madre<br />
Terra e <strong>di</strong> suo padre. Quest'ultima cosa la turbava in maniera particolare,<br />
poiché non poteva certo sottovalutare il consiglio delle due creature più<br />
magiche e più potenti <strong>di</strong> tutta Landover; entrambe le avevano detto che<br />
doveva stare attenta e che quel figlio che desiderava tanto avrebbe cambiato<br />
tutta la sua vita.<br />
Willow cercò <strong>di</strong> inquadrare le sue emozioni mentre aspettava l'arrivo<br />
dell'oscurità. Rifletté sugli avvertimenti che le erano stati fatti. Ma non<br />
apprese nulla <strong>di</strong> nuovo. Si trattava <strong>di</strong> un semplice esercizio per abituarsi a<br />
ciò che provava e pensava. Se ci fosse stato Ben, ne avrebbe parlato con<br />
lui. Ma dato che non c'era, era costretta a usare il metodo che aveva utilizzato<br />
tante volte quando era bambina.<br />
In ogni caso, sperava <strong>di</strong> poter ricevere qualche tipo <strong>di</strong> aiuto da sua madre.<br />
Avrebbero comunicato come sempre, attraverso la danza delle ninfe<br />
del bosco. La danza avrebbe dato vita a una visione, e la visione avrebbe<br />
dato delle risposte. Era stato così in molte occasioni, e Willow sperava ardentemente<br />
che sarebbe stato così anche adesso.<br />
Il crepuscolo calò sulla terra e apparvero le prime stelle. Nel cielo del<br />
nord, poco sopra l'orizzonte, erano visibili due lune, una color malva e l'altra<br />
color pesca. L'aria notturna era fragrante e ricca del profumo degli aghi<br />
<strong>di</strong> pino e dei fiori selvatici, la radura immersa nel silenzio. Willow rimase<br />
seduta pensando a Ben. Desiderava tanto che fosse lì con lei. Sarebbe stato<br />
tutto molto più facile per lei con il suo sposo al fianco. Non le piaceva affatto<br />
essere separata da lui. Non si sentiva completa senza <strong>di</strong> lui.<br />
Verso la mezzanotte, apparve sua madre. Balzò fuori dagli alberi con<br />
una serie <strong>di</strong> movimenti svolazzanti che la portarono da una zona d'ombra
all'altra. Era una creatura minuta, effimera, con lunghi capelli color argento,<br />
pelle verde pallida come quella <strong>di</strong> Willow e un corpo da bambina. Non<br />
indossava nulla. Sfrecciò danzando ai margini della radura come se stesse<br />
sperimentando le acque <strong>di</strong> un lago illuminato dalla luna, quin<strong>di</strong> scomparve<br />
nuovamente fra gli alberi.<br />
Willow attese, carica <strong>di</strong> aspettativa.<br />
Sua madre balzò improvvisamente fuori in un bagliore <strong>di</strong> pelle argentea,<br />
vorticando rapida davanti a lei, sfiorandole una guancia con il tocco vellutato<br />
delle <strong>di</strong>ta per poi scomparire ancora una volta.<br />
«Madre?» chiamò Willow a bassa voce.<br />
Un attimo dopo sua madre uscì danzando dagli alberi, piazzandosi nel<br />
centro esatto della radura, dove la luce delle stelle la illuminava perfettamente.<br />
Vortice, si contorse e balzò con agilità sotto la luminosità argentata<br />
muovendo le braccia in maniera fluida, chiamando a sé sua figlia con il<br />
movimento. Willow sollevò le braccia a sua volta in risposta. Non si toccarono,<br />
ma le parole iniziarono a fluire fra loro, percepite solo a livello cerebrale,<br />
visioni nate dai pensieri.<br />
Willow ricordò la promessa fatta a suo padre e le comunicò innanzitutto<br />
il suo desiderio <strong>di</strong> vederla danzare per lui. Sua madre si ritrasse imme<strong>di</strong>atamente,<br />
lasciando perdere la questione. Allora le parlò <strong>di</strong> Ben e della sua<br />
vita a Sterling Silver. Questa volta vi era felicità nella risposta <strong>di</strong> sua madre,<br />
per quanto fosse piuttosto misurata, poiché sua madre non capiva la<br />
vita che andava al <strong>di</strong> là della foresta e della danza, una vita che fosse <strong>di</strong>versa<br />
dalla sua. Era felice per Willow, ma in maniera abbastanza <strong>di</strong>staccata;<br />
non poteva offrirle <strong>di</strong> meglio. Willow aveva già imparato da tempo a<br />
prendere per buono ciò che sua madre le dava, accettandola per quello che<br />
era.<br />
Lasciò quin<strong>di</strong> che sua madre le parlasse attraverso la sua danza, con<strong>di</strong>videndo<br />
con lei la gioia che provava. Una volta, Willow trovava letteralmente<br />
esaltante quella sua gioia. Ora invece le sembrava una cosa incompleta,<br />
stranamente vuota, una felicità circoscritta strettamente legata all'indulgenza<br />
e alla gratificazione personale, priva <strong>di</strong> interesse o <strong>di</strong> coinvolgimento<br />
nei confronti degli altri, strana da una parte e triste dall'altra. In verità nessuna<br />
delle due era in grado <strong>di</strong> comprendere appieno le sensazioni dell'altra,<br />
<strong>di</strong> questo Willow si rendeva perfettamente conto. Ciò nonostante con<strong>di</strong>videvano<br />
ciò che potevano, scambiandosi messaggi <strong>di</strong> rassicurazione e <strong>di</strong><br />
gratitu<strong>di</strong>ne, riconfermando il legame che esisteva fra loro.
Poi Willow raccontò a sua madre del figlio e dell'impresa che avrebbe<br />
affrontato, che l'avrebbe portata da Landover alla Terra alle nebbie fatate.<br />
Il responso <strong>di</strong> sua madre fu imme<strong>di</strong>ato. La danza <strong>di</strong>venne più selvaggia e<br />
frenetica. Il silenzio della notte si approfondì e il mondo al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella<br />
radura illuminata dalle stelle scivolò via nell'oscurità. Non vi erano altro<br />
che madre, figlia, e la danza che con<strong>di</strong>videvano. Willow osservò rapita,<br />
sconvolta dalla grazia e dalla bellezza <strong>di</strong> sua madre, dalla forza della sua<br />
presenza dal modo istintivo in cui rispondeva alle esigenze particolari <strong>di</strong><br />
sua figlia.<br />
Così, attraverso gli strani e impossibili movimenti vorticosi della danza,<br />
apparve finalmente la visione che Willow aveva anticipato, invadendo con<br />
la sua forza lo spazio <strong>di</strong> luce fra loro.<br />
Solo che la visione non riguardava suo figlio, ma bensì Ben. Era perso,<br />
questo Willow lo percepì imme<strong>di</strong>atamente. Ben era perso, ma in un modo<br />
che Willow non riusciva bene a capire. Era se stesso, ma allo stesso tempo<br />
era anche qualcun altro. Non era solo. Era accompagnato da altri due, e<br />
Willow trasalì quando riconobbe <strong>di</strong> chi si trattava. Nightshade la strega e<br />
Strabo il drago. I tre si muovevano in un pantano <strong>di</strong> nebbia e luce grigia<br />
che emanava sia dall'interno sia dall'esterno. Stavano camminando con fare<br />
<strong>di</strong>sperato, alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa che nemmeno lei riusciva a vedere,<br />
spingendosi <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là nel loro futile sforzo <strong>di</strong> ricerca.<br />
Poi vide se stessa, avvolta dalla stessa nebbia e dallo stesso grigiore, anche<br />
lei alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa. Era vicina a loro, eppure lontanissima, abbastanza<br />
vicina da poterli toccare eppure assolutamente invisibile e introvabile.<br />
Stava danzando, vorticando in un prisma <strong>di</strong> luce, e non riusciva a<br />
smettere.<br />
Ma vi era anche qualcos'altro. Con un sottile cambiamento <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong><br />
suono, la visione rivelò un ultimo orrore. Nel chiarore della visione, vide<br />
che Ben si stava <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> lei e che lei si stava <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> lui.<br />
E vide anche che tutto ciò stava accadendo nell'ombra, nell'oscurità; si stavano<br />
<strong>di</strong>stanziando l'uno dall'altra. Non si sarebbero mai più ritrovati.<br />
Ben, si sentì gridare con tono <strong>di</strong>sperato. Ben!<br />
Quando la visione svanì, si ritrovò sola. La radura era deserta, sua madre<br />
era scomparsa nel nulla. Willow rimase a fissare il punto in cui sua madre<br />
aveva danzato per lei e cercò <strong>di</strong> capire ciò che le era stato mostrato. Non vi<br />
era stato nulla per suo figlio; tutte le visioni avevano riguardato solo Ben.<br />
Perché? Ben si trovava al sicuro a Sterling Silver, non era certo perso in
una nebbia oscura. E quali circostanze potevano portarlo a unirsi a Nightshade<br />
e Strabo, suoi nemici giurati?<br />
Nulla <strong>di</strong> tutto ciò aveva senso, e questo rendeva il tutto ancor più pazzesco<br />
e inesplicabile.<br />
Ora il suo <strong>di</strong>lemma era <strong>di</strong>venuto pressoché irrisolvibile. Provò il desiderio<br />
<strong>di</strong> tornare imme<strong>di</strong>atamente a Sterling Silver per accertarsi che Ben fosse<br />
al sicuro. L'impulso era talmente forte che arrivò quasi fino al punto <strong>di</strong><br />
partire senza ulteriori ripensamenti.<br />
Ma sapeva bene <strong>di</strong> non poterlo fare. Ormai il suo impegno era de<strong>di</strong>cato a<br />
suo figlio e all'impresa che doveva compiere per garantirgli una nascita sicura.<br />
Non poteva permettersi <strong>di</strong> appesantirsi con il fardello <strong>di</strong> altre preoccupazioni,<br />
a prescindere da quanto fossero importanti, a prescindere da<br />
quanto la toccassero da vicino, almeno finché non avesse portato a termine<br />
ciò che le aveva detto la Madre Terra. Anche Ben sarebbe stato d'accordo.<br />
Anzi, avrebbe insistito affinché fosse così. Per il momento, doveva cercare<br />
<strong>di</strong> ignorare quella visione. Avrebbe dovuto lasciare che gli eventi seguissero<br />
il loro corso finché non sarebbe stata in grado <strong>di</strong> fare qualcosa per influenzarli<br />
in maniera <strong>di</strong>retta.<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>, sentendosi più stanca <strong>di</strong> quanto non si fosse aspettata,<br />
prosciugata dagli eventi della giornata, e si spostò al centro della radura illuminata<br />
dalle stelle. Si chinò nel punto in cui sua madre aveva danzato e<br />
iniziò a scavare con le mani. Non era un'impresa <strong>di</strong>fficile, poiché il terreno<br />
lì era morbido e facile da raccogliere. Prese <strong>di</strong>verse manciate <strong>di</strong> terra e le<br />
infilò in una borsa che si era portata per le provviste supplementari. Ora<br />
aveva una porzione della magia <strong>di</strong> cui aveva bisogno per suo figlio. Chiuse<br />
la borsa stringendola bene e se la legò alla vita.<br />
Guardò verso oriente, e vide che il cielo stava già iniziando a schiarirsi.<br />
La danza era durata per gran parte della notte.<br />
Si guardò attorno un'ultima volta. La radura era vuota e silenziosa, gli<br />
antichi pini gli unici solenni testimoni che non avrebbero mai raccontato<br />
ciò che avevano visto. Molte cose erano avvenute in quel luogo nel corso<br />
degli anni, molte cose che rimanevano una parte indelebile della sua vita.<br />
E ora anche questo.<br />
«Ad<strong>di</strong>o, Madre» <strong>di</strong>sse a bassa voce, parlando più che altro a se stessa.<br />
«Vorrei tanto che tu potessi venire con me.»<br />
Rimase lì da sola, ripensando ancora una volta alla visione, e si ritrovò<br />
costretta a chiudere gli occhi per sopprimere le sue sensazioni. Che ne era
<strong>di</strong> Ben? Ciò che aveva visto stava realmente accadendo? Strinse ulteriormente<br />
le palpebre per allontanare quelle domande.<br />
Quando riaprì gli occhi, stava già pensando all'impresa che avrebbe dovuto<br />
affrontare. La Terra, il mondo <strong>di</strong> Ben, attraversando le nebbie fatate,<br />
la seconda raccolta <strong>di</strong> terra. Ma dove si doveva recare nel mondo <strong>di</strong> Ben?<br />
In che luogo specifico? Che genere <strong>di</strong> terra doveva raccogliere? Che forma<br />
<strong>di</strong> magia?<br />
E la sua guida...?<br />
In quel momento vide il gatto, seduto su un tronco caduto che si leccava<br />
una zampa. Era un gatto argentato con le zampe, la testa e la coda nere.<br />
Era magro, pulito e non aveva affatto un aspetto selvaggio. L'animale interruppe<br />
la sua pulizia personale e la fissò con occhi smeral<strong>di</strong>ni luminosi<br />
quanto i suoi. Willow provò la strana sensazione che il gatto la stesse aspettando.<br />
Io conosco questo gatto, si rese improvvisamente conto.<br />
«Sì, mi conosci» <strong>di</strong>sse il gatto.<br />
Willow annuì, a corto <strong>di</strong> parole. Avrebbe dovuto immaginarselo. Le fate<br />
le avevano mandato Edgewood Dirk.<br />
I Cristalli dell'Occhio della Mente<br />
Horris Kew si trascinò lentamente lungo la strada che portava a Sterling<br />
Silver fischiettando nervosamente sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno. Ancora pochi<br />
chilometri, tre o quattro al massimo, e sarebbero giunti a destinazione.<br />
L'aspettativa si mischiava con la trepidazione, causando una intensa sensazione<br />
<strong>di</strong> bruciore al centro del suo stomaco. Sudava abbondantemente, e<br />
non solo per il calore. Il tic del suo occhio si manifestava in continuazione,<br />
facendolo sobbalzare in maniera incontrollabile. Era come se stesse facendo<br />
il giocoliere con palle invisibili.<br />
Si guardò alle spalle con ansia. Nessun problema, ogni cosa era al suo<br />
posto. Il mulo da carico era ancora legato all'altro capo della corda che teneva<br />
in mano e lo stava seguendo senza protestare. Le due casse erano saldamente<br />
legate sul dorso dell'animale e Biggar vi era ancora appollaiato in<br />
cima.<br />
«Tieni gli occhi sulla strada, Horris» <strong>di</strong>sse l'uccello.<br />
«Stavo solo controllando» replicò con tono irritato.<br />
«Non ti preoccupare. Ci sono io apposta qui <strong>di</strong>etro. Continua a camminare.<br />
Metti un piede davanti all'altro, e cerca <strong>di</strong> non cadere sul faccione.»
Horris Kew <strong>di</strong>venne improvvisamente paonazzo. Cerca <strong>di</strong> non cadere<br />
sul faccione! Ah, ah! Bella battuta!<br />
Continuando a guardarsi alle spalle, aprì la bocca per <strong>di</strong>re all'uccello <strong>di</strong><br />
chiudere il becco. Inciampò e cadde sul faccione. La strada era secca e<br />
polverosa. Scavò una fossetta non in<strong>di</strong>fferente con il naso e si rialzò con la<br />
bocca piena <strong>di</strong> terra. Sputò con rabbia.<br />
«Non <strong>di</strong>re nulla, Biggar!» sbottò, iniziando a spazzolarsi la terra <strong>di</strong> dosso.<br />
Il suo corpo da spaventapasseri si contorse in maniera violenta nel suo<br />
tentativo <strong>di</strong> ripulirsi. «C'era una buca! Una buca! Se tu non mi avessi <strong>di</strong>stratto,<br />
l'avrei vista e non sarei caduto!»<br />
Biggar emise un sospiro rassegnato. «Perché non evochi una carrozza,<br />
Horris, così ce ne an<strong>di</strong>amo al castello in tutta como<strong>di</strong>tà? O magari un cavallo.<br />
Un cavallo sarebbe ottimo.»<br />
«Un cavallo! Ottima idea, un cavallo!» Horris serrò i pugni con rabbia:<br />
«I<strong>di</strong>ota, dobbiamo essere dei men<strong>di</strong>canti! Dei poveri supplicanti senza un<br />
soldo! Ricor<strong>di</strong> il piano o no?»<br />
Il mulo sba<strong>di</strong>gliò e ragliò rumorosamente. «Chiu<strong>di</strong> il becco!» sbottò<br />
Horris con rabbia.<br />
Biggar sbatté le palpebre e inclinò il capo con aria pensierosa. «Ve<strong>di</strong>amo<br />
un po'. Il piano. Ah, già, il piano. Quello che non funzionerà mai.»<br />
«Non <strong>di</strong>re così!»<br />
«Non <strong>di</strong>re cosa? Che il piano non funzionerà?»<br />
«Shhh!» gli intimò Horris, improvvisamente intimorito, infilando la testa<br />
fra le spalle e guardandosi attorno con fare ansioso. Il suo occhio sobbalzò.<br />
«Potrebbe sentirci!»<br />
«Chi, il Gorse? Qui fuori, sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno, nel mezzo del<br />
nulla?» Biggar tirò su col naso. «Non credo proprio. Si tratta <strong>di</strong> una creatura<br />
notturna, non portata all'esposizione prolungata sotto il sole. Vampirica,<br />
credo che si <strong>di</strong>ca così.»<br />
Horris gli rivolse un'occhiata <strong>di</strong> fuoco. «Sei ben coraggioso quando non<br />
è in giro, nevvero?»<br />
«Sto solo esponendo un fatto.»<br />
«Chissà come mai non lo hai esposto ieri sera. E chissà come mai non<br />
hai avuto nulla da <strong>di</strong>re sul piano quando ci è stato spiegato.»<br />
«Perché, tu cre<strong>di</strong> che il piano sia buono, Horris? Davvero, cre<strong>di</strong> che funzionerà?»<br />
Horris tese la mascella in atteggiamento <strong>di</strong> sfida, piazzandosi in mezzo<br />
alla strada davanti al mulo e all'uccello con le mani chiuse a pugno sui
fianchi. Aveva l'atteggiamento <strong>di</strong> un pugile che affronta l'avversario con il<br />
mento in fuori. «Certo che funzionerà!» <strong>di</strong>chiarò.<br />
Biggar tirò su nuovamente con aria sdegnata. «Ecco. Non <strong>di</strong>co più nulla.<br />
Cosa <strong>di</strong>scuto a fare con questa creatura, con questo Gorse, se tu sarai sempre<br />
lì ad assentire ciecamente a ogni stupida idea che gli viene in mente?<br />
Che cosa dovrei fare, Horris? Non posso mica proteggerti da te stesso.<br />
Quando sei così, non dai ascolto a nessuno. E men che meno a me. In fondo,<br />
non sono altro che il tuo uccellino domestico.»<br />
Horris <strong>di</strong>grignò i denti. «Gli animali domestici dovrebbero riverire i loro<br />
padroni, Biggar. Quando cre<strong>di</strong> che inizierai a farlo?»<br />
«Probabilmente quando avrò un padrone per il quale valga la pena <strong>di</strong><br />
farlo!»<br />
Horris lasciò uscire il fiato con un sibilo. «Non è colpa mia! Nulla <strong>di</strong> tutto<br />
questo è colpa mia! Se il Gorse è qui, è solo colpa tua! Sei stato tu a evocarlo!»<br />
Biggar fece scattare il becco. «Se non sbaglio, sei stato proprio tu a pronunciare<br />
l'incantesimo che lo ha liberato!»<br />
«Ma sei stato tu a <strong>di</strong>rmi quel che dovevo <strong>di</strong>re!»<br />
«Be', nessuno ti costringeva a <strong>di</strong>rlo!»<br />
Horris mollò la corda del mulo. Stava tremando tutto. Faceva molto caldo<br />
sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno in mezzo alla strada aperta, secca e polverosa,<br />
lontani dal riparo degli alberi della foresta. Gli abiti che indossava,<br />
abiti da supplicante, erano consunti e macchiati <strong>di</strong> sudore, e in più puzzavano.<br />
Stava camminando da poco dopo la mezzanotte, poiché il Gorse voleva<br />
che giungessero alle porte del castello poco prima del tramonto in<br />
modo che venissero ammessi per la notte. Era stanco e affamato (niente<br />
cibo per un supplicante, a meno che non si adattasse a mangiare quelle detestabili<br />
Bonnie Blu), e la sua pazienza era ormai giunta al limite.<br />
«Senti un po', Biggar.» Si rivolse all'uccello con la massima calma che<br />
gli era consentita. «Non ho più intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere con te. Hai avuta la<br />
tua possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa in precedenza e non lo hai fatto. Quin<strong>di</strong> ora<br />
limitati ad ascoltare. Il piano funzionerà, chiaro? Funzionerà! Forse tu pensi<br />
che non sarà così, e forse lo penso anch'io, ma se il Gorse ha detto che<br />
funzionerà, stai sicuro che funzionerà!»<br />
Si piegò in avanti come un albero flessibile in balìa <strong>di</strong> un forte vento.<br />
«Hai visto la facilità con la quale si è liberato <strong>di</strong> Holiday? Per non parlare<br />
<strong>di</strong> Strabo e Nightshade! Biggar, è stato un attimo!» Fece schioccare le <strong>di</strong>ta<br />
in maniera significativa. «Il Gorse ha un sacco <strong>di</strong> potere, nel caso che non
te ne fossi ancora reso conto. Senza il Re, il drago e la strega, chi oserà<br />
mai sfidarlo? Ed è proprio per questo che il piano funzionerà. Ed è proprio<br />
per questo che non ho intenzione <strong>di</strong> pormi domande stupide!»<br />
L'uccello lo fissò senza alcun timore reverenziale. «Dovresti sentirti,<br />
Horris. Dico sul serio. Si è liberato <strong>di</strong> Holiday, della strega e del drago così,<br />
non è vero?» Fece scattare il becco per imitare l'enfasi <strong>di</strong> Horris. «E non<br />
hai mai pensato che potrebbe liberarsi <strong>di</strong> noi altrettanto facilmente? Voglio<br />
<strong>di</strong>re, in fondo, a che cosa gli serviamo noi? Te lo sei mai chiesto questo?<br />
Non siamo altro che dei fattorini per lui, Horris. Nulla più. Corriamo <strong>di</strong><br />
qua e <strong>di</strong> là facendo cose che non è in grado <strong>di</strong> fare da solo, ma una volta<br />
che le abbiamo fatte, cosa succederà? Se questo suo così detto piano funziona,<br />
che cosa ne sarà <strong>di</strong> noi, dopo?»<br />
Horris Kew provò un dolore improvviso alla base dello stomaco. Forse<br />
Biggar aveva ragione. L'immagine <strong>di</strong> Holiday, della strega e del drago che<br />
venivano risucchiati nella Scatola magica era ancora vivida nella sua mente.<br />
Li vedeva ancora mentre lottavano per liberarsi, un attimo prima <strong>di</strong> essere<br />
imprigionati nelle nebbie. Quando aveva raccolto la scatola, aveva<br />
avuto l'impressione <strong>di</strong> sentirli che si agitavano al suo interno come falene<br />
in un vasetto. Si domandò che cosa avesse fatto il Gorse della Scatola magica<br />
dopo che gliel'aveva riportata alla grotta. Si domandò se vi era ancora<br />
spazio al suo interno per altri prigionieri.<br />
Horris deglutì a fatica. «Non ti preoccupare, il Gorse ha bisogno <strong>di</strong> noi»<br />
insistette, anche se ora il suo tono non era più tanto sicuro.<br />
«Perché?» ribatté prontamente Biggar.<br />
«Perché?»<br />
«Non mi ripetere, Horris, te l'ho già detto. Sì, perché? Faresti meglio a<br />
porti almeno un'altra domanda già che ci sei. Se ha in mente <strong>di</strong> darci tutta<br />
Landover, che cosa si terrà per sé? E non venirmi a <strong>di</strong>re che fa tutto questo<br />
per spirito <strong>di</strong> altruismo. Non venirmi a <strong>di</strong>re che non vorrà nulla per se stesso.<br />
Il suo piano dovrà pur portare a qualcosa, e finora non si è certo degnato<br />
<strong>di</strong> spiegarci <strong>di</strong> che si tratta!»<br />
«Okay, okay!» Horris passò sulla <strong>di</strong>fensiva. «Forse c'è qualcosa in più<br />
oltre a ciò che ci viene detto. Certo, perché no? Anzi, guarda, mi è venuta<br />
un'idea! Perché non glielo chie<strong>di</strong>, Biggar? Se sei tanto preoccupato, perché<br />
non glielo chie<strong>di</strong> <strong>di</strong> persona?»<br />
«Per lo stesso motivo che non lo fai tu, Horris! Non gra<strong>di</strong>sco certo l'idea<br />
<strong>di</strong> essere risucchiato nel nulla come Holiday e gli altri!»<br />
«Ma io potrei anche provarci, è questo che stai <strong>di</strong>cendo?»
«Finché ha ancora bisogno <strong>di</strong> te sì! Pensa con il cervello, Horris! Non ti<br />
farà nulla finché ha bisogno <strong>di</strong> te! Sarà dopo che dovrai iniziare a preoccuparti!»<br />
Horris batté i pie<strong>di</strong> con fare esasperato. Il suo volto magro e spigoloso<br />
era ricoperto <strong>di</strong> sudore e polvere. «Ciò che <strong>di</strong>ci è <strong>di</strong> ben poco aiuto ormai<br />
che siamo qui sulla strada a pochi chilometri dal castello del Re, non trovi?»<br />
sbottò con rabbia. «Hai per caso qualche altro consiglio utile?»<br />
Biggar arruffò nuovamente le piume, i suoi occhi scuri fred<strong>di</strong> e privi <strong>di</strong><br />
espressione. «In effetti un'idea l'avrei. La riuscita <strong>di</strong> questo piano <strong>di</strong>pende<br />
esclusivamente dalla magia che ci ha dato il Gorse. Se funziona bene, altrimenti,<br />
siamo finiti. Il cane e il mago <strong>di</strong> corte ci faranno rinchiudere nella<br />
cella più buia e profonda del castello.»<br />
Holiday era il nostro unico alleato al castello, e ora non c'è più. E immagino<br />
che saranno tutti piuttosto nervosi per la sua scomparsa. Cosa sarà <strong>di</strong><br />
noi se la magia non funziona, Horris?<br />
Horris Kew lo scrutò con aria minacciosa. «Non ne posso più <strong>di</strong> questa<br />
storia, Biggar. Anzi, non ne posso più <strong>di</strong> te.»<br />
Biggar rimase impassibile. «Io propongo <strong>di</strong> provarne una per vedere se<br />
funziona prima <strong>di</strong> entrare nella tana del leone.»<br />
L'espressione <strong>di</strong> Horris <strong>di</strong>venne ancor più minacciosa. «Il Gorse ci ha<br />
detto <strong>di</strong> non farlo, ricor<strong>di</strong>? Ci ha avvertiti espressamente <strong>di</strong> non fare una<br />
cosa del genere.»<br />
«E allora?» insistette l'uccello. «Non è mica lui quello che corre i rischi.»<br />
«Ha detto specificamente <strong>di</strong> non usarli per nessun motivo! Ed è stato<br />
piuttosto chiaro al riguardo, se non ricordo male!» Horris stava urlando.<br />
«Magari non stava scherzando, Biggar! Fai conto, e sto <strong>di</strong>cendo fai conto,<br />
che sappia ciò che <strong>di</strong>ce! Dopotutto <strong>di</strong> chi è la magia, pezzo <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota?»<br />
Biggar sputò a terra (impresa non facile per un uccello). «La tua i<strong>di</strong>ozia<br />
va al <strong>di</strong> là della mia immaginazione, Horris Kew. Sei incre<strong>di</strong>bilmente stupido.<br />
Non ve<strong>di</strong> al <strong>di</strong> là del tuo naso, e per essere un umano, sei anche incre<strong>di</strong>bilmente<br />
codardo!»<br />
A quel punto Horris attaccò; la sua pazienza aveva superato ogni limite,<br />
facendo esplodere la sua rabbia. Ruggendo come un leone infuriato balzò<br />
addosso a Biggar con il preciso intento <strong>di</strong> strappargli via le ali e <strong>di</strong> farlo a<br />
pezzi. Solo che Biggar era un uccello, e gli uccelli possono sfuggire agli<br />
umani con grande facilità, semplicemente alzandosi in volo, cosa che Biggar<br />
fece con un pigro battito <strong>di</strong> ali, sollevandosi giusto quanto bastava per
portarsi fuori portata del potenziale mago, che saltava come un pazzo <strong>di</strong>sperato<br />
cercando <strong>di</strong> afferrarlo. L'unica cosa che riuscì a combinare Horris<br />
fu <strong>di</strong> spaventare il mulo fino al punto da farlo scappare via fra i boschi con<br />
un possente raglio <strong>di</strong> paura.<br />
«Oh, male<strong>di</strong>zione, male<strong>di</strong>zione, male<strong>di</strong>zione!» sbottò Horris, assieme ad<br />
altre imprecazioni meno stampabili, quando finalmente si riprese dal suo<br />
impeto <strong>di</strong> rabbia e si rese conto <strong>di</strong> ciò che aveva fatto.<br />
Nonostante il prezioso aiuto <strong>di</strong> Biggar, ci mise più <strong>di</strong> un'ora a ritrovare il<br />
mulo e le inestimabili casse che trasportava. Esausti, imbronciati e scoraggiati<br />
dal progettare qualsiasi altra cosa, il mago e l'uccello proseguirono<br />
nel loro viaggio.<br />
Quando giunsero finalmente alle porte <strong>di</strong> Sterling Silver, il sole stava<br />
quasi tramontando.<br />
Questor Thews non ne poteva più. Ormai erano passati tre giorni dalla<br />
scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday e ancora non vi era traccia <strong>di</strong> lui. La scorta che<br />
aveva accompagnato l'Alto Signore al Cuore era tornata al castello non appena<br />
si era resa conto <strong>di</strong> averlo perso, e Questor aveva avuto l'opportunità<br />
<strong>di</strong> mandare imme<strong>di</strong>atamente un gruppo <strong>di</strong> soldati alla sua ricerca. La squadra<br />
<strong>di</strong> ricerca aveva controllato tutta la zona circostante al Cuore e anche la<br />
campagna al <strong>di</strong> là, ma senza trovare alcuna traccia dell'Alto Signore. Avevano<br />
trovato Giuris<strong>di</strong>zione legato che pascolava nel punto in cui lo aveva<br />
lasciato Holiday, ma nulla più. Presso il Cuore vi era evidenza <strong>di</strong> qualche<br />
<strong>di</strong>sturbo (qualche ban<strong>di</strong>era sfilacciata, un po' <strong>di</strong> bruciature sui cuscini <strong>di</strong><br />
velluto, un po' <strong>di</strong> terreno smosso) ma non vi era nulla che potesse risultare<br />
utile per capire ciò che era accaduto a Holiday. Questor si era recato lì <strong>di</strong><br />
persona per dare un'occhiata e aveva percepito l'uso <strong>di</strong> magia nell'aria, anche<br />
se in quel luogo vi era tanta <strong>di</strong> quella magia concentrata che era impossibile<br />
stabilire che cosa significassero quelle strane tracce.<br />
Comunque fosse, Ben Holiday risultava assolutamente introvabile. Questor<br />
Thews si era mosso rapidamente per mantenere il fatto segreto, or<strong>di</strong>nando<br />
alle guar<strong>di</strong>e della scorta e ai soldati del gruppo <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> non parlare<br />
con nessuno della faccenda. Solo che era come infilare il <strong>di</strong>to in una<br />
<strong>di</strong>ga che perde, come gli aveva fatto prontamente notare Abernathy. Una<br />
notizia del genere non poteva essere mantenuta segreta per molto tempo.<br />
Prima o poi qualcuno avrebbe parlato, e una volta che si fosse sparsa la<br />
voce che l'Alto Signore era effettivamente scomparso, sarebbero iniziati i<br />
guai seri. Se non fosse stato il Signore dei Fiumi ad alimentarli, indubbia-
mente ci avrebbero pensato i Signori del Greensward, soprattutto Kallendbor<br />
<strong>di</strong> Rhyndweir, il più potente fra i signori e il più acerrimo nemico <strong>di</strong><br />
Ben Holiday. Fra tutti i leader e i nobili <strong>di</strong> Landover, Kallendbor era quello<br />
che aveva risentito più <strong>di</strong> tutti l'ascesa al potere <strong>di</strong> Ben e la sua conseguente<br />
per<strong>di</strong>ta dello stesso potere. Esteriormente, riconosceva l'autorità <strong>di</strong><br />
Holiday e ubbi<strong>di</strong>va ai suoi coman<strong>di</strong>, ma dentro <strong>di</strong> sé ribolliva come una<br />
pentola lasciata per troppo tempo sui fornelli. Ma vi erano anche molti altri<br />
che avrebbero gioito nell'apprendere la notizia della scomparsa del Re, a<br />
prescindere dalle circostanze, e Questor sapeva bene che doveva fare qualcosa<br />
per mettere imme<strong>di</strong>atamente a tacere qualsiasi voce circolasse in proposito.<br />
Alla fine era venuto fuori con un piano piuttosto ingegnoso, un piano<br />
che aveva con<strong>di</strong>viso solo con Abernathy e i cobol<strong>di</strong>, mantenendo il numero<br />
<strong>di</strong> persone che lo conoscevano a quattro solamente. In pratica, fece annunciare<br />
ad Abernathy che le ricerche erano concluse e che l'Alto Signore<br />
era tornato al castello. Per convincere la gente del castello che l'annuncio<br />
era veritiero e non semplicemente un'altra voce che girava, usò la sua magia<br />
per creare un'immagine <strong>di</strong> Ben Holiday che passeggiava sui bastioni<br />
del castello a mezzogiorno, quando poteva essere visto chiaramente da tutti.<br />
Gli fece persino salutare la gente. Ripete lo stratagemma <strong>di</strong>verse volte,<br />
assicurandosi ogni volta che vi fossero parecchi testimoni. Come sempre<br />
accade, la voce si sparse con la rapi<strong>di</strong>tà tipica del pettegolezzo.<br />
Nel frattempo, Questor sfruttò ogni minuto <strong>di</strong>sponibile (che non era mai<br />
abbastanza) usando la rapida magia viaggiatrice del Landsview per scrutare<br />
la campagna alla ricerca <strong>di</strong> Holiday. Ma i suoi sforzi non portarono ad<br />
alcun risultato. Non vi era alcuna traccia dell'Alto Signore.<br />
Naturalmente, la vita a Sterling Silver andava avanti, con o senza Holiday;<br />
era <strong>di</strong> vitale importanza che venissero sbrigate tutte le faccende che<br />
andavano sbrigate, e che venissero portate a termine come le avrebbe portate<br />
a termine lo stesso Holiday. Questa era un'impresa ben più <strong>di</strong>fficile<br />
che l'evocazione <strong>di</strong> un'immagine o due. Non essendoci Holiday a ricevere<br />
il grande numero <strong>di</strong> rappresentanti e funzionari che venivano da tutta Landover<br />
per parlargli, Questor Thews e Abernathy erano costretti a riceverli<br />
in sua vece, <strong>di</strong>cendo che era stato loro richiesto <strong>di</strong> fare così. Alcuni dei visitatori<br />
avevano percorso lunghe <strong>di</strong>stanze per vedere l'Alto Signore. Altri<br />
ancora erano stati chiamati da lui. Nessuno fra loro era molto felice nel vedersi<br />
rifiutare a quel modo. Questor fu costretto a fare i salti mortali per<br />
evitare che si <strong>di</strong>ffondessero sospetti. Falsificò la firma dell'Alto Signore e
la usò per sigillare gli or<strong>di</strong>ni. Distribuì doni, premi e citazioni <strong>di</strong> merito a<br />
nome del Re. Tentò persino <strong>di</strong> usare la sua magia per far sentire la voce<br />
dell'Alto Signore da <strong>di</strong>etro una tenda. Solo che questo suo sforzo produsse<br />
una voce <strong>di</strong> donna e portò coloro che erano presenti a fissarsi con aria incredula,<br />
domandandosi chi fosse la donna <strong>di</strong>etro la tenda assieme all'Alto<br />
Signore. Questor fu costretto a salvare la situazione <strong>di</strong>chiarando che si trattava<br />
<strong>di</strong> una cameriera che aveva preso Holiday per un intruso. Alcuni aspetti<br />
della sua arte magica andavano ancora perfezionati.<br />
Poi vi era anche la questione dell'assenza <strong>di</strong> Willow, i particolari della<br />
quale l'Alto Signore non si era degnato <strong>di</strong> spiegare loro prima <strong>di</strong> scomparire.<br />
Di conseguenza al momento non vi era una sola persona scomparsa, ma<br />
ben due. Ma dato che Holiday non era sembrato particolarmente preoccupato<br />
dalla scomparsa della sua sposa, Questor decise che non era il caso <strong>di</strong><br />
preoccuparsi anche <strong>di</strong> questo, almeno non per il momento. In realtà l'unico<br />
motivo valido per cercarla (dato che non aveva nessun motivo particolare<br />
per preoccuparsi per la sua incolumità) era quello <strong>di</strong> avvertirla della scomparsa<br />
dell'Alto Signore. Questor decise che non aveva bisogno <strong>di</strong> quella<br />
complicazione in più nella sua vita. Se Holiday non riappariva prima della<br />
comparsa della silfide, le avrebbe comunicato la notizia <strong>di</strong> persona in quel<br />
frangente. In fondo, non poteva fare molto <strong>di</strong> più.<br />
Il che, al momento, non era affatto sufficiente. Cercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre il suo<br />
tempo fra le necessità dei suoi doveri e le richieste delle sue macchinazioni<br />
era un'impresa che stava iniziando a snervarlo. Così, quando apparve Abernathy<br />
sulla porta del suo stu<strong>di</strong>o poco prima del tramonto del terzo giorno<br />
dalla scomparsa <strong>di</strong> Ben, non era assolutamente dell'umore giusto per<br />
sentire la notizia che portava.<br />
«Horris Kew e il suo uccello sono tornati» annunciò lo scriva no <strong>di</strong> corte<br />
con tono poco entusiasta.<br />
Questor alzò lo sguardo dalla pila <strong>di</strong> incartamenti ai quali era costretto a<br />
lavorare per via dell'assenza dell'Alto Signore ed emise un grugnito. «Ancora?<br />
Che cosa vuole quel buono a nulla?»<br />
Abernathy entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Sembrava<br />
piuttosto abbacchiato, anche per un cane. «Vuole parlare con l'Alto Signore,<br />
che altro? Non è forse questo l'unico motivo per cui la gente vive <strong>di</strong><br />
questi tempi? Ed è inutile che tu mi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> mandarlo via. Per quanto mi<br />
piacerebbe, non posso farlo. Indossa abiti da supplicante, e sono stato costretto<br />
ad ammetterlo.»
Questor si portò le <strong>di</strong>ta alla fronte, massaggiandosi le tempie. «Ti ha per<br />
caso detto che cosa vuole?»<br />
«Ha solo detto che era importante, nient'altro. Non ha nemmeno nominato<br />
la faccenda del suo esilio, se è questo che vuoi sapere.»<br />
«A <strong>di</strong>r la verità, non lo so nemmeno io cosa voglio sapere! A momenti,<br />
non so nemmeno che cosa sto facendo!» Il mago <strong>di</strong> corte <strong>di</strong>ede l'impressione<br />
<strong>di</strong> volersi strappare la barba. «Sai, Abernathy, io sono molto affezionato<br />
all'Alto Signore. Molto. L'ho reclutato io stesso, se ricor<strong>di</strong> bene. Vi<strong>di</strong><br />
qualcosa <strong>di</strong> speciale in lui, e non mi sbagliavo. Era il Re <strong>di</strong> cui avevamo<br />
bisogno, il Re che ci voleva per far tornare Landover nuovamente unita.»<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>. «L'unica cosa che mi scoccia è che scompaia tanto <strong>di</strong><br />
frequente! Quante volte lo ha già fatto ormai? Non riesco proprio a capire<br />
come possa essere cosi sconsiderato nei nostri confronti. Voglio <strong>di</strong>re, andarsene<br />
così, nel cuore della notte, senza avvertire nessuno, lasciando noi a<br />
sbrigare tutte le sue faccende finché non torna. Devo <strong>di</strong>re che trovo la cosa<br />
piuttosto seccante!»<br />
Abernathy <strong>di</strong>stolse lo sguardo e si schiarì la gola. «Be', Questor, in tutta<br />
onestà, bisogna ammettere che molte <strong>di</strong> queste sue scomparse non sono<br />
avvenute per colpa dell'Alto Signore stesso. Sono certo che in molti casi<br />
avrebbe preferito rimanersene qui al castello.»<br />
«Sì, sì, lo so. Per via <strong>di</strong> mio fratello e tutto il resto. L'unicorno nero.»<br />
Questor lasciò perdere ulteriori spiegazioni. «Ciò nonostante, un re ha delle<br />
responsabilità ben precise, e queste non vanno certo prese alla leggera.<br />
Un re dovrebbe sempre consultarsi con i suoi consiglieri per certe cose. É<br />
proprio per questo che esistono i con...»<br />
Si fermò <strong>di</strong> colpo. «Cre<strong>di</strong> forse che sia stato rapito? Ormai ci sarebbe già<br />
giunta la richiesta <strong>di</strong> riscatto. A meno che non lo abbia preso Nightshade.<br />
Lei non sì preoccuperebbe certo <strong>di</strong> chiedere un riscatto, si limiterebbe<br />
semplicemente a eliminarlo! Solo che lui ha il Pala<strong>di</strong>no per proteggersi da<br />
lei. Come mai non ha usato il Pala<strong>di</strong>no per salvarsi da...»<br />
«Questor Thews» tentò <strong>di</strong> interromperlo Abernathy.<br />
«...qualsiasi pericolo in cui si è trovato? Che razza <strong>di</strong> protettore è uno<br />
che lascia il suo padrone in balìa <strong>di</strong>...»<br />
«Mago!» sbottò il cane con tono irritato.<br />
Questor trasalì. «Cos'è, cos'è?»<br />
«Smettila, per l'amor <strong>di</strong> Dio! Che senso ha? Non abbiamo alcuna idea <strong>di</strong><br />
che cosa sia accaduto all'Alto Signore, ma certamente non gli saremo <strong>di</strong><br />
aiuto perdendo le nostre teste! Dobbiamo restare calmi.»
Dobbiamo comportarci come se lui fosse qui con noi, e nel frattempo<br />
sperare che prima o poi si faccia vivo. «Abernathy inspirò profondamente.»<br />
Non hai trovato niente con il Landsview?<br />
Questor scosse il capo con aria sconsolata. «No, nulla.»<br />
«Forse dovresti mandare Bunion a dare un'occhiata in giro. Un coboldo<br />
da solo può coprire più terreno <strong>di</strong> venti gruppi <strong>di</strong> ricerca, e si fa anche notare<br />
molto <strong>di</strong> meno. Bunion è in grado <strong>di</strong> rintracciare chiunque. Forse dovresti<br />
lasciargli tentare <strong>di</strong> rintracciare Holiday.»<br />
«Sì» annuì Questor con aria pensierosa. «Sì, forse è il caso.»<br />
«Nel frattempo» continuò Abernathy, resistendo all'impulso <strong>di</strong> grattarsi<br />
con la zampa posteriore «che ne facciamo <strong>di</strong> Horris Kew?»<br />
Questor si portò nuovamente le <strong>di</strong>ta alle tempie, come se si fosse ricordato<br />
solo allora <strong>di</strong> un terribile mal <strong>di</strong> testa che lo tormentava da tempo.<br />
«Oh, cavolo. Lui. Be', è più che evidente che non può vedere l'Alto Signore.<br />
Male<strong>di</strong>zione, ma perché deve per forza vedere qualcuno?»<br />
«Non deve» rispose Abernathy. «Ma se interpreto corretta mente l'intensità<br />
della sua determinazione, credo che continuerà a insistere finché non<br />
ci riuscirà. Non credo che si limiterà semplice mente ad andarsene.»<br />
Questor emise un sospiro. «No, non lo credo neanch'io.» Fece una pausa,<br />
assumendo un atteggiamento pensieroso. «Abernathy, pensi che io assomigli<br />
per qualche aspetto a quell'uomo?»<br />
Abernathy lo fissò. «Che strana domanda.»<br />
«Be', questo fatto mi preoccupa un poco. Voglio <strong>di</strong>re, in fondo ci occupiamo<br />
entrambi <strong>di</strong> stregoneria, no? E a volte <strong>di</strong>cono che tutti i maghi si assomigliano<br />
fra loro. Lo hai già sentito <strong>di</strong>re, non è vero? Inoltre, siamo entrambi<br />
alti, magri e a volte goffi, abbiamo entrambi un naso piuttosto importante<br />
e... be', lineamenti spigolosi...»<br />
Abernathy sollevò una zampa. «Tu assomigli a Horris Kew quanto io assomiglio<br />
al suo uccello.» Ti prego, smettila con questa storia. Limitati a<br />
decidere se vogliamo vederlo o meno. Io suggerisco <strong>di</strong> vederlo.<br />
Questor annuì. «Sono d'accordo. Togliamocelo <strong>di</strong> mezzo subito.»<br />
Uscirono dalla stanza, attraversarono il corridoio e scesero per due piani<br />
<strong>di</strong> scale fino al luogo in cui venivano tenuti i visitatori in attesa <strong>di</strong> essere<br />
ricevuti. Erano una strana coppia, lo stregone allampanato dai capelli bianchi<br />
con la sua tunica colorata e il cane con il suo pelo ispido e il suo vestito<br />
pretenzioso. Questor si lamentò per tutto il tempo mentre scendevano, borbottando<br />
su questo, imprecando contro quello, mantenendo una tensione<br />
tale che alla fine Abernathy fu costretto a chiedergli in maniera piuttosto
usca <strong>di</strong> chiudere la bocca. Si trattava <strong>di</strong> due vecchi amici le cui storie li<br />
rendevano inevitabilmente inseparabili; erano in grado ognuno <strong>di</strong> seguire i<br />
passi della vita dell'altro come se fosse la loro stessa vita.<br />
«Sai Abernathy» confessò il mago mentre giungevano al pian terreno e<br />
si apprestavano a entrare nel salone d'ingresso «se non fossi quasi certo del<br />
contrario, giurerei che Horris Kew abbia qual cosa a che fare con la scomparsa<br />
<strong>di</strong> Holiday. É esattamente il genere <strong>di</strong> cosa che potrebbe combinare<br />
lui con la sua magia squilibrata, con la sua tendenza a generare guai ovunque,<br />
volente o nolente. Solo che lui non possiede tutto quel potere!» Ci rifletté<br />
sopra. «E non credo nemmeno che sia tanto intelligente da fare una<br />
cosa del genere.»<br />
Abernathy tirò su col naso. «Non è necessario essere intelligenti per essere<br />
pericolosi.»<br />
Attraversarono il salone dell'ingresso fino alla sala d'attesa dove li stavano<br />
aspettando Horris Kew e il suo uccello.<br />
Horris si alzò imme<strong>di</strong>atamente dalla panca sulla quale era seduto. L'uccello<br />
era appollaiato sullo schienale della panca, con i suoi occhi acuti atteggiati<br />
in un'espressione subdola. Accanto a loro, sul pavimento, vi erano<br />
due bauli <strong>di</strong> legno con rinforzi <strong>di</strong> metallo.<br />
«Questor Thews e Abernathy!» esclamò Horris Kew con eccessivo entusiasmo.<br />
«Buona sera a voi! Vi ringrazio per essere venuti a vedermi con<br />
tanta solerzia. Ve ne sono profondamente grato.»<br />
«Horris, saltiamo pure i convenevoli, che non mi sembra il caso. Che<br />
cosa ci fai qui? Se non ricordo male, ti è stato detto <strong>di</strong> tornare quando l'Alto<br />
Signore ti chiamava a sé. Ti ha forse chiamato senza che ne fossimo informati?»<br />
Il mago si produsse in un sorriso imbarazzato. «No, purtroppo non lo ha<br />
ancora fatto. La mia vita procede nella speranza e nell'aspettativa.» Si illuminò<br />
in volto. «Ma non è per questo che sono venuto, Questor. Sono qui<br />
per tutt'altro motivo. Ho delle notizie molto interessanti da con<strong>di</strong>videre con<br />
voi.» Fece una pausa, scrutando con aria speranzosa alle loro spalle. «Immagino<br />
che l'Alto Signore non sia in giro al momento?»<br />
Questor si produsse in una smorfia. «Al momento no. E quali sarebbero<br />
queste notizie che porti, Horris? Spero che non abbiano nulla a che fare<br />
con gli animali.»<br />
«No, no» rispose subito Horris. «Ricordo la mia promessa e non ho intenzione<br />
<strong>di</strong> infrangerla. Niente incantesimi. No, si tratta <strong>di</strong> tutt'altra cosa.»<br />
Fece un'altra pausa. «Posso confidarmi con voi, con voi due in veste <strong>di</strong>
mago <strong>di</strong> corte e scrivano <strong>di</strong> corte, dato che l'Alto Signore è momentaneamente<br />
occupato?»<br />
Questor rispose qualcosa, ma Abernathy stava fissando l'uccello. Stava<br />
forse perdendo la testa o lo aveva sentito sghignazzare? Scrutò il pennuto<br />
con aria sospettosa, ma questi si limitò ad arruffare le piume con in<strong>di</strong>fferenza<br />
e a guardare dalla parte opposta.<br />
«Bene allora» <strong>di</strong>chiarò Horris Kew con tono ufficiale, schiarendosi la<br />
gola. «Vi sono occasioni, piuttosto frequenti devo aggiungere, in cui lo<br />
stress del lavoro e il peso dei doveri ci rendono la vita piuttosto pesante, e<br />
allora abbiamo bisogno <strong>di</strong> qualche sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>versione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento per<br />
rilassarci. Sono certo che anche voi sarete d'accordo su questo. Non sto<br />
parlando solo dei nobili, ma anche dell'uomo comune, dei lavoratori dei<br />
campi e delle fabbriche, dei mercanti e dei negozianti delle nostre fattorie<br />
e delle nostre città. Parlo <strong>di</strong> ogni uomo e donna, <strong>di</strong> ogni bambino e bambina,<br />
<strong>di</strong> gente che lotta tutti i giorni per rendere la propria vita più produttiva<br />
e...»<br />
«Vieni al punto, Horris» lo interruppe Questor con tono annoiato. «E<br />
stata una giornata molto lunga.»<br />
Horris si fermò, sorrise e scrollò le spalle. «Benissimo. Un <strong>di</strong>versivo,<br />
quin<strong>di</strong>. Un modo per togliere lo stress dalle nostre vite per qualche ora.<br />
Credo <strong>di</strong> aver trovato qualcosa che serva a questo scopo.»<br />
«Molto encomiabile da parte tua» intervenne Abernathy. «Solo che<br />
qualcuno ha già fatto questa scoperta molto tempo fa. Si chiama gioco. A<br />
volte si fa in gruppi, a volte da soli. Esistono <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> gioco. Hai<br />
forse scoperto un nuovo gioco? É per questo che sei venuto fin qui?»<br />
Horris Kew si produsse in una risatina cortese, per quanto apparisse emessa<br />
attraverso denti stretti. «Oh, no, non si tratta <strong>di</strong> un gioco. E tutt'altra<br />
cosa.» Fece una pausa, quin<strong>di</strong> si chinò in avanti con aria cospiratrice. «Un<br />
cristallo dell'occhio della mente!» sussurrò con tono rauco.<br />
«Un cosa?» domandò Questor Thews corrugando la fronte.<br />
«Un cristallo dell'occhio della mente» ripeté l'altro scandendo bene le<br />
parole. «Lo conoscete?»<br />
Questor non ne aveva mai sentito parlare, ma non voleva ammettere la<br />
sua ignoranza davanti a Horris Kew. «Qualcosina, forse.» Increspò le labbra.<br />
«Ma <strong>di</strong>mmi, <strong>di</strong>mmi comunque <strong>di</strong> che si tratta.»<br />
«Un cristallo» <strong>di</strong>sse Horris, sollevando un <strong>di</strong>to. «Un cristallo nel quale si<br />
può guardare come fosse uno specchio. E quando lo si guarda, il cristallo<br />
ci mostra immagini del passato e del futuro, immagini <strong>di</strong> noi stessi e <strong>di</strong> co-
loro che amiamo. Le immagini sono tutte gradevoli e benvenute, e ci <strong>di</strong>stolgono<br />
momentaneamente dai nostri problemi. È la perfetta <strong>di</strong>versione<br />
dallo stress quoti<strong>di</strong>ano.» Si strofinò le mani. «Ecco, lasciate che ve lo mostri.»<br />
Infilò una mano sotto le sue vesti da supplicante e ne estrasse un cristallo.<br />
Aveva più o meno le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un pollice normale, con cinque facce,<br />
appuntito a un'estremità, piatto dall'altra e abbastanza limpido da poterci<br />
vedere attraverso.<br />
«Volete provarlo?» domandò a Questor Thews, porgendogli il cristallo.<br />
«Aspettate un attimo.» Abernathy si frappose fra i due. «Questo affare è<br />
magico, non è vero?»<br />
Horris annuì con calma. «Sì, lo è.»<br />
«Mi era sembrato <strong>di</strong> averti sentito <strong>di</strong>re che avresti rinunciato agli incantesimi<br />
a meno che non ti venisse richiesto specificamente. Anzi, mi sembra<br />
che tu abbia ad<strong>di</strong>rittura giurato all'Alto Signore che vi avresti rinunciato.<br />
Che ne è stato quin<strong>di</strong> del tuo voto, Horris? Da do ve proviene questo cristallo<br />
se non l'hai evocato con un incantesimo?»<br />
Horris Kew sollevò entrambe le mani con i palmi rivolti all'infuori.<br />
«Non ho infranto la mia promessa, Abernathy. Questo» mostrò il cristallo<br />
per la seconda volta «mi è stato mostrato in sogno. Stavo dormendo nel<br />
profondo dei boschi... uh» ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione «del nord. Stavo<br />
dormendo, dopo una giornata <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione sugli errori della<br />
mia vita, e sognavo. Ebbene, nel sogno mi è stato mostrato il cristallo dell'occhio<br />
della mente. É stata una visione <strong>di</strong> grande potere. Mi ha detto del<br />
cristallo e mi ha detto dove lo si poteva trovare. Mi ha detto <strong>di</strong> andarlo a<br />
cercare. Quando mi sono svegliato, mi sono trovato spinto a fare ciò che<br />
mi era stato detto in sogno. Così, sono andato alla ricerca e ho trovato ciò<br />
che mi era stato promesso. E sapendo che il mio esilio non è ancora stato<br />
annullato, mi sono sentito in dovere <strong>di</strong> portarlo qui da voi.» Fece un'altra<br />
pausa, abbassando lo sguardo verso i propri pie<strong>di</strong>. «Devo ammettere che<br />
l'ho fatto nella speranza che ciò potesse in qualche modo influenzarvi e<br />
portarvi a prendere una decisione in mio favore.»<br />
Abernathy non era affatto impressionato da ciò. Rimase impassibile, il<br />
suo volto canino immobile come i suoi occhi indagatori. In quel racconto<br />
vi era una menzogna, ne era certo. «In tutta la tua vita» <strong>di</strong>sse «non hai mai<br />
usato alcuna forma <strong>di</strong> magia che non si trasformasse in qualcosa <strong>di</strong> negativo<br />
per chi la utilizzava o ne entrava in contatto. E non sono assolutamente
<strong>di</strong>sposto a credere che sarà <strong>di</strong>verso con questo cristallo dell'occhio della<br />
mente.»<br />
«Ma io sono cambiato!» protestò Horris con un gesto drammatico. «Sono<br />
un altro uomo ora, Abernathy. Ho rinnegato la mia vita precedente e ho<br />
deciso <strong>di</strong> seguire un'altra strada. E questo cristallo rappresenta il mio primo<br />
passo su questa nuova strada.» Si raddrizzò. «Vi propongo una cosa. Perché<br />
non lo provate voi per primo, invece <strong>di</strong> Questor Thews? Così, se vi saranno<br />
problemi, Questor potrà usare la sua formidabile magia per fare <strong>di</strong><br />
me ciò che vuole. Certamente sarete d'accordo sul fatto che sarà in grado<br />
<strong>di</strong> neutralizzarmi nel caso ci sia sotto qualche trucco. E comunque, perché<br />
mai dovrei tentare qualcosa <strong>di</strong> così sciocco trovandomi così vicino alle<br />
prigioni nelle quali avete già minacciato <strong>di</strong> rinchiudermi?»<br />
Non aveva tutti i torti. Abernathy esitò. «Mi aspetterei qualsiasi cosa da<br />
te, Horris» mormorò.<br />
«Viva Horris, viva Horris!» gracchiò improvvisamente l'uccello, facendo<br />
sbattere il becco rumorosamente.<br />
Abernathy rivolse un'occhiata gelida a Biggar. «Cosa ne pensate, Questor<br />
Thews?» <strong>di</strong>sse, rivolgendosi all'altro.<br />
La bocca del mago <strong>di</strong> corte era una linea stretta. «Vi sono guar<strong>di</strong>e ovunque.<br />
Se succede qualcosa <strong>di</strong> strano, Horris se ne va in gattabuia e ci rimane.<br />
E se c'è da combattere qualche magia, sono qui pronto.» Scosse il capo.<br />
«Dipende solo da te, Abernathy.»<br />
«Non ve ne pentirete» insistette Horris, porgendo nuovamente il cristallo<br />
allo scrivano. «Ve lo prometto.»<br />
Abernathy emise un sospiro. «Va bene, va bene. Qualsiasi cosa, pur <strong>di</strong><br />
farla finita con questa faccenda. Cosa devo fare?»<br />
Horris era raggiante. «Basta prendere il cristallo, portarselo all'occhio,<br />
guardarci dentro e pensare pensieri felici.»<br />
Abernathy fece una smorfia. «Oh, mio Dio. Va bene, dammelo.»<br />
Allungò una mano, prese il cristallo, se lo portò all'occhio e vi guardò<br />
dentro. Non accadde nulla. Doveva immaginarselo, pensò Abernathy con<br />
sdegno. Nessuna sorpresa. Tuttavia, gli era stato detto <strong>di</strong> pensare pensieri<br />
felici, quin<strong>di</strong> cercò <strong>di</strong> pensare a qualcosa che lo avrebbe fatto star bene, e<br />
infine venne fuori con l'immagine <strong>di</strong> Horris e il suo uccello rinchiusi in<br />
una cella. Era un pensiero che lo fece sentire subito meglio, decise, tanto<br />
che si ritrovò a sorridere pur non volendolo.<br />
In quel momento preciso il cristallo si illuminò e lo coinvolse interamente,<br />
attirando lo sguardo del cane nelle sue profon<strong>di</strong>tà multisfaccettate, ti-
andolo fuori da se stesso, facendolo sprofondare nella sua luce. Abernathy<br />
annaspò. Che cosa stava vedendo? C'era qualcosa, qualcosa <strong>di</strong> meraviglioso,<br />
qualcosa <strong>di</strong> familiare...<br />
Poi Abernathy vide con chiarezza. Vi era un uomo nella luce, un uomo<br />
che usciva da casa sua per dare il benvenuto a una nuova giornata, che salutava<br />
i suoi amici <strong>di</strong> passaggio. L'uomo portava dei libri sottobraccio ed<br />
era <strong>di</strong>retto al lavoro. Indossava un paio <strong>di</strong> occhiali e un abito cerimoniale<br />
da scrivano <strong>di</strong> corte.<br />
No!<br />
Quell'uomo era Abernathy nella sua forma originale. Abernathy in forma<br />
umana. Abernathy prima <strong>di</strong> essere trasformato in cane. Se stesso, ancora<br />
una volta.<br />
Il cane provò un'improvvisa gioia guardando quella scena, una felicità<br />
che non provava da anni. Nell'immagine del cristallo era tornato nuovamente<br />
se stesso! Ritornare a essere l'uomo che era stato era il più grande<br />
desiderio della sua vita, un desiderio che non aveva mai osato nemmeno<br />
contemplare da quando aveva scoperto che Questor Thews, dopo averlo<br />
trasformato in cane, non era più in grado <strong>di</strong> farlo tornare uomo. Erano stati<br />
fatti innumerevoli tentativi per rime<strong>di</strong>are a quella situazione, ma erano falliti<br />
tutti, e alla fine Abernathy si era rassegnato in maniera definitiva a quel<br />
suo stato canino. Ma ora, qui, in quell'immagine all'interno <strong>di</strong> un cristallo,<br />
aveva la, possibilità <strong>di</strong> provare ancora una volta che cosa significava essere<br />
un uomo! Riusciva ad<strong>di</strong>rittura a percepire il corpo dell'altro come se fosse<br />
il suo. Riusciva a provare realmente la sensazione <strong>di</strong> essere un umano.<br />
Le emozioni generate da quella magia erano troppo forti da sopportare<br />
così, all'improvviso. Abernathy chiuse la mano attorno al cristallo, privandosi<br />
volontariamente dell'immagine. Riusciva a malapena a respirare.<br />
«Come hai fatto?» sussurrò con tono incredulo.<br />
«Io non ho fatto proprio nulla» ribatté prontamente Horris Kew. «E noi<br />
non abbiamo potuto vedere ciò che voi avete visto. Solo colui che tiene il<br />
cristallo può vedere la visione. Si tratta <strong>di</strong> una rivelazione personale, privata<br />
e inviolabile. Comprendete gli usi che può avere una magia <strong>di</strong> questo<br />
genere?»<br />
Abernathy annuì, pensando a quanto sarebbe stato bello poter evocare<br />
quell'immagine <strong>di</strong> se stesso ogni volta che desiderava, per ricordare come<br />
era stata la sua vita. «Sì, lo comprendo» rispose a bassa voce.
A questo punto fu Questor a farsi avanti. «Questo affare funziona?» domandò,<br />
prendendo il suo vecchio amico per le spalle e scrutando nei suoi<br />
occhi. «Mmm, parrebbe proprio <strong>di</strong> sì. Ti senti bene?»<br />
Abernathy annuì, incapace <strong>di</strong> pronunciare alcunché, ripensando nuovamente<br />
a ciò che l'immagine gli aveva mostrato, ripensando a se stesso come<br />
era stato prima della trasformazione. Fece una certa fatica a rimanere<br />
calmo, a mantenere dentro <strong>di</strong> sé ciò che stava provando.<br />
Nessuno dei due colse il rapido sguardo che si scambiarono Horris e<br />
Biggar. Bene, bene, <strong>di</strong>ceva quello sguardo.<br />
«Potete capire quin<strong>di</strong> l'enorme potenziale <strong>di</strong> questa magia» aggiunse rapidamente<br />
Horris. «La fuga dalla noia e dallo stress della vita quoti<strong>di</strong>ana è<br />
sempre vicina a voi se possedete un cristallo dell'occhio della mente. Non<br />
richiede alcuna partecipazione <strong>di</strong> gruppo, nessun genere <strong>di</strong> equipaggiamento,<br />
pochissimo tempo. Usate il cristallo in una pausa <strong>di</strong> lavoro e poi vi<br />
tornerete rinfrescati!» Si produsse in un sorriso benevolo. «Non vi sentite<br />
forse più felice e riposato ora, Abernathy?» domandò.<br />
Abernathy deglutì. «Sì» assentì. «Mi sento meglio.»<br />
«Ecco!» esclamò Horris con tono felice. «Abernathy, questo cristallo è<br />
per voi. Voglio che lo teniate. Un dono da parte mia, per avermi dato la<br />
possibilità <strong>di</strong> appagare i miei desideri.»<br />
«Grazie, Horris» replicò Abernathy sinceramente compiaciuto, già ansioso<br />
<strong>di</strong> scrutare ancora una volta nella luce del cristallo. Ogni suo sospetto<br />
sulle motivazioni del mago si era completamente <strong>di</strong>ssipato. «Ti ringrazio<br />
molto.»<br />
«Dovete sapere» continuò Horris, anticipando Questor Thews che stava<br />
per obiettare qualcosa «che ne ho anche qualcun'altro da dare via. Anzi, a<br />
<strong>di</strong>r la verità ne ho parecchi.»<br />
Si chinò su uno dei bauli, aprì il gancio e lo spalancò. Il baule era pieno<br />
fino all'orlo <strong>di</strong> cristalli dell'occhio della mente.<br />
«A migliaia» <strong>di</strong>sse, producendosi in un ampio gesto della ma no. «La visione<br />
me ne ha mostrato uno solo, ma quando ho seguito il sentiero per<br />
vedere dove era nascosto, ho trovato tutti questi. Due bauli pieni, Questor.<br />
Li ho portati entrambi, e voglio che ve li teniate voi. Una piccola penitenza,<br />
per così <strong>di</strong>re, per i miei sgarbi del passato. Non riesco a capire per quale<br />
motivo io sia stato scelto per trovarli, ma sono molto grato che sia avvenuto<br />
e ho deciso <strong>di</strong> accettare la responsabilità del loro uso corretto. Quin<strong>di</strong><br />
ora io li affido a voi. É il mio dono per Landover. Passateli alla gente e la-
sciate che godano delle visioni che vi troveranno. Un po' <strong>di</strong> felicità per<br />
ammorbi<strong>di</strong>re gli spigoli dei loro momenti più duri.»<br />
Questor Thews e Abernathy fissarono il baule <strong>di</strong> cristalli a bocca aperta.<br />
«Magari se la gente si manterrà occupata con i cristalli vi sarà meno violenza»<br />
continuò Horris Kew con aria pensierosa, alzando lo sguardo verso<br />
la volta della stanza come se fosse alla ricerca <strong>di</strong> una verità più elevata.<br />
«Magari vi saranno meno guerre e uccisioni per motivi futili, poiché i cristalli<br />
forniranno un <strong>di</strong>versivo molto più gradevole e innocuo. Magari la<br />
gente passerà meno tempo a spargere strane voci che portano a situazioni<br />
problematiche.» Rivolse uno sguardo subdolo al cane e allo stregone, cogliendo<br />
perfettamente l'occhiata che i due si scambiarono. «Vi saranno<br />
meno linguacce, meno voci che girano sul modo in cui viene gestito il potere<br />
su Landover e sulla vali<strong>di</strong>tà o meno dei suoi reggenti.»<br />
«Hmmm.» Questor si massaggiò la barba con aria pensierosa. «Sì, può<br />
darsi. Ma funziona veramente?» domandò ancora una volta, fissando Abernathy<br />
negli occhi e prendendogli la mano che stringeva il cristallo.<br />
Abernathy allontanò la mano, stringendola ancor <strong>di</strong> più attorno al prezioso<br />
cristallo.<br />
«Naturalmente, ne ho uno anche per voi, Questor» intervenne rapidamente<br />
Horris Kew. Si voltò e chiuse il baule. «Questi sono tutti vostri ora.»<br />
Si produsse in un ampio sba<strong>di</strong>glio. «Be', abbiamo parlato abbastanza.<br />
Dovreste essere già a letto voi due, a prepararvi per le sfide <strong>di</strong> domani. Sono<br />
certo <strong>di</strong> avervi stancato con tutte queste parole. Se avete una stuoietta<br />
per farmi dormire, ve ne sarei infinitamente grato. Domattina me ne ripartirò,<br />
rimanendo in atte sa <strong>di</strong> notizie da...»<br />
Si fermò. «A meno che» continuò, come se gli fosse venuto in mente solo<br />
in quel momento «a meno che voi non pren<strong>di</strong>ate in considerazione l'idea<br />
<strong>di</strong> lasciare che vi aiuti nella <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli?»<br />
Sorrise con aria speranzosa, in attesa della loro risposta.<br />
Greenwich<br />
Per due giorni, Willow camminò verso ovest attraverso la regione dei<br />
laghi assieme a Edgewood Dirk, <strong>di</strong>retta verso le nebbie fatate e il sentiero<br />
invisibile che li avrebbe portati fuori da Landover, fino al mondo <strong>di</strong> Ben.<br />
Dirk faceva strada, anche se non ne dava affatto l'impressione, procedendo<br />
tranquillamente al fianco <strong>di</strong> Willow o anche alle sue spalle, portandosi avanti<br />
solo quando i passi <strong>di</strong> lei uscivano dal percorso che aveva scelto.
Procedeva con tutta tranquillità, segnando il passo a modo suo, rifiutando<br />
qualsiasi pressione, comportandosi come se il tempo non avesse alcuna<br />
importanza e la loro fosse una semplice passeggiata nel parco <strong>di</strong> domenica<br />
pomeriggio. Willow aveva incontrato Edgewood Dirk una sola volta in<br />
precedenza, e quasi tutto ciò che sapeva <strong>di</strong> lui lo aveva appreso da Ben.<br />
Dirk era stato il compagno fisso <strong>di</strong> Ben nel corso della ricerca dell'unicorno<br />
nero dopo che Meeks, fratello <strong>di</strong> Questor Thews ed ex mago <strong>di</strong> corte <strong>di</strong><br />
Landover, era riuscito a ingannare Ben convincendolo che avesse perso il<br />
medaglione che gli dava il potere e l'autorità necessarie per essere Re. Privato<br />
della sua identità, respinto dai suoi amici che lo consideravano un impostore<br />
e sostituito sul trono dallo stesso Meeks, Ben era stato mandato in<br />
mezzo alla natura selvaggia e lasciato lì a morire. Solo che gli esseri fatati,<br />
spinti da motivazioni conosciute solo da loro, avevano mandato Edgewood<br />
Dirk per aiutarlo a scoprire la verità su quanto era accaduto. Dirk lo aveva<br />
accompagnato nella sua ricerca, offrendo all'ex Re i suoi consigli enigmatici<br />
da gatto e una <strong>di</strong>rezione definita in maniera molto vaga. Ben era alla<br />
ricerca <strong>di</strong> Willow, che a sua volta era alla ricerca dell'unicorno nero, e il<br />
culmine era stato raggiunto con un violento confronto fra Dirk e Meeks,<br />
confronto che era stato il catalizzatore della ripresa <strong>di</strong> Ben.<br />
Tutto ciò era avvenuto quasi due anni prima, e da allora nessuno aveva<br />
mai più visto o sentito parlare <strong>di</strong> Edgewood Dirk. Ma ora, eccolo riapparire<br />
improvvisamente; ancora una volta era stato mandato dalle fate, e ancora<br />
una volta solo le fate sapevano i motivi per i quali lo avevano mandato.<br />
Anche lo stesso Edgewood Dirk era un essere fatato, benché si trattasse<br />
<strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quelli in<strong>di</strong>pendenti. Di fatto si trattava <strong>di</strong> un gatto, e <strong>di</strong> conseguenza<br />
faceva esattamente ciò che desiderava a prescindere dai desideri<br />
degli altri, il che rendeva molto <strong>di</strong>fficile determinare quali fossero i suoi<br />
scopi negli eventi. Nel tempo che aveva trascorso con Ben, il gatto aveva<br />
provato al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni dubbio la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> questo fatto. Dirk era un gatto<br />
prismatico, una creatura dotata <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> magia molto rara. Era in<br />
grado <strong>di</strong> trasformarsi da un essere <strong>di</strong> carne e sangue a una forma cristallina<br />
dura come l'acciaio che gli permetteva <strong>di</strong> catturare la luce e <strong>di</strong> trasformarla<br />
in un raggio <strong>di</strong> fuoco mortale. Dirk usava molto poco quel suo potere, ma<br />
quando lo usava, lo faceva con grande confidenza. Per quanto <strong>di</strong>stante e riservato<br />
potesse apparire, per quanto sembrasse <strong>di</strong>stratto rispetto a ciò che<br />
avveniva attorno a lui, Dirk non era certo un elemento con cui scherzare.<br />
Così, Willow lo seguiva con una certa confidenza, sicura del fatto che,<br />
nel caso fossero insorte minacce, Dirk avrebbe avuto da <strong>di</strong>re la sua.
Senz'altro avrebbe preferito essere accompagnata da Ben, ma la Madre<br />
Terra aveva eliminato a priori quell'alternativa. A volte bisognava accettare<br />
ciò che si aveva. E Willow si sentiva talmente insicura per quanto riguardava<br />
quell'impresa che qualsiasi compagnia le sarebbe stata <strong>di</strong> grande<br />
conforto.<br />
Dirk, naturalmente, sembrava essere assolutamente in<strong>di</strong>fferente all'intera<br />
faccenda.<br />
«Sei stato mandato per via <strong>di</strong> Ben?» gli domandò nel corso del la loro<br />
prima notte all'ad<strong>di</strong>accio. Erano seduti entrambi davanti a un piccolo fuoco<br />
che Dirk aveva insistito nel voler preparare per <strong>di</strong> fendersi da chissà quale<br />
freddo immaginario. Willow aveva raccolto della legna secca e le aveva<br />
dato fuoco. L'inizio <strong>di</strong> una collaborazione lavorativa, aveva pensato mentre<br />
preparava il fuoco.<br />
Dirk si stava leccando una zampa con fare <strong>di</strong>ligente. «Non sono stato<br />
mandato. Io non vengo mai mandato. Vado dove mi pare <strong>di</strong> andare.»<br />
«Scusami. Ma allora come mai hai scelto <strong>di</strong> venire?»<br />
Lecca, lecca, lecca. «Veramente non ricordo. Immagino che mi sia parsa<br />
una buona idea.» Lecca, lecca.<br />
«E puoi <strong>di</strong>rmi dove siamo <strong>di</strong>retti?»<br />
«A ovest» <strong>di</strong>sse il gatto. Lecca, lecca.<br />
«Sì, ma...»<br />
Dirk smise <strong>di</strong> pulirsi e le rivolse la sua occhiata da gatto, un'occhiata che<br />
suggeriva allo stesso tempo <strong>di</strong>vertita astuzia, grande comprensione, profondo<br />
interesse e assoluto stupore. «Un attimo solo, per favore. Forse non<br />
ci siamo capiti bene. Tu non sai dove stiamo andando?»<br />
Willow scosse il capo, confusa. «Veramente, no.»<br />
La fissò con aria pensierosa. «Oh, caspita» <strong>di</strong>sse. «Oh, be'. Immagino<br />
che dovremmo trovare la strada come possiamo.» Detto questo, tornò a<br />
leccarsi la zampa.<br />
Poco dopo, Willow trovò il coraggio <strong>di</strong> chiedere <strong>di</strong> nuovo, utilizzando<br />
un approccio leggermente <strong>di</strong>verso.<br />
«Raggiungeremo le nebbie fatate dopodomani» <strong>di</strong>chiarò con tono cauto.<br />
«Quando saremo arrivati, che cosa faremo?»<br />
Dirk nel frattempo aveva finito <strong>di</strong> lavarsi ed era seduto sull'erba accanto<br />
al fuoco, con le zampe infilate sotto il corpo e gli occhi chiusi.<br />
I suoi occhi si aprirono, due piccole fessure orizzontali. «Passiamo attraverso<br />
le nebbie fino al mondo <strong>di</strong> Holiday.» Richiuse gli occhi.<br />
«E come?»
Aprì nuovamente gli occhi, allargandoli un poco più <strong>di</strong> prima. «Che razza<br />
<strong>di</strong> domanda è questa? Devo <strong>di</strong>re che non capirò mai gli umani.»<br />
«Io sono una silfide.»<br />
«Oh, le silfi<strong>di</strong>...»<br />
Le labbra <strong>di</strong> Willow si strinsero. «È solo che sono preoccupata per mio<br />
figlio. Devo fare alcune cose per proteggere la sua nascita, ma non so come<br />
queste cose vanno fatte.»<br />
Dirk le rivolse uno sguardo <strong>di</strong> genuino interesse. «I gatti imparano molto<br />
presto che si ottiene ben poco preoccupandosi. I gatti sanno anche che le<br />
cose hanno il loro modo <strong>di</strong> procedere, anche se le modalità specifiche ci<br />
vengono tenute nascoste. È molto meglio preoccuparsi delle cose nel momento<br />
in cui insorgono, e lasciare che il futuro si occupi <strong>di</strong> se stesso.»<br />
«Parrebbe un comportamento piuttosto imprevidente» suggerì Willow.<br />
Dirk forse scrollò le spalle; era <strong>di</strong>fficile stabilirlo. «Io sono un gatto»<br />
<strong>di</strong>sse, come se questo spiegasse tutto.<br />
Willow non accennò più alle sue preoccupazioni quella notte, e nemmeno<br />
il giorno seguente; la sera dopo, quando ebbero attraversato la regione<br />
dei laghi e si stavano apprestando a salire per le prime colline che segnavano<br />
i confini delle nebbie fatate, fu piuttosto stupita nel sentire Dirk tirare<br />
fuori la questione <strong>di</strong> sua spontanea volontà.<br />
«Domani mattina, ti porterò attraverso le nebbie» le <strong>di</strong>sse mentre lei lavorava<br />
per preparare l'in<strong>di</strong>spensabile fuoco serale. Willow aveva steso il<br />
suo mantello a terra, e il gatto vi si era appoggiato sopra in tutta como<strong>di</strong>tà.<br />
Lo guardò. «Puoi fare questo?» domandò.<br />
«Certo che posso» replicò il gatto con tono quasi offeso. «Io vivo lì, ricor<strong>di</strong>?<br />
Conosco tutti i sentieri e i passaggi.»<br />
«È solo che non ero sicura <strong>di</strong> ciò che tu fossi in grado <strong>di</strong> fare.» Si appoggiò<br />
sui talloni. «Non sapevo che le creature fatate potessero entrare e<br />
uscire dalle nebbie a loro piacimento per recarsi in altri mon<strong>di</strong>. Pensavo<br />
che vi fossero delle limitazioni <strong>di</strong> qualche sorta.»<br />
Dirk si produsse in uno sba<strong>di</strong>glio. «Pensavi male. I gatti possono andare<br />
ovunque. Lo sanno tutti.»<br />
«E sai anche il punto in cui usciremo?» insistette.<br />
Il gatto ci pensò su un attimo. «In una città, credo. Ha forse importanza?»<br />
Willow si rese conto che la sua esasperazione nei confronti <strong>di</strong> Dirk stava<br />
giungendo al limite. «Sì, ha importanza. Sto tornando in un mondo dove<br />
una volta sono quasi morta. Lo sto facendo contro la mia volontà ed esclu-
sivamente per amore <strong>di</strong> mio figlio. Voglio recarmi là, fare ciò che devo fare<br />
e andarmene imme<strong>di</strong>atamente. Che possibilità ci sono che questo avvenga?»<br />
Dirk si sollevò, si stirò e si mise a sedere. «Non ne ho la minima idea.»<br />
La scrutò con aria solenne. «Dipende tutto da te, immagino.»<br />
«Sì, ma io non so dove stiamo andando» insistette. «So che devo raccogliere<br />
della terra dal mondo <strong>di</strong> Ben, ma non so dove dovrò andare a cercare<br />
quella terra. È un mondo piuttosto grande per cercarci dentro una cosa,<br />
sai?»<br />
«Be', io non lo so» replicò il gatto. «Non ci sono mai stato. Ma per un<br />
gatto, ogni luogo è più o meno uguale. Sono abbastanza sicuro che troveremo<br />
ciò <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno senza la necessità <strong>di</strong> cercare molto. Io ho<br />
una certa pre<strong>di</strong>sposizione nello scoprire segreti.»<br />
Willow continuò a preparare il fuoco, e quando ebbe finito si scostò e<br />
guardò nuovamente il gatto. «Quanti segreti conosci, Dirk?» gli domandò<br />
con tono calmo. «Conosci anche qualche segreto su <strong>di</strong> me?»<br />
Il gatto sbatté le palpebre. «Ma certo.»<br />
«E su Ben?»<br />
«Holiday? Sì, qualcuno.»<br />
«E puoi <strong>di</strong>rmeli?»<br />
«Se mi va.» Dirk iniziò a ripulirsi il pelo. «Ma i gatti sono riservati <strong>di</strong><br />
natura, e <strong>di</strong>cono ben poco <strong>di</strong> ciò che sanno. Soprattutto perché nessuno ci<br />
dà ascolto. Ne ho parlato spesso con Holiday quando abbiamo avuto occasione<br />
<strong>di</strong> viaggiare assieme. Anche lui era come tutti gli altri. Io gli <strong>di</strong>cevo<br />
le cose, e lui non ascoltava. Io l'ho avvertito che stava facendo un errore,<br />
gli ho detto che i gatti sanno molte cose, ma a quanto pare nessuno presta<br />
mai attenzione a ciò che <strong>di</strong>co. Io gli <strong>di</strong>ssi che era un errore che poteva evitare,<br />
lo avvertii.»<br />
«Se mi <strong>di</strong>rai qualcosa, io ti ascolterò» <strong>di</strong>chiarò Willow. «Dimmi qualsiasi<br />
cosa, Dirk. Dimmi almeno uno dei tuoi segreti. So veramente molto poco<br />
su quanto sta accadendo, e qualsiasi frammento <strong>di</strong> informazione per me<br />
è prezioso. Puoi <strong>di</strong>rmi qualcosa?»<br />
Dirk la scrutò, quin<strong>di</strong> riprese a lavarsi. Si leccò tutto il corpo finché non<br />
fu perfettamente liscio, fermandosi <strong>di</strong> tanto in tanto per vedere se Willow<br />
stava prestando attenzione. Prese il suo tempo, ma Willow attese con pazienza,<br />
rifiutando <strong>di</strong> lasciarsi innervosire. Infine, quando ebbe finito, Dirk<br />
le rivolse il suo sguardo smeral<strong>di</strong>no.
«Avrai un figlio» <strong>di</strong>chiarò. «Ma la cosa non procederà nel modo che tu e<br />
Holiday vi aspettate. Avere delle aspettative è una cosa molto pericolosa<br />
per dei genitori, lo sai? I gatti non hanno mai aspettative, e stanno molto<br />
meglio.»<br />
Willow annuì. «Non possiamo farne a meno. Allo stesso modo in cui<br />
non prestiamo ascolto alle parole dei gatti.»<br />
«Credo proprio che tu abbia ragione» assentì Dirk. «Un vero peccato.»<br />
«Dimmi qualcos'altro.»<br />
Lo sguardo <strong>di</strong> Dirk si strinse. «Ma sei sicura <strong>di</strong> voler sentire ciò che ho<br />
da <strong>di</strong>re? Voglio <strong>di</strong>re, anche questo è uno dei motivi per i quali nessuno<br />
presta ascolto ai gatti.»<br />
Willow ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Sì, voglio sentire.»<br />
«Benissimo.» Rifletté un istante. «Tu e Holiday non vi ritroverete più<br />
per un certo tempo. Di fatto, siete già persi. Lo sapevi?»<br />
«La visione» <strong>di</strong>sse Willow a bassa voce. «La visione <strong>di</strong> mia madre.»<br />
Dirk scrutò nell'oscurità sempre più fitta. «Voi passate un sacco <strong>di</strong> tempo<br />
a chiedervi chi siete, non è vero? Sbattete la testa qua e là alla ricerca<br />
della vostra identità, quando nella gran parte dei casi è lì davanti a voi.<br />
Lottate con domande <strong>di</strong> scopo e <strong>di</strong> bisogno, ma vi <strong>di</strong>menticate che le risposte<br />
sono quasi tutte dentro <strong>di</strong> voi.» Fece un'altra pausa. «I gatti non sono<br />
inclusi in questa analisi. I gatti non perdono tempo a domandarsi certe cose.<br />
I gatti si limitano a vivere.»<br />
«Allora quella visione era vera?» domandò, cercando <strong>di</strong> mascherare il<br />
crescente senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione che si stava impossessando <strong>di</strong> lei all'idea<br />
che qualcosa <strong>di</strong> grave potesse essere effettivamente capitata a Ben, qualcosa<br />
che andava al <strong>di</strong> là del suo controllo.<br />
Dirk sbatté le palpebre. «Quale visione?»<br />
«Ben si trova in pericolo?» insistette.<br />
«Come potrei saperlo?» <strong>di</strong>sse Dirk, stiracchiandosi ancora una volta.<br />
«Faresti meglio ad allontanarti da quel tronco secco.»<br />
Willow si allontanò, e Dirk si increspò e si trasformò in forma cristallina<br />
nella semioscurità del crepuscolo, mutando la sua carne in vetro liquido.<br />
Attinse la luce del crepuscolo, quella delle due lune e quella delle stelle, e<br />
le trasformò in fiamma, che scaturì dai suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni per appiccare<br />
fuoco al tronco. Il tronco prese fuoco imme<strong>di</strong>atamente. Il gatto prismatico<br />
tornò nella sua forma originale, si accomodò nuovamente sul mantello <strong>di</strong><br />
Willow, chiuse gli occhi e si addormentò.
Willow rimase a osservarlo per un certo tempo, quin<strong>di</strong> si addormentò a<br />
sua volta.<br />
Dormì poco e male, tormentata da sogni <strong>di</strong> Ben e <strong>di</strong> loro figlio, sogni in<br />
cui entrambi le venivano sottratti, rubati da mani invisibili che li strappavano<br />
dal suo fianco lasciando solo gli echi delle loro voci. Nel sogno vi era<br />
anche un tacito accenno al fatto che, per qualche motivo, la colpa della loro<br />
scomparsa andava attribuita almeno in parte a lei stessa, che non era stata<br />
presente nel momento in cui avevano avuto maggiore bisogno <strong>di</strong> lei.<br />
Non provò alcun appetito al risveglio, e dato che Dirk non sembrava<br />
mostrare mai alcun interesse nei confronti del cibo, si lavarono e intrapresero<br />
il loro cammino verso i margini delle nebbie fatate appena dopo l'alba.<br />
La giornata era calda e afosa, l'aria estiva come una coperta soffocante<br />
che ricopriva il terreno anche lì, in aperta campagna. L'erba era coperta <strong>di</strong><br />
rugiada, la sua lucente umi<strong>di</strong>tà scintillante nella luce nebbiosa del primo<br />
mattino. Si arrampicarono su per le ultime colline, trovarono un sentiero<br />
che conduceva a un passo ed entrarono nella grigia penombra delle nebbie.<br />
Giunsero a destinazione nel giro <strong>di</strong> un'oretta. Non si scambiarono nemmeno<br />
una parola mentre entravano nella regione delle nebbie fatate. Ora<br />
Dirk si era premurosamente piazzato davanti a lei, non più <strong>di</strong>sposto a lasciare<br />
le cose al caso. Camminava <strong>di</strong>rettamente davanti alla silfide, scegliendo<br />
la strada con grande cura, superando buche, girando attorno a sassi<br />
e procedendo tranquillo sul terreno nudo dove la mancanza <strong>di</strong> luce solare<br />
impe<strong>di</strong>va a qualsiasi erba <strong>di</strong> crescere. Si addentrarono nelle nebbie seguendo<br />
il sentiero finché non vi fu più alcuna traccia del sentiero stesso e<br />
tutta la luce del sole mattutino fu scomparsa, ingoiata dalla nebbia che vorticava<br />
attorno a loro incessantemente, girando prima da una parte e poi<br />
dall'altra, portando gli occhi a seguirla, prima <strong>di</strong> là e poi <strong>di</strong> qua, annullando<br />
qualsiasi senso della <strong>di</strong>rezione, qualsiasi possibilità <strong>di</strong> tenere traccia del<br />
luogo da cui erano venuti o in cui erano <strong>di</strong>retti. Willow tentò <strong>di</strong> ignorare<br />
quel movimento, focalizzando la sua attenzione su Dirk che procedeva con<br />
il suo solito atteggiamento in<strong>di</strong>fferente, come se stesse trovando la strada<br />
per puro caso. Non si voltava mai né a destra né a sinistra, e tantomeno si<br />
guardava alle spalle per vedere se Willow lo stesse seguendo. Di tanto in<br />
tanto annusava l'aria, ma per il resto non sembrava <strong>di</strong>mostrare alcun interesse<br />
per ciò che aveva attorno.
I minuti scivolarono via, ma Willow non riuscì a stabilire esattamente<br />
quanti ne fossero trascorsi. Il tempo e lo spazio persero il loro significato,<br />
e il tutto assunse una conturbante piattezza. Dapprima non vi fu altro che<br />
silenzio, profondo e stagnante, poi iniziarono a u<strong>di</strong>rsi una serie <strong>di</strong> rumorini,<br />
come <strong>di</strong> piccoli animali che si agitavano fra i cespugli o <strong>di</strong> uccelli fra le<br />
foglie degli alberi. Dopo un po', i suoni iniziarono a essere più definiti e a<br />
suggerire la presenza <strong>di</strong> qualcos'altro. Ai margini della visione <strong>di</strong> Willow<br />
iniziarono ad apparire dei volti; riusciva a vederli per un istante e nulla più.<br />
Si trattava <strong>di</strong> volti esili dai lineamenti taglienti, con orecchie e fronti appuntite<br />
e capelli come muschio o paglia. Occhi penetranti come quelli <strong>di</strong><br />
un gufo la osservarono mentre passava. Willow evitò <strong>di</strong> guardarli, tenendo<br />
lo sguardo fisso sui suoi pie<strong>di</strong> e su Edgewood Dirk. Decise <strong>di</strong> non guardarli<br />
perché temeva che, se lo avesse fatto, si sarebbe ritrovata istantaneamente<br />
perduta.<br />
Qualcosa le sfiorò una guancia, e i suoi occhi si riempirono <strong>di</strong> lacrime.<br />
Qualcos'altro le accarezzò una mano, facendole provare un'improvvisa<br />
sensazione <strong>di</strong> calore. Le si accapponò la pelle e le si seccò la bocca. Non<br />
guardare, <strong>di</strong>sse a se stessa. Non voltarti per vedere cos'è. Procedette imperterrita,<br />
seguendo <strong>di</strong>ligentemente i passi <strong>di</strong> Dirk, pensando al bambino che<br />
portava dentro <strong>di</strong> sé, pensando a Ben che la stava aspettando da qualche<br />
parte, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dalla sua paura...<br />
Finché, finalmente, le nebbie iniziarono a recedere, e Willow intravide<br />
qualcosa <strong>di</strong> solido attraverso il grigiore. Una sagoma oscura ricopriva un<br />
muro <strong>di</strong> pietra e la pioggia cadeva a scrosci da un cielo plumbeo. Si u<strong>di</strong>vano<br />
strani suoni meccanici e grida soffocate, e il muro si innalzava verso il<br />
cielo fino a perdersi nell'oscurità. Le nebbie si <strong>di</strong>ssiparono alle sue spalle, e<br />
si ritrovò in pie<strong>di</strong> sotto la pioggia in un vicolo che correva come un profondo<br />
crepaccio fra due e<strong>di</strong>fici altissimi.<br />
Le nubi ricoprivano il cielo e grattavano le cime degli e<strong>di</strong>fici. Le ombre<br />
piombavano dai muri formando pozze ai suoi pie<strong>di</strong>. Dalla superficie crepata<br />
sulla quale si trovava salivano odori nauseanti e pungenti.<br />
«Dove siamo?» sussurrò Willow con tono sconvolto.<br />
Qualcosa si mosse al loro fianco. Si trattava <strong>di</strong> un uomo vestito <strong>di</strong> stracci,<br />
stravaccato davanti a una porta, che dormiva tutto raggomitolato. Era<br />
tutto avvolto in pezzi <strong>di</strong> cartone per <strong>di</strong>fendersi dal freddo. In una mano teneva<br />
ancora stretta una bottiglia vuota.<br />
Dirk annusò l'aria in <strong>di</strong>rezione dell'uomo, quin<strong>di</strong> si scostò. Scrutò entrambi<br />
i lati del vicolo in cui si trovavano. Da una parte finiva in una pare-
te, dall'altra conduceva a una strada rumorosa. Voltandosi nella seconda<br />
<strong>di</strong>rezione, superò con un delicato balzo un ammasso <strong>di</strong> spazzatura caduto<br />
da un cassonetto troppo pieno, contraendo il volto <strong>di</strong>sgustato davanti all'odore<br />
che sentì, e si <strong>di</strong>resse tranquillamente verso il rumore. Willow lo seguì.<br />
Camminarono verso la fine del vicolo, osservando la strada in fondo che<br />
si focalizzava sotto la pioggia, vedendo l'origine del movimento e dei suoni<br />
che avevano sentito. Davanti a loro si muovevano automobili e autobus;<br />
si muovevano a scatti, facendo risuonare i clacson e stridere i freni. Willow<br />
aveva già visto queste cose nel corso della sua ultima visita. Non sapeva<br />
se anche Dirk ne fosse a conoscenza, e comunque ciò che ricordava<br />
in proposito non era affatto piacevole. Già si stava sentendo male per l'impatto<br />
con i suoni e gli odori. La pioggia radunava la sporcizia in piccole<br />
pozze attorno ai suoi stivali. Ovunque vi erano pezzi <strong>di</strong> vetro rotto.<br />
Giunsero alla fine del vicolo, dove si fermarono per guardarsi attorno.<br />
Le automobili e gli autobus erano tutti attaccati gli uni agli altri e procedevano<br />
lenti e compatti sotto la pioggia e l'oscurità verso un'altra fila <strong>di</strong> veicoli<br />
che procedevano in senso perpen<strong>di</strong>colare. Luci rosse e ver<strong>di</strong> si accendevano<br />
e si spegnevano attaccate a cavi sopra le loro teste. Luci giallastre<br />
illuminavano la strada stessa e le finestre degli e<strong>di</strong>fici screpolati e fatiscenti.<br />
Poi vi era gente ovunque, la maggior parte con indosso lunghi cappotti,<br />
alcuni anche con stivali. Camminavano tutti con la testa chinata e trasportavano<br />
strani oggetti (Willow non ne conosceva il nome) per proteggersi<br />
dalla pioggia. Procedevano per la loro strada con un senso <strong>di</strong> urgenza e<br />
rassegnazione pressoché palpabile. Alcuni le rivolsero una rapida occhiata,<br />
ma scostarono lo sguardo imme<strong>di</strong>atamente. Entravano e uscivano in continuazione<br />
dagli autobus e dalle macchine e dalle porte degli e<strong>di</strong>fici. Alcuni<br />
parlavano fra loro, ma la maggior parte delle loro parole erano <strong>di</strong> rabbia e<br />
sconforto.<br />
Dirk annusò l'aria e si guardò attorno, apparentemente a suo agio, e si<br />
incamminò lungo il marciapiede. Willow lo seguì. La folla li catturò e li<br />
trasportò con sé. Willow si strinse il mantello attorno alle spalle, infasti<strong>di</strong>ta<br />
dalla pressione <strong>di</strong> tutta quella gente e dall'odore che emanavano. Pensò a<br />
Ben che viveva in un mondo simile, e decise che non riusciva proprio a<br />
immaginarselo.<br />
Giunsero a un angolo, dove si fermarono poiché tutti erano fermi. Le<br />
vennero rivolti alcuni sguar<strong>di</strong> piuttosto ar<strong>di</strong>ti, ma lei li ignorò. Prese piut-
tosto a osservare gli e<strong>di</strong>fici, alcuni dei quali erano dei mostruosi monoliti<br />
<strong>di</strong> vetro e pietra che si innalzavano verso il cielo piatti e apparentemente<br />
impenetrabili. La gente viveva in quei blocchi? si domandò. A cosa servivano,<br />
altrimenti?<br />
Con sua grande sorpresa, scoprì che era in grado <strong>di</strong> capire ciò che <strong>di</strong>ceva<br />
la gente. Dato che parlava solo il linguaggio <strong>di</strong> Landover, non avrebbe dovuto<br />
essere in grado <strong>di</strong> capire nulla, eppure capiva tutto. Alzò lo sguardo<br />
verso un cartello messo in cima a un palo sull'angolo della strada. Era in<br />
grado <strong>di</strong> leggerlo: Greenwich Avenue.<br />
La luce cambiò da rossa a verde, e la gente riprese a camminare. Willow<br />
seguì Dirk.<br />
Dal lato opposto, a circa un isolato <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, una donna con l'orecchino<br />
al naso tentò <strong>di</strong> dare un calcio a Dirk. Il calcio avrebbe dovuto colpirlo,<br />
ma per qualche strano motivo lo mancò e andò a finire su una sbarra <strong>di</strong> ferro<br />
che si trovava davanti a una finestra a livello del marciapiede, causando<br />
la caduta della donna che lo aveva sferrato. La donna cacciò un grido <strong>di</strong><br />
rabbia e imprecò con violenza verso Dirk, ma il gatto procedette senza<br />
nemmeno degnarla <strong>di</strong> uno sguardo. Willow lo imitò.<br />
«Ehi, signorina, avete qualche spicciolo?» le domandò un uomo dal volto<br />
sparuto con capelli lunghi e barba incolta. Willow scosse il capo e proseguì.<br />
«E un po' tar<strong>di</strong>no per la festa <strong>di</strong> San Patrizio, non è vero?» le <strong>di</strong>sse<br />
alle spalle, scoppiando a ridere.<br />
Willow si chinò verso Dirk. «Capiamo la loro lingua?» domandò incuriosita.<br />
«Sì» replicò Dirk. «Grazie a un po' <strong>di</strong> magia fatata.»<br />
Continuarono a camminare fra la folla. Dopo un po', la pioggia <strong>di</strong>minuì e<br />
il cielo iniziò a schiarirsi. Le auto e i bus aumentarono velocità, e ogni incrocio<br />
risultò ancor più pericoloso per loro. Anche la folla <strong>di</strong>minuì, mutando<br />
<strong>di</strong> carattere mentre procedevano lungo i marciapie<strong>di</strong>. Le donne e gli<br />
uomini tutti ben vestiti cedettero il passo a gruppi più casuali ed eclettici.<br />
Vi erano persone vestite <strong>di</strong> pelle e <strong>di</strong> catene con stivali dalle punte metalliche<br />
che camminavano con movimenti esagerati o rimanevano semplicemente<br />
appoggiati alle pareti degli e<strong>di</strong>fici; persone con lunghe tonache color<br />
pesca, le teste rasate e gli sguar<strong>di</strong> sinceri che <strong>di</strong>stribuivano foglietti;<br />
persone tutte stracciate con cani o bambini che mostravano piccoli cartelli<br />
fatti a mano con scritte del tipo: HO FAME o: per FAVORE aiutatemi;<br />
gente con borse e borsette tenute strette al petto mentre camminavano;<br />
gente <strong>di</strong> tutti i generi, insomma, tutti caratterizzati dallo stesso aspetto
guar<strong>di</strong>ngo e sospettoso, tutti con lo stesso atteggiamento <strong>di</strong> sfida o <strong>di</strong> totale<br />
in<strong>di</strong>fferenza, tutti che guardavano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là in continuazione.<br />
Molta gente fece commenti più o meno espliciti nei confronti <strong>di</strong> Willow;<br />
alcuni gretti e insultanti, altri <strong>di</strong>vertiti e incuriositi. Alcuni tentarono anche<br />
<strong>di</strong> fermarla, ma lei si limitò a proseguire per la sua strada seguendo Dirk.<br />
Quando giunsero a una traversa particolarmente movimentata, Dirk si<br />
fermò. Su un cartello stradale vi era la scritta Avenue of the Americas.<br />
Dirk rivolse uno sguardo a Willow come per <strong>di</strong>re, Ve<strong>di</strong> lì? Ma Willow non<br />
vide nulla. Non riusciva a capire dove si trovassero e perché. Più che altro<br />
voleva giungere nel luogo in cui dovevano andare il più rapidamente possibile<br />
per andarsene altrettanto rapidamente. In quel luogo tutto era sgradevole<br />
e inospitale. Aveva voglia <strong>di</strong> chiedere a Dirk se avesse idea <strong>di</strong> dove<br />
stessero andando, ma sapeva che il gatto non avrebbe gra<strong>di</strong>to che gli si rivolgesse<br />
in mezzo a tutta quella gente. Fra l'altro, doveva pur avere qualche<br />
idea, poiché si stava muovendo fra la gente come se sapesse esattamente<br />
dove stava andando.<br />
«Vi siete persa?» le domandò una giovane donna al suo fianco. La donna<br />
aveva la pelle scura e teneva in braccio un bambino.<br />
«No» rispose Willow senza pensarci, ma mentre parlava si rese conto<br />
che era in grado <strong>di</strong> parlare la lingua del mondo <strong>di</strong> Ben allo stesso modo in<br />
cui era in grado <strong>di</strong> capirla e leggerla. Doveva essere opera della magia fatata<br />
<strong>di</strong> Dirk.<br />
«Siete sicura? Avete un'aria un po' confusa.» Sorrise. «Non è <strong>di</strong>fficile<br />
perdersi in questa città.»<br />
«Vi ringrazio, va tutto bene» rispose Willow.<br />
Il semaforo cambiò e la donna si allontanò. Dirk e Willow attraversarono<br />
un'altra strada, il cui cartello <strong>di</strong>ceva West 8th. Qui vi era gente ovunque.<br />
Negozi aperti sul marciapiede, piccoli mercati <strong>di</strong> frutta e verdura, negozi<br />
<strong>di</strong> gioielli e <strong>di</strong> abiti dai colori luminosi, luoghi che servivano da mangiare<br />
e da bere, un po' <strong>di</strong> tutto, insomma. Lungo i marciapie<strong>di</strong> vi erano delle<br />
bancarelle che vendevano libri e altri gioielli. I ven<strong>di</strong>tori la chiamarono.<br />
Volete comprare questo, volete dare un'occhiata a quello? Alcuni le sorrisero,<br />
e lei sorrise loro a sua volta, scuotendo il capo in <strong>di</strong>niego davanti alle<br />
loro offerte.<br />
«Che look incre<strong>di</strong>bile!» esclamò qualcuno, facendola voltare. Si trattava<br />
<strong>di</strong> un giovanotto con indosso un lungo cappotto scuro, un paio <strong>di</strong> stivali,<br />
una barbettina leggera e una cartelletta <strong>di</strong> pelle in mano. «Siete per caso<br />
un'attrice?»
«No.» Willow scosse il capo. Dirk stava proseguendo lungo la strada.<br />
«Devo andare.»<br />
«Aspettate!» Il giovanotto prese a camminare al suo fianco. «Uh, sentite,<br />
ho pensato che... be', dato che vi siete <strong>di</strong>pinta la pelle <strong>di</strong> verde ho pensato<br />
che... che magari poteste essere un'attrice, o qualcosa del genere. Come<br />
nella comme<strong>di</strong>a Cats. Mi <strong>di</strong>spiace, non volevo essere scortese.»<br />
Willow sorrise. «Non lo siete stato.»<br />
«Mi chiamo Tony. Tony Paolo. Vivo a pochi isolati da qui e sto stu<strong>di</strong>ando<br />
per <strong>di</strong>ventare attore. Sto facendo il secondo anno all'American Academy.<br />
Ci siete mai stata? Dustin Hoffman ha stu<strong>di</strong>ato lì. Anche Danny De<br />
Vito. Un sacco <strong>di</strong> gente. Ho appena finito un'au<strong>di</strong>zione per una parte in<br />
una comme<strong>di</strong>a a Broadway, Neil Simon. Questo è il mio portfolio, sapete,<br />
con le foto e tutto il resto.» In<strong>di</strong>cò la cartelletta che portava sottobraccio.<br />
«È solo una piccola parte, giusto due parole. Ma è un buon inizio.»<br />
Willow annuì e continuò a camminare. Non aveva la più pallida idea <strong>di</strong><br />
che cosa stesse parlando quel ragazzo.<br />
«Sentite, non avete un poco <strong>di</strong> tempo? Mi piacerebbe offrirvi una tazza<br />
<strong>di</strong> caffè, o qualcosa del genere.»<br />
Davanti a lei, Dirk si fermò e tornò in<strong>di</strong>etro. Si infilò fra le sue gambe e<br />
alzò lo sguardo verso Tony. «É il tuo gatto?» domandò Tony. «Ehi, gattino,<br />
gattino...»<br />
«Tieni le mani a posto» <strong>di</strong>sse Dirk mentre Tony si abbassava per accarezzarlo.<br />
Tony si rialzò istantaneamente. Fissò Willow. «Ehi, niente male! Come<br />
<strong>di</strong>avolo avete fatto?» Sorrise. «Non l'ho mai visto fare così bene in vita<br />
mia. Rifallo...»<br />
«Non sarebbe male mangiare qualcosa» <strong>di</strong>sse Dirk.<br />
«Caspita, non avete nemmeno mosso un labbro!» Dichiarò Tony, genuinamente<br />
stupito. «Che talento! Qualcosa da mangiare, eh? C'è un caffè<br />
giusto qui <strong>di</strong>etro l'angolo. Conoscete il Village? Siete <strong>di</strong> queste parti?»<br />
Fece strada attraverso la folla fino a un piccolo bar con tavolini roton<strong>di</strong><br />
ricoperti da tovaglie a scacchi con se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> metallo rigide con cuscini<br />
anch'essi a scacchi. Tony salutò qualcuno che lavorava <strong>di</strong>etro il bancone e<br />
prese un tavolo vicino all'ingresso. Sia Willow sia Dirk si sedettero con lui.<br />
«Allora, che cosa volete?» domandò Tony. Aveva capelli castani sparuti,<br />
occhi scuri e un sorriso rapido e modesto.<br />
«Decidete voi» <strong>di</strong>sse Dirk.
Tony fece come richiesto, or<strong>di</strong>nando da mangiare per sé e per Willow e<br />
una scodella <strong>di</strong> latte per Dirk. Quando arrivò il mangiare, Willow scoprì <strong>di</strong><br />
essere più affamata <strong>di</strong> quanto non credesse, e mangiò tutto senza fermarsi<br />
a decidere se le piacesse o meno. Tony mangiò con lei, <strong>di</strong>cendole quanto<br />
era brava a lanciare la voce e raccontandole della sua vita <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>sta<br />
attore. Dirk rimase seduto davanti al latte, senza nemmeno sfiorarlo.<br />
«Sai, non ti ho ancora chiesto come ti chiami» <strong>di</strong>sse Tony fra un boccone<br />
e l'altro.<br />
«Willow» rispose.<br />
«Davvero? Che nome fantastico. E fai sempre la ventriloqua o hai qualche<br />
altro lavoro?»<br />
Willow esitò. Cosa doveva <strong>di</strong>re?<br />
«Okay, non c'è bisogno che tu me lo <strong>di</strong>ca. Ma non sei un'attrice, vero?»<br />
«No, non sono un'attrice.»<br />
Quando ebbero finito, Tony domandò nuovamente: «Vivi da qualche<br />
parte nei <strong>di</strong>ntorni?»<br />
Willow rivolse un'occhiata a Dirk, che stava fissando la porta ed era già<br />
pronto a ripartire. «No, sono solo qui in visita.»<br />
«Da dove?»<br />
«Landover» <strong>di</strong>sse Willow senza riflettere.<br />
«Landover, nel Maryland, giusto? Conosco Landover. E con chi stai<br />
qui? Hai degli amici, o qualcosa del genere?»<br />
Scosse il capo. «Ora devo andare, Tony. Grazie per il pasto. Spero che<br />
tu <strong>di</strong>venti un ottimo attore.»<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong> e si <strong>di</strong>resse verso la porta. Dirk era già sul marciapiede.<br />
«Ehi, aspetta!» chiamò Tony, buttando dei sol<strong>di</strong> sul tavolo e rincorrendola.<br />
La raggiunse fuori dal locale. «Potrei rivederti qualche volta, magari?»<br />
Willow scosse il capo e prese a camminare, domandandosi come fare<br />
per liberarsi <strong>di</strong> quel tipo. Tony camminò al suo fianco. «So che ci siamo<br />
appena incontrati ma... be', mi piacerebbe molto invitarti a cena, o a teatro,<br />
o da qualche parte. Anche se magari mi toccherà venire fino a Landover...»<br />
«É sposata» annunciò Dirk. «Felicemente.»<br />
Tony si fermò sui suoi passi. «Oh, scusami, non mi ero reso conto...»<br />
Attraversarono una strada trafficata, lasciandolo lì a pensare che cosa <strong>di</strong>re.<br />
Tony li seguì con lo sguardo.<br />
La notte piombò poco dopo, all'improvviso; il cielo si oscurò, le nubi<br />
tornarono e le luci artificiali della città si accesero. Willow e Dirk erano
seduti su una panca in un parco con un grosso arco <strong>di</strong> marmo che si chiamava<br />
Washington Square. Fino a pochi minuti prima era stato pieno <strong>di</strong><br />
gente, gente con bambini, gente che leggeva giornali, gente con cani e giochi,<br />
ma ora con il calare del sole si stava svuotando completamente. Rimanevano<br />
solo alcuni uomini anziani seduti su altre panchine e un gruppetto<br />
<strong>di</strong> ragazzi sotto a un albero dal lato opposto del parchetto. Sull'angolo della<br />
strada, un vecchio straccione con un cane chiedeva la carità.<br />
Erano passate solo poche ore da quando Dirk e Willow erano giunti da<br />
Landover, dove era mattino, il che significava che il tempo non trascorreva<br />
alla stessa velocità nei due mon<strong>di</strong>. In che modo avrebbe influenzato l'invecchiamento<br />
passare da un mondo all'altro? si domandò Willow. Che<br />
stesse invecchiando <strong>di</strong>versamente da Ben? Scrutò nell'oscurità, osservando<br />
le luci della città al <strong>di</strong> là del parco. Dirk era rannicchiato al suo fianco con<br />
le zampe sotto il corpo e gli occhi chiusi. Quando erano rimasti soli le aveva<br />
detto che dovevano attendere la notte in quel parco, aspettando un<br />
momento in cui non vi fosse gente in giro a <strong>di</strong>sturbarli. A quanto pareva<br />
era proprio lì che doveva raccogliere la terra <strong>di</strong> cui aveva bisogno, anche<br />
se Dirk non aveva specificato nulla <strong>di</strong> particolare. Dirk raramente specificava<br />
qualcosa.<br />
L'oscurità aumentò e le ore trascorsero, e ancora rimasero seduti sulla<br />
panchina ad aspettare. Willow era molto paziente e l'attesa non la <strong>di</strong>sturbò.<br />
Ora capiva perché Dirk aveva voluto che mangiasse qualcosa. Lei avrebbe<br />
potuto benissimo arrivare fino a quel punto senza mangiare, ma suo figlio<br />
aveva bisogno <strong>di</strong> nutrimento. Il gatto questo lo capiva perfettamente. Willow<br />
abbassò lo sguardo verso <strong>di</strong> lui e si domandò quanta della sua in<strong>di</strong>fferenza<br />
facesse semplicemente parte del suo atteggiamento esteriore.<br />
Presto si trovarono soli, a parte qualche passante occasionale. La mezzanotte<br />
venne e passò, ma la città non <strong>di</strong>ede alcun segno <strong>di</strong> voler chiudere<br />
per la notte. I negozi erano tutti chiusi, ma i locali che <strong>di</strong>stribuivano cibi e<br />
bevande rimanevano aperti. Sulle strade vi era ancora gente, ad<strong>di</strong>rittura a<br />
folle, persone che andavano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, si gridavano <strong>di</strong>etro e ridevano<br />
fra loro, provenienti da qualche locale o <strong>di</strong>retti in qualche altro. Nessuno<br />
sembrava voler andare a dormire. Nessuno sembrava ansioso <strong>di</strong> andare a<br />
casa.<br />
Willow osservò la gente e le luci <strong>di</strong>stanti, cercando <strong>di</strong> immaginare come<br />
doveva essere la vita lì. Pietra, cemento e vetro in ogni <strong>di</strong>rezione, gli e<strong>di</strong>fici<br />
come lunghe file <strong>di</strong> soldati in marcia, le strade piatte e infinitamente<br />
lunghe, la terra visibile ridotta a piccoli quadrati <strong>di</strong> verde consunto come
quel parchetto in cui si trovavano... un vero e proprio incubo. Nulla era reale,<br />
tutto veniva costruito. L'odore, il sapore, l'aspetto e la sensazione <strong>di</strong><br />
quel luogo l'assalivano ogni volta che vi prestava attenzione e minacciava<br />
<strong>di</strong> inghiottirla come una piccola scheggia <strong>di</strong> luce nel mezzo <strong>di</strong> un'immensa<br />
oscurità.<br />
Qualcuno lasciò il marciapiede e si avvicinò alla loro panchina; si trattava<br />
<strong>di</strong> una figura familiare, cappotto lungo, stivali, capelli ra<strong>di</strong> e sorriso<br />
pronto. Willow si irrigidì.<br />
«Ancora qui, a quanto vedo» <strong>di</strong>sse Tony fermandosi davanti a lei.<br />
«Dimmi la verità, Willow, ce l'hai un posto per dormire? Ti ho seguita, e a<br />
quanto pare non sembri avere intenzione <strong>di</strong> andare da nessuna parte.»<br />
Willow lo fissò» con i suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni. «Vai a casa, Tony.»<br />
«Ma tu non ci vai, Willow?» insistette. «Sono già passato un paio <strong>di</strong> volte<br />
per vedere se eri ancora qui, e ti ho sempre vista nello stesso punto. Non<br />
credo che rimarresti a passare la notte qui nel parco se avessi un posto dove<br />
andare. Senti, sono preoccupato per te. Hai bisogno <strong>di</strong> un posto per abbioccarti?»<br />
Lo fissò. «Cosa?»<br />
«Per dormire, stanotte» mostrò i palmi delle mani. «Non è un tentativo<br />
<strong>di</strong> cucco, te lo prometto.»<br />
«Di cucco?»<br />
«Mi hai detto che sei sposata, giusto? Ma allora dov'è il tuo anello? Io<br />
<strong>di</strong>co che ti sei inventata tutto, ma non fa niente. Non sono interessato, è solo<br />
che mi piaci come persona, tutto qui. Non voglio che ti accada nulla <strong>di</strong><br />
brutto. Questa è una città molto pericolosa.»<br />
Dirk si alzò sulle zampe, si stirò e sba<strong>di</strong>gliò. Senza <strong>di</strong>re una parola, scese<br />
dalla panchina e iniziò a camminare attraverso il prato. Willow rivolse una<br />
rapida occhiata a Tony, quin<strong>di</strong> si alzò in pie<strong>di</strong> e lo seguì. Dirk procedeva<br />
da nord verso sud, passeggiando tranquillamente, annusando <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là,<br />
apparentemente in<strong>di</strong>fferente, come se non avesse in mente nulla <strong>di</strong> particolare.<br />
«Può essere pericoloso qua fuori» ripeté Tony incamminandosi al fianco<br />
<strong>di</strong> Willow e guardandosi attorno. «Soprattutto <strong>di</strong> notte. Tu forse non ne hai<br />
idea.»<br />
Willow scosse il capo. «Andrà tutto bene.»<br />
«Non posso lasciarti qua fuori a questo modo» <strong>di</strong>chiarò. «Senti, ti faccio<br />
compagnia, va bene? E non <strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> andarmene a casa, perché non ci andrò.»
Dirk nel frattempo era giunto al limite estremo del parco e si trovava<br />
sotto a un vecchio albero dal fitto fogliame che si trovava al centro <strong>di</strong> una<br />
specie <strong>di</strong> boschetto <strong>di</strong> piccoli aceri, in un punto in cui la terra era logora e<br />
coperta dall'ombra tutto il giorno, tanto che non vi cresceva erba. In quel<br />
punto una madre con il figlio al fianco era rimasta a leggere un libro su<br />
una coperta fin quasi al tramonto. Dirk annusò un po' la zona, dopo<strong>di</strong>ché si<br />
sedette e attese l'arrivo <strong>di</strong> Willow.<br />
«Qui» si limitò a <strong>di</strong>re.<br />
Willow annuì. Si inginocchiò e toccò la terra, ma ritrasse imme<strong>di</strong>atamente<br />
la mano, poiché i suoi sensi ebbero un responso forte e imme<strong>di</strong>ato a<br />
ciò che incontrarono.<br />
«Molte cose sono accadute in questo luogo» <strong>di</strong>sse Edgewood Dirk a<br />
bassa voce. «Vi sono state concepite gran<strong>di</strong> idee e piani <strong>di</strong>abolici. Vi sono<br />
state con<strong>di</strong>vise speranze e aspirazioni. Vi sono stati uccisi e mutilati sia<br />
colpevoli sia innocenti. Vi è nato un bambino. Vi si sono nascosti animali.<br />
Vi sono state sussurrate promesse e vi sono stati consumati amori.» La<br />
guardò. «Questa terra è ricca <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>. E stata fonte ed epifania per molte<br />
vite.»<br />
Tony si avvicinò incuriosito. «Di che cosa state parlando? E stato il gatto<br />
a <strong>di</strong>re tutte quelle cose? Be', certo che non è stato il gatto, voglio <strong>di</strong>re,<br />
come può essere, no? Comunque sembrava proprio che fosse lui. Cosa state<br />
combinando?»<br />
Willow lo ignorò e iniziò a scavare. Usò il coltello da caccia che portava<br />
sotto il suo mantello, rompendo la terra in superficie e tirando su anche<br />
quella sotto per avere un campione completo. Il sangue e i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> altri<br />
per sostenere suo figlio; erano intesi come balsamo, come misura profilattica,<br />
o come tutt'altra cosa? Avrebbero curato o bruciato? Non poteva saperlo.<br />
Sapeva solo che avrebbero reso suo figlio più forte, che lo avrebbero<br />
protetto, e che avrebbero instillato in lui qualcosa delle verità della vita incorporate<br />
nell'umanità.<br />
Finì <strong>di</strong> scavare e prese a infilare manciate <strong>di</strong> terra nella stessa borsa <strong>di</strong><br />
pelle nella quale aveva messo la terra dei vecchi pini. Tony non aveva<br />
smesso <strong>di</strong> parlare, ma lei non gli stava prestando ascolto. Dirk si era allontanato,<br />
avvicinandosi a un altro gatto.<br />
Riempì la borsa a metà, quin<strong>di</strong> la chiuse, stringendola bene. Si alzò in<br />
pie<strong>di</strong>, e si ritrovò davanti Tony.
«É veramente strano questo fatto» stava <strong>di</strong>cendo. «Voglio <strong>di</strong> re, andare<br />
in giro <strong>di</strong> notte a raccogliere sacchi <strong>di</strong> terra? Senti, ma sei per caso una<br />
strega, o qualcosa del genere? Fai parte <strong>di</strong> qualche genere <strong>di</strong>…»<br />
Si fermò <strong>di</strong> colpo guardando alle spalle <strong>di</strong> Willow, assumendo improvvisamente<br />
un'espressione allarmata. Willow si voltò. A pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />
vi era una banda <strong>di</strong> ragazzotti che li guardavano.<br />
Si erano radunati tanto silenziosamente che sembravano essersi materializzati<br />
dal nulla. Erano <strong>di</strong> età e <strong>di</strong>mensioni variabili, ma indossavano tutti<br />
jeans e magliette nere. Alcuni avevano anche gli stivali, altri il giubbotto <strong>di</strong><br />
pelle. Vi era una scritta sulle magliette e sulle giacche, ma Willow non ne<br />
comprendeva il significato. Uno dei ragazzi aveva una mazza da baseball,<br />
un altro una sbarra <strong>di</strong> ferro. Di versi erano tatuati. I loro volti erano duri e<br />
vecchi, i loro occhi fred<strong>di</strong> e cattivi.<br />
Willow cercò imme<strong>di</strong>atamente Dirk con lo sguardo, ma il gatto prismatico<br />
sembrava essere scomparso.<br />
«Cos'hai lì nella borsa, Strega Abelarda?» <strong>di</strong>sse uno con una smorfia.<br />
«Ehi, sentite, noi non vogliamo problemi...» iniziò Tony, ma quello che<br />
aveva parlato si fece avanti e gli <strong>di</strong>ede un pugno in faccia. Tony cadde sulle<br />
ginocchia, con il naso e la bocca tutti insanguinati.<br />
«Ho detto, che cos'hai nella borsa» <strong>di</strong>sse nuovamente a Willow, allungando<br />
una mano verso <strong>di</strong> lei.<br />
Willow schivò la sua presa senza fatica e si piazzò <strong>di</strong> fronte a Tony.<br />
«Stammi lontano» lo avvertì.<br />
Diversi scoppiarono a ridere. Qualcuno <strong>di</strong>sse qualcosa a proposito <strong>di</strong><br />
darle una lezione, e ricevette un mormorio <strong>di</strong> assenso.<br />
A quel punto apparve Edgewood Dirk, spuntando dall'ombra. «Io non<br />
credo che vi convenga fare nient'altro. Credo che sia meglio per voi che ve<br />
ne an<strong>di</strong>ate.»<br />
Gli assalitori lo fissarono sconcertati. Si scambiarono due battute rauche,<br />
quin<strong>di</strong> scoppiarono nuovamente a ridere. Un gatto parlante! Si spostarono,<br />
allargandosi e intrappolando Willow e Dirk contro gli alberi. Quello con la<br />
mazza da baseball si fece avanti. «Ehi gatto» <strong>di</strong>sse «che mi racconti adesso?»<br />
In quel preciso istante, Dirk iniziò a illuminarsi. I ragazzi della banda<br />
ebbero un attimo <strong>di</strong> esitazione; alcuni si coprirono gli occhi. La luminosità<br />
aumentò, e Dirk iniziò a cambiare forma. Il gatto scomparve, venendo sostituito<br />
da qualcosa <strong>di</strong> talmente orribile che persino Willow ne fu schifata.<br />
Un essere enorme e mostruoso, che si sollevò come un'apparizione che si
solleva dall'Abaddon, tutta denti e artigli. La formazione degli attaccanti si<br />
sciolse all'istante. Alcuni si dettero <strong>di</strong>rettamente alla fuga, chiamando i loro<br />
compari e imprecando contro Dirk. Altri rimasero impalati, indecisi, ed<br />
ebbero modo <strong>di</strong> pentirsi amaramente della loro indecisione. Dirk soffiò<br />
con una forza tale da spe<strong>di</strong>rli in volo una decina <strong>di</strong> metri più in là, facendoli<br />
atterrare in maniera alquanto dolorosa. Quando riuscirono a riprendersi,<br />
scapparono via <strong>di</strong>etro gli altri.<br />
Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong>, il parco fu nuovamente deserto.<br />
Dirk smise <strong>di</strong> luccicare e tornò nella sua forma <strong>di</strong> gatto. Continuò per un<br />
attimo a guardare i ragazzi che scappavano, quin<strong>di</strong> sba<strong>di</strong>gliò e iniziò a leccarsi<br />
il pelo.<br />
Willow aiutò Tony a rialzarsi in pie<strong>di</strong>. «Tutto a posto?» gli domandò.<br />
Tony annuì, ma il suo volto era tutto impiastricciato <strong>di</strong> sangue.«Come ha<br />
fatto il gatto a...» Non riuscì a finire.<br />
«Vai a casa, Tony» <strong>di</strong>sse Willow, spazzolandogli il soprabito e raddrizzandoglielo<br />
sulle spalle. «Su, vai.»<br />
Tony la fissò. A Willow non piacque ciò che vide nei suoi occhi. Poi<br />
Tony si voltò e si allontanò incespicando nell'oscurità. Willow lo seguì con<br />
lo sguardo finché non giunse al marciapiede e scomparve <strong>di</strong>etro un e<strong>di</strong>ficio.<br />
Tony non si voltò mai. Probabilmente non lo avrebbe mai più rivisto.<br />
Stancamente, si voltò verso Dirk. Si sentiva male, come se la terribile<br />
durezza del mondo <strong>di</strong> Ben avesse trovato un modo per insinuarsi nella sua<br />
anima. «Non voglio più rimanere qui» <strong>di</strong>sse. «Possiamo andarcene?»<br />
Dirk sbatté le palpebre, facendo luccicare i suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni. «Era<br />
necessario che tu ci venissi» le <strong>di</strong>sse.<br />
«Sì, ma abbiamo finito?»<br />
Dirk si alzò improvvisamente e si incamminò. «Quanta impazienza. Benissimo.<br />
Le nebbie fatate si trovano da questa parte.»<br />
Willow sentì un brivido che le correva lungo la schiena. Le nebbie fatate.<br />
Ma doveva fare ciò che le era stato detto. Per se stessa, per Ben, per il<br />
loro figlio. Era l'ultima tappa del suo viaggio, dopo<strong>di</strong>ché sarebbe tornata<br />
nuovamente a casa.<br />
Ormai decisa, si incamminò nella notte.<br />
Foschia<br />
Dopo tre giorni <strong>di</strong> cammino nel Labirinto, il Cavaliere, la Dama e il<br />
Gargoyle giunsero a un paese.
Era tardo pomeriggio, e il lento scemare della luce era appena percettibile;<br />
un oscuramento appena accennato <strong>di</strong> una luminosità che, ormai lo sapevano,<br />
non andava mai al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> un normale crepuscolo. Avevano<br />
camminato a lungo nella foresta sempre uguale finché, all'improvviso,<br />
inaspettatamente, superando una piccola collina si erano trovati <strong>di</strong> fronte<br />
al paese. Si trattava <strong>di</strong> un agglomerato <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> legno costruiti alla<br />
meglio e stra<strong>di</strong>ne sporche e mal tenute, affossato in una valletta che era<br />
stata liberata dagli alberi, facendo in modo che apparisse come un'isola in<br />
mezzo al mare della foresta che la circondava. Non vi erano strade che vi<br />
conducevano. Vi era della gente, il Cavaliere la vedeva muoversi lungo le<br />
viuzze. Vi erano anche degli animali, per quanto sembrassero piuttosto<br />
malconci e avessero l'aspetto <strong>di</strong> creature abbattute dalla vita. In alcune finestre<br />
bruciavano già delle luci, e mentre i tre guardavano se ne accesero<br />
altre. Le luci emettevano una luminosità tenue e <strong>di</strong>sperata, come se avessero<br />
già combattuto la loro battaglia contro la notte fin troppe volte e fossero<br />
ormai stanche <strong>di</strong> lottare.<br />
Sopra le loro teste, dove gli alberi si <strong>di</strong>radavano per lasciare spazio al<br />
cielo, non vi era né luna né stelle, solo uno strato infinito <strong>di</strong> nebbia impenetrabile.<br />
«Persone» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, e nella sua voce vi era sia sorpresa sia <strong>di</strong>sprezzo.<br />
Il Cavaliere non <strong>di</strong>sse nulla. Pensò solo che era stanco <strong>di</strong> quel suo viaggio<br />
in quello squallido mondo in cui tutto era sempre uguale e nulla cambiava.<br />
Gli ultimi tre giorni si erano trascinati stancamente con una monotonia<br />
che ottundeva la mente, pieni <strong>di</strong> silenzio e oscurità e <strong>di</strong> un implacabile<br />
senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione. La Dama aveva tentato <strong>di</strong> ucciderlo ben due volte,<br />
la prima mettendogli veleno nell'acqua e la seconda cercando <strong>di</strong> infilzarlo<br />
con un bastone appuntito mentre dormiva. Ma i suoi sforzi erano stati<br />
vani, poiché il Cavaliere era sempre all'erta e percepiva ogni cosa. A quanto<br />
pareva, la Dama accettava questo fatto <strong>di</strong> buon grado. Metteva in atto i<br />
suoi tentativi come se fosse già rassegnata al loro fallimento, come se fosse<br />
costretta a farli pur sapendo che non avrebbero portato a nulla. Ciò nonostante,<br />
il Cavaliere si sentiva danneggiato. Ciò che gli faceva male era<br />
quel che vedeva negli occhi della Dama. Lui era un guerriero, ed era perfettamente<br />
in grado <strong>di</strong> sostenere i suoi attacchi fisici, ma gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> rabbia,<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto e <strong>di</strong> tristezza erano molto più <strong>di</strong>fficili da sostenere per lui,<br />
e la loro costante applicazione da parte della Dama stava iniziando a consumargli<br />
il cuore.
Naturalmente, la Dama o<strong>di</strong>ava anche il Gargoyle, solo che il suo o<strong>di</strong>o<br />
nei confronti della bestia era congenito, impersonale e per qualche verso<br />
più accettabile.<br />
«Perché c'è un paese qui?» domandò loro con tono tranquillo.<br />
Per un attimo, non rispose nessuno. Perché, in effetti? Un paese spuntato<br />
dal nulla, materializzatosi come in una visione, senza scopi né scuse per<br />
esistere, piazzato lì in mezzo al nulla assoluto. Come faceva a sostenersi<br />
con il commercio, se non vi erano strade che vi conducevano? Come faceva<br />
a nutrirsi, se non vi erano campi coltivabili nelle vicinanze? Che si trattasse<br />
<strong>di</strong> un paese <strong>di</strong> cacciatori? E se era così, dove portavano i loro beni, e<br />
da dove arrivavano le provviste? In tre giorni, il Cavaliere non aveva visto<br />
praticamente nessun animale nella foresta, a parte qualche bestiolina piccola<br />
e furtiva che gli era apparsa come nativa <strong>di</strong> quell'oscurità, non adattata<br />
al buio, ma figlia del buio stesso.<br />
«Che importa il motivo per cui è qui?» domandò la Dama con tono irritato.<br />
«É qui, e questo è tutto ciò che importa. Forse abbiamo la possibilità<br />
<strong>di</strong> ritrovare la nostra strada. Che scopo ha fare una domanda simile?»<br />
Il Gargoyle fece un passo avanti e si avvolse nel suo mantello scuro,<br />
mantenendosi sempre nell'ombra. «Non mi fido» <strong>di</strong>sse. «C'è qualcosa che<br />
non va qui.»<br />
Il Cavaliere annuì. Anche lui percepiva qualcosa <strong>di</strong> simile. C'era qualcosa<br />
che non andava. Ciò nonostante, il paese era lì, e non potevano semplicemente<br />
passargli accanto ignorandolo. Qualcuno degli abitanti poteva anche<br />
conoscere un modo per uscire dal Labirinto, per tornare al mondo vero.<br />
«Andremo giù per vedere se riusciamo ad apprendere qualcosa <strong>di</strong> nuovo.<br />
Non ci tratterremo oltre.» Il Cavaliere scrutò gli altri due.<br />
«Se mi scoprono, mi uccideranno» <strong>di</strong>sse il Gargoyle.<br />
«Rimani qui, allora» <strong>di</strong>sse freddamente la Dama, per niente commossa.<br />
«Ah, ma bramo <strong>di</strong> sentire le loro parole» mormorò il Gargoyle, come se<br />
ne provasse vergogna. «Questo è uno dei miei problemi. Coloro che vorrei<br />
conoscere mi detestano.»<br />
«Vorresti essere come loro, patetica creatura» lo schernì la Dama.<br />
«Ammettilo.»<br />
Ma il Gargoyle scosse il capo. «No, non vorrei essere come loro. Oh, no,<br />
Dama, nemmeno per tutto l'oro e l'argento del mondo. Sono tutti esseri insicuri,<br />
indecisi, avvolti nel piccolo mondo delle loro vite. Io invece sono
sicuro <strong>di</strong> me stesso, e posseggo il dono dell'immortalità. Non porto sulle<br />
spalle il peso della piccolezza della loro esistenza.»<br />
«E tantomeno possie<strong>di</strong> la loro bellezza. È facile denigrare coloro la cui<br />
vita è finita quando la morte per te è talmente <strong>di</strong>stante che non pren<strong>di</strong><br />
nemmeno in considerazione il suo significato.» La Dama lo fissò con i<br />
suoi occhi geli<strong>di</strong>. «Io posseggo una vita che va al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella degli umani,<br />
Gargoyle, ma faccio tesoro anche della bellezza. Anche se mi venisse<br />
offerta la vita eterna, non l'accetterei mai se venisse accompagnata dalla<br />
tua bruttezza.»<br />
«La tua bruttezza è interiore» sussurrò il Gargoyle.<br />
«E la tua è eternamente stampata e manifesta, affinché nessuno ti prenda<br />
per ciò che non sei!»<br />
Il Cavaliere si spostò davanti alla Dama nel tentativo <strong>di</strong> attirare su <strong>di</strong> sé<br />
quello sguardo glaciale. Quando i due occhi lo incontrarono e vi vide la<br />
sua misura rispecchiata, venne percorso da un brivido.<br />
«Manterremo un atteggiamento riservato, astenendoci dal parlare a meno<br />
che non ve ne sia bisogno. Io e te, Dama, cercheremo le risposte <strong>di</strong> cui<br />
abbiamo bisogno. Mentre lui» fece un cenno verso la figura curva e incappucciata<br />
alle sue spalle «rimarrà in silenzio. Ma ti avverto fin d'ora che se<br />
tenterai qualche trucco o tra<strong>di</strong>mento, verrai messa imme<strong>di</strong>atamente a tacere.<br />
Dammi la tua parola.»<br />
«Non ti darò proprio nulla!» sbottò apertamente la Dama, assumendo un<br />
atteggiamento <strong>di</strong> sfida.<br />
«In questo caso, ti lascerò qui con lui» <strong>di</strong>sse il Cavaliere con tono tranquillo.<br />
«Penso che sarò più sicuro da solo, laggiù.»<br />
La Dama sbiancò davanti a questa proposta, manifestando una rabbia<br />
palpabile. «Non puoi fare questo!» sibilò.<br />
«Allora dammi la tua parola.»<br />
Ebbe un tremito <strong>di</strong> frustrazione e <strong>di</strong>sperazione. «Benissimo, signor Cavaliere,<br />
hai la mia parola. Che possa ritorcersi dentro <strong>di</strong> te e consumarti<br />
l'anima!»<br />
Il Cavaliere si voltò. Avvertì il Gargoyle <strong>di</strong> rimanere nascosto sotto il<br />
suo mantello e <strong>di</strong> stare sempre in zone <strong>di</strong> ombra. «Non ti far coinvolgere in<br />
nessun tipo <strong>di</strong> scambio verbale» lo avvertì «e stai sempre vicino a me.»<br />
Scesero rapidamente mentre l'oscurità aumentava ancora, il paese ormai<br />
quasi scomparso nel nulla, gli e<strong>di</strong>fici ridotti a piccoli bagliori <strong>di</strong> luce incorniciati<br />
nelle finestre come fossero quadri appesi su una tenda <strong>di</strong> velluto<br />
nero. Scivolarono attraverso l'oscurità come fantasmi scesi dagli alberi del-
la foresta, seguendo il dolce pen<strong>di</strong>o che portava da basso. Nel giro <strong>di</strong> pochi<br />
minuti ebbero raggiunto la base della valletta e le porte del paese. I loro<br />
occhi si adattarono al cambiamento della luce e presero a seguire una delle<br />
stra<strong>di</strong>ne che attraversava il centro del paese, uno sterrato pieno <strong>di</strong> buche e<br />
<strong>di</strong> polvere che iniziava da una parte del paese e finiva dall'altra. Alcune<br />
donne e uomini passarono loro accanto nell'oscurità, ma nessuno <strong>di</strong>sse nulla.<br />
Le porte e le finestre delle case e dei negozi erano tutte chiuse. Cani e<br />
gatti vagavano attorno agli e<strong>di</strong>fici e si infilavano sotto i marciapie<strong>di</strong> nei<br />
punti in cui erano stati sopraelevati. Le voci erano soffocate e in<strong>di</strong>stinguibili.<br />
Il cavaliere ascoltò con il cuore oltre che con le orecchie, e non percepì<br />
alcuna traccia <strong>di</strong> sollievo, nessun accenno <strong>di</strong> conforto. Quel paese non<br />
era altro che una bara che aspettava <strong>di</strong> essere inchiodata.<br />
Al centro del paese vi era una taverna. Qui le porte erano spalancate, e la<br />
gente andava e veniva liberamente. Vi era odore <strong>di</strong> fumo e l'odore della<br />
birra appena spillata, il rumore degli stivali sul legno e dei bicchieri che<br />
sbattevano fra loro. Il suono delle risate era roco, come se rappresentasse<br />
una fuga momentanea dalla pesantezza della realtà. Il Cavaliere si <strong>di</strong>resse<br />
verso la porta, seguito dalla Dama e dal Gargoyle. All'interno l'ambiente<br />
era molto nebuloso, sia per via del fumo stesso sia per via della scarsa illuminazione.<br />
Non sarebbe stato tanto facile <strong>di</strong>stinguere un volto lì dentro,<br />
quin<strong>di</strong> almeno un certo grado <strong>di</strong> intimità era garantito. Salì per gli scalini<br />
che conducevano all'ingresso e vide che, nonostante il luogo fosse piuttosto<br />
affollato, vi erano tavolini e se<strong>di</strong>e libere. Naturalmente si sarebbero accorti<br />
che erano stranieri; in un paese così piccolo era pressoché inevitabile.<br />
Il trucco sarebbe consistito nell'attirare l'attenzione su se stesso e non sui<br />
suoi compagni <strong>di</strong> viaggio.<br />
Entrarono nel mezzo <strong>di</strong> risate fragorose, che a quanto pareva originavano<br />
dal bancone, dove un gruppo <strong>di</strong> una mezza dozzina <strong>di</strong> lavoratori con i<br />
bicchieri in mano si erano affollati attorno al barista. Il Cavaliere si mosse<br />
fra i tavoli fino al fondo della sala, seguito dagli altri due. Giunti a un tavolo<br />
<strong>di</strong> suo gra<strong>di</strong>mento, i tre si sedettero senza <strong>di</strong>re una parola. Il Gargoyle<br />
rivolse lo sguardo verso le ombre con atteggiamento cauto e circospetto,<br />
ma la Dama invece si rivolse verso la sala, baldanzosa come una minaccia<br />
esplicita, con il mantello aperto e il cappuccio abbassato. Imme<strong>di</strong>atamente,<br />
gli occhi si rivolsero nella sua <strong>di</strong>rezione. Alcuni fra questi erano occhi affamati.
Il Cavaliere si sedette a sua volta, bloccando almeno parzialmente la visuale<br />
della Dama. Ormai era troppo tar<strong>di</strong> per <strong>di</strong>rle <strong>di</strong> coprirsi. Doveva assumere<br />
l'atteggiamento del suo protettore e sperare che fosse sufficiente.<br />
Quando tutti i frequentatori della sala si resero conto della loro presenza,<br />
uno strano silenzio calò improvvisamente. Tutti i presenti si fermarono per<br />
osservarli. Gli strani occhi della Dama spazzarono il locale senza fermarsi,<br />
decidendo che non vi era nulla che valesse la pena <strong>di</strong> vedere. Il Cavaliere<br />
si stava già pentendo <strong>di</strong> averle permesso <strong>di</strong> venire con lui; se la sarebbe<br />
cavata decisamente meglio da solo. Allo stesso tempo, però, non aveva alcuna<br />
intenzione <strong>di</strong> perderla <strong>di</strong> vista; non poteva permettersi <strong>di</strong> non trovarla<br />
più.<br />
Catturò lo sguardo del barista e gli fece cenno <strong>di</strong> portare tre caraffe <strong>di</strong><br />
birra. Il barista annuì e si affrettò a preparare le consumazioni.<br />
Il momento passò, gli sguar<strong>di</strong> si scostarono nuovamente e la conversazione<br />
riprese il suo corso. Nella sala vi erano sia uomini sia donne, tutti<br />
vestiti poveramente, tutti caratterizzati da quell'aspetto duro e consunto tipico<br />
della gente che si scava la propria esistenza senza fortuna, senza abilità<br />
o senza l'aiuto degli altri. Avrebbero potuto essere conta<strong>di</strong>ni come cacciatori<br />
o minatori, il Cavaliere non riusciva a capire. Era evidente che lavorassero<br />
con le mani, ma era assai <strong>di</strong>fficile capire se si occupassero <strong>di</strong> qualche<br />
lavoro specifico. Le loro età erano variabili, ed erano seduti in un modo<br />
che rendeva impossibile valutare chi stesse con chi. Le relazioni non<br />
sembravano avere alcuna importanza, come se fossero ancora in formazione<br />
o non fossero nemmeno state prese in considerazione. Di tanto in tanto<br />
qualcuno si alzava e cambiava <strong>di</strong> tavolo, ma non si trattava mai <strong>di</strong> coppie o<br />
<strong>di</strong> gruppi. Era come se ogni uomo e donna vivesse un'esistenza solitaria e<br />
si identificasse esclusivamente come parte singolare e unica della comunità.<br />
Non vi erano bambini. Non vi erano tracce <strong>di</strong> bambini o infanti, e non vi<br />
era nulla che lasciasse supporre che ve ne fossero nel paese. Non vi era<br />
nemmeno un ragazzo che puliva il bancone.<br />
Il cameriere attraversò la sala con le caraffe <strong>di</strong> birra, che posò davanti al<br />
Cavaliere. Rivolse un'occhiata alle armi del Cavaliere, quin<strong>di</strong> si fregò le<br />
mani con fare nervoso. «Da dove venite?» domandò mentre il Cavaliere si<br />
frugava nelle tasche alla ricerca <strong>di</strong> qualche moneta che non era nemmeno<br />
sicuro <strong>di</strong> possedere. Infine riuscì a tirare fuori un pezzo d'oro.<br />
Il Cavaliere passò il pezzo d'oro al barista. «Siamo persi» annunciò.<br />
«Dove ci troviamo?»
Il cameriere controllò la moneta con i denti. «Nel Labirinto, naturalmente.<br />
Nel suo Cuore, per la precisione.»<br />
Il cameriere rivolse il suo sguardo interessato verso la Dama, che glielo<br />
restituì guardandogli attraverso.<br />
«Questo paese ha un nome?» insistette il Cavaliere.<br />
Il barista scrollò le spalle. «Nessun nome. Non ne abbiamo bisogno. Venite<br />
da nord?»<br />
Il Cavaliere ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Non ne sono certo.»<br />
Il barista abbassò la voce con tono cospiratorie e si chinò verso il Cavaliere.<br />
«Avete per caso visto qualcosa <strong>di</strong> strano nei boschi?»<br />
«Qualcosa <strong>di</strong> strano?»<br />
«Sì.» L'uomo si bagnò le labbra. Sembrava riluttante a pronunciare nomi,<br />
come se solo nominandone uno, avrebbe fatto entrare dalla porta della<br />
taverna ciò che più temeva.<br />
«Non abbiamo visto nulla» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />
Il cameriere lo scrutò per un attimo, come per sincerarsi che non stesse<br />
mentendo. Dopo<strong>di</strong>ché annuì, assumendo un'espressione sollevata, e si allontanò.<br />
La Dama si protese in avanti, la sua voce fredda e misurata. «Di che cosa<br />
stava parlando?»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. Non sapeva. Rimasero seduti in silenzio e<br />
bevvero dai loro boccali, ascoltando le conversazioni che giravano attorno<br />
a loro. Si parlava <strong>di</strong> lavoro, ma i <strong>di</strong>scorsi erano molto generici. Si parlava<br />
del tempo e delle stagioni e dell'assenza <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> quello, ma anche<br />
qui non vi era nulla <strong>di</strong> definito. Nessuno parlava <strong>di</strong> nulla <strong>di</strong> specifico, e<br />
nessuno menzionava nulla sui particolari della propria vita. Vi era un che<br />
<strong>di</strong> strano in quelle conversazioni, nel loro tono, nell'inflessione delle voci<br />
stesse. Solo dopo un po' <strong>di</strong> tempo che ascoltava, il Cavaliere riuscì a percepire<br />
che vi era un senso <strong>di</strong> anticipazione, <strong>di</strong> nervosa aspettativa, <strong>di</strong> attesa<br />
nei confronti <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> impronunciabile che sarebbe dovuto accadere.<br />
Un signore anziano si fermò accanto al loro tavolo.«Venite da lontano,<br />
non è vero?» Le sue parole erano quasi biascicate, rese spesse dalla molta<br />
birra ingerita.<br />
«Sì» replicò il Cavaliere, alzando lo sguardo. «E voi?»<br />
«Oh, no, io non vado da nessuna parte. Questa è casa mia, questo paese.<br />
Da sempre e per sempre. Io sono qui da... oh, anni e anni.» Si produsse in<br />
un sorriso sdentato. «Una volta che sei qui, non te ne puoi andare da nessun'altra<br />
parte.»
Il Cavaliere sentì un buco freddo aprirsi alla base dello stomaco. «Cosa<br />
intendete? Potete anche andarvene se volete, non è forse così?»<br />
Il vecchio scoppiò a ridere. «É così che la pensate? Pensate che si possa<br />
andare via <strong>di</strong> qui? Si vede che siete nuovo, figliolo. Questo è il Labirinto, e<br />
da qui non si va via. Nessuno se ne può andare, mai!»<br />
«Se ci si può entrare, ne si può anche uscire» intervenne la Dama con<br />
tono tagliente.<br />
«Provateci, allora!» ribatté il vecchio, continuando a ridere. «Ci hanno<br />
provato in parecchi fino a ora, ma alla fine tornano tutti in<strong>di</strong>etro. E una<br />
volta che sono qui, è questo il luogo in cui sono costretti a rimanere. E vale<br />
anche per voi. Anche per voi!»<br />
Il vecchio si allontanò, borbottando fra sé. Il Cavaliere in<strong>di</strong>cò al barista<br />
<strong>di</strong> portare altre tre caraffe <strong>di</strong> birra mentre cercava <strong>di</strong> trovare un significato<br />
nel groviglio <strong>di</strong> parole del vecchio. Nessuna via d'uscita. Il Labirinto è una<br />
trappola dalla quale nessuno può fuggire... ascoltò il sussurro <strong>di</strong> quelle parole<br />
nella sua mente.<br />
«Volete qualcosa da mangiare?» domandò il cameriere mentre si avvicinava<br />
con le tre caraffe nuove. «Quel pezzo d'oro vi dà <strong>di</strong>ritto ad altro cre<strong>di</strong>to.»<br />
«Potete <strong>di</strong>segnarci una mappa?» domandò il Cavaliere senza pensarci<br />
sopra.<br />
Il barista <strong>di</strong>ede loro la sua solita scrollata <strong>di</strong> spalle. «Una mappa per andare<br />
dove? Tutte le mappe vi riporterebbero nello stesso punto, prima o<br />
poi. Ovvero, qui.»<br />
«Ho bisogno <strong>di</strong> una mappa che ci mostri un modo per uscire dal»<br />
Labirinto.<br />
Il cameriere sorrise. «Anche tutti quanti noi ne avremmo bisogno. Il<br />
guaio è che nessuno riesce a trovarla. Alcuni fra noi, come quel vecchio <strong>di</strong><br />
prima, ci hanno provato per anni. Ma non ci sono riusciti. Nessuno <strong>di</strong> noi<br />
può uscire da qui. Ci provano in molti, ma alla fine tornano tutti qui.»<br />
Il Cavaliere lo fissò in silenzio.<br />
«Ma non è poi tanto male, veramente» aggiunse il cameriere, preoccupato<br />
da ciò che vide sul volto del Cavaliere. «Ci si abitua in fretta, e abbiamo<br />
pochissime preoccupazioni. Solo la...» Scosse il capo.<br />
«La cosa? Di che cosa state parlando?» intervenne la Dama.<br />
Il cameriere inspirò. Quando riuscì finalmente a parlare, le sue parole<br />
uscirono come un sussurro appena percettibile. «La Foschia.»
Il Cavaliere rivolse una rapida occhiata ai suoi compagni. Nessuno dei<br />
due sembrava voler parlare. Tornò a rivolgersi all'uomo. «Non sappiamo <strong>di</strong><br />
che si tratti.»<br />
Il cameriere ora stava sudando, come se la temperatura nella sala fosse<br />
improvvisamente aumentata. «È molto meglio non saperlo!» sibilò. «Vi<br />
sono <strong>di</strong>verse storie in proposito. Vive nei boschi. Esce fuori quando meno<br />
te l'aspetti e si <strong>di</strong>vora ogni cosa! Si mangia tutto, e quando ha finito non<br />
rimane più nulla!» Strinse le labbra. «Io personalmente non l'ho mai vista.<br />
Nessuno qui fra noi l'ha vista. Ma a volte la sentiamo. Recentemente la<br />
sentiamo più spesso, come se ci stesse curando. Dicono che il suo avvento<br />
venga sempre preceduto da un mostro, un essere del mito e della leggenda,<br />
una bestia del vecchio mondo.»<br />
Scosse il capo. «Ma ne ho parlato abbastanza. Porta sfortuna persino<br />
menzionarne il nome. Non viene spesso, ma quando viene...»<br />
Scosse nuovamente il capo, quin<strong>di</strong> si girò sui tacchi e si allontanò <strong>di</strong> tutta<br />
fretta. Il Cavaliere lo fissò per un po', quin<strong>di</strong> tornò a rivolgersi ai suoi<br />
compagni. «Ne avete mai sentito parlare?» domandò a bassa voce.<br />
«Ho sentito delle voci in proposito» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, la sua voce come<br />
un grugnito scorporato proveniente dalle profon<strong>di</strong>tà del suo mantello incappucciato.<br />
«É una leggenda antica, <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> anni fa. Gli uomini vedono<br />
la Foschia come un castigo <strong>di</strong>vino per i loro peccati.»<br />
«Che spazzatura!» sbottò la Dama. «Vuoi dar cre<strong>di</strong>to alle superstizioni<br />
<strong>di</strong> questa povera gente? É così che ti identifichi con loro?»<br />
Il Gargoyle non <strong>di</strong>sse nulla, mantenendo lo sguardo fisso sul Cavaliere.<br />
Il Cavaliere sorseggiò la sua birra e tentò <strong>di</strong> riflettere. Nessuno qui sapeva<br />
come uscire dal Labirinto. Qualsiasi <strong>di</strong>rezione si prendesse, così <strong>di</strong>cevano,<br />
si andava a finire nuovamente in quel paese senza nome. Che si trattasse <strong>di</strong><br />
una credenza comune a tutta questa gente o vi era almeno uno fra loro che<br />
la pensava in modo <strong>di</strong>verso? Il Cavaliere in fondo non aveva parlato a nessuno,<br />
eccetto il cameriere e il vecchio. Forse avrebbe fatto bene a provarci.<br />
«Rimanete qui» or<strong>di</strong>nò.<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>, con il bicchiere in mano, e si incamminò verso il banco.<br />
Per la prima volta, si rese conto che la gente guardava la sua maglia e le<br />
sue armi, poiché nessuno lì portava nulla <strong>di</strong> simile. Iniziò a fare domande a<br />
coloro che erano seduti al banco. Qualcuno <strong>di</strong> loro era mai stato fuori del<br />
Labirinto? Qualcuno <strong>di</strong> loro conosceva per caso una via d'uscita? Conoscevano<br />
magari qualcuno che potesse saperlo? Gli uomini si limitarono a<br />
scuotere il capo e a <strong>di</strong>stogliere lo sguardo.
«Magari gli Zingari del Fiume lo sanno» <strong>di</strong>sse uno. «Loro sono stati in<br />
tutti i posti dove si può andare. Naturalmente, prima li dovete trovare.»<br />
Vi fu uno scoppio <strong>di</strong> risa generale, come se si trattasse <strong>di</strong> una battuta<br />
con<strong>di</strong>visa solo da loro. Il Cavaliere rivolse un'occhiata al tavolo dove aveva<br />
lasciato la Dama e il Gargoyle e si raggelò. Due uomini si erano avvicinati<br />
e si stavano sedendo ai due lati della Dama. Lei si era stretta il mantello<br />
attorno alle spalle e stava guardando fisso davanti a sé mentre gli altri<br />
due le parlavano, ridendo e scherzando. Il Gargoyle stava sprofondando<br />
sempre più fra le ombre.<br />
Il Cavaliere si allontanò dal bancone e prese ad attraversare la sala. Ma<br />
fu troppo lento. Uno degli uomini toccò la Dama, che reagì imme<strong>di</strong>atamente<br />
rifilandogli un'unghiata in faccia. L'uomo cacciò un grido e si alzò<br />
<strong>di</strong> scatto, cadendo <strong>di</strong> spalle sul Gargoyle. Il cappuccio della bestia cadde,<br />
rivelando il suo volto. L'altro uomo si alzò a sua volta, gridando. Nel giro<br />
<strong>di</strong> un istante, la sala si trasformò in un pandemonio. Uomini e donne presero<br />
a gridare <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> terrore mentre il Gargoyle tentava <strong>di</strong> coprirsi. Apparvero<br />
armi, coltelli da caccia dai lunghi manici e pugnali <strong>di</strong> varie fogge.<br />
Lottando per mantenere l'equilibrio in mezzo alla confusione, il Cavaliere<br />
si fece strada attraverso coloro che lo separavano dai suoi compagni <strong>di</strong> viaggio.<br />
Molte caraffe si ruppero al suolo e <strong>di</strong>verse lampade si spensero.<br />
Molti si lanciarono verso le porte.<br />
«Guardate cosa avete fatto!» gridò il cameriere, in<strong>di</strong>cando il Cavaliere.<br />
«Avete portato un mostro nel nostro paese! Ci avete condannati! Che siate<br />
maledetto per sempre!»<br />
Il Cavaliere giunse fino al tavolo, afferrò la Dama e se la issò sulle spalle.<br />
Aveva la spada lunga a portata <strong>di</strong> mano, quin<strong>di</strong> la brandì per tenere lontani<br />
coloro che lo circondavano. Il Gargoyle si accucciò alle sue spalle, le<br />
sue inutili ali che sbattevano freneticamente, il suo fiato che sibilava attraverso<br />
i denti acuminati. Il Cavaliere abbassò la spada con tutta la sua forza<br />
e ruppe a metà il tavolo davanti a sé. Gli uomini si ritrassero rapidamente<br />
mentre si faceva strada verso la porta, con la Dama che urlava e scalciava<br />
sulle sue spalle e il Gargoyle che gli stava attaccato alla schiena per proteggersi.<br />
Un uomo tentò <strong>di</strong> attaccarlo alle spalle, ma gli artigli del Gargoyle<br />
gli aprirono uno squarcio notevole nel braccio.<br />
Nel giro <strong>di</strong> un attimo si ritrovarono fuori del bar, nuovamente nell'oscurità<br />
della notte. Le grida li seguirono alle spalle, ma davanti a loro la gente<br />
si nascondeva nelle case per lasciarli passare. Il Cavaliere si mosse rapido<br />
attraverso il paese mentre i suoi occhi si adattavano all'oscurità. Non c'era
nulla da fare, dovevano trovare la strada per conto loro. Male<strong>di</strong>sse la sfortuna<br />
e l'ignoranza <strong>di</strong> quella gente.<br />
Giunti alla base della piccola vallata, appoggiò la Dama sui suoi pie<strong>di</strong>,<br />
tenendola stretta a un polso per assicurarsi che non fuggisse.<br />
«Lasciami andare!» ringhiò lei, tirando la mano. «Come osi toccarmi!»<br />
Gli sputò addosso. «Ti o<strong>di</strong>o! Ti farò a pezzi mentre sarai ancora in vita per<br />
questo affronto!»<br />
Il Cavaliere la ignorò, <strong>di</strong>rigendosi verso l'oscurità degli alberi, salendo<br />
per il pen<strong>di</strong>o verso il riparo della foresta. Alle loro spalle, le luci del paese<br />
brillavano fioche dalle finestre degli e<strong>di</strong>fici, e le ombre della gente vorticavano<br />
nella debole luce. Il Cavaliere vi rivolse solo una rapida occhiata,<br />
mantenendo l'attenzione focalizzata sugli alberi davanti a sé. Non era del<br />
tutto impossibile che li seguissero.<br />
Erano ormai giunti al margine della foresta quando il Gargoyle si voltò<br />
<strong>di</strong> scatto e si accovacciò in posizione <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. «Sta arrivando qualcosa!»<br />
avvertì, la sua voce strozzata e priva <strong>di</strong> fiato.<br />
Nello stesso istante, u<strong>di</strong>rono salire grida <strong>di</strong> terrore dal paese. Il Cavaliere<br />
e la Dama si voltarono per guardare. Un muro torreggiante <strong>di</strong> malevola<br />
luminosità verdastra aveva fatto la sua comparsa all'imbocco della piccola<br />
valle. Scintillava come fuoco e sibilava come acido, deglutendo lentamente<br />
la silenziosa oscurità. Procedeva a ritmo costante, e mentre si avvicinava<br />
sembrò mutare forma, assumendo l'aspetto <strong>di</strong> una nube temporalesca, <strong>di</strong><br />
una combinazione <strong>di</strong> luci e <strong>di</strong> ombre che lacerava spietatamente qualsiasi<br />
cosa incontrasse sulla sua strada.<br />
Le grida della gente del paese aumentarono <strong>di</strong> intensità. «La Foschia! La<br />
Foschia! É arrivata! Correte! Oh, correte!»<br />
Ma a quanto pareva non vi era nessun luogo dove correre e nessun tempo<br />
per farlo. La nube verdastra uscì dagli alberi e scese dal pen<strong>di</strong>o, avvicinandosi<br />
minacciosamente al paese. Il mondo scompariva alle sue spalle.<br />
Non rimaneva né un albero, né un cespuglio né la minima traccia <strong>di</strong> vita<br />
nei punti in cui era passata. Tutto veniva consumato inesorabilmente. La<br />
Foschia scese da basso e iniziò a mangiarsi i primi e<strong>di</strong>fici. Uno per uno,<br />
vennero inghiottiti da quella strana perturbazione. Anche la gente del paese<br />
venne inghiottita, gridando freneticamente, incapace <strong>di</strong> fuggire. La Foschia<br />
li avvolgeva anche mentre fuggivano, e non ne usciva nessuno. Persino<br />
le loro grida venivano inghiottite dalla massa verdastra.<br />
Impietrito sul margine della vallata, il Cavaliere si irrigidì ulteriormente<br />
vedendo l'ultimo e<strong>di</strong>ficio e l'ultimo abitante del paese senza nome che ve-
niva inghiottito inesorabilmente. La Foschia procedette. Poi, improvvisamente,<br />
apparentemente senza motivo, si arrestò e iniziò a recedere.<br />
Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> il fronte della perturbazione si invertì, prendendo<br />
a muoversi nella <strong>di</strong>rezione dalla quale era venuto, come se fosse improvvisamente<br />
cambiato il vento. Lentamente, la Foschia si arrampicò su per il<br />
pen<strong>di</strong>o, si sciolse fra gli alberi e scomparve dalla loro vista.<br />
Il Cavaliere, la Dama e il Gargoyle fissarono la vallata deserta. Il paese<br />
dal quale erano appena fuggiti non c'era più; non c'era più un e<strong>di</strong>ficio, una<br />
persona, una bestia. Nessuna traccia, insomma, del paese che era stato lì<br />
fino a pochi minuti prima. Non vi era altro che terra nuda, bruciante e scorticata.<br />
La Foschia aveva bruciato tutto.<br />
Il Cavaliere guardò il Gargoyle. A quanto pareva la Foschia non era solo<br />
una leggenda. Ma che cosa l'aveva spinta a venire dai boschi proprio quella<br />
notte? Era vero che veniva preceduta da un mostro, come aveva detto<br />
l'oste? E quel mostro era veramente il Gargoyle? Che vi fosse qualche collegamento<br />
fra i due, un terribile patto per <strong>di</strong>vorare la vita e straziare la terra<br />
sulla quale si trovava? In fondo, il Gargoyle era proprio un mostro uscito<br />
dai tempi antichi. Il Cavaliere valutò le possibilità. Anche la Dama stava<br />
osservando il Gargoyle, e nei suoi occhi fred<strong>di</strong> vi era un accenno <strong>di</strong> paura.<br />
Mantenendo lo sguardo fisso nell'oscurità, il Gargoyle non restituì le loro<br />
occhiate.<br />
Il Cavaliere si voltò. Tutta quella gente scomparsa, pensò. Tutta. Li poteva<br />
vedere ancora nella sua mente, mentre venivano <strong>di</strong>vorati. Sentiva ancora<br />
le loro grida. Il suono era orribile, ma allo stesso tempo familiare.<br />
Aveva già sentito grida simili in precedenza. Li aveva sentiti per tutta la<br />
sua vita. Erano le grida degli uomini che aveva combattuto e ucciso in battaglia.<br />
Quelle grida erano catturate nella sua memoria come anime intrappolate<br />
in una rete, e le avrebbe portate con sé fino alla fine dei suoi giorni.<br />
Nel terribile epilogo <strong>di</strong> quel massacro al quale aveva appena assistito, il<br />
Cavaliere si domandò se anche il peso <strong>di</strong> queste ultime grida dovesse gravare<br />
sulle sue spalle.<br />
Zingari del Fiume<br />
Camminarono per tutta la notte, troppo nervosi per dormire. Non parlarono<br />
<strong>di</strong> quanto era accaduto, ma ognuno sapeva ciò che gli altri pensavano<br />
in proposito. La foresta infinita si era chiusa ancora una volta attorno a loro,<br />
una calotta vasta e impenetrabile <strong>di</strong> rami, foglie e cieli nebbiosi. Il La-
irinto continuava immutabile, e dopo un po' ebbero l'impressione che il<br />
paese e i suoi abitanti non fossero mai nemmeno esistiti.<br />
Quando fu mattino e l'oscurità cedette il posto al grigiore, trovarono una<br />
radura dove si addormentarono per un certo tempo. Il Cavaliere entrò in<br />
quello stato <strong>di</strong> dormiveglia che aveva da tempo imparato a padroneggiare<br />
in caso <strong>di</strong> bisogno, una specie <strong>di</strong> trance nella quale una piccola parte <strong>di</strong> lui,<br />
un singolo istinto, rimaneva sveglio e in guar<strong>di</strong>a contro eventuali pericoli.<br />
Avrebbe potuto sognare, ma era tormentato dalle grida <strong>di</strong> coloro che aveva<br />
visto morire e dalla sua incapacità <strong>di</strong> liberarsene. Erano le ombre dei morti,<br />
tutto quel che rimaneva <strong>di</strong> ciò che una volta era stato umano. E quelle grida<br />
continuavano a vivere dentro <strong>di</strong> lui, come se si fossero attaccate a lui e<br />
non fossero <strong>di</strong>sposte a mollarlo finché la morte non fosse venuta a prendere<br />
anche lui.<br />
Il Cavaliere pensò anche al Gargoyle, continuando a domandarsi quale<br />
parte avesse giocato la creatura nella <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> quel paese. Era anche<br />
preoccupato dal fatto che non riuscisse a ricordarsi come era avvenuto che<br />
si trovasse in compagnia del Gargoyle, che viaggiassero assieme in quelle<br />
circostanze. Non riusciva a ricordare nulla <strong>di</strong> quella bestia, a parte il fatto<br />
che sapeva che doveva trovarsi lì. Da dove era venuto il Gargoyle? Perché<br />
si trovava con il Cavaliere e la Dama all'interno del Labirinto? Forse il<br />
Gargoyle apparteneva a quel luogo; questo era un pensiero che non riusciva<br />
a scacciarsi dalla mente. Era stato proprio il Gargoyle a <strong>di</strong>re per primo<br />
che si trovavano nel Labirinto e che il Labirinto non aveva vie d'uscita.<br />
Aveva detto in precedenza ciò che la gente del paese aveva ripetuto dopo.<br />
E aveva parlato in precedenza anche della Foschia. Il Gargoyle sapeva<br />
molte cose su quel luogo che il Cavaliere non sapeva. Tutto ciò era a <strong>di</strong>r<br />
poco preoccupante. Il Cavaliere non aveva paura della creatura, ma temeva<br />
il suo possibile scopo finale. Apparentemente la bestia era dotata <strong>di</strong> un certo<br />
senso <strong>di</strong> onore e <strong>di</strong> giustizia, ma per quanto ci provasse, il Cavaliere non<br />
riusciva a fidarsi.<br />
Come si risvegliarono, procedettero. Ora non avevano altra scelta se non<br />
quella <strong>di</strong> procedere. Se si fossero fermati, sarebbe stato come ammettere la<br />
loro sconfitta. E il Cavaliere non avrebbe mai permesso una cosa del genere.<br />
Sentiva che il suo controllo sulla situazione stava scivolando via, che la<br />
sua sicurezza e la sua convinzione si stavano erodendo lentamente. Poco<br />
per volta, stava iniziando a rendersi conto <strong>di</strong> quanto fosse fragile la sua posizione<br />
nello schema generale delle cose. In fondo non era altro che una<br />
pe<strong>di</strong>na in circostanze che non riusciva né a comprendere né a controllare.
Nel Labirinto non vi era nulla <strong>di</strong> riconoscibile, e ciò che ricordava della<br />
sua vita precedente non era altro che una recita <strong>di</strong> ombre sfuocate in una<br />
scenografia troppo vaga e <strong>di</strong>stante. Per quanto si sforzasse <strong>di</strong> concentrarsi<br />
e <strong>di</strong> ricordare, nulla della sua vita precedente sembrava volersi focalizzare<br />
nella sua mente. Era come se fosse nato e sempre vissuto in quel luogo, e<br />
l'unica cosa che lo rassicurava del fatto che avesse vissuto una vita <strong>di</strong>versa<br />
in precedenza era la presenza della Dama... e forse anche quella del Gargoyle.<br />
Quel giorno la Dama gli parlò, quasi come se vi fosse costretta da chissà<br />
quale forza. Non gli parlò come un'amica o una persona intima, ma semplicemente<br />
come sua compagna <strong>di</strong> viaggio. Gli domandò ripetutamente chi<br />
fosse e perché si trovasse lì. Gli domandò che cosa ricordasse della sua vita<br />
precedente. Voleva sapere perché l'aveva presa e per chi. Il Cavaliere<br />
evitò le sue domande, rivoltando ognuna nella maniera più scaltra che riuscisse<br />
a concepire. Le evitò perché non era in grado <strong>di</strong> risponderle. Non<br />
aveva risposte da darle. La Dama insistette finché non si stancò, dopo<strong>di</strong>ché<br />
tornò a tacere.<br />
«Tu mi pren<strong>di</strong> in giro» <strong>di</strong>sse dopo un po'. Ora la tristezza e la <strong>di</strong>sperazione<br />
erano tornate nella sua voce, sostituendo l'altrimenti onnipresente<br />
rabbia. «Ti pren<strong>di</strong> gioco <strong>di</strong> me perché sono tua prigioniera.»<br />
Il Cavaliere scosse il capo, scrutando nella nebbia. «Non ti farei mai una<br />
cosa del genere.»<br />
«Allora <strong>di</strong>mmi qualcosa <strong>di</strong> te» lo supplicò, sforzandosi per mantenere un<br />
tono tranquillo ed equilibrato. «Dimmi qualcosa che mi garantisca che non<br />
menti.»<br />
Il Cavaliere camminò per un po' senza <strong>di</strong>r nulla, poi abbassò il capo.<br />
«Non sono felice che le cose stiano così. Preferirei una situazione <strong>di</strong>versa.<br />
Mi <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong> averti presa, qualunque sia lo scopo, qualunque sia la causa.<br />
Se avrò modo <strong>di</strong> farlo in seguito, mi sdebiterò con te.»<br />
Il Cavaliere pensò che gli avrebbe semplicemente riso in faccia. Pensò<br />
che lo avrebbe spregiato come al solito. Invece, la Dama lo sorprese limitandosi<br />
ad annuire senza <strong>di</strong>re nulla, continuando a camminare.<br />
Quando giunsero al fiume, era circa mezzogiorno. Apparve allo stesso<br />
modo in cui era apparso il paese, spuntando dal nulla <strong>di</strong>etro a una collina<br />
in cui gli alberi si <strong>di</strong>radavano. Il fiume era ampio e lento, e si allungava a<br />
per<strong>di</strong>ta d'occhio da entrambi i lati. Sulla sponda opposta, riprendevano le<br />
foreste del Labirinto, estendendosi all'infinito. Sopra le loro teste, il cielo<br />
rimaneva coperto e vacuo.
Scesero fino all'argine dove si fermarono, scrutando prima dalla sponda<br />
opposta, poi a monte, poi a valle. Non vi erano segni <strong>di</strong> vita. L'acqua era<br />
liscia e torbida nei punti in cui non vi erano sassi a farla schiumare. Non vi<br />
galleggiava alcun detrito, e non vi erano pesci che saltassero per incresparne<br />
la superficie lucida.<br />
«Se c'è un fiume, ci deve anche essere un paese lungo il suo corso» <strong>di</strong>sse<br />
la Dama con tono speranzoso.<br />
«Sì, ma il paese si troverà all'interno del Labirinto o oltre?» domandò il<br />
Cavaliere. La guardò. «L'unico modo per scoprirlo è seguendolo. Da che<br />
parte?»<br />
Ancora una volta, la Dama lo sorprese con la sua risposta. «Deci<strong>di</strong> tu.<br />
Sei tu che ci conduci.»<br />
Il Cavaliere si incamminò seguendo il corso delle acque. L'argine era<br />
largo ed erboso e facile da percorrere. Gli alberi della foresta recedevano a<br />
un centinaio <strong>di</strong> metri dall'acqua, e <strong>di</strong> conseguenza non ebbero alcun problema<br />
a seguire il fiume camminando sulla spiaggia. Quando il grigiore<br />
del giorno cedette il passo all'oscurità, la nebbia si fece strada fra gli alberi<br />
e venne a ricoprire l'intero fiume e i suoi argini. Dapprima ricoprì le punte<br />
dei loro stivali, poi salì fino alle ginocchia. Quando fu buio, la nebbia era<br />
ormai giunta alle loro vite, facendo sì che risultasse impossibile comprendere<br />
dove finisse l'argine e dove iniziasse il fiume.<br />
Il Cavaliere aveva appena deciso <strong>di</strong> addentrarsi nella foresta per passare<br />
la notte quando u<strong>di</strong>rono il canto. Si fermarono come un sol uomo, ascoltando<br />
attentamente. Il canto proveniva da poco più avanti, da <strong>di</strong>etro un'ansa<br />
a non più <strong>di</strong> duecento metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Il Cavaliere li portò fino al limite<br />
degli alberi onde evitare un'eventuale caduta in acqua, quin<strong>di</strong> procedettero<br />
da lì. Quando giunsero all'ansa e la superarono, videro le luci <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
fuochi. Il canto proveniva da quella parte. Si mossero lentamente verso i<br />
fuochi, scrutando con attenzione nell'oscurità. Avvicinandosi, poterono<br />
vedere <strong>di</strong>versi carri <strong>di</strong>pinti. Vi erano anche dei muli, e a ogni carro era legata<br />
una tenda colorata, fissata al terreno con delle corde. Coloro che cantavano<br />
erano poco più <strong>di</strong> una dozzina, uomini e donne, tutti vestiti con abiti<br />
molto colorati, con fusciacche, mantelli e bande in testa, tutti radunati attorno<br />
ai fuochi mentre cantavano.<br />
Il Cavaliere e i suoi compari si avvicinarono e vennero visti, ma il cantare<br />
continuò, come se la loro comparsa non avesse alcuna rilevanza per<br />
quella gente. Il Gargoyle rimase un po' in<strong>di</strong>etro, avvolto nel suo mantello<br />
per non tra<strong>di</strong>re il suo aspetto, ma uno dei cantanti si alzò in pie<strong>di</strong> e li invitò
con un cenno ad avvicinarsi tutti e tre, assicurandosi che anche la bestia<br />
fosse inclusa nel suo invito. I tre si avvicinarono lentamente, cauti per natura<br />
e circostanza, nonostante l'accoglienza apparentemente amichevole.<br />
«Benvenuti al nostro accampamento» li salutò colui che li aveva invitati.<br />
«Volete cantare con noi? Cantare per la vostra cena, magari?»<br />
L'uomo era grosso e rotondo, e le sue mani erano gran<strong>di</strong> e nodose. Portava<br />
barba e capelli folti e scuri, e indossava <strong>di</strong>versi orecchini e una catena<br />
con un lucchetto. Sotto la fusciacca che circondava il suo ampio pancione<br />
vi erano <strong>di</strong>versi pugnali, e il manico <strong>di</strong> un altro spuntava dal suo stivale.<br />
«Chi siete voi?» domandò il Cavaliere.<br />
«Ah, ah, niente nomi, amico mio» <strong>di</strong>sse l'uomo. «I nomi sono per i nemici<br />
che vogliamo evitare, non per gli amici che vogliamo conoscere. Volete<br />
sedervi con noi?»<br />
«Zingari del Fiume» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, che nel frattempo era giunto al<br />
loro fianco. Il Cavaliere gli rivolse una rapida occhiata.<br />
L'omone scoppiò a ridere. «Siamo noi! Ma guarda un po' amico mio, un<br />
Gargoyle! Non ce ne sono molti <strong>di</strong> voialtri rimasti al mondo, e non credo<br />
che se ne siano visti punto nel corso della mia vita, perlomeno all'interno<br />
del Labirinto. Ebbene, non essere timido, non rimanere nella penombra.<br />
Siete tutti benvenuti. Venite a sedervi davanti a un fuoco. Venite a cantare.»<br />
Li portò con sé fino a uno dei fuochi. Venne fatto spazio per i nuovi ospiti,<br />
venne portato da bere, dopo<strong>di</strong>ché ripresero i canti. I sorrisi passarono<br />
da un volto all'altro man mano che le canzoni iniziavano e finivano. Un<br />
uomo strimpellava su uno strumento a corde <strong>di</strong> qualche genere, mentre un<br />
altro suonava il flauto. Il Cavaliere e i suoi compari ascoltarono le canzoni,<br />
ma non si unirono ai canti. Bevvero il vino che venne loro offerto, ma con<br />
moderazione. Si guardarono attorno e si domandarono come avesse fatto a<br />
giungere fin lì tutta quella gente.<br />
«Venite da molto lontano?» domandò dopo un po' il tipo grosso al Cavaliere,<br />
chinandosi nella sua <strong>di</strong>rezione per farsi sentire.<br />
«Cinque giorni <strong>di</strong> cammino» rispose il Cavaliere. «A quanto pare, non<br />
riusciamo a trovare una via d'uscita.»<br />
«Un problema abbastanza comune da queste parti» <strong>di</strong>sse l'uomo, annuendo.<br />
«Voi conoscete un modo per uscire?» insisté il Cavaliere.<br />
L'altro iniziò a battere le mani a tempo con la canzone. «Può darsi. Può<br />
darsi.»
I canti continuarono a lungo, e dopo un po' il Cavaliere iniziò ad avere<br />
sonno. La Dama aveva bevuto più <strong>di</strong> lui ed era già sdraiata sull'erba con gli<br />
occhi chiusi. Il Gargoyle era seduto, nascosto nel suo mantello, il suo volto<br />
in<strong>di</strong>stinguibile sotto il cappuccio. Alcuni zingari avevano iniziato a ballare,<br />
vorticando e balzando davanti al la luce del fuoco. Le donne si erano fissate<br />
dei campanelli sulle <strong>di</strong>ta, e il tintinnio argentino ora era più forte del<br />
canto stesso. Gli uomini ballavano con le loro sciarpe color oro e cremisi,<br />
e il vino non veniva <strong>di</strong> certo lesinato. Si era parlato anche <strong>di</strong> cibo prima,<br />
pensò il Cavaliere, ma non se ne era visto.<br />
«Non è forse così che va vissuta la vita?» gli domandò improvvisamente<br />
l'omone, chinandosi nuovamente verso <strong>di</strong> lui. Era paonazzo in volto e stava<br />
sorridendo. «Non pensare al domani finché non arriva. Non preoccuparsi<br />
delle cose sulle quali non si ha controllo. Cantare e danzare. Bere e ridere.<br />
Dimentica i tuoi problemi, ci penserai un'altra volta.»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. «Certi problemi non se ne vanno tanto facilmente.»<br />
L'omone scoppiò a ridere. «Che pessimista! Ma guardati! Non canti e<br />
non balli, e bevi pochissimo! Come puoi <strong>di</strong>vertirti a questo modo? Dai almeno<br />
una possibilità alla tua vita!»<br />
«Esiste un modo per uscire dal Labirinto?» domandò ancora una volta il<br />
Cavaliere.<br />
Lo zingaro scosse il capo allegramente, si alzò in pie<strong>di</strong> e scrollò le spalle.<br />
«Non stanotte, credo. Magari domani.» Con queste parole si allontanò,<br />
mettendosi a ballare con sorprendente grazia, data la sua mole.<br />
Il Cavaliere scolò quanto rimaneva del suo vino e rivolse un'occhiata ai<br />
suoi compagni. La Dama stava ancora dormendo profondamente ma il<br />
Gargoyle era scomparso. Il Cavaliere si guardò attorno alla sua ricerca,<br />
scrutando anche al <strong>di</strong> là della luce del fuoco. Non era in vista.<br />
Cercò <strong>di</strong> alzarsi in pie<strong>di</strong>, ma scoprì che non vi riusciva. Le gambe non<br />
gli funzionavano, e sentiva il corpo come se fosse racchiuso in una gabbia<br />
<strong>di</strong> ferro. Lottò contro un peso che lo spingeva inesorabilmente verso terra,<br />
riuscendo a mettersi quasi in pie<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> ricadere sul sedere. Gli Zingari<br />
del Fiume danzavano e ballavano attorno a lui, immemori. Il colori e le<br />
forme si sfuocarono davanti ai suoi occhi mentre scrutava nell'oscurità.<br />
C'era qualcosa che non andava. Era stato giocato qualche trucco.<br />
Si stava ancora domandando che cosa non andasse quando sprofondò in<br />
un sonno profondo.
Quando si risvegliò, era solo. Gli Zingari del Fiume non c'erano più; gli<br />
uomini, le donne, i carri, i muli, tutti scomparsi. Rimanevano solo le ceneri<br />
dei fuochi, che ancora si consumavano lentamente nella nebulosità del<br />
mattino. Il Cavaliere era stravaccato sull'erba. Si girò su se stesso e si mise<br />
in ginocchio. La testa gli pulsava per il vino, e i suoi muscoli erano tutti intorpi<strong>di</strong>ti.<br />
Alla sua sinistra scorreva il fiume, liscio, silenzioso e in<strong>di</strong>sturbato.<br />
Alla sua destra, la foresta era una cortina scura e piena <strong>di</strong> nebbia.<br />
Il Cavaliere si alzò in pie<strong>di</strong> e aspettò che gli passasse il capogiro.<br />
Anche la Dama era scomparsa.<br />
Sentì le pulsazioni che gli aumentavano e il petto che gli si contraeva per<br />
la rabbia e l'incredulità. Dove era andata a finire? Cercò qualche segno della<br />
sua presenza nella nebulosa penombra del mattino, ma non vide nulla.<br />
La Dama era scomparsa.<br />
Stava ancora cercando <strong>di</strong> riprendere il suo senso dell'orientamento quando<br />
il Gargoyle emerse dagli alberi e gli venne incontro. Il Cavaliere si rese<br />
conto in quell'istante che non aveva più le sue armi. Era completamente <strong>di</strong>sarmato.<br />
«Dormito bene?» domandò il Gargoyle mentre si avvicinava. Il sarcasmo<br />
nella sua voce era inconfon<strong>di</strong>bile.<br />
«Dove sono le mie armi?» domandò con rabbia il Cavaliere. «E che ne è<br />
stato della Dama?»<br />
Il Gargoyle si accovacciò davanti a lui con espressione seria. «Gli Zingari<br />
del Fiume li hanno presi entrambi. Li hanno presi mentre dormivi.»<br />
«Presi?» Il Cavaliere era sconvolto. «Vuoi <strong>di</strong>re che li hanno rubati?»<br />
Il Gargoyle emise una debole risata. «Gli Zingari non la vedono così.<br />
Per loro, le armi e la donna sono il nostro pagamento per i piaceri <strong>di</strong> ieri<br />
sera. Quel che è giusto è giusto, così la pensano loro. In fondo ti hanno sottratto<br />
cose <strong>di</strong> cui non hai realmente bisogno.»<br />
Il Cavaliere andò su tutte le furie. «E tu non hai fatto nulla per fermarli?»<br />
Il Gargoyle scrollò le spalle. «Perché mai avrei dovuto? Che <strong>di</strong>fferenza<br />
fa per me dove vanno a finire le tue armi o la Dama? A me non importa<br />
nulla <strong>di</strong> nessuna delle due cose. Anzi, penso che te la caverai molto meglio<br />
senza. All'interno del Labirinto non servono armi, solo nervi sal<strong>di</strong> e pazienza.<br />
E in quanto alla Dama, non era altro che un peso sulle nostre spalle,<br />
una scocciatura che nessun uomo sano vorrebbe sopportare.»<br />
«Ma non dovevi certo essere tu a deciderlo!»
«E infatti non fui io.» Il Gargoyle era perfettamente tranquillo, il suo viso<br />
orribile leggermente sollevato verso la luce, i suoi occhi giallastri calmi<br />
e sereni. «Non ho fatto altro che lasciare che gli eventi seguissero il loro<br />
corso.»<br />
«Avresti potuto almeno avvertirmi!»<br />
«Avresti potuto avvertirti da solo, se solo tu avessi pensato con la testa.<br />
Non vi sono misteri sugli zingari, sono uguali in tutto il mondo, sono come<br />
sono sempre stati. Vivono seguendo le loro regole, e se una persona accetta<br />
<strong>di</strong> bere e cantare con loro, deve accettare anche tutto il resto. Considerala<br />
come una lezione, signor Cavaliere, e lascia perdere.»<br />
Il Cavaliere soffocò la sua ira. Appena sotto però vi era la paura, la paura<br />
<strong>di</strong> perdere il controllo e <strong>di</strong> non poter fare nulla per riprenderlo. La Dama<br />
e le sue armi erano scomparse, e non era stato in grado <strong>di</strong> fare nulla per<br />
impe<strong>di</strong>rlo. Perché non si era messo in guar<strong>di</strong>a fin dall'inizio contro un simile<br />
avvenimento? Perché non aveva preso le precauzioni del caso?<br />
Inspirò profondamente e scrutò il fiume. «Da che parte sono andati?» Il<br />
Gargoyle non rispose, e il Cavaliere gli si rivolse con tono più duro. «Non<br />
darmi un motivo in più per non fidarmi <strong>di</strong> te!» sbottò.<br />
Il Gargoyle non si lasciò intimorire, fissandolo tranquillamente negli occhi.<br />
«Non ti ho mai dato alcun motivo per non fidarti.»<br />
«Ah, no?» Il Cavaliere riprese la sua compostezza. «Quando mi sono<br />
svegliato nel Labirinto, tu eri già lì. E sapevi dove ci trovavamo, sei stato il<br />
primo a chiamare il Labirinto per nome. Hai detto che non vi era via d'uscita<br />
prima ancora che qualcuno se lo chiedesse. Quando siamo arrivati a<br />
quel paese e ci hanno raccontato della Foschia, tu sapevi già tutta la storia.<br />
Il barista ti ha identificato come il mostro che precedeva l'arrivo della Foschia.<br />
E anche ieri sera, quando abbiamo incontrato gli Zingari del Fiume,<br />
tu sapevi <strong>di</strong> chi si trattava mentre io e la Dama non ne sapevamo nulla. A<br />
quanto pare sai un sacco <strong>di</strong> cose su questo luogo, anche se <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> provenire<br />
da un altro. Non posso fare a meno <strong>di</strong> domandarmi quale sia il tuo vero<br />
ruolo in tutto ciò.»<br />
Il Gargoyle fissò il Cavaliere, e per un lungo momento non <strong>di</strong>sse nulla.<br />
«Hai motivo <strong>di</strong> essere sospettoso, quin<strong>di</strong>» <strong>di</strong>sse infine, per quanto con tono<br />
riluttante. «Anch'io avrei avanzato gli stessi sospetti, se fossi stato nei tuoi<br />
panni. Mi rendo conto che può sembrare che io faccia il doppio gioco, ma<br />
non è così. Ciò che conosco <strong>di</strong>pende dal fatto che io abbia vissuto molto a<br />
lungo e che abbia visitato molti luoghi. Ho delle conoscenze delle quali<br />
non rammento più nemmeno la fonte. Ricordo cose che ho sentito <strong>di</strong>re o
ho scoperto <strong>di</strong> persona secoli fa. Sono molto vecchio. Una volta, come<br />
hanno detto gli Zingari del Fiume, ve ne erano molti come me. Ora vi sono<br />
solo io, in tutto il mondo.»<br />
Fece una pausa, come se stesse riflettendo. «Questo luogo, coloro che vi<br />
<strong>di</strong>morano e le cose che vi accadono sono familiari per me. Devo averle conosciute<br />
in un altro tempo, in un tempo che la mia memoria ha cancellato.<br />
Percepisco anche parte <strong>di</strong> ciò che avverrà. Conosco questo luogo, lo riconosco.<br />
Sono in grado <strong>di</strong> anticipare alcuni eventi. Tuttavia io non sono <strong>di</strong><br />
qui, e non sono nemmeno certo <strong>di</strong> essere già stato in questo luogo in precedenza.»<br />
Il Gargoyle fece una smorfia. «Ciò mi dà alquanto fasti<strong>di</strong>o. La<br />
mia memoria è frammentaria, e devo confessare che nulla della mia vita<br />
precedente mi è più chiaro. Salvo il fatto»aggiunse, con tono cupo«che<br />
non sono più ciò che ero.»<br />
Il Cavaliere annuì lentamente. Percepiva della verità nelle parole del<br />
Gargoyle. «Nemmeno io lo sono. Il passato mi sembra lontanissimo nel<br />
tempo e nello spazio.»<br />
«Tuttavia, avvengono delle associazioni che stimolano ricor<strong>di</strong>, come è<br />
avvenuto con gli Zingari del Fiume ieri sera» continuò il Gargoyle. «Li<br />
conoscevo pur non avendoli mai incontrati prima. Conoscevo la loro natura.<br />
É vero, avrei potuto <strong>di</strong>rtelo. Ma non l'ho fatto. Volevo che si portassero<br />
via la Dama. Non la volevo più vedere.» Il suo sguardo era fisso. «Non me<br />
ne vergogno affatto.»<br />
«Devo riprenderla da loro» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />
«Perché? Che motivo hai <strong>di</strong> fare una cosa simile?» Il Gargoyle sembrava<br />
genuinamente interessato.<br />
Il Cavaliere rimase in silenzio. Le sue mani si serrarono mentre cercava<br />
le parole. «Perché questo è il compito che mi è stato assegnato prima che<br />
venissi qui. É l'unica certezza che posseggo. Senza <strong>di</strong> lei, io sono perso. É<br />
lei ciò che mi tiene in movimento. E lei il motivo della mia esistenza. Esisto<br />
solo in funzione <strong>di</strong> lei. Lo capisci questo?»<br />
Il Gargoyle rifletté per un attimo, quin<strong>di</strong> annuì. «Credo <strong>di</strong> sì. Non hai alcuno<br />
scopo se non quello <strong>di</strong> portarla dal tuo padrone. Nessuno scopo che<br />
tu riesca a ricordare. Ma <strong>di</strong>mmi, signor Cavaliere, ricor<strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> questo,<br />
almeno?»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. «Questo luogo sembra aver rubato tutti i miei<br />
ricor<strong>di</strong>.»<br />
«E anche i miei.» La voce del Gargoyle era profondamente risentita. «Io<br />
rivoglio la mia vita. Rivoglio i miei ricor<strong>di</strong>.»
«Hai visto in che <strong>di</strong>rezione sono andati?» domandò nuovamente il Cavaliere.<br />
«Te la caverai molto meglio senza <strong>di</strong> lei» ripeté ancora il Gargoyle. Il<br />
Cavaliere non rispose; la sua espressione non cambiò. Il Gargoyle emise<br />
un sospiro. «A monte, nella <strong>di</strong>rezione dalla quale siamo venuti.» Scosse il<br />
capo con fare rassegnato. «Verrò con te.»<br />
Si mossero subito, mettendo in movimento l'erba alta delle sponde del<br />
fiume, seguendo il nastro color terra attraverso il grigiore della nebbia.<br />
Scoprirono le impronte quasi imme<strong>di</strong>atamente, e il Cavaliere si rese conto<br />
che non sarebbe stato <strong>di</strong>fficile per lui, anche se fosse rimasto da solo, scoprire<br />
la <strong>di</strong>rezione in cui erano andati gli zingari. Ciò fece insorgere in lui<br />
un ulteriore sospetto sul ruolo del Gargoyle nello schema generale delle<br />
cose; in fondo, il Gargoyle avrebbe potuto anche avergli date quelle informazioni<br />
esclusivamente per servire ai suoi scopi. Ma questi erano pensieri<br />
duri, e il Cavaliere non vi si trovava a suo agio. In fondo era convinto che<br />
il Gargoyle fosse una creatura fondamentalmente onorevole. Non aveva<br />
percepito menzogne in quanto gli era stato detto. Erano giunti entrambi su<br />
quel mondo provenienti da un altro, e il loro destino lì, assieme a quello<br />
della Dama, era tutt'uno.<br />
Si fecero strada attraverso il giorno, muovendosi con passo costante <strong>di</strong>etro<br />
alle tracce dei carri, fermandosi <strong>di</strong> tanto in tanto per riposarsi, ma comunque<br />
determinati a raggiungere coloro che inseguivano prima del tramonto.<br />
Dopo un po' il fiume si allargò, <strong>di</strong>ventando tanto ampio che la<br />
sponda opposta apparve come poco più <strong>di</strong> una linea nera che si stagliava<br />
contro il cielo scuro. Il Cavaliere stava iniziando a sentirsi depresso per<br />
quel grigiore costante, per l'assenza totale <strong>di</strong> sole e per la opprimente pressione<br />
che esercitava quel cielo grigio sulla terra. Sentiva la mancanza della<br />
gente, degli animali e <strong>di</strong> altre forme <strong>di</strong> vita. Sapeva <strong>di</strong> aver goduto <strong>di</strong> queste<br />
cose, una volta. Ma più <strong>di</strong> ogni altra cosa, soffriva per la per<strong>di</strong>ta della<br />
sua identità al <strong>di</strong> là della vaghezza della sua attuale esistenza. Non era sufficiente<br />
percepire a livello istintivo ciò che si era o chi si era; ci volevano<br />
anche i ricor<strong>di</strong>, immagini vivide della vita che aveva trascorso e delle cose<br />
che avevi fatto in quella vita. E lui non aveva quasi più nulla <strong>di</strong> tutto ciò,<br />
ancor meno, a quanto pareva, <strong>di</strong> ciò che serbava il Gargoyle. Era perso,<br />
naufrago in un limbo, e la vuotezza che sentiva dentro <strong>di</strong> sé stava iniziando<br />
a dar vita alla follia.
Poco dopo il tramonto, videro l'accampamento degli Zingari del Fiume.<br />
Furono abbastanza fortunati da vedere le luci dei loro fuochi a una certa<br />
<strong>di</strong>stanza, evitando così <strong>di</strong> essere visti a loro volta. Gli zingari si erano nuovamente<br />
accampati sull'argine del fiume, e il suono del loro canto si espandeva<br />
con tranquilla noncuranza nel silenzio e nell'immobilità del crepuscolo.<br />
Il Cavaliere e il Gargoyle rimasero sotto la protezione degli alberi<br />
mentre si avvicinavano all'accampamento per vedere che cosa stesse succedendo.<br />
Non ebbero sorprese. Gli Zingari del Fiume erano seduti attorno<br />
ai loro fuochi bevendo vino, lasciando che la notte si chiudesse attorno a<br />
loro. La Dama sedeva con loro, e non sembrava essere limitata o trattenuta<br />
in alcun modo. Teneva un bicchiere in mano, dal quale sorseggiava <strong>di</strong> tanto<br />
in tanto. La sua espressione era fredda e vuota, ma non sembrava affatto<br />
spaventata.<br />
«Forse preferisce stare con loro» sussurrò il Gargoyle. «Forse con loro si<br />
sente più libera <strong>di</strong> quanto non fosse con te.»<br />
Il Cavaliere lo ignorò. «Ho bisogno della mia spada.»<br />
Il Gargoyle scosse il capo con aria <strong>di</strong> rimprovero. «Sei una testa dura,<br />
non è vero? Non vi sono deviazioni nella tua vita.» Emise una risata morbida<br />
e profonda. «Siamo entrambi stati foggiati in un materiale che non<br />
può essere cambiato.»<br />
Detto questo, si alzò <strong>di</strong> scatto. «Aspettami qui.»<br />
Scomparve fra gli alberi. Il Cavaliere rimase in attesa, continuando a osservare<br />
l'accampamento. L'oscurità aumentò, finché rimasero visibili solo<br />
le luci dei fuochi. Le libagioni e i canti proseguirono ininterrotti, sempre<br />
allo stesso livello. Tutti gli altri suoni e movimenti scomparvero <strong>di</strong>etro<br />
all'allegria <strong>di</strong> quella gente, soffocati come vecchia legna marcia in un fiume.<br />
Il tempo passò, e il Cavaliere <strong>di</strong>venne ansioso.<br />
Poi, improvvisamente, il Gargoyle riapparve al suo fianco, porgendogli<br />
la sua lunga spada, con i denti acuminati che scintillavano ai margini del<br />
suo sorriso. Il Cavaliere accettò la spada, la brandì un attimo per constatarne<br />
le con<strong>di</strong>zioni, quin<strong>di</strong> la infilò nel fodero che indossava ancora sulla<br />
schiena.<br />
«Ora chiederemo loro <strong>di</strong> ridarci la Dama» <strong>di</strong>sse, alzandosi in pie<strong>di</strong>.<br />
«Aspetta.» Il Gargoyle lo fermò con la sua mano artigliata. «Perché<br />
chiedere, quando non ve n'è bisogno? Meglio aspettare il mattino, entrare<br />
nel campo e prenderla mentre gli altri dormono. Credo che sia il modo più<br />
facile.»<br />
Il Cavaliere ci rifletté su un attimo, quin<strong>di</strong> annuì. «Aspetteremo.»
Si sedettero in silenzio al riparo degli alberi della foresta. Gli Zingari del<br />
Fiume iniziarono a danzare, e il festeggiamento proseguì. Non si arrestò<br />
finché la notte non fu quasi finita e i fuochi quasi consumati. A quel punto<br />
gli uomini e le donne si avvolsero nelle loro coperte e si addormentarono.<br />
La Dama dormì con loro. Non si era spostata dal punto in cui l'avevano vista<br />
seduta al loro arrivo; si era semplicemente limitata a sdraiarsi sull'erba<br />
lì dov'era. La nebbia si fece strada fra i carri e gli animali, non più respinta<br />
dal calore delle fiamme, e nel giro <strong>di</strong> poco ricoprì interamente anche i<br />
dormienti.<br />
A quel punto il Cavaliere e il Gargoyle si alzarono in pie<strong>di</strong> e uscirono<br />
dagli alberi. Si fecero strada in silenzio attraverso l'erba alta, alla ricerca <strong>di</strong><br />
eventuali sentinelle, ma non ne trovarono alcuna. Giunti ai carri, si fermarono<br />
nuovamente, prestando ascolto. Gli unici suoni u<strong>di</strong>bili erano quelli<br />
degli zingari che dormivano e del fiume che scorreva. Si mantennero al riparo<br />
dei carri finché non furono abbastanza vicini al punto in cui dormiva<br />
la Dama, dopo<strong>di</strong>ché il Cavaliere proseguì solo.<br />
La trovò, si inginocchiò al suo fianco e le coprì la bocca con la mano. La<br />
Dama si svegliò imme<strong>di</strong>atamente, scrutandolo con uno sguardo freddo e<br />
accon<strong>di</strong>scendente, scevro <strong>di</strong> qualsiasi paura. Il Cavaliere fece per alzarla in<br />
pie<strong>di</strong>, poi vide la catena fissata alla sua caviglia. L'altro capo era stato fissato<br />
alla ruota <strong>di</strong> un carro.<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>, percorso da un'ondata <strong>di</strong> rabbia. Ne aveva avuto abbastanza.<br />
Camminò senza timori attraverso i dormienti finché non trovò colui<br />
che gli aveva parlato in maniera tanto allettante <strong>di</strong> quanto fosse bello rimandare<br />
i propri problemi al giorno seguente. Abbassò una mano, serrò le<br />
<strong>di</strong>ta attorno alla tunica dell'uomo e lo sollevò.<br />
«Ti farò a fettine all'istante se non la libererai» <strong>di</strong>sse con un sibilo <strong>di</strong><br />
rabbia.<br />
L'uomo lo guardò negli occhi e annuì, senza <strong>di</strong>re una parola. Il Cavaliere<br />
lo condusse attraverso il campo fino al punto in cui attendeva la Dama. Lo<br />
zingaro barbuto si infilò una mano in tasca, produsse una chiave, aprì il<br />
lucchetto e fece un passo in<strong>di</strong>etro.<br />
«Non devi essere furioso con noi» <strong>di</strong>sse a bassa voce.<br />
Il Cavaliere liberò la Dama dalla morsa <strong>di</strong> ferro che le teneva la caviglia<br />
imprigionata e la fece alzare in pie<strong>di</strong>. La donna si chinò un attimo per grattarsi<br />
la caviglia, quin<strong>di</strong> si incamminò verso gli alberi.<br />
«Il vino e l'intrattenimento hanno il loro prezzo» continuò lo zingaro.<br />
«Voi siete in debito con noi.»
Il Cavaliere si voltò verso <strong>di</strong> lui. «Ringrazia solo che non ti uccido.»<br />
A quel punto lo zingaro si portò le <strong>di</strong>ta alla bocca ed emise un fischio,<br />
un suono forte e penetrante. L'accampamento si risvegliò nel giro <strong>di</strong> un istante,<br />
brulicando improvvisamente <strong>di</strong> uomini armati. Bran<strong>di</strong>vano pugnali,<br />
spade corte e accette le cui lame metalliche scintillavano nell'aria umida.<br />
Compresero la situazione imme<strong>di</strong>atamente, e si avvicinarono al Cavaliere<br />
come un sol uomo.<br />
«Non fate sciocchezze» avvertì il Cavaliere, appoggiando la schiena al<br />
carro più vicino.<br />
«Sei tu che hai fatto una sciocchezza, credo» replicò lo zingaro barbuto.<br />
Gli zingari assalirono il Cavaliere, ma egli respinse la prima ondata con<br />
un ampio movimento della sua spada. La sua maglia lo proteggeva dai pugnali<br />
che gli venivano lanciati addosso, ma preferì ugualmente scostarsi<br />
con un rapido movimento e <strong>di</strong>rigersi verso il riparo dei boschi. Dov'era la<br />
sua armatura? si domandò improvvisamente. Dov'erano i suoi gambali, le<br />
sue piastre, il suo elmo? Ancora una volta li percepì da qualche parte, a<br />
portata <strong>di</strong> mano, ma ancora una volta non vennero in suo aiuto. Ormai era<br />
già la seconda volta che era costretto a intraprendere un combattimento<br />
senza la protezione dell'armatura. Non gli era mai capitato prima. La sua<br />
armatura era sempre stata lì con lui quando ne aveva avuto bisogno. Perché<br />
non veniva ora?<br />
Gli zingari lo caricarono nuovamente, e questa volta il Cavaliere fu costretto<br />
a <strong>di</strong>fendersi. Ne abbatté due con un colpo <strong>di</strong> spada e ne ferì un terzo,<br />
rimanendo perfettamente illeso. Sentiva il Gargoyle che lo chiamava.<br />
Quando si guardò alle spalle, vide la Dama in pie<strong>di</strong> ai margini della foresta<br />
che lo guardava.<br />
Un'ondata <strong>di</strong> rabbia per la stupi<strong>di</strong>tà degli Zingari del Fiume lo attraversò<br />
improvvisamente. Il Cavaliere si preparò a ricevere un altro attacco.<br />
Ma non arrivò mai. Una luce verdastra, malvagia e familiare, si sollevò<br />
improvvisamente dal fiume in una cortina torreggiante e prese ad avanzare<br />
verso l'accampamento. Gli zingari si voltarono, capirono <strong>di</strong> che si trattava<br />
e cacciarono grida <strong>di</strong> terrore. La Foschia si fece strada attraverso la nebbia<br />
e l'oscurità, una nube terribile e sibilante che si <strong>di</strong>vorava il paesaggio a vista<br />
d'occhio. Il Cavaliere si girò e si lanciò fra i boschi, approfittando del<br />
terrore e della confusione degli zingari. Giunse fra gli alberi proprio mentre<br />
la Foschia prendeva possesso dell'accampamento. La nube malefica si<br />
fece strada attraverso i carri, la gente e gli animali con una tale velocità<br />
che nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> non vi restò più nulla. Persino le grida venne-
o deglutite in un istante. A quanto pareva, nessuno era stato in grado <strong>di</strong><br />
fuggire.<br />
Avvenne tutto in pochi secon<strong>di</strong>. La Foschia avanzò finché non ebbe <strong>di</strong>vorato<br />
l'accampamento per intero, dopo<strong>di</strong>ché si ritirò come se nulla fosse.<br />
Come aveva fatto per il paese, si ritirò attraverso il terreno piatto e bruciato<br />
per poi sparire nel nulla. Come era avvenuto per il paese, non rimase alcuna<br />
traccia né degli Zingari del Fiume né del loro accampamento.<br />
Il terreno devastato fumava ancora nella debole luce dell'alba. Il Cavaliere<br />
aveva assistito a tutta la scena dagli alberi, e ora rimaneva nella stessa<br />
posizione a bocca aperta, sconvolto. La Dama era al suo fianco, e così pure<br />
il Gargoyle. Nessuno parlò. Il Cavaliere si stava domandando come era<br />
possibile che fosse accaduto ciò, che la Foschia fosse ritornata e avesse<br />
preso solo l'accampamento degli Zingari, lasciando loro illesi. Che cosa<br />
l'aveva chiamata? Che cosa le aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere anche loro?<br />
C'era qualcosa che non quadrava in tutto ciò. Tutto quanto era accaduto<br />
aveva un aspetto surreale; la loro scoperta <strong>di</strong> quel paese senza nome, il loro<br />
incontro con gli Zingari del Fiume, la venuta della Foschia. La realtà era<br />
stata alterata, e anche se il fattore alterante non aveva identità, aveva una<br />
sua forma. E per quanto ignorasse la sua fonte, il Cavaliere non poteva fare<br />
a meno <strong>di</strong> essere consapevole della sua esistenza.<br />
Uno sgradevole sospetto iniziò allora a formarsi nell'anticamera del suo<br />
cervello, un sospetto talmente terribile che non osava nemmeno pronunciarlo.<br />
Lo seppellì subito nel profondo <strong>di</strong> se stesso, incredulo e <strong>di</strong>sperato al<br />
solo pensiero.<br />
«Che cosa mostruosa è questa?» sussurrò la Dama facendo un passo avanti<br />
per fissare il fiume. «Possibile che ci segua come un cane da caccia?»<br />
«E così» grugnì il Gargoyle a bassa voce. «Percepisco la sua fame.»<br />
Anche il Cavaliere la percepiva. E pur non avendo intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo,<br />
pur non essendo in grado <strong>di</strong> pronunciare le parole, era convinto del fatto<br />
che quella fame non fosse ancora stata saziata.<br />
Non Vi Costa Nulla<br />
Dovevano essere ben strani a vedersi, pensò Abernathy mentre si avvicinavano<br />
alle porte <strong>di</strong> Rhyndweir, castello fortezza <strong>di</strong> Kallendbor, il più<br />
potente fra i Signori del Greensward. Un uomo alto, magro e allampanato<br />
con un uccello sulla spalla, una specie <strong>di</strong> bestia piccolotta e nerboruta che
assomigliava a una scimmia impazzita e un cane con mani da uomo che<br />
indossava un paio <strong>di</strong> occhiali da lettura; Horris Kew, Biggar, Bunion e lui<br />
stesso. Marciarono su per la strada che attraversava il paesino che circondava<br />
la fortezza, trasportando davanti a sé (anche se in verità era Bunion<br />
che lo portava) lo stendardo dell'attuale e tuttora assente Re <strong>di</strong> Landover. I<br />
loro cavalli li seguivano in fila in<strong>di</strong>ana, indubbiamente felici <strong>di</strong> essersi liberati<br />
<strong>di</strong> quei pesi. Il mulo con i bauli <strong>di</strong> cristalli dell'occhio della mente<br />
trotterellava in compagnia dei cavalli. La giornata era calda e umida, l'aria<br />
era immobile, e nella mente <strong>di</strong> tutti vi era soprattutto la prospettiva <strong>di</strong> una<br />
bibita fresca e <strong>di</strong> un bel bagno.<br />
La gente del paese si radunò per vederli sfilare, rimanendo al riparo<br />
dell'ombra dei portoni e delle tende. Molti si davano colpetti <strong>di</strong> gomito o si<br />
sussurravano nelle orecchie. Forse sapevano, pensò Abernathy. Forse oramai<br />
lo sapevano tutti.<br />
Erano partiti da Sterling Silver tre giorni prima, una delegazione <strong>di</strong> emissari<br />
del Re inviati per il compito specifico <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire i cristalli dell'occhio<br />
della mente al popolo del Greensward, sia <strong>di</strong> alta sia <strong>di</strong> bassa casta.<br />
La decisione <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre i cristalli era stata raggiunta con molte riserve,<br />
ma comunque fosse, era stata raggiunta. Questor Thews si stava letteralmente<br />
<strong>di</strong>sperando nei suoi sforzi per coprire la mancanza del Re. Gli<br />
riusciva sempre più <strong>di</strong>fficile inventare scuse per spiegare il motivo per cui<br />
il Re non desiderasse vedere nessuno <strong>di</strong> persona, delegando il suo consigliere<br />
<strong>di</strong> fiducia per ogni riunione o appuntamento. Era necessaria una <strong>di</strong>versione<br />
<strong>di</strong> qualche sorta per tenere a bada i più insistenti. E in effetti, se<br />
non altro, forse i cristalli potevano servire proprio a questo scopo. Così,<br />
era stato deciso <strong>di</strong> portarli fuori, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuirli in giro, <strong>di</strong> lasciare che la<br />
gente si <strong>di</strong>vertisse per un po', sperando che la novità non passasse <strong>di</strong> moda<br />
troppo in fretta.<br />
Naturalmente, Questor non poteva occuparsi della cosa. E nonostante<br />
fosse decisamente contrario all'idea, Abernathy risultò la seconda scelta<br />
più logica. Ci voleva pure qualcuno che agisse da rappresentante del Re,<br />
qualcuno in più oltre Horris Kew e il suo uccello. Inoltre, ci voleva qualcuno<br />
che tenesse d'occhio Horris Kew e magari anche il pennuto stesso.<br />
Così, Abernathy era stato praticamente costretto a prestare i suoi servigi, e<br />
Bunion venne scelto come suo accompagnatore per fornire protezione e<br />
sostegno. Venne offerta loro anche una scorta <strong>di</strong> soldati, ma nessuno li volle,<br />
compreso Abernathy, che decise che era molto meglio mantenere le cose<br />
più semplici e lineari possibile. Andare a far visita ai Signori del Green-
sward accompagnati da una scorta armata significava attirare un sacco <strong>di</strong><br />
attenzione. Abernathy aveva deciso che si trattava <strong>di</strong> una pessima idea, e <strong>di</strong><br />
conseguenza l'ipotesi della scorta fu scartata.<br />
Fra l'altro, si trovavano in tempi <strong>di</strong> pace. Che guai avrebbero potuto avere<br />
con lo stendardo del Re che sfilava davanti a loro?<br />
Così erano partiti, marciando fuori delle porte <strong>di</strong> Sterling Silver e spingendosi<br />
verso nordest attraverso le foreste e le colline, <strong>di</strong>retti verso le pianure<br />
del Greensward. A tutti coloro che incontrarono sulla strada, offrirono<br />
un cristallo dell'occhio della mente. La maggior parte della gente li accettò<br />
<strong>di</strong> buon grado, affascinata dalle potenzialità dell'oggetto.<br />
Furono ben pochi, solo qualche villico isolato particolarmente superstizioso,<br />
coloro che non accettarono il dono considerandolo una sciocchezza.<br />
Vennero comunque <strong>di</strong>stribuiti centinaia <strong>di</strong> cristalli per la strada, poiché fra<br />
Sterling Silver e il Greensward vi erano molte fattorie e piccole comunità.<br />
La voce si <strong>di</strong>ffuse, ed entro breve la piccola processione si ritrovò la gente<br />
che li aspettava lungo la strada. Altri cristalli vennero <strong>di</strong>stribuiti, e altra<br />
gente se ne andò via felice. Fin lì, tutto bene.<br />
Abernathy doveva ammettere che Horris Kew non si stava comportando<br />
affatto male. Il mago si assicurava <strong>di</strong>ligentemente che ogni persona che riceveva<br />
un cristallo sapesse che si trattava <strong>di</strong> un dono del Re e che lui stava<br />
agendo come rappresentante esclusivo del Re stesso. Non fece alcun tentativo<br />
<strong>di</strong> guadagnare cre<strong>di</strong>to personale da quella <strong>di</strong>stribuzione e non fece il<br />
seppur minimo accenno a qualsiasi forma <strong>di</strong> promozione della sua immagine.<br />
Questo Horris era molto <strong>di</strong>verso da quello che Abernathy ricordava,<br />
e la cosa lo rese nuovamente sospettoso nei suoi confronti.<br />
Tuttavia, il fedele scrivano <strong>di</strong> corte provava sentimenti assai contrastanti<br />
al riguardo. Per quanto <strong>di</strong>ffidasse <strong>di</strong> Horris Kew e delle sue idee, compresa<br />
questa, era <strong>di</strong>speratamente attaccato al suo cristallo personale. Nelle occasioni<br />
in cui riusciva ad ammetterlo a se stesso, occasioni che capitavano<br />
sempre più <strong>di</strong> rado, si preoccupava del fatto che quella sua attrazione sconfinasse<br />
ad<strong>di</strong>rittura in una forma <strong>di</strong> assuefazione. Era come se fosse stato<br />
completamente coinvolto dal cristallo fin dalla sua prima occhiata all'interno<br />
delle sue luminose profon<strong>di</strong>tà.<br />
Ma che cosa gli veniva mostrato <strong>di</strong> tanto intrigante, non una sola volta,<br />
ma ogni volta che vi guardava dentro? Egli vedeva se stesso, se stesso come<br />
era stato una volta, un uomo con lineamenti e caratteristiche da uomo,<br />
senza più quel corpo da cane che si ritrovava. Si trattava del desiderio più<br />
grande della sua vita, il sogno che avrebbe sempre desiderato veder realiz-
zato, e quando scrutava nelle profon<strong>di</strong>tà sfaccettate del cristallo dell'occhio<br />
della mente, il suo sogno si realizzava. Poteva rimanere lì a guardarsi per<br />
tutto il tempo che desiderava, e quel tempo <strong>di</strong>ventava sempre più lungo<br />
ogni giorno che passava. Non solo riusciva a vedersi in forma umana, ma<br />
provava anche le sensazioni; ricordava perfettamente come era stato prima<br />
che Questor Thews invocasse il suo sfortunato incantesimo e lo riducesse<br />
in quello stato in cui si trovava.<br />
Si trattava <strong>di</strong> un passatempo incre<strong>di</strong>bilmente gradevole, e Abernathy non<br />
sembrava mai averne abbastanza. Non era esattamente come tornare a essere<br />
colui che era stato in precedenza, ma era la cosa più prossima che avesse<br />
mai sperimentato. Era incre<strong>di</strong>bilmente sod<strong>di</strong>sfacente, e doveva il tutto<br />
a Horris Kew.<br />
Anche in quel momento, mentre si avvicinava alle torreggianti porte <strong>di</strong><br />
Rhyndweir e spasimava per un bagno e per un boccale <strong>di</strong> birra fredda, non<br />
riusciva a fare a meno <strong>di</strong> pensare anche al suo cristallo e al tempo che avrebbe<br />
passato in sua compagnia nella sua stanzetta solitaria.<br />
Le porte si aprirono per riceverli, e la piccola processione marciò nel castello<br />
fiancheggiata dalle guar<strong>di</strong>e. Un singolo ufficiale minore <strong>di</strong> corte li<br />
stava attendendo per riceverli e guidarli all'interno del castello. Nessuno<br />
squillare <strong>di</strong> trombe, nessun cambio della guarnigione, nessun ricevimento<br />
ufficiale da parte dello stesso Kallendbor come sarebbe senz'altro avvenuto<br />
se si fosse trattato del Re, pensò Abernathy. Agli inviati veniva concesso<br />
minimo rispetto e ancor meno interesse. Kallendbor non aveva mai gra<strong>di</strong>to<br />
Holiday, ma ora il suo sdegno nei confronti del Re stava <strong>di</strong>ventando sempre<br />
più aperto e manifesto. A quanto pareva, i ricor<strong>di</strong> delle imprese e dei<br />
trionfi <strong>di</strong> Holiday stavano recedendo rapidamente. Holiday infatti aveva<br />
superato Kallendbor in <strong>di</strong>verse occasioni, facendo ciò che i Signori del<br />
Greensward non erano mai stati in grado <strong>di</strong> fare; sconfiggere il Marchio <strong>di</strong><br />
Ferro, ricacciare i demoni nell'Abaddon e unire il regno intero sotto un'unica<br />
legge. Aveva sconfitto qualsiasi avversario gli si fosse messo contro e<br />
aveva superato ogni genere <strong>di</strong> ostacolo. E tutto ciò era stato accettato da<br />
Kallendbor, anche se magari non apprezzato. Ora invece, forse avrebbe<br />
messo in <strong>di</strong>scussione anche la stessa accettazione <strong>di</strong> questi dati <strong>di</strong> fatto.<br />
Kallendbor venne loro incontro alle porte del palazzo, tutto risplendente<br />
<strong>di</strong> gioielli e <strong>di</strong> abiti color cremisi, accompagnato dai suoi consiglieri e dai<br />
suoi attuali favoriti <strong>di</strong> corte. Era un uomo alto dalla corporatura massiccia,<br />
con i capelli e la barba talmente rossi che parevano quasi dorati alla luce<br />
del sole. Le sue mani erano callose e i suoi avambracci erano segnati dalle
ferite <strong>di</strong> mille battaglie. Rimase in pie<strong>di</strong> ad attendere il loro arrivo, tutto<br />
impettito e arrogante, dando l'impressione <strong>di</strong> guardarli dall'alto in basso,<br />
come se concedesse loro la sua attenzione solo per pura generosità.<br />
Quell'atteggiamento non <strong>di</strong>sturbò Abernathy; lo scrivano <strong>di</strong> corte vi era<br />
ormai abituato. Ciò nonostante, non apprezzò <strong>di</strong> certo quella sua voluta insolenza.<br />
«Lord Kallendbor» lo salutò Abernathy, che nel frattempo si era messo<br />
<strong>di</strong> fronte al piccolo drappello, inclinando leggermente il capo.<br />
«Scrivano» replicò l'altro, inchinandosi ancor meno.<br />
«Awk! Potente Signore! Potente Signore!» gracchiò Biggar.<br />
Kallendbor sbatté le palpebre. «Cos'abbiamo qui? Un uccello ammaestrato?<br />
Ma bene, si tratta forse <strong>di</strong> un dono per me?» Improvvisamente, il<br />
suo volto era <strong>di</strong>venuto raggiante. «Ma certo che lo è! Ottima scelta, Abernathy!»<br />
Ora, questa era un'opportunità per la quale Abernathy avrebbe pagato<br />
qualsiasi cifra; l'occasione <strong>di</strong> liberarsi definitivamente <strong>di</strong> Biggar. Ad Abernathy<br />
non era mai piaciuto l'uccello fin dal primo giorno, e anche l'uccello<br />
provava sentimenti analoghi nei suoi confronti. E il bello era che entrambi<br />
sapevano benissimo come la pensava l'altro. Vi era qualcosa in Biggar che<br />
infasti<strong>di</strong>va Abernathy più <strong>di</strong> quanto non riuscisse a comprendere con la logica.<br />
Non riusciva a capire <strong>di</strong> che cosa si trattasse, ma <strong>di</strong> fatto era così.<br />
Abernathy aveva infatti insistito parecchio affinché l'uccello non li accompagnasse<br />
in quel viaggio, solo che Horris Kew aveva a sua volta insistito<br />
molto sulla necessità della presenza del volatile e alla fine (soprattutto perché<br />
i cristalli erano del mago e rappresentavano lo scopo ultimo del viaggio<br />
stesso) aveva ottenuto che Biggar li accompagnasse.<br />
Abernathy aprì la bocca per <strong>di</strong>re a Kallendbor che l'uccello era tutto suo,<br />
solo che non lo fece abbastanza in fretta.<br />
«Mio Signore, vogliate perdonarmi per aver permesso a questa povera<br />
creatura <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarvi dal vero scopo della nostra visita» intervenne rapidamente<br />
Horris Kew. «Purtroppo, questo volatile non è un dono per voi. Egli<br />
è il mio compagno <strong>di</strong> viaggio, il mio unico tesoro in questo mondo, l'unico<br />
legame che ho con la mia vecchia vita e con la gente che ha significato<br />
tanto per me, che mi ha dato tutto ciò che posseggo e ha fatto <strong>di</strong> me ciò che<br />
sono. Sono certo che capirete.» Stava parlando molto rapidamente. «Inoltre,<br />
a <strong>di</strong>r la verità, questo uccello è <strong>di</strong> un tipo assai sgradevole, portato a
comportamenti strani e impreve<strong>di</strong>bili. Può anche risultare pericoloso poiché<br />
ha il vizio <strong>di</strong> beccare. Non credo che sareste felice in sua presenza.»<br />
Come per enfatizzare questa <strong>di</strong>chiarazione, Biggar si protese in avanti e<br />
rifilò una beccata all'orecchio <strong>di</strong> Horris. «Ahi! Ecco, avete visto?» Horris<br />
tentò <strong>di</strong> rifilare un manrovescio a Biggar, che svolazzò via intimorito, tornando<br />
a posarsi con grande cautela sulla spalla del suo padrone solo dopo<br />
qualche secondo.<br />
«E perché non mi viene offerto questo volatile se lo desidero?» sbottò<br />
Kallendbor con tono offeso, rabbuiandosi in viso. «Mi sta te forse <strong>di</strong>cendo<br />
che non posso avere questo uccello se lo gra<strong>di</strong>sco?»<br />
Abernathy stava pensando che questo segnava la fine della <strong>di</strong>stribuzione<br />
dei cristalli, che tanto valeva che tornassero <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>etro senza<br />
nemmeno parlarne... tutti meno Biggar, naturalmente, che sembrava essere<br />
destinato a rimanere lì.<br />
«Mio Signore, l'uccello è vostro se lo gra<strong>di</strong>te» <strong>di</strong>chiarò imme<strong>di</strong>atamente<br />
Horris Kew. Biggar emise un'altro strido rauco. «Ma dovete sapere che<br />
parla molto poco, e che ciò che ha appena detto, "Potente Signore", è una<br />
frase che ha appreso dal Re. In altre paro le, il Re gli ha insegnato a <strong>di</strong>rlo<br />
per suo <strong>di</strong>letto personale.»<br />
Abernathy sgranò gli occhi. Seguì un lungo silenzio. Kallendbor <strong>di</strong>venne<br />
paonazzo e assunse un atteggiamento ancor più altezzoso, dando l'impressione<br />
<strong>di</strong> stare per scoppiare da un momento all'altro. Poi, lentamente, la pericolosa<br />
colorazione del suo volto svanì, tornando normale.<br />
«Non importa, in fondo non lo desidero» <strong>di</strong>sse il Signore del Greensward<br />
con tono sdegnoso. «Se non posso averlo, questo è quanto mi basta.<br />
Che se lo tenga Holiday.» Inspirò lentamente. «Bene. Dato che la questione<br />
del volatile è risolta, volete ora <strong>di</strong>rmi il motivo per il quale vi siete recati<br />
fin qui?»<br />
«Mio Signore» <strong>di</strong>sse Horris Kew, intervenendo nuovamente prima che<br />
Abernathy riuscisse a pronunciare alcunché «non ave vate torto nella vostra<br />
asserzione. Siamo veramente venuti per portarvi un dono, solo che si<br />
tratta <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> ben più utile e interessante <strong>di</strong> un uccello. Stiamo parlando<br />
del cristallo dell'occhio della mente.»<br />
Kallendbor apparve nuovamente interessato. «Ve<strong>di</strong>amolo.»<br />
Questa volta fu più rapido Abernathy. «Saremmo felicissimi <strong>di</strong> mostrarvelo,<br />
mio Signore, magari all'interno, dove fa più fresco e dove potrete farci<br />
mostrare gli alloggi che indubbiamente avrete preparato per gli emissari<br />
del Re.»
Kallendbor sorrise, una vista niente affatto piacevole. «Ma certo, sarete<br />
letteralmente esausti. Cavalcare deve essere stremante per voi, immagino.<br />
Venite da questa parte.»<br />
Abernathy si rese perfettamente conto della voluta provocazione nei suoi<br />
confronti, ma fece finta <strong>di</strong> nulla. La piccola compagnia seguì Kallendbor e<br />
i suoi cortigiani fino al gran salone. Vennero portati boccali <strong>di</strong> birra spillati<br />
da botti tenute al fresco nelle profonde acque del Bairn e del Cosselburn, i<br />
due fiumi che lambivano Rhyndweir, mentre alcuni inservienti preparavano<br />
i bagni e le stanze per gli ospiti. Kallendbor li condusse fino a un punto<br />
del salone dove <strong>di</strong>verse porte si aprivano sui campi <strong>di</strong> addestramento e li<br />
fece sedere su alcune se<strong>di</strong>e <strong>di</strong>sposte a cerchio. La maggior parte dei suoi<br />
cortigiani rimasero in pie<strong>di</strong> alle spalle del loro padrone.<br />
«Ebbene, <strong>di</strong> che genere <strong>di</strong> dono si tratta?» domandò nuovamente Kallendbor.<br />
«Si tratta <strong>di</strong> questo, mio Signore» <strong>di</strong>chiarò Horris Kew, estraendo un cristallo<br />
dell'occhio della mente dai suoi abiti.<br />
Kallendbor prese in mano il cristallo e lo stu<strong>di</strong>ò con una smorfia. «Non<br />
parrebbe molto prezioso. A quanto ammonta il valore. Aspettate un attimo!»<br />
Si protese improvvisamente in avanti, rivolgendosi ad Abernathy.<br />
In<strong>di</strong>cò Horris Kew. «Chi è quest'uomo?»<br />
«Si chiama Horris Kew» rispose lo scrivano, resistendo all'impulso <strong>di</strong><br />
aggiungere altro. «Si trova attualmente a servizio del Re, ed è lo scopritore<br />
<strong>di</strong> questi cristalli.»<br />
«Questi cristalli?» Kallendbor tornò a rivolgersi a Horris Kew. «Volete<br />
<strong>di</strong>re che ve n'è più d'uno? Quanti ve ne sono?»<br />
«Migliaia» replicò il mago con un sorriso. «Ma ognuno è speciale. Tenetelo<br />
davanti all'occhio, mio Signore, lasciate che vi entri la luce e guardate.»<br />
Kallendbor scrutò Horris Kew con aria sospettosa per un attimo, quin<strong>di</strong><br />
fece come gli era stato detto. Sollevò il cristallo finché non catturò un raggio<br />
<strong>di</strong> sole, quin<strong>di</strong> si protese in avanti per guardarvi dentro. Rimase in<br />
quella posizione finché il cristallo non sembrò accendersi <strong>di</strong> luce propria,<br />
quin<strong>di</strong> annaspò e trasalì visibilmente, ma mantenne lo sguardo fisso nelle<br />
sfaccettature cristalline. Poco dopo spalancò la bocca, protendendosi ulteriormente<br />
in avanti. Un bagliore apparve nei suoi occhi. «No, è così?»<br />
borbottò. «È possibile?»<br />
Improvvisamente, chiuse la mani attorno al cristallo, togliendogli la luce<br />
e annullando l'immagine che gli era stata mostrata. «Tutti fuori!» or<strong>di</strong>nò a
coloro che scrutavano <strong>di</strong>etro le sue spalle carichi <strong>di</strong> aspettativa e <strong>di</strong> curiosità.<br />
«Adesso!»<br />
I cortigiani scomparvero con sorprendente rapi<strong>di</strong>tà. Quando se ne furono<br />
andati, Kallendbor scrutò nuovamente Horris Kew. «Che cosa sono?» sibilò.<br />
«Quale potere comandano?»<br />
Horris sembrava confuso. «Be'... offrono... offrono visioni <strong>di</strong> molte cose,<br />
mio Signore, visioni <strong>di</strong>fferenti per ogni persona che vi guarda. Si tratta <strong>di</strong><br />
una semplice <strong>di</strong>versione, nulla più.»<br />
Kallendbor scosse il capo. «Sì, ma... mostrano forse il futuro? Dimmi<br />
questo.»<br />
«Be', sì, forse» abbozzò Horris Kew, non essendo affatto sciocco. «Ad<br />
alcuni, forse, non certo a tutti.»<br />
Improvvisamente, Abernathy si ritrovò a chiedersi se non potesse essere<br />
effettivamente così. A quanto pareva lo stesso Horris non sapeva come<br />
stessero realmente le cose, ma se Kallendbor avesse indovinato? Significava<br />
forse che le visioni offerte dal cristallo si sarebbero realizzate? Significava<br />
forse che Abernathy si era visto non come era stato ma come sarebbe<br />
<strong>di</strong>ventato?<br />
«Il futuro» sussurrò Kallendbor, perso nei suoi pensieri. «Sì, potrebbe<br />
essere.»<br />
Qualunque cosa avesse visto, si trattava certamente <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> suo<br />
gra<strong>di</strong>mento, pensò Abernathy, per nulla interessato a che cosa potesse essere,<br />
troppo coinvolto dal suo personale uso del cristallo stesso. Il suo petto<br />
si contrasse per le emozioni che stava provando al solo pensiero della<br />
prospettiva <strong>di</strong> tornare nuovamente uomo. Se solo avesse potuto essere vero...<br />
«Quanti ne avete?» domandò improvvisamente Kallendbor.<br />
Horris Kew deglutì, incerto su dove stessero andando a parare. «Come<br />
vi ho già detto, mio Signore, ne abbiamo a migliaia.»<br />
¦«Migliaia. E quanto costano?»<br />
«Non costano nulla, mio Signore. Sono gratis.»<br />
Kallendbor tossì, come se si fosse strozzato con qualcosa. «Ne avete già<br />
<strong>di</strong>stribuiti molti?»<br />
«Sì, mio Signore, molti. E proprio per questo scopo che siamo venuti nel<br />
Greensward, per donare questi cristalli alla gente affinché possano godere<br />
delle visioni che vi troveranno quando il loro lavoro giornaliero sarà terminato.<br />
Ma naturalmente per voi, mio signore» aggiunse rapidamente, non
essendo <strong>di</strong>sposto a perdere un'opportunità quando la vedeva «può darsi che<br />
offrano qualcosa <strong>di</strong> più che una semplice <strong>di</strong>versione.»<br />
«Sì, qualcosa <strong>di</strong> più.» Kallendbor rifletté. «Ho un'idea. Lasciate che sia<br />
io a <strong>di</strong>stribuire i cristalli destinati agli altri signori del Greensward. Naturalmente<br />
li farò <strong>di</strong>stribuire a nome del Re. Così potrete fare a meno <strong>di</strong> visitare<br />
tutti i castelli, e potrete limitarvi alla <strong>di</strong>stribuzione per la gente comune.»<br />
Non si trattava <strong>di</strong> una richiesta. Horris Kew rivolse lo sguardo verso Abernathy,<br />
in cerca <strong>di</strong> aiuto. Abernathy sospettò subito quali fossero le intenzioni<br />
<strong>di</strong> Kallendbor. Non avrebbe certo dato i cristalli agli altri signori<br />
in cambio <strong>di</strong> nulla; glieli avrebbe fatti pagare cari. Probabilmente avrebbe<br />
detto loro che quei cristalli, al contrario <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong>stribuiti al popolo, prevedevano<br />
il futuro. Ma sinceramente, ad Abernathy non importava nulla.<br />
Le voci si sarebbero sparse molto velocemente, e allora sarebbe stato Kallendbor<br />
a dover affrontare i suoi vicini.<br />
Lo scrivano <strong>di</strong> corte scrollò le spalle. «Ma certo, mio Signore» <strong>di</strong>sse.<br />
«Come desiderate.»<br />
Kallendbor si alzò in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> scatto. «Le vostre stanze sono pronte. Lavatevi,<br />
e riposate pure fino all'ora <strong>di</strong> cena. Riparleremo <strong>di</strong> questa faccenda<br />
a tavola.» Si voltò e si incamminò, e apparve più che evidente che faceva<br />
una certa fatica a trattenersi dal guardare ancora una volta nel suo cristallo.<br />
«Oh, sì. E se avete bisogno <strong>di</strong> qualcosa, chiedete pure ai miei servitori.»<br />
Uscì dalla porta come se vi fosse stato catapultato.<br />
Quando fu solo nella sua stanza, Abernathy si lavò, si rivestì, bevve un<br />
altro boccale dell'ottima e freschissima birra, quin<strong>di</strong> si sdraiò comodamente<br />
sul letto che gli era stato preparato. Prese il suo cristallo dal luogo in cui<br />
lo teneva nascosto, lo sollevò alla luce e vi scrutò dentro. Ormai era <strong>di</strong>ventato<br />
esperto nell'uso del cristallo, anche se non era molto <strong>di</strong>fficile, e le immagini<br />
gli giungevano pressoché imme<strong>di</strong>atamente. Osservò la comparsa <strong>di</strong><br />
se stesso nella sua vecchia forma, un giovanotto con un sorriso felice e luminoso,<br />
dall'espressione ottimista, piuttosto belloccio ed elegante per essere<br />
uno scrivano. Stava giocando con dei bambini e una donna lo stava osservando,<br />
una donna carina e timida. Abernathy sentì il respiro che gli si<br />
bloccava in gola. Nella sua vita non vi era mai stata una donna, né moglie<br />
né amante, eppure qui ve n'era una. Che si trattasse veramente del futuro?<br />
Che stesse effettivamente vedendo le cose come sarebbero state da lì a poco?
Chiuse improvvisamente le mani attorno al cristallo e si concentrò su<br />
quell'idea. Il futuro. In fondo, tutto era possibile, no? Che cosa avrebbe dato<br />
per un prospetto simile? Non aveva nemmeno bisogno <strong>di</strong> pensarci sopra.<br />
Fissò il soffitto, le crepe nell'antica volta e la vernice sbia<strong>di</strong>ta che evidentemente<br />
una volta ritraeva qualche scena allegorica. Come nel suo passato,<br />
il tempo aveva sbia<strong>di</strong>to l'evento. Molto <strong>di</strong> ciò che era avvenuto in passato<br />
era stato sbia<strong>di</strong>to dagli anni e dagli avvenimenti intercorsi. Ma lui non desiderava<br />
riavere molto del passato, pensò. Gli bastava riavere l'essenza <strong>di</strong><br />
ciò che era stato. Riavere la sua interezza <strong>di</strong> uomo.<br />
Gli venne allora in mente Ben Holiday, che si era <strong>di</strong>mostrato tanto ansioso<br />
<strong>di</strong> lasciarsi alle spalle il suo passato. Il Re era sostenuto da ben pochi<br />
ricor<strong>di</strong>, e i cambiamenti che erano avvenuti nella sua vita non avevano nulla<br />
a che fare con il suo stile <strong>di</strong> vita, ma piuttosto con la sua vita stessa. Per<br />
Abernathy non era stato così, ma ciò nonostante si potevano trovare delle<br />
similitu<strong>di</strong>ni. Si domandò dove si trovasse Holiday, che ne era stato <strong>di</strong> lui.<br />
Non vi era alcuna traccia del loro Re, per quanto le ricerche fossero state<br />
meticolose e proseguissero tuttora. Era assurdo che fosse scomparso a<br />
quella maniera, e se era scomparso per sempre sarebbero stati guai seri per<br />
tutti loro. Un altro re avrebbe potuto portare dei cambiamenti che non sarebbero<br />
stati necessariamente gra<strong>di</strong>ti. Un altro re non avrebbe posseduto la<br />
forza, il carattere e la determinazione <strong>di</strong> Holiday. Per un altro re, la magia<br />
avrebbe potuto non funzionare.<br />
Bevve l'ultimo sorso della sua birra, alzandosi a sedere sul bordo del letto,<br />
scoraggiato. Con la scomparsa <strong>di</strong> Holiday, nulla sembrava procedere<br />
per il verso giusto. Ogni cosa sembrava alterata e <strong>di</strong>sgregata. Desiderò poter<br />
fare qualcosa per cambiare lo stato attuale delle cose.<br />
Bunion nel frattempo era andato a controllare la campagna, per vedere<br />
se riusciva a scoprire qualche traccia del Re scomparso. Magari avrebbe<br />
trovato qualcosa. Magari la sua ricerca nel Greensward avrebbe dato qualche<br />
frutto. Magari.<br />
Abernathy tornò a sdraiarsi sul letto e sollevò il cristallo alla luce.<br />
Kallendbor non si presentò per cena. Nemmeno Bunion. Horris Kew e<br />
Abernathy cenarono in solitario con Biggar che li scrutava appollaiato sulla<br />
se<strong>di</strong>a del mago come una specie <strong>di</strong> uccellaccio del malaugurio. Abernathy<br />
tentò <strong>di</strong> ignorarlo, ma la cosa risultava assai <strong>di</strong>fficile, visto che il<br />
pennuto era seduto proprio davanti a lui e lo fissava continuamente con aria<br />
malevola dal suo trespolo improvvisato. Abernathy non riuscì a tratte-
nersi. A un certo punto, quando Horris Kew non stava guardando, mostrò i<br />
denti all'uccello.<br />
Biggar lo raccontò a Horris in seguito, ma Horris non sembrava essere<br />
interessato. Erano nuovamente nella loro stanza, immersi nella semioscurità,<br />
con una sola candela che bruciava al lato del letto. Horris era seduto sul<br />
letto, mentre Biggar era appollaiato sull'ampio davanzale della finestra.<br />
«Mi ha ringhiato, ti <strong>di</strong>co!» insistette il volatile. «Ha praticamente tentato<br />
<strong>di</strong> mordermi!»<br />
Horris si stava guardando attorno con espressione preoccupata. Il tic gli<br />
faceva ballare l'occhio in maniera convulsa. «Ti ha ringhiato? Io non ho<br />
sentito nulla.»<br />
«Va bene, va bene, forse non ha effettivamente ringhiato.» Biggar non<br />
era nell'umore giusto per stare a sottilizzare. «Ma mi ha mostrato tutti i<br />
suoi denti, e ti assicuro che non ci potevano essere dubbi sulle sue intenzioni!<br />
Horris, mi vuoi dare ascolto? E smettila <strong>di</strong> guardarti attorno!»<br />
Horris Kew stava effettivamente controllando la stanza da cima a fondo.<br />
Si fermò quanto bastava per rivolgere a Biggar un'occhiata sospettosa e<br />
preoccupata. L'occhio gli sobbalzava in maniera furiosa. L'uccello inclinò<br />
il capo. «Sei sicuro <strong>di</strong> sentirti bene, Horris?»<br />
Horris annuì con fare dubbioso. «Continuo ad avere l'impressione <strong>di</strong> vedere<br />
qualcosa» <strong>di</strong>sse, facendo un gesto vago. «Là fuori.» Scrollò le spalle.<br />
«A volte nelle ombre degli alberi o degli e<strong>di</strong>fici, e a volte <strong>di</strong> notte negli<br />
angoli bui. Ho l'impressione <strong>di</strong> vedere qualcosa. Mi sento come se mi<br />
spiassero.» Inspirò profondamente. «Ho l'impressione che lui si trovi qui.»<br />
«Il Gorse?» Biggar emise un sospiro. «Non essere ri<strong>di</strong>colo. Non lascia<br />
mai la sua grotta. Stai iniziando a immaginare cose che non esistono.»<br />
Horris si strinse nella sua figura allampanata, come se avesse freddo. Il<br />
suo nasone a uncino simile a un aratro si proiettò in avanti. «Non riesco a<br />
smettere <strong>di</strong> pensare a Holiday, alla strega e al drago e a ciò che ha fatto loro.<br />
Sono preoccupato che possa fare la stessa cosa anche a noi, come avevi<br />
suggerito.»<br />
«Be', non puoi <strong>di</strong>re che non ti avessi avvertito.» Biggar provò un'immensa<br />
sod<strong>di</strong>sfazione davanti a quell'ammissione. «D'altro canto, ormai siamo<br />
andati fin troppo avanti con questa storia dei cristalli per iniziare a preoccuparci<br />
adesso.»<br />
Horris si alzò in pie<strong>di</strong> e prese a passeggiare nervosamente per la stanza,<br />
controllando gli angoli bui e scrutando <strong>di</strong>etro i mobili. Biggar inclinò il<br />
suo capo crestato <strong>di</strong> bianco. Che per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo, pensò. Se il Gorse non
avesse voluto essere visto, non si sarebbe fatto trovare. Il Gorse non era<br />
una creatura stupida.<br />
«Vuoi per favore sederti e rilassarti?» <strong>di</strong>sse con tono irritato. Horris lo<br />
stava rendendo nervoso.<br />
Horris tornò a sedersi sul letto. «Sai che cosa ha detto il Gorse quando<br />
gli ho chiesto che ne sarebbe stato <strong>di</strong> Holiday e degli altri che aveva racchiuso<br />
nella Scatola magica?»<br />
Biggar non ricordava e non gliene importava nulla. Ciò nonostante, domandò<br />
con tono paziente: «Che cosa, Horris? Dimmi.»<br />
«Ha detto che sarebbero rimasti intrappolati nelle nebbie fatate. Ha detto<br />
che un incantesimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticanza li avrebbe condotti su una strada che<br />
non ha fine. Che non si sarebbero ricordati chi erano. Che non si sarebbero<br />
ricordati da dove venivano. Che sarebbero rimasti isolati nelle nebbie, e<br />
che le nebbie avrebbero giocato con loro finché non li avrebbero fatti impazzire.»<br />
Horris rabbrividì. «Il Gorse ha detto che sarebbe passato un bel<br />
po' <strong>di</strong> tempo prima che questo accadesse.»<br />
«Non sono fatti nostri» <strong>di</strong>chiarò Biggar. «Abbiamo già abbastanza preoccupazioni<br />
per conto nostro.»<br />
«Lo so, lo so.» Horris alzò lo sguardo verso le ombre, come se avesse<br />
sentito qualcosa. «È solo che non riesco a fare a meno <strong>di</strong> pensarci.»<br />
Biggar era <strong>di</strong>sgustato. «Be', ti conviene trovare un modo per smettere <strong>di</strong><br />
pensarci, allora. Se il programma <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli non procede<br />
come il Gorse desidera, abbiamo solo da perdere, se invece riesce nel migliore<br />
dei mo<strong>di</strong>, abbiamo solo da guadagnarci. Per il Gorse Landover non è<br />
altro che un gra<strong>di</strong>no per arrivare a altre cose, ma per noi rappresenta l'immenso<br />
tesoro che si trova in fondo all'arcobaleno. Se riusciamo a stare in<br />
affari, possiamo guadagnare molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto non stessimo guadagnando<br />
con Skat Mandu.»<br />
«Lo so, lo so.»<br />
«E smettila <strong>di</strong> rispondermi a quel modo, ti o<strong>di</strong>o quando sei così accon<strong>di</strong>scendente!»<br />
Horris si alzò in pie<strong>di</strong>, fremendo per la rabbia. «Chiu<strong>di</strong> il becco, Biggar!<br />
Posso essere accon<strong>di</strong>scendente quanto voglio, se così mi garba!» Unì le<br />
mani e spazzò la stanza con lo sguardo. «So quel che devo fare, e lo farò!<br />
L'ho fatto fino a ora, no? E solo che non mi piace essere osservato! Non mi<br />
piace l'idea che qualcuno stia lì a guardarmi quando io non posso vederlo!»<br />
Biggar sputò a terra. «Horris, per l'ultima volta, il Corse non è qui!»<br />
Horris strinse i pugni, frustrato. «E se invece ci fosse?»
«Già, e se invece ci fossi?» <strong>di</strong>sse la voce del Gorse dalle ombre dell'arma<strong>di</strong>o.<br />
Horris svenne istantaneamente.<br />
Quando ebbe finito con loro, quando li ebbe spaventati fino al punto che<br />
era sicuro che avrebbero fatto esattamente ciò che voleva che facessero<br />
senza deviare nemmeno <strong>di</strong> un millimetro dalle in<strong>di</strong>cazioni che aveva dato<br />
loro, il Gorse <strong>di</strong>scese dalle mura esterne del castello come un ragno. Giunto<br />
a terra, si trasformò in un uomo e attraversò le porte, entrando nel paese.<br />
Ora muoversi era <strong>di</strong>ventato molto più facile per lui, e la sua magia stava<br />
<strong>di</strong>ventando sempre più forte man mano che passava il tempo. Ora era in<br />
grado <strong>di</strong> assumere <strong>di</strong>verse forme. Poteva essere qualsiasi cosa o qualsiasi<br />
persona desiderasse.<br />
Sorrise pensando alle possibilità.<br />
Horris e l'uccello erano due i<strong>di</strong>oti, ma erano i<strong>di</strong>oti utili, e il Gorse aveva<br />
intenzione <strong>di</strong> tenerli con sé giusto il tempo che bastava per portare a termine<br />
il suo piano <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Landover. Dopo<strong>di</strong>ché, si sarebbe liberato<br />
<strong>di</strong> loro.<br />
Non si erano aspettati che li accompagnasse nel loro viaggio, e non riuscivano<br />
a capire come avesse fatto a seguirli. Be', non era certo l'ultima<br />
sorpresa che li attendeva. Era molto meglio mantenerli nel dubbio, nell'incertezza.<br />
Potevano <strong>di</strong>re ciò che volevano, solo che dovevano essere sempre<br />
un minimo preoccupati mentre sbrigavano le sue faccende. Un poco <strong>di</strong> paura<br />
era una cosa assai utile.<br />
Una volta uscito dal paese, il Gorse cambiò nuovamente forma e si spostò<br />
in <strong>di</strong>rezione dei boschi, sfrecciandovi attraverso come una specie <strong>di</strong><br />
ombra che non toccava nemmeno terra. Erano preoccupati per Holiday, la<br />
strega e il drago, eh? Be', avevano un buon motivo per preoccuparsi. La<br />
stessa cosa poteva accadere anche a loro, e molto facilmente. E poteva essere<br />
proprio terribile come immaginavano. Certamente i tre prigionieri della<br />
Scatola magica in quel momento non desideravano altro che poter sfuggire,<br />
in qualunque modo, alle loro vite da incubo. Probabilmente si stavano<br />
domandando come fare. Peccato che non lo avrebbero mai scoperto.<br />
Giunse fra i boschi e raccolse le sue energie magiche per evocare i demoni<br />
<strong>di</strong> Abaddon. Era venuto il momento <strong>di</strong> fare un'altra piccola conferenza.<br />
Entro breve, sarebbe giunto per loro il momento <strong>di</strong> entrare a Landover.<br />
E il Gorse voleva che si tenessero pronti. Linee <strong>di</strong> fuoco scaturirono dalle<br />
sue mani e si infilarono sottoterra. Il rombo <strong>di</strong> scontentezza venne in risposta<br />
quasi imme<strong>di</strong>atamente.
Gristlies<br />
Il Cavaliere, la Dama e il Gargoyle seguirono il corso del fiume attraverso<br />
il Labirinto per il resto della giornata e per tutta la giornata successiva.<br />
A volte il fiume si allargava fino al punto che la sponda opposta si perdeva<br />
nella nebbia, e allora la superficie grigia e piatta prendeva l'aspetto <strong>di</strong> una<br />
lastra <strong>di</strong> pietra. Nessun pesce balzava fuori dalle sue profon<strong>di</strong>tà, nessun<br />
uccello solcava la sua superficie. A volte vi erano curve e anse, ma per il<br />
resto il fiume fluiva sempre uguale, monotono, infinito e immutabile.<br />
Non incontrarono nessuno, né Zingari del Fiume né altri. Non videro animali,<br />
e i soli piccoli movimenti che catturavano la loro attenzione provenivano<br />
dalle profon<strong>di</strong>tà della foresta e scomparivano in un batter d'occhio.<br />
Il Cavaliere scrutava spesso l'orizzonte alla ricerca della Foschia, ma<br />
non ve n'era traccia. Pensò a lungo alle origini <strong>di</strong> quel fenomeno, convinto<br />
com'era che avesse qualcosa a che fare con loro. Il Gargoyle aveva detto<br />
che vi era fame nel modo in cui si avvicinava a loro. Li seguiva per un motivo<br />
ben preciso, e quel motivo doveva avere qualcosa a che vedere con il<br />
perché erano intrappolati nel Labirinto. Il Cavaliere non riusciva né a vedere<br />
né a sentire la Foschia, ma percepiva costantemente la sua presenza.<br />
Era sempre lì con loro, appena fuori dalla loro visuale, in attesa.<br />
Ma in attesa <strong>di</strong> che cosa?<br />
La sera seguente alla sua liberazione dagli zingari, la Dama domandò al<br />
Cavaliere per quale motivo fosse venuto a prenderla. Erano seduti nell'oscurità<br />
mentre l'ultima flebile luce del giorno scemava <strong>di</strong>etro gli alberi e la<br />
nebbia si faceva lentamente strada verso il fiume. Erano rimasti solo loro<br />
due; il Gargoyle se n'era andato a passare la notte da solo, come faceva<br />
ormai sempre più spesso.<br />
«Avresti potuto lasciarmi lì e proseguire da solo» osservò con tono freddo<br />
e incuriosito. «Ero convinta che avessi deciso <strong>di</strong> fare così.»<br />
«Non lo avrei mai fatto» replicò il Cavaliere senza guardarla.<br />
«E perché? Perché preoccuparsi per me? Sono davvero così importante<br />
per il tuo padrone da portarti a rischiare la vita per me? Sono un tesoro<br />
talmente prezioso da portarti a morire piuttosto che perdermi?»<br />
Il Cavaliere scrutò nell'oscurità senza rispondere.<br />
La Dama si passò una mano fra i lunghi capelli neri. «Io sono un tuo<br />
posse<strong>di</strong>mento, e non permetteresti mai a nessuno <strong>di</strong> sottrarti uno dei tuoi<br />
posse<strong>di</strong>menti. É per questo che sei venuto a prendermi, non è vero?»
«Tu non mi appartieni» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />
«Allora appartengo al tuo padrone. Sono un bene che non osi perdere<br />
per paura <strong>di</strong> offenderlo, non è così?»<br />
Il Cavaliere la guardò, e nei suoi occhi trovò amarezza e derisione.<br />
«Dimmi una cosa, mia Dama. Cosa ricor<strong>di</strong> della tua vita prima che entrassi<br />
nel Labirinto?»<br />
Le sue labbra si strinsero. «E perché mai dovrei <strong>di</strong>rtelo?»<br />
Mantenne lo sguardo fisso su <strong>di</strong> lei, senza scostarlo nemmeno quando la<br />
rabbia iniziò a bruciargli dentro. «Io non ricordo quasi nulla della mia vita.<br />
So che ero un Cavaliere al servizio <strong>di</strong> un Re. So che ho combattuto centinaia<br />
<strong>di</strong> battaglie per suo conto e che le ho vinte tutte. So che siamo legati<br />
assieme per qualche motivo, io e te, e anche il Gargoyle. Mi è accaduto<br />
qualcosa che mi ha portato in questo luogo e in questo tempo, ma non ricordo<br />
assolutamente <strong>di</strong> che si tratti. É come se mi fosse stata rubata tutta la<br />
mia vita.»<br />
Fece una pausa. «Sono stanco <strong>di</strong> non rispondere alle tue domande perché<br />
non ho risposte da darti. Non conosco il nome del mio padrone. Non conosco<br />
nemmeno il mio stesso nome. Non so da dove vengo e dove fossi <strong>di</strong>retto.<br />
Sono venuto a prenderti non per lealtà nei confronti <strong>di</strong> un padrone<br />
che non ricordo o per adempire a un obbligo che non ricordo, ma semplicemente<br />
perché tu sei tutto ciò che ho per rimanere attaccato alla mia vita<br />
così come era prima che giungessi in questo luogo. Se dovessi perderti, se<br />
dovessi rinunciare a te, non mi rimarrebbe più nulla.»<br />
La Dama lo fissò, e la sua rabbia e la sua amarezza <strong>di</strong>minuirono, sostituiti<br />
in parte da comprensione e da un briciolo <strong>di</strong> paura. «Nemmeno io ricordo<br />
nulla» <strong>di</strong>sse a bassa voce, come se quelle parole le causassero dolore.<br />
«Ero una persona potente e importante, e sapevo bene quel che facevo.<br />
Avevo la magia.»<br />
La voce le morì in gola, e per un attimo il Cavaliere pensò che si sarebbe<br />
messa a piangere. Ma non fu così. La Dama riprese il controllo <strong>di</strong> se stessa<br />
e continuò. «Credo che sia stata la magia a mandarmi qui. E credo anche<br />
che tu abbia ragione, che ci trovassimo assieme già da prima e che siamo<br />
stati mandati qui per lo stesso motivo. Tuttavia, credo anche che se ci troviamo<br />
qui la colpa è tua e non mia.»<br />
Il Cavaliere annuì. «Può darsi.»<br />
«Io ti ritengo responsabile per questo.»<br />
Annuì nuovamente. «Non mi sento offeso.»
«Ma sono ugualmente felice che tu sia qui e che tu sia venuto a prendermi.»<br />
Questa <strong>di</strong>chiarazione sconvolse il Cavaliere, tanto che non riuscì a rispondere.<br />
Nel corso della seconda notte, quando il Gargoyle se ne fu andato a<br />
dormire nella foresta, la Dama gli parlò <strong>di</strong> nuovo. L'aria era calda e umida<br />
sulla sponda del fiume e non vi era un alito <strong>di</strong> vento, ma lei era tutta avvolta<br />
nel suo mantello, come se provasse freddo.<br />
«Cre<strong>di</strong> che riusciremo a fuggire da questo luogo?» domandò con una<br />
vocina piccola piccola.<br />
«Riusciremo» replicò con tono sicuro il Cavaliere, poiché era ancora<br />
convinto <strong>di</strong> riuscire a farcela.<br />
«La foresta e il fiume non danno alcun segno <strong>di</strong> voler finire. Non vi sono<br />
cambiamenti. Le nebbie ci avvolgono tuttora come il primo giorno. Non vi<br />
sono né persone né animali. Non vi sono uccelli.» Scosse il capo lentamente.<br />
«Ovunque vi è magia. La magia controlla ogni cosa qui nel Labirinto.<br />
Forse tu non lo percepisci, ma io sì. É un luogo basato sulla magia, e senza<br />
magia non riusciremo mai a sfuggirvi.»<br />
«Ci sarà pure un paese, un passo fra le montagne, o...»<br />
«No» lo interruppe seccamente, sollevando la sua esile mano bianca.<br />
«No, non ci sarà nulla, eccetto la foresta, il fiume e le nebbie per sempre.<br />
Null'altro.»<br />
Il Cavaliere si svegliò presto il mattino seguente, dopo una notte pressoché<br />
insonne. Le parole della Dama lo ossessionavano, una terribile profezia<br />
che non riusciva a togliersi dalla testa. La Dama stava ancora dormendo<br />
nell'erba alta, avvolta nel suo mantello. Il suo volto era liscio e sereno,<br />
privo <strong>di</strong> alcun segno <strong>di</strong> rabbia o <strong>di</strong>sperazione, senza alcun accenno <strong>di</strong> amarezza<br />
o <strong>di</strong> paura. Era molto bella sdraiata a quel modo, con la pelle can<strong>di</strong>da<br />
e i capelli color ebano, tutta liscia e priva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, la freddezza che a volte<br />
la contrad<strong>di</strong>stingueva nelle ore <strong>di</strong> veglia completamente scomparsa, sostituita<br />
nel sonno da un'espressione <strong>di</strong> grande dolcezza.<br />
Il Cavaliere continuò a guardarla e si domandò che cosa fossero stati l'uno<br />
per l'altra prima <strong>di</strong> entrare in quel Labirinto.<br />
Poco dopo si alzò e si avvicinò alla sponda del fiume, dove si lavò il volto<br />
e si asciugò. Quando si rialzò in pie<strong>di</strong>, il Gargoyle era al suo fianco. La<br />
bestia si era tolta il mantello, e la rugiada luccicava nei punti spelacchiati<br />
della sua pelle setolosa, come fosse un rettile appena sbucato fuori dalle<br />
profon<strong>di</strong>tà del fiume. Le sue ali pendevano flosce e inutili dalla schiena ri-
curva. Il suo volto orribile e sgraziato aveva assunto un'espressione contemplativa<br />
mentre scrutava le acque del fiume. Dapprincipio non <strong>di</strong>sse nulla,<br />
limitandosi a rimanere in pie<strong>di</strong> al suo fianco.<br />
«Dove te ne vai <strong>di</strong> notte?» gli domandò il Cavaliere.<br />
Il Gargoyle sorrise, mettendo in mostra i suoi denti giallastri. «Me ne<br />
vado fra i boschi, dove le ombre sono più fitte. Lì dormo molto meglio che<br />
all'aperto.» Rivolse il suo sguardo verso il Cavaliere. «Credevi forse che<br />
andassi a caccia <strong>di</strong> piccole creature troppo lente e morbide per sfuggirmi?<br />
O che stessi compiendo qualche rito <strong>di</strong>abolico?»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. «Non pensavo proprio nulla. Me lo stavo<br />
semplicemente domandando.»<br />
Il Gargoyle emise un sospiro. «La verità è che sono una creatura abitu<strong>di</strong>naria.<br />
Abbiamo già parlato <strong>di</strong> ciò che ricor<strong>di</strong>amo... o meglio, <strong>di</strong> ciò che<br />
non ricor<strong>di</strong>amo. Ebbene, ciò che ricordo più <strong>di</strong> ogni altra cosa sono le mie<br />
abitu<strong>di</strong>ni. Io sono brutto, la maggior parte della gente preferisce non vedermi,<br />
e questo è un fatto che fa parte della mia vita. E dato che non sono<br />
gra<strong>di</strong>to agli altri, mi trovo a mio agio dormendo da solo. Cerco sempre<br />
luoghi in cui gli altri non andrebbero. Mi nascondo nell'oscurità, fra le ombre,<br />
nell'intimità della mia stessa compagnia. Per me è molto meglio.»<br />
Scostò lo sguardo. «Una volta mangiavo altre creature. Mangiavo ciò<br />
che volevo e viaggiavo in continuazione, andando dove mi pareva. Ero in<br />
grado <strong>di</strong> volare. Solcavo i cieli in<strong>di</strong>sturbato, e non vi era nulla che potesse<br />
trattenermi.» I suoi occhi giallastri tornarono a focalizzarsi sul Cavaliere.<br />
«Solo che qualcosa è cambiato, e credo che quel qualcosa abbia a che vedere<br />
con te.»<br />
Il Cavaliere sbatté le palpebre. «Con me? Ma se non ti ricordo nemmeno...»<br />
«Strano, non è vero? Ho sentito ciò che ti <strong>di</strong>ceva la Dama, che secondo<br />
lei questo Labirinto è magico. Stavo ascoltando dagli alberi, e credo che lei<br />
abbia ragione. Credo che siamo stati trasportati qui attraverso l'uso <strong>di</strong> magia,<br />
e che sia la stessa magia che ci tiene prigionieri. Anche tu percepisci<br />
questo?»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. «Non lo so.»<br />
«Il Labirinto non dà la sensazione <strong>di</strong> essere un luogo reale» continuò il<br />
Gargoyle. «Gli mancano quelle piccole cose che lo renderebbero tale.<br />
Sembra un luogo artificiale, come se fosse stato creato dai sogni, dove tutto<br />
accade leggermente fuori tempo rispetto alla realtà come noi la conosciamo.<br />
Non hai forse percepito questa sensazione quando abbiamo visita-
to il paese, o dopo l'incontro con gli zingari? La magia potrebbe fare una<br />
cosa del genere, e credo che in questo caso sia avvenuto proprio questo.»<br />
«Se è così» <strong>di</strong>sse il Cavaliere a bassa voce «allora la Dama ha ragione<br />
anche quando <strong>di</strong>ce che non riusciremo mai a sfuggirvi.»<br />
Il Gargoyle scosse il capo. «No. Significa solo che se è stata la magia a<br />
portarci qua dentro, sarà la magia a riportarci fuori. Significa che dobbiamo<br />
cercare una via <strong>di</strong> fuga in maniera <strong>di</strong>fferente.»<br />
Il Cavaliere si allontanò. Che altra via poteva esserci? Non gliene veniva<br />
in mente alcuna. Loro non possedevano alcuna magia; non avevano altro<br />
che le sue armi e il loro buonsenso, e questo non sembrava certo sufficiente.<br />
Seguirono il fiume anche quel giorno, e nulla cambiò. Il fiume scorreva,<br />
la foresta si estendeva all'infinito e la nebbia e il grigiore saturavano ogni<br />
cosa. L'uniformità del Labirinto stava iniziando a <strong>di</strong>ventare pressoché insopportabile<br />
per loro. Il Cavaliere si ritrovò a immaginare che il terreno<br />
che stavano percorrendo fosse lo stesso che avevano già percorso in precedenza.<br />
Vedeva punti <strong>di</strong> riferimento già visti e riconosceva anse e avvallamenti<br />
che non gli erano nuovi. Ma naturalmente era impossibile; avevano<br />
proceduto sempre nella stessa <strong>di</strong>rezione senza mai tornare in<strong>di</strong>etro, quin<strong>di</strong><br />
non vi era alcuna possibilità che stessero ripercorrendo i loro stessi passi.<br />
Ciò nonostante la sensazione rimaneva, e lentamente iniziò a incidere sulla<br />
determinazione del Cavaliere.<br />
Si accamparono presso un'ansa del fiume dove la foresta era pressoché<br />
accanto alla sponda e offriva un buon riparo per la notte. Si fermarono in<br />
quel punto perché il Cavaliere voleva che il Gargoyle dormisse con loro, e<br />
non per conto suo. La creatura era già abbastanza frustrata per il suo aspetto,<br />
e appariva assai crudele che dovesse nascondersi dalla loro vista ogni<br />
singola notte. In fondo erano compagni <strong>di</strong> viaggio e non avevano altro che<br />
se stessi per sostenersi. Dovevano fare tutto il possibile per mantenere forte<br />
il rapporto fra < loro. Persino la Dama aveva smesso <strong>di</strong> prenderlo in giro<br />
e ad apostrofarlo con termini offensivi, <strong>di</strong> tanto in tanto arrivava ad<strong>di</strong>rittura<br />
a parlagli con un tono civile. Era un buon inizio, perlomeno, pensò il Cavaliere.<br />
La sua preoccupazione venne ricompensata quella notte quando il Gargoyle<br />
si accovacciò sotto un albero a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza invece <strong>di</strong> andarsene<br />
nella foresta come al solito. Almeno per quella notte, avrebbero<br />
dormito in compagnia.
Vennero risvegliati da mani ruvide, che li strapparono dal sonno come<br />
pezzi <strong>di</strong> legna da una catasta. Il Cavaliere si alzò in pie<strong>di</strong> con un balzo,<br />
guardandosi attorno con fare allarmato. Come era possibile che si fossero<br />
avvicinati tanto senza farsi sentire? La Dama era premuta contro <strong>di</strong> lui,<br />
sentiva il suono roco del suo respiro affannoso. Il Gargoyle era accovacciato<br />
a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, i suoi occhi giallastri luccicanti nella debole<br />
luce dell'alba.<br />
Erano completamente circondati da mostri, <strong>di</strong>sposti in modo da impe<strong>di</strong>re<br />
ogni via d'uscita. Si trattava <strong>di</strong> almeno una dozzina <strong>di</strong> enormi bestioni nodosi;<br />
stavano in pie<strong>di</strong> sulle zampe posteriori, ma erano tutti chinati in avanti<br />
in un modo che lasciava intendere che si sarebbero trovati almeno altrettanto<br />
bene a quattro zampe. Il loro aspetto era vagamente umanoide nel<br />
senso che possedevano due braccia, due gambe, un dorso e una testa, ma i<br />
loro corpi erano nodosi, assurdamente muscolosi e ricoperti da una strana e<br />
ruvida pelle simile a cuoio. I loro volti erano pressoché privi <strong>di</strong> lineamenti,<br />
ma i loro occhi e i loro nasi luccicavano umi<strong>di</strong> mentre scrutavano le tre<br />
prede.<br />
Uno dei mostri parlò, aprendo la bocca per rivelare enormi zanne. Rivolse<br />
loro un miscuglio <strong>di</strong> grugniti e sbuffi. Fece anche dei gesti, in<strong>di</strong>cando<br />
prima loro, poi il fiume, e infine la foresta.<br />
«Vogliono sapere da dove veniamo» <strong>di</strong>sse la Dama.<br />
Il Cavaliere la fissò esterrefatto. «Capisci quel che <strong>di</strong>cono?»<br />
La Dama annuì. «Sì. Non so come mai. Non li ho mai visti prima d'ora.<br />
Non parlo la loro lingua, e non sono nemmeno in grado <strong>di</strong> tradurre tutti i<br />
loro suoni in parole, ma il significato mi risulta chiaro. Riesco a decifrarlo.<br />
Ve<strong>di</strong>amo se riesco anche a farmi capire.»<br />
Fece alcuni gesti con le <strong>di</strong>ta e con le mani. La creatura che aveva parlato<br />
emise altri grugniti, quin<strong>di</strong> si rivolse ai suoi compari e scosse il capo.<br />
«Vogliono sapere che cosa ci facciamo qui. Dicono che non apparteniamo<br />
a questo luogo, che siamo degli intrusi.» La Dama nel frattempo si era<br />
allontanata dal Cavaliere, riprendendo la sua compostezza. «Non gli piace<br />
il nostro aspetto.»<br />
«Che genere <strong>di</strong> bestie sono?» grugnì il Gargoyle, mettendo in mostra i<br />
denti a sua volta.<br />
Seguì un altro scambio. «Si chiamano Gristlies» riferì la Dama. Il suo<br />
volto si indurì. «Dicono che vogliono mangiarci.»<br />
«Mangiarci?» Il Cavaliere non riusciva a crederci.
«Hanno capito che siamo umani, e per loro gli umani vanno solo mangiati.<br />
Non riesco a capire bene, ma deve avere qualcosa a che fare con i loro<br />
costumi.»<br />
«Faranno meglio a starmi lontano» sibilò il Gargoyle. I suoi muscoli si<br />
irrigi<strong>di</strong>rono e tirò fuori gli artigli. Stava per fare una cosa che li avrebbe<br />
condannati in maniera irreparabile.<br />
I Gristlies nel frattempo si erano infervorati in una <strong>di</strong>scussione tra <strong>di</strong> loro,<br />
emettendo forti grugniti e gesticolando. A quanto pareva vi era qualche<br />
genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo. Il Cavaliere fece una rapida valutazione dei suoi potenziali<br />
avversari. Erano tutti enormi, quasi impossibili da battere dal punto<br />
<strong>di</strong> vista della forza fisica. Sentì il peso della spada sulla sua schiena.<br />
Con la spada avrebbero avuto maggiori possibilità, ma rimaneva che i mostri<br />
erano tanti. Doveva trovare un modo per mettersi alla pari.<br />
Anche il Gargoyle stava pensando la stessa cosa. «Dobbiamo tentare <strong>di</strong><br />
fuggire» gracchiò.<br />
«Rimani dove sei.» La voce della Dama era fredda e calma. «Stanno <strong>di</strong>scutendo<br />
su che cosa farsene <strong>di</strong> noi. Sono esseri molti primitivi e superstiziosi.<br />
C'è qualcosa in noi che dà fasti<strong>di</strong>o a molti <strong>di</strong> loro. Lasciatemi capire<br />
<strong>di</strong> che cosa si tratta.»<br />
La <strong>di</strong>scussione continuò, assumendo toni più accesi. Spuntarono zanne e<br />
artigli, e due Gristlies iniziarono a ringhiare fra loro. Si trattava <strong>di</strong> esseri<br />
dall'aspetto feroce, e il Cavaliere iniziò a sospettare che fossero più rapi<strong>di</strong><br />
e forti <strong>di</strong> quanto non avesse valutato inizialmente.<br />
«Dobbiamo trovare un modo per uscire da questo cerchio» <strong>di</strong>sse a bassa<br />
voce mentre la sua mano si portava sul manico della spada.<br />
In quel preciso istante, i due Gristlies che si stavano ringhiando <strong>di</strong>etro si<br />
accapigliarono in una rissa furibonda, graffiandosi selvaggiamente a vicenda<br />
e cacciando grida orribili. I loro compari vennero <strong>di</strong>stratti dalla lite,<br />
e il cerchio <strong>di</strong> mostri attorno ai tre si smembrò. Il Gargoyle si lanciò imme<strong>di</strong>atamente<br />
verso il fiume. Il Cavaliere lo seguì, trascinandosi <strong>di</strong>etro la<br />
Dama. Con loro grande sorpresa, i Gristlies non li inseguirono. Il Cavaliere<br />
si guardò alle spalle mentre scappava, ma non vide nessuno. Dalle ombre<br />
degli alberi si u<strong>di</strong>vano ancora i suoni della lotta fra i due. Per quanto improbabile<br />
potesse apparire la cosa, erano stati completamente ignorati.<br />
Erano ormai giunti alla sponda del fiume e stavano cercando un modo<br />
per attraversarlo quando, improvvisamente, i Gristlies riapparvero. Il Cavaliere<br />
capì imme<strong>di</strong>atamente il motivo per il quale non li avevano inseguiti<br />
subito. Balzavano da un albero all'altro come gatti, muovendosi fra le fron-
de a una velocità tale da permettere loro <strong>di</strong> raggiungerli nel giro <strong>di</strong> pochi<br />
secon<strong>di</strong>. Ora erano solo sette, ma il loro aspetto era formidabile alla luce<br />
dell'alba, corpi enormi e massicci, zanne e artigli che luccicavano come<br />
lame.<br />
«Estrai la tua spada!» gridò la Dama. Vedendo che il Cavaliere esitava,<br />
afferrò il manico lei stessa e tentò <strong>di</strong> estrarre la pesante arma.<br />
«Non farlo!» intimò il Cavaliere, togliendole la mano e spingendola via.<br />
La Dama rimase dov'era, la sua espressione una maschera feroce. I Gristlies<br />
rallentarono e iniziarono ad accerchiarli. «Ascoltami!» sbottò la Dama.<br />
«La tua spada fa più <strong>di</strong> quanto tu non pensi! Ricor<strong>di</strong> la gente del paese?<br />
Ricor<strong>di</strong> gli zingari? Ogni volta che hai estratto la tua spada per dare<br />
battaglia, è apparsa la Foschia!»<br />
Il Cavaliere la fissò con aria incredula. «No! Non vi è alcun collegamento!»<br />
«Invece deve essere così!» sibilò lei. «Abbiamo visto la Foschia solo in<br />
quelle occasioni! Quando arriva, non arriva per noi ma solo per coloro che<br />
ci minacciano! Le due cose devono essere per forza collegate! La Spada e<br />
la Foschia, due armi che eliminano i nostri nemici! Pensaci!»<br />
Stava respirando affannosamente, e il suo viso pallido scintillava <strong>di</strong> sudore.<br />
Il Gargoyle si era avvicinato a loro, mantenendo lo sguardo fisso sui<br />
Gristlies che li circondavano.<br />
«Forse ha ragione» <strong>di</strong>sse con tono tranquillo. «Dalle ascolto.»<br />
Il Cavaliere scosse il capo con fare cocciuto. «No!» <strong>di</strong>sse ancora. E intanto<br />
pensava: Come è possibile, come può essere che...?<br />
Improvvisamente, tutto gli fu chiaro. La verità gli apparve <strong>di</strong> colpo, come<br />
una bestia che esce dal suo nascon<strong>di</strong>glio, terribile e mostruosa. Avrebbe<br />
dovuto rendersene conto già da prima, avrebbe dovuto capire <strong>di</strong> che si<br />
trattava. Aveva sospettato già da tempo che vi fosse un collegamento fra<br />
loro e la Foschia, sapeva che vi era un legame, anche se non era riuscito a<br />
capire <strong>di</strong> che cosa si trattasse. Fino a quel momento aveva pensato che la<br />
Foschia stesse dando loro la caccia, aspettando il momento giusto per colpire.<br />
Ma si era sbagliato <strong>di</strong> grosso.<br />
La Foschia non dava loro la caccia, viaggiava con loro.<br />
Perché apparteneva a lui.<br />
La Foschia non era altro che la sua armatura.<br />
Affrontò la situazione con tutte le sue implicazioni. Quando si era risvegliato<br />
nel Labirinto, non aveva la sua armatura, ma aveva percepito la sua<br />
presenza. L'armatura era sempre stata così, nascosta, in attesa del richiamo.
Veniva al suo comando e si avvolgeva attorno a lui permettendogli <strong>di</strong><br />
combattere i suoi nemici. Era così che funzionava, normalmente.<br />
Qui però, nelle nebbie del Labirinto, la sua forma era stata alterata. La<br />
magia l'aveva sovvertita, l'aveva avvelenata, trasformandola in qualcosa <strong>di</strong><br />
irriconoscibile. La sua armatura era <strong>di</strong>ventata la Foschia. Doveva essere<br />
per forza così. Per quale altro motivo la Foschia sarebbe venuta in loro salvataggio<br />
ogni volta che si erano trovati in pericolo per poi ritirarsi tranquillamente<br />
nella foresta? Quale altra spiegazione vi poteva essere?<br />
Il Cavaliere si ritrovò paralizzato, tanto sconvolto da non riuscire nemmeno<br />
a respirare. Era vero allora, come aveva temuto, che era lui il responsabile<br />
per le morti <strong>di</strong> tutta quella gente. Era stato lui a <strong>di</strong>struggere il<br />
paese e la sua gente e a spazzare via gli Zingari del Fiume, uccidendoli tutti<br />
nella sua forma <strong>di</strong> guerriero senza nemmeno rendersi conto <strong>di</strong> ciò che<br />
stava facendo.<br />
Rimase impietrito, stravolto dall'impatto <strong>di</strong> quella rivelazione. «No» sussurrò<br />
con tono <strong>di</strong>sperato.<br />
Sentì le mani della Dama sulle sue spalle che lo abbracciavano tentando<br />
<strong>di</strong> dargli forza. I Gristlies si stavano avvicinando, imbaldanziti dalla sua<br />
indecisione e dalla sua incapacità <strong>di</strong> agire.<br />
«Fai qualcosa!» gridò la Dama.<br />
Il Gargoyle fece una finta in <strong>di</strong>rezione del più vicino avversario, ma<br />
questi si limitò a rivolgergli un grugnito <strong>di</strong> sfida, senza in<strong>di</strong>etreggiare <strong>di</strong> un<br />
millimetro.<br />
«Non ho magia!» ululò la Dama con tono <strong>di</strong>sperato, scuotendo il Cavaliere<br />
con violenza.<br />
Il Cavaliere se la scrollò <strong>di</strong> dosso, riprendendosi, riconoscendo finalmente<br />
il pericolo in cui si trovavano. La Dama era impotente. Il Gargoyle<br />
si trovava davanti a un avversario troppo forte. Doveva per forza fornire il<br />
suo aiuto, altrimenti non sarebbero sopravvissuti. Solo che se tirava fuori<br />
la spada sarebbe venuta la Foschia, e la Foschia avrebbe <strong>di</strong>strutto quelle<br />
creature allo stesso modo in cui aveva <strong>di</strong>strutto gli abitanti del paese e gli<br />
Zingari del Fiume. Il Cavaliere non poteva sopportare una cosa simile.<br />
Ma <strong>di</strong> quali altre armi era in possesso?<br />
Ormai <strong>di</strong>sperato, senza quasi nemmeno pensare a ciò che stava facendo,<br />
infilò una mano sotto la sua tunica e ne tirò fuori il medaglione con l'immagine<br />
incisa del Cavaliere che usciva da un castello all'alba. Brandì il<br />
medaglione con entrambe le mani e lo tenne davanti a sé come fosse un talismano.<br />
Non sapeva nemmeno lui che cosa sperava che facesse. Sapeva
solo che era tutto ciò che possedeva della sua vita precedente, e che gli dava<br />
la stessa sensazione <strong>di</strong> strana e remota potenza datagli dalla sua armatura.<br />
La comparsa del medaglione ebbe un effetto sconvolgente sui Gristlies.<br />
Si fecero tutti in<strong>di</strong>etro imme<strong>di</strong>atamente, alcuni cadendo in ginocchio, altri<br />
coprendosi gli occhi, tutti spaventatissimi come se avessero visto qualcosa<br />
che per loro rappresentava un vero e proprio anatema. Uggiolando, piagnucolando,<br />
tremando <strong>di</strong> paura e soggezione, iniziarono ad allontanarsi. Il<br />
Cavaliere sollevò ulteriormente il medaglione e fece un passo avanti. I<br />
Gristlies ruppero la loro formazione e si <strong>di</strong>edero alla fuga, lanciandosi fra<br />
gli alberi come se fossero inseguiti dai demoni, ogni precedente istinto aggressivo<br />
era sfumato improvvisamente nel nulla, apparentemente interessati<br />
esclusivamente a mettere quanta più <strong>di</strong>stanza possibile fra loro e il medaglione.<br />
Correndo come assatanati su tutte e quattro le zampe, scomparvero<br />
nel giro <strong>di</strong> un attimo.<br />
Ma perché? si domandò esterrefatto il Cavaliere.<br />
Nel silenzio che seguì si poté u<strong>di</strong>re il suono del suo respiro. Le mani gli<br />
scesero lentamente ai fianchi e il suo volto si sollevò verso le nebbie.<br />
Si avvicinò al Cavaliere e gli si piazzò davanti, faccia a faccia. Il Cavaliere<br />
non la vide; stava fissando il nulla davanti a sé, i suoi occhi preoccupantemente<br />
vuoti e immobili.<br />
«Che cos'hai fatto?» gli domandò a bassa voce.<br />
Il Cavaliere non rispose.<br />
«Ci hai salvati. Null'altro ha importanza.»<br />
Non rispose.<br />
«Ascoltami» gli <strong>di</strong>sse la Dama. «Dimenticati della gente <strong>di</strong> quel paese, e<br />
<strong>di</strong>menticati degli zingari. Non hai colpa per le loro sorti.»<br />
Non potevi saperlo. Hai fatto solo ciò che dovevi fare. Se avessi agito in<br />
maniera <strong>di</strong>fferente, a quest'ora saremmo già morti o in prigione.<br />
Il Gargoyle le si avvicinò abbassandosi all'altezza del suo gomito, tutto<br />
avvolto nel suo mantello, con il viso nascosto. «Non ti sente.»<br />
La Dama annuì. Il tono della sua voce <strong>di</strong>venne più duro. «Hai intenzione<br />
<strong>di</strong> abbandonarci adesso? Vuoi rinunciare a tutto per via <strong>di</strong> questa sciocchezza?<br />
Tu sei il Campione del Re, e non hai fatto altro che uccidere uomini<br />
per tutta la vita. Fa parte della tua essenza. Vuoi forse negare questo?<br />
Guardami.»<br />
I suoi occhi non si mossero. Erano pieni <strong>di</strong> lacrime.
La Dama aprì una mano e gli rifilò tre schiaffoni sul volto, con forza,<br />
ognuno schioccò nel silenzio, come un colpo <strong>di</strong> frusta. «Guardami!» sibilò.<br />
Il Cavaliere la guardò, e la vita tornò nei suoi occhi mentre incontravano<br />
lo sguardo <strong>di</strong> lei. La Dama aspettò finché non fu sicura che l'avesse messa<br />
a fuoco. «Hai fatto ciò che dovevi fare. Devi accettare che le conseguenze<br />
a volte possano essere più dure del previsto. E devi accettare anche che<br />
non hai la possibilità <strong>di</strong> far risultare tutto esattamente come vorresti. Non<br />
vi è nulla <strong>di</strong> sbagliato in questo.»<br />
«Tutto» sussurrò lui.<br />
«Ci hanno minacciati!» sbottò lei. «Avrebbero potuto ucciderci! Cosa c'è<br />
<strong>di</strong> male se li abbiamo uccisi prima noi? Il tuo senso <strong>di</strong> colpa arriva fino al<br />
punto che daresti le nostre stesse vite per preservare le loro? Hai forse perso<br />
il senso della ragione? Dov'è andata a finire la tua grande forza? Se non<br />
esiste più, non mi interessi più come tutore! Non mi lascerei mai prendere<br />
da un uomo simile! Dammi la mia libertà, se sei realmente compromesso<br />
fino a questo punto!»<br />
Il Cavaliere scosse il capo. «Ho agito istintivamente, ma avrei dovuto riflettere.<br />
Non vi sono scuse.»<br />
«Sei patetico!» lo schernì. «Perché mai dovrei perdere il mio tempo con<br />
te? Io non ti devo nulla! Sono intrappolata in questo mondo per colpa tua,<br />
e non so nemmeno perché deve essere così! Tu mi hai rubata la vita, mi hai<br />
sottratta la mia magia! E ora, hai persino il coraggio <strong>di</strong> negarci la tua protezione!<br />
Non devo usa re i miei poteri, <strong>di</strong>ci tu, perché potrei fare del male a<br />
qualcuno! Hai pena <strong>di</strong> coloro che vogliono <strong>di</strong>struggerci perché sai <strong>di</strong> poterli<br />
<strong>di</strong> struggere tu prima!»<br />
Le labbra del Cavaliere si strinsero. «Ho pena <strong>di</strong> qualunque creatura che<br />
muoia per mia mano.»<br />
«Allora non sei nulla! Sei meno <strong>di</strong> nulla! Guardati attorno e <strong>di</strong>mmi ciò<br />
che ve<strong>di</strong>! Siamo in un mondo <strong>di</strong> nebbia e <strong>di</strong> follia, Signor Cavaliere! Possibile<br />
che non ve ne siate accorto? Questo mondo ci <strong>di</strong>struggerà abbastanza<br />
velocemente se sottovalutiamo i suoi pericoli o se <strong>di</strong>amo segni <strong>di</strong> debolezza<br />
<strong>di</strong> fronte alle sue forze! Devi stare eretto sulle tue gambe, altrimenti<br />
non sei altro che un cane anche tu!»<br />
«Tu non sai nulla <strong>di</strong> me!»<br />
«Ne so quanto basta! So che hai perso la ragione! So che non sei più in<br />
grado <strong>di</strong> guidarci!» Il volto della Dama era freddo e duro come un pezzo <strong>di</strong><br />
ghiaccio. «Ora io sono più forte <strong>di</strong> te. Posso fare le cose a modo mio! Ri-
mani pure in ginocchio, se così vuoi! Rimani qui a piangere sulla tua pietà!<br />
Io non voglio più avere nulla a che fare con te!»<br />
Fece per alzarsi, dando uno spintone involontario al Gargoyle. Il Cavaliere<br />
allungò una mano, le afferrò un braccio e la tirò nuovamente davanti<br />
a sé. «No!» urlò. «Tu non te ne andrai!»<br />
La Dama tentò <strong>di</strong> colpirlo con un pugno, che venne bloccato imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Colpì <strong>di</strong> nuovo, ma il Cavaliere le afferrò il polso. Guardò il suo<br />
volto, e lo trovò duro, inflessibile. La debolezza era completamente scomparsa<br />
dai suoi occhi.<br />
«Quando te ne andrai» le <strong>di</strong>sse con voce sibilante «te ne andrai con me!»<br />
La Dama lo fissò senza fiatare. Poi sollevò lentamente la mano libera e<br />
gli sfiorò una guancia. Il Cavaliere ebbe un sussulto. La Dama sorrise. Fece<br />
scendere lentamente le <strong>di</strong>ta fino al suo collo, quin<strong>di</strong> le ritirò.<br />
Poi si protese in avanti e lo baciò sulla bocca.<br />
Una Manciata <strong>di</strong> Polvere<br />
Abernathy si fermò a metà della scalinata che portava dalla sua camera<br />
da letto al gran salone <strong>di</strong> Rhyndweir; costernato, si mise in ascolto. In fondo<br />
alle scale, Kallendbor stava urlando contro Horris Kew. Da basso, fuori<br />
della fortezza, la gente del Greensward si era radunata e stava cercando <strong>di</strong><br />
sfondare il portone. Tutta la campagna era immersa nel caos.<br />
Non era un momento felice.<br />
Abernathy aveva sospettato fin dall'inizio che qualcosa sarebbe andato<br />
storto con Horris Kew e la sua grande idea dei cristalli dell'occhio della<br />
mente. Lo aveva saputo con la stessa certezza con la quale conosceva il<br />
suo nome. Era una cosa talmente preve<strong>di</strong>bile che avrebbe potuto essere incisa<br />
nella pietra. Horris Kew aveva tirato fuori innumerevoli gran<strong>di</strong> idee<br />
simili nel corso degli anni, ricettine semplici per curare ogni male e risolvere<br />
ogni problema, solo che nessuna <strong>di</strong> queste aveva mai funzionato. Era<br />
sempre la stessa storia. Le cose iniziavano in maniera promettente e poi,<br />
improvvisamente, andava tutto all'aria. A prescindere dalle circostanze, il<br />
risultato era sempre lo stesso. In un modo o nell'altro, Horris Kew riusciva<br />
sempre, invariabilmente, a perdere il controllo degli eventi che metteva in<br />
moto.<br />
Solo che in questo caso saperlo non era stato sufficiente per salvare Abernathy.<br />
Sapere non serviva a nulla se non si credeva veramente in ciò<br />
che si sapeva. E in verità, Abernathy aveva bisogno <strong>di</strong> credere esattamente
nell'opposto; infatti, una volta accettato il fatto che nulla era cambiato in<br />
Horris Kew e nelle sue idee, nemmeno dopo vent'anni, era inevitabilmente<br />
costretto ad accettare anche il fatto che i cristalli dell'occhio della mente<br />
non fossero ciò che sembravano essere, e questo, per quanto ci provasse,<br />
non riusciva proprio a farlo. Abernathy si trovava in una situazione a <strong>di</strong>r<br />
poco controversa. Il suo cristallo miracoloso lo aveva completamente incantato,<br />
le sue visioni lo avevano reso uno schiavo. Ormai era prigioniero<br />
del fatto <strong>di</strong> essere per sempre in grado <strong>di</strong> catturare degli sprazzi della sua<br />
precedente esistenza e <strong>di</strong> vivere con la speranza che ciò che vedeva potesse<br />
essere una promessa <strong>di</strong> un prossimo futuro. Le visioni erano la sua estasi<br />
personale, la sua unica fuga segreta dalla dura realtà della vita <strong>di</strong> tutti i<br />
giorni. Abernathy era sempre stato un tipo pragmatico, ma davanti a questa<br />
particolare lusinga non poteva nulla. Più guardava nel cristallo, più ne era<br />
attirato. L'assuefazione, inizialmente, era stata leggera, ma nel giro <strong>di</strong> poco<br />
tempo era <strong>di</strong>ventata piuttosto grave. Non trovava soltanto piacere nelle visioni;<br />
esse rappresentavano ad<strong>di</strong>rittura l'unica <strong>di</strong>versione che avesse significato<br />
per lui.<br />
Così, aveva ignorato i suoi sospetti, la sua innata sfiducia e la sua ragionevolezza,<br />
e aveva acconsentito ad accompagnare Horris Kew e il suo o<strong>di</strong>oso<br />
uccello lungo il sentiero del caos.<br />
Ma le prove inconfutabili <strong>di</strong> come stessero andando realmente le cose<br />
erano venute fuori abbastanza velocemente. La piccola compagnia si era<br />
spostata da Rhyndweir ad altre parti del Greensward, trovandosi davanti<br />
molta gente che aveva sentito parlare dei cristalli dell'occhio della mente e<br />
che non aspettava altro che <strong>di</strong> scoprire se ciò che si <strong>di</strong>ceva in proposito<br />
fosse vero. A ogni incrocio, a ogni piccolo inse<strong>di</strong>amento si trovavano davanti<br />
a una folla; i cristalli venivano <strong>di</strong>stribuiti a manciate. E quando gli altri<br />
signori del Greensward si resero conto che Horris Kew non aveva alcuna<br />
intenzione <strong>di</strong> far loro visita (per riguardo alla falsa promessa <strong>di</strong> Kallendbor,<br />
che aveva garantito che li avrebbe consegnati lui stesso) si erano<br />
imme<strong>di</strong>atamente adoperati per contattarlo. Dov'erano i cristalli? Come mai<br />
non ce n'erano per loro? Perché veniva loro negato un tesoro che veniva<br />
invece <strong>di</strong>stribuito in maniera tanto generosa alla gente comune? Temendo<br />
per la sua incolumità personale e male<strong>di</strong>cendo internamente Kallendbor<br />
per la sua perfi<strong>di</strong>a, il mago aveva dato loro ciò che chiedevano. Abernathy<br />
capì allora che Kallendbor non aveva fatto incetta <strong>di</strong> cristalli con l'intenzione<br />
<strong>di</strong> rivenderli. Li aveva presi semplicemente per non rischiare <strong>di</strong> rimanere<br />
senza nel caso che il suo si fosse rotto, perso o gli fosse stato ruba-
to. La sua cupi<strong>di</strong>gia però, visto il numero <strong>di</strong> cristalli che circolava, era<br />
pressoché inutile. A quanto pareva, infatti, la riserva <strong>di</strong> cristalli era pressoché<br />
inesaurita. A prescindere da quanti ne <strong>di</strong>stribuissero, il numero dei cristalli<br />
rimasti sembrava essere sempre lo stesso. Abernathy non poté fare a<br />
meno <strong>di</strong> notare questo fenomeno, ma come per tutte le altre cose che avevano<br />
a che fare con la grande <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli, si limitò a ignorarlo.<br />
Poi, erano iniziate a circolare le voci. Dapprincipio furono solo chiacchiere<br />
isolate, ma crebbero assai rapidamente. In pratica, la gente stava iniziando<br />
a <strong>di</strong>sprezzare il proprio lavoro. I conta<strong>di</strong>ni lasciavano i loro terreni<br />
in maggese e trascuravano il bestiame. Cancellate e fienili si rompevano,<br />
ma nessuno pensava a ripararli. I negozianti e i mercanti aprivano e<br />
chiudevano bottega quando ne avevano voglia, <strong>di</strong>mostrando ben poco interesse<br />
nella ven<strong>di</strong>ta delle loro merci. Alcuni permettevano ad<strong>di</strong>rittura che i<br />
loro prodotti venissero rubati, mentre altri li <strong>di</strong>stribuivano gratuitamente.<br />
Le squadre <strong>di</strong> operai addetti alla riparazione o alla costruzione <strong>di</strong> strade e<br />
opere pubbliche non si facevano nemmeno vedere sul lavoro. Ogni genere<br />
<strong>di</strong> costruzione si arrestò. Le corti penali ridussero l'orario lavorativo della<br />
metà nella migliore delle ipotesi, e la gestione della giustizia in generale<br />
<strong>di</strong>venne approssimativa e superficiale. I corrieri che portavano messaggi<br />
importanti giungevano a destinazione con giorni <strong>di</strong> ritardo, e i messaggi<br />
stessi venivano redatti dagli scrivani in maniera approssimativa e <strong>di</strong>sinteressata.<br />
Anche la vita domestica risentì della situazione. Mariti e mogli si<br />
ignoravano completamente, trascurando anche i loro figli. Le pulizie venivano<br />
lasciate a qualcun'altro, e le stoviglie si ammucchiavano in cataste<br />
sempre più alte nei lavan<strong>di</strong>ni. Nessuno indossava abiti puliti. I cani e i gatti<br />
stavano morendo <strong>di</strong> fame.<br />
E la causa <strong>di</strong> questa negligenza <strong>di</strong> massa non era certo un segreto. Tutti<br />
quanti passavano ogni momento libero scrutando nei loro nuovi cristalli<br />
dell'occhio della mente.<br />
La velocità con la quale le cose iniziarono a degenerare fu stupefacente.<br />
Un fallimento portava a un altro, un attimo <strong>di</strong> trascuratezza portava al successivo,<br />
e nel giro <strong>di</strong> poco tempo <strong>di</strong>ventò come una reazione a catena. Il<br />
lavoro poteva aspettare, così ragionava la gente. Dopotutto, vi era sempre<br />
domani. E fra l'altro, lavorare era una cosa noiosa. Lavorare era duro.<br />
Guardare nei cristalli invece era decisamente più interessante e gradevole.<br />
Era incre<strong>di</strong>bile il modo in cui scorreva il tempo quando si scrutava nelle
loro profon<strong>di</strong>tà sfaccettate. Giornate intere se ne andavano in un batter<br />
d'occhio!<br />
E così andò. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una giornata portava inevitabilmente alla per<strong>di</strong>ta<br />
della successiva. Tutti quanti smisero <strong>di</strong> fare qualsiasi cosa, e nel giro<br />
<strong>di</strong> poco tempo tutta la popolazione aveva scelto come attività principale<br />
della propria vita quella <strong>di</strong> guardare nei cristalli. In una parte recon<strong>di</strong>ta del<br />
suo cervello, in una parte dove la verità baluginava ancora con il debole<br />
bagliore <strong>di</strong> una candela, Abernathy sapeva che quanto stava accadendo alla<br />
popolazione <strong>di</strong> Landover stava accadendo anche a lui. Tuttavia, non riusciva<br />
ad accettare questo fatto. Non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> rinunciare<br />
al suo cristallo, nemmeno per un secondo. Non oggi, almeno... magari domani.<br />
E comunque, le cose non andavano poi così male, no?<br />
Naturalmente, le cose andavano malissimo. E peggioravano a vista d'occhio.<br />
Fu proprio Abernathy il primo a scoprire quanto stessero andando<br />
male. Un bel mattino, a due settimane circa dal loro arrivo a Rhyndweir, si<br />
svegliò, si infilò una mano in tasca, tirò fuori il suo cristallo, evocò la sua<br />
visione preferita e vide la pietra che si trasformava in polvere sul palmo<br />
della sua mano. La fissò dapprima incredulo, poi sconvolto, e infine <strong>di</strong>sperato.<br />
Aspettò che si ricomponesse in qualche modo, ma la sua pietra miracolosa<br />
rimase un mucchietto <strong>di</strong> polvere. Al limite della <strong>di</strong>sperazione, portò<br />
il mucchietto da Horris Kew, ma Horris non aveva assolutamente idea <strong>di</strong><br />
che cosa fosse accaduto. Magari si trattava <strong>di</strong> un cristallo <strong>di</strong>fettoso, suggerì,<br />
promettendo <strong>di</strong> dargliene un altro.<br />
Solo che quando aprirono i bauli per prendere altri cristalli, li scoprirono<br />
entrambi vuoti. Non vi era più nemmeno una pietra, anche se Abernathy<br />
era certo <strong>di</strong> averne viste in quantità il giorno prima... o forse si trattava del<br />
giorno prima ancora? Nessuno ne era del tutto certo. Che li avessero dati<br />
via tutti senza rendersene conto? Dove erano andati a finire tutti i cristalli?<br />
Si trovavano sui confini orientali del Greensward, avendone già visitato<br />
la maggior parte oltre che alcuni tratti del Melchor. Decisero <strong>di</strong> tornare<br />
imme<strong>di</strong>atamente verso casa. Magari avrebbero trovato altri cristalli al loro<br />
ritorno, suggerì Abernathy con tono speranzoso, facendo del suo meglio<br />
per non apparire troppo ansioso, conscio del fatto che Horris e il suo stupido<br />
uccello non si perdevano una parola <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong>ceva. Poteva darsi, assentì<br />
Horris. Sì, era possibile, <strong>di</strong>sse. Ma non sembrava affatto convinto.<br />
Mentre Abernathy, Bunion, Horris e l'uccello intraprendevano la via del<br />
ritorno, iniziarono a circolare nuove voci. Dappertutto, i cristalli stavano<br />
iniziando a trasformarsi in polvere. La gente era furiosa. Che cosa stava
accadendo? Che cosa dovevano fare senza le loro visioni? L'apatia cedette<br />
il passo alla violenza. Vicini <strong>di</strong> casa iniziarono a mettersi gli uni contro gli<br />
altri nel tentativo <strong>di</strong> farsi prestare o <strong>di</strong> rubare i cristalli che avevano perso.<br />
Solo che nessuno aveva nulla da dare. Si trovavano tutti nella stessa, terribile<br />
situazione, priva <strong>di</strong> ciò che era stato inizialmente preso come un semplice<br />
<strong>di</strong>versivo ma che ben presto era <strong>di</strong>ventato una vera e propria necessità<br />
primaria. La gente si accapigliò vicendevolmente fra la rabbia e la <strong>di</strong>sperazione<br />
per qualche giorno, dopo<strong>di</strong>ché fecero ciò che fa normalmente<br />
una popolazione quando <strong>di</strong>viene troppo frustrata; si rivolsero al governo.<br />
In questo caso specifico, si rivolsero ai Signori del Greensward. Non erano<br />
stati forse loro ad autorizzare e a facilitare la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> quei cristalli?<br />
In quel caso, dovevano per forza essere in grado <strong>di</strong> procurarne altri.<br />
Determinati come un sol uomo, i citta<strong>di</strong>ni del Greensward marciarono<br />
compatti verso i castelli dei loro signori, decisi più che mai a ottenere un<br />
risarcimento per il torto che avevano subito.<br />
Abernathy avrebbe dovuto capire subito la piega che stava prendendo la<br />
situazione, ma era troppo traumatizzato dalla per<strong>di</strong>ta del suo cristallo personale<br />
per pensare,a qualunque altra cosa. Procedeva a testa bassa con atteggiamento<br />
scoraggiato, cercando <strong>di</strong> immaginarsi come sarebbe stata la<br />
vita se i cristalli erano veramente finiti e le visioni scomparse per sempre.<br />
Si trattava <strong>di</strong> una prospettiva talmente orribile che faceva fatica persino a<br />
contemplarla. Era talmente immerso in questi suoi pensieri che non si rendeva<br />
nemmeno conto <strong>di</strong> quanto accadeva attorno a lui. Infatti, quando Horris<br />
e il suo uccello iniziarono a bisbigliare ansiosamente fra loro rivolgendo<br />
frequenti occhiate alle loro spalle, Abernathy non ci fece assolutamente<br />
caso. E quando uno sconosciuto con un mantello nero si unì alla loro compagnia<br />
spuntando fuori letteralmente dal nulla, Abernathy non lo vide<br />
nemmeno. Persino quando Bunion tornò da uno dei suoi frequenti pattugliamenti<br />
nella zona e gli sibilò in un orecchio che lo sconosciuto che li<br />
accompagnava aveva qualcosa <strong>di</strong> strano, Abernathy si limitò a sentire le<br />
sue parole senza nemmeno tentare <strong>di</strong> coglierne il significato. Era completamente<br />
immerso nei suoi problemi personali, consumato dalla <strong>di</strong>sperazione,<br />
sull'orlo del'esaurimento definitivo.<br />
Quando giunsero a Rhyndweir, trovarono una situazione talmente confusa<br />
da portarli quasi a evitare la fortezza. Solo che erano ormai senza<br />
provviste, e inoltre erano ansiosi <strong>di</strong> scoprire se le riserve <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong> Kallendbor<br />
fossero rimaste intatte. Non avevano sentito nessuna voce che<br />
suggerisse altrimenti, e in effetti, quando riuscirono a superare la folla che
si accalcava attorno alle mura e a entrare nel castello stesso, scoprirono<br />
che, a quanto pareva, andava tutto bene. Kallendbor <strong>di</strong>ede loro il benvenuto<br />
con una certa in<strong>di</strong>fferenza, concesse loro un rapido saluto formale,<br />
quin<strong>di</strong> scomparve imme<strong>di</strong>atamente. A quanto pareva, i suoi cristalli stavano<br />
ancora benone. Il motivo per il quale fossero rimasti integri mentre tutti<br />
gli altri si stavano trasformando in polvere era un vero e proprio mistero,<br />
ma il gruppetto decise che si trattava <strong>di</strong> un mistero sul quale era meglio<br />
non indagare troppo. L'idea era <strong>di</strong> passare la notte al castello, fare provviste<br />
e ripartire imme<strong>di</strong>atamente per Sterling Silver il giorno seguente alle<br />
prime luci dell'alba. Nessuno <strong>di</strong> loro voleva essere presente se fosse accaduto<br />
qualcosa ai cristalli <strong>di</strong> Kallendbor.<br />
Abernathy si ritirò nella sua stanza e vi rimase. Non si sentiva affamato,<br />
quin<strong>di</strong> non scese per cena. Era deciso a trascorrere il minor tempo possibile<br />
in compagnia <strong>di</strong> Kallendbor. Bunion scomparve quasi imme<strong>di</strong>atamente<br />
dopo il loro arrivo, ma Abernathy non si interessò minimamente su dove si<br />
fosse recato il coboldo. Bunion era uno dei pochi che erano riusciti a sfuggire<br />
alla trappola dei cristalli e delle loro visioni. Come la maggior parte<br />
dei cobol<strong>di</strong>, aveva sempre <strong>di</strong>mostrato un certo <strong>di</strong>sinteresse nonché una certa<br />
sfiducia nei confronti della magia in generale, e infatti aveva rifiutato<br />
l'offerta fin dal principio. Lasciando Horris e Abernathy a occuparsi della<br />
grande <strong>di</strong>stribuzione, Bunion aveva passato gran parte del tempo a battere<br />
le campagne alla ricerca <strong>di</strong> Ben Holiday. Fino a quel momento non aveva<br />
trovato nulla, ma si rifiutava <strong>di</strong> rinunciare alla sua ricerca. Prima o poi, ne<br />
era convinto, avrebbe trovato qualche traccia del Re scomparso.<br />
Così, quando calò la notte e la folla accalcata davanti al castello iniziò<br />
ad appiccare enormi fuochi alimentati dalla legna dei tetti e delle pareti<br />
delle botteghe più vicine, Abernathy era solo. Man mano che crescevano i<br />
fuochi e il calore, anche la gente iniziò a scaldarsi. Poco dopo, iniziarono a<br />
lanciare oggetti verso i bastioni. Le grida <strong>di</strong>vennero sempre più selvagge e<br />
minacciose. Andava fatto qualcosa, gridavano, e andava fatto subito! Dov'erano<br />
i loro cristalli? Rivolevano i loro cristalli! Le guar<strong>di</strong>e del castello<br />
rimasero accucciate, aspettando il passare della tempesta. Il loro atteggiamento,<br />
però, era alquanto incerto; anche molte guar<strong>di</strong>e infatti si erano trovate<br />
a loro volta senza cristalli e simpatizzavano con le richieste della folla.<br />
Molte avevano amici e parenti da basso che urlavano loro <strong>di</strong>etro. Alcuni<br />
erano ad<strong>di</strong>rittura propensi ad aprire la porta, e l'unica cosa che li tratteneva<br />
era un ormai consunto senso del dovere, un ra<strong>di</strong>cato senso dell'abitu<strong>di</strong>ne,
nonché una salutare paura nei confronti <strong>di</strong> Kallendbor. Tuttavia, non era<br />
affatto chiaro fino a che punto queste restrizioni li avrebbero tenuti buoni.<br />
Kallendbor sembrava essere del tutto in<strong>di</strong>fferente al problema. Da quando<br />
erano arrivati non si era ancora fatto vedere, con grande sollievo <strong>di</strong> Abernathy.<br />
Ciò nonostante, quando i rumori della folla da basso iniziarono<br />
ad assumere toni minacciosi, lo scrivano della corte del Re non poté fare a<br />
meno <strong>di</strong> domandarsi che cosa avesse intenzione <strong>di</strong> fare il Signore del maniero.<br />
Se le azioni <strong>di</strong> Kallendbor dovevano essere guidate dal suo temperamento,<br />
la migliore soluzione sarebbe stata quella del classico olio bollente.<br />
Ma forse Kallendbor si era nascosto nelle proprie stanze e si trovava<br />
comodamente sdraiato con il suo cristallo personale, perso nelle sue profon<strong>di</strong>tà,<br />
godendo delle sue visioni, quelle stesse visioni delle quali aveva<br />
goduto lo stesso Abernathy fino a poco tempo prima...<br />
Abernathy serrò gli occhi e <strong>di</strong>grignò i denti. Era veramente troppo per<br />
lui. Si ritrovò improvvisamente furioso nei confronti <strong>di</strong> Kallendbor e dei<br />
suoi cristalli. Non solo si stava godendo da solo il suo cristallo personale,<br />
ma probabilmente ne aveva a dozzine nascosti chissà dove! Non era forse<br />
il caso che ne con<strong>di</strong>videsse qualcuno con i suoi ospiti, soprattutto visto e<br />
considerato che si trattava <strong>di</strong> emissari del Re in persona? Le regole dell'ospitalità<br />
non dettavano proprio questo? Forse era il caso <strong>di</strong> inoltrare un richiamo,<br />
nonché una richiesta?<br />
Abernathy uscì dalla sua stanza in un impeto <strong>di</strong> stizza, spinto da uno<br />
strano prurito al cervello, da un bisogno che nemmeno lui riusciva a comprendere.<br />
Così, si trovava a metà della scalinata quando udì il suono delle voci <strong>di</strong><br />
Kallendbor e Horris Kew che <strong>di</strong>scutevano.<br />
«Sono scomparsi, specie <strong>di</strong> ciarlatano!» Kallendbor stava urlando con<br />
tono infuriato, la sua possente voce chiaramente u<strong>di</strong>bile anche dalle scale.<br />
«Ogni singolo cristallo è scomparso! Trasformato in polvere! Cosa mi sai<br />
<strong>di</strong>re in proposito?»<br />
«Mio Signore, io non...»<br />
«Ascoltami bene, i<strong>di</strong>ota!» Kallendbor non sembrava essere interessato<br />
alle spiegazioni. «Il responsabile <strong>di</strong> tutto questo sei solo tu! Ti ritengo personalmente<br />
responsabile! Ti conviene trovare un modo per farli tornare<br />
adesso, in questo momento, altrimenti infliggerò sul tuo corpo un tale dolore<br />
che mi supplicherai <strong>di</strong> darti la morte! Tu, e anche il tuo maledetto uccello!»
Abernathy trattenne il fiato. Allora anche i cristalli <strong>di</strong> Kallendbor si erano<br />
trasformati in polvere! Provò un misto <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e delusione.<br />
Scese con cautela altri due o tre gra<strong>di</strong>ni, facendo attenzione a non fare rumore.<br />
«Ebbene?» La pazienza <strong>di</strong> Kallendbor durava più o meno quanto la vita<br />
<strong>di</strong> una falena intrappolata dalla fiamma <strong>di</strong> una candela.<br />
«Mio Signore, vi prego, farò quel che po...»<br />
«Tu farai ciò che ti <strong>di</strong>rò!»sbottò con furia Kallendbor. Abernathy sentì<br />
un suono <strong>di</strong> ossa che tremavano, <strong>di</strong> denti che sbattevano e delle ali <strong>di</strong> Biggar<br />
che svolazzava via spaventato.<br />
Lo scrivano <strong>di</strong> corte scese cautamente fino a un punto delle scale che gli<br />
permettesse <strong>di</strong> scorgere quanto stava accadendo da basso Kallendbor stava<br />
tenendo Horris Kew sollevato dal pavimento e lo stava scuotendo con vigore.<br />
Lo sfortunato mago ballonzolava su e giù fra le mani del signorotto come<br />
una bambola <strong>di</strong> pezza, scalciando come un selvaggio la testa come <strong>di</strong>sarticolata<br />
dal'esile collo Biggar svolazzava sopra la sua testa cacciando<br />
strida selvagge, assolutamente incapace <strong>di</strong> decidere sul da farsi.<br />
«Ridammi-i-miei-cristalli!» Kallendbor proferì la richiesta come fosse<br />
una male<strong>di</strong>zione, puntualizzando ogni parola con uno scossone al povero<br />
Horris Kew.<br />
«Mettilo giù» <strong>di</strong>sse una voce proveniente dall'ombra.<br />
Esterrefatto, Kallendbor si voltò <strong>di</strong> scatto. «Cosa? Chi ha Dato fiato?»<br />
«Mettilo giù» ripeté la voce. «Egli non ha colpe per tutto questo»<br />
Kallendbor mollò Horris Kew sul pavimento, dove il mago rimase a<br />
contorcersi per il dolore e a riprendere fiato. Il Signore del Greensward si<br />
girò con aria minacciosa nella <strong>di</strong>rezione dalla quale era provenuta la voce.<br />
La sua mano si abbassò sull'impugnatura della spada che portava sempre<br />
con sé. «Chi è là? Fatti vedere!»<br />
Una figura dal mantello nero si staccò da una parete, materializzandosi<br />
dal nulla. Si avvicinò, ma più che camminare sembrava che galleggiasse,<br />
tutta oscurità e movimento fluido. Abernathy si fece in<strong>di</strong>etro istintivamente.<br />
Si trattava dello sconosciuto che si era unito a loro sulla strada. Come<br />
era possibile che si trovasse lì? Che fosse entrato nel castello assieme a loro?<br />
Abernathy non ricordava un simile evento.<br />
«Chi siete voi?» domandò Kallendbor con tono perentorio, anche se nella<br />
sua voce ora vi era una sfumatura <strong>di</strong> incertezza.
«Un amico» rispose lo sconosciuto. Si fermò a una dozzina <strong>di</strong> passi dal<br />
signore del castello. Per quanto ci provasse, Abernathy non riuscì a vedere<br />
il volto del nuovo arrivato. «Potete scuotere Horris Kew finché non gli farete<br />
uscire le ossa dalla pelle, ma questo non servirà a farvi riavere i vostri<br />
cristalli. Horris Kew non ne possiede.»<br />
Kallendbor si irrigidì. «E voi come lo sapete?»<br />
«Io so parecchie cose» rispose lo sconosciuto. La sua voce era stranamente<br />
sibilante, come se avesse sofferto qualche grave danno alle corde<br />
vocali. «Io so che Horris Kew e i suoi compagni non sono dei babbei per<br />
quanto riguarda questa faccenda. Essi fanno > ciò che è stato loro or<strong>di</strong>nato,<br />
e non hanno più alcun cristallo da darvi. So anche che loro non sapevano<br />
che i cristalli si sarebbero trasformati in polvere dopo un periodo così breve.<br />
Siete stato ingannato, mio Signore. Raggirato,»<br />
La mano <strong>di</strong> Kallendbor si strinse sull'impugnatura della sua spada. «Chi<br />
è il responsabile allora? Visto che sapete così tanto, <strong>di</strong>temi questo!»<br />
Lo sconosciuto rimase immobile, enigmatico, insondabile <strong>di</strong> fronte all'ira<br />
dell'altro. «Togli la mano dalla tua arma. Non puoi farmi del male.»<br />
La mano massiccia <strong>di</strong> Kallendbor cadde su un fianco. «Chi siete voi?»<br />
domandò ancora una volta, evidentemente confuso.<br />
Lo sconosciuto ignorò la domanda. «Riflettete un attimo» <strong>di</strong>sse a bassa<br />
voce. «Chi vi ha mandato questi cristalli? Chi ha mandato il mago e il suo<br />
uccello? Chi ha mandato lo scrivano e il messaggero? Chi servono tutti loro?»<br />
Kallendbor si irrigidì nuovamente. «Holiday!» sibilò.<br />
Ahi, ahi, pensò Abernathy.<br />
Lo sconosciuto scoppiò a ridere, producendo un suono stranamente secco.<br />
«Capite adesso? Quale miglior modo per indebolire la vostra posizione,<br />
mio Lord, se non farvi apparire come uno sciocco? Siete sempre stato una<br />
spina nel fianco per il Re, fin dal principio, e lui si libererebbe <strong>di</strong> voi assai<br />
volentieri. Il suo piano è ottimo, non trovate? I cristalli si trasformano in<br />
polvere, e la gente se la prende con voi. Voi siete il loro signore, e quin<strong>di</strong><br />
siete responsabile della loro con<strong>di</strong>zione.»<br />
Kallendbor non riusciva a rispondere. Si strozzava su qualsiasi parola<br />
cercasse <strong>di</strong> proferire.<br />
«Vi sono altri cristalli» continuò lo sconosciuto, il suo tono morbido e<br />
suadente. Abernathy si protese in avanti, deciso a non perdersi nemmeno<br />
una parola. Chi era questo mentitore inopportuno? «A Sterling Silver ve ne<br />
è una sala piena, dove vengono tenuti via per il momento del bisogno. Ho
visto questi cristalli <strong>di</strong> persona, e vi assicuro che ve ne sono a migliaia.<br />
Non trovate forse che sarebbe giusto che entrassero in vostro possesso?»<br />
Per un istante, Abernathy ci credette. Nella sua mente non vide altro che<br />
un mucchio <strong>di</strong> cristalli scintillanti, nascosti come un tesoro reale, custo<strong>di</strong>ti<br />
gelosamente in un luogo dove la gente che ne aveva bisogno non li poteva<br />
prendere. Ma subito dopo si ricredette, rendendosi improvvisamente conto<br />
<strong>di</strong> quanto fosse grossa quella menzogna. Ben Holiday non avrebbe mai fatto<br />
una cosa del genere, e in più i cristalli erano arrivati da Horris Kew in<br />
seguito alla scomparsa del Re.<br />
Per la prima volta, Abernathy si domandò se i due fatti non potessero essere<br />
collegati.<br />
«Il vostro problema ha una soluzione piuttosto semplice» continuò lo<br />
sconosciuto. Si avvicinò a Horris Kew e lo rialzò in pie<strong>di</strong>, apparentemente<br />
senza alcuno sforzo. «Dite tutta la verità alla vostra gente. Dite loro che i<br />
cristalli vengono tenuti segretamente dal Re a Sterling Silver. Dite loro <strong>di</strong><br />
marciare sul castello e <strong>di</strong> pretendere ciò che gli spetta! Fate chiamare anche<br />
gli altri signori del Greensward, <strong>di</strong>te loro <strong>di</strong> radunare i loro eserciti e <strong>di</strong><br />
marciare sul castello del Re. Non può rifiutarsi a tutti voi. E anche volendo<br />
farlo, non ci riuscirà.»<br />
Kallendbor stava annuendo, già convinto. «Ne ho avuto abbastanza <strong>di</strong><br />
Holiday... Non ne posso più della sua interferenza!»<br />
«Forse» sussurrò lo sconosciuto con aria pensierosa «è giunto il momento<br />
<strong>di</strong> cambiare Re. Forse sarebbe meglio avere sul trono un uomo che sia<br />
più sensibile alle esigenze <strong>di</strong> persone come voi, un uomo che non si comporti<br />
in maniera tanto <strong>di</strong>sonesta nei confronti dei suoi pari.»<br />
Abernathy dovette trattenersi per non abbaiare. Non era certo orgoglioso<br />
<strong>di</strong> quella sua reazione soffocata a stento, ma per lo meno era stata onesta.<br />
«Alcuni conoscono e apprezzano l'uso appropriato del potere.» La voce<br />
dello sconosciuto era soave e trascinante. Fece un gesto rapido ma significativo<br />
in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Horris Kew. «Altri invece comprendono la natura<br />
della lealtà, capendo le sfaccettature delle sue implicazioni. In altre parole,<br />
Lord Kallendbor, vi sono persone che servirebbero qualsiasi padrone che<br />
pagasse loro il giusto prezzo.»<br />
Horris Kew stava fissando lo sconosciuto con la bocca spalancata. Seguì<br />
un lungo silenzio.<br />
Dopo un po', Kallendbor annuì con aria pensierosa. «Può darsi. Sì, in<br />
fondo, perché no? Se acconsentisse su alcune con<strong>di</strong>zioni, naturalmente. Sì.<br />
Un altro Re sarebbe un'ottima idea.» Si interruppe, scuotendo improvvi-
samente il capo. «Solo che bisognerebbe vedersela con Holiday. Andare lì<br />
a chiedergli i cristalli è una cosa fattibile, ma destituirlo dal trono è tutt'altra<br />
faccenda. Egli comanda i servizi del Pala<strong>di</strong>no, e nessuno può fargli<br />
fronte.»<br />
«Ah, ma se Holiday dovesse semplicemente scomparire?» domandò lo<br />
sconosciuto. Fece una pausa. «Anzi, se fosse già scomparso?»<br />
Abernathy sentì il cuore che gli piombava nello stomaco. Finalmente, la<br />
verità. La scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday era realmente legata a Horris Kew e<br />
ai suoi cristalli dell'occhio della mente, e il tutto era m qualche modo legato<br />
a quello sconosciuto misterioso. Stava avvenendo qualcosa <strong>di</strong> terribile,<br />
qualcosa che Abernathy ancora non comprendeva appieno, ma non vi erano<br />
dubbi sul fatto che vi fosse <strong>di</strong>etro lo sconosciuto.<br />
Che cosa doveva fare?<br />
Espirò lentamente. Non lo sapeva, ma qualsiasi cosa fosse, per farla doveva<br />
trovare un modo per uscire <strong>di</strong> lì.<br />
Iniziò a risalire con cautela gli scalini.<br />
Solo che non fu abbastanza cauto. Girandosi, fece grattare lo stivale su<br />
uno scalino <strong>di</strong> legno. Produsse un suono molto leggero, ma da basso vi erano<br />
un paio <strong>di</strong> orecchie abbastanza acute da sentirlo.<br />
«Awk! C'è qualcuno!» gracchiò Biggar.<br />
Si voltarono tutti verso le scale. «Trovatelo!» sibilò imme<strong>di</strong>atamente lo<br />
sconosciuto.<br />
Abernathy si lanciò verso l'alto, decidendo che sarebbe stata una pessima<br />
idea farsi catturare proprio in quel frangente. Rimase in posizione eretta<br />
per i primi due o tre scalini, dopo<strong>di</strong>ché vi rinunciò e proseguì a quattro<br />
zampe. In certe con<strong>di</strong>zioni la velocità aveva la precedenza sulla <strong>di</strong>gnità, e<br />
poi in fondo in lui vi era molto del cane. Sfrecciò su per le scale, attraversò<br />
il corridoio e si <strong>di</strong>resse verso la sua stanza, non sapendo dove andare. Sentiva<br />
il battito d'ali alle sue spalle e il picchiare degli stivali poco più in<strong>di</strong>etro.<br />
Ormai si era giocato qualsiasi possibilità <strong>di</strong> scivolare via silenziosamente<br />
nel cuore della notte. Che cosa poteva fare? Se lo prendevano lo avrebbero<br />
gettato nella cella più profonda del castello. Se aveva fortuna. Altrimenti,<br />
lo avrebbero semplicemente eliminato sul posto.<br />
Giunse alla sua stanza e vi corse dentro, chiudendosi la porta alle spalle<br />
e abbassando il catenaccio. La stanza era buia, poiché le candele non erano<br />
ancora state accese. Rimase appoggiato con la schiena alla porta, a corto <strong>di</strong><br />
fiato, ascoltando il battito d'ali <strong>di</strong> Biggar. «Quassù!» gridò l'uccello. «Si è<br />
nascosto qui!»
Quello stupido uccello parla molto più <strong>di</strong> quanto non voglia dare a intendere,<br />
pensò Abernathy con rabbia. Alzò lo sguardo, e si ritrovò davanti<br />
un paio <strong>di</strong> occhi gialli che lo fissavano nell'oscurità.<br />
«Arf!» abbaiò, incapace <strong>di</strong> trattenersi questa volta. Si appiattì | contro la<br />
porta, immobilizzato. Ora era chiuso fra due fuochi. Si tastò gli abiti alla<br />
ricerca <strong>di</strong> un'arma, ma non ne aveva addosso. Non trovando alternative,<br />
mostrò i denti e ringhiò. Gli occhi gialli sbatterono le palpebre con aria incuriosita,<br />
e un attimo dopo apparve alla debole luce un volto familiare.<br />
«Bunion!» annaspò Abernathy con grande sollievo. Si trattava effettivamente<br />
del coboldo. «Non sai quanto sono felice <strong>di</strong> vederti.»Bunion rispose<br />
qualcosa, ma Abernathy non lo stava ascoltando.» Dobbiamo andarcene<br />
da qui, Bunion. Kallendbor, Horris Kew e quello sconosciuto mi hanno<br />
scoperto mentre origliavo i loro <strong>di</strong>scorsi. Vogliono destituire Holiday<br />
dal trono! Credo che gli abbiano già fatto qualcosa. Ti <strong>di</strong>rò tutto più tar<strong>di</strong>,<br />
se trovi un modo per farci uscire alla svelta!<br />
Bunion balzò giù dal davanzale dove era appollaiato, attraversò la stanza<br />
<strong>di</strong> corsa fino alla porta, l'aprì e si tuffò verso Biggar, che stava cercando <strong>di</strong><br />
entrare. Biggar cacciò uno strido e si scostò, e Bunion si ritrovò in mano<br />
una manciata <strong>di</strong> piume nere. L'uccello volò via, strepitando il suo dolore e<br />
la sua in<strong>di</strong>gnazione. Bunion allora fece un cenno ad Abernathy, che lo seguì<br />
fuori dalla stanza <strong>di</strong> tutta fretta. Kallendbor e Horris Kew stavano salendo<br />
l'ultimo gra<strong>di</strong>no delle scale in quel preciso istante. Non vi era traccia<br />
dello sconosciuto.<br />
Bunion e Abernathy fuggirono nella <strong>di</strong>rezione opposta, entrambi a quattro<br />
zampe. Come dei cagnacci randagi in fuga, pensò Abernathy mentre<br />
correva.<br />
Corsero giù per una scala secondaria, attraversarono un corridoio e si infilarono<br />
in un piccolo sgabuzzino. Dietro a una sezione <strong>di</strong> parete vi era un<br />
passaggio segreto, e nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> si trovarono a procedere a<br />
tentoni nell'oscurità; Abernathy, almeno, poiché Bunion aveva una vista<br />
straor<strong>di</strong>naria. Ci misero un bel po' <strong>di</strong> tempo, ma quando il passaggio segreto<br />
terminò, si ritrovarono fuori delle mura del castello.<br />
Da lì si fecero strada attraverso il paese, che era pressoché deserto, e si<br />
incamminarono nella campagna. Mentre camminavano, Abernathy si ricordò<br />
del suo cristallo polverizzato. Il solo pensiero lo fece piangere, tanto<br />
che fu costretto a nascondere le sue lacrime a Bunion. Dopo un po', però, il<br />
dolore iniziò a scemare, reso perlomeno più sopportabile dalla consapevolezza<br />
del fatto che quelle splen<strong>di</strong>de visioni del suo passato gli erano state
egalate da un falso profeta. Per quanto potesse essere sgradevole ammetterlo,<br />
la sua indulgenza nei confronti <strong>di</strong> se stesso aveva fatto sì che la comme<strong>di</strong>a<br />
potesse svolgersi, e forse ora Ben Holiday stava pagando il prezzo<br />
<strong>di</strong> quella sua leggerezza. Quantomeno doveva fare tutto il possibile per<br />
salvare la situazione, e questo significava parlare con Questor Thews il più<br />
velocemente possibile. Sarebbe stato <strong>di</strong>fficile affrontare il mago dopo<br />
quanto era accaduto. Sarebbe stato <strong>di</strong>fficile raccontare la verità. Alla fin<br />
fine, Questor si era rifiutato <strong>di</strong> prenderne uno per sé. Forse, aveva pensato<br />
Abernathy, era troppo orgoglioso e cocciuto per accettare alcunché da<br />
Horris Kew; viste come erano andate le cose, il mago aveva visto giusto.<br />
Sì, affrontare il mago sarebbe stato molto <strong>di</strong>fficile. Tuttavia, era necessario.<br />
Forse vi era ancora un modo per rimettere a posto le cose.<br />
Quella notte dormirono in un vecchio fienile a qualche chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />
da Rhyndweir in <strong>di</strong>rezione sudest. La paglia sulla quale si sdraiarono<br />
per la notte era piena <strong>di</strong> pulci e puzzava <strong>di</strong> sterco, ma Abernathy decise<br />
che era il minimo che potesse pagare per la sua stupi<strong>di</strong>tà, oltre che un<br />
prezzo ben vantaggioso per l'ottenimento della sua libertà. Mentre si rigirava<br />
nell'oscurità ascoltando il respiro regolare <strong>di</strong> Bunion al suo fianco, lo<br />
Scrivano <strong>di</strong> Corte <strong>di</strong> Landover promise a se stesso che un giorno si sarebbero<br />
tirati i conti <strong>di</strong> quella faccenda, un giorno non tanto <strong>di</strong>stante, e si ripromise<br />
che quando quel giorno fosse arrivato, lui stesso si sarebbe accertato<br />
che Horris Kew, il suo uccello e lo sconosciuto dal mantello nero ricevessero<br />
quel che si meritavano.<br />
Danza Sognante<br />
La notte recedette verso occidente per far posto al mattino; lentamente,<br />
in maniera quasi impercettibile, i suoni e i movimenti <strong>di</strong>minuirono, finché<br />
le vie del Greenwich Village rimasero deserte e immobili. Passava ancora<br />
qualche camion e qualche automobile, solitario e inconsulto, e <strong>di</strong> tanto in<br />
tanto qualche persona sul marciapiede, ma questo era tutto. I semafori<br />
scorrevano <strong>di</strong>ligentemente attraverso la loro sequenza <strong>di</strong> luce rossa, gialla<br />
e verde che si rifletteva sull'asfalto dov'era caduta da poco una leggera<br />
pioggerellina. Nei portoni e nei vicoli vi erano persone senza tetto che<br />
dormivano, avvolti nei loro voluminosi stracci, simili a ombre stagliate<br />
sull'oscurità. Il puzzo nauseabondo della spazzatura invadeva l'aria, mischiandosi<br />
con il vapore e la nebbia che si sollevava dai tombini delle fogne,<br />
dalle grate della metropolitana e dalle strade bagnate <strong>di</strong> fresco. Da
qualche parte in lontananza, una nave <strong>di</strong>retta fuori della baia fece risuonare<br />
cupamente la sirena antinebbia.<br />
Willow camminava silenziosamente con Edgewood Dirk, sentendosi solitaria<br />
e intrappolata. Eppure non avrebbe dovuto sentirsi così. Avrebbe<br />
dovuto sentirsi più sicura, e le sue aspettative avrebbero dovuto essere migliori.<br />
Ormai aveva già portato a termine i due terzi del suo viaggio per<br />
raccogliere le terre necessarie per la nascita <strong>di</strong> suo figlio. Ne rimaneva uno<br />
solo. Ma quest'ultimo era quello che temeva più <strong>di</strong> tutti. Per quanto o<strong>di</strong>asse<br />
e aborrisse il mondo <strong>di</strong> Ben con e sue città vastissime che si ingoiavano la<br />
terra e con il suo <strong>di</strong>sprezzo pressoché generalizzato per la sacralità della<br />
vita, le nebbie fatate le facevano molta più paura.<br />
Non era facile riconciliarsi con una paura simile. Essa infatti derivava<br />
dalla storia stessa della sua gente, dal loro volontario esodo dalle nebbie,<br />
dalla loro scelta <strong>di</strong> accettare i pesi e le responsabilità della realtà contrapposta<br />
alla fantasia, dalla loro decisione <strong>di</strong> abbracciare la mortalità. Nasceva<br />
dalle storie che si raccontavano su ciò che accadeva ai mortali che si avventuravano<br />
nelle nebbie fatate, sulla follia che li travolgeva inevitabilmente<br />
perché non erano in grado <strong>di</strong> adattarsi alle leggi <strong>di</strong> un mondo dove<br />
tutto era immaginato e nulla era fissato. Infine, la sua paura derivava anche<br />
dall'avvertimento datole dalla Madre Terra, che le aveva detto <strong>di</strong> non confidare<br />
negli scopi del popolo fatato, poiché se l'avevano aiutata, avevano<br />
pure i loro motivi segreti, motivi che non avrebbero mai confidato a una<br />
mortale come lei.<br />
Rivolse un'occhiata a Edgewood Dirk e si domandò quali segreti le stesse<br />
celando il gatto prismatico. Quanto <strong>di</strong> ciò che faceva veniva fatto per<br />
motivi noti solo a lui? Aveva forse un doppio scopo per accompagnarla in<br />
quel mondo e nel successivo? Avrebbe potuto domandarglielo, ma sapeva<br />
già che non le avrebbe risposto. Né la sua parte fatata né la sua parte <strong>di</strong><br />
gatto gli avrebbero permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rglielo. Edgewood Dirk era un enigma<br />
per natura, e non era certo <strong>di</strong>sposto a rinunciare a questa sua caratteristica.<br />
Willow continuò a camminare e decise <strong>di</strong> non pensare troppo a ciò che<br />
sarebbe accaduto da lì a poco. Abbandonarono le strade principali e iniziarono<br />
a farsi strada attraverso vicoli intasati <strong>di</strong> bidoni della spazzatura, rifiuti<br />
vari e automobili arrugginite. Passarono dalla strada a un'oscurità nebulosa,<br />
illuminata in maniera incerta da lampade <strong>di</strong>stanti, un debole bagliore<br />
riflesso sui muri degli e<strong>di</strong>fici. La nebbia e il vapore si mischiarono nel corridoio,<br />
oscurando il passaggio, avvolgendo la notte. Willow rabbrividì al<br />
contatto con la nebbia e desiderò <strong>di</strong> poter rivedere il sole.
Ora si trovavano in una nebbia talmente fitta che non si riusciva a vedere<br />
nulla a un palmo dal naso. Dirk si fermò e si voltò, e Willow seppe in quel<br />
momento che non aveva più possibilità <strong>di</strong> scelta.<br />
«Siete pronta, mia signora?» domandò con tono deferente, cosa alquanto<br />
insolita per Dirk. Willow si ritrovò improvvisamente <strong>di</strong> nuovo spaventata.<br />
«Sì» rispose, anche se subito dopo non fu più certa <strong>di</strong> aver pronunciato<br />
quella parola.<br />
«Stammi attaccata <strong>di</strong>etro» le <strong>di</strong>sse il gatto, voltandosi nuovamente.<br />
«Dirk» lo chiamò lei, in apprensione. Il gatto si girò <strong>di</strong> nuovo, fermandosi<br />
sui suoi passi. «È una trappola?»<br />
Il gatto prismatico sbatté le palpebre. «Non certo tesa da me» <strong>di</strong>sse.<br />
«Non posso parlare per ciò che tu potresti intendere. Si sa che gli esseri<br />
umani sono usi a cadere in trappole tese da loro stessi. Può darsi che questo<br />
accada anche a te.»<br />
Willow annuì, stringendosi le braccia attorno al corpo in cerca <strong>di</strong> calore.<br />
«Mi fido <strong>di</strong> te. Ho molta paura per me e per mio figlio.»<br />
«Non fidarti mai del gatto» filosofeggiò Dirk «senza un guanto.»<br />
«Mi fido <strong>di</strong> te perché non ho scelta, con o senza guanto. Se mi inganni,<br />
sono finita.»<br />
«Sei finita solo se tu stessa permetti che ciò accada. Sei finita solo se<br />
smetti <strong>di</strong> pensare.» Il gatto la fissò negli occhi. «Sei molto più forte <strong>di</strong><br />
quanto tu non sappia, Willow. Mi cre<strong>di</strong>?»<br />
Scosse il capo. «Non lo so.»<br />
Un velo <strong>di</strong> nebbia si frappose fra loro, facendo scomparire il gatto per un<br />
attimo. Quando tornò a essere visibile, i suoi occhi erano ancora fissati su<br />
<strong>di</strong> lei. «Una volta <strong>di</strong>ssi a Holiday che la gente dovrebbe ascoltare con<br />
maggiore attenzione ciò che <strong>di</strong>cono i gatti, poiché hanno molte lezioni utili<br />
da insegnare. Gli <strong>di</strong>ssi che questo era un <strong>di</strong>fetto comune a molti esseri umani,<br />
quello <strong>di</strong> non ascoltare con sufficiente attenzione. Ora <strong>di</strong>co la stessa<br />
cosa anche a te.»<br />
«Ho ascoltato bene» <strong>di</strong>sse Willow «ma non sono certa <strong>di</strong> avere capito.»<br />
Dirk inclinò il capo. «A volte la comprensione viene con gli eventi. Ebbene,<br />
sei pronta?»<br />
Willow fece un passo avanti. «Non lasciarmi, Dirk. Mi prometti che non<br />
mi abbandonerai, qualsiasi cosa accada?»<br />
Edgewood Dirk scosse il capo. «I gatti non fanno promesse. Sei pronta o<br />
no?»
Willow riprese la sua compostezza. «Dipendo da te.» Il gatto non <strong>di</strong>sse<br />
nulla. «Sì» <strong>di</strong>sse poi «sono pronta.»<br />
Si incamminarono giù per lo stretto vicolo, penetrando ancor <strong>di</strong> più nelle<br />
nebbie che lo intasavano, dove vennero imme<strong>di</strong>atamente inglobati. Willow<br />
mantenne gli occhi bassi su Dirk, che la precedeva <strong>di</strong> un passo o due, una<br />
sagoma appena <strong>di</strong>scernibile in mezzo alla nebbia. Le nebbie erano buie<br />
dapprincipio, poi iniziarono a schiarirsi un po'. I muri degli e<strong>di</strong>fici scemarono<br />
dalla vista e gli odori della città svanirono nel nulla. Nel giro <strong>di</strong> un<br />
batter d'occhio, tutto quanto attorno a loro cambiò. Ora si trovavano in una<br />
foresta, in un mondo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>, vecchi alberi con cime rigogliose che nascondevano<br />
il cielo, <strong>di</strong> cespugli fitti, <strong>di</strong> felci torreggianti e <strong>di</strong> odori <strong>di</strong> tempi<br />
antichi e <strong>di</strong>menticati. L'aria era densa <strong>di</strong> muffa e <strong>di</strong> marciume, scura fino<br />
al punto da ottundere ogni cosa, trasformando la foresta in un reticolato <strong>di</strong><br />
ombre. Vi era un accenno <strong>di</strong> movimento, ma non si poteva stabilire nulla<br />
con certezza in mezzo a quell'oscurità.<br />
Dirk camminava con passo regolare, e Willow lo seguiva. Si guardò alle<br />
spalle una volta, ma non vi era più nessuna traccia della città. Era uscita da<br />
un mondo per entrare in un altro. Ora era all'interno delle nebbie fatate, e<br />
ancora una volta tutto era nuovo.<br />
Dapprima sentì le voci, vaghi sussurri e borbottii nell'oscurità. Tentò <strong>di</strong><br />
captare le parole, ma non vi riuscì. Le voci salivano e scendevano <strong>di</strong> tono,<br />
ma rimanevano in<strong>di</strong>stinte. Dirk proseguì.<br />
Poi vide anche i volti, lineamenti strani e curiosi che spuntavano dalle<br />
ombre angolosi e aguzzi, con capelli simili a muschio e sopracciglia come<br />
paglia <strong>di</strong> granoturco. I loro occhi erano penetranti come lame <strong>di</strong> coltello<br />
quando si fissavano su <strong>di</strong> lei, e i loro corpi talmente esili e sottili da apparire<br />
eterei. Gli abitanti delle nebbie fatate scattavano e rallentavano, andavano<br />
e venivano, bagliori improvvisi <strong>di</strong> vita nell'oscurità cangiante. Dirk proseguì.<br />
A un certo punto giunsero a una radura circondata da alberi, nebbia e oscurità<br />
ancor più profonda. Dirk camminò fino al centro dello spiazzo e si<br />
fermò. Willow lo seguì, e quando si voltò scoprì che il popolo fatato era<br />
tutt'attorno a lei, volti e corpi premuti contro la nebbia come se si trovassero<br />
<strong>di</strong>etro a una lastra <strong>di</strong> vetro.<br />
Le loro voci le parlarono in un sussurro, ansiose e suadenti.<br />
Benvenuta, Regina <strong>di</strong> Landover<br />
Benvenuta, ex fata, nella terra dei tuoi avi<br />
Sii in pace, e resta un po' con noi
Guarda ciò che potresti avere qui con il figlio che porti in te...<br />
Willow si ritrovò improvvisamente a camminare in un campo <strong>di</strong> fiori<br />
rossi luminosi, fiori che non aveva mai visto in vita sua. Portava un bambino<br />
in braccio, un bambino avvolto in un lenzuolo bianco per proteggerlo<br />
dalla forte luce. I profumi del campo erano ricchi e meravigliosi, la luce<br />
del sole calda e rassicurante. Willow si sentiva incre<strong>di</strong>bilmente leggera, felice<br />
e piena <strong>di</strong> speranze, e tutto il mondo si <strong>di</strong>stendeva ai suoi pie<strong>di</strong>, con<br />
tutte le sue città, i suoi paesi e i suoi piccoli inse<strong>di</strong>amenti, con tutta la sua<br />
gente, con tutta la sua vita. Il bambino si mosse fra le sue braccia. Willow<br />
abbassò un lembo del lenzuolo per guardarlo in faccia. Il bambino la guardò<br />
a sua volta, ed era uguale a lei. Un bambino perfetto.<br />
«Oh!» Ansimò, iniziando a piangere per la gioia.<br />
Poi si ritrovò nella radura, nuovamente immersa nelle nebbie fatate,<br />
scrutando nell'oscurità.<br />
Le voci le sussurrarono nuovamente.<br />
Sarà così, se tu lo desideri<br />
Pren<strong>di</strong> tua la tua felicità, Regina <strong>di</strong> Landover. Ne hai il <strong>di</strong>ritto. Ne hai la<br />
possibilità<br />
Rimani al sicuro fra le nebbie, al sicuro con tuo figlio, al sicuro con noi,<br />
e sarà così come ti è stato mostrato<br />
Willow scosse il capo, confusa. «Al sicuro?»<br />
Rimani con noi, ex fata<br />
Torna a essere come eri una volta<br />
Rimani con noi, se vuoi che la visione si avveri...<br />
In quel momento Willow capì, capì il prezzo che le stavano chiedendo <strong>di</strong><br />
pagare per avere la sicurezza che suo figlio sarebbe stato come lo aveva<br />
visto in quella visione. Solo che non era veramente così, poiché avrebbero<br />
vissuto entrambi in un mondo immaginario, e la loro visione non sarebbe<br />
stata altro che ciò che essi creavano nelle loro menti. Inoltre, avrebbe perso<br />
Ben. Naturalmente non vi era stato alcun accenno a Ben, poiché lui non<br />
faceva parte <strong>di</strong> quella terra promessa, era un estraneo, un uomo proveniente<br />
da un altro mondo che non avrebbe mai potuto venire a far parte della<br />
vita del mondo fatato.<br />
Abbassò lo sguardo verso Dirk, ma il gatto prismatico stava guardando<br />
da un'altra parte. Si stava lavando la faccia con grande attenzione, lecca,<br />
lecca, lecca. La sua in<strong>di</strong>fferenza era stu<strong>di</strong>ata e voluta.<br />
Tornò a rivolgersi al mare <strong>di</strong> volti incastonati nella nebbia. «Io non posso<br />
rimanere qui. La mia casa è Landover. Lo sapete già. La scelta è stata
fatta per me molto tempo fa, e ora non posso più tornare qua. Non desidero<br />
farlo.»<br />
Un grave errore, Regina <strong>di</strong> Landover<br />
La tua scelta influenza anche tuo figlio. Che ne sarà <strong>di</strong> lui?<br />
Ora le voci avevano cambiato tono, <strong>di</strong>venendo più dure. Willow deglutì<br />
la sua paura <strong>di</strong> quelle parole. «Quando mio figlio avrà l'età per poter decidere,<br />
sarà lui a scegliere.»<br />
Seguì un mormorio generale, e non sembrava affatto in suo sostegno.<br />
Era un sussurro <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> rabbia malcelata. Era un sussurro <strong>di</strong><br />
pessime intenzioni.<br />
Willow cercò <strong>di</strong> non farsi impressionare. «Avete intenzione <strong>di</strong> darmi la<br />
terra <strong>di</strong> cui ha bisogno mio figlio o no?» domandò.<br />
Il sussurro si interruppe. Parlò una sola voce.<br />
Ma certo. Questa terra ti è stata promessa. É tua da prendere. Solo che<br />
per prenderla, prima devi renderla tua.<br />
La terra fatata non può uscire dalle nebbie finché non viene celebrata e<br />
abbracciata da colui che la porterà.<br />
Willow guardò Dirk. Nessun responso. Il gatto si stava ancora lavando,<br />
come se non vi fosse null'altro <strong>di</strong> così importante in tutto il mondo.<br />
«Cosa devo fare?» domandò ai volti.<br />
Devi fare ciò che hai nel sangue, piccola silfide. Danza come ti ha insegnato<br />
tua madre, la ninfa dei boschi. Danza sulla terra sulla quale ti trovi.<br />
Quando lo avrai fatto, quella terra sarà tua, e potrai prenderla e lasciare<br />
le nebbie.<br />
Willow rimase impalata. Danzare? Vi era qualcosa <strong>di</strong> strano, qualcosa <strong>di</strong><br />
nascosto. Lo sentiva, ne era certa. Ciò nonostante, non riusciva a capire <strong>di</strong><br />
che si trattasse.<br />
Danza, Regina <strong>di</strong> Landover, se vuoi la terra per tuo figlio<br />
Danza, sei vuoi portare a termine il tuo viaggio e dare alla vita tuo figlio<br />
Danza, Willow delle ex fate<br />
Danza...<br />
Willow danzò. Iniziò lentamente, facendo pochi passi circospetti per vedere<br />
che cosa sarebbe accaduto, qualche piccolo movimento per vedere se<br />
andava tutto bene. I suoi abiti erano pesanti e la intralciavano un poco, ma<br />
non se la sentiva <strong>di</strong> toglierseli come avrebbe fatto in un'altra circostanza,<br />
decisa a stare pronta a fuggire nel caso che qualcosa andasse storto. Ma<br />
nulla andò storto. Danzò ancora un po', aumentando il numero dei passi e
la complessità dei movimenti. La sua paura e la sua cautela si sciolsero<br />
lentamente davanti alla gioia che provava nel fare una cosa che amava tanto<br />
come danzare. I volti delle fate sembrarono recedere nella nebbia, occhi<br />
acuti e nasi aguzzi, capelli filamentosi e arti come bastoni, frammenti <strong>di</strong><br />
luce e movimento celati dall'oscurità. Un istante erano lì attorno a lei, l'istante<br />
successivo erano scomparsi. Si ritrovò sola.<br />
Tranne per Dirk, che si era allontanato <strong>di</strong> un poco e la stava osservando<br />
con attenzione. Sedeva per terra come una statua intagliata nella pietra.<br />
Willow aumentò il passo della sua danza, improvvisamente coinvolta dal<br />
fluire dei suoi passi, dal ritmo dei movimenti, dalla gioia che cresceva dentro<br />
<strong>di</strong> lei. Aveva l'impressione <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> ballare più rapidamente,<br />
con maggiore leggerezza e precisione rispetto alle sue danze nel mondo<br />
reale. Tutti i suoi sforzi venivano ricompensati con un successo che andava<br />
al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualsiasi cosa che avesse mai provato. La sua gioia aumentò<br />
man mano che si cimentava in movimenti sempre più complessi, balzando<br />
e vorticando, contorcendosi e allargando sempre più il suo raggio d'azione,<br />
leggera come l'aria, veloce come il vento. Mentre danzava si rese conto<br />
che lo stava facendo molto meglio <strong>di</strong> quanto non lo avesse mai fatto sua<br />
madre, che aveva appreso in pochi secon<strong>di</strong> ciò che lei aveva impiegato una<br />
vita intera per imparare.<br />
Si tolse gli abiti, <strong>di</strong>menticandosi le sue inibizioni, abbandonando la sua<br />
promessa <strong>di</strong> cautela e ritegno. Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong>, si ritrovò nuda.<br />
Sfrecciò attraverso la radura, solitaria nel suo volo attraverso la nebbia e<br />
la penombra, immemore <strong>di</strong> qualsiasi altra cosa. Sì, la danza era tutto ciò<br />
che aveva sempre desiderato essere! Sì, le avrebbe dato cose che non aveva<br />
mai creduto possibili! Si sollevò e si abbassò, si sollevò <strong>di</strong> nuovo e<br />
sfrecciò via. Davanti ai suoi occhi apparvero colori luminosi come quelli<br />
<strong>di</strong> un arcobaleno e freschi come fiori in un giar<strong>di</strong>no vasto e senza limiti, il<br />
tutto composto in maniera perfetta e tanto fragrante da non riuscire a crederci.<br />
Stava volando sui colori, volando come un uccello, libera come l'aria<br />
stessa. Con lei vi erano altri uccelli, tutti colorati che cantavano in maniera<br />
meravigliosa, volando attorno a lei, mostrandole la via. Si sollevò dal giar<strong>di</strong>no<br />
verso il sole, innalzandosi verso il cielo, verso la volta celeste. La<br />
danza la trasportò, la spinse verso l'alto, le <strong>di</strong>ede le ali.<br />
Stava sognando qualsiasi cosa desiderasse, qualsiasi possibilità, qualsiasi<br />
speranza. Era tutto lì, e apparteneva tutto a lei. Danzò, e tutto il resto fu<br />
<strong>di</strong>menticato. Non ricordava più chi era e da dove era venuta. Non si ricordava<br />
più <strong>di</strong> Ben e <strong>di</strong> suo figlio. La danza era tutto. La danza era ogni cosa.
Celate dalle nebbie che circondavano la radura, le fate osservarono e si<br />
scambiarono sorrisi.<br />
A quel punto Willow avrebbe potuto perdersi per sempre, coinvolta<br />
all'infinito dalla sua danza, se Dirk non avesse starnutito. Non sembrava<br />
esserci un motivo particolare, accadde e basta. Fu un suono molto piccolo,<br />
ma bastò a <strong>di</strong>stoglierla dal precipizio. Willow intravide il gatto prismatico<br />
in un angolo della sua visione per una frazione <strong>di</strong> secondo, che fu quanto<br />
bastò per farle ricordare tutto. Vide che il gatto la stava osservando, il suo<br />
sguardo un'accusa formulata apertamente. Che cosa le aveva detto prima?<br />
Lei gli aveva chiesto se potevano esserci trappole, e lui le aveva risposto<br />
che <strong>di</strong> solito gli umani cadono in trappole tese da loro stessi. Sì, esattamente<br />
come quella. Come quella danza.<br />
Solo che non riusciva a fermarsi. Ormai era stata completamente coinvolta<br />
dai suoi piaceri e dalla sua meravigliosa flui<strong>di</strong>tà, fino al punto che<br />
non riusciva a smettere <strong>di</strong> muoversi. I sogni indotti dalla danza erano troppo<br />
irresistibili per rinunciarvi. Aveva fatto ciò che era stata avvertita <strong>di</strong><br />
non fare, si era intrappolata da sola, e ora non riusciva più a liberarsi. Capì<br />
solo allora che era proprio questo il piano delle fate per lei; farla danzare<br />
all'infinito, in modo che non se ne andasse mai più. Suo figlio sarebbe nato<br />
lì, nelle nebbie fatate, e quando sarebbe nato, sarebbe appartenuto a loro.<br />
Sarebbero appartenuti entrambi alle fate, in eterno.<br />
Ma perché? Perché le fate desideravano questo? Willow non aveva risposte.<br />
I suoi pensieri si <strong>di</strong>spersero, e per un attimo rischiò <strong>di</strong> ricadere nuovamente<br />
nei suoi sogni. Si sforzò <strong>di</strong> mantenere gli occhi fissati su Dirk mentre<br />
vorticava attraverso la radura, guardandolo mentre la osservava, tentando<br />
<strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> pensare a che cosa fare. Danzare in eterno. Senza<br />
mai fermarsi. Ma doveva fermarsi. Doveva! Non poteva permettere che le<br />
accadesse una cosa simile, ripeté a se stessa. Avrebbe trovato un modo per<br />
liberarsi.<br />
Ben. Se Ben fosse stato lì con lei, l'avrebbe aiutata. Ben, sul quale poteva<br />
sempre fare affidamento, che aveva de<strong>di</strong>cato la sua vita a lei. Ben, la<br />
forza che la sosteneva sempre, anche quando tutto il resto era grigio. Lui<br />
sarebbe sempre venuto da lei in caso <strong>di</strong> bisogno. Sempre.<br />
Ma come avrebbe fatto a venire questa volta?<br />
Ben!
Per un attimo, un istante fugace, Ben apparve. Il suo volto, i suoi occhi<br />
vennero fuori del tempo e della <strong>di</strong>stanza. Era lì con lei, ancora molto lontano,<br />
ma a portata <strong>di</strong> mano.<br />
Improvvisamente, Willow intravide una possibilità <strong>di</strong> fuga. Avrebbe<br />
usato la magia delle fate a suo vantaggio, rigirandola per servire ai suoi<br />
scopi. Era stata programmata per intrappolarla e lei aveva permesso che<br />
ciò avvenisse, ma aveva ancora la possibilità <strong>di</strong> una via d'uscita. La danza<br />
in fondo non era altro che un sogno, e se trovava la forza poteva alterare<br />
quel sogno. Non era del tutto persa, no, non ancora. No se non lo desiderava.<br />
No se non si <strong>di</strong>menticava.<br />
Chiuse gli occhi e chiamò il nome <strong>di</strong> Ben Holiday nel turbine della sua<br />
danza. Riusciva a immaginarlo allo stesso modo in cui riusciva a immaginare<br />
tutto il resto. La magia del mondo fatato consisteva proprio in questo.<br />
Se riusciva a battere la sua paura, sarebbe stata in grado <strong>di</strong> controllare la<br />
sua visione, renderla sua, influenzare la sua <strong>di</strong>rezione. Era la stessa lezione<br />
che Ben era stato costretto a imparare in passato. Era la stessa lezione che<br />
le aveva insegnato Dirk poco prima. Usa la magia per liberarti. Usa la magia<br />
per fuggire.<br />
Ben! lo chiamò, la sua voce forte e sicura.<br />
A quel punto, accadde qualcosa <strong>di</strong> meraviglioso e <strong>di</strong> completamente inaspettato.<br />
Il Cavaliere dormiva nel Labirinto, sdraiato sul terreno sotto la chioma<br />
<strong>di</strong> un albero che gli copriva la testa come fosse una tenda. La Dama era<br />
sdraiata al suo fianco, premuta contro <strong>di</strong> lui, la testa appoggiata alla sua<br />
spalla, il braccio stretto attorno al suo petto. Stava sorridendo. La durezza<br />
che caratterizzava normalmente la sua espressione quella notte era del tutto<br />
assente. La nebbia e l'oscurità erano tutt'attorno a loro e celavano il mondo<br />
e tutti coloro che vi <strong>di</strong>moravano, ma almeno per il momento, il Cavaliere e<br />
la Dama se l'erano lasciato alle spalle.<br />
Il Gargoyle sedeva avvolto nel suo mantello a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
osservandoli con un certo <strong>di</strong>sagio. A suo modo <strong>di</strong> vedere, c'era qualcosa<br />
che non andava in quella storia. Non riusciva ancora a spiegarselo, ma vi<br />
era una menzogna in quanto stava accadendo. Su questo non aveva dubbi.<br />
Quei due erano nemici, e quella nuova alleanza esulava dalla saggezza e<br />
dalla ragione. La loro impulsività si sarebbe ritorta contro <strong>di</strong> loro, ne era<br />
convinto. Forse li avrebbe ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>strutti.
I suoi lineamenti sgraziati si contrassero per il <strong>di</strong>sgusto, e allontanò lo<br />
sguardo volutamente.<br />
Mentre dormiva, il Cavaliere sognò. Dapprima il suo sogno apparve come<br />
sfuocato, un miscuglio <strong>di</strong> suono e movimento mentre veniva trasportato<br />
attraverso lo spazio e il tempo verso qualche destinazione sconosciuta.<br />
Si sentiva in pace, quin<strong>di</strong> non tentò <strong>di</strong> resistere alla spinta che lo trasportava.<br />
Poi iniziò a sentire delle voci... no, si trattava <strong>di</strong> una sola voce, che<br />
chiamava un nome. La sentiva che si ripeteva in continuazione. Riconosceva<br />
quella voce, ma non riusciva a inquadrarla. Anche il nome che<br />
chiamava gli sembrava familiare.<br />
Ben.<br />
Ascoltò i suoni mentre viaggiava, consapevole del fatto che si stava avvicinando<br />
sempre più, che stava venendo attirato, che stava venendo chiamato.<br />
Ben.<br />
Poi venne scosso, come da una mano enorme, e si ritrovò nuovamente in<br />
posizione eretta, con i pie<strong>di</strong> per terra. Ora la voce era più <strong>di</strong>stinta e vicina.<br />
Si trattava <strong>di</strong> una donna, e nel suo richiamo vi era sogno, necessità. Si trattava<br />
<strong>di</strong> qualcuno che conosceva, qualcuno al quale era legato, che lo stava<br />
chiamando perché aveva bisogno della sua protezione.<br />
Il cavaliere rispose imme<strong>di</strong>atamente a quel richiamo, tirando fuori la sua<br />
grande spada mentre si faceva strada attraverso gli alberi <strong>di</strong> una foresta che<br />
si chiudeva tutt'attorno a lui. Era il Labirinto, eppure non lo era. Il Cavaliere<br />
non riusciva a spiegarselo, ma i due luoghi erano allo stesso tempo separati<br />
e uniti. Gli elementi erano gli stessi. Brandì la spada davanti a sé,<br />
pronto a dar battaglia. Ancora gli mancava la sua armatura pesante, e infatti<br />
indossava solo la maglia <strong>di</strong> ferro, i suoi abiti <strong>di</strong> pelle, la sua cintura, i<br />
suoi stivali e i suoi guanti. Ma ci pensò solo per un istante. Non provava<br />
alcuna paura nei confronti <strong>di</strong> ciò che poteva attenderlo. La certezza della<br />
positività della sua causa ottundeva ogni altra cosa. Era suo compito assistere<br />
coloro che glielo richiedevano, e la donna che lo aveva chiamato era<br />
una delle prime persone alle quali doveva prestare i suoi servigi.<br />
Giunse a una radura, dove la luce proveniente dal cielo aperto era poco<br />
più che una vaga luminosità nella nebbia fumosa. Diverse figure si <strong>di</strong>spersero<br />
al suo arrivo, piccole creature sottili e angolose, tutte spigoli, muschio<br />
e bastoncini. Fuggirono alla sua vista come portasse la peste, sibilando e
orbottando come topi chiusi in un angolo. Il Cavaliere attraversò la radura<br />
senza fermarsi finché non giunse al suo centro.<br />
La donna che danzava fra le ombre e la penombra vorticò fra le sue<br />
braccia e lo strinse come se fosse una boa <strong>di</strong> salvataggio in un mare in<br />
tempesta. Completamente nuda, rabbrividì come se stesse morendo <strong>di</strong><br />
freddo, premendo il suo volto e il suo corpo contro <strong>di</strong> lui.<br />
«Ben» sussurrò. «Sei venuto.»<br />
Il Cavaliere la tenne stretta per arrestare il suo tremito, e in quel momento<br />
il ricordo attraversò il suo cervello come una scossa elettrica.<br />
«Willow!» le sussurrò <strong>di</strong> rimando con tono feroce.<br />
In quel momento seppe tutto. L'inganno che lo aveva tenuto incatenato<br />
fino a quel momento cadde improvvisamente nel nulla al contatto con Willow,<br />
al suono della sua voce, alla vista del suo volto. Stava effettivamente<br />
sognando, ma in qualche modo quel sogno era reale. Era stato chiamato a<br />
lei nel sonno, ma ora erano uniti come se fossero perfettamente svegli e in<br />
carne e ossa. Willow lo strinse a sé, chiamandolo per nome, <strong>di</strong>cendogli cose<br />
che non riusciva a comprendere. Erano nelle nebbie fatate. Lei era imprigionata<br />
dalle fate in una danza dalla quale non riusciva a liberarsi. Il loro<br />
figlio sarebbe stato trattenuto lì in eterno, lontano da lui. Solo che lì tutto<br />
poteva essere realtà se si riusciva a immaginarlo, e così lei, nel suo sforzo<br />
<strong>di</strong>sperato per liberarsi, aveva immaginato che lui venisse a salvarla. E<br />
lui era effettivamente venuto, ma non nel modo che lei si era immaginata.<br />
Era lì realmente. Come era avvenuto? Come aveva fatto a penetrare nelle<br />
nebbie fatate?<br />
Attorno a loro le fate sciamavano come api impazzite, sibilando e sfrecciando<br />
<strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là con rabbia nella penombra. Ben vide Edgewood Dirk<br />
seduto a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza che osservava la scena con il suo solito atteggiamento<br />
<strong>di</strong>staccato da gatto. Edgewood Dirk? Che cosa ci faceva lì?<br />
Ah, ma cosa più importante, che era stato fatto al Cavaliere del Labirinto,<br />
che ora sapeva <strong>di</strong> essere Ben Holiday? I ricor<strong>di</strong> fluirono attraverso la<br />
sua mente, l'incantesimo della <strong>di</strong>menticanza finalmente spezzato. Era stato<br />
strappato al Cuore con l'uso della magia e imprigionato in una scatola <strong>di</strong><br />
legno intagliato. Era l'ultima cosa che ricordava prima del suo ingresso nel<br />
Labirinto. A parte il fatto che aveva visto Horris Kew che appoggiava la<br />
scatola a terra e se ne andava <strong>di</strong> tutta fretta un attimo prima che Ben vi<br />
piombasse dentro, sprofondandoci assieme a...<br />
Il suo cuore si arrestò.<br />
Nightshade e Strabo.
La Dama e il Gargoyle.<br />
La verità lo scosse fino al punto che per un attimo si ritrovò incapace <strong>di</strong><br />
respirare o <strong>di</strong> muoversi. Strinse Willow come se le loro posizioni si fossero<br />
invertite e ora fosse lei la boa che lo teneva in vita e gli impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> scivolare<br />
via. Willow percepì il suo sconforto e alzò lo sguardo verso <strong>di</strong> lui, sollevando<br />
le mani per toccargli il viso.<br />
«Ben» sussurrò <strong>di</strong> nuovo. «Per favore. Va tutto bene.»<br />
Con uno sforzo incre<strong>di</strong>bile, Ben si <strong>di</strong>stolse dalla sua immobilità. Negli<br />
angoli della sua visuale, qualcosa si stava lacerando. Il sogno che li aveva<br />
legati si stava spezzando, giungendo al suo termine, la magia ormai quasi<br />
consumata. Anche Willow lo percepì. Con la fine della danza, il sogno non<br />
poteva sostenersi da solo. Willow iniziò a rivestirsi, ignorando i piccoli<br />
suoni <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> furia provenienti dalle nebbie, tornando nuovamente in<br />
se stessa e più che mai determinata a non lasciarsi più ingannare. Una volta<br />
vestita, si chinò per raccogliere una manciata del terreno sul quale aveva<br />
ballato e la infilò nella sua borsa.<br />
Ben la guardò senza capire. Fece per avvicinarsi a lei, ma scoprì che non<br />
era più in grado <strong>di</strong> muoversi. Abbassò lo sguardo, e realizzò con orrore che<br />
stava svanendo nel nulla.<br />
«Willow!» chiamò.<br />
Willow si alzò in pie<strong>di</strong> e corse verso <strong>di</strong> lui. Ma ormai aveva già perso<br />
gran parte della sua forma e sostanza e stava tornando al suo sogno, al suo<br />
sonno, alla prigione che ancora lo tratteneva. La udì mentre lo chiamava,<br />
la vide mentre allungava le mani per afferrarlo, Per trattenerlo. Ma invano.<br />
La magia che li aveva uniti nelle nebbie fatate <strong>di</strong> due mon<strong>di</strong> stava perdendo<br />
la sua efficacia.<br />
«Willow!» gridò <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong>sperato, incapace <strong>di</strong> rimandare la sua <strong>di</strong>partita.<br />
«Ti troverò in qualche modo! Te lo prometto! Verrò a prenderti!»<br />
«Ben!» la sentì gridare un'ultima volta, dopo<strong>di</strong>ché si sentì trasportare<br />
nuovamente via, trasparente fra le nebbie, aria e vento che tornavano attraverso<br />
il vuoto che li teneva separati in stato <strong>di</strong> veglia, che lo trascinavano<br />
verso il sonno dal quale era venuto.<br />
Nuovamente sola nella radura silenziosa, Willow fissò l'oscurità cangiante<br />
sopra la sua testa. Ben non c'era più. La magia della sua visione era<br />
stata abbastanza forte da portarlo lì, ma non abbastanza da trattenerlo. L'aveva<br />
liberata dalla schiavitù della sua danza, ma non era potuto rimanere<br />
per aiutarla ulteriormente. Sentì una nuova ondata <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione che le
attraversava il corpo e fu costretta a lottare contro le lacrime. Ma non vi<br />
era tempo per piangere, non vi era tempo per nulla eccetto suo figlio. Usò<br />
la sua rabbia come armatura e si rivolse verso Edgewood Dirk.<br />
«Voglio andare a casa» <strong>di</strong>sse a bassa voce ma con tono deciso. «Adesso.»<br />
Il gatto prismatico sbatté le palpebre. «E allora vai, Regina <strong>di</strong> Landover.»<br />
«Non mi fermerai?»<br />
«Io no.»<br />
«E nemmeno le fate che ci circondano?»<br />
Dirk sba<strong>di</strong>gliò. «Hanno perso interesse in questo gioco particolare. É interessante,<br />
non trovi, il fatto che non abbiano sfidato Holiday?»<br />
Ci rifletté. Era effettivamente interessante. Come mai lo avevano lasciato<br />
andare? E in quanto a lei? Che cosa aveva impe<strong>di</strong>to loro <strong>di</strong> interferire?<br />
«In che <strong>di</strong>rezione devo andare, Dirk?» domandò.<br />
Edgewood Dirk si alzò e si stiracchiò. «Qualsiasi strada va bene. Ti porteranno<br />
tutte dove devi andare. Saranno i tuoi istinti a guidarti. Come ho<br />
detto prima, sei più forte <strong>di</strong> quanto non immagini.»<br />
Willow non rispose, troppo irritata per ciò che aveva subito per accettare<br />
complimenti. L'aveva aiutata nel suo modo speciale (ancora Willow non<br />
sapeva bene se lo avesse fatto apposta o per caso), ma nonostante ciò, il<br />
gatto prismatico non era certo amico suo. Le nebbie fatate e le creature che<br />
vi <strong>di</strong>moravano, Dirk compreso, erano un anatema bello e buono. Non voleva<br />
più avere a che fare con nulla <strong>di</strong> tutto ciò.<br />
«Non verrai con me?» gli domandò<br />
«No» rispose il gatto. «Non hai più bisogno <strong>di</strong> me La tua impresa e terminata.»»<br />
E così era. Aveva le terre che era stata mandata a raccogliere le terre dei<br />
tre mon<strong>di</strong> dai quali originava il sangue <strong>di</strong> suo figlio Se la Madre Terra aveva<br />
detto la verità, la nascita <strong>di</strong> suo figlio poteva avvenire da quel momento<br />
in avanti.<br />
Non doveva fare nient'altro null'altro le era richiesto. Poteva tornare a<br />
casa<br />
Chiudendo il mantello attorno a sé, stringendosi la borsa con le terre addosso<br />
al corpo, Willow si voltò e si incamminò. Fece come le era stato detto,<br />
seguendo i suoi istinti. Sorprendentemente, le apparivano piuttosto evidenti.<br />
La portarono attraverso gli alberi in linea retta.<br />
La portarono nella profon<strong>di</strong>tà delle nebbie, finché non scomparve.
Risveglio<br />
Ben Holiday si risvegliò <strong>di</strong> colpo. I suoi occhi si aprirono con uno scatto,<br />
e si ritrovò a fissare gli alberi del Labirinto nel pallido bagliore che precede<br />
l'alba. Non si mosse; non riusciva a decidersi a farlo. Era impietrito<br />
sul posto, come se fosse stato racchiuso in un blocco <strong>di</strong> ghiaccio. Le domande<br />
sfrecciavano nella sua mente rincorrendosi l'un l'altra, sussurri appena<br />
accennati e oscure voci <strong>di</strong> scherno. L'incontro con Willow era stato<br />
solo un sogno o era effettivamente avvenuto? Era la verità o una pazza costruzione<br />
della sua immaginazione? Quanto <strong>di</strong> ciò che riusciva a ricordare<br />
del sogno era stato effettivamente reale?<br />
La Dama stava ancora dormendo, appiccicata al suo corpo. Il Gargoyle<br />
era accucciato accanto ai primi alberi a qualche metro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, con la<br />
testa chinata verso il basso. Ben sbatté le palpebre. Nightshade? Strabo?<br />
Chiuse nuovamente gli occhi e li tenne chiusi per un po' mentre rifletteva.<br />
Qualcosa era accaduto, e quel qualcosa gli aveva rivelato la verità; su<br />
questo non vi potevano essere dubbi. Lui non era il Cavaliere, era Ben Holiday.<br />
Il Cavaliere non era altro che qualche personificazione della sua vera<br />
identità. E la stessa cosa valeva per la Dama e il Gargoyle. Erano stati<br />
cambiati dal Labirinto e dalla sua magia, oppure dalla magia che li aveva<br />
mandati lì, o magari da qualche sporco sotterfugio che ancora non riuscivano<br />
a capire. A ognuno <strong>di</strong> loro era stata data un'identità che rispecchiava<br />
una sola parte della loro personalità originale, nascondendo tutto il resto.<br />
Anche dal punto <strong>di</strong> vista fisico erano cambiati parecchio, soprattutto Strabo,<br />
che non era più nemmeno un drago. Nightshade era riconoscibile, eppure<br />
anche lei era <strong>di</strong>versa, in un modo che Ben non riusciva a spiegarsi.<br />
Nessuno <strong>di</strong> loro aveva mantenuto l'uso della propria magia Nessuno <strong>di</strong> loro<br />
possedeva la forza e il potere che aveva posseduto a Landover.<br />
Aprì nuovamente gli occhi. La nebbia aleggiava fra i tronchi e i rami degli<br />
alberi. Ricopriva l'erba sulla quale erano sdraiati. Il Labirinto era un miraggio<br />
vasto e infinito, e la loro visione non era sufficiente per vederci attraverso.<br />
Che cosa gli avevano fatto?<br />
Horris Kew. C'era senza dubbio lo zampino del mago in quella faccenda,<br />
anche se era <strong>di</strong>fficile credere che possedesse il potere sufficiente per imprigionarli<br />
tutti e tre in quell'altro mondo. Eppure era stato presente al<br />
momento della loro cattura. E aveva portato la scatola nella quale erano at-
tualmente intrappolati. Ben ripeté quelle parole. Intrappolati in una scatola.<br />
Si domandò improvvisamente come fosse possibile una cosa del genere.<br />
Horris Kew. Respirò lentamente, con attenzione, cercando <strong>di</strong> riflettere. Sapere<br />
che Horris Kew aveva a che fare con la faccenda poteva essere loro <strong>di</strong><br />
qualche aiuto? Dove si trovavano? Ah, già, nel Labirinto, ma il Labirinto<br />
dov'era?<br />
Perse la concentrazione. Willow. Era andato da lei. Non era stato un sogno...<br />
E anche se lo era stato, aveva contenuto una parte <strong>di</strong> realtà. Tutto era<br />
possibile nelle nebbie fatate, dove la realtà era fluida e non vi erano limitazioni<br />
<strong>di</strong> sorta. La magia lo aveva portato a lei, una magia nata dalla sua<br />
danza e dalla sua immaginazione. Lo aveva chiamato a sé perché non riusciva<br />
a liberarsi. Ma ora era libera o no? Era riuscito ad aiutarla a fuggire<br />
prima che il sogno terminasse? E poi, che cosa ci faceva Willow nelle<br />
nebbie fatate?<br />
Le sue domande non generavano risposte, ma solo altre domande. Non<br />
poteva permettersi troppe domande. Troppe domande lo avrebbero soffocato.<br />
Ora una sola cosa aveva importanza; trovare un modo per uscire dal<br />
Labirinto e andare a cercare Willow. Ci doveva pur essere un modo. La<br />
magia era stata usata per nascondergli la sua vera identità, e se era stata<br />
usata così vi doveva per forza essere un motivo. La soluzione ai suoi problemi,<br />
ai loro problemi stava tutta lì, nelle loro vere identità.<br />
Tornò a guardare i suoi compagni <strong>di</strong> sventura, le loro sagome dormienti<br />
e silenziose.<br />
Una volta sapevano, naturalmente. Una volta era stato detto loro.<br />
Si staccò da Nightshade, pensando a quanto era avvenuto fra loro in<br />
quanto Dama e Cavaliere, rendendosi conto del modo in cui si erano inavvertitamente<br />
danneggiati a vicenda. Ricordò il modo in cui lo aveva baciato.<br />
Ricordò il tocco della sua pelle. Chiuse gli occhi, costernato. Come poteva<br />
<strong>di</strong>rle ora che era stata tutta una menzogna? Come poteva <strong>di</strong>rle che in<br />
verità non aveva nessuna responsabilità nei suoi confronti, che la magia<br />
della loro prigione li aveva fuorviati, ingannandoli fino al punto <strong>di</strong> portarli<br />
a pensare che la loro relazione fosse qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da ciò che era realmente,<br />
portandoli a...<br />
Non riuscì a terminare il pensiero. Una sola cosa aveva importanza. Ora<br />
come sempre, per lui non vi erano altre che Willow.<br />
Si alzò in pie<strong>di</strong>, non sentendosi ancora pronto. Si incamminò verso gli<br />
alberi, cercando <strong>di</strong> riassemblare i frammenti <strong>di</strong> quanto aveva appreso in<br />
qualcosa <strong>di</strong> sensato. Pensò all'aspetto che gli era stato fatto assumere, quel-
lo <strong>di</strong> un Cavaliere senza passato e senza futuro un guerriero senza nome,<br />
un campione per un padrone senza nome e per una causa senza identità. Il<br />
suo peggiore incubo. La sua peggiore...<br />
Paura.<br />
In quel momento vide improvvisamente la verità che era stata nascosta<br />
loro per tutto quel tempo. Anche loro si trovavano nelle nebbie fatate!<br />
Improvvisamente, si trovò il Gargoyle al fianco, un'ombra scura che si<br />
muoveva nella nebbia. Le sue mani nodose lo aiutarono a mantenersi in<br />
equilibrio mentre si protendeva in avanti. «Cos'è successo?» domandò, vedendo<br />
il volto <strong>di</strong> Ben.<br />
Ben lo guardò, cercando <strong>di</strong> vedere al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella bruttezza, al <strong>di</strong> là<br />
della maschera creata dalla magia. Ma non vi riuscì. «So che cosa ci è stato<br />
fatto» <strong>di</strong>sse. «So da dove veniamo. So chi siamo.»<br />
Il volto del Gargoyle si contorse per poi impietrirsi, i suoi occhi scintillanti<br />
come candele. «Dimmi.»<br />
Ben scosse il capo, facendo un cenno in <strong>di</strong>rezione della Dama. «Dobbiamo<br />
svegliare anche lei.»<br />
Le si avvicinarono, Ben si chinò e le toccò un braccio. La Dama si risvegliò<br />
istantaneamente, il suo volto pulito, la sua espressione ammorbi<strong>di</strong>ta<br />
dal sonno, un sorriso <strong>di</strong>pinto sul suo volto. «Ti ho sognato» <strong>di</strong>sse.<br />
Ben si portò un <strong>di</strong>to sulle labbra. «No, non <strong>di</strong>re nulla. Non parlare. Alzati<br />
a sedere e ascoltami. Ho qualcosa da <strong>di</strong>rti.» Si allontanò <strong>di</strong> un passo, lasciandola<br />
alzare. «Ascoltami attentamente. Io so chi siamo realmente.»<br />
La Dama lo fissò per un attimo, poi scosse il capo. «Non voglio saperlo.»<br />
Nella sua voce vi era una traccia <strong>di</strong> paura, la consapevolezza che qualcosa<br />
stava per esserle tolto. «Che <strong>di</strong>fferenza può fare, visto che siamo<br />
qui?»<br />
Ben mantenne un tono <strong>di</strong> voce calmo e equilibrato. «Sapendo chi siamo<br />
e da dove veniamo, avremo una possibilità in più per fuggire da qui. forse<br />
la nostra unica possibilità.»<br />
«E come mai tu lo sai e noi no?» sbottò la Dama con tono irato improvvisamente<br />
sulla <strong>di</strong>fensiva.<br />
«Mi è stato dato un sogno» le <strong>di</strong>sse. «E in quel sogno ho scoperto quanto<br />
ci è accaduto. Siamo stati intrappolati in questo luogo dalla magia. Siamo<br />
stati mandati qui da un altro mondo, dal nostro mondo. La magia è stata<br />
usata anche per farci <strong>di</strong>menticare chi siamo e per farci apparire in forme<br />
<strong>di</strong>fferenti. Credo che siamo stati mandati qui affinché vagassimo in eterno<br />
in questo Labirinto... Affinché trascorressimo il resto delle nostre vite a
tentare inutilmente <strong>di</strong> uscirne. Solo che non esistono vie d'uscita da questa<br />
trappola, se non attraverso l'uso della magia. Avevi ragione in questo; solo<br />
la magia ci può aiutare. Ma prima dobbiamo capire come funziona questa<br />
particolare magia. E per fare questo, dobbiamo prima capire noi stessi, chi<br />
siamo, da dove veniamo, che cosa facciamo.»<br />
«No» <strong>di</strong>sse la Dama a bassa voce, scuotendo il capo a destra e a sinistra.<br />
«Non <strong>di</strong>re nient'altro.»<br />
«Io non sono il Cavaliere» continuò, spingendo sulla cosa, ansioso <strong>di</strong><br />
farla finita una volta per tutte. «Io sono Ben Holiday, Re <strong>di</strong> Landover.»<br />
La Dama si portò le mani alla bocca, tremando tutta. Emise un suono<br />
soffocato che proveniva dal profondo della sua gola.<br />
Incapace <strong>di</strong> sostenere il suo sguardo, Ben si rivolse al Gargoyle. Il mostro<br />
lo stava fissando con sguardo vacuo. «Il tuo nome è Strabo. Tu sei un<br />
drago, non un Gargoyle.»<br />
Tornò a rivolgersi alla Dama, con maggiore determinazione. «E tu sei...»<br />
«Nightshade!» sibilò lei con rabbia. Si allontanò <strong>di</strong> un passo, il suo volto<br />
liscio contratto in una maschera <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione e <strong>di</strong> stupore. «Holiday, che<br />
cosa ci hai fatto? Che cosa mi hai fatto?»<br />
Ben scosse il capo. «Ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto a noi stessi,<br />
uno per uno. É questo luogo che lo ha reso possibile. La magia ha rubato i<br />
nostri ricor<strong>di</strong> quando siamo stati sottratti al Cuore. Ricordate? Vi era un<br />
uomo con una scatola. E poi vi erano i messaggi, apparentemente mandati<br />
da ognuno <strong>di</strong> noi, che in verità non erano altro che l'esca per la trappola<br />
che è stata usata per ingannarci. Siamo stati catturati da qualche genere <strong>di</strong><br />
incantesimo che ci ha spe<strong>di</strong>ti qui dentro, nella scatola...»<br />
«Sì, ora ricordo!»ruggì Strabo, che nonostante la rivelazione della sua<br />
vera identità ancora non assomigliava affatto al drago.» Ricordo l'uomo<br />
con la scatola e la magia che ci ha tirati dentro nella sua rete come pesci!<br />
Che potere incre<strong>di</strong>bile! Ma perché è stato fatto? Guardatemi! Come è possibile<br />
che sia cambiato tanto?<br />
Ben si inginocchiò davanti a lui. La radura era immersa nel silenzio. Era<br />
come se il loro mondo avesse smesso <strong>di</strong> muoversi.<br />
«Siamo nelle nebbie fatate» <strong>di</strong>sse a bassa voce. «Pensate ai nostri aspetti<br />
attuali. Siamo <strong>di</strong>ventati ciò che temiamo maggiormente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Tu<br />
sei un mostro, o<strong>di</strong>ato e ripu<strong>di</strong>ato da tutti, un emarginato che nessuno desidera<br />
nemmeno guardare, cacciato da tutti, al quale tutti danno la colpa per<br />
cose che non si riescono a spiegare altrimenti. E non sei nemmeno in grado<br />
<strong>di</strong> volare, non è forse vero? Ti sono state tolte le tue ali, e scommetto che
hai sempre avuto il terrore <strong>di</strong> rimanere senza la possibilità <strong>di</strong> volare. Il volo<br />
ti ha sempre fornito un modo per fuggire, a prescindere dalla <strong>di</strong>fficoltà della<br />
situazione in cui ti trovavi. Pensa, sei stato ingannato persino in questo.»<br />
Fece una pausa. «E guardate me. Sono esattamente ciò che temevo maggiormente<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Sono il Campione del Re, il suo <strong>di</strong>struttore, il macellaio<br />
dei suoi nemici, un cavaliere senza nome, privo <strong>di</strong> qualunque cosa<br />
eccetto la sua abilità <strong>di</strong> combattente e il suo desiderio <strong>di</strong> usarla. Persino la<br />
mia armatura è <strong>di</strong>ventata un'arma, una mostruosa apparizione chiamata la<br />
Foschia che è in grado <strong>di</strong> eliminare qualsiasi nemico che mi minacci. Uccidere<br />
è la cosa che temo più <strong>di</strong> ogni altra, e quin<strong>di</strong> sono stato trasformato<br />
in una macchina per uccidere.»<br />
Si bloccò, non volendo <strong>di</strong>re altro. Loro non sapevano che lui era il Pala<strong>di</strong>no,<br />
sapevano solo che il Pala<strong>di</strong>no serviva il Re. Non era il caso <strong>di</strong> aggiungere<br />
altro.<br />
«Nightshade» <strong>di</strong>sse con tono pacato, tornando a rivolgersi a lei. La strega<br />
era accovacciata a terra come una bestia spaventata. «Qual è la cosa che<br />
temi maggiormente? Nightshade, che cos'è che ti fa paura? La per<strong>di</strong>ta della<br />
tua magia, indubbiamente. Lo hai detto tu stessa. Ma vi è anche qualcos'altro...»<br />
«Silenzio!» gridò.<br />
«Essere umana» intervenne improvvisamente Strabo. «Quando <strong>di</strong>venta<br />
consapevole della sua natura umana, perde potere. Le sue emozioni la indeboliscono,<br />
le rubano la forza. Lei non deve cedere ai sentimenti. Non<br />
deve essere tenera, non deve essere dolce, non deve dare il suo amore...»<br />
Nightshade gli si lanciò addosso, tentando <strong>di</strong> graffiargli il volto con le<br />
unghie, ma Ben la intercettò e la portò a terra, bloccandola li mentre sputava<br />
e urlava come un'indemoniata. Nightshade era stata cambiata in più <strong>di</strong><br />
un modo, pensò Ben mentre la teneva bloccata. A Landover non sarebbe<br />
mai stato in grado <strong>di</strong> fare una cosa simile, poiché Nightshade possedeva<br />
almeno <strong>di</strong>eci volte la sua forza. Non vi potevano essere dubbi sul fatto che<br />
fosse rimasta senza poteri.<br />
Dopo un po' la strega smise <strong>di</strong> lamentarsi e si voltò dalla parte opposta<br />
mentre le lacrime iniziavano a solcare il suo volto esangue. «Ti o<strong>di</strong>erò in<br />
eterno» sussurrò, le sue parole appena u<strong>di</strong>bili. «Per ciò che mi hai fatto,<br />
per ciò che mi hai fatto provare... Tutta una menzogna, una mostruosa e<br />
terribile menzogna! E io che mi preoccupavo per te, che ti amavo, che ho<br />
con<strong>di</strong>viso con te ciò che una donna con<strong>di</strong>vide con un uomo... come ho po-
tuto essere così sciocca? Ti o<strong>di</strong>erò per sempre, Holiday. Non <strong>di</strong>menticherò<br />
mai.»<br />
Ben si alzò in pie<strong>di</strong>, lasciandola lì per terra, sempre voltata dalla parte<br />
opposta. Non vi era nulla che potesse <strong>di</strong>rle per aiutarla. Il fatto che fosse<br />
stata portata a provare qualcosa per lui era una cosa imperdonabile; il fatto<br />
che fosse stata indotta a considerarlo il suo amante era ad<strong>di</strong>rittura inammissibile.<br />
Ciò che aveva effettivamente provato non aveva più alcuna importanza.<br />
Ora il baratro che si era aperto fra loro non sarebbe mai più stato<br />
colmato.<br />
«Il Labirinto fa parte delle nebbie fatate.» Raddrizzò il suo mantello, che<br />
si era scomposto. «É stata Willow che mi ha chiamato in sogno. Mi ha<br />
chiamato da un altro punto delle nebbie. E quando sono andato da lei, ho<br />
percepito che il luogo in cui si trovava lei e quello in cui mi trovavo io erano<br />
in qualche modo uniti. Mi sono ricordato il modo in cui agiscono le<br />
nebbie sugli umani o su coloro che hanno lasciato per sempre quel mondo.<br />
Usano la nostra paura contro <strong>di</strong> noi, per cambiare ciò che siamo, per ingannarci,<br />
per confonderci con ciò che alla fin fine ci porterà alla follia.<br />
Ove non vi è realtà tranne quella che noi stessi creiamo, l'immaginazione<br />
devasta le nostre emozioni. Soprattutto la paura. E quando questo accade<br />
noi ci sentiamo persi, non siamo in grado <strong>di</strong> controllare le sensazioni come<br />
fanno le fate. Una volta mi è stato detto tanto. Sono già stato avvertito <strong>di</strong><br />
questo fatto.»<br />
Inspirò profondamente. «Tutto ciò che abbiamo fatto nel corso <strong>di</strong> questo<br />
viaggio, tutti i luoghi in cui siamo stati, tutta la gente che abbiamo incontrata,<br />
tutto ciò non è reale. O perlomeno, non è reale se non all'interno del<br />
Labirinto. Non capite? Abbiamo inventato tutto noi, tutto! O assieme o separatamente,<br />
non so bene come è andata. Il paese e la sua gente, gli Zingari<br />
del Fiume, i Gristlies... tutti questi non erano altro che rappresentazioni<br />
<strong>di</strong> creature <strong>di</strong> Landover. La gente del Greensward, le ex fate, i Troll delle<br />
rocce, gli Gnomi Va'Via, o qualsiasi altra. Al <strong>di</strong> fuori delle nostre menti, <strong>di</strong><br />
queste nebbie e <strong>di</strong> questa prigione che ci tiene confinati, essi non esistono<br />
e non sono mai esistiti!»<br />
Strabo scosse il capo. «Le nebbie fatate non dovrebbero influenzare me<br />
e la strega nello stesso modo in cui influenzano te. Anche noi siamo creature<br />
fatate. Eppure guardami. Sono cambiato persino più <strong>di</strong> te! E sono stato<br />
ugualmente ingannato dalla paura che hai appena descritto. Eppure non me<br />
ne sono nemmeno reso conto! E avendo normalmente accesso alle nebbie<br />
nel mio passaggio da un mondo all'altro, avrei dovuto accorgermene subi-
to. Può darsi che Nightshade abbia il bando dalle nebbie fatate, ma io no.<br />
No, Holiday, le cose non stanno semplicemente così. Vi è qualcos'altro.»<br />
«La scatola!» esclamò Ben. «La scatola non è semplicemente un contenitore<br />
per le nebbie. E una trappola abbastanza potente da trattenere persone<br />
come noi. La scatola possiede un'altra magia.»<br />
«È possibile» assentì il drago con aria pensierosa. «Ma se è così, quale<br />
magia ci può liberare?»<br />
«Ci ho pensato» <strong>di</strong>sse Ben. «Nel momento in cui mi sono ricordato chi<br />
ero, ho ricordato anche un'altra cosa. Credo che le nostre identità ci siano<br />
state sottratte per eliminare ogni possibilità che ricordassimo qualcosa che<br />
ci potesse aiutare a fuggire. Questa trappola è stata elaborata in modo da<br />
funzionare in due maniere. Innanzitutto, per farci <strong>di</strong>menticare chi siamo. In<br />
secondo luogo, per sottrarci la magia che possedevamo, per renderci impotenti.<br />
Ora siamo riusciti a sconfiggere la prima parte della trappola, ma ci<br />
resta ancora la seconda. Non abbiamo magia, e non riusciremo mai a fuggire<br />
da questa trappola senza l'uso della magia.»<br />
Passò lo sguardo da uno all'altro. Nightshade si era rialzata in pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ritta<br />
come un fuso, la sua espressione fredda e impenetrabile. «Ma io credo<br />
che Horris Kew o chiunque sia stato a metterci qui abbia commesso un errore.<br />
La magia che doveva esserci sottratta è innata. É proprio per questo<br />
che siamo stati cambiati in maniere <strong>di</strong>fferenti. Tu, Strabo, sei stato cambiato<br />
più <strong>di</strong> tutti noi. Dato che la tua magia è inerente con ciò che sei, un drago,<br />
sei stato trasformato in qualcosa <strong>di</strong> completamente <strong>di</strong>verso. Altrimenti<br />
avresti potuto utilizzare il tuo fuoco per fuggire a questa trappola, poiché il<br />
tuo fuoco è il tuo più grande potere, e fra le altre cose ti permette <strong>di</strong> passare<br />
da un mondo all'altro.»<br />
Si rivolse a Nightshade. «E anche a te è stata sottratta la tua magia per lo<br />
stesso motivo, anche se non è stato necessario cambiare il tuo aspetto, poiché<br />
non aveva nulla a che vedere con il funzionamento della tua magia. Il<br />
risultato, comunque, è stato lo stesso. Come Strabo, anche tu sei rimasta<br />
intrappolata senza possibilità <strong>di</strong> fuga perché la magia sulla quale facevi<br />
maggiormente affidamento, la magia che sta dentro <strong>di</strong> te, non c'era più.»<br />
Fece una pausa. «Ma per me è stato <strong>di</strong>verso. Io non posseggo alcuna<br />
magia innata. Sono giunto su Landover privo <strong>di</strong> magia e tuttora non ne<br />
posseggo. Così, non sono stato influenzato in quel senso. Mi è stata solo<br />
rubata la memoria, e questo è stato sufficiente. Finché non mi ricordavo<br />
chi ero, che pericolo potevo rappresentare?»<br />
«Vieni al punto» <strong>di</strong>sse Nightshade con tono acido.
«É proprio questo il punto» replicò Ben. Si infilò una mano sotto la tunica<br />
e ne tirò fuori il medaglione con l'immagine del Pala<strong>di</strong>no che usciva da<br />
Sterling Silver all'alba. «Il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover, che mi è stato<br />
consegnato quando sono giunto dal mio mondo. Questo mi dà il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
regnare, mi dà il controllo sul Pala<strong>di</strong>no, e in più mi permette un'altra cosa:<br />
mi permette <strong>di</strong> passare attraverso le nebbie fatate.»<br />
Seguì un lungo silenzio. «Allora pensi che...» Strabo iniziò la frase, ma<br />
la lasciò cadere a metà.<br />
«É possibile che la magia del talismano non sia stata annullata allo stesso<br />
modo in cui è stata annullata la vostra, è possibile che questa prigione<br />
sia stata progettata per rendere inutile la magia delle creature viventi ma<br />
non degli oggetti inanimati.» Ben fece una pausa. «Fuori da Landover, il<br />
medaglione non fornisce alcuna autorità e non permette <strong>di</strong> chiamare il Pala<strong>di</strong>no.<br />
Ciò nonostante, permette sempre <strong>di</strong> passare attraverso le nebbie fatate.<br />
Forse può fare la stessa cosa anche qui. In fondo ha mantenuto il suo<br />
legame con l'armatura del Pala<strong>di</strong>no, anche se questa arriva sotto una forma<br />
<strong>di</strong>fferente, la Foschia appunto. I Gristlies hanno riconosciuto il suo potere<br />
e sono fuggiti. Può darsi che il medaglione sia in grado <strong>di</strong> liberarci.»<br />
«Sempre ammesso che siamo veramente imprigionati all'interno delle<br />
nebbie fatate» aggiunse Strabo con tono cupo.<br />
«Sempre ammesso» assentì Ben.<br />
«È molto esigua questa possibilità che ci offri» rifletté il drago.<br />
«Ma è l'unica che abbiamo.»<br />
Strabo annuì, il suo volto sgraziato quasi sereno. «L'unica.»<br />
A quel punto si fece avanti Nightshade, tutta rabbia e spigoli taglienti. Si<br />
fermò davanti a Ben. «Funzionerà?» domandò, il suo tono stranamente<br />
calmo.<br />
Ben incontrò il suo sguardo e lo sostenne. «Credo <strong>di</strong> sì. Dobbiamo portare<br />
il medaglione nelle nebbie per provarlo. Se funziona come dovrebbe,<br />
emergeremo dalle nebbie nello stesso punto dal quale vi siamo entrati.»<br />
«E torneremo a essere noi stessi?» i suoi occhi scintillavano.<br />
«Non lo so. Ma credo <strong>di</strong> sì, una volta che saremo usciti dalla prigione e<br />
dalla sua magia.»<br />
La strega annuì. Il suo volto era un pezzo <strong>di</strong> marmo bianco, gli occhi<br />
quasi rossi. Vi era una tale furia <strong>di</strong>pinta sul suo volto che Ben rabbrividì<br />
interiormente.<br />
«Ti conviene che sia così, re per gioco» <strong>di</strong>sse Nightshade a bassa voce.<br />
«Perché se non riusciamo a sfuggire a questa follia e non ritorno nuova-
mente me stessa in ogni mia singola parte, passerò il resto dei miei giorni<br />
in attesa <strong>di</strong> una possibilità per <strong>di</strong>struggerti definitivamente.»<br />
Strinse attorno a sé il suo lungo mantello nero, un fantasma scuro nella<br />
nebbia dell'alba. «Ti do la mia parola su questo. E ora facci uscire <strong>di</strong> qui.»<br />
Il tempo sembrava essersi fermato.<br />
Willow camminava lentamente attraverso le nebbie, con passo costante,<br />
mettendo un piede davanti all'altro con grande cautela. Non riusciva a capire<br />
dove fosse <strong>di</strong>retta. Riusciva a malapena a vedere il terreno sul quale<br />
procedeva. Se si trattava <strong>di</strong> una trappola, poteva considerarsi finita. La<br />
nebbia era talmente fitta che si sarebbe trovata nel mezzo <strong>di</strong> qualsiasi cosa<br />
la attendesse prima ancora <strong>di</strong> rendersene conto. Stava procedendo sulla fiducia,<br />
e dato che aveva a che fare con le fate, ciò non era affatto rassicurante.<br />
Dopo un po', però, l'aria iniziò a schiarirsi. La nebbia si <strong>di</strong>ssipò gradualmente,<br />
come se stesse passando dalla notte al giorno, da ombre scure e<br />
profonde a ombre più leggere e accennate. La luce passò da nera a grigia,<br />
ma ancora non vi era alcun segno del sole. Gradualmente, la nebbia scemò<br />
finché non prese a intrecciarsi con un muro <strong>di</strong> alberi e cespugli. Willow si<br />
guardò attorno. Si trovava in una giungla <strong>di</strong> alberi e rampicanti ingarbugliati,<br />
<strong>di</strong> terra umida e fetida e <strong>di</strong> silenzio. Non vi era alcun suono, alcun<br />
movimento, come se tutta la vita fosse stata <strong>di</strong>strutta inesorabilmente.<br />
Fece qualche passo avanti, esitante, quin<strong>di</strong> si fermò. Si guardò nuovamente<br />
attorno. Una terribile sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione le assalì lo stomaco.<br />
Ora sapeva dove si trovava. Era nel Deep Fell, nel luogo in cui viveva<br />
Nightshade.<br />
Per un attimo pensò <strong>di</strong> essersi sbagliata. Come era possibile che fosse<br />
giunta proprio lì, fra tutti i luoghi? Si fece nuovamente strada attraverso la<br />
giungla, cercando <strong>di</strong> scrutare attraverso le fronde degli alberi, <strong>di</strong> vedere al<br />
<strong>di</strong> là delle ombre, <strong>di</strong> convincersi che si era sbagliata. Ma non vi riuscì. I<br />
suoi istinti e i suoi ricor<strong>di</strong> erano piuttosto chiari a questo proposito. Si trovava<br />
nel Deep Fell.<br />
Inspirò lentamente per riprendersi dal colpo. Poteva trattarsi <strong>di</strong> un altro<br />
trucco delle fate, pensò. Poteva trattarsi della loro vendetta, lasciarla vagare<br />
nel regno <strong>di</strong> Nightshade. Fidati dei tuoi istinti, le aveva consigliato Edgewood<br />
Dirk. Non fidarti del gatto. Espirò. Comunque stessero le cose,<br />
doveva fuggire da lì il più rapidamente possibile, prima che la scoprissero.
Si mosse rapidamente attraverso il denso intrico vegetale del Fell, ansiosa<br />
<strong>di</strong> giungere al margine degli Hollows finché vi era ancora luce. Sebbene<br />
non fosse ancora mattino, era assai probabile che si ritrovasse a vagare per<br />
il Fell fino a sera senza riuscire a uscirne. Era capitato a molti. Molti non<br />
erano nemmeno riusciti a uscirne. Rimase in silenzio mentre procedeva,<br />
usando le sue abilità <strong>di</strong> ex fata, confidando nel fatto che, perlomeno, si trovava<br />
nuovamente a Landover. Si domandò come fosse stato possibile che i<br />
suoi istinti la avessero fuorviata fino al punto <strong>di</strong> portarla in quel luogo.<br />
Doveva essere stata ingannata dalla magia delle fate. Che cosa crudele e<br />
<strong>di</strong>spettosa da parte loro, pensò con rabbia.<br />
Poi un improvviso dolore prese possesso del suo stomaco e dei suoi arti,<br />
costringendola a piegarsi in due. Cadde su un ginocchio, annaspando. Il<br />
dolore durò solo un attimo, poi scomparve. Willow si rialzò in pie<strong>di</strong> e si<br />
affrettò. Pochi minuti dopo, il dolore tornò. Questa volta fu ancora più forte<br />
e durò il doppio. Willow si inginocchiò nell'erba alta e si strinse. Che<br />
cosa le stava succedendo?<br />
Un improvviso ricordo le fece alzare la testa <strong>di</strong> scatto.<br />
Il bambino! Era giunto il momento!<br />
Chiuse gli occhi fra la frustrazione e l'incredulità. Ma non qui! Per favore,<br />
non qui!<br />
Fece uno sforzo per rialzarsi in pie<strong>di</strong> e proseguire, ma nel giro <strong>di</strong> pochi<br />
secon<strong>di</strong> il dolore ritornò, costringendola nuovamente in ginocchio, tanto<br />
forte da impe<strong>di</strong>rle quasi <strong>di</strong> respirare. Strinse i denti, tentò <strong>di</strong> rialzarsi ancora<br />
una volta, quin<strong>di</strong> vi rinunciò. Sarebbe stato il bambino a decidere, così<br />
le aveva detto la Madre Terra. Evidentemente il bambino aveva deciso in<br />
quel momento. Willow rimase inginocchiata sulla terra del Deep Fell e<br />
scoppiò in lacrime. Non voleva che suo figlio nascesse in quel luogo orribile!<br />
Non doveva nascere oscurità, fra le ombre, doveva nascere sotto la<br />
luce del sole! Che fosse colpa delle fate? Possibile che fossero talmente offese<br />
per la per<strong>di</strong>ta del bambino da volere ad<strong>di</strong>rittura danneggiarlo?<br />
Le lacrime continuarono a sgorgare dagli occhi serrati <strong>di</strong> Willow mentre<br />
si portava le mani alla vita alla ricerca della sacca che conteneva le preziose<br />
terre. La prese, se la staccò dalla cintura e ne aprì i cordoni. Il dolore ora<br />
arrivava a improvvise ondate che le facevano contorcere tutto il corpo.<br />
Nessuna preparazione per questa nascita, niente tempo per adattarsi. Stava<br />
accadendo molto in fretta, a una tale velocità che non aveva più nemmeno<br />
il tempo <strong>di</strong> pensare.
Procedette a carponi fino a uno spiazzo <strong>di</strong> terra nuda a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
dove iniziò a scavare con le <strong>di</strong>ta. Non era un'impresa <strong>di</strong>fficile, poiché<br />
il terreno del Deep Fell era umido e morbido per sua natura. Quando<br />
ebbe smosso terra a sufficienza, versò i contenuti della sua sacca davanti a<br />
sé e iniziò a mischiarli. Ora il dolore era continuo, anche se saliva e scendeva<br />
in ondate costanti. Desiderò sapere <strong>di</strong> più su quanto doveva aspettarsi,<br />
desiderò aver chiesto <strong>di</strong> più alla Madre Terra. Dare alla luce un figlio<br />
per le ex fate era sempre un'impresa <strong>di</strong>versa, a ogni figlio partorito, e <strong>di</strong><br />
conseguenza Willow ne sapeva ben poco. Strinse i denti e continuò a mischiare<br />
le terre; quella dei vecchi pini della Regione dei Laghi, quella del<br />
luogo chiamato Greenwich Village nel mondo <strong>di</strong> Ben e quella delle nebbie<br />
fatate. Mischiò il tutto con la terra del Deep Fell.<br />
Per favore, pensò. Per favore, che mio figlio non ne sia danneggiato.<br />
Infine, lasciò a terra la sacca vuota e si rialzò faticosamente in pie<strong>di</strong>.<br />
Tormentata dal dolore, sentendo il figlio che si agitava con ansia nel suo<br />
grembo, si preparò al cambiamento. Suo figlio sarebbe nato mentre si trovava<br />
in forma <strong>di</strong> albero. Questa era una cosa che non era stata in grado <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>re a Ben. Forse non sarebbe mai stata capace <strong>di</strong> farlo.<br />
Si tolse gli abiti uno per uno, finché non si ritrovò nuda. Dopo<strong>di</strong>ché si<br />
piazzò al centro esatto del punto in cui aveva mischiato le terre e infilò le<br />
<strong>di</strong>ta dei pie<strong>di</strong> nel terreno.<br />
Nel momento della sua trasformazione, si sentì nuovamente in pace. Ora<br />
non aveva più responsabilità. Aveva fatto tutto ciò che poteva fare per garantire<br />
la nascita sicura <strong>di</strong> suo figlio. Aveva ottemperato alle in<strong>di</strong>cazioni<br />
della Madre Terra, prendendo tutte le terre che le erano state richieste. Ora<br />
non le rimaneva altro da fare se non lasciare che suo figlio nascesse. Si ritrovò<br />
improvvisamente a desiderare che Ben fosse lì con lei. Voleva sentire<br />
la sua presenza, sentire il tocco delle sue mani, sentirsi <strong>di</strong>re qualche parola<br />
rassicurante. Non era contenta <strong>di</strong> essere sola in quel momento.<br />
Chiuse gli occhi.<br />
Si trasformò lentamente, le <strong>di</strong>ta dei suoi pie<strong>di</strong> e delle sue mani che si<br />
tramutavano in ra<strong>di</strong>ci e rametti, le sue braccia che si <strong>di</strong>videvano <strong>di</strong>ventando<br />
rami, le sue gambe che si fondevano per formare il tronco, il suo corpo<br />
intero che cambiava colore, forma e aspetto. I suoi capelli scomparvero del<br />
tutto. Il suo volto svanì nel nulla. Si contorse sinuosamente mentre veniva<br />
ricoperta dalla corteccia. Emise un ultimo sospiro, poi rimase immobile.
Passarono le ore, e nulla si mosse nel Deep Fell dove era ra<strong>di</strong>cato il salice.<br />
Nemmeno un alito <strong>di</strong> vento fece stormire le sue foglie. Nemmeno un<br />
uccello venne a posarsi sui suoi rami. Nessuna piccola creatura si arrampicò<br />
per il suo tronco liscio. La luminosità dell'aria aumentò, <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong><br />
un grigio cupo e nebbioso, e il calore estivo si intensificò, intrappolato dal<br />
groviglio scuro della foresta. Una leggera pioggerellina cadde per qualche<br />
minuto per poi scemare. L'acqua gocciolò a terra dai rametti flessibili.<br />
La giornata giunse al suo apice.<br />
L'albero allora sembrò essere percorso da un brivido interiore. Lentamente,<br />
in maniera pressoché agonizzante, nel punto in cui il tronco si <strong>di</strong>videva<br />
in due si aprì una crepa e ne fuoriuscì un grosso germoglio. Apparve<br />
rapidamente, come se la sua crescita fosse accelerata, protendendosi sinuoso<br />
verso l'alto. Mentre cresceva aumentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e cambiò forma.<br />
Nel giro <strong>di</strong> un attimo, si trasformò in un baccello.<br />
All'interno del baccello vi era un movimento.<br />
Riserva<br />
Questor Thews e Abernathy osservarono dai bastioni <strong>di</strong> Sterling Silver<br />
la folla <strong>di</strong> gente che si stava radunando sui prati al <strong>di</strong> là del lago che rendeva<br />
il castello un'isola. Era ormai dal primo mattino che arrivavano, dapprima<br />
a decine, poi a centinaia, e infine a migliaia. La maggior parte veniva<br />
dal Greensward, sebbene vi fossero anche <strong>di</strong>versi trolls provenienti dal<br />
Melchor, alcuni elementi provenienti dalle terre aride dell'oriente e <strong>di</strong>versi<br />
conta<strong>di</strong>ni e abitanti <strong>di</strong> villaggi provenienti da una dozzina <strong>di</strong> comunità del<br />
nord e del sud. Venivano come vagabon<strong>di</strong>, senza cibo o coperte, senza<br />
nemmeno gli attrezzi più ru<strong>di</strong>mentali per la costruzione <strong>di</strong> un fuoco. A<br />
quanto pareva, non gliene importava nulla. Uomini, donne e bambini, alcuni<br />
con vecchi cavalli da tiro o muli, altri seguiti da gatti o da cani, si erano<br />
fatti strada fino a lì provenienti dai luoghi più <strong>di</strong>sparati, formando un<br />
assembramento fra i più eterogenei che si fossero mai visti. Ora si aggiravano<br />
dalla parte opposta del lago, osservando il castello come se sperassero<br />
che qualcuno li chiamasse per invitarli a consumare un buon pasto.<br />
Ma non erano venuti per il cibo. Ciò che ognuno <strong>di</strong> loro desiderava ardentemente,<br />
ciò che ognuno <strong>di</strong> loro aveva percorso tutta quella strada per<br />
ottenere, ciò che tutti loro erano più che determinati ad avere a tutti i costi,<br />
non era altro che un cristallo dell'occhio della mente.
«Guardali» borbottò Abernathy, scuotendo il capo e facendo oscillare le<br />
sue orecchie da cane. «É veramente una cosa terribile.»<br />
« Peggio <strong>di</strong> quanto non avessimo previsto, temo» assentì Questor Thews<br />
con tono solenne.<br />
Avevano previsto che vi sarebbero stati guai, fin da quando Abernathy e<br />
Bunion erano tornati da Rhyndweir con la storia <strong>di</strong> Horris Kew e dello<br />
sconosciuto dal mantello nero. Vi era una grande riserva <strong>di</strong> cristalli dell'occhio<br />
della mente a Sterling Silver, così aveva detto lo sconosciuto. Era<br />
lì che li aspettava, lì da prendere. Abernathy aveva riferito tutto, fino all'ultima<br />
parola, a Questor Thews, e così si erano preparati assieme ad affrontare<br />
la situazione. Solo che si erano aspettati <strong>di</strong> dover affrontare Kallendbor<br />
e gli altri signori del Greensward con i loro eserciti, più che determinati<br />
a ottenere ciò che spettava loro, anche a costo <strong>di</strong> un attacco in forze alle<br />
mura del castello. Invece si erano trovati <strong>di</strong> fronte a migliaia <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni,<br />
commercianti e relative famiglie, gente semplice che non portava né<br />
armi né armature, tutti stanchi, affamati e fuorviati, tutti in attesa come capi<br />
<strong>di</strong> bestiame che qualcuno li conducesse al fienile.<br />
Be', naturalmente il fienile si trovava lì nei luoghi dai quali erano venuti,<br />
ma nessuno fra loro era <strong>di</strong>sposto a sentirsi <strong>di</strong>re una cosa simile. Non erano<br />
<strong>di</strong>sposti a sentire nulla che non avesse a che fare con le parole "cristallo<br />
dell'occhio della mente". Questa era la triste ma inevitabile realtà dei fatti.<br />
Certamente non stavano prestando ascolto a nulla <strong>di</strong> ciò che Questor<br />
Thews o Abernathy cercavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>r loro. Il primo gruppo, che era giunto<br />
all'alba <strong>di</strong> quel mattino, si era fermato nella sua marcia solo sul ponticello<br />
che univa l'isola del castello alla terraferma. Il portone era stato chiuso<br />
quella notte, così erano stati costretti a fermarsi lì, dove avevano gridato a<br />
Ben Holiday <strong>di</strong> scendere giù e farsi vedere. Questor Thews era apparso sui<br />
bastioni e aveva gridato loro che il Re era momentaneamente assente,<br />
chiedendo loro che cosa volessero. Volevano i cristalli dell'occhio della<br />
mente, avevano <strong>di</strong>chiarato con veemenza, uno per ognuno <strong>di</strong> loro. Questor<br />
aveva replicato loro che non ce n'erano, e si era sentito subito chiamare un<br />
bugiardo, oltre a molte altre invettive che mettevano ad<strong>di</strong>rittura in dubbio<br />
il suo lignaggio. Abernathy era quin<strong>di</strong> apparso accanto al suo amico (si<br />
sentiva ancora responsabile per tutto quel <strong>di</strong>sastro) e aveva assicurato alla<br />
gente ammassata sul ponte (il cui numero aumentava costantemente, anche<br />
mentre erano lì a <strong>di</strong>scutere) che Questor Thews aveva detto loro la verità,<br />
che non vi era nemmeno un cristallo dell'occhio della mente all'interno, del
castello. Ma naturalmente non attaccò con nessuno. Le minacce e gli insulti<br />
continuarono, e la folla si ingrandì ulteriormente.<br />
Alla fine Questor aveva mandato una squadra <strong>di</strong> soldati del Re per far<br />
spostare la gente dal ponte e per erigere una linea <strong>di</strong> picchetto sulla sponda<br />
del lago. Dopo un po' <strong>di</strong> spintonamenti, i soldati erano riusciti a liberare il<br />
ponte, solo che nessuno fra coloro che lo occupavano se ne tornò a casa<br />
come aveva sperato il Mago <strong>di</strong> Corte. Si limitarono a piazzarsi nuovamente<br />
<strong>di</strong>etro alla linea <strong>di</strong> picchetto, aspettando che accadesse qualcosa. Ma naturalmente,<br />
non accadde nulla. Questor non sapeva neanche bene che cosa<br />
speravano che potesse accadere. Comunque fosse, a mezzogiorno c'erano<br />
ormai migliaia <strong>di</strong> persone, tutte accalcate sui prati antistanti al castello e<br />
sulle colline e sui campi che lo circondavano. Il calore estivo aumentò, la<br />
giornata era particolarmente tersa e l'aria ferma, e dopo un po' la gente iniziò<br />
a perdere la pazienza.<br />
A un certo punto qualcuno da una parte del picchetto <strong>di</strong>sse qualcosa,<br />
qualcuno dalla parte opposta gli rispose qualcos'altro, e nel giro <strong>di</strong> un istante<br />
la folla caricò i soldati, sovrastandoli con grande facilità e buttandoli<br />
nel lago. Attraversarono il ponte come un sol uomo e si lanciarono verso il<br />
portone d'ingresso del castello.<br />
Questo avrebbe potuto dare a<strong>di</strong>to a guai seri, solo che Questor si trovava<br />
ancora sui bastioni con Abernathy a cercare <strong>di</strong> decidere il da farsi. Quando<br />
vide la folla che caricava il castello, tirò su le maniche della sua vecchia<br />
tonaca grigia e fece appello alla sua magia. Naturalmente si trattò <strong>di</strong> un gesto<br />
precipitoso, poiché gli incantesimi <strong>di</strong> Questor non funzionavano mai<br />
bene quando venivano fatti <strong>di</strong> fretta (e nemmeno quando venivano fatti<br />
con calma, se era per questo), solo che in quel momento non vi era nessuno<br />
che fosse in grado <strong>di</strong> ragionare in maniera lucida. Le sue intenzioni erano<br />
quelle <strong>di</strong> mandare un fulmine in mezzo alla folla per <strong>di</strong>sperderla o per<br />
farli cadere nel lago, ma invece ciò che venne fuori fu l'equivalente <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
ettolitri d'olio, non del tipo bollente ma del tipo normale, grasso e appiccicoso,<br />
che piombò sulle teste <strong>di</strong> coloro che conducevano la carica. L'olio<br />
imbrattò completamente la superficie <strong>di</strong> legno del ponte, rendendolo<br />
scivoloso fino al punto da mandare a gambe all'aria i primi della fila, che<br />
vennero sommersi in un attimo dagli altri che seguivano, accalcandosi alle<br />
loro spalle. Nel giro <strong>di</strong> un istante, l'intero ponte si trasformò in un marasma<br />
<strong>di</strong> braccia e <strong>di</strong> gambe e <strong>di</strong> corpi imbrattati d'olio.<br />
Questor Thews or<strong>di</strong>nò che venissero nuovamente chiusi i portoni, e il<br />
castello venne sigillato in maniera sommaria. La folla si trascino nuova-
mente sul prato al <strong>di</strong> là del lago, imprecando e minacciando gli abitanti del<br />
castello a ogni passo. «Non è finita qui! Aspettate e vedrete, Questor<br />
Thews! Aspettate che arrivino i signori del Greensward! Allora sì che saranno<br />
guai per voi!»<br />
Una verità innegabile, assentì Questor Thews fra sé, solo che non vi era<br />
nulla che potesse fare per impe<strong>di</strong>rlo. Così, <strong>di</strong>verse ore dopo, mentre il<br />
giorno si trasformava lentamente nella notte, si ritrovarono ancora lì ad aspettare,<br />
cercando <strong>di</strong> indovinare chi sarebbe giunto per primo, se Kallendbor<br />
o il tramonto.<br />
A quanto pareva, il tramonto sembrava avere le possibilità maggiori. Il<br />
cielo orientale era già scuro, e quello occidentale stava assumendo una tinta<br />
dorata. A nord già si intravedevano <strong>di</strong>verse lune, che si innalzavano lentamente<br />
verso le stelle ottemperando al loro solito ciclo. Non vi era alcun<br />
segno <strong>di</strong> Kallendbor o dei signori del Greensward, nessun grido che annunciasse<br />
il loro arrivo, nessun polverone sulle colline circostanti che in<strong>di</strong>casse<br />
l'avvicinarsi <strong>di</strong> un esercito, nessuno scalpitare <strong>di</strong> zoccoli, nessun<br />
clangore <strong>di</strong> armature. A quanto pareva, se vi dovevano essere altri guai sarebbero<br />
stati rimandati al mattino seguente.<br />
Abernathy lo sperava con tutto il cuore. Era stato molto <strong>di</strong>fficile per lui<br />
raccontare a Questor Thews il modo in cui era stato ingannato da Horris<br />
Kew. Ammettere che era stato fuorviato fino al punto <strong>di</strong> aiutare il mago a<br />
<strong>di</strong>stribuire i maledetti cristalli dell'occhio della mente alla popolazione <strong>di</strong><br />
Landover, contribuendo così all'insorgere <strong>di</strong> quella terribile situazione era<br />
stato per lui doloroso come cavarsi un dente. Lui stesso stava ancora soffrendo<br />
per la per<strong>di</strong>ta del suo cristallo e delle visioni che gli forniva, e alla<br />
fine aveva detto anche questo a Questor Thews. Tanto valeva ammettere<br />
tutto, aveva deciso. Tanto, arrivati a quel punto, che <strong>di</strong>fferenza poteva fare?<br />
Questor però aveva reagito in maniera straor<strong>di</strong>nariamente comprensiva.<br />
Niente <strong>di</strong> male, aveva detto. Non posso darti colpe, perché probabilmente<br />
se fossi stato in te avrei fatto la stessa cosa. Anzi, arrivò fino al punto <strong>di</strong><br />
ringraziare Abernathy per aver messo da parte i suoi interessi personali in<br />
favore del benessere del regno <strong>di</strong> Landover e soprattutto <strong>di</strong> Ben Holiday.<br />
«Sono stato sciocco almeno quanto te» <strong>di</strong>chiarò con tono solenne, i suoi<br />
capelli ispi<strong>di</strong> che spuntavano da tutte le parti come le spine <strong>di</strong> un istrice.<br />
«Anch'io mi sono fidato ingenuamente della parola <strong>di</strong> Horris Kew. Non ho<br />
messo in dubbio nemmeno per un attimo il valore dei cristalli che ci ha of-
ferti. Mi sembravano la risposta ideale al nostro problema. Anzi, se devo<br />
<strong>di</strong>rti la verità, stavo quasi per chiedergliene uno per me.»<br />
«Ma alla fine non lo hai fatto» osservò Abernathy con tono triste. «Io<br />
invece non ho scuse.»<br />
«Sciocchezze!» Questor scosse il capo con veemenza. «Ti ho praticamente<br />
costretto a guardarci dentro per provarli. Avrei potuto provarlo anche<br />
io stesso, ma ho lasciato che fossi tu a correre il rischio. E in ogni caso,<br />
non molto tempo fa mi trovavo in una situazione analoga alla tua, vecchio<br />
amico mio. Sono stato io a evocare la magia che ha mandato te e il<br />
medaglione del Re nel suo vecchio mondo. No, tu non hai alcuna colpa in<br />
questa faccenda.»<br />
Queste parole però non aiutarono Abernathy a sentirsi meglio per quanto<br />
aveva fatto. Certo, apprezzava che il Mago <strong>di</strong> Corte stesse tentando <strong>di</strong> farlo<br />
sentire un po' meno colpevole, ma l'unica cosa che lo avrebbe realmente<br />
rallegrato sarebbe stato scoprire dove era andato a finire Ben Holiday.<br />
Questor aveva fatto uso del Landsview quel mattino stesso, Bunion aveva<br />
controllato la campagna circostante ancora una volta, ma nessuno era riuscito<br />
a scoprire nulla <strong>di</strong> nuovo. Dovunque si trovasse Ben Holiday, era ben<br />
nascosto. Abernathy non desiderava altro che mettere i denti su quello sconosciuto<br />
dal mantello nero e dargli un morso sull'orecchio o da qualche altra<br />
parte. Si vergognava un po' del fatto che il suo lato animale stesse venendo<br />
fuori a quel modo, ma allo stesso tempo era <strong>di</strong>sposto a tutto pur <strong>di</strong><br />
re<strong>di</strong>mersi per i danni che aveva causato.<br />
«Ahi, ahi» <strong>di</strong>sse Questor Thews improvvisamente, ponendo fine alle<br />
me<strong>di</strong>tazioni dello scrivano. «Guarda un po' lì.»<br />
Abernathy guardò. Un gruppo <strong>di</strong> uomini era appena emerso dai boschi a<br />
occidente trasportando un enorme tronco d'albero che era stato tagliato a<br />
mo' <strong>di</strong> rostro. Scesero giù per la collina con il tronco, avvicinandosi al lago.<br />
Cantavano e sbuffavano, e vennero subito circondati da migliaia <strong>di</strong><br />
persone che li acclamarono con gioia.<br />
«Non posso credere che facciano sul serio» mormorò il mago.<br />
Ma naturalmente, facevano sul serio. Eccome. Erano trenta o più, metà<br />
da una parte del loro ariete improvvisato e metà dall'altra, e si stavano avvicinando<br />
lentamente al ponte. La gente che li circondava si era lasciata<br />
prendere dall'entusiasmo, agitando pugni minacciosi in <strong>di</strong>rezione del castello.<br />
«Ehi, voi!» gridò Questor Thews, facendo svolazzare i suoi capelli bianchi.<br />
«Fermatevi subito! Posate quel tronco!»
Ma nessuno lo sentì; stavano gridando troppo forte, esaltati dall'idea <strong>di</strong><br />
poter riuscire nel loro intento. La banda <strong>di</strong> uomini con l'ariete arrivò fino al<br />
ponte, dove aumentarono la loro velocità e si lanciarono alla carica, urlando<br />
come dei pazzi.<br />
Questor Thews si tirò su nuovamente le maniche della tunica. «Ora vedremo!»<br />
borbottò con tono furioso.<br />
Abernathy rimase impietrito al suo posto. Che cosa doveva fare? Le sue<br />
orecchie si contrassero in maniera spasmo<strong>di</strong>ca; emise un ringhio.<br />
Gli uomini sul ponte si produssero nel loro ultimo sforzo e piombarono<br />
sul portone del castello a tutta velocità. Si udì uno schianto mostruoso <strong>di</strong><br />
legna frantumata. Gli uomini e il loro rostro rimbalzarono in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />
qualche metro, finendo a gambe all'aria sul ponte Abernathy ebbe l'impressione<br />
<strong>di</strong> sentire il riverbero del botto sotto ai pie<strong>di</strong> mentre si portava le mani<br />
alla bocca e si rannicchiava in una posizione <strong>di</strong>fensiva.<br />
«Va bene, allora!» esclamò Questor Thews, sollevando le braccia e facendo<br />
svolazzare selvaggiamente le maniche della sua tunica. A quanto<br />
pareva, stava per fare qualcosa. Era pronto a colpire. Una luce bianca apparve<br />
sulle punte delle sue <strong>di</strong>ta. Abernathy strinse i denti. Stava per accadere<br />
qualcosa <strong>di</strong> brutto, lo sentiva.<br />
Gli uomini sul ponte si rialzarono, ripresero il loro rostro e si lanciarono<br />
nuovamente alla carica, per nulla intimoriti dai gesti del Mago <strong>di</strong> Corte.<br />
Questor fece mulinare le braccia in maniera selvaggia. Troppo selvaggia.<br />
Stava facendo uno sforzo tale per evocare il suo incantesimo che perse<br />
l'equilibrio. Quando tentò <strong>di</strong> riprenderlo, inciampò sulla sua lunga tunica,<br />
piombando in avanti verso i merli delle mura. Abernathy si tuffò verso <strong>di</strong><br />
lui per impe<strong>di</strong>re che cadesse giù, e in quel preciso istante l'incantesimo<br />
partì dalle <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Questor e piombò sulla folla. A giu<strong>di</strong>care dal suono che<br />
uscì dalle labbra del mago, Abernathy capì che stava per accadere qualcosa<br />
<strong>di</strong> inaspettato.<br />
E non aveva torto. L'incantesimo piombò sul ponte come una pioggia<br />
d'argento, soave e delicata. Forse Questor aveva voluto mandare un lampo<br />
per <strong>di</strong>sperdere gli uomini con il tronco. O forse un'altra dose <strong>di</strong> olio. Ma<br />
invece il risultato fu tutt'altro. La magia atterrò sul ponte e venne imme<strong>di</strong>atamente<br />
assorbita dalla superficie <strong>di</strong> legno come fosse acqua buttata sulla<br />
sabbia; un attimo dopo il ponte stesso ebbe un fremito e si inarcò come un<br />
serpente addormentato risvegliato <strong>di</strong> soprassalto. Gli uomini del rostro<br />
piombarono nuovamente a gambe all'aria, a pochi metri dal loro obiettivo,<br />
bestemmiando e imprecando. Il ponte si contorse in maniera selvaggia,
lanciando gli uomini <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là come fossero bambole <strong>di</strong> pezza. Il rostro<br />
volò per aria con un'ampia parabola e cadde nelle profon<strong>di</strong>tà del lago.<br />
Gli uomini gridarono e imprecarono. Questor e Abernathy si strinsero l'un<br />
l'altro mentre fissavano la scena a bocca aperta. Ora il ponte si stava contorcendo;<br />
si staccò dal castello e dalla sponda opposta e iniziò ad avvolgersi<br />
su se stesso. I pochi che vi erano rimasti attaccati si tuffarono nel lago<br />
senza pensarci due volte. Le assi si incrinarono e si spezzarono. I chio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
ferro schizzarono via. Il ponte si sollevò inarcandosi per l'ultima volta,<br />
come un serpente che spunta dal profondo del mare, quin<strong>di</strong> si spezzò in<br />
mille frammenti e cadde nel lago, scomparendo del tutto.<br />
Seguì un lungo momento <strong>di</strong> silenzio. Gli uomini che si erano trovati sul<br />
ponte stavano guadagnando la riva con l'aiuto <strong>di</strong> amici e parenti. Il resto<br />
della folla era rimasta sulla sponda del lago e fissava ancora allibita il punto<br />
in cui era stato il ponte. Le acque del lago ribollivano come un pentolone<br />
<strong>di</strong> minestra calda.<br />
Questor rivolse lo sguardo verso Abernathy e sbatté le palpebre «Ma<br />
guarda un po'!» <strong>di</strong>sse.<br />
Venne il tramonto, e non vi furono altri incidenti. Evidentemente la folla<br />
ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, e ora si stavano de<strong>di</strong>cando alla<br />
preparazione <strong>di</strong> fuochi e alla ricerca <strong>di</strong> cibo. Con la scomparsa del ponte e<br />
<strong>di</strong> ogni possibile accesso al castello, ora Sterling Silver era veramente un'isola<br />
in mezzo a un lago. Non vi era modo <strong>di</strong> raggiungere il portone se non<br />
a nuoto, e la maggior parte della gente presente non sapeva nuotare e provava<br />
comunque una certa repulsione naturale nei confronti dell'acqua.<br />
Questor avrebbe voluto congratularsi con se stesso per l'ottimo incantesimo,<br />
ma si trattenne dal farlo. Sia lui sia Abernathy sapevano bene che si<br />
era trattato <strong>di</strong> un vero e proprio colpo <strong>di</strong> fortuna.<br />
Nel frattempo, Abernathy era tornato alle sue me<strong>di</strong>tazioni, e si stava<br />
domandando come avrebbero mai fatto a togliersi da quell'impiccio senza<br />
l'aiuto <strong>di</strong> Holiday.<br />
Vi era ancora un poco <strong>di</strong> luce quando, nonostante le speranze segrete <strong>di</strong><br />
Questor e Abernathy, Kallendbor e il suo ben nutrito esercito apparvero e<br />
presero posizione davanti alle porte del castello. I conta<strong>di</strong>ni e i popolani<br />
vennero spintonati da un lato per far posto ai soldati e al loro leader. Accanto<br />
a Kallendbor vi erano Horris Kew e il suo uccello, il primo che passeggiava<br />
nervosamente qua e là, il secondo appollaiato sulla sua spalla<br />
come il proverbiale uccello del malaugurio. Abernathy li osservò con aria
tetra. Erano loro la causa <strong>di</strong> tutto ciò, pensò con rabbia. Horris Kew e il<br />
suo maledetto uccello. Se solo fossero stati a portata <strong>di</strong> mano, pensò... Se<br />
solo fosse riuscito ad averli fra le mani per cinque secon<strong>di</strong>... L'immagine<br />
della scena si formò nella sua mente.<br />
Non vi era traccia dello sconosciuto dal mantello nero. Questor e Abernathy<br />
scrutarono fra la folla alla sua ricerca, ma senza successo. Poteva<br />
darsi che fosse rimasto nel Greensward, ma entrambi lo dubitavano fortemente.<br />
Cadde l'oscurità, scomparve il sole e i falò si stagliarono sul buio fitto.<br />
Diverse sentinelle presero posizione sulle sponde del lago, piazzandosi in<br />
maniera ben evidente affinché coloro che si trovavano all'interno del castello<br />
si rendessero conto che si trattava <strong>di</strong> un vero e proprio asse<strong>di</strong>o. Questor<br />
e Abernathy rimasero sulle mura, nello stesso punto in cui avevano<br />
passato l'intera giornata, e rifletterono.<br />
«Cosa possiamo fare?» mormorò Abernathy con tono sconsolato.<br />
Da basso, l'accampamento era piuttosto movimentato. La gente si muoveva<br />
a fatica nella calca, e si sentiva odore <strong>di</strong> carne arrostita. Giravano anche<br />
boccali <strong>di</strong> birra, e nel giro <strong>di</strong> poco tempo le risate <strong>di</strong>vennero sempre<br />
più forti e roche.<br />
«Un vero e proprio picnic, non è vero?» <strong>di</strong>sse Questor con tono irritato.<br />
Poi, improvvisamente, trasalì. «Abernathy, guarda lì!»<br />
Abernathy guardò. Kallendbor era in pie<strong>di</strong> sulla sponda del lago assieme<br />
a Horris Kew e all'uccello. Al loro fianco era apparso lo sconosciuto dal<br />
mantello nero, impudente e sfacciato come pochi. Il gruppetto era staccato<br />
dalla folla, e stava osservando il castello dalla parte opposta del lago.<br />
«Stanno facendo i loro piani per domani, immagino» <strong>di</strong>sse<br />
Questor. Scosse il capo con fare rassegnato. «Be', ne ho avuto abbastanza.<br />
Vado su a prendere il Landsview per vedere se riesco a scoprire qualche<br />
novità su Holiday. Scruterò ancora una volta il territorio, sperando che<br />
questa volta ottenga qualche frutto.» Fece un gesto <strong>di</strong> saluto e si allontanò.<br />
«Qualsiasi cosa è meglio che stare qui a guardare questi i<strong>di</strong>oti.»<br />
Si allontanò fra il fruscio della sua tunica grigia, lasciando Abernathy a<br />
fare la guar<strong>di</strong>a da solo. Riflettendo sulle ingiustizie della vita e sulla stupi<strong>di</strong>tà<br />
degli uomini trasformati in cani, domandandosi nuovamente che cosa<br />
potesse fare per re<strong>di</strong>mersi, Abernathy rimase sul posto nonostante Questor<br />
avesse <strong>di</strong>chiarato che si trattava <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo. Finché si trovava<br />
asse<strong>di</strong>ato all'interno del castello, pensò, vi era ben poco che potesse fare.<br />
Pensò per un attimo <strong>di</strong> attraversare il lago a nuoto e <strong>di</strong> piombare <strong>di</strong> sorpre-
sa su Horris Kew e il suo uccello, ma si rese conto che un gesto simile sarebbe<br />
servito solo a farlo catturare, o peggio.<br />
Sulla sponda opposta, Kallendbor, lo straniero, Horris Kew e l'uccello<br />
continuavano a parlottare fra loro nella notte con fare cospiratorio.<br />
Abernathy stava tentando senza successo <strong>di</strong> leggere le loro labbra, quando<br />
un suono alle sue spalle lo fece sobbalzare. Due guar<strong>di</strong>e del castello erano<br />
apparse dalle scale e tenevano in mano due piccole figure dall'aria<br />
sporca che si agitavano in continuazione.<br />
«Grande Alto Signore!» gemette uno con tono pietoso.<br />
«Possente Alto Signore» gemette l'altro.<br />
Ecco, pensò Abernathy mentre i due venivano portati verso <strong>di</strong> lui. Proprio<br />
quando pensi che la situazione non possa <strong>di</strong>ventare peggiore <strong>di</strong> quanto<br />
non sia già, puntualmente lo <strong>di</strong>venta. Non ci potevano essere dubbi su chi<br />
fossero quei due; i corpi nerboruti, pelosi e incrostati <strong>di</strong> terra, i visi barbuti<br />
da furetto con le orecchie appuntite e i nasi umi<strong>di</strong>, gli abiti che sembravano<br />
scarti dei conta<strong>di</strong>ni più poveri, adornati in maniera ri<strong>di</strong>cola da copricapo <strong>di</strong><br />
cuoio e da piume colorate. Erano familiari e sgra<strong>di</strong>ti quanto il peggiore gelo<br />
invernale o il più insopportabile dei cal<strong>di</strong> estivi, visitatori inevitabili che<br />
andavano e venivano assai più spesso dei suddetti fenomeni stagionali. Erano<br />
gli Gnomi Va'Via, gli esseri più <strong>di</strong>sprezzati dell'intero regno <strong>di</strong> Landover,<br />
gli ultimi degli ultimi nella scala evolutiva. Erano furfanti e ladruncoli<br />
che vivevano alla giornata approfittandosi della <strong>di</strong>strazione o dell'ignoranza<br />
del prossimo. Erano quel genere <strong>di</strong> creatura che spazzava via<br />
qualsiasi cosa trovasse, ripulendo qualsiasi cosa avanzata dagli altri... Solo<br />
che gli Gnomi Va'Via tendevano spesso a ripulire anche cose che non erano<br />
state esattamente lasciate lì da buttare. Amavano in maniera particolare<br />
i gatti domestici, cosa che andava benissimo ad Abernathy, e anche i cani,<br />
cosa che gli andava decisamente meno bene.<br />
Questi due gnomi in particolare, poi, rappresentavano da sempre un tormento<br />
costante per tutti i membri della corte <strong>di</strong> Ben Holiday. Da quando si<br />
erano presentati inaspettatamente circa tre anni prima per giurare fedeltà al<br />
trono, erano sempre stati fra i pie<strong>di</strong>, in un modo o nell'altro. E ora eccoli <strong>di</strong><br />
nuovo lì, i soliti due scocciatori, pronti nel loro ennesimo tentativo <strong>di</strong> rendere<br />
miserabile la vita <strong>di</strong> Abernathy.<br />
Filip e Sot si fecero piccoli per la paura alla vista dello Scrivano <strong>di</strong> Corte.<br />
Si aspettavano infatti <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a Holiday, che perlomeno era<br />
<strong>di</strong>sposto a tollerarli. Abernathy, al contrario, non provava alcuna tenerezza<br />
nei loro confronti.
«Dov'è l'Alto Signore?» domandò subito Filip.<br />
«Sì, dov'è il Re?» gli fece eco Sot.<br />
«Li abbiamo trovati nella camera da letto del Re» <strong>di</strong>chiarò una delle<br />
guar<strong>di</strong>e dando uno scossone a Filip nel tentativo <strong>di</strong> porre fine al suo continuo<br />
agitarsi. Lo gnomo emise un gridolino piagnucoloso. «Stavano rubacchiando,<br />
immagino.»<br />
«No, mai!» esclamò Filip.<br />
«Non ruberemmo mai all'Alto Signore!» ribadì Sot.<br />
Abernathy sentì che stava per venirgli il mal <strong>di</strong> testa. «Posateli a terra»<br />
or<strong>di</strong>nò alle guar<strong>di</strong>e con un sospiro.<br />
Le guar<strong>di</strong>e li lasciarono cadere sul pavimento <strong>di</strong> pietra. Gli gnomi caddero<br />
in ginocchio, prosternandosi in maniera pietosa.<br />
«Grande Scrivano <strong>di</strong> Corte!»<br />
«Possente Scrivano <strong>di</strong> Corte!»<br />
Abernathy si massaggiò le tempie. «Piantatela!» Congedò le guar<strong>di</strong>e e<br />
fece cenno agli gnomi <strong>di</strong> alzarsi in pie<strong>di</strong>. I due si alzarono con fare esitante,<br />
guardandosi attorno con aria preoccupata, forse pensando che li attendesse<br />
qualche terribile sorte, forse pensando <strong>di</strong> trovare un modo per fuggire.<br />
Abernathy li osservò con aria stanca. «Che cosa volete?» sbottò improvvisamente.<br />
Gli Gnomi Va'Via si scambiarono uno sguardo.<br />
«Vogliamo vedere l'Alto Signore» rispose Filip con tono poco convinto.<br />
«Vogliamo parlare con l'Alto Signore» assentì Sot.<br />
Erano dei pessimi mentitori, e Abernathy capì subito che le loro risposte<br />
erano state evasive. La sua giornata era stata particolarmente lunga e dura,<br />
e non aveva nessuna voglia <strong>di</strong> perdere altro tempo in sciocchezze.<br />
«Avete per caso mangiato qualche animale randagio ultimamente?» domandò<br />
con tono suadente, protendendosi in avanti affinché vedessero i<br />
suoi denti affilati.<br />
«Oh, no, noi non faremmo mai una cosa simile...»<br />
«Solo verdure, ve lo garantiamo...»<br />
«Perché dovete sapere che <strong>di</strong> tanto in tanto mi viene il desiderio <strong>di</strong> mangiarmi<br />
uno gnomo arrosto» li interruppe Abernathy volutamente. I due<br />
gnomi rimasero immobili come pietre. «E ora <strong>di</strong>temi la verità, altrimenti<br />
non mi ritengo responsabile per ciò che potrebbe accadere!»
Filip deglutì rumorosamente. «Volevamo solo un cristallo dell'occhio<br />
della mente» rispose con tono <strong>di</strong>messo. Sot annuì. «Ce l'hanno tutti, tranne<br />
che noi.»<br />
«Ne vogliamo solo uno.»<br />
«Sì, uno solo.»<br />
«Non ci sembra <strong>di</strong> chiedere molto.»<br />
«Già, non è molto.»<br />
Abernathy provò il desiderio <strong>di</strong> ucciderli. Possibile che questa sciocchezza<br />
non avesse fine? «Ora ascoltatemi bene» <strong>di</strong>sse, e la sua voce era<br />
quella <strong>di</strong> una persona decisamente seria. I due incontrarono il suo sguardo<br />
con una certa riluttanza. «Qui non vi sono cristalli dell'occhio della mente.<br />
Non ce n'è nemmeno uno. Non ce ne sono mai stati. E se dovesse <strong>di</strong>pendere<br />
da me, non ce ne saranno mai!» Arrivò quasi a pentirsi <strong>di</strong> questa sua ultima<br />
<strong>di</strong>chiarazione, ma poi decise che la pensava veramente così. Allungò<br />
le mani e li afferrò entrambi per le loro braccine esili e nodose. «Venite<br />
qui.»<br />
Li trascinò fino alle mura, ignorando le lamentele e le grida <strong>di</strong> supplica<br />
dei due, che erano convinti che li volesse buttare giù. «Guardate là fuori!»<br />
sbottò Abernathy con rabbia. «Avanti guardate!» I due guardarono. «Lo<br />
vedete quell'uomo con l'uccello? Quello accanto a Kallendbor? Accanto a<br />
quel tizio con il mantello nero?»<br />
Ebbero un attimo <strong>di</strong> esitazione, poi annuirono contemporaneamente,<br />
come un sol gnomo.<br />
«Quello» <strong>di</strong>chiarò Abernathy con tono trionfante «è colui che possiede i<br />
cristalli. Perché non andate a parlare con lui?»<br />
A quel punto li lasciò andare e si fece in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> un passo, appoggiando<br />
le mani ai suoi fianchi canini. Gli Gnomi Va'Via si guardarono con aria<br />
dubbiosa, quin<strong>di</strong> guardarono nuovamente Horris Kew, poi Abernathy.<br />
«Non ci sono cristalli qui?» domandò Filip con tono deluso.<br />
«Nemmeno uno?» insistette Sot.<br />
Abernathy scosse il capo. «Avete la mia parola solenne <strong>di</strong> Scrivano <strong>di</strong><br />
Corte e servo del Re. Se vi sono ancora cristalli in giro, l'unico che può averli<br />
è quell'uomo laggiù.»<br />
Filip e Sot si passarono le <strong>di</strong>ta incrostate <strong>di</strong> terra sulle narici umide e sugli<br />
occhi lacrimosi e presero a osservare il mago con crescente interesse.<br />
Tirarono su col naso in maniera ansiosa e fecero lavorare le mascelle. Arretrarono<br />
<strong>di</strong> un passo.
«In questo caso, andremo a parlargli» <strong>di</strong>chiarò Filip, prendendo come al<br />
solito l'iniziativa.<br />
«Sì, lo faremo» ribadì Sot.<br />
Si voltarono, e si <strong>di</strong>ressero verso le scale. Pur non volendolo, Abernathy<br />
non riuscì a trattenersi dal chiamarli. «Aspettate!» <strong>di</strong>sse. «Aspettate un attimo.»<br />
Si avvicinò agli gnomi. Non che se lo meritassero, ma non poteva<br />
lasciarli andare così, senza nemmeno avvertirli. «Ascoltatemi. Quella gente,<br />
soprattutto quello vestito <strong>di</strong> nero, è molto pericolosa. Non potete andare<br />
semplicemente lì da loro a chiedere i cristalli. È molto probabile che vi<br />
facciano a fettine se fate una cosa simile.»<br />
Filip e Sot si scambiarono un'occhiata.<br />
«Staremo molto attenti» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Molto» fece eco Sot.<br />
Si voltarono <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong>rigendosi verso le scale.<br />
«Aspettate!» li bloccò nuovamente Abernathy. Gli era appena venuta in<br />
mente una cosa, una cosa che non aveva pensato in precedenza. Gli Gnomi<br />
Va'Via si voltarono. «Come avete fatto a entra re?» domandò loro con tono<br />
sospettoso. «Non avete attraversato il ponte, e non avete l'aria <strong>di</strong> quelli che<br />
sono venuti a nuoto. Come avete fatto a entrare?»<br />
I due si scambiarono un altro dei loro frequenti sguar<strong>di</strong> furtivi. Nessuno<br />
dei due <strong>di</strong>sse nulla.<br />
Abernathy fece qualche passo avanti e si chinò su <strong>di</strong> loro. «Vi siete scavati<br />
un cunicolo, non è vero?» Filip si morse il labbro. Sot serrò la mascella.<br />
«Non è forse così?»<br />
I due annuirono. Con riluttanza.<br />
«Avete scavato un tunnel fin dalla sponda opposta del lago?» Abernathy<br />
stentava a crederci.<br />
Filip fece il broncio. «Dalla foresta, in verità.»<br />
Sot si imbronciò ancor <strong>di</strong> più. «Da <strong>di</strong>etro gli alberi.»<br />
Abernathy li fissò allibito. «E come avete fatto? Un'impresa simile richiede<br />
giorni, settimane intere...» Si bloccò. «Aspettate un attimo. Da<br />
quanto tempo esiste questo vostro tunnel?»<br />
«Da un po'» mormorò Filip, grattando nervosamente il pavimento <strong>di</strong> pietra<br />
con il suo piede artigliato.<br />
«E dove sbuca questo tunnel?»<br />
Seguì un'altra pausa, più lunga della precedente. «Nella <strong>di</strong>spensa della<br />
cucina» ammise infine Sot.
Abernathy tornò in posizione eretta. Il ricordo <strong>di</strong> voci <strong>di</strong> sparizioni <strong>di</strong><br />
provviste dalla <strong>di</strong>spensa affiorò nella sua mente come un pesce morto al<br />
chiaro <strong>di</strong> luna. Erano stati accusati gli sguatteri dei cuochi, e non solo loro,<br />
ma non si era mai arrivati a scoprire i veri colpevoli <strong>di</strong> quei furtarelli.<br />
«Ma bene» <strong>di</strong>sse a bassa voce, tirando fuori le parole lentamente, come<br />
fossero un cappio da forca. «La <strong>di</strong>spensa della cucina.»<br />
Filip e Sot si fecero piccoli piccoli, aspettando l'arrivo del colpo. Ma<br />
Abernathy non li stava nemmeno guardando. Il suo sguardo era rivolto altrove,<br />
verso le mura, il lago e la foresta. Non stava affatto considerando<br />
come punire gli Gnomi Va'Via; stava pensando piuttosto alla sua vendetta<br />
nei confronti <strong>di</strong> Horris Kew. Mentre il bagliore dei falò si rifletteva sulla<br />
superficie lucida <strong>di</strong> Sterling Silver, Abernathy me<strong>di</strong>tò su una decisione che<br />
avrebbe potuto portare alla sua redenzione o alla sua morte.<br />
Prese la sua decisione nel giro <strong>di</strong> un attimo.<br />
Si chinò nuovamente verso gli gnomi. «Questo vostro tunnel è abbastanza<br />
grande per me?»<br />
L'Ora degli Gnomi<br />
Per sua natura, Abernathy non era assolutamente un tipo avventato o anche<br />
lontanamente portato ad avventure dall'esito impreve<strong>di</strong>bile. Così, fu<br />
con una certa sorpresa che si ritrovò davanti allo stretto tunnel scavato da<br />
Filip e Sot nell'angolo più remoto della <strong>di</strong>spensa con l'idea <strong>di</strong> infilarvicisi<br />
dentro e percorrere tutta la sua lunghezza, passando sotto alle linee degli<br />
asse<strong>di</strong>anti nell'assurda speranza <strong>di</strong> riuscire a catturare ed estorcere informazioni<br />
a Horris Kew. Ciò che lo <strong>di</strong>sturbava non era il fatto che non si<br />
rendesse conto <strong>di</strong> ciò che stesse facendo o che stesse sottovalutando il pericolo<br />
<strong>di</strong> una simile impresa; ciò che lo <strong>di</strong>sturbava realmente era molto più<br />
semplicemente il fatto che avesse anche solo preso in considerazione una<br />
follia simile.<br />
Si consolò decidendo che si trattava del suo lato canino che aveva preso<br />
il sopravvento, e che quin<strong>di</strong> la colpa andava attribuita tutta a Questor<br />
Thews.<br />
Il Mago <strong>di</strong> Corte non aveva la minima idea <strong>di</strong> ciò che stava per fare Abernathy.<br />
Se lo avesse saputo, lo avrebbe fermato imme<strong>di</strong>atamente oppure<br />
avrebbe insistito per accompagnarlo, due cose che Abernathy non poteva<br />
assolutamente accettare. Dopotutto, era lui che doveva rimettere le cose a<br />
posto, era suo l'orgoglio <strong>di</strong> re<strong>di</strong>mere i suoi sbagli, era la sua stima in se
stesso quella che andava riguadagnata. Inoltre, era necessario che Questor<br />
rimanesse lì dov'era, all'interno delle mura del castello, dove avrebbe potuto<br />
almeno offrire una sembianza <strong>di</strong> resistenza contro l'inevitabile assalto <strong>di</strong><br />
Kallendbor e del suo esercito. La magia <strong>di</strong> Questor poteva anche essere inaffidabile,<br />
ma era pur sempre una forza con la quale si sarebbero dovuti<br />
confrontare; come minimo avrebbe ritardato l'attacco degli assalitori del<br />
castello.<br />
Nel frattempo, almeno così sperava, Abernathy avrebbe tentato <strong>di</strong> scoprire<br />
che cosa ne era stato <strong>di</strong> Ben Holiday.<br />
Il tunnel era talmente stretto che fu costretto a togliersi i vestiti per entrarvi,<br />
ma lo Scrivano <strong>di</strong> Corte era <strong>di</strong>sposto a sopportare anche questa indegnità.<br />
In fondo gli Gnomi Va'Via lo avevano costruito per loro, e non<br />
certo per lui. I cuochi e gli inservienti che lavoravano in cucina erano stati<br />
assegnati ad altri compiti senza alcuna spiegazione. Nella penombra della<br />
<strong>di</strong>spensa, Abernathy si tolse gli abiti e rifletté per un attimo su ciò che stava<br />
per fare. Questa volta però non pensò a Horris Kew e al suo uccello, a<br />
Kallendbor o allo sconosciuto dal mantello nero. Quei pericoli li aveva già<br />
valutati ripetutamente. Pensò invece all'idea <strong>di</strong> mettersi nelle mani - o ad<strong>di</strong>rittura<br />
nei denti - <strong>di</strong> Filip e Sot; come alleati erano quantomeno inaffidabili,<br />
vista la loro fama <strong>di</strong> saccheggiatori e <strong>di</strong>voratori <strong>di</strong> gatti e cani. Abernathy<br />
aveva la certezza del fatto che, se ne avessero avuta la possibilità, i<br />
due gnomi non avrebbero esitato un attimo a mangiarlo. Perché no? In<br />
fondo faceva parte della loro natura, no? E dato che era così, Abernathy<br />
doveva fornire loro un ottimo motivo per non fare una cosa del genere.<br />
Decise quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare appello all'unica virtù <strong>di</strong> carattere che si sentiva <strong>di</strong><br />
concedere a Filip e Sot.<br />
«Ascoltatemi attentamente» <strong>di</strong>sse, accovacciandosi nudo all'ingresso del<br />
tunnel, cercando <strong>di</strong> apparire il meno ri<strong>di</strong>colo possibile. «C'è una cosa molto<br />
importante che non vi ho ancora detto.»<br />
Ciò che stiamo facendo è <strong>di</strong> vitale importanza per il benessere dell'Alto<br />
Signore. Non abbiamo ancora <strong>di</strong>ffuso la notizia, ma il nostro Re è scomparso.<br />
Non si hanno tracce <strong>di</strong> lui da <strong>di</strong>verso tempo or mai. E quegli uomini<br />
là fuori, quello dei cristalli e quell'altro col mantello nero, sono gli unici<br />
che sanno dove si trova. Ho già in men te un piano per salvare Holiday, ma<br />
ho bisogno del vostro aiuto per realizzarlo. Voi ci tenete a salvare l'Alto<br />
Signore, non è vero?<br />
«Oh, sì!» <strong>di</strong>chiarò Filip.<br />
«Ma certo!» puntualizzò Sot.
Annuirono con un vigore tale che Abernathy temette che le loro teste potessero<br />
staccarsi. Stava rivelando loro una verità che non aveva rivelato a<br />
nessuno, ma lo stava facendo per una buona causa. L'unica cosa sulla quale<br />
poteva contare ciecamente per quanto riguardava gli Gnomi Va'Via era la<br />
loro completa lealtà nei confronti dell'Alto Signore. Questa infatti era stata<br />
incisa nella pietra fin dal loro primo incontro, in occasione del quale Ben<br />
Holiday aveva fatto ciò che nessun altro aveva mai nemmeno preso in considerazione;<br />
convinto del fatto che un Re dovesse servire tutti i suoi sud<strong>di</strong>ti<br />
senza <strong>di</strong>stinzioni, li aveva salvati nonostante fossero stati scoperti in atteggiamento<br />
a <strong>di</strong>r poco equivoco. Aveva salvato le loro vite, e loro non se l'erano<br />
mai <strong>di</strong>menticato. Continuavano a essere dei ladruncoli e si comportavano<br />
sempre in maniera irresponsabile, ma avrebbero fatto qualunque cosa<br />
per l'Alto Signore.<br />
E Abernathy contava su questo fatto. Ci contava moltissimo.<br />
«Quando avremo attraversato il tunnel» continuò «vi esporrò il mio piano.<br />
Ma dobbiamo lavorare assieme, perché è in gioco la vita del nostro<br />
Re.»<br />
«Puoi fidarti <strong>di</strong> noi» <strong>di</strong>sse Filip con tono orgoglioso.<br />
«Puoi» assentì Sot.<br />
Abernathy ci sperava. In fondo, anche la sua vita era in gioco.<br />
Si infilarono nel tunnel, Filip per primo, Abernathy secondo e Sot per ultimo.<br />
Vi si infilarono <strong>di</strong> testa, allungandosi in un passaggio <strong>di</strong> terra smossa<br />
immerso nell'oscurità più assoluta. Abernathy si rese conto che non vedeva<br />
assolutamente nulla. Sentiva Filip davanti a sé, e così non poté fare altro<br />
che seguire i suoni del piccolo gnomo. Alle sue spalle, Sot gli spingeva sui<br />
pie<strong>di</strong> per farlo accelerare. Le ra<strong>di</strong>ci gli grattavano la schiena e la pancia.<br />
Gli insetti gli si arrampicavano addosso in continuazione. In alcuni punti,<br />
l'umi<strong>di</strong>tà era tale da bagnarlo completamente e imbrattare il suo pelo. Ogni<br />
cosa aveva un odore pungente. Abernathy o<strong>di</strong>ava i tunnel. O<strong>di</strong>ava qualsiasi<br />
cosa che lo tenesse rinchiuso (un altro tratto canino, pensò), e non vedeva<br />
l'ora <strong>di</strong> uscire da quel luogo, ma strinse i denti e continuò. Ormai si era<br />
lanciato in quell'impresa, ed era determinato a portarla fino in fondo.<br />
Gli gnomi dovevano aver scavato il loro tunnel sotto il lago, e data la<br />
nota profon<strong>di</strong>tà dello stesso, Abernathy non riusciva ancora a capire come<br />
<strong>di</strong>avolo avessero fatto. A un certo punto, iniziò a immaginare che cosa sarebbe<br />
accaduto se le acque del lago avessero fatto breccia nel tunnel. Vide<br />
la scena nella sua mente. Il percorso sembrava non finire mai, e in più <strong>di</strong><br />
un'occasione lo Scrivano <strong>di</strong> Corte pensò <strong>di</strong> aver raggiunto il limite della
sua resistenza. Ciò nonostante, si rifiutava nella maniera più assoluta <strong>di</strong> rinunciare.<br />
Quando finalmente emerse dal tunnel <strong>di</strong>etro a un fitto <strong>di</strong> cespugli alle<br />
spalle delle linee degli asse<strong>di</strong>amenti e rivide le lune e le stelle nel cielo,<br />
Abernathy si spazzò <strong>di</strong> dosso la terra e gli insetti, inspirò profondamente e<br />
con grande gratitu<strong>di</strong>ne la fresca aria notturna, e si ripromise che, a prescindere<br />
da ciò che sarebbe accaduto da quel momento in avanti, non sarebbe<br />
assolutamente tornato a percorrere quel tunnel, per nessun motivo.<br />
Una volta ripresa la sua compostezza, seguì gli Gnomi Va'Via attraverso<br />
i cespugli e gli alberi fino a una collina dalla quale si poteva vedere il prato<br />
sul quale era accampato l'esercito improvvisato che cingeva d'asse<strong>di</strong>o Sterling<br />
Silver. I fuochi si stavano ormai spegnendo, e la maggior parte della<br />
gente stava dormendo tranquillamente sull'erba. Le sentinelle <strong>di</strong> Kallendbor<br />
pattugliavano ancora le sponde del lago e alcuni gruppi <strong>di</strong> uomini<br />
stavano sempre bevendo e cantando davanti ai loro fuochi, ma per il resto<br />
stavano dormendo quasi tutti. Abernathy scrutò nell'oscurità, de<strong>di</strong>cando<br />
una particolare attenzione alla riva del lago, alla ricerca <strong>di</strong> Horris Kew o<br />
dello sconosciuto dal mantello nero. Ma non vide nulla. Non riuscì nemmeno<br />
a in<strong>di</strong>viduare Kallendbor.<br />
«Che facciamo ora?» domandò Filip con tono ansioso.<br />
«Già, che cosa?» riecheggiò Sot.<br />
Abernathy non ne era sicuro. Si leccò il muso con aria pensierosa. In un<br />
modo o nell'altro, doveva trovare Horris Kew. Ma date le circostanze, come<br />
poteva fare? Tanto per iniziare, aveva l'aspetto <strong>di</strong> un cane, e senza i<br />
suoi abiti non poteva fare proprio nulla per nascondere questo fatto. Se<br />
fosse sceso giù nell'accampamento così com'era, lo avrebbero in<strong>di</strong>viduato<br />
imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Seppur con una certa riluttanza, fu costretto a rivolgersi agli gnomi.<br />
«Credete <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> scendere laggiù senza farvi notare e trovare<br />
l'uomo che vi ho mostrato dal castello, quello con l'uccello sulla spalla?»<br />
«L'uomo che possiede i cristalli dell'occhio della mente» annunciò Filip<br />
con tono vivace.<br />
«Proprio quello» enfatizzò Sot.<br />
Abernathy aveva sperato che si fossero <strong>di</strong>menticati i cristalli. Ciò che erano<br />
venuti a cercare era Ben Holiday, ed era risaputo che gli Gnomi<br />
Va'Via si <strong>di</strong>straevano facilmente dalle questioni importanti in favore <strong>di</strong> ciò<br />
che rientrava nei loro imme<strong>di</strong>ati interessi. La più grande paura <strong>di</strong> Aber-
nathy era proprio che si <strong>di</strong>straessero con altre cose. A quanto pareva, quegli<br />
esserini non riuscivano a farne a meno.<br />
«Possiamo trovarlo» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Facilmente» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
Abernathy emise un sospiro. «Va bene, provateci. Ma mi raccomando,<br />
dovete solo scoprire dove si trova e poi tornare imme<strong>di</strong>atamente da me per<br />
<strong>di</strong>rmelo. Poi vi <strong>di</strong>rò il mio piano. Non fate nient'altro, e non fatevi notare.<br />
Riuscite a ricordarvi queste cose?»<br />
«Sì, possiamo ricordare» <strong>di</strong>sse Filip, annuendo.<br />
«Facilmente» ripeté Sot.<br />
Scivolarono via nell'oscurità, scomparendo rapidamente dalla vista dello<br />
scrivano. Ricorderemo, avevano promesso. Abernathy desiderò tanto poterne<br />
essere sicuro.<br />
Non molto <strong>di</strong>stante, in un punto appartato dalla calca che affollava il<br />
prato, Horris Kew e Biggar sedevano nell'oscurità parlando fra loro a bassa<br />
voce. Horris era seduto sotto l'ombra <strong>di</strong> un acero dall'ampio fogliame che<br />
si protendeva dalla macchia in cima alla collina. Biggar era appollaiato sul<br />
tronco <strong>di</strong> un albero devastato da un fulmine che una volta era stato il compagno<br />
dell'acero. Horris era seduto con la schiena appoggiata al tronco<br />
dell'acero, mentre l'albero caduto con l'uccello appollaiato si trovava a poca<br />
<strong>di</strong>stanza dai suoi pie<strong>di</strong> allungati.<br />
«Sei un vigliacco, Horris» <strong>di</strong>sse l'uccello con tono <strong>di</strong>sgustato. «Non sei<br />
altro che un vile, codardo vigliacco. Non credevo che tu fossi veramente<br />
così.»<br />
«Sono semplicemente realista, Biggar.» Horris non aveva alcuna intenzione<br />
<strong>di</strong> farsi dare del vigliacco. «So rendermi conto <strong>di</strong> quando sono nei<br />
guai fino al collo, e questa è decisamente una <strong>di</strong> quelle occasioni.»<br />
Si trattava <strong>di</strong> un'ammissione piuttosto grave, ma non certo nuova per lui.<br />
Prima o poi, Horris Kew si trovava sempre immerso fino al collo nei problemi<br />
causati dalle sue macchinazioni. Il motivo per cui le sue idee non<br />
riuscivano mai come avrebbe voluto, il motivo per cui qualcosa andava<br />
sempre storto, era un mistero che lo lasciava tuttora perplesso. Tuttavia,<br />
era più che evidente che in questa occasione, come in tutte le altre occasioni<br />
precedenti, le cose avevano preso una piega decisamente pericolosa.<br />
Se n'era reso conto da quando il Gorse aveva manifestato la sua presenza<br />
davanti a Kallendbor e aveva istigato la marcia su Sterling Silver. Almeno<br />
da allora, si corresse. Forse in effetti ne era stato convinto fin dal principio,
vista la natura dell'essere con cui avevano a che fare. Il Gorse infatti si era<br />
rivelato esattamente come aveva detto Biggar fin dal principio; un mostro<br />
incre<strong>di</strong>bilmente potente il cui potere poteva ritorcersi contro <strong>di</strong> loro in<br />
qualsiasi momento. E ormai non vi erano più dubbi sul fatto che, prima o<br />
poi, sarebbe accaduto proprio questo. Da quando avevano intrapreso la<br />
marcia da Rhyndweir, Horris aveva iniziato a notare che il Gorse aveva<br />
sempre meno bisogno del suo aiuto. Tanto per iniziare, il mostro aveva ripreso<br />
la sua forma umana ed era in grado <strong>di</strong> camminare fra gli uomini, sia<br />
<strong>di</strong> notte sia <strong>di</strong> giorno. E questo significava che non aveva più bisogno <strong>di</strong><br />
affidarsi a Horris per sbrigare le sue faccende. Ma la cosa peggiore era che<br />
ora sembrava non accorgersi nemmeno della sua presenza. In occasione<br />
dell'asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sterling Silver, infatti, aveva preso a rivolgersi a Kallendbor<br />
come un suo pari, ignorando totalmente Horris e il suo uccello. Tutte le<br />
promesse sul ruolo che avrebbero avuto nel nuovo regno erano state pressoché<br />
<strong>di</strong>menticate. Non si era mai più parlato del fatto che Horris potesse<br />
<strong>di</strong>ventare il nuovo Re <strong>di</strong> Landover in sostituzione <strong>di</strong> Ben Holiday. Horris<br />
stava venendo messo da parte, e su questo non vi potevano essere dubbi.<br />
«Vuoi forse <strong>di</strong>rmi che hai intenzione <strong>di</strong> rinunciare ancora una volta a tutto<br />
quanto?» insistette l'uccello, <strong>di</strong>stogliendolo dalle sue amare riflessioni.<br />
«Andartene così, rinunciando all'occasione della tua vita? Che cosa ti sta<br />
succedendo? Credevo che avessi un po' più <strong>di</strong> spina dorsale!»<br />
Horris lo guardò in cagnesco. «Che cosa ti aspetti che faccia, Biggar?<br />
Che <strong>di</strong>ca a quel mostro che non mi piace il modo in cui mi sta trattando e<br />
che esigo ciò che mi spetta? Sarebbe decisamente interessante. Basandomi<br />
su quel che sappiamo, <strong>di</strong>rei che dovremmo solo ringraziare se riusciamo a<br />
uscire vivi da questo pasticcio, anche se teniamo la bocca chiusa!»<br />
Biggar sputò a terra, producendo un suono <strong>di</strong>sgustoso. «Puoi <strong>di</strong>rgli che<br />
vuoi <strong>di</strong>ventare Re, Horris! Puoi <strong>di</strong>rglielo! In fondo è stato lo stesso Gorse a<br />
suggerirlo, e non è affatto una brutta idea. Tu <strong>di</strong>venti Re per un solo giorno,<br />
ci accaparriamo quante più ricchezze possibile, dopo<strong>di</strong>ché ce ne scappiamo<br />
via. Ma andarsene senza nulla in tasca è un'idea assolutamente assurda!»<br />
Horris ripiegò le braccia sul petto ossuto e sbuffò. «Devo <strong>di</strong>rgli che voglio<br />
<strong>di</strong>ventare Re, è così che la pensi? Ma non ti sei forse guardato attorno,<br />
non hai forse visto quel che sta succedendo? La faccenda qui va ben oltre i<br />
cristalli dell'occhio della mente, Sterling Silver o chi sarà il Re! Qui c'è<br />
qualcosa <strong>di</strong> ben più grosso in ballo, qualcosa <strong>di</strong> infinitamente più complesso<br />
e tortuoso. Il Gorse non sta facendo altro che sfruttarci (Kallendbor
compreso) per ottenere ciò che vuole. Ha impiegato un sacco <strong>di</strong> tempo<br />
prima <strong>di</strong> riuscire a liberarsi da quella scatola, e non era per niente felice <strong>di</strong><br />
starci dentro! Pensaci un po'!»<br />
Il becco <strong>di</strong> Biggar si serrò con uno scatto. «Cosa vuoi <strong>di</strong>re?»<br />
Horris si protese in avanti. «Per essere un uccello dotato <strong>di</strong> intelligenza,<br />
devo <strong>di</strong>re che a volte sei piuttosto ottuso, Biggar. Vendetta Biggar! Il Gorse<br />
non vuole altro che ven<strong>di</strong>carsi, non capisci? Ci sono dei vecchi debiti da<br />
pagare per le ferite sofferte, e il Gorse sta facendo tutto questo semplicemente<br />
per riscuotere quei debiti. Ce lo ha persino detto chiaramente. Landover<br />
per noi, ha detto, e le nebbie fatate per lui. Ricor<strong>di</strong>? Allora non mi<br />
resi conto <strong>di</strong> ciò che intendeva, ma ora mi è perfettamente chiaro. Biggar,<br />
noi abbiamo sempre seguito le nostre regole per quanto riguarda gli affari,<br />
e abbiamo sempre fatto bene. Se non ci sono sol<strong>di</strong> da guadagnare, ne usciamo.<br />
Ebbene, ti assicuro che nella vendetta non si guadagna nemmeno<br />
una lira, quin<strong>di</strong> è venuto il momento <strong>di</strong> smontare le tende e andarcene, finché<br />
siamo ancora in tempo!»<br />
«Ma invece i sol<strong>di</strong> ci sono eccome, Horris» insistette l'uccello. «E proprio<br />
questo il punto. Ci sono un sacco <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> proprio lì davanti a noi, dalla<br />
parte opposta del lago, all'interno <strong>di</strong> quelle mura. E se riusciamo a resistere<br />
ancora qualche giorno, abbiamo un'ottima possibilità <strong>di</strong> portarcene<br />
via una bella fetta. E il Gorse ci può aiutare... magari anche senza rendersene<br />
conto. Lascia che la bestia si prenda la sua vendetta, che importa a<br />
noi? Ciò che interessa a noi è quel che si trova all'interno <strong>di</strong> quelle mura.<br />
Quello, più un modo per uscire da Landover. Ti sei forse <strong>di</strong>menticato che<br />
siamo intrappolati su questo mondo? Ebbene, il Gorse ci può fornire entrambe<br />
queste cose.»<br />
«Ciò che ci può dare il Gorse è un bel biglietto <strong>di</strong> sola andata per un<br />
viaggetto all'interno <strong>di</strong> quella scatola a far compagnia a Holiday e gli altri.»<br />
Horris scosse il capo cocciutamente. «Hai visto quello che ha fatto. Si<br />
è liberato <strong>di</strong> Holiday come se fosse un bambino. Lo ha infilato nella Scatola<br />
magica e lo ha spazzato via da Landover nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio.<br />
Niente più Re. Quando sarà pronto farà la stessa identica cosa con noi, e<br />
credo che quel momento sia molto vicino.»<br />
Biggar fece un balzo fino allo stivale <strong>di</strong> Horris Kew. Vi infilò gli artigli.<br />
«Forse dovremmo fare in modo da aumentare le nostre possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza,<br />
Horris. Supponiamo che tu abbia ragione. In quel caso, ciò<br />
che ci serve è un qualcosina che impe<strong>di</strong>sca al Gorse <strong>di</strong> farci del male. E<br />
quel qualcosina potrebbe essere proprio la Scatola magica.»
Horris sbatté le palpebre. «La Scatola magica?»<br />
«Se ce ne an<strong>di</strong>amo stanotte stessa» continuò l'uccello «possiamo arrivare<br />
alla grotta a cavallo e tornare prima che albeggi. Pren<strong>di</strong>amo la scatola e la<br />
nascon<strong>di</strong>amo. Così abbiamo una leva per ottenere ciò che vogliamo.» I<br />
suoi occhi acuti luccicarono nell'oscurità.<br />
Horris rimase per un attimo a fissare l'uccello, poi scosse il capo con fare<br />
incredulo. «Tu hai perso completamente il lume della ragione, Biggar. Dico<br />
sul serio. Vorresti minacciare il Gorse? Cosa vuoi che gliene importi se<br />
abbiamo la scatola? Non sappiamo nemmeno come usarla!»<br />
«Ma sappiamo le parole» sussurrò l'uccello. «Conosciamo la formula<br />
dell'incantesimo. Cosa succederebbe se dovessimo ripeterla?»<br />
Seguì un lungo, terribile silenzio. Horris desiderò <strong>di</strong> non aver mai aperto<br />
quella scatola, <strong>di</strong> non aver mai pronunciato le parole che avevano liberato<br />
il Gorse, <strong>di</strong> non essere mai tornato a Landover. Desiderò aver intrapreso<br />
fin da piccolo una professione più tranquilla come il ciabattino o il sarto.<br />
Improvvisamente, si rese conto <strong>di</strong> non poterne più della magia, in tutte le<br />
sue forme.<br />
«Avanti, Horris, an<strong>di</strong>amo!» lo spronò Biggar. «Alzati in pie <strong>di</strong> e an<strong>di</strong>amo!»<br />
Evidentemente Biggar non riusciva a capire. Forse <strong>di</strong>pendeva dal fatto<br />
che, nonostante l'intelligenza aumentata, sotto quelle piume nere non vi era<br />
altro che un cervello <strong>di</strong> uccello. O forse non voleva semplicemente capire.<br />
«Se facciamo quel che hai proposto» iniziò Horris a bassa voce «se deci<strong>di</strong>amo<br />
<strong>di</strong> sfidare il Gorse, se torniamo veramente alla grotta e rubiamo la<br />
Scatola magica...»<br />
Non riuscì a finire. Non riusciva a formulare le parole. Tornò ad accasciarsi<br />
sul tronco dell'albero, lasciandosi andare come un palloncino sgonfio.<br />
Biggar prese a balzellare dallo stivale <strong>di</strong> Horris al tronco caduto sibilando<br />
come un serpente. «Sei un vigliacco! Sei un verme! Sei un mago ri<strong>di</strong>colo!<br />
Solo parole e niente fatti! Non riesco proprio a capire come ho fatto a<br />
coinvolgermi con uno come te!»<br />
Qualcosa si mosse <strong>di</strong>etro al tronco, un'ombra silenziosa e nulla più, ma<br />
nessuno dei due la notò.<br />
«Biggar, Biggar, non starai mica pensando...»<br />
«Si che sto pensando! Sono l'unico qui che sta pensando!» Biggar si<br />
gonfiò del doppio, trasformandosi in un feroce porcospino nero. «Fai pure!
Rimani lì come una stupida bambola <strong>di</strong> pezza dal cervello <strong>di</strong> segatura! Fai<br />
pure!»<br />
Horris Kew chiuse gli occhi e si portò le mani sul volto.<br />
«Non ho intenzione <strong>di</strong> passare un secondo <strong>di</strong> più con un vigliacco simile!»<br />
continuò Biggar con rabbia. «Non passerò più nemmeno un singolo,<br />
<strong>di</strong>sgustoso ist...»<br />
Una mano su<strong>di</strong>cia si sollevò da <strong>di</strong>etro il tronco sul quale era appollaiato,<br />
serrandogli il becco e stringendogli il collo, e un attimo dopo l'uccello<br />
scomparve dalla vista.<br />
Horris Kew aprì gli occhi e si guardò attorno. Biggar non c'era Più. Così,<br />
da un momento all'altro, era scomparso. Horris si alzò a sedere, attonito.<br />
Sul tronco non vi era altro che una singola piuma nera.<br />
«Biggar?» chiamò.<br />
Non ottenne alcuna risposta.<br />
Era quasi mezzanotte.<br />
Abernathy sedeva in silenzio al margine del bosco, osservando l'accampamento.<br />
Ormai la baldoria era finita, gli ultimi uomini si erano sdraiati<br />
per la notte, e l'unica cosa che rimaneva erano le braci dei fuochi e le sagome<br />
<strong>di</strong>stanti delle sentinelle <strong>di</strong> Kallendbor. Tutto era immerso nell'oscurità,<br />
e anche Sterling Silver non era altro che un ammasso scuro che si stagliava<br />
sull'orizzonte. Sopra la sua testa il cielo era invece illuminato da <strong>di</strong>verse<br />
lune e migliaia <strong>di</strong> stelle. Il clima era tiepido e la notte splen<strong>di</strong>da, e in<br />
altre circostanze avrebbero conciliato il sonno in maniera egregia.<br />
Il sonno però era l'ultima cosa alla quale poteva pensare Abernathy in<br />
quel momento, preoccupato com'era dal tempo che era passato da quando<br />
Filip e Sot erano partiti alla ricerca <strong>di</strong> Horris Kew. Non aveva sentito alcun<br />
grido o tumulto, quin<strong>di</strong> probabilmente non erano stati in<strong>di</strong>viduati, ma nonostante<br />
ciò non riusciva a fare a meno <strong>di</strong> preoccuparsi per la loro assenza<br />
prolungata. Quella coppia avrebbe potuto mettersi nei guai in un'infinità <strong>di</strong><br />
mo<strong>di</strong>, avrebbe potuto fare una serie <strong>di</strong> mosse false prima <strong>di</strong> rendersi conto<br />
dell'errore. Abernathy si pentì <strong>di</strong> non essere andato con loro e si male<strong>di</strong>sse<br />
per aver dato loro quella fiducia.<br />
Aveva ormai deciso <strong>di</strong> andare a cercarli, <strong>di</strong> scendere nell'accampamento<br />
e rubare un mantello per nascondersi, quando i due riapparvero improvvisamente.<br />
Apparvero dal nulla, spuntando dall'ombra dei cespugli proprio<br />
davanti al suo naso, facendolo trasalire involontariamente.<br />
«Dove siete stati?» domandò con tono irritato.
Gli Gnomi Va'Via sorrisero, mettendo in mostra tutti i loro denti. Sembravano<br />
particolarmente sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> se stessi.<br />
«Guarda un po' cosa abbiamo qua» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Vieni a vedere» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
Abernathy sgranò gli occhi, poiché in effetti avevano qualcosa, qualcosa<br />
che si muoveva, a <strong>di</strong>r la verità, ma i due gli sfrecciarono accanto senza<br />
fermarsi.<br />
«No, non qui» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«An<strong>di</strong>amo al buio, se no ci vedono dal campo» aggiunse Sot.<br />
Entrarono nel bosco, allontanandosi dall'accampamento, e si fermarono<br />
solo quando furono sicuri che non vi fosse nessuno in zona. A quel punto<br />
Filip e Sot si voltarono nuovamente verso Abernathy, e il primo gli mostrò<br />
con orgoglio ciò che aveva in mano.<br />
«Ecco!» annunciò.<br />
Abernathy lo fissò. Era l'uccello, il corvo in<strong>di</strong>ano, o qualunque cosa fosse,<br />
quello che apparteneva a Horris Kew. L'animale era bloccato saldamente<br />
dalla presa dello gnomo, il suo collo ben stretto, il suo becco serrato affinché<br />
non gridasse. Agitava debolmente le ali, ma a quanto pareva era<br />
ormai esausto.<br />
Abernathy emise un sospiro rassegnato. «Vi ho detto <strong>di</strong> cercare il proprietario<br />
dell'uccello e <strong>di</strong> tornare a <strong>di</strong>rmi dov'era. Non vi ho detto <strong>di</strong> prendere<br />
l'uccello! Che cosa ce ne facciamo dell'uccello?»<br />
«Ce ne facciamo eccome» <strong>di</strong>sse Sot con tono convinto. Diede una spintarella<br />
a Filip. «Fagli vedere.»<br />
Filip tolse le <strong>di</strong>ta dal becco <strong>di</strong> Biggar e gli <strong>di</strong>ede una scrollatina. «Parla,<br />
uccello.»<br />
L'uccello non parlò. Rimase lì accasciato, con un'aria penosa. Sembrava<br />
mezzo morto. Abernathy sentì le tempie che gli pulsavano ed emise un altro<br />
sospiro.<br />
Filip assunse un'espressione irata. Avvicinò la faccia a quella dell'uccello.<br />
«Ti conviene parlare, stupido uccello, altrimenti ti tirerò il collo e ti<br />
mangerò» <strong>di</strong>sse, stringendo le <strong>di</strong>ta artigliate attorno al collo del pennuto.<br />
«Va bene, va bene!» sbottò l'uccello, ravvivandosi improvvisamente.<br />
Abernathy fece un balzo in<strong>di</strong>etro per la sorpresa. L'uccello contorse la testa<br />
in maniera selvaggia. «Okay, okay, sto parlando, va bene? Che cosa devo<br />
<strong>di</strong>re?»<br />
Filip mostrò l'uccello con orgoglio. «Visto?»
Abernathy si protese in avanti per vedere meglio. «Bene, bene» <strong>di</strong>sse<br />
con tono calmo. «Parli molto meglio <strong>di</strong> quanto non dai a vedere, non è vero?»<br />
«Meglio <strong>di</strong> te, palla <strong>di</strong> pelo» <strong>di</strong>sse Biggar con un sogghigno. « Di' a questi<br />
rappresentanti del popolo delle talpe <strong>di</strong> mollarmi subito, altrimenti sarà<br />
peggio per te.»<br />
Abernathy allungò una mano e <strong>di</strong>ede un colpettino al petto dell'uccello.<br />
«Come hai detto che ti chiami? Biggar? Ma guarda un po'.» Nella sua voce<br />
vi era evidente sod<strong>di</strong>sfazione. «Ci ho messo un po' <strong>di</strong> tempo, ma ora mi<br />
sono ricordato chi sei. É passato un sacco <strong>di</strong> tempo, non è vero? Tu appartenevi<br />
al vecchio mago del Re, al fratello <strong>di</strong> Questor Thews. Un giorno, sei<br />
semplicemente scomparso. Che cosa ti è accaduto? Sei forse stato mandato<br />
anche tu sul mondo <strong>di</strong> Ben Holiday come Horris Kew? Ma non ti preoccupare,<br />
non ha alcuna importanza ormai. Limitati a <strong>di</strong>rmi quel che sai della<br />
scomparsa dell'Alto Signore, ti spiace? E ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> non omettere nulla.»<br />
Biggar serrò il becco con uno scatto secco. Ciò nonostante, Filip e Sot<br />
avevano origliato gran parte della conversazione fra Horris e Biggar e si<br />
affrettarono subito a riferire ad Abernathy quanto avevano sentito. Si confusero<br />
in <strong>di</strong>verse occasioni e sbagliarono l'interpretazione <strong>di</strong> molte parole,<br />
ma alla fine lo Scrivano <strong>di</strong> Corte riuscì a farsi un quadro abbastanza chiaro<br />
<strong>di</strong> quanto era accaduto. Il Gorse era una specie <strong>di</strong> mostro che stava usando<br />
Horris Kew e Kallendbor e i cristalli dell'occhio della mente erano il suo<br />
asso nella manica per minare il trono. Ma la cosa più importante era che la<br />
scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday era avvenuta attraverso l'uso <strong>di</strong> un potente incantesimo<br />
che andava in qualche modo invertito. Questo significava che<br />
bisognava trovare la grotta del Gorse e questa Scatola magica, che doveva<br />
essere nascosta al suo interno.<br />
Abernathy tornò a rivolgere la sua attenzione a Biggar. L'uccello non<br />
aveva più detto nulla, rimanendo in silenzio per tutto il tempo mentre Filip<br />
e Sot rivelavano i suoi segreti. Alzò lo sguardo improvvisamente verso<br />
Abernathy mentre lo scrivano si chinava per osservarlo da vicino.<br />
«Loreto vuole un biscottino?» lo schernì Abernathy con tono malizioso.<br />
Nonostante fosse tenuto ben stretto, Biggar tentò <strong>di</strong> dargli una beccata<br />
sul muso.<br />
Abernathy sorrise, mettendo in mostra tutti i suoi denti. «Ora ascoltami,<br />
inutile sacca <strong>di</strong> piume. Tu ci porterai a questa grotta, stanotte stessa. E<br />
quando arriveremo, tu ci farai entrare dentro. Ci mostrerai dove si trova
questa Scatola degli Intrighi e ci insegnerai le parole dell'incantesimo. Hai<br />
capito bene?»<br />
Biggar fissò i suoi occhi luminosi su Abernathy. «Non farò proprio nulla<br />
<strong>di</strong> tutto ciò. Tanto avranno già notato che sono scomparso, e mi verranno<br />
senz'altro a cercare. Soprattutto il Gorse. Aspetta un po' e vedrai che cosa<br />
ne farà <strong>di</strong> voi!»<br />
«Qualunque cosa faccia» replicò Abernathy con tono impassibile «tu<br />
non sarai presente come testimone dell'evento.» Seguì un lungo silenzio.<br />
«Il fatto è» continuò «che se non mi mostri subito dove si trova quella<br />
grotta, ti lascerò nelle mani dei miei amichetti qui e <strong>di</strong>rò loro <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> te<br />
ciò che vogliono, basta che non ti riveda mai più in vita mia.»<br />
Mantenne lo sguardo fisso e il tono <strong>di</strong> voce uniforme. «Sono molto arrabbiato<br />
perché sono stato ingannato. E sono ancora più infuriato per ciò<br />
che è stato fatto all'Alto Signore. Ora io lo rivoglio qui, vivo e vegeto, e se<br />
tu vuoi avere qualche speranza <strong>di</strong> rivedere l'alba ti conviene aiutarmi a liberarlo.<br />
Il concetto si è impresso chiaramente nella tua testolina <strong>di</strong> uccello?»<br />
Seguì un altro lungo silenzio. «Ti conviene <strong>di</strong>re qualcosa in fretta» lo<br />
spronò Abernathy.<br />
La voce <strong>di</strong> Biggar uscì sotto forma <strong>di</strong> graci<strong>di</strong>o. «La grotta è a ovest, <strong>di</strong>etro<br />
il Cuore.» Poi tornò normale. «Ma non vi servirà a nulla.»<br />
Abernathy sorrise, mostrando ancora una volta i denti. «Vedremo.»<br />
L'Ultima Impresa <strong>di</strong> Biggar<br />
Mentre Filip teneva Biggar ben stretto, a Sot venne affidato il compito <strong>di</strong><br />
trovare i cavalli per il viaggio verso ovest, laddove la parola "trovare" non<br />
era altro che un eufemismo per la parola "rubare". Gli Gnomi Va'Via erano<br />
ladri per natura e abitu<strong>di</strong>ne, e non avevano alcun problema a interpretare la<br />
parola "trovare" alla loro maniera in qualsiasi situazione e circostanza. Il<br />
<strong>di</strong>fficile per loro non era riconciliarsi con chissà quali principi morali, ma<br />
bensì il fatto <strong>di</strong> accettare che dovessero usare dei cavalli. Né Abernathy né<br />
gli gnomi infatti nutrivano un particolare amore nei confronti degli equini,<br />
e per contro nemmeno i cavalli godevano molto della loro compagnia e<br />
presenza. Si trattava <strong>di</strong> una <strong>di</strong> quelle inimicizie innate che non potevano<br />
essere superate semplicemente perché dettate dalle circostanze o dal ragionamento.<br />
Tuttavia, la <strong>di</strong>stanza che dovevano percorrere poteva essere coperta<br />
a pie<strong>di</strong> in una giornata intera, oppure a cavallo in circa quattro ore. E
dato che il tempo scarseggiava e che all'alba Kallendbor e lo sconosciuto<br />
dal mantello nero avrebbero senz'altro cercato un modo per stringere definitivamente<br />
il loro asse<strong>di</strong>o a Sterling Silver, la necessità dettava legge e i<br />
cavalli andavano tollerati.<br />
Anche se a malapena.<br />
Sot tornò in tempo record, tirandosi <strong>di</strong>etro due cavalli con tanto <strong>di</strong> cavezza<br />
e coperta, un baio e un sauro, che aveva evidentemente sottratto a<br />
qualcuno. Tuttavia, non aveva pensato né alle selle né alle briglie, il che<br />
complicava non poco le cose. I cavalli già sbuffavano e scalpitavano con<br />
nervosismo davanti a quel piccolo ro<strong>di</strong>tore stracciato e incrostato <strong>di</strong> terra<br />
che li conduceva. In mancanza delle selle, Abernathy decise <strong>di</strong> lasciare le<br />
coperte sui dorsi degli animali, tagliandole con il coltello da caccia <strong>di</strong> Sot<br />
affinché non pendessero oltre i loro fianchi e fissandole alla meglio con<br />
strisce improvvisate ricavate dai pezzi tagliati. Alla fine risultò un lavoro<br />
dall'aspetto pietoso, ma non si poteva fare <strong>di</strong> meglio.<br />
Montarono in sella (si fa per <strong>di</strong>re), Abernathy sul sauro, che era il più<br />
turbolento dei due, e Filip e Sot sul baio. Filip teneva la cavezza e Sot l'uccello.<br />
I cavalli stavano scalpitando più <strong>di</strong> prima, ormai consapevoli <strong>di</strong> ciò<br />
che li aspettava e per nulla felici della prospettiva. Abernathy li condusse<br />
dapprima al passo, ansioso <strong>di</strong> allontanarsi il più possibile dall'accampamento<br />
prima <strong>di</strong> rischiare <strong>di</strong> attirare l'attenzione con il galoppo. Vi riuscirono<br />
senza molta fatica, e quando furono a <strong>di</strong>versi chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
nella zona collinosa a ovest <strong>di</strong> Sterling Silver, Abernathy <strong>di</strong>ede un calcetto<br />
al fianco del suo animale e partirono <strong>di</strong> gran carriera.<br />
I cavalli scattarono al galoppo senza alcuna esitazione, sfrecciando attraverso<br />
gli alberi e le colline come creature possedute. Abernathy tentò <strong>di</strong><br />
frenare il suo sauro, ma la bestia non ne voleva sapere. Libero dalla costrizione<br />
del morso e della briglia, prese semplicemente il comando della situazione.<br />
Nel giro <strong>di</strong> poco, Abernathy si rese conto che l'unica cosa che<br />
poteva fare era tentare <strong>di</strong> rimanere aggrappato. Alle sue spalle, sentiva gli<br />
ululati <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione degli gnomi. Se fossero caduti, avrebbero potuto<br />
perdere l'uccello. E se avessero perso l'uccello, sarebbero stati spacciati.<br />
Abernathy strinse i denti e si trattenne dal gridare inutili consigli alle sue<br />
spalle.<br />
Dopo un po' i cavalli iniziarono a stancarsi, rallentando gradualmente in<br />
un trotto e infine in un passo. I tre cavalieri erano ancora tutti a bordo e in<br />
possesso delle loro facoltà, anche se si sentivano come se le loro ossa fossero<br />
state fatte a pezzi e riassemblate in maniera <strong>di</strong>fferente. Comunque fos-
se, avevano percorso un bel po' <strong>di</strong> strada in un tempo relativamente breve,<br />
e nel giro <strong>di</strong> un attimo si ritrovarono oltre il Cuore, sempre <strong>di</strong>retti a ovest.<br />
Abernathy prese a voltarsi regolarmente per chiedere in<strong>di</strong>cazioni all'uccello,<br />
che per quanto reticente fornì ciò che gli veniva richiesto. Le lune si<br />
spostarono languidamente sull'orizzonte e nel cielo mentre la notte cedeva<br />
lentamente il passo al mattino. Il paesaggio mutò gradualmente il suo aspetto;<br />
gli alberi si infittirono e la foresta <strong>di</strong>venne più buia. Nel giro <strong>di</strong> poco<br />
si ritrovarono a procedere con estrema cautela in mezzo a un bosco che<br />
non offriva alcun sentiero e non permetteva nessun passo falso.<br />
Circa un'ora dopo, raggiunsero la grotta. Smontarono da cavallo in cima<br />
a una collina piuttosto ripida, legarono le bestie a un albero e scesero giù<br />
per il pen<strong>di</strong>o fino a un fitto <strong>di</strong> vegetazione intricata. Scesero molto lentamente,<br />
poiché erano tutti piuttosto indolenziti per la cavalcata. Gli gnomi<br />
si lamentavano in continuazione e ad alta voce, tanto che Abernathy pensò<br />
<strong>di</strong> imbavagliarli. Giunti in fondo al pen<strong>di</strong>o, attraversarono i cespugli e si<br />
trovarono davanti a un'enorme pietra piatta sulla quale erano stati incisi<br />
simboli intricati. Abernathy non era in grado né <strong>di</strong> leggere né <strong>di</strong> capire i<br />
simboli.<br />
«E adesso?» domandò a Biggar.<br />
L'uccello sembrava il peggio conciato dei tre, avendo fatto tutto il percorso<br />
a testa in giù, stretto per le zampe da Sot, che aveva faticato parecchio<br />
per mantenersi in sella al baio. Le sue piume spuntavano fuori da ogni<br />
lato, e il suo corpo normalmente <strong>di</strong> un nero lucido era completamente ricoperto<br />
<strong>di</strong> polvere.<br />
«Cosa vuoi che ti <strong>di</strong>ca ancora?» sbottò l'uccello in tutta risposta. «Quando<br />
mi lascerete andare?»<br />
«Solo quando vedrò davanti a me l'Alto Signore, sano e salvo» replicò<br />
Abernathy, che non era certo dell'umore giusto per <strong>di</strong>scutere.<br />
Biggar sputò a terra con aria sdegnosa. «Questo non accadrà mai. Non<br />
accadrà se vi faccio entrare nella grotta, non accadrà se vi mostro la scatola<br />
e non accadrà nemmeno se vi <strong>di</strong>co la formula. Non accadrà perché tu non<br />
sei né un mago né uno stregone, e non sei in grado <strong>di</strong> evocare nessun tipo<br />
<strong>di</strong> magia.»<br />
«Senti un po' chi parla, un uccello» ribatté Abernathy. «Tu pensa a farci<br />
entrare, Biggar. Al resto ci penso io.»<br />
«Benissimo» <strong>di</strong>sse il pennuto. «Come vuoi. Tocca i simboli incisi nell'or<strong>di</strong>ne<br />
che ti <strong>di</strong>rò.» Ripeté la procedura per l'apertura della porta <strong>di</strong> pietra<br />
che aveva imparato osservando Horris Kew.
Un attimo dopo, la lastra <strong>di</strong> pietra scivolò da un lato producendo un suono<br />
stridente. Si trovarono davanti a un buco nero nel quale si intravedeva<br />
una debole fosforescenza argentea. La compagnia rimase a fissare quell'oscurità<br />
poco invitante, leggermente in soggezione.<br />
«Ebbene?» sogghignò Biggar. «Avete forse intenzione <strong>di</strong> rimanere qui a<br />
guardare tutto il giorno? Avanti, facciamola finita.»<br />
«Quanto è lunga questa grotta?» domandò Abernathy.<br />
«Va avanti finché non finisce!» ribatté l'uccello.<br />
Abernathy lo ignorò. Le grotte gli piacevano ancor meno dei tunnel, ma<br />
non poteva rischiare <strong>di</strong> mandare dentro gli Gnomi Va'Via da soli. Non si<br />
poteva sapere ciò che sarebbe accaduto. D'altro canto, non era affatto ansioso<br />
<strong>di</strong> entrare in una potenziale trappola.<br />
«Andrò io per primo» intervenne Filip, provvedendo a una soluzione del<br />
problema.<br />
«Io secondo» si offrì Sot.<br />
«A noi non <strong>di</strong>spiacciono tunnel e grotte.»<br />
«A noi piace il buio.»<br />
Per Abernathy andava benissimo. Non chiedeva <strong>di</strong> meglio che rimanere<br />
alle loro spalle, che era anche il modo migliore per tenere d'occhio la situazione.<br />
Fra l'altro, se vi era qualche trappola, gli Gnomi Va'Via avrebbero<br />
potuto in<strong>di</strong>viduarla con maggiore facilità rispetto a lui. Peccato che il<br />
suo naso funzionasse meglio dei suoi occhi ma così stavano le cose, ed era<br />
inutile rammaricarsi.<br />
«Va bene» assentì. «Ma state attenti.»<br />
«Non preoccuparti per noi» <strong>di</strong>sse Filip con tono allegro.<br />
«Nemmeno per un attimo» assentì Sot.<br />
Quel che è giusto è giusto, concesse Abernathy. Comunque fosse, non<br />
era molto incline a preoccuparsi per i due. «Basta che teniate l'uccello ben<br />
stretto» or<strong>di</strong>nò.<br />
Si infilarono nel cunicolo, non senza una certa cautela, lasciando l'oscurità<br />
della notte per quella della grotta. La fosforescenza argentea luccicava<br />
debolmente sulle pareti del corridoio davanti a loro, come fosse una luce <strong>di</strong><br />
candela vista attraverso un vetro bagnato. Si fermarono appena entrati per<br />
abituare gli occhi al buio. L'aria era sorprendentemente tiepida, e il silenzio<br />
era immenso.<br />
Abernathy venne colto da un improvviso, terribile pensiero. E se il Gorse<br />
li avesse preceduti per qualche motivo e fosse già lì ad aspettarli? La sola<br />
idea lo spaventò a tal punto che per un attimo non riuscì nemmeno a
muoversi. Improvvisamente, si rese conto che si era imbarcato in un'impresa<br />
che andava al <strong>di</strong> là delle sue possibilità. Non aveva armi, non aveva<br />
magia, e non aveva alcuna abilità particolare per <strong>di</strong>fendersi. E in quanto<br />
agli gnomi, si potevano considerare pressoché inutili in caso <strong>di</strong> combattimento;<br />
non avrebbero fatto altro che cercare un luogo per nascondersi.<br />
Quell'impresa nella quale si era lanciato così a testa bassa era costellata <strong>di</strong><br />
pericoli, e le possibilità <strong>di</strong> fallimento erano realmente elevate. Come gli<br />
era venuto in mente <strong>di</strong> fare una cosa del genere?<br />
Dopo un po' però la paura passò, e Abernathy riuscì a calmarsi. Aveva<br />
fatto ciò che doveva fare, ciò che era giusto e necessario, e questo era<br />
quanto bastava per giustificare qualsiasi tipo <strong>di</strong> rischio. La sorte dell'Alto<br />
Signore Ben Holiday <strong>di</strong>pendeva da lui. Non sapeva esattamente in che<br />
modo, ma sapeva che era così. Ricordò nuovamente a se stesso come avesse<br />
aiutato il Gorse e Horris Kew nei loro sforzi per sobillare la popolazione<br />
<strong>di</strong> Landover e minare il trono. Ricordò a se stesso il debito che doveva pagare<br />
per la sua stupi<strong>di</strong>tà.<br />
«Avanti, proce<strong>di</strong>amo» annunciò con tono coraggioso.<br />
Gli gnomi, che per tutto quel tempo lo avevano osservato mentre era assorto<br />
nelle sue riflessioni, iniziarono a scendere. Abernathy inspirò profondamente<br />
e li seguì.<br />
La porta <strong>di</strong> pietra si chiuse imme<strong>di</strong>atamente alle loro spalle.<br />
Abernathy trasalì, gli gnomi cacciarono un grido, e per un istante vi fu il<br />
pandemonio completo. Abernathy si lanciò istintivamente contro la porta<br />
nel tentativo <strong>di</strong> riaprirla. Gli gnomi si affrettarono ad aiutarlo, ma nella<br />
confusione si scontrarono l'un l'altro. Nel momento dello scontro, Biggar<br />
rifilò una forte beccata sulla mano <strong>di</strong> Sot, che non poté fare a meno <strong>di</strong> mollare<br />
la presa.<br />
Biggar si liberò imme<strong>di</strong>atamente, si librò nella grotta in un batter d'occhio<br />
e scomparve nella sua oscurità con un battito d'ali.<br />
All'interno del Labirinto, Ben Holiday si fece lentamente strada attraverso<br />
la nebbia, tenendo il talismano del medaglione davanti a sé. Strabo e<br />
Nightshade lo seguivano in silenzio. Da quando era stata rivelata la loro<br />
identità erano cambiati tutti internamente, ma esternamente ognuno <strong>di</strong> loro<br />
rimaneva han<strong>di</strong>cappato sia nell'aspetto sia nelle facoltà e sentiva ancora <strong>di</strong><br />
più <strong>di</strong> prima il peso <strong>di</strong> quell'imprigionamento. Ora avevano la sensazione<br />
<strong>di</strong> percorrere i loro ultimi chilometri, che se non fossero riusciti a liberarsi
in quell'occasione sarebbero rimasti intrappolati in eterno. La <strong>di</strong>sperazione<br />
cresceva costantemente nella compagnia.<br />
Ma nessuno <strong>di</strong> loro ne era consapevole più <strong>di</strong> Ben, che rappresentava la<br />
loro unica speranza. Il medaglione non gli forniva alcuna in<strong>di</strong>cazione; non<br />
emetteva alcuna luce e non in<strong>di</strong>cava alcuna <strong>di</strong>rezione. Camminava come<br />
un cieco, senza vedere nulla del sentiero che stava percorrendo, affidandosi<br />
unicamente al fatto che il medaglione lo aveva già aiutato a uscire dalle<br />
nebbie fatate e che doveva farlo ancora una volta se dovevano avere una<br />
seppur minima speranza <strong>di</strong> sopravvivere. Poiché ormai la cosa importante<br />
era <strong>di</strong>ventata proprio la sopravvivenza, anche se nessuno aveva ancora<br />
pronunciato quella parola. Se rimanevano nelle nebbie ancora molto tempo,<br />
sarebbero senz'altro impazziti. La pazzia era una certezza che intravedevano<br />
con la stessa chiarezza della <strong>di</strong>sperazione che già li possedeva, un<br />
drappo funebre inesorabile e inevitabile come la Foschia che appariva ogni<br />
qual volta si trovavano in pericolo. Solo che al contrario della Foschia, la<br />
pazzia sarebbe venuta per <strong>di</strong>struggerli, e non certo per proteggerli. E lo avrebbe<br />
fatto gradualmente, come già stava facendo, erodendo lentamente<br />
la loro sicurezza, le loro speranze e la loro volontà. Li stava consumando<br />
lentamente come una malattia mortale, il cui fine ultimo e inevitabile era<br />
proprio quello <strong>di</strong> portarli alla loro morte.<br />
Ma non ancora, si ripeté Ben internamente. Il solo fatto <strong>di</strong> aver rivisto<br />
Willow, anche se in sogno, anche se per un momento tanto breve il fatto <strong>di</strong><br />
averla vista e <strong>di</strong> sapere che contava su <strong>di</strong> lui, che lo stava aspettando da<br />
qualche parte al <strong>di</strong> fuori delle nebbie del Labirinto, lei e il loro bimbo, era<br />
quanto bastava a rafforzare la sua determinazione e ad alimentare la sua<br />
voglia <strong>di</strong> vivere. Avrebbe trovato una via d'uscita. Il medaglione gliel'avrebbe<br />
fornita. Doveva per forza essere così.<br />
«Io non vedo alcun cambiamento» <strong>di</strong>sse la voce <strong>di</strong> Nightshade alle sue<br />
spalle.<br />
In effetti, non aveva torto. A quanto pareva non stavano facendo alcun<br />
progresso, sebbene camminassero ormai da <strong>di</strong>verse ore. Se il medaglione<br />
funzionava, non avrebbero dovuto già essere fuori? Quanto tempo occorreva?<br />
Ben scrutò davanti a sé nell'oscurità, cercando <strong>di</strong> intravedere qualche<br />
cambiamento nello spessore della nebbia. Non rallentò il suo passo, pensando<br />
che se lo avesse fatto avrebbero potuto anche fermarsi, e che se si<br />
fossero fermati sarebbero stati perduti. Il movimento dava loro la speranza,<br />
qualsiasi genere <strong>di</strong> movimento.<br />
«L'umi<strong>di</strong>tà è <strong>di</strong>minuita» <strong>di</strong>sse Strabo improvvisamente.
Ben abbassò lo sguardo. Aveva ragione. Il terreno sul quale stavano<br />
camminando era più duro <strong>di</strong> quanto non fosse mai stato da quando erano<br />
entrati nelle nebbie. Forse si trattava <strong>di</strong> un segno. Lo prese come tale e accelerò<br />
il passo. Davanti a loro, gli alberi sembravano <strong>di</strong>radarsi. Era possibile?<br />
La speranza sbocciò nel suo cuore, facendogli accelerare i battiti. Gli<br />
alberi si stavano effettivamente <strong>di</strong>radando, cedendo il passo a una radura,<br />
che a sua volta si apriva in un sentiero, una specie <strong>di</strong> tunnel che penetrava<br />
fra le fronde <strong>di</strong> alberi antichi e massicci, insinuandosi nelle profon<strong>di</strong>tà oscure<br />
<strong>di</strong>...<br />
«Sì» sussurrò ad alta voce.<br />
Poiché il sentiero al quale si stavano avvicinando era riconoscibile, ad<strong>di</strong>rittura<br />
familiare per tutti coloro che erano passati dalle nebbie fatate a<br />
Landover. Affrettarono il loro passo illuminandosi <strong>di</strong> aspettativa. Persino<br />
Nightshade sembrava essere elettrizzata davanti a quella prospettiva ormai<br />
inaspettata. Si infilarono nel tunnel <strong>di</strong> alberi e fogliame <strong>di</strong> tutta fretta, in<br />
formazione compatta, quasi <strong>di</strong> corsa. Finalmente avevano trovato il contatto<br />
che cercavano, la via d'uscita per tornare da dove erano venuti. Qui non<br />
vi erano fate, non vi erano suoni, non vi era movimento, non vi era alcun<br />
segno <strong>di</strong> vita eccetto gli alberi che li circondavano e i cespugli e la nebbia<br />
che li celavano ancora. Si trovavano ancora all'interno delle nebbie fatate<br />
del Labirinto, ma da qualche parte davanti a loro, a poca <strong>di</strong>stanza, li attendeva<br />
la porta che li avrebbe condotti fuori.<br />
Improvvisamente, si trovarono immersi nell'oscurità, in un buio pesto<br />
che ben presto si focalizzò in una parete immensa che si innalzava davanti<br />
a loro all'infinito. Rallentarono i loro passi e si fermarono davanti a<br />
quell'oscurità, sconvolti dal fatto <strong>di</strong> trovarsi davanti a una simile barriera.<br />
Toccarono la sua superficie, e la scoprirono dura e inamovibile come pietra.<br />
Percorsero il suo perimetro per una certa <strong>di</strong>stanza in entrambe le <strong>di</strong>rezioni,<br />
dopo<strong>di</strong>ché tornarono sui loro passi. Il muro non offriva nessuna porta,<br />
nessun passaggio, nessuna via d'uscita.<br />
«Cos'è questa follia?» sibilò Nightshade con rabbia.<br />
Ben scosse il capo. Il medaglione non serviva né ad aprire loro un passaggio<br />
né a mostrar loro una via d'uscita. Quella parete, qualunque cosa<br />
fosse, era impermeabile alla magia. Com'era possibile? Se erano le nebbie<br />
fatate a tenerli imprigionati, allora il medaglione doveva per forza farli uscire<br />
in un modo o nell'altro. Il medaglione era in grado <strong>di</strong> penetrare in<br />
qualsiasi punto delle nebbie.
Poi, improvvisamente, Ben si rese conto <strong>di</strong> che cosa si trattasse. Quella<br />
parete nera non faceva parte delle nebbie fatate. Si trattava della parete della<br />
Scatola magica stessa, una forma <strong>di</strong> magia <strong>di</strong>versa rispetto a quella delle<br />
nebbie, una barriera finale che impe<strong>di</strong>va loro ogni via <strong>di</strong> fuga. E la chiave<br />
per aprire quella porta, temeva, non si trovava all'interno della loro prigione.<br />
Doveva trovarsi al <strong>di</strong> fuori.<br />
Fece un passo in<strong>di</strong>etro, colto da un'improvvisa frustrazione e <strong>di</strong>sperazione.<br />
Nel suo sogno era riuscito a uscire dalle nebbie della Scatola magica,<br />
ma ora non ne era più capace.<br />
«E ora cosa dovremmo fare?» domandò Strabo a bassa voce.<br />
Il Gargoyle era accucciato al suo fianco, e nella sua voce vi era un accenno<br />
<strong>di</strong> rabbia.<br />
Ben Holiday non conosceva la risposta alla sua domanda.<br />
Biggar impiegò pochi istanti per giungere al fondo della caverna, alla sala<br />
dove il Gorse aveva nascosto la Scatola magica. Planò fino a uno scaffale<br />
<strong>di</strong> pietra situato nei recessi più oscuri della grotta, lo scaffale sul quale si<br />
trovava la scatola, e vi si appollaiò sopra. E ora. Fino a quel momento non<br />
aveva pensato ad altro che a un modo per fuggire, e adesso che vi era riuscito<br />
non aveva assolutamente idea <strong>di</strong> quale potesse essere la sua mossa<br />
successiva. Vi era un solo modo per uscire dalla grotta, e significava tornare<br />
da dove era venuto. Sopra la porta <strong>di</strong> pietra vi erano altri simboli incisi,<br />
<strong>di</strong>versi da quelli esterni ma lui conosceva anche quella combinazione. Ciò<br />
che doveva fare quin<strong>di</strong> era trovare un modo per allontanare da quella zona<br />
il cane e i due furetti il tempo necessario per aprire la porta.<br />
Già sentiva che si stavano avvicinando. Sentiva i loro passi e le loro vocine<br />
squillanti.<br />
«Vieni, vieni, uccellino» chiamò uno <strong>di</strong> loro.<br />
Biggar fece una smorfia. Uccellino, eh?<br />
Attese con pazienza nell'oscurità finché non li vide apparire. Si materializzarono<br />
dalle ombre come maialini pelosi, annusando il pavimento della<br />
grotta. Che scena patetica! Si trattava dei furetti, o <strong>di</strong> qualunque cosa fossero,<br />
null'altro che dei poveri imbecilli che avevano più o meno le stesse<br />
possibilità <strong>di</strong> acciuffarlo <strong>di</strong> quante ne avessero <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare professori <strong>di</strong> fisica.<br />
«Vieni, uccellino» ripeté uno dei due con tono paziente.<br />
«Fatti vedere, stupido uccello» sbottò l'altro.
Doveva trattarsi <strong>di</strong> quello a cui aveva rifilato la beccata, pensò Biggar.<br />
Se il suo becco gliel'avesse permesso, avrebbe sorriso. Sperò <strong>di</strong> avergli fatto<br />
molto male. Sperò che la ferita <strong>di</strong> quella sciocca bestia si infettasse e<br />
andasse in cancrena. Dopo il modo in cui lo aveva trattato, trasportandolo<br />
a testa in giù su quel maledetto cavallo! Facendogli sbattere la testa in continuazione<br />
nel suo sforzo <strong>di</strong> rimanere in sella! Adesso si sarebbero accorti<br />
<strong>di</strong> che cosa significava scherzare con Biggar!<br />
Si alzò dal suo trespolo e volò attraverso la sala. I due lo videro imme<strong>di</strong>atamente,<br />
i loro occhi più acuti <strong>di</strong> quanto non avesse previsto, e balzarono<br />
verso l'alto nel tentativo <strong>di</strong> afferrarlo mentre passava. Un tentativo futile,<br />
naturalmente. Biggar si trovava a sei metri <strong>di</strong> altezza e si muoveva a velocità<br />
nettamente superiore. Sfrecciò sopra le loro teste e si lanciò verso<br />
l'uscita mentre i due stavano ancora afferrando aria. Forse anche il cane era<br />
venuto a dargli la caccia. Forse.<br />
Ma invece no. Il cane si era piazzato esattamente davanti alla barriera <strong>di</strong><br />
pietra dell'uscita, e lo stava aspettando. Biggar virò <strong>di</strong> tutta fretta, evitando<br />
per un pelo le mani protese e i denti <strong>di</strong> Abernathy. Il cane era più intelligente<br />
dei furetti. Non avrebbe lasciato fuggire Biggar tanto facilmente.<br />
«Torna qua, maledetto...»<br />
Gli epiteti del cane scemarono fra gli echi che rimbalzavano sulla pietra<br />
mentre Biggar tornava in volo verso la sala principale. Erano in una situazione<br />
<strong>di</strong> stallo. Biggar tentò <strong>di</strong> riflettere. Adesso erano tutti intrappolati<br />
nella grotta. Il trucco stava nel trovare un modo <strong>di</strong> attirare il cane verso il<br />
basso, allontanarlo dall'uscita quanto bastava per azionare la serratura. Una<br />
volta fuori dalla grotta, non avrebbero avuta alcuna possibilità <strong>di</strong> acciuffarlo.<br />
Poi avrebbero dovuto vedersela con il Gorse. Biggar si domandò improvvisamente<br />
se vi fosse la possibilità che il Gorse tornasse alla grotta<br />
quella sera stessa. Poteva darsi che Horris andasse a riferirgli della sua<br />
scomparsa. Forse. Ma forse Horris non era così intelligente. Soprattutto in<br />
quei giorni, Horris era talmente stupido che non era nemmeno in grado <strong>di</strong><br />
allacciarsi le scarpe. Da quando il Gorse era stato liberato, Horris aveva<br />
assunto un atteggiamento spaventato e confuso, e questo influenzava ogni<br />
sua azione. Biggar pensò che forse era giunto il momento <strong>di</strong> trovarsi un<br />
nuovo socio. In fondo, a che cosa gli serviva Horris? Il cervello della coppia<br />
era lui. Lo era sempre stato.<br />
Si innalzò verso il soffitto mentre si avvicinava alla sala, ma nonostante<br />
ciò riuscì a evitare Sot solo per un pelo. Lo gnomo infatti si era appollaiato<br />
ad aspettarlo su una sporgenza nella roccia a <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> altezza, e si
tuffò con le mani protese non appena lo vide arrivare, mancando la presa<br />
<strong>di</strong> un pelo e piombando a terra con un tonfo. Biggar ascoltò con piacere il<br />
tonfo e le lamentele che seguirono. Molto bene.<br />
«Ottimo tentativo, faccia <strong>di</strong> topo» cantilenò con gioia, ma poi fu costretto<br />
a cambiare nuovamente <strong>di</strong>rezione mentre l'altro gli lanciava <strong>di</strong>etro un<br />
oggetto. Si trattava <strong>di</strong> una pentola o <strong>di</strong> un piatto <strong>di</strong> metallo, qualcosa che<br />
aveva portato dentro Horris. Emise uno strido rauco e si sollevò fino al<br />
soffitto. Era giunto il momento <strong>di</strong> un'azione evasiva.<br />
Gli gnomi insistettero nel loro attacco, lanciandogli <strong>di</strong>etro oggetti <strong>di</strong> tutti<br />
i generi, tentando <strong>di</strong> abbatterlo in qualche modo. Gli tirarono <strong>di</strong>etro qualsiasi<br />
cosa trovassero, urlando e strepitando in continuazione, chiamandolo<br />
"stupido uccello" e peggio, sempre più arrabbiati. Ottima cosa, pensò Biggar.<br />
Più sono furiosi più sono portati a commettere errori, e lui contava<br />
proprio su un loro errore. Ancora non avevano in<strong>di</strong>viduato la Scatola magica,<br />
e Biggar decise <strong>di</strong> mantenersi sempre a debita <strong>di</strong>stanza dallo scaffale<br />
sul quale si trovava. Producendosi in continue acrobazie aeree, li prese in<br />
giro spietatamente, tirandoli scemi, rispondendo ai loro insulti e sfidandoli<br />
a venire a prenderlo. I<strong>di</strong>oti com'erano, i due continuarono a urlare e a lanciargli<br />
<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> tutto. Tanto meglio per lui.<br />
D'altro canto, stava iniziando a sentirsi un po' stanco <strong>di</strong> tutte quelle acrobazie,<br />
e ancora non aveva un piano per far allontanare il cane dalla porta.<br />
Aveva bisogno <strong>di</strong> qualcosa che attirasse il cane, qualcosa che non potesse<br />
fare a meno <strong>di</strong> ignorare. Si domandò improvvisamente che cosa sarebbe<br />
accaduto se avesse proferito le parole dell'incantesimo che aveva imprigionato<br />
Holiday e gli altri. Nulla <strong>di</strong> buono, decise, scartando l'idea. Quella<br />
scatola era troppo pericolosa. E poi c'era sempre la possibilità che liberasse<br />
i suoi prigionieri. Meglio lasciarla lì dov'era. Spazzò nuovamente la grotta<br />
alla ricerca <strong>di</strong> una possibile via d'uscita, una fessura, una crepa o qualcosa<br />
<strong>di</strong> simile. Non vi era nulla.<br />
Nel frattempo, gli Gnomi Va'Via stavano togliendo le lenzuola dal letto<br />
improvvisato <strong>di</strong> Horris Kew e le stavano legando assieme per formare una<br />
rete. Fate pure, sogghignò fra sé Biggar. Scese in picchiata per <strong>di</strong>sturbarli,<br />
cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarli, continuando a prenderli in giro. Vide il bagliore nei<br />
loro occhi giallastri mentre si chinavano per schivarlo e gli sibilavano <strong>di</strong>etro<br />
imprecazioni. Erano veramente arrabbiati ora, tutt'e due. Completarono<br />
la loro rete, tutta tempestata <strong>di</strong> buchi (che i<strong>di</strong>oti!) e iniziarono a tentare <strong>di</strong><br />
costringerlo in un angolo per intrappolarlo.
«I<strong>di</strong>oti! Testequadre! Topastri!» li schernì mentre evitava con estrema<br />
facilità i loro patetici sforzi.<br />
Poi cambiò tattica, piombando a terra per raccogliere alcuni fra gli oggetti<br />
più leggeri che gli erano stati tirati <strong>di</strong>etro, portandoli fino alla volta<br />
della grotta per poi lasciarli cadere sulle teste degli gnomi. I due emisero<br />
ululati e grida <strong>di</strong> rabbia. Forse questo avrebbe attirato l'attenzione del cane,<br />
pensò Biggar. Ma il cane rimase dov'era. Forse il fracasso non era stato<br />
sufficiente. Ritentò con qualcosa <strong>di</strong> più pesante, un grosso mestolo <strong>di</strong> legno,<br />
che lasciò cadere esattamente sulla testa <strong>di</strong> Filip. Lo gnomo perse l'equilibrio<br />
sulla sporgenza <strong>di</strong> roccia sulla quale si era arrampicato e cadde <strong>di</strong><br />
testa da tre metri <strong>di</strong> altezza. Il colpo doveva avergli procurato un dolore<br />
terribile, ma il piccolo essere si rialzò imme<strong>di</strong>atamente. Teste <strong>di</strong> legno,<br />
pensò Biggar. Non avendo cervello, dovevano avere il cranio ben spesso.<br />
Il gioco continuò per un bel po', con gli gnomi che tentavano <strong>di</strong> catturare<br />
Biggar nella loro rete e Biggar che li evitava regolarmente e li scherniva in<br />
continuazione insultandoli. Nessuna delle due parti stava ottenendo alcun<br />
vantaggio sull'altra. Biggar prese a insultare ad alta voce anche il cane, ma<br />
non venne alcuna risposta. Tentò anche <strong>di</strong> stimolarlo <strong>di</strong>rettamente, sfrecciando<br />
nel tunnel fino al punto in cui si era piazzato <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, insultandolo<br />
<strong>di</strong> prima persona e girandogli attorno ad alta velocità, ma il cane non<br />
abbandonò la postazione.<br />
Alla fine, il primo a perdere la pazienza fu proprio Biggar. Non riusciva<br />
a sopportare l'idea <strong>di</strong> essere tenuto in stallo così a lungo da quegli i<strong>di</strong>oti.<br />
Decise quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tentare qualcosa <strong>di</strong> decisivo, qualcosa che avrebbe per<br />
forza interrotto quella situazione insostenibile. Sfrecciò attraverso il salone,<br />
passando sopra le teste e le mani protese degli gnomi, arrivando fino al<br />
punto in cui si trovava la Scatola magica. Basta con la cautela. L'unica cosa<br />
che avrebbe potuto attirare l'attenzione del cane era proprio la Scatola,<br />
soprattutto se pensava che le potesse accadere qualcosa <strong>di</strong> brutto. Ebbene,<br />
Biggar lo avrebbe accontentato.<br />
Tornò in picchiata sui maledetti furetti, spingendoli verso l'ingresso,<br />
mantenendosi piuttosto vicino per dar loro la speranza <strong>di</strong> poterlo finalmente<br />
acchiappare. Quando li ebbe spinti dalla parte opposta della sala, sfrecciò<br />
via <strong>di</strong> colpo a tutta velocità e tornò allo scaffale <strong>di</strong> pietra. Atterrò <strong>di</strong>rettamente<br />
sulla Scatola magica, infilò gli artigli nei solchi formati dalle incisioni<br />
dei simboli <strong>di</strong> potere, strinse la presa e decollò nuovamente. La scatola<br />
era pesante e piuttosto ingombrante. Vide gli gnomi che correvano verso<br />
<strong>di</strong> lui, gridando in maniera sempre più feroce ora che si erano accorti <strong>di</strong>
quanto stava facendo. Ciò nonostante, nella loro incoerenza, non gridarono<br />
nulla del tipo "La Scatola magica", e <strong>di</strong> conseguenza il cane non venne attirato.<br />
Stringendo il becco per lo sforzo, Biggar si sollevò nell'oscurità,<br />
mantenendo la scatola ben salda fra gli artigli. Sbatté le ali in maniera selvaggia<br />
per mantenersi in volo. Iniziarono a dolergli i muscoli. Da basso, i<br />
furetti saltavano come pazzi nel loro <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong> afferrarlo.<br />
Biggar continuò a sbattere le ali a fatica finché non si trovò nel punto più<br />
alto della sala <strong>di</strong> pietra. La Scatola magica oscillava fra i suoi artigli. Ciò<br />
che aveva in mente era <strong>di</strong> portarsela in giro ancora per qualche momento<br />
per poi lasciarla cadere a terra. A quel punto, il cane non avrebbe potuto<br />
fare a meno <strong>di</strong> venire a vedere che cosa stesse accadendo.<br />
«Vieni giù, stupido uccello!» ululò uno degli gnomi.<br />
«Perché non vieni su tu?» lo schernì <strong>di</strong> rimando Biggar.<br />
«Te ne pentirai!» gridò l'altro.<br />
«Volete vedere che cosa succede se mollo questa scatola?» li provocò,<br />
facendo oscillare in maniera sempre più precaria il contenitore <strong>di</strong> legno.<br />
«Non credo <strong>di</strong> poterla tenere ancora a lungo.»<br />
I due presero a gridare come spiritati, correndo per la sala come topi<br />
scacciati dalla loro tana. Biggar godette immensamente <strong>di</strong> quella scena <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sperazione. Passò da una parte all'altra della sala, trascinandoseli <strong>di</strong>etro<br />
come una coppia <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>cole, inutili pe<strong>di</strong>ne.<br />
Ma il cane rimase dov'era.<br />
Dopo un po', perse definitivamente quel poco <strong>di</strong> pazienza che ancora gli<br />
rimaneva. Bene, se era così che volevano giocare, per lui andava più che<br />
bene. Tanto più che ormai non ce la faceva veramente più Si sollevò nuovamente<br />
fino al punto più alto della sala e mollò la scatola.<br />
Sfortunatamente, si rese conto solo dopo averla mollata che uno dei suoi<br />
artigli si era impigliato in un'incisione.<br />
La Scatola magica cadde giù, piombando verso il suolo della caverna,<br />
seguita a ruota da Biggar. L'uccello si agitò furiosamente per liberarsi,<br />
spingendo e grattando <strong>di</strong>speratamente con l'altra zampa, ma non c'era nulla<br />
da fare. Vide il pavimento <strong>di</strong> pietra davanti a sé, cacciò un grido e chiuse<br />
gli occhi.<br />
Tuttavia, non accadde ciò che si era aspettato. Non sentì alcun colpo violento<br />
sulla pietra, non udì il tonfo della scatola, non provò dolore. Nell'ultimo<br />
momento possibile, Sot si era lanciato attraverso il pavimento e aveva<br />
preso al volo sia la scatola che l'uccello fra le sue braccia nodose e pelose.
Biggar fece appena a tempo ad aprire gli occhi che si ritrovò una mano<br />
stretta attorno al suo povero collo.<br />
«Ti ho preso adesso, stupido uccello» sussurrò lo gnomo.<br />
Abernathy ascoltò attentamente dalla sua postazione all'ingresso della<br />
grotta; tutto il frastuono e il tumulto che aveva sentito provenire dalla sala<br />
interna fino a quel momento era cessato tutt'a un tratto, sostituito da un silenzio<br />
tanto improvviso quanto inaspettato. Attese che i suoni della battaglia<br />
riprendessero, ma invece il silenzio perdurò. Evidentemente era accaduto<br />
qualcosa, ma che cosa? Non poteva permettersi <strong>di</strong> abbandonare la sua<br />
postazione per scoprirlo. Sapeva benissimo che Biggar non avrebbe esitato<br />
un attimo ad approfittarne. Ormai era più <strong>di</strong> un'ora che l'uccello tentava <strong>di</strong><br />
allontanarlo da lì. Abernathy aveva preferito delegare a Filip e Sot il compito<br />
<strong>di</strong> acchiappare quella maledetta creatura volatile, pensando che, in ogni<br />
caso, i due fossero più adatti a un compito simile. Non era sicuro che i<br />
due sarebbero riusciti ad acchiappare l'uccello, ma comunque non aveva<br />
molte possibilità <strong>di</strong> scelta. Sicuramente gli gnomi si erano dati da fare, e la<br />
prova dei loro sforzi stava proprio nei rumori che aveva sentito fino a quel<br />
momento, una cacofonia continua <strong>di</strong> grida e <strong>di</strong> tonfi che suggeriva ogni<br />
genere <strong>di</strong> avvenimenti più o meno sgradevoli.<br />
Solo che adesso non sentiva più nulla.<br />
«Filip?» chiamò con voce esitante. «Sot?»<br />
Nessuna risposta. Attese con ansia. Cosa doveva fare?<br />
Infine, dopo qualche minuto, due sagome oscure ma familiari apparvero<br />
nella penombra illuminata a malapena dalla fosforescenza. Portavano con<br />
sé una scatola intagliata in maniera intricata. Abernathy sentì il cuore che<br />
gli balzava in gola.<br />
«L'avete trovata!» esclamò, resistendo all'impulso <strong>di</strong> lasciarsi andare in<br />
una danza <strong>di</strong> gioia.<br />
Gli gnomi gli si avvicinarono, i loro volti stravolti dallo sforzo.<br />
«Quello stupido uccello ha tentato <strong>di</strong> farla cadere» <strong>di</strong>sse Filip con espressione<br />
seria.<br />
«Ha tentato <strong>di</strong> romperla» aggiunse Sot.<br />
«Poteva far male all'Alto Signore» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Poteva anche uccidere l'Alto Signore» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
Passarono amorevolmente le mani sulla superficie della Scatola magica,<br />
dopo<strong>di</strong>ché la <strong>di</strong>edero al cane, con estrema cautela.<br />
«Quello stupido uccello non lo farà mai più» <strong>di</strong>sse Filip.
«Mai più» ripeté Sot.<br />
E sputò fuori una piuma nera ben masticata.<br />
La Resa dei Conti<br />
L'alba su Sterling Silver era una macchia color rosso sangue sull'orizzonte<br />
che prometteva una giornata <strong>di</strong> maltempo. Questor Thews era nuovamente<br />
in cima ai bastioni del castello e stava osservando il risveglio degli<br />
uomini dell'esercito <strong>di</strong> Kallendbor e del vasto assembramento <strong>di</strong> popolani<br />
e conta<strong>di</strong>ni che li avevano preceduti nella loro assurda ricerca dei fantomatici<br />
cristalli dell'occhio della mente. L'oscurità della notte si spingeva<br />
lentamente verso occidente, cedendo il passo <strong>di</strong> malavoglia al cremisi<br />
dell'alba che inondava <strong>di</strong> un colore sanguigno le sagome ancora accucciate<br />
degli asse<strong>di</strong>anti.<br />
Non si trattava certo <strong>di</strong> un ottimo auspicio, pensò il mago.<br />
Era rimasto sveglio per gran parte della notte a frugare il territorio con il<br />
Landsview alla ricerca <strong>di</strong> qualche traccia <strong>di</strong> Ben Holiday. Aveva scrutato<br />
tutta Landover, da nord a sud e da est a ovest, ma non aveva visto nulla<br />
che potesse essergli d'aiuto. Si sentiva stanco e scoraggiato, e francamente<br />
non ne poteva più. Che cosa avrebbe dovuto fare a quel punto? Il castello<br />
era sotto asse<strong>di</strong>o, almeno due terzi della popolazione del regno era in rivolta,<br />
e lui era rimasto da solo ad affrontare la situazione. Ora era scomparso<br />
persino Abernathy, e questo rappresentava per lui un'ulteriore fonte <strong>di</strong> irritazione.<br />
Di Willow non si era più avuta alcuna notizia. Se la gente continuava<br />
a sparire a quel modo, nel giro <strong>di</strong> poco la monarchia avrebbe esaurito<br />
tutte le sue guide responsabili e sarebbe crollata come una casa senza<br />
fondamenta.<br />
Bunion spuntò dall'ombra e si portò al suo fianco, allungando lo sguardo<br />
sotto <strong>di</strong> loro. Per una volta, il coboldo non esibì il suo sorriso tutto denti.<br />
Questor emise un sospiro e abbassò una mano per dare una pacca rassicurante<br />
sulla sua spalla nodosa. Anche Bunion era esausto e ormai scoraggiato.<br />
Era come se avessero esaurito tutte le possibilità e non avessero altra alternativa<br />
se non quella <strong>di</strong> aspettare e vedere come andava a finire.<br />
Non dovettero attendere a lungo. Non appena sorse il sole e l'accampamento<br />
iniziò a risvegliarsi, lo sconosciuto dal mantello nero spuntò dal buio<br />
della foresta e marciò attraverso il prato fino a un punto in cui un folto<br />
d'alberi fronteggiava una collinetta. In quel punto non si era accampato<br />
nessuno, poiché il terreno era brullo e irregolare, il sottobosco costellato <strong>di</strong>
ovi e ortiche, la luce scarsa e le ombre spesse. Questor osservò lo sconosciuto<br />
mentre camminava deciso, allontanandosi dall'accampamento. Nessuno<br />
lo seguì. Nessuno sembrò nemmeno accorgersi della sua presenza.<br />
Eppure non si muoveva furtivamente, ma semmai con una determinazione<br />
che avrebbe comunque scoraggiato qualsiasi genere <strong>di</strong> intervento da parte<br />
<strong>di</strong> chiunque. Questor spazzò con lo sguardo l'ampio prato; non vi era alcun<br />
segno né <strong>di</strong> Horris Kew e del suo uccello, e tantomeno <strong>di</strong> Kallendbor.<br />
Riuscendo chissà come a passare indenne attraverso i rovi, lo sconosciuto<br />
dal mantello nero si infilò nell'oscurità del bosco. Che cosa aveva in<br />
mente? Questor Thews non lo sapeva, ma aveva la netta sensazione che sarebbe<br />
stato molto meglio se lo avesse saputo. Pensava in continuazione che<br />
avrebbe dovuto fare qualcosa, ma in verità non sapeva proprio che pesci<br />
pigliare.<br />
Bunion pronunciò una frase con un ciangottio urgente.<br />
«No, rimani qui» ribatté Questor. «E inutile attraversare il lago a nuoto<br />
se non sappiamo ancora che cosa ha in mente. Non voglio eroi. Abbiamo<br />
già perso abbastanza gente.» Ancora una volta, si ritrovò a domandarsi dove<br />
fosse andato a finire Abernathy.<br />
A quel punto apparve Kallendbor, seguito dai suoi ufficiali e cortigiani.<br />
Erano quasi tutti in armatura, pronti a dar battaglia, i loro cavalli sellati e<br />
armati che scalpitavano. Un gruppo <strong>di</strong> soldati si stava occupando delle armi,<br />
scaricandole una per volta da un carro. Questor strinse la mascella. A<br />
quanto pareva, Kallendbor si era già stancato <strong>di</strong> fare l'asse<strong>di</strong>ante.<br />
La luce scarlatta passò oltre Sterling Silver e il suo lago e invase la pianura<br />
antistante. Giunse alla collinetta dove lo sconosciuto era scomparso<br />
fra le ombre e iniziò ad arrampicarsi su per i boschi.<br />
Questor strinse gli occhi davanti al bagliore. Lo sconosciuto ora era uscito<br />
allo scoperto e si era posto <strong>di</strong> fronte alla collina.<br />
«Che cosa avrà in mente?» mormorò fra sé il mago con tono preoccupato.<br />
In quello stesso istante, lo sconosciuto sollevò improvvisamente le braccia<br />
sotto il mantello, si irrigidì completamente e fece scaturire dei lampi <strong>di</strong><br />
fuoco che andarono a infilarsi <strong>di</strong>rettamente nel terreno davanti a lui. Il mago<br />
lo fissò a bocca aperta. Lo sconosciuto stava usando la magia! Questor<br />
Thews rivolse a Bunion uno sguardo carico <strong>di</strong> ansia. Ora dal centro del<br />
prato provenivano le grida <strong>di</strong> coloro che avevano visto le fiamme. Kallendbor<br />
era già in sella al suo destriero e stava urlando or<strong>di</strong>ni ai suoi ufficiali.<br />
Gli uomini erano in agitazione, incerti sul da farsi. I soldati a pie<strong>di</strong> e quelli
a cavallo si stavano riunendo in formazione. I conta<strong>di</strong>ni, i popolani e le loro<br />
famiglie <strong>di</strong>mostravano una certa indecisione, non sapendo se rimanere<br />
in zona a vedere come andava a finire o scappare via <strong>di</strong>rettamente.<br />
Se fossero stati sufficientemente lungimiranti, avrebbero scelto senz'altro<br />
la fuga. A un certo punto si udì un profondo e minaccioso rombo proveniente<br />
dal sottosuolo, seguito da un forte raschiare <strong>di</strong> pietra, come se si<br />
fosse aperta una porta enorme.<br />
Ahi, ahi, pensò Questor Thews tar<strong>di</strong>vamente.<br />
La collina sembrò lacerarsi, aprendosi come un sacchetto <strong>di</strong> carta, cancellata<br />
completamente dalla scissione dell'aria che sembrava frammentarsi<br />
a sua volta davanti alla figura dello sconosciuto. La luce scarlatta riempì la<br />
voragine nera che si era aperta nel terreno, colmandola <strong>di</strong> colore cangiante<br />
e <strong>di</strong> ombre fumose. Seguì un rombo possente, che fece tremare il suolo e<br />
tutti coloro che si trovavano sul prato e sulle mura del castello. Poi si udì<br />
un sibilare <strong>di</strong> mostri, mischiato a un clangore <strong>di</strong> armi e <strong>di</strong> armature che in<br />
un attimo si trasformò in un grido che sembrava provenire da una moltitu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> esseri in procinto <strong>di</strong> morire in terribile agonia.<br />
Questor si ritrovò con la bocca completamente secca. Demoni! Lo sconosciuto<br />
dal mantello nero aveva evocato i demoni!<br />
Un vento feroce spazzò la prateria; tende e stendar<strong>di</strong> volarono, i cavalli<br />
scalpitarono impauriti e gli uomini si inginocchiarono. Kallendbor aveva<br />
estratto la sua spada e la bran<strong>di</strong>va davanti a sé come un fiammifero contro<br />
un uragano.<br />
I demoni emersero dalla voragine, le loro armature irte <strong>di</strong> spuntoni e lame<br />
taglienti, tutti neri e bruciacchiati come se fossero venuti fuori dal più<br />
caldo dei forni. I loro corpi fumavano ancora quando atterrarono con un<br />
balzo possente sull'erba del prato; il fumo usciva dai loro elmi e da tutte le<br />
fessure delle loro armature imbrattate. Erano esseri sparuti e sgraziati, tutti<br />
piegati e contorti come alberi su un promontorio ventoso, denudati della<br />
loro pelle e temprati fino a <strong>di</strong>ventare duri come acciaio. Le bestie che cavalcavano<br />
non avevano nome e non si prestavano a nessun tipo <strong>di</strong> descrizione,<br />
esseri da incubo o da terribile fantasia, creature provenienti dall'oscurità<br />
dei mon<strong>di</strong> inferi.<br />
Si riversarono dai più profon<strong>di</strong> recessi dell'Abaddon, schierandosi tutt'attorno<br />
alla figura solitaria dello sconosciuto, riempiendo in un istante tutto<br />
lo spazio fra la collina e il lago. La tinta sanguigna dell'alba si abbatté su <strong>di</strong><br />
loro, facendoli apparire come braci incandescenti, il colore inciso nelle fessure<br />
e nelle crepe delle loro sagome scure come fuoco nel metallo.
Questor Thews sentì il cuore che gli saliva in gola.<br />
Quando lo sconosciuto dal mantello nero si girò nella sua <strong>di</strong>rezione e lo<br />
guardò dalla parte opposta del lago, il mago si rese conto che solo ora iniziavano<br />
i guai seri.<br />
«Avete mangiato l'uccello? Lo avete mangiato?»<br />
Abernathy fissò Filip e Sot con espressione incredula. Ora il sorriso sod<strong>di</strong>sfatto<br />
era scomparso dal volto dei due, che stavano in pie<strong>di</strong> davanti a lui<br />
a testa china.<br />
«Se lo meritava» borbottò Filip con tono <strong>di</strong>fensivo.<br />
«Stupido uccello» aggiunse Sot.<br />
«Ma non dovevate mangiarlo!» sbottò Abernathy, inferocito. «Vi rendete<br />
conto <strong>di</strong> ciò che avete fatto? L'uccello era l'unico che sapeva come farci<br />
uscire <strong>di</strong> qui! Era l'unico che sapeva come aprire la scatola! Cosa facciamo<br />
senza <strong>di</strong> lui? Siamo intrappolati in questa grotta, l'Alto Signore è intrappolato<br />
in quella scatola, e noi non possiamo farci assolutamente più niente!»<br />
Gli Gnomi Va'Via si scambiarono uno sguardo colpevole, torcendosi le<br />
<strong>di</strong>ta in maniera patetica.<br />
«Avevamo <strong>di</strong>menticato» gemette Filip.<br />
«Sì, avevamo <strong>di</strong>menticato» gli fece eco Sot.<br />
«Non lo sapevamo» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Non ci abbiamo pensato» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
«Comunque, è stata un'idea sua» <strong>di</strong>sse Filip, in<strong>di</strong>cando Sot.<br />
«Sì, è stata un'idea mi...» Sot si bloccò. «Non è vero! È stata tua!»<br />
«Tua!»<br />
«Tua!»<br />
Iniziarono a gridare e a spintonarsi, poi si accapigliarono e presero a tirarsi<br />
morsi e calcioni, finché non rotolarono sul suolo della grotta in un<br />
groviglio <strong>di</strong> braccia e gambe. Abernathy sollevò gli occhi al cielo e si mise<br />
a sedere con la Scatola magica in grembo. Lascia che si pestino, pensò.<br />
Lascia che si cavino gli occhi, per quel che me ne importa. Appoggiò la<br />
schiena alla parete della grotta, riflettendo sulla crudeltà della sorte. Essere<br />
arrivati così vicini alla meta per poi vedersela sfuggire <strong>di</strong> mano a quel modo<br />
era troppo per lui. Osservò <strong>di</strong>strattamente gli Gnomi Va'Via che rotolavano<br />
verso le ombre della grotta aggrovigliati fra loro. Non riusciva ancora<br />
a credere che avessero effettivamente mangiato l'uccello. Be', in effetti ci<br />
riusciva benissimo. Anzi, era una cosa perfettamente logica, visti i personaggi<br />
con i quali aveva a che fare. Per loro, mangiare un uccello era un
impulso naturale. Più che altro, pensò, era arrabbiato con se stesso perché<br />
aveva permesso che un fatto simile accadesse. Non che avesse potuto prevederlo,<br />
in effetti. Ma comunque...<br />
Rimase immerso in una serie <strong>di</strong> riflessioni inutili per un certo tempo,<br />
non riuscendo a farne a meno. Passarono i minuti. Dopo un po', i suoni<br />
della colluttazione fra i due gnomi si arrestarono. Abernathy tese le orecchie.<br />
Forse si erano mangiati a vicenda. Se era così, si trattava <strong>di</strong> giustizia<br />
poetica.<br />
Invece i due riapparvero poco dopo, tutti pieni <strong>di</strong> graffi, ferite e livi<strong>di</strong>, le<br />
teste chine, le bocche tirate. Si sedettero davanti a lui senza <strong>di</strong>re una parola,<br />
gli sguar<strong>di</strong> puntati verso il nulla. Abernathy li fissò.<br />
«Scusa» <strong>di</strong>sse Filip dopo un po'.<br />
«Scusa» ripete Sot.<br />
Abernathy annuì. Non riusciva a <strong>di</strong>r loro che non c'era problema, perché<br />
il problema rimaneva, e tantomeno se la sentiva <strong>di</strong> <strong>di</strong>r loro che li aveva<br />
perdonati, perché naturalmente non era così. Non <strong>di</strong>sse nulla.<br />
Dopo un po', l'espressione <strong>di</strong> Filip si ravvivò improvvisamente. «Magari<br />
ci sono dei cristalli nascosti nella grotta!» esclamò, rivolgendosi a Sot.<br />
Sot sollevò improvvisamente la testa. «É vero, potrebbero esserci! An<strong>di</strong>amo<br />
a vedere!»<br />
Nel giro <strong>di</strong> un attimo, erano già scomparsi nell'oscurità. Abernathy li<br />
guardò andare via con un sospiro. Meglio non intervenire, magari si sarebbero<br />
tenuti fuori dai guai per un po'. Passò altro tempo, Abernathy non sapeva<br />
quanto. Prese in considerazione l'idea <strong>di</strong> procedere per tentativi nella<br />
decifrazione della sequenza <strong>di</strong> rune che avrebbe fatto scattare la porta, ma i<br />
simboli attorno alla lastra <strong>di</strong> tetra erano dozzine, e aveva ben poche speranze<br />
<strong>di</strong> trovare la combinazione giusta per tempo. Del resto, che altro poteva<br />
fare? Appoggiò a terra la Scatola magica e si alzò in pie<strong>di</strong>.<br />
In quel preciso istante, la serratura del portone <strong>di</strong> pietra emise uno scatto<br />
e la lastra iniziò a scivolare lentamente verso l'interno. Abernathy si appiattì<br />
contro la parete. La porta si aprì lentamente, scricchiolando e sfregando<br />
contro la pietra, facendo entrare un fascio <strong>di</strong> luce rossa e grigiastra<br />
dell'alba.<br />
Abernathy trattenne il fiato. Che fosse lo sconosciuto dal mantello nero?<br />
Chiuse gli occhi involontariamente.<br />
«Biggar?» chiamò una voce familiare.<br />
Il naso a uncino <strong>di</strong> Horris Kew spuntò da <strong>di</strong>etro la pietra, seguito dal suo<br />
volto. Si fermò per adattare gli occhi all'oscurità. Abernathy rimase perfet-
tamente immobile, incapace <strong>di</strong> credere che avesse avuto un simile colpo <strong>di</strong><br />
fortuna.<br />
«Biggar?» chiamò nuovamente Horris, entrando nella grotta.<br />
La porta <strong>di</strong> pietra iniziò a chiudersi alle sue spalle. Abernathy allora si<br />
fece avanti, piazzandosi fra la porta e il mago. «Buongiorno, Horris.»<br />
Horris non fece nemmeno a tempo a girarsi che già Abernathy gli era<br />
piombato addosso e lo aveva gettato a terra. Il mago gridò e tentò <strong>di</strong> liberarsi,<br />
<strong>di</strong>vincolandosi in maniera selvaggia. E dato che era tutto braccia e<br />
gambe ossute, Abernathy non riuscì a trattenerlo a lungo. Non appena si fu<br />
liberato, Horris scattò in pie<strong>di</strong> e si lanciò verso la porta. Disposto a tutto<br />
pur <strong>di</strong> non lasciarselo sfuggire, Abernathy serrò i denti sulla stoffa della<br />
sua tunica consunta da men<strong>di</strong>cante e si puntellò con tutte e quattro le zampe.<br />
Horris tentò <strong>di</strong> liberarsi, ma non vi riuscì. Abernathy ringhiò. I due<br />
continuarono per un po' a tirarsi vicendevolmente davanti alla porta, senza<br />
trarne alcun vantaggio.<br />
Poi Horris Kew vide la Scatola magica, gridò un'altra volta, si liberò con<br />
un possente strattone e si tuffò per afferrare il prezioso manufatto. Scalciando<br />
furiosamente Abernathy, si lanciò verso la porta e la salvezza con<br />
la scatola sottobraccio, e vi era quasi giunto quando improvvisamente Filip<br />
e Sot balzarono fuori dall'oscurità e gli si catapultarono addosso, mandandolo<br />
a gambe all'aria e facendolo atterrare sulla schiena con un tonfo sordo<br />
che lo lasciò senza fiato.<br />
Abernathy riprese imme<strong>di</strong>atamente la Scatola magica, fece per darla a<br />
Filip, poi pensò che forse non era una buona idea. Usando la mano libera,<br />
tirò su Horris e gli <strong>di</strong>ede uno scossone talmente forte da fargli tremare i<br />
denti.<br />
«Ora ascoltami bene, specie <strong>di</strong> truffal<strong>di</strong>no importuno!» gli sbottò in faccia<br />
con rabbia. «Ora farai esattamente ciò che ti <strong>di</strong>rò, altrimenti rimpiangerai<br />
il giorno in cui sei nato!»<br />
«Lasciatemi andare!» lo supplicò Horris Kew. «Nulla <strong>di</strong> quanto è accaduto<br />
è colpa mia! Io non sapevo!»<br />
«Tu non sai mai niente!» ribatté Abernathy. «É proprio questo… il tuo<br />
problema! Cosa ci fai qui, in ogni caso?»<br />
«Sono venuto a cercare Biggar» riuscì a <strong>di</strong>re Horris, deglutendo la sua<br />
Paura con un singulto. «Dov'è andato a finire? Che cosa ne avete fatto?»<br />
Abernathy attese che si calmasse un poco, poi lo tirò a sé, avvicinandosi<br />
faccia a faccia. «Lo hanno mangiato gli gnomi, Horris» <strong>di</strong>sse a bassa voce.
Horris Kew spalancò gli occhi. «E ora, se non farai ciò che ti <strong>di</strong>co, <strong>di</strong>rò loro<br />
<strong>di</strong> mangiare anche te. Hai capito bene?»<br />
Horris annuì senza esitazioni, incapace <strong>di</strong> proferire alcunché.<br />
Abernathy lo allontanò <strong>di</strong> un centimetro. «Puoi iniziare aprendo la porta<br />
della grotta. E non tentare trucchi. Non tentare <strong>di</strong> correre. Ti terrò ben<br />
stretto per tutto il tempo.»<br />
Spinse Horris verso l'ingresso, con Filip e Sot che seguivano a ruota,<br />
fermandosi in attesa mentre il mago terrorizzato componeva la sequenza <strong>di</strong><br />
rune per l'apertura del portone. La lastra <strong>di</strong> pietra si spalancò lentamente, e<br />
un attimo dopo il mago, lo scrivano e gli gnomi poterono uscire nuovamente<br />
alla luce del sole.<br />
Abernathy girò Horris Kew su se stesso, costringendolo a guardarlo in<br />
faccia. «A prescindere da ciò che tu possa pensare, Horris, tutto ciò che è<br />
accaduto è effettivamente colpa tua, quin<strong>di</strong> non voglio sentirti <strong>di</strong>re più<br />
nemmeno una parola. Ora hai la possibilità <strong>di</strong> rimettere le cose a posto, e ti<br />
consiglio vivamente <strong>di</strong> afferrarla al volo. Voglio l'Alto Signore. Voglio che<br />
Ben Holiday torni qui, a Landover, e subito. Tu sei quello che lo ha fatto<br />
entrare nella scatola, e tu sarai quello che lo farà uscire!»<br />
Horris Kew deglutì, facendo sobbalzare il pomo d'Adamo, contraendo le<br />
labbra e le guance. Sembrava un vecchio spaventapasseri lasciato a marcire<br />
in un campo, e dava l'impressione <strong>di</strong> essere in procinto a crollare in un<br />
mucchietto <strong>di</strong> paglia da un momento all'altro. «Non so se sono in grado <strong>di</strong><br />
farlo» sussurrò.<br />
Abernathy gli rivolse lo sguardo più cattivo che conoscesse. «Ti conviene<br />
riuscirci» sussurrò con tono minaccioso.<br />
«Ma che cosa mi faranno quando li avrò liberati? Holiday potrebbe anche<br />
essere comprensivo, ma la strega e il drago...»<br />
«Ti ritroverai in guai ancora più seri se non li liberi.» Abernathy non era<br />
dell'umore giusto per trattare. «Di' le parole della formula, Horris. Adesso.»<br />
Horris Kew si leccò le labbra, rivolse un'occhiata agli Gnomi Va'Via,<br />
quin<strong>di</strong> inspirò profondamente. «Ci proverò.»<br />
Senza mollarlo, Abernathy gli mise in mano la Scatola magica e si spostò<br />
alle sue spalle. «E ricordati, niente scherzi.»<br />
L'alba era un bagliore rossastro che filtrava attraverso le ombre della foresta<br />
che li avvolgeva mentre inseguiva lentamente l'oscurità, cacciandola<br />
verso occidente. Ad Abernathy non piacque ciò che vide. Si stava avvicinando<br />
il maltempo. I suoi pensieri erano già rivolti a Sterling Silver, all'as-
se<strong>di</strong>o, a Kallendbor e allo sconosciuto dal mantello nero. Diede una stretta<br />
al collo <strong>di</strong> Horris Kew, che iniziò imme<strong>di</strong>atamente a parlare.<br />
«Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!» Il coperchio<br />
della Scatola magica scomparve davanti ai loro occhi in un turbine nebbioso<br />
<strong>di</strong> malevola luce verdastra.<br />
Ben Holiday vide la fessura che si apriva nell'oscurità della parete che<br />
aveva davanti a sé e vi si lanciò senza esitare un attimo. Dapprincipio fu<br />
solo un bagliore, poi si allargò, come se l'intero muro si fosse aperto in due.<br />
Nightshade e Strabo erano alle sue spalle. La nebbia fatata vorticò in<br />
maniera selvaggia, attratta dal bagliore come se fosse una cosa viva. Ben si<br />
tuffò nell'apertura, senza pensare alle possibili conseguenze, pensando solo<br />
che un'apertura poteva offrirgli la possibilità <strong>di</strong> liberarsi. La luce lo risucchiò,<br />
trascinandolo in un vortice che lo sballottò come una piuma al vento.<br />
Percepì la presenza del drago e della strega alle sue spalle che venivano risucchiati<br />
a loro volta. L'oscurità e la nebbia si <strong>di</strong>ssiparono lentamente sotto<br />
i suoi pie<strong>di</strong>. Il Labirinto scomparve alle sue spalle. Sopra la sua testa, la<br />
luce assunse una tinta verdastra, adombrata a tratti da sagome in movimento<br />
(alberi e foglie, si rese conto), che si stagliarono contro un cielo ancora<br />
scuro, un cielo <strong>di</strong> primo mattino. Sentì l'odore della terra, del muschio e<br />
degli alberi, il sapore metallico <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> simile a zolfo, e udì voci che<br />
gridavano eccitate...<br />
Un attimo dopo, si ritrovò nella penombra della foresta <strong>di</strong> Landover. Era<br />
finalmente riuscito a tornare nel mondo dal quale era venuto. Attorno a lui,<br />
a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, vi erano Abernathy, Horris Kew, Filip e Sot che<br />
lo fissavano a bocca aperta.<br />
Un attimo dopo apparve Nightshade, nuovamente se stessa, la forza della<br />
magia che irra<strong>di</strong>ava dal suo corpo in piccole scintille e bagliori luminosi.<br />
La strega sollevò le braccia al cielo in un gesto spontaneo, la striscia<br />
bianca sui suoi capelli neri che luccicava come neve sul carbone, gli spigoli<br />
taglienti del suo volto scolpito sollevati verso il bagliore rossastro dell'alba.<br />
«Libera!» esclamò con gioia.<br />
Strabo esplose fuori dalla scatola alle sue spalle, tornato nuovamente<br />
nella sua forma <strong>di</strong> drago, il lungo corpo nero e squamoso che si svolgeva,<br />
le ali che si spiegavano in tutta la loro ampiezza. Si librò imme<strong>di</strong>atamente<br />
nel cielo, sputando un possente getto <strong>di</strong> fuoco che andò ad abbattersi sulla<br />
porta della grotta e bruciacchiò gli alberi circostanti. Tutto luccicante e
fumoso, il drago emise un possente colpo <strong>di</strong> tosse e sfrecciò via verso l'oscurità.<br />
«Alto Signore!» esclamò Abernathy con tono commosso ed evidentemente<br />
sollevato. Strappò la Scatola magica dalle mani <strong>di</strong> Horris Kew e si<br />
precipitò verso il suo Re. «State bene?»<br />
Ben annuì, guardandosi attorno per assicurarsi che fosse effettivamente<br />
così. Filip e Sot squittivano eccitati davanti a lui, in verità un po' impauriti<br />
dalla sagoma scura <strong>di</strong> Nightshade. Horris Kew si guardava attorno <strong>di</strong>sperato,<br />
alla ricerca <strong>di</strong> un luogo dove nascondersi.<br />
Ben Holiday inspirò. «Abernathy, che cosa sta succedendo?»<br />
Lo Scrivano <strong>di</strong> Corte riprese la sua compostezza. «In effetti, stanno accadendo<br />
parecchie cose...»<br />
Le grida <strong>di</strong> benvenuto degli Gnomi Va'Via interruppero il suo resoconto.<br />
«Grande Alto Signore!»<br />
«Possente Alto Signore!»<br />
Filip e Sot si erano abbracciati e saltavano su e giù come due pazzi, ormai<br />
convinti che si trattasse effettivamente del loro beneamato Re. Ben rivolse<br />
loro un sorriso esitante. Che <strong>di</strong>avolo ci facevano lì?<br />
Abernathy cercò <strong>di</strong> continuare nel suo racconto dei fatti, ma nel frattempo<br />
Nightshade aveva in<strong>di</strong>viduato Horris Kew e gli si stava avvicinando<br />
con fare minaccioso. «Tu!» proruppe con rabbia.<br />
Ben si frappose imme<strong>di</strong>atamente fra i due. «Aspetta, Nightshade. Prima<br />
voglio sentire che cos'ha da <strong>di</strong>re Abernathy.»<br />
«Togliti <strong>di</strong> mezzo, re per gioco» or<strong>di</strong>nò la strega con voce carica <strong>di</strong> veleno.<br />
«Ora non siamo più nel Labirinto, non siamo più soggetti alle sue regole.<br />
Ora ho nuovamente la mia magia, e posso fare ciò che mi pare e piace!»<br />
Ma Ben non si spostò, infilò una mano sotto la sua tunica ed estrasse il<br />
medaglione. «Ora siamo tornati entrambi ciò che eravamo prima. Non tentare<br />
<strong>di</strong> mettere alla prova la tua forza contro la mia. Prima <strong>di</strong> prendere una<br />
decisione per quanto riguarda Horris Kew, voglio sentire il resoconto del<br />
mio Scrivano <strong>di</strong> Corte su quanto è accaduto durante la nostra assenza.»<br />
Nightshade rimase impietrita sul posto, livida per la rabbia. «Inizia a<br />
parlare, Abernathy» <strong>di</strong>sse Ben con tono calmo.<br />
Abernathy ubbidì. Raccontò all'Alto Signore la storia della Scatola magica<br />
e <strong>di</strong> Horris Kew, dei cristalli dell'occhio della mente, dello sconosciuto<br />
dal mantello nero, <strong>di</strong> Kallendbor e dell'asse<strong>di</strong>o a Sterling Silver. Ben ascoltò<br />
senza fare alcun commento, mantenendo lo sguardo fissato su Ni-
ghtshade. Quando lo scrivano ebbe finito <strong>di</strong> parlare, Ben si avvicinò a Horris<br />
Kew. «Ebbene?»<br />
«Mio Signore, non ho nulla da <strong>di</strong>re in mia <strong>di</strong>fesa.» Il mago sembrava<br />
completamente rassegnato alla sconfitta. La sua figura alta e sparuta era<br />
tutta prostrata in atteggiamento sottomesso. «Lo sconosciuto è un essere<br />
fatato fuoriuscito dalla Scatola magica... per colpa mia, devo aggiungere,<br />
un essere <strong>di</strong> grande malvagità e dotato <strong>di</strong> magia potentissima chiamato il<br />
Gorse. Vuole ven<strong>di</strong>carsi in qualche modo sugli abitanti delle nebbie fatate<br />
dopo aver conquistato Landover. Sono sinceramente pentito <strong>di</strong> aver fatto<br />
qualunque cosa per aiutarlo, credetemi.» Fece una pausa, deglutendo. «A<br />
mio favore posso solo <strong>di</strong>re che ho collaborato nella vostra liberazione.»<br />
«Dopo averci messi in trappola, però» osservò Ben. Rivolse lo sguardo a<br />
Nightshade. «Dovrò tenerlo con me per un certo tempo. Potrei avere bisogno<br />
<strong>di</strong> lui per trattare con questa creatura fatata.»<br />
Nightshade scosse il capo con forza, facendo oscillare la sua chioma<br />
scura. «Dallo a me.»<br />
«Lui non è il nostro vero nemico, Nightshade. Non lo è mai stato. É stato<br />
usato allo stesso modo in cui siamo stati usati noi, anche se noi abbiamo<br />
sofferto il peggio. Metti da parte la tua rabbia. Vieni con noi a Sterling Silver<br />
ad affrontare il Gorse. La tua magia ci sarebbe <strong>di</strong> grande aiuto. Abbiamo<br />
lavorato assieme nelle nebbie, possiamo farlo anche adesso.»<br />
«I tuoi problemi non mi interessano!» proruppe la strega. «Risolviteli da<br />
solo!»<br />
Fissò Ben con aria <strong>di</strong> sfida. Ben inspirò profondamente. «So quel che è<br />
successo nelle nebbie, ciò che è passato fra noi due...»<br />
«Smettila!» sbottò Nightshade con una furia tale da mandare Filip e Sot<br />
a nascondersi fra gli alberi. Era bianca per la rabbia. «Non <strong>di</strong>re una parola!<br />
Non <strong>di</strong>re nulla! Io ti o<strong>di</strong>o, re per gioco! Ti o<strong>di</strong>o con tutte le ossa che ho in<br />
corpo! Vivrò solo per vederti <strong>di</strong>strutto! Ciò che mi hai fatto, ciò che hai<br />
finto...!»<br />
«Non ho finto proprio nulla...»<br />
«No! Tu non puoi parlarmi!» Il suo bel volto freddo e duro era contratto<br />
in una maschera d'ira. «Pren<strong>di</strong>ti pure il mago! Non voglio più avere nulla a<br />
che fare con nessuno <strong>di</strong> voi! Comunque sia...» rivolse il suo sguardo verso<br />
Horris Kew con un'occhiata che avrebbe spaventato il più coraggioso fra<br />
gli uomini. «Se un giorno mi capiterà <strong>di</strong> incontrarti, <strong>di</strong> trovarti da solo...»
Tornò a rivolgersi a Ben con un'occhiata fulminante. «Ti o<strong>di</strong>erò per<br />
sempre!» sussurrò, le sue parole come una male<strong>di</strong>zione che rimase a mezz'aria<br />
nel silenzio che seguì come una lama <strong>di</strong> rasoio in procinto <strong>di</strong> tagliare.<br />
Dopo<strong>di</strong>ché sollevò le braccia con un gesto possente, venne circondata da<br />
fumo e nebbia e scomparve nel nulla nella luce dell'alba.<br />
Ben la osservò mentre spariva, provando sensazioni contrastanti mentre<br />
considerava l'impatto della sua rabbia. Gli pareva quantomeno strano che<br />
la strega si dovesse comportare così dopo quanto avevano con<strong>di</strong>viso... anche<br />
se da un lato si rendeva conto che quel suo comportamento era pressoché<br />
inevitabile. Si domandò per un attimo se avrebbe potuto evitarlo in<br />
qualche modo, ma decise che era impossibile.<br />
«Alto Signore!» esclamò Abernathy con tono allarmato, afferrandogli la<br />
manica.<br />
Ben si voltò.<br />
Un'ombra enorme li ricoprì, e un attimo dopo Strabo piombò dal cielo,<br />
frantumando rami e sollevando polvere e pietre mentre posava al suolo la<br />
sua possente massa.<br />
«Holiday» gracchiò con tono accon<strong>di</strong>scendente. «Non abbiamo ancora<br />
tirato le somme, io e te. È questo l'uomo responsabile per quanto ci è accaduto?»<br />
Ben scosse il capo. «No, Strabo. Quello che vogliamo si trova a Sterling<br />
Silver, occupato a fomentare altri guai.»<br />
L'enorme capo cornuto del drago si girò, e i suoi occhi giallastri rifletterono<br />
la luce rossa. «Sebbene non lo avessimo deciso noi, questo viaggio lo<br />
abbiamo iniziato assieme. Pensi che sia il caso che lo portiamo a termine<br />
assieme?»<br />
Ben sorrise, piacevolmente sorpreso. «Penso proprio che sia il caso» assentì.<br />
Quando Holiday, Abernathy e Horris Kew furono decollati dalla radura<br />
sul dorso <strong>di</strong> Strabo, quando risultò evidente che la strega Nightshade non<br />
sarebbe più tornata, Filip e Sot uscirono fuori dal loro nascon<strong>di</strong>glio. Sgattaiolarono<br />
fuori dalla copertura degli alberi e si guardarono attorno con<br />
grande cautela, pronti a sparire al minimo suono o movimento. Ma non vi<br />
era nulla, solo silenzio e l'odore stagnante del fuoco del drago nel punto in<br />
cui aveva bruciacchiato le fronde degli alberi.<br />
«Sono andati» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Andati» fece eco Sot.
Si incamminarono verso la grotta, misurando la <strong>di</strong>stanza che li separava<br />
dall'apertura. Ora la porta <strong>di</strong> pietra era aperta, scar<strong>di</strong>nata dal getto <strong>di</strong> fuoco<br />
<strong>di</strong> Strabo, le serrature pressoché <strong>di</strong>velte. La sua superficie annerita fumava<br />
ancora.<br />
«Ora potremmo tornare dentro» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Sì, potremmo cercare dei cristalli» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
«Potrebbero essercene ancora» <strong>di</strong>sse Filip.<br />
«Anche se prima non ne abbiamo trovati» <strong>di</strong>sse Sot.<br />
«Magari nascosti in un punto recon<strong>di</strong>to.»<br />
«In un punto dove non abbiamo guardato.»<br />
Seguì una lunga pausa, mentre i due consideravano l'idea. Il colore<br />
dell'alba era penetrato nell'oscurità della foresta, dando una tinta color<br />
cremisi a ogni cosa. Gli uccelli avevano smesso <strong>di</strong> cantare. Gli insetti avevano<br />
smesso <strong>di</strong> ronzare. Nulla si muoveva. Il silenzio era opprimente.<br />
«Io credo che faremmo meglio a tornare a casa» <strong>di</strong>sse Filip a bassa voce.<br />
«Lo credo anch'io» assentì Sot.<br />
Così fecero.<br />
Riscatto<br />
Volando nel cielo <strong>di</strong> Landover, appollaiato sulla schiena <strong>di</strong> Strabo, Ben<br />
Holiday si ritrovò a riflettere su come potessero cambiare rapidamente le<br />
cose. Fino a un'ora prima si trovava imprigionato nella Scatola magica,<br />
lontano dal suo mondo come un morto dal mondo dei vivi. Fino a un giorno<br />
prima, non sapeva nemmeno chi fosse. Era convinto <strong>di</strong> essere il Cavaliere,<br />
il Campione del Re, una personificazione del Pala<strong>di</strong>no che <strong>di</strong> fatto<br />
era il suo alter ego. Nightshade e Strabo non era nemmeno esistiti, e al loro<br />
posto vi erano stati la Dama e il Gargoyle, persi e <strong>di</strong>mentichi delle loro identità<br />
esattamente come lui. Assieme avevano formato una strana compagnia,<br />
priva <strong>di</strong> qualsiasi conoscenza del proprio passato, costretta a iniziare<br />
una nuova vita in un mondo del quale non sapevano nulla. Erano stati uniti<br />
da una <strong>di</strong>sgrazia comune, costretti a con<strong>di</strong>videre una vita contrassegnata<br />
dall'ignoto e dalle false speranze, e nel corso <strong>di</strong> quel viaggio avevano raggiunta<br />
un'intesa che era sconfinata nell'amicizia.<br />
Anche in più che amicizia, si corresse, almeno per quanto riguardava<br />
Nightshade.<br />
E ora tutto ciò era scomparso, risucchiato nel nulla con la riassunzione<br />
delle loro vere identità e il ritorno a Landover. Era come se avessero vissu-
to due vite <strong>di</strong>fferenti, una iniziata dal momento in cui erano stati catturati<br />
nella trappola della scatola, un'altra completamente <strong>di</strong>versa che aveva avuto<br />
inizio dal momento in cui ne erano usciti. E in ognuno dei due casi era<br />
stata tolta loro tutta la loro conoscenza <strong>di</strong> vita, erano stati costretti a imparare<br />
tutto da capo, dapprima come stranieri in un mondo sconosciuto, poi<br />
come abitanti <strong>di</strong> un mondo che conoscevano fin troppo bene. Ed era proprio<br />
quella seconda vita che non ammetteva nessuna parte della prima, che<br />
richiedeva tassativamente che si rinunciasse e che si <strong>di</strong>menticasse qualsiasi<br />
cosa fosse avvenuta nel corso della prima, poiché tutto ciò che era avvenuto<br />
fra le nebbie era avvenuto sotto false spoglie, non era stato altro che una<br />
finzione. Ben si rattristò a quel pensiero. Con Nightshade aveva con<strong>di</strong>viso<br />
una vicinanza che non sarebbe mai più esistita. La <strong>di</strong>pendenza reciproca<br />
che vi era stata fra loro due era finita per sempre. E anche con Strabo le<br />
cose sarebbero cambiate molto. Ora li stava portando a Sterling Silver per<br />
regolare i conti con il Gorse, ma una volta finita quella storia se ne sarebbe<br />
andato per la sua strada. Ben non si illudeva. Non vi sarebbero stati più <strong>di</strong>scorsi<br />
fra Cavaliere e Gargoyle, non avrebbero più con<strong>di</strong>viso le loro paure<br />
e le loro speranze, non si sarebbero più adoperati assieme per comprendere<br />
le trame della vita. Avrebbero percorso ognuno la sua strada come avevano<br />
sempre fatto prima <strong>di</strong> ritrovarsi assieme nella Scatola magica, e il ricordo<br />
del tempo passato assieme nelle nebbie fatate si sarebbe <strong>di</strong>ssipato nel nulla<br />
come un sogno al risveglio.<br />
Ben resistette all'impulso <strong>di</strong> voltarsi per guardare Horris Kew, che si trovava<br />
fra lui e Abernathy. Era stato lui lo strumento della loro <strong>di</strong>sgrazia,<br />
pensò con rabbia, anche se era troppo sciocco per essere ritenuto responsabile.<br />
Il loro vero nemico era il Gorse. Come avrebbe affrontato quella creatura?<br />
Possedeva un controllo della magia a <strong>di</strong>r poco formidabile, e non avrebbe<br />
certo esitato a usarla, soprattutto quando avesse scoperto che Ben,<br />
Strabo e Nightshade erano nuovamente liberi. Ma perché li aveva imprigionati?<br />
Che minaccia rappresentavano per lui per portarlo fino al punto <strong>di</strong><br />
rinchiuderli nella scatola? O si trattava forse semplicemente <strong>di</strong> una questione<br />
<strong>di</strong> convenienza personale?<br />
Quali che fossero le risposte alle sue domande, vi era comunque una terribile<br />
certezza. Per affrontare il Gorse, sarebbe stato costretto ancora una<br />
volta a trasformarsi nel Pala<strong>di</strong>no, nel cavaliere errante del Re, nella creatura<br />
che temeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Era stata proprio quella sua paura che lo aveva<br />
portato a vedere se stesso come il Cavaliere all'interno della Scatola magica,<br />
ed era riuscito a malapena a sopravvivere a ciò che aveva fatto, alla <strong>di</strong>-
struzione del paese con tutti i suoi abitanti, degli Zingari del Fiume, e a<br />
momenti anche dei Gristlies. La sua paura nei confronti <strong>di</strong> quella sua metà<br />
oscura lo aveva quasi <strong>di</strong>strutto all'interno delle nebbie fatate, ma alla fine<br />
era riuscito a fuggire. Ora, però, se voleva sopravvivere, doveva nuovamente<br />
fare appello a quel lato oscuro della sua personalità. Ancora una<br />
volta, si ritrovò costretto a preoccuparsi <strong>di</strong> quanto dell'identità del Pala<strong>di</strong>no<br />
avrebbe assunto e <strong>di</strong> quanto avrebbe invece ceduto della personalità <strong>di</strong> Ben<br />
Holiday con l'imminente trasformazione.<br />
Ben osservò il Cuore che scorreva sotto <strong>di</strong> lui, i cuscini bianchi schierati<br />
in linee regolari sull'erba verde, gli stendar<strong>di</strong> dei re <strong>di</strong> Landover che svolazzavano<br />
nel vento in un turbine <strong>di</strong> colori. Una parte <strong>di</strong> lui era ansiosa <strong>di</strong><br />
cambiare, carica <strong>di</strong> aspettativa, in vista della trasformazione. Era sempre<br />
stato così. Ed era proprio questa la cosa che lo spaventava maggiormente.<br />
Anche Horris Kew stava riflettendo, e nemmeno i suoi pensieri erano<br />
molto allegri. Da lì a poco vi sarebbe stato un confronto fra Holiday e il<br />
Gorse, e a prescindere da chi avrebbe vinto, lui si sarebbe trovato in guai<br />
seri. Entrambi i contendenti infatti lo avrebbero ritenuto responsabile <strong>di</strong><br />
qualsiasi cosa l'altro avesse fatto, tentato <strong>di</strong> fare o anche solo avuto in mente<br />
<strong>di</strong> fare. Entrambi avrebbero inflitto su <strong>di</strong> lui qualche genere <strong>di</strong> punizione.<br />
Nel caso del Gorse, Horris preferiva non pensare nemmeno a quale avrebbe<br />
potuto essere quella punizione. Senz'altro non sarebbe stato nulla <strong>di</strong><br />
gradevole. Forse con Holiday se la sarebbe cavata meglio. Desiderò <strong>di</strong> potersi<br />
consultare con Biggar. Scoprì che, per quanto stranamente, sentiva la<br />
mancanza dell'uccello. Avevano con<strong>di</strong>viso un atteggiamento comune nei<br />
confronti delle opportunità e delle sfortune della vita, ed era veramente un<br />
peccato che le seconde avessero preso il sopravvento su Biggar così presto.<br />
Horris si ritrovò a sentire la sua mancanza più <strong>di</strong> quanto non avesse immaginato.<br />
Se non altro, perlomeno avrebbe potuto addossargli parte della colpa<br />
per quanto era accaduto.<br />
Emise un sospiro. Riflessioni <strong>di</strong> questo genere non lo avrebbero portato<br />
da nessuna parte. Cambiò atteggiamento mentale e cercò <strong>di</strong> decidere che<br />
cosa poteva fare per salvare la situazione. Gli conveniva decidere alla svelta,<br />
poiché già si intravedevano in lontananza i bastioni scintillanti <strong>di</strong> Sterling<br />
Silver. Sarebbe stato dalla parte <strong>di</strong> Holiday, decise. Aveva certamente<br />
più possibilità <strong>di</strong> sopravvivere con il Re <strong>di</strong> Landover, che almeno era un<br />
essere umano come lui. Ma che cosa poteva fare per salvarsi? Cosa poteva<br />
fare per mettersi in una luce migliore davanti agli occhi <strong>di</strong> Holiday in vista<br />
del momento in cui sarebbe stata decisa la sua sorte?
Davanti a lui, l'alba era una macchia color cremisi che ricopriva l'orizzonte<br />
intero, una vista strana e inquietante. Il rossore era talmente accentuato<br />
che sembrava essere venuto a far parte della terra stessa, penetrando<br />
con la sua tinta <strong>di</strong> fuoco nell'erba, negli alberi, nei cespugli, nei fiumi, nei<br />
laghi, sulle strade, sui campi, sui villaggi, sulle fattorie e su ogni cosa visibile<br />
ai suoi occhi. Tutt'attorno si adunavano nubi minacciose. Il giorno<br />
prima il cielo era stato terso, e anche Quella notte non vi era stata alcuna<br />
traccia <strong>di</strong> nubi. Queste erano comparse come per magia, oscurando il cielo<br />
mattutino, minacciando <strong>di</strong> inghiottirsi il sole da un momento all'altro, foriere<br />
<strong>di</strong> un temporale che si avvicinava sempre più rapidamente.<br />
Strabo abbassò il muso, tuffandosi in una graduale <strong>di</strong>scesa mentre la notte<br />
recedeva alle loro spalle. Il bagliore del sole accecò momentaneamente i<br />
passeggeri del drago, che strinsero gli occhi davanti alla sua sfera rosseggiante.<br />
Le torri e i bastioni luci<strong>di</strong> del castello riflettevano la luce sanguigna<br />
in maniera suggestiva. Il portone era chiuso e i cancelli <strong>di</strong> ferro abbassati.<br />
Il ponte che portava attraverso il lago fino alla terraferma era <strong>di</strong>strutto. La<br />
prateria davanti alla facciata <strong>di</strong> Sterling Silver era adombrata da una massa<br />
oscura al cui interno si intravedeva il movimento pigro e indolente degli<br />
eserciti che si adunavano. Ben Holiday trasalì. Vi erano due eserciti, schierati<br />
l'uno <strong>di</strong> fronte all'altro in assetto <strong>di</strong> battaglia. Da una parte della prateria<br />
vi erano i soldati <strong>di</strong> Greensward, dall'altra i demoni <strong>di</strong> Abaddon.<br />
«Alto Signore!» esclamò Abernathy con orrore.<br />
Ben rivolse lo sguardo <strong>di</strong>etro la spalla e gli fece un cenno <strong>di</strong> assenso. I<br />
demoni <strong>di</strong> Abaddon; il Gorse doveva averli evocati per assisterlo nel suo<br />
piano. Che cosa aveva promesso loro? Che esca aveva usato per farli venire<br />
fuori? Se avessero saputo <strong>di</strong> dover affrontare il Pala<strong>di</strong>no, non sarebbero<br />
mai usciti dalla loro tana; erano sempre stati terrorizzati dal Pala<strong>di</strong>no. Il<br />
Gorse doveva aver garantito loro che, non essendoci il Re, non esisteva alcuna<br />
minaccia da parte del suo Campione. Essendosi liberato anche <strong>di</strong> Nightshade<br />
e Strabo, aveva ben poco da temere da chicchessia.<br />
Ben irrigidì la mascella. Ora doveva affrontare sia il Gorse sia i demoni<br />
<strong>di</strong> Abaddon. Anche con l'aiuto <strong>di</strong> Strabo, non era certo un compito semplice.<br />
«Strabo!» chiamò. Un grosso occhio giallo si fissò su <strong>di</strong> lui. «Portaci<br />
giù! Atterra in mezzo fra i due eserciti!»<br />
Il drago emise un possente sibilo e <strong>di</strong>scese sul campo <strong>di</strong> battaglia in picchiata,<br />
passandovi sopra con un'ampia virata affinché tutti potessero vederlo,<br />
dopo<strong>di</strong>ché si posò con grazia al centro del prato.
Ben, Horris Kew e Abernathy balzarono giù dal suo dorso. Per loro fu<br />
come entrare in uno strano quadro, una rappresentazione grottesca dell'Inferno<br />
sulla Terra. Il rossore dell'alba dava un aspetto surreale a tutto il paesaggio<br />
circostante. Persino le Bonnie Blu avevano assunto una tinta sanguigna.<br />
Uomini, donne e bambini erano accalcati lungo tutto il margine<br />
della prateria e si stagliavano contro gli alberi come tanti spettri.<br />
Ben si girò verso i demoni ed espirò lentamente mentre valutava la <strong>di</strong>mensione<br />
del loro esercito. Erano molti. Troppi.<br />
«Mio Signore» iniziò Horris Kew «credo <strong>di</strong> avere...» Ma le sue parole<br />
vennero interrotte da Abernathy, che gli strinse la mano attorno al collo.<br />
Ben si rivolse al suo scrivano, che stringeva ancora la Scatola magica<br />
con il braccio libero. «Pren<strong>di</strong> la scatola e Horris e spostati verso il lago»<br />
gli or<strong>di</strong>nò. «Chiama Questor, fagli prendere la barca e fatevi portare <strong>di</strong> là.<br />
Sbrigati!»<br />
Abernathy si allontanò <strong>di</strong> tutta fretta, trascinandosi <strong>di</strong>etro Horris Kew,<br />
che protestò vivacemente. Ben tornò a rivolgere il suo sguardo verso i demoni.<br />
Il Corse si era piazzato davanti alle loro linee, con il suo mantello<br />
nero e il suo volto privo <strong>di</strong> lineamenti anche in quella strana luce. Ben uscì<br />
dall'ombra del drago, affrontandolo in prima persona. Infilò una mano nella<br />
sua tunica e ne tirò fuori il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover. Al suo fianco,<br />
Strabo spalancò le fauci ed emise un colpo <strong>di</strong> tosse secco, esplosivo. Si<br />
percepì un movimento fra le schiere dei demoni, un certo <strong>di</strong>sagio, un accenno<br />
<strong>di</strong> esitazione. Affrontare un Signore del Greensward con il suo esercito<br />
era una cosa. Affrontare Holiday e Strabo era tutt'altra.<br />
«Kallendbor!» chiamò Ben alle sue spalle.<br />
Quasi imme<strong>di</strong>atamente, si udì il suono degli zoccoli <strong>di</strong> un cavallo che si<br />
avvicinava. Ben si girò. Kallendbor fermò il suo destriero davanti al Re.<br />
Indossava un'armatura completa, e l'unica cosa visibile sotto la visiera alzata<br />
era il suo volto.<br />
«Alto Signore» <strong>di</strong>sse, il suo volto barbuto esangue, i suoi occhi che scattavano<br />
nervosamente in <strong>di</strong>rezione del drago.<br />
Ben gli si avvicinò. «So già la parte che hai avuto in tutto questo» gli<br />
<strong>di</strong>sse senza preamboli. «Quando questa faccenda sarà finita, dovrai risponderne<br />
a me.»<br />
Kallendbor annuì. Non vi era ombra <strong>di</strong> risentimento nei suoi occhi azzurri<br />
penetranti. «Ne risponderò se così dovrà essere, sempre ammesso che<br />
saremo ancora vivi alla fine <strong>di</strong> questa giornata.»
«Bene. Ma per il momento, cerchiamo <strong>di</strong> trovare un modo per rispe<strong>di</strong>re<br />
questi demoni a casa loro, e con loro anche quel truffatore dal mantello nero.<br />
I tuoi uomini sono pronti alla battaglia?»<br />
«Al vostro servizio, Alto Signore.» Non vi era esitazione nella sua voce.<br />
«Torna fra i tuoi ranghi allora, e aspetta il mio segnale.»<br />
Kallendbor si produsse in un saluto militare e si allontanò. Incorreggibile<br />
fino alla fine, pensò Ben. Certi uomini non cambiano mai.<br />
Tornò ad affrontare il Gorse e i demoni. Nel frattempo, un enorme cavaliere<br />
nero si era piazzato <strong>di</strong> fronte a tutti gli altri. Era il punto <strong>di</strong> riferimento<br />
dei demoni, e tutti gli altri avrebbero seguito la sua cavalcata nel momento<br />
in cui fosse stato sferrato l'attacco. Tenne a freno la sua cavalcatura<br />
scalpitante e si fermò a osservare Ben e Strabo.<br />
Il drago girò il suo capo possente. «Chiama il Pala<strong>di</strong>no, Holiday. I demoni<br />
si stanno surriscaldando.»<br />
Ben annuì. Ormai era rassegnato a quanto stava per accadere, ma allo<br />
stesso tempo se ne <strong>di</strong>sperava. Ancora una volta, era costretto a evocare il<br />
Pala<strong>di</strong>no affinché lo assistesse nella battaglia. Ancora una volta, vi sarebbe<br />
stata morte e <strong>di</strong>struzione, gran parte della quale sarebbe avvenuta per mano<br />
sua. Un'altra terribile battaglia, e lui non poteva fare nulla per fermarla,<br />
non avendo altre possibilità se non quella <strong>di</strong> combattere e <strong>di</strong> sperare <strong>di</strong> riuscire<br />
in qualche modo a renderla il più breve possibile. Una debole speranza,<br />
nata solo dalla <strong>di</strong>sperazione e dalla mancanza <strong>di</strong> alternative. Sentì lo<br />
sguardo <strong>di</strong> Strabo su <strong>di</strong> sé. Il vero responsabile <strong>di</strong> tutto ciò era il Gorse, e<br />
per questo bisognava farlo pagare <strong>di</strong> persona. Ma come? quanto era effettivamente<br />
potente quella creatura fatata? Molto, pensò, visto che il popolo<br />
delle fate era giunto fino al punto <strong>di</strong> rinchiuderlo nella Scatola magica<br />
nell'intenzione <strong>di</strong> lasciarlo lì in eterno.<br />
«Holiday!» premette il drago con tono sempre più impaziente.<br />
Rinchiudere nuovamente il Gorse nella Scatola magica, ecco qual era la<br />
soluzione migliore. Rinchiuderlo per l'eternità. Ma come? Che tipo <strong>di</strong> magia<br />
ci voleva per fare una cosa simile?<br />
Ma non c'era tempo per pensarci, non c'era tempo per decidere il da farsi.<br />
I demoni ormai avevano iniziato la loro carica, spingendo la loro massa<br />
scura attraverso la prateria in un movimento lento e inesorabile.<br />
«Holiday!» sibilò Strabo con tono furioso.<br />
Spada <strong>di</strong> Pala<strong>di</strong>no e fuoco <strong>di</strong> drago... sarebbero stati sufficienti a salvare<br />
Landover?
Ben Holiday prese in mano il medaglione, ciò che avrebbe fornito la risposta<br />
alla sua domanda.<br />
Horris Kew si stava rodendo dentro per la frustrazione. Era in pie<strong>di</strong> accanto<br />
ad Abernathy sulla sponda del lago, osservando Questor Thews che<br />
si avvicinava con la barca, e stava pensando che la sua ultima possibilità <strong>di</strong><br />
salvarsi stava per andarsene in fumo.<br />
Aveva tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo a Holiday, ma il Re <strong>di</strong> Landover non aveva tempo<br />
per prestargli ascolto. Aveva tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo ad Abernathy, ma lo Scrivano<br />
<strong>di</strong> Corte sentiva solo ciò che voleva sentire. Pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo a Questor<br />
Thews non appena il mago fosse giunto con la barca per portarli alla relativa<br />
sicurezza delle mura del castello, ma sapeva già che non avrebbe ottenuto<br />
nulla nemmeno da lui. La dura realtà era che nessuno voleva prestare<br />
ascolto a Horris Kew.<br />
Solo che, per una volta, Horris aveva qualcosa <strong>di</strong> importante da <strong>di</strong>re.<br />
Strascinò a terra i suoi stivali del numero 49, si strinse come una bambola<br />
<strong>di</strong> pezza e tentò <strong>di</strong> rimanere calmo. Solo che era <strong>di</strong>fficile rimanere calmi<br />
sapendo la sorte che gli sarebbe toccata nel caso che il Gorse e i demoni<br />
avessero avuto il sopravvento su Holiday. Se avesse vinto Holiday, si sarebbe<br />
trovato comunque in una situazione <strong>di</strong>fficile, ma perlomeno le prospettive<br />
sarebbero state più accettabili. Se avesse vinto Holiday, avrebbe<br />
avuto una buona speranza <strong>di</strong> rimanere in vita. Ma se invece fosse stato il<br />
Gorse a risultare vittorioso, Horris Kew avrebbe potuto considerarsi fritto.<br />
Il risultato sarebbe stato uno solo, a prescindere dalla ricetta usata. Il Gorse<br />
lo aveva visto in compagnia <strong>di</strong> Holiday e il drago, lo aveva visto bene, e le<br />
implicazioni erano inevitabili. Horris si era unito al nemico. Lo aveva tra<strong>di</strong>to.<br />
Non ci sarebbe stato alcun perdono. Nessuna scusa sarebbe stata accettata.<br />
Il Gorse lo avrebbe fatto a pezzetti e poi sputato fuori, e su questo<br />
non vi potevano essere dubbi.<br />
Horris ricordò il modo in cui si era sentito trovandosi davanti a quella<br />
creatura infame quando era iniziata quella terribile avventura. Ricordò la<br />
sua voce gracchiante e pericolosa e il suo puzzo <strong>di</strong> morte. Sentiva ancora<br />
la presa delle sue <strong>di</strong>ta invisibili che gli stringevano il collo, minacciando <strong>di</strong><br />
strangolarlo. Non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> provare ancora una volta simili<br />
esperienze. Da quando aveva liberato il Gorse, quella era la prima volta<br />
che non gli ballava l'occhio. E ora la sua ultima possibilità <strong>di</strong> non far<br />
tornare il tic stava svanendo nel nulla.
Un possente tuono risuonò da occidente, dove si erano accumulate le<br />
nubi temporalesche. Il fronte nuvoloso si stava allargando a vista d'occhio,<br />
avvicinandosi sempre <strong>di</strong> più al sole, inghiottendo la sua luce, mettendo in<br />
ombra ogni cosa visibile. Un forte refolo <strong>di</strong> vento spazzò la prateria e gli<br />
eserciti schierati. I cavalli emisero nitriti spaventati e si udì il clangore delle<br />
armi e delle armature. Un forte odore <strong>di</strong> pioggia invase l'aria.<br />
Horris stava pensando alla Scatola magica. Come vi era stato rinchiuso il<br />
Gorse? Sicuramente l'essere fatato rinnegato non ci era entrato <strong>di</strong> sua spontanea<br />
volontà, non più <strong>di</strong> quanto non lo avessero voluto Holiday, la strega<br />
e il drago. Horris era già stato chiamato ormai ben due volte a pronunciare<br />
le parole magiche che liberavano i prigionieri dalla scatola.<br />
Era possibile che l'incantesimo potesse essere invertito?<br />
Pensò al modo in cui erano stati tirati dentro Holiday e gli altri due. Il<br />
Gorse aveva costruito una elaborata rete magica nel punto in cui aveva attirato<br />
le sue vittime. Poi era apparso Horris con la Scatola magica, aveva<br />
pronunciato l'incantesimo, facendo scattare la rete e imprigionando i tre.<br />
Abbastanza semplice. Così a prima vista, si sarebbe potuto immaginare<br />
che vi fosse bisogno <strong>di</strong> un approccio simile per imprigionare il Gorse alla<br />
stessa maniera. Solo che poteva anche non essere così, pensò Horris Kew.<br />
In fondo, la Scatola magica non era stata forse costruita specificamente per<br />
imprigionare il Gorse? In quel caso, l'intrappolamento <strong>di</strong> Holiday e degli<br />
altri due era stato portato a termine utilizzando la scatola in maniera innaturale,<br />
adattandola a uno scopo <strong>di</strong>verso rispetto a quello per cui era stata<br />
costruita in origine. Inoltre, se il Gorse sapeva il modo in cui funzionava la<br />
magia della scatola, come era possibile che vi si fosse lasciato intrappolare<br />
a sua volta? E se non lo sapeva allora, come aveva fatto a impararlo in seguito?<br />
E poi c'era anche un'altra cosa. Il Gorse conosceva le parole necessarie<br />
per la sua liberazione, ma non era stato in grado <strong>di</strong> pronunciarle. Aveva<br />
dovuto ricorrere al trucchetto <strong>di</strong> Skat Mandu per manipolare Biggar e portare<br />
lo stesso Horris a pronunciare le parole in sua vece. Questo non significava<br />
forse qualcosa? Non significava forse che quelle parole, per chissà<br />
quale motivo, rappresentassero un anatema per il Gorse e che fosse quin<strong>di</strong><br />
costretto a farle pronunciare da qualcun altro in qualsiasi caso?<br />
Non poteva forse significare, si domandò Horris, che quello stesso incantesimo,<br />
quelle parole che il Gorse badava bene <strong>di</strong> non pronunciare <strong>di</strong><br />
persona, funzionassero anche nel senso opposto?
Più prendeva in considerazione questa possibilità, più gli pareva plausibile.<br />
Le fate, avendo costruito esse stesse la Scatola magica, avrebbero utilizzato<br />
senz'altro una magia speciale, fatta su misura, per imprigionarvi<br />
dentro il Gorse. Una magia che lo stesso Gorse non avrebbe mai potuto<br />
utilizzare per fuggire. E se per intrappolare Holiday, la strega e il drago il<br />
Gorse aveva utilizzato una forma <strong>di</strong> magia <strong>di</strong>fferente, questo significava<br />
che la magia utilizzata per intrappolare lui non era sufficiente per intrappolare<br />
qualsiasi altra persona. Forse la complicata rete <strong>di</strong> magia tessuta dal<br />
Gorse era anche servita allo scopo <strong>di</strong> non intrappolare lui stesso.<br />
Certo, si trattava <strong>di</strong> un'ipotesi, ma Horris Kew si trovava in una situazione<br />
<strong>di</strong>sperata, e la sua mente da mago opportunista era <strong>di</strong>sposta ad arrampicarsi<br />
sui vetri pur <strong>di</strong> trovare una via d'uscita.<br />
Forse avrebbero dovuto prestargli ascolto, pensò. Holiday, Abernathy,<br />
Questor Thews, tutti loro. Avrebbero dovuto lasciargli perlomeno tentare.<br />
In fondo, che male poteva fare, giunti a quel punto? Solo che sarebbe stato<br />
come chieder loro <strong>di</strong> incoronarlo Re. Nessuno sarebbe stato <strong>di</strong>sposto a<br />
provare un'idea suggerita da lui.<br />
Un altro tuono, lungo e cupo, fece tremare il terreno sotto i suoi pie<strong>di</strong>.<br />
Al centro del campo <strong>di</strong> battaglia, Kallendbor era tornato a unirsi al suo esercito<br />
e Holiday si stava voltando verso il Gorse e i demoni. Il capo <strong>di</strong><br />
questi ultimi era già partito e stava avanzando lentamente seguito dai suoi.<br />
Il drago si era sollevato sulle zampe posteriori e sbuffava fumo dalle narici<br />
in continuazione mentre la pressione aumentava all'interno del suo stomaco.<br />
Horris rivolse una rapida occhiata alle sue spalle. Questor Thews era<br />
quasi giunto a riva, e Abernathy si era girato per dargli il benvenuto, dandogli<br />
momentaneamente le spalle.<br />
Biggar lo aveva sempre accusato <strong>di</strong> essere troppo indeciso. Non sopportava<br />
<strong>di</strong> dover ammettere che l'uccello avesse ragione.<br />
Horris Kew deglutì, la sua gola ormai completamente secca. O adesso o<br />
mai più, non era così? Rivolse nuovamente lo sguardo verso Holiday. Il Re<br />
<strong>di</strong> Landover aveva estratto il medaglione del suo ufficio e lo stava brandendo<br />
davanti a sé.<br />
Fallo!<br />
Horris strappò la Scatola magica dalla presa <strong>di</strong> Abernathy, rifilandogli<br />
contemporaneamente una spallata che mandò l'esterrefatto Scrivano <strong>di</strong><br />
Corte a piombare <strong>di</strong> schiena nelle acque del lago. Si girò con la scatola in<br />
mano e scattò in <strong>di</strong>rezione del Gorse con la massima velocità consentitagli<br />
dalle sue gambe. Mentre correva, pensò fra sé che era impazzito, che era
un i<strong>di</strong>ota, che aveva appena fatto il più grande errore della sua vita. Udì<br />
grida <strong>di</strong> rabbia giungergli da ogni lato. In un angolo della sua visuale, vide<br />
la possente testa cornuta del drago che si girava rapidamente nella sua <strong>di</strong>rezione,<br />
e si immaginò già avvolto fra le fiamme. Ancora un attimo solo,<br />
pensò. Un attimo solo.<br />
Il Gorse non si era mosso. Lo stava osservando mentre si avvicinava,<br />
pensando evidentemente che gli stesse riportando la Scatola magica da<br />
brava pe<strong>di</strong>na servile quale era. I demoni si agitavano come ombre nell'oscurità<br />
incombente del temporale. Le loro armi scintillavano <strong>di</strong> luce scura.<br />
Horris Kew tentò <strong>di</strong> non farci caso. Il suo corpo esile tremava tutto, e i<br />
suoi arti da spaventapasseri sembravano doversi staccare da un momento<br />
all'altro. Era tutto sudato e annaspante per lo sforzo della corsa. Non aveva<br />
mai provato tanta paura in vita sua.<br />
Udì Questor Thews che lo chiamava per nome, e un attimo dopo vide<br />
una lancia <strong>di</strong> fuoco quasi spenta che gli sfrecciava a un pelo dall'orecchio.<br />
Colto dal panico, si buttò su un ginocchio e posò la Scatola magica a terra<br />
davanti a sé. Alzò lo sguardo verso il Gorse, e nei suoi terribili occhi vide<br />
che si era finalmente reso conto della verità. Il mantello nero del mostro si<br />
gonfiò tutto mentre gli correva incontro in un impeto <strong>di</strong> rabbia.<br />
Rapidamente, Horris iniziò a recitare.<br />
«Rashun, oblight, surena! Larin, kestral...»<br />
Ben Holiday rimase impietrito sul posto, il medaglione ancora stretto in<br />
mano, momentaneamente <strong>di</strong>menticato. Si era reso conto solo allora <strong>di</strong> ciò<br />
che stava facendo Horris Kew. Questor Thews stava ancora tirando Abernathy<br />
fuori dal lago, e i due già urlavano e gesticolavano furibon<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione<br />
del mago. Strabo stava allungando il suo gigantesco corpo nero, allargando<br />
le ali e preparandosi al decollo. Si intravedeva il fuoco <strong>di</strong>etro i<br />
suoi denti acuminati e irregolari.<br />
Solo che erano ormai in netto ritardo per agire, pensò Ben con rabbia e<br />
frustrazione.<br />
Una nube densa e scura <strong>di</strong> nebbia spuntò come un fungo dalla Scatola<br />
magica, il coperchio scomparve e il tunnel che conduceva al Labirinto si<br />
riaprì ancora una volta. Scintille <strong>di</strong> malefica luce verdastra invasero l'aria,<br />
mischiandosi con il rossore dell'alba e il nero del temporale in avvicinamento.<br />
Risuonò un tuono e iniziarono a cadere alcune gocce. La prateria<br />
piombò in un suggestivo silenzio, il clamore delle due fazioni in battaglia<br />
soffocato improvvisamente dallo stupore e dall'aspettativa.
La Scatola magica vomitò fuori le sue ombre contorte, sagome nebbiose<br />
che si agitavano in uno strano miscuglio <strong>di</strong> luci come spettri <strong>di</strong>afani liberati<br />
dopo un lungo periodo <strong>di</strong> prigionia. Si sollevarono, ammassandosi,<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>scesero rapide in <strong>di</strong>rezione dei demoni. Il Gorse cacciò un grido,<br />
un terribile ululato <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong>sperazione. Dalle sue mani scaturì una ragnatela<br />
<strong>di</strong> magia protettiva che avvolse la sua sagoma scura per proteggerlo<br />
dall'attacco. Le ombre attraversarono la ragnatela <strong>di</strong> magia come se nulla<br />
fosse, afferrando il mago e trascinandolo all'aperto. Il Gorse si <strong>di</strong>batté<br />
come un pazzo, ma inutilmente. Prese a soffiare e a sputare come un gatto.<br />
Combatté con tutta la forza e tutta la magia che possedeva. Ma le ombre<br />
della Scatola magica erano qualcosa <strong>di</strong> implacabile. Strapparono l'essere<br />
fatato rinnegato dall'erba sulla quale si trovava e lo trascinarono inesorabilmente<br />
verso la scatola. Lo avvolsero definitivamente in un groviglio nero,<br />
e un attimo dopo il Gorse scomparve assieme alle nebbie, risucchiato<br />
dalla Scatola magica.<br />
Risucchiato dalla prigione dalla quale pensava <strong>di</strong> essere sfuggito definitivamente.<br />
Risucchiato dalla terribile oscurità delle nebbie fatate.<br />
Quando le nebbie e il Gorse furono scomparsi, il coperchio riapparve per<br />
magia e sigillò ancora una volta la Scatola magica.<br />
A quel punto, il vento si liberò finalmente sulla prateria, spazzandola<br />
con un forte sibilo. Strabo passò in volo sopra Horris Kew e la Scatola<br />
magica come l'ombra della morte, ma poi scese invece in picchiata sui demoni<br />
<strong>di</strong> Abaddon, sputando fuoco nel mezzo della loro massa. Dozzine <strong>di</strong><br />
demoni si incenerirono imme<strong>di</strong>atamente. In quanto agli altri, ormai privati<br />
della protezione del Gorse e della sua magia, non avevano più alcun interesse<br />
in quella battaglia. Seguendo il loro comandante, si lanciarono al galoppo<br />
verso la collina dalla quale erano venuti, infilandosi nello squarcio e<br />
tuffandosi per tornare alla loro <strong>di</strong>mora sotterranea. Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong><br />
scomparvero tutti, e il punto che avevano occupato per così poco<br />
tempo nel mondo della luce rimase deserto.<br />
Strabo si produsse in un'ampia curva e sorvolò l'esercito del Greensward<br />
emettendo sibili <strong>di</strong> sfida e <strong>di</strong> trionfo.<br />
Immobile al centro della prateria, con la pioggia che gli picchiava sulla<br />
faccia e il vento che gli strapazzava i vestiti, Ben Holiday espirò lentamente<br />
e nascose il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover sotto la sua tunica.<br />
Occhi Ver<strong>di</strong>
Willow si risvegliò nella luce debole e grigiastra dell'alba. L'umi<strong>di</strong>tà del<br />
Deep Fell penetrò imme<strong>di</strong>atamente nel suo corpo nudo, facendola rabbrivi<strong>di</strong>re.<br />
Era sdraiata per terra, rannicchiata su se stessa, il bambino accoccolato<br />
fra le sue braccia. Dapprincipio, non se ne rese nemmeno conto. Sbatté<br />
le palpebre davanti al torpore del sonno che ancora le ottundeva la mente,<br />
cercando <strong>di</strong> ricordare dove si trovasse. Poi percepì il movimento del<br />
piccolo e abbassò lo sguardo nella sua <strong>di</strong>rezione.<br />
Suo figlio.<br />
Lo osservò a lungo, e i suoi occhi si riempirono <strong>di</strong> lacrime.<br />
Le tornò in mente tutto ciò che era accaduto; la sua uscita dalle nebbie<br />
fatate nel Deep Fell, la sua metamorfosi, la formazione del baccello, il<br />
sonno. Cullò il bambino, stringendolo a sé, dandogli tutto il calore che poteva<br />
dargli, offrendogli il riparo del suo corpo.<br />
Poi si alzò in pie<strong>di</strong>, si infilò gli abiti e avvolse il piccolo nel suo mantello.<br />
Il bambino stava ancora dormendo, non ancora abbastanza affamato per<br />
risvegliarsi, del tutto ignaro dell'ambiente circostante che invece rappresentava<br />
per Willow una fonte <strong>di</strong> preoccupazione. Non era certo stata lei a<br />
scegliere il Deep Fell come luogo <strong>di</strong> nascita per suo figlio, e ora aveva intenzione<br />
<strong>di</strong> andarsene il più velocemente possibile. La nebbia si infiltrava<br />
fra i rami degli alberi e serpeggiava attorno ai loro tronchi. Un pesante silenzio<br />
ovattava ogni cosa. Non vi era alcun movimento. Era un mondo<br />
morto, e l'unica persona che poteva viverci era proprio la strega che lo aveva<br />
reso tale.<br />
Willow si mise in movimento, incamminandosi verso la luce, verso oriente,<br />
dove il sole stava nascendo su Landover. Doveva andarsene da lì al<br />
più presto, prima <strong>di</strong> venire scoperta. Si sentiva ancora debole per il parto,<br />
ma soprattutto era spaventata. Non tanto per se stessa quanto per il bambino,<br />
che rappresentava la misura della sua vita con Ben, il culmine della loro<br />
unione. Lo scrutò nuovamente attraverso le pieghe del mantello, assicurandosi<br />
che avesse visto bene al suo risveglio, accertandosi che non fosse<br />
cambiato nulla. Le lacrime tornarono a riempirle gli occhi. Le si strinse la<br />
gola. Non desiderava altro che incontrare Ben e stare con lui, accertarsi<br />
che stesse bene e fargli vedere il loro bambino.<br />
Camminò per un periodo <strong>di</strong> tempo che le parve lunghissimo, ma che<br />
probabilmente non lo fu affatto. Il corpo le doleva in maniera strana; una<br />
fitta insistente ai reni, una contrazione al petto e un torpore generalizzato<br />
alle braccia e alle gambe. Non sapeva bene se quei dolori <strong>di</strong>pendessero <strong>di</strong>-
ettamente dal parto o dal fatto che avesse dormito nuda sul suolo gelido<br />
del Deep Fell. Il movimento fece <strong>di</strong>minuire i dolori al petto e agli arti,<br />
sciogliendole i muscoli contratti, ma la fitta ai reni persistette. Tentò <strong>di</strong> ignorarla.<br />
Il muro dell'Hollow non poteva essere troppo <strong>di</strong>stante, <strong>di</strong>sse a se<br />
stessa. Se continuava a camminare, nel giro <strong>di</strong> poco sarebbe stata fuori.<br />
Uscì da un fitto <strong>di</strong> vecchi alberi in cui si intrecciavano nebbia e oscurità,<br />
entrò in una radura e si fermò sui suoi passi. Davanti a lei vi era Nightshade,<br />
avvolta nel suo mantello nero, eretta e rigida come una statua <strong>di</strong> pietra,<br />
i suoi occhi rossi scintillanti e penetranti.<br />
«Che cosa ci fai qui, silfide?» domandò a bassa voce.<br />
Il cuore <strong>di</strong> Willow sprofondò. Essendo stata costretta a far nascere suo<br />
figlio in quel luogo maledetto, non aveva desiderato altro che fuggirlo senza<br />
incontrare la strega a cui apparteneva, ma a quanto pareva le era stato<br />
negato anche questo.<br />
Riuscì a non far trasparire la paura dalla sua voce. «Sono entrata per errore,<br />
passando attraverso le nebbie fatate. Non voglio creare problemi.<br />
Voglio solo andarmene.»<br />
Nightshade apparve sorpresa. «Attraverso le nebbie fatate? Eri forse imprigionata<br />
anche tu? No. Nel suo sogno ti trovavi in un altro luogo, non è<br />
vero?» Si fermò, assumendo un'espressione pensierosa. «Ma perché sei uscita<br />
proprio qui? Anzi, perché sei uscita? Le fate non liberano mai nessuno<br />
dalle nebbie.»<br />
Willow pensò per un attimo <strong>di</strong> mentirle, ma poi si rese conto che non era<br />
il caso. La strega se ne sarebbe accorta imme<strong>di</strong>atamente. Qui nel suo regno,<br />
la sua magia era abbastanza forte da permetterle <strong>di</strong> percepire subito<br />
una cosa del genere.<br />
«Le fate sono state costrette a liberarmi quando l'Alto Signore è venuto<br />
da me in sogno e mi ha liberata dalla loro magia. Mi hanno lasciata uscire<br />
dalle nebbie, ma non mi hanno detto dove sarei uscita. Forse mi hanno<br />
mandata qui per punizione.»<br />
Lo sguardo <strong>di</strong> Nightshade si abbassò verso il fagotto che portava fra le<br />
braccia. «Cos'hai fra le braccia?»<br />
Willow strinse il piccolo al petto. «Mio figlio, appena nato. Il figlio mio<br />
e dell'Alto Signore.»<br />
Nightshade inspirò con un suono secco. «Il figlio del re per gioco?<br />
Qui?» Emise una risata. «Certamente la sorte fa strani giochi con noi. Perché<br />
porti in giro tuo figlio a questo modo? Lo hai forse portato con te nelle<br />
nebbie fatate?» Si fermò <strong>di</strong> colpo. «Aspetta un attimo. Non ho mai sentito
parlare <strong>di</strong> questo bambino. Non sono stata lontana da Landover così tanto<br />
tempo, quin<strong>di</strong> dovrei esserne a conoscenza. Appena nato, hai detto? Nato<br />
dove, quin<strong>di</strong>?»<br />
«Qui» rispose Willow a bassa voce.<br />
Il volto <strong>di</strong> Nightshade si contorse in un'espressione grottesca. «Nato qui,<br />
in casa mia? Il figlio <strong>di</strong> Holiday? Mentre io ero intrappolata con lui nelle<br />
nebbie fatate, rinchiusa in quella maledetta scatola? Perché ero con lui, figliola,<br />
lo sapevi? Siamo stati assieme per settimane, privati dei nostri ricor<strong>di</strong>,<br />
trasformati in creature che nemmeno noi riconoscevamo. É venuto<br />
da te in sogno? Sì, mi ha detto tutto. E stato il sogno che lo ha liberato dall'ignoranza,<br />
che lo ha portato a <strong>di</strong>vulgare la verità su <strong>di</strong> noi.»<br />
La voce della strega era un sibilo. «Non lo hai ancora visto da quando è<br />
tornato, nevvero?» Sorrise alla reazione <strong>di</strong> Willow. «Ah, allora non sapevi<br />
nemmeno che era tornato, giusto? Ebbene, è tornato da un'altra vita, piccola<br />
silfide, da una vita con me, in cui io ero la sua protetta e lui il mio tutore.<br />
Sai quanto è accaduto fra noi mentre tu portavi suo figlio in grembo?»<br />
Fece una pausa, i suoi occhi luccicanti <strong>di</strong> aspettativa. «Mi ha cullata e mi<br />
ha accu<strong>di</strong>ta, dormendo con me come se fossi la sua...»<br />
«No!» la voce <strong>di</strong> Willow uscì dura come la pietra, quell'unica parola<br />
come una minaccia che interruppe la strega come fosse un cappio attorno<br />
alla sua gola.<br />
«Era mio!» sbottò la strega del Deep Fell. «Apparteneva a me! Lo avrei<br />
avuto per sempre, se non fosse stato per quel sogno! Ho perduto ogni cosa,<br />
tutto, tranne ciò che sono, il potere della mia magia a la forza della mia volontà.<br />
Queste ultime cose le ho riacquistate, ma ora Holiday è in debito con<br />
me! Mi ha tolto il mio orgoglio e la mia <strong>di</strong>gnità, si è indebitato con me, e<br />
ora deve pagare!»<br />
Era completamente sbiancata dalla rabbia. «E quel figlio che porti in<br />
braccio» sussurrò «potrà servire ottimamente come pagamento <strong>di</strong> quel debito.»<br />
Willow sbiancò a sua volta. Stava tremando tutta, aveva la gola secca e<br />
le si era fermato il cuore. «Non puoi avere mio figlio» <strong>di</strong>sse.<br />
Le labbra <strong>di</strong> Nightshade si contrassero in un sorriso <strong>di</strong>vertito. «Non posso?<br />
Che sciocco da parte tua usare parole simili, piccola ninfa. Fra l'altro,<br />
tuo figlio è nato nel mio regno, qui nel Deep Fell, e <strong>di</strong> conseguenza mi appartiene<br />
per <strong>di</strong>ritto. Secondo la mia legge.»<br />
«Non vi sono leggi che possano strappare un figlio dalle braccia <strong>di</strong> sua<br />
madre. Non hai alcun <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fare una simile richiesta.»
«Ne ho tutti i <strong>di</strong>ritti, invece. Io sono la signora del Deep Fell e ho <strong>di</strong>ritto<br />
su tutto ciò che si trova all'interno del mio regno. Quel bambino è nato sulla<br />
mia terra. Tu non sei altro che un'intrusa e una ragazzina sciocca. Non<br />
credere <strong>di</strong> poterti negare a me.»<br />
Willow rimase impassibile. «Se vuoi prenderti mio figlio, dovrai prima<br />
uccidermi. Sei pronta a fare una cosa simile?»<br />
Nightshade scosse lentamente il capo. «Non ho bisogno <strong>di</strong> ucciderti.<br />
Conosco meto<strong>di</strong> più semplici, poiché posseggo l'uso della magia. E se ti<br />
viene in mente <strong>di</strong> sfidarmi, ho in serbo per te sorti ben peggiori della morte.»<br />
«Se ruberai suo figlio, l'Alto Signore ti darà la caccia in eterno!» sbottò<br />
Willow. «Ti inseguirà fino alla fine del mondo!»<br />
«Piccola, stupida silfide» rispose la strega con tono basso e provocante.<br />
«L'Alto Signore non sa nemmeno che ti trovi qui.»<br />
Willow si raggelò. Nightshade aveva ragione. Nessuno sapeva che si<br />
trovava nel Deep Fell, nessuno sapeva che era tornata dalle nebbie fatate.<br />
Se fosse scomparsa, chi sarebbe stato in grado <strong>di</strong> rintracciarla? E se suo figlio<br />
fosse scomparso, chi avrebbe potuto testimoniare della sua esistenza?<br />
Le fate, forse, ma sarebbero state <strong>di</strong>sposte a farlo?<br />
Che cosa poteva fare?<br />
«Qualcuno scoprirà la verità e la rivelerà, Nightshade» insistette con tono<br />
<strong>di</strong>sperato. «Non puoi mantenere segreta in eterno una cosa del genere!<br />
Nemmeno tu puoi fare una cosa simile!»<br />
La strega si produsse in una lenta, sdegnosa scrollata <strong>di</strong> spalle. «Forse<br />
no. Ma posso mantenere il segreto abbastanza a lungo. In fondo, la vita <strong>di</strong><br />
Holiday non è infinita. Alla fin fine, quando lui sarà morto, io sarò ancora<br />
qui.»<br />
Willow annuì lentamente, comprendendo finalmente. «Ed è proprio questo<br />
il motivo per cui vuoi suo figlio, non è vero? Così quando sarà morto<br />
non rimarrà nulla <strong>di</strong> lui. Faresti tuo il piccolo e faresti in modo da far sparire<br />
ogni sua traccia. Lo o<strong>di</strong> così tanto, non è vero?»<br />
Le labbra strette <strong>di</strong> Nightshade si contrassero. «Di più. Molto, molto <strong>di</strong><br />
più.»<br />
«Ma il bambino è innocente» esclamò Willow. «Perché il piccolo deve<br />
<strong>di</strong>ventare una pe<strong>di</strong>na nella vostra lotta? Perché deve soffrire della vostra<br />
rabbia?»<br />
«Il piccolo se la passerà bene. Ci penserò io a questo.»<br />
«Non è tuo!»
«Sono stanca <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere, silfide. Dammi tuo figlio, e forse allora ti lascerò<br />
andare. Fanne un altro, se lo desideri. In fondo, ne hai la possibilità.»<br />
Willow scosse lentamente il capo. «Non rinuncerò mai a mio figlio, Nightshade.<br />
Non lo darò a te, non lo darò a nessun altro. E ora fatti da parte e<br />
lasciami passare.»<br />
Nightshade sorrise in maniera malefica. «Non credo proprio» <strong>di</strong>sse.<br />
Si fece avanti, sollevando le braccia sotto il suo mantello scuro, decisa a<br />
prendersi il bambino con la forza, quando venne interrotta nel suo movimento<br />
da una voce familiare.<br />
«Fai come <strong>di</strong>ce, Nightshade. Lasciala passare.»<br />
La strega si fermò, rimanendo immobile come una statua. Willow si<br />
guardò attorno, ma non vide altro che alberi e nebbiosa oscurità.<br />
Un attimo dopo, Edgewood Dirk spuntò fuori da sotto un cespuglio, il<br />
suo pelo argentato immacolato, la sua coda nera che si contraeva in maniera<br />
appena accennata. Balzò sul tronco <strong>di</strong> un albero caduto e sbatté le palpebre<br />
con aria sonnacchiosa.<br />
«Lasciala passare» ripeté a bassa voce.<br />
Nightshade si irrigidì. «Edgewood Dirk. Chi ti ha dato il permesso <strong>di</strong> entrare<br />
nel Deep Fell? Chi ti ha concesso il <strong>di</strong>ritto?»<br />
«I gatti non hanno bisogno <strong>di</strong> alcun permesso o concessione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto»<br />
ribatté Dirk. «Davvero, tu dovresti saperlo molto bene. I gatti vanno dove<br />
gli pare... lo hanno sempre fatto.»<br />
Nightshade era livida per la rabbia. «Vattene imme<strong>di</strong>atamente!»<br />
Dirk si produsse in uno sba<strong>di</strong>glio e si stiracchiò. «Fra poco. Ma prima<br />
devi lasciar passare la Regina.»<br />
«Non sono <strong>di</strong>sposta a rinunciare a...»<br />
«Risparmia il fiato, Strega del Deep Fell.» Ora nel tono del gatto vi era<br />
un accenno <strong>di</strong> sdegno. «La Regina e suo figlio devono tornare a Landover.<br />
Le fate hanno deciso così, e non vi è null'altro da aggiungere. Se non sei<br />
contenta <strong>di</strong> questa loro decisione, perché non te la pren<strong>di</strong> con loro?»<br />
Nightshade rivolse uno sguardo infuocato in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Willow, quin<strong>di</strong><br />
tornò a rivolgersi al gatto. «Le fate non possono or<strong>di</strong>narmi ciò che devo fare!»<br />
«Certo che possono» ribatté Dirk con tono ragionevole. «L'ho appena<br />
fatto io stesso in loro vece. Smettila <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere. La faccenda è già stata sistemata.<br />
Ora fatti da parte.»<br />
«Quel bambino è mio!»
Dirk si leccò una zampa con un movimento rapido, quin<strong>di</strong> alzò lo sguardo<br />
verso la strega. «Nightshade» le <strong>di</strong>sse con tono tranquillo «sei forse <strong>di</strong>sposta<br />
a sfidarmi?»<br />
Seguì una lunga pausa, nel corso della quale la strega e il gatto prismatico<br />
rimasero a fissarsi nella semioscurità del Deep Fell. «Perché se sei <strong>di</strong>sposta<br />
a farlo» continuò il gatto «devi sapere che anche se fallirò verrà<br />
mandato subito un altro in mia vece, e poi un altro, e poi un altro ancora.<br />
Le fate sono creature molto cocciute. E proprio tu dovresti saperlo molto<br />
bene.»<br />
Nightshade non si mosse. Quando parlò, nella sua voce vi era stupore.<br />
«Ma perché fanno questo? Che interesse hanno in questo bambino?»<br />
Edgewood Dirk sbatté le palpebre. «Questa» <strong>di</strong>sse a bassa voce «è un'ottima<br />
domanda.» Si sollevò, si stiracchiò, quin<strong>di</strong> tornò a sedersi. «Ho de<strong>di</strong>cato<br />
fin troppo tempo a questa faccenda, e sono ansioso <strong>di</strong> fare la mia<br />
dormita mattutina. Lascia passare la Regina e suo figlio. Ora.»<br />
Nightshade scosse lentamente il capo, negando qualcosa che non riusciva<br />
ad articolare. Per un attimo, Willow fu convinta che sarebbe balzata addosso<br />
a Dirk, combattendolo con tutte le sue forze e tutta la magia che aveva<br />
a <strong>di</strong>sposizione.<br />
Invece, la strega si girò lentamente verso Willow. «Non vi perdonerò<br />
mai per questo» <strong>di</strong>sse. «Mai. Dillo al tuo re per gioco.»<br />
Nightshade scomparve nell'oscurità, come uno spettro che si <strong>di</strong>ssipava<br />
fra le ombre. Il bambino si risvegliò in quell'istante, rigirandosi fra le braccia<br />
<strong>di</strong> sua madre con aria sonnolenta. Willow abbassò lo sguardo fra le<br />
pieghe del suo mantello e rivolse una parola con tono amorevole e sommesso<br />
al suo piccolo. Quando rialzò lo sguardo, anche Edgewood Dirk era<br />
scomparso. Che l'avesse seguita per tutto il tempo? A quanto pareva le fate<br />
lo avevano nuovamente mandato ad assisterla, anche se con il gatto prismatico<br />
non si poteva mai essere sicuri. In ogni caso, le aveva salvata la<br />
vita. Anzi, aveva salvato suo figlio. Ma perché? Era la stessa domanda che<br />
aveva posto Nightshade, e non vi era risposta. Per quale motivo quel bambino<br />
aveva una tale importanza per tutti quanti?<br />
Cullando il piccolo fra le braccia, Willow riprese il cammino.<br />
Era già mattino inoltrato quando Ben Holiday giunse nella campagna a<br />
sud del Deep Fell. Non vi sarebbe mai arrivato tanto velocemente se Strabo<br />
non gli avesse concesso un passaggio in cambio del possesso della Scatola<br />
magica. Il drago aveva espresso fin dal principio il suo desiderio <strong>di</strong>
possedere la scatola, ma Ben inizialmente aveva rifiutato, convinto del fatto<br />
che la scatola non dovesse appartenere a nessuno tranne che a lui stesso.<br />
«Lasciala a me, Holiday» aveva insistito il drago. «La terrò in un luogo<br />
dove nessuno potrà mai raggiungerla, in un pozzo infuocato nei territori<br />
deserti, dove nessuno va mai.»<br />
«Ma perché la vuoi?» aveva domandato Ben. «Che cosa te ne vuoi fare?»<br />
Il drago era appena tornato dal suo assalto ai demoni, e i due si trovavano<br />
soli al centro della prateria antistante a Sterling Silver. Horris Kew era<br />
riverso a terra a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Questor Thews e Abernathy non li<br />
avevano ancora raggiunti.<br />
La voce del drago aveva un tono quasi ansioso. «La tirerei fuori <strong>di</strong> tanto<br />
in tanto per guardarla. I draghi amano i tesori e godono nell'accumulare<br />
oggetti preziosi. É tutto ciò che ci rimane della nostra vecchia vita. Anzi, è<br />
tutto ciò che mi rimane, poiché sono rimasto l'unico.» La testa cornuta del<br />
drago si abbassò verso il Re.«La terrei nascosta in un luogo dove nessuno<br />
potrà mai trovarla. La terrò solo per mio personale <strong>di</strong>letto.»<br />
A quel punto Ben aveva interrotto la conversazione quanto bastava per<br />
sedare una rissa fra un Abernathy completamente inzuppato e arrabbiatissimo<br />
e un Horris Kew letteralmente terrorizzato. Con l'aiuto <strong>di</strong> Questor<br />
Thews, alla fine era riuscito a stabilire perlomeno una sembianza <strong>di</strong> pace<br />
fra i due. In fondo, ricordò all'afflitto scrivano, il mago aveva salvato le loro<br />
vite. Dopo<strong>di</strong>ché si era de<strong>di</strong>cato al compito <strong>di</strong> congedare Kallendbor e il<br />
suo esercito, ottenendo dal Signore <strong>di</strong> Rhyndweir il giuramento <strong>di</strong> apparire<br />
al suo cospetto da lì a una settimana per fornire una spiegazione per il suo<br />
comportamento. Infine, aveva or<strong>di</strong>nato alla Guar<strong>di</strong>a Reale <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperdere la<br />
gente che era venuta in cerca dei cristalli dell'occhio della mente e aveva<br />
trovato molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto non si fosse aspettata.<br />
A quel punto, si ricordò <strong>di</strong> Willow. Andò imme<strong>di</strong>atamente al Landsview<br />
e la vide proprio nel momento in cui stava uscendo dal Deep Fell. Il regno<br />
<strong>di</strong> Nightshade, pensò con orrore, e non certo un luogo adatto per la silfide.<br />
Pensò alle ultime parole che gli aveva detto Nightshade prima <strong>di</strong> andarsene.<br />
Pensò a ciò che avrebbe potuto fare la strega a Willow se solo ne avesse<br />
avuta la possibilità.<br />
Solo che da lì al Deep Fell vi erano ben due giorni <strong>di</strong> cavalcata, che date<br />
le circostanze erano decisamente troppi. Così, aveva deciso <strong>di</strong> combinare<br />
l'affare con Strabo. Un passaggio fino al Deep Fell e ritorno in cambio della<br />
Scatola magica, con la clausola che il drago stesso doveva promettere <strong>di</strong>
non farla mai vedere a nessuno e <strong>di</strong> non tentare mai <strong>di</strong> aprirla o <strong>di</strong> farla aprire<br />
da chicchessia. Strabo aveva acconsentito senza esitazioni, fornendo<br />
la sua solenne promessa <strong>di</strong> stare ai patti. Si trattava <strong>di</strong> un giuramento da<br />
drago, e Questor Thews sussurrò in un orecchio <strong>di</strong> Ben che era più che sufficiente.<br />
La parola <strong>di</strong> un drago non si poteva mettere in <strong>di</strong>scussione.<br />
Così, Ben era partito a bordo <strong>di</strong> Strabo, sfrecciando attraverso pioggia e<br />
venti tempestosi finché non erano finalmente sbucati fuori dalle nubi nere<br />
e avevano ritrovato il cielo azzurro. Il sole si riversava sulla terra, accarezzando<br />
le praterie e le colline del nord con la sua luce dorata, tagliando via<br />
l'oscurità con la sua accecante luminosità estiva.<br />
«Eccola lì, Holiday» <strong>di</strong>sse il drago dopo un po'. Grazie ai suoi occhi acutissimi,<br />
in<strong>di</strong>viduò la silfide molto prima <strong>di</strong> Ben.<br />
Scesero in picchiata verso una collina, con gli alberi che sfrecciavano<br />
accanto da entrambi i lati, dove il drago si posò con grazia. Willow apparve<br />
dalla parte opposta <strong>di</strong> un prato <strong>di</strong> fiori selvatici e Bonnie Blu, e Ben le<br />
corse imme<strong>di</strong>atamente incontro, senza pensare a null'altro. Lei lo vide e<br />
chiamò il suo nome, con il volto raggiante e le lacrime che tornavano ancora<br />
una volta a inondarle gli occhi.<br />
Ben le corse incontro, ma poi si fermò <strong>di</strong> colpo, intimi<strong>di</strong>to dalla fragile<br />
barriera interposta fra loro dal fagotto che la sua sposa portava fra le braccia.<br />
Che cosa stava trasportando? «Tutto bene?» le domandò, ansioso <strong>di</strong><br />
essere rassicurato del suo benessere, non vedendo l'ora <strong>di</strong> sentire la sua voce.<br />
«Sì, Ben» gli rispose. «E tu?»<br />
Ben annuì, sorridendo. «Ti amo, Willow» le <strong>di</strong>sse.<br />
Vide la gola della sua sposa che si contraeva. «Vieni a vedere nostro figlio»<br />
sussurrò.<br />
Ben fece un passo avanti, annullando la <strong>di</strong>stanza che li separava, fremente<br />
<strong>di</strong> aspettativa e incredulità. Troppo in fretta, pensò. Non era ancora<br />
giunto il momento. Non gli era nemmeno sembrata incinta... Come era<br />
possibile che avesse già partorito?<br />
Ma le sue domande svanirono nel nulla davanti all'euforia del sorriso <strong>di</strong><br />
Willow. «Il bambino?» domandò, e lei annuì.<br />
Willow aprì le pieghe del suo mantello per mostrarglielo. Ben si chinò in<br />
avanti per guardare.<br />
E si trovò davanti a un paio <strong>di</strong> occhi ver<strong>di</strong> sconvolgenti.<br />
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L'intervistatore sorseggiò il suo cocktail fragola-ananas nel salotto della<br />
lussuosa casa dal soffitto <strong>di</strong> vetro <strong>di</strong> Harold Kraft. Il suo sguardo passò<br />
dalla vasta veranda con piscina alla vastità appena maggiore dell'Oceano<br />
Pacifico più in là. Era tardo pomeriggio, e il sole stava calando pigramente<br />
verso la linea piatta dell'orizzonte a ovest. Il graduale cambiamento della<br />
luce prometteva l'ennesimo, splen<strong>di</strong>do, tramonto hawaiano. I pavimenti in<br />
marmo del salotto e della veranda luccicavano come se fossero intarsiati<br />
d'oro zecchino, terminando solo sul margine della piscina, dalla parte opposta<br />
della quale vi era una cascatella le cui acque davano l'impressione <strong>di</strong><br />
cadere <strong>di</strong>rettamente in mare. Accanto alla piscina, una vasca Jacuzzi con<br />
idromassaggio gorgogliava in maniera invitante. Il lato opposto era dominato<br />
da un bancone da bar e dalla zona barbecue, con tanto <strong>di</strong> gusci <strong>di</strong> noce<br />
<strong>di</strong> cocco usati per i drink tropicali nel corso delle frequenti feste tenute<br />
dall'autore.<br />
La casa veniva valutata attorno ai quin<strong>di</strong>ci milioni <strong>di</strong> dollari, anche se i<br />
prezzi degli immobili erano sempre soggetti all'andamento del mercato e<br />
non si poteva stabilire un prezzo esatto. Le case in quella zona partivano<br />
dai <strong>di</strong>eci milioni in su, e non avevano certo tutto quel terreno attorno, per<br />
non parlare della splen<strong>di</strong>da vista che permetteva ad Harold Kraft <strong>di</strong> dominare<br />
l'intera baia <strong>di</strong> Honolulu. In quel quartiere, solo il terreno valeva come<br />
minimo cinque milioni. Si trattava <strong>di</strong> cifre letteralmente inimmaginabili<br />
per la gran parte della gente. L'intervistatore stesso viveva a Seattle in una<br />
casa che aveva comprato quin<strong>di</strong>ci anni prima per una cifra che corrispondeva<br />
più o meno a ciò che Harold Kraft guadagnava in un mese.<br />
Kraft uscì in quel momento dal suo stu<strong>di</strong>o, dove era andato a rispondere<br />
a una telefonata personale, lasciando l'intervistatore a sorseggiare il suo<br />
cocktail perfettamente mischiato e ad ammirare il panorama. Si avvicinò al<br />
bar scusandosi in maniera casuale per essersi assentato così a lungo, si<br />
preparò un tè freddo, attraversò la sala fino al <strong>di</strong>vano dove l'intervistatore<br />
lo attendeva con pazienza, e si sedette. Era un tipo alto e magro, con capelli<br />
brizzolati e una barbetta alla Van Dyck, e si muoveva come un gatto, con<br />
lentezza ed eleganza. Indossava camicia e pantaloni <strong>di</strong> seta, e ai pie<strong>di</strong> aveva<br />
un paio <strong>di</strong> sandali <strong>di</strong> pelle confezionati a mano. Il suo volto abbronzato<br />
aveva un che <strong>di</strong> aquilino e i suoi occhi color sabbia erano decisamente penetranti.<br />
Secondo alcune voci, pareva che si fosse sottoposto a trattamenti<br />
<strong>di</strong> chirurgia plastica, che seguisse un regime strettissimo e che si allenasse
in maniera rigorosa, ma questo era un fatto piuttosto comune per quanto<br />
riguardava personaggi ricchi e famosi come lui.<br />
«Buone notizie» annunciò con un sorriso. «E dato che vi trovate qui, ve<br />
le posso fornire in anteprima. La Paramount ha appena comprato i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />
Stregone. Due milioni <strong>di</strong> dollari sull'unghia. Vogliono Sean Connery come<br />
attore protagonista e Tom Cruise nel ruolo del principe. Che ve ne pare?»<br />
L'intervistatore si produsse in un sorriso elogiativo. «Penso che siete <strong>di</strong>ventato<br />
più ricco <strong>di</strong> due milioni <strong>di</strong> dollari. Congratulazioni.»<br />
Kraft rispose con un breve inchino. «E ancora non è subentrato il lato<br />
merchan<strong>di</strong>sing. É lì che stanno i sol<strong>di</strong> veri.»<br />
«Ma sentite, quando voi scrivete un libro, pensate ai possibili guadagni<br />
che potreste fare con il cinema?» premette l'intervistatore. Non stava ottenendo<br />
abbastanza da Kraft; ciò che gli aveva detto fino ad allora non avrebbe<br />
sod<strong>di</strong>sfatto i lettori della sua rivista. Kraft aveva pubblicato tre romanzi<br />
nel giro <strong>di</strong> due anni, dominando le classifiche dei bestseller e vendendo<br />
oltre cinque milioni <strong>di</strong> copie in e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> lusso. Solo che questo<br />
era praticamente tutto ciò che si sapeva <strong>di</strong> lui. Nonostante la sua notorietà<br />
e il suo grande successo, come personaggio rimaneva un mistero. Diceva<br />
<strong>di</strong> essere esiliato, ma non aveva mai detto da dove. Dichiarava <strong>di</strong> essere un<br />
rifugiato politico.<br />
«Io scrivo per essere letto» rispose l'autore con tono deciso. «Ciò che<br />
accade dopo <strong>di</strong>pende esclusivamente dal consumatore. Certo, ci tengo a fare<br />
sol<strong>di</strong>, ma più che altro ci tengo a essere felice.»<br />
L'intervistatore si produsse in una smorfia. «Sembrerebbe un atteggiamento<br />
un po'...»<br />
«Falso? Immagino. Ma il fatto è che nella mia vita ho fatto un sacco <strong>di</strong><br />
cose e ho visto parecchi luoghi, e non ho nulla per <strong>di</strong>mostrarlo. Tutto ciò<br />
che ho è me stesso, e ciò che scrivo non è altro che un'estensione <strong>di</strong> me<br />
stesso. É molto <strong>di</strong>fficile separare le due cose, sapete. Uno scrittore non si<br />
limita a timbrare il cartellino e ad andarsene a casa tutte le sere alle sei.<br />
Porta il suo lavoro in giro con sé, ci pensa in continuazione, lo lucida costantemente<br />
come fosse l'argenteria <strong>di</strong> famiglia. E se non sei sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong><br />
ciò che fai, devi vivere con la tua insod<strong>di</strong>sfazione. É per questo che voglio<br />
essere felice <strong>di</strong> ciò che faccio. Per me è molto più importante essere felici<br />
che essere ricchi.»<br />
«Certo, essere sia felici sia ricchi non è certo un male» osservò l'intervistatore.<br />
«Voi avete avuto un'incre<strong>di</strong>bile serie <strong>di</strong> successi. Vi capita mai <strong>di</strong><br />
pensare a com'era la vostra vita prima che vi pubblicassero?»
Kraft sorrise. «Ci penso sempre. Ma in questa domanda percepisco un<br />
tentativo <strong>di</strong> estorcermi notizie che non ho intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgare. Vi ricordo<br />
che al principio <strong>di</strong> questa intervista ho espresso chiaramente la ferma<br />
intenzione <strong>di</strong> non parlare assolutamente del mio passato. Per quanto ci<br />
possiate provare, non riuscirete a cavarmi nulla a questo proposito.»<br />
«É vero, ma dovete capire che i miei lettori sono estremamente curiosi<br />
riguardo alla vostra vita. Dovete esserne consapevole.»<br />
«Lo sono, e ne sono lusingato.»<br />
«Ciò nonostante, non siete <strong>di</strong>sposto a fornire alcuna notizia su com'era la<br />
vostra vita prima della pubblicazione del primo romanzo?»<br />
«Ho promesso <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re nulla.»<br />
«Promesso a chi?»<br />
«L'ho promesso a delle persone. Non intendo <strong>di</strong>re altro.»<br />
«Allora possiamo parlare dei vostri personaggi, nel tentativo <strong>di</strong> entrare<br />
nella vostra vita dalla porta posteriore, per così <strong>di</strong>re.» L'intervistatore sognava<br />
<strong>di</strong> poter pubblicare anche lui un libro, un giorno o l'altro. Era convinto<br />
<strong>di</strong> essere molto abile con le parole. «Questi personaggi si basano forse<br />
su persone realmente esistite nella vostra vita precedente? Il Re fuorviato<br />
del vostro regno magico, per esempio, o l'inetto Mago <strong>di</strong> Corte, o il cane<br />
burbero che fa lo scrivano?»<br />
Kraft annuì lentamente. «Sì, sono personaggi che esistono.»<br />
«E che mi <strong>di</strong>te del vostro protagonista, il mago rinnegato che salva la situazione<br />
in ogni libro? C'è forse un po' <strong>di</strong> voi in lui?»<br />
Kraft si schiarì la gola con fare modesto. «Un pochino.»<br />
L'intervistatore fece una pausa, rendendosi conto che forse, finalmente,<br />
stava riuscendo a ottenere qualcosa. «Avete mai avuto a che fare con la<br />
magia? Voglio <strong>di</strong>re incantesimi, evocazioni e cose simili? Hanno forse fatto<br />
parte della vostra vita in qualche modo?»<br />
Harold Kraft rimase assorto nei suoi pensieri per un certo tempo Quando<br />
tornò dal suo viaggio interiore, l'espressione del suo volto <strong>di</strong>venne improvvisamente<br />
seria. «Facciamo una cosa» <strong>di</strong>sse. «Voglio fare un'eccezione<br />
alla regola, uno strappo. Vi racconterò qualcosa del mio passato. Una<br />
volta, in effetti, mi cimentavo con la magia. Roba da poco, in verità. Nulla<br />
<strong>di</strong> serio. Solo che una volta sono incespicato per puro caso su qualcosa che<br />
risultò poi essere veramente pericolosa. Qualcosa che arrivò persino a minacciare<br />
la mia vita, oltre che quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse altre persone. Ebbene, sono<br />
riuscito a sopravvivere a quella grande paura, ma in seguito ho promesso<br />
ad alcune persone che non avrei mai più usato... cioè, che non mi sarei mai
più <strong>di</strong>lettato con la magia in vita mia. Ebbene, da allora, non l'ho mai più<br />
fatto.»<br />
«Quin<strong>di</strong> mi state <strong>di</strong>cendo che la magia contenuta nei vostri libri, le evocazioni,<br />
gli incantesimi e tutto il resto, si basano per certi versi su cose realmente<br />
avvenute nella vostra vita?»<br />
«Per certi versi, sì.»<br />
«E i vostri racconti, queste storie affascinanti <strong>di</strong> mostri e <strong>di</strong> elfi, <strong>di</strong> creature<br />
mitologiche e <strong>di</strong> stregoni come il vostro protagonista, anche queste si<br />
fondano su fatti realmente accaduti nella vostra vita?»<br />
Kraft inarcò lentamente un sopracciglio. «Uno scrittore scrive ciò che sa.<br />
É evidente che la sua esperienza <strong>di</strong> vita non può fare a meno <strong>di</strong> entrare in<br />
ciò che racconta. Naturalmente, nella maggior parte dei casi il racconto assume<br />
una forma <strong>di</strong>versa rispetto alla realtà, ma nonostante ciò vi è sempre<br />
una parte della propria esperienza.»<br />
L'intervistatore annuì con aria solenne. Aveva imparato qualcosa <strong>di</strong> nuovo<br />
da queste ultime battute? Non ne era del tutto certo. Rimaneva tutto<br />
piuttosto vago. Come lo stesso Harold Kraft, del resto. Cercò <strong>di</strong> nascondere<br />
la sua confusione interna controllando il piccolo registratore che aveva<br />
appoggiato al tavolino da caffè. Il nastro stava ancora girando. «Sarebbe<br />
esatto <strong>di</strong>re che le avventure che scrivete rispecchiano in qualche modo la<br />
vostra vita?» ritentò.<br />
«Sarebbe sia esatto sia giusto, sì.»<br />
«In che modo?»<br />
Kraft sorrise. «Dovete usare la vostra immaginazione.»<br />
L'intervistatore sorrise a sua volta, cercando <strong>di</strong> non <strong>di</strong>grignare i denti.<br />
«Signor Kraft, avete altre storie in serbo per il vostro pubblico?»<br />
«Harold, vi prego» insistette l'autore con un rapido gesto della mano.<br />
«Credo che queste tre ore passate assieme nelle trincee giornalistiche ci<br />
<strong>di</strong>ano <strong>di</strong>ritto a darci del tu. Ma per rispondere alla tua domanda, sì. Ho altre<br />
storie da raccontare, e spero <strong>di</strong> avere abbastanza tempo per scriverle.<br />
Sto lavorando a un nuovo romanzo proprio in questo periodo. Si intitolerà<br />
L'Incantesimo del Rapace. Ti piacerebbe vederne la copertina?»<br />
«Molto.»<br />
Si alzarono e attraversarono un breve corridoio fino allo stu<strong>di</strong>o, che<br />
Kraft usava più che altro come ufficio. Qui vi erano <strong>di</strong>verse scrivanie con<br />
computer, stampanti, libri e carte ammucchiate in ogni angolo. Sulle pareti<br />
vi erano copertine <strong>di</strong> libri incorniciate. Il centro della stanza era dominato
da una possente scrivania <strong>di</strong> legno koa. Kraft prese una foto a colori da<br />
uno dei mucchi <strong>di</strong> carte e la porse all'intervistatore.<br />
Sulla foto vi era un uccello completamente nero con una corona <strong>di</strong> piume<br />
bianche sul capo. L'uccello stava scendendo in picchiata su uno strano<br />
essere, evidentemente malvagio, che assomigliava a una massa <strong>di</strong> car<strong>di</strong>.<br />
Piccoli lampi scaturivano dagli artigli estesi del rapace, e sullo sfondo vi<br />
erano strani animaletti oscuri che fuggivano nei boschi al suo arrivo.<br />
L'intervistatore osservò la foto per un certo periodo. «Molto drammatico.<br />
E questo uccello rappresenta forse qualcuno che faceva parte della vostra<br />
vita, per così <strong>di</strong>re, precedente?»<br />
Horris Kew, che ora si chiamava Harold Kraft, annuì con aria solenne.<br />
«Ebbene sì, il povero Biggar era un mio grande amico» recitò con fare<br />
drammatico.<br />
Prese in mano la foto e le <strong>di</strong>ede un nostalgico bacio.<br />
FINE