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TERRY BROOKS - Liberi di Leggere

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<strong>TERRY</strong> <strong>BROOKS</strong><br />

LA SCATOLA MAGICA DI LANDOVER<br />

(The Tangle Box, 1994)<br />

A Chris, Denny, Gene, Phil, Scott,<br />

Stuart e, da qualche parte là fuori,<br />

Larry.<br />

Vecchi amici che mi conoscono da<br />

allora e che mi hanno lasciato il meglio<br />

<strong>di</strong> sé.<br />

Skat Mandu<br />

Horris Kew avrebbe potuto essere una caricatura <strong>di</strong> Ichabod Crane eseguita<br />

da un artista della Disney. Era alto e sgraziato, simile a un burattino<br />

mal costruito. La testa era troppo piccola, le braccia e le gambe erano<br />

troppo lunghe e le orecchie, il naso, il pomo d'Adamo e i capelli sembravano<br />

spuntargli fuori da tutte le parti. Aveva un aspetto sciocco e inoffensivo,<br />

solo che non lo era affatto. Era uno <strong>di</strong> quegli uomini che posseggono<br />

un minimo <strong>di</strong> potere e lo utilizzano nel peggiore dei mo<strong>di</strong>. Credeva <strong>di</strong> essere<br />

saggio e molto scaltro, solo che non lo era. Era la proverbiale palla <strong>di</strong><br />

neve che riesce puntualmente a trasformarsi in una valanga. Insomma, alla<br />

resa dei conti, rappresentava un vero e proprio pericolo per chiunque, lui<br />

compreso, e nella gran parte dei casi non se ne rendeva nemmeno conto.<br />

Quel mattino non rappresentò un'eccezione.<br />

Si avvicinò al cancello del giar<strong>di</strong>no senza rallentare, con passi lunghi e<br />

decisi, lo spinse con fare rabbioso, come scocciato dal fatto che non si fosse<br />

aperto <strong>di</strong> sua spontanea volontà, quin<strong>di</strong> proseguì verso il maniero. Non<br />

si voltò né a sinistra né a destra per osservare la profusione <strong>di</strong> fiori estivi<br />

che sbocciavano in tutta la loro bellezza sulle aiuole rastrellate in maniera<br />

meticolosa, sulle curatissime siepi, lungo i pergolati <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> fresco. Non<br />

si preoccupò affatto <strong>di</strong> inalare gli odori fragranti che riempivano l'aria tiepida<br />

<strong>di</strong> quel mattino nella parte settentrionale dello stato <strong>di</strong> New York.<br />

Non prestò nemmeno un istante <strong>di</strong> attenzione alla coppia <strong>di</strong> pettirossi che<br />

cantavano sui rami più bassi del vecchio noce americano posto al centro<br />

dell'ampio prato che dava sul maniero. Ignorando tutto ciò, proseguì nel<br />

suo galoppo con la determinazione <strong>di</strong> un rinoceronte alla carica.


Dalla Sala delle Assemblee alla base della collina sulla quale era posto il<br />

maniero proveniva un suono <strong>di</strong> voci che invadeva l'aria come quello <strong>di</strong> uno<br />

sciame d'api. Le folte sopracciglia <strong>di</strong> Horris si corrugarono scure sopra lo<br />

stretto naso a uncino come fossero due pelosi millepie<strong>di</strong> che si avvicinavano<br />

laboriosamente l'uno all'altro. Evidentemente Biggar stava ancora tentando<br />

<strong>di</strong> ragionare con i fedeli. Tentando <strong>di</strong> ragionare con gli ex fedeli, si<br />

corresse. Ma naturalmente, non sarebbe servito a nulla. Ormai non c'era<br />

più nulla da fare. Era proprio quello il guaio delle confessioni. Una volta<br />

confessata una cosa, non ci si poteva più tirare in<strong>di</strong>etro. Si trattava <strong>di</strong> semplicissima<br />

logica, <strong>di</strong> una lezione che mille ciarlatani avevano appreso pagando<br />

con la vita, ma che, per qualche motivo, a Biggar era sfuggita.<br />

Horris <strong>di</strong>grignò i denti. Che cosa aveva creduto <strong>di</strong> fare quell'i<strong>di</strong>ota?<br />

Proseguì con furiosa determinazione verso il maniero, seguito dalle grida<br />

provenienti dalla Sala delle Assemblee, che ora si erano improvvisamente<br />

innalzate assumendo un tono a <strong>di</strong>r poco preoccupante. Sarebbero<br />

giunti lì entro breve. Tutti quanti, i fedeli trasformati in un'orda <strong>di</strong> ingrati<br />

privi <strong>di</strong> ragione, ormai più che <strong>di</strong>sposti a strappargli via gli arti uno per<br />

uno, se solo avessero avuto la possibilità <strong>di</strong> mettergli le mani addosso.<br />

Horris si bloccò improvvisamente ai pie<strong>di</strong> degli scalini che conducevano<br />

alla veranda che percorreva la casa per tutta la sua lunghezza e si ritrovò a<br />

pensare a ciò che stava per perdere. Le spalle strette si incurvarono, il corpo<br />

sconnesso si accasciò e il pomo d'Adamo sussultò come un tappo <strong>di</strong> sughero<br />

in una vasca d'acqua mentre deglutiva il suo <strong>di</strong>sappunto. Cinque anni<br />

<strong>di</strong> lavoro, svaniti nel nulla. Svaniti nel giro <strong>di</strong> un istante. Scomparsi come<br />

la fiamma <strong>di</strong> una candela al vento. Non riusciva a crederci. Aveva lavorato<br />

così tanto...<br />

Scosse il capo ed emise un sospiro. Be', in fondo vi erano altri pesci nell'oceano,<br />

pensò fra sé. E altri oceani in cui pescare.<br />

Salì stancamente per le scale, con le sue scarpe del 49 che sbattevano<br />

contro gli scalini <strong>di</strong> legno come quelle <strong>di</strong> un clown. Ora si stava guardando<br />

attorno. Lo stava facendo, perché era l'ultima possibilità che aveva <strong>di</strong> farlo.<br />

Non avrebbe mai più rivisto quella casa, quel tesoro coloniale che era arrivato<br />

ad amare tanto, quella meravigliosa, antica magione dell'America Rivoluzionaria,<br />

restaurata con tanta cura e riarredata con tanto amore, specificamente<br />

per lui. Caduta in rovina nel mezzo <strong>di</strong> un territorio de<strong>di</strong>cato alla<br />

caccia e agli sport invernali situato nella regione del Lago Fringer nella<br />

parte settentrionale dello stato <strong>di</strong> New York, a poco meno <strong>di</strong> ottanta chilometri<br />

dall'autostrada che univa Utica a Syracuse, era rimasta pressoché


<strong>di</strong>menticata fino al giorno in cui Horris l'aveva riscoperta. Horris era perfettamente<br />

consapevole dell'importanza della storia e ammirava e desiderava<br />

ardentemente le cose <strong>di</strong> importanza storica... soprattutto nei casi in cui<br />

l'oggi e il domani potevano essere uniti a suo personale vantaggio. E Skat<br />

Mandu gli aveva permesso <strong>di</strong> combinare le due cose, trasformando il valore<br />

storico <strong>di</strong> quella casa e della terra che la circondava in un bel pacchettino<br />

regalo che era stato posto ai suoi pie<strong>di</strong>, un pacchetto che non aspettava<br />

altro se non <strong>di</strong> essere aperto.<br />

Ma ormai anche Skat Mandu faceva parte della storia.<br />

Horris si fermò nuovamente, davanti alla porta d'ingresso, ribollendo <strong>di</strong><br />

rabbia. Tutto per colpa <strong>di</strong> Biggar. Avrebbe perso tutto questo per colpa <strong>di</strong><br />

Biggar e della sua maledetta boccaccia. Era assurdo. I cinquanta acri che<br />

comprendevano il rifugio, il maniero stesso, la casa degli ospiti, la Sala<br />

delle Assemblee, i campi da tennis, le stalle, i cavalli, i lavoranti, le automobili,<br />

l'aereo privato, i conti in banca, tutto quanto. Non sarebbe stato in<br />

grado <strong>di</strong> salvare nulla <strong>di</strong> tutto ciò, poiché era stato registrato tutto a nome<br />

della fondazione, la Fondazione Skat Mandu, assolutamente impermeabile<br />

alle tasse, e gli mancava il tempo materiale per salvare alcunché. I soci fiduciari<br />

avrebbero provveduto assai rapidamente a bloccare ogni assetto,<br />

non appena avessero scoperto quanto era accaduto. Certo, rimanevano<br />

sempre i sol<strong>di</strong> nei conti svizzeri, ma questi non sarebbero mai bastati a<br />

compensare per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un simile impero.<br />

Ci sono altri pesci nel mare, ripeté silenziosamente a se stesso Ma perché<br />

mai avrebbe dovuto andare <strong>di</strong> nuovo a pescare, per l'amor <strong>di</strong> Dio?<br />

Diede un calcione alla se<strong>di</strong>a a dondolo accanto alla porta, proiettandola<br />

nel vuoto e sperando con tutto il cuore <strong>di</strong> poter fare la stessa cosa con Biggar.<br />

Le grida provenienti dall'Assemblea tornarono a farsi sentire, sempre più<br />

forti, e si udì un chiarissimo e inconfon<strong>di</strong>bile: "An<strong>di</strong>amo a prenderlo!".<br />

Horris smise <strong>di</strong> pensare a ciò che avrebbe potuto essere stato e si infilò rapidamente<br />

in casa.<br />

Non aveva ancora attraversato la porta quando udì un battito d'ali alle<br />

sue spalle. Tentò <strong>di</strong> sbattere la porta, ma Biggar risultò troppo veloce per<br />

lui. Sfrecciò attraverso l'ingresso a massima velocità, con le ali che sbattevano<br />

selvaggiamente, lasciando cadere qualche piuma mentre si appollaiava<br />

con un fischio sommesso sulla ringhiera delle scale che conducevano al<br />

primo piano.


Horris fissò l'uccello con aria gelida. «Qual è il problema, Biggar? Non<br />

ti volevano dare ascolto?»<br />

Biggar arruffò le piume, agitando tutto il corpo. Era completamente nero,<br />

con una corona <strong>di</strong> piume bianche in testa. Un bell'uccello, bisognava<br />

ammetterlo. Doveva appartenere alla famiglia dei corvi in<strong>di</strong>ani, anche se<br />

Horris non era mai riuscito a determinare con precisione il suo lignaggio.<br />

L'uccello scrutò Horris con uno sguardo malvagio e luccicante. Sbatté una<br />

palpebra. «Awk! Carino Horris. Carino Horris. Biggar è meglio. Biggar è<br />

meglio.»<br />

Horris si premette le <strong>di</strong>ta contro le tempie. «Per cortesia. Potremmo fare<br />

a meno <strong>di</strong> queste i<strong>di</strong>ozie da stupido uccello parlante?»<br />

Biggar serrò il becco. «Horris, è tutta colpa tua.»<br />

«Colpa mia?» Horris era esterrefatto. Fece un passo avanti con aria minacciosa.<br />

«Come puoi pensare che sia colpa mia, specie <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota? Non sono<br />

certo io quello che si è messo a parlare <strong>di</strong> Skat Mandu! Non sono certo<br />

io quello che ha deciso <strong>di</strong> raccontare tutto!»<br />

Biggar si involò fino a un punto più elevato della ringhiera per mantenere<br />

la <strong>di</strong>stanza. «Calma, calma. Cerchiamo <strong>di</strong> ricordare come sono andate le<br />

cose. L'idea in fondo è stata tua, giusto? Ho ragione o no? Ricor<strong>di</strong>? Sei stato<br />

tu a inventarti tutta la faccenda <strong>di</strong> Skat Mandu, non io. Io mi sono limitato<br />

a seguire il programma, ma solo perché tu hai detto che avrebbe funzionato.<br />

Non sono stato altro che la tua pe<strong>di</strong>na. Per tutta la mia vita, sono<br />

sempre stato una pe<strong>di</strong>na per gli esseri umani e per l'umanità in generale.<br />

Un semplice, povero uccello, un emarginato...»<br />

«Un i<strong>di</strong>ota!» Horris si fece ancora avanti, tentando senza successo <strong>di</strong><br />

bloccare le sue mani mentre immaginava <strong>di</strong> serrarle attorno al collo del<br />

pennuto.<br />

Biggar salì svolazzando <strong>di</strong> ancora qualche gra<strong>di</strong>no. «Una vittima, Horris<br />

Kew. Non sono che un prodotto tuo e della tua razza. Ho fatto quel che potevo,<br />

ma non posso certo essere ritenuto responsabile per le mie azioni basandole<br />

sul tuo livello <strong>di</strong> aspettative, o sbaglio?»<br />

Horris si fermò ai pie<strong>di</strong> delle scale. «Dimmi almeno perché lo hai fatto.<br />

Dimmi solo questo.»<br />

Biggar gonfiò il petto. «Ho avuto una rivelazione.»<br />

Horris lo fissò allibito. «Hai avuto una rivelazione» ripete con tono cupo.<br />

Scosse il capo. «Ti ren<strong>di</strong> conto <strong>di</strong> quanto sia ri<strong>di</strong>cola questa affermazione?»


«Io non ci vedo proprio nulla <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>colo. In fondo le rivelazioni sono il<br />

mio campo, no?»<br />

Horris sollevò le braccia al cielo e si voltò dalla parte opposta. «Non<br />

posso crederci!» Si voltò nuovamente verso l'uccello, con un impeto <strong>di</strong><br />

rabbia. La sua figura da spaventapasseri sembrava doversi <strong>di</strong>sarticolare<br />

mentre gesticolava selvaggiamente. «Ci hai rovinati, stupido uccello! Cinque<br />

anni <strong>di</strong> lavoro, buttati dalla finestra! Cinque anni! Skat Mandu era la<br />

fondazione, la base <strong>di</strong> tutto ciò che abbiamo costruito! Senza <strong>di</strong> lui, non<br />

abbiamo più niente, niente! Che cosa ti è venuto in mente?»<br />

«Skat Mandu mi ha parlato» ribatté Biggar con tono quasi offeso.<br />

«Non esiste nessuno Skat Mandu!» sbottò Horris.<br />

«Invece sì.»<br />

Le gran<strong>di</strong> orecchie <strong>di</strong> Horris <strong>di</strong>vennero improvvisamente paonazze, e le<br />

sue narici ancor più gran<strong>di</strong> si <strong>di</strong>latarono visibilmente. «Prova a riflettere su<br />

quel che stai <strong>di</strong>cendo, Biggar» sibilò. «Skat Mandu è un saggio <strong>di</strong> ventimila<br />

anni che abbiamo inventato per convincere un mucchio <strong>di</strong> i<strong>di</strong>oti a separarsi<br />

dai loro sol<strong>di</strong>. Ricor<strong>di</strong>? Ricor<strong>di</strong> il nostro piano? Lo abbiamo inventato<br />

noi, io e te. Skat Mandu, un uomo saggio <strong>di</strong> ventimila anni che ha consigliato<br />

filosofi e reggenti <strong>di</strong> tutto il mondo in tutte le epoche, e che ora è<br />

tornato per con<strong>di</strong>videre con noi la sua grande saggezza. Il piano era esattamente<br />

questo. Abbiamo comprato questo terreno, ristrutturato questa casa<br />

e creato questo ritiro per i fedeli, i poveri fedeli <strong>di</strong>sillusi; i patetici, <strong>di</strong>sperati<br />

ma danarosi fedeli che non desideravano altro che qualcuno che <strong>di</strong>cesse<br />

loro ciò che già sapevano! Era questo che faceva Skat Mandu! E lo<br />

faceva attraverso te, Biggar. Tu eri il tramite, un semplice uccello. Io invece<br />

ero il gestore, l'amministratore dei beni <strong>di</strong> Skat Mandu nel mondo temporale.»<br />

Fece una pausa per riprendere fiato. «Ma Biggar, Skat Mandu non esiste!<br />

Non è mai esistito, né ora né in passato! Ci siamo solo io e te!»<br />

«Gli ho parlato» insistette Biggar.<br />

«Gli hai parlato?»<br />

Biggar gli rivolse uno sguardo impaziente. «Non ripetere. Chi è l'uccello<br />

parlante fra noi due, Horris?»<br />

Horris <strong>di</strong>grignò i denti. «Gli hai parlato? Hai parlato a Skat Mandu? Hai<br />

parlato a qualcuno che non esiste? E allora ti <strong>di</strong>spiacerebbe <strong>di</strong>rmi che cosa<br />

ti ha detto? Ti spiacerebbe con<strong>di</strong>videre con me la sua saggezza?»<br />

«Risparmiami il sarcasmo.» Gli artigli <strong>di</strong> Biggar si serrarono sulla ringhiera<br />

<strong>di</strong> legno lucido.


«Biggar, <strong>di</strong>mmi ciò che ti ha detto.» Il suono della voce <strong>di</strong> Horris era<br />

simile a quello <strong>di</strong> cinque unghie che graffiano una lavagna.<br />

«Mi ha detto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la verità. Mi ha detto <strong>di</strong> ammettere che tu avevi inventato<br />

tutto su <strong>di</strong> lui e su <strong>di</strong> me, ma che ora ero veramente in contatto con<br />

lui.»<br />

Horris serrò le <strong>di</strong>ta con forza. «Fammi capire. Skat Mandu ti ha detto <strong>di</strong><br />

confessare?»<br />

«Ha detto che i fedeli avrebbero capito.»<br />

«E tu gli hai creduto?»<br />

«Dovevo fare ciò che Skat Mandu mi richiedeva. Non mi aspetto che tu<br />

capisca, Horris. E stata una questione <strong>di</strong> coscienza. A volte non si può fare<br />

a meno <strong>di</strong> rispondere a livello emotivo.»<br />

«Tu sei andato completamente fuori <strong>di</strong> testa, Biggar» <strong>di</strong>chiarò Horris.<br />

«Hai fuso il cervello in maniera definitiva.»<br />

«E tu non vuoi affrontare la realtà dei fatti» ribatté Biggar. «Quin<strong>di</strong> risparmia<br />

i tuoi commenti caustici per quelli che ne hanno bisogno.»<br />

«Skat Mandu era la fregatura perfetta!» Horris gridò talmente forte che<br />

Biggar non poté fare a meno <strong>di</strong> trasalire. «Guardati attorno, pezzo <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota!<br />

Siamo atterrati in un mondo dove la gente è convinta <strong>di</strong> aver perso il<br />

controllo della propria vita, dove succedono tante <strong>di</strong> quelle cose da non<br />

capirci niente, dove le credenze sono la cosa più <strong>di</strong>fficile da trovare e il<br />

denaro la più facile! È un mondo che sembra essere stato creato apposta<br />

per gente come noi, strapieno <strong>di</strong> opportunità per arricchirsi, per vivere bene<br />

e per avere tutto ciò che abbiamo sempre desiderato e anche qualcosa in<br />

più! Non dovevamo fare altro che mantenere viva l'illusione <strong>di</strong> Skat Mandu,<br />

tutto qui. E sai cosa voleva <strong>di</strong>re questo? Voleva <strong>di</strong>re mantenere i fedeli<br />

nella convinzione che quell'illusione fosse una realtà! Quanti seguaci abbiamo,<br />

Biggar? Pardon, quanti ne avevamo? Diverse centinaia <strong>di</strong> migliaia,<br />

per lo meno? Sparsi per tutto il mondo, che venivano regolarmente in pellegrinaggio<br />

per visitare il ritiro, per ascoltare qualche parola saggia e preziosa<br />

e per pagare lautamente per la splen<strong>di</strong>da esperienza?»<br />

Inspirò profondamente. «Hai forse pensato anche per un solo istante che<br />

questa gente ci avrebbe perdonati subito se avessimo detto loro che era tutto<br />

un trucco, che avevamo estorto loro del denaro solo per sentire le parole<br />

<strong>di</strong> un uccello, a prescindere da chi fosse la persona dalla quale l'uccello <strong>di</strong>ceva<br />

<strong>di</strong> aver preso le parole? Immaginavi forse che <strong>di</strong>cessero: "Ma sì, Biggar,<br />

non c'è problema, noi capiamo la tua situazione" e che tornassero


tranquilli alle loro case? E assurdo! Immagino che Skat Mandu si starà facendo<br />

una grande risata alla faccia nostra in questo momento, non cre<strong>di</strong>?»<br />

Biggar scosse il suo capo dalla cresta bianca. «È solo <strong>di</strong>spiaciuto per la<br />

mancanza <strong>di</strong> rispetto che abbiamo <strong>di</strong>mostrato nei suoi confronti.»<br />

Horris serrò i denti. «E allora <strong>di</strong>gli da parte mia, Biggar, che non me ne<br />

frega proprio niente!»<br />

«Perché non glielo <strong>di</strong>ci tu <strong>di</strong> persona, Horris?»<br />

«Cosa?»<br />

C'era una luce malvagia nell'occhio <strong>di</strong> Biggar. «Diglielo <strong>di</strong> persona. É<br />

proprio lì alle tue spalle.»<br />

Horris emise una risatina. «Hai perso la testa, Biggar. Dico sul serio.»<br />

«Tu <strong>di</strong>ci? Dici sul serio?» Biggar gonfiò il petto. «E allora voltati, Horris.<br />

Avanti, voltati.»<br />

Horris sentì un brivido che gli percorreva la spina dorsale. Biggar sembrava<br />

maledettamente sicuro <strong>di</strong> se stesso. Improvvisamente la grande casa<br />

gli sembrò molto più vasta <strong>di</strong> quanto non fosse realmente, e il silenzio che<br />

permeava l'aria <strong>di</strong>ventò qualcosa <strong>di</strong> immenso. Le grida riottose della folla<br />

in avvicinamento scomparvero come se fossero state deglutite. Horris ebbe<br />

l'impressione <strong>di</strong> percepire un'oscura presenza che spuntava dal nulla alle<br />

sue spalle, una sagoma spettrale che si condensava e gli sussurrava con solenne<br />

insistenza: Voltati, Horris, voltati!<br />

Horris inspirò profondamente per cercare <strong>di</strong> non tremare. Venne colto<br />

dalla terribile sensazione che in qualche modo, ancora una volta, la situazione<br />

stava sfuggendo al suo controllo. Scosse il capo con fare cocciuto.<br />

«Non ho nessuna intenzione <strong>di</strong> voltarmi» sbottò «stupido uccello!»<br />

Biggar inclinò il capo. «Sta allungando una mano verso <strong>di</strong> teee» sibilò.<br />

Qualcosa <strong>di</strong> molto leggero sfiorò la spalla <strong>di</strong> Horris Kew, che si voltò <strong>di</strong><br />

scatto in un impeto <strong>di</strong> terrore.<br />

Ma non c'era nulla alle sue spalle.<br />

O quasi nulla. Vi era un accenno <strong>di</strong> qualcosa, come un increspamento<br />

della luce, un fremito <strong>di</strong> movimento, un in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> qualcosa che si muoveva<br />

nell'aria.<br />

Horris sbatté le palpebre. No, non c'era nulla, decise infine con sod<strong>di</strong>sfazione.<br />

Nulla.<br />

Improvvisamente, si u<strong>di</strong>rono delle grida provenienti dal giar<strong>di</strong>no. Horris<br />

si voltò. I fedeli lo avevano intravisto attraverso la porta aperta e stavano<br />

scavalcando le aiuole e i cespugli <strong>di</strong> rosa, <strong>di</strong>retti verso il cancello. Avevano


con loro oggetti affilati e contundenti, che bran<strong>di</strong>vano in maniera a <strong>di</strong>r poco<br />

minacciosa.<br />

Horris si avvicinò rapidamente alla porta, la chiuse a chiave, quin<strong>di</strong> si<br />

rivolse nuovamente a Biggar. «Per te è finita» <strong>di</strong>sse. «Ad<strong>di</strong>o e buona fortuna.»<br />

Attraversò rapidamente l'ingresso e il corridoio, sfrecciando accanto al<br />

salotto e alla biblioteca, fino a giungere alla cucina, dalla parte opposta<br />

della casa. Sentì l'odore della cera fresca sul parquet <strong>di</strong> quercia. Sul tavolo<br />

della cucina vi era un vaso <strong>di</strong> rose scarlatte. Assorbì gli odori e i colori<br />

mentre passava rapido, pensando a tempi migliori, rimpiangendo il fatto<br />

che la vita dovesse cambiare così rapidamente proprio nei momenti in cui<br />

meno te l'aspettavi. Meno male che era una persona dalla mentalità elastica,<br />

pensò. Meno male che aveva guardato anche avanti.<br />

«Dove stiamo andando?» domandò Biggar volandogli accanto, sufficientemente<br />

incuriosito da rischiare un possibile colpo da parte <strong>di</strong> Horris.<br />

«Immagino che tu abbia qualche genere <strong>di</strong> piano.»<br />

Horris gli rivolse un'occhiata che avrebbe raggelato un bambino che gioca<br />

in cortile in piena estate. «Certo che ho un piano, ma tu non ne fai assolutamente<br />

parte.»<br />

«Che cosa malvagia, Horris! E denota anche una mentalità ristretta.»<br />

Biggar volò avanti, fino alla fine della cucina, per poi tornare in<strong>di</strong>etro con<br />

un'ampia curva. «Veramente non mi aspettavo una cosa del genere da una<br />

persona come te.»<br />

«A questo punto, non è lecito aspettarsi più nulla da me» <strong>di</strong>chiarò Horris.<br />

«Soprattutto per quanto ti riguarda.»<br />

Si avvicinò a una <strong>di</strong>spensa, aprì le porte, infilò una mano, tirò una leva e<br />

fece un passo in<strong>di</strong>etro mentre l'intero pannello si apriva con visibile sforzo.<br />

Ci volle qualche secondo prima che il pannello si aprisse del tutto, poiché<br />

era rinforzato da uno spesso strato <strong>di</strong> acciaio.<br />

Biggar scese in volo e atterrò sulla porta aperta. «Io sono tuo figlio, Horris»<br />

<strong>di</strong>sse con tono lamentoso. «Sono stato come un figlio per te. Non puoi<br />

abbandonarmi ora.»<br />

Horris alzò lo sguardo. «Ti <strong>di</strong>sconosco. Ti <strong>di</strong>seredo. Ti ban<strong>di</strong>sco per<br />

sempre dalla mia vista.»<br />

Dalla parte opposta della casa si udì un violento percuotere <strong>di</strong> pugni sulla<br />

porta d'ingresso, seguito in rapida successione da un frantumarsi <strong>di</strong> vetri.<br />

Horris si tirò un orecchio con fare nervoso. No, non c'era alcuna possibilità<br />

<strong>di</strong> ragionare con quell'orda. I fedeli erano <strong>di</strong>ventati una folla <strong>di</strong> pazzi scri-


teriati. É noto che quando uno sciocco scopre <strong>di</strong> essere sciocco la cosa non<br />

gli piace affatto. Ma quell'esperienza sarebbe servita loro a qualcosa, o sarebbero<br />

rimasti stupi<strong>di</strong> fino alla fine? si domandò Horris. Comunque fosse,<br />

la cosa non aveva alcuna importanza.<br />

Fu costretto a chinarsi per infilarsi nell'apertura <strong>di</strong>etro il pannello, che<br />

era ben più bassa dei suoi due metri d'altezza. Nel corso della ristrutturazione<br />

della casa, aveva fatto rialzare tutte le altre porte, <strong>di</strong>cendo a tutti che<br />

Skat Mandu aveva bisogno <strong>di</strong> un certo spazio.<br />

Dietro al pannello vi era una scalinata che conduceva verso il basso. Tirò<br />

nuovamente la leva, e il pannello d'acciaio scivolò lentamente nella sua<br />

posizione originale. Biggar si infilò dentro un attimo prima che si chiudesse<br />

e sfrecciò giù per la scalinata alle spalle <strong>di</strong> Horris.<br />

«Era lì <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> te, lo sai?» <strong>di</strong>sse l'uccello, volando talmente vicino a<br />

Horris da sfiorargli il viso con la punta dell'ala. Horris allungò una mano<br />

per afferrarlo, ma non vi riuscì. «Per un minuto solo, ma era proprio lì.»<br />

«Certo che c'era» borbottò Horris, ancora un po' scosso dall'esperienza e<br />

leggermente arrabbiato del fatto che l'uccello gliel'avesse ricordata.<br />

Biggar passò avanti. «Darmi la colpa per i tuoi errori non aiuterà <strong>di</strong> certo<br />

a salvarti. E inoltre, tu hai bisogno <strong>di</strong> me!»<br />

Horris giunse in fondo alle scale e cercò l'interruttore della luce sulla parete.<br />

«Ho bisogno <strong>di</strong> te per che cosa?»<br />

«Per qualsiasi cosa tu abbia in mente.» Biggar proseguì nell'oscurità,<br />

tranquillo del fatto che la sua vista era almeno <strong>di</strong>eci volte superiore a quella<br />

<strong>di</strong> Horris.<br />

«Ti senti piuttosto sicuro <strong>di</strong> questo, non è vero?» Horris imprecò sottovoce<br />

mentre le sue <strong>di</strong>ta sfregavano contro una scheggia <strong>di</strong> legno della parete.<br />

«Se non altro, hai bisogno <strong>di</strong> me come tifoso. Ammettilo, Horris, tu non<br />

puoi sopravvivere senza un pubblico. Hai bisogno <strong>di</strong> qualcuno che ammiri<br />

la tua astuzia, che applauda le tue gesta.» Biggar non era altro che una voce<br />

nell'oscurità totale. «Che scopo ha la progettazione <strong>di</strong> un piano ben concepito<br />

se non c'è nessuno ad apprezzare la sua intrinseca brillantezza? Che<br />

squallida la vittoria senza nessuno che faccia le lo<strong>di</strong> della sua perfetta esecuzione!»<br />

L'uccello si schiarì la gola. «E poi, naturalmente, hai bisogno <strong>di</strong><br />

me per assisterti nel tuo nuovo piano. Di che si tratta, a proposito?»<br />

Horris trovò finalmente l'interruttore e lo accese. Per un attimo, rimase<br />

accecato. «Il mio piano consiste nell'allontanarmi da te il più possibile.»


La cantina si estendeva davanti a lui in una foresta <strong>di</strong> travi <strong>di</strong> legno che<br />

sostenevano la pavimentazione del vecchio maniero proiettando le scure<br />

colonne delle loro ombre nella luce giallastra. Horris si fece avanti con<br />

passo risoluto, sentendo già picchiare sul pannello d'acciaio sopra la sua<br />

testa. Ve<strong>di</strong>amo un po' come se la cavano con quello! pensò ridacchiando<br />

fra sé. Si fece strada attraverso le travi fino a un corridoio che si perdeva<br />

nell'oscurità. Un altro interruttore fece accendere una fila <strong>di</strong> luci. Chinandosi<br />

nuovamente per non sbattere la testa contro il basso soffitto, si infilò<br />

nel cunicolo.<br />

Biggar gli passò nuovamente davanti, un'ombra scura e rapida. «Noi<br />

siamo fatti per stare assieme, Horris. Uccelli dello stesso nido, roba del<br />

genere. Dimmi dove stiamo andando.»<br />

«No.»<br />

«Benissimo, fai pure il misterioso, se così cre<strong>di</strong>. Ma devi ammettere che<br />

siamo sempre una squadra affiatata, nevvero?»<br />

«No.»<br />

«Io e te, Horris. Da quanto tempo siamo assieme ormai? Pensa a tutte le<br />

cose che abbiamo passate, noi due...»<br />

Horris pensò, soprattutto a se stesso. Chinato come un gobbo mentre si<br />

faceva strada attraverso lo stretto cunicolo, con le gambe piegate, le braccia<br />

contratte, il naso che si <strong>di</strong>latava per la polvere e l'aria stantia, le orecchie<br />

allargate come quelle <strong>di</strong> un elefante, rifletté sulla strada che aveva<br />

percorso nella vita per arrivare fino a quel punto. Era stata una strada irta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, piena <strong>di</strong> trappole e <strong>di</strong> curve improvvise, battuta dalla pioggia<br />

e dal vento, illuminata <strong>di</strong> tanto in tanto da brevi giornate <strong>di</strong> sole.<br />

Horris aveva alcune fortune nella vita, ma nessuna <strong>di</strong> queste sembrava<br />

essergli mai servita a un granché. Era un tipo abbastanza furbo, ma alla resa<br />

dei conti era sempre stato come se gli mancasse qualche frammento <strong>di</strong><br />

informazione <strong>di</strong> cruciale importanza. Riusciva a ragionare piuttosto bene<br />

sulle cose, ma alla fin fine capitava quasi sempre che le sue conclusioni si<br />

fermassero a un passo dalla meta, dalla totale comprensione. Possedeva<br />

una memoria straor<strong>di</strong>naria, ma quando vi faceva appello non riusciva mai<br />

a ricordare ciò che realmente contava.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista delle abilità, era una specie <strong>di</strong> mago; non un semplice<br />

prestigiatore che tira fuori i conigli dai cappelli, ma uno dei pochissimi esistenti<br />

in tutto il mondo in grado <strong>di</strong> praticare della magia vera e propria.<br />

Questo naturalmente <strong>di</strong>pendeva dal fatto che egli non proveniva da quello<br />

stesso mondo, solo che Horris preferiva non insistere molto su questo pun-


to, poiché se confrontate con quelle dei suoi maghi conterranei, le sue abilità<br />

erano a <strong>di</strong>r poco qualcosa <strong>di</strong> marginale.<br />

Più che altro, Horris era un opportunista. Per essere un opportunista bisogna<br />

essere ben consapevoli <strong>di</strong> quelle che sono le possibilità, e le possibilità<br />

erano forse la cosa <strong>di</strong> cui Horris si intendeva maggiormente, in assoluto.<br />

Considerava in continuazione il modo in cui una situazione poteva essere<br />

rigirata a suo vantaggio. Era convinto» del fatto che le ricchezze del<br />

mondo - <strong>di</strong> qualsiasi mondo - fossero state create per suo esclusivo beneficio.<br />

Il tempo e lo spazio erano fattori irrilevanti; alla fin fine, tutto quanto<br />

apparteneva a lui. Aveva una grande opinione <strong>di</strong> se stesso. Chi meglio <strong>di</strong><br />

lui conosceva la nobile arte dello sfruttamento? Era lui l'unico in grado <strong>di</strong><br />

analizzare le debolezze comuni a tutti gli esseri e a determinare come minarle.<br />

Era certo del fatto che la sua acutezza fosse molto affine alla preveggenza,<br />

e la sua missione nella vita era quella <strong>di</strong> migliorare le sue con<strong>di</strong>zioni<br />

pressoché a spese <strong>di</strong> chiunque. Possedeva una vera e propria passione<br />

per lo sfruttamento delle persone e delle circostanze per il raggiungimento<br />

del suo scopo. A Horris non importava assolutamente nulla delle sfortune<br />

degli altri, delle convenzioni morali, delle cause nobili, dell'ambiente, dei<br />

cani e dei gatti randagi o dei bambini. Questi erano tutti problemi riservati<br />

agli esseri inferiori. I suoi interessi si limitavano a se stesso, alle sue como<strong>di</strong>tà,<br />

alla possibilità <strong>di</strong> rigirare le cose a suo favore quando meglio credeva<br />

e alla creazione <strong>di</strong> schemi che rinforzassero la sua convinzione del<br />

fatto che qualsiasi altra forma <strong>di</strong> vita, in confronto a lui, fosse impossibilmente<br />

stupida e ingannabile.<br />

Da qui era nata l'idea della creazione <strong>di</strong> Skat Mandu e <strong>di</strong> un suo culto, in<br />

cui i fervi<strong>di</strong> seguaci ascoltavano le parole <strong>di</strong> un saggio <strong>di</strong> ventimila anni <strong>di</strong><br />

età dalla bocca <strong>di</strong> un uccello.<br />

Anche in quel momento, Horris non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere all'idea.<br />

Horris ammetteva un solo <strong>di</strong>fetto nel proprio carattere, ed era quello <strong>di</strong><br />

non avere l'abilità <strong>di</strong> tenere le cose sotto controllo una volta che le metteva<br />

in moto. Per qualche motivo oscuro, anche i piani che considerava più a<br />

lungo e progettava nei più minimi particolari andavano a finire per prendere<br />

un loro corso autonomo, mollandolo puntualmente per strada come se<br />

nulla fosse. E anche se non era mai per colpa sua, a quanto pareva, per<br />

quanto inesplicabilmente, alla fin fine il capro espiatorio risultava sempre<br />

lui.


Giunto alla fine del cunicolo, si trovò in una stanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci metri quadrati<br />

in cui erano accatastati tavolini e se<strong>di</strong>e pieghevoli, oltre a casse <strong>di</strong><br />

materiale <strong>di</strong> lettura e volantini che parlavano <strong>di</strong> Skat Mandu. Erano gli<br />

strumenti del suo lavoro, più che sufficienti per un bel falò.<br />

Scrutò oltre le cataste <strong>di</strong> materiale inutile verso la porta d'acciaio dalla<br />

parte opposta della stanza ed emise un sospiro. Dietro a quella porta vi era<br />

un tunnel che correva per oltre un chilometro e mezzo sotto la sua proprietà<br />

fino a un garage, a una Land Cruiser 4x4 e la salvezza. Un pianificatore<br />

attento come lui non si sarebbe mai fatto cogliere impreparato nel caso che<br />

le cose dovessero volgere al peggio, come era successo appunto in<br />

quell'occasione. Certo, non si era aspettato <strong>di</strong> dover usare quella scappatoia<br />

così presto, ma ancora una volta le circostanze avevano cospirato contro <strong>di</strong><br />

lui. Fece una smorfia. Essere sempre preparati al peggio era certamente un'ottima<br />

cosa, solo che così la vita risultava piuttosto scocciante.<br />

Rivolse un'occhiata <strong>di</strong> fuoco a Biggar, che si era appollaiato al sicuro in<br />

cima a una pila <strong>di</strong> casse. «Quante volte ti ho avvertito <strong>di</strong> non cedere ad atti<br />

<strong>di</strong> coscienza, Biggar?»<br />

«Molte volte» replicò l'uccello, sollevando gli occhi al cielo.<br />

«Ma a quanto pare le mie parole non sono servite a nulla.»<br />

«Mi <strong>di</strong>spiace. Non sono altro che un semplice uccello. Horris prese in<br />

considerazione l'attenuante.» Immagino che tu ti aspetti un'altra possibilità,<br />

non è vero?<br />

Biggar abbassò il capo per non scoppiare a ridere. «Te ne sarei molto<br />

grato, Horris.»<br />

La figura malferma <strong>di</strong> Horris Kew si protese improvvisamente in avanti<br />

come fosse un lupo in procinto <strong>di</strong> balzare. «Biggar, questa è l'ultima volta<br />

che voglio sentir parlare <strong>di</strong> Skat Mandu. L'ultima. Interrompi ora qualsiasi<br />

rapporto tu abbia con il nostro ex amico. Non voglio più sentir parlare <strong>di</strong><br />

rivelazioni private. Niente più voci dal lontano passato. Da questo momento<br />

in avanti, tu ascolti solo me. Sono stato chiaro?»<br />

L'uccello inspirò rumorosamente. Horris non aveva capito niente, ma<br />

non era il caso <strong>di</strong> sottolinearlo. «Ho recepito e ubbi<strong>di</strong>sco.»<br />

Horris annuì. «Molto bene. Perché se succede <strong>di</strong> nuovo, ti farò impagliare<br />

e montare su un pie<strong>di</strong>stallo.»<br />

Il grigiore invernale dei suoi occhi trasmise la profon<strong>di</strong>tà del suo sentimento<br />

in maniera assai più eloquente delle sue parole, tanto che il becco <strong>di</strong><br />

Biggar rimase serrato, evitando la battuta <strong>di</strong> replica che gli sarebbe venuta<br />

spontanea.


Dall'alto, si udì un suono stridente, <strong>di</strong> assi <strong>di</strong> legno che venivano <strong>di</strong>velte<br />

e schiodate. Horris sgranò gli occhi. I fedeli stavano facendo a pezzi il pavimento!<br />

La porta d'acciaio non li aveva scoraggiati fino al punto che aveva<br />

sperato. A corto <strong>di</strong> fiato, si fece rapidamente strada attraverso le casse,<br />

non verso l'ingresso del tunnel ma in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> quadri appesi<br />

alla parete. Si fermò davanti al falso Degas, armeggiò con un paio <strong>di</strong> leve<br />

nascoste <strong>di</strong>etro la cornice dorata e staccò il quadro. Dietro vi era una<br />

cassaforte a combinazione. Horris lavorò sulla manopola febbrilmente, ascoltando<br />

i suoni della massa inferocita, finché la serratura non scattò.<br />

Infilò una mano all'interno della cassa metallica e ne tirò fuori una scatola<br />

<strong>di</strong> legno dalla lavorazione assai intricata.<br />

«La speranza è l'ultima a morire» commentò Biggar con tono sarcastico.<br />

Be', era proprio così, pensò Horris. Almeno in quel caso. La scatola in<br />

questione era il più grande tesoro che possedesse... anche se non aveva assolutamente<br />

idea <strong>di</strong> che cosa si trattasse. L'aveva evocata più o meno per<br />

sbaglio poco dopo il suo arrivo su quel mondo, in uno <strong>di</strong> quegli strani casi<br />

del destino che accadono <strong>di</strong> tanto in tanto nel corso dell'evocazione degli<br />

incantesimi. Si era reso conto dell'importanza <strong>di</strong> quella scatola fin dal primo<br />

momento in cui la aveva vista. Si trattava <strong>di</strong> una creazione <strong>di</strong> magia<br />

vera, e la sua lavorazione era intricata, antica e sovraccarica <strong>di</strong> incantesimi,<br />

ricca <strong>di</strong> significati segreti. Al suo interno vi era sigillato qualcosa, qualcosa<br />

che rappresentava grande potere. La Scatola magica, così l'aveva chiamata,<br />

più che altro per via dell'impressionante quantità <strong>di</strong> simboli e <strong>di</strong> rune che<br />

ne ricoprivano la superficie. Non aveva fessure o possibilità <strong>di</strong> apertura visibili,<br />

e nonostante tutti i suoi sforzi, Horris non era riuscito in alcun modo<br />

a schiuderne i segreti. Di tanto in tanto, aveva l'impressione <strong>di</strong> percepire un<br />

ce<strong>di</strong>mento nei suoi sigilli, ma per quanti incantesimi le scagliasse addosso,<br />

a prescindere dalla quantità <strong>di</strong> sforzi magici nei quali si pro<strong>di</strong>gava, la scatola<br />

si ostinava sempre a tenere i suoi segreti per sé.<br />

Ciò nonostante, si trattava pur sempre del suo più grande tesoro ottenuto<br />

in quel mondo, e non aveva certo intenzione <strong>di</strong> lasciarlo nelle mani <strong>di</strong> quei<br />

cretini che sarebbero arrivati da lì a poco.<br />

Si infilò la Scatola magica sotto il braccio e attraversò rapidamente la<br />

stanza, facendosi strada attraverso una gimkana <strong>di</strong> mobilia inutile e <strong>di</strong> carta<br />

stampata senza valore per raggiungere la porta del tunnel. Giunto davanti<br />

alla porta si mise ad armeggiare con la manopola della combinazione, che<br />

era posta accanto a una leva che apriva la massiccia serratura. Udì lo scatto<br />

della combinazione e tirò la leva.


Ma la leva non si mosse.<br />

Horris Kew fece una smorfia, assumendo l'aspetto <strong>di</strong> uno scolaretto colto<br />

a bigiare in orario <strong>di</strong> lezione. Girò con rabbia la manopola e ritentò la<br />

combinazione. La leva non si mosse. Ora Horris Kew stava sudando, e assieme<br />

al suono delle assi <strong>di</strong>velte dall'alto iniziavano a giungere anche grida<br />

<strong>di</strong> rabbia. Tentò nuovamente con la combinazione, poi ritentò un'altra volta.<br />

Ogni volta, sentiva chiaramente il suono della serratura che scattava.<br />

Eppure, ogni volta, la leva si rifiutava <strong>di</strong> muoversi.<br />

Infine la sua frustrazione giunse al limite, tanto che Horris si allontanò<br />

<strong>di</strong> un passo e prese a sferrare calcioni alla porta metallica. Biggar lo osservò<br />

con aria impassibile. Horris iniziò a imprecare, quin<strong>di</strong> si mise a saltare<br />

su e giù come un pazzo. Dopo un po', avendo operato un ultimo, futile tentativo<br />

con la leva, tuttora inesplicabilmente recalcitrante, si accasciò al<br />

suolo con la schiena appoggiata alla porta, ormai rassegnato al suo destino.<br />

«Non riesco a capire» mormorò con tono <strong>di</strong>sperato. «La provo personalmente<br />

quasi tutti i santi giorni. Tutti i giorni. E ora non vuole funzionare.<br />

Perché?»<br />

Biggar si schiarì la gola. «Non puoi <strong>di</strong>re che non ti avessi avvertito.»<br />

«Avvertito? Avvertito <strong>di</strong> che cosa?»<br />

«A rischio <strong>di</strong> procurarti un ulteriore <strong>di</strong>spiacere, Horris... Skat Mandu. Ti<br />

ho detto che non sarebbe stato contento.»<br />

Horris alzò lo sguardo verso il pennuto. «Sei ossessivo, Biggar.»<br />

Biggar scosse il capo, arruffò le piume ed emise un sospiro. «Dobbiamo<br />

andarcene, Horris. Vuoi andartene da qui o no?»<br />

«Voglio andarmene» ammise Horris Kew con tono desolato. «Ma...»<br />

Biggar lo interruppe con un gesto impaziente dell'ala. «Allora ascoltami,<br />

va bene? Non interrompermi, non <strong>di</strong>re nulla, limitati ad ascoltare, okay?<br />

Che ti piaccia o meno, io sono effettivamente in contatto con il vero Skat<br />

Mandu. Ho avuto veramente una rivelazione, proprio come ti ho detto prima.<br />

Mi sono inoltrato nell'al<strong>di</strong>là e mi sono messo in contatto con lo spirito<br />

<strong>di</strong> un saggio guerriero <strong>di</strong> altri tempi, colui che noi chiamiamo Skat Mandu.»<br />

«Oh, per l'amor <strong>di</strong> Dio, Biggar!» Horris non riusciva a trattenersi.<br />

«Ascoltami. Lui è venuto da noi con uno scopo ben preciso, uno scopo<br />

<strong>di</strong> grande importanza, anche se non ha ancora voluto rivelarmi <strong>di</strong> che si<br />

tratta. Ciò che so è che se vogliamo uscire da questa cantina e sfuggire a<br />

quella folla inferocita, dobbiamo fare ciò che <strong>di</strong>ce. Non richiede un grande


sforzo. Una frase o due, un incantesimo, nulla più. Ma devi essere tu a<br />

pronunciarlo, Horris. Tu.»<br />

Horris si massaggiò le tempie e pensò alla follia che scorre nel profondo<br />

<strong>di</strong> tutta l'esperienza umana. Certamente in quel momento stava raggiungendo<br />

l'apice. La sua voce gocciolava <strong>di</strong> veleno. «Cosa dovrei <strong>di</strong>re, o potente<br />

tramite?»<br />

«Bando al sarcasmo, con me è sprecato. Devi pronunciare queste parole:<br />

"Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!".»<br />

Horris fece per obiettare, poi si trattenne. Aveva riconosciuto una o due<br />

fra quelle parole, e non vi erano dubbi sul fatto che si trattasse <strong>di</strong> parole <strong>di</strong><br />

potere. Le altre non le aveva mai sentite, ma avevano in sé il peso della<br />

magia e la vibrazione dell'incantesimo. Si strinse la Scatola magica al petto<br />

e alzò nuovamente lo sguardo verso Biggar. Ascoltò il suono della folla iraconda,<br />

sempre più forte ora che le assi del pavimento erano state <strong>di</strong>velte.<br />

Il tempo stava scadendo.<br />

La paura solcò il suo viso sparuto con profonde rughe. Infine, decise <strong>di</strong><br />

rinunciare a ogni resistenza. «Va bene.» Si alzò in pie<strong>di</strong>. «Perché no?» Si<br />

schiarì la gola. «Rashun, oblight, sur...»<br />

«Aspetta!» lo interruppe Biggar con uno svolazzare frenetico d'ali. «Tieni<br />

lontana la scatola!»<br />

«Cosa?»<br />

«La Scatola magica! Tienila lontana, allunga le mani!»<br />

In quel momento Horris capì tutto, capì tutta la verità che stava <strong>di</strong>etro al<br />

segreto della scatola, e rimase allo stesso tempo esterrefatto e terrorizzato<br />

da ciò che significava. Se avesse avuto un luogo dove scappare, avrebbe<br />

mollato lì quella scatola e sarebbe corso via come un <strong>di</strong>sperato. Se avesse<br />

avuto un altro or<strong>di</strong>ne a cui ubbi<strong>di</strong>re, avrebbe resistito a quello <strong>di</strong> Biggar.<br />

Avrebbe fatto pressoché qualunque altra cosa se si fosse trovato in circostanze<br />

<strong>di</strong>fferenti, solo che nei momenti cruciali è raro che la vita ti conceda<br />

<strong>di</strong>verse possibilità, e in questo caso era proprio così.<br />

Tenne la scatola a una certa <strong>di</strong>stanza davanti a sé e iniziò a recitare:<br />

«Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!»<br />

Horris Kew sentì un sibilo nelle orecchie, come un lungo, lento sospiro<br />

<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> rabbia a lungo trattenuta, accompagnato dalla promessa<br />

<strong>di</strong> una terribile vendetta. Improvvisamente, la luce della stanza da<br />

bianca-dorata che era <strong>di</strong>venne <strong>di</strong> un verde malefico, un riflesso pulsante <strong>di</strong><br />

qualche colore saltato fuori da qualche foresta primor<strong>di</strong>ale dove l'antica<br />

vegetazione tiene ancora duro e bestie dotate <strong>di</strong> artigli pattugliano ancora


gli ultimi perimetri del loro antico mondo. Horris avrebbe mollato la Scatola<br />

magica se le sue mani gliel'avessero permesso, ma invece erano come<br />

bloccate in posizione, le sue <strong>di</strong>ta serrate come artigli attorno alla superficie<br />

lavorata, le sue terminazioni nervose legate in<strong>di</strong>ssolubilmente all'improvvisa<br />

pulsazione <strong>di</strong> vita che era scaturita dall'interno della scatola stessa. Il<br />

coperchio della scatola era semplicemente scomparso, e dalle sue profon<strong>di</strong>tà<br />

era uscita una ventata <strong>di</strong> qualcosa che Horris Kew non avrebbe mai<br />

immaginato <strong>di</strong> vedere ancora in vita sua.<br />

Nebbia fatata.<br />

La nebbia salì come un velo e si posò davanti alla porta d'acciaio che<br />

bloccava l'entrata al tunnel, ricoprendola interamente come uno strato <strong>di</strong><br />

vernice per poi <strong>di</strong>ssolverla lentamente finché non rimase che un accenno <strong>di</strong><br />

ombre che giocavano su uno sfondo <strong>di</strong> vuoto assoluto.<br />

«Sbrigati!» sibilò Biggar nel suo orecchio mentre gli sfrecciava accanto.<br />

«Attraversala prima che si chiuda!»<br />

L'uccello scomparve in un istante, e la sua scomparsa sembrò spronare<br />

anche lo stesso Horris Kew, che si lanciò alle sue spalle, sempre tenendo<br />

in mano quella scatola che tanto aveva amato. Ora poteva guardarci dentro<br />

per vedere che cosa vi era nascosto. Il coperchio non c'era più, e avrebbe<br />

potuto tranquillamente guardarci dentro per scoprirne il segreto. Fino a poco<br />

prima, avrebbe dato qualsiasi cosa per farlo. Ora però non osava nemmeno<br />

sbirciare.<br />

Attraversò il velo, attraversò la ragnatela <strong>di</strong> nebbie fatate venute fuori<br />

chissà come dal suo passato con gli occhi sgranati, pensando che avrebbe<br />

potuto trovare più o meno qualunque cosa al <strong>di</strong> là, pensando che sarebbe<br />

potuta succedere qualsiasi cosa. Ebbe un'improvvisa visione <strong>di</strong> monete d'oro<br />

che scomparivano e <strong>di</strong> terreni che svanivano, l'amaro conto delle sue<br />

per<strong>di</strong>te, la somma totale <strong>di</strong> cinque anni perduti nel nulla. La visione scomparve<br />

davanti ai suoi occhi. Si ritrovò in un corridoio senza pavimento,<br />

soffitto e pareti, immerso in una luce sottile nella quale nuotava come un<br />

pesce nella rete che tenta <strong>di</strong> sfuggire. Attorno a sé non percepiva alcun<br />

movimento, non u<strong>di</strong>va nessun suono, non aveva nessuna sensazione <strong>di</strong><br />

luogo o <strong>di</strong> spazio, solo il passaggio e la terrorizzante certezza che qualsiasi<br />

deviazione lo avrebbe portato a perdersi per sempre<br />

Che cosa ho fatto? si domandò fra il terrore e la costernazione.<br />

Ma non venne alcuna risposta, e così continuò a farsi strada a fatica,<br />

come un uomo ricoperto <strong>di</strong> fango secco con il gelo della notte che si insinuava<br />

nel midollo delle sue ossa, la freddezza del suo destino una certezza


che sussurrava una speranza perduta nelle sue orecchie. Ebbe l'impressione<br />

<strong>di</strong> poter vedere Biggar, <strong>di</strong> sentire il suo verso roco e paralizzato, e la speranza<br />

che quella miserabile creatura stesse soffrendo ancor più <strong>di</strong> lui gli<br />

<strong>di</strong>ede la forza <strong>di</strong> andare avanti.<br />

Poi, <strong>di</strong> colpo, la nebbia scomparve e si ritrovò improvvisamente libero<br />

dalla luce paralizzante. Era notte, una notte <strong>di</strong> un nero vellutato, e l'aria<br />

tiepida era carica <strong>di</strong> profumi piacevoli e suoni rassicuranti. Si trovava su<br />

una pianura dove l'erba fitta e morbida agitata dal vento gli sfiorava le caviglie,<br />

fluendo come un oceano verso una <strong>di</strong>stante catena montuosa. Alzò<br />

lo sguardo verso il cielo, e vide otto lune colorate e brillantissime; malva,<br />

pesca, rosa appassita, giada, berillo, verde mare, turchese e bianco. I loro<br />

colori si mischiavano e inondavano la terra dormiente.<br />

Non può essere!<br />

Biggar spuntò fuori da qualche parte alle sue spalle, volando in maniera<br />

alquanto instabile, e si appollaiò sul primo albero che trovò. Sembrava<br />

trattarsi' <strong>di</strong> una piccola quercia nana azzurrognola. L'uccello si scosse un<br />

attimo, si lisciò le penne con il becco, quin<strong>di</strong> si guardò attorno.<br />

Quando vide le lune, fece un balzo sul ramo. «Awk!» gracchiò, <strong>di</strong>menticandosi<br />

momentaneamente <strong>di</strong> se stesso. Sputò con aria <strong>di</strong>sgustata e rabbrividì.<br />

«Horris?» sussurrò. I suoi occhi erano <strong>di</strong>latati come due piattini, cosa<br />

non facile per un uccello. «Siamo forse capitati dove credo che siamo capitati?»<br />

Horris non era in grado <strong>di</strong> rispondere. Non era nemmeno in grado <strong>di</strong> parlare.<br />

Si limitava a fissare il cielo, il paesaggio attorno a sé, i suoi pie<strong>di</strong> e la<br />

superficie ricoperta <strong>di</strong> rune della Scatola magica, che nel frattempo si era<br />

nuovamente chiusa e sigillata.<br />

Landover! Si trovavano a Landover!<br />

«Bentornato a casa, Horris Kew.» La voce alle sue spalle era un sibilo<br />

insi<strong>di</strong>oso, penetrante, freddo come la morte.<br />

Horris sentì il cuore che gli piombava fra i pie<strong>di</strong>. Questa volta, quando si<br />

voltò, c'era veramente qualcosa lì ad aspettarlo.<br />

Figlio<br />

Ben Holiday si risvegliò lentamente, languidamente, e sorrise. Percepiva<br />

la voluta immobilità <strong>di</strong> Willow alle sue spalle. Senza aver bisogno <strong>di</strong> voltarsi,<br />

sapeva già che lo stava guardando. Lo sapeva allo stesso modo in cui<br />

sapeva <strong>di</strong> amarla più della sua stessa vita. Era voltato dalla parte opposta,


sdraiato su un fianco dalla parte del letto dove la debole luce dell'alba penetrava<br />

dalle ampie finestre per illuminare <strong>di</strong> luce argentea la penombra<br />

della stanza, ma sapeva. Allungò una mano alle sue spalle e sentì le <strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

lei che si chiudevano sulle sue. Inspirò profondamente la fresca aria estiva<br />

carica dei profumi degli alberi della foresta, delle erbe e dei fiori e pensò a<br />

quanto era fortunato.<br />

«Buongiorno» sussurrò.<br />

«Buongiorno» rispose lei.<br />

A quel punto lasciò che i suoi occhi si aprissero del tutto, si girò dalla<br />

parte opposta e si sollevò su un gomito. Lei era a pochi centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

gli occhi gran<strong>di</strong>ssimi nella luce fievole, i capelli color smeraldo che<br />

le ricoprivano parte del viso e le spalle in una cascata <strong>di</strong> velluto, la pelle liscia<br />

e perfetta come se fosse del tutto immune all'invecchiamento. Ben rimaneva<br />

sempre sconvolto dalla bellezza <strong>di</strong> quella creatura, una silfide nata<br />

da una ninfa dei boschi e da un folletto delle acque, cosa assolutamente<br />

impossibile nel mondo da cui era venuto, ma niente più che una meravigliosa<br />

realtà qui a Landover.<br />

«Mi stavi guardando» le <strong>di</strong>sse.<br />

«Vero. Ti stavo guardando mentre dormivi. Stavo ascoltando il tuo respiro.»<br />

La pelle color verde pallido sembrava scura ed esotica nella luce del<br />

primo mattino, e quando si muoveva sotto le lenzuola assumeva l'aspetto<br />

<strong>di</strong> un gatto, morbida e lucente. Ben pensò a quanto tempo erano stati assieme,<br />

dapprima come compagni, poi come moglie e marito. Eppure gli<br />

sembrava ancora così misteriosa... Lei incarnava tutto ciò che egli amava<br />

<strong>di</strong> quel mondo, la sua bellezza, il mistero, la magia e la meraviglia. Lei era<br />

tutte queste cose e anche molto <strong>di</strong> più, e quando gli capitava <strong>di</strong> svegliarsi e<br />

<strong>di</strong> vederla a quel modo, a volte non sapeva bene se stava ancora sognando<br />

o se stava effettivamente vivendo la realtà.<br />

Erano passati poco più <strong>di</strong> due anni da quando era arrivato a Landover,<br />

compiendo un viaggio fra i mon<strong>di</strong>, fra le vite, fra i destini. Era arrivato <strong>di</strong>sperato,<br />

infelice del suo passato, ansioso <strong>di</strong> costruirsi un nuovo futuro. Aveva<br />

abbandonato il suo grattacielo a Chicago per un castello chiamato<br />

Sterling Silver. Aveva rinunciato al lavoro <strong>di</strong> avvocato per <strong>di</strong>ventare un re.<br />

Aveva seppellito i fantasmi della defunta moglie e del figlio nato morto e<br />

aveva incontrato Willow. Aveva comprato un regno magico da un catalogo<br />

natalizio pur sapendo che si trattava <strong>di</strong> una cosa impossibile, rischiando<br />

grosso nella speranza che magari esistesse realmente, e il rischio aveva pa-


gato. Naturalmente, tutto ciò non era stato facile, e gli era costato una certa<br />

fatica.<br />

Un simile cambiamento <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>, vite e destini non è mai una cosa<br />

semplice. Ma Ben Holiday aveva combattuto tutte le battaglie che la sua<br />

strada lo aveva portato a combattere e le aveva vinte tutte, quin<strong>di</strong> ora aveva<br />

tutti i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> rimanere, <strong>di</strong> avanzare dei <strong>di</strong>ritti sulla sua nuova vita, sul<br />

suo nuovo mondo e sul suo nuovo destino, e <strong>di</strong> essere il Re <strong>di</strong> un luogo che<br />

una volta gli sembrava solo un sogno e niente più.<br />

E inoltre aveva Willow, per la quale era marito, amante e miglior amico,<br />

cose che non avrebbe mai più pensato <strong>di</strong> essere per nessuna donna fino a<br />

poco tempo prima.<br />

«Ben» <strong>di</strong>sse lei, attirando il suo sguardo. Vi era calore nei suoi occhi, ma<br />

anche qualcos'altro... qualcosa che Ben non riusciva bene a definire. Aspettativa?<br />

Emozione? Non ne era ben certo.<br />

Si sollevò un po' <strong>di</strong> più sul gomito, sentendo la mano <strong>di</strong> Willow che si<br />

stringeva ancor più forte attorno alla sua.<br />

«Porto in grembo tuo figlio» <strong>di</strong>sse.<br />

La fissò allibito. Non sapeva bene che cosa si sarebbe aspettato <strong>di</strong> sentire<br />

ma certamente non era questo.<br />

Gli occhi <strong>di</strong> Willow presero a luccicare. «Erano <strong>di</strong>versi giorni che lo sospettavo,<br />

ma solo ieri sera ne ho avuta la conferma. Ho fatto la prova come<br />

fa il popolo fatato, inginocchiandomi davanti alla quercia del giar<strong>di</strong>no alla<br />

mezzanotte e toccando due rametti per vedere se rispondevano. Quando li<br />

ho visti avvicinarsi e intrecciarsi fra loro, ho avuto la certezza. É successo<br />

ciò che la Madre Terra aveva preannunciato tempo fa.»<br />

Ben ricordò. Erano stati uniti nella ricerca dell'unicorno nero e si erano<br />

recati entrambi, in occasioni <strong>di</strong>verse, dalla Madre Terra per chiedere consiglio<br />

nella loro ricerca. Lei aveva detto loro che erano persone molto importanti,<br />

e aveva assegnato a Ben il compito specifico <strong>di</strong> proteggere Willow.<br />

Quando la loro ricerca era terminata e il mistero dell'unicorno era stato<br />

svelato, Willow aveva finalmente confidato a Ben ciò che le aveva detto<br />

la Madre Terra, e cioè che un giorno avrebbero avuto un figlio. Ben non<br />

aveva avuto alcuna reazione particolare in quell'occasione. Era ancora tormentato<br />

dal ricordo <strong>di</strong> Annie e non era affatto certo del suo futuro con<br />

Willow. Da allora si era pressoché <strong>di</strong>menticato quella profezia della Madre<br />

Terra, preoccupato come era dal faticoso mestiere <strong>di</strong> reggente e, ultimamente,<br />

dalla battaglia contro Michel Ard Rhi, il figlio del vecchio re, che<br />

era quasi riuscito a rubare il medaglione che dava potere a Ben sul Pala<strong>di</strong>-


no, il campione del Re. Senza il Pala<strong>di</strong>no, Ben non avrebbe mai potuto<br />

continuare a governare Landover come re. Senza quel medaglione, avrebbe<br />

dovuto faticare parecchio da solo per rimanere in vita.<br />

Ma tutto ciò era passato ormai, le minacce portate dalla comparsa dell'unicorno<br />

nero e <strong>di</strong> Michel Ard Rhi erano finite, e tutto ciò che rimaneva ora<br />

<strong>di</strong> quegli eventi era proprio la profezia della Madre Terra, la promessa <strong>di</strong><br />

un altro, nuovo cambiamento in una vita che era già stata cambiata in maniera<br />

incancellabile.<br />

Ben scosse il capo. «Non so cosa <strong>di</strong>re.» Poi si riprese improvvisamente,<br />

sgranando gli occhi. «Sì, che lo so. So cosa <strong>di</strong>re. É la notizia più bella che<br />

potessi immaginare. Dalla morte <strong>di</strong> Annie, non avrei mai immaginato <strong>di</strong><br />

avere un figlio. Avevo rinunciato a tutto. Ma poi ho trovato te... E ora tu<br />

mi <strong>di</strong>ci questo...» Il suo sorriso si allargò, e il Re <strong>di</strong> Landover si ritrovò<br />

quasi a ridere <strong>di</strong> se stesso. «Forse non so veramente che cosa <strong>di</strong>re!»<br />

Willow gli sorrise a sua volta, raggiante. «Io credo che tu lo sappia, Ben.<br />

Le parole sono rispecchiate nei tuoi occhi.»<br />

Allungò una mano e la strinse a sé. «Sono molto felice.»<br />

Pensò per un attimo a come sarebbe stato essere padre, avere un figlio da<br />

allevare. Aveva già tentato <strong>di</strong> immaginarlo molto tempo prima, ma da allora<br />

vi aveva rinunciato definitivamente. Ora avrebbe iniziato <strong>di</strong> nuovo.<br />

L'impatto delle responsabilità che si sarebbe trovato ad affrontare lo mandò<br />

in visibilio. Sarebbe stata dura, lo sapeva. Ma sarebbe stato anche meraviglioso.<br />

«Ben» <strong>di</strong>sse lei a bassa voce, allontanandosi <strong>di</strong> un poco affinché potessero<br />

vedersi in faccia. «Ascoltami un istante. Ci sono alcune cose che devi<br />

sapere. Non sei più nel tuo mondo. Qui tutto è <strong>di</strong>verso. Il modo in cui questo<br />

figlio nascerà sarà <strong>di</strong>verso. Anche il figlio stesso molto probabilmente<br />

non sarà come te lo aspetti...»<br />

«Aspetta un attimo» la interruppe. «Che cosa stai cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi?»<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> Willow si abbassò un attimo, poi tornò su <strong>di</strong> lui, stabile<br />

ma leggermente a <strong>di</strong>sagio. «Noi proveniamo da due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, Ben, da<br />

due vite <strong>di</strong>verse, e questo figlio è un'unione delle due cose, qualcosa che<br />

non è mai accaduto prima d'ora.»<br />

«Vuoi forse <strong>di</strong>re che il piccolo corre qualche pericolo?» <strong>di</strong>sse con tono<br />

preoccupato.<br />

«No.»<br />

«In questo caso, null'altro ha importanza. Sarà nostro!, a prescindere dalla<br />

mistura <strong>di</strong> sangue e dalla storia. Sarà il meglio <strong>di</strong> noi due.»


Willow scosse il capo. «Ma per certi versi, ognuno dei nostri mon<strong>di</strong> rimane<br />

un mistero; il mio per te, il tuo per me, e a volte le <strong>di</strong>fferenze non<br />

possono essere comprese o spiegate con tanta facilità...»<br />

Le appoggiò un <strong>di</strong>to sulle labbra. «Ce la faremo. Risolveremo tutto.» La<br />

sua voce era decisa, insistente. Ben non aveva compreso la natura della<br />

preoccupazione della sua compagna, e stava cercando <strong>di</strong> scavalcare l'argomento<br />

nella sua fretta <strong>di</strong> godere dell'euforia che sentiva dentro <strong>di</strong> sé.<br />

«Un figlio, Willow! Voglio andare a <strong>di</strong>rlo a qualcuno! Voglio <strong>di</strong>rlo a tutti<br />

quanti! Avanti, alziamoci!»<br />

In un attimo era già fuori dal letto, correva su e giù per la stanza, tirava<br />

fuori vestiti, scattava verso la finestra per gridare la sua gioia per poi tornare<br />

sul letto per baciarla ripetutamente. «Ti amo» le <strong>di</strong>sse. «Ti amerò per<br />

sempre.»<br />

Prima ancora che Willow fosse scesa dal letto, era già completamente<br />

vestito e fuori della porta. Le parole che lei avrebbe forse voluto <strong>di</strong>rgli rimasero<br />

per sempre impronunciate.<br />

Scese per le scale del castello a balzelloni, due gra<strong>di</strong>ni per volta, come<br />

fosse un bambino lui stesso, canticchiando, fischiettando e parlando fra sé,<br />

esuberante come un tappo <strong>di</strong> spumante. Era un uomo <strong>di</strong> statura me<strong>di</strong>a, con<br />

il naso aquilino e gli occhi <strong>di</strong> un azzurro gelido. I capelli castani stavano<br />

iniziando a <strong>di</strong>ventare un po' ra<strong>di</strong>, ma il volto e le sue mani erano ancora lisce<br />

e tirate. Da giovane aveva fatto il pugile e si allenava ancora regolarmente.<br />

Era in perfetta forma, non aveva pancia e si muoveva con agilità.<br />

Quando era giunto su Landover aveva quasi quarant'anni, ma ora non sapeva<br />

più che età avesse. A volte si sentiva come se avesse completamente<br />

smesso <strong>di</strong> invecchiare. Quel mattino in particolare, ne era certo. Sentiva il<br />

pulsare <strong>di</strong> Sterling Silver sotto i pie<strong>di</strong>, il battito del suo cuore, il suo sangue<br />

vitale, la sua anima. Sentiva il calore delle sue pietre e della sua malta, il<br />

sussurro del suo respiro nell'aria fresca del mattino. Era viva, la casa dei re<br />

<strong>di</strong> Landover, una struttura talmente carica <strong>di</strong> magia da essere in grado <strong>di</strong><br />

mantenersi da sola, <strong>di</strong>pendendo esclusivamente dalla presenza <strong>di</strong> un padrone<br />

per il suo funzionamento.<br />

Quando Ben era giunto a lei per la prima volta, vent'anni <strong>di</strong> incuria l'avevano<br />

ridotta a una rovina annerita. Ora era completamente ristrutturata,<br />

lucida, scintillante e vibrante, e quando Ben si trovava al sicuro all'interno<br />

delle sue mura poteva percepirne i pensieri con la stessa chiarezza con la<br />

quale percepiva i suoi.


Percepì la sua gioia per lui in quel momento, mentre balzava giù dall'ultimo<br />

scalino e si <strong>di</strong>rigeva verso la sala da pranzo. Percepiva il suo desiderio<br />

<strong>di</strong> lunga vita e felicità per il suo figlio nascituro.<br />

Un figlio, pensò per l'ennesima volta. Un figlio mio.<br />

Stava abituandosi all'idea molto più rapidamente <strong>di</strong> quanto non avesse<br />

ritenuto possibile.<br />

Mentre entrava nella sala da pranzo, con le sue pareti ricoperte <strong>di</strong> arazzi<br />

e il suo lungo tavolo già apparecchiato e occupato, gli venne in mente che<br />

avrebbe fatto meglio ad aspettare Willow prima <strong>di</strong> dare la notizia. Ma non<br />

sapeva se sarebbe stato in grado <strong>di</strong> farlo. Non sapeva se sarebbe stato in<br />

grado <strong>di</strong> trattenersi.<br />

Abernathy e Bunion erano già seduti al tavolo. Abernathy, lo scrivano <strong>di</strong><br />

corte, era un uomo che era stato trasformato in un terrier a pelo corto per<br />

via <strong>di</strong> una formula magica mal <strong>di</strong>retta ed era stato costretto a rimanere così.<br />

Bunion invece, il messaggero del re, era un coboldo che, per quel che si<br />

sapeva, non era mai stato trasformato in nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da ciò che era.<br />

Abernathy aveva il volto peloso ed era vestito in maniera molto elegante,<br />

possedeva mani e pie<strong>di</strong> umani ed era in grado <strong>di</strong> parlare meglio della maggior<br />

parte degli umani. Bunion aveva un volto scimmiesco e nodoso, con<br />

denti affilati e un sorriso che avrebbe potuto appartenere a uno squalo affamato.<br />

L'unica dote che avevano in comune era una lealtà assoluta nei<br />

confronti <strong>di</strong> Ben e del trono.<br />

Vedendo il volto dell'Alto Signore che entrava, si fermarono entrambi,<br />

rimanendo bloccati con la forchetta in mano.<br />

«Buongiorno, buongiorno!» esordì Ben con tono entusiasta.<br />

Le forchette rimasero in posizione. I volti dei due assunsero un'espressione<br />

a metà fra lo stupito e il sospettoso. Quattro occhi sbatterono le palpebre.<br />

Fu Abernathy il primo a riprendersi. «Buongiorno, Alto Signore» salutò.<br />

Una pausa. «Avete dormito bene?»<br />

Ben si fece avanti, fremente per l'emozione. Le ceramiche e i cristalli<br />

luccicavano e il profumo delle vivande calde saliva alle narici dai vassoi<br />

d'argento. Il cuoco Parsnip, l'altro coboldo che serviva a corte, si era superato<br />

nuovamente. o perlomeno Ben, nella sua euforia, ebbe questa impressione.<br />

Prese una piccola tortina <strong>di</strong> mele e se la infilò in bocca mentre andava<br />

a sedersi al suo posto. Si guardò attorno alla ricerca <strong>di</strong> Questor<br />

Thews, ma il mago <strong>di</strong> corte non era in giro. Forse avrebbe fatto meglio ad<br />

aspettare, pensò. L'assenza <strong>di</strong> Questor era un ottimo motivo. Avrebbe a-


spettato Questor e Willow. Avrebbe chiamato anche Parsnip dalla cucina.<br />

Così l'annuncio sarebbe stato fatto a tutti quanti contemporaneamente. Pareva<br />

un'ottima idea. Bastava aspettare.<br />

«Indovinate un po'» <strong>di</strong>sse.<br />

Abernathy e Bunion si scambiarono un'occhiata ostile. «Vi faccio notare,<br />

Alto Signore, che non vado particolarmente pazzo per gli indovinelli»<br />

<strong>di</strong>chiarò lo scrivano. «E per quanto riguarda Bunion, lui li o<strong>di</strong>a proprio.»<br />

«Oh, suvvia. Indovinate!»<br />

«Benissimo.» Abernathy si produsse in un lungo sospiro affettato. «Cosa?»<br />

domandò con tono esasperato.<br />

Ben inspirò profondamente. «Non posso <strong>di</strong>rvelo. Non ancora. Ma è una<br />

buona notizia. Una splen<strong>di</strong>da notizia!»<br />

Bunion mise in mostra qualche dente e borbottò qualcosa <strong>di</strong> incomprensibile.<br />

Abernathy tornò a de<strong>di</strong>carsi al cibo. «Ricordatevi <strong>di</strong> farcelo sapere,<br />

quando decidete che è giunto il momento.»<br />

«Non appena arriva Questor» <strong>di</strong>chiarò Ben, sedendosi a sua volta. «E<br />

Willow. E Parsnip. Tutti quanti. Non ve ne andate finché non arrivano.»<br />

Abernathy annuì. «Sto qui incollato alla mia seggiola, Alto Signore. A<br />

proposito, spero che questo annuncio abbia luogo prima della riunione<br />

programmata sulla pianificazione territoriale che dobbiamo tenere con i<br />

rappresentanti <strong>di</strong> Greensward e della Contea dei Fiumi?»<br />

Ben si picchiò la fronte con la mano aperta. «Me n'ero completamente<br />

<strong>di</strong>menticato!»<br />

«E prima del pranzo <strong>di</strong> mezzogiorno con i nuovi giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>strettuali che<br />

avete nominato per le terre del nord?»<br />

«Mi ero scordato anche <strong>di</strong> quello!»<br />

«E della riunione <strong>di</strong> oggi pomeriggio con il comitato <strong>di</strong> pianificazione<br />

per l'irrigazione per l'inizio dei lavori nei deserti orientali del Greensward?»<br />

«Questa me la ricordavo.»<br />

«Bene. E vi ricordate anche della riunione con il personale della cucina<br />

per <strong>di</strong>scutere delle continue scomparse <strong>di</strong> commestibili dalle <strong>di</strong>spense?<br />

Temo che la situazione stia peggiorando.»<br />

Ben si produsse in una smorfia pensierosa. «Male<strong>di</strong>zione, come mai avete<br />

messo tante cose in programma per oggi?»<br />

«Non siamo mica stati noi, siete stato voi. Oggi è il primo giorno della<br />

settimana, e a voi piace sempre iniziare la settimana con quanti più nuovi<br />

progetti possibile.» Abernathy si asciugò la bocca con il tovagliolo. «Su-


perprogrammazione. Non è la prima volta che vi avverto dei pericoli della<br />

cosa.»<br />

«Grazie per avermelo ricordato.» Ben prese un piatto e iniziò a riempirlo<br />

<strong>di</strong> cibo dai vassoi. Pane e marmellata, uova e frutta. «Be', riusciremo a fare<br />

tutto. C'è un sacco <strong>di</strong> tempo a <strong>di</strong>sposizione.» Posò il piatto davanti a sé,<br />

mentre il suo cervello balzava verso le faccende che gli aveva appena illustrato<br />

Abernathy. Perché mai, nel nome della sanità mentale, qualcuno avrebbe<br />

dovuto rubare qualcosa dalla <strong>di</strong>spensa? Il cibo non mancava <strong>di</strong> certo.<br />

«Se Willow non arriva nel giro <strong>di</strong> pochi minuti, vado su a prenderla. E<br />

Bunion può andare a cercare Questor, ovunque si sia cacc...»<br />

In quel momento si spalancò una porta che conduceva all'ingresso del<br />

castello ed apparve Questor Thews.<br />

«Questa è l'ultima goccia, semplicemente l'ultima!» sbottò con furia il<br />

mago <strong>di</strong> corte.<br />

Si avvicinò al tavolo con passo deciso, continuando a borbottare fra sé<br />

con una tale veemenza che le persone sedute non poterono fare a meno <strong>di</strong><br />

fissarlo allibite. Questor Thews indossava la tunica grigia del suo or<strong>di</strong>ne<br />

decorata con toppe <strong>di</strong> colori vivaci e legata alla vita con una banda color<br />

cremisi. Si trattava <strong>di</strong> una figura piuttosto trasandata, alta e magra, con i<br />

capelli e i peli della barba che svolazzavano qua e là. Appariva subito evidente<br />

che avrebbe potuto curarsi un pochino meglio, per lo meno indossando<br />

una tunica nuova e tagliando un po' <strong>di</strong> pelo attorno alle orecchie<br />

come Ben gli aveva suggerito in più occasioni, ma lui non vedeva alcun<br />

motivo per cambiare una situazione nella quale si trovava a suo agio, e <strong>di</strong><br />

conseguenza non lo faceva. Si trattava <strong>di</strong> una persona molto tranquilla e<br />

cortese che <strong>di</strong>fficilmente si lasciava prendere dall'ira, e per questo era<br />

molto strano vederlo tanto agitato in quel momento.<br />

Si fermò davanti al tavolo, dove tirò in<strong>di</strong>etro la sua tunica, come per liberarsi<br />

del fardello che lo opprimeva in quella splen<strong>di</strong>da mattinata estiva.<br />

«É tornato!» annunciò.<br />

«Chi è tornato?» domandò Ben.<br />

«É tornato, e non è nemmeno minimamente pentito per ciò che a fatto!<br />

Non ha nemmeno un briciolo <strong>di</strong> vergogna, nemmeno un briciolo! É arrivato<br />

ai cancelli fiero e baldanzoso come se nulla fosse e ha semplicemente<br />

annunciato la sua presenza!» Il volto <strong>di</strong> Questor stava <strong>di</strong>ventando paonazzo<br />

mentre parlava, avvicinandosi pericolosamente al color cremisi. «Credevamo<br />

<strong>di</strong> essercene liberati definitivamente più <strong>di</strong> vent'anni fa, ma invece<br />

eccolo qua <strong>di</strong> nuovo, come la proverbiale moneta bucata!»


«Questor» Ben tentò <strong>di</strong> intromettersi nel monologo. «Di chi state parlando?»<br />

L'espressione <strong>di</strong> Questor era durissima. «Sto parlando <strong>di</strong> Horris Kew!»<br />

Abernathy si alzò in pie<strong>di</strong> a sua volta. «Quel truffatore! Non può essere<br />

tornato! É stato esiliato! Questor Thews, siete stato troppo tempo al sole!»<br />

«Potete andare giù voi stesso a vedere con i vostri occhi, se credete!»<br />

Questor gli rivolse un sorrisino gelido. «Si presenta come un supplicante,<br />

venuto a chiedere perdono all'Alto Signore. Vuole che gli venga tolto il<br />

bando dell'esilio. Vuole tornare a vivere a Landover!»<br />

«No!» L'esortazione <strong>di</strong> Abernathy uscì come qualcosa <strong>di</strong> simile a un<br />

grugnito. Si rivolse imme<strong>di</strong>atamente a Ben, con il pelo tutto arrizzato.<br />

«No, Alto Signore! Non concedetegli <strong>di</strong> vedervi! Rifiutategli l'ingresso!<br />

Mandatelo via imme<strong>di</strong>atamente!»<br />

«Io non lo farei certo mandare via se fossi in voi!» sbottò Questor avvicinandosi<br />

e piazzandosi accanto al cane. «Lo farei arrestare e lo farei rinchiudere<br />

nella prigione più buia e più profonda del regno! Lo chiuderei<br />

dentro e butterei via la chiave!»<br />

Nel frattempo Willow era entrata nella sala e si era seduta accanto a<br />

Ben. Gli rivolse uno sguardo indagatore mentre ascoltava, ma Ben non poté<br />

far altro che scrollare le spalle per <strong>di</strong>mostrare la sua stessa incomprensione.<br />

«Fermatevi un attimo» intervenne infine. L'unico che non stava dando<br />

alcuna in<strong>di</strong>cazione dei suoi pensieri al riguardo era Bunion, che era seduto<br />

davanti a Ben con un sorriso sconcertante <strong>di</strong>pinto sul volto. «Non ci sto<br />

capendo nulla. Chi è questo Horris Kew?»<br />

«Il vostro peggiore incubo!» sbottò Abernathy, come se questo spiegasse<br />

tutto.<br />

Questor Thews decise <strong>di</strong> essere un po' più eloquente. «Ve lo <strong>di</strong>co io <strong>di</strong><br />

chi si tratta. Horris Kew è il più grande casinista che sia mai vissuto! Un<br />

mago <strong>di</strong> ultima categoria, dotato <strong>di</strong> quel poco <strong>di</strong> magia che basta per mettersi<br />

nei guai. Pensavo che ce ne fossimo liberati, ma avrei dovuto immaginarmelo!<br />

Abernathy, vi ricordate della faccenda delle mucche?»<br />

«La faccenda delle mucche?» ripeté Ben.<br />

Assorto com'era nella sua spiegazione, Questor non gli prestò ascolto.<br />

«Horris asseriva <strong>di</strong> aver trovato un modo per comunicare con le mucche<br />

per permettere un miglior controllo sulle loro abitu<strong>di</strong>ni e ottenere un maggiore<br />

quantitativo <strong>di</strong> latte, solo che le cose non sono andate come prevedeva.<br />

I suoi sforzi magici alla fine non sono serviti ad altro che a far impazzi-


e i poveri animali. Migliaia <strong>di</strong> vacche sono scappate dai loro recinti e<br />

hanno iniziato a galoppare impazzite per la campagna, <strong>di</strong>struggendo i raccolti<br />

e radendo al suolo <strong>di</strong>versi villaggi. E con i polli fu più o meno la stessa<br />

cosa. Nel giro <strong>di</strong> un attimo aveva invertito il processo evolutivo, e come<br />

risultato c'erano galline che volavano dappertutto mollando uova dal cielo.»<br />

Ben si produsse in un' sorriso. «Cosa?»<br />

«E non <strong>di</strong>mentichiamoci della storia dei gatti!» intervenne Abernathy.<br />

«Trovò un modo per farli andare a caccia in gruppi, convinto com'era, nella<br />

sua follia, <strong>di</strong> poter liberare definitivamente il paese dai topi. Solo che nel<br />

giro <strong>di</strong> poco tempo i gatti si sono messi a dare la caccia ai cani!» Rabbrividì.<br />

«Quella fu veramente pessima» assentì Questor annuendo con enfasi in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Ben. «Ma la cosa peggiore che fece, la cosa che gli fece meritare<br />

l'esilio definitivo, fu l'incantesimo della pianta a crescita rapida. Riuscì<br />

a tirare fuori una pianta che si riproduceva in nottata, e il risultato finale fu<br />

che tutta la zona nel raggio <strong>di</strong> settanta chilometri da Sterling Silver venne<br />

trasformata in una giungla!» Questor ripiegò le braccia sul petto in aria <strong>di</strong><br />

sfida. «Impiegammo due settimane per liberarcene! E mentre si lavorava<br />

per tagliare le piante, con il Re e la sua corte letteralmente intrappolati nel<br />

castello, i demoni <strong>di</strong> Abaddon approfittarono dell'assenza del Pala<strong>di</strong>no per<br />

razziare le campagne. Perdemmo dozzine <strong>di</strong> villaggi, fattorie e vite umane.<br />

Fu un vero e proprio <strong>di</strong>sastro.»<br />

«Non capisco» dovette ammettere Ben. «Che cosa voleva ottenere con<br />

tutto questo? A sentire i vostri racconti, parrebbe che fosse ben intenzionato.»<br />

«Ben intenzionato?» Questor Thews era paonazzo in volto. «¦ Non credo<br />

proprio! Erano tutti progetti <strong>di</strong> estorsione. Le mucche, i polli, i gatti e le<br />

piante non erano altro per lui che meto<strong>di</strong> per tirare fuori sol<strong>di</strong> a coloro che<br />

ne avevano! A Horris Kew non è mai importato nulla <strong>di</strong> nessuno, tranne<br />

che <strong>di</strong> se stesso! Dieci minuti dopo il fallimento <strong>di</strong> un'idea, ne stava già<br />

progettando un'altra!»<br />

«Ma Questor, tutto ciò è avvenuto più <strong>di</strong> vent'anni fa.» Ben faceva fatica<br />

a trattenersi dal ridere.<br />

«Ecco, vedete?» sbottò Questor con tono irritato. «Horris Kew appare<br />

sempre come una persona pressoché inoffensiva, una semplice scocciatura.<br />

Nessuno lo prende mai sul serio. Anche mio fratello lo ignorò fino alla storia<br />

dei demoni, ma alla fine anche Meeks fece pressione per farlo andare


via. A quanto pare la comparsa inaspettata dei demoni interferì con qualcuno<br />

dei suoi progetti, e mio fratello poteva tollerare più o meno qualsiasi<br />

cosa, eccetto che qualcuno interferisse nei suoi schemi.»<br />

Meeks, il fratello del mago <strong>di</strong> corte Questor Thews, era stato l'uomo che<br />

aveva ingannato Ben convincendolo a venire su Landover e <strong>di</strong>ventando in<br />

seguito il suo peggior nemico. Ora non c'era più, ma non era certo stato<br />

<strong>di</strong>menticato. Certamente uno come lui non avrebbe sopportato che Horris<br />

Kew interferisse con i suoi progetti.<br />

«In ogni caso» continuò Questor «mio fratello convinse il vecchio Re a<br />

esiliare Horris, e Horris venne esiliato. Tutto qui.»<br />

«Uh-huh» Ben si massaggiò il mento. «E dove venne mandato in esilio?»<br />

Questor assunse un'espressione <strong>di</strong> netto <strong>di</strong>sagio. «Venne mandato sul<br />

vostro mondo, Alto Signore» ammise con riluttanza.<br />

«Sulla Terra? Per gli ultimi vent'anni?» Ben tentò <strong>di</strong> ricordare se avesse<br />

mai letto qualcosa a proposito <strong>di</strong> un Horris Kew.<br />

«Un luogo ideale per scaricare scocciatori e reietti, temo. Sapete, non si<br />

può fare granché con la magia in un luogo dove non credono nemmeno<br />

nella sua esistenza.»<br />

Abernathy annuì con aria solenne. Rimasero tutti impalati a fissare Ben,<br />

apparentemente esauriti dalla <strong>di</strong>scussione, aspettando una sua risposta. Ben<br />

rivolse un'occhiata a Willow, che stava mangiando e si rifiutava <strong>di</strong> alzare<br />

lo sguardo, e in quel momento ricordò che voleva <strong>di</strong>re ai suoi amici del futuro<br />

erede. Ma forse era meglio aspettare.<br />

«Be', perché non sentiamo che cosa ha da <strong>di</strong>re» suggerì Ben, in verità<br />

piuttosto incuriosito da un personaggio che era riuscito a mandare su tutte<br />

le furie persino Abernathy, normalmente impassibile. «Magari è cambiato.»<br />

Il colore del viso <strong>di</strong> Questor passò dal cremisi a una tinta scarlatta e<br />

fiammante. «Cambiato? Quando le mucche voleranno forse quel tipo cambierà!»<br />

Si bloccò <strong>di</strong> colpo, forse pensando che, essendoci <strong>di</strong> mezzo Horris,<br />

la sua frase poteva anche non avere valore. «Mai, Alto Signore!» aggiunse,<br />

giusto per mettere le cose in chiaro. «Non dategli u<strong>di</strong>enza. Non lasciategli<br />

mettere nemmeno un piede all'interno del castello. Se avessi saputo che<br />

stava arrivando, avrei mandato una guar<strong>di</strong>a ad accoglierlo sulla strada.<br />

Non riesco ancora a credere che abbia avuto la faccia tosta <strong>di</strong> presentarsi<br />

qui!» Fece una pausa, assumendo improvvisamente un'espressione perplessa.<br />

«Ma, in effetti, come <strong>di</strong>avolo ha fatto a tornare in<strong>di</strong>etro?»


«Non ha importanza» <strong>di</strong>sse Ben con tono paziente. «È un supplicante, e<br />

non posso mandare via un supplicante senza nemmeno parlargli. Che razza<br />

<strong>di</strong> precedente sarebbe? Devo almeno parlargli, che male potrebbe venirne?»<br />

«Voi non ne avete idea, Alto Signore» <strong>di</strong>sse Abernathy con tono sinistro.<br />

«Non ne avete la minima idea» assentì Questor.<br />

«Liberatevene imme<strong>di</strong>atamente.»<br />

«Non permettetegli <strong>di</strong> avvicinarsi a meno <strong>di</strong> un chilometro.»<br />

Ben increspò le labbra. Non gli era mai capitato <strong>di</strong> sentire i suoi consiglieri<br />

così compatti e inflessibili. Pur non riuscendo proprio a capire come<br />

una normalissima conversazione avrebbe potuto arrecargli danno, non era<br />

certo intenzionato a scartare a priori i loro consigli.<br />

«Pensate che la vostra magia sia più potente della sua?» do mandò a<br />

Questor dopo un po'.<br />

Questor si raddrizzò. «Molto più potente, senz'altro. Ma Horris Kew è<br />

un personaggio molto scivoloso e impreve<strong>di</strong>bile.»<br />

Ben annuì. «Be', non posso semplicemente mandarlo via. Perché non lo<br />

riceviamo tutti assieme, così voi potrete avvertirmi se tenta qualche trucchetto?<br />

Che ne pensate?»<br />

Abernathy tornò a sedersi senza <strong>di</strong>re una parola. Questor si irrigidì ulteriormente,<br />

ma alla fine annuì concedendo il suo assenso. «Poi non <strong>di</strong>te che<br />

non vi avevo avvertito» <strong>di</strong>chiarò seccamente, quin<strong>di</strong> fece un cenno a un<br />

servitore che si trovava dalla parte opposta della sala.<br />

Rimasero seduti in silenziosa attesa. Ben prese la mano <strong>di</strong> Willow e la<br />

strinse dolcemente, ottenendo un sorriso in cambio. Parsnip apparve per un<br />

attimo dalla porta della cucina, salutò brevemente il gruppo e scomparve<br />

nuovamente. Ben pensò che gli sarebbe piaciuto liberarsi velocemente <strong>di</strong><br />

quell'Horris Kew per sbrigare le faccende della giornata. Pensò alle riunioni<br />

a cui doveva partecipare e al lavoro che doveva svolgere. Una volta aveva<br />

pensato che nessuno lavorasse più <strong>di</strong> un avvocato penalista, ma ora<br />

sapeva che il mestiere <strong>di</strong> re era ben più impegnativo. Occorreva costantemente<br />

prendere decisioni, considerare piani su piani e risolvere problemi<br />

su problemi. Vi erano molte cose che <strong>di</strong>pendevano da lui. Moltissima gente<br />

veniva influenzata, in un modo o nell'altro, dalle sue decisioni. La sfida<br />

lo affascinava, ma allo stesso tempo era costantemente scoraggiato dalla<br />

gran<strong>di</strong>ssima responsabilità implicata. A volte pensava alle circostanze che<br />

lo avevano portato in quel luogo in quella vita e si domandava come era


possibile che fosse successa una cosa del genere. In pratica significava che<br />

qualsiasi cosa era possibile. Se si fermava a pensare a dove si trovava e a<br />

fare un paragone con il luogo dal quale proveniva, ancora adesso non riusciva<br />

a crederci. Ma quando si fermava a pensarci, decideva sempre che, a<br />

prescindere da quanto insistenti fossero le pressioni e le responsabilità della<br />

sua vita attuale, non l'avrebbe mai più scambiata con quella precedente.<br />

«Potete ancora cambiare idea, Alto Signore» intervenne Questor a bassa<br />

voce, non ancora rassegnato alla situazione.<br />

Ma Ben stava pensando alla sua vita, e ascoltando il commento del mago,<br />

decise che aveva torto. Lui aveva ritrovato se stesso osando, correndo<br />

un rischio che altri non avrebbero mai corso, e cambiare idea adesso non<br />

rappresentava per lui un'opzione ragionevole. Stava per <strong>di</strong>ventare padre,<br />

pensò con rinnovato stupore. Come sarebbe stato per un uomo che aveva<br />

oltrepassato il quarantesimo anno <strong>di</strong> età senza figli? Come sarebbe stato<br />

per un uomo che non aveva avuto famiglia per così tanto tempo? Voleva<br />

un figlio, ma doveva ammettere che non sapeva se era pronto o meno per<br />

averne uno.<br />

Dalla parte opposta della sala, provenne un suono <strong>di</strong> passi pesanti. Entrò<br />

un uomo. Era alto e allampanato e aveva un aspetto piuttosto strano. Le<br />

braccia e le gambe gli spuntavano verso l'esterno, e il naso, le orecchie e il<br />

pomo d'Adamo sembravano essergli stati applicati malamente da un ragazzino.<br />

Indossava una tunica grigia da supplicante che sembrava essere stata<br />

usata come zerbino in una stalla. I pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong> erano su<strong>di</strong>ci e impolverati,<br />

teneva le mani davanti a sé in atteggiamento <strong>di</strong> supplica e il suo corpo era<br />

curvo. Si avvicinò con passò decisamente malfermo, con la testa che ballonzolava<br />

sulle spalle. Su una spalla aveva un uccello dalle piume nere con<br />

una cresta bianca, che si guardava attorno con occhi attenti.<br />

«Alto Signore» esordì Horris Kew crollando sulle ginocchia. «Vi ringrazio<br />

per avermi ricevuto.»<br />

Ben si alzò in pie<strong>di</strong>, pensando fra sé che quel tipo era la minaccia dall'aria<br />

più inoffensiva che avesse mai visto. «In pie<strong>di</strong>» or<strong>di</strong>nò. «Sentiamo cosa<br />

avete da <strong>di</strong>re. La vostra reputazione non è certo fra le migliori.»<br />

Horris si alzò in pie<strong>di</strong>, con il volto segnato contratto in una maschera <strong>di</strong><br />

dolore. Aveva uno strano tic a un occhio che lo faceva apparire come un<br />

uomo che ha costantemente paura <strong>di</strong> ricevere un colpo in testa. «Confesso<br />

tutto, Alto Signore. Ho fatto tutto ciò che mi si accusa <strong>di</strong> aver fatto. Ammetto<br />

tutto ciò che vi hanno riferito Questor Thews e Abernathy. Non ho


alcuna intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere su queste accuse. Sono solo venuto per<br />

chiedere perdono.»<br />

Questor emise un grugnito. «Che cos'hai in mente, Horris Kew? Certamente<br />

avrai in mente qualcosa.»<br />

«Awk! Biggar è meglio!» gracchiò l'uccello.<br />

«Quell'uccello ha un'aria familiare» <strong>di</strong>chiarò Abernathy, scrutando Biggar<br />

con aria sospettosa.<br />

«Non è che un comune corvo in<strong>di</strong>ano, mio compagno <strong>di</strong> viaggio.» L'occhio<br />

<strong>di</strong> Horris Kew si contrasse due volte <strong>di</strong> seguito.<br />

Abernathy si produsse in una smorfia. «Immagino che tu gli abbia insegnato<br />

a dare la caccia ai cani?»<br />

«Awwwkk! Pulci! Pulci!» <strong>di</strong>chiarò l'uccello.<br />

Ben girò attorno al tavolo, frapponendosi fra Abernathy e il pennuto.<br />

«Non dovevate essere in esilio, Horris? Come mai siete tornato?»<br />

«Alto Signore, sono venuto semplicemente a chiedere un'altra possibilità.»<br />

Sul volto angoloso <strong>di</strong> Horris Kew si <strong>di</strong>pinse un'espressione da vero<br />

penitente. «Ho avuto ben vent'anni per pentirmi, per considerare i miei errori,<br />

per riflettere sulla mia condotta. Sono stato fortunato a uscire da Landover<br />

vivo, come vi potrà confermare Questor Thews, ma ora mi piacerebbe<br />

tornare a casa mia e iniziare tutto da capo. Sarebbe possibile?»<br />

Ben lo osservò. «Non lo so.»<br />

«Non fatelo, Alto Signore» intervenne imme<strong>di</strong>atamente Questor.<br />

«Non pensateci nemmeno, Alto Signore» aggiunse Abernathy.<br />

«Awk! Viva Horris, viva Horris!» <strong>di</strong>chiarò l'uccello.<br />

«Grazie, Biggar.» Horris <strong>di</strong>ede una pacchetta affettuosa sul dorso del<br />

pennuto, quin<strong>di</strong> tornò a rivolgere l'attenzione verso Ben. «Alto Signore, se<br />

voi doveste decidere <strong>di</strong> farmi tornare, io avrei un piano in mente. Non<br />

chiederò nulla né a voi né a nessuno, se non <strong>di</strong> essere lasciato solo. Vivrò<br />

in solitu<strong>di</strong>ne come un eremita, e non darò fasti<strong>di</strong>o a nessuno. Ma se dovesse<br />

insorgere la necessità sono pronto e <strong>di</strong>sposto a servire il regno in qualsiasi<br />

modo a me richiesto. Posseggo una conoscenza minore della magia che<br />

potrebbe tornare utile, prima o poi. Io ve la offro per intero, nel caso che<br />

ne possiate avere bisogno. Potete confidare nel fatto che verrò imme<strong>di</strong>atamente<br />

a qualunque vostra richiesta.»<br />

«Se non sbaglio, è stato proprio l'uso della vostra magia che vi ha messo<br />

nei guai la volta scorsa» osservò Ben con tono pacato.<br />

«Sì, sì, non lo posso negare. Ma prometto che non mi intrometterò nelle<br />

faccende del regno e della sua gente a meno che non mi venga specifica-


mente richiesto.» L'occhio scattò nuovamente. «Se dovessi violare questa<br />

promessa, potrete ban<strong>di</strong>rmi ed esiliarmi nuovamente, e non <strong>di</strong>scuterò.»<br />

«No» <strong>di</strong>sse Questor Thews.<br />

«No» riecheggiò Abernathy.<br />

Ben tentò <strong>di</strong> non sorridere. Probabilmente avrebbe dovuto prendere la<br />

faccenda un po' più seriamente, pensò, ma era <strong>di</strong>fficile prendere sul serio<br />

una persona dall'aspetto così ri<strong>di</strong>colo la cui peggiore colpa era stata <strong>di</strong> far<br />

volare le galline e <strong>di</strong> far nascere una ribellione <strong>di</strong> mucche.<br />

«Awk! Bella signora!» gracchiò improvvisamente l'uccello.<br />

Willow sorrise e rivolse un'occhiata a Ben, che si ricordò <strong>di</strong> suo figlio…<br />

«Ci penserò su e vi darò una risposta nel giro <strong>di</strong> qualche giorno» <strong>di</strong>chiarò<br />

infine Ben, ignorando i grugniti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione da parte <strong>di</strong> Questor<br />

Thews e Abernathy. «Tornate allora.»<br />

«Con piacere, con piacere, Alto Signore» rispose Horris Kew fra un profondo<br />

inchino e l'altro. «Grazie, grazie. Mi sento in debito.»<br />

Si allontanò rapidamente, quin<strong>di</strong> venne scortato fuori dalla stanza. Ben<br />

si domandò che tipo <strong>di</strong> uccello fosse quel Biggar. Si domandò anche quante<br />

parole fosse in grado <strong>di</strong> pronunciare.<br />

«Che decisione monumentalmente assurda!» sbottò Questor Thews con<br />

tono <strong>di</strong>sgustato. «Sempre che voi permettiate questo commento, Alto Signore.»<br />

«Permetto, permetto» <strong>di</strong>sse Ben, visto che ormai l'aveva già fatto.<br />

«Quell'uccello ha qualcosa <strong>di</strong> familiare» borbottò Abernathy.<br />

«Solo perché un uomo ha un aspetto inoffensivo, questo non significa<br />

che <strong>di</strong> fatto lo sia» continuò Questor. «E nel caso <strong>di</strong> Horris Kew, le apparenze<br />

non sono solo ingannevoli, sono una vera e propria menzogna!»<br />

Ma Ben era già stanco <strong>di</strong> quell'argomento, quin<strong>di</strong> sollevò le mani con<br />

espressione esasperata. «Signori!» <strong>di</strong>sse ad alta voce. Sperava <strong>di</strong> ottenere<br />

degli sguar<strong>di</strong> mortificati, ma <strong>di</strong> fatto ottenne solo un silenzio ostile. Emise<br />

un sospiro. Non la si può sempre avere vinta, pensò. Era proprio per questo<br />

che nella maggior parte delle questioni bisognava raggiungere un compromesso.<br />

«Ne <strong>di</strong>scuteremo in seguito, d'accordo?»<br />

Willow si alzò in pie<strong>di</strong> accanto a lui, facendolo sorridere mentre avvolgeva<br />

un braccio attorno al suo. «Parsnip!» chiamò. Quando il cuoco apparve<br />

e si piazzò accanto allo scrivano, allo stregone e al messaggero, Ben<br />

domandò. «Che ne pensate dell'idea <strong>di</strong> aggiungere un nuovo membro alla<br />

nostra famiglia?»


«Basta che non si tratti <strong>di</strong> Horris Kew» mormorò Questor Thews, e non<br />

apparve affatto pentito delle sue parole.<br />

Gorse<br />

Horris Kew lasciò Sterling Silver <strong>di</strong> notte, come un fuggitivo, affrettandosi<br />

ad allontanarsi con la massima fretta che la sua <strong>di</strong>gnità gli permettesse,<br />

rivolgendo sguar<strong>di</strong> nervosi a destra e a sinistra a ogni singolo passo.<br />

Procedette con passi lunghi e decisi, la sagoma alta e allampanata che oscillava<br />

a ogni movimento, una strana figura nella più strana fra le terre. Il<br />

tic che aveva misteriosamente sviluppato gli faceva sobbalzare regolarmente<br />

l'occhio come fosse un grillo intrappolato. Biggar gli stava appollaiato<br />

sulla spalla come un uccello del malaugurio.<br />

«Quel cane mi sta veramente antipatico» borbottò l'uccello, arruffando le<br />

piume per <strong>di</strong>mostrare il suo <strong>di</strong>sgusto.<br />

Le labbra <strong>di</strong> Horris Kew si serrarono. «Non parlare <strong>di</strong> quel cane.»<br />

«Mi ha quasi riconosciuto, hai visto? Prima o poi si ricorderà chi sono,<br />

segnati queste mie parole.»<br />

«Considerale già segnate.» Attraversarono il ponte che collegava l'isola<br />

alla terraferma e si <strong>di</strong>ressero verso la foresta occidentale. «E anche se ti riconoscesse?<br />

Tanto Meeks è morto e sepolto.»<br />

Biggar era stato <strong>di</strong> proprietà del mago, un tempo. Era stato proprio Meeks<br />

a compiere l'incantesimo che aveva aumentato l'intelligenza del volatile,<br />

nella speranza <strong>di</strong> usarlo come spia contro i suoi nemici. Ma Biggar era<br />

stato o<strong>di</strong>oso e sfacciato allora come lo era oggi, e nel giro <strong>di</strong> poco tempo<br />

Meeks si era scocciato della sua presenza. Così, quando Horris Kew era<br />

stato esiliato sulla Terra dal vecchio Re, Meeks aveva fatto in modo che<br />

l'uccello scocciatore lo accompagnasse.<br />

Biggar si rannicchiò in una palla <strong>di</strong> piume nere. «Se quel cane mi collega<br />

a Meeks, caro Horris, potrai <strong>di</strong>re definitivamente ad<strong>di</strong>o a qualsiasi speranza<br />

<strong>di</strong> entrare nuovamente fra le mura <strong>di</strong> quel castello.»<br />

Horris tentò <strong>di</strong> assumere un'espressione in<strong>di</strong>fferente. «Ti stai preoccupando<br />

per nulla.»<br />

«Non mi importa. Non mi piace il modo in cui mi ha guardato quel cane.<br />

Se lo vuoi sapere, non mi piace nulla <strong>di</strong> tutto questo.»<br />

Horris tacque, ma nemmeno lui era tanto sicuro che quella faccenda gli<br />

piacesse. Dal momento in cui aveva pronunciato quella frase, "Rashun, oblight,<br />

surena, eccetera" e quella cosa era uscita dalla Scatola magica, gli


era andato tutto storto. Solo a pensarci gli venivano i brivi<strong>di</strong>. Gli venivano<br />

i brivi<strong>di</strong> a pensare a ciò che aveva visto quando si era voltato, e gli vennero<br />

i brivi<strong>di</strong> a pensare che ora li stava aspettando. Era qualcosa <strong>di</strong> ripugnante a<br />

un livello che andava al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualsiasi descrizione, l'essere più orribile<br />

che avesse mai incontrato in vita sua.<br />

E ora quell'essere aveva preso possesso della sua vita, impartendogli or<strong>di</strong>ni<br />

come fosse un servo qualunque, <strong>di</strong>cendogli dove andare e che cosa fare.<br />

Era il suo peggiore incubo <strong>di</strong>venuto realtà, e Horris Kew sapeva bene<br />

che non poteva fare nulla per evitarlo.<br />

«Perché pensi che ci abbia mandati dal Re?» domandò improvvisamente<br />

Biggar, come se gli stesse leggendo nel pensiero. Oltrepassarono la sommità<br />

<strong>di</strong> una collina e si ritrovarono in un prato ai margini <strong>di</strong> una foresta.<br />

Horris buttò fuori il fiato con aria esasperata. «Che vuoi che ne sappia?<br />

Mi ha detto <strong>di</strong> andare a fare questa richiesta a Holiday, e io ci sono andato.<br />

Mi ha detto <strong>di</strong> farlo, e io l'ho fatto. Pensi forse che avrei potuto <strong>di</strong>scutere?»<br />

Biggar non fece alcun commento, il che fu un'ottima cosa, poiché la pazienza<br />

<strong>di</strong> Horris Kew era già stata messa a dura prova dagli eventi delle ultime<br />

ventiquattro ore. Comunque, pensò, era tutta colpa <strong>di</strong> Biggar. L'idea<br />

del me<strong>di</strong>um, <strong>di</strong> Skat Mandu (Skat Mandu, che presa per i fondelli!), la liberazione<br />

<strong>di</strong> quella cosa e il ritorno a Landover. Horris non aveva idea del<br />

gioco al quale stavano giocando, ma sapeva che si trattava <strong>di</strong> un gioco pericoloso.<br />

Erano tornati nell'ultimo luogo dell'universo al quale avrebbero<br />

dovuto tornare, in un luogo dove erano tutt'altro che benvenuti. Certo, il<br />

vecchio Re era morto e questo nuovo, Holiday, sembrava perlomeno <strong>di</strong>sposto<br />

a prendere in considerazione il suo caso. Ma questo non aveva alcuna<br />

importanza. Che cavolo ci facevano lì? Certo, era la sua terra natia e<br />

tutto il resto, ma non era certo un luogo del quale serbava buoni ricor<strong>di</strong>.<br />

Era semplicemente il luogo in cui era nato (per pura fortuna), dove era cresciuto,<br />

dove era riuscito a mettersi nei guai fino al collo, dove era stato <strong>di</strong>chiarato<br />

persona non gra<strong>di</strong>ta ed espulso con l'uso della forza. Nel nuovo<br />

mondo in cui lo avevano mandato era stato perfettamente felice, nella terra<br />

del miele e del latte e dei fedeli <strong>di</strong> Skat Mandu, pronti e <strong>di</strong>sposti a pagare<br />

somme notevoli per quattro fumate e un raggio <strong>di</strong> luce. Si era piazzato bene<br />

là, ed era sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> se stesso, del luogo in cui viveva e delle prospettive<br />

che aveva <strong>di</strong> fronte a sé.<br />

E ora con che cosa si ritrovava? Con nulla. E la colpa era tutta <strong>di</strong> Biggar.<br />

Solo che, in verità, non era solo colpa dell'uccello. La colpa era sua almeno<br />

quanto lo era <strong>di</strong> Biggar, e questo lo irritava ancor <strong>di</strong> più.


Che cosa gli sarebbe capitato ora? Che cosa aveva in mente per lui il<br />

vecchio Skat Mandu?<br />

«Quel cane mi sta veramente antipatico» <strong>di</strong>sse nuovamente Biggar, dopo<strong>di</strong>ché<br />

tacque.<br />

Continuarono a camminare per tutta la mattina, e a mezzogiorno giunsero<br />

al Cuore. Il Cuore era terra sacra, la fonte della magia <strong>di</strong> Landover e la<br />

prova ultima della sua vita. Tutti i re <strong>di</strong> Landover, Ben Holiday compreso,<br />

erano stati incoronati in quel luogo. Si trattava <strong>di</strong> una radura posta al centro<br />

<strong>di</strong> una foresta <strong>di</strong> alberi dalle foglie ampie, il cui perimetro era delimitato<br />

da un cerchio <strong>di</strong> Bonnie Blu e il cui terreno era composto da una mistura<br />

<strong>di</strong> erbe color verde, oro e cremisi. Al centro della radura vi era una specie<br />

<strong>di</strong> palco composto <strong>di</strong> tronchi <strong>di</strong> quercia <strong>di</strong> un bianco scintillante, ancorati<br />

da puntelli d'argento lucidato nei quali erano state poste delle possenti<br />

candele bianche. Tutt'attorno al palco vi era una serie <strong>di</strong> stendar<strong>di</strong>, e, in<br />

cima a ognuno <strong>di</strong> questi, vi erano le ban<strong>di</strong>ere dei re <strong>di</strong> Landover che formavano<br />

una marea <strong>di</strong> colori luminosi. Quella <strong>di</strong> Holiday era la più recente,<br />

ed era composta da una serie <strong>di</strong> bilance a piatti in equilibrio su campo verde,<br />

una specie <strong>di</strong> accenno alla professione <strong>di</strong> avvocato che un tempo aveva<br />

esercitato sulla Terra. Tutt'attorno al palco vi erano file <strong>di</strong> cuscini <strong>di</strong> velluto<br />

bianco per inginocchiarsi e riposarsi.<br />

Il tutto era perfettamente pulito e ben tenuto, come se si attendesse una<br />

nuova incoronazione da un momento all'altro.<br />

Horris Kew entrò nel Cuore e si guardò attorno con aria solenne. La storia<br />

<strong>di</strong> un paese intero lo scrutava e gli faceva l'occhiolino da ogni singolo<br />

tronco e da ogni puntello. «Togliti il cappello, Biggar» <strong>di</strong>sse con tono serio.<br />

«Siamo in chiesa.»<br />

Biggar si guardò attorno con aria dubbiosa, facendo scintillare i suoi occhi<br />

acuti. «Chi <strong>di</strong>avolo si occupa della manutenzione <strong>di</strong> questo luogo?»<br />

Horris lo fissò ed emise un sospiro. «Che profano sei!»<br />

Biggar si involò dalla spalla <strong>di</strong> Horris e si posò su uno dei cuscini bianchi.<br />

«Così adesso passi anche agli insulti, eh! Sei veramente patetico.»<br />

Volutamente, l'uccello si librò sul velluto bianco.<br />

Horris si irrigidì per un istante, poi la sua struttura allampanata si svolse<br />

come se fosse in parte serpente, agitando qua e là i suoi lunghi arti come<br />

stecchi <strong>di</strong> legno attaccati a un burattino <strong>di</strong> stoffa. «Ne ho avuto abbastanza<br />

<strong>di</strong> te, Biggar. Cosa ne <strong>di</strong>resti se ti tirassi quell'inutile collo che ti ritrovi?»<br />

«E che ne <strong>di</strong>resti se ti cavassi gli occhi a beccate, Horris?»<br />

«Maledetta taccola i<strong>di</strong>ota!»


«Stupido babbuino!»<br />

Si scrutarono in cagnesco, Horris con le <strong>di</strong>ta contratte come artigli, Biggar<br />

con le penne tutte arruffate. L'ondata <strong>di</strong> rabbia sfrecciò fra i due per poi<br />

<strong>di</strong>ssiparsi rapidamente, evaporando come acqua su una pietra sotto il sole<br />

<strong>di</strong> mezzogiorno. La tensione scemò dai loro corpi, venendo sostituita dallo<br />

stupore e da una vaga sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio per la repentina spontaneità <strong>di</strong><br />

quel comportamento a <strong>di</strong>r poco imbarazzante.<br />

«L'unico responsabile <strong>di</strong> tutte queste assur<strong>di</strong>tà è quella cosa» <strong>di</strong>chiarò<br />

Horris con tono pacato. «Il buon vecchio Skat Mandu.»<br />

«Devo ammettere che non è esattamente quel che mi aspettavo che fosse»<br />

<strong>di</strong>chiarò Biggar con aria solenne.<br />

«Non è nemmeno una persona. È una cosa.»<br />

«Un verme.»<br />

«Una serpe.»<br />

Biggar chiuse gli occhi «Horris» <strong>di</strong>sse, e nella sua voce si percepiva un<br />

accenno <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione «che cosa ci facciamo qui? Aspetta, non <strong>di</strong>re<br />

nulla prima che abbia finito. So come ci siamo arrivati. Ho capito le meccaniche<br />

dell'evento. Abbiamo liberato quella cosa dalla Scatola magica<br />

dove era intrappolata nella nebbia fatata, e la cosa ha usato la stessa nebbia<br />

fatata per aprire una porta su Landover. Fin lì ci arrivo. Ma cosa cavolo ci<br />

facciamo qui? Dico sul serio, cosa ci facciamo? Riflettici sopra un attimo.<br />

Questo luogo è pericoloso per noi.»<br />

«Lo so, lo so» sospirò Horris.<br />

«Va bene. Allora, perché non ce ne an<strong>di</strong>amo da qualche altra parte? In<br />

qualche luogo meno... minaccioso. Perché non lo facciamo? Magari ci ascolterebbe<br />

se gli suggerissimo <strong>di</strong> andare da qualche altra parte. Magari<br />

prenderebbe almeno in considerazione il fatto <strong>di</strong> lasciare andare noi, anche<br />

se lui volesse rimanere qui. In fondo, a che cosa gli serviamo noi?»<br />

Horris lo fissò con uno sguardo duro. «E dove ce ne andremmo, Biggar?<br />

Avresti forse intenzione <strong>di</strong> tornare da dove siamo venuti, dove i fedeli non<br />

stanno aspettando altro che <strong>di</strong> farci a pezzettini? Grazie a te, quella possibilità<br />

è da scartare a priori.»<br />

«Non è stata colpa mia, Horris, te l'ho già spiegato. E stata colpa <strong>di</strong> Skat<br />

Mandu! O chi cavolo è.» Biggar si avvicinò <strong>di</strong> un cuscino con un balzo.<br />

«Vuoi sapere dove possiamo andare? Abbiamo un sacco <strong>di</strong> possibilità, ho<br />

letto <strong>di</strong> alcune che sono ottime. Che ne pensi per esempio <strong>di</strong> quel luogo<br />

con la strada lastricata <strong>di</strong> mattoni gialli con la città <strong>di</strong> smeraldo e tutta


quella piccola gente che corre qua e là, i Munchies o come cavolo si chiamano?»<br />

Horris lo guardò e sospirò. «Biggar, quello non è un luogo reale. É un<br />

libro.»<br />

Biggar tentò <strong>di</strong> prodursi in una smorfia, ma non vi riuscì. «No che non<br />

era un libro. Era un luogo vero.»<br />

«No, Biggar. Sei andato <strong>di</strong> nuovo in cortocircuito. Stai parlando del regno<br />

<strong>di</strong> Oz. Il regno <strong>di</strong> Oz non è un luogo reale, è un luogo inventato.»<br />

«Anche lo stregone e tutto il resto? Le streghe e le scimmie volanti? No,<br />

non era solo una storia. Era un posto vero.»<br />

«Era una storia, Biggar! Una storia!»<br />

«Va bene, Horris, va bene! Era una storia!» L'uccello chiuse il becco con<br />

una certa enfasi. Rifletté un attimo. «Okay. Che ne <strong>di</strong>resti allora <strong>di</strong> quel<br />

posto con quella gente piccolina dai pie<strong>di</strong> pelosi?»<br />

Horris <strong>di</strong>venne paonazzo. «A che cavolo serve!» sibilò con rabbia. Passò<br />

accanto a Biggar senza nemmeno guardarlo, <strong>di</strong>retto verso gli alberi. «An<strong>di</strong>amo<br />

a fare rapporto e facciamola finita!»<br />

Si allontanò dalla radura e dal Cuore, addentrandosi nella foresta. Biggar<br />

lo seguì poco dopo. Lasciarono la luce del sole per penetrare nel buio e nel<br />

fresco, dove le ombre tessevano le loro trame come ragnatele per tutto il<br />

bosco. Proseguirono senza parlare, Horris con il suo passo deciso, Biggar<br />

volando da un ramo all'altro, portandosi avanti per poi tornare in<strong>di</strong>etro.<br />

Chiuso com'era nella sua cupa riflessione, Horris lo ignorò <strong>di</strong> proposito.<br />

A poco più <strong>di</strong> un chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal Cuore, dove la luce era praticamente<br />

del tutto schermata dai rami degli alberi che si univano fra loro<br />

sopra le loro teste, scesero giù per un declivio fino a un fitto <strong>di</strong> cespugli incastrato<br />

sotto una sporgenza <strong>di</strong> roccia. Facendosi strada attraverso i rovi,<br />

giunsero infine a un'enorme lastra <strong>di</strong> pietra piatta completamente ricoperta<br />

<strong>di</strong> simboli, sia sulla superficie sia ai lati. Horris fissò la pietra, emise il suo<br />

sospiro più languido, allungò una mano e toccò <strong>di</strong>versi simboli in rapida<br />

successione. Fece un veloce passo in<strong>di</strong>etro mentre la porta si apriva con<br />

un suono <strong>di</strong> pietra che macina pietra. Biggar si posò nuovamente sulla sua<br />

spalla, e assieme osservarono l'apertura scura della grotta che si schiudeva<br />

davanti a loro.<br />

Non senza una certa riluttanza, entrarono. La porta <strong>di</strong> pietra si chiuse<br />

lentamente alle loro spalle.<br />

Nella grotta vi era della luce per guidarli nei recessi più profon<strong>di</strong>, una<br />

specie <strong>di</strong> debole fosforescenza che sembrava essere propria della roccia


stessa. Brillava come argento, apparendo in venature e macchie sulle pareti,<br />

fornendo una luce appena sufficiente per attraversare il cunicolo senza<br />

problemi. Faceva piuttosto caldo nella grotta, un calore sgradevole che penetrava<br />

nella pelle lasciandola umida e irritata. Nell'aria vi era anche un<br />

odore caratteristico. Horris e Biggar lo riconobbero imme<strong>di</strong>atamente. Sapevano<br />

da dove proveniva.<br />

Nel giro <strong>di</strong> un attimo giunsero alla parte più profonda della grotta, nel<br />

punto in cui la luce era più forte, il calore più intenso e il puzzo più acre.<br />

In quel punto la grotta si allargava e si innalzava <strong>di</strong> circa sei o sette metri.<br />

Sopra le loro teste vi erano una serie <strong>di</strong> stalattiti che si stagliavano minacciose<br />

come un'antica trappola me<strong>di</strong>evale. La sala era deserta, eccetto per<br />

un lettino <strong>di</strong> legno tutto sgangherato e un tavolino altrettanto sgangherato<br />

sul quale era stato posato un catino d'acqua. Il letto era <strong>di</strong>sfatto e il catino<br />

era pieno.<br />

Accanto al catino vi era la Scatola magica.<br />

Si udì un suono dall'angolo più nascosto della grotta. «Avete fatto come<br />

vi ho detto?» sibilò una voce minacciosa.<br />

Horris tentò <strong>di</strong> trattenere il fiato mentre parlava per non inalare troppo <strong>di</strong><br />

quel puzzo terribile. «Sì. Abbiamo fatto come ci avete detto.»<br />

«E qual è stata la risposta?»<br />

«Ha detto che ci avrebbe pensato sopra. Ma il mago e lo scrivano vogliono<br />

convincerlo a mandarci via.»<br />

L'essere rise. Si spostò nell'oscurità, sollevando il corpo, raddrizzando<br />

gli arti. In verità era ben <strong>di</strong>fficile stabilire che cosa stesse succedendo, e il<br />

risultato era piuttosto sconvolgente. Horris ripensò alla prima volta in cui<br />

aveva messo gli occhi su quell'essere, e si rese improvvisamente conto che<br />

non era ben certo <strong>di</strong> che cosa avesse visto. La cosa che era Skat Mandu aveva<br />

un suo modo <strong>di</strong> mostrare solo una parte <strong>di</strong> se stesso, un frammento <strong>di</strong><br />

corpo o <strong>di</strong> arto o <strong>di</strong> testa (mai un volto), un accenno <strong>di</strong> forma o <strong>di</strong> colore.<br />

Alla fin fine, non rimaneva altro che la sensazione <strong>di</strong> qualcosa, <strong>di</strong> una presenza,<br />

e non un'immagine ben definita. Ciò che rimaneva, in conclusione,<br />

era inevitabilmente qualcosa <strong>di</strong> sgradevole, pesante e ripugnante.<br />

«Vi faccio paura?» domandò l'essere a bassa voce. Nell'oscurità fumosa<br />

si accese uno strano e minaccioso bagliore verdastro.<br />

Horris si pentì improvvisamente <strong>di</strong> essere tornato, pensando che forse,<br />

alla fin fine, avesse ragione Biggar. In che razza <strong>di</strong> follia si erano imbarcati<br />

liberando quel mostro? Era rimasto imprigionato nella Scatola magica fino<br />

ad allora, e li aveva ingannati e convinti a liberarlo usando Biggar come


tramite, Horris come mago ed entrambi come strumenti per scassinare le<br />

serrature che lo tenevano rinchiuso. Nell'angolo più recon<strong>di</strong>to del suo cuore,<br />

Horris Kew sapeva benissimo che nulla <strong>di</strong> ciò che aveva fatto per creare<br />

Skat Mandu era stato realmente idea sua; il tutto era venuto dalla cosa<br />

nella Scatola magica, la cosa intrappolata fino ad allora nelle nebbie fatate,<br />

costretta all'esilio esattamente come loro e condannata all'oblio eterno se<br />

non per un assurdo destino che aveva portato Horris e Biggar al suo involontario<br />

salvataggio.<br />

«Che cosa ci facciamo qui?» squittì improvvisamente Biggar. Dalla sua<br />

voce squillante trasparivano paura e rigi<strong>di</strong>tà.<br />

«Fate ciò che vi <strong>di</strong>co <strong>di</strong> fare.»<br />

Skat Mandu uscì dall'oscurità, innalzandosi come una nube <strong>di</strong> fumo che<br />

si era in qualche modo agglomerata in una forma vagamente familiare ma<br />

non ancora completa. L'odore fece arretrare Horris e Biggar <strong>di</strong> un passo,<br />

mentre l'essere si produceva in una risata profonda e sod<strong>di</strong>sfatta. I suoi<br />

movimenti ricordavano l'incresparsi <strong>di</strong> uno Stagno <strong>di</strong> acqua fetida; nell'improvviso<br />

silenzio poterono u<strong>di</strong>re il sibilo minaccioso del suo respiro. Era<br />

enorme, grasso e dominante e dava la sensazione <strong>di</strong> essere qualcosa <strong>di</strong><br />

molto antico e terribile.<br />

«Mi chiamo Gorse» sussurrò improvvisamente il mostro. Ero parte del<br />

popolo che vive all'interno delle nebbie fatate, ero uno <strong>di</strong> loro finché non<br />

venni intrappolato e messo al bando, molti secoli fa, rimanendo imprigionato<br />

nella Scatola magica fino a ora. Ero un mago <strong>di</strong> grande potere, e tornerò<br />

a esserlo. Voi mi aiuterete.<br />

Horris Kew si schiarì la gola. «Non vedo proprio che cosa potremmo fare.»<br />

Il Gorse scoppiò a ridere. «Io sarò i tuoi occhi, Horris Kew. Io ti vedo<br />

molto meglio <strong>di</strong> quanto non ti veda tu stesso. Sei arrabbiato perché hai perso<br />

ciò che avevi nell'altro mondo, ma ciò che più desideri si trova qui. Hai<br />

paura per ciò che ti è stato fatto, ma sarò io a fornirti il coraggio che ti<br />

manca. Sì, ti ho manipolato. Sì sei stato il mio artiglio. E lo sarai ancora, tu<br />

e l'uccello. Così vanno le cose, Horris. La gente delle nebbie fatate mi ha<br />

chiuso dentro la Scatola magica con degli incantesimi che non potevano<br />

essere <strong>di</strong>sfatti dall'interno, ma solo dall'esterno. Qualcuno doveva pronunciare<br />

l'incantesimo <strong>di</strong> apertura, e io ho scelto te. Ho sussurrato le parole<br />

nella tua mente, ho guidato i tuoi passi nell'evocazione dell'incantesimo.<br />

Una per una, hai pronunciato le parole dell'incantesimo <strong>di</strong> Skat Mandu.<br />

Una per una, hai aperto le serrature che mi tenevano rinchiuso. E quando


ero pronto a uscire, ho fatto in modo che l'uccello confessasse che Skat<br />

Mandu era una truffa, in modo che foste costretti a fuggire. Solo che la vostra<br />

fuga poteva avvenire solo se mi liberavate. Comunque, non avete motivo<br />

per <strong>di</strong>sperarvi. É andato tutto come doveva andare, come il destino voleva<br />

che andasse. Il fato ci ha legati gli uni agli altri.»<br />

Horris non era del tutto sicuro <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re quell'idea, ma d'altro canto era<br />

abbastanza interessato, nonostante tutto il resto, dalla possibilità che ci fosse<br />

qualcosa da guadagnare anche per lui. «Avete in mente qualcosa per<br />

noi?» domandò con tono cauto.<br />

«Ho in mente qualcosa <strong>di</strong> molto interessante» sussurrò il Gorse. «Conosco<br />

la vostra storia. Tu, Horris, sei stato esiliato per la tua visione <strong>di</strong> ciò<br />

che deve essere la magia. L'uccello invece è stato esiliato perché è risultato<br />

essere <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò che il suo creatore si aspettava.»<br />

Stranamente, sia Horris sia Biggar si trovarono imme<strong>di</strong>atamente d'accordo<br />

con questa affermazione (per quanto Biggar non gra<strong>di</strong>sse eccessivamente<br />

che ci si riferisse costantemente a lui con l'appellativo <strong>di</strong> "uccello").<br />

«Rappresentavate una scocciatura e una fonte <strong>di</strong> imbarazzo nei confronti<br />

<strong>di</strong> coloro che si professavano vostri amici ma che in realtà vi temevano ed<br />

erano invi<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> voi. Tale è la natura delle creature contro le quali ci battiamo.»<br />

Il Gorse arretrò con fare poderoso, tornando a nascondersi nell'oscurità<br />

e nel fumo della grotta. Il suo movimento produsse uno strano suono<br />

raschiante, come <strong>di</strong> un coltello che stacca le squame da un pesce. Un<br />

suono del genere avrebbe dovuto risultare impossibile per un essere dall'apparenza<br />

cosi eterea. «Non vi aggraderebbe forse l'idea <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carvi <strong>di</strong><br />

quegli sciocchi?»<br />

Naturalmente sia Horris sia Biggar avrebbero gra<strong>di</strong>to molto l'idea. Tuttavia,<br />

nonostante tutte quelle parole rassicuranti, il loro senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio<br />

nei confronti del Gorse rimaneva immutato. Quella creatura non era <strong>di</strong> loro<br />

gra<strong>di</strong>mento; non gli piaceva il suo aspetto, non gli piaceva il suo odore,<br />

non gli piaceva nemmeno l'idea della sua esistenza, ed erano ancora fermamente<br />

convinti che sarebbero stati molto meglio dove erano prima. Ciò<br />

nonostante, non erano tanto sciocchi da <strong>di</strong>rlo ad alta voce, e il loro unico<br />

desiderio imme<strong>di</strong>ato era <strong>di</strong> saperne qualcosa <strong>di</strong> più.<br />

L'atmosfera già cupa della grotta sembrò serrarsi su <strong>di</strong> loro come il coperchio<br />

<strong>di</strong> una bara quando il Gorse si espanse improvvisamente fra le<br />

ombre, rubando la luce. «Per quel che mi riguarda, mi assicurerò il dominio<br />

sulle nebbie fatate dalle quali sono stato mandato via e su coloro che


hanno vissuto liberamente al loro interno mentre io ero imprigionato. Li<br />

farò miei schiavi finché non mi stancherò <strong>di</strong> loro, dopo<strong>di</strong>ché li farò rinchiudere<br />

in una tale oscurità che non potranno fare altro che gridare all'infinito<br />

supplicando l'arrivo della morte.»<br />

Horris Kew deglutì il groppo che aveva in gola e abbandonò completamente<br />

qualsiasi tentativo <strong>di</strong> arretrare ulteriormente. Gli artigli <strong>di</strong> Biggar si<br />

strinsero sulla sua spalla fino a fargli male.<br />

«E a voi» continuò Gorse a bassa voce «darò Landover. Tutta Landover,<br />

la terra e il popolo, e voi potrete farne ciò che volete.»<br />

Il silenzio che riempì la caverna dopo questa <strong>di</strong>chiarazione fu immenso.<br />

Horris si rese improvvisamente conto che non era in grado <strong>di</strong> ragionare.<br />

Landover? E che cosa se ne sarebbe fatto <strong>di</strong> Landover? Tentò <strong>di</strong> parlare,<br />

ma non vi riuscì. Tentò <strong>di</strong> deglutire, ma non riuscì nemmeno a fare quello.<br />

Si sentiva secco e inari<strong>di</strong>to dal naso alla punta dei pie<strong>di</strong>, e tutta la sua vita<br />

<strong>di</strong> mago non era che un vago ricordo che gli pareva effimero come il fumo<br />

stesso.<br />

«Volete darci Landover?» gracchiò Biggar, come se non avesse sentito<br />

bene.<br />

La risata del Gorse fu ruvida e raggelante. «Nemmeno Skat Mandu avrebbe<br />

potuto darvi tanto nella vostra vita <strong>di</strong> esiliati, non è vero? Ma per<br />

guadagnarvi questo dono dovrete fare ciò che vi <strong>di</strong>co. Esattamente tutto<br />

ciò che vi <strong>di</strong>co. Avete capito bene?»<br />

Horris Kew annuì, e Biggar lo imitò a ruota.<br />

«Ditelo!» sibilò seccamente Gorse.<br />

«Sì!» annasparono entrambi, percependo <strong>di</strong>ta invisibili che si serravano<br />

attorno alla gola. Le <strong>di</strong>ta li afferrarono e rimasero serrate per un momento<br />

incre<strong>di</strong>bilmente lungo prima <strong>di</strong> rilasciare la presa. Horris e Biggar tossirono<br />

e annasparono alla ricerca d'aria nel silenzio che seguì.<br />

Il Gorse si allontanò, il suo puzzo talmente intenso da non permettere <strong>di</strong><br />

respirare. Horris Kew era inginocchiato nell'oscurità della caverna, con lo<br />

stomaco contratto in una morsa <strong>di</strong> dolore, spaventato dal mostro fino al<br />

punto che non riusciva a pensare ad altro se non a fare qualcosa per evitare<br />

<strong>di</strong> stare peggio ancora. Biggar aveva la cresta bianca dritta sopra la testa,<br />

gli occhi acuti da uccello serrati, e stava tremando tutto.<br />

«Vi sono dei nemici che potrebbero rappresentare una minaccia per noi»<br />

sussurrò il Gorse, la sua voce come carta vetrata sul legno. «Se vogliamo<br />

procedere con il nostro piano, dobbiamo toglierli <strong>di</strong> mezzo. Voi mi aiuterete<br />

in questo.»


Horris annuì senza parlare, poiché non si fidava <strong>di</strong> ciò che avrebbe potuto<br />

<strong>di</strong>re. Desiderò <strong>di</strong> aver imparato a mantenere chiusa la sua bocca <strong>di</strong> mago<br />

molto tempo prima.<br />

«Tu scriverai tre lettere, Horris Kew» sibilò il mostro. «Le scriverai ora.»<br />

L'oscurità occupata dal mostro si mosse e i suoi occhi (o così parevano,<br />

almeno) si fissarono su Biggar. «E quando lui avrà finito, tu le consegnerai.»<br />

Scese la notte su Sterling Silver. Il sole sprofondò <strong>di</strong>etro l'orizzonte<br />

cambiando i colori del cielo da azzurro a cremisi e violetto, colori che inondarono<br />

dapprima le nubi screziate a ovest, poi la terra stessa. Le ombre<br />

presero ad allungarsi <strong>di</strong>ventando sempre più scure, riflettendo la superficie<br />

lucida del castello e delle acque che lo circondavano per poi sparire finalmente<br />

in un crepuscolo illuminato dalle lune in uno dei rari perio<strong>di</strong> dell'anno<br />

in cui erano visibili tutte e otto nel cielo notturno.<br />

Sottobraccio a Willow, Ben Holiday salì per le scale che portavano alla<br />

loro camera da letto, sorridendo <strong>di</strong> tanto in tanto per le sensazioni che stava<br />

provando, ancora elettrizzato dall'idea del figlio. Un figlio! Non si stancava<br />

mai <strong>di</strong> ripeterselo, poiché la sola idea produceva in lui una sensazione<br />

<strong>di</strong> vertigine, una sensazione che lo faceva sentire al settimo cielo e sciocco<br />

nello stesso tempo. Ormai tutto il castello sapeva del nascituro. Persino<br />

Abernathy, che normalmente non si lasciava mai andare a <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong><br />

affetto o <strong>di</strong> emotività in generale, nell'apprendere la notizia aveva abbracciato<br />

Willow in maniera estremamente calorosa. Questor aveva imme<strong>di</strong>atamente<br />

iniziato a pianificare l'educazione e l'allevamento dell'erede, programmando<br />

così d'acchito il primo decennio della sua vita. Nessuno comunque<br />

sembrava essere rimasto molto sorpreso dal fatto che aspettassero<br />

un figlio, come se la cosa rientrasse nel normale corso degli eventi.<br />

Ben scosse il capo. Sarebbe stato un bimbo o una bimba? O magari tutt'e<br />

due? Willow lo sapeva già? Avrebbe fatto bene a domandarglielo? Desiderava<br />

tanto sapere che cosa avrebbe dovuto fare, piuttosto che continuare a<br />

ripeterle quanto era felice.<br />

Giunsero a un pianerottolo che dava su una specie <strong>di</strong> terrazzo sui bastioni,<br />

e Willow lo tirò <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé sotto la notte stellata. Camminarono fino ai<br />

merli, dove si fermarono a scrutare Landover. Rimasero in silenzio, mano<br />

nella mano, uno vicino all'altro.<br />

«Dovrò andarmene via per un poco» <strong>di</strong>sse Willow a bassa voce. Era una<br />

frase talmente inaspettata in quel momento che Ben non fu certo <strong>di</strong> aver


sentito bene. Lo sguardo <strong>di</strong> Willow rimase fisso sul la notte, ma la sua mano<br />

si strinse attorno a quella del suo sposo. Prima <strong>di</strong> parlare, lascia che finisca.<br />

Devo <strong>di</strong>re a mia madre <strong>di</strong> questo figlio. Deve saperlo, perché deve<br />

danzare per me. Ricor<strong>di</strong> che ti <strong>di</strong>ssi come la nostra vita assieme fosse già<br />

segnata nell'intrecciarsi dei fiori che formavano il letto della mia concezione?<br />

É stata la notte che ti ho visto per la prima volta a Irrylyn. Seppi imme<strong>di</strong>atamente<br />

che non vi sarebbe mai stato nessun altro per me. Quello fu<br />

il presagio nato dalla danza <strong>di</strong> mia madre.<br />

Si voltò per guardarlo in faccia, gli occhi enormi e insondabili.<br />

«La gente dell'ex popolo fatato vede qualcosa del futuro nel presente, sa<br />

leggere ciò che sarà in ciò che è. È un'arte specifica per ognuno <strong>di</strong> noi,<br />

Ben, e per mia madre il futuro viene spesso predetto attraverso la danza.<br />

Così avvenne quando andai a trovarla nel corso della ricerca dell'unicorno<br />

nero. Così avverrà adesso.»<br />

A quanto pareva, aveva finito. «La sua danza ci <strong>di</strong>rà qualcosa sul futuro<br />

<strong>di</strong> nostro figlio?» domandò Ben con tono leggermente sorpreso.<br />

Willow annuì lentamente, il suo sguardo fisso negli occhi <strong>di</strong> lui, i suoi<br />

lineamenti stagliati nella luce stellare. «Non lo <strong>di</strong>rà a noi, Ben. Lo <strong>di</strong>rà a<br />

me. Lo <strong>di</strong>rà solo a me. Danzerà solo per me, non lo farebbe mai per qualcuno<br />

che non fa parte del nostro popolo. Ti prego <strong>di</strong> non arrabbiarti, ma<br />

dovrò andare sola.»<br />

Ben si produsse in un sorriso imbarazzato. «Posso accompagnarti per<br />

gran parte del tragitto, però. Almeno fino ai vecchi pini.»<br />

Willow scosse il capo. «No. Cerca <strong>di</strong> capire. Questo viaggio deve essere<br />

mio, non tuo. Non è solo un viaggio nella Regione dei Fiumi, è anche un<br />

viaggio all'interno <strong>di</strong> me stessa, e appartiene solo a me. Lo faccio in veste<br />

<strong>di</strong> madre <strong>di</strong> nostro figlio e in veste <strong>di</strong> figlia delle ex fate. Vi saranno altri<br />

viaggi che apparterranno a tutt'e due, viaggi nei quali anche tu potrai venire.<br />

Ma questo appartiene solo a me.»<br />

Vide l'ombra del dubbio negli occhi <strong>di</strong> suo marito, che la portò a esitare<br />

un attimo. «So che è <strong>di</strong>fficile da capire. Ha anche a che fare con ciò che ho<br />

tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti prima. Avere una gravidanza e dare alla luce un figlio su<br />

Landover è ben <strong>di</strong>verso dal fare la stessa cosa sul tuo mondo. Vi sono<br />

gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze che hanno a che vedere con la magia che sostiene la terra,<br />

che dà vita a tutti noi, ma soprattutto alle ex fate. Noi interagiamo con<br />

Landover come fa un popolo che ha passato tutta la propria vita a curarla e<br />

a sincerarsi del suo benessere. É la nostra ere<strong>di</strong>tà, ed è un nostro legame.»


Ben annuì, ma allo stesso tempo sentì un vuoto aprirsi dentro <strong>di</strong> lui.<br />

«Non vedo proprio perché non potrei accompagnarti.»<br />

Vide la gola <strong>di</strong> lei che si contraeva, le lacrime che si formavano nei suoi<br />

occhi. «Lo so. Ho cercato <strong>di</strong> trovare un modo per <strong>di</strong>rtelo, per spiegartelo.<br />

Credo che dovrò semplicemente chiederti <strong>di</strong> fidarti <strong>di</strong> me.»<br />

«Io mi fido <strong>di</strong> te. Sempre. Ma tutto questo è ben <strong>di</strong>fficile da comprendere.»<br />

E non solo. Era preoccupante. Da quando erano andati sulla Terra per<br />

recuperare Abernathy e il medaglione mancante, nell'occasione in cui lei<br />

era quasi morta, Ben non si sentiva affatto sicuro separato dalla sua metà.<br />

Aveva rivissuto tutti gli incubi della morte <strong>di</strong> Annie, della morte prematura<br />

del loro figlio e della piccola morte che era avvenuta dentro <strong>di</strong> lui in seguito<br />

a ciò. E ogni volta che era costretto a separarsi da Willow, anche se era<br />

necessario e anche se si trattava <strong>di</strong> un periodo relativamente breve, lui tornava<br />

a provare quella paura. Anche adesso era così. Anzi, forse era anche<br />

peggio, poiché in quell'occasione il motivo per il quale dovevano separarsi<br />

non gli era nemmeno del tutto chiaro.<br />

«Quando devi andare?» le domandò mentre si sforzava per abituarsi all'idea.<br />

Tutta la sua felicità <strong>di</strong> un attimo prima sembrava essere sprofondata<br />

nel nulla.<br />

«Domani» rispose. «All'alba.»<br />

La <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> Ben si moltiplicò. «Be', ma almeno portati <strong>di</strong>etro Bunion.<br />

Qualcuno che ti protegga!»<br />

«Ben» gli strinse entrambe le mani nelle sue e si avvicinò fino al punto<br />

che poteva vedersi riflessa nei suoi occhi. «Nessuno verrà con me. Andrò<br />

da sola. Non ti devi preoccupare, sarò al sicuro. Non ho bisogno <strong>di</strong> qualcuno<br />

che mi protegga, e tu lo sai. Le ex fate han no i loro meto<strong>di</strong> per proteggersi<br />

quando si trovano a Landover, e io sarò nella terra natia della mia<br />

gente.»<br />

Ben scosse il capo con rabbia. «Non riesco proprio a capire come tu possa<br />

esserne tanto certa! E ancora non riesco a capire per quale motivo tu<br />

debba andare sola!»<br />

Nonostante tutti i suoi sforzi per rimanere calmo, il tono della sua voce<br />

si era alzato, assumendo un'inflessione <strong>di</strong> rabbia. Fece un passo in<strong>di</strong>etro,<br />

tentando <strong>di</strong> allontanarsi da ciò che provava. Ma lei non aveva alcuna intenzione<br />

<strong>di</strong> lasciare le sue mani.<br />

«Questo figlio è molto importante per noi» <strong>di</strong>sse a bassa voce.<br />

«Lo so benissimo!»


«Shhh. La Madre Terra ci ha parlato della sua importanza, ricor<strong>di</strong>?»<br />

Inspirò profondamente. «Ricordo.»<br />

«Allora accetta il fatto che le nostre esigenze debbano cedere il passo a<br />

quelle <strong>di</strong> nostro figlio» sussurrò. «Anche se ci fa male, anche se i motivi<br />

non sono chiari, anche se i nostri desideri sono altri.» Fece una pausa.<br />

«Non lo voglio più <strong>di</strong> quanto non voglia tu. Mi cre<strong>di</strong>?»<br />

Questa affermazione lo colse <strong>di</strong> sorpresa. Non aveva pensato che Willow<br />

facesse questa cosa contro la sua stessa volontà. «Sì, ti credo» <strong>di</strong>sse<br />

infine.<br />

«Ti farei venire più che volentieri, se fosse possibile. Non ti lascerei mai<br />

nemmeno un istante se fosse possibile. Ma purtroppo non lo è. La natura<br />

della vita è così, non possiamo sempre essere assieme in ogni cosa.»<br />

Attese il suo responso. Lui la fissò a lungo senza <strong>di</strong>re nulla, riflettendo.<br />

«Immagino che sia così» <strong>di</strong>sse infine.<br />

«Andrà tutto bene» <strong>di</strong>sse lei.<br />

Lo abbracciò e lo strinse a sé. Ben abbassò il viso fra i suoi capelli color<br />

smeraldo e si ritrovò già sofferente per la sua prossima <strong>di</strong>partita. La sua<br />

paura era come una nube nera che si agitava agli angoli del suo cuore. Si<br />

rese conto in quel momento <strong>di</strong> quanto fossero realmente <strong>di</strong>versi, un uomo<br />

e una silfide, e <strong>di</strong> quante cose ancora non sapesse <strong>di</strong> lei.<br />

«Andrà tutto bene» ripeté ancora.<br />

Ben non <strong>di</strong>scusse, poiché sapeva che non aveva senso farlo. Tuttavia,<br />

non poté fare a meno <strong>di</strong> continuare a domandarsi se non avrebbe fatto meglio<br />

a provarci.<br />

Ra<strong>di</strong>ci<br />

Il viaggio <strong>di</strong> Willow da Sterling Silver fu un viaggio relativamente tranquillo<br />

e privo <strong>di</strong> particolari avvenimenti. Partì coperta dall'oscurità, scivolando<br />

fuori dal castello senza essere vista né sentita. Le guar<strong>di</strong>e notturne<br />

forse percepirono qualcosa a livello superficiale, ma <strong>di</strong>menticarono subito.<br />

Le ex fate mantenevano ancora quanto bastava delle loro vecchie usanze<br />

da poter scomparire come ombra alla luce. Willow <strong>di</strong>scese per una scalinata<br />

sul retro del castello, attraversò le sale deserte, lambì le mura adombrate<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi cortili interni, quin<strong>di</strong> uscì dal portone centrale, che in tempo <strong>di</strong><br />

pace veniva tenuto costantemente sollevato per dare il benvenuto a viaggiatori<br />

notturni e a supplicanti, che lì sapevano <strong>di</strong> trovare un rifugio sicuro<br />

e amichevole. Astenendosi dall'usare la barca, attraversò invece il ponte


sopra il fossato del castello, un ponte costruito da Ben quando era stata<br />

reinstaurata la monarchia e i viaggiatori avevano ripreso a fare visita alla<br />

sede del potere. Attese un momento in cui le più luminose fra le lune erano<br />

adombrate dalle nubi e le guar<strong>di</strong>e erano voltate dalla parte opposta e stavano<br />

parlando <strong>di</strong> cose che non avevano nulla a che vedere con i compiti a loro<br />

assegnati, quin<strong>di</strong> scomparve nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio.<br />

Non svegliò Ben prima <strong>di</strong> andarsene. Rimase per un certo tempo a scrutarlo<br />

nell'oscurità, osservandolo mentre dormiva, pensando a quanto lo<br />

amava. Non voleva che altre parole dure si frapponessero fra loro, quin<strong>di</strong><br />

era molto meglio che partisse a quel modo. Lui l'amava con tutto il cuore,<br />

ma rimaneva sempre il prodotto <strong>di</strong> un mondo che non sapeva accettare l'esistenza<br />

degli esseri fatati, tanto che lui stesso stava ancora imparando a<br />

credere nella loro esistenza. Era per questo che non gli aveva detto tutto.<br />

Era per questo che non aveva potuto farlo.<br />

Camminò per il resto della notte e per tutto il giorno seguente, facendosi<br />

strada attraverso sentieri poco battuti, senza affrettarsi, cercando <strong>di</strong> rimanere<br />

inosservata. Vide molti conta<strong>di</strong>ni nei loro campi, che aravano e piantavano<br />

il secondo raccolto della stagione o che raccoglievano il primo. Osservò<br />

i ven<strong>di</strong>tori noma<strong>di</strong> e gli ambulanti che andavano e venivano dalle varie<br />

comunità del sud e dell'est. Vide anche viaggiatori provenienti dalla ex<br />

terra fatata e dalle colline occidentali dove vagavano i cacciatori. Vide famiglie<br />

intere che si spostavano su carri caricati con tutto ciò che possedevano<br />

<strong>di</strong>rette verso le loro nuove case. Ovunque vi era attività, il movimento<br />

e l'energia della stagione calda che facilitava la messa in pratica dei progetti<br />

fatti durante la stagione fredda. Tutto ciò la portò a sorridere. Seguì il<br />

morbido fluire delle colline boscose, un piccolo essere in movimento in<br />

mezzo a un vasto mare verde che ondulava con il venticello dell'ovest <strong>di</strong><br />

mezza estate come un vero e proprio oceano, stagliato davanti all'orizzonte.<br />

Mangiò e bevve dalle Bonnie Blu, la fonte più abbondante <strong>di</strong> cibo e acqua<br />

<strong>di</strong> tutta Landover, e cantò dolcemente per se stessa quando non c'era<br />

nessuno a sentirla a parte uccellini e piccoli animali.<br />

Rifletté anche. Soppesò l'importanza <strong>di</strong> quel suo atto, sapendo il <strong>di</strong>spiacere<br />

che avrebbe causato a Ben, consapevole delle preoccupazioni alle<br />

quali avrebbe dato origine. Solo che la sua causa nasceva da una necessità<br />

primaria, e non vi era spazio per <strong>di</strong>scutere su ciò che andava fatto. Doveva<br />

avere quel figlio nel modo in cui la natura comandava, e lo schema della<br />

crescita era stato stabilito molto tempo prima, in un'epoca in cui gli umani<br />

non esistevano nemmeno. In ogni caso, la nascita della gente fatata era as-


sai più complessa <strong>di</strong> quella degli umani, specifica e <strong>di</strong>versa in ogni sua fase<br />

a seconda delle caratteristiche fisiche della creatura in questione e del<br />

patrimonio genetico da cui proveniva. Avrebbe potuto <strong>di</strong>scuterne con Ben<br />

in precedenza, in un momento in cui la nascita del figlio non era un fattore<br />

tanto vicino e vi era ancora tempo a <strong>di</strong>sposizione per l'accettazione <strong>di</strong> tutto<br />

ciò, ma così non era stato e ora non c'era più tempo, e in più lei conosceva<br />

Ben abbastanza bene da sapere che la sua reazione a ciò che gli avrebbe<br />

detto sarebbe stata almeno tanto dannosa quanto utile. Pur essendo il Re <strong>di</strong><br />

Landover, per molti aspetti rimaneva sempre un uomo proveniente da un<br />

altro mondo, un uomo che doveva lottare costantemente per accettare ciò<br />

che per lui appariva strano e inusuale. Nel suo caso in particolare era piuttosto<br />

<strong>di</strong>fficile, poiché lui l'amava, si era compromesso nei suoi confronti e<br />

voleva assolutamente sentirsi a suo agio con ciò che lei era. Lei questo lo<br />

sapeva bene, e faceva tutto quel che poteva per rendere più agevole la transizione<br />

che suo marito stava tuttora vivendo.<br />

Alla fin fine, era stato il sogno della Madre Terra a deciderla. Più che <strong>di</strong><br />

un sogno si era trattato <strong>di</strong> una visione, e più che <strong>di</strong> una visione si era trattato<br />

<strong>di</strong> una sensazione dell'essere. La gente fatata si parlava spesso a quel<br />

modo, visitandosi nel sonno per dare consigli o avvertimenti, parlando da<br />

luoghi <strong>di</strong>stanti, viaggiando in groppa ai venti più rapi<strong>di</strong> per poter raggiungere<br />

l'ascoltatore, apparendo come un sussurro nel silenzio o come una debole<br />

luce nell'oscurità. A volte Willow parlava con sua madre a quel modo;<br />

sua madre era una ninfa dei boschi talmente selvaggia da essere in grado<br />

<strong>di</strong> non farsi raggiungere da nessuno, se così desiderava. Era una creatura<br />

alla quale non riuscivano a stare <strong>di</strong>etro nemmeno le ex fate. Willow era<br />

uscita dalla sua vecchia vita quando aveva iniziato a costruirsene una nuova<br />

con Ben, ma <strong>di</strong> tanto in tanto la sua vecchia vita rispuntava fuori in un<br />

modo o nell'altro, come era avvenuto ultimamente con la venuta della Madre<br />

Terra.<br />

La Madre Terra era un elemento fondamentale, il più potente <strong>di</strong> tutta<br />

Landover, una creatura dotata <strong>di</strong> grande potere magico. Aveva la stessa età<br />

della terra stessa e incorporava il suo spirito. Alcuni erano convinti del fatto<br />

che fosse lei la creatrice <strong>di</strong> tutta la terra, ma Willow invece la trovava<br />

troppo fondamentale dal punto <strong>di</strong> vista etico e troppo coinvolta nel suo lavoro<br />

per essere qualcosa <strong>di</strong> così elevato. Ciò nonostante, era una creatura<br />

alla quale valeva la pena <strong>di</strong> dare ascolto. Ben e Willow si erano recati da<br />

lei entrambi nel corso della loro ricerca dell'unicorno nero e lei aveva detto<br />

loro quanto fossero importanti per lei e quanto fosse speciale il loro futuro


figlio. Solo che da allora non erano mai state fornite ulteriori spiegazioni, e<br />

<strong>di</strong> conseguenza sia lei sia Ben si erano praticamente <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong> tutta la<br />

faccenda. Da allora, Willow non aveva mai più sentito notizie della Madre<br />

Terra.<br />

Eppure ora era stata chiamata, improvvisamente, inaspettatamente, in<br />

sogno. La Madre Terra era venuta da lei ben due volte, chiamandola alla<br />

Regione dei Fiumi, a Elderew, alla ex terra fatata dove apparivano più frequentemente<br />

gli elementi fondamentali. L'appello era stato talmente urgente<br />

e in<strong>di</strong>scutibile da portare Willow a congedarsi da Ben senza una spiegazione<br />

completa. Più che le parole stesse della Madre Terra, era stato il suo<br />

tono a convincere la silfide a mettere da parte i suoi dubbi e ad agire imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Quella notte si accampò sulle sponde dell'Irrylyn, nei pressi della piccola<br />

baia dove aveva conosciuto Ben e dove si era resa conto alla maniera delle<br />

fate che erano fatti l'uno per l'altra. Mangiò qualcosa pur non avendo appetito,<br />

pensando al nutrimento <strong>di</strong> suo figlio. Dopo<strong>di</strong>ché si liberò dei suoi abiti<br />

ed entrò nelle acque dell'Irrylyn. Il lago era tiepido e gradevole e l'abbracciò<br />

con dolcezza. Willow galleggiò sulle sue acque nel silenzio della notte,<br />

i cieli sopra la sua testa limpi<strong>di</strong> e screziati dalla luce delle lune e delle stelle<br />

argentate. Lì si abbandonò ai suoi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ben, lasciando che l'avviluppassero.<br />

Riusciva ancora a percepire l'emozione che aveva provato la<br />

prima volta che lo aveva visto. Sentiva ancora perfettamente la certezza<br />

del loro amore. Erano stati scelti l'uno per l'altra, e sarebbero rimasti assieme<br />

fino alla morte. Grazie al dono (o alla male<strong>di</strong>zione) della gente fatata,<br />

aveva colto uno scorcio del loro futuro, e aveva saputo con certezza che<br />

le loro vite sarebbero cambiate in maniera irrevocabile.<br />

E la vita aveva provato la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> quella pre<strong>di</strong>zione. Ben aveva rinunciato<br />

alla sua vecchia vita, deciso più che mai a rimanere su Landover,<br />

convinto da molti fattori, nessuno dei quali però era più forte del suo amore<br />

per Willow. Era rimasto in veste <strong>di</strong> re ed era <strong>di</strong>ventato un regnante forte<br />

e lungimirante. Nonostante i suoi dubbi e le sue paure nei confronti della<br />

grande responsabilità che implicava l'essere re, fino a quel momento aveva<br />

adempiuto a tutti i suoi doveri in maniera egregia e responsabile. La maggior<br />

parte della gente lo considerava un regnante giusto ed efficace. Erano<br />

in pochi coloro che ancora avanzavano dei dubbi nei suoi confronti, e per<br />

la maggior parte si trattava <strong>di</strong> potenziali rivali che desideravano guadagnarsi<br />

una fetta del potere magico del regno. Suo padre era uno <strong>di</strong> questi,<br />

leader delle ex fate e dotato anch'egli <strong>di</strong> un notevole potere magico. Il Si-


gnore dei Fiumi avrebbe preferito un regno in cui era solo lui a controllare<br />

la magia, ma non era certo uno sciocco e si rendeva conto dei benefici che<br />

Ben Holiday aveva apportato da quando era re la sua forza stabilizzante, il<br />

suo modo <strong>di</strong> giostrare con i <strong>di</strong>versi interessi e la sua decisione come leader,<br />

e pur <strong>di</strong>ffidando <strong>di</strong> Ben per molte cose in quanto si trattava <strong>di</strong> un essere<br />

proveniente da un altro mondo, come uomo lo rispettava appieno.<br />

In quanto figlia del Signore dei Fiumi, Willow aveva trascorso un'infanzia<br />

piuttosto agitata nella regione dei laghi; figlia <strong>di</strong> un'unione durata una<br />

sola notte, ricordo costante per lo spirito delle acque della donna che aveva<br />

amato e che non era stato in grado <strong>di</strong> trattenere al suo fianco. Willow infatti<br />

era nata in seguito a un accoppiamento frettoloso e in seguito era stata<br />

abbandonata dalla madre alle cure del padre, poiché la madre era troppo<br />

selvaggia per legarsi a chicchessia, persino a sua figlia. In quanto al padre,<br />

questi aveva fatto il necessario e nulla più; aveva molti figli, e amava la<br />

maggior parte <strong>di</strong> questi ben più <strong>di</strong> lei. L'arrivo <strong>di</strong> Ben le aveva aperto quella<br />

porta nella vita che aspettava da lungo tempo, e Willow non aveva esitato<br />

nemmeno un istante ad attraversarla. Lui, dapprincipio, aveva nutrito<br />

dei dubbi sul fatto che fossero fatti l'uno per l'altra e anche sul loro amore,<br />

ma lei ne era stata sicura fin dal principio grazie all'immutabile profezia<br />

della loro unione. Ciò che le era stato promesso nel momento della sua nascita<br />

era avvenuto, e ora vi sarebbe stato anche un figlio.<br />

Uscì dalle acque dell'Irrylyn e rimase in pie<strong>di</strong> sulla sponda, la sua pelle<br />

verde e vellutata che si asciugava nell'aria fresca della notte. Non era stata<br />

del tutto sincera con Ben. Sarebbe andata sì da sua madre affinché questa<br />

danzasse per lei, ma poi si sarebbe spostata rapidamente da lì. Non sarebbe<br />

andata a fare visita a suo padre, poiché da lui non si aspettava nessuna assistenza<br />

nella nascita <strong>di</strong> suo figlio. Forse avrebbe desiderato il contrario,<br />

ma in cuor suo sapeva che non poteva offrirle granché. Più che ogni altra<br />

cosa, era tornata alla regione dei laghi per vedere la Madre Terra. Solo la<br />

Madre Terra poteva fornirle dei consigli utili, e <strong>di</strong> questo ne era certa, poiché<br />

era stato proprio questo il messaggio che le era stato sussurrato in sogno.<br />

Sarebbe andata là e avrebbe ascoltato ciò che aveva da <strong>di</strong>rle, dopo<strong>di</strong>ché<br />

avrebbe avuto suo figlio in solitu<strong>di</strong>ne.<br />

Quella notte dormì un sonno lungo e profondo, in<strong>di</strong>sturbato da sogni, e<br />

quando si risvegliò trovò il cucciolo del fango che la guardava.<br />

«Ciao, piccolino» lo salutò con tono dolce, sollevandosi sulle ginocchia.<br />

Il cucciolo del fango la osservò con occhioni gran<strong>di</strong> e tristi. Era un essere<br />

basso e lungo con un muso simile a quello <strong>di</strong> un castoro, con gran<strong>di</strong> o-


ecchie pendenti e una coda da lucertola. Aveva le gambe larghe e storte e<br />

i pie<strong>di</strong> palmati e il corpo era screziato <strong>di</strong> varie tonalità <strong>di</strong> marrone, come<br />

schizzato <strong>di</strong> fango. I cuccioli del fango erano animali piuttosto rari su Landover,<br />

essendo anch'essi esseri fatati, e si <strong>di</strong>ceva anche che possedessero<br />

una loro forma <strong>di</strong> magia, sebbene Willow non l'avesse mai vista all'opera.<br />

Riconobbe quel cucciolo in particolare dalla sua infanzia. Si chiamava<br />

Haltwhistle, e serviva la Madre Terra.<br />

«Buon vecchio Haltwhistle» mormorò sorridendo, e il cuccio lo agitò la<br />

coda in ringraziamento.<br />

Si sentiva spinta ad accarezzarlo, ma la Madre Terra l'aveva avvertita<br />

molto tempo prima <strong>di</strong> non toccare mai un cucciolo del fango. Non le era<br />

stata offerta alcuna spiegazione per questo avvertimento, ma Willow aveva<br />

imparato presto a fidarsi ciecamente <strong>di</strong> tutto ciò che <strong>di</strong>ceva la Madre Terra.<br />

Aveva conosciuto quell'elemento fondamentale fin dai giorni della sua infanzia,<br />

quando cresceva nella regione dei laghi. La Madre Terra era venuta<br />

da lei la prima volta quando era molto piccola, spuntando dal suolo stesso<br />

mentre giocava, un'apparizione inaspettata che era risultata più curiosa che<br />

spaventosa per la piccola Willow. In seguito le era stato detto che la Madre<br />

Terra era venuta da lei perché lei era speciale. La Madre Terra le avrebbe<br />

insegnato cose che nessun altro sapeva, e sarebbero rimaste amiche per<br />

sempre. Willow aveva accettato tutto questo nella maniera dei bambini,<br />

con gli occhi sgranati ma niente affatto incredula, poiché quando si è bambini<br />

tutto è possibile. Aveva trovato la Madre Terra un personaggio strano<br />

e meraviglioso, una creatura spirituale più che un essere umano o un'ex fata,<br />

ma nonostante questo la loro amicizia era stata naturale e gradevole fin<br />

dall'inizio. Lei non era altro che una fra i tanti bambini che abitavano la<br />

casa del Signore dei Fiumi; nessuno si curava più <strong>di</strong> tanto <strong>di</strong> lei e allo stesso<br />

modo nessuno si aspettava mai un granché da lei. Willow era una bambina<br />

solitaria, e la Madre Terra aveva contribuito a colmare il vuoto creato<br />

dall'assenza della madre. Man mano che cresceva, la Madre Terra le forniva<br />

i suoi consigli, venendo da lei sempre meno spesso man mano che <strong>di</strong>ventava<br />

più sicura <strong>di</strong> se stessa e la sua vita si riempiva <strong>di</strong> altre cose. Da<br />

quando si era messa con Ben, l'aveva vista una sola volta, appunto nell'occasione<br />

della ricerca dell'unicorno nero.<br />

Ma ora era stata chiamata, e Haltwhistle era stato mandato per condurla<br />

al luogo in cui la Madre Terra la stava aspettando.<br />

Si alzò, si lavò, mangiò qualcosa, quin<strong>di</strong> riprese il cammino con il cucciolo<br />

del fango davanti che faceva strada. La giornata era tiepida e soleg-


giata e la regione dei laghi profumava <strong>di</strong> erba e <strong>di</strong> fiori selvatici. Mentre<br />

camminavano, le acque dei fiumi e dei laghi scintillavano negli spazi fra<br />

gli alberi e le gru e gli aironi sfrecciavano sul pelo dell'acqua con i loro<br />

corpi bianchi e sinuosi. Camminarono per tutta la mattinata, e verso mezzogiorno<br />

si stavano avvicinando a Elderew. A quel punto Haltwhistle si <strong>di</strong>resse<br />

verso sinistra, allontanandosi dalla città del Signore dei Fiumi e dalla<br />

sua gente, entrando in un tratto <strong>di</strong> foresta fitto <strong>di</strong> antichi alberi secolari.<br />

Rampicanti e muschi si aggrappavano alle cortecce formando strisce e<br />

macchie <strong>di</strong> un verde brillante. Gli insetti volavano qua e là, uccelli dai colori<br />

vivaci danzavano fra le fronde e piccoli animali dal volto peloso apparivano<br />

e scomparivano nel nulla nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio. Granelli <strong>di</strong><br />

polvere aleggiavano nei raggi del sole filtrati dagli alberi muovendosi pigramente.<br />

Avvicinandosi al rifugio della Madre Terra, Willow si ritrovò a domandarsi,<br />

come le capitava <strong>di</strong> tanto in tanto, quale fosse il reale interesse che<br />

aveva l'elementale nei suoi confronti. Felice com'era per la sua amicizia e<br />

la sua particolare attenzione, da bambina non le era mai venuto in mente <strong>di</strong><br />

chiederglielo. Crescendo poi, aveva semplicemente accettato le parole della<br />

Madre Terra secondo le quali il destino aveva in serbo per lei un ruolo<br />

molto importante, e non aveva mai indagato ulteriormente su questo fatto.<br />

Era risaputo che gli elementali possedessero questa abilità <strong>di</strong> leggere nel<br />

futuro, quin<strong>di</strong> Willow non aveva mai dubitato nemmeno per un istante che<br />

la Madre Terra potesse sapere delle cose che ancora dovevano avvenire,<br />

cose che lei non poteva sapere. Ciò nonostante, era abbastanza strano sapere<br />

che qualcun altro conosceva il tuo destino e non era <strong>di</strong>sposto a rivelarlo<br />

nei particolari. Già in <strong>di</strong>verse occasioni aveva pensato <strong>di</strong> chiederle qualcosa<br />

in più sul suo futuro, ma alla fin fine non aveva mai trovato il coraggio<br />

<strong>di</strong> chiederglielo. Forse era per via della soggezione che provava nei confronti<br />

della padrona <strong>di</strong> tutta la terra <strong>di</strong> Landover. O forse vi era una parte <strong>di</strong><br />

lei che non desiderava conoscere il proprio futuro, in nessun campo.<br />

Ora però, con la nascita imminente <strong>di</strong> suo figlio, sentiva l'esigenza <strong>di</strong> saperne<br />

<strong>di</strong> più. Decise che questa volta non si sarebbe lasciata intimorire dalla<br />

reverenza che provava nei confronti della Madre Terra.<br />

Haltwhistle la condusse attraverso una foresta sempre più fitta, allontanandosi<br />

dalle radure baciate dal sole per penetrare sempre più fra le ombre,<br />

giungendo infine là dove il silenzio era completo e ininterrotto dal suono<br />

<strong>di</strong> qualsiasi forma <strong>di</strong> vita. Il cucciolo del fango si fermò ai margini <strong>di</strong> uno<br />

spiazzo vuoto piuttosto ampio nel quale si erano radunate le acque sta-


gnanti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi fiumiciattoli del circondario, una superficie nera e immobile<br />

che rifletteva il fogliame degli antichi alberi che ricoprivano ogni cosa.<br />

Il cucciolo del fango la guardò un'ultima volta con il suo sguardo triste,<br />

quin<strong>di</strong> scomparve fra gli alberi. Willow attese nel silenzio.<br />

Poco dopo le acque dello stagno si incresparono e la Madre Terra si sollevò<br />

dalle acque, prendendo forma dal fango lucido e sollevandosi imponente<br />

nel silenzio delle ombre.<br />

«Benvenuta Willow» l'accolse. «Va tutto bene, figliola?»<br />

«Tutto bene, Madre Terra» rispose Willow. «E voi?»<br />

«Immutabile. La terra è stabile e in salute da quando regna Ben Holiday.<br />

Il mio lavoro risulta molto più semplice.» Fece un gesto appena accennato<br />

con la mano e le acque si accesero <strong>di</strong> una debole luminosità. «La tua vita<br />

con lui procede bene, il vostro amore perdura?»<br />

«Certamente, Madre Terra.»<br />

«Sono molto felice <strong>di</strong> sentirti <strong>di</strong>re questo. Ora con<strong>di</strong>viderete un figlio, ed<br />

è proprio per questo motivo che ti ho chiamata a me. Vi sono alcune cose<br />

che devi sapere, e sono cose che non possono essere dette attraverso i sogni.<br />

Sei venuta sola, quin<strong>di</strong>? Senza il tuo Re?»<br />

«Ho pensato che fosse meglio così.» Lo sguardo <strong>di</strong> Willow si scostò<br />

momentaneamente. «Egli non accetta facilmente ciò che trova strano.»<br />

«Non gli hai raccontato dei particolari della tua gravidanza? Dei cicli<br />

della vita e dei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> crescita e dei mo<strong>di</strong> delle ex fate?»<br />

Willow emise un sospiro. «A quanto pare, non riesco a trovare un modo<br />

per <strong>di</strong>rglielo. Avevo intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli tutto, ma quando è arrivato il vostro<br />

sogno ho pensato che fosse meglio aspettare.»<br />

La Madre Terra annuì. «Forse hai ragione.» Il suo volto era giovanile e<br />

vivo, una sorpresa costante se si considerava che aveva la stessa età della<br />

terra stessa. «Glielo <strong>di</strong>rai al momento che riterrai opportuno. Per ora, è<br />

meglio che ci concentriamo sulla nascita. Lo sai che il momento si avvicina?»<br />

«Lo sento, Madre Terra. Il piccolo già si agita dentro <strong>di</strong> me, ansioso <strong>di</strong><br />

nascere. Avverrà molto presto.» Ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Per gli umani<br />

è molto <strong>di</strong>verso. Ben si aspetta che nostro figlio cresca dentro <strong>di</strong> me<br />

per mesi, come fanno quelli delle donne del suo mondo. Non gli è stato<br />

detto nulla, ma me ne rendo conto da come si comporta. Egli è convinto<br />

che il piccolo, essendo suo, sarà come lui. Solo che io già percepisco che<br />

non sarà affatto come lui, e non so proprio come <strong>di</strong>rglielo.» Con sua stessa


sorpresa, Willow si trovò improvvisamente in lacrime. «Cosa succederà se<br />

non accetterà questo figlio? Se lo troverà ripugnante?»<br />

Il sorriso della Madre Terra era pieno <strong>di</strong> dolcezza. «No, Willow, questo<br />

non accadrà. Questo figlio appartiene a voi due ed è stato concepito dall'amore<br />

che con<strong>di</strong>videte. La sua de<strong>di</strong>zione nei tuoi confronti, e ora anche<br />

nei confronti del piccolo, è assoluta. Non lo troverà affatto ripugnante. Né<br />

lo sarà. Sarà un bambino splen<strong>di</strong>do.»<br />

Gli occhi <strong>di</strong> Willow si illuminarono. «E una promessa, Madre Terra? Lo<br />

avete letto nel futuro?»<br />

La Madre Terra passò le mani davanti al volto <strong>di</strong> Willow e la domanda<br />

cadde nel nulla, <strong>di</strong>menticata. «Ora parleremo <strong>di</strong> ciò che dovrai fare per<br />

prepararti alla nascita del piccolo, Willow. Le con<strong>di</strong>zioni non saranno esattamente<br />

come immagini. Quando tuo figlio nascerà, non sarai in forma<br />

umana. La nascita avverrà nel corso del tuo ciclo <strong>di</strong> trasformazione in forma<br />

spirituale.»<br />

«Così vuole il mio nome» <strong>di</strong>sse Willow. «Avevo già percepito che sarebbe<br />

avvenuto in quel periodo. Ed è proprio questo uno dei motivi per i<br />

quali esitavo a parlarne con Ben. Non credo che sia in grado <strong>di</strong> concepire<br />

una cosa simile.»<br />

«Non preoccuparti ulteriormente per Ben Holiday, figliola. La cosa su<br />

cui devi concentrarti ora sono le con<strong>di</strong>zioni del tuo parto. Ascoltami attentamente.<br />

Quando metterai le ra<strong>di</strong>ci per dar vita a tuo figlio, dovrai farlo in<br />

tre terre provenienti da tre mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi. Le terre dovranno provenire da<br />

Landover, dalla Terra e dalle nebbie fatate. La terra riflette l'ere<strong>di</strong>tà del<br />

piccolo, che proviene da una mi stura <strong>di</strong> sangue. Questo figlio è un prodotto<br />

<strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, nato dall'unione fra un umano e una ex fata.<br />

Non è una circostanza che accada molto spesso. Si tratta <strong>di</strong> un'occasione<br />

molto rara e speciale.»<br />

La Madre Terra fece una pausa con una mano sollevata in un gesto strano<br />

e irresistibile. «Le terre dovranno essere raccolte da te, Willow, e da<br />

nessun altro. Dovrai raccoglierle, mischiarle fra loro e dovrai mettervi ra<strong>di</strong>ce<br />

quando sarà il momento del parto. Le terre dovranno provenire da<br />

luoghi speciali <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, poiché dovranno riflettere il<br />

carattere del mondo dal quale provengono, combinando il meglio e il peggio<br />

delle creature che vi <strong>di</strong>morano. In tuo figlio vi è una piccola parte <strong>di</strong><br />

ciascuno <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong>, qualcosa <strong>di</strong> Landover, qualcosa della Terra e<br />

qualcosa delle nebbie fatate. Se il figlio dovrà nascere forte e in salute, se<br />

vuole assicurarsi saggezza e intelligenza, se dovrà scegliere fra i semi del


ene e del male che esistono in ogni creatura vivente, al suo interno dovrà<br />

esserci un equilibrio <strong>di</strong> possibilità inerenti al caso. Le terre offrono quell'equilibrio.<br />

Offrono la magia che lo sosterrà e garantirà il suo benessere.»<br />

«Magia fatata, Madre Terra?» domandò Willow con tono dubbioso.<br />

«Come qualunque altra. La <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> questo figlio è lunga e complessa,<br />

Willow. Risale ai tempi in cui la gente della Regione dei Fiumi faceva<br />

parte del mondo fatato. Tu hai entrambi i sangui dentro <strong>di</strong> te, e così<br />

dovrà essere anche per tuo figlio.»<br />

Il volto <strong>di</strong> Willow era contratto e spaventato. «Ma dovrò recarmi su questi<br />

mon<strong>di</strong> per impossessarmi delle terre, Madre Terra? Io non posso fare<br />

questo. Non posso entrare nelle nebbie fatate, e tantomeno posso recarmi<br />

sul mondo <strong>di</strong> Ben, a meno che non mi ci porti lui. Sarà necessario utilizzare<br />

il medaglione che egli porta in quanto Re, quin<strong>di</strong> alla fin fine dovrò portarmelo<br />

<strong>di</strong>etro.»<br />

«No, Willow, lui non potrà accompagnarti in questo viaggio. Sono parole<br />

tue, ricor<strong>di</strong>?» Il volto dell'elemento fondamentale era contemporaneamente<br />

gentile e triste e duro e certo, un miscuglio <strong>di</strong> emozioni talmente<br />

strano che Willow fu portata a fare un passo in<strong>di</strong>etro. «Ora ascoltami bene.<br />

Ascolta tutto ciò che ti <strong>di</strong>rò. L'impresa non sarà facile, ma verrai assistita.<br />

Vi sono delle forze all'opera che nemmeno io comprendo, ma una cosa è<br />

sicura. Tuo figlio deve avere le terre <strong>di</strong> cui ti ho parlato. Dovrai raccoglierle,<br />

mischiarle e mettervi ra<strong>di</strong>ce. Tu sola. Non dovrai farti scoraggiare dalla<br />

tua paura. Dovrai essere coraggiosa. Dovrai crederci. La vita <strong>di</strong> tuo figlio<br />

<strong>di</strong>pende da ciò.»<br />

Willow era sbiancata, sopraffatta dall'enormità dell'impresa che doveva<br />

affrontare. Se Ben non poteva aiutarla, chi avrebbe mai potuto?<br />

«Inizierai dai vecchi pini dove vai a vedere danzare tua madre» sussurrò<br />

la Madre Terra nell'immobilità della sua piccola radura, la sua voce come<br />

un'increspatura sulle acque torbide dalle quali era spuntata. «Farò in modo<br />

che tu giunga là senza problemi. La prima terra verrà dalla regione dei laghi,<br />

dove in un solo granello si può trovare il meglio e il peggio <strong>di</strong> Landover.<br />

Pren<strong>di</strong> un piccolo sacco <strong>di</strong> terra dalla radura dove tua madre danza per<br />

te. Quando avrai finito, ti verrà incontro qualcuno che ti guiderà fino al<br />

mondo <strong>di</strong> Ben.»<br />

«Chi incontrerò, Madre Terra?» domandò Willow a bassa voce. «Chi sarà?»<br />

«Non mi è ancora stato concesso <strong>di</strong> saperlo» venne la risposta. «Solo<br />

questo so. La tua guida verrà dagli esseri fatati, che hanno a loro volta inte-


esse nel benessere e nella sicurezza della nascita <strong>di</strong> tuo figlio. Li ho visitati<br />

in sogno e ho scoperto che è così. Questo figlio del Re e della Regina <strong>di</strong><br />

Landover, questo piccolo nato da un umano e da una fata, è molto importante<br />

anche per loro, quin<strong>di</strong> faranno <strong>di</strong> tutto per cercare <strong>di</strong> proteggerlo. Sono<br />

certa quin<strong>di</strong> che provvederanno a un'ottima guida, una, la cui magia ti<br />

permetterà <strong>di</strong> transitare senza problemi fino al mondo <strong>di</strong> Ben Holiday e <strong>di</strong><br />

tornare nel mondo fatato altrettanto facilmente. La tua guida saprà anche<br />

dove portarti per trovare le terre <strong>di</strong> cui hai bisogno.»<br />

"Ma fai attenzione, figliola" aggiunse subito, la sua voce nuovamente<br />

cupa <strong>di</strong> premonizione. "Gli esseri fatati nascondono segreti in ogni loro<br />

gesto, e, con loro, nulla è realmente come appare. Avranno senz'altro dei<br />

motivi in più, dei motivi nascosti per fornirti assistenza. Non accettare nulla<br />

<strong>di</strong> ciò che ti <strong>di</strong>ranno senza metterla in dubbio. Non pensare <strong>di</strong> conoscere<br />

tutta la verità, e stai sempre attenta. Loro ti daranno l'assistenza che hanno<br />

promesso, e su questo non ci possono essere dubbi. Faranno in modo che il<br />

figlio nasca nel migliore dei mo<strong>di</strong>, e anche su questo non ci piove. Tuttavia,<br />

per quanto riguarda il resto, non vi è alcuna certezza, quin<strong>di</strong> ti consiglio<br />

<strong>di</strong> comportarti in maniera molto cauta, qualsiasi cosa tu faccia."<br />

«Non puoi <strong>di</strong>rmi nulla <strong>di</strong> più?»<br />

«Ti ho già detto tutto.»<br />

«Vi sono troppe incertezze in questo viaggio, Madre Terra» sussurrò la<br />

silfide. «Ho paura.»<br />

La Madre Terra sospirò, producendo il suono del vento che passa fra gli<br />

alberi la sera. «Anch'io ho paura per te, figliola.»<br />

«Devo andare, quin<strong>di</strong>?»<br />

«Se desideri che tuo figlio nasca, sì.»<br />

Willow annuì con fare rassegnato. «Lo voglio.» Rivolse lo sguardo verso<br />

gli alberi, come per vedere qualcosa che le era stato nascosto. «Quanto<br />

tempo ho a <strong>di</strong>sposizione per questo viaggio?»<br />

«Non lo so.»<br />

«Il piccolo, allora. Quanto tempo manca alla sua nascita?»<br />

«Non mi è dato <strong>di</strong> sapere nemmeno questo. Solo lui lo sa. Sarà il piccolo<br />

a decidere quando sarà giunta la sua ora. E a quell'ora tu dovrai essere<br />

pronta.»<br />

Un improvviso senso <strong>di</strong> angoscia strinse la gola <strong>di</strong> Willow. «Non riuscite<br />

a vedere almeno dove nascerà? Non potete <strong>di</strong>rmi nemmeno questo?»<br />

«Nemmeno questo» replicò la Madre Terra con tono triste. «Sarà tuo figlio<br />

stesso a decidere anche questo.»


Willow tentò <strong>di</strong> combattere la propria <strong>di</strong>sperazione. «A quanto pare mi<br />

rimane ben poco da scegliere. Ogni decisione è nelle mani <strong>di</strong> altri.» Non<br />

riuscì a trattenere l'amarezza dalla sua voce. «Io sono la madre <strong>di</strong> questo<br />

bambino. Sono io che lo porto dentro <strong>di</strong> me. Sono io che gli do la vita.<br />

Nonostante ciò, non ho praticamente nessuna influenza sulla modalità della<br />

sua nascita.»<br />

La Madre Terra non <strong>di</strong>sse nulla. Rimasero a fissarsi nella radura silenziosa<br />

mentre i raggi dell'ultimo sole filtravano attraverso gli alberi dal sud<br />

e le acque calme dello stagno riflettevano le loro immagini <strong>di</strong>storte come<br />

attraverso un vetro soffiato. Willow si ritrovò a domandarsi se la sua stessa<br />

nascita fosse stata tanto complicata, se fosse stata proprio la complessità<br />

del parto a convincere sua madre a lasciare suo padre e qualsiasi ulteriore<br />

responsabilità, rinunciando alla sofferenza <strong>di</strong> allevarla proprio per la grande<br />

pena che aveva sofferto per metterla al mondo. Ma naturalmente, non vi<br />

era modo per saperlo. Sua madre non le avrebbe mai detto la verità. Willow<br />

pensò anche al modo in cui aveva lasciato Ben, senza nemmeno svegliarlo<br />

per salutarlo, e se ne rammaricò. Riprese la sua postura. Be', nella<br />

vita venivano offerte ben poche seconde possibilità, quin<strong>di</strong> era inutile stare<br />

lì a rimuginare sulla loro scarsità.<br />

«Ad<strong>di</strong>o, Madre Terra» <strong>di</strong>sse, poiché non vi era altro da <strong>di</strong>re, non vi erano<br />

più parole da pronunciare. «Ricorderò ciò che mi avete detto.»<br />

«Ad<strong>di</strong>o, Willow. Mantieniti in forze, figliola. Andrà tutto bene.»<br />

Era più o meno esattamente la stessa frase che aveva detto lei a Ben.<br />

Andrà tutto bene. Quelle parole le apparvero come una presa in giro. Il<br />

sorriso <strong>di</strong> Willow era cinico e ironico. Si voltò e si incamminò verso il<br />

margine della radura.<br />

Quando si voltò per guardarsi alle spalle, la Madre Terra era già scomparsa.<br />

Stregati<br />

Quando Ben Holiday si svegliò quel mattino senza Willow al fianco,<br />

non si sentiva affatto un uomo felice. Naturalmente non era sorpreso più <strong>di</strong><br />

tanto nel non trovarla lì, dato che lo aveva avvertito precedentemente della<br />

partenza. Capiva persino il motivo per cui se ne era andata senza salutarlo;<br />

probabilmente lui avrebbe reagito male, proprio come lei si sarebbe aspettata.<br />

Nonostante ciò, Ben non era affatto felice. Non gli piaceva l'idea <strong>di</strong><br />

doversi separare da lei, nemmeno per il migliore dei motivi, e in questo ca-


so non era affatto certo che il motivo fosse proprio fra i migliori. Aveva<br />

ascoltato con pazienza la spiegazione <strong>di</strong> sua moglie e aveva cercato <strong>di</strong><br />

comportarsi in maniera giusta e comprensiva, ma a tuttora non riusciva a<br />

capirci niente. Perché se n'era andata da sola? Perché se n'era andata proprio<br />

adesso?<br />

E perché, nonostante gli sforzi che faceva per sopprimerla, permaneva in<br />

lui la sensazione che non gli avesse detto tutto?<br />

Avrebbe potuto rimanere seduto a rimuginare su questo fatto per tutto il<br />

giorno o anche per tutta la settimana, solo che, come al solito, nel suo sforzo<br />

continuo <strong>di</strong> essere un buon re, aveva programmato una giornata fittissima<br />

<strong>di</strong> impegni. Essere un buon re non era affatto facile quanto la gente<br />

poteva immaginare. Innanzitutto, a Landover vi era un grande scontro culturale<br />

in atto. Landover era un luogo in cui il sistema feudale (secondo le<br />

attentissime ricerche storiche <strong>di</strong> Abernathy) era rimasto in vigore per centinaia<br />

<strong>di</strong> anni, mentre Ben Holiday era un prodotto <strong>di</strong> quella che, nel suo<br />

mondo, veniva chiamata democrazia. Di conseguenza, quasi istintivamente,<br />

Ben si era trovato fin dal primo giorno della sua carica a tentare <strong>di</strong> sviluppare<br />

quel genere <strong>di</strong> governo che conosceva e nel quale credeva. L'avvocato<br />

che era in lui aveva insistito subito sulla legge e la giustizia come<br />

punti forti della sua politica, in modo da garantire una certa forma <strong>di</strong> giustizia<br />

alla gente, per la gente e dalla gente. Solo che non si poteva semplicemente<br />

arrivare in uno strano paese e rovesciare completamente il sistema<br />

politico in vigore. Una misura tanto drastica avrebbe condotto tanto inevitabilmente<br />

quanto rapidamente a uno stato <strong>di</strong> completa anarchia. Come<br />

amavano <strong>di</strong>re nella sua terra natia, bisognava lavorare all'interno del sistema.<br />

Così, Ben aveva dovuto accontentarsi fin dall'inizio <strong>di</strong> lavorare per instaurare<br />

una forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatura benevola (ancora adesso non gli piaceva affatto<br />

il suono della parola "<strong>di</strong>ttatura", ma rimaneva la migliore descrizione<br />

che avesse trovato). Naturalmente, l'enfasi andava messa sulla parola "benevola"<br />

e non sull'altra. Il trucco stava proprio nell'introdurre tutti i cambiamenti<br />

che voleva lui senza lasciare che la gente se ne rendesse troppo<br />

conto. La gente tendeva ad accettare i cambiamenti molto più volentieri se<br />

non si rendeva realmente conto <strong>di</strong> ciò che stava succedendo. Di conseguenza,<br />

Ben Holiday in veste <strong>di</strong> re era costretto quasi tutti i giorni a camminare<br />

su un filo sospeso. Ormai però, dopo due anni, era <strong>di</strong>ventato un equilibrista<br />

piuttosto abile.


Il processo era piuttosto complesso, e in realtà solo Questor e Abernathy<br />

capivano quel che stava succedendo. Ed essendo questi ultimi i più stretti<br />

collaboratori del Re (escludendo Willow, naturalmente), erano piuttosto<br />

restii a parlare in giro <strong>di</strong> quanto accadeva. Nella maggior parte dei casi sostenevano<br />

le idee <strong>di</strong> Ben, <strong>di</strong>scutendo solo a favore della cautela quando le<br />

sue proposte parevano loro troppo rivoluzionarie. Una volta che Ben era<br />

riuscito a stabilizzarsi come un re accettabile e dalla mentalità elastica, un<br />

uomo che non era facile scalzare dal trono, il passo successivo era stato<br />

quello <strong>di</strong> tentare <strong>di</strong> far raggiungere un accordo <strong>di</strong> qualche genere alle fazioni<br />

ostili fra loro all'interno del regno. Ciò significava ottenere almeno<br />

una sembianza <strong>di</strong> cooperazione fra popoli tanto <strong>di</strong>versi fra loro come potevano<br />

esserlo gli umani, le ex fate, i cobol<strong>di</strong> e i troll delle rocce (per non<br />

parlare delle molte comunità minori), popoli che fondamentalmente non<br />

volevano nemmeno sentire parlare gli uni degli altri. Ben era riuscito in<br />

quell'impresa attraverso una combinazione <strong>di</strong> minacce, promesse e piccoli<br />

inganni. Un re doveva essere anche una specie <strong>di</strong> mago (con tutto il rispetto<br />

per Questor Thews) e, a questo proposito, vi erano un sacco <strong>di</strong> cose da<br />

imparare sul lavoro. Di conseguenza, un atteggiamento duro da un lato poteva<br />

portare a un compromesso da un altro lato. Bisognava sapere quando<br />

era il caso <strong>di</strong> cedere e quando invece era meglio tenere duro.<br />

Fare l'avvocato, come amava spesso <strong>di</strong>re lo stesso Ben, era un ottimo allenamento<br />

per <strong>di</strong>ventare re.<br />

Era così quin<strong>di</strong> che andavano le cose nel regno <strong>di</strong> Ben Holiday, ultimo<br />

Re <strong>di</strong> Landover, un luogo sulla cui esistenza nessuna persona ragionevole<br />

che non vi fosse già stata avrebbe sottoscritto. Il Re aveva sempre l'ultima<br />

parola in tutte le questioni, in particolare per quanto riguardava le <strong>di</strong>spute<br />

fra i regnanti minori e i capi dei vari popoli del regno. Dato che Ben era finalmente<br />

riuscito a mettere assieme una solida base <strong>di</strong> sostegno in tutto il<br />

territorio, e dato anche il fatto che era spalleggiato dalla potenza armata<br />

del Pala<strong>di</strong>no, fino a quel momento pressoché nessuno si era messo in testa<br />

<strong>di</strong> usare la forza contro <strong>di</strong> lui. Dal canto suo, Ben doveva stare molto attento<br />

a non dare a nessuno dei capi minori l'impressione che il potere stesse<br />

sfuggendo loro <strong>di</strong> mano. Di conseguenza, doveva concedere loro alcune libertà,<br />

e permettere che governassero laddove era ragionevole e consigliabile<br />

che lo facessero. La magia speciale del Re subentrava quando si trattava<br />

<strong>di</strong> ottenere che governassero nel modo in cui voleva lui.<br />

Ben aveva stabilito fin dal principio una serie <strong>di</strong> comitati <strong>di</strong> consiglio<br />

(designati da lui stesso) il cui compito consisteva nella supervisione <strong>di</strong>


questioni basilari per un regno come la gestione delle risorse (terra, acqua,<br />

aria, magia... certo, in un regno magico!), i trasporti e il commercio (scambi<br />

<strong>di</strong> beni e trasporto degli stessi), l'economia (basata soprattutto sui baratti),<br />

le opere pubbliche (costruzione <strong>di</strong> strade, riparazione e gestione delle<br />

terre del Re), e la revisione giuri<strong>di</strong>ca (risoluzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spute civili e <strong>di</strong> violazioni<br />

criminose). Aveva designato dei funzionari amministrativi in ogni<br />

parte del regno per sopravvedere al corretto funzionamento <strong>di</strong> tutto ciò, i<br />

quali si recavano perio<strong>di</strong>camente a Sterling Silver per riferire sul funzionamento<br />

del processo e per <strong>di</strong>scutere come sviluppare al meglio le nuove<br />

leggi. Non era certo un sistema perfetto, ma, se non altro, bisognava dargli<br />

atto che stava contribuendo a insegnare ai molti e <strong>di</strong>versi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Landover<br />

(che se ne rendessero conto o meno) come si partecipa a un sistema<br />

governativo. Si trattava <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento che richiedeva un<br />

certo tempo, ma Ben aveva l'impressione <strong>di</strong> vederlo crescere da solo a vista<br />

d'occhio. Laddove una volta le genti <strong>di</strong> Greenward e della Regione dei<br />

Laghi non si guardavano nemmeno in faccia, ora lavoravano assieme per<br />

risolvere problemi comuni quali la conservazione e la protezione delle risorse<br />

acquifere e l'utilizzo efficace dei terreni destinati alla coltura. Aveva<br />

fatto in modo che con<strong>di</strong>videssero le loro conoscenze e riconsiderassero i<br />

loro pregiu<strong>di</strong>zi. Aveva fatto sì che si comportassero meglio <strong>di</strong> quanto non<br />

si fossero comportati in secoli e secoli.<br />

Per certi versi, era tutto molto primitivo rispetto al luogo da cui veniva,<br />

ma per altri versi era come iniziare da zero prima che subentrassero gli avvelenamenti<br />

tipici della sua precedente società. Ben era molto cauto<br />

nell'introduzione <strong>di</strong> nuove conoscenze dal suo mondo. Cercava <strong>di</strong> limitarsi<br />

alle cose basilari. Buone abitu<strong>di</strong>ni igieniche e tecniche moderne <strong>di</strong> coltivazione,<br />

per esempio. Si teneva invece ben lontano da cose che avrebbero<br />

potuto provocare cambiamenti drastici e possibili danni: infatti si era guardato<br />

bene dall'introdurre invenzioni della Rivoluzione Industriale o altre<br />

trovate terrestri come la polvere da sparo. Poi vi erano alcune cose che non<br />

avrebbe nemmeno saputo come introdurre, e questo <strong>di</strong> fatto limitava molto<br />

le sue possibilità <strong>di</strong> scelta. In fondo lui rimaneva pur sempre un avvocato,<br />

non un ingegnere, un chimico, un dottore o un costruttore. Ma forse, gli<br />

veniva da pensare <strong>di</strong> tanto in tanto, era meglio così.<br />

Fra l'altro, Landover aveva qualcosa che il suo mondo nemmeno si sognava,<br />

ed era molto importante ricordarsi <strong>di</strong> aggiungere anche questo fattore<br />

all'equazione finale. Landover aveva la magia. Magia vera e propria,<br />

del genere in grado <strong>di</strong> cambiare le cose almeno quanto l'invenzione dell'e-


lettricità. Landover era letteralmente infusa <strong>di</strong> magia e molti dei suoi citta<strong>di</strong>ni<br />

la praticavano in un modo o nell'altro; l'uso che ne facevano ovviava<br />

in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> all'esigenza <strong>di</strong> molte delle cose che la scienza era stata<br />

pressoché costretta a introdurre nel vecchio mondo <strong>di</strong> Ben. Insomma, non<br />

era tanto semplice come poteva apparire a prima vista categorizzare e definire<br />

i più e i meno, i pro e i contro, i beni e i mali del Regno <strong>di</strong> Landover.<br />

In ogni caso, gli impegni presi da Ben Holiday in quel primo giorno <strong>di</strong><br />

assenza della sua Willow servirono a <strong>di</strong>strarlo dalla sua preoccupazione e<br />

dalla sua incomprensione, tanto che fu solo dopo una cena a ora tarda,<br />

quando si fu ritirato in solitu<strong>di</strong>ne nella sua camera da letto, che tornò a<br />

confrontarsi con i suoi piccoli demoni personali. Rimase per lungo tempo<br />

in pie<strong>di</strong> sul balcone a scrutare il buio della notte cercando <strong>di</strong> decidere il<br />

modo in cui avrebbe dovuto affrontare la situazione. Naturalmente, avrebbe<br />

potuto andarle <strong>di</strong>etro. Probabilmente Bunion era in grado <strong>di</strong> rintracciarla<br />

nel giro <strong>di</strong> un attimo. Ma anche mentre prendeva in considerazione l'idea,<br />

seppe che non avrebbe mai fatto nulla <strong>di</strong> tanto contrario a ciò che Willow<br />

si aspettava da lui. Prese anche in considerazione l'uso del Landsview,<br />

quel meraviglioso strumento che gli permetteva <strong>di</strong> cercare e trovare qualsiasi<br />

cosa o persona che si trovasse su quel mondo senza mai uscire dal suo<br />

castello. Lo aveva già usato più <strong>di</strong> una volta per vedere che cosa stava accadendo<br />

in qualche luogo <strong>di</strong>stante. Si trattava <strong>di</strong> un'alternativa molto allettante,<br />

ma, alla fin fine, scartò anche quella. Non voleva mettersi a spiare. E<br />

se avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, qualcosa che lei<br />

preferiva tenergli nascosta? Quando si ama una persona come lui amava<br />

lei, non si fa ricorso allo spionaggio.<br />

Infine, decise <strong>di</strong> andarsene a letto e <strong>di</strong> rimanere sveglio gran parte della<br />

notte a pensarla.<br />

Il secondo giorno passò più o meno come il primo, solo che fu costretto<br />

a passare un periodo <strong>di</strong> tempo estremamente lungo con una delegazione <strong>di</strong><br />

troll della roccia per cercare <strong>di</strong> convincerli che poteva essere più conveniente<br />

per loro trasportare una parte dei loro minerali grezzi fuori della regione<br />

del Melchor, per venderli ad altri piuttosto che insistere nel fondere<br />

e forgiare il tutto esclusivamente nelle loro fornaci nel modo che piaceva a<br />

loro. Ciò lo costrinse a cenare tar<strong>di</strong>, il che naturalmente ritardò anche l'ora<br />

del riposo fino a dopo mezzanotte, cosicché quando finalmente riuscì a infilarsi<br />

sotto le lenzuola era talmente stanco che per poco non sprofondò nel<br />

sonno prima <strong>di</strong> infilare una mano sotto il cuscino e trovare un pezzettino <strong>di</strong><br />

carta ripiegato.


Si alzò subito a sedere. Pur non sapendo perché, fu imme<strong>di</strong>atamente certo<br />

dell'importanza <strong>di</strong> quel foglietto. Accese una delle luci da lettura con un<br />

semplice cenno della mano, poiché il castello era sempre sveglio, anche<br />

quando lui dormiva, e sempre sensibile ai suoi desideri. Portò il foglio <strong>di</strong><br />

carta sotto il piccolo cerchio <strong>di</strong> luce. Era piegato in quattro; lo spiegò con<br />

cura e lesse:<br />

Holiday,<br />

Se vuoi avere notizie su una magia invadente<br />

che sta minacciando Landover in una maniera<br />

che nemmeno io posso tollerare, fatti trovare fra<br />

due notti, alla vigilia della luna nuova, presso il<br />

Cuore. Vieni solo. Anch'io farò lo stesso. Ti garantisco<br />

la tua incolumità e un viaggio sicuro.<br />

Strabo.<br />

Ben fissò il messaggio. La sua mente prese a vorticare in maniera frenetica.<br />

Strabo il drago sa scrivere? Come ha fatto a consegnare quel messaggio?<br />

E poi il drago non sarebbe mai riuscito a entrare dalla finestra della<br />

camera da letto, o no?<br />

Si fermò un attimo e rifletté. Non era stato il drago a scrivere. E nemmeno<br />

a consegnare. Aveva fatto fare entrambe le cose da qualcun'altro. In<br />

qualche modo. Sempre ammesso che quella lettera fosse realmente in<strong>di</strong>rizzata<br />

a lui. O che non si trattasse <strong>di</strong> qualche trucco. Cosa abbastanza possibile.<br />

Strabo non gli aveva mai scritto prima <strong>di</strong> allora, e tantomeno aveva<br />

mai tentato <strong>di</strong> mettersi in contatto con lui. Strabo, l'ultimo drago <strong>di</strong> Landover,<br />

una creatura appartata, malinconica, intrattabile che viveva nelle terre<br />

abbandonate <strong>di</strong> Fire Springs nel profondo oriente, non voleva avere nulla a<br />

che fare con Ben Holiday. Tanto più che aveva manifestato in maniera<br />

piuttosto chiara in più <strong>di</strong> un'occasione che sarebbe stato molto felice se non<br />

avesse mai più rivisto il Re in vita sua.<br />

Allora che storia c'era <strong>di</strong>etro a quella lettera?<br />

Ben la lesse ancora due volte, cercando <strong>di</strong> raffigurarsi il drago che pronunciava<br />

quelle parole. In effetti, non era <strong>di</strong>fficile. Il tono sembrava proprio<br />

il suo. Eppure, il fatto che fosse stata mandata una lettera a quel modo<br />

era decisamente strano. Se il drago aveva davvero intenzione <strong>di</strong> incontrarsi<br />

con lui, la minaccia <strong>di</strong> cui parlava doveva essere veramente seria. Ben


scartò a priori la possibilità <strong>di</strong> un attacco alla sua persona. Strabo non aveva<br />

nessun motivo per danneggiarlo, e anche se ne avesse avuti non si sarebbe<br />

certo <strong>di</strong>sturbato per avvertirlo; avrebbe semplicemente preso il volo<br />

e sarebbe venuto a prenderlo. Il fatto <strong>di</strong> chiedergli <strong>di</strong> andare solo era abbastanza<br />

conforme alla personalità del drago. Strabo non aveva una gran<br />

considerazione per gli umani in generale, e se avesse dovuto tenere una riunione<br />

<strong>di</strong> qualsiasi tipo l'avrebbe senz'altro mantenuta su un piano riservato<br />

e strettamente personale. Era un essere molto onorevole, anche se a modo<br />

suo, e se gli aveva promesso un viaggio sicuro avrebbe senz'altro mantenuto<br />

la sua parola.<br />

Ciò nonostante, la faccenda metteva Ben a <strong>di</strong>sagio.<br />

Vieni solo?<br />

Vieni a mezzanotte?<br />

Rilesse il messaggio un'altra volta, ma non apprese nulla <strong>di</strong> nuovo. Rimase<br />

seduto sui suoi cuscini con la schiena appoggiata alla possente testiera<br />

<strong>di</strong> ferro del letto, me<strong>di</strong>tando. Sapeva già ciò che gli avrebbero detto<br />

Questor e Abernathy. Sapeva qual era la scelta più ragionevole. Tuttavia,<br />

vi era qualcosa <strong>di</strong> urgente nel tono <strong>di</strong> quella lettera, qualcosa che gli impe<strong>di</strong>va<br />

<strong>di</strong> scartarla così come se nulla fosse e proseguire nella sua vita normale<br />

<strong>di</strong> tutti i giorni. Non riusciva a fare a meno <strong>di</strong> prendere in considerazione<br />

la questione, pensando sempre più che forse ignorare quell'avvertimento<br />

sarebbe stato un gesto imprudente. Un sesto senso gli sussurrava<br />

che c'era effettivamente qualcosa <strong>di</strong> cui preoccuparsi, qualcosa da temere.<br />

Strabo non agiva mai senza motivo, e se era convinto che esistesse un pericolo<br />

reale per Landover, molto probabilmente aveva ragione. E se pensava<br />

che Ben avrebbe dovuto esserne a conoscenza, probabilmente aveva ragione<br />

anche in questo.<br />

E allora, che fare?<br />

Alla fine, si addormentò senza aver preso una decisione. Pensò alla lettera<br />

tutto il giorno successivo, rimuginandoci sopra fra una riunione e una<br />

conferenza, mentre mangiava e mentre leggeva documenti, mentre correva<br />

attorno al castello nel tardo pomeriggio per mantenersi in allenamento,<br />

sempre seguito come un'ombra dal suo silenzioso e invisibile protettore,<br />

Bunion.<br />

Era la terza notte che passava senza Willow, e quando si ritirò nelle sue<br />

stanze, non aveva ancora risolto la questione.<br />

Ma al mattino si era finalmente deciso. Doveva andare. Se vi era anche<br />

una sola possibilità che quel messaggio fosse vero, doveva correre il ri-


schio. Fra l'altro, cercò <strong>di</strong> convincersi, il rischio che correva non era poi<br />

così grande. Il Cuore, in fondo, <strong>di</strong>stava solo poche ore <strong>di</strong> cavallo dal castello.<br />

Avrebbe portato con sé una pattuglia <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e del Re a cavallo per<br />

assicurarsi una certa protezione, e non lo avrebbe detto a nessuno fino a un<br />

attimo prima della partenza. Così Questor, Abernathy e i cobol<strong>di</strong> sarebbero<br />

rimasti tagliati fuori dalla decisione. Avrebbe lasciato la sua scorta prima<br />

del Cuore, sarebbe andato da solo a vedere com'era la situazione, si sarebbe<br />

incontrato con Strabo, sempre ammesso che ci fosse, e sarebbe comunque<br />

riuscito a tornare prima dell'alba. Era piuttosto semplice come piano, e<br />

se non altro avrebbe sod<strong>di</strong>sfatto il suo bisogno <strong>di</strong> fare qualcosa piuttosto<br />

che camminare su e giù chiedendosi che cosa fare!<br />

Poi vi era un fattore decisivo, anche se Ben non amava soffermarsi troppo<br />

su questa possibilità. A prescindere dal pericolo che avrebbe potuto correre<br />

in qualsiasi situazione, era sempre protetto dal Pala<strong>di</strong>no. Il Campione<br />

del Re era l'essere più potente <strong>di</strong> tutto il regno, ed esisteva solo ed esclusivamente<br />

per garantire la sicurezza del Re stesso. Poteva essere chiamato in<br />

qualsiasi momento, dato che l'unica cosa che Ben doveva fare per avere il<br />

suo potere sul momento era afferrare il medaglione che portava costantemente<br />

attorno al collo, il medaglione con l'immagine incisa <strong>di</strong> un cavaliere<br />

che esce da Sterling Silver all'alba. Bastava afferrare il medaglione, chiamare<br />

il Pala<strong>di</strong>no, e il cavaliere dei fantasmi e delle ombre sarebbe accorso<br />

all'istante.<br />

Il problema del Pala<strong>di</strong>no, naturalmente, era che il campione armato del<br />

Re in realtà non era altri che il Re stesso. O meglio, un altro lato del Re. O<br />

meglio ancora, un altro lato <strong>di</strong> chiunque occupasse la carica <strong>di</strong> Re in quel<br />

dato momento. In questo caso significava che il Pala<strong>di</strong>no non era altri che<br />

un lato <strong>di</strong> Ben, un lato cupo e <strong>di</strong>struttivo che nasceva da qualche angolo<br />

recon<strong>di</strong>to della sua personalità che egli stesso avrebbe preferito non conoscere<br />

nemmeno. Ciò nonostante esisteva eccome, e aleggiava costantemente<br />

da qualche parte ai margini della sua coscienza, in attesa <strong>di</strong> essere chiamato<br />

in causa. Ben aveva sempre fatto fatica, fin da quando era giunto a<br />

conoscenza del segreto del Pala<strong>di</strong>no, ad accettare questo fatto. Il Pala<strong>di</strong>no<br />

era una macchina <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong>struzione che aveva sempre servito i re <strong>di</strong><br />

Landover fin dall'inizio, una creazione degli esseri fatati per proteggere<br />

quel reggente che loro stessi avevano installato per assicurarsi che nessuno<br />

entrasse nel loro mondo fatato. Il Pala<strong>di</strong>no aveva combattuto in tutte le<br />

battaglie dei molti Re <strong>di</strong> Landover, comportandosi sempre da campione e<br />

tenendo duro contro qualsiasi nemico. Era stato sfidato molte volte, ma


non aveva mai perso. Moriva solo quando moriva il suo re. E rinasceva<br />

quando veniva incoronato un nuovo re. Si trattava <strong>di</strong> un essere senza tempo,<br />

un essere eterno che viveva solo per combattere e combatteva solo per<br />

uccidere.<br />

Ma era anche una parte <strong>di</strong> Ben Holiday, una parte integrante <strong>di</strong> ciò che<br />

era, non solo in virtù della carica che aveva e delle responsabilità che aveva<br />

accettate, ma anche perché esisteva in ogni essere vivente il potenziale<br />

per una <strong>di</strong>struzione deliberata e controllata. Ben aveva scoperto quasi subito<br />

che l'infusione del Pala<strong>di</strong>no nel suo essere, la loro unione, era dovuta in<br />

ugual misura sia alla magia <strong>di</strong> Landover sia alla parte oscura della sua personalità<br />

umana. Lui era il Pala<strong>di</strong>no anche e soprattutto perché il Pala<strong>di</strong>no<br />

rappresentava un lato della sua personalità, un lato che aveva tenuto ben<br />

sigillato e nascosto finché non era <strong>di</strong>venuto Re <strong>di</strong> Landover.<br />

Di conseguenza, se ne avesse avuto bisogno, avrebbe sempre potuto fare<br />

appello al Pala<strong>di</strong>no, anche se era reticente a chiamarlo fuori delle tenebre a<br />

meno che il bisogno non fosse realmente impellente. Evocarlo era la sua<br />

ultima risorsa, questo se lo ripeteva in continuazione, ma allo stesso tempo<br />

sapeva sempre <strong>di</strong> poterlo chiamare in caso <strong>di</strong> bisogno. Non era <strong>di</strong> certo una<br />

cosa che poteva scartare a priori pensando, come gli era capitato in passato,<br />

<strong>di</strong> non avere mai più bisogno <strong>di</strong> appellarvisi.<br />

Trascorse il quarto giorno in maniera <strong>di</strong>stratta, rimanendo al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong><br />

se stesso per la maggior parte del tempo, osservando Ben Holiday che<br />

svolgeva i suoi compiti <strong>di</strong> re. Si sentiva talmente strano per ciò che stava<br />

facendo, nascondendo e tenendo solo per sé il suo piano <strong>di</strong> quella notte,<br />

che fu sorpreso che nessuno se ne fosse accorto. Questor Thews e Abernathy<br />

non sembrarono trovare nulla <strong>di</strong> strano in lui e non gli chiesero mai<br />

se qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Nessuno gli chiese nulla.<br />

Compì i suoi doveri della giornata, consumò la sua cena, si ritirò nelle<br />

sue stanze e si sedette in attesa.<br />

Quando fu quasi buio, quando il crepuscolo scivolò via per cedere il<br />

passo alla notte, scese nelle stalle, fece sellare Giuris<strong>di</strong>zione, il suo cavallo<br />

preferito, un grosso baio castrato, chiamò una scorta <strong>di</strong> sei uomini e uscì<br />

dal portone del castello. Tutto ciò lo fece in massimo silenzio e senza avvertire<br />

nessuno, tanto che alla fine riuscì a scivolare via senza attirare l'attenzione.<br />

Pattuglie <strong>di</strong> cavalieri entravano e uscivano costantemente da<br />

Sterling Silver, e una in più che usciva appena dopo il tramonto non era<br />

certo nulla <strong>di</strong> particolare. Persino Bunion doveva essere addormentato a<br />

quell'ora, visto che avevano programmato una corsetta mattutina assieme.


Era una tipica notte estiva, tiepida e pigra, e vi era quella sensazione <strong>di</strong> benessere<br />

generale dell'avvicinarsi delle ore del sonno, in cui basta uno sba<strong>di</strong>glio<br />

e un respiro profondo per <strong>di</strong>menticarsi <strong>di</strong> tutto. Ben e la sua scorta<br />

cavalcarono lungo la strada selciata con Sterling Silver alle loro spalle, un<br />

ammasso <strong>di</strong> luminosità stellare riflessa che scemò lentamente man mano<br />

che salivano per la collina e gli alberi iniziavano a chiudersi attorno a loro.<br />

Procedettero rapi<strong>di</strong>, con Ben che tirava il passo orientandosi con le stelle<br />

e seguendo il suo senso del tempo; era ansioso <strong>di</strong> giungere al Cuore prima<br />

della mezzanotte. Da quando viveva a Landover aveva imparato a trascorrere<br />

le sue giornate senza orologi, e ora era perfettamente in grado <strong>di</strong> stabilire<br />

l'ora con il metodo antico; scrutando il cielo, valutando la lunghezza e<br />

la posizione delle ombre, sentendo l'aria e osservando la condensa che si<br />

accumulava sulle piante. Aveva scoperto che su quel mondo i suoi sensi si<br />

erano sviluppati notevolmente, forse proprio perché era costretto a farvi affidamento.<br />

Indossava un vestito nero, stivali neri e un'armatura <strong>di</strong> maglia<br />

nera concepita da Questor Thews, forgiata con metallo e magia per renderla<br />

leggera e molto resistente allo stesso tempo. Sul petto portava il prezioso<br />

medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover, e al fianco un lungo coltello. Portava<br />

anche una spada lunga legata alla schiena, poiché era regola che il Re<br />

viaggiasse armato nelle sortite notturne. Le sue mani erano coperte da<br />

guanti da cavallerizzo, e attorno al collo portava una sciarpa nera per <strong>di</strong>fendersi<br />

dalla polvere.<br />

Non vi era un alito <strong>di</strong> vento, l'aria era immobile e la notte era spessa e<br />

afosa. Ogni volta che rallentava il passo gli insetti si radunavano attorno<br />

alla sua testa, quin<strong>di</strong> tentò <strong>di</strong> mantenere sempre un'andatura rapida, perlomeno<br />

un trotto, laddove il terreno glielo permetteva. La luna nuova privava<br />

la terra <strong>di</strong> gran parte della sua luminosità notturna (a Landover la luna<br />

nuova era una con<strong>di</strong>zione alquanto particolare, in cui alcune delle otto lune<br />

si trovavano sotto l'orizzonte e altre entravano nelle loro fasi scure. Ben<br />

non aveva mai capito esattamente come funzionasse la cosa, anche se sapeva<br />

che avveniva più o meno ogni mese). La poca luce che permetteva loro<br />

<strong>di</strong> vedere qualcosa era data dalla moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stelle che brillavano nel<br />

cielo perfettamente limpido, un labirinto <strong>di</strong> puntini luminosi che sembravano<br />

essere stati messi lì a uso esclusivo <strong>di</strong> chi desiderava alzare gli occhi<br />

al cielo per sognare. Ben ci provò quando gli alberi si <strong>di</strong>radarono abbastanza<br />

da permetterglielo, ma i suoi pensieri erano proiettati quasi interamente<br />

all'incontro che sarebbe avvenuto da lì a poco.


Il tempo trascorse rapido, e quando giunsero in prossimità del Cuore<br />

mancava ancora un'ora alla mezzanotte. Ben fece arrestare la scorta, lasciò<br />

che gli uomini smontassero <strong>di</strong> sella e or<strong>di</strong>nò loro <strong>di</strong> aspettarlo. Proseguì<br />

solo finché non si trovò a poche centinaia <strong>di</strong> metri dalla sua destinazione,<br />

quin<strong>di</strong> smontò <strong>di</strong> sella a sua volta, lasciò Giuris<strong>di</strong>zione a pascolare e procedette<br />

a pie<strong>di</strong>.<br />

Il bosco era buio e silenzioso quando lo attraversò a pie<strong>di</strong>, e per quanto<br />

tendesse l'orecchio per captare qualche suono familiare, non sentì nulla.<br />

Gli odori della foresta erano pungenti e intossicanti e portarono i suoi pensieri<br />

ad altri luoghi e ad altri tempi, a momenti che erano apparsi decisivi,<br />

ma che ora non erano altro che mattoni usati per la costruzione della sua<br />

vita. Camminò tranquillo, senza preoccuparsi della sua incolumità; stranamente,<br />

si sentiva perfettamente al sicuro. Forse era per via del senso <strong>di</strong><br />

pace che aveva instillato in lui quella notte estiva. O forse era per via del<br />

medaglione che portava al collo, ricordo costante del grande potere che<br />

aveva a <strong>di</strong>sposizione. O magari era semplicemente per via del fatto che lì<br />

non vi era nessuna cosa che potesse minacciarlo. Comunque fosse, procedette<br />

in <strong>di</strong>rezione del Cuore come se stesse facendo una semplice passeggiata<br />

notturna nel suo giar<strong>di</strong>no, alla fine della quale se ne sarebbe andato a<br />

dormire per poi risvegliarsi in un nuovo giorno.<br />

Giunse al Cuore poco prima della mezzanotte, uscendo dal fitto e rimanendo<br />

per un attimo al margine estremo dei primi cuscini e inginocchiatoi<br />

<strong>di</strong> velluto, rivolto verso il palco <strong>di</strong> quercia bianca con i suoi pilastri d'argento<br />

lucido e le sue ban<strong>di</strong>ere. La radura era silenziosa e apparentemente<br />

deserta. Tutto era immobile, nemmeno un alito <strong>di</strong> vento turbava la pace del<br />

Cuore. Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutto ciò che era avvenuto in quel luogo vennero e scomparvero.<br />

Ben si guardò attorno ancora per un po', quin<strong>di</strong> si <strong>di</strong>resse verso il<br />

centro dello spiazzo passando in mezzo fra due file <strong>di</strong> cuscini.<br />

Una debole ventata gli accarezzò il viso per un istante. Attento.<br />

Era quasi giunto al palco quando la figura scura si materializzò alla sua<br />

destra, apparentemente spuntando dal nulla, dalla terra stessa. Ben si bloccò<br />

sui suoi passi, rabbrividendo, sentendo lo stomaco che si contraeva. La<br />

figura indossava un mantello scuro ed era immersa nell'ombra; la luce alle<br />

sue spalle impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernerne i lineamenti.<br />

«Re per gioco» <strong>di</strong>sse una voce familiare.<br />

Nightshade!


Ben si raggelò, mettendosi finalmente in guar<strong>di</strong>a. Che cosa ci faceva lì<br />

Nightshade? La Strega del Deep Fell non era certo amica sua, e la sua presenza<br />

poteva indubbiamente significare che si trattasse <strong>di</strong> una trappola.<br />

Fece qualche passo avanti, alta e imponente. Ora la luce le inondò il viso,<br />

mettendo in risalto il volto magro, freddo e perfettamente liscio, i capelli<br />

corvini con l'unica striscia bianca, le spalle strette e le braccia lunghe<br />

e sottili. «Perché mi hai fatta chiamare?» sibilò, la sua voce fredda e carica<br />

<strong>di</strong> rabbia. «Cos'è questa storia <strong>di</strong> una minaccia magica nei confronti della<br />

mia casa?»<br />

Ben la fissò, allibito. Fatta chiamare? Di cosa stava parlando? Lui si trovava<br />

lì perché era stato chiamato da Strabo! Che razza <strong>di</strong> gioco stava giocando<br />

quella strega?<br />

«Io non ho...» iniziò.<br />

«Tu mi hai scoccia...» iniziò lei.<br />

In quel momento un'ombra gigantesca li sommerse entrambi. Il cielo<br />

venne riempito dalla massa scura <strong>di</strong> Strabo, che si posò con cautela al lato<br />

del palco, ripiegando le ali e avvolgendo su se stesso il lungo corpo da serpente.<br />

La possente massa, nera come la pece e ricoperta <strong>di</strong> dure squame,<br />

emetteva vapore e il puzzo invase imme<strong>di</strong>atamente l'aria. Persino Nightshade<br />

fece un passo in<strong>di</strong>etro con aria <strong>di</strong>sgustata mentre il drago li scrutava<br />

con il suo capo terribile e cornuto.<br />

«Cos'è questa storia?» ruggì, la sua voce come un rombo profondo e<br />

sgradevole, come il grattare <strong>di</strong> pietra sulla terra. La sua massa enorme si<br />

stagliava sulla foresta alle sue spalle. «Che cosa ci fa Holiday, strega?»<br />

domandò con tono perentorio. «Che cosa c'entra lui con il tuo messaggio?»<br />

«Il mio messaggio?» la voce <strong>di</strong> Nightshade era incredula. «Non ti ho<br />

mandato nessun messaggio! Sono venuta qui in risposta alla missiva del<br />

Re per gioco!»<br />

«Stupida vecchia» <strong>di</strong>sse il drago, assumendo l'atteggiamento <strong>di</strong> un grosso<br />

gatto che contempla la sua cena. «Non farmi perdere tempo con i tuoi<br />

sciocchi <strong>di</strong>nieghi. Il messaggio era tuo, le parole erano le tue. Se hai qualche<br />

tesoro da scambiare, offrilo subito e facciamola finita.»<br />

Il volto <strong>di</strong> Nightshade era livido per la rabbia. «Tesoro?»<br />

In quel momento Ben si rese conto <strong>di</strong> quanto stava accadendo, riconobbe<br />

la verità <strong>di</strong> ciò che era stato fatto, e si accorse a livello istintivo che era già<br />

troppo tar<strong>di</strong> per fuggire. Erano stati mandati tre messaggi <strong>di</strong>versi a ognuno<br />

<strong>di</strong> loro, apparentemente mandati da loro stessi, ma evidentemente mandati<br />

tutti e tre da qualcun altro, qualcuno che aveva voluto radunarli in quel


punto esatto. Si era trattata dell'esca per una trappola. Perché? La domanda<br />

rimbombò nelle sue orecchie mentre si faceva avanti, intravedendo per un<br />

attimo la sagoma <strong>di</strong> qualcuno che apparve giusto il tempo necessario per<br />

posare qualcosa a terra, una figura alta e allampanata, vagamente familiare,<br />

che si allontanò subito dalla scatola che aveva posto sul palco. La scatola<br />

era aperta e ne stava uscendo del fumo, o della nebbia... La scatola<br />

non l'aveva mai vista prima <strong>di</strong> allora, ma la figura che la aveva posata...<br />

Horris Kew!<br />

Che cavolo stava succedendo?<br />

«Aspettate!» riuscì a urlare Ben, in<strong>di</strong>cando la sagoma da spaventapasseri.<br />

La testa squamosa <strong>di</strong> Strabo si voltò <strong>di</strong> scatto, il fuoco già presente sulle<br />

sue narici <strong>di</strong>latate e sibilanti. La mani <strong>di</strong> Nightshade si sollevarono imme<strong>di</strong>atamente,<br />

le scariche ver<strong>di</strong> della magia già presenti sulle punte delle sue<br />

<strong>di</strong>ta. Si udì un improvviso crepitio nell'aria. Ben portò istintivamente la<br />

mano al medaglione, chiamando il Pala<strong>di</strong>no al suo salvataggio.<br />

Ma era già troppo tar<strong>di</strong> per tutti. Improvvisamente si trovarono immersi<br />

in una luce fortissima che giungeva da tutti i lati, una luce che era stata<br />

preparata da tempo e che ora veniva liberata in tutta la sua violenza, chiudendoli<br />

nella sua trappola come un'enorme mascella. Si ritrovarono tutti e<br />

tre, Re, strega e drago, spinti l'uno contro l'altro, verso la scatola aperta, e<br />

non ebbero nemmeno un attimo <strong>di</strong> tempo per reagire. La luce li catturò e li<br />

trasportò attraverso i cuscini <strong>di</strong> velluto, portandoli assieme e serrandoli in<br />

un nodo magico che li strinse in maniera a <strong>di</strong>r poco feroce. Poi la nebbia e<br />

l'oscurità si chiusero attorno a loro, sollevandosi per riceverli come fossero<br />

un'offerta inaspettata. Poi, <strong>di</strong> colpo, i tre si ritrovarono a sprofondare in un<br />

vuoto profondo e impenetrabile. Il vuoto si spalancava sotto <strong>di</strong> loro, allargandosi<br />

man mano che vi si addentravano (o forse erano loro che stavano<br />

rimpicciolendo?), come se si fossero improvvisamente trovati in un tubo <strong>di</strong><br />

scarico enorme e vuoto che li risucchiava inesorabilmente nelle sue profon<strong>di</strong>tà.<br />

Ma non era tutto qui. Tutti e tre stavano provando uno strano senso <strong>di</strong><br />

mancanza, come se una parte essenziale <strong>di</strong> ciò che erano stesse venendo<br />

strappata via strato su strato. A quel punto all'interno <strong>di</strong> ognuno apparve un<br />

demone, una bestia terribile, innominabile, senza forma che avevano tenuta<br />

rinchiusa fino a quel momento ma che ora era stata tanto improvvisamente<br />

quanto inspiegabilmente liberata. I tre ulularono nel nulla la loro furia<br />

e la loro <strong>di</strong>sperazione.


Dove cavolo ha ottenuto tutto questo potere Horris Kew? fu l'ultimo, <strong>di</strong>sperato<br />

pensiero <strong>di</strong> Ben.<br />

Dopo<strong>di</strong>ché sprofondò nell'abisso assieme al drago e alla strega, privo <strong>di</strong><br />

voce e <strong>di</strong> energia, scomparendo nelle profon<strong>di</strong>tà della Scatola magica.<br />

Quando furono scomparsi, il Gorse spuntò dal suo nascon<strong>di</strong>glio nell'oscurità<br />

degli alberi alle spalle del palco. «Raccogli la scatola» <strong>di</strong>sse con un<br />

sibilo inquietante, rivolgendosi a Horris Kew.<br />

Horris stava tremando talmente tanto che non riusciva a muoversi. Era lì<br />

impalato con le mani serrate fra loro e le sue scarpe numero 49 ancorate<br />

nel terreno. Era letteralmente sconvolto dalla grandezza <strong>di</strong> ciò che aveva<br />

appena visto; Holiday, Nightshade e Strabo afferrati dalla magia come fossero<br />

bamboline <strong>di</strong> pezza e rinchiusi nelle oscure profon<strong>di</strong>tà della Scatola<br />

magica. Che potere enorme! Certo, il Gorse aveva dovuto faticare molto<br />

per preparare il tutto, per tirare le reti della sua stregoneria e per pronunciare<br />

gli incantesimi che erano rimasti lì ad aspettare i tre. O meglio, Horris<br />

aveva dovuto faticare molto, poiché a quanto pareva il Gorse non era<br />

ancora in grado <strong>di</strong> agire per conto suo. Già dal primo momento Horris aveva<br />

percepito la grande profon<strong>di</strong>tà del potere <strong>di</strong> quella creatura, aveva<br />

sentito il modo possente in cui entrava nella sua psiche, ma nonostante ciò<br />

non avrebbe mai immaginato che quegli incantesimi che gli aveva fatto<br />

pronunciare avrebbero dato vita a una forma <strong>di</strong> magia dal potere così devastante.<br />

Il Gorse emise un altro sibilo, innervosito.<br />

«La scatola, Horris!» sussurrò Biggar dalla sua spalla con tono urgente.<br />

Horris uscì dal suo stato <strong>di</strong> stupore e si fece avanti <strong>di</strong> tutta fretta, per<br />

quanto con passo malfermo. Si fermò davanti alla Scatola magica e ne<br />

scrutò la superficie contorta e nebulosa. Non vi era nulla da vedere. La<br />

scatola era nuovamente chiusa.<br />

Horris fece un passo in<strong>di</strong>etro, ritrovandosi a corto <strong>di</strong> fiato e completamente<br />

sudato. Espirò lentamente. Tutto era andato come previsto dal Gorse.<br />

Il Gorse aveva detto che i messaggi avrebbero attirato i tre, i loro più<br />

gran<strong>di</strong> nemici potenziali, gli unici su Landover che avrebbero potuto rappresentare<br />

una vera minaccia per loro. Aveva detto che i messaggi erano<br />

stregati, in modo che chi li leggesse non potesse fare a meno <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>rvi,<br />

anche se la ragione e il buonsenso li avrebbero portati a fare altrimenti.<br />

Aveva detto che gli incantesimi, le magie e i simboli magici piazzati attorno<br />

al Cuore avrebbero catturato il terzetto con una tale velocità da non


permettere a nessuno dei tre <strong>di</strong> sfuggire. Infine, aveva detto che la Scatola<br />

magica sarebbe stata per loro una prigione dalla quale era impossibile fuggire.<br />

Ma Horris non poté fare a meno <strong>di</strong> chiederlo comunque. «E se escono?»<br />

Il Gorse rise, producendo nell'oscurità un suono basso, profondo e privo<br />

<strong>di</strong> umorismo. «Non riusciranno mai a uscire. Non saranno nemmeno in<br />

grado <strong>di</strong> volerlo. Ho preso le mie precauzioni. In questo momento non sono<br />

altro che dei prigionieri senza speranza. Non sanno chi sono. Non sanno<br />

dove sono. Sono persi nelle nebbie.»<br />

Biggar arruffò le piume. «Gli sta bene» gracchiò.<br />

«Raccogli la scatola» or<strong>di</strong>nò ancora una volta il Gorse.<br />

Questa volta Horris ubbidì rapidamente. Raccolse il contenitore <strong>di</strong> legno<br />

intagliato, facendo comunque attenzione a tenerlo a una certa <strong>di</strong>stanza dal<br />

suo corpo. «E ora cosa facciamo?»<br />

Il Gorse si stava già muovendo. «Riportiamo la scatola alla grotta e aspettiamo.»<br />

La sua voce era tranquilla e sod<strong>di</strong>sfatta. «Quando l'assenza del<br />

Re avrà generato panico a sufficienza, tu e l'uccello farete nuovamente visita<br />

ai vostri amici <strong>di</strong> Sterling Silver.»<br />

Il Gorse si mosse attraverso l'oscurità come fosse fumo. «Solo che questa<br />

volta porterete loro una sorpresina.»<br />

Labirinto<br />

Il Cavaliere si risvegliò sconvolto, in stato d'allerta, sollevandosi dal terreno<br />

come se fosse stato tirato da fili invisibili. Stava sognando, e sebbene<br />

avesse già <strong>di</strong>menticato il sogno in sé, l'impressione del sogno permaneva<br />

tuttora. Il respiro era affannoso e il battito del cuore rapido, come se avesse<br />

corso per chilometri mentre dormiva. Sentiva un calore umido su tutto il<br />

corpo, sotto i suoi abiti. Si sentiva come sul limite <strong>di</strong> qualche cosa che stava<br />

per accadere.<br />

I suoi occhi scrutarono con ansia nell'oscurità. Si trovava in una foresta<br />

<strong>di</strong> alberi scuri ed enormi che si innalzavano come colonne per sostenere il<br />

cielo. Solo che non vi era alcun cielo in vista, solo una nebbia che vorticava<br />

sopra la sua testa cancellando ogni cosa, anche i rami più alti. L'oscurità<br />

della foresta era una specie <strong>di</strong> crepuscolo, sia giorno che notte, sia mattino<br />

che sera. Non era una cosa reale, eppure il Cavaliere riconobbe istintivamente<br />

che si trattava dell'unica realtà del luogo in cui si trovava.<br />

Ma dove si trovava?


Non ne aveva la minima idea. Non ricordava.<br />

Vi erano anche degli altri. Dov'erano?<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong> rapidamente, consapevole del peso della spada lunga sulla<br />

sua schiena, del coltello al suo fianco, della maglia che gli cingeva il<br />

corpo. Era vestito tutto <strong>di</strong> nero, con abiti como<strong>di</strong> e rinforzati <strong>di</strong> cuoio, con<br />

tanto <strong>di</strong> cintura, guanti e stivali. La sua armatura era da qualche parte, lì<br />

vicina, ma non era in grado <strong>di</strong> vederla. Era vicina, questo lo sapeva, perché<br />

percepiva la sua presenza. E la sua armatura veniva sempre da lui quando<br />

ne aveva bisogno.<br />

Anche se non sapeva perché.<br />

Sul suo petto, sotto la tunica, era appeso un medaglione. Lo tiro fuori e<br />

l'osservò. Si trattava <strong>di</strong> un'immagine <strong>di</strong> se stesso che usciva a cavallo da un<br />

castello all'alba. Era un'immagine familiare, eppure era come se la vedesse<br />

per la prima volta. Che cosa significava?<br />

Lasciò perdere la sua perplessità e prese a camminare nell'oscurità.<br />

Qualcosa si mosse al margine opposto della radura, e il Cavaliere procedette<br />

in quella <strong>di</strong>rezione. Mentre si avvicinava, una figura rannicchiata a<br />

terra si alzò in pie<strong>di</strong> e allargò entrambe le braccia. Lunghi capelli neri con<br />

una singola striscia bianca al centro cadevano sul volto e sulle spalle della<br />

figura, e le sue tonache strisciavano sul terreno come ombre liquide.<br />

Era la Dama. Era ancora con lui. Non era scappata via mentre dormiva<br />

(poiché sapeva che sarebbe scappata se le si fosse presentata l'occasione).<br />

Il suo capo si sollevò mentre si avvicinava, e un'esile mano scostò i capelli<br />

corvini. I suoi lineamenti splen<strong>di</strong><strong>di</strong> ed esangui si tesero nel vederlo; emise<br />

un sibilo <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> costernazione.<br />

«Tu» <strong>di</strong>sse semplicemente, ma quella sola parola comunicò tutto il <strong>di</strong>sprezzo<br />

che provava nei confronti <strong>di</strong> lui e <strong>di</strong> ciò che le ave va fatto.<br />

Il Cavaliere non tentò <strong>di</strong> avvicinarsi ulteriormente. Sapeva bene ciò che<br />

lei provava nei suoi confronti, sapeva che dava la colpa a lui per ciò che le<br />

era stato fatto. Non ci si poteva fare nulla. Scostò lo sguardo e osservò la<br />

radura nella quale avevano dormito. Era piccola e raccolta, e non vi era<br />

nulla che suggerisse il motivo per il quale vi si trovavano. Erano giunti lì<br />

in precedenza, questo lo sapeva. Erano arrivati in volo, inseguiti da... qualcosa.<br />

Aveva portato la Dama con sé - e anche un altro - fuggendo alla bestia<br />

che li avrebbe <strong>di</strong>vorati tutti.<br />

Scosse il capo; un forte dolore si accumulò <strong>di</strong>etro i suoi occhi mentre<br />

cercava <strong>di</strong> scrutare nel passato, che era pieno <strong>di</strong> nebbia e oscurità almeno<br />

quanto il presente, quanto quella foresta in cui si trovava.


«Riportami a casa!» sussurrò improvvisamente la Dama. «Non hai alcun<br />

<strong>di</strong>ritto!»<br />

Il Cavaliere si voltò per trovarla in pie<strong>di</strong> con i pugni serrati puntati sui<br />

fianchi. I suoi strani occhi rossi bruciavano <strong>di</strong> rabbia e le sue labbra ritratte<br />

mettevano in mostra denti come quelli <strong>di</strong> un animale. Si <strong>di</strong>ceva che fosse<br />

in grado <strong>di</strong> usare la magia, che possedesse un potere incre<strong>di</strong>bile. Si <strong>di</strong>ceva<br />

che era meglio non farsela nemica. Eppure il Cavaliere se l'era fatta nemica.<br />

Non era ben certo <strong>di</strong> come ciò fosse accaduto, ma ormai era un dato <strong>di</strong><br />

fatto. Aveva portato via la Dama dalla sua casa, dal luogo in cui viveva,<br />

per trasportarla in quella foresta. Lui era il Campione del Re, ed esisteva<br />

solo a comando del Re. Il Re doveva averlo mandato a prendere la Dama,<br />

anche se non ricordava nulla <strong>di</strong> tutto ciò.<br />

«Cavaliere dai pensieri e dalle gesta cupe!» lo apostrofò la Dama con <strong>di</strong>sprezzo.<br />

«Codardo <strong>di</strong>etro alla tua armatura e alle tue armi! Riportami a casa!»<br />

Forse adesso lo stava minacciando, preparandosi a scagliargli addosso la<br />

forza della sua magia. Ma il Cavaliere non ne era convinto. A quanto pareva,<br />

la magia che possedeva non era più sua. Erano giunti fino a quel punto,<br />

e lei non aveva nemmeno accennato un incantesimo contro <strong>di</strong> lui. Se fosse<br />

stata in grado <strong>di</strong> utilizzare la magia contro <strong>di</strong> lui, lo avrebbe fatto già da<br />

tempo. Non che avrebbe fatto molta <strong>di</strong>fferenza. Lui era un'arma forgiata<br />

con l'acciaio. Era più macchina che uomo. La magia gli faceva lo stesso effetto<br />

<strong>di</strong> un po' <strong>di</strong> polvere gettata negli occhi; non trovava spazio nella sua<br />

vita. Il suo era un mondo <strong>di</strong> regole semplici e <strong>di</strong> confini ben precisi e delineati.<br />

Non aveva paura <strong>di</strong> nulla. Un Cavaliere non poteva avere paura.<br />

Nella sua occupazione, la morte era sempre vicina, almeno quanto la vita<br />

stessa. Combattere era l'unica cosa che conosceva, e le battaglie che combatteva<br />

potevano finire in due soli mo<strong>di</strong>; o ammazzava il suo nemico oppure<br />

il suo nemico ammazzava lui. Dopo migliaia <strong>di</strong> battaglie, lui era ancora<br />

vivo. Non credeva che lo avrebbero mai ammazzato. Era convinto <strong>di</strong><br />

vivere in eterno.<br />

Lasciò perdere questi pensieri, pensieri sgra<strong>di</strong>ti poiché non richiesti.<br />

«Sei in viaggio verso una nuova casa» le <strong>di</strong>sse, lasciando che la rabbia <strong>di</strong><br />

lei gli rimbalzasse addosso come foglie gettate su una pietra.<br />

La Dama ebbe un fremito d'ira, portandosi i pugni chiusi davanti al petto<br />

e tendendo i muscoli del collo allo spasimo. «Non ti seguirò più» sussurrò<br />

scuotendo il capo. «Non farò più neanche un passo con te!»


Annuì con fare <strong>di</strong>stratto, non sentendosi in grado <strong>di</strong> duellare verbalmente<br />

con lei. Si voltò nuovamente, si incamminò fino al margine della radura<br />

e scrutò nell'oscurità che stava al <strong>di</strong> là. Gli alberi erano tutti agglomerati<br />

fra loro come fascine gigantesche e impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> vedere alcunché, coprendo<br />

ogni fonte <strong>di</strong> luce. Da che parte bisognava andare? In che <strong>di</strong>rezione<br />

stavano andando? Il Re lo stava aspettando, questo lo sapeva. Era sempre<br />

così. Ma qual era la strada che portava a casa?<br />

Si voltò mentre la Dama gli si avvicinava brandendo il pugnale che era<br />

riuscita in qualche modo a nascondergli fino ad allora, la lama nera <strong>di</strong> veleno.<br />

La Dama cacciò un grido mentre le afferrava il polso e allontanava il<br />

coltello, togliendoglielo dalle mani. Lo colpì e lo prese a calci con fare selvaggio,<br />

cercando <strong>di</strong> liberarsi dalla sua presa, ma lui era molto più forte e<br />

pressoché immune alla sua furia. Infine la Dama crollò al suolo, esausta,<br />

quasi in lacrime, ma rifiutandosi <strong>di</strong> lasciarle sgorgare. Il Cavaliere raccolse<br />

il coltello e lo scagliò lontano, nell'oscurità.<br />

«Attento a ciò che lanci in giro» avvertì una nuova voce, profonda e gutturale.<br />

In quel momento vide il Gargoyle, a poca <strong>di</strong>stanza da lui, appoggiato<br />

sulle zampe posteriori, giunto dai boschi silenzioso come un'ombra a mezzanotte.<br />

Gli occhi della creatura erano gialli mentre lo scrutava, e nelle loro<br />

profon<strong>di</strong>tà serpentine non vi era assolutamente nulla che potesse dare<br />

un'in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> ciò che la mente all'interno <strong>di</strong> quella testa stesse pensando.<br />

«Hai deciso <strong>di</strong> rimanere» <strong>di</strong>sse il Cavaliere con tono tranquillo.<br />

Il Gargoyle scoppiò a ridere. «Deciso? Una strana parola in simili circostanze,<br />

non trovi? Mi trovo qui perché non vi è nessun altro luogo dove<br />

andare.»<br />

Il Gargoyle era un essere ripugnante alla vista. La sua pelle era tutta bitorzoluta<br />

e sgraziata, gli arti storti e fibrosi, il corpo tutto nervi e muscoli e<br />

la testa sprofondata fra le possenti spalle. Le sue zampe erano palmate e<br />

dotate <strong>di</strong> artigli e tutto il suo corpo era ricoperto <strong>di</strong> peli scuri e setolosi. Il<br />

volto era rugoso come una prugna secca e i suoi lineamenti erano ammassati<br />

come fossero la scultura <strong>di</strong> un bambino che aveva tentato senza successo<br />

<strong>di</strong> riprodurre un volto umano. Dietro le labbra spesse si intravedevano<br />

lunghe zanne; il naso era umido e sporco.<br />

Sopra le spalle incurvate spuntavano due deboli ali che sembravano <strong>di</strong><br />

cuoio, troppo piccole per servire ad alcunché, appen<strong>di</strong>ci che apparivano


stranamente fuori luogo. Era come se i suoi antenati avessero posseduto il<br />

dono del volo ma si fossero <strong>di</strong>menticati come si faceva.<br />

Il Cavaliere era <strong>di</strong>sgustato da quella vista, ma non scostò lo sguardo.<br />

Anche la bruttezza faceva parte della sua vita. «Dove ci troviamo?» domandò<br />

al Gargoyle. «Ti sei guardato attorno?»<br />

«Ci troviamo nel Labirinto» replicò la bestia, come se questa fosse la risposta<br />

a ogni domanda.<br />

Il Gargoyle rivolse lo sguardo verso la Dama, che si era ridestata nel<br />

sentirlo parlare. «Non mi guardare!» sibilò la donna, quin<strong>di</strong> scostò nuovamente<br />

lo sguardo.<br />

« In che parte del nostro paese si trova il Labirinto?» insistette Il Cavaliere,<br />

piuttosto confuso.<br />

Il Gargoyle scoppiò nuovamente a ridere. «In ogni parte.» Mostrò i denti<br />

ingialliti e la lingua nera. «In ogni parte <strong>di</strong> ogni parte <strong>di</strong> ogni cosa. E a<br />

nord, a sud, a est e a ovest, e persino al centro. E dove siamo, dove andremo<br />

e dove sempre saremo.»<br />

«È pazzo» sussurrò rapida la Dama. «Fallo stare zitto.»<br />

Il Cavaliere toccò la pesante spada lunga che portava sulla schiena e si<br />

guardò attorno. «Vi è una via d'uscita da ogni labirinto» <strong>di</strong>chiarò. «E noi<br />

troveremo la via d'uscita <strong>di</strong> questo.»<br />

Il Gargoyle si strofinò le zampe come se avesse freddo. «E come ci riuscirete,<br />

Onorevole Cavaliere?» La sua voce era sprezzante.<br />

«Non certo rimanendo qui» <strong>di</strong>sse il Cavaliere. «Hai intenzione <strong>di</strong> venire<br />

con noi o no?»<br />

«Lascialo qui!» sibilò la Dama alzandosi improvvisamente in pie<strong>di</strong> e<br />

stringendo a sé le sue tuniche nere. «Lui non appartiene a noi! Non ha mai<br />

avuto nulla a che vedere con noi!»<br />

«Noi?» ripeté il Gargoyle con tono ironico. «Vi siete forse uniti fra voi,<br />

Dama? Vi siete unita a questo Cavaliere come donna e compagna? Che cosa<br />

inaspettata.»<br />

La Dama increspò le labbra davanti alla creatura, quin<strong>di</strong> scostò lo sguardo.<br />

«Non sono unita a nessuno <strong>di</strong> voi due. Preferirei essere uccisa in questo<br />

momento e farla finita.»<br />

«Anch'io preferirei vederti morta» assentì il Gargoyle.<br />

La Dama si girò <strong>di</strong> scatto sui tacchi. «Sei una brutta bestia, Gargoyle. Se<br />

avessi uno specchio qui con me, te lo mostrerei subito per farti vedere<br />

quanto sei brutto!»


Il Gargoyle trasalì per un attimo a quelle parole, poi ribatté prontamente:<br />

«E tu avresti bisogno <strong>di</strong> uno specchio dentro <strong>di</strong> te per vedere la bruttezza<br />

che possie<strong>di</strong>!»<br />

«Non litigate!» tuonò il Cavaliere, mettendosi in mezzo fra i due. Improvvisamente,<br />

apparve come cambiato, l'uomo vestito <strong>di</strong> nero con la maglia<br />

nera <strong>di</strong>venuto <strong>di</strong> colpo ancor più nero. Era come se la luce attorno a lui<br />

fosse stata succhiata via. Era come se fosse stato rivestito <strong>di</strong> ombre.<br />

«Non litigate» ripeté con tono più calmo. L'ombra scura che si era avviluppata<br />

attorno a lui crollò, e il Cavaliere tornò a essere se stesso.<br />

Seguì un lungo momento <strong>di</strong> silenzio, mentre i tre si scrutavano a vicenda.<br />

Infine, fu la Dama che si rivolse al Cavaliere. «Io non ho paura <strong>di</strong> te.»<br />

Il Cavaliere scrutò nell'oscurità come se non l'avesse neanche sentita; nei<br />

suoi occhi vi era uno sguardo <strong>di</strong>stante e perso che rifletteva ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> occasioni<br />

perdute e <strong>di</strong> possibilità svanite nel nulla.<br />

«Andremo in questa <strong>di</strong>rezione» <strong>di</strong>chiarò il Cavaliere, incamminandosi.<br />

Viaggiarono per il resto della giornata, e la foresta che era il Labirinto<br />

non mutò. L'oscurità persistette, la nebbiolina non demorse, gli alberi non<br />

si <strong>di</strong>radarono mai se non in occasionali radure e la forma e l'aspetto del<br />

mondo rimase assolutamente inalterata. Il Cavaliere faceva strada a pie<strong>di</strong><br />

(dov'era andato a finire il suo cavallo?), cercando <strong>di</strong> procedere in linea retta,<br />

sperando che prima o poi la foresta sarebbe terminata e le colline o le<br />

praterie che senz'altro si trovavano al <strong>di</strong> là avrebbero suggerito loro dove<br />

andare. A ogni passo rifletteva sulle contrad<strong>di</strong>zioni presenti nella sua memoria.<br />

Cercò <strong>di</strong> ragionare, <strong>di</strong> capire che cosa ci faceva lì, <strong>di</strong> ricordare che<br />

cosa lo avesse portato in quel luogo assurdo. Cercò anche <strong>di</strong> ricordare come<br />

era avvenuto che si era ritrovato con la Dama e il Gargoyle. Cercò <strong>di</strong><br />

pensare attraverso la nebbia che avviluppava gran parte del suo passato.<br />

Era un Cavaliere al servizio del Re, un campione <strong>di</strong> infinite battaglie, ma<br />

più <strong>di</strong> questo non riusciva a ricordare.<br />

Si mantenne attaccato a questo fatto, che lo aiutava a tenersi appena al <strong>di</strong><br />

fuori dalla follia che veniva dal troppo pensare.<br />

Trovarono torrenti dai quali abbeverarsi, cosa che fecero, ma assolutamente<br />

nulla da mangiare. Ciò nonostante non provavano alcuna fame. Non<br />

che si sentissero sazi; era come se la sensazione della fame li avesse abbandonati<br />

del tutto. Il Cavaliere era piuttosto perplesso per questo fatto,<br />

ma preferì non parlarne. Camminarono per tutto il giorno, attraverso l'infi-


nitesimale mutamento del crepuscolo, e si fermarono solo quando giunsero<br />

finalmente le tenebre.<br />

Si trovavano in un'altra radura, molto simile alla prima. La foresta attorno<br />

a loro rimaneva immutata. Si sedettero assieme nell'oscurità sempre più<br />

fitta e scrutarono nel nulla. Il Cavaliere non pensò nemmeno <strong>di</strong> fare un<br />

fuoco. Non avevano freddo, non avevano fame, non sentivano il bisogno <strong>di</strong><br />

luce. Riuscivano a vedere piuttosto bene nell'oscurità, e sentivano suoni<br />

che non avrebbero dovuto sentire. Il Gargoyle si sedette a una certa <strong>di</strong>stanza<br />

dagli altri due, non volendo alimentare così presto la rabbia della Dama<br />

nei suoi confronti e sentendosi comunque per qualche verso separato e <strong>di</strong>stante<br />

da loro. Il Cavaliere percepiva perfettamente questo <strong>di</strong>stanziarsi del<br />

Gargoyle, anche mentre camminavano assieme, come se la bestia comprendesse<br />

che vi sarebbe sempre stato un muro fra loro. La creatura si accasciò<br />

nell'ombra, quin<strong>di</strong> allungò il suo corpo sgraziato finché non sembrò<br />

che si fondesse con il suolo stesso.<br />

La Dama era seduta davanti al Cavaliere. «Tu non mi piaci» gli <strong>di</strong>sse.<br />

«Vorrei vederti morto.»<br />

Il Cavaliere annuì con fare impassibile. «Lo so.»<br />

Era rimasta silenziosa e chiusa in se stessa per tutto il giorno, camminando<br />

obbe<strong>di</strong>entemente ma senza alcun interesse. L'aveva osservata <strong>di</strong> tanto<br />

in tanto, trovandola a volte evidentemente ostile e a volte persa e alla ricerca<br />

come lui stesso. La sua postura era ben eretta e determinata, come se<br />

fosse in armatura, ma allo stesso tempo vi era in lei una vulnerabilità che<br />

non riusciva a mascherare o a capire, come se si trattasse per lei <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> nuovo e inaspettato.<br />

«Perché non mi riporti in<strong>di</strong>etro?» insistette la Dama con tono improvvisamente<br />

urgente. «Che <strong>di</strong>fferenza può fare per te? Non vi sono nemici da<br />

combattere. Non vi sono battaglie da vincere. Perché stai facendo tutto<br />

questo? Sono forse tua nemica?»<br />

«Lo hai detto tu.»<br />

«Solo perché mi hai portata via dalla mia casa!» sbottò con tono <strong>di</strong>sperato.<br />

«Solo per questo!» Si fece più vicina sul terreno erboso. «Perché mi hai<br />

portata via?»<br />

Non poteva risponderle. Nemmeno lui sapeva il perché.<br />

«Il tuo Re te l'ha or<strong>di</strong>nato? Perché?»<br />

Non riusciva a ricordare.


«Che cosa vuole da me? Non gli sarò mai utile in nulla, a prescindere da<br />

ciò che possa pensare! Non sarò né sua moglie né sua amante! Sarò la sua<br />

peggiore nemica fino al giorno della mia morte!»<br />

Il Cavaliere inspirò l'aria della foresta, annusando la freschezza verdeggiante<br />

delle foglie e dell'erba, l'umi<strong>di</strong>tà muschiosa del terreno e la secchezza<br />

pungente della corteccia e del legno vecchio. Quali erano le risposte alle<br />

domande della Dama? Perché non riusciva a ricordarle? Si chiuse in se<br />

stesso, cercando <strong>di</strong> riflettere per trovare la pace. Il solo fatto <strong>di</strong> sapere chi<br />

fosse e che cosa faceva gli arrecava conforto. Le uniche cose che lo rassicuravano<br />

erano la consapevolezza della sua forza e della sua abilità, la<br />

pressione delle sue armi sul suo corpo, la sensazione <strong>di</strong> protezione data dal<br />

suo abito da battaglia.<br />

Eppure, non aveva ancora con sé la sua armatura. Ne aveva percepita la<br />

presenza quando era stato costretto a mettersi in mezzo fra la Dama e il<br />

Gargoyle, ma non si era manifestata. Perché? Era venuta da lui, ma allo<br />

stesso tempo era rimasta nascosta, come se stesse giocando a gatto e topo.<br />

La sua armatura... un oggetto privo <strong>di</strong> vita che eppure apparentemente possedeva<br />

una vita sua; un paradosso. Allo stesso modo del medaglione che<br />

portava attorno al collo, era una parte <strong>di</strong> ciò che lui era. Perché allora non<br />

riusciva a ricordarne l'origine?<br />

La Dama era una silenziosa statua d'avorio che lo scrutava con attenzione.<br />

Percepiva che avrebbe voluto uscire dalla sua introspezione, ma evidentemente<br />

non era in grado <strong>di</strong> farlo. Che cosa gli stava nascondendo?<br />

Qualcosa <strong>di</strong> spaventoso. Una confessione profonda e segreta.<br />

Ripiegò le braccia sul suo grembo e il suo volto liscio tornò ad assumere<br />

un'espressione sdegnata. «Tu non hai potere» <strong>di</strong>chiarò con tono aspro. «Sei<br />

privo <strong>di</strong> volontà, non hai uno spirito in<strong>di</strong>pendente per agire per conto tuo.<br />

Non sei altro che uno strumento de<strong>di</strong>cato ai capricci <strong>di</strong> chiunque indossi la<br />

corona. Che cosa triste.»<br />

«Io sono il servo <strong>di</strong> quella corona.»<br />

«Ne sei lo schiavo.» Inclinò leggermente il capo e i suoi capelli riflessero<br />

un bagliore <strong>di</strong> luce nera. Lo fissò. «Non pren<strong>di</strong> mai decisioni che siano<br />

in contrasto con gli or<strong>di</strong>ni del tuo padrone. Non sei in grado <strong>di</strong> esprimere<br />

giu<strong>di</strong>zi tuoi. Mi hai presa senza nemmeno chiedere perché. Mi tieni qui<br />

senza nemmeno domandarti il perché. Fai solo ciò che ti <strong>di</strong>cono, e non ti<br />

importa nulla dei motivi che spingono le tue azioni.»


Non gli piaceva affatto <strong>di</strong>scutere con lei. Nessuno dei due aveva da guadagnarci.<br />

Lui non era molto bravo con le parole, e lei non possedeva il suo<br />

senso dell'onore e dell'obbe<strong>di</strong>enza. Provenivano da vite troppo <strong>di</strong>verse.<br />

«Chi è questo Re che mi vorrebbe fare sua?» domandò con enfasi. «Pronuncia<br />

il suo nome.»<br />

Ancora una volta, non poté. Si limitò a fissarla, intrappolato.<br />

«Sei talmente ignorante che non lo sai neanche?» insistette, aggiungendo<br />

tagliente ironia al proprio tono. «O hai forse paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmelo? Quale dei<br />

due?»<br />

Tacque, ma non riuscì a scostare lo sguardo.<br />

La Dama scosse lentamente il capo. Il suo volto era duro; i suoi capelli<br />

neri e la sua pelle bianca, la mascella tirata e gli occhi scintillanti comunicavano<br />

grande freddezza. Ciò nonostante, era anche bellissima. Era perfetta<br />

come un caro ricordo plasmato amorevolmente dal passare del tempo,<br />

privato <strong>di</strong> ogni ruvi<strong>di</strong>tà o <strong>di</strong>fetto. Lo stava incantando senza volerlo, senza<br />

nemmeno provarci, trascinandolo oltre la sua rabbia e la sua <strong>di</strong>sperazione,<br />

portandolo fuori da ciò che era, verso ciò che non avrebbe mai dovuto essere.<br />

«Qualsiasi cosa ti <strong>di</strong>cessi» si costrinse a <strong>di</strong>re «non significherebbe nulla.»<br />

«Provaci, almeno!» sussurrò la Dama, e improvvisamente il suo tono<br />

aveva assunto una certa morbidezza. «Dammi qualcosa!»<br />

Ma lui non poteva. Non aveva nulla da darle. Aveva solo se stesso, e lei<br />

non era interessata in questo. Voleva motivi e comprensione, e lui non<br />

possedeva nulla <strong>di</strong> ciò. Era perso almeno quanto lei, smarrito in un luogo<br />

che non conosceva, in circostanze che non riusciva a comprendere. Il Labirinto<br />

era un mistero che non riusciva assolutamente a sondare. Per farlo,<br />

doveva innanzitutto riuscire a sfuggirlo. E questo, lo sapeva a livello intuitivo,<br />

non sarebbe stato affatto facile.<br />

«Non provi alcun sentimento nei miei confronti?» domandò la Dama<br />

con tono lamentoso, ma questa volta la falsità nella sua voce la tradì imme<strong>di</strong>atamente.<br />

«I miei sentimenti non hanno nulla a che vedere con ciò che faccio. Io<br />

faccio ciò che mi si richiede <strong>di</strong> fare.»<br />

«Ciò che ti si richiede!» sbottò abbandonando qualsiasi pretesa <strong>di</strong> debolezza,<br />

nuovamente piena <strong>di</strong> rabbia e amarezza. «Fai solo ciò che ti hanno<br />

mandato a fare, patetica creatura! Ti chini al suolo perché è l'unica cosa<br />

che sai fare! Fai ciò che ti si richiede? Io preferirei passare il resto della vi-


ta nel pozzo più profondo <strong>di</strong> tutta la terra piuttosto che passare anche un<br />

solo momento della mia vita a ubbi<strong>di</strong>re alle richieste <strong>di</strong> un'altra persona!»<br />

Il Cavaliere non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere. «E così sia» le <strong>di</strong>sse.<br />

«Perché dove cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> trovarti ora?»<br />

La Dama tornò a ritirarsi in se stessa, a testa china, in silenzio. Rimasero<br />

così seduti a lungo. Il Gargoyle stava dormendo, il suo respiro nasale e ruvido,<br />

i suoi arti contorti che si muovevano in continuazione come se venissero<br />

solleticati da ferri ardenti. La Dama rivolse un'occhiata verso la bestia,<br />

quin<strong>di</strong> scostò lo sguardo. Non guardò il Cavaliere. Fissò un punto del<br />

terreno a un paio <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza sulla sua destra dove l'erba si era seccata<br />

nell'ombra e la terra si era screpolata e trasformata in polvere. Rimase<br />

seduta così a lungo. Il Cavaliere la guardò senza farsi notare, senza realmente<br />

volerlo, incapace <strong>di</strong> fare altrimenti. Era veramente <strong>di</strong>sperata, ma il<br />

motivo del suo malessere andava al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò che gli aveva detto. Si trattava<br />

<strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> enorme, qualcosa che custo<strong>di</strong>va con grande attenzione,<br />

qualcosa che andava ben al <strong>di</strong> là della comprensione del Cavaliere.<br />

Sentì qualcosa <strong>di</strong> strano che lo spingeva da dentro. Avrebbe dovuto <strong>di</strong>re<br />

qualcosa per confortarla. Avrebbe dovuto fare qualcosa per sollevarla dal<br />

suo fardello. Solo che non sapeva che cosa. Rifletté quin<strong>di</strong> sulle parole che<br />

gli aveva rivolto, sulle accuse che aveva formulato nei suoi confronti. Vi<br />

era della verità in quelle parole. Era de<strong>di</strong>cato al servizio <strong>di</strong> un altro, piegato<br />

ai desideri <strong>di</strong> un altro, legato alla causa <strong>di</strong> un altro. Era proprio questa<br />

l'essenza della sua vita <strong>di</strong> Campione del Re. Un Cavaliere in armatura le<br />

cui armi e la cui forza appianavano ogni <strong>di</strong>sputa; questa era la sua identità.<br />

Ripensandoci, in effetti, gli apparve come una cosa molto piccola. Era solo<br />

una singola frase, eppure lo definiva appieno. Che fosse solo questa la<br />

somma <strong>di</strong> tutte le sue parti? Possibile che non fosse nulla <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò?<br />

Chi era?<br />

«Lo sai ciò che mi hai fatto?» Udì improvvisamente la voce della Dama.<br />

Alzò imme<strong>di</strong>atamente lo sguardo. La Dama non lo stava guardando. Stava<br />

sempre fissando lo stesso tratto <strong>di</strong> terreno. Tracce <strong>di</strong> lacrime le solcavano<br />

il viso, sgorgando dai suoi occhi fred<strong>di</strong> e vuoti.<br />

«Lo sai?» sussurrò con tono <strong>di</strong>sperato.<br />

Le ombre della notte avvolsero anche Landover. Tutte e otto le lune erano<br />

<strong>di</strong>etro l'orizzonte, e il cielo e le stelle erano coperti da vari strati <strong>di</strong> nubi.<br />

Il buio era completo. Il calore del giorno aveva lasciato l'aria umida e immobile,<br />

e tutta la terra era silenziosa e afosa.


Il Gorse non provò alcun <strong>di</strong>sagio mentre usciva dal rifugio della sua caverna<br />

e si addentrava nella foresta. Era una creatura fatata, tutt'una con la<br />

natura a prescindere dal suo stato del momento. Procedette sotto forma <strong>di</strong><br />

una nube <strong>di</strong> nebbia scura, lo stato in cui lo aveva ridotto la sua lunga cattività<br />

nella Scatola magica. Ma già ora quella forma priva <strong>di</strong> sostanza stava<br />

iniziando a condensarsi e ad assumere una muova foggia. La libertà le stava<br />

restituendo il volto e il corpo che possedeva una volta. Nel giro <strong>di</strong> poco<br />

tempo, avrebbe riavuto entrambi. Solo allora sarebbe stato pronto per riscuotere<br />

da coloro che gli avevano fatto il torto, la vendetta per la quale<br />

bramava <strong>di</strong>speratamente.<br />

Nei suoi molti secoli <strong>di</strong> cattività, non aveva pensato a nient'altro. Una<br />

volta era stato una creatura fatata <strong>di</strong> grande potere, un essere la cui magia<br />

era formidabile e temuta da tutti. Aveva utilizzato la magia in un modo che<br />

aveva <strong>di</strong>sgustato e mandato su tutte le furie il suo popolo delle nebbie fatate,<br />

il mondo a cui appartenevano tutte le creature fatate, fino al punto che<br />

questi ultimi si erano messi assieme, lo avevano catturato nel momento in<br />

cui si credeva assolutamente in vulnerabile e lo avevano imprigionato. Lo<br />

avevano rinchiuso nei recessi della Scatola magica, uno strumento che avevano<br />

costruito con la loro stessa magia e dal quale nulla poteva fuggire.<br />

Poi avevano sigillato la scatola dall'esterno, in modo che il Gorse non potesse<br />

fare nulla per aprirla.<br />

Lo avevano seppellito lì dentro per consumarlo, per <strong>di</strong>struggere la sua<br />

volontà, per far sì che si <strong>di</strong>menticasse tutto ciò che sapeva e si riducesse<br />

infine in polvere. Ma il loro sforzo non aveva dato i frutti sperati. Il Gorse<br />

era rimasto intrappolato a lungo, sì, ma non aveva affatto <strong>di</strong>menticato, e il<br />

suo o<strong>di</strong>o nei confronti dei responsabili era cresciuto.<br />

Era cresciuto a <strong>di</strong>smisura.<br />

Il Gorse si mosse con agilità attraverso la notte. Gli occorreva poco tempo<br />

per giungere alla sua destinazione, e non aveva alcuna fretta. Aveva atteso<br />

che Horris Kew e l'uccello si addormentassero, non volendo che venissero<br />

a conoscenza <strong>di</strong> certi dettagli, poiché era necessario che continuassero<br />

a credere che fosse loro amico. Naturalmente, non lo era affatto.<br />

L'uomo e l'uccello non erano che delle pe<strong>di</strong>ne, e il Gorse li stava usando<br />

come tali. Se loro preferivano credere un'altra cosa, se sceglievano <strong>di</strong> crederci<br />

perché erano sciocchi e avi<strong>di</strong>, era giusto che fosse così. Era il corso<br />

naturale delle cose. Si trattava <strong>di</strong> creature mortali, e <strong>di</strong> conseguenza non<br />

valevano nulla in confronto al Gorse. Erano sacrificabili.


Superò una collina e si trovò ai margini del Cuore. Lì si fermò per sondare<br />

la situazione; sondò con la vista e con l'u<strong>di</strong>to, con il tatto e con l'olfatto,<br />

e scoprì che non vi era nulla <strong>di</strong> strano, nulla <strong>di</strong> minaccioso. Scrutò attraverso<br />

le file <strong>di</strong> cuscini <strong>di</strong> velluto, oltre il palco e i suoi stendar<strong>di</strong>, oltre il<br />

cerchio <strong>di</strong> Bonnie Blu. Assaporò la presenza della magia che si sollevava<br />

dalla terra, qui nel punto in cui sgorgava la vita della terra stessa. Il potere<br />

<strong>di</strong> quella magia era enorme, ma il Gorse non era ancora pronto per utilizzarla.<br />

Quella notte gli sarebbe servita per uno scopo <strong>di</strong>verso. Una magia<br />

maggiore poteva essere utilizzata per mascherare l'evocazione <strong>di</strong> una minore.<br />

E così sarebbe stato in quel caso.<br />

Il Gorse si raccolse e mandò fuori gli appelli che aveva preparato. Linee<br />

<strong>di</strong> fuoco prive <strong>di</strong> calore e <strong>di</strong> fumo si infilarono nella terra e scomparvero. Il<br />

responso fu imme<strong>di</strong>ato; un rombo sordo e possente, il suono <strong>di</strong> una grande<br />

parete <strong>di</strong> pietra che cedeva. Il rombo durò per poco, poi scemò.<br />

Il Gorse attese nel silenzio.<br />

Poi l'aria davanti a lui si lacerò come fosse composta <strong>di</strong> stoffa, spalancandosi<br />

nel giro <strong>di</strong> un attimo. Dallo squarcio risuonò un tuono profondo e<br />

minaccioso. Un buco si aprì improvvisamente nella notte, e da quel buco<br />

salì lo strepitio metallico <strong>di</strong> cavalieri in armatura e lo scalpitare e il sibilare<br />

dei loro destrieri. I suoni raggiunsero un livello assordante man mano che<br />

si avvicinavano, aumentando la loro velocità. Un vento feroce spazzò il<br />

Cuore, facendo sventolare selvaggiamente le ban<strong>di</strong>ere in cima agli stendar<strong>di</strong><br />

e ululando fra le cime degli alberi.<br />

Il Gorse rimase dov'era.<br />

Coloro che aveva evocato si materializzarono dalla <strong>di</strong>storsione spaziotemporale<br />

in un turbine <strong>di</strong> suono e <strong>di</strong> vento. Erano tutti in armatura, irti <strong>di</strong><br />

spuntoni e armi <strong>di</strong> tutti i generi, e cavalcavano creature da incubo i cui<br />

nomi non erano riconoscibili. Erano in cinque, creature enormi e scure che<br />

fumavano nonostante il calore e l'umi<strong>di</strong>tà della notte e i cui fiati sibilavano<br />

e gracchiavano attraverso i visori dei loro elmi. Erano esili e oscuri come<br />

fantasmi dalla pelle scura, e il puzzo emanato dai loro corpi era qualcosa <strong>di</strong><br />

terribile.<br />

I demoni <strong>di</strong> Abaddon erano arrivati.<br />

Davanti a tutti vi era colui che era stato designato come capo, un mostro<br />

enorme e spigoloso sulla cui armatura erano stati intagliati dei serpenti e<br />

attorno al cui collo penzolavano le teste recise dei suoi nemici. Fece un<br />

cenno agli altri, che si allargarono a ventaglio con le armi in pugno. Come<br />

un sol uomo, avanzarono verso il Gorse.


Il Gorse li lasciò avvicinare. Quando furono abbastanza vicini da potervi<br />

sputare sopra, scomparve davanti ai loro occhi in un lampo <strong>di</strong> luce verde,<br />

riapparve come uno <strong>di</strong> loro, scomparve <strong>di</strong> nuovo e riapparve infine come<br />

un paio <strong>di</strong> occhi <strong>di</strong> serpente. Si infilò nelle loro armature e li leccò amorevolmente,<br />

mostrando loro che erano spiriti consanguinei. Evocò immagini<br />

degli orrori che aveva compiuto ai tempi nei confronti della sua gente e lasciò<br />

che i demoni assaporassero la sua malvagità.<br />

Quando i demoni furono convinti che si trattava <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> loro, che era<br />

potente quanto loro e che li aveva evocati per un motivo ben preciso, il<br />

Gorse emise un sottile sibilo per catturare l'attenzione delle loro orecchie.<br />

«Vi piacerebbe» <strong>di</strong>sse «se preparassi per voi una strada che vi permettesse<br />

<strong>di</strong> venire su Landover senza problemi?»<br />

Fece una pausa, sentendoli grugnire <strong>di</strong> aspettativa. Era troppo facile. «Vi<br />

piacerebbe avere Landover e la sua gente, tutto per voi, per sempre?»<br />

Decisamente troppo facile.<br />

Visione<br />

Dopo aver lasciato la Madre Terra, Willow si incamminò nella foresta in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Elderew, persa nei suoi pensieri. Era una giornata limpida e<br />

soleggiata, ricca del profumo dei fiori selvatici estivi e delle erbe ver<strong>di</strong>, e<br />

la foresta era viva e risuonava del canto degli uccelli. Sotto la volta dei<br />

gran<strong>di</strong> alberi si stava proprio bene, il clima tiepido e confortevole, ma Willow<br />

non fece caso a nulla <strong>di</strong> tutto ciò. Attraversò tutta quella bellezza senza<br />

nemmeno rendersene conto, persa in qualche recesso della sua stessa<br />

mente, riflettendo in continuazione sul messaggio della Madre Terra a<br />

proposito del nascituro.<br />

Le sue parole la tormentavano. Doveva raccogliere la terra da quel mondo,<br />

dal mondo <strong>di</strong> Ben e dalle nebbie fatate. Affinché suo figlio nascesse<br />

nel modo corretto, doveva mischiare assieme quelle tre terre e mettervi ra<strong>di</strong>ce.<br />

Non sapeva per quanto tempo avrebbe dovuto rimanerci. Non sapeva<br />

quando sarebbe nato suo figlio. Non sapeva nemmeno dove. Non poteva<br />

chiedere a nessuno <strong>di</strong> aiutarla a raccogliere la terra; doveva farlo da sola.<br />

Ben non poteva venire con lei. Non poteva aiutarla. Nessuno poteva aiutarla.<br />

O almeno, quasi nessuno. Il popolo fatato avrebbe scelto una guida per<br />

assisterla nelle ultime due tappe del suo viaggio. Di chi si sarebbe trattato?


Sentì un brivido nonostante il calore della giornata. Nel corso dell'unica<br />

sua visita al mondo <strong>di</strong> Ben era quasi morta, e <strong>di</strong> conseguenza non ne serbava<br />

certo un buon ricordo. E le nebbie fatate erano ancora peggio, poiché<br />

rappresentavano qualcosa <strong>di</strong> sconosciuto; era letteralmente terrorizzata da<br />

ciò che le sarebbe potuto accadere lì. Una ex fata era ad<strong>di</strong>rittura più vulnerabile<br />

<strong>di</strong> un umano davanti alla loro perfi<strong>di</strong>a. Le nebbie potevano sconvolgerti,<br />

erodere la tua ragione e la tua forza, cambiare ciò che eri e che eri<br />

stato fino al punto che potevi ritrovarti completamente perso, <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong><br />

te stesso. Le nebbie tiravano fuori le paure più cupe che tenevi nascoste<br />

dentro <strong>di</strong> te, dando loro forma, conferendo loro un potere che poteva benissimo<br />

<strong>di</strong>struggerti. La vita all'interno delle nebbie era eterea, una creazione<br />

della mente e dell'immaginazione. Era qualcosa <strong>di</strong> magico, in continuo<br />

mutamento. La realtà era ciò che creavi tu stesso, una palude che poteva<br />

inghiottirti senza lasciare tracce.<br />

La paura <strong>di</strong> Willow nei confronti del mondo fatato era l'ere<strong>di</strong>tà trasmessa<br />

dai suoi antenati, coloro che erano stati esseri fatati, coloro che erano<br />

usciti dalle nebbie. Naturalmente non tutti i suoi antenati se ne erano andati;<br />

alcuni erano rimasti in<strong>di</strong>etro, felici del loro stato <strong>di</strong> immortalità. Alcuni<br />

vivevano ancora ed erano ancora esseri fatati. A volte sentiva le loro voci<br />

nel sonno, nei suoi sogni, voci che la chiamavano e le chiedevano <strong>di</strong> tornare<br />

alla loro vita. Ormai erano passati centinaia <strong>di</strong> anni da quando il popolo<br />

delle ex fate aveva lasciato le nebbie, ma il richiamo sussurrato <strong>di</strong> coloro<br />

che vi erano rimasti non cessava mai.<br />

Era un dato <strong>di</strong> fatto per lei, come lo era per tutti coloro che facevano parte<br />

del popolo delle ex fate. Solo che ora sarebbe tornata nonostante tutti gli<br />

avvertimenti che le sconsigliavano <strong>di</strong> farlo, nonostante tutte le parole <strong>di</strong><br />

cautela passate <strong>di</strong> generazione in generazione. Non si può mai tornare in<strong>di</strong>etro.<br />

Non si può. Eppure, lei avrebbe fatto proprio questo. Avrebbe rischiato<br />

la vita e la sanità mentale per amore <strong>di</strong> suo figlio. Le sue esigenze<br />

contro quelle del nascituro, un conflitto che minacciava <strong>di</strong> lacerarla, <strong>di</strong><br />

spezzarla in due.<br />

Proseguì, immersa nei suoi pensieri, <strong>di</strong>scutendo con se stessa. La foresta<br />

iniziò a mutare in maniera percettibile; gli alberi <strong>di</strong>vennero sempre più alti,<br />

l'aspetto del terreno mutò in maniera sottile ma inequivocabile. Si stava<br />

avvicinando a Elderew. Non aveva nessuna intenzione <strong>di</strong> entrare in città.<br />

Suo padre si trovava lì, e non aveva intenzione <strong>di</strong> vederlo. Lui era il Signore<br />

dei Fiumi, il capo del popolo delle ex fate e signore delle Regioni dei<br />

Laghi. Non erano mai stati molto vicini, e si erano <strong>di</strong>staccati ulteriormente


da quando lei aveva sfidato i suoi desideri andando da Ben Holiday. Lei<br />

sapeva che la sua vita e quella <strong>di</strong> Ben erano destinate a essere legate assieme,<br />

fatte l'una per l'altra, e aveva deciso che avrebbe trovato un modo<br />

per stare con lui a prescindere dalle conseguenze. Il fatto che Ben fosse uscito<br />

a <strong>di</strong>ventare Re a scapito <strong>di</strong> altri che desideravano ottenere il potere su<br />

Landover, suo padre compreso, non l'aveva <strong>di</strong> certo aiutata. Anche il fatto<br />

che avesse lasciato la sua gente per andare a vivere con un umano non le<br />

era certo stato <strong>di</strong> aiuto. Inoltre, il rapporto con suo padre era reso ancor più<br />

teso dal fatto che lei rimanesse in contatto con sua madre. Il Signore dei<br />

Fiumi era tuttora innamorato della madre <strong>di</strong> Willow, l'unica donna che aveva<br />

desiderato e non era riuscito a possedere. Avevano dato vita a Willow<br />

nel corso dell'unica notte trascorsa assieme, e poi sua madre, una ninfa dei<br />

boschi talmente selvaggia da poter vivere solo nel più profondo della foresta,<br />

era tornata alla sua vecchia vita. Il Signore dei Fiumi la aveva cercata<br />

molte volte e aveva persino tentato <strong>di</strong> intrappolarla in ben due occasioni,<br />

ma tutti i suoi sforzi si erano sempre rivelati senza esito. La madre <strong>di</strong> Willow<br />

non aveva intenzione <strong>di</strong> tornare da lui. E il fatto che apparisse <strong>di</strong> tanto<br />

in tanto per vedere Willow, per danzare per lei al modo delle fate con<strong>di</strong>videndo<br />

sogni ed emozioni che trascendevano le parole, era un fatto che il<br />

Signore dei Fiumi non riusciva a sopportare. Eppure aveva molte mogli e<br />

moltissimi figli. Avrebbe dovuto essere sod<strong>di</strong>sfatto. Ma non lo era. Willow<br />

era convinta del fatto che non lo sarebbe mai stato, a meno che sua madre<br />

non fosse tornata al suo fianco.<br />

Si fece strada attraverso un corridoio <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> querce bianche e <strong>di</strong> noce<br />

americano che portava al nastro argentato <strong>di</strong> un ruscello che sfociava nell'Irrylyn,<br />

avvicinandosi sempre più ai gran<strong>di</strong> pini dove sua madre sarebbe<br />

venuta a farle visita quella notte. Ripensò alla sua vecchia vita, alla sua vita<br />

prima che conoscesse Ben, lì nella regione dei laghi, alla sua vita <strong>di</strong> figlia<br />

del Signore dei Fiumi. L'aveva trascorsa quasi sempre in solitu<strong>di</strong>ne,<br />

senza mai sentirsi veramente amata. Si era sempre mantenuta in forze grazie<br />

alla sua convinzione <strong>di</strong> ciò che sarebbe stato un giorno, grazie alla prospettiva<br />

dell'incontro con Ben e della sua vita con lui, grazie alla promessa<br />

fattale dalla Madre Terra quando era ancora bambina, grazie al sogno che<br />

la nutriva e la sosteneva. La realizzazione <strong>di</strong> quel sogno aveva tardato parecchio<br />

ad arrivare, pensò, ma alla fine era valsa la pena, e sarebbe valsa la<br />

pena <strong>di</strong> aspettare qualsiasi lasso <strong>di</strong> tempo.<br />

Giunse al torrente, ne seguì il corso fino a un punto poco profondo e lo<br />

attraversò. In quel momento si sentì gli occhi addosso per la prima volta.


Si fermò. Erano fissi e impavi<strong>di</strong>. Si voltò nella <strong>di</strong>rezione dello sguardo, ma<br />

gli occhi erano già scomparsi. Un'ex fata come lei, probabilmente al servizio<br />

<strong>di</strong> suo padre. Avrebbe dovuto immaginare che non poteva entrare nella<br />

regione dei laghi senza essere notata. Avrebbe dovuto immaginare che suo<br />

padre non lo avrebbe mai permesso.<br />

Emise un sospiro. Ora che sapeva della sua presenza, avrebbe insistito<br />

per parlarle. Tanto valeva che lo aspettasse lì dove era.<br />

Tornò a rivolgersi al ruscello, dove si chinò per bere un po' d'acqua.<br />

L'acqua era limpida e aveva un ottimo sapore. Osservò il suo riflesso in<br />

un'increspatura <strong>di</strong> passaggio; una donna minuta ed esile che sembrava poco<br />

più <strong>di</strong> una bambina, con occhi gran<strong>di</strong> ed espressivi e capelli ricchi e<br />

fluenti, il tutto colorato in varie tonalità <strong>di</strong> verde. Lei era quell'immagine,<br />

ciò che riflettevano le acque del torrente, ma era anche, a intervalli regolari,<br />

quell'albero da cui prendeva il nome, il salice. Si trattava <strong>di</strong> una conseguenza<br />

inevitabile della sua ere<strong>di</strong>tà genetica ed era anche la causa <strong>di</strong> quel<br />

viaggio che aveva da poco intrapreso. Pensò per un attimo a come sarebbero<br />

state <strong>di</strong>verse le cose se avesse avuto un altro sangue, se fosse nata da altri<br />

genitori. Ma non era il caso <strong>di</strong> rifletterci per più <strong>di</strong> un istante. Tanto valeva<br />

allora che riflettesse su come sarebbe stato se fosse nata umana.<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>, e trovò il Signore dei Fiumi davanti a sé. Era un uomo<br />

alto e magro, la sua pelle quasi argentea, granulosa e scintillante, i suoi peli<br />

neri e folti attorno al collo e sugli avambracci. I suoi vestiti da foresta erano<br />

larghi, mal tagliati e legati in vita da una cintura. Portava un sottile<br />

<strong>di</strong>adema d'argento sulla fronte, simbolo del suo ufficio. I lineamenti erano<br />

sottili, il naso quasi inesistente, la bocca una linea stretta che non lasciava<br />

trasparire alcuna espressione.<br />

«Molto rapido, anche per te» <strong>di</strong>sse Willow.<br />

«Ho dovuto essere rapido» replicò «poiché apparentemente mia figlia<br />

non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> farmi visita.»<br />

La voce del padre era profonda ed equilibrata. Era solo, ma lei sapeva<br />

bene che la sua scorta era poco <strong>di</strong>stante, nascosta fra gli alberi, pronta ad<br />

accorrere nel caso che l'avesse chiamata.<br />

«Hai ragione» <strong>di</strong>sse. «Non ne avevo intenzione.»<br />

La sua sincerità lo ammutolì per un attimo. «Sono parole piuttosto sfrontate<br />

per una figlia che parla a suo padre. Sei forse <strong>di</strong>ventata troppo buona<br />

per me ora che sei moglie dell'Alto Signore?» La sua voce lasciò trasparire<br />

un accenno <strong>di</strong> rabbia. «Ti sei forse <strong>di</strong>menticata chi eri e da dove vieni? Hai<br />

forse <strong>di</strong>menticato le tue ra<strong>di</strong>ci, Willow?»


Willow colse il riferimento malizioso. «Non ho <strong>di</strong>menticato nulla. Piuttosto,<br />

ricordo fin troppo bene. Non mi sento benvenuta qui, padre. E sono<br />

convinta del fatto che vedermi non ti faccia in fondo molto piacere.»<br />

La fissò per un attimo in silenzio, quin<strong>di</strong> annuì. «Per via <strong>di</strong> tua madre,<br />

<strong>di</strong>ci? Per via dei miei sentimenti nei suoi confronti? Può darsi, Willow. Ma<br />

ho imparato a mettere da parte quei sentimenti. Ho scoperto che è necessario.<br />

Quin<strong>di</strong> sei venuta per vedere lei?»<br />

«Sì.»<br />

«Per via del figlio che porti in grembo?»<br />

Non poté fare a meno <strong>di</strong> sorridere. Avrebbe dovuto immaginarselo. Il<br />

Signore dei Fiumi aveva spie ovunque, e non era stato fatto nessun tentativo<br />

per mantenere segreta la notizia dell'arrivo del futuro erede. «Sì» rispose.<br />

«Figlio tuo e <strong>di</strong> Holiday, l'erede al trono.» Il volto <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong> suo padre<br />

era privo <strong>di</strong> espressione, ma dalla sua voce si poteva intuire qualcosa <strong>di</strong> ciò<br />

che provava. «Immagino che tu sia felice, Willow.»<br />

«Mentre tu non lo sei» <strong>di</strong>chiarò lei con tono calmo.<br />

«Il piccolo non fa parte del popolo delle ex fate e <strong>di</strong> conseguenza non è<br />

uno <strong>di</strong> noi. Tuo figlio sarà mezzo umano, e io preferirei che non fosse così.»<br />

Willow scosse il capo. «Tu ve<strong>di</strong> ogni cosa dal punto <strong>di</strong> vista dei tuoi interessi<br />

personali, padre. Il figlio è <strong>di</strong> Ben Holiday, e <strong>di</strong> conseguenza rappresenta<br />

un ulteriore ostacolo per i tuoi tentativi <strong>di</strong> ottenere il controllo del<br />

trono <strong>di</strong> Landover. Ora non ti basterà più aspettare la sua morte. Dovrai<br />

avere a che fare anche con suo figlio. Non è forse questo che inten<strong>di</strong>?»<br />

Il Signore dei Fiumi si fece avanti, fermandosi davanti a lei. «Non ho intenzione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere con te. Sono deluso dal fatto che tu non abbia voluto<br />

informarmi della nascita <strong>di</strong> mio nipote. Lo avresti detto a tua madre, ma<br />

hai lasciato che io lo venissi a sapere in altri mo<strong>di</strong>.»<br />

«Comunque non è stato poi tanto <strong>di</strong>fficile per te saperlo, non è vero?»<br />

domandò. «Con tutte le spie che hai in giro per il regno...»<br />

Seguì un silenzio duro, nel quale silfide e spirito, figlia e padre rimasero<br />

uno davanti all'altra, separati da una <strong>di</strong>stanza che non poteva essere misurata.<br />

Dopo un po', il Signore dei Fiumi <strong>di</strong>stolse lo sguardo. Il sole si rifletté<br />

sulla sua pelle argentata mentre scrutava fra le ombre dei gran<strong>di</strong> alberi della<br />

foresta. «Questa è la mia terra madre. Questa è la mia gente. Per me è<br />

molto importante ricordarmi <strong>di</strong> loro per primi in ogni cosa. Tu hai <strong>di</strong>men-


ticato il significato <strong>di</strong> ciò. Noi ve<strong>di</strong>amo le cose in modo <strong>di</strong>fferente, Willow.<br />

É sempre stato così. Non ti sono mai stato abbastanza vicino da trovare<br />

un modo per far sì che non fosse così. In parte è anche colpa mia. Il<br />

nostro rapporto è stato rovinato dal rifiuto <strong>di</strong> tua madre <strong>di</strong> venire a vivere<br />

con me. Non riuscivo a guardarti in faccia senza vedere anche lei.»<br />

Scrollò le spalle con un movimento lento e voluto, ripensando a un passato<br />

che ora non poteva più riavere. «Eppure io ti ho amata, figlia. Ti amo<br />

tuttora.» Tornò a rivolgerle il suo sguardo. «Tu non mi cre<strong>di</strong>, vero? Non<br />

sai accettare questo fatto.»<br />

Willow sentì qualcosa che si muoveva dentro <strong>di</strong> sé, il ricordo <strong>di</strong> un tempo<br />

in cui non avrebbe desiderato altro al mondo. «Se mi ami veramente»<br />

<strong>di</strong>sse con tono cauto «allora promettimi che proteggerai sempre mio figlio.»<br />

Suo padre la fissò a lungo e intensamente, come se vedesse qualcun altro<br />

in lei. Dopo<strong>di</strong>ché, si appoggiò una mano al petto. Willow si sorprese nel<br />

constatare quanto fosse <strong>di</strong>ventata nodosa quella mano. Il Signore dei Fiumi<br />

stava invecchiando. «Ti do la mia parola» <strong>di</strong>sse. «Per quanto mi sarà possibile,<br />

farò <strong>di</strong> tutto per garantire l'incolumità <strong>di</strong> mio nipote.» Fece una pausa.<br />

«Ma non era necessario chiedermi <strong>di</strong> promettere una cosa simile.»<br />

Willow mantenne lo sguardo fisso su <strong>di</strong> lui. «Io invece credo che lo fosse.»<br />

La mano del Signore dei Fiumi cadde nuovamente al suo fianco. «Sei<br />

troppo dura nei miei confronti. Ma ti capisco.» Alzò lo sguardo al cielo.<br />

«Ora te ne vai da tua madre o vuoi venire in città, a casa mia? Tua madre»<br />

continuò <strong>di</strong> tutta fretta «non verrà fino a stanotte.»<br />

Willow ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione, pensando che in fondo avrebbe anche<br />

potuto accettare quell'invito. Sentiva che le era stato offerto per cortesia<br />

e non per interesse. Ciò nonostante, scosse il capo. «No, preferisco proseguire»<br />

<strong>di</strong>sse. «Devo... voglio rimanere un po' da sola prima <strong>di</strong> vederla.»<br />

Suo padre annuì, come se si fosse aspettato quella risposta. «Cre<strong>di</strong><br />

che...» Si bloccò sulle parole, incapace <strong>di</strong> finire la frase. Willow rimase in<br />

attesa. Il Signore dei Fiumi scostò lo sguardo, quin<strong>di</strong> tornò a fissarla.<br />

«Cre<strong>di</strong> che danzerebbe anche per me?»<br />

Willow provò un improvviso senso <strong>di</strong> tristezza nei confronti del padre.<br />

Era stato molto <strong>di</strong>fficile per lui porre quella domanda. «No, non credo.<br />

Non credo che si farà nemmeno vedere se verrai con me.»


Annuì <strong>di</strong> nuovo, come se si fosse aspettato anche questa risposta. Willow<br />

allungò una mano e strinse quella <strong>di</strong> suo padre. «Ma le chiederò se<br />

vorrà danzare per te in un'altra occasione.»<br />

La mano del padre si strinse attorno alla sua. Rimasero così ancora per<br />

un po', dopo<strong>di</strong>ché il Signore dei Fiumi parlò <strong>di</strong> nuovo. «Ti voglio <strong>di</strong>re una<br />

cosa, Willow. Che tu mi voglia credere o meno, questo <strong>di</strong>pende solo da te.<br />

Ma i miei sogni sono certi e la mia visione è veritiera, poiché fra tutte le ex<br />

fate io sono il più potente e il più vicino ai vecchi mon<strong>di</strong>. Quin<strong>di</strong> ti chiedo<br />

<strong>di</strong> ascoltarmi. Ancor prima che venissi informato della sua prossima nascita,<br />

sapevo già <strong>di</strong> tuo figlio. Lo avevo già sognato. E i sogni mi in<strong>di</strong>cano<br />

che il percorso della tua vita verrà segnato dalla nascita <strong>di</strong> questo figlio.<br />

Dovrete trovare un modo per affrontare con grande forza i cambiamenti<br />

che porterà, sia te sia l'Alto Signore.»<br />

Willow deglutì la sua improvvisa paura. «Hai visto il volto <strong>di</strong> mio figlio?<br />

Hai visto qualcosa che mi puoi <strong>di</strong>re?»<br />

Il Signore dei Fiumi scosse il capo lentamente. «No, Willow. I miei sogni<br />

del piccolo sono troppo vasti per i tuoi interessi specifici. I miei sogni<br />

non sono altro che ombre e luci sul percorso <strong>di</strong> una vita. Se vuoi sapere i<br />

particolari, rivolgiti alla Madre Terra. Forse la sua visione è più chiara della<br />

mia.»<br />

Willow annuì. Suo padre non poteva sapere che aveva già parlato all'elemento<br />

fondamentale. La Madre Terra non lo avrebbe mai permesso. «Farò<br />

come mi hai consigliato. Grazie.»<br />

Willow lasciò la sua mano e fece un passo in<strong>di</strong>etro. Si voltò e si incamminò<br />

verso la foresta. «Non tenterai <strong>di</strong> seguirmi?» <strong>di</strong>sse voltandosi.<br />

Suo padre scosse ancora una volta il capo. «No. Se tu ti ricorderai <strong>di</strong><br />

chiedere della danza.»<br />

Si voltò. «Lo farò.»<br />

Proseguì nel suo cammino senza più voltarsi.<br />

Il resto della giornata trascorse rapida, fra deboli venticelli e ombre che<br />

si allungavano, con il sole che si faceva lentamente strada verso occidente<br />

attraverso il cielo terso per poi sparire finalmente <strong>di</strong>etro l'orizzonte in un<br />

bagno <strong>di</strong> luce color cremisi. Willow si sedette fra i vecchi pini al margine<br />

della radura e attese la notte e l'arrivo della madre. Era giunta in anticipo,<br />

quin<strong>di</strong> passò il tempo a considerare la <strong>di</strong>rezione che stava prendendo la sua<br />

vita. Scoprì che era una cosa <strong>di</strong> cui aveva bisogno.


Quando era piccola, veniva spesso ai vecchi pini a cercare sua madre. Lo<br />

faceva spinta dal bisogno <strong>di</strong> sapere come era fatta sua madre e dalla sensazione<br />

che, conoscendola, avrebbe saputo <strong>di</strong> più anche <strong>di</strong> se stessa. La Madre<br />

Terra l'aveva avvertita del fatto che sua madre avrebbe potuto rimanere<br />

celata per lungo tempo, che sarebbe stata reticente o forse ad<strong>di</strong>rittura impaurita<br />

dall'idea <strong>di</strong> affrontare la figlia che aveva abbandonata. Ma Willow<br />

era più determinata e più testarda <strong>di</strong> quanto la gente non credesse, anche<br />

allora.<br />

Del resto, Willow non era mai stata come la gente la credeva. Aveva iniziato<br />

la sua vita come una bambina piccola, timida e introversa, non molto<br />

carina, priva dei benefici dati dalla guida <strong>di</strong> una madre o dall'interesse <strong>di</strong><br />

un padre, e non vi era alcun motivo per pensare che sarebbe cambiata. Ma<br />

lei aveva sorpreso tutti quanti. La Madre Terra l'aveva aiutata molto con i<br />

suoi incoraggiamenti e i suoi insegnamenti, ma più che altro era stata la<br />

stessa Willow che era riuscita a compiere la trasformazione, e se vi era riuscita<br />

era soprattutto per via della sua determinazione. Dapprincipio aveva<br />

tenuto la cosa per sé. Rimanendo gran parte del tempo per conto suo, scoprì<br />

presto che se voleva veramente una cosa doveva uscire fuori e ottenerla<br />

autonomamente. Imparò a tenere duro, a tirarsi su le maniche, a lavorare<br />

sodo e a essere paziente. Imparò che se volevi veramente una cosa, potevi<br />

sempre trovare un modo per ottenerla. La sua tenacia a livello mentale c'era<br />

sempre stata; il resto era venuto in seguito. Divenne bellissima, anche se<br />

lei non pensò mai <strong>di</strong> esserlo. Gli altri la trovavano sconvolgente, ma lei si<br />

considerava troppo esotica. Essendo costretta a fare gran parte delle cose<br />

per conto suo, aveva imparato a essere amichevole e <strong>di</strong>retta. Imparò a non<br />

avere paura <strong>di</strong> nulla e <strong>di</strong> nessuno. Imparò a sviluppare le sue abilità e le<br />

sue conoscenze con la stessa feroce determinazione che caratterizzava ogni<br />

suo gesto. Ma non perché aveva paura <strong>di</strong> fallire; non pensò mai nemmeno<br />

per un istante che potesse fallire. Era così perché era l'unico modo che conosceva.<br />

Alla fine dei conti, dovette aspettare quasi tre anni prima che sua madre<br />

venisse. Si recava ai vecchi pini almeno una volta alla settimana. Aspettava<br />

tutto il giorno e a volte anche tutta la notte. L'attesa era stremante, ma<br />

non certo insopportabile. E sebbene non vedesse mai sua madre, a volte le<br />

capitava <strong>di</strong> percepirne la presenza. La sensazione veniva assieme a uno<br />

stormire <strong>di</strong> foglie, a un piccolo suono <strong>di</strong> animale, a un sussurro del vento,<br />

o a un profumo <strong>di</strong> fiori nuovi. Non era mai la stessa, ma era sempre riconoscibile.<br />

Incoraggiata da quelle piccole manifestazioni, le raccontava alla


Madre Terra, e la Madre Terra le <strong>di</strong>ceva sì, quella è tua madre. Ti sta guardando.<br />

Ti sta giu<strong>di</strong>cando. Forse un giorno si mostrerà a te.<br />

E infatti un giorno accadde. Apparve a mezzanotte, nel cuore dell'estate,<br />

nel bagliore della luna, balzando e vorticando dagli alberi alla radura, danzando<br />

per la bambina che aveva atteso tanto per vederla. Vi era un che <strong>di</strong><br />

magico nella danza e nella venuta <strong>di</strong> sua madre, e da allora e per sempre<br />

Willow seppe che la sua vita sarebbe stata speciale e piena <strong>di</strong> meraviglie.<br />

Ora, dopo molti anni e molte visite ai vecchi pini, era tornata ancora una<br />

volta. Era tornata per <strong>di</strong>re a sua madre del figlio che portava in grembo, del<br />

viaggio che stava per intraprendere e degli avvertimenti che le erano stati<br />

fatti. Le sue emozioni erano fortemente contrastanti. Da una parte era emozionata<br />

per la prossima nascita del figlio suo e <strong>di</strong> Ben, dall'altra era scoraggiata<br />

dall'idea del viaggio e spaventata dagli avvertimenti della Madre<br />

Terra e <strong>di</strong> suo padre. Quest'ultima cosa la turbava in maniera particolare,<br />

poiché non poteva certo sottovalutare il consiglio delle due creature più<br />

magiche e più potenti <strong>di</strong> tutta Landover; entrambe le avevano detto che<br />

doveva stare attenta e che quel figlio che desiderava tanto avrebbe cambiato<br />

tutta la sua vita.<br />

Willow cercò <strong>di</strong> inquadrare le sue emozioni mentre aspettava l'arrivo<br />

dell'oscurità. Rifletté sugli avvertimenti che le erano stati fatti. Ma non<br />

apprese nulla <strong>di</strong> nuovo. Si trattava <strong>di</strong> un semplice esercizio per abituarsi a<br />

ciò che provava e pensava. Se ci fosse stato Ben, ne avrebbe parlato con<br />

lui. Ma dato che non c'era, era costretta a usare il metodo che aveva utilizzato<br />

tante volte quando era bambina.<br />

In ogni caso, sperava <strong>di</strong> poter ricevere qualche tipo <strong>di</strong> aiuto da sua madre.<br />

Avrebbero comunicato come sempre, attraverso la danza delle ninfe<br />

del bosco. La danza avrebbe dato vita a una visione, e la visione avrebbe<br />

dato delle risposte. Era stato così in molte occasioni, e Willow sperava ardentemente<br />

che sarebbe stato così anche adesso.<br />

Il crepuscolo calò sulla terra e apparvero le prime stelle. Nel cielo del<br />

nord, poco sopra l'orizzonte, erano visibili due lune, una color malva e l'altra<br />

color pesca. L'aria notturna era fragrante e ricca del profumo degli aghi<br />

<strong>di</strong> pino e dei fiori selvatici, la radura immersa nel silenzio. Willow rimase<br />

seduta pensando a Ben. Desiderava tanto che fosse lì con lei. Sarebbe stato<br />

tutto molto più facile per lei con il suo sposo al fianco. Non le piaceva affatto<br />

essere separata da lui. Non si sentiva completa senza <strong>di</strong> lui.<br />

Verso la mezzanotte, apparve sua madre. Balzò fuori dagli alberi con<br />

una serie <strong>di</strong> movimenti svolazzanti che la portarono da una zona d'ombra


all'altra. Era una creatura minuta, effimera, con lunghi capelli color argento,<br />

pelle verde pallida come quella <strong>di</strong> Willow e un corpo da bambina. Non<br />

indossava nulla. Sfrecciò danzando ai margini della radura come se stesse<br />

sperimentando le acque <strong>di</strong> un lago illuminato dalla luna, quin<strong>di</strong> scomparve<br />

nuovamente fra gli alberi.<br />

Willow attese, carica <strong>di</strong> aspettativa.<br />

Sua madre balzò improvvisamente fuori in un bagliore <strong>di</strong> pelle argentea,<br />

vorticando rapida davanti a lei, sfiorandole una guancia con il tocco vellutato<br />

delle <strong>di</strong>ta per poi scomparire ancora una volta.<br />

«Madre?» chiamò Willow a bassa voce.<br />

Un attimo dopo sua madre uscì danzando dagli alberi, piazzandosi nel<br />

centro esatto della radura, dove la luce delle stelle la illuminava perfettamente.<br />

Vortice, si contorse e balzò con agilità sotto la luminosità argentata<br />

muovendo le braccia in maniera fluida, chiamando a sé sua figlia con il<br />

movimento. Willow sollevò le braccia a sua volta in risposta. Non si toccarono,<br />

ma le parole iniziarono a fluire fra loro, percepite solo a livello cerebrale,<br />

visioni nate dai pensieri.<br />

Willow ricordò la promessa fatta a suo padre e le comunicò innanzitutto<br />

il suo desiderio <strong>di</strong> vederla danzare per lui. Sua madre si ritrasse imme<strong>di</strong>atamente,<br />

lasciando perdere la questione. Allora le parlò <strong>di</strong> Ben e della sua<br />

vita a Sterling Silver. Questa volta vi era felicità nella risposta <strong>di</strong> sua madre,<br />

per quanto fosse piuttosto misurata, poiché sua madre non capiva la<br />

vita che andava al <strong>di</strong> là della foresta e della danza, una vita che fosse <strong>di</strong>versa<br />

dalla sua. Era felice per Willow, ma in maniera abbastanza <strong>di</strong>staccata;<br />

non poteva offrirle <strong>di</strong> meglio. Willow aveva già imparato da tempo a<br />

prendere per buono ciò che sua madre le dava, accettandola per quello che<br />

era.<br />

Lasciò quin<strong>di</strong> che sua madre le parlasse attraverso la sua danza, con<strong>di</strong>videndo<br />

con lei la gioia che provava. Una volta, Willow trovava letteralmente<br />

esaltante quella sua gioia. Ora invece le sembrava una cosa incompleta,<br />

stranamente vuota, una felicità circoscritta strettamente legata all'indulgenza<br />

e alla gratificazione personale, priva <strong>di</strong> interesse o <strong>di</strong> coinvolgimento<br />

nei confronti degli altri, strana da una parte e triste dall'altra. In verità nessuna<br />

delle due era in grado <strong>di</strong> comprendere appieno le sensazioni dell'altra,<br />

<strong>di</strong> questo Willow si rendeva perfettamente conto. Ciò nonostante con<strong>di</strong>videvano<br />

ciò che potevano, scambiandosi messaggi <strong>di</strong> rassicurazione e <strong>di</strong><br />

gratitu<strong>di</strong>ne, riconfermando il legame che esisteva fra loro.


Poi Willow raccontò a sua madre del figlio e dell'impresa che avrebbe<br />

affrontato, che l'avrebbe portata da Landover alla Terra alle nebbie fatate.<br />

Il responso <strong>di</strong> sua madre fu imme<strong>di</strong>ato. La danza <strong>di</strong>venne più selvaggia e<br />

frenetica. Il silenzio della notte si approfondì e il mondo al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella<br />

radura illuminata dalle stelle scivolò via nell'oscurità. Non vi erano altro<br />

che madre, figlia, e la danza che con<strong>di</strong>videvano. Willow osservò rapita,<br />

sconvolta dalla grazia e dalla bellezza <strong>di</strong> sua madre, dalla forza della sua<br />

presenza dal modo istintivo in cui rispondeva alle esigenze particolari <strong>di</strong><br />

sua figlia.<br />

Così, attraverso gli strani e impossibili movimenti vorticosi della danza,<br />

apparve finalmente la visione che Willow aveva anticipato, invadendo con<br />

la sua forza lo spazio <strong>di</strong> luce fra loro.<br />

Solo che la visione non riguardava suo figlio, ma bensì Ben. Era perso,<br />

questo Willow lo percepì imme<strong>di</strong>atamente. Ben era perso, ma in un modo<br />

che Willow non riusciva bene a capire. Era se stesso, ma allo stesso tempo<br />

era anche qualcun altro. Non era solo. Era accompagnato da altri due, e<br />

Willow trasalì quando riconobbe <strong>di</strong> chi si trattava. Nightshade la strega e<br />

Strabo il drago. I tre si muovevano in un pantano <strong>di</strong> nebbia e luce grigia<br />

che emanava sia dall'interno sia dall'esterno. Stavano camminando con fare<br />

<strong>di</strong>sperato, alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa che nemmeno lei riusciva a vedere,<br />

spingendosi <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là nel loro futile sforzo <strong>di</strong> ricerca.<br />

Poi vide se stessa, avvolta dalla stessa nebbia e dallo stesso grigiore, anche<br />

lei alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa. Era vicina a loro, eppure lontanissima, abbastanza<br />

vicina da poterli toccare eppure assolutamente invisibile e introvabile.<br />

Stava danzando, vorticando in un prisma <strong>di</strong> luce, e non riusciva a<br />

smettere.<br />

Ma vi era anche qualcos'altro. Con un sottile cambiamento <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong><br />

suono, la visione rivelò un ultimo orrore. Nel chiarore della visione, vide<br />

che Ben si stava <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> lei e che lei si stava <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> lui.<br />

E vide anche che tutto ciò stava accadendo nell'ombra, nell'oscurità; si stavano<br />

<strong>di</strong>stanziando l'uno dall'altra. Non si sarebbero mai più ritrovati.<br />

Ben, si sentì gridare con tono <strong>di</strong>sperato. Ben!<br />

Quando la visione svanì, si ritrovò sola. La radura era deserta, sua madre<br />

era scomparsa nel nulla. Willow rimase a fissare il punto in cui sua madre<br />

aveva danzato per lei e cercò <strong>di</strong> capire ciò che le era stato mostrato. Non vi<br />

era stato nulla per suo figlio; tutte le visioni avevano riguardato solo Ben.<br />

Perché? Ben si trovava al sicuro a Sterling Silver, non era certo perso in


una nebbia oscura. E quali circostanze potevano portarlo a unirsi a Nightshade<br />

e Strabo, suoi nemici giurati?<br />

Nulla <strong>di</strong> tutto ciò aveva senso, e questo rendeva il tutto ancor più pazzesco<br />

e inesplicabile.<br />

Ora il suo <strong>di</strong>lemma era <strong>di</strong>venuto pressoché irrisolvibile. Provò il desiderio<br />

<strong>di</strong> tornare imme<strong>di</strong>atamente a Sterling Silver per accertarsi che Ben fosse<br />

al sicuro. L'impulso era talmente forte che arrivò quasi fino al punto <strong>di</strong><br />

partire senza ulteriori ripensamenti.<br />

Ma sapeva bene <strong>di</strong> non poterlo fare. Ormai il suo impegno era de<strong>di</strong>cato a<br />

suo figlio e all'impresa che doveva compiere per garantirgli una nascita sicura.<br />

Non poteva permettersi <strong>di</strong> appesantirsi con il fardello <strong>di</strong> altre preoccupazioni,<br />

a prescindere da quanto fossero importanti, a prescindere da<br />

quanto la toccassero da vicino, almeno finché non avesse portato a termine<br />

ciò che le aveva detto la Madre Terra. Anche Ben sarebbe stato d'accordo.<br />

Anzi, avrebbe insistito affinché fosse così. Per il momento, doveva cercare<br />

<strong>di</strong> ignorare quella visione. Avrebbe dovuto lasciare che gli eventi seguissero<br />

il loro corso finché non sarebbe stata in grado <strong>di</strong> fare qualcosa per influenzarli<br />

in maniera <strong>di</strong>retta.<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>, sentendosi più stanca <strong>di</strong> quanto non si fosse aspettata,<br />

prosciugata dagli eventi della giornata, e si spostò al centro della radura illuminata<br />

dalle stelle. Si chinò nel punto in cui sua madre aveva danzato e<br />

iniziò a scavare con le mani. Non era un'impresa <strong>di</strong>fficile, poiché il terreno<br />

lì era morbido e facile da raccogliere. Prese <strong>di</strong>verse manciate <strong>di</strong> terra e le<br />

infilò in una borsa che si era portata per le provviste supplementari. Ora<br />

aveva una porzione della magia <strong>di</strong> cui aveva bisogno per suo figlio. Chiuse<br />

la borsa stringendola bene e se la legò alla vita.<br />

Guardò verso oriente, e vide che il cielo stava già iniziando a schiarirsi.<br />

La danza era durata per gran parte della notte.<br />

Si guardò attorno un'ultima volta. La radura era vuota e silenziosa, gli<br />

antichi pini gli unici solenni testimoni che non avrebbero mai raccontato<br />

ciò che avevano visto. Molte cose erano avvenute in quel luogo nel corso<br />

degli anni, molte cose che rimanevano una parte indelebile della sua vita.<br />

E ora anche questo.<br />

«Ad<strong>di</strong>o, Madre» <strong>di</strong>sse a bassa voce, parlando più che altro a se stessa.<br />

«Vorrei tanto che tu potessi venire con me.»<br />

Rimase lì da sola, ripensando ancora una volta alla visione, e si ritrovò<br />

costretta a chiudere gli occhi per sopprimere le sue sensazioni. Che ne era


<strong>di</strong> Ben? Ciò che aveva visto stava realmente accadendo? Strinse ulteriormente<br />

le palpebre per allontanare quelle domande.<br />

Quando riaprì gli occhi, stava già pensando all'impresa che avrebbe dovuto<br />

affrontare. La Terra, il mondo <strong>di</strong> Ben, attraversando le nebbie fatate,<br />

la seconda raccolta <strong>di</strong> terra. Ma dove si doveva recare nel mondo <strong>di</strong> Ben?<br />

In che luogo specifico? Che genere <strong>di</strong> terra doveva raccogliere? Che forma<br />

<strong>di</strong> magia?<br />

E la sua guida...?<br />

In quel momento vide il gatto, seduto su un tronco caduto che si leccava<br />

una zampa. Era un gatto argentato con le zampe, la testa e la coda nere.<br />

Era magro, pulito e non aveva affatto un aspetto selvaggio. L'animale interruppe<br />

la sua pulizia personale e la fissò con occhi smeral<strong>di</strong>ni luminosi<br />

quanto i suoi. Willow provò la strana sensazione che il gatto la stesse aspettando.<br />

Io conosco questo gatto, si rese improvvisamente conto.<br />

«Sì, mi conosci» <strong>di</strong>sse il gatto.<br />

Willow annuì, a corto <strong>di</strong> parole. Avrebbe dovuto immaginarselo. Le fate<br />

le avevano mandato Edgewood Dirk.<br />

I Cristalli dell'Occhio della Mente<br />

Horris Kew si trascinò lentamente lungo la strada che portava a Sterling<br />

Silver fischiettando nervosamente sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno. Ancora pochi<br />

chilometri, tre o quattro al massimo, e sarebbero giunti a destinazione.<br />

L'aspettativa si mischiava con la trepidazione, causando una intensa sensazione<br />

<strong>di</strong> bruciore al centro del suo stomaco. Sudava abbondantemente, e<br />

non solo per il calore. Il tic del suo occhio si manifestava in continuazione,<br />

facendolo sobbalzare in maniera incontrollabile. Era come se stesse facendo<br />

il giocoliere con palle invisibili.<br />

Si guardò alle spalle con ansia. Nessun problema, ogni cosa era al suo<br />

posto. Il mulo da carico era ancora legato all'altro capo della corda che teneva<br />

in mano e lo stava seguendo senza protestare. Le due casse erano saldamente<br />

legate sul dorso dell'animale e Biggar vi era ancora appollaiato in<br />

cima.<br />

«Tieni gli occhi sulla strada, Horris» <strong>di</strong>sse l'uccello.<br />

«Stavo solo controllando» replicò con tono irritato.<br />

«Non ti preoccupare. Ci sono io apposta qui <strong>di</strong>etro. Continua a camminare.<br />

Metti un piede davanti all'altro, e cerca <strong>di</strong> non cadere sul faccione.»


Horris Kew <strong>di</strong>venne improvvisamente paonazzo. Cerca <strong>di</strong> non cadere<br />

sul faccione! Ah, ah! Bella battuta!<br />

Continuando a guardarsi alle spalle, aprì la bocca per <strong>di</strong>re all'uccello <strong>di</strong><br />

chiudere il becco. Inciampò e cadde sul faccione. La strada era secca e<br />

polverosa. Scavò una fossetta non in<strong>di</strong>fferente con il naso e si rialzò con la<br />

bocca piena <strong>di</strong> terra. Sputò con rabbia.<br />

«Non <strong>di</strong>re nulla, Biggar!» sbottò, iniziando a spazzolarsi la terra <strong>di</strong> dosso.<br />

Il suo corpo da spaventapasseri si contorse in maniera violenta nel suo<br />

tentativo <strong>di</strong> ripulirsi. «C'era una buca! Una buca! Se tu non mi avessi <strong>di</strong>stratto,<br />

l'avrei vista e non sarei caduto!»<br />

Biggar emise un sospiro rassegnato. «Perché non evochi una carrozza,<br />

Horris, così ce ne an<strong>di</strong>amo al castello in tutta como<strong>di</strong>tà? O magari un cavallo.<br />

Un cavallo sarebbe ottimo.»<br />

«Un cavallo! Ottima idea, un cavallo!» Horris serrò i pugni con rabbia:<br />

«I<strong>di</strong>ota, dobbiamo essere dei men<strong>di</strong>canti! Dei poveri supplicanti senza un<br />

soldo! Ricor<strong>di</strong> il piano o no?»<br />

Il mulo sba<strong>di</strong>gliò e ragliò rumorosamente. «Chiu<strong>di</strong> il becco!» sbottò<br />

Horris con rabbia.<br />

Biggar sbatté le palpebre e inclinò il capo con aria pensierosa. «Ve<strong>di</strong>amo<br />

un po'. Il piano. Ah, già, il piano. Quello che non funzionerà mai.»<br />

«Non <strong>di</strong>re così!»<br />

«Non <strong>di</strong>re cosa? Che il piano non funzionerà?»<br />

«Shhh!» gli intimò Horris, improvvisamente intimorito, infilando la testa<br />

fra le spalle e guardandosi attorno con fare ansioso. Il suo occhio sobbalzò.<br />

«Potrebbe sentirci!»<br />

«Chi, il Gorse? Qui fuori, sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno, nel mezzo del<br />

nulla?» Biggar tirò su col naso. «Non credo proprio. Si tratta <strong>di</strong> una creatura<br />

notturna, non portata all'esposizione prolungata sotto il sole. Vampirica,<br />

credo che si <strong>di</strong>ca così.»<br />

Horris gli rivolse un'occhiata <strong>di</strong> fuoco. «Sei ben coraggioso quando non<br />

è in giro, nevvero?»<br />

«Sto solo esponendo un fatto.»<br />

«Chissà come mai non lo hai esposto ieri sera. E chissà come mai non<br />

hai avuto nulla da <strong>di</strong>re sul piano quando ci è stato spiegato.»<br />

«Perché, tu cre<strong>di</strong> che il piano sia buono, Horris? Davvero, cre<strong>di</strong> che funzionerà?»<br />

Horris tese la mascella in atteggiamento <strong>di</strong> sfida, piazzandosi in mezzo<br />

alla strada davanti al mulo e all'uccello con le mani chiuse a pugno sui


fianchi. Aveva l'atteggiamento <strong>di</strong> un pugile che affronta l'avversario con il<br />

mento in fuori. «Certo che funzionerà!» <strong>di</strong>chiarò.<br />

Biggar tirò su nuovamente con aria sdegnata. «Ecco. Non <strong>di</strong>co più nulla.<br />

Cosa <strong>di</strong>scuto a fare con questa creatura, con questo Gorse, se tu sarai sempre<br />

lì ad assentire ciecamente a ogni stupida idea che gli viene in mente?<br />

Che cosa dovrei fare, Horris? Non posso mica proteggerti da te stesso.<br />

Quando sei così, non dai ascolto a nessuno. E men che meno a me. In fondo,<br />

non sono altro che il tuo uccellino domestico.»<br />

Horris <strong>di</strong>grignò i denti. «Gli animali domestici dovrebbero riverire i loro<br />

padroni, Biggar. Quando cre<strong>di</strong> che inizierai a farlo?»<br />

«Probabilmente quando avrò un padrone per il quale valga la pena <strong>di</strong><br />

farlo!»<br />

Horris lasciò uscire il fiato con un sibilo. «Non è colpa mia! Nulla <strong>di</strong> tutto<br />

questo è colpa mia! Se il Gorse è qui, è solo colpa tua! Sei stato tu a evocarlo!»<br />

Biggar fece scattare il becco. «Se non sbaglio, sei stato proprio tu a pronunciare<br />

l'incantesimo che lo ha liberato!»<br />

«Ma sei stato tu a <strong>di</strong>rmi quel che dovevo <strong>di</strong>re!»<br />

«Be', nessuno ti costringeva a <strong>di</strong>rlo!»<br />

Horris mollò la corda del mulo. Stava tremando tutto. Faceva molto caldo<br />

sotto il sole <strong>di</strong> mezzogiorno in mezzo alla strada aperta, secca e polverosa,<br />

lontani dal riparo degli alberi della foresta. Gli abiti che indossava,<br />

abiti da supplicante, erano consunti e macchiati <strong>di</strong> sudore, e in più puzzavano.<br />

Stava camminando da poco dopo la mezzanotte, poiché il Gorse voleva<br />

che giungessero alle porte del castello poco prima del tramonto in<br />

modo che venissero ammessi per la notte. Era stanco e affamato (niente<br />

cibo per un supplicante, a meno che non si adattasse a mangiare quelle detestabili<br />

Bonnie Blu), e la sua pazienza era ormai giunta al limite.<br />

«Senti un po', Biggar.» Si rivolse all'uccello con la massima calma che<br />

gli era consentita. «Non ho più intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere con te. Hai avuta la<br />

tua possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa in precedenza e non lo hai fatto. Quin<strong>di</strong> ora<br />

limitati ad ascoltare. Il piano funzionerà, chiaro? Funzionerà! Forse tu pensi<br />

che non sarà così, e forse lo penso anch'io, ma se il Gorse ha detto che<br />

funzionerà, stai sicuro che funzionerà!»<br />

Si piegò in avanti come un albero flessibile in balìa <strong>di</strong> un forte vento.<br />

«Hai visto la facilità con la quale si è liberato <strong>di</strong> Holiday? Per non parlare<br />

<strong>di</strong> Strabo e Nightshade! Biggar, è stato un attimo!» Fece schioccare le <strong>di</strong>ta<br />

in maniera significativa. «Il Gorse ha un sacco <strong>di</strong> potere, nel caso che non


te ne fossi ancora reso conto. Senza il Re, il drago e la strega, chi oserà<br />

mai sfidarlo? Ed è proprio per questo che il piano funzionerà. Ed è proprio<br />

per questo che non ho intenzione <strong>di</strong> pormi domande stupide!»<br />

L'uccello lo fissò senza alcun timore reverenziale. «Dovresti sentirti,<br />

Horris. Dico sul serio. Si è liberato <strong>di</strong> Holiday, della strega e del drago così,<br />

non è vero?» Fece scattare il becco per imitare l'enfasi <strong>di</strong> Horris. «E non<br />

hai mai pensato che potrebbe liberarsi <strong>di</strong> noi altrettanto facilmente? Voglio<br />

<strong>di</strong>re, in fondo, a che cosa gli serviamo noi? Te lo sei mai chiesto questo?<br />

Non siamo altro che dei fattorini per lui, Horris. Nulla più. Corriamo <strong>di</strong><br />

qua e <strong>di</strong> là facendo cose che non è in grado <strong>di</strong> fare da solo, ma una volta<br />

che le abbiamo fatte, cosa succederà? Se questo suo così detto piano funziona,<br />

che cosa ne sarà <strong>di</strong> noi, dopo?»<br />

Horris Kew provò un dolore improvviso alla base dello stomaco. Forse<br />

Biggar aveva ragione. L'immagine <strong>di</strong> Holiday, della strega e del drago che<br />

venivano risucchiati nella Scatola magica era ancora vivida nella sua mente.<br />

Li vedeva ancora mentre lottavano per liberarsi, un attimo prima <strong>di</strong> essere<br />

imprigionati nelle nebbie. Quando aveva raccolto la scatola, aveva<br />

avuto l'impressione <strong>di</strong> sentirli che si agitavano al suo interno come falene<br />

in un vasetto. Si domandò che cosa avesse fatto il Gorse della Scatola magica<br />

dopo che gliel'aveva riportata alla grotta. Si domandò se vi era ancora<br />

spazio al suo interno per altri prigionieri.<br />

Horris deglutì a fatica. «Non ti preoccupare, il Gorse ha bisogno <strong>di</strong> noi»<br />

insistette, anche se ora il suo tono non era più tanto sicuro.<br />

«Perché?» ribatté prontamente Biggar.<br />

«Perché?»<br />

«Non mi ripetere, Horris, te l'ho già detto. Sì, perché? Faresti meglio a<br />

porti almeno un'altra domanda già che ci sei. Se ha in mente <strong>di</strong> darci tutta<br />

Landover, che cosa si terrà per sé? E non venirmi a <strong>di</strong>re che fa tutto questo<br />

per spirito <strong>di</strong> altruismo. Non venirmi a <strong>di</strong>re che non vorrà nulla per se stesso.<br />

Il suo piano dovrà pur portare a qualcosa, e finora non si è certo degnato<br />

<strong>di</strong> spiegarci <strong>di</strong> che si tratta!»<br />

«Okay, okay!» Horris passò sulla <strong>di</strong>fensiva. «Forse c'è qualcosa in più<br />

oltre a ciò che ci viene detto. Certo, perché no? Anzi, guarda, mi è venuta<br />

un'idea! Perché non glielo chie<strong>di</strong>, Biggar? Se sei tanto preoccupato, perché<br />

non glielo chie<strong>di</strong> <strong>di</strong> persona?»<br />

«Per lo stesso motivo che non lo fai tu, Horris! Non gra<strong>di</strong>sco certo l'idea<br />

<strong>di</strong> essere risucchiato nel nulla come Holiday e gli altri!»<br />

«Ma io potrei anche provarci, è questo che stai <strong>di</strong>cendo?»


«Finché ha ancora bisogno <strong>di</strong> te sì! Pensa con il cervello, Horris! Non ti<br />

farà nulla finché ha bisogno <strong>di</strong> te! Sarà dopo che dovrai iniziare a preoccuparti!»<br />

Horris batté i pie<strong>di</strong> con fare esasperato. Il suo volto magro e spigoloso<br />

era ricoperto <strong>di</strong> sudore e polvere. «Ciò che <strong>di</strong>ci è <strong>di</strong> ben poco aiuto ormai<br />

che siamo qui sulla strada a pochi chilometri dal castello del Re, non trovi?»<br />

sbottò con rabbia. «Hai per caso qualche altro consiglio utile?»<br />

Biggar arruffò nuovamente le piume, i suoi occhi scuri fred<strong>di</strong> e privi <strong>di</strong><br />

espressione. «In effetti un'idea l'avrei. La riuscita <strong>di</strong> questo piano <strong>di</strong>pende<br />

esclusivamente dalla magia che ci ha dato il Gorse. Se funziona bene, altrimenti,<br />

siamo finiti. Il cane e il mago <strong>di</strong> corte ci faranno rinchiudere nella<br />

cella più buia e profonda del castello.»<br />

Holiday era il nostro unico alleato al castello, e ora non c'è più. E immagino<br />

che saranno tutti piuttosto nervosi per la sua scomparsa. Cosa sarà <strong>di</strong><br />

noi se la magia non funziona, Horris?<br />

Horris Kew lo scrutò con aria minacciosa. «Non ne posso più <strong>di</strong> questa<br />

storia, Biggar. Anzi, non ne posso più <strong>di</strong> te.»<br />

Biggar rimase impassibile. «Io propongo <strong>di</strong> provarne una per vedere se<br />

funziona prima <strong>di</strong> entrare nella tana del leone.»<br />

L'espressione <strong>di</strong> Horris <strong>di</strong>venne ancor più minacciosa. «Il Gorse ci ha<br />

detto <strong>di</strong> non farlo, ricor<strong>di</strong>? Ci ha avvertiti espressamente <strong>di</strong> non fare una<br />

cosa del genere.»<br />

«E allora?» insistette l'uccello. «Non è mica lui quello che corre i rischi.»<br />

«Ha detto specificamente <strong>di</strong> non usarli per nessun motivo! Ed è stato<br />

piuttosto chiaro al riguardo, se non ricordo male!» Horris stava urlando.<br />

«Magari non stava scherzando, Biggar! Fai conto, e sto <strong>di</strong>cendo fai conto,<br />

che sappia ciò che <strong>di</strong>ce! Dopotutto <strong>di</strong> chi è la magia, pezzo <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ota?»<br />

Biggar sputò a terra (impresa non facile per un uccello). «La tua i<strong>di</strong>ozia<br />

va al <strong>di</strong> là della mia immaginazione, Horris Kew. Sei incre<strong>di</strong>bilmente stupido.<br />

Non ve<strong>di</strong> al <strong>di</strong> là del tuo naso, e per essere un umano, sei anche incre<strong>di</strong>bilmente<br />

codardo!»<br />

A quel punto Horris attaccò; la sua pazienza aveva superato ogni limite,<br />

facendo esplodere la sua rabbia. Ruggendo come un leone infuriato balzò<br />

addosso a Biggar con il preciso intento <strong>di</strong> strappargli via le ali e <strong>di</strong> farlo a<br />

pezzi. Solo che Biggar era un uccello, e gli uccelli possono sfuggire agli<br />

umani con grande facilità, semplicemente alzandosi in volo, cosa che Biggar<br />

fece con un pigro battito <strong>di</strong> ali, sollevandosi giusto quanto bastava per


portarsi fuori portata del potenziale mago, che saltava come un pazzo <strong>di</strong>sperato<br />

cercando <strong>di</strong> afferrarlo. L'unica cosa che riuscì a combinare Horris<br />

fu <strong>di</strong> spaventare il mulo fino al punto da farlo scappare via fra i boschi con<br />

un possente raglio <strong>di</strong> paura.<br />

«Oh, male<strong>di</strong>zione, male<strong>di</strong>zione, male<strong>di</strong>zione!» sbottò Horris, assieme ad<br />

altre imprecazioni meno stampabili, quando finalmente si riprese dal suo<br />

impeto <strong>di</strong> rabbia e si rese conto <strong>di</strong> ciò che aveva fatto.<br />

Nonostante il prezioso aiuto <strong>di</strong> Biggar, ci mise più <strong>di</strong> un'ora a ritrovare il<br />

mulo e le inestimabili casse che trasportava. Esausti, imbronciati e scoraggiati<br />

dal progettare qualsiasi altra cosa, il mago e l'uccello proseguirono<br />

nel loro viaggio.<br />

Quando giunsero finalmente alle porte <strong>di</strong> Sterling Silver, il sole stava<br />

quasi tramontando.<br />

Questor Thews non ne poteva più. Ormai erano passati tre giorni dalla<br />

scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday e ancora non vi era traccia <strong>di</strong> lui. La scorta che<br />

aveva accompagnato l'Alto Signore al Cuore era tornata al castello non appena<br />

si era resa conto <strong>di</strong> averlo perso, e Questor aveva avuto l'opportunità<br />

<strong>di</strong> mandare imme<strong>di</strong>atamente un gruppo <strong>di</strong> soldati alla sua ricerca. La squadra<br />

<strong>di</strong> ricerca aveva controllato tutta la zona circostante al Cuore e anche la<br />

campagna al <strong>di</strong> là, ma senza trovare alcuna traccia dell'Alto Signore. Avevano<br />

trovato Giuris<strong>di</strong>zione legato che pascolava nel punto in cui lo aveva<br />

lasciato Holiday, ma nulla più. Presso il Cuore vi era evidenza <strong>di</strong> qualche<br />

<strong>di</strong>sturbo (qualche ban<strong>di</strong>era sfilacciata, un po' <strong>di</strong> bruciature sui cuscini <strong>di</strong><br />

velluto, un po' <strong>di</strong> terreno smosso) ma non vi era nulla che potesse risultare<br />

utile per capire ciò che era accaduto a Holiday. Questor si era recato lì <strong>di</strong><br />

persona per dare un'occhiata e aveva percepito l'uso <strong>di</strong> magia nell'aria, anche<br />

se in quel luogo vi era tanta <strong>di</strong> quella magia concentrata che era impossibile<br />

stabilire che cosa significassero quelle strane tracce.<br />

Comunque fosse, Ben Holiday risultava assolutamente introvabile. Questor<br />

Thews si era mosso rapidamente per mantenere il fatto segreto, or<strong>di</strong>nando<br />

alle guar<strong>di</strong>e della scorta e ai soldati del gruppo <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> non parlare<br />

con nessuno della faccenda. Solo che era come infilare il <strong>di</strong>to in una<br />

<strong>di</strong>ga che perde, come gli aveva fatto prontamente notare Abernathy. Una<br />

notizia del genere non poteva essere mantenuta segreta per molto tempo.<br />

Prima o poi qualcuno avrebbe parlato, e una volta che si fosse sparsa la<br />

voce che l'Alto Signore era effettivamente scomparso, sarebbero iniziati i<br />

guai seri. Se non fosse stato il Signore dei Fiumi ad alimentarli, indubbia-


mente ci avrebbero pensato i Signori del Greensward, soprattutto Kallendbor<br />

<strong>di</strong> Rhyndweir, il più potente fra i signori e il più acerrimo nemico <strong>di</strong><br />

Ben Holiday. Fra tutti i leader e i nobili <strong>di</strong> Landover, Kallendbor era quello<br />

che aveva risentito più <strong>di</strong> tutti l'ascesa al potere <strong>di</strong> Ben e la sua conseguente<br />

per<strong>di</strong>ta dello stesso potere. Esteriormente, riconosceva l'autorità <strong>di</strong><br />

Holiday e ubbi<strong>di</strong>va ai suoi coman<strong>di</strong>, ma dentro <strong>di</strong> sé ribolliva come una<br />

pentola lasciata per troppo tempo sui fornelli. Ma vi erano anche molti altri<br />

che avrebbero gioito nell'apprendere la notizia della scomparsa del Re, a<br />

prescindere dalle circostanze, e Questor sapeva bene che doveva fare qualcosa<br />

per mettere imme<strong>di</strong>atamente a tacere qualsiasi voce circolasse in proposito.<br />

Alla fine era venuto fuori con un piano piuttosto ingegnoso, un piano<br />

che aveva con<strong>di</strong>viso solo con Abernathy e i cobol<strong>di</strong>, mantenendo il numero<br />

<strong>di</strong> persone che lo conoscevano a quattro solamente. In pratica, fece annunciare<br />

ad Abernathy che le ricerche erano concluse e che l'Alto Signore<br />

era tornato al castello. Per convincere la gente del castello che l'annuncio<br />

era veritiero e non semplicemente un'altra voce che girava, usò la sua magia<br />

per creare un'immagine <strong>di</strong> Ben Holiday che passeggiava sui bastioni<br />

del castello a mezzogiorno, quando poteva essere visto chiaramente da tutti.<br />

Gli fece persino salutare la gente. Ripete lo stratagemma <strong>di</strong>verse volte,<br />

assicurandosi ogni volta che vi fossero parecchi testimoni. Come sempre<br />

accade, la voce si sparse con la rapi<strong>di</strong>tà tipica del pettegolezzo.<br />

Nel frattempo, Questor sfruttò ogni minuto <strong>di</strong>sponibile (che non era mai<br />

abbastanza) usando la rapida magia viaggiatrice del Landsview per scrutare<br />

la campagna alla ricerca <strong>di</strong> Holiday. Ma i suoi sforzi non portarono ad<br />

alcun risultato. Non vi era alcuna traccia dell'Alto Signore.<br />

Naturalmente, la vita a Sterling Silver andava avanti, con o senza Holiday;<br />

era <strong>di</strong> vitale importanza che venissero sbrigate tutte le faccende che<br />

andavano sbrigate, e che venissero portate a termine come le avrebbe portate<br />

a termine lo stesso Holiday. Questa era un'impresa ben più <strong>di</strong>fficile<br />

che l'evocazione <strong>di</strong> un'immagine o due. Non essendoci Holiday a ricevere<br />

il grande numero <strong>di</strong> rappresentanti e funzionari che venivano da tutta Landover<br />

per parlargli, Questor Thews e Abernathy erano costretti a riceverli<br />

in sua vece, <strong>di</strong>cendo che era stato loro richiesto <strong>di</strong> fare così. Alcuni dei visitatori<br />

avevano percorso lunghe <strong>di</strong>stanze per vedere l'Alto Signore. Altri<br />

ancora erano stati chiamati da lui. Nessuno fra loro era molto felice nel vedersi<br />

rifiutare a quel modo. Questor fu costretto a fare i salti mortali per<br />

evitare che si <strong>di</strong>ffondessero sospetti. Falsificò la firma dell'Alto Signore e


la usò per sigillare gli or<strong>di</strong>ni. Distribuì doni, premi e citazioni <strong>di</strong> merito a<br />

nome del Re. Tentò persino <strong>di</strong> usare la sua magia per far sentire la voce<br />

dell'Alto Signore da <strong>di</strong>etro una tenda. Solo che questo suo sforzo produsse<br />

una voce <strong>di</strong> donna e portò coloro che erano presenti a fissarsi con aria incredula,<br />

domandandosi chi fosse la donna <strong>di</strong>etro la tenda assieme all'Alto<br />

Signore. Questor fu costretto a salvare la situazione <strong>di</strong>chiarando che si trattava<br />

<strong>di</strong> una cameriera che aveva preso Holiday per un intruso. Alcuni aspetti<br />

della sua arte magica andavano ancora perfezionati.<br />

Poi vi era anche la questione dell'assenza <strong>di</strong> Willow, i particolari della<br />

quale l'Alto Signore non si era degnato <strong>di</strong> spiegare loro prima <strong>di</strong> scomparire.<br />

Di conseguenza al momento non vi era una sola persona scomparsa, ma<br />

ben due. Ma dato che Holiday non era sembrato particolarmente preoccupato<br />

dalla scomparsa della sua sposa, Questor decise che non era il caso <strong>di</strong><br />

preoccuparsi anche <strong>di</strong> questo, almeno non per il momento. In realtà l'unico<br />

motivo valido per cercarla (dato che non aveva nessun motivo particolare<br />

per preoccuparsi per la sua incolumità) era quello <strong>di</strong> avvertirla della scomparsa<br />

dell'Alto Signore. Questor decise che non aveva bisogno <strong>di</strong> quella<br />

complicazione in più nella sua vita. Se Holiday non riappariva prima della<br />

comparsa della silfide, le avrebbe comunicato la notizia <strong>di</strong> persona in quel<br />

frangente. In fondo, non poteva fare molto <strong>di</strong> più.<br />

Il che, al momento, non era affatto sufficiente. Cercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre il suo<br />

tempo fra le necessità dei suoi doveri e le richieste delle sue macchinazioni<br />

era un'impresa che stava iniziando a snervarlo. Così, quando apparve Abernathy<br />

sulla porta del suo stu<strong>di</strong>o poco prima del tramonto del terzo giorno<br />

dalla scomparsa <strong>di</strong> Ben, non era assolutamente dell'umore giusto per<br />

sentire la notizia che portava.<br />

«Horris Kew e il suo uccello sono tornati» annunciò lo scriva no <strong>di</strong> corte<br />

con tono poco entusiasta.<br />

Questor alzò lo sguardo dalla pila <strong>di</strong> incartamenti ai quali era costretto a<br />

lavorare per via dell'assenza dell'Alto Signore ed emise un grugnito. «Ancora?<br />

Che cosa vuole quel buono a nulla?»<br />

Abernathy entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Sembrava<br />

piuttosto abbacchiato, anche per un cane. «Vuole parlare con l'Alto Signore,<br />

che altro? Non è forse questo l'unico motivo per cui la gente vive <strong>di</strong><br />

questi tempi? Ed è inutile che tu mi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> mandarlo via. Per quanto mi<br />

piacerebbe, non posso farlo. Indossa abiti da supplicante, e sono stato costretto<br />

ad ammetterlo.»


Questor si portò le <strong>di</strong>ta alla fronte, massaggiandosi le tempie. «Ti ha per<br />

caso detto che cosa vuole?»<br />

«Ha solo detto che era importante, nient'altro. Non ha nemmeno nominato<br />

la faccenda del suo esilio, se è questo che vuoi sapere.»<br />

«A <strong>di</strong>r la verità, non lo so nemmeno io cosa voglio sapere! A momenti,<br />

non so nemmeno che cosa sto facendo!» Il mago <strong>di</strong> corte <strong>di</strong>ede l'impressione<br />

<strong>di</strong> volersi strappare la barba. «Sai, Abernathy, io sono molto affezionato<br />

all'Alto Signore. Molto. L'ho reclutato io stesso, se ricor<strong>di</strong> bene. Vi<strong>di</strong><br />

qualcosa <strong>di</strong> speciale in lui, e non mi sbagliavo. Era il Re <strong>di</strong> cui avevamo<br />

bisogno, il Re che ci voleva per far tornare Landover nuovamente unita.»<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>. «L'unica cosa che mi scoccia è che scompaia tanto <strong>di</strong><br />

frequente! Quante volte lo ha già fatto ormai? Non riesco proprio a capire<br />

come possa essere cosi sconsiderato nei nostri confronti. Voglio <strong>di</strong>re, andarsene<br />

così, nel cuore della notte, senza avvertire nessuno, lasciando noi a<br />

sbrigare tutte le sue faccende finché non torna. Devo <strong>di</strong>re che trovo la cosa<br />

piuttosto seccante!»<br />

Abernathy <strong>di</strong>stolse lo sguardo e si schiarì la gola. «Be', Questor, in tutta<br />

onestà, bisogna ammettere che molte <strong>di</strong> queste sue scomparse non sono<br />

avvenute per colpa dell'Alto Signore stesso. Sono certo che in molti casi<br />

avrebbe preferito rimanersene qui al castello.»<br />

«Sì, sì, lo so. Per via <strong>di</strong> mio fratello e tutto il resto. L'unicorno nero.»<br />

Questor lasciò perdere ulteriori spiegazioni. «Ciò nonostante, un re ha delle<br />

responsabilità ben precise, e queste non vanno certo prese alla leggera.<br />

Un re dovrebbe sempre consultarsi con i suoi consiglieri per certe cose. É<br />

proprio per questo che esistono i con...»<br />

Si fermò <strong>di</strong> colpo. «Cre<strong>di</strong> forse che sia stato rapito? Ormai ci sarebbe già<br />

giunta la richiesta <strong>di</strong> riscatto. A meno che non lo abbia preso Nightshade.<br />

Lei non sì preoccuperebbe certo <strong>di</strong> chiedere un riscatto, si limiterebbe<br />

semplicemente a eliminarlo! Solo che lui ha il Pala<strong>di</strong>no per proteggersi da<br />

lei. Come mai non ha usato il Pala<strong>di</strong>no per salvarsi da...»<br />

«Questor Thews» tentò <strong>di</strong> interromperlo Abernathy.<br />

«...qualsiasi pericolo in cui si è trovato? Che razza <strong>di</strong> protettore è uno<br />

che lascia il suo padrone in balìa <strong>di</strong>...»<br />

«Mago!» sbottò il cane con tono irritato.<br />

Questor trasalì. «Cos'è, cos'è?»<br />

«Smettila, per l'amor <strong>di</strong> Dio! Che senso ha? Non abbiamo alcuna idea <strong>di</strong><br />

che cosa sia accaduto all'Alto Signore, ma certamente non gli saremo <strong>di</strong><br />

aiuto perdendo le nostre teste! Dobbiamo restare calmi.»


Dobbiamo comportarci come se lui fosse qui con noi, e nel frattempo<br />

sperare che prima o poi si faccia vivo. «Abernathy inspirò profondamente.»<br />

Non hai trovato niente con il Landsview?<br />

Questor scosse il capo con aria sconsolata. «No, nulla.»<br />

«Forse dovresti mandare Bunion a dare un'occhiata in giro. Un coboldo<br />

da solo può coprire più terreno <strong>di</strong> venti gruppi <strong>di</strong> ricerca, e si fa anche notare<br />

molto <strong>di</strong> meno. Bunion è in grado <strong>di</strong> rintracciare chiunque. Forse dovresti<br />

lasciargli tentare <strong>di</strong> rintracciare Holiday.»<br />

«Sì» annuì Questor con aria pensierosa. «Sì, forse è il caso.»<br />

«Nel frattempo» continuò Abernathy, resistendo all'impulso <strong>di</strong> grattarsi<br />

con la zampa posteriore «che ne facciamo <strong>di</strong> Horris Kew?»<br />

Questor si portò nuovamente le <strong>di</strong>ta alle tempie, come se si fosse ricordato<br />

solo allora <strong>di</strong> un terribile mal <strong>di</strong> testa che lo tormentava da tempo.<br />

«Oh, cavolo. Lui. Be', è più che evidente che non può vedere l'Alto Signore.<br />

Male<strong>di</strong>zione, ma perché deve per forza vedere qualcuno?»<br />

«Non deve» rispose Abernathy. «Ma se interpreto corretta mente l'intensità<br />

della sua determinazione, credo che continuerà a insistere finché non<br />

ci riuscirà. Non credo che si limiterà semplice mente ad andarsene.»<br />

Questor emise un sospiro. «No, non lo credo neanch'io.» Fece una pausa,<br />

assumendo un atteggiamento pensieroso. «Abernathy, pensi che io assomigli<br />

per qualche aspetto a quell'uomo?»<br />

Abernathy lo fissò. «Che strana domanda.»<br />

«Be', questo fatto mi preoccupa un poco. Voglio <strong>di</strong>re, in fondo ci occupiamo<br />

entrambi <strong>di</strong> stregoneria, no? E a volte <strong>di</strong>cono che tutti i maghi si assomigliano<br />

fra loro. Lo hai già sentito <strong>di</strong>re, non è vero? Inoltre, siamo entrambi<br />

alti, magri e a volte goffi, abbiamo entrambi un naso piuttosto importante<br />

e... be', lineamenti spigolosi...»<br />

Abernathy sollevò una zampa. «Tu assomigli a Horris Kew quanto io assomiglio<br />

al suo uccello.» Ti prego, smettila con questa storia. Limitati a<br />

decidere se vogliamo vederlo o meno. Io suggerisco <strong>di</strong> vederlo.<br />

Questor annuì. «Sono d'accordo. Togliamocelo <strong>di</strong> mezzo subito.»<br />

Uscirono dalla stanza, attraversarono il corridoio e scesero per due piani<br />

<strong>di</strong> scale fino al luogo in cui venivano tenuti i visitatori in attesa <strong>di</strong> essere<br />

ricevuti. Erano una strana coppia, lo stregone allampanato dai capelli bianchi<br />

con la sua tunica colorata e il cane con il suo pelo ispido e il suo vestito<br />

pretenzioso. Questor si lamentò per tutto il tempo mentre scendevano, borbottando<br />

su questo, imprecando contro quello, mantenendo una tensione<br />

tale che alla fine Abernathy fu costretto a chiedergli in maniera piuttosto


usca <strong>di</strong> chiudere la bocca. Si trattava <strong>di</strong> due vecchi amici le cui storie li<br />

rendevano inevitabilmente inseparabili; erano in grado ognuno <strong>di</strong> seguire i<br />

passi della vita dell'altro come se fosse la loro stessa vita.<br />

«Sai Abernathy» confessò il mago mentre giungevano al pian terreno e<br />

si apprestavano a entrare nel salone d'ingresso «se non fossi quasi certo del<br />

contrario, giurerei che Horris Kew abbia qual cosa a che fare con la scomparsa<br />

<strong>di</strong> Holiday. É esattamente il genere <strong>di</strong> cosa che potrebbe combinare<br />

lui con la sua magia squilibrata, con la sua tendenza a generare guai ovunque,<br />

volente o nolente. Solo che lui non possiede tutto quel potere!» Ci rifletté<br />

sopra. «E non credo nemmeno che sia tanto intelligente da fare una<br />

cosa del genere.»<br />

Abernathy tirò su col naso. «Non è necessario essere intelligenti per essere<br />

pericolosi.»<br />

Attraversarono il salone dell'ingresso fino alla sala d'attesa dove li stavano<br />

aspettando Horris Kew e il suo uccello.<br />

Horris si alzò imme<strong>di</strong>atamente dalla panca sulla quale era seduto. L'uccello<br />

era appollaiato sullo schienale della panca, con i suoi occhi acuti atteggiati<br />

in un'espressione subdola. Accanto a loro, sul pavimento, vi erano<br />

due bauli <strong>di</strong> legno con rinforzi <strong>di</strong> metallo.<br />

«Questor Thews e Abernathy!» esclamò Horris Kew con eccessivo entusiasmo.<br />

«Buona sera a voi! Vi ringrazio per essere venuti a vedermi con<br />

tanta solerzia. Ve ne sono profondamente grato.»<br />

«Horris, saltiamo pure i convenevoli, che non mi sembra il caso. Che<br />

cosa ci fai qui? Se non ricordo male, ti è stato detto <strong>di</strong> tornare quando l'Alto<br />

Signore ti chiamava a sé. Ti ha forse chiamato senza che ne fossimo informati?»<br />

Il mago si produsse in un sorriso imbarazzato. «No, purtroppo non lo ha<br />

ancora fatto. La mia vita procede nella speranza e nell'aspettativa.» Si illuminò<br />

in volto. «Ma non è per questo che sono venuto, Questor. Sono qui<br />

per tutt'altro motivo. Ho delle notizie molto interessanti da con<strong>di</strong>videre con<br />

voi.» Fece una pausa, scrutando con aria speranzosa alle loro spalle. «Immagino<br />

che l'Alto Signore non sia in giro al momento?»<br />

Questor si produsse in una smorfia. «Al momento no. E quali sarebbero<br />

queste notizie che porti, Horris? Spero che non abbiano nulla a che fare<br />

con gli animali.»<br />

«No, no» rispose subito Horris. «Ricordo la mia promessa e non ho intenzione<br />

<strong>di</strong> infrangerla. Niente incantesimi. No, si tratta <strong>di</strong> tutt'altra cosa.»<br />

Fece un'altra pausa. «Posso confidarmi con voi, con voi due in veste <strong>di</strong>


mago <strong>di</strong> corte e scrivano <strong>di</strong> corte, dato che l'Alto Signore è momentaneamente<br />

occupato?»<br />

Questor rispose qualcosa, ma Abernathy stava fissando l'uccello. Stava<br />

forse perdendo la testa o lo aveva sentito sghignazzare? Scrutò il pennuto<br />

con aria sospettosa, ma questi si limitò ad arruffare le piume con in<strong>di</strong>fferenza<br />

e a guardare dalla parte opposta.<br />

«Bene allora» <strong>di</strong>chiarò Horris Kew con tono ufficiale, schiarendosi la<br />

gola. «Vi sono occasioni, piuttosto frequenti devo aggiungere, in cui lo<br />

stress del lavoro e il peso dei doveri ci rendono la vita piuttosto pesante, e<br />

allora abbiamo bisogno <strong>di</strong> qualche sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>versione o <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento per<br />

rilassarci. Sono certo che anche voi sarete d'accordo su questo. Non sto<br />

parlando solo dei nobili, ma anche dell'uomo comune, dei lavoratori dei<br />

campi e delle fabbriche, dei mercanti e dei negozianti delle nostre fattorie<br />

e delle nostre città. Parlo <strong>di</strong> ogni uomo e donna, <strong>di</strong> ogni bambino e bambina,<br />

<strong>di</strong> gente che lotta tutti i giorni per rendere la propria vita più produttiva<br />

e...»<br />

«Vieni al punto, Horris» lo interruppe Questor con tono annoiato. «E<br />

stata una giornata molto lunga.»<br />

Horris si fermò, sorrise e scrollò le spalle. «Benissimo. Un <strong>di</strong>versivo,<br />

quin<strong>di</strong>. Un modo per togliere lo stress dalle nostre vite per qualche ora.<br />

Credo <strong>di</strong> aver trovato qualcosa che serva a questo scopo.»<br />

«Molto encomiabile da parte tua» intervenne Abernathy. «Solo che<br />

qualcuno ha già fatto questa scoperta molto tempo fa. Si chiama gioco. A<br />

volte si fa in gruppi, a volte da soli. Esistono <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> gioco. Hai<br />

forse scoperto un nuovo gioco? É per questo che sei venuto fin qui?»<br />

Horris Kew si produsse in una risatina cortese, per quanto apparisse emessa<br />

attraverso denti stretti. «Oh, no, non si tratta <strong>di</strong> un gioco. E tutt'altra<br />

cosa.» Fece una pausa, quin<strong>di</strong> si chinò in avanti con aria cospiratrice. «Un<br />

cristallo dell'occhio della mente!» sussurrò con tono rauco.<br />

«Un cosa?» domandò Questor Thews corrugando la fronte.<br />

«Un cristallo dell'occhio della mente» ripeté l'altro scandendo bene le<br />

parole. «Lo conoscete?»<br />

Questor non ne aveva mai sentito parlare, ma non voleva ammettere la<br />

sua ignoranza davanti a Horris Kew. «Qualcosina, forse.» Increspò le labbra.<br />

«Ma <strong>di</strong>mmi, <strong>di</strong>mmi comunque <strong>di</strong> che si tratta.»<br />

«Un cristallo» <strong>di</strong>sse Horris, sollevando un <strong>di</strong>to. «Un cristallo nel quale si<br />

può guardare come fosse uno specchio. E quando lo si guarda, il cristallo<br />

ci mostra immagini del passato e del futuro, immagini <strong>di</strong> noi stessi e <strong>di</strong> co-


loro che amiamo. Le immagini sono tutte gradevoli e benvenute, e ci <strong>di</strong>stolgono<br />

momentaneamente dai nostri problemi. È la perfetta <strong>di</strong>versione<br />

dallo stress quoti<strong>di</strong>ano.» Si strofinò le mani. «Ecco, lasciate che ve lo mostri.»<br />

Infilò una mano sotto le sue vesti da supplicante e ne estrasse un cristallo.<br />

Aveva più o meno le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un pollice normale, con cinque facce,<br />

appuntito a un'estremità, piatto dall'altra e abbastanza limpido da poterci<br />

vedere attraverso.<br />

«Volete provarlo?» domandò a Questor Thews, porgendogli il cristallo.<br />

«Aspettate un attimo.» Abernathy si frappose fra i due. «Questo affare è<br />

magico, non è vero?»<br />

Horris annuì con calma. «Sì, lo è.»<br />

«Mi era sembrato <strong>di</strong> averti sentito <strong>di</strong>re che avresti rinunciato agli incantesimi<br />

a meno che non ti venisse richiesto specificamente. Anzi, mi sembra<br />

che tu abbia ad<strong>di</strong>rittura giurato all'Alto Signore che vi avresti rinunciato.<br />

Che ne è stato quin<strong>di</strong> del tuo voto, Horris? Da do ve proviene questo cristallo<br />

se non l'hai evocato con un incantesimo?»<br />

Horris Kew sollevò entrambe le mani con i palmi rivolti all'infuori.<br />

«Non ho infranto la mia promessa, Abernathy. Questo» mostrò il cristallo<br />

per la seconda volta «mi è stato mostrato in sogno. Stavo dormendo nel<br />

profondo dei boschi... uh» ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione «del nord. Stavo<br />

dormendo, dopo una giornata <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione sugli errori della<br />

mia vita, e sognavo. Ebbene, nel sogno mi è stato mostrato il cristallo dell'occhio<br />

della mente. É stata una visione <strong>di</strong> grande potere. Mi ha detto del<br />

cristallo e mi ha detto dove lo si poteva trovare. Mi ha detto <strong>di</strong> andarlo a<br />

cercare. Quando mi sono svegliato, mi sono trovato spinto a fare ciò che<br />

mi era stato detto in sogno. Così, sono andato alla ricerca e ho trovato ciò<br />

che mi era stato promesso. E sapendo che il mio esilio non è ancora stato<br />

annullato, mi sono sentito in dovere <strong>di</strong> portarlo qui da voi.» Fece un'altra<br />

pausa, abbassando lo sguardo verso i propri pie<strong>di</strong>. «Devo ammettere che<br />

l'ho fatto nella speranza che ciò potesse in qualche modo influenzarvi e<br />

portarvi a prendere una decisione in mio favore.»<br />

Abernathy non era affatto impressionato da ciò. Rimase impassibile, il<br />

suo volto canino immobile come i suoi occhi indagatori. In quel racconto<br />

vi era una menzogna, ne era certo. «In tutta la tua vita» <strong>di</strong>sse «non hai mai<br />

usato alcuna forma <strong>di</strong> magia che non si trasformasse in qualcosa <strong>di</strong> negativo<br />

per chi la utilizzava o ne entrava in contatto. E non sono assolutamente


<strong>di</strong>sposto a credere che sarà <strong>di</strong>verso con questo cristallo dell'occhio della<br />

mente.»<br />

«Ma io sono cambiato!» protestò Horris con un gesto drammatico. «Sono<br />

un altro uomo ora, Abernathy. Ho rinnegato la mia vita precedente e ho<br />

deciso <strong>di</strong> seguire un'altra strada. E questo cristallo rappresenta il mio primo<br />

passo su questa nuova strada.» Si raddrizzò. «Vi propongo una cosa. Perché<br />

non lo provate voi per primo, invece <strong>di</strong> Questor Thews? Così, se vi saranno<br />

problemi, Questor potrà usare la sua formidabile magia per fare <strong>di</strong><br />

me ciò che vuole. Certamente sarete d'accordo sul fatto che sarà in grado<br />

<strong>di</strong> neutralizzarmi nel caso ci sia sotto qualche trucco. E comunque, perché<br />

mai dovrei tentare qualcosa <strong>di</strong> così sciocco trovandomi così vicino alle<br />

prigioni nelle quali avete già minacciato <strong>di</strong> rinchiudermi?»<br />

Non aveva tutti i torti. Abernathy esitò. «Mi aspetterei qualsiasi cosa da<br />

te, Horris» mormorò.<br />

«Viva Horris, viva Horris!» gracchiò improvvisamente l'uccello, facendo<br />

sbattere il becco rumorosamente.<br />

Abernathy rivolse un'occhiata gelida a Biggar. «Cosa ne pensate, Questor<br />

Thews?» <strong>di</strong>sse, rivolgendosi all'altro.<br />

La bocca del mago <strong>di</strong> corte era una linea stretta. «Vi sono guar<strong>di</strong>e ovunque.<br />

Se succede qualcosa <strong>di</strong> strano, Horris se ne va in gattabuia e ci rimane.<br />

E se c'è da combattere qualche magia, sono qui pronto.» Scosse il capo.<br />

«Dipende solo da te, Abernathy.»<br />

«Non ve ne pentirete» insistette Horris, porgendo nuovamente il cristallo<br />

allo scrivano. «Ve lo prometto.»<br />

Abernathy emise un sospiro. «Va bene, va bene. Qualsiasi cosa, pur <strong>di</strong><br />

farla finita con questa faccenda. Cosa devo fare?»<br />

Horris era raggiante. «Basta prendere il cristallo, portarselo all'occhio,<br />

guardarci dentro e pensare pensieri felici.»<br />

Abernathy fece una smorfia. «Oh, mio Dio. Va bene, dammelo.»<br />

Allungò una mano, prese il cristallo, se lo portò all'occhio e vi guardò<br />

dentro. Non accadde nulla. Doveva immaginarselo, pensò Abernathy con<br />

sdegno. Nessuna sorpresa. Tuttavia, gli era stato detto <strong>di</strong> pensare pensieri<br />

felici, quin<strong>di</strong> cercò <strong>di</strong> pensare a qualcosa che lo avrebbe fatto star bene, e<br />

infine venne fuori con l'immagine <strong>di</strong> Horris e il suo uccello rinchiusi in<br />

una cella. Era un pensiero che lo fece sentire subito meglio, decise, tanto<br />

che si ritrovò a sorridere pur non volendolo.<br />

In quel momento preciso il cristallo si illuminò e lo coinvolse interamente,<br />

attirando lo sguardo del cane nelle sue profon<strong>di</strong>tà multisfaccettate, ti-


andolo fuori da se stesso, facendolo sprofondare nella sua luce. Abernathy<br />

annaspò. Che cosa stava vedendo? C'era qualcosa, qualcosa <strong>di</strong> meraviglioso,<br />

qualcosa <strong>di</strong> familiare...<br />

Poi Abernathy vide con chiarezza. Vi era un uomo nella luce, un uomo<br />

che usciva da casa sua per dare il benvenuto a una nuova giornata, che salutava<br />

i suoi amici <strong>di</strong> passaggio. L'uomo portava dei libri sottobraccio ed<br />

era <strong>di</strong>retto al lavoro. Indossava un paio <strong>di</strong> occhiali e un abito cerimoniale<br />

da scrivano <strong>di</strong> corte.<br />

No!<br />

Quell'uomo era Abernathy nella sua forma originale. Abernathy in forma<br />

umana. Abernathy prima <strong>di</strong> essere trasformato in cane. Se stesso, ancora<br />

una volta.<br />

Il cane provò un'improvvisa gioia guardando quella scena, una felicità<br />

che non provava da anni. Nell'immagine del cristallo era tornato nuovamente<br />

se stesso! Ritornare a essere l'uomo che era stato era il più grande<br />

desiderio della sua vita, un desiderio che non aveva mai osato nemmeno<br />

contemplare da quando aveva scoperto che Questor Thews, dopo averlo<br />

trasformato in cane, non era più in grado <strong>di</strong> farlo tornare uomo. Erano stati<br />

fatti innumerevoli tentativi per rime<strong>di</strong>are a quella situazione, ma erano falliti<br />

tutti, e alla fine Abernathy si era rassegnato in maniera definitiva a quel<br />

suo stato canino. Ma ora, qui, in quell'immagine all'interno <strong>di</strong> un cristallo,<br />

aveva la, possibilità <strong>di</strong> provare ancora una volta che cosa significava essere<br />

un uomo! Riusciva ad<strong>di</strong>rittura a percepire il corpo dell'altro come se fosse<br />

il suo. Riusciva a provare realmente la sensazione <strong>di</strong> essere un umano.<br />

Le emozioni generate da quella magia erano troppo forti da sopportare<br />

così, all'improvviso. Abernathy chiuse la mano attorno al cristallo, privandosi<br />

volontariamente dell'immagine. Riusciva a malapena a respirare.<br />

«Come hai fatto?» sussurrò con tono incredulo.<br />

«Io non ho fatto proprio nulla» ribatté prontamente Horris Kew. «E noi<br />

non abbiamo potuto vedere ciò che voi avete visto. Solo colui che tiene il<br />

cristallo può vedere la visione. Si tratta <strong>di</strong> una rivelazione personale, privata<br />

e inviolabile. Comprendete gli usi che può avere una magia <strong>di</strong> questo<br />

genere?»<br />

Abernathy annuì, pensando a quanto sarebbe stato bello poter evocare<br />

quell'immagine <strong>di</strong> se stesso ogni volta che desiderava, per ricordare come<br />

era stata la sua vita. «Sì, lo comprendo» rispose a bassa voce.


A questo punto fu Questor a farsi avanti. «Questo affare funziona?» domandò,<br />

prendendo il suo vecchio amico per le spalle e scrutando nei suoi<br />

occhi. «Mmm, parrebbe proprio <strong>di</strong> sì. Ti senti bene?»<br />

Abernathy annuì, incapace <strong>di</strong> pronunciare alcunché, ripensando nuovamente<br />

a ciò che l'immagine gli aveva mostrato, ripensando a se stesso come<br />

era stato prima della trasformazione. Fece una certa fatica a rimanere<br />

calmo, a mantenere dentro <strong>di</strong> sé ciò che stava provando.<br />

Nessuno dei due colse il rapido sguardo che si scambiarono Horris e<br />

Biggar. Bene, bene, <strong>di</strong>ceva quello sguardo.<br />

«Potete capire quin<strong>di</strong> l'enorme potenziale <strong>di</strong> questa magia» aggiunse rapidamente<br />

Horris. «La fuga dalla noia e dallo stress della vita quoti<strong>di</strong>ana è<br />

sempre vicina a voi se possedete un cristallo dell'occhio della mente. Non<br />

richiede alcuna partecipazione <strong>di</strong> gruppo, nessun genere <strong>di</strong> equipaggiamento,<br />

pochissimo tempo. Usate il cristallo in una pausa <strong>di</strong> lavoro e poi vi<br />

tornerete rinfrescati!» Si produsse in un sorriso benevolo. «Non vi sentite<br />

forse più felice e riposato ora, Abernathy?» domandò.<br />

Abernathy deglutì. «Sì» assentì. «Mi sento meglio.»<br />

«Ecco!» esclamò Horris con tono felice. «Abernathy, questo cristallo è<br />

per voi. Voglio che lo teniate. Un dono da parte mia, per avermi dato la<br />

possibilità <strong>di</strong> appagare i miei desideri.»<br />

«Grazie, Horris» replicò Abernathy sinceramente compiaciuto, già ansioso<br />

<strong>di</strong> scrutare ancora una volta nella luce del cristallo. Ogni suo sospetto<br />

sulle motivazioni del mago si era completamente <strong>di</strong>ssipato. «Ti ringrazio<br />

molto.»<br />

«Dovete sapere» continuò Horris, anticipando Questor Thews che stava<br />

per obiettare qualcosa «che ne ho anche qualcun'altro da dare via. Anzi, a<br />

<strong>di</strong>r la verità ne ho parecchi.»<br />

Si chinò su uno dei bauli, aprì il gancio e lo spalancò. Il baule era pieno<br />

fino all'orlo <strong>di</strong> cristalli dell'occhio della mente.<br />

«A migliaia» <strong>di</strong>sse, producendosi in un ampio gesto della ma no. «La visione<br />

me ne ha mostrato uno solo, ma quando ho seguito il sentiero per<br />

vedere dove era nascosto, ho trovato tutti questi. Due bauli pieni, Questor.<br />

Li ho portati entrambi, e voglio che ve li teniate voi. Una piccola penitenza,<br />

per così <strong>di</strong>re, per i miei sgarbi del passato. Non riesco a capire per quale<br />

motivo io sia stato scelto per trovarli, ma sono molto grato che sia avvenuto<br />

e ho deciso <strong>di</strong> accettare la responsabilità del loro uso corretto. Quin<strong>di</strong><br />

ora io li affido a voi. É il mio dono per Landover. Passateli alla gente e la-


sciate che godano delle visioni che vi troveranno. Un po' <strong>di</strong> felicità per<br />

ammorbi<strong>di</strong>re gli spigoli dei loro momenti più duri.»<br />

Questor Thews e Abernathy fissarono il baule <strong>di</strong> cristalli a bocca aperta.<br />

«Magari se la gente si manterrà occupata con i cristalli vi sarà meno violenza»<br />

continuò Horris Kew con aria pensierosa, alzando lo sguardo verso<br />

la volta della stanza come se fosse alla ricerca <strong>di</strong> una verità più elevata.<br />

«Magari vi saranno meno guerre e uccisioni per motivi futili, poiché i cristalli<br />

forniranno un <strong>di</strong>versivo molto più gradevole e innocuo. Magari la<br />

gente passerà meno tempo a spargere strane voci che portano a situazioni<br />

problematiche.» Rivolse uno sguardo subdolo al cane e allo stregone, cogliendo<br />

perfettamente l'occhiata che i due si scambiarono. «Vi saranno<br />

meno linguacce, meno voci che girano sul modo in cui viene gestito il potere<br />

su Landover e sulla vali<strong>di</strong>tà o meno dei suoi reggenti.»<br />

«Hmmm.» Questor si massaggiò la barba con aria pensierosa. «Sì, può<br />

darsi. Ma funziona veramente?» domandò ancora una volta, fissando Abernathy<br />

negli occhi e prendendogli la mano che stringeva il cristallo.<br />

Abernathy allontanò la mano, stringendola ancor <strong>di</strong> più attorno al prezioso<br />

cristallo.<br />

«Naturalmente, ne ho uno anche per voi, Questor» intervenne rapidamente<br />

Horris Kew. Si voltò e chiuse il baule. «Questi sono tutti vostri ora.»<br />

Si produsse in un ampio sba<strong>di</strong>glio. «Be', abbiamo parlato abbastanza.<br />

Dovreste essere già a letto voi due, a prepararvi per le sfide <strong>di</strong> domani. Sono<br />

certo <strong>di</strong> avervi stancato con tutte queste parole. Se avete una stuoietta<br />

per farmi dormire, ve ne sarei infinitamente grato. Domattina me ne ripartirò,<br />

rimanendo in atte sa <strong>di</strong> notizie da...»<br />

Si fermò. «A meno che» continuò, come se gli fosse venuto in mente solo<br />

in quel momento «a meno che voi non pren<strong>di</strong>ate in considerazione l'idea<br />

<strong>di</strong> lasciare che vi aiuti nella <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli?»<br />

Sorrise con aria speranzosa, in attesa della loro risposta.<br />

Greenwich<br />

Per due giorni, Willow camminò verso ovest attraverso la regione dei<br />

laghi assieme a Edgewood Dirk, <strong>di</strong>retta verso le nebbie fatate e il sentiero<br />

invisibile che li avrebbe portati fuori da Landover, fino al mondo <strong>di</strong> Ben.<br />

Dirk faceva strada, anche se non ne dava affatto l'impressione, procedendo<br />

tranquillamente al fianco <strong>di</strong> Willow o anche alle sue spalle, portandosi avanti<br />

solo quando i passi <strong>di</strong> lei uscivano dal percorso che aveva scelto.


Procedeva con tutta tranquillità, segnando il passo a modo suo, rifiutando<br />

qualsiasi pressione, comportandosi come se il tempo non avesse alcuna<br />

importanza e la loro fosse una semplice passeggiata nel parco <strong>di</strong> domenica<br />

pomeriggio. Willow aveva incontrato Edgewood Dirk una sola volta in<br />

precedenza, e quasi tutto ciò che sapeva <strong>di</strong> lui lo aveva appreso da Ben.<br />

Dirk era stato il compagno fisso <strong>di</strong> Ben nel corso della ricerca dell'unicorno<br />

nero dopo che Meeks, fratello <strong>di</strong> Questor Thews ed ex mago <strong>di</strong> corte <strong>di</strong><br />

Landover, era riuscito a ingannare Ben convincendolo che avesse perso il<br />

medaglione che gli dava il potere e l'autorità necessarie per essere Re. Privato<br />

della sua identità, respinto dai suoi amici che lo consideravano un impostore<br />

e sostituito sul trono dallo stesso Meeks, Ben era stato mandato in<br />

mezzo alla natura selvaggia e lasciato lì a morire. Solo che gli esseri fatati,<br />

spinti da motivazioni conosciute solo da loro, avevano mandato Edgewood<br />

Dirk per aiutarlo a scoprire la verità su quanto era accaduto. Dirk lo aveva<br />

accompagnato nella sua ricerca, offrendo all'ex Re i suoi consigli enigmatici<br />

da gatto e una <strong>di</strong>rezione definita in maniera molto vaga. Ben era alla<br />

ricerca <strong>di</strong> Willow, che a sua volta era alla ricerca dell'unicorno nero, e il<br />

culmine era stato raggiunto con un violento confronto fra Dirk e Meeks,<br />

confronto che era stato il catalizzatore della ripresa <strong>di</strong> Ben.<br />

Tutto ciò era avvenuto quasi due anni prima, e da allora nessuno aveva<br />

mai più visto o sentito parlare <strong>di</strong> Edgewood Dirk. Ma ora, eccolo riapparire<br />

improvvisamente; ancora una volta era stato mandato dalle fate, e ancora<br />

una volta solo le fate sapevano i motivi per i quali lo avevano mandato.<br />

Anche lo stesso Edgewood Dirk era un essere fatato, benché si trattasse<br />

<strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quelli in<strong>di</strong>pendenti. Di fatto si trattava <strong>di</strong> un gatto, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

faceva esattamente ciò che desiderava a prescindere dai desideri<br />

degli altri, il che rendeva molto <strong>di</strong>fficile determinare quali fossero i suoi<br />

scopi negli eventi. Nel tempo che aveva trascorso con Ben, il gatto aveva<br />

provato al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni dubbio la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> questo fatto. Dirk era un gatto<br />

prismatico, una creatura dotata <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> magia molto rara. Era in<br />

grado <strong>di</strong> trasformarsi da un essere <strong>di</strong> carne e sangue a una forma cristallina<br />

dura come l'acciaio che gli permetteva <strong>di</strong> catturare la luce e <strong>di</strong> trasformarla<br />

in un raggio <strong>di</strong> fuoco mortale. Dirk usava molto poco quel suo potere, ma<br />

quando lo usava, lo faceva con grande confidenza. Per quanto <strong>di</strong>stante e riservato<br />

potesse apparire, per quanto sembrasse <strong>di</strong>stratto rispetto a ciò che<br />

avveniva attorno a lui, Dirk non era certo un elemento con cui scherzare.<br />

Così, Willow lo seguiva con una certa confidenza, sicura del fatto che,<br />

nel caso fossero insorte minacce, Dirk avrebbe avuto da <strong>di</strong>re la sua.


Senz'altro avrebbe preferito essere accompagnata da Ben, ma la Madre<br />

Terra aveva eliminato a priori quell'alternativa. A volte bisognava accettare<br />

ciò che si aveva. E Willow si sentiva talmente insicura per quanto riguardava<br />

quell'impresa che qualsiasi compagnia le sarebbe stata <strong>di</strong> grande<br />

conforto.<br />

Dirk, naturalmente, sembrava essere assolutamente in<strong>di</strong>fferente all'intera<br />

faccenda.<br />

«Sei stato mandato per via <strong>di</strong> Ben?» gli domandò nel corso del la loro<br />

prima notte all'ad<strong>di</strong>accio. Erano seduti entrambi davanti a un piccolo fuoco<br />

che Dirk aveva insistito nel voler preparare per <strong>di</strong> fendersi da chissà quale<br />

freddo immaginario. Willow aveva raccolto della legna secca e le aveva<br />

dato fuoco. L'inizio <strong>di</strong> una collaborazione lavorativa, aveva pensato mentre<br />

preparava il fuoco.<br />

Dirk si stava leccando una zampa con fare <strong>di</strong>ligente. «Non sono stato<br />

mandato. Io non vengo mai mandato. Vado dove mi pare <strong>di</strong> andare.»<br />

«Scusami. Ma allora come mai hai scelto <strong>di</strong> venire?»<br />

Lecca, lecca, lecca. «Veramente non ricordo. Immagino che mi sia parsa<br />

una buona idea.» Lecca, lecca.<br />

«E puoi <strong>di</strong>rmi dove siamo <strong>di</strong>retti?»<br />

«A ovest» <strong>di</strong>sse il gatto. Lecca, lecca.<br />

«Sì, ma...»<br />

Dirk smise <strong>di</strong> pulirsi e le rivolse la sua occhiata da gatto, un'occhiata che<br />

suggeriva allo stesso tempo <strong>di</strong>vertita astuzia, grande comprensione, profondo<br />

interesse e assoluto stupore. «Un attimo solo, per favore. Forse non<br />

ci siamo capiti bene. Tu non sai dove stiamo andando?»<br />

Willow scosse il capo, confusa. «Veramente, no.»<br />

La fissò con aria pensierosa. «Oh, caspita» <strong>di</strong>sse. «Oh, be'. Immagino<br />

che dovremmo trovare la strada come possiamo.» Detto questo, tornò a<br />

leccarsi la zampa.<br />

Poco dopo, Willow trovò il coraggio <strong>di</strong> chiedere <strong>di</strong> nuovo, utilizzando<br />

un approccio leggermente <strong>di</strong>verso.<br />

«Raggiungeremo le nebbie fatate dopodomani» <strong>di</strong>chiarò con tono cauto.<br />

«Quando saremo arrivati, che cosa faremo?»<br />

Dirk nel frattempo aveva finito <strong>di</strong> lavarsi ed era seduto sull'erba accanto<br />

al fuoco, con le zampe infilate sotto il corpo e gli occhi chiusi.<br />

I suoi occhi si aprirono, due piccole fessure orizzontali. «Passiamo attraverso<br />

le nebbie fino al mondo <strong>di</strong> Holiday.» Richiuse gli occhi.<br />

«E come?»


Aprì nuovamente gli occhi, allargandoli un poco più <strong>di</strong> prima. «Che razza<br />

<strong>di</strong> domanda è questa? Devo <strong>di</strong>re che non capirò mai gli umani.»<br />

«Io sono una silfide.»<br />

«Oh, le silfi<strong>di</strong>...»<br />

Le labbra <strong>di</strong> Willow si strinsero. «È solo che sono preoccupata per mio<br />

figlio. Devo fare alcune cose per proteggere la sua nascita, ma non so come<br />

queste cose vanno fatte.»<br />

Dirk le rivolse uno sguardo <strong>di</strong> genuino interesse. «I gatti imparano molto<br />

presto che si ottiene ben poco preoccupandosi. I gatti sanno anche che le<br />

cose hanno il loro modo <strong>di</strong> procedere, anche se le modalità specifiche ci<br />

vengono tenute nascoste. È molto meglio preoccuparsi delle cose nel momento<br />

in cui insorgono, e lasciare che il futuro si occupi <strong>di</strong> se stesso.»<br />

«Parrebbe un comportamento piuttosto imprevidente» suggerì Willow.<br />

Dirk forse scrollò le spalle; era <strong>di</strong>fficile stabilirlo. «Io sono un gatto»<br />

<strong>di</strong>sse, come se questo spiegasse tutto.<br />

Willow non accennò più alle sue preoccupazioni quella notte, e nemmeno<br />

il giorno seguente; la sera dopo, quando ebbero attraversato la regione<br />

dei laghi e si stavano apprestando a salire per le prime colline che segnavano<br />

i confini delle nebbie fatate, fu piuttosto stupita nel sentire Dirk tirare<br />

fuori la questione <strong>di</strong> sua spontanea volontà.<br />

«Domani mattina, ti porterò attraverso le nebbie» le <strong>di</strong>sse mentre lei lavorava<br />

per preparare l'in<strong>di</strong>spensabile fuoco serale. Willow aveva steso il<br />

suo mantello a terra, e il gatto vi si era appoggiato sopra in tutta como<strong>di</strong>tà.<br />

Lo guardò. «Puoi fare questo?» domandò.<br />

«Certo che posso» replicò il gatto con tono quasi offeso. «Io vivo lì, ricor<strong>di</strong>?<br />

Conosco tutti i sentieri e i passaggi.»<br />

«È solo che non ero sicura <strong>di</strong> ciò che tu fossi in grado <strong>di</strong> fare.» Si appoggiò<br />

sui talloni. «Non sapevo che le creature fatate potessero entrare e<br />

uscire dalle nebbie a loro piacimento per recarsi in altri mon<strong>di</strong>. Pensavo<br />

che vi fossero delle limitazioni <strong>di</strong> qualche sorta.»<br />

Dirk si produsse in uno sba<strong>di</strong>glio. «Pensavi male. I gatti possono andare<br />

ovunque. Lo sanno tutti.»<br />

«E sai anche il punto in cui usciremo?» insistette.<br />

Il gatto ci pensò su un attimo. «In una città, credo. Ha forse importanza?»<br />

Willow si rese conto che la sua esasperazione nei confronti <strong>di</strong> Dirk stava<br />

giungendo al limite. «Sì, ha importanza. Sto tornando in un mondo dove<br />

una volta sono quasi morta. Lo sto facendo contro la mia volontà ed esclu-


sivamente per amore <strong>di</strong> mio figlio. Voglio recarmi là, fare ciò che devo fare<br />

e andarmene imme<strong>di</strong>atamente. Che possibilità ci sono che questo avvenga?»<br />

Dirk si sollevò, si stirò e si mise a sedere. «Non ne ho la minima idea.»<br />

La scrutò con aria solenne. «Dipende tutto da te, immagino.»<br />

«Sì, ma io non so dove stiamo andando» insistette. «So che devo raccogliere<br />

della terra dal mondo <strong>di</strong> Ben, ma non so dove dovrò andare a cercare<br />

quella terra. È un mondo piuttosto grande per cercarci dentro una cosa,<br />

sai?»<br />

«Be', io non lo so» replicò il gatto. «Non ci sono mai stato. Ma per un<br />

gatto, ogni luogo è più o meno uguale. Sono abbastanza sicuro che troveremo<br />

ciò <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno senza la necessità <strong>di</strong> cercare molto. Io ho<br />

una certa pre<strong>di</strong>sposizione nello scoprire segreti.»<br />

Willow continuò a preparare il fuoco, e quando ebbe finito si scostò e<br />

guardò nuovamente il gatto. «Quanti segreti conosci, Dirk?» gli domandò<br />

con tono calmo. «Conosci anche qualche segreto su <strong>di</strong> me?»<br />

Il gatto sbatté le palpebre. «Ma certo.»<br />

«E su Ben?»<br />

«Holiday? Sì, qualcuno.»<br />

«E puoi <strong>di</strong>rmeli?»<br />

«Se mi va.» Dirk iniziò a ripulirsi il pelo. «Ma i gatti sono riservati <strong>di</strong><br />

natura, e <strong>di</strong>cono ben poco <strong>di</strong> ciò che sanno. Soprattutto perché nessuno ci<br />

dà ascolto. Ne ho parlato spesso con Holiday quando abbiamo avuto occasione<br />

<strong>di</strong> viaggiare assieme. Anche lui era come tutti gli altri. Io gli <strong>di</strong>cevo<br />

le cose, e lui non ascoltava. Io l'ho avvertito che stava facendo un errore,<br />

gli ho detto che i gatti sanno molte cose, ma a quanto pare nessuno presta<br />

mai attenzione a ciò che <strong>di</strong>co. Io gli <strong>di</strong>ssi che era un errore che poteva evitare,<br />

lo avvertii.»<br />

«Se mi <strong>di</strong>rai qualcosa, io ti ascolterò» <strong>di</strong>chiarò Willow. «Dimmi qualsiasi<br />

cosa, Dirk. Dimmi almeno uno dei tuoi segreti. So veramente molto poco<br />

su quanto sta accadendo, e qualsiasi frammento <strong>di</strong> informazione per me<br />

è prezioso. Puoi <strong>di</strong>rmi qualcosa?»<br />

Dirk la scrutò, quin<strong>di</strong> riprese a lavarsi. Si leccò tutto il corpo finché non<br />

fu perfettamente liscio, fermandosi <strong>di</strong> tanto in tanto per vedere se Willow<br />

stava prestando attenzione. Prese il suo tempo, ma Willow attese con pazienza,<br />

rifiutando <strong>di</strong> lasciarsi innervosire. Infine, quando ebbe finito, Dirk<br />

le rivolse il suo sguardo smeral<strong>di</strong>no.


«Avrai un figlio» <strong>di</strong>chiarò. «Ma la cosa non procederà nel modo che tu e<br />

Holiday vi aspettate. Avere delle aspettative è una cosa molto pericolosa<br />

per dei genitori, lo sai? I gatti non hanno mai aspettative, e stanno molto<br />

meglio.»<br />

Willow annuì. «Non possiamo farne a meno. Allo stesso modo in cui<br />

non prestiamo ascolto alle parole dei gatti.»<br />

«Credo proprio che tu abbia ragione» assentì Dirk. «Un vero peccato.»<br />

«Dimmi qualcos'altro.»<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> Dirk si strinse. «Ma sei sicura <strong>di</strong> voler sentire ciò che ho<br />

da <strong>di</strong>re? Voglio <strong>di</strong>re, anche questo è uno dei motivi per i quali nessuno<br />

presta ascolto ai gatti.»<br />

Willow ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Sì, voglio sentire.»<br />

«Benissimo.» Rifletté un istante. «Tu e Holiday non vi ritroverete più<br />

per un certo tempo. Di fatto, siete già persi. Lo sapevi?»<br />

«La visione» <strong>di</strong>sse Willow a bassa voce. «La visione <strong>di</strong> mia madre.»<br />

Dirk scrutò nell'oscurità sempre più fitta. «Voi passate un sacco <strong>di</strong> tempo<br />

a chiedervi chi siete, non è vero? Sbattete la testa qua e là alla ricerca<br />

della vostra identità, quando nella gran parte dei casi è lì davanti a voi.<br />

Lottate con domande <strong>di</strong> scopo e <strong>di</strong> bisogno, ma vi <strong>di</strong>menticate che le risposte<br />

sono quasi tutte dentro <strong>di</strong> voi.» Fece un'altra pausa. «I gatti non sono<br />

inclusi in questa analisi. I gatti non perdono tempo a domandarsi certe cose.<br />

I gatti si limitano a vivere.»<br />

«Allora quella visione era vera?» domandò, cercando <strong>di</strong> mascherare il<br />

crescente senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione che si stava impossessando <strong>di</strong> lei all'idea<br />

che qualcosa <strong>di</strong> grave potesse essere effettivamente capitata a Ben, qualcosa<br />

che andava al <strong>di</strong> là del suo controllo.<br />

Dirk sbatté le palpebre. «Quale visione?»<br />

«Ben si trova in pericolo?» insistette.<br />

«Come potrei saperlo?» <strong>di</strong>sse Dirk, stiracchiandosi ancora una volta.<br />

«Faresti meglio ad allontanarti da quel tronco secco.»<br />

Willow si allontanò, e Dirk si increspò e si trasformò in forma cristallina<br />

nella semioscurità del crepuscolo, mutando la sua carne in vetro liquido.<br />

Attinse la luce del crepuscolo, quella delle due lune e quella delle stelle, e<br />

le trasformò in fiamma, che scaturì dai suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni per appiccare<br />

fuoco al tronco. Il tronco prese fuoco imme<strong>di</strong>atamente. Il gatto prismatico<br />

tornò nella sua forma originale, si accomodò nuovamente sul mantello <strong>di</strong><br />

Willow, chiuse gli occhi e si addormentò.


Willow rimase a osservarlo per un certo tempo, quin<strong>di</strong> si addormentò a<br />

sua volta.<br />

Dormì poco e male, tormentata da sogni <strong>di</strong> Ben e <strong>di</strong> loro figlio, sogni in<br />

cui entrambi le venivano sottratti, rubati da mani invisibili che li strappavano<br />

dal suo fianco lasciando solo gli echi delle loro voci. Nel sogno vi era<br />

anche un tacito accenno al fatto che, per qualche motivo, la colpa della loro<br />

scomparsa andava attribuita almeno in parte a lei stessa, che non era stata<br />

presente nel momento in cui avevano avuto maggiore bisogno <strong>di</strong> lei.<br />

Non provò alcun appetito al risveglio, e dato che Dirk non sembrava<br />

mostrare mai alcun interesse nei confronti del cibo, si lavarono e intrapresero<br />

il loro cammino verso i margini delle nebbie fatate appena dopo l'alba.<br />

La giornata era calda e afosa, l'aria estiva come una coperta soffocante<br />

che ricopriva il terreno anche lì, in aperta campagna. L'erba era coperta <strong>di</strong><br />

rugiada, la sua lucente umi<strong>di</strong>tà scintillante nella luce nebbiosa del primo<br />

mattino. Si arrampicarono su per le ultime colline, trovarono un sentiero<br />

che conduceva a un passo ed entrarono nella grigia penombra delle nebbie.<br />

Giunsero a destinazione nel giro <strong>di</strong> un'oretta. Non si scambiarono nemmeno<br />

una parola mentre entravano nella regione delle nebbie fatate. Ora<br />

Dirk si era premurosamente piazzato davanti a lei, non più <strong>di</strong>sposto a lasciare<br />

le cose al caso. Camminava <strong>di</strong>rettamente davanti alla silfide, scegliendo<br />

la strada con grande cura, superando buche, girando attorno a sassi<br />

e procedendo tranquillo sul terreno nudo dove la mancanza <strong>di</strong> luce solare<br />

impe<strong>di</strong>va a qualsiasi erba <strong>di</strong> crescere. Si addentrarono nelle nebbie seguendo<br />

il sentiero finché non vi fu più alcuna traccia del sentiero stesso e<br />

tutta la luce del sole mattutino fu scomparsa, ingoiata dalla nebbia che vorticava<br />

attorno a loro incessantemente, girando prima da una parte e poi<br />

dall'altra, portando gli occhi a seguirla, prima <strong>di</strong> là e poi <strong>di</strong> qua, annullando<br />

qualsiasi senso della <strong>di</strong>rezione, qualsiasi possibilità <strong>di</strong> tenere traccia del<br />

luogo da cui erano venuti o in cui erano <strong>di</strong>retti. Willow tentò <strong>di</strong> ignorare<br />

quel movimento, focalizzando la sua attenzione su Dirk che procedeva con<br />

il suo solito atteggiamento in<strong>di</strong>fferente, come se stesse trovando la strada<br />

per puro caso. Non si voltava mai né a destra né a sinistra, e tantomeno si<br />

guardava alle spalle per vedere se Willow lo stesse seguendo. Di tanto in<br />

tanto annusava l'aria, ma per il resto non sembrava <strong>di</strong>mostrare alcun interesse<br />

per ciò che aveva attorno.


I minuti scivolarono via, ma Willow non riuscì a stabilire esattamente<br />

quanti ne fossero trascorsi. Il tempo e lo spazio persero il loro significato,<br />

e il tutto assunse una conturbante piattezza. Dapprima non vi fu altro che<br />

silenzio, profondo e stagnante, poi iniziarono a u<strong>di</strong>rsi una serie <strong>di</strong> rumorini,<br />

come <strong>di</strong> piccoli animali che si agitavano fra i cespugli o <strong>di</strong> uccelli fra le<br />

foglie degli alberi. Dopo un po', i suoni iniziarono a essere più definiti e a<br />

suggerire la presenza <strong>di</strong> qualcos'altro. Ai margini della visione <strong>di</strong> Willow<br />

iniziarono ad apparire dei volti; riusciva a vederli per un istante e nulla più.<br />

Si trattava <strong>di</strong> volti esili dai lineamenti taglienti, con orecchie e fronti appuntite<br />

e capelli come muschio o paglia. Occhi penetranti come quelli <strong>di</strong><br />

un gufo la osservarono mentre passava. Willow evitò <strong>di</strong> guardarli, tenendo<br />

lo sguardo fisso sui suoi pie<strong>di</strong> e su Edgewood Dirk. Decise <strong>di</strong> non guardarli<br />

perché temeva che, se lo avesse fatto, si sarebbe ritrovata istantaneamente<br />

perduta.<br />

Qualcosa le sfiorò una guancia, e i suoi occhi si riempirono <strong>di</strong> lacrime.<br />

Qualcos'altro le accarezzò una mano, facendole provare un'improvvisa<br />

sensazione <strong>di</strong> calore. Le si accapponò la pelle e le si seccò la bocca. Non<br />

guardare, <strong>di</strong>sse a se stessa. Non voltarti per vedere cos'è. Procedette imperterrita,<br />

seguendo <strong>di</strong>ligentemente i passi <strong>di</strong> Dirk, pensando al bambino che<br />

portava dentro <strong>di</strong> sé, pensando a Ben che la stava aspettando da qualche<br />

parte, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dalla sua paura...<br />

Finché, finalmente, le nebbie iniziarono a recedere, e Willow intravide<br />

qualcosa <strong>di</strong> solido attraverso il grigiore. Una sagoma oscura ricopriva un<br />

muro <strong>di</strong> pietra e la pioggia cadeva a scrosci da un cielo plumbeo. Si u<strong>di</strong>vano<br />

strani suoni meccanici e grida soffocate, e il muro si innalzava verso il<br />

cielo fino a perdersi nell'oscurità. Le nebbie si <strong>di</strong>ssiparono alle sue spalle, e<br />

si ritrovò in pie<strong>di</strong> sotto la pioggia in un vicolo che correva come un profondo<br />

crepaccio fra due e<strong>di</strong>fici altissimi.<br />

Le nubi ricoprivano il cielo e grattavano le cime degli e<strong>di</strong>fici. Le ombre<br />

piombavano dai muri formando pozze ai suoi pie<strong>di</strong>. Dalla superficie crepata<br />

sulla quale si trovava salivano odori nauseanti e pungenti.<br />

«Dove siamo?» sussurrò Willow con tono sconvolto.<br />

Qualcosa si mosse al loro fianco. Si trattava <strong>di</strong> un uomo vestito <strong>di</strong> stracci,<br />

stravaccato davanti a una porta, che dormiva tutto raggomitolato. Era<br />

tutto avvolto in pezzi <strong>di</strong> cartone per <strong>di</strong>fendersi dal freddo. In una mano teneva<br />

ancora stretta una bottiglia vuota.<br />

Dirk annusò l'aria in <strong>di</strong>rezione dell'uomo, quin<strong>di</strong> si scostò. Scrutò entrambi<br />

i lati del vicolo in cui si trovavano. Da una parte finiva in una pare-


te, dall'altra conduceva a una strada rumorosa. Voltandosi nella seconda<br />

<strong>di</strong>rezione, superò con un delicato balzo un ammasso <strong>di</strong> spazzatura caduto<br />

da un cassonetto troppo pieno, contraendo il volto <strong>di</strong>sgustato davanti all'odore<br />

che sentì, e si <strong>di</strong>resse tranquillamente verso il rumore. Willow lo seguì.<br />

Camminarono verso la fine del vicolo, osservando la strada in fondo che<br />

si focalizzava sotto la pioggia, vedendo l'origine del movimento e dei suoni<br />

che avevano sentito. Davanti a loro si muovevano automobili e autobus;<br />

si muovevano a scatti, facendo risuonare i clacson e stridere i freni. Willow<br />

aveva già visto queste cose nel corso della sua ultima visita. Non sapeva<br />

se anche Dirk ne fosse a conoscenza, e comunque ciò che ricordava<br />

in proposito non era affatto piacevole. Già si stava sentendo male per l'impatto<br />

con i suoni e gli odori. La pioggia radunava la sporcizia in piccole<br />

pozze attorno ai suoi stivali. Ovunque vi erano pezzi <strong>di</strong> vetro rotto.<br />

Giunsero alla fine del vicolo, dove si fermarono per guardarsi attorno.<br />

Le automobili e gli autobus erano tutti attaccati gli uni agli altri e procedevano<br />

lenti e compatti sotto la pioggia e l'oscurità verso un'altra fila <strong>di</strong> veicoli<br />

che procedevano in senso perpen<strong>di</strong>colare. Luci rosse e ver<strong>di</strong> si accendevano<br />

e si spegnevano attaccate a cavi sopra le loro teste. Luci giallastre<br />

illuminavano la strada stessa e le finestre degli e<strong>di</strong>fici screpolati e fatiscenti.<br />

Poi vi era gente ovunque, la maggior parte con indosso lunghi cappotti,<br />

alcuni anche con stivali. Camminavano tutti con la testa chinata e trasportavano<br />

strani oggetti (Willow non ne conosceva il nome) per proteggersi<br />

dalla pioggia. Procedevano per la loro strada con un senso <strong>di</strong> urgenza e<br />

rassegnazione pressoché palpabile. Alcuni le rivolsero una rapida occhiata,<br />

ma scostarono lo sguardo imme<strong>di</strong>atamente. Entravano e uscivano in continuazione<br />

dagli autobus e dalle macchine e dalle porte degli e<strong>di</strong>fici. Alcuni<br />

parlavano fra loro, ma la maggior parte delle loro parole erano <strong>di</strong> rabbia e<br />

sconforto.<br />

Dirk annusò l'aria e si guardò attorno, apparentemente a suo agio, e si<br />

incamminò lungo il marciapiede. Willow lo seguì. La folla li catturò e li<br />

trasportò con sé. Willow si strinse il mantello attorno alle spalle, infasti<strong>di</strong>ta<br />

dalla pressione <strong>di</strong> tutta quella gente e dall'odore che emanavano. Pensò a<br />

Ben che viveva in un mondo simile, e decise che non riusciva proprio a<br />

immaginarselo.<br />

Giunsero a un angolo, dove si fermarono poiché tutti erano fermi. Le<br />

vennero rivolti alcuni sguar<strong>di</strong> piuttosto ar<strong>di</strong>ti, ma lei li ignorò. Prese piut-


tosto a osservare gli e<strong>di</strong>fici, alcuni dei quali erano dei mostruosi monoliti<br />

<strong>di</strong> vetro e pietra che si innalzavano verso il cielo piatti e apparentemente<br />

impenetrabili. La gente viveva in quei blocchi? si domandò. A cosa servivano,<br />

altrimenti?<br />

Con sua grande sorpresa, scoprì che era in grado <strong>di</strong> capire ciò che <strong>di</strong>ceva<br />

la gente. Dato che parlava solo il linguaggio <strong>di</strong> Landover, non avrebbe dovuto<br />

essere in grado <strong>di</strong> capire nulla, eppure capiva tutto. Alzò lo sguardo<br />

verso un cartello messo in cima a un palo sull'angolo della strada. Era in<br />

grado <strong>di</strong> leggerlo: Greenwich Avenue.<br />

La luce cambiò da rossa a verde, e la gente riprese a camminare. Willow<br />

seguì Dirk.<br />

Dal lato opposto, a circa un isolato <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, una donna con l'orecchino<br />

al naso tentò <strong>di</strong> dare un calcio a Dirk. Il calcio avrebbe dovuto colpirlo,<br />

ma per qualche strano motivo lo mancò e andò a finire su una sbarra <strong>di</strong> ferro<br />

che si trovava davanti a una finestra a livello del marciapiede, causando<br />

la caduta della donna che lo aveva sferrato. La donna cacciò un grido <strong>di</strong><br />

rabbia e imprecò con violenza verso Dirk, ma il gatto procedette senza<br />

nemmeno degnarla <strong>di</strong> uno sguardo. Willow lo imitò.<br />

«Ehi, signorina, avete qualche spicciolo?» le domandò un uomo dal volto<br />

sparuto con capelli lunghi e barba incolta. Willow scosse il capo e proseguì.<br />

«E un po' tar<strong>di</strong>no per la festa <strong>di</strong> San Patrizio, non è vero?» le <strong>di</strong>sse<br />

alle spalle, scoppiando a ridere.<br />

Willow si chinò verso Dirk. «Capiamo la loro lingua?» domandò incuriosita.<br />

«Sì» replicò Dirk. «Grazie a un po' <strong>di</strong> magia fatata.»<br />

Continuarono a camminare fra la folla. Dopo un po', la pioggia <strong>di</strong>minuì e<br />

il cielo iniziò a schiarirsi. Le auto e i bus aumentarono velocità, e ogni incrocio<br />

risultò ancor più pericoloso per loro. Anche la folla <strong>di</strong>minuì, mutando<br />

<strong>di</strong> carattere mentre procedevano lungo i marciapie<strong>di</strong>. Le donne e gli<br />

uomini tutti ben vestiti cedettero il passo a gruppi più casuali ed eclettici.<br />

Vi erano persone vestite <strong>di</strong> pelle e <strong>di</strong> catene con stivali dalle punte metalliche<br />

che camminavano con movimenti esagerati o rimanevano semplicemente<br />

appoggiati alle pareti degli e<strong>di</strong>fici; persone con lunghe tonache color<br />

pesca, le teste rasate e gli sguar<strong>di</strong> sinceri che <strong>di</strong>stribuivano foglietti;<br />

persone tutte stracciate con cani o bambini che mostravano piccoli cartelli<br />

fatti a mano con scritte del tipo: HO FAME o: per FAVORE aiutatemi;<br />

gente con borse e borsette tenute strette al petto mentre camminavano;<br />

gente <strong>di</strong> tutti i generi, insomma, tutti caratterizzati dallo stesso aspetto


guar<strong>di</strong>ngo e sospettoso, tutti con lo stesso atteggiamento <strong>di</strong> sfida o <strong>di</strong> totale<br />

in<strong>di</strong>fferenza, tutti che guardavano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là in continuazione.<br />

Molta gente fece commenti più o meno espliciti nei confronti <strong>di</strong> Willow;<br />

alcuni gretti e insultanti, altri <strong>di</strong>vertiti e incuriositi. Alcuni tentarono anche<br />

<strong>di</strong> fermarla, ma lei si limitò a proseguire per la sua strada seguendo Dirk.<br />

Quando giunsero a una traversa particolarmente movimentata, Dirk si<br />

fermò. Su un cartello stradale vi era la scritta Avenue of the Americas.<br />

Dirk rivolse uno sguardo a Willow come per <strong>di</strong>re, Ve<strong>di</strong> lì? Ma Willow non<br />

vide nulla. Non riusciva a capire dove si trovassero e perché. Più che altro<br />

voleva giungere nel luogo in cui dovevano andare il più rapidamente possibile<br />

per andarsene altrettanto rapidamente. In quel luogo tutto era sgradevole<br />

e inospitale. Aveva voglia <strong>di</strong> chiedere a Dirk se avesse idea <strong>di</strong> dove<br />

stessero andando, ma sapeva che il gatto non avrebbe gra<strong>di</strong>to che gli si rivolgesse<br />

in mezzo a tutta quella gente. Fra l'altro, doveva pur avere qualche<br />

idea, poiché si stava muovendo fra la gente come se sapesse esattamente<br />

dove stava andando.<br />

«Vi siete persa?» le domandò una giovane donna al suo fianco. La donna<br />

aveva la pelle scura e teneva in braccio un bambino.<br />

«No» rispose Willow senza pensarci, ma mentre parlava si rese conto<br />

che era in grado <strong>di</strong> parlare la lingua del mondo <strong>di</strong> Ben allo stesso modo in<br />

cui era in grado <strong>di</strong> capirla e leggerla. Doveva essere opera della magia fatata<br />

<strong>di</strong> Dirk.<br />

«Siete sicura? Avete un'aria un po' confusa.» Sorrise. «Non è <strong>di</strong>fficile<br />

perdersi in questa città.»<br />

«Vi ringrazio, va tutto bene» rispose Willow.<br />

Il semaforo cambiò e la donna si allontanò. Dirk e Willow attraversarono<br />

un'altra strada, il cui cartello <strong>di</strong>ceva West 8th. Qui vi era gente ovunque.<br />

Negozi aperti sul marciapiede, piccoli mercati <strong>di</strong> frutta e verdura, negozi<br />

<strong>di</strong> gioielli e <strong>di</strong> abiti dai colori luminosi, luoghi che servivano da mangiare<br />

e da bere, un po' <strong>di</strong> tutto, insomma. Lungo i marciapie<strong>di</strong> vi erano delle<br />

bancarelle che vendevano libri e altri gioielli. I ven<strong>di</strong>tori la chiamarono.<br />

Volete comprare questo, volete dare un'occhiata a quello? Alcuni le sorrisero,<br />

e lei sorrise loro a sua volta, scuotendo il capo in <strong>di</strong>niego davanti alle<br />

loro offerte.<br />

«Che look incre<strong>di</strong>bile!» esclamò qualcuno, facendola voltare. Si trattava<br />

<strong>di</strong> un giovanotto con indosso un lungo cappotto scuro, un paio <strong>di</strong> stivali,<br />

una barbettina leggera e una cartelletta <strong>di</strong> pelle in mano. «Siete per caso<br />

un'attrice?»


«No.» Willow scosse il capo. Dirk stava proseguendo lungo la strada.<br />

«Devo andare.»<br />

«Aspettate!» Il giovanotto prese a camminare al suo fianco. «Uh, sentite,<br />

ho pensato che... be', dato che vi siete <strong>di</strong>pinta la pelle <strong>di</strong> verde ho pensato<br />

che... che magari poteste essere un'attrice, o qualcosa del genere. Come<br />

nella comme<strong>di</strong>a Cats. Mi <strong>di</strong>spiace, non volevo essere scortese.»<br />

Willow sorrise. «Non lo siete stato.»<br />

«Mi chiamo Tony. Tony Paolo. Vivo a pochi isolati da qui e sto stu<strong>di</strong>ando<br />

per <strong>di</strong>ventare attore. Sto facendo il secondo anno all'American Academy.<br />

Ci siete mai stata? Dustin Hoffman ha stu<strong>di</strong>ato lì. Anche Danny De<br />

Vito. Un sacco <strong>di</strong> gente. Ho appena finito un'au<strong>di</strong>zione per una parte in<br />

una comme<strong>di</strong>a a Broadway, Neil Simon. Questo è il mio portfolio, sapete,<br />

con le foto e tutto il resto.» In<strong>di</strong>cò la cartelletta che portava sottobraccio.<br />

«È solo una piccola parte, giusto due parole. Ma è un buon inizio.»<br />

Willow annuì e continuò a camminare. Non aveva la più pallida idea <strong>di</strong><br />

che cosa stesse parlando quel ragazzo.<br />

«Sentite, non avete un poco <strong>di</strong> tempo? Mi piacerebbe offrirvi una tazza<br />

<strong>di</strong> caffè, o qualcosa del genere.»<br />

Davanti a lei, Dirk si fermò e tornò in<strong>di</strong>etro. Si infilò fra le sue gambe e<br />

alzò lo sguardo verso Tony. «É il tuo gatto?» domandò Tony. «Ehi, gattino,<br />

gattino...»<br />

«Tieni le mani a posto» <strong>di</strong>sse Dirk mentre Tony si abbassava per accarezzarlo.<br />

Tony si rialzò istantaneamente. Fissò Willow. «Ehi, niente male! Come<br />

<strong>di</strong>avolo avete fatto?» Sorrise. «Non l'ho mai visto fare così bene in vita<br />

mia. Rifallo...»<br />

«Non sarebbe male mangiare qualcosa» <strong>di</strong>sse Dirk.<br />

«Caspita, non avete nemmeno mosso un labbro!» Dichiarò Tony, genuinamente<br />

stupito. «Che talento! Qualcosa da mangiare, eh? C'è un caffè<br />

giusto qui <strong>di</strong>etro l'angolo. Conoscete il Village? Siete <strong>di</strong> queste parti?»<br />

Fece strada attraverso la folla fino a un piccolo bar con tavolini roton<strong>di</strong><br />

ricoperti da tovaglie a scacchi con se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> metallo rigide con cuscini<br />

anch'essi a scacchi. Tony salutò qualcuno che lavorava <strong>di</strong>etro il bancone e<br />

prese un tavolo vicino all'ingresso. Sia Willow sia Dirk si sedettero con lui.<br />

«Allora, che cosa volete?» domandò Tony. Aveva capelli castani sparuti,<br />

occhi scuri e un sorriso rapido e modesto.<br />

«Decidete voi» <strong>di</strong>sse Dirk.


Tony fece come richiesto, or<strong>di</strong>nando da mangiare per sé e per Willow e<br />

una scodella <strong>di</strong> latte per Dirk. Quando arrivò il mangiare, Willow scoprì <strong>di</strong><br />

essere più affamata <strong>di</strong> quanto non credesse, e mangiò tutto senza fermarsi<br />

a decidere se le piacesse o meno. Tony mangiò con lei, <strong>di</strong>cendole quanto<br />

era brava a lanciare la voce e raccontandole della sua vita <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>sta<br />

attore. Dirk rimase seduto davanti al latte, senza nemmeno sfiorarlo.<br />

«Sai, non ti ho ancora chiesto come ti chiami» <strong>di</strong>sse Tony fra un boccone<br />

e l'altro.<br />

«Willow» rispose.<br />

«Davvero? Che nome fantastico. E fai sempre la ventriloqua o hai qualche<br />

altro lavoro?»<br />

Willow esitò. Cosa doveva <strong>di</strong>re?<br />

«Okay, non c'è bisogno che tu me lo <strong>di</strong>ca. Ma non sei un'attrice, vero?»<br />

«No, non sono un'attrice.»<br />

Quando ebbero finito, Tony domandò nuovamente: «Vivi da qualche<br />

parte nei <strong>di</strong>ntorni?»<br />

Willow rivolse un'occhiata a Dirk, che stava fissando la porta ed era già<br />

pronto a ripartire. «No, sono solo qui in visita.»<br />

«Da dove?»<br />

«Landover» <strong>di</strong>sse Willow senza riflettere.<br />

«Landover, nel Maryland, giusto? Conosco Landover. E con chi stai<br />

qui? Hai degli amici, o qualcosa del genere?»<br />

Scosse il capo. «Ora devo andare, Tony. Grazie per il pasto. Spero che<br />

tu <strong>di</strong>venti un ottimo attore.»<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong> e si <strong>di</strong>resse verso la porta. Dirk era già sul marciapiede.<br />

«Ehi, aspetta!» chiamò Tony, buttando dei sol<strong>di</strong> sul tavolo e rincorrendola.<br />

La raggiunse fuori dal locale. «Potrei rivederti qualche volta, magari?»<br />

Willow scosse il capo e prese a camminare, domandandosi come fare<br />

per liberarsi <strong>di</strong> quel tipo. Tony camminò al suo fianco. «So che ci siamo<br />

appena incontrati ma... be', mi piacerebbe molto invitarti a cena, o a teatro,<br />

o da qualche parte. Anche se magari mi toccherà venire fino a Landover...»<br />

«É sposata» annunciò Dirk. «Felicemente.»<br />

Tony si fermò sui suoi passi. «Oh, scusami, non mi ero reso conto...»<br />

Attraversarono una strada trafficata, lasciandolo lì a pensare che cosa <strong>di</strong>re.<br />

Tony li seguì con lo sguardo.<br />

La notte piombò poco dopo, all'improvviso; il cielo si oscurò, le nubi<br />

tornarono e le luci artificiali della città si accesero. Willow e Dirk erano


seduti su una panca in un parco con un grosso arco <strong>di</strong> marmo che si chiamava<br />

Washington Square. Fino a pochi minuti prima era stato pieno <strong>di</strong><br />

gente, gente con bambini, gente che leggeva giornali, gente con cani e giochi,<br />

ma ora con il calare del sole si stava svuotando completamente. Rimanevano<br />

solo alcuni uomini anziani seduti su altre panchine e un gruppetto<br />

<strong>di</strong> ragazzi sotto a un albero dal lato opposto del parchetto. Sull'angolo della<br />

strada, un vecchio straccione con un cane chiedeva la carità.<br />

Erano passate solo poche ore da quando Dirk e Willow erano giunti da<br />

Landover, dove era mattino, il che significava che il tempo non trascorreva<br />

alla stessa velocità nei due mon<strong>di</strong>. In che modo avrebbe influenzato l'invecchiamento<br />

passare da un mondo all'altro? si domandò Willow. Che<br />

stesse invecchiando <strong>di</strong>versamente da Ben? Scrutò nell'oscurità, osservando<br />

le luci della città al <strong>di</strong> là del parco. Dirk era rannicchiato al suo fianco con<br />

le zampe sotto il corpo e gli occhi chiusi. Quando erano rimasti soli le aveva<br />

detto che dovevano attendere la notte in quel parco, aspettando un<br />

momento in cui non vi fosse gente in giro a <strong>di</strong>sturbarli. A quanto pareva<br />

era proprio lì che doveva raccogliere la terra <strong>di</strong> cui aveva bisogno, anche<br />

se Dirk non aveva specificato nulla <strong>di</strong> particolare. Dirk raramente specificava<br />

qualcosa.<br />

L'oscurità aumentò e le ore trascorsero, e ancora rimasero seduti sulla<br />

panchina ad aspettare. Willow era molto paziente e l'attesa non la <strong>di</strong>sturbò.<br />

Ora capiva perché Dirk aveva voluto che mangiasse qualcosa. Lei avrebbe<br />

potuto benissimo arrivare fino a quel punto senza mangiare, ma suo figlio<br />

aveva bisogno <strong>di</strong> nutrimento. Il gatto questo lo capiva perfettamente. Willow<br />

abbassò lo sguardo verso <strong>di</strong> lui e si domandò quanta della sua in<strong>di</strong>fferenza<br />

facesse semplicemente parte del suo atteggiamento esteriore.<br />

Presto si trovarono soli, a parte qualche passante occasionale. La mezzanotte<br />

venne e passò, ma la città non <strong>di</strong>ede alcun segno <strong>di</strong> voler chiudere<br />

per la notte. I negozi erano tutti chiusi, ma i locali che <strong>di</strong>stribuivano cibi e<br />

bevande rimanevano aperti. Sulle strade vi era ancora gente, ad<strong>di</strong>rittura a<br />

folle, persone che andavano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, si gridavano <strong>di</strong>etro e ridevano<br />

fra loro, provenienti da qualche locale o <strong>di</strong>retti in qualche altro. Nessuno<br />

sembrava voler andare a dormire. Nessuno sembrava ansioso <strong>di</strong> andare a<br />

casa.<br />

Willow osservò la gente e le luci <strong>di</strong>stanti, cercando <strong>di</strong> immaginare come<br />

doveva essere la vita lì. Pietra, cemento e vetro in ogni <strong>di</strong>rezione, gli e<strong>di</strong>fici<br />

come lunghe file <strong>di</strong> soldati in marcia, le strade piatte e infinitamente<br />

lunghe, la terra visibile ridotta a piccoli quadrati <strong>di</strong> verde consunto come


quel parchetto in cui si trovavano... un vero e proprio incubo. Nulla era reale,<br />

tutto veniva costruito. L'odore, il sapore, l'aspetto e la sensazione <strong>di</strong><br />

quel luogo l'assalivano ogni volta che vi prestava attenzione e minacciava<br />

<strong>di</strong> inghiottirla come una piccola scheggia <strong>di</strong> luce nel mezzo <strong>di</strong> un'immensa<br />

oscurità.<br />

Qualcuno lasciò il marciapiede e si avvicinò alla loro panchina; si trattava<br />

<strong>di</strong> una figura familiare, cappotto lungo, stivali, capelli ra<strong>di</strong> e sorriso<br />

pronto. Willow si irrigidì.<br />

«Ancora qui, a quanto vedo» <strong>di</strong>sse Tony fermandosi davanti a lei.<br />

«Dimmi la verità, Willow, ce l'hai un posto per dormire? Ti ho seguita, e a<br />

quanto pare non sembri avere intenzione <strong>di</strong> andare da nessuna parte.»<br />

Willow lo fissò» con i suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni. «Vai a casa, Tony.»<br />

«Ma tu non ci vai, Willow?» insistette. «Sono già passato un paio <strong>di</strong> volte<br />

per vedere se eri ancora qui, e ti ho sempre vista nello stesso punto. Non<br />

credo che rimarresti a passare la notte qui nel parco se avessi un posto dove<br />

andare. Senti, sono preoccupato per te. Hai bisogno <strong>di</strong> un posto per abbioccarti?»<br />

Lo fissò. «Cosa?»<br />

«Per dormire, stanotte» mostrò i palmi delle mani. «Non è un tentativo<br />

<strong>di</strong> cucco, te lo prometto.»<br />

«Di cucco?»<br />

«Mi hai detto che sei sposata, giusto? Ma allora dov'è il tuo anello? Io<br />

<strong>di</strong>co che ti sei inventata tutto, ma non fa niente. Non sono interessato, è solo<br />

che mi piaci come persona, tutto qui. Non voglio che ti accada nulla <strong>di</strong><br />

brutto. Questa è una città molto pericolosa.»<br />

Dirk si alzò sulle zampe, si stirò e sba<strong>di</strong>gliò. Senza <strong>di</strong>re una parola, scese<br />

dalla panchina e iniziò a camminare attraverso il prato. Willow rivolse una<br />

rapida occhiata a Tony, quin<strong>di</strong> si alzò in pie<strong>di</strong> e lo seguì. Dirk procedeva<br />

da nord verso sud, passeggiando tranquillamente, annusando <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là,<br />

apparentemente in<strong>di</strong>fferente, come se non avesse in mente nulla <strong>di</strong> particolare.<br />

«Può essere pericoloso qua fuori» ripeté Tony incamminandosi al fianco<br />

<strong>di</strong> Willow e guardandosi attorno. «Soprattutto <strong>di</strong> notte. Tu forse non ne hai<br />

idea.»<br />

Willow scosse il capo. «Andrà tutto bene.»<br />

«Non posso lasciarti qua fuori a questo modo» <strong>di</strong>chiarò. «Senti, ti faccio<br />

compagnia, va bene? E non <strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> andarmene a casa, perché non ci andrò.»


Dirk nel frattempo era giunto al limite estremo del parco e si trovava<br />

sotto a un vecchio albero dal fitto fogliame che si trovava al centro <strong>di</strong> una<br />

specie <strong>di</strong> boschetto <strong>di</strong> piccoli aceri, in un punto in cui la terra era logora e<br />

coperta dall'ombra tutto il giorno, tanto che non vi cresceva erba. In quel<br />

punto una madre con il figlio al fianco era rimasta a leggere un libro su<br />

una coperta fin quasi al tramonto. Dirk annusò un po' la zona, dopo<strong>di</strong>ché si<br />

sedette e attese l'arrivo <strong>di</strong> Willow.<br />

«Qui» si limitò a <strong>di</strong>re.<br />

Willow annuì. Si inginocchiò e toccò la terra, ma ritrasse imme<strong>di</strong>atamente<br />

la mano, poiché i suoi sensi ebbero un responso forte e imme<strong>di</strong>ato a<br />

ciò che incontrarono.<br />

«Molte cose sono accadute in questo luogo» <strong>di</strong>sse Edgewood Dirk a<br />

bassa voce. «Vi sono state concepite gran<strong>di</strong> idee e piani <strong>di</strong>abolici. Vi sono<br />

state con<strong>di</strong>vise speranze e aspirazioni. Vi sono stati uccisi e mutilati sia<br />

colpevoli sia innocenti. Vi è nato un bambino. Vi si sono nascosti animali.<br />

Vi sono state sussurrate promesse e vi sono stati consumati amori.» La<br />

guardò. «Questa terra è ricca <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>. E stata fonte ed epifania per molte<br />

vite.»<br />

Tony si avvicinò incuriosito. «Di che cosa state parlando? E stato il gatto<br />

a <strong>di</strong>re tutte quelle cose? Be', certo che non è stato il gatto, voglio <strong>di</strong>re,<br />

come può essere, no? Comunque sembrava proprio che fosse lui. Cosa state<br />

combinando?»<br />

Willow lo ignorò e iniziò a scavare. Usò il coltello da caccia che portava<br />

sotto il suo mantello, rompendo la terra in superficie e tirando su anche<br />

quella sotto per avere un campione completo. Il sangue e i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> altri<br />

per sostenere suo figlio; erano intesi come balsamo, come misura profilattica,<br />

o come tutt'altra cosa? Avrebbero curato o bruciato? Non poteva saperlo.<br />

Sapeva solo che avrebbero reso suo figlio più forte, che lo avrebbero<br />

protetto, e che avrebbero instillato in lui qualcosa delle verità della vita incorporate<br />

nell'umanità.<br />

Finì <strong>di</strong> scavare e prese a infilare manciate <strong>di</strong> terra nella stessa borsa <strong>di</strong><br />

pelle nella quale aveva messo la terra dei vecchi pini. Tony non aveva<br />

smesso <strong>di</strong> parlare, ma lei non gli stava prestando ascolto. Dirk si era allontanato,<br />

avvicinandosi a un altro gatto.<br />

Riempì la borsa a metà, quin<strong>di</strong> la chiuse, stringendola bene. Si alzò in<br />

pie<strong>di</strong>, e si ritrovò davanti Tony.


«É veramente strano questo fatto» stava <strong>di</strong>cendo. «Voglio <strong>di</strong> re, andare<br />

in giro <strong>di</strong> notte a raccogliere sacchi <strong>di</strong> terra? Senti, ma sei per caso una<br />

strega, o qualcosa del genere? Fai parte <strong>di</strong> qualche genere <strong>di</strong>…»<br />

Si fermò <strong>di</strong> colpo guardando alle spalle <strong>di</strong> Willow, assumendo improvvisamente<br />

un'espressione allarmata. Willow si voltò. A pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

vi era una banda <strong>di</strong> ragazzotti che li guardavano.<br />

Si erano radunati tanto silenziosamente che sembravano essersi materializzati<br />

dal nulla. Erano <strong>di</strong> età e <strong>di</strong>mensioni variabili, ma indossavano tutti<br />

jeans e magliette nere. Alcuni avevano anche gli stivali, altri il giubbotto <strong>di</strong><br />

pelle. Vi era una scritta sulle magliette e sulle giacche, ma Willow non ne<br />

comprendeva il significato. Uno dei ragazzi aveva una mazza da baseball,<br />

un altro una sbarra <strong>di</strong> ferro. Di versi erano tatuati. I loro volti erano duri e<br />

vecchi, i loro occhi fred<strong>di</strong> e cattivi.<br />

Willow cercò imme<strong>di</strong>atamente Dirk con lo sguardo, ma il gatto prismatico<br />

sembrava essere scomparso.<br />

«Cos'hai lì nella borsa, Strega Abelarda?» <strong>di</strong>sse uno con una smorfia.<br />

«Ehi, sentite, noi non vogliamo problemi...» iniziò Tony, ma quello che<br />

aveva parlato si fece avanti e gli <strong>di</strong>ede un pugno in faccia. Tony cadde sulle<br />

ginocchia, con il naso e la bocca tutti insanguinati.<br />

«Ho detto, che cos'hai nella borsa» <strong>di</strong>sse nuovamente a Willow, allungando<br />

una mano verso <strong>di</strong> lei.<br />

Willow schivò la sua presa senza fatica e si piazzò <strong>di</strong> fronte a Tony.<br />

«Stammi lontano» lo avvertì.<br />

Diversi scoppiarono a ridere. Qualcuno <strong>di</strong>sse qualcosa a proposito <strong>di</strong><br />

darle una lezione, e ricevette un mormorio <strong>di</strong> assenso.<br />

A quel punto apparve Edgewood Dirk, spuntando dall'ombra. «Io non<br />

credo che vi convenga fare nient'altro. Credo che sia meglio per voi che ve<br />

ne an<strong>di</strong>ate.»<br />

Gli assalitori lo fissarono sconcertati. Si scambiarono due battute rauche,<br />

quin<strong>di</strong> scoppiarono nuovamente a ridere. Un gatto parlante! Si spostarono,<br />

allargandosi e intrappolando Willow e Dirk contro gli alberi. Quello con la<br />

mazza da baseball si fece avanti. «Ehi gatto» <strong>di</strong>sse «che mi racconti adesso?»<br />

In quel preciso istante, Dirk iniziò a illuminarsi. I ragazzi della banda<br />

ebbero un attimo <strong>di</strong> esitazione; alcuni si coprirono gli occhi. La luminosità<br />

aumentò, e Dirk iniziò a cambiare forma. Il gatto scomparve, venendo sostituito<br />

da qualcosa <strong>di</strong> talmente orribile che persino Willow ne fu schifata.<br />

Un essere enorme e mostruoso, che si sollevò come un'apparizione che si


solleva dall'Abaddon, tutta denti e artigli. La formazione degli attaccanti si<br />

sciolse all'istante. Alcuni si dettero <strong>di</strong>rettamente alla fuga, chiamando i loro<br />

compari e imprecando contro Dirk. Altri rimasero impalati, indecisi, ed<br />

ebbero modo <strong>di</strong> pentirsi amaramente della loro indecisione. Dirk soffiò<br />

con una forza tale da spe<strong>di</strong>rli in volo una decina <strong>di</strong> metri più in là, facendoli<br />

atterrare in maniera alquanto dolorosa. Quando riuscirono a riprendersi,<br />

scapparono via <strong>di</strong>etro gli altri.<br />

Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong>, il parco fu nuovamente deserto.<br />

Dirk smise <strong>di</strong> luccicare e tornò nella sua forma <strong>di</strong> gatto. Continuò per un<br />

attimo a guardare i ragazzi che scappavano, quin<strong>di</strong> sba<strong>di</strong>gliò e iniziò a leccarsi<br />

il pelo.<br />

Willow aiutò Tony a rialzarsi in pie<strong>di</strong>. «Tutto a posto?» gli domandò.<br />

Tony annuì, ma il suo volto era tutto impiastricciato <strong>di</strong> sangue.«Come ha<br />

fatto il gatto a...» Non riuscì a finire.<br />

«Vai a casa, Tony» <strong>di</strong>sse Willow, spazzolandogli il soprabito e raddrizzandoglielo<br />

sulle spalle. «Su, vai.»<br />

Tony la fissò. A Willow non piacque ciò che vide nei suoi occhi. Poi<br />

Tony si voltò e si allontanò incespicando nell'oscurità. Willow lo seguì con<br />

lo sguardo finché non giunse al marciapiede e scomparve <strong>di</strong>etro un e<strong>di</strong>ficio.<br />

Tony non si voltò mai. Probabilmente non lo avrebbe mai più rivisto.<br />

Stancamente, si voltò verso Dirk. Si sentiva male, come se la terribile<br />

durezza del mondo <strong>di</strong> Ben avesse trovato un modo per insinuarsi nella sua<br />

anima. «Non voglio più rimanere qui» <strong>di</strong>sse. «Possiamo andarcene?»<br />

Dirk sbatté le palpebre, facendo luccicare i suoi occhi smeral<strong>di</strong>ni. «Era<br />

necessario che tu ci venissi» le <strong>di</strong>sse.<br />

«Sì, ma abbiamo finito?»<br />

Dirk si alzò improvvisamente e si incamminò. «Quanta impazienza. Benissimo.<br />

Le nebbie fatate si trovano da questa parte.»<br />

Willow sentì un brivido che le correva lungo la schiena. Le nebbie fatate.<br />

Ma doveva fare ciò che le era stato detto. Per se stessa, per Ben, per il<br />

loro figlio. Era l'ultima tappa del suo viaggio, dopo<strong>di</strong>ché sarebbe tornata<br />

nuovamente a casa.<br />

Ormai decisa, si incamminò nella notte.<br />

Foschia<br />

Dopo tre giorni <strong>di</strong> cammino nel Labirinto, il Cavaliere, la Dama e il<br />

Gargoyle giunsero a un paese.


Era tardo pomeriggio, e il lento scemare della luce era appena percettibile;<br />

un oscuramento appena accennato <strong>di</strong> una luminosità che, ormai lo sapevano,<br />

non andava mai al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> un normale crepuscolo. Avevano<br />

camminato a lungo nella foresta sempre uguale finché, all'improvviso,<br />

inaspettatamente, superando una piccola collina si erano trovati <strong>di</strong> fronte<br />

al paese. Si trattava <strong>di</strong> un agglomerato <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> legno costruiti alla<br />

meglio e stra<strong>di</strong>ne sporche e mal tenute, affossato in una valletta che era<br />

stata liberata dagli alberi, facendo in modo che apparisse come un'isola in<br />

mezzo al mare della foresta che la circondava. Non vi erano strade che vi<br />

conducevano. Vi era della gente, il Cavaliere la vedeva muoversi lungo le<br />

viuzze. Vi erano anche degli animali, per quanto sembrassero piuttosto<br />

malconci e avessero l'aspetto <strong>di</strong> creature abbattute dalla vita. In alcune finestre<br />

bruciavano già delle luci, e mentre i tre guardavano se ne accesero<br />

altre. Le luci emettevano una luminosità tenue e <strong>di</strong>sperata, come se avessero<br />

già combattuto la loro battaglia contro la notte fin troppe volte e fossero<br />

ormai stanche <strong>di</strong> lottare.<br />

Sopra le loro teste, dove gli alberi si <strong>di</strong>radavano per lasciare spazio al<br />

cielo, non vi era né luna né stelle, solo uno strato infinito <strong>di</strong> nebbia impenetrabile.<br />

«Persone» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, e nella sua voce vi era sia sorpresa sia <strong>di</strong>sprezzo.<br />

Il Cavaliere non <strong>di</strong>sse nulla. Pensò solo che era stanco <strong>di</strong> quel suo viaggio<br />

in quello squallido mondo in cui tutto era sempre uguale e nulla cambiava.<br />

Gli ultimi tre giorni si erano trascinati stancamente con una monotonia<br />

che ottundeva la mente, pieni <strong>di</strong> silenzio e oscurità e <strong>di</strong> un implacabile<br />

senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione. La Dama aveva tentato <strong>di</strong> ucciderlo ben due volte,<br />

la prima mettendogli veleno nell'acqua e la seconda cercando <strong>di</strong> infilzarlo<br />

con un bastone appuntito mentre dormiva. Ma i suoi sforzi erano stati<br />

vani, poiché il Cavaliere era sempre all'erta e percepiva ogni cosa. A quanto<br />

pareva, la Dama accettava questo fatto <strong>di</strong> buon grado. Metteva in atto i<br />

suoi tentativi come se fosse già rassegnata al loro fallimento, come se fosse<br />

costretta a farli pur sapendo che non avrebbero portato a nulla. Ciò nonostante,<br />

il Cavaliere si sentiva danneggiato. Ciò che gli faceva male era<br />

quel che vedeva negli occhi della Dama. Lui era un guerriero, ed era perfettamente<br />

in grado <strong>di</strong> sostenere i suoi attacchi fisici, ma gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> rabbia,<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto e <strong>di</strong> tristezza erano molto più <strong>di</strong>fficili da sostenere per lui,<br />

e la loro costante applicazione da parte della Dama stava iniziando a consumargli<br />

il cuore.


Naturalmente, la Dama o<strong>di</strong>ava anche il Gargoyle, solo che il suo o<strong>di</strong>o<br />

nei confronti della bestia era congenito, impersonale e per qualche verso<br />

più accettabile.<br />

«Perché c'è un paese qui?» domandò loro con tono tranquillo.<br />

Per un attimo, non rispose nessuno. Perché, in effetti? Un paese spuntato<br />

dal nulla, materializzatosi come in una visione, senza scopi né scuse per<br />

esistere, piazzato lì in mezzo al nulla assoluto. Come faceva a sostenersi<br />

con il commercio, se non vi erano strade che vi conducevano? Come faceva<br />

a nutrirsi, se non vi erano campi coltivabili nelle vicinanze? Che si trattasse<br />

<strong>di</strong> un paese <strong>di</strong> cacciatori? E se era così, dove portavano i loro beni, e<br />

da dove arrivavano le provviste? In tre giorni, il Cavaliere non aveva visto<br />

praticamente nessun animale nella foresta, a parte qualche bestiolina piccola<br />

e furtiva che gli era apparsa come nativa <strong>di</strong> quell'oscurità, non adattata<br />

al buio, ma figlia del buio stesso.<br />

«Che importa il motivo per cui è qui?» domandò la Dama con tono irritato.<br />

«É qui, e questo è tutto ciò che importa. Forse abbiamo la possibilità<br />

<strong>di</strong> ritrovare la nostra strada. Che scopo ha fare una domanda simile?»<br />

Il Gargoyle fece un passo avanti e si avvolse nel suo mantello scuro,<br />

mantenendosi sempre nell'ombra. «Non mi fido» <strong>di</strong>sse. «C'è qualcosa che<br />

non va qui.»<br />

Il Cavaliere annuì. Anche lui percepiva qualcosa <strong>di</strong> simile. C'era qualcosa<br />

che non andava. Ciò nonostante, il paese era lì, e non potevano semplicemente<br />

passargli accanto ignorandolo. Qualcuno degli abitanti poteva anche<br />

conoscere un modo per uscire dal Labirinto, per tornare al mondo vero.<br />

«Andremo giù per vedere se riusciamo ad apprendere qualcosa <strong>di</strong> nuovo.<br />

Non ci tratterremo oltre.» Il Cavaliere scrutò gli altri due.<br />

«Se mi scoprono, mi uccideranno» <strong>di</strong>sse il Gargoyle.<br />

«Rimani qui, allora» <strong>di</strong>sse freddamente la Dama, per niente commossa.<br />

«Ah, ma bramo <strong>di</strong> sentire le loro parole» mormorò il Gargoyle, come se<br />

ne provasse vergogna. «Questo è uno dei miei problemi. Coloro che vorrei<br />

conoscere mi detestano.»<br />

«Vorresti essere come loro, patetica creatura» lo schernì la Dama.<br />

«Ammettilo.»<br />

Ma il Gargoyle scosse il capo. «No, non vorrei essere come loro. Oh, no,<br />

Dama, nemmeno per tutto l'oro e l'argento del mondo. Sono tutti esseri insicuri,<br />

indecisi, avvolti nel piccolo mondo delle loro vite. Io invece sono


sicuro <strong>di</strong> me stesso, e posseggo il dono dell'immortalità. Non porto sulle<br />

spalle il peso della piccolezza della loro esistenza.»<br />

«E tantomeno possie<strong>di</strong> la loro bellezza. È facile denigrare coloro la cui<br />

vita è finita quando la morte per te è talmente <strong>di</strong>stante che non pren<strong>di</strong><br />

nemmeno in considerazione il suo significato.» La Dama lo fissò con i<br />

suoi occhi geli<strong>di</strong>. «Io posseggo una vita che va al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella degli umani,<br />

Gargoyle, ma faccio tesoro anche della bellezza. Anche se mi venisse<br />

offerta la vita eterna, non l'accetterei mai se venisse accompagnata dalla<br />

tua bruttezza.»<br />

«La tua bruttezza è interiore» sussurrò il Gargoyle.<br />

«E la tua è eternamente stampata e manifesta, affinché nessuno ti prenda<br />

per ciò che non sei!»<br />

Il Cavaliere si spostò davanti alla Dama nel tentativo <strong>di</strong> attirare su <strong>di</strong> sé<br />

quello sguardo glaciale. Quando i due occhi lo incontrarono e vi vide la<br />

sua misura rispecchiata, venne percorso da un brivido.<br />

«Manterremo un atteggiamento riservato, astenendoci dal parlare a meno<br />

che non ve ne sia bisogno. Io e te, Dama, cercheremo le risposte <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo bisogno. Mentre lui» fece un cenno verso la figura curva e incappucciata<br />

alle sue spalle «rimarrà in silenzio. Ma ti avverto fin d'ora che se<br />

tenterai qualche trucco o tra<strong>di</strong>mento, verrai messa imme<strong>di</strong>atamente a tacere.<br />

Dammi la tua parola.»<br />

«Non ti darò proprio nulla!» sbottò apertamente la Dama, assumendo un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> sfida.<br />

«In questo caso, ti lascerò qui con lui» <strong>di</strong>sse il Cavaliere con tono tranquillo.<br />

«Penso che sarò più sicuro da solo, laggiù.»<br />

La Dama sbiancò davanti a questa proposta, manifestando una rabbia<br />

palpabile. «Non puoi fare questo!» sibilò.<br />

«Allora dammi la tua parola.»<br />

Ebbe un tremito <strong>di</strong> frustrazione e <strong>di</strong>sperazione. «Benissimo, signor Cavaliere,<br />

hai la mia parola. Che possa ritorcersi dentro <strong>di</strong> te e consumarti<br />

l'anima!»<br />

Il Cavaliere si voltò. Avvertì il Gargoyle <strong>di</strong> rimanere nascosto sotto il<br />

suo mantello e <strong>di</strong> stare sempre in zone <strong>di</strong> ombra. «Non ti far coinvolgere in<br />

nessun tipo <strong>di</strong> scambio verbale» lo avvertì «e stai sempre vicino a me.»<br />

Scesero rapidamente mentre l'oscurità aumentava ancora, il paese ormai<br />

quasi scomparso nel nulla, gli e<strong>di</strong>fici ridotti a piccoli bagliori <strong>di</strong> luce incorniciati<br />

nelle finestre come fossero quadri appesi su una tenda <strong>di</strong> velluto<br />

nero. Scivolarono attraverso l'oscurità come fantasmi scesi dagli alberi del-


la foresta, seguendo il dolce pen<strong>di</strong>o che portava da basso. Nel giro <strong>di</strong> pochi<br />

minuti ebbero raggiunto la base della valletta e le porte del paese. I loro<br />

occhi si adattarono al cambiamento della luce e presero a seguire una delle<br />

stra<strong>di</strong>ne che attraversava il centro del paese, uno sterrato pieno <strong>di</strong> buche e<br />

<strong>di</strong> polvere che iniziava da una parte del paese e finiva dall'altra. Alcune<br />

donne e uomini passarono loro accanto nell'oscurità, ma nessuno <strong>di</strong>sse nulla.<br />

Le porte e le finestre delle case e dei negozi erano tutte chiuse. Cani e<br />

gatti vagavano attorno agli e<strong>di</strong>fici e si infilavano sotto i marciapie<strong>di</strong> nei<br />

punti in cui erano stati sopraelevati. Le voci erano soffocate e in<strong>di</strong>stinguibili.<br />

Il cavaliere ascoltò con il cuore oltre che con le orecchie, e non percepì<br />

alcuna traccia <strong>di</strong> sollievo, nessun accenno <strong>di</strong> conforto. Quel paese non<br />

era altro che una bara che aspettava <strong>di</strong> essere inchiodata.<br />

Al centro del paese vi era una taverna. Qui le porte erano spalancate, e la<br />

gente andava e veniva liberamente. Vi era odore <strong>di</strong> fumo e l'odore della<br />

birra appena spillata, il rumore degli stivali sul legno e dei bicchieri che<br />

sbattevano fra loro. Il suono delle risate era roco, come se rappresentasse<br />

una fuga momentanea dalla pesantezza della realtà. Il Cavaliere si <strong>di</strong>resse<br />

verso la porta, seguito dalla Dama e dal Gargoyle. All'interno l'ambiente<br />

era molto nebuloso, sia per via del fumo stesso sia per via della scarsa illuminazione.<br />

Non sarebbe stato tanto facile <strong>di</strong>stinguere un volto lì dentro,<br />

quin<strong>di</strong> almeno un certo grado <strong>di</strong> intimità era garantito. Salì per gli scalini<br />

che conducevano all'ingresso e vide che, nonostante il luogo fosse piuttosto<br />

affollato, vi erano tavolini e se<strong>di</strong>e libere. Naturalmente si sarebbero accorti<br />

che erano stranieri; in un paese così piccolo era pressoché inevitabile.<br />

Il trucco sarebbe consistito nell'attirare l'attenzione su se stesso e non sui<br />

suoi compagni <strong>di</strong> viaggio.<br />

Entrarono nel mezzo <strong>di</strong> risate fragorose, che a quanto pareva originavano<br />

dal bancone, dove un gruppo <strong>di</strong> una mezza dozzina <strong>di</strong> lavoratori con i<br />

bicchieri in mano si erano affollati attorno al barista. Il Cavaliere si mosse<br />

fra i tavoli fino al fondo della sala, seguito dagli altri due. Giunti a un tavolo<br />

<strong>di</strong> suo gra<strong>di</strong>mento, i tre si sedettero senza <strong>di</strong>re una parola. Il Gargoyle<br />

rivolse lo sguardo verso le ombre con atteggiamento cauto e circospetto,<br />

ma la Dama invece si rivolse verso la sala, baldanzosa come una minaccia<br />

esplicita, con il mantello aperto e il cappuccio abbassato. Imme<strong>di</strong>atamente,<br />

gli occhi si rivolsero nella sua <strong>di</strong>rezione. Alcuni fra questi erano occhi affamati.


Il Cavaliere si sedette a sua volta, bloccando almeno parzialmente la visuale<br />

della Dama. Ormai era troppo tar<strong>di</strong> per <strong>di</strong>rle <strong>di</strong> coprirsi. Doveva assumere<br />

l'atteggiamento del suo protettore e sperare che fosse sufficiente.<br />

Quando tutti i frequentatori della sala si resero conto della loro presenza,<br />

uno strano silenzio calò improvvisamente. Tutti i presenti si fermarono per<br />

osservarli. Gli strani occhi della Dama spazzarono il locale senza fermarsi,<br />

decidendo che non vi era nulla che valesse la pena <strong>di</strong> vedere. Il Cavaliere<br />

si stava già pentendo <strong>di</strong> averle permesso <strong>di</strong> venire con lui; se la sarebbe<br />

cavata decisamente meglio da solo. Allo stesso tempo, però, non aveva alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> perderla <strong>di</strong> vista; non poteva permettersi <strong>di</strong> non trovarla<br />

più.<br />

Catturò lo sguardo del barista e gli fece cenno <strong>di</strong> portare tre caraffe <strong>di</strong><br />

birra. Il barista annuì e si affrettò a preparare le consumazioni.<br />

Il momento passò, gli sguar<strong>di</strong> si scostarono nuovamente e la conversazione<br />

riprese il suo corso. Nella sala vi erano sia uomini sia donne, tutti<br />

vestiti poveramente, tutti caratterizzati da quell'aspetto duro e consunto tipico<br />

della gente che si scava la propria esistenza senza fortuna, senza abilità<br />

o senza l'aiuto degli altri. Avrebbero potuto essere conta<strong>di</strong>ni come cacciatori<br />

o minatori, il Cavaliere non riusciva a capire. Era evidente che lavorassero<br />

con le mani, ma era assai <strong>di</strong>fficile capire se si occupassero <strong>di</strong> qualche<br />

lavoro specifico. Le loro età erano variabili, ed erano seduti in un modo<br />

che rendeva impossibile valutare chi stesse con chi. Le relazioni non<br />

sembravano avere alcuna importanza, come se fossero ancora in formazione<br />

o non fossero nemmeno state prese in considerazione. Di tanto in tanto<br />

qualcuno si alzava e cambiava <strong>di</strong> tavolo, ma non si trattava mai <strong>di</strong> coppie o<br />

<strong>di</strong> gruppi. Era come se ogni uomo e donna vivesse un'esistenza solitaria e<br />

si identificasse esclusivamente come parte singolare e unica della comunità.<br />

Non vi erano bambini. Non vi erano tracce <strong>di</strong> bambini o infanti, e non vi<br />

era nulla che lasciasse supporre che ve ne fossero nel paese. Non vi era<br />

nemmeno un ragazzo che puliva il bancone.<br />

Il cameriere attraversò la sala con le caraffe <strong>di</strong> birra, che posò davanti al<br />

Cavaliere. Rivolse un'occhiata alle armi del Cavaliere, quin<strong>di</strong> si fregò le<br />

mani con fare nervoso. «Da dove venite?» domandò mentre il Cavaliere si<br />

frugava nelle tasche alla ricerca <strong>di</strong> qualche moneta che non era nemmeno<br />

sicuro <strong>di</strong> possedere. Infine riuscì a tirare fuori un pezzo d'oro.<br />

Il Cavaliere passò il pezzo d'oro al barista. «Siamo persi» annunciò.<br />

«Dove ci troviamo?»


Il cameriere controllò la moneta con i denti. «Nel Labirinto, naturalmente.<br />

Nel suo Cuore, per la precisione.»<br />

Il cameriere rivolse il suo sguardo interessato verso la Dama, che glielo<br />

restituì guardandogli attraverso.<br />

«Questo paese ha un nome?» insistette il Cavaliere.<br />

Il barista scrollò le spalle. «Nessun nome. Non ne abbiamo bisogno. Venite<br />

da nord?»<br />

Il Cavaliere ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. «Non ne sono certo.»<br />

Il barista abbassò la voce con tono cospiratorie e si chinò verso il Cavaliere.<br />

«Avete per caso visto qualcosa <strong>di</strong> strano nei boschi?»<br />

«Qualcosa <strong>di</strong> strano?»<br />

«Sì.» L'uomo si bagnò le labbra. Sembrava riluttante a pronunciare nomi,<br />

come se solo nominandone uno, avrebbe fatto entrare dalla porta della<br />

taverna ciò che più temeva.<br />

«Non abbiamo visto nulla» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />

Il cameriere lo scrutò per un attimo, come per sincerarsi che non stesse<br />

mentendo. Dopo<strong>di</strong>ché annuì, assumendo un'espressione sollevata, e si allontanò.<br />

La Dama si protese in avanti, la sua voce fredda e misurata. «Di che cosa<br />

stava parlando?»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. Non sapeva. Rimasero seduti in silenzio e<br />

bevvero dai loro boccali, ascoltando le conversazioni che giravano attorno<br />

a loro. Si parlava <strong>di</strong> lavoro, ma i <strong>di</strong>scorsi erano molto generici. Si parlava<br />

del tempo e delle stagioni e dell'assenza <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> quello, ma anche<br />

qui non vi era nulla <strong>di</strong> definito. Nessuno parlava <strong>di</strong> nulla <strong>di</strong> specifico, e<br />

nessuno menzionava nulla sui particolari della propria vita. Vi era un che<br />

<strong>di</strong> strano in quelle conversazioni, nel loro tono, nell'inflessione delle voci<br />

stesse. Solo dopo un po' <strong>di</strong> tempo che ascoltava, il Cavaliere riuscì a percepire<br />

che vi era un senso <strong>di</strong> anticipazione, <strong>di</strong> nervosa aspettativa, <strong>di</strong> attesa<br />

nei confronti <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> impronunciabile che sarebbe dovuto accadere.<br />

Un signore anziano si fermò accanto al loro tavolo.«Venite da lontano,<br />

non è vero?» Le sue parole erano quasi biascicate, rese spesse dalla molta<br />

birra ingerita.<br />

«Sì» replicò il Cavaliere, alzando lo sguardo. «E voi?»<br />

«Oh, no, io non vado da nessuna parte. Questa è casa mia, questo paese.<br />

Da sempre e per sempre. Io sono qui da... oh, anni e anni.» Si produsse in<br />

un sorriso sdentato. «Una volta che sei qui, non te ne puoi andare da nessun'altra<br />

parte.»


Il Cavaliere sentì un buco freddo aprirsi alla base dello stomaco. «Cosa<br />

intendete? Potete anche andarvene se volete, non è forse così?»<br />

Il vecchio scoppiò a ridere. «É così che la pensate? Pensate che si possa<br />

andare via <strong>di</strong> qui? Si vede che siete nuovo, figliolo. Questo è il Labirinto, e<br />

da qui non si va via. Nessuno se ne può andare, mai!»<br />

«Se ci si può entrare, ne si può anche uscire» intervenne la Dama con<br />

tono tagliente.<br />

«Provateci, allora!» ribatté il vecchio, continuando a ridere. «Ci hanno<br />

provato in parecchi fino a ora, ma alla fine tornano tutti in<strong>di</strong>etro. E una<br />

volta che sono qui, è questo il luogo in cui sono costretti a rimanere. E vale<br />

anche per voi. Anche per voi!»<br />

Il vecchio si allontanò, borbottando fra sé. Il Cavaliere in<strong>di</strong>cò al barista<br />

<strong>di</strong> portare altre tre caraffe <strong>di</strong> birra mentre cercava <strong>di</strong> trovare un significato<br />

nel groviglio <strong>di</strong> parole del vecchio. Nessuna via d'uscita. Il Labirinto è una<br />

trappola dalla quale nessuno può fuggire... ascoltò il sussurro <strong>di</strong> quelle parole<br />

nella sua mente.<br />

«Volete qualcosa da mangiare?» domandò il cameriere mentre si avvicinava<br />

con le tre caraffe nuove. «Quel pezzo d'oro vi dà <strong>di</strong>ritto ad altro cre<strong>di</strong>to.»<br />

«Potete <strong>di</strong>segnarci una mappa?» domandò il Cavaliere senza pensarci<br />

sopra.<br />

Il barista <strong>di</strong>ede loro la sua solita scrollata <strong>di</strong> spalle. «Una mappa per andare<br />

dove? Tutte le mappe vi riporterebbero nello stesso punto, prima o<br />

poi. Ovvero, qui.»<br />

«Ho bisogno <strong>di</strong> una mappa che ci mostri un modo per uscire dal»<br />

Labirinto.<br />

Il cameriere sorrise. «Anche tutti quanti noi ne avremmo bisogno. Il<br />

guaio è che nessuno riesce a trovarla. Alcuni fra noi, come quel vecchio <strong>di</strong><br />

prima, ci hanno provato per anni. Ma non ci sono riusciti. Nessuno <strong>di</strong> noi<br />

può uscire da qui. Ci provano in molti, ma alla fine tornano tutti qui.»<br />

Il Cavaliere lo fissò in silenzio.<br />

«Ma non è poi tanto male, veramente» aggiunse il cameriere, preoccupato<br />

da ciò che vide sul volto del Cavaliere. «Ci si abitua in fretta, e abbiamo<br />

pochissime preoccupazioni. Solo la...» Scosse il capo.<br />

«La cosa? Di che cosa state parlando?» intervenne la Dama.<br />

Il cameriere inspirò. Quando riuscì finalmente a parlare, le sue parole<br />

uscirono come un sussurro appena percettibile. «La Foschia.»


Il Cavaliere rivolse una rapida occhiata ai suoi compagni. Nessuno dei<br />

due sembrava voler parlare. Tornò a rivolgersi all'uomo. «Non sappiamo <strong>di</strong><br />

che si tratti.»<br />

Il cameriere ora stava sudando, come se la temperatura nella sala fosse<br />

improvvisamente aumentata. «È molto meglio non saperlo!» sibilò. «Vi<br />

sono <strong>di</strong>verse storie in proposito. Vive nei boschi. Esce fuori quando meno<br />

te l'aspetti e si <strong>di</strong>vora ogni cosa! Si mangia tutto, e quando ha finito non<br />

rimane più nulla!» Strinse le labbra. «Io personalmente non l'ho mai vista.<br />

Nessuno qui fra noi l'ha vista. Ma a volte la sentiamo. Recentemente la<br />

sentiamo più spesso, come se ci stesse curando. Dicono che il suo avvento<br />

venga sempre preceduto da un mostro, un essere del mito e della leggenda,<br />

una bestia del vecchio mondo.»<br />

Scosse il capo. «Ma ne ho parlato abbastanza. Porta sfortuna persino<br />

menzionarne il nome. Non viene spesso, ma quando viene...»<br />

Scosse nuovamente il capo, quin<strong>di</strong> si girò sui tacchi e si allontanò <strong>di</strong> tutta<br />

fretta. Il Cavaliere lo fissò per un po', quin<strong>di</strong> tornò a rivolgersi ai suoi<br />

compagni. «Ne avete mai sentito parlare?» domandò a bassa voce.<br />

«Ho sentito delle voci in proposito» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, la sua voce come<br />

un grugnito scorporato proveniente dalle profon<strong>di</strong>tà del suo mantello incappucciato.<br />

«É una leggenda antica, <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> anni fa. Gli uomini vedono<br />

la Foschia come un castigo <strong>di</strong>vino per i loro peccati.»<br />

«Che spazzatura!» sbottò la Dama. «Vuoi dar cre<strong>di</strong>to alle superstizioni<br />

<strong>di</strong> questa povera gente? É così che ti identifichi con loro?»<br />

Il Gargoyle non <strong>di</strong>sse nulla, mantenendo lo sguardo fisso sul Cavaliere.<br />

Il Cavaliere sorseggiò la sua birra e tentò <strong>di</strong> riflettere. Nessuno qui sapeva<br />

come uscire dal Labirinto. Qualsiasi <strong>di</strong>rezione si prendesse, così <strong>di</strong>cevano,<br />

si andava a finire nuovamente in quel paese senza nome. Che si trattasse <strong>di</strong><br />

una credenza comune a tutta questa gente o vi era almeno uno fra loro che<br />

la pensava in modo <strong>di</strong>verso? Il Cavaliere in fondo non aveva parlato a nessuno,<br />

eccetto il cameriere e il vecchio. Forse avrebbe fatto bene a provarci.<br />

«Rimanete qui» or<strong>di</strong>nò.<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>, con il bicchiere in mano, e si incamminò verso il banco.<br />

Per la prima volta, si rese conto che la gente guardava la sua maglia e le<br />

sue armi, poiché nessuno lì portava nulla <strong>di</strong> simile. Iniziò a fare domande a<br />

coloro che erano seduti al banco. Qualcuno <strong>di</strong> loro era mai stato fuori del<br />

Labirinto? Qualcuno <strong>di</strong> loro conosceva per caso una via d'uscita? Conoscevano<br />

magari qualcuno che potesse saperlo? Gli uomini si limitarono a<br />

scuotere il capo e a <strong>di</strong>stogliere lo sguardo.


«Magari gli Zingari del Fiume lo sanno» <strong>di</strong>sse uno. «Loro sono stati in<br />

tutti i posti dove si può andare. Naturalmente, prima li dovete trovare.»<br />

Vi fu uno scoppio <strong>di</strong> risa generale, come se si trattasse <strong>di</strong> una battuta<br />

con<strong>di</strong>visa solo da loro. Il Cavaliere rivolse un'occhiata al tavolo dove aveva<br />

lasciato la Dama e il Gargoyle e si raggelò. Due uomini si erano avvicinati<br />

e si stavano sedendo ai due lati della Dama. Lei si era stretta il mantello<br />

attorno alle spalle e stava guardando fisso davanti a sé mentre gli altri<br />

due le parlavano, ridendo e scherzando. Il Gargoyle stava sprofondando<br />

sempre più fra le ombre.<br />

Il Cavaliere si allontanò dal bancone e prese ad attraversare la sala. Ma<br />

fu troppo lento. Uno degli uomini toccò la Dama, che reagì imme<strong>di</strong>atamente<br />

rifilandogli un'unghiata in faccia. L'uomo cacciò un grido e si alzò<br />

<strong>di</strong> scatto, cadendo <strong>di</strong> spalle sul Gargoyle. Il cappuccio della bestia cadde,<br />

rivelando il suo volto. L'altro uomo si alzò a sua volta, gridando. Nel giro<br />

<strong>di</strong> un istante, la sala si trasformò in un pandemonio. Uomini e donne presero<br />

a gridare <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> terrore mentre il Gargoyle tentava <strong>di</strong> coprirsi. Apparvero<br />

armi, coltelli da caccia dai lunghi manici e pugnali <strong>di</strong> varie fogge.<br />

Lottando per mantenere l'equilibrio in mezzo alla confusione, il Cavaliere<br />

si fece strada attraverso coloro che lo separavano dai suoi compagni <strong>di</strong> viaggio.<br />

Molte caraffe si ruppero al suolo e <strong>di</strong>verse lampade si spensero.<br />

Molti si lanciarono verso le porte.<br />

«Guardate cosa avete fatto!» gridò il cameriere, in<strong>di</strong>cando il Cavaliere.<br />

«Avete portato un mostro nel nostro paese! Ci avete condannati! Che siate<br />

maledetto per sempre!»<br />

Il Cavaliere giunse fino al tavolo, afferrò la Dama e se la issò sulle spalle.<br />

Aveva la spada lunga a portata <strong>di</strong> mano, quin<strong>di</strong> la brandì per tenere lontani<br />

coloro che lo circondavano. Il Gargoyle si accucciò alle sue spalle, le<br />

sue inutili ali che sbattevano freneticamente, il suo fiato che sibilava attraverso<br />

i denti acuminati. Il Cavaliere abbassò la spada con tutta la sua forza<br />

e ruppe a metà il tavolo davanti a sé. Gli uomini si ritrassero rapidamente<br />

mentre si faceva strada verso la porta, con la Dama che urlava e scalciava<br />

sulle sue spalle e il Gargoyle che gli stava attaccato alla schiena per proteggersi.<br />

Un uomo tentò <strong>di</strong> attaccarlo alle spalle, ma gli artigli del Gargoyle<br />

gli aprirono uno squarcio notevole nel braccio.<br />

Nel giro <strong>di</strong> un attimo si ritrovarono fuori del bar, nuovamente nell'oscurità<br />

della notte. Le grida li seguirono alle spalle, ma davanti a loro la gente<br />

si nascondeva nelle case per lasciarli passare. Il Cavaliere si mosse rapido<br />

attraverso il paese mentre i suoi occhi si adattavano all'oscurità. Non c'era


nulla da fare, dovevano trovare la strada per conto loro. Male<strong>di</strong>sse la sfortuna<br />

e l'ignoranza <strong>di</strong> quella gente.<br />

Giunti alla base della piccola vallata, appoggiò la Dama sui suoi pie<strong>di</strong>,<br />

tenendola stretta a un polso per assicurarsi che non fuggisse.<br />

«Lasciami andare!» ringhiò lei, tirando la mano. «Come osi toccarmi!»<br />

Gli sputò addosso. «Ti o<strong>di</strong>o! Ti farò a pezzi mentre sarai ancora in vita per<br />

questo affronto!»<br />

Il Cavaliere la ignorò, <strong>di</strong>rigendosi verso l'oscurità degli alberi, salendo<br />

per il pen<strong>di</strong>o verso il riparo della foresta. Alle loro spalle, le luci del paese<br />

brillavano fioche dalle finestre degli e<strong>di</strong>fici, e le ombre della gente vorticavano<br />

nella debole luce. Il Cavaliere vi rivolse solo una rapida occhiata,<br />

mantenendo l'attenzione focalizzata sugli alberi davanti a sé. Non era del<br />

tutto impossibile che li seguissero.<br />

Erano ormai giunti al margine della foresta quando il Gargoyle si voltò<br />

<strong>di</strong> scatto e si accovacciò in posizione <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. «Sta arrivando qualcosa!»<br />

avvertì, la sua voce strozzata e priva <strong>di</strong> fiato.<br />

Nello stesso istante, u<strong>di</strong>rono salire grida <strong>di</strong> terrore dal paese. Il Cavaliere<br />

e la Dama si voltarono per guardare. Un muro torreggiante <strong>di</strong> malevola<br />

luminosità verdastra aveva fatto la sua comparsa all'imbocco della piccola<br />

valle. Scintillava come fuoco e sibilava come acido, deglutendo lentamente<br />

la silenziosa oscurità. Procedeva a ritmo costante, e mentre si avvicinava<br />

sembrò mutare forma, assumendo l'aspetto <strong>di</strong> una nube temporalesca, <strong>di</strong><br />

una combinazione <strong>di</strong> luci e <strong>di</strong> ombre che lacerava spietatamente qualsiasi<br />

cosa incontrasse sulla sua strada.<br />

Le grida della gente del paese aumentarono <strong>di</strong> intensità. «La Foschia! La<br />

Foschia! É arrivata! Correte! Oh, correte!»<br />

Ma a quanto pareva non vi era nessun luogo dove correre e nessun tempo<br />

per farlo. La nube verdastra uscì dagli alberi e scese dal pen<strong>di</strong>o, avvicinandosi<br />

minacciosamente al paese. Il mondo scompariva alle sue spalle.<br />

Non rimaneva né un albero, né un cespuglio né la minima traccia <strong>di</strong> vita<br />

nei punti in cui era passata. Tutto veniva consumato inesorabilmente. La<br />

Foschia scese da basso e iniziò a mangiarsi i primi e<strong>di</strong>fici. Uno per uno,<br />

vennero inghiottiti da quella strana perturbazione. Anche la gente del paese<br />

venne inghiottita, gridando freneticamente, incapace <strong>di</strong> fuggire. La Foschia<br />

li avvolgeva anche mentre fuggivano, e non ne usciva nessuno. Persino<br />

le loro grida venivano inghiottite dalla massa verdastra.<br />

Impietrito sul margine della vallata, il Cavaliere si irrigidì ulteriormente<br />

vedendo l'ultimo e<strong>di</strong>ficio e l'ultimo abitante del paese senza nome che ve-


niva inghiottito inesorabilmente. La Foschia procedette. Poi, improvvisamente,<br />

apparentemente senza motivo, si arrestò e iniziò a recedere.<br />

Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> il fronte della perturbazione si invertì, prendendo<br />

a muoversi nella <strong>di</strong>rezione dalla quale era venuto, come se fosse improvvisamente<br />

cambiato il vento. Lentamente, la Foschia si arrampicò su per il<br />

pen<strong>di</strong>o, si sciolse fra gli alberi e scomparve dalla loro vista.<br />

Il Cavaliere, la Dama e il Gargoyle fissarono la vallata deserta. Il paese<br />

dal quale erano appena fuggiti non c'era più; non c'era più un e<strong>di</strong>ficio, una<br />

persona, una bestia. Nessuna traccia, insomma, del paese che era stato lì<br />

fino a pochi minuti prima. Non vi era altro che terra nuda, bruciante e scorticata.<br />

La Foschia aveva bruciato tutto.<br />

Il Cavaliere guardò il Gargoyle. A quanto pareva la Foschia non era solo<br />

una leggenda. Ma che cosa l'aveva spinta a venire dai boschi proprio quella<br />

notte? Era vero che veniva preceduta da un mostro, come aveva detto<br />

l'oste? E quel mostro era veramente il Gargoyle? Che vi fosse qualche collegamento<br />

fra i due, un terribile patto per <strong>di</strong>vorare la vita e straziare la terra<br />

sulla quale si trovava? In fondo, il Gargoyle era proprio un mostro uscito<br />

dai tempi antichi. Il Cavaliere valutò le possibilità. Anche la Dama stava<br />

osservando il Gargoyle, e nei suoi occhi fred<strong>di</strong> vi era un accenno <strong>di</strong> paura.<br />

Mantenendo lo sguardo fisso nell'oscurità, il Gargoyle non restituì le loro<br />

occhiate.<br />

Il Cavaliere si voltò. Tutta quella gente scomparsa, pensò. Tutta. Li poteva<br />

vedere ancora nella sua mente, mentre venivano <strong>di</strong>vorati. Sentiva ancora<br />

le loro grida. Il suono era orribile, ma allo stesso tempo familiare.<br />

Aveva già sentito grida simili in precedenza. Li aveva sentiti per tutta la<br />

sua vita. Erano le grida degli uomini che aveva combattuto e ucciso in battaglia.<br />

Quelle grida erano catturate nella sua memoria come anime intrappolate<br />

in una rete, e le avrebbe portate con sé fino alla fine dei suoi giorni.<br />

Nel terribile epilogo <strong>di</strong> quel massacro al quale aveva appena assistito, il<br />

Cavaliere si domandò se anche il peso <strong>di</strong> queste ultime grida dovesse gravare<br />

sulle sue spalle.<br />

Zingari del Fiume<br />

Camminarono per tutta la notte, troppo nervosi per dormire. Non parlarono<br />

<strong>di</strong> quanto era accaduto, ma ognuno sapeva ciò che gli altri pensavano<br />

in proposito. La foresta infinita si era chiusa ancora una volta attorno a loro,<br />

una calotta vasta e impenetrabile <strong>di</strong> rami, foglie e cieli nebbiosi. Il La-


irinto continuava immutabile, e dopo un po' ebbero l'impressione che il<br />

paese e i suoi abitanti non fossero mai nemmeno esistiti.<br />

Quando fu mattino e l'oscurità cedette il posto al grigiore, trovarono una<br />

radura dove si addormentarono per un certo tempo. Il Cavaliere entrò in<br />

quello stato <strong>di</strong> dormiveglia che aveva da tempo imparato a padroneggiare<br />

in caso <strong>di</strong> bisogno, una specie <strong>di</strong> trance nella quale una piccola parte <strong>di</strong> lui,<br />

un singolo istinto, rimaneva sveglio e in guar<strong>di</strong>a contro eventuali pericoli.<br />

Avrebbe potuto sognare, ma era tormentato dalle grida <strong>di</strong> coloro che aveva<br />

visto morire e dalla sua incapacità <strong>di</strong> liberarsene. Erano le ombre dei morti,<br />

tutto quel che rimaneva <strong>di</strong> ciò che una volta era stato umano. E quelle grida<br />

continuavano a vivere dentro <strong>di</strong> lui, come se si fossero attaccate a lui e<br />

non fossero <strong>di</strong>sposte a mollarlo finché la morte non fosse venuta a prendere<br />

anche lui.<br />

Il Cavaliere pensò anche al Gargoyle, continuando a domandarsi quale<br />

parte avesse giocato la creatura nella <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> quel paese. Era anche<br />

preoccupato dal fatto che non riuscisse a ricordarsi come era avvenuto che<br />

si trovasse in compagnia del Gargoyle, che viaggiassero assieme in quelle<br />

circostanze. Non riusciva a ricordare nulla <strong>di</strong> quella bestia, a parte il fatto<br />

che sapeva che doveva trovarsi lì. Da dove era venuto il Gargoyle? Perché<br />

si trovava con il Cavaliere e la Dama all'interno del Labirinto? Forse il<br />

Gargoyle apparteneva a quel luogo; questo era un pensiero che non riusciva<br />

a scacciarsi dalla mente. Era stato proprio il Gargoyle a <strong>di</strong>re per primo<br />

che si trovavano nel Labirinto e che il Labirinto non aveva vie d'uscita.<br />

Aveva detto in precedenza ciò che la gente del paese aveva ripetuto dopo.<br />

E aveva parlato in precedenza anche della Foschia. Il Gargoyle sapeva<br />

molte cose su quel luogo che il Cavaliere non sapeva. Tutto ciò era a <strong>di</strong>r<br />

poco preoccupante. Il Cavaliere non aveva paura della creatura, ma temeva<br />

il suo possibile scopo finale. Apparentemente la bestia era dotata <strong>di</strong> un certo<br />

senso <strong>di</strong> onore e <strong>di</strong> giustizia, ma per quanto ci provasse, il Cavaliere non<br />

riusciva a fidarsi.<br />

Come si risvegliarono, procedettero. Ora non avevano altra scelta se non<br />

quella <strong>di</strong> procedere. Se si fossero fermati, sarebbe stato come ammettere la<br />

loro sconfitta. E il Cavaliere non avrebbe mai permesso una cosa del genere.<br />

Sentiva che il suo controllo sulla situazione stava scivolando via, che la<br />

sua sicurezza e la sua convinzione si stavano erodendo lentamente. Poco<br />

per volta, stava iniziando a rendersi conto <strong>di</strong> quanto fosse fragile la sua posizione<br />

nello schema generale delle cose. In fondo non era altro che una<br />

pe<strong>di</strong>na in circostanze che non riusciva né a comprendere né a controllare.


Nel Labirinto non vi era nulla <strong>di</strong> riconoscibile, e ciò che ricordava della<br />

sua vita precedente non era altro che una recita <strong>di</strong> ombre sfuocate in una<br />

scenografia troppo vaga e <strong>di</strong>stante. Per quanto si sforzasse <strong>di</strong> concentrarsi<br />

e <strong>di</strong> ricordare, nulla della sua vita precedente sembrava volersi focalizzare<br />

nella sua mente. Era come se fosse nato e sempre vissuto in quel luogo, e<br />

l'unica cosa che lo rassicurava del fatto che avesse vissuto una vita <strong>di</strong>versa<br />

in precedenza era la presenza della Dama... e forse anche quella del Gargoyle.<br />

Quel giorno la Dama gli parlò, quasi come se vi fosse costretta da chissà<br />

quale forza. Non gli parlò come un'amica o una persona intima, ma semplicemente<br />

come sua compagna <strong>di</strong> viaggio. Gli domandò ripetutamente chi<br />

fosse e perché si trovasse lì. Gli domandò che cosa ricordasse della sua vita<br />

precedente. Voleva sapere perché l'aveva presa e per chi. Il Cavaliere<br />

evitò le sue domande, rivoltando ognuna nella maniera più scaltra che riuscisse<br />

a concepire. Le evitò perché non era in grado <strong>di</strong> risponderle. Non<br />

aveva risposte da darle. La Dama insistette finché non si stancò, dopo<strong>di</strong>ché<br />

tornò a tacere.<br />

«Tu mi pren<strong>di</strong> in giro» <strong>di</strong>sse dopo un po'. Ora la tristezza e la <strong>di</strong>sperazione<br />

erano tornate nella sua voce, sostituendo l'altrimenti onnipresente<br />

rabbia. «Ti pren<strong>di</strong> gioco <strong>di</strong> me perché sono tua prigioniera.»<br />

Il Cavaliere scosse il capo, scrutando nella nebbia. «Non ti farei mai una<br />

cosa del genere.»<br />

«Allora <strong>di</strong>mmi qualcosa <strong>di</strong> te» lo supplicò, sforzandosi per mantenere un<br />

tono tranquillo ed equilibrato. «Dimmi qualcosa che mi garantisca che non<br />

menti.»<br />

Il Cavaliere camminò per un po' senza <strong>di</strong>r nulla, poi abbassò il capo.<br />

«Non sono felice che le cose stiano così. Preferirei una situazione <strong>di</strong>versa.<br />

Mi <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong> averti presa, qualunque sia lo scopo, qualunque sia la causa.<br />

Se avrò modo <strong>di</strong> farlo in seguito, mi sdebiterò con te.»<br />

Il Cavaliere pensò che gli avrebbe semplicemente riso in faccia. Pensò<br />

che lo avrebbe spregiato come al solito. Invece, la Dama lo sorprese limitandosi<br />

ad annuire senza <strong>di</strong>re nulla, continuando a camminare.<br />

Quando giunsero al fiume, era circa mezzogiorno. Apparve allo stesso<br />

modo in cui era apparso il paese, spuntando dal nulla <strong>di</strong>etro a una collina<br />

in cui gli alberi si <strong>di</strong>radavano. Il fiume era ampio e lento, e si allungava a<br />

per<strong>di</strong>ta d'occhio da entrambi i lati. Sulla sponda opposta, riprendevano le<br />

foreste del Labirinto, estendendosi all'infinito. Sopra le loro teste, il cielo<br />

rimaneva coperto e vacuo.


Scesero fino all'argine dove si fermarono, scrutando prima dalla sponda<br />

opposta, poi a monte, poi a valle. Non vi erano segni <strong>di</strong> vita. L'acqua era<br />

liscia e torbida nei punti in cui non vi erano sassi a farla schiumare. Non vi<br />

galleggiava alcun detrito, e non vi erano pesci che saltassero per incresparne<br />

la superficie lucida.<br />

«Se c'è un fiume, ci deve anche essere un paese lungo il suo corso» <strong>di</strong>sse<br />

la Dama con tono speranzoso.<br />

«Sì, ma il paese si troverà all'interno del Labirinto o oltre?» domandò il<br />

Cavaliere. La guardò. «L'unico modo per scoprirlo è seguendolo. Da che<br />

parte?»<br />

Ancora una volta, la Dama lo sorprese con la sua risposta. «Deci<strong>di</strong> tu.<br />

Sei tu che ci conduci.»<br />

Il Cavaliere si incamminò seguendo il corso delle acque. L'argine era<br />

largo ed erboso e facile da percorrere. Gli alberi della foresta recedevano a<br />

un centinaio <strong>di</strong> metri dall'acqua, e <strong>di</strong> conseguenza non ebbero alcun problema<br />

a seguire il fiume camminando sulla spiaggia. Quando il grigiore<br />

del giorno cedette il passo all'oscurità, la nebbia si fece strada fra gli alberi<br />

e venne a ricoprire l'intero fiume e i suoi argini. Dapprima ricoprì le punte<br />

dei loro stivali, poi salì fino alle ginocchia. Quando fu buio, la nebbia era<br />

ormai giunta alle loro vite, facendo sì che risultasse impossibile comprendere<br />

dove finisse l'argine e dove iniziasse il fiume.<br />

Il Cavaliere aveva appena deciso <strong>di</strong> addentrarsi nella foresta per passare<br />

la notte quando u<strong>di</strong>rono il canto. Si fermarono come un sol uomo, ascoltando<br />

attentamente. Il canto proveniva da poco più avanti, da <strong>di</strong>etro un'ansa<br />

a non più <strong>di</strong> duecento metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Il Cavaliere li portò fino al limite<br />

degli alberi onde evitare un'eventuale caduta in acqua, quin<strong>di</strong> procedettero<br />

da lì. Quando giunsero all'ansa e la superarono, videro le luci <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

fuochi. Il canto proveniva da quella parte. Si mossero lentamente verso i<br />

fuochi, scrutando con attenzione nell'oscurità. Avvicinandosi, poterono<br />

vedere <strong>di</strong>versi carri <strong>di</strong>pinti. Vi erano anche dei muli, e a ogni carro era legata<br />

una tenda colorata, fissata al terreno con delle corde. Coloro che cantavano<br />

erano poco più <strong>di</strong> una dozzina, uomini e donne, tutti vestiti con abiti<br />

molto colorati, con fusciacche, mantelli e bande in testa, tutti radunati attorno<br />

ai fuochi mentre cantavano.<br />

Il Cavaliere e i suoi compari si avvicinarono e vennero visti, ma il cantare<br />

continuò, come se la loro comparsa non avesse alcuna rilevanza per<br />

quella gente. Il Gargoyle rimase un po' in<strong>di</strong>etro, avvolto nel suo mantello<br />

per non tra<strong>di</strong>re il suo aspetto, ma uno dei cantanti si alzò in pie<strong>di</strong> e li invitò


con un cenno ad avvicinarsi tutti e tre, assicurandosi che anche la bestia<br />

fosse inclusa nel suo invito. I tre si avvicinarono lentamente, cauti per natura<br />

e circostanza, nonostante l'accoglienza apparentemente amichevole.<br />

«Benvenuti al nostro accampamento» li salutò colui che li aveva invitati.<br />

«Volete cantare con noi? Cantare per la vostra cena, magari?»<br />

L'uomo era grosso e rotondo, e le sue mani erano gran<strong>di</strong> e nodose. Portava<br />

barba e capelli folti e scuri, e indossava <strong>di</strong>versi orecchini e una catena<br />

con un lucchetto. Sotto la fusciacca che circondava il suo ampio pancione<br />

vi erano <strong>di</strong>versi pugnali, e il manico <strong>di</strong> un altro spuntava dal suo stivale.<br />

«Chi siete voi?» domandò il Cavaliere.<br />

«Ah, ah, niente nomi, amico mio» <strong>di</strong>sse l'uomo. «I nomi sono per i nemici<br />

che vogliamo evitare, non per gli amici che vogliamo conoscere. Volete<br />

sedervi con noi?»<br />

«Zingari del Fiume» <strong>di</strong>sse il Gargoyle, che nel frattempo era giunto al<br />

loro fianco. Il Cavaliere gli rivolse una rapida occhiata.<br />

L'omone scoppiò a ridere. «Siamo noi! Ma guarda un po' amico mio, un<br />

Gargoyle! Non ce ne sono molti <strong>di</strong> voialtri rimasti al mondo, e non credo<br />

che se ne siano visti punto nel corso della mia vita, perlomeno all'interno<br />

del Labirinto. Ebbene, non essere timido, non rimanere nella penombra.<br />

Siete tutti benvenuti. Venite a sedervi davanti a un fuoco. Venite a cantare.»<br />

Li portò con sé fino a uno dei fuochi. Venne fatto spazio per i nuovi ospiti,<br />

venne portato da bere, dopo<strong>di</strong>ché ripresero i canti. I sorrisi passarono<br />

da un volto all'altro man mano che le canzoni iniziavano e finivano. Un<br />

uomo strimpellava su uno strumento a corde <strong>di</strong> qualche genere, mentre un<br />

altro suonava il flauto. Il Cavaliere e i suoi compari ascoltarono le canzoni,<br />

ma non si unirono ai canti. Bevvero il vino che venne loro offerto, ma con<br />

moderazione. Si guardarono attorno e si domandarono come avesse fatto a<br />

giungere fin lì tutta quella gente.<br />

«Venite da molto lontano?» domandò dopo un po' il tipo grosso al Cavaliere,<br />

chinandosi nella sua <strong>di</strong>rezione per farsi sentire.<br />

«Cinque giorni <strong>di</strong> cammino» rispose il Cavaliere. «A quanto pare, non<br />

riusciamo a trovare una via d'uscita.»<br />

«Un problema abbastanza comune da queste parti» <strong>di</strong>sse l'uomo, annuendo.<br />

«Voi conoscete un modo per uscire?» insisté il Cavaliere.<br />

L'altro iniziò a battere le mani a tempo con la canzone. «Può darsi. Può<br />

darsi.»


I canti continuarono a lungo, e dopo un po' il Cavaliere iniziò ad avere<br />

sonno. La Dama aveva bevuto più <strong>di</strong> lui ed era già sdraiata sull'erba con gli<br />

occhi chiusi. Il Gargoyle era seduto, nascosto nel suo mantello, il suo volto<br />

in<strong>di</strong>stinguibile sotto il cappuccio. Alcuni zingari avevano iniziato a ballare,<br />

vorticando e balzando davanti al la luce del fuoco. Le donne si erano fissate<br />

dei campanelli sulle <strong>di</strong>ta, e il tintinnio argentino ora era più forte del<br />

canto stesso. Gli uomini ballavano con le loro sciarpe color oro e cremisi,<br />

e il vino non veniva <strong>di</strong> certo lesinato. Si era parlato anche <strong>di</strong> cibo prima,<br />

pensò il Cavaliere, ma non se ne era visto.<br />

«Non è forse così che va vissuta la vita?» gli domandò improvvisamente<br />

l'omone, chinandosi nuovamente verso <strong>di</strong> lui. Era paonazzo in volto e stava<br />

sorridendo. «Non pensare al domani finché non arriva. Non preoccuparsi<br />

delle cose sulle quali non si ha controllo. Cantare e danzare. Bere e ridere.<br />

Dimentica i tuoi problemi, ci penserai un'altra volta.»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. «Certi problemi non se ne vanno tanto facilmente.»<br />

L'omone scoppiò a ridere. «Che pessimista! Ma guardati! Non canti e<br />

non balli, e bevi pochissimo! Come puoi <strong>di</strong>vertirti a questo modo? Dai almeno<br />

una possibilità alla tua vita!»<br />

«Esiste un modo per uscire dal Labirinto?» domandò ancora una volta il<br />

Cavaliere.<br />

Lo zingaro scosse il capo allegramente, si alzò in pie<strong>di</strong> e scrollò le spalle.<br />

«Non stanotte, credo. Magari domani.» Con queste parole si allontanò,<br />

mettendosi a ballare con sorprendente grazia, data la sua mole.<br />

Il Cavaliere scolò quanto rimaneva del suo vino e rivolse un'occhiata ai<br />

suoi compagni. La Dama stava ancora dormendo profondamente ma il<br />

Gargoyle era scomparso. Il Cavaliere si guardò attorno alla sua ricerca,<br />

scrutando anche al <strong>di</strong> là della luce del fuoco. Non era in vista.<br />

Cercò <strong>di</strong> alzarsi in pie<strong>di</strong>, ma scoprì che non vi riusciva. Le gambe non<br />

gli funzionavano, e sentiva il corpo come se fosse racchiuso in una gabbia<br />

<strong>di</strong> ferro. Lottò contro un peso che lo spingeva inesorabilmente verso terra,<br />

riuscendo a mettersi quasi in pie<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> ricadere sul sedere. Gli Zingari<br />

del Fiume danzavano e ballavano attorno a lui, immemori. Il colori e le<br />

forme si sfuocarono davanti ai suoi occhi mentre scrutava nell'oscurità.<br />

C'era qualcosa che non andava. Era stato giocato qualche trucco.<br />

Si stava ancora domandando che cosa non andasse quando sprofondò in<br />

un sonno profondo.


Quando si risvegliò, era solo. Gli Zingari del Fiume non c'erano più; gli<br />

uomini, le donne, i carri, i muli, tutti scomparsi. Rimanevano solo le ceneri<br />

dei fuochi, che ancora si consumavano lentamente nella nebulosità del<br />

mattino. Il Cavaliere era stravaccato sull'erba. Si girò su se stesso e si mise<br />

in ginocchio. La testa gli pulsava per il vino, e i suoi muscoli erano tutti intorpi<strong>di</strong>ti.<br />

Alla sua sinistra scorreva il fiume, liscio, silenzioso e in<strong>di</strong>sturbato.<br />

Alla sua destra, la foresta era una cortina scura e piena <strong>di</strong> nebbia.<br />

Il Cavaliere si alzò in pie<strong>di</strong> e aspettò che gli passasse il capogiro.<br />

Anche la Dama era scomparsa.<br />

Sentì le pulsazioni che gli aumentavano e il petto che gli si contraeva per<br />

la rabbia e l'incredulità. Dove era andata a finire? Cercò qualche segno della<br />

sua presenza nella nebulosa penombra del mattino, ma non vide nulla.<br />

La Dama era scomparsa.<br />

Stava ancora cercando <strong>di</strong> riprendere il suo senso dell'orientamento quando<br />

il Gargoyle emerse dagli alberi e gli venne incontro. Il Cavaliere si rese<br />

conto in quell'istante che non aveva più le sue armi. Era completamente <strong>di</strong>sarmato.<br />

«Dormito bene?» domandò il Gargoyle mentre si avvicinava. Il sarcasmo<br />

nella sua voce era inconfon<strong>di</strong>bile.<br />

«Dove sono le mie armi?» domandò con rabbia il Cavaliere. «E che ne è<br />

stato della Dama?»<br />

Il Gargoyle si accovacciò davanti a lui con espressione seria. «Gli Zingari<br />

del Fiume li hanno presi entrambi. Li hanno presi mentre dormivi.»<br />

«Presi?» Il Cavaliere era sconvolto. «Vuoi <strong>di</strong>re che li hanno rubati?»<br />

Il Gargoyle emise una debole risata. «Gli Zingari non la vedono così.<br />

Per loro, le armi e la donna sono il nostro pagamento per i piaceri <strong>di</strong> ieri<br />

sera. Quel che è giusto è giusto, così la pensano loro. In fondo ti hanno sottratto<br />

cose <strong>di</strong> cui non hai realmente bisogno.»<br />

Il Cavaliere andò su tutte le furie. «E tu non hai fatto nulla per fermarli?»<br />

Il Gargoyle scrollò le spalle. «Perché mai avrei dovuto? Che <strong>di</strong>fferenza<br />

fa per me dove vanno a finire le tue armi o la Dama? A me non importa<br />

nulla <strong>di</strong> nessuna delle due cose. Anzi, penso che te la caverai molto meglio<br />

senza. All'interno del Labirinto non servono armi, solo nervi sal<strong>di</strong> e pazienza.<br />

E in quanto alla Dama, non era altro che un peso sulle nostre spalle,<br />

una scocciatura che nessun uomo sano vorrebbe sopportare.»<br />

«Ma non dovevi certo essere tu a deciderlo!»


«E infatti non fui io.» Il Gargoyle era perfettamente tranquillo, il suo viso<br />

orribile leggermente sollevato verso la luce, i suoi occhi giallastri calmi<br />

e sereni. «Non ho fatto altro che lasciare che gli eventi seguissero il loro<br />

corso.»<br />

«Avresti potuto almeno avvertirmi!»<br />

«Avresti potuto avvertirti da solo, se solo tu avessi pensato con la testa.<br />

Non vi sono misteri sugli zingari, sono uguali in tutto il mondo, sono come<br />

sono sempre stati. Vivono seguendo le loro regole, e se una persona accetta<br />

<strong>di</strong> bere e cantare con loro, deve accettare anche tutto il resto. Considerala<br />

come una lezione, signor Cavaliere, e lascia perdere.»<br />

Il Cavaliere soffocò la sua ira. Appena sotto però vi era la paura, la paura<br />

<strong>di</strong> perdere il controllo e <strong>di</strong> non poter fare nulla per riprenderlo. La Dama<br />

e le sue armi erano scomparse, e non era stato in grado <strong>di</strong> fare nulla per<br />

impe<strong>di</strong>rlo. Perché non si era messo in guar<strong>di</strong>a fin dall'inizio contro un simile<br />

avvenimento? Perché non aveva preso le precauzioni del caso?<br />

Inspirò profondamente e scrutò il fiume. «Da che parte sono andati?» Il<br />

Gargoyle non rispose, e il Cavaliere gli si rivolse con tono più duro. «Non<br />

darmi un motivo in più per non fidarmi <strong>di</strong> te!» sbottò.<br />

Il Gargoyle non si lasciò intimorire, fissandolo tranquillamente negli occhi.<br />

«Non ti ho mai dato alcun motivo per non fidarti.»<br />

«Ah, no?» Il Cavaliere riprese la sua compostezza. «Quando mi sono<br />

svegliato nel Labirinto, tu eri già lì. E sapevi dove ci trovavamo, sei stato il<br />

primo a chiamare il Labirinto per nome. Hai detto che non vi era via d'uscita<br />

prima ancora che qualcuno se lo chiedesse. Quando siamo arrivati a<br />

quel paese e ci hanno raccontato della Foschia, tu sapevi già tutta la storia.<br />

Il barista ti ha identificato come il mostro che precedeva l'arrivo della Foschia.<br />

E anche ieri sera, quando abbiamo incontrato gli Zingari del Fiume,<br />

tu sapevi <strong>di</strong> chi si trattava mentre io e la Dama non ne sapevamo nulla. A<br />

quanto pare sai un sacco <strong>di</strong> cose su questo luogo, anche se <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> provenire<br />

da un altro. Non posso fare a meno <strong>di</strong> domandarmi quale sia il tuo vero<br />

ruolo in tutto ciò.»<br />

Il Gargoyle fissò il Cavaliere, e per un lungo momento non <strong>di</strong>sse nulla.<br />

«Hai motivo <strong>di</strong> essere sospettoso, quin<strong>di</strong>» <strong>di</strong>sse infine, per quanto con tono<br />

riluttante. «Anch'io avrei avanzato gli stessi sospetti, se fossi stato nei tuoi<br />

panni. Mi rendo conto che può sembrare che io faccia il doppio gioco, ma<br />

non è così. Ciò che conosco <strong>di</strong>pende dal fatto che io abbia vissuto molto a<br />

lungo e che abbia visitato molti luoghi. Ho delle conoscenze delle quali<br />

non rammento più nemmeno la fonte. Ricordo cose che ho sentito <strong>di</strong>re o


ho scoperto <strong>di</strong> persona secoli fa. Sono molto vecchio. Una volta, come<br />

hanno detto gli Zingari del Fiume, ve ne erano molti come me. Ora vi sono<br />

solo io, in tutto il mondo.»<br />

Fece una pausa, come se stesse riflettendo. «Questo luogo, coloro che vi<br />

<strong>di</strong>morano e le cose che vi accadono sono familiari per me. Devo averle conosciute<br />

in un altro tempo, in un tempo che la mia memoria ha cancellato.<br />

Percepisco anche parte <strong>di</strong> ciò che avverrà. Conosco questo luogo, lo riconosco.<br />

Sono in grado <strong>di</strong> anticipare alcuni eventi. Tuttavia io non sono <strong>di</strong><br />

qui, e non sono nemmeno certo <strong>di</strong> essere già stato in questo luogo in precedenza.»<br />

Il Gargoyle fece una smorfia. «Ciò mi dà alquanto fasti<strong>di</strong>o. La<br />

mia memoria è frammentaria, e devo confessare che nulla della mia vita<br />

precedente mi è più chiaro. Salvo il fatto»aggiunse, con tono cupo«che<br />

non sono più ciò che ero.»<br />

Il Cavaliere annuì lentamente. Percepiva della verità nelle parole del<br />

Gargoyle. «Nemmeno io lo sono. Il passato mi sembra lontanissimo nel<br />

tempo e nello spazio.»<br />

«Tuttavia, avvengono delle associazioni che stimolano ricor<strong>di</strong>, come è<br />

avvenuto con gli Zingari del Fiume ieri sera» continuò il Gargoyle. «Li<br />

conoscevo pur non avendoli mai incontrati prima. Conoscevo la loro natura.<br />

É vero, avrei potuto <strong>di</strong>rtelo. Ma non l'ho fatto. Volevo che si portassero<br />

via la Dama. Non la volevo più vedere.» Il suo sguardo era fisso. «Non me<br />

ne vergogno affatto.»<br />

«Devo riprenderla da loro» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />

«Perché? Che motivo hai <strong>di</strong> fare una cosa simile?» Il Gargoyle sembrava<br />

genuinamente interessato.<br />

Il Cavaliere rimase in silenzio. Le sue mani si serrarono mentre cercava<br />

le parole. «Perché questo è il compito che mi è stato assegnato prima che<br />

venissi qui. É l'unica certezza che posseggo. Senza <strong>di</strong> lei, io sono perso. É<br />

lei ciò che mi tiene in movimento. E lei il motivo della mia esistenza. Esisto<br />

solo in funzione <strong>di</strong> lei. Lo capisci questo?»<br />

Il Gargoyle rifletté per un attimo, quin<strong>di</strong> annuì. «Credo <strong>di</strong> sì. Non hai alcuno<br />

scopo se non quello <strong>di</strong> portarla dal tuo padrone. Nessuno scopo che<br />

tu riesca a ricordare. Ma <strong>di</strong>mmi, signor Cavaliere, ricor<strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> questo,<br />

almeno?»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. «Questo luogo sembra aver rubato tutti i miei<br />

ricor<strong>di</strong>.»<br />

«E anche i miei.» La voce del Gargoyle era profondamente risentita. «Io<br />

rivoglio la mia vita. Rivoglio i miei ricor<strong>di</strong>.»


«Hai visto in che <strong>di</strong>rezione sono andati?» domandò nuovamente il Cavaliere.<br />

«Te la caverai molto meglio senza <strong>di</strong> lei» ripeté ancora il Gargoyle. Il<br />

Cavaliere non rispose; la sua espressione non cambiò. Il Gargoyle emise<br />

un sospiro. «A monte, nella <strong>di</strong>rezione dalla quale siamo venuti.» Scosse il<br />

capo con fare rassegnato. «Verrò con te.»<br />

Si mossero subito, mettendo in movimento l'erba alta delle sponde del<br />

fiume, seguendo il nastro color terra attraverso il grigiore della nebbia.<br />

Scoprirono le impronte quasi imme<strong>di</strong>atamente, e il Cavaliere si rese conto<br />

che non sarebbe stato <strong>di</strong>fficile per lui, anche se fosse rimasto da solo, scoprire<br />

la <strong>di</strong>rezione in cui erano andati gli zingari. Ciò fece insorgere in lui<br />

un ulteriore sospetto sul ruolo del Gargoyle nello schema generale delle<br />

cose; in fondo, il Gargoyle avrebbe potuto anche avergli date quelle informazioni<br />

esclusivamente per servire ai suoi scopi. Ma questi erano pensieri<br />

duri, e il Cavaliere non vi si trovava a suo agio. In fondo era convinto che<br />

il Gargoyle fosse una creatura fondamentalmente onorevole. Non aveva<br />

percepito menzogne in quanto gli era stato detto. Erano giunti entrambi su<br />

quel mondo provenienti da un altro, e il loro destino lì, assieme a quello<br />

della Dama, era tutt'uno.<br />

Si fecero strada attraverso il giorno, muovendosi con passo costante <strong>di</strong>etro<br />

alle tracce dei carri, fermandosi <strong>di</strong> tanto in tanto per riposarsi, ma comunque<br />

determinati a raggiungere coloro che inseguivano prima del tramonto.<br />

Dopo un po' il fiume si allargò, <strong>di</strong>ventando tanto ampio che la<br />

sponda opposta apparve come poco più <strong>di</strong> una linea nera che si stagliava<br />

contro il cielo scuro. Il Cavaliere stava iniziando a sentirsi depresso per<br />

quel grigiore costante, per l'assenza totale <strong>di</strong> sole e per la opprimente pressione<br />

che esercitava quel cielo grigio sulla terra. Sentiva la mancanza della<br />

gente, degli animali e <strong>di</strong> altre forme <strong>di</strong> vita. Sapeva <strong>di</strong> aver goduto <strong>di</strong> queste<br />

cose, una volta. Ma più <strong>di</strong> ogni altra cosa, soffriva per la per<strong>di</strong>ta della<br />

sua identità al <strong>di</strong> là della vaghezza della sua attuale esistenza. Non era sufficiente<br />

percepire a livello istintivo ciò che si era o chi si era; ci volevano<br />

anche i ricor<strong>di</strong>, immagini vivide della vita che aveva trascorso e delle cose<br />

che avevi fatto in quella vita. E lui non aveva quasi più nulla <strong>di</strong> tutto ciò,<br />

ancor meno, a quanto pareva, <strong>di</strong> ciò che serbava il Gargoyle. Era perso,<br />

naufrago in un limbo, e la vuotezza che sentiva dentro <strong>di</strong> sé stava iniziando<br />

a dar vita alla follia.


Poco dopo il tramonto, videro l'accampamento degli Zingari del Fiume.<br />

Furono abbastanza fortunati da vedere le luci dei loro fuochi a una certa<br />

<strong>di</strong>stanza, evitando così <strong>di</strong> essere visti a loro volta. Gli zingari si erano nuovamente<br />

accampati sull'argine del fiume, e il suono del loro canto si espandeva<br />

con tranquilla noncuranza nel silenzio e nell'immobilità del crepuscolo.<br />

Il Cavaliere e il Gargoyle rimasero sotto la protezione degli alberi<br />

mentre si avvicinavano all'accampamento per vedere che cosa stesse succedendo.<br />

Non ebbero sorprese. Gli Zingari del Fiume erano seduti attorno<br />

ai loro fuochi bevendo vino, lasciando che la notte si chiudesse attorno a<br />

loro. La Dama sedeva con loro, e non sembrava essere limitata o trattenuta<br />

in alcun modo. Teneva un bicchiere in mano, dal quale sorseggiava <strong>di</strong> tanto<br />

in tanto. La sua espressione era fredda e vuota, ma non sembrava affatto<br />

spaventata.<br />

«Forse preferisce stare con loro» sussurrò il Gargoyle. «Forse con loro si<br />

sente più libera <strong>di</strong> quanto non fosse con te.»<br />

Il Cavaliere lo ignorò. «Ho bisogno della mia spada.»<br />

Il Gargoyle scosse il capo con aria <strong>di</strong> rimprovero. «Sei una testa dura,<br />

non è vero? Non vi sono deviazioni nella tua vita.» Emise una risata morbida<br />

e profonda. «Siamo entrambi stati foggiati in un materiale che non<br />

può essere cambiato.»<br />

Detto questo, si alzò <strong>di</strong> scatto. «Aspettami qui.»<br />

Scomparve fra gli alberi. Il Cavaliere rimase in attesa, continuando a osservare<br />

l'accampamento. L'oscurità aumentò, finché rimasero visibili solo<br />

le luci dei fuochi. Le libagioni e i canti proseguirono ininterrotti, sempre<br />

allo stesso livello. Tutti gli altri suoni e movimenti scomparvero <strong>di</strong>etro<br />

all'allegria <strong>di</strong> quella gente, soffocati come vecchia legna marcia in un fiume.<br />

Il tempo passò, e il Cavaliere <strong>di</strong>venne ansioso.<br />

Poi, improvvisamente, il Gargoyle riapparve al suo fianco, porgendogli<br />

la sua lunga spada, con i denti acuminati che scintillavano ai margini del<br />

suo sorriso. Il Cavaliere accettò la spada, la brandì un attimo per constatarne<br />

le con<strong>di</strong>zioni, quin<strong>di</strong> la infilò nel fodero che indossava ancora sulla<br />

schiena.<br />

«Ora chiederemo loro <strong>di</strong> ridarci la Dama» <strong>di</strong>sse, alzandosi in pie<strong>di</strong>.<br />

«Aspetta.» Il Gargoyle lo fermò con la sua mano artigliata. «Perché<br />

chiedere, quando non ve n'è bisogno? Meglio aspettare il mattino, entrare<br />

nel campo e prenderla mentre gli altri dormono. Credo che sia il modo più<br />

facile.»<br />

Il Cavaliere ci rifletté su un attimo, quin<strong>di</strong> annuì. «Aspetteremo.»


Si sedettero in silenzio al riparo degli alberi della foresta. Gli Zingari del<br />

Fiume iniziarono a danzare, e il festeggiamento proseguì. Non si arrestò<br />

finché la notte non fu quasi finita e i fuochi quasi consumati. A quel punto<br />

gli uomini e le donne si avvolsero nelle loro coperte e si addormentarono.<br />

La Dama dormì con loro. Non si era spostata dal punto in cui l'avevano vista<br />

seduta al loro arrivo; si era semplicemente limitata a sdraiarsi sull'erba<br />

lì dov'era. La nebbia si fece strada fra i carri e gli animali, non più respinta<br />

dal calore delle fiamme, e nel giro <strong>di</strong> poco ricoprì interamente anche i<br />

dormienti.<br />

A quel punto il Cavaliere e il Gargoyle si alzarono in pie<strong>di</strong> e uscirono<br />

dagli alberi. Si fecero strada in silenzio attraverso l'erba alta, alla ricerca <strong>di</strong><br />

eventuali sentinelle, ma non ne trovarono alcuna. Giunti ai carri, si fermarono<br />

nuovamente, prestando ascolto. Gli unici suoni u<strong>di</strong>bili erano quelli<br />

degli zingari che dormivano e del fiume che scorreva. Si mantennero al riparo<br />

dei carri finché non furono abbastanza vicini al punto in cui dormiva<br />

la Dama, dopo<strong>di</strong>ché il Cavaliere proseguì solo.<br />

La trovò, si inginocchiò al suo fianco e le coprì la bocca con la mano. La<br />

Dama si svegliò imme<strong>di</strong>atamente, scrutandolo con uno sguardo freddo e<br />

accon<strong>di</strong>scendente, scevro <strong>di</strong> qualsiasi paura. Il Cavaliere fece per alzarla in<br />

pie<strong>di</strong>, poi vide la catena fissata alla sua caviglia. L'altro capo era stato fissato<br />

alla ruota <strong>di</strong> un carro.<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>, percorso da un'ondata <strong>di</strong> rabbia. Ne aveva avuto abbastanza.<br />

Camminò senza timori attraverso i dormienti finché non trovò colui<br />

che gli aveva parlato in maniera tanto allettante <strong>di</strong> quanto fosse bello rimandare<br />

i propri problemi al giorno seguente. Abbassò una mano, serrò le<br />

<strong>di</strong>ta attorno alla tunica dell'uomo e lo sollevò.<br />

«Ti farò a fettine all'istante se non la libererai» <strong>di</strong>sse con un sibilo <strong>di</strong><br />

rabbia.<br />

L'uomo lo guardò negli occhi e annuì, senza <strong>di</strong>re una parola. Il Cavaliere<br />

lo condusse attraverso il campo fino al punto in cui attendeva la Dama. Lo<br />

zingaro barbuto si infilò una mano in tasca, produsse una chiave, aprì il<br />

lucchetto e fece un passo in<strong>di</strong>etro.<br />

«Non devi essere furioso con noi» <strong>di</strong>sse a bassa voce.<br />

Il Cavaliere liberò la Dama dalla morsa <strong>di</strong> ferro che le teneva la caviglia<br />

imprigionata e la fece alzare in pie<strong>di</strong>. La donna si chinò un attimo per grattarsi<br />

la caviglia, quin<strong>di</strong> si incamminò verso gli alberi.<br />

«Il vino e l'intrattenimento hanno il loro prezzo» continuò lo zingaro.<br />

«Voi siete in debito con noi.»


Il Cavaliere si voltò verso <strong>di</strong> lui. «Ringrazia solo che non ti uccido.»<br />

A quel punto lo zingaro si portò le <strong>di</strong>ta alla bocca ed emise un fischio,<br />

un suono forte e penetrante. L'accampamento si risvegliò nel giro <strong>di</strong> un istante,<br />

brulicando improvvisamente <strong>di</strong> uomini armati. Bran<strong>di</strong>vano pugnali,<br />

spade corte e accette le cui lame metalliche scintillavano nell'aria umida.<br />

Compresero la situazione imme<strong>di</strong>atamente, e si avvicinarono al Cavaliere<br />

come un sol uomo.<br />

«Non fate sciocchezze» avvertì il Cavaliere, appoggiando la schiena al<br />

carro più vicino.<br />

«Sei tu che hai fatto una sciocchezza, credo» replicò lo zingaro barbuto.<br />

Gli zingari assalirono il Cavaliere, ma egli respinse la prima ondata con<br />

un ampio movimento della sua spada. La sua maglia lo proteggeva dai pugnali<br />

che gli venivano lanciati addosso, ma preferì ugualmente scostarsi<br />

con un rapido movimento e <strong>di</strong>rigersi verso il riparo dei boschi. Dov'era la<br />

sua armatura? si domandò improvvisamente. Dov'erano i suoi gambali, le<br />

sue piastre, il suo elmo? Ancora una volta li percepì da qualche parte, a<br />

portata <strong>di</strong> mano, ma ancora una volta non vennero in suo aiuto. Ormai era<br />

già la seconda volta che era costretto a intraprendere un combattimento<br />

senza la protezione dell'armatura. Non gli era mai capitato prima. La sua<br />

armatura era sempre stata lì con lui quando ne aveva avuto bisogno. Perché<br />

non veniva ora?<br />

Gli zingari lo caricarono nuovamente, e questa volta il Cavaliere fu costretto<br />

a <strong>di</strong>fendersi. Ne abbatté due con un colpo <strong>di</strong> spada e ne ferì un terzo,<br />

rimanendo perfettamente illeso. Sentiva il Gargoyle che lo chiamava.<br />

Quando si guardò alle spalle, vide la Dama in pie<strong>di</strong> ai margini della foresta<br />

che lo guardava.<br />

Un'ondata <strong>di</strong> rabbia per la stupi<strong>di</strong>tà degli Zingari del Fiume lo attraversò<br />

improvvisamente. Il Cavaliere si preparò a ricevere un altro attacco.<br />

Ma non arrivò mai. Una luce verdastra, malvagia e familiare, si sollevò<br />

improvvisamente dal fiume in una cortina torreggiante e prese ad avanzare<br />

verso l'accampamento. Gli zingari si voltarono, capirono <strong>di</strong> che si trattava<br />

e cacciarono grida <strong>di</strong> terrore. La Foschia si fece strada attraverso la nebbia<br />

e l'oscurità, una nube terribile e sibilante che si <strong>di</strong>vorava il paesaggio a vista<br />

d'occhio. Il Cavaliere si girò e si lanciò fra i boschi, approfittando del<br />

terrore e della confusione degli zingari. Giunse fra gli alberi proprio mentre<br />

la Foschia prendeva possesso dell'accampamento. La nube malefica si<br />

fece strada attraverso i carri, la gente e gli animali con una tale velocità<br />

che nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> non vi restò più nulla. Persino le grida venne-


o deglutite in un istante. A quanto pareva, nessuno era stato in grado <strong>di</strong><br />

fuggire.<br />

Avvenne tutto in pochi secon<strong>di</strong>. La Foschia avanzò finché non ebbe <strong>di</strong>vorato<br />

l'accampamento per intero, dopo<strong>di</strong>ché si ritirò come se nulla fosse.<br />

Come aveva fatto per il paese, si ritirò attraverso il terreno piatto e bruciato<br />

per poi sparire nel nulla. Come era avvenuto per il paese, non rimase alcuna<br />

traccia né degli Zingari del Fiume né del loro accampamento.<br />

Il terreno devastato fumava ancora nella debole luce dell'alba. Il Cavaliere<br />

aveva assistito a tutta la scena dagli alberi, e ora rimaneva nella stessa<br />

posizione a bocca aperta, sconvolto. La Dama era al suo fianco, e così pure<br />

il Gargoyle. Nessuno parlò. Il Cavaliere si stava domandando come era<br />

possibile che fosse accaduto ciò, che la Foschia fosse ritornata e avesse<br />

preso solo l'accampamento degli Zingari, lasciando loro illesi. Che cosa<br />

l'aveva chiamata? Che cosa le aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere anche loro?<br />

C'era qualcosa che non quadrava in tutto ciò. Tutto quanto era accaduto<br />

aveva un aspetto surreale; la loro scoperta <strong>di</strong> quel paese senza nome, il loro<br />

incontro con gli Zingari del Fiume, la venuta della Foschia. La realtà era<br />

stata alterata, e anche se il fattore alterante non aveva identità, aveva una<br />

sua forma. E per quanto ignorasse la sua fonte, il Cavaliere non poteva fare<br />

a meno <strong>di</strong> essere consapevole della sua esistenza.<br />

Uno sgradevole sospetto iniziò allora a formarsi nell'anticamera del suo<br />

cervello, un sospetto talmente terribile che non osava nemmeno pronunciarlo.<br />

Lo seppellì subito nel profondo <strong>di</strong> se stesso, incredulo e <strong>di</strong>sperato al<br />

solo pensiero.<br />

«Che cosa mostruosa è questa?» sussurrò la Dama facendo un passo avanti<br />

per fissare il fiume. «Possibile che ci segua come un cane da caccia?»<br />

«E così» grugnì il Gargoyle a bassa voce. «Percepisco la sua fame.»<br />

Anche il Cavaliere la percepiva. E pur non avendo intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo,<br />

pur non essendo in grado <strong>di</strong> pronunciare le parole, era convinto del fatto<br />

che quella fame non fosse ancora stata saziata.<br />

Non Vi Costa Nulla<br />

Dovevano essere ben strani a vedersi, pensò Abernathy mentre si avvicinavano<br />

alle porte <strong>di</strong> Rhyndweir, castello fortezza <strong>di</strong> Kallendbor, il più<br />

potente fra i Signori del Greensward. Un uomo alto, magro e allampanato<br />

con un uccello sulla spalla, una specie <strong>di</strong> bestia piccolotta e nerboruta che


assomigliava a una scimmia impazzita e un cane con mani da uomo che<br />

indossava un paio <strong>di</strong> occhiali da lettura; Horris Kew, Biggar, Bunion e lui<br />

stesso. Marciarono su per la strada che attraversava il paesino che circondava<br />

la fortezza, trasportando davanti a sé (anche se in verità era Bunion<br />

che lo portava) lo stendardo dell'attuale e tuttora assente Re <strong>di</strong> Landover. I<br />

loro cavalli li seguivano in fila in<strong>di</strong>ana, indubbiamente felici <strong>di</strong> essersi liberati<br />

<strong>di</strong> quei pesi. Il mulo con i bauli <strong>di</strong> cristalli dell'occhio della mente<br />

trotterellava in compagnia dei cavalli. La giornata era calda e umida, l'aria<br />

era immobile, e nella mente <strong>di</strong> tutti vi era soprattutto la prospettiva <strong>di</strong> una<br />

bibita fresca e <strong>di</strong> un bel bagno.<br />

La gente del paese si radunò per vederli sfilare, rimanendo al riparo<br />

dell'ombra dei portoni e delle tende. Molti si davano colpetti <strong>di</strong> gomito o si<br />

sussurravano nelle orecchie. Forse sapevano, pensò Abernathy. Forse oramai<br />

lo sapevano tutti.<br />

Erano partiti da Sterling Silver tre giorni prima, una delegazione <strong>di</strong> emissari<br />

del Re inviati per il compito specifico <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire i cristalli dell'occhio<br />

della mente al popolo del Greensward, sia <strong>di</strong> alta sia <strong>di</strong> bassa casta.<br />

La decisione <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre i cristalli era stata raggiunta con molte riserve,<br />

ma comunque fosse, era stata raggiunta. Questor Thews si stava letteralmente<br />

<strong>di</strong>sperando nei suoi sforzi per coprire la mancanza del Re. Gli<br />

riusciva sempre più <strong>di</strong>fficile inventare scuse per spiegare il motivo per cui<br />

il Re non desiderasse vedere nessuno <strong>di</strong> persona, delegando il suo consigliere<br />

<strong>di</strong> fiducia per ogni riunione o appuntamento. Era necessaria una <strong>di</strong>versione<br />

<strong>di</strong> qualche sorta per tenere a bada i più insistenti. E in effetti, se<br />

non altro, forse i cristalli potevano servire proprio a questo scopo. Così,<br />

era stato deciso <strong>di</strong> portarli fuori, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuirli in giro, <strong>di</strong> lasciare che la<br />

gente si <strong>di</strong>vertisse per un po', sperando che la novità non passasse <strong>di</strong> moda<br />

troppo in fretta.<br />

Naturalmente, Questor non poteva occuparsi della cosa. E nonostante<br />

fosse decisamente contrario all'idea, Abernathy risultò la seconda scelta<br />

più logica. Ci voleva pure qualcuno che agisse da rappresentante del Re,<br />

qualcuno in più oltre Horris Kew e il suo uccello. Inoltre, ci voleva qualcuno<br />

che tenesse d'occhio Horris Kew e magari anche il pennuto stesso.<br />

Così, Abernathy era stato praticamente costretto a prestare i suoi servigi, e<br />

Bunion venne scelto come suo accompagnatore per fornire protezione e<br />

sostegno. Venne offerta loro anche una scorta <strong>di</strong> soldati, ma nessuno li volle,<br />

compreso Abernathy, che decise che era molto meglio mantenere le cose<br />

più semplici e lineari possibile. Andare a far visita ai Signori del Green-


sward accompagnati da una scorta armata significava attirare un sacco <strong>di</strong><br />

attenzione. Abernathy aveva deciso che si trattava <strong>di</strong> una pessima idea, e <strong>di</strong><br />

conseguenza l'ipotesi della scorta fu scartata.<br />

Fra l'altro, si trovavano in tempi <strong>di</strong> pace. Che guai avrebbero potuto avere<br />

con lo stendardo del Re che sfilava davanti a loro?<br />

Così erano partiti, marciando fuori delle porte <strong>di</strong> Sterling Silver e spingendosi<br />

verso nordest attraverso le foreste e le colline, <strong>di</strong>retti verso le pianure<br />

del Greensward. A tutti coloro che incontrarono sulla strada, offrirono<br />

un cristallo dell'occhio della mente. La maggior parte della gente li accettò<br />

<strong>di</strong> buon grado, affascinata dalle potenzialità dell'oggetto.<br />

Furono ben pochi, solo qualche villico isolato particolarmente superstizioso,<br />

coloro che non accettarono il dono considerandolo una sciocchezza.<br />

Vennero comunque <strong>di</strong>stribuiti centinaia <strong>di</strong> cristalli per la strada, poiché fra<br />

Sterling Silver e il Greensward vi erano molte fattorie e piccole comunità.<br />

La voce si <strong>di</strong>ffuse, ed entro breve la piccola processione si ritrovò la gente<br />

che li aspettava lungo la strada. Altri cristalli vennero <strong>di</strong>stribuiti, e altra<br />

gente se ne andò via felice. Fin lì, tutto bene.<br />

Abernathy doveva ammettere che Horris Kew non si stava comportando<br />

affatto male. Il mago si assicurava <strong>di</strong>ligentemente che ogni persona che riceveva<br />

un cristallo sapesse che si trattava <strong>di</strong> un dono del Re e che lui stava<br />

agendo come rappresentante esclusivo del Re stesso. Non fece alcun tentativo<br />

<strong>di</strong> guadagnare cre<strong>di</strong>to personale da quella <strong>di</strong>stribuzione e non fece il<br />

seppur minimo accenno a qualsiasi forma <strong>di</strong> promozione della sua immagine.<br />

Questo Horris era molto <strong>di</strong>verso da quello che Abernathy ricordava,<br />

e la cosa lo rese nuovamente sospettoso nei suoi confronti.<br />

Tuttavia, il fedele scrivano <strong>di</strong> corte provava sentimenti assai contrastanti<br />

al riguardo. Per quanto <strong>di</strong>ffidasse <strong>di</strong> Horris Kew e delle sue idee, compresa<br />

questa, era <strong>di</strong>speratamente attaccato al suo cristallo personale. Nelle occasioni<br />

in cui riusciva ad ammetterlo a se stesso, occasioni che capitavano<br />

sempre più <strong>di</strong> rado, si preoccupava del fatto che quella sua attrazione sconfinasse<br />

ad<strong>di</strong>rittura in una forma <strong>di</strong> assuefazione. Era come se fosse stato<br />

completamente coinvolto dal cristallo fin dalla sua prima occhiata all'interno<br />

delle sue luminose profon<strong>di</strong>tà.<br />

Ma che cosa gli veniva mostrato <strong>di</strong> tanto intrigante, non una sola volta,<br />

ma ogni volta che vi guardava dentro? Egli vedeva se stesso, se stesso come<br />

era stato una volta, un uomo con lineamenti e caratteristiche da uomo,<br />

senza più quel corpo da cane che si ritrovava. Si trattava del desiderio più<br />

grande della sua vita, il sogno che avrebbe sempre desiderato veder realiz-


zato, e quando scrutava nelle profon<strong>di</strong>tà sfaccettate del cristallo dell'occhio<br />

della mente, il suo sogno si realizzava. Poteva rimanere lì a guardarsi per<br />

tutto il tempo che desiderava, e quel tempo <strong>di</strong>ventava sempre più lungo<br />

ogni giorno che passava. Non solo riusciva a vedersi in forma umana, ma<br />

provava anche le sensazioni; ricordava perfettamente come era stato prima<br />

che Questor Thews invocasse il suo sfortunato incantesimo e lo riducesse<br />

in quello stato in cui si trovava.<br />

Si trattava <strong>di</strong> un passatempo incre<strong>di</strong>bilmente gradevole, e Abernathy non<br />

sembrava mai averne abbastanza. Non era esattamente come tornare a essere<br />

colui che era stato in precedenza, ma era la cosa più prossima che avesse<br />

mai sperimentato. Era incre<strong>di</strong>bilmente sod<strong>di</strong>sfacente, e doveva il tutto<br />

a Horris Kew.<br />

Anche in quel momento, mentre si avvicinava alle torreggianti porte <strong>di</strong><br />

Rhyndweir e spasimava per un bagno e per un boccale <strong>di</strong> birra fredda, non<br />

riusciva a fare a meno <strong>di</strong> pensare anche al suo cristallo e al tempo che avrebbe<br />

passato in sua compagnia nella sua stanzetta solitaria.<br />

Le porte si aprirono per riceverli, e la piccola processione marciò nel castello<br />

fiancheggiata dalle guar<strong>di</strong>e. Un singolo ufficiale minore <strong>di</strong> corte li<br />

stava attendendo per riceverli e guidarli all'interno del castello. Nessuno<br />

squillare <strong>di</strong> trombe, nessun cambio della guarnigione, nessun ricevimento<br />

ufficiale da parte dello stesso Kallendbor come sarebbe senz'altro avvenuto<br />

se si fosse trattato del Re, pensò Abernathy. Agli inviati veniva concesso<br />

minimo rispetto e ancor meno interesse. Kallendbor non aveva mai gra<strong>di</strong>to<br />

Holiday, ma ora il suo sdegno nei confronti del Re stava <strong>di</strong>ventando sempre<br />

più aperto e manifesto. A quanto pareva, i ricor<strong>di</strong> delle imprese e dei<br />

trionfi <strong>di</strong> Holiday stavano recedendo rapidamente. Holiday infatti aveva<br />

superato Kallendbor in <strong>di</strong>verse occasioni, facendo ciò che i Signori del<br />

Greensward non erano mai stati in grado <strong>di</strong> fare; sconfiggere il Marchio <strong>di</strong><br />

Ferro, ricacciare i demoni nell'Abaddon e unire il regno intero sotto un'unica<br />

legge. Aveva sconfitto qualsiasi avversario gli si fosse messo contro e<br />

aveva superato ogni genere <strong>di</strong> ostacolo. E tutto ciò era stato accettato da<br />

Kallendbor, anche se magari non apprezzato. Ora invece, forse avrebbe<br />

messo in <strong>di</strong>scussione anche la stessa accettazione <strong>di</strong> questi dati <strong>di</strong> fatto.<br />

Kallendbor venne loro incontro alle porte del palazzo, tutto risplendente<br />

<strong>di</strong> gioielli e <strong>di</strong> abiti color cremisi, accompagnato dai suoi consiglieri e dai<br />

suoi attuali favoriti <strong>di</strong> corte. Era un uomo alto dalla corporatura massiccia,<br />

con i capelli e la barba talmente rossi che parevano quasi dorati alla luce<br />

del sole. Le sue mani erano callose e i suoi avambracci erano segnati dalle


ferite <strong>di</strong> mille battaglie. Rimase in pie<strong>di</strong> ad attendere il loro arrivo, tutto<br />

impettito e arrogante, dando l'impressione <strong>di</strong> guardarli dall'alto in basso,<br />

come se concedesse loro la sua attenzione solo per pura generosità.<br />

Quell'atteggiamento non <strong>di</strong>sturbò Abernathy; lo scrivano <strong>di</strong> corte vi era<br />

ormai abituato. Ciò nonostante, non apprezzò <strong>di</strong> certo quella sua voluta insolenza.<br />

«Lord Kallendbor» lo salutò Abernathy, che nel frattempo si era messo<br />

<strong>di</strong> fronte al piccolo drappello, inclinando leggermente il capo.<br />

«Scrivano» replicò l'altro, inchinandosi ancor meno.<br />

«Awk! Potente Signore! Potente Signore!» gracchiò Biggar.<br />

Kallendbor sbatté le palpebre. «Cos'abbiamo qui? Un uccello ammaestrato?<br />

Ma bene, si tratta forse <strong>di</strong> un dono per me?» Improvvisamente, il<br />

suo volto era <strong>di</strong>venuto raggiante. «Ma certo che lo è! Ottima scelta, Abernathy!»<br />

Ora, questa era un'opportunità per la quale Abernathy avrebbe pagato<br />

qualsiasi cifra; l'occasione <strong>di</strong> liberarsi definitivamente <strong>di</strong> Biggar. Ad Abernathy<br />

non era mai piaciuto l'uccello fin dal primo giorno, e anche l'uccello<br />

provava sentimenti analoghi nei suoi confronti. E il bello era che entrambi<br />

sapevano benissimo come la pensava l'altro. Vi era qualcosa in Biggar che<br />

infasti<strong>di</strong>va Abernathy più <strong>di</strong> quanto non riuscisse a comprendere con la logica.<br />

Non riusciva a capire <strong>di</strong> che cosa si trattasse, ma <strong>di</strong> fatto era così.<br />

Abernathy aveva infatti insistito parecchio affinché l'uccello non li accompagnasse<br />

in quel viaggio, solo che Horris Kew aveva a sua volta insistito<br />

molto sulla necessità della presenza del volatile e alla fine (soprattutto perché<br />

i cristalli erano del mago e rappresentavano lo scopo ultimo del viaggio<br />

stesso) aveva ottenuto che Biggar li accompagnasse.<br />

Abernathy aprì la bocca per <strong>di</strong>re a Kallendbor che l'uccello era tutto suo,<br />

solo che non lo fece abbastanza in fretta.<br />

«Mio Signore, vogliate perdonarmi per aver permesso a questa povera<br />

creatura <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarvi dal vero scopo della nostra visita» intervenne rapidamente<br />

Horris Kew. «Purtroppo, questo volatile non è un dono per voi. Egli<br />

è il mio compagno <strong>di</strong> viaggio, il mio unico tesoro in questo mondo, l'unico<br />

legame che ho con la mia vecchia vita e con la gente che ha significato<br />

tanto per me, che mi ha dato tutto ciò che posseggo e ha fatto <strong>di</strong> me ciò che<br />

sono. Sono certo che capirete.» Stava parlando molto rapidamente. «Inoltre,<br />

a <strong>di</strong>r la verità, questo uccello è <strong>di</strong> un tipo assai sgradevole, portato a


comportamenti strani e impreve<strong>di</strong>bili. Può anche risultare pericoloso poiché<br />

ha il vizio <strong>di</strong> beccare. Non credo che sareste felice in sua presenza.»<br />

Come per enfatizzare questa <strong>di</strong>chiarazione, Biggar si protese in avanti e<br />

rifilò una beccata all'orecchio <strong>di</strong> Horris. «Ahi! Ecco, avete visto?» Horris<br />

tentò <strong>di</strong> rifilare un manrovescio a Biggar, che svolazzò via intimorito, tornando<br />

a posarsi con grande cautela sulla spalla del suo padrone solo dopo<br />

qualche secondo.<br />

«E perché non mi viene offerto questo volatile se lo desidero?» sbottò<br />

Kallendbor con tono offeso, rabbuiandosi in viso. «Mi sta te forse <strong>di</strong>cendo<br />

che non posso avere questo uccello se lo gra<strong>di</strong>sco?»<br />

Abernathy stava pensando che questo segnava la fine della <strong>di</strong>stribuzione<br />

dei cristalli, che tanto valeva che tornassero <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>etro senza<br />

nemmeno parlarne... tutti meno Biggar, naturalmente, che sembrava essere<br />

destinato a rimanere lì.<br />

«Mio Signore, l'uccello è vostro se lo gra<strong>di</strong>te» <strong>di</strong>chiarò imme<strong>di</strong>atamente<br />

Horris Kew. Biggar emise un'altro strido rauco. «Ma dovete sapere che<br />

parla molto poco, e che ciò che ha appena detto, "Potente Signore", è una<br />

frase che ha appreso dal Re. In altre paro le, il Re gli ha insegnato a <strong>di</strong>rlo<br />

per suo <strong>di</strong>letto personale.»<br />

Abernathy sgranò gli occhi. Seguì un lungo silenzio. Kallendbor <strong>di</strong>venne<br />

paonazzo e assunse un atteggiamento ancor più altezzoso, dando l'impressione<br />

<strong>di</strong> stare per scoppiare da un momento all'altro. Poi, lentamente, la pericolosa<br />

colorazione del suo volto svanì, tornando normale.<br />

«Non importa, in fondo non lo desidero» <strong>di</strong>sse il Signore del Greensward<br />

con tono sdegnoso. «Se non posso averlo, questo è quanto mi basta.<br />

Che se lo tenga Holiday.» Inspirò lentamente. «Bene. Dato che la questione<br />

del volatile è risolta, volete ora <strong>di</strong>rmi il motivo per il quale vi siete recati<br />

fin qui?»<br />

«Mio Signore» <strong>di</strong>sse Horris Kew, intervenendo nuovamente prima che<br />

Abernathy riuscisse a pronunciare alcunché «non ave vate torto nella vostra<br />

asserzione. Siamo veramente venuti per portarvi un dono, solo che si<br />

tratta <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> ben più utile e interessante <strong>di</strong> un uccello. Stiamo parlando<br />

del cristallo dell'occhio della mente.»<br />

Kallendbor apparve nuovamente interessato. «Ve<strong>di</strong>amolo.»<br />

Questa volta fu più rapido Abernathy. «Saremmo felicissimi <strong>di</strong> mostrarvelo,<br />

mio Signore, magari all'interno, dove fa più fresco e dove potrete farci<br />

mostrare gli alloggi che indubbiamente avrete preparato per gli emissari<br />

del Re.»


Kallendbor sorrise, una vista niente affatto piacevole. «Ma certo, sarete<br />

letteralmente esausti. Cavalcare deve essere stremante per voi, immagino.<br />

Venite da questa parte.»<br />

Abernathy si rese perfettamente conto della voluta provocazione nei suoi<br />

confronti, ma fece finta <strong>di</strong> nulla. La piccola compagnia seguì Kallendbor e<br />

i suoi cortigiani fino al gran salone. Vennero portati boccali <strong>di</strong> birra spillati<br />

da botti tenute al fresco nelle profonde acque del Bairn e del Cosselburn, i<br />

due fiumi che lambivano Rhyndweir, mentre alcuni inservienti preparavano<br />

i bagni e le stanze per gli ospiti. Kallendbor li condusse fino a un punto<br />

del salone dove <strong>di</strong>verse porte si aprivano sui campi <strong>di</strong> addestramento e li<br />

fece sedere su alcune se<strong>di</strong>e <strong>di</strong>sposte a cerchio. La maggior parte dei suoi<br />

cortigiani rimasero in pie<strong>di</strong> alle spalle del loro padrone.<br />

«Ebbene, <strong>di</strong> che genere <strong>di</strong> dono si tratta?» domandò nuovamente Kallendbor.<br />

«Si tratta <strong>di</strong> questo, mio Signore» <strong>di</strong>chiarò Horris Kew, estraendo un cristallo<br />

dell'occhio della mente dai suoi abiti.<br />

Kallendbor prese in mano il cristallo e lo stu<strong>di</strong>ò con una smorfia. «Non<br />

parrebbe molto prezioso. A quanto ammonta il valore. Aspettate un attimo!»<br />

Si protese improvvisamente in avanti, rivolgendosi ad Abernathy.<br />

In<strong>di</strong>cò Horris Kew. «Chi è quest'uomo?»<br />

«Si chiama Horris Kew» rispose lo scrivano, resistendo all'impulso <strong>di</strong><br />

aggiungere altro. «Si trova attualmente a servizio del Re, ed è lo scopritore<br />

<strong>di</strong> questi cristalli.»<br />

«Questi cristalli?» Kallendbor tornò a rivolgersi a Horris Kew. «Volete<br />

<strong>di</strong>re che ve n'è più d'uno? Quanti ve ne sono?»<br />

«Migliaia» replicò il mago con un sorriso. «Ma ognuno è speciale. Tenetelo<br />

davanti all'occhio, mio Signore, lasciate che vi entri la luce e guardate.»<br />

Kallendbor scrutò Horris Kew con aria sospettosa per un attimo, quin<strong>di</strong><br />

fece come gli era stato detto. Sollevò il cristallo finché non catturò un raggio<br />

<strong>di</strong> sole, quin<strong>di</strong> si protese in avanti per guardarvi dentro. Rimase in<br />

quella posizione finché il cristallo non sembrò accendersi <strong>di</strong> luce propria,<br />

quin<strong>di</strong> annaspò e trasalì visibilmente, ma mantenne lo sguardo fisso nelle<br />

sfaccettature cristalline. Poco dopo spalancò la bocca, protendendosi ulteriormente<br />

in avanti. Un bagliore apparve nei suoi occhi. «No, è così?»<br />

borbottò. «È possibile?»<br />

Improvvisamente, chiuse la mani attorno al cristallo, togliendogli la luce<br />

e annullando l'immagine che gli era stata mostrata. «Tutti fuori!» or<strong>di</strong>nò a


coloro che scrutavano <strong>di</strong>etro le sue spalle carichi <strong>di</strong> aspettativa e <strong>di</strong> curiosità.<br />

«Adesso!»<br />

I cortigiani scomparvero con sorprendente rapi<strong>di</strong>tà. Quando se ne furono<br />

andati, Kallendbor scrutò nuovamente Horris Kew. «Che cosa sono?» sibilò.<br />

«Quale potere comandano?»<br />

Horris sembrava confuso. «Be'... offrono... offrono visioni <strong>di</strong> molte cose,<br />

mio Signore, visioni <strong>di</strong>fferenti per ogni persona che vi guarda. Si tratta <strong>di</strong><br />

una semplice <strong>di</strong>versione, nulla più.»<br />

Kallendbor scosse il capo. «Sì, ma... mostrano forse il futuro? Dimmi<br />

questo.»<br />

«Be', sì, forse» abbozzò Horris Kew, non essendo affatto sciocco. «Ad<br />

alcuni, forse, non certo a tutti.»<br />

Improvvisamente, Abernathy si ritrovò a chiedersi se non potesse essere<br />

effettivamente così. A quanto pareva lo stesso Horris non sapeva come<br />

stessero realmente le cose, ma se Kallendbor avesse indovinato? Significava<br />

forse che le visioni offerte dal cristallo si sarebbero realizzate? Significava<br />

forse che Abernathy si era visto non come era stato ma come sarebbe<br />

<strong>di</strong>ventato?<br />

«Il futuro» sussurrò Kallendbor, perso nei suoi pensieri. «Sì, potrebbe<br />

essere.»<br />

Qualunque cosa avesse visto, si trattava certamente <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> suo<br />

gra<strong>di</strong>mento, pensò Abernathy, per nulla interessato a che cosa potesse essere,<br />

troppo coinvolto dal suo personale uso del cristallo stesso. Il suo petto<br />

si contrasse per le emozioni che stava provando al solo pensiero della<br />

prospettiva <strong>di</strong> tornare nuovamente uomo. Se solo avesse potuto essere vero...<br />

«Quanti ne avete?» domandò improvvisamente Kallendbor.<br />

Horris Kew deglutì, incerto su dove stessero andando a parare. «Come<br />

vi ho già detto, mio Signore, ne abbiamo a migliaia.»<br />

¦«Migliaia. E quanto costano?»<br />

«Non costano nulla, mio Signore. Sono gratis.»<br />

Kallendbor tossì, come se si fosse strozzato con qualcosa. «Ne avete già<br />

<strong>di</strong>stribuiti molti?»<br />

«Sì, mio Signore, molti. E proprio per questo scopo che siamo venuti nel<br />

Greensward, per donare questi cristalli alla gente affinché possano godere<br />

delle visioni che vi troveranno quando il loro lavoro giornaliero sarà terminato.<br />

Ma naturalmente per voi, mio signore» aggiunse rapidamente, non


essendo <strong>di</strong>sposto a perdere un'opportunità quando la vedeva «può darsi che<br />

offrano qualcosa <strong>di</strong> più che una semplice <strong>di</strong>versione.»<br />

«Sì, qualcosa <strong>di</strong> più.» Kallendbor rifletté. «Ho un'idea. Lasciate che sia<br />

io a <strong>di</strong>stribuire i cristalli destinati agli altri signori del Greensward. Naturalmente<br />

li farò <strong>di</strong>stribuire a nome del Re. Così potrete fare a meno <strong>di</strong> visitare<br />

tutti i castelli, e potrete limitarvi alla <strong>di</strong>stribuzione per la gente comune.»<br />

Non si trattava <strong>di</strong> una richiesta. Horris Kew rivolse lo sguardo verso Abernathy,<br />

in cerca <strong>di</strong> aiuto. Abernathy sospettò subito quali fossero le intenzioni<br />

<strong>di</strong> Kallendbor. Non avrebbe certo dato i cristalli agli altri signori<br />

in cambio <strong>di</strong> nulla; glieli avrebbe fatti pagare cari. Probabilmente avrebbe<br />

detto loro che quei cristalli, al contrario <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong>stribuiti al popolo, prevedevano<br />

il futuro. Ma sinceramente, ad Abernathy non importava nulla.<br />

Le voci si sarebbero sparse molto velocemente, e allora sarebbe stato Kallendbor<br />

a dover affrontare i suoi vicini.<br />

Lo scrivano <strong>di</strong> corte scrollò le spalle. «Ma certo, mio Signore» <strong>di</strong>sse.<br />

«Come desiderate.»<br />

Kallendbor si alzò in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> scatto. «Le vostre stanze sono pronte. Lavatevi,<br />

e riposate pure fino all'ora <strong>di</strong> cena. Riparleremo <strong>di</strong> questa faccenda<br />

a tavola.» Si voltò e si incamminò, e apparve più che evidente che faceva<br />

una certa fatica a trattenersi dal guardare ancora una volta nel suo cristallo.<br />

«Oh, sì. E se avete bisogno <strong>di</strong> qualcosa, chiedete pure ai miei servitori.»<br />

Uscì dalla porta come se vi fosse stato catapultato.<br />

Quando fu solo nella sua stanza, Abernathy si lavò, si rivestì, bevve un<br />

altro boccale dell'ottima e freschissima birra, quin<strong>di</strong> si sdraiò comodamente<br />

sul letto che gli era stato preparato. Prese il suo cristallo dal luogo in cui<br />

lo teneva nascosto, lo sollevò alla luce e vi scrutò dentro. Ormai era <strong>di</strong>ventato<br />

esperto nell'uso del cristallo, anche se non era molto <strong>di</strong>fficile, e le immagini<br />

gli giungevano pressoché imme<strong>di</strong>atamente. Osservò la comparsa <strong>di</strong><br />

se stesso nella sua vecchia forma, un giovanotto con un sorriso felice e luminoso,<br />

dall'espressione ottimista, piuttosto belloccio ed elegante per essere<br />

uno scrivano. Stava giocando con dei bambini e una donna lo stava osservando,<br />

una donna carina e timida. Abernathy sentì il respiro che gli si<br />

bloccava in gola. Nella sua vita non vi era mai stata una donna, né moglie<br />

né amante, eppure qui ve n'era una. Che si trattasse veramente del futuro?<br />

Che stesse effettivamente vedendo le cose come sarebbero state da lì a poco?


Chiuse improvvisamente le mani attorno al cristallo e si concentrò su<br />

quell'idea. Il futuro. In fondo, tutto era possibile, no? Che cosa avrebbe dato<br />

per un prospetto simile? Non aveva nemmeno bisogno <strong>di</strong> pensarci sopra.<br />

Fissò il soffitto, le crepe nell'antica volta e la vernice sbia<strong>di</strong>ta che evidentemente<br />

una volta ritraeva qualche scena allegorica. Come nel suo passato,<br />

il tempo aveva sbia<strong>di</strong>to l'evento. Molto <strong>di</strong> ciò che era avvenuto in passato<br />

era stato sbia<strong>di</strong>to dagli anni e dagli avvenimenti intercorsi. Ma lui non desiderava<br />

riavere molto del passato, pensò. Gli bastava riavere l'essenza <strong>di</strong><br />

ciò che era stato. Riavere la sua interezza <strong>di</strong> uomo.<br />

Gli venne allora in mente Ben Holiday, che si era <strong>di</strong>mostrato tanto ansioso<br />

<strong>di</strong> lasciarsi alle spalle il suo passato. Il Re era sostenuto da ben pochi<br />

ricor<strong>di</strong>, e i cambiamenti che erano avvenuti nella sua vita non avevano nulla<br />

a che fare con il suo stile <strong>di</strong> vita, ma piuttosto con la sua vita stessa. Per<br />

Abernathy non era stato così, ma ciò nonostante si potevano trovare delle<br />

similitu<strong>di</strong>ni. Si domandò dove si trovasse Holiday, che ne era stato <strong>di</strong> lui.<br />

Non vi era alcuna traccia del loro Re, per quanto le ricerche fossero state<br />

meticolose e proseguissero tuttora. Era assurdo che fosse scomparso a<br />

quella maniera, e se era scomparso per sempre sarebbero stati guai seri per<br />

tutti loro. Un altro re avrebbe potuto portare dei cambiamenti che non sarebbero<br />

stati necessariamente gra<strong>di</strong>ti. Un altro re non avrebbe posseduto la<br />

forza, il carattere e la determinazione <strong>di</strong> Holiday. Per un altro re, la magia<br />

avrebbe potuto non funzionare.<br />

Bevve l'ultimo sorso della sua birra, alzandosi a sedere sul bordo del letto,<br />

scoraggiato. Con la scomparsa <strong>di</strong> Holiday, nulla sembrava procedere<br />

per il verso giusto. Ogni cosa sembrava alterata e <strong>di</strong>sgregata. Desiderò poter<br />

fare qualcosa per cambiare lo stato attuale delle cose.<br />

Bunion nel frattempo era andato a controllare la campagna, per vedere<br />

se riusciva a scoprire qualche traccia del Re scomparso. Magari avrebbe<br />

trovato qualcosa. Magari la sua ricerca nel Greensward avrebbe dato qualche<br />

frutto. Magari.<br />

Abernathy tornò a sdraiarsi sul letto e sollevò il cristallo alla luce.<br />

Kallendbor non si presentò per cena. Nemmeno Bunion. Horris Kew e<br />

Abernathy cenarono in solitario con Biggar che li scrutava appollaiato sulla<br />

se<strong>di</strong>a del mago come una specie <strong>di</strong> uccellaccio del malaugurio. Abernathy<br />

tentò <strong>di</strong> ignorarlo, ma la cosa risultava assai <strong>di</strong>fficile, visto che il<br />

pennuto era seduto proprio davanti a lui e lo fissava continuamente con aria<br />

malevola dal suo trespolo improvvisato. Abernathy non riuscì a tratte-


nersi. A un certo punto, quando Horris Kew non stava guardando, mostrò i<br />

denti all'uccello.<br />

Biggar lo raccontò a Horris in seguito, ma Horris non sembrava essere<br />

interessato. Erano nuovamente nella loro stanza, immersi nella semioscurità,<br />

con una sola candela che bruciava al lato del letto. Horris era seduto sul<br />

letto, mentre Biggar era appollaiato sull'ampio davanzale della finestra.<br />

«Mi ha ringhiato, ti <strong>di</strong>co!» insistette il volatile. «Ha praticamente tentato<br />

<strong>di</strong> mordermi!»<br />

Horris si stava guardando attorno con espressione preoccupata. Il tic gli<br />

faceva ballare l'occhio in maniera convulsa. «Ti ha ringhiato? Io non ho<br />

sentito nulla.»<br />

«Va bene, va bene, forse non ha effettivamente ringhiato.» Biggar non<br />

era nell'umore giusto per stare a sottilizzare. «Ma mi ha mostrato tutti i<br />

suoi denti, e ti assicuro che non ci potevano essere dubbi sulle sue intenzioni!<br />

Horris, mi vuoi dare ascolto? E smettila <strong>di</strong> guardarti attorno!»<br />

Horris Kew stava effettivamente controllando la stanza da cima a fondo.<br />

Si fermò quanto bastava per rivolgere a Biggar un'occhiata sospettosa e<br />

preoccupata. L'occhio gli sobbalzava in maniera furiosa. L'uccello inclinò<br />

il capo. «Sei sicuro <strong>di</strong> sentirti bene, Horris?»<br />

Horris annuì con fare dubbioso. «Continuo ad avere l'impressione <strong>di</strong> vedere<br />

qualcosa» <strong>di</strong>sse, facendo un gesto vago. «Là fuori.» Scrollò le spalle.<br />

«A volte nelle ombre degli alberi o degli e<strong>di</strong>fici, e a volte <strong>di</strong> notte negli<br />

angoli bui. Ho l'impressione <strong>di</strong> vedere qualcosa. Mi sento come se mi<br />

spiassero.» Inspirò profondamente. «Ho l'impressione che lui si trovi qui.»<br />

«Il Gorse?» Biggar emise un sospiro. «Non essere ri<strong>di</strong>colo. Non lascia<br />

mai la sua grotta. Stai iniziando a immaginare cose che non esistono.»<br />

Horris si strinse nella sua figura allampanata, come se avesse freddo. Il<br />

suo nasone a uncino simile a un aratro si proiettò in avanti. «Non riesco a<br />

smettere <strong>di</strong> pensare a Holiday, alla strega e al drago e a ciò che ha fatto loro.<br />

Sono preoccupato che possa fare la stessa cosa anche a noi, come avevi<br />

suggerito.»<br />

«Be', non puoi <strong>di</strong>re che non ti avessi avvertito.» Biggar provò un'immensa<br />

sod<strong>di</strong>sfazione davanti a quell'ammissione. «D'altro canto, ormai siamo<br />

andati fin troppo avanti con questa storia dei cristalli per iniziare a preoccuparci<br />

adesso.»<br />

Horris si alzò in pie<strong>di</strong> e prese a passeggiare nervosamente per la stanza,<br />

controllando gli angoli bui e scrutando <strong>di</strong>etro i mobili. Biggar inclinò il<br />

suo capo crestato <strong>di</strong> bianco. Che per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo, pensò. Se il Gorse non


avesse voluto essere visto, non si sarebbe fatto trovare. Il Gorse non era<br />

una creatura stupida.<br />

«Vuoi per favore sederti e rilassarti?» <strong>di</strong>sse con tono irritato. Horris lo<br />

stava rendendo nervoso.<br />

Horris tornò a sedersi sul letto. «Sai che cosa ha detto il Gorse quando<br />

gli ho chiesto che ne sarebbe stato <strong>di</strong> Holiday e degli altri che aveva racchiuso<br />

nella Scatola magica?»<br />

Biggar non ricordava e non gliene importava nulla. Ciò nonostante, domandò<br />

con tono paziente: «Che cosa, Horris? Dimmi.»<br />

«Ha detto che sarebbero rimasti intrappolati nelle nebbie fatate. Ha detto<br />

che un incantesimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticanza li avrebbe condotti su una strada che<br />

non ha fine. Che non si sarebbero ricordati chi erano. Che non si sarebbero<br />

ricordati da dove venivano. Che sarebbero rimasti isolati nelle nebbie, e<br />

che le nebbie avrebbero giocato con loro finché non li avrebbero fatti impazzire.»<br />

Horris rabbrividì. «Il Gorse ha detto che sarebbe passato un bel<br />

po' <strong>di</strong> tempo prima che questo accadesse.»<br />

«Non sono fatti nostri» <strong>di</strong>chiarò Biggar. «Abbiamo già abbastanza preoccupazioni<br />

per conto nostro.»<br />

«Lo so, lo so.» Horris alzò lo sguardo verso le ombre, come se avesse<br />

sentito qualcosa. «È solo che non riesco a fare a meno <strong>di</strong> pensarci.»<br />

Biggar era <strong>di</strong>sgustato. «Be', ti conviene trovare un modo per smettere <strong>di</strong><br />

pensarci, allora. Se il programma <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli non procede<br />

come il Gorse desidera, abbiamo solo da perdere, se invece riesce nel migliore<br />

dei mo<strong>di</strong>, abbiamo solo da guadagnarci. Per il Gorse Landover non è<br />

altro che un gra<strong>di</strong>no per arrivare a altre cose, ma per noi rappresenta l'immenso<br />

tesoro che si trova in fondo all'arcobaleno. Se riusciamo a stare in<br />

affari, possiamo guadagnare molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto non stessimo guadagnando<br />

con Skat Mandu.»<br />

«Lo so, lo so.»<br />

«E smettila <strong>di</strong> rispondermi a quel modo, ti o<strong>di</strong>o quando sei così accon<strong>di</strong>scendente!»<br />

Horris si alzò in pie<strong>di</strong>, fremendo per la rabbia. «Chiu<strong>di</strong> il becco, Biggar!<br />

Posso essere accon<strong>di</strong>scendente quanto voglio, se così mi garba!» Unì le<br />

mani e spazzò la stanza con lo sguardo. «So quel che devo fare, e lo farò!<br />

L'ho fatto fino a ora, no? E solo che non mi piace essere osservato! Non mi<br />

piace l'idea che qualcuno stia lì a guardarmi quando io non posso vederlo!»<br />

Biggar sputò a terra. «Horris, per l'ultima volta, il Corse non è qui!»<br />

Horris strinse i pugni, frustrato. «E se invece ci fosse?»


«Già, e se invece ci fossi?» <strong>di</strong>sse la voce del Gorse dalle ombre dell'arma<strong>di</strong>o.<br />

Horris svenne istantaneamente.<br />

Quando ebbe finito con loro, quando li ebbe spaventati fino al punto che<br />

era sicuro che avrebbero fatto esattamente ciò che voleva che facessero<br />

senza deviare nemmeno <strong>di</strong> un millimetro dalle in<strong>di</strong>cazioni che aveva dato<br />

loro, il Gorse <strong>di</strong>scese dalle mura esterne del castello come un ragno. Giunto<br />

a terra, si trasformò in un uomo e attraversò le porte, entrando nel paese.<br />

Ora muoversi era <strong>di</strong>ventato molto più facile per lui, e la sua magia stava<br />

<strong>di</strong>ventando sempre più forte man mano che passava il tempo. Ora era in<br />

grado <strong>di</strong> assumere <strong>di</strong>verse forme. Poteva essere qualsiasi cosa o qualsiasi<br />

persona desiderasse.<br />

Sorrise pensando alle possibilità.<br />

Horris e l'uccello erano due i<strong>di</strong>oti, ma erano i<strong>di</strong>oti utili, e il Gorse aveva<br />

intenzione <strong>di</strong> tenerli con sé giusto il tempo che bastava per portare a termine<br />

il suo piano <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Landover. Dopo<strong>di</strong>ché, si sarebbe liberato<br />

<strong>di</strong> loro.<br />

Non si erano aspettati che li accompagnasse nel loro viaggio, e non riuscivano<br />

a capire come avesse fatto a seguirli. Be', non era certo l'ultima<br />

sorpresa che li attendeva. Era molto meglio mantenerli nel dubbio, nell'incertezza.<br />

Potevano <strong>di</strong>re ciò che volevano, solo che dovevano essere sempre<br />

un minimo preoccupati mentre sbrigavano le sue faccende. Un poco <strong>di</strong> paura<br />

era una cosa assai utile.<br />

Una volta uscito dal paese, il Gorse cambiò nuovamente forma e si spostò<br />

in <strong>di</strong>rezione dei boschi, sfrecciandovi attraverso come una specie <strong>di</strong><br />

ombra che non toccava nemmeno terra. Erano preoccupati per Holiday, la<br />

strega e il drago, eh? Be', avevano un buon motivo per preoccuparsi. La<br />

stessa cosa poteva accadere anche a loro, e molto facilmente. E poteva essere<br />

proprio terribile come immaginavano. Certamente i tre prigionieri della<br />

Scatola magica in quel momento non desideravano altro che poter sfuggire,<br />

in qualunque modo, alle loro vite da incubo. Probabilmente si stavano<br />

domandando come fare. Peccato che non lo avrebbero mai scoperto.<br />

Giunse fra i boschi e raccolse le sue energie magiche per evocare i demoni<br />

<strong>di</strong> Abaddon. Era venuto il momento <strong>di</strong> fare un'altra piccola conferenza.<br />

Entro breve, sarebbe giunto per loro il momento <strong>di</strong> entrare a Landover.<br />

E il Gorse voleva che si tenessero pronti. Linee <strong>di</strong> fuoco scaturirono dalle<br />

sue mani e si infilarono sottoterra. Il rombo <strong>di</strong> scontentezza venne in risposta<br />

quasi imme<strong>di</strong>atamente.


Gristlies<br />

Il Cavaliere, la Dama e il Gargoyle seguirono il corso del fiume attraverso<br />

il Labirinto per il resto della giornata e per tutta la giornata successiva.<br />

A volte il fiume si allargava fino al punto che la sponda opposta si perdeva<br />

nella nebbia, e allora la superficie grigia e piatta prendeva l'aspetto <strong>di</strong> una<br />

lastra <strong>di</strong> pietra. Nessun pesce balzava fuori dalle sue profon<strong>di</strong>tà, nessun<br />

uccello solcava la sua superficie. A volte vi erano curve e anse, ma per il<br />

resto il fiume fluiva sempre uguale, monotono, infinito e immutabile.<br />

Non incontrarono nessuno, né Zingari del Fiume né altri. Non videro animali,<br />

e i soli piccoli movimenti che catturavano la loro attenzione provenivano<br />

dalle profon<strong>di</strong>tà della foresta e scomparivano in un batter d'occhio.<br />

Il Cavaliere scrutava spesso l'orizzonte alla ricerca della Foschia, ma<br />

non ve n'era traccia. Pensò a lungo alle origini <strong>di</strong> quel fenomeno, convinto<br />

com'era che avesse qualcosa a che fare con loro. Il Gargoyle aveva detto<br />

che vi era fame nel modo in cui si avvicinava a loro. Li seguiva per un motivo<br />

ben preciso, e quel motivo doveva avere qualcosa a che vedere con il<br />

perché erano intrappolati nel Labirinto. Il Cavaliere non riusciva né a vedere<br />

né a sentire la Foschia, ma percepiva costantemente la sua presenza.<br />

Era sempre lì con loro, appena fuori dalla loro visuale, in attesa.<br />

Ma in attesa <strong>di</strong> che cosa?<br />

La sera seguente alla sua liberazione dagli zingari, la Dama domandò al<br />

Cavaliere per quale motivo fosse venuto a prenderla. Erano seduti nell'oscurità<br />

mentre l'ultima flebile luce del giorno scemava <strong>di</strong>etro gli alberi e la<br />

nebbia si faceva lentamente strada verso il fiume. Erano rimasti solo loro<br />

due; il Gargoyle se n'era andato a passare la notte da solo, come faceva<br />

ormai sempre più spesso.<br />

«Avresti potuto lasciarmi lì e proseguire da solo» osservò con tono freddo<br />

e incuriosito. «Ero convinta che avessi deciso <strong>di</strong> fare così.»<br />

«Non lo avrei mai fatto» replicò il Cavaliere senza guardarla.<br />

«E perché? Perché preoccuparsi per me? Sono davvero così importante<br />

per il tuo padrone da portarti a rischiare la vita per me? Sono un tesoro<br />

talmente prezioso da portarti a morire piuttosto che perdermi?»<br />

Il Cavaliere scrutò nell'oscurità senza rispondere.<br />

La Dama si passò una mano fra i lunghi capelli neri. «Io sono un tuo<br />

posse<strong>di</strong>mento, e non permetteresti mai a nessuno <strong>di</strong> sottrarti uno dei tuoi<br />

posse<strong>di</strong>menti. É per questo che sei venuto a prendermi, non è vero?»


«Tu non mi appartieni» <strong>di</strong>sse il Cavaliere.<br />

«Allora appartengo al tuo padrone. Sono un bene che non osi perdere<br />

per paura <strong>di</strong> offenderlo, non è così?»<br />

Il Cavaliere la guardò, e nei suoi occhi trovò amarezza e derisione.<br />

«Dimmi una cosa, mia Dama. Cosa ricor<strong>di</strong> della tua vita prima che entrassi<br />

nel Labirinto?»<br />

Le sue labbra si strinsero. «E perché mai dovrei <strong>di</strong>rtelo?»<br />

Mantenne lo sguardo fisso su <strong>di</strong> lei, senza scostarlo nemmeno quando la<br />

rabbia iniziò a bruciargli dentro. «Io non ricordo quasi nulla della mia vita.<br />

So che ero un Cavaliere al servizio <strong>di</strong> un Re. So che ho combattuto centinaia<br />

<strong>di</strong> battaglie per suo conto e che le ho vinte tutte. So che siamo legati<br />

assieme per qualche motivo, io e te, e anche il Gargoyle. Mi è accaduto<br />

qualcosa che mi ha portato in questo luogo e in questo tempo, ma non ricordo<br />

assolutamente <strong>di</strong> che si tratti. É come se mi fosse stata rubata tutta la<br />

mia vita.»<br />

Fece una pausa. «Sono stanco <strong>di</strong> non rispondere alle tue domande perché<br />

non ho risposte da darti. Non conosco il nome del mio padrone. Non conosco<br />

nemmeno il mio stesso nome. Non so da dove vengo e dove fossi <strong>di</strong>retto.<br />

Sono venuto a prenderti non per lealtà nei confronti <strong>di</strong> un padrone<br />

che non ricordo o per adempire a un obbligo che non ricordo, ma semplicemente<br />

perché tu sei tutto ciò che ho per rimanere attaccato alla mia vita<br />

così come era prima che giungessi in questo luogo. Se dovessi perderti, se<br />

dovessi rinunciare a te, non mi rimarrebbe più nulla.»<br />

La Dama lo fissò, e la sua rabbia e la sua amarezza <strong>di</strong>minuirono, sostituiti<br />

in parte da comprensione e da un briciolo <strong>di</strong> paura. «Nemmeno io ricordo<br />

nulla» <strong>di</strong>sse a bassa voce, come se quelle parole le causassero dolore.<br />

«Ero una persona potente e importante, e sapevo bene quel che facevo.<br />

Avevo la magia.»<br />

La voce le morì in gola, e per un attimo il Cavaliere pensò che si sarebbe<br />

messa a piangere. Ma non fu così. La Dama riprese il controllo <strong>di</strong> se stessa<br />

e continuò. «Credo che sia stata la magia a mandarmi qui. E credo anche<br />

che tu abbia ragione, che ci trovassimo assieme già da prima e che siamo<br />

stati mandati qui per lo stesso motivo. Tuttavia, credo anche che se ci troviamo<br />

qui la colpa è tua e non mia.»<br />

Il Cavaliere annuì. «Può darsi.»<br />

«Io ti ritengo responsabile per questo.»<br />

Annuì nuovamente. «Non mi sento offeso.»


«Ma sono ugualmente felice che tu sia qui e che tu sia venuto a prendermi.»<br />

Questa <strong>di</strong>chiarazione sconvolse il Cavaliere, tanto che non riuscì a rispondere.<br />

Nel corso della seconda notte, quando il Gargoyle se ne fu andato a<br />

dormire nella foresta, la Dama gli parlò <strong>di</strong> nuovo. L'aria era calda e umida<br />

sulla sponda del fiume e non vi era un alito <strong>di</strong> vento, ma lei era tutta avvolta<br />

nel suo mantello, come se provasse freddo.<br />

«Cre<strong>di</strong> che riusciremo a fuggire da questo luogo?» domandò con una<br />

vocina piccola piccola.<br />

«Riusciremo» replicò con tono sicuro il Cavaliere, poiché era ancora<br />

convinto <strong>di</strong> riuscire a farcela.<br />

«La foresta e il fiume non danno alcun segno <strong>di</strong> voler finire. Non vi sono<br />

cambiamenti. Le nebbie ci avvolgono tuttora come il primo giorno. Non vi<br />

sono né persone né animali. Non vi sono uccelli.» Scosse il capo lentamente.<br />

«Ovunque vi è magia. La magia controlla ogni cosa qui nel Labirinto.<br />

Forse tu non lo percepisci, ma io sì. É un luogo basato sulla magia, e senza<br />

magia non riusciremo mai a sfuggirvi.»<br />

«Ci sarà pure un paese, un passo fra le montagne, o...»<br />

«No» lo interruppe seccamente, sollevando la sua esile mano bianca.<br />

«No, non ci sarà nulla, eccetto la foresta, il fiume e le nebbie per sempre.<br />

Null'altro.»<br />

Il Cavaliere si svegliò presto il mattino seguente, dopo una notte pressoché<br />

insonne. Le parole della Dama lo ossessionavano, una terribile profezia<br />

che non riusciva a togliersi dalla testa. La Dama stava ancora dormendo<br />

nell'erba alta, avvolta nel suo mantello. Il suo volto era liscio e sereno,<br />

privo <strong>di</strong> alcun segno <strong>di</strong> rabbia o <strong>di</strong>sperazione, senza alcun accenno <strong>di</strong> amarezza<br />

o <strong>di</strong> paura. Era molto bella sdraiata a quel modo, con la pelle can<strong>di</strong>da<br />

e i capelli color ebano, tutta liscia e priva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, la freddezza che a volte<br />

la contrad<strong>di</strong>stingueva nelle ore <strong>di</strong> veglia completamente scomparsa, sostituita<br />

nel sonno da un'espressione <strong>di</strong> grande dolcezza.<br />

Il Cavaliere continuò a guardarla e si domandò che cosa fossero stati l'uno<br />

per l'altra prima <strong>di</strong> entrare in quel Labirinto.<br />

Poco dopo si alzò e si avvicinò alla sponda del fiume, dove si lavò il volto<br />

e si asciugò. Quando si rialzò in pie<strong>di</strong>, il Gargoyle era al suo fianco. La<br />

bestia si era tolta il mantello, e la rugiada luccicava nei punti spelacchiati<br />

della sua pelle setolosa, come fosse un rettile appena sbucato fuori dalle<br />

profon<strong>di</strong>tà del fiume. Le sue ali pendevano flosce e inutili dalla schiena ri-


curva. Il suo volto orribile e sgraziato aveva assunto un'espressione contemplativa<br />

mentre scrutava le acque del fiume. Dapprincipio non <strong>di</strong>sse nulla,<br />

limitandosi a rimanere in pie<strong>di</strong> al suo fianco.<br />

«Dove te ne vai <strong>di</strong> notte?» gli domandò il Cavaliere.<br />

Il Gargoyle sorrise, mettendo in mostra i suoi denti giallastri. «Me ne<br />

vado fra i boschi, dove le ombre sono più fitte. Lì dormo molto meglio che<br />

all'aperto.» Rivolse il suo sguardo verso il Cavaliere. «Credevi forse che<br />

andassi a caccia <strong>di</strong> piccole creature troppo lente e morbide per sfuggirmi?<br />

O che stessi compiendo qualche rito <strong>di</strong>abolico?»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. «Non pensavo proprio nulla. Me lo stavo<br />

semplicemente domandando.»<br />

Il Gargoyle emise un sospiro. «La verità è che sono una creatura abitu<strong>di</strong>naria.<br />

Abbiamo già parlato <strong>di</strong> ciò che ricor<strong>di</strong>amo... o meglio, <strong>di</strong> ciò che<br />

non ricor<strong>di</strong>amo. Ebbene, ciò che ricordo più <strong>di</strong> ogni altra cosa sono le mie<br />

abitu<strong>di</strong>ni. Io sono brutto, la maggior parte della gente preferisce non vedermi,<br />

e questo è un fatto che fa parte della mia vita. E dato che non sono<br />

gra<strong>di</strong>to agli altri, mi trovo a mio agio dormendo da solo. Cerco sempre<br />

luoghi in cui gli altri non andrebbero. Mi nascondo nell'oscurità, fra le ombre,<br />

nell'intimità della mia stessa compagnia. Per me è molto meglio.»<br />

Scostò lo sguardo. «Una volta mangiavo altre creature. Mangiavo ciò<br />

che volevo e viaggiavo in continuazione, andando dove mi pareva. Ero in<br />

grado <strong>di</strong> volare. Solcavo i cieli in<strong>di</strong>sturbato, e non vi era nulla che potesse<br />

trattenermi.» I suoi occhi giallastri tornarono a focalizzarsi sul Cavaliere.<br />

«Solo che qualcosa è cambiato, e credo che quel qualcosa abbia a che vedere<br />

con te.»<br />

Il Cavaliere sbatté le palpebre. «Con me? Ma se non ti ricordo nemmeno...»<br />

«Strano, non è vero? Ho sentito ciò che ti <strong>di</strong>ceva la Dama, che secondo<br />

lei questo Labirinto è magico. Stavo ascoltando dagli alberi, e credo che lei<br />

abbia ragione. Credo che siamo stati trasportati qui attraverso l'uso <strong>di</strong> magia,<br />

e che sia la stessa magia che ci tiene prigionieri. Anche tu percepisci<br />

questo?»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. «Non lo so.»<br />

«Il Labirinto non dà la sensazione <strong>di</strong> essere un luogo reale» continuò il<br />

Gargoyle. «Gli mancano quelle piccole cose che lo renderebbero tale.<br />

Sembra un luogo artificiale, come se fosse stato creato dai sogni, dove tutto<br />

accade leggermente fuori tempo rispetto alla realtà come noi la conosciamo.<br />

Non hai forse percepito questa sensazione quando abbiamo visita-


to il paese, o dopo l'incontro con gli zingari? La magia potrebbe fare una<br />

cosa del genere, e credo che in questo caso sia avvenuto proprio questo.»<br />

«Se è così» <strong>di</strong>sse il Cavaliere a bassa voce «allora la Dama ha ragione<br />

anche quando <strong>di</strong>ce che non riusciremo mai a sfuggirvi.»<br />

Il Gargoyle scosse il capo. «No. Significa solo che se è stata la magia a<br />

portarci qua dentro, sarà la magia a riportarci fuori. Significa che dobbiamo<br />

cercare una via <strong>di</strong> fuga in maniera <strong>di</strong>fferente.»<br />

Il Cavaliere si allontanò. Che altra via poteva esserci? Non gliene veniva<br />

in mente alcuna. Loro non possedevano alcuna magia; non avevano altro<br />

che le sue armi e il loro buonsenso, e questo non sembrava certo sufficiente.<br />

Seguirono il fiume anche quel giorno, e nulla cambiò. Il fiume scorreva,<br />

la foresta si estendeva all'infinito e la nebbia e il grigiore saturavano ogni<br />

cosa. L'uniformità del Labirinto stava iniziando a <strong>di</strong>ventare pressoché insopportabile<br />

per loro. Il Cavaliere si ritrovò a immaginare che il terreno<br />

che stavano percorrendo fosse lo stesso che avevano già percorso in precedenza.<br />

Vedeva punti <strong>di</strong> riferimento già visti e riconosceva anse e avvallamenti<br />

che non gli erano nuovi. Ma naturalmente era impossibile; avevano<br />

proceduto sempre nella stessa <strong>di</strong>rezione senza mai tornare in<strong>di</strong>etro, quin<strong>di</strong><br />

non vi era alcuna possibilità che stessero ripercorrendo i loro stessi passi.<br />

Ciò nonostante la sensazione rimaneva, e lentamente iniziò a incidere sulla<br />

determinazione del Cavaliere.<br />

Si accamparono presso un'ansa del fiume dove la foresta era pressoché<br />

accanto alla sponda e offriva un buon riparo per la notte. Si fermarono in<br />

quel punto perché il Cavaliere voleva che il Gargoyle dormisse con loro, e<br />

non per conto suo. La creatura era già abbastanza frustrata per il suo aspetto,<br />

e appariva assai crudele che dovesse nascondersi dalla loro vista ogni<br />

singola notte. In fondo erano compagni <strong>di</strong> viaggio e non avevano altro che<br />

se stessi per sostenersi. Dovevano fare tutto il possibile per mantenere forte<br />

il rapporto fra < loro. Persino la Dama aveva smesso <strong>di</strong> prenderlo in giro<br />

e ad apostrofarlo con termini offensivi, <strong>di</strong> tanto in tanto arrivava ad<strong>di</strong>rittura<br />

a parlagli con un tono civile. Era un buon inizio, perlomeno, pensò il Cavaliere.<br />

La sua preoccupazione venne ricompensata quella notte quando il Gargoyle<br />

si accovacciò sotto un albero a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza invece <strong>di</strong> andarsene<br />

nella foresta come al solito. Almeno per quella notte, avrebbero<br />

dormito in compagnia.


Vennero risvegliati da mani ruvide, che li strapparono dal sonno come<br />

pezzi <strong>di</strong> legna da una catasta. Il Cavaliere si alzò in pie<strong>di</strong> con un balzo,<br />

guardandosi attorno con fare allarmato. Come era possibile che si fossero<br />

avvicinati tanto senza farsi sentire? La Dama era premuta contro <strong>di</strong> lui,<br />

sentiva il suono roco del suo respiro affannoso. Il Gargoyle era accovacciato<br />

a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, i suoi occhi giallastri luccicanti nella debole<br />

luce dell'alba.<br />

Erano completamente circondati da mostri, <strong>di</strong>sposti in modo da impe<strong>di</strong>re<br />

ogni via d'uscita. Si trattava <strong>di</strong> almeno una dozzina <strong>di</strong> enormi bestioni nodosi;<br />

stavano in pie<strong>di</strong> sulle zampe posteriori, ma erano tutti chinati in avanti<br />

in un modo che lasciava intendere che si sarebbero trovati almeno altrettanto<br />

bene a quattro zampe. Il loro aspetto era vagamente umanoide nel<br />

senso che possedevano due braccia, due gambe, un dorso e una testa, ma i<br />

loro corpi erano nodosi, assurdamente muscolosi e ricoperti da una strana e<br />

ruvida pelle simile a cuoio. I loro volti erano pressoché privi <strong>di</strong> lineamenti,<br />

ma i loro occhi e i loro nasi luccicavano umi<strong>di</strong> mentre scrutavano le tre<br />

prede.<br />

Uno dei mostri parlò, aprendo la bocca per rivelare enormi zanne. Rivolse<br />

loro un miscuglio <strong>di</strong> grugniti e sbuffi. Fece anche dei gesti, in<strong>di</strong>cando<br />

prima loro, poi il fiume, e infine la foresta.<br />

«Vogliono sapere da dove veniamo» <strong>di</strong>sse la Dama.<br />

Il Cavaliere la fissò esterrefatto. «Capisci quel che <strong>di</strong>cono?»<br />

La Dama annuì. «Sì. Non so come mai. Non li ho mai visti prima d'ora.<br />

Non parlo la loro lingua, e non sono nemmeno in grado <strong>di</strong> tradurre tutti i<br />

loro suoni in parole, ma il significato mi risulta chiaro. Riesco a decifrarlo.<br />

Ve<strong>di</strong>amo se riesco anche a farmi capire.»<br />

Fece alcuni gesti con le <strong>di</strong>ta e con le mani. La creatura che aveva parlato<br />

emise altri grugniti, quin<strong>di</strong> si rivolse ai suoi compari e scosse il capo.<br />

«Vogliono sapere che cosa ci facciamo qui. Dicono che non apparteniamo<br />

a questo luogo, che siamo degli intrusi.» La Dama nel frattempo si era<br />

allontanata dal Cavaliere, riprendendo la sua compostezza. «Non gli piace<br />

il nostro aspetto.»<br />

«Che genere <strong>di</strong> bestie sono?» grugnì il Gargoyle, mettendo in mostra i<br />

denti a sua volta.<br />

Seguì un altro scambio. «Si chiamano Gristlies» riferì la Dama. Il suo<br />

volto si indurì. «Dicono che vogliono mangiarci.»<br />

«Mangiarci?» Il Cavaliere non riusciva a crederci.


«Hanno capito che siamo umani, e per loro gli umani vanno solo mangiati.<br />

Non riesco a capire bene, ma deve avere qualcosa a che fare con i loro<br />

costumi.»<br />

«Faranno meglio a starmi lontano» sibilò il Gargoyle. I suoi muscoli si<br />

irrigi<strong>di</strong>rono e tirò fuori gli artigli. Stava per fare una cosa che li avrebbe<br />

condannati in maniera irreparabile.<br />

I Gristlies nel frattempo si erano infervorati in una <strong>di</strong>scussione tra <strong>di</strong> loro,<br />

emettendo forti grugniti e gesticolando. A quanto pareva vi era qualche<br />

genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo. Il Cavaliere fece una rapida valutazione dei suoi potenziali<br />

avversari. Erano tutti enormi, quasi impossibili da battere dal punto<br />

<strong>di</strong> vista della forza fisica. Sentì il peso della spada sulla sua schiena.<br />

Con la spada avrebbero avuto maggiori possibilità, ma rimaneva che i mostri<br />

erano tanti. Doveva trovare un modo per mettersi alla pari.<br />

Anche il Gargoyle stava pensando la stessa cosa. «Dobbiamo tentare <strong>di</strong><br />

fuggire» gracchiò.<br />

«Rimani dove sei.» La voce della Dama era fredda e calma. «Stanno <strong>di</strong>scutendo<br />

su che cosa farsene <strong>di</strong> noi. Sono esseri molti primitivi e superstiziosi.<br />

C'è qualcosa in noi che dà fasti<strong>di</strong>o a molti <strong>di</strong> loro. Lasciatemi capire<br />

<strong>di</strong> che cosa si tratta.»<br />

La <strong>di</strong>scussione continuò, assumendo toni più accesi. Spuntarono zanne e<br />

artigli, e due Gristlies iniziarono a ringhiare fra loro. Si trattava <strong>di</strong> esseri<br />

dall'aspetto feroce, e il Cavaliere iniziò a sospettare che fossero più rapi<strong>di</strong><br />

e forti <strong>di</strong> quanto non avesse valutato inizialmente.<br />

«Dobbiamo trovare un modo per uscire da questo cerchio» <strong>di</strong>sse a bassa<br />

voce mentre la sua mano si portava sul manico della spada.<br />

In quel preciso istante, i due Gristlies che si stavano ringhiando <strong>di</strong>etro si<br />

accapigliarono in una rissa furibonda, graffiandosi selvaggiamente a vicenda<br />

e cacciando grida orribili. I loro compari vennero <strong>di</strong>stratti dalla lite,<br />

e il cerchio <strong>di</strong> mostri attorno ai tre si smembrò. Il Gargoyle si lanciò imme<strong>di</strong>atamente<br />

verso il fiume. Il Cavaliere lo seguì, trascinandosi <strong>di</strong>etro la<br />

Dama. Con loro grande sorpresa, i Gristlies non li inseguirono. Il Cavaliere<br />

si guardò alle spalle mentre scappava, ma non vide nessuno. Dalle ombre<br />

degli alberi si u<strong>di</strong>vano ancora i suoni della lotta fra i due. Per quanto improbabile<br />

potesse apparire la cosa, erano stati completamente ignorati.<br />

Erano ormai giunti alla sponda del fiume e stavano cercando un modo<br />

per attraversarlo quando, improvvisamente, i Gristlies riapparvero. Il Cavaliere<br />

capì imme<strong>di</strong>atamente il motivo per il quale non li avevano inseguiti<br />

subito. Balzavano da un albero all'altro come gatti, muovendosi fra le fron-


de a una velocità tale da permettere loro <strong>di</strong> raggiungerli nel giro <strong>di</strong> pochi<br />

secon<strong>di</strong>. Ora erano solo sette, ma il loro aspetto era formidabile alla luce<br />

dell'alba, corpi enormi e massicci, zanne e artigli che luccicavano come<br />

lame.<br />

«Estrai la tua spada!» gridò la Dama. Vedendo che il Cavaliere esitava,<br />

afferrò il manico lei stessa e tentò <strong>di</strong> estrarre la pesante arma.<br />

«Non farlo!» intimò il Cavaliere, togliendole la mano e spingendola via.<br />

La Dama rimase dov'era, la sua espressione una maschera feroce. I Gristlies<br />

rallentarono e iniziarono ad accerchiarli. «Ascoltami!» sbottò la Dama.<br />

«La tua spada fa più <strong>di</strong> quanto tu non pensi! Ricor<strong>di</strong> la gente del paese?<br />

Ricor<strong>di</strong> gli zingari? Ogni volta che hai estratto la tua spada per dare<br />

battaglia, è apparsa la Foschia!»<br />

Il Cavaliere la fissò con aria incredula. «No! Non vi è alcun collegamento!»<br />

«Invece deve essere così!» sibilò lei. «Abbiamo visto la Foschia solo in<br />

quelle occasioni! Quando arriva, non arriva per noi ma solo per coloro che<br />

ci minacciano! Le due cose devono essere per forza collegate! La Spada e<br />

la Foschia, due armi che eliminano i nostri nemici! Pensaci!»<br />

Stava respirando affannosamente, e il suo viso pallido scintillava <strong>di</strong> sudore.<br />

Il Gargoyle si era avvicinato a loro, mantenendo lo sguardo fisso sui<br />

Gristlies che li circondavano.<br />

«Forse ha ragione» <strong>di</strong>sse con tono tranquillo. «Dalle ascolto.»<br />

Il Cavaliere scosse il capo con fare cocciuto. «No!» <strong>di</strong>sse ancora. E intanto<br />

pensava: Come è possibile, come può essere che...?<br />

Improvvisamente, tutto gli fu chiaro. La verità gli apparve <strong>di</strong> colpo, come<br />

una bestia che esce dal suo nascon<strong>di</strong>glio, terribile e mostruosa. Avrebbe<br />

dovuto rendersene conto già da prima, avrebbe dovuto capire <strong>di</strong> che si<br />

trattava. Aveva sospettato già da tempo che vi fosse un collegamento fra<br />

loro e la Foschia, sapeva che vi era un legame, anche se non era riuscito a<br />

capire <strong>di</strong> che cosa si trattasse. Fino a quel momento aveva pensato che la<br />

Foschia stesse dando loro la caccia, aspettando il momento giusto per colpire.<br />

Ma si era sbagliato <strong>di</strong> grosso.<br />

La Foschia non dava loro la caccia, viaggiava con loro.<br />

Perché apparteneva a lui.<br />

La Foschia non era altro che la sua armatura.<br />

Affrontò la situazione con tutte le sue implicazioni. Quando si era risvegliato<br />

nel Labirinto, non aveva la sua armatura, ma aveva percepito la sua<br />

presenza. L'armatura era sempre stata così, nascosta, in attesa del richiamo.


Veniva al suo comando e si avvolgeva attorno a lui permettendogli <strong>di</strong><br />

combattere i suoi nemici. Era così che funzionava, normalmente.<br />

Qui però, nelle nebbie del Labirinto, la sua forma era stata alterata. La<br />

magia l'aveva sovvertita, l'aveva avvelenata, trasformandola in qualcosa <strong>di</strong><br />

irriconoscibile. La sua armatura era <strong>di</strong>ventata la Foschia. Doveva essere<br />

per forza così. Per quale altro motivo la Foschia sarebbe venuta in loro salvataggio<br />

ogni volta che si erano trovati in pericolo per poi ritirarsi tranquillamente<br />

nella foresta? Quale altra spiegazione vi poteva essere?<br />

Il Cavaliere si ritrovò paralizzato, tanto sconvolto da non riuscire nemmeno<br />

a respirare. Era vero allora, come aveva temuto, che era lui il responsabile<br />

per le morti <strong>di</strong> tutta quella gente. Era stato lui a <strong>di</strong>struggere il<br />

paese e la sua gente e a spazzare via gli Zingari del Fiume, uccidendoli tutti<br />

nella sua forma <strong>di</strong> guerriero senza nemmeno rendersi conto <strong>di</strong> ciò che<br />

stava facendo.<br />

Rimase impietrito, stravolto dall'impatto <strong>di</strong> quella rivelazione. «No» sussurrò<br />

con tono <strong>di</strong>sperato.<br />

Sentì le mani della Dama sulle sue spalle che lo abbracciavano tentando<br />

<strong>di</strong> dargli forza. I Gristlies si stavano avvicinando, imbaldanziti dalla sua<br />

indecisione e dalla sua incapacità <strong>di</strong> agire.<br />

«Fai qualcosa!» gridò la Dama.<br />

Il Gargoyle fece una finta in <strong>di</strong>rezione del più vicino avversario, ma<br />

questi si limitò a rivolgergli un grugnito <strong>di</strong> sfida, senza in<strong>di</strong>etreggiare <strong>di</strong> un<br />

millimetro.<br />

«Non ho magia!» ululò la Dama con tono <strong>di</strong>sperato, scuotendo il Cavaliere<br />

con violenza.<br />

Il Cavaliere se la scrollò <strong>di</strong> dosso, riprendendosi, riconoscendo finalmente<br />

il pericolo in cui si trovavano. La Dama era impotente. Il Gargoyle<br />

si trovava davanti a un avversario troppo forte. Doveva per forza fornire il<br />

suo aiuto, altrimenti non sarebbero sopravvissuti. Solo che se tirava fuori<br />

la spada sarebbe venuta la Foschia, e la Foschia avrebbe <strong>di</strong>strutto quelle<br />

creature allo stesso modo in cui aveva <strong>di</strong>strutto gli abitanti del paese e gli<br />

Zingari del Fiume. Il Cavaliere non poteva sopportare una cosa simile.<br />

Ma <strong>di</strong> quali altre armi era in possesso?<br />

Ormai <strong>di</strong>sperato, senza quasi nemmeno pensare a ciò che stava facendo,<br />

infilò una mano sotto la sua tunica e ne tirò fuori il medaglione con l'immagine<br />

incisa del Cavaliere che usciva da un castello all'alba. Brandì il<br />

medaglione con entrambe le mani e lo tenne davanti a sé come fosse un talismano.<br />

Non sapeva nemmeno lui che cosa sperava che facesse. Sapeva


solo che era tutto ciò che possedeva della sua vita precedente, e che gli dava<br />

la stessa sensazione <strong>di</strong> strana e remota potenza datagli dalla sua armatura.<br />

La comparsa del medaglione ebbe un effetto sconvolgente sui Gristlies.<br />

Si fecero tutti in<strong>di</strong>etro imme<strong>di</strong>atamente, alcuni cadendo in ginocchio, altri<br />

coprendosi gli occhi, tutti spaventatissimi come se avessero visto qualcosa<br />

che per loro rappresentava un vero e proprio anatema. Uggiolando, piagnucolando,<br />

tremando <strong>di</strong> paura e soggezione, iniziarono ad allontanarsi. Il<br />

Cavaliere sollevò ulteriormente il medaglione e fece un passo avanti. I<br />

Gristlies ruppero la loro formazione e si <strong>di</strong>edero alla fuga, lanciandosi fra<br />

gli alberi come se fossero inseguiti dai demoni, ogni precedente istinto aggressivo<br />

era sfumato improvvisamente nel nulla, apparentemente interessati<br />

esclusivamente a mettere quanta più <strong>di</strong>stanza possibile fra loro e il medaglione.<br />

Correndo come assatanati su tutte e quattro le zampe, scomparvero<br />

nel giro <strong>di</strong> un attimo.<br />

Ma perché? si domandò esterrefatto il Cavaliere.<br />

Nel silenzio che seguì si poté u<strong>di</strong>re il suono del suo respiro. Le mani gli<br />

scesero lentamente ai fianchi e il suo volto si sollevò verso le nebbie.<br />

Si avvicinò al Cavaliere e gli si piazzò davanti, faccia a faccia. Il Cavaliere<br />

non la vide; stava fissando il nulla davanti a sé, i suoi occhi preoccupantemente<br />

vuoti e immobili.<br />

«Che cos'hai fatto?» gli domandò a bassa voce.<br />

Il Cavaliere non rispose.<br />

«Ci hai salvati. Null'altro ha importanza.»<br />

Non rispose.<br />

«Ascoltami» gli <strong>di</strong>sse la Dama. «Dimenticati della gente <strong>di</strong> quel paese, e<br />

<strong>di</strong>menticati degli zingari. Non hai colpa per le loro sorti.»<br />

Non potevi saperlo. Hai fatto solo ciò che dovevi fare. Se avessi agito in<br />

maniera <strong>di</strong>fferente, a quest'ora saremmo già morti o in prigione.<br />

Il Gargoyle le si avvicinò abbassandosi all'altezza del suo gomito, tutto<br />

avvolto nel suo mantello, con il viso nascosto. «Non ti sente.»<br />

La Dama annuì. Il tono della sua voce <strong>di</strong>venne più duro. «Hai intenzione<br />

<strong>di</strong> abbandonarci adesso? Vuoi rinunciare a tutto per via <strong>di</strong> questa sciocchezza?<br />

Tu sei il Campione del Re, e non hai fatto altro che uccidere uomini<br />

per tutta la vita. Fa parte della tua essenza. Vuoi forse negare questo?<br />

Guardami.»<br />

I suoi occhi non si mossero. Erano pieni <strong>di</strong> lacrime.


La Dama aprì una mano e gli rifilò tre schiaffoni sul volto, con forza,<br />

ognuno schioccò nel silenzio, come un colpo <strong>di</strong> frusta. «Guardami!» sibilò.<br />

Il Cavaliere la guardò, e la vita tornò nei suoi occhi mentre incontravano<br />

lo sguardo <strong>di</strong> lei. La Dama aspettò finché non fu sicura che l'avesse messa<br />

a fuoco. «Hai fatto ciò che dovevi fare. Devi accettare che le conseguenze<br />

a volte possano essere più dure del previsto. E devi accettare anche che<br />

non hai la possibilità <strong>di</strong> far risultare tutto esattamente come vorresti. Non<br />

vi è nulla <strong>di</strong> sbagliato in questo.»<br />

«Tutto» sussurrò lui.<br />

«Ci hanno minacciati!» sbottò lei. «Avrebbero potuto ucciderci! Cosa c'è<br />

<strong>di</strong> male se li abbiamo uccisi prima noi? Il tuo senso <strong>di</strong> colpa arriva fino al<br />

punto che daresti le nostre stesse vite per preservare le loro? Hai forse perso<br />

il senso della ragione? Dov'è andata a finire la tua grande forza? Se non<br />

esiste più, non mi interessi più come tutore! Non mi lascerei mai prendere<br />

da un uomo simile! Dammi la mia libertà, se sei realmente compromesso<br />

fino a questo punto!»<br />

Il Cavaliere scosse il capo. «Ho agito istintivamente, ma avrei dovuto riflettere.<br />

Non vi sono scuse.»<br />

«Sei patetico!» lo schernì. «Perché mai dovrei perdere il mio tempo con<br />

te? Io non ti devo nulla! Sono intrappolata in questo mondo per colpa tua,<br />

e non so nemmeno perché deve essere così! Tu mi hai rubata la vita, mi hai<br />

sottratta la mia magia! E ora, hai persino il coraggio <strong>di</strong> negarci la tua protezione!<br />

Non devo usa re i miei poteri, <strong>di</strong>ci tu, perché potrei fare del male a<br />

qualcuno! Hai pena <strong>di</strong> coloro che vogliono <strong>di</strong>struggerci perché sai <strong>di</strong> poterli<br />

<strong>di</strong> struggere tu prima!»<br />

Le labbra del Cavaliere si strinsero. «Ho pena <strong>di</strong> qualunque creatura che<br />

muoia per mia mano.»<br />

«Allora non sei nulla! Sei meno <strong>di</strong> nulla! Guardati attorno e <strong>di</strong>mmi ciò<br />

che ve<strong>di</strong>! Siamo in un mondo <strong>di</strong> nebbia e <strong>di</strong> follia, Signor Cavaliere! Possibile<br />

che non ve ne siate accorto? Questo mondo ci <strong>di</strong>struggerà abbastanza<br />

velocemente se sottovalutiamo i suoi pericoli o se <strong>di</strong>amo segni <strong>di</strong> debolezza<br />

<strong>di</strong> fronte alle sue forze! Devi stare eretto sulle tue gambe, altrimenti<br />

non sei altro che un cane anche tu!»<br />

«Tu non sai nulla <strong>di</strong> me!»<br />

«Ne so quanto basta! So che hai perso la ragione! So che non sei più in<br />

grado <strong>di</strong> guidarci!» Il volto della Dama era freddo e duro come un pezzo <strong>di</strong><br />

ghiaccio. «Ora io sono più forte <strong>di</strong> te. Posso fare le cose a modo mio! Ri-


mani pure in ginocchio, se così vuoi! Rimani qui a piangere sulla tua pietà!<br />

Io non voglio più avere nulla a che fare con te!»<br />

Fece per alzarsi, dando uno spintone involontario al Gargoyle. Il Cavaliere<br />

allungò una mano, le afferrò un braccio e la tirò nuovamente davanti<br />

a sé. «No!» urlò. «Tu non te ne andrai!»<br />

La Dama tentò <strong>di</strong> colpirlo con un pugno, che venne bloccato imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Colpì <strong>di</strong> nuovo, ma il Cavaliere le afferrò il polso. Guardò il suo<br />

volto, e lo trovò duro, inflessibile. La debolezza era completamente scomparsa<br />

dai suoi occhi.<br />

«Quando te ne andrai» le <strong>di</strong>sse con voce sibilante «te ne andrai con me!»<br />

La Dama lo fissò senza fiatare. Poi sollevò lentamente la mano libera e<br />

gli sfiorò una guancia. Il Cavaliere ebbe un sussulto. La Dama sorrise. Fece<br />

scendere lentamente le <strong>di</strong>ta fino al suo collo, quin<strong>di</strong> le ritirò.<br />

Poi si protese in avanti e lo baciò sulla bocca.<br />

Una Manciata <strong>di</strong> Polvere<br />

Abernathy si fermò a metà della scalinata che portava dalla sua camera<br />

da letto al gran salone <strong>di</strong> Rhyndweir; costernato, si mise in ascolto. In fondo<br />

alle scale, Kallendbor stava urlando contro Horris Kew. Da basso, fuori<br />

della fortezza, la gente del Greensward si era radunata e stava cercando <strong>di</strong><br />

sfondare il portone. Tutta la campagna era immersa nel caos.<br />

Non era un momento felice.<br />

Abernathy aveva sospettato fin dall'inizio che qualcosa sarebbe andato<br />

storto con Horris Kew e la sua grande idea dei cristalli dell'occhio della<br />

mente. Lo aveva saputo con la stessa certezza con la quale conosceva il<br />

suo nome. Era una cosa talmente preve<strong>di</strong>bile che avrebbe potuto essere incisa<br />

nella pietra. Horris Kew aveva tirato fuori innumerevoli gran<strong>di</strong> idee<br />

simili nel corso degli anni, ricettine semplici per curare ogni male e risolvere<br />

ogni problema, solo che nessuna <strong>di</strong> queste aveva mai funzionato. Era<br />

sempre la stessa storia. Le cose iniziavano in maniera promettente e poi,<br />

improvvisamente, andava tutto all'aria. A prescindere dalle circostanze, il<br />

risultato era sempre lo stesso. In un modo o nell'altro, Horris Kew riusciva<br />

sempre, invariabilmente, a perdere il controllo degli eventi che metteva in<br />

moto.<br />

Solo che in questo caso saperlo non era stato sufficiente per salvare Abernathy.<br />

Sapere non serviva a nulla se non si credeva veramente in ciò<br />

che si sapeva. E in verità, Abernathy aveva bisogno <strong>di</strong> credere esattamente


nell'opposto; infatti, una volta accettato il fatto che nulla era cambiato in<br />

Horris Kew e nelle sue idee, nemmeno dopo vent'anni, era inevitabilmente<br />

costretto ad accettare anche il fatto che i cristalli dell'occhio della mente<br />

non fossero ciò che sembravano essere, e questo, per quanto ci provasse,<br />

non riusciva proprio a farlo. Abernathy si trovava in una situazione a <strong>di</strong>r<br />

poco controversa. Il suo cristallo miracoloso lo aveva completamente incantato,<br />

le sue visioni lo avevano reso uno schiavo. Ormai era prigioniero<br />

del fatto <strong>di</strong> essere per sempre in grado <strong>di</strong> catturare degli sprazzi della sua<br />

precedente esistenza e <strong>di</strong> vivere con la speranza che ciò che vedeva potesse<br />

essere una promessa <strong>di</strong> un prossimo futuro. Le visioni erano la sua estasi<br />

personale, la sua unica fuga segreta dalla dura realtà della vita <strong>di</strong> tutti i<br />

giorni. Abernathy era sempre stato un tipo pragmatico, ma davanti a questa<br />

particolare lusinga non poteva nulla. Più guardava nel cristallo, più ne era<br />

attirato. L'assuefazione, inizialmente, era stata leggera, ma nel giro <strong>di</strong> poco<br />

tempo era <strong>di</strong>ventata piuttosto grave. Non trovava soltanto piacere nelle visioni;<br />

esse rappresentavano ad<strong>di</strong>rittura l'unica <strong>di</strong>versione che avesse significato<br />

per lui.<br />

Così, aveva ignorato i suoi sospetti, la sua innata sfiducia e la sua ragionevolezza,<br />

e aveva acconsentito ad accompagnare Horris Kew e il suo o<strong>di</strong>oso<br />

uccello lungo il sentiero del caos.<br />

Ma le prove inconfutabili <strong>di</strong> come stessero andando realmente le cose<br />

erano venute fuori abbastanza velocemente. La piccola compagnia si era<br />

spostata da Rhyndweir ad altre parti del Greensward, trovandosi davanti<br />

molta gente che aveva sentito parlare dei cristalli dell'occhio della mente e<br />

che non aspettava altro che <strong>di</strong> scoprire se ciò che si <strong>di</strong>ceva in proposito<br />

fosse vero. A ogni incrocio, a ogni piccolo inse<strong>di</strong>amento si trovavano davanti<br />

a una folla; i cristalli venivano <strong>di</strong>stribuiti a manciate. E quando gli altri<br />

signori del Greensward si resero conto che Horris Kew non aveva alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> far loro visita (per riguardo alla falsa promessa <strong>di</strong> Kallendbor,<br />

che aveva garantito che li avrebbe consegnati lui stesso) si erano<br />

imme<strong>di</strong>atamente adoperati per contattarlo. Dov'erano i cristalli? Come mai<br />

non ce n'erano per loro? Perché veniva loro negato un tesoro che veniva<br />

invece <strong>di</strong>stribuito in maniera tanto generosa alla gente comune? Temendo<br />

per la sua incolumità personale e male<strong>di</strong>cendo internamente Kallendbor<br />

per la sua perfi<strong>di</strong>a, il mago aveva dato loro ciò che chiedevano. Abernathy<br />

capì allora che Kallendbor non aveva fatto incetta <strong>di</strong> cristalli con l'intenzione<br />

<strong>di</strong> rivenderli. Li aveva presi semplicemente per non rischiare <strong>di</strong> rimanere<br />

senza nel caso che il suo si fosse rotto, perso o gli fosse stato ruba-


to. La sua cupi<strong>di</strong>gia però, visto il numero <strong>di</strong> cristalli che circolava, era<br />

pressoché inutile. A quanto pareva, infatti, la riserva <strong>di</strong> cristalli era pressoché<br />

inesaurita. A prescindere da quanti ne <strong>di</strong>stribuissero, il numero dei cristalli<br />

rimasti sembrava essere sempre lo stesso. Abernathy non poté fare a<br />

meno <strong>di</strong> notare questo fenomeno, ma come per tutte le altre cose che avevano<br />

a che fare con la grande <strong>di</strong>stribuzione dei cristalli, si limitò a ignorarlo.<br />

Poi, erano iniziate a circolare le voci. Dapprincipio furono solo chiacchiere<br />

isolate, ma crebbero assai rapidamente. In pratica, la gente stava iniziando<br />

a <strong>di</strong>sprezzare il proprio lavoro. I conta<strong>di</strong>ni lasciavano i loro terreni<br />

in maggese e trascuravano il bestiame. Cancellate e fienili si rompevano,<br />

ma nessuno pensava a ripararli. I negozianti e i mercanti aprivano e<br />

chiudevano bottega quando ne avevano voglia, <strong>di</strong>mostrando ben poco interesse<br />

nella ven<strong>di</strong>ta delle loro merci. Alcuni permettevano ad<strong>di</strong>rittura che i<br />

loro prodotti venissero rubati, mentre altri li <strong>di</strong>stribuivano gratuitamente.<br />

Le squadre <strong>di</strong> operai addetti alla riparazione o alla costruzione <strong>di</strong> strade e<br />

opere pubbliche non si facevano nemmeno vedere sul lavoro. Ogni genere<br />

<strong>di</strong> costruzione si arrestò. Le corti penali ridussero l'orario lavorativo della<br />

metà nella migliore delle ipotesi, e la gestione della giustizia in generale<br />

<strong>di</strong>venne approssimativa e superficiale. I corrieri che portavano messaggi<br />

importanti giungevano a destinazione con giorni <strong>di</strong> ritardo, e i messaggi<br />

stessi venivano redatti dagli scrivani in maniera approssimativa e <strong>di</strong>sinteressata.<br />

Anche la vita domestica risentì della situazione. Mariti e mogli si<br />

ignoravano completamente, trascurando anche i loro figli. Le pulizie venivano<br />

lasciate a qualcun'altro, e le stoviglie si ammucchiavano in cataste<br />

sempre più alte nei lavan<strong>di</strong>ni. Nessuno indossava abiti puliti. I cani e i gatti<br />

stavano morendo <strong>di</strong> fame.<br />

E la causa <strong>di</strong> questa negligenza <strong>di</strong> massa non era certo un segreto. Tutti<br />

quanti passavano ogni momento libero scrutando nei loro nuovi cristalli<br />

dell'occhio della mente.<br />

La velocità con la quale le cose iniziarono a degenerare fu stupefacente.<br />

Un fallimento portava a un altro, un attimo <strong>di</strong> trascuratezza portava al successivo,<br />

e nel giro <strong>di</strong> poco tempo <strong>di</strong>ventò come una reazione a catena. Il<br />

lavoro poteva aspettare, così ragionava la gente. Dopotutto, vi era sempre<br />

domani. E fra l'altro, lavorare era una cosa noiosa. Lavorare era duro.<br />

Guardare nei cristalli invece era decisamente più interessante e gradevole.<br />

Era incre<strong>di</strong>bile il modo in cui scorreva il tempo quando si scrutava nelle


loro profon<strong>di</strong>tà sfaccettate. Giornate intere se ne andavano in un batter<br />

d'occhio!<br />

E così andò. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una giornata portava inevitabilmente alla per<strong>di</strong>ta<br />

della successiva. Tutti quanti smisero <strong>di</strong> fare qualsiasi cosa, e nel giro<br />

<strong>di</strong> poco tempo tutta la popolazione aveva scelto come attività principale<br />

della propria vita quella <strong>di</strong> guardare nei cristalli. In una parte recon<strong>di</strong>ta del<br />

suo cervello, in una parte dove la verità baluginava ancora con il debole<br />

bagliore <strong>di</strong> una candela, Abernathy sapeva che quanto stava accadendo alla<br />

popolazione <strong>di</strong> Landover stava accadendo anche a lui. Tuttavia, non riusciva<br />

ad accettare questo fatto. Non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> rinunciare<br />

al suo cristallo, nemmeno per un secondo. Non oggi, almeno... magari domani.<br />

E comunque, le cose non andavano poi così male, no?<br />

Naturalmente, le cose andavano malissimo. E peggioravano a vista d'occhio.<br />

Fu proprio Abernathy il primo a scoprire quanto stessero andando<br />

male. Un bel mattino, a due settimane circa dal loro arrivo a Rhyndweir, si<br />

svegliò, si infilò una mano in tasca, tirò fuori il suo cristallo, evocò la sua<br />

visione preferita e vide la pietra che si trasformava in polvere sul palmo<br />

della sua mano. La fissò dapprima incredulo, poi sconvolto, e infine <strong>di</strong>sperato.<br />

Aspettò che si ricomponesse in qualche modo, ma la sua pietra miracolosa<br />

rimase un mucchietto <strong>di</strong> polvere. Al limite della <strong>di</strong>sperazione, portò<br />

il mucchietto da Horris Kew, ma Horris non aveva assolutamente idea <strong>di</strong><br />

che cosa fosse accaduto. Magari si trattava <strong>di</strong> un cristallo <strong>di</strong>fettoso, suggerì,<br />

promettendo <strong>di</strong> dargliene un altro.<br />

Solo che quando aprirono i bauli per prendere altri cristalli, li scoprirono<br />

entrambi vuoti. Non vi era più nemmeno una pietra, anche se Abernathy<br />

era certo <strong>di</strong> averne viste in quantità il giorno prima... o forse si trattava del<br />

giorno prima ancora? Nessuno ne era del tutto certo. Che li avessero dati<br />

via tutti senza rendersene conto? Dove erano andati a finire tutti i cristalli?<br />

Si trovavano sui confini orientali del Greensward, avendone già visitato<br />

la maggior parte oltre che alcuni tratti del Melchor. Decisero <strong>di</strong> tornare<br />

imme<strong>di</strong>atamente verso casa. Magari avrebbero trovato altri cristalli al loro<br />

ritorno, suggerì Abernathy con tono speranzoso, facendo del suo meglio<br />

per non apparire troppo ansioso, conscio del fatto che Horris e il suo stupido<br />

uccello non si perdevano una parola <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong>ceva. Poteva darsi, assentì<br />

Horris. Sì, era possibile, <strong>di</strong>sse. Ma non sembrava affatto convinto.<br />

Mentre Abernathy, Bunion, Horris e l'uccello intraprendevano la via del<br />

ritorno, iniziarono a circolare nuove voci. Dappertutto, i cristalli stavano<br />

iniziando a trasformarsi in polvere. La gente era furiosa. Che cosa stava


accadendo? Che cosa dovevano fare senza le loro visioni? L'apatia cedette<br />

il passo alla violenza. Vicini <strong>di</strong> casa iniziarono a mettersi gli uni contro gli<br />

altri nel tentativo <strong>di</strong> farsi prestare o <strong>di</strong> rubare i cristalli che avevano perso.<br />

Solo che nessuno aveva nulla da dare. Si trovavano tutti nella stessa, terribile<br />

situazione, priva <strong>di</strong> ciò che era stato inizialmente preso come un semplice<br />

<strong>di</strong>versivo ma che ben presto era <strong>di</strong>ventato una vera e propria necessità<br />

primaria. La gente si accapigliò vicendevolmente fra la rabbia e la <strong>di</strong>sperazione<br />

per qualche giorno, dopo<strong>di</strong>ché fecero ciò che fa normalmente<br />

una popolazione quando <strong>di</strong>viene troppo frustrata; si rivolsero al governo.<br />

In questo caso specifico, si rivolsero ai Signori del Greensward. Non erano<br />

stati forse loro ad autorizzare e a facilitare la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> quei cristalli?<br />

In quel caso, dovevano per forza essere in grado <strong>di</strong> procurarne altri.<br />

Determinati come un sol uomo, i citta<strong>di</strong>ni del Greensward marciarono<br />

compatti verso i castelli dei loro signori, decisi più che mai a ottenere un<br />

risarcimento per il torto che avevano subito.<br />

Abernathy avrebbe dovuto capire subito la piega che stava prendendo la<br />

situazione, ma era troppo traumatizzato dalla per<strong>di</strong>ta del suo cristallo personale<br />

per pensare,a qualunque altra cosa. Procedeva a testa bassa con atteggiamento<br />

scoraggiato, cercando <strong>di</strong> immaginarsi come sarebbe stata la<br />

vita se i cristalli erano veramente finiti e le visioni scomparse per sempre.<br />

Si trattava <strong>di</strong> una prospettiva talmente orribile che faceva fatica persino a<br />

contemplarla. Era talmente immerso in questi suoi pensieri che non si rendeva<br />

nemmeno conto <strong>di</strong> quanto accadeva attorno a lui. Infatti, quando Horris<br />

e il suo uccello iniziarono a bisbigliare ansiosamente fra loro rivolgendo<br />

frequenti occhiate alle loro spalle, Abernathy non ci fece assolutamente<br />

caso. E quando uno sconosciuto con un mantello nero si unì alla loro compagnia<br />

spuntando fuori letteralmente dal nulla, Abernathy non lo vide<br />

nemmeno. Persino quando Bunion tornò da uno dei suoi frequenti pattugliamenti<br />

nella zona e gli sibilò in un orecchio che lo sconosciuto che li<br />

accompagnava aveva qualcosa <strong>di</strong> strano, Abernathy si limitò a sentire le<br />

sue parole senza nemmeno tentare <strong>di</strong> coglierne il significato. Era completamente<br />

immerso nei suoi problemi personali, consumato dalla <strong>di</strong>sperazione,<br />

sull'orlo del'esaurimento definitivo.<br />

Quando giunsero a Rhyndweir, trovarono una situazione talmente confusa<br />

da portarli quasi a evitare la fortezza. Solo che erano ormai senza<br />

provviste, e inoltre erano ansiosi <strong>di</strong> scoprire se le riserve <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong> Kallendbor<br />

fossero rimaste intatte. Non avevano sentito nessuna voce che<br />

suggerisse altrimenti, e in effetti, quando riuscirono a superare la folla che


si accalcava attorno alle mura e a entrare nel castello stesso, scoprirono<br />

che, a quanto pareva, andava tutto bene. Kallendbor <strong>di</strong>ede loro il benvenuto<br />

con una certa in<strong>di</strong>fferenza, concesse loro un rapido saluto formale,<br />

quin<strong>di</strong> scomparve imme<strong>di</strong>atamente. A quanto pareva, i suoi cristalli stavano<br />

ancora benone. Il motivo per il quale fossero rimasti integri mentre tutti<br />

gli altri si stavano trasformando in polvere era un vero e proprio mistero,<br />

ma il gruppetto decise che si trattava <strong>di</strong> un mistero sul quale era meglio<br />

non indagare troppo. L'idea era <strong>di</strong> passare la notte al castello, fare provviste<br />

e ripartire imme<strong>di</strong>atamente per Sterling Silver il giorno seguente alle<br />

prime luci dell'alba. Nessuno <strong>di</strong> loro voleva essere presente se fosse accaduto<br />

qualcosa ai cristalli <strong>di</strong> Kallendbor.<br />

Abernathy si ritirò nella sua stanza e vi rimase. Non si sentiva affamato,<br />

quin<strong>di</strong> non scese per cena. Era deciso a trascorrere il minor tempo possibile<br />

in compagnia <strong>di</strong> Kallendbor. Bunion scomparve quasi imme<strong>di</strong>atamente<br />

dopo il loro arrivo, ma Abernathy non si interessò minimamente su dove si<br />

fosse recato il coboldo. Bunion era uno dei pochi che erano riusciti a sfuggire<br />

alla trappola dei cristalli e delle loro visioni. Come la maggior parte<br />

dei cobol<strong>di</strong>, aveva sempre <strong>di</strong>mostrato un certo <strong>di</strong>sinteresse nonché una certa<br />

sfiducia nei confronti della magia in generale, e infatti aveva rifiutato<br />

l'offerta fin dal principio. Lasciando Horris e Abernathy a occuparsi della<br />

grande <strong>di</strong>stribuzione, Bunion aveva passato gran parte del tempo a battere<br />

le campagne alla ricerca <strong>di</strong> Ben Holiday. Fino a quel momento non aveva<br />

trovato nulla, ma si rifiutava <strong>di</strong> rinunciare alla sua ricerca. Prima o poi, ne<br />

era convinto, avrebbe trovato qualche traccia del Re scomparso.<br />

Così, quando calò la notte e la folla accalcata davanti al castello iniziò<br />

ad appiccare enormi fuochi alimentati dalla legna dei tetti e delle pareti<br />

delle botteghe più vicine, Abernathy era solo. Man mano che crescevano i<br />

fuochi e il calore, anche la gente iniziò a scaldarsi. Poco dopo, iniziarono a<br />

lanciare oggetti verso i bastioni. Le grida <strong>di</strong>vennero sempre più selvagge e<br />

minacciose. Andava fatto qualcosa, gridavano, e andava fatto subito! Dov'erano<br />

i loro cristalli? Rivolevano i loro cristalli! Le guar<strong>di</strong>e del castello<br />

rimasero accucciate, aspettando il passare della tempesta. Il loro atteggiamento,<br />

però, era alquanto incerto; anche molte guar<strong>di</strong>e infatti si erano trovate<br />

a loro volta senza cristalli e simpatizzavano con le richieste della folla.<br />

Molte avevano amici e parenti da basso che urlavano loro <strong>di</strong>etro. Alcuni<br />

erano ad<strong>di</strong>rittura propensi ad aprire la porta, e l'unica cosa che li tratteneva<br />

era un ormai consunto senso del dovere, un ra<strong>di</strong>cato senso dell'abitu<strong>di</strong>ne,


nonché una salutare paura nei confronti <strong>di</strong> Kallendbor. Tuttavia, non era<br />

affatto chiaro fino a che punto queste restrizioni li avrebbero tenuti buoni.<br />

Kallendbor sembrava essere del tutto in<strong>di</strong>fferente al problema. Da quando<br />

erano arrivati non si era ancora fatto vedere, con grande sollievo <strong>di</strong> Abernathy.<br />

Ciò nonostante, quando i rumori della folla da basso iniziarono<br />

ad assumere toni minacciosi, lo scrivano della corte del Re non poté fare a<br />

meno <strong>di</strong> domandarsi che cosa avesse intenzione <strong>di</strong> fare il Signore del maniero.<br />

Se le azioni <strong>di</strong> Kallendbor dovevano essere guidate dal suo temperamento,<br />

la migliore soluzione sarebbe stata quella del classico olio bollente.<br />

Ma forse Kallendbor si era nascosto nelle proprie stanze e si trovava<br />

comodamente sdraiato con il suo cristallo personale, perso nelle sue profon<strong>di</strong>tà,<br />

godendo delle sue visioni, quelle stesse visioni delle quali aveva<br />

goduto lo stesso Abernathy fino a poco tempo prima...<br />

Abernathy serrò gli occhi e <strong>di</strong>grignò i denti. Era veramente troppo per<br />

lui. Si ritrovò improvvisamente furioso nei confronti <strong>di</strong> Kallendbor e dei<br />

suoi cristalli. Non solo si stava godendo da solo il suo cristallo personale,<br />

ma probabilmente ne aveva a dozzine nascosti chissà dove! Non era forse<br />

il caso che ne con<strong>di</strong>videsse qualcuno con i suoi ospiti, soprattutto visto e<br />

considerato che si trattava <strong>di</strong> emissari del Re in persona? Le regole dell'ospitalità<br />

non dettavano proprio questo? Forse era il caso <strong>di</strong> inoltrare un richiamo,<br />

nonché una richiesta?<br />

Abernathy uscì dalla sua stanza in un impeto <strong>di</strong> stizza, spinto da uno<br />

strano prurito al cervello, da un bisogno che nemmeno lui riusciva a comprendere.<br />

Così, si trovava a metà della scalinata quando udì il suono delle voci <strong>di</strong><br />

Kallendbor e Horris Kew che <strong>di</strong>scutevano.<br />

«Sono scomparsi, specie <strong>di</strong> ciarlatano!» Kallendbor stava urlando con<br />

tono infuriato, la sua possente voce chiaramente u<strong>di</strong>bile anche dalle scale.<br />

«Ogni singolo cristallo è scomparso! Trasformato in polvere! Cosa mi sai<br />

<strong>di</strong>re in proposito?»<br />

«Mio Signore, io non...»<br />

«Ascoltami bene, i<strong>di</strong>ota!» Kallendbor non sembrava essere interessato<br />

alle spiegazioni. «Il responsabile <strong>di</strong> tutto questo sei solo tu! Ti ritengo personalmente<br />

responsabile! Ti conviene trovare un modo per farli tornare<br />

adesso, in questo momento, altrimenti infliggerò sul tuo corpo un tale dolore<br />

che mi supplicherai <strong>di</strong> darti la morte! Tu, e anche il tuo maledetto uccello!»


Abernathy trattenne il fiato. Allora anche i cristalli <strong>di</strong> Kallendbor si erano<br />

trasformati in polvere! Provò un misto <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e delusione.<br />

Scese con cautela altri due o tre gra<strong>di</strong>ni, facendo attenzione a non fare rumore.<br />

«Ebbene?» La pazienza <strong>di</strong> Kallendbor durava più o meno quanto la vita<br />

<strong>di</strong> una falena intrappolata dalla fiamma <strong>di</strong> una candela.<br />

«Mio Signore, vi prego, farò quel che po...»<br />

«Tu farai ciò che ti <strong>di</strong>rò!»sbottò con furia Kallendbor. Abernathy sentì<br />

un suono <strong>di</strong> ossa che tremavano, <strong>di</strong> denti che sbattevano e delle ali <strong>di</strong> Biggar<br />

che svolazzava via spaventato.<br />

Lo scrivano <strong>di</strong> corte scese cautamente fino a un punto delle scale che gli<br />

permettesse <strong>di</strong> scorgere quanto stava accadendo da basso Kallendbor stava<br />

tenendo Horris Kew sollevato dal pavimento e lo stava scuotendo con vigore.<br />

Lo sfortunato mago ballonzolava su e giù fra le mani del signorotto come<br />

una bambola <strong>di</strong> pezza, scalciando come un selvaggio la testa come <strong>di</strong>sarticolata<br />

dal'esile collo Biggar svolazzava sopra la sua testa cacciando<br />

strida selvagge, assolutamente incapace <strong>di</strong> decidere sul da farsi.<br />

«Ridammi-i-miei-cristalli!» Kallendbor proferì la richiesta come fosse<br />

una male<strong>di</strong>zione, puntualizzando ogni parola con uno scossone al povero<br />

Horris Kew.<br />

«Mettilo giù» <strong>di</strong>sse una voce proveniente dall'ombra.<br />

Esterrefatto, Kallendbor si voltò <strong>di</strong> scatto. «Cosa? Chi ha Dato fiato?»<br />

«Mettilo giù» ripeté la voce. «Egli non ha colpe per tutto questo»<br />

Kallendbor mollò Horris Kew sul pavimento, dove il mago rimase a<br />

contorcersi per il dolore e a riprendere fiato. Il Signore del Greensward si<br />

girò con aria minacciosa nella <strong>di</strong>rezione dalla quale era provenuta la voce.<br />

La sua mano si abbassò sull'impugnatura della spada che portava sempre<br />

con sé. «Chi è là? Fatti vedere!»<br />

Una figura dal mantello nero si staccò da una parete, materializzandosi<br />

dal nulla. Si avvicinò, ma più che camminare sembrava che galleggiasse,<br />

tutta oscurità e movimento fluido. Abernathy si fece in<strong>di</strong>etro istintivamente.<br />

Si trattava dello sconosciuto che si era unito a loro sulla strada. Come<br />

era possibile che si trovasse lì? Che fosse entrato nel castello assieme a loro?<br />

Abernathy non ricordava un simile evento.<br />

«Chi siete voi?» domandò Kallendbor con tono perentorio, anche se nella<br />

sua voce ora vi era una sfumatura <strong>di</strong> incertezza.


«Un amico» rispose lo sconosciuto. Si fermò a una dozzina <strong>di</strong> passi dal<br />

signore del castello. Per quanto ci provasse, Abernathy non riuscì a vedere<br />

il volto del nuovo arrivato. «Potete scuotere Horris Kew finché non gli farete<br />

uscire le ossa dalla pelle, ma questo non servirà a farvi riavere i vostri<br />

cristalli. Horris Kew non ne possiede.»<br />

Kallendbor si irrigidì. «E voi come lo sapete?»<br />

«Io so parecchie cose» rispose lo sconosciuto. La sua voce era stranamente<br />

sibilante, come se avesse sofferto qualche grave danno alle corde<br />

vocali. «Io so che Horris Kew e i suoi compagni non sono dei babbei per<br />

quanto riguarda questa faccenda. Essi fanno > ciò che è stato loro or<strong>di</strong>nato,<br />

e non hanno più alcun cristallo da darvi. So anche che loro non sapevano<br />

che i cristalli si sarebbero trasformati in polvere dopo un periodo così breve.<br />

Siete stato ingannato, mio Signore. Raggirato,»<br />

La mano <strong>di</strong> Kallendbor si strinse sull'impugnatura della sua spada. «Chi<br />

è il responsabile allora? Visto che sapete così tanto, <strong>di</strong>temi questo!»<br />

Lo sconosciuto rimase immobile, enigmatico, insondabile <strong>di</strong> fronte all'ira<br />

dell'altro. «Togli la mano dalla tua arma. Non puoi farmi del male.»<br />

La mano massiccia <strong>di</strong> Kallendbor cadde su un fianco. «Chi siete voi?»<br />

domandò ancora una volta, evidentemente confuso.<br />

Lo sconosciuto ignorò la domanda. «Riflettete un attimo» <strong>di</strong>sse a bassa<br />

voce. «Chi vi ha mandato questi cristalli? Chi ha mandato il mago e il suo<br />

uccello? Chi ha mandato lo scrivano e il messaggero? Chi servono tutti loro?»<br />

Kallendbor si irrigidì nuovamente. «Holiday!» sibilò.<br />

Ahi, ahi, pensò Abernathy.<br />

Lo sconosciuto scoppiò a ridere, producendo un suono stranamente secco.<br />

«Capite adesso? Quale miglior modo per indebolire la vostra posizione,<br />

mio Lord, se non farvi apparire come uno sciocco? Siete sempre stato una<br />

spina nel fianco per il Re, fin dal principio, e lui si libererebbe <strong>di</strong> voi assai<br />

volentieri. Il suo piano è ottimo, non trovate? I cristalli si trasformano in<br />

polvere, e la gente se la prende con voi. Voi siete il loro signore, e quin<strong>di</strong><br />

siete responsabile della loro con<strong>di</strong>zione.»<br />

Kallendbor non riusciva a rispondere. Si strozzava su qualsiasi parola<br />

cercasse <strong>di</strong> proferire.<br />

«Vi sono altri cristalli» continuò lo sconosciuto, il suo tono morbido e<br />

suadente. Abernathy si protese in avanti, deciso a non perdersi nemmeno<br />

una parola. Chi era questo mentitore inopportuno? «A Sterling Silver ve ne<br />

è una sala piena, dove vengono tenuti via per il momento del bisogno. Ho


visto questi cristalli <strong>di</strong> persona, e vi assicuro che ve ne sono a migliaia.<br />

Non trovate forse che sarebbe giusto che entrassero in vostro possesso?»<br />

Per un istante, Abernathy ci credette. Nella sua mente non vide altro che<br />

un mucchio <strong>di</strong> cristalli scintillanti, nascosti come un tesoro reale, custo<strong>di</strong>ti<br />

gelosamente in un luogo dove la gente che ne aveva bisogno non li poteva<br />

prendere. Ma subito dopo si ricredette, rendendosi improvvisamente conto<br />

<strong>di</strong> quanto fosse grossa quella menzogna. Ben Holiday non avrebbe mai fatto<br />

una cosa del genere, e in più i cristalli erano arrivati da Horris Kew in<br />

seguito alla scomparsa del Re.<br />

Per la prima volta, Abernathy si domandò se i due fatti non potessero essere<br />

collegati.<br />

«Il vostro problema ha una soluzione piuttosto semplice» continuò lo<br />

sconosciuto. Si avvicinò a Horris Kew e lo rialzò in pie<strong>di</strong>, apparentemente<br />

senza alcuno sforzo. «Dite tutta la verità alla vostra gente. Dite loro che i<br />

cristalli vengono tenuti segretamente dal Re a Sterling Silver. Dite loro <strong>di</strong><br />

marciare sul castello e <strong>di</strong> pretendere ciò che gli spetta! Fate chiamare anche<br />

gli altri signori del Greensward, <strong>di</strong>te loro <strong>di</strong> radunare i loro eserciti e <strong>di</strong><br />

marciare sul castello del Re. Non può rifiutarsi a tutti voi. E anche volendo<br />

farlo, non ci riuscirà.»<br />

Kallendbor stava annuendo, già convinto. «Ne ho avuto abbastanza <strong>di</strong><br />

Holiday... Non ne posso più della sua interferenza!»<br />

«Forse» sussurrò lo sconosciuto con aria pensierosa «è giunto il momento<br />

<strong>di</strong> cambiare Re. Forse sarebbe meglio avere sul trono un uomo che sia<br />

più sensibile alle esigenze <strong>di</strong> persone come voi, un uomo che non si comporti<br />

in maniera tanto <strong>di</strong>sonesta nei confronti dei suoi pari.»<br />

Abernathy dovette trattenersi per non abbaiare. Non era certo orgoglioso<br />

<strong>di</strong> quella sua reazione soffocata a stento, ma per lo meno era stata onesta.<br />

«Alcuni conoscono e apprezzano l'uso appropriato del potere.» La voce<br />

dello sconosciuto era soave e trascinante. Fece un gesto rapido ma significativo<br />

in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Horris Kew. «Altri invece comprendono la natura<br />

della lealtà, capendo le sfaccettature delle sue implicazioni. In altre parole,<br />

Lord Kallendbor, vi sono persone che servirebbero qualsiasi padrone che<br />

pagasse loro il giusto prezzo.»<br />

Horris Kew stava fissando lo sconosciuto con la bocca spalancata. Seguì<br />

un lungo silenzio.<br />

Dopo un po', Kallendbor annuì con aria pensierosa. «Può darsi. Sì, in<br />

fondo, perché no? Se acconsentisse su alcune con<strong>di</strong>zioni, naturalmente. Sì.<br />

Un altro Re sarebbe un'ottima idea.» Si interruppe, scuotendo improvvi-


samente il capo. «Solo che bisognerebbe vedersela con Holiday. Andare lì<br />

a chiedergli i cristalli è una cosa fattibile, ma destituirlo dal trono è tutt'altra<br />

faccenda. Egli comanda i servizi del Pala<strong>di</strong>no, e nessuno può fargli<br />

fronte.»<br />

«Ah, ma se Holiday dovesse semplicemente scomparire?» domandò lo<br />

sconosciuto. Fece una pausa. «Anzi, se fosse già scomparso?»<br />

Abernathy sentì il cuore che gli piombava nello stomaco. Finalmente, la<br />

verità. La scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday era realmente legata a Horris Kew e<br />

ai suoi cristalli dell'occhio della mente, e il tutto era m qualche modo legato<br />

a quello sconosciuto misterioso. Stava avvenendo qualcosa <strong>di</strong> terribile,<br />

qualcosa che Abernathy ancora non comprendeva appieno, ma non vi erano<br />

dubbi sul fatto che vi fosse <strong>di</strong>etro lo sconosciuto.<br />

Che cosa doveva fare?<br />

Espirò lentamente. Non lo sapeva, ma qualsiasi cosa fosse, per farla doveva<br />

trovare un modo per uscire <strong>di</strong> lì.<br />

Iniziò a risalire con cautela gli scalini.<br />

Solo che non fu abbastanza cauto. Girandosi, fece grattare lo stivale su<br />

uno scalino <strong>di</strong> legno. Produsse un suono molto leggero, ma da basso vi erano<br />

un paio <strong>di</strong> orecchie abbastanza acute da sentirlo.<br />

«Awk! C'è qualcuno!» gracchiò Biggar.<br />

Si voltarono tutti verso le scale. «Trovatelo!» sibilò imme<strong>di</strong>atamente lo<br />

sconosciuto.<br />

Abernathy si lanciò verso l'alto, decidendo che sarebbe stata una pessima<br />

idea farsi catturare proprio in quel frangente. Rimase in posizione eretta<br />

per i primi due o tre scalini, dopo<strong>di</strong>ché vi rinunciò e proseguì a quattro<br />

zampe. In certe con<strong>di</strong>zioni la velocità aveva la precedenza sulla <strong>di</strong>gnità, e<br />

poi in fondo in lui vi era molto del cane. Sfrecciò su per le scale, attraversò<br />

il corridoio e si <strong>di</strong>resse verso la sua stanza, non sapendo dove andare. Sentiva<br />

il battito d'ali alle sue spalle e il picchiare degli stivali poco più in<strong>di</strong>etro.<br />

Ormai si era giocato qualsiasi possibilità <strong>di</strong> scivolare via silenziosamente<br />

nel cuore della notte. Che cosa poteva fare? Se lo prendevano lo avrebbero<br />

gettato nella cella più profonda del castello. Se aveva fortuna. Altrimenti,<br />

lo avrebbero semplicemente eliminato sul posto.<br />

Giunse alla sua stanza e vi corse dentro, chiudendosi la porta alle spalle<br />

e abbassando il catenaccio. La stanza era buia, poiché le candele non erano<br />

ancora state accese. Rimase appoggiato con la schiena alla porta, a corto <strong>di</strong><br />

fiato, ascoltando il battito d'ali <strong>di</strong> Biggar. «Quassù!» gridò l'uccello. «Si è<br />

nascosto qui!»


Quello stupido uccello parla molto più <strong>di</strong> quanto non voglia dare a intendere,<br />

pensò Abernathy con rabbia. Alzò lo sguardo, e si ritrovò davanti<br />

un paio <strong>di</strong> occhi gialli che lo fissavano nell'oscurità.<br />

«Arf!» abbaiò, incapace <strong>di</strong> trattenersi questa volta. Si appiattì | contro la<br />

porta, immobilizzato. Ora era chiuso fra due fuochi. Si tastò gli abiti alla<br />

ricerca <strong>di</strong> un'arma, ma non ne aveva addosso. Non trovando alternative,<br />

mostrò i denti e ringhiò. Gli occhi gialli sbatterono le palpebre con aria incuriosita,<br />

e un attimo dopo apparve alla debole luce un volto familiare.<br />

«Bunion!» annaspò Abernathy con grande sollievo. Si trattava effettivamente<br />

del coboldo. «Non sai quanto sono felice <strong>di</strong> vederti.»Bunion rispose<br />

qualcosa, ma Abernathy non lo stava ascoltando.» Dobbiamo andarcene<br />

da qui, Bunion. Kallendbor, Horris Kew e quello sconosciuto mi hanno<br />

scoperto mentre origliavo i loro <strong>di</strong>scorsi. Vogliono destituire Holiday<br />

dal trono! Credo che gli abbiano già fatto qualcosa. Ti <strong>di</strong>rò tutto più tar<strong>di</strong>,<br />

se trovi un modo per farci uscire alla svelta!<br />

Bunion balzò giù dal davanzale dove era appollaiato, attraversò la stanza<br />

<strong>di</strong> corsa fino alla porta, l'aprì e si tuffò verso Biggar, che stava cercando <strong>di</strong><br />

entrare. Biggar cacciò uno strido e si scostò, e Bunion si ritrovò in mano<br />

una manciata <strong>di</strong> piume nere. L'uccello volò via, strepitando il suo dolore e<br />

la sua in<strong>di</strong>gnazione. Bunion allora fece un cenno ad Abernathy, che lo seguì<br />

fuori dalla stanza <strong>di</strong> tutta fretta. Kallendbor e Horris Kew stavano salendo<br />

l'ultimo gra<strong>di</strong>no delle scale in quel preciso istante. Non vi era traccia<br />

dello sconosciuto.<br />

Bunion e Abernathy fuggirono nella <strong>di</strong>rezione opposta, entrambi a quattro<br />

zampe. Come dei cagnacci randagi in fuga, pensò Abernathy mentre<br />

correva.<br />

Corsero giù per una scala secondaria, attraversarono un corridoio e si infilarono<br />

in un piccolo sgabuzzino. Dietro a una sezione <strong>di</strong> parete vi era un<br />

passaggio segreto, e nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> si trovarono a procedere a<br />

tentoni nell'oscurità; Abernathy, almeno, poiché Bunion aveva una vista<br />

straor<strong>di</strong>naria. Ci misero un bel po' <strong>di</strong> tempo, ma quando il passaggio segreto<br />

terminò, si ritrovarono fuori delle mura del castello.<br />

Da lì si fecero strada attraverso il paese, che era pressoché deserto, e si<br />

incamminarono nella campagna. Mentre camminavano, Abernathy si ricordò<br />

del suo cristallo polverizzato. Il solo pensiero lo fece piangere, tanto<br />

che fu costretto a nascondere le sue lacrime a Bunion. Dopo un po', però, il<br />

dolore iniziò a scemare, reso perlomeno più sopportabile dalla consapevolezza<br />

del fatto che quelle splen<strong>di</strong>de visioni del suo passato gli erano state


egalate da un falso profeta. Per quanto potesse essere sgradevole ammetterlo,<br />

la sua indulgenza nei confronti <strong>di</strong> se stesso aveva fatto sì che la comme<strong>di</strong>a<br />

potesse svolgersi, e forse ora Ben Holiday stava pagando il prezzo<br />

<strong>di</strong> quella sua leggerezza. Quantomeno doveva fare tutto il possibile per<br />

salvare la situazione, e questo significava parlare con Questor Thews il più<br />

velocemente possibile. Sarebbe stato <strong>di</strong>fficile affrontare il mago dopo<br />

quanto era accaduto. Sarebbe stato <strong>di</strong>fficile raccontare la verità. Alla fin<br />

fine, Questor si era rifiutato <strong>di</strong> prenderne uno per sé. Forse, aveva pensato<br />

Abernathy, era troppo orgoglioso e cocciuto per accettare alcunché da<br />

Horris Kew; viste come erano andate le cose, il mago aveva visto giusto.<br />

Sì, affrontare il mago sarebbe stato molto <strong>di</strong>fficile. Tuttavia, era necessario.<br />

Forse vi era ancora un modo per rimettere a posto le cose.<br />

Quella notte dormirono in un vecchio fienile a qualche chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

da Rhyndweir in <strong>di</strong>rezione sudest. La paglia sulla quale si sdraiarono<br />

per la notte era piena <strong>di</strong> pulci e puzzava <strong>di</strong> sterco, ma Abernathy decise<br />

che era il minimo che potesse pagare per la sua stupi<strong>di</strong>tà, oltre che un<br />

prezzo ben vantaggioso per l'ottenimento della sua libertà. Mentre si rigirava<br />

nell'oscurità ascoltando il respiro regolare <strong>di</strong> Bunion al suo fianco, lo<br />

Scrivano <strong>di</strong> Corte <strong>di</strong> Landover promise a se stesso che un giorno si sarebbero<br />

tirati i conti <strong>di</strong> quella faccenda, un giorno non tanto <strong>di</strong>stante, e si ripromise<br />

che quando quel giorno fosse arrivato, lui stesso si sarebbe accertato<br />

che Horris Kew, il suo uccello e lo sconosciuto dal mantello nero ricevessero<br />

quel che si meritavano.<br />

Danza Sognante<br />

La notte recedette verso occidente per far posto al mattino; lentamente,<br />

in maniera quasi impercettibile, i suoni e i movimenti <strong>di</strong>minuirono, finché<br />

le vie del Greenwich Village rimasero deserte e immobili. Passava ancora<br />

qualche camion e qualche automobile, solitario e inconsulto, e <strong>di</strong> tanto in<br />

tanto qualche persona sul marciapiede, ma questo era tutto. I semafori<br />

scorrevano <strong>di</strong>ligentemente attraverso la loro sequenza <strong>di</strong> luce rossa, gialla<br />

e verde che si rifletteva sull'asfalto dov'era caduta da poco una leggera<br />

pioggerellina. Nei portoni e nei vicoli vi erano persone senza tetto che<br />

dormivano, avvolti nei loro voluminosi stracci, simili a ombre stagliate<br />

sull'oscurità. Il puzzo nauseabondo della spazzatura invadeva l'aria, mischiandosi<br />

con il vapore e la nebbia che si sollevava dai tombini delle fogne,<br />

dalle grate della metropolitana e dalle strade bagnate <strong>di</strong> fresco. Da


qualche parte in lontananza, una nave <strong>di</strong>retta fuori della baia fece risuonare<br />

cupamente la sirena antinebbia.<br />

Willow camminava silenziosamente con Edgewood Dirk, sentendosi solitaria<br />

e intrappolata. Eppure non avrebbe dovuto sentirsi così. Avrebbe<br />

dovuto sentirsi più sicura, e le sue aspettative avrebbero dovuto essere migliori.<br />

Ormai aveva già portato a termine i due terzi del suo viaggio per<br />

raccogliere le terre necessarie per la nascita <strong>di</strong> suo figlio. Ne rimaneva uno<br />

solo. Ma quest'ultimo era quello che temeva più <strong>di</strong> tutti. Per quanto o<strong>di</strong>asse<br />

e aborrisse il mondo <strong>di</strong> Ben con e sue città vastissime che si ingoiavano la<br />

terra e con il suo <strong>di</strong>sprezzo pressoché generalizzato per la sacralità della<br />

vita, le nebbie fatate le facevano molta più paura.<br />

Non era facile riconciliarsi con una paura simile. Essa infatti derivava<br />

dalla storia stessa della sua gente, dal loro volontario esodo dalle nebbie,<br />

dalla loro scelta <strong>di</strong> accettare i pesi e le responsabilità della realtà contrapposta<br />

alla fantasia, dalla loro decisione <strong>di</strong> abbracciare la mortalità. Nasceva<br />

dalle storie che si raccontavano su ciò che accadeva ai mortali che si avventuravano<br />

nelle nebbie fatate, sulla follia che li travolgeva inevitabilmente<br />

perché non erano in grado <strong>di</strong> adattarsi alle leggi <strong>di</strong> un mondo dove<br />

tutto era immaginato e nulla era fissato. Infine, la sua paura derivava anche<br />

dall'avvertimento datole dalla Madre Terra, che le aveva detto <strong>di</strong> non confidare<br />

negli scopi del popolo fatato, poiché se l'avevano aiutata, avevano<br />

pure i loro motivi segreti, motivi che non avrebbero mai confidato a una<br />

mortale come lei.<br />

Rivolse un'occhiata a Edgewood Dirk e si domandò quali segreti le stesse<br />

celando il gatto prismatico. Quanto <strong>di</strong> ciò che faceva veniva fatto per<br />

motivi noti solo a lui? Aveva forse un doppio scopo per accompagnarla in<br />

quel mondo e nel successivo? Avrebbe potuto domandarglielo, ma sapeva<br />

già che non le avrebbe risposto. Né la sua parte fatata né la sua parte <strong>di</strong><br />

gatto gli avrebbero permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rglielo. Edgewood Dirk era un enigma<br />

per natura, e non era certo <strong>di</strong>sposto a rinunciare a questa sua caratteristica.<br />

Willow continuò a camminare e decise <strong>di</strong> non pensare troppo a ciò che<br />

sarebbe accaduto da lì a poco. Abbandonarono le strade principali e iniziarono<br />

a farsi strada attraverso vicoli intasati <strong>di</strong> bidoni della spazzatura, rifiuti<br />

vari e automobili arrugginite. Passarono dalla strada a un'oscurità nebulosa,<br />

illuminata in maniera incerta da lampade <strong>di</strong>stanti, un debole bagliore<br />

riflesso sui muri degli e<strong>di</strong>fici. La nebbia e il vapore si mischiarono nel corridoio,<br />

oscurando il passaggio, avvolgendo la notte. Willow rabbrividì al<br />

contatto con la nebbia e desiderò <strong>di</strong> poter rivedere il sole.


Ora si trovavano in una nebbia talmente fitta che non si riusciva a vedere<br />

nulla a un palmo dal naso. Dirk si fermò e si voltò, e Willow seppe in quel<br />

momento che non aveva più possibilità <strong>di</strong> scelta.<br />

«Siete pronta, mia signora?» domandò con tono deferente, cosa alquanto<br />

insolita per Dirk. Willow si ritrovò improvvisamente <strong>di</strong> nuovo spaventata.<br />

«Sì» rispose, anche se subito dopo non fu più certa <strong>di</strong> aver pronunciato<br />

quella parola.<br />

«Stammi attaccata <strong>di</strong>etro» le <strong>di</strong>sse il gatto, voltandosi nuovamente.<br />

«Dirk» lo chiamò lei, in apprensione. Il gatto si girò <strong>di</strong> nuovo, fermandosi<br />

sui suoi passi. «È una trappola?»<br />

Il gatto prismatico sbatté le palpebre. «Non certo tesa da me» <strong>di</strong>sse.<br />

«Non posso parlare per ciò che tu potresti intendere. Si sa che gli esseri<br />

umani sono usi a cadere in trappole tese da loro stessi. Può darsi che questo<br />

accada anche a te.»<br />

Willow annuì, stringendosi le braccia attorno al corpo in cerca <strong>di</strong> calore.<br />

«Mi fido <strong>di</strong> te. Ho molta paura per me e per mio figlio.»<br />

«Non fidarti mai del gatto» filosofeggiò Dirk «senza un guanto.»<br />

«Mi fido <strong>di</strong> te perché non ho scelta, con o senza guanto. Se mi inganni,<br />

sono finita.»<br />

«Sei finita solo se tu stessa permetti che ciò accada. Sei finita solo se<br />

smetti <strong>di</strong> pensare.» Il gatto la fissò negli occhi. «Sei molto più forte <strong>di</strong><br />

quanto tu non sappia, Willow. Mi cre<strong>di</strong>?»<br />

Scosse il capo. «Non lo so.»<br />

Un velo <strong>di</strong> nebbia si frappose fra loro, facendo scomparire il gatto per un<br />

attimo. Quando tornò a essere visibile, i suoi occhi erano ancora fissati su<br />

<strong>di</strong> lei. «Una volta <strong>di</strong>ssi a Holiday che la gente dovrebbe ascoltare con<br />

maggiore attenzione ciò che <strong>di</strong>cono i gatti, poiché hanno molte lezioni utili<br />

da insegnare. Gli <strong>di</strong>ssi che questo era un <strong>di</strong>fetto comune a molti esseri umani,<br />

quello <strong>di</strong> non ascoltare con sufficiente attenzione. Ora <strong>di</strong>co la stessa<br />

cosa anche a te.»<br />

«Ho ascoltato bene» <strong>di</strong>sse Willow «ma non sono certa <strong>di</strong> avere capito.»<br />

Dirk inclinò il capo. «A volte la comprensione viene con gli eventi. Ebbene,<br />

sei pronta?»<br />

Willow fece un passo avanti. «Non lasciarmi, Dirk. Mi prometti che non<br />

mi abbandonerai, qualsiasi cosa accada?»<br />

Edgewood Dirk scosse il capo. «I gatti non fanno promesse. Sei pronta o<br />

no?»


Willow riprese la sua compostezza. «Dipendo da te.» Il gatto non <strong>di</strong>sse<br />

nulla. «Sì» <strong>di</strong>sse poi «sono pronta.»<br />

Si incamminarono giù per lo stretto vicolo, penetrando ancor <strong>di</strong> più nelle<br />

nebbie che lo intasavano, dove vennero imme<strong>di</strong>atamente inglobati. Willow<br />

mantenne gli occhi bassi su Dirk, che la precedeva <strong>di</strong> un passo o due, una<br />

sagoma appena <strong>di</strong>scernibile in mezzo alla nebbia. Le nebbie erano buie<br />

dapprincipio, poi iniziarono a schiarirsi un po'. I muri degli e<strong>di</strong>fici scemarono<br />

dalla vista e gli odori della città svanirono nel nulla. Nel giro <strong>di</strong> un<br />

batter d'occhio, tutto quanto attorno a loro cambiò. Ora si trovavano in una<br />

foresta, in un mondo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>, vecchi alberi con cime rigogliose che nascondevano<br />

il cielo, <strong>di</strong> cespugli fitti, <strong>di</strong> felci torreggianti e <strong>di</strong> odori <strong>di</strong> tempi<br />

antichi e <strong>di</strong>menticati. L'aria era densa <strong>di</strong> muffa e <strong>di</strong> marciume, scura fino<br />

al punto da ottundere ogni cosa, trasformando la foresta in un reticolato <strong>di</strong><br />

ombre. Vi era un accenno <strong>di</strong> movimento, ma non si poteva stabilire nulla<br />

con certezza in mezzo a quell'oscurità.<br />

Dirk camminava con passo regolare, e Willow lo seguiva. Si guardò alle<br />

spalle una volta, ma non vi era più nessuna traccia della città. Era uscita da<br />

un mondo per entrare in un altro. Ora era all'interno delle nebbie fatate, e<br />

ancora una volta tutto era nuovo.<br />

Dapprima sentì le voci, vaghi sussurri e borbottii nell'oscurità. Tentò <strong>di</strong><br />

captare le parole, ma non vi riuscì. Le voci salivano e scendevano <strong>di</strong> tono,<br />

ma rimanevano in<strong>di</strong>stinte. Dirk proseguì.<br />

Poi vide anche i volti, lineamenti strani e curiosi che spuntavano dalle<br />

ombre angolosi e aguzzi, con capelli simili a muschio e sopracciglia come<br />

paglia <strong>di</strong> granoturco. I loro occhi erano penetranti come lame <strong>di</strong> coltello<br />

quando si fissavano su <strong>di</strong> lei, e i loro corpi talmente esili e sottili da apparire<br />

eterei. Gli abitanti delle nebbie fatate scattavano e rallentavano, andavano<br />

e venivano, bagliori improvvisi <strong>di</strong> vita nell'oscurità cangiante. Dirk proseguì.<br />

A un certo punto giunsero a una radura circondata da alberi, nebbia e oscurità<br />

ancor più profonda. Dirk camminò fino al centro dello spiazzo e si<br />

fermò. Willow lo seguì, e quando si voltò scoprì che il popolo fatato era<br />

tutt'attorno a lei, volti e corpi premuti contro la nebbia come se si trovassero<br />

<strong>di</strong>etro a una lastra <strong>di</strong> vetro.<br />

Le loro voci le parlarono in un sussurro, ansiose e suadenti.<br />

Benvenuta, Regina <strong>di</strong> Landover<br />

Benvenuta, ex fata, nella terra dei tuoi avi<br />

Sii in pace, e resta un po' con noi


Guarda ciò che potresti avere qui con il figlio che porti in te...<br />

Willow si ritrovò improvvisamente a camminare in un campo <strong>di</strong> fiori<br />

rossi luminosi, fiori che non aveva mai visto in vita sua. Portava un bambino<br />

in braccio, un bambino avvolto in un lenzuolo bianco per proteggerlo<br />

dalla forte luce. I profumi del campo erano ricchi e meravigliosi, la luce<br />

del sole calda e rassicurante. Willow si sentiva incre<strong>di</strong>bilmente leggera, felice<br />

e piena <strong>di</strong> speranze, e tutto il mondo si <strong>di</strong>stendeva ai suoi pie<strong>di</strong>, con<br />

tutte le sue città, i suoi paesi e i suoi piccoli inse<strong>di</strong>amenti, con tutta la sua<br />

gente, con tutta la sua vita. Il bambino si mosse fra le sue braccia. Willow<br />

abbassò un lembo del lenzuolo per guardarlo in faccia. Il bambino la guardò<br />

a sua volta, ed era uguale a lei. Un bambino perfetto.<br />

«Oh!» Ansimò, iniziando a piangere per la gioia.<br />

Poi si ritrovò nella radura, nuovamente immersa nelle nebbie fatate,<br />

scrutando nell'oscurità.<br />

Le voci le sussurrarono nuovamente.<br />

Sarà così, se tu lo desideri<br />

Pren<strong>di</strong> tua la tua felicità, Regina <strong>di</strong> Landover. Ne hai il <strong>di</strong>ritto. Ne hai la<br />

possibilità<br />

Rimani al sicuro fra le nebbie, al sicuro con tuo figlio, al sicuro con noi,<br />

e sarà così come ti è stato mostrato<br />

Willow scosse il capo, confusa. «Al sicuro?»<br />

Rimani con noi, ex fata<br />

Torna a essere come eri una volta<br />

Rimani con noi, se vuoi che la visione si avveri...<br />

In quel momento Willow capì, capì il prezzo che le stavano chiedendo <strong>di</strong><br />

pagare per avere la sicurezza che suo figlio sarebbe stato come lo aveva<br />

visto in quella visione. Solo che non era veramente così, poiché avrebbero<br />

vissuto entrambi in un mondo immaginario, e la loro visione non sarebbe<br />

stata altro che ciò che essi creavano nelle loro menti. Inoltre, avrebbe perso<br />

Ben. Naturalmente non vi era stato alcun accenno a Ben, poiché lui non<br />

faceva parte <strong>di</strong> quella terra promessa, era un estraneo, un uomo proveniente<br />

da un altro mondo che non avrebbe mai potuto venire a far parte della<br />

vita del mondo fatato.<br />

Abbassò lo sguardo verso Dirk, ma il gatto prismatico stava guardando<br />

da un'altra parte. Si stava lavando la faccia con grande attenzione, lecca,<br />

lecca, lecca. La sua in<strong>di</strong>fferenza era stu<strong>di</strong>ata e voluta.<br />

Tornò a rivolgersi al mare <strong>di</strong> volti incastonati nella nebbia. «Io non posso<br />

rimanere qui. La mia casa è Landover. Lo sapete già. La scelta è stata


fatta per me molto tempo fa, e ora non posso più tornare qua. Non desidero<br />

farlo.»<br />

Un grave errore, Regina <strong>di</strong> Landover<br />

La tua scelta influenza anche tuo figlio. Che ne sarà <strong>di</strong> lui?<br />

Ora le voci avevano cambiato tono, <strong>di</strong>venendo più dure. Willow deglutì<br />

la sua paura <strong>di</strong> quelle parole. «Quando mio figlio avrà l'età per poter decidere,<br />

sarà lui a scegliere.»<br />

Seguì un mormorio generale, e non sembrava affatto in suo sostegno.<br />

Era un sussurro <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> rabbia malcelata. Era un sussurro <strong>di</strong><br />

pessime intenzioni.<br />

Willow cercò <strong>di</strong> non farsi impressionare. «Avete intenzione <strong>di</strong> darmi la<br />

terra <strong>di</strong> cui ha bisogno mio figlio o no?» domandò.<br />

Il sussurro si interruppe. Parlò una sola voce.<br />

Ma certo. Questa terra ti è stata promessa. É tua da prendere. Solo che<br />

per prenderla, prima devi renderla tua.<br />

La terra fatata non può uscire dalle nebbie finché non viene celebrata e<br />

abbracciata da colui che la porterà.<br />

Willow guardò Dirk. Nessun responso. Il gatto si stava ancora lavando,<br />

come se non vi fosse null'altro <strong>di</strong> così importante in tutto il mondo.<br />

«Cosa devo fare?» domandò ai volti.<br />

Devi fare ciò che hai nel sangue, piccola silfide. Danza come ti ha insegnato<br />

tua madre, la ninfa dei boschi. Danza sulla terra sulla quale ti trovi.<br />

Quando lo avrai fatto, quella terra sarà tua, e potrai prenderla e lasciare<br />

le nebbie.<br />

Willow rimase impalata. Danzare? Vi era qualcosa <strong>di</strong> strano, qualcosa <strong>di</strong><br />

nascosto. Lo sentiva, ne era certa. Ciò nonostante, non riusciva a capire <strong>di</strong><br />

che si trattasse.<br />

Danza, Regina <strong>di</strong> Landover, se vuoi la terra per tuo figlio<br />

Danza, sei vuoi portare a termine il tuo viaggio e dare alla vita tuo figlio<br />

Danza, Willow delle ex fate<br />

Danza...<br />

Willow danzò. Iniziò lentamente, facendo pochi passi circospetti per vedere<br />

che cosa sarebbe accaduto, qualche piccolo movimento per vedere se<br />

andava tutto bene. I suoi abiti erano pesanti e la intralciavano un poco, ma<br />

non se la sentiva <strong>di</strong> toglierseli come avrebbe fatto in un'altra circostanza,<br />

decisa a stare pronta a fuggire nel caso che qualcosa andasse storto. Ma<br />

nulla andò storto. Danzò ancora un po', aumentando il numero dei passi e


la complessità dei movimenti. La sua paura e la sua cautela si sciolsero<br />

lentamente davanti alla gioia che provava nel fare una cosa che amava tanto<br />

come danzare. I volti delle fate sembrarono recedere nella nebbia, occhi<br />

acuti e nasi aguzzi, capelli filamentosi e arti come bastoni, frammenti <strong>di</strong><br />

luce e movimento celati dall'oscurità. Un istante erano lì attorno a lei, l'istante<br />

successivo erano scomparsi. Si ritrovò sola.<br />

Tranne per Dirk, che si era allontanato <strong>di</strong> un poco e la stava osservando<br />

con attenzione. Sedeva per terra come una statua intagliata nella pietra.<br />

Willow aumentò il passo della sua danza, improvvisamente coinvolta dal<br />

fluire dei suoi passi, dal ritmo dei movimenti, dalla gioia che cresceva dentro<br />

<strong>di</strong> lei. Aveva l'impressione <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> ballare più rapidamente,<br />

con maggiore leggerezza e precisione rispetto alle sue danze nel mondo<br />

reale. Tutti i suoi sforzi venivano ricompensati con un successo che andava<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualsiasi cosa che avesse mai provato. La sua gioia aumentò<br />

man mano che si cimentava in movimenti sempre più complessi, balzando<br />

e vorticando, contorcendosi e allargando sempre più il suo raggio d'azione,<br />

leggera come l'aria, veloce come il vento. Mentre danzava si rese conto<br />

che lo stava facendo molto meglio <strong>di</strong> quanto non lo avesse mai fatto sua<br />

madre, che aveva appreso in pochi secon<strong>di</strong> ciò che lei aveva impiegato una<br />

vita intera per imparare.<br />

Si tolse gli abiti, <strong>di</strong>menticandosi le sue inibizioni, abbandonando la sua<br />

promessa <strong>di</strong> cautela e ritegno. Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong>, si ritrovò nuda.<br />

Sfrecciò attraverso la radura, solitaria nel suo volo attraverso la nebbia e<br />

la penombra, immemore <strong>di</strong> qualsiasi altra cosa. Sì, la danza era tutto ciò<br />

che aveva sempre desiderato essere! Sì, le avrebbe dato cose che non aveva<br />

mai creduto possibili! Si sollevò e si abbassò, si sollevò <strong>di</strong> nuovo e<br />

sfrecciò via. Davanti ai suoi occhi apparvero colori luminosi come quelli<br />

<strong>di</strong> un arcobaleno e freschi come fiori in un giar<strong>di</strong>no vasto e senza limiti, il<br />

tutto composto in maniera perfetta e tanto fragrante da non riuscire a crederci.<br />

Stava volando sui colori, volando come un uccello, libera come l'aria<br />

stessa. Con lei vi erano altri uccelli, tutti colorati che cantavano in maniera<br />

meravigliosa, volando attorno a lei, mostrandole la via. Si sollevò dal giar<strong>di</strong>no<br />

verso il sole, innalzandosi verso il cielo, verso la volta celeste. La<br />

danza la trasportò, la spinse verso l'alto, le <strong>di</strong>ede le ali.<br />

Stava sognando qualsiasi cosa desiderasse, qualsiasi possibilità, qualsiasi<br />

speranza. Era tutto lì, e apparteneva tutto a lei. Danzò, e tutto il resto fu<br />

<strong>di</strong>menticato. Non ricordava più chi era e da dove era venuta. Non si ricordava<br />

più <strong>di</strong> Ben e <strong>di</strong> suo figlio. La danza era tutto. La danza era ogni cosa.


Celate dalle nebbie che circondavano la radura, le fate osservarono e si<br />

scambiarono sorrisi.<br />

A quel punto Willow avrebbe potuto perdersi per sempre, coinvolta<br />

all'infinito dalla sua danza, se Dirk non avesse starnutito. Non sembrava<br />

esserci un motivo particolare, accadde e basta. Fu un suono molto piccolo,<br />

ma bastò a <strong>di</strong>stoglierla dal precipizio. Willow intravide il gatto prismatico<br />

in un angolo della sua visione per una frazione <strong>di</strong> secondo, che fu quanto<br />

bastò per farle ricordare tutto. Vide che il gatto la stava osservando, il suo<br />

sguardo un'accusa formulata apertamente. Che cosa le aveva detto prima?<br />

Lei gli aveva chiesto se potevano esserci trappole, e lui le aveva risposto<br />

che <strong>di</strong> solito gli umani cadono in trappole tese da loro stessi. Sì, esattamente<br />

come quella. Come quella danza.<br />

Solo che non riusciva a fermarsi. Ormai era stata completamente coinvolta<br />

dai suoi piaceri e dalla sua meravigliosa flui<strong>di</strong>tà, fino al punto che<br />

non riusciva a smettere <strong>di</strong> muoversi. I sogni indotti dalla danza erano troppo<br />

irresistibili per rinunciarvi. Aveva fatto ciò che era stata avvertita <strong>di</strong><br />

non fare, si era intrappolata da sola, e ora non riusciva più a liberarsi. Capì<br />

solo allora che era proprio questo il piano delle fate per lei; farla danzare<br />

all'infinito, in modo che non se ne andasse mai più. Suo figlio sarebbe nato<br />

lì, nelle nebbie fatate, e quando sarebbe nato, sarebbe appartenuto a loro.<br />

Sarebbero appartenuti entrambi alle fate, in eterno.<br />

Ma perché? Perché le fate desideravano questo? Willow non aveva risposte.<br />

I suoi pensieri si <strong>di</strong>spersero, e per un attimo rischiò <strong>di</strong> ricadere nuovamente<br />

nei suoi sogni. Si sforzò <strong>di</strong> mantenere gli occhi fissati su Dirk mentre<br />

vorticava attraverso la radura, guardandolo mentre la osservava, tentando<br />

<strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> pensare a che cosa fare. Danzare in eterno. Senza<br />

mai fermarsi. Ma doveva fermarsi. Doveva! Non poteva permettere che le<br />

accadesse una cosa simile, ripeté a se stessa. Avrebbe trovato un modo per<br />

liberarsi.<br />

Ben. Se Ben fosse stato lì con lei, l'avrebbe aiutata. Ben, sul quale poteva<br />

sempre fare affidamento, che aveva de<strong>di</strong>cato la sua vita a lei. Ben, la<br />

forza che la sosteneva sempre, anche quando tutto il resto era grigio. Lui<br />

sarebbe sempre venuto da lei in caso <strong>di</strong> bisogno. Sempre.<br />

Ma come avrebbe fatto a venire questa volta?<br />

Ben!


Per un attimo, un istante fugace, Ben apparve. Il suo volto, i suoi occhi<br />

vennero fuori del tempo e della <strong>di</strong>stanza. Era lì con lei, ancora molto lontano,<br />

ma a portata <strong>di</strong> mano.<br />

Improvvisamente, Willow intravide una possibilità <strong>di</strong> fuga. Avrebbe<br />

usato la magia delle fate a suo vantaggio, rigirandola per servire ai suoi<br />

scopi. Era stata programmata per intrappolarla e lei aveva permesso che<br />

ciò avvenisse, ma aveva ancora la possibilità <strong>di</strong> una via d'uscita. La danza<br />

in fondo non era altro che un sogno, e se trovava la forza poteva alterare<br />

quel sogno. Non era del tutto persa, no, non ancora. No se non lo desiderava.<br />

No se non si <strong>di</strong>menticava.<br />

Chiuse gli occhi e chiamò il nome <strong>di</strong> Ben Holiday nel turbine della sua<br />

danza. Riusciva a immaginarlo allo stesso modo in cui riusciva a immaginare<br />

tutto il resto. La magia del mondo fatato consisteva proprio in questo.<br />

Se riusciva a battere la sua paura, sarebbe stata in grado <strong>di</strong> controllare la<br />

sua visione, renderla sua, influenzare la sua <strong>di</strong>rezione. Era la stessa lezione<br />

che Ben era stato costretto a imparare in passato. Era la stessa lezione che<br />

le aveva insegnato Dirk poco prima. Usa la magia per liberarti. Usa la magia<br />

per fuggire.<br />

Ben! lo chiamò, la sua voce forte e sicura.<br />

A quel punto, accadde qualcosa <strong>di</strong> meraviglioso e <strong>di</strong> completamente inaspettato.<br />

Il Cavaliere dormiva nel Labirinto, sdraiato sul terreno sotto la chioma<br />

<strong>di</strong> un albero che gli copriva la testa come fosse una tenda. La Dama era<br />

sdraiata al suo fianco, premuta contro <strong>di</strong> lui, la testa appoggiata alla sua<br />

spalla, il braccio stretto attorno al suo petto. Stava sorridendo. La durezza<br />

che caratterizzava normalmente la sua espressione quella notte era del tutto<br />

assente. La nebbia e l'oscurità erano tutt'attorno a loro e celavano il mondo<br />

e tutti coloro che vi <strong>di</strong>moravano, ma almeno per il momento, il Cavaliere e<br />

la Dama se l'erano lasciato alle spalle.<br />

Il Gargoyle sedeva avvolto nel suo mantello a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

osservandoli con un certo <strong>di</strong>sagio. A suo modo <strong>di</strong> vedere, c'era qualcosa<br />

che non andava in quella storia. Non riusciva ancora a spiegarselo, ma vi<br />

era una menzogna in quanto stava accadendo. Su questo non aveva dubbi.<br />

Quei due erano nemici, e quella nuova alleanza esulava dalla saggezza e<br />

dalla ragione. La loro impulsività si sarebbe ritorta contro <strong>di</strong> loro, ne era<br />

convinto. Forse li avrebbe ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>strutti.


I suoi lineamenti sgraziati si contrassero per il <strong>di</strong>sgusto, e allontanò lo<br />

sguardo volutamente.<br />

Mentre dormiva, il Cavaliere sognò. Dapprima il suo sogno apparve come<br />

sfuocato, un miscuglio <strong>di</strong> suono e movimento mentre veniva trasportato<br />

attraverso lo spazio e il tempo verso qualche destinazione sconosciuta.<br />

Si sentiva in pace, quin<strong>di</strong> non tentò <strong>di</strong> resistere alla spinta che lo trasportava.<br />

Poi iniziò a sentire delle voci... no, si trattava <strong>di</strong> una sola voce, che<br />

chiamava un nome. La sentiva che si ripeteva in continuazione. Riconosceva<br />

quella voce, ma non riusciva a inquadrarla. Anche il nome che<br />

chiamava gli sembrava familiare.<br />

Ben.<br />

Ascoltò i suoni mentre viaggiava, consapevole del fatto che si stava avvicinando<br />

sempre più, che stava venendo attirato, che stava venendo chiamato.<br />

Ben.<br />

Poi venne scosso, come da una mano enorme, e si ritrovò nuovamente in<br />

posizione eretta, con i pie<strong>di</strong> per terra. Ora la voce era più <strong>di</strong>stinta e vicina.<br />

Si trattava <strong>di</strong> una donna, e nel suo richiamo vi era sogno, necessità. Si trattava<br />

<strong>di</strong> qualcuno che conosceva, qualcuno al quale era legato, che lo stava<br />

chiamando perché aveva bisogno della sua protezione.<br />

Il cavaliere rispose imme<strong>di</strong>atamente a quel richiamo, tirando fuori la sua<br />

grande spada mentre si faceva strada attraverso gli alberi <strong>di</strong> una foresta che<br />

si chiudeva tutt'attorno a lui. Era il Labirinto, eppure non lo era. Il Cavaliere<br />

non riusciva a spiegarselo, ma i due luoghi erano allo stesso tempo separati<br />

e uniti. Gli elementi erano gli stessi. Brandì la spada davanti a sé,<br />

pronto a dar battaglia. Ancora gli mancava la sua armatura pesante, e infatti<br />

indossava solo la maglia <strong>di</strong> ferro, i suoi abiti <strong>di</strong> pelle, la sua cintura, i<br />

suoi stivali e i suoi guanti. Ma ci pensò solo per un istante. Non provava<br />

alcuna paura nei confronti <strong>di</strong> ciò che poteva attenderlo. La certezza della<br />

positività della sua causa ottundeva ogni altra cosa. Era suo compito assistere<br />

coloro che glielo richiedevano, e la donna che lo aveva chiamato era<br />

una delle prime persone alle quali doveva prestare i suoi servigi.<br />

Giunse a una radura, dove la luce proveniente dal cielo aperto era poco<br />

più che una vaga luminosità nella nebbia fumosa. Diverse figure si <strong>di</strong>spersero<br />

al suo arrivo, piccole creature sottili e angolose, tutte spigoli, muschio<br />

e bastoncini. Fuggirono alla sua vista come portasse la peste, sibilando e


orbottando come topi chiusi in un angolo. Il Cavaliere attraversò la radura<br />

senza fermarsi finché non giunse al suo centro.<br />

La donna che danzava fra le ombre e la penombra vorticò fra le sue<br />

braccia e lo strinse come se fosse una boa <strong>di</strong> salvataggio in un mare in<br />

tempesta. Completamente nuda, rabbrividì come se stesse morendo <strong>di</strong><br />

freddo, premendo il suo volto e il suo corpo contro <strong>di</strong> lui.<br />

«Ben» sussurrò. «Sei venuto.»<br />

Il Cavaliere la tenne stretta per arrestare il suo tremito, e in quel momento<br />

il ricordo attraversò il suo cervello come una scossa elettrica.<br />

«Willow!» le sussurrò <strong>di</strong> rimando con tono feroce.<br />

In quel momento seppe tutto. L'inganno che lo aveva tenuto incatenato<br />

fino a quel momento cadde improvvisamente nel nulla al contatto con Willow,<br />

al suono della sua voce, alla vista del suo volto. Stava effettivamente<br />

sognando, ma in qualche modo quel sogno era reale. Era stato chiamato a<br />

lei nel sonno, ma ora erano uniti come se fossero perfettamente svegli e in<br />

carne e ossa. Willow lo strinse a sé, chiamandolo per nome, <strong>di</strong>cendogli cose<br />

che non riusciva a comprendere. Erano nelle nebbie fatate. Lei era imprigionata<br />

dalle fate in una danza dalla quale non riusciva a liberarsi. Il loro<br />

figlio sarebbe stato trattenuto lì in eterno, lontano da lui. Solo che lì tutto<br />

poteva essere realtà se si riusciva a immaginarlo, e così lei, nel suo sforzo<br />

<strong>di</strong>sperato per liberarsi, aveva immaginato che lui venisse a salvarla. E<br />

lui era effettivamente venuto, ma non nel modo che lei si era immaginata.<br />

Era lì realmente. Come era avvenuto? Come aveva fatto a penetrare nelle<br />

nebbie fatate?<br />

Attorno a loro le fate sciamavano come api impazzite, sibilando e sfrecciando<br />

<strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là con rabbia nella penombra. Ben vide Edgewood Dirk<br />

seduto a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza che osservava la scena con il suo solito atteggiamento<br />

<strong>di</strong>staccato da gatto. Edgewood Dirk? Che cosa ci faceva lì?<br />

Ah, ma cosa più importante, che era stato fatto al Cavaliere del Labirinto,<br />

che ora sapeva <strong>di</strong> essere Ben Holiday? I ricor<strong>di</strong> fluirono attraverso la<br />

sua mente, l'incantesimo della <strong>di</strong>menticanza finalmente spezzato. Era stato<br />

strappato al Cuore con l'uso della magia e imprigionato in una scatola <strong>di</strong><br />

legno intagliato. Era l'ultima cosa che ricordava prima del suo ingresso nel<br />

Labirinto. A parte il fatto che aveva visto Horris Kew che appoggiava la<br />

scatola a terra e se ne andava <strong>di</strong> tutta fretta un attimo prima che Ben vi<br />

piombasse dentro, sprofondandoci assieme a...<br />

Il suo cuore si arrestò.<br />

Nightshade e Strabo.


La Dama e il Gargoyle.<br />

La verità lo scosse fino al punto che per un attimo si ritrovò incapace <strong>di</strong><br />

respirare o <strong>di</strong> muoversi. Strinse Willow come se le loro posizioni si fossero<br />

invertite e ora fosse lei la boa che lo teneva in vita e gli impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> scivolare<br />

via. Willow percepì il suo sconforto e alzò lo sguardo verso <strong>di</strong> lui, sollevando<br />

le mani per toccargli il viso.<br />

«Ben» sussurrò <strong>di</strong> nuovo. «Per favore. Va tutto bene.»<br />

Con uno sforzo incre<strong>di</strong>bile, Ben si <strong>di</strong>stolse dalla sua immobilità. Negli<br />

angoli della sua visuale, qualcosa si stava lacerando. Il sogno che li aveva<br />

legati si stava spezzando, giungendo al suo termine, la magia ormai quasi<br />

consumata. Anche Willow lo percepì. Con la fine della danza, il sogno non<br />

poteva sostenersi da solo. Willow iniziò a rivestirsi, ignorando i piccoli<br />

suoni <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> furia provenienti dalle nebbie, tornando nuovamente in<br />

se stessa e più che mai determinata a non lasciarsi più ingannare. Una volta<br />

vestita, si chinò per raccogliere una manciata del terreno sul quale aveva<br />

ballato e la infilò nella sua borsa.<br />

Ben la guardò senza capire. Fece per avvicinarsi a lei, ma scoprì che non<br />

era più in grado <strong>di</strong> muoversi. Abbassò lo sguardo, e realizzò con orrore che<br />

stava svanendo nel nulla.<br />

«Willow!» chiamò.<br />

Willow si alzò in pie<strong>di</strong> e corse verso <strong>di</strong> lui. Ma ormai aveva già perso<br />

gran parte della sua forma e sostanza e stava tornando al suo sogno, al suo<br />

sonno, alla prigione che ancora lo tratteneva. La udì mentre lo chiamava,<br />

la vide mentre allungava le mani per afferrarlo, Per trattenerlo. Ma invano.<br />

La magia che li aveva uniti nelle nebbie fatate <strong>di</strong> due mon<strong>di</strong> stava perdendo<br />

la sua efficacia.<br />

«Willow!» gridò <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong>sperato, incapace <strong>di</strong> rimandare la sua <strong>di</strong>partita.<br />

«Ti troverò in qualche modo! Te lo prometto! Verrò a prenderti!»<br />

«Ben!» la sentì gridare un'ultima volta, dopo<strong>di</strong>ché si sentì trasportare<br />

nuovamente via, trasparente fra le nebbie, aria e vento che tornavano attraverso<br />

il vuoto che li teneva separati in stato <strong>di</strong> veglia, che lo trascinavano<br />

verso il sonno dal quale era venuto.<br />

Nuovamente sola nella radura silenziosa, Willow fissò l'oscurità cangiante<br />

sopra la sua testa. Ben non c'era più. La magia della sua visione era<br />

stata abbastanza forte da portarlo lì, ma non abbastanza da trattenerlo. L'aveva<br />

liberata dalla schiavitù della sua danza, ma non era potuto rimanere<br />

per aiutarla ulteriormente. Sentì una nuova ondata <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione che le


attraversava il corpo e fu costretta a lottare contro le lacrime. Ma non vi<br />

era tempo per piangere, non vi era tempo per nulla eccetto suo figlio. Usò<br />

la sua rabbia come armatura e si rivolse verso Edgewood Dirk.<br />

«Voglio andare a casa» <strong>di</strong>sse a bassa voce ma con tono deciso. «Adesso.»<br />

Il gatto prismatico sbatté le palpebre. «E allora vai, Regina <strong>di</strong> Landover.»<br />

«Non mi fermerai?»<br />

«Io no.»<br />

«E nemmeno le fate che ci circondano?»<br />

Dirk sba<strong>di</strong>gliò. «Hanno perso interesse in questo gioco particolare. É interessante,<br />

non trovi, il fatto che non abbiano sfidato Holiday?»<br />

Ci rifletté. Era effettivamente interessante. Come mai lo avevano lasciato<br />

andare? E in quanto a lei? Che cosa aveva impe<strong>di</strong>to loro <strong>di</strong> interferire?<br />

«In che <strong>di</strong>rezione devo andare, Dirk?» domandò.<br />

Edgewood Dirk si alzò e si stiracchiò. «Qualsiasi strada va bene. Ti porteranno<br />

tutte dove devi andare. Saranno i tuoi istinti a guidarti. Come ho<br />

detto prima, sei più forte <strong>di</strong> quanto non immagini.»<br />

Willow non rispose, troppo irritata per ciò che aveva subito per accettare<br />

complimenti. L'aveva aiutata nel suo modo speciale (ancora Willow non<br />

sapeva bene se lo avesse fatto apposta o per caso), ma nonostante ciò, il<br />

gatto prismatico non era certo amico suo. Le nebbie fatate e le creature che<br />

vi <strong>di</strong>moravano, Dirk compreso, erano un anatema bello e buono. Non voleva<br />

più avere a che fare con nulla <strong>di</strong> tutto ciò.<br />

«Non verrai con me?» gli domandò<br />

«No» rispose il gatto. «Non hai più bisogno <strong>di</strong> me La tua impresa e terminata.»»<br />

E così era. Aveva le terre che era stata mandata a raccogliere le terre dei<br />

tre mon<strong>di</strong> dai quali originava il sangue <strong>di</strong> suo figlio Se la Madre Terra aveva<br />

detto la verità, la nascita <strong>di</strong> suo figlio poteva avvenire da quel momento<br />

in avanti.<br />

Non doveva fare nient'altro null'altro le era richiesto. Poteva tornare a<br />

casa<br />

Chiudendo il mantello attorno a sé, stringendosi la borsa con le terre addosso<br />

al corpo, Willow si voltò e si incamminò. Fece come le era stato detto,<br />

seguendo i suoi istinti. Sorprendentemente, le apparivano piuttosto evidenti.<br />

La portarono attraverso gli alberi in linea retta.<br />

La portarono nella profon<strong>di</strong>tà delle nebbie, finché non scomparve.


Risveglio<br />

Ben Holiday si risvegliò <strong>di</strong> colpo. I suoi occhi si aprirono con uno scatto,<br />

e si ritrovò a fissare gli alberi del Labirinto nel pallido bagliore che precede<br />

l'alba. Non si mosse; non riusciva a decidersi a farlo. Era impietrito<br />

sul posto, come se fosse stato racchiuso in un blocco <strong>di</strong> ghiaccio. Le domande<br />

sfrecciavano nella sua mente rincorrendosi l'un l'altra, sussurri appena<br />

accennati e oscure voci <strong>di</strong> scherno. L'incontro con Willow era stato<br />

solo un sogno o era effettivamente avvenuto? Era la verità o una pazza costruzione<br />

della sua immaginazione? Quanto <strong>di</strong> ciò che riusciva a ricordare<br />

del sogno era stato effettivamente reale?<br />

La Dama stava ancora dormendo, appiccicata al suo corpo. Il Gargoyle<br />

era accucciato accanto ai primi alberi a qualche metro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, con la<br />

testa chinata verso il basso. Ben sbatté le palpebre. Nightshade? Strabo?<br />

Chiuse nuovamente gli occhi e li tenne chiusi per un po' mentre rifletteva.<br />

Qualcosa era accaduto, e quel qualcosa gli aveva rivelato la verità; su<br />

questo non vi potevano essere dubbi. Lui non era il Cavaliere, era Ben Holiday.<br />

Il Cavaliere non era altro che qualche personificazione della sua vera<br />

identità. E la stessa cosa valeva per la Dama e il Gargoyle. Erano stati<br />

cambiati dal Labirinto e dalla sua magia, oppure dalla magia che li aveva<br />

mandati lì, o magari da qualche sporco sotterfugio che ancora non riuscivano<br />

a capire. A ognuno <strong>di</strong> loro era stata data un'identità che rispecchiava<br />

una sola parte della loro personalità originale, nascondendo tutto il resto.<br />

Anche dal punto <strong>di</strong> vista fisico erano cambiati parecchio, soprattutto Strabo,<br />

che non era più nemmeno un drago. Nightshade era riconoscibile, eppure<br />

anche lei era <strong>di</strong>versa, in un modo che Ben non riusciva a spiegarsi.<br />

Nessuno <strong>di</strong> loro aveva mantenuto l'uso della propria magia Nessuno <strong>di</strong> loro<br />

possedeva la forza e il potere che aveva posseduto a Landover.<br />

Aprì nuovamente gli occhi. La nebbia aleggiava fra i tronchi e i rami degli<br />

alberi. Ricopriva l'erba sulla quale erano sdraiati. Il Labirinto era un miraggio<br />

vasto e infinito, e la loro visione non era sufficiente per vederci attraverso.<br />

Che cosa gli avevano fatto?<br />

Horris Kew. C'era senza dubbio lo zampino del mago in quella faccenda,<br />

anche se era <strong>di</strong>fficile credere che possedesse il potere sufficiente per imprigionarli<br />

tutti e tre in quell'altro mondo. Eppure era stato presente al<br />

momento della loro cattura. E aveva portato la scatola nella quale erano at-


tualmente intrappolati. Ben ripeté quelle parole. Intrappolati in una scatola.<br />

Si domandò improvvisamente come fosse possibile una cosa del genere.<br />

Horris Kew. Respirò lentamente, con attenzione, cercando <strong>di</strong> riflettere. Sapere<br />

che Horris Kew aveva a che fare con la faccenda poteva essere loro <strong>di</strong><br />

qualche aiuto? Dove si trovavano? Ah, già, nel Labirinto, ma il Labirinto<br />

dov'era?<br />

Perse la concentrazione. Willow. Era andato da lei. Non era stato un sogno...<br />

E anche se lo era stato, aveva contenuto una parte <strong>di</strong> realtà. Tutto era<br />

possibile nelle nebbie fatate, dove la realtà era fluida e non vi erano limitazioni<br />

<strong>di</strong> sorta. La magia lo aveva portato a lei, una magia nata dalla sua<br />

danza e dalla sua immaginazione. Lo aveva chiamato a sé perché non riusciva<br />

a liberarsi. Ma ora era libera o no? Era riuscito ad aiutarla a fuggire<br />

prima che il sogno terminasse? E poi, che cosa ci faceva Willow nelle<br />

nebbie fatate?<br />

Le sue domande non generavano risposte, ma solo altre domande. Non<br />

poteva permettersi troppe domande. Troppe domande lo avrebbero soffocato.<br />

Ora una sola cosa aveva importanza; trovare un modo per uscire dal<br />

Labirinto e andare a cercare Willow. Ci doveva pur essere un modo. La<br />

magia era stata usata per nascondergli la sua vera identità, e se era stata<br />

usata così vi doveva per forza essere un motivo. La soluzione ai suoi problemi,<br />

ai loro problemi stava tutta lì, nelle loro vere identità.<br />

Tornò a guardare i suoi compagni <strong>di</strong> sventura, le loro sagome dormienti<br />

e silenziose.<br />

Una volta sapevano, naturalmente. Una volta era stato detto loro.<br />

Si staccò da Nightshade, pensando a quanto era avvenuto fra loro in<br />

quanto Dama e Cavaliere, rendendosi conto del modo in cui si erano inavvertitamente<br />

danneggiati a vicenda. Ricordò il modo in cui lo aveva baciato.<br />

Ricordò il tocco della sua pelle. Chiuse gli occhi, costernato. Come poteva<br />

<strong>di</strong>rle ora che era stata tutta una menzogna? Come poteva <strong>di</strong>rle che in<br />

verità non aveva nessuna responsabilità nei suoi confronti, che la magia<br />

della loro prigione li aveva fuorviati, ingannandoli fino al punto <strong>di</strong> portarli<br />

a pensare che la loro relazione fosse qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da ciò che era realmente,<br />

portandoli a...<br />

Non riuscì a terminare il pensiero. Una sola cosa aveva importanza. Ora<br />

come sempre, per lui non vi erano altre che Willow.<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong>, non sentendosi ancora pronto. Si incamminò verso gli<br />

alberi, cercando <strong>di</strong> riassemblare i frammenti <strong>di</strong> quanto aveva appreso in<br />

qualcosa <strong>di</strong> sensato. Pensò all'aspetto che gli era stato fatto assumere, quel-


lo <strong>di</strong> un Cavaliere senza passato e senza futuro un guerriero senza nome,<br />

un campione per un padrone senza nome e per una causa senza identità. Il<br />

suo peggiore incubo. La sua peggiore...<br />

Paura.<br />

In quel momento vide improvvisamente la verità che era stata nascosta<br />

loro per tutto quel tempo. Anche loro si trovavano nelle nebbie fatate!<br />

Improvvisamente, si trovò il Gargoyle al fianco, un'ombra scura che si<br />

muoveva nella nebbia. Le sue mani nodose lo aiutarono a mantenersi in<br />

equilibrio mentre si protendeva in avanti. «Cos'è successo?» domandò, vedendo<br />

il volto <strong>di</strong> Ben.<br />

Ben lo guardò, cercando <strong>di</strong> vedere al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella bruttezza, al <strong>di</strong> là<br />

della maschera creata dalla magia. Ma non vi riuscì. «So che cosa ci è stato<br />

fatto» <strong>di</strong>sse. «So da dove veniamo. So chi siamo.»<br />

Il volto del Gargoyle si contorse per poi impietrirsi, i suoi occhi scintillanti<br />

come candele. «Dimmi.»<br />

Ben scosse il capo, facendo un cenno in <strong>di</strong>rezione della Dama. «Dobbiamo<br />

svegliare anche lei.»<br />

Le si avvicinarono, Ben si chinò e le toccò un braccio. La Dama si risvegliò<br />

istantaneamente, il suo volto pulito, la sua espressione ammorbi<strong>di</strong>ta<br />

dal sonno, un sorriso <strong>di</strong>pinto sul suo volto. «Ti ho sognato» <strong>di</strong>sse.<br />

Ben si portò un <strong>di</strong>to sulle labbra. «No, non <strong>di</strong>re nulla. Non parlare. Alzati<br />

a sedere e ascoltami. Ho qualcosa da <strong>di</strong>rti.» Si allontanò <strong>di</strong> un passo, lasciandola<br />

alzare. «Ascoltami attentamente. Io so chi siamo realmente.»<br />

La Dama lo fissò per un attimo, poi scosse il capo. «Non voglio saperlo.»<br />

Nella sua voce vi era una traccia <strong>di</strong> paura, la consapevolezza che qualcosa<br />

stava per esserle tolto. «Che <strong>di</strong>fferenza può fare, visto che siamo<br />

qui?»<br />

Ben mantenne un tono <strong>di</strong> voce calmo e equilibrato. «Sapendo chi siamo<br />

e da dove veniamo, avremo una possibilità in più per fuggire da qui. forse<br />

la nostra unica possibilità.»<br />

«E come mai tu lo sai e noi no?» sbottò la Dama con tono irato improvvisamente<br />

sulla <strong>di</strong>fensiva.<br />

«Mi è stato dato un sogno» le <strong>di</strong>sse. «E in quel sogno ho scoperto quanto<br />

ci è accaduto. Siamo stati intrappolati in questo luogo dalla magia. Siamo<br />

stati mandati qui da un altro mondo, dal nostro mondo. La magia è stata<br />

usata anche per farci <strong>di</strong>menticare chi siamo e per farci apparire in forme<br />

<strong>di</strong>fferenti. Credo che siamo stati mandati qui affinché vagassimo in eterno<br />

in questo Labirinto... Affinché trascorressimo il resto delle nostre vite a


tentare inutilmente <strong>di</strong> uscirne. Solo che non esistono vie d'uscita da questa<br />

trappola, se non attraverso l'uso della magia. Avevi ragione in questo; solo<br />

la magia ci può aiutare. Ma prima dobbiamo capire come funziona questa<br />

particolare magia. E per fare questo, dobbiamo prima capire noi stessi, chi<br />

siamo, da dove veniamo, che cosa facciamo.»<br />

«No» <strong>di</strong>sse la Dama a bassa voce, scuotendo il capo a destra e a sinistra.<br />

«Non <strong>di</strong>re nient'altro.»<br />

«Io non sono il Cavaliere» continuò, spingendo sulla cosa, ansioso <strong>di</strong><br />

farla finita una volta per tutte. «Io sono Ben Holiday, Re <strong>di</strong> Landover.»<br />

La Dama si portò le mani alla bocca, tremando tutta. Emise un suono<br />

soffocato che proveniva dal profondo della sua gola.<br />

Incapace <strong>di</strong> sostenere il suo sguardo, Ben si rivolse al Gargoyle. Il mostro<br />

lo stava fissando con sguardo vacuo. «Il tuo nome è Strabo. Tu sei un<br />

drago, non un Gargoyle.»<br />

Tornò a rivolgersi alla Dama, con maggiore determinazione. «E tu sei...»<br />

«Nightshade!» sibilò lei con rabbia. Si allontanò <strong>di</strong> un passo, il suo volto<br />

liscio contratto in una maschera <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione e <strong>di</strong> stupore. «Holiday, che<br />

cosa ci hai fatto? Che cosa mi hai fatto?»<br />

Ben scosse il capo. «Ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto a noi stessi,<br />

uno per uno. É questo luogo che lo ha reso possibile. La magia ha rubato i<br />

nostri ricor<strong>di</strong> quando siamo stati sottratti al Cuore. Ricordate? Vi era un<br />

uomo con una scatola. E poi vi erano i messaggi, apparentemente mandati<br />

da ognuno <strong>di</strong> noi, che in verità non erano altro che l'esca per la trappola<br />

che è stata usata per ingannarci. Siamo stati catturati da qualche genere <strong>di</strong><br />

incantesimo che ci ha spe<strong>di</strong>ti qui dentro, nella scatola...»<br />

«Sì, ora ricordo!»ruggì Strabo, che nonostante la rivelazione della sua<br />

vera identità ancora non assomigliava affatto al drago.» Ricordo l'uomo<br />

con la scatola e la magia che ci ha tirati dentro nella sua rete come pesci!<br />

Che potere incre<strong>di</strong>bile! Ma perché è stato fatto? Guardatemi! Come è possibile<br />

che sia cambiato tanto?<br />

Ben si inginocchiò davanti a lui. La radura era immersa nel silenzio. Era<br />

come se il loro mondo avesse smesso <strong>di</strong> muoversi.<br />

«Siamo nelle nebbie fatate» <strong>di</strong>sse a bassa voce. «Pensate ai nostri aspetti<br />

attuali. Siamo <strong>di</strong>ventati ciò che temiamo maggiormente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Tu<br />

sei un mostro, o<strong>di</strong>ato e ripu<strong>di</strong>ato da tutti, un emarginato che nessuno desidera<br />

nemmeno guardare, cacciato da tutti, al quale tutti danno la colpa per<br />

cose che non si riescono a spiegare altrimenti. E non sei nemmeno in grado<br />

<strong>di</strong> volare, non è forse vero? Ti sono state tolte le tue ali, e scommetto che


hai sempre avuto il terrore <strong>di</strong> rimanere senza la possibilità <strong>di</strong> volare. Il volo<br />

ti ha sempre fornito un modo per fuggire, a prescindere dalla <strong>di</strong>fficoltà della<br />

situazione in cui ti trovavi. Pensa, sei stato ingannato persino in questo.»<br />

Fece una pausa. «E guardate me. Sono esattamente ciò che temevo maggiormente<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Sono il Campione del Re, il suo <strong>di</strong>struttore, il macellaio<br />

dei suoi nemici, un cavaliere senza nome, privo <strong>di</strong> qualunque cosa<br />

eccetto la sua abilità <strong>di</strong> combattente e il suo desiderio <strong>di</strong> usarla. Persino la<br />

mia armatura è <strong>di</strong>ventata un'arma, una mostruosa apparizione chiamata la<br />

Foschia che è in grado <strong>di</strong> eliminare qualsiasi nemico che mi minacci. Uccidere<br />

è la cosa che temo più <strong>di</strong> ogni altra, e quin<strong>di</strong> sono stato trasformato<br />

in una macchina per uccidere.»<br />

Si bloccò, non volendo <strong>di</strong>re altro. Loro non sapevano che lui era il Pala<strong>di</strong>no,<br />

sapevano solo che il Pala<strong>di</strong>no serviva il Re. Non era il caso <strong>di</strong> aggiungere<br />

altro.<br />

«Nightshade» <strong>di</strong>sse con tono pacato, tornando a rivolgersi a lei. La strega<br />

era accovacciata a terra come una bestia spaventata. «Qual è la cosa che<br />

temi maggiormente? Nightshade, che cos'è che ti fa paura? La per<strong>di</strong>ta della<br />

tua magia, indubbiamente. Lo hai detto tu stessa. Ma vi è anche qualcos'altro...»<br />

«Silenzio!» gridò.<br />

«Essere umana» intervenne improvvisamente Strabo. «Quando <strong>di</strong>venta<br />

consapevole della sua natura umana, perde potere. Le sue emozioni la indeboliscono,<br />

le rubano la forza. Lei non deve cedere ai sentimenti. Non<br />

deve essere tenera, non deve essere dolce, non deve dare il suo amore...»<br />

Nightshade gli si lanciò addosso, tentando <strong>di</strong> graffiargli il volto con le<br />

unghie, ma Ben la intercettò e la portò a terra, bloccandola li mentre sputava<br />

e urlava come un'indemoniata. Nightshade era stata cambiata in più <strong>di</strong><br />

un modo, pensò Ben mentre la teneva bloccata. A Landover non sarebbe<br />

mai stato in grado <strong>di</strong> fare una cosa simile, poiché Nightshade possedeva<br />

almeno <strong>di</strong>eci volte la sua forza. Non vi potevano essere dubbi sul fatto che<br />

fosse rimasta senza poteri.<br />

Dopo un po' la strega smise <strong>di</strong> lamentarsi e si voltò dalla parte opposta<br />

mentre le lacrime iniziavano a solcare il suo volto esangue. «Ti o<strong>di</strong>erò in<br />

eterno» sussurrò, le sue parole appena u<strong>di</strong>bili. «Per ciò che mi hai fatto,<br />

per ciò che mi hai fatto provare... Tutta una menzogna, una mostruosa e<br />

terribile menzogna! E io che mi preoccupavo per te, che ti amavo, che ho<br />

con<strong>di</strong>viso con te ciò che una donna con<strong>di</strong>vide con un uomo... come ho po-


tuto essere così sciocca? Ti o<strong>di</strong>erò per sempre, Holiday. Non <strong>di</strong>menticherò<br />

mai.»<br />

Ben si alzò in pie<strong>di</strong>, lasciandola lì per terra, sempre voltata dalla parte<br />

opposta. Non vi era nulla che potesse <strong>di</strong>rle per aiutarla. Il fatto che fosse<br />

stata portata a provare qualcosa per lui era una cosa imperdonabile; il fatto<br />

che fosse stata indotta a considerarlo il suo amante era ad<strong>di</strong>rittura inammissibile.<br />

Ciò che aveva effettivamente provato non aveva più alcuna importanza.<br />

Ora il baratro che si era aperto fra loro non sarebbe mai più stato<br />

colmato.<br />

«Il Labirinto fa parte delle nebbie fatate.» Raddrizzò il suo mantello, che<br />

si era scomposto. «É stata Willow che mi ha chiamato in sogno. Mi ha<br />

chiamato da un altro punto delle nebbie. E quando sono andato da lei, ho<br />

percepito che il luogo in cui si trovava lei e quello in cui mi trovavo io erano<br />

in qualche modo uniti. Mi sono ricordato il modo in cui agiscono le<br />

nebbie sugli umani o su coloro che hanno lasciato per sempre quel mondo.<br />

Usano la nostra paura contro <strong>di</strong> noi, per cambiare ciò che siamo, per ingannarci,<br />

per confonderci con ciò che alla fin fine ci porterà alla follia.<br />

Ove non vi è realtà tranne quella che noi stessi creiamo, l'immaginazione<br />

devasta le nostre emozioni. Soprattutto la paura. E quando questo accade<br />

noi ci sentiamo persi, non siamo in grado <strong>di</strong> controllare le sensazioni come<br />

fanno le fate. Una volta mi è stato detto tanto. Sono già stato avvertito <strong>di</strong><br />

questo fatto.»<br />

Inspirò profondamente. «Tutto ciò che abbiamo fatto nel corso <strong>di</strong> questo<br />

viaggio, tutti i luoghi in cui siamo stati, tutta la gente che abbiamo incontrata,<br />

tutto ciò non è reale. O perlomeno, non è reale se non all'interno del<br />

Labirinto. Non capite? Abbiamo inventato tutto noi, tutto! O assieme o separatamente,<br />

non so bene come è andata. Il paese e la sua gente, gli Zingari<br />

del Fiume, i Gristlies... tutti questi non erano altro che rappresentazioni<br />

<strong>di</strong> creature <strong>di</strong> Landover. La gente del Greensward, le ex fate, i Troll delle<br />

rocce, gli Gnomi Va'Via, o qualsiasi altra. Al <strong>di</strong> fuori delle nostre menti, <strong>di</strong><br />

queste nebbie e <strong>di</strong> questa prigione che ci tiene confinati, essi non esistono<br />

e non sono mai esistiti!»<br />

Strabo scosse il capo. «Le nebbie fatate non dovrebbero influenzare me<br />

e la strega nello stesso modo in cui influenzano te. Anche noi siamo creature<br />

fatate. Eppure guardami. Sono cambiato persino più <strong>di</strong> te! E sono stato<br />

ugualmente ingannato dalla paura che hai appena descritto. Eppure non me<br />

ne sono nemmeno reso conto! E avendo normalmente accesso alle nebbie<br />

nel mio passaggio da un mondo all'altro, avrei dovuto accorgermene subi-


to. Può darsi che Nightshade abbia il bando dalle nebbie fatate, ma io no.<br />

No, Holiday, le cose non stanno semplicemente così. Vi è qualcos'altro.»<br />

«La scatola!» esclamò Ben. «La scatola non è semplicemente un contenitore<br />

per le nebbie. E una trappola abbastanza potente da trattenere persone<br />

come noi. La scatola possiede un'altra magia.»<br />

«È possibile» assentì il drago con aria pensierosa. «Ma se è così, quale<br />

magia ci può liberare?»<br />

«Ci ho pensato» <strong>di</strong>sse Ben. «Nel momento in cui mi sono ricordato chi<br />

ero, ho ricordato anche un'altra cosa. Credo che le nostre identità ci siano<br />

state sottratte per eliminare ogni possibilità che ricordassimo qualcosa che<br />

ci potesse aiutare a fuggire. Questa trappola è stata elaborata in modo da<br />

funzionare in due maniere. Innanzitutto, per farci <strong>di</strong>menticare chi siamo. In<br />

secondo luogo, per sottrarci la magia che possedevamo, per renderci impotenti.<br />

Ora siamo riusciti a sconfiggere la prima parte della trappola, ma ci<br />

resta ancora la seconda. Non abbiamo magia, e non riusciremo mai a fuggire<br />

da questa trappola senza l'uso della magia.»<br />

Passò lo sguardo da uno all'altro. Nightshade si era rialzata in pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ritta<br />

come un fuso, la sua espressione fredda e impenetrabile. «Ma io credo<br />

che Horris Kew o chiunque sia stato a metterci qui abbia commesso un errore.<br />

La magia che doveva esserci sottratta è innata. É proprio per questo<br />

che siamo stati cambiati in maniere <strong>di</strong>fferenti. Tu, Strabo, sei stato cambiato<br />

più <strong>di</strong> tutti noi. Dato che la tua magia è inerente con ciò che sei, un drago,<br />

sei stato trasformato in qualcosa <strong>di</strong> completamente <strong>di</strong>verso. Altrimenti<br />

avresti potuto utilizzare il tuo fuoco per fuggire a questa trappola, poiché il<br />

tuo fuoco è il tuo più grande potere, e fra le altre cose ti permette <strong>di</strong> passare<br />

da un mondo all'altro.»<br />

Si rivolse a Nightshade. «E anche a te è stata sottratta la tua magia per lo<br />

stesso motivo, anche se non è stato necessario cambiare il tuo aspetto, poiché<br />

non aveva nulla a che vedere con il funzionamento della tua magia. Il<br />

risultato, comunque, è stato lo stesso. Come Strabo, anche tu sei rimasta<br />

intrappolata senza possibilità <strong>di</strong> fuga perché la magia sulla quale facevi<br />

maggiormente affidamento, la magia che sta dentro <strong>di</strong> te, non c'era più.»<br />

Fece una pausa. «Ma per me è stato <strong>di</strong>verso. Io non posseggo alcuna<br />

magia innata. Sono giunto su Landover privo <strong>di</strong> magia e tuttora non ne<br />

posseggo. Così, non sono stato influenzato in quel senso. Mi è stata solo<br />

rubata la memoria, e questo è stato sufficiente. Finché non mi ricordavo<br />

chi ero, che pericolo potevo rappresentare?»<br />

«Vieni al punto» <strong>di</strong>sse Nightshade con tono acido.


«É proprio questo il punto» replicò Ben. Si infilò una mano sotto la tunica<br />

e ne tirò fuori il medaglione con l'immagine del Pala<strong>di</strong>no che usciva da<br />

Sterling Silver all'alba. «Il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover, che mi è stato<br />

consegnato quando sono giunto dal mio mondo. Questo mi dà il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

regnare, mi dà il controllo sul Pala<strong>di</strong>no, e in più mi permette un'altra cosa:<br />

mi permette <strong>di</strong> passare attraverso le nebbie fatate.»<br />

Seguì un lungo silenzio. «Allora pensi che...» Strabo iniziò la frase, ma<br />

la lasciò cadere a metà.<br />

«É possibile che la magia del talismano non sia stata annullata allo stesso<br />

modo in cui è stata annullata la vostra, è possibile che questa prigione<br />

sia stata progettata per rendere inutile la magia delle creature viventi ma<br />

non degli oggetti inanimati.» Ben fece una pausa. «Fuori da Landover, il<br />

medaglione non fornisce alcuna autorità e non permette <strong>di</strong> chiamare il Pala<strong>di</strong>no.<br />

Ciò nonostante, permette sempre <strong>di</strong> passare attraverso le nebbie fatate.<br />

Forse può fare la stessa cosa anche qui. In fondo ha mantenuto il suo<br />

legame con l'armatura del Pala<strong>di</strong>no, anche se questa arriva sotto una forma<br />

<strong>di</strong>fferente, la Foschia appunto. I Gristlies hanno riconosciuto il suo potere<br />

e sono fuggiti. Può darsi che il medaglione sia in grado <strong>di</strong> liberarci.»<br />

«Sempre ammesso che siamo veramente imprigionati all'interno delle<br />

nebbie fatate» aggiunse Strabo con tono cupo.<br />

«Sempre ammesso» assentì Ben.<br />

«È molto esigua questa possibilità che ci offri» rifletté il drago.<br />

«Ma è l'unica che abbiamo.»<br />

Strabo annuì, il suo volto sgraziato quasi sereno. «L'unica.»<br />

A quel punto si fece avanti Nightshade, tutta rabbia e spigoli taglienti. Si<br />

fermò davanti a Ben. «Funzionerà?» domandò, il suo tono stranamente<br />

calmo.<br />

Ben incontrò il suo sguardo e lo sostenne. «Credo <strong>di</strong> sì. Dobbiamo portare<br />

il medaglione nelle nebbie per provarlo. Se funziona come dovrebbe,<br />

emergeremo dalle nebbie nello stesso punto dal quale vi siamo entrati.»<br />

«E torneremo a essere noi stessi?» i suoi occhi scintillavano.<br />

«Non lo so. Ma credo <strong>di</strong> sì, una volta che saremo usciti dalla prigione e<br />

dalla sua magia.»<br />

La strega annuì. Il suo volto era un pezzo <strong>di</strong> marmo bianco, gli occhi<br />

quasi rossi. Vi era una tale furia <strong>di</strong>pinta sul suo volto che Ben rabbrividì<br />

interiormente.<br />

«Ti conviene che sia così, re per gioco» <strong>di</strong>sse Nightshade a bassa voce.<br />

«Perché se non riusciamo a sfuggire a questa follia e non ritorno nuova-


mente me stessa in ogni mia singola parte, passerò il resto dei miei giorni<br />

in attesa <strong>di</strong> una possibilità per <strong>di</strong>struggerti definitivamente.»<br />

Strinse attorno a sé il suo lungo mantello nero, un fantasma scuro nella<br />

nebbia dell'alba. «Ti do la mia parola su questo. E ora facci uscire <strong>di</strong> qui.»<br />

Il tempo sembrava essersi fermato.<br />

Willow camminava lentamente attraverso le nebbie, con passo costante,<br />

mettendo un piede davanti all'altro con grande cautela. Non riusciva a capire<br />

dove fosse <strong>di</strong>retta. Riusciva a malapena a vedere il terreno sul quale<br />

procedeva. Se si trattava <strong>di</strong> una trappola, poteva considerarsi finita. La<br />

nebbia era talmente fitta che si sarebbe trovata nel mezzo <strong>di</strong> qualsiasi cosa<br />

la attendesse prima ancora <strong>di</strong> rendersene conto. Stava procedendo sulla fiducia,<br />

e dato che aveva a che fare con le fate, ciò non era affatto rassicurante.<br />

Dopo un po', però, l'aria iniziò a schiarirsi. La nebbia si <strong>di</strong>ssipò gradualmente,<br />

come se stesse passando dalla notte al giorno, da ombre scure e<br />

profonde a ombre più leggere e accennate. La luce passò da nera a grigia,<br />

ma ancora non vi era alcun segno del sole. Gradualmente, la nebbia scemò<br />

finché non prese a intrecciarsi con un muro <strong>di</strong> alberi e cespugli. Willow si<br />

guardò attorno. Si trovava in una giungla <strong>di</strong> alberi e rampicanti ingarbugliati,<br />

<strong>di</strong> terra umida e fetida e <strong>di</strong> silenzio. Non vi era alcun suono, alcun<br />

movimento, come se tutta la vita fosse stata <strong>di</strong>strutta inesorabilmente.<br />

Fece qualche passo avanti, esitante, quin<strong>di</strong> si fermò. Si guardò nuovamente<br />

attorno. Una terribile sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione le assalì lo stomaco.<br />

Ora sapeva dove si trovava. Era nel Deep Fell, nel luogo in cui viveva<br />

Nightshade.<br />

Per un attimo pensò <strong>di</strong> essersi sbagliata. Come era possibile che fosse<br />

giunta proprio lì, fra tutti i luoghi? Si fece nuovamente strada attraverso la<br />

giungla, cercando <strong>di</strong> scrutare attraverso le fronde degli alberi, <strong>di</strong> vedere al<br />

<strong>di</strong> là delle ombre, <strong>di</strong> convincersi che si era sbagliata. Ma non vi riuscì. I<br />

suoi istinti e i suoi ricor<strong>di</strong> erano piuttosto chiari a questo proposito. Si trovava<br />

nel Deep Fell.<br />

Inspirò lentamente per riprendersi dal colpo. Poteva trattarsi <strong>di</strong> un altro<br />

trucco delle fate, pensò. Poteva trattarsi della loro vendetta, lasciarla vagare<br />

nel regno <strong>di</strong> Nightshade. Fidati dei tuoi istinti, le aveva consigliato Edgewood<br />

Dirk. Non fidarti del gatto. Espirò. Comunque stessero le cose,<br />

doveva fuggire da lì il più rapidamente possibile, prima che la scoprissero.


Si mosse rapidamente attraverso il denso intrico vegetale del Fell, ansiosa<br />

<strong>di</strong> giungere al margine degli Hollows finché vi era ancora luce. Sebbene<br />

non fosse ancora mattino, era assai probabile che si ritrovasse a vagare per<br />

il Fell fino a sera senza riuscire a uscirne. Era capitato a molti. Molti non<br />

erano nemmeno riusciti a uscirne. Rimase in silenzio mentre procedeva,<br />

usando le sue abilità <strong>di</strong> ex fata, confidando nel fatto che, perlomeno, si trovava<br />

nuovamente a Landover. Si domandò come fosse stato possibile che i<br />

suoi istinti la avessero fuorviata fino al punto <strong>di</strong> portarla in quel luogo.<br />

Doveva essere stata ingannata dalla magia delle fate. Che cosa crudele e<br />

<strong>di</strong>spettosa da parte loro, pensò con rabbia.<br />

Poi un improvviso dolore prese possesso del suo stomaco e dei suoi arti,<br />

costringendola a piegarsi in due. Cadde su un ginocchio, annaspando. Il<br />

dolore durò solo un attimo, poi scomparve. Willow si rialzò in pie<strong>di</strong> e si<br />

affrettò. Pochi minuti dopo, il dolore tornò. Questa volta fu ancora più forte<br />

e durò il doppio. Willow si inginocchiò nell'erba alta e si strinse. Che<br />

cosa le stava succedendo?<br />

Un improvviso ricordo le fece alzare la testa <strong>di</strong> scatto.<br />

Il bambino! Era giunto il momento!<br />

Chiuse gli occhi fra la frustrazione e l'incredulità. Ma non qui! Per favore,<br />

non qui!<br />

Fece uno sforzo per rialzarsi in pie<strong>di</strong> e proseguire, ma nel giro <strong>di</strong> pochi<br />

secon<strong>di</strong> il dolore ritornò, costringendola nuovamente in ginocchio, tanto<br />

forte da impe<strong>di</strong>rle quasi <strong>di</strong> respirare. Strinse i denti, tentò <strong>di</strong> rialzarsi ancora<br />

una volta, quin<strong>di</strong> vi rinunciò. Sarebbe stato il bambino a decidere, così<br />

le aveva detto la Madre Terra. Evidentemente il bambino aveva deciso in<br />

quel momento. Willow rimase inginocchiata sulla terra del Deep Fell e<br />

scoppiò in lacrime. Non voleva che suo figlio nascesse in quel luogo orribile!<br />

Non doveva nascere oscurità, fra le ombre, doveva nascere sotto la<br />

luce del sole! Che fosse colpa delle fate? Possibile che fossero talmente offese<br />

per la per<strong>di</strong>ta del bambino da volere ad<strong>di</strong>rittura danneggiarlo?<br />

Le lacrime continuarono a sgorgare dagli occhi serrati <strong>di</strong> Willow mentre<br />

si portava le mani alla vita alla ricerca della sacca che conteneva le preziose<br />

terre. La prese, se la staccò dalla cintura e ne aprì i cordoni. Il dolore ora<br />

arrivava a improvvise ondate che le facevano contorcere tutto il corpo.<br />

Nessuna preparazione per questa nascita, niente tempo per adattarsi. Stava<br />

accadendo molto in fretta, a una tale velocità che non aveva più nemmeno<br />

il tempo <strong>di</strong> pensare.


Procedette a carponi fino a uno spiazzo <strong>di</strong> terra nuda a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

dove iniziò a scavare con le <strong>di</strong>ta. Non era un'impresa <strong>di</strong>fficile, poiché<br />

il terreno del Deep Fell era umido e morbido per sua natura. Quando<br />

ebbe smosso terra a sufficienza, versò i contenuti della sua sacca davanti a<br />

sé e iniziò a mischiarli. Ora il dolore era continuo, anche se saliva e scendeva<br />

in ondate costanti. Desiderò sapere <strong>di</strong> più su quanto doveva aspettarsi,<br />

desiderò aver chiesto <strong>di</strong> più alla Madre Terra. Dare alla luce un figlio<br />

per le ex fate era sempre un'impresa <strong>di</strong>versa, a ogni figlio partorito, e <strong>di</strong><br />

conseguenza Willow ne sapeva ben poco. Strinse i denti e continuò a mischiare<br />

le terre; quella dei vecchi pini della Regione dei Laghi, quella del<br />

luogo chiamato Greenwich Village nel mondo <strong>di</strong> Ben e quella delle nebbie<br />

fatate. Mischiò il tutto con la terra del Deep Fell.<br />

Per favore, pensò. Per favore, che mio figlio non ne sia danneggiato.<br />

Infine, lasciò a terra la sacca vuota e si rialzò faticosamente in pie<strong>di</strong>.<br />

Tormentata dal dolore, sentendo il figlio che si agitava con ansia nel suo<br />

grembo, si preparò al cambiamento. Suo figlio sarebbe nato mentre si trovava<br />

in forma <strong>di</strong> albero. Questa era una cosa che non era stata in grado <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re a Ben. Forse non sarebbe mai stata capace <strong>di</strong> farlo.<br />

Si tolse gli abiti uno per uno, finché non si ritrovò nuda. Dopo<strong>di</strong>ché si<br />

piazzò al centro esatto del punto in cui aveva mischiato le terre e infilò le<br />

<strong>di</strong>ta dei pie<strong>di</strong> nel terreno.<br />

Nel momento della sua trasformazione, si sentì nuovamente in pace. Ora<br />

non aveva più responsabilità. Aveva fatto tutto ciò che poteva fare per garantire<br />

la nascita sicura <strong>di</strong> suo figlio. Aveva ottemperato alle in<strong>di</strong>cazioni<br />

della Madre Terra, prendendo tutte le terre che le erano state richieste. Ora<br />

non le rimaneva altro da fare se non lasciare che suo figlio nascesse. Si ritrovò<br />

improvvisamente a desiderare che Ben fosse lì con lei. Voleva sentire<br />

la sua presenza, sentire il tocco delle sue mani, sentirsi <strong>di</strong>re qualche parola<br />

rassicurante. Non era contenta <strong>di</strong> essere sola in quel momento.<br />

Chiuse gli occhi.<br />

Si trasformò lentamente, le <strong>di</strong>ta dei suoi pie<strong>di</strong> e delle sue mani che si<br />

tramutavano in ra<strong>di</strong>ci e rametti, le sue braccia che si <strong>di</strong>videvano <strong>di</strong>ventando<br />

rami, le sue gambe che si fondevano per formare il tronco, il suo corpo<br />

intero che cambiava colore, forma e aspetto. I suoi capelli scomparvero del<br />

tutto. Il suo volto svanì nel nulla. Si contorse sinuosamente mentre veniva<br />

ricoperta dalla corteccia. Emise un ultimo sospiro, poi rimase immobile.


Passarono le ore, e nulla si mosse nel Deep Fell dove era ra<strong>di</strong>cato il salice.<br />

Nemmeno un alito <strong>di</strong> vento fece stormire le sue foglie. Nemmeno un<br />

uccello venne a posarsi sui suoi rami. Nessuna piccola creatura si arrampicò<br />

per il suo tronco liscio. La luminosità dell'aria aumentò, <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong><br />

un grigio cupo e nebbioso, e il calore estivo si intensificò, intrappolato dal<br />

groviglio scuro della foresta. Una leggera pioggerellina cadde per qualche<br />

minuto per poi scemare. L'acqua gocciolò a terra dai rametti flessibili.<br />

La giornata giunse al suo apice.<br />

L'albero allora sembrò essere percorso da un brivido interiore. Lentamente,<br />

in maniera pressoché agonizzante, nel punto in cui il tronco si <strong>di</strong>videva<br />

in due si aprì una crepa e ne fuoriuscì un grosso germoglio. Apparve<br />

rapidamente, come se la sua crescita fosse accelerata, protendendosi sinuoso<br />

verso l'alto. Mentre cresceva aumentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e cambiò forma.<br />

Nel giro <strong>di</strong> un attimo, si trasformò in un baccello.<br />

All'interno del baccello vi era un movimento.<br />

Riserva<br />

Questor Thews e Abernathy osservarono dai bastioni <strong>di</strong> Sterling Silver<br />

la folla <strong>di</strong> gente che si stava radunando sui prati al <strong>di</strong> là del lago che rendeva<br />

il castello un'isola. Era ormai dal primo mattino che arrivavano, dapprima<br />

a decine, poi a centinaia, e infine a migliaia. La maggior parte veniva<br />

dal Greensward, sebbene vi fossero anche <strong>di</strong>versi trolls provenienti dal<br />

Melchor, alcuni elementi provenienti dalle terre aride dell'oriente e <strong>di</strong>versi<br />

conta<strong>di</strong>ni e abitanti <strong>di</strong> villaggi provenienti da una dozzina <strong>di</strong> comunità del<br />

nord e del sud. Venivano come vagabon<strong>di</strong>, senza cibo o coperte, senza<br />

nemmeno gli attrezzi più ru<strong>di</strong>mentali per la costruzione <strong>di</strong> un fuoco. A<br />

quanto pareva, non gliene importava nulla. Uomini, donne e bambini, alcuni<br />

con vecchi cavalli da tiro o muli, altri seguiti da gatti o da cani, si erano<br />

fatti strada fino a lì provenienti dai luoghi più <strong>di</strong>sparati, formando un<br />

assembramento fra i più eterogenei che si fossero mai visti. Ora si aggiravano<br />

dalla parte opposta del lago, osservando il castello come se sperassero<br />

che qualcuno li chiamasse per invitarli a consumare un buon pasto.<br />

Ma non erano venuti per il cibo. Ciò che ognuno <strong>di</strong> loro desiderava ardentemente,<br />

ciò che ognuno <strong>di</strong> loro aveva percorso tutta quella strada per<br />

ottenere, ciò che tutti loro erano più che determinati ad avere a tutti i costi,<br />

non era altro che un cristallo dell'occhio della mente.


«Guardali» borbottò Abernathy, scuotendo il capo e facendo oscillare le<br />

sue orecchie da cane. «É veramente una cosa terribile.»<br />

« Peggio <strong>di</strong> quanto non avessimo previsto, temo» assentì Questor Thews<br />

con tono solenne.<br />

Avevano previsto che vi sarebbero stati guai, fin da quando Abernathy e<br />

Bunion erano tornati da Rhyndweir con la storia <strong>di</strong> Horris Kew e dello<br />

sconosciuto dal mantello nero. Vi era una grande riserva <strong>di</strong> cristalli dell'occhio<br />

della mente a Sterling Silver, così aveva detto lo sconosciuto. Era<br />

lì che li aspettava, lì da prendere. Abernathy aveva riferito tutto, fino all'ultima<br />

parola, a Questor Thews, e così si erano preparati assieme ad affrontare<br />

la situazione. Solo che si erano aspettati <strong>di</strong> dover affrontare Kallendbor<br />

e gli altri signori del Greensward con i loro eserciti, più che determinati<br />

a ottenere ciò che spettava loro, anche a costo <strong>di</strong> un attacco in forze alle<br />

mura del castello. Invece si erano trovati <strong>di</strong> fronte a migliaia <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni,<br />

commercianti e relative famiglie, gente semplice che non portava né<br />

armi né armature, tutti stanchi, affamati e fuorviati, tutti in attesa come capi<br />

<strong>di</strong> bestiame che qualcuno li conducesse al fienile.<br />

Be', naturalmente il fienile si trovava lì nei luoghi dai quali erano venuti,<br />

ma nessuno fra loro era <strong>di</strong>sposto a sentirsi <strong>di</strong>re una cosa simile. Non erano<br />

<strong>di</strong>sposti a sentire nulla che non avesse a che fare con le parole "cristallo<br />

dell'occhio della mente". Questa era la triste ma inevitabile realtà dei fatti.<br />

Certamente non stavano prestando ascolto a nulla <strong>di</strong> ciò che Questor<br />

Thews o Abernathy cercavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>r loro. Il primo gruppo, che era giunto<br />

all'alba <strong>di</strong> quel mattino, si era fermato nella sua marcia solo sul ponticello<br />

che univa l'isola del castello alla terraferma. Il portone era stato chiuso<br />

quella notte, così erano stati costretti a fermarsi lì, dove avevano gridato a<br />

Ben Holiday <strong>di</strong> scendere giù e farsi vedere. Questor Thews era apparso sui<br />

bastioni e aveva gridato loro che il Re era momentaneamente assente,<br />

chiedendo loro che cosa volessero. Volevano i cristalli dell'occhio della<br />

mente, avevano <strong>di</strong>chiarato con veemenza, uno per ognuno <strong>di</strong> loro. Questor<br />

aveva replicato loro che non ce n'erano, e si era sentito subito chiamare un<br />

bugiardo, oltre a molte altre invettive che mettevano ad<strong>di</strong>rittura in dubbio<br />

il suo lignaggio. Abernathy era quin<strong>di</strong> apparso accanto al suo amico (si<br />

sentiva ancora responsabile per tutto quel <strong>di</strong>sastro) e aveva assicurato alla<br />

gente ammassata sul ponte (il cui numero aumentava costantemente, anche<br />

mentre erano lì a <strong>di</strong>scutere) che Questor Thews aveva detto loro la verità,<br />

che non vi era nemmeno un cristallo dell'occhio della mente all'interno, del


castello. Ma naturalmente non attaccò con nessuno. Le minacce e gli insulti<br />

continuarono, e la folla si ingrandì ulteriormente.<br />

Alla fine Questor aveva mandato una squadra <strong>di</strong> soldati del Re per far<br />

spostare la gente dal ponte e per erigere una linea <strong>di</strong> picchetto sulla sponda<br />

del lago. Dopo un po' <strong>di</strong> spintonamenti, i soldati erano riusciti a liberare il<br />

ponte, solo che nessuno fra coloro che lo occupavano se ne tornò a casa<br />

come aveva sperato il Mago <strong>di</strong> Corte. Si limitarono a piazzarsi nuovamente<br />

<strong>di</strong>etro alla linea <strong>di</strong> picchetto, aspettando che accadesse qualcosa. Ma naturalmente,<br />

non accadde nulla. Questor non sapeva neanche bene che cosa<br />

speravano che potesse accadere. Comunque fosse, a mezzogiorno c'erano<br />

ormai migliaia <strong>di</strong> persone, tutte accalcate sui prati antistanti al castello e<br />

sulle colline e sui campi che lo circondavano. Il calore estivo aumentò, la<br />

giornata era particolarmente tersa e l'aria ferma, e dopo un po' la gente iniziò<br />

a perdere la pazienza.<br />

A un certo punto qualcuno da una parte del picchetto <strong>di</strong>sse qualcosa,<br />

qualcuno dalla parte opposta gli rispose qualcos'altro, e nel giro <strong>di</strong> un istante<br />

la folla caricò i soldati, sovrastandoli con grande facilità e buttandoli<br />

nel lago. Attraversarono il ponte come un sol uomo e si lanciarono verso il<br />

portone d'ingresso del castello.<br />

Questo avrebbe potuto dare a<strong>di</strong>to a guai seri, solo che Questor si trovava<br />

ancora sui bastioni con Abernathy a cercare <strong>di</strong> decidere il da farsi. Quando<br />

vide la folla che caricava il castello, tirò su le maniche della sua vecchia<br />

tonaca grigia e fece appello alla sua magia. Naturalmente si trattò <strong>di</strong> un gesto<br />

precipitoso, poiché gli incantesimi <strong>di</strong> Questor non funzionavano mai<br />

bene quando venivano fatti <strong>di</strong> fretta (e nemmeno quando venivano fatti<br />

con calma, se era per questo), solo che in quel momento non vi era nessuno<br />

che fosse in grado <strong>di</strong> ragionare in maniera lucida. Le sue intenzioni erano<br />

quelle <strong>di</strong> mandare un fulmine in mezzo alla folla per <strong>di</strong>sperderla o per<br />

farli cadere nel lago, ma invece ciò che venne fuori fu l'equivalente <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

ettolitri d'olio, non del tipo bollente ma del tipo normale, grasso e appiccicoso,<br />

che piombò sulle teste <strong>di</strong> coloro che conducevano la carica. L'olio<br />

imbrattò completamente la superficie <strong>di</strong> legno del ponte, rendendolo<br />

scivoloso fino al punto da mandare a gambe all'aria i primi della fila, che<br />

vennero sommersi in un attimo dagli altri che seguivano, accalcandosi alle<br />

loro spalle. Nel giro <strong>di</strong> un istante, l'intero ponte si trasformò in un marasma<br />

<strong>di</strong> braccia e <strong>di</strong> gambe e <strong>di</strong> corpi imbrattati d'olio.<br />

Questor Thews or<strong>di</strong>nò che venissero nuovamente chiusi i portoni, e il<br />

castello venne sigillato in maniera sommaria. La folla si trascino nuova-


mente sul prato al <strong>di</strong> là del lago, imprecando e minacciando gli abitanti del<br />

castello a ogni passo. «Non è finita qui! Aspettate e vedrete, Questor<br />

Thews! Aspettate che arrivino i signori del Greensward! Allora sì che saranno<br />

guai per voi!»<br />

Una verità innegabile, assentì Questor Thews fra sé, solo che non vi era<br />

nulla che potesse fare per impe<strong>di</strong>rlo. Così, <strong>di</strong>verse ore dopo, mentre il<br />

giorno si trasformava lentamente nella notte, si ritrovarono ancora lì ad aspettare,<br />

cercando <strong>di</strong> indovinare chi sarebbe giunto per primo, se Kallendbor<br />

o il tramonto.<br />

A quanto pareva, il tramonto sembrava avere le possibilità maggiori. Il<br />

cielo orientale era già scuro, e quello occidentale stava assumendo una tinta<br />

dorata. A nord già si intravedevano <strong>di</strong>verse lune, che si innalzavano lentamente<br />

verso le stelle ottemperando al loro solito ciclo. Non vi era alcun<br />

segno <strong>di</strong> Kallendbor o dei signori del Greensward, nessun grido che annunciasse<br />

il loro arrivo, nessun polverone sulle colline circostanti che in<strong>di</strong>casse<br />

l'avvicinarsi <strong>di</strong> un esercito, nessuno scalpitare <strong>di</strong> zoccoli, nessun<br />

clangore <strong>di</strong> armature. A quanto pareva, se vi dovevano essere altri guai sarebbero<br />

stati rimandati al mattino seguente.<br />

Abernathy lo sperava con tutto il cuore. Era stato molto <strong>di</strong>fficile per lui<br />

raccontare a Questor Thews il modo in cui era stato ingannato da Horris<br />

Kew. Ammettere che era stato fuorviato fino al punto <strong>di</strong> aiutare il mago a<br />

<strong>di</strong>stribuire i maledetti cristalli dell'occhio della mente alla popolazione <strong>di</strong><br />

Landover, contribuendo così all'insorgere <strong>di</strong> quella terribile situazione era<br />

stato per lui doloroso come cavarsi un dente. Lui stesso stava ancora soffrendo<br />

per la per<strong>di</strong>ta del suo cristallo e delle visioni che gli forniva, e alla<br />

fine aveva detto anche questo a Questor Thews. Tanto valeva ammettere<br />

tutto, aveva deciso. Tanto, arrivati a quel punto, che <strong>di</strong>fferenza poteva fare?<br />

Questor però aveva reagito in maniera straor<strong>di</strong>nariamente comprensiva.<br />

Niente <strong>di</strong> male, aveva detto. Non posso darti colpe, perché probabilmente<br />

se fossi stato in te avrei fatto la stessa cosa. Anzi, arrivò fino al punto <strong>di</strong><br />

ringraziare Abernathy per aver messo da parte i suoi interessi personali in<br />

favore del benessere del regno <strong>di</strong> Landover e soprattutto <strong>di</strong> Ben Holiday.<br />

«Sono stato sciocco almeno quanto te» <strong>di</strong>chiarò con tono solenne, i suoi<br />

capelli ispi<strong>di</strong> che spuntavano da tutte le parti come le spine <strong>di</strong> un istrice.<br />

«Anch'io mi sono fidato ingenuamente della parola <strong>di</strong> Horris Kew. Non ho<br />

messo in dubbio nemmeno per un attimo il valore dei cristalli che ci ha of-


ferti. Mi sembravano la risposta ideale al nostro problema. Anzi, se devo<br />

<strong>di</strong>rti la verità, stavo quasi per chiedergliene uno per me.»<br />

«Ma alla fine non lo hai fatto» osservò Abernathy con tono triste. «Io<br />

invece non ho scuse.»<br />

«Sciocchezze!» Questor scosse il capo con veemenza. «Ti ho praticamente<br />

costretto a guardarci dentro per provarli. Avrei potuto provarlo anche<br />

io stesso, ma ho lasciato che fossi tu a correre il rischio. E in ogni caso,<br />

non molto tempo fa mi trovavo in una situazione analoga alla tua, vecchio<br />

amico mio. Sono stato io a evocare la magia che ha mandato te e il<br />

medaglione del Re nel suo vecchio mondo. No, tu non hai alcuna colpa in<br />

questa faccenda.»<br />

Queste parole però non aiutarono Abernathy a sentirsi meglio per quanto<br />

aveva fatto. Certo, apprezzava che il Mago <strong>di</strong> Corte stesse tentando <strong>di</strong> farlo<br />

sentire un po' meno colpevole, ma l'unica cosa che lo avrebbe realmente<br />

rallegrato sarebbe stato scoprire dove era andato a finire Ben Holiday.<br />

Questor aveva fatto uso del Landsview quel mattino stesso, Bunion aveva<br />

controllato la campagna circostante ancora una volta, ma nessuno era riuscito<br />

a scoprire nulla <strong>di</strong> nuovo. Dovunque si trovasse Ben Holiday, era ben<br />

nascosto. Abernathy non desiderava altro che mettere i denti su quello sconosciuto<br />

dal mantello nero e dargli un morso sull'orecchio o da qualche altra<br />

parte. Si vergognava un po' del fatto che il suo lato animale stesse venendo<br />

fuori a quel modo, ma allo stesso tempo era <strong>di</strong>sposto a tutto pur <strong>di</strong><br />

re<strong>di</strong>mersi per i danni che aveva causato.<br />

«Ahi, ahi» <strong>di</strong>sse Questor Thews improvvisamente, ponendo fine alle<br />

me<strong>di</strong>tazioni dello scrivano. «Guarda un po' lì.»<br />

Abernathy guardò. Un gruppo <strong>di</strong> uomini era appena emerso dai boschi a<br />

occidente trasportando un enorme tronco d'albero che era stato tagliato a<br />

mo' <strong>di</strong> rostro. Scesero giù per la collina con il tronco, avvicinandosi al lago.<br />

Cantavano e sbuffavano, e vennero subito circondati da migliaia <strong>di</strong><br />

persone che li acclamarono con gioia.<br />

«Non posso credere che facciano sul serio» mormorò il mago.<br />

Ma naturalmente, facevano sul serio. Eccome. Erano trenta o più, metà<br />

da una parte del loro ariete improvvisato e metà dall'altra, e si stavano avvicinando<br />

lentamente al ponte. La gente che li circondava si era lasciata<br />

prendere dall'entusiasmo, agitando pugni minacciosi in <strong>di</strong>rezione del castello.<br />

«Ehi, voi!» gridò Questor Thews, facendo svolazzare i suoi capelli bianchi.<br />

«Fermatevi subito! Posate quel tronco!»


Ma nessuno lo sentì; stavano gridando troppo forte, esaltati dall'idea <strong>di</strong><br />

poter riuscire nel loro intento. La banda <strong>di</strong> uomini con l'ariete arrivò fino al<br />

ponte, dove aumentarono la loro velocità e si lanciarono alla carica, urlando<br />

come dei pazzi.<br />

Questor Thews si tirò su nuovamente le maniche della tunica. «Ora vedremo!»<br />

borbottò con tono furioso.<br />

Abernathy rimase impietrito al suo posto. Che cosa doveva fare? Le sue<br />

orecchie si contrassero in maniera spasmo<strong>di</strong>ca; emise un ringhio.<br />

Gli uomini sul ponte si produssero nel loro ultimo sforzo e piombarono<br />

sul portone del castello a tutta velocità. Si udì uno schianto mostruoso <strong>di</strong><br />

legna frantumata. Gli uomini e il loro rostro rimbalzarono in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

qualche metro, finendo a gambe all'aria sul ponte Abernathy ebbe l'impressione<br />

<strong>di</strong> sentire il riverbero del botto sotto ai pie<strong>di</strong> mentre si portava le mani<br />

alla bocca e si rannicchiava in una posizione <strong>di</strong>fensiva.<br />

«Va bene, allora!» esclamò Questor Thews, sollevando le braccia e facendo<br />

svolazzare selvaggiamente le maniche della sua tunica. A quanto<br />

pareva, stava per fare qualcosa. Era pronto a colpire. Una luce bianca apparve<br />

sulle punte delle sue <strong>di</strong>ta. Abernathy strinse i denti. Stava per accadere<br />

qualcosa <strong>di</strong> brutto, lo sentiva.<br />

Gli uomini sul ponte si rialzarono, ripresero il loro rostro e si lanciarono<br />

nuovamente alla carica, per nulla intimoriti dai gesti del Mago <strong>di</strong> Corte.<br />

Questor fece mulinare le braccia in maniera selvaggia. Troppo selvaggia.<br />

Stava facendo uno sforzo tale per evocare il suo incantesimo che perse<br />

l'equilibrio. Quando tentò <strong>di</strong> riprenderlo, inciampò sulla sua lunga tunica,<br />

piombando in avanti verso i merli delle mura. Abernathy si tuffò verso <strong>di</strong><br />

lui per impe<strong>di</strong>re che cadesse giù, e in quel preciso istante l'incantesimo<br />

partì dalle <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Questor e piombò sulla folla. A giu<strong>di</strong>care dal suono che<br />

uscì dalle labbra del mago, Abernathy capì che stava per accadere qualcosa<br />

<strong>di</strong> inaspettato.<br />

E non aveva torto. L'incantesimo piombò sul ponte come una pioggia<br />

d'argento, soave e delicata. Forse Questor aveva voluto mandare un lampo<br />

per <strong>di</strong>sperdere gli uomini con il tronco. O forse un'altra dose <strong>di</strong> olio. Ma<br />

invece il risultato fu tutt'altro. La magia atterrò sul ponte e venne imme<strong>di</strong>atamente<br />

assorbita dalla superficie <strong>di</strong> legno come fosse acqua buttata sulla<br />

sabbia; un attimo dopo il ponte stesso ebbe un fremito e si inarcò come un<br />

serpente addormentato risvegliato <strong>di</strong> soprassalto. Gli uomini del rostro<br />

piombarono nuovamente a gambe all'aria, a pochi metri dal loro obiettivo,<br />

bestemmiando e imprecando. Il ponte si contorse in maniera selvaggia,


lanciando gli uomini <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là come fossero bambole <strong>di</strong> pezza. Il rostro<br />

volò per aria con un'ampia parabola e cadde nelle profon<strong>di</strong>tà del lago.<br />

Gli uomini gridarono e imprecarono. Questor e Abernathy si strinsero l'un<br />

l'altro mentre fissavano la scena a bocca aperta. Ora il ponte si stava contorcendo;<br />

si staccò dal castello e dalla sponda opposta e iniziò ad avvolgersi<br />

su se stesso. I pochi che vi erano rimasti attaccati si tuffarono nel lago<br />

senza pensarci due volte. Le assi si incrinarono e si spezzarono. I chio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

ferro schizzarono via. Il ponte si sollevò inarcandosi per l'ultima volta,<br />

come un serpente che spunta dal profondo del mare, quin<strong>di</strong> si spezzò in<br />

mille frammenti e cadde nel lago, scomparendo del tutto.<br />

Seguì un lungo momento <strong>di</strong> silenzio. Gli uomini che si erano trovati sul<br />

ponte stavano guadagnando la riva con l'aiuto <strong>di</strong> amici e parenti. Il resto<br />

della folla era rimasta sulla sponda del lago e fissava ancora allibita il punto<br />

in cui era stato il ponte. Le acque del lago ribollivano come un pentolone<br />

<strong>di</strong> minestra calda.<br />

Questor rivolse lo sguardo verso Abernathy e sbatté le palpebre «Ma<br />

guarda un po'!» <strong>di</strong>sse.<br />

Venne il tramonto, e non vi furono altri incidenti. Evidentemente la folla<br />

ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, e ora si stavano de<strong>di</strong>cando alla<br />

preparazione <strong>di</strong> fuochi e alla ricerca <strong>di</strong> cibo. Con la scomparsa del ponte e<br />

<strong>di</strong> ogni possibile accesso al castello, ora Sterling Silver era veramente un'isola<br />

in mezzo a un lago. Non vi era modo <strong>di</strong> raggiungere il portone se non<br />

a nuoto, e la maggior parte della gente presente non sapeva nuotare e provava<br />

comunque una certa repulsione naturale nei confronti dell'acqua.<br />

Questor avrebbe voluto congratularsi con se stesso per l'ottimo incantesimo,<br />

ma si trattenne dal farlo. Sia lui sia Abernathy sapevano bene che si<br />

era trattato <strong>di</strong> un vero e proprio colpo <strong>di</strong> fortuna.<br />

Nel frattempo, Abernathy era tornato alle sue me<strong>di</strong>tazioni, e si stava<br />

domandando come avrebbero mai fatto a togliersi da quell'impiccio senza<br />

l'aiuto <strong>di</strong> Holiday.<br />

Vi era ancora un poco <strong>di</strong> luce quando, nonostante le speranze segrete <strong>di</strong><br />

Questor e Abernathy, Kallendbor e il suo ben nutrito esercito apparvero e<br />

presero posizione davanti alle porte del castello. I conta<strong>di</strong>ni e i popolani<br />

vennero spintonati da un lato per far posto ai soldati e al loro leader. Accanto<br />

a Kallendbor vi erano Horris Kew e il suo uccello, il primo che passeggiava<br />

nervosamente qua e là, il secondo appollaiato sulla sua spalla<br />

come il proverbiale uccello del malaugurio. Abernathy li osservò con aria


tetra. Erano loro la causa <strong>di</strong> tutto ciò, pensò con rabbia. Horris Kew e il<br />

suo maledetto uccello. Se solo fossero stati a portata <strong>di</strong> mano, pensò... Se<br />

solo fosse riuscito ad averli fra le mani per cinque secon<strong>di</strong>... L'immagine<br />

della scena si formò nella sua mente.<br />

Non vi era traccia dello sconosciuto dal mantello nero. Questor e Abernathy<br />

scrutarono fra la folla alla sua ricerca, ma senza successo. Poteva<br />

darsi che fosse rimasto nel Greensward, ma entrambi lo dubitavano fortemente.<br />

Cadde l'oscurità, scomparve il sole e i falò si stagliarono sul buio fitto.<br />

Diverse sentinelle presero posizione sulle sponde del lago, piazzandosi in<br />

maniera ben evidente affinché coloro che si trovavano all'interno del castello<br />

si rendessero conto che si trattava <strong>di</strong> un vero e proprio asse<strong>di</strong>o. Questor<br />

e Abernathy rimasero sulle mura, nello stesso punto in cui avevano<br />

passato l'intera giornata, e rifletterono.<br />

«Cosa possiamo fare?» mormorò Abernathy con tono sconsolato.<br />

Da basso, l'accampamento era piuttosto movimentato. La gente si muoveva<br />

a fatica nella calca, e si sentiva odore <strong>di</strong> carne arrostita. Giravano anche<br />

boccali <strong>di</strong> birra, e nel giro <strong>di</strong> poco tempo le risate <strong>di</strong>vennero sempre<br />

più forti e roche.<br />

«Un vero e proprio picnic, non è vero?» <strong>di</strong>sse Questor con tono irritato.<br />

Poi, improvvisamente, trasalì. «Abernathy, guarda lì!»<br />

Abernathy guardò. Kallendbor era in pie<strong>di</strong> sulla sponda del lago assieme<br />

a Horris Kew e all'uccello. Al loro fianco era apparso lo sconosciuto dal<br />

mantello nero, impudente e sfacciato come pochi. Il gruppetto era staccato<br />

dalla folla, e stava osservando il castello dalla parte opposta del lago.<br />

«Stanno facendo i loro piani per domani, immagino» <strong>di</strong>sse<br />

Questor. Scosse il capo con fare rassegnato. «Be', ne ho avuto abbastanza.<br />

Vado su a prendere il Landsview per vedere se riesco a scoprire qualche<br />

novità su Holiday. Scruterò ancora una volta il territorio, sperando che<br />

questa volta ottenga qualche frutto.» Fece un gesto <strong>di</strong> saluto e si allontanò.<br />

«Qualsiasi cosa è meglio che stare qui a guardare questi i<strong>di</strong>oti.»<br />

Si allontanò fra il fruscio della sua tunica grigia, lasciando Abernathy a<br />

fare la guar<strong>di</strong>a da solo. Riflettendo sulle ingiustizie della vita e sulla stupi<strong>di</strong>tà<br />

degli uomini trasformati in cani, domandandosi nuovamente che cosa<br />

potesse fare per re<strong>di</strong>mersi, Abernathy rimase sul posto nonostante Questor<br />

avesse <strong>di</strong>chiarato che si trattava <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo. Finché si trovava<br />

asse<strong>di</strong>ato all'interno del castello, pensò, vi era ben poco che potesse fare.<br />

Pensò per un attimo <strong>di</strong> attraversare il lago a nuoto e <strong>di</strong> piombare <strong>di</strong> sorpre-


sa su Horris Kew e il suo uccello, ma si rese conto che un gesto simile sarebbe<br />

servito solo a farlo catturare, o peggio.<br />

Sulla sponda opposta, Kallendbor, lo straniero, Horris Kew e l'uccello<br />

continuavano a parlottare fra loro nella notte con fare cospiratorio.<br />

Abernathy stava tentando senza successo <strong>di</strong> leggere le loro labbra, quando<br />

un suono alle sue spalle lo fece sobbalzare. Due guar<strong>di</strong>e del castello erano<br />

apparse dalle scale e tenevano in mano due piccole figure dall'aria<br />

sporca che si agitavano in continuazione.<br />

«Grande Alto Signore!» gemette uno con tono pietoso.<br />

«Possente Alto Signore» gemette l'altro.<br />

Ecco, pensò Abernathy mentre i due venivano portati verso <strong>di</strong> lui. Proprio<br />

quando pensi che la situazione non possa <strong>di</strong>ventare peggiore <strong>di</strong> quanto<br />

non sia già, puntualmente lo <strong>di</strong>venta. Non ci potevano essere dubbi su chi<br />

fossero quei due; i corpi nerboruti, pelosi e incrostati <strong>di</strong> terra, i visi barbuti<br />

da furetto con le orecchie appuntite e i nasi umi<strong>di</strong>, gli abiti che sembravano<br />

scarti dei conta<strong>di</strong>ni più poveri, adornati in maniera ri<strong>di</strong>cola da copricapo <strong>di</strong><br />

cuoio e da piume colorate. Erano familiari e sgra<strong>di</strong>ti quanto il peggiore gelo<br />

invernale o il più insopportabile dei cal<strong>di</strong> estivi, visitatori inevitabili che<br />

andavano e venivano assai più spesso dei suddetti fenomeni stagionali. Erano<br />

gli Gnomi Va'Via, gli esseri più <strong>di</strong>sprezzati dell'intero regno <strong>di</strong> Landover,<br />

gli ultimi degli ultimi nella scala evolutiva. Erano furfanti e ladruncoli<br />

che vivevano alla giornata approfittandosi della <strong>di</strong>strazione o dell'ignoranza<br />

del prossimo. Erano quel genere <strong>di</strong> creatura che spazzava via<br />

qualsiasi cosa trovasse, ripulendo qualsiasi cosa avanzata dagli altri... Solo<br />

che gli Gnomi Va'Via tendevano spesso a ripulire anche cose che non erano<br />

state esattamente lasciate lì da buttare. Amavano in maniera particolare<br />

i gatti domestici, cosa che andava benissimo ad Abernathy, e anche i cani,<br />

cosa che gli andava decisamente meno bene.<br />

Questi due gnomi in particolare, poi, rappresentavano da sempre un tormento<br />

costante per tutti i membri della corte <strong>di</strong> Ben Holiday. Da quando si<br />

erano presentati inaspettatamente circa tre anni prima per giurare fedeltà al<br />

trono, erano sempre stati fra i pie<strong>di</strong>, in un modo o nell'altro. E ora eccoli <strong>di</strong><br />

nuovo lì, i soliti due scocciatori, pronti nel loro ennesimo tentativo <strong>di</strong> rendere<br />

miserabile la vita <strong>di</strong> Abernathy.<br />

Filip e Sot si fecero piccoli per la paura alla vista dello Scrivano <strong>di</strong> Corte.<br />

Si aspettavano infatti <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a Holiday, che perlomeno era<br />

<strong>di</strong>sposto a tollerarli. Abernathy, al contrario, non provava alcuna tenerezza<br />

nei loro confronti.


«Dov'è l'Alto Signore?» domandò subito Filip.<br />

«Sì, dov'è il Re?» gli fece eco Sot.<br />

«Li abbiamo trovati nella camera da letto del Re» <strong>di</strong>chiarò una delle<br />

guar<strong>di</strong>e dando uno scossone a Filip nel tentativo <strong>di</strong> porre fine al suo continuo<br />

agitarsi. Lo gnomo emise un gridolino piagnucoloso. «Stavano rubacchiando,<br />

immagino.»<br />

«No, mai!» esclamò Filip.<br />

«Non ruberemmo mai all'Alto Signore!» ribadì Sot.<br />

Abernathy sentì che stava per venirgli il mal <strong>di</strong> testa. «Posateli a terra»<br />

or<strong>di</strong>nò alle guar<strong>di</strong>e con un sospiro.<br />

Le guar<strong>di</strong>e li lasciarono cadere sul pavimento <strong>di</strong> pietra. Gli gnomi caddero<br />

in ginocchio, prosternandosi in maniera pietosa.<br />

«Grande Scrivano <strong>di</strong> Corte!»<br />

«Possente Scrivano <strong>di</strong> Corte!»<br />

Abernathy si massaggiò le tempie. «Piantatela!» Congedò le guar<strong>di</strong>e e<br />

fece cenno agli gnomi <strong>di</strong> alzarsi in pie<strong>di</strong>. I due si alzarono con fare esitante,<br />

guardandosi attorno con aria preoccupata, forse pensando che li attendesse<br />

qualche terribile sorte, forse pensando <strong>di</strong> trovare un modo per fuggire.<br />

Abernathy li osservò con aria stanca. «Che cosa volete?» sbottò improvvisamente.<br />

Gli Gnomi Va'Via si scambiarono uno sguardo.<br />

«Vogliamo vedere l'Alto Signore» rispose Filip con tono poco convinto.<br />

«Vogliamo parlare con l'Alto Signore» assentì Sot.<br />

Erano dei pessimi mentitori, e Abernathy capì subito che le loro risposte<br />

erano state evasive. La sua giornata era stata particolarmente lunga e dura,<br />

e non aveva nessuna voglia <strong>di</strong> perdere altro tempo in sciocchezze.<br />

«Avete per caso mangiato qualche animale randagio ultimamente?» domandò<br />

con tono suadente, protendendosi in avanti affinché vedessero i<br />

suoi denti affilati.<br />

«Oh, no, noi non faremmo mai una cosa simile...»<br />

«Solo verdure, ve lo garantiamo...»<br />

«Perché dovete sapere che <strong>di</strong> tanto in tanto mi viene il desiderio <strong>di</strong> mangiarmi<br />

uno gnomo arrosto» li interruppe Abernathy volutamente. I due<br />

gnomi rimasero immobili come pietre. «E ora <strong>di</strong>temi la verità, altrimenti<br />

non mi ritengo responsabile per ciò che potrebbe accadere!»


Filip deglutì rumorosamente. «Volevamo solo un cristallo dell'occhio<br />

della mente» rispose con tono <strong>di</strong>messo. Sot annuì. «Ce l'hanno tutti, tranne<br />

che noi.»<br />

«Ne vogliamo solo uno.»<br />

«Sì, uno solo.»<br />

«Non ci sembra <strong>di</strong> chiedere molto.»<br />

«Già, non è molto.»<br />

Abernathy provò il desiderio <strong>di</strong> ucciderli. Possibile che questa sciocchezza<br />

non avesse fine? «Ora ascoltatemi bene» <strong>di</strong>sse, e la sua voce era<br />

quella <strong>di</strong> una persona decisamente seria. I due incontrarono il suo sguardo<br />

con una certa riluttanza. «Qui non vi sono cristalli dell'occhio della mente.<br />

Non ce n'è nemmeno uno. Non ce ne sono mai stati. E se dovesse <strong>di</strong>pendere<br />

da me, non ce ne saranno mai!» Arrivò quasi a pentirsi <strong>di</strong> questa sua ultima<br />

<strong>di</strong>chiarazione, ma poi decise che la pensava veramente così. Allungò<br />

le mani e li afferrò entrambi per le loro braccine esili e nodose. «Venite<br />

qui.»<br />

Li trascinò fino alle mura, ignorando le lamentele e le grida <strong>di</strong> supplica<br />

dei due, che erano convinti che li volesse buttare giù. «Guardate là fuori!»<br />

sbottò Abernathy con rabbia. «Avanti guardate!» I due guardarono. «Lo<br />

vedete quell'uomo con l'uccello? Quello accanto a Kallendbor? Accanto a<br />

quel tizio con il mantello nero?»<br />

Ebbero un attimo <strong>di</strong> esitazione, poi annuirono contemporaneamente,<br />

come un sol gnomo.<br />

«Quello» <strong>di</strong>chiarò Abernathy con tono trionfante «è colui che possiede i<br />

cristalli. Perché non andate a parlare con lui?»<br />

A quel punto li lasciò andare e si fece in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> un passo, appoggiando<br />

le mani ai suoi fianchi canini. Gli Gnomi Va'Via si guardarono con aria<br />

dubbiosa, quin<strong>di</strong> guardarono nuovamente Horris Kew, poi Abernathy.<br />

«Non ci sono cristalli qui?» domandò Filip con tono deluso.<br />

«Nemmeno uno?» insistette Sot.<br />

Abernathy scosse il capo. «Avete la mia parola solenne <strong>di</strong> Scrivano <strong>di</strong><br />

Corte e servo del Re. Se vi sono ancora cristalli in giro, l'unico che può averli<br />

è quell'uomo laggiù.»<br />

Filip e Sot si passarono le <strong>di</strong>ta incrostate <strong>di</strong> terra sulle narici umide e sugli<br />

occhi lacrimosi e presero a osservare il mago con crescente interesse.<br />

Tirarono su col naso in maniera ansiosa e fecero lavorare le mascelle. Arretrarono<br />

<strong>di</strong> un passo.


«In questo caso, andremo a parlargli» <strong>di</strong>chiarò Filip, prendendo come al<br />

solito l'iniziativa.<br />

«Sì, lo faremo» ribadì Sot.<br />

Si voltarono, e si <strong>di</strong>ressero verso le scale. Pur non volendolo, Abernathy<br />

non riuscì a trattenersi dal chiamarli. «Aspettate!» <strong>di</strong>sse. «Aspettate un attimo.»<br />

Si avvicinò agli gnomi. Non che se lo meritassero, ma non poteva<br />

lasciarli andare così, senza nemmeno avvertirli. «Ascoltatemi. Quella gente,<br />

soprattutto quello vestito <strong>di</strong> nero, è molto pericolosa. Non potete andare<br />

semplicemente lì da loro a chiedere i cristalli. È molto probabile che vi<br />

facciano a fettine se fate una cosa simile.»<br />

Filip e Sot si scambiarono un'occhiata.<br />

«Staremo molto attenti» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Molto» fece eco Sot.<br />

Si voltarono <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong>rigendosi verso le scale.<br />

«Aspettate!» li bloccò nuovamente Abernathy. Gli era appena venuta in<br />

mente una cosa, una cosa che non aveva pensato in precedenza. Gli Gnomi<br />

Va'Via si voltarono. «Come avete fatto a entra re?» domandò loro con tono<br />

sospettoso. «Non avete attraversato il ponte, e non avete l'aria <strong>di</strong> quelli che<br />

sono venuti a nuoto. Come avete fatto a entrare?»<br />

I due si scambiarono un altro dei loro frequenti sguar<strong>di</strong> furtivi. Nessuno<br />

dei due <strong>di</strong>sse nulla.<br />

Abernathy fece qualche passo avanti e si chinò su <strong>di</strong> loro. «Vi siete scavati<br />

un cunicolo, non è vero?» Filip si morse il labbro. Sot serrò la mascella.<br />

«Non è forse così?»<br />

I due annuirono. Con riluttanza.<br />

«Avete scavato un tunnel fin dalla sponda opposta del lago?» Abernathy<br />

stentava a crederci.<br />

Filip fece il broncio. «Dalla foresta, in verità.»<br />

Sot si imbronciò ancor <strong>di</strong> più. «Da <strong>di</strong>etro gli alberi.»<br />

Abernathy li fissò allibito. «E come avete fatto? Un'impresa simile richiede<br />

giorni, settimane intere...» Si bloccò. «Aspettate un attimo. Da<br />

quanto tempo esiste questo vostro tunnel?»<br />

«Da un po'» mormorò Filip, grattando nervosamente il pavimento <strong>di</strong> pietra<br />

con il suo piede artigliato.<br />

«E dove sbuca questo tunnel?»<br />

Seguì un'altra pausa, più lunga della precedente. «Nella <strong>di</strong>spensa della<br />

cucina» ammise infine Sot.


Abernathy tornò in posizione eretta. Il ricordo <strong>di</strong> voci <strong>di</strong> sparizioni <strong>di</strong><br />

provviste dalla <strong>di</strong>spensa affiorò nella sua mente come un pesce morto al<br />

chiaro <strong>di</strong> luna. Erano stati accusati gli sguatteri dei cuochi, e non solo loro,<br />

ma non si era mai arrivati a scoprire i veri colpevoli <strong>di</strong> quei furtarelli.<br />

«Ma bene» <strong>di</strong>sse a bassa voce, tirando fuori le parole lentamente, come<br />

fossero un cappio da forca. «La <strong>di</strong>spensa della cucina.»<br />

Filip e Sot si fecero piccoli piccoli, aspettando l'arrivo del colpo. Ma<br />

Abernathy non li stava nemmeno guardando. Il suo sguardo era rivolto altrove,<br />

verso le mura, il lago e la foresta. Non stava affatto considerando<br />

come punire gli Gnomi Va'Via; stava pensando piuttosto alla sua vendetta<br />

nei confronti <strong>di</strong> Horris Kew. Mentre il bagliore dei falò si rifletteva sulla<br />

superficie lucida <strong>di</strong> Sterling Silver, Abernathy me<strong>di</strong>tò su una decisione che<br />

avrebbe potuto portare alla sua redenzione o alla sua morte.<br />

Prese la sua decisione nel giro <strong>di</strong> un attimo.<br />

Si chinò nuovamente verso gli gnomi. «Questo vostro tunnel è abbastanza<br />

grande per me?»<br />

L'Ora degli Gnomi<br />

Per sua natura, Abernathy non era assolutamente un tipo avventato o anche<br />

lontanamente portato ad avventure dall'esito impreve<strong>di</strong>bile. Così, fu<br />

con una certa sorpresa che si ritrovò davanti allo stretto tunnel scavato da<br />

Filip e Sot nell'angolo più remoto della <strong>di</strong>spensa con l'idea <strong>di</strong> infilarvicisi<br />

dentro e percorrere tutta la sua lunghezza, passando sotto alle linee degli<br />

asse<strong>di</strong>anti nell'assurda speranza <strong>di</strong> riuscire a catturare ed estorcere informazioni<br />

a Horris Kew. Ciò che lo <strong>di</strong>sturbava non era il fatto che non si<br />

rendesse conto <strong>di</strong> ciò che stesse facendo o che stesse sottovalutando il pericolo<br />

<strong>di</strong> una simile impresa; ciò che lo <strong>di</strong>sturbava realmente era molto più<br />

semplicemente il fatto che avesse anche solo preso in considerazione una<br />

follia simile.<br />

Si consolò decidendo che si trattava del suo lato canino che aveva preso<br />

il sopravvento, e che quin<strong>di</strong> la colpa andava attribuita tutta a Questor<br />

Thews.<br />

Il Mago <strong>di</strong> Corte non aveva la minima idea <strong>di</strong> ciò che stava per fare Abernathy.<br />

Se lo avesse saputo, lo avrebbe fermato imme<strong>di</strong>atamente oppure<br />

avrebbe insistito per accompagnarlo, due cose che Abernathy non poteva<br />

assolutamente accettare. Dopotutto, era lui che doveva rimettere le cose a<br />

posto, era suo l'orgoglio <strong>di</strong> re<strong>di</strong>mere i suoi sbagli, era la sua stima in se


stesso quella che andava riguadagnata. Inoltre, era necessario che Questor<br />

rimanesse lì dov'era, all'interno delle mura del castello, dove avrebbe potuto<br />

almeno offrire una sembianza <strong>di</strong> resistenza contro l'inevitabile assalto <strong>di</strong><br />

Kallendbor e del suo esercito. La magia <strong>di</strong> Questor poteva anche essere inaffidabile,<br />

ma era pur sempre una forza con la quale si sarebbero dovuti<br />

confrontare; come minimo avrebbe ritardato l'attacco degli assalitori del<br />

castello.<br />

Nel frattempo, almeno così sperava, Abernathy avrebbe tentato <strong>di</strong> scoprire<br />

che cosa ne era stato <strong>di</strong> Ben Holiday.<br />

Il tunnel era talmente stretto che fu costretto a togliersi i vestiti per entrarvi,<br />

ma lo Scrivano <strong>di</strong> Corte era <strong>di</strong>sposto a sopportare anche questa indegnità.<br />

In fondo gli Gnomi Va'Via lo avevano costruito per loro, e non<br />

certo per lui. I cuochi e gli inservienti che lavoravano in cucina erano stati<br />

assegnati ad altri compiti senza alcuna spiegazione. Nella penombra della<br />

<strong>di</strong>spensa, Abernathy si tolse gli abiti e rifletté per un attimo su ciò che stava<br />

per fare. Questa volta però non pensò a Horris Kew e al suo uccello, a<br />

Kallendbor o allo sconosciuto dal mantello nero. Quei pericoli li aveva già<br />

valutati ripetutamente. Pensò invece all'idea <strong>di</strong> mettersi nelle mani - o ad<strong>di</strong>rittura<br />

nei denti - <strong>di</strong> Filip e Sot; come alleati erano quantomeno inaffidabili,<br />

vista la loro fama <strong>di</strong> saccheggiatori e <strong>di</strong>voratori <strong>di</strong> gatti e cani. Abernathy<br />

aveva la certezza del fatto che, se ne avessero avuta la possibilità, i<br />

due gnomi non avrebbero esitato un attimo a mangiarlo. Perché no? In<br />

fondo faceva parte della loro natura, no? E dato che era così, Abernathy<br />

doveva fornire loro un ottimo motivo per non fare una cosa del genere.<br />

Decise quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare appello all'unica virtù <strong>di</strong> carattere che si sentiva <strong>di</strong><br />

concedere a Filip e Sot.<br />

«Ascoltatemi attentamente» <strong>di</strong>sse, accovacciandosi nudo all'ingresso del<br />

tunnel, cercando <strong>di</strong> apparire il meno ri<strong>di</strong>colo possibile. «C'è una cosa molto<br />

importante che non vi ho ancora detto.»<br />

Ciò che stiamo facendo è <strong>di</strong> vitale importanza per il benessere dell'Alto<br />

Signore. Non abbiamo ancora <strong>di</strong>ffuso la notizia, ma il nostro Re è scomparso.<br />

Non si hanno tracce <strong>di</strong> lui da <strong>di</strong>verso tempo or mai. E quegli uomini<br />

là fuori, quello dei cristalli e quell'altro col mantello nero, sono gli unici<br />

che sanno dove si trova. Ho già in men te un piano per salvare Holiday, ma<br />

ho bisogno del vostro aiuto per realizzarlo. Voi ci tenete a salvare l'Alto<br />

Signore, non è vero?<br />

«Oh, sì!» <strong>di</strong>chiarò Filip.<br />

«Ma certo!» puntualizzò Sot.


Annuirono con un vigore tale che Abernathy temette che le loro teste potessero<br />

staccarsi. Stava rivelando loro una verità che non aveva rivelato a<br />

nessuno, ma lo stava facendo per una buona causa. L'unica cosa sulla quale<br />

poteva contare ciecamente per quanto riguardava gli Gnomi Va'Via era la<br />

loro completa lealtà nei confronti dell'Alto Signore. Questa infatti era stata<br />

incisa nella pietra fin dal loro primo incontro, in occasione del quale Ben<br />

Holiday aveva fatto ciò che nessun altro aveva mai nemmeno preso in considerazione;<br />

convinto del fatto che un Re dovesse servire tutti i suoi sud<strong>di</strong>ti<br />

senza <strong>di</strong>stinzioni, li aveva salvati nonostante fossero stati scoperti in atteggiamento<br />

a <strong>di</strong>r poco equivoco. Aveva salvato le loro vite, e loro non se l'erano<br />

mai <strong>di</strong>menticato. Continuavano a essere dei ladruncoli e si comportavano<br />

sempre in maniera irresponsabile, ma avrebbero fatto qualunque cosa<br />

per l'Alto Signore.<br />

E Abernathy contava su questo fatto. Ci contava moltissimo.<br />

«Quando avremo attraversato il tunnel» continuò «vi esporrò il mio piano.<br />

Ma dobbiamo lavorare assieme, perché è in gioco la vita del nostro<br />

Re.»<br />

«Puoi fidarti <strong>di</strong> noi» <strong>di</strong>sse Filip con tono orgoglioso.<br />

«Puoi» assentì Sot.<br />

Abernathy ci sperava. In fondo, anche la sua vita era in gioco.<br />

Si infilarono nel tunnel, Filip per primo, Abernathy secondo e Sot per ultimo.<br />

Vi si infilarono <strong>di</strong> testa, allungandosi in un passaggio <strong>di</strong> terra smossa<br />

immerso nell'oscurità più assoluta. Abernathy si rese conto che non vedeva<br />

assolutamente nulla. Sentiva Filip davanti a sé, e così non poté fare altro<br />

che seguire i suoni del piccolo gnomo. Alle sue spalle, Sot gli spingeva sui<br />

pie<strong>di</strong> per farlo accelerare. Le ra<strong>di</strong>ci gli grattavano la schiena e la pancia.<br />

Gli insetti gli si arrampicavano addosso in continuazione. In alcuni punti,<br />

l'umi<strong>di</strong>tà era tale da bagnarlo completamente e imbrattare il suo pelo. Ogni<br />

cosa aveva un odore pungente. Abernathy o<strong>di</strong>ava i tunnel. O<strong>di</strong>ava qualsiasi<br />

cosa che lo tenesse rinchiuso (un altro tratto canino, pensò), e non vedeva<br />

l'ora <strong>di</strong> uscire da quel luogo, ma strinse i denti e continuò. Ormai si era<br />

lanciato in quell'impresa, ed era determinato a portarla fino in fondo.<br />

Gli gnomi dovevano aver scavato il loro tunnel sotto il lago, e data la<br />

nota profon<strong>di</strong>tà dello stesso, Abernathy non riusciva ancora a capire come<br />

<strong>di</strong>avolo avessero fatto. A un certo punto, iniziò a immaginare che cosa sarebbe<br />

accaduto se le acque del lago avessero fatto breccia nel tunnel. Vide<br />

la scena nella sua mente. Il percorso sembrava non finire mai, e in più <strong>di</strong><br />

un'occasione lo Scrivano <strong>di</strong> Corte pensò <strong>di</strong> aver raggiunto il limite della


sua resistenza. Ciò nonostante, si rifiutava nella maniera più assoluta <strong>di</strong> rinunciare.<br />

Quando finalmente emerse dal tunnel <strong>di</strong>etro a un fitto <strong>di</strong> cespugli alle<br />

spalle delle linee degli asse<strong>di</strong>amenti e rivide le lune e le stelle nel cielo,<br />

Abernathy si spazzò <strong>di</strong> dosso la terra e gli insetti, inspirò profondamente e<br />

con grande gratitu<strong>di</strong>ne la fresca aria notturna, e si ripromise che, a prescindere<br />

da ciò che sarebbe accaduto da quel momento in avanti, non sarebbe<br />

assolutamente tornato a percorrere quel tunnel, per nessun motivo.<br />

Una volta ripresa la sua compostezza, seguì gli Gnomi Va'Via attraverso<br />

i cespugli e gli alberi fino a una collina dalla quale si poteva vedere il prato<br />

sul quale era accampato l'esercito improvvisato che cingeva d'asse<strong>di</strong>o Sterling<br />

Silver. I fuochi si stavano ormai spegnendo, e la maggior parte della<br />

gente stava dormendo tranquillamente sull'erba. Le sentinelle <strong>di</strong> Kallendbor<br />

pattugliavano ancora le sponde del lago e alcuni gruppi <strong>di</strong> uomini<br />

stavano sempre bevendo e cantando davanti ai loro fuochi, ma per il resto<br />

stavano dormendo quasi tutti. Abernathy scrutò nell'oscurità, de<strong>di</strong>cando<br />

una particolare attenzione alla riva del lago, alla ricerca <strong>di</strong> Horris Kew o<br />

dello sconosciuto dal mantello nero. Ma non vide nulla. Non riuscì nemmeno<br />

a in<strong>di</strong>viduare Kallendbor.<br />

«Che facciamo ora?» domandò Filip con tono ansioso.<br />

«Già, che cosa?» riecheggiò Sot.<br />

Abernathy non ne era sicuro. Si leccò il muso con aria pensierosa. In un<br />

modo o nell'altro, doveva trovare Horris Kew. Ma date le circostanze, come<br />

poteva fare? Tanto per iniziare, aveva l'aspetto <strong>di</strong> un cane, e senza i<br />

suoi abiti non poteva fare proprio nulla per nascondere questo fatto. Se<br />

fosse sceso giù nell'accampamento così com'era, lo avrebbero in<strong>di</strong>viduato<br />

imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Seppur con una certa riluttanza, fu costretto a rivolgersi agli gnomi.<br />

«Credete <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> scendere laggiù senza farvi notare e trovare<br />

l'uomo che vi ho mostrato dal castello, quello con l'uccello sulla spalla?»<br />

«L'uomo che possiede i cristalli dell'occhio della mente» annunciò Filip<br />

con tono vivace.<br />

«Proprio quello» enfatizzò Sot.<br />

Abernathy aveva sperato che si fossero <strong>di</strong>menticati i cristalli. Ciò che erano<br />

venuti a cercare era Ben Holiday, ed era risaputo che gli Gnomi<br />

Va'Via si <strong>di</strong>straevano facilmente dalle questioni importanti in favore <strong>di</strong> ciò<br />

che rientrava nei loro imme<strong>di</strong>ati interessi. La più grande paura <strong>di</strong> Aber-


nathy era proprio che si <strong>di</strong>straessero con altre cose. A quanto pareva, quegli<br />

esserini non riuscivano a farne a meno.<br />

«Possiamo trovarlo» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Facilmente» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

Abernathy emise un sospiro. «Va bene, provateci. Ma mi raccomando,<br />

dovete solo scoprire dove si trova e poi tornare imme<strong>di</strong>atamente da me per<br />

<strong>di</strong>rmelo. Poi vi <strong>di</strong>rò il mio piano. Non fate nient'altro, e non fatevi notare.<br />

Riuscite a ricordarvi queste cose?»<br />

«Sì, possiamo ricordare» <strong>di</strong>sse Filip, annuendo.<br />

«Facilmente» ripeté Sot.<br />

Scivolarono via nell'oscurità, scomparendo rapidamente dalla vista dello<br />

scrivano. Ricorderemo, avevano promesso. Abernathy desiderò tanto poterne<br />

essere sicuro.<br />

Non molto <strong>di</strong>stante, in un punto appartato dalla calca che affollava il<br />

prato, Horris Kew e Biggar sedevano nell'oscurità parlando fra loro a bassa<br />

voce. Horris era seduto sotto l'ombra <strong>di</strong> un acero dall'ampio fogliame che<br />

si protendeva dalla macchia in cima alla collina. Biggar era appollaiato sul<br />

tronco <strong>di</strong> un albero devastato da un fulmine che una volta era stato il compagno<br />

dell'acero. Horris era seduto con la schiena appoggiata al tronco<br />

dell'acero, mentre l'albero caduto con l'uccello appollaiato si trovava a poca<br />

<strong>di</strong>stanza dai suoi pie<strong>di</strong> allungati.<br />

«Sei un vigliacco, Horris» <strong>di</strong>sse l'uccello con tono <strong>di</strong>sgustato. «Non sei<br />

altro che un vile, codardo vigliacco. Non credevo che tu fossi veramente<br />

così.»<br />

«Sono semplicemente realista, Biggar.» Horris non aveva alcuna intenzione<br />

<strong>di</strong> farsi dare del vigliacco. «So rendermi conto <strong>di</strong> quando sono nei<br />

guai fino al collo, e questa è decisamente una <strong>di</strong> quelle occasioni.»<br />

Si trattava <strong>di</strong> un'ammissione piuttosto grave, ma non certo nuova per lui.<br />

Prima o poi, Horris Kew si trovava sempre immerso fino al collo nei problemi<br />

causati dalle sue macchinazioni. Il motivo per cui le sue idee non<br />

riuscivano mai come avrebbe voluto, il motivo per cui qualcosa andava<br />

sempre storto, era un mistero che lo lasciava tuttora perplesso. Tuttavia,<br />

era più che evidente che in questa occasione, come in tutte le altre occasioni<br />

precedenti, le cose avevano preso una piega decisamente pericolosa.<br />

Se n'era reso conto da quando il Gorse aveva manifestato la sua presenza<br />

davanti a Kallendbor e aveva istigato la marcia su Sterling Silver. Almeno<br />

da allora, si corresse. Forse in effetti ne era stato convinto fin dal principio,


vista la natura dell'essere con cui avevano a che fare. Il Gorse infatti si era<br />

rivelato esattamente come aveva detto Biggar fin dal principio; un mostro<br />

incre<strong>di</strong>bilmente potente il cui potere poteva ritorcersi contro <strong>di</strong> loro in<br />

qualsiasi momento. E ormai non vi erano più dubbi sul fatto che, prima o<br />

poi, sarebbe accaduto proprio questo. Da quando avevano intrapreso la<br />

marcia da Rhyndweir, Horris aveva iniziato a notare che il Gorse aveva<br />

sempre meno bisogno del suo aiuto. Tanto per iniziare, il mostro aveva ripreso<br />

la sua forma umana ed era in grado <strong>di</strong> camminare fra gli uomini, sia<br />

<strong>di</strong> notte sia <strong>di</strong> giorno. E questo significava che non aveva più bisogno <strong>di</strong><br />

affidarsi a Horris per sbrigare le sue faccende. Ma la cosa peggiore era che<br />

ora sembrava non accorgersi nemmeno della sua presenza. In occasione<br />

dell'asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sterling Silver, infatti, aveva preso a rivolgersi a Kallendbor<br />

come un suo pari, ignorando totalmente Horris e il suo uccello. Tutte le<br />

promesse sul ruolo che avrebbero avuto nel nuovo regno erano state pressoché<br />

<strong>di</strong>menticate. Non si era mai più parlato del fatto che Horris potesse<br />

<strong>di</strong>ventare il nuovo Re <strong>di</strong> Landover in sostituzione <strong>di</strong> Ben Holiday. Horris<br />

stava venendo messo da parte, e su questo non vi potevano essere dubbi.<br />

«Vuoi forse <strong>di</strong>rmi che hai intenzione <strong>di</strong> rinunciare ancora una volta a tutto<br />

quanto?» insistette l'uccello, <strong>di</strong>stogliendolo dalle sue amare riflessioni.<br />

«Andartene così, rinunciando all'occasione della tua vita? Che cosa ti sta<br />

succedendo? Credevo che avessi un po' più <strong>di</strong> spina dorsale!»<br />

Horris lo guardò in cagnesco. «Che cosa ti aspetti che faccia, Biggar?<br />

Che <strong>di</strong>ca a quel mostro che non mi piace il modo in cui mi sta trattando e<br />

che esigo ciò che mi spetta? Sarebbe decisamente interessante. Basandomi<br />

su quel che sappiamo, <strong>di</strong>rei che dovremmo solo ringraziare se riusciamo a<br />

uscire vivi da questo pasticcio, anche se teniamo la bocca chiusa!»<br />

Biggar sputò a terra, producendo un suono <strong>di</strong>sgustoso. «Puoi <strong>di</strong>rgli che<br />

vuoi <strong>di</strong>ventare Re, Horris! Puoi <strong>di</strong>rglielo! In fondo è stato lo stesso Gorse a<br />

suggerirlo, e non è affatto una brutta idea. Tu <strong>di</strong>venti Re per un solo giorno,<br />

ci accaparriamo quante più ricchezze possibile, dopo<strong>di</strong>ché ce ne scappiamo<br />

via. Ma andarsene senza nulla in tasca è un'idea assolutamente assurda!»<br />

Horris ripiegò le braccia sul petto ossuto e sbuffò. «Devo <strong>di</strong>rgli che voglio<br />

<strong>di</strong>ventare Re, è così che la pensi? Ma non ti sei forse guardato attorno,<br />

non hai forse visto quel che sta succedendo? La faccenda qui va ben oltre i<br />

cristalli dell'occhio della mente, Sterling Silver o chi sarà il Re! Qui c'è<br />

qualcosa <strong>di</strong> ben più grosso in ballo, qualcosa <strong>di</strong> infinitamente più complesso<br />

e tortuoso. Il Gorse non sta facendo altro che sfruttarci (Kallendbor


compreso) per ottenere ciò che vuole. Ha impiegato un sacco <strong>di</strong> tempo<br />

prima <strong>di</strong> riuscire a liberarsi da quella scatola, e non era per niente felice <strong>di</strong><br />

starci dentro! Pensaci un po'!»<br />

Il becco <strong>di</strong> Biggar si serrò con uno scatto. «Cosa vuoi <strong>di</strong>re?»<br />

Horris si protese in avanti. «Per essere un uccello dotato <strong>di</strong> intelligenza,<br />

devo <strong>di</strong>re che a volte sei piuttosto ottuso, Biggar. Vendetta Biggar! Il Gorse<br />

non vuole altro che ven<strong>di</strong>carsi, non capisci? Ci sono dei vecchi debiti da<br />

pagare per le ferite sofferte, e il Gorse sta facendo tutto questo semplicemente<br />

per riscuotere quei debiti. Ce lo ha persino detto chiaramente. Landover<br />

per noi, ha detto, e le nebbie fatate per lui. Ricor<strong>di</strong>? Allora non mi<br />

resi conto <strong>di</strong> ciò che intendeva, ma ora mi è perfettamente chiaro. Biggar,<br />

noi abbiamo sempre seguito le nostre regole per quanto riguarda gli affari,<br />

e abbiamo sempre fatto bene. Se non ci sono sol<strong>di</strong> da guadagnare, ne usciamo.<br />

Ebbene, ti assicuro che nella vendetta non si guadagna nemmeno<br />

una lira, quin<strong>di</strong> è venuto il momento <strong>di</strong> smontare le tende e andarcene, finché<br />

siamo ancora in tempo!»<br />

«Ma invece i sol<strong>di</strong> ci sono eccome, Horris» insistette l'uccello. «E proprio<br />

questo il punto. Ci sono un sacco <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> proprio lì davanti a noi, dalla<br />

parte opposta del lago, all'interno <strong>di</strong> quelle mura. E se riusciamo a resistere<br />

ancora qualche giorno, abbiamo un'ottima possibilità <strong>di</strong> portarcene<br />

via una bella fetta. E il Gorse ci può aiutare... magari anche senza rendersene<br />

conto. Lascia che la bestia si prenda la sua vendetta, che importa a<br />

noi? Ciò che interessa a noi è quel che si trova all'interno <strong>di</strong> quelle mura.<br />

Quello, più un modo per uscire da Landover. Ti sei forse <strong>di</strong>menticato che<br />

siamo intrappolati su questo mondo? Ebbene, il Gorse ci può fornire entrambe<br />

queste cose.»<br />

«Ciò che ci può dare il Gorse è un bel biglietto <strong>di</strong> sola andata per un<br />

viaggetto all'interno <strong>di</strong> quella scatola a far compagnia a Holiday e gli altri.»<br />

Horris scosse il capo cocciutamente. «Hai visto quello che ha fatto. Si<br />

è liberato <strong>di</strong> Holiday come se fosse un bambino. Lo ha infilato nella Scatola<br />

magica e lo ha spazzato via da Landover nel giro <strong>di</strong> un batter d'occhio.<br />

Niente più Re. Quando sarà pronto farà la stessa identica cosa con noi, e<br />

credo che quel momento sia molto vicino.»<br />

Biggar fece un balzo fino allo stivale <strong>di</strong> Horris Kew. Vi infilò gli artigli.<br />

«Forse dovremmo fare in modo da aumentare le nostre possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza,<br />

Horris. Supponiamo che tu abbia ragione. In quel caso, ciò<br />

che ci serve è un qualcosina che impe<strong>di</strong>sca al Gorse <strong>di</strong> farci del male. E<br />

quel qualcosina potrebbe essere proprio la Scatola magica.»


Horris sbatté le palpebre. «La Scatola magica?»<br />

«Se ce ne an<strong>di</strong>amo stanotte stessa» continuò l'uccello «possiamo arrivare<br />

alla grotta a cavallo e tornare prima che albeggi. Pren<strong>di</strong>amo la scatola e la<br />

nascon<strong>di</strong>amo. Così abbiamo una leva per ottenere ciò che vogliamo.» I<br />

suoi occhi acuti luccicarono nell'oscurità.<br />

Horris rimase per un attimo a fissare l'uccello, poi scosse il capo con fare<br />

incredulo. «Tu hai perso completamente il lume della ragione, Biggar. Dico<br />

sul serio. Vorresti minacciare il Gorse? Cosa vuoi che gliene importi se<br />

abbiamo la scatola? Non sappiamo nemmeno come usarla!»<br />

«Ma sappiamo le parole» sussurrò l'uccello. «Conosciamo la formula<br />

dell'incantesimo. Cosa succederebbe se dovessimo ripeterla?»<br />

Seguì un lungo, terribile silenzio. Horris desiderò <strong>di</strong> non aver mai aperto<br />

quella scatola, <strong>di</strong> non aver mai pronunciato le parole che avevano liberato<br />

il Gorse, <strong>di</strong> non essere mai tornato a Landover. Desiderò aver intrapreso<br />

fin da piccolo una professione più tranquilla come il ciabattino o il sarto.<br />

Improvvisamente, si rese conto <strong>di</strong> non poterne più della magia, in tutte le<br />

sue forme.<br />

«Avanti, Horris, an<strong>di</strong>amo!» lo spronò Biggar. «Alzati in pie <strong>di</strong> e an<strong>di</strong>amo!»<br />

Evidentemente Biggar non riusciva a capire. Forse <strong>di</strong>pendeva dal fatto<br />

che, nonostante l'intelligenza aumentata, sotto quelle piume nere non vi era<br />

altro che un cervello <strong>di</strong> uccello. O forse non voleva semplicemente capire.<br />

«Se facciamo quel che hai proposto» iniziò Horris a bassa voce «se deci<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong> sfidare il Gorse, se torniamo veramente alla grotta e rubiamo la<br />

Scatola magica...»<br />

Non riuscì a finire. Non riusciva a formulare le parole. Tornò ad accasciarsi<br />

sul tronco dell'albero, lasciandosi andare come un palloncino sgonfio.<br />

Biggar prese a balzellare dallo stivale <strong>di</strong> Horris al tronco caduto sibilando<br />

come un serpente. «Sei un vigliacco! Sei un verme! Sei un mago ri<strong>di</strong>colo!<br />

Solo parole e niente fatti! Non riesco proprio a capire come ho fatto a<br />

coinvolgermi con uno come te!»<br />

Qualcosa si mosse <strong>di</strong>etro al tronco, un'ombra silenziosa e nulla più, ma<br />

nessuno dei due la notò.<br />

«Biggar, Biggar, non starai mica pensando...»<br />

«Si che sto pensando! Sono l'unico qui che sta pensando!» Biggar si<br />

gonfiò del doppio, trasformandosi in un feroce porcospino nero. «Fai pure!


Rimani lì come una stupida bambola <strong>di</strong> pezza dal cervello <strong>di</strong> segatura! Fai<br />

pure!»<br />

Horris Kew chiuse gli occhi e si portò le mani sul volto.<br />

«Non ho intenzione <strong>di</strong> passare un secondo <strong>di</strong> più con un vigliacco simile!»<br />

continuò Biggar con rabbia. «Non passerò più nemmeno un singolo,<br />

<strong>di</strong>sgustoso ist...»<br />

Una mano su<strong>di</strong>cia si sollevò da <strong>di</strong>etro il tronco sul quale era appollaiato,<br />

serrandogli il becco e stringendogli il collo, e un attimo dopo l'uccello<br />

scomparve dalla vista.<br />

Horris Kew aprì gli occhi e si guardò attorno. Biggar non c'era Più. Così,<br />

da un momento all'altro, era scomparso. Horris si alzò a sedere, attonito.<br />

Sul tronco non vi era altro che una singola piuma nera.<br />

«Biggar?» chiamò.<br />

Non ottenne alcuna risposta.<br />

Era quasi mezzanotte.<br />

Abernathy sedeva in silenzio al margine del bosco, osservando l'accampamento.<br />

Ormai la baldoria era finita, gli ultimi uomini si erano sdraiati<br />

per la notte, e l'unica cosa che rimaneva erano le braci dei fuochi e le sagome<br />

<strong>di</strong>stanti delle sentinelle <strong>di</strong> Kallendbor. Tutto era immerso nell'oscurità,<br />

e anche Sterling Silver non era altro che un ammasso scuro che si stagliava<br />

sull'orizzonte. Sopra la sua testa il cielo era invece illuminato da <strong>di</strong>verse<br />

lune e migliaia <strong>di</strong> stelle. Il clima era tiepido e la notte splen<strong>di</strong>da, e in<br />

altre circostanze avrebbero conciliato il sonno in maniera egregia.<br />

Il sonno però era l'ultima cosa alla quale poteva pensare Abernathy in<br />

quel momento, preoccupato com'era dal tempo che era passato da quando<br />

Filip e Sot erano partiti alla ricerca <strong>di</strong> Horris Kew. Non aveva sentito alcun<br />

grido o tumulto, quin<strong>di</strong> probabilmente non erano stati in<strong>di</strong>viduati, ma nonostante<br />

ciò non riusciva a fare a meno <strong>di</strong> preoccuparsi per la loro assenza<br />

prolungata. Quella coppia avrebbe potuto mettersi nei guai in un'infinità <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>, avrebbe potuto fare una serie <strong>di</strong> mosse false prima <strong>di</strong> rendersi conto<br />

dell'errore. Abernathy si pentì <strong>di</strong> non essere andato con loro e si male<strong>di</strong>sse<br />

per aver dato loro quella fiducia.<br />

Aveva ormai deciso <strong>di</strong> andare a cercarli, <strong>di</strong> scendere nell'accampamento<br />

e rubare un mantello per nascondersi, quando i due riapparvero improvvisamente.<br />

Apparvero dal nulla, spuntando dall'ombra dei cespugli proprio<br />

davanti al suo naso, facendolo trasalire involontariamente.<br />

«Dove siete stati?» domandò con tono irritato.


Gli Gnomi Va'Via sorrisero, mettendo in mostra tutti i loro denti. Sembravano<br />

particolarmente sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> se stessi.<br />

«Guarda un po' cosa abbiamo qua» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Vieni a vedere» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

Abernathy sgranò gli occhi, poiché in effetti avevano qualcosa, qualcosa<br />

che si muoveva, a <strong>di</strong>r la verità, ma i due gli sfrecciarono accanto senza<br />

fermarsi.<br />

«No, non qui» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«An<strong>di</strong>amo al buio, se no ci vedono dal campo» aggiunse Sot.<br />

Entrarono nel bosco, allontanandosi dall'accampamento, e si fermarono<br />

solo quando furono sicuri che non vi fosse nessuno in zona. A quel punto<br />

Filip e Sot si voltarono nuovamente verso Abernathy, e il primo gli mostrò<br />

con orgoglio ciò che aveva in mano.<br />

«Ecco!» annunciò.<br />

Abernathy lo fissò. Era l'uccello, il corvo in<strong>di</strong>ano, o qualunque cosa fosse,<br />

quello che apparteneva a Horris Kew. L'animale era bloccato saldamente<br />

dalla presa dello gnomo, il suo collo ben stretto, il suo becco serrato affinché<br />

non gridasse. Agitava debolmente le ali, ma a quanto pareva era<br />

ormai esausto.<br />

Abernathy emise un sospiro rassegnato. «Vi ho detto <strong>di</strong> cercare il proprietario<br />

dell'uccello e <strong>di</strong> tornare a <strong>di</strong>rmi dov'era. Non vi ho detto <strong>di</strong> prendere<br />

l'uccello! Che cosa ce ne facciamo dell'uccello?»<br />

«Ce ne facciamo eccome» <strong>di</strong>sse Sot con tono convinto. Diede una spintarella<br />

a Filip. «Fagli vedere.»<br />

Filip tolse le <strong>di</strong>ta dal becco <strong>di</strong> Biggar e gli <strong>di</strong>ede una scrollatina. «Parla,<br />

uccello.»<br />

L'uccello non parlò. Rimase lì accasciato, con un'aria penosa. Sembrava<br />

mezzo morto. Abernathy sentì le tempie che gli pulsavano ed emise un altro<br />

sospiro.<br />

Filip assunse un'espressione irata. Avvicinò la faccia a quella dell'uccello.<br />

«Ti conviene parlare, stupido uccello, altrimenti ti tirerò il collo e ti<br />

mangerò» <strong>di</strong>sse, stringendo le <strong>di</strong>ta artigliate attorno al collo del pennuto.<br />

«Va bene, va bene!» sbottò l'uccello, ravvivandosi improvvisamente.<br />

Abernathy fece un balzo in<strong>di</strong>etro per la sorpresa. L'uccello contorse la testa<br />

in maniera selvaggia. «Okay, okay, sto parlando, va bene? Che cosa devo<br />

<strong>di</strong>re?»<br />

Filip mostrò l'uccello con orgoglio. «Visto?»


Abernathy si protese in avanti per vedere meglio. «Bene, bene» <strong>di</strong>sse<br />

con tono calmo. «Parli molto meglio <strong>di</strong> quanto non dai a vedere, non è vero?»<br />

«Meglio <strong>di</strong> te, palla <strong>di</strong> pelo» <strong>di</strong>sse Biggar con un sogghigno. « Di' a questi<br />

rappresentanti del popolo delle talpe <strong>di</strong> mollarmi subito, altrimenti sarà<br />

peggio per te.»<br />

Abernathy allungò una mano e <strong>di</strong>ede un colpettino al petto dell'uccello.<br />

«Come hai detto che ti chiami? Biggar? Ma guarda un po'.» Nella sua voce<br />

vi era evidente sod<strong>di</strong>sfazione. «Ci ho messo un po' <strong>di</strong> tempo, ma ora mi<br />

sono ricordato chi sei. É passato un sacco <strong>di</strong> tempo, non è vero? Tu appartenevi<br />

al vecchio mago del Re, al fratello <strong>di</strong> Questor Thews. Un giorno, sei<br />

semplicemente scomparso. Che cosa ti è accaduto? Sei forse stato mandato<br />

anche tu sul mondo <strong>di</strong> Ben Holiday come Horris Kew? Ma non ti preoccupare,<br />

non ha alcuna importanza ormai. Limitati a <strong>di</strong>rmi quel che sai della<br />

scomparsa dell'Alto Signore, ti spiace? E ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> non omettere nulla.»<br />

Biggar serrò il becco con uno scatto secco. Ciò nonostante, Filip e Sot<br />

avevano origliato gran parte della conversazione fra Horris e Biggar e si<br />

affrettarono subito a riferire ad Abernathy quanto avevano sentito. Si confusero<br />

in <strong>di</strong>verse occasioni e sbagliarono l'interpretazione <strong>di</strong> molte parole,<br />

ma alla fine lo Scrivano <strong>di</strong> Corte riuscì a farsi un quadro abbastanza chiaro<br />

<strong>di</strong> quanto era accaduto. Il Gorse era una specie <strong>di</strong> mostro che stava usando<br />

Horris Kew e Kallendbor e i cristalli dell'occhio della mente erano il suo<br />

asso nella manica per minare il trono. Ma la cosa più importante era che la<br />

scomparsa <strong>di</strong> Ben Holiday era avvenuta attraverso l'uso <strong>di</strong> un potente incantesimo<br />

che andava in qualche modo invertito. Questo significava che<br />

bisognava trovare la grotta del Gorse e questa Scatola magica, che doveva<br />

essere nascosta al suo interno.<br />

Abernathy tornò a rivolgere la sua attenzione a Biggar. L'uccello non<br />

aveva più detto nulla, rimanendo in silenzio per tutto il tempo mentre Filip<br />

e Sot rivelavano i suoi segreti. Alzò lo sguardo improvvisamente verso<br />

Abernathy mentre lo scrivano si chinava per osservarlo da vicino.<br />

«Loreto vuole un biscottino?» lo schernì Abernathy con tono malizioso.<br />

Nonostante fosse tenuto ben stretto, Biggar tentò <strong>di</strong> dargli una beccata<br />

sul muso.<br />

Abernathy sorrise, mettendo in mostra tutti i suoi denti. «Ora ascoltami,<br />

inutile sacca <strong>di</strong> piume. Tu ci porterai a questa grotta, stanotte stessa. E<br />

quando arriveremo, tu ci farai entrare dentro. Ci mostrerai dove si trova


questa Scatola degli Intrighi e ci insegnerai le parole dell'incantesimo. Hai<br />

capito bene?»<br />

Biggar fissò i suoi occhi luminosi su Abernathy. «Non farò proprio nulla<br />

<strong>di</strong> tutto ciò. Tanto avranno già notato che sono scomparso, e mi verranno<br />

senz'altro a cercare. Soprattutto il Gorse. Aspetta un po' e vedrai che cosa<br />

ne farà <strong>di</strong> voi!»<br />

«Qualunque cosa faccia» replicò Abernathy con tono impassibile «tu<br />

non sarai presente come testimone dell'evento.» Seguì un lungo silenzio.<br />

«Il fatto è» continuò «che se non mi mostri subito dove si trova quella<br />

grotta, ti lascerò nelle mani dei miei amichetti qui e <strong>di</strong>rò loro <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> te<br />

ciò che vogliono, basta che non ti riveda mai più in vita mia.»<br />

Mantenne lo sguardo fisso e il tono <strong>di</strong> voce uniforme. «Sono molto arrabbiato<br />

perché sono stato ingannato. E sono ancora più infuriato per ciò<br />

che è stato fatto all'Alto Signore. Ora io lo rivoglio qui, vivo e vegeto, e se<br />

tu vuoi avere qualche speranza <strong>di</strong> rivedere l'alba ti conviene aiutarmi a liberarlo.<br />

Il concetto si è impresso chiaramente nella tua testolina <strong>di</strong> uccello?»<br />

Seguì un altro lungo silenzio. «Ti conviene <strong>di</strong>re qualcosa in fretta» lo<br />

spronò Abernathy.<br />

La voce <strong>di</strong> Biggar uscì sotto forma <strong>di</strong> graci<strong>di</strong>o. «La grotta è a ovest, <strong>di</strong>etro<br />

il Cuore.» Poi tornò normale. «Ma non vi servirà a nulla.»<br />

Abernathy sorrise, mostrando ancora una volta i denti. «Vedremo.»<br />

L'Ultima Impresa <strong>di</strong> Biggar<br />

Mentre Filip teneva Biggar ben stretto, a Sot venne affidato il compito <strong>di</strong><br />

trovare i cavalli per il viaggio verso ovest, laddove la parola "trovare" non<br />

era altro che un eufemismo per la parola "rubare". Gli Gnomi Va'Via erano<br />

ladri per natura e abitu<strong>di</strong>ne, e non avevano alcun problema a interpretare la<br />

parola "trovare" alla loro maniera in qualsiasi situazione e circostanza. Il<br />

<strong>di</strong>fficile per loro non era riconciliarsi con chissà quali principi morali, ma<br />

bensì il fatto <strong>di</strong> accettare che dovessero usare dei cavalli. Né Abernathy né<br />

gli gnomi infatti nutrivano un particolare amore nei confronti degli equini,<br />

e per contro nemmeno i cavalli godevano molto della loro compagnia e<br />

presenza. Si trattava <strong>di</strong> una <strong>di</strong> quelle inimicizie innate che non potevano<br />

essere superate semplicemente perché dettate dalle circostanze o dal ragionamento.<br />

Tuttavia, la <strong>di</strong>stanza che dovevano percorrere poteva essere coperta<br />

a pie<strong>di</strong> in una giornata intera, oppure a cavallo in circa quattro ore. E


dato che il tempo scarseggiava e che all'alba Kallendbor e lo sconosciuto<br />

dal mantello nero avrebbero senz'altro cercato un modo per stringere definitivamente<br />

il loro asse<strong>di</strong>o a Sterling Silver, la necessità dettava legge e i<br />

cavalli andavano tollerati.<br />

Anche se a malapena.<br />

Sot tornò in tempo record, tirandosi <strong>di</strong>etro due cavalli con tanto <strong>di</strong> cavezza<br />

e coperta, un baio e un sauro, che aveva evidentemente sottratto a<br />

qualcuno. Tuttavia, non aveva pensato né alle selle né alle briglie, il che<br />

complicava non poco le cose. I cavalli già sbuffavano e scalpitavano con<br />

nervosismo davanti a quel piccolo ro<strong>di</strong>tore stracciato e incrostato <strong>di</strong> terra<br />

che li conduceva. In mancanza delle selle, Abernathy decise <strong>di</strong> lasciare le<br />

coperte sui dorsi degli animali, tagliandole con il coltello da caccia <strong>di</strong> Sot<br />

affinché non pendessero oltre i loro fianchi e fissandole alla meglio con<br />

strisce improvvisate ricavate dai pezzi tagliati. Alla fine risultò un lavoro<br />

dall'aspetto pietoso, ma non si poteva fare <strong>di</strong> meglio.<br />

Montarono in sella (si fa per <strong>di</strong>re), Abernathy sul sauro, che era il più<br />

turbolento dei due, e Filip e Sot sul baio. Filip teneva la cavezza e Sot l'uccello.<br />

I cavalli stavano scalpitando più <strong>di</strong> prima, ormai consapevoli <strong>di</strong> ciò<br />

che li aspettava e per nulla felici della prospettiva. Abernathy li condusse<br />

dapprima al passo, ansioso <strong>di</strong> allontanarsi il più possibile dall'accampamento<br />

prima <strong>di</strong> rischiare <strong>di</strong> attirare l'attenzione con il galoppo. Vi riuscirono<br />

senza molta fatica, e quando furono a <strong>di</strong>versi chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

nella zona collinosa a ovest <strong>di</strong> Sterling Silver, Abernathy <strong>di</strong>ede un calcetto<br />

al fianco del suo animale e partirono <strong>di</strong> gran carriera.<br />

I cavalli scattarono al galoppo senza alcuna esitazione, sfrecciando attraverso<br />

gli alberi e le colline come creature possedute. Abernathy tentò <strong>di</strong><br />

frenare il suo sauro, ma la bestia non ne voleva sapere. Libero dalla costrizione<br />

del morso e della briglia, prese semplicemente il comando della situazione.<br />

Nel giro <strong>di</strong> poco, Abernathy si rese conto che l'unica cosa che<br />

poteva fare era tentare <strong>di</strong> rimanere aggrappato. Alle sue spalle, sentiva gli<br />

ululati <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione degli gnomi. Se fossero caduti, avrebbero potuto<br />

perdere l'uccello. E se avessero perso l'uccello, sarebbero stati spacciati.<br />

Abernathy strinse i denti e si trattenne dal gridare inutili consigli alle sue<br />

spalle.<br />

Dopo un po' i cavalli iniziarono a stancarsi, rallentando gradualmente in<br />

un trotto e infine in un passo. I tre cavalieri erano ancora tutti a bordo e in<br />

possesso delle loro facoltà, anche se si sentivano come se le loro ossa fossero<br />

state fatte a pezzi e riassemblate in maniera <strong>di</strong>fferente. Comunque fos-


se, avevano percorso un bel po' <strong>di</strong> strada in un tempo relativamente breve,<br />

e nel giro <strong>di</strong> un attimo si ritrovarono oltre il Cuore, sempre <strong>di</strong>retti a ovest.<br />

Abernathy prese a voltarsi regolarmente per chiedere in<strong>di</strong>cazioni all'uccello,<br />

che per quanto reticente fornì ciò che gli veniva richiesto. Le lune si<br />

spostarono languidamente sull'orizzonte e nel cielo mentre la notte cedeva<br />

lentamente il passo al mattino. Il paesaggio mutò gradualmente il suo aspetto;<br />

gli alberi si infittirono e la foresta <strong>di</strong>venne più buia. Nel giro <strong>di</strong> poco<br />

si ritrovarono a procedere con estrema cautela in mezzo a un bosco che<br />

non offriva alcun sentiero e non permetteva nessun passo falso.<br />

Circa un'ora dopo, raggiunsero la grotta. Smontarono da cavallo in cima<br />

a una collina piuttosto ripida, legarono le bestie a un albero e scesero giù<br />

per il pen<strong>di</strong>o fino a un fitto <strong>di</strong> vegetazione intricata. Scesero molto lentamente,<br />

poiché erano tutti piuttosto indolenziti per la cavalcata. Gli gnomi<br />

si lamentavano in continuazione e ad alta voce, tanto che Abernathy pensò<br />

<strong>di</strong> imbavagliarli. Giunti in fondo al pen<strong>di</strong>o, attraversarono i cespugli e si<br />

trovarono davanti a un'enorme pietra piatta sulla quale erano stati incisi<br />

simboli intricati. Abernathy non era in grado né <strong>di</strong> leggere né <strong>di</strong> capire i<br />

simboli.<br />

«E adesso?» domandò a Biggar.<br />

L'uccello sembrava il peggio conciato dei tre, avendo fatto tutto il percorso<br />

a testa in giù, stretto per le zampe da Sot, che aveva faticato parecchio<br />

per mantenersi in sella al baio. Le sue piume spuntavano fuori da ogni<br />

lato, e il suo corpo normalmente <strong>di</strong> un nero lucido era completamente ricoperto<br />

<strong>di</strong> polvere.<br />

«Cosa vuoi che ti <strong>di</strong>ca ancora?» sbottò l'uccello in tutta risposta. «Quando<br />

mi lascerete andare?»<br />

«Solo quando vedrò davanti a me l'Alto Signore, sano e salvo» replicò<br />

Abernathy, che non era certo dell'umore giusto per <strong>di</strong>scutere.<br />

Biggar sputò a terra con aria sdegnosa. «Questo non accadrà mai. Non<br />

accadrà se vi faccio entrare nella grotta, non accadrà se vi mostro la scatola<br />

e non accadrà nemmeno se vi <strong>di</strong>co la formula. Non accadrà perché tu non<br />

sei né un mago né uno stregone, e non sei in grado <strong>di</strong> evocare nessun tipo<br />

<strong>di</strong> magia.»<br />

«Senti un po' chi parla, un uccello» ribatté Abernathy. «Tu pensa a farci<br />

entrare, Biggar. Al resto ci penso io.»<br />

«Benissimo» <strong>di</strong>sse il pennuto. «Come vuoi. Tocca i simboli incisi nell'or<strong>di</strong>ne<br />

che ti <strong>di</strong>rò.» Ripeté la procedura per l'apertura della porta <strong>di</strong> pietra<br />

che aveva imparato osservando Horris Kew.


Un attimo dopo, la lastra <strong>di</strong> pietra scivolò da un lato producendo un suono<br />

stridente. Si trovarono davanti a un buco nero nel quale si intravedeva<br />

una debole fosforescenza argentea. La compagnia rimase a fissare quell'oscurità<br />

poco invitante, leggermente in soggezione.<br />

«Ebbene?» sogghignò Biggar. «Avete forse intenzione <strong>di</strong> rimanere qui a<br />

guardare tutto il giorno? Avanti, facciamola finita.»<br />

«Quanto è lunga questa grotta?» domandò Abernathy.<br />

«Va avanti finché non finisce!» ribatté l'uccello.<br />

Abernathy lo ignorò. Le grotte gli piacevano ancor meno dei tunnel, ma<br />

non poteva rischiare <strong>di</strong> mandare dentro gli Gnomi Va'Via da soli. Non si<br />

poteva sapere ciò che sarebbe accaduto. D'altro canto, non era affatto ansioso<br />

<strong>di</strong> entrare in una potenziale trappola.<br />

«Andrò io per primo» intervenne Filip, provvedendo a una soluzione del<br />

problema.<br />

«Io secondo» si offrì Sot.<br />

«A noi non <strong>di</strong>spiacciono tunnel e grotte.»<br />

«A noi piace il buio.»<br />

Per Abernathy andava benissimo. Non chiedeva <strong>di</strong> meglio che rimanere<br />

alle loro spalle, che era anche il modo migliore per tenere d'occhio la situazione.<br />

Fra l'altro, se vi era qualche trappola, gli Gnomi Va'Via avrebbero<br />

potuto in<strong>di</strong>viduarla con maggiore facilità rispetto a lui. Peccato che il<br />

suo naso funzionasse meglio dei suoi occhi ma così stavano le cose, ed era<br />

inutile rammaricarsi.<br />

«Va bene» assentì. «Ma state attenti.»<br />

«Non preoccuparti per noi» <strong>di</strong>sse Filip con tono allegro.<br />

«Nemmeno per un attimo» assentì Sot.<br />

Quel che è giusto è giusto, concesse Abernathy. Comunque fosse, non<br />

era molto incline a preoccuparsi per i due. «Basta che teniate l'uccello ben<br />

stretto» or<strong>di</strong>nò.<br />

Si infilarono nel cunicolo, non senza una certa cautela, lasciando l'oscurità<br />

della notte per quella della grotta. La fosforescenza argentea luccicava<br />

debolmente sulle pareti del corridoio davanti a loro, come fosse una luce <strong>di</strong><br />

candela vista attraverso un vetro bagnato. Si fermarono appena entrati per<br />

abituare gli occhi al buio. L'aria era sorprendentemente tiepida, e il silenzio<br />

era immenso.<br />

Abernathy venne colto da un improvviso, terribile pensiero. E se il Gorse<br />

li avesse preceduti per qualche motivo e fosse già lì ad aspettarli? La sola<br />

idea lo spaventò a tal punto che per un attimo non riuscì nemmeno a


muoversi. Improvvisamente, si rese conto che si era imbarcato in un'impresa<br />

che andava al <strong>di</strong> là delle sue possibilità. Non aveva armi, non aveva<br />

magia, e non aveva alcuna abilità particolare per <strong>di</strong>fendersi. E in quanto<br />

agli gnomi, si potevano considerare pressoché inutili in caso <strong>di</strong> combattimento;<br />

non avrebbero fatto altro che cercare un luogo per nascondersi.<br />

Quell'impresa nella quale si era lanciato così a testa bassa era costellata <strong>di</strong><br />

pericoli, e le possibilità <strong>di</strong> fallimento erano realmente elevate. Come gli<br />

era venuto in mente <strong>di</strong> fare una cosa del genere?<br />

Dopo un po' però la paura passò, e Abernathy riuscì a calmarsi. Aveva<br />

fatto ciò che doveva fare, ciò che era giusto e necessario, e questo era<br />

quanto bastava per giustificare qualsiasi tipo <strong>di</strong> rischio. La sorte dell'Alto<br />

Signore Ben Holiday <strong>di</strong>pendeva da lui. Non sapeva esattamente in che<br />

modo, ma sapeva che era così. Ricordò nuovamente a se stesso come avesse<br />

aiutato il Gorse e Horris Kew nei loro sforzi per sobillare la popolazione<br />

<strong>di</strong> Landover e minare il trono. Ricordò a se stesso il debito che doveva pagare<br />

per la sua stupi<strong>di</strong>tà.<br />

«Avanti, proce<strong>di</strong>amo» annunciò con tono coraggioso.<br />

Gli gnomi, che per tutto quel tempo lo avevano osservato mentre era assorto<br />

nelle sue riflessioni, iniziarono a scendere. Abernathy inspirò profondamente<br />

e li seguì.<br />

La porta <strong>di</strong> pietra si chiuse imme<strong>di</strong>atamente alle loro spalle.<br />

Abernathy trasalì, gli gnomi cacciarono un grido, e per un istante vi fu il<br />

pandemonio completo. Abernathy si lanciò istintivamente contro la porta<br />

nel tentativo <strong>di</strong> riaprirla. Gli gnomi si affrettarono ad aiutarlo, ma nella<br />

confusione si scontrarono l'un l'altro. Nel momento dello scontro, Biggar<br />

rifilò una forte beccata sulla mano <strong>di</strong> Sot, che non poté fare a meno <strong>di</strong> mollare<br />

la presa.<br />

Biggar si liberò imme<strong>di</strong>atamente, si librò nella grotta in un batter d'occhio<br />

e scomparve nella sua oscurità con un battito d'ali.<br />

All'interno del Labirinto, Ben Holiday si fece lentamente strada attraverso<br />

la nebbia, tenendo il talismano del medaglione davanti a sé. Strabo e<br />

Nightshade lo seguivano in silenzio. Da quando era stata rivelata la loro<br />

identità erano cambiati tutti internamente, ma esternamente ognuno <strong>di</strong> loro<br />

rimaneva han<strong>di</strong>cappato sia nell'aspetto sia nelle facoltà e sentiva ancora <strong>di</strong><br />

più <strong>di</strong> prima il peso <strong>di</strong> quell'imprigionamento. Ora avevano la sensazione<br />

<strong>di</strong> percorrere i loro ultimi chilometri, che se non fossero riusciti a liberarsi


in quell'occasione sarebbero rimasti intrappolati in eterno. La <strong>di</strong>sperazione<br />

cresceva costantemente nella compagnia.<br />

Ma nessuno <strong>di</strong> loro ne era consapevole più <strong>di</strong> Ben, che rappresentava la<br />

loro unica speranza. Il medaglione non gli forniva alcuna in<strong>di</strong>cazione; non<br />

emetteva alcuna luce e non in<strong>di</strong>cava alcuna <strong>di</strong>rezione. Camminava come<br />

un cieco, senza vedere nulla del sentiero che stava percorrendo, affidandosi<br />

unicamente al fatto che il medaglione lo aveva già aiutato a uscire dalle<br />

nebbie fatate e che doveva farlo ancora una volta se dovevano avere una<br />

seppur minima speranza <strong>di</strong> sopravvivere. Poiché ormai la cosa importante<br />

era <strong>di</strong>ventata proprio la sopravvivenza, anche se nessuno aveva ancora<br />

pronunciato quella parola. Se rimanevano nelle nebbie ancora molto tempo,<br />

sarebbero senz'altro impazziti. La pazzia era una certezza che intravedevano<br />

con la stessa chiarezza della <strong>di</strong>sperazione che già li possedeva, un<br />

drappo funebre inesorabile e inevitabile come la Foschia che appariva ogni<br />

qual volta si trovavano in pericolo. Solo che al contrario della Foschia, la<br />

pazzia sarebbe venuta per <strong>di</strong>struggerli, e non certo per proteggerli. E lo avrebbe<br />

fatto gradualmente, come già stava facendo, erodendo lentamente<br />

la loro sicurezza, le loro speranze e la loro volontà. Li stava consumando<br />

lentamente come una malattia mortale, il cui fine ultimo e inevitabile era<br />

proprio quello <strong>di</strong> portarli alla loro morte.<br />

Ma non ancora, si ripeté Ben internamente. Il solo fatto <strong>di</strong> aver rivisto<br />

Willow, anche se in sogno, anche se per un momento tanto breve il fatto <strong>di</strong><br />

averla vista e <strong>di</strong> sapere che contava su <strong>di</strong> lui, che lo stava aspettando da<br />

qualche parte al <strong>di</strong> fuori delle nebbie del Labirinto, lei e il loro bimbo, era<br />

quanto bastava a rafforzare la sua determinazione e ad alimentare la sua<br />

voglia <strong>di</strong> vivere. Avrebbe trovato una via d'uscita. Il medaglione gliel'avrebbe<br />

fornita. Doveva per forza essere così.<br />

«Io non vedo alcun cambiamento» <strong>di</strong>sse la voce <strong>di</strong> Nightshade alle sue<br />

spalle.<br />

In effetti, non aveva torto. A quanto pareva non stavano facendo alcun<br />

progresso, sebbene camminassero ormai da <strong>di</strong>verse ore. Se il medaglione<br />

funzionava, non avrebbero dovuto già essere fuori? Quanto tempo occorreva?<br />

Ben scrutò davanti a sé nell'oscurità, cercando <strong>di</strong> intravedere qualche<br />

cambiamento nello spessore della nebbia. Non rallentò il suo passo, pensando<br />

che se lo avesse fatto avrebbero potuto anche fermarsi, e che se si<br />

fossero fermati sarebbero stati perduti. Il movimento dava loro la speranza,<br />

qualsiasi genere <strong>di</strong> movimento.<br />

«L'umi<strong>di</strong>tà è <strong>di</strong>minuita» <strong>di</strong>sse Strabo improvvisamente.


Ben abbassò lo sguardo. Aveva ragione. Il terreno sul quale stavano<br />

camminando era più duro <strong>di</strong> quanto non fosse mai stato da quando erano<br />

entrati nelle nebbie. Forse si trattava <strong>di</strong> un segno. Lo prese come tale e accelerò<br />

il passo. Davanti a loro, gli alberi sembravano <strong>di</strong>radarsi. Era possibile?<br />

La speranza sbocciò nel suo cuore, facendogli accelerare i battiti. Gli<br />

alberi si stavano effettivamente <strong>di</strong>radando, cedendo il passo a una radura,<br />

che a sua volta si apriva in un sentiero, una specie <strong>di</strong> tunnel che penetrava<br />

fra le fronde <strong>di</strong> alberi antichi e massicci, insinuandosi nelle profon<strong>di</strong>tà oscure<br />

<strong>di</strong>...<br />

«Sì» sussurrò ad alta voce.<br />

Poiché il sentiero al quale si stavano avvicinando era riconoscibile, ad<strong>di</strong>rittura<br />

familiare per tutti coloro che erano passati dalle nebbie fatate a<br />

Landover. Affrettarono il loro passo illuminandosi <strong>di</strong> aspettativa. Persino<br />

Nightshade sembrava essere elettrizzata davanti a quella prospettiva ormai<br />

inaspettata. Si infilarono nel tunnel <strong>di</strong> alberi e fogliame <strong>di</strong> tutta fretta, in<br />

formazione compatta, quasi <strong>di</strong> corsa. Finalmente avevano trovato il contatto<br />

che cercavano, la via d'uscita per tornare da dove erano venuti. Qui non<br />

vi erano fate, non vi erano suoni, non vi era movimento, non vi era alcun<br />

segno <strong>di</strong> vita eccetto gli alberi che li circondavano e i cespugli e la nebbia<br />

che li celavano ancora. Si trovavano ancora all'interno delle nebbie fatate<br />

del Labirinto, ma da qualche parte davanti a loro, a poca <strong>di</strong>stanza, li attendeva<br />

la porta che li avrebbe condotti fuori.<br />

Improvvisamente, si trovarono immersi nell'oscurità, in un buio pesto<br />

che ben presto si focalizzò in una parete immensa che si innalzava davanti<br />

a loro all'infinito. Rallentarono i loro passi e si fermarono davanti a<br />

quell'oscurità, sconvolti dal fatto <strong>di</strong> trovarsi davanti a una simile barriera.<br />

Toccarono la sua superficie, e la scoprirono dura e inamovibile come pietra.<br />

Percorsero il suo perimetro per una certa <strong>di</strong>stanza in entrambe le <strong>di</strong>rezioni,<br />

dopo<strong>di</strong>ché tornarono sui loro passi. Il muro non offriva nessuna porta,<br />

nessun passaggio, nessuna via d'uscita.<br />

«Cos'è questa follia?» sibilò Nightshade con rabbia.<br />

Ben scosse il capo. Il medaglione non serviva né ad aprire loro un passaggio<br />

né a mostrar loro una via d'uscita. Quella parete, qualunque cosa<br />

fosse, era impermeabile alla magia. Com'era possibile? Se erano le nebbie<br />

fatate a tenerli imprigionati, allora il medaglione doveva per forza farli uscire<br />

in un modo o nell'altro. Il medaglione era in grado <strong>di</strong> penetrare in<br />

qualsiasi punto delle nebbie.


Poi, improvvisamente, Ben si rese conto <strong>di</strong> che cosa si trattasse. Quella<br />

parete nera non faceva parte delle nebbie fatate. Si trattava della parete della<br />

Scatola magica stessa, una forma <strong>di</strong> magia <strong>di</strong>versa rispetto a quella delle<br />

nebbie, una barriera finale che impe<strong>di</strong>va loro ogni via <strong>di</strong> fuga. E la chiave<br />

per aprire quella porta, temeva, non si trovava all'interno della loro prigione.<br />

Doveva trovarsi al <strong>di</strong> fuori.<br />

Fece un passo in<strong>di</strong>etro, colto da un'improvvisa frustrazione e <strong>di</strong>sperazione.<br />

Nel suo sogno era riuscito a uscire dalle nebbie della Scatola magica,<br />

ma ora non ne era più capace.<br />

«E ora cosa dovremmo fare?» domandò Strabo a bassa voce.<br />

Il Gargoyle era accucciato al suo fianco, e nella sua voce vi era un accenno<br />

<strong>di</strong> rabbia.<br />

Ben Holiday non conosceva la risposta alla sua domanda.<br />

Biggar impiegò pochi istanti per giungere al fondo della caverna, alla sala<br />

dove il Gorse aveva nascosto la Scatola magica. Planò fino a uno scaffale<br />

<strong>di</strong> pietra situato nei recessi più oscuri della grotta, lo scaffale sul quale si<br />

trovava la scatola, e vi si appollaiò sopra. E ora. Fino a quel momento non<br />

aveva pensato ad altro che a un modo per fuggire, e adesso che vi era riuscito<br />

non aveva assolutamente idea <strong>di</strong> quale potesse essere la sua mossa<br />

successiva. Vi era un solo modo per uscire dalla grotta, e significava tornare<br />

da dove era venuto. Sopra la porta <strong>di</strong> pietra vi erano altri simboli incisi,<br />

<strong>di</strong>versi da quelli esterni ma lui conosceva anche quella combinazione. Ciò<br />

che doveva fare quin<strong>di</strong> era trovare un modo per allontanare da quella zona<br />

il cane e i due furetti il tempo necessario per aprire la porta.<br />

Già sentiva che si stavano avvicinando. Sentiva i loro passi e le loro vocine<br />

squillanti.<br />

«Vieni, vieni, uccellino» chiamò uno <strong>di</strong> loro.<br />

Biggar fece una smorfia. Uccellino, eh?<br />

Attese con pazienza nell'oscurità finché non li vide apparire. Si materializzarono<br />

dalle ombre come maialini pelosi, annusando il pavimento della<br />

grotta. Che scena patetica! Si trattava dei furetti, o <strong>di</strong> qualunque cosa fossero,<br />

null'altro che dei poveri imbecilli che avevano più o meno le stesse<br />

possibilità <strong>di</strong> acciuffarlo <strong>di</strong> quante ne avessero <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare professori <strong>di</strong> fisica.<br />

«Vieni, uccellino» ripeté uno dei due con tono paziente.<br />

«Fatti vedere, stupido uccello» sbottò l'altro.


Doveva trattarsi <strong>di</strong> quello a cui aveva rifilato la beccata, pensò Biggar.<br />

Se il suo becco gliel'avesse permesso, avrebbe sorriso. Sperò <strong>di</strong> avergli fatto<br />

molto male. Sperò che la ferita <strong>di</strong> quella sciocca bestia si infettasse e<br />

andasse in cancrena. Dopo il modo in cui lo aveva trattato, trasportandolo<br />

a testa in giù su quel maledetto cavallo! Facendogli sbattere la testa in continuazione<br />

nel suo sforzo <strong>di</strong> rimanere in sella! Adesso si sarebbero accorti<br />

<strong>di</strong> che cosa significava scherzare con Biggar!<br />

Si alzò dal suo trespolo e volò attraverso la sala. I due lo videro imme<strong>di</strong>atamente,<br />

i loro occhi più acuti <strong>di</strong> quanto non avesse previsto, e balzarono<br />

verso l'alto nel tentativo <strong>di</strong> afferrarlo mentre passava. Un tentativo futile,<br />

naturalmente. Biggar si trovava a sei metri <strong>di</strong> altezza e si muoveva a velocità<br />

nettamente superiore. Sfrecciò sopra le loro teste e si lanciò verso<br />

l'uscita mentre i due stavano ancora afferrando aria. Forse anche il cane era<br />

venuto a dargli la caccia. Forse.<br />

Ma invece no. Il cane si era piazzato esattamente davanti alla barriera <strong>di</strong><br />

pietra dell'uscita, e lo stava aspettando. Biggar virò <strong>di</strong> tutta fretta, evitando<br />

per un pelo le mani protese e i denti <strong>di</strong> Abernathy. Il cane era più intelligente<br />

dei furetti. Non avrebbe lasciato fuggire Biggar tanto facilmente.<br />

«Torna qua, maledetto...»<br />

Gli epiteti del cane scemarono fra gli echi che rimbalzavano sulla pietra<br />

mentre Biggar tornava in volo verso la sala principale. Erano in una situazione<br />

<strong>di</strong> stallo. Biggar tentò <strong>di</strong> riflettere. Adesso erano tutti intrappolati<br />

nella grotta. Il trucco stava nel trovare un modo <strong>di</strong> attirare il cane verso il<br />

basso, allontanarlo dall'uscita quanto bastava per azionare la serratura. Una<br />

volta fuori dalla grotta, non avrebbero avuta alcuna possibilità <strong>di</strong> acciuffarlo.<br />

Poi avrebbero dovuto vedersela con il Gorse. Biggar si domandò improvvisamente<br />

se vi fosse la possibilità che il Gorse tornasse alla grotta<br />

quella sera stessa. Poteva darsi che Horris andasse a riferirgli della sua<br />

scomparsa. Forse. Ma forse Horris non era così intelligente. Soprattutto in<br />

quei giorni, Horris era talmente stupido che non era nemmeno in grado <strong>di</strong><br />

allacciarsi le scarpe. Da quando il Gorse era stato liberato, Horris aveva<br />

assunto un atteggiamento spaventato e confuso, e questo influenzava ogni<br />

sua azione. Biggar pensò che forse era giunto il momento <strong>di</strong> trovarsi un<br />

nuovo socio. In fondo, a che cosa gli serviva Horris? Il cervello della coppia<br />

era lui. Lo era sempre stato.<br />

Si innalzò verso il soffitto mentre si avvicinava alla sala, ma nonostante<br />

ciò riuscì a evitare Sot solo per un pelo. Lo gnomo infatti si era appollaiato<br />

ad aspettarlo su una sporgenza nella roccia a <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> altezza, e si


tuffò con le mani protese non appena lo vide arrivare, mancando la presa<br />

<strong>di</strong> un pelo e piombando a terra con un tonfo. Biggar ascoltò con piacere il<br />

tonfo e le lamentele che seguirono. Molto bene.<br />

«Ottimo tentativo, faccia <strong>di</strong> topo» cantilenò con gioia, ma poi fu costretto<br />

a cambiare nuovamente <strong>di</strong>rezione mentre l'altro gli lanciava <strong>di</strong>etro un<br />

oggetto. Si trattava <strong>di</strong> una pentola o <strong>di</strong> un piatto <strong>di</strong> metallo, qualcosa che<br />

aveva portato dentro Horris. Emise uno strido rauco e si sollevò fino al<br />

soffitto. Era giunto il momento <strong>di</strong> un'azione evasiva.<br />

Gli gnomi insistettero nel loro attacco, lanciandogli <strong>di</strong>etro oggetti <strong>di</strong> tutti<br />

i generi, tentando <strong>di</strong> abbatterlo in qualche modo. Gli tirarono <strong>di</strong>etro qualsiasi<br />

cosa trovassero, urlando e strepitando in continuazione, chiamandolo<br />

"stupido uccello" e peggio, sempre più arrabbiati. Ottima cosa, pensò Biggar.<br />

Più sono furiosi più sono portati a commettere errori, e lui contava<br />

proprio su un loro errore. Ancora non avevano in<strong>di</strong>viduato la Scatola magica,<br />

e Biggar decise <strong>di</strong> mantenersi sempre a debita <strong>di</strong>stanza dallo scaffale<br />

sul quale si trovava. Producendosi in continue acrobazie aeree, li prese in<br />

giro spietatamente, tirandoli scemi, rispondendo ai loro insulti e sfidandoli<br />

a venire a prenderlo. I<strong>di</strong>oti com'erano, i due continuarono a urlare e a lanciargli<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> tutto. Tanto meglio per lui.<br />

D'altro canto, stava iniziando a sentirsi un po' stanco <strong>di</strong> tutte quelle acrobazie,<br />

e ancora non aveva un piano per far allontanare il cane dalla porta.<br />

Aveva bisogno <strong>di</strong> qualcosa che attirasse il cane, qualcosa che non potesse<br />

fare a meno <strong>di</strong> ignorare. Si domandò improvvisamente che cosa sarebbe<br />

accaduto se avesse proferito le parole dell'incantesimo che aveva imprigionato<br />

Holiday e gli altri. Nulla <strong>di</strong> buono, decise, scartando l'idea. Quella<br />

scatola era troppo pericolosa. E poi c'era sempre la possibilità che liberasse<br />

i suoi prigionieri. Meglio lasciarla lì dov'era. Spazzò nuovamente la grotta<br />

alla ricerca <strong>di</strong> una possibile via d'uscita, una fessura, una crepa o qualcosa<br />

<strong>di</strong> simile. Non vi era nulla.<br />

Nel frattempo, gli Gnomi Va'Via stavano togliendo le lenzuola dal letto<br />

improvvisato <strong>di</strong> Horris Kew e le stavano legando assieme per formare una<br />

rete. Fate pure, sogghignò fra sé Biggar. Scese in picchiata per <strong>di</strong>sturbarli,<br />

cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarli, continuando a prenderli in giro. Vide il bagliore nei<br />

loro occhi giallastri mentre si chinavano per schivarlo e gli sibilavano <strong>di</strong>etro<br />

imprecazioni. Erano veramente arrabbiati ora, tutt'e due. Completarono<br />

la loro rete, tutta tempestata <strong>di</strong> buchi (che i<strong>di</strong>oti!) e iniziarono a tentare <strong>di</strong><br />

costringerlo in un angolo per intrappolarlo.


«I<strong>di</strong>oti! Testequadre! Topastri!» li schernì mentre evitava con estrema<br />

facilità i loro patetici sforzi.<br />

Poi cambiò tattica, piombando a terra per raccogliere alcuni fra gli oggetti<br />

più leggeri che gli erano stati tirati <strong>di</strong>etro, portandoli fino alla volta<br />

della grotta per poi lasciarli cadere sulle teste degli gnomi. I due emisero<br />

ululati e grida <strong>di</strong> rabbia. Forse questo avrebbe attirato l'attenzione del cane,<br />

pensò Biggar. Ma il cane rimase dov'era. Forse il fracasso non era stato<br />

sufficiente. Ritentò con qualcosa <strong>di</strong> più pesante, un grosso mestolo <strong>di</strong> legno,<br />

che lasciò cadere esattamente sulla testa <strong>di</strong> Filip. Lo gnomo perse l'equilibrio<br />

sulla sporgenza <strong>di</strong> roccia sulla quale si era arrampicato e cadde <strong>di</strong><br />

testa da tre metri <strong>di</strong> altezza. Il colpo doveva avergli procurato un dolore<br />

terribile, ma il piccolo essere si rialzò imme<strong>di</strong>atamente. Teste <strong>di</strong> legno,<br />

pensò Biggar. Non avendo cervello, dovevano avere il cranio ben spesso.<br />

Il gioco continuò per un bel po', con gli gnomi che tentavano <strong>di</strong> catturare<br />

Biggar nella loro rete e Biggar che li evitava regolarmente e li scherniva in<br />

continuazione insultandoli. Nessuna delle due parti stava ottenendo alcun<br />

vantaggio sull'altra. Biggar prese a insultare ad alta voce anche il cane, ma<br />

non venne alcuna risposta. Tentò anche <strong>di</strong> stimolarlo <strong>di</strong>rettamente, sfrecciando<br />

nel tunnel fino al punto in cui si era piazzato <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, insultandolo<br />

<strong>di</strong> prima persona e girandogli attorno ad alta velocità, ma il cane non<br />

abbandonò la postazione.<br />

Alla fine, il primo a perdere la pazienza fu proprio Biggar. Non riusciva<br />

a sopportare l'idea <strong>di</strong> essere tenuto in stallo così a lungo da quegli i<strong>di</strong>oti.<br />

Decise quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tentare qualcosa <strong>di</strong> decisivo, qualcosa che avrebbe per<br />

forza interrotto quella situazione insostenibile. Sfrecciò attraverso il salone,<br />

passando sopra le teste e le mani protese degli gnomi, arrivando fino al<br />

punto in cui si trovava la Scatola magica. Basta con la cautela. L'unica cosa<br />

che avrebbe potuto attirare l'attenzione del cane era proprio la Scatola,<br />

soprattutto se pensava che le potesse accadere qualcosa <strong>di</strong> brutto. Ebbene,<br />

Biggar lo avrebbe accontentato.<br />

Tornò in picchiata sui maledetti furetti, spingendoli verso l'ingresso,<br />

mantenendosi piuttosto vicino per dar loro la speranza <strong>di</strong> poterlo finalmente<br />

acchiappare. Quando li ebbe spinti dalla parte opposta della sala, sfrecciò<br />

via <strong>di</strong> colpo a tutta velocità e tornò allo scaffale <strong>di</strong> pietra. Atterrò <strong>di</strong>rettamente<br />

sulla Scatola magica, infilò gli artigli nei solchi formati dalle incisioni<br />

dei simboli <strong>di</strong> potere, strinse la presa e decollò nuovamente. La scatola<br />

era pesante e piuttosto ingombrante. Vide gli gnomi che correvano verso<br />

<strong>di</strong> lui, gridando in maniera sempre più feroce ora che si erano accorti <strong>di</strong>


quanto stava facendo. Ciò nonostante, nella loro incoerenza, non gridarono<br />

nulla del tipo "La Scatola magica", e <strong>di</strong> conseguenza il cane non venne attirato.<br />

Stringendo il becco per lo sforzo, Biggar si sollevò nell'oscurità,<br />

mantenendo la scatola ben salda fra gli artigli. Sbatté le ali in maniera selvaggia<br />

per mantenersi in volo. Iniziarono a dolergli i muscoli. Da basso, i<br />

furetti saltavano come pazzi nel loro <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong> afferrarlo.<br />

Biggar continuò a sbattere le ali a fatica finché non si trovò nel punto più<br />

alto della sala <strong>di</strong> pietra. La Scatola magica oscillava fra i suoi artigli. Ciò<br />

che aveva in mente era <strong>di</strong> portarsela in giro ancora per qualche momento<br />

per poi lasciarla cadere a terra. A quel punto, il cane non avrebbe potuto<br />

fare a meno <strong>di</strong> venire a vedere che cosa stesse accadendo.<br />

«Vieni giù, stupido uccello!» ululò uno degli gnomi.<br />

«Perché non vieni su tu?» lo schernì <strong>di</strong> rimando Biggar.<br />

«Te ne pentirai!» gridò l'altro.<br />

«Volete vedere che cosa succede se mollo questa scatola?» li provocò,<br />

facendo oscillare in maniera sempre più precaria il contenitore <strong>di</strong> legno.<br />

«Non credo <strong>di</strong> poterla tenere ancora a lungo.»<br />

I due presero a gridare come spiritati, correndo per la sala come topi<br />

scacciati dalla loro tana. Biggar godette immensamente <strong>di</strong> quella scena <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sperazione. Passò da una parte all'altra della sala, trascinandoseli <strong>di</strong>etro<br />

come una coppia <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>cole, inutili pe<strong>di</strong>ne.<br />

Ma il cane rimase dov'era.<br />

Dopo un po', perse definitivamente quel poco <strong>di</strong> pazienza che ancora gli<br />

rimaneva. Bene, se era così che volevano giocare, per lui andava più che<br />

bene. Tanto più che ormai non ce la faceva veramente più Si sollevò nuovamente<br />

fino al punto più alto della sala e mollò la scatola.<br />

Sfortunatamente, si rese conto solo dopo averla mollata che uno dei suoi<br />

artigli si era impigliato in un'incisione.<br />

La Scatola magica cadde giù, piombando verso il suolo della caverna,<br />

seguita a ruota da Biggar. L'uccello si agitò furiosamente per liberarsi,<br />

spingendo e grattando <strong>di</strong>speratamente con l'altra zampa, ma non c'era nulla<br />

da fare. Vide il pavimento <strong>di</strong> pietra davanti a sé, cacciò un grido e chiuse<br />

gli occhi.<br />

Tuttavia, non accadde ciò che si era aspettato. Non sentì alcun colpo violento<br />

sulla pietra, non udì il tonfo della scatola, non provò dolore. Nell'ultimo<br />

momento possibile, Sot si era lanciato attraverso il pavimento e aveva<br />

preso al volo sia la scatola che l'uccello fra le sue braccia nodose e pelose.


Biggar fece appena a tempo ad aprire gli occhi che si ritrovò una mano<br />

stretta attorno al suo povero collo.<br />

«Ti ho preso adesso, stupido uccello» sussurrò lo gnomo.<br />

Abernathy ascoltò attentamente dalla sua postazione all'ingresso della<br />

grotta; tutto il frastuono e il tumulto che aveva sentito provenire dalla sala<br />

interna fino a quel momento era cessato tutt'a un tratto, sostituito da un silenzio<br />

tanto improvviso quanto inaspettato. Attese che i suoni della battaglia<br />

riprendessero, ma invece il silenzio perdurò. Evidentemente era accaduto<br />

qualcosa, ma che cosa? Non poteva permettersi <strong>di</strong> abbandonare la sua<br />

postazione per scoprirlo. Sapeva benissimo che Biggar non avrebbe esitato<br />

un attimo ad approfittarne. Ormai era più <strong>di</strong> un'ora che l'uccello tentava <strong>di</strong><br />

allontanarlo da lì. Abernathy aveva preferito delegare a Filip e Sot il compito<br />

<strong>di</strong> acchiappare quella maledetta creatura volatile, pensando che, in ogni<br />

caso, i due fossero più adatti a un compito simile. Non era sicuro che i<br />

due sarebbero riusciti ad acchiappare l'uccello, ma comunque non aveva<br />

molte possibilità <strong>di</strong> scelta. Sicuramente gli gnomi si erano dati da fare, e la<br />

prova dei loro sforzi stava proprio nei rumori che aveva sentito fino a quel<br />

momento, una cacofonia continua <strong>di</strong> grida e <strong>di</strong> tonfi che suggeriva ogni<br />

genere <strong>di</strong> avvenimenti più o meno sgradevoli.<br />

Solo che adesso non sentiva più nulla.<br />

«Filip?» chiamò con voce esitante. «Sot?»<br />

Nessuna risposta. Attese con ansia. Cosa doveva fare?<br />

Infine, dopo qualche minuto, due sagome oscure ma familiari apparvero<br />

nella penombra illuminata a malapena dalla fosforescenza. Portavano con<br />

sé una scatola intagliata in maniera intricata. Abernathy sentì il cuore che<br />

gli balzava in gola.<br />

«L'avete trovata!» esclamò, resistendo all'impulso <strong>di</strong> lasciarsi andare in<br />

una danza <strong>di</strong> gioia.<br />

Gli gnomi gli si avvicinarono, i loro volti stravolti dallo sforzo.<br />

«Quello stupido uccello ha tentato <strong>di</strong> farla cadere» <strong>di</strong>sse Filip con espressione<br />

seria.<br />

«Ha tentato <strong>di</strong> romperla» aggiunse Sot.<br />

«Poteva far male all'Alto Signore» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Poteva anche uccidere l'Alto Signore» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

Passarono amorevolmente le mani sulla superficie della Scatola magica,<br />

dopo<strong>di</strong>ché la <strong>di</strong>edero al cane, con estrema cautela.<br />

«Quello stupido uccello non lo farà mai più» <strong>di</strong>sse Filip.


«Mai più» ripeté Sot.<br />

E sputò fuori una piuma nera ben masticata.<br />

La Resa dei Conti<br />

L'alba su Sterling Silver era una macchia color rosso sangue sull'orizzonte<br />

che prometteva una giornata <strong>di</strong> maltempo. Questor Thews era nuovamente<br />

in cima ai bastioni del castello e stava osservando il risveglio degli<br />

uomini dell'esercito <strong>di</strong> Kallendbor e del vasto assembramento <strong>di</strong> popolani<br />

e conta<strong>di</strong>ni che li avevano preceduti nella loro assurda ricerca dei fantomatici<br />

cristalli dell'occhio della mente. L'oscurità della notte si spingeva<br />

lentamente verso occidente, cedendo il passo <strong>di</strong> malavoglia al cremisi<br />

dell'alba che inondava <strong>di</strong> un colore sanguigno le sagome ancora accucciate<br />

degli asse<strong>di</strong>anti.<br />

Non si trattava certo <strong>di</strong> un ottimo auspicio, pensò il mago.<br />

Era rimasto sveglio per gran parte della notte a frugare il territorio con il<br />

Landsview alla ricerca <strong>di</strong> qualche traccia <strong>di</strong> Ben Holiday. Aveva scrutato<br />

tutta Landover, da nord a sud e da est a ovest, ma non aveva visto nulla<br />

che potesse essergli d'aiuto. Si sentiva stanco e scoraggiato, e francamente<br />

non ne poteva più. Che cosa avrebbe dovuto fare a quel punto? Il castello<br />

era sotto asse<strong>di</strong>o, almeno due terzi della popolazione del regno era in rivolta,<br />

e lui era rimasto da solo ad affrontare la situazione. Ora era scomparso<br />

persino Abernathy, e questo rappresentava per lui un'ulteriore fonte <strong>di</strong> irritazione.<br />

Di Willow non si era più avuta alcuna notizia. Se la gente continuava<br />

a sparire a quel modo, nel giro <strong>di</strong> poco la monarchia avrebbe esaurito<br />

tutte le sue guide responsabili e sarebbe crollata come una casa senza<br />

fondamenta.<br />

Bunion spuntò dall'ombra e si portò al suo fianco, allungando lo sguardo<br />

sotto <strong>di</strong> loro. Per una volta, il coboldo non esibì il suo sorriso tutto denti.<br />

Questor emise un sospiro e abbassò una mano per dare una pacca rassicurante<br />

sulla sua spalla nodosa. Anche Bunion era esausto e ormai scoraggiato.<br />

Era come se avessero esaurito tutte le possibilità e non avessero altra alternativa<br />

se non quella <strong>di</strong> aspettare e vedere come andava a finire.<br />

Non dovettero attendere a lungo. Non appena sorse il sole e l'accampamento<br />

iniziò a risvegliarsi, lo sconosciuto dal mantello nero spuntò dal buio<br />

della foresta e marciò attraverso il prato fino a un punto in cui un folto<br />

d'alberi fronteggiava una collinetta. In quel punto non si era accampato<br />

nessuno, poiché il terreno era brullo e irregolare, il sottobosco costellato <strong>di</strong>


ovi e ortiche, la luce scarsa e le ombre spesse. Questor osservò lo sconosciuto<br />

mentre camminava deciso, allontanandosi dall'accampamento. Nessuno<br />

lo seguì. Nessuno sembrò nemmeno accorgersi della sua presenza.<br />

Eppure non si muoveva furtivamente, ma semmai con una determinazione<br />

che avrebbe comunque scoraggiato qualsiasi genere <strong>di</strong> intervento da parte<br />

<strong>di</strong> chiunque. Questor spazzò con lo sguardo l'ampio prato; non vi era alcun<br />

segno né <strong>di</strong> Horris Kew e del suo uccello, e tantomeno <strong>di</strong> Kallendbor.<br />

Riuscendo chissà come a passare indenne attraverso i rovi, lo sconosciuto<br />

dal mantello nero si infilò nell'oscurità del bosco. Che cosa aveva in<br />

mente? Questor Thews non lo sapeva, ma aveva la netta sensazione che sarebbe<br />

stato molto meglio se lo avesse saputo. Pensava in continuazione che<br />

avrebbe dovuto fare qualcosa, ma in verità non sapeva proprio che pesci<br />

pigliare.<br />

Bunion pronunciò una frase con un ciangottio urgente.<br />

«No, rimani qui» ribatté Questor. «E inutile attraversare il lago a nuoto<br />

se non sappiamo ancora che cosa ha in mente. Non voglio eroi. Abbiamo<br />

già perso abbastanza gente.» Ancora una volta, si ritrovò a domandarsi dove<br />

fosse andato a finire Abernathy.<br />

A quel punto apparve Kallendbor, seguito dai suoi ufficiali e cortigiani.<br />

Erano quasi tutti in armatura, pronti a dar battaglia, i loro cavalli sellati e<br />

armati che scalpitavano. Un gruppo <strong>di</strong> soldati si stava occupando delle armi,<br />

scaricandole una per volta da un carro. Questor strinse la mascella. A<br />

quanto pareva, Kallendbor si era già stancato <strong>di</strong> fare l'asse<strong>di</strong>ante.<br />

La luce scarlatta passò oltre Sterling Silver e il suo lago e invase la pianura<br />

antistante. Giunse alla collinetta dove lo sconosciuto era scomparso<br />

fra le ombre e iniziò ad arrampicarsi su per i boschi.<br />

Questor strinse gli occhi davanti al bagliore. Lo sconosciuto ora era uscito<br />

allo scoperto e si era posto <strong>di</strong> fronte alla collina.<br />

«Che cosa avrà in mente?» mormorò fra sé il mago con tono preoccupato.<br />

In quello stesso istante, lo sconosciuto sollevò improvvisamente le braccia<br />

sotto il mantello, si irrigidì completamente e fece scaturire dei lampi <strong>di</strong><br />

fuoco che andarono a infilarsi <strong>di</strong>rettamente nel terreno davanti a lui. Il mago<br />

lo fissò a bocca aperta. Lo sconosciuto stava usando la magia! Questor<br />

Thews rivolse a Bunion uno sguardo carico <strong>di</strong> ansia. Ora dal centro del<br />

prato provenivano le grida <strong>di</strong> coloro che avevano visto le fiamme. Kallendbor<br />

era già in sella al suo destriero e stava urlando or<strong>di</strong>ni ai suoi ufficiali.<br />

Gli uomini erano in agitazione, incerti sul da farsi. I soldati a pie<strong>di</strong> e quelli


a cavallo si stavano riunendo in formazione. I conta<strong>di</strong>ni, i popolani e le loro<br />

famiglie <strong>di</strong>mostravano una certa indecisione, non sapendo se rimanere<br />

in zona a vedere come andava a finire o scappare via <strong>di</strong>rettamente.<br />

Se fossero stati sufficientemente lungimiranti, avrebbero scelto senz'altro<br />

la fuga. A un certo punto si udì un profondo e minaccioso rombo proveniente<br />

dal sottosuolo, seguito da un forte raschiare <strong>di</strong> pietra, come se si<br />

fosse aperta una porta enorme.<br />

Ahi, ahi, pensò Questor Thews tar<strong>di</strong>vamente.<br />

La collina sembrò lacerarsi, aprendosi come un sacchetto <strong>di</strong> carta, cancellata<br />

completamente dalla scissione dell'aria che sembrava frammentarsi<br />

a sua volta davanti alla figura dello sconosciuto. La luce scarlatta riempì la<br />

voragine nera che si era aperta nel terreno, colmandola <strong>di</strong> colore cangiante<br />

e <strong>di</strong> ombre fumose. Seguì un rombo possente, che fece tremare il suolo e<br />

tutti coloro che si trovavano sul prato e sulle mura del castello. Poi si udì<br />

un sibilare <strong>di</strong> mostri, mischiato a un clangore <strong>di</strong> armi e <strong>di</strong> armature che in<br />

un attimo si trasformò in un grido che sembrava provenire da una moltitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> esseri in procinto <strong>di</strong> morire in terribile agonia.<br />

Questor si ritrovò con la bocca completamente secca. Demoni! Lo sconosciuto<br />

dal mantello nero aveva evocato i demoni!<br />

Un vento feroce spazzò la prateria; tende e stendar<strong>di</strong> volarono, i cavalli<br />

scalpitarono impauriti e gli uomini si inginocchiarono. Kallendbor aveva<br />

estratto la sua spada e la bran<strong>di</strong>va davanti a sé come un fiammifero contro<br />

un uragano.<br />

I demoni emersero dalla voragine, le loro armature irte <strong>di</strong> spuntoni e lame<br />

taglienti, tutti neri e bruciacchiati come se fossero venuti fuori dal più<br />

caldo dei forni. I loro corpi fumavano ancora quando atterrarono con un<br />

balzo possente sull'erba del prato; il fumo usciva dai loro elmi e da tutte le<br />

fessure delle loro armature imbrattate. Erano esseri sparuti e sgraziati, tutti<br />

piegati e contorti come alberi su un promontorio ventoso, denudati della<br />

loro pelle e temprati fino a <strong>di</strong>ventare duri come acciaio. Le bestie che cavalcavano<br />

non avevano nome e non si prestavano a nessun tipo <strong>di</strong> descrizione,<br />

esseri da incubo o da terribile fantasia, creature provenienti dall'oscurità<br />

dei mon<strong>di</strong> inferi.<br />

Si riversarono dai più profon<strong>di</strong> recessi dell'Abaddon, schierandosi tutt'attorno<br />

alla figura solitaria dello sconosciuto, riempiendo in un istante tutto<br />

lo spazio fra la collina e il lago. La tinta sanguigna dell'alba si abbatté su <strong>di</strong><br />

loro, facendoli apparire come braci incandescenti, il colore inciso nelle fessure<br />

e nelle crepe delle loro sagome scure come fuoco nel metallo.


Questor Thews sentì il cuore che gli saliva in gola.<br />

Quando lo sconosciuto dal mantello nero si girò nella sua <strong>di</strong>rezione e lo<br />

guardò dalla parte opposta del lago, il mago si rese conto che solo ora iniziavano<br />

i guai seri.<br />

«Avete mangiato l'uccello? Lo avete mangiato?»<br />

Abernathy fissò Filip e Sot con espressione incredula. Ora il sorriso sod<strong>di</strong>sfatto<br />

era scomparso dal volto dei due, che stavano in pie<strong>di</strong> davanti a lui<br />

a testa china.<br />

«Se lo meritava» borbottò Filip con tono <strong>di</strong>fensivo.<br />

«Stupido uccello» aggiunse Sot.<br />

«Ma non dovevate mangiarlo!» sbottò Abernathy, inferocito. «Vi rendete<br />

conto <strong>di</strong> ciò che avete fatto? L'uccello era l'unico che sapeva come farci<br />

uscire <strong>di</strong> qui! Era l'unico che sapeva come aprire la scatola! Cosa facciamo<br />

senza <strong>di</strong> lui? Siamo intrappolati in questa grotta, l'Alto Signore è intrappolato<br />

in quella scatola, e noi non possiamo farci assolutamente più niente!»<br />

Gli Gnomi Va'Via si scambiarono uno sguardo colpevole, torcendosi le<br />

<strong>di</strong>ta in maniera patetica.<br />

«Avevamo <strong>di</strong>menticato» gemette Filip.<br />

«Sì, avevamo <strong>di</strong>menticato» gli fece eco Sot.<br />

«Non lo sapevamo» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Non ci abbiamo pensato» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

«Comunque, è stata un'idea sua» <strong>di</strong>sse Filip, in<strong>di</strong>cando Sot.<br />

«Sì, è stata un'idea mi...» Sot si bloccò. «Non è vero! È stata tua!»<br />

«Tua!»<br />

«Tua!»<br />

Iniziarono a gridare e a spintonarsi, poi si accapigliarono e presero a tirarsi<br />

morsi e calcioni, finché non rotolarono sul suolo della grotta in un<br />

groviglio <strong>di</strong> braccia e gambe. Abernathy sollevò gli occhi al cielo e si mise<br />

a sedere con la Scatola magica in grembo. Lascia che si pestino, pensò.<br />

Lascia che si cavino gli occhi, per quel che me ne importa. Appoggiò la<br />

schiena alla parete della grotta, riflettendo sulla crudeltà della sorte. Essere<br />

arrivati così vicini alla meta per poi vedersela sfuggire <strong>di</strong> mano a quel modo<br />

era troppo per lui. Osservò <strong>di</strong>strattamente gli Gnomi Va'Via che rotolavano<br />

verso le ombre della grotta aggrovigliati fra loro. Non riusciva ancora<br />

a credere che avessero effettivamente mangiato l'uccello. Be', in effetti ci<br />

riusciva benissimo. Anzi, era una cosa perfettamente logica, visti i personaggi<br />

con i quali aveva a che fare. Per loro, mangiare un uccello era un


impulso naturale. Più che altro, pensò, era arrabbiato con se stesso perché<br />

aveva permesso che un fatto simile accadesse. Non che avesse potuto prevederlo,<br />

in effetti. Ma comunque...<br />

Rimase immerso in una serie <strong>di</strong> riflessioni inutili per un certo tempo,<br />

non riuscendo a farne a meno. Passarono i minuti. Dopo un po', i suoni<br />

della colluttazione fra i due gnomi si arrestarono. Abernathy tese le orecchie.<br />

Forse si erano mangiati a vicenda. Se era così, si trattava <strong>di</strong> giustizia<br />

poetica.<br />

Invece i due riapparvero poco dopo, tutti pieni <strong>di</strong> graffi, ferite e livi<strong>di</strong>, le<br />

teste chine, le bocche tirate. Si sedettero davanti a lui senza <strong>di</strong>re una parola,<br />

gli sguar<strong>di</strong> puntati verso il nulla. Abernathy li fissò.<br />

«Scusa» <strong>di</strong>sse Filip dopo un po'.<br />

«Scusa» ripete Sot.<br />

Abernathy annuì. Non riusciva a <strong>di</strong>r loro che non c'era problema, perché<br />

il problema rimaneva, e tantomeno se la sentiva <strong>di</strong> <strong>di</strong>r loro che li aveva<br />

perdonati, perché naturalmente non era così. Non <strong>di</strong>sse nulla.<br />

Dopo un po', l'espressione <strong>di</strong> Filip si ravvivò improvvisamente. «Magari<br />

ci sono dei cristalli nascosti nella grotta!» esclamò, rivolgendosi a Sot.<br />

Sot sollevò improvvisamente la testa. «É vero, potrebbero esserci! An<strong>di</strong>amo<br />

a vedere!»<br />

Nel giro <strong>di</strong> un attimo, erano già scomparsi nell'oscurità. Abernathy li<br />

guardò andare via con un sospiro. Meglio non intervenire, magari si sarebbero<br />

tenuti fuori dai guai per un po'. Passò altro tempo, Abernathy non sapeva<br />

quanto. Prese in considerazione l'idea <strong>di</strong> procedere per tentativi nella<br />

decifrazione della sequenza <strong>di</strong> rune che avrebbe fatto scattare la porta, ma i<br />

simboli attorno alla lastra <strong>di</strong> tetra erano dozzine, e aveva ben poche speranze<br />

<strong>di</strong> trovare la combinazione giusta per tempo. Del resto, che altro poteva<br />

fare? Appoggiò a terra la Scatola magica e si alzò in pie<strong>di</strong>.<br />

In quel preciso istante, la serratura del portone <strong>di</strong> pietra emise uno scatto<br />

e la lastra iniziò a scivolare lentamente verso l'interno. Abernathy si appiattì<br />

contro la parete. La porta si aprì lentamente, scricchiolando e sfregando<br />

contro la pietra, facendo entrare un fascio <strong>di</strong> luce rossa e grigiastra<br />

dell'alba.<br />

Abernathy trattenne il fiato. Che fosse lo sconosciuto dal mantello nero?<br />

Chiuse gli occhi involontariamente.<br />

«Biggar?» chiamò una voce familiare.<br />

Il naso a uncino <strong>di</strong> Horris Kew spuntò da <strong>di</strong>etro la pietra, seguito dal suo<br />

volto. Si fermò per adattare gli occhi all'oscurità. Abernathy rimase perfet-


tamente immobile, incapace <strong>di</strong> credere che avesse avuto un simile colpo <strong>di</strong><br />

fortuna.<br />

«Biggar?» chiamò nuovamente Horris, entrando nella grotta.<br />

La porta <strong>di</strong> pietra iniziò a chiudersi alle sue spalle. Abernathy allora si<br />

fece avanti, piazzandosi fra la porta e il mago. «Buongiorno, Horris.»<br />

Horris non fece nemmeno a tempo a girarsi che già Abernathy gli era<br />

piombato addosso e lo aveva gettato a terra. Il mago gridò e tentò <strong>di</strong> liberarsi,<br />

<strong>di</strong>vincolandosi in maniera selvaggia. E dato che era tutto braccia e<br />

gambe ossute, Abernathy non riuscì a trattenerlo a lungo. Non appena si fu<br />

liberato, Horris scattò in pie<strong>di</strong> e si lanciò verso la porta. Disposto a tutto<br />

pur <strong>di</strong> non lasciarselo sfuggire, Abernathy serrò i denti sulla stoffa della<br />

sua tunica consunta da men<strong>di</strong>cante e si puntellò con tutte e quattro le zampe.<br />

Horris tentò <strong>di</strong> liberarsi, ma non vi riuscì. Abernathy ringhiò. I due<br />

continuarono per un po' a tirarsi vicendevolmente davanti alla porta, senza<br />

trarne alcun vantaggio.<br />

Poi Horris Kew vide la Scatola magica, gridò un'altra volta, si liberò con<br />

un possente strattone e si tuffò per afferrare il prezioso manufatto. Scalciando<br />

furiosamente Abernathy, si lanciò verso la porta e la salvezza con<br />

la scatola sottobraccio, e vi era quasi giunto quando improvvisamente Filip<br />

e Sot balzarono fuori dall'oscurità e gli si catapultarono addosso, mandandolo<br />

a gambe all'aria e facendolo atterrare sulla schiena con un tonfo sordo<br />

che lo lasciò senza fiato.<br />

Abernathy riprese imme<strong>di</strong>atamente la Scatola magica, fece per darla a<br />

Filip, poi pensò che forse non era una buona idea. Usando la mano libera,<br />

tirò su Horris e gli <strong>di</strong>ede uno scossone talmente forte da fargli tremare i<br />

denti.<br />

«Ora ascoltami bene, specie <strong>di</strong> truffal<strong>di</strong>no importuno!» gli sbottò in faccia<br />

con rabbia. «Ora farai esattamente ciò che ti <strong>di</strong>rò, altrimenti rimpiangerai<br />

il giorno in cui sei nato!»<br />

«Lasciatemi andare!» lo supplicò Horris Kew. «Nulla <strong>di</strong> quanto è accaduto<br />

è colpa mia! Io non sapevo!»<br />

«Tu non sai mai niente!» ribatté Abernathy. «É proprio questo… il tuo<br />

problema! Cosa ci fai qui, in ogni caso?»<br />

«Sono venuto a cercare Biggar» riuscì a <strong>di</strong>re Horris, deglutendo la sua<br />

Paura con un singulto. «Dov'è andato a finire? Che cosa ne avete fatto?»<br />

Abernathy attese che si calmasse un poco, poi lo tirò a sé, avvicinandosi<br />

faccia a faccia. «Lo hanno mangiato gli gnomi, Horris» <strong>di</strong>sse a bassa voce.


Horris Kew spalancò gli occhi. «E ora, se non farai ciò che ti <strong>di</strong>co, <strong>di</strong>rò loro<br />

<strong>di</strong> mangiare anche te. Hai capito bene?»<br />

Horris annuì senza esitazioni, incapace <strong>di</strong> proferire alcunché.<br />

Abernathy lo allontanò <strong>di</strong> un centimetro. «Puoi iniziare aprendo la porta<br />

della grotta. E non tentare trucchi. Non tentare <strong>di</strong> correre. Ti terrò ben<br />

stretto per tutto il tempo.»<br />

Spinse Horris verso l'ingresso, con Filip e Sot che seguivano a ruota,<br />

fermandosi in attesa mentre il mago terrorizzato componeva la sequenza <strong>di</strong><br />

rune per l'apertura del portone. La lastra <strong>di</strong> pietra si spalancò lentamente, e<br />

un attimo dopo il mago, lo scrivano e gli gnomi poterono uscire nuovamente<br />

alla luce del sole.<br />

Abernathy girò Horris Kew su se stesso, costringendolo a guardarlo in<br />

faccia. «A prescindere da ciò che tu possa pensare, Horris, tutto ciò che è<br />

accaduto è effettivamente colpa tua, quin<strong>di</strong> non voglio sentirti <strong>di</strong>re più<br />

nemmeno una parola. Ora hai la possibilità <strong>di</strong> rimettere le cose a posto, e ti<br />

consiglio vivamente <strong>di</strong> afferrarla al volo. Voglio l'Alto Signore. Voglio che<br />

Ben Holiday torni qui, a Landover, e subito. Tu sei quello che lo ha fatto<br />

entrare nella scatola, e tu sarai quello che lo farà uscire!»<br />

Horris Kew deglutì, facendo sobbalzare il pomo d'Adamo, contraendo le<br />

labbra e le guance. Sembrava un vecchio spaventapasseri lasciato a marcire<br />

in un campo, e dava l'impressione <strong>di</strong> essere in procinto a crollare in un<br />

mucchietto <strong>di</strong> paglia da un momento all'altro. «Non so se sono in grado <strong>di</strong><br />

farlo» sussurrò.<br />

Abernathy gli rivolse lo sguardo più cattivo che conoscesse. «Ti conviene<br />

riuscirci» sussurrò con tono minaccioso.<br />

«Ma che cosa mi faranno quando li avrò liberati? Holiday potrebbe anche<br />

essere comprensivo, ma la strega e il drago...»<br />

«Ti ritroverai in guai ancora più seri se non li liberi.» Abernathy non era<br />

dell'umore giusto per trattare. «Di' le parole della formula, Horris. Adesso.»<br />

Horris Kew si leccò le labbra, rivolse un'occhiata agli Gnomi Va'Via,<br />

quin<strong>di</strong> inspirò profondamente. «Ci proverò.»<br />

Senza mollarlo, Abernathy gli mise in mano la Scatola magica e si spostò<br />

alle sue spalle. «E ricordati, niente scherzi.»<br />

L'alba era un bagliore rossastro che filtrava attraverso le ombre della foresta<br />

che li avvolgeva mentre inseguiva lentamente l'oscurità, cacciandola<br />

verso occidente. Ad Abernathy non piacque ciò che vide. Si stava avvicinando<br />

il maltempo. I suoi pensieri erano già rivolti a Sterling Silver, all'as-


se<strong>di</strong>o, a Kallendbor e allo sconosciuto dal mantello nero. Diede una stretta<br />

al collo <strong>di</strong> Horris Kew, che iniziò imme<strong>di</strong>atamente a parlare.<br />

«Rashun, oblight, surena! Larin, kestel, maneta! Ruhn!» Il coperchio<br />

della Scatola magica scomparve davanti ai loro occhi in un turbine nebbioso<br />

<strong>di</strong> malevola luce verdastra.<br />

Ben Holiday vide la fessura che si apriva nell'oscurità della parete che<br />

aveva davanti a sé e vi si lanciò senza esitare un attimo. Dapprincipio fu<br />

solo un bagliore, poi si allargò, come se l'intero muro si fosse aperto in due.<br />

Nightshade e Strabo erano alle sue spalle. La nebbia fatata vorticò in<br />

maniera selvaggia, attratta dal bagliore come se fosse una cosa viva. Ben si<br />

tuffò nell'apertura, senza pensare alle possibili conseguenze, pensando solo<br />

che un'apertura poteva offrirgli la possibilità <strong>di</strong> liberarsi. La luce lo risucchiò,<br />

trascinandolo in un vortice che lo sballottò come una piuma al vento.<br />

Percepì la presenza del drago e della strega alle sue spalle che venivano risucchiati<br />

a loro volta. L'oscurità e la nebbia si <strong>di</strong>ssiparono lentamente sotto<br />

i suoi pie<strong>di</strong>. Il Labirinto scomparve alle sue spalle. Sopra la sua testa, la<br />

luce assunse una tinta verdastra, adombrata a tratti da sagome in movimento<br />

(alberi e foglie, si rese conto), che si stagliarono contro un cielo ancora<br />

scuro, un cielo <strong>di</strong> primo mattino. Sentì l'odore della terra, del muschio e<br />

degli alberi, il sapore metallico <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> simile a zolfo, e udì voci che<br />

gridavano eccitate...<br />

Un attimo dopo, si ritrovò nella penombra della foresta <strong>di</strong> Landover. Era<br />

finalmente riuscito a tornare nel mondo dal quale era venuto. Attorno a lui,<br />

a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, vi erano Abernathy, Horris Kew, Filip e Sot che<br />

lo fissavano a bocca aperta.<br />

Un attimo dopo apparve Nightshade, nuovamente se stessa, la forza della<br />

magia che irra<strong>di</strong>ava dal suo corpo in piccole scintille e bagliori luminosi.<br />

La strega sollevò le braccia al cielo in un gesto spontaneo, la striscia<br />

bianca sui suoi capelli neri che luccicava come neve sul carbone, gli spigoli<br />

taglienti del suo volto scolpito sollevati verso il bagliore rossastro dell'alba.<br />

«Libera!» esclamò con gioia.<br />

Strabo esplose fuori dalla scatola alle sue spalle, tornato nuovamente<br />

nella sua forma <strong>di</strong> drago, il lungo corpo nero e squamoso che si svolgeva,<br />

le ali che si spiegavano in tutta la loro ampiezza. Si librò imme<strong>di</strong>atamente<br />

nel cielo, sputando un possente getto <strong>di</strong> fuoco che andò ad abbattersi sulla<br />

porta della grotta e bruciacchiò gli alberi circostanti. Tutto luccicante e


fumoso, il drago emise un possente colpo <strong>di</strong> tosse e sfrecciò via verso l'oscurità.<br />

«Alto Signore!» esclamò Abernathy con tono commosso ed evidentemente<br />

sollevato. Strappò la Scatola magica dalle mani <strong>di</strong> Horris Kew e si<br />

precipitò verso il suo Re. «State bene?»<br />

Ben annuì, guardandosi attorno per assicurarsi che fosse effettivamente<br />

così. Filip e Sot squittivano eccitati davanti a lui, in verità un po' impauriti<br />

dalla sagoma scura <strong>di</strong> Nightshade. Horris Kew si guardava attorno <strong>di</strong>sperato,<br />

alla ricerca <strong>di</strong> un luogo dove nascondersi.<br />

Ben Holiday inspirò. «Abernathy, che cosa sta succedendo?»<br />

Lo Scrivano <strong>di</strong> Corte riprese la sua compostezza. «In effetti, stanno accadendo<br />

parecchie cose...»<br />

Le grida <strong>di</strong> benvenuto degli Gnomi Va'Via interruppero il suo resoconto.<br />

«Grande Alto Signore!»<br />

«Possente Alto Signore!»<br />

Filip e Sot si erano abbracciati e saltavano su e giù come due pazzi, ormai<br />

convinti che si trattasse effettivamente del loro beneamato Re. Ben rivolse<br />

loro un sorriso esitante. Che <strong>di</strong>avolo ci facevano lì?<br />

Abernathy cercò <strong>di</strong> continuare nel suo racconto dei fatti, ma nel frattempo<br />

Nightshade aveva in<strong>di</strong>viduato Horris Kew e gli si stava avvicinando<br />

con fare minaccioso. «Tu!» proruppe con rabbia.<br />

Ben si frappose imme<strong>di</strong>atamente fra i due. «Aspetta, Nightshade. Prima<br />

voglio sentire che cos'ha da <strong>di</strong>re Abernathy.»<br />

«Togliti <strong>di</strong> mezzo, re per gioco» or<strong>di</strong>nò la strega con voce carica <strong>di</strong> veleno.<br />

«Ora non siamo più nel Labirinto, non siamo più soggetti alle sue regole.<br />

Ora ho nuovamente la mia magia, e posso fare ciò che mi pare e piace!»<br />

Ma Ben non si spostò, infilò una mano sotto la sua tunica ed estrasse il<br />

medaglione. «Ora siamo tornati entrambi ciò che eravamo prima. Non tentare<br />

<strong>di</strong> mettere alla prova la tua forza contro la mia. Prima <strong>di</strong> prendere una<br />

decisione per quanto riguarda Horris Kew, voglio sentire il resoconto del<br />

mio Scrivano <strong>di</strong> Corte su quanto è accaduto durante la nostra assenza.»<br />

Nightshade rimase impietrita sul posto, livida per la rabbia. «Inizia a<br />

parlare, Abernathy» <strong>di</strong>sse Ben con tono calmo.<br />

Abernathy ubbidì. Raccontò all'Alto Signore la storia della Scatola magica<br />

e <strong>di</strong> Horris Kew, dei cristalli dell'occhio della mente, dello sconosciuto<br />

dal mantello nero, <strong>di</strong> Kallendbor e dell'asse<strong>di</strong>o a Sterling Silver. Ben ascoltò<br />

senza fare alcun commento, mantenendo lo sguardo fissato su Ni-


ghtshade. Quando lo scrivano ebbe finito <strong>di</strong> parlare, Ben si avvicinò a Horris<br />

Kew. «Ebbene?»<br />

«Mio Signore, non ho nulla da <strong>di</strong>re in mia <strong>di</strong>fesa.» Il mago sembrava<br />

completamente rassegnato alla sconfitta. La sua figura alta e sparuta era<br />

tutta prostrata in atteggiamento sottomesso. «Lo sconosciuto è un essere<br />

fatato fuoriuscito dalla Scatola magica... per colpa mia, devo aggiungere,<br />

un essere <strong>di</strong> grande malvagità e dotato <strong>di</strong> magia potentissima chiamato il<br />

Gorse. Vuole ven<strong>di</strong>carsi in qualche modo sugli abitanti delle nebbie fatate<br />

dopo aver conquistato Landover. Sono sinceramente pentito <strong>di</strong> aver fatto<br />

qualunque cosa per aiutarlo, credetemi.» Fece una pausa, deglutendo. «A<br />

mio favore posso solo <strong>di</strong>re che ho collaborato nella vostra liberazione.»<br />

«Dopo averci messi in trappola, però» osservò Ben. Rivolse lo sguardo a<br />

Nightshade. «Dovrò tenerlo con me per un certo tempo. Potrei avere bisogno<br />

<strong>di</strong> lui per trattare con questa creatura fatata.»<br />

Nightshade scosse il capo con forza, facendo oscillare la sua chioma<br />

scura. «Dallo a me.»<br />

«Lui non è il nostro vero nemico, Nightshade. Non lo è mai stato. É stato<br />

usato allo stesso modo in cui siamo stati usati noi, anche se noi abbiamo<br />

sofferto il peggio. Metti da parte la tua rabbia. Vieni con noi a Sterling Silver<br />

ad affrontare il Gorse. La tua magia ci sarebbe <strong>di</strong> grande aiuto. Abbiamo<br />

lavorato assieme nelle nebbie, possiamo farlo anche adesso.»<br />

«I tuoi problemi non mi interessano!» proruppe la strega. «Risolviteli da<br />

solo!»<br />

Fissò Ben con aria <strong>di</strong> sfida. Ben inspirò profondamente. «So quel che è<br />

successo nelle nebbie, ciò che è passato fra noi due...»<br />

«Smettila!» sbottò Nightshade con una furia tale da mandare Filip e Sot<br />

a nascondersi fra gli alberi. Era bianca per la rabbia. «Non <strong>di</strong>re una parola!<br />

Non <strong>di</strong>re nulla! Io ti o<strong>di</strong>o, re per gioco! Ti o<strong>di</strong>o con tutte le ossa che ho in<br />

corpo! Vivrò solo per vederti <strong>di</strong>strutto! Ciò che mi hai fatto, ciò che hai<br />

finto...!»<br />

«Non ho finto proprio nulla...»<br />

«No! Tu non puoi parlarmi!» Il suo bel volto freddo e duro era contratto<br />

in una maschera d'ira. «Pren<strong>di</strong>ti pure il mago! Non voglio più avere nulla a<br />

che fare con nessuno <strong>di</strong> voi! Comunque sia...» rivolse il suo sguardo verso<br />

Horris Kew con un'occhiata che avrebbe spaventato il più coraggioso fra<br />

gli uomini. «Se un giorno mi capiterà <strong>di</strong> incontrarti, <strong>di</strong> trovarti da solo...»


Tornò a rivolgersi a Ben con un'occhiata fulminante. «Ti o<strong>di</strong>erò per<br />

sempre!» sussurrò, le sue parole come una male<strong>di</strong>zione che rimase a mezz'aria<br />

nel silenzio che seguì come una lama <strong>di</strong> rasoio in procinto <strong>di</strong> tagliare.<br />

Dopo<strong>di</strong>ché sollevò le braccia con un gesto possente, venne circondata da<br />

fumo e nebbia e scomparve nel nulla nella luce dell'alba.<br />

Ben la osservò mentre spariva, provando sensazioni contrastanti mentre<br />

considerava l'impatto della sua rabbia. Gli pareva quantomeno strano che<br />

la strega si dovesse comportare così dopo quanto avevano con<strong>di</strong>viso... anche<br />

se da un lato si rendeva conto che quel suo comportamento era pressoché<br />

inevitabile. Si domandò per un attimo se avrebbe potuto evitarlo in<br />

qualche modo, ma decise che era impossibile.<br />

«Alto Signore!» esclamò Abernathy con tono allarmato, afferrandogli la<br />

manica.<br />

Ben si voltò.<br />

Un'ombra enorme li ricoprì, e un attimo dopo Strabo piombò dal cielo,<br />

frantumando rami e sollevando polvere e pietre mentre posava al suolo la<br />

sua possente massa.<br />

«Holiday» gracchiò con tono accon<strong>di</strong>scendente. «Non abbiamo ancora<br />

tirato le somme, io e te. È questo l'uomo responsabile per quanto ci è accaduto?»<br />

Ben scosse il capo. «No, Strabo. Quello che vogliamo si trova a Sterling<br />

Silver, occupato a fomentare altri guai.»<br />

L'enorme capo cornuto del drago si girò, e i suoi occhi giallastri rifletterono<br />

la luce rossa. «Sebbene non lo avessimo deciso noi, questo viaggio lo<br />

abbiamo iniziato assieme. Pensi che sia il caso che lo portiamo a termine<br />

assieme?»<br />

Ben sorrise, piacevolmente sorpreso. «Penso proprio che sia il caso» assentì.<br />

Quando Holiday, Abernathy e Horris Kew furono decollati dalla radura<br />

sul dorso <strong>di</strong> Strabo, quando risultò evidente che la strega Nightshade non<br />

sarebbe più tornata, Filip e Sot uscirono fuori dal loro nascon<strong>di</strong>glio. Sgattaiolarono<br />

fuori dalla copertura degli alberi e si guardarono attorno con<br />

grande cautela, pronti a sparire al minimo suono o movimento. Ma non vi<br />

era nulla, solo silenzio e l'odore stagnante del fuoco del drago nel punto in<br />

cui aveva bruciacchiato le fronde degli alberi.<br />

«Sono andati» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Andati» fece eco Sot.


Si incamminarono verso la grotta, misurando la <strong>di</strong>stanza che li separava<br />

dall'apertura. Ora la porta <strong>di</strong> pietra era aperta, scar<strong>di</strong>nata dal getto <strong>di</strong> fuoco<br />

<strong>di</strong> Strabo, le serrature pressoché <strong>di</strong>velte. La sua superficie annerita fumava<br />

ancora.<br />

«Ora potremmo tornare dentro» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Sì, potremmo cercare dei cristalli» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

«Potrebbero essercene ancora» <strong>di</strong>sse Filip.<br />

«Anche se prima non ne abbiamo trovati» <strong>di</strong>sse Sot.<br />

«Magari nascosti in un punto recon<strong>di</strong>to.»<br />

«In un punto dove non abbiamo guardato.»<br />

Seguì una lunga pausa, mentre i due consideravano l'idea. Il colore<br />

dell'alba era penetrato nell'oscurità della foresta, dando una tinta color<br />

cremisi a ogni cosa. Gli uccelli avevano smesso <strong>di</strong> cantare. Gli insetti avevano<br />

smesso <strong>di</strong> ronzare. Nulla si muoveva. Il silenzio era opprimente.<br />

«Io credo che faremmo meglio a tornare a casa» <strong>di</strong>sse Filip a bassa voce.<br />

«Lo credo anch'io» assentì Sot.<br />

Così fecero.<br />

Riscatto<br />

Volando nel cielo <strong>di</strong> Landover, appollaiato sulla schiena <strong>di</strong> Strabo, Ben<br />

Holiday si ritrovò a riflettere su come potessero cambiare rapidamente le<br />

cose. Fino a un'ora prima si trovava imprigionato nella Scatola magica,<br />

lontano dal suo mondo come un morto dal mondo dei vivi. Fino a un giorno<br />

prima, non sapeva nemmeno chi fosse. Era convinto <strong>di</strong> essere il Cavaliere,<br />

il Campione del Re, una personificazione del Pala<strong>di</strong>no che <strong>di</strong> fatto<br />

era il suo alter ego. Nightshade e Strabo non era nemmeno esistiti, e al loro<br />

posto vi erano stati la Dama e il Gargoyle, persi e <strong>di</strong>mentichi delle loro identità<br />

esattamente come lui. Assieme avevano formato una strana compagnia,<br />

priva <strong>di</strong> qualsiasi conoscenza del proprio passato, costretta a iniziare<br />

una nuova vita in un mondo del quale non sapevano nulla. Erano stati uniti<br />

da una <strong>di</strong>sgrazia comune, costretti a con<strong>di</strong>videre una vita contrassegnata<br />

dall'ignoto e dalle false speranze, e nel corso <strong>di</strong> quel viaggio avevano raggiunta<br />

un'intesa che era sconfinata nell'amicizia.<br />

Anche in più che amicizia, si corresse, almeno per quanto riguardava<br />

Nightshade.<br />

E ora tutto ciò era scomparso, risucchiato nel nulla con la riassunzione<br />

delle loro vere identità e il ritorno a Landover. Era come se avessero vissu-


to due vite <strong>di</strong>fferenti, una iniziata dal momento in cui erano stati catturati<br />

nella trappola della scatola, un'altra completamente <strong>di</strong>versa che aveva avuto<br />

inizio dal momento in cui ne erano usciti. E in ognuno dei due casi era<br />

stata tolta loro tutta la loro conoscenza <strong>di</strong> vita, erano stati costretti a imparare<br />

tutto da capo, dapprima come stranieri in un mondo sconosciuto, poi<br />

come abitanti <strong>di</strong> un mondo che conoscevano fin troppo bene. Ed era proprio<br />

quella seconda vita che non ammetteva nessuna parte della prima, che<br />

richiedeva tassativamente che si rinunciasse e che si <strong>di</strong>menticasse qualsiasi<br />

cosa fosse avvenuta nel corso della prima, poiché tutto ciò che era avvenuto<br />

fra le nebbie era avvenuto sotto false spoglie, non era stato altro che una<br />

finzione. Ben si rattristò a quel pensiero. Con Nightshade aveva con<strong>di</strong>viso<br />

una vicinanza che non sarebbe mai più esistita. La <strong>di</strong>pendenza reciproca<br />

che vi era stata fra loro due era finita per sempre. E anche con Strabo le<br />

cose sarebbero cambiate molto. Ora li stava portando a Sterling Silver per<br />

regolare i conti con il Gorse, ma una volta finita quella storia se ne sarebbe<br />

andato per la sua strada. Ben non si illudeva. Non vi sarebbero stati più <strong>di</strong>scorsi<br />

fra Cavaliere e Gargoyle, non avrebbero più con<strong>di</strong>viso le loro paure<br />

e le loro speranze, non si sarebbero più adoperati assieme per comprendere<br />

le trame della vita. Avrebbero percorso ognuno la sua strada come avevano<br />

sempre fatto prima <strong>di</strong> ritrovarsi assieme nella Scatola magica, e il ricordo<br />

del tempo passato assieme nelle nebbie fatate si sarebbe <strong>di</strong>ssipato nel nulla<br />

come un sogno al risveglio.<br />

Ben resistette all'impulso <strong>di</strong> voltarsi per guardare Horris Kew, che si trovava<br />

fra lui e Abernathy. Era stato lui lo strumento della loro <strong>di</strong>sgrazia,<br />

pensò con rabbia, anche se era troppo sciocco per essere ritenuto responsabile.<br />

Il loro vero nemico era il Gorse. Come avrebbe affrontato quella creatura?<br />

Possedeva un controllo della magia a <strong>di</strong>r poco formidabile, e non avrebbe<br />

certo esitato a usarla, soprattutto quando avesse scoperto che Ben,<br />

Strabo e Nightshade erano nuovamente liberi. Ma perché li aveva imprigionati?<br />

Che minaccia rappresentavano per lui per portarlo fino al punto <strong>di</strong><br />

rinchiuderli nella scatola? O si trattava forse semplicemente <strong>di</strong> una questione<br />

<strong>di</strong> convenienza personale?<br />

Quali che fossero le risposte alle sue domande, vi era comunque una terribile<br />

certezza. Per affrontare il Gorse, sarebbe stato costretto ancora una<br />

volta a trasformarsi nel Pala<strong>di</strong>no, nel cavaliere errante del Re, nella creatura<br />

che temeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare. Era stata proprio quella sua paura che lo aveva<br />

portato a vedere se stesso come il Cavaliere all'interno della Scatola magica,<br />

ed era riuscito a malapena a sopravvivere a ciò che aveva fatto, alla <strong>di</strong>-


struzione del paese con tutti i suoi abitanti, degli Zingari del Fiume, e a<br />

momenti anche dei Gristlies. La sua paura nei confronti <strong>di</strong> quella sua metà<br />

oscura lo aveva quasi <strong>di</strong>strutto all'interno delle nebbie fatate, ma alla fine<br />

era riuscito a fuggire. Ora, però, se voleva sopravvivere, doveva nuovamente<br />

fare appello a quel lato oscuro della sua personalità. Ancora una<br />

volta, si ritrovò costretto a preoccuparsi <strong>di</strong> quanto dell'identità del Pala<strong>di</strong>no<br />

avrebbe assunto e <strong>di</strong> quanto avrebbe invece ceduto della personalità <strong>di</strong> Ben<br />

Holiday con l'imminente trasformazione.<br />

Ben osservò il Cuore che scorreva sotto <strong>di</strong> lui, i cuscini bianchi schierati<br />

in linee regolari sull'erba verde, gli stendar<strong>di</strong> dei re <strong>di</strong> Landover che svolazzavano<br />

nel vento in un turbine <strong>di</strong> colori. Una parte <strong>di</strong> lui era ansiosa <strong>di</strong><br />

cambiare, carica <strong>di</strong> aspettativa, in vista della trasformazione. Era sempre<br />

stato così. Ed era proprio questa la cosa che lo spaventava maggiormente.<br />

Anche Horris Kew stava riflettendo, e nemmeno i suoi pensieri erano<br />

molto allegri. Da lì a poco vi sarebbe stato un confronto fra Holiday e il<br />

Gorse, e a prescindere da chi avrebbe vinto, lui si sarebbe trovato in guai<br />

seri. Entrambi i contendenti infatti lo avrebbero ritenuto responsabile <strong>di</strong><br />

qualsiasi cosa l'altro avesse fatto, tentato <strong>di</strong> fare o anche solo avuto in mente<br />

<strong>di</strong> fare. Entrambi avrebbero inflitto su <strong>di</strong> lui qualche genere <strong>di</strong> punizione.<br />

Nel caso del Gorse, Horris preferiva non pensare nemmeno a quale avrebbe<br />

potuto essere quella punizione. Senz'altro non sarebbe stato nulla <strong>di</strong><br />

gradevole. Forse con Holiday se la sarebbe cavata meglio. Desiderò <strong>di</strong> potersi<br />

consultare con Biggar. Scoprì che, per quanto stranamente, sentiva la<br />

mancanza dell'uccello. Avevano con<strong>di</strong>viso un atteggiamento comune nei<br />

confronti delle opportunità e delle sfortune della vita, ed era veramente un<br />

peccato che le seconde avessero preso il sopravvento su Biggar così presto.<br />

Horris si ritrovò a sentire la sua mancanza più <strong>di</strong> quanto non avesse immaginato.<br />

Se non altro, perlomeno avrebbe potuto addossargli parte della colpa<br />

per quanto era accaduto.<br />

Emise un sospiro. Riflessioni <strong>di</strong> questo genere non lo avrebbero portato<br />

da nessuna parte. Cambiò atteggiamento mentale e cercò <strong>di</strong> decidere che<br />

cosa poteva fare per salvare la situazione. Gli conveniva decidere alla svelta,<br />

poiché già si intravedevano in lontananza i bastioni scintillanti <strong>di</strong> Sterling<br />

Silver. Sarebbe stato dalla parte <strong>di</strong> Holiday, decise. Aveva certamente<br />

più possibilità <strong>di</strong> sopravvivere con il Re <strong>di</strong> Landover, che almeno era un<br />

essere umano come lui. Ma che cosa poteva fare per salvarsi? Cosa poteva<br />

fare per mettersi in una luce migliore davanti agli occhi <strong>di</strong> Holiday in vista<br />

del momento in cui sarebbe stata decisa la sua sorte?


Davanti a lui, l'alba era una macchia color cremisi che ricopriva l'orizzonte<br />

intero, una vista strana e inquietante. Il rossore era talmente accentuato<br />

che sembrava essere venuto a far parte della terra stessa, penetrando<br />

con la sua tinta <strong>di</strong> fuoco nell'erba, negli alberi, nei cespugli, nei fiumi, nei<br />

laghi, sulle strade, sui campi, sui villaggi, sulle fattorie e su ogni cosa visibile<br />

ai suoi occhi. Tutt'attorno si adunavano nubi minacciose. Il giorno<br />

prima il cielo era stato terso, e anche Quella notte non vi era stata alcuna<br />

traccia <strong>di</strong> nubi. Queste erano comparse come per magia, oscurando il cielo<br />

mattutino, minacciando <strong>di</strong> inghiottirsi il sole da un momento all'altro, foriere<br />

<strong>di</strong> un temporale che si avvicinava sempre più rapidamente.<br />

Strabo abbassò il muso, tuffandosi in una graduale <strong>di</strong>scesa mentre la notte<br />

recedeva alle loro spalle. Il bagliore del sole accecò momentaneamente i<br />

passeggeri del drago, che strinsero gli occhi davanti alla sua sfera rosseggiante.<br />

Le torri e i bastioni luci<strong>di</strong> del castello riflettevano la luce sanguigna<br />

in maniera suggestiva. Il portone era chiuso e i cancelli <strong>di</strong> ferro abbassati.<br />

Il ponte che portava attraverso il lago fino alla terraferma era <strong>di</strong>strutto. La<br />

prateria davanti alla facciata <strong>di</strong> Sterling Silver era adombrata da una massa<br />

oscura al cui interno si intravedeva il movimento pigro e indolente degli<br />

eserciti che si adunavano. Ben Holiday trasalì. Vi erano due eserciti, schierati<br />

l'uno <strong>di</strong> fronte all'altro in assetto <strong>di</strong> battaglia. Da una parte della prateria<br />

vi erano i soldati <strong>di</strong> Greensward, dall'altra i demoni <strong>di</strong> Abaddon.<br />

«Alto Signore!» esclamò Abernathy con orrore.<br />

Ben rivolse lo sguardo <strong>di</strong>etro la spalla e gli fece un cenno <strong>di</strong> assenso. I<br />

demoni <strong>di</strong> Abaddon; il Gorse doveva averli evocati per assisterlo nel suo<br />

piano. Che cosa aveva promesso loro? Che esca aveva usato per farli venire<br />

fuori? Se avessero saputo <strong>di</strong> dover affrontare il Pala<strong>di</strong>no, non sarebbero<br />

mai usciti dalla loro tana; erano sempre stati terrorizzati dal Pala<strong>di</strong>no. Il<br />

Gorse doveva aver garantito loro che, non essendoci il Re, non esisteva alcuna<br />

minaccia da parte del suo Campione. Essendosi liberato anche <strong>di</strong> Nightshade<br />

e Strabo, aveva ben poco da temere da chicchessia.<br />

Ben irrigidì la mascella. Ora doveva affrontare sia il Gorse sia i demoni<br />

<strong>di</strong> Abaddon. Anche con l'aiuto <strong>di</strong> Strabo, non era certo un compito semplice.<br />

«Strabo!» chiamò. Un grosso occhio giallo si fissò su <strong>di</strong> lui. «Portaci<br />

giù! Atterra in mezzo fra i due eserciti!»<br />

Il drago emise un possente sibilo e <strong>di</strong>scese sul campo <strong>di</strong> battaglia in picchiata,<br />

passandovi sopra con un'ampia virata affinché tutti potessero vederlo,<br />

dopo<strong>di</strong>ché si posò con grazia al centro del prato.


Ben, Horris Kew e Abernathy balzarono giù dal suo dorso. Per loro fu<br />

come entrare in uno strano quadro, una rappresentazione grottesca dell'Inferno<br />

sulla Terra. Il rossore dell'alba dava un aspetto surreale a tutto il paesaggio<br />

circostante. Persino le Bonnie Blu avevano assunto una tinta sanguigna.<br />

Uomini, donne e bambini erano accalcati lungo tutto il margine<br />

della prateria e si stagliavano contro gli alberi come tanti spettri.<br />

Ben si girò verso i demoni ed espirò lentamente mentre valutava la <strong>di</strong>mensione<br />

del loro esercito. Erano molti. Troppi.<br />

«Mio Signore» iniziò Horris Kew «credo <strong>di</strong> avere...» Ma le sue parole<br />

vennero interrotte da Abernathy, che gli strinse la mano attorno al collo.<br />

Ben si rivolse al suo scrivano, che stringeva ancora la Scatola magica<br />

con il braccio libero. «Pren<strong>di</strong> la scatola e Horris e spostati verso il lago»<br />

gli or<strong>di</strong>nò. «Chiama Questor, fagli prendere la barca e fatevi portare <strong>di</strong> là.<br />

Sbrigati!»<br />

Abernathy si allontanò <strong>di</strong> tutta fretta, trascinandosi <strong>di</strong>etro Horris Kew,<br />

che protestò vivacemente. Ben tornò a rivolgere il suo sguardo verso i demoni.<br />

Il Corse si era piazzato davanti alle loro linee, con il suo mantello<br />

nero e il suo volto privo <strong>di</strong> lineamenti anche in quella strana luce. Ben uscì<br />

dall'ombra del drago, affrontandolo in prima persona. Infilò una mano nella<br />

sua tunica e ne tirò fuori il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover. Al suo fianco,<br />

Strabo spalancò le fauci ed emise un colpo <strong>di</strong> tosse secco, esplosivo. Si<br />

percepì un movimento fra le schiere dei demoni, un certo <strong>di</strong>sagio, un accenno<br />

<strong>di</strong> esitazione. Affrontare un Signore del Greensward con il suo esercito<br />

era una cosa. Affrontare Holiday e Strabo era tutt'altra.<br />

«Kallendbor!» chiamò Ben alle sue spalle.<br />

Quasi imme<strong>di</strong>atamente, si udì il suono degli zoccoli <strong>di</strong> un cavallo che si<br />

avvicinava. Ben si girò. Kallendbor fermò il suo destriero davanti al Re.<br />

Indossava un'armatura completa, e l'unica cosa visibile sotto la visiera alzata<br />

era il suo volto.<br />

«Alto Signore» <strong>di</strong>sse, il suo volto barbuto esangue, i suoi occhi che scattavano<br />

nervosamente in <strong>di</strong>rezione del drago.<br />

Ben gli si avvicinò. «So già la parte che hai avuto in tutto questo» gli<br />

<strong>di</strong>sse senza preamboli. «Quando questa faccenda sarà finita, dovrai risponderne<br />

a me.»<br />

Kallendbor annuì. Non vi era ombra <strong>di</strong> risentimento nei suoi occhi azzurri<br />

penetranti. «Ne risponderò se così dovrà essere, sempre ammesso che<br />

saremo ancora vivi alla fine <strong>di</strong> questa giornata.»


«Bene. Ma per il momento, cerchiamo <strong>di</strong> trovare un modo per rispe<strong>di</strong>re<br />

questi demoni a casa loro, e con loro anche quel truffatore dal mantello nero.<br />

I tuoi uomini sono pronti alla battaglia?»<br />

«Al vostro servizio, Alto Signore.» Non vi era esitazione nella sua voce.<br />

«Torna fra i tuoi ranghi allora, e aspetta il mio segnale.»<br />

Kallendbor si produsse in un saluto militare e si allontanò. Incorreggibile<br />

fino alla fine, pensò Ben. Certi uomini non cambiano mai.<br />

Tornò ad affrontare il Gorse e i demoni. Nel frattempo, un enorme cavaliere<br />

nero si era piazzato <strong>di</strong> fronte a tutti gli altri. Era il punto <strong>di</strong> riferimento<br />

dei demoni, e tutti gli altri avrebbero seguito la sua cavalcata nel momento<br />

in cui fosse stato sferrato l'attacco. Tenne a freno la sua cavalcatura<br />

scalpitante e si fermò a osservare Ben e Strabo.<br />

Il drago girò il suo capo possente. «Chiama il Pala<strong>di</strong>no, Holiday. I demoni<br />

si stanno surriscaldando.»<br />

Ben annuì. Ormai era rassegnato a quanto stava per accadere, ma allo<br />

stesso tempo se ne <strong>di</strong>sperava. Ancora una volta, era costretto a evocare il<br />

Pala<strong>di</strong>no affinché lo assistesse nella battaglia. Ancora una volta, vi sarebbe<br />

stata morte e <strong>di</strong>struzione, gran parte della quale sarebbe avvenuta per mano<br />

sua. Un'altra terribile battaglia, e lui non poteva fare nulla per fermarla,<br />

non avendo altre possibilità se non quella <strong>di</strong> combattere e <strong>di</strong> sperare <strong>di</strong> riuscire<br />

in qualche modo a renderla il più breve possibile. Una debole speranza,<br />

nata solo dalla <strong>di</strong>sperazione e dalla mancanza <strong>di</strong> alternative. Sentì lo<br />

sguardo <strong>di</strong> Strabo su <strong>di</strong> sé. Il vero responsabile <strong>di</strong> tutto ciò era il Gorse, e<br />

per questo bisognava farlo pagare <strong>di</strong> persona. Ma come? quanto era effettivamente<br />

potente quella creatura fatata? Molto, pensò, visto che il popolo<br />

delle fate era giunto fino al punto <strong>di</strong> rinchiuderlo nella Scatola magica<br />

nell'intenzione <strong>di</strong> lasciarlo lì in eterno.<br />

«Holiday!» premette il drago con tono sempre più impaziente.<br />

Rinchiudere nuovamente il Gorse nella Scatola magica, ecco qual era la<br />

soluzione migliore. Rinchiuderlo per l'eternità. Ma come? Che tipo <strong>di</strong> magia<br />

ci voleva per fare una cosa simile?<br />

Ma non c'era tempo per pensarci, non c'era tempo per decidere il da farsi.<br />

I demoni ormai avevano iniziato la loro carica, spingendo la loro massa<br />

scura attraverso la prateria in un movimento lento e inesorabile.<br />

«Holiday!» sibilò Strabo con tono furioso.<br />

Spada <strong>di</strong> Pala<strong>di</strong>no e fuoco <strong>di</strong> drago... sarebbero stati sufficienti a salvare<br />

Landover?


Ben Holiday prese in mano il medaglione, ciò che avrebbe fornito la risposta<br />

alla sua domanda.<br />

Horris Kew si stava rodendo dentro per la frustrazione. Era in pie<strong>di</strong> accanto<br />

ad Abernathy sulla sponda del lago, osservando Questor Thews che<br />

si avvicinava con la barca, e stava pensando che la sua ultima possibilità <strong>di</strong><br />

salvarsi stava per andarsene in fumo.<br />

Aveva tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo a Holiday, ma il Re <strong>di</strong> Landover non aveva tempo<br />

per prestargli ascolto. Aveva tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo ad Abernathy, ma lo Scrivano<br />

<strong>di</strong> Corte sentiva solo ciò che voleva sentire. Pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo a Questor<br />

Thews non appena il mago fosse giunto con la barca per portarli alla relativa<br />

sicurezza delle mura del castello, ma sapeva già che non avrebbe ottenuto<br />

nulla nemmeno da lui. La dura realtà era che nessuno voleva prestare<br />

ascolto a Horris Kew.<br />

Solo che, per una volta, Horris aveva qualcosa <strong>di</strong> importante da <strong>di</strong>re.<br />

Strascinò a terra i suoi stivali del numero 49, si strinse come una bambola<br />

<strong>di</strong> pezza e tentò <strong>di</strong> rimanere calmo. Solo che era <strong>di</strong>fficile rimanere calmi<br />

sapendo la sorte che gli sarebbe toccata nel caso che il Gorse e i demoni<br />

avessero avuto il sopravvento su Holiday. Se avesse vinto Holiday, si sarebbe<br />

trovato comunque in una situazione <strong>di</strong>fficile, ma perlomeno le prospettive<br />

sarebbero state più accettabili. Se avesse vinto Holiday, avrebbe<br />

avuto una buona speranza <strong>di</strong> rimanere in vita. Ma se invece fosse stato il<br />

Gorse a risultare vittorioso, Horris Kew avrebbe potuto considerarsi fritto.<br />

Il risultato sarebbe stato uno solo, a prescindere dalla ricetta usata. Il Gorse<br />

lo aveva visto in compagnia <strong>di</strong> Holiday e il drago, lo aveva visto bene, e le<br />

implicazioni erano inevitabili. Horris si era unito al nemico. Lo aveva tra<strong>di</strong>to.<br />

Non ci sarebbe stato alcun perdono. Nessuna scusa sarebbe stata accettata.<br />

Il Gorse lo avrebbe fatto a pezzetti e poi sputato fuori, e su questo<br />

non vi potevano essere dubbi.<br />

Horris ricordò il modo in cui si era sentito trovandosi davanti a quella<br />

creatura infame quando era iniziata quella terribile avventura. Ricordò la<br />

sua voce gracchiante e pericolosa e il suo puzzo <strong>di</strong> morte. Sentiva ancora<br />

la presa delle sue <strong>di</strong>ta invisibili che gli stringevano il collo, minacciando <strong>di</strong><br />

strangolarlo. Non aveva alcuna intenzione <strong>di</strong> provare ancora una volta simili<br />

esperienze. Da quando aveva liberato il Gorse, quella era la prima volta<br />

che non gli ballava l'occhio. E ora la sua ultima possibilità <strong>di</strong> non far<br />

tornare il tic stava svanendo nel nulla.


Un possente tuono risuonò da occidente, dove si erano accumulate le<br />

nubi temporalesche. Il fronte nuvoloso si stava allargando a vista d'occhio,<br />

avvicinandosi sempre <strong>di</strong> più al sole, inghiottendo la sua luce, mettendo in<br />

ombra ogni cosa visibile. Un forte refolo <strong>di</strong> vento spazzò la prateria e gli<br />

eserciti schierati. I cavalli emisero nitriti spaventati e si udì il clangore delle<br />

armi e delle armature. Un forte odore <strong>di</strong> pioggia invase l'aria.<br />

Horris stava pensando alla Scatola magica. Come vi era stato rinchiuso il<br />

Gorse? Sicuramente l'essere fatato rinnegato non ci era entrato <strong>di</strong> sua spontanea<br />

volontà, non più <strong>di</strong> quanto non lo avessero voluto Holiday, la strega<br />

e il drago. Horris era già stato chiamato ormai ben due volte a pronunciare<br />

le parole magiche che liberavano i prigionieri dalla scatola.<br />

Era possibile che l'incantesimo potesse essere invertito?<br />

Pensò al modo in cui erano stati tirati dentro Holiday e gli altri due. Il<br />

Gorse aveva costruito una elaborata rete magica nel punto in cui aveva attirato<br />

le sue vittime. Poi era apparso Horris con la Scatola magica, aveva<br />

pronunciato l'incantesimo, facendo scattare la rete e imprigionando i tre.<br />

Abbastanza semplice. Così a prima vista, si sarebbe potuto immaginare<br />

che vi fosse bisogno <strong>di</strong> un approccio simile per imprigionare il Gorse alla<br />

stessa maniera. Solo che poteva anche non essere così, pensò Horris Kew.<br />

In fondo, la Scatola magica non era stata forse costruita specificamente per<br />

imprigionare il Gorse? In quel caso, l'intrappolamento <strong>di</strong> Holiday e degli<br />

altri due era stato portato a termine utilizzando la scatola in maniera innaturale,<br />

adattandola a uno scopo <strong>di</strong>verso rispetto a quello per cui era stata<br />

costruita in origine. Inoltre, se il Gorse sapeva il modo in cui funzionava la<br />

magia della scatola, come era possibile che vi si fosse lasciato intrappolare<br />

a sua volta? E se non lo sapeva allora, come aveva fatto a impararlo in seguito?<br />

E poi c'era anche un'altra cosa. Il Gorse conosceva le parole necessarie<br />

per la sua liberazione, ma non era stato in grado <strong>di</strong> pronunciarle. Aveva<br />

dovuto ricorrere al trucchetto <strong>di</strong> Skat Mandu per manipolare Biggar e portare<br />

lo stesso Horris a pronunciare le parole in sua vece. Questo non significava<br />

forse qualcosa? Non significava forse che quelle parole, per chissà<br />

quale motivo, rappresentassero un anatema per il Gorse e che fosse quin<strong>di</strong><br />

costretto a farle pronunciare da qualcun altro in qualsiasi caso?<br />

Non poteva forse significare, si domandò Horris, che quello stesso incantesimo,<br />

quelle parole che il Gorse badava bene <strong>di</strong> non pronunciare <strong>di</strong><br />

persona, funzionassero anche nel senso opposto?


Più prendeva in considerazione questa possibilità, più gli pareva plausibile.<br />

Le fate, avendo costruito esse stesse la Scatola magica, avrebbero utilizzato<br />

senz'altro una magia speciale, fatta su misura, per imprigionarvi<br />

dentro il Gorse. Una magia che lo stesso Gorse non avrebbe mai potuto<br />

utilizzare per fuggire. E se per intrappolare Holiday, la strega e il drago il<br />

Gorse aveva utilizzato una forma <strong>di</strong> magia <strong>di</strong>fferente, questo significava<br />

che la magia utilizzata per intrappolare lui non era sufficiente per intrappolare<br />

qualsiasi altra persona. Forse la complicata rete <strong>di</strong> magia tessuta dal<br />

Gorse era anche servita allo scopo <strong>di</strong> non intrappolare lui stesso.<br />

Certo, si trattava <strong>di</strong> un'ipotesi, ma Horris Kew si trovava in una situazione<br />

<strong>di</strong>sperata, e la sua mente da mago opportunista era <strong>di</strong>sposta ad arrampicarsi<br />

sui vetri pur <strong>di</strong> trovare una via d'uscita.<br />

Forse avrebbero dovuto prestargli ascolto, pensò. Holiday, Abernathy,<br />

Questor Thews, tutti loro. Avrebbero dovuto lasciargli perlomeno tentare.<br />

In fondo, che male poteva fare, giunti a quel punto? Solo che sarebbe stato<br />

come chieder loro <strong>di</strong> incoronarlo Re. Nessuno sarebbe stato <strong>di</strong>sposto a<br />

provare un'idea suggerita da lui.<br />

Un altro tuono, lungo e cupo, fece tremare il terreno sotto i suoi pie<strong>di</strong>.<br />

Al centro del campo <strong>di</strong> battaglia, Kallendbor era tornato a unirsi al suo esercito<br />

e Holiday si stava voltando verso il Gorse e i demoni. Il capo <strong>di</strong><br />

questi ultimi era già partito e stava avanzando lentamente seguito dai suoi.<br />

Il drago si era sollevato sulle zampe posteriori e sbuffava fumo dalle narici<br />

in continuazione mentre la pressione aumentava all'interno del suo stomaco.<br />

Horris rivolse una rapida occhiata alle sue spalle. Questor Thews era<br />

quasi giunto a riva, e Abernathy si era girato per dargli il benvenuto, dandogli<br />

momentaneamente le spalle.<br />

Biggar lo aveva sempre accusato <strong>di</strong> essere troppo indeciso. Non sopportava<br />

<strong>di</strong> dover ammettere che l'uccello avesse ragione.<br />

Horris Kew deglutì, la sua gola ormai completamente secca. O adesso o<br />

mai più, non era così? Rivolse nuovamente lo sguardo verso Holiday. Il Re<br />

<strong>di</strong> Landover aveva estratto il medaglione del suo ufficio e lo stava brandendo<br />

davanti a sé.<br />

Fallo!<br />

Horris strappò la Scatola magica dalla presa <strong>di</strong> Abernathy, rifilandogli<br />

contemporaneamente una spallata che mandò l'esterrefatto Scrivano <strong>di</strong><br />

Corte a piombare <strong>di</strong> schiena nelle acque del lago. Si girò con la scatola in<br />

mano e scattò in <strong>di</strong>rezione del Gorse con la massima velocità consentitagli<br />

dalle sue gambe. Mentre correva, pensò fra sé che era impazzito, che era


un i<strong>di</strong>ota, che aveva appena fatto il più grande errore della sua vita. Udì<br />

grida <strong>di</strong> rabbia giungergli da ogni lato. In un angolo della sua visuale, vide<br />

la possente testa cornuta del drago che si girava rapidamente nella sua <strong>di</strong>rezione,<br />

e si immaginò già avvolto fra le fiamme. Ancora un attimo solo,<br />

pensò. Un attimo solo.<br />

Il Gorse non si era mosso. Lo stava osservando mentre si avvicinava,<br />

pensando evidentemente che gli stesse riportando la Scatola magica da<br />

brava pe<strong>di</strong>na servile quale era. I demoni si agitavano come ombre nell'oscurità<br />

incombente del temporale. Le loro armi scintillavano <strong>di</strong> luce scura.<br />

Horris Kew tentò <strong>di</strong> non farci caso. Il suo corpo esile tremava tutto, e i<br />

suoi arti da spaventapasseri sembravano doversi staccare da un momento<br />

all'altro. Era tutto sudato e annaspante per lo sforzo della corsa. Non aveva<br />

mai provato tanta paura in vita sua.<br />

Udì Questor Thews che lo chiamava per nome, e un attimo dopo vide<br />

una lancia <strong>di</strong> fuoco quasi spenta che gli sfrecciava a un pelo dall'orecchio.<br />

Colto dal panico, si buttò su un ginocchio e posò la Scatola magica a terra<br />

davanti a sé. Alzò lo sguardo verso il Gorse, e nei suoi terribili occhi vide<br />

che si era finalmente reso conto della verità. Il mantello nero del mostro si<br />

gonfiò tutto mentre gli correva incontro in un impeto <strong>di</strong> rabbia.<br />

Rapidamente, Horris iniziò a recitare.<br />

«Rashun, oblight, surena! Larin, kestral...»<br />

Ben Holiday rimase impietrito sul posto, il medaglione ancora stretto in<br />

mano, momentaneamente <strong>di</strong>menticato. Si era reso conto solo allora <strong>di</strong> ciò<br />

che stava facendo Horris Kew. Questor Thews stava ancora tirando Abernathy<br />

fuori dal lago, e i due già urlavano e gesticolavano furibon<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione<br />

del mago. Strabo stava allungando il suo gigantesco corpo nero, allargando<br />

le ali e preparandosi al decollo. Si intravedeva il fuoco <strong>di</strong>etro i<br />

suoi denti acuminati e irregolari.<br />

Solo che erano ormai in netto ritardo per agire, pensò Ben con rabbia e<br />

frustrazione.<br />

Una nube densa e scura <strong>di</strong> nebbia spuntò come un fungo dalla Scatola<br />

magica, il coperchio scomparve e il tunnel che conduceva al Labirinto si<br />

riaprì ancora una volta. Scintille <strong>di</strong> malefica luce verdastra invasero l'aria,<br />

mischiandosi con il rossore dell'alba e il nero del temporale in avvicinamento.<br />

Risuonò un tuono e iniziarono a cadere alcune gocce. La prateria<br />

piombò in un suggestivo silenzio, il clamore delle due fazioni in battaglia<br />

soffocato improvvisamente dallo stupore e dall'aspettativa.


La Scatola magica vomitò fuori le sue ombre contorte, sagome nebbiose<br />

che si agitavano in uno strano miscuglio <strong>di</strong> luci come spettri <strong>di</strong>afani liberati<br />

dopo un lungo periodo <strong>di</strong> prigionia. Si sollevarono, ammassandosi,<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>scesero rapide in <strong>di</strong>rezione dei demoni. Il Gorse cacciò un grido,<br />

un terribile ululato <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong>sperazione. Dalle sue mani scaturì una ragnatela<br />

<strong>di</strong> magia protettiva che avvolse la sua sagoma scura per proteggerlo<br />

dall'attacco. Le ombre attraversarono la ragnatela <strong>di</strong> magia come se nulla<br />

fosse, afferrando il mago e trascinandolo all'aperto. Il Gorse si <strong>di</strong>batté<br />

come un pazzo, ma inutilmente. Prese a soffiare e a sputare come un gatto.<br />

Combatté con tutta la forza e tutta la magia che possedeva. Ma le ombre<br />

della Scatola magica erano qualcosa <strong>di</strong> implacabile. Strapparono l'essere<br />

fatato rinnegato dall'erba sulla quale si trovava e lo trascinarono inesorabilmente<br />

verso la scatola. Lo avvolsero definitivamente in un groviglio nero,<br />

e un attimo dopo il Gorse scomparve assieme alle nebbie, risucchiato<br />

dalla Scatola magica.<br />

Risucchiato dalla prigione dalla quale pensava <strong>di</strong> essere sfuggito definitivamente.<br />

Risucchiato dalla terribile oscurità delle nebbie fatate.<br />

Quando le nebbie e il Gorse furono scomparsi, il coperchio riapparve per<br />

magia e sigillò ancora una volta la Scatola magica.<br />

A quel punto, il vento si liberò finalmente sulla prateria, spazzandola<br />

con un forte sibilo. Strabo passò in volo sopra Horris Kew e la Scatola<br />

magica come l'ombra della morte, ma poi scese invece in picchiata sui demoni<br />

<strong>di</strong> Abaddon, sputando fuoco nel mezzo della loro massa. Dozzine <strong>di</strong><br />

demoni si incenerirono imme<strong>di</strong>atamente. In quanto agli altri, ormai privati<br />

della protezione del Gorse e della sua magia, non avevano più alcun interesse<br />

in quella battaglia. Seguendo il loro comandante, si lanciarono al galoppo<br />

verso la collina dalla quale erano venuti, infilandosi nello squarcio e<br />

tuffandosi per tornare alla loro <strong>di</strong>mora sotterranea. Nel giro <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong><br />

scomparvero tutti, e il punto che avevano occupato per così poco<br />

tempo nel mondo della luce rimase deserto.<br />

Strabo si produsse in un'ampia curva e sorvolò l'esercito del Greensward<br />

emettendo sibili <strong>di</strong> sfida e <strong>di</strong> trionfo.<br />

Immobile al centro della prateria, con la pioggia che gli picchiava sulla<br />

faccia e il vento che gli strapazzava i vestiti, Ben Holiday espirò lentamente<br />

e nascose il medaglione dei Re <strong>di</strong> Landover sotto la sua tunica.<br />

Occhi Ver<strong>di</strong>


Willow si risvegliò nella luce debole e grigiastra dell'alba. L'umi<strong>di</strong>tà del<br />

Deep Fell penetrò imme<strong>di</strong>atamente nel suo corpo nudo, facendola rabbrivi<strong>di</strong>re.<br />

Era sdraiata per terra, rannicchiata su se stessa, il bambino accoccolato<br />

fra le sue braccia. Dapprincipio, non se ne rese nemmeno conto. Sbatté<br />

le palpebre davanti al torpore del sonno che ancora le ottundeva la mente,<br />

cercando <strong>di</strong> ricordare dove si trovasse. Poi percepì il movimento del<br />

piccolo e abbassò lo sguardo nella sua <strong>di</strong>rezione.<br />

Suo figlio.<br />

Lo osservò a lungo, e i suoi occhi si riempirono <strong>di</strong> lacrime.<br />

Le tornò in mente tutto ciò che era accaduto; la sua uscita dalle nebbie<br />

fatate nel Deep Fell, la sua metamorfosi, la formazione del baccello, il<br />

sonno. Cullò il bambino, stringendolo a sé, dandogli tutto il calore che poteva<br />

dargli, offrendogli il riparo del suo corpo.<br />

Poi si alzò in pie<strong>di</strong>, si infilò gli abiti e avvolse il piccolo nel suo mantello.<br />

Il bambino stava ancora dormendo, non ancora abbastanza affamato per<br />

risvegliarsi, del tutto ignaro dell'ambiente circostante che invece rappresentava<br />

per Willow una fonte <strong>di</strong> preoccupazione. Non era certo stata lei a<br />

scegliere il Deep Fell come luogo <strong>di</strong> nascita per suo figlio, e ora aveva intenzione<br />

<strong>di</strong> andarsene il più velocemente possibile. La nebbia si infiltrava<br />

fra i rami degli alberi e serpeggiava attorno ai loro tronchi. Un pesante silenzio<br />

ovattava ogni cosa. Non vi era alcun movimento. Era un mondo<br />

morto, e l'unica persona che poteva viverci era proprio la strega che lo aveva<br />

reso tale.<br />

Willow si mise in movimento, incamminandosi verso la luce, verso oriente,<br />

dove il sole stava nascendo su Landover. Doveva andarsene da lì al<br />

più presto, prima <strong>di</strong> venire scoperta. Si sentiva ancora debole per il parto,<br />

ma soprattutto era spaventata. Non tanto per se stessa quanto per il bambino,<br />

che rappresentava la misura della sua vita con Ben, il culmine della loro<br />

unione. Lo scrutò nuovamente attraverso le pieghe del mantello, assicurandosi<br />

che avesse visto bene al suo risveglio, accertandosi che non fosse<br />

cambiato nulla. Le lacrime tornarono a riempirle gli occhi. Le si strinse la<br />

gola. Non desiderava altro che incontrare Ben e stare con lui, accertarsi<br />

che stesse bene e fargli vedere il loro bambino.<br />

Camminò per un periodo <strong>di</strong> tempo che le parve lunghissimo, ma che<br />

probabilmente non lo fu affatto. Il corpo le doleva in maniera strana; una<br />

fitta insistente ai reni, una contrazione al petto e un torpore generalizzato<br />

alle braccia e alle gambe. Non sapeva bene se quei dolori <strong>di</strong>pendessero <strong>di</strong>-


ettamente dal parto o dal fatto che avesse dormito nuda sul suolo gelido<br />

del Deep Fell. Il movimento fece <strong>di</strong>minuire i dolori al petto e agli arti,<br />

sciogliendole i muscoli contratti, ma la fitta ai reni persistette. Tentò <strong>di</strong> ignorarla.<br />

Il muro dell'Hollow non poteva essere troppo <strong>di</strong>stante, <strong>di</strong>sse a se<br />

stessa. Se continuava a camminare, nel giro <strong>di</strong> poco sarebbe stata fuori.<br />

Uscì da un fitto <strong>di</strong> vecchi alberi in cui si intrecciavano nebbia e oscurità,<br />

entrò in una radura e si fermò sui suoi passi. Davanti a lei vi era Nightshade,<br />

avvolta nel suo mantello nero, eretta e rigida come una statua <strong>di</strong> pietra,<br />

i suoi occhi rossi scintillanti e penetranti.<br />

«Che cosa ci fai qui, silfide?» domandò a bassa voce.<br />

Il cuore <strong>di</strong> Willow sprofondò. Essendo stata costretta a far nascere suo<br />

figlio in quel luogo maledetto, non aveva desiderato altro che fuggirlo senza<br />

incontrare la strega a cui apparteneva, ma a quanto pareva le era stato<br />

negato anche questo.<br />

Riuscì a non far trasparire la paura dalla sua voce. «Sono entrata per errore,<br />

passando attraverso le nebbie fatate. Non voglio creare problemi.<br />

Voglio solo andarmene.»<br />

Nightshade apparve sorpresa. «Attraverso le nebbie fatate? Eri forse imprigionata<br />

anche tu? No. Nel suo sogno ti trovavi in un altro luogo, non è<br />

vero?» Si fermò, assumendo un'espressione pensierosa. «Ma perché sei uscita<br />

proprio qui? Anzi, perché sei uscita? Le fate non liberano mai nessuno<br />

dalle nebbie.»<br />

Willow pensò per un attimo <strong>di</strong> mentirle, ma poi si rese conto che non era<br />

il caso. La strega se ne sarebbe accorta imme<strong>di</strong>atamente. Qui nel suo regno,<br />

la sua magia era abbastanza forte da permetterle <strong>di</strong> percepire subito<br />

una cosa del genere.<br />

«Le fate sono state costrette a liberarmi quando l'Alto Signore è venuto<br />

da me in sogno e mi ha liberata dalla loro magia. Mi hanno lasciata uscire<br />

dalle nebbie, ma non mi hanno detto dove sarei uscita. Forse mi hanno<br />

mandata qui per punizione.»<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> Nightshade si abbassò verso il fagotto che portava fra le<br />

braccia. «Cos'hai fra le braccia?»<br />

Willow strinse il piccolo al petto. «Mio figlio, appena nato. Il figlio mio<br />

e dell'Alto Signore.»<br />

Nightshade inspirò con un suono secco. «Il figlio del re per gioco?<br />

Qui?» Emise una risata. «Certamente la sorte fa strani giochi con noi. Perché<br />

porti in giro tuo figlio a questo modo? Lo hai forse portato con te nelle<br />

nebbie fatate?» Si fermò <strong>di</strong> colpo. «Aspetta un attimo. Non ho mai sentito


parlare <strong>di</strong> questo bambino. Non sono stata lontana da Landover così tanto<br />

tempo, quin<strong>di</strong> dovrei esserne a conoscenza. Appena nato, hai detto? Nato<br />

dove, quin<strong>di</strong>?»<br />

«Qui» rispose Willow a bassa voce.<br />

Il volto <strong>di</strong> Nightshade si contorse in un'espressione grottesca. «Nato qui,<br />

in casa mia? Il figlio <strong>di</strong> Holiday? Mentre io ero intrappolata con lui nelle<br />

nebbie fatate, rinchiusa in quella maledetta scatola? Perché ero con lui, figliola,<br />

lo sapevi? Siamo stati assieme per settimane, privati dei nostri ricor<strong>di</strong>,<br />

trasformati in creature che nemmeno noi riconoscevamo. É venuto<br />

da te in sogno? Sì, mi ha detto tutto. E stato il sogno che lo ha liberato dall'ignoranza,<br />

che lo ha portato a <strong>di</strong>vulgare la verità su <strong>di</strong> noi.»<br />

La voce della strega era un sibilo. «Non lo hai ancora visto da quando è<br />

tornato, nevvero?» Sorrise alla reazione <strong>di</strong> Willow. «Ah, allora non sapevi<br />

nemmeno che era tornato, giusto? Ebbene, è tornato da un'altra vita, piccola<br />

silfide, da una vita con me, in cui io ero la sua protetta e lui il mio tutore.<br />

Sai quanto è accaduto fra noi mentre tu portavi suo figlio in grembo?»<br />

Fece una pausa, i suoi occhi luccicanti <strong>di</strong> aspettativa. «Mi ha cullata e mi<br />

ha accu<strong>di</strong>ta, dormendo con me come se fossi la sua...»<br />

«No!» la voce <strong>di</strong> Willow uscì dura come la pietra, quell'unica parola<br />

come una minaccia che interruppe la strega come fosse un cappio attorno<br />

alla sua gola.<br />

«Era mio!» sbottò la strega del Deep Fell. «Apparteneva a me! Lo avrei<br />

avuto per sempre, se non fosse stato per quel sogno! Ho perduto ogni cosa,<br />

tutto, tranne ciò che sono, il potere della mia magia a la forza della mia volontà.<br />

Queste ultime cose le ho riacquistate, ma ora Holiday è in debito con<br />

me! Mi ha tolto il mio orgoglio e la mia <strong>di</strong>gnità, si è indebitato con me, e<br />

ora deve pagare!»<br />

Era completamente sbiancata dalla rabbia. «E quel figlio che porti in<br />

braccio» sussurrò «potrà servire ottimamente come pagamento <strong>di</strong> quel debito.»<br />

Willow sbiancò a sua volta. Stava tremando tutta, aveva la gola secca e<br />

le si era fermato il cuore. «Non puoi avere mio figlio» <strong>di</strong>sse.<br />

Le labbra <strong>di</strong> Nightshade si contrassero in un sorriso <strong>di</strong>vertito. «Non posso?<br />

Che sciocco da parte tua usare parole simili, piccola ninfa. Fra l'altro,<br />

tuo figlio è nato nel mio regno, qui nel Deep Fell, e <strong>di</strong> conseguenza mi appartiene<br />

per <strong>di</strong>ritto. Secondo la mia legge.»<br />

«Non vi sono leggi che possano strappare un figlio dalle braccia <strong>di</strong> sua<br />

madre. Non hai alcun <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fare una simile richiesta.»


«Ne ho tutti i <strong>di</strong>ritti, invece. Io sono la signora del Deep Fell e ho <strong>di</strong>ritto<br />

su tutto ciò che si trova all'interno del mio regno. Quel bambino è nato sulla<br />

mia terra. Tu non sei altro che un'intrusa e una ragazzina sciocca. Non<br />

credere <strong>di</strong> poterti negare a me.»<br />

Willow rimase impassibile. «Se vuoi prenderti mio figlio, dovrai prima<br />

uccidermi. Sei pronta a fare una cosa simile?»<br />

Nightshade scosse lentamente il capo. «Non ho bisogno <strong>di</strong> ucciderti.<br />

Conosco meto<strong>di</strong> più semplici, poiché posseggo l'uso della magia. E se ti<br />

viene in mente <strong>di</strong> sfidarmi, ho in serbo per te sorti ben peggiori della morte.»<br />

«Se ruberai suo figlio, l'Alto Signore ti darà la caccia in eterno!» sbottò<br />

Willow. «Ti inseguirà fino alla fine del mondo!»<br />

«Piccola, stupida silfide» rispose la strega con tono basso e provocante.<br />

«L'Alto Signore non sa nemmeno che ti trovi qui.»<br />

Willow si raggelò. Nightshade aveva ragione. Nessuno sapeva che si<br />

trovava nel Deep Fell, nessuno sapeva che era tornata dalle nebbie fatate.<br />

Se fosse scomparsa, chi sarebbe stato in grado <strong>di</strong> rintracciarla? E se suo figlio<br />

fosse scomparso, chi avrebbe potuto testimoniare della sua esistenza?<br />

Le fate, forse, ma sarebbero state <strong>di</strong>sposte a farlo?<br />

Che cosa poteva fare?<br />

«Qualcuno scoprirà la verità e la rivelerà, Nightshade» insistette con tono<br />

<strong>di</strong>sperato. «Non puoi mantenere segreta in eterno una cosa del genere!<br />

Nemmeno tu puoi fare una cosa simile!»<br />

La strega si produsse in una lenta, sdegnosa scrollata <strong>di</strong> spalle. «Forse<br />

no. Ma posso mantenere il segreto abbastanza a lungo. In fondo, la vita <strong>di</strong><br />

Holiday non è infinita. Alla fin fine, quando lui sarà morto, io sarò ancora<br />

qui.»<br />

Willow annuì lentamente, comprendendo finalmente. «Ed è proprio questo<br />

il motivo per cui vuoi suo figlio, non è vero? Così quando sarà morto<br />

non rimarrà nulla <strong>di</strong> lui. Faresti tuo il piccolo e faresti in modo da far sparire<br />

ogni sua traccia. Lo o<strong>di</strong> così tanto, non è vero?»<br />

Le labbra strette <strong>di</strong> Nightshade si contrassero. «Di più. Molto, molto <strong>di</strong><br />

più.»<br />

«Ma il bambino è innocente» esclamò Willow. «Perché il piccolo deve<br />

<strong>di</strong>ventare una pe<strong>di</strong>na nella vostra lotta? Perché deve soffrire della vostra<br />

rabbia?»<br />

«Il piccolo se la passerà bene. Ci penserò io a questo.»<br />

«Non è tuo!»


«Sono stanca <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere, silfide. Dammi tuo figlio, e forse allora ti lascerò<br />

andare. Fanne un altro, se lo desideri. In fondo, ne hai la possibilità.»<br />

Willow scosse lentamente il capo. «Non rinuncerò mai a mio figlio, Nightshade.<br />

Non lo darò a te, non lo darò a nessun altro. E ora fatti da parte e<br />

lasciami passare.»<br />

Nightshade sorrise in maniera malefica. «Non credo proprio» <strong>di</strong>sse.<br />

Si fece avanti, sollevando le braccia sotto il suo mantello scuro, decisa a<br />

prendersi il bambino con la forza, quando venne interrotta nel suo movimento<br />

da una voce familiare.<br />

«Fai come <strong>di</strong>ce, Nightshade. Lasciala passare.»<br />

La strega si fermò, rimanendo immobile come una statua. Willow si<br />

guardò attorno, ma non vide altro che alberi e nebbiosa oscurità.<br />

Un attimo dopo, Edgewood Dirk spuntò fuori da sotto un cespuglio, il<br />

suo pelo argentato immacolato, la sua coda nera che si contraeva in maniera<br />

appena accennata. Balzò sul tronco <strong>di</strong> un albero caduto e sbatté le palpebre<br />

con aria sonnacchiosa.<br />

«Lasciala passare» ripeté a bassa voce.<br />

Nightshade si irrigidì. «Edgewood Dirk. Chi ti ha dato il permesso <strong>di</strong> entrare<br />

nel Deep Fell? Chi ti ha concesso il <strong>di</strong>ritto?»<br />

«I gatti non hanno bisogno <strong>di</strong> alcun permesso o concessione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto»<br />

ribatté Dirk. «Davvero, tu dovresti saperlo molto bene. I gatti vanno dove<br />

gli pare... lo hanno sempre fatto.»<br />

Nightshade era livida per la rabbia. «Vattene imme<strong>di</strong>atamente!»<br />

Dirk si produsse in uno sba<strong>di</strong>glio e si stiracchiò. «Fra poco. Ma prima<br />

devi lasciar passare la Regina.»<br />

«Non sono <strong>di</strong>sposta a rinunciare a...»<br />

«Risparmia il fiato, Strega del Deep Fell.» Ora nel tono del gatto vi era<br />

un accenno <strong>di</strong> sdegno. «La Regina e suo figlio devono tornare a Landover.<br />

Le fate hanno deciso così, e non vi è null'altro da aggiungere. Se non sei<br />

contenta <strong>di</strong> questa loro decisione, perché non te la pren<strong>di</strong> con loro?»<br />

Nightshade rivolse uno sguardo infuocato in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Willow, quin<strong>di</strong><br />

tornò a rivolgersi al gatto. «Le fate non possono or<strong>di</strong>narmi ciò che devo fare!»<br />

«Certo che possono» ribatté Dirk con tono ragionevole. «L'ho appena<br />

fatto io stesso in loro vece. Smettila <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere. La faccenda è già stata sistemata.<br />

Ora fatti da parte.»<br />

«Quel bambino è mio!»


Dirk si leccò una zampa con un movimento rapido, quin<strong>di</strong> alzò lo sguardo<br />

verso la strega. «Nightshade» le <strong>di</strong>sse con tono tranquillo «sei forse <strong>di</strong>sposta<br />

a sfidarmi?»<br />

Seguì una lunga pausa, nel corso della quale la strega e il gatto prismatico<br />

rimasero a fissarsi nella semioscurità del Deep Fell. «Perché se sei <strong>di</strong>sposta<br />

a farlo» continuò il gatto «devi sapere che anche se fallirò verrà<br />

mandato subito un altro in mia vece, e poi un altro, e poi un altro ancora.<br />

Le fate sono creature molto cocciute. E proprio tu dovresti saperlo molto<br />

bene.»<br />

Nightshade non si mosse. Quando parlò, nella sua voce vi era stupore.<br />

«Ma perché fanno questo? Che interesse hanno in questo bambino?»<br />

Edgewood Dirk sbatté le palpebre. «Questa» <strong>di</strong>sse a bassa voce «è un'ottima<br />

domanda.» Si sollevò, si stiracchiò, quin<strong>di</strong> tornò a sedersi. «Ho de<strong>di</strong>cato<br />

fin troppo tempo a questa faccenda, e sono ansioso <strong>di</strong> fare la mia<br />

dormita mattutina. Lascia passare la Regina e suo figlio. Ora.»<br />

Nightshade scosse lentamente il capo, negando qualcosa che non riusciva<br />

ad articolare. Per un attimo, Willow fu convinta che sarebbe balzata addosso<br />

a Dirk, combattendolo con tutte le sue forze e tutta la magia che aveva<br />

a <strong>di</strong>sposizione.<br />

Invece, la strega si girò lentamente verso Willow. «Non vi perdonerò<br />

mai per questo» <strong>di</strong>sse. «Mai. Dillo al tuo re per gioco.»<br />

Nightshade scomparve nell'oscurità, come uno spettro che si <strong>di</strong>ssipava<br />

fra le ombre. Il bambino si risvegliò in quell'istante, rigirandosi fra le braccia<br />

<strong>di</strong> sua madre con aria sonnolenta. Willow abbassò lo sguardo fra le<br />

pieghe del suo mantello e rivolse una parola con tono amorevole e sommesso<br />

al suo piccolo. Quando rialzò lo sguardo, anche Edgewood Dirk era<br />

scomparso. Che l'avesse seguita per tutto il tempo? A quanto pareva le fate<br />

lo avevano nuovamente mandato ad assisterla, anche se con il gatto prismatico<br />

non si poteva mai essere sicuri. In ogni caso, le aveva salvata la<br />

vita. Anzi, aveva salvato suo figlio. Ma perché? Era la stessa domanda che<br />

aveva posto Nightshade, e non vi era risposta. Per quale motivo quel bambino<br />

aveva una tale importanza per tutti quanti?<br />

Cullando il piccolo fra le braccia, Willow riprese il cammino.<br />

Era già mattino inoltrato quando Ben Holiday giunse nella campagna a<br />

sud del Deep Fell. Non vi sarebbe mai arrivato tanto velocemente se Strabo<br />

non gli avesse concesso un passaggio in cambio del possesso della Scatola<br />

magica. Il drago aveva espresso fin dal principio il suo desiderio <strong>di</strong>


possedere la scatola, ma Ben inizialmente aveva rifiutato, convinto del fatto<br />

che la scatola non dovesse appartenere a nessuno tranne che a lui stesso.<br />

«Lasciala a me, Holiday» aveva insistito il drago. «La terrò in un luogo<br />

dove nessuno potrà mai raggiungerla, in un pozzo infuocato nei territori<br />

deserti, dove nessuno va mai.»<br />

«Ma perché la vuoi?» aveva domandato Ben. «Che cosa te ne vuoi fare?»<br />

Il drago era appena tornato dal suo assalto ai demoni, e i due si trovavano<br />

soli al centro della prateria antistante a Sterling Silver. Horris Kew era<br />

riverso a terra a pochi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Questor Thews e Abernathy non li<br />

avevano ancora raggiunti.<br />

La voce del drago aveva un tono quasi ansioso. «La tirerei fuori <strong>di</strong> tanto<br />

in tanto per guardarla. I draghi amano i tesori e godono nell'accumulare<br />

oggetti preziosi. É tutto ciò che ci rimane della nostra vecchia vita. Anzi, è<br />

tutto ciò che mi rimane, poiché sono rimasto l'unico.» La testa cornuta del<br />

drago si abbassò verso il Re.«La terrei nascosta in un luogo dove nessuno<br />

potrà mai trovarla. La terrò solo per mio personale <strong>di</strong>letto.»<br />

A quel punto Ben aveva interrotto la conversazione quanto bastava per<br />

sedare una rissa fra un Abernathy completamente inzuppato e arrabbiatissimo<br />

e un Horris Kew letteralmente terrorizzato. Con l'aiuto <strong>di</strong> Questor<br />

Thews, alla fine era riuscito a stabilire perlomeno una sembianza <strong>di</strong> pace<br />

fra i due. In fondo, ricordò all'afflitto scrivano, il mago aveva salvato le loro<br />

vite. Dopo<strong>di</strong>ché si era de<strong>di</strong>cato al compito <strong>di</strong> congedare Kallendbor e il<br />

suo esercito, ottenendo dal Signore <strong>di</strong> Rhyndweir il giuramento <strong>di</strong> apparire<br />

al suo cospetto da lì a una settimana per fornire una spiegazione per il suo<br />

comportamento. Infine, aveva or<strong>di</strong>nato alla Guar<strong>di</strong>a Reale <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperdere la<br />

gente che era venuta in cerca dei cristalli dell'occhio della mente e aveva<br />

trovato molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto non si fosse aspettata.<br />

A quel punto, si ricordò <strong>di</strong> Willow. Andò imme<strong>di</strong>atamente al Landsview<br />

e la vide proprio nel momento in cui stava uscendo dal Deep Fell. Il regno<br />

<strong>di</strong> Nightshade, pensò con orrore, e non certo un luogo adatto per la silfide.<br />

Pensò alle ultime parole che gli aveva detto Nightshade prima <strong>di</strong> andarsene.<br />

Pensò a ciò che avrebbe potuto fare la strega a Willow se solo ne avesse<br />

avuta la possibilità.<br />

Solo che da lì al Deep Fell vi erano ben due giorni <strong>di</strong> cavalcata, che date<br />

le circostanze erano decisamente troppi. Così, aveva deciso <strong>di</strong> combinare<br />

l'affare con Strabo. Un passaggio fino al Deep Fell e ritorno in cambio della<br />

Scatola magica, con la clausola che il drago stesso doveva promettere <strong>di</strong>


non farla mai vedere a nessuno e <strong>di</strong> non tentare mai <strong>di</strong> aprirla o <strong>di</strong> farla aprire<br />

da chicchessia. Strabo aveva acconsentito senza esitazioni, fornendo<br />

la sua solenne promessa <strong>di</strong> stare ai patti. Si trattava <strong>di</strong> un giuramento da<br />

drago, e Questor Thews sussurrò in un orecchio <strong>di</strong> Ben che era più che sufficiente.<br />

La parola <strong>di</strong> un drago non si poteva mettere in <strong>di</strong>scussione.<br />

Così, Ben era partito a bordo <strong>di</strong> Strabo, sfrecciando attraverso pioggia e<br />

venti tempestosi finché non erano finalmente sbucati fuori dalle nubi nere<br />

e avevano ritrovato il cielo azzurro. Il sole si riversava sulla terra, accarezzando<br />

le praterie e le colline del nord con la sua luce dorata, tagliando via<br />

l'oscurità con la sua accecante luminosità estiva.<br />

«Eccola lì, Holiday» <strong>di</strong>sse il drago dopo un po'. Grazie ai suoi occhi acutissimi,<br />

in<strong>di</strong>viduò la silfide molto prima <strong>di</strong> Ben.<br />

Scesero in picchiata verso una collina, con gli alberi che sfrecciavano<br />

accanto da entrambi i lati, dove il drago si posò con grazia. Willow apparve<br />

dalla parte opposta <strong>di</strong> un prato <strong>di</strong> fiori selvatici e Bonnie Blu, e Ben le<br />

corse imme<strong>di</strong>atamente incontro, senza pensare a null'altro. Lei lo vide e<br />

chiamò il suo nome, con il volto raggiante e le lacrime che tornavano ancora<br />

una volta a inondarle gli occhi.<br />

Ben le corse incontro, ma poi si fermò <strong>di</strong> colpo, intimi<strong>di</strong>to dalla fragile<br />

barriera interposta fra loro dal fagotto che la sua sposa portava fra le braccia.<br />

Che cosa stava trasportando? «Tutto bene?» le domandò, ansioso <strong>di</strong><br />

essere rassicurato del suo benessere, non vedendo l'ora <strong>di</strong> sentire la sua voce.<br />

«Sì, Ben» gli rispose. «E tu?»<br />

Ben annuì, sorridendo. «Ti amo, Willow» le <strong>di</strong>sse.<br />

Vide la gola della sua sposa che si contraeva. «Vieni a vedere nostro figlio»<br />

sussurrò.<br />

Ben fece un passo avanti, annullando la <strong>di</strong>stanza che li separava, fremente<br />

<strong>di</strong> aspettativa e incredulità. Troppo in fretta, pensò. Non era ancora<br />

giunto il momento. Non gli era nemmeno sembrata incinta... Come era<br />

possibile che avesse già partorito?<br />

Ma le sue domande svanirono nel nulla davanti all'euforia del sorriso <strong>di</strong><br />

Willow. «Il bambino?» domandò, e lei annuì.<br />

Willow aprì le pieghe del suo mantello per mostrarglielo. Ben si chinò in<br />

avanti per guardare.<br />

E si trovò davanti a un paio <strong>di</strong> occhi ver<strong>di</strong> sconvolgenti.<br />

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L'intervistatore sorseggiò il suo cocktail fragola-ananas nel salotto della<br />

lussuosa casa dal soffitto <strong>di</strong> vetro <strong>di</strong> Harold Kraft. Il suo sguardo passò<br />

dalla vasta veranda con piscina alla vastità appena maggiore dell'Oceano<br />

Pacifico più in là. Era tardo pomeriggio, e il sole stava calando pigramente<br />

verso la linea piatta dell'orizzonte a ovest. Il graduale cambiamento della<br />

luce prometteva l'ennesimo, splen<strong>di</strong>do, tramonto hawaiano. I pavimenti in<br />

marmo del salotto e della veranda luccicavano come se fossero intarsiati<br />

d'oro zecchino, terminando solo sul margine della piscina, dalla parte opposta<br />

della quale vi era una cascatella le cui acque davano l'impressione <strong>di</strong><br />

cadere <strong>di</strong>rettamente in mare. Accanto alla piscina, una vasca Jacuzzi con<br />

idromassaggio gorgogliava in maniera invitante. Il lato opposto era dominato<br />

da un bancone da bar e dalla zona barbecue, con tanto <strong>di</strong> gusci <strong>di</strong> noce<br />

<strong>di</strong> cocco usati per i drink tropicali nel corso delle frequenti feste tenute<br />

dall'autore.<br />

La casa veniva valutata attorno ai quin<strong>di</strong>ci milioni <strong>di</strong> dollari, anche se i<br />

prezzi degli immobili erano sempre soggetti all'andamento del mercato e<br />

non si poteva stabilire un prezzo esatto. Le case in quella zona partivano<br />

dai <strong>di</strong>eci milioni in su, e non avevano certo tutto quel terreno attorno, per<br />

non parlare della splen<strong>di</strong>da vista che permetteva ad Harold Kraft <strong>di</strong> dominare<br />

l'intera baia <strong>di</strong> Honolulu. In quel quartiere, solo il terreno valeva come<br />

minimo cinque milioni. Si trattava <strong>di</strong> cifre letteralmente inimmaginabili<br />

per la gran parte della gente. L'intervistatore stesso viveva a Seattle in una<br />

casa che aveva comprato quin<strong>di</strong>ci anni prima per una cifra che corrispondeva<br />

più o meno a ciò che Harold Kraft guadagnava in un mese.<br />

Kraft uscì in quel momento dal suo stu<strong>di</strong>o, dove era andato a rispondere<br />

a una telefonata personale, lasciando l'intervistatore a sorseggiare il suo<br />

cocktail perfettamente mischiato e ad ammirare il panorama. Si avvicinò al<br />

bar scusandosi in maniera casuale per essersi assentato così a lungo, si<br />

preparò un tè freddo, attraversò la sala fino al <strong>di</strong>vano dove l'intervistatore<br />

lo attendeva con pazienza, e si sedette. Era un tipo alto e magro, con capelli<br />

brizzolati e una barbetta alla Van Dyck, e si muoveva come un gatto, con<br />

lentezza ed eleganza. Indossava camicia e pantaloni <strong>di</strong> seta, e ai pie<strong>di</strong> aveva<br />

un paio <strong>di</strong> sandali <strong>di</strong> pelle confezionati a mano. Il suo volto abbronzato<br />

aveva un che <strong>di</strong> aquilino e i suoi occhi color sabbia erano decisamente penetranti.<br />

Secondo alcune voci, pareva che si fosse sottoposto a trattamenti<br />

<strong>di</strong> chirurgia plastica, che seguisse un regime strettissimo e che si allenasse


in maniera rigorosa, ma questo era un fatto piuttosto comune per quanto<br />

riguardava personaggi ricchi e famosi come lui.<br />

«Buone notizie» annunciò con un sorriso. «E dato che vi trovate qui, ve<br />

le posso fornire in anteprima. La Paramount ha appena comprato i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

Stregone. Due milioni <strong>di</strong> dollari sull'unghia. Vogliono Sean Connery come<br />

attore protagonista e Tom Cruise nel ruolo del principe. Che ve ne pare?»<br />

L'intervistatore si produsse in un sorriso elogiativo. «Penso che siete <strong>di</strong>ventato<br />

più ricco <strong>di</strong> due milioni <strong>di</strong> dollari. Congratulazioni.»<br />

Kraft rispose con un breve inchino. «E ancora non è subentrato il lato<br />

merchan<strong>di</strong>sing. É lì che stanno i sol<strong>di</strong> veri.»<br />

«Ma sentite, quando voi scrivete un libro, pensate ai possibili guadagni<br />

che potreste fare con il cinema?» premette l'intervistatore. Non stava ottenendo<br />

abbastanza da Kraft; ciò che gli aveva detto fino ad allora non avrebbe<br />

sod<strong>di</strong>sfatto i lettori della sua rivista. Kraft aveva pubblicato tre romanzi<br />

nel giro <strong>di</strong> due anni, dominando le classifiche dei bestseller e vendendo<br />

oltre cinque milioni <strong>di</strong> copie in e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> lusso. Solo che questo<br />

era praticamente tutto ciò che si sapeva <strong>di</strong> lui. Nonostante la sua notorietà<br />

e il suo grande successo, come personaggio rimaneva un mistero. Diceva<br />

<strong>di</strong> essere esiliato, ma non aveva mai detto da dove. Dichiarava <strong>di</strong> essere un<br />

rifugiato politico.<br />

«Io scrivo per essere letto» rispose l'autore con tono deciso. «Ciò che<br />

accade dopo <strong>di</strong>pende esclusivamente dal consumatore. Certo, ci tengo a fare<br />

sol<strong>di</strong>, ma più che altro ci tengo a essere felice.»<br />

L'intervistatore si produsse in una smorfia. «Sembrerebbe un atteggiamento<br />

un po'...»<br />

«Falso? Immagino. Ma il fatto è che nella mia vita ho fatto un sacco <strong>di</strong><br />

cose e ho visto parecchi luoghi, e non ho nulla per <strong>di</strong>mostrarlo. Tutto ciò<br />

che ho è me stesso, e ciò che scrivo non è altro che un'estensione <strong>di</strong> me<br />

stesso. É molto <strong>di</strong>fficile separare le due cose, sapete. Uno scrittore non si<br />

limita a timbrare il cartellino e ad andarsene a casa tutte le sere alle sei.<br />

Porta il suo lavoro in giro con sé, ci pensa in continuazione, lo lucida costantemente<br />

come fosse l'argenteria <strong>di</strong> famiglia. E se non sei sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong><br />

ciò che fai, devi vivere con la tua insod<strong>di</strong>sfazione. É per questo che voglio<br />

essere felice <strong>di</strong> ciò che faccio. Per me è molto più importante essere felici<br />

che essere ricchi.»<br />

«Certo, essere sia felici sia ricchi non è certo un male» osservò l'intervistatore.<br />

«Voi avete avuto un'incre<strong>di</strong>bile serie <strong>di</strong> successi. Vi capita mai <strong>di</strong><br />

pensare a com'era la vostra vita prima che vi pubblicassero?»


Kraft sorrise. «Ci penso sempre. Ma in questa domanda percepisco un<br />

tentativo <strong>di</strong> estorcermi notizie che non ho intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgare. Vi ricordo<br />

che al principio <strong>di</strong> questa intervista ho espresso chiaramente la ferma<br />

intenzione <strong>di</strong> non parlare assolutamente del mio passato. Per quanto ci<br />

possiate provare, non riuscirete a cavarmi nulla a questo proposito.»<br />

«É vero, ma dovete capire che i miei lettori sono estremamente curiosi<br />

riguardo alla vostra vita. Dovete esserne consapevole.»<br />

«Lo sono, e ne sono lusingato.»<br />

«Ciò nonostante, non siete <strong>di</strong>sposto a fornire alcuna notizia su com'era la<br />

vostra vita prima della pubblicazione del primo romanzo?»<br />

«Ho promesso <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re nulla.»<br />

«Promesso a chi?»<br />

«L'ho promesso a delle persone. Non intendo <strong>di</strong>re altro.»<br />

«Allora possiamo parlare dei vostri personaggi, nel tentativo <strong>di</strong> entrare<br />

nella vostra vita dalla porta posteriore, per così <strong>di</strong>re.» L'intervistatore sognava<br />

<strong>di</strong> poter pubblicare anche lui un libro, un giorno o l'altro. Era convinto<br />

<strong>di</strong> essere molto abile con le parole. «Questi personaggi si basano forse<br />

su persone realmente esistite nella vostra vita precedente? Il Re fuorviato<br />

del vostro regno magico, per esempio, o l'inetto Mago <strong>di</strong> Corte, o il cane<br />

burbero che fa lo scrivano?»<br />

Kraft annuì lentamente. «Sì, sono personaggi che esistono.»<br />

«E che mi <strong>di</strong>te del vostro protagonista, il mago rinnegato che salva la situazione<br />

in ogni libro? C'è forse un po' <strong>di</strong> voi in lui?»<br />

Kraft si schiarì la gola con fare modesto. «Un pochino.»<br />

L'intervistatore fece una pausa, rendendosi conto che forse, finalmente,<br />

stava riuscendo a ottenere qualcosa. «Avete mai avuto a che fare con la<br />

magia? Voglio <strong>di</strong>re incantesimi, evocazioni e cose simili? Hanno forse fatto<br />

parte della vostra vita in qualche modo?»<br />

Harold Kraft rimase assorto nei suoi pensieri per un certo tempo Quando<br />

tornò dal suo viaggio interiore, l'espressione del suo volto <strong>di</strong>venne improvvisamente<br />

seria. «Facciamo una cosa» <strong>di</strong>sse. «Voglio fare un'eccezione<br />

alla regola, uno strappo. Vi racconterò qualcosa del mio passato. Una<br />

volta, in effetti, mi cimentavo con la magia. Roba da poco, in verità. Nulla<br />

<strong>di</strong> serio. Solo che una volta sono incespicato per puro caso su qualcosa che<br />

risultò poi essere veramente pericolosa. Qualcosa che arrivò persino a minacciare<br />

la mia vita, oltre che quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse altre persone. Ebbene, sono<br />

riuscito a sopravvivere a quella grande paura, ma in seguito ho promesso<br />

ad alcune persone che non avrei mai più usato... cioè, che non mi sarei mai


più <strong>di</strong>lettato con la magia in vita mia. Ebbene, da allora, non l'ho mai più<br />

fatto.»<br />

«Quin<strong>di</strong> mi state <strong>di</strong>cendo che la magia contenuta nei vostri libri, le evocazioni,<br />

gli incantesimi e tutto il resto, si basano per certi versi su cose realmente<br />

avvenute nella vostra vita?»<br />

«Per certi versi, sì.»<br />

«E i vostri racconti, queste storie affascinanti <strong>di</strong> mostri e <strong>di</strong> elfi, <strong>di</strong> creature<br />

mitologiche e <strong>di</strong> stregoni come il vostro protagonista, anche queste si<br />

fondano su fatti realmente accaduti nella vostra vita?»<br />

Kraft inarcò lentamente un sopracciglio. «Uno scrittore scrive ciò che sa.<br />

É evidente che la sua esperienza <strong>di</strong> vita non può fare a meno <strong>di</strong> entrare in<br />

ciò che racconta. Naturalmente, nella maggior parte dei casi il racconto assume<br />

una forma <strong>di</strong>versa rispetto alla realtà, ma nonostante ciò vi è sempre<br />

una parte della propria esperienza.»<br />

L'intervistatore annuì con aria solenne. Aveva imparato qualcosa <strong>di</strong> nuovo<br />

da queste ultime battute? Non ne era del tutto certo. Rimaneva tutto<br />

piuttosto vago. Come lo stesso Harold Kraft, del resto. Cercò <strong>di</strong> nascondere<br />

la sua confusione interna controllando il piccolo registratore che aveva<br />

appoggiato al tavolino da caffè. Il nastro stava ancora girando. «Sarebbe<br />

esatto <strong>di</strong>re che le avventure che scrivete rispecchiano in qualche modo la<br />

vostra vita?» ritentò.<br />

«Sarebbe sia esatto sia giusto, sì.»<br />

«In che modo?»<br />

Kraft sorrise. «Dovete usare la vostra immaginazione.»<br />

L'intervistatore sorrise a sua volta, cercando <strong>di</strong> non <strong>di</strong>grignare i denti.<br />

«Signor Kraft, avete altre storie in serbo per il vostro pubblico?»<br />

«Harold, vi prego» insistette l'autore con un rapido gesto della mano.<br />

«Credo che queste tre ore passate assieme nelle trincee giornalistiche ci<br />

<strong>di</strong>ano <strong>di</strong>ritto a darci del tu. Ma per rispondere alla tua domanda, sì. Ho altre<br />

storie da raccontare, e spero <strong>di</strong> avere abbastanza tempo per scriverle.<br />

Sto lavorando a un nuovo romanzo proprio in questo periodo. Si intitolerà<br />

L'Incantesimo del Rapace. Ti piacerebbe vederne la copertina?»<br />

«Molto.»<br />

Si alzarono e attraversarono un breve corridoio fino allo stu<strong>di</strong>o, che<br />

Kraft usava più che altro come ufficio. Qui vi erano <strong>di</strong>verse scrivanie con<br />

computer, stampanti, libri e carte ammucchiate in ogni angolo. Sulle pareti<br />

vi erano copertine <strong>di</strong> libri incorniciate. Il centro della stanza era dominato


da una possente scrivania <strong>di</strong> legno koa. Kraft prese una foto a colori da<br />

uno dei mucchi <strong>di</strong> carte e la porse all'intervistatore.<br />

Sulla foto vi era un uccello completamente nero con una corona <strong>di</strong> piume<br />

bianche sul capo. L'uccello stava scendendo in picchiata su uno strano<br />

essere, evidentemente malvagio, che assomigliava a una massa <strong>di</strong> car<strong>di</strong>.<br />

Piccoli lampi scaturivano dagli artigli estesi del rapace, e sullo sfondo vi<br />

erano strani animaletti oscuri che fuggivano nei boschi al suo arrivo.<br />

L'intervistatore osservò la foto per un certo periodo. «Molto drammatico.<br />

E questo uccello rappresenta forse qualcuno che faceva parte della vostra<br />

vita, per così <strong>di</strong>re, precedente?»<br />

Horris Kew, che ora si chiamava Harold Kraft, annuì con aria solenne.<br />

«Ebbene sì, il povero Biggar era un mio grande amico» recitò con fare<br />

drammatico.<br />

Prese in mano la foto e le <strong>di</strong>ede un nostalgico bacio.<br />

FINE

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