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Terry Brooks - 1996 - Il Primo Re Di Shannara ... - Liberi di Leggere

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<strong>Terry</strong> <strong>Brooks</strong><br />

IL PRIMO RE DI SHANNARA<br />

Traduzione <strong>di</strong> Riccardo Valla<br />

MONDADORI<br />

COPYRIGHT BY TERRY BROOKS<br />

PUBBLICATO D'INTESA CON<br />

BALLANTINE BOOKS, A DIVISION OF<br />

RANDOM HOUSE, INC.<br />

<strong>1996</strong> ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.P.A., MILANO<br />

TITOLO DELL'OPERA ORIGINALE<br />

FIRST KING OF SHANNARA<br />

I EDIZIONE OTTOBRE <strong>1996</strong><br />

II EDIZIONE NOVEMBRE <strong>1996</strong><br />

IL PRIMO RE DI SHANNARA<br />

A Melody, Kate, Lloyd, Abby e Russell<br />

straor<strong>di</strong>nari ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> libri<br />

Parte prima<br />

LA CADUTA DI PARANOR<br />

1<br />

<strong>Il</strong> vecchio druido comparve all'improvviso, come scaturito dal nulla. <strong>Il</strong><br />

cacciatore delle Terre <strong>di</strong> Frontiera stava seduto nella protezione<br />

dell'ombra <strong>di</strong> una grande quercia per non farsi avvistare dai nemici, e<br />

da molto tempo stava all'erta per vederlo arrivare, sulla vetta <strong>di</strong><br />

un'altura da cui si dominavano le Pianure <strong>di</strong> Streleheim e i sentieri che<br />

le percorrevano. Ma anche se la <strong>di</strong>stesa era chiaramente visibile per<br />

almeno <strong>di</strong>eci miglia alla luce del plenilunio, il cacciatore non l'aveva<br />

visto. Farsi cogliere così <strong>di</strong> sorpresa era fasti<strong>di</strong>oso e vagamente<br />

umiliante, e il fatto che ciò si ripetesse a ogni loro incontro non<br />

glielo rendeva più accetto. Come faceva, il vecchio? L'uomo della<br />

Frontiera aveva trascorso quasi tutta la vita in quella regione ed era<br />

sopravvissuto grazie alla prontezza <strong>di</strong> spirito e a una lunga esperienza.<br />

Riusciva a vedere cose <strong>di</strong> cui gli altri uomini ignoravano perfino<br />

l'esistenza. Leggeva i movimenti degli animali nella scia del loro<br />

passaggio in mezzo all'erba alta. Sapeva <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quante ore <strong>di</strong> cammino<br />

lo precedevano e a che andatura si allontanavano. Ma non era riuscito a<br />

scorgere il vecchio nella più chiara delle notti e nella più vasta delle<br />

pianure, pur essendo in attesa del suo arrivo. <strong>Il</strong> fatto che il vecchio<br />

non incontrasse <strong>di</strong>fficoltà a trovarlo non gli era <strong>di</strong> grande<br />

consolazione. Lasciato volutamente il sentiero, il nuovo venuto si<br />

avvicinava adesso a passi lenti e misurati, la testa leggermente china,<br />

gli occhi che mandavano lampi dall'ombra del copricapo. Vestiva <strong>di</strong> nero,<br />

al pari <strong>di</strong> tutti i Drui<strong>di</strong>, e sopra la veste portava un mantello col<br />

cappuccio: se l'era avvolto strettamente e la sua sagoma finiva per<br />

essere una macchia ancor più scura dell'ombra in cui s'inoltrava. Non<br />

era un uomo imponente, né per statura né per ampiezza delle spalle, ma<br />

dava un'impressione <strong>di</strong> grande vigore e decisione. Gli occhi, che alla<br />

luce del sole erano quasi ver<strong>di</strong>, a volte <strong>di</strong>ventavano bianchi come<br />

l'osso: soprattutto in quel momento, ora che la notte aveva rapito tutti<br />

i colori sostituendoli con sfumature <strong>di</strong> grigio. Brillavano come quelli<br />

<strong>di</strong> un animale intrappolato in una macchia <strong>di</strong> luce: ferini, penetranti,<br />

magnetici. La luna illuminò per un attimo anche la faccia del vecchio,


sottolineando le rughe profonde che la solcavano dalla fronte al mento,<br />

danzando sulle creste e le valli della sua pelle. I capelli e la barba,<br />

benché ancora grigi, erano ormai prossimi al bianco; ciuffi sottili e<br />

ritorti come ni<strong>di</strong> <strong>di</strong> ragno che spuntavano dal cappuccio. L'uomo della<br />

Frontiera rinunciò a seguire quel filo <strong>di</strong> pensieri e si mise lentamente<br />

in pie<strong>di</strong>. Era alto e largo <strong>di</strong> spalle, ma non massiccio. Aveva capelli<br />

scuri, che portava lunghi e legati sulla nuca, occhi castani acutissimi<br />

e sicuri <strong>di</strong> sé, volto magro, tutto piani e spigoli, ma non privo <strong>di</strong> una<br />

sua rude bellezza. Quando fu salito fino a lui, il vecchio gli sorrise.<br />

"Come stai, Kinson?" lo salutò. Al suono familiare <strong>di</strong> quella voce,<br />

l'irritazione <strong>di</strong> Kinson Ravenlock venne spazzata via, come la polvere<br />

dal vento. "Sto bene, Bremen" rispose, e gli tese la mano. <strong>Il</strong> vecchio<br />

gliela strinse con forza e la tenne per qualche istante nella sua; la<br />

pelle era secca e scabra per l'età, ma la mano era ben salda. "Sei qui<br />

da molto tempo?" "Tre settimane. Meno <strong>di</strong> quel che mi aspettavo" rispose<br />

Kinson. E aggiunse: "Mi hai colto <strong>di</strong> sorpresa. Ma, se è per questo, tu<br />

riesci sempre a cogliermi <strong>di</strong> sorpresa". Bremen rise. Si era separato<br />

dall'uomo della Frontiera sei mesi prima, con l'accordo <strong>di</strong> ritrovarsi la<br />

prima notte <strong>di</strong> luna piena della quarta stagione, a nord del Castello <strong>di</strong><br />

Paranor, dove la foresta cedeva il posto alle Pianure <strong>di</strong> Streleheim. <strong>Il</strong><br />

tempo e il luogo dell'incontro erano stati fissati, ma non come se<br />

fossero stati scolpiti nella pietra: i due uomini erano ben consapevoli<br />

degli imprevisti a cui poteva andare incontro il vecchio druido, il<br />

quale si proponeva <strong>di</strong> inoltrarsi nei territori proibiti del Nord.<br />

Entrambi sapevano che il momento e il luogo dell'incontro sarebbero<br />

stati stabiliti da eventi impreve<strong>di</strong>bili. Kinson non dava importanza al<br />

fatto <strong>di</strong> aver dovuto attendere per tre settimane. Avrebbero potuto<br />

benissimo essere tre mesi. <strong>Il</strong> druido gli rivolse un'occhiata penetrante,<br />

e i suoi occhi erano adesso completamente bianchi e privi <strong>di</strong> colore,<br />

alla luce della luna. "Hai scoperto molto, durante la mia assenza? Hai<br />

messo a frutto il tuo tempo?" L'uomo della Frontiera si strinse nelle<br />

spalle. "In parte. Sie<strong>di</strong> con me, riposa. Hai mangiato?" Offrì pane e<br />

birra al vecchio, poi si accomodarono sotto le fronde, curvi l'uno<br />

accanto all'altro, rivolti verso l'immensità delle Pianure. <strong>Il</strong> silenzio<br />

vi regnava sovrano: la <strong>di</strong>stesa giaceva vuota e sembrava estendersi<br />

all'infinito sotto la cupola della notte rischiarata dalla luna. <strong>Il</strong><br />

vecchio mangiò <strong>di</strong>strattamente, adagio, assorto in altri pensieri. L'uomo<br />

della Frontiera non aveva acceso il fuoco né quella notte né le<br />

precedenti, fin da quando era iniziata l'attesa. Un fuoco sarebbe stato<br />

troppo rischioso. "I Troll si muovono verso est" cominciò Kinson, dopo<br />

qualche istante. "Sono migliaia, ben più <strong>di</strong> quanti sia riuscito a<br />

contarne quando mi sono introdotto nel loro accampamento, una notte <strong>di</strong><br />

luna nuova, parecchie settimane or sono, allorché erano da queste parti.<br />

Le loro fila continuano ad accrescersi, a mano a mano che altri vengono<br />

arruolati. Dominano l'intera regione a nord delle Streleheim, fin dove<br />

sono riuscito ad accertarmene." S'interruppe. "Hai scoperto che le cose<br />

stanno <strong>di</strong>versamente?" <strong>Il</strong> druido scosse la testa. Spinse in<strong>di</strong>etro il<br />

cappuccio e la sua testa apparve come una sagoma nera ritagliata nello<br />

sfondo del chiarore lunare. "No" rispose. "Ormai, tutta la nazione dei<br />

Troll appartiene a lui." Kinson aggrottò la fronte. "Allora..." "Che<br />

altro hai visto?" lo interruppe il vecchio. L'uomo della Frontiera


sollevò l'otre della birra e bevve un sorso. "I capi dell'armata se ne<br />

stanno appartati, sempre chiusi nelle tende. Nessuno li vede mai. I<br />

Troll hanno paura perfino <strong>di</strong> pronunciare i loro nomi, ed è strano. In<br />

genere, i Troll delle Montagne non hanno paura <strong>di</strong> nulla. Tolti i loro<br />

attuali capi, a quanto pare." Si girò verso il druido. "Ma la notte,<br />

ogni tanto, mentre attendevo il tuo ritorno, ho visto strane ombre<br />

stagliarsi nel cielo, alla luce della luna e delle stelle. Gran<strong>di</strong><br />

creature nere e alate, che volavano nell'aria più alta per predare, per<br />

esplorare o semplicemente per sorvegliare ciò che avevano già preso...<br />

non lo so e non lo voglio sapere. Avverto la loro presenza, anche<br />

adesso. Sono qui, si aggirano attorno a noi. Sento la loro vicinanza<br />

come una sorta <strong>di</strong> prurito fasti<strong>di</strong>oso, anzi, come il brivido che ti<br />

percorre la schiena quando ti senti osservato con intenzioni malevole.<br />

Mi fanno accapponare la pelle. Ma loro non mi vedono. So che se mi<br />

vedessero sarei morto." Bremen annuì. "Messaggeri del <strong>Re</strong>gno del Teschio,<br />

votati al suo servizio." "Allora, lui è ancora vivo?" Kinson non riuscì<br />

a trattenersi dal chiederlo nuovamente. "Ne sei sicuro? Te ne sei<br />

accertato?" <strong>Il</strong> druido posò la birra e il pane e lo fissò. <strong>Il</strong> suo<br />

sguardo, però, era assente, ancora pieno <strong>di</strong> minacciosi ricor<strong>di</strong>. "E'<br />

vivo, Kinson. Vivo al pari <strong>di</strong> noi. L'ho seguito fino alla sua tana,<br />

nell'ombra più profonda della Lama del Coltello, dove il <strong>Re</strong>gno del<br />

Teschio affonda più saldamente le ra<strong>di</strong>ci. All'inizio, come sai, non ne<br />

avevo la certezza. Lo sospettavo, ne ero convinto, ma mi mancavano<br />

testimonianze <strong>di</strong>rette che lo provassero. Così mi sono <strong>di</strong>retto a<br />

settentrione, come ci eravamo detti, mi sono lasciato alle spalle la<br />

pianura e mi sono addentrato nelle montagne. E lungo il cammino ho<br />

scorto anch'io i cacciatori alati, li ho visti uscire solo la notte:<br />

gran<strong>di</strong> uccelli rapaci che perlustravano la regione alla ricerca <strong>di</strong><br />

esseri viventi.LO mi ero reso invisibile come l'aria in cui volavano:<br />

vedendo me, non vedevano nulla. Mi sono costantemente ammantato <strong>di</strong><br />

magia, ma non così forte che riuscissero a notarla in presenza della<br />

loro. Sono passato a occidente dei Troll, ma ho visto che l'intero<br />

territorio era già stato conquistato. Chi ha opposto resistenza è stato<br />

passato per le armi. Chiunque fosse in grado <strong>di</strong> fuggire è fuggito. Gli<br />

altri sono stati arruolati nell'armata." Kinson annuì. Erano passati sei<br />

mesi da quando le bande <strong>di</strong> Troll erano scese dalle Montagne Charnal a<br />

est e s'erano date alla sistematica conquista della propria razza. <strong>Il</strong><br />

loro esercito era numeroso e veloce, e in meno <strong>di</strong> tre mesi aveva<br />

spezzato ogni resistenza. L'intero Nord era ormai in pugno al comandante<br />

dell'esercito conquistatore: un in<strong>di</strong>viduo misterioso, <strong>di</strong> cui s'ignorava<br />

l'identità. Circolavano su <strong>di</strong> lui parecchie voci, ma nessuna confermata.<br />

Del resto, a sapere della sua esistenza erano ancora in pochi: la<br />

notizia dell'esercito e del suo capo era giunta, nel Sud, soltanto agli<br />

inse<strong>di</strong>amenti <strong>di</strong> frontiera come Varfleet e Tyrsis, incerti avamposti<br />

della Razza dell'Uomo, benché fosse già nota nelle Terre dell'Est e<br />

dell'Ovest, tra i Nani e gli Elfi. Ma queste razze erano strettamente<br />

legate ai Troll, mentre l'uomo era il reietto, il più recente nemico<br />

delle altre creature. <strong>Il</strong> ricordo della Prima Guerra delle Razze era<br />

ancora vivo, benché fossero passati tre secoli e mezzo: l'uomo viveva<br />

isolato, nelle sue lontane città del Sud, un coniglio in fuga, pavido e<br />

senza zanne, privo d'importanza nel grande <strong>di</strong>segno dell'universo, cibo


per predatori o poco più. Ma non io, pensò Kinson, con ira. Mai. Non<br />

sono un coniglio. Sono sfuggito a quel destino. Sono <strong>di</strong>ventato uno dei<br />

cacciatori. Accanto a lui, Bremen cambiò posizione per stare più comodo.<br />

"Mi sono inoltrato nelle montagne, in profon<strong>di</strong>tà, per cercare il nostro<br />

nemico" proseguì, nuovamente assorto nel proprio racconto. "E più<br />

m'inoltravo, più si rafforzava il mio convincimento. I Messaggeri del<br />

Teschio erano dovunque, e sentivo la presenza <strong>di</strong> altri esseri, creature<br />

evocate dal mondo degli spiriti, carne morta riportata in vita, male<br />

incarnato. Me ne sono tenuto accuratamente alla larga e non ho mai<br />

allentato la vigilanza, poiché sapevo che, se m'avessero scoperto, la<br />

mia magia non sarebbe stata sufficiente a salvarmi. In quella regione,<br />

la tenebra era soverchiante, una cappa greve e opprimente, imputri<strong>di</strong>ta<br />

dal fetore e dal sapore venefico della morte. Infine sono arrivato al<br />

Monte Teschio: una breve visita perché non potevo rischiare <strong>di</strong> più. Mi<br />

sono infilato segretamente nelle sue gallerie e ho trovato quello che<br />

cercavo." S'interruppe, corrugando la fronte. "E anche <strong>di</strong> più, Kinson.<br />

Molto <strong>di</strong> più, e nulla <strong>di</strong> buono." "Ma lui, c'era?" insistette l'uomo<br />

della Frontiera, con ansia. Sul suo volto <strong>di</strong> cacciatore si leggeva un<br />

grande allarme, i suoi occhi brillavano <strong>di</strong> preoccupazione. "Lui c'era"<br />

confermò il druido, a bassa voce. "Nascosto <strong>di</strong>etro la sua magia,<br />

mantenuto in vita dal Sonno Magico. Ma lo usa senza riguardo, Kinson. Si<br />

ritiene ormai al <strong>di</strong> là delle leggi naturali. Non capisce che tutti,<br />

nonostante la loro forza, devono pagare uno scotto per ciò che usurpano<br />

e assoggettano. O forse semplicemente non se ne preoccupa. E' caduto<br />

sotto il dominio dell'<strong>Il</strong>dalch e non potrà mai più liberarsene." "<strong>Il</strong><br />

libro <strong>di</strong> magia rubato a Paranor?". "Quattrocento anni fa" confermò<br />

Bremen. "Quando era soltanto Brona, un druido, uno <strong>di</strong> noi, e non ancora<br />

il Signore degli Inganni." Kinson Ravenlock conosceva quella storia. Lo<br />

stesso Bremen gliel'aveva raccontata, anche se era ben nota tra le Razze<br />

e, a quell'epoca, l'uomo della Frontiera l'aveva già ascoltata un<br />

centinaio <strong>di</strong> volte. Era stato un elfo, Galaphile, a riunire il <strong>Primo</strong><br />

Consiglio dei Drui<strong>di</strong>, cinque secoli prima, mille anni dopo l'olocausto<br />

delle Gran<strong>di</strong> Guerre. <strong>Il</strong> Consiglio si era riunito a Paranor e vi erano<br />

convenuti i più saggi <strong>di</strong> tutte le Razze, uomini e donne: coloro che<br />

ricordavano il mondo antico, che possedevano ancora qualche vecchio<br />

libro stracciato e rosicchiato dai topi, i depositari <strong>di</strong> una conoscenza<br />

sopravvissuta a un millennio <strong>di</strong> barbarie. <strong>Il</strong> Consiglio intendeva<br />

compiere un ultimo, <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong> strappare le Razze allo stato<br />

selvaggio in cui erano precipitate e <strong>di</strong> avviarle verso una nuova<br />

civiltà, superiore all'antica. Lavorando insieme, i Drui<strong>di</strong> s'erano<br />

accinti al faticoso compito <strong>di</strong> riunire le loro conoscenze frammentarie,<br />

<strong>di</strong> rimettere insieme quanto rimaneva in modo da poterlo usare per il<br />

bene comune. Si proponevano <strong>di</strong> migliorare la vita <strong>di</strong> tutte le genti,<br />

senza badare al passato. Tra loro c'erano Uomini, Gnomi, Nani, Elfi,<br />

Troll e una manciata <strong>di</strong> altri, i più coraggiosi e i più saggi delle<br />

nuove Razze sorte dalle ceneri delle antiche. Se le gran<strong>di</strong> conoscenze<br />

del passato fossero state ancora in grado <strong>di</strong> dare qualche frutto, il<br />

nuovo raccolto sarebbe andato a beneficio <strong>di</strong> tutti. Ma il compito era<br />

lungo e arduo, e alcuni Drui<strong>di</strong> erano stati colti dall'impazienza. Uno <strong>di</strong><br />

questi era Brona. Intelligente e ambizioso, ma in<strong>di</strong>fferente alla propria<br />

e all'altrui sicurezza, s'era messo a sperimentare la magia. <strong>Il</strong> vecchio


mondo non si serviva delle arti magiche, che erano pressoché scomparse<br />

con il declino del regno fatato <strong>di</strong> Faerie e l'ascesa dell'Uomo, ma Brona<br />

era convinto che quelle pratiche si dovessero riscoprire e utilizzare.<br />

Le antiche <strong>di</strong>scipline scientifiche non erano riuscite a migliorare<br />

l'umanità, e la <strong>di</strong>struzione del vecchio mondo era la <strong>di</strong>retta conseguenza<br />

<strong>di</strong> quell'insuccesso, ma i Drui<strong>di</strong> avevano deciso <strong>di</strong> ignorare la lezione<br />

delle Gran<strong>di</strong> Guerre. La magia offriva un altro modo per dominare le<br />

forze naturali e i libri che la insegnavano erano più antichi e<br />

sperimentati <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> scienza. <strong>Il</strong> principale era l'<strong>Il</strong>datch, un<br />

volume mostruoso e pericoloso, risalente all'alba della civiltà e<br />

sopravvissuto a tutte le catastrofi perché protetto da tenebrosi<br />

sortilegi e mosso da propri segreti calcoli. Brona aveva intravisto<br />

nelle sue antiche pagine le risposte che cercava, le soluzioni dei<br />

problemi che i Drui<strong>di</strong> intendevano affrontare. Perciò aveva deciso <strong>di</strong><br />

impadronirsene, e il seguito era stato l'ineluttabile conseguenza della<br />

sua decisione. Alcuni Drui<strong>di</strong> lo avevano avvisato del pericolo: colleghi<br />

meno impetuosi <strong>di</strong> lui, meno sor<strong>di</strong> alle lezioni impartite dalla storia.<br />

Infatti, non c'era mai stata una forma <strong>di</strong> potere che non comportasse<br />

rischi, così come non c'era mai stata una spada che non rischiasse <strong>di</strong><br />

ferire anche chi la bran<strong>di</strong>va. Attento, lo avevano avvisato. Non compiere<br />

imprudenze. Ma Brona e i suoi seguaci non si erano lasciati <strong>di</strong>ssuadere e<br />

avevano finito per rompere con il Consiglio. Erano scomparsi, portando<br />

con sé l'<strong>Il</strong>datch, mappa del nuovo mondo e chiave per aprirne le porte.<br />

In realtà, il libro aveva finito per sovvertirli. Una volta caduta sotto<br />

il suo dominio, la loro anima era stata cambiata per sempre. Avevano<br />

preso a desiderare il potere per se stesso e per scopi personali,<br />

scordando ogni altra considerazione e abbandonando ogni altro scopo.<br />

Come imme<strong>di</strong>ato effetto era scoppiata la Prima Guerra delle Razze. La<br />

Razza dell'Uomo era stata il loro strumento: con la magia l'avevano<br />

sottomessa alla loro volontà e forgiata in modo da trasformarla in<br />

un'arma d'offesa. Ma il tentativo era fallito <strong>di</strong> fronte alla saldezza<br />

del Consiglio dei Drui<strong>di</strong> e alla forza complessiva delle altre Razze<br />

unite. Gli aggressori erano stati sconfitti e la Razza dell'Uomo era<br />

stata cacciata nelle Terre del Sud, in solitario esilio. Brona e i suoi<br />

seguaci erano spariti, consumati dalla loro stessa magia, si <strong>di</strong>ceva.<br />

"Che i<strong>di</strong>ota" esclamò Bremen, all'improvviso. "<strong>Il</strong> Sonno Magico l'ha<br />

mantenuto in vita, ma gli ha rubato il cuore e l'anima, lasciando un<br />

guscio vuoto. Per tanti anni l'abbiamo creduto morto, e in un certo<br />

senso lo era davvero, perché sopravvive solo la sua parte malvagia,<br />

quella su cui la magia ha preso il sopravvento. La parte che cerca<br />

ancora <strong>di</strong> impadronirsi del mondo intero e <strong>di</strong> tutte le creature che vi<br />

abitano. La parte che brama soltanto il potere. Che importava a Brona<br />

del prezzo da pagare per l'uso così imprudente del Sonno? Che gli<br />

importava delle ulteriori trasformazioni indotte dal prolungamento <strong>di</strong><br />

una vita già devastata? Brona era ormai <strong>di</strong>ventato il Signore degli<br />

Inganni, e questi intendeva sopravvivere a ogni costo." Kinson non fece<br />

commenti, ma lo preoccupava la facilità con cui Bremen condannava l'uso<br />

che del Sonno Magico faceva Brona senza accennare a se stesso, benché vi<br />

ricorresse allo stesso modo. Se gliel'avesse fatto notare, il druido<br />

avrebbe detto <strong>di</strong> usarlo in modo assai più equilibrato e controllato, e<br />

<strong>di</strong> essere consapevole dei guasti che poteva procurare al suo corpo.


Avrebbe sostenuto <strong>di</strong> ricorrere al Sonno perché vi era costretto, perché<br />

voleva essere presente nel momento dell'inevitabile ritorno del Signore<br />

degli Inganni. Eppure, per quanto si sforzasse <strong>di</strong> operare ogni sorta <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinzioni fra sé e l'avversario, rimaneva un fatto innegabile:<br />

chiunque ricorreva al Sonno Magico subiva le medesime conseguenze,<br />

druido o Signore degli Inganni che fosse. Prima o poi, anche Bremen ne<br />

avrebbe pagato lo scotto. "Allora, l'hai visto?" chiese l'uomo della<br />

Frontiera, ansioso <strong>di</strong> conoscere il resto della storia. "L'hai visto in<br />

faccia?" <strong>Il</strong> vecchio sorrise. "Non ha più una faccia, Kinson, e neppure<br />

un corpo. E' solo una presenza, avvolta in un mantello e incappucciata.<br />

Come me stesso, penso alle volte, perché anch'io, ormai, sono poco più<br />

<strong>di</strong> una presenza vuota..." "Non è vero" si affrettò ad affermare Kinson.<br />

"Hai ragione" assentì il druido, con una fretta uguale alla sua. "Non è<br />

proprio così. Ho ancora il senso del bene e del male, non sono schiavo<br />

della magia. Ma tu hai paura che lo <strong>di</strong>venti, vero?" Kinson non rispose.<br />

"Spiegami come sei riuscito ad arrivare fino a lui" volle sapere. "Come<br />

hai fatto, perché non ti scoprissero?" Bremen <strong>di</strong>stolse lo sguardo, come<br />

per mettere a fuoco un tempo e un luogo lontani. "Non è stato facile"<br />

rispose a bassa voce. "<strong>Il</strong> costo è stato enorme." Prese l'otre e bevve un<br />

lungo sorso <strong>di</strong> birra; sul suo volto comparve una stanchezza così<br />

profonda da parere incisa col ferro. "Sono stato costretto ad assumere<br />

le sembianze <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> loro" spiegò, dopo un momento. "Mi sono dovuto<br />

ammantare nei loro pensieri e nei loro impulsi, nel male ra<strong>di</strong>cato dentro<br />

le loro anime. Ero circondato dall'invisibilità, in modo che la mia<br />

presenza fisica non venisse notata, e <strong>di</strong> me rimaneva solo l'anima. L'ho<br />

coperta <strong>di</strong> un'oscurità uguale a quella che copre le loro, e per farlo ho<br />

dovuto cercare, nel fondo del mio essere, la parte più buia <strong>di</strong> me<br />

stesso. Oh, vedo che non lo ritieni possibile. Cre<strong>di</strong> a me, Kinson, la<br />

potenzialità per il male risiede in ciascuno <strong>di</strong> noi, me compreso. Noi la<br />

dominiamo, la seppelliamo in profon<strong>di</strong>tà, ma essa continua a vivere<br />

dentro <strong>di</strong> noi.LO sono stato costretto a portarla alla luce per crearmi<br />

una protezione, e la sua presenza, il suo contatto, l'averla così vicina<br />

e così viva, è stato terribile. Ma l'espe<strong>di</strong>ente è servito, ha impe<strong>di</strong>to<br />

che il Signore degli Inganni e i suoi scherani mi scoprissero." Kinson<br />

aggrottò la fronte. "Ma hai subìto dei danni." "Solo transitori. <strong>Il</strong><br />

viaggio <strong>di</strong> ritorno mi ha dato il tempo <strong>di</strong> guarire." <strong>Il</strong> vecchio gli<br />

sorrise <strong>di</strong> nuovo: una leggera increspatura delle labbra sottili. "<strong>Il</strong><br />

guaio è che quando la togli dalla sua prigione, la nostra parte malvagia<br />

non vuole più stare rinchiusa. Picchia contro le sbarre. E' più ansiosa<br />

<strong>di</strong> fuggire. Più astuta e calcolatrice. E d'ora in poi, essendo stato a<br />

contatto con lei, sarò più vulnerabile al rischio <strong>di</strong> una sua fuga."<br />

Scosse la testa. "Finché c'è vita, gli esami non finiscono mai. Questo è<br />

uno dei tanti." Per qualche istante scese il silenzio, mentre i due<br />

uomini si fissavano. Nella cupola del cielo, la luna era calata fino a<br />

sfiorare l'orizzonte e si accingeva a sparire. Lontano dal suo chiarore,<br />

le stelle si accendevano progressivamente; il cielo privo <strong>di</strong> nuvole era<br />

come un sipario <strong>di</strong> velluto nero che faceva da sfondo all'immenso e<br />

incontaminato silenzio. Kinson si schiarì la gola. "Come <strong>di</strong>cevi, hai<br />

fatto ciò che era necessario. Dovevi avvicinarti, per avere la conferma<br />

dei tuoi sospetti. Adesso ce l'abbiamo." S'interruppe. "<strong>Di</strong>mmi, hai visto<br />

anche il libro? L'<strong>Il</strong>datch?" "Era nelle sue mani, lontano da me,


altrimenti l'avrei preso e <strong>di</strong>strutto, anche a costo della vita" rispose<br />

il druido. Dunque il Signore degli Inganni e l'<strong>Il</strong>datch si trovavano nel<br />

<strong>Re</strong>gno del Teschio, e questa era una realtà, non una <strong>di</strong>ceria o una<br />

leggenda. Kinson raddrizzò leggermente la schiena e scosse il capo. Ogni<br />

presentimento era risultato vero, come Bremen aveva temuto. Come<br />

entrambi avevano temuto. E adesso c'era anche l'armata dei Troll, scesa<br />

nelle Terre del Nord per conquistare tutta la regione. La storia si<br />

ripeteva e stava per ricominciare la Guerra delle Razze. Questa volta,<br />

però, c'era il rischio che nessuno fosse in grado <strong>di</strong> fermarla. "Vero,<br />

vero..." mormorò tristemente. "C'è dell'altro" riprese il druido,<br />

sollevando lo sguardo fino a incrociare quello del compagno. "Devi<br />

ascoltare l'intera storia. Gli alati cercano una Pietra Magica degli<br />

Elfi: una Pietra Nera. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni ha saputo della sua<br />

esistenza grazie all'<strong>Il</strong>datch, perché se ne parla in qualche pagina del<br />

libro maledetto. Non è una Pietra Magica come le altre che conosciamo.<br />

Non fa parte <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> tre - una per il cuore, una per la mente e<br />

una per il corpo <strong>di</strong> chi le usa - che sommano le loro magie quando le si<br />

evoca. La magia <strong>di</strong> quella pietra può generare mali terribili. Nella sua<br />

creazione c'è un mistero, perché si ignora quale fosse il suo scopo: è<br />

stato <strong>di</strong>menticato col passare del tempo. Ma nell'<strong>Il</strong>datch, a quanto pare,<br />

si parla espressamente del suo potere e io ho avuto la fortuna <strong>di</strong><br />

venirne a conoscenza. Mentre ero nascosto fra le ombre del muro, in<br />

fondo alla grande sala dove gli alati ricevono gli or<strong>di</strong>ni dal loro<br />

signore, ne ho sentito parlare." Si piegò verso l'uomo della Frontiera e<br />

abbassò la voce. "E' nascosta nelle Terre dell'Ovest, dentro un'antica<br />

fortezza, ed è protetta in mo<strong>di</strong> che né tu né io riusciremmo mai a<br />

concepire, sia pur lontanamente. E' rimasta laggiù fin dai tempi <strong>di</strong><br />

Faerie, smarrita dalla storia, <strong>di</strong>menticata come la magia e la razza che<br />

un tempo la impiegavano. Adesso attende <strong>di</strong> essere scoperta e utilizzata<br />

<strong>di</strong> nuovo." "Utilizzata per che cosa?" volle sapere Kinson. "Ha il potere<br />

<strong>di</strong> sovvertire le altre magie, qualunque ne sia la forma, e <strong>di</strong> volgerle a<br />

vantaggio <strong>di</strong> chi la impiega. Per quanto sia potente o complessa la magia<br />

del tuo avversario, con la Pietra Nera degli Elfi la puoi dominare. I<br />

poteri magici del tuo nemico passano a te, e lui è ridotto<br />

all'impotenza." Kinson scosse la testa, <strong>di</strong>sperato. "Come si può<br />

resistere a un simile talismano?" <strong>Il</strong> vecchio sorrise. "Via, via, Kinson"<br />

<strong>di</strong>sse. "La cosa non è tanto semplice, vero? Ricor<strong>di</strong> le nostre lezioni,<br />

no? L'uso della magia comporta sempre un costo. C'è sempre qualche<br />

conseguenza, che è tanto più pesante quanto più potente è la magia. Ma<br />

riman<strong>di</strong>amo questa <strong>di</strong>scussione a un altro momento. L'importante è che il<br />

Signore degli Inganni non venga in possesso della Pietra Nera, perché<br />

non si curerebbe affatto delle conseguenze. Da lungo tempo, ormai è al<br />

<strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni appello alla ragione. Perciò dobbiamo trovare la Pietra<br />

prima <strong>di</strong> lui, e trovarla molto in fretta." "Sì, ma come riuscirci?" <strong>Il</strong><br />

druido sba<strong>di</strong>gliò e si stiracchiò, stancamente; la stoffa nera della sua<br />

veste si mosse con un lieve fruscio. "A questa domanda non so come<br />

rispondere, Kinson. Inoltre, abbiamo altri compiti da portare a termine,<br />

prima." "Inten<strong>di</strong> recarti a Paranor, al Consiglio dei Drui<strong>di</strong>?" "Devo."<br />

"Ma perché prenderti il <strong>di</strong>sturbo? Non ti ascolteranno. Non si fidano <strong>di</strong><br />

te. Una parte <strong>di</strong> loro ad<strong>di</strong>rittura ti teme." <strong>Il</strong> vecchio non poté che<br />

assentire. "Sì, ma non tutti. Alcuni mi ascolteranno. In qualsiasi caso,


devo tentare. Incombe su <strong>di</strong> loro un grave pericolo. <strong>Il</strong> Signore degli<br />

Inganni ricorda come l'abbiano sconfitto nella Prima Guerra delle Razze.<br />

Non rischierà che intervengano una seconda volta, anche se ormai non<br />

costituiscono più una minaccia per lui." Kinson <strong>di</strong>stolse lo sguardo dal<br />

druido. "Sarebbero sciocchi a non ascoltarti, Bremen, ma non ti daranno<br />

retta. Hanno perso ogni contatto con la realtà, chiusi entro la<br />

protezione delle loro mura. Dall'ultima volta che si sono avventurati<br />

nel mondo è passato tanto tempo da far loro perdere ogni capacità <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>zio. Hanno rinunciato alla loro identità. Si sono scordati del loro<br />

scopo." "Basta, adesso" lo interruppe Bremen, posandogli con fermezza la<br />

mano sulla spalla. "Inutile ripetere quello che già sappiamo. Faremo<br />

quel che potremo e poi ci metteremo in cammino." Gli strinse leggermente<br />

la spalla. "Sono molto stanco. Puoi stare <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a per qualche ora,<br />

mentre dormo? Poi ce ne andremo." L'uomo della Frontiera gli rivolse un<br />

cenno d'assenso. "Starò <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a" promise. <strong>Il</strong> vecchio si alzò e fece<br />

qualche passo verso il punto dove il buio era più fitto, sotto l'albero<br />

dalle ampie fronde, poi si avvolse nel mantello e si sdraiò sull'erba<br />

morbida. In pochi istanti si addormentò e il suo respiro <strong>di</strong>venne<br />

profondo e regolare. Kinson lo osservò. Anche se dormiva, i suoi occhi<br />

non erano del tutto chiusi. Attraverso la sottile fessura tra le<br />

palpebre, si scorgeva un riflesso <strong>di</strong> luce. Come un felino, pensò Kinson,<br />

<strong>di</strong>stogliendo subito lo sguardo. Come un felino pericoloso. Trascorse<br />

qualche tempo, e il buio <strong>di</strong>venne ancor più fitto. La mezzanotte giunse e<br />

passò. La luna calò al <strong>di</strong> sotto dell'orizzonte e le stelle ruotarono in<br />

caleidoscopiche coreografie sullo sfondo nero del cielo. Per tutto il<br />

tempo, sulle Streleheim regnò un pesante e assoluto silenzio; dalle<br />

Pianure vuote non giungeva alcun movimento. Sotto l'albero, dove Kinson<br />

Ravenlock vegliava, si u<strong>di</strong>va solo il leggero respiro del vecchio. L'uomo<br />

della Frontiera tornò a guardare il compagno. Bremen era un isolato come<br />

lui, un uomo solo nelle sue convinzioni, messo al bando per avere<br />

creduto in verità che soltanto lui poteva accettare. Era uguale a lui,<br />

sotto quell'aspetto, rifletté, e tornò con la mente al giorno del loro<br />

primo incontro. <strong>Il</strong> vecchio era venuto a cercarlo in una locanda <strong>di</strong><br />

Varfleet perché aveva bisogno dei suoi servizi. Kinson Ravenlock faceva<br />

l'esploratore, il cercatore <strong>di</strong> piste, la guida da quasi vent'anni, a<br />

partire da quando era quin<strong>di</strong>cenne. Era cresciuto a Callahorn e aveva<br />

fatto la vita <strong>di</strong> frontiera, essendo nato in una delle poche famiglie<br />

rimaste in quella terra <strong>di</strong> nessuno allorché tutti gli altri si erano<br />

spostati assai più a sud, per mettere la maggior <strong>di</strong>stanza possibile tra<br />

loro e il passato. Dopo la Prima Guerra delle Razze, i Drui<strong>di</strong> avevano<br />

sud<strong>di</strong>viso le terre in quattro regioni corrispondenti ai quattro punti<br />

car<strong>di</strong>nali con Paranor come centro, ma la Razza dell'Uomo aveva preferito<br />

lasciare una sorta <strong>di</strong> cuscinetto fra sé e le altre Razze. Così, anche se<br />

le Terre del Sud si spingevano fino ai Denti del Drago, gli Uomini<br />

avevano rinunciato a quasi tutti i loro inse<strong>di</strong>amenti a nord del Lago<br />

Arcobaleno. Solo poche famiglie erano rimaste lassù perché convinte che<br />

fosse la loro terra, e non avevano voluto trasferirsi nelle aree<br />

meri<strong>di</strong>onali più popolose, dove era stato assegnato loro un nuovo<br />

posse<strong>di</strong>mento. I Ravenlock erano una <strong>di</strong> quelle famiglie. Così, Kinson era<br />

cresciuto come un uomo della Frontiera, ai margini della civiltà, e<br />

s'era abituato a vivere con Elfi, Nani Gnomi e Troll oltre che con gli


Uomini. Aveva viaggiato nelle loro terre, appreso i loro costumi e<br />

imparato la lingua. Conosceva bene la storia del passato e l'aveva<br />

sentità raccontare da così tanti punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi da ritenere <strong>di</strong><br />

avere ormai raccolto i più importanti insegnamenti che i secoli passati<br />

potevano offrirgli. Anche Bremen era uno stu<strong>di</strong>oso della storia e fin<br />

dall'inizio i due uomini avevano con<strong>di</strong>viso molti punti <strong>di</strong> vista. Uno <strong>di</strong><br />

questi era che le Razze potessero mantenere la pace soltanto rafforzando<br />

i legami che le univano e non allontanandosi reciprocamente. Un altro<br />

era che il principale ostacolo alla riuscita del progetto <strong>di</strong> pace fosse<br />

costituito dal Signore degli Inganni. Già allora, cinque anni ad<strong>di</strong>etro,<br />

circolavano le prime voci sulla presenza <strong>di</strong> qualche entità malvagia nel<br />

<strong>Re</strong>gno del Teschio, su un gruppo <strong>di</strong> mostri quale non s'era mai visto in<br />

precedenza. Si parlava <strong>di</strong> creature volanti, <strong>di</strong> mostri alati che la notte<br />

battevano l'intera regione alla ricerca <strong>di</strong> vittime da uccidere. Si<br />

parlava <strong>di</strong> gente che si era <strong>di</strong>retta al Nord e non aveva mai fatto<br />

ritorno. Gli stessi Troll si tenevano lontani dalla Lama del Coltello e<br />

dall'Acquitrino <strong>di</strong> Malg. Non si arrischiavano ad attraversare il Deserto<br />

<strong>di</strong> Kierlak, e se dovevano passare nelle vicinanze del <strong>Re</strong>gno del Teschio,<br />

si organizzavano in gruppi numerosi e bene armati. In quella zona delle<br />

Terre del Nord non cresceva più nulla, non c'era pianta <strong>di</strong>sposta a<br />

mettervi le ra<strong>di</strong>ci. Col passare del tempo, tutta quella regione desolata<br />

si coprì <strong>di</strong> nubi e foschia, l'erosione la spogliò della poca terra<br />

fertile e la trasformò in una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> polvere e sassi. Nessuna<br />

creatura poteva viverci, si <strong>di</strong>ceva. Nessuna creatura che fosse viva nel<br />

senso usuale del termine. In tanti, però, si rifiutavano <strong>di</strong> credere a<br />

quelle storie, e molti altri si stringevano nelle spalle. Dato che si<br />

trattava <strong>di</strong> una regione lontana, ben nota per la sua inospitalità, che<br />

importanza poteva avere cosa ci viveva o cosa non ci poteva vivere?<br />

Kinson aveva voluto recarsi nelle Terre del Nord per controllare <strong>di</strong><br />

persona, e per poco non vi aveva lasciato la vita. Le creature alate<br />

l'avevano inseguito per cinque giorni, dopo averlo scoperto a spiare<br />

entro i margini del loro regno. Se era riuscito a salvarsi, doveva<br />

ringraziare la sua grande esperienza e una buona dose <strong>di</strong> fortuna.<br />

Perciò, quando Bremen si era rivolto a lui, Kinson era già convinto che<br />

la storia del druido fosse vera. Che il Signore degli Inganni esistesse.<br />

Che Brona e i suoi seguaci avessero trovato rifugio nel <strong>Re</strong>gno del<br />

Teschio. Che le Quattro Terre ignorassero ancora il pericolo imminente.<br />

E che qualche sorte assai sgradevole si stesse lentamente preparando per<br />

loro. Aveva accettato <strong>di</strong> accompagnare il vecchio nei suoi viaggi, per<br />

fargli da secondo paio d'occhi quando occorreva, per aiutarlo come<br />

esploratore e messaggero, per proteggergli le spalle in caso <strong>di</strong><br />

pericolo. Kinson l'aveva fatto per molte buone ragioni, ma soprattutto<br />

perché, per la prima volta, tutto ciò dava uno scopo alla sua vita. Era<br />

stanco <strong>di</strong> andare alla deriva, <strong>di</strong> vivere al solo scopo <strong>di</strong> tornare a<br />

vedere quello che aveva già visto molte volte e <strong>di</strong> essere pagato per<br />

questo privilegio. Era stanco e non aveva una meta. Cercava qualcosa che<br />

costituisse una sfida. E Bremen gliel'aveva dato, certamente. Scosse la<br />

testa, pensoso. Era sorprendente che avessero fatto tanta strada insieme<br />

e che fossero <strong>di</strong>ventati così amici. Ed era sorprendente anche il valore<br />

che attribuiva a entrambe le cose. All'improvviso, un accenno <strong>di</strong><br />

movimento, nelle vuote <strong>di</strong>stese delle Streleheim, richiamò la sua


attenzione. Batté le palpebre per schiarirsi la vista e scrutò<br />

minuziosamente la <strong>di</strong>stesa buia, ma non vide nulla. Poi colse <strong>di</strong> nuovo lo<br />

stesso movimento, una brevissima palpitazione del buio tra le ombre <strong>di</strong><br />

un lungo solco scavato dalle piogge nel terreno. Era così lontano da non<br />

potergli rivelare la propria natura, ma aveva un forte sospetto su quale<br />

potesse essere. Sentì una morsa <strong>di</strong> gelo allo stomaco, perché aveva già<br />

visto quel genere <strong>di</strong> movimenti: sempre <strong>di</strong> notte, sempre nel vuoto <strong>di</strong><br />

qualche luogo desolato ai confini delle Terre del Nord. Mantenendo<br />

un'assoluta immobilità, continuò a scrutare nel buio, augurandosi <strong>di</strong><br />

essersi sbagliato. <strong>Il</strong> movimento si ripeté, questa volta più vicino.<br />

Qualcosa si sollevò da terra, rimase sospeso sul mosaico grigio della<br />

pianura ammantata dalla notte, poi tornò a tuffarsi verso terra. Poteva<br />

essere un grande uccello da preda alla ricerca <strong>di</strong> cibo, ma non lo era.<br />

Era un Messaggero del Teschio. Kinson attese ancora qualche istante,<br />

perché voleva accertarsi della <strong>di</strong>rezione della creatura. Ancora una<br />

volta l'ombra si staccò da terra e s'innalzò alla luce delle stelle,<br />

seguendo il solco per poi allontanarsene, ma muovendosi costantemente in<br />

modo da avvicinarsi al punto dove si nascondevano il druido e l'uomo<br />

della Frontiera. Si abbassò <strong>di</strong> nuovo e scomparve fra le ombre del<br />

terreno. Con un tuffo al cuore, Kinson comprese cosa stava facendo il<br />

Messaggero del Teschio. Seguiva una traccia. Quella <strong>di</strong> Bremen. Si girò<br />

<strong>di</strong> scatto, ma il vecchio era già al suo fianco, e scrutava lontano,<br />

nella notte. "Stavo giusto..." "... per chiamarmi" terminò il druido.<br />

"Lo so." Kinson tornò a guardare le Pianure. Nulla si muoveva. "L'hai<br />

visto?" chiese sottovoce. "Sì" rispose il druido, in tono calmo ma<br />

vigile. "Uno <strong>di</strong> loro mi insegue." "Ne sei certo? Segue proprio la tua<br />

traccia, non quella <strong>di</strong> un altro?" "Temo <strong>di</strong> non essere stato abbastanza<br />

cauto, nell'attraversare le pianure" ammise Bremen, e i suoi occhi<br />

brillarono. "<strong>Il</strong> Messaggero sa che mi <strong>di</strong>rigevo da questa parte, e cerca<br />

<strong>di</strong> scoprire dove mi trovo. Non mi sono fatto scoprire da nessuno, mentre<br />

ero nel <strong>Re</strong>gno del Teschio, perciò deve avermi visto per caso. Avrei<br />

dovuto essere più cauto nell'attraversare le pianure, ma credevo <strong>di</strong><br />

essere ormai al sicuro." Continuarono a guardare e il Messaggero del<br />

Teschio uscì <strong>di</strong> nuovo dal buio, s'innalzò per qualche momento, si lasciò<br />

scivolare nell'aria senza rumore, poi si tuffò ancora una volta fra le<br />

ombre. "C'è ancora tempo, prima che ci raggiunga" sussurrò Bremen. "Ma<br />

penso che dovremmo metterci in marcia. Nasconderemo le tracce del nostro<br />

passaggio per confonderlo, se dovesse decidere <strong>di</strong> seguirci. Paranor e i<br />

Drui<strong>di</strong> ci attendono. An<strong>di</strong>amo, Kinson." Insieme si alzarono e s'immersero<br />

nell'ombra degli alberi, per poi scendere lungo l'altro versante<br />

dell'altura. Scesero senza fare alcun rumore, con movimenti agili ed<br />

esperti, e le loro sagome scure sembravano sfiorare appena il terreno.<br />

In pochi secon<strong>di</strong> scomparvero alla vista.<br />

2<br />

Camminarono per tutto il resto della notte al riparo dei gran<strong>di</strong> alberi<br />

della foresta. Kinson apriva la strada, Bremen lo seguiva passo passo,<br />

come un'ombra. Nessuno dei due parlava perché erano abituati al silenzio<br />

e alla reciproca presenza. Non rividero il Messaggero del Teschio. Per<br />

celare le loro tracce, il druido si servì della magia, ma solo quanto<br />

bastava a nascondere il loro passaggio senza richiamare l'attenzione.<br />

Comunque, pareva che il cacciatore alato non intendesse scendere più a


sud delle Streleheim nella sua ricerca: se l'avesse fatto, avrebbero<br />

sentito la sua presenza. Invece sentirono soltanto quella delle creature<br />

che vivevano nella foresta. Almeno per il momento, erano al sicuro.<br />

Kinson Ravenlock era instancabile, il suo passo reso sciolto dalle<br />

decine <strong>di</strong> anni in cui aveva viaggiato a pie<strong>di</strong> nelle Quattro Terre. <strong>Il</strong><br />

cacciatore della Frontiera era alto e robusto: un uomo nel fiore<br />

dell'età, ancora in grado <strong>di</strong> affidarsi ai riflessi e allo scatto in caso<br />

<strong>di</strong> pericolo. Bremen lo osservava con ammirazione, ricordando la propria<br />

gioventù, pensando a quanta strada aveva percorso lungo il cammino della<br />

vita. <strong>Il</strong> Sonno Magico gli aveva concesso un'esistenza assai più lunga<br />

della me<strong>di</strong>a - più lunga <strong>di</strong> quella permessa dalle leggi <strong>di</strong> natura ma non<br />

era stato sufficiente. Sentiva le forze sfuggirgli <strong>di</strong> giorno in giorno,<br />

e se riusciva ancora a tenere il passo del compagno, quando viaggiavano,<br />

era perché ricorreva al sostegno della magia. Era costretto a impiegarla<br />

quasi senza interruzione, ormai, e si rendeva conto che il tempo che gli<br />

rimaneva da vivere si stava abbreviando sempre più. Comunque, aveva<br />

fiducia in sé. L'aveva sempre avuta, ed era stata questa fiducia, più<br />

della magia, a mantenerlo forte e attento. Era entrato fra i Drui<strong>di</strong> da<br />

giovane e il suo campo <strong>di</strong> specializzazione erano la storia e le lingue<br />

antiche. A quell'epoca le cose erano assai <strong>di</strong>verse, i Drui<strong>di</strong> si curavano<br />

ancora del progresso delle Razze, lavoravano in modo da riunirle in<br />

vista <strong>di</strong> una meta comune. Solo più tar<strong>di</strong>, meno <strong>di</strong> settant'anni prima,<br />

avevano cominciato a ritirarsi dall'azione per de<strong>di</strong>carsi soltanto allo<br />

stu<strong>di</strong>o. Bremen era giunto a Paranor per imparare, e non aveva mai smesso<br />

<strong>di</strong> desiderare la conoscenza, <strong>di</strong> sentirne il bisogno. Ma per imparare<br />

occorreva assai <strong>di</strong> più dello stu<strong>di</strong>o isolato e della me<strong>di</strong>tazione: erano<br />

necessari viaggi, incontri con altri esperti, <strong>di</strong>scussioni su argomenti<br />

<strong>di</strong> interesse comune, quell'attenzione per le fluttuanti tendenze della<br />

vita che poteva venire solo dall'osservazione e la basilare<br />

consapevolezza che i meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali non potessero offrire tutte le<br />

risposte. Perciò ben presto era giunto alla conclusione che dalla magia<br />

si potesse trarre un potere più maneggevole e duraturo <strong>di</strong> quello fornito<br />

dalla scienza che aveva preceduto le Gran<strong>di</strong> Guerre. Tutte le conoscenze<br />

raccolte in mezzo ai ricor<strong>di</strong> e ai documenti, dal tempo <strong>di</strong> Galaphile in<br />

poi non erano riuscite a ridare al mondo l'antica scienza. Erano troppo<br />

frammentarie e lontane dalla civiltà che avrebbero dovuto aiutare,<br />

troppo oscure nei loro obiettivi per spalancare le porte della<br />

comprensione. Ma la magia era <strong>di</strong>versa, perché era più antica della<br />

scienza e più facilmente accessibile. E gli Elfi, la cui civiltà<br />

risaliva a quell'epoca, la conoscevano ancora. Benché fossero vissuti<br />

nell'isolamento dei loro rifugi, possedevano libri e documenti assai più<br />

utilizzabili <strong>di</strong> quelli che parlavano <strong>di</strong> scienza. Certo, molte conoscenze<br />

erano ancora incomplete, e la grande magia <strong>di</strong> Faerie era scomparsa e non<br />

sarebbe stata recuperata facilmente. Ma era più facile ritrovare quelle<br />

conoscenze che la scienza su cui continuava ad affannarsi il Consiglio<br />

dei Drui<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> Consiglio si rammentava però dei danni che aveva patito<br />

in occasione della Prima Guerra delle Razze, quando aveva voluto usare<br />

la magia, e conosceva il destino toccato a Brona e ai suoi seguaci: <strong>di</strong><br />

conseguenza, non intendeva più aprire quella porta. Lo stu<strong>di</strong>o della<br />

magia era permesso, ma scoraggiato. Era considerata una curiosità con<br />

pochi strumenti utili, e in nessuna circostanza ci si poteva accostare


alla magia come a una via per il futuro. Su questo punto, Bremen aveva<br />

<strong>di</strong>scusso all'infinito, ma invano. La maggioranza dei Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor<br />

era coriacea e chiusa alla possibilità <strong>di</strong> un cambiamento. Impara dai<br />

tuoi errori, ripetevano, non <strong>di</strong>menticare quanto sia pericolosa la<br />

pratica della magia. Meglio che scor<strong>di</strong> questi tuoi capricciosi interessi<br />

e ti de<strong>di</strong>chi a qualche stu<strong>di</strong>o più serio. Naturalmente, Bremen non era<br />

<strong>di</strong>sposto a farlo, o forse non poteva. Era contrario alla sua natura<br />

rinunciare a una possibilità soltanto perché in passato era andato<br />

incontro a un fallimento. Gli insuccessi del passato erano dovuti a una<br />

clamorosa incompetenza, ripeteva loro: una cosa che non si sarebbe<br />

certamente ripetuta una seconda volta. Alcuni erano d'accordo con le sue<br />

idee, ma alla fine, quando il Consiglio lo aveva espulso perché la sua<br />

insistenza era <strong>di</strong>venuta intollerabile, si era allontanato da solo.<br />

Allora si era <strong>di</strong>retto nella Terra dell'Ovest e per molti anni era<br />

vissuto con gli Elfi, stu<strong>di</strong>ando le loro arti, concentrandosi sui loro<br />

libri, cercando <strong>di</strong> ritrovare una parte <strong>di</strong> quello che avevano perso<br />

quando le creature <strong>di</strong> Faerie si erano ritirate <strong>di</strong> fronte agli uomini.<br />

Alcune conoscenze le possedeva già. <strong>Il</strong> segreto del Sonno Magico era già<br />

suo, anche se in forma ru<strong>di</strong>mentale. Per apprenderne tutti i particolari<br />

e conoscerne bene le conseguenze occorreva tempo, e quando poté<br />

cominciare a impiegarlo in modo efficace era già in età avanzata. Gli<br />

Elfi accolsero Bremen come un fratello in spirito e misero a sua<br />

<strong>di</strong>sposizione le loro conoscenze <strong>di</strong> magia spicciola e i loro libri, che<br />

più nessuno aveva letto. Col tempo, in mezzo a quel materiale<br />

<strong>di</strong>menticato riuscì a trovare veri tesori. Più tar<strong>di</strong> si recò nelle altre<br />

terre, e venne a conoscenza <strong>di</strong> altre pratiche magiche, anche se meno<br />

raffinate, che talvolta erano sconosciute agli stessi che le usavano.<br />

Per tutto quel tempo continuò a cercare la conferma della sua<br />

convinzione che il Signore degli Inganni e i suoi Messaggeri del Teschio<br />

esistevano ed erano i Drui<strong>di</strong> ribelli fuggiti da Paranor tanti secoli<br />

prima per essere infine sconfitti nella Prima Guerra delle Razze. Ma la<br />

prova era elusiva come il profumo dei fiori portato sulle ali del vento,<br />

che un momento c'è e il momento successivo è scomparso. L'aveva seguita<br />

instancabilmente, attraverso i regni e dall'uno all'altro confine, nei<br />

villaggi vicini e in quelli lontani, da una leggenda all'altra. Alla<br />

fine era andato a cercarla nello stesso <strong>Re</strong>gno del Teschio, nel cuore del<br />

territorio del Signore degli Inganni, nei cui sotterranei s'era confuso<br />

con i suoi neri servitori, in attesa dell'occasione favorevole per<br />

fuggire con la sua verità. Se fosse stato più robusto, sarebbe arrivato<br />

a quella verità già da tempo. Ma gli erano occorsi numerosi anni per<br />

procurarsi le conoscenze occorrenti per sopravvivere a un viaggio nel<br />

Nord. Anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> ricerche. Avrebbe impiegato meno tempo se il<br />

Consiglio lo avesse aiutato, se i Drui<strong>di</strong> avessero rinunciato alle paure<br />

e alle prevenzioni e preso in considerazione le altre possibilità come<br />

aveva fatto lui, ma questo non era successo. Sospirò, ripensando<br />

all'accaduto. Quando riandava al passato, veniva sempre colto dalla<br />

tristezza. Tanto tempo sprecato. Tante occasioni perse. Forse era già<br />

troppo tar<strong>di</strong>, per i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor. Come convincerli del pericolo che<br />

li sovrastava? Avrebbero creduto al racconto delle sue scoperte? Dalla<br />

sua ultima visita al castello erano passati più <strong>di</strong> due anni. Forse<br />

alcuni lo credevano morto. Altri avrebbero preferito che lo fosse


davvero. Non sarebbe stato facile convincerli <strong>di</strong> essersi sbagliati a<br />

proposito del Signore degli Inganni, né indurli a riconsiderare il loro<br />

rapporto con le Razze e soprattutto il loro rifiuto <strong>di</strong> servirsi della<br />

magia. I due uomini uscirono dal fitto della foresta al sorgere<br />

dell'alba, e le radure da loro attraversate si rischiaravano, passando<br />

dall'argento all'oro, man mano che il sole saliva al <strong>di</strong> sopra dei Denti<br />

del Drago e filtrava attraverso gli alberi per dare il suo tepore alla<br />

terra umida. Intorno a loro, il bosco si <strong>di</strong>radava progressivamente,<br />

riducendosi a minuscole macchie e a isolate sentinelle vegetali. Infine<br />

davanti ai due viandanti, nella foschia del mattino, si stagliò la rocca<br />

<strong>di</strong> Paranor. <strong>Il</strong> castello dei Drui<strong>di</strong> era una massiccia cittadella <strong>di</strong><br />

pietra, costruita su fondamenta <strong>di</strong> roccia che sporgevano dalla terra<br />

come un pugno levato. Le sue mura si alzavano per parecchie decine <strong>di</strong><br />

braccia, fino a formare torri e camminamenti <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> un bianco<br />

immacolato. A ogni angolo della costruzione sventolavano stendar<strong>di</strong>,<br />

alcuni con gli emblemi dei Gran<strong>di</strong> Drui<strong>di</strong> che avevano retto il castello,<br />

altri con le insegne nazionali dei signori delle Quattro Terre. Qualche<br />

filo <strong>di</strong> nebbia scivolava ancora lungo le mura e stagnava nell'ombra,<br />

alla base del castello, dove il calore del sole non aveva ancora<br />

bruciato la notte. Era una visione impressionante, pensò Bremen. Anche<br />

ora, e anche per lui che ne era stato ban<strong>di</strong>to. Kinson gli rivolse uno<br />

sguardo interrogativo da sopra la spalla, ma Bremen gli fece segno <strong>di</strong><br />

proseguire. Ormai era inutile rimandare. Comunque, la <strong>di</strong>mensione stessa<br />

del castello lo costrinse a sostare per un attimo. Gli parve che il peso<br />

delle sue pietre gli fosse stato scaricato sulle spalle, ed era un<br />

gravame insopportabile. Una massa così grande e implacabile, pensò: in<br />

un certo senso rispecchiava l'ostinazione <strong>di</strong> coloro che vi abitavano.<br />

Rimpianse che le cose non fossero andate <strong>di</strong>versamente. Stava a lui<br />

cercare <strong>di</strong> cambiarle. Uscirono finalmente dagli alberi, dove il sole era<br />

un intruso e l'ombra era sovrana, e si avviarono lungo la strada che<br />

portava all'ingresso principale. Un manipolo <strong>di</strong> armati stava già uscendo<br />

a incontrarli: parte della forza multinazionale che costituiva la<br />

Guar<strong>di</strong>a dei Drui<strong>di</strong> al servizio del Consiglio. Tutti indossavano<br />

l'uniforme grigia con l'emblema della torcia ricamato in rosso, sulla<br />

parte sinistra del petto. Bremen cercò tra loro una faccia nota, ma non<br />

ne trovò; del resto, si consolò, mancava da due anni. Se non altro,<br />

notò, la Guar<strong>di</strong>a era composta <strong>di</strong> Elfi, che forse gli avrebbero dato<br />

retta. <strong>Il</strong> cacciatore della Frontiera si spostò <strong>di</strong> lato, con deferenza, e<br />

lasciò che il druido passasse avanti. Bremen raddrizzò la schiena e usò<br />

la magia per darsi un'aria più imponente, nascondere la stanchezza, i<br />

dubbi, la debolezza, poi si <strong>di</strong>resse con determinazione verso la porta,<br />

il mantello nero che sventolava <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui e Kinson una semplice<br />

presenza a qualche passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. I soldati attesero, con la faccia<br />

priva <strong>di</strong> espressione. Quando giunse alla porta, vedendo che il suo<br />

arrivo li aveva un po' sorpresi, <strong>di</strong>sse semplicemente: "Buon giorno a<br />

tutti". "Buon giorno a te, Bremen" rispose uno <strong>di</strong> loro, facendo un passo<br />

avanti e accennando un inchino. "Allora mi hai riconosciuto?" L'altro<br />

annuì. "Ti conosco. Mi <strong>di</strong>spiace, ma non hai il permesso <strong>di</strong> passare." Con<br />

lo sguardo, in<strong>di</strong>cò anche Kinson. Era educato, ma fermo. Un druido<br />

espulso dal castello non poteva più entrarvi. E neppure un membro della<br />

Razza dell'Uomo. Inutile <strong>di</strong>scutere. Bremen sollevò gli occhi verso i


camminamenti in cima alle mura come per riflettere. "Chi è il capitano<br />

della Guar<strong>di</strong>a?" chiese poi. "Caerid Lock" rispose l'elfo. "Puoi<br />

chiedergli <strong>di</strong> scendere a parlare con me?" L'elfo esitò, valutando la<br />

richiesta. Infine annuì. "Aspetta qui, per favore" <strong>di</strong>sse. S'infilò in<br />

una porta laterale ed entrò nel castello. Bremen e Kinson fissarono le<br />

Guar<strong>di</strong>e rimaste nell'ombra ai pie<strong>di</strong> delle mura. Sarebbe stato facile<br />

entrare nella rocca e lasciarle dov'erano, a sorvegliare le loro vuote<br />

immagini, ma Bremen si era ripromesso <strong>di</strong> non usare la magia per entrare.<br />

La sua missione era troppo importante: non voleva irritare il Consiglio<br />

facendosi beffe della scarsa efficienza dei suoi <strong>di</strong>fensori. I membri del<br />

Consiglio non amavano i trucchi, ma rispettavano la sincerità. Era un<br />

rischio che il vecchio druido era <strong>di</strong>sposto a correre. Bremen si girò a<br />

guardare la foresta. <strong>Il</strong> sole era ormai entrato in tutte le radure,<br />

scacciando le ombre e illuminando i fragili steli dei fiori selvatici.<br />

Era primavera, si accorse con stupore. Aveva perso il conto del tempo<br />

durante il viaggio <strong>di</strong> andata e ritorno al Nord, concentrato solo sulla<br />

ricerca. Aspirò profondamente l'aria profumata, l'aroma dei fiori e del<br />

legno della foresta. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui<br />

aveva notato i fiori. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui, dalla porta, giunse un rumore, e si<br />

voltò. <strong>Il</strong> soldato che l'aveva interrogato era <strong>di</strong> ritorno, accompagnato<br />

da Caerid Lock. "Bremen" lo salutò l'elfo, con gravità, e si avvicinò<br />

per tendergli la mano. Snello e <strong>di</strong> carnagione scura, Caerid Lock aveva<br />

uno sguardo inquieto e la faccia segnata dalle preoccupazioni. I<br />

lineamenti del viso erano quelli caratteristici degli Elfi: sopracciglia<br />

che ai lati si inarcavano verso l'alto, orecchie a punta, faccia così<br />

stretta da sembrare scarna. Vestiva <strong>di</strong> grigio come gli altri soldati, ma<br />

la torcia ricamata sul suo petto era impugnata da una mano e sulle<br />

spalle aveva delle barre rosse. Portava i capelli e la barba molto<br />

corti, e in entrambi si scorgeva qualche filo grigio. Era uno dei pochi<br />

che fossero rimasti amici <strong>di</strong> Bremen quando era stato ban<strong>di</strong>to dal<br />

Consiglio. Comandava la Guar<strong>di</strong>a da più <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci anni, e non c'era<br />

persona più adatta <strong>di</strong> lui per quell'incarico. Proveniva dal corpo dei<br />

Cacciatori degli Elfi, aveva passato l'intera vita sotto le armi ed era<br />

un soldato <strong>di</strong> grande competenza: i Drui<strong>di</strong> avevano scelto bene,<br />

nell'affidargli la propria <strong>di</strong>fesa. E soprattutto, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong><br />

Bremen, era un uomo a cui avrebbero dato ascolto, se avesse rivolto loro<br />

una richiesta. "Caerid, lieto <strong>di</strong> vederti" rispose Bremen, stringendogli<br />

la mano. "Stai bene?" "Come tutti. Sei invecchiato <strong>di</strong> qualche anno, da<br />

quando ci hai lasciati. Vedo nuove rughe sulla tua fronte." "E lo stesso<br />

vale per te, <strong>di</strong>rei." "Forse. Sempre in giro per il mondo?" "Mi tiene<br />

buona compagnia il mio amico Kinson Ravenlock" rispose Bremen,<br />

presentandogli il compagno. L'elfo gli strinse la mano e lo squadrò<br />

dalla testa ai pie<strong>di</strong>, senza fare parola. Kinson mantenne altrettanto<br />

<strong>di</strong>stacco. "Mi occorre il tuo aiuto, Caerid" riprese Bremen, con grande<br />

serietà. "Devo parlare con Athabasca e con il Consiglio." Athabasca era<br />

il Grande Druido, una persona autoritaria, <strong>di</strong> salde convinzioni e <strong>di</strong><br />

opinioni incrollabili, che non aveva mai nutrito molta simpatia per<br />

Bremen. Allorché questi era stato espulso, Athabasca era membro del<br />

Consiglio, ma non ancora Grande Druido: la carica era giunta in seguito,<br />

e solo grazie ai complessi maneggi politici che caratterizzavano<br />

l'attuale Consiglio e che Bremen aveva sempre o<strong>di</strong>ato. Comunque, gli


piacesse o no, Athabasca era a capo del castello, e per farsi ascoltare<br />

dai Drui<strong>di</strong> occorreva rivolgersi a lui. Caerid Lock gli sorrise<br />

tristemente. "Perché capitano sempre a me le richieste impossibili? Sai<br />

che Paranor e il Consiglio ti sono proibiti. Non puoi entrare nella<br />

rocca, tanto meno parlare al Grande Druido." "Posso farlo se lui lo<br />

vuole" rispose Bremen, con schiettezza. L'elfo annuì. Socchiuse le<br />

palpebre e lo fissò. "Capisco. vuoi che gli parli al posto tuo." Bremen<br />

annuì. Caerid non sorrise più. "Non gli sei mai piaciuto" fece notare,<br />

tranquillamente. "E durante la tua assenza non è cambiato." "Non devo<br />

piacergli, per comunicargli quello che devo <strong>di</strong>rgli. Si tratta <strong>di</strong> una<br />

cosa assai più importante dei sentimenti personali. Sarò breve. Una<br />

volta che mi avrà ascoltato, me ne andrò <strong>di</strong> nuovo." S'interruppe per un<br />

istante. "Non mi pare <strong>di</strong> chiedergli molto, vero?" Caerid Lock scosse la<br />

testa. "No." Guardò Kinson. "Farò il possibile." Rientrò nella rocca,<br />

lasciando il vecchio e l'uomo della Frontiera a contemplare le mura e le<br />

porte del castello. Le altre Guar<strong>di</strong>e rimasero ferme al loro posto,<br />

bloccando tutte le entrate. Per un momento, Bremen le osservò corrugando<br />

la fronte, poi controllò l'altezza del sole. La giornata cominciava a<br />

riscaldarsi. Scambiò un'occhiata con Kinson, poi si spostò in un punto<br />

dove le mura offrivano un maggiore riparo e si sedette su una grossa<br />

pietra. Kinson lo seguì, ma non si sedette. Aveva un'aria impaziente.<br />

Avrebbe voluto che la sosta al castello finisse in fretta; era già<br />

pronto a ripartire. Bremen sorrise tra sé, perché Kinson era fatto così.<br />

Per lui, la soluzione <strong>di</strong> tutti i problemi consisteva nel recarsi in un<br />

altro posto. Si era sempre comportato così. Soltanto da quando si<br />

conoscevano cominciava a capire che le cose non si possono mai<br />

risolvere, se non le si prende <strong>di</strong> petto. Non che Kinson fosse incapace<br />

<strong>di</strong> affrontare la vita. Semplicemente, quando qualcosa gli dava fasti<strong>di</strong>o,<br />

cercava <strong>di</strong> lasciarsela alle spalle, <strong>di</strong> prendere le <strong>di</strong>stanze, e in<br />

effetti non era un comportamento sbagliato: le <strong>di</strong>fficoltà si potevano<br />

affrontare anche così. Tuttavia le soluzioni ottenute in quel modo non<br />

erano mai durature. Certo, rispetto ai primi giorni Kinson era senza<br />

dubbio maturato. Sotto tanti aspetti, non imme<strong>di</strong>atamente visibili, era<br />

un uomo assai più forte. Ma Bremen sapeva che le vecchie abitu<strong>di</strong>ni sono<br />

dure a morire, e in Kinson Ravenlock era sempre presente l'impulso <strong>di</strong><br />

allontanarsi dalle situazioni sgradevoli e dalle <strong>di</strong>fficoltà. "E' uno<br />

spreco <strong>di</strong> tempo" brontolò l'uomo della Frontiera, quasi a confermare le<br />

sue riflessioni. "Pazienza, Kinson" gli suggerì Bremen, a bassa voce.<br />

"Pazienza? Perché? Non ti lasceranno entrare. E anche se lo faranno, non<br />

ti daranno retta. Non vogliono ascoltare quello che devi <strong>di</strong>rgli. Non<br />

sono più i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> un tempo, Bremen." <strong>Il</strong> druido annuì. In questo,<br />

Kinson aveva ragione. Ma non c'era niente da fare. I Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> oggi<br />

erano gli unici che esistessero, e alcuni erano veramente degni <strong>di</strong> quel<br />

nome. Sarebbero stati ottimi alleati, se Bremen fosse riuscito a<br />

portarli a sé. Kinson avrebbe preferito basarsi unicamente sulle loro<br />

forze, ma il nemico da affrontare era troppo potente per essere vinto<br />

senza aiuto. Occorreva un'alleanza con i Drui<strong>di</strong>, i quali, anche se<br />

avevano rinunciato a intervenire <strong>di</strong>rettamente nel destino delle Razze,<br />

erano ancora visti con deferenza e rispetto. Sarebbero stati assai utili<br />

nello sforzo <strong>di</strong> unire le Quattro Terre contro il comune nemico. La<br />

mattina si trascinò verso il mezzogiorno. Caerid Lock non faceva


itorno. Per qualche tempo, Kinson camminò avanti e in<strong>di</strong>etro, poi si<br />

sedette accanto a Bremen, con un'aria <strong>di</strong> profonda frustrazione sulla<br />

faccia sottile. Se ne stava chiuso nel suo silenzio, la fronte<br />

aggrondata. Bremen sospirò tra sé. Kinson era con lui da molti anni.<br />

L'aveva scelto fra parecchi possibili can<strong>di</strong>dati al compito <strong>di</strong> scoprire<br />

la verità sul Signore degli Inganni e la scelta si era rivelata buona.<br />

Era il miglior esploratore che il vecchio avesse mai incontrato. Era<br />

intelligente, coraggioso, acuto. Non si gettava mai a capofitto,<br />

ragionava sempre. <strong>Il</strong> legame esistente tra loro era così forte che Kinson<br />

era <strong>di</strong>venuto una sorta <strong>di</strong> figlio, per lui. E certamente era il suo<br />

migliore amico. Ma non poteva <strong>di</strong>venire l'unica cosa che Bremen avrebbe<br />

voluto. Non poteva essere il suo successore. Bremen era vecchio e<br />

stanco, anche se riusciva a nasconderlo a coloro che aveva vicino. Morto<br />

lui, nessuno avrebbe portato avanti lo stu<strong>di</strong>o della magia, così<br />

necessario per il progresso delle Razze, nessuno avrebbe spinto i<br />

recalcitranti Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor a interessarsi nuovamente delle Quattro<br />

Terre, nessuno si sarebbe opposto al Signore degli Inganni. Un tempo<br />

aveva sperato che Kinson Ravenlock potesse essere il suo erede, e forse<br />

poteva ancora esserlo, ma la cosa sembrava sempre meno probabile. A<br />

Kinson mancava la necessaria pazienza. Inoltre, sdegnava ogni forma <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>plomazia. Non perdeva tempo con coloro che non riuscivano a capire<br />

verità che per lui risultavano ovvie. L'esperienza era la sola maestra<br />

che rispettasse. Era un iconoclasta e un solitario, caratteristiche<br />

negative per un druido, e a Bremen pareva impossibile che potesse<br />

cambiare. Si girò a guardare l'amico, e si rammaricò <strong>di</strong> essersi lasciato<br />

andare a quell'analisi. Era ingiusto mettersi a trinciare giu<strong>di</strong>zi su<br />

Kinson. Era sufficiente che gli fosse così devoto, che fosse <strong>di</strong>sposto ad<br />

aiutarlo fino alla morte, in caso <strong>di</strong> necessità. Kinson era il migliore<br />

degli amici e degli alleati, ed era sbagliato pretendere <strong>di</strong> più. Eppure,<br />

il suo bisogno <strong>di</strong> un successore era <strong>di</strong>sperato! Bremen era vecchio, il<br />

tempo scivolava via troppo in fretta. <strong>Di</strong>stolse lo sguardo da Kinson e lo<br />

fissò sugli alberi del bosco, come per misurare il poco tempo che gli<br />

rimaneva. <strong>Il</strong> sole era già salito al punto più alto e cominciava a<br />

scendere quando finalmente ricomparve Caerid Lock. Uscì dall'ombra della<br />

porta senza guardare le guar<strong>di</strong>e o Kinson, e si rivolse <strong>di</strong>rettamente a<br />

Bremen. <strong>Il</strong> druido, alzandosi in pie<strong>di</strong> per accoglierlo, si accorse <strong>di</strong><br />

avere i muscoli e le articolazioni anchilosati. "Athabasca è <strong>di</strong>sposto a<br />

parlarti" comunicò il capitano, con espressione accigliata. Bremen<br />

annuì. "Devi avere faticato molto, per convincerlo. Sono in debito con<br />

te, Caerid." L'elfo brontolò, senza compromettersi: "Non ne sarei così<br />

sicuro. Athabasca ha le sue buone ragioni per accettare l'incontro,<br />

secondo me". Poi si rivolse a Kinson: "Mi spiace, ma non sono riuscito<br />

ad avere il permesso, per te". L'uomo della Frontiera sollevò la testa,<br />

poi si strinse nelle spalle. "Starò meglio se aspetterò qui, penso"<br />

rispose. "Lo penso anch'io" convenne l'elfo. "Ti farò mandare del cibo e<br />

dell'acqua. Bremen, sei pronto?" <strong>Il</strong> druido si voltò verso Kinson e gli<br />

rivolse un pallido sorriso. "Ritornerò il più presto possibile." "Buona<br />

fortuna" gli augurò l'amico a bassa voce. Poi il druido entrò con Caerid<br />

Lock nel castello e sparì nel buio dell'androne. Percorsero androni<br />

cavernosi e stretti corridoi tortuosi, immersi nel silenzio gelido e<br />

buio, accompagnati soltanto dall'eco dei loro passi sulle pesanti lastre


<strong>di</strong> pietra del pavimento. Non incontrarono nessuno, come se Paranor fosse<br />

deserto, anche se Bremen sapeva benissimo che non era così. Molte volte<br />

gli parve <strong>di</strong> cogliere un frammento <strong>di</strong> conversazione o la parvenza <strong>di</strong> un<br />

movimento, a una certa <strong>di</strong>stanza da dove passavano, ma non poté mai<br />

averne la certezza. Caerid lo faceva passare dai corridoi <strong>di</strong> servizio,<br />

usati solo quando si volevano tenere segreti i propri movimenti. La cosa<br />

era comprensibile. Prima <strong>di</strong> far sapere agli altri Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere<br />

concesso l'u<strong>di</strong>enza, Athabasca voleva accertarsi dell'importanza del<br />

messaggio. A Bremen sarebbe stata concessa una breve u<strong>di</strong>enza privata per<br />

esporre le sue richieste, poi sarebbe stato congedato o invitato a<br />

ripeterle davanti al Consiglio. In entrambi i casi, la decisione sarebbe<br />

stata presa subito. Incontrarono la prima <strong>di</strong> una lunga serie <strong>di</strong> rampe <strong>di</strong><br />

scale che portavano alle parti più alte della rocca. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

Athabasca era in cima alla torre centrale, ed era probabile che il<br />

Grande Druido intendesse vedere Bremen lassù. Mentre salivano, il<br />

vecchio rifletté sulle parole <strong>di</strong> Caerid. Athabasca aveva certamente i<br />

suoi motivi per accordargli l'u<strong>di</strong>enza, ma era poco probabile che glieli<br />

rivelasse. <strong>Il</strong> Grande Druido era in primo luogo un politico, e in secondo<br />

un amministratore, ma soprattutto un burocrate. Questo non per<br />

sminuirlo, ma semplicemente per inserire nella giusta cornice il suo<br />

modo <strong>di</strong> agire. La sua prima considerazione sarebbe stata sul rapporto<br />

causa-effetto, ossia sulle ripercussioni <strong>di</strong> un evento. Così lavorava la<br />

sua mente. Era un abile organizzatore, ma tendeva a fare il proprio<br />

interesse. Con lui, Bremen avrebbe dovuto scegliere con cura le parole.<br />

Stavano per uscire da un passaggio che collegava due corridoi quando una<br />

figura vestita <strong>di</strong> nero scaturì all'improvviso dall'ombra per fermarsi<br />

davanti a loro. Caerid Lock portò istintivamente la mano alla daga che<br />

gli pendeva dalla cintura, ma il nuovo venuto aveva già afferrato l'elfo<br />

per le braccia e gliele aveva inchiodate ai fianchi. Un istante più<br />

tar<strong>di</strong>, quasi a togliersi il pensiero, sollevò <strong>di</strong> peso Caerid e lo spostò<br />

<strong>di</strong> lato, come se fosse un ostacolo <strong>di</strong> nessun conto. "Calma, calma,<br />

capitano..." mormorò, con una voce in chiave <strong>di</strong> basso. "Non c'è bisogno<br />

<strong>di</strong> armi, tra amici. Voglio solo scambiare in fretta qualche parola col<br />

tuo accompagnatore, poi mi toglierò dai pie<strong>di</strong>." "Risca!" lo salutò<br />

Bremen, sorpreso <strong>di</strong> incontrarlo. "Lieto <strong>di</strong> vederti, vecchio mio!" "Mi<br />

farai un vero piacere se mi toglierai le mani <strong>di</strong> dosso, Risca" scattò<br />

Caerid Lock, irritato. "Ho cercato <strong>di</strong> prendere la spada perché mi sei<br />

saltato addosso senza preavviso!" "Scusa, capitano" rispose l'altro,<br />

allegramente. Staccò le mani dalle braccia dell'elfo e le sollevò tutt'e<br />

due, come per arrendersi. Poi guardò il druido: "Benvenuto a casa,<br />

Bremen <strong>di</strong> Paranor". Solo allora Risca venne avanti, alla luce, e<br />

abbracciò il vecchio. Era un nano barbuto, con la faccia tonda, spalle<br />

enormi e corpo tozzo e straor<strong>di</strong>nariamente muscoloso. Braccia simili a<br />

tronchi d'albero, che terminavano con mani nodose e coperte <strong>di</strong> calli per<br />

l'uso delle armi, Risca era come un ceppo profondamente ra<strong>di</strong>cato che<br />

nessuna forza avrebbe potuto estirpare, stagionato dal tempo e dalle<br />

intemperie, inattaccabile dagli anni. Era un druido guerriero, l'ultimo<br />

della sua <strong>di</strong>sciplina, esperto nell'uso delle armi e nell'arte della<br />

guerra, grande conoscitore <strong>di</strong> tutte le battaglie combattute dal giorno<br />

in cui le nuove Razze si erano affacciate sul mondo. Bremen si era<br />

de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> persona al suo addestramento finché non era stato ban<strong>di</strong>to


dal castello, più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni prima. Nonostante il bando, però, Risca<br />

era rimasto suo amico. "Non faccio più parte <strong>di</strong> Paranor, Risca" gli fece<br />

notare Bremen. "Tuttavia, mi sembra davvero la mia casa. Come te la sei<br />

passata?" "Bene. Ma mi sono annoiato. <strong>Il</strong> mio talento serve a ben poco,<br />

entro queste mura. Tra i nuovi Drui<strong>di</strong>, ben pochi mostrano interesse per<br />

le arti militari. Per tenermi in forma, mi alleno con le Guar<strong>di</strong>e. Caerid<br />

mi mette alla prova tutti i giorni." L'elfo sbuffò. "Tutti i giorni mi<br />

fai fuori, inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re. Che ci fai, qui? Come sei riuscito a trovarci?"<br />

Risca si staccò da Bremen e si guardò attorno con aria da cospiratore.<br />

"Queste mura hanno orecchi, per chi sa ascoltarle..." A <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> se<br />

stesso, Caerid Lock fu costretto a ridere. "Hai fatto la spia... una<br />

delle <strong>di</strong>scipline che hai affilato come una lama nel tuo arsenale <strong>di</strong> arti<br />

militari!" Bremen sorrise al nano. "Sai perché sono venuto?" "So che hai<br />

un'u<strong>di</strong>enza con Athabasca. Ma prima volevo parlare con te. No, Caerid,<br />

puoi rimanere. Per te non ho segreti." <strong>Il</strong> nano guardò Bremen con grande<br />

serietà. "Ci può essere una sola ragione per il tuo ritorno, e non si<br />

tratta certo <strong>di</strong> buone notizie, ma sia come sia. Avrai bisogno <strong>di</strong><br />

alleati, e puoi contare su <strong>di</strong> me come portavoce al momento opportuno. Io<br />

ho un'anzianità, nel Consiglio, che pochi tuoi sostenitori possono<br />

metterti a <strong>di</strong>sposizione. Comunque, devi sapere com'è la situazione qui<br />

dentro: non è favorevole al tuo ritorno." "Spero <strong>di</strong> convincere<br />

Athabasca: il pericolo che incombe su <strong>di</strong> noi ci impone <strong>di</strong> lasciare da<br />

parte le <strong>di</strong>vergenze." Bremen aggrottò la fronte. "Non mi pare che sia<br />

tanto <strong>di</strong>fficile accettare questa semplice verità." Risca scosse la<br />

testa. "Lo sarà. Sii forte, Bremen. Non piegarti davanti a lui. Ad<br />

Athabasca non piace quello che rappresenti, ossia una sfida alla sua<br />

autorità. Non puoi <strong>di</strong>re o fare nulla per cancellare questa sua<br />

prevenzione. Perciò, come arma, la paura ti sarà più utile della<br />

ragione. Fagli capire bene il pericolo." Si rivolse a Caerid. "Tu gli<br />

daresti un consiglio <strong>di</strong>verso?" L'elfo esitò per un istante, poi scosse<br />

la testa. "No." Risca afferrò <strong>di</strong> nuovo le mani del druido. "Ti parlerò<br />

più tar<strong>di</strong>." Si avviò per il corridoio e presto scomparve nell'ombra.<br />

Bremen sorrise, nonostante tutto. Saldo <strong>di</strong> corpo e <strong>di</strong> mente,<br />

inflessibile in tutto: questo era Risca. Non sarebbe mai cambiato.<br />

Ripresero il cammino, il capitano e il vecchio, per corridoi in penombra<br />

e scale a chiocciola, penetrando sempre più nella rocca, finché non<br />

giunsero a un pianerottolo e a una porticina rinforzata da borchie e<br />

fasce <strong>di</strong> ferro. Bremen l'aveva già vista molte volte, negli anni<br />

trascorsi al castello: era l'entrata posteriore dello stu<strong>di</strong>o del Grande<br />

Druido; Athabasca l'aspettava lì dentro. Trasse un profondo respiro.<br />

Caerid Lock bussò tre volte, attese un istante, bussò una quarta.<br />

Dall'interno una voce ben nota <strong>di</strong>sse: "Avanti". <strong>Il</strong> capitano della<br />

Guar<strong>di</strong>a dei Drui<strong>di</strong> aprì la porticina, poi si fece <strong>di</strong> lato. "Mi è stato<br />

or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> attendere qui" <strong>di</strong>sse a bassa voce. Bremen annuì, <strong>di</strong>vertito<br />

dalla gravità che scorse sulla faccia dell'elfo. "Capisco" <strong>di</strong>sse.<br />

"Grazie <strong>di</strong> nuovo, Caerid." Poi, chinandosi perché l'architrave era molto<br />

basso, entrò nello stu<strong>di</strong>o. Anche la stanza gli era nota. Era lo stu<strong>di</strong>o<br />

personale del Grande Druido, rifugio e luogo d'incontro del capo del<br />

Consiglio. Si trattava <strong>di</strong> un'ampia stanza dall'alto soffitto, con<br />

finestre <strong>di</strong> vetro piombato, scaffali pieni <strong>di</strong> carte, oggetti, <strong>di</strong>ari,<br />

schedari e libri sparsi dappertutto. Sulla parete <strong>di</strong> fronte a lui c'era


una grande porta a doppio battente, rinforzata da piastre <strong>di</strong> ferro. Nel<br />

centro esatto della stanza c'era una grande scrivania, in quel momento<br />

sgombra: sul ripiano <strong>di</strong> legno scuro e lucido si rifletteva la luce delle<br />

candele. Athabasca era in pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>etro la scrivania, e aspettava. Era<br />

un uomo alto e robusto, dall'aria imperiosa, con una folta capigliatura<br />

bianca e fluente e geli<strong>di</strong> occhi azzurri profondamente infossati in una<br />

faccia florida. Indossava la veste blu della sua carica, legata alla<br />

vita e priva <strong>di</strong> insegne. Portava al collo l'Eilt Druin, il medaglione<br />

dei Gran<strong>di</strong> Drui<strong>di</strong> fin dai tempi <strong>di</strong> Galaphile. Era d'oro, in lega con una<br />

piccola percentuale <strong>di</strong> altri metalli per irrobustirlo, incastonato in<br />

una cornice d'argento sbalzato. Raffigurava una mano che stringeva una<br />

torcia accesa, simbolo dei Drui<strong>di</strong> fin dall'epoca della fondazione del<br />

loro or<strong>di</strong>ne. Si <strong>di</strong>ceva che il medaglione fosse magico, ma nessuno<br />

conosceva la natura della sua magia. La frase Eilt Druin era in lingua<br />

elfa e significava: "Dalla Conoscenza il Potere". Un tempo, il motto<br />

aveva un significato per i Drui<strong>di</strong>. Un'altra delle piccole ironie della<br />

vita, pensò Bremen, stancamente. "Lieto <strong>di</strong> vederti, Bremen" lo salutò<br />

Athabasca, con la sua voce profonda e sonora. Era il saluto<br />

tra<strong>di</strong>zionale, ma il modo in cui lo pronunciò lo fece suonare vuoto e<br />

forzato. "Lieto <strong>di</strong> vederti, Athabasca" rispose Bremen. "Ti ringrazio <strong>di</strong><br />

avermi accordato u<strong>di</strong>enza." "Caerid Lock è stato molto convincente.<br />

Inoltre, non allontaniamo certo dalle nostre mura coloro che un tempo<br />

erano nostri fratelli." "Un tempo, ma non ora" intendeva <strong>di</strong>re. Bremen<br />

fece qualche passo avanti, fermandosi accanto alla grande scrivania, ed<br />

ebbe l'impressione che a separarlo da Athabasca ci fosse assai più <strong>di</strong><br />

quel ripiano <strong>di</strong> legno lucido. Si chiese come riuscisse, il Grande<br />

Druido, a mettere gli altri in soggezione, quando erano davanti a lui,<br />

come se fossero altrettanti bambini. Anche se era più vecchio <strong>di</strong><br />

Athabasca, Bremen aveva avuto l'impressione, per qualche momento, che<br />

l'altro gli fosse superiore per età ed esperienza. "Cosa mi volevi <strong>di</strong>re,<br />

Bremen?" gli chiese Athabasca. "Che le Quattro Terre sono gravemente<br />

minacciate. Che i Troll sono stati conquistati da un potere che<br />

trascende la vita fisica e la forza dei mortali. Che anche le altre<br />

Razze cadranno, se non interverremo a proteggerle. Che gli stessi Drui<strong>di</strong><br />

rischiano la <strong>di</strong>struzione." Athabasca giocherellava con l'Eilt Druin,<br />

<strong>di</strong>strattamente. "E sotto che forma si presenta la minaccia? Quella della<br />

magia?" Bremen annuì. "Le voci che circolano sono vere, Athabasca <strong>Il</strong><br />

Signore degli Inganni esiste realmente. Non solo: egli è la<br />

reincarnazione del druido ribelle Brona, che si credeva sconfitto e<br />

<strong>di</strong>strutto più <strong>di</strong> trecento anni fa. E' sopravvissuto e si è mantenuto in<br />

vita grazie all'impiego malvagio e illimitato del Sonno Magico e alla<br />

<strong>di</strong>struzione della sua anima. Ormai non ha più una forma concreta, è solo<br />

uno spirito. Eppure, resta il fatto che vive ed è all'origine della<br />

minaccia che ci sovrasta." "Tu l'hai visto? L'hai trovato nei tuoi<br />

viaggi?" "Sì.". "Come sei riuscito a farlo? Te l'ha permesso lui?<br />

Certamente ti sarai travestito, per avvicinarlo." "Per parte del viaggio<br />

mi sono protetto con una magia che mi ha dato l'invisibilità. Poi mi<br />

sono avvolto in un'immagine tenebrosa, simile a quella dello stesso<br />

Signore degli Inganni, e neppure lui è stato in grado <strong>di</strong> riconoscermi<br />

sotto quel travestimento." "Ti sei reso simile a lui?" Athabasca si era<br />

portato le mani <strong>di</strong>etro la schiena e fissava con attenzione Bremen. "Per


un breve tempo, mi sono dovuto rendere uguale a lui. Ho dovuto farlo per<br />

avvicinarmi fino ad avere la conferma dei miei sospetti." "E se il fatto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>venire come lui ti avesse in qualche modo corrotto, Bremen? Se<br />

l'uso della magia ti avesse fatto perdere la prospettiva e l'equilibrio?<br />

Come puoi essere certo che quello che hai visto non fosse frutto della<br />

tua immaginazione? E che la scoperta che ci vuoi riferire non sia<br />

qualcosa d'irreale?" Bremen si sforzò <strong>di</strong> mantenere la calma. "Se la<br />

magia mi avesse corrotto, lo saprei, Athabasca. Ho de<strong>di</strong>cato molti anni<br />

al suo stu<strong>di</strong>o, la conosco meglio <strong>di</strong> chiunque altro." Athabasca gli<br />

rivolse un sorriso gelido, carico <strong>di</strong> dubbi. "Ma proprio questo è il<br />

punto. Come possiamo valutare obiettivamente i poteri magici? Tu hai<br />

lasciato il Consiglio per intraprendere <strong>di</strong> tua iniziativa uno stu<strong>di</strong>o<br />

proibito, del cui pericolo eri stato avvisato. Hai seguito la stessa<br />

strada che era stata seguita in precedenza da un altro... dalla creatura<br />

che <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> voler combattere. La magia ha corrotto lui, Bremen. Come<br />

puoi essere certo che non abbia corrotto anche te? Oh, sono certo che tu<br />

pensi <strong>di</strong> essere impenetrabile al suo potere, ma questo lo pensavano<br />

anche Brona e i suoi seguaci. La magia è una forza insi<strong>di</strong>osa, un potere<br />

che oltrepassa la nostra capacità <strong>di</strong> comprensione e non dà affidamento.<br />

Abbiamo già considerato in precedenza il suo impiego e ne siamo stati<br />

tra<strong>di</strong>ti. La teniamo tuttora presente, ma proce<strong>di</strong>amo con una cautela<br />

assai superiore a quella <strong>di</strong> un tempo: cautela, ripeto, perché il<br />

deprecabile caso <strong>di</strong> Brona e dei suoi compagni ci ha mostrato cosa può<br />

succedere. Ma tu, Bremen, che cautele hai adottato? La magia corrompe<br />

chi la usa, in un modo o nell'altro, e alla fine lo <strong>di</strong>strugge." Nel<br />

rispondere, Bremen cercò <strong>di</strong> mantenere ferma la voce. "Non ci sono<br />

certezze assolute sugli effetti del suo uso, Athabasca. La corruzione<br />

può sopraggiungere per gra<strong>di</strong> e in forme <strong>di</strong>verse, a seconda del modo in<br />

cui la magia viene impiegata, ma questo valeva anche per le antiche<br />

scienze. Tutte le applicazioni del potere corrompono. Questo, però, non<br />

significa che non si possano utilizzare per un bene superiore. So che<br />

non approvi il mio lavoro, ma anch'esso ha un suo valore. Neanch'io<br />

prendo alla leggera i pericoli della magia. Ma non sottovaluto neppure<br />

le sue possibilità, entro i loro limiti." Athabasca scosse la testa<br />

leonina. "Ti ritengo troppo immerso nell'oggetto del tuo stu<strong>di</strong>o per<br />

poterne dare un giu<strong>di</strong>zio obiettivo. Era questo il tuo principale<br />

<strong>di</strong>fetto, quando ci hai lasciati." "Può darsi" ammise Bremen, con<br />

serenità "ma non è <strong>di</strong> questo che dobbiamo occuparci adesso. Ciò che<br />

importa è la minaccia che incombe su <strong>di</strong> noi. Sui Drui<strong>di</strong>, Athabasca.<br />

Brona ricorda certamente chi lo sconfisse nella Prima Guerra delle<br />

Razze. Se intende <strong>di</strong> nuovo conquistare le Quattro Terre, come sembra,<br />

per prima cosa cercherà <strong>di</strong> eliminare coloro che costituiscono un<br />

pericolo per lui. I Drui<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> Consiglio. Paranor." Per un momento<br />

Athabasca lo guardò con grande serietà, poi si girò e si <strong>di</strong>resse a una<br />

delle finestre e alzò la testa verso i vetri multicolori. Bremen attese,<br />

poi continuò: "Sono venuto a chiederti il permesso <strong>di</strong> parlare al<br />

Consiglio. Conce<strong>di</strong>mi la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re agli altri quello che ho<br />

visto. Lascia valutare a loro l'importanza <strong>di</strong> ciò che sostengo". <strong>Il</strong><br />

Grande Druido si girò, con il mento leggermente sollevato, in modo da<br />

dare l'impressione <strong>di</strong> voler guardare Bremen dall'alto in basso. "Noi<br />

siamo una comunità, all'interno <strong>di</strong> queste mura, Bremen. Siamo una


famiglia, viviamo tra noi come se fossimo fratelli e sorelle, tutti<br />

impegnati nello stesso compito: conoscere il nostro mondo e i suoi<br />

meccanismi. Non ci sono tra noi favoritismi per uno o per un altro; noi<br />

trattiamo tutti da uguali. Questa è una verità che tu non hai mai voluto<br />

accettare." Bremen cercò <strong>di</strong> protestare, ma Athabasca sollevò la mano per<br />

farlo tacere. "Ci hai lasciati quando lo hai voluto tu. Hai deciso <strong>di</strong><br />

abbandonare la tua famiglia e il tuo lavoro per seguire i tuoi interessi<br />

personali. Non potevi con<strong>di</strong>videre con noi i tuoi stu<strong>di</strong>, perché violavano<br />

i confini che avevamo stabilito. Non si può mai permettere al bene del<br />

singolo <strong>di</strong> nuocere al bene della collettività. In una famiglia deve<br />

regnare l'or<strong>di</strong>ne. Ciascun membro della famiglia deve rispettare gli<br />

altri. Quando Ci hai lasciati, hai mostrato una grave mancanza <strong>di</strong><br />

rispetto per le opinioni del Consiglio riguardo i tuoi stu<strong>di</strong>. Hai<br />

ritenuto <strong>di</strong> conoscere la verità meglio <strong>di</strong> noi. Hai rinunciato al tuo<br />

posto nella comunità." Gli rivolse un'occhiata gelida. "E adesso<br />

vorresti tornare qui e comandare. Oh, non tentare <strong>di</strong> negarlo, Bremen!<br />

Che altro vorresti essere, se non il nostro capo? Arrivi con conoscenze<br />

che <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> possedere soltanto tu, con stu<strong>di</strong> su poteri noti unicamente a<br />

te, e con un piano per salvare le Razze che soltanto tu puoi mettere in<br />

atto. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni esiste. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni è Brona.<br />

<strong>Il</strong> druido ribelle ha corrotto la magia per i propri fini e ha<br />

addomesticato i Troll. Tutti insieme marceranno contro le Quattro Terre,<br />

tu sei la nostra sola speranza. In seguito sarai costretto a<br />

consigliarci quello che dovremo fare, e poi ad assegnarci i compiti<br />

quando ci metteremo in moto per fermare questo imbroglio. Tu, che ci hai<br />

abbandonati per tanto tempo, dovrai adesso guidarci." Bremen scosse<br />

lentamente la testa. Sapeva già come sarebbe finita l'u<strong>di</strong>enza, ma aveva<br />

il dovere <strong>di</strong> proseguire. "Non intendo guidare nessuno. Intendo parlare<br />

del pericolo che ho scoperto e niente <strong>di</strong> più. Quello che succederà in<br />

seguito sarete voi a deciderlo: tu in veste <strong>di</strong> Grande Druido e il<br />

Consiglio. Non sto cercando <strong>di</strong> rientrare nel Consiglio. Vi chiedo solo<br />

<strong>di</strong> ascoltarmi; poi rimandatemi pure per la mia strada." Athabasca<br />

sorrise. "Sempre assai sicuro <strong>di</strong> te, Bremen. Ne sono impressionato. Ti<br />

ammiro per la tua risolutezza, ma credo che t'inganni. Comunque, la mia<br />

è una voce singola, e non intendo essere il solo a prendere una<br />

decisione su questo caso. Atten<strong>di</strong> qui, con il capitano Lock. Riunirò i<br />

Consiglieri e chiederò loro <strong>di</strong> esaminare la tua richiesta. Sceglieranno<br />

<strong>di</strong> ascoltarti oppure no? Rimetto a loro la decisione." Batté rapido<br />

alcuni colpi sul tavolo e la porticina in fondo alla stanza si aprì.<br />

Caerid Lock entrò e gli rivolse il saluto. "Tieni compagnia al nostro<br />

ospite" or<strong>di</strong>nò Athabasca. "Fino al mio ritorno." Poi uscì dalla porta<br />

principale, senza guardarsi alle spalle. Athabasca non rientrò che dopo<br />

quattro ore o poco meno. Bremen rimase seduto su una panca, davanti a<br />

una delle finestre, e fissò lo sguardo nella luce velata del tardo<br />

pomeriggio. Attese pazientemente, consapevole <strong>di</strong> non poter fare altro.<br />

Parlò con Caerid Lock per un poco, raccogliendo informazioni sui nuovi<br />

lavori del Consiglio, e venne a sapere che i progressi erano pressappoco<br />

gli stessi degli anni precedenti, che non era cambiato quasi niente, che<br />

non s'era fatto quasi nulla. Era deprimente, e presto Bremen smise <strong>di</strong><br />

rivolgere quel tipo <strong>di</strong> domande. Si concentrò su quanto doveva <strong>di</strong>re al<br />

Consiglio e sulle possibili reazioni dei suoi membri, ma già sapeva in


cuor suo che era inutile pensarci. Ora capiva perché Athabasca gli aveva<br />

concesso il colloquio. <strong>Il</strong> Grande Druido aveva preferito ascoltarlo che<br />

cacciarlo via su due pie<strong>di</strong>, mostrargli una parvenza <strong>di</strong> considerazione<br />

invece <strong>di</strong> non mostrargliene affatto. Ma la sua decisione era già presa.<br />

Non avrebbe ascoltato gli avvertimenti. Bremen era stato ban<strong>di</strong>to e non<br />

avrebbe più avuto il permesso <strong>di</strong> tornarvi. Per nessun motivo, e per<br />

quanto potesse suonare convincente. Bremen era un uomo pericoloso,<br />

secondo Athabasca - e anche secondo altri, supponeva lui. Usava la magia<br />

senza cautela. Scherzava col fuoco. Non si poteva dare ascolto a un uomo<br />

simile. Né ora né mai. Che tristezza. Era venuto ad avvertire i Drui<strong>di</strong>,<br />

ma erano ormai irraggiungibili. Finalmente l'aveva capito. Adesso<br />

aspettava solo <strong>di</strong> averne la conferma. E la conferma arrivò presto, dopo<br />

le quattro ore <strong>di</strong> attesa. Athabasca rientrò nella stanza con l'aria <strong>di</strong><br />

chi ha cose più importanti da fare. "Bremen" lo salutò e lo congedò<br />

nello stesso tempo. Non prestò attenzione a Caerid Lock, non gli chiese<br />

<strong>di</strong> rimanere o <strong>di</strong> andarsene. "<strong>Il</strong> Consiglio ha esaminato la tua richiesta<br />

e l'ha respinta. Se la presenterai <strong>di</strong> nuovo, questa volta in forma<br />

scritta, verrà trasmessa a una commissione apposita che effettuerà un<br />

secondo esame." Si sedette alla scrivania e cominciò a leggere con<br />

ostentazione alcuni documenti che aveva portato con sé. L'Eilt Druin<br />

luccicava vivacemente, dondolandogli sul petto. "Noi ci siamo impegnati<br />

a una politica <strong>di</strong> non intervento negli affari delle Razze, Bremen. Ciò<br />

che tu ci chie<strong>di</strong> costituirebbe una violazione <strong>di</strong> questo principio.<br />

Dobbiamo tenerci lontano dalla politica e dai conflitti interrazziali.<br />

Le tue ipotesi sono troppo generiche e del tutto prive <strong>di</strong> conferma. Non<br />

possiamo dar loro cre<strong>di</strong>to." Alzò la testa. "Puoi provvederti <strong>di</strong> tutto<br />

l'occorrente per proseguire il viaggio. Buona fortuna. Capitano Lock,<br />

accompagna alla porta principale il nostro ospite." Abbassò <strong>di</strong> nuovo gli<br />

occhi. Bremen lo guardò senza fiatare. Nonostante se l'aspettasse, era<br />

stupito <strong>di</strong> un congedo così brusco. Quando capì che Athabasca avrebbe<br />

continuato a ignorare la sua presenza, gli <strong>di</strong>sse piano: "Sei davvero un<br />

i<strong>di</strong>ota". Poi girò le spalle e seguì Caerid che apriva la porticina e si<br />

avviava lungo i corridoi che li avevano portati fin lì. Quando fu<br />

uscito, sentì Athabasca chiudere la porta e tirare il chiavistello.<br />

3<br />

Caerid Lock e Bremen scesero in silenzio, accompagnati dalla solitaria<br />

cadenza dei loro passi lungo i corridoi tortuosi. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro, il<br />

chiarore che ancora proveniva dal pianerottolo e dalla porticina dello<br />

stu<strong>di</strong>o del Grande Druido Athabasca lasciò progressivamente il posto<br />

all'oscurità. Bremen faticò a frenare l'amarezza che montava dentro <strong>di</strong><br />

lui. Aveva dato dell'i<strong>di</strong>ota ad Athabasca, ma forse il vero i<strong>di</strong>ota era<br />

lui. Kinson aveva ragione. Visitare Paranor era stata una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

tempo. I Drui<strong>di</strong> non intendevano ascoltare il loro ex fratello scacciato<br />

dall'or<strong>di</strong>ne. Non erano interessati alle sue fantasie <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate, al suo<br />

tentativo <strong>di</strong> tornare fra loro. Riusciva a immaginare senza <strong>di</strong>fficoltà le<br />

occhiate <strong>di</strong>vertite e ironiche che dovevano essersi scambiati, quando il<br />

Grande Druido li aveva informati della richiesta. Li vedeva scuotere la<br />

testa, offesi da tanto ar<strong>di</strong>re. In verità, l'arroganza l'aveva reso<br />

cieco: gli aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> valutare l'immensità dell'ostacolo da<br />

superare per riavere la loro fiducia. Se riuscissi a parlare con loro,<br />

mi ascolterebbero, si era detto. Ma non gli era stata neppure data la


possibilità <strong>di</strong> farlo. La sua sicurezza l'aveva tra<strong>di</strong>to. L'orgoglio<br />

l'aveva ingannato. Aveva commesso un grave errore <strong>di</strong> calcolo. Eppure -<br />

pensò, per salvare qualcosa dal fallimento - aveva fatto bene a provare.<br />

Almeno non sarebbe stato afflitto, in futuro, dal rimpianto e dal senso<br />

<strong>di</strong> colpa per non avere compiuto il tentativo. Né poteva <strong>di</strong>re che<br />

l'insuccesso fosse totale. Qualcosa <strong>di</strong> buono poteva ancora venire dalla<br />

sua venuta al castello, un piccolo cambiamento, nella <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong><br />

spirito dei Drui<strong>di</strong> o nelle loro azioni future, che sarebbe risultato<br />

visibile soltanto a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molto tempo. Non era giusto condannare<br />

senza appello il tentativo. Forse Kinson aveva ragione a proposito del<br />

risultato, ma chi poteva <strong>di</strong>re che la visita fosse destinata a non dare<br />

alcun frutto? "Mi <strong>di</strong>spiace che non ti abbiano concesso <strong>di</strong> parlare,<br />

Bremen" <strong>di</strong>sse Caerid a bassa voce, guardandolo da sopra la spalla.<br />

Bremen alzò gli occhi e si rese conto <strong>di</strong> avere un'aria profondamente<br />

depressa. Non era il momento <strong>di</strong> compatirsi. Aveva perso l'occasione <strong>di</strong><br />

rivolgersi <strong>di</strong>rettamente al Consiglio, ma c'erano altri compiti da<br />

svolgere prima <strong>di</strong> lasciare per sempre la rocca, e adesso doveva<br />

de<strong>di</strong>carsi a quelli. "Caerid, pensi che abbia il tempo <strong>di</strong> andare a<br />

trovare Kahle <strong>Re</strong>se, prima <strong>di</strong> allontanarmi?" chiese. "Mi bastano pochi<br />

minuti." Si fermarono sulle scale e si scambiarono un'occhiata, il<br />

vecchio dall'aspetto fragile e l'elfo non più giovanissimo. "Athabasca<br />

ti ha detto <strong>di</strong> procurarti quello che ti occorreva per il viaggio"<br />

osservò Caerid "ma non ha specificato cosa poteva occorrerti. Penso che<br />

una breve visita possa rientrare fra le necessità a cui si riferiva."<br />

Bremen sorrise. "Non mi scorderò mai dei favori che mi hai fatto,<br />

Caerid. Mai." L'altro si strinse nelle spalle. "Cose da nulla, Bremen.<br />

Vieni." Raggiunsero un altro corridoio, passarono per alcune porte e<br />

scesero un'altra rampa <strong>di</strong> scale. Per tutto il tempo, il druido continuò<br />

a riflettere. Comunque fossero andate le cose, aveva dato l'avviso.<br />

Molti l'avrebbero ignorato, ma alcuni gli avrebbero prestato fede, e a<br />

questi si doveva permettere <strong>di</strong> sopravvivere alla sciocchezza degli<br />

altri. Inoltre, occorreva adottare qualche misura per proteggere la<br />

rocca. Non poteva fare molto, considerato il potere del Signore degli<br />

Inganni, ma doveva tentare. Avrebbe cominciato da Kahle <strong>Re</strong>se, il più<br />

vecchio e fedele dei suoi amici, pur sapendo che anche nel suo caso<br />

c'era da aspettarsi una delusione. Quando arrivarono alla porta che dava<br />

accesso al corridoio principale, a poca <strong>di</strong>stanza dalla biblioteca dove<br />

Kahle <strong>Re</strong>se passava le giornate, Bremen si rivolse a Caerid. "Mi puoi<br />

fare ancora un favore?" chiese all'elfo. "Puoi cercare Risca e Tay<br />

Trefenwyd e <strong>di</strong>re loro che vengano a parlare con me? Falli aspettare qui<br />

nel passaggio finché non avrò finito con Kahle. Ti do la mia parola che<br />

non andrò in altri posti e che non violerò i limiti del permesso che mi<br />

è stato dato." Caerid <strong>di</strong>stolse lo sguardo. "La tua parola non è<br />

necessaria, Bremen. Non lo è mai stata. Va' a trovare Kahle.LO andrò a<br />

prendere gli altri due e ci vedremo qui." Si girò e salì ai piani<br />

superiori. Bremen si ripeté che era davvero fortunato ad avere un amico<br />

come Caerid Lock. Si ricordava <strong>di</strong> quando l'aveva conosciuto, giovane<br />

appren<strong>di</strong>sta delle arti militari, già allora attento e posato come<br />

adesso. Caerid Lock era giunto da Arborlon in assegnazione temporanea,<br />

ma era rimasto a Paranor perché era <strong>di</strong>venuto un convinto sostenitore<br />

della causa dei Drui<strong>di</strong>. Era <strong>di</strong>fficile che un non druido manifestasse un


interesse <strong>di</strong> quel genere: Bremen si chiese se, potendo tornare in<strong>di</strong>etro,<br />

Caerid avrebbe fatto la stessa scelta. Aprì la porta e girò a destra. <strong>Il</strong><br />

corridoio aveva il soffitto a volta, sorretto da grosse travi che<br />

splendevano <strong>di</strong> cera. Alle pareti erano appesi quadri e arazzi, in<br />

piccole nicchie illuminate da candele erano conservati mobili antichi e<br />

vecchie armature. <strong>Il</strong> tempo pareva prigioniero <strong>di</strong> quelle pareti dove<br />

nulla cambiava, tranne le ore del giorno e la successione delle<br />

stagioni. Si provava un grande senso <strong>di</strong> stabilità, a Paranor, la più<br />

grande e antica fortezza delle Quattro Terre, protezione dei<br />

<strong>di</strong>spensatori <strong>di</strong> conoscenza, custode dei manufatti e dei volumi più<br />

preziosi. I pochi progressi compiuti dalle Razze dopo essere uscite<br />

dalla barbarie portata dalle Gran<strong>di</strong> Guerre erano venuti da quel<br />

castello. Ora tutto rischiava <strong>di</strong> finire, <strong>di</strong> scomparire per sempre, e il<br />

solo Bremen pareva preoccuparsene. Arrivato alla porta della biblioteca,<br />

l'aprì senza fare rumore ed entrò. La stanza era piccola, ma stipata <strong>di</strong><br />

libri. Dopo la <strong>di</strong>struzione del vecchio mondo, i libri erano <strong>di</strong>ventati<br />

rari, e gran parte <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong>sponibili era stata compilata dai Drui<strong>di</strong>,<br />

che li avevano faticosamente scritti a mano, attingendo ai ricor<strong>di</strong> dei<br />

pochi che ancora ricordavano le conoscenze del passato. Quasi tutti i<br />

libri erano conservati lì, in quella stanza e in un'altra, e il druido<br />

responsabile della loro conservazione era Kahle <strong>Re</strong>se. Tutti erano<br />

preziosi, ma lo erano soprattutto le Storie dei Drui<strong>di</strong>, in cui erano<br />

elencati tutti i tentativi del Consiglio <strong>di</strong> recuperare le conoscenze<br />

scientifiche e magiche provenienti dai secoli precedenti le Gran<strong>di</strong><br />

Guerre e in seguito perdute. Quei libri contenevano tutti gli stu<strong>di</strong> con<br />

cui si era cercato <strong>di</strong> scoprire i segreti che avevano donato<br />

all'antichità i suoi più gran<strong>di</strong> progressi; vi erano elencate le ipotesi<br />

sulle leggi scientifiche e sulla costruzione degli strumenti che<br />

dovevano applicarle, come pure sui talismani e sulle evocazioni: tutto<br />

materiale che forse un giorno avrebbe trovato spiegazione. Le Storie dei<br />

Drui<strong>di</strong> erano i libri più importanti, agli occhi <strong>di</strong> Bremen, che aveva<br />

deciso <strong>di</strong> salvarli. Kahle <strong>Re</strong>se era in cima a una scala, intento a<br />

rimettere in or<strong>di</strong>ne una serie <strong>di</strong> volumi rilegati in cuoio e piuttosto<br />

squinternati, quando Bremen fece il suo ingresso. <strong>Il</strong> bibliotecario si<br />

girò e, quando lo riconobbe, trasalì per la sorpresa. Era un uomo<br />

minuto, <strong>di</strong> bassa statura, leggermente aggobbito dalla vecchiaia, ma<br />

ancora abbastanza agile per arrampicarsi sulle sue scalette. Aveva le<br />

mani impolverate e si era rimboccato le maniche della veste e le aveva<br />

fissate con delle spille. Batté un paio <strong>di</strong> volte gli occhi azzurri, poi<br />

sorrise, accentuando le rughe. Scese rapidamente a terra e raggiunse<br />

Bremen, per poi stringergli tutt'e due le mani. "Caro amico" lo salutò.<br />

La sua faccia affilata assomigliava alla testa <strong>di</strong> un uccello: occhi<br />

acuti e brillanti, naso a becco, bocca simile a una linea sottile e per<br />

barba un corto ciuffo ricciuto, sul mento a punta. "Lieto <strong>di</strong> vederti,<br />

Kahle" gli rispose Bremen. "Mi sei mancato. Le nostre conversazioni, il<br />

nostro almanaccare sui misteri del mondo, le nostre valutazioni sulla<br />

vita. Anche i nostri tentativi <strong>di</strong> scherzare. Li ricorderai certo." "Li<br />

ricordo, Bremen, li ricordo" rispose il bibliotecario, sorridendo.<br />

"Bene, eccoti qua." "Solo per pochi minuti, temo. Hai sentito?" Kahle<br />

<strong>Re</strong>se annuì. <strong>Il</strong> sorriso gli scomparve dal volto. "Sei venuto a metterci<br />

in guar<strong>di</strong>a sul Signore degli Inganni. Athabasca l'ha fatto per te. Hai


chiesto <strong>di</strong> parlare al Consiglio. Athabasca ha parlato per te. Si è preso<br />

una grossa responsabilità, vero? Ma aveva i suoi motivi, come sappiamo<br />

entrambi. In ogni caso, il Consiglio ha votato contro <strong>di</strong> te. Alcuni ti<br />

hanno <strong>di</strong>feso in modo assai animato. Risca, per esempio. Tay Trefenwyd.<br />

Un paio d'altri." Scosse la testa. "Io confesso <strong>di</strong> essere rimasto<br />

zitto." "Perché il tuo intervento sarebbe stato inutile" <strong>di</strong>sse Bremen,<br />

per venirgli incontro. Ma Kahle scosse la testa. "No, Bremen. Perché<br />

sono troppo vecchio e stanco per lottare. Mi trovo bene qui, in mezzo ai<br />

miei libri e desidero soltanto essere lasciato stare." Batté le palpebre<br />

e guardò Bremen con attenzione. "Cre<strong>di</strong> veramente a quello che hai detto<br />

sul Signore degli Inganni? Esiste davvero? E' il druido ribelle Brona?"<br />

Bremen annuì. "E' quello che ho detto ad Athabasca, e costituisce una<br />

grave minaccia per Paranor e il Consiglio. Prima o poi verrà qui, Kahle.<br />

E quando verrà, <strong>di</strong>struggerà tutto." "Forse" ammise Kahle <strong>Re</strong>se,<br />

stringendosi nelle spalle. "O forse no. Le cose non succedono sempre nel<br />

modo previsto. Su questo eravamo d'accordo, un tempo." "Ma ora, temo, è<br />

assai improbabile che avvengano in modo <strong>di</strong>verso da quello che prevedo"<br />

replicò Bremen. "I Drui<strong>di</strong> passano troppo tempo fra queste mura. Non<br />

possono vedere obiettivamente quello che succede all'esterno. <strong>Il</strong><br />

castello blocca loro la visione." Kahle sorrise. "Abbiamo anche noi<br />

occhi e orecchie, e sappiamo più <strong>di</strong> quanto tu non creda. <strong>Il</strong> nostro<br />

problema non è l'ignoranza, ma l'autocompiacimento. Siamo velocissimi ad<br />

accettare quello che conosciamo e lenti ad accogliere ciò che<br />

immaginiamo soltanto. Cre<strong>di</strong>amo che la vita debba andare come vogliamo<br />

noi, e che soltanto la nostra voce abbia valore." Bremen posò la mano<br />

sull'esile spalla dell'amico. "Tra tutti, sei sempre stato colui che<br />

ragionava meglio. Saresti <strong>di</strong>sposto a fare un breve viaggio con me?"<br />

"Vorresti salvarmi da quella che, secondo te, sarà la mia fine, vero?"<br />

rispose, ridendo. "Troppo tar<strong>di</strong>, Bremen. <strong>Il</strong> mio destino è legato a<br />

queste mura e ai pochi libri che riesco a scrivere. Sono troppo vecchio<br />

e troppo attaccato alle mie abitu<strong>di</strong>ni per rinunciare al lavoro <strong>di</strong> tutta<br />

la vita. Questo è ciò che so. Sono uno dei Drui<strong>di</strong> che ti ho descritto,<br />

caro amico, ostinati e moribon<strong>di</strong> fino all'ultimo. <strong>Il</strong> destino <strong>di</strong> Paranor<br />

è anche il mio." Bremen annuì. Aveva già supposto che Kahle <strong>Re</strong>se gli<br />

parlasse così, ma aveva dovuto chiederglielo. "Vorrei che ci ripensassi.<br />

Ci sono altre mura tra cui vivere, altre biblioteche da curare."<br />

"Davvero?" chiese Kahle, inarcando un sopracciglio. "Bene, aspetteranno<br />

qualcun altro, temo.LO appartengo a questa." Bremen sospirò. "Allora<br />

aiutami in un altro modo, Kahle. Mi auguro <strong>di</strong> essermi sbagliato nel<br />

giu<strong>di</strong>care il pericolo. Mi auguro <strong>di</strong> sbagliarmi nel prevedere ciò che<br />

accadrà. Ma se ho ragione, e se il Signore degli Inganni arriverà a<br />

Paranor, e se le porte dovessero cedere sotto il suo attacco, allora<br />

qualcuno dovrà salvare le Storie dei Drui<strong>di</strong>." S'interruppe. "Sono ancora<br />

conservate separatamente, nella stanza accanto, <strong>di</strong>etro la libreria<br />

mobile?" "Ancora e sempre" rispose Kahle. Bremen s'infilò una mano nella<br />

veste e gli mostrò un piccolo sacchetto <strong>di</strong> pelle. "Qui dentro c'è una<br />

polvere speciale" <strong>di</strong>sse all'amico. "Se il Signore degli Inganni dovesse<br />

penetrare fra queste mura, spargila sulle Storie dei Drui<strong>di</strong>, ed esse<br />

risulteranno inaccessibili. La polvere le nasconderà. La polvere le<br />

salverà." Consegnò il sacchetto a Kahle, che lo prese con riluttanza e<br />

lo soppesò per qualche momento, come per valutarne l'efficacia. "Magia


degli Elfi?" chiese. Bremen annuì. "Qualche forma <strong>di</strong> polvere <strong>di</strong> fata,<br />

suppongo. Qualche stregoneria dei tempi andati." Sorrise come un bambino<br />

<strong>di</strong>scolo. "Sai cosa mi succederebbe se Athabasca mi scoprisse con questo<br />

sacchetto?" "Lo so" rispose Bremen, con gravità. "Ma non lo troverà,<br />

vero?" Kahle guardò per un momento il sacchetto, pensosamente, poi lo<br />

fece sparire in una tasca. "No" rispose. "Non lo troverà." Aggrottò la<br />

fronte. "Ma non posso prometterti <strong>di</strong> usare la polvere, accada quello che<br />

accada. In questo soltanto io sono come Athabasca, Bremen. Sono<br />

contrario all'uso della magia nell'espletamento dei miei compiti. Mi<br />

<strong>di</strong>spiace veder usare la magia come strumento, qualunque sia lo scopo. Tu<br />

lo sai. Te l'ho già detto varie volte in passato, vero?" "Me l'hai<br />

detto." "Eppure mi chie<strong>di</strong> ugualmente <strong>di</strong> farlo?" "Sono costretto. A chi<br />

potrei rivolgermi? <strong>Di</strong> chi potrei fidarmi? Mi affido al tuo giu<strong>di</strong>zio,<br />

Kahle. Usa la polvere soltanto se la situazione sarà talmente grave da<br />

minacciare la vita <strong>di</strong> tutti, e se non rimarrà nessuno per occuparsi dei<br />

libri. Non permettere che cadano nelle mani <strong>di</strong> coloro che abuserebbero<br />

<strong>di</strong> quelle conoscenze. Sarebbe assai peggio <strong>di</strong> qualsiasi effetto negativo<br />

dell'impiego della magia." Kahle lo guardò con gravità, poi annuì. "Lo<br />

sarebbe davvero. Bene, terrò la polvere con me e la userò se dovesse<br />

succedere il peggio. Ma solo in quel caso." Nel silenzio che seguì, si<br />

guardarono ancora per qualche istante. Tutto era stato detto. "Dovresti<br />

ritornare sulla tua decisione <strong>di</strong> non venire con me" tentò Bremen,<br />

un'ultima volta. Kahle sorrise. Ossia, arricciò leggermente le labbra<br />

sottili. "Mi hai già chiesto una volta <strong>di</strong> venire con te, quando hai<br />

preferito lasciare Paranor per seguire altrove i tuoi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> magia.<br />

Allora ti <strong>di</strong>ssi che non avrei mai lasciato il castello, che questo è il<br />

mio posto. Nulla è cambiato." Bremen sentì insinuarsi nell'animo una<br />

grande, <strong>di</strong>sperata amarezza, e si affrettò a sorridere per non tra<strong>di</strong>re<br />

quella nuova emozione. "Allora ad<strong>di</strong>o, Kahle <strong>Re</strong>se, mio migliore amico,<br />

mio primo amico. Riguardati." <strong>Il</strong> bibliotecario lo abbracciò,<br />

stringendogli con forza per qualche momento le spalle scarne. "Ad<strong>di</strong>o,<br />

Bremen" sussurrò. "Per quest'unica volta, mi auguro che ti sbagli."<br />

Bremen annuì, senza parlare. Poi si <strong>di</strong>resse alla porta e uscì senza più<br />

girarsi. Si scoprì ad augurarsi che la situazione fosse <strong>di</strong>versa, pur<br />

sapendo che non poteva esserlo. Attraversò in fretta il corridoio per<br />

ritornare alla porta che dava sulla scala da cui era entrato, e mentre<br />

passava guardò gli arazzi e il mobilio come se non li avesse mai visti,<br />

o come se fosse certo <strong>di</strong> non rivederli più. Gli pareva che una parte <strong>di</strong><br />

lui fosse scomparsa per sempre, come quando aveva lasciato Paranor la<br />

prima volta. Anche se non gli piaceva ammetterlo, quella era ancora la<br />

sua casa, più <strong>di</strong> qualsiasi altro luogo, e come succede per tutte le<br />

case, riven<strong>di</strong>cava i propri <strong>di</strong>ritti su <strong>di</strong> lui, in tanti mo<strong>di</strong> che non si<br />

potevano giu<strong>di</strong>care o valutare con precisione. Aprì la porta e si trovò<br />

nella penombra della scala, faccia a faccia con Risca e Tay Trefenwyd.<br />

Tay si fece avanti subito, per abbracciarlo. "Benvenuto a casa, druido"<br />

lo salutò, battendogli la mano sulla schiena. Tay era un elfo molto più<br />

alto e robusto della me<strong>di</strong>a della sua razza, allampanato e dall'aria<br />

piuttosto goffa, come se rischiasse da un momento all'altro <strong>di</strong><br />

inciampare nei suoi stessi pie<strong>di</strong>. Aveva il viso caratteristico degli<br />

Elfi, ma dava l'impressione che la sua testa fosse stata attaccata al<br />

corpo sbagliato. Era ancora giovane, nonostante i quin<strong>di</strong>ci anni


trascorsi a Paranor, con la faccia liscia e ben rasata, i capelli bion<strong>di</strong><br />

e gli occhi azzurri, ed era sempre pronto a sorridere a tutti. "Ti trovo<br />

in ottima forma, Tay" rispose il vecchio, sorridendo a sua volta. "La<br />

vita a Paranor sembra farti bene." "Rivederti mi fa ancora meglio"<br />

proclamò l'altro. "Quando partiamo?" "Partiamo?" "Non fare il finto<br />

tonto. Partiamo per dove stai andando tu.LO e Risca abbiamo deciso.<br />

Anche se non ci avessi chiesto <strong>di</strong> venire a incontrarti qui, saremmo<br />

venuti a cercarti prima che uscissi. Siamo stanchi <strong>di</strong> Athabasca e del<br />

Consiglio." "Non hai assistito allo spettacolo" sbuffò Risca, uscendo<br />

alla luce. "Una vera farsa. Hanno degnato la tua richiesta della stessa<br />

considerazione che avrebbero riservato a un invito a morire <strong>di</strong> peste.<br />

Non è stato consentito il <strong>di</strong>battito e non sono state date spiegazioni!<br />

Athabasca ha presentato la tua richiesta in modo tale da far subito<br />

capire come la giu<strong>di</strong>cava; e gli altri l'hanno appoggiato, tutti quei<br />

sicofanti.LO e Tay abbiamo fatto del nostro meglio per denunciare le<br />

sue macchinazioni, ma ci hanno costretti a tacere. Ne ho abbastanza dei<br />

loro maneggi e della loro miopia. Se tu <strong>di</strong>ci che il Signore degli<br />

Inganni esiste, allora vuol <strong>di</strong>re che c'è. Se <strong>di</strong>ci che verrà a Paranor,<br />

allora verrà <strong>di</strong> certo. Ma io non sarò qui a salutarlo. Cedo ben<br />

volentieri il mio posto agli altri. Male<strong>di</strong>zione, come possono essere<br />

così sciocchi?" Risca era tutto calore e azione, e Bremen sorrise a<br />

<strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> se stesso. "Allora, avete dato buona prova <strong>di</strong> voi, nel<br />

prendere le mie <strong>di</strong>fese?" "Eravamo un soffio contro una tromba d'aria"<br />

rispose Tay, ridendo. Sollevò le braccia, poi le lasciò ricadere,<br />

sconsolato. "Risca ha ragione. A Paranor regna la politica, da quando<br />

Athabasca è stato eletto Grande Druido. Avresti dovuto prendere tu<br />

quella carica, Bremen, non lui." "Saresti <strong>di</strong>ventato Grande Druido, se<br />

l'avessi voluto" confermò Risca, con irritazione. "Avresti dovuto<br />

insistere." "No" rispose Bremen. "Non sarei stato adatto, amici. Non ho<br />

alcuna pre<strong>di</strong>sposizione per governare e amministrare.LO desideravo<br />

cercare e recuperare quello che è andato perso, e non avrei potuto farlo<br />

dall'alto della torre principale. Athabasca era più adatto <strong>di</strong> me."<br />

"Sciocchezze" ribatté Risca. "Quell'uomo non è mai stato adatto a<br />

niente. Ti o<strong>di</strong>a ancor oggi. Sa che la sua carica poteva essere tua:<br />

bastava che la chiedessi. Non ti ha mai perdonato per questo. E neppure<br />

per averla rifiutata. La tua libertà minaccia la sua fiducia nell'or<strong>di</strong>ne<br />

e nell'obbe<strong>di</strong>enza. Vorrebbe metterci tutti bene in or<strong>di</strong>ne in uno<br />

scaffale e tirarci fuori quando gli fa comodo. Vorrebbe dettare le<br />

nostre azioni come se fossimo bambini. Gli sei sfuggito <strong>di</strong> mano<br />

abbandonando Paranor, e non te lo perdonerà mai." Bremen si strinse<br />

nelle spalle. "Vecchie storie. Rimpiango solo che non abbia dato ascolto<br />

al mio avvertimento. Penso che il castello corra veramente pericolo. <strong>Il</strong><br />

Signore degli Inganni viene in questa <strong>di</strong>rezione, Risca. Non si limiterà<br />

a passare accanto a Paranor e ai Drui<strong>di</strong>. Li schiaccerà sotto gli stivali<br />

dei suoi armati." "Che dobbiamo fare?" chiese Tay, guardandosi attorno<br />

come se temesse <strong>di</strong> essere ascoltato. "Abbiamo continuato ad addestrarci<br />

nelle arti magiche, Bremen. Tutt'e due, io e Risca, ciascuno a suo modo,<br />

servendoci delle nostre rispettive <strong>di</strong>scipline. Sapevamo che un giorno<br />

saresti tornato a prenderei e che avremmo avuto bisogno della magia."<br />

Bremen annuì, sod<strong>di</strong>sfatto. Aveva fatto affidamento soprattutto su quei<br />

due, perché qualcuno proseguisse gli stu<strong>di</strong> sulle arti magiche. Non


avevano né la sua competenza né la sua pratica, ma erano abbastanza<br />

esperti. Risca era il maestro d'armi, versato nelle arti della guerra e<br />

nella pratica militare. Tay Trefenwyd era uno stu<strong>di</strong>oso degli elementi,<br />

delle forze che creano e <strong>di</strong>struggono, dell'equilibrio <strong>di</strong> terra, aria,<br />

fuoco e acqua nell'evolversi della vita. Ciascuno, esattamente come lui,<br />

era un adepto della magia, capace <strong>di</strong> usarla per protezione e <strong>di</strong>fesa.<br />

L'esercizio della magia era proibito entro le mura <strong>di</strong> Paranor, tranne<br />

che sotto stretto controllo. La magia veniva utilizzata soltanto in caso<br />

<strong>di</strong> necessità. La sperimentazione era scoraggiata e spesso, se scoperta,<br />

punita. I Drui<strong>di</strong> vivevano nell'ombra della loro storia, del cupo ricordo<br />

<strong>di</strong> Brona e dei suoi seguaci. L'indecisione e il senso <strong>di</strong> colpa ne<br />

avevano minato la voglia <strong>di</strong> vivere. E adesso non si rendevano conto che<br />

il loro atteggiamento <strong>di</strong>storto minacciava <strong>di</strong> portarli alla completa<br />

<strong>di</strong>struzione. "Le vostre supposizioni erano giuste" <strong>di</strong>sse ai compagni.<br />

"Ero certo che non avreste rinunciato alla magia. E voglio che mi<br />

accompagniate. Nei giorni che verrànno, avrò bisogno della vostra forza<br />

e delle vostre abilità. <strong>Di</strong>temi, ci sono altri a cui rivolgerci? Altri<br />

che sono convinti della necessità della magia?" Tay e Risca si<br />

scambiarono una rapida occhiata. "Nessuno" riferì il nano. "Dovrai<br />

accontentarti <strong>di</strong> noi." "Sarete sufficienti" rispose il druido,<br />

sforzandosi <strong>di</strong> sorridere. Soltanto quei due, oltre a lui e Kinson! Due<br />

contro tanti! Sospirò. Bene, avrebbe dovuto aspettarselo. "Mi spiace <strong>di</strong><br />

dovervi chiedere una simile rinuncia" <strong>di</strong>sse, con sincerità. Risca<br />

sbuffò. "Mi sentirei umiliato se non ci portassi con te Ne ho piene le<br />

bisacce <strong>di</strong> Paranor e dei suoi vecchi barbogi Nessuno s'interessa della<br />

mia arte. Nessuno segue i miei passi Agli occhi <strong>di</strong> tutti, io rappresento<br />

un anacronismo. E Tay la pensa esattamente come me. Ce ne saremmo andati<br />

via da tempo, se non ci fossimo accordati per aspettare il tuo ritorno."<br />

Tay annuì. "Non abbiamo nessun rimpianto, visto che ti occorrono<br />

compagni <strong>di</strong> viaggio, Bremen. Siamo pronti a partire subito." Bremen<br />

strinse loro le mani e li ringraziò. "Prendete quello che intendete<br />

portare con voi e troviamoci davanti alle porte principali, domattina.<br />

Al momento della partenza vi parlerò del nostro viaggio. Questa notte<br />

dormirò nella foresta col mio compagno, Kinson Ravenlock. E' con me da<br />

due anni e si è <strong>di</strong>mostrato prezioso. E' un cercatore <strong>di</strong> piste e un<br />

esploratore, un cacciatore della Frontiera, <strong>di</strong> grande coraggio e<br />

notevole intelligenza." "Se è con te, non occorrono altre<br />

raccomandazioni" <strong>di</strong>sse Tay. "Adesso ti lasciamo. Caerid Lock ti aspetta<br />

sulla scala, qui sotto. Ha detto che devi scendere finché non lo<br />

incontri." S'interruppe e fissò Bremen con gravità: "Caerid sarebbe un<br />

buon acquisto per noi". <strong>Il</strong> vecchio annuì. "Lo so. Gli chiederò <strong>di</strong><br />

venire. Riposate bene. Ci vedremo all'alba." <strong>Il</strong> nano e l'elfo<br />

rientrarono nel corridoio principale e si chiusero la porta alle spalle,<br />

lasciando Bremen solo. <strong>Il</strong> druido attese qualche momento, riflettendo su<br />

ciò che gli rimaneva da fare. Nell'interno del castello regnava un<br />

profondo silenzio. <strong>Il</strong> tempo scivolava via. Non gliene occorreva molto,<br />

ma era meglio che si sbrigasse. E gli serviva la complicità <strong>di</strong> Caerid<br />

Lock. Scese in fretta, ripassando mentalmente il suo piano. L'odore <strong>di</strong><br />

muffa dell'angusto passaggio finì per irritargli il naso, lo costrinse a<br />

fare una smorfia. Nelle altre parti del castello, nei corridoi<br />

principali e lungo le scale, l'aria era tiepida e pulita, perché saliva


dai fuochi che per tutto l'anno riscaldavano la costruzione. <strong>Il</strong> flusso<br />

dell'aria era controllato da paratie e valvole <strong>di</strong> tiraggio, assenti nei<br />

passaggi segreti come quello in cui si trovava. Incontrò il capitano<br />

della Guar<strong>di</strong>a due rampe più in basso. Era nascosto nell'ombra, e quando<br />

Bremen si avvicinò fece un passo verso <strong>di</strong> lui. La sua espressione era<br />

impassibile. "Ho pensato che da soli vi sareste sentiti più a vostro<br />

agio" <strong>di</strong>sse. "Grazie" rispose Bremen, colpito da tanta premura. "Ma<br />

vorremmo che fossi dei nostri, Caerid. Partiamo all'alba. Vieni con<br />

noi?" Caerid gli rivolse un pallido sorriso. "Avevo l'impressione che<br />

questo fosse il vostro piano. Risca e Tay sono ansiosi <strong>di</strong> lasciare<br />

Paranor, lo sanno tutti." Scosse lentamente la testa. "Ma per quanto<br />

riguarda me, Bremen, il dovere mi impone <strong>di</strong> rimanere. Soprattutto se le<br />

tue convinzioni sono giuste. Qualcuno deve proteggere i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Paranor, anche da se stessi, e io sono il più adatto. La Guar<strong>di</strong>a mi è<br />

fedele: uomini scelti a uno a uno, addestrati sotto il mio comando. Non<br />

sarebbe giusto abbandonarli." Bremen annuì. "Lo penso anch'io. Eppure,<br />

sarebbe bello averti con noi." Caerid gli rivolse un accenno <strong>di</strong> sorriso.<br />

"Sarebbe bello venire. Ma la mia decisione è presa." "Allora, custo<strong>di</strong>sci<br />

bene queste mura, Caerid Lock" <strong>di</strong>sse Bremen, fissandolo negli occhi.<br />

"Assicurati della fedeltà dei tuoi uomini. Ci sono Troll in mezzo a<br />

loro? Ce n'è qualcuno che potrebbe tra<strong>di</strong>rti?" <strong>Il</strong> capitano della Guar<strong>di</strong>a<br />

scosse la testa, con decisione. "Nessuno. Tutti mi seguirebbero fino<br />

alla morte. Anche i Troll. Sarei pronto a scommetterci la vita, Bremen."<br />

<strong>Il</strong> druido gli sorrise con gentilezza. "E sarà proprio così" commentò. Si<br />

guardò attorno, come se cercasse qualcuno. "Verrà, Caerid: il Signore<br />

degli Inganni, con i suoi servitori alati e i suoi soldati mortali, e<br />

forse con creature evocate da qualche abisso infernale. Calerà su<br />

Paranor e cercherà <strong>di</strong> schiacciarvi. Devi guardarti soprattutto le<br />

spalle, amico mio." <strong>Il</strong> vecchio soldato annuì. "Saremo pronti." Fissò<br />

Bremen negli occhi. "E' ormai tempo <strong>di</strong> accompagnarti alla porta. vuoi<br />

del cibo da portare via?" Bremen annuì. "Mi sarebbe utile." Poi ebbe un<br />

attimo <strong>di</strong> esitazione. "Stavo per <strong>di</strong>menticarmene. Potrei <strong>di</strong>re un'ultima<br />

parola a Kahle <strong>Re</strong>se? Temo che ci siamo lasciati un po' burrascosamente,<br />

e preferirei fare la pace, prima <strong>di</strong> lasciarlo. Mi puoi concedere qualche<br />

altro minuto, Caerid? Tornerò subito." L'elfo rifletté per un momento,<br />

poi annuì. "Va bene. Ma fa' in fretta, ti prego. Ho già forzato al<br />

massimo le concessioni <strong>di</strong> Athabasca." Bremen gli rivolse un sorriso<br />

<strong>di</strong>sarmante e salì <strong>di</strong> nuovo la scala. Si vergognava <strong>di</strong> aver dovuto<br />

mentire a Caerid Lock, ma non aveva scelta. <strong>Il</strong> capitano della Guar<strong>di</strong>a<br />

non avrebbe mai approvato quello che stava per fare, per quanto gli<br />

fosse amico. Bremen salì due rampe, imboccò un passaggio secondario, lo<br />

percorse fino in fondo, aprì una porta e imboccò un'altra rampa, più<br />

stretta e ripida della precedente. Salì senza fare rumore, con grande<br />

circospezione. Non poteva permettersi <strong>di</strong> essere scoperto. L'azione che<br />

intendeva compiere era proibita. Se l'avessero scoperto, Athabasca<br />

avrebbe avuto la scusa per sbatterlo nella cella più profonda e<br />

lasciarvelo fino alla consumazione dei tempi. In cima alla scala si<br />

fermò davanti a una pesante porta <strong>di</strong> legno, chiusa da massicci lucchetti<br />

e da catene grosse come il suo polso. Toccò con attenzione i lucchetti,<br />

uno dopo l'altro, e con un piccolo scatto si aprirono. Sfilò le catene<br />

dagli anelli, spinse la porta e con un misto <strong>di</strong> sollievo e <strong>di</strong> batticuore


la vide aprirsi lentamente. Entrò e si trovò su una piattaforma posta a<br />

uno dei livelli più alti del castello. Sotto, le pareti scendevano a<br />

perpen<strong>di</strong>colo, fino a un abisso buio, che, a quanto si <strong>di</strong>ceva, si<br />

spingeva fino al centro della terra. Nessuno che avesse provato a<br />

scendere era mai risalito a raccontare quello che aveva trovato. Nessuno<br />

era mai riuscito a illuminarlo a sufficienza per vedere cosa c'era. <strong>Il</strong><br />

Pozzo dei Drui<strong>di</strong>, era chiamato. Era un luogo in cui erano stati gettati<br />

i rifiuti del tempo e del destino, della magia e della scienza, dei vivi<br />

e dei morti, <strong>di</strong> mortali e immortali. Esisteva fin dal tempo <strong>di</strong> Faerie.<br />

Come il Perno dell'Ade nella Valle d'Argilla, era una delle poche porte<br />

che collegassero il mondo dei vivi con l'oltretomba. La leggenda parlava<br />

<strong>di</strong> come fosse stato usato negli anni e delle terribili cose che aveva<br />

inghiottito. A Bremen non interessavano le leggende. Ciò che gli<br />

interessava l'aveva scoperto alcuni anni prima, quando aveva accertato<br />

che il pozzo era una sorta <strong>di</strong> condotto, il quale permetteva <strong>di</strong> attingere<br />

magia da regni mai visitati da anima viva: nell'oscurità che copriva i<br />

suoi segreti si trovavano poteri che nessuna creatura avrebbe osato<br />

sfidare. Fermo sulla piattaforma, sollevò le braccia e cominciò a<br />

intonare una complessa mono<strong>di</strong>a, con voce ferma, sicuro <strong>di</strong> ogni parola da<br />

lui cantata. Non abbassò mai gli occhi, neppure quando udì giungere dal<br />

fondo sospiri e fruscii. Mosse lentamente le mani, tracciando simboli<br />

che imponevano obbe<strong>di</strong>enza, e pronunciò le formule senza mai<br />

interrompersi, perché una piccola esitazione sarebbe stata sufficiente a<br />

rompere l'incantesimo e impe<strong>di</strong>rne la riuscita. Quando ebbe terminato, si<br />

frugò nelle tasche e ne trasse un pizzico <strong>di</strong> polvere verde che gettò nel<br />

vuoto. La polvere scintillò malignamente, mentre si alzava sulle<br />

correnti d'aria, e parve crescere e moltiplicarsi, come se al posto <strong>di</strong><br />

pochi granelli ce ne fossero migliaia. Per un momento rimasero sospesi<br />

sull'abisso, luccicanti sullo sfondo buio, poi si spensero tutti insieme<br />

e scomparvero. Bremen si affrettò a tirarsi in<strong>di</strong>etro e ad appoggiarsi<br />

alla gelida pietra del castello. <strong>Re</strong>spirava con affanno e sentiva<br />

<strong>di</strong>leguarsi il coraggio. Non aveva più la resistenza <strong>di</strong> un tempo. E<br />

neppure la decisione. Chiuse gli occhi e attese che i fruscii e i<br />

sospiri tacessero progressivamente. L'impiego della magia richiedeva uno<br />

sforzo così grande! Rimpianse <strong>di</strong> non essere più giovane. Rimpianse <strong>di</strong><br />

non avere né il fisico né la decisione dei giovani. Ma era vecchio e<br />

fragile ed era inutile chiedere l'impossibile. Doveva accontentarsi<br />

della forza che aveva. Sotto <strong>di</strong> lui, qualcosa grattò contro le pareti <strong>di</strong><br />

pietra: forse erano artigli, forse scaglie. Qualcosa si stava<br />

arrampicando, per vedere se colui che aveva lanciato l'incantesimo era<br />

ancora presente! Raccogliendo le forze, Bremen si affrettò a uscire e a<br />

chiudere accuratamente la porta. <strong>Il</strong> cuore gli batteva ancora a<br />

precipizio e aveva la faccia coperta da un velo <strong>di</strong> sudore. Lascia questo<br />

posto, sussurrava una voce minacciosa, da <strong>di</strong>etro la porta, dal fondo del<br />

pozzo. Vattene subito! Con mani tremanti, Bremen tese le catene e chiuse<br />

i lucchetti. Poi scese in fretta la scala e attraversò i passaggi<br />

deserti del castello per ricongiungersi con Caerid Lock.<br />

4<br />

Bremen e Kinson Ravenlock passarono la notte nella foresta, a breve<br />

<strong>di</strong>stanza da Paranor e dai Drui<strong>di</strong>. Trovarono una macchia <strong>di</strong> abeti che<br />

offriva un buon riparo, perché perfino lì temevano <strong>di</strong> essere visti dai


cacciatori alati che battevano i cieli notturni. Mangiarono qualcosa <strong>di</strong><br />

freddo - pane, formaggio, mele tar<strong>di</strong>ve - e lo accompagnarono con birra,<br />

poi <strong>di</strong>scussero gli avvenimenti del giorno. Bremen parlò dell'inutile<br />

tentativo <strong>di</strong> rivolgersi al Consiglio e riferì le conversazioni da lui<br />

avute all'interno del castello. Kinson si limitò a qualche cenno del<br />

capo e a qualche mormorio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione, ed ebbe l'accortezza,<br />

quando si arrivò all'incredulità mostrata da Athabasca, <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re che<br />

l'aveva previsto. Poi si addormentarono, stanchi del lungo viaggio dalle<br />

Streleheim al castello e delle molte notti insonni che l'avevano<br />

preceduto. Montarono la guar<strong>di</strong>a a turno, non fidandosi neppure della<br />

protezione offerta dalla vicinanza dei Drui<strong>di</strong>. Entrambi sapevano che per<br />

qualche tempo non ci sarebbe stato alcun nascon<strong>di</strong>glio sicuro: il Signore<br />

degli Inganni andava dovunque volesse, e grazie ai suoi cacciatori aveva<br />

occhi in ogni angolo delle Quattro Terre. Bremen, che fece il primo<br />

turno, a un certo punto credette <strong>di</strong> cogliere una presenza, che per un<br />

momento sfiorò le sue <strong>di</strong>fese, a breve <strong>di</strong>stanza da loro. Ma era<br />

mezzanotte, il suo turno stava per finire, il sonno si avvicinava, e la<br />

sensazione lo sfiorò appena. Dopo il primo istante non sentì più nulla,<br />

e il brivido che gli era corso lungo la schiena sparì con la stessa<br />

rapi<strong>di</strong>tà con cui era giunto. Dormì profondamente e senza sogni, ma si<br />

svegliò prima del sorgere del sole. Stava riflettendo sulle nuove mosse<br />

per opporsi alla minaccia del Signore degli Inganni, quando Kinson uscì<br />

dall'ombra senza fare rumore e s'inginocchiò accanto a lui. "C'è una<br />

giovane che ti vuole vedere" gli <strong>di</strong>sse. Bremen annuì senza parlare e si<br />

mise a sedere. Nel cielo, la notte lasciava pian piano il posto al<br />

grigio, e lungo l'orizzonte si scorgeva già un alone argenteo. La<br />

foresta che li circondava sembrava vuota e abbandonata, un vasto<br />

labirinto buio <strong>di</strong> cespugli spinosi e fronde a baldacchino, chiuso e<br />

sigillato come una tomba "Chi è?" chiese il vecchio. Kinson scosse la<br />

testa. "Non me l'ha detto. Sembra uno dei Drui<strong>di</strong>: indossa la loro veste<br />

con lo stemma." "Bene, bene" mormorò Bremen alzandosi in pie<strong>di</strong>. I<br />

muscoli gli dolevano e aveva le giunture irrigi<strong>di</strong>te. "Ha detto <strong>di</strong> essere<br />

<strong>di</strong>sposta ad aspettare" continuò il cacciatore "ma io sapevo che eri già<br />

sveglio." Bremen sba<strong>di</strong>gliò. "Comincio a <strong>di</strong>ventare un po' troppo<br />

preve<strong>di</strong>bile, e questo è un pericolo. Una giovane, hai detto? Non ci sono<br />

molte donne, tra i Drui<strong>di</strong>, soprattutto giovani." "Non sapevo che ce ne<br />

fossero" commentò Kinson. "In ogni caso, non mi sembra pericolosa, e<br />

pare molto ansiosa <strong>di</strong> parlarti." Kinson pareva in<strong>di</strong>fferente all'esito <strong>di</strong><br />

quella preghiera; questo significava che per lui era una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

tempo. Bremen si stirò le pieghe della veste. Era ora <strong>di</strong> lavarla. E lo<br />

stesso valeva per lui. "Mentre eri <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, hai visto cacciatori<br />

alati?" Kinson scosse la testa. "Però ho sentito la loro presenza. Si<br />

aggirano in questi boschi, non <strong>di</strong>menticarlo. Sei <strong>di</strong>sposto a parlare con<br />

lei?" Bremen lo fissò per un istante. "La giovane? Oh, sì, certo.<br />

Dov'è?" Dall'ombra dell'abete, Kinson lo accompagnò fino a una piccola<br />

radura, a una ventina <strong>di</strong> passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. La giovane li attendeva<br />

laggiù: una presenza scura e silenziosa. Non sembrava molto robusta, era<br />

<strong>di</strong> statura un po' inferiore alla me<strong>di</strong>a e pareva avere le ossa minute; si<br />

era completamente avvolta nel mantello e il cappuccio le nascondeva la<br />

faccia. Quando Bremen uscì dagli alberi, la giovane non si mosse, ma<br />

aspettò che fosse lui ad avvicinarsi. Bremen rallentò il passo. Lo


incuriosiva il fatto che li avesse trovati così facilmente. Si erano <strong>di</strong><br />

proposito accampati nel folto del bosco perché nessuno potesse scoprirli<br />

mentre dormivano. Eppure lei c'era riuscita, <strong>di</strong> notte e alla poca luce<br />

della luna e delle stelle che riusciva a filtrare dallo spesso tetto <strong>di</strong><br />

foglie. O era un'ottima cercatrice <strong>di</strong> piste, o sapeva usare la magia.<br />

"Lascia che le parli da solo" <strong>di</strong>sse il druido a Kinson. Si portò fino a<br />

lei, zoppicando leggermente perché i suoi muscoli non si erano ancora<br />

riscaldati, e la donna si sfilò il cappuccio perché potesse vederla. Era<br />

molto giovane, ma non quanto pensava Kinson. Aveva capelli corvini,<br />

tagliati corti, gran<strong>di</strong>ssimi occhi neri, lineamenti delicati, viso senza<br />

rughe e sguardo schietto. Indossava la veste dei Drui<strong>di</strong> con il ricamo<br />

dell'Eilt Druin sul petto. "Mi chiamo Mareth" <strong>di</strong>sse quando lui la<br />

raggiunse, e gli tese la mano. Bremen gliela strinse. La donna aveva la<br />

mano piccola ma robusta; il palmo era indurito dal lavoro. "Lieto <strong>di</strong><br />

vederti, Mareth" la salutò. Lei tirò in<strong>di</strong>etro la mano. Senza abbassare<br />

lo sguardo, con un tono <strong>di</strong> urgenza nella voce, spiegò: "Sono appren<strong>di</strong>sta<br />

druido, non ancora accolta nell'or<strong>di</strong>ne ma autorizzata a stu<strong>di</strong>are nella<br />

rocca. Sono giunta <strong>di</strong>eci mesi fa, come guaritrice. Ho stu<strong>di</strong>ato per<br />

qualche tempo nella regione del Fiume Argento e poi per due anni a<br />

Storlock. Ho iniziato a stu<strong>di</strong>are le pratiche <strong>di</strong> guarigione quando avevo<br />

tre<strong>di</strong>ci anni. La mia famiglia è delle Terre del Sud, dalle parti <strong>di</strong><br />

Leah". Bremen annuì. Se le avevano permesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are a Storlock,<br />

doveva davvero possedere talento. "E cosa desideri da me, Mareth?" le<br />

chiese con gentilezza. Gli occhi scuri scintillarono. "Desidero venire<br />

con voi." <strong>Il</strong> druido le sorrise. "Non sai neppure dove siamo <strong>di</strong>retti."<br />

Lei annuì. "Non importa. Conosco le vostre intenzioni. So che porterai<br />

con te i drui<strong>di</strong> Risca e Tay Trefenwyd, e desidero far parte del vostro<br />

gruppo. Aspetta, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>re <strong>di</strong> no, ascoltami. Me ne andrò da Paranor<br />

in qualsiasi caso, che mi vogliate o no. Qui non sono bene accetta, in<br />

particolare da Athabasca, perché ho scelto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la magia<br />

nonostante mi fosse stato proibito. Devo limitarmi a fare la guaritrice,<br />

così è stato deciso. Devo servirmi soltanto dei talenti e delle dottrine<br />

che il Consiglio ritiene adatti." Adatti a una donna. Bremen pensò che<br />

avrebbe potuto aggiungere anche questa frase, sottintesa in quanto gli<br />

aveva detto. "Ormai ho imparato tutto quel che avevano da insegnarmi"<br />

proseguì la giovane. "Loro non lo ammetterebbero mai, ma è così. Ho<br />

bisogno <strong>di</strong> un nuovo maestro, ho bisogno <strong>di</strong> te. Tu conosci la magia<br />

meglio <strong>di</strong> chiunque altro. Ne capisci le sfumature e le esigenze, gli<br />

effetti del suo impiego, la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> integrarla nella vita <strong>di</strong> tutti<br />

i giorni. Nessuno ha un'esperienza pari alla tua, e vorrei stu<strong>di</strong>are con<br />

te." <strong>Il</strong> druido scosse lentamente la testa. "Mareth, nei luoghi dove<br />

intendo <strong>di</strong>rigermi non può recarsi nessuno che non abbia l'esperienza<br />

necessaria." "Ci sarà pericolo?" domandò lei. "Anche per me" confermò<br />

Bremen. "E certamente per Risca e per Tay, benché conoscano un po' la<br />

magia. Ma soprattutto per te." "No" rispose con semplicità la giovane<br />

donna, che pareva avere previsto quell'obiezione. "Per me non sarà<br />

pericoloso come cre<strong>di</strong>. Non ti ho ancora rivelato un particolare che mi<br />

riguarda: una cosa che non conosce nessuno, a Paranor, anche se credo<br />

che Athabasca abbia dei sospetti. Non sono del tutto inesperta. Posso<br />

usare la magia in forme che non ho mai imparato a padroneggiare con lo<br />

stu<strong>di</strong>o. Ho la magia innata." Bremen la fissò con stupore: "Magia


innata?". "Non mi cre<strong>di</strong>" rispose subito lei. In effetti, era così. <strong>Di</strong><br />

magia innata non si era mai sentito parlare. La magia si imparava con lo<br />

stu<strong>di</strong>o e la pratica, non era una dote che si ere<strong>di</strong>tava. Almeno, non a<br />

quell'epoca. All'epoca <strong>di</strong> Faerie, invece, le cose stavano in modo<br />

<strong>di</strong>verso, perché allora la magia faceva parte dell'ere<strong>di</strong>tà delle creature<br />

esattamente come i tratti somatici e il sangue. Ma nelle Quattro Terre<br />

nessuno, a memoria d'uomo, era nato con la magia infusa. Nessun essere<br />

umano. Continuò a fissarla. "<strong>Il</strong> problema della mia magia" continuò<br />

Mareth "è che non riesco sempre a controllarla. Viene e va con gli<br />

scatti d'emozione, con la salita e la <strong>di</strong>scesa della mia temperatura, con<br />

gli alti e bassi dell'umore e in un'altra decina <strong>di</strong> situazioni che non<br />

posso dominare bene. Riesco a chiamare a me la magia, ma a volte essa<br />

finisce per fare quello che vuole." S'interruppe e per la prima volta<br />

abbassò per un istante lo sguardo prima <strong>di</strong> sollevarlo <strong>di</strong> nuovo. Quando<br />

riprese a parlare, a Bremen parve <strong>di</strong> cogliere una sfumatura <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sperazione nella sua voce. "Devo stare attenta a tutto quello che<br />

faccio. Devo nascondere <strong>di</strong> continuo parti della mia vita, badare a come<br />

mi comporto, controllare le mie reazioni, perfino le mie abitu<strong>di</strong>ni più<br />

innocenti." Strinse le labbra. "Non posso continuare a vivere in questo<br />

modo. Sono venuta a Paranor per avere aiuto. Non ne ho trovato. Adesso<br />

mi rivolgo a te." S'interruppe e poi terminò: "Per favore". In queste<br />

ultime parole c'era un'intensità che sorprese il druido. Per un momento,<br />

la giovane aveva perduto la padronanza <strong>di</strong> sé, l'aspetto deciso, ferreo,<br />

che si era data per proteggersi. Non era ancora certo <strong>di</strong> poterle<br />

credere, anche se propendeva per il sì; comunque era innegabile che il<br />

dramma della giovane, <strong>di</strong> qualunque natura fosse, era grave e reale. "Se<br />

mi porterete con voi, sarò utile al vostro gruppo" continuò Mareth, a<br />

bassa voce. "Sarò un alleato fedele. Farò il mio dovere. E se doveste<br />

lottare contro il Signore degli Inganni o i suoi servitori, sarei con<br />

voi." Si piegò verso <strong>di</strong> lui, con un movimento quasi impercettibile, come<br />

se si fosse limitata a inclinare la testa bruna. "La mia magia" gli<br />

confidò con un filo <strong>di</strong> voce "è molto potente." Bremen le prese la mano e<br />

la tenne tra le sue. "Se accetti <strong>di</strong> aspettare finché non sarà spuntato<br />

il sole, rifletterò su quanto mi hai detto" le promise. "Dovrò parlarne<br />

anche con gli altri, con Tay e Risca quando arriveranno." Lei annuì e,<br />

con un'occhiata, in<strong>di</strong>cò la foresta. "E con il tuo amico?" "Sì, anche con<br />

Kinson." "Non ha alcun potere magico, vero? <strong>Di</strong>versamente dagli altri del<br />

vostro gruppo." "No, ma ha altre capacità. Lo puoi sentire in lui, vero?<br />

Che non ha poteri magici." "Certo." "<strong>Di</strong>mmi. Ti sei servita della magia<br />

per trovarci nel nostro nascon<strong>di</strong>glio?" La giovane donna scosse la testa.<br />

"No, mi ha guidata l'istinto. Sentivo la vostra presenza. E' una cosa<br />

che sono sempre stata in grado <strong>di</strong> fare." Lo guardò, cercando <strong>di</strong><br />

leggergli negli occhi la risposta. "E' una forma <strong>di</strong> magia, Bremen?"<br />

"Certo. Non è una magia che si possa definire esattamente come tante<br />

altre, ma rientra in quel tipo <strong>di</strong> poteri. Magia innata, potrei<br />

definirla... se non è una capacità acquisita." "Non ho capacità<br />

acquisite" rispose lei con semplicità, infilando le braccia sotto il<br />

mantello come se si fosse improvvisamente accorta <strong>di</strong> avere freddo.<br />

Bremen la stu<strong>di</strong>ò ancora per un istante, riflettendo. "Sie<strong>di</strong>ti laggiù,<br />

Mareth" le <strong>di</strong>sse infine, in<strong>di</strong>cando un punto <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei. "Aspettiamo<br />

insieme gli altri." La giovane fece come le aveva detto. Raggiunse una


piccola macchia d'erba, dove i gran<strong>di</strong> alberi non schermavano la luce del<br />

sole, poi piegò le gambe sotto <strong>di</strong> sé e si sedette, avvolta nel mantello,<br />

come una piccola statua scura. Bremen la guardò per un momento, poi<br />

tornò dall'altra parte della radura, dove Kinson lo aspettava. "Cosa<br />

voleva?" chiese il cacciatore della Frontiera, girandosi per percorrere<br />

al suo fianco l'ultimo tratto, fino agli alberi. "Mi ha chiesto <strong>di</strong><br />

venire con noi" rispose Bremen. Kinson inarcò un sopracciglio,<br />

perplesso. "Per quale motivo?" Bremen si fermò e lo guardò in faccia.<br />

"Non me l'ha ancora detto" rispose. Si volse per un istante a guardare<br />

la giovane donna. "Mi ha fornito parecchie ragioni per la sua richiesta,<br />

ma ho l'impressione che mi nasconda la più importante." "Allora hai<br />

deciso <strong>di</strong> non prenderla?" Bremen sorrise. "Aspettiamo gli altri; ne<br />

parleremo con loro." L'attesa fu breve. <strong>Il</strong> sole si alzò al <strong>di</strong> sopra dei<br />

monti e lambì i margini della foresta qualche minuto più tar<strong>di</strong>,<br />

illuminando le forre ancora buie e <strong>di</strong>sperdendo le ultime ombre. <strong>Il</strong> bosco<br />

riacquistò i suoi colori, tutte le sfumature del verde, del marrone e<br />

dell'oro, e gli uccelli ripresero a cantare per salutare il nuovo<br />

giorno. La nebbia si aggrappava ancora tenacemente ai punti più bui<br />

sotto gli alberi, e da una cortina che celava la vista delle mura <strong>di</strong><br />

Paranor uscirono Risca e Tay Trefenwyd. Entrambi avevano rinunciato alla<br />

veste dei Drui<strong>di</strong> per indossare abiti da viaggio. Entrambi portavano un<br />

grosso zaino sulle spalle. Come armi, l'elfo aveva con sé un arco e un<br />

lungo coltello da caccia; il nano una pesante daga, una scure da<br />

battaglia infilata nella cintura e al fianco un coltello grosso come il<br />

suo braccio. Si <strong>di</strong>ressero verso Bremen e Kinson, senza vedere Mareth.<br />

Quando furono accanto al druido, la giovane si alzò in attesa. <strong>Il</strong> primo<br />

a vederla fu Tay, che aveva colto il movimento inatteso con la coda<br />

dell'occhio e si era girato d'istinto. "Mareth" <strong>di</strong>sse piano. Risca seguì<br />

la <strong>di</strong>rezione del suo sguardo e brontolò tra sé. "Chiede <strong>di</strong> venire con<br />

noi" spiegò Bremen, lasciando da parte i preliminari. "Afferma <strong>di</strong><br />

poterci essere utile." Risca brontolò <strong>di</strong> nuovo e si spostò <strong>di</strong> un passo,<br />

allontanandosi da lei. "E' una bambina" mormorò. "Non gode delle<br />

simpatie <strong>di</strong> Athabasca perché vuole stu<strong>di</strong>are la magia" commentò Tay,<br />

girandosi a guardarla. Sulla sua faccia <strong>di</strong> elfo si <strong>di</strong>segnò un sorriso<br />

<strong>di</strong>vertito. "Promette bene. Mi piace la sua determinazione. Athabasca non<br />

le ha mai fatto paura." Bremen si girò verso <strong>di</strong> lui. "Possiamo fidarci<br />

<strong>di</strong> lei?". Tay rise. "Che strana domanda. Fidarci <strong>di</strong> cosa? Fidarci che<br />

faccia che cosa? Come <strong>di</strong>ceva qualcuno, posso fidarmi soltanto <strong>di</strong> me e <strong>di</strong><br />

te, ma posso garantire solo per me." Si girò verso Kinson. "Buon giorno,<br />

cacciatore della Frontiera.LO sono Tay Trefenwyd." L'elfo gli strinse<br />

la mano, poi fu la volta <strong>di</strong> Risca. Bremen si scusò per non averlo<br />

presentato, ma Kinson <strong>di</strong>sse che ci aveva fatto l'abitu<strong>di</strong>ne e si strinse<br />

significativamente nelle spalle. "Allora, la nostra amica" <strong>di</strong>sse l'elfo,<br />

riportando la conversazione al punto da cui era partita. "Mi è<br />

simpatica, ma Risca ha ragione. E' molto giovane. Non so se avrò voglia<br />

<strong>di</strong> passare il tempo a badare a lei." Bremen sporse il labbro. "Mareth<br />

non mi sembra molto convinta che tu debba farlo. <strong>Di</strong>ce <strong>di</strong> poter usare la<br />

magia." Questa volta, Risca sbuffò apertamente. "E' solo un'appren<strong>di</strong>sta.<br />

E' a Paranor da meno <strong>di</strong> tre stagioni. Come può avere imparato qualcosa?"<br />

Bremen lanciò uno sguardo a Kinson e vide che il cacciatore aveva già<br />

deciso. "Non può avere imparato molto, vero?" <strong>di</strong>sse a Risca. "Be', facci


sapere il tuo voto. Viene con noi o non viene?" "No" <strong>di</strong>sse subito Risca.<br />

Kinson alzò le spalle e scosse la testa, d'accordo col nano. "Tay?"<br />

chiese Bremen. L'elfo sospirò, con riluttanza, poi <strong>di</strong>sse: "No". Bremen<br />

rifletté per qualche momento sulle loro risposte, poi annuì. "Be', anche<br />

se voi votate contro, io penso che debba venire." Gli altri lo fissarono<br />

senza capire. Sul suo volto segnato dalle intemperie si fece strada un<br />

sorriso. "Dovreste vedere le vostre facce! D'accordo, lasciate che mi<br />

spieghi. Per prima cosa, c'è un particolare interessante, nella sua<br />

richiesta, che mi riservavo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi. Vuole stu<strong>di</strong>are con me, imparare la<br />

magia. E' <strong>di</strong>sposta ad accettare qualsiasi con<strong>di</strong>zione, pur <strong>di</strong> poterlo<br />

fare. Ne ho un <strong>di</strong>sperato bisogno. Non mi ha pregato e non mi ha<br />

supplicato, ma la <strong>di</strong>sperazione le si legge negli occhi..." "Bremen..."<br />

cominciò Risca. "Inoltre" proseguì il druido, alzando la mano per farlo<br />

tacere "afferma <strong>di</strong> avere la magia innata, e io penso che <strong>di</strong>ca la verità.<br />

Se è così, faremmo bene a scoprirne la natura e a metterla a frutto.<br />

Dopo tutto, senza <strong>di</strong> lei siamo soltanto in quattro." "Non siamo<br />

<strong>di</strong>sperati al punto <strong>di</strong>..." ricominciò il nano. "Oh, sì che lo siamo,<br />

Risca" lo interruppe <strong>di</strong> nuovo Bremen. "Siamo solo noi quattro contro il<br />

Signore degli Inganni, i suoi cacciatori alati, i suoi scherani del<br />

mondo infernale, l'intera nazione dei Troll... come si potrebbe essere<br />

più <strong>di</strong>sperati <strong>di</strong> così? Nessun altro, qui a Paranor, si è offerto <strong>di</strong><br />

aiutarci, tranne Mareth. A questo punto, ci penserei due volte, prima <strong>di</strong><br />

rifiutare un aiuto." "Prima hai detto che ti nascondeva un segreto"<br />

osservò Kinson. "Non mi pare che questo possa ispirare la fiducia che<br />

cerchi." "Ciascuno <strong>di</strong> noi ha i suoi segreti, Kinson" gli ricordò Bremen,<br />

gentilmente. "Non ci vedo nulla <strong>di</strong> strano. Mareth mi ha appena<br />

conosciuto. Perché dovrebbe confidarmi tutti i suoi segreti fin dalla<br />

nostra prima conversazione? E' cauta, niente <strong>di</strong> più." "La cosa mi piace<br />

poco" ripeté Risca, con ostinazione. Spostò il massiccio coltello<br />

portandolo sulla coscia. "Può darsi che abbia a <strong>di</strong>sposizione qualche<br />

pratica magica e può darsi che abbia anche la capacità <strong>di</strong> usarla. Ma<br />

questo non cambia il fatto che non sappiamo quasi niente <strong>di</strong> lei. In<br />

particolare, non sappiamo fino a che punto possiamo contare su <strong>di</strong> lei.<br />

Non mi piace rischiare la pelle così, Bremen." "Be', penso che le si<br />

debba concedere il beneficio del dubbio" ribatté allegramente Tay.<br />

"Avremo il tempo <strong>di</strong> chiarirci le idee su <strong>di</strong> lei, prima che sia<br />

necessario mettere alla prova il suo coraggio. Comunque, si possono già<br />

<strong>di</strong>re alcune cose. E' stata scelta per compiere l'appren<strong>di</strong>stato fra i<br />

Drui<strong>di</strong>, e questo depone certamente a suo favore. Inoltre è una<br />

guaritrice, Risca. Potremmo avere bisogno del suo talento." "Lasciamola<br />

venire" acconsentì Kinson, benché a malincuore. "Tanto, Bremen ha già<br />

deciso." Risca aggrottò la fronte e gonfiò il petto. "Be', lui avrà<br />

preso la sua decisione, ma non ha necessariamente preso anche la mia."<br />

Si girò verso il druido e lo guardò per qualche istante senza parlare.<br />

Tay e Kinson attesero con un po' <strong>di</strong> ansia. Bremen non <strong>di</strong>sse altro. Si<br />

limitò a incrociare lo sguardo con quello del nano. Alla fine, fu Risca<br />

a cedere. Scosse la testa, si strinse nelle spalle e si girò dall'altra<br />

parte. "Sei tu il capo, Bremen. Portala con noi, se ti va <strong>di</strong> farlo. Ma<br />

non aspettarti che l'aiuti a soffiarsi il naso." "Le <strong>di</strong>rò <strong>di</strong> non<br />

aspettarselo" lo rassicurò Bremen, strizzando l'occhio a Kinson, e fece<br />

segno alla giovane <strong>di</strong> unirsi a loro. Partirono poco più tar<strong>di</strong>, tutti e


cinque in gruppo, con Bremen in testa, Risca e Tay Trefenwyd ai suoi<br />

fianchi, Kinson un passo <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro e Mareth per ultima. <strong>Il</strong> sole era<br />

già alto in cima ai Denti del Drago e illuminava le valli boscose, il<br />

cielo era luminosissimo, <strong>di</strong> un profondo colore turchino e senza traccia<br />

<strong>di</strong> nubi. <strong>Il</strong> gruppo si <strong>di</strong>resse a sud, passando per sentieri poco battuti,<br />

costeggiando corsi d'acqua larghi e placi<strong>di</strong>, per poi inoltrarsi nelle<br />

basse colline coperte <strong>di</strong> cespugli che dalla foresta portavano al Passo<br />

<strong>di</strong> Kennon. Verso mezzogiorno erano quasi al Passo e l'aria era gelida e<br />

tagliente. Guardandosi alle spalle, potevano ancora vedere le mura<br />

massicce <strong>di</strong> Paranor ergersi sul loro promontorio roccioso, in mezzo<br />

all'antica foresta. L'intensa luce del sole dava alla pietra della rocca<br />

un aspetto severo e implacabile: in mezzo alla grande <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> alberi,<br />

il castello era come il mozzo centrale <strong>di</strong> una grande ruota. Si girarono<br />

a guardarlo, uno dopo l'altro, immersi ciascuno nei propri pensieri,<br />

ripensando agli eventi <strong>di</strong> anni lontani. La sola Mareth non mostrava<br />

alcun interesse, teneva lo sguardo deliberatamente rivolto avanti e il<br />

suo viso minuto era una maschera impenetrabile. Poi entrarono nel Passo<br />

vero e proprio, le cui pareti <strong>di</strong>rupate si levavano quasi verticali<br />

attorno a loro: gran<strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> pietra, qua e là scheggiate dalle lente<br />

oscillazioni della scure del tempo, che impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> vedere Paranor.<br />

Solo Bremen conosceva la loro destinazione, ma la tenne per sé finché<br />

non si accamparono, quella notte, sul Fiume Mermidon, dopo essere<br />

felicemente scesi dal Passo ed essere rientrati nella protezione della<br />

foresta sottostante. Kinson gli aveva chiesto la loro destinazione<br />

quando era rimasto solo con lui e Risca gliel'aveva chiesta davanti a<br />

tutti, ma Bremen aveva preferito non rispondere. La ragione la sapeva<br />

solo lui e la tenne per sé, senza dare spiegazioni ai compagni. Nessuno<br />

cercò <strong>di</strong> fargli cambiare idea. Ma quella notte, dopo che ebbero acceso<br />

il fuoco e cucinato la cena (il primo pasto caldo <strong>di</strong> Kinson da parecchie<br />

settimane), Bremen rivelò finalmente dove fossero <strong>di</strong>retti. "Adesso vi<br />

spiegherò dove stiamo andando" annunciò con tranquillità. "Dobbiamo<br />

raggiungere il Perno dell'Ade." Sedevano attorno al piccolo fuoco,<br />

avevano cenato e ciascuno era occupato in qualche cosa. Risca affilava<br />

la daga. Tay beveva birra da un otre e tracciava figure in terra.<br />

Kinson, con un punteruolo e una striscia <strong>di</strong> cuoio lunga e sottile,<br />

riparava gli stivali che s'erano scuciti. Mareth se ne stava a parte,<br />

isolata dal gruppo, e li osservava con quel suo sguardo strano,<br />

imperturbabile, che tutto coglieva e nulla restituiva. Quando Bremen<br />

ebbe terminato, scese il silenzio. Tutti lo fissarono. "Intendo parlare<br />

con gli spiriti dei morti per scoprire come proteggere le Razze.<br />

Cercherò <strong>di</strong> sapere come dobbiamo procedere. Cercherò <strong>di</strong> scoprire il<br />

nostro destino." Tay Trefenwyd si schiarì piano la gola. "<strong>Il</strong> Perno<br />

dell'Ade è proibito ai mortali. Anche ai Drui<strong>di</strong>. Le sue acque sono<br />

velenose. Un sorso e sei morto." Guardò Bremen preoccupato, poi <strong>di</strong>stolse<br />

gli occhi. "Ma tu lo sai già. Vero?" Bremen annuì. "E' pericoloso andare<br />

al Perno dell'Ade e ancor più pericoloso evocare i suoi morti. Ma io ho<br />

stu<strong>di</strong>ato la magia che protegge il mondo dell'oltretomba e i suoi punti<br />

<strong>di</strong> contatto con il nostro, ho percorso le strade esistenti tra i due e<br />

sono ritornato vivo." Sorrise all'elfo. "Ho fatto molta strada<br />

dall'ultima volta che ci siamo visti, Tay." Risca brontolò: "Non sono<br />

certo <strong>di</strong> voler sapere il mio destino". "Neanch'io" intervenne Kinson.


"Prenderò quello che mi daranno" spiegò Bremen. "Decideranno gli spiriti<br />

quello che dobbiamo sapere." "Cre<strong>di</strong> che gli spiriti ti parleranno sotto<br />

forma <strong>di</strong> frasi comprensibili?" chiese Risca, scuotendo la testa. "Non ho<br />

mai saputo che fosse così." "Non lo è, infatti" confermò Bremen. Si<br />

avvicinò al fuoco e tese le mani per coglierne il calore. La notte era<br />

gelida, nonostante fossero ai pie<strong>di</strong> delle montagne. "I morti, ammesso<br />

che consentano ad apparire, ci offrono visioni che parlano per loro. I<br />

morti non hanno voce. Nel mondo dell'oltretomba, almeno. Bisogna..."<br />

Parve riflettere su quanto stava per <strong>di</strong>re e, con un gesto della mano,<br />

lasciò perdere l'argomento. "<strong>Re</strong>sta il fatto" continuò "che le visioni<br />

danno voce a quello che gli spiriti sono <strong>di</strong>sposti a <strong>di</strong>rci... sempre che<br />

accettino <strong>di</strong> mostrarsi. A volte non compaiono. Ma noi dobbiamo andare<br />

laggiù a chiedere il loro aiuto." "Ci sei già stato altre volte" <strong>di</strong>sse<br />

all'improvviso Mareth. Non era una domanda, bensì una constatazione.<br />

"Sì" confermò il vecchio druido. Sì, pensò Kinson Ravenlock, ricordando<br />

l'episo<strong>di</strong>o. Era stato presente, l'ultima volta, una spaventevole notte<br />

<strong>di</strong> tuoni e <strong>di</strong> lampi, <strong>di</strong> nubi nere che coprivano il cielo e <strong>di</strong> pioggia<br />

torrenziale, <strong>di</strong> vapore che usciva sibilando dalla superficie del lago e<br />

<strong>di</strong> voci che gridavano dalle camere sotterranee della casa dei morti. Dai<br />

margini della Valle d'Argilla, aveva visto Bremen scendere fino alla<br />

riva del lago ed evocare gli spiriti dei morti, facendoli comparire in<br />

una tempesta che pareva sposarsi perfettamente al loro scopo arcano. Se<br />

c'erano state delle visioni, l'uomo della Frontiera non ne aveva avute.<br />

Ma Bremen sì, e non dovevano essere state piacevoli. Kinson gliel'aveva<br />

letto negli occhi, quando infine l'aveva visto risalire lungo il fianco<br />

della valle, all'alba. "Non correrò nessun rischio" li rassicurò Bremen.<br />

Sorrise ma nella penombra, tra le rughe del suo viso, quel sorriso era<br />

pallido e stanco. Quando si prepararono per la notte, Kinson si recò da<br />

Mareth e appoggiò un ginocchio a terra vicino a lei. "Tieni questo" le<br />

<strong>di</strong>sse, porgendole il suo pesante mantello da viaggio. "Ti aiuterà a<br />

proteggerti dal freddo della notte." Lei lo fissò con quegli occhi<br />

gran<strong>di</strong>, penetranti, e scosse la testa. "Ne hai bisogno quanto me,<br />

cacciatore della Frontiera. Non ti chiedo attenzioni particolari." Per<br />

un momento, Kinson la fissò senza parlare. "Mi chiamo Kinson Ravenlock"<br />

<strong>di</strong>sse poi, a bassa voce. Lei gli rivolse un cenno d'assenso. "Conosco il<br />

tuo nome." "Sono il primo a montare <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e non mi occorre il<br />

calore del mantello, mentre veglio. Non ti offro alcuna attenzione<br />

particolare." La giovane donna parve voler troncare il <strong>di</strong>scorso.<br />

"Anch'io devo fare il mio turno" insistette. "Certo. Domani. Due <strong>di</strong> noi<br />

per notte." Cercò <strong>di</strong> non farsi prendere dall'irritazione. "Allora, lo<br />

pren<strong>di</strong> il mantello?" Lei gli rivolse un'occhiata gelida, poi lo accettò.<br />

"Grazie" <strong>di</strong>sse in tono neutro. Kinson le rivolse un cenno della testa,<br />

si alzò e si allontanò, pensando che sarebbe passato un bel pezzo, prima<br />

che cercasse nuovamente <strong>di</strong> farle un favore. La notte era profondamente<br />

silenziosa e bella da togliere il respiro, con il cielo <strong>di</strong> uno<br />

straor<strong>di</strong>nario viola scuro, fittamente punteggiato <strong>di</strong> stelle e con una<br />

luna d'argento ormai calante. Vasta e in apparenza priva <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà,<br />

sgombra <strong>di</strong> nubi e libera da altre luci che la offuscassero, la volta<br />

celeste pareva spazzata da un'immensa scopa, le stelle erano schegge <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>amante gettate sulla sua superficie vellutata. Se ne scorgevano a<br />

migliaia: così tante, in certi punti, che parevano muoversi insieme,


come una cascata <strong>di</strong> latte. Kinson continuò a fissare quello splendore;<br />

il tempo passò senza scosse, come se scivolasse su una lastra <strong>di</strong> vetro.<br />

<strong>Il</strong> cacciatore tese l'orecchio per cogliere i familiari rumori della vita<br />

nella foresta, ma pareva che tutti gli abitanti <strong>di</strong> quei boschi fossero<br />

affascinati quanto lui dalla bellezza della notte e non avessero tempo<br />

per le normali attività. Ripensò a quando era bambino e abitava nelle<br />

foreste della Frontiera, a nordest <strong>di</strong> Varfleet, all'ombra dei Denti del<br />

Drago. Anche allora la sua vita non era molto <strong>di</strong>versa. La notte, quando<br />

genitori e fratelli dormivano, rimaneva sveglio a guardare il cielo,<br />

meravigliandosi per la sua immensità, pensando a tutti i luoghi che il<br />

cielo poteva vedere e che lui non conosceva. A volte si fermava davanti<br />

alla finestra della sua camera, come se avvicinandosi <strong>di</strong> più al cielo<br />

fosse possibile vedere almeno una parte <strong>di</strong> quei luoghi lontani. Aveva<br />

sempre pensato <strong>di</strong> andarsene per il mondo, anche quando i fratelli<br />

avevano cominciato a prepararsi per una vita più sedentaria. Erano<br />

cresciuti, si erano sposati, avevano messo al mondo figli e si erano<br />

trasferiti in case proprie. Andavano a caccia, tendevano trappole,<br />

portavano al mercato le pelli e coltivavano la terra: il tutto nello<br />

stesso luogo dov'erano nati. Ma Kinson non aveva messo ra<strong>di</strong>ci, aveva<br />

continuato a tenere un occhio su quel cielo lontano e a ripromettersi <strong>di</strong><br />

giungere a conoscere, col tempo, tutte quelle terre. E ancor oggi, dopo<br />

trent'anni, continuava a cercare. Cercava ciò che non aveva visto e non<br />

conosceva. Non sarebbe mai cambiato; a meno <strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare una persona<br />

completamente <strong>di</strong>versa. Giunse la mezzanotte, e con essa Mareth. La<br />

giovane donna uscì all'improvviso dal buio, avvolta nel mantello <strong>di</strong><br />

Kinson, con un passo così leggero da risultare quasi impercettibile.<br />

Kinson si girò a salutarla, sorpreso perché si aspettava <strong>di</strong> vedere<br />

Bremen. "Ho chiesto a Bremen <strong>di</strong> lasciarmi il suo turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a"<br />

spiegò, quando lo raggiunse. "Non volevo un trattamento <strong>di</strong>verso dagli<br />

altri." Kinson annuì, senza parlare. La giovane donna si tolse il<br />

mantello e glielo allungo. Senza <strong>di</strong> esso, sembrava piccola e fragile.<br />

"Penso che sia meglio ridartelo, per quando dormirai. Comincia a fare<br />

freddo. <strong>Il</strong> fuoco si è spento ed è preferibile non riaccenderlo" L'uomo<br />

accettò il mantello. "Grazie." "Hai visto qualcosa?" "No." "I Messaggeri<br />

del Teschio ci cercheranno, vero?" Quanto ne sapeva? si chiese Kinson.<br />

Quanto ne sapeva, dei pericoli cui andavano incontro? "Può darsi. Sei<br />

riuscita a dormire?" Lei scosse la testa. "Non riuscivo a smettere <strong>di</strong><br />

pensare." <strong>Il</strong> suo sguardo si perse nel buio. "Aspettavo da molto tempo<br />

questa occasione." "<strong>Di</strong> accompagnarci in questo viaggio?" "No." Mareth lo<br />

guardò, sorpresa. "<strong>Di</strong> conoscere Bremen. <strong>Di</strong> imparare da lui, se vorrà<br />

insegnarmi." Si girò in fretta dall'altra parte, come se avesse parlato<br />

troppo. "Faresti meglio a dormire, finché puoi. Farò la guar<strong>di</strong>a fino al<br />

mattino. Buona notte." Kinson aspettò ancora per qualche istante, ma in<br />

realtà non c'era più niente da <strong>di</strong>re. Si alzò e raggiunse gli altri, che<br />

dormivano avvolti nei mantelli, attorno alle braci del fuoco. Si stese e<br />

chiuse gli occhi, sforzandosi <strong>di</strong> capire qualcosa <strong>di</strong> Mareth, e poi <strong>di</strong> non<br />

pensare più a lei. Ma non ci riuscì facilmente, e passò parecchio tempo<br />

prima che si addormentasse.<br />

5<br />

Si alzarono prima dell'alba e camminarono fino al tramonto, <strong>di</strong>retti a<br />

est. Attraversarono il territorio alla base dei Denti del Drago,


procedendo parallelamente al Fiume Mermidon e tenendosi sempre sotto la<br />

protezione delle montagne. Bremen avvertì i compagni che anche lì erano<br />

in pericolo, perché ormai i Messaggeri del Teschio si sentivano<br />

abbastanza sicuri <strong>di</strong> sé da lasciare le Terre del Nord e spingersi così a<br />

sud. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni muoveva con l'esercito in <strong>di</strong>rezione del<br />

Passo <strong>di</strong> Jannisson, e questo significava che intendeva scendere nelle<br />

Terre dell'Est. Se erano così impudenti da invadere il territorio dei<br />

Nani, non avrebbero esitato a spingersi nelle Terre <strong>di</strong> Frontiera. Perciò<br />

continuarono a scrutare attentamente il cielo, le valli scure e i<br />

crepacci bui dove le ombre ammantavano la roccia <strong>di</strong> una notte perpetua,<br />

e non osarono mai sentirsi al sicuro, mentre proseguivano il loro<br />

viaggio. Ma i cacciatori alati non comparvero per tutta la giornata, e a<br />

parte alcuni viaggiatori intravisti da lontano, nelle foreste e nelle<br />

pianure più a sud, non videro nessuno. Si fermarono per riposare e<br />

mangiare, ma non fecero altre soste e finché fu giorno procedettero <strong>di</strong><br />

buon passo. Al tramonto avevano raggiunto le prime alture della catena<br />

<strong>di</strong> monti che portava alla Valle d'Argilla e al Perno dell'Ade. Si<br />

accamparono in una rientranza che si affacciava sulle pianure del Sud e<br />

sul nastro azzurro e tortuoso del Mermidon, che nel suo decorso a est<br />

verso le Pianure <strong>di</strong> Raab si stringeva progressivamente, sud<strong>di</strong>videndosi<br />

fra canali e laghetti, fino a sparire nell'ari<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> quelle piane.<br />

Cucinarono le verdure che avevano raccolto durante il cammino e un<br />

coniglio ucciso da Tay, e cenarono prima che il sole passasse dal color<br />

oro al rosso sangue e scendesse al <strong>di</strong> sotto dell'orizzonte. Bremen li<br />

avvertì che sarebbero saliti sui monti dopo la mezzanotte e che lassù<br />

avrebbero atteso le lente ore prima dell'alba, le sole in cui gli<br />

spiriti dei morti si lasciassero evocare. Quando scese la notte,<br />

spensero il fuoco e si avvolsero nei mantelli per dormire qualche ora.<br />

"Non essere così preoccupato, Kinson" sussurrò il druido al cacciatore<br />

della Frontiera, quando gli passò davanti e scorse la sua espressione.<br />

Ma fu un consiglio inutile. Kinson Ravenlock era già stato al Perno<br />

dell'Ade e sapeva cosa aspettarsi. Era passata la mezzanotte quando<br />

Bremen li portò sulle colline <strong>di</strong> fronte ai Denti del Drago, da cui si<br />

scendeva alla Valle d'Argilla. Salirono sulle rocce in una notte così<br />

nera che riuscivano a malapena a scorgere la persona che li precedeva.<br />

Dopo il tramonto si era stesa sulla regione una cappa <strong>di</strong> nubi basse e<br />

minacciose, e ogni traccia <strong>di</strong> luna e <strong>di</strong> stelle era sparita. Bremen guidò<br />

molto cautamente i compagni, preoccupato per la loro incolumità anche se<br />

il terreno su cui passavano gli era familiare come il palmo della mano.<br />

Durante il tragitto non parlò con gli altri, ma continuò a de<strong>di</strong>care la<br />

sua attenzione al cammino e al compito che lo attendeva, per non<br />

rischiare errori. Un incontro con i morti richiedeva preparazione e<br />

cautela, coraggio a tutta prova e volontà inflessibile, in modo da non<br />

avere esitazioni né dubbi. Una volta effettuato il contatto, alla minima<br />

<strong>di</strong>strazione si rischiava la vita. Mancava ancora qualche ora all'alba<br />

quando giunsero a destinazione. Si fermarono sul ciglio della valle e<br />

posarono lo sguardo sulla conca bassa e larga. <strong>Il</strong> terreno era coperto <strong>di</strong><br />

irregolari frammenti <strong>di</strong> roccia nera e vetrosa, che luccicavano perfino<br />

al buio, riflettendo la singolare luminosità del lago. <strong>Il</strong> Perno dell'Ade<br />

si trovava al centro della depressione ed era uno specchio d'acqua largo<br />

e opaco, dalla cui superficie immobile emanava una ra<strong>di</strong>azione interna,


come se nelle sue profon<strong>di</strong>tà pulsasse l'anima del lago. L'intera valle<br />

era immobile e priva <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> movimento, <strong>di</strong> suoni. Dava la sensazione<br />

<strong>di</strong> trovarsi ai bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un pozzo affacciato sul nulla, <strong>di</strong> un occhio che<br />

fissava il mondo dei morti. "Aspetteremo qui" <strong>di</strong>sse Bremen, sedendosi su<br />

un masso e avvolgendosi nel mantello come se fosse un sudario. Gli altri<br />

annuirono, ma continuarono a fissare la valle, incapaci <strong>di</strong> staccare lo<br />

sguardo. Bremen non <strong>di</strong>sse nulla: sapeva che i suoi compagni subivano il<br />

peso dell'opprimente silenzio che regnava nella valle. <strong>Il</strong> solo Kinson<br />

era stato laggiù in precedenza, ma neanche lui era riuscito a prepararsi<br />

alle sensazioni che provava in quel momento. Bremen le capiva: il Perno<br />

dell'Ade era lo specchio del destino che li attendeva tutti, uno sguardo<br />

nel futuro a cui non si poteva sfuggire, un'occhiata buia e spaventosa<br />

sulla fine della vita. Non comunicava con parole riconoscibili, ma solo<br />

con sussurri e brevi brontolii. Rivelava troppo poco perché fosse<br />

possibile capire, ma quel tanto che bastava per creare il dubbio. <strong>Il</strong><br />

vecchio druido era stato laggiù due volte, e ogni volta ne era uscito<br />

trasformato. Da un incontro con i morti si ricavavano verità e si<br />

guadagnava in saggezza, ma c'era anche uno scotto da pagare. Non ci si<br />

spinge a forza nel futuro per poi uscirne indenni. Non si può<br />

contemplare il proibito senza subire un danno alla vista. Bremen<br />

ricordava quello che aveva provato nelle precedenti occasioni, il freddo<br />

che gli era penetrato nelle ossa e per settimane non l'aveva lasciato.<br />

Ricordava lo struggente desiderio <strong>di</strong> quanto aveva perso negli anni<br />

passati e gli era impossibile riavere. E anche questa volta era<br />

preoccupato dal rischio <strong>di</strong> smarrire lo stretto sentiero a lui concesso<br />

per quel contatto proibito: se l'avesse lasciato, sarebbe stato<br />

inghiottito dal vuoto <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> limbo tra la vita e la morte, e<br />

non sarebbe mai più stato completamente vivo o completamente morto. Ma<br />

il bisogno <strong>di</strong> scoprire il modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni,<br />

<strong>di</strong> sapere le possibilità che gli erano ancora aperte nel tentativo <strong>di</strong><br />

salvare le Razze, il bisogno <strong>di</strong> entrare nei segreti del passato e del<br />

futuro celati ai vivi ma rivelati ai morti, superavano <strong>di</strong> gran lunga le<br />

paure e i dubbi. Era spinto così spietatamente dalla necessità, da<br />

essere costretto a fare quel passo, anche a rischio della vita. Sì, in<br />

quel contatto c'erano gran<strong>di</strong> pericoli. Non ne sarebbe uscito indenne. Ma<br />

la cosa non aveva importanza, nello schema più vasto delle cose, perché<br />

anche la vita sarebbe stata un prezzo accettabile, se fosse riuscito a<br />

eliminare il suo implacabile nemico. Intanto, gli altri erano riusciti a<br />

staccarsi dal ciglio della valle ed erano venuti a sedersi accanto a<br />

lui. Cercò <strong>di</strong> rivolgere loro un sorriso rassicurante, guardandoli a uno<br />

a uno e invitando perfino il recalcitrante Kinson ad avvicinarsi.<br />

"Un'ora prima dell'alba scenderò nella valle" <strong>di</strong>sse loro con calma.<br />

"Quando sarò al lago, evocherò gli spiriti dei morti e chiederò loro <strong>di</strong><br />

mostrarmi qualcosa del futuro. Chiederò <strong>di</strong> rivelarmi i segreti che<br />

possono aiutarci a <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni. Chiederò <strong>di</strong><br />

insegnarmi magie che ci possano aiutare. Dovrò agire in fretta, nel<br />

breve periodo prima che il sole sorga. Voi mi aspetterete qui. Non<br />

scendete nella valle, qualunque cosa succeda. Non agite in base a quello<br />

che vedete, anche se avete l'impressione <strong>di</strong> doverlo fare. Limitatevi ad<br />

aspettare." "Forse uno <strong>di</strong> noi dovrebbe accompagnarti" <strong>di</strong>sse bruscamente<br />

Risca. "<strong>Il</strong> numero è sicurezza, anche <strong>di</strong> fronte ai morti. Se tu puoi


parlare con gli spiriti, possiamo farlo anche noi. Tolto il cacciatore<br />

della Frontiera, tutti siamo Drui<strong>di</strong>." "Che siate Drui<strong>di</strong> non importa"<br />

replicò subito Bremen. "E' troppo pericoloso per voi. Si tratta <strong>di</strong> una<br />

cosa che devo fare da solo. Promettimelo, Risca." <strong>Il</strong> nano gli rivolse<br />

un'occhiata lunga e offesa, poi annuì. Bremen si rivolse agli altri. Uno<br />

dopo l'altro, anch'essi annuirono, benché con riluttanza. Mareth<br />

incrociò il suo sguardo e scambiò con lui un'occhiata piena <strong>di</strong> segreta<br />

comprensione. "Sei certo della necessità <strong>di</strong> quanto stai per fare?"<br />

insistette Kinson, a bassa voce. <strong>Il</strong> druido aggrottò la fronte e le rughe<br />

sul suo volto provato dal tempo si approfon<strong>di</strong>rono leggermente. "Se mi<br />

venisse in mente qualcos'altro, qualcosa che ci possa aiutare, mi<br />

allontanerei subito da questo posto. Non sono un pazzo, Kinson, e<br />

neppure un eroe. So cosa comporta una visita a questo luogo. So che<br />

danni provoca." "Allora, forse..." "Ma i morti mi parlano come non<br />

possono fare i vivi" seguitò Bremen, interrompendolo. "Ci occorrono la<br />

loro saggezza e le loro intuizioni. Ci occorrono le loro visioni, anche<br />

se a volte sono incomplete e incomprensibili." Trasse un profondo<br />

respiro. "Dobbiamo vedere attraverso i loro occhi. Se devo dare qualcosa<br />

<strong>di</strong> me per ottenere quell'intuizione, così sia." Tutti tacquero, persi<br />

nei loro pensieri, e rifletterono sulle sue parole e sui presentimenti<br />

che facevano sorgere. Ma era inutile opporsi. Aveva dato loro le ultime<br />

istruzioni e non c'era più niente da <strong>di</strong>re. Forse avrebbero capito meglio<br />

alla fine. Perciò si limitarono a sedere nella notte buia e a lanciare<br />

qualche occhiata, <strong>di</strong> soppiatto, alla superficie scintillante del lago;<br />

con il volto lambito dalla pallida luce <strong>di</strong> quelle acque, tesero<br />

l'orecchio al silenzio e aspettarono che l'alba s'avvicinasse. Quando il<br />

cielo cominciò a rischiararsi, e fu il momento <strong>di</strong> avviarsi, Bremen si<br />

alzò, fissò i compagni con un pallido sorriso, poi passò davanti a tutti<br />

senza fare parola e scese nella Valle d'Argilla. Anche ora, procedette<br />

assai lentamente. Aveva già fatto quella strada, ma la familiarità del<br />

luogo non era affatto d'aiuto su un terreno così insi<strong>di</strong>oso. La roccia su<br />

cui posava il piede era scivolosa e cedevole, aveva spigoli affilati e<br />

taglienti. Avanzò con gran<strong>di</strong>ssima cautela, saggiando il terreno a ogni<br />

passo. Sotto il suo piede, la pietra scricchiolava e si spezzava, e quel<br />

suono echeggiava nel profondo silenzio. Da occidente, dove le nubi erano<br />

più fitte, giunse il minaccioso rombo del tuono, che annunciava<br />

l'approssimarsi <strong>di</strong> un temporale. All'interno della valle non spirava un<br />

alito <strong>di</strong> vento, ma l'odore della pioggia permeava l'aria immota. Bremen<br />

alzò gli occhi quando la linea spezzata <strong>di</strong> una folgore squarciò il cielo<br />

buio; un attimo più tar<strong>di</strong>, un'altra si <strong>di</strong>segnò più a nord, sullo sfondo<br />

delle montagne. Quel giorno, pensò, con l'alba si sarebbe levata anche<br />

la tempesta, e non soltanto il sole. Arrivato in fondo alla <strong>di</strong>scesa poté<br />

camminare più in fretta, perché il suo passo era più sicuro sul terreno<br />

piano. Davanti a lui, il Perno dell'Ade brillava <strong>di</strong> un'argentea<br />

incandescenza che proveniva da qualche punto indeterminato, al <strong>di</strong> sotto<br />

della sua superficie piatta e immobile. Laggiù si poteva cogliere odore<br />

<strong>di</strong> morte: non solo quello inconfon<strong>di</strong>bile e umido della muffa, ma anche<br />

quello <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sfacimento arido e fetido. Provò la tentazione <strong>di</strong><br />

voltarsi a guardare i compagni, ma resistette perché sapeva <strong>di</strong> non<br />

potersi <strong>di</strong>strarre neppure per il tempo <strong>di</strong> una breve occhiata. Stava già<br />

ripetendo nella mente il rituale da seguire una volta giunto alla riva:


le parole, i gesti, le evocazioni che avrebbero costretto i morti a<br />

parlare con lui. E si stava già preparando alla loro debilitante<br />

presenza. Poi, fin troppo presto, si trovò sul bordo del lago: una<br />

figura piccola e fragile in una vasta arena <strong>di</strong> roccia e cielo, tutta<br />

pelle rugosa e vecchie ossa, e la sua parte più forte era la<br />

risoluzione, la volontà ostinata. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui si levò <strong>di</strong> nuovo il<br />

rombo della tempesta che si avvicinava. Sopra la sua testa, le nubi<br />

cominciarono a mulinare, mosse dai venti che recavano la pioggia<br />

imminente. Sotto i pie<strong>di</strong>, la terra cominciò a fremere: erano gli<br />

spiriti, che avevano sentito la sua presenza. <strong>Il</strong> druido parlò loro con<br />

calma, scandendo il suo nome, il suo passato, il motivo che l'aveva<br />

spinto a recarsi laggiù. Con le braccia e con le mani descrisse<br />

nell'aria i "passi": i gesti capaci <strong>di</strong> evocarli dal mondo dei morti a<br />

quello dei viventi. Quando vide che le acque, in risposta<br />

all'evocazione, s'increspavano leggermente, accelerò i movimenti. Era<br />

saldo, sicuro <strong>di</strong> sé, sapeva cosa aspettarsi. Per primo venne un<br />

sussurrare basso e lontano che saliva dalle profon<strong>di</strong>tà del lago, come<br />

una corrente invisibile <strong>di</strong> bolle d'aria. Poi grida, lunghe e profonde,<br />

che salirono progressivamente <strong>di</strong> volume e <strong>di</strong> numero, da poche a<br />

moltissime, sempre più stridule e infasti<strong>di</strong>te. Le acque del Perno<br />

dell'Ade sibilarono <strong>di</strong> collera e <strong>di</strong> cupi<strong>di</strong>gia: mosse da una propria<br />

imminente tempesta, presero a mulinare come le nubi nel cielo. Con un<br />

segno magico <strong>di</strong> comando, Bremen le costrinse a rispondere. La magia<br />

appresa con gli Elfi lo rafforzava e lo metteva in grado <strong>di</strong> farlo, come<br />

un letto <strong>di</strong> roccia su cui posasse saldamente la sua magia delle<br />

evocazioni. Rispondete, gridò ai morti. Apritemi il passaggio. Dal<br />

centro delle acque, che ora vorticavano rabbiosamente si levò uno<br />

spruzzo <strong>di</strong> schiuma che si sollevò come il getto <strong>di</strong> una fontana, si<br />

abbassò, si alzò <strong>di</strong> nuovo. Nel profondo della terra si levò un rombo, un<br />

brontolio <strong>di</strong> irritazione. Bremen sentì insinuarsi nel cuore la prima<br />

traccia <strong>di</strong> dubbio, e dovette fare uno sforzo per costringersi a<br />

ignorarla. Sentiva formarsi attorno a sé una sorta <strong>di</strong> vuoto, che si<br />

allargava a includere l'intera valle. Entro il suo perimetro avevano<br />

accesso soltanto i morti: i morti e colui che li aveva evocati. Poi gli<br />

spiriti presero ad affiorare dal lago: piccoli e bianchi filamenti <strong>di</strong><br />

luce dotati <strong>di</strong> forma vagamente umana, corpi immersi in una luminescenza<br />

simile a quella delle lucciole, pulsanti sullo sfondo della notte<br />

coperta <strong>di</strong> nubi. Uscirono dalla nebbia e dalla schiuma con un movimento<br />

simile a quello <strong>di</strong> un serpente che srotola le spire, salirono dall'aria<br />

buia e morta della loro casa d'oltretomba per visitare, per breve tempo,<br />

il mondo in cui erano un tempo vissuti. Bremen continuò a tenere le<br />

braccia levate in un gesto <strong>di</strong> protezione, con la sensazione <strong>di</strong> essere<br />

vulnerabile e privo <strong>di</strong> poteri, anche se era stato lui a compiere<br />

l'evocazione e a ridare vita agli spiriti. Si sentì scorrere nelle<br />

braccia sottili un'ondata <strong>di</strong> ghiaccio, acqua gelida nelle vene al posto<br />

del sangue. <strong>Re</strong>sistette con fermezza alla paura che lo afferrava, ai<br />

sussurri che chiedevano, in tono d'accusa: Chi ci chiama? Chi osa?<br />

Allora una forma enorme scaturì dall'acqua, nel centro esatto del lago:<br />

una figura ammantata <strong>di</strong> nero, che giganteggiò fra le altre più minute e<br />

le costrinse a <strong>di</strong>sperdersi, assorbì le loro fragili luci e le risucchiò<br />

nella propria scia, torcendole e facendole roteare come foglie al vento.


La figura ammantata si alzò fino a ergersi completamente sulle nere<br />

acque mulinanti del Perno dell'Ade; benché fosse solo vagamente concreta<br />

- un semplice spettro, senza ossa né carne - era <strong>di</strong> una materia meno<br />

evanescente <strong>di</strong> quella degli spiriti più piccoli, su cui dominava. Bremen<br />

cercò <strong>di</strong> rimanere ben saldo, quando la figura scura mosse verso <strong>di</strong> lui.<br />

Era lo spirito che si proponeva <strong>di</strong> interrogare, lo spirito da lui<br />

evocato. Eppure, cominciava a chiedersi se aveva fatto la cosa giusta.<br />

La forma ammantata si fermò: ormai era così vicina da nascondere tutta<br />

quella parte <strong>di</strong> cielo e <strong>di</strong> valle. Quando poté guardare sotto il<br />

cappuccio, Bremen non scorse alcun volto, non scorse nulla all'interno<br />

della veste nera. Poi l'apparizione parlò, con una voce che era un<br />

brontolio <strong>di</strong> collera. Sai tu chi sono. Una voce piatta, priva <strong>di</strong><br />

emozione e <strong>di</strong> risonanza, una domanda senza tono interrogativo, parole<br />

sospese nel silenzio, come un'eco che non volesse spegnersi. Bremen<br />

annuì lentamente e rispose, in un sussurro: "Lo so". Ai margini della<br />

valle, i quattro che erano rimasti ad attendere assistettero allo<br />

svolgersi del dramma. Videro il vecchio fermarsi sulla sponda del lago<br />

ed evocare gli spiriti dei morti. Videro gli spettri uscire dalle acque<br />

vorticanti, scorsero le sagome fosforescenti, le videro muovere braccia<br />

e gambe, contorcersi in una macabra danza per celebrare la momentanea<br />

libertà. Videro la forma gigantesca, ammantata <strong>di</strong> nero, salire in mezzo<br />

alle altre, avvolgerle nella propria scia, assorbire la loro luce.<br />

Videro la figura avanzare e fermarsi davanti a Bremen. Ma non riuscirono<br />

a u<strong>di</strong>re nulla. Dentro la valle regnava il silenzio. I rumori prodotti<br />

dal lago e dagli spiriti erano sigillati al suo interno. Le voci del<br />

druido e della figura ammantata, ammesso che pronunciassero parole, non<br />

erano u<strong>di</strong>bili. Si u<strong>di</strong>va solo il vento <strong>di</strong> tempesta che soffiava su loro e<br />

il tonfo delle prime gocce <strong>di</strong> pioggia sul pietrisco. L'attesa tempesta<br />

era scoppiata, veniva da occidente sotto forma <strong>di</strong> una massa <strong>di</strong> nubi<br />

nere, calava su <strong>di</strong> loro con cortine <strong>di</strong> pioggia. Li raggiunse nello<br />

stesso istante in cui la figura ammantata raggiunse Bremen, e in un<br />

attimo inghiottì ogni altra cosa. <strong>Il</strong> lago, gli spiriti la figura<br />

ammantata, Bremen, l'intera valle svanirono in un batter d'occhio. Risca<br />

brontolò per lo sgomento e lanciò una rapida occhiata ai compagni. Si<br />

erano coperti col mantello per proteggersi dal rovescio: aggobbiti sotto<br />

quel riparo, parevano vecchie streghe curve per l'età. "Riuscite a<br />

vedere qualcosa?" chiese con ansia. "Nulla" rispose subito Tay<br />

Trefenwyd. "Sono spariti." Per un momento nessuno si mosse: tutti erano<br />

incerti sul da farsi. Kinson cercò <strong>di</strong> scrutare attraverso il velo della<br />

pioggia, cercò <strong>di</strong> mettere meglio a fuoco le sagome che credeva <strong>di</strong><br />

intravedere. Ma tutto era nebuloso e irreale, e dal punto in cui si<br />

trovavano era impossibile capire qualcosa. "Potrebbe essere in pericolo"<br />

scattò Risca, in tono d'accusa. "Ci ha detto <strong>di</strong> aspettare qui" scattò<br />

Kinson, a fatica. Da un lato non voleva pensare agli or<strong>di</strong>ni del vecchio<br />

druido, in un momento in cui temeva per la sua sorte, ma dall'altro non<br />

voleva ignorare la sua promessa. La pioggia li colpì sulla faccia, a<br />

rovesci, minacciando <strong>di</strong> soffocarli. "Sta bene!" gridò all'improvviso<br />

Mareth, agitando una mano come per allontanare la pioggia dal viso. La<br />

fissarono. "Riesci a vederlo?" domandò Risca. La giovane donna annuì,<br />

poi tornò ad abbassare la testa, per scrutare nel buio. "Sì." Ma non<br />

poteva essere vero. Kinson era il più vicino a lei e scorse quello che


agli altri era sfuggito. Se riusciva a scorgere Bremen, non era certo<br />

con gli occhi, perché, notò con terrore, erano <strong>di</strong>venuti completamente<br />

bianchi. Nella Valle d'Argilla, però, non cadeva una goccia <strong>di</strong> pioggia,<br />

non soffiava alito <strong>di</strong> vento, non entrava la violenza della tempesta.<br />

Bremen non sentiva altre presenze che quella del lago e della figura<br />

scura che s'innalzava sulle acque, davanti a lui. Pronuncia il mio nome.<br />

Bremen trasse un profondo respiro, cercando <strong>di</strong> arrestare il tremito che<br />

lo scuoteva e il freddo che gli riempiva il petto. "Tu sei colui che fu<br />

Galaphile." Era una normale componente del rituale. Uno spirito non<br />

poteva fermarsi se il suo nome non veniva pronunciato dalla persona che<br />

l'aveva evocato. Ora poteva fermarsi per il tempo necessario a<br />

rispondere a tutte le domande <strong>di</strong> Bremen - ammesso che decidesse <strong>di</strong><br />

farlo. L'ombra fremette, inquieta. Cosa vuoi sapere da me. Bremen non<br />

esitò. "Vorrei sapere tutto quello che puoi <strong>di</strong>rmi del druido ribelle<br />

Brona, colui che è <strong>di</strong>venuto il Signore degli Inganni." La voce aveva<br />

preso a tremargli al pari delle mani. "Vorrei sapere come <strong>di</strong>struggerlo.<br />

Vorrei sapere cosa succederà." Poi la voce lo tradì, riducendosi a un<br />

rantolo soffocato. <strong>Il</strong> lago sibilò e soffiò come un gatto, in risposta<br />

alle sue parole, e i gemiti dei morti si levarono in una stridula<br />

cacofonia. Bremen sentì <strong>di</strong> nuovo il gelo insinuarsi nel suo petto, come<br />

un serpente che si abbassa per prepararsi a colpire. Si sentì<br />

schiacciare dal cumulo <strong>di</strong> tutti i suoi anni. Sentì la debolezza del suo<br />

corpo ribellarsi alla forza della sua determinazione. E saresti tu<br />

<strong>di</strong>sposto a <strong>di</strong>struggerlo a qualsiasi costo. "Sì." Saresti <strong>di</strong>sposto a<br />

pagare qualsiasi prezzo. Bremen sentì il serpente che aveva nel petto<br />

piantare profondamente le zanne nel suo cuore. "Sì" mormorò, <strong>di</strong>sperato.<br />

Lo spirito <strong>di</strong> Galaphile allargò le braccia come per avvolgere il vecchio<br />

druido, per dargli rifugio e protezione. Guarda. Sullo sfondo nero della<br />

sua forma ammantellata cominciarono ad apparire visioni; nel sudario del<br />

suo corpo presero forma immagini e figure. A una a una, si<br />

materializzarono dall'oscurità, vaghe e incorporee, fosforescenti come<br />

le acque del Perno dell'Ade all'arrivo degli spiriti. Bremen osservò<br />

attentamente le immagini che si succedevano davanti a lui, si sentì<br />

attirare verso <strong>di</strong> loro come verso una luce. Le visioni furono quattro.<br />

Nella prima si trovava all'interno dell'antica fortezza <strong>di</strong> Paranor, e<br />

intorno a lui c'erano soltanto morti. Non c'era più anima viva, nella<br />

rocca: tutti erano stati uccisi dal tra<strong>di</strong>mento, dalla slealtà e dalla<br />

perfi<strong>di</strong>a. <strong>Il</strong> castello dei Drui<strong>di</strong> era avvolto in un sudario <strong>di</strong> tenebra e<br />

la tenebra, fra le sue ombre, si muoveva ancora, sotto forma <strong>di</strong><br />

assassini in attesa, <strong>di</strong> una forza omicida. <strong>Di</strong>etro quella tenebra<br />

splendeva però, con la sicurezza dell'oro, il lucente medaglione dei<br />

Gran<strong>di</strong> Drui<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> pendente aspettava lui, aveva bisogno del suo tocco:<br />

l'immagine della mano levata che stringeva una fiaccola accesa, il<br />

venerato Eilt Druin. La prima visione sparì, e Bremen ebbe l'impressione<br />

<strong>di</strong> volare sulla vasta <strong>di</strong>stesa delle Terre dell'Ovest. Guardò in basso,<br />

sorpreso e incapace <strong>di</strong> capire quel volo. <strong>Di</strong> primo acchito non riuscì a<br />

stabilire dov'era. Poi riconobbe la rigogliosa valle del Sarandanon e<br />

più oltre l'azzurra <strong>di</strong>stesa dell'Innisbore. Per un attimo la visione fu<br />

oscurata da una nuvola, che alterò ogni prospettiva. Poi scorse una<br />

catena <strong>di</strong> monti - erano i Kensrowe o i Breale line? Fra i loro massicci<br />

c'erano due cime gemelle, simili a due <strong>di</strong>ta della stessa mano tese nel


segno <strong>di</strong> una V. <strong>Il</strong> passo tra loro portava a un vasto ammasso <strong>di</strong> altre<br />

<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> roccia, schiacciate insieme e ridotte a un'unica massa. Entro<br />

l'ammasso c'era una fortezza, invisibile dall'esterno, antica al <strong>di</strong> là<br />

<strong>di</strong> qualsiasi immaginazione, un luogo risalente all'epoca <strong>di</strong> Faerie.<br />

Bremen scese in picchiata fra le sue ombre e trovò ad aspettarlo la<br />

morte, anche se non riuscì a spiarla in volto. E lì, tra le sue spire,<br />

c'era la Pietra Nera degli Elfi. Anche la seconda visione svanì e il<br />

druido si trovò su un campo <strong>di</strong> battaglia. Tutt'intorno a lui giacevano<br />

morti e moribon<strong>di</strong>: uomini <strong>di</strong> tutte le Razze e mostri che non<br />

appartenevano ad alcuna razza conosciuta. <strong>Il</strong> sangue scorreva sulla terra<br />

e le urla dei combattenti e il clangore delle armi s'innalzavano nella<br />

luce grigiastra del tardo pomeriggio. Davanti a lui c'era un uomo, ma<br />

gli volgeva le spalle. Era alto e biondo, senza dubbio un elfo.<br />

Stringeva nella destra una spada scintillante. A qualche passo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza c'era il Signore degli Inganni, ammantato <strong>di</strong> nero, terribile:<br />

una presenza indomabile che lanciava il guanto <strong>di</strong> sfida al mondo intero.<br />

Pareva attendere l'attacco dell'elfo: senza fretta, sicuro <strong>di</strong> sé,<br />

insolente. L'alto elfo avanzò, sollevò la spada, e Bremen scorse sotto<br />

la mano guantata che la impugnava la familiare figura dell'Eilt Druin.<br />

Un'ultima visione, cupa, coperta <strong>di</strong> nuvole e colma <strong>di</strong> grida luttuose e<br />

<strong>di</strong>sperate. Bremen era ancora una volta nella Valle d'Argilla <strong>di</strong>nanzi<br />

alle acque del Perno dell'Ade. <strong>Di</strong>nanzi a lui s'ergeva <strong>di</strong> nuovo l'ombra<br />

<strong>di</strong> Galaphile, immobile e vigilante mentre gli spiriti <strong>di</strong> rango inferiore<br />

gli roteavano attorno come fumo. Accanto a Bremen c'era un giovane,<br />

alto, sottile e bruno, <strong>di</strong> una quin<strong>di</strong>cina d'anni, ma così serio da dare<br />

quasi l'impressione che fosse in lutto. <strong>Il</strong> giovane si girò verso <strong>di</strong> lui<br />

e Bremen lo guardò negli occhi... quegli occhi... Le visioni sparirono.<br />

Lo spettro <strong>di</strong> Galaphile parve <strong>di</strong>venire più denso e concreto, e nascose<br />

le immagini, rubò loro la luce che per qualche breve istante avevano<br />

irra<strong>di</strong>ato. Bremen continuò a fissarlo, battendo gli occhi, chiedendosi<br />

cosa aveva visto. "Tutto questo accadrà?" sussurrò allo spettro.<br />

"Accadrà davvero?" In parte è già accaduto. "I Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor..." Non<br />

chiedere altro. "Ma cosa posso fare per..." L'ombra fece un gesto <strong>di</strong><br />

fasti<strong>di</strong>o, troncando le domande del vecchio druido. Senza fiato, Bremen<br />

sentì una mano d'acciaio serrargli il petto. Poi la mano si aprì ed egli<br />

deglutì, per dominare la paura. Un'alta colonna <strong>di</strong> schiuma s'innalzò dal<br />

Perno dell'Ade, brillò come una cascata <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti sullo sfondo<br />

vellutato della notte. L'ombra <strong>di</strong> Galaphile cominciò a ritirarsi. Non<br />

<strong>di</strong>menticare. Bremen alzò la mano nell'inutile tentativo <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re<br />

all'ombra <strong>di</strong> allontanarsi. Un prezzo per ciascuna. <strong>Il</strong> vecchio druido<br />

scosse la testa, confuso. Un prezzo per ciascuna? Ciascuna cosa? E chi<br />

doveva pagarlo? Ricorda. <strong>Il</strong> Perno dell'Ade tornò a ribollire, e lo<br />

spettro affondò lentamente nelle acque tumultuose, portando con sé tutti<br />

gli spiriti più piccoli e luminosi che l'avevano accompagnato. Finirono<br />

sotto la superficie in una grande esplosione <strong>di</strong> nebbia e schiuma, fra<br />

grida e gemiti dei morti, per tornare al mondo infero da cui erano<br />

usciti. L'acqua si sollevò in una massiccia colonna, quando tutti furono<br />

scomparsi, e il silenzio e l'immobilità dell'aria ne furono spezzati<br />

bruscamente, in uno scoppio spaventevole. Poi la tempesta si avventò<br />

sulla valle, con vento e pioggia, con tuoni e fulmini che travolsero il<br />

vecchio druido. Bremen crollò sotto l'assalto, abbattuto all'istante.


Con gli occhi aperti e fissi nel vuoto, cadde privo <strong>di</strong> sensi sulla riva<br />

del lago. La prima a raggiungerlo fu Mareth. Gli uomini erano più alti e<br />

robusti, ma il piede della fanciulla era più sicuro sulle pietre bagnate<br />

e scivolose: parve volare sulla loro superficie lucida. S'inginocchiò e<br />

prese tra le braccia il vecchio. La pioggia cadeva senza interruzione,<br />

butterando la superficie nuovamente immobile e liscia del lago,<br />

<strong>di</strong>lavando il tappeto <strong>di</strong> pietre nere e lucenti della valle, rendendo vaga<br />

e velata la luce dell'alba. Intrise la veste <strong>di</strong> Mareth fino a scorrerle<br />

sulla pelle e a raggelarla, ma lei non se ne curò: il suo piccolo viso<br />

era una smorfia <strong>di</strong> concentrazione, levato al cielo, gli occhi chiusi.<br />

Gli altri rallentarono il cammino mentre si avvicinavano, perché non<br />

erano certi <strong>di</strong> capire quanto stava succedendo. La giovane donna serrò<br />

Bremen fra le braccia, poi rabbrividì violentemente e cadde in avanti;<br />

gli uomini corsero verso <strong>di</strong> lei per sorreggerla. Kinson la sollevò,<br />

staccandola da Bremen, mentre Tay prendeva il druido, e tutti insieme si<br />

fecero strada in mezzo ai rovesci e uscirono dalla Valle d'Argilla. Una<br />

volta fuori, si rifugiarono in una grotta che avevano incontrato<br />

all'andata. Posarono sul pavimento <strong>di</strong> roccia la fanciulla e il druido e<br />

li avvolsero nei loro mantelli. Non avevano legna per accendere un fuoco<br />

e, anche se erano bagnati e infreddoliti, furono costretti ad attendere<br />

che finisse <strong>di</strong> piovere. Kinson sentì il polso e il cuore dei due<br />

compagni svenuti e li trovò forti e regolari. Dopo qualche tempo il<br />

vecchio riprese i sensi e poi si rianimò anche la giovane donna. I tre<br />

uomini si affollarono attorno a Bremen per chiedergli cos'era successo,<br />

ma il vecchio scosse la testa e rispose che per il momento non aveva<br />

voglia <strong>di</strong> parlare. Con riluttanza, si staccarono da lui. Kinson si fermò<br />

accanto a Mareth, con l'intenzione <strong>di</strong> chiedere cosa aveva fatto a<br />

Bremen, perché era chiaro che gli aveva fatto qualcosa, ma lei lo guardò<br />

per un istante e girò la testa dall'altra parte, e il cacciatore<br />

rinunciò al tentativo. La giornata si schiarì un poco e la pioggia si<br />

allontanò. Kinson <strong>di</strong>vise fra tutti il cibo che aveva con sé. Solo Bremen<br />

non ne volle. <strong>Il</strong> vecchio druido pareva essersi ritirato in qualche<br />

interiore profon<strong>di</strong>tà del suo spirito - o forse una parte <strong>di</strong> lui era<br />

ancora nella valle dei morti - e aveva lo sguardo perso nel vuoto, la<br />

faccia una maschera priva d'espressione. Kinson lo fissò per qualche<br />

istante, cercando un segno dei suoi pensieri, ma non riuscì a<br />

penetrarvi. Infine il vecchio alzò gli occhi come se soltanto in quel<br />

momento si fosse accorto della loro presenza e se ne chiedesse la<br />

ragione, poi li invitò ad avvicinarsi. Quando si furono seduti attorno a<br />

lui, parlò del suo incontro con l'ombra <strong>di</strong> Galaphile e delle quattro<br />

visioni. "Non sono riuscito a capirne il significato" terminò, con voce<br />

roca e stanca. "Sono semplici profezie <strong>di</strong> avvenimenti futuri, e questo<br />

futuro è già deciso? Oppure sono le conseguenze che si avrebbero<br />

commettendo certe azioni? Perché lo spirito ha scelto proprio quelle<br />

visioni? Che cosa si aspetta da me? Tutte queste domande sono rimaste<br />

senza risposta." "Che prezzo ti ha chiesto <strong>di</strong> pagare, per prendere parte<br />

a questi avvenimenti?" mormorò Kinson, cupo. "Non <strong>di</strong>menticare il<br />

prezzo." Bremen gli sorrise. "Sono stato io a chiedere <strong>di</strong> prenderne<br />

parte, Kinson" rispose. "Mi sono assunto il ruolo <strong>di</strong> protettore delle<br />

Razze e <strong>di</strong>struttore del Signore degli Inganni, e non ho il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

chiedere quanto mi costerà, se i miei sforzi avranno esito positivo."


Sospirò. "Eppure credo <strong>di</strong> cominciare a capire cosa mi è stato chiesto.<br />

Ma mi occorrerà l'aiuto <strong>di</strong> tutti voi." Li fissò a uno a uno. "Temo che<br />

dovrete correre gran<strong>di</strong> pericoli." Risca sbuffò. "Grazie a <strong>Di</strong>o.<br />

Cominciavo a temere che questa avventura si risolvesse in una cosa da<br />

niente. Spiegaci quello che dobbiamo fare." "Sì, meglio iniziare subito<br />

il viaggio" fece eco Tay, accostandosi a lui con impazienza. Bremen<br />

annuì. I suoi occhi erano luci<strong>di</strong> <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne. "Siamo d'accordo che si<br />

deve fermare il Signore degli Inganni prima che conquisti tutte le<br />

Razze. Sappiamo ha già cercato una volta <strong>di</strong> farlo, andando incontro a un<br />

insuccesso, ma ora è più forte e pericoloso. Vi ho già detto la mia<br />

convinzione: per questo motivo tenterà <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Paranor. La prima visione mi fa pensare che la supposizione fosse<br />

corretta." S'interruppe per un istante. "Anzi, temo che sia già<br />

successo." Scese il silenzio, mentre gli altri si scambiavano occhiate<br />

intimorite. "Pensi che i Drui<strong>di</strong> siano tutti morti?" chiese infine Tay a<br />

bassa voce. Bremen annuì. "Lo ritengo possibile. Spero <strong>di</strong> sbagliarmi. In<br />

ogni caso, vivi o morti che siano, devo recuperare l'Eilt Druin, secondo<br />

la prima visione. Prese tutte insieme, le visioni mostrano che il<br />

medaglione servirà a forgiare l'arma che <strong>di</strong>struggerà Brona. Una spada,<br />

una lama con un potere particolare, un'arma dotata <strong>di</strong> una magia che il<br />

Signore degli Inganni non possa sconfiggere." "Che magia?" chiese subito<br />

Kinson. "Non lo so ancora." Bremen sorrise <strong>di</strong> nuovo, scuotendo la testa.<br />

"So soltanto che occorre un'arma e che, a prestar fede alla visione,<br />

quell'arma è una spada." "Devi anche trovare l'uomo che la impugnerà"<br />

commentò Tay. "Un uomo che non hai visto in faccia." "Ma l'ultima<br />

visione, l'immagine del Perno dell'Ade e del giovinetto dagli occhi<br />

inquietanti..." cominciò Mareth, preoccupata. "Dovrà aspettare il suo<br />

momento" la interruppe Bremen, in tono gentile. La fissò in volto, come<br />

per cercarvi qualcosa. "Gli eventi si rivelano quando lo vogliono loro,<br />

Mareth. Non possiamo fargli fretta. E non possiamo farci prendere dalla<br />

preoccupazione per loro." "Allora, cosa ci chie<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare?" incalzò Tay.<br />

Bremen si girò verso <strong>di</strong> lui. "Dobbiamo separarci, Tay. Tu tornerai dagli<br />

Elfi e chiederai a Courtann Ballindarroch <strong>di</strong> allestire una spe<strong>di</strong>zione<br />

per cercare la Pietra Nera. In qualche modo la Pietra è essenziale nel<br />

nostro tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere Brona. La visione lo <strong>di</strong>ce. I cacciatori<br />

alati la stanno già cercando e non devono trovarla. <strong>Il</strong> re degli Elfi<br />

deve aiutarci in questo. Per aiutarci, abbiamo i particolari della<br />

visione. Usa quello che ci è stato mostrato e recupera la Pietra prima<br />

del Signore degli Inganni." Si rivolse a Risca. "Tu devi raggiungere<br />

Raybur e i Nani <strong>di</strong> Culhaven. Le armate del Signore degli Inganni si<br />

<strong>di</strong>rigono a est, e io penso che presto colpiranno là. I Nani devono<br />

prepararsi a sostenere un attacco e resistere finché non si potrà<br />

inviare loro un aiuto. Tu devi servirti <strong>di</strong> tutti i tuoi poteri perché lo<br />

facciano. Tay parlerà con Ballindarroch per indurre gli Elfi a correre<br />

in aiuto dei Nani. Se si uniranno, saranno un buon avversario per<br />

l'esercito <strong>di</strong> Troll su cui fa affidamento Brona." Fece una pausa. "Ma<br />

soprattutto dobbiamo guadagnare tempo per forgiare la spada che<br />

<strong>di</strong>struggerà Brona. Io, Kinson e Mareth ritorneremo a Paranor e<br />

scopriremo se la visione della sua caduta è vera. Cercherò <strong>di</strong><br />

impadronirmi dell'Eilt Druin." "Se è ancora vivo, Athabasca non sarà<br />

<strong>di</strong>sposto a cedertelo" <strong>di</strong>sse Risca. "Lo sai anche tu." "Probabilmente"


ispose Bremen, con pacatezza. "In ogni caso, devo determinare come<br />

dev'essere forgiata la spada della visione, la magia che dovrà<br />

possedere, il potere <strong>di</strong> cui dovrà essere infusa. Scoprire come renderla<br />

in<strong>di</strong>struttibile. E infine trovare chi la impugnerà." "Devi fare dei veri<br />

miracoli, mi pare" commentò Tay Trefenwyd, ironicamente. "Dovremo farne<br />

tutti" rispose Bremen, a mezza voce. Si scambiarono una lunga occhiata<br />

nella scarsa luce. E tra loro prese forma un accordo che non aveva<br />

bisogno <strong>di</strong> parole. Davanti al rifugio, l'acqua continuava a gocciolare<br />

con regolare cadenza dalle rocce che sporgevano sull'ingresso. Si era a<br />

metà del mattino e la luce era <strong>di</strong>ventata color dell'argento a mano a<br />

mano che il sole cercava <strong>di</strong> farsi strada tra le nubi <strong>di</strong> tempesta che<br />

ancora coprivano una parte del cielo. "Se i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor sono<br />

morti, allora siamo i soli rimasti" osservò Tay. "Soltanto noi cinque."<br />

Bremen annuì. "Allora, cinque dovranno bastare." Si alzò e scrutò in<br />

<strong>di</strong>rezione dell'imboccatura della grotta. "E sarà meglio affrettarsi."<br />

6<br />

Quella stessa notte, a nordovest dal luogo dove Bremen si preparava a<br />

evocare l'ombra <strong>di</strong> Galaphile, bene all'interno dell'anello <strong>di</strong> roccia dei<br />

Denti del Drago, Caerid Lock passò in rassegna i soldati che montavano<br />

<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a a Paranor. Mancava poco a mezzanotte, quando attraversò un<br />

tratto <strong>di</strong> mura affacciato a sud e venne momentaneamente <strong>di</strong>stratto dal<br />

lacerante bagliore <strong>di</strong> una folgore che squarciava il cielo lontano. Si<br />

fermò a guardare in quella <strong>di</strong>rezione, tendendo l'orecchio nel silenzio<br />

della notte. Le nubi coprivano l'intero orizzonte, nascondevano la luna<br />

e le stelle, avvolgevano <strong>di</strong> tenebra il mondo. <strong>Il</strong> lampo guizzò una<br />

seconda volta, frantumando la notte come se fosse una coppa <strong>di</strong> vetro,<br />

poi svanì senza lasciare traccia. <strong>Il</strong> tuono giunse più tar<strong>di</strong>, come un<br />

lungo, profondo scroscio che rimbombò sulle cime dei monti. La tempesta<br />

pareva intenzionata a rimanere a sud <strong>di</strong> Paranor, ma l'aria sapeva <strong>di</strong><br />

pioggia e il silenzio della notte era profondo e opprimente. <strong>Il</strong> capitano<br />

della Guar<strong>di</strong>a dei Drui<strong>di</strong> attese ancora un momento, me<strong>di</strong>tando, poi si<br />

<strong>di</strong>resse verso una porta e, da una delle torri, rientrò nella rocca. Ogni<br />

notte faceva quelle ispezioni, a <strong>di</strong>spetto del sonno: era un uomo<br />

d'or<strong>di</strong>ne, le cui abitu<strong>di</strong>ni lavorative non cambiavano mai. I momenti più<br />

pericolosi, a parer suo, erano due: dopo la mezzanotte e prima<br />

dell'alba. Erano i perio<strong>di</strong> in cui la stanchezza e la mancanza <strong>di</strong> sonno<br />

ottundevano i sensi e rendevano <strong>di</strong>sattente le sentinelle. Se qualcuno<br />

intendeva attaccare, l'avrebbe fatto a quell'ora. Convinto che Bremen<br />

avesse le sue buone ragioni per dare l'avvertimento ed essendo cauto per<br />

natura, si era ripromesso <strong>di</strong> controllare le porte in modo più accurato<br />

del solito, almeno per alcune settimane. Aveva già aumentato il numero<br />

delle guar<strong>di</strong>e delle varie ronde e aveva dato inizio al faticoso lavoro<br />

<strong>di</strong> rinforzare le varie porte d'ingresso. Aveva preso in considerazione<br />

l'eventualità <strong>di</strong> inviare pattuglie nei boschi, la notte, come ulteriore<br />

precauzione, ma aveva pensato che sarebbero state troppo vulnerabili,<br />

una volta uscite dalla protezione delle mura. Le sue guar<strong>di</strong>e erano<br />

numerose, ma non erano un esercito. Potevano proteggere l'interno, ma<br />

non ingaggiare battaglia all'esterno. Giunto nella torre, scese fino al<br />

cortile principale e si <strong>di</strong>resse alla grande porta. Sei guar<strong>di</strong>e<br />

stazionavano all'ingresso, ed erano responsabili dei battenti, della<br />

saracinesca e delle torri <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a che dominavano la principale via


d'accesso al castello. Al suo avvicinarsi scattarono sull'attenti. <strong>Il</strong><br />

capitano parlò con il sottufficiale responsabile, gli confermò che tutto<br />

andava bene e proseguì l'ispezione. Attraversò <strong>di</strong> nuovo il cortile,<br />

ascoltò il tuono che rompeva ancora il profondo silenzio della notte,<br />

guardò verso sud per cogliere il lampo che lo accompagnava, e solo dopo<br />

un istante si rese conto che doveva già essere svanito da tempo. Era in<br />

allarme, ma non più <strong>di</strong> qualsiasi altra notte: la cautela faceva parte<br />

della sua natura come il senso <strong>di</strong> responsabilità. A volte pensava <strong>di</strong><br />

essere rimasto a Paranor per troppo tempo. Faceva bene il suo lavoro,<br />

sapeva <strong>di</strong> essere ancora in piena forma per il suo incarico. Era<br />

orgoglioso dei suoi uomini; tutte le guar<strong>di</strong>e in servizio erano state<br />

scelte e addestrate da lui. Erano un gruppo saldo, affidabile, e sapeva<br />

che era merito suo. Ma il tempo passava anche per lui, e il tempo<br />

portava un allentamento dei sensi che favoriva la trascuratezza. Lui non<br />

poteva permetterselo. Con la conquista delle Terre del Nord e le voci<br />

sul Signore degli Inganni, il momento era molto pericoloso. Le cose<br />

erano cambiate. Per le Quattro Terre si preparava una grave minaccia che<br />

avrebbe certamente spazzato via i Drui<strong>di</strong>. Stava per succedere qualcosa,<br />

e Caerid Lock temeva <strong>di</strong> non riuscire ad accorgersene finché non fosse<br />

stato troppo tar<strong>di</strong>. Si <strong>di</strong>resse verso una porta in fondo al cortile e<br />

percorse un corridoio che portava al muro a nord e alla sua porta. <strong>Il</strong><br />

castello aveva quattro gran<strong>di</strong> ingressi: uno per ogni strada d'accesso.<br />

C'erano anche molte porte più piccole, ma erano fatte <strong>di</strong> pietra e lastre<br />

<strong>di</strong> ferro. In gran parte erano mimetizzate con cura. Era possibile<br />

trovarle esaminando le mura con attenzione, ma per fare questo occorreva<br />

fermarsi ai pie<strong>di</strong> dei bastioni e osservare con una buona luce, finendo<br />

sotto il tiro delle sentinelle che stavano sugli spalti. Comunque,<br />

Caerid metteva una guar<strong>di</strong>a a ciascuna <strong>di</strong> quelle porte, nelle ore dal<br />

tramonto all'alba, perché non dava mai niente per scontato. Percorrendo<br />

il corridoio ricurvo, passò davanti a due <strong>di</strong> quelle porte, prima <strong>di</strong><br />

arrivare alla porta occidentale: erano <strong>di</strong>stanziate tra loro <strong>di</strong> una<br />

cinquantina <strong>di</strong> passi. Le due guar<strong>di</strong>e lo videro e scattarono subito<br />

sull'attenti, come per <strong>di</strong>re che erano all'erta e pronte a intervenire.<br />

Caerid rivolse a ciascuna un cenno d'approvazione e proseguì. Quando si<br />

fu allontanato, aggrottò la fronte, riflettendo sul modo in cui erano<br />

state assegnate le porte. Alla prima porta c'era un troll del Kershalt,<br />

un veterano, ma alla seconda c'era un giovane elfo, poco più <strong>di</strong> una<br />

recluta. Non approvava che le reclute montassero <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a da sole e si<br />

ripromise <strong>di</strong> far cambiare l'assegnazione al successivo turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />

Pensava a questo quando passò davanti a una scala <strong>di</strong> servizio che saliva<br />

alle camere da letto dei Drui<strong>di</strong>, e non si accorse dei movimenti furtivi<br />

dei tre uomini che vi si erano nascosti. I tre si schiacciarono il più<br />

possibile contro le pietre della parete, quando il capitano delle<br />

guar<strong>di</strong>e passò sotto <strong>di</strong> loro senza notarli. Rimasero perfettamente<br />

immobili finché non si fu allontanato, poi si staccarono dal<br />

nascon<strong>di</strong>glio e continuarono a scendere. Erano Drui<strong>di</strong>, tutti e tre,<br />

ciascuno con più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> appartenenza al Consiglio, ciascuno<br />

con la bruciante convinzione, tipica del fanatico, <strong>di</strong> essere destinato a<br />

gran<strong>di</strong> cose. Erano vissuti entro l'or<strong>di</strong>ne dei Drui<strong>di</strong> mal sopportandone<br />

le leggi e gli obblighi, che ai loro occhi risultavano sciocchi, privi<br />

<strong>di</strong> scopo e incapaci <strong>di</strong> appagarli. Era necessario possedere il potere, se


si voleva che la vita assumesse un significato. I risultati conseguiti<br />

da un uomo non avevano alcun valore, se non gli procuravano un beneficio<br />

personale. A che scopo perdere tempo nello stu<strong>di</strong>o, se non lo si poteva<br />

tradurre in qualcosa <strong>di</strong> pratico? Che senso aveva conoscere dei segreti<br />

della scienza e della magia se non si poteva metterli alla prova? Queste<br />

le domande che si erano rivolti i tre Drui<strong>di</strong>, dapprima separatamente,<br />

poi l'un l'altro quando s'erano accorti <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre una convinzione<br />

comune. Non erano i soli insod<strong>di</strong>sfatti, naturalmente. Altri nutrivano le<br />

medesime convinzioni. Ma nessuno con altrettanto fervore, ossia al punto<br />

<strong>di</strong> lasciarsi corrompere. Per i tre non c'era speranza <strong>di</strong> passare<br />

inosservati: il Signore degli Inganni aveva cercato per molto tempo<br />

persone come loro per ven<strong>di</strong>carsi dei Drui<strong>di</strong>. Infine li aveva trovati e<br />

fatti suoi. C'era voluto tempo, ma un poco alla volta li aveva<br />

conquistati, così come aveva fatto con coloro che l'avevano seguito<br />

quando aveva lasciato la rocca, più <strong>di</strong> tre secoli prima. <strong>Di</strong> uomini come<br />

quelli ce n'erano sempre: aspettavano soltanto che qualcuno li<br />

chiamasse, che qualcuno li usasse. Brona era stato molto astuto nei suoi<br />

approcci, non si era rivelato, all'inizio, ma aveva fatto u<strong>di</strong>re la sua<br />

voce come se fosse la loro, aveva fatto balenare <strong>di</strong>nanzi ai loro occhi<br />

infinite possibilità, il profumo del potere, la bellezza della magia.<br />

Aveva lasciato che si incatenassero a lui con le loro stesse mani, che<br />

si forgiassero catene fatte <strong>di</strong> attesa e avi<strong>di</strong>tà, che si rendessero suoi<br />

schiavi col cadere in balia <strong>di</strong> sogni illusori e desideri smodati. Alla<br />

fine, l'avrebbero supplicato <strong>di</strong> prenderli con sé, anche dopo avere<br />

scoperto la sua identità e il prezzo da pagare. Ora scivolarono lungo i<br />

corridoi <strong>di</strong> Paranor, con intenzioni malvage, votati a un'azione che li<br />

avrebbe condannati per sempre. Si staccarono in silenzio dalla scala e<br />

raggiunsero la porta dove montava <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a il giovane elfo. Si tennero<br />

nell'ombra, dove non giungeva la luce delle torce, e usarono piccole<br />

formule magiche fornite dal loro Signore - un dolce assaggio del potere<br />

- per nascondersi agli occhi della sentinella. Poi le furono addosso, e<br />

uno dei tre la colpì alla testa per farle perdere i sensi. Gli altri due<br />

si occuparono in fretta e furia dei chiavistelli che bloccavano la porta<br />

<strong>di</strong> pietra, li aprirono a uno a uno, sollevarono la saracinesca <strong>di</strong> ferro,<br />

tolsero dagli incastri la pesante sbarra, e alla fine, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni<br />

possibile pentimento, aprirono la porta, cosicché Paranor rimase aperto<br />

alla notte e agli esseri che attendevano all'esterno. I Drui<strong>di</strong> fecero un<br />

passo in<strong>di</strong>etro quando la prima mostruosità emerse alla luce, dondolando<br />

sui calcagni. Era un Messaggero del Teschio, gobbo e massiccio nel suo<br />

manto nero, gli artigli protesi innanzi a sé. Tutto spigoli e bor<strong>di</strong><br />

taglienti, tutto muscoli e pelle coriacea, riempì il passaggio e parve<br />

risucchiarne tutta l'aria. I suoi occhi rossi e ardenti come brace si<br />

fissarono per qualche istante sulle tre figure che si ritraevano<br />

istintivamente da lui, e con <strong>di</strong>sprezzo le spinse da parte per passare.<br />

Batté adagio le ali <strong>di</strong> pipistrello, poi, con un sibilo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione,<br />

afferrò la giovane guar<strong>di</strong>a elfa, le lacerò la gola e la scagliò a terra.<br />

I Drui<strong>di</strong> rabbrivi<strong>di</strong>rono quando vennero colpiti da un fiotto <strong>di</strong> sangue<br />

della vittima. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio fece un cenno all'esterno, e<br />

una fila <strong>di</strong> altre creature cominciò allora a riversarsi nel breve<br />

passaggio: forme abominevoli, irte <strong>di</strong> denti e <strong>di</strong> spine, storte,<br />

aggobbite e coperte solo da qualche chiazza <strong>di</strong> pelo arruffato, armate e


pronte al massacro, che si muovevano occhiute e furtive nel silenzio del<br />

castello. Alcune erano vagamente riconoscibili: un tempo, probabilmente,<br />

erano Troll. Altre erano creature dei mon<strong>di</strong> infernali con niente <strong>di</strong><br />

umano. Tutte erano rimaste in attesa fin dalle prime ore dopo il<br />

tramonto in una rientranza buia, sotto le mura, dove non risultavano<br />

visibili dagli spalti. Si erano nascoste laggiù perché sapevano che quei<br />

tre miserabili che ora le guardavano tremebon<strong>di</strong> erano stati sedotti dal<br />

loro Signore e avrebbero aperto il castello. Adesso erano dentro,<br />

smaniose <strong>di</strong> dare inizio al massacro promesso. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio<br />

ne mandò fuori una, nella notte, perché passasse la voce a quante ancora<br />

attendevano nella foresta. Ce n'erano parecchie centinaia, in attesa del<br />

segnale per farsi avanti. Dalle mura, i soldati le avrebbero viste, non<br />

appena fossero uscite dalla protezione degli alberi, ma l'allarme<br />

sarebbe giunto troppo tar<strong>di</strong>. Prima che i <strong>di</strong>fensori <strong>di</strong> Paranor potessero<br />

raggiungerle, sarebbero già penetrate all'interno della rocca. <strong>Il</strong><br />

Messaggero del Teschio si avviò lungo il corridoio, senza degnare <strong>di</strong> uno<br />

sguardo i tre Drui<strong>di</strong>. Per lui erano meno che nulla: rifiuti, avanzi.<br />

Spettava al suo Signore decidere cosa farne. Al cacciatore alato<br />

interessava solo l'imminente massacro. A mano a mano che entravano, gli<br />

assalitori si <strong>di</strong>visero in piccoli gruppi. Alcuni imboccarono la scala<br />

che saliva alle stanze da letto dei Drui<strong>di</strong>. Altri presero un corridoio<br />

laterale che portava all'interno del castello. Ma la maggioranza seguì<br />

il Messaggero del Teschio lungo il corridoio che conduceva alle porte<br />

principali. Poco più tar<strong>di</strong> si levarono le prime urla. Quando venne<br />

finalmente dato l'allarme, Caerid Lock lasciò <strong>di</strong> corsa la porta<br />

settentrionale e attraversò il cortile per tornare all'interno del<br />

castello. Prima erano giunte le urla, poi il suono <strong>di</strong> un corno da<br />

guerra. <strong>Il</strong> capitano capì subito cosa succedeva. La profezia <strong>di</strong> Bremen si<br />

avverava. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni era all'interno <strong>di</strong> Paranor. Questa<br />

certezza lo raggelò fino alle ossa. Mentre correva, chiamò a sé i propri<br />

uomini, pensando che forse c'era ancora tempo. Entrarono a passo <strong>di</strong><br />

carica nella rocca e imboccarono il corridoio che conduceva alla porta<br />

spalancata al nemico dai Drui<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori. Ma quando svoltarono un<br />

angolo, scorsero l'intero corridoio davanti a loro invaso da forme nere<br />

e aggobbite che continuavano a entrare dalla porta, brulicanti come uno<br />

sciame <strong>di</strong> insetti. Troppe per attaccare battaglia, comprese Caerid Lock.<br />

Si affrettò a riportare in<strong>di</strong>etro i suoi uomini, e le bestie si<br />

lanciarono subito al loro inseguimento. Le guar<strong>di</strong>e lasciarono quel piano<br />

e salirono a uno superiore, sbarrando le porte e abbassando le<br />

saracinesche, nel tentativo <strong>di</strong> bloccare l'accesso agli assalitori. Era<br />

un tentativo <strong>di</strong>sperato, ma a Caerid Lock non venne in mente altro.<br />

Giunti al piano superiore, riuscirono a bloccare tutte le entrate e si<br />

prepararono a <strong>di</strong>fendere le scale principali. A quel punto, il capitano<br />

poteva contare su cinquanta uomini, ma non sarebbero stati sufficienti.<br />

Ne mandò alcuni a chiamare i Drui<strong>di</strong> per farsi dare appoggio. Alcuni<br />

degli anziani conoscevano la magia, e per salvarsi occorreva fare<br />

appello a tutti i mezzi <strong>di</strong>sponibili. Mentre riuniva i suoi uomini, la<br />

sua mente correva. Non erano entrati con la forza, ma grazie a un<br />

tra<strong>di</strong>mento dall'interno. Avrebbe trovato i responsabili, giurò. E se ne<br />

sarebbe occupato <strong>di</strong> persona. In cima alla scalinata principale, la<br />

Guar<strong>di</strong>a si preparò a resistere. C'erano Elfi, Nani, Troll e alcuni


Gnomi, spalla contro spalla, schierati e pronti, tutti ugualmente<br />

risoluti. Caerid Lock era il primo, nel centro dello schieramento, la<br />

spada sguainata. Non cercò <strong>di</strong> ingannarsi, la sua era <strong>di</strong>fesa delle<br />

posizioni, tutt'al più, ed era condannata prima o poi alla <strong>di</strong>sfatta.<br />

Stava già pensando alla ritirata. Non poteva più fare nulla per le mura<br />

esterne, ormai perdute. Le mura interne e la rocca erano ancora loro,<br />

per il momento: gli ingressi bloccati, gli uomini schierati a <strong>di</strong>fesa. Ma<br />

tutti quegli sforzi sarebbero riusciti solo a rallentare l'avanzata <strong>di</strong><br />

un attaccante deciso, non certo a fermarlo. C'erano troppi passaggi<br />

nelle mura interne, ai livelli più alti come a quelli più bassi, perché<br />

gli uomini della Guar<strong>di</strong>a potessero resistere a lungo. Presto o tar<strong>di</strong> i<br />

nemici li avrebbero assaliti alle spalle, e a quel punto li avrebbe<br />

salvati soltanto la fuga. Dal basso, ai coman<strong>di</strong> del Messaggero del<br />

Teschio, venne preparato un attacco, e una schiera <strong>di</strong> mostri dalle zampe<br />

ricurve risalì la scala, in un'unica massa <strong>di</strong> zanne, artigli e lame<br />

d'acciaio. Caerid guidò la sua Guar<strong>di</strong>a in un contrattacco, e l'assalto<br />

venne respinto. I mostri tentarono una seconda carica, e anche questa<br />

volta la Guar<strong>di</strong>a dei Drui<strong>di</strong> riuscì a ricacciarli in<strong>di</strong>etro. Ma ormai una<br />

buona metà dei <strong>di</strong>fensori era morta o ferita e nessun altro soldato si<br />

era più unito a loro. Caerid Lock si guardò attorno, <strong>di</strong>sperato.<br />

Dov'erano i Drui<strong>di</strong>? Perché non rispondevano al segnale d'allarme? I<br />

mostri attaccarono una terza volta, in una massa irta <strong>di</strong> spine, <strong>di</strong> corpi<br />

striscianti e <strong>di</strong> arti che mulinavano, <strong>di</strong> urli striduli che si levavano<br />

da fauci spalancate. La Guar<strong>di</strong>a dei Drui<strong>di</strong> contrattaccò ancora una<br />

volta, aprendo gran<strong>di</strong> squarci nello schieramento dei mostri,<br />

ricacciandoli in<strong>di</strong>etro, giù per la scala, lasciandone una buona metà<br />

privi <strong>di</strong> vita sugli scalini resi scivolosi dal sangue. <strong>Di</strong>sperato, Caerid<br />

mandò un uomo a cercare aiuto dovunque potesse trovarne. Mentre stava<br />

per allontanarsi, lo afferrò per la giubba e gli <strong>di</strong>sse a bassa voce,<br />

perché nessun altro sentisse: "Cerca i Drui<strong>di</strong> e <strong>di</strong>' loro <strong>di</strong> fuggire<br />

finché sono ancora in tempo! <strong>Di</strong>' che Paranor è perduto. Corri subito a<br />

<strong>di</strong>rglielo! Poi fuggi anche tu!". L'uomo sbiancò in volto e corse via<br />

senza fare parola. Intanto, nelle tenebre sotto <strong>di</strong> loro, si stava<br />

preparando un altro assalto, tra grida gutturali e forme nere che si<br />

ammassavano. Poco dopo, in un punto più alto, nella zona riservata ai<br />

Drui<strong>di</strong>, si levò un grido straziante. Caerid Lock si sentì venir meno il<br />

cuore. E' finita, pensò, senza provare paura o rimpianto, ma unicamente<br />

nausea. Qualche istante più tar<strong>di</strong>, i mostri del Signore degli Inganni si<br />

lanciarono ancora una volta su per la scala. Caerid Lock e il suo esiguo<br />

gruppo si prepararono ad affrontarli, armi in pugno. Ma questa volta ce<br />

n'erano troppi. Kahle <strong>Re</strong>se dormiva nella biblioteca dei Drui<strong>di</strong> quando<br />

venne destato dal clamore dell'attacco. Aveva lavorato fino a tar<strong>di</strong><br />

catalogando le relazioni da lui stesso compilate nei cinque anni<br />

precedenti sulle variazioni climatiche e le loro ripercussioni sul<br />

raccolto, e alla fine si era addormentato al tavolo. Si destò con un<br />

sobbalzo, scosso dalle grida dei feriti, dal clangore delle armi, dal<br />

trepestio degli stivali. Sollevò la testa grigia e si guardò attorno,<br />

confuso, poi si alzò, si concesse un momento per riprendersi e si<br />

<strong>di</strong>resse alla porta. Osservò il corridoio, con circospezione. Le grida<br />

erano più forti, più terribili per la loro insistenza e atrocità. Alcuni<br />

uomini passarono <strong>di</strong> corsa davanti alla sua porta: soldati della Guar<strong>di</strong>a.


La rocca era stata assalita, capì. L'avvertimento <strong>di</strong> Bremen era arrivato<br />

ai sor<strong>di</strong>, e adesso pagavano lo scotto della loro sor<strong>di</strong>tà. Con sorpresa,<br />

si accorse <strong>di</strong> sapere già perfettamente cosa stava succedendo, e come<br />

sarebbe finita. Già sapeva che non sarebbe sopravvissuto a quella notte.<br />

Però esitò ancora, riluttante perfino in quella situazione ad accettare<br />

ciò che già sapeva. Ora il corridoio era vuoto, i suoni della battaglia<br />

provenivano dai piani inferiori. Pensò <strong>di</strong> uscire per controllare meglio<br />

la situazione, ma mentre stava valutando l'idea, una sagoma d'ombra si<br />

affacciò dalla scala posteriore. <strong>Il</strong> druido si affrettò a tirare in<strong>di</strong>etro<br />

la testa e guardò dalla fessura della porta. Una fila <strong>di</strong> nere creature<br />

deformi uscì barcollando dalla scala, forme irriconoscibili, mostri<br />

usciti dal suo peggiore incubo. Trasse un respiro e poi trattenne il<br />

fiato. Entravano in una stanza dopo l'altra avvicinandosi alla<br />

biblioteca dove lui era nascosto. Accostò il battente senza fare rumore<br />

e lo chiuse con la sbarra. Per un momento restò fermo <strong>di</strong>etro la porta,<br />

incapace <strong>di</strong> muoversi. Un fiotto d'immagini gli tornò alla mente: ricor<strong>di</strong><br />

dei suoi primi giorni <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>stato, della sua successiva carica <strong>di</strong><br />

druido scrivano, dei suoi continui sforzi per raccogliere e conservare<br />

gli scritti del vecchio mondo e <strong>di</strong> Faerie. Tante cose erano successe, ma<br />

in un tempo tanto breve. Scosse la testa per la meraviglia. Come poteva<br />

finire tutto così in fretta? Ormai le grida si avvicinavano: grida che<br />

venivano dalla porta accanto alla sua e dal corridoio dove si aggiravano<br />

i mostri in cerca <strong>di</strong> vittime. Non gli rimaneva molto tempo. Raggiunse in<br />

fretta la scrivania e prelevò il sacchetto <strong>di</strong> pelle affidatogli da<br />

Bremen. Forse avrebbe fatto meglio ad allontanarsi con il suo vecchio<br />

amico, pensò. Forse avrebbe dovuto salvarsi finché ne aveva il tempo. Ma<br />

chi avrebbe protetto le Storie dei Drui<strong>di</strong>, se fosse fuggito? Su chi<br />

altri avrebbe potuto fare affidamento Bremen? Inoltre, quello era il<br />

posto a cui apparteneva: ormai non conosceva più il mondo esterno, era<br />

passato troppo tempo dall'ultima volta che vi si era inoltrato. Al <strong>di</strong><br />

fuori <strong>di</strong> quelle mura, lui non sarebbe servito a nessuno. Lì, se non<br />

altro, poteva ancora compiere qualcosa <strong>di</strong> utile. Raggiunse lo scaffale<br />

mobile che faceva da porta segreta per il nascon<strong>di</strong>glio delle Storie dei<br />

Drui<strong>di</strong> e fece scattare il meccanismo che lo apriva. Entrò e si guardò<br />

attorno. La stanza era piena <strong>di</strong> grossi libri rilegati in pergamena. Fila<br />

dopo fila, <strong>di</strong>sposti in sequenza, or<strong>di</strong>natamente numerati, quei volumi<br />

erano i depositari <strong>di</strong> tutte le conoscenze e <strong>di</strong> tutte le leggende<br />

raccolte dai Drui<strong>di</strong> a partire dall'epoca del <strong>Primo</strong> Consiglio: conoscenze<br />

provenienti dall'epoca <strong>di</strong> Faerie, dai tempi dell'Uomo e da quello delle<br />

Gran<strong>di</strong> Guerre. Ogni pagina <strong>di</strong> quei libri era piena <strong>di</strong> informazioni<br />

debitamente raccolte e registrate: alcune avevano trovato spiegazione,<br />

altre rimanevano ancora un mistero, ma nel loro complesso costituivano<br />

tutte le conoscenze <strong>di</strong>sponibili sulla scienza e sulla magia passate e<br />

presenti. Molto <strong>di</strong> quello che era contenuto in quei libri era stato<br />

scritto dallo stesso Kahle <strong>Re</strong>se: rapporti vergati con attenzione, riga<br />

dopo riga, per più <strong>di</strong> quarant'anni. Quelle registrazioni costituivano il<br />

principale motivo d'orgoglio del vecchio druido, il riassunto del lavoro<br />

<strong>di</strong> una vita, il risultato <strong>di</strong> cui si compiaceva. Si accostò al più vicino<br />

scaffale, trasse un profondo respiro e aprì i lacci del sacchetto <strong>di</strong><br />

Bremen. <strong>Di</strong>ffidava <strong>di</strong> tutta la magia, ma non aveva scelta. E poi, Bremen<br />

non l'avrebbe mai ingannato. Quella che interessava a entrambi era la


salvezza delle Storie: esse dovevano sopravvivere a Kahle <strong>Re</strong>se, come<br />

previsto fin dal momento della loro stesura. Dovevano sopravvivere a<br />

tutti i Drui<strong>di</strong>. Prese una generosa manciata della luccicante polvere<br />

argentea che trovò nel sacchetto e la gettò su una parte dei libri.<br />

Imme<strong>di</strong>atamente, l'intera scaffalatura prese a brillare come un miraggio<br />

nella calura estiva. Kahle esitò, poi gettò un'altra manciata <strong>di</strong> polvere<br />

nella cortina liquida. Libri e scaffali sparirono. Allora prese a<br />

muoversi più in fretta, gettando manciate <strong>di</strong> polvere su ciascuno<br />

scaffale, su ciascun gruppo <strong>di</strong> libri, e a uno a uno li vide brillare e<br />

sparire. Qualche momento più tar<strong>di</strong>, le Storie dei Drui<strong>di</strong> erano<br />

completamente sparite. Rimaneva soltanto una stanza con quattro pareti<br />

spoglie e un lungo tavolo <strong>di</strong> lettura al centro. Kahle <strong>Re</strong>se annuì<br />

sod<strong>di</strong>sfatto. Adesso le Storie erano salve. Anche se la stanza fosse<br />

stata scoperta, il suo contenuto sarebbe rimasto nascosto. Era quanto <strong>di</strong><br />

meglio si potesse sperare. Ritornò nell'altra stanza e tutt'a un tratto<br />

provò una profonda stanchezza. Sentì grattare alla porta: con artigli<br />

inadatti a quel compito, qualche creatura cercava <strong>di</strong> afferrare il pomo<br />

della porta e <strong>di</strong> girarlo. Kahle chiuse accuratamente lo scaffale mobile<br />

e s'infilò in tasca il sacchetto <strong>di</strong> pelle, ormai quasi vuoto. Tornò alla<br />

scrivania e si appoggiò ad essa. Non aveva armi. Non aveva un posto dove<br />

fuggire. Non poteva fare altro che attendere. Nel corridoio, corpi<br />

pesanti si lanciarono contro la porta, scheggiandola. Un momento più<br />

tar<strong>di</strong>, il legno si ruppe e con un forte tonfo il battente andò a<br />

fracassarsi contro la parete. Tre bestie dalla schiena curva entrarono<br />

ciondolando: quando scorsero il druido, i loro occhi stretti e iniettati<br />

<strong>di</strong> sangue si accesero d'o<strong>di</strong>o. Senza battere ciglio, Kahle <strong>Re</strong>se le guardò<br />

avvicinarsi. La più vicina impugnava una corta picca. Qualcosa nel<br />

portamento dell'uomo davanti a lei la infuriò. Quando fu giunta <strong>di</strong>nanzi<br />

a Kahle <strong>Re</strong>se, gli piantò l'arma nel petto, uccidendolo all'istante.<br />

Allorché tutto fu finito, allorché tutti i membri superstiti della<br />

Guar<strong>di</strong>a furono raggiunti e massacrati, i Drui<strong>di</strong> sopravvissuti vennero<br />

strappati ai loro nascon<strong>di</strong>gli e spinti come animali imbelli nella sala<br />

<strong>di</strong> riunione del Consiglio, dove furono costretti a inginocchiarsi a<br />

terra, circondati dai mostri che li avevano sconfitti. Athabasca, che<br />

era tra quelli ancora vivi, venne riconosciuto e portato davanti al<br />

Messaggero del Teschio. La creatura fissò l'imponente figura del Grande<br />

Druido dalla folta chioma bianca, poi gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> inchinarsi a lei e<br />

<strong>di</strong> riconoscerla come suo padrone. Quando Athabasca, orgoglioso e<br />

sprezzante anche nella sconfitta, si rifiutò <strong>di</strong> farlo, la creatura lo<br />

afferrò per il collo, puntò lo sguardo nei suoi occhi atterriti e glieli<br />

bruciò con una vampata <strong>di</strong> fuoco scaturitagli dalle orbite. Athabasca<br />

venne lasciato sulle pietre del pavimento, in preda a un tormento<br />

atroce, e nella grande sala del Consiglio scese bruscamente il silenzio.<br />

I sibili e le voci chiocce si spensero, cessò lo stridore degli artigli<br />

e il <strong>di</strong>grignare dei denti. Nell'assoluto, cupo e minaccioso silenzio,<br />

tutti gli occhi furono calamitati verso l'entrata della sala, la cui<br />

porta a doppio battente pendeva sfondata dai car<strong>di</strong>ni. Là, nello<br />

squarcio, le ombre parvero coagularsi e prendere forma, sino a <strong>di</strong>ventare<br />

un'alta figura, avvolta in un nero mantello, che invece <strong>di</strong> posare i<br />

pie<strong>di</strong> sul terreno come gli uomini era sospesa a mezz'aria, leggera e<br />

incorporea come fumo. Un soffio glaciale percorse l'intera sala al suo


arrivo, un gelo che entrò nel midollo dei Drui<strong>di</strong> prigionieri. A uno a<br />

uno, i mostri che li avevano catturati s'inginocchiarono e chinarono la<br />

testa, mentre dalle loro bocche si levava un basso mormorio. Padrone.<br />

Padrone. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni posò lo sguardo sui Drui<strong>di</strong> sconfitti e<br />

si compiacque alla loro vista. Erano suoi, adesso. Paranor era suo. Dopo<br />

tanti secoli poteva assaporare la vendetta. Permise alle sue creature <strong>di</strong><br />

alzarsi in pie<strong>di</strong>, poi tese il braccio verso Athabasca. Incapace <strong>di</strong><br />

opporsi, cieco e dolorante, il Grande Druido si sollevò in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

scatto, come tirato da fili invisibili. Si sollevò al <strong>di</strong> sopra degli<br />

altri Drui<strong>di</strong>, gridando per il terrore. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni mosse<br />

ancora il braccio, e il <strong>Primo</strong> Druido tacque e s'immobilizzò<br />

sinistramente. Un altro movimento e Athabasca cominciò a cantilenare,<br />

con voce incrinata dal dolore: "Padrone. Padrone. Padrone".I Drui<strong>di</strong><br />

raccolti attorno a lui abbassarono la testa per la vergogna e la<br />

collera. Alcuni piansero. Invece, la massa degli scherani del Signore<br />

degli Inganni fischiò <strong>di</strong> piacere, <strong>di</strong>vertita dalla scena, e in omaggio al<br />

suo padrone levò in alto le braccia munite <strong>di</strong> artigli. Poi il Signore<br />

degli Inganni mosse la testa, e il Messaggero del Teschio colpì con una<br />

rapi<strong>di</strong>tà terribile, il cuore dal petto <strong>di</strong> Athabasca vivo. <strong>Il</strong><br />

Grande Druido si inarcò e proruppe in un grido quando il suo petto fu<br />

squarciato, poi si afflosciò su se stesso e morì. Per alcuni, eterni<br />

momenti, il Signore degli Inganni lo tenne sollevato sopra i suoi<br />

compagni, come una bambola <strong>di</strong> pezza, mentre sotto <strong>di</strong> lui si allargava<br />

una macchia <strong>di</strong> sangue. Lo fece dondolare avanti e in<strong>di</strong>etro, e infine lo<br />

lasciò cadere a terra, un mucchietto <strong>di</strong> carne lacerata e ossa rotte. Poi<br />

fece portare via tutti i Drui<strong>di</strong> e li fece spingere come bestie nelle più<br />

profonde segrete <strong>di</strong> Paranor, dove vennero murati vivi. Quando le loro<br />

grida lasciarono il posto al silenzio, si avviò lungo le scale e i<br />

corridoi della rocca, alla ricerca delle Storie dei Drui<strong>di</strong>. Aveva<br />

<strong>di</strong>strutto i Drui<strong>di</strong>, ora doveva <strong>di</strong>struggere il loro sapere. O portarne<br />

con sé la parte che gli poteva essere utile. Cercò <strong>di</strong> fare in fretta,<br />

perché qualcosa cominciava ad agitarsi nel pozzo senza fondo su cui<br />

sorgeva il castello; laggiù qualche antica magia si stava ridestando, in<br />

reazione alla sua presenza. Nel suo regno, il Signore degli Inganni non<br />

temeva nemici, ma lì, nel covo dei suoi più forti avversari, non sapeva<br />

che rischi poteva correre. Trovò la biblioteca e la esaminò da cima a<br />

fondo. Scoprì lo scaffale mobile e la camera segreta, ma era vuota. Era<br />

stata messa in atto qualche magia, notò, ma non riuscì a scoprirne<br />

l'origine e lo scopo. Quanto alle Storie, non ce n'era traccia. Nelle<br />

profon<strong>di</strong>tà del Pozzo dei Drui<strong>di</strong>, le scosse <strong>di</strong>vennero più intense.<br />

Qualcosa si era liberato per effetto della sua venuta, e adesso stava<br />

uscendo dal pozzo per cercarlo. La cosa gli <strong>di</strong>ede alquanto fasti<strong>di</strong>o: un<br />

potere <strong>di</strong> quella fatta, messo <strong>di</strong> sentinella per combatterlo! Non<br />

potevano essere stati quei miserabili mortali che aveva sconfitto così<br />

facilmente: non erano più capaci <strong>di</strong> invocare poteri simili. Piuttosto,<br />

doveva essere stato colui che <strong>di</strong> recente si era spinto nel suo<br />

territorio e <strong>di</strong> cui le sue creature avevano seguito la pista, il druido<br />

Bremen. Ritornò nella sala del Consiglio, desideroso, a quel punto, <strong>di</strong><br />

allontanarsi il più in fretta possibile, perché il suo compito lì era<br />

terminato. Si fece portare i tre che avevano tra<strong>di</strong>to Paranor. Non si<br />

rivolse loro con la voce, non ne erano degni, ma comunicò con il


pensiero. I tra<strong>di</strong>tori si prostrarono davanti a lui tremebon<strong>di</strong>,<br />

sottomessi come pecore: tre miserabili che avevano preteso <strong>di</strong> innalzarsi<br />

al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ciò che erano. Padrone, piagnucolarono in tono abietto e<br />

servile. Padrone, noi obbe<strong>di</strong>amo soltanto a te! Quanti Drui<strong>di</strong> sono<br />

sfuggiti, oltre a Bremen? Soltanto tre, Padrone. Un nano, Risca. Un<br />

elfo, Tay Trefenwyd. Una giovane donna del Sud, Mareth. Si sono<br />

allontanati con Bremen? Sì, con Bremen. Nessun altro è fuggito? No,<br />

Padrone, nessuno. Ritorneranno. verrànno a sapere della caduta <strong>di</strong><br />

Paranor e vorranno accertarsene. Voi li aspetterete. Sarete voi a finire<br />

quello che io ho iniziato. Poi sarete come me. Sì, Padrone, sì!<br />

Alzatevi. Si alzarono in fretta, ansiosi <strong>di</strong> compiacerlo: tre spiriti<br />

spezzati, tre menti schiave del suo volere. Eppure non avevano la forza<br />

<strong>di</strong> compiere quanto era richiesto loro, e <strong>di</strong> conseguenza occorreva<br />

cambiarli. Li toccò con la sua magia, li avvolse in legami sottili come<br />

seta e robusti come acciaio, e rubò loro quanto ancora rimaneva <strong>di</strong><br />

umano. Le grida dei tre Drui<strong>di</strong> echeggiarono nei corridoi vuoti, mentre<br />

li trasformava senza pietà in qualcosa <strong>di</strong> nuovo: i loro arti si<br />

agitarono <strong>di</strong>speratamente, le loro teste scattarono senza controllo e gli<br />

occhi parvero schizzare dalle orbite. Quando il Signore degli Inganni<br />

ebbe terminato, i tre non erano più riconoscibili. Li lasciò così, poi,<br />

seguito obbe<strong>di</strong>entemente dagli altri suoi servitori, scomparve nella<br />

notte, abbandonando il castello dei Drui<strong>di</strong> agli agonizzanti e ai morti.<br />

7<br />

Bremen tese la mano a Risca, prima <strong>di</strong> separarsi da lui, e il nano la<br />

strinse a lungo nella sua. Si trovavano davanti alla grotta dove s'erano<br />

riparati dopo avere lasciato il Perno dell'Ade e i suoi spettri. Era<br />

quasi mezzogiorno, la pioggia si era ridotta a una fine acquerugiola e<br />

il cielo cominciava a rischiararsi a occidente, al <strong>di</strong> sopra delle vette<br />

scure dei Denti del Drago. "A quanto pare, non appena ci incontriamo<br />

dobbiamo nuovamente separarci" brontolò Risca. "Non so come riusciamo a<br />

rimanere amici. Non so perché ci preoccupiamo <strong>di</strong> esserlo." "Perché non<br />

abbiamo scelta" <strong>di</strong>sse Tay Trefenwyd, che era accanto a loro. "Non c'è<br />

nessun altro che ci sopporti." "Vero" rispose il nano, sorridendo<br />

controvoglia. "Be', così metteremo a prova la nostra amicizia. Sparsi<br />

dall'Est all'Ovest e chissà dove altro, senza sapere quando ci<br />

incontreremo <strong>di</strong> nuovo." Strinse forte la mano <strong>di</strong> Bremen. "Abbi cura <strong>di</strong><br />

te." "Anche tu, mio caro amico" rispose il vecchio druido. "Tay<br />

Trefenwyd!" gridò il nano, girandosi verso <strong>di</strong> lui. Si stava già avviando<br />

lungo il sentiero. "Non scordarti della promessa! Riunisci gli Elfi e<br />

portali nell'Est! Venite a combattere con noi contro il Signore degli<br />

Inganni! Contiamo sul vostro aiuto!" "Arrivederci, Risca!" gridò Tay. <strong>Il</strong><br />

nano agitò la mano in segno <strong>di</strong> saluto e si issò lo zaino sulle spalle<br />

robuste; la daga gli dondolava al fianco. "Buona fortuna, Orecchie a<br />

Punta. Fa' attenzione! Guardati le spalle!" Si <strong>di</strong>vertivano sempre a<br />

canzonarsi, l'elfo e il nano, due vecchi amici che amavano quel tipo <strong>di</strong><br />

battute, abituati a nascondere <strong>di</strong>etro le piccole punzecchiature le<br />

emozioni che non amavano esternare a parole. Kinson Ravenlock, in<br />

<strong>di</strong>sparte, ascoltava quello scambio verbale e rimpiangeva <strong>di</strong> non avere<br />

avuto il tempo <strong>di</strong> conoscerli meglio. Ma occorreva rimandare al futuro<br />

quel genere <strong>di</strong> rapporti. Risca era partito e Tay li avrebbe lasciati al<br />

Passo <strong>di</strong> Kennon, dove loro avrebbero piegato a nord verso Paranor,


mentre l'elfo avrebbe proseguito a ovest per raggiungere Arborlon. <strong>Il</strong><br />

cacciatore della Frontiera scosse la testa. La separazione doveva essere<br />

molto dura per Bremen, che non vedeva Risca e Tay da due anni. Ne<br />

sarebbero passati altri due prima che li rivedesse? Quando Risca fu<br />

scomparso, Bremen e i suoi tre compagni presero un sentiero che li portò<br />

alla base dei monti e poi proseguirono a occidente, sulla sponda<br />

settentrionale del Mermidon, rifacendo in senso inverso il cammino che<br />

li aveva portati laggiù. Continuarono a camminare anche dopo il<br />

tramonto, per accamparsi infine all'ombra <strong>di</strong> una macchia <strong>di</strong> ontani, in<br />

un punto abbastanza isolato, dove il Mermidon si biforcava. <strong>Il</strong> cielo si<br />

era rasserenato e splendeva <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> stelle, la cui luce si<br />

rifletteva in uno sfavmio multicolore sulla placida superficie del<br />

fiume. <strong>Il</strong> gruppo si raccolse sulla riva e cenò senza smettere <strong>di</strong><br />

guardarsi attorno nel buio. Nessuno aveva molta voglia <strong>di</strong> parlare. Tay<br />

avvertì Bremen <strong>di</strong> fare molta attenzione, una volta all'interno <strong>di</strong><br />

Paranor. Se quanto gli era stato mostrato nella visione era già successo<br />

e il castello dei Drui<strong>di</strong> era caduto, era probabile che il Signore degli<br />

Inganni o qualcuno dei suoi adepti fosse rimasto all'interno. Oppure,<br />

aggiunse l'elfo, che vi avesse lasciato trappole per catturare quei<br />

Drui<strong>di</strong> che, dopo essere sfuggiti al massacro, fossero stati così<br />

sciocchi da tornare. Lo <strong>di</strong>sse in tono leggero, e Bremen gli rispose con<br />

un sorriso. Kinson notò che nessuno dei due metteva in dubbio la<br />

probabile <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Paranor. Doveva essere stata una notizia molto<br />

amara per loro, ma nessuno dei due dava libero corso alle emozioni. Si<br />

erano imposti <strong>di</strong> non indugiare sul passato. Adesso, la sola cosa<br />

importante era il futuro. A questo scopo, Bremen parlò <strong>di</strong>ffusamente a<br />

Tay della sua visione della Pietra Nera, soffermandosi sui particolari<br />

<strong>di</strong> quello che aveva visto e provato, e <strong>di</strong> ciò che ne aveva dedotto.<br />

Kinson lo ascoltò senza molto interesse, lanciando ogni tanto<br />

un'occhiata a Mareth che faceva come lui. Si chiese cosa pensasse la<br />

fanciulla, adesso che i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor, assai probabilmente, erano<br />

stati <strong>di</strong>strutti. Si chiese se si rendesse conto <strong>di</strong> come era cambiata ora<br />

la sua posizione all'interno del gruppo. Mareth aveva a malapena detto<br />

qualche parola, da quando erano usciti dalla Valle d'Argilla, e durante<br />

i <strong>di</strong>scorsi tra Bremen, Risca e Tay si era tenuta in <strong>di</strong>sparte,<br />

limitandosi a guardare e ad ascoltare. Un po' come lui, pensò Kinson.<br />

Infatti anche lei era un'estranea, ancora alla ricerca del proprio<br />

posto: non era un druido come gli altri, non era ancora stata messa alla<br />

prova, non era del tutto accettata come eguale. La osservò, cercando <strong>di</strong><br />

valutare la sua resistenza, la sua volontà. Le sarebbero occorse<br />

entrambe, con quello che la aspettava. Più tar<strong>di</strong>, quando la giovane<br />

donna dormiva, Tay era <strong>di</strong>steso accanto a lei e Bremen stava <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a,<br />

Kinson si tolse il mantello che gli serviva da coperta e andò a sedersi<br />

accanto al vecchio druido. Bremen non fece commenti quando si avvicinò,<br />

e continuò a scrutare nel buio. Kinson si sedette, incrociò davanti a sé<br />

le lunghe gambe e si drappeggiò comodamente sulle spalle il mantello. La<br />

notte era calda, più primaverile <strong>di</strong> quanto non lo fossero state le<br />

precedenti, e nell'aria c'era profumo <strong>di</strong> fiori, germogli ed erba. Dalle<br />

montagne scendeva una lieve brezza che faceva stormire le fronde e<br />

increspava l'acqua del fiume. I due uomini sedettero in silenzio per<br />

qualche minuto, tendendo l'orecchio ai rumori della notte, ciascuno


perso nei propri pensieri. "Corri un grave rischio, ritornando al<br />

castello" osservò infine Kinson. "Un rischio necessario" puntualizzò<br />

Bremen. "Sei certo della caduta <strong>di</strong> Paranor, vero?" Per un momento,<br />

Bremen non rispose, ma s'immobilizzò come se fosse <strong>di</strong> pietra; poi,<br />

lentamente, mosse la testa in segno d'assenso. "Se è così, per te sarà<br />

molto pericoloso" continuò Kinson. "Brona ti dà già la caccia. Forse sa<br />

della tua visita a Paranor. Si aspetterà un tuo ritorno." <strong>Il</strong> vecchio<br />

druido si voltò verso il compagno; alla luce delle stelle, la sua faccia<br />

sembrava ancor più rugosa e indurita dal sole e dal vento, scavata da<br />

una vita <strong>di</strong> lotte e delusioni. "So già queste cose, Kinson. E tu sai che<br />

le so. Allora, perché me ne parli?" "Perché te ne ricor<strong>di</strong>" rispose con<br />

fermezza il cacciatore della Frontiera. "Perché tu sia ancor più cauto<br />

del solito. Le visioni sono un'ottima cosa, ma sono ingannevoli. Non mi<br />

fido <strong>di</strong> loro. Non dovresti fidartene neanche tu. Almeno, non del tutto."<br />

"Ti riferisci alla visione <strong>di</strong> Paranor, suppongo." Kinson annuì. "La<br />

rocca caduta e i Drui<strong>di</strong> uccisi fino all'ultimo. Tutto abbastanza chiaro.<br />

Ma la sensazione <strong>di</strong> qualcosa in attesa, qualcosa <strong>di</strong> pericoloso... questo<br />

è l'aspetto allarmante. Se è così, la minaccia non assumerà una delle<br />

forme che t'aspetti." Bremen si strinse nelle spalle. "No, suppongo <strong>di</strong><br />

no. Ma non ha importanza. Devo assicurarmi che Paranor sia perduto<br />

davvero, non mi bastano i miei sospetti, per quanto forti. E devo<br />

recuperare l'Eilt Druin. <strong>Il</strong> medaglione dev'essere parte integrante del<br />

talismano che sconfiggerà il Signore degli Inganni. La visione era<br />

chiara su questo punto. Una spada, Kinson, che io devo costruire, che io<br />

devo forgiare, e in cui devo infondere una magia che Brona non possa<br />

vincere. <strong>Di</strong> tutto questo, l'Eilt Druin è la sola parte che mi sia stata<br />

mostrata: il medaglione era chiaramente visibile sul manico dell'arma.<br />

Comincerò da lì. Devo recuperare il medaglione e poi determinare che<br />

altro mi servirà." Kinson lo fissò per qualche istante senza parlare.<br />

"Hai già fatto un piano, vero?". "L'abbozzo <strong>di</strong> un piano" sorrise il<br />

vecchio. "Mi conosci bene, caro amico." "Ti conosco abbastanza bene per<br />

prevedere, <strong>di</strong> tanto in tanto, qualcuna delle tue mosse" rispose Kinson,<br />

sospirando e guardando oltre il fiume. "Non che la cosa mi serva molto,<br />

quando si tratta <strong>di</strong> spingerti a una maggiore cautela." "Oh, non ne sarei<br />

tanto sicuro." Davvero? si chiese stancamente il cacciatore della<br />

Frontiera. Ma non mise in dubbio l'affermazione <strong>di</strong> Bremen, nella<br />

speranza che fosse almeno parzialmente vera, che il vecchio druido gli<br />

desse davvero retta, almeno quando si trattava della sua incolumità.<br />

Strano che Bremen, nel crepuscolo della vita, fosse assai più temerario<br />

<strong>di</strong> lui, che era tanto più giovane. Kinson era sempre vissuto in base al<br />

precetto della Frontiera che un solo passo falso costituisce la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra la vita e la morte, che sapere quando agire e quando<br />

aspettare è in<strong>di</strong>spensabile per rimanere sani e salvi. Bremen conosceva<br />

perfettamente queste regole, ma non sempre vi si atteneva. Bremen era<br />

assai più portato <strong>di</strong> Kinson a sfidare il destino. Probabilmente, la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra loro era dovuta alla magia, pensò. Lui era più forte <strong>di</strong><br />

Bremen e aveva i riflessi più rapi<strong>di</strong>, e il suo istinto era più sicuro,<br />

ma Bremen aveva la magia ad aiutarlo, e la magia funzionava sempre.<br />

Questa considerazione <strong>di</strong>ede a Kinson una certa rassicurazione sul fatto<br />

che il vecchio druido godesse <strong>di</strong> una protezione in più. Ma avrebbe<br />

preferito che tale protezione fosse ancora maggiore. Stese le gambe per


sgranchirle e incrociò le braccia. "Che è successo, laggiù con Mareth?"<br />

chiese poi all'improvviso. "Al Perno dell'Ade, quando sei svenuto e lei<br />

ti ha raggiunto per prima?" "E' una giovane interessante, la nostra<br />

Mareth" commentò il druido, con una sfumatura d'affetto nella voce. Si<br />

girò <strong>di</strong> nuovo verso Kinson, ma il suo sguardo era perso lontano.<br />

"Ricor<strong>di</strong> che ha detto <strong>di</strong> avere una sua forma <strong>di</strong> magia? Be',<br />

l'affermazione era corretta. E' possibile che mi sbagli, perché non sono<br />

del tutto certo della sua natura, ma credo <strong>di</strong> aver capito qualcosa. E'<br />

una forma <strong>di</strong> empatia, Kinson. Le sue capacità <strong>di</strong> guaritrice si basano su<br />

questo potere. Può prendere su <strong>di</strong> sé il dolore <strong>di</strong> un'altra persona e<br />

così farlo <strong>di</strong>minuire. Può assorbire i danni <strong>di</strong> un altro e accelerarne la<br />

guarigione. L'ha fatto con me al Perno dell'Ade. La scossa da me provata<br />

quando ho avuto le visioni e sono stato toccato dalle ombre dei morti mi<br />

ha fatto perdere i sensi. Ma lei mi ha sollevato - ho sentito le sue<br />

manie mi ha fatto risvegliare, <strong>di</strong> nuovo forte e guarito." Batté gli<br />

occhi. "E' stato molto chiaro. Tu hai visto l'effetto che ha avuto su <strong>di</strong><br />

lei?" Kinson sporse il labbro, riflettendo. "Sembrava aver perso le<br />

forze, per un breve tempo, poi si è ripresa. Però i suoi occhi...<br />

Sull'altura, quando sei scomparso nella tempesta mentre parlavi con<br />

l'ombra <strong>di</strong> Galaphile, Mareth ha detto che poteva vederti, mentre nessun<br />

altro riusciva a scorgerti. Ebbene, i suoi occhi erano bianchi." "La sua<br />

magia sembra alquanto complessa, non cre<strong>di</strong>?" "E' magia empatica, <strong>di</strong>ci. E<br />

certo non piccola." "No. Non c'è niente <strong>di</strong> piccolo nella magia <strong>di</strong><br />

Mareth. E' molto potente. Probabilmente è nata così e ha cercato <strong>di</strong><br />

potenziare la sua abilità nel corso degli anni. <strong>Di</strong> sicuro l'ha fatto<br />

quando era presso gli Stor." S'interruppe. "Mi chiedo se Athabasca se<br />

n'è accorto. Anzi, se qualcuno <strong>di</strong> loro se n'è accorto." "Non è una<br />

persona che riveli molto <strong>di</strong> se stessa. Non vuole che nessuno le si<br />

accosti troppo" commentò Kinson, tornando a sporgere il labbro. "Però,<br />

sembra davvero nutrire una grande ammirazione per te. Mi ha detto che<br />

per lei era molto importante accompagnarti in questo viaggio." Bremen<br />

annuì. "Sì, dobbiamo ancora scoprire molti segreti che riguardano<br />

Mareth. Tra noi due, dovremo trovare il modo <strong>di</strong> portarli alla luce."<br />

Buona fortuna, avrebbe voluto augurargli Kinson, ma tenne per sé questa<br />

considerazione ironica. Si rammentava della ritrosia <strong>di</strong> Mareth<br />

nell'accettare una piccola cortesia come l'offerta del mantello. Ci<br />

sarebbe voluta una serie <strong>di</strong> avvenimenti davvero speciali, per<br />

convincerla a <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> se stessa, pensò. E il futuro non<br />

riserbava loro niente del genere, vero? Continuò a sedere accanto a<br />

Bremen sulla riva del Mermidon, senza parlare, senza muoversi, con lo<br />

sguardo perso lontano, al <strong>di</strong> là della riva opposta. Da qualche cupo<br />

recesso della memoria, senza bisogno <strong>di</strong> invitarle, continuarono ad<br />

affacciarsi nella sua mente le immagini <strong>di</strong> tutto ciò che temeva <strong>di</strong><br />

incontrare. Si misero in moto all'alba e per tutto il giorno<br />

proseguirono il cammino ai pie<strong>di</strong> dei Denti del Drago, costeggiando il<br />

Mermidon. La giornata <strong>di</strong>venne più calda, la temperatura salì, l'umi<strong>di</strong>tà<br />

e la calura appesantirono l'aria. Tutti si tolsero i pesanti mantelli da<br />

viaggio e bevvero enormi quantità d'acqua. Nel pomeriggio si fermarono<br />

alcune volte per riposare, e quando arrivarono al Passo <strong>di</strong> Kennon era<br />

ancora chiaro. Laggiù Tay Trefenwyd li lasciò per proseguire attraverso<br />

la pianura fino alle foreste <strong>di</strong> Arborlon. "Quando troverai la Pietra


Nera, Tay, non pensare <strong>di</strong> poterla usare" lo avvertì Bremen, nel<br />

separarsi da lui. "Non usarla per nessuna ragione. Neppure se sarete<br />

minacciati. La sua magia è abbastanza forte da poter compiere<br />

letteralmente qualsiasi cosa, ma è altrettanto pericolosa. Ogni magia<br />

richiede un prezzo per il suo impiego. Lo sai bene quanto me. E il<br />

prezzo per l'uso della Pietra Nera è troppo alto." "Potrebbe<br />

<strong>di</strong>struggermi" concluse Tay, precedendolo. "Siamo esseri mortali, tu e<br />

io" commentò pacatamente Bremen. "Dobbiamo camminare in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong>,<br />

quando si tratta <strong>di</strong> magia. <strong>Il</strong> tuo compito consiste nel recuperare la<br />

Pietra Nera e portarla a me. Noi non cercheremo <strong>di</strong> usarla. Vogliamo<br />

soltanto impe<strong>di</strong>re al Signore degli Inganni <strong>di</strong> servirsene. Rammentalo."<br />

"Me lo rammenterò, Bremen." "Avverti Courtann Ballindarroch del<br />

pericolo. Convincilo a mandare l'esercito in aiuto <strong>di</strong> Raybur e dei Nani.<br />

Non deludermi." "Sarà fado." <strong>Il</strong> druido degli Elfi gli strinse la mano,<br />

la lasciò e si allontanò agitando spavaldo il braccio. "Un'altra<br />

memorabile riunione, vero?" salutò. "Tienilo d'occhio, Kinson. Fa'<br />

attenzione, Mareth. Buona fortuna a tutti." Fischiettando allegramente,<br />

si girò per rivolgere loro un ultimo sorriso. Poi allungò il passo,<br />

s'infilò tra gli alberi e le rocce e non lo si vide più. Bremen si fermò<br />

ancora per qualche minuto per decidere, con Kinson e Mareth, se<br />

proseguire lungo il passo o aspettare il mattino. A quanto pareva, si<br />

stava avvicinando un'altra tempesta, ma ad aspettare che il tempo si<br />

rasserenasse c'era il rischio <strong>di</strong> perdere altri due giorni. Kinson vedeva<br />

che il vecchio druido era ansioso <strong>di</strong> proseguire per raggiungere Paranor<br />

e scoprire la verità. Erano riposati e pronti a ripartire, perciò<br />

propose <strong>di</strong> continuare. Mareth si associò a lui. Bremen sorrise loro con<br />

riconoscenza, e fece segno <strong>di</strong> proseguire. Giunsero in cima al passo<br />

mentre il sole calava <strong>di</strong>etro l'orizzonte e scivolava via dalla vista. <strong>Il</strong><br />

cielo rimaneva chiaro, l'aria era tiepida, si camminava senza fatica e<br />

riuscirono a fare molta strada. A mezzanotte iniziarono la <strong>di</strong>scesa nella<br />

valle settentrionale. <strong>Il</strong> vento si era alzato, e giungeva ululando da<br />

sudovest, senza interruzione, sollevando terra e foglie e formando<br />

mulinelli che riempivano l'aria <strong>di</strong> polvere. Dovettero camminare a testa<br />

bassa finché non furono al <strong>di</strong> sotto della cresta delle montagne e il<br />

vento non perse forza. Davanti a loro, la sagoma scura della rocca dei<br />

Drui<strong>di</strong> era chiaramente visibile sullo sfondo del cielo stellato: torri<br />

spoglie e bastioni spezzati. Dalle finestre e dagli spalti non veniva<br />

alcuna luce. Né suoni né movimenti turbavano il silenzio del castello.<br />

Arrivati in fondo alla valle, la foresta li inghiottì. Luna e stelle<br />

rischiararono il loro cammino tra le ombre profonde, li guidarono verso<br />

la rocca. La strada era costeggiata da una doppia schiera <strong>di</strong> alberi<br />

antichi e massicci, che torreggiavano sopra <strong>di</strong> loro come le colonne <strong>di</strong><br />

un tempio. <strong>Di</strong> tanto in tanto incontravano radure ammorbi<strong>di</strong>te dall'erba<br />

fitta e stretti torrenti. Intorno a loro, la notte era immobile e<br />

sonnolenta, e il solo rumore era il fruscio del vento, che si era levato<br />

<strong>di</strong> nuovo e soffiava su <strong>di</strong> loro sotto forma <strong>di</strong> brusche folate, scuotendo<br />

i mantelli e i rami degli alberi come se fossero lenzuola stese ad<br />

asciugare. Bremen continuò a camminare in fretta, senza soste, con un<br />

passo che smentiva la sua età e costituiva una sfida per i suoi<br />

accompagnatori più giovani. Kinson e Mareth si scambiavano occhiate. <strong>Il</strong><br />

druido doveva avere fatto appello a una riserva nascosta d'energia. Era


<strong>di</strong>ventato duro e resistente come l'acciaio. L'alba non era ancora sorta<br />

quando raggiunsero Paranor. Rallentarono il passo giungendo in vista del<br />

castello, che parve materializzarsi dai varchi tra gli alberi ed ergere<br />

fino alle stelle la sua massiccia sagoma scura. Nonostante la vicinanza,<br />

non videro alcuna luce. Bremen fece sostare la guaritrice e il<br />

cacciatore della Frontiera in un punto dove le ombre della foresta li<br />

nascondevano. In silenzio, con un'espressione impenetrabile, stu<strong>di</strong>ò le<br />

mura e gli spalti. Poi, procedendo al riparo degli alberi, si portò<br />

verso ovest, lungo il perimetro della fortezza. <strong>Il</strong> vento soffiava<br />

lugubre tra i merli e i pinnacoli, e in basso, tra gli alberi, quel<br />

suono pareva il respiro <strong>di</strong> un gigante che si avvicinava. Kinson era<br />

ma<strong>di</strong>do per la concentrazione, aveva i nervi a fior <strong>di</strong> pelle, il respiro<br />

affannoso. Arrivati alla porta principale, si fermarono <strong>di</strong> nuovo. I<br />

battenti erano aperti, la saracinesca alzata: il passaggio buio e<br />

spalancato ricordava vagamente una bocca immobilizzata in un grido<br />

d'orrore. A terra, accanto alla porta, c'erano alcuni corpi contorti e<br />

senza vita. Bremen sporse la testa in avanti, concentrandosi. Fissava la<br />

rocca senza vederla: la sua attenzione era attirata da qualcosa al suo<br />

interno. I capelli grigi gli sferzavano la fronte, arruffati come stami<br />

<strong>di</strong> granturco. Muoveva le labbra. Da sotto il mantello, Kinson estrasse<br />

la corta spada. Mareth aveva gli occhi <strong>di</strong>latati, tutti i muscoli tesi e<br />

pronti a scattare. Poi Bremen fece qualche passo avanti; il gruppo<br />

attraversò lo spazio vuoto tra la foresta e le mura, lentamente, senza<br />

fretta e senza nascondersi. Kinson continuò a guardarsi attorno con<br />

apprensione, ma Bremen non pareva preoccupato. Giunti accanto ai morti,<br />

si chinarono a esaminarli. Erano guar<strong>di</strong>e, e a giu<strong>di</strong>care dalle ferite<br />

sembrava che fossero state fatte a pezzi da animali feroci. <strong>Il</strong> terreno<br />

su cui giacevano era impregnato del loro sangue. Impugnavano ancora le<br />

armi, e molte erano spezzate. Dovevano aver combattuto duramente. Bremen<br />

entrò nel passaggio, oltrepassò le porte scar<strong>di</strong>nate e la saracinesca e<br />

laggiù trovò Caerid Lock. <strong>Il</strong> capitano della Guar<strong>di</strong>a era appoggiato con<br />

la schiena contro la porta della torre <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, aveva la faccia<br />

sporca <strong>di</strong> sangue raggrumato e secco, il corpo trafitto e squarciato da<br />

una decina <strong>di</strong> ferite. Era ancora vivo. Aprì le palpebre e mosse le<br />

labbra. In fretta, Bremen si chinò ad ascoltarlo. Kinson non udì nulla:<br />

il vento sovrastava le parole del morente. <strong>Il</strong> vecchio druido sollevò la<br />

testa e chiamò a bassa voce: "Mareth". La fanciulla arrivò subito e si<br />

chinò su Caerid Lock. Non c'era bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle cosa ci si aspettava da<br />

lei. Passò rapidamente le mani sul corpo del morente, cercando qualche<br />

modo <strong>di</strong> aiutarlo. Ma era troppo tar<strong>di</strong>, neppure la magia empatica poteva<br />

salvarlo. Bremen fece segno a Kinson <strong>di</strong> venirgli accanto, poi gli parlò<br />

quasi all'orecchio. Intorno a loro, il vento continuava a soffiare<br />

piano, girando attorno alle mura. "Caerid <strong>di</strong>ce che Paranor è stato<br />

tra<strong>di</strong>to dall'interno, <strong>di</strong> notte, mentre tutti dormivano. I responsabili<br />

sono tre Drui<strong>di</strong>. Sono morti tutti, meno quei tre. <strong>Il</strong> Signore degli<br />

Inganni li ha lasciati qui perché si occupassero <strong>di</strong> noi. Sono nel<br />

castello, da qualche parte. Caerid è riuscito a trascinarsi fin qui, ma<br />

non è riuscito ad andare oltre." "Non penserai <strong>di</strong> entrare?" si affrettò<br />

a chiedere il cacciatore della Frontiera. "Devo farlo. Devo prendere<br />

l'Eilt Druin" rispose Bremen, con durezza. Kinson non l'aveva mai visto<br />

così deciso e così in collera. "Tu e Mareth aspettatemi qui." Kinson


scosse la testa, con ostinazione. Polvere e minuscoli frammenti gli<br />

colpirono la faccia quando una folata <strong>di</strong> vento s'insinuò nel passaggio.<br />

"E' una follia, Bremen! Avrai bisogno del nostro aiuto!" "Se dovesse<br />

capitarmi qualcosa, ho bisogno <strong>di</strong> voi per far sapere a tutti quanto è<br />

successo" rispose Bremen, che si rifiutava <strong>di</strong> cedere. "Fa' come ti <strong>di</strong>co,<br />

Kinson!" In un attimo si rimise in pie<strong>di</strong> e si allontanò: un fagotto <strong>di</strong><br />

braccia magre e vesti svolazzanti, che attraversò il cortile per<br />

raggiungere la rocca interna. In pochi istanti s'infilò in una porta e<br />

scomparve. Kinson lo guardò allontanarsi, con un profondo senso <strong>di</strong><br />

frustrazione. "Per tutte le ombre!" mormorò, irritato della propria<br />

indecisione. Lanciò un'occhiata a Mareth. La giovane donna stava<br />

chiudendo gli occhi a Caerid Lock. <strong>Il</strong> capitano era morto. Era un vero<br />

miracolo, pensò Kinson, che fosse sopravvissuto così a lungo. Sarebbe<br />

stata sufficiente una delle sue ferite per uccidere all'istante una<br />

persona normale. L'essere riuscito a sopravvivere tanto a lungo era una<br />

testimonianza della sua forte fibra e della sua volontà. Mareth si era<br />

alzata in pie<strong>di</strong> e fissava il cacciatore della Frontiera. "Vieni" <strong>di</strong>sse.<br />

"Dobbiamo seguirlo." Kinson si affrettò ad alzarsi e obiettò: "Ma ha<br />

detto <strong>di</strong>...". "So quello che ha detto. Ma se dovesse capitare qualcosa a<br />

Bremen, che <strong>di</strong>fferenza vuoi che faccia, se non an<strong>di</strong>amo a riferirlo agli<br />

altri?" Kinson serrò le labbra. "Già, che <strong>di</strong>fferenza?" Insieme<br />

attraversarono <strong>di</strong> corsa il cortile vuoto e battuto dal vento, <strong>di</strong>retti<br />

alla rocca. All'interno del castello, Bremen percorse rapidamente i<br />

corridoi vuoti, silenzioso come una nuvola in cielo. E mentre passava,<br />

esplorò l'ambiente che lo circondava, cercando <strong>di</strong> cogliere i sapori, gli<br />

odori e i rumori <strong>di</strong> Paranor. Tese ogni senso e ogni istinto verso il<br />

misterioso pericolo <strong>di</strong> cui gli aveva parlato Caerid Lock, cercando <strong>di</strong><br />

coglierne la presenza e le intenzioni. Ma non riuscì a trovarlo.<br />

Evidentemente, o era ben nascosto o non c'era più. Sii cauto, si <strong>di</strong>sse.<br />

Sii attento. Tutti gli abitanti del castello erano morti: <strong>di</strong> questo era<br />

certo. Tutti i Drui<strong>di</strong>, tutte le guar<strong>di</strong>e, tutti coloro che avevano<br />

lavorato e stu<strong>di</strong>ato laggiù per tanti anni, tutti coloro che si era<br />

lasciato alle spalle appena quattro giorni prima. La constatazione fu<br />

come un pugno allo stomaco; gli tolse il fiato e la forza, lo lasciò<br />

stor<strong>di</strong>to e incredulo. Tutti morti. Sapeva che poteva succedere, l'aveva<br />

giu<strong>di</strong>cato possibile, ne aveva avuto perfino una visione. Ma la realtà<br />

era assai peggiore. Dappertutto si scorgevano cadaveri, contorti<br />

nell'agonia della morte. Alcuni erano morti <strong>di</strong> spada. Altri erano stati<br />

fatti a pezzi. Altri ancora, comprese, erano stati portati nei livelli<br />

più bassi della rocca e sepolti vivi laggiù. E nessuno era<br />

sopravvissuto. Nessun battito <strong>di</strong> cuore gli giunse all'orecchio. Nessuna<br />

voce lo chiamò. Nessuna creatura vivente si mosse. Paranor era un<br />

mattatoio. Paranor era una tomba. Si fece strada in corridoi dove si<br />

u<strong>di</strong>va soltanto l'eco dei suoi passi e raggiunse la sala del Consiglio.<br />

Là trovò Athabasca, con i lineamenti bloccati dalla morte in un'orribile<br />

smorfia, il corpo un triste mucchio <strong>di</strong> carne lacerata. Bremen si chinò a<br />

cercare l'Eilt Druin, ma non lo trovò. Si alzò e rifletté. Per la sorte<br />

del Grande Druido provava soltanto tristezza e rimpianto. Nel vederlo<br />

ora, nel vedere che tutti erano morti e che il castello era vuoto,<br />

rimpianse <strong>di</strong> non avere compiuto altri tentativi, <strong>di</strong> non essere stato più<br />

deciso, quando aveva cercato <strong>di</strong> convincerli del pericolo. Provò un


lacerante senso <strong>di</strong> colpa. Non poté farne a meno. In un certo senso, la<br />

responsabilità dell'accaduto era sua. Lui aveva le conoscenze e i poteri<br />

occorrenti per <strong>di</strong>fendere il castello, e non li aveva usati in modo<br />

convincente. Quel massacro ne era il risultato. Con il lembo della<br />

veste, coprì la faccia <strong>di</strong> Athabasca, poi si allontanò. Salì alla<br />

biblioteca; cauto e attento, nell'attraversare il castello vuoto tenne<br />

sempre la schiena alla parete e tese l'orecchio ai suoni che potevano<br />

rivelare un pericolo. <strong>Il</strong> nemico che gli era stato rivelato dalla visione<br />

e da Caerid Lock: i Drui<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, che lo aspettavano in qualche<br />

forma a lui sconosciuta. Certo, ma il Signore degli Inganni se n'era<br />

andato, portando con sé i suoi mostri. La magia che si era destata al<br />

loro arrivo, la trappola allestita da Bremen nel Pozzo dei Drui<strong>di</strong>, s'era<br />

scossa quanto bastava a impaurirli e convincerli ad abbreviare la<br />

permanenza. Concentrandosi, Bremen riusciva ancora a u<strong>di</strong>rlo: il leggero<br />

sibilo della magia che era stata riassorbita nel pozzo, la stessa magia<br />

che dava vita alla rocca e conferiva potere a gran parte degli<br />

incantesimi dei Drui<strong>di</strong>. Vasta e impreve<strong>di</strong>bile, concedeva solo una parte<br />

<strong>di</strong> quanto prometteva, e quella parte era così piccola da risultare quasi<br />

impercettibile, <strong>di</strong> fronte al mostruoso potere <strong>di</strong> Brona. Eppure, quella<br />

volta era servita al suo scopo, perché aveva allontanato il druido<br />

ribelle. Bremen sospirò. Da una così piccola vittoria non c'era da<br />

trarre alcun piacere. Brona si era ven<strong>di</strong>cato, e questo era tutto. Aveva<br />

<strong>di</strong>strutto coloro che l'avevano sconfitto un tempo e che potevano ancora<br />

sfidarlo, ne aveva razziato la cittadella. Adesso non c'era nessuno che<br />

potesse bloccarlo, tranne un vecchio e un pugno <strong>di</strong> compagni. Forse.<br />

Forse. Entrò nella biblioteca e scorse subito Kahle <strong>Re</strong>se. Nel vederlo,<br />

pianse silenziosamente, incapace <strong>di</strong> trattenersi. Coprì anche il volto<br />

del suo vecchio amico, perché non sarebbe riuscito a posare una seconda<br />

volta gli occhi su <strong>di</strong> lui, poi aprì la porta segreta ed entrò nella<br />

stanza dove erano nascoste le Storie dei Drui<strong>di</strong>. La stanza era vuota, a<br />

parte il tavolo <strong>di</strong> lettura e le se<strong>di</strong>e, e in terra si scorgeva la polvere<br />

che Bremen aveva fornito a Kahle come ultima risorsa: adesso era opaca e<br />

senza vita, a testimonianza del fatto che era stata utilizzata come<br />

previsto. Per un momento, Bremen cercò <strong>di</strong> immaginare gli ultimi momenti<br />

<strong>di</strong> vita dell'amico, ma si accorse <strong>di</strong> non averne il coraggio. Era<br />

sufficiente sapere che le Storie erano al sicuro. Questa constatazione<br />

sarebbe servita da epitaffio al suo vecchio amico. In quel momento udì<br />

qualcosa: un suono proveniente da un livello molto più basso, e così<br />

debole che lo percepì con l'istinto, più che con l'u<strong>di</strong>to. Si affrettò a<br />

uscire dalla stanza, perché sentiva che il tempo a sua <strong>di</strong>sposizione<br />

all'interno <strong>di</strong> Paranor stava finendo. Doveva trovare l'Eilt Druin: non<br />

gli rimaneva altro. Athabasca non l'aveva al collo e c'era il rischio<br />

che gli fosse stato strappato via, ma Bremen non ci credeva. Caerid Lock<br />

gli aveva detto che erano stati assaliti <strong>di</strong> notte, e che non erano<br />

preparati. Athabasca doveva essere stato svegliato mentre dormiva: certo<br />

non aveva perso tempo a infilarsi il collare col pendente.<br />

Probabilmente, l'Eilt Druin era ancora nelle sue stanze. Bremen salì<br />

fino allo stu<strong>di</strong>o del Grande Druido, silenzioso e muto come uno spettro<br />

in mezzo a tutti quei morti. Gli pareva <strong>di</strong> non avere peso, né sostanza,<br />

né presenza, <strong>di</strong> essere un'entità staccata dal mondo, un pazzo che<br />

giocava col fuoco senza sapere come proteggersi dalle inevitabili


uciature. Era stanco, sordo ai suoi precedenti timori per la sorte del<br />

mondo. Si era assunto un compito <strong>di</strong>sperato: inventare una magia,<br />

forgiare un talismano capace <strong>di</strong> contenerla, trovare un campione che lo<br />

bran<strong>di</strong>sse. Ma che possibilità aveva? che speranze? La porta della stanza<br />

<strong>di</strong> Athabasca era aperta: Bremen entrò con circospezione. Guardò<br />

inutilmente negli scaffali e sulla scrivania, controllò anche negli<br />

arma<strong>di</strong>etti e tra gli schedari. Poi, temendo <strong>di</strong> essere arrivato tar<strong>di</strong><br />

anche per il medaglione, si affrettò a raggiungere la camera da letto<br />

del Grande Druido. E laggiù, posato su un tavolino da notte, <strong>di</strong>menticato<br />

nella concitazione che aveva portato Athabasca dal sonno alla morte,<br />

c'era l'Eilt Druin. Bremen lo raccolse e lo esaminò per controllare che<br />

fosse reale e non un'immagine magica; il metallo lucido rifletté la<br />

luce. Passò le <strong>di</strong>ta sulle figure in rilievo, la mano e la torcia<br />

fiammeggiante, poi se l'infilò in una tasca e uscì dalla stanza.<br />

Percorse in senso inverso i corridoi e le scale dell'andata, continuando<br />

a guardarsi intorno, ad ascoltare, a muoversi con cautela. Se era<br />

arrivato fino all'Eilt Druin senza incontrare nessuno, forse poteva<br />

evitare coloro che erano stati messi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Silenzioso come una<br />

nube, attraversò i corridoi bui del castello passando in mezzo ai morti,<br />

accanto alle ombre che si addensavano negli angoli e ai corpi spinti<br />

verso le porte e contro le pareti. Poi notò anche il chiarore che<br />

cominciava a <strong>di</strong>ffondersi nel cielo <strong>di</strong> levante e che si poteva vedere<br />

<strong>di</strong>stintamente attraverso i vetri piombati. L'alba era ormai vicina.<br />

Bremen inalò l'aria pesante che sapeva <strong>di</strong> muffa e desiderò il profumo e<br />

il sapore della foresta che si stendeva attorno alla rocca. Giunse<br />

finalmente allo scalone principale e cominciò a scendere. Era giunto a<br />

metà tra due piani, quando colse un movimento sul vasto pianerottolo<br />

sotto <strong>di</strong> lui. Rallentò fino a fermarsi, e attese. <strong>Il</strong> movimento si<br />

ripeté, si staccò dal buio, formò una nuova specie <strong>di</strong> ombra, una forma<br />

<strong>di</strong>versa. La creatura che apparve era soltanto vagamente umana. Braccia,<br />

gambe, torso e testa erano coperte <strong>di</strong> folto pelo nero, irto e pungente,<br />

contorto come rami <strong>di</strong> rovo, spesso e deforme. Aveva artigli e zanne<br />

seghettati che luccicavano come ossa spezzate e occhi in cui brillavano<br />

macchie rosse e ver<strong>di</strong>. La creatura gli sussurrava qualcosa, lo chiamava<br />

e lo supplicava con una <strong>di</strong>sperazione quasi tangibile. Breeemen.<br />

Breeemen. Breeemen. <strong>Il</strong> vecchio druido lanciò rapidamente un'occhiata al<br />

pianerottolo superiore, perfettamente visibile dalla sua posizione, e<br />

scorse un'altra <strong>di</strong> quelle creature, immagine speculare della prima, che<br />

usciva strisciando dal buio. Breeemen. Breeemen. Breeemen. Entrambe<br />

misero il piede sugli scalini: una per salire, l'altra per scendere.<br />

L'avevano intrappolato. Non c'erano porte da cui fuggire, occorreva<br />

salire o scendere, affrontare una delle due. Avevano aspettato che<br />

uscisse, comprese. Avevano lasciato che terminasse quello che doveva<br />

fare, che prendesse ciò che gli serviva, poi l'avevano attaccato. Era<br />

stato il Signore degli Inganni a preparare la trappola, perché voleva<br />

sapere cosa fosse tanto importante da spingerlo a tornare in<strong>di</strong>etro,<br />

quale oggetto prezioso, quale formula magica potesse avere tanto valore.<br />

Scopritelo, aveva or<strong>di</strong>nato il Signore degli Inganni, poi strappatelo al<br />

suo cadavere e portatelo a me. Bremen guardò prima una e poi l'altra. Un<br />

tempo erano Drui<strong>di</strong>, e adesso mostruosità senza nome. Pazzi omici<strong>di</strong>,<br />

spogliati della loro umanità e ricostruiti per svolgere un ultimo


compito. Era <strong>di</strong>fficile rattristarsi per la loro sorte. Un tempo erano<br />

esseri umani, quando avevano tra<strong>di</strong>to la rocca e i suoi abitanti. In quel<br />

momento erano sufficientemente liberi da poter scegliere. Ma erano in<br />

tre, si rammentò all'improvviso. Dov'era la terza? Avvertito da un sesto<br />

senso, da un istinto affilato come un rasoio, guardò in alto proprio<br />

mentre il mostro si lanciava su lui, dal suo nascon<strong>di</strong>glio in una nicchia<br />

fra le pietre della parete. Bremen si gettò <strong>di</strong> lato, e la creatura finì<br />

contro gli scalini, con uno schianto secco <strong>di</strong> ossa spezzate. Però non<br />

rinunciò all'attacco. Si alzò in una confusione <strong>di</strong> zanne e <strong>di</strong> artigli,<br />

stridendo e soffiando, e si lanciò contro <strong>di</strong> lui. Bremen agì d'istinto,<br />

scagliando il Fuoco Magico che gli serviva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, sotto forma <strong>di</strong> una<br />

grande fiamma azzurra che avviluppò la creatura. Neppure quella, però,<br />

fu sufficiente a fermare il mostro, che continuò ad avanzare, benché<br />

fosse avvolto nella fiamma, i peli che lo coprivano ardessero come una<br />

torcia, la pelle crepitasse e si staccasse dal corpo. Stupito che<br />

riuscisse ancora a muoversi, spaventato dalla sua vitalità, Bremen colpì<br />

<strong>di</strong> nuovo. <strong>Il</strong> mostro si lanciò contro <strong>di</strong> lui, e il druido dovette<br />

buttarsi <strong>di</strong> lato per evitare l'impatto. Cadde sullo scalino, scalciando<br />

<strong>di</strong>sperato. Alla fine, anche la vitalità del mostro finì per esaurirsi.<br />

Non riuscì più a reggersi e rotolò lungo la scala, per finire nella<br />

tromba delle scale e scomparire alla vista. Ne rimase solo un chiarore<br />

proveniente dal fondo buio. Bremen si rialzò, dolorante per le<br />

scottature e per i graffi. Gli altri due assalitori continuarono ad<br />

avvicinarsi lentamente, a piccoli passi, come gatti col topo. Bremen<br />

cercò <strong>di</strong> evocare <strong>di</strong> nuovo la magia <strong>di</strong>fensiva, ma per proteggersi dal<br />

primo assalitore aveva consumato tutte le sue energie. Sorpreso dalla<br />

sua ferocia, aveva usato più forza del necessario. Adesso non gliene<br />

rimaneva quasi più. Le due creature dovevano averlo capito. Accelerarono<br />

l'avanzata, ansimando sod<strong>di</strong>sfatte. Bremen si appoggiò alla parete e le<br />

guardò avvicinarsi. In quello stesso momento, Kinson e Mareth<br />

scivolavano in silenzio lungo i corridoi della rocca, alla ricerca <strong>di</strong><br />

Bremen. C'erano morti dappertutto, ma non c'era traccia del vecchio<br />

druido. Anche se tendevano l'orecchio e aguzzavano gli occhi, non<br />

riuscivano a trovarlo. Kinson cominciava a preoccuparsi. Se c'era<br />

davvero qualche creatura demoniaca dentro la rocca, in attesa degli<br />

intrusi, c'era il rischio che li trovasse. Ossia che li trovasse prima<br />

<strong>di</strong> Bremen, e allora il druido sarebbe stato costretto a venire in loro<br />

aiuto. O Bremen era già caduto vittima dei suoi nemici, senza fare<br />

rumore? Che fosse già tar<strong>di</strong>? Non avrebbe dovuto permettere a Bremen <strong>di</strong><br />

allontanarsi da solo! Passarono in mezzo ai corpi delle guar<strong>di</strong>e che<br />

avevano tentato l'ultima resistenza lungo la scala principale e<br />

proseguirono verso i piani più alti. Non videro nulla. Le scale<br />

continuavano a salire, nella penombra, e parevano non avere mai fine.<br />

Mareth si teneva contro la parete per vedere meglio quello che le stava<br />

davanti, mentre Kinson si guardava alle spalle convinto che un eventuale<br />

attacco sarebbe arrivato da quella <strong>di</strong>rezione. Aveva le mani e la faccia<br />

ma<strong>di</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong> sudore. Dov'è Bremen? Poi, sopra <strong>di</strong> loro, qualcosa si mosse:<br />

una leggera variazione della luce, uno spostamento <strong>di</strong> ombre. Kinson e<br />

Mareth s'immobilizzarono. Uno strano gemito arrivò fino a loro.<br />

Breeemen. Breeemen. Breeemen. Si scambiarono un'occhiata, poi ripresero<br />

a salire. Qualcosa piombò sulle scale, sopra <strong>di</strong> loro: un corpo pesante,


ancora troppo lontano perché si potesse vederlo, ma abbastanza vicino<br />

per immaginarlo. Un lampo <strong>di</strong> fuoco azzurro brillò nel buio. Echeggiò un<br />

gemito, seguito da un tonfo sordo. Qualche istante più tar<strong>di</strong>, una palla<br />

<strong>di</strong> fuoco precipitò nella tromba delle scale e passò davanti a loro: una<br />

creatura vivente, anche se ormai le rimaneva poco da vivere.<br />

Contorcendosi per il dolore, si schiantò sul pavimento, sotto <strong>di</strong> loro.<br />

Lasciando da parte ogni cautela, Mareth e Kinson si lanciarono per le<br />

scale e dopo qualche istante scorsero Bremen, sulla rampa più alta,<br />

intrappolato fra due orrende creature che si <strong>di</strong>rigevano verso <strong>di</strong> lui<br />

dall'alto e dal basso. <strong>Il</strong> vecchio druido era ustionato, insanguinato e<br />

chiaramente allo stremo delle forze. <strong>Il</strong> Fuoco Magico ardeva sulla punta<br />

delle sue <strong>di</strong>ta, ma si rifiutava <strong>di</strong> accendersi. Le due creature che lo<br />

attaccavano se la prendevano comoda. Tutti e tre si voltarono con<br />

stupore nell'u<strong>di</strong>re il cacciatore della Frontiera e la fanciulla<br />

avvicinarsi. "No, no! Tornate in<strong>di</strong>etro!" gridò Bremen, nel vederli. Ma<br />

invece <strong>di</strong> ascoltarlo, Mareth raggiunse il pianerottolo più basso con uno<br />

scatto pro<strong>di</strong>gioso, lasciando <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé l'esterrefatto Kinson. Posò<br />

saldamente i pie<strong>di</strong> in terra e si abbassò, simile a una molla che si<br />

prepara a scattare. Sollevò le braccia e tese le mani, con il palmo<br />

verso l'alto come a chiedere aiuto al cielo. Kinson esalò il respiro,<br />

costernato, e cercò <strong>di</strong> raggiungerla. Cosa le era venuto in mente? <strong>Il</strong><br />

mostro più vicino alla giovane donna soffiò minacciosamente, si girò su<br />

se stesso e si gettò su <strong>di</strong> lei, scendendo gli scalini con la velocità<br />

del pensiero, gli artigli pronti a colpire. Kinson gridò per la<br />

<strong>di</strong>sperazione. Era troppo lontano! Poi Mareth parve esplodere. Ci fu uno<br />

schianto impressionante, che echeggiò nello spazio ristretto, e l'onda<br />

d'urto sbatté Kinson contro la parete. Non riuscì più a vedere Mareth,<br />

né Bremen, né i mostri. Dal punto dove si trovava la fanciulla partì una<br />

saetta, un fulmine azzurro incandescente che raggiunse la creatura più<br />

vicina e la fece a pezzi. Poi colpì la seconda, che stava ormai per<br />

raggiungere Bremen, e la spazzò via come una foglia trascinata dal<br />

vento. La creatura lanciò un grido <strong>di</strong> terrore e venne consumata dal<br />

fuoco, ma la fiamma non si spense ancora, e lambì le pietre delle pareti<br />

e delle scale, <strong>di</strong>vorando l'aria e trasformandola in fumo. Kinson si<br />

riparò gli occhi con una mano e si sforzò <strong>di</strong> alzarsi. <strong>Il</strong> fuoco si<br />

spense, sparì in un istante. Rimase solo il fumo: una spessa nube scura<br />

che invadeva l'intera scala. Kinson salì <strong>di</strong> corsa gli ultimi scalini e<br />

trovò Mareth svenuta sul pianerottolo. La sollevò e prese tra le braccia<br />

la sua forma inerte. Cosa le era successo? Cosa aveva fatto? Era leggera<br />

come una piuma, il suo piccolo viso era pallido e sporco <strong>di</strong> fuliggine, i<br />

suoi corti capelli neri erano una sorta <strong>di</strong> casco bagnato attorno alla<br />

sua faccia. Gli occhi erano semichiusi e fissi. Attraverso la fessura<br />

delle palpebre, vide che erano bianchi. Accostò la faccia alla sua e non<br />

riuscì a percepìre il respiro. Non riuscì a sentire neppure il battito<br />

del polso. Materializzandosi dalla foschia, scarmigliato e con gli occhi<br />

<strong>di</strong> un pazzo, Bremen comparve all'improvviso davanti a lui. "Portala via<br />

<strong>di</strong> qui!" gridò. "Ma non credo che sia in grado..." cercò <strong>di</strong> protestare<br />

il cacciatore della Frontiera. "Svelto, Kinson!" tagliò corto Bremen.<br />

"Subito, se vuoi che si salvi, portala fuori dal castello! Va'!" Kinson<br />

si volse, senza fare parola, e corse giù per le scale, con Mareth tra le<br />

braccia. Lo seguiva Bremen, in un turbinio <strong>di</strong> vesti stracciate. Scesero


fino al cortile della rocca, incespicando, tossendo e soffocando per il<br />

fumo, con gli occhi che lacrimavano. Poi Bremen udì una sorta <strong>di</strong> basso<br />

brontolio nelle profon<strong>di</strong>tà della terra. Era il rumore <strong>di</strong> qualcosa che si<br />

svegliava, una cosa enorme e rabbiosa, talmente vasta da risultare<br />

inimmaginabile. "Corri!" incitò ancora una volta Bremen, anche se<br />

l'invito era superfluo. Insieme, l'uomo della Frontiera e il druido<br />

lasciarono il buio e il fumo della morta Paranor per raggiungere la luce<br />

del giorno e la vita.<br />

Parte seconda<br />

LA RICERCA DELLA PIETRA NERA DEGLI ELFI<br />

8<br />

Dopo avere lasciato Bremen, Tay Trefenwyd proseguì verso ovest lungo il<br />

Mermidon, attraversando i monti che costituivano il braccio meri<strong>di</strong>onale<br />

dei Denti del Drago. Al tramonto si accampò al loro riparo, e allo<br />

spuntar del giorno riprese il viaggio. La nuova giornata prometteva <strong>di</strong><br />

essere chiara e tiepida: nella notte, il vento aveva ripulito l'aria <strong>di</strong><br />

ogni traccia <strong>di</strong> nuvole, il sole era abbagliante. L'elfo lasciò le ultime<br />

alture ai pie<strong>di</strong> dei monti, raggiunse le pianure erbose sotto le<br />

Streleheim e si preparò ad attraversarle. Davanti a sé riusciva già a<br />

scorgere le foreste della Terra dell'Ovest e, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quelle, le<br />

Montagne dello Sperone Roccioso, con le vette coperte <strong>di</strong> bianco.<br />

Arborlon <strong>di</strong>stava una giornata <strong>di</strong> marcia; Tay camminò senza affrettarsi,<br />

con i pensieri rivolti a quanto era successo dal ritorno <strong>di</strong> Bremen a<br />

Paranor. Tay Trefenwyd era amico del vecchio druido da quin<strong>di</strong>ci anni,<br />

ad<strong>di</strong>rittura da prima <strong>di</strong> Risca. L'aveva conosciuto a Paranor, quando ne<br />

faceva ancora parte e lui era appena arrivato da Arborlon come<br />

appren<strong>di</strong>sta druido. Bremen era già vecchio a quel tempo, ma aveva un<br />

carattere più ostinato e una lingua assai più tagliente <strong>di</strong> oggi. A<br />

quell'epoca era una fiaccola che bruciava <strong>di</strong> verità evidenti per lui, ma<br />

incomprensibili per tutti gli altri. I Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor non gli davano<br />

retta e lo giu<strong>di</strong>cavano un po' pazzo. Soltanto Kahle <strong>Re</strong>se e pochi altri<br />

attribuivano un grande valore alla sua amicizia e ascoltavano con<br />

pazienza i suoi <strong>di</strong>scorsi; gli altri, in generale, cercavano <strong>di</strong> evitarlo.<br />

Non Tay, però. Dal momento che l'aveva conosciuto, l'elfo ne era rimasto<br />

affascinato. Ecco una persona che giu<strong>di</strong>cava importante, ad<strong>di</strong>rittura<br />

in<strong>di</strong>spensabile, fare qualcosa <strong>di</strong> concreto per i problemi delle Quattro<br />

Terre, invece <strong>di</strong> limitarsi alle chiacchiere. Non bastava stu<strong>di</strong>are e<br />

<strong>di</strong>scutere, occorreva anche agire. Bremen pensava che l'originaria<br />

politica dei Drui<strong>di</strong> fosse la migliore, che il <strong>Primo</strong> Consiglio fosse nel<br />

giusto, quando si era votato al progresso delle Razze. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>simpegno era<br />

un errore, destinato a costare caro a tutti. Tay capiva perfettamente<br />

queste posizioni e ne era convinto. Al pari <strong>di</strong> Bremen, stu<strong>di</strong>ava le<br />

antiche leggende, le conoscenze delle creature <strong>di</strong> Faerie, gli impieghi<br />

della magia nel mondo che aveva preceduto le Gran<strong>di</strong> Guerre. Al pari <strong>di</strong><br />

Bremen era convinto che un potere corrotto fosse doppiamente mortale e<br />

che il druido ribelle Brona vivesse sotto un'altra forma e intendesse<br />

ritornare per sottomettere le Quattro Terre. Erano opinioni pericolose e<br />

impopolari, e alla fine erano costate a Bremen il posto fra i Drui<strong>di</strong>. Ma<br />

prima <strong>di</strong> essere ban<strong>di</strong>to, aveva fatto <strong>di</strong> Tay un alleato. Tra i due si era<br />

subito stretto un forte legame e il vecchio aveva preso il giovane come<br />

allievo: per lui era stato un insegnante con un corpo <strong>di</strong> conoscenze così


vasto da sfidare qualsiasi catalogazione. Tay eseguiva i compiti e<br />

completava gli stu<strong>di</strong> assegnati a lui dal Consiglio e dagli anziani della<br />

sua Razza, ma il suo tempo libero e il suo entusiasmo li serbava quasi<br />

esclusivamente per Bremen. Benché in contatto fin dalla giovinezza con<br />

la storia e le leggende della loro razza, in genere gli Elfi <strong>di</strong> Paranor,<br />

quelli che erano entrati nell'or<strong>di</strong>ne dei Drui<strong>di</strong>, non erano aperti come<br />

Tay alle possibilità suggerite da Bremen. Del resto, pochi <strong>di</strong> loro<br />

possedevano un talento altrettanto grande. Tay aveva cominciato a<br />

sviluppare le sue abilità magiche ancor prima <strong>di</strong> arrivare a Paranor, e<br />

sotto la guida <strong>di</strong> Bremen era progre<strong>di</strong>to così rapidamente da superare<br />

tutti, tolto il suo mentore. Neppure Risca, dopo il suo arrivo, aveva<br />

raggiunto il livello <strong>di</strong> Tay, forse perché era troppo legato alle sue<br />

arti marziali per accettare fino in fondo l'idea che la magia fosse<br />

un'arma ancor più potente. I suoi primi cinque anni al castello erano<br />

stati i più ricchi <strong>di</strong> emozioni per il giovane elfo e il suo pensiero era<br />

stato irrevocabilmente plasmato da quanto aveva appreso allora. Aveva<br />

dovuto tenere segrete gran parte delle sue capacità e delle sue<br />

conoscenze, a causa del <strong>di</strong>vieto dei Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> coltivare le arti magiche,<br />

tranne che come stu<strong>di</strong>o astratto. Per Bremen, quel <strong>di</strong>vieto era una<br />

sciocchezza, un frutto dell'ignoranza, ma le sue idee erano sempre<br />

minoritarie; e tutto, a Paranor, era retto dalle decisioni del<br />

Consiglio. <strong>Di</strong> conseguenza, Tay aveva stu<strong>di</strong>ato per conto suo le pratiche<br />

che Bremen gli aveva insegnato, le aveva tenute in grande considerazione<br />

e non ne aveva parlato ad altri. Quando Bremen era stato esiliato e<br />

aveva deciso <strong>di</strong> recarsi tra gli Elfi per proseguire laggiù i suoi stu<strong>di</strong>,<br />

Tay si era offerto <strong>di</strong> accompagnarlo, ma il druido non aveva accettato.<br />

Non gliel'aveva proibito, ma gli aveva chiesto <strong>di</strong> riflettere. Anche<br />

Risca avrebbe voluto accompagnarlo, ma Bremen aveva voluto affidare a<br />

entrambi un compito più importante. <strong>Re</strong>state a Paranor, siate i miei<br />

occhi e le mie orecchie. Perfezionate le vostre capacità magiche e<br />

cercate <strong>di</strong> convincere gli altri Drui<strong>di</strong> della realtà del pericolo. Quando<br />

sarà il momento <strong>di</strong> lasciare il castello, verrò a prendervi. E Bremen<br />

aveva mantenuto la parola, cinque giorni ad<strong>di</strong>etro: Tay, Risca e la<br />

giovane Mareth erano riusciti a fuggire in tempo. Gli altri, tutti<br />

quelli che l'elfo e il nano avrebbero dovuto convincere, tutti quelli<br />

che avevano dubitato <strong>di</strong> Bremen e l'avevano <strong>di</strong>sprezzato, con molta<br />

probabilità non s'erano salvati. Naturalmente, Tay non poteva saperlo<br />

con certezza, ma sentiva in cuor suo che la visione <strong>di</strong> Bremen riguardava<br />

fatti ormai accaduti. Sarebbero passati alcuni giorni prima che gli Elfi<br />

potessero accertarsene, ma Tay era convinto che tutti i Drui<strong>di</strong> fossero<br />

morti. In qualsiasi caso, la partenza con Bremen significava la fine<br />

della sua permanenza a Paranor. Vivi o morti che fossero gli occupanti<br />

della rocca, per il momento non vi sarebbe tornato. <strong>Il</strong> suo posto era<br />

fuori <strong>di</strong> lì, nel mondo, a svolgere i compiti assegnatigli da Bremen per<br />

la sopravvivenza delle Razze. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni era uscito allo<br />

scoperto, si era rivelato a coloro che avevano occhi per vedere e<br />

istinti da ascoltare, e si <strong>di</strong>rigeva a sud. La Terra del Nord e i Troll<br />

erano già suoi, e adesso avrebbe cercato <strong>di</strong> sottomettere le altre Razze.<br />

Ciascuno <strong>di</strong> loro - Bremen, Risca, Mareth, Kinson Ravenlock e lui aveva<br />

la responsabilità <strong>di</strong> fermarlo. Ciascuno doveva resistere e lottare sul<br />

terreno assegnato. A lui era toccata la Terra dell'Ovest, la sua casa.


Vi faceva ritorno per la prima volta dopo quasi cinque anni. In quel<br />

periodo i suoi genitori erano invecchiati. <strong>Il</strong> fratello più giovane si<br />

era sposato e si era trasferito nel Sarandanon. Alla sorella era nato un<br />

secondo figlio. Molte cose erano cambiate durante la sua assenza e<br />

avrebbe trovato un mondo <strong>di</strong>verso da quello che aveva lasciato. E,<br />

soprattutto, altri cambiamenti sarebbero venuti con le notizie da lui<br />

portate: cambiamenti assai superiori a quelli avvenuti in sua assenza, e<br />

molti non li avrebbero accolti con piacere. Non gli avrebbero certamente<br />

dato il benvenuto, una volta al corrente del motivo del suo ritorno.<br />

Avrebbe dovuto affrontare la situazione con cautela, scegliere bene gli<br />

amici e gli alleati. Ma Tay Trefenwyd era sempre stato abile in questo.<br />

Era una persona semplice e affabile, che sapeva comprendere i problemi<br />

degli altri e aveva sempre fatto del suo meglio per aiutare tutti. Non<br />

era polemico come Risca, né ostinato come Bremen. A Paranor era amato da<br />

tutti, nonostante il sodalizio con gli altri due. Tay era guidato da<br />

salde convinzioni e da una forte etica del lavoro, ma non si era mai<br />

proposto come un esempio da seguire. Accettava le persone com'erano,<br />

scoprendone i lati positivi e trovando il modo <strong>di</strong> usarli. Neppure<br />

Athabasca aveva mai litigato con lui: vedeva in lui ciò che sperava ci<br />

fosse anche nei suoi facinorosi amici. Tay aveva mani gran<strong>di</strong>, forti come<br />

il ferro, ma cuore gentile. Nessuno si era mai sognato <strong>di</strong> scambiare la<br />

sua gentilezza per debolezza, e lo stesso Tay faceva in modo che non ci<br />

fossero equivoci. Sapeva quando era il momento <strong>di</strong> resistere e quando era<br />

meglio cedere. Era sempre stato abilissimo nel conciliarsi le simpatie e<br />

nel trovare compromessi, e nei giorni seguenti avrebbe dovuto fare<br />

appello a queste sue capacità. Ripassò l'elenco <strong>di</strong> quello che doveva<br />

fare, riflettendo sulle sue varie incombenze, a una a una. Doveva<br />

convincere il re, Courtann Ballindarroch, a organizzare una spe<strong>di</strong>zione<br />

per cercare la Pietra Nera degli Elfi. Doveva convincere il re a inviare<br />

l'esercito in soccorso dei Nani. Doveva fargli capire che la situazione<br />

era tale da stravolgere le Quattro Terre in modo irrevocabile. Continuò<br />

a camminare nella prateria pensando a quali potessero essere quei<br />

cambiamenti, puntando a nordovest, verso le foreste che costituivano la<br />

frontiera della sua terra, sorridendo tra sé e fischiettando un<br />

motivetto. Non sapeva ancora come avrebbe fatto per ottenere quei<br />

risultati, ma la cosa non aveva importanza. Un modo l'avrebbe trovato.<br />

Bremen contava su <strong>di</strong> lui e Tay non intendeva deluderlo. Le ore del<br />

giorno trascorsero lente e il sole sparì <strong>di</strong>etro i lontani monti<br />

dell'Ovest. Tay lasciò il Mermidon quando giunse ai margini della<br />

foresta, ai pie<strong>di</strong> del Pykon: <strong>di</strong> lì si <strong>di</strong>resse a nord. Poiché era già<br />

buio e non riusciva a vedere lontano, si mantenne sotto la protezione<br />

degli alberi mentre proseguiva il cammino e si affidò alle sue capacità<br />

<strong>di</strong> druido. Tay era un esperto <strong>di</strong> forze elementari, uno stu<strong>di</strong>oso dei mo<strong>di</strong><br />

in cui la magia e la scienza interagivano nell'equilibrio delle quattro<br />

componenti del mondo naturale: terra, aria, fuoco e acqua. Comprendeva<br />

bene la loro simbiosi, il modo in cui operavano insieme per creare e<br />

promuovere la vita, o si proteggevano reciprocamente quando erano<br />

<strong>di</strong>sturbate. Tay aveva stu<strong>di</strong>ato le regole per trasformare un elemento<br />

nell'altro, per annullarli o per crearli. Nel suo rapporto con le forze<br />

elementari era <strong>di</strong>ventato estremamente specifico: nel modo in cui gli<br />

elementi risultavano <strong>di</strong>sturbati, era in grado <strong>di</strong> leggere i moti degli


oggetti e <strong>di</strong> scoprire la presenza delle persone. Riusciva anche a<br />

leggere nel pensiero. A gran<strong>di</strong> linee, riusciva a ricostruire la storia e<br />

a proiettarla nel futuro per ottenere previsioni, cosa alquanto <strong>di</strong>versa<br />

dalle visioni, perché non comportava alcun legame con il mondo dei morti<br />

o con il piano spirituale, ma <strong>di</strong>pendeva soltanto dalle leggi terrestri,<br />

dalle linee <strong>di</strong> forza che avvolgevano il mondo e legavano tra loro tutte<br />

le cose con rapporti <strong>di</strong> azione e reazione, causa ed effetto, scelte e<br />

conseguenze. Una pietra lanciata in uno stagno produce un'onda che si<br />

allarga a tutta la superficie e lo stesso effetto viene prodotto da<br />

qualunque evento che alteri gli equilibri del mondo. Per quanto l'evento<br />

sia piccolo, produce un cambiamento. Tay aveva imparato a leggere quei<br />

cambiamenti e a interpretarne il significato. Così ora, mentre<br />

attraversava la foresta ammantata dal buio della notte, osservando la<br />

<strong>di</strong>rezione del vento, gli odori ancora presenti sulle foglie e le<br />

vibrazioni che increspavano la superficie della terra, sapeva che un<br />

nutrito gruppo <strong>di</strong> Gnomi era passato <strong>di</strong> lì e che adesso sostava in<br />

qualche punto della foresta, davanti a lui. Proseguendo nel cammino, la<br />

percezione della loro presenza <strong>di</strong>venne sempre più forte. S'infilò dove<br />

la vegetazione era più folta, tese i sensi per cogliere la loro<br />

presenza, e <strong>di</strong> tanto in tanto sondò la terra alla ricerca <strong>di</strong> una traccia<br />

<strong>di</strong> calore del loro corpo: nel farlo, la magia <strong>di</strong> cui si serviva prendeva<br />

la forma <strong>di</strong> sottili scie incorporee, simili a fumo o a piume<br />

leggerissime, che gli si formavano nel petto per uscirgli infine dalle<br />

punte delle <strong>di</strong>ta. Poi rallentò il passo fino a fermarsi, perché aveva<br />

percepìto qualcosa <strong>di</strong> nuovo. In attesa <strong>di</strong> riconoscerne la natura, si<br />

mantenne perfettamente immobile. Sentì un gelo profondo, un<br />

inconfon<strong>di</strong>bile avvertimento <strong>di</strong> ciò che si avvicinava, e pochi istanti<br />

più tar<strong>di</strong> lo vide comparire in volo sopra <strong>di</strong> sé, a malapena visibile tra<br />

il fogliame. Era un cacciatore alato, uno dei Messaggeri del Teschio che<br />

servivano il Signore degli Inganni. Volava lento e pesante sullo sfondo<br />

nero della notte, alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa, anche se non <strong>di</strong> una preda in<br />

particolare. Tay si impose <strong>di</strong> rimanere fermo, <strong>di</strong> resistere all'impulso<br />

<strong>di</strong> fuggire, e calmò le proprie emozioni perché la creatura non le<br />

scoprisse. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio descrisse un ampio cerchio, fece<br />

ritorno su Tay e la sua forma alata occultò nuovamente il chiarore delle<br />

stelle. Tay rallentò il respiro, il battito del cuore, i pensieri, in<br />

modo da scomparire nel buio e nell'immobilità della foresta. Infine il<br />

mostro alato si allontanò, <strong>di</strong>retto a nord. Per unirsi alle creature ai<br />

suoi or<strong>di</strong>ni, pensò Tay. Non era un buon segno che i servitori del<br />

Signore degli Inganni si fossero spinti così a sud, fin quasi a sfiorare<br />

il regno degli Elfi. Faceva pensare che non considerassero più un<br />

pericolo la presenza dei Drui<strong>di</strong> e che fosse ormai imminente<br />

quell'invasione che Bremen prevedeva da anni. Trasse un profondo respiro<br />

e aspettò qualche istante prima <strong>di</strong> esalarlo. E se Bremen si fosse<br />

sbagliato, e l'invasione non fosse <strong>di</strong>retta contro i Nani, bensì contro<br />

gli Elfi? Rifletté su questa eventualità mentre proseguiva e continuava<br />

a cercare gli Gnomi. Li trovò venti minuti più tar<strong>di</strong>, accampati ai<br />

margini dei Boschi Grigi. Non c'erano fuochi ed erano state piazzate<br />

sentinelle ogni poche decine <strong>di</strong> passi. In alto il Messaggero del Teschio<br />

continuava a descrivere gran<strong>di</strong> cerchi. Sembrava che preparassero<br />

un'incursione, ma Tay non riusciva a immaginare contro chi. Non c'erano


molti luoghi da assalire, così vicino alle pianure, a parte qualche<br />

fattoria isolata, e quegli intrusi non si sarebbero certo scomodati per<br />

così poco. Comunque, era assai preoccupante trovare Gnomi dell'Est, per<br />

<strong>di</strong> più accompagnati da un Messaggero del Teschio, così a occidente e<br />

così vicini ad Arborlon. Tay si avvicinò fino a poterli vedere<br />

chiaramente, e li spiò per qualche tempo per cercare <strong>di</strong> capire qualcosa,<br />

ma non riuscì a scoprire nulla, perciò li contò con cura e si allontanò.<br />

Rifece in senso inverso il cammino dell'andata finché non fu a <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> sicurezza, trovò una macchia <strong>di</strong> abeti ben riparata, strisciò sotto i<br />

rami del più frondoso e si addormentò. Quando si svegliò era già mattino<br />

e gli Gnomi erano ripartiti. Dal suo nascon<strong>di</strong>glio, controllò<br />

accuratamente che non ne fossero rimasti, poi uscì e si <strong>di</strong>resse al loro<br />

accampamento. Le tracce si addentravano nei Boschi Grigi. <strong>Il</strong> Messaggero<br />

del Teschio era con loro. Si chiese se fosse il caso <strong>di</strong> seguirli, poi<br />

decise <strong>di</strong> no. In quel momento aveva già troppe incombenze, e non era il<br />

caso che ne aggiungesse un'altra. Inoltre, dove c'era un gruppo <strong>di</strong><br />

armati potevano essercene altri ed era importante avvertire gli Elfi<br />

della loro presenza, il più rapidamente possibile. Così, Tay proseguì a<br />

nord, mantenendosi sotto la protezione degli alberi, e procedendo con<br />

lunghe falcate che <strong>di</strong>voravano le <strong>di</strong>stanze. Prima <strong>di</strong> mezzogiorno<br />

raggiunse la Valle <strong>di</strong> Rhenn e piegò a ovest, lungo il suo ampio<br />

corridoio naturale. Quella valle era la porta che conduceva ad Arborlon<br />

e all'Occidente, e certo gli Elfi avevano <strong>di</strong>sposto qualche pattuglia<br />

alla sua imboccatura. Nella parte più a est, il terreno era molto<br />

invitante, una dolce <strong>di</strong>stesa d'erba fra due catene <strong>di</strong> basse colline, ma<br />

presto la valle si restringeva, il terreno saliva rapidamente, e le<br />

colline si alzavano fino a <strong>di</strong>ventare alte rupi a strapiombo. Quando si<br />

arrivava all'estremità occidentale, si scopriva <strong>di</strong> trovarsi in mezzo a<br />

una morsa. La Valle <strong>di</strong> Rhenn offriva agli Elfi una <strong>di</strong>fesa naturale<br />

contro un nemico proveniente dall'est. Poiché tanto a nord quanto a sud<br />

il terreno era montuoso e coperto <strong>di</strong> folte foreste, quella valle era la<br />

sola via che consentisse a un esercito <strong>di</strong> una certa consistenza <strong>di</strong><br />

entrare o uscire dalla Terra dell'Ovest. Naturalmente, era sempre ben<br />

controllata e Tay si aspettava che qualcuno lo intercettasse. Non<br />

dovette aspettare molto. Era a metà del corridoio verde della valle<br />

quando un drappello <strong>di</strong> Elfi a cavallo uscì al galoppo dal passo per<br />

dargli l'"alto là", ma tirarono le re<strong>di</strong>ni e lo salutarono a gran voce<br />

non appena lo riconobbero. Quei cavalieri erano suoi vecchi amici e lo<br />

accolsero con calore. Gli <strong>di</strong>edero un cavallo e lo accompagnarono al loro<br />

campo, sul passo; lassù, il comandante mandò un messaggero ad Arborlon<br />

per dare la notizia del suo arrivo. Tay riferì <strong>di</strong> aver visto gli Gnomi,<br />

ma non fece parola del Messaggero del Teschio, perché voleva dare<br />

l'informazione <strong>di</strong>rettamente a Ballindarroch. <strong>Il</strong> comandante, che non<br />

aveva ricevuto alcun rapporto, mandò subito alcuni cavalieri a sud in<br />

perlustrazione. Poi fece portare da mangiare e da bere per Tay e gli<br />

tenne compagnia mentre consumava il pasto, rispondendo alle sue domande<br />

su Arborlon e aggiornandolo sugli avvenimenti <strong>di</strong> cui gli chiedeva<br />

notizia. <strong>Il</strong> comandante parlava con tranquillità, senza soffermarsi molto<br />

sui vari eventi. Sì, era giunta voce <strong>di</strong> qualche movimento dei Troll<br />

sulle Streleheim, ma niente <strong>di</strong> sicuro, e certo così a sud non se n'erano<br />

visti. Tay non gli parlò del Signore degli Inganni né <strong>di</strong> Paranor, e


quando ebbe terminato il pasto chiese <strong>di</strong> proseguire il cammino. <strong>Il</strong><br />

comandante gli offrì un cavallo e due uomini <strong>di</strong> scorta; lui accettò la<br />

prima offerta, declinò la seconda e ripartì subito. Nel tragitto fino ad<br />

Arborlon, rifletté su quanto aveva appreso. Voci, niente <strong>di</strong> concreto.<br />

Spettri e ombre. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni era inafferrabile come il<br />

fumo, ma Tay aveva visto il Messaggero del Teschio e gli Gnomi, e Bremen<br />

aveva visto Brona nella sua fortezza del Nord, ed erano assai reali.<br />

Bremen pareva certo <strong>di</strong> quanto stava per succedere, e spettava a Tay<br />

convincere gli Elfi <strong>di</strong> questo. La strada da lui presa si snodava<br />

serpeggiando nelle foreste dell'Ovest, aggirava le macchie più fitte e<br />

gli alberi più gran<strong>di</strong>, evitava i laghetti e i ruscelli, saliva e<br />

scendeva a seconda della conformazione del terreno. <strong>Il</strong> sole illuminava a<br />

chiazze la foresta, colorando <strong>di</strong> strisce chiare i tronchi degli alberi e<br />

i prati fioriti, insinuando lunghe <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> luce in mezzo alle ombre.<br />

Come ban<strong>di</strong>ere e stendar<strong>di</strong>, parevano voler salutare il ritorno <strong>di</strong> Tay<br />

Trefenwyd. In risposta, l'elfo si sfilò il mantello e sentì il sole<br />

scendergli come una calda coperta sulle ampie spalle. Lungo la strada<br />

incontrò altri viandanti, uomini e donne che si spostavano tra i vari<br />

villaggi, mercanti e artigiani che andavano al lavoro. Alcuni lo<br />

salutarono, altri si limitarono a guardarlo. Ma tutti erano Elfi, e<br />

ormai da molto tempo Tay non si trovava fra la propria razza. Gli faceva<br />

una strana impressione: tante persone simili a lui, e nessuna <strong>di</strong>versa.<br />

Era ormai nei pressi <strong>di</strong> Arborlon, nelle ore calme e lente <strong>di</strong> metà<br />

pomeriggio, e il calore della giornata primaverile cominciava a pesare<br />

su <strong>di</strong> lui anche sotto gli alberi della foresta, quando scorse davanti a<br />

sé un cavaliere. <strong>Il</strong> nuovo venuto uscì da una macchia <strong>di</strong> luce in cima a<br />

un'altura e si lanciò verso <strong>di</strong> lui al galoppo, con il mantello che<br />

frustava l'aria e i capelli al vento. Agitò vigorosamente un braccio in<br />

segno <strong>di</strong> saluto e lanciò un grido <strong>di</strong> benvenuto. Tay lo riconobbe subito,<br />

sorrise e sollevò il braccio per salutare a sua volta, spronando il<br />

cavallo. I due si incontrarono in mezzo a una nube <strong>di</strong> polvere, tirarono<br />

le re<strong>di</strong>ni e balzarono a terra per correre ad abbracciarsi. "Sei proprio<br />

Tay Trefenwyd, quant'è vero che sono vivo!" <strong>Il</strong> nuovo venuto prese per le<br />

braccia l'alto e allampanato Tay e lo sollevò come un bambino, facendolo<br />

dondolare un paio <strong>di</strong> volte e posandolo poi a terra con un brontolio.<br />

"Per tutte le ombre!" esclamò. "Non fai altro che mangiare, quando sei<br />

via! Pesi come un cavallo!" Tay strinse la mano al suo migliore amico.<br />

"Non sono stato io a <strong>di</strong>ventare pesante, ma tu a <strong>di</strong>ventare fiacco!<br />

Per<strong>di</strong>giorno!" L'altro gli strinse la mano ancora più forte. "Bentornato.<br />

Mi sei mancato!" Tay fece un passo in<strong>di</strong>etro, per guardarlo bene. Come<br />

per tutti coloro che aveva lasciato ad Arborlon, erano passati cinque<br />

anni dall'ultima volta che l'aveva visto. E Jerle <strong>Shannara</strong> era la<br />

persona che gli era mancata maggiormente, ancor più dei suoi familiari.<br />

Era il suo più vecchio amico, il suo compagno inseparabile quando erano<br />

due ragazzi che crescevano insieme nelle Terre dell'Ovest, la sola<br />

persona a cui potesse raccontare tutto <strong>di</strong> sé, la sola a cui avrebbe<br />

affidato la propria vita. <strong>Il</strong> legame tra loro si era formato presto ed<br />

era sopravvissuto perfino agli anni <strong>di</strong> separazione, quando Tay era<br />

andato a Paranor e Jerle era rimasto ad Arborlon. Essendo cugino primo<br />

del re Courtann Ballindarroch, era destinato fin dalla nascita a servire<br />

il trono. Jerle <strong>Shannara</strong> era un guerriero nato. <strong>Di</strong> statura imponente per


un elfo, robusto <strong>di</strong> corpo e <strong>di</strong> braccio, dotato <strong>di</strong> riflessi veloci come<br />

quelli <strong>di</strong> un gatto nonostante la taglia, con gli istinti del lottatore.<br />

Si addestrava alle armi fin da quando aveva mosso i primi passi, era<br />

innamorato della lotta, affascinato dalle emozioni e dalla sfida della<br />

battaglia. Ma in lui c'era assai più della forza bruta e del fisico<br />

imponente. Era intelligente. Era astuto. Era un avversario implacabile.<br />

La sua de<strong>di</strong>zione al lavoro era pro<strong>di</strong>giosa. Da se stesso pretendeva<br />

sempre il massimo, in<strong>di</strong>pendentemente dall'importanza del compito e dalla<br />

presenza <strong>di</strong> testimoni. Ma, soprattutto, Jerle <strong>Shannara</strong> non sapeva cosa<br />

fosse la paura. Era qualcosa nel suo sangue, o nel modo in cui era<br />

cresciuto, o forse in entrambi, ma a memoria <strong>di</strong> Tay non era mai<br />

in<strong>di</strong>etreggiato davanti a nulla. Formavano una strana coppia, rifletté<br />

ora Tay. Simili <strong>di</strong> statura e aspetto, tutt'e due più alti della me<strong>di</strong>a,<br />

bion<strong>di</strong> e snelli, cresciuti con gran<strong>di</strong> aspettative delle rispettive<br />

famiglie, erano però completamente <strong>di</strong>versi. Tay non si scaldava mai e<br />

cercava sempre <strong>di</strong> comporre le situazioni <strong>di</strong>fficili; Jerle era pronto a<br />

montare in collera e a polemizzare con tutti, e - in un modo che poteva<br />

risultare assai irritante - non era mai <strong>di</strong>sposto a cedere in una<br />

<strong>di</strong>scussione. Tay era cerebrale, affascinato dai problemi complessi e<br />

dagli enigmi che sfidano e confondono l'intelligenza; Jerle era fisico e<br />

preferiva le gare e la lotta, si fidava della rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> decisione e<br />

dell'intuito. Tay aveva sempre pensato <strong>di</strong> andare a stu<strong>di</strong>are presso i<br />

Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor; Jerle aveva sempre aspirato a <strong>di</strong>ventare capitano<br />

della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, il gruppo scelto dei Cacciatori degli Elfi che<br />

proteggeva il re e la sua famiglia. Erano due personalità assai <strong>di</strong>verse,<br />

con interessi e aspirazioni lontanissimi tra loro, ma qualcosa, nella<br />

loro natura, li legava al pari <strong>di</strong> un vincolo <strong>di</strong> sangue o <strong>di</strong> un dettato<br />

del destino. "Così, sei tornato" commentò Jerle, lasciando Tay per fare<br />

un passo in<strong>di</strong>etro. Con una mano massiccia si ravviò i capelli bion<strong>di</strong> e<br />

ondulati e rivolse all'amico un sorriso impertinente. "Hai messo<br />

finalmente un po' <strong>di</strong> buon senso? Quanto ti fermerai?" "Non lo so, ma<br />

certo non tornerò a Paranor. La situazione è cambiata." Jerle non<br />

sorrise più. "Davvero? Raccontami tutto." "Ogni cosa a suo tempo, e<br />

lasciami fare a modo mio. Sono qui per uno scopo ben preciso. Mi manda<br />

Bremen." "Allora si tratta <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> serio." Jerle aveva conosciuto<br />

il vecchio druido ad Arborlon. S'interruppe per un istante, poi chiese:<br />

"Riguarda l'entità chiamata Signore degli Inganni?". "Sei sempre stato<br />

svelto. Sì, proprio quella. Sta marciando a sud con un esercito, per<br />

attaccare i Nani. Lo sapevi?" "Si parla <strong>di</strong> movimenti dei Troll nelle<br />

Streleheim. Pensavamo che potessero venire contro <strong>di</strong> noi." "Prima contro<br />

i Nani, poi contro <strong>di</strong> voi. Devo convincere Courtann a mandare l'esercito<br />

in appoggio ai Nani. Mi servirà il tuo aiuto, penso." Jerle <strong>Shannara</strong><br />

tirò le re<strong>di</strong>ni. "Togliamoci dalla strada e mettiamoci all'ombra per<br />

parlare. Ti <strong>di</strong>spiace se non proseguiamo subito per la città?" "No.<br />

Anch'io preferisco parlare con te, prima." "Bene. Sai che, tutte le<br />

volte che ti vedo, assomigli sempre <strong>di</strong> più a tua sorella?" Scesero a<br />

terra e portarono i cavalli in mezzo agli alberi, legandoli a un giovane<br />

frassino. "Lo <strong>di</strong>cevo per farti un complimento." "Certo." Tay sorrise.<br />

"Come sta?" "Contenta, sistemata, felice della sua famiglia" rispose<br />

Jerle, guardandolo con una punta <strong>di</strong> rammarico. "Se l'è cavata bene anche<br />

senza <strong>di</strong> me, dopotutto." "Kira non era fatta per te. Lo sai anche tu.


Pensa a come vivi tu, e poi chie<strong>di</strong>ti che peso potresti avere nella sua<br />

vita. E lei, che peso potrebbe avere nella tua? Non avete niente in<br />

comune, tranne il fatto <strong>di</strong> essere cresciuti insieme." Jerle sbuffò<br />

irritato. "Questo vale anche per noi due, ma la nostra amicizia non è<br />

cambiata." "L'amicizia non è il matrimonio. Per noi è <strong>di</strong>verso." Tay si<br />

sedette sull'erba, incrociando le lunghe gambe. Jerle si accomodò su un<br />

ceppo consumato dal tempo e dalle intemperie e si fissò gli stivali come<br />

se non li avesse mai visti prima. Le sue mani abbronzate erano coperte<br />

da una fitta rete <strong>di</strong> cicatrici bianche e <strong>di</strong> piccole scalfitture rosse. A<br />

quanto ricordava Tay, erano sempre state così. "Sei sempre capitano<br />

della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale?" chiese. Jerle scosse la testa. "Mi considerano<br />

troppo importante per quell'incarico. Adesso sono il consigliere <strong>di</strong><br />

Courtann per le questioni militari. <strong>Di</strong> fatto il suo generale, quello che<br />

trova i <strong>di</strong>fetti nelle proposte dei generali veri. Non che la cosa abbia<br />

molta importanza, visto che non siamo in guerra. Ma la situazione<br />

potrebbe cambiare, vero?" "Bremen pensa che il Signore degli Inganni<br />

tenterà <strong>di</strong> sottomettere tutte le Razze, a cominciare dai Nani. <strong>Il</strong> suo<br />

esercito <strong>di</strong> Troll è molto potente. Se le Razze non si uniscono per<br />

affrontarlo, saranno sopraffatte, una alla volta." "Ma i Drui<strong>di</strong> non lo<br />

permetteranno. Anche se la loro organizzazione è ormai morente - senza<br />

offesa per te, Tay - non se ne staranno certo con le mani in mano..."<br />

"Bremen pensa che Paranor sia caduto e che i Drui<strong>di</strong> siano stati<br />

<strong>di</strong>strutti." Jerle <strong>Shannara</strong> si irrigidì leggermente e serrò le labbra<br />

nell'apprendere la notizia. "Quando è successo? Non ne abbiamo saputo<br />

nulla." "Un paio <strong>di</strong> giorni fa, non <strong>di</strong> più. Bremen è tornato a Paranor<br />

per accertarsene, ma intanto ha mandato me ad Arborlon, perciò non sono<br />

sicuro dell'accaduto. Sarebbe utile che tu mandassi qualcuno a<br />

controllare, prima che io parli al re. Una persona <strong>di</strong> cui ci si possa<br />

fidare." "Lo farò." Jerle scosse lentamente la testa. "Tutti i Drui<strong>di</strong><br />

sono morti? Tutti?" "Tutti tranne Bremen, me stesso, un nano chiamato<br />

Risca e una giovane donna <strong>di</strong> Storlock che era ancora appren<strong>di</strong>sta.<br />

Abbiamo lasciato Paranor insieme, prima dell'attacco. Forse qualcun<br />

altro è fuggito dopo <strong>di</strong> noi." Jerle gli rivolse un'occhiata penetrante.<br />

"E così, sei tornato per avvertirci, per informarci della caduta <strong>di</strong><br />

Paranor e chiedere aiuto contro il Signore degli Inganni e il suo<br />

esercito <strong>di</strong> Troll?" "Sì, e per un'altra cosa. Una cosa molto importante.<br />

E' qui, soprattutto, che mi occorre il tuo aiuto, Jerle. C'è una Pietra<br />

Nera degli Elfi, un talismano <strong>di</strong> grande potere. Questa Pietra è più<br />

pericolosa <strong>di</strong> ogni altra, ed è nascosta nelle Terre <strong>di</strong> Confine fin dai<br />

tempi <strong>di</strong> Faerie. Bremen ha scoperto qualche in<strong>di</strong>zio sul luogo dove la si<br />

può trovare, ma la cercano anche il Signore degli Inganni e le sue<br />

creature. Dobbiamo trovarla per primi. Intendo chiedere al re <strong>di</strong><br />

organizzare una spe<strong>di</strong>zione. Ma lui potrebbe essere più <strong>di</strong>sposto a farlo<br />

se la richiesta venisse date." Jerle rise: una risata forte, sonora.<br />

"Ah, tu pensi questo? Che possa aiutarti? Se fossi in te, non mi farei<br />

vedere in mia compagnia! Ultimamente, ho pestato un paio <strong>di</strong> volte i<br />

pie<strong>di</strong> a Courtann, e non credo che mi abbia molto nelle sue simpatie, in<br />

questo periodo. Oh, il re ascolta i miei consigli sui movimenti delle<br />

truppe e sulle strategie <strong>di</strong>fensive, ma non <strong>di</strong> più!" Smise <strong>di</strong> ridere e si<br />

asciugò gli occhi. "Be', farò quel che potrò." Ridacchiò. "Tu ren<strong>di</strong><br />

interessante la vita, Tay. E' sempre stato così." Tay sorrise. "E' la


vita a rendersi interessante da sola. Come te, io sono soltanto <strong>di</strong><br />

passaggio." Jerle tese il braccio: i due amici si scambiarono un'altra<br />

stretta <strong>di</strong> mano, che questa volta si protrasse a lungo. Tay sentì la<br />

grande forza del compagno e gli parve <strong>di</strong> potervi attingere un po' della<br />

sua. Senza staccare la mano, si alzò in pie<strong>di</strong> costringendo anche Jerle<br />

ad alzarsi. "Meglio partire" <strong>di</strong>sse. L'altro annuì, e gli sorrise con<br />

orgoglio e sicurezza, ma anche con una certa ironia. "Tu e io, Tay" gli<br />

<strong>di</strong>sse. "Noi due, come una volta. Ci sarà da <strong>di</strong>vertirsi." Naturalmente<br />

intendeva <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> assai <strong>di</strong>verso, e Tay Trefenwyd l'aveva<br />

capito.<br />

9<br />

Quando fu giunto ad Arborlon, Tay trascorse qualche giorno in visita a<br />

parenti e amici, mentre aspettava con impazienza <strong>di</strong> ricevere da Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> la conferma della caduta <strong>di</strong> Paranor. Nel separarsi da lui,<br />

l'amico gli aveva assicurato che un esploratore sarebbe partito subito,<br />

per andare a controllare la fondatezza dei sospetti <strong>di</strong> Bremen. Al suo<br />

ritorno, avrebbe fatto avere a Tay un'u<strong>di</strong>enza con il re degli Elfi,<br />

Courtann Ballindarroch, e con il Gran Consiglio: in quell'occasione Tay<br />

avrebbe potuto chiedere aiuto per i Nani e per organizzare la ricerca<br />

della Pietra Nera. Jerle aveva promesso <strong>di</strong> appoggiare le sue richieste.<br />

Per il momento, comunque, nessuno dei due avrebbe parlato dell'accaduto<br />

o adottato altre misure. L'inattività era assai pesante per Tay, che<br />

ricordava perfettamente l'urgenza con cui Bremen gli aveva chiesto <strong>di</strong><br />

rivolgersi a Ballindarroch per avere aiuto. Gli pareva <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re la voce<br />

del vecchio druido ogni volta che un ciottolo scricchiolava sotto i suoi<br />

stivali, o sentiva parlare qualche sconosciuto senza poterlo vedere, e<br />

perfino in sogno. Ma Bremen non comparve e non fece avere notizie, e Tay<br />

sapeva che era inutile parlare senza <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> notizie certe sulla<br />

sorte <strong>di</strong> Paranor. L'annuncio ufficiale che Ballindarroch era lieto del<br />

suo ritorno arrivò quasi subito, ma non accompagnato dall'invito a<br />

presentarsi al re o al Gran Consiglio. Agli occhi <strong>di</strong> tutti, tolto Jerle<br />

<strong>Shannara</strong>, Tay era tornato ad Arborlon per una semplice visita ai<br />

familiari e agli amici. Tay venne ospitato nella casa dei genitori,<br />

entrambi ormai vecchi e preoccupati soltanto del passare del tempo e<br />

della salute dei figli. Gli chiesero della sua vita a Paranor, ma si<br />

stancarono presto e non insistettero per avere molti particolari. Quanto<br />

al Signore degli Inganni e ai suoi Messaggeri del Teschio, non ne<br />

sapevano nulla. Sull'esercito <strong>di</strong> Troll avevano u<strong>di</strong>to solo qualche voce.<br />

Abitavano in una piccola casa accanto ai Giar<strong>di</strong>ni della Vita, lungo il<br />

burrone <strong>di</strong> Carolan, e passavano la giornata lavorando in giar<strong>di</strong>no e<br />

de<strong>di</strong>candosi a piccole attività artigianali: il padre <strong>di</strong>pingeva<br />

paraventi, la madre tesseva. Parlavano con Tay mentre lavoravano,<br />

facendo a turno nel rivolgergli le domande, ma lo ascoltavano con metà<br />

della loro attenzione, perché con l'altra si occupavano del lavoro.<br />

Piccoli, fragili, sempre più vicini a svanire con il passare del tempo,<br />

ricordavano al figlio la fragilità della sua stessa vita, che fino a<br />

poco tempo prima gli era parsa tanto sicura. <strong>Il</strong> fratello <strong>di</strong> Tay era<br />

andato ad abitare nel Sarandanon, a sudest <strong>di</strong> Arborlon, a molte miglia<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza; perciò, Tay dovette limitarsi alle notizie che ne ebbe dai<br />

genitori. Non era mai stato molto legato al fratello minore e non lo<br />

vedeva da più <strong>di</strong> otto anni, ma ascoltò doverosamente i racconti dei due


vecchi e si rallegrò nel sapere che la sua attività <strong>di</strong> agricoltore<br />

prosperava. Quanto alla sorella Kira, la situazione era assai <strong>di</strong>versa.<br />

Abitava ad Arborlon; Tay andò da lei il giorno stesso del suo arrivo e<br />

la trovò intenta a vestire il figlio più piccolo. Aveva la faccia ancora<br />

giovane e fresca, era piena <strong>di</strong> energia e il suo sorriso era caldo e<br />

affascinante come il canto degli uccelli. Corse verso <strong>di</strong> lui ridendo e<br />

lo abbracciò con una tale forza che Tay temette <strong>di</strong> esplodere. Poi lo<br />

fece accomodare in cucina e gli servì birra fresca, lo fece sedere al<br />

vecchio tavolo su cavalletti, gli chiese <strong>di</strong> lui e gli parlò <strong>di</strong> sé, tutto<br />

nella stessa frase. Con<strong>di</strong>visero le preoccupazioni per i genitori,<br />

rievocarono momenti dell'infanzia e prima che se ne accorgessero era già<br />

buio. Si rividero il giorno seguente, e col marito <strong>di</strong> Kira e i bambini<br />

si recarono nei boschi, lungo il torrente Rill Song, per una<br />

scampagnata. Kira gli chiese se avesse già visto Jerle <strong>Shannara</strong>, poi non<br />

parlò più <strong>di</strong> lui. Le ore scivolarono via in fretta, e Tay riuscì quasi a<br />

<strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> essere tornato per ben altri motivi. I bambini giocarono<br />

con lui, poi si stancarono e andarono a sedere sulla riva, immergendo i<br />

pie<strong>di</strong> nell'acqua fredda e scalciando con forza, e gli adulti parlarono<br />

<strong>di</strong> come il mondo stesse cambiando. <strong>Il</strong> cognato <strong>di</strong> Tay era un fabbricante<br />

<strong>di</strong> articoli in cuoio e commerciava regolarmente con le altre Razze.<br />

Tuttavia non mandava più i suoi emissari nel Nord, da quando le varie<br />

nazioni dei Troll erano state sconfitte e unificate. Si parlava <strong>di</strong><br />

creature malvage, <strong>di</strong>sse, <strong>di</strong> mostri alati e <strong>di</strong> ombre nere, <strong>di</strong> bestie che<br />

assalivano Elfi e umani. Tay ascoltò e si limitò a qualche cenno<br />

affermativo della testa, <strong>di</strong>cendo che anche lui aveva sentito quelle<br />

voci. Nel <strong>di</strong>rlo, cercò <strong>di</strong> non guardare Kira. Non voleva farle leggere<br />

quello che aveva negli occhi. Rivide i suoi vecchi amici, alcuni dei<br />

quali erano poco più che adolescenti l'ultima volta che li aveva visti.<br />

Molti <strong>di</strong> loro, in passato, erano suoi amici intimi, ma avevano preso<br />

strade <strong>di</strong>verse dalla sua e ormai erano troppo lontani per tornare<br />

in<strong>di</strong>etro. O forse era lui che era andato troppo lontano. Erano estranei,<br />

non per l'aspetto o per la voce, che gli erano ancora familiari, ma per<br />

le scelte che avevano modellato la loro vita. Con loro poteva<br />

con<strong>di</strong>videre soltanto i ricor<strong>di</strong>. Era triste, ma preve<strong>di</strong>bile. <strong>Il</strong> tempo<br />

rapisce le promesse e allenta i legami. L'amicizia si riduce a storie<br />

passate e a vaghe promesse per il futuro, nessuna così forte da ridare<br />

vita a quello che s'è perduto. Ma questa è la vita: porta ciascuno lungo<br />

la propria via, separata da quella degli altri, finché un giorno ci si<br />

scopre soli. Anche Arborlon gli sembrava estranea, ma non nel modo che<br />

si sarebbe aspettato. Fisicamente era la stessa, un villaggio cresciuto<br />

fino a <strong>di</strong>ventare una città, piena <strong>di</strong> aspettative e <strong>di</strong> agitazione perché<br />

vi si incrociavano tutte le strade dell'Ovest. Vent'anni <strong>di</strong> crescita<br />

continua l'avevano resa la città più grande e importante della parte<br />

settentrionale del mondo conosciuto. Con la conclusione della Prima<br />

Guerra delle Razze e con il declino dell'influenza del Sud, il ruolo<br />

degli Elfi nel futuro delle Quattro Terre era cambiato in modo<br />

irrevocabile e Arborlon e la sua gente erano <strong>di</strong>ventati sempre più<br />

importanti. Ma mentre la città e i suoi <strong>di</strong>ntorni gli erano familiari<br />

nonostante la lunga assenza e le rare visite, Tay non riusciva a evitare<br />

l'impressione che quello non fosse il suo posto. Ormai non era più la<br />

sua casa, non lo era da quin<strong>di</strong>ci anni, ed era tar<strong>di</strong> per rime<strong>di</strong>are. Anche


se Paranor era <strong>di</strong>strutto e i Drui<strong>di</strong> erano scomparsi, non era certo <strong>di</strong><br />

poter tornare tra gli Elfi. Arborlon faceva parte del suo passato, e se<br />

l'era lasciata alle spalle. Era un estraneo, per quanto cercasse <strong>di</strong><br />

convincersi del contrario, e quando cercava <strong>di</strong> inserirsi <strong>di</strong> nuovo nella<br />

vita citta<strong>di</strong>na sentiva <strong>di</strong> non farne più parte. Come tutto scivola via,<br />

quando non gli si presta attenzione, pensò più <strong>di</strong> una volta, nei primi<br />

giorni dopo il suo ritorno. Come cambia in fretta la vita. <strong>Il</strong> quarto<br />

giorno, Jerle <strong>Shannara</strong> lo venne a cercare nel tardo pomeriggio,<br />

accompagnato da Preia Starle. Tay non l'aveva ancora vista, anche se<br />

aveva pensato parecchie volte a lei. Era certamente la più bella donna<br />

che avesse mai visto, e se non fosse stata innamorata <strong>di</strong> Jerle fin da<br />

bambina e lo fosse stata invece <strong>di</strong> Tay, lui avrebbe probabilmente<br />

cambiato vita per lei. Era bellissima, con lineamenti minuti e perfetti,<br />

capelli e occhi color cannella, pelle leggermente ambrata che brillava<br />

come la superficie dell'acqua illuminata dal sole dell'alba, un corpo<br />

flessuoso che si muoveva con la grazia <strong>di</strong> un gatto. Questo a una prima<br />

occhiata, e non era certo sufficiente a descriverla. Preia era, a modo<br />

suo, un guerriero che stava alla pari con Jerle, addestrata come<br />

esploratore, e così abile nel suo lavoro da superare ogni altro<br />

Esploratore o Cacciatore che Tay avesse conosciuto; salda, instancabile<br />

e sicura come il sorgere del sole. Sarebbe riuscita a stanare un furetto<br />

in mezzo a una palude, a <strong>di</strong>re il numero e il sesso <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> capre<br />

che si arrampicava su un monte, a sopravvivere nel deserto per<br />

settimane, senza scorte, vivendo unicamente <strong>di</strong> quello che riusciva a<br />

cacciare. Rifiutava la solita vita delle donne elfe, aveva rinunciato<br />

alla como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una casa e alla compagnia <strong>di</strong> un marito e dei figli.<br />

Preia era assai lontana da tutto ciò Era sod<strong>di</strong>sfatta della sua vita,<br />

aveva detto a Tay, in passato. Alla famiglia avrebbe pensato il giorno<br />

che Jerle fosse stato pronto al matrimonio. Fino a quel momento, poteva<br />

aspettare. E a Jerle, da parte sua, andava bene che lei fosse <strong>di</strong>sposta<br />

ad aspettare. Secondo Tay, l'amico era ancora indeciso su quello che<br />

provava per lei. A modo suo l'amava, ma il suo primo grande amore era<br />

sempre stato Kira: anche dopo tanti anni era incapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticarla.<br />

Preia lo sapeva certamente - era troppo intelligente per non essersene<br />

accorta - ma non aveva mai fatto commenti. Tay si aspettava che il loro<br />

rapporto fosse cambiato, dalla sua ultima visita, ma non sembrava.<br />

Parlando con lui, Jerle non aveva mai accennato alla donna. Preia era<br />

ancora all'esterno della cittadella <strong>di</strong> autosufficienza e in<strong>di</strong>pendenza<br />

che Jerle <strong>Shannara</strong> aveva eretto intorno a sé: tuttora aspettava il<br />

permesso <strong>di</strong> entrare. La donna sorrise a Tay, che stava stu<strong>di</strong>ando alcune<br />

mappe della Terra dell'Ovest, stese su un tavolo nel giar<strong>di</strong>no dei<br />

genitori. Lui si alzò nel vederla, e con un nodo alla gola si chinò per<br />

scambiare con lei un bacio e un abbraccio. "Ti trovo bene, Tay" lo<br />

salutò, facendo un passo in<strong>di</strong>etro per osservarlo meglio e tenendolo per<br />

le braccia. "E sto ancora meglio adesso che ti vedo" rispose lui,<br />

sorpreso dalla sfrontatezza della risposta. Preia e Jerle lo<br />

accompagnarono fino al Carolan, dove potevano parlare in privato. Si<br />

sedettero ai margini dei Giar<strong>di</strong>ni della Vita e guardarono al <strong>di</strong> là del<br />

precipizio, verso le cime degli alberi sull'altra sponda del torrente.<br />

Jerle aveva scelto una panca circolare, che permetteva <strong>di</strong> vedersi in<br />

faccia senza farsi <strong>di</strong>strarre dai passanti. Non aveva parlato da quando


era venuto a prendere Tay, era apparso <strong>di</strong>stante e preoccupato. Ora, per<br />

la prima volta, si rivolse <strong>di</strong>rettamente all'amico. "Bremen aveva<br />

ragione" <strong>di</strong>sse. "Paranor è caduto. Tutti i Drui<strong>di</strong> sono morti. Se<br />

qualcuno è fuggito, oltre a quelli che sono venuti con te, ora si tiene<br />

nascosto." Tay lo fissò, mentre il peso della notizia si faceva strada<br />

in lui. Poi guardò Preia. Ma sul suo viso non c'era alcuna sorpresa:<br />

sapeva tutto. "Hai mandato Preia a Paranor?" chiese a Jerle.<br />

All'improvviso aveva capito perché era presente. "Chi meglio <strong>di</strong> lei?"<br />

ribatté <strong>Shannara</strong>, in tono pratico. Del resto, aveva ragione. Tay gli<br />

aveva chiesto <strong>di</strong> mandare una persona fidata, e nessuno era più fidato <strong>di</strong><br />

Preia. Ma era una missione pericolosa, piena <strong>di</strong> rischi e Tay avrebbe<br />

certamente scelto qualcun altro. Da questo si capiva quanto fossero<br />

<strong>di</strong>versi i loro sentimenti nei riguar<strong>di</strong> della donna, pensò. Ma non era<br />

detto che i suoi fossero i più nobili. "Riferiscigli quello che hai<br />

visto" la invitò Jerle. Lei si girò verso Tay. I suoi occhi ramati erano<br />

dolci e rassicuranti. "Ho attraversato le Streleheim senza problemi.<br />

C'erano Troll, ma non ho trovato gli Gnomi e il Messaggero del Teschio<br />

che hai visto tu. Sono giunta ai Denti del Drago all'alba del secondo<br />

giorno e mi sono recata subito alla rocca. Le porte erano spalancate e<br />

all'interno non c'era traccia <strong>di</strong> vita. Nessuno si è opposto al mio<br />

ingresso. Tutte le guar<strong>di</strong>e erano state massacrate, alcune avevano ferite<br />

<strong>di</strong> armi, altre <strong>di</strong> zanne e <strong>di</strong> artigli come se fossero state assalite da<br />

bestie feroci. I Drui<strong>di</strong> giacevano all'interno, tutti morti. Alcuni erano<br />

stati uccisi negli scontri, altri erano stati portati via dalla sala del<br />

Consiglio, condotti nei sotterranei e murati vivi. Sono riuscita a<br />

vedere le tracce del loro passaggio e a trovare le loro tombe."<br />

S'interruppe nel vedere l'angoscia e l'orrore sul viso <strong>di</strong> Tay al<br />

pensiero dei compagni. Posò la mano minuta sulla sua. "C'erano anche le<br />

tracce <strong>di</strong> una seconda lotta, combattuta sullo scalone principale. Queste<br />

erano più recenti: risalivano ad alcuni giorni dopo le prime. Alcune<br />

creature erano state <strong>di</strong>strutte: creature che non sono riuscita a<br />

riconoscere. E' stata usata la magia. L'intera scala era annerita dal<br />

fuoco, come se fosse stata spazzata da una fiamma che aveva lasciato<br />

soltanto le ceneri dei morti." "Bremen?" chiese Tay. Lei scosse la<br />

testa. "Non lo so. Può darsi." Gli strinse la mano. "Mi <strong>di</strong>spiace." Tay<br />

annuì. "Anche se lo sapevo e pensavo <strong>di</strong> essere pronto ad accettarlo, mi<br />

è ancora <strong>di</strong>fficile crederlo. Tutti morti. Tutti coloro con cui ho<br />

lavorato e vissuto per tanti anni. Forse anche Bremen. Sento un grande<br />

vuoto dentro <strong>di</strong> me." "Be', ormai è successo e non si può farci niente"<br />

concluse Jerle, già pronto ad allontanarsi. Si alzò. "Adesso dobbiamo<br />

parlare con il Consiglio. Andrò da Ballindarroch per preparare un<br />

incontro. Può darsi che protesti, ma troverò il modo <strong>di</strong> farmi ascoltare.<br />

Intanto, Preia può <strong>di</strong>rti quello che vuoi sapere. Sii forte, Tay. Vedrai<br />

che alla fine gliela faremo pagare." Si allontanò senza guardarsi<br />

in<strong>di</strong>etro; come sempre, trovava la risposta nell'azione. Tay lo guardò<br />

allontanarsi, poi fissò Preia. "Com'è andata?" "Bene." Gli rivolse<br />

un'occhiata interrogativa. "Sei rimasto sorpreso che sia andata a<br />

Paranor, vero?" "Sì. E' stata una reazione egoistica." "Ma mi ha fatto<br />

piacere." Gli sorrise. "Sono lieta <strong>di</strong> vederti ancora qui, Tay. Sentivo<br />

la tua mancanza. Mi è sempre piaciuto parlare con te." Lui allungò le<br />

gambe e fissò, al <strong>di</strong> là del Carolan, un gruppo <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e Nere che


veniva verso i Giar<strong>di</strong>ni. "Non ora, temo. Non so più cosa <strong>di</strong>re. Sono<br />

arrivato quattro giorni fa e sto già pensando <strong>di</strong> andar via. Mi sembra <strong>di</strong><br />

essere privo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci." "Be', sei stato via molto tempo. Per questo ti<br />

senti estraneo." "Mi sembra <strong>di</strong> non appartenere più a questo luogo,<br />

Preia. Forse non appartengo più ad alcun luogo, adesso che Paranor è<br />

stato <strong>di</strong>strutto." Lei rise piano. "Conosco questa sensazione. Soltanto<br />

Jerle non ha mai quel genere <strong>di</strong> dubbi, perché non si permette <strong>di</strong> averli.<br />

Appartiene al luogo a cui vuole appartenere; fa sempre in modo <strong>di</strong><br />

crederlo.LO non ci riesco." Per qualche istante rimasero in silenzio.<br />

Tay cercò <strong>di</strong> non guardarla. "Tra pochi giorni partirai per l'Occidente,<br />

non appena il re ti darà il permesso <strong>di</strong> andare alla ricerca della Pietra<br />

Nera" <strong>di</strong>sse infine la donna. "Forse ti sentirai meglio, allora." Tay<br />

sorrise. "Jerle te l'ha detto." "Jerle mi <strong>di</strong>ce sempre tutto. Sono la<br />

compagna della sua vita, anche se non vuole ammetterlo." "E' stupido da<br />

parte sua." Preia annuì <strong>di</strong>strattamente. "Verrò con te, quando partirai."<br />

Tay la fissò negli occhi. "No." Lei sorrise nel vederlo a <strong>di</strong>sagio. "Non<br />

puoi parlarmi così, Tay. Nessuno può farlo. Non lo permetto." "Preia..."<br />

"C'è troppo pericolo, è un viaggio troppo faticoso, è questo e quello."<br />

Sospirò, ma senza irritazione. "Ho già sentito queste obiezioni, Tay...<br />

anche se da parte <strong>di</strong> persone che pensavano meno <strong>di</strong> te al mio benessere."<br />

Lo guardò negli occhi. "Ma verrò con te." Tay scosse la testa ammirato e<br />

sorrise a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> se stesso. "Certo. E Jerle non <strong>di</strong>rà niente, vero?"<br />

<strong>Il</strong> sorriso <strong>di</strong> Preia era abbagliante. Fissò Tay con grande sod<strong>di</strong>sfazione.<br />

"No. Non lo sa ancora, naturalmente, ma quando lo saprà si stringerà<br />

nelle spalle come fa sempre e mi <strong>di</strong>rà <strong>di</strong> fare come voglio."<br />

S'interruppe. "Mi accetta come sono, più <strong>di</strong> te. Mi tratta da uguale.<br />

Capisci?" Tay si spostò sulla panca e si chiese se avesse davvero<br />

capito. "Penso che è molto fortunato ad avere te" rispose. Si schiarì la<br />

gola. "Parlami ancora <strong>di</strong> quello che hai trovato a Paranor, <strong>di</strong>mmi quello<br />

che potrebbe essere interessante per me, quello che, secondo te, dovrei<br />

sapere." La donna piegò le gambe sotto la panca, come per prepararsi<br />

alle descrizioni sgradevoli che avrebbe dovuto fargli, e gli riferì<br />

tutto quello che aveva visto. Quando Preia lo lasciò, Tay rimase seduto<br />

ancora per qualche tempo, ripensando alle facce dei Drui<strong>di</strong> che non<br />

avrebbe più visto. Stranamente, il ricordo <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> loro cominciava<br />

già a sbia<strong>di</strong>re. Succede così, si <strong>di</strong>sse, anche per coloro a cui si è più<br />

legati. Si avvicinava la sera: si alzò e, camminando lungo il Carolan,<br />

osservò il tramonto, il cielo che si colorava d'oro e poi d'argento a<br />

mano a mano che la luce cedeva al buio. Attese che nella città, <strong>di</strong>etro<br />

<strong>di</strong> lui, si accendessero le prime torce, e solo allora si volse e fece<br />

ritorno alla casa dei genitori. Si sentiva estraneo, staccato da tutto.<br />

La <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Paranor e la morte dei Drui<strong>di</strong> l'avevano strappato agli<br />

ormeggi, l'avevano mandato alla deriva. <strong>Il</strong> solo legame che gli rimanesse<br />

era il compito <strong>di</strong> cercare la Pietra Nera, ed era deciso a mantenere la<br />

parola data a Bremen. Poi avrebbe iniziato una nuova vita. Si chiese se<br />

davvero poteva. Si chiese da dove iniziare. Era quasi giunto a<br />

destinazione quando un messaggero del re uscì dall'ombra e gli <strong>di</strong>sse che<br />

era desiderato subito. L'urgenza della convocazione era chiara, e Tay<br />

non mosse obiezioni. Lasciò la strada <strong>di</strong> casa e seguì il messaggero in<br />

<strong>di</strong>rezione del Carolan e del palazzo dove abitavano il re e la sua<br />

numerosa famiglia. Courtann Ballindarroch era il quinto della sua


<strong>di</strong>nastia, e la famiglia reale era aumentata a ogni incoronazione: ora il<br />

palazzo ospitava non soltanto il re e la regina, ma anche i loro cinque<br />

figli e le mogli, più <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> nipoti e svariati zii e cugini.<br />

Tra questi c'era Jerle <strong>Shannara</strong>, che però abitava quasi sempre nella<br />

guarnigione della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, dove si trovava decisamente più a suo<br />

agio. Giunsero in vista del palazzo, che brillava <strong>di</strong> luci sullo sfondo<br />

scuro dei Giar<strong>di</strong>ni della Vita. Tuttavia, quando furono nei pressi<br />

dell'ingresso principale, il messaggero prese a sinistra, lungo un<br />

sentiero che portava al pa<strong>di</strong>glione d'estate, separato dal corpo<br />

principale della costruzione. Tay <strong>di</strong>ede un'occhiata alla <strong>di</strong>stesa ampia e<br />

buia del parco, cercando i soldati della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale che stavano <strong>di</strong><br />

sentinella. Sentiva la loro presenza e, servendosi della magia, sarebbe<br />

riuscito a contarli, ma non riusciva a scorgerli. All'interno del<br />

palazzo, proiettate sulle finestre illuminate, si muovevano ombre simili<br />

a spettri senza volto. <strong>Il</strong> messaggero non mostrò alcun interesse per<br />

quegli aspetti del palazzo reale e si limitò a portare Tay nel luogo<br />

dove Ballindarroch aveva deciso <strong>di</strong> incontrarlo. Tay si chiese il motivo<br />

<strong>di</strong> una convocazione così improvvisa. Era successo qualcosa <strong>di</strong> nuovo?<br />

C'era stata una nuova trage<strong>di</strong>a? Con uno sforzo, si costrinse a tenere a<br />

freno l'immaginazione e ad attendere la risposta. <strong>Il</strong> messaggero lo portò<br />

all'ingresso principale del pa<strong>di</strong>glione e gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> entrare. Entrò da<br />

solo, oltrepassò il vestibolo e si trovò nel soggiorno, dove scorse<br />

<strong>Shannara</strong>. Jerle si strinse nelle spalle e sollevò le mani, in segno <strong>di</strong><br />

impotenza. "Ne so quanto te. Mi hanno convocato e sono venuto." "Hai<br />

detto al re quello che sappiamo?" "Gli ho detto che avevi bisogno <strong>di</strong><br />

un'u<strong>di</strong>enza imme<strong>di</strong>ata del Gran Consiglio, che avevi notizie importanti.<br />

Nient'altro." Si fissarono per qualche istante, riflettendo<br />

sull'accaduto. Poi la porta si spalancò e comparve Courtann<br />

Ballindarroch. Tay si chiese da dove arrivava, se era sceso dal palazzo<br />

o se era stato ad aspettare <strong>di</strong>etro la porta, per ascoltare i loro<br />

<strong>di</strong>scorsi. Courtann era impreve<strong>di</strong>bile. Fisicamente era un uomo <strong>di</strong> altezza<br />

me<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> corporatura normale, <strong>di</strong> una tranquilla mezz'età, leggermente<br />

clau<strong>di</strong>cante, con qualche filo grigio alle tempie e nella barba, una<br />

serie <strong>di</strong> rughe profonde che cominciavano ad apparirgli sulla faccia e<br />

sul collo. Non c'era niente <strong>di</strong> eccezionale in Courtann, che a <strong>di</strong>re il<br />

vero aveva l'aspetto <strong>di</strong> una persona qualunque. Non aveva né la voce da<br />

oratore né il fascino del leader, ed era pronto ad ammettere la propria<br />

confusione quando ne era vittima. Era <strong>di</strong>ventato re nella solita maniera,<br />

ossia perché era il primogenito del re precedente, e non cercava il<br />

potere né lo rifiutava. <strong>Di</strong> suo, quando era salito sul trono degli Elfi,<br />

aveva portato la reputazione <strong>di</strong> non avere abitu<strong>di</strong>ni impreve<strong>di</strong>bili o<br />

riprovevoli e <strong>di</strong> non amare i cambiamenti drammatici e precipitosi; e il<br />

suo popolo lo accettava come se fosse lo zio preferito. "Benvenuto a<br />

casa, Tay" lo salutò. Era sorridente e rilassato e pareva le mille<br />

miglia lontano da ogni preoccupazione, quando si avvicinò all'uomo per<br />

stringergli la mano. "Ho pensato che avremmo potuto <strong>di</strong>scutere in privato<br />

le tue novità, prima che tu ne parlassi al Gran Consiglio." Si ravviò la<br />

folta capigliatura. "Preferisco evitare le sorprese, nella mia vita. E<br />

se ti servisse un alleato, forse potrei esserti utile. No, non guardare<br />

il tuo confidente... non mi ha detto una parola. E anche se l'avesse<br />

fatto, non gli avrei dato retta. Troppo inaffidabile. Jerle è qui


soltanto perché so che non avete segreti l'uno per l'altro e quin<strong>di</strong> non<br />

è il caso <strong>di</strong> cominciare adesso." Fece segno <strong>di</strong> seguirlo. "Se<strong>di</strong>amoci qui,<br />

in queste poltrone bene imbottite. Da qualche tempo, la schiena mi<br />

duole. Capiterà anche a voi, quando avrete dei nipotini. E lasciamo da<br />

parte l'etichetta. Chiamatemi per nome. Ci conosciamo da troppo tempo<br />

per usare i titoli." Era vero, pensò Tay, sedendosi <strong>di</strong>rimpetto al re e<br />

accanto a Jerle. Courtann Ballindarroch aveva una ventina d'anni più <strong>di</strong><br />

loro, ma erano sempre stati amici. Jerle era cresciuto a corte, ma anche<br />

Tay vi aveva passato molto tempo, e <strong>di</strong> conseguenza era stato più volte<br />

in compagnia <strong>di</strong> Courtann. Quando erano ragazzini, li portava spesso a<br />

pesca e a caccia, e in occasione <strong>di</strong> feste e celebrazioni amava stare con<br />

loro. Tay era stato presente alla sua incoronazione, trent'anni prima.<br />

Ognuno <strong>di</strong> loro sapeva che cosa aspettarsi dall'altro. "Ho nutrito un<br />

certo scetticismo, fin dal primo momento, sull'idea che fossi tornato<br />

senza una ragione più importante che quella <strong>di</strong> salutarci" <strong>di</strong>sse il re,<br />

con un sospiro. "Sei sempre stato troppo pratico, non sei il tipo che<br />

spreca un viaggio per i soli piaceri <strong>di</strong> società. Spero che queste<br />

considerazioni non ti offendano." Appoggiò la schiena ai cuscini.<br />

"Allora, che notizie hai? Avanti, vogliamo saperle." "Ho molte cose da<br />

riferire" rispose Tay, sporgendosi verso il re per fissarlo negli occhi.<br />

"Mi manda Bremen. Si è presentato a Paranor circa due settimane fa e ha<br />

cercato <strong>di</strong> avvertire il Consiglio dei Drui<strong>di</strong> del pericolo che correva il<br />

castello. Si era spinto nel Nord e aveva avuto conferma dell'esistenza<br />

del Signore degli Inganni. Ha scoperto che è il druido ribelle Brona,<br />

ancora vivo dopo parecchie centinaia <strong>di</strong> anni, mantenuto in vita dalla<br />

magia che l'ha corrotto. E' stato Brona a unire i Troll e a<br />

sottometterli per farne il suo esercito. Prima <strong>di</strong> recarsi a Paranor,<br />

Bremen ha seguito le tracce <strong>di</strong> quell'esercito e ha visto che si <strong>di</strong>rige a<br />

sud, verso le Terre dell'Est." S'interruppe un istante, per scegliere<br />

bene le parole. "<strong>Il</strong> Consiglio dei Drui<strong>di</strong> non ha voluto ascoltarlo.<br />

Athabasca l'ha mandato via, e alcuni <strong>di</strong> noi l'hanno seguito. Anche a<br />

Caerid Lock è stato proposto <strong>di</strong> seguirci, ma non ha voluto. E' rimasto<br />

al castello per proteggere da se stessi Athabasca e gli altri." "Una<br />

brava persona" commentò il re. "Molto coscienzioso." "Con Bremen a capo<br />

del nostro gruppo, siamo andati alla Valle d'Argilla. Laggiù, al Perno<br />

dell'Ade, Bremen ha parlato con gli spiriti dei morti.LO l'ho visto.<br />

Gli spiriti gli hanno detto molte cose. La prima era che Paranor e i<br />

Drui<strong>di</strong> sarebbero stati <strong>di</strong>strutti. La seconda che il Signore degli<br />

Inganni avrebbe invaso le Quattro Terre, e che occorre costruire un<br />

talismano capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerlo. Una terza riguardava il nascon<strong>di</strong>glio<br />

<strong>di</strong> una Pietra Nera degli Elfi, una pietra magica <strong>di</strong> cui il Signore degli<br />

Inganni vuole impossessarsi, ma che noi dobbiamo trovare prima <strong>di</strong> lui.<br />

Quando gli spiriti sono scomparsi, Bremen ha mandato il druido guerriero<br />

Risca ad avvertire i Nani del pericolo. Ha mandato me ad avvertire te e<br />

gli Elfi. Mi ha detto <strong>di</strong> convincerti a portare l'esercito a Est,<br />

attraverso le Terre <strong>di</strong> Frontiera, per aiutare i Nani. Soltanto unendo le<br />

nostre forze possiamo sconfiggere l'esercito del Signore degli Inganni.<br />

Mi ha anche detto <strong>di</strong> chiedere il tuo aiuto per organizzare la ricerca<br />

della Pietra Nera." Ballindarroch non sorrideva più. "Sei molto<br />

schietto" <strong>di</strong>sse, senza preoccuparsi <strong>di</strong> nascondere la sorpresa. "Mi<br />

aspettavo una maggior sottigliezza da parte tua, nel chiedere il mio


aiuto." Tay annuì. "E questa era la mia intenzione, infatti. L'avrei<br />

fatto se ti avessi parlato davanti al Gran Consiglio. Ma non sono<br />

davanti al Consiglio. Parlo a te. Ci siamo soltanto noi tre, e come hai<br />

detto tu stesso, ci conosciamo troppo bene per fingere." "E c'è anche<br />

una ragione più importante" intervenne Jerle. "<strong>Di</strong>gliela." Tay incrociò<br />

le braccia, ma non abbassò gli occhi. "Ho aspettato a parlarti perché<br />

volevo avere la conferma dei sospetti <strong>di</strong> Bremen su Paranor e sui Drui<strong>di</strong>.<br />

Ho chiesto a Jerle <strong>di</strong> mandare qualcuno laggiù, perché vedesse quanto era<br />

successo, per averne la certezza. E Jerle l'ha fatto. Ha mandato Preia<br />

Starle, che è tornata oggi pomeriggio. Paranor è caduto. Tutti i Drui<strong>di</strong><br />

e coloro che li proteggevano sono morti. Caerid Lock è morto. E così<br />

Athabasca. Non rimane nessuno... nessuno, Courtann, che abbia un potere<br />

sufficiente a opporsi a Brona." Courtann Ballindarroch lo fissò senza<br />

parlare, poi si alzò, raggiunse la finestra, guardò fuori, nella notte,<br />

tornò in<strong>di</strong>etro, si sedette. "Sono notizie davvero preoccupanti" <strong>di</strong>sse<br />

infine, a bassa voce. "Quando mi hai parlato della visione <strong>di</strong> Bremen, ho<br />

pensato che potesse trattarsi <strong>di</strong> un trucco, <strong>di</strong> un sotterfugio, <strong>di</strong><br />

qualcosa che non corrisponde alla realtà. Tutti i Drui<strong>di</strong> sono morti,<br />

<strong>di</strong>ci? E tanti <strong>di</strong> loro appartenevano alla nostra gente! Ma i Drui<strong>di</strong> ci<br />

sono sempre stati, fin dove risalgono i nostri documenti storici. E<br />

adesso sono spariti? Tutti? Non riesco a crederlo." "Eppure, sono stati<br />

<strong>di</strong>strutti" intervenne Jerle, il quale non voleva che il re si bloccasse<br />

su quel particolare. "Adesso dobbiamo agire in fretta, per evitare che<br />

succeda anche a noi la stessa cosa." <strong>Il</strong> re degli Elfi si accarezzò la<br />

barba. "Ma non dobbiamo agire in modo affrettato, Jerle. Riflettiamo per<br />

un momento sull'accaduto. Se facessi come ha chiesto Bremen e portassi<br />

l'esercito a est, lascerei senza <strong>di</strong>fesa Arborlon e l'Occidente, e questo<br />

sarebbe pericoloso. Conosco la storia della Prima Guerra delle Razze<br />

quanto basta per evitare quegli antichi errori. Occorre cautela." "La<br />

cautela porta all'indugio, e non abbiamo tempo per indugiare!" sbottò<br />

Jerle. <strong>Il</strong> re gli rivolse un'occhiata gelida. "Non farmi fretta, cugino."<br />

Tay non poteva rischiare un litigio tra i due. "Cosa suggeriresti,<br />

Courtann?" si affrettò a chiedere. <strong>Il</strong> re lo guardò. Si alzò, si avvicinò<br />

una seconda volta alla finestra, e volse loro la schiena. Jerle lanciò<br />

un'occhiata a Tay, ma questi finse <strong>di</strong> non accorgersene. La questione era<br />

adesso tra lui e il re. Attese che Courtann si girasse, attraversasse la<br />

stanza e tornasse a sedere. "Sono convinto che tutto ciò che mi hai<br />

detto corrisponda alla verità, Tay. Perciò non pensare che la mia<br />

risposta voglia contrad<strong>di</strong>rti. Ho molta fiducia nelle parole <strong>di</strong> Bremen.<br />

Se <strong>di</strong>ce che il Signore degli Inganni esiste ed è il druido ribelle<br />

Brona, allora è certamente così. Se <strong>di</strong>ce che la magia è costretta a<br />

servire il male, anche questo è vero. Ma io conosco bene la storia, e so<br />

che Brona non è mai stato uno sciocco. Noi non dobbiamo dare per<br />

scontato che faccia quello che ci aspettiamo. Sa certamente che Bremen,<br />

se è ancora vivo, cercherà <strong>di</strong> fermarlo. Ha occhi e orecchi dappertutto.<br />

Può darsi che conosca già le nostre intenzioni, ancor prima che passiamo<br />

all'azione. Perciò dobbiamo essere ben sicuri <strong>di</strong> tutto, prima <strong>di</strong> agire."<br />

Scese per qualche istante il silenzio, mentre i due amici riflettevano<br />

su quelle parole. "Che pensi <strong>di</strong> fare, allora?" chiese infine Tay.<br />

Courtann sorrise con aria paterna. "Ti accompagnerò al Gran Consiglio e<br />

ti darò il mio aiuto, naturalmente. <strong>Il</strong> Consiglio deve capire la


necessità <strong>di</strong> intervenire, in base alle informazioni che ci hai portato.<br />

E non dovrebbe essere <strong>di</strong>fficile convincerlo. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Paranor e dei<br />

Drui<strong>di</strong> sarà una ragione sufficiente, penso. Quanto alla richiesta <strong>di</strong><br />

partire alla ricerca della Pietra Nera, penso che sarà approvata subito.<br />

Non c'è motivo <strong>di</strong> rimandare l'azione, in quel caso. Naturalmente la tua<br />

ombra, ossia mio cugino, insisterà per accompagnarti e, come avrai<br />

capito, preferirei anch'io che lo facesse." Si alzò, e Tay e Jerle lo<br />

imitarono. "Quanto alla richiesta che il nostro esercito vada in aiuto<br />

dei Nani, devo riflettere ancora. Manderò gli Esploratori ad accertare<br />

la presenza del Signore degli Inganni nelle Quattro Terre. Quando<br />

faranno rapporto, e dopo che avrò chiarito la situazione e il Gran<br />

Consiglio ne avrà <strong>di</strong>scusso, si prenderà una decisione." S'interruppe, in<br />

attesa della risposta <strong>di</strong> Tay, che <strong>di</strong>sse subito: "Ti ringrazio, mio<br />

signore". In effetti, era più <strong>di</strong> quanto si aspettava. "Allora,<br />

<strong>di</strong>mostralo facendo bella figura in Consiglio." <strong>Il</strong> re appoggiò la mano<br />

sulla spalla <strong>di</strong> Tay. "Ci aspettano nella sala delle riunioni. Vorranno<br />

sapere se il tempo sottratto alle loro famiglie per venire a questa<br />

sessione fuori ruolo è stato speso bene." Guardò Jerle. "Cugino, tu puoi<br />

venire con noi, se pensi <strong>di</strong> poter tenere a freno la lingua. La tua<br />

opinione in materia militare è assai apprezzata, e può darsi che ci<br />

serva. D'accordo?" Jerle annuì. Uscirono dal pa<strong>di</strong>glione e si <strong>di</strong>ressero<br />

verso la sala delle riunioni. I soldati della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale comparvero<br />

come dal nulla e si <strong>di</strong>sposero <strong>di</strong> fronte e <strong>di</strong>etro al loro gruppo, simili<br />

a ombre nere sullo sfondo illuminato del palazzo. <strong>Il</strong> re parve non<br />

accorgersi della loro presenza, e per tutto il tragitto continuò a<br />

canticchiare tra sé e a guardare le stelle, con espressione affascinata.<br />

Tay era piacevolmente sorpreso che Ballindarroch avesse deciso così in<br />

fretta. <strong>Re</strong>spirò l'aria della notte, in cui aleggiava la fragranza del<br />

gelsomino e del lillà, e si concentrò preparandosi alle prossime mosse.<br />

Stava già pensando al viaggio a occidente, all'equipaggiamento<br />

necessario, alle strade che avrebbero scelto, al modo <strong>di</strong> procedere nella<br />

ricerca. In quanti dovevano essere? Una decina <strong>di</strong> persone sembrava il<br />

numero giusto: abbastanza per stare al sicuro, ma non tante da<br />

richiamare l'attenzione. Jerle camminava al suo fianco, impassibile,<br />

perso nei propri pensieri. Tay era lieto <strong>di</strong> avere con sé l'amico, così<br />

saldo e fidato. Gli ritornò in mente il tempo della loro fanciullezza,<br />

quando c'era sempre qualche avventura da vivere insieme, una missione<br />

per cui partire, una sfida da affrontare. Forse, erano proprio quelle le<br />

cose che gli erano mancate: era bello ritrovarle. Per la prima volta dal<br />

suo ritorno, ebbe davvero l'impressione <strong>di</strong> essere a casa. Quella sera<br />

parlò davanti al Gran Consiglio con una forza e una capacità <strong>di</strong><br />

persuasione che non avrebbe mai creduto <strong>di</strong> possedere e riuscì a<br />

sod<strong>di</strong>sfare tutte le richieste <strong>di</strong> Bremen. E fu proprio questi, benché<br />

assente, a far pendere la bilancia dalla sua parte. Ad Arborlon il<br />

vecchio druido era amato e rispettato: nel periodo da lui trascorso in<br />

città si era guadagnato molti amici con il suo lavoro, che mirava a<br />

riscoprire la storia e la magia degli Elfi. Se adesso gli occorreva il<br />

loro aiuto, soprattutto dopo la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Paranor e dei Drui<strong>di</strong>, il<br />

Consiglio glielo avrebbe dato. Venne anche dato il permesso <strong>di</strong><br />

organizzare una spe<strong>di</strong>zione per il recupero della Pietra Nera, affidata<br />

alla guida comune <strong>di</strong> Tay Trefenwyd e Jerle <strong>Shannara</strong>. Inoltre, il


Consiglio promise <strong>di</strong> prendere subito in considerazione l'aiuto ai Nani,<br />

e anche l'adesione a questo progetto risultò forte ed entusiastica: più<br />

<strong>di</strong> quanto non avesse previsto Courtann Ballindarroch. <strong>Il</strong> re, vedendo<br />

come il Consiglio accogliesse le parole <strong>di</strong> Tay, appoggiò a sua volta<br />

l'iniziativa, facendo però notare come occorresse conoscere meglio la<br />

situazione, prima <strong>di</strong> poter mandare ai Nani un sostanzioso aiuto<br />

militare. Era ormai mezzanotte quando il Gran Consiglio aggiornò la<br />

riunione. Tay si fermò davanti alla porta e strinse le mani a Jerle per<br />

congratularsi con lui. <strong>Il</strong> re passò davanti a loro con un sorriso e<br />

sparì. In alto, il cielo era punteggiato <strong>di</strong> stelle e l'aria della sera<br />

era profumata e tiepida. <strong>Il</strong> successo era un vino che dava alla testa.<br />

Tutto era andato come aveva sperato, e Tay provò un forte rimpianto nel<br />

non poterlo <strong>di</strong>re a Bremen. Accanto a lui, Jerle parlava senza sosta,<br />

rosso in viso per l'emozione, entusiasta del viaggio che li attendeva,<br />

della nuova avventura da vivere, dell'evasione dalla te<strong>di</strong>osa routine<br />

della vita <strong>di</strong> corte. In quel momento <strong>di</strong> grande giubilo, nei due amici<br />

c'era la convinzione comune che tutto fosse possibile e che nessun<br />

ostacolo fosse in grado <strong>di</strong> fermarli.<br />

10<br />

Quando tutti se ne furono andati e rimasero soli, Tay e Jerle lasciarono<br />

la sala delle riunioni e si avviarono verso il palazzo reale.<br />

Camminavano lentamente, ancora euforici per il successo davanti al Gran<br />

Consiglio, e nessuno dei due era <strong>di</strong>sposto ad andare a dormire. Nella<br />

notte non si muoveva foglia, il mondo era un luogo <strong>di</strong> sogni e <strong>di</strong> riposo.<br />

Accanto alle porte e agli incroci delle strade si scorgeva la luce delle<br />

torce, piccoli baluar<strong>di</strong> contro l'assalto delle tenebre rese ancor più<br />

profonde dalla scomparsa della luna sotto l'orizzonte. Le sagome delle<br />

case si stagliavano nell'oscurità come gran<strong>di</strong> animali acciambellati nel<br />

sonno. Gli alberi della foresta fiancheggiavano le strade e circondavano<br />

le case degli Elfi, simili a sentinelle schierate spalla contro spalla,<br />

sull'attenti nel buio. Ispiravano a Tay, che lasciava correre<br />

oziosamente lo sguardo sugli spazi illuminati e dentro le ombre, uno<br />

strano senso <strong>di</strong> pace, l'impressione che qualcuno vegliasse su <strong>di</strong> lui per<br />

proteggerlo. Jerle non smetteva <strong>di</strong> parlare: passava da un argomento<br />

all'altro, valutando tutto ciò che li poteva attendere con ampi gesti<br />

delle braccia e <strong>di</strong> tanto in tanto rideva forte. Tay lo lasciava <strong>di</strong>re e<br />

si faceva trasportare sulla sua scia: era abbastanza <strong>di</strong>staccato per<br />

ascoltarlo e, nello stesso tempo, pensare a come il suo passato avesse<br />

finito per ricongiungersi al presente, e a come forse potesse riavere<br />

quello che aveva perso. "Ci occorreranno i cavalli, per attraversare il<br />

Sarandanon" rifletteva Jerle "ma nella foresta che porta laggiù e nelle<br />

Terre <strong>di</strong> Confine andremo più in fretta a pie<strong>di</strong>. Dovremo avere i due tipi<br />

<strong>di</strong> equipaggiamento, ciascuno per una parte del viaggio, e scorte<br />

<strong>di</strong>verse." Tay annuì, senza rispondere perché non ce n'era bisogno. "Come<br />

minimo ci occorrerà una decina <strong>di</strong> persone, ma forse sarà meglio averne<br />

il doppio perché se dovessimo essere costretti a combattere, saremmo<br />

troppo pochi." Jerle rise. "Non so perché mi preoccupo tanto. Se saremo<br />

insieme, chi mai oserà mettersi contro <strong>di</strong> noi?" Tay si strinse nelle<br />

spalle e guardò in fondo al viale, dove già si scorgevano, in mezzo agli<br />

alberi, le luci del palazzo. "Spero <strong>di</strong> non doverlo scoprire." "Be', ci<br />

muoveremo con cautela, puoi starne certo. Partiremo senza essere notati,


ci sposteremo al riparo degli alberi, eviteremo i luoghi pericolosi.<br />

Ma..." S'interruppe e fissò negli occhi il compagno. "Non farti<br />

illusioni. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni e i suoi servitori ci daranno la<br />

caccia. Sanno che anche se Bremen non fosse riuscito a fuggire dalla<br />

rocca dei Drui<strong>di</strong>, alcuni suoi amici si sono salvati. Probabilmente ormai<br />

sanno che è penetrato nella loro fortezza del Nord. Sanno che cercheremo<br />

la Pietra Nera." Tay rifletté su quelle parole. "Dobbiamo aspettarci il<br />

peggio. Così non avremo sorprese. Inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re questo?" Jerle <strong>Shannara</strong><br />

annuì; all'improvviso la sua espressione si era fatta grave. "Proprio<br />

così." Ripresero il cammino. "Non ho sonno" si lamentò Jerle, fermandosi<br />

<strong>di</strong> nuovo. "Dove possiamo andare a bere un bicchiere <strong>di</strong> birra? Uno solo,<br />

per festeggiare." Tay si strinse nelle spalle. "A palazzo?" "No, non a<br />

palazzo! Lo o<strong>di</strong>o! Tutti quei parenti e quei bambini che ti corrono<br />

attorno, gente dappertutto. No, non là. A casa tua?" "I miei dormono.<br />

Inoltre, laggiù mi sento un estraneo, proprio come te a palazzo. Che ne<br />

<strong>di</strong>resti della caserma delle Guar<strong>di</strong>e?" Jerle sorrise, raggiante.<br />

"D'accordo! Un paio <strong>di</strong> bicchieri, poi a nanna. Abbiamo tantissime cose<br />

<strong>di</strong> cui parlare, Tay." Proseguirono e <strong>di</strong>edero un'occhiata al palazzo<br />

quando gli passarono davanti. Lo scalone era buio, il cortile vuoto. Non<br />

si scorgeva alcun movimento. In una delle camere dei piani superiori si<br />

vedeva una debole luce che filtrava attraverso le tende: una candela<br />

accesa nella stanza <strong>di</strong> qualche bambino per rassicurarlo che sarebbe<br />

sorta un'altra alba. Lontano, un uccello notturno lanciò una serie <strong>di</strong><br />

richiami acuti, che echeggiarono lugubri prima <strong>di</strong> spegnersi. Jerle<br />

rallentò e si fermò, costringendo Tay a imitarlo. Fissò il palazzo. "Che<br />

c'è?" gli chiese Tay dopo un istante. "Non vedo le guar<strong>di</strong>e." Tay <strong>di</strong>ede a<br />

sua volta un'occhiata. "Dove dovrebbero essere? Pensavo che fosse loro<br />

compito non farsi vedere." Jerle scosse la testa. "Da te, ma non da me."<br />

Tay continuò a guardare con lui, ma non riuscì a scorgere nulla sullo<br />

sfondo degli e<strong>di</strong>fici o sotto gli alberi dei giar<strong>di</strong>ni reali. Nessuna<br />

figura sia pur vagamente umana. Cercò qualche movimento, e non ne trovò.<br />

I Cacciatori degli Elfi erano addestrati a confondersi con l'ambiente.<br />

Le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali erano ancor più abili <strong>di</strong> loro. Ma Tay avrebbe dovuto<br />

scorgerle con la stessa facilità <strong>di</strong> Jerle. Allora usò la magia: una<br />

piccola emanazione che passò al setaccio l'intero palazzo, da un estremo<br />

all'altro, come un'infinità <strong>di</strong> mani curiose che frugassero dappertutto.<br />

E li scoprì, i movimenti: lesti, furtivi, estranei. "C'è qualcosa che<br />

non va" <strong>di</strong>sse subito. Jerle <strong>Shannara</strong> corse avanti, senza fare parola,<br />

<strong>di</strong>retto al portone del palazzo reale, e prese velocità a mano a mano che<br />

correva. Tay lo seguì, provando un crescente senso d'orrore. Cercò <strong>di</strong><br />

dargli una definizione, <strong>di</strong> scoprirne la fonte, ma questa gli sfuggiva,<br />

elusiva e beffarda. Tay cercò nell'ombra intorno a sé, e trovò che tutto<br />

era nero e chiuso in se stesso. Sollevò le mani, liberando dalle <strong>di</strong>ta la<br />

magia dei Drui<strong>di</strong>, in modo da avere una rete più grande. Un attimo più<br />

tar<strong>di</strong>, sentì la rete chiudersi su una creatura che si <strong>di</strong>vincolò, si<br />

sciolse dalla rete e corse via <strong>di</strong> scatto. "Gnomi!" esclamò. Jerle corse<br />

ancora più in fretta, portò la mano al fianco ed estrasse la corta<br />

spada: la lama, nell'uscire dal fodero, scintillò debolmente. Non usciva<br />

mai <strong>di</strong>sarmato. Tay cercò <strong>di</strong> stargli <strong>di</strong>etro. Nessuno dei due parlò;<br />

quando stavano per raggiungere il portone, Jerle aspettò che Tay lo<br />

raggiungesse ed entrambi si guardarono attorno con attenzione, pronti a


tutto. <strong>Il</strong> portone era aperto. All'interno non si scorgeva alcuna luce.<br />

Dal viale, questo particolare non era visibile. Jerle non rallentò il<br />

passo. Curvò la schiena ed entrò, tendendo innanzi a sé la spada. Tay lo<br />

seguì. <strong>Il</strong> corridoio si stendeva <strong>di</strong>nanzi a loro come una galleria buia.<br />

C'erano corpi dappertutto, sparsi come fagotti <strong>di</strong> biancheria sporca,<br />

immobili e insanguinati. Cacciatori degli Elfi, uccisi dal primo<br />

all'ultimo, ma anche qualche Cacciatore degli Gnomi. <strong>Il</strong> pavimento era<br />

scivoloso a causa del sangue versato. Jerle in<strong>di</strong>cò a Tay <strong>di</strong> mettersi da<br />

un lato mentre lui si metteva dall'altro e insieme percorsero il<br />

corridoio verso le sale principali: le trovarono vuote e silenziose.<br />

Tornati in<strong>di</strong>etro, i due compagni si <strong>di</strong>ressero verso le scale che<br />

portavano ai piani superiori. Jerle non fece parola, neppure adesso. Non<br />

chiese a Tay se voleva un'arma. Non cercò <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli quello che doveva<br />

fare. Non era necessario: Tay era un druido e lo sapeva da sé. Salirono<br />

le scale come due spettri, tendendo l'orecchio nel silenzio, cercando <strong>di</strong><br />

u<strong>di</strong>re qualche suono rivelatore. Non ce ne furono. Raggiunsero il<br />

pianerottolo del primo piano e guardarono nei corridoi bui. C'erano i<br />

corpi <strong>di</strong> altre guar<strong>di</strong>e. Tay era stupito. Non s'era u<strong>di</strong>to alcun gemito!<br />

Come mai quei soldati, quei Cacciatori degli Elfi usciti da un lungo<br />

addestramento, erano morti senza dare l'allarme? <strong>Il</strong> corridoio si univa<br />

ad altri due, che portavano alle ali del palazzo dove dormiva la<br />

famiglia reale. Jerle si girò verso Tay, con gli occhi fiammeggianti e<br />

lo sguardo duro, e gli fece segno <strong>di</strong> andare a destra mentre lui andava a<br />

sinistra. Tay lo vide pronto a scattare come un felino, e si avviò nella<br />

<strong>di</strong>rezione a lui assegnata. Proseguì serrando i pugni, e la magia si<br />

accumulò nelle sue mani come una pulsazione pronta a scattare. Dopo<br />

qualche passo, il timore lasciò il posto all'orrore. Si u<strong>di</strong>va qualche<br />

suono, ora: voci sommesse, singhiozzi e gemiti che si spegnevano subito,<br />

e Tay corse verso quella <strong>di</strong>rezione, senza pensare ad altro. Quando<br />

svoltò a un angolo, davanti a lui si mossero alcune ombre. Colse il<br />

luccichio sinistro delle armi e alcune forme basse e tozze si lanciarono<br />

contro <strong>di</strong> lui. Gnomi. Tay cessò <strong>di</strong> pensare e reagì automaticamente.<br />

Sollevò la mano destra e spalancò il pugno: la magia esplose contro gli<br />

assalitori, sollevandoli <strong>di</strong> peso e scagliandoli contro le pareti con una<br />

forza tale da spezzare loro le ossa. Poi se li lasciò alle spalle come<br />

se non esistessero e passò davanti a camere aperte, i cui occupanti<br />

erano riversi a terra morti - madri, padri e bambini, senza <strong>di</strong>stinzione<br />

- per <strong>di</strong>rigersi verso le porte ancora chiuse, dove poteva esserci<br />

qualche speranza. Un gruppo <strong>di</strong> assalitori uscì allo scoperto mentre Tay<br />

passava. Si scagliarono su <strong>di</strong> lui e lo buttarono a terra. Le armi<br />

mulinarono con furia, affilate e mortali, ma lui era un druido e le sue<br />

<strong>di</strong>fese erano già alzate: le lame gli scivolarono sul corpo come se fosse<br />

stato coperto da un'armatura mentre afferrava gli avversari e li<br />

scagliava lontano da sé. Era forte anche senza la magia, ma con essa ad<br />

aiutarlo, gli Gnomi non erano avversari <strong>di</strong> cui preoccuparsi. Si rialzò<br />

quasi subito, e il suo fuoco spazzò la zona attorno a lui, in un arco<br />

mortale, abbattendo i pochi rimasti in pie<strong>di</strong>. Dalle stanze giunsero<br />

nuovi gemiti, e Tay proseguì, inorri<strong>di</strong>to da quanto stava succedendo. Un<br />

attacco, un colpo mortale sferrato all'intera famiglia reale degli Elfi.<br />

Capì che era lo stesso gruppo <strong>di</strong> Gnomi da lui incontrato nelle pianure a<br />

sud delle Streleheim e che non erano né esploratori né razziatori, ma


assassini, e che il loro capo, il Messaggero del Teschio, non doveva<br />

essere lontano. Passò davanti a camere piene <strong>di</strong> Ballindarroch uccisi,<br />

gran<strong>di</strong> e piccoli, ammazzati nel sonno o al risveglio. Una volta<br />

eliminata la Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, più niente aveva impe<strong>di</strong>to agli Gnomi <strong>di</strong><br />

portare a termine la loro missione <strong>di</strong> morte. Tay sibilò per la<br />

frustrazione. In quanto era successo, era stata usata la magia. Non<br />

c'era altro mezzo che permettesse agli assassini <strong>di</strong> entrare senza far<br />

scattare l'allarme. Ribolliva <strong>di</strong> collera. Arrivò davanti a un'altra<br />

porta e scorse alcuni Gnomi intenti a uccidere un uomo e una donna, dopo<br />

averli spinti con la schiena contro la parete. Tay scagliò la sua magia<br />

contro gli assalitori e li bruciò vivi. Adesso, come in risposta alla<br />

sua azione, si levarono alcune grida, che finalmente <strong>di</strong>edero l'allarme.<br />

Non provenivano dalla sua ala ma dall'altra, quella dove stava lottando<br />

Jerle <strong>Shannara</strong>. Lasciò l'uomo e la donna feriti e proseguì perché non<br />

poteva fermarsi ad aiutarli. In quell'ala rimanevano solo alcune porte e<br />

una <strong>di</strong> esse, rammentò all'improvviso, con una fitta <strong>di</strong> terrore, era<br />

quella della camera da letto <strong>di</strong> Courtann Ballindarroch. Entrò subito in<br />

quella, <strong>di</strong>sperato, temendo <strong>di</strong> arrivare tar<strong>di</strong>. Passò davanti a una porta<br />

chiusa, alla sua sinistra, e a una aperta, alla sua destra. Da quella<br />

aperta uscì un paio <strong>di</strong> Gnomi: impugnavano armi insanguinate e i loro<br />

occhietti gialli scintillavano; nel vedere Tay, sulle loro facce da<br />

furetti comparve un'espressione stupita. <strong>Il</strong> druido mosse la mano nella<br />

loro <strong>di</strong>rezione ed entrambi svanirono in un'esplosione <strong>di</strong> fiamma, morti<br />

ancor prima <strong>di</strong> capire cosa succedeva. Tay sentiva <strong>di</strong>minuire le proprie<br />

forze a causa dell'impiego dei poteri magici. Non aveva mai messo così<br />

alla prova, in passato, la sua resistenza e doveva procedere con<br />

cautela. Bremen l'aveva avvertito molte volte che l'uso della magia<br />

aveva un limite. Tay doveva conservare quella che gli rimaneva per un<br />

momento <strong>di</strong> reale necessità. Solo allora si accorse che anche la porta<br />

della camera da letto del re era aperta. Era stata forzata e si scorgeva<br />

una lunga crepa nel legno. Tay non ebbe esitazioni. Si lanciò contro la<br />

porta, la spalancò e irruppe all'interno. Nella stanza non c'era alcuna<br />

lampada, ma dalle ampie finestre entrava luce dall'esterno, proiettava<br />

sulle tende e sulle pareti gran<strong>di</strong> ombre deformi e grottesche. Courtann<br />

Ballindarroch era stato scagliato contro una parete e giaceva a terra,<br />

la faccia e il petto sporchi <strong>di</strong> sangue, un braccio piegato in modo<br />

innaturale; aveva gli occhi aperti e batteva rapidamente le palpebre. <strong>Il</strong><br />

Messaggero del Teschio era fermo ad alcuni passi da lui, incappucciato e<br />

seminascosto dalle ali. S'era impadronito della regina e in quel momento<br />

la stava sollevando dal letto, dopo aver ridotto a brandelli le coperte.<br />

<strong>Il</strong> corpo della donna era spezzato, privo <strong>di</strong> vita, gli occhi sbarrati e<br />

fissi. Quando scorse Tay, il mostro la gettò a terra, sprezzante, e si<br />

girò ad affrontare il druido, soffiando minaccioso. Dall'ombra uscirono<br />

alcuni Gnomi che si gettarono su Tay, il quale li cacciò via come se<br />

fossero insetti molesti e nello stesso tempo scagliò contro il loro capo<br />

tutta la forza della sua magia. <strong>Il</strong> Messaggero venne colto impreparato,<br />

forse perché l'aveva scambiato per un'altra guar<strong>di</strong>a, un'altra vittima<br />

inerme. La magia <strong>di</strong> Tay esplose contro il mostro in una fiammata che gli<br />

portò via una buona metà della faccia. <strong>Il</strong> Messaggero gridò <strong>di</strong> rabbia e<br />

dolore, portandosi inutilmente alla ferita la mano munita <strong>di</strong> artigli,<br />

poi si gettò contro Tay. La sua velocità era stupefacente, e ora fu il


druido a rimanere sorpreso. <strong>Il</strong> Messaggero lo colpì prima che potesse<br />

ripararsi, lo scagliò da una parte, infilò la porta e sparì. Tay si<br />

rimise in pie<strong>di</strong> a fatica, esitò un solo istante per guardare Courtann,<br />

poi si lanciò all'inseguimento. Nel corridoio buio evitò i cadaveri e le<br />

chiazze <strong>di</strong> sangue, e tese tutti i sensi per cogliere la presenza <strong>di</strong><br />

altri assalitori. Davanti a lui, il Messaggero del Teschio era un'ombra<br />

vaga, che si muoveva pesante nel buio. Dall'esterno giungeva adesso un<br />

coro <strong>di</strong> grida, accompagnato da rumore <strong>di</strong> passi pesanti e dal clangore<br />

delle armi: era la Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale che arrivava dalla caserma in risposta<br />

all'allarme. Tay correva, e il cuore gli martellava nelle orecchie.<br />

Gettò via il mantello per muoversi più agevolmente. Quando giunse<br />

all'incrocio con il corridoio principale, il Messaggero del Teschio<br />

proseguì d'istinto verso l'altra ala, evitando il drappello <strong>di</strong><br />

Cacciatori degli Elfi che saliva le scale. Quando Tay passò davanti a<br />

loro, gridò <strong>di</strong> seguirlo. E chiamò anche Jerle <strong>Shannara</strong>. <strong>Il</strong> Messaggero si<br />

guardò alle spalle. Alla luce delle torce, la sua faccia era una macchia<br />

<strong>di</strong> carne gonfia e sanguinolenta. Tay gli lanciò la sua sfida, con voce<br />

carica d'o<strong>di</strong>o, ma il cacciatore alato non rallentò la sua corsa e<br />

imboccò una stretta rampa <strong>di</strong> scale che portava a un terrazzo. <strong>Il</strong> mostro<br />

era più veloce <strong>di</strong> lui e lo stava <strong>di</strong>stanziando. Tay imprecò<br />

rabbiosamente. Poi, all'improvviso, una figura isolata comparve in fondo<br />

al corridoio, uscendo dal buio: una sagoma agile e felina che passava<br />

con sicurezza in mezzo ai cadaveri e si lanciava verso le scale,<br />

all'inseguimento del Messaggero. Era Jerle. Tay proseguì, costringendosi<br />

a correre più in fretta, anche se il suo respiro era ormai un rantolo<br />

rauco. Arrivò alla scala pochi istanti dopo l'amico. Nel buio inciampò e<br />

cadde, ma si alzò risolutamente e proseguì. Sul parapetto del terrazzo,<br />

Jerle lottava corpo a corpo col Messaggero. Doveva essere uno scontro<br />

impari, perché il cacciatore alato era molto più forte dell'elfo, ma<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> sembrava indemoniato. Combatteva come se vivere o morire<br />

non facesse <strong>di</strong>fferenza per lui, purché l'avversario non si salvasse. Si<br />

spostavano avanti e in<strong>di</strong>etro lungo il terrazzo, finivano contro il<br />

parapetto, si contorcevano l'uno sull'altro, passavano dall'oscurità<br />

alla luce. Jerle serrava tra le braccia le ali del mostro, impedendogli<br />

<strong>di</strong> volar via. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio cercava <strong>di</strong> colpire con gli<br />

artigli l'elfo, ma Jerle gli stava alle spalle, fuori portata. Con un<br />

grido, Tay corse ad aiutare l'amico. Concentrò la magia sulla punta<br />

delle <strong>di</strong>ta, evocandola come gli aveva insegnato Bremen e unendo la forza<br />

del suo corpo a quella degli elementi che gli avevano dato la vita, per<br />

stimolare il suo fuoco vitale. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio lo vide<br />

avvicinarsi e si voltò <strong>di</strong> scatto, ponendo Jerle tra sé e Tay, in modo<br />

che il druido non potesse usare la magia. Sotto <strong>di</strong> loro, nel cortile, i<br />

soldati alzarono gli occhi accorgendosi solo allora della lotta, e<br />

riconobbero Jerle. Incoccarono le frecce e tesero gli archi, pronti a<br />

colpire. Infine il mostro spezza la presa <strong>di</strong> Jerle, balzò sul parapetto<br />

e si lanciò in volo. Per un momento parve rimanere immobile nella luce,<br />

enorme e nero, orribile come un incubo, una bestia braccata alla ricerca<br />

<strong>di</strong> un rifugio. Tay la colpì con tutta la forza che aveva, scagliando il<br />

Fuoco Magico contro la sua forma o<strong>di</strong>osa. Sotto, gli arcieri scoccarono,<br />

e decine <strong>di</strong> frecce si piantarono nel corpo della creatura. <strong>Il</strong> Messaggero<br />

rabbrividì, perse colpi d'ala, poi riprese a volare, lasciando <strong>di</strong>etro <strong>di</strong>


sé una scia <strong>di</strong> fiamme e fumo, come la coda <strong>di</strong> un aquilone. Era irto <strong>di</strong><br />

frecce. Una seconda salva lo colpì, e questa volta perse il controllo <strong>di</strong><br />

un'ala. Con uno sforzo <strong>di</strong>sperato, cercò <strong>di</strong> gettarsi su una macchia <strong>di</strong><br />

alberi. Ma ormai aveva perso le forze, il suo corpo non rispondeva più.<br />

Cadde a terra e continuò a battere le ali anche quando i soldati gli<br />

furono sopra con le spade. E anche allora, impiegò molto tempo a morire.<br />

Un'accurata perlustrazione dei giar<strong>di</strong>ni reali, della città e delle<br />

foreste a<strong>di</strong>acenti non portò alla scoperta <strong>di</strong> altri attaccanti. A quanto<br />

pareva, erano stati eliminati tutti. Forse sapevano <strong>di</strong> morire. Forse,<br />

nel venire ad Arborlon, già sapevano <strong>di</strong> far parte <strong>di</strong> una missione<br />

suicida. Ma la cosa non aveva importanza. Ciò che contava era che la<br />

loro missione era riuscita. Avevano spazzato via tutta la famiglia<br />

reale, uomini, donne e bambini. I Ballindarroch erano morti nel sonno:<br />

alcuni non si erano neppure destati, altri si erano destati per il tempo<br />

sufficiente a capire cosa succedeva e poi avevano perso la vita. La<br />

portata del <strong>di</strong>sastro era stupefacente. Courtann Ballindarroch viveva<br />

ancora, ma era appeso a un filo: i guaritori avevano lavorato su <strong>di</strong> lui<br />

per tutta la notte, ma anche dopo aver fatto il possibile non c'erano<br />

molte speranze. Un solo figlio era rimasto in vita, il penultimo,<br />

Alyten, che era andato a caccia con gli amici e per puro caso non aveva<br />

con<strong>di</strong>viso il destino dei familiari. Erano sopravvissuti anche due nipoti<br />

del re, giovanissimi, che dormivano nella stanza <strong>di</strong>nanzi a cui era<br />

passato Tay per recarsi in quella del sovrano. Erano salvi perché gli<br />

Gnomi assassini non erano ancora arrivati fino a loro. Non si erano<br />

svegliati nel corso dell'attacco. <strong>Il</strong> maggiore aveva solo quattro anni,<br />

il più piccolo non ne aveva ancora due. Nel giro <strong>di</strong> poche ore la città<br />

si era trasformata in un accampamento. In tutti i quartieri montavano la<br />

guar<strong>di</strong>a i Cacciatori. Lungo tutte le strade e nella Valle <strong>di</strong> Rhenn erano<br />

state inviate pattuglie a dare l'allarme. Gli abitanti della città erano<br />

stati svegliati e avevano ricevuto l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> prepararsi a sostenere un<br />

attacco su larga scala. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo, tutti<br />

erano attoniti e terrorizzati dall'assassinio della famiglia reale nel<br />

proprio letto. Tutto sembrava possibile, e la gente era pronta a<br />

fronteggiare qualunque catastrofe stesse per abbattersi sulla città.<br />

All'alba il tempo cambiò, la temperatura scese, il cielo si coprì <strong>di</strong><br />

nuvole, l'aria si fece pesante e immobile. Poco più tar<strong>di</strong> prese a cadere<br />

una pioggia leggera ma insistente, che riempì l'aria <strong>di</strong> foschia e portò<br />

via la luce del giorno. Tay sedeva accanto a Jerle <strong>Shannara</strong> nella<br />

rientranza <strong>di</strong> una finestra, in un'alcova all'ingresso del palazzo reale,<br />

e guardava la pioggia cadere. I cadaveri erano stati portati via. Tutte<br />

le stanze erano state ispezionate due volte, alla ricerca <strong>di</strong> eventuali<br />

assassini ancora nascosti. <strong>Il</strong> sangue versato nell'attacco era stato<br />

lavato, le camere da letto dov'era avvenuto il massacro erano state<br />

svuotate del mobilio e pulite. Tutto questo era stato fatto nella notte,<br />

prima dell'alba, come per nascondere il dramma e scordare l'orrore. Ora<br />

il palazzo era vuoto. Anche i due nipoti superstiti <strong>di</strong> Courtann<br />

Ballindarroch erano stati portati in altre case, in attesa <strong>di</strong> decidere a<br />

chi affidarli. "Sai perché l'hanno fatto, vero?" chiese Jerle,<br />

all'improvviso, rompendo un silenzio che durava già da qualche tempo.<br />

Tay lo guardò. "<strong>Il</strong> massacro?" Jerle annuì. "Per spezzare la nostra<br />

organizzazione. Per creare instabilità. Per impe<strong>di</strong>rci <strong>di</strong> mobilitare


l'esercito" <strong>di</strong>sse con voce stanca. "In breve, per impe<strong>di</strong>rci <strong>di</strong> aiutare i<br />

Nani. Morto Courtann, gli Elfi non faranno nulla finché non avranno un<br />

nuovo re. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni lo sa. Per questo ha mandato ad<br />

Arborlon i suoi assassini, con l'incarico <strong>di</strong> uccidere tutti. Quando ci<br />

saremo riorganizzati a sufficienza per prendere una decisione, per i<br />

Nani sarà troppo tar<strong>di</strong>. La Terra dell'Est sarà ormai caduta." Tay trasse<br />

un profondo respiro. "Non possiamo permetterlo." Jerle sbuffò<br />

ironicamente. "Non possiamo farci niente, è già successo!" Agitò la<br />

mano, come per chiudere l'argomento. "Courtann Ballindarroch sarà<br />

fortunato se sopravvivrà ancora un giorno. Hai visto come l'hanno<br />

conciato. Non è mai stato molto robusto. Non so come faccia a essere<br />

ancora vivo." Jerle appoggiò la schiena alla parete e posò i pie<strong>di</strong> sulla<br />

panca davanti a lui: in quel momento sembrava un bambino costretto a<br />

rimanere in casa controvoglia. Aveva i vestiti strappati perché non si<br />

era ancora cambiato dopo la lotta. Aveva anche un brutto taglio sulla<br />

guancia; se l'era lavato e <strong>di</strong>menticato. Sembrava uno straccione. Tay si<br />

guardò. Non era in con<strong>di</strong>zioni migliori dell'amico. Entrambi avevano<br />

bisogno <strong>di</strong> un bagno e <strong>di</strong> una dormita. "Secondo te" chiese Jerle a bassa<br />

voce "cosa farà ancora, per fermarci?" Tay scosse la testa. "Non farà<br />

più niente, qui. Che altro vuoi che faccia? Ma penso che darà la caccia<br />

a Risca e a Bremen. Forse li sta già inseguendo." Si girò a guardare la<br />

pioggia, ascoltò il rumore delle gocce contro i vetri. "Mi <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong><br />

non poterli avvertire. Vorrei sapere dov'è Bremen." Pensò alla<br />

situazione degli Elfi dopo quella notte. La famiglia reale decimata, il<br />

loro senso <strong>di</strong> sicurezza infranto, la loro pace mentale perduta. Avevano<br />

perso molto, e Tay non era certo che potessero recuperarlo. Jerle aveva<br />

ragione. Finché il re non fosse guarito o non fosse stato incoronato il<br />

successore, il Gran Consiglio non avrebbe preso alcuna iniziativa per<br />

aiutare i Nani. Nessuno si sarebbe preso la responsabilità <strong>di</strong> una simile<br />

decisione: anzi, non era chiaro chi potesse prenderla. Alyten forse<br />

avrebbe tentato <strong>di</strong> agire in nome del padre, ma era poco probabile. Non<br />

era come lui: era un giovane impulsivo, che non aveva mai avuto<br />

responsabilità. Era stato per lo più aiutante <strong>di</strong> campo del genitore, e<br />

aveva eseguito or<strong>di</strong>ni. Sarebbe stato nominato re se Courtann fosse<br />

morto, ma i Consiglieri non avrebbero ratificato facilmente le sue<br />

decisioni. Né Alyten le avrebbe prese facilmente. Si sarebbe <strong>di</strong>mostrato<br />

prudente e indeciso, preoccupato <strong>di</strong> non commettere errori. Per lui era<br />

il momento meno adatto per <strong>di</strong>ventare re. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni non<br />

avrebbe perso tempo ad approfittarne. La <strong>di</strong>mensione e la complessità del<br />

<strong>di</strong>lemma erano deprimenti. Gli Elfi conoscevano il responsabile<br />

dell'attacco. Prima <strong>di</strong> essere fatto a pezzi, il Messaggero del Teschio<br />

era stato visto chiaramente, e anche i Cacciatori degli Gnomi erano<br />

stati riconosciuti. Entrambi i gruppi servivano il Signore degli<br />

Inganni. Ma Brona era una figura senza volto, una minaccia presente in<br />

ogni angolo delle Quattro Terre, una forza senza centro, una leggenda<br />

che sconfinava nel mito, e nessuno sapeva dove cercarlo. C'era e non<br />

c'era. Esisteva, ma dove? Come potevano muovere contro <strong>di</strong> lui? Ora che i<br />

Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor erano stati <strong>di</strong>strutti, non c'era nessuno a <strong>di</strong>re agli<br />

Elfi cosa fare, nessuno ad avvertirli, nessuno a consigliarli, nessuno<br />

che rispettassero a sufficienza da obbe<strong>di</strong>rgli. Con due rapide mosse, il<br />

Signore degli Inganni aveva <strong>di</strong>strutto l'equilibrio dei poteri nelle


Quattro Terre e immobilizzato la Razza più forte. "Non possiamo restare<br />

qui con le mani in mano" commentò Jerle, come se leggesse i pensieri <strong>di</strong><br />

Tay. Tay annuì. Pensava che il tempo scivolava via, che correva il<br />

pericolo <strong>di</strong> non mantenere le promesse fatte a Bremen. Guardò fuori: la<br />

grigia foschia della pioggia rendeva confuso e in<strong>di</strong>stinto il panorama.<br />

Fino a poco tempo prima era certo <strong>di</strong> tutto, adesso non c'era più niente<br />

<strong>di</strong> sicuro. "Se non possiamo fare niente per i Nani, dobbiamo almeno fare<br />

qualcosa per noi" <strong>di</strong>sse piano, fissando Jerle. "Dobbiamo andare alla<br />

ricerca della Pietra Nera." L'amico lo stu<strong>di</strong>ò per un momento, poi annuì<br />

lentamente. "Si potrebbe, davvero. Courtann ha già dato l'assenso." Nei<br />

suoi occhi azzurri si accese un lampo <strong>di</strong> eccitazione. "Ci darà qualcosa<br />

da fare mentre aspettiamo che qui la situazione si risolva. E se<br />

troveremo la Pietra, avremo un'arma da usare contro il Signore degli<br />

Inganni." "O gliene toglieremo una che potrebbe usare contro <strong>di</strong> noi"<br />

<strong>di</strong>sse Tay, ripensando agli avvertimenti <strong>di</strong> Bremen sul potere della<br />

Pietra Nera. Si raddrizzò e sentì svanire la depressione. Gli ritornò la<br />

determinazione. "Bene, bene. Vorrei che ti vedessi ora" osservò Jerle,<br />

con aria saputa. "Ti preferisco così." Tay si alzò, impaziente <strong>di</strong><br />

lasciare la città. "Quando possiamo partire?" Sulle labbra <strong>di</strong> Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> si affacciò un sorriso. "Quanto ti occorre, per prepararti?"<br />

11<br />

Partirono all'alba del giorno seguente: Tay, Jerle e i pochi che avevano<br />

scelto. Si allontanarono in silenzio, mentre i citta<strong>di</strong>ni dormivano, e la<br />

loro partenza passò inosservata. Erano soltanto in quin<strong>di</strong>ci, e non fu<br />

<strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>leguarsi senza farsi vedere. Tay e Jerle avevano avvertito i<br />

compagni la sera prima: una segretezza dovuta soltanto alla cautela.<br />

Meno gente sapeva della loro partenza o li vedeva allontanarsi, meno<br />

gente poteva parlarne. Anche le chiacchiere potevano arrivare alle<br />

orecchie sbagliate. Soltanto il Gran Consiglio era al corrente del loro<br />

piano. Alyten, che ancora non era tornato dalla caccia, l'avrebbe saputo<br />

dopo. Questo era sufficiente. Neppure i loro stretti familiari sapevano<br />

dov'erano <strong>di</strong>retti e lo scopo della spe<strong>di</strong>zione. Dopo quello che era<br />

accaduto ai Ballindarroch, nessuno voleva correre rischi inutili. La<br />

situazione che si lasciavano alle spalle era quanto mai preoccupante.<br />

Courtann Ballindarroch era tra la vita e la morte e non era chiaro se<br />

fosse in grado <strong>di</strong> ristabilirsi. <strong>Il</strong> Gran Consiglio si sarebbe occupato<br />

degli affari <strong>di</strong> stato in sua assenza, come previsto dalla legge degli<br />

Elfi, ma praticamente avrebbe fatto poco, finché il destino del re non<br />

fosse deciso. Alyten, come unico figlio superstite, avrebbe regnato in<br />

nome del padre, ma soltanto nominalmente, finché non ci fosse stata<br />

l'incoronazione ufficiale. La vita sarebbe andata avanti, ma gli affari<br />

<strong>di</strong> governo si sarebbero rallentati fin quasi all'immobilità L'esercito<br />

sarebbe rimasto in allarme, gli ufficiali avrebbero fatto il necessario<br />

per proteggere la città e i suoi abitanti, e in grado minore anche gli<br />

Elfi delle zone rurali più vicine. Ma l'attività dell'esercito si<br />

sarebbe strettamente limitata alla <strong>di</strong>fesa e nessuno avrebbe proposto <strong>di</strong><br />

uscire all'esterno dei confini finché Courtann Ballindarroch non si<br />

fosse ristabilito o il figlio non ne avesse preso il posto. Questo<br />

significava che non sarebbe stato mandato alcun aiuto ai Nani: il Gran<br />

Consiglio era così fermo su questo punto che rifiutò perfino <strong>di</strong><br />

informare i Nani <strong>di</strong> quanto era successo. Tay e Jerle, separatamente,


supplicarono <strong>di</strong> farlo, ma ricevettero soltanto l'assicurazione che la<br />

loro richiesta sarebbe stata presa in esame. All'improvviso, segretezza<br />

era la parola d'or<strong>di</strong>ne. Vedendo che non avrebbero ottenuto nulla, Tay e<br />

Jerle decisero <strong>di</strong> non rimandare ulteriormente la partenza. Che il re<br />

vivesse o no, che Alyten <strong>di</strong>ventasse re o no, che il Gran Consiglio<br />

mandasse l'avvertimento ai Nani o preferisse tacere, tutto questo<br />

sarebbe stato deciso, prima o poi, e la loro presenza ad Arborlon non<br />

avrebbe influenzato le decisioni. Era meglio partire alla ricerca della<br />

Pietra Nera, dove la loro presenza poteva essere importante. Inoltre,<br />

c'erano nuove ragioni per partire. A causa dell'assassinio, si erano<br />

verificati due fatti imprevisti, uno riguardante Tay, l'altro Jerle, e<br />

tutti e due consigliavano <strong>di</strong> lasciare la città. Per quanto riguardava il<br />

primo, alcuni avevano cominciato a chiedersi perché l'attacco contro la<br />

famiglia reale fosse coinciso col ritorno <strong>di</strong> Tay da Paranor. I Drui<strong>di</strong><br />

erano rispettati, ma erano anche guardati con sospetto. Coloro che ne<br />

<strong>di</strong>ffidavano non erano molti, ma dopo un <strong>di</strong>sastro così inatteso e<br />

spaventoso, la gente era più <strong>di</strong>sposta a prestar loro orecchio. I Drui<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> poteri e le loro azioni erano misteriose: una<br />

combinazione preoccupante, soprattutto dopo la loro decisione <strong>di</strong><br />

isolarsi alla fine della Guerra delle Razze. Non era possibile, <strong>di</strong>cevano<br />

ora quelle voci, che i Drui<strong>di</strong> fossero implicati in ciò che era successo<br />

ai Ballindarroch? Tay era andato a parlare con il re e il Gran Consiglio<br />

la notte stessa del massacro. Che ci fosse stata tra loro qualche<br />

<strong>di</strong>scussione che aveva incollerito Tay nella sua veste <strong>di</strong> rappresentante<br />

dei Drui<strong>di</strong>? E non era stato il primo a entrare nella camera del re<br />

mentre avveniva il massacro? Era una semplice coincidenza? Qualcuno<br />

aveva visto cos'era successo? Qualcuno aveva visto quello che aveva<br />

fatto Tay? Non aveva importanza il fatto che tali domande gli fossero<br />

già state rivolte in una riunione o nell'altra, da un ufficiale o da un<br />

altro, e che nessuno, nel Gran Consiglio e nell'esercito, nutrisse il<br />

minimo dubbio sul comportamento <strong>di</strong> Tay. Importava il fatto che non<br />

c'erano risposte precise e fatti in<strong>di</strong>scutibili, e in loro assenza erano<br />

destinate ad affacciarsi le ipotesi più assurde. <strong>Il</strong> secondo fatto era<br />

ancora più preoccupante. Poiché quasi tutta la famiglia Ballindarroch<br />

era stata spazzata via, qualcuno già sosteneva che, se Courtann fosse<br />

morto, si doveva dare la corona a Jerle <strong>Shannara</strong>. Era un ottimo<br />

principio rispettare le regole <strong>di</strong> successione, ma Alyten era debole e<br />

indeciso, e non molto amato dal popolo su cui avrebbe dovuto regnare. E<br />

se gli fosse successo qualcosa, il suo erede sarebbe stato un bambino <strong>di</strong><br />

quattro anni, con la necessità <strong>di</strong> una reggenza che nessuno voleva.<br />

Inoltre erano tempi <strong>di</strong>fficili, pericolosi, che richiedevano un sovrano<br />

forte. L'attacco contro la famiglia reale segnalava l'inizio <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> grave. Su questo, tutti erano d'accordo. <strong>Il</strong> Nord era già stato<br />

conquistato dal Signore degli Inganni con i suoi cacciatori alati e i<br />

suoi mostri. Forse le nuove vittime designate erano gli Elfi.<br />

Circolavano voci che le sue armate fossero già in movimento, <strong>di</strong>rette a<br />

sud. Jerle <strong>Shannara</strong> era cugino del re e primo nella linea <strong>di</strong><br />

successione, se i Ballindarroch fossero stati spazzati via. Forse era<br />

meglio che regnasse subito, senza badare al <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong>retto <strong>di</strong><br />

Courtann. Come ex capitano della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, stratega degli alti<br />

coman<strong>di</strong> dell'esercito, consulente del Gran Consiglio e della Corona, era


la persona più adatta. Forse era meglio scegliere il nuovo re senza<br />

badare ai precedenti e al protocollo. E sceglierlo in fretta. Tay e<br />

Jerle vennero a conoscenza <strong>di</strong> queste voci abbastanza presto, videro dove<br />

potevano portare e compresero che il miglior modo <strong>di</strong> affrontarle stava<br />

nel togliersi <strong>di</strong> mezzo finché la situazione non si fosse normalizzata.<br />

Le chiacchiere, unite alla necessità <strong>di</strong> concludere in fretta la ricerca,<br />

li spinsero ad affrettare la partenza. In ventiquattr'ore organizzarono<br />

la spe<strong>di</strong>zione, riunirono l'equipaggiamento, fecero i piani <strong>di</strong> viaggio e<br />

partirono. La città era avvolta nella nebbia: da parecchie ore cadeva<br />

una pioggia gelida che non dava segno <strong>di</strong> voler cessare. Le strade erano<br />

già intrise d'acqua e sui rami e sui tronchi degli alberi si allargavano<br />

gran<strong>di</strong> macchie nere. La foschia usciva dalla foresta, si levava dal<br />

terreno ancora caldo, riempiva <strong>di</strong> bizzarri movimenti le depressioni del<br />

terreno. Ogni cosa era avvolta nella penombra e nell'oscurità, e la<br />

compagnia si muoveva all'incerta luce dell'alba come una fila <strong>di</strong> spettri<br />

che inseguisse la notte. Per il primo tratto avevano scelto <strong>di</strong> procedere<br />

a pie<strong>di</strong>, portando con sé unicamente le armi e le provviste per un<br />

giorno. In seguito avrebbero lavato i vestiti e si sarebbero procurati<br />

il cibo cacciando, finché non avessero raggiunto il Sarandanon, dopo tre<br />

giorni circa. Laggiù avrebbero trovato cavalli, vestiti puliti e<br />

rifornimenti per il resto del viaggio, fino alle Terre <strong>di</strong> Confine. Erano<br />

un gruppo stranamente assortito. Eccettuato uno solo, tutti i suoi<br />

componenti erano stati scelti da Jerle <strong>Shannara</strong>, con l'approvazione <strong>di</strong><br />

Tay, perché questi era rimasto lontano da Arborlon per troppo tempo e<br />

non sapeva chi fosse più adatto ad aiutarli. Occorrevano Cacciatori<br />

degli Elfi, soldati scelti: Jerle ne scelse <strong>di</strong>eci, portando così a<br />

do<strong>di</strong>ci il numero dei componenti. Sicura come sempre, Preia Starle aveva<br />

già affermato la sua intenzione <strong>di</strong> partire con loro, e Jerle e Tay non<br />

avevano perso tempo a opporsi. Jerle aveva scelto un altro esploratore,<br />

un veterano <strong>di</strong> nome <strong>Re</strong>tten Kipp, il quale faceva parte della Guar<strong>di</strong>a<br />

<strong>Re</strong>ale da più <strong>di</strong> trent'anni. Infatti, per essere coperti anche alle<br />

spalle, e non soltanto davanti, era necessario più <strong>di</strong> un esploratore;<br />

inoltre, se fosse successo qualcosa a Preia, avrebbero avuto bisogno <strong>di</strong><br />

un sostituto. Tay non avrebbe voluto ascoltare quei <strong>di</strong>scorsi, ma non<br />

poté trovarvi nulla <strong>di</strong> sbagliato. Questo portò il numero a quattor<strong>di</strong>ci.<br />

Tay chiese ancora una persona. L'uomo che voleva era Vree Erreden.<br />

Sembrava una scelta stravagante, <strong>di</strong> primo acchito, e Jerle glielo <strong>di</strong>sse<br />

subito. Vree Erreden non era tenuto in grande considerazione dagli Elfi:<br />

appartato, timido e un po' lunatico, non si occupava d'altro che del suo<br />

lavoro. E su questo le opinioni <strong>di</strong>vergevano. Era un locat, un veggente<br />

specializzato nel trovare le persone scomparse e gli oggetti smarriti.<br />

La sua abilità era oggetto <strong>di</strong> molte contestazioni. Coloro che credevano<br />

in lui mostravano una fede incrollabile. Gli altri lo ritenevano un<br />

mezzo matto e un balordo. Era sopportato perché <strong>di</strong> tanto in tanto le sue<br />

ricerche avevano successo e perché, in generale, gli Elfi avevano una<br />

grande tolleranza per gli eccentrici, dopo essere stati oggetto <strong>di</strong> molti<br />

sospetti, nel corso degli anni, da parte delle altre Razze. Vree Erreden<br />

non parlava mai delle proprie capacità; erano gli altri a parlarne e a<br />

magnificarle, ma ciò non lo rendeva più accetto ai suoi detrattori. Tay<br />

non era fra questi: anzi, benché non l'avesse mai detto a nessuno,<br />

pensava <strong>di</strong> avere molte cose in comune con lui. In un certo senso,


sentiva una sorta <strong>di</strong> fratellanza spirituale. Se l'avesse voluto, Vree<br />

sarebbe potuto entrare fra i Drui<strong>di</strong>. Le sue doti gliel'avrebbero<br />

permesso e Tay avrebbe appoggiato la sua richiesta. Entrambi possedevano<br />

un talento naturale che in seguito era stato addestrato da anni <strong>di</strong><br />

pratica: Tay l'evocatore <strong>di</strong> elementi, Vree il locat. <strong>Il</strong> talento <strong>di</strong> Tay<br />

era quello più facilmente visibile e <strong>di</strong>mostrabile, perché utilizzava<br />

conoscenze magiche e scientifiche attinte alle energie della terra:<br />

manifestandosi, i suoi poteri davano sempre la prova <strong>di</strong> quanto stesse<br />

facendo. <strong>Il</strong> talento <strong>di</strong> Vree Erreden, invece, risiedeva completamente<br />

dentro <strong>di</strong> lui, aveva una natura passiva ed era <strong>di</strong>fficile da verificare.<br />

I veggenti si basavano sulla prescienza, sull'intuito, sul lampo <strong>di</strong><br />

genio, doti che possedevano con intensità assai maggiori rispetto agli<br />

uomini normali, ma <strong>di</strong>fficili da vedere. I locat erano molto apprezzati<br />

all'epoca in cui gli Elfi e le altre creature <strong>di</strong> Faerie si servivano<br />

abitualmente dei loro poteri. Ora ne rimaneva una manciata, gli altri<br />

s'erano persi con la fine del vecchio mondo e il cambiamento <strong>di</strong> natura<br />

della magia. Ma Tay era uno stu<strong>di</strong>oso delle antiche usanze e capiva il<br />

potere <strong>di</strong> Vree, che per lui era reale al pari del suo. Era andato a<br />

trovare il locat il pomeriggio precedente alla partenza e l'aveva scorto<br />

nel cortile, curvo su un mucchio <strong>di</strong> carte geografiche e <strong>di</strong> appunti: la<br />

sua figura minuta era china sui fogli, le sue mani tracciavano linee e<br />

parole sulle carte. Aveva alzato gli occhi quando Tay aveva aperto il<br />

cancello della sua casa, piccola e anonima, poi l'aveva guardato<br />

stringendo gli occhi perché aveva il sole in faccia e perché aveva la<br />

vista corta. Ogni anno, si <strong>di</strong>ceva, la vista gli peggiorava, ma a mano a<br />

mano che gli occhi <strong>di</strong>ventavano più deboli, la sua intuizione <strong>di</strong>ventava<br />

più acuta. "Sono Tay Trefenwyd" aveva detto, avvicinandosi in modo che<br />

il sole gli illuminasse la faccia. Vree Erreden l'aveva guardato senza<br />

dar segni <strong>di</strong> riconoscimento. Tay era assente da cinque anni: era<br />

possibile che non si ricordasse <strong>di</strong> lui. Inoltre, non indossava la veste<br />

scura del suo or<strong>di</strong>ne, perché era tornato agli abiti ampi e como<strong>di</strong> degli<br />

Elfi, e forse il locat non aveva associato al nome il fatto che si<br />

trattava <strong>di</strong> un druido. "Mi occorre il tuo aiuto per cercare un oggetto"<br />

aveva continuato Tay, senza badarci. L'altro aveva sollevato leggermente<br />

la faccia. "Se mi aiuterai, potrai salvare molte vite, in gran parte <strong>di</strong><br />

Elfi. Sarà la più importante ricerca della tua vita. Se riuscirai a<br />

trovare quell'oggetto, nessuno oserà più dubitare <strong>di</strong> te." Sulla faccia<br />

<strong>di</strong> Vree era comparsa un'espressione <strong>di</strong>vertita. "E' un'affermazione molto<br />

impegnativa, Tay." Tay aveva sorriso. "Nella posizione in cui sono, devo<br />

fare affermazioni impegnative. Domani parto per il Sarandanon e per le<br />

Terre <strong>di</strong> Confine. Devo convincerti ad accompagnarmi. Non ho il tempo per<br />

cercare mezzi <strong>di</strong> persuasione più sottili." "Che cosa cerchi?" "Una<br />

Pietra Nera degli Elfi, perduta fin dal tempo <strong>di</strong> Faerie, migliaia <strong>di</strong><br />

anni fa." <strong>Il</strong> locat l'aveva guardato. Non aveva chiesto a Tay perché<br />

fosse venuto o se davvero si fidava <strong>di</strong> lui. Aveva dato per scontato che<br />

Tay credesse nei suoi poteri, forse perché era un veggente, forse per<br />

quello che aveva fatto in passato. O forse perché non si era posto il<br />

problema. Ma l'aveva fissato con curiosità e con una sfumatura <strong>di</strong> dubbio<br />

sul viso. "Dammi le mani" gli aveva detto. Tay le aveva sollevate e Vree<br />

Erreden le aveva afferrate. La sua stretta era straor<strong>di</strong>nariamente forte.<br />

Aveva guardato Tay negli occhi per un momento, poi aveva fissato un


punto lontano, e lo sguardo gli si era sfocato. Era rimasto così per<br />

parecchi minuti, immobile come una statua, fissando qualcosa che Tay non<br />

poteva vedere. Infine aveva battuto le palpebre e lasciato le mani <strong>di</strong><br />

Tay, e si era messo a sedere. Aveva sorriso. "Verrò con te" aveva detto.<br />

Nient'altro. Aveva chiesto dove si sarebbero trovati e che<br />

equipaggiamento portare, poi era tornato ai suoi scritti e alle sue<br />

carte, senza una parola, <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong> tutto. Tay si era soffermato<br />

ancora per qualche istante, fino ad avere la certezza che non c'era<br />

motivo <strong>di</strong> fermarsi ulteriormente, poi se n'era andato. Così erano<br />

partiti in quin<strong>di</strong>ci da Arborlon, all'alba e con la pioggia: una fila <strong>di</strong><br />

persone avvolte nel mantello e incappucciate, irriconoscibili nella<br />

penombra, che prendevano parte alla spe<strong>di</strong>zione per ragioni <strong>di</strong> cui, dopo<br />

l'incontro iniziale, nessuno avrebbe più parlato. Scesero lungo il<br />

Carolan fino alle prime cateratte del Rill Song, attraversarono il fiume<br />

servendosi del traghetto a <strong>di</strong>sposizione della citta<strong>di</strong>nanza e si<br />

avviarono verso ovest passando tra le ombre dell'antica foresta.<br />

Avanzarono per tutto il giorno nella pioggia, che non cessò mai <strong>di</strong><br />

cadere, anche se occasionalmente <strong>di</strong>minuì d'intensità. Si fermarono solo<br />

una volta per mangiare e altre due quando incontrarono una fonte e<br />

riempirono d'acqua gli otri. Nessuno era stanco, neppure Vree Erreden.<br />

Erano Elfi, abituati a percorrere lunghe <strong>di</strong>stanze, e tutti erano in<br />

grado <strong>di</strong> tenere il passo moderato <strong>di</strong> Jerle <strong>Shannara</strong>. I sentieri erano<br />

fangosi e scivolosi, e più volte furono costretti a superare tratti<br />

allagati a causa della pioggia. Nessuno si lamentò. Nessuno aveva voglia<br />

<strong>di</strong> parlare. Anche quando si fermarono per mangiare, si sedettero a una<br />

certa <strong>di</strong>stanza l'uno dall'altro, ben avvolti nel mantello per ripararsi,<br />

ciascuno immerso nei propri pensieri. Una volta Tay si avvicinò a Vree<br />

Erreden per <strong>di</strong>rgli che era lieto della sua decisione <strong>di</strong> unirsi al<br />

gruppo, e il locat lo guardò come se fosse matto, o come se avesse detto<br />

la più grande stupidaggine della storia. Tay sorrise e lasciò che<br />

passasse avanti; in seguito non gli parlò più. Per tutto il giorno<br />

continuarono ad allontanarsi da Arborlon e dai monti che la circondavano<br />

e ad avvicinarsi al Sarandanon. Scese la notte, e montarono<br />

l'accampamento. Non venne acceso il fuoco e la cena venne consumata<br />

fredda. Sotto gli alberi regnavano l'oscurità e il silenzio; il solo<br />

movimento era dato dalle gocce <strong>di</strong> pioggia che cadevano con regolarità.<br />

Per uscire dalla foresta e raggiungere la <strong>di</strong>stesa aperta della valle era<br />

necessaria un'altra giornata; poi il panorama sarebbe cambiato<br />

drasticamente, perché avrebbero attraversato la regione agricola dove si<br />

producevano le derrate alimentari che nutrivano la nazione degli Elfi.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quella, dopo altri quattro giorni <strong>di</strong> viaggio, c'erano le<br />

Terre <strong>di</strong> Confine, che erano la loro destinazione. Dopo avere cenato, Tay<br />

continuò a sedere in <strong>di</strong>sparte e a fissare la foresta buia. Era bagnato e<br />

infreddolito, perso nei suoi pensieri. Nella speranza <strong>di</strong> trovare qualche<br />

spunto che gli era sfuggito, riandò alla visione della Pietra Nera<br />

rivelata a Bremen al Perno dell'Ade. I particolari gli erano ormai<br />

familiari: a furia <strong>di</strong> riesaminarli, li aveva staccati l'uno dall'altro<br />

in modo da poterli stu<strong>di</strong>are isolatamente. Al suo ritorno dall'evocazione<br />

dello spettro <strong>di</strong> Galaphile, Bremen gli aveva descritto il nascon<strong>di</strong>glio<br />

del talismano, e adesso occorreva soltanto trovare il luogo<br />

corrispondente alla descrizione. Questo poteva avvenire in vari mo<strong>di</strong>.


Preia Starle e <strong>Re</strong>tten Kipp potevano scoprire la Pietra Nera mettendo<br />

insieme le tracce trovate nelle loro esplorazioni. Tay poteva scoprirla<br />

come esperto degli elementi, grazie alle interruzioni delle linee<br />

d'energia causate dalla magia del talismano. Oppure poteva scoprirla<br />

Vree Erreden con il suo talento <strong>di</strong> locat, cercando la Pietra come<br />

avrebbe fatto con un qualsiasi oggetto smarrito, servendosi della<br />

prescienza e dell'intuizione. Tay si voltò verso il locat, che si era<br />

già addormentato. Ormai anche molti degli altri dormivano, o stavano per<br />

addormentarsi. Lo stesso Jerle <strong>Shannara</strong> s'era avvolto nella coperta e<br />

steso a terra. Un solo cacciatore faceva il turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, girando<br />

attorno al perimetro dell'accampamento, ombra tra le ombre. Tay lo<br />

guardò per un attimo, <strong>di</strong>strattamente, poi tornò a osservare Vree<br />

Erreden. <strong>Il</strong> locat gli aveva letto nel pensiero la visione <strong>di</strong> Bremen,<br />

quando gli aveva preso le mani in occasione della sua visita. Adesso ne<br />

era certo, anche se al momento non gliene era venuto il sospetto. Era<br />

stata la visione a convincere il locat, quella breve occhiata su un<br />

luogo perso nel tempo, su una magia sopravvissuta a un mondo scomparso,<br />

su cose un tempo note e che potevano essere <strong>di</strong> nuovo rivelate. <strong>Il</strong> furto<br />

era stato commesso con grande destrezza, e Tay non poté nascondere una<br />

certa ammirazione per l'audacia del suo autore. Non era da tutti<br />

scassinare la serratura della mente <strong>di</strong> un druido. Dopo qualche minuto si<br />

alzò perché non riusciva a dormire e si portò nella zona percorsa dalla<br />

sentinella. <strong>Il</strong> cacciatore lo notò, ma non accennò ad avvicinarsi e<br />

continuò il proprio giro. Tay osservò gli alberi carichi <strong>di</strong> pioggia, e<br />

quando i suoi occhi si abituarono al buio cominciò a scorgere strane<br />

forme, strane figure nella pioggia, anche in assenza <strong>di</strong> luna e <strong>di</strong><br />

stelle. Vide passare un cervo, piccolo e delicato nella penombra: aveva<br />

gli occhi allarmati e le orecchie ritte. Vide gli uccelli notturni<br />

passare rapi<strong>di</strong> da un ramo all'altro, alla ricerca <strong>di</strong> cibo, e poi, quando<br />

lo trovavano, tuffarsi con stupefacente velocità verso terra e infine<br />

rialzarsi con qualche piccola creatura nel becco o tra gli artigli. In<br />

quelle vittime gli parve <strong>di</strong> vedere il popolo degli Elfi in caso <strong>di</strong><br />

vittoria del Signore degli Inganni: un popolo inerme e in<strong>di</strong>feso, quando<br />

Brona avesse iniziato la caccia. Già in quel momento aveva l'impressione<br />

che qualcuno pensasse a loro come a una prossima preda. E anche se<br />

quella sensazione non gli piaceva, non pensava che potesse svanire<br />

facilmente, almeno per il momento. Stava ancora chiedendosi il<br />

significato <strong>di</strong> quella sensazione, quando Preia Starle comparve<br />

all'improvviso accanto a lui. Tay trasalì suo malgrado, poi si costrinse<br />

a calmarsi quando vide il sorriso della donna. Era stata via per tutto<br />

il giorno, dopo essere partita all'alba in avanscoperta con <strong>Re</strong>tten Kipp.<br />

Nessuno sapeva quando sarebbero tornati, perché gli Esploratori erano<br />

liberi <strong>di</strong> fare ciò che giu<strong>di</strong>cavano necessario e <strong>di</strong> seguire proprie<br />

tabelle <strong>di</strong> marcia. Quando vide la faccia preoccupata <strong>di</strong> Tay, Preia gli<br />

sorrise. Senza parlare, lo prese per il braccio e lo ricondusse<br />

nell'accampamento. Indossava vestiti da foresta ampi e como<strong>di</strong>, guanti e<br />

stivali leggeri, e tutti i suoi abiti erano intrisi d'acqua. La pioggia<br />

le incollava sulla pelle i corti capelli ondulati color cannella e le<br />

scorreva sulle guance, ma lei pareva non accorgersene. Accompagnò Tay a<br />

qualche passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal resto del gruppo, fino a una chiazza <strong>di</strong><br />

erba asciutta, sotto una quercia. Si sfilò la cintura con i lunghi


coltelli da caccia, posò la corta spada e l'arco, e si sedette. A Tay<br />

parve troppo fragile e giovane per portare tante armi. "Non riesci a<br />

dormire, Tay?" gli chiese a bassa voce, stringendogli il braccio. Lui<br />

incrociò le lunghe gambe, poi scosse la testa. "Dove sei stata?" "Qua e<br />

là." Si asciugò la pioggia dal viso e sorrise. "Non mi avevi vista,<br />

vero?" Lui la guardò con riprovazione. "Qual è la risposta, secondo te?<br />

Ti piace accorciare la vita alle persone spaventandole così? Se non<br />

riuscivo a dormire prima, come pensi che ci riesca adesso?" Lei si<br />

sforzò <strong>di</strong> non ridere. "Mi aspetto che tu ci riesca. Dopotutto sei un<br />

druido, e i Drui<strong>di</strong> riescono a fare qualsiasi cosa. Impara da Jerle. Lui<br />

dorme sempre come un neonato. Si rifiuta <strong>di</strong> rimanere sveglio, anche<br />

quando io preferirei che lo rimanesse." Batté le palpebre perché si era<br />

accorta <strong>di</strong> quello che si poteva intuire dalle sue parole, e si affrettò<br />

a guardare da un'altra parte. Dopo un attimo, riprese: "Kipp è andato<br />

fino al Sarandanon per assicurarsi che i cavalli e i rifornimenti siano<br />

pronti.LO sono tornata per avvertirvi dei Cacciatori degli Gnomi". Lui<br />

si girò <strong>di</strong> scatto a guardarla, in attesa <strong>di</strong> chiarimenti. "Due grosse<br />

squadre" proseguì lei. "Tutt'e due a nord. Potrebbero essercene altre.<br />

Ho trovato un mucchio <strong>di</strong> tracce. Non credo che sappiano <strong>di</strong> noi, almeno<br />

per ora. Ma dobbiamo fare molta attenzione." "Sai <strong>di</strong>rmi cosa ci fanno<br />

qui?" Lei scosse la testa. "Vanno a caccia, penso. <strong>Il</strong> tipo <strong>di</strong> tracce lo<br />

farebbe pensare. Si tengono vicino al Kensrowe, a nord della prateria.<br />

Ma potrebbero spostarsi, specialmente se si accorgessero <strong>di</strong> noi." Lui<br />

rimase in silenzio per un momento, riflettendo sulla notizia. Lei attese<br />

la sua risposta, stu<strong>di</strong>ando la sua faccia nella penombra. In mezzo a<br />

coloro che dormivano, qualcuno <strong>di</strong>ede un colpo <strong>di</strong> tosse e cambiò<br />

posizione. La pioggia cadeva con un lento tambureggiamento, un<br />

sottofondo continuo che giungeva dal buio. "Hai visto qualche<br />

Messaggero?" chiese infine Tay. Preia scosse <strong>di</strong> nuovo la testa. "No."<br />

"Qualche traccia insolita?" "No." Tay annuì, augurandosi che l'assenza<br />

fosse significativa. Forse il Signore degli Inganni aveva lasciato a<br />

casa i suoi mostri. Forse avrebbero dovuto affrontare soltanto i<br />

Cacciatori degli Gnomi. Accanto a lui, la donna si sollevò in ginocchio.<br />

"Riferisci a Jerle il mio rapporto, Tay.LO devo tornare laggiù."<br />

"Subito?" "Subito è meglio <strong>di</strong> poi, se vuoi che il lupo stia lontano da<br />

noi." Sorrise. "Ricor<strong>di</strong> il proverbio? Lo ripetevi sempre, quando <strong>di</strong>cevi<br />

<strong>di</strong> voler andare a Paranor per <strong>di</strong>ventare un druido. E <strong>di</strong>cevi che ci<br />

avresti protetti: noi, i poveri amici casalinghi che ti lasciavi alle<br />

spalle." "Ricordo." Tay le prese il braccio. "Hai fame?" "Ho mangiato."<br />

"Perché non resti fino all'alba?" "Meglio <strong>di</strong> no." "Non vuoi fare<br />

rapporto a Jerle <strong>di</strong> persona?" Lei lo osservò per un momento, riflettendo<br />

tra sé. "Voglio che gli <strong>di</strong>a tu queste notizie. Lo farai?" <strong>Il</strong> suo tono <strong>di</strong><br />

voce era cambiato. Non era più <strong>di</strong>sposta a <strong>di</strong>scutere. Lui annuì senza<br />

parlare e staccò la mano dal suo braccio. Preia si alzò, riprese i<br />

coltelli e la spada, sollevò l'arco e gli sorrise. "Pensa a quello che<br />

mi hai appena chiesto" gli <strong>di</strong>sse. Scivolò <strong>di</strong> nuovo nell'ombra e, dopo un<br />

istante, sparì. Per qualche tempo Tay non si mosse, perché rifletteva<br />

sulle parole <strong>di</strong> Preia, poi si alzò per andare a svegliare Jerle. La<br />

pioggia continuò a cadere per tutto il giorno seguente, senza<br />

interruzione. La compagnia proseguì attraverso la foresta, con ogni<br />

senso all'erta per la presenza <strong>di</strong> Gnomi e pronta a tutto. Le ore


trascorsero lente, dall'alba al tramonto, senza molte <strong>di</strong>fferenze, perché<br />

in tutta la giornata il solo chiarore fu la luce grigia che filtrava tra<br />

le nubi plumbee e le foglie cariche <strong>di</strong> pioggia. La marcia fu lenta e<br />

monotona. Nei boschi non incontrarono nessuno. Nell'umido grigiore nulla<br />

si muoveva. La notte giunse e passò, ma né Preia Starle né <strong>Re</strong>tten Kipp<br />

fecero ritorno. All'alba del terzo giorno giunsero nelle vicinanze del<br />

Sarandanon. La pioggia era cessata e il cielo cominciava a schiarirsi.<br />

<strong>Il</strong> sole faceva capolino dalle nubi sotto forma <strong>di</strong> stretti raggi sullo<br />

sfondo turchino. L'aria si riscaldò e la terra cominciò ad asciugarsi.<br />

Poco più tar<strong>di</strong>, in una radura illuminata dal sole e rallegrata da fiori<br />

selvatici, s'imbatterono nell'arco <strong>di</strong> Preia Starle, spezzato e<br />

infangato. Non c'erano altre tracce della giovane donna. Ma le impronte<br />

degli Gnomi erano dappertutto.<br />

12<br />

<strong>Il</strong> sole tramontava e l'oscurità si affacciava dall'Anar, quando la<br />

retroguar<strong>di</strong>a dell'imponente esercito del Signore degli Inganni uscì dal<br />

Passo <strong>di</strong> Jannisson per riversarsi nelle Pianure <strong>di</strong> Raab. C'era voluta<br />

tutta la giornata perché uscisse dalle Streleheim, dato che il Passo era<br />

stretto e serpeggiante e l'armata era rallentata da un convoglio <strong>di</strong><br />

animali da soma, bagagli e carri lungo quasi due miglia. I combattenti<br />

si muovevano a velocità <strong>di</strong>verse: la cavalleria procedeva rapida e<br />

impaziente, ma la fanteria leggera, gli arcieri e i frombolieri erano<br />

più lenti, e la fanteria pesante era ancora più lenta. Ma nessuna delle<br />

varie componenti dell'esercito era lenta e impacciata come il convoglio<br />

dei rifornimenti, che percorreva il Passo con una lentezza esasperante e<br />

ogni pochi minuti era ferma perché si era rotta una ruota o una stanga,<br />

i finimenti si erano allascati o gli animali avevano bisogno <strong>di</strong> acqua,<br />

c'era stata una collisione, uno scontro, un ingorgo. Lo spettacolo dava<br />

a Risca, che lo guardava da un nascon<strong>di</strong>glio nei Denti del Drago, mezzo<br />

miglio più a sud, un cupo senso <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. Tutto ciò che<br />

intralciava l'avanzata del Signore degli Inganni era il benvenuto,<br />

continuava a <strong>di</strong>rsi. Tutto ciò che rallentava il suo o<strong>di</strong>oso procedere<br />

verso sud, verso la sua terra. La maggior parte dell'esercito era<br />

costituita <strong>di</strong> Troll dall'aria stolida e dalla pelle più spessa del<br />

cuoio, virtualmente privi <strong>di</strong> connotati e più simili a bestie che a<br />

uomini. I più grossi e feroci erano i Troll delle Montagne, alti in<br />

me<strong>di</strong>a più <strong>di</strong> un metro e ottanta e pesanti in proporzione. Costituivano<br />

il nerbo dell'esercito, e la loro marcia precisa e <strong>di</strong>sciplinata<br />

testimoniava della loro efficienza in battaglia. I Troll erano presenti<br />

anche nelle altre squadre, per colmare il <strong>di</strong>vario. Nella cavalleria e<br />

nella fanteria leggera predominavano gli Gnomi: i piccoli e tenaci<br />

combattenti <strong>di</strong> una razza tribale simile a quella dei Troll, anche se<br />

meno abile e meno addestrata. Obbe<strong>di</strong>vano al Signore degli Inganni per<br />

due ragioni: la prima, e la più importante, stava nel fatto che avevano<br />

un reverenziale timore per ogni sorta <strong>di</strong> magia, e quella <strong>di</strong> Brona<br />

superava ogni loro immaginazione. La seconda, assai importante<br />

anch'essa, nel fatto che avevano visto quello che era successo quando i<br />

Troll - che erano più robusti, più feroci e meglio armati - avevano<br />

cercato <strong>di</strong> resistere; così, avevano preso rapidamente la decisione <strong>di</strong><br />

passare dalla parte del vincitore con le buone, prima <strong>di</strong> essere<br />

costretti a farlo con le cattive. Poi c'erano le creature senza nome,


mostri usciti dai mon<strong>di</strong> inferi, esseri venuti dagli abissi dov'erano<br />

stati scagliati nei secoli precedenti, e adesso liberati con la magia<br />

dal Signore degli Inganni. Alla luce del giorno si nascondevano sotto<br />

larghi mantelli col cappuccio: in mezzo alla polvere sollevata dalla<br />

marcia erano forme nere e in<strong>di</strong>stinte che si tenevano in <strong>di</strong>sparte,<br />

reiette sia per la loro natura sia per l'unanime consenso. Ma quando il<br />

sole tramontava e le ombre si allungavano sulla prateria, si toglievano<br />

il mantello e si rivelavano: mostri spaventevoli e deformi, evitati da<br />

tutti. Tra loro c'erano i Messaggeri del Teschio, i cacciatori alati che<br />

facevano da braccio destro a Brona. Un tempo erano uomini: erano Drui<strong>di</strong><br />

che per avere abusato della magia ne erano stati corrotti. Stavano<br />

volando anche adesso, approfittavano dell'ultima luce del giorno per<br />

cercare le prede con cui saziare la loro fame abietta E nel centro <strong>di</strong><br />

tutto, in mezzo alle orde che la portavano inesorabilmente avanti,<br />

simile a una zattera su un mare squassato dalla tempesta, c'era la<br />

grande lettiga coperta <strong>di</strong> seta nera del Signore degli Inganni stesso.<br />

Era sorretta da una trentina <strong>di</strong> Troll, la sua copertura era<br />

impenetrabile anche alla luce più forte, i suoi sostegni <strong>di</strong> ferro erano<br />

irti <strong>di</strong> uncini e <strong>di</strong> lame affilate come rasoi, i suoi stendar<strong>di</strong> erano<br />

blasonati <strong>di</strong> teschi bianchi. Risca vide tutti coloro che la circondavano<br />

inchinarsi servilmente, e comprese che, anche se non potevano scorgerlo,<br />

il loro signore e padrone era perfettamente in grado <strong>di</strong> vederli. Con<br />

l'approssimarsi della notte, e dopo aver visto per intero l'esercito<br />

uscire dalle Terre del Nord, pronto a invadere l'Anar e a conquistare i<br />

Nani, Risca si sedette scoraggiato nel crepaccio dove s'era nascosto e<br />

lasciò che le tenebre lo avvolgessero. Bremen aveva ragione,<br />

naturalmente: aveva previsto tutto. Brona era sopravvissuto alla Guerra<br />

delle Razze ed era rimasto nascosto per tutti quegli anni semplicemente<br />

per ritrovare le forze con cui colpire <strong>di</strong> nuovo. Adesso era tornato come<br />

Signore degli Inganni e i Troll e gli Gnomi erano con lui: dopo essere<br />

stati sconfitti, adesso servivano la sua causa. Se i Drui<strong>di</strong> erano stati<br />

<strong>di</strong>strutti come previsto da Bremen - e Risca ormai non aveva più dubbi -<br />

nessuno sarebbe intervenuto a <strong>di</strong>fendere le Razze ancora libere, nessuno<br />

in grado <strong>di</strong> opporsi alla magia. Sarebbero caduti a uno a uno: i Nani,<br />

gli Elfi e gli Uomini. A una a una, le Quattro Terre sarebbero <strong>di</strong>ventate<br />

schiave. E sarebbe successo in breve tempo. In quel momento nessuno lo<br />

credeva possibile, e quando tutti se ne fossero accorti sarebbe stato<br />

troppo tar<strong>di</strong>. Risca aveva visto <strong>di</strong> persona quanto fosse vasto l'esercito<br />

del Signore degli Inganni. Gigantesco, inarrestabile, mostruoso.<br />

Soltanto con l'unione le tre Razze libere avevano una speranza <strong>di</strong><br />

salvezza. Ma sarebbe occorso tempo per convincerle a unirsi. La politica<br />

avrebbe rallentato ogni decisione. L'egoismo avrebbe spinto a una<br />

inopportuna cautela. Le Razze avrebbero <strong>di</strong>scusso e indagato, e prima<br />

ancora <strong>di</strong> capire cosa succedeva si sarebbero trovate in schiavitù.<br />

Bremen aveva previsto tutto questo, e ora spettava ai pochi che gli<br />

avevano dato retta agire in modo da fermare l'inevitabile. Risca frugò<br />

nella sacca, prese un pezzo <strong>di</strong> pane del giorno prima che aveva comprato<br />

in uno degli ultimi villaggi della Frontiera e cominciò a masticarlo<br />

<strong>di</strong>strattamente. Aveva lasciato Bremen e i compagni tre giorni ad<strong>di</strong>etro,<br />

nella Valle d'Argilla, e si era <strong>di</strong>retto a est, per avvertire i Nani<br />

dell'arrivo del Signore degli Inganni e convincerli a opporsi alla sua


avanzata. Ma una volta arrivato alle Pianure <strong>di</strong> Raab, aveva pensato che<br />

il suo compito sarebbe stato facilitato se avesse potuto riferire <strong>di</strong><br />

aver visto con i propri occhi l'esercito nemico: avrebbe potuto<br />

valutarne la <strong>di</strong>mensione e la forza, e dare maggiore efficacia alle<br />

proprie parole. <strong>Di</strong> conseguenza si era <strong>di</strong>retto a nord e aveva marciato<br />

per tutto il secondo giorno, fino a raggiungere il Passo <strong>di</strong> Jannisson.<br />

Laggiù, il terzo giorno, si era nascosto sulle alture ai pie<strong>di</strong> dei Denti<br />

del Drago e aveva visto sfilare, proveniente dalle Streleheim,<br />

l'esercito del Signore degli Inganni: sempre più grande, tanto da dare<br />

l'impressione che non avesse fine. Risca aveva contato le unità e gli<br />

ufficiali, gli animali e i carri, le insegne delle tribù e gli stendar<strong>di</strong><br />

da battaglia, fino a farsi un'idea delle <strong>di</strong>mensioni. Pareva che l'intera<br />

nazione dei Troll fosse stata chiamata alle armi. Era il più grande<br />

esercito che Risca avesse mai visto. I Nani non avevano speranza <strong>di</strong><br />

resistere. Potevano rallentarne l'avanzata, trattenerlo, ma non<br />

fermarlo. E anche se gli Elfi fossero venuti ad aiutarli, il nemico<br />

sarebbe stato enormemente superiore <strong>di</strong> numero. Inoltre, i Nani e gli<br />

Elfi non <strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> magie simili a quelle <strong>di</strong> Brona, dei Messaggeri<br />

del Teschio e delle creature infernali. Avevano soltanto Bremen, Tay<br />

Trefenwyd e lui, gli ultimi Drui<strong>di</strong>. Risca scosse la testa e continuò a<br />

masticare il suo pane duro. Lo svantaggio era troppo grande. Occorreva<br />

trovare un modo per ridurlo. Terminò il pane e bevve un lungo sorso <strong>di</strong><br />

birra dall'otre che portava a tracolla. Poi si alzò e tornò sul ciglio<br />

della rupe da cui poteva osservare dall'alto l'accampamento nemico.<br />

Ormai era scesa la notte, erano stati accesi i fuochi, l'intera pianura<br />

ardeva <strong>di</strong> falò, l'aria era appesantita dal fumo. L'esercito occupava<br />

un'area <strong>di</strong> almeno un miglio, brulicante <strong>di</strong> attività, piena <strong>di</strong> chiasso e<br />

<strong>di</strong> movimento. I cuochi cucinavano il rancio, i soldati stendevano i<br />

giacigli, i carpentieri riparavano i carri e i generali preparavano i<br />

piani d'attacco. Risca continuò a osservare dalla sua altura,<br />

scoraggiato e incollerito. Se la forza <strong>di</strong> volontà e la collera fossero<br />

state sufficienti a fermare quella follia, le sue sarebbero bastate.<br />

Scorse due Messaggeri che volavano nel cielo color dell'inchiostro, al<br />

<strong>di</strong> là della zona illuminata dai fuochi, in cerca <strong>di</strong> spie, e si nascose<br />

ancor meglio tra le rocce, fino a <strong>di</strong>venire una cosa sola con le<br />

montagne, una delle tante macchie incolori <strong>di</strong> terreno scabro. I suoi<br />

occhi vagavano sull'intero campo, ma ogni volta tornavano alla lettiga<br />

coperta <strong>di</strong> seta nera che ospitava il Signore degli Inganni. Adesso<br />

l'avevano posata a terra ed era circondata da Troll e creature non<br />

umane: una piccola oasi <strong>di</strong> silenzio entro un formicolare <strong>di</strong> attività.<br />

Accanto ad essa non c'erano fuochi, nessuno si avvicinava dalla zona<br />

illuminata. L'oscurità pareva ammassarsi attorno ad essa, come acqua che<br />

affluisce in un lago, lasciandola isolata con un marchio <strong>di</strong><br />

inviolabilità. Risca strinse le labbra. Tutti i guai hanno avuto inizio<br />

dal mostro che occupa quella lettiga, e con lui finiranno, pensava. <strong>Il</strong><br />

Signore degli Inganni è la testa del mostro che ci minaccia. Taglia la<br />

testa e il mostro muore. Ucci<strong>di</strong> il Signore degli Inganni e il pericolo<br />

finisce. Ucci<strong>di</strong> il Signore degli Inganni... Era un impulso irrazionale,<br />

selvaggio, e non si concesse <strong>di</strong> seguirlo. Lo allontanò da sé e si<br />

costrinse a riflettere sulle proprie responsabilità. Bremen gli aveva<br />

affidato un compito. Doveva informare i Nani della presenza dell'armata,


in modo che si preparassero all'invasione. Doveva convincere i Nani ad<br />

affrontare un esercito assai più grande del loro, in una battaglia<br />

impossibile a vincersi. Doveva convincere Raybur e gli Anziani del<br />

Consiglio che si stava preparando l'arma capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il<br />

Signore degli Inganni e che i Nani dovevano, a prezzo delle loro vite,<br />

guadagnare il tempo occorrente. Era un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>fficile da accettare:<br />

avrebbe richiesto un grande sacrificio. E il comando <strong>di</strong> quell'esercito<br />

sarebbe toccato a lui, al druido guerriero in grado <strong>di</strong> sconfiggere<br />

qualunque creatura mandata contro <strong>di</strong> loro dal Signore degli Inganni.<br />

Risca era nato per lottare. Era la cosa che sapeva fare meglio. Era<br />

vissuto fino alla maggiore età nelle Montagne del Corvo, in una famiglia<br />

che era sempre vissuta in quelle terre barbariche dell'Est. <strong>Il</strong> padre era<br />

esploratore e la madre cacciava con le trappole. <strong>Il</strong> padre aveva otto<br />

fratelli e la madre sette, e quasi tutti abitavano a poche miglia <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza, cosicché Risca era stato allevato un po' da tutti: negli anni<br />

dell'infanzia, aveva passato più tempo con gli zii e i cugini che con i<br />

genitori. Prendersi cura dei giovani, nella sua famiglia, era una<br />

responsabilità che toccava a tutti. In quella regione, i Nani erano<br />

costantemente in guerra contro le tribù <strong>di</strong> Gnomi, e si rischiava la vita<br />

a ogni istante. Ma Risca era in grado <strong>di</strong> badare a se stesso. Fin da<br />

bambino gli era stato insegnato a combattere e cacciare, e aveva<br />

scoperto <strong>di</strong> essere molto abile. Sentiva cose che gli altri non<br />

sentivano, riusciva a in<strong>di</strong>viduare ciò che per gli altri era invisibile.<br />

Era svelto e agile, più forte della sua età. Conosceva per istinto<br />

l'arte della sopravvivenza. Usciva vivo quando gli altri cadevano. A<br />

do<strong>di</strong>ci anni era stato aggre<strong>di</strong>to da un Koden e l'aveva ucciso. Ne aveva<br />

tre<strong>di</strong>ci quando, con un gruppo <strong>di</strong> venti Nani, era caduto in un'imboscata<br />

degli Gnomi. Lui solo era sopravvissuto. Poi la madre era stata uccisa<br />

mentre tendeva le trappole. Lui aveva solo quin<strong>di</strong>ci anni, ma aveva<br />

seguito le tracce dei colpevoli e li aveva uccisi tutti, da solo. Quando<br />

il padre era morto in un incidente <strong>di</strong> caccia, aveva portato il suo corpo<br />

nel cuore della terra degli Gnomi e l'aveva sepolto laggiù, perché il<br />

suo spirito potesse continuare la lotta contro i nemici tra<strong>di</strong>zionali<br />

della sua razza. A quell'epoca, metà dei suoi fratelli erano morti, <strong>di</strong><br />

malattia o in battaglia. Viveva in un mondo violento e inclemente, dove<br />

la vita era dura e incerta. Ma lui era sopravvissuto, e la gente <strong>di</strong>ceva<br />

- quando lui non sentiva, perché era molto superstizioso - che non era<br />

stata ancora forgiata la spada in grado <strong>di</strong> ucciderlo. A vent'anni era<br />

sceso a Culhaven ed era entrato al servizio <strong>di</strong> Raybur, da poco<br />

incoronato re dei Nani e guerriero molto ammirato. Ma il sovrano l'aveva<br />

tenuto con sé per un breve periodo, poi l'aveva mandato presso i Drui<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Paranor. Riconoscendo il suo talento, Raybur aveva pensato <strong>di</strong> rendere<br />

un miglior servizio al popolo dei Nani facendo addestrare dai Drui<strong>di</strong><br />

quel giovane con il cuore <strong>di</strong> guerriero e gli istinti del cacciatore.<br />

Anche lui, come Courtann Ballindarroch degli Elfi, conosceva Bremen e lo<br />

ammirava. Così, aveva mandato al vecchio druido una lettera in cui lo<br />

invitava a tenere in particolare considerazione Risca e a prenderlo come<br />

suo allievo. Con la lettera, il giovane era giunto a Paranor e vi era<br />

rimasto, per poi <strong>di</strong>venire un seguace <strong>di</strong> Bremen e un convinto sostenitore<br />

della magia. Con gli occhi fissi sulla tenda <strong>di</strong> seta nera, pensava a<br />

come impiegare la magia. La sua era la più forte dopo quella <strong>di</strong> Bremen -


almeno oggi, dato che era più giovane e resistente dell'altro - ossia lo<br />

era a parer suo, perché Tay Trefenwyd avrebbe messo certamente in dubbio<br />

l'asserzione. Al pari <strong>di</strong> Tay, Risca aveva stu<strong>di</strong>ato con assiduità le<br />

lezioni <strong>di</strong> Bremen, continuando ad addestrarsi anche dopo che il maestro<br />

era stato ban<strong>di</strong>to e a mettere alla prova le sue capacità. Aveva stu<strong>di</strong>ato<br />

e si era allenato virtualmente da solo, perché nessun altro druido,<br />

neppure Tay Trefenwyd, si considerava un guerriero o cercava <strong>di</strong><br />

apprendere come lui le arti marziali. Per Risca la magia poteva avere un<br />

solo scopo utile: proteggere chi la usava e i suoi amici e <strong>di</strong>struggere i<br />

nemici. Gli altri suoi rami guarigione, <strong>di</strong>vinazione, prescienza,<br />

empatia, magia naturale, dominio delle forze elementari, evocazione dei<br />

morti e storia delle arti magiche - non rivestivano alcun interesse per<br />

lui. Era un guerriero: la sua unica passione era la forza delle armi. I<br />

ricor<strong>di</strong> si affacciarono e svanirono, e i suoi pensieri tornarono alla<br />

situazione del momento. Che doveva fare? Non poteva declinare le sue<br />

responsabilità, ma, d'altro canto, non poteva <strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> essere un<br />

guerriero. Sotto <strong>di</strong> lui, le pieghe <strong>di</strong> seta della tenda parevano agitarsi<br />

alla danza dei falò. Un solo colpo, pensò, non ne sarebbero occorsi <strong>di</strong><br />

più. Con che facilità si sarebbero risolti tutti i problemi, se avesse<br />

potuto sferrare quel colpo! Trasse un profondo respiro e poi lo esalò<br />

lentamente. Non aveva paura <strong>di</strong> Brona. Sapeva quanto era pericoloso e<br />

potente, ma non aveva paura. Anche lui conosceva bene la magia; se<br />

l'avesse impiegata per un attacco mirato, nessuno sarebbe stato in grado<br />

<strong>di</strong> resistere, pensava. Chiuse gli occhi. Perché gli venivano in mente<br />

quelle cose? Se avesse fallito, nessuno avrebbe avvertito i Nani del<br />

pericolo. Avrebbe perso la vita per niente! Ma se il colpo fosse<br />

riuscito... Ritornò in mezzo alle rocce, si sfilò il mantello e cominciò<br />

a togliersi le armi. Aveva deciso fin dal momento in cui gli era venuta<br />

in mente l'idea. Uccidere il Signore degli Inganni e porre fine a quella<br />

follia. E lui era il più adatto a quel compito. Era il momento ideale:<br />

l'esercito del Nord era ancora nei pressi della sua regione d'origine e<br />

Brona si sentiva al sicuro da attacchi nemici. Anche se Risca fosse<br />

morto, ne sarebbe valsa la pena. Lui era <strong>di</strong>sposto a sacrificarsi. Un<br />

guerriero era sempre pronto a quel sacrificio. Quando rimase in calzoni,<br />

giubba e stivali, s'infilò un pugnale nella cintura, impugnò la scure da<br />

guerra e scese verso l'accampamento. Era quasi mezzanotte quando giunse<br />

ai pie<strong>di</strong> del monte e si avviò lungo la pianura. Sopra <strong>di</strong> lui, i<br />

Messaggeri circolavano ancora, ma Risca era <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro e inoltre si<br />

era avvolto in una magia che lo nascondeva ai loro occhi. I cacciatori<br />

alati guardavano lontano per cercare nemici, e non l'avrebbero visto.<br />

Avanzò senza fretta e senza fare alcun rumore, immerso nel buio: la luce<br />

dei falò lo nascondeva a tutti coloro che avrebbero potuto notare il suo<br />

arrivo. La <strong>di</strong>sposizione delle sentinelle era pietosamente inadeguata.<br />

C'era un perimetro <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e, una mescolanza <strong>di</strong> Gnomi e Troll, ma<br />

troppo <strong>di</strong>stanziate tra loro e troppo vicine ai falò per poter scorgere<br />

una persona che arrivasse dal buio. <strong>Il</strong> cielo era coperto <strong>di</strong> nuvole e<br />

l'aria della notte era velata dal fumo: anche in circostanze più<br />

favorevoli, sarebbero stati necessari occhi ben più acuti per scorgere<br />

qualche movimento nella pianura. Tuttavia, Risca non volle correre<br />

rischi. Si avvicinò tra l'erba alta e i cespugli e quando si <strong>di</strong>radarono<br />

proseguì a schiena curva e ginocchia piegate. Cercò con cura il punto da


cui entrare, scegliendo come bersaglio uno degli Gnomi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />

Lasciò la scure in mezzo all'erba alta e proseguì con il solo pugnale.<br />

La sentinella non lo vide arrivare. Risca trascinò il corpo in mezzo<br />

all'erba alta, lo nascose, indossò il mantello del morto, si schermò la<br />

faccia col cappuccio, raccolse la scure e ripartì. Un altro ci avrebbe<br />

pensato due volte, prima <strong>di</strong> entrare nel campo nemico come se niente<br />

fosse. Risca non ci pensò affatto sapeva che un attacco <strong>di</strong>retto è sempre<br />

il migliore, quando si vuol cogliere qualcuno con la guar<strong>di</strong>a abbassata.<br />

Infatti, si tende a dare meno importanza a ciò che si ha <strong>di</strong> fronte, e a<br />

darne <strong>di</strong> più a ciò che si coglie con la coda dell'occhio. <strong>Di</strong> solito<br />

nessuno prende in considerazione le assur<strong>di</strong>tà, e l'idea che un solo<br />

nemico si <strong>di</strong>rigesse in tutta calma verso il centro <strong>di</strong> un accampamento<br />

fortemente presi<strong>di</strong>ato era assolutamente incre<strong>di</strong>bile. Tuttavia, Risca si<br />

tenne ai margini della zona illuminata dai falò, quando si mosse, con la<br />

faccia ben nascosta nel cappuccio. Non si mosse furtivamente e non<br />

abbassò la testa, perché avrebbe destato sospetti. Camminò come se<br />

facesse parte dell'accampamento e non rallentò il passo. Oltrepassò il<br />

perimetro esterno <strong>di</strong> fuochi e guar<strong>di</strong>e e si <strong>di</strong>resse al centro del campo.<br />

Una nuvola <strong>di</strong> fumo gli passò davanti e la usò come schermo. Tutt'intorno<br />

a lui si levavano grida e risate, i soldati mangiavano e bevevano, si<br />

raccontavano barzellette e si scambiavano spacconate. Qua e là si<br />

sentivano tintinnare le armi e le corazze, gli animali da tiro<br />

scalpitavano e sbuffavano nel buio. Risca passò in mezzo a tutti senza<br />

rallentare e senza perdere <strong>di</strong> vista la sua destinazione: una massa <strong>di</strong><br />

pali e stendar<strong>di</strong> scuri che s'innalzavano al <strong>di</strong> sopra del brulichio del<br />

campo. Tenne bassa la scure, quasi contro le gambe, e si servì della<br />

magia per proiettare la propria immagine: quella <strong>di</strong> un soldato<br />

qualsiasi, uno dei tanti Cacciatori degli Gnomi che si <strong>di</strong>rigeva in un<br />

luogo senza importanza. Passò in mezzo al labirinto <strong>di</strong> falò e <strong>di</strong> uomini,<br />

evitando i carri e le cataste <strong>di</strong> rifornimenti, le file <strong>di</strong> animali da<br />

soma legati per la cavezza, i carpentieri che riparavano carri e<br />

attrezzature, i fasci <strong>di</strong> picche e <strong>di</strong> lance con le punte rivolte al<br />

cielo. Quando poté, si tenne nelle parti dell'accampamento occupate da<br />

Gnomi, ma <strong>di</strong> tanto in tanto fu costretto a passare in mezzo a gruppi <strong>di</strong><br />

Troll, e in quei casi si comportò come un vero gnomo: intimi<strong>di</strong>to e<br />

deferente, senza paura ma desideroso <strong>di</strong> non irritarli, si allontanava<br />

dal loro cammino quando venivano verso <strong>di</strong> lui e non guardava mai<br />

<strong>di</strong>rettamente le loro facce rugose e anonime, i loro occhi induriti dalle<br />

battaglie. Sentiva i loro sguar<strong>di</strong> posarsi sulla sua figura e poi<br />

allontanarsi. Nessuno lo fermò o gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro. Nessuno<br />

lo smascherò. Aveva la schiena ma<strong>di</strong>da <strong>di</strong> sudore, e non perché la notte<br />

fosse calda. Ora l'accampamento si preparava a dormire, la gente si<br />

avvolgeva nei mantelli, davanti ai fuochi, e taceva. Risca procedette<br />

più in fretta. Aveva bisogno del chiasso e del trambusto per<br />

mimetizzarsi: se tutti si fossero addormentati, lui sarebbe stato<br />

notato. Comunque, ormai stava per giungere alla tenda del Signore degli<br />

Inganni: già la vedeva levarsi davanti a lui. Più s'avvicinava alla<br />

tenda nera, minore era il numero dei fuochi e anche il numero <strong>di</strong> soldati<br />

attorno ad essi. Nessuno aveva il permesso <strong>di</strong> avvicinarsi troppo alla<br />

tenda del Signore degli Inganni e nessuno aveva voglia <strong>di</strong> farlo. Risca<br />

si fermò accanto a un falò, dove una decina <strong>di</strong> soldati giacevano


addormentati: erano tutti Troll, giganteschi, dai lineamenti a malapena<br />

abbozzati, e dormivano con le armi a portata <strong>di</strong> mano. Li ignorò, ed<br />

esaminò il tratto <strong>di</strong> terreno aperto tra lui e la tenda. Su ogni lato,<br />

tra la tenda nera e gli uomini c'erano almeno venti passi. Non si<br />

scorgevano sentinelle, ma Risca esitò. Perché non c'erano guar<strong>di</strong>e? Si<br />

guardò attorno con attenzione, ma non ne vide. In quel momento, per poco<br />

non abbandonò il progetto. Sentiva che qualcosa non andava. Perché non<br />

c'erano guar<strong>di</strong>e? Che aspettassero all'interno della tenda? O si erano<br />

nascoste dove era impossibile vederle? Per scoprirlo avrebbe dovuto<br />

attraversare il terreno aperto tra il falò e la tenda. C'era abbastanza<br />

luce da rivelare la sua presenza, perciò avrebbe dovuto usare la magia<br />

per non farsi vedere. Si sarebbe trovato completamente solo, senza alcun<br />

nascon<strong>di</strong>glio a <strong>di</strong>sposizione. Rifletté in fretta. Poteva esserci qualche<br />

Messaggero del Teschio? Erano tutti a caccia o qualcuno era rimasto a<br />

proteggere il suo signore? C'erano altre creature <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a? Le domande<br />

continuarono a bruciare dentro <strong>di</strong> lui, senza risposta. Esitò ancora un<br />

momento, guardandosi attorno, tendendo l'orecchio, saggiando l'aria. Poi<br />

strinse saldamente in pugno l'ascia da guerra e si avviò. Usò la magia<br />

per nascondersi, per confondersi nella notte, per <strong>di</strong>ventare ombra tra le<br />

ombre Soltanto una pennellata superficiale, in modo da non farsi notare<br />

da chi avesse familiarità con le arti magiche. Si sentì prendere dalla<br />

smania <strong>di</strong> agire. Poteva farcela. Doveva. Attraversò il terreno aperto<br />

silenzioso come una nube che scivolasse nel cielo spazzato dal vento.<br />

Nessun rumore gli giunse all'orecchio. Nessun movimento attirò il suo<br />

sguardo. Anche adesso che era vicino, non vide nessuno a proteggere la<br />

tenda nera. Infine le giunse accanto. L'aria era mortalmente immobile,<br />

suoni, odori e movimenti dell'esercito parevano svaniti nella <strong>di</strong>stanza.<br />

Rimase fermo accanto alla tenda e attese che il suo istinto lo<br />

avvertisse <strong>di</strong> una trappola. Ma non ebbe alcun segnale, e allora appoggiò<br />

il filo della scure da guerra, affilata come un rasoio, contro il<br />

tessuto e lo tagliò fino in fondo. In quel momento udì un suono: un<br />

sospiro, forse, o un gemito molto fioco. S'infilò veloce nell'apertura.<br />

Nonostante l'oscurità che regnava all'interno, in pochi istanti i suoi<br />

occhi si abituarono. Nella tenda non c'era niente: persone, mobili,<br />

armi, un letto, un segno <strong>di</strong> vita... nulla <strong>di</strong> nulla! Risca guardava<br />

incredulo. Poi, nel silenzio si levò un soffio basso e roco che invadeva<br />

tutta la tenda e l'aria, davanti agli occhi del nano, si mosse. <strong>Il</strong> buio<br />

si addensò fino a formare una figura dove prima non c'era niente. Una<br />

forma ammantata <strong>di</strong> nero prese lentamente corpo. Risca comprese cos'era<br />

successo e venne scosso da un brivido <strong>di</strong> terrore. <strong>Il</strong> Signore degli<br />

Inganni era sempre stato presente, nel buio, invisibile, a vigilare e<br />

attendere. Forse aveva sempre saputo della presenza <strong>di</strong> Risca.<br />

<strong>Di</strong>versamente da quanto il nano aveva creduto, non era una creatura <strong>di</strong><br />

carne e sangue, che si potesse uccidere con le normali armi. Me<strong>di</strong>ante la<br />

magia aveva trasceso il suo guscio mortale e ormai poteva assumere<br />

qualsiasi forma... o nessuna. Non c'era da stupirsi che non ci fossero<br />

guar<strong>di</strong>e. Non ce n'era bisogno. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni alzò la mano per<br />

afferrarlo. Per un istante, Risca scoprì <strong>di</strong> non potersi muovere e pensò<br />

che sarebbe morto senza muovere un <strong>di</strong>to per salvarsi. Poi la forza della<br />

sua determinazione spezzò la paura e lo spinse ad agire. Lanciò un<br />

ruggito <strong>di</strong> sfida alla terribile figura nera, alla mano scheletrica che


lo voleva afferrare, agli occhi rossi come il sangue, al proprio<br />

terrore, alle beffe del destino. Sollevò la scure percorsa da cima a<br />

fondo dalle fiamme della magia. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni mosse la mano,<br />

e Risca si sentì stringere, come da strisce d'acciaio. Con uno sforzo<br />

immane, spezzò quell'incantesimo e scagliò la scure. L'arma colpì la<br />

forma avvolta nel mantello ed esplose in una fiammata. Risca non attese<br />

<strong>di</strong> vedere l'effetto del colpo. Sapeva per istinto che non era una lotta<br />

da cui potesse uscire vincitore. Le armi robuste e i guerrieri<br />

addestrati non erano sufficienti per sconfiggere quel nemico. Nello<br />

stesso istante in cui lanciò la scure, si gettò verso l'apertura della<br />

tenda, rotolò a terra per imme<strong>di</strong>atamente rialzarsi, e corse via <strong>di</strong> gran<br />

carriera, per riguadagnare la libertà. Attorno ai falò si levavano già<br />

le prime grida, i soldati si destavano dal sonno. <strong>Il</strong> nano non si guardò<br />

alle spalle, ma sentì la presenza <strong>di</strong> Brona, una nube nera che cercava <strong>di</strong><br />

afferrarlo e riportarlo in<strong>di</strong>etro. Attraversò <strong>di</strong> corsa il terreno aperto<br />

e saltò sul fuoco più vicino, scalciando via le fiamme morenti e<br />

spargendo tutt'intorno una pioggia <strong>di</strong> faville e <strong>di</strong> braci. Afferrò la<br />

spada <strong>di</strong> un soldato che dormiva e si lanciò nella nube <strong>di</strong> fumo levatasi<br />

dal falò. In tutto l'accampamento si alzarono grida d'allarme. La mano<br />

del Signore degli Inganni cercò ancora <strong>di</strong> afferrarlo, stringendosi sul<br />

suo petto, ma <strong>di</strong>veniva sempre più debole con il crescere della <strong>di</strong>stanza.<br />

Risca aveva perso la padronanza <strong>di</strong> sé, ma adesso cercò <strong>di</strong> recuperarla.<br />

Un Troll gli si parò davanti per bloccargli il passaggio, e gli piantò<br />

il pugnale in gola. Agì per istinto, ancora incapace <strong>di</strong> pensare<br />

chiaramente Tutt'intorno a lui, i soldati correvano in ogni <strong>di</strong>rezione,<br />

cercando la causa del trambusto, senza sapere che si trattava <strong>di</strong> lui. Si<br />

impose <strong>di</strong> rallentare il passo, <strong>di</strong> ignorare il battito tumultuoso del<br />

cuore e l'ansia che lo soffocava. Per tutte le ombre! C'era mancato<br />

poco! Ora prese a camminare in fretta ma senza correre, perché un uomo<br />

in corsa avrebbe richiamato l'attenzione. Evocò <strong>di</strong> nuovo la magia,<br />

abbandonata nel momento della fuga, e soltanto allora si accorse <strong>di</strong><br />

averne perso quasi completamente il controllo, <strong>di</strong> essersi lasciato<br />

dominare dalla paura. Si avvolse nella magia e prese a sinistra, verso<br />

le praterie, scegliendo una strada <strong>di</strong>versa da quella dell'andata, una<br />

<strong>di</strong>rezione in cui non avrebbero pensato <strong>di</strong> guardare. Se fosse stato<br />

scoperto e avesse dovuto farsi strada con le armi, l'avrebbero ucciso.<br />

Erano troppi. Troppi per chiunque, druido o non druido. Attraversò<br />

veloce l'accampamento, e l'agitazione dello scontro col Signore degli<br />

Inganni continuava a minacciare <strong>di</strong> soffocarlo. Si impose <strong>di</strong> respirare<br />

normalmente, <strong>di</strong> ignorare il trambusto, le grida, il trepestio delle<br />

squadre che venivano mandate in ogni <strong>di</strong>rezione. Davanti a sé, vide<br />

stendersi il buio delle pianure, la <strong>di</strong>stesa vuota che si allargava al <strong>di</strong><br />

là del chiarore dei falò. Tutto il perimetro era sorvegliato dalle<br />

guar<strong>di</strong>e, ma queste scrutavano nel buio, in attesa <strong>di</strong> un attacco<br />

proveniente da quella <strong>di</strong>rezione. Provò un desiderio quasi irresistibile<br />

<strong>di</strong> guardarsi alle spalle, <strong>di</strong> controllare cosa succedeva, ma l'istinto<br />

gli <strong>di</strong>ceva che così facendo si sarebbe tra<strong>di</strong>to. Forse il Signore degli<br />

Inganni l'avrebbe guardato negli occhi e riconosciuto, nonostante la<br />

magia che lo nascondeva. O avrebbe riconosciuto la sua faccia. Perciò<br />

non si voltò. Proseguì verso i limiti del campo, rallentando per meglio<br />

scegliere il punto da cui uscire. "Tu e tu!" or<strong>di</strong>nò a un paio <strong>di</strong> Gnomi,


passando in mezzo a loro senza rallentare per non farsi vedere in faccia<br />

e parlando nella loro lingua: una lingua che parlava correntemente fin<br />

da bambino. Fece cenno <strong>di</strong> seguirlo. "Venite con me." Non <strong>di</strong>scussero il<br />

suo or<strong>di</strong>ne. I soldati non lo fanno quasi mai. Risca aveva l'aspetto e il<br />

portamento <strong>di</strong> un ufficiale, e i due lo seguirono subito. Si <strong>di</strong>resse<br />

verso l'oscurità come se sapesse cosa stava facendo, come se avesse una<br />

missione da compiere. Li condusse fino a una certa <strong>di</strong>stanza<br />

dall'accampamento, poi li mandò in <strong>di</strong>rezioni opposte e si limitò a<br />

proseguire. Non cercò <strong>di</strong> recuperare le armi e l'equipaggiamento, perché<br />

sarebbe stato troppo pericoloso. Era fortunato a essere vivo e non<br />

voleva sfidare ulteriormente il destino. <strong>Re</strong>spirò a fondo l'aria della<br />

notte per rallentare i battiti del cuore. Bremen conosceva davvero la<br />

natura del loro nemico? si chiese. <strong>Il</strong> vecchio druido si rendeva conto<br />

del potere del Signore degli Inganni? Forse sì, perché era stato nella<br />

tana del mostro e l'aveva spiato. Risca si pentì <strong>di</strong> non essersi<br />

informato meglio, quando ne aveva avuto la possibilità. Se l'avesse<br />

fatto, non avrebbe mai tentato <strong>di</strong> uccidere Brona. Avrebbe capito <strong>di</strong> non<br />

possedere le armi adatte. Ora comprendeva perché Bremen cercasse un<br />

talismano. E perché si fosse affidato alle visioni dei morti per trarne<br />

consiglio. Scrutò il cielo, alla ricerca <strong>di</strong> Messaggeri del Teschio, ma<br />

non ne vide. Tuttavia continuò ad avvolgersi nella magia per restare<br />

invisibile. Entrò nelle pianure <strong>di</strong> Raab e si <strong>di</strong>resse a sudest per<br />

raggiungere l'Anar. Prima che la luce del mattino lo tra<strong>di</strong>sse, contava<br />

<strong>di</strong> essere al sicuro in mezzo agli alberi. Ne era uscito vivo per<br />

affrontare nuove battaglie, e si considerava fortunato <strong>di</strong> poterlo <strong>di</strong>re.<br />

Ma quale genere <strong>di</strong> lotta si poteva condurre contro un nemico come il<br />

Signore degli Inganni? Che cosa doveva <strong>di</strong>re ai Nani per dare loro una<br />

speranza? Le risposte gli sfuggivano. Proseguì nella notte, continuando<br />

a cercarle.<br />

13<br />

Due giorni più tar<strong>di</strong>, l'esercito del Nord era accampato a meno <strong>di</strong> venti<br />

miglia da Storlock. Aveva attraversato le pianure senza incontrare<br />

ostacoli, piegando a est verso l'Anar e mantenendosi lontano dalle<br />

foreste che rischiavano <strong>di</strong> ritardarne il passo. Richiamava alla mente un<br />

enorme, torpido verme che, con pesante lentezza, si portasse sempre più<br />

vicino al rifugio dei Nani. I fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a si stagliavano lontani,<br />

sullo sfondo del cielo crepuscolare: formavano una linea gialla e<br />

lucente che si stendeva per miglia attraverso la pianura. Kinson<br />

Ravenlock riusciva a vederne il chiarore benché si trovasse<br />

relativamente <strong>di</strong>stante, sull'ultima propaggine dei Denti del Drago, al<br />

limitare della Valle d'Argilla. L'esercito aveva impiegato l'intero<br />

pomeriggio ad attraversare il Fiume Raab e si era accampato. All'alba<br />

dell'indomani avrebbe ripreso la marcia verso sud, e al tramonto avrebbe<br />

raggiunto un punto <strong>di</strong>rettamente davanti al villaggio degli Stor. Questo<br />

significava, comprese il cacciatore della Frontiera, che lui e Mareth<br />

dovevano attraversare la pianura quella notte stessa, portandosi davanti<br />

all'esercito, se non volevano finire intrappolati nella parte sbagliata<br />

del territorio. Si era nascosto nell'ombra <strong>di</strong> un crepaccio tra le rocce,<br />

un po' in alto rispetto alla pianura, e rimpiangeva <strong>di</strong> non essere<br />

riuscito ad arrivare laggiù il giorno prima, in modo che non fosse<br />

necessaria una traversata notturna. Sapeva che al calar delle tenebre i


cacciatori alati <strong>di</strong> Brona si sarebbero levati in volo e avrebbero<br />

setacciato il territorio scoperto che stava tra loro e la libertà. Non<br />

era un'idea piacevole. Si guardò alle spalle, verso il punto dove Mareth<br />

si era seduta e dove - dopo aver gettato gli stivali, senza tante<br />

cerimonie, a terra a far compagnia al mantello e alle loro poche scorte<br />

- si massaggiava i pie<strong>di</strong> doloranti per la marcia forzata <strong>di</strong> quel giorno.<br />

Ma sarebbe stato impossibile arrivare prima; Kinson lo sapeva. Per<br />

giungere laggiù, la giovane donna aveva dovuto fare appello a tutte le<br />

proprie forze. Era ancora indebolita dall'esperienza nel Castello dei<br />

Drui<strong>di</strong>; si stancava subito e aveva bisogno <strong>di</strong> riposare spesso. Ma non si<br />

era mai lamentata, neppure quando il cacciatore le aveva annunciato che<br />

avrebbero dovuto rinunciare al sonno finché non fossero giunti a<br />

Storlock. Aveva una grande forza <strong>di</strong> volontà, ammise lui con riluttanza.<br />

Avrebbe voluto capirla un po' meglio. Guardò <strong>di</strong> nuovo le pianure, i<br />

fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, l'oscurità che <strong>di</strong>lagava da est e che scendeva in<br />

strati sempre più fitti sul paesaggio. Allora, era per quella notte.<br />

Rimpianse <strong>di</strong> non conoscere una magia che li nascondesse, ma era come<br />

rimpiangere <strong>di</strong> non saper volare. Non poteva chiedere a Mareth <strong>di</strong> usare<br />

la sua, naturalmente, perché Bremen l'aveva proibito. E lo stesso Bremen<br />

era ancora assente; da lui non c'era da aspettarsi aiuto. "Vieni a<br />

mangiare qualcosa" lo chiamò lei. Si volse e scese dalle rocce. La<br />

giovane donna aveva tolto dallo zaino pane, formaggio e frutta e aveva<br />

versato la birra in due tazze metalliche. Si erano procurati le<br />

provviste da un conta<strong>di</strong>no, nei pressi <strong>di</strong> Varfleet, la sera precedente, e<br />

quelle erano le ultime. Kinson si sedette davanti a lei e cominciò a<br />

mangiare, senza guardarla. Avevano lasciato il vuoto Paranor due giorni<br />

prima, erano nuovamente scesi per il Passo <strong>di</strong> Kennon e si erano <strong>di</strong>retti<br />

a est costeggiando il Fiume Mermidon fino al luogo dov'erano adesso.<br />

Bremen li aveva mandati avanti, aveva or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> continuare senza <strong>di</strong><br />

lui, <strong>di</strong> seguire il fiume fino alle Pianure <strong>di</strong> Raab e infine <strong>di</strong><br />

raggiungere Storlock. Laggiù dovevano cercare notizie <strong>di</strong> un uomo che,<br />

secondo il vecchio druido, si trovava in qualche zona selvaggia della<br />

Terra dell'Est, a nord dell'Anar: un uomo che Kinson non aveva mai<br />

sentito nominare. Dovevano rintracciarlo e, fatto questo, attendere il<br />

suo ritorno. <strong>Il</strong> druido non aveva spiegato cosa intendeva fare nel<br />

frattempo. E neppure cosa voleva dallo sconosciuto. Si era limitato a<br />

dar loro gli or<strong>di</strong>ni - o meglio, li aveva dati a Kinson perché Mareth in<br />

quel momento dormiva - e poi era scomparso in mezzo agli alberi. Secondo<br />

Kinson, era tornato nella rocca dei Drui<strong>di</strong>, e si chiese ancora una volta<br />

perché. Erano fuggiti da Paranor in mezzo a una tempesta <strong>di</strong> suoni e <strong>di</strong><br />

furia, <strong>di</strong> magia che imperversava scatenata e che in parte era quella <strong>di</strong><br />

Mareth e in parte proveniva dalla rocca stessa. Pareva che si fosse<br />

destata una bestia feroce intenzionata a <strong>di</strong>vorarli; a Kinson era parso<br />

<strong>di</strong> sentire il suo fiato sul collo, <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re i suoi artigli raspare sulla<br />

pietra, <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro. Ma erano riusciti a raggiungere la foresta e vi<br />

si erano nascosti, mentre già sorgeva l'alba e la furia della bestia si<br />

spegneva e moriva. Erano rimasti sotto la protezione degli alberi per<br />

tutto il giorno seguente e avevano lasciato che Mareth dormisse. Bremen<br />

si era preso cura <strong>di</strong> lei: dapprima era visibilmente preoccupato ma poi,<br />

quando la giovane donna si era destata abbastanza a lungo da bere una<br />

tazza d'acqua prima <strong>di</strong> riaddormentarsi, si era tranquillizzato. "La sua


magia è troppo forte per lei" aveva spiegato a Kinson, mentre la<br />

vegliavano a turno, nelle ultime ore del mattino, dopo che lei si era<br />

svegliata e addormentata una seconda volta. <strong>Il</strong> sole era alto su <strong>di</strong> loro<br />

e i cupi ricor<strong>di</strong> della notte precedente cominciavano ad affievolirsi.<br />

Paranor era una presenza silenziosa, <strong>di</strong>etro la cortina <strong>di</strong> alberi, ed era<br />

tornata immobile come la morte, s'era svuotata <strong>di</strong> ogni vita. "E' ovvio<br />

che Mareth si era recata dai Drui<strong>di</strong> per trovare il modo <strong>di</strong> capire meglio<br />

il suo talento magico. Suppongo che non sia rimasta con loro abbastanza<br />

a lungo per farlo. Forse si è aggregata a noi nella convinzione che<br />

potessimo aiutarla." Aveva scosso la testa dai capelli grigi. "Hai<br />

visto? Ha evocato la sua magia per proteggermi dai mostri <strong>di</strong> Brona, e ha<br />

perso imme<strong>di</strong>atamente il controllo! Sembra incapace <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care la<br />

quantità <strong>di</strong> magia occorrente. O forse non è affatto questione <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>care, e la spiegazione è che la magia <strong>di</strong> Mareth, una volta evocata,<br />

assume la forma che vuole. Comunque sia, prorompe da lei come un'onda <strong>di</strong><br />

marea! Nella rocca dei Drui<strong>di</strong> ha <strong>di</strong>vorato quei mostri come se fossero<br />

stati moscerini. Era talmente forte da destare la magia protettiva della<br />

rocca, la magia della terra messa in opera dai primi Drui<strong>di</strong>. E' la magia<br />

che ho risvegliato al mio ritorno, per essere certo che <strong>di</strong>fendesse il<br />

castello da un tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione. Non ho potuto salvare i Drui<strong>di</strong><br />

dal Signore degli Inganni, ma ho potuto proteggere Paranor. La magia <strong>di</strong><br />

Mareth è stata così travolgente, nel <strong>di</strong>struggere le creature <strong>di</strong> Brona,<br />

da dare l'impressione che la rocca stessa fosse in pericolo: <strong>di</strong><br />

conseguenza, s'è destata anche la magia della terra." "La magia <strong>di</strong><br />

Mareth è innata, <strong>di</strong>cevi l'altro giorno" aveva osservato Kinson. "Che<br />

origine può avere, per essere così forte?" <strong>Il</strong> vecchio aveva sporto il<br />

labbro, riflettendo. "Un altro druido, forse. Un elfo che ha ancora<br />

nelle vene la magia del passato. Una creatura <strong>di</strong> Faerie, sopravvissuta<br />

al vecchio mondo. Una qualsiasi <strong>di</strong> queste fonti." Aveva inarcato un<br />

sopracciglio, perplesso. "Mi chiedo se lei lo sa." "E io mi chiedo se è<br />

<strong>di</strong>sposta a <strong>di</strong>rcelo, nel caso lo sappia" era stata la replica <strong>di</strong> Kinson.<br />

Fino a quel momento, lei non ne aveva parlato. Quando si era svegliata,<br />

Bremen li aveva ormai lasciati. Era stato Kinson a riferirle che non<br />

doveva usare la magia finché il druido non fosse tornato e non ne avesse<br />

parlato con lei. La giovane donna aveva accettato l'imposizione con poco<br />

più <strong>di</strong> un cenno del capo. Non aveva parlato <strong>di</strong> quanto era successo nella<br />

rocca: pareva essersi completamente <strong>di</strong>menticata dell'accaduto. Terminato<br />

il pasto, il cacciatore della Frontiera sollevò lo sguardo. Lei lo stava<br />

osservando. "A che cosa pensi?" gli chiese. Lui si strinse nelle spalle.<br />

"All'uomo che dobbiamo cercare. Mi chiedevo perché Bremen lo considera<br />

così importante." Lei annuì lentamente. "Cogline." "Sai il suo nome?"<br />

Lei non rispose. Come se non lo avesse u<strong>di</strong>to. "Forse uno dei tuoi amici<br />

<strong>di</strong> Storlock sarà in grado <strong>di</strong> aiutarci." "Non ho amici a Storlock." Lo<br />

sguardo <strong>di</strong> lei <strong>di</strong>venne inespressivo. Per qualche istante, Kinson la<br />

fissò senza capire. "Ma non hai detto a Bremen che tu...?" "Gli ho<br />

mentito." Mareth trasse un profondo respiro e <strong>di</strong>stolse lo sguardo da<br />

lui. "Ho mentito a lui e a tutti i Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor prima <strong>di</strong> lui. Era<br />

il solo modo <strong>di</strong> entrare. Avevo la <strong>di</strong>sperata necessità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con i<br />

Drui<strong>di</strong>, e sapevo che non mi avrebbero accolta se non avessi dato loro<br />

una ragione. Perciò ho detto <strong>di</strong> avere stu<strong>di</strong>ato con gli Stor. Ho dato<br />

loro dei documenti per <strong>di</strong>mostrare ciò che affermavo, ma erano tutti


falsi. Li ho ingannati deliberatamente." Sollevò gli occhi. "Ma adesso<br />

vorrei smetterla con le menzogne e <strong>di</strong>re la verità." L'oscurità era ormai<br />

completa, l'ultima luce del giorno era svanità. Sedevano nel loro<br />

nascon<strong>di</strong>glio ammantati dall'ombra della notte, a malapena in grado <strong>di</strong><br />

vedersi. Poiché più tar<strong>di</strong> avrebbero attraversato la Pianura <strong>di</strong> Raab,<br />

Kinson non aveva acceso il fuoco. Ora rimpianse <strong>di</strong> non averlo fatto,<br />

perché avrebbe voluto vederla in faccia. "Penso" <strong>di</strong>sse lentamente "che<br />

potrebbe essere il momento adatto per la verità. Ma come posso essere<br />

certo che non si tratta <strong>di</strong> un'altra bugia?" Lei sorrise tristemente. "Lo<br />

capirai." Kinson la fissò negli occhi. "Le menzogne riguardavano la tua<br />

magia, vero?" suggerì. "Sei un uomo sensibile, Kinson Ravenlock" rispose<br />

lei. "Mi piace questo tuo lato. Sì, le bugie erano necessarie a causa<br />

della mia magia. Ho un bisogno estremo <strong>di</strong> trovare il modo..."<br />

s'interruppe per cercare la parola giusta "... <strong>di</strong> vivere con me stessa.<br />

Da troppo tempo devo lottare contro il mio potere, e comincio a essere<br />

stanca e <strong>di</strong>sperata. A volte ho pensato <strong>di</strong> uccidermi per quello che mi ha<br />

fatto." Tacque per qualche istante, fissando il buio. "Possiedo la magia<br />

fin dalla nascita. Magia innata, come ho detto a Bremen. Questo era<br />

vero. Non ho mai conosciuto mio padre. Mia madre è morta nel darmi alla<br />

luce. Sono stata allevata da persone che non appartenevano alla mia<br />

famiglia. Se ho parenti, non si sono mai fatti vivi. Quelle persone si<br />

sono prese cura <strong>di</strong> me per motivi che non ho mai capito. Erano gente dura<br />

e taciturna, e non mi hanno mai parlato della mia origine. Penso che mi<br />

abbiano tenuta perché si sentivano obbligati, ma non mi hanno mai<br />

rivelato la natura dell'obbligo. A do<strong>di</strong>ci anni mi hanno mandata via,<br />

cedendomi come appren<strong>di</strong>sta a un vasaio. Dovevo trasportare i materiali,<br />

pulire, osservarlo al lavoro, se volevo, ma soprattutto fare quello che<br />

mi <strong>di</strong>ceva lui. Possedevo la magia, certo, ma anch'essa, come me, era<br />

ancora immatura, era solo una vaga presenza che si manifestava in<br />

occasioni <strong>di</strong> poco conto. "Quando sono <strong>di</strong>ventata donna, anche la magia è<br />

cresciuta dentro <strong>di</strong> me. Un giorno il vasaio ha cercato <strong>di</strong> battermi, e io<br />

mi sono <strong>di</strong>fesa istintivamente, evocando la magia perché mi proteggesse.<br />

Per poco non l'ho ucciso. Allora me ne sono andata e mi sono recata<br />

nella Frontiera per trovare un nuovo posto in cui vivere. Per un certo<br />

periodo sono vissuta a Varfleet." Sorrise. "Può darsi che le nostre<br />

strade si siano incrociate, in quella occasione. O eri già lontano?<br />

Probabilmente eri già via." Si strinse nelle spalle. "Un anno più tar<strong>di</strong>,<br />

sono stata aggre<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> nuovo. Erano parecchi uomini, e penso che<br />

avessero in mente qualcosa <strong>di</strong> più delle semplici percosse. Ho <strong>di</strong> nuovo<br />

fatto ricorso alla magia. Non sono riuscita a controllarla e ne ho<br />

uccisi due. Ho lasciato Varfleet e mi sono <strong>di</strong>retta a est." Sorrise in<br />

modo amaro, ironico. "In tutto questo comincerai a vedere una sorta <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>segno ricorrente, vero? Presto cominciai a pensare <strong>di</strong> non poter vivere<br />

con nessuno perché non potevo fidarmi <strong>di</strong> me. Passavo da una comunità<br />

all'altra, da una fattoria all'altra, guadagnandomi la vita come potevo.<br />

Fu un periodo utile, perché scoprii nuovi lati della mia magia. Non era<br />

soltanto <strong>di</strong>struttiva, era anche in grado <strong>di</strong> curare. Ero un'empatica,<br />

scoprii. Con la mia magia potevo guarire le ferite. Me ne sono accorta<br />

per caso, quando un uomo che mi era amico si ferì in una caduta e corse<br />

il rischio <strong>di</strong> morire. Fu una rivelazione che mi <strong>di</strong>ede speranza. La<br />

magia, impiegata in quel modo, era controllabile. Non capivo perché, ma


sembrava obbe<strong>di</strong>re al mio volere, quando la usavo per guarire e non per<br />

<strong>di</strong>struggere. Forse la collera è intimamente meno controllabile della<br />

simpatia. Non saprei. "In ogni caso, sono davvero andata dagli Stor, a<br />

chiedere che mi permettessero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con loro, per imparare a usare<br />

il mio talento. Ma, non conoscendomi, non mi hanno accettata nel loro<br />

or<strong>di</strong>ne. Sono Gnomi, e nessun membro <strong>di</strong> un'altra razza ha mai avuto il<br />

permesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con loro. Si sono rifiutati <strong>di</strong> fare un'eccezione<br />

per me. Ho cercato per mesi <strong>di</strong> convincerli a prendermi, rimanendo nel<br />

loro villaggio, guardandoli al lavoro, mangiando con loro quando me lo<br />

permettevano, chiedendo solo che mi dessero una probabilità. "Poi un<br />

giorno è giunto un uomo che veniva dalla foresta per fare visita agli<br />

Stor. Ha chiesto loro qualcosa, qualcosa delle loro tra<strong>di</strong>zioni, e quelli<br />

non hanno avuto alcuna esitazione a darglielo.LO ero meravigliatissima.<br />

Dopo mesi in cui li imploravo <strong>di</strong> darmi le briciole, non ero riuscita a<br />

ottenere niente. Ed ecco che arriva quell'uomo, sbucato da chissà dove -<br />

uno del Sud, non uno gnomo - e gli Stor lo accontentano imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Decisi <strong>di</strong> chiedergli perché." Con la punta dello stivale incise un solco<br />

in terra, come per scavarne fuori il passato. "Era un in<strong>di</strong>viduo<br />

dall'aspetto strano, alto e magro, tutto spigoli e ossa, con la faccia<br />

affilata e i capelli arruffati. Pareva perdersi continuamente nei propri<br />

pensieri, come se una normale conversazione fosse la cosa più <strong>di</strong>fficile<br />

del mondo. Ma riuscii a farlo parlare. Lo costrinsi ad ascoltare la mia<br />

storia e nel parlargli <strong>di</strong>venne chiaro che conosceva bene la magia. Così<br />

finii per <strong>di</strong>rgli tutto. Sentivo <strong>di</strong> potermi fidare. Mi <strong>di</strong>sse che gli Stor<br />

non mi avrebbero presa, che era inutile per me rimanere nel villaggio.<br />

Vai a Paranor, dai Drui<strong>di</strong>, mi <strong>di</strong>sse, e io risi. Gli feci notare che<br />

neanche loro mi avrebbero voluta. Ma lui <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> no. Mi spiegò cosa<br />

<strong>di</strong>re loro. Mi aiutò a inventare una storia, e scrisse i documenti che mi<br />

avrebbero fatta accogliere nell'or<strong>di</strong>ne. Affermò <strong>di</strong> conoscere i Drui<strong>di</strong><br />

perché era uno <strong>di</strong> loro, molto tempo ad<strong>di</strong>etro. Però, non avrei dovuto<br />

fare il suo nome. Non godeva delle loro simpatie, mi spiegò. "Allora gli<br />

chiesi il suo nome, e lui me lo <strong>di</strong>sse: Cogline. Aggiunse che i Drui<strong>di</strong><br />

non erano più quelli <strong>di</strong> una volta. Mi <strong>di</strong>sse che con l'eccezione <strong>di</strong><br />

Bremen non viaggiavano più per le Quattro Terre com'era loro abitu<strong>di</strong>ne.<br />

Che avrebbero accettato senza <strong>di</strong>scussioni la mia storia se fossi<br />

riuscita a mostrare le mie capacità <strong>di</strong> guaritrice. Non si sarebbero<br />

presi la briga <strong>di</strong> svolgere ulteriori controlli perché erano fiduciosi in<br />

modo ad<strong>di</strong>rittura eccessivo. Aveva ragione. Feci come mi aveva detto e i<br />

Drui<strong>di</strong> mi presero." Sospirò. "Ora capisci perché ho chiesto a Bremen <strong>di</strong><br />

prendermi con sé? Lo stu<strong>di</strong>o della magia non viene incoraggiato a<br />

Paranor, non in modo significativo. Solo alcuni, come Risca e Tay, la<br />

comprendono realmente. Non mi è stata data la possibilità <strong>di</strong> scoprire<br />

come controllare la mia. Se avessi rivelato la sua presenza, sarei stata<br />

subito espulsa. I Drui<strong>di</strong> hanno paura della magia. Anzi, avevano paura,<br />

perché adesso sono morti." "La tua magia è <strong>di</strong>ventata più potente?"<br />

chiese Kinson quando lei ebbe terminato. "Più incontrollabile? E' stato<br />

così, quando l'hai evocata nella rocca?" "Sì" ammise lei, stringendo le<br />

labbra. Gli occhi le brillarono per le lacrime. "Hai visto. Mi ha<br />

completamente sopraffatta. E' stata come un'onda <strong>di</strong> piena che minacciava<br />

<strong>di</strong> sommergermi. Non potevo respirare!" "E così hai cercato Bremen perché<br />

ti aiutasse a dominarla. Questo perché Bremen è il solo druido che possa


comprendere la tua magia." Lei lo fissò negli occhi. "Non intendo<br />

chiedere scusa per quello che ho fatto." Lui la guardò a lungo, prima <strong>di</strong><br />

rispondere. "Non ho mai pensato, neppure per un momento, che dovessi<br />

farlo. Né ti giu<strong>di</strong>co per la tua scelta. Non ho vissuto la tua vita. Ma<br />

penso che le bugie debbano finire. Quando rivedremo Bremen, racconta<br />

anche a lui quello che hai detto a me. Se ti aspetti il suo aiuto, devi<br />

essere onesta con lui." Lei annuì e, con irritazione, si asciugò le<br />

ciglia. "Avevo già deciso <strong>di</strong> farlo" asserì. Sembrava piccola e<br />

vulnerabile, ma la voce era dura. Non avrebbe fatto altre concessioni,<br />

intuì Kinson. Anche il poco che gli aveva detto, si rese conto, doveva<br />

essere stato un tormento per lei. "<strong>Di</strong> me vi potete fidare" <strong>di</strong>sse<br />

all'improvviso, come se gli avesse letto nella mente. "Ma non della tua<br />

magia" corresse lui. "No, anche della magia. Puoi fidarti: non la userò<br />

fino al ritorno <strong>di</strong> Bremen." Lui la osservò senza parlare per alcuni<br />

istanti, poi annuì. "Abbastanza giusto." Tutt'a un tratto, con una certa<br />

sorpresa, si era accorto che erano molto simili. Entrambi avevano<br />

viaggiato a lungo per lasciarsi alle spalle il passato, e per nessuno<br />

dei due il viaggio era finito. Entrambi si erano legati a Bremen,<br />

avevano intrecciato in<strong>di</strong>ssolubilmente la loro vita alla sua ed entrambi<br />

comprendevano <strong>di</strong> non avere avuto scelta Guardò il cielo e si alzò. "E'<br />

ora <strong>di</strong> metterci in marcia." Si annerirono la faccia e le mani,<br />

fasciarono le armi e gli oggetti metallici perché non tintinnassero,<br />

scesero dal loro nascon<strong>di</strong>glio tra le rocce e cominciarono la traversata<br />

del Raab. L'aria della notte era fresca e profumata perché dalle colline<br />

soffiava una leggera brezza che portava l'odore della salvia e del<br />

cedro. Nel cielo avanzavano delle nubi che nascondevano la luna e le<br />

stelle, visibili solo a tratti e come una vaga luce <strong>di</strong>ffusa. I suoni<br />

arrivavano lontano, in una notte come quella, e Kinson e Mareth<br />

camminavano senza far rumore, con molta attenzione, nell'erba alta,<br />

evitando i tratti coperti <strong>di</strong> ciottoli che avrebbero potuto tra<strong>di</strong>re la<br />

loro presenza. A nord, i fuochi dell'accampamento erano come un alone<br />

color zafferano che si stendeva dai Denti del Drago all'Anar. Ogni pochi<br />

minuti, Kinson si fermava e tendeva l'orecchio, attento ai tipici suoni<br />

della pianura e a quelli che non lo erano. Mareth lo seguiva a un passo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e non parlava. Kinson sentiva la sua presenza senza bisogno<br />

<strong>di</strong> girarsi, era come un'ombra alle sue spalle. Le ore passavano e la<br />

pianura si stendeva <strong>di</strong>nanzi a loro, allungandosi a mano a mano che la<br />

attraversavano, cosicché, per un certo tempo, ebbero l'impressione <strong>di</strong><br />

non aver fatto molta strada. Kinson continuava a tenere d'occhio il<br />

cielo coperto <strong>di</strong> nuvole, attento ai cacciatori alati che volavano nella<br />

notte, ma lo faceva per abitu<strong>di</strong>ne, più che per il timore <strong>di</strong> vedere quei<br />

mostri. Aveva imparato per esperienza che per prima cosa li avrebbe<br />

percepìti, e che in tal caso doveva nascondersi subito, perché se avesse<br />

aspettato <strong>di</strong> riuscire a <strong>di</strong>stinguerli sarebbe stato troppo tar<strong>di</strong>. Ma il<br />

prurito sgradevole, l'ansia raggelante, il presagio <strong>di</strong> una minaccia non<br />

giunsero, così, seguito da Mareth, proseguì la marcia. Fecero una sola<br />

sosta per bere un sorso <strong>di</strong> birra dall'otre, accucciati sui talloni, nel<br />

letto asciutto e sinuoso <strong>di</strong> un torrente coperto <strong>di</strong> arbusti, al buio.<br />

Kinson si scoprì a chiedersi come fosse stata la vita per la giovane,<br />

priva <strong>di</strong> famiglia, isolata a causa della magia, senza casa perché le<br />

circostanze gliel'avevano tolta, ma anche per propria scelta. Dava prova


<strong>di</strong> un notevole coraggio, pensò, a continuare la lotta, mentre sarebbe<br />

stato facile cedere. Nella scelta della sua strada, non era mai scesa a<br />

compromessi con sé o con altri. Si chiese fino a che punto Bremen si<br />

fosse reso conto della situazione, quando l'aveva presa con loro. Si<br />

chiese anche fino a che punto la giovane fosse riuscita a ingannare il<br />

vecchio druido. Meno <strong>di</strong> quanto lei credesse, pensò. Sapeva per<br />

esperienza che Bremen riusciva a leggere nell'anima <strong>di</strong> una persona come<br />

se fosse fatta <strong>di</strong> vetro, e a vederne le parti in movimento. Era una<br />

delle qualità che gli avevano permesso <strong>di</strong> rimanere in vita per tanti<br />

anni. Poco dopo mezzanotte, un Messaggero del Teschio tagliò loro la<br />

strada. Giunse dall'est, da dove loro erano <strong>di</strong>retti, e questo sorprese<br />

il cacciatore, che ne aspettava la venuta dal Nord. Sentì la sua<br />

presenza e si gettò subito a terra, a faccia in giù, in un cespuglio,<br />

portando con sé Mareth. Dall'espressione <strong>di</strong> lei, capì che sapeva<br />

perfettamente cosa stava succedendo. La attirò accanto a sé, nel<br />

nascon<strong>di</strong>glio. "Non alzare la testa" le sussurrò. "Non pensare alla<br />

creatura che vola sopra <strong>di</strong> noi. Sentirebbe la nostra presenza." Si<br />

schiacciarono contro il terreno mentre la creatura si avvicinava, e la<br />

paura salì dentro <strong>di</strong> loro fino a <strong>di</strong>ventare una vampata, rovente come<br />

quella del sole a mezzogiorno. Kinson si costrinse a respirare<br />

normalmente e a pensare al passato, a quando era bambino e andava a<br />

caccia con i fratelli. Cercò <strong>di</strong> rimanere immobile, il corpo fermo, i<br />

muscoli rilassati, gli occhi chiusi. Accanto a lui, Mareth respirava<br />

all'unisono con lui e cercava <strong>di</strong> mantenere una pari immobilità. <strong>Il</strong><br />

Messaggero del Teschio passò sopra <strong>di</strong> loro, volando in cerchio. <strong>Il</strong><br />

cacciatore della Frontiera sapeva in ogni momento quanto era vicino:<br />

questo grazie alla sua esperienza, ai mesi trascorsi a esplorare le<br />

Terre del Nord, quando i cacciatori alati setacciavano in lungo e in<br />

largo, ogni notte, il territorio su cui viaggiava. Bremen gli aveva<br />

insegnato a evitarli e a sopravvivere. Alle sensazioni suscitate dai<br />

mostri era impossibile sfuggire, ma le si poteva dominare. Le<br />

sensazioni, dopotutto, non fanno alcun male. Mareth l'aveva capito.<br />

Nella stretta delle sue braccia, non si mosse e non tremò, non tentò <strong>di</strong><br />

alzarsi o <strong>di</strong> scappare dal nascon<strong>di</strong>glio. Rimase sdraiata come lui, con<br />

pazienza e decisione. Alla fine, il Messaggero volò via, si portò in<br />

un'altra zona delle pianure. Kinson e Mareth tremavano, ma finalmente<br />

tirarono un sospiro <strong>di</strong> sollievo. Era sempre così, pensò il cacciatore,<br />

rimettendosi in pie<strong>di</strong>. O<strong>di</strong>ava quel senso <strong>di</strong> paura, o<strong>di</strong>ava la vergogna<br />

che provava nel doversi nascondere in modo così codardo. Ma era pur<br />

sempre preferibile quella vergogna alla morte. Rivolse a Mareth un<br />

sorriso rassicurante, poi ripresero il cammino nella notte. Arrivarono a<br />

Storlock poco prima dell'alba, bagnati fra<strong>di</strong>ci e infangati a causa <strong>di</strong> un<br />

improvviso acquazzone che li aveva colti a circa un miglio dal<br />

villaggio. Seri in volto e deferenti, alcuni Stor dalla tonaca bianca<br />

vennero ad accoglierli. Furono scambiate poche parole perché non erano<br />

necessarie. Gli Stor, a quanto parve, li riconobbero entrambi e non<br />

fecero domande. Forse si ricordavano delle loro visite passate, pensò il<br />

cacciatore, mentre lo accompagnavano all'asciutto. Mareth era vissuta<br />

con loro e lui li aveva visitati parecchie volte, in compagnia <strong>di</strong><br />

Bremen. Quale che ne fosse la spiegazione, semplificò i loro rapporti.<br />

Anche se <strong>di</strong>staccati e presi dalle loro attività come sempre, gli Stor li


accolsero con generosità e offrirono cibo e riparo. Come se fossero<br />

stati avvisati della loro venuta, <strong>di</strong>edero loro minestra calda, abiti<br />

asciutti e una camera ciascuno nella foresteria del grande e<strong>di</strong>ficio.<br />

Entro un'ora dal loro arrivo, Kinson e Mareth dormivano già. Al loro<br />

risveglio era quasi sera. La pioggia era cessata ed entrambi uscirono a<br />

guardarsi attorno. <strong>Il</strong> villaggio era silenzioso, la foresta sembrava<br />

priva <strong>di</strong> vita. Per la strada videro solo numerosi Stor, silenziosi come<br />

spettri, presi dalle loro incombenze; a malapena alzavano la testa per<br />

guardare i due stranieri. Nessuno si rivolse a loro. Nessuno parlò.<br />

Visitarono alcuni ospedali dove i Guaritori si prendevano cura <strong>di</strong><br />

persone giunte da ogni parte delle Quattro Terre. Nessuno parve badare<br />

alla loro presenza. Nessuno chiese loro <strong>di</strong> allontanarsi. Mentre Mareth<br />

si soffermava a giocare con un paio <strong>di</strong> bambini Gnomi che si erano<br />

ustionati in un incidente <strong>di</strong> cucina, Kinson uscì e si fermò a guardare<br />

la foresta, ormai avvolta dal buio, e pensò ai pericoli cui poteva dar<br />

luogo la presenza dell'esercito del Nord nelle vicinanze. Quella sera, a<br />

cena, riferì a Mareth le sue preoccupazioni. L'esercito doveva ormai<br />

trovarsi assai vicino al villaggio. Se avessero avuto bisogno <strong>di</strong> cibo o<br />

<strong>di</strong> altre scorte, come sempre succedeva, i comandanti avrebbero inviato<br />

una squadra <strong>di</strong> esploratori ad approvvigionarsi, e Storlock avrebbe corso<br />

gravi pericoli. Tutti conoscevano gli Stor e il lavoro da essi svolto, e<br />

tutti rispettavano la loro riservatezza. Ma l'esercito <strong>di</strong> Brona obbe<strong>di</strong>va<br />

a un altro genere <strong>di</strong> condotta, a un'altra scala <strong>di</strong> valori, e non avrebbe<br />

assicurato al villaggio la protezione che normalmente gli veniva<br />

concessa. Che fine avrebbero fatto gli Stor se uno dei Messaggeri fosse<br />

venuto tra loro a caccia <strong>di</strong> prede? I Guaritori non avevano modo <strong>di</strong><br />

proteggersi, non conoscevano le armi. Per la propria salvezza si<br />

affidavano unicamente alla neutralità e al <strong>di</strong>sinteresse per la politica.<br />

Ma questo poteva essere sufficiente per i cacciatori alati? Mentre<br />

riflettevano su quel problema, chiesero notizie <strong>di</strong> Cogline e vennero a<br />

sapere subito dove trovarlo. A quanto pareva, non si trattava affatto <strong>di</strong><br />

un segreto. Cogline aveva regolari contatti con gli Stor: per procurarsi<br />

i rifornimenti preferiva trattare con loro che con le stazioni<br />

commerciali che punteggiavano i margini della foresta dove s'era<br />

ritirato. L'ex druido era andato ad abitare nelle profon<strong>di</strong>tà dell'Anar,<br />

nella valle chiamata Pietra del Focolare situata nella regione poco<br />

frequentata <strong>di</strong> Terrabuia. Neanche Kinson aveva mai sentito quel nome,<br />

benché conoscesse la Terrabuia e la considerasse un luogo da evitare<br />

perché vi abitavano gli Gnomi Ragno: una tribù <strong>di</strong> esseri sparuti, a<br />

malapena umani, così selvaggi e primitivi da comunicare con gli spiriti<br />

e da fare sacrifici agli antichi dei. La Terrabuia era un mondo a sé,<br />

fossilizzato nel tempo, immutato dal giorno delle Gran<strong>di</strong> Guerre e Kinson<br />

aveva fatto una smorfia nel venire a sapere che probabilmente vi si<br />

sarebbero recati. Dopo cena gli Stor ritornarono al lavoro e Kinson<br />

rimase a sedere con la giovane donna su una panca dalla spalliera dura e<br />

scomoda, nel portico della mensa, e stu<strong>di</strong>ò il cielo sempre più scuro.<br />

Con crescente preoccupazione pensava che Bremen non era ancora arrivato.<br />

Forse era ancora a Paranor. Forse era rimasto intrappolato dall'altra<br />

parte delle Pianure <strong>di</strong> Raab, e tra lui e Storlock c'era l'esercito del<br />

Nord. L'incertezza lo metteva in agitazione. Non gli piaceva dover<br />

attendere il vecchio druido, rimanere in ozio in un momento in cui


avrebbe preferito agire. Non che fosse incapace <strong>di</strong> attendere, se<br />

necessario, ma ora non vedeva la ragione <strong>di</strong> quegli indugi. Pensava che<br />

Bremen avrebbe dovuto mandarlo avanti, alla ricerca <strong>di</strong> Cogline, anche se<br />

questo comportava andare nella Terrabuia. Gli pareva che perdessero<br />

tempo. Dalla sala uscì una fila <strong>di</strong> Stor, avvolti nella lunga tunica e<br />

incappucciati, riservati e misteriosi. Scesero i gra<strong>di</strong>ni del portico,<br />

attraversarono la strada ed entrarono in un altro e<strong>di</strong>ficio. Le loro<br />

lunghe forme bianche svanirono lentamente nell'ombra grigia del<br />

crepuscolo, come una fila <strong>di</strong> spettri dopo il tramonto. Kinson pensò con<br />

perplessità alla loro monomania alla loro particolare mescolanza <strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>zione al lavoro e in<strong>di</strong>fferenza a tutto ciò che si estendeva al <strong>di</strong> là<br />

del loro piccolo villaggio. Lanciò un'occhiata a Mareth, cercando <strong>di</strong><br />

immaginarla come una <strong>di</strong> loro, chiedendosi se rimpiangesse ancora <strong>di</strong> non<br />

essere stata ammessa nell'or<strong>di</strong>ne. Che l'isolamento fosse più adatto a<br />

lei, considerando le preoccupazioni che le dava la sua magia, il rischio<br />

<strong>di</strong> una sua esplosione incontrollata? Si sarebbe sentità meno limitata<br />

che a Paranor? <strong>Il</strong> mistero della sua vita lo incuriosiva e lo spingeva a<br />

porsi su <strong>di</strong> lei domande che non si era mai posto per altre persone.<br />

Quella notte dormì male, perseguitato da sogni in cui si vedeva<br />

minacciato da mostri senza faccia, assetati del suo sangue. Quando si<br />

svegliò poco prima dell'alba, si trovò in pie<strong>di</strong> e con la spada in mano<br />

prima ancora <strong>di</strong> capire cosa stava facendo. Dall'esterno giungevano voci<br />

roche e gutturali, il suono metallico delle armi e il clangore delle<br />

armature. Rinunciò a infilarsi gli stivali e, portando con sé solo la<br />

spada, uscì dalla camera da letto e scivolò lungo il corridoio, fino<br />

all'ingresso principale, dove una fila <strong>di</strong> finestre si affacciava sulla<br />

strada. Tenendosi nell'ombra, guardò fuori. Sulla strada c'era una<br />

numerosa squadra <strong>di</strong> razziatori dei Troll e, <strong>di</strong>nanzi a essa, sugli<br />

scalini dell'ospedale <strong>di</strong> fronte, un gruppo <strong>di</strong> Stor. I Troll era armati e<br />

minacciosi; dai loro gesti si capiva che volevano entrare. Gli Stor non<br />

si opponevano in modo aperto, ma non li lasciavano passare. Le voci<br />

incollerite erano dei Troll; gli Stor erano silenziosi e impassibili<br />

davanti alle minacce degli invasori. Kinson non capì cosa volevano, se<br />

cibo, rifornimenti o altro ancora. Ma era chiaro che non intendevano<br />

rinunciare alle loro richieste. Capivano benissimo che non c'era<br />

nessuno, in tutto il villaggio, in grado <strong>di</strong> opporsi. Kinson guardò<br />

rapidamente gli e<strong>di</strong>fici bui, i marciapie<strong>di</strong> in ombra, la foresta e la<br />

strada, e valutò le sue possibilità. Poteva stare dove si trovava e<br />

augurarsi che non succedesse niente. In tal caso avrebbe condannato gli<br />

Stor al destino riservato loro dai Troll, qualunque fosse. Poteva<br />

attaccare i Troll alle spalle e probabilmente ucciderne quattro o cinque<br />

prima che gli altri lo sopraffacessero. Non gli parve un grande<br />

risultato: morto lui - e l'avrebbero <strong>di</strong> certo ucciso - i Troll sarebbero<br />

stati liberi <strong>di</strong> fare agli Stor tutto quello che volevano. Oppure, poteva<br />

provare con una <strong>di</strong>versione, ma non aveva la sicurezza <strong>di</strong> riuscire ad<br />

allontanare tutti i Troll dal villaggio, né che non vi facessero<br />

ritorno. All'improvviso gli venne in mente Mareth. Lei aveva la forza<br />

necessaria per salvare quella gente. La sua magia era abbastanza potente<br />

per ridurre in cenere in un batter d'occhio l'intera squadra <strong>di</strong> Troll.<br />

Tuttavia le era stato proibito <strong>di</strong> usare la magia, e senza <strong>di</strong> essa era<br />

vulnerabile quanto gli Stor. Dall'altra parte della strada, uno dei


Troll aveva cominciato a salire gli scalini che portavano all'ingresso,<br />

e aveva abbassato minacciosamente l'enorme picca. Gli Stor attesero che<br />

salisse, come pecore biancovestite davanti a un lupo. Kinson strinse con<br />

più forza la spada e si avvicinò alla porta, l'aprì lentamente.<br />

Qualunque cosa decidesse <strong>di</strong> fare, doveva farla in fretta. Era pronto a<br />

uscire dall'ombra quando dagli Stor asse<strong>di</strong>ati si levò un grido. Qualcuno<br />

usciva dall'e<strong>di</strong>ficio facendosi strada in mezzo a loro: una figura<br />

zoppicante e semisvestita, che barcollava e batteva le braccia come se<br />

fosse stata colpita da una forma <strong>di</strong> pazzia. Degli stracci le penzolavano<br />

addosso: erano le bende delle sue ferite, che ora si aprivano all'aria,<br />

rosse e purulente. La faccia dell'apparizione era <strong>di</strong>strutta da pustole e<br />

ulcerazioni, il corpo indebolito da una consunzione che aveva lasciato<br />

solo le ossa, sotto la pelle chiazzata <strong>di</strong> macchie bianche. Incespicando,<br />

la figura uscì dal gruppo degli Stor e si portò sugli scalini, gemendo<br />

<strong>di</strong>sperata. I Troll sollevarono le armi, con esitazione, e il primo fece<br />

un passo in<strong>di</strong>etro per la sorpresa. "Peste!" gridò la creatura devastata,<br />

e la parola echeggiò nel silenzio, aspra e terribile. Uno sciame <strong>di</strong><br />

insetti si levò dalla schiena dell'apparizione, ronzando follemente.<br />

"Peste, dappertutto peste! Fuggite! Fuggite!" La creatura barcollò e<br />

finì in ginocchio. Dal corpo le si staccarono lembi <strong>di</strong> carne, dalle<br />

ferite aperte il sangue gocciolò sugli scalini <strong>di</strong> legno e dalle macchie<br />

si levò un filo <strong>di</strong> vapore che salì nell'aria gelida della notte. Kinson<br />

rabbrividì, inorri<strong>di</strong>to. A causa della malattia, cadeva letteralmente a<br />

pezzi! Nemmeno i Troll ressero. Soldati dalla testa ai pie<strong>di</strong>, erano<br />

coraggiosi <strong>di</strong> fronte a qualsiasi nemico visibile, ma temevano<br />

l'invisibile come il più pacifico bottegaio. In<strong>di</strong>etreggiarono in<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, cercando <strong>di</strong> non mostrare paura, ma decisi a non rimanere un<br />

altro momento nelle vicinanze della <strong>di</strong>sgraziata figura che era crollata<br />

sugli scalini <strong>di</strong>nanzi a loro. Con un gesto sprezzante e iroso, il capo<br />

della squadra fece segno <strong>di</strong> lasciare gli Stor e il villaggio, e l'intero<br />

drappello si affrettò ad allontanarsi in <strong>di</strong>rezione del Raab, per poi<br />

sparire nella foresta. Quando se ne furono andati, Kinson uscì alla luce<br />

e abbassò la spada, mentre il cuore gli tornava a battere normalmente.<br />

Guardò gli Stor sugli scalini e li vide riuniti attorno alla strana<br />

apparizione, noncuranti del morbo che la <strong>di</strong>struggeva. Costringendosi a<br />

ignorare la paura, il cacciatore attraversò la strada per dare il suo<br />

aiuto. Quando li raggiunse, trovò Mareth in mezzo a loro. "Ho infranto<br />

la promessa" <strong>di</strong>sse lei, con espressione ansiosa e preoccupata. "Mi<br />

<strong>di</strong>spiace, ma non potevo lasciare che li attaccassero." "Hai usato la<br />

magia!" comprese finalmente il cacciatore, stupito. "Soltanto una<br />

briciola. Soltanto la parte che mi serve per le guarigioni, quella che<br />

utilizzo per empatia. Posso invertirla per far sembrare malato quello<br />

che è sano." "Sembrare?" "Be', sì." S'interruppe. Lui notò la<br />

stanchezza, i cerchi neri attorno agli occhi, le ultime linee <strong>di</strong> dolore<br />

incise agli angoli della bocca. La giovane aveva la fonte ma<strong>di</strong>da <strong>di</strong><br />

sudore, le <strong>di</strong>ta contorte e rigide. "Capisci, Kinson, era necessario." "E<br />

pericoloso" aggiunse lui. Mareth batté le palpebre. Rischiava il<br />

collasso. "Adesso sto bene. Devo solo dormire. Mi aiuti a camminare?"<br />

Lui scosse la testa, sconsolato, la sollevò senza fare parola e la<br />

riportò nella sua stanza. Dopo essersi assicurato che la magia<br />

protettiva della rocca dei Drui<strong>di</strong> fosse ritornata al suo posto e che il


castello non avesse subìto danni, era andato ancora una volta al Perno<br />

dell'Ade per parlare con gli spiriti dei trapassati. Sperava <strong>di</strong><br />

apprendere qualche nuovo particolare sulle visioni ricevute nel corso<br />

dell'ultima visita, che gli venisse rivelato qualcosa <strong>di</strong> più; ma gli<br />

spiriti non gli avevano voluto parlare, non erano voluti apparire, e le<br />

acque del lago si erano levate con una tale furia, alla sua evocazione,<br />

da minacciare <strong>di</strong> sommergerlo, <strong>di</strong> trascinarlo nelle loro profon<strong>di</strong>tà per<br />

punirlo <strong>di</strong> un'intrusione così temeraria. Nel descrivere il modo in cui<br />

era stato trattato, la sua voce <strong>di</strong>venne tagliente. A quanto pareva, gli<br />

era stato dato tutto l'aiuto che poteva ricevere. <strong>Il</strong> suo destino, da<br />

quel momento in poi, <strong>di</strong>pendeva unicamente da lui. Quando gli chiesero <strong>di</strong><br />

Cogline, il vecchio druido evitò <strong>di</strong> rispondere. Avrebbero avuto tempo <strong>di</strong><br />

parlarne. Per il momento dovevano pazientare e lasciare che un povero<br />

vecchio riposasse un po'. Kinson e Mareth non mossero obiezioni. Perché<br />

Bremen riprendesse le forze erano necessari alcuni giorni. Ma<br />

l'indomani, prima che sorgesse il sole, il druido andò a prenderli nei<br />

loro letti e nel profondo silenzio dell'ora che precede l'alba,<br />

lasciarono il villaggio degli Stor ancora addormentati e si avviarono<br />

verso la Terrabuia. <strong>Il</strong> giorno seguente l'esercito del Nord smontò le<br />

tende e proseguì verso sud e l'indomani ricomparve Bremen. Mareth si era<br />

ripresa dagli effetti della magia e pareva <strong>di</strong> nuovo forte e sana, ma il<br />

vecchio druido dava l'impressione <strong>di</strong> aver preso il suo posto. Era stanco<br />

e male in arnese, impolverato e infangato, e chiaramente in collera.<br />

Mangiò, si lavò, indossò abiti puliti e infine raccontò loro cosa<br />

l'aveva trattenuto.<br />

14<br />

Con l'assenza <strong>di</strong> Preia Starle e <strong>di</strong> <strong>Re</strong>tten Kipp e con l'avvicinarsi del<br />

Sarandanon, Tay Trefenwyd si assunse la guida della piccola compagnia<br />

proveniente da Arborlon. Sulle prime Jerle <strong>Shannara</strong> mosse qualche<br />

obiezione, ma si arrese all'osservazione <strong>di</strong> Tay che i suoi talenti <strong>di</strong><br />

druido erano i più adatti ad accorgersi <strong>di</strong> un'eventuale minaccia. Tay<br />

intessé una leggera rete <strong>di</strong> magia, fatta <strong>di</strong> fili sottili come<br />

terminazioni nervose, che l'avrebbe avvertito <strong>di</strong> ciò che gli stava<br />

davanti. Sfruttò la sua padronanza degli elementi per scoprire la<br />

presenza <strong>di</strong> intrusi. Non ne trovò. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui, i compagni si<br />

allargarono a ventaglio, per sorvegliare a destra e a sinistra. La<br />

mattinata si riscaldò, l'umi<strong>di</strong>tà dei due giorni precedenti sparì, gli<br />

alberi <strong>di</strong>nanzi a loro si <strong>di</strong>radarono fino a rendere visibile il<br />

Sarandanon: un'ampia <strong>di</strong>stesa che si estendeva in tutte le <strong>di</strong>rezioni fino<br />

ai monti dell'Ovest, dove si perdeva nella foschia. Tay si concesse <strong>di</strong><br />

pensare ad altro. Per la prima volta dal suo ritorno da Paranor, si<br />

sorprese a riflettere che cosa significasse per lui la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Preia.<br />

Era una strana riflessione, perché in realtà non era mai stata sua, e <strong>di</strong><br />

conseguenza non avrebbe potuto perderla. Nella misura in cui apparteneva<br />

a qualcuno, apparteneva a Jerle. Gli era sempre appartenuta e Tay<br />

l'aveva sempre saputo. Ma ora comprese <strong>di</strong> averla considerata come<br />

qualcosa <strong>di</strong> suo, e <strong>di</strong> averla sempre amata senza nutrire alcuna invi<strong>di</strong>a<br />

per Jerle, accettando come dato <strong>di</strong> fatto il legame tra lei e il suo<br />

migliore amico, accontentandosi <strong>di</strong> conservarla come un ricordo, che<br />

poteva evocare e ammirare ma non possedere realmente. Tay era un druido,<br />

e i Drui<strong>di</strong> non si sposavano: de<strong>di</strong>cavano la vita alla ricerca della


conoscenza e alla <strong>di</strong>ffusione del sapere. Vivevano separati dal resto<br />

dell'umanità e morivano da soli. Ma i loro sentimenti erano uguali a<br />

quelli <strong>di</strong> tutti gli altri, e Tay si rendeva conto <strong>di</strong> aver sempre tratto<br />

un forte sostegno dal suo affetto per Preia. Cos'avrebbe significato per<br />

lui la sua per<strong>di</strong>ta? La domanda bruciava come il fuoco e minacciava <strong>di</strong><br />

consumarlo. Riusciva a malapena a formularla, non certo a trovare la<br />

risposta. E se fosse morta? Era pronto a perderla, ma in altri mo<strong>di</strong>.<br />

Sapeva che un giorno si sarebbe sposata con Jerle. Sapeva che avrebbe<br />

avuto una famiglia e che sarebbe per sempre vissuta lontano da lui. Lo<br />

stesso Tay aveva rinunciato a ogni altra possibilità molto tempo<br />

ad<strong>di</strong>etro, quando era andato a vivere con i Drui<strong>di</strong>. Quello che provava<br />

per lei non poteva trovare espressione nella vita reale, era una<br />

fantasia chiusa nella sua immaginazione, perché nella vita reale<br />

potevano essere soltanto amici. Ma il pensiero che fosse morta, che la<br />

sua vita fosse finita, lo costrinse ad ammettere ciò che non aveva mai<br />

ammesso in precedenza: che aveva sempre nutrito una speranza, per quanto<br />

debole, che in qualche modo potesse accadere l'impossibile e Preia<br />

lasciasse Jerle per unirsi a lui. Questa consapevolezza lo colpì con<br />

tanta forza che per un momento perse la cognizione della situazione in<br />

cui si trovava. Si lasciò sfuggire i fili della magia con cui esplorava<br />

il terreno, trascurò il controllo dei luoghi bui che li aspettavano e<br />

riuscì a pensare soltanto a quell'unica verità. Preia sua... aveva<br />

mantenuto in vita quel sogno, l'aveva accuratamente protetto nel più<br />

segreto angolo della sua mente. Preia sua, perché non riusciva a<br />

smettere <strong>di</strong> desiderarla. Oh, per tutte le ombre! L'istante successivo<br />

riprese la padronanza <strong>di</strong> sé, raccolse <strong>di</strong> nuovo i fili della magia e<br />

proseguì il cammino. Non poteva permettersi quel genere <strong>di</strong> pensieri, e<br />

non osò più pensare a Preia Starle. Gli tornarono alla mente le parole<br />

<strong>di</strong> Bremen, pesanti come un'armatura <strong>di</strong> ferro. Convincere gli Elfi ad<br />

andare in aiuto dei Nani. Trovare la Pietra Nera. La sua vita doveva<br />

essere dominata da quei due compiti. Null'altro aveva importanza. Molte<br />

vite - oltre alla sua e a quella <strong>di</strong> coloro che amava - <strong>di</strong>pendevano dalla<br />

sua perseveranza, <strong>di</strong>ligenza e decisione. Fissò con risolutezza lo<br />

sguardo sulla foschia della valle <strong>di</strong>nanzi a lui e per pura forza <strong>di</strong><br />

volontà si staccò dal passato per pensare all'avvenire. Verso<br />

mezzogiorno entrarono nel Sarandanon, dopo avere incontrato per ben due<br />

volte le tracce dei Cacciatori degli Gnomi senza però scorgere gli<br />

Gnomi. Gli Elfi erano sulle spine, ansiosi <strong>di</strong> trovare i cavalli promessi<br />

e <strong>di</strong> allontanarsi dalla zona. Se fossero stati sorpresi allo scoperto da<br />

forze superiori senza possibilità <strong>di</strong> fuggire, si sarebbero trovati<br />

veramente nei guai. Tay controllò la terra e l'aria alla ricerca <strong>di</strong><br />

Gnomi e scoprì dappertutto le tracce del loro passaggio, ma non la loro<br />

presenza. Gli Gnomi, a quanto pareva, perlustravano quella parte della<br />

vallata alla loro ricerca. Se avevano trovato Preia, dovevano anche aver<br />

capito che non era sola. Un esploratore non poteva che far parte <strong>di</strong> un<br />

grosso gruppo, e doveva essere in perlustrazione. L'avevano scoperta?<br />

Pareva la conclusione inevitabile, dopo il ritrovamento del suo arco<br />

spezzato in mezzo a un mucchio <strong>di</strong> orme del nemico. E da questa<br />

conclusione si passava alla seconda domanda, quella che Tay cercava<br />

<strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> evitare. Jerle conosceva tutti gli avamposti della<br />

valle dove si tenevano i cavalli a <strong>di</strong>sposizione dei Cacciatori degli


Elfi, e si <strong>di</strong>resse verso il più vicino. <strong>Il</strong> territorio, leggermente<br />

ondulato, era lontano dalle zone coltivate e per questo coperto <strong>di</strong> erba<br />

alta. Si tennero sempre nella zona incolta e nelle depressioni fra i<br />

rilievi. Quando furono a meno <strong>di</strong> un miglio dalla loro destinazione, Tay<br />

sentì la presenza dei Cacciatori degli Gnomi e or<strong>di</strong>nò al gruppo <strong>di</strong><br />

fermarsi. In qualche luogo delle vicinanze era stata tesa una trappola.<br />

Gli Gnomi li stavano aspettando. Lasciando gli altri ad aspettare il<br />

loro ritorno, Tay e Jerle proseguirono da soli, piegando prima a sud e<br />

poi a nord, per giungere da una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>versa da quella prevista dal<br />

nemico. La magia <strong>di</strong> Tay li protesse e fornì loro gli occhi con cui<br />

vedere. Quando furono nei pressi del piccolo gruppo <strong>di</strong> costruzioni che<br />

costituiva l'avamposto, Tay ebbe la certezza che la trappola era stata<br />

allestita laggiù. <strong>Il</strong> vento - poco più <strong>di</strong> una brezza leggera - soffiava<br />

verso <strong>di</strong> loro, ed entrambi sentirono l'odore del nemico, una sgradevole<br />

mescolanza, acre e densa, <strong>di</strong> terra e dell'olio con cui si ungevano la<br />

pelle. Non avevano fatto alcun tentativo <strong>di</strong> nasconderlo, e questo<br />

allarmò subito Tay, perché in genere gli Gnomi non erano così sbadati.<br />

Strisciando sul terreno, raggiunsero un punto da cui potevano scorgere<br />

la stalla e il recinto dei cavalli. Non c'era nessuno. <strong>Il</strong> recinto era<br />

vuoto. Nello spiazzo tra gli e<strong>di</strong>fici niente si muoveva. Dalla casa non<br />

giungeva alcun rumore. Eppure c'era qualcuno nascosto lì. Tay ne era<br />

certo. Né lui né Jerle volevano allontanarsi prima <strong>di</strong> aver accertato<br />

cos'era successo: senza avere il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo, tutt'e due temevano<br />

che Preia fosse prigioniera. Perciò procedettero carponi, dentro un<br />

fosso al limitare <strong>di</strong> un campo <strong>di</strong> grano, da cui potevano vedere la<br />

facciata della casa e della stalla. Tay percepì, in entrambi gli<br />

e<strong>di</strong>fici, movimenti inquieti e furtivi. Cacciatori degli Gnomi in<br />

agguato. Cercò <strong>di</strong> cogliere la presenza <strong>di</strong> qualche altra entità più<br />

pericolosa, ma non ne trovò. <strong>Re</strong>spirando lentamente, con calma, seguì<br />

Jerle che avanzava in silenzio. Sentiva il fruscio degli steli <strong>di</strong> grano<br />

agitati dal vento e il profondo silenzio della prateria, e ripensò a ciò<br />

che aveva provato quando erano entrati nel palazzo reale, la notte del<br />

massacro: i presentimenti, la sensazione che qualcosa non andava. Infine<br />

raggiunsero il punto scelto da Jerle, riparato in mezzo al frumento, ma<br />

abbastanza vicino alle case perché si potesse scorgere bene la facciata.<br />

Jerle sollevò cauto la testa e l'abbassò subito, pallido come un cencio.<br />

Tay lo fissò per un momento, lo guardò negli occhi e sollevò a sua volta<br />

con circospezione il capo. <strong>Re</strong>tten Kipp era crocefisso alla porta del<br />

granaio con grossi chio<strong>di</strong> conficcati nelle mani e nei pie<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> sangue<br />

sgorgava dalle ferite rigando il legno. Capelli e abiti pendevano come<br />

da uno spaventapasseri. Poi Kipp mosse leggermente la testa. <strong>Il</strong> vecchio<br />

esploratore, benché in fin <strong>di</strong> vita, non era ancora morto. Tay si lasciò<br />

scivolare a terra e chiuse gli occhi per qualche istante. Provò rabbia e<br />

paura, che cercarono <strong>di</strong> prendere il sopravvento sulla ragione. Allora<br />

capì perché gli Gnomi non si erano preoccupati <strong>di</strong> nascondere la loro<br />

presenza. Con <strong>Re</strong>tten Kipp come esca, sapevano che gli Elfi sarebbero<br />

usciti allo scoperto. A fatica riprese il controllo delle proprie<br />

emozioni e fissò cupo Jerle <strong>Shannara</strong>. L'amico si curvò verso <strong>di</strong> lui. I<br />

suoi occhi azzurri erano geli<strong>di</strong> e fermi. "Hanno anche Preia?" sussurrò.<br />

Tay non ripose. Non si fidava delle proprie emozioni. Invece <strong>di</strong> parlare,<br />

chiuse <strong>di</strong> nuovo gli occhi e inviò nella casa e nella stalla i fili della


sua magia, per cercare la giovane elfa. Era rischioso, ma non c'era<br />

altro modo. Impiegò parecchio tempo, penetrando in profon<strong>di</strong>tà in ogni<br />

e<strong>di</strong>ficio per accertarsene. Alla fine riaprì gli occhi e mormorò: "No".<br />

Jerle annuì, senza lasciar trasparire ciò che provava Strinse le labbra.<br />

Parlò a voce bassissima, quasi impercettibile. "Non possiamo salvare<br />

<strong>Re</strong>tten Kipp... ma non possiamo lasciarlo così." Fissò Tay, che annuì.<br />

Sapeva cosa voleva Jerle. "Capisco" rispose a bassa voce. Sarebbe stato<br />

pericoloso. Forse i Cacciatori degli Gnomi non erano in grado <strong>di</strong><br />

accorgersi della sua magia, ma un Messaggero del Teschio l'avrebbe<br />

notata <strong>di</strong> certo. Quando aveva cercato Preia, non aveva scoperto<br />

cacciatori alati, ma era possibile che si fossero nascosti<br />

intenzionalmente. La trappola poteva essere stata preparata per lui, uno<br />

dei Drui<strong>di</strong> che cercavano, per spingerlo a tra<strong>di</strong>rsi e poi scattare. Se<br />

era presente un Messaggero, facendo quello che gli si chiedeva non<br />

avrebbe avuto scampo. Tuttavia non gli rimaneva molta scelta. Non poteva<br />

lasciare che Kipp morisse in quel modo. Si avvolse nella propria magia<br />

come in un mantello buio e l'aria intorno a lui vibrò e nel petto si<br />

<strong>di</strong>ffuse il calore della passione. Tenne gli occhi aperti, perché questa<br />

volta doveva <strong>di</strong>rigere la magia con precisione. <strong>Il</strong> viso gli si irrigidì<br />

in una maschera <strong>di</strong> morte. Vide Jerle ritrarsi istintivamente da lui,<br />

sconvolto. Riconobbe la sua espressione. Poi sollevò la testa quanto<br />

bastava per scorgere la figura lacera e torturata <strong>di</strong> <strong>Re</strong>tten Kipp, e tese<br />

verso <strong>di</strong> lui un filo <strong>di</strong> magia, sottile come un cavo <strong>di</strong> salvataggio.<br />

Procedette con cautela, saggiando a palmo a palmo l'etere in cui<br />

penetrava, attento a ciò che poteva nascondere. Ma non trovò nulla <strong>di</strong><br />

minaccioso e proseguì. Arrivato al cuore <strong>di</strong> <strong>Re</strong>tten Kipp, sentì il suo<br />

dolore e la sua pena e gli parve che il respiro affannoso<br />

dell'esploratore si sovrapponesse al suo. Allora portò via l'aria che<br />

entrava ancora nei polmoni del moribondo, ormai prossimi a fermarsi, e<br />

attese con pazienza che il suo respiro cessasse. Quando ebbe terminato,<br />

scivolò accanto a Jerle. Aveva la faccia lucida <strong>di</strong> sudore e le lacrime<br />

agli occhi. "Fatto" sussurrò. Jerle gli appoggiò la mano sulla spalla e<br />

gliela strinse piano, per consolarlo. "Era necessario, Tay. Soffriva e<br />

non potevamo lasciarlo là." Tay annuì in silenzio. Sapeva che l'amico<br />

aveva ragione, ma Jerle non avrebbe dovuto vivere con il ricordo della<br />

vita <strong>di</strong> <strong>Re</strong>tten Kipp che pulsava fra le sue <strong>di</strong>ta e poi si spegneva. Si<br />

sentiva freddo e vuoto. Si sentiva ferito e abbandonato. Jerle gli<br />

rivolse un cenno e tornarono in<strong>di</strong>etro, lungo il fosso e attraverso i<br />

campi, lasciandosi alle spalle l'avamposto e i suoi occupanti, i vivi e<br />

i morti.<br />

Impiegarono quasi un'ora a riunirsi ai compagni. Si era ormai a metà<br />

pomeriggio e il sole calava verso le cime appuntite delle Terre <strong>di</strong><br />

Confine. Camminarono in quella <strong>di</strong>rezione, abbagliati dal sole quando<br />

dovevano uscire dall'ombra <strong>di</strong> qualche piccola altura per camminare allo<br />

scoperto. Tay continuò a guidare il gruppo, esplorando con la sua magia<br />

il terreno. Dopo essere tornato dall'avamposto, s'era ripetutamente<br />

guardato alle spalle, alla ricerca <strong>di</strong> inseguitori, ma non ne aveva<br />

trovati. Davanti a loro, però, si scorgevano quasi ovunque tracce <strong>di</strong><br />

Gnomi. Non era in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>re quanto fossero numerosi i gruppi, ma ce<br />

n'era più <strong>di</strong> uno. Si erano chiesti se non convenisse aspettare il buio<br />

prima <strong>di</strong> continuare, ma avevano deciso che sarebbe stato meno pericoloso


muoversi che rimanere fermi. Jerle rimase accanto a Tay per guidarlo<br />

verso un nuovo avamposto che <strong>di</strong>stava poche miglia, augurandosi che non<br />

fosse stato scoperto. Nessuno dei due parlò. Accanto a loro, i compagni<br />

scrutavano i <strong>di</strong>ntorni, alla ricerca <strong>di</strong> nemici. Poi, all'improvviso, Vree<br />

si portò accanto al druido e gli <strong>di</strong>sse, con voce ansiosa: "Laggiù!".<br />

In<strong>di</strong>cò un punto alla loro sinistra. "Cavalli, do<strong>di</strong>ci o tre<strong>di</strong>ci, nascosti<br />

in quella radura!" Tay e Jerle <strong>Shannara</strong> si fermarono e guardarono nella<br />

<strong>di</strong>rezione in<strong>di</strong>cata, ma videro solo alcuni campi coperti <strong>di</strong> germogli <strong>di</strong><br />

grano. <strong>Il</strong> locat guardò prima l'uno e poi l'altro, impaziente. "Non<br />

perdete tempo a guardare! <strong>Di</strong> qui non si possono vedere!" "Allora, come<br />

lo sai?" chiese subito Jerle. "Intuito!" ribatté lui. "Che altro?" <strong>Il</strong><br />

guerriero lo guardò dubbioso. "L'avamposto dove siamo <strong>di</strong>retti è proprio<br />

davanti a noi. Ci sono cavalli anche lì?" Vree gli rispose in tono<br />

brusco per la fretta: "Io so soltanto quello che mi <strong>di</strong>ce il mio intuito!<br />

Ci sono dei cavalli, <strong>di</strong>etro quelle collinette, in una radura!". Per<br />

sottolineare le proprie parole, in<strong>di</strong>cò <strong>di</strong> nuovo la <strong>di</strong>rezione. Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> aggrottò la fronte, irritato dall'insistenza dell'altro. "E se<br />

ti sbagli, locat? Quanto <strong>di</strong>sta, quella radura che nessuno <strong>di</strong> noi può<br />

vedere?" Tay si affrettò ad alzare la mano per prevenire la risposta<br />

incollerita <strong>di</strong> Vree Erreden. Tacque per un istante, valutando le<br />

possibilità, poi osservò ancora una volta i campi. "Sei certo <strong>di</strong> quei<br />

cavalli?" chiese con calma al veggente. L'altro lo guardò come se<br />

volesse incenerirlo. Tay fece una leggera smorfia, poi annuì. "Penso che<br />

dovremmo andare a vedere cosa c'è a sinistra." Nonostante i dubbi <strong>di</strong><br />

Jerle, cambiarono <strong>di</strong>rezione e si avviarono lungo la pianura. La parte<br />

centrale del Sarandanon si estendeva <strong>di</strong>nanzi a loro: i campi coltivati<br />

erano un mosaico <strong>di</strong> terra scura e <strong>di</strong> messi ver<strong>di</strong>. Adesso erano allo<br />

scoperto, chiaramente visibili a chiunque li cercasse. Era inevitabile.<br />

In qualunque <strong>di</strong>rezione viaggiassero, a <strong>di</strong>re la verità, si sarebbero<br />

trovati allo scoperto, ma la cosa non dava molta consolazione a Tay,<br />

perché si allontanavano dall'avamposto e se Vree Erreden si fosse<br />

sbagliato le loro possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza sarebbero <strong>di</strong>minuite<br />

notevolmente. Tay cercò <strong>di</strong> non preoccuparsi. Era per questo che aveva<br />

portato con loro il veggente: per la sua capacità <strong>di</strong> vedere quello che<br />

sfuggiva perfino alla magia dei Drui<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> piccolo uomo non avrebbe<br />

detto nulla se la sua intuizione non fosse stata forte. Conosceva quanto<br />

Tay i rischi della loro situazione. La rete magica <strong>di</strong> Tay si allargò<br />

ancor <strong>di</strong> più alla ricerca dei nemici, e questa volta li trovò.<br />

Arrivavano rapi<strong>di</strong> da nord: una pattuglia <strong>di</strong> Gnomi a cavallo; erano<br />

ancora lontani, ma arrivavano al galoppo. Non poteva vederli, ma le loro<br />

intenzioni erano inequivocabili. Lanciò un grido d'avvertimento a Jerle<br />

e la piccola compagnia si mise a correre. Davanti a loro, i campi<br />

lasciavano il posto a una fila <strong>di</strong> basse colline. La radura doveva<br />

trovarsi <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> esse, pensò Tay. E anche i cavalli, si augurò, perché<br />

erano troppo lontani dall'avamposto per poter sfuggire in altro modo. In<br />

quel momento comparvero altri Gnomi, un altro gruppo uscito dal suo<br />

nascon<strong>di</strong>glio nell'avamposto, che adesso era a malapena visibile <strong>di</strong>etro i<br />

campi. <strong>Il</strong> nuovo gruppo era appiedato, ma si lanciò <strong>di</strong> corsa verso gli<br />

Elfi, per rallentarli fino all'arrivo dei compagni a cavallo. Tay<br />

<strong>di</strong>grignò i denti, mentre correva. Dall'avamposto non c'era da sperare<br />

aiuto. La loro unica speranza era l'intuito <strong>di</strong> Vree. Jerle <strong>Shannara</strong> gli


passò davanti senza sforzo, volando sui solchi. Anche qualche altro elfo<br />

lo superò, più veloce <strong>di</strong> lui. Ansimando e con una morsa al petto, il<br />

druido provò una fitta <strong>di</strong> panico. E se i cavalli visti da Vree fossero<br />

stati un'altra trappola? Se ci fossero stati altri Gnomi, in sella a<br />

quei cavalli, in attesa del loro arrivo? Freneticamente, cercò <strong>di</strong><br />

gettare la sua rete <strong>di</strong> magia al <strong>di</strong> là della collina, per scoprire se la<br />

sua paura era giustificata, ma la sua forza stava scemando: non riuscì<br />

ad arrivare a quella <strong>di</strong>stanza. Dagli Gnomi che li inseguivano si levò un<br />

coro <strong>di</strong> grida rauche e minacciose. Tay le ignorò. Qualche istante più<br />

tar<strong>di</strong> gli si affiancò Vree, che correva senza fatica, in forma fisica<br />

migliore <strong>di</strong> quanto Tay si aspettava. Tay gli gridò qualche parola <strong>di</strong><br />

avvertimento, ma l'altro sembrò non u<strong>di</strong>rlo. Lo superò e proseguì. Adesso<br />

Tay era l'ultimo. Si <strong>di</strong>sse ironicamente: è il prezzo che si paga per la<br />

vita sedentaria. Jerle <strong>Shannara</strong> uscì dal campo e cominciò a salire la<br />

collina. In quell'istante risuonò un nitrito acuto, e da <strong>di</strong>etro l'altura<br />

si sentirono scalpitare numerosi cavalli. Nella limpida aria del<br />

pomeriggio si levò una nuvola <strong>di</strong> polvere. Jerle rallentò, incerto su ciò<br />

che avrebbero trovato, portò la mano alla spada e la estrasse dal<br />

fodero. I suoi Cacciatori corsero a proteggerlo. Le lame metalliche<br />

balenarono al sole: la luce danzò sulle superfici lucide con improvvisi<br />

barbagli. L'istante successivo comparve una fila <strong>di</strong> cavalli che scendeva<br />

verso <strong>di</strong> loro, contro la luce abbagliante del sole, in un'esplosione<br />

improvvisa <strong>di</strong> suoni e colori. Ce n'erano do<strong>di</strong>ci o più, legati insieme, e<br />

galoppavano come un miraggio portato in vita. Li guidava un solo<br />

cavaliere, curvo sul collo del primo animale. Tay Trefenwyd si fermò ai<br />

margini del campo, con il cuore che batteva selvaggiamente e il sangue<br />

che gli rombava nelle orecchie. <strong>Il</strong> cavaliere era Preia Starle. La donna<br />

passò accanto a Jerle senza rallentare e liberò alcuni cavalli<br />

gettandogli le re<strong>di</strong>ni. Proseguì, consegnando gli altri cavalli ai<br />

Cacciatori degli Elfi. Continuò poi in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Tay e fece impennare<br />

il cavallo davanti a lui. "Salta su, Tay Trefenwyd, e scappiamo! Siamo<br />

circondati da Gnomi!" Aveva la faccia e il vestito sporchi <strong>di</strong> sangue.<br />

Tay le vide sul viso graffi e livi<strong>di</strong>. Spinse il cavallo verso <strong>di</strong> lui e<br />

per poco non lo gettò a terra. "Salta su!" gli gridò. Non c'era il tempo<br />

<strong>di</strong> pensare. Gli altri erano già in sella e si stavano allontanando. Tay<br />

infilò il piede nella staffa che Preia gli aveva lasciato libera e montò<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei. "Tieniti a me!" gridò la donna. In un turbine <strong>di</strong> polvere<br />

e con un pesante scalpitio <strong>di</strong> zoccoli, si lanciarono al galoppo <strong>di</strong>etro<br />

gli altri. Fu una corsa folle. Gli Gnomi appiedati si erano sparsi nei<br />

campi <strong>di</strong>nanzi agli Elfi per impe<strong>di</strong>re loro la fuga. Alcuni erano armati<br />

<strong>di</strong> fionde, altri <strong>di</strong> archi. Intanto, visibili per la prima volta,<br />

apparvero a nord i loro compagni a cavallo. Insieme, superavano gli Elfi<br />

nella proporzione <strong>di</strong> quattro a uno. Erano troppi per pensare <strong>di</strong><br />

sconfiggerli in battaglia campale. Jerle <strong>Shannara</strong> prese la guida e si<br />

lanciò dritto contro gli Gnomi appiedati. La ragione era ovvia. Per gli<br />

Elfi, la sola speranza stava nel <strong>di</strong>stanziare gli Gnomi a cavallo, e il<br />

solo modo per farlo era portarsi davanti a loro. Se avessero piegato a<br />

sinistra - come cercavano <strong>di</strong> spingerli a fare gli Gnomi appiedati<br />

sarebbero tornati fra le collinette, dove il terreno li avrebbe<br />

costretti a rallentare consentendo agli Gnomi a cavallo <strong>di</strong><br />

intercettarli. Se si fossero <strong>di</strong>retti a destra, sarebbero finiti in mezzo


agli inseguitori a cavallo. E, naturalmente, era inutile tornare<br />

in<strong>di</strong>etro. <strong>Di</strong> conseguenza, potevano solo andare avanti, spezzare lo<br />

schieramento degli Gnomi appiedati e lanciarsi al galoppo verso ovest,<br />

perché tutti sapevano, gli Gnomi non meno degli Elfi, che lo gnomo<br />

capace <strong>di</strong> correre più <strong>di</strong> un elfo doveva ancora nascere. I Cacciatori <strong>di</strong><br />

Jerle si lanciarono nel campo, allargandosi il più possibile per<br />

confondere i nemici armati <strong>di</strong> arco e così sfuggire alla trappola. Gli<br />

Gnomi correvano in tutte le <strong>di</strong>rezioni, lanciandosi grida d'avvertimento,<br />

cercando <strong>di</strong> catturare la preda. Gli Elfi correvano piegati sulla sella<br />

per offrire un bersaglio minore. Solo Jerle sfidò la sorte, alzandosi<br />

sulle staffe e gridando come un folle agli Gnomi davanti a lui e<br />

mulinando la spada sopra la testa come una falce mortale. Dalla sua<br />

posizione, a sinistra, Tay riusciva a malapena a <strong>di</strong>stinguerlo mentre si<br />

lanciava contro la linea degli Gnomi e il suo grande baio saltava tra i<br />

solchi seminati. Tay comprese le sue intenzioni: voleva attirare su <strong>di</strong><br />

sé il massimo numero <strong>di</strong> nemici per dare ai compagni maggiori possibilità<br />

<strong>di</strong> fuga. Poi Preia gli gridò <strong>di</strong> stare giù, e lanciò il nervoso sauro in<br />

un basso argine, lasciando il campo dove cominciavano le alture. Tay<br />

sentì qualcosa fischiargli accanto alla testa. Si abbassò sulla schiena<br />

sottile <strong>di</strong> Preia, proteggendola come un mantello, stringendola alla<br />

vita. La sentiva muoversi ora da un lato ora dall'altro, e il cavallo<br />

ogni volta cambiava <strong>di</strong>rezione. Per qualche istante gli parve <strong>di</strong> vedere<br />

qualcuno correre verso <strong>di</strong> loro: un confuso movimento <strong>di</strong> gambe e braccia<br />

in mezzo al grano. Qualcosa <strong>di</strong> piccolo e duro gli colpì la spalla,<br />

rendendogli insensibile il braccio. Tay non riuscì più a stare<br />

aggrappato e sarebbe forse caduto se la donna non avesse teso la mano<br />

aiutandolo a tenersi in sella. Arrivarono alla fine del campo,<br />

superarono d'un balzo un canaletto e furono su un ampio tratto erboso.<br />

Adesso erano nella pianura. Tay azzardò un'occhiata alle proprie spalle:<br />

al limitare del campo, alcuni Gnomi, con un ginocchio a terra,<br />

scagliavano come forsennati pietre e frecce. Ma gli Elfi erano fuori<br />

tiro. <strong>Il</strong> druido guardò <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>nanzi a sé. I compagni continuavano a<br />

galoppare al loro fianco; presto si lasciarono alle spalle l'avamposto e<br />

si addentrarono nella prateria. Tay cercò <strong>di</strong> contare i compagni, e in<br />

particolare <strong>di</strong> controllare se Jerle fosse salvo, ma la polvere e la<br />

foschia del tardo pomeriggio lo costrinsero a rinunciare e a<br />

concentrarsi sul compito <strong>di</strong> tenersi in sella. Gli Elfi si raggrupparono<br />

a poca <strong>di</strong>stanza dall'avamposto e misero i cavalli al trotto perché erano<br />

affaticati. Miracolosamente, erano tutti salvi e quasi tutti illesi.<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> aveva appena un graffio. Tay scoprì <strong>di</strong> essere stato<br />

colpito alla spalla da un sasso scagliato con la fionda: ora nel punto<br />

colpito c'era un grosso livido. Riusciva <strong>di</strong> nuovo a muovere il braccio,<br />

ma gli faceva male. Niente <strong>di</strong> rotto, si <strong>di</strong>sse, e non ci pensò più. Gli<br />

Gnomi a cavallo li inseguirono, piegando a occidente nella prateria<br />

quando compresero che la preda era sfuggita alla trappola tesa nel<br />

campo. Ma i loro cavalli erano stanchi e non conoscevano il territorio<br />

come gli Elfi. Prendendo la guida ancora una volta, Jerle scelse il<br />

percorso più vantaggioso. Era la sua terra: dove il terreno si abbassava<br />

all'improvviso, conosceva il passaggio più in alto; sapeva tenersi alla<br />

larga da palu<strong>di</strong> od ostacoli; conosceva i punti in cui guadare i fiumi<br />

larghi e tumultuosi. La fuga proseguì, ma gli Gnomi vennero


progressivamente <strong>di</strong>stanziati e al tramonto non erano più visibili<br />

all'orizzonte. Tuttavia, anche dopo avere messo i cavalli al passo<br />

perché non si ferissero nell'oscurità della notte, proseguirono il<br />

cammino. Non volevano rischiare <strong>di</strong> essere scoperti casualmente da<br />

qualche altro gruppo <strong>di</strong> nemici. Jerle li portò verso nord lungo il letto<br />

<strong>di</strong> un ruscello, per non lasciare tracce della loro deviazione. Quando<br />

l'oscurità li avvolse, fu come ritrovare un caro amico. <strong>Il</strong> calore del<br />

giorno si <strong>di</strong>leguò e l'aria cominciò a rinfrescarsi. Per qualche tempo<br />

cadde una pioggia sottile, che presto finì. Continuarono ad avanzare nel<br />

più completo silenzio, interrotto soltanto dallo scalpiccio dei cavalli<br />

nell'acqua e, quando furono <strong>di</strong> nuovo all'asciutto, dal tonfo soffocato<br />

degli zoccoli sulla terra morbida. Quando si sentì al sicuro, Tay si<br />

accostò all'orecchio <strong>di</strong> Preia e le sussurrò: "Cosa vi è successo?". Lei<br />

si girò a guardarlo. I suoi occhi erano straor<strong>di</strong>nariamente luminosi in<br />

mezzo ai graffi e ai livi<strong>di</strong> che aveva sulla faccia. "Una trappola!"<br />

sibilò a bassa voce, con ira. "Kipp era andato avanti per procurarsi i<br />

cavalli al primo avamposto.LO esploravo la zona per cercare gli Gnomi<br />

da noi scoperti nell'area. Ma ci stavano aspettando.LO sono stata<br />

fortunata, Kipp no." "L'abbiamo trovato, io e Jerle" le riferì, a bassa<br />

voce. Lei annuì, senza rispondere. Avrebbe voluto spiegarle quello che<br />

aveva fatto e perché, ma non ne trovò il coraggio. "Come l'hanno<br />

scoperto?" domandò invece. Lei si strinse nelle spalle. "Non lo<br />

sapevano. Hanno tirato a indovinare. L'esistenza <strong>di</strong> quegli avamposti non<br />

è un segreto. Gli Gnomi sapevano che avremmo cercato la Pietra Nera e si<br />

sono limitati ad aspettarci. Penso che ci aspettino in tutti gli<br />

avamposti." S'interruppe, poi riprese: "Se avessero conosciuto con<br />

esattezza i nostri piani, se avessero saputo come trovarci, avrebbero<br />

preso anche me, e non solo Kipp. Ma io li ho trovati prima che<br />

trovassero me". "Ma hai dovuto lottare, per cavartela. Abbiamo trovato<br />

il tuo arco." Lei scosse la testa. "Temevo che lo trovaste. Non ho<br />

potuto farne a meno." "Abbiamo pensato che..." "L'ho lasciato cadere<br />

quando sono fuggita" lo interruppe Preia, prima che riuscisse a <strong>di</strong>re<br />

quello che avevano pensato. "Poi ho seguito Kipp. Fu allora che ebbe<br />

luogo la lotta. All'avamposto, poco dopo che l'avevano catturato. Ma<br />

erano troppi, e ho dovuto lasciarlo nelle loro mani." Lo <strong>di</strong>sse con<br />

grande amarezza. Riferire quegli avvenimenti le costava molto. "Anche<br />

noi siamo stati costretti a lasciarlo" confessò Tay. Lei non si voltò.<br />

"Vivo?" Tay scosse lentamente la testa. Preia sospirò. "Non sono potuta<br />

tornare ad avvertirvi. C'erano troppi Gnomi fra me e voi. Sono dovuta<br />

correre avanti per assicurarmi i cavalli. Sapevo che senza cavalli non<br />

avremmo avuto scampo. Ho anche pensato che avrei potuto attirarne<br />

qualcuno <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me." Rise nervosamente. "Un'illusione, temo.<br />

Comunque, sono riuscita a rubargli un cavallo sotto il naso la notte<br />

scorsa, mentre dormivano, e sono corsa a sud, fino a un avamposto<br />

esterno alla valle che gli Gnomi non conoscevano, ho preso i cavalli su<br />

cui cavalchiamo ora, li ho portati qui e ho atteso che arrivaste." Tay<br />

la fissò con stupore. "Come sei riuscita a fare tutto in una giornata?"<br />

Lei si strinse nelle spalle. "Non è stato <strong>di</strong>fficile come cre<strong>di</strong>." Per<br />

qualche tempo, nessuno parlò e si udì solo lo scalpitio dei cavalli.<br />

"Meno <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong> quello che hai dovuto fare tu." Preia si girò e gli<br />

rivolse un sorriso triste. "Ti sei comportato bene, Tay." Lui si sforzò


<strong>di</strong> ricambiare il sorriso. "Tu ti sei comportata meglio." "Mi<br />

<strong>di</strong>spiacerebbe perderti" <strong>di</strong>sse lei all'improvviso, e si girò. Tay rimase<br />

in silenzio, incapace <strong>di</strong> trovare una risposta. Cavalcarono per tutta la<br />

notte e si accamparono poco prima dell'alba in una piccola forra fitta<br />

<strong>di</strong> giovani frassini e betulle. Dormirono poche ore, si svegliarono,<br />

mangiarono e proseguirono. Era tornata la pioggia, e con essa una nebbia<br />

che copriva <strong>di</strong> grigio la regione. La nebbia e la pioggia li<br />

nascondevano, perciò continuarono a cavalcare quel giorno e il seguente,<br />

e anche per buona parte della seconda notte, invisibili a coloro che li<br />

cercavano. Tay stava con Preia Starle, e si serviva della magia per<br />

scrutare nella nebbia, preoccupato non tanto <strong>di</strong> essere scoperto dagli<br />

Gnomi, quanto <strong>di</strong> incappare accidentalmente in loro. Per gran parte del<br />

tempo avanzarono a pie<strong>di</strong>, portando i cavalli alla briglia, per<br />

risparmiare le loro forze ed evitare che si azzoppassero nella terra<br />

impregnata <strong>di</strong> pioggia. Tay e Preia non parlarono, concentrati nel fare<br />

la guar<strong>di</strong>a, lui con la magia e lei con gli occhi. Ma si tenevano molto<br />

vicini per proteggersi dalla pioggia, e questo per Tay era sufficiente.<br />

Si concesse <strong>di</strong> immaginare che significassero l'uno per l'altra più <strong>di</strong><br />

quanto non fosse. Non serviva a molto, ma per qualche tempo ebbe<br />

l'impressione <strong>di</strong> aver trovato un proprio posto nel mondo, anche<br />

all'esterno <strong>di</strong> Paranor. Forse, se si fosse sforzato, l'avrebbe trovato<br />

anche senza Preia. Lei non poteva seguirlo, ma forse poteva aiutarlo a<br />

trovare la strada. Tay continuò a tenerla per la vita, riparandola dalla<br />

pioggia, sentendo il calore del corpo <strong>di</strong> lei contro il suo. Ripensò a<br />

come fosse arrivato a ciò che era. Ripensò alle scelte fatte e si chiese<br />

se oggi sarebbero state <strong>di</strong>verse. <strong>Il</strong> terzo giorno dormirono fino<br />

all'alba, in un bosco <strong>di</strong> alti abeti, in una valle ai margini del<br />

Kensrowe. Erano quasi giunti in fondo alla valle, e davanti a loro<br />

c'erano la <strong>di</strong>stesa scura dell'Innisbore e il passo attraverso il Baen<br />

Draw che li avrebbe portati alle Terre <strong>di</strong> Confine. Quel giorno Tay non<br />

aveva trovato tracce <strong>di</strong> Gnomi. Cominciava a pensare che li avessero<br />

<strong>di</strong>stanziati, e che presto sarebbero riusciti a perdersi in mezzo ai<br />

monti. Tay si alzò presto e trovò Jerle <strong>Shannara</strong> già sveglio, ai limiti<br />

del campo, intento a guardare in <strong>di</strong>rezione dell'alba. La giornata si<br />

annunciava cupa e scura come le precedenti, il tempo non era cambiato.<br />

<strong>Il</strong> guerriero si volse nel sentirlo arrivare. "Tay. Troppo breve questa<br />

notte, eh?" Tay si strinse nelle spalle. "Ho dormito abbastanza bene."<br />

"Non come eri abituato, però. Non è come a Paranor, dai Drui<strong>di</strong>, in un<br />

letto, in una stanza asciutta, con cibo caldo ad aspettarti al<br />

risveglio." Tay si avvicinò a lui, ma evitò il suo sguardo. "Non<br />

importa. I Drui<strong>di</strong> sono morti. Paranor è <strong>di</strong>strutta. Quella parte della<br />

mia vita è finita." L'amico lo stu<strong>di</strong>ò con attenzione. "C'è qualcosa che<br />

ti preoccupa. Ti conosco troppo bene per sbagliarmi. In questi ultimi<br />

giorni eri <strong>di</strong>stratto. E' per <strong>Re</strong>tten Kipp? E' per quello che hai dovuto<br />

fare per liberarlo dalle sofferenze?" "No" rispose Tay, senza mentire.<br />

"E' una cosa più complicata." Jerle attese un istante. "Devo indovinare<br />

o preferisci che lasci perdere?" Tay esitò: non sapeva se rispondere o<br />

no. "Riguarda il fatto <strong>di</strong> essere tornato dopo tanto tempo" spiegò alla<br />

fine, scegliendo con cura le parole. "Sono stato lontano dall'Ovest per<br />

quin<strong>di</strong>ci anni. Adesso sono <strong>di</strong> nuovo qui, ma mi sembra che non sia il mio<br />

posto. Non so dove andare e che fare. Se non fosse per questa ricerca,


sarei completamente smarrito." "Forse la ricerca è sufficiente, per ora"<br />

suggerì l'amico, gentilmente. "Forse il resto verrà col tempo." Tay<br />

scosse la testa. "Non credo. Ho l'impressione <strong>di</strong> essere cambiato e <strong>di</strong><br />

non poter più tornare quello <strong>di</strong> un tempo. Gli anni a Paranor mi hanno<br />

cambiato in mo<strong>di</strong> che comincio a capire soltanto ora. Mi sento preso tra<br />

quello che ero e quello che sono. Non mi pare <strong>di</strong> essere né una cosa né<br />

l'altra." "Sei appena ritornato. All'inizio, non puoi pensare che tutto<br />

sia come una volta. E' naturale che ti sembri strano." Tay guardò<br />

l'amico. "Forse dovrei andare <strong>di</strong> nuovo via, una volta che tutto sarà<br />

finito." Jerle <strong>Shannara</strong> si passò la mano tra i capelli bion<strong>di</strong>. Sulla<br />

faccia gli brillavano goccioline <strong>di</strong> nebbia. "Mi <strong>di</strong>spiacerebbe molto, se<br />

succedesse" <strong>di</strong>sse. "Ma ti capirei, Tay. E saremmo sempre amici." Gli<br />

posò una mano sulla spalla e Tay gli sorrise. "Saremo sempre amici"<br />

confermò. Ripresero il viaggio verso ovest, in mezzo alla foschia. Con<br />

il passare delle ore, la pioggia <strong>di</strong>venne più fitta. Quel giorno<br />

percorsero l'ultima parte del Sarandanon, avvolti nella penombra, quasi<br />

invisibili l'uno all'altro. Era come se il mondo da cui venivano e in<br />

cui si recavano fosse scomparso e rimanesse soltanto il piccolo tratto<br />

<strong>di</strong> terra su cui cavalcavano: un tratto che si materializzava davanti a<br />

loro e spariva alle loro spalle e durava i pochi istanti occorrenti per<br />

attraversarlo. Giunsero al Baen Draw, che dal Kensrowe portava alle<br />

Terre <strong>di</strong> Confine, al crepuscolo, quando ormai la luce era sparita.<br />

Laggiù trovarono nuovamente gli Gnomi, che li avevano preceduti. Nella<br />

valle si era inse<strong>di</strong>ato un grosso contingente che bloccava il passaggio.<br />

Non era il gruppo che li aveva attaccati nella valle: questi erano lì da<br />

molto tempo. Preia Starle andò in esplorazione e trovò il loro<br />

accampamento: era ormai vecchio e stabile, riferì. Le sentinelle erano<br />

schierate attraverso l'imboccatura della valle e non c'era modo <strong>di</strong><br />

passare. Gli Elfi potevano aggirare la valle, ma avrebbero allungato il<br />

viaggio <strong>di</strong> tre giorni e non potevano permetterselo. Dovevano trovare il<br />

modo <strong>di</strong> passare. Dopo qualche riflessione, scelsero un piano che si<br />

basava soprattutto sulla sorpresa. Attesero la mezzanotte, poi montarono<br />

a cavallo e si <strong>di</strong>ressero verso il passaggio. Incappucciati e avvolti nel<br />

mantello, nascosti dalla notte e dalla pioggia, erano a malapena<br />

visibili tra loro, non certo per le sentinelle degli Gnomi. Avanzarono<br />

senza fretta, apparentemente calmi, dando l'impressione <strong>di</strong> essere nel<br />

posto giusto. Quando furono abbastanza vicini da essere avvistati dalle<br />

sentinelle, Tay, che a Paranor aveva imparato molte lingue, si rivolse<br />

agli Gnomi nella loro lingua, <strong>di</strong>cendo che erano attesi. Rinforzi, lasciò<br />

capire, e gli Elfi continuarono ad avanzare. Prima che gli Gnomi<br />

riuscissero a prendere una decisione, gli Elfi li sopraffecero, <strong>di</strong>edero<br />

<strong>di</strong> sprone e si lanciarono lungo la gola. Si <strong>di</strong>ressero al galoppo verso<br />

il campo, <strong>di</strong>sperdendo in tutte le <strong>di</strong>rezioni gli Gnomi e i loro fuochi,<br />

gridando come se fossero un centinaio invece che una decina. La sorpresa<br />

fu completa. Gli Gnomi balzarono dai giacigli e si lanciarono<br />

all'inseguimento, ma gli Elfi erano già lontani. A quel punto, però, la<br />

loro fortuna finì. Come precauzione contro quel genere <strong>di</strong> attacco, gli<br />

Gnomi avevano allestito una seconda linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa alla fine della<br />

gola: nell'u<strong>di</strong>re le grida dei compagni, gli Gnomi della seconda linea<br />

attesero gli aggressori. Così quando si avvicinarono alla fine della<br />

valle, gli Elfi vennero bersagliati da un nutrito lancio <strong>di</strong> frecce,


giavellotti e pietre. Non c'era il tempo <strong>di</strong> rallentare, <strong>di</strong> trovare<br />

un'altra strategia, <strong>di</strong> fare qualcosa <strong>di</strong> più che curvarsi al massimo e<br />

sperare <strong>di</strong> passare. Senza paura, Jerle <strong>Shannara</strong> si lanciò <strong>di</strong>ritto contro<br />

il più nutrito gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fensori. Tutte le armi volarono contro <strong>di</strong> lui<br />

per abbatterlo. Ma come sempre, il gigantesco guerriero pareva protetto<br />

da una magia: riuscì a rimanere in sella e il suo cavallo rimase in<br />

pie<strong>di</strong>. Insieme piombarono sugli Gnomi, e Tay Trefenwyd vide i loro corpi<br />

volare via come pezzi <strong>di</strong> legno. Un attimo più tar<strong>di</strong>, Jerle era oltre lo<br />

schieramento nemico. Anche Tay e Preia riuscirono a sfuggire: il loro<br />

robusto cavallo si fece strada in mezzo a un gruppo <strong>di</strong> Gnomi<br />

all'estremità sinistra dal passaggio, poi superò d'un balzo una corda<br />

tesa che doveva farlo inciampare. Le grida dei cacciatori e dei cacciati<br />

si mescolarono ai nitriti dei cavalli. I cavalieri continuarono correre,<br />

simili a forme incorporee che entravano e uscivano dalle tenebre.<br />

<strong>Di</strong>sperato, Tay usò la magia per avvolgere gli Elfi rimanenti in uno<br />

schermo, in modo da nasconderli agli Gnomi. Ma quando si riunirono ad<br />

alcune miglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal passo, sei mancavano. Adesso il loro<br />

numero si riduceva a otto, mentre le centinaia <strong>di</strong> Gnomi presenti nel<br />

Sarandanon si sarebbero <strong>di</strong>rette al Passo per seguirli nelle Terre <strong>di</strong><br />

Confine. E laggiù non avrebbero smesso <strong>di</strong> seguirli finché non li<br />

avessero trovati.<br />

15<br />

Al tramonto del giorno seguente, gli Elfi erano ormai penetrati in<br />

profon<strong>di</strong>tà nelle montagne. Avevano continuato a cavalcare per tutta la<br />

notte, dopo essere sfuggiti agli Gnomi al Passo <strong>di</strong> Baen, e si erano<br />

addentrati nella prima fascia pedemontana delle Catene <strong>di</strong> Confine<br />

fermandosi soltanto quando la luce dell'alba aveva cominciato a<br />

strisciare fuori dall'est e a riversarsi nella grande conca del<br />

Sarandanon. Si erano riposati per alcune ore, si erano rimessi in pie<strong>di</strong>,<br />

avevano mangiato ed erano ripartiti. La pioggia era cessata, ma il cielo<br />

rimaneva rannuvolato e grigio, la nebbia si stendeva sulle valli come<br />

una fitta coperta. Nell'aria gravava una densa umi<strong>di</strong>tà che puzzava <strong>di</strong><br />

terra e legno marcio. Quando salirono <strong>di</strong> quota, le colline <strong>di</strong>vennero<br />

rocciose e brulle, e l'odore sparì. Ora l'aria era gelida e chiara, e la<br />

nebbia si <strong>di</strong>radava progressivamente. Verso mezzogiorno si lasciarono<br />

alle spalle quelle alture e cominciarono a salire. Jerle <strong>Shannara</strong> aveva<br />

già avvertito i compagni che intendeva proseguire finché non facesse<br />

buio perché voleva <strong>di</strong>stanziare i loro inseguitori e, prima <strong>di</strong> fermarsi,<br />

giungere su un terreno dove fosse impossibile trovare le loro tracce.<br />

Nessuno mosse obiezioni. Cavalcarono al buio, in silenzio, mentre la<br />

nebbia si <strong>di</strong>radava e le montagne si facevano più erte. La Catena del<br />

Confine era una parete <strong>di</strong> rocce spezzate, <strong>di</strong> monti che svettavano fino<br />

al cielo per sparire infine tra le nubi, <strong>di</strong> precipizi che strapiombavano<br />

per centinaia <strong>di</strong> braccia, <strong>di</strong> massicci affioramenti e <strong>di</strong> crepacci<br />

irregolari generati dalle pressioni interne della terra all'epoca in cui<br />

il mondo si stava ancora formando. Le montagne si spingevano verso il<br />

cielo come se volessero liberarsi dal mondo, simili a braccia <strong>di</strong> giganti<br />

tese verso l'alto e soli<strong>di</strong>ficate dal tempo. Fin dove l'occhio riusciva a<br />

spingersi, a nord e a sud, era visibile la Catena <strong>di</strong> Confine: una<br />

barriera impenetrabile, una fortezza chiusa a qualunque invasione. Gli<br />

Elfi fissarono in silenzio le montagne. <strong>Di</strong> fronte a una simile


stabilità, provarono l'inquietante sensazione della loro mortalità. Al<br />

tramonto avevano ormai superato la prima catena; guardandosi alle<br />

spalle, non riuscivano più a scorgere le colline che avevano<br />

attraversato e la valle del Sarandanon. Si accamparono in un boschetto<br />

<strong>di</strong> abeti, in una stretta vallata chiusa tra due monti brulli su cui la<br />

neve formava un manto scintillante. Laggiù trovarono erba e acqua per i<br />

cavalli e legna per il fuoco. Non appena si furono sistemati ed ebbero<br />

mangiato, Preia Starle si allontanò per ripercorrere la strada fatta e<br />

controllare se qualcuno li inseguiva. Mentre attendevano il suo ritorno,<br />

Tay parlò con Jerle e Vree Erreden della visione che aveva rivelato la<br />

posizione della Pietra Nera. Ancora una volta, il druido fece l'elenco<br />

dei particolari che gli aveva comunicato Bremen, preoccupandosi <strong>di</strong><br />

descrivere tutto. Jerle <strong>Shannara</strong> lo ascoltò con grande concentrazione,<br />

fissandolo attento. Vree Erreden, invece, pareva un po' <strong>di</strong>stratto; <strong>di</strong><br />

tanto in tanto si guardava attorno, nella notte, come per cercare<br />

qualcosa. "Non sono mai stato in questa parte della Terra dell'Ovest"<br />

osservò infine, quando Tay ebbe finito. "Non conosco la sua geografia.<br />

Se devo indovinare il posto che cerchiamo, prima devo arrivargli più<br />

vicino." "Bell'aiuto" commentò Jerle, ironico. Si era accorto della<br />

<strong>di</strong>strazione con cui il veggente aveva ascoltato le parole <strong>di</strong> Tay e quel<br />

modo <strong>di</strong> comportarsi gli aveva dato fasti<strong>di</strong>o. "Non sai fare <strong>di</strong> meglio?"<br />

Vree Erreden alzò le spalle. Ma Jerle era infervorato. "Forse potresti<br />

fare <strong>di</strong> più se ascoltassi le parole <strong>di</strong> Tay!" <strong>Il</strong> veggente lo guardò<br />

socchiudendo gli occhi, che scintillavano minacciosi. "Lasciami <strong>di</strong>re una<br />

cosa. Quando Tay Trefenwyd è venuto a chiedermi aiuto, ho letto nella<br />

sua mente. E' una cosa che posso fare, <strong>di</strong> tanto in tanto. Ho visto la<br />

visione <strong>di</strong> Bremen, quella che Tay ci ha descritto or ora, e il mio<br />

ricordo è molto chiaro, amico mio. Se non lo fosse, non sarei qui. <strong>Il</strong><br />

posto esiste, ne sono certo, ma non posso trovarlo senza nuovi<br />

elementi!" "Jerle" li interruppe Tay, preoccupato <strong>di</strong> evitare uno<br />

scontro. "Tu hai fatto molti viaggi in questa zona. Hai riconosciuto<br />

qualcosa <strong>di</strong> familiare, nelle mie descrizioni?" L'amico scosse la testa,<br />

<strong>di</strong> malumore. "Perlopiù, i miei viaggi si sono limitati ai passi <strong>di</strong> Halys<br />

e <strong>di</strong> Worl, e al territorio vicino. Formazioni <strong>di</strong> monti, in particolare,<br />

con due cime che assomigliano a <strong>di</strong>ta alzate, ne avrò viste <strong>di</strong>eci o<br />

do<strong>di</strong>ci." "E non sapresti <strong>di</strong>re quale?" "Io cos'ho detto?" ribatté Jerle,<br />

irato. <strong>Il</strong> druido non capiva le ragioni <strong>di</strong> quella irritazione. Continuò:<br />

"Allora, da che parte consiglieresti <strong>di</strong> andare?". Jerle si alzò. "Cosa<br />

vuoi che ne sappia? Chie<strong>di</strong> al nostro amico, il locat, <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti la più<br />

probabile!" "Un momento" intervenne Vree Erreden, alzandosi a sua volta.<br />

Fissò Jerle negli occhi, piccolo e snello, senza lasciarsi intimi<strong>di</strong>re<br />

dall'imponenza dell'altro. "Sei <strong>di</strong>sposto a fare una prova? Potrei<br />

aiutarti a ricordare, se hai visto davvero quelle montagne." Anche il<br />

druido si affrettò ad alzarsi: aveva capito all'istante le intenzioni<br />

del veggente. "Puoi fare con Jerle quello che hai fatto con me?" chiese.<br />

"Puoi recuperare i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Jerle come hai fatto con la visione <strong>di</strong><br />

Bremen?" "Che stai <strong>di</strong>cendo?" scattò Jerle, guardando prima l'uno e poi<br />

l'altro. "Può darsi" rispose il veggente. Poi squadrò Jerle <strong>Shannara</strong>.<br />

"L'ho già detto. A volte sono in grado <strong>di</strong> leggere nel pensiero. L'ho<br />

fatto con Tay e ho visto le visioni <strong>di</strong> Bremen. Posso provare con te, per<br />

vedere se nella tua memoria c'è il ricordo della formazione rocciosa che


cerchiamo." Jerle arrossì. "Va' a provare le tue magie su qualcun<br />

altro!" Fece per allontanarsi, ma Tay lo afferrò per il braccio e lo<br />

costrinse a girarsi verso <strong>di</strong> loro. "Ma non c'è nessun altro, vero,<br />

Jerle? Abbiamo solo te. Hai paura?" <strong>Il</strong> guerriero lo fissò con<br />

un'espressione assai vicina alla collera, ma Tay non in<strong>di</strong>etreggiò,<br />

soprattutto perché non aveva scelta. <strong>Il</strong> cielo si era schiarito e la sua<br />

grande volta era piena <strong>di</strong> stelle, <strong>di</strong> una luminosità accecante. Alla loro<br />

luce, sulla montagna, obbligato a un inatteso litigio col suo migliore<br />

amico, Tay si sentiva stranamente scoperto. Jerle staccò lentamente il<br />

braccio dalla presa <strong>di</strong> Tay. "Io non ho paura <strong>di</strong> niente, e lo sai" <strong>di</strong>sse<br />

a bassa voce. Tay annuì. "Lo so. Adesso, per favore, lascia che Vree<br />

faccia il tentativo." Tornarono a sedere, vicini e in silenzio. Vree<br />

Erreden afferrò Jerle per i polsi e lo fissò negli occhi. Poi chiuse le<br />

palpebre. Tay li guardò preoccupato. Jerle era teso come un gatto che si<br />

prepari a saltare, pronto a scattare al primo accenno <strong>di</strong> pericolo. <strong>Il</strong><br />

locat, invece, era calmo e <strong>di</strong>staccato, soprattutto in quel momento, come<br />

se si fosse calato in qualche profon<strong>di</strong>tà interiore per cercare ciò che<br />

gli serviva. Rimasero fermi in quella posizione per alcuni istanti,<br />

l'uno stretto all'altro, una strana coppia che non rivelava nulla <strong>di</strong><br />

quanto stava succedendo. Poi Vree Erreden si staccò da <strong>Shannara</strong> e<br />

rivolse un cenno a Tay. "L'ho trovato. Almeno, è un inizio. La tua<br />

memoria è molto buona. Le due cime gemelle che formano una V sono<br />

chiamate Le Pinze, almeno da te." "Ora ricordo" <strong>di</strong>sse il guerriero a<br />

bassa voce. "Cinque o sei anni fa, quando cercavo un terzo passaggio<br />

verso le Pianure <strong>di</strong> Hoare. Nei monti a nord del Worl Run, dove la massa<br />

era più impenetrabile. Ma non c'era alcun passo, da quelle parti, e<br />

abbiamo lasciato perdere. Però ricordo quella formazione. Sì, adesso la<br />

ricordo!" Poi il suo entusiasmo parve spegnersi, sostituito nuovamente<br />

dall'irritazione. "Basta, adesso." Scosse la testa, più a beneficio <strong>di</strong><br />

se stesso che degli altri, e si alzò. "Abbiamo il punto <strong>di</strong> partenza che<br />

cercavamo. Spero che tutti siano contenti, adesso. Forse, finalmente,<br />

potrò dormire." Volse loro la schiena e si allontanò. Tay e Vree Erreden<br />

lo guardarono allontanarsi. "<strong>Di</strong> solito non è così" commentò Tay, dopo<br />

qualche tempo. <strong>Il</strong> veggente si alzò. "Ha appena perso sei uomini i quali,<br />

fidandosi <strong>di</strong> lui, sono finiti in un'imboscata che lui avrebbe dovuto<br />

prevedere." Tay lo fissò con stupore, e il locat si strinse nelle<br />

spalle. "E' il pensiero che lo ossessiona in questo momento. Non ha<br />

potuto nasconderlo, anche se avrebbe voluto farlo." "Ma la morte <strong>di</strong><br />

quegli uomini non è colpa sua" protestò Tay. "Non è colpa <strong>di</strong> nessuno."<br />

<strong>Il</strong> veggente gli lanciò un'occhiata. "Jerle <strong>Shannara</strong> non la vede così. Se<br />

tu fossi nei suoi panni, come la vedresti?" Poi si allontanò, lasciando<br />

Tay a riflettere sulla domanda. La compagnia ripartì all'alba, <strong>di</strong>retta a<br />

nord verso il Worl Run. Preia Starle era tornata durante la notte e<br />

aveva riferito che non c'era traccia <strong>di</strong> inseguitori nelle vicinanze. Con<br />

questo, nessuno s'illuse <strong>di</strong> essere al sicuro. Semplicemente, s'erano<br />

guadagnati un po' <strong>di</strong> respiro. Gli Gnomi li stavano ancora cercando, ma<br />

avrebbero avuto <strong>di</strong>fficoltà a trovarli su quelle montagne, dove le tracce<br />

tendevano a scomparire in mezzo alle pietraie e ai passaggi tortuosi.<br />

Con un po' <strong>di</strong> fortuna, non sarebbero stati scoperti finché non avessero<br />

trovato ciò che cercavano. Era un'illusione, pensava Tay, ma era la loro<br />

unica speranza. Cavalcarono verso nord per il resto della giornata senza


scorgere gli inseguitori, procedendo lungo una serie <strong>di</strong> profonde vallate<br />

che serpeggiavano fino al passo del Worl Run. Quella notte si<br />

accamparono su un alto pianoro da cui si scorgevano il passo e le valli<br />

che portavano al Sarandanon, e Jerle riferì che erano ormai vicini alla<br />

formazione a V da lui soprannominata Le Pinze. Quel giorno, il suo umore<br />

era un po' migliorato; era ancora silenzioso e chiuso in se stesso, ma<br />

non dava risposte brusche, forse perché aveva un'idea precisa della loro<br />

destinazione. Arrivò persino a scusarsi con Tay, benché in modo<br />

in<strong>di</strong>retto, commentando, a un certo punto, la facilità con cui,<br />

purtroppo, gli saltava la mosca al naso. Non <strong>di</strong>sse niente a Vree<br />

Erreden, ma Tay non insistette. Preia Starle non pareva affatto turbata<br />

dal cambiamento d'umore <strong>di</strong> Jerle e passò il tempo a parlargli come se<br />

tutto andasse nel migliore dei mo<strong>di</strong>. Evidentemente, si <strong>di</strong>sse Tay,<br />

conosceva i suoi sbalzi d'umore, e si era abituata ad affrontarli. Provò<br />

una fitta <strong>di</strong> gelosia perché tra lui e la donna non c'era mai stato quel<br />

genere <strong>di</strong> intimità. Una volta <strong>di</strong> più, si rese conto <strong>di</strong> essere un<br />

estraneo, venuto da un mondo <strong>di</strong>verso e ancora privo del proprio posto.<br />

Non sapeva perché la cosa lo preoccupasse tanto: forse perché, conclusa<br />

la sua vecchia vita a Paranor, la sua nuova vita pareva incentrarsi<br />

sull'ambiguità del suo rapporto con Jerle e Preia. Non poteva fingere<br />

che il suo rapporto con loro fosse limpido, perché nascondeva a tutt'e<br />

due i suoi sentimenti verso Preia. O forse li avevano capiti benissimo,<br />

e lui si ostinava a fare il gioco dei segreti quando i segreti erano<br />

ormai noti a tutti. Ripartirono all'alba e verso mezzogiorno arrivarono<br />

alle Pinze. Tay le riconobbe subito, basandosi sulla descrizione <strong>di</strong><br />

Bremen. Le cime formavano una netta V sull'orizzonte, e tra l'una e<br />

l'altra si stendeva un ammasso <strong>di</strong> cime più basse, consumate dal tempo e<br />

dalle intemperie e quasi del tutto spoglie, a parte qualche macchia <strong>di</strong><br />

abeti e <strong>di</strong> ontani e qualche pascolo coperto d'erba e fiori selvatici. Al<br />

<strong>di</strong> là della formazione, in mezzo alla spaccatura della V, si scorgeva<br />

una parete che la nebbia rendeva irriconoscibile. Jerle si fermò ai<br />

pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> un passo che portava alle cime gemelle e smontò <strong>di</strong> sella. In<br />

alto, gli uccelli da preda volavano sullo sfondo del cielo turchino,<br />

descrivendo cerchi ampi ed eleganti. La giornata era chiara e luminosa,<br />

le nubi gravide <strong>di</strong> pioggia si erano spostate più a est, in <strong>di</strong>rezione del<br />

Sarandanon. Tay sentiva sulla faccia i raggi del sole, cal<strong>di</strong> e<br />

rassicuranti, mentre guardava il grande ammasso <strong>di</strong> rupi e pietraie<br />

chiedendosi quali segreti nascondesse. "Lasceremo i cavalli qui" <strong>di</strong>sse<br />

Jerle "e proseguiremo a pie<strong>di</strong>." Sorrise nel vedere l'espressione del<br />

druido. "In qualsiasi caso, non potremmo fare ancora molta strada a<br />

cavallo, Tay. Dovremmo lasciarli nel passo, visibili ai nostri<br />

inseguitori. Lasciandoli adesso, invece, possiamo nasconderli in mezzo<br />

agli alberi. Può darsi che dobbiamo fuggire <strong>di</strong> corsa, prima che tutto<br />

sia finito." Preia confermò le parole <strong>di</strong> Jerle e Tay capì che avevano<br />

ragione, anche se provava un certo fasti<strong>di</strong>o a lasciare gli animali che<br />

li avevano portati per tanti giorni. Inoltre, non era stato facile<br />

procurarseli. Ma anche i loro inseguitori, se fossero arrivati fino a<br />

quel punto, sarebbero stati costretti a procedere a pie<strong>di</strong>, si consolò.<br />

Jerle incaricò uno dei Cacciatori, un veterano dai capelli grigi<br />

chiamato Obann, <strong>di</strong> rimanere a guar<strong>di</strong>a dei cavalli. Gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong><br />

nascondere bene gli animali e poi <strong>di</strong> attendere il loro ritorno. Obann


propose <strong>di</strong> raggiungerli dopo aver nascosto gli animali, ma Jerle gli<br />

fece notare che c'era il rischio <strong>di</strong> dover cambiare nascon<strong>di</strong>glio se gli<br />

Gnomi si fossero avvicinati troppo, e che forse Obann avrebbe dovuto<br />

portar loro i cavalli, in caso <strong>di</strong> attacco. Con riluttanza, Obann annuì,<br />

prese le re<strong>di</strong>ni degli animali e si allontanò dal passo. Poi Jerle portò<br />

i rimanenti - ridotti adesso a sette: lui, Tay, Preia, Vree Erreden e<br />

gli ultimi tre Cacciatori degli Elfi - lungo il sentiero tra le rocce<br />

che portava alla spaccatura tra le due Pinze. Si arrampicarono sulle<br />

rocce per il resto della giornata. Mentre si avvicinavano alla loro<br />

destinazione, Tay si chiedeva <strong>di</strong> nuovo come affrontare il compito che lo<br />

attendeva. Benché gli altri partecipassero al recupero della Pietra<br />

Nera, la responsabilità era sua. Inoltre, era il solo a conoscere la<br />

magia, quanto meno la magia che poteva proteggerli, il solo in grado <strong>di</strong><br />

trovare e prendere la Pietra. Ricordava la parte della visione<br />

riguardante il pericolo che circondava la Pietra, i neri tentacoli che<br />

la <strong>di</strong>fendevano dai ladri, l'inconfon<strong>di</strong>bile aura <strong>di</strong> male. Trovare la<br />

Pietra era solo il primo passo: il secondo consisteva<br />

nell'impadronirsene, e non sarebbe stato né facile né privo <strong>di</strong> pericoli.<br />

Se la Pietra era rimasta in<strong>di</strong>sturbata per tanti secoli, doveva essere<br />

protetta molto bene. Vree Erreden e Preia Starle potevano aiutarlo a<br />

trovarla. Jerle e i suoi Cacciatori potevano aiutarlo a prenderla. Ma in<br />

definitiva il compito più gravoso sarebbe spettato a lui. E questo era<br />

giusto, rifletté. Si era preparato a quel tipo <strong>di</strong> impresa per quin<strong>di</strong>ci<br />

anni, per quasi tutta la sua vita <strong>di</strong> adulto. <strong>Il</strong> tempo passato a Paranor<br />

era servito a metterlo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> compierla, sempre che servisse a<br />

qualcosa. Ma non c'era nulla, <strong>di</strong> quanto aveva fatto fino a quel giorno,<br />

che si potesse avvicinare a ciò che gli veniva richiesto ora. Come gli<br />

altri Drui<strong>di</strong>, aveva trascorso il tempo a Paranor immergendosi nello<br />

stu<strong>di</strong>o e de<strong>di</strong>candosi alla ricerca della conoscenza, e l'aver continuato<br />

per tanti anni a sviluppare le sue capacità magiche non cambiava il<br />

fatto che avesse condotto una vita sedentaria. Per quin<strong>di</strong>ci anni era<br />

vissuto in una fortezza raccolta e isolata, senza occuparsi del mondo<br />

circostante, ma adesso la permanenza a Paranor era terminata e la sua<br />

vita sarebbe cambiata. La sua nuova vita cominciava lì, in quelle<br />

montagne, tra le rovine <strong>di</strong> un'epoca lontana, alla ricerca <strong>di</strong> un<br />

talismano che, da quando esisteva l'uomo, nessuno aveva mai visto. Non<br />

poteva fallire. Questo era l'aspetto più importante. L'insuccesso<br />

significava la fine della speranza <strong>di</strong> sconfiggere il Signore degli<br />

Inganni, <strong>di</strong> creare un'arma capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerlo, e probabilmente la<br />

fine della vita <strong>di</strong> Tay Trefenwyd. Non avrebbe avuto un'altra occasione,<br />

non avrebbe avuto la possibilità <strong>di</strong> riprovare. Quell'impresa era il<br />

coronamento dei tanti anni in cui aveva praticato la magia dei Drui<strong>di</strong>:<br />

il suo successo avrebbe giustificato il ruolo della magia e dei Drui<strong>di</strong>.<br />

Era la chiave <strong>di</strong> volta. Da lì nascevano le sue preoccupazioni. La<br />

compagnia era stanca <strong>di</strong> essere inseguita, <strong>di</strong> dover correre e<br />

nascondersi, <strong>di</strong> dover sfuggire alle imboscate, <strong>di</strong> perdere il sonno e<br />

delle lunghe ore <strong>di</strong> viaggio. Da più <strong>di</strong> una settimana non mangiavano<br />

regolarmente perché non erano loro giunti i previsti rifornimenti, ed<br />

erano stati costretti a nutrirsi <strong>di</strong> ciò che riuscivano a cacciare<br />

durante la fuga. Erano amareggiati dalla morte dei compagni e dal timore<br />

- che lentamente si faceva strada sotto l'apparente determinazione - che


la ricerca non avesse esito positivo. Nessuno parlava <strong>di</strong> queste cose, ma<br />

erano perfettamente visibili sulle facce, negli occhi, nel modo <strong>di</strong><br />

muoversi, visibili a chiunque le volesse riconoscere. <strong>Il</strong> tempo<br />

cominciava a mancare, secondo Tay Trefenwyd. Sfuggiva come acqua dalle<br />

mani tenute a coppa, e se non avessero fatto attenzione, tutt'a un<br />

tratto sarebbero rimasti senza. Al tramonto erano ancora nel passo e si<br />

accamparono in una piccola macchia <strong>di</strong> ontani ai pie<strong>di</strong> dei monti. Faceva<br />

freddo, lassù, ma non tanto da dare fasti<strong>di</strong>o. Al tramonto giunsero<br />

all'imboccatura del passo e si accamparono in un rado boschetto <strong>di</strong><br />

ontani. Era freddo, lassù, ma non tanto. La roccia pareva conservare il<br />

calore della giornata, forse perché <strong>di</strong> lì si scendeva in una valle che<br />

si stendeva da est a ovest. Mangiato qualche boccone, ma ancora con una<br />

buona riserva d'acqua, si avvolsero nelle coperte e dormirono senza<br />

essere <strong>di</strong>sturbati. All'alba si rimisero in marcia. <strong>Il</strong> sole illuminò il<br />

loro cammino sollevando lunghi pennacchi <strong>di</strong> nebbia. Preia Starle li<br />

precedeva, esplorando il terreno a qualche centinaio <strong>di</strong> passi dal gruppo<br />

e avvertendoli degli ostacoli e dei sentieri praticabili. Tay scambiò<br />

qualche parola con Jerle, ma nessuno dei due aveva voglia <strong>di</strong> parlare.<br />

Quando uscirono dalla valle e si lasciarono alle spalle le due cime<br />

gemelle, si trovarono bloccati da un massiccio che pareva formato <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> strati <strong>di</strong> roccia frantumati e raccolti dalle mani <strong>di</strong> un gigante.<br />

Ancora più avanti si levava la Catena <strong>di</strong> Confine: le sue cime spezzate,<br />

unite a casaccio dalle stesse mani <strong>di</strong> gigante in base a un criterio<br />

incomprensibile, parevano attendere che qualcuno venisse a rimetterle in<br />

or<strong>di</strong>ne. Preia si riunì al gruppo e lo portò a sinistra, ai pie<strong>di</strong> del<br />

massiccio, per quasi un miglio, fino a un sentiero che saliva in mezzo<br />

alle rocce. A quel punto, Jerle non poteva più fare appello ai ricor<strong>di</strong><br />

delle passate esplorazioni: potevano soltanto andare avanti finché non<br />

avessero trovato qualche altro particolare corrispondente alla visione<br />

<strong>di</strong> Bremen. Si arrampicarono sulle rocce, evitando i crepacci che si<br />

aprivano improvvisi davanti a loro e cadevano a perpen<strong>di</strong>colo nell'ombra,<br />

e tenendosi lontani dal ciglio dei precipizi e dalle salite ripide, dove<br />

chi scivolava era perduto. Jerle aveva avuto ragione, pensò Tay, a<br />

lasciare i cavalli. Sarebbero risultati inutili. In cima al massiccio<br />

trovarono una stretta gola serpeggiante, a malapena <strong>di</strong>stinguibile dal<br />

terreno circostante, che scendeva verso una nuova parete <strong>di</strong> roccia. La<br />

percorsero con cautela, preceduti da Preia che passava agilmente dalle<br />

macchie <strong>di</strong> luce a quelle d'ombra, e un attimo era visibile e l'attimo<br />

successivo spariva. Quando la raggiunsero, era ferma all'uscita della<br />

gola e fissava i monti davanti a lei. Si voltò verso i compagni, e la<br />

sua eccitazione era perfettamente visibile. In<strong>di</strong>cò <strong>di</strong>nanzi a sé, e Tay<br />

scorse i pinnacoli <strong>di</strong> roccia che s'innalzavano ad angoli assur<strong>di</strong>,<br />

circondati alla base da un'ampia <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> rocce sgretolate dal tempo.<br />

Simili a <strong>di</strong>ta strette insieme, serrate a formare un'unica massa. Tay<br />

sorrise stancamente. Era il riferimento cercato, la parete <strong>di</strong> roccia che<br />

nascondeva al suo interno un castello <strong>di</strong>menticato dal tempo <strong>di</strong> Faerie:<br />

il castello che, nella visione <strong>di</strong> Bremen, custo<strong>di</strong>va la Pietra Nera. Era<br />

stato più facile <strong>di</strong> quanto Tay si fosse aspettato: prima le due cime<br />

gemelle, poi le rocce che assomigliavano a <strong>di</strong>ta strette insieme. Vree<br />

Erreden aveva recuperato un ricordo, Preia aveva esplorato il terreno,<br />

ed erano arrivati alla meta con una velocità e un'efficienza che


sfidavano la logica. Se in vari punti lungo il percorso non si fossero<br />

intromessi i Cacciatori degli Gnomi, sarebbero arrivati senza problemi.<br />

Ma a quel punto sorse una grave <strong>di</strong>fficoltà. Per due giorni cercarono<br />

inutilmente un passaggio che permettesse <strong>di</strong> accedere al castello. Nella<br />

massa <strong>di</strong> rocce, macigni e lastre <strong>di</strong> pietra si scorgevano decine <strong>di</strong><br />

aperture, che però non portavano da nessuna parte. Lentamente, con<br />

scrupolo, esplorarono ogni passaggio, per trovare ogni volta una parete<br />

<strong>di</strong> roccia o un crepaccio che impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> proseguire. La ricerca proseguì<br />

il terzo giorno e poi il quarto, ma gli Elfi non trovarono nulla.<br />

L'irritazione crebbe. Aver fatto tanta strada, a un costo così elevato,<br />

e trovarsi bloccati era insopportabile. Avevano la fasti<strong>di</strong>osa<br />

impressione che rimanesse poco tempo, che il pericolo si stesse<br />

avvicinando da est, con gli Gnomi che proseguivano la ricerca; la<br />

speranza perdeva attrattiva e subentrava la delusione. Jerle <strong>Shannara</strong> li<br />

teneva in movimento. Invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare sempre più cupo e chiuso, come<br />

Tay si aspettava, o <strong>di</strong> lasciarsi andare ad accessi <strong>di</strong> collera com'era<br />

successo con Vree Erreden dopo la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sei uomini a Baen, rimaneva<br />

deciso e calmo. Li spingeva avanti senza pietà, naturalmente: perfino<br />

Tay. Insistette perché continuassero la ricerca. Li costrinse a<br />

ritornare sui loro passi, a guardare <strong>di</strong> nuovo in ogni apertura tra le<br />

rocce. Per semplice forza <strong>di</strong> volontà, si rifiutava <strong>di</strong> darsi per vinto.<br />

Era un capo davvero eccezionale, pensò Tay. Vree Erreden non fornì<br />

l'aiuto che Tay si aspettava da lui. Non ebbe visioni, né lampi o<br />

illuminazioni che rivelassero l'accesso al castello. <strong>Il</strong> veggente non<br />

pareva preoccupato da ciò, anzi, era fiducioso. Secondo Tay, doveva<br />

essere abituato al fallimento: doveva avere accettato che il suo talento<br />

non si metteva in moto a comando, ma si manifestava in momenti<br />

impreve<strong>di</strong>bili. Comunque, non se ne stava seduto in attesa<br />

dell'ispirazione. Come tutti gli altri, proseguì la ricerca esplorando<br />

le aperture tra le rocce, frugando in ogni angolo e in ogni crepaccio.<br />

Non fece alcun commento sull'incapacità <strong>di</strong> aiutarli con il suo talento<br />

e, va detto a suo onore, non ne fece neppure Jerle <strong>Shannara</strong>. Fu Preia<br />

Starle a scoprirlo. Anche se l'area era un vasto dedalo, dopo quattro<br />

giorni ne avevano setacciato gran parte e tutti avevano l'impressione<br />

che, se la visione non li aveva messi sulla strada sbagliata, il<br />

castello doveva essere nascosto in qualche modo che non avevano preso in<br />

considerazione. <strong>Il</strong> quinto giorno Preia si alzò prima dell'alba e andò a<br />

guardare le gran<strong>di</strong> rocce frastagliate: un po' per la frustrazione e un<br />

po' perché sentiva il bisogno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>arle in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>versa<br />

dalle precedenti. Si sedette sotto un'alta rupe affacciata verso ovest e<br />

osservò le rocce illuminarsi progressivamente a causa della luce che<br />

giungeva da <strong>di</strong>etro le sue spalle, il grigio della notte trasformarsi<br />

nell'argento e nell'oro del nuovo giorno. Guardò i raggi scendere lungo<br />

il fianco dei monti e delle rupi come una macchia <strong>di</strong> vernice su un<br />

pannello <strong>di</strong> legno, facendo risaltare ogni particolare <strong>di</strong> ogni monte. E a<br />

quel punto vide gli uccelli. Erano gran<strong>di</strong>, spigolosi, bianchi: uccelli<br />

marini, a molte miglia dal più vicino corso d'acqua, e uscivano da una<br />

spaccatura della roccia, parecchie decine <strong>di</strong> braccia al <strong>di</strong> sopra della<br />

sua testa. Gli uccelli comparvero tutti insieme, almeno quin<strong>di</strong>ci o<br />

venti, e si allontanarono verso est, incontro al nuovo giorno. Che cosa<br />

ci facevano, si chiese subito Preia, tanti uccelli <strong>di</strong> mare fra quei


monti brulli? Andò subito a riferirlo agli altri. Descrisse quello che<br />

aveva visto e spiegò che valeva la pena <strong>di</strong> andare a vedere, e<br />

imme<strong>di</strong>atamente Vree Erreden esclamò che sì, sì, era proprio quello che<br />

cercavano! Tutti passarono subito all'azione, e anche se erano stanchi<br />

per le fatiche dei giorni precedenti, e faticavano a muoversi dopo avere<br />

dormito sulla nuda pietra, affamati del cibo che non avevano e stanchi<br />

<strong>di</strong> mangiare quello che avevano, uscirono con grande decisione dal campo<br />

e si avviarono verso la montagna. Impiegarono alcune ore per raggiungere<br />

la spaccatura da cui erano usciti gli uccelli. Non c'era un percorso<br />

<strong>di</strong>retto e il sentiero che furono costretti a seguire si snodava<br />

faticosamente sulla parete <strong>di</strong> roccia, costringendoli a innumerevoli<br />

giravolte oltre che a prestare la massima attenzione a dove mettevano i<br />

pie<strong>di</strong>. Preia, che come sempre guidava la salita, arrivò per prima e<br />

sparì all'interno della montagna. Quando gli altri furono arrivati alla<br />

piccola sporgenza <strong>di</strong> roccia davanti all'apertura, lei era già <strong>di</strong> ritorno<br />

con la notizia che esisteva un passaggio. Entrarono uno alla volta. Poco<br />

dopo le pareti del passaggio cominciarono a stringersi, il calore del<br />

sole lasciò il posto all'ombra e all'umi<strong>di</strong>tà, la luce svanì. Presto<br />

anche la volta cominciò ad abbassarsi e la poca luce rimasta era quella<br />

che penetrava dalle fessure che si aprivano nella roccia ogni pochi<br />

passi. I loro occhi si abituarono al buio e cominciarono a scoprire<br />

piume bianche, rametti e fili d'erba probabilmente trasportati dagli<br />

uccelli che volevano farsi il nido; i ni<strong>di</strong> stessi, naturalmente,<br />

dovevano trovarsi più avanti, dove c'era più luce e aria. Proseguirono.<br />

Dopo qualche tempo, la galleria si abbassò ulteriormente e tutti furono<br />

costretti a chinare la testa. Poi incontrarono una biforcazione. Preia<br />

<strong>di</strong>sse loro <strong>di</strong> aspettare e si <strong>di</strong>resse a destra. Tornò dopo parecchi<br />

minuti e in<strong>di</strong>cò ai compagni l'altro passaggio. Dopo un breve tratto, la<br />

volta si alzò e tutti poterono riprendere a camminare normalmente.<br />

Davanti a loro, apparve la luce: l'uscita era vicina. Dopo una<br />

cinquantina <strong>di</strong> passi si trovarono all'aperto, in riva a un ampio lago.<br />

La sua presenza era così inattesa che tutti si fermarono a guardarsi<br />

attorno. Erano in un ampio cratere, e la superficie del lago era<br />

assolutamente immobile: non si scorgeva la minima onda. In alto, il<br />

cielo era del tutto privo <strong>di</strong> nuvole e la luce del sole riscaldava<br />

l'interno del cratere. Le acque del lago riflettevano in tutti i<br />

particolari le pareti <strong>di</strong> roccia che le circondavano. Tay osservò le<br />

pareti del cratere e scorse i ni<strong>di</strong> degli uccelli, nascosti tra le rocce.<br />

Nessun uccello era visibile. Entro la barriera <strong>di</strong> montagne e sulla<br />

piatta superficie del lago, nulla si muoveva: il silenzio era assoluto e<br />

fragile come vetro. Dopo essersi consultata con Jerle, Preia Starle li<br />

condusse lungo la riva del lago. <strong>Il</strong> terreno era composto <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong><br />

roccia e <strong>di</strong> grosse lastre <strong>di</strong> pietra, e lo scricchiolio dei loro stivali<br />

echeggiava sinistro nel silenzio. Con la sua magia, Tay esplorò il<br />

terreno, alla ricerca <strong>di</strong> pericoli nascosti, ma trovò linee <strong>di</strong> forza<br />

terrestre così forti e antiche da spezzare la sua fragile rete. Chiamò<br />

Jerle e lo avvertì: in quel luogo era attiva una potente magia, antica<br />

come il tempo e altrettanto ra<strong>di</strong>cata. Proteggeva il cratere e il suo<br />

contenuto. Tay non vi trovò una minaccia precisa, ma non riuscì a<br />

trovarne la fonte o a scoprirne lo scopo. Non pensava che costituisse un<br />

pericolo, ma era meglio procedere con cautela. Proseguirono lungo la


sponda del lago, senza scorgere segni <strong>di</strong> vita e senza vedere altro che<br />

rocce e acqua. Né Tay con la sua magia dei Drui<strong>di</strong> né Vree Erreden con il<br />

suo talento <strong>di</strong> veggente riuscirono a scoprire ciò che cercavano. <strong>Il</strong> sole<br />

era salito al <strong>di</strong> sopra dei monti e splendeva a picco su <strong>di</strong> loro,<br />

bruciante in mezzo al cielo turchino. Non potevano alzare gli occhi<br />

senza rimanere abbagliati, ed erano costretti a guardare in terra. Fu<br />

allora, con l'avvicinarsi del mezzogiorno, che Tay notò l'ombra. Si era<br />

allontanato dalla riva ed era salito sulle rocce, per poter osservare la<br />

sponda opposta senza essere abbagliato dal riflesso del sole sull'acqua.<br />

Nel guardarsi attorno alla ricerca del punto d'osservazione più adatto,<br />

notò il modo in cui il sole proiettava l'ombra <strong>di</strong> una sporgenza<br />

rocciosa, attraverso tutto il lago, fino alla parete <strong>di</strong> fronte, a<br />

parecchie centinaia <strong>di</strong> passi da lui. L'ombra copriva tutta una striscia<br />

verticale <strong>di</strong> parete fino a una stretta apertura e lì si fermava.<br />

Qualcosa, al <strong>di</strong> sopra dell'apertura, attirò lo sguardo <strong>di</strong> Tay, che inviò<br />

la sua magia. Ciò che trovò, scolpita nella roccia, era un'iscrizione.<br />

Si affrettò a raggiungere Preia, e tutta la compagnia si <strong>di</strong>resse verso<br />

quel punto. Qualche minuto più tar<strong>di</strong>, tutti guardavano in silenzio le<br />

parole incise in alto nella roccia. La scritta era antichissima,<br />

indecifrabile. I caratteri erano quelli degli Elfi, ma le parole erano<br />

sconosciute. La scritta, poi, era talmente consumata da risultare quasi<br />

illeggibile. In quel momento si fece avanti Vree Erreden, con la faccia<br />

ispirata, chiese a Tay e Jerle <strong>di</strong> sollevarlo sulle loro spalle e prese a<br />

passare le <strong>di</strong>ta sulle parole. Per qualche istante chiuse gli occhi, ma<br />

continuò a passare adagio le mani sull'iscrizione. Infine si fece<br />

mettere a terra e come in trance, con lo sguardo fisso, prese un sasso<br />

appuntito e scrisse alcune parole su una pietra liscia. Tay si chinò a<br />

leggere.<br />

QUESTA E' LA FAUCE MAGNA. NOI VIVIAMO ANCORA. NON TOCCATE NULLA. NON<br />

RUBATE NULLA. LE NOSTRE RADICI SONO PROFONDE E ROBUSTE. ATTENTI!<br />

"Che significa?" chiese Jerle. Tay scosse la testa. "Che quanto<br />

troveremo oltre quest'apertura è protetto dalla magia. Che qualsiasi<br />

<strong>di</strong>sturbo provocherà spiacevoli conseguenze." "<strong>Di</strong>ce che sono ancora vivi"<br />

intervenne Vree Erreden, incredulo. "Ma è impossibile. Guardate la<br />

scritta! Risale all'epoca <strong>di</strong> Faerie!" Continuarono a fissare la scritta<br />

e l'apertura e a scambiarsi occhiate. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro, Preia e i<br />

Cacciatori aspettavano or<strong>di</strong>ni. Nessuno parlava. Sembrava che il tempo<br />

fosse svanito, che il passato e il presente si fossero uniti<br />

trascendendo la durata della vita umana e l'oblio della storia. Avevano<br />

l'impressione <strong>di</strong> trovarsi sul ciglio <strong>di</strong> un <strong>di</strong>rupo e che bastasse un<br />

passo falso per precipitare incontro a morte sicura. La presenza <strong>di</strong> una<br />

grande magia era così forte da far fremere Tay. Una magia antica,<br />

potente, inflessibile, risvegliatasi nel momento del bisogno: e adesso<br />

premeva contro tutti i suoi sensi minacciando <strong>di</strong> travolgerlo. "Non siamo<br />

venuti qui per tirarci in<strong>di</strong>etro all'ultimo momento" osservò con calma<br />

Jerle <strong>Shannara</strong>, fissandolo. "Per nessun motivo." Tay annuì. Anche lui<br />

intendeva proseguire. Guardò Vree Erreden, Preia Starle, i Cacciatori<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei e infine Jerle. Gli rivolse un sorriso tirato. Poi respirò<br />

a fondo ed entrò nell'apertura buia.<br />

16<br />

Dopo alcuni passi, l'apertura si allargò fino a <strong>di</strong>venire un corridoio,


alto più <strong>di</strong> un uomo e largo a sufficienza perché vi si potesse camminare<br />

affiancati. Da questo si passava a una rampa <strong>di</strong> scale che scendeva verso<br />

un buio talmente fitto che neppure Tay riuscì a vedere dove portasse.<br />

Scesi i primi scalini, Tay si mosse a tastoni e sentì sotto le <strong>di</strong>ta,<br />

sulla parete, una piastra <strong>di</strong> metallo. Quando la toccò, la piastra<br />

s'illuminò <strong>di</strong> una pallida luce fredda e giallastra. <strong>Il</strong> druido fissò con<br />

sorpresa la piastra: era una magia che non aveva mai incontrato. La luce<br />

rivelò un'altra piastra, a qualche scalino <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, proprio ai<br />

margini della zona illuminata. Tay la raggiunse, vi posò la mano e<br />

anch'essa s'illuminò. Stupefacente, pensò. U<strong>di</strong>va alle proprie spalle i<br />

passi dei compagni e si chiese cosa pensassero. Ma nessuno parlò, e non<br />

si girò verso <strong>di</strong> loro. Continuò a toccare le piastre metalliche, una<br />

dopo l'altra, illuminando la scala. Continuarono a scendere per parecchi<br />

minuti. Tay perse il senso del tempo perché de<strong>di</strong>cava tutta la sua<br />

attenzione a scrutare gli scalini, me<strong>di</strong>ante la magia dei Drui<strong>di</strong>, alla<br />

ricerca <strong>di</strong> trabocchetti. La presenza <strong>di</strong> quelle piastre metalliche<br />

luminose rivelava una complessità che Tay non si sarebbe aspettato. La<br />

magia <strong>di</strong> Faerie non era ben conosciuta perché era stata <strong>di</strong>menticata col<br />

passare del tempo, ma Tay aveva sempre pensato che si basasse sulle<br />

forze degli elementi naturali, e non sulla scienza e la tecnologia. E<br />

invece quelle piastre parevano suggerire che non era così, e questo lo<br />

preoccupava. Non dare niente per scontato, in questo luogo, si <strong>di</strong>sse.<br />

Con la magia continuò a esplorare le correnti d'aria, le fessure tra le<br />

pietre, le particelle <strong>di</strong> polvere mosse dal loro passaggio e determinò<br />

con precisione i segreti del mondo in cui erano entrati. Non scoprì<br />

alcuna traccia <strong>di</strong> vita umana, anche se l'iscrizione al <strong>di</strong> sopra<br />

dell'ingresso faceva pensare che ce ne fosse. Non scorse tracce del<br />

passaggio <strong>di</strong> altre persone: almeno, non tracce recenti. Da secoli, forse<br />

da millenni, nessuno era entrato in quei corridoi. Tuttavia, nonostante<br />

questo, ebbe la netta impressione <strong>di</strong> essere sorvegliato e valutato, come<br />

se qualche entità paziente e inesorabile fosse in attesa del suo arrivo.<br />

La scala terminava davanti a una massiccia porta <strong>di</strong> ferro. Non si<br />

scorgevano catene o chiavistelli e non era custo<strong>di</strong>ta dalla magia. Sul<br />

suo architrave arrugginito si leggevano le parole FAUCE MAGNA, scolpite<br />

nella pietra: solo quelle due parole, non l'intera scritta che avevano<br />

letto sopra l'imboccatura del passaggio. I compagni si affollarono<br />

attorno a lui. Inginocchiata a terra, Preia Starle esaminò il pavimento<br />

davanti alla porta, poi si alzò e scosse la testa. Da molto tempo<br />

nessuno era passato per quella porta. Tay tastò la porta e la parete<br />

attorno a essa, ma non trovò nulla. Fece un passo avanti, afferrò la<br />

pesante maniglia <strong>di</strong> ferro e provò ad abbassarla. La maniglia ruotò senza<br />

<strong>di</strong>fficoltà, la serratura scattò e la porta si aprì verso l'interno,<br />

perfettamente bilanciata. Dall'apertura filtrò una luce lattiginosa che<br />

vibrava in modo irreale, come se passasse attraverso un vetro bagnato<br />

dalla pioggia. Davanti a loro c'era un'imponente fortezza. I blocchi <strong>di</strong><br />

pietra erano così antichi che gli angoli erano smussati e la superficie<br />

lucida e consumata, coperta <strong>di</strong> crepe e <strong>di</strong> ragnatele. Era una costruzione<br />

meravigliosa, con mura e torri, parapetti sporgenti e archi rampanti,<br />

ponti sottili e scale a chiocciola che facevano pensare a un arazzo<br />

intessuto al telaio. <strong>Il</strong> castello s'innalzava a per<strong>di</strong>ta d'occhio, le sue<br />

parti più alte risultavano invisibili. Era circondato da montagne: i


pochi tratti <strong>di</strong> cielo che si riuscivano a scorgere erano coperti <strong>di</strong><br />

foschia. Sui monti cresceva una ricca vegetazione, con rami e liane<br />

sporgenti che parevano protendersi verso il castello: formavano una<br />

sorta <strong>di</strong> baldacchino <strong>di</strong> foglie, che filtrava la luce e le dava le<br />

caratteristiche liquide che avevano notato. Tay attraversò la porta e si<br />

trovò in un ampio cortile che si allargava ai lati e verso il corpo<br />

centrale del castello. Solo allora comprese <strong>di</strong> avere alle spalle il muro<br />

<strong>di</strong> cinta del castello, che ormai erano a ridosso delle pareti <strong>di</strong> roccia<br />

dei monti. Guardò le mura, stupito, e comprese che col passare del tempo<br />

le montagne si erano spostate, stringendosi attorno all'antica fortezza<br />

finché le sue pietre non avevano cominciato a cedere e a fessurarsi.<br />

Palmo a palmo, le montagne si riappropriavano del territorio su cui era<br />

stata costruita la fortezza, e un giorno sarebbero riuscite a<br />

schiacciarla definitivamente. Avanzarono tutti nel cortile, guardandosi<br />

attorno con circospezione. L'aria era pesante e fetida, e puzzava <strong>di</strong><br />

palude e <strong>di</strong> fiori marci: uno strano odore, per un luogo situato<br />

all'interno delle montagne. Ma Tay rifletté che avevano percorso un<br />

lungo tratto in <strong>di</strong>scesa: forse erano vicini al livello del mare. Sollevò<br />

lo sguardo verso la vegetazione che copriva la parete dei monti e<br />

sporgeva dal muro <strong>di</strong> cinta. L'umi<strong>di</strong>tà che stillava dalle foglie era<br />

quasi pioggia: sentì le goccioline colpirgli la faccia. Poi stu<strong>di</strong>ò le<br />

porte e le finestre del castello, che sembravano orbite vuote e scure.<br />

Rimanevano soltanto i serramenti <strong>di</strong> metallo, perché il legno si era<br />

polverizzato. L'umi<strong>di</strong>tà aveva aggre<strong>di</strong>to anche la pietra e la calce,<br />

consumandole e sbriciolandole. Tay si avvicinò alla torre più vicina e<br />

passò la mano sulla pietra. La superficie si sgretolò come se fosse <strong>di</strong><br />

sabbia. L'antica fortezza, Fauce Magna, dava la spiacevole impressione<br />

<strong>di</strong> poter crollare da un momento all'altro. Poi Tay scorse Vree Erreden.<br />

<strong>Il</strong> locat si era inginocchiato al centro del cortile, aveva la testa<br />

bassa, si teneva abbracciato come fosse sull'orlo <strong>di</strong> un collasso e<br />

ansimava rauco. Tay si inginocchiò accanto a lui, e dopo un attimo venne<br />

raggiunto da Preia e da Jerle, che lo guardarono con ansia. "Cosa<br />

succede?" gli chiese Tay. "Stai male?" <strong>Il</strong> locat annuì, si strinse ancora<br />

<strong>di</strong> più le braccia attorno al corpo e si appoggiò a lui per non cadere.<br />

Tremava come una foglia. "Questo posto!" ansimò. "Per tutte le ombre,<br />

non lo senti?" Tay lo tenne stretto. "No. Non sento nulla. Tu cosa<br />

senti?" "Un simile potere! Maligno, ostile, come tanti artigli che mi<br />

graffiano! Non sentivo nulla, e poi, all'improvviso, era dappertutto! Mi<br />

ha schiacciato! Per qualche momento, non riuscivo neppure a respirare!"<br />

"Da dove proviene?" chiese Jerle, accostandosi a lui. <strong>Il</strong> veggente scosse<br />

la testa. "Non saprei <strong>di</strong>rlo! Non è qualcosa <strong>di</strong> familiare, non è qualcosa<br />

che ho già incontrato! Non era una visione, una premonizione o...<br />

qualcosa del genere. Era una macchia d'oscurità, seguita da un senso<br />

<strong>di</strong>..." Trasse un profondo respiro per riprendere la padronanza <strong>di</strong> sé,<br />

chiuse gli occhi e non si mosse più. Tay fece per sollevarlo, pensando<br />

che avesse perso i sensi, ma Preia lo toccò e scosse la testa. Vree<br />

Erreden stava solo prendendo fiato. Tay lasciò che si riprendesse.<br />

Continuò a sorreggerlo, e l'intera compagnia attese con lui. Infine il<br />

veggente riaprì gli occhi, respirò profondamente, si staccò da Tay e si<br />

alzò. Era <strong>di</strong> nuovo sicuro <strong>di</strong> sé, nel guardarli, ma gli tremavano ancora<br />

le mani. "La Pietra Nera" bisbigliò. "E' qui. Ecco cosa ho sentito. La


a<strong>di</strong>ce del male." Batté le palpebre, poi fissò Tay. "<strong>Il</strong> suo potere è<br />

immenso!" "Sai <strong>di</strong>rmi dov'è?" chiese Tay, cercando <strong>di</strong> non agitarsi. <strong>Il</strong><br />

locat scosse la testa e incrociò le braccia sul petto come a<br />

proteggersi. "Davanti a noi, nel castello." Avanzarono all'interno della<br />

fortezza vera e propria, guardandosi attorno con sospetto. Anche ora era<br />

Tay ad aprire la strada, esplorando con la sua magia, i sensi all'erta<br />

verso tutti i pericoli. Entrarono dalla porta centrale e si trovarono in<br />

un lungo corridoio. Tay si accorse <strong>di</strong> avere Jerle al fianco e Preia<br />

<strong>di</strong>etro. Lo volevano proteggere, pensò. Scosse la testa. Lo turbava<br />

ancora il fatto <strong>di</strong> non essersi accorto della vicinanza della Pietra<br />

Nera, mentre Vree Erreden ne aveva sentito così chiaramente la presenza.<br />

La magia dei Drui<strong>di</strong> l'aveva tra<strong>di</strong>to. Forse perché era inutile nel<br />

castello? No, rispose a se stesso: aveva colto nettamente una presenza,<br />

quando era entrato; aveva avuto l'impressione <strong>di</strong> essere osservato da<br />

qualcuno che si teneva nascosto. Chi poteva essere? La Pietra Nera non<br />

poteva possedere un'intelligenza, ma c'era chiaramente un'entità che<br />

viveva laggiù. La fortezza faceva pensare a una tomba. L'ombra gravava<br />

su ogni cosa, come una cappa <strong>di</strong> velluto odoroso <strong>di</strong> muschio. La polvere<br />

che si levava al loro passaggio formava una nube nell'aria.<br />

L'arredamento che in passato abbelliva il castello era in briciole.<br />

Rimaneva soltanto qualche scheggia <strong>di</strong> metallo e qualche pezzo <strong>di</strong><br />

tessuto. Dalle pareti sporgevano i chio<strong>di</strong> che un tempo reggevano arazzi<br />

e quadri. Un tempo, artisti e artigiani avevano lavorato qui, ma nessuno<br />

dei loro prodotti era sopravvissuto. Le stanze che si aprivano sui<br />

corridoi erano saloni vasti e regali oppure vani piccoli e raccolti,<br />

tutti privi <strong>di</strong> vita. Una parte del corridoio era occupata da file <strong>di</strong><br />

panche; quando Tay posò la mano su una <strong>di</strong> esse, si ridusse in polvere.<br />

Nelle nicchie si scorgevano mucchi <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> vetro. A terra<br />

c'erano armi spezzate e inutili, mucchietti <strong>di</strong> legno marcio e <strong>di</strong> metallo<br />

arrugginito. <strong>Il</strong> soffitto era nascosto <strong>di</strong>etro una fitta nube <strong>di</strong> oscurità,<br />

le finestre li fissavano come orbite cieche e vuote. Tutto taceva: il<br />

silenzio <strong>di</strong> una tomba. All'incrocio <strong>di</strong> alcuni ampi corridoi, Vree<br />

Erreden li fece fermare bruscamente. Si teneva la testa tra le mani e il<br />

suo viso era una smorfia <strong>di</strong> dolore. "A sinistra!" ansimò, in<strong>di</strong>cando con<br />

mano tremante. Si <strong>di</strong>ressero da quella parte. Preia Starle rimase<br />

in<strong>di</strong>etro per prendere il locat sottobraccio e aiutarlo a reggersi. Aveva<br />

ripreso ad ansimare e batteva le palpebre come se qualcosa gli desse<br />

fasti<strong>di</strong>o agli occhi. Tay si girò a osservarlo, poi guardò <strong>di</strong> nuovo<br />

avanti. Anche ora, non percepìva alcun pericolo. Si sentiva in<strong>di</strong>feso,<br />

come se la magia l'avesse abbandonato. Strinse i denti e si costrinse a<br />

proseguire, <strong>di</strong>cendosi risolutamente che la magia non l'avrebbe mai<br />

abbandonato. Mai. Incontrarono una rampa <strong>di</strong> scalini che scendeva a<br />

spirale attorno a quella che doveva essere una grande sala circolare.<br />

Per qualche tempo si udì soltanto il rumore smorzato dei loro pie<strong>di</strong> sul<br />

pavimento coperto <strong>di</strong> polvere, e Tay ebbe <strong>di</strong> nuovo l'impressione <strong>di</strong><br />

essere osservato. La sensazione era assai più forte, questa volta, più<br />

precisa. L'entità che abitava nel castello era vicina. Giunti in fondo<br />

alla scala, scorsero un cortile illuminato da una luce <strong>di</strong>ffusa, simile a<br />

quella <strong>di</strong> una giornata coperta; come Tay notò subito, le ombre erano<br />

bruscamente scomparse, e così l'odore <strong>di</strong> muffa e <strong>di</strong> aria stagnante. Sul<br />

pavimento del cortile sotterraneo non si scorgeva traccia <strong>di</strong> polvere. In


mezzo al cortile c'era un giar<strong>di</strong>no. Era ancora visibile il vialetto che<br />

gli girava attorno, pavimentato <strong>di</strong> pietre e piastrelle smaltate i cui<br />

colori parevano vibrare, tanto splendevano. <strong>Il</strong> giar<strong>di</strong>no era <strong>di</strong> forma<br />

rettangolare. Nella parte più esterna c'erano soprattutto fiori<br />

multicolori, <strong>di</strong> una varietà che Tay non aveva mai visto, mentre la zona<br />

centrale era occupata da un boschetto <strong>di</strong> alberi alti e sottili, dal<br />

tronco curiosamente maculato e dalle foglie ver<strong>di</strong> e lucide, talmente<br />

coperti <strong>di</strong> rampicanti da costituire un unico, in<strong>di</strong>ssolubile intreccio.<br />

Un giar<strong>di</strong>no! pensò Tay, meravigliato. Provò un curioso senso <strong>di</strong><br />

esaltazione. Un giar<strong>di</strong>no nei sotterranei <strong>di</strong> quell'antico castello, dove<br />

non poteva crescere nulla, dove non penetrava la luce del sole!<br />

Incre<strong>di</strong>bile! Quasi senza pensare, scese gli ultimi scalini e si avviò<br />

verso il giar<strong>di</strong>no. Aveva già fatto quattro o cinque passi, quando Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> lo prese per il braccio e lo tirò in<strong>di</strong>etro. "Non avere tanta<br />

fretta, Tay" lo avvertì. Stupito, il druido guardò l'amico, poi vide che<br />

Vree era <strong>di</strong> nuovo caduto in ginocchio e scuoteva lentamente la testa,<br />

mentre Preia lo reggeva. Solo in quel momento comprese quanto fosse<br />

stato forte l'impulso <strong>di</strong> buttarsi avanti, come fosse trascinante l'ansia<br />

<strong>di</strong> esplorare. E si accorse <strong>di</strong> avere completamente allentato le <strong>di</strong>fese.<br />

L'impazienza era stata così forte da fargli abbassare lo scudo <strong>di</strong>fensivo<br />

<strong>di</strong> magia dei Drui<strong>di</strong>. Senza fare parola, tornò subito dove era<br />

inginocchiato Vree Erreden. <strong>Il</strong> locat sentì la sua presenza, più che<br />

vederlo, e lo afferrò subito attirandolo a sé. "La Pietra Nera..."<br />

sibilò fra i denti serrati per il dolore "è laggiù!" La sua mano<br />

tremante in<strong>di</strong>cò il giar<strong>di</strong>no. Preia sfiorò delicatamente il braccio <strong>di</strong><br />

Tay perché si girasse verso <strong>di</strong> lei. Nei suoi occhi chiari si leggeva una<br />

forte preoccupazione. "E' crollato nello stesso momento in cui tu hai<br />

lasciato la scala. Qualcosa deve averlo attaccato. Cosa sta succedendo?"<br />

Tay scosse la testa. "Non capisco bene..." Prese Vree Erreden per i<br />

polsi e li strinse. <strong>Il</strong> veggente rabbrividì, poi s'immobilizzò. Tay evocò<br />

la magia per trasmettergli una parte della sua forza e aiutarlo a<br />

riprendersi. Vree Erreden sospirò e lasciò cadere la testa, immobile.<br />

Preia rivolse a Tay un'occhiata interrogativa, ma il druido le <strong>di</strong>sse:<br />

"Puoi tenerlo?". Poi si alzò e si accostò a Jerle. "Secondo te" gli<br />

chiese "a che serve, in un posto così, questo giar<strong>di</strong>no?" <strong>Il</strong> guerriero<br />

scosse la testa. "A niente <strong>di</strong> buono, se è il nascon<strong>di</strong>glio della Pietra<br />

Nera.LO non ci andrei, se fossi in te." Tay annuì. "Tuttavia non posso<br />

prendere la Pietra Nera senza entrarci." "Dubito che tu possa prenderla,<br />

anche entrando. La visione <strong>di</strong>ceva che la Pietra è <strong>di</strong>fesa. Forse la sua<br />

<strong>di</strong>fesa è questo giar<strong>di</strong>no. o qualcuno che vive al suo interno." Entrambi<br />

alzarono gli occhi verso l'intreccio <strong>di</strong> rami e liane, cercando <strong>di</strong><br />

scoprire la natura del pericolo che percepìvano. Le foglie si agitarono<br />

per in istante, come mosse dal vento, ma non ci furono altri movimenti.<br />

Tay sollevò il braccio e lanciò verso il giar<strong>di</strong>no un filo <strong>di</strong> magia dei<br />

Drui<strong>di</strong>, per esaminarne l'interno. Serpeggiando, il sottile tentacolo<br />

esplorò attentamente la vegetazione, ma trovò solo ciò che avevano già<br />

visto: gli alberi alti e sottili, le liane, le foglie ver<strong>di</strong> e lucide, il<br />

terreno su cui crescevano. Eppure, laggiù sentiva una sorta <strong>di</strong> entità,<br />

un'altra forma <strong>di</strong> vita, oltre a quella suggerita dalle piante, una<br />

presenza forte, antica e mortale. "Vieni con me" <strong>di</strong>sse a Jerle, dopo<br />

qualche istante. Lasciarono la compagnia e iniziarono lentamente, con


cautela, a esaminare il perimetro del giar<strong>di</strong>no. <strong>Il</strong> vialetto lastricato<br />

era ampio e senza ostacoli, per cui erano in grado <strong>di</strong> guardarsi ai<br />

fianchi e alle spalle. <strong>Il</strong> giar<strong>di</strong>no era largo più <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong><br />

passi e lungo trenta o poco più, e il suo aspetto non cambiava, da<br />

qualsiasi lato lo si guardasse: gli stessi fiori ai bor<strong>di</strong>, alberi e<br />

liane al centro. Non c'erano sentieri, non si scorgevano altre forme <strong>di</strong><br />

vita. E non si vedeva la Pietra Nera. Quando furono <strong>di</strong> nuovo nel punto<br />

da cui erano partiti, Tay si fermò accanto a Vree Erreden. <strong>Il</strong> veggente<br />

aveva ripreso i sensi e sedeva in terra, accanto a Preia. Aveva gli<br />

occhi aperti e fissava il giar<strong>di</strong>no, anche se dava l'impressione <strong>di</strong><br />

vedere qualcosa <strong>di</strong> totalmente <strong>di</strong>verso. Tay s'inginocchiò accanto a lui.<br />

"Sei certo che la Pietra Nera sia qui?" gli chiese a bassa voce. <strong>Il</strong><br />

locat annuì. "E' in qualche punto <strong>di</strong> quel labirinto" sussurrò, con la<br />

voce incrinata dalla paura. Fissò Tay. "Ma non devi andare laggiù! Non<br />

ne usciresti più, Tay Trefenwyd! Ciò che protegge la Pietra, ciò che<br />

vive in questo luogo, ti sta aspettando!" Sollevò la mano, la strinse a<br />

pugno. "Dammi retta! Non puoi farcela contro <strong>di</strong> essa!" Tay si alzò e<br />

raggiunse Jerle. "Devi fare una cosa" gli <strong>di</strong>sse, parlando a bassa voce<br />

perché Vree Erreden non lo u<strong>di</strong>sse. "Chiama gli altri Cacciatori. Lascia<br />

soltanto Preia con il locat." Jerle lo fissò per un istante, poi fece un<br />

gesto ai suoi uomini. Quando furono attorno a lui, rivolse a Tay<br />

un'occhiata interrogativa. "Dovete tenermi per le braccia" <strong>di</strong>sse loro.<br />

"Due per parte. Tenetemi stretto e, qualunque cosa io <strong>di</strong>ca o faccia,<br />

continuate a tenermi. Non lasciatemi. Non date retta a ciò che vi <strong>di</strong>rò.<br />

Evitate <strong>di</strong> guardarmi, se potete. Siete in grado <strong>di</strong> farlo?" I Cacciatori<br />

si scambiarono un'occhiata e annuirono. "Che inten<strong>di</strong> fare?" gli chiese<br />

Jerle. "Servirmi della magia dei Drui<strong>di</strong> per scoprire cosa c'è nel<br />

giar<strong>di</strong>no" rispose Tay. "Non mi succederà niente, se farete come vi ho<br />

detto." "Faremo come <strong>di</strong>ci" promise Jerle. "Lo faremo tutti. Ma non mi<br />

piace." Tay sorrise, anche se aveva il cuore in tumulto. "Non piace<br />

neanche a me." Chiuse gli occhi ed eliminò dalla propria mente la<br />

presenza degli altri. Raccogliendo a sé la magia, scese all'interno del<br />

proprio essere. Laggiù, nel nucleo del suo spirito, creò un simulacro <strong>di</strong><br />

se stesso, un'entità <strong>di</strong> spirito e non <strong>di</strong> sostanza, e lo proiettò davanti<br />

a sé in un lungo, lento respiro. Poi uscì dal proprio corpo, sotto forma<br />

<strong>di</strong> un fantasma invisibile, un pezzetto <strong>di</strong> etere entro la luce grigia<br />

dell'antica fortezza. Passò davanti a Jerle <strong>Shannara</strong> e ai Cacciatori<br />

degli Elfi, davanti a Preia Starle e a Vree Erreden, e si <strong>di</strong>resse verso<br />

il labirinto <strong>di</strong> alberi e liane in mezzo al giar<strong>di</strong>no silenzioso. Come vi<br />

entrò, sentì sempre più chiaramente la magia che vi era sepolta: una<br />

magia antica, astuta e sicura <strong>di</strong> sé, ra<strong>di</strong>cata assai più in profon<strong>di</strong>tà<br />

degli alberi e delle liane che la nascondevano. Era l'entità in cui<br />

convergevano le linee <strong>di</strong> potere magico che proteggevano la fortezza.<br />

Spuntavano da essa come fili <strong>di</strong> seta e avvolgevano pietra e metallo, dal<br />

muro <strong>di</strong> cinta alle cime delle torri, dai più profon<strong>di</strong> sotterranei ai più<br />

alti bastioni. Si stendevano su tutta la montagna fino al cielo: una<br />

vasta concentrazione <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> sensazioni e <strong>di</strong> forza. Tay arrivò<br />

a contatto della rete e la attraversò con attenzione, badando<br />

accuratamente a non toccarla. Si trovò nel giar<strong>di</strong>no e si fece strada in<br />

mezzo al labirinto <strong>di</strong> alberi e liane, fra la terra muschiosa e<br />

l'intreccio <strong>di</strong> foglie. In ogni punto, il giar<strong>di</strong>no era uguale a se


stesso, profondo, segreto, avvolgente. Tay volò avanti, incorporeo e<br />

immateriale, scansando le linee <strong>di</strong> potere che si estendevano<br />

dappertutto, evitando ogni movimento che rischiasse <strong>di</strong> svegliare<br />

l'entità che sorvegliava quei luoghi. Era penetrato così in profon<strong>di</strong>tà<br />

nel giar<strong>di</strong>no da avere l'impressione <strong>di</strong> essere quasi arrivato dall'altra<br />

parte, quando s'imbatté in una massiccia concentrazione <strong>di</strong> linee <strong>di</strong><br />

forza, in un punto dove la luce era più fioca e pareva cedere al dominio<br />

delle ombre. Laggiù alberi e liane scomparivano. Laggiù dominava il<br />

buio. Si scorgeva solo la terra nuda: in tutta l'area non cresceva nulla<br />

e la luce veniva assorbita come da una spugna. Laggiù c'era un'entità<br />

invisibile, che pulsava con l'intensità e la regolarità <strong>di</strong> un cuore,<br />

protetta da molteplici strati <strong>di</strong> magia, avvolta nello stesso potere che<br />

la nascondeva. Tay Trefenwyd si avvicinò, scrutando nelle tenebre<br />

soffocanti, scivolando oltre le linee protettive. Nascosto nel suo<br />

travestimento <strong>di</strong> magia, si immobilizzò e ridusse al silenzio anche il<br />

battito del polso, il sussurro del respiro, il tremito del cuore. Ritirò<br />

tutto se stesso, tranne una piccolissima parte <strong>di</strong> coscienza, e <strong>di</strong>venne<br />

tutt'uno con le tenebre. E allora la vide. Su un antichissimo supporto<br />

<strong>di</strong> metallo, che recava incise rune e bizzarre creature, c'era una gemma<br />

nera come l'inchiostro, così impenetrabile che sulla sua superficie non<br />

si rifletteva alcuna luce. Opaca, priva <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, dotata <strong>di</strong> un<br />

potere che Tay Trefenwyd non avrebbe mai creduto possibile, laggiù la<br />

Pietra Nera degli Elfi aspettava. Aspettava lui. Oh, per tutte le ombre!<br />

Aspettava lui! Come una falena attirata da una fiamma, Tay cercò <strong>di</strong><br />

afferrarla: lo fece d'impulso, senza pensare, incapace <strong>di</strong> resistere.<br />

Cercò <strong>di</strong> afferrarla con la <strong>di</strong>sperazione e il bisogno <strong>di</strong> un uomo che si<br />

sente affogare, e questa volta non c'era Jerle <strong>Shannara</strong> a fermarlo. Tay<br />

era solo un'immagine, uno spettro privo <strong>di</strong> sostanza: non pensò a ciò che<br />

faceva. In quel momento aveva perso la ragione: l'unica cosa che contava<br />

era il suo bisogno. <strong>Il</strong> fatto <strong>di</strong> essere uno spettro e niente <strong>di</strong> più fu<br />

ciò che lo salvò. Nel momento in cui la sua mano si chiuse sulla Pietra<br />

Nera, venne riconosciuto. Sentì le linee <strong>di</strong> potere vibrare in reazione<br />

alla sua presenza, le sentì tendersi e ronzare prima che scattassero.<br />

Cercò <strong>di</strong> tirarsi in<strong>di</strong>etro, <strong>di</strong> sfuggire al pericolo, ma non c'era<br />

possibilità <strong>di</strong> fuga. La sentinella che non era riuscito a identificare,<br />

l'entità che viveva nelle rovine <strong>di</strong> Fauce Magna, prese improvvisamente,<br />

orribilmente forma. Quando l'entità si svegliò, la terra ebbe un<br />

sussulto: le liane che crescevano in tutto il giar<strong>di</strong>no - e che fino a un<br />

momento prima pendevano flaccide - scattarono verso <strong>di</strong> lui e <strong>di</strong>vennero<br />

le spire mortali contro cui l'aveva messo in guar<strong>di</strong>a l'ombra <strong>di</strong><br />

Galaphile. S'infilarono come serpi negli spazi tra gli alberi, pronte a<br />

colpire. La magia le spingeva, le animava, e Tay Trefenwyd, anche nella<br />

sua forma spirituale, capì subito cosa fossero. Gli si avvinghiarono<br />

sulle gambe e sulle braccia, sul corpo e sulla testa, a decine,<br />

provenienti da tutte le <strong>di</strong>rezioni. Si strinsero e cominciarono a<br />

stritolarlo. Tay non avrebbe dovuto sentire quella pressione: era puro<br />

spirito. Ma la magia del giar<strong>di</strong>no aveva il potere <strong>di</strong> colpirlo anche come<br />

essere incorporeo. Una magia capace <strong>di</strong> afferrare una magia: una magia<br />

capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere perfino un druido. Tay ebbe l'impressione <strong>di</strong><br />

essere fatto a pezzi. Gli sfuggì un grido: il dolore era reale, nel suo<br />

spirito. Raccolse tutta la coscienza nel nucleo del simulacro <strong>di</strong> se


stesso, mentre questo veniva fatto a pezzi, ridusse a una briciola la<br />

parte che conteneva il suo essere, s'infilò in un piccolo varco tra le<br />

liane e fuggì verso la luce. Si ritrovò subito nel proprio corpo: si<br />

contorceva e urlava, si inarcava come se fosse stato colpito dal<br />

fulmine, lottava follemente per <strong>di</strong>vincolarsi, a tal punto che Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> e i Cacciatori dovettero fare appello a tutta la loro forza per<br />

tenerlo. Ansimò, rabbrividì e infine crollò tra le loro braccia, privo<br />

<strong>di</strong> forze. Era ma<strong>di</strong>do <strong>di</strong> sudore; nel tentativo <strong>di</strong> liberarsi si era<br />

stracciato le vesti. Davanti a lui, il giar<strong>di</strong>no si agitava ancora<br />

freneticamente, come un oceano dalle intenzioni mortali, un banco <strong>di</strong><br />

sabbie mobili cui era impossibile sfuggire. Eppure, lui c'era riuscito.<br />

Chiuse le palpebre, riducendo gli occhi a due fessure. "Per tutte le<br />

ombre!" mormorò, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare quelle liane che saettavano su<br />

<strong>di</strong> lui per farlo a pezzi. "Tay?" chiese Jerle, <strong>di</strong>sperato. Lo teneva<br />

fermo e tremava violentemente. "Tay, mi senti?" Tay Trefenwyd abbracciò<br />

l'amico e aprì gli occhi. Adesso era tutto a posto, <strong>di</strong>sse a se stesso.<br />

Adesso era al sicuro. Trasse un lungo respiro per riprendere la<br />

padronanza <strong>di</strong> sé. Era tornato nel mondo dei viventi: dell'orribile magia<br />

della Pietra Nera aveva scoperto quanto voleva sapere. Riferì ai<br />

compagni ciò che aveva visto. Li radunò tutti attorno a sé, perché non<br />

c'era ragione <strong>di</strong> nascondere loro la verità, e spiegò l'accaduto. Non<br />

mentì, ma tenne per sé i particolari più tenebrosi. Cercò <strong>di</strong> non lasciar<br />

capire quanto fosse impaurito, anche se, nel raccontare la sua<br />

esperienza, il terrore lo invase <strong>di</strong> nuovo come un fiume travolgente.<br />

<strong>Di</strong>sse poche frasi, con voce calma. Terminata la spiegazione, chiese<br />

qualche minuto per riflettere sulla prossima mossa. Tutti si<br />

allontanarono da lui, tranne Vree Erreden. <strong>Il</strong> locat lo seguì e, non<br />

appena furono lontani dagli altri, lo prese per il braccio. "Non hai<br />

parlato del guar<strong>di</strong>ano. Non hai detto chi è, ma devi conoscerne<br />

l'identità." Gli serrò sul braccio le <strong>di</strong>ta sottili. "Ho sentito che ti<br />

aspettava... aspettava proprio te, come se tu avessi un'importanza<br />

particolare per lui. <strong>Di</strong>mmi cos'è, Tay Trefenwyd." Raggiunsero la scala<br />

da cui erano giunti e si sedettero sui gra<strong>di</strong>ni, nel silenzio della<br />

fortezza. Davanti a loro, il giar<strong>di</strong>no era <strong>di</strong> nuovo immobile: era tornato<br />

a essere un giar<strong>di</strong>no e niente più. Pareva che non fosse successo niente.<br />

Tay fissò per un istante il locat, poi <strong>di</strong>stolse gli occhi. "Ti spiego<br />

tutto, ma deve rimanere tra noi. Nessun altro lo deve sapere." Vree<br />

Erreden annuì. "Si tratta del Signore degli Inganni?" chiese, con un<br />

filo <strong>di</strong> voce. Tay scosse la testa. "<strong>Il</strong> potere che regna qui è molto più<br />

antico. Ciò che vive nel giar<strong>di</strong>no è composto <strong>di</strong> ciò che viveva nella<br />

fortezza. E' un conglomerato <strong>di</strong> vite, una mescolanza <strong>di</strong> creature <strong>di</strong><br />

Faerie. Soprattutto Elfi, che nei passati millenni erano come me e te.<br />

Ma hanno bramato il potere della Pietra Nera con una tale intensità da<br />

non poter resistere. Hanno usato la Pietra, tutti insieme in qualche<br />

rito, o uno alla volta, e la Pietra li ha <strong>di</strong>strutti. Non so come sia<br />

successo, ma all'improvviso ho scoperto che conoscevo la loro storia, ho<br />

compreso il loro orrore e la loro follia. Si sono trasformati, sono<br />

<strong>di</strong>venuti la sostanza <strong>di</strong> questo giar<strong>di</strong>no: una coscienza collettiva, un<br />

potere che deriva dalla cooperazione <strong>di</strong> tutti. La loro magia tiene<br />

insieme ciò che resta della fortezza, e sono riuniti quaggiù, dove ciò<br />

che rimane <strong>di</strong> loro ha messo ra<strong>di</strong>ce, sotto forma <strong>di</strong> liane e alberi."


"Esseri umani?" chiese il veggente, inorri<strong>di</strong>to. "Una volta, ma adesso<br />

non più. Hanno perso la loro umanità quando hanno evocato il potere<br />

della Pietra Nera." Tay lo fissò inquieto. "Bremen mi ha avvertito del<br />

pericolo. Mi ha detto che qualunque cosa succeda non devo usare, per<br />

nessun motivo, la Pietra Nera. Evidentemente sa quello che mi<br />

costerebbe, se lo facessi." Vree Erreden abbassò la faccia e batté<br />

ripetutamente le palpebre. "Ho sentito che quell'entità ti aspettava: te<br />

l'ho detto. Ma perché ti aspetta? Cerca esseri della sua stessa specie,<br />

dotati <strong>di</strong> potere, capaci <strong>di</strong> usare la magia? O li teme? Che cosa la<br />

spinge? Ha scartato me, penso, perché la mia magia è debole e vaga.<br />

Infatti, la mia magia è visione e istinto, e non ha bisogno <strong>di</strong><br />

definizione e <strong>di</strong> forza. Ma, per tutte le ombre, ho sentito perfettamente<br />

la sua malvagità!" Fissò <strong>di</strong> nuovo Tay. "Tu hai il potere dei Drui<strong>di</strong>, che<br />

è assai più forte del mio. Chiaramente, o teme la tua magia o desidera<br />

impadronirsene." Tay rifletté rapidamente su quelle parole. "Protegge la<br />

Pietra Nera degli Elfi perché è la fonte del suo potere e della sua<br />

vita.LO ho minacciato questo stato <strong>di</strong> cose quando sono entrato nel<br />

giar<strong>di</strong>no e ho interferito con le linee <strong>di</strong> potere magico che l'entità ha<br />

teso in tutto il castello. Ma sa che sono un druido? Non posso <strong>di</strong>rlo."<br />

"Sa che sei un nemico, questo è certo. Infatti ha cercato <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struggerti. Sa che non sei stato corrotto dalla magia." <strong>Il</strong> veggente<br />

esalò un lungo, faticoso respiro. "Si aspetta che tu provi <strong>di</strong> nuovo,<br />

Tay. Se ritorni in quel giar<strong>di</strong>no, verrài <strong>di</strong>vorato." Si fissarono negli<br />

occhi, senza parlare. Sa che sei un nemico, pensò Tay, ripetendo le<br />

parole <strong>di</strong> Vree Erreden. Sa che non sei stato corrotto dalla magia.<br />

All'improvviso gli tornò in mente qualcosa. Per un momento non riuscì a<br />

definirlo con esattezza, poi capì. Era il racconto <strong>di</strong> Bremen: il modo da<br />

lui seguito per entrare nella rocca del Signore degli Inganni. Bremen<br />

aveva cambiato il suo aspetto, la sua forma, il suo pensiero, per<br />

confondersi con i seguaci <strong>di</strong> Brona. Bremen si era trasformato fino a<br />

<strong>di</strong>ventare tutt'uno con i mostri che vi abitavano. Poteva farlo anche<br />

lui? Sentì un nodo alla gola e si affrettò a girarsi perché Vree Erreden<br />

non gli leggesse negli occhi. Lui stesso non riusciva a credere a ciò<br />

che aveva pensato. Era inconcepibile. Era una pazzia! Ma che altra<br />

scelta aveva? Nessuna, lo sapeva. Osservò i compagni, raggruppati<br />

davanti al mortale giar<strong>di</strong>no. Avevano fatto molta strada per arrivare<br />

alla Pietra Nera e nessuno <strong>di</strong> loro si sarebbe tirato in<strong>di</strong>etro adesso.<br />

Inutile pensare ad altre ipotesi. La posta era troppo grande, il prezzo<br />

<strong>di</strong> un insuccesso troppo alto. Prima <strong>di</strong> fuggire, avrebbero scelto la<br />

morte. Eppure, doveva esserci un altro modo! La sua mente si<br />

arrovellava. Come poteva riuscire? Che possibilità aveva? Questa volta,<br />

se avesse fallito, non avrebbe avuto scampo. Sarebbe stato consumato...<br />

<strong>Di</strong>vorato. Si alzò, come per allontanarsi dalla propria paura e<br />

fronteggiare la decisione presa. Lasciò la scala - e il veggente lo<br />

guardò senza capire - e si staccò anche dagli altri, da Jerle e da Preia<br />

e dai Cacciatori, per riprendere la padronanza <strong>di</strong> sé e valutare bene le<br />

sue possibilità. Si sentiva stanco e consunto come la pietra che lo<br />

circondava, vulnerabile al tempo come lo era il castello. Sapeva che<br />

cos'era: soprattutto un druido, ma uno degli ultimi, un appartenente a<br />

un or<strong>di</strong>ne che si avviava probabilmente all'estinzione. <strong>Il</strong> mondo cambiava<br />

e alcune sue componenti dovevano finire. Forse sarebbe successo così a


lui, a Bremen, a Risca. Ma loro non intendevano lasciarsi estinguere<br />

senza lottare, si <strong>di</strong>sse con ira. Non volevano finire come spettri, che<br />

sparivano al sorgere del sole, privi <strong>di</strong> importanza e <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità. Non<br />

dobbiamo mai essere inferiori a quello che siamo. Rinfrancato da queste<br />

parole e armato delle proprie convinzioni, fece appello a tutto il suo<br />

coraggio e chiamò Jerle <strong>Shannara</strong>.<br />

17<br />

"Ho trovato il modo <strong>di</strong> raggiungere la Pietra Nera" <strong>di</strong>sse Tay, con voce<br />

ferma a Jerle <strong>Shannara</strong>. "Ma posso farlo solo io, e devo farlo da solo."<br />

Erano a una certa <strong>di</strong>stanza dagli altri. Tay si sforzava <strong>di</strong> sorridere, ma<br />

un nodo gli serrava la gola. La giornata si avviava al crepuscolo, e non<br />

voleva rimanere intrappolato lì al buio. Jerle lo guardò per un istante,<br />

senza parlare. "Ti servirai della magia dei Drui<strong>di</strong>, vero?" "Sì." Gli<br />

occhi perspicaci lo fissarono. "Un travestimento?" "Sì, in un certo<br />

senso." Tay s'interruppe. "Non starò a spiegarti i particolari. Fidati<br />

<strong>di</strong> me. Lasciatemi solo, qualunque cosa succeda. Nessuno dovrà<br />

avvicinarsi a me finché non vi darò il permesso. Sarà dura, per voi,<br />

perché sentirete il bisogno <strong>di</strong> avvicinarvi." "Sarà pericoloso." Jerle lo<br />

<strong>di</strong>sse come una constatazione. Tay annuì. "Devo entrare nel giar<strong>di</strong>no. Se<br />

non dovessi più uscirne tu raduna la compagnia e ritorna ad Arborlon.<br />

No, aspetta che abbia finito" aggiunse, per prevenire le proteste<br />

dell'altro. "Se fossi ucciso, nessuno <strong>di</strong> voi sarebbe in grado <strong>di</strong><br />

entrare. Tu sei coraggioso, Jerle, ma non conosci la magia, e senza <strong>di</strong><br />

essa non si può sconfiggere l'entità del giar<strong>di</strong>no. Devi tornare ad<br />

Arborlon e aspettare Bremen, che sarà in grado <strong>di</strong> aiutarti. Noi abbiamo<br />

trovato la Pietra Nera: ora basta scoprire il modo <strong>di</strong> recuperarla. Se<br />

non ci riuscirò io, ci riuscirà lui." Jerle <strong>Shannara</strong> si appoggiò le mani<br />

contro i fianchi e <strong>di</strong>stolse lo sguardo. Era offeso. "Non sono capace <strong>di</strong><br />

rimanere a guardare mentre un altro rischia la vita... specialmente se<br />

sei tu." Tay incrociò le braccia e abbassò la testa. "Lo so.LO mi<br />

sentirei allo stesso modo, se fossi nei tuoi panni. Aspettare è sempre<br />

sgradevole. Ma devo chiederti <strong>di</strong> farlo. Avrò bisogno della tua forza più<br />

tar<strong>di</strong>, quando la mia sarà esaurita. Ancora una cosa. Quando uscirò,<br />

quando mi rivedrai, anche se non sarai sicuro che si tratti <strong>di</strong> me,<br />

pronuncia il mio nome." "Tay Trefenwyd" <strong>di</strong>sse il guerriero, come per<br />

obbe<strong>di</strong>re alle sue parole. Si fissarono per qualche istante, ripensando<br />

ai tanti anni trascorsi insieme, ai progetti del passato e a ciò che<br />

stavano per fare. "Va bene" <strong>di</strong>sse infine Jerle. "Va'. Fa' quello che<br />

devi fare." <strong>Di</strong>etro suggerimento <strong>di</strong> Tay, condusse gli altri membri della<br />

compagnia sui primi scalini, lontano dal giar<strong>di</strong>no. Tay li guardò una<br />

sola volta, incrociando per un istante lo sguardo con quello <strong>di</strong> Preia<br />

Starle prima <strong>di</strong> voltarsi. Non aveva più pensato a lei da quando erano<br />

entrati in Fauce Magna, perché non poteva permettersi <strong>di</strong>strazioni. Ora<br />

lo fece <strong>di</strong> nuovo, concentrandosi sulla sua vita <strong>di</strong> druido, sugli anni<br />

de<strong>di</strong>cati allo stu<strong>di</strong>o della magia, alle <strong>di</strong>scipline e alle abilità<br />

apprese. Pensò a Bremen, alla sua faccia affilata e coperta <strong>di</strong> rughe,<br />

agli occhi strani e imperiosi, alla determinazione che emanava da lui.<br />

Ripensò all'incarico che gli aveva affidato e che l'aveva spinto laggiù.<br />

Ora fissò il giar<strong>di</strong>no, con il suo mortale intrico <strong>di</strong> liane, i recessi<br />

tenebrosi, l'invisibile forza che attendeva nelle sue profon<strong>di</strong>tà. Poi si<br />

calmò, rallentò il battito del cuore, fermò i pensieri, si avvolse in un


manto <strong>di</strong> tranquillità. Cercò gli elementi che alimentavano la sua magia:<br />

aria, acqua, fuoco e terra, i suoi strumenti. Evocò quelli che poté<br />

trovare, li cercò attorno a sé e li recuperò, si circondò della loro<br />

esaltante fusione. Li inspirò, si infuse della loro natura e lentamente<br />

cominciò a cambiare. Iniziò con cautela il compito che si era imposto: a<br />

piccoli passi, invocò la magia dei Drui<strong>di</strong>, si trasformò senza fretta. Si<br />

spogliò della vecchia identità, strato dopo strato, eliminò le sue<br />

vecchie caratteristiche, cambiò la sua figura, e alla fine della sua<br />

vecchia apparenza fisica non rimase traccia. Poi entrò nel proprio corpo<br />

per cambiare anche quello che c'era all'interno. Riunì fe<strong>di</strong> e<br />

convinzioni, emozioni e pensieri, co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> comportamento e valori:<br />

tutto ciò che faceva <strong>di</strong> lui ciò che era. Li chiuse in un luogo segreto,<br />

da cui nulla e nessuno sarebbe stato capace <strong>di</strong> farli uscire, tranne il<br />

suo nome pronunciato da Jerle. Poi cominciò a ricostruirsi, e per farlo<br />

attinse a piene mani alla vita del giar<strong>di</strong>no. Prese ispirazione dalle<br />

creature un tempo umane ma adesso non più. Trovò l'essenza <strong>di</strong> ciò che<br />

erano, il nucleo <strong>di</strong> ciò che la Pietra Nera le aveva fatte <strong>di</strong>ventare, e<br />

lasciò che fiorisse dentro <strong>di</strong> lui. <strong>Di</strong>venne come loro, cupo e perduto,<br />

vuoto e depredato, una copia della loro follia e della loro dannazione.<br />

<strong>Di</strong>venne come loro, a parte il fatto che conservò il fondamento del<br />

proprio essere, in modo da potersi muovere tra loro. Tra il suo destino<br />

e il loro c'era solo un passo, ma erano così vicini che quel passo<br />

costituiva la sola <strong>di</strong>fferenza. Gli Elfi che lo guardavano lo videro<br />

cambiare. Videro la sua figura, alta e leggermente curva, raggrinzirsi e<br />

piegarsi. Videro le braccia e le gambe, lunghe e dritte, <strong>di</strong>ventare curve<br />

e nodose. Videro la malvagità strisciare sopra e dentro <strong>di</strong> lui finché<br />

non rimase altro. Sentirono l'odore <strong>di</strong> marcio e in bocca il sapore della<br />

corruzione. Era l'opposto <strong>di</strong> tutto ciò che è buono e lo stesso Jerle<br />

<strong>Shannara</strong>, benché sapesse cosa intendeva fare l'amico, si ritrasse<br />

istintivamente da lui. Nella mente <strong>di</strong> Tay Trefenwyd prese a scorrere una<br />

vena <strong>di</strong> follia, impetuosa e ossessionante. Subì tutti gli effetti<br />

<strong>di</strong>struttivi della magia del giar<strong>di</strong>no, la degenerazione toccata a coloro<br />

che vi avevano infuso la loro vita e ne avevano fatto la loro casa. Per<br />

un momento, ebbe l'impressione <strong>di</strong> conoscere quella magia, <strong>di</strong> capire come<br />

fosse nata dall'impiego traviato della Pietra Nera, ma era una<br />

conoscenza che rischiava <strong>di</strong> travolgere le sue ultime vestigia <strong>di</strong> sanità<br />

mentale, il piccolo nucleo che lo legava al suo scopo, e fu costretto a<br />

tirarsi in<strong>di</strong>etro. Entrò nel giar<strong>di</strong>no come compagno delle creature che<br />

aveva assorbito. Entrò senza paura, perché era il solo modo <strong>di</strong> entrare<br />

che avesse senso. Entrò come uno <strong>di</strong> loro, ancora preso dalle incombenze<br />

che esse avevano abbandonato quando avevano cambiato forma, ancora<br />

vivente nel mondo che esse si erano lasciate alle spalle. Scivolò fra i<br />

tronchi sottili degli alberi e sfiorò le liane che pendevano flaccide<br />

come un serpente entrato nel rifugio dei serpenti. Era velenoso come<br />

loro, e nessuna delle loro caratteristiche era peggiore <strong>di</strong> quello che si<br />

rifletteva in lui. Avanzò verso il punto in cui le ombre erano più<br />

fitte, cercando il loro conforto, infilandosi sinuosamente nel loro<br />

abbraccio, senz'anima. <strong>Il</strong> giar<strong>di</strong>no e le creature che gli davano vita<br />

reagirono come Tay aveva sperato. Gli <strong>di</strong>edero il benvenuto. Lo<br />

abbracciarono come uno <strong>di</strong> loro, lo accolsero come un familiare. E lui si<br />

immerse nella loro malvagità, nella loro corruzione, lasciando che i


tentacoli della loro mente collettiva si insinuassero in lui per<br />

leggergli nei pensieri le sue intenzioni. Era il loro custode, videro.<br />

Era colui che si prendeva cura del giar<strong>di</strong>no. Era venuto a portar loro un<br />

cambiamento che avrebbe dato sod<strong>di</strong>sfazione a qualche desiderio<br />

inespresso. Era venuto a liberarle. Entrò in profon<strong>di</strong>tà nel giar<strong>di</strong>no:<br />

così in profon<strong>di</strong>tà che si smarrì completamente in ciò che era <strong>di</strong>venuto.<br />

Tutto il resto svanì: se non fosse riuscito ad andarsene, Tay se lo<br />

sarebbe <strong>di</strong>menticato per sempre. Si chiuse in un nodo da cui, una rossa<br />

goccia dopo l'altra, stillava via la sua vita. Era solo follia e<br />

desiderio: uno spettro lacero, che non conservava alcun ricordo della<br />

sua precedente identità. Era perso a tutto ciò che era stato fino a quel<br />

momento. Ma era anche dominato dal fine inalterabile e bruciante che si<br />

era imposto. Era venuto per la Pietra Nera, e anche nella sua follia era<br />

deciso a impadronirsene. Con un desiderio monomaniaco e inesorabile, si<br />

avvicinò alla Pietra. Le linee <strong>di</strong> forza lo sfiorarono e si ritrassero,<br />

le liane rabbrivi<strong>di</strong>rono, ma <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione, non <strong>di</strong> collera. La vita<br />

del giar<strong>di</strong>no gli permise <strong>di</strong> chinarsi sulla Pietra Nera, <strong>di</strong> prenderla in<br />

mano e <strong>di</strong> portarsela al petto. Era venuto a prendersi cura della Pietra.<br />

Era venuto a trarne nuove magie, magie che avrebbe con<strong>di</strong>viso con loro,<br />

che avrebbero nutrito e sod<strong>di</strong>sfatto la loro fame. Questo era infatti il<br />

travestimento scelto da Tay. Le creature che componevano il giar<strong>di</strong>no non<br />

potevano più evocare il potere che le aveva trasformate, non potevano<br />

più nutrirsene, erano bloccate nella con<strong>di</strong>zione in cui la Pietra le<br />

aveva cambiate, intrappolate nelle liane e negli alberi e nei fiori <strong>di</strong><br />

quel rettangolo <strong>di</strong> terra, nella profon<strong>di</strong>tà della fortezza che un tempo<br />

era la loro casa, ra<strong>di</strong>cate laggiù per sempre. Proteggevano il castello<br />

come avrebbero protetto il lucchetto delle loro catene, in attesa<br />

dell'arrivo della chiave che le aprisse. Tay portava loro quella chiave.<br />

Era la speranza concessa loro dalla follia. Un passo dopo l'altro, come<br />

all'andata, Tay attraversò a ritroso il giar<strong>di</strong>no, tenendo fra le mani la<br />

Pietra Nera. Le linee <strong>di</strong> potere lo seguivano e gli facevano strada, le<br />

liane si ritiravano per farlo passare. Schiocchi soffocati segnavano il<br />

suo passaggio, e il giar<strong>di</strong>no rabbrivi<strong>di</strong>va per il dolore. Ma quel dolore<br />

si ripercuoteva su <strong>di</strong> lui, e il suo brivido era delizioso. <strong>Il</strong> dolore<br />

prometteva l'agonia, l'agonia della trasformazione. Una nuova volontà,<br />

sovrapposta alla sua, si era impadronita <strong>di</strong> Tay e lo spingeva a uscire:<br />

un nuovo potere che esaminava la sua forma contorta, lo sfiorava per<br />

saggiare le sue intenzioni, come il solletico <strong>di</strong> tante <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> seta. Era<br />

la magia della Pietra Nera, che si destava lentamente, impaziente <strong>di</strong><br />

venire <strong>di</strong> nuovo scatenata, seducente nella promessa <strong>di</strong> potere. Accarezzò<br />

Tay Trefenwyd come un'amante. Solleticò la sua forma corrotta e lo<br />

riempì <strong>di</strong> gioia. Poteva tenere per sé tutto il potere, gli sussurrava.<br />

Bastava che or<strong>di</strong>nasse, e avrebbe avuto qualsiasi cosa. Tay uscì<br />

dall'ombra del giar<strong>di</strong>no e si trovò alla luce, lontano dalle liane, dalle<br />

voci e dal contatto delle creature che vi abitavano. Era una creatura<br />

orribile e ributtante, non più umana, ma così bassa e vile da essere<br />

irriconoscibile. Strisciando e zoppicando, trasudando umori repellenti,<br />

giunse sulle piastrelle multicolori. Stringeva al petto la Pietra Nera,<br />

le linee <strong>di</strong> potere lo seguivano invisibili, legami che soltanto lui<br />

poteva vedere, fili che in un istante sarebbero stati in grado <strong>di</strong><br />

riportarlo in<strong>di</strong>etro. Davanti a lui, gli Elfi lo guardavano inorri<strong>di</strong>ti.


Nel vederlo emergere, portarono la mano alle armi e si prepararono a<br />

<strong>di</strong>fendersi dal suo attacco. Lui li guardò senza riconoscerli. Li guardò<br />

e non si curò <strong>di</strong> loro. Poi Jerle alzò la mano per fermare i compagni. Si<br />

fece avanti da solo fissando l'oscena figura. Quando fu a pochi passi,<br />

si fermò e sussurrò nel silenzio del castello, con voce roca, <strong>di</strong>sperata:<br />

"Tay Trefenwyd?". Al suono del suo nome pronunciato da Jerle <strong>Shannara</strong>,<br />

Tay ritrovò la sua vita. La magia dei Drui<strong>di</strong>, nascosta nel più profondo<br />

e impenetrabile nucleo del suo essere, salì ed esplose dentro <strong>di</strong> lui. Lo<br />

liberò dal travestimento, lo fece uscire dalle tenebre che l'avevano<br />

avvolto, dalle sabbie mobili in cui era affondato. Bruciò in un istante<br />

la maschera che si era dato. Bruciò la follia che s'era impossessata <strong>di</strong><br />

lui. Lo ricostruì in un attimo, gli ri<strong>di</strong>ede l'aspetto e l'identità, la<br />

ragione e le convinzioni <strong>di</strong> prima. Nello stesso tempo, bruciò le linee<br />

<strong>di</strong> potere che lo avvolgevano e <strong>di</strong>ede a lui soltanto il possesso della<br />

Pietra Nera <strong>Il</strong> giar<strong>di</strong>no impazzì. Liane e alberi balzarono verso <strong>di</strong> lui<br />

con una tale forza da strapparsi quasi dal terreno. Cercarono <strong>di</strong><br />

afferrare la Pietra Nera e Tay Trefenwyd, la prima per riprenderla, il<br />

secondo per <strong>di</strong>struggerlo. Ma Tay era protetto dal suo Fuoco Magico, la<br />

magia evocata al momento della sua liberazione, preparata da lui in<br />

anticipo per proteggersi dalla vendetta del giar<strong>di</strong>no. Le liane lo<br />

sferzarono, si avvinghiarono a lui e cercarono <strong>di</strong> riportarlo<br />

all'interno, nelle profon<strong>di</strong>tà tenebrose. Ma il fuoco le fermò, le<br />

ridusse in cenere e protesse il druido. Jerle <strong>Shannara</strong> e gli altri<br />

corsero avanti, colpendo con le spade e i coltelli l'ondeggiante massa<br />

<strong>di</strong> liane. No! pensò Tay, cercando <strong>di</strong> fermarli. No, state lontano! Aveva<br />

or<strong>di</strong>nato loro <strong>di</strong> non avvicinarsi, aveva detto espressamente a Jerle <strong>di</strong><br />

avvertirli! Ma gli Elfi non erano riusciti a trattenersi: l'avevano<br />

visto arrivare con la Pietra Nera, e ora credevano che fosse in<br />

pericolo. Perciò andarono all'attacco, temerariamente, con le armi in<br />

pugno, senza pensare alla <strong>di</strong>mensione del pericolo. Troppo tar<strong>di</strong> si<br />

accorsero dell'errore. <strong>Il</strong> giar<strong>di</strong>no si lanciò contro <strong>di</strong> loro, veloce come<br />

il pensiero. Afferrò l'elfo più vicino, prima che riuscisse ad<br />

allontanarsi, lo strappò dai compagni e lo fece a pezzi. Freneticamente,<br />

Tay estese la protezione del Fuoco Magico ai compagni attaccati, anche<br />

se, così facendo, indeboliva la propria protezione. Poi si lanciò <strong>di</strong><br />

corsa verso le scale, gridando <strong>di</strong> seguirlo. Tutti gli obbe<strong>di</strong>rono.<br />

Eccetto uno: un altro dei Cacciatori, troppo lento per reagire, che,<br />

mentre si voltava per fuggire, fu preso per le spalle e trascinato verso<br />

la morte. Tay raggiunse le scale e cominciò a salire <strong>di</strong> corsa.<br />

Tutt'intorno a sé sentiva spezzarsi le linee <strong>di</strong> potere. La magia del<br />

giar<strong>di</strong>no si stava consumando. <strong>Il</strong> furto della Pietra Nera degli Elfi<br />

aveva causato un danno irrime<strong>di</strong>abile nelle profon<strong>di</strong>tà della forza vitale<br />

<strong>di</strong> Fauce Magna: la rete che la teneva insieme si era strappata<br />

irreparabilmente. Sotto i pie<strong>di</strong>, sentiva la terra fremere. "Che<br />

succede?" gridò Jerle, accostandosi a lui. "<strong>Il</strong> castello sta crollando!"<br />

esclamò Tay. "Dobbiamo uscire!" Senza fermarsi, ripercorsero i passaggi<br />

bui, le sale e i corridoi vuoti, <strong>di</strong>retti alla stretta apertura per cui<br />

erano entrati. Tay provava una strana sensazione che era insieme <strong>di</strong><br />

esaltazione e sconforto. Era libero, il suo trucco aveva avuto successo,<br />

e questa idea gli faceva scorrere più veloce il sangue nelle vene. Ma il<br />

costo che aveva dovuto pagare non gli era ancora chiaro. Non si sentiva


a posto; nel giar<strong>di</strong>no doveva avere subìto qualche danno che non sapeva<br />

ancora valutare. Abbassò gli occhi, come per controllare se era tutto<br />

intero. Ma non vide ferite. <strong>Il</strong> danno era dentro. Lungo le pareti della<br />

fortezza cominciarono ad apparire le prime crepe, che si aprivano e si<br />

allargavano davanti a loro. Molti blocchi <strong>di</strong> pietra, scossi con<br />

violenza, andavano in briciole. Tay aveva <strong>di</strong>strutto il potere <strong>di</strong> Fauce<br />

Magna, la magia accuratamente calibrata che teneva insieme il giar<strong>di</strong>no e<br />

il castello, il quale era assai più fragile <strong>di</strong> quanto non apparisse.<br />

Fauce Magna stava crollando. I suoi giorni nel mondo, che per tanto<br />

tempo si erano prolungati, stavano finendo. Preia Starle lo sorpassò<br />

rapida e corse avanti, gridando qualcosa. Aveva ripreso il posto <strong>di</strong><br />

esploratore e volava fra le pietre che sobbalzavano, i capelli color<br />

cannella che sventolavano. Tay la guardò allontanarsi, ma non riusciva a<br />

<strong>di</strong>stinguerla bene. Non riusciva a mettere a fuoco e faticava a<br />

respirare. <strong>Re</strong>spirò a fondo alcune volte, ma non bastò a fargli<br />

riprendere fiato. Stava per incespicare, ma Jerle <strong>Shannara</strong> lo raggiunse,<br />

lo afferrò e lo trascinò avanti. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro venivano Vree Erreden e<br />

l'ultimo Cacciatore. Quando uscirono dal castello e attraversarono il<br />

cortile per <strong>di</strong>rigersi verso il muro <strong>di</strong> cinta e la porta da cui erano<br />

entrati, pareti e soffitti cominciavano a crollare. Tay sentiva come un<br />

fuoco che gli bruciava nel petto. Una parte dell'immonda magia del<br />

giar<strong>di</strong>no doveva ancora essere dentro <strong>di</strong> lui. Cercò <strong>di</strong> isolarla, <strong>di</strong><br />

allontanarla dal resto del corpo usando la propria magia per soffocarla.<br />

Abbassò lo sguardo sul proprio petto, cercando <strong>di</strong> trarre rassicurazione<br />

da ciò che vedeva. Con suo orrore, la Pietra Nera pulsava debolmente<br />

contro il suo petto. <strong>Di</strong>stolse subito lo sguardo e si affrettò a coprire<br />

la gemma nera in modo che gli altri non la vedessero. I cinque uscirono<br />

in fretta dal cortile e si affrettarono a salire la scala che portava al<br />

cratere e al lago. <strong>Il</strong> rombo che si levava alle loro spalle era più<br />

forte; adesso si u<strong>di</strong>va anche lo scricchiolio delle pietre che si<br />

spaccavano e scivolavano le une sulle altre. <strong>Il</strong> passaggio era pieno <strong>di</strong><br />

polvere, riuscivano a malapena a respirare. Anche Vree Erreden<br />

incespicava, adesso, e il Cacciatore che correva accanto a lui lo aiutò.<br />

I quattro uomini continuarono ad avanzare a fatica, come vecchi,<br />

soffocando e tossendo, mentre Preia Starle li <strong>di</strong>stanziava sempre più Dal<br />

profondo della montagna si udì un'esplosione e una grande nuvola <strong>di</strong><br />

detriti li colpì da <strong>di</strong>etro, facendoli cadere sugli scalini. Scossi e<br />

stor<strong>di</strong>ti, si alzarono e proseguirono con determinazione. Tay sentiva<br />

scemare progressivamente le forze. <strong>Il</strong> dolore al petto si allargava.<br />

Sentiva le pulsazioni della Pietra Nera crescere d'intensità contro la<br />

sua pelle. La parte <strong>di</strong> magia del giar<strong>di</strong>no ancora chiusa dentro <strong>di</strong> lui si<br />

alimentava dei poteri della Pietra. Si era mascherato troppo bene. Si<br />

era alterato troppo profondamente. Aveva creduto <strong>di</strong> poter tornare ciò<br />

che era, ma il male <strong>di</strong> cui si era coperto non si lasciava cacciare via<br />

così facilmente. Strinse i denti e continuò a correre. Era stato lui ad<br />

assumersi quel rischio. Adesso era inutile recriminare. Giunsero infine<br />

all'apertura e al declivio pietroso che scendeva fino al lago,<br />

all'interno del cratere. Preia Starle era ferma a pochi passi da loro, e<br />

sembrava paralizzata dalla sorpresa "Per tutte le ombre!" sibilò Jerle<br />

<strong>Shannara</strong>. Davanti a loro, <strong>di</strong>sposti a semicerchio in modo da bloccare<br />

ogni via <strong>di</strong> scampo, c'erano decine <strong>di</strong> Gnomi. Al centro, ammantati <strong>di</strong>


nero e curvi come spettri in attesa del tramonto, c'erano due<br />

spaventevoli Messaggeri del Teschio. I loro inseguitori erano riusciti a<br />

trovarli. Gli Elfi si fermarono bruscamente <strong>di</strong>etro Preia. Tay fece<br />

presto i conti. Erano in cinque contro un centinaio. Non avevano<br />

possibilità <strong>di</strong> scampo. Preia in<strong>di</strong>etreggiò adagio, fino a portarsi<br />

accanto a Jerle. Non aveva estratto alcuna arma. "Li ho trovati qui ad<br />

aspettarci, quando sono uscita" spiegò con voce calma, senza traccia <strong>di</strong><br />

paura. Lanciò un'occhiata a Tay, con espressione stranamente serena.<br />

"Sono troppi per noi." Jerle annuì. Guardò cupo Tay. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro, dal<br />

passaggio, scaturì una nube <strong>di</strong> polvere, mentre una nuova serie <strong>di</strong><br />

esplosioni scuoteva la montagna. La terra tremò sotto i loro pie<strong>di</strong>.<br />

Un'ultima reazione al crollo <strong>di</strong> Fauce Magna e alla fine della sua magia.<br />

"Dobbiamo tornare in<strong>di</strong>etro" sussurrò Jerle. "Forse c'è un'altra uscita."<br />

Ma non ce n'erano: Tay lo sapeva. C'era solo quella che passava<br />

attraverso i Messaggeri del Teschio e gli Gnomi. Ritornare nel passaggio<br />

era un suici<strong>di</strong>o. L'intera montagna stava crollando, e ogni creatura<br />

intrappolata nelle sue gallerie sarebbe rimasta schiacciata. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong><br />

lui, l'ultimo Cacciatore degli Elfi si staccò da Vree Erreden e lasciò<br />

che si accasciasse a terra. <strong>Il</strong> locat era semisvenuto. Aveva la testa e<br />

la faccia insanguinate. Quando era stato ferito? si chiese Tay. Non se<br />

n'era accorto. <strong>Il</strong> Cacciatore degli Elfi si portò al suo fianco. La loro<br />

situazione era <strong>di</strong>sperata, pensò Tay. Si staccò da Jerle, per controllare<br />

se era in grado <strong>di</strong> tenersi in pie<strong>di</strong> senza aiuto. Scoprì <strong>di</strong> poterlo fare.<br />

Si raddrizzò, poi fissò l'amico. Jerle lo guardò con sospetto, e Tay gli<br />

sorrise, anche se questo gli costò uno sforzo. Preia Starle lo guardava<br />

incuriosita. Nei suoi occhi si scorgeva una luce <strong>di</strong> sfida: forse aveva<br />

visto ciò che Jerle non era riuscito a vedere. "Aspettatemi qui" <strong>di</strong>sse<br />

loro. "Che inten<strong>di</strong> fare?" gli chiese il guerriero, prendendolo per il<br />

braccio e cercando <strong>di</strong> fermarlo. Tay si liberò, con calma. "Tutto a<br />

posto" lo rassicurò. "Aspettatemi qui." Scese lungo il pen<strong>di</strong>o, saggiando<br />

con cura i punti dove metteva i pie<strong>di</strong> sulla roccia liscia e friabile e<br />

percependo le vibrazioni della montagna mentre la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Fauce<br />

Magna proseguiva inesorabile. Alzò lo sguardo verso le cime dei monti<br />

per cogliere tutta la <strong>di</strong>mensione del cratere e del lago che vi era<br />

imprigionato, le pareti <strong>di</strong> roccia, il sole che tramontava, e lasciò che<br />

i suoi pensieri vagassero lontano. Pensò a Bremen e a Risca, che in quel<br />

momento, in qualche altra regione delle Quattro Terre, combattevano le<br />

loro battaglie. Cercò <strong>di</strong> immaginare dove fossero in quel momento. Pensò<br />

alla famiglia e alla casa <strong>di</strong> Arborlon, ai genitori e a Kira, al fratello<br />

e alla sua famiglia, ai vecchi amici, ai luoghi dov'era vissuto. Pensò<br />

alla rocca <strong>di</strong> Paranor, condannata alla morte, e ai Drui<strong>di</strong>. In pochi<br />

momenti rivisse il passato e il presente, li allargò davanti a sé e poi<br />

li chiuse <strong>di</strong> nuovo. Si fermò quando giunse a una decina <strong>di</strong> passi dai<br />

Messaggeri del Teschio. Si erano rizzati in pie<strong>di</strong> e lo guardavano con<br />

occhi rossi come la brace, il volto nascosto nel cappuccio. Tay sapeva<br />

<strong>di</strong> non avere la magia occorrente per vincerli. L'aveva consumata a Fauce<br />

Magna, ed era esausto e malato. Accettò con calma questa realtà. La<br />

ricerca della Pietra Nera era finita: ormai era sufficiente portarla ad<br />

Arborlon. I suoi compagni dovevano assolutamente poter tornare a casa. E<br />

toccava a lui, Tay, metterli in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> farlo. Un tempo sarebbe<br />

riuscito a <strong>di</strong>fenderli tutti, ma adesso aveva a malapena la forza <strong>di</strong>


proteggere se stesso. Eppure doveva farlo, i suoi compagni non avevano<br />

altra risorsa che lui. Abbassò lo sguardo sulla propria mano. In essa<br />

stringeva il potere della Pietra Nera. Bremen l'aveva avvertito <strong>di</strong> non<br />

usarla, e lui aveva promesso. Ma non sempre le cose vanno come si vuole.<br />

Sollevò bruscamente il pugno e sentì la Pietra Nera pulsare contro il<br />

suo palmo. Facendo appello a tutta la forza e alla determinazione che<br />

rimanevano in lui, scese fino al cuore della gemma e ne evocò il potere.<br />

I Messaggeri del Teschio stavano già entrando in azione. Accortisi del<br />

pericolo, avevano già attivato il loro fuoco mortale e un verde chiarore<br />

malvagio saettò contro <strong>di</strong> lui per ucciderlo. Ma non furono abbastanza<br />

svelti. La Pietra Nera era in attesa del comando <strong>di</strong> Tay, l'aveva<br />

previsto, si era legata a lui fin dal momento in cui l'aveva prelevata,<br />

in un rapporto <strong>di</strong> padrone-schiavo, ma con i ruoli ancora da definire.<br />

Pulsando d'impazienza, la magia della Pietra scaturì dalle <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Tay<br />

in una lama <strong>di</strong> non-luce, un vuoto nero che inghiottiva tutto ciò che<br />

trovava sul suo cammino. <strong>Di</strong>strusse il fuoco dei Messaggeri. <strong>Di</strong>strusse i<br />

Messaggeri stessi. <strong>Di</strong>strusse gli Gnomi dal primo all'ultimo, anche<br />

quelli che cercarono <strong>di</strong> fuggire in preda al terrore. <strong>Di</strong>vorò tutto.<br />

Ridusse in cenere uomini e mostri, poi rubò le loro vite e le riversò in<br />

colui che la impugnava. Tay fremette e gridò, quando la magia della<br />

Pietra ritornò a lui, impregnata delle vite delle vittime. La malvagità<br />

dei Messaggeri e la forza del loro fuoco penetrò in profon<strong>di</strong>tà dentro <strong>di</strong><br />

lui, insieme con le loro cupe finalità; le loro brame perverse si<br />

accumularono dentro <strong>di</strong> lui, straziandolo. In quell'istante, Tay comprese<br />

il segreto delle Pietra Nera degli Elfi: annullare il potere delle altre<br />

magie, rubarlo e farlo proprio. Ma il prezzo era orrendo, perché il<br />

potere rubato si trasferiva in chi usava la Pietra e ne cambiava per<br />

sempre la natura. In pochi istanti, tutto finì. Tutti i nemici che li<br />

minacciavano erano spariti. Nel cratere si scorgevano solo mucchietti <strong>di</strong><br />

cenere, qualche arma, pezzi <strong>di</strong> stoffa e cuoio. Nell'aria gravava un<br />

forte odore <strong>di</strong> carne bruciata. Sulla superficie del lago si allargavano<br />

le onde causate dal calore della Pietra Nera. Tay s'inginocchiò, mentre<br />

la magia continuava a muoversi dentro <strong>di</strong> lui. Sentì che consumava il suo<br />

corpo e il suo spirito, li riduceva in polvere, ma non poteva far nulla<br />

contro <strong>di</strong> essa. La magia lo stava <strong>di</strong>struggendo e ricostruendo. La Pietra<br />

Nera gli sfuggì dalle <strong>di</strong>ta e cadde tra i sassi. La sua non-luce era<br />

spenta, non pulsava più. Tay la fissò, cercando <strong>di</strong> concentrare la<br />

propria magia per fermare l'invasione del suo corpo. Chiuse le palpebre<br />

per il dolore. Non si sarebbe mai aspettato qualcosa <strong>di</strong> simile. Aveva<br />

<strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>to a Bremen, e quello era lo scotto. Jerle <strong>Shannara</strong> gli si<br />

avvicinò, lo sorresse e si chinò a <strong>di</strong>rgli qualcosa Con lui c'era anche<br />

Preia. Tay u<strong>di</strong>va le loro voci ma non capiva le parole. Chiuse gli occhi<br />

e continuò a lottare contro la magia della Pietra. Era rimasto per<br />

troppo tempo nel giar<strong>di</strong>no. La magia era entrata in lui, aveva messo<br />

ra<strong>di</strong>ci in attesa che cedesse alla tentazione <strong>di</strong> usarla. Tay non aveva<br />

previsto quella trappola. Aveva dovuto pensare a tanti altri<br />

particolari, erano successe tante cose. "Tay!" gridò Preia, accanto a<br />

lui. Una sorta <strong>di</strong> buio stava crescendo dentro il suo essere, un'entità<br />

invadente e incre<strong>di</strong>bilmente malvagia. Tay veniva trasformato in una<br />

creatura <strong>di</strong>versa, per effetto della magia che si era riversata in lui e<br />

che conteneva l'immonda essenza dei Messaggeri del Teschio. Quella magia


lo stava corrompendo, e lui non era in grado <strong>di</strong> opporsi perché troppo<br />

debole. "Preia!" mormorò. "Avverti Bremen..." Poi si sentì portar via,<br />

verso un altro tempo e un altro luogo. Ad Arborlon era estate e lui era<br />

bambino. Giocava con Jerle ed era caduto mentre cercava <strong>di</strong> salire su un<br />

muretto. Aveva battuto la testa ed era steso sull'erba. Jerle, vicino a<br />

lui, <strong>di</strong>ceva: "Oh, non fare tanto il bambino! E' una caduta da nulla! Non<br />

ti sei fatto niente!". E lui cercava <strong>di</strong> alzarsi, anche se gli girava la<br />

testa ed era stor<strong>di</strong>to e s'era graffiato i gomiti e la faccia. Ma Preia,<br />

che giocava con loro, l'aveva preso tra le braccia e gli aveva detto:<br />

"Non preoccuparti, Tay. Aspetta che ti passi lo stor<strong>di</strong>mento. Non c'è<br />

nessuna fretta". Aprì gli occhi. Jerle <strong>Shannara</strong> lo teneva fra le braccia<br />

e il suo viso era affranto. Preia era inginocchiata accanto a lui, gli<br />

occhi pieni <strong>di</strong> lacrime e le gote che luccicavano. Trovò la mano <strong>di</strong> lei e<br />

la strinse. Poi, come aveva fatto con <strong>Re</strong>tten Kipp, usò la poca magia che<br />

gli rimaneva per fermare il cuore e i polmoni. Lentamente, sentì il<br />

cuore rallentare i battiti. Anche la <strong>di</strong>struzione del suo corpo rallentò,<br />

e venne bloccata. La sonnolenza si impadronì <strong>di</strong> lui. Era tutto ciò che<br />

gli rimaneva. Dormire. Una coltre <strong>di</strong> oscurità gli velò gli occhi e gli<br />

rubò la vista. Dopo un solo gemito, giunse rapida e pietosa la morte,<br />

che lo portò via con sé.<br />

Parte terza<br />

LA FUSIONE DELLA SPADA<br />

18<br />

Bremen, Mareth e Kinson Ravenlock impiegarono quasi una settimana a<br />

raggiungere la Pietra del Focolare. Percorsero a pie<strong>di</strong> l'intero<br />

tragitto, perché tanto il druido quanto il Cacciatore erano certi <strong>di</strong><br />

risparmiare tempo andando a pie<strong>di</strong> anziché a cavallo. Era una regione ben<br />

nota a entrambi, perché l'avevano attraversata molte volte, e talune<br />

scorciatoie scoperte nel corso degli anni non si potevano percorrere in<br />

sella. Dopo un breve tratto in pianura si entrava in una regione dove<br />

era necessario rinunciare ai cavalli, perciò avevano risolto <strong>di</strong> fare<br />

l'intero percorso a pie<strong>di</strong> e non complicarsi la vita. Tutto bene per<br />

loro, aveva pensato Mareth. Entrambi erano abituati a compiere a pie<strong>di</strong><br />

lunghissimi percorsi. Lei no, ma non aveva fatto commenti. Kinson era in<br />

testa e procedeva a un passo che, secondo lui, doveva essere agevole per<br />

tutti e tre. Sapeva che la giovane non era abituata a camminare come lui<br />

e Bremen, ma l'aveva giu<strong>di</strong>cata abbastanza robusta. Per i primi due<br />

giorni camminarono in piano, su strade e sentieri ben tracciati. Si<br />

fermavano spesso perché Mareth riposasse e ogni volta le ricordavano la<br />

necessità <strong>di</strong> bere in abbondanza. La sera Kinson le controllava gli<br />

stivali e i pie<strong>di</strong> per assicurarsi che fossero a posto. Stranamente, lei<br />

non si opponeva. Dal giorno del ritorno <strong>di</strong> Bremen si era un po' isolata,<br />

e Kinson pensava che si preparasse a rivelare al druido la verità su se<br />

stessa. Attraversarono il passo delle Montagne del Wolfsktaag ed<br />

entrarono nella Terrabuia. Per gran parte del tempo avevano seguito il<br />

Fiume Raab, perché era un buon punto <strong>di</strong> riferimento e permetteva loro <strong>di</strong><br />

rifornirsi d'acqua. Le giornate erano pigre e soleggiate, le notti<br />

tranquille. I fitti boschi li nascondevano e il viaggio proseguiva senza<br />

incidenti. La terza notte Mareth mantenne la promessa, rivelando a<br />

Bremen <strong>di</strong> avergli mentito sulla sua permanenza a Storlock. Non<br />

appartenendo agli Stor, non era stata accettata nell'or<strong>di</strong>ne e non aveva


stu<strong>di</strong>ato con loro le arti della guarigione. Le sue conoscenze le aveva<br />

apprese con la pratica, a volte con fatica e dolore. Aveva l'impressione<br />

che la sua magia operasse meglio quando la impiegava per guarire, <strong>di</strong><br />

riuscire a tenerla più sotto controllo. Parlò anche <strong>di</strong> Cogline. Ammise<br />

che era stato lui a consigliarle <strong>di</strong> recarsi a Paranor, dove i Drui<strong>di</strong><br />

potevano aiutarla a dominare la sua magia, e a procurarle i documenti<br />

falsi che l'avevano fatta accettare come appren<strong>di</strong>sta. Con una certa<br />

sorpresa da parte <strong>di</strong> Kinson, Bremen non s'incollerì affatto. Ascoltò con<br />

attenzione la giovane donna, annuì alcune volte e non fece commenti.<br />

Sedevano tutti e tre attorno al fuoco, dopo cena. Le fiamme erano ormai<br />

ridotte a poche braci, la notte era illuminata dalla luna e dalle<br />

stelle. Bremen non guardò mai Kinson. Anzi, pareva essersi <strong>di</strong>menticato<br />

della sua esistenza. Quando la fanciulla terminò la narrazione, Bremen<br />

le sorrise incoraggiante. "Be', sei una giovane davvero intraprendente.<br />

E sono lieto della tua fiducia in Kinson e in me. Cercheremo <strong>di</strong><br />

aiutarti, naturalmente. Quanto a Cogline, l'idea <strong>di</strong> mandarti a Paranor<br />

con documenti falsi e <strong>di</strong> incoraggiarti a mentire è proprio da lui.<br />

Cogline non ha alcuna simpatia per i Drui<strong>di</strong> ed è sempre <strong>di</strong>sposto a<br />

giocargli un tiro. Ma sapeva anche, ritengo, che se tu fossi stata<br />

sufficientemente determinata nel cercare la verità sulla tua magia,<br />

prima o poi avresti trovato il modo <strong>di</strong> parlarmi." "Conosci bene<br />

Cogline?" gli chiese Mareth. "Come chiunque altro. Era un druido ben<br />

prima che io entrassi a Paranor, all'epoca della Guerra delle Razze. Ha<br />

conosciuto Brona e in una certa misura ha con<strong>di</strong>viso le sue idee. Pensava<br />

che tutte le strade della conoscenza dovessero venire esplorate e che<br />

nessuna forma <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o dovesse essere proibita: in questo, era anche<br />

lui una sorta <strong>di</strong> ribelle. Ma era anche un uomo serio e attento. Non<br />

avrebbe mai corso i rischi che ha corso Brona. "Ha lasciato l'or<strong>di</strong>ne dei<br />

Drui<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> Brona perché era profondamente deluso dai vincoli posti<br />

alle sue ricerche. <strong>Il</strong> suo principale interesse erano le scienze perdute,<br />

quelle utilizzate dal vecchio mondo prima della sua <strong>di</strong>struzione. Ma il<br />

Grande Druido e il Consiglio non approvavano il suo lavoro. A<br />

quell'epoca preferivano la magia, <strong>di</strong> cui invece Cogline non si fidava.<br />

Per loro, era meglio lasciare in pace le antiche scienze, che erano<br />

servite a molte cose, nel vecchio mondo, ma l'avevano anche <strong>di</strong>strutto.<br />

La scoperta dei loro segreti doveva avvenire lentamente, con cautela e<br />

solo per scopi limitati. Tutto questo, per Cogline, era una sciocchezza.<br />

La scienza non si lascia imporre limiti, sosteneva. Non si lascia<br />

svelare secondo le scadenze imposte dagli uomini, ma secondo le<br />

proprie." Bremen incrociò le braccia e sorrise al ricordo. In quella<br />

posizione, sembrava tutto ossa e spigoli. "Così Cogline se ne andò,<br />

infuriato per i torti che gli erano stati fatti e, suppongo, per i<br />

propri errori. Si stabilì nella Terrabuia e riprese gli stu<strong>di</strong> per conto<br />

suo. <strong>Di</strong> tanto in tanto ci siamo incontrati, per caso, e abbiamo parlato,<br />

ci siamo scambiati informazioni e idee. Tutt'e due siamo degli esuli, in<br />

un certo senso. Ma Cogline si rifiuta <strong>di</strong> considerarsi un druido, mentre<br />

io rifiuto <strong>di</strong> considerarmi qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso." "E' vissuto molto più<br />

<strong>di</strong> te" commentò Kinson, chinandosi a riattizzare le braci con la punta<br />

<strong>di</strong> un bastone. Non guardò Bremen, nel <strong>di</strong>rlo. "Conosce il Sonno Magico,<br />

se ti riferisci a questo" rispose Bremen, tranquillo. "E' l'unica<br />

concessione alla magia che si sia mai permesso. Non si fida delle altre


pratiche magiche." Guardò Mareth. "Ritiene la magia pericolosa e<br />

incontrollabile. Dev'essere rimasto molto sod<strong>di</strong>sfatto, penso, nel sapere<br />

che anche tu l'avevi trovata tale. Mandandoti a Paranor, forse cercava<br />

<strong>di</strong> segnare un punto a proprio favore. Però tu hai nascosto troppo bene<br />

il tuo segreto, e i Drui<strong>di</strong> non hanno mai scoperto le tue capacità."<br />

Mareth annuì, ma non fece commenti e si limitò a fissare pensierosa le<br />

ombre che li circondavano. Kinson si stiracchiò. Era irritato con tutt'e<br />

due. La gente tendeva a complicarsi la vita inutilmente, e Bremen e<br />

Mareth ne costituivano un esempio. Fissò Bremen. "Visto che stiamo<br />

tirando fuori i nostri segreti e il nostro passato, spiegami una cosa.<br />

Perché an<strong>di</strong>amo alla Pietra del Focolare? A che ci serve Cogline?" Bremen<br />

lo guardò per un attimo, prima <strong>di</strong> parlare. "Come ho detto, Cogline ha<br />

proseguito i suoi stu<strong>di</strong> sulle antiche scienze. Conosce segreti che<br />

nessun altro ha mai svelato. Uno <strong>di</strong> questi potrebbe esserci utile."<br />

S'interruppe e sorrise. A quanto poteva capire Kinson, non aveva<br />

intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>re altro. Probabilmente aveva le sue ragioni, oltre<br />

quella <strong>di</strong> irritare lui, ma Kinson non gliele chiese. Annuì e si alzò.<br />

"Faccio il primo turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a" <strong>di</strong>sse, allontanandosi. Continuò a<br />

riflettere su Bremen e su Cogline fino a mezzanotte, quando il druido<br />

venne a dargli il cambio. <strong>Il</strong> vecchio comparve dal nulla - nemmeno questa<br />

volta Kinson l'udì arrivare - e si sedette accanto a lui. Si tennero<br />

compagnia per qualche minuto, senza parlare, gli occhi persi nel buio<br />

della notte. Sedevano su un basso affioramento <strong>di</strong> roccia da cui si<br />

vedeva il fiume Raab snodarsi tra gli alberi, argenteo e placido alla<br />

luce della luna. <strong>Il</strong> bosco era tranquillo e silenzioso, l'aria profumava<br />

<strong>di</strong> ginepro e <strong>di</strong> abete. <strong>Il</strong> confine della Terrabuia era a ovest, poco<br />

lontano da dov'erano, e l'indomani vi sarebbero penetrati. Laggiù il<br />

terreno era assai più accidentato e la marcia sarebbe stata più lenta.<br />

"Quello che Cogline ci può fornire" <strong>di</strong>sse improvvisamente il vecchio<br />

druido, a bassa voce "è la sua conoscenza dei metalli. Ricor<strong>di</strong> la<br />

visione? Riguardava un'arma magica capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il Signore<br />

degli Inganni. Una spada. La impugnerà in battaglia un uomo che non<br />

conosciamo ancora. La spada ha bisogno <strong>di</strong> alcune caratteristiche per<br />

resistere al potere <strong>di</strong> Brona, e una <strong>di</strong> queste è una tempra che la renda<br />

robusta quanto le migliori spade del passato. Cogline può insegnarci la<br />

tecnica" Guardò Kinson e gli sorrise. "Pensavo che fosse meglio tenere<br />

per noi questa informazione." Kinson annuì, senza rispondere. Abbassò<br />

gli occhi, annuì una seconda volta e si alzò. "Buona notte, Bremen." Si<br />

voltò per allontanarsi. "Kinson?" <strong>Il</strong> cacciatore della Frontiera si girò.<br />

Bremen aveva <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>stolto lo sguardo, fissava il fiume e gli<br />

alberi. "Non sarei tanto sicuro che abbiamo tirato fuori tutti i segreti<br />

e le storie del passato. Mareth è una giovane molto cauta e decisa. Ha i<br />

propri motivi per agire così e li tiene per sé finché non ritiene<br />

prudente rivelarli." S'interruppe per un istante. "Come sai anche tu.<br />

Buona notte." Kinson rimase accanto a lui ancora per un istante, poi si<br />

allontanò. Proseguirono ancora per tre giorni in un territorio così<br />

accidentato che le sole piste erano quelle degli animali. Non videro<br />

altri esseri umani, non trovarono impronte. <strong>Il</strong> terreno era collinoso,<br />

spezzato da pietraie, affioramenti <strong>di</strong> rocce e letti asciutti <strong>di</strong> torrenti<br />

scavati dalle inondazioni primaverili del Fiume Raab: il tutto soffocato<br />

da sterpaglie ed erba alta fino alla cintola. In decine <strong>di</strong> punti il


fiume era uscito dall'alveo e formava anse e palu<strong>di</strong>, e i tre viandanti<br />

non potevano più affidarsi al suo corso per orientarsi. Kinson li<br />

condusse lontano dal fiume e dalle sue tracimazioni per entrare nelle<br />

foreste, dove gli alberi riuscivano a bloccare la crescita degli arbusti<br />

del sottobosco e permettevano <strong>di</strong> avanzare più agevolmente che negli<br />

acquitrini del Raab. <strong>Il</strong> cielo rimase sereno, e il piccolo gruppo riuscì<br />

a percorrere un <strong>di</strong>screto tratto ogni giorno. Mentre camminavano, Bremen<br />

rimase accanto a Mareth per parlarle della sua magia e consigliarla. "Ci<br />

sono dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> controllarla" spiegò. "La <strong>di</strong>fficoltà sta nel trovare<br />

quelli adatti a ciascuna forma. La magia innata è più complessa <strong>di</strong><br />

quella acquisita, perché quest'ultima si impara gradualmente, attraverso<br />

tentativi ed errori. Scopri ciò che funziona e ciò che non funziona,<br />

impari a prevedere gli effetti delle tue azioni e alla fine scopri anche<br />

la causa <strong>di</strong> ciò che fai. Ma con la magia innata è impossibile. Quella<br />

magia c'è già, nasce con te, fa parte della tua carne e del tuo sangue.<br />

Fa quello che vuole, quando lo vuole e nel modo che vuole, e a te non<br />

resta che cercare <strong>di</strong> capire come sia successo. "Inoltre il problema <strong>di</strong><br />

controllare la magia innata è complicato da altri fattori che<br />

influiscono sul suo manifestarsi. <strong>Il</strong> tuo carattere può influire sulla<br />

magia. Le tue emozioni. Anche il tuo corpo: il tuo organismo si <strong>di</strong>fende<br />

da tutto ciò che minaccia la tua salute, e questo può influire sulla<br />

magia. Anche le tue opinioni e il tuo modo <strong>di</strong> ragionare influiscono. La<br />

magia è come un camaleonte. A volte si limita ad arrendersi e a<br />

scomparire, senza infrangere le tue <strong>di</strong>fese o gli ostacoli che metti sul<br />

suo cammino. A volte si accumula e preme per abbatterli, per aprirsi la<br />

strada nonostante tutto quello che fai per fermarla." "Perché si<br />

manifesta sempre con tanta intensità?" chiese Mareth. E Bremen rispose:<br />

"E' ciò che dobbiamo scoprire". <strong>Il</strong> sesto giorno arrivarono alla Pietra<br />

del Focolare. Era appena passato mezzogiorno, e avevano attraversato una<br />

serie <strong>di</strong> collinette scoscese che, procedendo, s'innalzavano fino a<br />

formare le Montagne del Corvo. Erano accaldati, avevano male ai pie<strong>di</strong> e<br />

da quando si erano lasciati alle spalle il Raab, cioè da due giorni, non<br />

si lavavano. Nessuno aveva molta voglia <strong>di</strong> parlare: de<strong>di</strong>cavano ogni<br />

energia a raggiungere la loro destinazione prima <strong>di</strong> notte, come promesso<br />

da Kinson. Nonostante la cattiva reputazione della Terrabuia, non<br />

avevano corso alcun pericolo, e cominciavano ad<strong>di</strong>rittura ad annoiarsi <strong>di</strong><br />

un viaggio così monotono. Perciò videro con sollievo il pinnacolo<br />

isolato, vagamente a forma <strong>di</strong> camino luccicante ai raggi del sole, che<br />

sorgeva in fondo alla valle. Uscirono da una macchia <strong>di</strong> abeti dove<br />

l'ombra era così fitta da costringerli a farsi strada col bastone, e se<br />

lo trovarono <strong>di</strong>nanzi. Kinson lo in<strong>di</strong>cò, ma Bremen e Mareth l'avevano già<br />

visto e sorridevano. Scesero lungo il pen<strong>di</strong>o, in mezzo a macchie <strong>di</strong><br />

fiori selvatici, fino a raggiungere l'ombra dei boschi che coprivano il<br />

fondo valle. In un completo silenzio, attraversarono alte macchie <strong>di</strong><br />

querce, olmi, noci, betulle. C'erano gigantesche conifere, vecchie <strong>di</strong><br />

centinaia d'anni, ma dominavano le querce. Chiusi fra un soffitto <strong>di</strong><br />

fronde e una parete <strong>di</strong> tronchi, in breve persero <strong>di</strong> vista la Pietra del<br />

Focolare. Kinson avanzava cercando impronte ma senza trovarne, e<br />

cominciava a chiedersi il perché. Se Cogline abitava nella valle, non<br />

passava mai <strong>di</strong> lì? Non c'era traccia <strong>di</strong> esseri umani. C'erano uccelli e<br />

altri piccoli animali ma nient'altro. Attraversarono un ruscello,


passando in mezzo alla nebbiolina proveniente da una cascatella. Kinson<br />

si passò la mano sulla faccia, chiuse gli occhi e si asciugò il sudore<br />

dalla fronte. Batté le palpebre per liberarsi gli occhi dall'umi<strong>di</strong>tà e<br />

guardò Bremen e Mareth, che lo seguivano a breve <strong>di</strong>stanza. Provava una<br />

sorta d'inquietu<strong>di</strong>ne, ma non riusciva a capirne la fonte. L'istinto <strong>di</strong><br />

cacciatore lo avvertiva che c'era qualcosa <strong>di</strong> stonato, ma nessuno dei<br />

suoi compagni pareva preoccuparsene. In<strong>di</strong>etreggiò <strong>di</strong> un passo per<br />

ricongiungersi a loro. "C'è qualcosa che non va..." mormorò. Mareth lo<br />

guardò senza capire, Bremen si strinse nelle spalle. Irritato, Kinson<br />

proseguì. Attraversarono una radura, raggiunsero un filare <strong>di</strong> abeti e si<br />

spinsero in mezzo alla cortina <strong>di</strong> rami. All'improvviso, Kinson sentì<br />

odore <strong>di</strong> fumo, rallentò e si voltò per avvertire gli altri. "Guarda<br />

davanti a te" lo avvertì Bremen accennando a qualcosa che stava <strong>di</strong>etro<br />

Kinson, e in quell'istante vide Mareth rimanere a bocca aperta. Kinson<br />

si girò <strong>di</strong> scatto e si trovò faccia a faccia con il più grosso leone <strong>di</strong><br />

palude che avesse mai visto. L'animale era a pochi passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e<br />

lo guardava. Gli occhi, luminosi come lanterne, erano gialli e il muso<br />

nero, ma il manto <strong>di</strong> un curioso marrone pezzato. Era <strong>di</strong>fficile vedere<br />

felini <strong>di</strong> quella razza, e si <strong>di</strong>ceva che comparissero davanti alle<br />

persone in punto <strong>di</strong> morte. In genere si tenevano lontani dall'uomo,<br />

nelle palu<strong>di</strong> dell'Est, ed erano <strong>di</strong>fficili da scorgere perché si<br />

mimetizzavano con l'ambiente. In genere erano lunghi sei pie<strong>di</strong> e la loro<br />

testa arrivava al petto <strong>di</strong> un uomo, ma quello era più lungo della me<strong>di</strong>a<br />

e alto almeno una spanna più dei suoi simili. Riusciva quasi a fissare<br />

Kinson negli occhi. Se avesse voluto attaccarlo, l'avrebbe travolto in<br />

un batter d'occhio. "Bremen" <strong>di</strong>sse sottovoce il cacciatore. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong><br />

lui si levò uno strano cinguettio, e il leone piegò la testa come se lo<br />

riconoscesse. <strong>Il</strong> richiamo si ripeté e Kinson comprese che era Bremen a<br />

emetterlo. <strong>Il</strong> felino si leccò il muso, emise in risposta un richiamo<br />

simile e si allontanò. Bremen raggiunse l'attonito uomo della Frontiera<br />

e gli posò la mano sulla spalla, per rassicurarlo. "E' il leone <strong>di</strong><br />

Cogline" gli spiegò. "<strong>Di</strong>rei che siamo vicini al nostro uomo, non ti<br />

pare?" Uscirono dagli alberi, attraversarono un prato in cui scorreva un<br />

ruscello e girarono attorno a un'enorme quercia bianca. <strong>Il</strong> leone li<br />

precedeva, in silenzio, senza fretta ma senza rallentare, in apparenza<br />

<strong>di</strong>sinteressato ma tenendoli sempre d'occhio. Kinson rivolse un'occhiata<br />

interrogativa a Mareth, ma lei scosse la testa. A quanto pareva, ne<br />

sapeva quanto lui. Infine raggiunsero un'ampia radura in cui si scorgeva<br />

una piccola capanna <strong>di</strong> tronchi. La costruzione era semplice e consumata<br />

dalle intemperie, e avrebbe avuto bisogno <strong>di</strong> riparazioni: le assi delle<br />

pareti si staccavano, gli scuri pendevano dai car<strong>di</strong>ni, le doghe del<br />

piccolo porticato erano rotte e scheggiate. <strong>Il</strong> tetto era abbastanza<br />

robusto e il camino era intero, ma l'orto che cresceva davanti alla casa<br />

era trascurato da tempo e le erbacce si affollavano speranzose attorno<br />

alle fondamenta della casa. Un uomo li aspettava davanti alla porta, e<br />

Kinson, dalla descrizione <strong>di</strong> Mareth, riconobbe subito Cogline. Era alto<br />

e leggermente curvo, scarno e alquanto in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, con un vestito che<br />

era pressappoco nelle stesse con<strong>di</strong>zioni della capanna. Aveva i capelli<br />

neri, con molte striature grigie, ritti come gli aculei <strong>di</strong> un<br />

porcospino. Dal mento gli spuntava una barbetta a punta, e dal labbro<br />

superiore gli pendeva un lungo paio <strong>di</strong> baffi. Aveva il viso coperto <strong>di</strong>


ughe che segnalavano qualcosa <strong>di</strong> più del semplice trascorrere del<br />

tempo. Si portò le mani sui fianchi e aspettò che arrivassero a lui,<br />

mentre un ampio sorriso gli si <strong>di</strong>segnava sul volto. "Guarda, guarda!"<br />

esclamò allegramente. "La fanciulla <strong>di</strong> Storlock è venuta a trovarmi. Non<br />

pensavo <strong>di</strong> rivederti. Hai più fegato <strong>di</strong> quanto credessi. E hai trovato<br />

il maestro <strong>di</strong> magia, vero? Benvenuto, Bremen <strong>di</strong> Paranor!" "Felice <strong>di</strong><br />

vederti, Cogline" rispose Bremen, tendendogli la mano. L'altro la<br />

strinse per qualche istante. "Hai mandato il tuo leone a salutarci. Come<br />

si chiama? Cambiacolore? Ha fatto fare un tale salto al mio amico, da<br />

togliergli almeno cinque anni <strong>di</strong> vita." "Ah, ma noi abbiamo il rime<strong>di</strong>o<br />

anche per quello, e se il tuo amico è Kinson Ravenlock probabilmente lo<br />

conosce già." Salutò il cacciatore della Frontiera con un cenno della<br />

mano. "<strong>Il</strong> Sonno Magico ti ridarà quegli anni in men che non si <strong>di</strong>ca!"<br />

Piegò la testa in <strong>di</strong>rezione del leone. "Sai a che cosa mi serve, amico<br />

mio?" Quando l'uomo della Frontiera scosse la testa, spiegò: "Ad<br />

allontanare gli ospiti indesiderati, categoria che comprende quasi<br />

tutti. I soli che arrivano qui sono coloro che sanno parlargli. Bremen è<br />

uno <strong>di</strong> questi, vero, vecchio mio?". Bremen rise. "Vecchio mio? Senti chi<br />

parla!" "Allora, la fanciulla è riuscita a trovarti, eh? Ce ne ha messo<br />

<strong>di</strong> tempo. Mareth, vero?" Cogline le rivolse un piccolo inchino. "Un bel<br />

nome per una bella giovane. Spero che, turbati dal tuo fascino, quei<br />

Drui<strong>di</strong> abbiano fatto una brutta fine." Bremen fece un passo avanti. Non<br />

sorrideva più. "La brutta fine se la sono cercata da soli, temo. Meno <strong>di</strong><br />

due settimane fa, Cogline. A Paranor sono morti tutti, tranne me e due<br />

altri. Non lo sapevi?" L'altro lo guardò come se fosse impazzito, poi<br />

scosse la testa. "Non sapevo nulla. Del resto, è parecchio tempo che non<br />

lascio la valle. Tutti morti, <strong>di</strong>ci? Ne sei certo?" Bremen infilò la mano<br />

nella veste e ne trasse l'Eilt Druin. Lo tenne sollevato, facendolo<br />

dondolare alla luce. Cogline fece una smorfia. "Vero. Non potresti<br />

averlo se Athabasca fosse vivo. Morti, <strong>di</strong>ci? Per tutte le ombre! Chi è<br />

stato? Lui?" Bremen annuì. Non c'era bisogno <strong>di</strong> pronunciare il nome.<br />

Cogline scosse <strong>di</strong> nuovo la testa, incrociò le braccia sul petto,<br />

rabbrividì. "Non avrei mai augurato loro una fine simile. Non pensavo<br />

che potesse succedere. Ma erano degli imbecilli, Bremen, e tu lo sai.<br />

Hanno innalzato un muro, hanno chiuso la porta e si sono scordati del<br />

loro scopo. Ci hanno cacciati via: noi, gli unici con un pizzico <strong>di</strong> buon<br />

senso, gli unici che capissero l'importanza delle cose. Galaphile si<br />

sarebbe vergognato <strong>di</strong> loro. Ma morti? Per tutte le ombre!" "Siamo venuti<br />

per parlare <strong>di</strong> questo" <strong>di</strong>sse Bremen, con tono pacato. L'altro sollevò<br />

imme<strong>di</strong>atamente gli occhi e lo fissò. "Oh, certo. Hai fatto tutta questa<br />

strada per raccontarmi la novità e parlarne con me. Davvero gentile.<br />

Be', noi ci conosciamo, vero? Uno è vecchio, e l'altro ancora <strong>di</strong> più.<br />

Uno è un rinnegato, l'altro un esiliato. E nessuno dei due ha mai amato<br />

le vie traverse, eh!" Cogline rise: una risata asciutta e priva <strong>di</strong><br />

allegria. Guardò a terra per un istante, poi fissò Kinson. "Ehi,<br />

cacciatore, tu l'hai visto, l'altro, venendo qui, con la tua vista così<br />

acuta?" Kinson ebbe un attimo <strong>di</strong> esitazione. "L'altro cosa?" "Ah, lo<br />

supponevo! L'altro leone, ecco cosa! Non l'hai visto, vero?" Cogline<br />

sbuffò. "Be', la sola cosa che posso <strong>di</strong>re è che sei fortunato <strong>di</strong> godere<br />

dell'amicizia <strong>di</strong> Bremen, perché altrimenti saresti già in qualche<br />

pancia." Rise <strong>di</strong> nuovo, poi perse interesse e sollevò le braccia. "Be',


venite, venite! Inutile fermarci qui. C'è una pentola sul fuoco. E<br />

suppongo che vorrete anche lavarvi. Altro lavoro per me, non che vi<br />

importi. Ma io sono un buon padrone <strong>di</strong> casa, vero? Venite!" Brontolando<br />

tra sé, si volse ed entrò nella capanna, seguito dagli ospiti. Si<br />

lavarono e lavarono i loro vestiti, si asciugarono alla meno peggio, si<br />

rivestirono e al tramonto erano seduti a cena. <strong>Il</strong> cielo era <strong>di</strong>venuto<br />

arancione e oro, poi rosso porpora e infine aveva assunto un colore tra<br />

l'indaco e l'ametista che aveva fatto rimanere a bocca aperta anche<br />

Kinson. La cena fu migliore <strong>di</strong> quanto l'uomo della Frontiera si<br />

aspettasse: zuppa <strong>di</strong> carne e verdure con pane, formaggio e birra fresca.<br />

Mangiarono in fondo alla capanna, e dalle finestre si scorgeva il cielo<br />

notturno con la sua caleidoscopica collezione <strong>di</strong> stelle. L'illuminazione<br />

era fornita da alcune candele contenenti una sorta <strong>di</strong> incenso che, a<br />

detta <strong>di</strong> Cogline, teneva lontano gli insetti. Forse non era una<br />

vanteria, pensò Kinson, perché per tutta la durata del pasto non gli<br />

parve <strong>di</strong> vedere animaletti volanti. Quando fece buio, i leoni si unirono<br />

a loro, acciambellandosi per terra vicino al tavolo. Come aveva detto<br />

Cogline, ce n'erano due, fratello e sorella. Cambiacolore, il maschio,<br />

era il più grosso ed era quello che avevano incontrato, mentre la<br />

sorella, Filo <strong>di</strong> Fumo, era più piccola e snella. Cogline <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> averli<br />

trovati quando erano piccoli come gattini, abbandonati nella zona della<br />

Vecchia Palude e destinati a finire preda dei lupi. Erano affamati e<br />

terrorizzati, e così se li era portati a casa. Rise al ricordo. Erano<br />

due mucchietti <strong>di</strong> pelo, a quell'epoca, ma erano cresciuti abbastanza in<br />

fretta. Non aveva mai fatto niente per convincerli a rimanere: l'avevano<br />

deciso da sé. Probabilmente apprezzavano la sua compagnia, pensava. <strong>Il</strong><br />

crepuscolo si addensò e lasciò il posto alla notte, fatta <strong>di</strong> silenzio e<br />

<strong>di</strong> brezze leggere. Dopo cena, seduti davanti a un boccale <strong>di</strong> birra,<br />

Bremen raccontò a Cogline cos'era successo ai Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Paranor. Al<br />

termine del racconto, l'ex druido scosse la testa, <strong>di</strong>sgustato. "Che<br />

imbecilli, dal primo all'ultimo" commentò. "Mi <strong>di</strong>spiace per loro, non<br />

gli avrei mai augurato una fine simile, ma sono stati pazzi, perché<br />

hanno sprecato le gran<strong>di</strong> occasioni che Galaphile e i suoi compagni<br />

avevano dato loro nel costituire il <strong>Primo</strong> Consiglio. Hanno perso <strong>di</strong><br />

vista il loro scopo, la loro ragion d'essere. Non posso perdonarglielo."<br />

Si girò a sputare. Filo <strong>di</strong> Fumo lo guardò e batté gli occhi, stupita.<br />

Cambiacolore non si mosse. Kinson passò lo sguardo su tutti e tre:<br />

l'eremita dai capelli incolti e i suoi leoni addomesticati, e si chiese<br />

quali danni potesse subire la ragione da una lunga permanenza in quella<br />

capanna. "Dopo avere lasciato i Drui<strong>di</strong>" continuava intanto Bremen "sono<br />

andato al Perno dell'Ade e ho parlato con gli spiriti dei morti." Bevve<br />

un sorso <strong>di</strong> birra, mentre le rughe della sua fronte sembravano<br />

approfon<strong>di</strong>rsi, a quel ricordo. "Galaphile stesso è uscito a parlarmi.<br />

Gli ho chiesto come <strong>di</strong>struggere Brona e lui mi ha mostrato quattro<br />

visioni." Le descrisse a una a una. "Quella che mi porta a te è la<br />

visione dell'uomo con la spada." Cogline aggrottò la fronte, e la sua<br />

faccia spigolosa parve chiudersi come un pugno. "E io dovrei aiutarti a<br />

trovare quell'uomo? E io dovrei conoscerlo?" Bremen scosse la testa.<br />

Alla luce delle candele, i suoi capelli grigi sembravano <strong>di</strong> seta. "Non è<br />

per l'uomo, ma per la spada che mi occorre il tuo aiuto. E' un talismano<br />

che devo fabbricare. Dalla visione ho saputo che l'Eilt Druin dev'essere


incastonato nell'arma così forgiata, essa sarà in grado <strong>di</strong> sconfiggere<br />

il Signore degli Inganni. Al momento non conosco ancora tutti i<br />

particolari, ma conosco il tipo <strong>di</strong> arma. E so che occorre prestare molta<br />

attenzione alla sua tempra, perché sia abbastanza forte da vincere la<br />

magia <strong>di</strong> Brona." "E sei venuto fin qui per chiedermi informazioni?"<br />

domandò Cogline, come se si fosse alzato improvvisamente un velo e la<br />

verità gli fosse stata rivelata. "Nessuno conosce più <strong>di</strong> te la<br />

metallurgia. La fucinatura della spada dev'essere una fusione <strong>di</strong> scienza<br />

e magia, perché abbia successo.LO ho la magia - la mia e quella<br />

dell'Eilt Druin - che prenderà parte al processo. Ma ho bisogno delle<br />

tue conoscenze scientifiche. Mi occorre quello che mi può dare soltanto<br />

la scienza: le giuste proporzioni dei metalli, le temperature corrette<br />

del forno a ogni passaggio, la durata esatta delle lavorazioni. Che tipo<br />

<strong>di</strong> tempra dovrò usare perché il metallo sia abbastanza forte da<br />

resistere a qualsiasi urto?" Cogline sollevò la mano per interromperlo.<br />

"Puoi fermarti qui. Hai già <strong>di</strong>menticato il punto più importante. La<br />

magia e la scienza non si sposano mai. Lo sappiamo tutt'e due. Se vuoi<br />

una spada magica, usa la magia. Da me non ti occorre niente." Bremen<br />

scosse la testa. "Dobbiamo fare uno strappo alle regole. La magia non è<br />

sufficiente, questa volta. Occorre anche la scienza del mondo antico.<br />

Brona è un'entità creata dalla magia, e tutte le sue <strong>di</strong>fese sono contro<br />

<strong>di</strong> essa. Non conosce la scienza, non le attribuisce valore, non se ne<br />

cura. Per lui, come per tanti altri, la scienza è morta e sepolta, è<br />

qualcosa del mondo antico. Ma noi sappiamo che non è così, vero? La<br />

scienza è semplicemente in letargo come un tempo lo era la magia. Oggi<br />

la magia è la favorita, ma questo non significa che la scienza non abbia<br />

posto nel nostro mondo. Potrebbe essere necessaria per forgiare questa<br />

spada. Se potrò usare le migliori tecniche del mondo antico, avrò una<br />

forza <strong>di</strong> più su cui contare. E quella forza mi occorre. Ci siamo<br />

soltanto io, Kinson, Mareth e altri due, uno dei quali è andato all'Est,<br />

l'altro all'Ovest. Tutto qui. La magia <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponiamo è solo una<br />

piccola parte <strong>di</strong> quella del nemico. Come vincere il Signore degli<br />

Inganni e i suoi servitori, senza un'arma contro cui non abbiano<br />

<strong>di</strong>fesa?" Cogline sbuffò. "Non esiste un'arma simile. Inoltre, non c'è<br />

niente che ti assicuri che un'arma forgiata, in tutto o in parte,<br />

me<strong>di</strong>ante la scienza sia superiore a un'altra forgiata me<strong>di</strong>ante la magia.<br />

Alla stessa stregua si potrebbe sostenere che soltanto la magia può<br />

vincere la magia e che ogni forma <strong>di</strong> scienza è inutile." "Io non lo<br />

credo." "Cre<strong>di</strong> quello che ti pare" replicò Cogline, ravviandosi con<br />

irritazione i capelli. Storse le labbra. "Mi sono lasciato alle spalle,<br />

molto tempo fa, il mondo e le sue credenze convenzionali. Non ne ho mai<br />

sentito la mancanza." "Ma entrambi ti raggiungeranno, prima o poi, come<br />

accade a tutti. Non spariranno e non si allontaneranno soltanto perché<br />

tu li rifiuti." Bremen lo fissò. "Un giorno, Brona verrà qui, dopo che<br />

avrà finito con coloro che non si sono nascosti. Lo sai." Cogline serrò<br />

la mascella. "E quel giorno se ne pentirà, te lo prometto!" Bremen<br />

attese. Non <strong>di</strong>sse nulla, non mosse obiezioni a quelle parole. Kinson<br />

guardò Mareth; lei ricambiò lo sguardo e non abbassò gli occhi. <strong>Il</strong><br />

cacciatore sapeva che la pensava come lui: la presa <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong><br />

Cogline era sciocca e vana, e le sue idee erano ri<strong>di</strong>cole. Tuttavia,<br />

neanche Bremen aveva obiettato. Cogline cambiò posizione, a <strong>di</strong>sagio.


"Perché insisti tanto, Bremen? Che ti aspetti da me?LO non voglio<br />

interessarmi dei Drui<strong>di</strong>!" Bremen annuì, con calma. "E neanche loro <strong>di</strong><br />

te. I Drui<strong>di</strong> sono morti. <strong>Di</strong> loro non resta più niente. Ci siamo soltanto<br />

noi due, Cogline, due vecchi che sono vissuti più del dovuto, due<br />

schiavi del Sonno Magico.LO comincio a essere stanco, ma non intendo<br />

fermarmi prima <strong>di</strong> aver fatto il possibile per coloro che non sono<br />

vissuti così a lungo: uomini, donne e bambini delle Razze. Sono loro ad<br />

aver bisogno del nostro aiuto. <strong>Di</strong>mmi. Pensi che non dobbiamo<br />

interessarci neanche <strong>di</strong> loro?" Cogline fece per rispondere, poi<br />

s'interruppe. Tutti sapevano già quello che stava per <strong>di</strong>re e quanto<br />

sarebbero suonate sciocche le sue parole. Serrò le mascelle, frustrato.<br />

Sul suo volto comparve il dubbio. "Che ti costa aiutarci?" insistette<br />

Bremen, con calma. "Se davvero non vuoi aver nulla da spartire con i<br />

Drui<strong>di</strong>, pensa a quanto ti <strong>di</strong>co. I Drui<strong>di</strong> non mi avrebbero aiutato: anzi,<br />

hanno espressamente deciso <strong>di</strong> non farlo quando ne hanno avuto<br />

l'occasione. Sono stati loro a decidere che l'or<strong>di</strong>ne rimanesse<br />

<strong>di</strong>staccato e lontano dalla politica delle Razze. E' stata questa scelta<br />

a <strong>di</strong>struggerli. Adesso la stessa scelta la offro a te. Ed è proprio la<br />

stessa scelta, Cogline, tienilo presente. Isolamento o coinvolgimento.<br />

Quale scegli?" Scese il silenzio: la notte avvolse nella sua calma i due<br />

vecchi, il cacciatore e la giovane donna. I leoni dormivano, e il suono<br />

del loro respiro era il sibilo leggero e regolare del fiato che usciva<br />

dalle narici umide. L'aria sapeva <strong>di</strong> fumo, <strong>di</strong> cibo e <strong>di</strong> foresta. Nella<br />

radura regnava una grande serenità. Era protetta dai boschi della<br />

Terrabuia e non era <strong>di</strong>fficile, pensò Kinson Ravenlock, immaginare che il<br />

mondo esterno non potesse spingersi fin lì. Bremen si sporse verso<br />

Cogline. "Perché pensarci tanto, amico mio? Tutt'e due sappiamo da<br />

sempre qual è la risposta giusta." Cogline sbuffò in segno <strong>di</strong> derisione,<br />

si ravviò i capelli dalla fronte, guardò nel buio, poi <strong>di</strong>sse irritato:<br />

"C'è un metallo forte come il ferro, ma assai più leggero e flessibile,<br />

meno fragile. In realtà è una lega che veniva usata nel vecchio mondo,<br />

ideata dall'antica scienza. In gran parte è ferro, temprato con il<br />

carbone a un'alta temperatura. Una spada <strong>di</strong> quella lega sarebbe davvero<br />

formidabile!" Fissò Bremen. "Ma la temperatura necessaria è molto più<br />

alta <strong>di</strong> quelle che possono raggiungere i nostri fabbri. Per creare<br />

temperature così alte occorrono macchine, e la conoscenza <strong>di</strong> quelle<br />

macchine è andata persa." "Conosci il proce<strong>di</strong>mento?" chiese Bremen.<br />

Cogline annuì e si toccò la fronte. "Ce l'ho tutto qui. Te lo darò.<br />

Qualsiasi cosa, pur <strong>di</strong> mandarti per la tua strada e mettere fine a<br />

queste inutili pre<strong>di</strong>che! Comunque, non vedo come possa esserti utile.<br />

Senza un forno che raggiunga la giusta temperatura..." Kinson tornò a<br />

guardare Mareth. La giovane donna lo fissava: i suoi gran<strong>di</strong> occhi scuri<br />

erano in ombra, sotto il casco <strong>di</strong> corti capelli neri la sua faccia era<br />

liscia e serena. In quell'istante ebbe l'impressione <strong>di</strong> poterla quasi<br />

capire, assai più <strong>di</strong> prima, e questo grazie alla sua espressione aperta<br />

e all'intensità del suo sguardo. Ma inaspettatamente la giovane sorrise,<br />

le sue labbra si arricciarono agli angoli e il suo sguardo si spostò,<br />

per fissare qualcosa che stava alle sue spalle. Quando si voltò da<br />

quella parte, Kinson scorse Cambiacolore che lo osservava. <strong>Il</strong> muso del<br />

leone era a pochi centimetri dalla sua faccia, gli occhi fosforescenti<br />

lo fissavano come se fosse la cosa più strana che l'animale avesse


visto. Kinson deglutì. Sentiva sulla gota il calore del fiato<br />

dell'animale. Quando si era svegliato? Com'era arrivato così vicino<br />

senza che se ne accorgesse? Fissò ancora per un istante il grosso<br />

felino, poi respirò a fondo e si voltò. "Non penso che tu voglia venire<br />

con noi" <strong>di</strong>ceva intanto Bremen al loro ospite. "Un viaggio <strong>di</strong> pochi<br />

giorni, il tempo in<strong>di</strong>spensabile per forgiare il talismano?" Cogline<br />

scosse la testa. "Va' a giocare da un'altra parte, Bremen. Ti darò il<br />

proce<strong>di</strong>mento e vi aggiungerò i miei auguri. Se riuscirai ad approfittare<br />

<strong>di</strong> entrambi, buon per te. Ma il mio posto è qui." Aveva scribacchiato<br />

qualcosa su un pezzo <strong>di</strong> pergamena che adesso passò al druido. "<strong>Il</strong> meglio<br />

che la scienza possa offrire" mormorò. "Pren<strong>di</strong>lo." Bremen lo prese e lo<br />

fece sparire nella veste. Cogline raddrizzò la schiena, guardò prima<br />

Kinson poi Mareth. "Tenete d'occhio questo vecchio" li avvertì. Gli si<br />

leggeva in volto una punta d'irritazione, come se avesse scoperto<br />

improvvisamente qualcosa che gli dava fasti<strong>di</strong>o. "Occorre prendersene<br />

cura più <strong>di</strong> quanto non creda lui stesso. Tu, Cacciatore, hai a<br />

<strong>di</strong>sposizione il suo orecchio, assicurati che ti <strong>di</strong>a retta quando ce n'è<br />

bisogno. E tu, fanciulla... Mareth, vero? Tu hai molto più del suo<br />

orecchio, non cre<strong>di</strong>?" Nessuno parlò. Kinson volse lo sguardo su Mareth.<br />

Sul viso della giovane non si leggeva alcuna espressione, ma era<br />

improvvisamente impalli<strong>di</strong>ta. Cogline la stu<strong>di</strong>ò ancora per qualche<br />

istante, senza pietà. "Non fa niente. Basta che lo salvi da se stesso. E<br />

conservalo bene." Poi s'interruppe, come se si fosse accorto <strong>di</strong> aver<br />

parlato troppo. Mormorò qualcosa che non riuscirono a decifrare, poi si<br />

alzò: un mucchio d'ossa, la caricatura <strong>di</strong> se stesso. "Passate qui la<br />

notte, poi andatevene" mormorò in tono stanco. Li guardò con attenzione,<br />

come se si aspettasse <strong>di</strong> trovare qualcosa che non aveva notato in<br />

precedenza, o come se temesse che fossero qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da quello<br />

che avevano detto. Poi si voltò e si allontanò. "Buona notte" lo<br />

salutarono, mentre si allontanava. Non rispose. Si allontanò da loro,<br />

con decisione, senza guardarsi in<strong>di</strong>etro.<br />

19<br />

Le nubi sfioravano l'ultimo quarto <strong>di</strong> luna proiettando bizzarre sagome<br />

che volavano sul terreno come uccelli notturni davanti ai Nani che<br />

avanzavano. Era l'ora lenta e profonda che precede l'alba, allorché la<br />

morte sfiora più dappresso gli uomini e i sogni sono gli assoluti<br />

padroni del loro sonno. L'aria era calda e immobile, la notte immersa<br />

nel silenzio. Si aveva l'impressione che tutto rallentasse, che il tempo<br />

avesse perso qualche scatto nel suo meccanico incedere, che la vita si<br />

fosse staccata dall'inesorabile sentiero a lei prescritto e per qualche<br />

momento fosse riuscita a ingannare la morte. I Nani erano usciti dagli<br />

alberi dell'Anar in un'ondata <strong>di</strong> forme scure che <strong>di</strong>lagava come un fiume.<br />

Erano parecchie migliaia, scesi dai massicci del Wolfsktaag attraverso<br />

il Passo <strong>di</strong> Giada, <strong>di</strong>eci miglia più a nord della zona dov'era accampato<br />

l'esercito del Signore degli Inganni. L'armata dei Troll aveva lasciato<br />

Storlock due giorni prima, e i Nani, anche se ne avevano spiato<br />

attentamente l'avanzata, avevano deciso <strong>di</strong> rimandare a quel giorno<br />

l'attacco. Passarono dagli ultimi alberi al punto dove le Pianure <strong>di</strong><br />

Raab formavano una lunga depressione, accanto a un piccolo fiume<br />

chiamato Nunne. Laggiù l'esercito del Nord aveva stupidamente montato<br />

l'accampamento. In effetti, laggiù avevano acqua, erba e spazio, ma


lasciavano le alture a un eventuale nemico e i fianchi aperti a un<br />

attacco d'infilata. C'erano le sentinelle, ma facilmente eliminabili, e<br />

neanche la presenza dei Messaggeri del Teschio che volavano in cerca <strong>di</strong><br />

preda era sufficiente a scoraggiare dei <strong>di</strong>sperati. Risca li fece<br />

nascondere quando furono abbastanza vicini da doverlo fare, e inviò<br />

qualche fantasma <strong>di</strong> se stesso a sud, oltre il Nunne, per attirare i<br />

cacciatori alati. Poi, quando le nubi celarono del tutto la luna e le<br />

stelle, i Nani si mossero. Percorsero rapi<strong>di</strong> l'ultimo tratto che li<br />

separava dall'esercito addormentato, uccisero le sentinelle prima che<br />

potessero dare l'allarme, conquistarono le alture a nord e a est del<br />

fiume e attaccarono. Schierati in cima all'altura per mezzo miglio in<br />

entrambe le <strong>di</strong>rezioni, colpirono con archi e fionde Troll, Gnomi e<br />

mostri, salva dopo salva. Imprecando e urlando, l'esercito si destò, gli<br />

uomini corsero a infilarsi l'armatura e a prendere le armi, inciampando<br />

nei corpi dei morti e gettando a terra i feriti. Nella confusione venne<br />

allestita una carica <strong>di</strong> cavalleria, un contrattacco condannato in<br />

partenza che venne fatto a pezzi mentre si arrampicava sulla salita, non<br />

appena uscito dalla confusione del campo. Un Messaggero del Teschio uscì<br />

dal buio e si lanciò sui Nani per ven<strong>di</strong>carsi, snudando artigli e zanne:<br />

un predone silenzioso. Ma Risca lo aspettava ed era già pronto ad agire:<br />

quando il Messaggero comparve, lo lasciò scendere fin quasi a terra, poi<br />

lo colpì col Fuoco Magico e lo costrinse a fuggire, ustionato e urlante.<br />

L'attacco fu rapido e contenuto. <strong>Il</strong> danno inflitto era molto<br />

superficiale e privo <strong>di</strong> reali conseguenze per un esercito <strong>di</strong> quella<br />

<strong>di</strong>mensione, perciò i Nani non persero tempo. <strong>Il</strong> loro scopo era creare<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne e allontanare il nemico dalla sua linea <strong>di</strong> marcia. E in questo<br />

riuscirono perfettamente. Si rifugiarono <strong>di</strong> nuovo in mezzo agli alberi,<br />

scegliendo la strada più rapida, poi si <strong>di</strong>ressero nuovamente a nord,<br />

verso il Passo <strong>di</strong> Giada. <strong>Il</strong> nemico organizzò subito l'inseguimento. La<br />

forza a cavallo che lasciò l'accampamento era imponente, perché non si<br />

era riusciti a stabilire la quantità degli attaccanti. All'alba gli<br />

inseguitori avevano quasi raggiunto i Nani che si avvicinavano al Passo<br />

<strong>di</strong> Giada. Tutto andava esattamente come nei piani <strong>di</strong> Risca. "Eccoli"<br />

<strong>di</strong>sse Geften a bassa voce, in<strong>di</strong>cando gli alberi <strong>di</strong>nanzi al Passo. Sotto<br />

<strong>di</strong> loro, gli ultimi Nani della forza d'attacco erano entrati nella valle<br />

e si stavano <strong>di</strong>sperdendo tra le rocce sovrastanti, per prendere<br />

posizione accanto ai compagni già schierati, in numero <strong>di</strong> quattromila.<br />

<strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro, a meno <strong>di</strong> un miglio, nelle profonde ombre della foresta,<br />

si scorgevano i primi movimenti degli inseguitori. Risca vide il<br />

movimento allargarsi, come le onde generate da un sasso lanciato in uno<br />

stagno. Era un grosso contingente, troppo grande per poter essere<br />

sconfitto in uno scontro frontale, anche se era presente una gran parte<br />

dell'esercito dei Nani. "Quanto manca?" chiese a Geften. L'esploratore<br />

si strinse nelle spalle: un movimento solo accennato, economico come<br />

tutti i suoi gesti e come lui stesso, taciturno e poco appariscente, a<br />

parte la testa stranamente oblunga e i capelli grigi scarmigliati.<br />

"Un'ora, se si fermano a <strong>di</strong>scutere sull'opportunità <strong>di</strong> entrare nella<br />

gola senza avere un piano." Risca annuì. "Si fermeranno. Sono già stati<br />

scottati due volte, ormai." Sorrise all'esploratore, un veterano delle<br />

guerre contro gli Gnomi. "Tienili d'occhio.LO avverto il re." Lasciò la<br />

posizione e s'infilò tra le rocce, salendo a una quota superiore a


quella da cui Geften sorvegliava i progressi degli inseguitori. Provava<br />

una forte eccitazione, alimentata dalla certezza che una nuova battaglia<br />

era vicina. Lo scontro delle ore precedenti gli aveva soltanto<br />

stuzzicato l'appetito. Aspirò l'aria del mattino e si sentì forte e<br />

pronto. Aveva atteso per tutta la vita quel genere <strong>di</strong> avvenimenti, si<br />

<strong>di</strong>sse. Tutti gli anni passati a Paranor a esercitarsi nelle arti<br />

marziali, a stu<strong>di</strong>are le tattiche e l'impiego delle armi. Tutto per<br />

un'occasione come quella, per la possibilità <strong>di</strong> affrontare un nemico in<br />

grado <strong>di</strong> sfidarlo come nessuno l'aveva mai sfidato a Paranor. Lo faceva<br />

sentire vivo in un modo che non poteva ignorare, e neanche la situazione<br />

<strong>di</strong>sperata riusciva a <strong>di</strong>minuire la sua eccitazione. Aveva raggiunto i<br />

Nani tre giorni prima e si era recato subito da Raybur. Già avvertito<br />

della presenza dell'esercito del Nord, già certo delle sue intenzioni,<br />

il re aveva ricevuto Risca senza perdere tempo. <strong>Il</strong> druido si era<br />

limitato a confermare ciò che il sovrano sapeva già e a dare nuovo<br />

impeto alla sua ansia <strong>di</strong> agire. Raybur era un re guerriero come Risca<br />

era un druido guerriero, un uomo che aveva trascorso l'intera vita in<br />

battaglia. Come Risca, aveva combattuto contro le tribù degli Gnomi<br />

quando era giovane: un episo<strong>di</strong>o dell'eterna lotta dei Nani per evitare<br />

le incursioni degli Gnomi nelle terre dell'Anar meri<strong>di</strong>onale e centrale<br />

che i Nani consideravano proprie fin dall'alba dei tempi. <strong>Di</strong>venuto re,<br />

Raybur aveva portato avanti la sua causa con un'ostinazione<br />

impressionante. Guidando l'esercito in profon<strong>di</strong>tà nell'interno, aveva<br />

respinto gli Gnomi ed esteso il suo territorio fino a raddoppiarlo, fino<br />

a cacciare gli Gnomi così lontano, a nord del Fiume Raab e a est del<br />

Fiume Argento, da non costituire più una minaccia. Per la prima volta da<br />

secoli, tutto il territorio tra i due fiumi era aperto agli inse<strong>di</strong>amenti<br />

dei Nani. Ma adesso era comparso un altro nemico, questa volta sotto<br />

forma <strong>di</strong> un esercito in avvicinamento. Raybur aveva mobilitato i Nani in<br />

preparazione della battaglia imminente, quella che, lo sapevano tutti,<br />

non avrebbero potuto vincere senza alleati, ma che dovevano combattere<br />

per sopravvivere. Risca aveva detto loro che gli Elfi sarebbero venuti<br />

in aiuto. Bremen l'aveva promesso, e Tay Trefenwyd si era recato<br />

all'Ovest per convincerli. I Nani avevano il compito <strong>di</strong> bloccare<br />

l'esercito nemico finché non fossero arrivati. Raybur aveva capito.<br />

Conosceva Bremen e Courtann Ballindarroch, sapeva che erano uomini<br />

d'onore. Avrebbero fatto il possibile. Ma il tempo era prezioso, e non<br />

si poteva dare niente per certo. Raybur capiva anche quello. Perciò<br />

Culhaven era stata evacuata: sarebbe stata la prima città attaccata<br />

dall'esercito del Nord, e i Nani non erano in grado <strong>di</strong> proteggerla da<br />

una forza così preponderante. Donne, vecchi e bambini erano stati<br />

evacuati nelle profon<strong>di</strong>tà dell'Anar, dove potevano rimanere nascosti<br />

fino alla conclusione delle ostilità. Intanto, l'esercito dei Nani si<br />

era portato a nord attraverso il Wolfsktaag per affrontare il nemico.<br />

Raybur si voltò verso Risca, quando lo sentì arrivare, e <strong>di</strong>stolse lo<br />

sguardo dai suoi consiglieri, da Wyrik e Fleer, i suoi due figli<br />

maggiori, dalle mappe del territorio e dai piani <strong>di</strong> guerra. "Arrivano?"<br />

chiese subito. Risca annuì. "Geften controlla la loro avanzata. Ritiene<br />

che abbiamo un'ora prima che attacchino." Raybur annuì e fece segno al<br />

druido <strong>di</strong> accompagnarlo. <strong>Il</strong> re era un uomo massiccio, non alto ma<br />

robusto e largo <strong>di</strong> spalle, con la testa grossa e il naso imponente, la


faccia barbuta e piena <strong>di</strong> rughe. <strong>Il</strong> naso a becco e le folte sopracciglia<br />

gli davano un aspetto quasi ferino, ma sotto l'aspetto esteriore c'era<br />

un carattere amichevole, esuberante e facile al riso. Aveva quin<strong>di</strong>ci<br />

anni più <strong>di</strong> Risca, ma era forte quanto lui: in una lotta ad armi pari<br />

sarebbe stato un degno avversario. Tra i due c'era una forte amicizia,<br />

sotto certi aspetti il legame tra loro era più forte <strong>di</strong> quello con gli<br />

stessi familiari, perché venivano da esperienze comuni e fin dalla<br />

gioventù erano abituati a vivere duramente e a rischiare la vita.<br />

"Ripetimi il tuo piano" or<strong>di</strong>nò il re, posando il braccio sulla spalla <strong>di</strong><br />

Risca e allontanandosi con lui dal gruppo. "Lo sai già" rispose<br />

l'interpellato, sbuffando. <strong>Il</strong> piano era <strong>di</strong> tutt'e due, concepito da<br />

Risca e approvato dal re, e anche se ne avevano parlato a gran<strong>di</strong> linee<br />

con gli altri, i particolari li conoscevano soltanto loro. "Ripetimelo<br />

lo stesso" <strong>di</strong>sse Raybur, con un'occhiata severa. "Obbe<strong>di</strong>sci. Sono il tuo<br />

re." Risca annuì, sorridendo. "I Troll, gli Gnomi e quant'altro si<br />

<strong>di</strong>rigeranno verso il Passo. Noi cercheremo <strong>di</strong> bloccarli all'entrata.<br />

Fingeremo <strong>di</strong> combattere, poi in<strong>di</strong>etreggeremo, apparentemente sconfitti.<br />

Rallenteremo la loro avanzata tra i monti per un giorno ancora, senza<br />

riuscire a fermarli. Intanto, il resto dell'esercito nemico muoverà a<br />

sud, verso il Fiume Argento. I Nani fuggiranno davanti a loro. <strong>Il</strong> nemico<br />

scoprirà che Culhaven è stata evacuata, che non c'è nessuno a<br />

contrastarlo. Penserà che l'intero esercito dei Nani combatta sul<br />

Wolfsktaag." "La qual cosa non è lontana dal vero" brontolò Raybur. Con<br />

una mano massiccia, si accarezzò la barba. "La qual cosa non è lontana<br />

dal vero" gli fece eco Risca. "Sicuri della vittoria, perché conoscono<br />

queste montagne, s'impadroniranno del Passo del Cappio e aspetteranno<br />

che i loro compagni ci respingano a sud, lungo le valli, fino a cadere<br />

nelle loro braccia. Gli Gnomi hanno assicurato loro che ci sono soltanto<br />

due vie per uscire dalle Montagne del Wolfsktaag: il Passo <strong>di</strong> Giada a<br />

nord e il Passo del Cappio a sud. Se l'esercito dei Nani venisse<br />

intrappolato fra i due, non avrebbe possibilità <strong>di</strong> fuga." Raybur annuì,<br />

succhiandosi pensieroso il labbro superiore e le punte dei baffi. "Ma se<br />

dovessero avanzare troppo o troppo in fretta..." "Non lo faranno" lo<br />

interruppe Risca. "Non glielo permetteremo. Inoltre, non saranno<br />

<strong>di</strong>sposti a correre quel rischio. Saranno cauti. Avranno paura <strong>di</strong> essere<br />

aggirati da noi, se avanzassero troppo in fretta. E' più facile<br />

aspettare che siamo noi ad attaccarli. Aspetteranno finché non ci<br />

vedranno, e allora colpiranno." Giunsero a una sporgenza <strong>di</strong> roccia e si<br />

sedettero fianco a fianco, guardando lontano, verso l'interno della<br />

montagna. La giornata era luminosa, ma il Wolfsktaag, lontano dal passo<br />

e nelle valli, era ammantato <strong>di</strong> foschia. "E' un buon piano" <strong>di</strong>sse<br />

Raybur, dopo qualche momento. "E' il migliore che siamo riusciti a<br />

immaginare" lo corresse Risca. "Bremen saprebbe trovare qualcosa <strong>di</strong><br />

meglio, se fosse qui." "Arriverà presto" proclamò Raybur, con sicurezza.<br />

"E così gli Elfi. E l'invasore si troverà in una situazione che non gli<br />

piacerà affatto." Risca annuì senza parlare, ma ripensò al suo incontro<br />

con Brona, pochi giorni prima, e alla vastità dei poteri del Signore<br />

degli Inganni, ricordò come l'avesse paralizzato e come fosse quasi<br />

riuscito a prenderlo. Non sarebbe stato facile sconfiggere un simile<br />

mostro, in<strong>di</strong>pendentemente dalla forza inviata contro <strong>di</strong> lui. Non era una<br />

semplice guerra <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> armi, ma <strong>di</strong> magia, e i Nani, in quel


genere <strong>di</strong> guerra, erano chiaramente svantaggiati, a meno che non si<br />

concretizzasse il talismano apparso a Bremen nella visione. Si chiese<br />

dove fosse in quel momento il vecchio druido. E quante, delle sue<br />

quattro visioni, si stessero realizzando. "I Messaggeri del Teschio<br />

cercheranno <strong>di</strong> spiare le nostre mosse" rifletté Raybur. Risca sporse il<br />

labbro e rifletté. "Cercheranno <strong>di</strong> farlo, ma il Wolfsktaag non è un<br />

terreno agevole per loro. La cosa, comunque, non farà <strong>di</strong>fferenza. Quando<br />

capiranno il nostro piano, per loro sarà troppo tar<strong>di</strong>." <strong>Il</strong> re cambiò<br />

posizione per fissare il druido. "verrànno a cercarti" gli <strong>di</strong>sse. "Sanno<br />

che costituisci la principale minaccia per loro: la sola minaccia,<br />

assieme a Bremen e Tay Trefenwyd. Se riuscissero a ucciderti, non<br />

avremmo alcuna magia a <strong>di</strong>fenderci." Risca si strinse nelle spalle e gli<br />

sorrise. "Allora, mio re, cerca <strong>di</strong> proteggermi bene!" Per lanciare<br />

l'attacco, all'armata del Nord occorse più tempo <strong>di</strong> quanto ne aveva<br />

preventivato Geften, ma fu più violento del previsto. <strong>Il</strong> Passo <strong>di</strong> Giada<br />

era piuttosto ampio, nel punto in cui si apriva sull'Anar orientale, ma<br />

si stringeva bruscamente nel punto in cui si innalzavano le cime gemelle<br />

che davano accesso al Wolfsktaag. Prevedendo che i Nani avrebbero<br />

opposto una tenace resistenza, l'esercito del Signore degli Inganni<br />

gettò nel Passo l'intera sua forza, in modo da sfondare al primo attacco<br />

le linee nemiche. E il piano avrebbe avuto successo, contro <strong>di</strong>fensori<br />

meno preparati. Ma i Nani avevano <strong>di</strong>feso i passi del Wolfsktaag per<br />

secoli contro le incursioni degli Gnomi, e in un così lungo periodo <strong>di</strong><br />

tempo avevano imparato numerosi trucchi. La <strong>di</strong>mensione dell'esercito del<br />

Nord risultò inutile già in partenza, dato che il passo era stretto e il<br />

terreno accidentato. Invece <strong>di</strong> contrastare in campo aperto la carica<br />

dell'armata, i Nani la assalirono dalla protezione delle alture. Nel<br />

terreno erano stati scavati fossati e trabocchetti, dall'alto piovevano<br />

sassi e oggetti pieni <strong>di</strong> punte, oltre a una quantità <strong>di</strong> frecce e<br />

zagaglie. Al primo attacco morirono centinaia <strong>di</strong> invasori. I più decisi<br />

erano i Troll, alti e robusti, corazzati contro le frecce; ma erano<br />

lenti e pesanti, e molti finirono nelle buche o vennero schiacciati dai<br />

massi. Però, continuarono ad avanzare. Vennero infine arrestati<br />

all'altro capo del Passo. Raybur aveva fatto costruire un muro <strong>di</strong><br />

tronchi <strong>di</strong>etro un fosso pieno <strong>di</strong> legna secca, e quando gli uomini del<br />

Nord si avvicinarono, le fece appiccare fuoco. Spinti avanti da coloro<br />

che li seguivano e troppo pesanti per arrampicarsi sui pen<strong>di</strong>i, i Troll<br />

morirono tra le fiamme. Le urla e il puzzo <strong>di</strong> carne bruciata riempirono<br />

l'aria. L'attacco si arrestò. <strong>Il</strong> nuovo attacco venne lanciato verso<br />

mezzogiorno, con maggior cautela, ma anche questa volta i nemici vennero<br />

respinti. Attaccarono una terza volta al tramonto e ogni volta i Nani<br />

vennero ricacciati un po' più addentro nel Passo. La <strong>di</strong>fesa era <strong>di</strong>retta<br />

da Raybur e dai suoi figli, che si erano posti sui due fianchi del<br />

passaggio e arretravano a malincuore ma oculatamente, in modo da non<br />

sprecare più forze del necessario. Raybur comandava il fianco sinistro<br />

della compagnia <strong>di</strong> Geften, mentre Wyrik e Fleer comandavano il destro.<br />

Risca sceglieva da sé il punto dove intervenire. I Nani combattevano con<br />

coraggio, contro forze almeno tre volte superiori, ed erano tutti<br />

veterani <strong>di</strong> innumerevoli scontri. Né i cacciatori alati né le creature<br />

dell'Abisso li attaccarono alla luce del giorno, e Risca non dovette<br />

sprecare la sua magia in <strong>di</strong>fesa dei compagni. Dopotutto, il piano non


prevedeva <strong>di</strong> vincere la battaglia, ma <strong>di</strong> perderla nel modo più lento<br />

possibile. La notte portò alla sospensione delle ostilità e al ritorno<br />

del silenzio tra le montagne. Con il lento spegnersi della luce, la<br />

nebbia scese dai monti su <strong>di</strong>fensori e attaccanti. <strong>Il</strong> silenzio coprì<br />

l'intero campo <strong>di</strong> battaglia e dai monti scese una brezza umida che<br />

accarezzava e stuzzicava. Nel tocco <strong>di</strong> quella brezza c'erano esseri<br />

viventi, invisibili e privi <strong>di</strong> forma, ma immancabili come la notte.<br />

Erano le creature del Wolfsktaag, esseri <strong>di</strong> magia antichi come il tempo<br />

e anelanti come anime umane. I Nani li conoscevano e sapevano<br />

guardarsene, perché erano le avanguar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> altre creature, più gran<strong>di</strong> e<br />

potenti, <strong>di</strong> cui non si doveva ascoltare la voce. Sussurravano menzogne e<br />

false promesse, sogni ingannevoli e visioni fallaci, e seguirle era come<br />

invitare la morte. I Nani lo sapevano e questo li proteggeva. Non era<br />

così per gli Gnomi accampati <strong>di</strong> fronte a loro, che erano terrorizzati da<br />

quelle montagne e dai loro spettrali abitanti. Superstiziosi e pagani,<br />

timorosi <strong>di</strong> ogni magia e soprattutto <strong>di</strong> quella che risiedeva laggiù,<br />

avrebbero preferito evitare del tutto il Wolfsktaag, sede <strong>di</strong> dèi che<br />

esigevano preghiere e <strong>di</strong> spiriti che pretendevano offerte. Quella terra<br />

era sacra. Ma il potere del Signore degli Inganni e dei suoi tenebrosi<br />

seguaci li terrorizzava ancora <strong>di</strong> più, perciò avevano stretto i ranghi<br />

con i Troll, più stoli<strong>di</strong> e meno impressionabili. Però, l'avevano fatto<br />

senza troppa convinzione, e i Nani si prepararono a sfruttare a proprio<br />

vantaggio quelle paure. Come previsto da Risca, l'esercito del Nord<br />

preparò un nuovo attacco nelle ore che precedevano l'alba, quando i<br />

movimenti della truppa si potevano nascondere nell'oscurità e nella<br />

bruma. Giunsero silenziosi, in forze, ammassandosi a fondovalle del<br />

passo e sulle alture, con l'intenzione <strong>di</strong> spazzare via i Nani con la<br />

sola potenza del numero. Ma Raybur aveva ritirato <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong><br />

passi il suo fronte <strong>di</strong>fensivo, e tra il vecchio fronte e quello nuovo<br />

aveva <strong>di</strong>sposto gran<strong>di</strong> cataste <strong>di</strong> legna verde e foglie, pronte a prendere<br />

fuoco. Sul fondovalle del passo, fra le cataste <strong>di</strong> legna, aveva<br />

preparato nuove trincee e nuove barricate, a intervalli regolari. Quando<br />

le avanguar<strong>di</strong>e del Nord raggiunsero il previsto fronte, trovarono la<br />

posizione sguarnita. Che i Nani avessero abbandonato il Passo? Che<br />

fossero tornati in<strong>di</strong>etro, protetti dal buio? Si fermarono, confusi ed<br />

esitanti, e continuarono a girare in tondo mentre i generali decidevano.<br />

Infine, ripresero l'avanzata. Ma ormai i Nani erano pronti. Risca usò la<br />

magia per accendere le cataste che punteggiavano i pen<strong>di</strong>i e il<br />

fondovalle, e all'improvviso gli uomini del Nord si trovarono avvolti da<br />

una cortina <strong>di</strong> fumo che li accecava e li soffocava. Con gli occhi che<br />

lacrimavano e la gola gonfia, proseguirono ostinatamente. A quel punto,<br />

Risca mandò gli spettri. Alcuni li creò con la magia, altri li attirò<br />

dalla nebbia, e li mandò tutti nel fumo, a creare confusione. Esseri <strong>di</strong><br />

zanne e artigli, <strong>di</strong> occhi neri e fauci rosse, <strong>di</strong> paure vere e<br />

immaginarie, gli spettri calarono sui boccheggianti, semiaccecati<br />

soldati del Nord. Gli Gnomi impazzirono e si misero a urlare per il<br />

terrore. Nulla e nessuno sarebbero riusciti a trattenerli. Ruppero i<br />

ranghi e fuggirono. A quel punto i Nani attaccarono con frecce,<br />

giavellotti e sassi, colpendo il cuore della forza che li assaliva e<br />

ricacciandola in<strong>di</strong>etro. Gli invasori vennero bloccati e costretti a<br />

in<strong>di</strong>etreggiare, lasciando il campo coperto <strong>di</strong> caduti. All'alba il passo


era ancora in mano ai Nani. L'esercito del Nord attaccò <strong>di</strong> nuovo<br />

l'indomani, deciso a passare. Le sue per<strong>di</strong>te erano spaventose, ma anche<br />

i Nani perdevano uomini, e non avevano vite da sprecare. Nel primo<br />

pomeriggio, Raybur cominciò a preparare la ritirata. <strong>Re</strong>sistere per due<br />

giorni contro un esercito così grande era sufficiente. Era tempo <strong>di</strong><br />

ritirarsi un po', per indurre i nemici ad avanzare. Attesero fino al<br />

tramonto, finché l'oscurità non fu nuovamente scesa. Poi accesero<br />

un'ultima pira <strong>di</strong> legna verde, in modo che il fumo nascondesse i loro<br />

movimenti, e scivolarono via. Risca rimase alla retroguar<strong>di</strong>a per<br />

assicurarsi che non li seguissero troppo da vicino. Con un piccolo<br />

drappello <strong>di</strong> Cacciatori dei Nani <strong>di</strong>fese da un attacco il punto più<br />

stretto del Passo prima <strong>di</strong> riunirsi agli altri. Una volta si mostrò un<br />

Messaggero del Teschio, e cercò <strong>di</strong> infilarsi sotto il fumo e la nebbia,<br />

ma il druido contrattaccò col Fuoco Magico e lo costrinse ad<br />

allontanarsi. Marciarono per tutta la notte, addentrandosi nelle<br />

montagne. Li guidava Geften, che conosceva tutti i canaloni e le<br />

pietraie, le cime e i <strong>di</strong>rupi, e sapeva dove andare e come arrivarci.<br />

Evitarono i passaggi bui e stretti dove abitavano i mostri, le entità<br />

sopravvissute dai tempi più antichi che davano esca alle superstizioni<br />

degli Gnomi. Ove possibile, si tennero nei luoghi alti e aperti, perché<br />

l'oscurità e la nebbia erano sufficienti a celarli agli inseguitori.<br />

Anche l'esercito del Nord aveva i suoi esploratori, ma erano Gnomi, che<br />

laggiù si sarebbero mossi con cautela. Gli uomini <strong>di</strong> Raybur, invece,<br />

marciavano in fretta e con decisione. Prima o poi l'esercito del Nord li<br />

avrebbe raggiunti, certo, ma su un terreno scelto da loro. <strong>Il</strong> giorno<br />

seguente, dopo che i Nani si furono fermati per riposare qualche ora<br />

dopo l'alba ed ebbero ripreso la marcia, vennero raggiunti da una<br />

staffetta proveniente dalla esigua forza che <strong>di</strong>fendeva il Passo del<br />

Cappio, all'estremità sud delle montagne. Riferì che il resto<br />

dell'esercito del Signore degli Inganni era arrivato laggiù, aveva<br />

lasciato le Pianure <strong>di</strong> Raab per montare il campo. Al tramonto avrebbe<br />

certamente attaccato. I Nani potevano tenere il Passo almeno un giorno,<br />

prima <strong>di</strong> cedere. Raybur fissò Risca e sorrise. Un giorno era<br />

sufficiente. Si lasciarono raggiungere dall'armata del Nord che scendeva<br />

dal Passo <strong>di</strong> Giada quel pomeriggio, quando il sole era già calato <strong>di</strong>etro<br />

i monti e la nebbia cominciava a insinuarsi nel fondovalle dalle cime,<br />

come viticci alla ricerca <strong>di</strong> luce. Attesero in un canalone i cui argini<br />

si levavano a perpen<strong>di</strong>colo in mezzo a un dedalo <strong>di</strong> massi giganteschi e<br />

<strong>di</strong> crepacci insi<strong>di</strong>osi, e attaccarono quando il nemico iniziò a uscire da<br />

quella conca naturale. Tennero le posizioni per il tempo sufficiente a<br />

fermare l'avanzata, poi si ritirarono ancora una volta. Intanto era<br />

scesa l'oscurità e gli inseguitori furono costretti a fermarsi per la<br />

notte, senza poter restituire il colpo. All'alba, i Nani erano spariti.<br />

I soldati del Nord si lanciarono avanti, impazienti <strong>di</strong> metter fine a<br />

quel gioco del gatto e del topo. Ma i Nani li sorpresero ancora una<br />

volta, a mezzogiorno, attirandoli in una valle cieca e poi colpendoli ai<br />

fianchi, dov'erano in<strong>di</strong>fesi, mentre cercavano <strong>di</strong> ritirarsi. Prima che<br />

l'esercito del Signore degli Inganni si fosse ripreso, i Nani erano <strong>di</strong><br />

nuovo spariti. Per tutto il giorno continuò così, con una serie <strong>di</strong> mor<strong>di</strong><br />

e fuggi, <strong>di</strong> attacchi e ritirate, e la forza più piccola continuò a<br />

stuzzicare e umiliare quella più grande. Ma il limitare meri<strong>di</strong>onale


delle montagne si stava avvicinando e i soldati del Nord, furiosi per<br />

non essere riusciti a costringere i Nani alla battaglia decisiva,<br />

cominciarono a rincuorarsi al pensiero che ben presto la loro preda<br />

sarebbe rimasta a corto <strong>di</strong> nascon<strong>di</strong>gli. La lotta era <strong>di</strong>ventata molto<br />

seria. Un solo passo falso, e per i Nani non ci sarebbe stato scampo. Le<br />

staffette correvano avanti e in<strong>di</strong>etro tra coloro che attaccavano il<br />

nemico proveniente dal Nord e coloro che, a sud, <strong>di</strong>fendevano il Passo<br />

del Cappio. La scelta del momento era importante. A sud, il nemico<br />

impegnava tutte le sue forze per impadronirsi del Passo del Cappio, ma i<br />

Nani reggevano bene. Quel Passo era più facile da <strong>di</strong>fendere e più<br />

<strong>di</strong>fficile da conquistare, in<strong>di</strong>pendentemente dalle forze in campo. Ma i<br />

Nani l'avrebbero abbandonato all'alba e si sarebbero ritirati pian<br />

piano, intenzionalmente, facendo credere all'esercito del Nord <strong>di</strong> avere<br />

vinto. I soldati del Signore degli Inganni si sarebbero impadroniti del<br />

passo e poi avrebbero atteso che i compagni spingessero contro le loro<br />

lance i Nani, numericamente inferiori e chiusi in quella specie <strong>di</strong><br />

tenaglia. Giunse l'alba, e mentre una delle forze <strong>di</strong> Brona prendeva<br />

possesso del Passo del Cappio, l'altra proseguiva senza sosta verso sud.<br />

Ai Nani, presi tra le due, non rimaneva via <strong>di</strong> fuga. Per tutto il giorno<br />

l'armata <strong>di</strong> Raybur aveva lottato allo scopo <strong>di</strong> rallentare l'avanzata del<br />

nemico. <strong>Il</strong> re dei Nani aveva usato tutte le tattiche messe a punto in<br />

trent'anni <strong>di</strong> lotta contro gli Gnomi, colpendo gli invasori quando se ne<br />

presentava l'occasione, creandola quando non si presentava. Aveva <strong>di</strong>viso<br />

la sua forza in tre parti, affidando ai suoi generali il comando della<br />

più grande, perché fornisse al nemico un ovvio bersaglio da inseguire.<br />

Le due compagnie più piccole, una comandata da lui, l'altra dal suo<br />

primogenito Wyrik, erano <strong>di</strong>venute la tenaglia che aveva torturato senza<br />

sosta l'armata del Nord. Lavorando all'unisono, attiravano il nemico<br />

prima da un lato poi dall'altro. Quando l'uno costringeva il nemico a<br />

scoprirsi il fianco, l'altro era pronto ad attaccare. Inafferrabili e<br />

follemente irritanti, i Nani colpivano i nemici a proprio piacimento,<br />

senza lasciarsi mai attirare in campo aperto. Al cader della notte erano<br />

esausti. Peggio, i Nani provenienti da nord erano arrivati a ridosso <strong>di</strong><br />

quelli che risalivano da sud. I due gruppi si unirono e si fusero, dopo<br />

essersi ritirati il più possibile, e all'improvviso non ebbero più<br />

spazio <strong>di</strong> manovra. La notte e la foschia li proteggevano a sufficienza<br />

da consigliare <strong>di</strong> rimandare al mattino seguente qualsiasi iniziativa, ma<br />

la caccia continuò, soprattutto perché i soldati del Nord erano troppo<br />

incolleriti e frustrati per attendere ancora. <strong>Il</strong> Passo del Cappio era a<br />

poche miglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. I Nani erano intrappolati, privi <strong>di</strong> vie <strong>di</strong><br />

fuga, e adesso, finalmente, i soldati del Signore degli Inganni erano<br />

certi che la superiorità numerica avrebbe dato loro la vittoria per<br />

troppo tempo rimandata. Quando scese la notte e la foschia si addensò<br />

sul fondo della valle in cui i Nani si erano ritirati, Raybur inviò<br />

alcuni esploratori per segnalare l'avvicinarsi del nemico. Non c'era più<br />

tempo, si doveva agire in fretta. Venne chiamato Geften e i primi<br />

<strong>di</strong>fensori si prepararono alla fuga che era stata programmata fin<br />

dall'inizio. Doveva aver luogo con il favore delle tenebre e per la<br />

mezzanotte essere finita. Costituiva l'apogeo del piano concepito dal re<br />

e da Risca non appena il druido era ritornato da Paranor, un piano<br />

basato su conoscenze possedute soltanto dai Nani. Infatti, sconosciuta a


tutti tranne che a loro, c'era una terza via d'uscita dalle montagne.<br />

Nei pressi del luogo dove si trovavano, a poca <strong>di</strong>stanza dal più<br />

accessibile Passo del Cappio, una tortuosa serie <strong>di</strong> gallerie, crepacci e<br />

cenge attraversava il Wolfsktaag e portava a est, nelle foreste<br />

dell'Anar centrale. Era stato Geften a scoprire quel passaggio nascosto,<br />

a esplorarlo con un manipolo <strong>di</strong> fi<strong>di</strong> e a riferirne a Raybur, circa otto<br />

anni prima. La sua esistenza era stata gelosamente custo<strong>di</strong>ta. Da allora,<br />

un limitato numero <strong>di</strong> Nani l'aveva percorso per controllare che fosse<br />

agibile e impararne la topografia, ma nessun altro ne era stato messo a<br />

conoscenza. Risca ne era stato informato da Raybur in occasione <strong>di</strong> una<br />

visita, alcuni anni prima, perché il re dei Nani aveva voluto<br />

con<strong>di</strong>videre il segreto con il solo dei suoi uomini che gli fosse caro<br />

come un figlio. Risca se n'era ricordato quando l'esercito nemico si era<br />

<strong>di</strong>retto a est, e aveva concepito il piano. Ora i Nani lo attuarono.<br />

Lentamente cominciarono a ridurre il proprio numero, allontanandosi in<br />

una lunga fila sul percorso meticolosamente pre<strong>di</strong>sposto da Geften.<br />

L'esercito del Nord si avvicinò e gli esploratori corsero a riferirlo.<br />

Tuttavia, restava da portare a compimento la parte più pericolosa del<br />

piano. Occorreva bloccare gli uomini <strong>di</strong> Brona finché i Nani non si<br />

fossero messi in salvo. Accompagnato da Risca, Raybur prese con sé un<br />

piccolo gruppo <strong>di</strong> venti volontàri e si <strong>di</strong>resse a nord. Si nascosero in<br />

un ammasso <strong>di</strong> rocce da cui si dominava il Passo e quando comparve<br />

l'avanguar<strong>di</strong>a dell'esercito del Nord, attaccarono. Fu una breve<br />

scaramuccia, che mirava solo a confondere il nemico, perché i Nani erano<br />

estremamente inferiori <strong>di</strong> numero. Si servirono degli archi, dalla<br />

protezione delle rocce, e scoccarono il numero <strong>di</strong> frecce necessario a<br />

richiamare su <strong>di</strong> sé l'attenzione prima <strong>di</strong> fuggire. Eppure, anche così,<br />

la fuga non fu facile. I soldati del Nord li inseguirono come furie. <strong>Il</strong><br />

terreno roccioso era ingannevole, al buio: era una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> pietre<br />

taglienti e profon<strong>di</strong> crepacci, e la luce era scarsa, come sempre nel<br />

Wolfsktaag. La nebbia scesa al tramonto ricopriva il fondovalle. I Nani<br />

avevano una maggiore familiarità con il terreno, perciò riuscirono ad<br />

attraversare in fretta quel labirinto, ma i soldati del Nord erano<br />

dappertutto, brulicavano in mezzo alle rocce. Alcuni dei <strong>di</strong>fensori<br />

vennero raggiunti. Altri presero la <strong>di</strong>rezione sbagliata. Gli uni e gli<br />

altri furono uccisi. La lotta fu feroce. Risca usò la magia, colpendo<br />

col Fuoco Magico gli inseguitori, e riuscì a ricacciarli in<strong>di</strong>etro. Ma<br />

alcune delle mostruosità venute dai mon<strong>di</strong> sotterranei comparvero <strong>di</strong>etro<br />

<strong>di</strong> loro, e inseguirono i Nani in fuga, cosicché Risca fu costretto a<br />

fermarsi per respingerli. E per poco non riuscirono a prenderlo. I<br />

nemici si gettarono su <strong>di</strong> lui da tre <strong>di</strong>rezioni, attirati dal chiarore<br />

del Fuoco Magico. Volarono armi, creature <strong>di</strong> tenebra si scagliarono<br />

contro <strong>di</strong> lui cercando <strong>di</strong> gettarlo a terra. Risca lottò con furia ed<br />

esaltazione, perché in quel momento si sentiva più vivo che mai, un<br />

guerriero nel suo elemento naturale. Era forte e veloce, per nulla<br />

<strong>di</strong>sposto a farsi sopraffare. Ricacciò in<strong>di</strong>etro gli assalitori, rintuzzò<br />

i loro colpi, usò la magia per celare i suoi movimenti, e sfuggì alla<br />

trappola. Poco dopo era giunto alla fine del labirinto e si trovava<br />

<strong>di</strong>etro gli ultimi Nani. <strong>Il</strong> loro numero si era <strong>di</strong>mezzato, e i superstiti<br />

erano esausti e insanguinati. Raybur aspettò che Risca lo raggiungesse:<br />

era serio in volto e coperto <strong>di</strong> sudore. Una lama della sua doppia ascia


da battaglia si era spezzata. "Ci sarà da correre" commentò, avviandosi.<br />

"Li abbiamo addosso." Risca annuì. Dalle rocce sotto <strong>di</strong> loro arrivavano<br />

frecce e giavellotti. Si arrampicarono sul pen<strong>di</strong>o, negli orecchi le<br />

grida dei soldati del Nord. Un altro nano cadde, con una freccia nella<br />

gola. Dei venti che erano partiti per la missione, ne rimanevano meno<br />

della metà. Risca avvertì un fruscio in alto e si girò a scagliare una<br />

palla <strong>di</strong> fuoco contro un Messaggero, che si affrettò ad allontanarsi. La<br />

nebbia stava infittendo. Se fossero riusciti a <strong>di</strong>stanziare gli<br />

inseguitori ancora per qualche minuto, avrebbero fatto perdere le loro<br />

tracce. E così fu, anche se dovettero correre fino allo stremo e oltre,<br />

quando a sorreggerli rimase solo la volontà. Otto in tutto, gli ultimi<br />

Nani raggiunsero il luogo <strong>di</strong> raduno convenuto, dove adesso rimaneva il<br />

solo Geften. Senza parlare, si affrettarono a seguire l'ansioso<br />

esploratore, che li guidò fra i monti retrostanti. Alle loro spalle, i<br />

soldati del Nord irruppero nella valle, spezzando i rami degli alberi e<br />

sra<strong>di</strong>cando gli arbusti, gridando per la rabbia. Pensavano che i Nani<br />

fossero nascosti e intrappolati in qualche punto vicino a loro. Presto<br />

li avrebbero trovati. La caccia proseguì in <strong>di</strong>rezione sud, verso il<br />

Passo del Cappio. Con un po' <strong>di</strong> fortuna, pensò Risca, le due parti<br />

dell'esercito del Signore degli Inganni sarebbero finite l'una contro<br />

l'altra, nella nebbia e nel buio, e ciascuna avrebbe creduto <strong>di</strong> aver<br />

stanato il nemico. Con un po' <strong>di</strong> fortuna, ciascuna avrebbe ucciso un<br />

buon numero degli appartenenti all'altra prima <strong>di</strong> accorgersi<br />

dell'errore. S'infilò tra i massi dove iniziava il passaggio. Lì i<br />

soldati del Nord non li avrebbero seguiti, soprattutto con quel buio, e<br />

all'alba i Nani avrebbero ormai oltrepassato il punto dove si potevano<br />

scoprire le loro tracce. Raybur aspettò che Risca lo raggiungesse, poi<br />

gli batté la mano sulla spalla a mo' <strong>di</strong> congratulazioni. <strong>Il</strong> druido gli<br />

sorrise, ma nei suoi pensieri non c'era né gioia né calore. Conosceva la<br />

forza dell'esercito che dava loro la caccia. Conosceva la natura<br />

dell'entità che lo comandava. Certo, questa volta i Nani erano riusciti<br />

a fuggire. Ingannando i soldati del Nord, li avevano spinti a una lunga<br />

e inutile caccia, che aveva ritardato la loro avanzata, ed erano<br />

sopravvissuti per combattere un altro giorno. Ma quel giorno ci sarebbe<br />

stata la resa dei conti. E, temeva Risca, sarebbe giunto troppo presto.<br />

20<br />

Ad Arborlon pioveva e la città era ammantata da una coltre <strong>di</strong> foschia e<br />

<strong>di</strong> grigio. Erano le prime ore del pomeriggio. La pioggia era iniziata<br />

all'alba e dopo nove ore non accennava a smettere. Jerle <strong>Shannara</strong> la<br />

osservava dall'interno del pa<strong>di</strong>glione estivo del re, suo attuale<br />

rifugio, per non <strong>di</strong>re nascon<strong>di</strong>glio. La guardava cadere sui vetri, sui<br />

marciapie<strong>di</strong> sulle centinaia <strong>di</strong> pozzanghere che si erano già formate.<br />

Colpiva gli alberi e li trasformava, facendone <strong>di</strong>ventare neri i tronchi,<br />

lucide le foglie. Gli pareva, nel suo sconforto, che continuando a<br />

guardarla si sarebbe trasformato anche lui in qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. <strong>Il</strong><br />

suo umore era pessimo. Lo era fin dal suo ritorno in città, tre giorni<br />

prima. Era rientrato con i resti della spe<strong>di</strong>zione: Preia Starle, Vree<br />

Erreden e i cacciatori Obann e Rusk. Aveva riportato la Pietra Nera e il<br />

corpo <strong>di</strong> Tay Trefenwyd. Non aveva portato gioia e non ne aveva trovata<br />

ad aspettarlo. Durate la sua assenza, Courtann Ballindarroch era morto<br />

per le ferite. <strong>Il</strong> figlio Alyten era salito al trono e il suo primo


or<strong>di</strong>ne era stato quello <strong>di</strong> organizzare una spe<strong>di</strong>zione per cercare gli<br />

assassini del padre. Follia pura. Ma nessuno l'aveva fermato. Jerle era<br />

rimasto <strong>di</strong>sgustato. Era stata l'azione <strong>di</strong> uno stupido, e temeva che agli<br />

Elfi fosse toccato in ere<strong>di</strong>tà uno stupido come re. O quello, o erano<br />

privi <strong>di</strong> sovrano. Infatti, Alyten Ballindarroch era partito da Arborlon<br />

una settimana ad<strong>di</strong>etro e da allora non aveva più fatto avere notizie. In<br />

silenzio continuò a fissare la pioggia, la <strong>di</strong>stanza tra una goccia e<br />

l'altra, il grigiore, il nulla. <strong>Il</strong> suo sguardo era vuoto. Anche il<br />

pa<strong>di</strong>glione d'estate era vuoto: c'era soltanto lui, con i suoi pensieri.<br />

Una brutta compagnia per chiunque. I suoi pensieri lo ossessionavano. La<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Tay era sconvolgente, più dolorosa <strong>di</strong> quanto avrebbe mai<br />

immaginato, più profonda <strong>di</strong> quanto fosse <strong>di</strong>sposto ad ammettere. Tay<br />

Trefenwyd era sempre stato il suo migliore amico: in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalle scelte che avevano fatto, dalla loro separazione, dagli eventi che<br />

avevano trasformato la loro vita, quell'amicizia non era mai cessata.<br />

Che Tay fosse <strong>di</strong>venuto un druido e lui capitano delle Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali e<br />

poi consigliere del re non aveva cambiato la situazione. Quando Tay era<br />

tornato da Paranor e Jerle l'aveva visto sulla strada per Arborlon, gli<br />

era parso che fossero passati pochi istanti dall'ultima volta che si<br />

erano visti, come se il tempo fosse privo <strong>di</strong> significato. Ora Tay era<br />

morto, aveva dato la vita per salvare i compagni e per portare la Pietra<br />

Nera ad Arborlon. La Pietra Nera. L'arma omicida. Jerle <strong>Shannara</strong> venne<br />

preso dall'ira quando pensò al maledetto talismano. <strong>Il</strong> prezzo della<br />

Pietra era la vita del suo amico, e non aveva la minima idea del suo<br />

impiego. A che cosa serviva? E valeva la vita del suo amico? Non aveva<br />

risposte. Aveva fatto il suo dovere. Aveva portato la Pietra ad Arborlon<br />

impedendole <strong>di</strong> cadere nelle mani del Signore degli Inganni, e per tutto<br />

il viaggio aveva pensato che sarebbe stato meglio liberarsene gettandola<br />

nel più profondo crepaccio. Se fosse stato solo, Jerle <strong>Shannara</strong><br />

l'avrebbe fatto, tanto forti erano la collera e la frustrazione per la<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Tay. Ma Preia e Vree Erreden erano con lui e la custo<strong>di</strong>a<br />

della Pietra era stata affidata anche a loro. Perciò l'aveva portata ad<br />

Arborlon come Tay aveva chiesto, con l'intenzione <strong>di</strong> liberarsene al suo<br />

arrivo. Ma il destino l'aveva beffato anche in quello. Courtann<br />

Ballindarroch era morto e il suo successore era partito per un'impresa<br />

assurda. A chi consegnare, allora, la Pietra Nera? Non al Gran<br />

Consiglio, che era un mucchio <strong>di</strong> vecchi per<strong>di</strong>tempo, incapaci <strong>di</strong> prendere<br />

decisioni e preoccupati soltanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere le loro prerogative,<br />

adesso che Courtann era morto. Non ad Alyten, che del resto era assente:<br />

la Pietra Nera non era per lui. A Bremen, allora, ma il druido non era<br />

ancora arrivato ad Arborlon, ammesso e non concesso che mai vi<br />

arrivasse. Perciò, consigliato da Preia e con l'approvazione <strong>di</strong> Vree<br />

Erreden - i soli che poteva consultare sull'argomento - aveva nascosto<br />

la Pietra nelle profon<strong>di</strong>tà dei sotterranei del palazzo, dove nessuno<br />

avrebbe potuto recuperarla senza il suo consenso e dove sarebbe rimasta<br />

lontana da occhi in<strong>di</strong>screti e dalle tentazioni <strong>di</strong> usarne i segreti.<br />

Tutt'e tre conoscevano <strong>di</strong> persona il pericolo che essa rappresentava,<br />

avevano visto la potenza della sua magia. In un batter d'occhio, aveva<br />

<strong>di</strong>vorato decine <strong>di</strong> creature, umane e non. E Tay Trefenwyd, nonostante la<br />

protezione della magia dei Drui<strong>di</strong>, era stato <strong>di</strong>strutto dalla reazione.<br />

Un simile potere era una male<strong>di</strong>zione contro ogni forma <strong>di</strong> vita, era


cieco e malvagio e doveva venire rigorosamente isolato. Spero che<br />

valesse la tua vita, Tay, pensò Jerle <strong>Shannara</strong>, cupo. Ma io non riesco a<br />

crederlo. La pioggia aveva raffreddato la temperatura, e Jerle andò ad<br />

aggiungere legna al fuoco del caminetto. Guardò le fiamme alzarsi e<br />

ripensò ai capricci del destino, a tutto quello che aveva perduto nelle<br />

poche settimane precedenti. Quelle per<strong>di</strong>te erano servite a qualcosa?<br />

Scosse la testa e si passò la mano fra i capelli bion<strong>di</strong>. Le riflessioni<br />

filosofiche finivano sempre per confonderlo: era un uomo d'azione, un<br />

guerriero, e in simili occasioni sentiva la mancanza <strong>di</strong> un nemico da<br />

abbattere, <strong>di</strong> un posto dove colpire con la spada... <strong>Il</strong> giorno del suo<br />

ritorno si era recato dai genitori <strong>di</strong> Tay e da Kira ad annunciare la<br />

morte dell'amico. Non era <strong>di</strong>sposto a lasciare ad altri quel compito. I<br />

genitori, vecchi e un po' leggeri <strong>di</strong> testa, avevano accettato<br />

stoicamente la notizia, con qualche lacrima perché, adesso che la loro<br />

fine era vicina, avevano ormai accettato l'idea che la morte fosse<br />

capricciosa nelle sue scelte, oltre che inevitabile. Ma Kira era rimasta<br />

sconvolta, era scoppiata in pianto e si era <strong>di</strong>speratamente stretta a<br />

Jerle, cercando la forza che lui non era in grado <strong>di</strong> darle. E Jerle<br />

nello stringerlo, singhiozzante e piangente, aveva capito <strong>di</strong> averla<br />

persa esattamente come il fratello: il dolore per Tay era il solo<br />

sentimento che potevano con<strong>di</strong>videre. Si allontanò dal caminetto e tornò<br />

alla finestra. <strong>Il</strong> tempo passò, la giornata proseguì grigia e umida,<br />

senza portargli alcuna speranza. Poi qualcuno aprì la porta e la<br />

richiuse, si tolse il mantello e lo appese. Preia Starle entrò nella<br />

stanza. Aveva le mani e la faccia bagnati, sulla pelle abbronzata si<br />

scorgevano ancora i segni della spe<strong>di</strong>zione. Si ravviò i capelli color<br />

cannella scuotendoli per liberarli dalla pioggia, e guardò Jerle. Gli<br />

occhi color miele scuro lo stu<strong>di</strong>arono, sorpresi <strong>di</strong> ciò che vedevano.<br />

"Vogliono farti re" <strong>di</strong>sse tranquillamente. Jerle la fissò stupito.<br />

"Chi?". "Tutti. <strong>Il</strong> Gran Consiglio, i consiglieri del re, la gente per<br />

strada, le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, l'esercito, tutti." Gli rivolse un debole<br />

sorriso. "Sei la loro unica speranza, <strong>di</strong>cono. Alyten è troppo<br />

inaffidabile, troppo irruento per regnare. Non ha esperienza. Non ha<br />

particolari capacità. <strong>Il</strong> fatto che sia già re non ha importanza, perché<br />

non lo vogliono." "Ci sono i due nipoti sopravvissuti! E loro?" "Due<br />

bambini, a malapena in grado <strong>di</strong> camminare. E poi la gente non vuole<br />

bambini sul trono. Vuole te!" Jerle scosse la testa, incredulo. "Non<br />

hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere. Nessuno ce l'ha." "Tu sì" rispose lei. Gli<br />

si avvicinò, flessuosa come un gatto, tutta grazia ed efficienza. Jerle<br />

si meravigliò per l'eleganza con cui si muoveva, per la sua calma. Era<br />

ammirato dalla grande forza che mostrava anche ora, con tutto quello che<br />

era successo. Per qualche momento, lei si massaggiò le mani, scaldandole<br />

al fuoco; poi rimase a fissare le fiamme. "Ho sentito la sua voce, oggi"<br />

<strong>di</strong>sse. "In strada. La voce <strong>di</strong> Tay. Mi chiamava, pronunciava il mio nome.<br />

L'ho sentità con chiarezza. Mi sono girata, e desideravo tanto vederlo<br />

che mi sono scontrata con un uomo. L'ho spinto <strong>di</strong> lato, senza ascoltare<br />

le sue proteste, perché cercavo Tay." Scosse adagio la testa. "Non<br />

c'era. Mi ero immaginata tutto." Lo <strong>di</strong>sse con un filo <strong>di</strong> voce. Non si<br />

girò verso Jerle. "Io non riesco ancora a rendermi conto che è morto"<br />

<strong>di</strong>sse lui, dopo un momento. "Continuo a pensare che mi sono sbagliato,<br />

che è là fuori ed entrerà da un momento all'altro." Alzò la testa e


fissò le ombre davanti alla porta. "Non voglio essere re. Voglio che Tay<br />

ritorni a vivere. Che tutto torni come prima." Preia annuì, senza<br />

parlare, e continuò per qualche momento a guardare il fuoco. Si u<strong>di</strong>va<br />

soltanto il tamburellare della pioggia contro il tetto e le finestre, e<br />

il sibilo del vento. Poi Preia si girò verso Jerle e lo raggiunse. Lo<br />

fissò, con uno sguardo carico <strong>di</strong> emozioni che lui non riuscì a<br />

interpretare bene. "Mi ami?" gli chiese, senza mezzi termini. Jerle<br />

rimase così sorpreso dalla domanda, che lo aveva colto con la guar<strong>di</strong>a<br />

abbassata, che non riuscì a darle una risposta. La fissò a bocca aperta.<br />

Preia sorrise. Poi, con gli occhi luci<strong>di</strong>, riprese la parola. "Lo sapevi<br />

che Tay era innamorato <strong>di</strong> me?" Jerle scosse lentamente la testa,<br />

sorpreso. "No." "Lo è sempre stato" continuò Preia. S'interruppe, poi<br />

riprese: "Proprio come tu lo sei <strong>di</strong> Kira". Alzò una mano e gli appoggiò<br />

il <strong>di</strong>to sulle labbra per farlo tacere. "No, lasciami finire. Sono cose<br />

che vanno dette. Tay era innamorato <strong>di</strong> me, ma non avrebbe mai fatto<br />

niente per conquistarmi. Non ne parlava neppure. La sua amicizia per te<br />

era troppo forte. Sapeva che mi ero promessa a te, e anche se non era<br />

certo dei tuoi sentimenti, non voleva interferire. Pensava che tu mi<br />

amassi e che mi avresti sposata, e non voleva mettere a repentaglio la<br />

sua amicizia con tutti e due. Sapeva <strong>di</strong> Kira, ma sapeva che non era<br />

fatta per te... anche se tu non ci credevi". Ora piangeva, ma non si<br />

asciugò le lacrime. "Quello era un lato <strong>di</strong> Tay Trefenwyd che tu non hai<br />

mai visto. E non l'hai visto perché non guardavi. Tay aveva una<br />

personalità complessa, proprio come te. Nessuno <strong>di</strong> voi capiva l'altro<br />

così chiaramente come credeva, ciascuno era l'ombra dell'altro, ma sotto<br />

certi aspetti eravate <strong>di</strong>versissimi, come lo spirito lo è dalla carne. Io<br />

conoscevo quelle <strong>di</strong>fferenze. Le ho sempre conosciute." Deglutì. "Adesso<br />

devi affrontare anche tu la situazione. Devi imparare a vivere anche se<br />

la tua ombra è morta. Tay non c'è più, Jerle. <strong>Re</strong>stiamo noi. Che cosa<br />

faremo? Dobbiamo deciderlo. Tay mi amava, ma è morto. Mi ami anche tu?<br />

Mi ami quanto mi amava lui? O tra noi ci sarà sempre Kira?" "Kira è<br />

sposata" <strong>di</strong>sse Jerle piano, con la voce incrinata. "Kira è viva. La vita<br />

nutre la speranza. Se la desiderassi con sufficiente forza, forse<br />

potresti trovare il modo <strong>di</strong> averla. Ma non puoi averci tutt'e due.LO ho<br />

perso uno dei due uomini importanti della mia vita. L'ho perso senza<br />

avere il tempo <strong>di</strong> parlargli come adesso parlo a te. Non permetterò che<br />

succeda una seconda volta." S'interruppe, perché ciò che stava per <strong>di</strong>re<br />

la metteva a <strong>di</strong>sagio, ma non <strong>di</strong>stolse lo sguardo. "Ti voglio <strong>di</strong>re una<br />

cosa. Se Tay mi avesse chiesto <strong>di</strong> scegliere tra voi, forse avrei scelto<br />

lui." Scese un lungo silenzio, mentre continuavano a fissarsi negli<br />

occhi. Si u<strong>di</strong>va soltanto la pioggia battere e il fuoco scoppiettare. Con<br />

l'avvicinarsi della sera, nella stanza si stava facendo buio. "Non<br />

voglio perderti" <strong>di</strong>sse piano Jerle. Preia non ripose. Voleva qualcosa <strong>di</strong><br />

più. "Una volta ero innamorato <strong>di</strong> Kira" ammise lui. "E penso <strong>di</strong> volerle<br />

ancora bene. Ma non è come allora. So <strong>di</strong> averla perduta, e non piango<br />

più la sua per<strong>di</strong>ta. Da anni, ormai. Penso ancora a lei con nostalgia,<br />

quando mi tornano in mente Tay e la nostra infanzia. Lei era parte <strong>di</strong><br />

ciò e sarebbe sciocco negarlo." Trasse un profondo respiro. "Mi hai<br />

chiesto se ti amo. Sì, ti amo. Non ho mai riflettuto su questo aspetto<br />

del nostro rapporto... l'ho sempre accettato. Forse pensavo che tu ci<br />

saresti sempre stata, perciò non sono mai andato oltre, nelle mie


iflessioni, perché non mi pareva necessario. Perché farsi domande su<br />

una cosa che è ovvia? Ma mi sbagliavo, e adesso lo capisco. Ti ho sempre<br />

data come acquisita, per me, anche se non me ne rendevo conto. Pensavo<br />

che la vita che facevamo insieme fosse sufficiente. Non pensavo che<br />

potesse cambiare. "Ma ho perso Tay e con lui una parte importante <strong>di</strong> me.<br />

Ho perso la guida e la <strong>di</strong>rezione. Sono arrivato alla fine <strong>di</strong> una strada<br />

e non so da che parte girare. Quando mi chie<strong>di</strong> se ti amo, mi domando se<br />

l'amore per te non sia la sola cosa che ho. Non è una cosa piccola, una<br />

consolazione per il dolore. E' molto <strong>di</strong> più. E' la sola realtà, la sola<br />

verità che possiedo. E significa per me più <strong>di</strong> qualsiasi altra cosa. Tay<br />

me l'ha fatto capire con la sua morte. Ho dovuto pagare un prezzo molto<br />

alto per capirlo." Le appoggiò gentilmente le mani sulle spalle. "Ti<br />

amo, Preia." "Davvero?" chiese lei, piano. Queste parole creavano una<br />

grande <strong>di</strong>stanza tra loro. Jerle la guardò, senza sapere cosa <strong>di</strong>re. "Sì,<br />

Preia" rispose infine. "Sei la persona che amo più <strong>di</strong> qualsiasi altra.<br />

Non so cosa aggiungere. Forse questo: spero che tu mi ami ancora." Preia<br />

non rispose, ma continuò a fissarlo negli occhi. Non piangeva più, ma<br />

aveva gli occhi gonfi e le gote umide. Poi gli rivolse un debole<br />

sorriso. "Non ho mai cessato <strong>di</strong> amarti" sussurrò. Fece un passo avanti,<br />

fra le sue braccia, e lasciò che la stringesse. Dopo qualche istante, lo<br />

abbracciò a sua volta. Sedevano accanto al fuoco quando Vree Erreden<br />

fece la sua comparsa, qualche ora più tar<strong>di</strong>. Era già buio, la pioggia si<br />

era ridotta d'intensità ma continuava a cadere sui boschi già intrisi<br />

d'acqua. Sulla città era sceso il silenzio. Qua e là, attraverso i rami<br />

appesantiti dalla pioggia, si scorgeva qualche luce, alla finestra delle<br />

case vicine. <strong>Il</strong> palazzo era al momento <strong>di</strong>sabitato, in attesa che le<br />

riparazioni terminassero, e solo nel pa<strong>di</strong>glione d'estate c'era un<br />

occupante. Tuttavia, la Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale vigilava su Jerle <strong>Shannara</strong>, che<br />

oltre a essere uno dei suoi, apparteneva alla famiglia reale e, a dare<br />

retta alle voci, era un possibile re. Le guar<strong>di</strong>e fermarono Vree Erreden<br />

tre volte prima che riuscisse ad arrivare alla porta del pa<strong>di</strong>glione, e<br />

lo lasciarono proseguire soltanto perché Jerle aveva or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> farlo<br />

passare in qualsiasi momento. Era strano come fosse cambiato il loro<br />

rapporto. Non avevano niente in comune, e la morte <strong>di</strong> Tay avrebbe potuto<br />

metter fine a ogni pretesa <strong>di</strong> amicizia tra loro, perché era stato il<br />

druido a unirli per la spe<strong>di</strong>zione. Morto Tay, ciascuno avrebbe potuto<br />

riprendere la propria strada. Ma non era stato così. Forse avevano<br />

pensato <strong>di</strong> doverlo fare per Tay, forse erano stati i terribili eventi<br />

del viaggio a unirli. Tay si era sacrificato per loro, ed essi avevano<br />

lasciato da parte le loro <strong>di</strong>vergenze. Durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno<br />

avevano parlato <strong>di</strong> molte cose: <strong>di</strong> Tay e dell'importanza da lui<br />

attribuita alla missione che Bremen gli aveva affidato, dello<br />

spaventevole potere della Pietra Nera e della sua importanza, dell'ombra<br />

del Signore degli Inganni che incombeva su tutti. Con Preia Starle<br />

avevano parlato delle intenzioni <strong>di</strong> Tay e del loro dovere morale <strong>di</strong><br />

realizzarle: far giungere a Bremen la Pietra Nera e portare l'esercito<br />

degli Elfi in aiuto ai Nani. Non avevano pensato a se stessi ma al loro<br />

mondo e ai pericoli che lo minacciavano. Durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno,<br />

a due giorni da Arborlon, Jerle aveva chiesto al locat <strong>di</strong> comunicargli<br />

ogni visione che potesse risultare utile al loro compito <strong>di</strong> realizzare i<br />

desideri <strong>di</strong> Tay. Non gli era stato facile chiederlo, e Vree Erreden lo


sapeva: dopo una breve riflessione, il veggente aveva acconsentito,<br />

anzi, si era detto <strong>di</strong>sposto a offrire i suoi servigi a Jerle<br />

personalmente, se pensava <strong>di</strong> averne bisogno. Jerle aveva accettato. Si<br />

erano stretti la mano per solennizzare l'accordo e <strong>di</strong> lì era iniziata la<br />

loro amicizia. Così adesso il locat era venuto a trovarlo, bagnato come<br />

un pulcino e tremante <strong>di</strong> freddo. Preia lo aiutò a sfilarsi il mantello e<br />

lo fece accomodare davanti al caminetto perché si asciugasse. Jerle gli<br />

servì un bicchiere <strong>di</strong> birra forte. La donna gli <strong>di</strong>ede anche una coperta.<br />

Vree Erreden accettò ogni cosa con qualche parola <strong>di</strong> ringraziamento. Gli<br />

brillavano gli occhi a causa <strong>di</strong> ciò che doveva comunicare loro. "Ho una<br />

notizia per te" <strong>di</strong>sse a Jerle non appena smise <strong>di</strong> rabbrivi<strong>di</strong>re. "Ho<br />

avuto una visione che ti riguarda." Jerle annuì. "Cos'hai visto?" <strong>Il</strong><br />

locat si strofinò le mani e bevve qualche sorso <strong>di</strong> birra. Sembrava<br />

affaticato, come se non avesse dormito bene. Era così dal loro ritorno.<br />

Gli eventi <strong>di</strong> Fauce Magna avevano lasciato il segno su <strong>di</strong> lui. La<br />

fortezza e i suoi occupanti l'avevano attaccato spietatamente, avevano<br />

cercato <strong>di</strong> schiacciarlo perché non potesse aiutare Tay Trefenwyd, che<br />

volevano con sé. Non c'erano riusciti, ma il veggente soffriva ancora<br />

per l'attacco. "Quando Tay è venuto a chiedermi <strong>di</strong> accompagnarlo nella<br />

ricerca della Pietra Nera, gli ho letto nella mente." Si girò per<br />

fissare negli occhi Jerle. <strong>Il</strong> suo sguardo era serio. "L'ho fatto per<br />

scoprire in fretta tutto quello che voleva <strong>di</strong>rmi. Non l'ho avvertito <strong>di</strong><br />

ciò che facevo, perché non volevo che mi nascondesse qualche pensiero.<br />

"Ciò che ho scoperto era assai più <strong>di</strong> quanto cercassi. <strong>Il</strong> druido Bremen<br />

gli aveva riferito quattro visioni. Una riguardava Fauce Magna e la<br />

Pietra Nera degli Elfi, ed era quella che cercavo. Ma ho visto anche le<br />

altre. Ho visto la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Paranor, con Bremen alla ricerca <strong>di</strong> un<br />

medaglione appeso a una catena. Ho visto il druido accanto a un lago<br />

dalle acque nere..." S'interruppe, agitando la mano come per far capire<br />

che la cosa non aveva importanza. "Lasciamo perdere. La visione che<br />

conta è l'ultima." Tacque per qualche istante, sembrò <strong>di</strong>strarsi. "Ho<br />

sentito delle voci. Vogliono farti re. Non vogliono né Alyten né i<br />

nipotini. Vogliono incoronare te." "Chiacchiere" si affrettò a <strong>di</strong>re<br />

Jerle. Vree Erreden si strinse la coperta sul petto. "Non credo." E<br />

lasciò che le parole rimanessero sospese nell'aria. Preia si avvicinò a<br />

lui. "Cos'hai visto, Vree? Alyten Ballindarroch è morto?" <strong>Il</strong> locat<br />

scosse la testa. "Non lo so. Non ho avuto quella visione. Ne ho avuto<br />

un'altra. E riguarda la questione del re degli Elfi." Trasse un profondo<br />

respiro. "Nella quarta visione <strong>di</strong> Bremen che ho letto nella mente <strong>di</strong> Tay<br />

c'era un uomo armato <strong>di</strong> spada, su un campo <strong>di</strong> battaglia. La spada era un<br />

talismano, una magia potentissima. Sull'impugnatura si scorgeva<br />

chiaramente l'immagine dell'Eilt Druin: una mano che stringeva una<br />

fiaccola accesa. Davanti all'uomo c'era uno spettro, incappucciato e<br />

avvolto in un mantello nero: <strong>di</strong> lui si scorgevano solo gli occhi, due<br />

fessure rosse come braci. L'uomo e lo spettro erano impegnati in un<br />

duello mortale." Bevve un altro sorso <strong>di</strong> birra e guardò il fuoco.<br />

"Quella visione mi apparve soltanto per un attimo e non le prestai molta<br />

attenzione. Al momento non mi parve importante. Confermava le parole <strong>di</strong><br />

Tay sulla sua ricerca. Fino a oggi mi era passata <strong>di</strong> mente." Sollevò <strong>di</strong><br />

nuovo gli occhi. "Oggi leggevo le mie mappe, davanti al fuoco. <strong>Il</strong> calore<br />

delle fiamme e il rumore della pioggia mi hanno fatto addormentare, e


mentre dormivo ho avuto una visione. E' stata improvvisa, intensa e<br />

inattesa. Strano, perché in genere le mie visioni, le intuizioni che mi<br />

permettono <strong>di</strong> trovare gli oggetti perduti, sono più lente a<br />

concretizzarsi e meno imperiose. La visione era netta e precisa, e l'ho<br />

riconosciuta subito: era l'immagine apparsa a Bremen, dell'uomo e dello<br />

spettro sul campo <strong>di</strong> battaglia. Ma questa volta li ho riconosciuti. Lo<br />

spettro era il Signore degli Inganni. L'uomo eri tu, Jerle <strong>Shannara</strong>."<br />

Jerle per poco non scoppiò a ridere. Forse perché l'idea gli pareva<br />

assurda, forse perché non poteva credere che Tay non l'avesse<br />

riconosciuto mentre Vree c'era riuscito. O forse come reazione a una<br />

sorta <strong>di</strong> dolorosa premonizione provata nell'ascoltare il locat. "C'è<br />

dell'altro" proseguì il veggente, senza dargli il tempo <strong>di</strong> pensare.<br />

"Sulla spada c'era lo stesso emblema che compariva sul medaglione<br />

cercato da Bremen nella visione <strong>di</strong> Paranor. Quel medaglione si chiamava<br />

Eil Druinned, è il simbolo della carica <strong>di</strong> Grande Druido. Ha una magia<br />

potentissima. La spada era l'arma appositamente forgiata per <strong>di</strong>struggere<br />

Brona, e il medaglione era fuso con l'arma. Nessuno mi ha raccontato<br />

questi particolari, sai. Ho semplicemente saputo che così stavano le<br />

cose. Allo stesso modo, nel vederti sul campo <strong>di</strong> battaglia, ho saputo<br />

che eri re degli Elfi." "No" <strong>di</strong>sse Jerle, ostinato. "Ti devi essere<br />

sbagliato." <strong>Il</strong> locat lo fissò senza abbassare lo sguardo. "Mi hai visto<br />

in faccia?" chiese Jerle. "Non avevo bisogno <strong>di</strong> vederti in faccia"<br />

rispose Vree Erreden, a bassa voce. "Né <strong>di</strong> sentire la tua voce. Eri tu,<br />

ed eri il re." "Allora la visione è falsa!" Jerle guardò Preia in cerca<br />

<strong>di</strong> aiuto, ma lei lo fissava e taceva. "Non voglio averci niente a che<br />

fare!" Nessuno gli rispose. Tolto lo scoppiettio del fuoco, non si u<strong>di</strong>va<br />

alcun rumore; la notte taceva come per origliare meglio ciò che si<br />

stavano <strong>di</strong>cendo i tre Elfi. Jerle si alzò e andò alla finestra. Avrebbe<br />

voluto essere invisibile. "Se permettessi loro <strong>di</strong> incoronarmi..." Non<br />

terminò la frase. Preia si alzò e lo guardò attraversare la stanza.<br />

"Potresti terminare ciò che Tay Trefenwyd ha iniziato. Se tu fossi re,<br />

potresti convincere il Gran Consiglio a mandare l'esercito in aiuto ai<br />

Nani. Potresti liberarti della Pietra Nera senza doverne rispondere a<br />

nessuno. E, soprattutto, potresti <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni."<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> si girò <strong>di</strong> scatto. "<strong>Il</strong> Signore degli Inganni ha<br />

sterminato i Drui<strong>di</strong>. Che speranze avrei io contro un simile mostro?"<br />

"Speranze migliori <strong>di</strong> chiunque altro" rispose subito lei. "La visione è<br />

apparsa ormai due volte: la prima a Bremen, la seconda a Vree.<br />

Probabilmente è una profezia. Se lo è davvero, puoi fare ciò che neppure<br />

a Tay Trefenwyd sarebbe riuscito. Puoi salvarci tutti." Jerle la fissò.<br />

Preia credeva che dovesse <strong>di</strong>ventare re. E gli chiedeva <strong>di</strong> dare il suo<br />

assenso. "Ha ragione" <strong>di</strong>sse Vree Erreden. <strong>Il</strong> guerriero non lo ascoltò.<br />

Fissava Preia, pensando che già alcune ore prima gli aveva chiesto <strong>di</strong><br />

prendere una grave decisione. Quanto sono importante per te? Adesso gli<br />

rivolgeva la stessa domanda, anche se in forma <strong>di</strong>versa. Quanto è<br />

importante il tuo popolo per te? Aveva l'impressione <strong>di</strong> doversi<br />

preparare a un grande cambiamento, sia nel suo rapporto con Preia, sia<br />

nella sua vita, un cambiamento portato in entrambi i casi dalla morte <strong>di</strong><br />

Tay Trefenwyd. Eventi che non avrebbe mai creduto possibili si erano<br />

alleati per caricarlo <strong>di</strong> quelle responsabilità che aveva sempre cercato<br />

<strong>di</strong> evitare. Un destino autoritario l'aveva preso per il braccio.


<strong>Re</strong>sponsabilità, incoronazione, salvezza della sua gente... tutto<br />

<strong>di</strong>pendeva dalle sue decisioni. Freneticamente, cercò qualche altra<br />

strada. Ma sapeva, con inquietante certezza, che qualunque scelta<br />

facesse avrebbe finito per pentirsene. "Devi affrontare questa<br />

situazione" gli <strong>di</strong>sse Preia. "Devi deciderti." Jerle aveva l'impressione<br />

che il mondo fosse una trottola impazzita. Preia gli chiedeva troppo.<br />

Non c'era alcun bisogno <strong>di</strong> decidere su due pie<strong>di</strong>. Per ora, tutto era a<br />

livello <strong>di</strong> voci e illazioni. Nessuno gli aveva ancora parlato<br />

ufficialmente della corona. Non si sapeva cosa fosse successo ad Alyten.<br />

Inoltre, c'erano i nipoti <strong>di</strong> Courtann Ballindarroch. Lo stesso Tay<br />

Trefenwyd li aveva salvati. E adesso volevano negare loro la<br />

successione? Jerle riusciva a malapena a pensare a tutta la situazione,<br />

e gli chiedevano <strong>di</strong> pronunciarsi imme<strong>di</strong>atamente. Ma queste<br />

giustificazioni gli parevano inconsistenti, e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> esse vedeva<br />

soltanto lo spettro della propria <strong>di</strong>sperazione. Si allontanò dai due che<br />

aspettavano la sua risposta e andò alla finestra a fissare il buio della<br />

notte. Ma neanche laggiù trovò la risposta.<br />

21<br />

Si avvicinava il crepuscolo e la città <strong>di</strong> Dechtera era immersa in una<br />

luce rossosangue. L'abitato riempiva l'intera conca tra due file <strong>di</strong><br />

basse colline che lo chiudevano a nord e a sud, ed era un <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato<br />

labirinto <strong>di</strong> muri e tetti che si stagliava contro l'orizzonte cremisi.<br />

L'oscurità avanzava dalle pianure erbose dell'est. <strong>Il</strong> sole, tramontando<br />

<strong>di</strong>etro un banco <strong>di</strong> nubi basse, aveva dato al cielo e alla terra una<br />

sfumatura prima arancione e poi rossa, come ultimo gesto <strong>di</strong> sfida <strong>di</strong> un<br />

giorno che non si rassegnava a morire. Dalla pianura, dove si trovava<br />

con Bremen e Mareth e dove l'ombra si era già impadronita delle pianure<br />

situate tra i rilievi, Kinson Ravenlock osservò senza fare commenti la<br />

loro destinazione, raggiunta dopo tanti giorni <strong>di</strong> cammino. Dechtera era<br />

una città industriale, facilmente raggiungibile dalle altre principali<br />

città del Sud e situata nei pressi delle miniere che le fornivano i<br />

minerali occorrenti. Era assai più grande delle città del Nord e <strong>di</strong><br />

quelle della Frontiera, e anche <strong>di</strong> quelle dei Nani e degli Elfi. Era<br />

superata in <strong>di</strong>mensione soltanto da alcune città dei Troll. A Dechtera<br />

c'erano persone, case e negozi, ma soprattutto forni. Erano accesi senza<br />

interruzione, raggruppati in varie parti della città, riconoscibili <strong>di</strong><br />

giorno dai pennacchi <strong>di</strong> fumo nero che si levavano dalle loro ciminiere,<br />

<strong>di</strong> notte dal chiarore dei focolari sempre aperti, che consumavano<br />

avidamente legno e carbone per estrarre il metallo dal minerale,<br />

fonderlo e lavorarlo. A tutte le ore del giorno e della notte i fabbri<br />

battevano sull'incu<strong>di</strong>ne il ferro rosso e ne cavavano piogge <strong>di</strong> scintille<br />

incandescenti, cosicché Dechtera era un inesauribile spettacolo <strong>di</strong> suoni<br />

e colori. L'aria era satura <strong>di</strong> fumo e ceneri che coprivano <strong>di</strong> una patina<br />

scura gli e<strong>di</strong>fici e la gente. Tra le città della Terra del Sud, Dechtera<br />

era il membro fuligginoso <strong>di</strong> una famiglia che aveva bisogno <strong>di</strong> lei più<br />

che desiderarla, la sopportava più che abbracciarla, e non aveva mai<br />

pensato <strong>di</strong> guardarla con orgoglio o con speranza. Era una scelta<br />

improbabile per andare a fondervi il loro talismano, pensò ancora una<br />

volta Kinson, perché era una città che non dava alcuno spazio<br />

all'immaginazione, una città che sopravviveva con il lavoro,<br />

notoriamente inospitale per i Drui<strong>di</strong> e la magia. Eppure Bremen gli aveva


detto alcuni giorni prima, quando glielo aveva fatto notare, che laggiù<br />

avrebbero trovato l'uomo che cercavano. Chiunque fosse, aggiunse Kinson<br />

tra sé, perché, anche se il druido aveva detto loro dov'erano <strong>di</strong>retti,<br />

non aveva rivelato l'identità della persona che dovevano incontrare.<br />

Avevano impiegato quasi due settimane per compiere il viaggio. Cogline<br />

aveva dato a Bremen la formula della lega da usare per la spada, ma<br />

aveva continuato a mostrarsi scettico; quand'erano partiti li aveva<br />

salutati come se fosse sicuro <strong>di</strong> non rivederli più. Bremen e i suoi<br />

compagni avevano accettato rassegnati il suo commiato, e avevano<br />

lasciato la Pietra del Focolare per tornare a Storlock, ripercorrendo la<br />

Terrabuia. Quel tratto del loro viaggio aveva richiesto quasi una<br />

settimana. A Storlock si erano procurati dei cavalli e si erano <strong>di</strong>retti<br />

verso le pianure. In quel momento l'esercito del Signore degli Inganni<br />

si trovava più a sud ed era occupato a dare la caccia ai Nani nel<br />

Wolfsktaag, ma Bremen temeva <strong>di</strong> incontrare le loro forze ancora<br />

schierate all'esterno dell'Anar, perciò aveva portato i compagni fino<br />

alle Montagne <strong>di</strong> Runne e poi a sud, lungo il Lago Arcobaleno. Così<br />

lontano dall'Anar, pensava, era meno probabile incontrare i servitori <strong>di</strong><br />

Brona. Avevano attraversato il Fiume Argento tenendosi lontani dalla<br />

Palude della Nebbia prima <strong>di</strong> passare nelle Pianure del Tumulo. <strong>Il</strong> loro<br />

procedere era stato lento e cauto, perché era terreno pericoloso anche<br />

senza la presenza dei mostri <strong>di</strong> Brona, e non era il caso <strong>di</strong> correre<br />

rischi inutili. Nelle pianure del Tumulo vivevano creature dell'antica<br />

magia, simili a quelle che infestavano il Wolfsktaag, e anche se Bremen<br />

sapeva come neutralizzarle, la cosa migliore restava evitarle. Si erano<br />

mantenuti fra le <strong>di</strong>stese brulle del Tumulo, con le loro Sirene e i loro<br />

spettri, e le oscure profon<strong>di</strong>tà delle Querce Nere, con i loro branchi <strong>di</strong><br />

lupi. Avevano viaggiato <strong>di</strong> giorno e fatto buona guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> notte.<br />

Avevano sentito, più che vederle, le creature da evitare, del luogo e<br />

forestiere, dell'acqua, della terra e dell'aria, e molte volte erano<br />

stati consapevoli <strong>di</strong> essere osservati. Ma nessuna li aveva attaccati o<br />

aveva cercato <strong>di</strong> seguire le loro tracce, e presto si erano liberati dei<br />

pericoli delle Terre <strong>di</strong> Frontiera. E adesso, al tre<strong>di</strong>cesimo giorno <strong>di</strong><br />

viaggio, giungevano in vista dei fuochi <strong>di</strong> Dechtera, simile a un incubo<br />

industriale. "Sento già <strong>di</strong> o<strong>di</strong>are questa città" commentò Kinson,<br />

togliendosi la polvere dal vestito. <strong>Il</strong> terreno attorno a loro era<br />

brullo, privo <strong>di</strong> alberi e coperto solo <strong>di</strong> qualche ciuffo d'erba<br />

polverosa. In quella regione non doveva piovere con molta regolarità.<br />

"Io non riuscirei a vivere in un posto simile" convenne Mareth. "Non<br />

riesco a immaginare come si possa farlo." Bremen non <strong>di</strong>sse nulla.<br />

Continuò a fissare Dechtera, ma il suo sguardo era più lontano. Poi<br />

chiuse gli occhi e rimase immobile. Kinson e Mareth si scambiarono<br />

un'occhiata, aspettando che ritornasse in sé. Davanti a loro si vedevano<br />

già brillare alcune fucine tra le ombre della sera. Le pennellate <strong>di</strong><br />

rosso erano svanite nel cielo, il sole era sceso sotto l'orizzonte e il<br />

suo chiarore era solo un alone più chiaro in mezzo alle nuvole. Sulle<br />

pianure era sceso il silenzio e si poteva u<strong>di</strong>re l'eco lontana dei colpi<br />

<strong>di</strong> maglio sull'incu<strong>di</strong>ne. "Siamo venuti qui" <strong>di</strong>sse Bremen,<br />

all'improvviso, riaprendo gli occhi "perché a Dechtera ci sono i<br />

migliori fabbri delle Quattro Terre, tranne forse quelli dei Troll. Gli<br />

uomini del Sud non amano i Drui<strong>di</strong>, ma non credo che i Troll siano


<strong>di</strong>sposti a fornirci ciò che ci serve. Adesso, la sola cosa che ci<br />

occorre è l'uomo adatto, e sarà tuo compito trovarlo, Kinson. Tu puoi<br />

aggirarti per la città senza richiamare l'attenzione." "Mi sembra<br />

giusto" confermò Kinson, impaziente <strong>di</strong> mettersi all'opera. "Chi devo<br />

cercare?" "Questo dovrai deciderlo tu." "Io?" fece Kinson, stupefatto.<br />

"Abbiamo fatto tutta questa strada per cercare un uomo che non<br />

conosciamo?" Bremen gli sorrise con indulgenza. "Abbi pazienza, Kinson.<br />

E fidati. Non siamo venuti qui alla cieca, o senza motivo. L'uomo che<br />

cerchiamo è qui, anche se non lo conosciamo <strong>di</strong> nome. Come ti <strong>di</strong>cevo, i<br />

migliori fabbri delle Quattro Terre sono a Dechtera. Ma dobbiamo<br />

scegliere tra loro, e scegliere bene. Ci vorrà qualche ricerca. La tua<br />

abilità <strong>di</strong> esploratore ti verrà utile." "Che caratteristiche devo<br />

cercare, in particolare?" insistette Kinson, irritato della propria<br />

insicurezza. "Quelle che cercheresti in chiunque, ma anche una grande<br />

abilità nel lavoro. Un mastro armaiolo." Bremen gli appoggiò la mano<br />

sulla spalla. "Ma avevi davvero bisogno <strong>di</strong> chiedermelo?" Kinson sorrise.<br />

Accanto a loro, Mareth sorrise a sua volta. "E cosa farò, quando avrò<br />

trovato il mastro armaiolo?" "Torna da noi. Andremo insieme da lui e<br />

cercheremo <strong>di</strong> conquistarlo alla nostra causa." Kinson <strong>di</strong>ede un'altra<br />

occhiata alla città, al suo dedalo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici scuri e <strong>di</strong> fuochi, <strong>di</strong><br />

ombre nere e <strong>di</strong> riflessi infuocati. <strong>Il</strong> turno <strong>di</strong> giorno aveva lasciato il<br />

posto a quello <strong>di</strong> notte, ma il lavoro non era <strong>di</strong>minuito e le fornaci non<br />

si erano spente. "Un fabbro che sappia mescolare i minerali per ottenere<br />

leghe più forti e che sappia temprare i metalli per raggiungere quella<br />

forza." Kinson scosse la testa. "Per non parlare del fatto che<br />

dev'essere <strong>di</strong>sposto ad aiutare un druido a forgiare un'arma magica."<br />

Bremen gli posò la mano sulla spalla. "Non ti preoccupare troppo delle<br />

convinzioni del nostro fabbro. Cerca invece le altre qualità. Trova<br />

l'armaiolo adatto, del resto mi occuperò io." Kinson annuì. Guardò<br />

Mareth e vide che la giovane lo fissava. I suoi occhi sembravano più<br />

gran<strong>di</strong> del solito "E tu?" "Io e Mareth aspetteremo qui il tuo ritorno.<br />

Da solo ti muoverai meglio per la città." Bremen staccò la mano dalla<br />

sua spalla. "Ma fa' attenzione, Kinson. Questi uomini sono tuoi<br />

compatrioti, ma non sono necessariamente tuoi amici." Kinson posò lo<br />

zaino, controllò le armi e si drappeggiò con cura il mantello sulle<br />

spalle. "Lo so." Strinse la mano che il vecchio druido gli tendeva e la<br />

tenne nella sua per qualche istante. Ossa da uccellino, pensò, più<br />

fragili <strong>di</strong> quanto non gli fosse parso l'ultima volta. Si affrettò a<br />

lasciargli la mano. D'impulso si chinò su Mareth e, senza saperne bene<br />

la ragione, le <strong>di</strong>ede un bacio sulla guancia. Poi si volse e si avviò giù<br />

per la collina ammantata nel buio della notte, <strong>di</strong>retto alla città. <strong>Il</strong><br />

tragitto richiese più <strong>di</strong> un'ora. Camminò senza fretta, lungo la pianura<br />

che portava a Dechtera. Non c'era bisogno <strong>di</strong> correre e non voleva<br />

richiamare l'attenzione. Uscì dal buio ed entrò nella luce.<br />

Nell'avvicinarsi agli e<strong>di</strong>fici sentì che la temperatura dell'aria<br />

aumentava mentre i rumori delle forge si facevano sempre più forti. Una<br />

cacofonia <strong>di</strong> voci segnalava la presenza <strong>di</strong> birrerie, taverne, osterie e<br />

postriboli in mezzo alle fornaci e ai magazzini. Fra i brontolii e le<br />

imprecazioni, i colpi <strong>di</strong> maglio e il rumore delle tramogge si levavano<br />

improvvisamente le risate, e la mescolanza <strong>di</strong> lavoro e piacere era<br />

onnipresente e imprevista. In quella città non c'era <strong>di</strong>visione tra


quartieri del lavoro e del piacere, scoprì il cacciatore. Pensò a<br />

Mareth, alla serietà con cui lo guardava, come per stu<strong>di</strong>arlo, valutarlo,<br />

in mo<strong>di</strong> a lui incomprensibili. Strano a <strong>di</strong>rsi, questo non gli dava<br />

fasti<strong>di</strong>o. Si sentiva rassicurato dal suo sguardo, confortato dal<br />

desiderio <strong>di</strong> lei <strong>di</strong> conoscerlo meglio. Non aveva mai provato sensazioni<br />

simili, nemmeno con Bremen. Mareth era <strong>di</strong>versa. Avevano fatto amicizia,<br />

nelle due settimane precedenti, e avevano parlato a lungo: non del<br />

presente, ma del passato, della loro gioventù nella Frontiera, e avevano<br />

scoperto <strong>di</strong> avere avuto molte cose in comune, e non tanto esperienze<br />

quanto punti <strong>di</strong> vista. Avevano imparato le stesse lezioni giungendo a<br />

conclusioni analoghe. Uguale era il loro modo <strong>di</strong> vedere il mondo. Erano<br />

entrambi sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> se stessi e accettavano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>versi dagli<br />

altri; Ad entrambi piacevano la solitu<strong>di</strong>ne e i viaggi, andare a<br />

esplorare ciò che non conoscevano e scoprire cose nuove. Avevano reciso<br />

molto tempo ad<strong>di</strong>etro i legami familiari, occultato la scorza <strong>di</strong> civiltà<br />

sotto il mantello da vagabon<strong>di</strong>. Consideravano se stessi dei randagi per<br />

scelta, e ritenevano che andasse bene così. Ma, soprattutto, ciascuno<br />

accettava che l'altro avesse qualche segreto. Questo riguardava<br />

soprattutto Mareth, che dava più valore <strong>di</strong> lui alla sua sfera privata e<br />

che, secondo Kinson, nonostante le recenti rivelazioni, doveva aver<br />

taciuto parecchi particolari sui motivi che l'avevano spinta a unirsi a<br />

loro. Tuttavia, il cacciatore cominciava a pensare che non fossero<br />

importanti: in realtà, benché potesse lasciarli in qualsiasi momento, la<br />

giovane aveva preferito rimanere con loro. Aveva sempre corso gli stessi<br />

rischi dei compagni e, quanto a ciò che le stava più a cuore - la sua<br />

magia - Bremen non le aveva ancora dato alcun aiuto. In un certo senso,<br />

dalla confidenza instauratasi tra loro, ciascuno aveva imparato a<br />

conoscersi meglio, e questo piaceva al cacciatore. Rimaneva tuttavia tra<br />

loro una <strong>di</strong>stanza assai <strong>di</strong>fficile da accorciare: un <strong>di</strong>stacco che non<br />

poteva essere colmato con parole o azioni. Era Mareth a non voler<br />

ridurre quella <strong>di</strong>stanza, come se qualcosa, dentro <strong>di</strong> lei, le imponesse<br />

<strong>di</strong> isolarsi dagli altri. Qualche segreto, probabilmente, che lei non era<br />

pronta a confessare; anche se a volte pareva intenzionata a uscire da<br />

quella sorta <strong>di</strong> prigione, <strong>di</strong> fatto non ne trovava mai la forza. Kinson<br />

ora capiva perché gli fosse venuto in mente <strong>di</strong> darle quel bacio d'ad<strong>di</strong>o:<br />

per far breccia nelle sue <strong>di</strong>fese. Per un momento era riuscito a<br />

coglierla <strong>di</strong> sorpresa: ricordava come la giovane avesse automaticamente<br />

sollevato le braccia per proteggersi. Sorrise tra sé. Dechtera era ormai<br />

vicina e si scorgevano i singoli e<strong>di</strong>fici, la luce che filtrava dalle<br />

finestre e dalle porte, i vicoli infestati dai ratti e i marciapie<strong>di</strong><br />

occupati dai men<strong>di</strong>canti, la gente che camminava per le vie sporche <strong>di</strong><br />

fuliggine. Mise da parte il pensiero <strong>di</strong> Mareth perché il compito che lo<br />

attendeva richiedeva tutta la sua attenzione. C'era tempo per Mareth.<br />

Lasciò che gli occhi <strong>di</strong> lei indugiassero ancora un po' davanti ai suoi,<br />

poi li cancellò. Entrò in città da una delle strade principali e impiegò<br />

qualche tempo a stu<strong>di</strong>are gli e<strong>di</strong>fici e la gente che gli si affollava<br />

attorno. Era in un quartiere <strong>di</strong> grossi opifici, depositi e magazzini.<br />

Molti carri trainati da asini portavano alle fornaci i rottami da<br />

fondere. Gli e<strong>di</strong>fici erano fatiscenti e trascurati; dopo una breve<br />

occhiata, Kinson se ne <strong>di</strong>sinteressò e proseguì. Si addentrò in una zona<br />

<strong>di</strong> piccole fucine, con un singolo fabbro a battere il ferro per


costruire semplici oggetti, e lasciò anche quella. Passò davanti a<br />

mucchi <strong>di</strong> scorie e rottami, a cataste <strong>di</strong> tronchi scortecciati, a file <strong>di</strong><br />

baracche vuote. L'odore acido dei rifiuti ammorbava l'aria, e Kinson<br />

lasciò anche quella zona. Alla luce delle fornaci si vedevano guizzare<br />

le ombre <strong>di</strong> piccole creature che uscivano dai loro nascon<strong>di</strong>gli e<br />

correvano a rifugiarsi in altri. Gli uomini che incrociava erano curvi e<br />

stanchi, lavoravano per tutta la vita, trascinandosi da un giorno <strong>di</strong><br />

paga all'altro finché la morte non si impadroniva <strong>di</strong> loro. Pochi si<br />

giravano a guardare Kinson che passava. Nessuno gli parlò. Arrivò nel<br />

centro della città quando era già notte. <strong>Di</strong>ede un'occhiata dentro le<br />

birrerie e le taverne, chiedendosi se dovesse entrare. Alla fine ne<br />

scelse un paio adatte ai suoi scopi, vi rimaneva quanto bastava ad<br />

ascoltare i <strong>di</strong>scorsi, a rivolgere qualche domanda, a bere un bicchiere<br />

<strong>di</strong> birra quando il taverniere si rivolgeva a lui, poi passava a un altro<br />

locale. Chi era il miglior armaiolo della città? chiedeva. Qual era il<br />

miglior fabbro? Ogni volta ricevette una risposta <strong>di</strong>versa, giustificata<br />

da varie considerazioni. Servendosi dei nomi che aveva sentito citare<br />

più <strong>di</strong> una volta, si fermò da alcuni fabbri per informarsi sul loro<br />

lavoro. Alcuni si strinsero nelle spalle, privi <strong>di</strong> interesse, altri gli<br />

<strong>di</strong>edero risposte prolisse, un paio rispose in modo interessante. Kinson<br />

li ascoltava, sorrideva e passava a un'altra officina. Mezzanotte passò.<br />

"Non tornerà prima <strong>di</strong> domani" <strong>di</strong>sse Bremen, osservando la città,<br />

visibile in lontananza. Nonostante la temperatura mite, si era avvolto<br />

strettamente nel mantello. Mareth, vicina a lui, non fece commenti.<br />

Avevano continuato a guardare la figura del cacciatore della Frontiera<br />

finché non l'avevano visto sparire nell'oscurità. Poi avevano continuato<br />

a guardare in quella <strong>di</strong>rezione, come due sentinelle che sorvegliassero<br />

il progre<strong>di</strong>re della notte. In cielo si accesero le stelle e una sottile<br />

falce <strong>di</strong> luna, visibili dalle colline, ma non dalla città avvolta nel<br />

fumo dei suoi fuochi. Bremen si spostò <strong>di</strong> alcuni passi, per andare a<br />

sedersi su un piccolo fazzoletto <strong>di</strong> erba morbida. Gli sfuggì un sospiro<br />

<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e pensò che col passare del tempo gli bastava sempre<br />

meno per essere contento. Per un momento fu tentato <strong>di</strong> mangiare, poi si<br />

accorse che non aveva fame. Alzò gli occhi nel vedere che Mareth si<br />

sedeva accanto a lui e continuava a tenere gli occhi fissi nel buio come<br />

se qualcuno la attendesse laggiù. "vuoi mangiare?" le chiese, ma la<br />

giovane scosse la testa. Era persa nei suoi pensieri, nel passato o nel<br />

futuro, si <strong>di</strong>sse il vecchio druido che ormai aveva imparato a<br />

riconoscere quel particolare sguardo. La giovane aveva sempre la mente<br />

altrove; spirito inquieto e cuore insod<strong>di</strong>sfatto, ecco Mareth. Per<br />

qualche tempo Bremen non parlò, riflettendo sul modo migliore <strong>di</strong><br />

affrontare la questione. Era una cosa delicata, e se lei si fosse<br />

sentità messa alle strette si sarebbe chiusa del tutto. Eppure occorreva<br />

un chiarimento, e subito. "In notti come questa, mi ritorna in mente la<br />

mia infanzia" <strong>di</strong>sse infine, guardando non la giovane, ma la collina su<br />

cui stavano e il cielo. Sorrise. "Oh, suppongo che una persona con tutti<br />

i miei anni <strong>di</strong>a sempre l'impressione <strong>di</strong> non essere stata giovane. Ma lo<br />

sono stato anch'io. Abitavo nella regione delle colline sotto Leah, con<br />

mio nonno, che era un abile lavoratore dei metalli. Anche da vecchio,<br />

aveva mani salde e occhio acuto.LO lo guardavo per ore, stupito della<br />

sua abilità e della sua pazienza. Amava la nonna, e quando lei morì,


<strong>di</strong>sse che si era portata via per sempre un pezzo della sua anima, ma che<br />

sopportava la per<strong>di</strong>ta pensando al tempo che avevano con<strong>di</strong>viso. <strong>Di</strong>ceva<br />

che al suo posto gli ero stato mandato io. Era un brav'uomo." Guardando<br />

Mareth, vide che la giovane lo ascoltava con interesse. "I miei<br />

genitori, invece, erano <strong>di</strong>versi. Non erano mai riusciti a fermarsi<br />

abbastanza a lungo in un posto, mai nelle loro brevi vite, e non avevano<br />

mai con<strong>di</strong>viso l'interesse <strong>di</strong> mio nonno per il lavoro. Erano sempre in<br />

movimento, cambiavano sempre vita, erano sempre alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. Mi lasciarono col nonno poco dopo la mia nascita.<br />

Non avevano tempo per me." Aggrottò la fronte. "Per molti anni ho<br />

creduto <strong>di</strong> o<strong>di</strong>arli per questo, ma alla fine sono riuscito a capirli. E'<br />

sempre così, tra genitori e figli. Ciascuno è una delusione per l'altro,<br />

in tanti mo<strong>di</strong> che non si possono definire, e occorre tempo per superare<br />

la delusione. E' stato così, nel mio caso, per la decisione dei miei<br />

genitori <strong>di</strong> lasciarmi ai nonni." "Ma tutti hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> passare<br />

l'infanzia con i genitori" protestò Mareth. Bremen le sorrise. "Anch'io<br />

la pensavo così. Ma i bambini non capiscono la complessità delle scelte<br />

degli adulti. La miglior cosa per un bambino è che i genitori cerchino<br />

<strong>di</strong> fare quello che è meglio per lui, ma decidere cosa è meglio è<br />

<strong>di</strong>fficile. I miei genitori sapevano che non sarei cresciuto bene, sempre<br />

in viaggio con loro, perché non avrebbero potuto darmi le attenzioni che<br />

mi occorrevano. Potevano a malapena prendersi cura l'uno dell'altra.<br />

Perciò mi lasciarono col nonno, che mi amava e si prendeva cura <strong>di</strong> me.<br />

Era la scelta giusta." La giovane rifletté per qualche istante. "Ma ha<br />

lasciato il segno su <strong>di</strong> te." Bremen annuì. "Per qualche tempo, ma non in<br />

modo durevole. Forse mi ha temprato il carattere, non lo so. Noi<br />

cresciamo come meglio possiamo, nella situazione in cui veniamo a<br />

trovarci. A che serve almanaccare come avrebbe potuto essere, anni dopo?<br />

Meglio limitarci a capire come siamo e servirci <strong>di</strong> questa conoscenza per<br />

migliorarci." Scese il silenzio. Per parecchi istanti, i due si<br />

fronteggiarono; alla luce delle stelle e della luna i loro volti erano<br />

perfettamente <strong>di</strong>stinguibili. "Ti riferisci a me, vero?" commentò infine<br />

Mareth. "Ai miei genitori, alla mia famiglia." Bremen non cambiò<br />

espressione. "E' quanto mi aspettavo da te, Mareth" rispose con<br />

dolcezza. "La tua intuizione non ti mai ha tra<strong>di</strong>ta, vero?" I delicati<br />

tratti del viso si irrigi<strong>di</strong>rono. "Io o<strong>di</strong>o i miei genitori. Mi hanno<br />

abbandonata facendomi crescere tra estranei. Non è stata colpa <strong>di</strong> mia<br />

madre, che è morta nel mettermi al mondo. Non so chi sia mio padre.<br />

Forse non è stata neppure colpa sua." Scosse la testa. "Ma questo non<br />

cambia ciò che provo per loro. Non toglie niente al mio dolore per<br />

essere stata abbandonata." Bremen cambiò posizione, perché muscoli e<br />

articolazioni cominciavano a indolenzirsi. Quei dolori aumentavano col<br />

tempo, ed era sempre più <strong>di</strong>fficile eliminarli. All'opposto della fame,<br />

pensò con ironia. La vecchiaia si ven<strong>di</strong>cava <strong>di</strong> lui. Perfino il Sonno<br />

Magico perdeva la capacità <strong>di</strong> ridargli le forze. Guardò la giovane negli<br />

occhi. "Secondo me, hai altri motivi per essere in collera con i tuoi<br />

genitori, oltre a quelli che mi hai detto. La tua collera è un peso che<br />

hai sul cuore, una grossa pietra che non puoi spostare. Tempo fa ha<br />

fissato i confini della tua vita. Ti ha avviata a Paranor. Ti ha spinta<br />

a cercarmi." Attese che Mareth riflettesse sulle sue parole, che vedesse<br />

cosa c'era nei suoi occhi. Lui non era il nemico che lei cercava, lui


desiderava essere suo amico, desiderava che gli rivelasse ciò che teneva<br />

tanto accuratamente nascosto. "Tu sai tutto" <strong>di</strong>sse infine Mareth. Bremen<br />

scosse la testa. "No, sono riflessioni, niente <strong>di</strong> più." Le rivolse un<br />

sorriso stanco. "Ma vorrei saperne <strong>di</strong> più. E offrirti qualche<br />

consolazione, se posso." "Consolazione." Mareth pronunciò la parola in<br />

tono opaco, <strong>di</strong>sperato. "Sei venuta da me per scoprire la verità su te<br />

stessa" proseguì lui, gentilmente. "Può darsi che tu non l'abbia vista<br />

in questo modo, ma è ciò che hai fatto. Hai chiesto aiuto per la tua<br />

magia, un potere <strong>di</strong> cui non puoi sbarazzarti e non puoi fare a meno. E'<br />

un fardello terribile, ma non peggiore delle verità che nascon<strong>di</strong>. Ne<br />

sento il peso da qui, bambina. Sono come catene che ti avviluppano."<br />

"No, tu sai" ripeté Mareth, fissandolo a occhi sgranati. "Ascolta. I<br />

pesi che porti sono inestricabilmente legati insieme: la verità che<br />

nascon<strong>di</strong> e la magia che ti fa paura. L'ho capito viaggiando con te,<br />

osservandoti, ascoltando le tue preoccupazioni. Se vuoi liberarti del<br />

peso della magia, prima devi guardare in faccia la verità che hai nel<br />

cuore. La verità sui tuoi genitori. La tua nascita. Su chi e che cosa<br />

sei. Parlane, Mareth." Lei scosse la testa e <strong>di</strong>stolse lo sguardo,<br />

stringendosi le braccia attorno al corpo come per <strong>di</strong>fendersi dal freddo.<br />

"<strong>Di</strong>mmelo" insistette Bremen. La giovane deglutì per frenare le lacrime,<br />

tremò per un brivido e alzò la faccia verso le stelle. Poi lentamente,<br />

con trepidazione, cominciò a parlare.<br />

22<br />

"Non ho paura <strong>di</strong> te" esordì Mareth, parlando in fretta, come se<br />

attingesse a una riserva nascosta <strong>di</strong> energia. "Potresti pensarlo, dopo<br />

avere ascoltato ciò che devo <strong>di</strong>rti, ma ti sbaglieresti.LO non ho paura<br />

<strong>di</strong> nessuno." Bremen rimase sorpreso dall'affermazione, ma non lo <strong>di</strong>ede a<br />

vedere. "Non ho preconcetti su <strong>di</strong> te, Mareth" <strong>di</strong>sse. "Potrei essere<br />

perfino più forte <strong>di</strong> te" aggiunse la giovane, in tono <strong>di</strong> sfida. "La mia<br />

magia potrebbe essere più forte della tua, perciò non ho motivo <strong>di</strong> aver<br />

paura. Se tu dovessi mettermi alla prova, potresti pentirtene." Lui<br />

scosse la testa. "Non ho nessun motivo <strong>di</strong> metterti alla prova." "Quando<br />

avrai ascoltato ciò che devo <strong>di</strong>rti, potresti pensarla <strong>di</strong>versamente.<br />

Potresti decidere <strong>di</strong> farlo. Per proteggerti." Trasse un profondo<br />

respiro. "Non capisci? Tra noi, nulla è come sembra! Potremmo essere<br />

nemici mortali!" Bremen rifletté per qualche istante, poi <strong>di</strong>sse: "Non<br />

credo. Comunque, <strong>di</strong>' quello che ritieni <strong>di</strong> dovermi <strong>di</strong>re. Non nascondere<br />

nulla". Mareth lo fissò, come per capire se fosse sincero. <strong>Il</strong> suo corpo<br />

sottile era raggomitolato. Nei gran<strong>di</strong> occhi scuri, il druido lesse<br />

agevolmente il tumulto delle emozioni. "I miei genitori sono sempre<br />

stati un mistero" <strong>di</strong>sse infine la giovane. "Mia madre è morta quando<br />

sono nata, e mio padre era sparito ancor prima. Non li ho mai<br />

conosciuti, non li ho mai visti, non mi hanno lasciato alcun oggetto<br />

come ricordo. Quello che so <strong>di</strong> loro me l'hanno detto le persone con cui<br />

sono cresciuta: mi hanno fatto chiaramente capire che non ero figlia<br />

loro. Non mi hanno trattata male, ma erano gente dura e risoluta, che<br />

lavorava sodo. Si sono presi cura <strong>di</strong> me, ma non appartenevo a loro. "Ho<br />

saputo della morte <strong>di</strong> mia madre fin da piccola. Non me l'hanno mai<br />

nascosta, e quando sono stata abbastanza grande mi hanno anche parlato<br />

<strong>di</strong> lei: era bruna e minuta come me. Era graziosa. Amava i fiori e i<br />

cavalli. A quanto ho capito, la giu<strong>di</strong>cavano una brava persona. Abitava


nel villaggio, ma <strong>di</strong>versamente dagli altri aveva viaggiato nelle Terre<br />

del Sud e conosceva un po' il mondo. Non era nata nel villaggio, ma non<br />

so da dove venisse. Probabilmente non l'aveva mai detto a nessuno. Non<br />

so se avevo parenti nel Sud, non ne ho mai sentito parlare. E nemmeno le<br />

persone che mi hanno allevata." S'interruppe, ma continuò a fissare il<br />

vecchio druido. "Nella famiglia dove sono cresciuta c'erano due bambini<br />

più vecchi <strong>di</strong> me. Li amavano e li portavano in visita, ai picnic e alle<br />

riunioni del villaggio. Con me, invece, non lo facevano: fin<br />

dall'inizio, mi era stato fatto capire che non ero come loro.LO dovevo<br />

rimanere a casa e aiutare nei lavori domestici. Crescendo, ho capito che<br />

i miei genitori adottivi provavano una sorta <strong>di</strong> imbarazzo per la mia<br />

presenza. C'era qualcosa, in me, che suscitava la loro <strong>di</strong>ffidenza. Non<br />

mi permettevano <strong>di</strong> giocare con i miei fratellastri e io ubbi<strong>di</strong>vo. Mi<br />

davano cibo, indumenti, un tetto, ma ero un'ospite, non una <strong>di</strong> loro."<br />

"Questa situazione deve averti amareggiato fin da allora" commentò<br />

Bremen. Mareth si strinse nelle spalle. "Ero una bambina. Non mi rendevo<br />

conto <strong>di</strong> quello che mi facevano. Accettavo la mia situazione e non me ne<br />

lamentavo. Non mi trattavano male. Penso che provassero una sorta <strong>di</strong><br />

simpatia, <strong>di</strong> compassione per me, altrimenti non mi avrebbero presa. Non<br />

me l'hanno mai detto, ma credo che un po' d'affetto dovevano provarlo,<br />

se mi hanno presa." Sospirò. "Poi, a do<strong>di</strong>ci anni, mi mandarono come<br />

appren<strong>di</strong>sta da un vasaio. Sapevo che sarebbe successo, e lo accettai<br />

come una parte della vita a me destinata. <strong>Il</strong> fatto che i miei fratelli<br />

non venissero mandati a lavorare non mi preoccupò, dato che erano sempre<br />

stati trattati in modo <strong>di</strong>verso. Da allora, vi<strong>di</strong> raramente i miei<br />

genitori adottivi. Una volta mia madre venne a portarmi dei dolci, ma si<br />

sentiva a <strong>di</strong>sagio e se ne andò subito. Un'altra volta li vi<strong>di</strong> entrambi<br />

passare per strada, davanti alla bottega, ma non mi guardarono. A<br />

quell'epoca avevo scoperto che il vasaio approfittava <strong>di</strong> ogni scusa per<br />

picchiarmi, e li o<strong>di</strong>avo perché mi avevano mandata da lui. In seguito,<br />

dopo avere lasciato il villaggio, non li ho più visti." "E i tuoi<br />

fratellastri?" chiese Bremen. Mareth scosse la testa. "Non ne sentivo la<br />

mancanza. Tutti i legami tra noi erano cessati con la mia uscita <strong>di</strong><br />

casa. Quando penso a loro, provo solo amarezza." "Hai avuto un'infanzia<br />

<strong>di</strong>fficile. Adesso che sei grande lo capisci meglio, vero?" Lei gli<br />

rivolse un sorriso gelido. "Capisco molte cose che da bambina non mi<br />

sono mai state dette. Quando avrò finito la mia storia, potrai giu<strong>di</strong>care<br />

da te. L'importante, a quel punto, stava nel fatto che poco prima <strong>di</strong><br />

andare dal vasaio cominciai ad avere notizie <strong>di</strong> mio padre. Avevo un<strong>di</strong>ci<br />

anni e sapevo già che l'anno seguente sarei andata dal vasaio e avrei<br />

lasciato quella casa, e cominciai a pensare al mondo che mi circondava.<br />

Al villaggio venivano cacciatori, mercanti e calderai, perciò sapevo che<br />

c'erano molti altri villaggi come il mio. A volte mi chiedevo se mio<br />

padre fosse in uno <strong>di</strong> quelli. Mi chiedevo se sapeva <strong>di</strong> me. Già da tempo<br />

avevo capito che i miei veri genitori non erano sposati, che non<br />

vivevano insieme come marito e moglie. Quando ero nata, mio padre se<br />

n'era già andato per la sua strada. Dov'era, allora? Nessuno me lo <strong>di</strong>sse<br />

mai.LO avrei voluto chiederlo, ma i miei genitori adottivi mi avevano<br />

fatto capire che non dovevo fare troppe domande. La mia vera madre aveva<br />

qualche colpa, che le era stata perdonata soltanto perché era morta. La<br />

colpa, però, in qualche modo ricadeva su <strong>di</strong> me. "Quando fui abbastanza


grande per accorgermi <strong>di</strong> quei silenzi cercai <strong>di</strong> scoprire la verità. A<br />

un<strong>di</strong>ci anni ero già in grado <strong>di</strong> capire i sotterfugi e <strong>di</strong> farne.<br />

Cominciai a porre qualche domanda su mia madre, domande banali, che non<br />

destavano sospetti. Mi rivolgevo alla mia madre adottiva perché era la<br />

meno taciturna dei due, e approfittavo dei momenti in cui eravamo sole.<br />

Alla sera lei riferiva le mie domande al marito, io origliavo alla porta<br />

della mia camera da letto e <strong>di</strong> tanto in tanto coglievo qualche parola.<br />

Mio padre era un forestiero, che era passato alcune volte per il<br />

villaggio, si era fermato per qualche tempo e poi era sparito. Tutti lo<br />

evitavano tranne mia madre, che forse era attratta da lui, forse sperava<br />

che la portasse con sé. Ma gli altri lo detestavano, forse lo temevano.<br />

Una parte <strong>di</strong> quell'avversione si era trasferita su <strong>di</strong> me " S'interruppe<br />

per qualche istante, raccogliendo i pensieri. Pareva piccola e<br />

vulnerabile, ma Bremen sapeva che si trattava solo <strong>di</strong> un'impressione;<br />

continuò a fissarla negli occhi, in attesa che proseguisse. "Già allora<br />

sapevo <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>versa dagli altri. Conoscevo i miei poteri magici,<br />

anche se cominciavano a mostrarsi in forma limitata, e mi parve logico<br />

concludere che ciò che temevano e o<strong>di</strong>avano era la magia, e quella<br />

l'avevo ere<strong>di</strong>tata da mio padre. La magia era vista con <strong>di</strong>ffidenza al<br />

villaggio, era un'ere<strong>di</strong>tà indesiderata della Guerra delle Razze, quando<br />

gli uomini erano stati corrotti dal druido ribelle Brona per poi essere<br />

sconfitti ed esiliati al Sud. Era stata la magia a causare tutto ciò, ed<br />

era vista come una minaccia per chi vi entrasse in contatto. La gente<br />

del villaggio era superstiziosa e ignorante e chiamava in causa la magia<br />

per tutto ciò che non capiva. La famiglia che mi ha allevata temeva che<br />

la magia <strong>di</strong> mio padre affiorasse anche in me, e per questo mi<br />

considerava un'estranea. Ho cominciato a capire tutto questo a un<strong>di</strong>ci<br />

anni. "<strong>Il</strong> vasaio sapeva chi ero, anche se all'inizio non ne parlava. Non<br />

voleva ammettere <strong>di</strong> aver paura <strong>di</strong> una bambina, per quanto particolare, e<br />

si vantava <strong>di</strong> avermi presa come appren<strong>di</strong>sta mentre nessun altro ne aveva<br />

avuto il coraggio. Me lo <strong>di</strong>sse lui stesso, in seguito. Quando beveva gli<br />

si scioglieva la lingua." Scosse la testa tristemente e proseguì come se<br />

parlasse <strong>di</strong> cose ormai remote. "Lo lasciai tre anni più tar<strong>di</strong>. Aveva<br />

cercato <strong>di</strong> picchiarmi senza motivo una volta <strong>di</strong> troppo e io mi ero<br />

opposta. A quell'epoca la mia magia era ormai maturata ed era in grado<br />

<strong>di</strong> proteggermi. Però, fino a quel momento, non mi ero resa conto del suo<br />

vero potere. Per poco non lo uccisi. Così fuggii dal villaggio, da<br />

quella gente e dalla mia vita per non più ritornarvi. Quel giorno caprì<br />

una cosa che fino ad allora avevo soltanto sospettato. Caprì che ero<br />

davvero figlia <strong>di</strong> mio padre." S'interruppe; lo sguardo era fermo, ma il<br />

viso tra<strong>di</strong>va l'emozione. "Avevo scoperto la verità su mio padre,<br />

capisci? <strong>Il</strong> vasaio si era ubriacato per l'ennesima volta e me l'aveva<br />

rivelata. "Non sai chi sei? Non sai che cosa sei? La figlia <strong>di</strong> tuo<br />

padre! Una macchia nera sulla faccia della terra, la figlia <strong>di</strong> un<br />

demonio e della sua cagna! Hai gli stessi occhi, piccola strega! Hai lo<br />

stesso sangue! Sei inutile a tutti, tolto me, perciò è meglio che mi<br />

ascolti, quando ti do un or<strong>di</strong>ne! Altrimenti non avrai nessun posto dove<br />

andare!" "Lo ripeteva tutte le volte, e poi mi picchiava.LO non mi<br />

preoccupavo dei colpi: sapevo come ripararmi e cosa <strong>di</strong>re per farlo<br />

smettere. Ma alla fine non ne ho potuto più <strong>di</strong> quelle umiliazioni.<br />

Quando me ne andai, avevo già deciso <strong>di</strong> fermarlo. Perciò, non appena


insultò mio padre, io mi misi a ridere, a <strong>di</strong>rgli che era un bugiardo e<br />

un ubriacone. Che non sapeva niente <strong>di</strong> mio padre. Allora, lui perse del<br />

tutto il controllo. Mi insultò con parole irripetibili. Mi <strong>di</strong>sse che mio<br />

padre era venuto dal Nord, dove abitavano quelli del suo or<strong>di</strong>ne<br />

infernale. Che era uno stregone e un ladro <strong>di</strong> anime. "Un demonio<br />

travestito da uomo! Con le sue vesti nere! I suoi occhi da lupo! Oh,<br />

sapevamo bene chi era! Sapevamo il suo segreto! E tu sei la sua<br />

immagine, silenziosa e attenta a tutto quello che succede! Cre<strong>di</strong> che non<br />

ce ne siamo accorti? Lo sanno tutti, nel villaggio! Sai perché la<br />

famiglia che ti ha allevato non ti voleva più? Perché sapevano quello<br />

che sei! La figlia <strong>di</strong> un druido!"" Mareth trasse un profondo respiro e<br />

lo guardò, in attesa che parlasse. Voleva sentire la sua reazione, capì<br />

Bremen. Ne aveva bisogno, ma lui non fece commenti. "Penso che avesse<br />

ragione" proseguì allora la giovane, in tono <strong>di</strong> sfida inequivocabilmente<br />

in<strong>di</strong>rizzato a lui. "E io stessa l'avevo già pensato. Avevo sentito<br />

parlare degli uomini dalla veste nera che si aggiravano nelle Quattro<br />

Terre e che abitavano al castello <strong>di</strong> Paranor. Maghi on nipotenti e<br />

onniscienti, creature più spirituali che umane, causa <strong>di</strong> molti dolori e<br />

sofferenze tra la gente del Sud. <strong>Di</strong> tanto in tanto si <strong>di</strong>ceva che uno <strong>di</strong><br />

loro era passato nelle vicinanze. "E una volta" <strong>di</strong>cevano, quando non si<br />

accorgevano della mia presenza "uno <strong>di</strong> loro si è fermato tra noi. Ha<br />

sedotto una donna ed è nata una figlia!" A quel punto alzavano la mano<br />

per fare gli scongiuri e tacevano. La persona <strong>di</strong> cui parlavano a bassa<br />

voce, con timore, era mio padre!" Mareth si protese verso <strong>di</strong> lui e<br />

Bremen si accorse che, così facendo, aveva spostato il nucleo della sua<br />

magia dall'interno del corpo alla punta delle <strong>di</strong>ta, preparandosi a<br />

colpire. Un sospetto gli attraversò la mente, simile a una fitta<br />

dolorosa. Ma si impose <strong>di</strong> rimanere assolutamente calmo per darle il<br />

tempo <strong>di</strong> finire. "E sono giunta a credere" <strong>di</strong>sse adagio Mareth, in tono<br />

deciso "che parlassero <strong>di</strong> te." La bottega stava per chiudere quando<br />

Kinson Ravenlock entrò per guardare meglio la spada. Era molto tar<strong>di</strong> e<br />

le strade cominciavano a svuotarsi. Kinson era stanco <strong>di</strong> cercare e stava<br />

me<strong>di</strong>tando <strong>di</strong> trovarsi una locanda quando imboccò una strada con molte<br />

botteghe <strong>di</strong> armaioli e notò la spada. Era esposta in una piccola vetrina<br />

dai pannelli <strong>di</strong> vetro tenuti insieme da sbarre <strong>di</strong> ferro, ed era così<br />

lucida e brillante da richiamare la sua attenzione. Entrato nella<br />

bottega, continuò a fissare la spada, ammirato. Senza dubbio, era la più<br />

bella arma che avesse mai visto. Già dall'esterno, nemmeno il vetro<br />

fuligginoso e la scarsa luce erano riusciti a nascondere la lucentezza<br />

della lama e la precisione dell'affilatura. Era quasi uno spadone:<br />

sembrava troppo grande per una persona <strong>di</strong> normale statura. L'impugnatura<br />

era cesellata con grande perizia e raffigurava draghi e castelli su uno<br />

sfondo <strong>di</strong> alberi. C'erano altre lame più piccole, altrettanto pregevoli,<br />

che parevano fatte dalla stessa mano, ma Kinson aveva occhi solo per la<br />

spada. "Scusa, devo chiudere" gli <strong>di</strong>sse l'armaiolo, che cominciava a<br />

spegnere le lanterne in fondo alla bottega. C'erano armi <strong>di</strong> ogni tipo,<br />

spade, daghe, stiletti, asce, lance e ogni altra sorta <strong>di</strong> lama, appese<br />

alle pareti e su ogni superficie libera, in rastrelliere e casse. Kinson<br />

<strong>di</strong>ede un'occhiata in giro, ma tornò subito a guardare la spada. "Ti<br />

ruberò solo un attimo" rispose. "Mi serve un'informazione." L'armaiolo<br />

sospirò e si avvicinò. Era snello e robusto, con gran<strong>di</strong> spalle e mani


forti, e dalla leggerezza con cui si muoveva dava l'impressione <strong>di</strong> saper<br />

maneggiare bene la sua merce, all'occorrenza. "Un'informazione sulla<br />

spada, vero?" Kinson sorrise. "Proprio così. Come l'hai capito?" L'uomo<br />

si strinse nelle spalle, poi si ravviò i capelli neri, che cominciavano<br />

a <strong>di</strong>radarsi. "Ho visto la <strong>di</strong>rezione del tuo sguardo, quando sei entrato.<br />

E poi, tutti mi chiedono della spada. Del resto, come dargli torto? Una<br />

delle più belle armi che si possano trovare nelle Quattro Terre. <strong>Di</strong><br />

grande valore." "Ne sono certo" rispose Kinson. "E' per questo che non<br />

sei ancora riuscito a venderla?" L'armaiolo rise. "Oh, non è in ven<strong>di</strong>ta.<br />

E' solo per vetrina. Appartiene a me, e non la venderei per tutto l'oro<br />

del mondo. Una lavorazione <strong>di</strong> quel genere non si può comprare per<br />

denaro, e la si trova solo raramente." Kinson annuì. "E' una bella lama.<br />

Ma per maneggiarla ci vuole un uomo molto forte." "Come te?" chiese<br />

l'armaiolo, inarcando un sopracciglio. Kinson sporse le labbra,<br />

riflettendo. "Penso che sia troppo grande anche per me. Mi riferisco<br />

alla lunghezza." "Ah!" commentò l'armaiolo, <strong>di</strong>vertito. "Lo pensano<br />

tutti! E' questa la meraviglia della lama. Ascolta, la giornata è stata<br />

lunga e io sono stanco. Ma ti mostrerò un piccolo segreto. E se ti<br />

piacerà quello che ti farò vedere, forse mi acquisterai un'arma e io<br />

guadagnerò qualcosa in cambio del mio tempo. D'accordo?" Kinson annuì.<br />

L'armaiolo si accostò alla vetrina, infilò la mano sotto il ripiano e<br />

fece scattare un lucchetto. Sfilò una catena avvolta abilmente<br />

sull'impugnatura per assicurare la spada al supporto, poi impugnò con<br />

attenzione l'arma. Si girò verso Kinson, gli sorrise e mosse la spada<br />

davanti a lui senza fatica, come se fosse leggerissima. Kinson lo guardò<br />

incredulo e l'armaiolo rise, poi gli passò la spada, ed il cacciatore<br />

della Frontiera, nell'impugnarla, rimase ancor più stupito. La spada era<br />

così leggera che si poteva bran<strong>di</strong>rla con una sola mano. "Com'è<br />

possibile?" mormorò, osservando con attenzione la lama lucente, stupito<br />

sia della leggerezza sia della qualità della lavorazione. Poi guardò<br />

l'armaiolo: "Così leggera, non può avere nessuna forza!". "E' il metallo<br />

più robusto che tu possa trovare, caro amico" gli spiegò il mercante.<br />

"La lega e la tempra la rendono più forte del ferro, anche se pesa come<br />

una lama <strong>di</strong> stagno. Ma ora lascia che ti mostri un'altra cosa." Si fece<br />

restituire la spada da un Kinson sempre più ammirato e la rimise al suo<br />

posto, assicurandola <strong>di</strong> nuovo con la catena. Poi trasse dalla vetrina un<br />

coltello, con una lama lunga quasi due spanne, cesellato con gli stessi<br />

eleganti <strong>di</strong>segni della spada: evidentemente era opera della stessa mano.<br />

"Questa è la lama che fa per te" <strong>di</strong>chiarò piano il ven<strong>di</strong>tore, passandola<br />

a Kinson con un sorriso. "Questa te la posso vendere." <strong>Il</strong> coltello era<br />

meraviglioso come la spada, anche se meno impressionante come lunghezza.<br />

Kinson ne rimase subito affascinato. Leggero, perfettamente bilanciato,<br />

finemente cesellato, affilato come gli artigli <strong>di</strong> un gatto, era un'arma<br />

<strong>di</strong> una bellezza e una robustezza incre<strong>di</strong>bili. <strong>Il</strong> cacciatore sorrise,<br />

come per riconoscere il valore dell'arma, e l'armaiolo gli restituì il<br />

sorriso. Kinson gli chiese il prezzo, e l'uomo glielo <strong>di</strong>sse.<br />

Mercanteggiarono per qualche minuto e alla fine si misero d'accordo.<br />

Kinson spese quasi tutto il denaro che possedeva, che non era poco, ma<br />

non fu sfiorato neppure per un istante dalla tentazione <strong>di</strong> rinunciare<br />

all'acquisto. S'infilò alla cintura coltello e fodero e sentì che la<br />

lama poggiava bene sul fianco. "Grazie" <strong>di</strong>sse. "E' stato un ottimo


suggerimento." "E' il mio lavoro" si schermì l'armaiolo. "Ma devo ancora<br />

rivolgerti la domanda" <strong>di</strong>sse Kinson, mentre l'altro faceva per<br />

accompagnarlo all'uscita. "Già, la domanda. Ma non ho già risposto?<br />

Pensavo che riguardasse la spada." "Riguarda la spada, certo" rispose<br />

Kinson, con un'ultima occhiata all'arma. "Ma si tratta <strong>di</strong> farne<br />

un'altra. Un mio amico ha bisogno <strong>di</strong> un'arma come quella, ma dev'essere<br />

forgiata secondo le sue istruzioni. <strong>Il</strong> lavoro richiede un mastro<br />

armaiolo e l'uomo che ha fatto la tua spada mi sembra la persona<br />

giusta." <strong>Il</strong> ven<strong>di</strong>tore lo guardò come se fosse impazzito. Poi chiese:<br />

"vuoi farti fare una spada dal fabbro che ha fatto la mia?". Kinson<br />

annuì, poi si affrettò a chiedere: "Sei tu per caso?". L'uomo gli<br />

rivolse un pallido sorriso. "No. Ma tra chiederlo a me e chiederlo a<br />

colui che l'ha fatta c'è poca <strong>di</strong>fferenza, per quello che ti può<br />

servire." Kinson scosse la testa. "Non capisco." "Già, lo credo<br />

anch'io." L'uomo sospirò. "Ascolta allora, ti spiego come stanno le<br />

cose." La prima reazione <strong>di</strong> Bremen nell'u<strong>di</strong>re le parole <strong>di</strong> Mareth fu <strong>di</strong><br />

risponderle che era una supposizione ri<strong>di</strong>cola. Ma l'espressione della<br />

giovane lo indusse a tacere. Doveva avere riflettuto a lungo, prima <strong>di</strong><br />

arrivare a quella conclusione, e meritava <strong>di</strong> essere presa sul serio.<br />

"Mareth" le chiese gentilmente. "Che cosa ti fa pensare che sia tuo<br />

padre?" La notte intorno a loro profumava d'erba e fiori e la luce della<br />

luna e delle stelle spandeva sulle colline un colore argenteo che<br />

contrastava con la luce rossastra della città. Mareth <strong>di</strong>stolse lo<br />

sguardo, come per cercare la risposta nella notte. "Mi ritieni una<br />

sciocca" commentò. "No, nient'affatto. Ma ti prego <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi come ci sei<br />

arrivata." Lei scosse la testa. "Da ben prima della mia nascita, i<br />

Drui<strong>di</strong> si sono chiusi a Paranor. Hanno lasciato le Razze e non vanno più<br />

tra la gente. <strong>Di</strong> tanto in tanto, uno torna a trovare la famiglia, ma<br />

nessun druido apparteneva al mio villaggio. In generale, pochi <strong>di</strong> loro<br />

si recano nella Terra del Sud. "Ma ce n'era uno che vi si recava<br />

regolarmente. Tu. Tu andavi nel Sud nonostante i sospetti contro i<br />

Drui<strong>di</strong>. <strong>Di</strong> tanto in tanto, qualcuno <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> averti visto. La gente del<br />

mio villaggio sussurrava che eri tu il demone che aveva sedotto mia<br />

madre!" Tacque. <strong>Il</strong> suo respiro era affrettato. Lo sfidava a negare. La<br />

magia le crepitava sulla punta delle <strong>di</strong>ta, sotto forma <strong>di</strong> scintille. Lo<br />

fissò con occhi roventi. "Ti cerco da sempre. La magia è come un peso<br />

che porto legato al collo, e ogni giorno mi ricorda la tua esistenza.<br />

Mia madre non ha potuto parlarmi <strong>di</strong> te: la sola cosa che avevo erano<br />

quelle <strong>di</strong>cerie. Ma sapevo che nei miei viaggi, prima o poi, ti avrei<br />

incontrato. Sono andata a Storlock per trovarti, ma non sei venuto.<br />

Cogline, però, mi ha permesso <strong>di</strong> entrare a Paranor, e laggiù,<br />

finalmente, ti ho visto." "Ecco perché sei venuta con noi" commentò<br />

Bremen. "Perché non me l'hai raccontato allora?" Lei scosse la testa.<br />

"Perché volevo conoscerti. Perché volevo sapere che tipo <strong>di</strong> uomo fosse<br />

mio padre." Bremen annuì, riflettendo. "E nel frattempo mi hai salvato<br />

due volte la vita. Una al Perno dell'Ade, un'altra a Paranor." Lei lo<br />

fissò, ma non fece commenti. "Io non sono tuo padre, Mareth" <strong>di</strong>sse<br />

Bremen. "Oh, sapevo che avresti detto così!". "Se fossi tuo padre"<br />

continuò lui a voce bassa "sarei orgoglioso <strong>di</strong> ammetterlo. Ma non lo<br />

sono. All'epoca del tuo concepimento viaggiavo per le Quattro Terre,<br />

certo, e può darsi che sia stato nel villaggio <strong>di</strong> tua madre. Ma non ho


figli: non ne posso avere. Ho moltissimi anni, perché mi ha mantenuto in<br />

vita il Sonno Magico. Ma quel Sonno mi ha tolto molte cose. Mi ha<br />

allungato la vita, ma mi impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> avere figli. Perciò non ho mai<br />

stretto rapporti con una donna, non ho mai avuto amanti. Sono stato<br />

innamorato una volta, molto tempo fa, ma sono passati tanti anni che<br />

ricordo a malapena la faccia della donna che amavo. Fu prima che<br />

<strong>di</strong>venissi un druido, prima che scegliessi questa vita. Da allora, non ce<br />

n'è stata un'altra." "Non ti credo" replicò subito Mareth. Le rivolse un<br />

sorriso triste. "E invece mi cre<strong>di</strong>. Tu sai che è la verità. Lo sai per<br />

istinto. Non sono tuo padre. Ma la verità potrebbe essere più<br />

sgradevole. Con la loro superstizione, gli abitanti del tuo villaggio<br />

hanno subito pensato a me, quando hanno visto uno straniero vestito <strong>di</strong><br />

nero che praticava la magia. Però, ascolta, Mareth. Ci sono altre<br />

possibilità, e non ti piaceranno." Lei strinse le labbra. "In un certo<br />

senso, me l'aspettavo." "Nei giorni scorsi ho pensato alla natura della<br />

tua magia. La magia innata fa parte <strong>di</strong> te, come la carne e la pelle, ma<br />

è una dote rara. Era una caratteristica delle genti <strong>di</strong> Faerie, migliaia<br />

<strong>di</strong> anni fa, ma sono morti tutti tranne gli Elfi, i quali però l'hanno<br />

sostanzialmente persa. I Drui<strong>di</strong>, me compreso, non godono <strong>di</strong> alcuna forma<br />

<strong>di</strong> magia innata. Perciò, se tuo padre fosse stato un druido, da dove<br />

verrebbe la tua? Ma supponiamo che lo fosse. Quale druido ha quel tipo<br />

<strong>di</strong> potere? Un potere che ha richiesto l'uso della magia per ottenere il<br />

tuo concepimento?" "Oh, per tutte le ombre" mormorò la giovane, che<br />

cominciava a capire. "Aspetta, non fare commenti per ora" la invitò il<br />

vecchio druido. Le strinse le mani, e lei non le ritrasse. Aveva gli<br />

occhi spenti, l'espressione sconvolta. "Cerca <strong>di</strong> essere forte, Mareth.<br />

La gente del tuo villaggio ha descritto tuo padre come un demonio, uno<br />

spettro, una creatura delle tenebre che poteva cambiare aspetto. L'hai<br />

detto tu stessa. Non è il tipo <strong>di</strong> magia praticata dai Drui<strong>di</strong>, non la<br />

conoscono neppure. Ma ci sono altre creature che la praticano<br />

facilmente." "Menzogne" protestò Mareth, ma senza convinzione. "<strong>Il</strong><br />

Signore degli Inganni ha al proprio servizio creature che assumono<br />

l'aspetto umano. Lo fanno per i più svariati motivi. Per corrompere le<br />

persone, per ingannarle, usarle. A volte lo fanno solamente per<br />

ritrovare una parte <strong>di</strong> quell'umanità che hanno perso quando sono passate<br />

al servizio del loro signore. La magia praticata da queste creature è<br />

<strong>di</strong>ventata una parte così importante della loro natura e della loro<br />

identità che la usano senza pensare. Non si curano delle persone con cui<br />

entrano in contatto. Agiscono per puro istinto, appagando qualunque<br />

desiderio si impadronisca <strong>di</strong> loro in un dato momento." Mareth aveva le<br />

lacrime agli occhi. "Mio padre, allora?" Bremen annuì. "Spiegherebbe la<br />

tua magia. Magia innata, il dono che ti ha lasciato tuo padre. Non è una<br />

caratteristica dei Drui<strong>di</strong>, ma <strong>di</strong> una creatura per la quale la magia è<br />

<strong>di</strong>venuta la vita stessa. E' <strong>di</strong>fficile da accettare, Mareth, ma è così."<br />

"E' vero" sospirò la giovane, con voce a malapena u<strong>di</strong>bile. "Eppure, ero<br />

tanto sicura..." Abbassò la testa e pianse, stringendo le mani <strong>di</strong><br />

Bremen. La sua magia si affievolì assieme al groviglio <strong>di</strong> rabbia che<br />

aveva dentro. <strong>Il</strong> druido le si avvicinò, le mise un braccio attorno alle<br />

spalle. "Ancora una cosa, bambina" le <strong>di</strong>sse con dolcezza. "Io sarò<br />

ancora tuo padre, se lo vorrai. Ti farò da padre come se fossi mia<br />

figlia. Ho molta stima <strong>di</strong> te. Ti aiuterò a capire la natura della tua


magia. E la prima cosa che devi tenere presente è che non sei tuo padre.<br />

Tu non sei affatto come lui, neppure in ciò che hai ere<strong>di</strong>tato. La magia<br />

che possie<strong>di</strong> è soltanto tua. Sei tu a doverne sopportare il potere, e si<br />

tratta <strong>di</strong> un peso molto gravoso. Ma anche se la magia ti è venuta da tuo<br />

padre, non è essa a stabilire il tuo carattere e il tuo cuore. Tu sei<br />

una persona retta e forte, Mareth. Non hai nulla della malvagia creatura<br />

che ti ha generato." Mareth gli appoggiò la testa alla spalla. "Come<br />

puoi <strong>di</strong>rlo? Potrei essere proprio così." "No" la rassicurò. "Non sei<br />

come lui, figliola. Assolutamente." Le accarezzò i capelli, la tenne<br />

stretta e la lasciò piangere, lasciò che eliminasse il dolore <strong>di</strong> tanti<br />

anni. Quando si fosse ripresa, si sarebbe sentità vuota: occorreva darle<br />

la speranza e uno scopo. E Bremen pensava <strong>di</strong> sapere come. Passarono due<br />

intere giornate prima che Kinson Ravenlock ritornasse. Arrivò al<br />

tramonto, uscendo dallo sfondo delle luci rossastre dei fuochi <strong>di</strong><br />

Dechtera. Era impaziente <strong>di</strong> raggiungerli, per comunicare le novità. Si<br />

tolse il mantello impolverato e li abbracciò con calore. "Ho trovato<br />

l'uomo che ci occorre" annunciò, sedendosi sull'erba e accettando l'otre<br />

<strong>di</strong> birra che Mareth gli porgeva. "Secondo me, è proprio l'uomo che<br />

cerchiamo." Sorrise loro, poi scosse la testa. "Purtroppo, però, non è<br />

d'accordo con me. Qualcuno dovrà convincerlo, e per questo sono<br />

tornato." Bremen annuì. "Bevi, mangia qualcosa e poi raccontaci tutto."<br />

Kinson reclinò la testa all'in<strong>di</strong>etro e cominciò a bere. L'ultimo<br />

bagliore del sole spariva sotto l'orizzonte e la luce <strong>di</strong>minuiva in<br />

fretta. Nel balenare rapido <strong>di</strong> quel passaggio, a Kinson parve <strong>di</strong><br />

cogliere una leggera preoccupazione nello sguardo del vecchio druido.<br />

Senza parlare, lanciò un'occhiata a Mareth, che lo guardò a sua volta<br />

con aria <strong>di</strong> sfida. <strong>Il</strong> cacciatore della Frontiera abbassò l'otre e stu<strong>di</strong>ò<br />

per qualche istante i compagni. "E' successo qualcosa, durante la mia<br />

assenza?" Per qualche istante scese il silenzio. Poi fu Bremen a<br />

rispondere. "Ci siamo raccontati delle vecchie storie" <strong>di</strong>sse con un<br />

sorriso malinconico. Guardò Mareth e poi Kinson. "Ne vuoi ascoltare<br />

una?" <strong>Il</strong> cacciatore annuì, perplesso. "Se pensi che ci sia tempo."<br />

Bremen prese la mano <strong>di</strong> Mareth, che non la ritirò. La giovane aveva gli<br />

occhi luci<strong>di</strong>. "Penso che dobbiamo trovarlo, per questa" <strong>di</strong>sse il vecchio<br />

druido. E dal modo in cui lo <strong>di</strong>sse, Kinson capì che era vero.<br />

23<br />

Urprox Screl sedeva sulla solita panca davanti alla bottega chiusa, con<br />

lo scalpello in una mano, il pezzo <strong>di</strong> legno nell'altra. Le sue mani si<br />

muovevano agili: con l'una girava il legno, con l'altra lo intagliava<br />

facendo volare via trucioli lunghi e sottili. Stava scolpendo qualcosa<br />

<strong>di</strong> bello e aggraziato, anche se per il momento non aveva ancora deciso<br />

<strong>di</strong> cosa si trattava. <strong>Il</strong> mistero era una componente del <strong>di</strong>vertimento. Un<br />

pezzo <strong>di</strong> legno suggeriva sempre alcune possibili figure, quando lo si<br />

osservava con sufficiente attenzione. La scelta dell'immagine veniva da<br />

sé, con il proseguire del lavoro. In fondo, era la scultura stessa a<br />

decidere quello che voleva <strong>di</strong>ventare. Su Dechtera scendeva la sera, e<br />

lontano dai forni la luce <strong>di</strong>ventava sempre più grigia. Faceva molto<br />

caldo, ma Urprox Screl c'era abituato. Poteva starsene in casa, con Mina<br />

e i figli, sulla se<strong>di</strong>a a dondolo nel portico o all'ombra del vecchio<br />

noce. In casa, lontano dal centro della città, faceva fresco e regnava<br />

il silenzio. Purtroppo, era quello il problema. Sentiva la mancanza del


caldo, del chiasso, dell'odore dei forni. Quando lavorava gli piaceva<br />

sentirli, e per tanti anni l'avevano accompagnato costantemente. E poi<br />

quello era il suo luogo <strong>di</strong> lavoro. Vi si era recato ogni giorno, per<br />

quarant'anni. Era la bottega <strong>di</strong> suo padre e forse lo sarebbe stata per i<br />

suoi figli. Quando lavorava, gli piaceva trovarsi lì, dove la sua arte e<br />

il suo lavoro avevano inciso così profondamente la sua vita e quella<br />

degli altri. Era un'affermazione un po' troppo orgogliosa, forse. Ma lui<br />

era un uomo orgoglioso. Matto, secondo alcuni. Solo Mina lo capiva.<br />

Capiva sempre tutto, del marito, e questo era più <strong>di</strong> quanto si potesse<br />

<strong>di</strong>re delle mogli degli altri. Al pensiero della moglie sorrise. Prese a<br />

fischiettare tra sé. La gente passava per la strada, davanti alla<br />

bottega <strong>di</strong> Urprox Screl, come tanti castori presi dalle loro incombenze.<br />

Lui li osservava tutti con la coda dell'occhio, senza farsi scorgere.<br />

Alcuni erano amici: negozianti, artigiani, operai che conosceva da<br />

quando aveva cominciato a lavorare. In genere l'avevano ammirato: la sua<br />

abilità, le sue opere. Alcuni, in passato, avevano ad<strong>di</strong>rittura sostenuto<br />

che lui incarnava il cuore e lo spirito della città. Sospirò. Gli era<br />

passata la voglia <strong>di</strong> fischiare. Certo, li conosceva, ma da tempo avevano<br />

smesso <strong>di</strong> intrattenersi con lui. Se li fissava, si limitavano a un cenno<br />

del capo, senza fermarsi. Lo evitavano quasi tutti, come se fosse stato<br />

colpito da una <strong>di</strong>sgrazia e temessero che la malasorte li contagiasse.<br />

Ancora una volta, si chiese perché non riuscissero ad accettare la sua<br />

decisione. Posò <strong>di</strong> nuovo gli occhi sulla scultura che stava intagliando.<br />

Un cane in corsa, con la testa alta e le zampe levate. Decise <strong>di</strong> donarlo<br />

ad Arken, il figlio della sua primogenita. In genere regalava le sue<br />

sculture, anche se avrebbe potuto venderle. Ma non aveva bisogno <strong>di</strong><br />

denaro: ne aveva a sufficienza e in caso <strong>di</strong> bisogno poteva guadagnarne.<br />

Ciò che gli mancava erano la pace interiore e uno scopo nella vita.<br />

Purtroppo, anche dopo due anni dalla sua decisione, non era riuscito a<br />

trovarli. Si girò a guardare la costruzione <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui, singolarmente<br />

buia e silenziosa in mezzo alla cacofonia della città. <strong>Il</strong> portone era<br />

chiuso: non aveva perso tempo ad aprirlo. A volte lo faceva, per avere<br />

l'impressione <strong>di</strong> lavorare davvero, ma ultimamente lo lasciava chiuso,<br />

perché lo deprimeva la visione dell'interno buio e silenzioso, e poi<br />

avrebbe richiamato l'attenzione dei passanti, i quali gli avrebbero<br />

chiesto se non avesse cambiato idea. Con la punta del piede spostò i<br />

trucioli. Era meglio che il passato rimanesse chiuso. Si alzò per andare<br />

ad accendere la lanterna appesa sopra un ingresso laterale che gli<br />

avrebbe permesso <strong>di</strong> continuare il lavoro. Sapeva che avrebbe fatto<br />

meglio a tornare a casa, ma si sentiva stranamente irrequieto, e non<br />

riusciva a separarsi dai rumori della città. Dechtera era una città<br />

molto particolare, che parlava con un linguaggio tutto suo. Lo si poteva<br />

capire oppure no, ma, se non lo si capiva, se non se ne sentiva il<br />

fascino, era meglio trasferirsi da qualche altra parte. Negli ultimi<br />

tempi, per la prima volta nella sua vita, aveva cominciato a pensare <strong>di</strong><br />

avere ascoltato a sufficienza quel linguaggio. Rifletteva su quella<br />

nuova idea, e aveva smesso <strong>di</strong> scolpire il legno, quando vide arrivare<br />

tre forestieri. Non li vide subito, perché indossavano mantelli scuri<br />

con cappuccio, era già scesa la sera e la strada era affollata, ma li<br />

fissò con curiosità quando si <strong>di</strong>ressero verso <strong>di</strong> lui. Nessuno era più<br />

venuto a trovarlo, negli ultimi mesi. Lo colpirono i cappucci: non


faceva un po' troppo caldo per tenerli alzati? Che avessero qualcosa da<br />

nascondere? <strong>Il</strong> fabbro si alzò per salutarli. Era alto e magro, con<br />

braccia massicce, petto ampio, mani enormi. Aveva il viso stranamente<br />

liscio per la sua età, abbronzato e dai tratti decisi. Portava una rada<br />

barbetta e i capelli neri si stavano ritirando dalla sommità del capo<br />

verso le orecchie e il collo. Posò la scultura e lo scalpello, e attese<br />

con le mani appoggiate sui fianchi. Quando i tre lo raggiunsero, il più<br />

alto si sfilò il cappuccio, e Urprox Screl lo riconobbe e lo salutò. Era<br />

il suo visitatore del giorno prima, l'uomo della Frontiera, venuto da<br />

Varfleet: un tipo tranquillo, serio, con molte più cose per la mente <strong>di</strong><br />

quante non ne <strong>di</strong>cesse. Aveva comprato un coltello ed era venuto a<br />

complimentarsi per l'eccellenza del suo lavoro. Almeno, così aveva<br />

detto, e aveva promesso che sarebbe tornato. "Hai mantenuto la promessa"<br />

lo salutò. "Kinson Ravenlock" gli rammentò l'uomo. Urprox Screl annuì.<br />

"Ricordo." "Questi sono gli amici che volevo presentarti." I due si<br />

sfilarono il cappuccio: erano una giovane donna e un vecchio. "Mi<br />

chiedevo se potevamo parlarti per qualche minuto." <strong>Il</strong> fabbro li stu<strong>di</strong>ò,<br />

senza rispondere subito. Provò una vaga inquietu<strong>di</strong>ne, un senso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sagio. Chiaramente, quei tre avevano fatto molta strada e non si<br />

sarebbero arresi con facilità. L'uomo della Frontiera gli aveva chiesto<br />

il permesso per educazione, non perché intendesse lasciargli scelta.<br />

Sorrise. Nonostante i presentimenti, era incuriosito. "<strong>Di</strong> cosa volete<br />

parlarmi?" Fu il vecchio a farsi avanti, e il cacciatore della Frontiera<br />

si fece da parte. "Abbiamo bisogno della tua abilità <strong>di</strong> fabbro." Urprox<br />

Screl continuò a sorridere. "Ho cessato l'attività." "Kinson <strong>di</strong>ce che<br />

sei il più abile e che il tuo lavoro è il migliore che abbia visto. Non<br />

lo <strong>di</strong>rebbe se non fosse vero. Conosce bene le armi e gli armaioli.<br />

Kinson ha viaggiato molto nelle Quattro Terre." <strong>Il</strong> cacciatore assentì.<br />

"Ho ammirato la spada <strong>di</strong> quel ven<strong>di</strong>tore. Non ho mai visto una<br />

lavorazione simile. Hai un talento senza uguali." Urprox Screl sospirò.<br />

"Non perdete altro tempo. Ero bravo in quel lavoro, ma non lo faccio<br />

più. Non lavoro più il metallo, non accetto incarichi particolari.<br />

Adesso scolpisco il legno." <strong>Il</strong> vecchio annuì, senza scomporsi. Fissò la<br />

scultura che Urprox aveva posato sulla panca. "E' tua?" chiese. "Posso<br />

guardarla?" Urprox si strinse nelle spalle e gliela porse. <strong>Il</strong> vecchio la<br />

stu<strong>di</strong>ò con attenzione, ne seguì le linee col <strong>di</strong>to, sinceramente<br />

interessato. "E' molto bella" <strong>di</strong>sse infine, passandola alla giovane, che<br />

la prese senza fare commenti. "Ma non come le armi che hai fatto. La tua<br />

vera abilità sta là. Nel lavorare il metallo. E' da molto tempo che<br />

scolpisci il legno?" "Fin da bambino" rispose Urprox, a <strong>di</strong>sagio. "Cosa<br />

volete da me?" "Dovevi avere una ragione molto importante" continuò il<br />

vecchio, senza rispondergli "per tornare a scolpire il legno dopo un<br />

tale successo come armaiolo." Urprox si sentì saltare la mosca al naso.<br />

"Importantissima, e non ho intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scuterne con voi." "Certo, ma<br />

temo che dovrai farlo. Abbiamo bisogno <strong>di</strong> te, e sono venuto qui per<br />

convincerti ad aiutarci." Urprox lo guardò stupefatto, non era abituato<br />

a tanta sincerità. "Be', almeno sei onesto. Ma adesso che so le tue<br />

intenzioni potrò respingere meglio i tuoi tentativi. Sprechi il tuo<br />

tempo." <strong>Il</strong> vecchio sorrise. "Le sapevi già. Avevi già capito che abbiamo<br />

fatto molta strada per venire da te e che perciò ti consideriamo molto<br />

importante. <strong>Di</strong>mmi, allora: perché hai smesso <strong>di</strong> lavorare il metallo,


dopo tanto tempo?" Urprox Screl aggrottò la fronte. "Ero stufo." Non<br />

aggiunse altro, e dopo qualche istante il vecchio commentò: "Sono sicuro<br />

che c'erano altri motivi". S'interruppe, e Urprox ebbe l'impressione che<br />

i suoi occhi fossero <strong>di</strong>ventati bianchi, fissi e impenetrabili come<br />

quelli <strong>di</strong> una statua. Gli parve che il vecchio gli leggesse nel cuore.<br />

"Hai perso il coraggio" <strong>di</strong>sse infatti, a bassa voce. "Sei un uomo<br />

gentile, con moglie e figli, e nonostante la tua forza fisica non ami la<br />

violenza. Ma le tue armi uccidevano e ferivano, e infine hai deciso <strong>di</strong><br />

non fabbricarne altre. Potevi permettertelo e avevi un'altra attività.<br />

Perciò non hai più acceso il forno e ti sei de<strong>di</strong>cato ad altro. La sola<br />

che lo sa è tua moglie Mina. Nessuno degli amici ti ha capito. Ti<br />

giu<strong>di</strong>cano pazzo. Ti evitano come se avessi una malattia contagiosa." Gli<br />

occhi ritornarono normali e lo fissarono. "Sei <strong>di</strong>ventato uno straniero<br />

nella tua stessa città e non ne capisci la ragione. Ma la verità è che<br />

possie<strong>di</strong> la bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un talento senza pari, e chiunque conosca il<br />

tuo lavoro non accetta che tu lo sprechi così." Urprox Screl sentì un<br />

brivido. "Puoi pensare quello che vuoi . Ma adesso che me l'hai detto,<br />

non ho più voglia <strong>di</strong> parlare con te. Ti pregherei <strong>di</strong> andartene." <strong>Il</strong><br />

vecchio si guardò attorno, ma non si mosse. La folla si era <strong>di</strong>radata, la<br />

notte avanzava, e all'improvviso Urprox Screl si sentì solo e in<strong>di</strong>feso.<br />

A portata <strong>di</strong> voce c'erano molti conoscenti che l'avrebbero aiutato,<br />

eppure si sentì completamente isolato. La giovane donna gli restituì la<br />

scultura. Nel prenderla, Urprox la guardò negli occhi e fu attratto da<br />

lei in modo inspiegabile. In qualche modo, capì che la giovane aveva<br />

compreso perfettamente la sua decisione. Era lo stesso sguardo <strong>di</strong> Mina,<br />

e il fabbro fu sorpreso <strong>di</strong> vederlo sul volto <strong>di</strong> una sconosciuta. "Chi<br />

siete?" chiese guardandoli tutti e tre. Anche ora, fu il vecchio a<br />

parlare. "Siamo tre persone a cui è stato affidato un incarico <strong>di</strong> vitale<br />

importanza. Abbiamo fatto molta strada per portarlo a termine. Tu sei<br />

importante per il nostro scopo, ma sei solo una delle tante componenti<br />

che ci occorrono. Ci serve una spada, Urprox Screl, una spada <strong>di</strong>versa da<br />

tutte le altre. Occorre la mano <strong>di</strong> un grande fabbro per forgiarla. Avrà<br />

doti straor<strong>di</strong>narie e non servirà per uccidere, ma per salvare. Sarà al<br />

tempo stesso il lavoro più <strong>di</strong>fficile e più bello che tu o chiunque abbia<br />

mai fatto." <strong>Il</strong> fabbro sorrise nervosamente. "Gran<strong>di</strong> parole. Ma non so se<br />

posso crederci." "Non vuoi crederci perché non vuoi forgiare altre armi.<br />

Perché ti sei fatto una promessa e vuoi mantenerla." "Esatto. Quella<br />

parte della mia vita è finita. L'ho giurato e non tornerò in<strong>di</strong>etro,<br />

nemmeno per voi." "E se ti <strong>di</strong>cessi" continuò il vecchio, in tono grave<br />

"che forgiando quella spada salverai migliaia <strong>di</strong> vite? Cambieresti<br />

idea?" "Sì, ma è impossibile" insistette Urprox, con ostinazione.<br />

"Nessuna arma può essere in grado <strong>di</strong> farlo." "E se tra le vite che puoi<br />

salvare ci fossero anche quelle <strong>di</strong> tua moglie e dei tuoi figli? E se il<br />

tuo rifiuto costasse loro la vita?" <strong>Il</strong> fabbro gonfiò il petto. "Adesso è<br />

in pericolo anche la mia famiglia? Devi essere davvero <strong>di</strong>sperato, per<br />

arrivare a queste minacce!" "E se ti <strong>di</strong>cessi che queste cose<br />

succederanno entro pochi anni?" Urprox cominciò a vacillare. <strong>Il</strong> vecchio<br />

sembrava assai convinto. "Chi sei?" gli chiese <strong>di</strong> nuovo. <strong>Il</strong> vecchio gli<br />

si avvicinò. "Mi chiamo Bremen" gli rispose, fissandolo. "Mi conosci?"<br />

Urprox annuì lentamente. Per non arrendersi subito, dovette fare appello<br />

a tutte le sue forze. "Ho sentito parlare <strong>di</strong> te. Sei uno dei Drui<strong>di</strong>." <strong>Il</strong>


vecchio sorrise. "E questo ti fa paura?" "No." "Hai paura <strong>di</strong> me?" <strong>Il</strong><br />

fabbro non rispose. Si limitò a serrare la mascella. Bremen annuì. "Non<br />

devi avere paura. Sono tuo amico, anche se puoi aver pensato il<br />

contrario. Non intendo minacciarti. <strong>Di</strong>co solo la verità. Ci occorre il<br />

tuo talento, ne abbiamo <strong>di</strong>speratamente bisogno. <strong>Il</strong> pericolo riguarda<br />

tutte le Terre. Noi combattiamo per salvare la vita a molte persone, tra<br />

cui ci sono <strong>di</strong> sicuro tua moglie e i tuoi figli. Non esagero nel <strong>di</strong>rti<br />

che soltanto noi possiamo salvarli." Urprox sentì <strong>di</strong> nuovo vacillare la<br />

sua determinazione. "Ma <strong>di</strong> cosa si tratta, esattamente?" <strong>Il</strong> vecchio fece<br />

un passo in<strong>di</strong>etro. "Te lo mostrerò." Sollevò la mano e la passò davanti<br />

alla faccia del fabbro. Questi vide l'aria animarsi e brillare, assumere<br />

forma e colore. Vide le rovine <strong>di</strong> una città, gli e<strong>di</strong>fici abbattuti,<br />

l'aria grigia per il fumo degli incen<strong>di</strong>. Era Dechtera. La gente giaceva<br />

per strada e nelle case, morta. Le uniche forme che si muovevano per<br />

curvarsi sui cadaveri non erano umane, ma mostruose e perverse. Era una<br />

visione... ma con tutte le parvenze della realtà. La visione svanì. Con<br />

un brivido, Urprox scorse <strong>di</strong> nuovo il vecchio. "Hai visto bene?" chiese<br />

il druido. <strong>Il</strong> fabbro annuì. "Era il futuro <strong>di</strong> questa città. Quando cadrà<br />

Dechtera, il Nord sarà già caduto, Elfi e Nani saranno stati <strong>di</strong>strutti.<br />

L'onda tenebrosa che li sta travolgendo sarà arrivata fin qui." "E' una<br />

menzogna!" protestò il fabbro. Angosciato, spaventato, non fu capace <strong>di</strong><br />

ragionare. Negò la visione. Mina e i suoi figli morti? Morti tutti<br />

coloro che conosceva? No, non era possibile! "Una sgradevole verità" lo<br />

corresse Bremen. "Non una menzogna." "Non posso credere a una cosa<br />

simile! Non ti credo!" "Allora, guardami negli occhi" gli or<strong>di</strong>nò il<br />

vecchio. Incapace <strong>di</strong> opporsi, Urprox Screl fece come gli era stato<br />

or<strong>di</strong>nato. Fissò gli occhi <strong>di</strong> Bremen e anche ora li vide <strong>di</strong>ventare<br />

bianchi. In qualche modo incomprensibile, gli parve che la sua essenza<br />

venisse aspirata verso <strong>di</strong> essi, e gli apparvero immagini <strong>di</strong> ciò che era<br />

già successo e <strong>di</strong> ciò che stava per succedere, immagini così<br />

sconvolgenti che gridò, <strong>di</strong>sperato: "Basta! Non farmi vedere altro!" e<br />

chiuse gli occhi contro quell'assalto. Bremen abbassò lo sguardo e<br />

Urprox Screl sentì <strong>di</strong> nuovo lo stesso brivido gelido <strong>di</strong> prima, che ora<br />

gli percorse tutto il corpo. <strong>Il</strong> vecchio annuì. "Io ho finito con te. Da<br />

quello che hai visto, hai capito che ho detto la verità. Accetta la mia<br />

parola: la mia necessità è vera e autentica. Aiutami a fare ciò che<br />

devo." Urprox annuì. Sentiva una profonda oppressione al petto. "Ti<br />

ascolterò" concesse a malincuore. "Questo, almeno, posso farlo." Ma già<br />

sapeva che avrebbe fatto anche il resto. Urprox si sedette sulla panca e<br />

Bremen prese posto accanto a lui, come due vecchi amici che parlassero<br />

<strong>di</strong> lavoro. <strong>Il</strong> cacciatore della Frontiera e la giovane donna li<br />

ascoltavano, in pie<strong>di</strong> accanto a loro. Lungo la strada, la gente<br />

continuava a passare senza fermarsi. Forse non li vedeva, pensò Urprox<br />

Screl. Forse erano invisibili. Infatti, non appena Bremen ebbe<br />

cominciato a parlare, il fabbro si rese conto <strong>di</strong> quanta magia fosse<br />

coinvolta in quel lavoro. Per prima cosa, Bremen gli parlò del Signore<br />

degli Inganni e della conquista delle Terre del Nord. L'Est era stato<br />

invaso e poi sarebbe toccato all'Ovest. <strong>Il</strong> Sud sarebbe stato l'ultimo, e<br />

a quel punto, come nella visione apparsa al fabbro, non ci sarebbe stato<br />

scampo. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni era una creatura <strong>di</strong> magia sopravvissuta<br />

al <strong>di</strong> là della sua vita mortale, che aveva chiamato a sé mostri dalla


forza sovrannaturale. Le normali armi non erano in grado <strong>di</strong> colpirlo.<br />

Occorreva una spada <strong>di</strong> ferro e <strong>di</strong> magia, una lama in cui si unissero le<br />

conoscenze dei Drui<strong>di</strong> e dei fabbri, magiche e scientifiche. "Dev'essere<br />

forte nei due campi" spiegò Bremen. "Deve resistere a qualsiasi arma le<br />

venga opposta, <strong>di</strong> ferro o <strong>di</strong> magia. <strong>Il</strong> metallo dovrà essere il più<br />

robusto che si possa creare, e occorreranno scienza e magia. Tu fornirai<br />

la prima, io la seconda. Ma il tuo lavoro sarà la parte più importante,<br />

perché se la spada fosse priva delle sue caratteristiche fisiche, la mia<br />

magia non farebbe presa." "Cosa sai della lavorazione dei metalli?"<br />

chiese Urprox che, suo malgrado, cominciava a provare interesse. "I<br />

metalli e le varie temperature devono essere questi, perché la lega<br />

acquisti la robustezza voluta" rispose Bremen, porgendogli le istruzioni<br />

<strong>di</strong> Cogline. Urprox lesse con attenzione la pergamena, annuendo <strong>di</strong> tanto<br />

in tanto. Sì, la lega era giusta, e così le prime temperature, poi si<br />

fermò, sorridendo. "Questo calore!" "Hai letto con attenzione? Nessuno<br />

ne ha più raggiunto <strong>di</strong> simili da quando è stato <strong>di</strong>strutto il vecchio<br />

mondo! Forni e formule sono spariti insieme. Non abbiamo il modo <strong>di</strong><br />

raggiungere questi risultati." Bremen annuì, poi chiese: "A che<br />

temperatura resiste la tua forgia? A che calore può arrivare?". <strong>Il</strong><br />

fabbro si strinse nelle spalle. "Qualsiasi calore si possa generare. Io<br />

stesso l'ho costruita, e la parete è <strong>di</strong> mattoni refrattari, incastrati<br />

fra loro senza calce. Non è il forno a preoccuparmi. <strong>Il</strong> problema è il<br />

fuoco. Non abbiamo un combustibile in grado <strong>di</strong> farci raggiungere la<br />

temperatura richiesta dalla formula. Dovresti saperlo." Bremen si fece<br />

ridare il foglio. "Ci basta arrivare per breve tempo alla temperatura<br />

più alta. E posso occuparmene io." Urprox annuì. <strong>Il</strong> druido intendeva<br />

usare la magia per alzare la temperatura della fusione. Ma era davvero<br />

possibile? Era una temperatura enorme. Gli rivolse un'occhiata dubbiosa<br />

"Sei <strong>di</strong>sposto a farlo?" gli chiese Bremen. "Un'ultima accensione del<br />

forno, un'ultima fusione?" <strong>Il</strong> fabbro esitò per qualche istante, preso<br />

nel <strong>di</strong>lemma. Da una parte c'erano le sue promesse <strong>di</strong> due anni prima,<br />

dall'altra la sfida <strong>di</strong> costruire una simile arma, davvero unica, per<br />

salvare la famiglia e la città. Ammise che aveva dei buoni motivi per<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> sì. E anche per <strong>di</strong>re <strong>di</strong> no. "Abbiamo bisogno <strong>di</strong> te, Urprox"<br />

intervenne il cacciatore della Frontiera, e la giovane donna assentì<br />

senza parlare. Tutti attesero la sua riposta. Be', pensò, le sculture in<br />

legno non avevano la perfezione dei suoi lavori in metallo, lo sapeva<br />

anche lui. Erano una scusa. In fondo, era sciocco fingere che la sua<br />

decisione servisse a cambiare il mondo. Perciò poteva benissimo forgiare<br />

un'ultima spada, che avrebbe salvato innumerevoli vite. <strong>Il</strong> vecchio aveva<br />

detto la verità? Non poteva esserne certo, ma pensava che l'avesse<br />

detta. Per tutta la vita si era vantato <strong>di</strong> saper riconoscere gli uomini,<br />

oltre ai metalli. Quell'uomo, druido o meno, era onesto e leale, credeva<br />

nella propria causa. Così, finì per annuire e per stringersi nelle<br />

spalle, <strong>di</strong>cendo: "Be', se è l'unico modo per evitare ulteriori seccature<br />

da parte vostra, ti farò la spada che desideri tanto!". <strong>Di</strong>scussero fino<br />

a tar<strong>di</strong> <strong>di</strong> quello che occorreva per forgiare la spada. Urprox doveva<br />

procurarsi i metalli da fondere e il carbone per accendere la fornace, e<br />

sarebbe occorso qualche giorno per far salire la temperatura al valore<br />

richiesto per l'inizio della lavorazione. La fusione in sé avrebbe<br />

richiesto poco tempo, se Bremen fosse stato in grado <strong>di</strong> alzare la


temperatura nelle ultime fasi. La matrice era pronta da tempo e per<br />

darle le caratteristiche volute da Bremen sarebbe bastata qualche<br />

mo<strong>di</strong>fica. Bremen gli mostrò il medaglione con l'immagine del pugno che<br />

stringeva la fiaccola, e gli <strong>di</strong>sse che era l'Eilt Druin, e che occorreva<br />

incastonarlo nell'impugnatura dell'arma. Urprox scosse la testa, <strong>di</strong>cendo<br />

che il calore l'avrebbe fuso, ma Bremen gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> non preoccuparsi.<br />

L'Eilt Druin era stato creato con la magia e poteva essere <strong>di</strong>strutto<br />

solo dalla magia. <strong>Il</strong> fabbro non sapeva se credergli o no, ma non fece<br />

commenti. La cosa non lo riguardava, dopo tutto, lui doveva soltanto<br />

controllare che lega e temperature corrispondessero alle istruzioni. In<br />

tre giorni avrebbe fatto il lavoro. Però, c'erano altre considerazioni.<br />

Tutti sapevano che aveva smesso <strong>di</strong> lavorare, e <strong>di</strong> conseguenza avrebbero<br />

fatto domande, nel vedere che il forno era acceso. <strong>Il</strong> vecchio, però, gli<br />

<strong>di</strong>sse <strong>di</strong> non preoccuparsi. Mentre Urprox Screl si occupava dei fuochi e<br />

dei metalli, lui e i suoi compagni si sarebbero occupati della curiosità<br />

dei concitta<strong>di</strong>ni. Quella notte si salutarono con una stretta <strong>di</strong> mano e<br />

il fabbro, nel tornare a casa, sentì crescere l'eccitazione per quel<br />

nuovo genere <strong>di</strong> lavoro. L'indomani mattina, mentre facevano colazione,<br />

parlò a Mina della sua decisione. Come sempre, non le nascose niente. La<br />

moglie gli chiese alcuni particolari, ma non cercò <strong>di</strong> fargli cambiare<br />

idea. Toccava a lui decidere, <strong>di</strong>sse, perché solo lui poteva sapere cosa<br />

gli veniva chiesto e a quali conseguenze andava incontro. Secondo lei,<br />

aveva fatto bene ad accettare. Quanto ai tre forestieri, non doveva dare<br />

ascolto alle voci del popolino sui Drui<strong>di</strong>, ma giu<strong>di</strong>carli dalle loro<br />

azioni e dalla loro sincerità. Come sempre, Mina l'aveva capito meglio<br />

<strong>di</strong> chiunque altro. Quel pomeriggio arrivò il carbone, scavato nelle<br />

miniere dell'Est e portato con le chiatte fino a Dechtera, il portone fu<br />

spalancato e il forno venne acceso. Arrivarono anche i metalli scelti<br />

secondo le istruzioni <strong>di</strong> Cogline, e Urprox Screl cercò le matrici e le<br />

pulì. Lavorò da solo, rifiutando l'aiuto offerto dagli altri. Si era<br />

costruito lui stesso l'attrezzatura: con ingegnosi sistemi <strong>di</strong> carrucole<br />

e <strong>di</strong> manovelle gli bastava una sola mano per spostare ciò che gli<br />

serviva. Quanto ai curiosi, si limitarono a guardare, senza entrare e<br />

senza rivolgergli domande, come lui aveva temuto. Si <strong>di</strong>ceva - anche se<br />

nessuno sapeva <strong>di</strong>re da dove venisse la voce - che Urprox Screl aveva<br />

acceso il forno non perché avesse intenzione <strong>di</strong> rimettersi in affari, ma<br />

perché stava trattando la cessione della bottega e l'acquirente voleva<br />

assicurarsi che il forno funzionasse come promesso. Era un uomo del Sud,<br />

si <strong>di</strong>ceva, che si era fatto accompagnare dalla giovane moglie e dal<br />

padre, un uomo avanti negli anni. <strong>Di</strong> tanto in tanto li si poteva vedere<br />

accanto a Screl, nella bottega, o in qualche altra parte della città, a<br />

informarsi sulla convenienza dell'acquisto. Per Urprox il tempo passò in<br />

fretta. I suoi dubbi svanirono quando riprese il lavoro, entusiasta<br />

all'idea del compito che lo attendeva. A memoria d'uomo, nessun fabbro<br />

aveva mai lavorato con la magia, nelle Quattro Terre, e l'idea <strong>di</strong> farlo<br />

era eccitante. Sapeva in cuor suo quello che Kinson Ravenlock aveva<br />

affermato, ossia <strong>di</strong> essere il migliore armaiolo esistente. Adesso gli<br />

veniva chiesto <strong>di</strong> superare se stesso, <strong>di</strong> creare un'arma assolutamente<br />

straor<strong>di</strong>naria, ed era lusingato dalla fiducia che gli veniva <strong>di</strong>mostrata.<br />

Non sapeva se la spada potesse fare ciò che il vecchio druido si<br />

aspettava da essa, se potesse fermare il Signore degli Inganni. Ma


lasciava a Bremen quel problema e pensava soltanto al lavoro che lo<br />

attendeva e che andava al <strong>di</strong> là della sua immaginazione. Era così preso<br />

dai preparativi che soltanto due giorni dopo si ricordò <strong>di</strong> come nessuno<br />

avesse accennato al pagamento... ma dopo un istante capì che il<br />

pagamento, in ciò che stava facendo, era proprio l'aspetto meno<br />

importante. Constatò con piacere <strong>di</strong> non essersi <strong>di</strong>menticato nulla, nei<br />

due anni <strong>di</strong> inattività. Accese il fuoco e controllò la temperatura del<br />

forno facendo fondere piccole quantità <strong>di</strong> metalli <strong>di</strong>versi. <strong>Di</strong> tanto in<br />

tanto comparivano il druido e i suoi due compagni per chiedergli se<br />

avesse bisogno <strong>di</strong> loro. Non sapeva dove andavano quando non erano con<br />

lui. Si domandava se il pericolo era veramente grave come gli aveva<br />

detto il vecchio e rifletteva sul proprio coinvolgimento. Ma a quel<br />

punto non avrebbe fatto <strong>di</strong>fferenza: ormai aveva preso l'aire e niente<br />

poteva fermarlo. Pensava solo al lavoro e si stupiva <strong>di</strong> essere riuscito<br />

a farne a meno per tanto tempo: l'acre odore del carbone, il suono del<br />

metallo gettato nel crogiolo, il calore della vampa sulla pelle, le<br />

ceneri e il fumo del camino erano come vecchi amici che venivano a<br />

salutare il suo ritorno. Era preoccupato dalla facilità con cui aveva<br />

ceduto e si chiedeva se sarebbe stato davvero in grado <strong>di</strong> smettere, una<br />

volta finito quel lavoro. <strong>Il</strong> terzo giorno, verso sera, i tre fecero<br />

ritorno. La forgia era pronta e sembravano saperlo anche se non<br />

gliel'aveva detto. I metalli erano già nel forno, crogioli, tenaglie e<br />

matrici aspettavano soltanto <strong>di</strong> essere usati. Urprox Screl conosceva la<br />

formula a memoria. Per qualche tempo sedettero sulla soglia della<br />

bottega, aspettando che la città e la sua gente andassero a riposare.<br />

Non parlarono, e pian piano, attorno a loro, i rumori cessarono: la<br />

popolazione della città era come un mare che si frangeva contro rocce<br />

sempre più lontane. Le taverne e le case si riempirono progressivamente,<br />

la gente sparì dalla strada. <strong>Il</strong> vecchio si alzò e prese per mano Urprox.<br />

"Questa notte dovrai fare la tua opera migliore" <strong>di</strong>sse. "Dovrà essere<br />

così, se vogliamo essere certi del risultato." <strong>Il</strong> fabbro annuì. Si era<br />

spogliato fino alla cintola e i suoi muscoli luccicavano <strong>di</strong> sudore. "Io<br />

farò la mia parte. Tu cerca <strong>di</strong> fare la tua." Bremen sorrise alla<br />

battuta. "Non hai paura <strong>di</strong> ciò che stai per fare, vero?" "Paura? Del<br />

fuoco e del metallo? <strong>Di</strong> fare una spada dopo che ne ho fatte migliaia,<br />

anche se questa sarà forgiata dalla magia?" Scosse la testa. "Sarebbe<br />

come aver paura dell'aria che respiro. E' solo una variante <strong>di</strong> ciò che<br />

ho fatto per tutta la vita. <strong>Di</strong> cosa dovrei aver paura? <strong>Di</strong> sbagliare? <strong>Di</strong><br />

non farcela?" "La magia è impreve<strong>di</strong>bile. Anche se ti comporterai come<br />

sempre, la magia potrebbe tra<strong>di</strong>rci." <strong>Il</strong> fabbro stu<strong>di</strong>ò per qualche<br />

istante il druido, poi rise. "Tu non cre<strong>di</strong> che possa succedere. Nel tuo<br />

campo, sei esperto quanto io lo sono nel mio. Moriresti piuttosto <strong>di</strong><br />

sbagliare magia." I due si guardarono in silenzio mentre la vampa della<br />

fornace illuminava il loro volto. "Mi vuoi mettere alla prova un'ultima<br />

volta" <strong>di</strong>sse il fabbro. "Non preoccuparti. Sono pronto." Ma il druido<br />

scosse la testa. "Cerco <strong>di</strong> valutare i possibili effetti su <strong>di</strong> te. Non<br />

puoi accostarti alla magia e uscirne senza alcun cambiamento. Dopo<br />

questa notte, la tua vita non sarà più la stessa. Devi saperlo." Urprox<br />

Screl lo guardò con ironia. "Io spero che sia così. Ti confesso una<br />

cosa. A parte Mina e i miei figli, sono stufo della mia vita attuale.<br />

L'ho capito soltanto dopo averti incontrato. Adesso che lo so, saluterei


con gioia qualsiasi cambiamento." Sentì che lo sguardo del druido<br />

penetrava dentro <strong>di</strong> lui e si chiese se non avesse parlato<br />

avventatamente. Poi Bremen annuì. "Bene. Cominciamo." Per anni, dopo<br />

quella notte, si parlò dell'accaduto; e le voci, passando <strong>di</strong> bocca in<br />

bocca, si rivestirono dei colori della leggenda. Venivano dalle fonti<br />

più <strong>di</strong>sparate, ma tutte avevano preso le mosse da qualcuno che,<br />

passando, si era fermato a dare un'occhiata a quello che succedeva nella<br />

bottega <strong>di</strong> Urprox Screl. <strong>Il</strong> portone era aperto per il ricambio<br />

dell'aria, e coloro che si avvicinarono videro scene che sembravano<br />

frutto <strong>di</strong> follia. Quella notte Urprox Screl forgiò una spada, ma nessuno<br />

seppe <strong>di</strong>re con esattezza in che modo l'avesse fatto. L'unico particolare<br />

su cui concordarono tutti i testimoni fu la descrizione dei presenti,<br />

che si muovevano come spettri intorno alla fornace, per portare avanti e<br />

in<strong>di</strong>etro l'occorrente per la fusione. C'era il fabbro, il più famoso<br />

armaiolo della città, colui che da due anni aveva lasciato il lavoro e<br />

che poi, senza parlarne con nessuno, vi era ritornato per una notte.<br />

C'era il vecchio vestito <strong>di</strong> nero, che a volte pareva quasi trasparente,<br />

a volte duro e impervio come la pietra. E c'erano l'uomo della Frontiera<br />

e la giovane donna. Ciascuno sembrava avere un proprio ruolo. <strong>Il</strong> fabbro<br />

e il vecchio lavoravano l'uno accanto all'altro per forgiare la spada.<br />

L'uomo della Frontiera li aiutava andando a prendere questo o quello,<br />

mettendo a <strong>di</strong>sposizione la sua forza. La fanciulla stava accanto alla<br />

porta e si assicurava che nessuno entrasse o si fermasse troppo a lungo.<br />

Stranamente, fu lei a colpire maggiormente i visitatori. Alcuni<br />

riferirono che cambiava forma per allontanare i curiosi, e per un<br />

momento <strong>di</strong>ventava una bestia dei mon<strong>di</strong> inferi o un leone <strong>di</strong> palude.<br />

Altri <strong>di</strong>ssero che aveva danzato nuda davanti alla fornace, in un rito<br />

propiziatorio della tempra del metallo. Altri ancora sostennero che<br />

bastava una sua occhiata per precipitare un uomo nella follia. Tutti<br />

affermarono che era ben più <strong>di</strong> quello che sembrava. Sul fatto che quella<br />

notte si fosse usata la magia, tutti erano d'accordo. <strong>Il</strong> bagliore del<br />

fuoco era troppo intenso, il calore troppo alto, il crepitio, quando<br />

venne versato il metallo fuso, troppo acuto. Alcuni <strong>di</strong>ssero <strong>di</strong> aver<br />

visto uscire dalle mani del vecchio una luce incandescente che aveva<br />

alimentato il fuoco della forgia, aveva contribuito a sollevare il<br />

crogiolo e poi, dopo la fusione, aveva lucidato la spada e le aveva dato<br />

il filo. Mentre il fabbro infilava nella fornace i vari metalli, mentre<br />

mescolava la lega e ne toglieva le scorie, il vecchio continuava a<br />

intonare una sua arcana salmo<strong>di</strong>a. <strong>Il</strong> metallo entrò nel fuoco e ne uscì.<br />

La fusione venne versata nella matrice, temprata, martellata. E ogni<br />

volta si accese la magia del vecchio, per contribuire al proce<strong>di</strong>mento.<br />

Oh, certo, nella fusione <strong>di</strong> quella spada s'era impiegata la magia: tutti<br />

i testimoni lo riferirono. Parlarono anche dell'immagine <strong>di</strong> una mano che<br />

stringeva una fiaccola. Nessuno ne conosceva il significato, ma era<br />

onnipresente. Alcuni la videro su un medaglione che il vecchio trasse <strong>di</strong><br />

tasca. Altri la videro proiettata sulle pareti o sul soffitto dal<br />

riflesso delle fiamme. Altri ancora la videro levarsi dalle fiamme<br />

stesse, nel momento in cui il fuoco era più caldo, come uno spirito si<br />

leva dal corpo dopo la morte. Ma coloro che la videro per ultimi <strong>di</strong>ssero<br />

che era incastonata nell'impugnatura della spada, fusa con il metallo:<br />

la mano pareva stringere l'impugnatura della spada e la fiamma della


fiaccola sembrava percorrere la lama fino alla punta. Per fondere,<br />

temprare, modellare e affilare la spada occorse il resto della notte.<br />

Quando la lama rovente venne tuffata nell'acqua perché prendesse la<br />

tempra, si u<strong>di</strong>rono strani rumori, e non solo il fischio del vapore.<br />

Così, nel fuoco della fornace c'erano colori che nessuno aveva mai<br />

visto, un arcobaleno che trascendeva quello noto a qualsiasi fabbro in<br />

quella città <strong>di</strong> fabbri. Nell'aria si coglievano sapori e odori<br />

sconosciuti: coloro che passavano davanti alla fornace davano<br />

un'occhiata, si meravigliavano <strong>di</strong> quelle esplosioni <strong>di</strong> luce e poi, colti<br />

da una strana oppressione, si affrettavano ad allontanarsi. All'alba la<br />

spada era pronta e i tre forestieri erano spariti. Nessuno li vide<br />

allontanarsi. Nessuno seppe mai dove fossero andati. Anche la spada era<br />

scomparsa, e si <strong>di</strong>sse che l'avessero presa i tre. Per tutto il giorno la<br />

bottega rimase vuota, mentre il forno si raffreddava. Prima che si<br />

raffreddasse del tutto sarebbero passati parecchi giorni. Alcuni che si<br />

avvicinarono all'ingresso per curiosare riferirono che il pavimento<br />

scintillava come per un fuoco fatuo. Magia, sussurravano. Senza dubbio.<br />

Urprox Screl andò a casa e non ritornò. La bottega, annunciò, era <strong>di</strong><br />

nuovo chiusa. Parlò ai vicini e ai conoscenti in tono normalissimo e<br />

<strong>di</strong>sse loro che non era successo niente <strong>di</strong> strano. Aveva forgiato una<br />

spada per un potenziale acquirente, il quale gli aveva chiesto qualche<br />

giorno per riflettere. Nel <strong>di</strong>rlo, sorrideva. Sembrava tranquillo, ma<br />

aveva lo sguardo lontano, <strong>di</strong>stratto. Dopo meno <strong>di</strong> un mese, lasciò la<br />

città. Portò con sé la moglie, i figli e i nipoti, l'intera famiglia. A<br />

quell'epoca circolava già la voce che si fosse venduto anima e corpo<br />

agli stregoni del Nord. La gente lo evitava. Meglio che se ne fosse<br />

andato, <strong>di</strong>ssero tutti. Nessuno sapeva dove fosse finito, anche se<br />

circolavano alcune voci. Le voci circolano sempre. Alcuni <strong>di</strong>cevano che<br />

era andato nelle Terre <strong>di</strong> Frontiera e che aveva cambiato nome per non<br />

farsi riconoscere. Un uomo raccontò, qualche anno dopo, <strong>di</strong> averlo visto.<br />

Era un mercante <strong>di</strong> gioielli, e viaggiava per tutte le Quattro Terre. In<br />

un piccolo villaggio sul Lago Arcobaleno, <strong>di</strong>sse, aveva trovato Urprox<br />

Screl. Solo, non si chiamava più Screl. Ora si faceva chiamare Creel.<br />

24<br />

Vento e pioggia si scagliavano contro i bastioni della Rocca <strong>di</strong> Stedden,<br />

come per imitare la lotta furiosa che aveva luogo davanti al portone del<br />

castello. Due volte l'esercito del Nord aveva dato l'assalto alle mura e<br />

due volte era stato ricacciato in<strong>di</strong>etro dai Nani. Ormai era notte e la<br />

luce era talmente scarsa che non si riusciva a vedere a più <strong>di</strong> qualche<br />

passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, tranne quando i lampi illuminavano l'intera catena<br />

del Corvo. Avrebbero perso anche quella cittadella, pensava Risca,<br />

mentre scendeva veloce la scala che dal muro <strong>di</strong> cinta portava al cortile<br />

per cercare Raybur. Del resto, nessuno aveva pensato <strong>di</strong> poterla tenere.<br />

<strong>Il</strong> fatto <strong>di</strong> essere riusciti a resistere fino a quel momento era un<br />

piccolo miracolo. E anche l'essere sopravvissuti a settimane <strong>di</strong><br />

battaglie e ritirate. Ma il tempo e le risorse a loro <strong>di</strong>sposizione si<br />

esaurivano progressivamente. Ormai non avrebbero più potuto fermare<br />

l'attacco. Dov'erano gli Elfi? Perché non arrivavano? Per settimane,<br />

dopo la fuga dal Wolfsktaag, i Nani erano riusciti a impegnare i soldati<br />

del Nord. L'esercito del Signore degli Inganni li aveva battuti ogni<br />

volta, ma avevano continuato a lottare. Nel Wolfsktaag erano stati


fortunati: erano riusciti a fuggire con un esiguo spargimento <strong>di</strong> sangue.<br />

Ma una simile fortuna non era durata. Da allora avevano combattuto una<br />

decina <strong>di</strong> scaramucce, e spesso gli avversari l'avevano avuta vinta, o<br />

per la perseveranza o grazie alla fortuna. I Nani caduti prigionieri<br />

erano stati passati per le armi. Avevano combattuto selvaggiamente e<br />

ucciso un gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> attaccanti, ma questi sembravano<br />

in<strong>di</strong>fferenti alle per<strong>di</strong>te. Inferiori per numero e costretti alla<br />

ritirata, i Nani non avevano possibilità <strong>di</strong> salvezza contro un esercito<br />

così potente. Erano coraggiosi e decisi, ma erano stati costretti a<br />

ripiegare ad ogni scontro. Adesso erano sulle Montagne del Corvo e<br />

correvano il rischio <strong>di</strong> dover lasciare anche quella protezione. <strong>Il</strong><br />

Wolfsktaag e l'Anar centrale erano in mano al nemico, la città <strong>di</strong><br />

Culhaven era stata una delle prime a cadere. <strong>Il</strong> Fiume Argento, dal Lago<br />

Arcobaleno al Cillidellan, era sotto il dominio degli uomini del Nord.<br />

Non c'era modo <strong>di</strong> sapere se avessero conquistato anche le Terre della<br />

Frontiera, ma era probabile. Quanto ai Nani, se si fossero dovuti<br />

ritirare dalle Montagne del Corvo, avrebbero potuto rifugiarsi soltanto<br />

nei Picchi e nella fortezza del Dun Fee Aran. Persi quelli, sarebbero<br />

rimaste solo le regioni ancor più a oriente, in gran parte inesplorate.<br />

Sarebbe finita così, supponeva Risca. <strong>Il</strong> castello sarebbe caduto<br />

l'indomani. I nemici avevano già superato il fossato e i trabocchetti<br />

sotto le mura, e stavano preparando le scale per salire sui bastioni. Né<br />

vento né pioggia li fermavano, perché c'era qualcosa che li spaventava<br />

più delle forze della natura: l'orrida creatura che li comandava. A<br />

spingerli era una magia nera e terribile, e forse, nelle loro attuali<br />

con<strong>di</strong>zioni, persino la morte era preferibile alle conseguenze <strong>di</strong> un<br />

fallimento. Risca arrivò in fondo alla scala e si avviò attraverso il<br />

cortile. <strong>Il</strong> rumore della battaglia lo investì subito: una cacofonia che<br />

neppure il fragore della tempesta riusciva ad attutire. Un ariete<br />

continuava a colpire il portone con ottusa, regolare insistenza. <strong>Il</strong><br />

legno rabbrivi<strong>di</strong>va e cigolava, ma teneva. In cima alle mura, i Nani<br />

scagliavano frecce e lance contro gli asse<strong>di</strong>anti, ammassati così<br />

fittamente che era impossibile mancarli. In basso, un tratto delle mura<br />

era ancora avvolto dalle fiamme: l'olio incen<strong>di</strong>ato con cui era stato<br />

respinto un precedente attacco. I <strong>di</strong>fensori correvano avanti e in<strong>di</strong>etro,<br />

per riformare gli schieramenti ogni volta che cadeva qualcuno, ma non<br />

erano sufficienti a coprire tutto il perimetro. Raybur comparve<br />

all'improvviso, in mezzo al caos, e lo prese per il braccio. "Riusciremo<br />

a resistere finché non arriveranno con le scale" gridò avvicinando il<br />

viso a quello del giovane. Risca annuì. Era esausto e scoraggiato. Era<br />

stanco <strong>di</strong> fuggire, stanco <strong>di</strong> essere inseguito, e l'idea <strong>di</strong> dover presto<br />

riprendere la fuga lo faceva andare in collera. "La galleria è pronta"<br />

rispose a bassa voce. Era sceso a controllare che la via <strong>di</strong> fuga fosse<br />

libera. Lo stesso Geften era andato a esplorarla ed era tornato con la<br />

conferma. I Nani sarebbero fuggiti per una galleria scavata nella<br />

roccia; all'uscita si sarebbero trovati nelle fitte foreste del<br />

fondovalle e avrebbero fatto perdere le loro tracce. Raybur lo portò<br />

nella torre da cui Risca era appena uscito. Come furono al riparo, lo<br />

fissò con severità. "Cos'è successo agli Elfi?" chiese con ira<br />

trattenuta a stento. Risca scosse la testa. "Se Tay Trefenwyd avesse<br />

trovato il modo <strong>di</strong> farli venire subito, sarebbero già qui. Dev'essere


successo qualcosa, ma non abbiamo modo <strong>di</strong> saperlo." Raybur scosse la<br />

testa, <strong>di</strong>sgustato. "Questa guerra <strong>di</strong>venta un po' sbilanciata, vero? Noi<br />

e nessun altro, contro un esercito <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>mensione." Dall'alto<br />

delle mura giunse un grido, e alcuni <strong>di</strong>fensori corsero a sostituire il<br />

nano colpito. "E quanto dovremo resistere? Ad ogni scontro per<strong>di</strong>amo<br />

uomini, e non ne abbiamo molti da perdere!" La sua collera era<br />

comprensibile. Uno dei caduti era il suo primogenito Wyrik, ucciso<br />

quattro giorni prima da una freccia. Si stavano ritirando lungo l'Anar<br />

per raggiungere le Montagne del Corvo e Stedden. La freccia era<br />

penetrata nella gola e gli si era piantata nel cervello. Era morto<br />

all'istante. Raybur, che in quel momento era accanto a lui, l'aveva<br />

visto cadere e l'aveva preso fra le braccia. I due uomini si fissarono<br />

per qualche istante; entrambi pensavano alla morte del giovane: ciascuno<br />

lo lesse nello sguardo dell'altro. Raybur <strong>di</strong>stolse gli occhi. "Se solo<br />

avessimo una parola, un'assicurazione che stanno arrivando..." Scosse <strong>di</strong><br />

nuovo la testa. "Bremen non ci abbandonerà" asserì Risca. "Qualsiasi<br />

cosa succeda, lui verrà." Raybur aggrottò la fronte. "Se è ancora vivo."<br />

Le parole parvero echeggiare tra loro, taglienti nel silenzio, cariche<br />

d'accusa e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione. Poi, la prospettiva della morte <strong>di</strong> Bremen<br />

venne improvvisamente cancellata da uno schianto terribile: il gemito<br />

delle lastre <strong>di</strong> metallo che cedevano e delle travi <strong>di</strong> legno che si<br />

spezzavano. Entrambi capirono subito cos'era successo, ma il primo a<br />

<strong>di</strong>rlo fu Raybur. "<strong>Il</strong> portone" Corsero nel cortile, mentre un lampo<br />

squarciava il buio della notte. Davanti a loro, il portone principale si<br />

era piegato sotto i colpi dell'ariete. La sbarra era rotta, i car<strong>di</strong>ni<br />

erano usciti dal montante. I Nani lo puntellavano con travi, ma presto<br />

anche quelle avrebbero ceduto. Sulle mura, i <strong>di</strong>fensori si preparavano ad<br />

abbandonare le postazioni. All'improvviso comparve Fleer, che si rivolse<br />

al padre: "Dobbiamo fuggire tutti!" gridava. Era pallido e sconvolto.<br />

"Da' l'or<strong>di</strong>ne!" gli rispose secco Raybur. "Ritirarsi dalle mura,<br />

scendere nella galleria! Sono stufo <strong>di</strong> questo asse<strong>di</strong>o!" Fleer corse via<br />

e Raybur, rosso <strong>di</strong> collera, si <strong>di</strong>resse verso il portone. Intuendo le sue<br />

intenzioni, Risca lo seguì e lo prese per il braccio. "No, Raybur" gli<br />

<strong>di</strong>sse. "Tu porta via gli altri. Lo affronto io, l'attacco!" "Da solo?"<br />

ribatté il re, liberando il braccio. "E tu?" ribatté Risca. "Quanti<br />

uomini volevi far rimanere qui? Va', porta via gli uomini!" La pioggia<br />

colava nei loro occhi costringendoli a sbattere le ciglia. "E' una<br />

pazzia!" <strong>di</strong>sse il re, a denti stretti. Risca scosse la testa. "Tu sei il<br />

re e devi salvarti. Che ne sarebbe dei Nani, se tu morissi? Inoltre, io<br />

sono protetto dalla magia dei Drui<strong>di</strong>, tu no. Va', Raybur!" Nel battente<br />

<strong>di</strong> destra del portone si aprì una grossa breccia: il legno si scheggiò,<br />

si sbriciolò e cadde a terra. Alcune forme scure si infilarono<br />

nell'apertura, si vedevano scintillare le loro armi. Risca alzò le mani<br />

per evocare la magia. Raybur esitò, poi corse via chiamando i generali e<br />

dando gli or<strong>di</strong>ni per la ritirata. I Nani scesero dalle mura e<br />

raggiunsero la porta della torre da cui si accedeva alla galleria. Gli<br />

uomini che <strong>di</strong>fendevano il portone erano già fuggiti. Risca rimase solo<br />

nel cortile, sotto la pioggia, e attese con calma. Era stata una<br />

decisione facile per lui: era stufo <strong>di</strong> correre, <strong>di</strong> essere inseguito.<br />

Voleva fermarsi e combattere. Quando la prima ondata <strong>di</strong> assalitori uscì<br />

dal varco, Risca scagliò il Fuoco Magico contro <strong>di</strong> loro bruciando tutto


ciò che gli stava davanti. Le fiamme colpirono le schegge <strong>di</strong> legno e<br />

<strong>di</strong>strussero le prime file <strong>di</strong> guerrieri del Nord, mentre gli altri<br />

in<strong>di</strong>etreggiavano, incapaci <strong>di</strong> resistere al calore. Risca continuò ancora<br />

per qualche istante a scagliare il fuoco, poi lo lasciò morire. La magia<br />

scorreva dentro <strong>di</strong> lui come un fiume esaltante che spazzava dubbi e<br />

paure, stanchezza e dolore. Gli succedeva sempre così nelle battaglie,<br />

erano il sangue che gli dava la vita. L'ariete riprese a colpire; in<br />

breve cadde anche il secondo battente, allargando l'ingresso. Ma nessuno<br />

si avvicinò. Risca guardò in alto, e in mezzo alla cortina <strong>di</strong> pioggia<br />

vide gli ultimi Nani uscire dalle torri <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e allontanarsi dai<br />

bastioni. Entro pochi istanti, sarebbe rimasto solo. Sapeva che avrebbe<br />

fatto meglio a fuggire con gli altri, finché poteva. Rimanere era<br />

inutile. Eppure, non riusciva ad allontanarsi. Gli pareva <strong>di</strong> avere in<br />

mano le sorti della battaglia, come se rimanendo saldo in quella<br />

posizione potesse fermare la <strong>di</strong>struzione che incombeva su tutti loro.<br />

Poi, nell'ingresso annerito dal fuoco comparve un'enorme forma nera.<br />

Risca aspettò, curioso <strong>di</strong> vedere cosa fosse. La forma scura arrivò nel<br />

punto illuminato dalla debole luce del Fuoco Magico che si spegneva. Era<br />

una delle creature che Brona aveva evocato dall'inferno. Col favore<br />

delle tenebre era uscita dal suo nascon<strong>di</strong>glio: una creatura <strong>di</strong><br />

mucillagini e su<strong>di</strong>ciume, spine e piastre ossee, corpo massiccio e<br />

braccia lunghe e muscolose. Si reggeva in pie<strong>di</strong> come gli uomini, ma<br />

sarebbe stato <strong>di</strong>fficile definirla umana: camminava curva, come<br />

schiacciata dal peso della sua bruttezza; solo i suoi occhi gialli<br />

brillavano per il desiderio <strong>di</strong> uccidere. Quando scorse il druido,<br />

rallentò e si voltò verso <strong>di</strong> lui. Portava un'enorme clava, così pesante<br />

che per sollevarla le occorrevano entrambe le mani munite <strong>di</strong> artigli.<br />

"Be', ci siamo" mormorò Risca tra sé. La creatura rimase ferma per<br />

qualche istante nel varco, poi avanzò in mezzo ai resti del portone. Non<br />

era seguita da nessuno, anche se Risca u<strong>di</strong>va gli uomini del Nord<br />

muoversi, appoggiare le scale e farsi sotto nel buio per prepararsi<br />

all'attacco in massa che li avrebbe portati nella rocca. E intanto<br />

mandano questa creatura a sfidarmi, pensò Risca. Cosa credono, che non<br />

sia in grado <strong>di</strong> vincerla? O è una prova per accertarsi dei miei poteri?<br />

Qual è lo scopo <strong>di</strong> questa stupidaggine? Naturalmente, non sapeva le<br />

risposte. <strong>Il</strong> mostro si stava avvicinando, era già nel cortile, lo<br />

fissava con occhi simili a lanterne. Cercano <strong>di</strong> intrappolarmi, decise il<br />

druido. Pensano <strong>di</strong> impegnarmi con questo loro campione per arrivare in<br />

forze mentre noi combattiamo. L'arroganza <strong>di</strong> un simile piano lo spinse a<br />

sorridere. La creatura infernale arrivò davanti a lui con la clava<br />

levata, per colpire e parare i colpi. Risca avrebbe ancora potuto<br />

fuggire, ma non arretrò <strong>di</strong> un palmo. I soldati del Nord lo osservavano.<br />

Sapevano chi era e volevano vedere come reagiva. Be', in tal caso,<br />

avrebbe fornito loro qualcosa <strong>di</strong> memorabile! Quando il mostro arrivò a<br />

pochi passi da lui, Risca sollevò rapido la scure da guerra,<br />

impugnandola con entrambe le mani, girò su se stesso per darle slancio e<br />

la scagliò contro il nemico, che era quasi sopra <strong>di</strong> lui e stava per<br />

colpirlo. <strong>Il</strong> mostro non ebbe il tempo <strong>di</strong> parare il colpo. L'ascia gli si<br />

piantò nella fronte e gli spaccò la testa con uno scricchiolio <strong>di</strong><br />

metallo sull'osso. Per la forza del colpo, la testa del mostro si piegò<br />

all'in<strong>di</strong>etro. <strong>Il</strong> sangue gli colò sulla faccia: una fetida secrezione


nerastra che gli riempì la bocca spalancata. <strong>Il</strong> mostro cadde in<br />

ginocchio, morto, e ruzzolò in avanti. Risca si stava già allontanando<br />

in <strong>di</strong>rezione della porta, quando scorse dei movimenti a destra e a<br />

sinistra, nel buio, e proiettò istintivamente una vampata <strong>di</strong> fuoco. A<br />

quel chiarore improvviso, scorse alcuni Messaggeri del Teschio che si<br />

spostavano furtivi fra le ombre, ali nere e occhi rossi come braci, per<br />

circondarlo. <strong>Il</strong> nano <strong>di</strong>grignò i denti. Avevano fatto più in fretta del<br />

previsto: erano scesi dalle mura mentre lui aspettava cavallerescamente<br />

il loro finto campione. Si lanciò a sinistra, contro il più vicino, e lo<br />

colpì con una fiammata <strong>di</strong> Fuoco Magico. <strong>Il</strong> cacciatore alato cadde<br />

all'in<strong>di</strong>etro, soffiando con furia, e il suo fuoco esplose tra il nano e<br />

la torre verso la quale si <strong>di</strong>rigeva. Poi qualcosa urtò Risca e lo<br />

scagliò a terra: uno dei Messaggeri del Teschio, che cercava <strong>di</strong> colpirlo<br />

con gli artigli. <strong>Il</strong> druido rotolò su se stesso e si rimise in pie<strong>di</strong>. Dai<br />

punti colpiti dal fuoco si levava una nube <strong>di</strong> vapore, che andava a<br />

mescolarsi con la pioggia togliendo ancor più la visibilità. Dal portone<br />

della rocca giunsero le grida trionfali dei soldati del Nord che si<br />

precipitavano nel cortile senza incontrare opposizione. Un altro<br />

Messaggero attaccò, con uno scatto che Risca riuscì a malapena a<br />

evitare. Le prime frecce e i primi giavellotti cominciavano a cadere<br />

accanto a lui, e si <strong>di</strong>ede dello stupido per aver perso tutto quel tempo.<br />

Scagliò una lingua <strong>di</strong> Fuoco Magico a destra, una a sinistra e si lanciò<br />

in mezzo ai Messaggeri per raggiungere la torre. Non si guardò alle<br />

spalle, nel timore <strong>di</strong> incontrare una magia che lo paralizzasse;<br />

allontanò un altro Messaggero che gli si era parato davanti per<br />

bloccarlo. <strong>Di</strong>sperato, scagliò fuoco in tutte le <strong>di</strong>rezioni, per farsi<br />

largo tra i nemici che convergevano su <strong>di</strong> lui, e percorse l'ultimo<br />

tratto correndo freneticamente, come se lui stesso fosse andato a fuoco;<br />

infine, si catapultò attraverso la porta. Rotolò nel buio, si rialzò<br />

subito e si lanciò avanti. All'interno del castello regnava il buio più<br />

profondo, tutte le torce erano spente, ma lui conosceva bene la strada e<br />

non aveva bisogno <strong>di</strong> luce per trovarla. Arrivò in fondo al primo<br />

corridoio e si girò per un istante: quanto bastava per lasciare <strong>di</strong>etro<br />

<strong>di</strong> sé una parete <strong>di</strong> fuoco. Li avrebbe fermati per poco, ma gli bastava.<br />

Un attimo dopo, entrò nella galleria, si chiuse alle spalle la porta<br />

massiccia rinforzata da barre <strong>di</strong> metallo e la sprangò. Ormai non<br />

sarebbero più riusciti a prenderlo. Almeno per quella notte. Ma c'era<br />

mancato poco, e forse, la prossima volta, non sarebbe stato così<br />

fortunato. Si asciugò il sangue che gli colava negli occhi e solo allora<br />

sentì il bruciore <strong>di</strong> una ferita sulla fronte. Niente <strong>di</strong> grave, comunque,<br />

se ne sarebbe occupato più tar<strong>di</strong>. Raybur e gli altri lo aspettavano in<br />

qualche punto della galleria. Risca conosceva troppo bene il re dei<br />

Nani, e sapeva che non l'avrebbe abbandonato. Degli amici ti puoi<br />

fidare. Deglutì perché all'improvviso sentì un nodo in gola. Se era<br />

davvero così, si chiese, perché Tay e gli Elfi non arrivavano? La notte<br />

era scesa da tempo anche su Arborlon e la città era avvolta in una<br />

coltre buia. <strong>Di</strong>versamente dall'Est, non pioveva. Jerle <strong>Shannara</strong> era<br />

fermo davanti a una finestra del pa<strong>di</strong>glione estivo e aspettava l'alba.<br />

Quella notte non era riuscito a dormire, ancora tormentato dai dubbi che<br />

avevano cominciato ad assillarlo quando era morto Tay Trefenwyd. Era<br />

quasi arrivato in cima alla salita su cui si era incamminato qualche


settimana prima, e l'indomani, all'alba, avrebbe raggiunto la vetta, ma<br />

nel frattempo non poteva fare a meno <strong>di</strong> pensare a tutte le decisioni che<br />

era stato costretto a prendere perché non aveva scelta. "Ritorna qui,<br />

amore" gli <strong>di</strong>sse Preia, dall'interno della stanza. "Stavo riflettendo"<br />

rispose lui, in tono assente. Lei lo raggiunse e lo abbracciò. "Da<br />

qualche tempo, rifletti un po' troppo." Era vero, pensò Jerle. Non era<br />

così, in passato, quando Tay era vivo, prima dell'arrivo del Signore<br />

degli Inganni e delle trage<strong>di</strong>e che avevano colpito gli Elfi. A<br />

quell'epoca si sentiva più libero, privo <strong>di</strong> responsabilità e <strong>di</strong> scelte<br />

obbligate. <strong>Il</strong> suo futuro gli apparteneva completamente, tutto il mondo<br />

gli era aperto. Com'era cambiata in fretta, la sua vita! Prese la mano<br />

della giovane donna. "Continuo a non provare alcun desiderio per la<br />

corona." Ma l'avrebbero incoronato l'indomani al sorgere del sole,<br />

secondo una tra<strong>di</strong>zione che risaliva al tempo <strong>di</strong> Faerie. Ormai la<br />

decisione era presa: a imporre a Jerle quella scelta era stata la serie<br />

<strong>di</strong> eventi iniziata con la morte <strong>di</strong> Courtann Ballindarroch e conclusasi<br />

con la scomparsa del suo ultimo figlio. Per qualche settimana gli Elfi<br />

avevano sperato <strong>di</strong> veder tornare il principe dalla sua folle spe<strong>di</strong>zione<br />

alla ricerca degli assassini del padre. Alyten era un giovane impulsivo,<br />

e avrebbe fatto meglio a non andare in cerca <strong>di</strong> guai. Gli uomini del<br />

Nord, che speravano in una simile mossa, lo aspettavano. Si erano fatti<br />

scoprire e inseguire da lui, l'avevano attirato in un'imboscata e<br />

ucciso. I pochi superstiti avevano riportato in città il suo corpo. Con<br />

lui moriva l'ultimo erede <strong>di</strong>retto dei Ballindarroch, e così la speranza<br />

<strong>di</strong> Jerle <strong>di</strong> evitare il trono. Naturalmente gli Elfi si erano subito<br />

rivolti a lui. Molti non avrebbero voluto comunque Alyten come re. Gli<br />

uomini del Nord dominavano le Pianure <strong>di</strong> Streleheim impedendo i contatti<br />

con le altre Razze e presto avrebbero cercato <strong>di</strong> invadere l'Ovest.<br />

Aspettavano solo che il Signore degli Inganni tornasse dopo aver<br />

sconfitto i Nani. Così avevano riferito gli esploratori. <strong>Il</strong> Gran<br />

Consiglio, però, non aveva preso decisioni perché aspettava il ritorno<br />

<strong>di</strong> Alyten e la sua incoronazione ufficiale. Adesso, però, tutti<br />

pensavano che Jerle <strong>Shannara</strong>, cugino del re e famoso in tutto l'Ovest<br />

come guerriero e stratega, fosse la sola speranza degli Elfi. Tuttavia,<br />

il <strong>di</strong>battito sarebbe continuato a lungo se non si fosse verificata una<br />

situazione simile e se non fosse intervenuta Preia Starle. Si era recata<br />

da Jerle non appena avevano riportato il corpo <strong>di</strong> Alyten, quando nella<br />

popolazione si erano accese le <strong>di</strong>scussioni, con il rischio <strong>di</strong><br />

irreparabili <strong>di</strong>visioni tra gli Elfi. "Non puoi permetterlo" gli aveva<br />

detto. Anche quella volta era notte, una notte afosa come questa. "Sei<br />

l'unica speranza degli Elfi, e lo sai. Ci sarà da combattere, per<br />

sopravvivere. Gli uomini del Nord non ci risparmieranno. Al momento<br />

opportuno, soltanto tu potrai guidarci. Dovendo farlo in qualsiasi caso,<br />

guidaci come re." "<strong>Il</strong> mio <strong>di</strong>ritto alla corona verrà costantemente messo<br />

in dubbio" aveva ribattuto Jerle, stanco <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere. "Mi ami?" aveva<br />

chiesto lei, all'improvviso. "Lo sai che ti amo." "Ti amo anch'io.<br />

Perciò, dammi retta. Sposiamoci. Fa' in modo che sia per sempre la tua<br />

compagna e la tua consigliera. Lo sono già, e <strong>di</strong> conseguenza non sarà un<br />

passo <strong>di</strong>fficile. Ma legati a me davanti a tutti gli Elfi. <strong>Di</strong>' al Gran<br />

Consiglio che accetti la corona, e che noi adotteremo i due piccoli<br />

Ballindarroch che hanno perso la famiglia e ne faremo i nostri figli.


Non hanno altri parenti, e possiamo prenderli noi. Questo farà cessare<br />

le <strong>di</strong>scussioni. I bambini potranno salire al trono quando saranno<br />

adulti. Così si salderanno tutte le fratture verificatesi con la morte<br />

dei Ballindarroch e gli Elfi potranno pensare alla loro sopravvivenza!"<br />

E così era stato. Con la sua insistenza, Preia l'aveva convinto. In<br />

seguito, Jerle aveva pensato con ammirazione a quanto fosse semplice la<br />

soluzione proposta da lei. Lui l'avrebbe sposata in qualsiasi caso,<br />

perché l'amava. Gli Elfi preferivano che il loro re avesse ere<strong>di</strong>, e i<br />

Ballindarroch erano cari a tutti: così la gente aveva accolto con gioia<br />

la notizia dell'adozione e con entusiasmo quella dell'incoronazione <strong>di</strong><br />

Jerle <strong>Shannara</strong>. Ora, mentre Preia lo abbracciava, Jerle ripensò a quegli<br />

avvenimenti. Tutto era successo molto in fretta. "Non vorresti avere<br />

figli, Preia?" le chiese. Lei rifletté per qualche istante sulla<br />

domanda... o forse sulla risposta. Jerle cercò <strong>di</strong> non guardarla. "Voglio<br />

vivere con te" ripose, alla fine. "Per il momento mi è <strong>di</strong>fficile pensare<br />

ad altro. Quando gli Elfi saranno <strong>di</strong> nuovo al sicuro, quando il Signore<br />

degli Inganni sarà stato sconfitto..." S'interruppe e lo fissò negli<br />

occhi. "vuoi sapere se i legami <strong>di</strong> sangue faranno qualche <strong>di</strong>fferenza<br />

nella mia de<strong>di</strong>zione ai nostri figli adottivi? Certamente no. Se non<br />

avremo altri figli, i nostri figli saranno quelli. Proprio come se<br />

fossero nostri. Sei sod<strong>di</strong>sfatto?" Jerle annuì, pensando a come si fosse<br />

trasformato il loro rapporto dopo la morte <strong>di</strong> Tay. Aveva pensato a lungo<br />

all'affermazione <strong>di</strong> Preia che forse avrebbe scelto Tay, se lui<br />

gliel'avesse chiesto. La cosa, però, non gli dava fasti<strong>di</strong>o. Aveva voluto<br />

molto bene a Tay, e adesso che era morto non riusciva a provare rancore<br />

per lui. "Ti farò entrare nel Gran Consiglio" le <strong>di</strong>sse. "E ci sarà anche<br />

Vree Erreden. Quando potrò farlo, lo nominerò primo ministro. Sei<br />

d'accordo?" Preia annuì. "Hai davvero cambiato opinione su <strong>di</strong> lui,<br />

vero?" Jerle si strinse nelle spalle. "Chiederò <strong>di</strong> mobilitare l'esercito<br />

per marciare verso est... anzi, lo or<strong>di</strong>nerò." Raddrizzò le spalle con<br />

decisione. "Farò ciò che voleva Tay. Non abbandonerò i Nani. E<br />

consegnerò la Pietra Nera a Bremen. Anche se dovessi fallire come re,<br />

non sarà per mancanza <strong>di</strong> coraggio o <strong>di</strong> volontà!" Era un'affermazione<br />

impulsiva, fatta per vincere i dubbi e le insicurezze che sentiva. Preia<br />

lo sapeva. Non poteva permettersi esitazioni. La linea <strong>di</strong> confine tra<br />

successo e fallimento, tra vita e morte, era troppo sottile. Si appoggiò<br />

a lui. "Farai il tuo dovere, e ciò che è giusto. Sarai re. E non avrai<br />

rimpianti. Guiderai il tuo popolo e lo salverai. E' il tuo destino,<br />

Jerle. Vree Erreden l'ha già letto nella visione. Devi fare in modo che<br />

si avveri." Lui tacque a lungo prima <strong>di</strong> rispondere. "Io vedo soprattutto<br />

che non ho scelta. E penso sempre a Tay." Per qualche minuto rimasero<br />

fermi davanti alla finestra, senza parlare. Poi Preia lo portò<br />

nell'altra stanza del pa<strong>di</strong>glione, dove c'era il loro letto, e rimase<br />

abbracciata a lui fino al mattino.<br />

25<br />

Ansiosi <strong>di</strong> recuperare il tempo che intuivano d'avere perduto, Bremen e i<br />

suoi due compagni comprarono dei cavalli e si misero in viaggio verso<br />

settentrione, attraverso le Terre del Sud, <strong>di</strong>retti ai territori della<br />

Frontiera e al Fiume Argento. Mantennero un'andatura regolare,<br />

fermandosi solo per rifocillarsi e riposare, e non parlarono molto. I<br />

loro pensieri erano dominati dai ricor<strong>di</strong> della forgiatura della spada,


immagini così vivide da dare l'impressione, anche dopo giorni, che tutto<br />

fosse avvenuto solo qualche istante prima. Era innegabile che gli<br />

effetti della magia evocata avessero trasceso la pura e semplice<br />

forgiatura della spada. In qualche modo, forse <strong>di</strong>verso per ciascuno <strong>di</strong><br />

loro, erano stati cambiati dalla creazione del talismano. Erano come<br />

neonati: la forgiatura li aveva rimodellati, e si domandavano cos'erano<br />

<strong>di</strong>ventati. Fu Kinson Ravenlock a portare la spada. Appena fuori città,<br />

Bremen l'affidò a lui, spinto da una necessità che il druido non riuscì<br />

a nascondere del tutto all'amico: era come se non potesse sopportare il<br />

peso dell'arma, tollerarne il contatto. Fu un momento bizzarro e<br />

sconvolgente, ma Kinson prese la spada senza far parola, e se l'agganciò<br />

sulla schiena. Non era certo preoccupato per il peso, ma non poteva non<br />

tenere conto dell'importanza della spada per il futuro delle Quattro<br />

Razze. Tuttavia, non avendo avuto visioni sulla riva del Perno dell'Ade,<br />

non doveva sopportare, come Bremen, il peso <strong>di</strong> ciò che era connesso col<br />

potere della spada. La portava come avrebbe portato una qualsiasi altra<br />

arma, e se da una parte ripensava <strong>di</strong> continuo alla sua creazione,<br />

dall'altra non si preoccupava del passato, ma del presente. <strong>Di</strong> notte, a<br />

volte, sguainava la spada e la esaminava. Non l'avrebbe fatto, se la<br />

prima notte Mareth non glielo avesse chiesto, spinta da una curiosità<br />

più forte della trepidazione, perché le sue riflessioni su ciò che si<br />

era manifestato nella fucina alimentavano il bisogno <strong>di</strong> esaminare più<br />

attentamente il risultato delle loro azioni. Bremen non si era opposto,<br />

però si era alzato e si era allontanato nel buio, così Kinson non aveva<br />

avuto motivo per non accon<strong>di</strong>scendere alla richiesta <strong>di</strong> Mareth. Avevano<br />

tenuto la spada alla luce del fuoco e l'avevano esaminata. Era un'arma<br />

eccellente, perfettamente bilanciata, liscia e sottile e lucente, così<br />

leggera da poter essere usata con una mano sola, malgrado la sua<br />

lunghezza. L'Eilt Druin era fuso nell'impugnatura, all'altezza della<br />

guar<strong>di</strong>a, e la fiamma della torcia nella mano stretta a pugno correva<br />

lungo la lama come per bruciarla fino alla punta. La spada non mostrava<br />

alcun <strong>di</strong>fetto, cosa virtualmente impossibile in una forgiatura normale,<br />

ma giustificata dalla formula <strong>di</strong> Cogline e dalla magia <strong>di</strong> Bremen. A<br />

Kinson venne in mente, dopo alcuni giorni, che la sua mancanza <strong>di</strong><br />

reverenza per l'importanza <strong>di</strong> quel talismano derivava in parte dal fatto<br />

che Bremen pareva non sapere ancora come dovesse agire. Indubbiamente<br />

era destinato a <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni... ma in quale<br />

modo? La natura della magia <strong>di</strong> cui la spada era impregnata rimaneva un<br />

mistero perfino per il druido. La spada era destinata a un guerriero<br />

degli Elfi, questo, almeno, gli aveva rivelato la visione <strong>di</strong> Galaphile.<br />

Ma cosa doveva fare, il guerriero, con quella spada? Doveva usarla come<br />

un'arma normale? Data la natura del potere del Signore degli Inganni,<br />

non pareva probabile. Nella spada c'era <strong>di</strong> sicuro una magia che Brona<br />

non avrebbe potuto contrastare, una magia che avrebbe sopraffatto tutte<br />

le sue <strong>di</strong>fese e l'avrebbe <strong>di</strong>strutto. Ma qual era, questa magia? C'era<br />

una certa magia nell'Eilt Druin, si <strong>di</strong>ceva, ma Bremen non era mai<br />

riuscito a scoprire <strong>di</strong> quale si trattasse ed era sicuro che, qualunque<br />

fosse, nella sua lunga vita non era stata usata neppure una volta. <strong>Il</strong><br />

vecchio druido l'aveva ammesso, sia con l'uomo della Frontiera sia con<br />

la giovane donna, senza alcuna reticenza, ma con un misto <strong>di</strong> perplessità<br />

e curiosità. <strong>Il</strong> mistero della magia della spada non era un ostacolo per


Bremen, ma una sfida che lui affrontava con la stessa decisione mostrata<br />

nella ricerca del fabbro che la forgiasse. In fin dei conti, non era<br />

ragionevole pensare che la semplice forgiatura bastasse a impregnare la<br />

spada della magia richiesta. Nemmeno l'inserimento dell'Eilt Druin<br />

pareva sufficiente. Occorreva dell'altro, e lui doveva scoprire cosa. Si<br />

sentiva rassicurato, confidò a Kinson a un certo punto, dal fatto che<br />

erano arrivati ad avere la spada. Proprio per questo era convinto <strong>di</strong><br />

poter ottenere tutto ciò che cercavano. Secondo il suo modo <strong>di</strong> pensare,<br />

Kinson la riteneva una premessa alquanto dubbia; ma nel periodo in cui<br />

era stato insieme a lui, il vecchio druido aveva portato a termine un<br />

buon numero <strong>di</strong> imprese grazie alla pura e semplice forza della<br />

convinzione, quin<strong>di</strong> Kinson non aveva motivo per cominciare adesso a<br />

mettere in dubbio le sue parole. Se la spada possedeva una magia in<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni, Bremen avrebbe scoperto<br />

<strong>di</strong> quale magia si trattava. Se il destino prevedeva un confronto, Bremen<br />

avrebbe fatto sì che il risultato fosse favorevole alla loro causa. Così<br />

si addentrarono nelle Terre del Sud e tornarono nelle Pianure del<br />

Tumulo, puntando al Fiume Argento. La destinazione, <strong>di</strong>sse ai compagni il<br />

vecchio druido, era il Perno dell'Ade. Avrebbe fatto un'altra visita<br />

agli spiriti dei morti, per accertare la futura linea d'azione. Lungo la<br />

strada avrebbero cercato <strong>di</strong> sapere che fine avevano fatto i Nani. <strong>Il</strong><br />

tempo caldo e afoso li costringeva a soste frequenti per far riposare i<br />

cavalli. Le ore si trascinavano con lentezza. Non videro traccia del<br />

conflitto che sapevano in atto a settentrione, non trovarono segno della<br />

presenza dell'esercito del Nord, non u<strong>di</strong>rono dai viandanti notizie <strong>di</strong><br />

eventi fuori del normale. Tuttavia avevano il persistente, fasti<strong>di</strong>oso<br />

sospetto d'essersi allontanati troppo dallo scopo iniziale del viaggio e<br />

la sensazione che al ritorno avrebbero scoperto d'aver perso troppe<br />

possibilità. Nel tardo pomeriggio del primo giorno nelle Pianure del<br />

Tumulo, Bremen <strong>di</strong>ede l'alt anche se mancavano alcune ore al crepuscolo,<br />

e lasciò le terre basse per inoltrarsi tra le Querce Nere. Come<br />

all'andata, avevano seguito un precario percorso fra le due zone<br />

paludose, tenendosi alla larga dai pericoli <strong>di</strong> ciascuna. Ora Bremen<br />

abbandonò la prudenza e guidò i compagni <strong>di</strong>rettamente nella foresta<br />

proibita. Kinson si allarmò, ma tenne a freno la lingua. <strong>Di</strong> sicuro<br />

Bremen aveva un buon motivo per fare quella deviazione. Si inoltrarono<br />

nelle Querce Nere solo per un centinaio <strong>di</strong> passi, tanto che potevano<br />

ancora scorgere fra gli alberi le praterie scolorite dal sole, pur<br />

avendo davanti le zone più buie della foresta, e smontarono <strong>di</strong> sella.<br />

Lasciata Mareth a badare ai cavalli, il druido condusse Kinson in un<br />

folto <strong>di</strong> robinie, esaminò pensierosamente gli alberi, infine trovò un<br />

ramo che gli pareva adatto e <strong>di</strong>sse a Kinson <strong>di</strong> tagliarlo. L'uomo della<br />

Frontiera ubbidì senza fare commenti, usando il proprio coltello per<br />

intaccare il legno duro. Bremen gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> tagliar via i rametti<br />

secondari, poi prese il rozzo bastone e annuì. Tornarono ai cavalli,<br />

rimontarono in sella e uscirono dalla foresta. Kinson e Mareth si<br />

scambiarono occhiate perplesse, ma non domandarono spiegazioni. Si<br />

accamparono poco dopo in una valletta che non era molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> una<br />

depressione fra gli alberi. Bremen <strong>di</strong>sse a Kinson <strong>di</strong> scortecciare il<br />

ramo <strong>di</strong> robinia per farne un bastone. Kinson lavorò per quasi due ore,<br />

mentre gli altri due preparavano la cena e badavano ai cavalli. Quando


Kinson ebbe fatto del suo meglio, lisciando le sporgenze e i no<strong>di</strong> dei<br />

rametti secondari, Bremen riprese il bastone. <strong>Il</strong> giorno si stava<br />

riducendo a qualche debole striatura luminosa verso ponente e la notte<br />

seguiva dappresso le ombre sempre più lunghe e il cielo sempre più<br />

scuro. I tre si accomodarono intorno a un piccolo fuoco, vicino agli<br />

alberi delle Querce Nere, ben lontani dalle pianure. Poco <strong>di</strong>stante, un<br />

torrentello usciva dalla foresta, scrosciava sopra una serie <strong>di</strong> rocce e<br />

scompariva serpeggiando nel buio. La notte era calma e vuota, priva<br />

d'intrusioni rumorose, <strong>di</strong> movimento, <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong> in<strong>di</strong>screti. Bremen si<br />

alzò e si accostò al fuoco, tenendo davanti a sé il bastone, in<br />

verticale, un'estremità saldamente appoggiata al terreno e l'altra<br />

puntata al cielo, le mani strette nel punto me<strong>di</strong>ano. <strong>Il</strong> bastone era alto<br />

come un uomo, ancora ruvido per la scortecciatura eseguita da Kinson.<br />

"Rimanete seduti finché non avrò terminato" or<strong>di</strong>nò senza dare<br />

spiegazioni. Chiuse gli occhi e restò immobile. Dopo un momento, le sue<br />

mani cominciarono a risplendere <strong>di</strong> luce bianca. Lentamente la luce si<br />

<strong>di</strong>ffuse lungo il bastone, verso l'alto e verso il basso. Quando il<br />

bastone ne fu completamente avvolto, la luce cominciò a pulsare. Kinson<br />

e Mareth guardavano in silenzio. La luce impregnò il legno, lo rese<br />

quasi trasparente. Serpeggiò su e giù secondo bizzarri <strong>di</strong>segni, con<br />

lentezza sulle prime, poi con maggiore rapi<strong>di</strong>tà. Per tutto il tempo<br />

Bremen rimase immobile come una statua, a occhi chiusi, concentrato. Poi<br />

la luce morì, tornando nelle mani del druido prima <strong>di</strong> svanire. Bremen<br />

aprì gli occhi. Trasse un lungo, lento respiro e mostrò il bastone. <strong>Il</strong><br />

legno era <strong>di</strong>ventato nero come la pece, liscio e lucido. Una traccia<br />

della luce che l'aveva avvolto si rifletteva nella sua intensa<br />

lucentezza, appena una scintilla che tremolava e spariva prima <strong>di</strong><br />

ricomparire in un altro punto, elusiva come il riflesso nell'occhio <strong>di</strong><br />

un gatto. Bremen sorrise e porse il bastone a Mareth. "E' per te." Lei<br />

lo prese e si stupì per la sensazione che provava. "E' ancora caldo!" "E<br />

resterà caldo" <strong>di</strong>sse Bremen, tornando a sedersi, con una traccia <strong>di</strong><br />

stanchezza nel viso pieno <strong>di</strong> rughe. "La magia che lo permea rimarrà nel<br />

bastone finché sarà intero." "E qual è lo scopo <strong>di</strong> questa magia? Perché<br />

dai il bastone proprio a me?" <strong>Il</strong> vecchio druido si sporse un poco e la<br />

luce del fuoco cambiò la trama <strong>di</strong> rughe che gli scolpiva il viso. "<strong>Il</strong><br />

bastone è destinato ad aiutarti, Mareth. Hai cercato a lungo e a fatica<br />

un modo per controllare la tua magia, per impe<strong>di</strong>re che si scateni, forse<br />

ad<strong>di</strong>rittura che ti consumi. Ho riflettuto parecchio su questo problema.<br />

Credo che il bastone sia la risposta. Funziona come un canale <strong>di</strong><br />

scarico. Tienilo ben piantato nel terreno, e il bastone smaltirà<br />

l'eccesso della magia che vuoi usare." Esitò, scrutandola negli occhi.<br />

"Capisci cosa significa, vero? Sono convinto che dovrai usare <strong>di</strong> nuovo<br />

la magia, adesso che viaggiamo a settentrione. Ogni altra previsione<br />

sarebbe poco realistica. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni ci cercherà, e verrà<br />

il momento in cui dovrai proteggere te stessa e forse anche altri.<br />

Potrei non essere presente per aiutarti. La tua magia è troppo<br />

importante, e devi essere in grado <strong>di</strong> fare affidamento su <strong>di</strong> essa. Mi<br />

auguro che il bastone ti permetta <strong>di</strong> usarla senza paura." Mareth annuì<br />

lentamente. "Anche se la magia è innata?" "Anche in questo caso. Ti<br />

occorrerà del tempo per imparare a usare correttamente il bastone.<br />

Vorrei poterti promettere che avrai quel tempo, ma non posso. Devi


icordare lo scopo del bastone e, se hai la necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderti,<br />

regola i tuoi pensieri tenendo bene in mente il bastone." Mareth lo<br />

guardò in tralice. "Non devo agire avventatamente. Non devo usare la<br />

magia senza prima pensare al bastone. Non devo usare la magia senza<br />

prima sistemare il bastone e aprire un canale per far defluire<br />

l'eccesso." Bremen sorrise. "Sei svelta, Mareth. Se fossi tuo padre,<br />

sarei davvero orgoglioso <strong>di</strong> te." Lei ricambiò il sorriso. "Ti considero<br />

mio padre in ogni caso. Non come un tempo, ma sempre con affetto." "Sono<br />

lusingato. Ora il bastone è tuo, non <strong>di</strong>menticare a cosa serve. Raggiunto<br />

il Fiume Argento, saremo <strong>di</strong> nuovo in territorio nemico e ricomincerà la<br />

battaglia contro il Signore degli Inganni." Quella notte dormirono bene<br />

e ripartirono all'alba. Cavalcarono adagio, facendo riposare spesso i<br />

cavalli nel caldo <strong>di</strong> mezza estate, procedendo sempre verso settentrione.<br />

Alla loro destra, le Pianure del Tumulo tremolavano sotto il sole,<br />

spoglie e deserte, prive <strong>di</strong> movimento. Alla loro sinistra, le Querce<br />

Nere erano una muraglia scura, silenziosa come le pianure, alta e<br />

impervia. Ancora una volta cavalcarono quasi sempre in silenzio: Kinson<br />

portava la spada, Mareth il bastone, Bremen il peso del loro futuro. Al<br />

calar della sera avevano evitato gli acquitrini della Palude della<br />

Nebbia ed erano giunti al Fiume Argento. Impaziente <strong>di</strong> arrivare alle<br />

alture che si trovavano subito dopo, in modo da poter controllare quel<br />

giorno stesso le Pianure <strong>di</strong> Raab e tutto il territorio settentrionale,<br />

Bremen decise <strong>di</strong> attraversare il fiume. Trovarono un tratto <strong>di</strong> secche,<br />

dove il fiume era basso a causa del periodo <strong>di</strong> siccità, e mentre il sole<br />

si tuffava esausto nel piatto luccichio del Lago Arcobaleno, risalirono<br />

una serie <strong>di</strong> alture fino a un promontorio. Lì, al riparo <strong>di</strong> un folto<br />

d'alberi, smontarono, impastoiarono i cavalli e procedettero a pie<strong>di</strong>.<br />

Ormai la luce del giorno era <strong>di</strong>ventata un riflesso grigio argento e le<br />

ombre della sera si allungavano. L'aria, sempre soffocante, era velata<br />

<strong>di</strong> foschia e sapeva <strong>di</strong> polvere e d'erba secca. Uccelli notturni volavano<br />

nel buio in cerca <strong>di</strong> cibo: movimenti fulminei che comparivano e<br />

svanivano nel giro <strong>di</strong> un istante. Tutt'intorno gli insetti ronzavano,<br />

affamati. Giunsero al bordo del promontorio, mentre il sole arrossava le<br />

terre basse, e si fermarono. Sotto <strong>di</strong> loro si estendeva l'intero<br />

esercito del Nord. Era accampato parecchie miglia più a settentrione,<br />

nel cuore delle pianure, cosicché i particolari delle insegne da<br />

battaglia non si scorgevano con chiarezza, ma era troppo esteso e scuro<br />

per essere scambiato per qualcos'altro. I fuochi erano già accesi,<br />

piccoli guizzi <strong>di</strong> luce che punteggiavano come lucciole le praterie.<br />

Cavalli e carri si spostavano pigramente, con cigolio <strong>di</strong> ruote e <strong>di</strong><br />

tirelle, mentre cavalieri e conducenti vociavano in tono aspro nel<br />

rior<strong>di</strong>nare provviste e armi. Le tende, protette dalla massa<br />

dell'esercito, si gonfiavano nella calda brezza. Una <strong>di</strong> esse, <strong>di</strong> un nero<br />

impenetrabile, tutta spigoli e punte, si innalzava da sola al centro<br />

esatto dell'accampamento, circondata da un ampio tratto <strong>di</strong> terreno<br />

sgombro, simile a un fossato. <strong>Il</strong> druido, l'uomo della Frontiera e la<br />

giovane donna guardarono in silenzio la scena. "Cosa ci fa, qui,<br />

l'esercito del Nord?" domandò alla fine Kinson. Bremen scosse la testa.<br />

"Non saprei. <strong>Di</strong> sicuro è uscito dall'Anar, dove l'abbiamo visto l'ultima<br />

volta, perciò forse ora va verso ponente..." Lasciò morire la frase<br />

senza precisare il resto. Se l'esercito del Signore degli Inganni si


itirava dalle Terre dell'Est, allora la battaglia contro i Nani era<br />

terminata e adesso, con ogni probabilità, sarebbe toccato agli Elfi. Ma<br />

che fine avevano fatto Raybur e il suo esercito? Che ne era <strong>di</strong> Risca?<br />

Kinson Ravenlock scosse la testa, scoraggiato. Erano trascorse settimane<br />

dall'invasione dell'Est. In quel tempo potevano essere accadute molte<br />

cose. In pie<strong>di</strong>, con la spada <strong>di</strong> Urprox Screl agganciata sulla schiena,<br />

si domandò all'improvviso se non fossero giunti troppo tar<strong>di</strong> con il<br />

talismano. Sganciò il fermaglio della cinghia, liberò la spada e la<br />

porse a Bremen. "Dobbiamo sapere cosa sta succedendo. E tocca a me<br />

cercare <strong>di</strong> scoprirlo." Depose anche la propria spada da guerra tenendone<br />

solo una più corta e il coltello da caccia. "Dovrei tornare all'alba."<br />

Bremen annuì, senza <strong>di</strong>scutere: capiva benissimo cosa voleva <strong>di</strong>re l'uomo<br />

della Frontiera. Potevano scendere tutti e due a fare un sopralluogo, ma<br />

era il druido quello <strong>di</strong> cui non potevano fare a meno. Ora che avevano la<br />

spada, dovevano scoprire chi e come l'avrebbe usata. Bremen era l'unico<br />

in grado <strong>di</strong> farlo. "Vengo con te" <strong>di</strong>sse all'improvviso Mareth,<br />

d'impulso. L'uomo della Frontiera sorrise. Non s'aspettava quella<br />

proposta. Rifletté un momento, poi le <strong>di</strong>sse, non senza gentilezza: "In<br />

due si raddoppiano le <strong>di</strong>fficoltà, se ci si deve muovere <strong>di</strong> nascosto.<br />

Aspetta qui con Bremen. Aiutalo a tenere d'occhio il mio ritorno. La<br />

prossima volta potrai andare tu al mio posto". Si agganciò il cinturone<br />

con le due armi rimastegli e iniziò a scendere il pen<strong>di</strong>o, nella luce che<br />

si affievoliva. Sparito l'uomo della Frontiera, il vecchio druido e la<br />

giovane donna si spostarono fra gli alberi e si accamparono. Consumarono<br />

un pasto freddo, riluttanti ad accendere un fuoco a causa della<br />

vicinanza dell'esercito delle Terre del Nord e della più che probabile<br />

presenza <strong>di</strong> Messaggeri del Teschio in caccia. <strong>Il</strong> viaggio e il caldo<br />

avevano prosciugato le loro energie e si scambiarono solo qualche<br />

parola, prima che Bremen montasse <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e Mareth riposasse. <strong>Il</strong><br />

tempo passò lentamente, la notte <strong>di</strong>venne più buia, in lontananza i<br />

fuochi dell'accampamento nemico si fecero più vivi<strong>di</strong>, il cielo si aprì<br />

in un profluvio <strong>di</strong> stelle. Non c'era luna, quella notte: o era nuova,<br />

oppure così bassa a meri<strong>di</strong>one da non superare lo schermo d'alberi alle<br />

spalle del promontorio. Bremen si accorse che la sua mente andava ad<br />

altri tempi e altri luoghi. Ripensò alla lunga storia <strong>di</strong> Paranor e si<br />

domandò se il Consiglio dei Drui<strong>di</strong> si sarebbe riunito ancora. Da dove<br />

sarebbero giunti nuovi Drui<strong>di</strong>, ora che i vecchi erano morti? Le<br />

conoscenze perdute con la loro morte erano insostituibili. Alcune erano<br />

state trascritte negli Annali, ma non tutte. Per quanto fossero sul<br />

punto <strong>di</strong> estinguersi e si tenessero in isolamento, i Drui<strong>di</strong> erano stati<br />

gli in<strong>di</strong>vidui più brillanti <strong>di</strong> parecchie generazioni delle Quattro<br />

Terre. Chi avrebbe preso il loro posto? Era una domanda priva <strong>di</strong> senso,<br />

perché se lui avesse fallito nel tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il Signore<br />

degli Inganni, non c'era motivo <strong>di</strong> credere che rimanesse vivo qualcuno<br />

per riunire un nuovo Consiglio <strong>di</strong> Drui<strong>di</strong>. Peggio ancora, questa<br />

considerazione lo induceva a riflettere <strong>di</strong> nuovo sul fatto che lui<br />

ancora non aveva trovato un successore. Lanciò un'occhiata a Mareth<br />

addormentata, e per un istante si domandò se lei avrebbe accettato: da<br />

quando avevano lasciato Paranor, si era avvicinata a lui e possedeva un<br />

genuino talento. Era dotata <strong>di</strong> una magia <strong>di</strong> potenza incre<strong>di</strong>bile e ne<br />

teneva in grande considerazione le possibilità. Ma niente garantiva che


sarebbe riuscita a padroneggiare la sua mici<strong>di</strong>ale magia: se non ci fosse<br />

riuscita, sarebbe stata inutile. I Drui<strong>di</strong> dovevano avere <strong>di</strong>sciplina e<br />

controllo, prima <strong>di</strong> tutto. Mareth, al momento, lottava ancora per<br />

acquisirli. Riportò lo sguardo sulle Pianure <strong>di</strong> Raab, poi lasciò vagare<br />

la mano lungo il proprio fianco, fino a posarla sulla spada. Quell'arma<br />

era ancora un mistero, pensò sconsolato. Che cosa gli serviva per<br />

scoprire la soluzione? Sarebbe andato al Perno dell'Ade a chiedere aiuto<br />

ai Drui<strong>di</strong>, ma non aveva nessuna garanzia <strong>di</strong> ottenerlo. L'ultima volta si<br />

erano ad<strong>di</strong>rittura rifiutati <strong>di</strong> comparirgli davanti. Perché avrebbero<br />

dovuto cambiare idea adesso? La presenza della spada li avrebbe persuasi<br />

a uscire dal mondo delle ombre? Avrebbero deciso <strong>di</strong> rispondere alla sua<br />

evocazione perché anche loro un tempo erano stati esseri umani e<br />

potevano capirne le necessità? Chiuse gli occhi e se li massaggiò<br />

stancamente. Quando li riaprì, vide che un fuoco <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a dei nemici<br />

si muoveva verso <strong>di</strong> lui. Batté le palpebre, incredulo, sicuro d'averlo<br />

immaginato. Ma il fuoco, un tremolante puntino luminoso nella vasta<br />

oscurità delle pianure, continuò ad avanzare, ad avvicinarsi<br />

serpeggiando. Pareva librato a mezz'aria. Bremen si alzò, suo malgrado,<br />

e cercò <strong>di</strong> decidere cosa fare. Stranamente, non si sentiva minacciato,<br />

solo incuriosito. Poi la luce si delineò e prese forma, e Bremen vide<br />

che era portata da un bambino dal viso liscio e dai penetranti occhi<br />

azzurro chiaro. Mentre si avvicinava, tenendo alta la luce, lo salutò<br />

con un sorriso. Bremen batté <strong>di</strong> nuovo le palpebre. Non aveva mai visto<br />

una luce come quella: non aveva fiamma, ma brillava in un contenitore <strong>di</strong><br />

vetro e <strong>di</strong> metallo, come alimentata da una stella in miniatura. "Salve,<br />

Bremen" <strong>di</strong>sse il bambino, a bassa voce. "Salve" rispose Bremen. "Sembri<br />

stanco. <strong>Il</strong> viaggio ha preteso molto, da te. Ma hai fatto molto, perciò<br />

forse il sacrificio è stato un prezzo equo." Negli occhi azzurri c'era<br />

uno scintmio . "Sono il <strong>Re</strong> del Fiume Argento. Hai sentito parlare <strong>di</strong><br />

me?" Bremen annuì. Aveva sentito parlare <strong>di</strong> quella creatura dell'epoca<br />

<strong>di</strong> Faeria, l'ultima della sua specie. Si <strong>di</strong>ceva risiedesse nei <strong>di</strong>ntorni<br />

del Lago Arcobaleno e lungo il tratto <strong>di</strong> fiume da cui prendeva il nome.<br />

Si <strong>di</strong>ceva che esistesse da migliaia d'anni, che fosse uno dei primi<br />

esseri creati dal Verbo. Si <strong>di</strong>ceva che le sue visioni e la sua magia<br />

fossero in egual misura antiche e lungimiranti. Compariva <strong>di</strong> tanto in<br />

tanto ai viandanti in <strong>di</strong>fficoltà, spesso in sembianze <strong>di</strong> bambino, a<br />

volte <strong>di</strong> vecchio. "Sei seduto nei miei giar<strong>di</strong>ni" <strong>di</strong>sse il bambino, con<br />

un lento e ampio gesto. "Se guar<strong>di</strong> con attenzione, puoi vederli." Bremen<br />

guardò, e all'improvviso il promontorio e le pianure sbia<strong>di</strong>rono e si<br />

trovò seduto in giar<strong>di</strong>ni lussureggianti d'alberi in fiore e <strong>di</strong><br />

rampicanti, l'aria era fragrante <strong>di</strong> profumi, il fruscio dei rami simile<br />

a un dolce canto contro il serico buio della notte. La visione svanì.<br />

"Sono venuto per farti riposare e rassicurarti" <strong>di</strong>sse il bambino.<br />

"Stanotte, almeno, dormirai in pace. Non occorrerà far la guar<strong>di</strong>a. <strong>Il</strong><br />

tuo viaggio ti ha portato molto lontano da Paranor, ed è tutt'altro che<br />

terminato. Troverai sfide ad ogni piè sospinto, ma se camminerai con<br />

prudenza e darai retta al tuo intuito, sopravvivrai per <strong>di</strong>struggere il<br />

Signore degli Inganni." "Sai cosa devo fare?" domandò subito Bremen.<br />

"Puoi <strong>di</strong>rmelo?" <strong>Il</strong> bambino sorrise. "Devi fare ciò che ritieni meglio.<br />

Così è fatto il futuro. Non ci viene dato già stabilito. Si compone <strong>di</strong><br />

una serie <strong>di</strong> possibilità: noi dobbiamo scegliere quali ci piacciono <strong>di</strong>


più e poi sforzarci <strong>di</strong> realizzarle. Tu ora stai andando al Perno<br />

dell'Ade. Porti la spada agli spiriti dei Drui<strong>di</strong> morti e scomparsi. Ti<br />

pare una scelta sbagliata?" Tutt'altro: Bremen la riteneva giusta. "Però<br />

ho qualche dubbio" confessò. "Fammi vedere la spada" chiese con<br />

gentilezza il bambino. Bremen la tenne sollevata per fargliela<br />

esaminare. <strong>Il</strong> bambino allungò la mano, come per prenderla, poi si<br />

bloccò, quando quasi la sfiorava, passò le <strong>di</strong>ta lungo la lama e ritrasse<br />

la mano. "Saprai cosa dovrai fare quando sarai lì" <strong>di</strong>sse. "Saprai cos'è<br />

richiesto." Con sua sorpresa, Bremen capì al volo. "Al Perno dell'Ade."<br />

"Lì, e poi ad Arborlon, dove tutto è cambiato e si forma un nuovo<br />

inizio. Al momento buono capirai." "Non puoi <strong>di</strong>rmi niente dei miei<br />

amici, <strong>di</strong> cos'è accaduto..." "I Ballindarroch sono stati uccisi e c'è un<br />

nuovo re degli Elfi. Cercalo, per avere risposta alle tue domande." "E<br />

Tay Trefenwyd? E la Pietra Nera?" Ma il bambino si era alzato, portando<br />

con sé la bizzarra fonte luminosa. "Dormi, Bremen. <strong>Il</strong> mattino non<br />

tarderà a spuntare." <strong>Il</strong> vecchio druido si sentì stanchissimo. Anche se<br />

avrebbe voluto, non riuscì ad alzarsi per seguire il bambino. Voleva<br />

fargli altre domande, ma non riusciva a pronunciare le parole. Si<br />

sentiva come premuto da un peso enorme e insistente. Scivolò a terra,<br />

avvolto nel mantello, con le palpebre pesanti, il respiro lento. <strong>Il</strong><br />

bambino mosse la mano nell'aria. "Che tu possa trovare nel sonno la<br />

forza <strong>di</strong> continuare." <strong>Il</strong> bambino e la luce si allontanarono nel buio,<br />

<strong>di</strong>vennero sempre più piccoli. Bremen cercò <strong>di</strong> seguire il loro movimento,<br />

ma non riusciva a stare sveglio. <strong>Il</strong> suo respiro <strong>di</strong>venne più profondo, i<br />

suoi occhi si chiusero. Quando il bambino e la luce scomparvero, Bremen<br />

dormiva. All'alba Kinson fece ritorno. Sbucò da una coltre <strong>di</strong> nebbia<br />

mattutina che si librava fitta e umida sulle Pianure <strong>di</strong> Raab, perché<br />

durante la notte l'aria si era rinfrescata. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui, l'esercito<br />

del Nord cominciava a scuotersi, una pigra belva che si preparava a<br />

riprendere il cammino. Giunto accanto al vecchio druido e alla giovane<br />

donna, Kinson si stiracchiò stancamente, vedendo che erano svegli e lo<br />

aspettavano con l'aria <strong>di</strong> chi ha dormito sorprendentemente bene. Guardò<br />

l'uno e l'altra, stupito per la rinnovata determinazione che lesse nei<br />

loro occhi. Lasciò cadere a terra le armi e accettò la colazione fredda<br />

e la birra che gli offrirono, sedendosi con sollievo sotto i rami<br />

frondosi <strong>di</strong> un piccolo gruppo <strong>di</strong> querce. "I soldati del Nord marciano<br />

contro gli Elfi" riferì senza tanti preamboli. "<strong>Di</strong>cono che i Nani sono<br />

<strong>di</strong>strutti." "Ma tu non ne sei certo" obiettò con calma Bremen, seduto<br />

con Mareth <strong>di</strong> fronte a lui. Kinson scosse la testa. "Hanno respinto i<br />

Nani al <strong>di</strong> là delle Montagne del Corvo, sconfiggendoli a ogni scontro.<br />

<strong>Di</strong>cono d'averli schiacciati in un luogo chiamato Stedden, ma a quanto<br />

pare non hanno trovato fra i caduti né Raybur né Risca. E non sanno<br />

neppure con esattezza quanti Nani hanno ucciso." Inarcò il sopracciglio.<br />

"Non mi sembra una vittoria clamorosa." Bremen annuì, pensieroso. "Ma il<br />

Signore degli Inganni è inquieto per l'inseguimento. Non si sente<br />

minacciato dai Nani, ma teme gli Elfi. Così si sposta a occidente."<br />

"Come hai appreso queste notizie?" domandò Mareth a Kinson, chiaramente<br />

perplessa. "Come sei riuscito ad avvicinarti tanto? <strong>Di</strong> sicuro non ti sei<br />

fatto scorgere." "Be', mi hanno visto e non mi hanno visto" sorrise<br />

l'uomo della Frontiera. "Ero così vicino da toccarli, ma non mi hanno<br />

guardato in faccia. Mi credevano uno <strong>di</strong> loro, capisci? Nella


semioscurità, avvolto nel mantello e incappucciato, un po' ingobbito,<br />

puoi essere scambiato per uno <strong>di</strong> loro, perché non si aspettano che tu<br />

sia qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. E' un vecchio trucco che conviene imparare alla<br />

perfezione, prima <strong>di</strong> metterlo in pratica." Le <strong>di</strong>ede un'occhiata<br />

d'apprezzamento. "Si <strong>di</strong>rebbe che hai dormito bene in mia assenza." "Per<br />

tutta la notte" ammise a malincuore Mareth. "Bremen mi ha lasciata<br />

dormire. Non mi ha svegliata per la guar<strong>di</strong>a." "Non ce n'era bisogno" si<br />

affrettò a <strong>di</strong>re il vecchio druido, lasciando poi cadere l'argomento. "Ma<br />

pensiamo a oggi. Siamo giunti a un altro bivio, purtroppo. Dobbiamo<br />

separarci. Kinson, voglio che tu vada nell'Est a cercare Risca. Scopri<br />

come stanno realmente le cose. Se Raybur e i Nani sono ancora in grado<br />

<strong>di</strong> combattere, conducili a ponente in aiuto agli Elfi. Riferisci loro<br />

che abbiamo un talismano che <strong>di</strong>struggerà il Signore degli Inganni, ma<br />

che ci occorre il loro aiuto per mettere Brona con le spalle al muro."<br />

Kinson rifletté un momento, perplesso. "Farò del mio meglio, Bremen. Ma<br />

i Nani contavano sugli Elfi e a quanto pare gli Elfi non sono arrivati.<br />

Mi domando quanto siano <strong>di</strong>sposti i Nani ad accorrere in aiuto degli<br />

Elfi." Bremen lo fissò con fermezza. "Tocca a te convincerli. E'<br />

in<strong>di</strong>spensabile, Kinson. Informali che i Ballindarroch sono stati<br />

sterminati e che è stato scelto un nuovo re. Spiega che per questo gli<br />

Elfi sono stati trattenuti. Ricorda loro che la minaccia riguarda tutti<br />

noi, non una sola Razza." Lanciò un'occhiata a Mareth, seduta al suo<br />

fianco, poi tornò a guardare l'uomo della Frontiera. "Devo andare al<br />

Perno dell'Ade per parlare con gli spiriti dei morti a proposito della<br />

spada. Da lì andrò a ponente fra gli Elfi per trovare chi la userà. Ci<br />

incontreremo là." "E io dove vado?" domandò subito Mareth. <strong>Il</strong> vecchio<br />

druido esitò. "Kinson può avere bisogno <strong>di</strong> te." "Io non ho bisogno <strong>di</strong><br />

nessuno" obiettò subito l'uomo della Frontiera. Incrociò lo sguardo <strong>di</strong><br />

Mareth e abbassò in fretta gli occhi. Mareth rivolse a Bremen<br />

un'occhiata interrogativa. "Per te ho già fatto tutto ciò che potevo"<br />

<strong>di</strong>sse lui piano. Mareth parve capire ciò che voleva <strong>di</strong>rle. Sorrise<br />

coraggiosamente e guardò Kinson. "Mi piacerebbe venire con te, Kinson.<br />

<strong>Il</strong> tuo sarà il viaggio più lungo e forse sarà utile farlo in due. Non<br />

hai paura <strong>di</strong> me, vero?" Kinson sbuffò. "Per niente. Ricorda solo ciò che<br />

Bremen ha detto a proposito del bastone. Così forse riuscirai a non<br />

darmi fuoco alla schiena." Si pentì <strong>di</strong> quelle parole prima <strong>di</strong> finire <strong>di</strong><br />

pronunciarle. "Non volevo <strong>di</strong>rlo" si scusò. Lei scosse la testa, come per<br />

lasciar cadere la faccenda. "So cosa intendevi. Non hai niente <strong>di</strong> cui<br />

scusarti. Siamo amici, Kinson. Gli amici si capiscono." Gli sorrise,<br />

rassicurante, e soffermò lo sguardo su <strong>di</strong> lui; Kinson pensò in quel<br />

momento che forse aveva ragione, forse erano davvero amici. Ma si scoprì<br />

a domandarsi se lei non intendesse qualcosa <strong>di</strong> più.<br />

26<br />

Ormai solo, dopo che tutti coloro che erano partiti con lui da Paranor<br />

avevano preso destinazioni <strong>di</strong>verse, Bremen si <strong>di</strong>resse a settentrione<br />

verso il Perno dell'Ade. Scese nelle Pianure <strong>di</strong> Raab, procedendo con<br />

calma nella foschia <strong>di</strong> metà mattino, mentre il sole saliva nel cielo<br />

sereno. Lasciò il cavallo al passo, deviando a levante per non incappare<br />

nell'esercito del Nord, attento a non imbattersi negli esploratori che<br />

precedevano le truppe e negli sbandati che si lasciavano <strong>di</strong>etro. U<strong>di</strong>va<br />

in lontananza i rumori dell'esercito, un rombo <strong>di</strong> carri e macchine, un


cigolio <strong>di</strong> tirelle, un ronzio d'attività che sbucava dalla bruma,<br />

incorporeo e senza una provenienza precisa. Si ammantò della magia dei<br />

Drui<strong>di</strong> in modo da non essere visto neppure per caso, passò in rassegna i<br />

<strong>di</strong>versi rumori per in<strong>di</strong>viduare quelli che potevano minacciarlo e tenne<br />

attentamente d'occhio tutto ciò che si muoveva nella foschia. <strong>Il</strong> tempo<br />

scivolò via e il sole cominciò a <strong>di</strong>sperdere la foschia. I rumori<br />

dell'esercito in partenza si affievolirono, spostandosi verso ponente,<br />

lontano dal suo percorso, e Bremen allentò la vigilanza. Ora vedeva con<br />

maggiore chiarezza le pianure, la terra riarsa e l'erba bruciata, le<br />

polverose <strong>di</strong>stese, dalle foreste dell'Anar alle montagne <strong>di</strong> Runne,<br />

calpestate dall'esercito del Nord, cosparse <strong>di</strong> rifiuti e sfregiate.<br />

Cavalcò fra gli scarti e i rifiuti dell'esercito, fra i detriti che ne<br />

segnavano il passaggio, e me<strong>di</strong>tò sulle brutture e la futilità della<br />

guerra. Portava agganciata sulla schiena la spada <strong>di</strong> Urprox Screl,<br />

fardello che toccava a lui, ora che Kinson era andato via. La sentiva<br />

premere su <strong>di</strong> sé mentre cavalcava: un costante promemoria della sfida<br />

che aveva <strong>di</strong> fronte. Si stupì della propria ostinazione nell'assumersi<br />

una simile responsabilità. Tutto sarebbe stato più facile, se ne avesse<br />

fatto a meno. Non aveva particolari ragioni per assumersi quel fardello.<br />

Nessuno l'aveva obbligato. Nessuno era venuto a <strong>di</strong>rgli che doveva farlo.<br />

La scelta era stata sua e quel mattino, cavalcando verso i Denti del<br />

Drago e il confronto che lo aspettava, non poteva fare a meno <strong>di</strong><br />

domandarsi quale bisogno perverso l'avesse spinto a farlo. Non trovò<br />

acqua nelle pianure e allora, anche se il mezzodì si avvicinava, andò<br />

avanti senza fare soste. Scese <strong>di</strong> sella e per un tratto portò il cavallo<br />

per la briglia, mettendosi il cappuccio per ripararsi dal caldo, perché<br />

il sole era un'ardente sfera bianca che bruciava con impietosa<br />

insistenza. Me<strong>di</strong>tò su quanto fosse grave il pericolo che correvano le<br />

Quattro Terre. Come quel terreno riarso dal sole, parevano davvero<br />

impotenti. Troppo <strong>di</strong>pendeva da cose ignote: la magia della spada, colui<br />

che l'avrebbe usata, le <strong>di</strong>verse indagini dei vari componenti il loro<br />

piccolo gruppo, la concomitanza <strong>di</strong> tutto ciò nel luogo e nel tempo<br />

giusti. Eppure, il fallimento era impensabile. Giunta la sera, Bremen si<br />

accampò nelle pianure aperte, in una gola dove un rivolo d'acqua e un<br />

po' <strong>di</strong> rada erba consentivano al cavallo <strong>di</strong> rifocillarsi. Mangiò una<br />

piccola parte del pane che ancora aveva con sé e bevve qualche sorso <strong>di</strong><br />

birra. Guardò il cielo notturno offrire il suo spettacolo <strong>di</strong> stelle e<br />

vide un quarto <strong>di</strong> luna in ascesa levarsi all'orizzonte meri<strong>di</strong>onale. Si<br />

sedette, tenendo sulle ginocchia la spada, e me<strong>di</strong>tò <strong>di</strong> nuovo sul suo<br />

uso. Passò le <strong>di</strong>ta sull'Eilt Druin, come se in questo modo potesse<br />

scoprire il segreto della sua magia. Saprai che cosa occorrerà, aveva<br />

detto il <strong>Re</strong> del Fiume Argento. Le ore scivolarono via, mentre lui se ne<br />

stava seduto a riflettere nella notte silenziosa e tranquilla.<br />

L'esercito del Nord era adesso troppo lontano per u<strong>di</strong>rne i rumori e<br />

anche i suoi fuochi non erano visibili. Quella notte il Raab era tutto<br />

per lui e gli dava l'impressione d'essere l'unica persona vivente in<br />

tutto il mondo. Riprese il viaggio all'alba, con un'andatura più<br />

sollecita. Le nuvole coprivano il sole e ne <strong>di</strong>minuivano il calore. La<br />

polvere si alzava sotto gli zoccoli del cavallo in piccoli sbuffi che<br />

andavano alla deriva e si <strong>di</strong>sperdevano nella tenue brezza <strong>di</strong> ponente.<br />

Più avanti il terreno cominciava a cambiare, a tornare verdeggiante


nella zona dove il Mermidon si staccava dalle Montagne <strong>di</strong> Runne. Nelle<br />

pianure c'erano alberi, boschetti che custo<strong>di</strong>vano sorgenti ed emissari<br />

del fiume. Nel tardo pomeriggio Bremen aveva già attraversato un'ampia<br />

secca del fiume e procedeva verso la muraglia dei Denti del Drago.<br />

Avrebbe potuto fare lì una sosta e riposare, ma preferì proseguire. <strong>Il</strong><br />

tempo era un padrone severo e non lasciava spazio all'indulgenza verso<br />

se stessi. Al calar della sera aveva raggiunto le alture che portavano<br />

nella Valle d'Argilla. Smontò e impastoiò il cavallo nei pressi <strong>di</strong> una<br />

sorgente. Guardò il sole sprofondare <strong>di</strong>etro le Montagne <strong>di</strong> Runne e cenò,<br />

pensando a che cosa gli riservava l'indomani. Una lunga notte, per<br />

cominciare. Successo o fallimento, in secondo luogo. L'incertezza era<br />

sempre notevole. Per un poco lasciò vagare la mente e si scoprì a<br />

riesaminare frammenti della propria vita, come se in quel modo potesse<br />

trovare una certa rassicurazione sulle proprie capacità. Aveva ottenuto<br />

alcuni piccoli successi contro il Signore degli Inganni e da essi poteva<br />

trarre incoraggiamento. Ma sapeva che in quel gioco pericoloso un solo<br />

passo falso poteva <strong>di</strong>mostrasi fatale e rovinare tutto ciò che era già<br />

stato ottenuto. Gli pareva iniquo, ma sapeva che mai, nella storia del<br />

mondo, l'equità aveva determinato qualcosa che contasse davvero. A<br />

mezzanotte si alzò e s'inoltrò fra le montagne. Indossava la veste nera<br />

della sua carica, col simbolo dell'Eilt Druin ricamato sul petto, e<br />

aveva con sé la meravigliosa spada <strong>di</strong> Urprox Screl. Sorrise. La spada <strong>di</strong><br />

Urprox Screl. Avrebbe fatto meglio a chiamarla in un altro modo, perché<br />

non apparteneva più al fabbro. Ma per il momento non poteva usare nessun<br />

altro nome, né poteva dargliene uno, finché non ne avesse scoperto il<br />

vero proprietario. Così mise da parte la questione del nome della spada<br />

e respirò l'aria della notte, fresca e pulita in quelle alture, tanto<br />

limpida da dargli l'impressione <strong>di</strong> vedere all'infinito. Attraversò le<br />

strettoie e le gole che portavano alla Valle d'Argilla e raggiunse la<br />

meta quando ancora mancavano alcune ore all'alba. Per un po' rimase in<br />

pie<strong>di</strong> sul bordo della valle e guardò in basso il lago, il Perno<br />

dell'Ade, immobile e piatto come uno specchio, che rifletteva il cielo<br />

punteggiato <strong>di</strong> stelle luminose. Guardò lo specchio delle placide acque e<br />

si trovò a domandarsi quali segreti nascondesse. Sarebbe riuscito a<br />

svelarne una piccola parte? Avrebbe trovato un modo per scoprire solo<br />

alcuni segreti, quelli che gli avrebbero dato una possibilità <strong>di</strong><br />

continuare con successo la lotta? Lì, nelle profon<strong>di</strong>tà del lago, le<br />

risposte aspettavano, tesori accumulati e protetti dagli spiriti dei<br />

morti, forse perché era tutto ciò che rimaneva loro della vita da cui si<br />

erano separati, forse perché nella morte c'è ben poco <strong>di</strong> cui si possa<br />

vantare il possesso. Si sedette tra i sassi e continuò a fissare il lago<br />

e a me<strong>di</strong>tarne i misteri. Come si <strong>di</strong>ventava, quando si perdeva la vita e<br />

si assumeva la forma <strong>di</strong> spirito? Che cosa si provava, a vivere nelle<br />

acque del Perno dell'Ade? Si sentiva, nella morte, qualcosa <strong>di</strong> ciò che<br />

si era provato in vita? Si conservavano i ricor<strong>di</strong>? Si avevano gli stessi<br />

desideri, gli stessi bisogni? C'era uno scopo nell'esistenza, una volta<br />

perduto il corpo fisico? Quante incognite, pensò. Ma era vecchio, e quei<br />

segreti gli sarebbero stati rivelati fin troppo presto. Un'ora prima<br />

dell'alba prese la spada e scese nella valle. Scelse con cura il<br />

percorso sui luci<strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>ana, per non mettere il piede in<br />

fallo, e cercò <strong>di</strong> non pensare a ciò che l'aspettava. Ritrovò la calma,


itirandosi profondamente in se stesso mentre camminava, raccogliendo i<br />

pensieri e dando forma alle proprie necessità. La notte era tranquilla e<br />

silenziosa, ma già sentiva qualcosa agitarsi dentro la terra. Giunse<br />

alla base del pen<strong>di</strong>o, si <strong>di</strong>resse alla riva del Perno dell'Ade e si<br />

fermò. Rimase fermo per qualche istante, sentendo un brivido<br />

d'incertezza. Troppe cose <strong>di</strong>pendevano da ciò che sarebbe accaduto adesso<br />

e lui sapeva troppo poco <strong>di</strong> ciò che avrebbe dovuto fare. Posò la spada<br />

davanti a sé, al bordo dell'acqua, e si raddrizzò. Non poteva fare<br />

nient'altro. <strong>Il</strong> tempo scivolava via. Iniziò gli incantesimi e i gesti<br />

che avrebbero evocato gli spiriti dei morti. Eseguì il rituale con<br />

ferrea determinazione, scacciando il più possibile dubbi e incertezze,<br />

allontanando la paura. Sentì la terra rumoreggiare e il lago agitarsi in<br />

risposta al suo richiamo. <strong>Il</strong> cielo si oscurò come se fossero comparse<br />

nubi ad ammantarlo e le stelle scomparvero. L'acqua sibilò e ribollì, le<br />

voci dei morti cominciarono ad alzarsi in bisbigli che presto si<br />

mutarono in gemiti e grida. Bremen sentì la propria decisione<br />

rafforzarsi come per schermarlo in qualche modo da ciò che i morti<br />

avrebbero potuto fargli. Si rafforzò e s'irrigidì, tanto che gli unici<br />

movimenti provenivano dal rapido volo dei suoi pensieri. Aveva terminato<br />

l'evocazione: raccolse la spada e arretrò <strong>di</strong> qualche passo. <strong>Il</strong> lago<br />

ribolliva furiosamente, lanciando spruzzi in ogni <strong>di</strong>rezione, e le voci<br />

erano <strong>di</strong>ventate una cacofonia da far impazzire. Bremen rimase fermo al<br />

suo posto e attese ciò che doveva accadere. In quella valle era tagliato<br />

fuori dal mondo, isolato dai viventi, solo con i morti. Se qualcosa<br />

fosse andato storto, nessuno sarebbe accorso in suo aiuto. Qualsiasi<br />

cosa fosse accaduta quel giorno, avrebbe gravato solo sulle sue spalle.<br />

Ed ecco il centro del lago esplodere come un vulcano in eruzione e una<br />

colonna d'acqua, enorme e nera, alzarsi in aria. Bremen sgranò gli<br />

occhi: non aveva mai visto niente <strong>di</strong> simile. La colonna si alzò verso il<br />

cielo e l'acqua non ricadde, non si <strong>di</strong>sperse. Tutt'intorno svolazzavano<br />

le spettrali sagome degli spiriti dei morti. Comparvero in sciami,<br />

emergendo non dal lago, ma dalla colonna, proiettati dalla massa d'acqua<br />

ribollente. Nuotavano nell'aria come se fossero ancora in acqua e le<br />

loro piccole forme creavano una fantasmagoria <strong>di</strong> colori contro il nero<br />

della notte. Mentre turbinavano, emettevano grida, con voci acute e<br />

pungenti, come se non avessero mai voluto altro che trovarsi in quel<br />

preciso momento del tempo. Rimbombi simili a colpi <strong>di</strong> tosse si levarono<br />

all'improvviso dalla parte centrale della colonna e Bremen arretrò suo<br />

malgrado, perché sotto i suoi pie<strong>di</strong> il terreno si sollevava per la forza<br />

<strong>di</strong> quel frastuono. Forse aveva oltrepassato i limiti, penso inorri<strong>di</strong>to.<br />

Aveva sbagliato qualcosa. Ma era troppo tar<strong>di</strong> per apportare cambiamenti,<br />

anche se avesse saputo cosa fare, ed era troppo tar<strong>di</strong> per scappare. Fra<br />

le sue mani, la piastra dell'Eilt Druin incastonata nella spada iniziò a<br />

risplendere. Bremen trasalì come se si fosse scottato. Per tutte le<br />

ombre' Allora la colonna d'acqua s'infranse, si spezzò al centro come<br />

colpita dal fulmine. Dal suo interno scaturì una luce così vivida da<br />

costringere Bremen a ripararsi gli occhi. Alzò le braccia per<br />

proteggersi, tenendo davanti a sé la spada come per rintuzzare una<br />

minaccia. La luce sfolgorò e nello stesso tempo cominciò a emergere da<br />

essa una fila <strong>di</strong> forme scure. Si materializzarono a una a una, avvolte<br />

nel mantello e incappucciate, nere come la notte, emettendo nuvolette <strong>di</strong>


calore. Bremen cadde in ginocchio, incapace <strong>di</strong> restare ancora in pie<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> fronte a ciò che accadeva, sempre cercando <strong>di</strong> coprirsi gli occhi e<br />

nello stesso tempo <strong>di</strong> guardare. A una a una le figure ammantate si<br />

avvicinarono e Bremen le riconobbe: erano gli spiriti dei Drui<strong>di</strong><br />

defunti, le ombre <strong>di</strong> coloro che l'avevano preceduto, più imponenti in<br />

morte che non in vita, apparizioni prive <strong>di</strong> sostanza e tuttavia<br />

terribilmente presenti. <strong>Il</strong> vecchio druido si ritrasse da loro suo<br />

malgrado, tante ne erano giunte altre ancora sgorgavano, in una fila<br />

all'apparenza infinita che si librava a mezz'aria davanti a lui,<br />

accostandosi sopra le ribollenti acque del lago, inesorabili e<br />

tenebrose. Ora Bremen udì le loro parole, udì che chiamavano lui. Le<br />

loro voci superavano quelle delle figure più piccole che le<br />

accompagnavano, ripetevano in continuazione il suo nome. Bremen, Bremen.<br />

Davanti a tutti veniva Galaphile e la sua voce era la più forte. Bremen,<br />

Bremen. <strong>Il</strong> vecchio druido desiderò con tutto se stesso <strong>di</strong> fuggire,<br />

avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo fare. Sentì il proprio coraggio<br />

svanire, la propria determinazione sciogliersi come neve al sole. Quelle<br />

apparizioni venivano per lui, che già sentiva sul corpo il tocco delle<br />

loro mani spettrali. La follia gli ronzava nella testa, minacciava <strong>di</strong><br />

sopraffarlo. E quelle vennero ancora avanti, sagome gigantesche che si<br />

aprivano la strada nel buio, apparizioni prive <strong>di</strong> volto, fantasmi emersi<br />

dal tempo e dalla storia. Bremen scoprì <strong>di</strong> non riuscire a frenare il<br />

tremito, <strong>di</strong> non essere in grado <strong>di</strong> pensare lucidamente. Voleva gridare<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione. Poi furono <strong>di</strong> fronte a lui, Galaphile per primo, e<br />

Bremen chinò la testa nell'incavo del braccio, impotente. ... Presenta<br />

la spada... Bremen ubbidì e protese davanti a sé la spada come avrebbe<br />

proteso un talismano. Galaphile sfiorò con le <strong>di</strong>ta l'Eilt Druin e<br />

all'istante l'emblema avvampò <strong>di</strong> luce bianca. Galaphile si scostò e un<br />

altro druido si fece avanti, toccò l'emblema e si allontanò. A uno a<br />

uno, gli spiriti sfilarono e toccarono la spada, sfiorarono l'Eilt Druin<br />

e si allontanarono. Ogni volta l'emblema avvampò <strong>di</strong> luce. Da <strong>di</strong>etro il<br />

braccio con cui si schermava, Bremen guardò la cerimonia. Poteva<br />

sembrare una bene<strong>di</strong>zione, un'approvazione, ma il vecchio druido capì che<br />

si trattava <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> più, <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> più oscuro e <strong>di</strong> più<br />

importante. <strong>Il</strong> tocco dei morti trasferiva qualcosa nella spada. Bremen<br />

lo sentiva. Sentiva che faceva presa. Era ciò per cui era venuto.<br />

Impossibile sbagliarsi. Era ciò che cercava. Eppure nemmeno allora,<br />

nemmeno nel momento in cui accadeva, riusciva a decifrarne il senso.<br />

Così rimase in ginocchio sulla riva del Perno dell'Ade, negli spruzzi e<br />

nel buio, sbigottito e confuso, ascoltando i suoni dei morti, testimone<br />

oculare del loro passaggio, domandandosi che cosa avvenisse. Quando i<br />

Drui<strong>di</strong> furono tutti passati, Bremen restò solo. Le voci degli spiriti<br />

svanirono e nel silenzio udì l'ansito del proprio respiro affannoso. <strong>Il</strong><br />

sudore gli inzuppava il corpo, gli luccicava in viso. Aveva il braccio<br />

dolorante, ma non trovava la forza <strong>di</strong> ritrarre la spada protesa. Attese,<br />

sapendo che c'era dell'altro. ... Bremen... <strong>Il</strong> suo nome, detto da una<br />

voce che riconosceva. Alzò con prudenza la testa. Le ombre dei Drui<strong>di</strong><br />

erano sparite. La colonna d'acqua era scomparsa. Rimanevano solo il lago<br />

e il buio della notte e, proprio davanti a lui, lo spirito <strong>di</strong> Galaphile.<br />

Bremen si alzò e strinse a sé la spada, come per attingervi forza. Aveva<br />

lacrime sul viso e non sapeva da dove provenissero. Erano sue? Cercò <strong>di</strong>


parlare, ma non ci riuscì. Parlò invece l'ombra <strong>di</strong> Galaphile. ...<br />

Ascolta bene. La spada ha ricevuto il potere. Ora portala a chi la<br />

impugnerà. Cercalo a ponente. Lo riconoscerai. La spada ora appartiene a<br />

lui... Bremen cercò parole che si rifiutavano <strong>di</strong> venire. Lo spettro<br />

puntò il braccio. ... Domanda pure... <strong>Il</strong> vecchio druido sentì che la<br />

mente gli si snebbiava e le sue parole suonarono aspre, piene <strong>di</strong> timore<br />

reverenziale. "Cos'avete fatto?" ... Abbiamo dato la parte <strong>di</strong> noi stessi<br />

che potevamo dare. La nostra vita è terminata. I nostri insegnamenti<br />

sono andati perduti. La nostra magia si è <strong>di</strong>ssolta nel declino del<br />

tempo. <strong>Re</strong>sta solo la nostra verità, tutto ciò che ci è appartenuto in<br />

vita, negli insegnamenti, nella magia, risoluto e affilato e forte<br />

nell'uccidere... La verità? Bremen fissò l'ombra, perplesso. Dov'era il<br />

potere della spada? Quale forma <strong>di</strong> magia proveniva dalla verità? Tutti i<br />

Drui<strong>di</strong> che erano passati davanti a lui, che avevano toccato la spada e<br />

l'avevano fatta avvampare con tanta vivezza... per quello? Lo spettro <strong>di</strong><br />

Galaphile puntò <strong>di</strong> nuovo il braccio, in un gesto così autorevole che le<br />

domande morirono nella gola <strong>di</strong> Bremen mentre gli veniva chiesta<br />

attenzione. La figura scura davanti a lui spazzò via tutto, tranne la<br />

propria presenza, e all'intorno il silenzio fu totale. ... Ascolta,<br />

Bremen, ultimo <strong>di</strong> Paranor. Ti <strong>di</strong>rò ciò che dovresti sapere. Ascolta... E<br />

Bremen, catturato anima e cuore dal potere delle parole dello spettro,<br />

ascoltò. Quando tutto fu terminato e lo spirito <strong>di</strong> Galaphile scomparve,<br />

quando le acque del Perno dell'Ade tornarono immobili e l'alba d'argento<br />

e d'oro si fece avanti da oriente, il vecchio druido risalì la Valle<br />

d'Argilla e si stese sul letto <strong>di</strong> pietre nere per dormire. <strong>Il</strong> sole sorse<br />

e la luce del giorno <strong>di</strong>venne più intensa, ma il vecchio druido non si<br />

svegliò. Dormì <strong>di</strong> un sonno profondo, pieno <strong>di</strong> sogni, e le voci dei morti<br />

gli mormorarono parole che non poteva capire. Si svegliò al tramonto,<br />

tormentato dai sogni fatti, dall'incapacità <strong>di</strong> decifrarli, dal timore<br />

che gli nascondessero segreti che lui avrebbe dovuto svelare affinché le<br />

Razze potessero sopravvivere. Rimase seduto nel caldo e nelle ombre del<br />

crepuscolo sempre meno luminoso, trasse dalla sacca l'ultimo pezzo <strong>di</strong><br />

pane e ne mangiò metà, in silenzio, con lo sguardo perso verso le<br />

montagne, verso l'alta e bizzarra catena dei Denti del Drago, dove le<br />

nuvole si strofinavano contro i picchi frastagliati, nel loro viaggio a<br />

levante fino alle pianure. Bevve qualche sorso <strong>di</strong> birra dall'otre ormai<br />

semivuoto, e rifletté su ciò che aveva appreso. Rifletté sul segreto<br />

della spada. Sulla natura della magia della spada. Poi si alzò e scese<br />

le alture ai pie<strong>di</strong> del monte, fino al punto dove la notte precedente<br />

aveva lasciato il cavallo. Scoprì che il cavallo era sparito. Qualcuno<br />

l'aveva preso: le impronte del ladro erano chiare nel terriccio, solo<br />

una serie, i passi <strong>di</strong> una persona che si era avvicinata e si era<br />

allontanata col cavallo. Non <strong>di</strong>ede quasi nessun peso al furto e<br />

s'incamminò verso ponente, riluttante a ritardare ancora l'inizio del<br />

viaggio. A pie<strong>di</strong> avrebbe impiegato almeno quattro giorni, <strong>di</strong> più se<br />

avesse dovuto evitare l'esercito del Nord, cosa del resto molto<br />

probabile. Ma non poteva farci niente. Forse strada facendo avrebbe<br />

trovato un altro cavallo. Scese la notte e si levò una falce <strong>di</strong> luna<br />

crescente che rischiarò il cielo; le nuvole veleggiavano in silenzioso<br />

corteo, proiettando su <strong>di</strong> essa ombre passeggere. Bremen camminò con<br />

andatura regolare, seguendo il nastro argenteo del Mermidon che


serpeggiava verso ponente, e si tenne all'ombra dei Denti del Drago,<br />

dove il chiaro <strong>di</strong> luna non l'avrebbe esposto alla vista. Intanto<br />

rifletteva sulle proprie possibilità e continuava a esaminarle da tutti<br />

i punti <strong>di</strong> vista. Galaphile venne a lui, gli parlò e gli fece nuove<br />

rivelazioni. Gli spiriti dei Drui<strong>di</strong> sfilarono un'altra volta, spettri<br />

solenni e muti, e protesero la mano a toccare la spada, abbassarono le<br />

<strong>di</strong>ta sull'Eilt Druin, lo sfiorarono e si allontanarono. Trasferivano<br />

nella spada le verità scoperte in vita. La impregnavano del potere che<br />

simili verità potevano dare. Le conferivano potere. Bremen inspirò<br />

profondamente l'aria della notte. Ora capiva davvero appieno il potere<br />

del talismano? Pensava <strong>di</strong> sì, eppure gli pareva una ben piccola magia su<br />

cui confidare contro un nemico così potente. Come convincere l'uomo cui<br />

era destinata la spada che quel potere bastava a prevalere? Quanto, <strong>di</strong><br />

ciò che sapeva, avrebbe dovuto rivelare? Rivelando troppo poco, avrebbe<br />

rischiato <strong>di</strong> destinare a sicura sconfitta colui che l'avrebbe impugnata<br />

perché tenuto troppo all'oscuro. Rivelando troppo, avrebbe rischiato <strong>di</strong><br />

perderlo perché troppo impaurito. In quale <strong>di</strong>rezione gli sarebbe<br />

convenuto sbagliare? Avrebbe capito che si trattava dell'uomo giusto,<br />

quando l'avesse incontrato? Si sentiva andare alla deriva<br />

sull'incertezza. Troppe cose <strong>di</strong>pendevano da quell'arma, eppure era stato<br />

lasciato a lui solo il peso <strong>di</strong> decidere in quale modo adoperarla. A lui<br />

solo, perché quello era il fardello che si era assunto, il patto che<br />

aveva stretto. La notte passò lentamente e Bremen giunse dove il fiume<br />

si biforcava a meri<strong>di</strong>one attraverso le Montagne <strong>di</strong> Runne. <strong>Il</strong> vento<br />

soffiava da sudovest e portava odore <strong>di</strong> morte. Nel sentire quel lezzo<br />

riempirgli le narici, Bremen si fermò. C'erano uccisioni a valle del<br />

Mermidon, e in gran numero. Rifletté sul da farsi, poi guadò il fiume.<br />

Più in basso c'era Varfleet, l'inse<strong>di</strong>amento meri<strong>di</strong>onale dove cinque anni<br />

prima lui aveva reclutato Kinson. <strong>Il</strong> puzzo <strong>di</strong> morte proveniva da lì.<br />

Giunse nella citta<strong>di</strong>na quando il mattino era ancora lontano e la notte<br />

era un sudario silenzioso e buio. Mentre si avvicinava, il puzzo si<br />

faceva più intenso e capì subito cos'era avvenuto. C'era del fumo, pigri<br />

riccioli <strong>di</strong> nastro grigio nel chiaro <strong>di</strong> luna. Tizzoni ancora accesi<br />

mandavano una luce rossastra. Tavole <strong>di</strong> legno sporgevano come lance dal<br />

terreno. Varfleet era stata incen<strong>di</strong>ata e rasa al suolo, i suoi abitanti<br />

erano stati uccisi o costretti alla fuga. Uccisi a migliaia. <strong>Il</strong> vecchio<br />

druido scosse la testa, impotente, mentre percorreva le vie silenziose e<br />

deserte. Gli e<strong>di</strong>fici erano stati abbattuti e saccheggiati. A ogni<br />

angolo, persone e animali giacevano privi <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong>stesi in mucchi<br />

grotteschi. Camminò fra le macerie, stupito da tanta ferocia. Scavalcò<br />

il cadavere <strong>di</strong> un vecchio con gli occhi sbarrati e ormai ciechi. Un<br />

ratto sgusciò da sotto il cadavere e si allontanò rapido. Arrivò al<br />

centro della citta<strong>di</strong>na e si fermò. Non pareva che ci fosse stata una<br />

vera e propria battaglia: in giro si vedevano poche armi. Molti avevano<br />

l'aria d'essere stati sorpresi nel sonno. Quanti familiari e amici <strong>di</strong><br />

Kinson giacevano fra loro? Scosse tristemente la testa. L'attacco,<br />

calcolò, risaliva a un paio <strong>di</strong> giorni ad<strong>di</strong>etro. L'esercito invasore era<br />

giunto dall'Est ed era passato a nord del Lago Arcobaleno per scontrarsi<br />

con gli Elfi. Varfleet aveva avuto la sventura <strong>di</strong> trovarsi sul suo<br />

cammino. Tutti i villaggi delle Terre del Sud, fra lì e le Pianure <strong>di</strong><br />

Streleheim, avrebbero subito una sorte identica, pensò <strong>di</strong>sperato. Sentì


crescere dentro <strong>di</strong> sé un grande vuoto. Le parole per descrivere come si<br />

sentiva parevano davvero inadeguate. Si strinse nella veste scura, si<br />

mise in spalla la spada e uscì dalla citta<strong>di</strong>na, cercando <strong>di</strong> non guardare<br />

le vittime del massacro. Era quasi fuori, quando percepì un movimento.<br />

Un altro non se ne sarebbe accorto, ma lui era un druido. Non vedeva con<br />

gli occhi, ma con la mente. Qualcuno, ancora vivo, si teneva nascosto<br />

fra le macerie. Deviò a sinistra, procedendo con cautela, già protetto<br />

da una rete <strong>di</strong> magia. Non si sentiva minacciato, ma aveva il buon senso<br />

<strong>di</strong> fare attenzione. Avanzò fra una serie <strong>di</strong> case in rovina fino a una<br />

tettoia crollata. Lì, nel vano <strong>di</strong> un ingresso sbilenco, era acquattata<br />

una figura. Bremen si fermò. Era un fanciullo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci anni al massimo,<br />

con vesti lacere e macchiate, viso e mani su<strong>di</strong>ci e sporchi <strong>di</strong> cenere. <strong>Il</strong><br />

fanciullo si ritirò nell'ombra, come per chiedere riparo alla terra<br />

stessa. <strong>Re</strong>ggeva davanti a sé un coltello, in posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. Aveva<br />

capelli lisci e scuri, tagliati all'altezza delle spalle, che ricadevano<br />

flosci ai lati del viso smunto. "Esci pure, giovanotto" <strong>di</strong>sse piano<br />

Bremen. "Non hai niente da temere." <strong>Il</strong> fanciullo non si spostò <strong>di</strong> un<br />

palmo. "Qui non c'è nessuno, a parte te e me. Gli autori <strong>di</strong> questa<br />

strage se ne sono andati. Su, vieni fuori." <strong>Il</strong> fanciullo rimase dov'era.<br />

Bremen guardò in lontananza, <strong>di</strong>stratto dall'improvviso bagliore <strong>di</strong> una<br />

stella cadente. Trasse un profondo sospiro. Non poteva attardarsi e in<br />

ogni caso non poteva fare niente per il fanciullo. Stava perdendo tempo.<br />

"Ora me ne vado" <strong>di</strong>sse stancamente. "Dovresti fare come me. Qui sono<br />

tutti morti. Va' in uno dei villaggi a meri<strong>di</strong>one e chie<strong>di</strong> aiuto. Buona<br />

fortuna." Si girò e si allontanò. Quanti sarebbero rimasti senza casa,<br />

<strong>di</strong>strutti nello spirito, prima della fine! Era un pensiero deprimente.<br />

Scosse la testa. Percorse un centinaio <strong>di</strong> passi e all'improvviso si<br />

fermò. Si girò e vide che il fanciullo era lì: la schiena contro una<br />

parete, il coltello in pugno, lo teneva d'occhio. Bremen esitò. "Hai<br />

fame?" Tolse dalla sacca l'ultimo pezzo <strong>di</strong> pane. <strong>Il</strong> fanciullo allungò la<br />

testa e mostrò il viso. Gli occhi gli brillarono. Quegli occhi... Bremen<br />

sentì un'improvvisa stretta alla gola. Conosceva quel fanciullo! Era<br />

nella quarta visione <strong>di</strong> Galaphile! Lo tra<strong>di</strong>vano gli occhi, intensi,<br />

penetranti, che parevano strappare <strong>di</strong> dosso la pelle. Un semplice<br />

fanciullo, un orfano sopravvissuto a quel massacro... eppure aveva in sé<br />

qualcosa <strong>di</strong> profondo, d'affascinante... "Come ti chiami?" domandò piano<br />

Bremen. L'altro non rispose. Rimase immobile. Bremen esitò, poi mosse un<br />

passo. Subito il fanciullo si ritrasse nell'ombra. <strong>Il</strong> vecchio druido si<br />

fermò, posò a terra il pezzo <strong>di</strong> pane, si girò e si allontanò. Dopo<br />

cinquanta passi si fermò <strong>di</strong> nuovo. <strong>Il</strong> fanciullo lo seguiva, tenendolo<br />

d'occhio, e intanto sbocconcellava il pezzo <strong>di</strong> pane. Bremen gli rivolse<br />

varie domande, ma l'altro non rispose. Provò ad avvicinarsi, ma il<br />

fanciullo arretrò in fretta; cercò <strong>di</strong> convincerlo ad accostarsi, ma non<br />

gli <strong>di</strong>ede retta. Alla fine il vecchio druido riprese il cammino. Non<br />

sapeva cosa fare. Non voleva che lo seguisse, ma la visione <strong>di</strong> Galaphile<br />

suggeriva l'esistenza <strong>di</strong> un collegamento <strong>di</strong> qualche sorta fra lui e il<br />

fanciullo. Forse, con la pazienza, avrebbe scoperto <strong>di</strong> che cosa si<br />

trattava. Al sorgere del sole deviò <strong>di</strong> nuovo verso nord e riattraversò<br />

il Mermidon. Seguì la linea dei Denti del Drago fino al tramonto. Quando<br />

si accampò, vide che il fanciullo era lì, al limitare della radura dove<br />

aveva deciso <strong>di</strong> fermarsi: se ne stava nell'ombra degli alberi e lo


teneva d'occhio. Bremen non aveva cibo, ma lasciò a poca <strong>di</strong>stanza da sé<br />

una tazza <strong>di</strong> birra. Dormì fino a mezzanotte, poi si svegliò e riprese il<br />

cammino. <strong>Il</strong> fanciullo aspettava, e quando Bremen riprese il viaggio lo<br />

seguì. Continuarono così per tre giorni. Al termine del terzo giorno, il<br />

fanciullo si avvicinò e <strong>di</strong>vise col druido un parco pasto a base <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>ci e bacche. Al mattino, svegliandosi, Bremen lo scoprì che dormiva<br />

accanto a lui. Si alzarono insieme e procedettero verso ponente. Quella<br />

sera, mentre arrivavano al limitare delle Pianure <strong>di</strong> Streleheim e si<br />

preparavano ad attraversarle, il fanciullo si decise a parlare. Si<br />

chiamava, <strong>di</strong>sse al vecchio druido, Allanon.<br />

Parte quarta<br />

LA BATTAGLIA DELLA VALLE DI RHENN<br />

27<br />

Era tardo pomeriggio e c'era poca luce, grigia e brumosa, nello stu<strong>di</strong>o<br />

del pa<strong>di</strong>glione estivo dei Ballindarroch, dove in quel momento Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> esaminava le mappe aperte sul tavolo. Fuori continuava a<br />

piovere. <strong>Il</strong> re degli Elfi aveva l'impressione che piovesse da settimane,<br />

ma sapeva bene che quell'impressione era generata in gran parte dal suo<br />

attuale umore: appena pensava alle con<strong>di</strong>zioni del tempo, pareva proprio<br />

che piovesse <strong>di</strong> nuovo. E quel giorno la pioggia era più intensa del<br />

solito, spinta da un vento <strong>di</strong> ponente che frustava i rami degli alberi e<br />

sparpagliava foglie come pezzi <strong>di</strong> carta. Alzò gli occhi dalle mappe che<br />

aveva accuratamente esaminato e sospirò. Trovava una certa consolazione<br />

nel fatto che, col maltempo, il Signore degli Inganni incontrasse<br />

maggiori <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lui a muovere l'esercito. Dei due, quello del<br />

Signore degli Inganni era il meno manovrabile: un grande, scomposto,<br />

lento bestione gravato <strong>di</strong> salmerie e <strong>di</strong> macchine d'asse<strong>di</strong>o. Nelle<br />

migliori con<strong>di</strong>zioni atmosferiche poteva percorrere forse venti miglia al<br />

giorno. Tre giorni prima era entrato nelle Pianure <strong>di</strong> Streleheim e solo<br />

adesso aveva completato l'attraversamento del Mermidon. Quin<strong>di</strong> avrebbe<br />

impiegato almeno altri due giorni per arrivare nella Valle <strong>di</strong> Rhenn. Gli<br />

Elfi erano già sul posto. Avvisati dagli esploratori, sapevano da più <strong>di</strong><br />

una settimana dell'arrivo dell'esercito del Nord e avevano avuto tutto<br />

il tempo <strong>di</strong> prepararsi. Una volta in<strong>di</strong>viduato il nemico, era facile<br />

immaginare da quale parte avrebbe attaccato Arborlon e gli Elfi. La<br />

Valle <strong>di</strong> Rhenn era la via più praticabile e <strong>di</strong>retta per le Terre<br />

dell'Ovest. Un grosso esercito avrebbe avuto <strong>di</strong>fficoltà a procedere su<br />

altri percorsi e poi si sarebbe trovato ad attaccare la città natia<br />

degli Elfi da uno dei lati meglio protetti. A nord, a sud e a ovest<br />

Arborlon aveva <strong>di</strong>fese naturali: montagne, <strong>di</strong>rupi, il Fiume Rill Song.<br />

Solo da est era vulnerabile. E l'unica posizione strategica per i suoi<br />

<strong>di</strong>fensori era la Valle <strong>di</strong> Rhenn. Se i passi <strong>di</strong> quella valle fossero<br />

caduti in mano al nemico, la via per Arborlon sarebbe stata spalancata.<br />

Le mappe, purtroppo, mostravano proprio questo. Jerle le aveva stu<strong>di</strong>ate<br />

attentamente per più <strong>di</strong> un'ora e non aveva scoperto niente <strong>di</strong> nuovo. Gli<br />

Elfi avrebbero dovuto <strong>di</strong>fendere la Valle <strong>di</strong> Rhenn, altrimenti sarebbero<br />

stati perduti. Non esisteva una seconda linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa che valesse la<br />

pena considerare. Questo fatto semplificava le decisioni. <strong>Re</strong>stava solo<br />

da decidere la tattica. Gli Elfi avrebbero dunque <strong>di</strong>feso la Valle <strong>di</strong><br />

Rhenn, ma come? Quanto avrebbero dovuto estendere le proprie linee per<br />

rallentare l'attacco iniziale? Quali misure protettive dovevano prendere


contro un attacco ai fianchi lanciato da contingenti minori in grado <strong>di</strong><br />

penetrare nelle foreste? Quali formazioni dovevano impiegare contro un<br />

esercito cinque volte superiore che avrebbe usato macchine d'asse<strong>di</strong>o<br />

costruite durante la marcia a occidente? Dalle mappe non ricavava certo<br />

le risposte a queste domande, ma stu<strong>di</strong>andole riusciva a stabilire meglio<br />

che cosa occorresse. Guardò ancora una volta dalla finestra la pioggia.<br />

Preia sarebbe tornata presto e avrebbero cenato insieme, per l'ultima<br />

volta, prima <strong>di</strong> partire per la Valle <strong>di</strong> Rhenn. La maggior parte<br />

dell'esercito era già accampata nella valle. <strong>Il</strong> Gran Consiglio aveva<br />

proclamato lo stato d'emergenza e lui, da poco incoronato, aveva assunto<br />

il potere. Adesso aveva potere assoluto e incontrastato. Era stato<br />

incoronato due settimane prima, aveva preso in moglie Preia e adottato i<br />

due orfani Ballindarroch. Sistemata la faccenda della successione al<br />

trono, aveva rivolto l'attenzione al Gran Consiglio. Aveva nominato<br />

primo ministro Vree Erreden e incluso Preia fra i consiglieri. C'era<br />

stata qualche protesta, ma nessuna opposizione. Aveva chiesto il<br />

permesso <strong>di</strong> mobilitare l'esercito e <strong>di</strong> marciare a levante in aiuto dei<br />

Nani. C'erano state altre proteste e un accenno d'opposizione, ma prima<br />

che prendesse corpo, si era saputo che l'esercito del Nord si avvicinava<br />

e che gli Elfi non avrebbero avuto bisogno <strong>di</strong> marciare da nessuna parte.<br />

Riflettendo ora su quei particolari, Jerle scosse la testa. Non sapeva<br />

che fine avessero fatto i Nani. Nessuno lo sapeva. Aveva inviato alcuni<br />

cavalieri per scoprire se l'esercito dei Nani era stato <strong>di</strong>strutto, come<br />

correva voce, ma ancora non aveva avuto notizie precise. Poteva solo<br />

concludere che i Nani non erano in grado <strong>di</strong> aiutare nessuno e che gli<br />

Elfi dovevano cavarsela da soli. Scosse stancamente la testa. Gli Elfi<br />

erano rimasti senza alleati, senza magia, senza Drui<strong>di</strong>, senza una vera<br />

possibilità <strong>di</strong> vincere quella guerra, malgrado le visioni e le profezie<br />

e tutte le speranze. Riprese a stu<strong>di</strong>are le mappe, come se la soluzione<br />

del problema si trovasse lì e gli fosse sfuggita. C'era stato un<br />

periodo, non molto tempo prima, in cui non si sarebbe mai permesso <strong>di</strong><br />

fare una stima così onesta della situazione. Non avrebbe mai ammesso <strong>di</strong><br />

poter perdere una battaglia contro un nemico più forte. Era molto<br />

cambiato, da allora. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Tay Trefenwyd e dei Ballindarroch, il<br />

rischio <strong>di</strong> perdere anche Preia, la corona <strong>di</strong> re degli Elfi in<br />

circostanze non proprio ideali, la scoperta <strong>di</strong> avere in se stesso pecche<br />

<strong>di</strong> cui non si era reso conto, gli avevano dato una prospettiva <strong>di</strong>versa.<br />

Non era un'esperienza debilitante, ma moderatrice. Immaginava che<br />

accadesse a tutti, maturando. Era il rito <strong>di</strong> passaggio che si sopporta<br />

quando ci si lascia alle spalle, una volta per tutte, la fanciullezza.<br />

Si ritrovò a esaminare le cicatrici che aveva sul dorso delle mani.<br />

Piccole mappe anch'esse, tracciavano l'evoluzione della sua vita.<br />

Guerriero fin dalla nascita, ora re degli Elfi, aveva percorso in breve<br />

tempo molta strada e le cicatrici fornivano, meglio delle parole, un<br />

accurato ren<strong>di</strong>conto del prezzo <strong>di</strong> quel viaggio. Quante altre se ne<br />

sarebbe procurato nella battaglia contro il Signore degli Inganni? Era<br />

abbastanza forte per quel confronto? Abbastanza forte per sopravvivere?<br />

Portava in battaglia non solo il proprio futuro, ma anche quello del suo<br />

popolo. Quanto doveva essere forte, per questo? I battenti della porta<br />

che dava sulla terrazza si spalancarono con forza, sbattuti contro la<br />

parete dal vento, e le tende volteggiarono come impazzite. Nel veder


entrare nella stanza due figure in mantello nero, zuppe <strong>di</strong> pioggia e un<br />

po' curve, Jerle <strong>Shannara</strong> allungò la mano verso la spada. Le mappe si<br />

sparpagliarono per terra, i lumi tremolarono e si spensero. "Trattieni<br />

la mano, re degli Elfi" or<strong>di</strong>nò il primo degli intrusi, mentre il<br />

secondo, più piccolo, si girava a chiudere la porta, lasciando fuori il<br />

vento e la pioggia. Nella stanza tornò il silenzio. Dagli intrusi<br />

gocciolava acqua che si raccoglieva in pozze e sporcava il pavimento. <strong>Il</strong><br />

re si tenne sulla <strong>di</strong>fensiva, la spada in parte sguainata, pronto a<br />

scattare. "Chi siete?" domandò. <strong>Il</strong> più alto degli intrusi tirò in<strong>di</strong>etro<br />

il cappuccio e si mostrò nella luce incerta e grigia. Jerle <strong>Shannara</strong><br />

trasse un lungo sospiro. Era il druido Bremen. "Non contavo più su <strong>di</strong><br />

te" <strong>di</strong>sse in un bisbiglio, lasciando trasparire l'emozione. "Nessuno ci<br />

sperava, ormai." <strong>Il</strong> vecchio druido gli rivolse un sorriso amaro. "Ne<br />

avevate motivo. C'è voluto molto tempo per raggiungerti, tanto quanto<br />

quello necessario per scoprire che eri tu colui che cercavo." Da sotto<br />

il mantello fra<strong>di</strong>cio trasse un oggetto lungo e sottile, avvolto in<br />

stoffa scura. "Ti ho portato una cosa." Jerle <strong>Shannara</strong> annuì. "Lo so."<br />

Rimise nel fodero la sua spada. Un lampo <strong>di</strong> sorpresa si accese negli<br />

occhi del druido. Guardò il suo compagno. "Allanon" <strong>di</strong>sse. <strong>Il</strong> fanciullo<br />

si tolse il cappuccio, mostrandosi. Occhi scuri e ardenti fissarono il<br />

re degli Elfi, ma il viso liscio, dai tratti spigolosi, non rivelò<br />

niente. "Togliti il mantello e aspetta fuori. Non far entrare nessuno,<br />

finché non avremo terminato. <strong>Di</strong>' che si tratta <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne del re." <strong>Il</strong><br />

fanciullo annuì, si tolse il mantello, lo appese a un attaccapanni e<br />

uscì. Bremen e Jerle <strong>Shannara</strong> rimasero soli nello stu<strong>di</strong>o, con le mappe<br />

ancora sparpagliate per terra, e si guardarono negli occhi. "Ne è<br />

passato <strong>di</strong> tempo, Jerle." <strong>Il</strong> re sospirò. "E' vero. Cinque anni? <strong>Di</strong> più,<br />

forse?". "Quanto basta per non riconoscere i tratti del tuo viso. O<br />

forse sei semplicemente invecchiato, come tutti." Nel crepuscolo che<br />

s'insinuava nella stanza, il suo sorriso andava e veniva. "<strong>Di</strong>mmi cosa<br />

sapevi del mio arrivo." Jerle si rilassò, mentre guardava il druido<br />

togliersi il mantello e gettarlo stancamente da parte. "Mi hanno detto<br />

che mi porti una spada forgiata con la magia. Una spada che devo usare<br />

nella battaglia contro il Signore degli Inganni." Esitò. "E' vero? Hai<br />

portato un'arma del genere?" <strong>Il</strong> vecchio druido annuì. "Sì." Depose con<br />

cura sul tavolo l'oggetto avvolto in stoffa scura. "Ma non ero sicuro<br />

che fosse destinata a te finché non ti ho visto sguainare la spada,<br />

pronto a colpirmi. In quel momento ho capito che eri colui al quale la<br />

spada è destinata. Alcune settimane fa, al Perno dell'Ade, mi è stata<br />

mostrata una visione in cui impugnavi questa spada, ma non ti ho<br />

riconosciuto. Tay Trefenwyd ti ha parlato <strong>di</strong> quella visione?" "Sì. Ma<br />

neppure lui sapeva che la spada era destinata a me. E' stato il locat<br />

Vree Erreden ad avvisarmi. Anche lui ha avuto una visione, mi ha visto<br />

impugnare quella spada, una spada con un emblema incastonato nell'elsa,<br />

l'emblema <strong>di</strong> una mano che protende una torcia accesa. Mi ha detto che<br />

quello era il simbolo dei Drui<strong>di</strong>." "Un locat?" si stupì Bremen,<br />

scuotendo la testa. "Pensavo che sarebbe stato Tay a..." "No. Tay<br />

Trefenwyd è morto, ucciso alcune settimane fa nella Catena <strong>di</strong> Confine."<br />

Parlò con voce rapida, dura, e le parole uscirono accavallate. "Ero con<br />

lui. Eravamo andati a recuperare la Pietra Nera, come ci avevi detto.<br />

Abbiamo trovato la Pietra, ma le creature del Signore degli Inganni


hanno trovato noi. Eravamo in cinque contro un centinaio. C'erano<br />

Messaggeri del Teschio. Tay capì che eravamo condannati. La sua magia<br />

era svanità, consumata nella lotta per impossessarsi della Pietra, così<br />

lui..." <strong>Il</strong> re non trovò più parole. Sentiva le lacrime rigargli il viso,<br />

aveva un nodo in gola. Non riuscì a proseguire. "Ha usato la Pietra Nera<br />

ed essa l'ha ucciso" terminò per lui il vecchio druido, a voce così<br />

bassa da essere appena percettibile. "Anche se l'avevo messo in guar<strong>di</strong>a.<br />

Anche se sapeva cosa sarebbe accaduto." Serrò con forza le mani, vecchie<br />

e nodose. "Perché doveva. Perché non poteva farne a meno." Rimasero in<br />

silenzio l'uno davanti all'altro, senza guardarsi. Poi Jerle si chinò a<br />

raccogliere alcune mappe e le rimise sul tavolo, accanto all'involto <strong>di</strong><br />

tela. <strong>Il</strong> vecchio lo guardò per un momento, poi si chinò per aiutarlo.<br />

Quando le mappe furono tutte al loro posto, il vecchio prese fra le sue<br />

mani quelle del re. "Mi <strong>di</strong>spiace che sia morto, più <strong>di</strong> quanto non sappia<br />

esprimere a parole. Era un buon amico per entrambi." "Mi ha salvato la<br />

vita" <strong>di</strong>sse piano Jerle, non sapendo cos'altro <strong>di</strong>re, e decidendo dopo un<br />

attimo che quelle parole bastavano. Bremen annuì. "Ero preoccupato per<br />

lui" mormorò, lasciando le mani del re e accostandosi a una se<strong>di</strong>a.<br />

"Possiamo sederci, mentre parliamo? Ho camminato tutta la notte e tutto<br />

il giorno, per raggiungerti. <strong>Il</strong> fanciullo mi ha accompagnato. E' un<br />

superstite dell'attacco a Varfleet. Mentre avanza, l'esercito del Nord<br />

devasta il paese e gli abitanti, <strong>di</strong>strugge qualsiasi cosa, uccide<br />

chiunque. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni comincia a perdere la pazienza."<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> si sedette <strong>di</strong> fronte a lui. Le mani del druido,<br />

stringendo le sue, gli avevano dato l'impressione <strong>di</strong> toccare foglie<br />

secche. Una sensazione <strong>di</strong> morte che non riusciva a togliersi <strong>di</strong> dosso.<br />

"Che fine hanno fatto i Nani?" domandò, nel tentativo <strong>di</strong> sviare i propri<br />

pensieri. "Non siamo riusciti ad avere loro notizie." "I Nani hanno<br />

contrastato l'invasione dell'esercito del Nord finché hanno potuto. Le<br />

voci su ciò che è accaduto in seguito sono <strong>di</strong>verse. Le ho sentite, ma ho<br />

ragione <strong>di</strong> credere che siano errate. Ho inviato degli amici a scoprire<br />

la verità e a portare in tuo aiuto i Nani, se saranno in grado <strong>di</strong><br />

farlo." <strong>Il</strong> re scosse la testa, con aria scoraggiata. "Perché dovrebbero<br />

venire in nostro aiuto, quando noi non siamo accorsi da loro? Noi li<br />

abbiamo abbandonati, Bremen." "Avevi un motivo." "Può darsi. Non ne sono<br />

più tanto sicuro. Sei al corrente della morte <strong>di</strong> Courtann Ballindarroch?<br />

E della <strong>di</strong>struzione della sua famiglia?" "Mi hanno informato." "Abbiamo<br />

fatto il possibile, Tay e io. Ma il Gran Consiglio non voleva agire<br />

senza la guida <strong>di</strong> un re. Non c'era niente da fare. Così abbiamo<br />

rinunciato ai nostri sforzi per aiutare i Nani e ci siamo messi invece<br />

alla ricerca della Pietra Nera." Esitò. "Ora mi domando se sia stata una<br />

scelta saggia." <strong>Il</strong> druido si sporse verso <strong>di</strong> lui, con una luce intensa<br />

negli occhi. "La Pietra Nera è in tuo possesso?" <strong>Il</strong> re annuì. "Nascosta<br />

al sicuro, in attesa del tuo arrivo. Non voglio averci più niente a che<br />

fare. Ho visto <strong>di</strong> che cosa è capace. Ho visto quant'è pericolosa. Da<br />

questa storia traggo un solo conforto: sapere che la Pietra sarà usata<br />

per <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni e i suoi mostri." Bremen scosse<br />

la testa. "No, Jerle. La Pietra Nera non è destinata a questo scopo." Le<br />

parole furono secche e sorprendenti. <strong>Il</strong> re <strong>di</strong>venne rosso e protestò,<br />

rauco per la collera: "vuoi <strong>di</strong>re che Tay è morto per niente? E' questo,<br />

che <strong>di</strong>ci?". "Non arrabbiarti con me. Non faccio io le regole <strong>di</strong> questo


gioco. Anch'io sono soggetto ai dettami del fato. La Pietra Nera non è<br />

un'arma in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni. Ti è <strong>di</strong>fficile<br />

crederlo, lo so, ma è la verità. La Pietra è un'arma potente, ma<br />

stravolge chi la usa. Lo infetta con lo stesso potere che cerca <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struggere. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni e un male così penetrante che ogni<br />

tentativo <strong>di</strong> rivolgere contro <strong>di</strong> lui la Pietra si risolverebbe nella<br />

<strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> chi la usa." "Allora perché abbiamo rischiato la vita per<br />

recuperarla?" Livido in viso, il re non riusciva a nascondere la<br />

collera. <strong>Il</strong> vecchio druido rispose in tono calmo, convincente. "Perché<br />

non potevamo permettere che cadesse nelle mani <strong>di</strong> Brona. Perché in mano<br />

sua la Pietra <strong>di</strong>venterebbe un'arma mici<strong>di</strong>ale. E perché, re degli Elfi, è<br />

necessaria per qualcosa <strong>di</strong> ancora più importante. Quando questa storia<br />

si sarà conclusa e il Signore degli Inganni non esisterà più, la Pietra<br />

consentirà ai Drui<strong>di</strong> <strong>di</strong> aiutare le Quattro Terre, anche dopo la mia<br />

morte. Consentirà la sopravvivenza della loro magia e del loro sapere."<br />

<strong>Il</strong> re fissò in silenzio il druido, senza capire. Un lieve bussare alla<br />

porta li <strong>di</strong>strasse. <strong>Il</strong> re batté le palpebre e domandò con irritazione:<br />

"Chi è?". La porta si aprì ed entrò Preia Starle. Parve in<strong>di</strong>fferente<br />

alle brusche maniere <strong>di</strong> Jerle. Lanciò un'occhiata a Bremen, poi guardò<br />

<strong>di</strong> nuovo il re. "Vorrei portare il fanciullo nei quartieri delle Guar<strong>di</strong>e<br />

<strong>Re</strong>ali per farlo rifocillare e riposare. E' sfinito. Non è necessario che<br />

continui a stare <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Ho provveduto a fare in modo che nessuno vi<br />

<strong>di</strong>sturbi, mentre parlate." Si rivolse a Bremen. "Benvenuto ad Arborlon."<br />

<strong>Il</strong> vecchio si alzò e le rivolse un breve inchino. "<strong>Re</strong>gina." Lei gli<br />

sorrise. "Sempre e solo Preia, per te." Tornò seria. "Allora sai cos'è<br />

accaduto?" "Che Jerle è re e che tu sei regina? E' stata la prima cosa<br />

che ho appreso, appena giunto in città. Tutti ne parlano. Siete tutt'e<br />

due benedetti, Preia. Sarete un sostegno l'uno per l'altra e per il<br />

vostro popolo. Sono lieto della notizia." "Sei molto gentile" rispose<br />

Preia, con occhi scintillanti. "Mi auguro che tu pure possa essere un<br />

sostegno per noi in ciò che ci attende. Ora ti prego <strong>di</strong> scusarmi.<br />

Porterò con me il fanciullo. Non stare in pensiero per lui. Abbiamo già<br />

fatto amicizia." Se ne andò e chiuse la porta. Bremen guardò il re. "Sei<br />

fortunato ad averla al fianco" <strong>di</strong>sse a bassa voce. "Spero che te ne<br />

renda conto." Jerle <strong>Shannara</strong> in quel momento pensava a un altro tempo,<br />

non molto lontano, in cui si era trovato <strong>di</strong> fronte alla possibilità <strong>di</strong><br />

perderla. Ancora lo tormentava, il pensiero che le sue congetture su <strong>di</strong><br />

lei fossero state così errate. Tay e Preia, le due persone a lui più<br />

vicine al mondo: lui aveva frainteso l'uno e l'altra, non era riuscito a<br />

capirli come avrebbe dovuto, e aveva ricevuto una lezione che non<br />

avrebbe mai <strong>di</strong>menticato. Nella stanza tornò il silenzio, mentre il<br />

crepuscolo riempiva <strong>di</strong> ombre gli angoli e la pioggia picchiettava piano<br />

all'esterno. <strong>Il</strong> re si alzò e riaccese le lampade spente dalla raffica <strong>di</strong><br />

vento. L'oscurità <strong>di</strong>minuì. <strong>Il</strong> druido lo guardò, in silenzio, aspettando<br />

che terminasse. <strong>Il</strong> re tornò a sedersi, ancora a <strong>di</strong>sagio. Guardò Bremen e<br />

corrugò la fronte. "Pensavo a quanto sia importante non dare mai nulla<br />

per scontato. Avrei dovuto tenerlo a mente anche per quanto riguarda la<br />

Pietra Nera. Ma la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Tay era insopportabile, se non pensavo che<br />

fosse morto per una buona causa. Presumevo erroneamente che la sua morte<br />

avrebbe garantito la <strong>di</strong>struzione del Signore degli Inganni. E' <strong>di</strong>fficile<br />

accettare che sia morto per qualcosa d'altro." "E' <strong>di</strong>fficile accettare


che sia morto e basta" replicò piano Bremen. "Ma la sua morte è legata<br />

in ogni caso alla <strong>di</strong>struzione del Signore degli Inganni e non <strong>di</strong>venta<br />

inutile solo perché la Pietra ha un uso <strong>di</strong>verso da quello che tu<br />

credevi. Tay lo capirebbe, se fosse qui. In quanto re, devi fare come<br />

lui." Jerle ebbe un sorriso amaro, pieno <strong>di</strong> sofferenza. "Sono ancora<br />

inesperto. Questa storia d'essere re. Non è cosa che cercassi." "Me ne<br />

compiaccio" replicò il druido, con una scrollata <strong>di</strong> spalle. "L'ambizione<br />

non è una qualità che ti aiuterebbe, nel confronto col Signore degli<br />

Inganni." "Cosa mi aiuterà, allora? Parlami della spada, Bremen."<br />

L'impazienza ebbe la meglio sulla collera e sullo scoramento.<br />

"L'esercito del Nord marcia contro <strong>di</strong> noi. Entro due giorni arriverà<br />

nella Valle <strong>di</strong> Rhenn. O lo fermiamo lì, o siamo perduti Ma perché ci sia<br />

una reale possibilità, devo avere un'arma a cui il Signore degli Inganni<br />

non possa resistere. <strong>Di</strong>ci <strong>di</strong> avermela portata. Parlami del suo segreto.<br />

<strong>Di</strong>mmi cosa posso fare." Rimase in attesa, rosso in viso e ansioso,<br />

fissando il druido. Bremen non si mosse, sostenne il suo sguardo, non<br />

aprì bocca. Poi si alzò, si accostò al tavolo, prese il fagotto e lo<br />

porse al re. "Ora è tua. Apri." Jerle <strong>Shannara</strong> ubbidì, slegò le<br />

cor<strong>di</strong>celle, svolse con cura la tela. Alla fine ebbe in mano una spada<br />

nel fodero. La spada era <strong>di</strong> lunghezza e formato insoliti, ma leggera e<br />

perfettamente forgiata. L'elsa, all'altezza della guar<strong>di</strong>a, aveva un<br />

intarsio col <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> una mano che protendeva una torcia ardente. <strong>Il</strong><br />

re sguainò la spada e si meravigliò della lucentezza della lama, priva<br />

della minima macchia, e della sensazione che provò nell'impugnarla: come<br />

se fosse nel posto giusto, come se fosse realmente destinata a lui. Per<br />

qualche istante la stu<strong>di</strong>ò in silenzio. La fiamma della torcia si<br />

allungava verso la punta e nella penombra il re poteva quasi immaginare<br />

che guizzasse <strong>di</strong> luce propria. Protese davanti a sé la spada,<br />

saggiandone il peso e il bilanciamento. <strong>Il</strong> metallo brillò alla luce<br />

delle lampade, vivo ed esigente. <strong>Il</strong> re guardò Bremen e annuì lentamente.<br />

"Una lama meravigliosa" mormorò. "In essa c'è più <strong>di</strong> quanto tu non<br />

percepìsca, Jerle <strong>Shannara</strong>... e meno" replicò in fretta il vecchio<br />

druido. "Perciò ascolta con attenzione ciò che ti <strong>di</strong>rò. Queste<br />

informazioni sono esclusivamente per te. Solo Preia potrà venirle a<br />

sapere, e solo se lo riterrai in<strong>di</strong>spensabile. Troppo potrebbe <strong>di</strong>pendere<br />

dal fatto <strong>di</strong> mantenere il segreto. Devi darmi la tua parola." <strong>Il</strong> re<br />

esitò, lanciò un'occhiata alla spada, poi annuì. "Hai la mia parola." <strong>Il</strong><br />

druido gli si fece vicinissimo e parlò a bassa voce. "Accettando questa<br />

spada, la ren<strong>di</strong> tua. Ma devi conoscere la sua storia e il suo scopo,<br />

perché essa ti serva bene. Prima la sua storia." Esitò, scegliendo con<br />

cura le parole. "La spada è stata forgiata dal miglior fabbro delle<br />

Terre del Sud, secondo una formula che risale al mondo antico. E' stata<br />

temprata con il calore e la magia e la lega <strong>di</strong> cui è fatta la rende<br />

leggera e robusta. Non si spezzerà in battaglia, né colpita dal ferro né<br />

dalla magia. Supererà ogni prova a cui sia sottoposta. E' impregnata<br />

della magia dei Drui<strong>di</strong>. Contiene in sé il potere <strong>di</strong> tutti i Drui<strong>di</strong> che<br />

sono esistiti, <strong>di</strong> tutti coloro che si radunarono a Paranor nel corso dei<br />

secoli e poi passarono da questo mondo all'altro. Dopo la forgiatura,<br />

l'ho portata al Perno dell'Ade e ho evocato gli spiriti. Sono comparsi<br />

tutti, e a uno a uno sono passati davanti a me e hanno toccato la lama.<br />

Durante la forgiatura, nell'elsa è stato incastonato l'Eilt Druin, il


medaglione della carica <strong>di</strong> Grande Druido, il simbolo del loro potere.<br />

L'hai visto con i tuoi occhi: una mano che protende una torcia accesa.<br />

Proprio questo simbolo gli spiriti dei morti sono venuti a sottoscrivere<br />

e a impregnare dell'ultimo loro potere terreno, tutto ciò che poterono<br />

portare con sé dopo questa vita. "Veniamo ora allo scopo della spada. E'<br />

una lama ben costruita, un'arma <strong>di</strong> grande forza e resistenza, ma queste<br />

qualità, da sole, non bastano a metterla in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il<br />

Signore degli Inganni. Questa spada non è destinata a essere usata come<br />

un'arma qualsiasi. Può essere adoperata come un'arma normale, certo. Ma<br />

non è stata forgiata perché fosse affilata e resistente, bensì per dare<br />

corpo al potere della magia che risiede nel suo interno. Questa magia,<br />

re degli Elfi, sarà ciò che ti darà la vittoria, quando affronterai<br />

Brona." Riprese fiato, come se il lungo <strong>di</strong>scorso l'avesse sfinito. Nella<br />

scarsa luce il suo viso segnato era stanco e pallido. "<strong>Il</strong> potere <strong>di</strong><br />

questa spada, Jerle <strong>Shannara</strong>, è la verità. Verità, pura e semplice.<br />

Verità, totale e senza macchia. Verità, spogliata <strong>di</strong> tutti gli inganni,<br />

<strong>di</strong> tutte le menzogne, <strong>di</strong> tutte le false apparenze, capace <strong>di</strong> smascherare<br />

colui contro il quale la magia è <strong>di</strong>retta. E' un arma potentissima, alla<br />

quale Brona non può resistere, perché lui è ammantato <strong>di</strong> inganni e<br />

menzogne, false apparenze e occultamenti: questi sono le bardature del<br />

suo potere. Sopravvive nascondendo la verità. Costringilo ad affrontare<br />

la verità, e lui è finito. "Non compresi il segreto del potere della<br />

spada, quando mi fu esposto al Perno dell'Ade. Come può, la verità,<br />

avere la forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere una creatura mostruosa come il Signore<br />

degli Inganni? Dov'è, in questo, la magia dei Drui<strong>di</strong>? Ma dopo qualche<br />

tempo cominciai a capire. Le parole "Eilt Druin" significano "Dalla<br />

Verità, il Potere". Era il credo dei Drui<strong>di</strong> all'inizio, la meta che<br />

stabilirono per se stessi quando si radunarono a Paranor, il loro scopo<br />

fra le Razze, dal <strong>Primo</strong> Consiglio in poi. Fornire alla Razza dell'Uomo<br />

la verità. Verità che desse conoscenza e comprensione. Verità che<br />

facilitasse il progresso. Verità che offrisse speranza. In questo modo i<br />

Drui<strong>di</strong> avrebbero aiutato le Razze nella ricostruzione." Batté le<br />

palpebre; i suoi occhi scuri erano remoti e stanchi. "Ciò che furono in<br />

vita è ora incorporato nella spada che hai in mano; e tu devi trovare un<br />

modo perché il loro retaggio sod<strong>di</strong>sfi le tue necessità. Non sarà facile.<br />

Non è così semplice come appare sulle prime. Porterai la spada in<br />

battaglia contro il Signore degli Inganni. Metterai Brona con le spalle<br />

al muro. Lo toccherai con la spada e la magia della lama lo <strong>di</strong>struggerà.<br />

Tutto questo è promesso. Ma solo se sarai più forte <strong>di</strong> lui, nella tua<br />

risolutezza, nel tuo spirito e nel tuo cuore." <strong>Il</strong> re degli Elfi scuoteva<br />

la testa. "Come posso esserlo? Anche se accettassi ciò che mi hai detto,<br />

e ancora non so se riuscirò ad accettarlo... è <strong>di</strong>fficile da<br />

assimilare... come potrò essere più forte <strong>di</strong> una creatura in grado <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struggere perfino te?" <strong>Il</strong> vecchio druido prese la mano che stringeva<br />

la spada e l'alzò in modo che la lama si trovasse fra loro due.<br />

"Rivolgendo per prima cosa il potere della spada contro te stesso!"<br />

Negli occhi del re degli Elfi comparve la paura. "Contro me stesso? La<br />

magia dei Drui<strong>di</strong>?" "Ascoltami, Jerle" proseguì l'altro, con voce pacata,<br />

stringendo la presa in modo che il braccio con la spada non ricadesse,<br />

in modo che la spada fosse un filo d'argento che li legava, lucido e<br />

scintillante. "Ciò che ti si chiede non è facile... te l'ho già detto.


Ma è fattibile. Devi rivolgere contro te stesso il potere della spada.<br />

Devi lasciare che la magia ti riempia e ti riveli le verità della tua<br />

stessa vita. Devi lasciare che esse vengano svelate, esposte per ciò che<br />

sono, e affrontate. Alcune <strong>di</strong> esse saranno sgradevoli. <strong>Di</strong>fficili da<br />

affrontare. Noi reinventiamo <strong>di</strong> continuo noi stessi e la nostra vita,<br />

per sopravvivere agli errori e ai fallimenti. Ed è proprio questo a<br />

renderci vulnerabili a un essere come Brona. Ma se sopporterai l'esame<br />

<strong>di</strong> te stesso che la spada esige, emergerai dall'esperienza più forte del<br />

tuo avversario e lo <strong>di</strong>struggerai. Perché, re degli Elfi, lui non può<br />

permettersi un simile esame della propria vita: al <strong>di</strong> là delle menzogne<br />

e delle mezze verità e degli inganni, lui non è niente!" Seguì un lungo<br />

silenzio, mentre i due si confrontavano, guardandosi negli occhi,<br />

ciascuno misurando l'altro. "La verità" <strong>di</strong>sse infine il re degli Elfi,<br />

con voce a malapena u<strong>di</strong>bile. "Che fragile arma!" "No!" obiettò subito<br />

Bremen. "La Verità non è mai fragile. E' l'arma più potente <strong>di</strong> tutte."<br />

"Davvero? Sono un guerriero, un combattente. Le armi sono tutto ciò che<br />

conosco... armi <strong>di</strong> ferro maneggiate da uomini <strong>di</strong> muscoli. Tu <strong>di</strong>ci che<br />

niente <strong>di</strong> questo mi servirà, che dovrò abbandonare tutto. Tu <strong>di</strong>ci che<br />

devo <strong>di</strong>ventare qualcosa che non sono mai stato." Scosse adagio la testa.<br />

"Non so se sono in grado <strong>di</strong> farlo." <strong>Il</strong> vecchio druido lasciò la presa e<br />

la spada ricadde fra loro. Le mani secche come pergamena si posarono<br />

sulle robuste spalle del re, le strinsero. In quel corpo anziano c'era<br />

una forza insospettata. In quegli occhi, una determinazione feroce.<br />

"Devi ricordare chi sei" sussurrò il druido. "Devi ricordare come hai<br />

fatto a essere così. Non hai mai lasciato cadere una sfida. Non hai mai<br />

evitato una responsabilità. Non hai mai avuto paura. Sei sopravvissuto a<br />

esperienze che avrebbero ucciso pressoché chiunque altro. Ecco chi e che<br />

cosa sei." Aumentò la stretta. "Hai grande coraggio, Jerle. Hai un cuore<br />

valoroso. Ma dai troppa importanza alla morte <strong>di</strong> Tay e non ne dai a<br />

sufficienza alla tua stessa vita. No, non a<strong>di</strong>rarti. Non è una critica a<br />

Tay, né un tentativo <strong>di</strong> sminuire ciò che la sua per<strong>di</strong>ta significa per<br />

noi. E' un'osservazione sulla necessità che tu ricor<strong>di</strong> che sono sempre i<br />

viventi a contare. Sempre. Da' alla tua vita il valore che merita, re<br />

degli Elfi. Sii forte nei mo<strong>di</strong> in cui devi essere forte. Non trascurare<br />

le tue possibilità contro il Signore degli Inganni, solo perché ti è<br />

poco familiare l'arma con cui ti è dato <strong>di</strong> combattere. E' poco familiare<br />

anche a lui. Brona conosce le lame fatte dall'uomo. Penserà che la tua<br />

sia solo una delle tante. Sorpren<strong>di</strong>lo. Fagli assaggiare un metallo<br />

d'altro genere." Jerle <strong>Shannara</strong> si scostò, scuotendo la testa, guardando<br />

dubbioso la spada. "Ho abbastanza buon senso da non negare ciò che trovo<br />

<strong>di</strong>fficile accettare" <strong>di</strong>sse, fermandosi davanti alla finestra e guardando<br />

la pioggia. "Ma ora è <strong>di</strong>verso. Ora mi si chiede troppo." Strinse le<br />

labbra in una linea dura. "Perché sono stato scelto io? Non riesco a<br />

spiegarmelo. Molti altri sarebbero più adatti <strong>di</strong> me a un'arma <strong>di</strong> questo<br />

genere.LO capisco il ferro e la forza bruta. Questo... questo ingegnoso<br />

artificio è troppo oscuro per me. La verità come arma ha senso solo in<br />

politica. Pare inutile su <strong>di</strong> un campo <strong>di</strong> battaglia." Si girò verso il<br />

druido. "Affronterei senza esitare il Signore degli Inganni se potessi<br />

impugnare questa spada come una semplice lama <strong>di</strong> metallo forgiata<br />

dall'abilità <strong>di</strong> un mastro armaiolo. L'accetterei come arma, senza<br />

riserve, se potessi usarla per quel che appare." Nei suoi occhi azzurri


traspariva l'angoscia. "Ma questa? Sono l'uomo sbagliato, per questa<br />

spada." <strong>Il</strong> druido annuì lentamente, non tanto perché fosse d'accordo, ma<br />

perché capiva l'obiezione. "Però sei tutto ciò che abbiamo, Jerle. Non<br />

possiamo sapere perché sei stato scelto. Forse perché eri destinato a<br />

<strong>di</strong>ventare re degli Elfi. O per ragioni che trascendono la nostra<br />

comprensione. I morti sanno cose che noi ignoriamo. Forse potrebbero<br />

rivelarcele, ma hanno deciso <strong>di</strong> non farlo. Dobbiamo accettare questo<br />

fatto e andare avanti. Tu sei colui che porterà questa spada, in<br />

battaglia. Così sta scritto. Non c'è scelta. Devi fare del tuo meglio."<br />

La sua voce si spense in un bisbiglio. Fuori, la pioggia continuava a<br />

cadere con un soffocato, costante tamburellare e ammantava <strong>di</strong> un<br />

tremolio argenteo il territorio boscoso. Era sceso il crepuscolo e il<br />

giorno se n'era andato con il sole. Arborlon era silenziosa e bagnata al<br />

riparo della foresta, una città che lentamente indossava le vesti da<br />

notte. C'era silenzio nello stu<strong>di</strong>o, nel pa<strong>di</strong>glione: poteva non esserci<br />

altro essere vivente al mondo, a parte i due uomini che si<br />

fronteggiavano nella fioca luce delle candele. "Perché nessuno tranne me<br />

deve conoscere il segreto della spada?" domandò a bassa voce Jerle<br />

<strong>Shannara</strong>. <strong>Il</strong> vecchio druido sorrise tristemente. "Potresti rispondere tu<br />

stesso alla domanda, re degli Elfi. Nessuno deve conoscere il segreto<br />

perché nessuno lo crederebbe. Se i tuoi dubbi sul potere della spada<br />

sono così gran<strong>di</strong>, pensa quali dubbi avrebbe il tuo popolo. Perfino<br />

Preia, forse. <strong>Il</strong> potere della spada è la verità. Chi può credere che una<br />

cosa tanto semplice sia in grado <strong>di</strong> sconfiggere il potere del Signore<br />

degli Inganni?" Già, chi? pensò il re. "L'hai detto tu stesso. Una spada<br />

è un'arma da battaglia." <strong>Il</strong> sorriso <strong>di</strong> Bremen si mutò in un sospiro <strong>di</strong><br />

stanchezza. "Lascia che gli Elfi si accontentino <strong>di</strong> questo. Mostra loro<br />

la spada che porti, l'arma che ti ho affidato, e <strong>di</strong>' solo che si<br />

rivelerà molto utile. <strong>Il</strong> tuo popolo non chiede altro." Jerle <strong>Shannara</strong><br />

annuì in silenzio. No, pensò, non chiede altro. E' meglio che la fede<br />

non venga complicata dalla ragione. Avrebbe voluto, in quel triste,<br />

<strong>di</strong>sperato momento <strong>di</strong> dubbio e <strong>di</strong> timore, <strong>di</strong> tacito consenso a un patto<br />

che non poteva né accettare né ricusare, che anche per lui la fede fosse<br />

qualcosa <strong>di</strong> così semplice.<br />

28<br />

A metà pomeriggio del giorno seguente Jerle <strong>Shannara</strong> si avvicinava alla<br />

Valle <strong>di</strong> Rhenn e al confronto pre<strong>di</strong>sposto per lui dal destino. Poco dopo<br />

il sorgere del sole si era messo in viaggio in compagnia <strong>di</strong> Preia, <strong>di</strong><br />

Bremen, <strong>di</strong> un piccolo gruppo <strong>di</strong> consiglieri e <strong>di</strong> comandanti<br />

dell'esercito, portando con sé tre compagnie <strong>di</strong> Cacciatori, due a pie<strong>di</strong><br />

e una a cavallo. Quattro compagnie erano già sul posto, all'imboccatura<br />

della valle, e altre due sarebbero giunte l'indomani. In città erano<br />

rimasti gli altri componenti il Gran Consiglio, sotto la guida del primo<br />

ministro Vree Erreden, tre compagnie <strong>di</strong> riserva, gli abitanti della<br />

città e i profughi giunti dalle campagne per paura dell'invasione<br />

incombente. <strong>Il</strong> re degli Elfi non parlò a nessuno della sua conversazione<br />

col druido. Preferì non fare un pubblico annuncio riguardante la spada<br />

affidatagli. Ne parlò soltanto a Preia, ma si limitò a <strong>di</strong>rle che si<br />

trattava <strong>di</strong> un'arma alla quale il Signore degli Inganni non avrebbe<br />

potuto resistere. Mentre lo <strong>di</strong>ceva, si sentiva contrarre lo stomaco e<br />

infiammare il viso, perché la sua stessa fede era fragile. Rosicchiava,


come un cane l'osso, il concetto <strong>di</strong> verità come arma <strong>di</strong> battaglia.<br />

Continuava a ripetere tra sé la conversazione avuta col vecchio druido,<br />

mentre cavalcava a levante, così immerso nei propri pensieri, così<br />

<strong>di</strong>stante dai compagni che varie volte, quando Preia, che gli cavalcava a<br />

fianco, gli rivolse la parola, non rispose. Indossava l'armatura ed era<br />

pronto alla battaglia. La spada, agganciata sulla schiena, gli pesava<br />

pochissimo a paragone della cotta <strong>di</strong> maglia <strong>di</strong> ferro e delle piastre,<br />

tanto da parere fatta <strong>di</strong> carta. Pensò spesso, durante il viaggio, alla<br />

sensazione che la spada gli dava: il suo peso era effimero come l'uso al<br />

quale era destinata. Non riusciva a vederlo come una possibilità, aveva<br />

bisogno che gli mostrassero come funzionava. Doveva sperimentarne <strong>di</strong><br />

persona l'uso. Lui era fatto così. Ciò che vedeva e sentiva era reale.<br />

<strong>Il</strong> resto erano solo parole o poco più. Non rivelò a Bremen i propri<br />

dubbi. Quando il vecchio druido gli si avvicinava, manteneva sulle<br />

labbra un sorriso. Si mostrò fiducioso. Per se stesso, ma anche per il<br />

suo popolo. <strong>Il</strong> suo esercito avrebbe tratto da lui la fiducia. Se il re<br />

era sicuro del fatto suo, anche i suoi soldati lo sarebbero stati. Aveva<br />

sempre saputo che la vittoria in battaglia <strong>di</strong>pende anche da simili<br />

piccolezze e si era sempre comportato <strong>di</strong> conseguenza. Quell'esercito,<br />

come quel popolo, era ai suoi or<strong>di</strong>ni... perché lui lo usasse, bene o<br />

male. Gli eventi dei prossimi giorni avrebbero messo tutti alla prova,<br />

in mo<strong>di</strong> che non avevano mai sperimentato prima. Jerle intendeva fare la<br />

sua parte. "Sono ore che non <strong>di</strong>ci una parola" osservò a un certo punto<br />

Preia, aspettando che lui guardasse dalla sua parte per essere sicura<br />

che l'ascoltasse. "Davvero?" replicò lui. Fu quasi sorpreso <strong>di</strong> vederla<br />

lì, tanto era concentrato sul suo <strong>di</strong>battito interiore. Preia montava un<br />

robusto pomellato grigio, <strong>di</strong> nome Ashes, ed era armata fino ai denti.<br />

Naturalmente non c'era stata <strong>di</strong>scussione sulla sua presenza. Avevano<br />

affidato ad altri i figli da poco adottati. Come Jerle, Preia Starle era<br />

nata per la battaglia. "Qualcosa ti preoccupa" <strong>di</strong>chiarò lei, guardandolo<br />

negli occhi. "Perché non mi <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> cosa si tratta?" Già, perché? Suo<br />

malgrado, Jerle sorrise. Lo conosceva troppo bene perché potesse<br />

convincerla <strong>di</strong> essere in errore. Tuttavia non poteva confidarle i suoi<br />

dubbi. perché era un problema che doveva risolvere da sé. Nessuno poteva<br />

aiutarlo. Non in quel momento, almeno... non prima che lui trovasse da<br />

solo un terreno solido su cui stare in pie<strong>di</strong>. "Non trovo le parole per<br />

esprimerlo" <strong>di</strong>sse infine. "Ci sto ancora lavorando. Porta pazienza."<br />

"Forse ti sarebbe d'aiuto provare le parole su <strong>di</strong> me." Lui annuì,<br />

guardando, al <strong>di</strong> là della bellezza del viso e dell'intelligenza<br />

rispecchiata negli occhi chiari, il calore e l'interessamento che aveva<br />

nel cuore. In quei giorni si sentiva <strong>di</strong>verso nei suoi confronti. La<br />

<strong>di</strong>stanza che aveva sempre mantenuto fra loro era svanità. Erano legati<br />

in maniera così inestricabile da essere sicuro che qualsiasi cosa<br />

accadesse all'uno, fosse anche la morte, sarebbe accaduta anche<br />

all'altra. "Dammi un po' <strong>di</strong> tempo" le <strong>di</strong>sse in tono gentile. "Allora<br />

parleremo." Lei gli prese la mano e la tenne un momento fra le proprie.<br />

"Ti amo" <strong>di</strong>sse. <strong>Il</strong> pomeriggio li vide risalire la Valle <strong>di</strong> Rhenn e<br />

ancora Jerle non aveva parlato dei dubbi che lo turbavano e ancora Preia<br />

aspettava che gliene parlasse. <strong>Il</strong> giorno era luminoso e caldo, l'aria<br />

dolce per l'odore dell'erba e delle foglie ancora bagnate, la foresta<br />

all'intorno rigogliosa per le recenti piogge. Le nuvole si erano


finalmente spostate, ma il terreno rimaneva morbido e la pista piena <strong>di</strong><br />

solchi era fangosa dove gli Elfi l'avevano percorsa verso levante. Per<br />

tutto il giorno erano giunti rapporti dal punto dove il grosso delle<br />

truppe si era attestato a <strong>di</strong>fesa, all'imboccatura della valle.<br />

L'esercito del Nord continuava lentamente ad avanzare attraverso le<br />

Pianure <strong>di</strong> Streleheim, da settentrione e da meri<strong>di</strong>one, a <strong>di</strong>versa<br />

velocità a seconda della grandezza e della mobilità, fanti e cavalieri e<br />

salmerie. L'esercito del Signore degli Inganni era enorme e continuava a<br />

crescere. Già riempiva le piane all'imboccatura della valle, fin dove<br />

arrivava l'occhio. Gli Elfi erano inferiori in un rapporto <strong>di</strong> quattro a<br />

uno, sproporzione che aumentava con l'arrivo <strong>di</strong> altri reparti nemici. I<br />

rapporti erano trasmessi da messaggeri che parlavano con tono piatto,<br />

calmo, volutamente privo <strong>di</strong> ogni emozione, ma Jerle <strong>Shannara</strong> era<br />

addestrato a decifrare ciò che si nascondeva nelle piccole pause e nelle<br />

sfumature d'inflessione: cominciava a serpeggiare la paura. Doveva fare<br />

qualcosa, e in fretta, per impe<strong>di</strong>re che la paura si <strong>di</strong>ffondesse. La<br />

situazione era realmente grave. Alcuni cavalieri erano stati mandati a<br />

levante per chiedere aiuto ai Nani, ma pattuglie nemiche controllavano<br />

le piste e sarebbero occorsi giorni prima che un cavaliere le aggirasse.<br />

Nel frattempo gli Elfi potevano contare solo su se stessi. Nessuno<br />

sarebbe giunto in loro aiuto. I Troll erano un popolo soggiogato, i loro<br />

eserciti erano schiavi del Signore degli Inganni. Gli Gnomi erano<br />

<strong>di</strong>sorganizzati già in con<strong>di</strong>zioni normali, e comunque non avevano alcuna<br />

simpatia per gli Elfi. Gli Uomini si erano isolati nelle loro<br />

città-stato e non possedevano una forza militare comune. Rimanevano solo<br />

i Nani, se erano scampati. Ancora non si sapeva se Raybur e il suo<br />

esercito erano sfuggiti agli invasori. Quin<strong>di</strong> c'era una buona ragione<br />

per essere spaventati, pensò Jerle <strong>Shannara</strong>, mentre con i compagni<br />

risaliva dalle foreste all'ampio ingresso occidentale della Valle <strong>di</strong><br />

Rhenn. C'era una buona ragione... ma in quel caso non bisognava lasciare<br />

che la ragione avesse il sopravvento. Si domandò cosa poteva fare per<br />

sconfiggere la paura. Bremen, che cavalcava con Allanon alcuni passi più<br />

in<strong>di</strong>etro, fra i consiglieri del re e i comandanti dell'esercito, si<br />

poneva in quel momento la stessa domanda. Ma non era turbato per la<br />

paura degli Elfi: era turbato per la paura del re. Vedeva infatti che<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> era spaventato, anche se non l'avrebbe mai confessato,<br />

ammesso che si rendesse conto d'esserlo. La sua paura non era palese, ma<br />

era presente: un cacciatore in agguato, subdolo e insi<strong>di</strong>oso, acquattato<br />

in fondo alla mente del re, in attesa del momento buono per venire allo<br />

scoperto. Bremen l'aveva intuito il giorno precedente, quando aveva<br />

rivelato a Jerle il potere della spada: la paura era lì, <strong>di</strong>etro gli<br />

occhi del re, nel profondo della sua confusione e della sua incertezza,<br />

là dove sarebbe cresciuta e ingigantita fino a <strong>di</strong>ventare la sua rovina.<br />

Malgrado gli sforzi del vecchio druido e la sua fede nel potere del<br />

talismano, il re non ci credeva. Avrebbe voluto, ma non ci riusciva.<br />

Avrebbe cercato un modo, certo, ma niente garantiva che l'avrebbe<br />

trovato. Era una cosa che Bremen non aveva considerato nel corso degli<br />

ultimi avvenimenti. Doveva considerarla adesso. Doveva sistemare la<br />

faccenda. Cavalcò tutto il giorno tenendo d'occhio il re, notando il<br />

silenzio <strong>di</strong> cui si era ammantato, stu<strong>di</strong>ando la linea decisa della sua<br />

mascella e del collo, senza lasciarsi coinvolgere dai sorrisi e dalle


<strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> fiducia <strong>di</strong>rette agli altri. La guerra che si combatteva<br />

nella mente <strong>di</strong> Jerle <strong>Shannara</strong> era lampante. <strong>Il</strong> re si sforzava <strong>di</strong><br />

accettare ciò che gli era stato detto, ma non ci riusciva. Però era<br />

coraggioso e deciso, quin<strong>di</strong> avrebbe portato in battaglia quella spada e<br />

avrebbe affrontato il Signore degli Inganni, come gli era stato detto<br />

che doveva fare. Ma in quel momento sarebbe affiorata la sua mancanza <strong>di</strong><br />

fede, il dubbio l'avrebbe tra<strong>di</strong>to e lui sarebbe morto. Era inevitabile e<br />

terrificante. Bremen si <strong>di</strong>sse che occorreva un'altra voce, più forte<br />

della sua. Si scoprì a desiderare che Tay Trefenwyd fosse ancora vivo.<br />

Tay era stato abbastanza intimo con Jerle e avrebbe trovato il modo <strong>di</strong><br />

farsi ascoltare, <strong>di</strong> convincerlo, <strong>di</strong> fugare apprensioni e dubbi. Avrebbe<br />

affiancato il re contro il Signore degli Inganni, proprio come Bremen<br />

intendeva fare, ma quel gesto avrebbe avuto maggiore significato,<br />

compiuto da Tay. Forse avrebbe ad<strong>di</strong>rittura fatto la <strong>di</strong>fferenza. Ma Tay<br />

era morto, perciò la voce e la forza necessarie dovevano provenire da<br />

qualcun altro. Bisognava pensare anche ad Allanon. <strong>Di</strong> tanto in tanto il<br />

vecchio druido lanciava un'occhiata al fanciullo. Era ancora reticente,<br />

ma non si rifiutava più <strong>di</strong> parlare. <strong>Il</strong> merito era in parte <strong>di</strong> Preia<br />

Starle. <strong>Il</strong> fanciullo era attratto da lei, ascoltava i suoi consigli e<br />

aveva cominciato a confidarsi. La sua famiglia, aveva rivelato, era<br />

rimasta uccisa nell'incursione dei soldati del Nord. Lui era sfuggito<br />

alla morte perché, quando era iniziato l'attacco, si trovava da un'altra<br />

parte e si era tenuto nascosto mentre i soldati sciamavano davanti a<br />

lui. Aveva visto commettere atrocità enormi, ma preferiva non parlarne.<br />

Bremen non aveva insistito. Gli bastava che fosse sopravvissuto. Ma<br />

doveva considerare anche la visione <strong>di</strong> Galaphile, e questa era una<br />

faccenda più <strong>di</strong>fficile da accantonare. Cosa significava? Lui, Bremen, in<br />

pie<strong>di</strong> col fanciullo al limitare del Perno dell'Ade in presenza<br />

dell'ombra <strong>di</strong> Galaphile; le vivide, evanescenti forme degli spiriti dei<br />

morti che turbinavano sopra le acque impetuose; l'aria scura e satura <strong>di</strong><br />

gemiti; gli strani occhi del giovane fissi su <strong>di</strong> lui, immobili. Cosa<br />

fissavano? <strong>Il</strong> vecchio druido non sapeva decidersi. Inoltre, in primo<br />

luogo, come mai era nella Valle d'Argilla, sulla riva del Perno<br />

dell'Ade, a un'evocazione dei morti dove non era consentità la presenza<br />

<strong>di</strong> esseri umani, dove solo lui Bremen, osava andare? La visione lo<br />

tormentava. Stranamente, aveva paura per Allanon. Cercava <strong>di</strong><br />

proteggerlo. Si scopriva attirato da lui in un modo che non sapeva<br />

spiegare bene. Forse era colpa della loro solitu<strong>di</strong>ne. Nessuno dei due<br />

aveva famiglia, popolo, casa. Nessuno dei due apparteneva realmente a<br />

qualche luogo. In entrambi c'era un innegabile <strong>di</strong>stacco dal mondo, e si<br />

trattava sia <strong>di</strong> uno stato mentale sia <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita.<br />

L'essere druido metteva Bremen in una posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco dal mondo<br />

che non avrebbe potuto mo<strong>di</strong>ficare neppure se avesse voluto. Ma il<br />

fanciullo era nelle sue stesse con<strong>di</strong>zioni, in parte per l'intuizione dei<br />

pensieri altrui che chiaramente possedeva, un dono da pochi apprezzato,<br />

e in parte per una percezione straor<strong>di</strong>naria che rasentava la<br />

precognizione. Nei suoi strani occhi si rispecchiavano una mente acuta e<br />

una grande intelligenza, ma in essi si celavano altri doni. Ti guardava<br />

come se potesse leggerti nell'anima e il suo sguardo non era<br />

ingannatore. La sua capacità <strong>di</strong> rivelare la vera natura degli altri<br />

metteva paura. Bremen si domandò cosa doveva farne. Ma quello era un


giorno <strong>di</strong> <strong>di</strong>lemmi e <strong>di</strong> domande senza risposta, e il vecchio druido<br />

sopportò in silenzio quel tormentoso fardello. La soluzione, si <strong>di</strong>sse,<br />

si sarebbe presentata fin troppo presto. Quando giunsero alla Valle <strong>di</strong><br />

Rhenn, Jerle <strong>Shannara</strong> lasciò gli altri e con Preia andò a ispezionare le<br />

<strong>di</strong>fese, anche per far sapere ai Cacciatori che era arrivato. Dovunque fu<br />

accolto con calore e rispose con sorrisi e ampi gesti; <strong>di</strong>sse agli uomini<br />

che tutto andava bene e che avevano in serbo un paio <strong>di</strong> belle sorprese<br />

per i soldati del Nord. Poi percorse la valle per dare un'occhiata<br />

all'accampamento nemico. Questa volta prese con sé una guida, perché il<br />

fondovalle era già <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> trappole, molte delle quali <strong>di</strong>sposte<br />

da poco, e non voleva finire per errore in una <strong>di</strong> esse. Preia lo<br />

accompagnò: ormai la regina era per i soldati una presenza familiare<br />

quanto il re. Rimasero in silenzio, mentre seguivano la guida su alture<br />

erbose, giù per larghi pen<strong>di</strong>i, attraverso tratti piani <strong>di</strong> terreno<br />

bruciato, e su fino a un promontorio fra le rupi a strapiombo che<br />

proteggevano il fianco destro, da dove si poteva osservare l'intera<br />

vallata. Un piccolo contingente <strong>di</strong> esploratori e portaor<strong>di</strong>ni era lì<br />

accampato e montava la guar<strong>di</strong>a. Jerle salutò i soldati e andò sull'orlo<br />

del <strong>di</strong>rupo. Davanti a lui si estendeva la formicolante massa<br />

dell'esercito del Nord, una smisurata e pigra palude <strong>di</strong> uomini, animali,<br />

carri e macchine da guerra, ammantata <strong>di</strong> polvere e <strong>di</strong> caldo. Dappertutto<br />

c'era fermento: si selezionavano rifornimenti e armi, compagnie <strong>di</strong><br />

soldati manovravano per prendere posizione sul fronte dello<br />

schieramento, si montavano macchine da asse<strong>di</strong>o. L'esercito si era<br />

attestato a circa un miglio dall'estremità orientale della valle, in un<br />

punto da cui si poteva avvistare ogni attacco e dove c'era spazio per<br />

allargarsi e accogliere rinforzi. Jerle percepì il <strong>di</strong>sagio degli uomini<br />

che l'accompagnavano. Avvertì nel silenzio <strong>di</strong> Preia una fredda<br />

valutazione delle possibilità a loro favore. Quell'esercito giunto a<br />

invadere la loro terra era una mostruosa e malefica potenza che non<br />

sarebbe stato facile scacciare. Dopo la prima occhiata, stu<strong>di</strong>ò a lungo<br />

l'esercito nemico. Prese nota <strong>di</strong> dov'erano sistemati i rifornimenti, le<br />

attrezzature, le armi. Contò le macchine d'asse<strong>di</strong>o e le catapulte.<br />

Rintracciò i vessilli delle compagnie radunate per combatterlo e calcolò<br />

grosso modo il numero <strong>di</strong> fanti e cavalieri, leggeri e pesanti. Osservò<br />

l'arrivo <strong>di</strong> parecchi convogli <strong>di</strong> rifornimenti dalle Streleheim<br />

settentrionali e meri<strong>di</strong>onali. Esaminò con attenzione le <strong>di</strong>verse<br />

possibilità. Poi rimontò in sella, tornò all'altra estremità della valle<br />

convocò un consiglio <strong>di</strong> guerra. Si riunirono in una tenda posta a buona<br />

<strong>di</strong>stanza dal fronte degli Elfi, circondata da Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali per<br />

garantire riservatezza. Erano presenti Preia e Bremen, Kier Joplin che<br />

comandava la cavalleria, Rustin Apt e Cormorant Etrurian che comandavano<br />

la fanteria, i capitani Prekkian e Trewithen, a capo rispettivamente<br />

della Guar<strong>di</strong>a Nera e della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, e il guercio Arn Banda,<br />

comandante degli arcieri. Era il nucleo del suo stato maggiore, il<br />

gruppo <strong>di</strong> uomini su cui faceva più affidamento. Era loro che doveva<br />

convincere, se voleva avere una possibilità contro l'esercito<br />

attaccante. "Ben trovati, amici miei" li salutò, stando in pie<strong>di</strong> davanti<br />

a loro, calmo e rilassato, senza armatura. Occupavano scanni <strong>di</strong>sposti in<br />

un ampio cerchio, in modo che lui potesse avvicinarsi a chiunque,<br />

all'occorrenza. "Sono stato all'altro capo della valle e ho visto


l'esercito nemico. Penso che la nostra linea d'azione sia chiara.<br />

Dobbiamo attaccare." Ci fu un sussulto <strong>di</strong> sorpresa e costernazione,<br />

ovviamente, Jerle se l'era aspettato. "<strong>Di</strong> notte!" gridò, per superare<br />

l'improvviso clamore. "Subito!" Rustin Apt, anziano e robusto, tanto<br />

massiccio da dare l'impressione che niente potesse smuoverlo una volta<br />

in pie<strong>di</strong>, scattò dallo scanno. "Mio re, no! Attaccare? <strong>Di</strong> sicuro non<br />

sarai così..." "Calma, Rustin" lo interruppe il re, con un gesto secco.<br />

"Nella giusta situazione, sono e faccio qualsiasi cosa. Mi conosci bene.<br />

Ora ascolta un momento. L'esercito del Nord se la prende comoda davanti<br />

a noi, grasso e arrogante, ritenendosi troppo forte perché si scherzi<br />

con lui, convinto che ce ne stiamo al sicuro <strong>di</strong>etro le nostre <strong>di</strong>fese.<br />

Però cresce <strong>di</strong> giorno in giorno, e i nostri Cacciatori lo vedono e si<br />

perdono d'animo. Non possiamo restare a guardare senza intervenire<br />

mentre <strong>di</strong>venta tanto grosso da inghiottirci in un solo boccone. Non<br />

possiamo aspettare l'inevitabile attacco. Dobbiamo colpirli al cuore<br />

adesso, secondo regole nostre, in un momento scelto da noi, quando noi<br />

siamo pronti e loro no." "Parole belle e giuste" <strong>di</strong>sse con calma Kier<br />

Joplin. Era basso e tarchiato, e aveva mobili occhi scuri. "Ma quale<br />

parte dell'esercito userai per lanciare questo attacco? <strong>Il</strong> buio ci<br />

favorirà, ma i cavalieri saranno u<strong>di</strong>ti da lontano e i fanti saranno<br />

fatti a pezzi prima <strong>di</strong> potersi ritirare al sicuro." Seguì un borbottio<br />

d'assenso. Jerle annuì. "<strong>Il</strong> tuo ragionamento segue il mio. Ma se il<br />

nemico non potesse trovarci? Se <strong>di</strong>ventassimo invisibili proprio quando<br />

loro pensano d'averci in pugno? Se attaccassimo con una serie <strong>di</strong> colpi,<br />

uno qui e uno là, lasciando loro solo ombre con cui prendersela?" Ora ci<br />

fu silenzio. "Come faresti?" domandò infine Joplin. "Ve lo spiegherò. Ma<br />

prima voglio che siate d'accordo col mio ragionamento. Sono convinto che<br />

dobbiamo fare qualcosa, se vogliamo riattizzare la fiducia del nostro<br />

esercito. L'ho vista declinare. <strong>Di</strong>co bene?" <strong>Di</strong> nuovo silenzio. "<strong>Di</strong>ci<br />

bene" ammise infine Joplin. "Kier, hai evidenziato il pericolo <strong>di</strong> un<br />

attacco. Ora voglio che tu consideri i possibili vantaggi. Se riusciamo<br />

a sbilanciarli, a <strong>di</strong>sgregarli, a innervosirli, anche a causare delle<br />

per<strong>di</strong>te, guadagniamo tempo e fiducia. Se ce ne stiamo qui ad aspettare,<br />

non guadagniamo niente." "D'accordo" <strong>di</strong>sse subito Cormorant Etrurian.<br />

Era un uomo dal viso sottile, scarno, con buona esperienza delle guerre<br />

<strong>di</strong> frontiera, ex aiutante <strong>di</strong> campo del vecchio Apt. "Però a questo punto<br />

una <strong>di</strong>sfatta sarebbe <strong>di</strong>sastrosa. Rischierebbe perfino <strong>di</strong> provocare un<br />

attacco anticipato contro <strong>di</strong> noi." "Potresti anche sbagliarti nel<br />

sostenere che non si aspettano un attacco" obiettò il suo anziano<br />

mentore con tono irascibile, alzandosi. "Non sappiamo cos'è accaduto ai<br />

Nani. Affrontiamo un esercito già provato in battaglia, che potrebbe<br />

conoscere più trucchi <strong>di</strong> noi." "Inoltre siamo in grande inferiorità<br />

numerica" aggiunse Etrurian con una smorfia. "Mio re, è una tattica<br />

troppo pericolosa, ecco tutto." A ogni commento Jerle annuiva, prendendo<br />

tempo, aspettando, prima <strong>di</strong> parlare, che tutti avessero esposto le loro<br />

obiezioni. <strong>Di</strong>ede un'occhiata a Preia, che lo osservava attentamente, e<br />

poi a Bremen, il cui viso impassibile non rivelava niente dei suoi<br />

pensieri. Guardò in viso tutti i presenti, nel tentativo <strong>di</strong> stabilire su<br />

quanti <strong>di</strong> loro potesse contare. Su Preia, naturalmente. Ma gli altri,<br />

Bremen compreso, ancora non avevano deciso, oppure erano contrari.<br />

Jerle, per quanto fosse il re, non voleva imporre il suo piano, ma era


en deciso a farlo approvare. Come convincerli, allora? Le obiezioni<br />

terminarono. Jerle <strong>Shannara</strong> si raddrizzò. "Qui siamo tutti amici"<br />

iniziò. "Lavoriamo per raggiungere la stessa meta. So bene quanto sia<br />

<strong>di</strong>fficile il compito che ci attende. Siamo gli unici che si frappongono<br />

tra il Signore degli Inganni e la devastazione delle Quattro Terre.<br />

Forse siamo rimasti gli unici in grado <strong>di</strong> affrontarlo. La prudenza è<br />

necessaria, ma è necessario anche osare. Non può esserci vittoria senza<br />

rischio... <strong>di</strong> certo non qui, in questo posto e in questo momento, contro<br />

un simile nemico. In ogni battaglia c'è il fattore rischio, il fattore<br />

fortuna. Non possiamo ignorarlo. Ma possiamo ridurlo al minimo." Si<br />

avvicinò a Rustin Apt e si inginocchiò davanti a lui. Negli occhi duri<br />

dell'esperto capitano comparve una luce <strong>di</strong> stupore. "E se ti mostrassi<br />

un modo <strong>di</strong> attaccare il nemico <strong>di</strong> notte, un modo che ha ottime<br />

probabilità <strong>di</strong> successo, che mette a repentaglio solo pochi <strong>di</strong> noi, ma<br />

può <strong>di</strong>sunire il nemico quanto basta a farci guadagnare tempo e fiducia?"<br />

L'anziano comandante parve incerto. "Puoi farlo?" brontolò. "Sarai dalla<br />

mia parte, in questo caso?" insistette il re, senza rispondere alla<br />

domanda. Lanciò un'occhiata a destra e a sinistra. "Sarete tutti dalla<br />

mia parte?" Ci furono mormorii d'approvazione. Jerle guardò tutti negli<br />

occhi, uno dopo l'altro, li costrinse a incrociare il suo sguardo, a<br />

dare il proprio assenso. Annuì a tutti, li attirò a sé con gli occhi e<br />

il sorriso, li legò con la loro tacita promessa, li rese parte del piano<br />

che aveva concepito. "Allora ascoltate attentamente" mormorò. E illustrò<br />

loro ciò che avrebbe fatto. L'attacco non ebbe luogo quella notte, ma la<br />

seguente. I preparativi e la scelta degli uomini richiesero ancora un<br />

giorno. Kier Joplin e i suoi cavalieri andarono a nord, Cormorant<br />

Etrurian e i suoi Cacciatori a sud; partirono al sorgere del sole<br />

tenendosi al riparo delle foreste e dei <strong>di</strong>rupi in modo da giungere alle<br />

rispettive destinazioni senza farsi vedere. I due gruppi erano ridotti,<br />

perché la sorpresa e la rapi<strong>di</strong>tà d'azione sarebbero state molto più<br />

utili del numero. Ciascun gruppo aveva precise istruzioni su cosa fare e<br />

su quando agire. Coor<strong>di</strong>nare i vari elementi dell'assalto richiedeva un<br />

tempismo preciso. Se i colpi non avvenivano nella giusta sequenza,<br />

l'assalto sarebbe fallito. Jerle <strong>Shannara</strong> guidava il gruppo centrale,<br />

composto <strong>di</strong> arcieri e Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. A quel gruppo sarebbe toccato il<br />

combattimento più duro, e Jerle non permise a nessuno <strong>di</strong> prendere il suo<br />

posto. Bremen s'infuriò. Approvò il piano. Applaudì l'innovazione e<br />

l'audacia del re. Ma ritenne follia che guidasse <strong>di</strong> persona l'attacco.<br />

"Rifletti, re degli Elfi! Se muori, tutto è perduto e non contano gli<br />

eventuali vantaggi!" Dopo l'uscita degli altri, aveva protestato con<br />

Jerle e con Preia. Aveva agitato in tutte le <strong>di</strong>rezioni i capelli e la<br />

barba, con gesti rabbiosi. "Non puoi rischiare la tua vita in questa<br />

impresa! Devi restare vivo per confrontarti con Brona!" Erano rimasti<br />

accanto nella penombra, perché il giorno era giunto al crepuscolo. Fuori<br />

della tenda erano già in corso i preparativi per l'attacco del giorno<br />

seguente. Jerle <strong>Shannara</strong> aveva convinto i suoi comandanti: la forza dei<br />

suoi argomenti e della sua logica aveva fatto cadere le opposizioni e<br />

convinto gli incerti. Uno alla volta avevano capitolato, prima Joplin,<br />

poi gli altri. Alla fine tutti erano entusiasti del piano quanto il re<br />

stesso. "Bremen ha ragione" aveva convenuto Preia Starle. "Dagli retta."<br />

"Bremen si sbaglia" aveva replicato Jerle, senza alzare la voce, con


calma, zittendoli con la forza stessa della propria convinzione. "Per<br />

comandare, un re dev'essere d'esempio. Soprattutto qui, in questa<br />

situazione, dove c'è troppo in gioco. Non posso chiedere a un altro ciò<br />

che non farei io stesso. L'esercito mi guarda. Gli uomini sanno che sto<br />

davanti e non <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro. In questa circostanza non si aspettano da<br />

me niente <strong>di</strong> meno, e non li deluderò." Si rifiutò <strong>di</strong> cedere. Non scese a<br />

compromessi. Così guidò i suoi uomini, come aveva annunciato, malgrado i<br />

timori del druido; e Preia, come sempre, era al suo fianco. Strisciarono<br />

nel buio a mezzanotte, scivolarono fuori dalla valle e attraversarono le<br />

pianure verso il campo nemico. Erano solo alcune centinaia, gli arcieri<br />

in numero doppio delle Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. Un piccolo gruppo <strong>di</strong> soldati<br />

silenziosi come fantasmi precedette gli altri ed eliminò le sentinelle<br />

che pattugliavano il perimetro dell'accampamento. Presto il grosso della<br />

forza d'attacco fu a meno <strong>di</strong> cinquanta passi. Lì gli Elfi si<br />

acquattarono, armi in pugno, in attesa. Quando partì, l'attacco fu<br />

improvviso e inarrestabile. Iniziò a nord, da Kier Joplin. <strong>Il</strong> comandante<br />

degli Elfi aveva fasciato con stoffa pesante gli zoccoli dei cavalli e<br />

dopo il tramonto aveva fatto scendere dalla parte settentrionale delle<br />

Streleheim duecento cavalieri. Quando gli Elfi furono a meno <strong>di</strong> duecento<br />

passi dal perimetro settentrionale dell'accampamento, tolsero le<br />

coperture <strong>di</strong> stoffa, attesero un'ora dopo mezzanotte, montarono in sella<br />

e si lanciarono alla carica. Furono addosso ai soldati del Nord prima<br />

che fosse dato l'allarme. Colpirono i fianchi della maggiore carovana <strong>di</strong><br />

rifornimenti, appena giunta e non ancora scaricata perché gli addetti<br />

aspettavano la luce del giorno. Senza smettere <strong>di</strong> galoppare, gli Elfi<br />

afferrarono tizzoni ardenti dai fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e appiccarono fuoco ai<br />

carri. Poi deviarono verso il deposito delle macchine d'asse<strong>di</strong>o e<br />

appiccarono fuoco alle più vicine. Le fiamme si alzarono al cielo,<br />

mentre i cavalieri attraversavano al galoppo l'accampamento e<br />

scomparivano nella notte. Svanirono con tale rapi<strong>di</strong>tà che la<br />

controffensiva era ancora in fase d'organizzazione quando iniziò il<br />

secondo assalto. Provenne da sudovest, a opera <strong>di</strong> Cormorant Etrurian,<br />

che attese <strong>di</strong> vedere le fiamme del primo assalto e solo allora attaccò.<br />

Con cinquecento fanti già in posizione, si spinse a cuneo nel cuore dei<br />

recinti dei cavalli del nemico, uccidendo gli artieri, liberando gli<br />

animali e <strong>di</strong>sperdendoli nella notte. Per qualche momento vi fu un feroce<br />

corpo a corpo, poi gli Elfi deviarono a ponente e colpirono d'infilata<br />

il perimetro dell'accampamento, mentre si ritiravano e si <strong>di</strong>leguavano<br />

velocissimi nel buio delle pianure. Questa volta la reazione dei soldati<br />

del Nord fu più rapida, ma confusa, perché l'attacco pareva giungere da<br />

tutte le parti. Massicci Troll delle Montagne, solo in parte protetti<br />

dalla corazza ma armati <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> asce da guerra e <strong>di</strong> picche, spazzarono<br />

via qualsiasi cosa si trovasse sul loro cammino e tentarono d'impegnare<br />

gli assalitori. Ma a nord bruciavano macchine d'asse<strong>di</strong>o e rifornimenti,<br />

a sud si erano <strong>di</strong>spersi i cavalli e pareva che nessuno sapesse con<br />

certezza dov'erano i nemici. Bremen, nascosto insieme con il gruppo <strong>di</strong><br />

Jerle <strong>Shannara</strong>, aveva usato la magia per rendere invisibili gli Elfi e<br />

creare l'illusione <strong>di</strong> attacchi in punti dove non c'era nessuno <strong>di</strong> loro.<br />

<strong>Il</strong> vecchio druido sarebbe riuscito a mantenere l'illusione solo per<br />

breve tempo, sufficiente però a confondere anche i mortali Messaggeri<br />

del Teschio. Intanto il gruppo <strong>di</strong> Jerle <strong>Shannara</strong> si era unito


all'attacco. Affiancati e protetti dalle Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, gli arcieri si<br />

<strong>di</strong>sposero in file, <strong>di</strong> fronte al campo, tesero i lunghi archi da guerra e<br />

scagliarono sul nemico nugoli <strong>di</strong> frecce. Urla <strong>di</strong> dolore si levarono dai<br />

bersagli centrati. Raffiche su raffiche gran<strong>di</strong>narono sui soldati del<br />

Nord che cercavano <strong>di</strong> reagire e impugnare le armi. Jerle mantenne in<br />

azione i suoi uomini il più a lungo possibile, poi or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> sospendere<br />

il tiro. Una compagnia <strong>di</strong> Gnomi uscì a passo <strong>di</strong> carica dal campo, con<br />

selvaggia frenesia, nel tentativo <strong>di</strong> raggiungere gli arcieri, ma questi<br />

si limitarono ad abbassare la mira e colpirono d'infilata gli autori <strong>di</strong><br />

quel <strong>di</strong>sorganizzato contrattacco, fino a <strong>di</strong>sperderli. Finalmente Jerle<br />

cominciò a far sganciare i suoi uomini, ritirandoli una linea per volta,<br />

in modo che ce ne fosse sempre una a coprire le altre. Gli Elfi agli<br />

or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Cormorant Etrurian erano già passati <strong>di</strong> corsa nella notte,<br />

vaghe ombre sulle pianure spazzate da nubi <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> cenere degli<br />

incen<strong>di</strong>. Comparvero i Troll delle Montagne, massicci e impacciati<br />

giganti che emergevano dalla vivida luce dei fuochi, pronti a usare le<br />

asce da guerra e le picche. Contro <strong>di</strong> loro le frecce non servivano. Gli<br />

arcieri si ritirarono <strong>di</strong> corsa, oltrepassando la sottile linea <strong>di</strong><br />

Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali che ancora teneva il campo. Jerle fece ritirare in fretta<br />

i suoi uomini: quella notte preferiva evitare uno scontro con i Troll<br />

delle Montagne. Non ci sarebbe stato un inseguimento della cavalleria,<br />

perché gli animali dei nemici erano stati catturati o <strong>di</strong>spersi. Bastava<br />

solo evitare i Troll. Ma i Troll avanzarono più velocemente <strong>di</strong> quanto<br />

Jerle avesse previsto. Ora la Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale era virtualmente sola nelle<br />

pianure, perché arcieri e Cacciatori erano corsi al riparo nella Valle<br />

<strong>di</strong> Rhenn e i cavalieri agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Kier Joplin erano tornati a<br />

settentrione. Dall'accampamento giunsero frecce scagliate dagli Gnomi, i<br />

cui arcieri si erano precipitati in prima linea. Alcune Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali<br />

caddero. Bremen, che partecipava per proteggere il re, passò davanti a<br />

tutti e scagliò Fuoco Magico contro i Troll in arrivo. Le praterie<br />

presero fuoco e per un attimo il contrattacco si spezzò. Le Guar<strong>di</strong>e<br />

<strong>Re</strong>ali ripresero la ritirata, circondando il re e il vecchio druido,<br />

assalite da tutti i lati mentre correvano a rifugiarsi nella valle. Nubi<br />

<strong>di</strong> fumo rotolavano sulle pianure, spinte dal vento levatosi<br />

all'improvviso, trasportando calore e cenere. Preia Starle corse avanti<br />

nel tentativo <strong>di</strong> trovare la strada nella foschia. Ma la confusione<br />

provocata dal fumo e le grida degli inseguitori ebbero la meglio. <strong>Il</strong><br />

piccolo contingente <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali si <strong>di</strong>sperse: alcuni andarono con<br />

Bremen da una parte, altri rimasero col re. Jerle li chiamò a raccolta,<br />

udì il suo nome gridato in risposta, e all'improvviso ogni cosa svanì<br />

nel fumo. Poi qualcosa <strong>di</strong> gigantesco si avventò contro le Guar<strong>di</strong>e in<br />

fuga col re, mandandole a ruzzolare nella notte, scagliando lontano i<br />

più vicini come se fossero pupazzi impagliati. Una sagoma enorme si<br />

materializzò, un orrendo mostro al servizio del Signore degli Inganni,<br />

evocato dal mondo infero e sguinzagliato nella notte, tutto zanne,<br />

artigli, scaglie. Con un latrato si lanciò contro Jerle <strong>Shannara</strong>, che<br />

ebbe appena il tempo <strong>di</strong> sguainare la spada. La lama magica saettò verso<br />

l'alto, con riflessi infocati nel buio quasi totale. Ora! pensò il re,<br />

girandosi per colpire. Ora vedremo! Chiamò la magia della spada,<br />

contando sul suo grande potere per <strong>di</strong>fendersi, mentre la mostruosa<br />

creatura attaccava. Ma non accadde niente. L'enorme essere mostruoso si


protese verso <strong>di</strong> lui e Jerle, <strong>di</strong>sperato, lo colpì come avrebbe colpito<br />

un normale avversario. <strong>Il</strong> fendente andò a segno e rallentò l'attacco, ma<br />

non ci furono effetti magici. Jerle <strong>Shannara</strong> si sentì afferrare lo<br />

stomaco dal morso della paura. <strong>Il</strong> mostro fu colpito ai fianchi da<br />

Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali tornate nella mischia, ma schiacciò i più vicini, spinse<br />

via gli altri e avanzò verso il re. In quel momento Jerle <strong>Shannara</strong> capì<br />

<strong>di</strong> non poter usare la magia della spada e si accorse d'aver perduto la<br />

speranza che potesse salvarlo. Aveva pensato, malgrado gli ammonimenti<br />

<strong>di</strong> Bremen, che nell'arma ci fosse un tipo <strong>di</strong> magia in grado <strong>di</strong> colpire<br />

un nemico... una palla <strong>di</strong> fuoco, un qualcosa con una innaturale capacità<br />

<strong>di</strong> uccidere. Ma la spada rivelava la verità, aveva insistito il vecchio,<br />

e ora pareva evidente che non poteva dare altro. Rischiò <strong>di</strong> restare<br />

paralizzato dalla paura, ma poi, con un grido feroce, si lanciò contro<br />

la mostruosa creatura. Impugnò a due mani la spada e si <strong>di</strong>fese<br />

nell'unico modo che gli restava. La lucente lama balenò dall'alto in<br />

basso e inflisse alla creatura una profonda ferita dalla quale sgorgò<br />

sangue scuro. Ma la creatura non si fermò: spinse da parte la spada e<br />

scagliò a terra Jerle. Allora comparve Bremen, sbucato dal buio come uno<br />

spettro ven<strong>di</strong>catore, mani protese, bagnato <strong>di</strong> Fuoco Magico. <strong>Il</strong> fuoco<br />

scaturì dalla punta delle <strong>di</strong>ta in un getto frenetico e colpì la<br />

mostruosa creatura nell'attimo in cui afferrava il re, la avviluppò, la<br />

consumò, la mutò in una torcia che si contorceva. <strong>Il</strong> mostro si rizzò<br />

sulle gambe, urlò <strong>di</strong> rabbia, si girò e corse via nella notte, lasciando<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé una scia <strong>di</strong> fiamme. Bremen non aspettò <strong>di</strong> vedere quale fine<br />

facesse. Si chinò sul re, mentre ricomparivano Elfi e Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, e<br />

lo aiutò a tirarsi in pie<strong>di</strong>. "La spada..." cominciò Jerle, con voce<br />

rotta, scuotendo la testa <strong>di</strong>sperato. Ma Bremen lo interruppe con<br />

un'occhiata dura: "Ne parleremo più tar<strong>di</strong>, re degli Elfi, da soli quando<br />

sarà il momento. Sei vivo, hai combattuto bene e l'attacco ha avuto<br />

successo. E' sufficiente, per il lavoro <strong>di</strong> una notte. Ora vieni via,<br />

presto, prima che altre creature ci trovino". Ripresero la fuga nella<br />

notte, il re, il druido e il manipolo <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. Fumo e ceneri li<br />

inseguirono e si <strong>di</strong>ffusero ancora più lontano, mentre le fiamme dei<br />

carri delle provviste e delle macchine d'asse<strong>di</strong>o accendevano come fari<br />

l'intero orizzonte. Preia Starle riemerse dal buio, senza fiato,<br />

preoccupata, con occhi che rivelavano collera e timore. Infilò la spalla<br />

sotto il braccio <strong>di</strong> Jerle e lo sostenne mentre camminavano. <strong>Il</strong> re non si<br />

oppose. Incontrò lo sguardo <strong>di</strong> Preia e lo <strong>di</strong>stolse. Aveva una smorfia<br />

decisa. La paura che covava negli angoli bui della sua coscienza era<br />

esplosa quella notte. Paura che in qualche modo la spada affidatagli non<br />

fosse adatta a lui e non rispondesse nel momento del bisogno. La paura<br />

era emersa a sfidarlo e lui non aveva raccolto la sfida. Se non fosse<br />

stato per Bremen, sarebbe morto. <strong>Di</strong>strutto da una creatura <strong>di</strong> minore<br />

magia, <strong>di</strong> minor potere rispetto al Signore degli Inganni. <strong>Il</strong> dubbio<br />

incrinava la sua risolutezza. Tutto ciò che solo qualche ora prima aveva<br />

creduto possibile, era perduto. La magia della spada non andava bene per<br />

lui. La magia non rispondeva alla sua chiamata, aveva bisogno <strong>di</strong> qualcun<br />

altro, <strong>di</strong> qualcuno più adatto. Lui non era l'uomo giusto. Non lo era.<br />

Sentiva le parole echeggiare nel battito del proprio cuore, fredde e<br />

sicure. Cercò <strong>di</strong> chiudere la mente e le orecchie a quel suono, ma scoprì<br />

<strong>di</strong> non riuscirci. <strong>Di</strong>sperato e impotente, continuò a correre.


29<br />

Dopo la partenza <strong>di</strong> Bremen verso occidente per portare agli Elfi la<br />

spada magica, Kinson Ravenlock e Mareth si <strong>di</strong>ressero a levante, seguendo<br />

il Fiume Argento, alla ricerca dei Nani. Quel primo giorno viaggiarono<br />

nella regione collinosa che formava contrafforti lungo la riva<br />

settentrionale del fiume e si avvicinarono sempre più alle foreste<br />

dell'Anar. La nebbia rimase tenacemente incollata alle montagne, ma<br />

cominciò a <strong>di</strong>radarsi mentre il sole saliva verso il mezzodì. Nel primo<br />

pomeriggio Kinson Ravenlock e Mareth avevano raggiunto l'Anar e si erano<br />

addentrati fra gli alberi. Lì il terreno era liscio e pianeggiante. I<br />

raggi <strong>di</strong> sole foravano il baldacchino <strong>di</strong> foglie e chiazzavano il tappeto<br />

<strong>di</strong> terriccio. Avevano cibo e acqua sufficienti solo per quel giorno;<br />

quando si fermarono a pranzare, li <strong>di</strong>visero con cura, mettendo da parte<br />

quanto bastava per la cena, nel caso non trovassero qualcosa <strong>di</strong> meglio.<br />

L'Anar risplendeva del verde degli alberi e dell'azzurro del fiume, dei<br />

raggi <strong>di</strong> sole dal cielo in gran parte sereno, del cinguettio degli<br />

uccelli e del chiacchiericcio degli animali che saettavano nel<br />

sottobosco. Ma la pista era calpestata e <strong>di</strong>sseminata dei rifiuti<br />

dell'esercito del Nord; non c'era traccia <strong>di</strong> vita umana. <strong>Di</strong> tanto in<br />

tanto un debole odore <strong>di</strong> legno bruciato e <strong>di</strong> ceneri ormai fredde<br />

aleggiava nel vento e in quelle occasioni calava un momentaneo silenzio,<br />

improvviso e assoluto, tanto da costringere i due viandanti a guardarsi<br />

intorno con circospezione. Oltrepassarono piccole fattorie, alcune<br />

ancora in buono stato, altre <strong>di</strong>strutte dal fuoco, tutte deserte. Non<br />

comparvero Nani. Non incontrarono nessuno. "Dovevamo aspettarcelo"<br />

osservò Mareth a un certo punto, quando Kinson fece un commento su<br />

quella desolazione. "<strong>Il</strong> Signore degli Inganni si è appena ritirato<br />

dall'Est. <strong>Di</strong> sicuro i Nani se ne stanno ancora nascosti." Pareva una<br />

conclusione logica, tuttavia l'attraversamento <strong>di</strong> una regione così<br />

inverosimilmente deserta preoccupava Kinson. <strong>Il</strong> fatto che non ci fosse<br />

neppure un ven<strong>di</strong>tore ambulante lo turbava. Suggeriva che lì non ci fosse<br />

più motivo <strong>di</strong> andare, come se vivere in quelle foreste non avesse più<br />

senso. L'idea che un intero popolo svanisse come se non fosse mai<br />

esistito gli <strong>di</strong>ede da pensare. Non aveva pietra <strong>di</strong> paragone per uno<br />

sra<strong>di</strong>camento <strong>di</strong> quelle proporzioni. E se i Nani fossero stati <strong>di</strong>strutti<br />

fino all'ultimo? Se avessero semplicemente cessato <strong>di</strong> esistere? Le<br />

Quattro Terre non si sarebbero mai riprese da una simile per<strong>di</strong>ta. Non<br />

sarebbero state mai più le stesse. Mentre procedevano in silenzio,<br />

rimuginando ciascuno per proprio conto, l'uomo della Frontiera e<br />

l'appren<strong>di</strong>sta druido non si scambiarono molte parole. Mareth camminava a<br />

testa alta, guardando avanti, e pareva fissare qualcosa al <strong>di</strong> là del<br />

loro campo visivo. Kinson si ritrovò a domandarsi se stesse esaminando<br />

la possibilità del proprio retaggio alla luce <strong>di</strong> quanto aveva appreso da<br />

Bremen. Scoprire <strong>di</strong> non essere figlia del druido, dopo averlo a lungo<br />

pensato, era un duro colpo che avrebbe sconvolto chiunque. <strong>Il</strong> fatto <strong>di</strong><br />

essere forse la figlia <strong>di</strong> una delle tenebrose creature al servizio del<br />

Signore degli Inganni era un colpo ancora peggiore. Kinson non sapeva<br />

come avrebbe reagito lui, a una simile rivelazione. Ma non pensava che<br />

l'avrebbe accettata facilmente. Secondo Bremen questo non avrebbe<br />

influito sulla vera natura <strong>di</strong> Mareth. Ma non si trattava solo <strong>di</strong> logica.<br />

Mareth era razionale e intelligente, tuttavia le vicissitu<strong>di</strong>ni della sua


fanciullezza e le complessità della sua vita da adulta l'avevano resa<br />

vulnerabile, avevano minato le poche convinzioni a cui era riuscita ad<br />

aggrapparsi. <strong>Di</strong> tanto in tanto pensava <strong>di</strong> parlargliene. Pensava <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle<br />

che lei era la persona che aveva sempre creduto <strong>di</strong> essere, che lui<br />

vedeva la bontà del suo animo, aveva assistito <strong>di</strong> persona alla forza <strong>di</strong><br />

questa bontà, e lei non sarebbe mai stata tra<strong>di</strong>ta da un retaggio così<br />

tenue come quello del sangue. Ma non sapeva escogitare un modo <strong>di</strong><br />

formulare le parole senza farle apparire accon<strong>di</strong>scendenti. Gli pareva<br />

che lei fosse contenta d'averlo al fianco; e malgrado si fosse lasciato<br />

andare a sgarbati commenti, quando Bremen aveva suggerito che lei lo<br />

accompagnasse, in cuor suo era felice che lei avesse accettato <strong>di</strong> buon<br />

grado la sua compagnia. Cominciava a sentirsi a proprio agio con lei,<br />

con la storia che con<strong>di</strong>videvano, con le loro chiacchierate, con il modo<br />

in cui ciascuno sapeva cosa l'altro pensava in quel momento, con<br />

l'intimità che sentiva per lei in decine <strong>di</strong> piccoli mo<strong>di</strong> che non gli<br />

riusciva facile definire. Intimità che derivava da semplici cose come il<br />

suono della voce <strong>di</strong> lei, il modo in cui lo guardava, il senso d'amicizia<br />

che trascendeva la semplice partecipazione allo stesso viaggio. Era<br />

sufficiente, decise alla fine, che lui fosse presente, se lei avesse<br />

sentito il bisogno <strong>di</strong> parlare. Mareth sapeva che l'identità <strong>di</strong> suo padre<br />

e le sue origini per lui non facevano <strong>di</strong>fferenza. Sapeva che a lui non<br />

importava niente <strong>di</strong> tutto ciò. Al tramonto, mentre la luce si<br />

affievoliva, l'aria si raffreddava e il lezzo <strong>di</strong> morte aleggiava acre e<br />

pungente sulle ombre, giunsero a Culhaven. La capitale dei Nani era<br />

stata rasa al suolo e la regione circostante devastata. Rimaneva solo<br />

terra bruciata, macerie, travi carbonizzate, ossa sparse. Molti cadaveri<br />

erano rimasti dov'erano caduti. Ormai non era possibile <strong>di</strong>stinguere<br />

l'uno dall'altro, ma le <strong>di</strong>mensioni ridotte delle ossa rivelavano che<br />

alcuni erano cadaveri <strong>di</strong> bambini. L'uomo della Frontiera e l'appren<strong>di</strong>sta<br />

druido sbucarono dagli alberi nella radura dove fino a poco tempo prima<br />

sorgeva la città, si fermarono a osservare tristemente la <strong>di</strong>struzione e<br />

si aggirarono sul luogo del massacro. L'attacco risaliva a qualche<br />

settimana prima, i fuochi si erano estinti da tempo, il terreno già<br />

cominciava a rigenerarsi dopo la <strong>di</strong>struzione e germogli verdeggianti<br />

sbucavano da sotto le ceneri. Ma Culhaven non conteneva segni <strong>di</strong> vita e<br />

sulle sue macerie annerite dagli incen<strong>di</strong> il silenzio gravava come una<br />

cortina d'in<strong>di</strong>fferenza. Al centro della città trovarono un'ampia fossa<br />

in cui erano stati gettati e bruciati centinaia <strong>di</strong> Nani. "Perché non<br />

sono fuggiti?" domandò Mareth sottovoce. "Perché sono rimasti? <strong>Di</strong> sicuro<br />

sapevano. <strong>Di</strong> sicuro erano stati avvertiti." Kinson rimase in silenzio.<br />

Mareth conosceva quanto lui la risposta. La speranza a volte è<br />

ingannevole. Guardò lontano, al <strong>di</strong> là della <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> macerie.<br />

Dov'erano i Nani superstiti? Ecco la domanda alla quale bisognava<br />

trovare risposta. Continuarono a procedere tra le rovine, allungando il<br />

passo perché da vedere non c'era niente che non avessero già visto in<br />

abbondanza. La luce si affievoliva e volevano trovarsi ben lontano da lì<br />

quando si sarebbero accampati per la notte. Fra quelle rovine non<br />

avrebbero trovato cibo né acqua. Non avrebbero trovato riparo. Non<br />

avevano motivo <strong>di</strong> trattenersi. Continuarono il cammino, costeggiando il<br />

fiume fino al limitare degli alberi, dove serpeggiava pigramente fuori<br />

della foresta, verso est. Forse la situazione sarebbe stata migliore più


avanti, si augurò Kinson. Forse più avanti avrebbero incontrato segni <strong>di</strong><br />

vita. Qualcosa corse veloce tra le macerie, facendo trasalire l'uomo<br />

della Frontiera. Ratti. Kinson non ne aveva ancora visti, ma ritenne<br />

naturale la loro presenza. E quella <strong>di</strong> altri animali che si cibano <strong>di</strong><br />

rifiuti, immaginò. Si sentì percorrere da un brivido, provocato da un<br />

ricordo della sua fanciullezza: si era addormentato nella caverna che<br />

stava esplorando e si era svegliato scoprendo dei ratti che gli<br />

zampettavano addosso. La morte gli era parsa stranamente vicina, in quei<br />

brevi attimi <strong>di</strong> terrore. "Kinson!" sibilò all'improvviso Mareth,<br />

fermandosi <strong>di</strong> colpo. Una figura avvolta nel mantello, immobile, era<br />

comparsa davanti a loro. Pareva un uomo... i particolari visibili erano<br />

sufficienti a determinare almeno questo. Da dove fosse giunto, era un<br />

mistero. Era semplicemente comparso, come evocato dall'aria stessa, ma<br />

<strong>di</strong> sicuro si era tenuto nascosto da qualche parte e li aveva aspettati.<br />

Si trovava a breve <strong>di</strong>stanza dalla riva del fiume che stavano<br />

costeggiando, messo in ombra dalla sera e dai resti <strong>di</strong> un muro <strong>di</strong><br />

pietra. Non era minaccioso, si limitava a stare lì, in attesa che si<br />

avvicinassero. Kinson e Mareth si scambiarono un'occhiata. <strong>Il</strong> viso<br />

dell'uomo era nascosto dal cappuccio, le braccia e le gambe erano<br />

coperte dalle pieghe del mantello. Non potevano stabilire chi fosse, né<br />

fare congetture sulla sua identità. "Salve" provò a <strong>di</strong>re piano Mareth.<br />

Teneva davanti a sé, come uno scudo, il bastone ricevuto da Bremen. Non<br />

ci fu risposta, né movimento. "Chi sei?" insistette Mareth. "Mareth"<br />

<strong>di</strong>sse lo sconosciuto, con voce lenta e bassa. Kinson s'irrigidì. Quella<br />

voce gli dava la stessa impressione delle zampette dei ratti e gli<br />

suggeriva la presenza della morte. Si sentì <strong>di</strong> nuovo in quella grotta,<br />

ancora bambino. La voce gli irritava i nervi come metallo strusciato<br />

sulla pietra. "Mi conosci?" domandò Mareth, sorpresa. Non pareva turbata<br />

da quella voce. "Sì" rispose. "Ti conosciamo tutti, quelli <strong>di</strong> noi che<br />

sono la tua famiglia. Ti abbiamo atteso, Mareth. Ti abbiamo atteso per<br />

tanto tempo." "<strong>Di</strong> cosa parli?" replicò in fretta Mareth e Kinson notò<br />

l'incrinatura nella sua voce. "Chi sei?" "Forse sono colui che cerchi.<br />

Forse sono proprio quella persona. Penseresti male <strong>di</strong> me, se lo fossi?<br />

Ti arrabbieresti, se ti <strong>di</strong>cessi che sono..." "No!" esclamò Mareth, in<br />

tono acuto. "... tuo padre?" <strong>Il</strong> cappuccio scivolò in<strong>di</strong>etro e mostrò il<br />

viso dello sconosciuto. Era un viso duro, forte, che rivelava più d'una<br />

somiglianza con quello <strong>di</strong> Bremen, pur essendo più giovane. Ma per Mareth<br />

la somiglianza era inconfon<strong>di</strong>bile. L'uomo lasciò che la giovane donna lo<br />

guardasse per un momento, che lo esaminasse bene. Pareva ignaro della<br />

presenza <strong>di</strong> Kinson. Sorrise debolmente. "In me ve<strong>di</strong> te stessa, vero,<br />

bambina? Ve<strong>di</strong> come ci assomigliamo? Ti è così <strong>di</strong>fficile accettarlo? Mi<br />

trovi così ripugnante?" "C'è qualcosa che non quadra" mormorò Kinson,<br />

per metterla in guar<strong>di</strong>a. Ma lei parve non u<strong>di</strong>rlo. Fissava l'uomo che<br />

<strong>di</strong>ceva d'essere suo padre, lo straniero dal mantello scuro comparso<br />

inaspettatamente davanti a loro. Come? Come aveva saputo dove cercarli?<br />

"Sei uno <strong>di</strong> loro!" replicò freddamente. "Uno dei servi del Signore degli<br />

Inganni!" L'uomo rimase impassibile. "Servo chi voglio, proprio come te.<br />

Ma tu ti sei messa al servizio dei Drui<strong>di</strong> per il desiderio <strong>di</strong> trovarmi,<br />

giusto? Te lo leggo negli occhi, bambina. Non hai veri legami con i<br />

Drui<strong>di</strong>. Chi sono, loro, per te?LO sono il tuo sangue e la tua carne, il<br />

tuo legame con me è evidente. Oh, capisco i tuoi dubbi. Non sono un


druido. Sono impegnato in un'altra causa, una da te avversata. Per tutta<br />

la vita hai sentito <strong>di</strong>re che sono il male. Ma quanto sono malvagio,<br />

secondo te? Le storie sono tutte vere? O sono forse alterate da coloro<br />

che le raccontano per raggiungere i propri scopi? A quanto puoi credere,<br />

<strong>di</strong> ciò che sai?" Mareth scosse lentamente la testa. "A una buona parte,<br />

penso." Lo straniero sorrise. "Forse allora non sono tuo padre." Kinson<br />

vide che Mareth esitava. "Sei davvero mio padre?" "Non so. Non so se<br />

voglio esserlo. Se lo fossi, non mi piacerebbe che mi o<strong>di</strong>assi. Mi<br />

piacerebbe che mi capissi e mi sopportassi. Mi piacerebbe che tu<br />

ascoltassi tutto ciò che ti racconterei della mia vita e delle sue<br />

conseguenze su <strong>di</strong> te. Mi piacerebbe avere l'opportunità <strong>di</strong> spiegarti<br />

perché la causa che servo non è né malvagia né rovinosa, ma basata su<br />

verità che renderebbero liberi tutti noi." Fece una pausa. "Ricorda che<br />

tua madre mi amava. Possibile che il suo amore fosse così traviato?<br />

Possibile che la sua fiducia in me fosse così mal riposta?" Kinson<br />

avvertì un impercettibile mutamento... una corrente d'aria, una traccia<br />

<strong>di</strong> fumo, un'increspatura nella corrente del fiume... una cosa che non<br />

vedeva, ma che percepìva. Si sentì rizzare i capelli. Chi era quello<br />

straniero? Da dove era giunto? Se era il padre <strong>di</strong> Mareth, come li aveva<br />

trovati? Come faceva a conoscerla? "Mareth!" l'ammonì <strong>di</strong> nuovo. "E se i<br />

Drui<strong>di</strong> si fossero sbagliati in tutto ciò che hanno fatto?" domandò<br />

all'improvviso lo straniero. "E se tutto ciò in cui hai sempre creduto<br />

si basasse su menzogne e su mezze verità e travisamenti che risalgono<br />

all'inizio del tempo?" "Impossibile!" replicò subito Mareth. "E se<br />

coloro <strong>di</strong> cui ti fidavi t'avessero tra<strong>di</strong>ta?" insistette lo straniero.<br />

"Mareth, no!" sibilò Kinson con furia. Ma subito gli occhi dello<br />

straniero si fissarono su <strong>di</strong> lui e all'improvviso Kinson Ravenlock non<br />

riuscì più a muoversi né a parlare. Rimase impietrito sul posto, come<br />

tramutato in statua. Lo straniero riportò lo sguardo su Mareth.<br />

"Guardami, bambina. Guardami attentamente." Inorri<strong>di</strong>to Kinson vide che<br />

Mareth guardava lo straniero. La giovane donna aveva un'espressione<br />

vacua, remota, come se vedesse una cosa del tutto <strong>di</strong>versa da quella che<br />

aveva davanti a sé. "Sei una <strong>di</strong> noi" proseguì in tono gentile lo<br />

straniero, con voce dolce, per blan<strong>di</strong>rla. "Fai parte <strong>di</strong> noi. Hai il<br />

nostro potere. Hai le nostre passioni. Hai tutto ciò che è nostro,<br />

tranne una cosa. Ti manca la nostra causa. Devi abbracciarla, Mareth.<br />

Devi convincerti che siamo nel giusto in ciò che cerchiamo. Forza e<br />

lunga vita me<strong>di</strong>ante l'uso della magia. Hai sentito quest'ultima rifluire<br />

in te. Ti sei domandata come renderla tua. Te lo mostrerò io.<br />

T'insegnerò io. Non devi sfuggire a ciò che fa parte <strong>di</strong> te. Non devi<br />

avere paura. <strong>Il</strong> segreto consiste nel dare retta a ciò che la magia ti<br />

chiede, nel non tentare <strong>di</strong> reprimerla, nel non rifuggire dai suoi<br />

bisogni. Mi capisci?" Mareth annuì vagamente. Kinson vide un<br />

impercettibile cambiamento nel viso dello straniero: era un po' meno<br />

umano <strong>di</strong> prima, assomigliava un po' meno a Bremen e a Mareth. Stava<br />

<strong>di</strong>ventando qualcosa d'altro. Lentamente, con grande dolore, l'uomo della<br />

Frontiera lottò contro le invisibili catene che gli serravano i muscoli.<br />

Con cautela mosse la mano lungo la coscia, dove teneva il fodero con il<br />

lungo coltello. "Padre?" esclamò all'improvviso Mareth. "Padre, perché<br />

mi hai lasciata?" Nella sera sempre più buia ci fu un lungo silenzio.<br />

Kinson chiuse le <strong>di</strong>ta sull'impugnatura del coltello. I muscoli urlavano


<strong>di</strong> dolore, la sua mente era confusa. Questa era una trappola dello<br />

stesso tipo <strong>di</strong> quella che il Signore degli Inganni aveva preparato per<br />

loro a Paranor! Lo straniero aveva atteso proprio loro o chiunque fosse<br />

passato da quelle parti? Sapeva che sarebbe giunta proprio Mareth? O si<br />

era augurato che giungesse Bremen? Serrò le <strong>di</strong>ta sul coltello. Lo<br />

straniero estrasse dalle pieghe del mantello la mano e l'alzò per<br />

chiamare a sé la giovane donna. La mano era nodosa e le <strong>di</strong>ta avevano<br />

unghie simili ad artigli. Mareth non parve notarlo. Mosse un piccolo<br />

passo avanti. "Sì, bambina, vieni a me" la incitò lo straniero, con<br />

occhi ora rossi come sangue, con zanne che sporgevano da un sorriso<br />

simile a un ghigno <strong>di</strong> serpente. "Lascia che ti spieghi ogni cosa. Pren<strong>di</strong><br />

le mie mani, le mani <strong>di</strong> tuo padre, e ti <strong>di</strong>rò ciò che sei destinata a<br />

sapere. Allora capirai. Vedrai che <strong>di</strong>co cose giuste. Conoscerai la<br />

verità." Mareth avanzò <strong>di</strong> un altro passo. Abbassò un poco la mano che<br />

reggeva il bastone del druido. In quell'istante Kinson si liberò della<br />

magia che lo aveva irretito, ne gettò via le pastoie e sguainò il<br />

coltello. Con un unico, fluido movimento lanciò il coltello contro lo<br />

straniero. Mareth strillò <strong>di</strong> paura... se per sé o per il padre o per lui<br />

stesso, Kinson non avrebbe saputo <strong>di</strong>re. Ma in un batter d'occhio lo<br />

straniero si trasformò, e da creatura simile all'uomo <strong>di</strong>venne una<br />

creatura del tutto inumana. Mosse il braccio e scagliò una cortina <strong>di</strong><br />

malefico fuoco verdastro che incenerì a mezz'aria il coltello. Davanti a<br />

loro, in una nebbiolina <strong>di</strong> fumo e <strong>di</strong> tremula luce, c'era adesso un<br />

Messaggero del Teschio. Una seconda esplosione <strong>di</strong> fuoco scaturì dalle<br />

<strong>di</strong>ta adunche della creatura, ma Kinson si era già mosso, si era lanciato<br />

su Mareth e l'aveva portata al riparo in una sacca <strong>di</strong> macerie coperte <strong>di</strong><br />

cenere. Subito fu <strong>di</strong> nuovo in pie<strong>di</strong>, senza aspettare <strong>di</strong> vedere se Mareth<br />

si fosse ripresa, e girò intorno ai resti <strong>di</strong> un muro, verso il<br />

Messaggero del Teschio. Doveva essere velocissimo, se voleva rimanere<br />

vivo. La creatura avanzava goffamente verso <strong>di</strong> loro, il fuoco che<br />

sprizzava dalla punta delle <strong>di</strong>ta, gli occhi rossi che ardevano<br />

nell'ombra del cappuccio. Kinson saettò in uno spazio aperto e fu<br />

sfiorato dal fuoco mentre si gettava a terra e rotolava <strong>di</strong>etro lo<br />

scheletro <strong>di</strong> un alberello. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio si girò verso <strong>di</strong><br />

lui, mormorando parole insi<strong>di</strong>ose e o<strong>di</strong>ose, parole piene <strong>di</strong> tenebrose<br />

promesse. Kinson sguainò la spada. Aveva perduto l'arco, che forse<br />

sarebbe stato un'arma migliore... anche se in realtà non possedeva<br />

un'arma che potesse fare la <strong>di</strong>fferenza. Movimenti furtivi e stratagemmi<br />

l'avevano protetto in passato, ma non poteva servirsene in questa<br />

circostanza. "Mareth!" gridò, <strong>di</strong>sperato, poi si lanciò all'attacco del<br />

Messaggero. <strong>Il</strong> cacciatore alato cambiò posizione per contrattaccare, le<br />

mani alzate, gli artigli che mandavano scintille. Kinson sapeva già <strong>di</strong><br />

essere troppo lontano per venire a contatto con la mostruosa creatura<br />

prima <strong>di</strong> essere colpito dal fuoco. Schivò a sinistra, cercò un riparo.<br />

Non ne trovò. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio si erse davanti a lui, tenebroso<br />

e minaccioso. Kinson cercò <strong>di</strong> coprirsi la testa. Allora Mareth mandò un<br />

grido acuto: "Padre!". <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio si girò, ma già il<br />

Fuoco Magico scaturiva dalla punta del bastone <strong>di</strong> Mareth. <strong>Il</strong> fuoco colpì<br />

il cacciatore alato e lo scagliò contro un muro. Kinson cadde in<br />

ginocchio, e cercò <strong>di</strong> ripararsi gli occhi. I tratti del viso <strong>di</strong> Mareth<br />

erano duri nella luce omicida e i suoi occhi parevano <strong>di</strong> pietra.


Continuò a lanciare il Fuoco Magico contro il Messaggero: un torrente<br />

che ne bruciò le <strong>di</strong>fese, la pelle indurita, il cuore. La creatura urlò<br />

<strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> sofferenza, allargò le braccia come per levarsi in volo. Ma<br />

il Fuoco Magico la consumò riducendola in cenere. Mareth gettò via con<br />

rabbia il bastone e il Fuoco Magico si estinse. "Ecco, padre!" sibilò ai<br />

resti. "Ti ho dato le mie mani da stringere. Ora parlami delle verità e<br />

delle menzogne. Avanti, Padre, parlami!" <strong>Il</strong> suo piccolo viso era<br />

inondato <strong>di</strong> lacrime. La notte si chiuse <strong>di</strong> nuovo su Kinson e Mareth,<br />

tornò il silenzio. Kinson si mise lentamente in pie<strong>di</strong>, si accostò a<br />

Mareth, l'attirò a sé. "Non credo che abbia molto da <strong>di</strong>re<br />

sull'argomento, vero?" Mareth scosse in silenzio la testa contro il suo<br />

petto. "Che sciocca sono stata. Non riuscivo a reagire. Non riuscivo a<br />

smettere <strong>di</strong> ascoltarlo. Quasi gli credevo! Tutte quelle menzogne! Ma era<br />

così suadente! Come sapeva <strong>di</strong> mio padre? Come sapeva quali parole<br />

usare?" Kinson le accarezzò i capelli. "Non lo so. Le creature tenebrose<br />

a volte conoscono i nostri segreti. Scoprono le nostre paure e i nostri<br />

dubbi e li usano contro <strong>di</strong> noi. Me lo <strong>di</strong>sse Bremen una volta." Abbassò<br />

il mento contro i capelli <strong>di</strong> lei. "Penso che quell'essere aspettasse<br />

l'arrivo <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> noi... tu, io, Bremen, Tay, Risca... uno qualsiasi <strong>di</strong><br />

coloro che minacciano il suo signore. Era una trappola simile a quella<br />

collocata a Paranor dal Signore degli Inganni, progettata per catturare<br />

chiunque vi cadesse. Però stavolta Brona si è servito <strong>di</strong> un Messaggero<br />

del Teschio, quin<strong>di</strong> ha molta paura <strong>di</strong> ciò che potremmo fare." "Per poco<br />

non ho ucciso te e me" mormorò Mareth. "Avevi ragione su <strong>di</strong> me." "No, mi<br />

sbagliavo" replicò subito Kinson. "Fossi stato da solo, senza <strong>di</strong> te, a<br />

quest'ora sarei morto. Mi hai salvato la vita. E l'hai fatto usando la<br />

tua magia. Guarda il terreno sotto i tuoi pie<strong>di</strong>, Mareth. Poi guardati."<br />

Mareth guardò. <strong>Il</strong> terreno era annerito e bruciato, ma lei era intatta.<br />

"Non capisci?" <strong>di</strong>sse piano Kinson. "<strong>Il</strong> bastone ha incanalato l'eccesso<br />

della tua magia, proprio come <strong>di</strong>ceva Bremen. Ha portato via la parte che<br />

ti avrebbe minacciata e ha tenuto solo quella necessaria. Alla fine hai<br />

acquisito il controllo della tua magia." Mareth lo fissò, calma, ma<br />

aveva negli occhi una tristezza palpabile. "Ormai non ha importanza,<br />

Kinson. Non voglio il controllo della magia. Non voglio averci niente a<br />

che fare. Ne sono nauseata. Sono nauseata <strong>di</strong> me stessa... <strong>di</strong> chi sono,<br />

<strong>di</strong> dove provengo, dei miei genitori, <strong>di</strong> tutto ciò che mi riguarda." "No"<br />

replicò piano lui, guardandola negli occhi. "Sì, invece. Volevo credere<br />

a quella creatura, altrimenti non mi sarei lasciata incantare. Se tu non<br />

avessi spezzato la sua presa su <strong>di</strong> me, saremmo morti tutt'e due. Per te<br />

ero inutile. Sono talmente presa in questa ricerca della verità su me<br />

stessa da mettere in pericolo chiunque mi stia intorno." Serrò le<br />

labbra. "Mio padre, si è definito! Un Messaggero del Teschio. Menzogne<br />

stavolta, ma forse non la prossima. Forse è vero. Forse mio padre è un<br />

Messaggero del Teschio. Non voglio saperlo. Non voglio avere più niente<br />

a che fare con la magia e i Drui<strong>di</strong> e i cacciatori alati e i talismani."<br />

Aveva ripreso a piangere, parlava con un tremito nella voce. "Ho chiuso,<br />

con tutto questo. Fatti accompagnare da qualcun altro.LO me ne vado."<br />

Kinson lasciò vagare lo sguardo nel buio. "Non puoi piantare tutto,<br />

Mareth" replicò alla fine. "No, non <strong>di</strong>re niente, ascoltami. Non puoi<br />

perché sei una persona troppo buona per fare una cosa simile. Devi<br />

continuare. Sei necessaria per aiutare coloro che non possono aiutarsi


da soli. Non è una responsabilità che tu abbia cercato, me ne rendo<br />

conto. Ma è il fardello che ti tocca portare, assegnato a te perché sei<br />

una dei pochi che possano portarlo. Tu, Bremen, Risca, Tay Trefenwyd...<br />

gli ultimi Drui<strong>di</strong>. Solo voi quattro, perché non ce ne sono altri e forse<br />

mai più ce ne saranno." "Non m'importa" mormorò Mareth, testarda. "Non<br />

me ne importa niente." "Sì, invece" insistette Kinson. "Importa a tutti<br />

voi. Se non ve ne importasse niente, la lotta contro il Signore degli<br />

Inganni sarebbe terminata da un sacco <strong>di</strong> tempo e saremmo tutti morti."<br />

Nel silenzio che seguì restarono a guardarsi come statue rimaste in<br />

pie<strong>di</strong> fra le macerie della città. Mareth si mosse contro <strong>di</strong> lui, alzò il<br />

viso verso il suo, lo baciò sulla bocca. Con le braccia gli circondò la<br />

vita e lo strinse a sé. <strong>Il</strong> bacio durò a lungo e fu qualcosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

una semplice manifestazione <strong>di</strong> amicizia e gratitu<strong>di</strong>ne. Kinson Ravenlock<br />

si sentì pervadere da una sensazione <strong>di</strong> calore mai provata. Ricambiò il<br />

bacio e abbracciò Mareth. Dopo, Mareth si tenne ancora un poco stretta a<br />

lui, con la testa abbassata contro il suo petto. Kinson sentiva il<br />

battito del cuore <strong>di</strong> lei, il suo respiro. Mareth in<strong>di</strong>etreggiò e lo<br />

guardò senza parlare, con occhi colmi <strong>di</strong> meraviglia. Si chinò a<br />

raccogliere il bastone e riprese il cammino verso i boschi, seguendo a<br />

levante il Fiume Argento. Kinson rimase fermo a guardarla finché non fu<br />

che un'ombra, cercando <strong>di</strong> raccapezzarsi. Poi rinunciò e si affrettò a<br />

raggiungerla. Camminarono per due giorni senza incontrare nessuno. Tutti<br />

i villaggi, le fattorie, le case <strong>di</strong> campagna e le stazioni commerciali<br />

in cui s'imbatterono erano incen<strong>di</strong>ati e deserti. Videro segni del<br />

passaggio dell'esercito del Nord e della fuga dei Nani, ma non trovarono<br />

anima viva. Nel cielo volavano uccelli, nel sottobosco saettavano<br />

piccoli animali, nei roveti ronzavano insetti, nelle acque del Fiume<br />

Argento guizzavano pesci, ma da nessuna parte c'erano esseri umani.<br />

Kinson e Mareth controllarono con scrupolo che non ci fossero altri<br />

Messaggeri del Teschio o qualcuno delle migliaia <strong>di</strong> esseri infernali al<br />

servizio del Signore degli Inganni, ma non ne videro. Trovarono acqua e<br />

cibo, quest'ultimo mai in abbondanza e sempre allo stato selvatico. Le<br />

giornate passavano lente e calde: solo <strong>di</strong> tanto in tanto uno spora<strong>di</strong>co<br />

acquazzone rinfrescava l'afa soffocante dell'Anar. Le notti erano chiare<br />

e profonde, stellate e luminose per il chiaro <strong>di</strong> luna. <strong>Il</strong> mondo era<br />

tranquillo, quieto, deserto. Pareva che tutti, amici e nemici, fossero<br />

svaniti nel firmamento. Mareth non parlò più delle proprie origini né<br />

della decisione <strong>di</strong> abbandonare la sua ricerca. Non accennò al proprio<br />

o<strong>di</strong>o per la magia né alla paura per chi la possedeva. Procedette per lo<br />

più in silenzio; se aveva qualcosa da <strong>di</strong>re, riguardava la regione che<br />

attraversavano e le creature che l'abitavano. Pareva essersi lasciata<br />

alle spalle gli eventi <strong>di</strong> Culhaven. Pareva anche decisa a restare con<br />

Kinson, per quanto non avesse espresso quella decisione. Spesso gli<br />

sorrideva. A volte si sedeva accanto a lui, prima <strong>di</strong> addormentarsi. E<br />

lui si scoprì a desiderare più d'una volta che lo baciasse <strong>di</strong> nuovo.<br />

"Non provo più rabbia" gli <strong>di</strong>sse a un certo punto, guardando davanti a<br />

sé ed evitando con cura i suoi occhi. Stavano camminando fianco a fianco<br />

in un campo <strong>di</strong> fiori selvatici gialli. "Ho provato rabbia per troppo<br />

tempo" riprese dopo un attimo. "Verso mia madre, mio padre, Bremen, i<br />

Drui<strong>di</strong>, tutti. La collera mi dava forza, ma ora si limita a<br />

prosciugarmi. Ora mi sento solo stanca." "Capisco" rispose lui. "Sono in


giro per il mondo da più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni... da quando riesco a<br />

ricordare... sempre alla ricerca <strong>di</strong> qualcosa. Ora vorrei solo fermarmi e<br />

guardarmi intorno per un poco. Vorrei avere una casa da qualche parte.<br />

Cre<strong>di</strong> che sia un desiderio sciocco?" Lei gli sorrise, ma non rispose.<br />

Sul finire del terzo giorno da quando avevano lasciato Culhaven,<br />

arrivarono alle Montagne del Corvo. Quando il sole cominciò a<br />

sprofondare <strong>di</strong>etro l'orizzonte, si trovavano già alla base della catena<br />

montuosa e iniziavano a salire le alture pedemontane. <strong>Il</strong> cielo era un<br />

meraviglioso arcobaleno arancione, cremisi, violetto; i colori si<br />

riversavano su ogni cosa, chiazzavano il terreno, si protendevano negli<br />

angoli in ombra. Kinson e Mareth si erano fermati ad ammirare lo<br />

spettacolo alle loro spalle quando un nano comparve sul sentiero davanti<br />

a loro. "Chi siete?" domandò, brusco. Era solo e non aveva armi a parte<br />

un pesante randello, ma Kinson capì subito che c'erano altri Nani nelle<br />

vicinanze. <strong>Di</strong>sse i loro nomi. "Stiamo cercando Risca" soggiunse. "Ci<br />

manda druido Bremen." <strong>Il</strong> nano non replicò, ma si girò e con un gesto li<br />

invitò a seguirlo. Camminarono per alcune ore lungo il sentiero che si<br />

arrampicava fino ai pen<strong>di</strong>i più bassi delle montagne. La luce del giorno<br />

era svanità e la luna e le stelle, appena spuntate, illuminavano il<br />

cammino. L'aria si rinfrescò e il fiato cominciò a condensarsi in<br />

nuvolette davanti a loro. Mentre procedevano, Kinson cercò segni <strong>di</strong><br />

altri Nani, ma vide sempre e solo quello che li precedeva. Alla fine<br />

entrarono in una valle dove ardevano decine <strong>di</strong> fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Un<br />

numero <strong>di</strong> Nani <strong>di</strong>eci volte superiore a quello dei falò se ne stava<br />

raggruppato intorno alle fiamme. Alzarono la testa nel vedere i due<br />

stranieri e alcuni scattarono in pie<strong>di</strong>. Avevano sguar<strong>di</strong> duri,<br />

sospettosi, e si scambiarono qualche parola in tono volutamente basso.<br />

Avevano poche cose, ma tutti portavano armi agganciate alla cintura e<br />

sulla schiena. Kinson si domandò all'improvviso se lui e Mareth non<br />

fossero in pericolo. Si avvicinò a lei, con rapide occhiate a destra e a<br />

manca. Quel posto non gli sembrava sicuro. Pareva cupo e minaccioso. Si<br />

domandò se per caso quei Nani non fossero <strong>di</strong>sertori. Si domandò se il<br />

loro esercito esistesse ancora. Poi comparve all'improvviso Risca, e<br />

attese che si avvicinassero: aveva lo stesso aspetto <strong>di</strong> quando l'avevano<br />

lasciato nei pressi del Perno dell'Ade, a parte una nuova serie <strong>di</strong><br />

piccole ferite che gli segnavano il viso e le mani. E quando un sorriso<br />

gli comparve sul viso segnato dalla vita all'aria aperta e le mani si<br />

protesero in un gesto <strong>di</strong> benvenuto, Kinson Ravenlock capì che tutto era<br />

a posto.<br />

30<br />

<strong>Di</strong>eci giorni dopo l'incursione notturna <strong>di</strong> Jerle <strong>Shannara</strong>, l'armata del<br />

Signore degli Inganni attaccò. Gli Elfi non furono colti <strong>di</strong> sorpresa.<br />

Per tutta la notte c'era stata un'insolita attività nell'accampamento<br />

nemico. Erano stati accesi gran<strong>di</strong> fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, tanto che tutta la<br />

prateria pareva in fiamme. Le macchine d'asse<strong>di</strong>o sfuggite all'incursione<br />

venivano fatte avanzare, robusti giganti stagliati contro il buio della<br />

notte: le torri tozze e squadrate ondeggiavano e cigolavano, i lunghi<br />

bracci ripiegati delle catapulte e dei trabocchi lanciavano ombre simili<br />

a quelle <strong>di</strong> grossi rami spezzati. Molto prima del sorgere del sole i<br />

vari reparti dell'esercito cominciarono a radunarsi e perfino<br />

dall'estremità del passo gli Elfi u<strong>di</strong>rono i rumori <strong>di</strong> gente che


indossava la corazza e le armi. <strong>Il</strong> pesante tonfo <strong>di</strong> stivali segnalò la<br />

formazione <strong>di</strong> unità <strong>di</strong> battaglia. I cavalli furono sellati e i cavalieri<br />

presero posizione ai fianchi per proteggere gli arcieri e i fanti.<br />

Impossibile fraintendere lo scopo <strong>di</strong> tutte quelle attività, e Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> si sbrigò a prendere provve<strong>di</strong>menti. Aveva sfruttato bene il<br />

tempo guadagnato grazie all'incursione. I soldati del Nord avevano<br />

impiegato, per riprendersi, più tempo <strong>di</strong> quanto lui si fosse augurato. I<br />

danni inflitti alle macchine d'asse<strong>di</strong>o e ai carri delle provviste erano<br />

stati ingenti e avevano richiesto la costruzione <strong>di</strong> nuove macchine, la<br />

riparazione delle vecchie, l'arrivo dal settentrione <strong>di</strong> altre provviste.<br />

Alcuni dei cavalli messi in fuga erano stati ripresi, ma era stato<br />

necessario sostituirne un gran numero. L'esercito del Nord s'ingrossò<br />

all'arrivo <strong>di</strong> rinforzi, ma gli Elfi erano incoraggiati dalla facilità<br />

con cui avevano danneggiato forze tanto superiori. Era tornata la<br />

speranza e il re fu pronto ad approfittarne. Per prima cosa cambiò<br />

posizione al grosso dell'esercito e dall'estremità occidentale della<br />

valle lo spostò verso quella opposta, dalla stretta gola all'ampia<br />

apertura sul fondovalle. <strong>Il</strong> suo ragionamento era semplice: se da una<br />

parte era più facile <strong>di</strong>fendere la stretta gola, dall'altra preferiva<br />

impegnare il nemico più all'interno e costringerlo a conquistare il<br />

terreno palmo a palmo. Naturalmente c'era il pericolo <strong>di</strong> assottigliare<br />

troppo le fila. Ma per ovviare a questo rischio, or<strong>di</strong>nò ai genieri <strong>di</strong><br />

costruire una serie <strong>di</strong> trappole mici<strong>di</strong>ali nell'ampio valico aperto sulle<br />

pianure dal quale i nemici erano obbligati a passare. Tenne consiglio <strong>di</strong><br />

guerra per <strong>di</strong>scutere la strategia, elaborando una complessa ma ampia<br />

serie <strong>di</strong> manovre <strong>di</strong> riserva che secondo lui avrebbero compensato la<br />

potenza dell'attacco nemico. L'esercito più numeroso avrebbe vinto, se<br />

avesse potuto mettere in campo la sua superiorità. <strong>Il</strong> trucco era<br />

semplice: evitare che ciò accadesse. Così, quando spuntò l'alba <strong>di</strong> quel<br />

decimo giorno e l'esercito del Nord comparve, gli Elfi erano pronti a<br />

riceverlo. Quattro compagnie <strong>di</strong> fanti e arcieri erano schierate<br />

attraverso l'ampia imboccatura orientale della valle, le armi in pugno.<br />

La cavalleria, al comando <strong>di</strong> Kier Joplin, si era già <strong>di</strong>sposta a<br />

ventaglio ai lati della fanteria, lungo i bor<strong>di</strong> delle foreste che<br />

schermavano i <strong>di</strong>rupi e le montagne. Sulle alture avevano preso posizione<br />

tre compagnie <strong>di</strong> Cacciatori, protette da trincee e barricate, con archi,<br />

fionde e lance. Ma l'esercito nemico incuteva davvero paura. Superava le<br />

<strong>di</strong>ecimila unità e occupava le pianure fin dove arrivava l'occhio. I<br />

giganteschi Troll delle Montagne si trovavano al centro e le gran<strong>di</strong><br />

picche sollevate parevano una foresta <strong>di</strong> legno e <strong>di</strong> ferro. Troll più<br />

piccoli e Gnomi li affiancavano e li precedevano. La cavalleria pesante,<br />

con le lance alla staffa in posizione d'attesa, era schierata più<br />

in<strong>di</strong>etro. Una doppia serie <strong>di</strong> torri d'asse<strong>di</strong>o affiancava lo<br />

schieramento, mentre catapulte e trabocchi erano sparsi fra i soldati.<br />

Nel bagliore del sole appena sorto, l'esercito del Nord pareva<br />

abbastanza potente da frantumare qualsiasi ostacolo incontrasse. Mentre<br />

il sole si staccava dall'orizzonte e il nuovo giorno iniziava, ci fu un<br />

silenzio carico d'aspettativa. I due eserciti si fronteggiavano ai due<br />

estremi della prateria, in un luccichio <strong>di</strong> corazze e <strong>di</strong> armi mentre gli<br />

stendar<strong>di</strong> garrivano nella brezza e il cielo era una bizzarra mistura<br />

d'azzurro sempre più vivo e <strong>di</strong> grigio sempre più sbia<strong>di</strong>to. Le nuvole


veleggiavano in vaste e dense masse che minacciavano pioggia. Nell'aria<br />

aleggiava l'acre puzzo <strong>di</strong> terra bruciata, residuo dei fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a<br />

spenti da poco. I cavalli raspavano nervosi il terreno e si agitavano<br />

fra le tirelle. Gli uomini sospiravano e cercavano <strong>di</strong> non pensare alla<br />

casa, alla famiglia, a tempi migliori. Quando l'esercito del Nord iniziò<br />

l'avanzata verso la valle, il terreno tremò. I tamburi rullavano con<br />

ritmo regolare e segnavano il tempo ai fanti in marcia. Le ruote delle<br />

catapulte e delle torri d'asse<strong>di</strong>o rombavano. Stivali e zoccoli pestavano<br />

con tanta forza che le vibrazioni del terreno si sentivano fin dove<br />

erano schierati gli Elfi. La polvere cominciò a sollevarsi dalle piane<br />

riarse e il vento la mosse in nubi irregolari; l'esercito parve<br />

aumentare <strong>di</strong> grandezza, come se fosse alimentato dal polverone che<br />

sollevava. <strong>Il</strong> silenzio s'infranse e la luce mutò. Nell'aria intorbi<strong>di</strong>ta<br />

dalla polvere e nella tonante avanzata dell'esercito, la Morte alzò la<br />

testa con impaziente anticipazione e si guardò in giro. Jerle <strong>Shannara</strong>,<br />

in sella al cavallo da guerra, un baio con una macchia bianca sul muso<br />

chiamato Risk, guardò in silenzio il nemico avanzare. Non gli piacque<br />

l'effetto che l'avanzata provocava nei suoi uomini. <strong>Il</strong> puro e semplice<br />

numero dei nemici era scoraggiante, il fragore della loro avanzata<br />

assordante e temibile. <strong>Il</strong> re sentiva il terrore che l'avvicinarsi del<br />

nemico generava nei suoi soldati. L'impazienza per l'atteso evento<br />

cominciò a innervosirlo, a corrodere la sua stessa determinazione. Alla<br />

fine non riuscì più a sopportarlo. D'impulso spronò il cavallo verso la<br />

prima linea lasciando <strong>di</strong> stucco Preia, Bremen e la sua guar<strong>di</strong>a<br />

personale. Lanciato alla carica, visibile da tutti, arrestò il cavallo e<br />

lo mise al passo, andò avanti e in<strong>di</strong>etro lungo le prime file, arringando<br />

i Cacciatori che lo guardavano con sorpresa e piacere. "Calma, adesso"<br />

<strong>di</strong>sse con sicurezza, sorridendo, rispondendo con un cenno ai saluti e<br />

guardando negli occhi ciascun soldato. "<strong>Il</strong> semplice numero non vuol <strong>di</strong>re<br />

molto. Questa è la nostra terra, la nostra casa, la nostra nazione per<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> nascita. Non possiamo farci scacciare da un invasore<br />

senz'anima. Non possiamo essere sconfitti, se cre<strong>di</strong>amo in noi stessi.<br />

Siate forti. Ricordate le sorprese che abbiamo in serbo per loro.<br />

Ricordate cosa bisogna fare. Saranno loro i primi a darsi alla fuga, ve<br />

lo prometto. <strong>Re</strong>state calmi. Non perdete la testa." Continuò così, avanti<br />

e in<strong>di</strong>etro lungo lo schieramento, fermandosi per rivolgere qualche<br />

domanda <strong>di</strong> poco conto a qualcuno che conosceva, mostrando a tutti<br />

d'essere fiducioso, <strong>di</strong> sapere quanto coraggio avessero. Tenne le spalle<br />

girate all'esercito nemico. <strong>Di</strong> proposito si comportò come se non<br />

esistesse. Quelli per noi non sono niente, lasciava intendere; sono già<br />

sconfitti. Quando il nemico fu a duecento passi, con un rumore così<br />

assordante da non lasciare spazio ad altri suoni, alzò la mano in un<br />

saluto ai suoi Cacciatori, girò il cavallo e tornò al suo posto fra i<br />

ranghi. Poi, quando i nemici furono a centocinquanta passi, <strong>di</strong>ede il<br />

segnale <strong>di</strong> appiccare fuoco alle praterie. Gli arcieri avanzarono <strong>di</strong><br />

corsa a prendere posizione in una lunga linea, piegarono il ginocchio a<br />

terra e accesero le frecce incen<strong>di</strong>arie. Alzarono e inclinarono verso il<br />

cielo archi alti come un uomo, tesero la corda e la rilasciarono. Le<br />

frecce volarono tra i soldati dell'esercito invasore e caddero nell'erba<br />

che durante la notte gli Elfi avevano inzuppato d'olio. Da tutte le<br />

parti scaturirono lingue <strong>di</strong> fiamma che si alzarono nell'aria fitta <strong>di</strong>


polvere e <strong>di</strong>vamparono fra le schiere compatte. Le fila nemiche<br />

rallentarono e si scompaginarono, mentre nell'aria si alzavano le grida<br />

atterrite <strong>di</strong> soldati e animali. Ma l'esercito non si ritirò, non si<br />

<strong>di</strong>ede alla fuga. Caricò, invece, e le prime file si sottrassero così<br />

alle fiamme mici<strong>di</strong>ali. Gli arcieri degli Gnomi scagliarono<br />

freneticamente salve <strong>di</strong> frecce, ma non possedevano i lunghi archi degli<br />

Elfi e i tiri risultarono corti. I soldati si lanciarono alla carica,<br />

con spade e lance, ululando con furia, ansiosi <strong>di</strong> venire a contatto con<br />

gli autori <strong>di</strong> quella sorpresa. Un buon migliaio, per la maggior parte<br />

Gnomi e piccoli Troll, poco <strong>di</strong>sciplinati e impulsivi, si precipitò a<br />

testa bassa nella trappola. Jerle <strong>Shannara</strong> mantenne in posizione i suoi<br />

soldati, mentre gli arcieri si erano <strong>di</strong> nuovo ritirati fra i Cacciatori.<br />

Quando il nemico fu abbastanza vicino, alzò la spada e <strong>di</strong>ede il segnale<br />

ai guastatori inframmezzati ai fanti. Questi tirarono grosse funi<br />

ingrassate nascoste nell'erba, e decine <strong>di</strong> barriere munite <strong>di</strong> punte<br />

acuminate si levarono a contrastare l'assalto. Gli attaccanti, troppo<br />

vicini per rallentare e incalzati da quelli che li seguivano, finirono<br />

contro le mici<strong>di</strong>ali punte. Alcuni cercarono <strong>di</strong> recidere le funi, ma le<br />

lame scivolavano sulle corde coperte <strong>di</strong> grasso. Le grida d'attacco si<br />

mutarono in urla <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> paura, mentre i soldati delle prime file<br />

morivano fra atroci sofferenze, impalati sulle barriere o calpestati dai<br />

compagni alla carica. A quel punto gli arcieri elfi scagliarono una<br />

seconda salva <strong>di</strong> frecce. I soldati del Nord, rallentati dalle barriere<br />

che sbarravano loro la strada, erano facili bersagli. Impossibilitàti a<br />

proteggersi, senza alcun posto dove nascondersi, caddero a decine. A<br />

causa delle fiamme alle loro spalle non avevano via <strong>di</strong> fuga. <strong>Il</strong> resto<br />

dell'esercito del Nord si era sud<strong>di</strong>viso nel tentativo <strong>di</strong> evitare<br />

quell'inferno e <strong>di</strong> correre in aiuto dei compagni intrappolati dalle<br />

fiamme. Ma i due gruppi avevano <strong>di</strong>fficoltà ad avanzare, ostacolati dalle<br />

macchine d'asse<strong>di</strong>o e dagli animali che le trainavano. Per <strong>di</strong> più, la<br />

cavalleria elfa li assalì su entrambi i fianchi con giavellotti e corte<br />

spade. Una delle torri prese fuoco e gli occupanti tentarono <strong>di</strong> spegnere<br />

le fiamme versando freneticamente secchi d'acqua presa dai serbatoi<br />

posti all'interno del guscio ligneo. Le catapulte scagliarono la loro<br />

mici<strong>di</strong>ale gran<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> pietre e pezzi <strong>di</strong> metallo, ma la mira non era<br />

accurata a causa del fumo e della polvere. Allora Jerle <strong>Shannara</strong> or<strong>di</strong>nò<br />

<strong>di</strong> rilasciare le funi che avevano alzato le barriere e queste ricaddero.<br />

Gli Elfi marciarono all'attacco, lancieri e fanti <strong>di</strong>sposti su linee<br />

scaglionate, a ranghi serrati in modo che lo scudo dell'uomo sulla<br />

destra proteggesse il compagno <strong>di</strong> sinistra. Puntarono con decisione<br />

sulla prima linea nemica, già devastata. Sgomenti, i soldati presi in<br />

trappola fra gli Elfi e le fiamme gettarono le armi e tentarono la fuga.<br />

Ma la fuga era impossibile. I soldati del Nord furono circondati e<br />

rapidamente fatti a pezzi. Ma il fuoco, consumata l'erba, cominciò a<br />

estinguersi e una compagnia <strong>di</strong> Troll delle Montagne, il nucleo<br />

dell'esercito nemico, avanzò a picche abbassate. Mantennero la<br />

formazione e il passo, senza rallentare anche se calpestavano morti e<br />

moribon<strong>di</strong>, fossero amici o nemici. Chiunque capitò sulla loro strada fu<br />

ucciso. Jerle li vide sopraggiungere e or<strong>di</strong>nò la ritirata. Riportò nella<br />

posizione originaria le sue prime file e lì le attestò. Alla sua destra<br />

c'era Cormorant Etrurian, alla sua sinistra Rustin Apt. Arn Banda


sistemò gli arcieri fra le due compagnie, a drappelli scaglionati tra i<br />

fanti, e or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> mirare ai Troll. Ma questi portavano la corazza e le<br />

frecce causavano danni trascurabili, perciò Jerle or<strong>di</strong>nò agli arcieri <strong>di</strong><br />

ritirarsi. I Troll attraversarono il tratto d'erba bruciata ed emersero<br />

dal fumo: erano i migliori combattenti delle Quattro Terre, massicci <strong>di</strong><br />

spalle e <strong>di</strong> fianchi, muscolosi, protetti dall'armatura, implacabili.<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> fece ancora un segnale e una nuova serie <strong>di</strong> barriere<br />

chiodate si alzò a sbarrare loro la strada. Ma i Troll delle Montagne<br />

erano più <strong>di</strong>sciplinati e meno impressionabili degli Gnomi e dei Troll<br />

più piccoli: subito si <strong>di</strong>sposero in modo da togliere <strong>di</strong> mezzo le<br />

barriere chiodate. Alle loro spalle, fuori dalla foschia, sciamò il<br />

resto dell'esercito del Nord, all'apparenza sterminato, accompagnato da<br />

torri d'asse<strong>di</strong>o e catapulte. La cavalleria lo fiancheggiava e teneva a<br />

bada il reparto <strong>di</strong> Kier Joplin. Jerle <strong>Shannara</strong> fece arretrare <strong>di</strong> altri<br />

cento passi i suoi uomini, all'interno dell'ampia imboccatura orientale<br />

della Valle <strong>di</strong> Rhenn. Fila dopo fila, gli Elfi arretrarono, con or<strong>di</strong>ne e<br />

<strong>di</strong>sciplina, ma si trattò pur sempre d'una ritirata. Alcuni,<br />

nell'esercito nemico, lanciarono grida d'entusiasmo, credendo che gli<br />

Elfi fossero in preda al panico. <strong>Di</strong> sicuro, pensavano, adesso avrebbero<br />

rotto le righe e si sarebbero dati alla fuga. Nessuno notò le file <strong>di</strong><br />

ban<strong>di</strong>erine fra le quali gli Elfi in ritirata si spostavano con prudenza,<br />

rimuovendo <strong>di</strong> nascosto, dopo essere passati quei segnali. Nessuno notò<br />

nemmeno che la ritirata avveniva troppo in buon or<strong>di</strong>ne. <strong>Di</strong>etro i Troll,<br />

il fumo e le fiamme lanciarono gli ultimi guizzi e morirono, mentre il<br />

vento svaniva con l'avanzare del mattino. I cavalieri <strong>di</strong> Kier Joplin<br />

tornarono nella valle, precedendo il nemico che avanzava per non<br />

rimanere tagliati fuori. Superarono al galoppo i fanti e si girarono per<br />

rimettersi in formazione. Ora tutto l'esercito dell'Ovest era schierato<br />

in attesa attraverso l'imboccatura della valle. Non mostrava segni <strong>di</strong><br />

panico né traccia d'incertezza. Era stata pre<strong>di</strong>sposta una seconda<br />

trappola e in quel momento il nemico vi entrava senza il minimo<br />

sospetto. Fu così che, quando le prime file <strong>di</strong> Troll delle Montagne<br />

arrivarono all'ingresso della valle, il terreno iniziò a cedere.<br />

Appesantiti dall'armatura, i Troll precipitarono senza scampo nelle<br />

fosse che gli Elfi avevano scavato e mimetizzato alcuni giorni prima, le<br />

stesse che avevano accuratamente evitato durante la ritirata. I ranghi<br />

dei Troll si frazionarono per evitare le fosse visibili, ma le trappole<br />

erano scaglionate a intervalli irregolari per un tratto <strong>di</strong> cinquanta<br />

passi e il terreno continuò a sprofondare, da qualsiasi parte si<br />

muovessero. La confusione rallentò l'avanzata e l'attacco cominciò a<br />

vacillare. Gli Elfi contrattaccarono subito. <strong>Il</strong> re <strong>di</strong>ede un segnale agli<br />

uomini nascosti tra i <strong>di</strong>rupi sulle pen<strong>di</strong>ci della valle: barili d'olio<br />

rotolarono lungo rampe mimetizzate e finirono sull'erboso tratto piano,<br />

fracassandosi sulle pietre sporgenti e versando nelle fosse il<br />

contenuto. Ancora una volta le frecce incen<strong>di</strong>arie solcarono il cielo e<br />

in un attimo l'intera parte orientale della valle fu inghiottita dalle<br />

fiamme. I Troll delle Montagne caduti nelle fosse morirono bruciati. <strong>Il</strong><br />

resto dell'esercito nemico continuò l'avanzata, ma la compattezza dei<br />

ranghi dei Troll ormai era infranta. Peggio ancora, i Troll venivano<br />

travolti dagli inconsapevoli compagni che li seguivano. La confusione<br />

cominciò a <strong>di</strong>ffondersi tra i soldati del Nord. Le fiamme si propagavano,


frecce gran<strong>di</strong>navano da tutte le parti e ora gli Elfi venivano<br />

all'attacco, spingendo davanti a sé grossi arieti muniti <strong>di</strong> punte<br />

acuminate. Gli arieti aprirono varchi nelle file già decimate e<br />

<strong>di</strong>spersero i Troll. I Cacciatori avanzarono e a colpi <strong>di</strong> spada si<br />

lanciarono sui superstiti. I nemici intrappolati tra le fiamme e gli<br />

Elfi tennero duro e lottarono con coraggio, ma finirono anche loro per<br />

morire. Spinti dalla <strong>di</strong>sperazione, i restanti soldati del Nord si<br />

lanciarono all'attacco tra i <strong>di</strong>rupi sulle pen<strong>di</strong>ci del passo, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> stabilire una testa <strong>di</strong> ponte. Ma anche stavolta gli Elfi<br />

erano in attesa. Grossi massi rotolarono dall'alto e travolsero coloro<br />

che si arrampicavano mentre le frecce li decimavano. Dalla loro<br />

posizione più elevata, gli Elfi respinsero l'assalto quasi senza sforzo.<br />

Giù, nell'inferno del passo, il fronte d'attacco dell'esercito del Nord<br />

si aggirava qua e là, smarrito, impotente. L'attacco rimase in bilico e<br />

poi crollò. Soffocati dal fumo e dalla polvere, ustionati dall'erba in<br />

fiamme, feriti, i soldati del Signore degli Inganni cominciarono a<br />

ritirarsi <strong>di</strong> nuovo nelle Pianure <strong>di</strong> Streleheim. Agendo d'impulso, Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> sguainò la spada affidatagli da Bremen, la spada la cui magia<br />

non poteva padroneggiare e in cui ancora non credeva, e la levò in aria.<br />

Tutt'intorno a lui gli Elfi alzarono al cielo le armi e lanciarono grida<br />

<strong>di</strong> vittoria. Quasi subito il re riconobbe l'ironia del proprio gesto. Si<br />

affrettò ad abbassare la spada, nelle sue mani amuleto d'uno sciocco,<br />

talismano d'un sempliciotto. Fece girare con rabbia il cavallo: la sua<br />

euforia era svanità, aveva lasciato posto alla vergogna. "Adesso è la<br />

Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong>, re degli Elfi" gli aveva detto Bremen quando, dopo<br />

l'incursione <strong>di</strong> mezzanotte, Jerle gli aveva rivelato <strong>di</strong> non essere<br />

riuscito a sfruttare la magia del talismano. "Non è più una spada dei<br />

Drui<strong>di</strong>, né mia." Ricordò ora quelle parole, mentre andava avanti e<br />

in<strong>di</strong>etro lungo le fila del suo esercito, rincuorando i soldati in<br />

previsione del prossimo attacco che con ogni probabilità sarebbe giunto<br />

poco prima del tramonto. Aveva rimesso la Spada - incerta, enigmatica<br />

presenza - nel fodero allacciato alla cintura. Da un lato Bremen era<br />

stato molto rapido a darle il nome, ma dall'altro era stato assai lento<br />

a garantirgli che avrebbe potuto controllarne la magia. Anche adesso,<br />

con tutto ciò che aveva già appreso, Jerle non sentiva la Spada<br />

veramente sua. "Hai la possibilità <strong>di</strong> controllarne la magia, re degli<br />

Elfi" aveva mormorato il vecchio, quella notte. "Ma la forza per<br />

controllarla nasce dalla fede e la fede deve necessariamente giungere<br />

dal tuo intimo." Quella notte <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci giorni prima si erano appartati<br />

nel buio, fino a un'ora prima dell'alba, le facce sporche <strong>di</strong> fuliggine e<br />

<strong>di</strong> polvere e striate <strong>di</strong> sudore. Quella notte Jerle era andato vicino<br />

alla morte. <strong>Il</strong> mostro al servizio del Signore degli Inganni l'aveva<br />

quasi ucciso; Bremen era giunto in tempo per salvarlo, ma il re<br />

ricordava ancora vividamente e dolorosamente quanto fosse stata prossima<br />

la morte. Preia era nelle vicinanze, ma Jerle aveva preferito parlare<br />

col druido da solo e confessargli in privato il proprio fallimento, per<br />

esorcizzare i demoni che gli infuriavano dentro. Dove aveva sbagliato,<br />

quella notte, nel fare appello al potere del talismano? Come poteva<br />

essere sicuro <strong>di</strong> non ripetere l'errore? Soli nel buio, tanto vicini da<br />

u<strong>di</strong>re solo il battito del cuore e il caldo respiro, avevano affrontato<br />

la questione. "Quella spada è un talismano previsto per un solo scopo,


Jerle <strong>Shannara</strong>!" aveva detto, quasi con rabbia, il vecchio druido, in<br />

tono duro e spazientito. "Ha un solo uso e basta! Non puoi fare appello<br />

alla sua magia per <strong>di</strong>fenderti da qualsiasi creatura ti minacci! La sua<br />

lama potrebbe forse salvarti la vita, la sua magia, no!" A quel<br />

rimprovero il re si era irrigi<strong>di</strong>to. "Ma tu hai detto..." "So benissimo<br />

cos'ho detto!" l'aveva interrotto Bremen, in tono duro e pungente,<br />

spazzando via l'obiezione e zittendolo. "Non prestavi orecchio alle mie<br />

parole, re degli Elfi! Hai ascoltato ciò che volevi u<strong>di</strong>re e nient'altro!<br />

Non negarlo! Ho visto, ti ho osservato! Stavolta stai più attento! Mi<br />

sono spiegato?" Jerle <strong>Shannara</strong> era riuscito ad assentire, a labbra<br />

serrate, furibondo, tenendo a freno la lingua solo perché sapeva che, se<br />

avesse fallito nell'impresa che gli veniva richiesta, sarebbe stato<br />

perduto. "La magia risponderà al tuo appello quando la userai contro il<br />

Signore degli Inganni! Ma solo contro il Signore degli Inganni e solo se<br />

la tua fede avrà sufficiente forza!" Con aria <strong>di</strong> rimprovero aveva scosso<br />

la testa canuta. "La verità viene dalla fede, ricordalo. La verità viene<br />

dal riconoscimento che essa è universale, tutto include, non fa<br />

eccezioni. Se non puoi accettare questo fatto nella tua stessa vita, non<br />

puoi imporlo nella vita degli altri. Devi assimilarlo, prima <strong>di</strong> poterlo<br />

usare! Devi farlo <strong>di</strong>ventare la tua corazza!" "Ma la magia sarebbe<br />

servita proprio a questo, contro quell'essere!" aveva insistito il re,<br />

poco propenso ad ammettere il proprio errore <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. "Perché non ha<br />

risposto?" "Perché non c'è alcun inganno in un simile mostro!" aveva<br />

replicato a denti stretti il druido. "Quello non combatte con menzogne e<br />

mezze verità. Non si corazza <strong>di</strong> falsità. Non inganna se stesso per<br />

indursi a credersi qualcosa che non è! Questo, re degli Elfi, è<br />

territorio esclusivo del Signore degli Inganni! Ed è per questo che la<br />

magia della Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> può essere usata solo contro <strong>di</strong> lui!" Così<br />

avevano <strong>di</strong>scusso, <strong>di</strong>battendo con foga la questione, fin quasi all'alba,<br />

quando alla fine si erano riposati. In seguito il re aveva avuto il<br />

tempo <strong>di</strong> riflettere su ciò che gli era stato detto, per conciliare<br />

quelle parole con le sue aspettative. A poco a poco era giunto ad<br />

ammettere che ciò che Bremen credeva doveva essere vero. La magia della<br />

Spada era limitata a un unico uso e, per quanto lui lo rimpiangesse, non<br />

c'era niente da fare. Era destinata unicamente a Brona e a nessun altro.<br />

Lui doveva assimilare questa verità e trovare il modo <strong>di</strong> rendere propria<br />

quella magia, per quanto estranea e sconcertante. Alla fine era andato<br />

da Preia, come sapeva che prima o poi avrebbe fatto, perché così si<br />

comportava sempre, quando qualcosa lo turbava. I consiglieri erano<br />

intorno a lui per dargli in<strong>di</strong>cazioni a ogni piè sospinto e alcuni <strong>di</strong><br />

loro, in particolare Vree Erreden, meritavano <strong>di</strong> essere ascoltati. Ma<br />

nessuno lo conosceva come Preia, e a <strong>di</strong>re il vero nessuno <strong>di</strong> loro poteva<br />

essere ritenuto altrettanto onesto. Così si era fatto forza e le aveva<br />

raccontato la verità, per quanto gli risultasse <strong>di</strong>fficile ammettere <strong>di</strong><br />

avere fallito e <strong>di</strong> temere un possibile, nuovo fallimento. Era avvenuto<br />

sul tar<strong>di</strong>, quello stesso giorno, con le parole <strong>di</strong> Bremen ancora fresche<br />

in mente e il ricordo della notte appena trascorsa ancora vivido. La<br />

Valle <strong>di</strong> Rhenn era silenziosa sotto un cielo rannuvolato e gli Elfi<br />

stavano in guar<strong>di</strong>a per la possibile risposta del nemico all'incursione<br />

della notte precedente. <strong>Il</strong> pomeriggio era grigio e interminabile, il<br />

calore dell'estate impregnava la terra riarsa delle Streleheim e l'aria


era umida e soffocante per l'approssimarsi <strong>di</strong> un temporale. "Troverai il<br />

modo <strong>di</strong> controllare quella magia" aveva detto subito Preia, non appena<br />

lui aveva terminato <strong>di</strong> parlare. Aveva voce ferma e insistente, sguardo<br />

deciso. "Ne sono convinta, Jerle. Ti conosco. Non ti sei mai arreso <strong>di</strong><br />

fronte a una sfida e non ti arrenderai neppure <strong>di</strong> fronte a questa." "A<br />

volte" aveva risposto lui a bassa voce "penso che sarebbe meglio se Tay<br />

fosse qui al mio posto. Lui sarebbe forse un re migliore <strong>di</strong> me. <strong>Di</strong> certo<br />

sarebbe più adatto a usare questa spada e la sua magia." Preia aveva<br />

scosso subito la testa. "Non <strong>di</strong>re mai più una cosa del genere. Mai più."<br />

I suoi occhi chiari erano vivaci e penetranti. "Eri destinato a vivere e<br />

a <strong>di</strong>ventare re degli Elfi. <strong>Il</strong> fato l'ha stabilito molto tempo fa. Tay<br />

era un caro amico e significava molto per tutt'e due, ma non era<br />

destinato a questo. Ascoltami, Jerle. La magia della Spada funzionerà<br />

per te. La verità non è estranea. Abbiamo iniziato la nostra vita come<br />

marito e moglie rivelandoci verità che un mese prima non avremmo mai<br />

ammesso. Ci siamo aperti l'una all'altro. Era <strong>di</strong>fficile e doloroso, ma<br />

ora sai che si può fare. Lo sai." "Sì" aveva ammesso piano Jerle. "Ma la<br />

magia mi pare ancora..." si era interrotto. "Poco familiare" aveva<br />

terminato per lui Preia. "Ma può <strong>di</strong>ventare tua. Hai accettato che la<br />

magia è parte della storia degli Elfi. La magia <strong>di</strong> Tay era reale. Hai<br />

scoperto <strong>di</strong> persona che poteva fare miracoli. Hai visto Tay dare la vita<br />

al suo servizio. Con essa ogni cosa è possibile. E la verità è una <strong>di</strong><br />

queste cose, Jerle. E' un'arma terribile. Può rafforzare o <strong>di</strong>struggere.<br />

Bremen non è uno sciocco. Se <strong>di</strong>ce che la verità è l'arma <strong>di</strong> cui hai<br />

bisogno, allora così dev'essere." Ma l'idea lo infasti<strong>di</strong>va ancora, gli<br />

ricordava i suoi dubbi, lo faceva tentennare. La verità pareva un'arma<br />

così insignificante! Quale verità poteva essere tanto potente da<br />

<strong>di</strong>struggere un essere in grado <strong>di</strong> evocare mostri dal mondo infero? Quale<br />

verità era sufficiente a controbattere una magia capace <strong>di</strong> mantenere in<br />

vita una creatura per mille anni? Pareva assurdo pensare che la verità<br />

da sola bastasse a tutto. Era necessario il fuoco. <strong>Il</strong> ferro, affilato e<br />

avvelenato in punta. Una forza in grado <strong>di</strong> spaccare le pietre. Niente <strong>di</strong><br />

meno sarebbe bastato, continuava a pensare Jerle... anche mentre cercava<br />

<strong>di</strong> assimilare la magia offertagli da Bremen. Niente <strong>di</strong> meno. Ora,<br />

cavalcando sul campo <strong>di</strong> battaglia, con la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> appesa al<br />

fianco, fra i Cacciatori euforici per la vittoria, si stupì ancora una<br />

volta per l'enormità dell'impresa che gli era stata affidata. Presto o<br />

tar<strong>di</strong> avrebbe dovuto affrontare il Signore degli Inganni. Ma non sarebbe<br />

accaduto finché lui stesso non avesse provocato il confronto; e ciò non<br />

sarebbe accaduto finché l'esercito del Nord non fosse stato minacciato.<br />

Come poteva sperare <strong>di</strong> far accadere una cosa simile? Gli Elfi avevano<br />

respinto un attacco, ma niente <strong>di</strong>ceva che sarebbero stati in grado <strong>di</strong><br />

respingerne un altro e un altro e un altro ancora, mentre l'esercito del<br />

Nord avanzava implacabile. E se in qualche modo gli Elfi fossero<br />

riusciti a resistere, come avrebbe potuto, lui, volgere a loro favore le<br />

sorti della battaglia in modo tale da passare all'offensiva? I nemici<br />

erano talmente numerosi, continuava a ripetersi. Tante vite da<br />

sacrificare e nessun pensiero da rivolgere a quello spreco. Non era così<br />

per lui... e non era così per gli Elfi che combattevano per lui. Quella<br />

era una guerra <strong>di</strong> logoramento, proprio il tipo <strong>di</strong> guerra che non poteva<br />

sperare <strong>di</strong> vincere. Eppure in qualche modo doveva vincerla. Perché non


gli restava altro. Era l'unica possibilità concessagli. Doveva vincere,<br />

altrimenti gli Elfi sarebbero stati <strong>di</strong>strutti. Un'ora prima del<br />

tramonto, l'esercito del Nord tornò all'attacco: comparve dalle praterie<br />

bruciate, polverose e fumanti, simile a un'armata <strong>di</strong> spettri. I fanti<br />

marciavano <strong>di</strong>etro massicci scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> legno ancora verde perché non<br />

potesse prendere fuoco. La cavalleria procedeva ai lati per fronteggiare<br />

attacchi dai <strong>di</strong>rupi settentrionali e meri<strong>di</strong>onali. Emersero lentamente<br />

dalla foschia, perché ormai l'incen<strong>di</strong>o si era spento, anche se l'aria ne<br />

conservava il sentore acre e pungente. Girarono alla larga dalle fosse<br />

annerite con i loro cadaveri raggrinziti, ma appena entrati nella valle<br />

cominciarono a sondare il terreno in cerca <strong>di</strong> nuove trappole. Forti <strong>di</strong><br />

cinquemila uomini, se ne stavano ammassati <strong>di</strong>etro gli scu<strong>di</strong>, armati fino<br />

ai denti. I tamburi rullavano con cadenza costante e i soldati cantavano<br />

battendo forte i pie<strong>di</strong> e le lame <strong>di</strong> ferro, per segnare il tempo. Avevano<br />

con sé le torri d'asse<strong>di</strong>o e le catapulte, che piazzarono all'ingresso<br />

della valle. Come una smisurata massa scura, si stagliavano contro la<br />

notte incipiente fino a dare l'impressione che bastassero a travolgere<br />

il mondo intero. Jerle <strong>Shannara</strong> aveva ritirato il suo esercito ben<br />

dentro la valle schierandolo all'incirca a mezza via. Aveva scelto un<br />

punto dove la valle cominciava a salire verso lo stretto passo<br />

occidentale, in modo che i Cacciatori si trovassero in posizione<br />

soprelevata. Ora però fu costretto a cambiare strategia, perché nella<br />

valle il vento era girato e soffiava contro i <strong>di</strong>fensori: in quel punto<br />

il fuoco avrebbe solo aiutato gli attaccanti. Non aveva neppure or<strong>di</strong>nato<br />

<strong>di</strong> scavare fosse, in quella parte della valle, perché non c'era spazio<br />

sufficiente per manovrare e inoltre ormai il nemico sarebbe stato in<br />

guar<strong>di</strong>a. Invece aveva fatto costruire decine <strong>di</strong> barriere munite <strong>di</strong><br />

traversine appuntite alle estremità e legate a croce a un asse centrale,<br />

tanto da sembrare girandole cilindriche. Ciascuna era lunga sei braccia<br />

e abbastanza leggera da essere sistemata in modo che le punte rivolte in<br />

basso fossero conficcate nel terreno. Queste barriere erano state<br />

scaglionate in uno stretto nastro per tutta la larghezza della Valle <strong>di</strong><br />

Rhenn, proprio davanti alle prime linee. Quando l'esercito del Signore<br />

degli Inganni si riversò nella valle e iniziò l'avanzata, per prima cosa<br />

incontrò quel labirinto <strong>di</strong> barriere irte <strong>di</strong> punte. Non appena le prime<br />

file vi giunsero, Jerle or<strong>di</strong>nò agli arcieri, <strong>di</strong>sposti in gruppi <strong>di</strong> tre<br />

<strong>di</strong>etro ripari lungo i pen<strong>di</strong>i, <strong>di</strong> lanciare salve <strong>di</strong> frecce. I nemici,<br />

rallentati dalle barriere che non potevano spostare, non avevano scampo.<br />

Presi in mezzo a un tiro incrociato, furono uccisi a decine mentre<br />

cercavano <strong>di</strong> strisciare sopra, sotto o intorno ai pali appuntiti. La<br />

cavalleria cercò <strong>di</strong> eseguire una decisa carica contro gli Elfi appostati<br />

sulle alture, ma il pen<strong>di</strong>o era troppo ripido per i cavalli e i cavalieri<br />

del Nord furono ricacciati nella valle. Si levarono i gemiti dei feriti<br />

a morte e l'attacco si esaurì. I soldati del Nord si tenevano al riparo<br />

<strong>di</strong>etro i larghi scu<strong>di</strong>, ma con quelli non potevano superare le barriere.<br />

Cercarono <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerle a colpi d'ascia, ma chi si lanciò a demolire<br />

quelle girandole irte <strong>di</strong> punte durò solo pochi istanti. Inoltre, per<br />

oltrepassare una sola barriera occorreva abbatterla in una decina <strong>di</strong><br />

punti. La luce si attenuò, scese il crepuscolo che rese ogni cosa buia e<br />

incerta. I soldati del Nord appiccarono il fuoco alle barriere e<br />

riuscirono a incen<strong>di</strong>arne alcune, ma anche gli Elfi avevano usato legno


ancora verde. L'erba prese fuoco, ma gli Elfi avevano scavato trincee<br />

nel tratto fra loro e le barriere, per cui il fuoco si esaurì senza<br />

arrivare alle loro linee Gli Elfi attesero che l'oscurità mascherasse<br />

ogni cosa, poi contrattaccarono dai pen<strong>di</strong>i. Gli attaccanti, bloccati a<br />

fondovalle, erano bersagli sicuri anche nel buio sempre più fitto. Una<br />

compagnia dopo l'altra, scesero dalle alture, costringendo il nemico a<br />

girarsi prima da una parte e poi dall'altra per <strong>di</strong>fendersi. Seguì un<br />

feroce combattimento corpo a corpo e la valle <strong>di</strong>venne un mattatoio. Ma<br />

il nemico ancora non si ritirava. I soldati del Nord morivano a<br />

centinaia, ma ce n'erano sempre altri in attesa d'entrare nella mischia,<br />

una massiccia forza che spingeva implacabile verso il centro della<br />

valle. Lentamente, inesorabilmente il nemico conquistava terreno. Al<br />

centro della valle le barriere tenevano lontani gli attaccanti, ma sui<br />

pen<strong>di</strong>i gli Elfi agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Cormorant Etrurian a poco a poco venivano<br />

cacciati dalle posizioni <strong>di</strong>fensive e costretti a ritirarsi. Un passo<br />

dopo l'altro, i soldati del Nord avanzavano e s'impadronivano delle<br />

alture, liberandosi dalla morsa in cui Jerle <strong>Shannara</strong> li aveva stretti.<br />

Al re giunse voce <strong>di</strong> quanto avveniva. <strong>Il</strong> cielo era coperto e cominciava<br />

a cadere la pioggia che rendeva il terreno scivoloso e infido. I rumori<br />

della battaglia echeggiavano contro i pen<strong>di</strong>i della valle creando un<br />

vortice <strong>di</strong> confusione. L'oscurità riduceva al minimo la visibilità.<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> impiegò solo qualche istante a prendere una decisione.<br />

Mandò subito dei portaor<strong>di</strong>ni a far ritirare gli uomini <strong>di</strong> Etrurian al<br />

riparo delle barriere preparate come ridotta più in alto sui pen<strong>di</strong>i, in<br />

parallelo con le sue stesse linee. Lì avrebbero dovuto resistere e<br />

tenere la posizione. Altri portaor<strong>di</strong>ni richiamarono Arn Banda e gli<br />

arcieri. Poi radunò due compagnie agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Rustin Apt e le <strong>di</strong>spose<br />

in formazione d'attacco. Quando i soldati <strong>di</strong> Etrurian e gli arcieri si<br />

furono ritirati al sicuro, or<strong>di</strong>nò ai picchieri <strong>di</strong> avanzare <strong>di</strong>ritti verso<br />

il cuore dei nemici. Impegnò i soldati del Nord proprio mentre si<br />

aprivano un varco nel fianco destro e li intrappolò contro le barriere.<br />

Fece accendere torce per segnalare la posizione del nemico agli arcieri<br />

tornati in trincea e or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> colpirli d'infilata dal pen<strong>di</strong>o. Sotto la<br />

gran<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> frecce, i soldati del Nord si raccolsero intorno a un<br />

massiccio gruppo <strong>di</strong> Troll delle Montagne e contrattaccarono.<br />

Oltrepassate le barriere, si lanciarono contro i Cacciatori. Gigantesche<br />

sagome alate comparvero in mezzo al fumo: i Messaggeri del Teschio si<br />

alzavano in volo per fornire sostegno. La linea <strong>di</strong>fensiva cominciò a<br />

cedere. <strong>Il</strong> brizzolato Rustin Apt cadde e fu portato via. Trewithen e le<br />

Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali accorsero a rinforzare il punto debole della linea<br />

<strong>di</strong>fensiva, ma i nemici erano troppo numerosi e tutto il fronte degli<br />

Elfi cominciò a cedere. <strong>Di</strong>sperato, Jerle spronò il suo destriero e si<br />

lanciò nella mischia. Circondato da Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, si aprì la strada nel<br />

fronte nemico, chiamando a sé i Cacciatori. Soldati nemici si lanciarono<br />

su <strong>di</strong> lui da tutti i lati. Cercarono <strong>di</strong> strapparlo <strong>di</strong> sella, <strong>di</strong> farlo<br />

cadere da cavallo, <strong>di</strong> rallentarlo in qualche modo. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui,<br />

l'esercito degli Elfi, battuto e logorato, si riscosse e riprese<br />

coraggio. Grida <strong>di</strong> battaglia scaturirono dalla gola <strong>di</strong> feriti e<br />

moribon<strong>di</strong>, e gli Elfi si avventarono ancora una volta contro i nemici.<br />

Jerle combatté come se da solo potesse ricacciare il nemico nelle Terre<br />

del Nord; la sua spada rifletteva la luce delle torce e risuonava contro


le armi e le corazze del nemico. Giganteschi Troll gli si pararono<br />

davanti, mostruose creature prive <strong>di</strong> volto, armate <strong>di</strong> asce da guerra. Ma<br />

il re si aprì la strada in mezzo a loro come se fossero <strong>di</strong> stracci,<br />

inarrestabile, all'apparenza invincibile. <strong>Di</strong>stanziò perfino la propria<br />

guar<strong>di</strong>a personale e i suoi soldati si lanciarono sui nemici nel<br />

tentativo <strong>di</strong> raggiungerlo. Un fulmine colpì un affioramento roccioso sul<br />

pen<strong>di</strong>o più vicino al punto dove la battaglia infuriava: zolle infocate e<br />

schegge <strong>di</strong> roccia schizzarono in aria e si riversarono sul fondovalle.<br />

Per un istante il tempo parve fermarsi. Mentre i soldati del Nord<br />

esitavano, mutati per un attimo in statue, Jerle si rizzò sulle staffe e<br />

alzò al cielo la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong>, in un gesto <strong>di</strong> sfida a tutto e a<br />

tutti. Grida <strong>di</strong> battaglia si levarono dai suoi uomini, che caricarono i<br />

nemici con tale ferocia da sopraffarli. I più lontani e ancora in grado<br />

<strong>di</strong> fuggire, si ritirarono <strong>di</strong>etro le barriere <strong>di</strong>strutte, nauseati dal<br />

combattimento. Per un momento mantennero la posizione nella foresta <strong>di</strong><br />

frastagliate ossa <strong>di</strong> legno e <strong>di</strong> terra bruciata. Poi, cupi e sfiniti,<br />

ripiegarono verso il passo orientale della Valle <strong>di</strong> Rhenn. Ammassati<br />

contro le barriere, bagnati <strong>di</strong> pioggia, impolverati, sudati e<br />

insanguinati, Jerle <strong>Shannara</strong> e gli Elfi rimasero a guardare. Per quel<br />

giorno, la vittoria era loro.<br />

31<br />

L'alba spuntò nel cielo fosco e grigio per la forte pioggia della notte.<br />

Nella pallida luce, il fondovalle bruciato e pieno <strong>di</strong> solchi era<br />

annerito e fumante. <strong>Di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> combattimento, armi in pugno,<br />

occhi che scrutavano con ansia nella scarsa luce, gli Elfi aspettavano<br />

l'attacco che sapevano sarebbe giunto. Ma nessun rumore proveniva dalla<br />

fitta nebbia che ammantava l'accampamento dell'esercito del Signore<br />

degli Inganni, in prossimità del passo orientale, e nulla si muoveva sul<br />

terreno bruciato e deserto davanti a loro. La luce si ravvivò col<br />

sorgere del sole, ma la nebbia non si <strong>di</strong>radò e ancora non ci fu segno<br />

d'attacco. Era impensabile che il grande esercito si fosse ritirato. Per<br />

tutta la notte si era grattato e tormentato come un animale ferito, con<br />

gemiti <strong>di</strong> dolore e d'angoscia che si levavano dalla nebbia e dalla<br />

pioggia, superando il rombo sempre più debole dei tuoni della tempesta<br />

che si allontanava. Per tutta quella notte l'esercito aveva badato a<br />

riprendersi e a riorganizzarsi. Occupava l'intero passo orientale,<br />

fondovalle e alture. Aveva portato avanti macchine d'asse<strong>di</strong>o, provviste,<br />

salmerie, sistemando il tutto nei confini dell'accampamento che occupava<br />

l'ampia imboccatura del passo. <strong>Il</strong> suo avanzare era forse lento e<br />

impacciato, ma quell'esercito era pur sempre una malefica potenza<br />

inesorabile e inarrestabile. "Sono là fuori" borbottò Arn Banda, alla<br />

sinistra <strong>di</strong> Bremen, con una smorfia <strong>di</strong> preoccupazione sul viso. Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> annuì. "Ma cosa combinano?" Era la domanda giusta. Bremen si<br />

strinse nella veste scura per ripararsi dal freddo dell'alba. Non<br />

potevano vedere l'estremità della valle, non riuscivano a penetrare<br />

l'oscurità, eppure sentivano la presenza del nemico. La notte era stata<br />

piena <strong>di</strong> rumori e <strong>di</strong> tensione, mentre i soldati del Nord si preparavano<br />

<strong>di</strong> nuovo per la battaglia, e solo nell'ultima ora era calato un<br />

minaccioso silenzio. <strong>Il</strong> vecchio druido sospettava che quel giorno<br />

l'attacco avrebbe avuto una forma nuova. <strong>Il</strong> giorno precedente il Signore<br />

degli Inganni era stato respinto con gravi per<strong>di</strong>te e non avrebbe


ipetuto l'esperienza. Perfino il suo potere aveva dei limiti e presto o<br />

tar<strong>di</strong>, se non ci fossero stati successi, la sua presa su coloro che<br />

combattevano per lui si sarebbe indebolita. Occorreva respingere gli<br />

Elfi, o sconfiggerli presto, altrimenti gli uomini del Nord avrebbero<br />

cominciato a mettere in dubbio l'invincibilità del loro Signore. Se quel<br />

castello <strong>di</strong> carte avesse cominciato a vacillare, non ci sarebbe stato<br />

modo d'impe<strong>di</strong>rne il crollo. Bremen si accorse <strong>di</strong> un movimento furtivo<br />

alla sua destra. Si trattava <strong>di</strong> Allanon. L'osservò <strong>di</strong> nascosto. <strong>Il</strong><br />

fanciullo fissava davanti a sé, teso, lo sguardo perso nel vuoto. Però<br />

scorgeva qualcosa... questo almeno era chiaro, a giu<strong>di</strong>care dalla sua<br />

espressione. Guardava, attraverso la nebbia e l'oscurità, qualcosa <strong>di</strong><br />

più lontano: i suoi occhi inquietanti scorgevano ciò che a loro restava<br />

nascosto. <strong>Il</strong> vecchio druido seguì la <strong>di</strong>rezione del suo sguardo. La<br />

nebbia turbinava, un mutevole manto steso su tutta l'estremità orientale<br />

della valle. "Cosa ve<strong>di</strong>?" domandò sottovoce. Ma il fanciullo si limitò a<br />

scuotere la testa. percepìva qualcosa, ma non riusciva ancora a<br />

identificarlo. Continuò a fissare la foschia, concentrato al massimo.<br />

Era bravo a concentrarsi, aveva scoperto Bremen. A <strong>di</strong>re il vero, più che<br />

bravo. La sua intensità faceva paura. Non era una capacità appresa<br />

crescendo, né sviluppata come conseguenza del trauma subito durante la<br />

<strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Varfleet. Era un dono innato... come gli occhi<br />

inquietanti e la mente acuta. <strong>Il</strong> fanciullo era duro e determinato come<br />

roccia, e possedeva un'intelligenza e una sete <strong>di</strong> sapere illimitate.<br />

Solo una settimana prima, dopo l'incursione notturna nell'accampamento<br />

nemico, si era presentato a Bremen e gli aveva chiesto d'insegnargli la<br />

magia dei Drui<strong>di</strong>. Così, con grande semplicità. Insegnami come usarla,<br />

aveva detto... come se chiunque potesse apprenderla, come se si potesse<br />

insegnare facilmente. "Occorrono anni per conoscere a fondo anche la<br />

minima parte" aveva replicato Bremen, troppo stupito per respingere<br />

subito la richiesta. "Lasciami tentare" aveva insistito il fanciullo.<br />

"Come mai t'è venuta questa voglia?" <strong>Il</strong> druido era genuinamente<br />

perplesso. "Cerchi vendetta? Pensi che la magia te la farebbe ottenere?<br />

Perché non impieghi il tempo imparando a usare le armi convenzionali? O<br />

imparando a cavalcare? O stu<strong>di</strong>ando l'arte della guerra?" "No" aveva<br />

replicato subito Allanon, rapido e deciso. "Non voglio niente <strong>di</strong> tutto<br />

questo. La vendetta non m'interessa. Voglio essere come te." Eccola lì,<br />

la ragione, esposta in una sola breve frase. Voleva <strong>di</strong>ventare un druido.<br />

Era attirato da Bremen, e Bremen era attirato da lui, perché erano più<br />

affini <strong>di</strong> quanto il vecchio avesse sospettato. La quarta visione <strong>di</strong><br />

Galaphile era un'altra breve occhiata sul futuro, un ammonimento sui<br />

legami che univano il fanciullo al druido, la promessa <strong>di</strong> un destino<br />

comune. Ora Bremen lo sapeva. Allanon gli era stato mandato da un<br />

destino che ancora non capiva. Lì, forse, c'era il successore che per<br />

tanto tempo aveva cercato. Era strano che l'avesse trovato in quel modo,<br />

ma non del tutto inatteso. Non c'erano leggi per la scelta dei Drui<strong>di</strong>, e<br />

Bremen aveva tanto buon senso da non cominciare a farne adesso. Così<br />

aveva insegnato ad Allanon alcuni piccoli trucchi, cosucce che<br />

richiedevano soprattutto concentrazione e allenamento. Aveva pensato <strong>di</strong><br />

tenerlo occupato più o meno per una settimana. Ma ad Allanon era bastato<br />

un solo giorno, poi era venuto a chiedere dell'altro. E così ogni giorno<br />

Bremen gli aveva dato alcune nuove briciole della dottrina drui<strong>di</strong>ca con


cui lavorare, lasciandogli decidere da solo il modo <strong>di</strong> apprenderle,<br />

l'uso da farne. Impegnato nei preparativi per contrastare l'attacco<br />

degli uomini del Nord, non aveva avuto il tempo <strong>di</strong> chiedersi cosa il<br />

fanciullo era riuscito a fare. Tuttavia, guardandolo ora, esaminandolo<br />

alla debole luce dell'alba mentre scrutava l'estremità della valle, fu<br />

colpito ancora una volta dalla sua determinazione, chiaramente profonda<br />

e immutabile. "Eccoli!" gridò Allanon all'improvviso, spalancando gli<br />

occhi per la sorpresa. "Sono sopra <strong>di</strong> noi!" Bremen ne fu così scosso che<br />

per un momento rimase senza parole. Alcune teste si alzarono in risposta<br />

al grido del fanciullo, ma nessuno si mosse. Allora Bremen con un ampio<br />

gesto spazzò il cielo e inondò <strong>di</strong> luce magica le tenebre, creando un<br />

ampio arcobaleno e rivelando le sagome scure che roteavano in alto.<br />

Messaggeri del Teschio si ritrassero <strong>di</strong> scatto, allargando le ali mentre<br />

sparivano <strong>di</strong> nuovo nella foschia. In un istante Jerle fu vicino al<br />

druido. "Cosa stanno facendo?" domandò. Bremen rimase a fissare il cielo<br />

vuoto e la luce magica che si affievoliva. Tornò l'oscurità, compatta e<br />

<strong>di</strong>lagante. A un tratto il druido capì che qualcosa, nella luce, non<br />

andava: aveva un aspetto del tutto sbagliato. "Fanno un sopralluogo"<br />

mormorò. Poi si rivolse rapido ad Allanon e <strong>di</strong>sse: "Guarda <strong>di</strong> nuovo in<br />

fondo alla valle. Con prudenza, stavolta. Non cercare qualcosa in<br />

particolare. Guarda nella foschia e nel buio. Osserva gli spostamenti<br />

della nebbia". <strong>Il</strong> fanciullo ubbidì, con una smorfia per lo sforzo. Fissò<br />

il vuoto con sguardo duro e intenso. Smise <strong>di</strong> respirare e rimase<br />

immobile. Poi spalancò la bocca e ansimò per la sorpresa. "Bravo, bravo"<br />

<strong>di</strong>sse Bremen mettendogli un braccio sulle spalle. "Ora li vedo anch'io.<br />

Ma i tuoi occhi sono più acuti dei miei." Si girò verso il re. "Siamo<br />

assaliti dalle creature tenebrose al servizio del Signore degli Inganni,<br />

quelle che lui ha evocato dal mondo degli inferi. Oggi ha deciso <strong>di</strong><br />

servirsi <strong>di</strong> loro, anziché dei soldati. Vengono verso <strong>di</strong> noi dalla parte<br />

opposta della valle. I Messaggeri del Teschio esplorano la via per loro.<br />

<strong>Il</strong> Signore degli Inganni usa la magia per nascondere la loro avanzata,<br />

cambia la luce e infittisce la nebbia. Non abbiamo molto tempo. Schiera<br />

i tuoi comandanti e or<strong>di</strong>na a tutti i soldati <strong>di</strong> essere sal<strong>di</strong>. Farò del<br />

mio meglio per controbattere questa magia." Jerle <strong>Shannara</strong> <strong>di</strong>ede<br />

l'or<strong>di</strong>ne e i comandanti raggiunsero i loro reparti, Cormorant Etrurian<br />

sul fianco sinistro e Rustin Apt, ferito ma in grado <strong>di</strong> muoversi, sul<br />

destro; la cavalleria <strong>di</strong> Kier Joplin era già in posizione, schierata<br />

<strong>di</strong>etro i fanti, pronta ad accorrere. Arn Banda risalì <strong>di</strong> corsa il pen<strong>di</strong>o<br />

meri<strong>di</strong>onale per dare l'allarme agli arcieri lì appostati. Prekkian e la<br />

Guar<strong>di</strong>a Nera e Trewithen e la maggior parte della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale rimasero<br />

<strong>di</strong> riserva. "Vieni con me" <strong>di</strong>sse Bremen al re. Si <strong>di</strong>ressero all'estrema<br />

destra della prima linea, il re e il druido, Allanon e Preia Starle.<br />

Passarono rapi<strong>di</strong> fra gli stupiti Cacciatori fino alla prima linea.<br />

"Or<strong>di</strong>na ai più vicini <strong>di</strong> alzare le armi e <strong>di</strong> tenerle ferme" <strong>di</strong>sse il<br />

druido. "Non devono avere paura." <strong>Il</strong> re <strong>di</strong>ede l'or<strong>di</strong>ne senza domandare<br />

spiegazioni, fidandosi del druido. Lance, spade e picche si alzarono in<br />

risposta. Bremen socchiuse gli occhi, unì davanti a sé le mani ed evocò<br />

il Fuoco Magico. Quando questo si fu trasformato in una vivida palla<br />

azzurrina nelle mani a coppa, Bremen lanciò frammenti infocati che<br />

rimbalzarono da punta <strong>di</strong> ferro a punta <strong>di</strong> ferro, finché tutte le armi<br />

non furono toccate. Gli attoniti soldati trasalirono all'arrivo del


fuoco, ma il re or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> stare immobili e ubbi<strong>di</strong>rono. Quando tutte le<br />

armi <strong>di</strong> un reparto furono trattate a quel modo, Bremen e gli altri<br />

passarono al reparto seguente e il druido ripeté il proce<strong>di</strong>mento,<br />

camminando tra le file <strong>di</strong> soldati innervositi per impregnare della sua<br />

magia le armi, mentre il re rassicurava i suoi Elfi e intanto li<br />

ammoniva a tenersi pronti, perché l'attacco sarebbe giunto presto.<br />

Quando giunse, la magia drui<strong>di</strong>ca era a posto e il nucleo dell'esercito<br />

elfo protetto. Sagome scure saettarono dal buio, si lanciarono contro le<br />

file <strong>di</strong> Elfi ululando e stridendo come belve impazzite: esseri muniti <strong>di</strong><br />

zanne e artigli affilati, irti <strong>di</strong> setole scure e <strong>di</strong> ruvide scaglie.<br />

Erano creature <strong>di</strong> altri mon<strong>di</strong>, <strong>di</strong> tenebra e <strong>di</strong> follia, la cui unica<br />

legge era quella della sopravvivenza. Combatterono con ferocia e con<br />

vigorosa energia. Alcune avanzavano su due gambe, altre su quattro<br />

zampe, tutte parevano generate da incubi immon<strong>di</strong> e fantasie contorte.<br />

Gli Elfi furono respinti, cedettero terreno soprattutto per il terrore<br />

<strong>di</strong> quelle belve che cercavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>laniarli. Alcuni morirono al primo<br />

impatto, perché l'orrore li raggelò al punto da paralizzarli e impedì<br />

loro <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi. Altri morirono combattendo, abbattuti prima <strong>di</strong> poter<br />

vibrare un colpo efficace. Ma altri ancora si fecero coraggio e<br />

scoprirono con stupore che le loro armi impregnate <strong>di</strong> magia potevano<br />

trapassare il corpo e gli arti <strong>di</strong> quei mostruosi assalitori, far<br />

sgorgare sangue e provocare urla <strong>di</strong> dolore. L'esercito vacillò, scosso<br />

dall'attacco iniziale, poi si riprese e oppose resistenza. Ma i mostri<br />

penetrarono nel fianco destro, nella scia <strong>di</strong> una creatura così enorme da<br />

torreggiare perfino sui propri compagni più alti. Era corazzata <strong>di</strong> pelle<br />

coriacea e <strong>di</strong> piastre metalliche applicate sulle parti vitali, e i suoi<br />

massicci artigli smembravano chi si trovava sul suo cammino. Rustin Apt<br />

guidò il contrattacco, ma fu spazzato via. Accortosi del pericolo,<br />

Bremen si precipitò a intercettare la mostruosa creatura. In assenza del<br />

druido, Jerle <strong>Shannara</strong> resse il centro e l'urto della folla <strong>di</strong> mostri.<br />

Gridando incoraggiamenti ai suoi uomini e lasciando perdere la promessa<br />

<strong>di</strong> riguardarsi sguainò la spada e si gettò nella mischia, con Preia al<br />

fianco, mentre la sua guar<strong>di</strong>a personale cercava <strong>di</strong> proteggerli entrambi.<br />

Davanti alla prima linea erano acquattati enormi lupi che facevano finte<br />

e si ritiravano in attesa <strong>di</strong> un varco fra le picche e le spade che li<br />

tenevano a bada. Mentre Jerle <strong>Shannara</strong> arrivava, un'ombra scura calò<br />

dalla nebbia e frantumò la prima fila <strong>di</strong> Cacciatori. Un Messaggero del<br />

Teschio si rialzò in volo, gli artigli rossi <strong>di</strong> sangue. Subito i lupi si<br />

lanciarono contro i resti della prima fila, azzannando e sbranando. Ma i<br />

<strong>di</strong>fensori colpirono con foga e la magia dei Drui<strong>di</strong> penetrò nella pelle<br />

coriacea degli attaccanti. I più avanzati morirono sotto una gran<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

colpi, gli altri si ritirarono ringhiando e mostrando le zanne in segno<br />

<strong>di</strong> sfida. Sul fianco destro Bremen raggiunse la folla <strong>di</strong> mostri che si<br />

era aperta un varco. Vedendolo, si lanciarono tutti insieme su <strong>di</strong> lui.<br />

Erano esseri a due gambe, col petto massiccio e con arti muscolosi in<br />

grado <strong>di</strong> fare a pezzi un uomo, con la testa incassata fra ampie spalle<br />

coperte da pieghe <strong>di</strong> pelle così fitte che solo gli occhi ferini erano<br />

visibili. Si precipitarono contro il vecchio, con ululati <strong>di</strong> gioia, ma<br />

Bremen lanciò il Fuoco Magico respingendoli. Tutt'intorno i Cacciatori<br />

si raccolsero per <strong>di</strong>fendere il druido, avventandosi sui fianchi degli<br />

assalitori. I mostri si girarono e risposero ai colpi, ma le lame dei


Cacciatori e il Fuoco Magico mieterono molte vittime. Allora la<br />

gigantesca creatura che per prima aveva spezzato la fila <strong>di</strong> Elfi si erse<br />

con aria <strong>di</strong> sfida davanti a Bremen, occhi ardenti, corpo luccicante <strong>di</strong><br />

sangue. "Vecchio!" sibilò. E si lanciò su <strong>di</strong> lui. Dalle mani <strong>di</strong> Bremen<br />

esplose il Fuoco Magico, ma la creatura era tanto vicina che passò in<br />

mezzo alla mici<strong>di</strong>ale fiamma e afferrò i polsi del vecchio. Bremen si<br />

coprì le braccia <strong>di</strong> un velo <strong>di</strong> Fuoco Magico, nel tentativo <strong>di</strong> liberarsi,<br />

perché la sua forza non era al livello <strong>di</strong> quella dell'avversario, ma<br />

quello rimase tenacemente avvinghiato a lui. Le mani munite <strong>di</strong> artigli<br />

si serrarono e le robuste braccia spinsero in<strong>di</strong>etro il druido. A poco a<br />

poco Bremen perse terreno. Intorno a lui, i mostri si lanciarono<br />

all'attacco con fiducia rinnovata. Le fine era vicina. Ed ecco dal buio<br />

comparire Allanon, saltare sulla schiena in<strong>di</strong>fesa della mostruosa<br />

creatura e afferrargli con le mani gli occhi giallastri. Ululando <strong>di</strong><br />

rabbia, il fanciullo trovò in sé una riserva d'energia e la unì a quella<br />

piccola parte <strong>di</strong> magia che sapeva padroneggiare. Incontrollato,<br />

ingovernabile, sfrenato come vento <strong>di</strong> tempesta, dalle mani <strong>di</strong> Allanon il<br />

fuoco esplose in ogni <strong>di</strong>rezione. Eruppe con tale forza da scaraventare a<br />

terra il fanciullo stesso, che giacque intontito. Ma esplose sul muso<br />

della mostruosa creatura, che subito lasciò andare Bremen, alzò le<br />

braccia in un impeto <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> dolore e arretrò barcollando. Bremen<br />

si rimise in pie<strong>di</strong>, senza badare alla debolezza che lo invadeva e alle<br />

ferite, e scagliò <strong>di</strong> nuovo il Fuoco Magico, che questa volta penetrò<br />

nella gola del mostro e gli scese fino al cuore, incenerendolo. Nel<br />

frattempo Jerle <strong>Shannara</strong> si era spostato sul fianco sinistro<br />

dell'esercito. Cormorant Etrurian giaceva scomposto sul terreno,<br />

circondato dai suoi uomini che lottavano per proteggerlo. <strong>Il</strong> re si<br />

lanciò nella mischia e guidò un rapido, decisivo contrattacco contro le<br />

ingobbite creature che saltavano lungo il fronte degli Elfi vibrando<br />

pesanti bipenni e mici<strong>di</strong>ali coltellacci seghettati. Banda aveva<br />

<strong>di</strong>rottato lungo il pen<strong>di</strong>o il tiro dei suoi arcieri e i lunghi archi<br />

colpivano d'infilata la nebbia e le creature in essa nascoste. Gli Elfi<br />

recuperarono Etrurian e lo portarono via; Kier Joplin lanciò avanti i<br />

cavalieri per chiudere il varco. <strong>Il</strong> re lasciò il comando a Joplin e<br />

tornò <strong>di</strong> corsa al centro dello schieramento, dove lo scontro era <strong>di</strong><br />

nuovo violentissimo. Due volte ricevette un colpo che lo fece vacillare,<br />

ma si scrollò, sprezzante del dolore, e continuò a combattere. Accanto a<br />

lui Preia, rapida e agile, vibrava colpi e parava fendenti con la corta<br />

spada, proteggendo il fianco sinistro del re. Le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali<br />

combattevano attorno a loro e alcune morirono per <strong>di</strong>fenderli. I mostri<br />

avevano infranto le linee in molti punti e gli Elfi subivano attacchi<br />

che parevano provenire da tutte le <strong>di</strong>rezioni. Finalmente Bremen<br />

ricompattò il fianco sinistro quanto bastava a respingere gli attaccanti<br />

che vi erano penetrati. Duramente colpiti, i superstiti si <strong>di</strong>edero alla<br />

fuga e le loro sagome deformi svanirono nella nebbia, come se non<br />

fossero mai esistite. L'esercito si lanciò allora contro quelli che<br />

ancora combattevano al centro e anch'essi cedettero. A poco a poco, con<br />

tenacia, gli Elfi ripresero l'offensiva, avanzarono, e le creature del<br />

mondo degli inferi si ritirarono e scomparvero. Sul campo <strong>di</strong> battaglia<br />

grigio e brumoso l'esercito dell'Ovest, silenzioso per lo sfinimento,<br />

rimase a fissare il vuoto lasciato dai nemici in fuga. Gli uomini del


Nord attaccarono <strong>di</strong> nuovo nel tardo pomeriggio con l'esercito regolare.<br />

La nebbia si era <strong>di</strong>ssipata, il cielo si era schiarito e la luce era<br />

vivida e pura. La nuova posizione <strong>di</strong>fensiva degli Elfi era più<br />

all'interno, nella valle, vicino al passo occidentale, protetta sia dal<br />

terreno più elevato sia da mura <strong>di</strong> pietra costruite da poco e irte <strong>di</strong><br />

punte acuminate. Da lì osservarono il nemico percorrere la Valle <strong>di</strong><br />

Rhenn semi<strong>di</strong>strutta. Erano pochi, laceri e insanguinati, prossimi allo<br />

sfinimento, ma non atterriti. Erano sopravvissuti a troppe <strong>di</strong>savventure<br />

per avere ancora paura. Mantennero con calma la posizione, in ranghi<br />

compatti, perché la valle si restringeva bruscamente nel punto dove<br />

aspettavano. Lì i pen<strong>di</strong>i erano tanto erti che bastava un piccolo<br />

contingente <strong>di</strong> arcieri e <strong>di</strong> Cacciatori per <strong>di</strong>fendere le alture. <strong>Il</strong><br />

grosso dell'esercito era schierato sul fondovalle, da un pen<strong>di</strong>o<br />

all'altro. Cormorant Etrurian, spalla e testa fasciate, una smorfia<br />

sinistra sul viso smagrito, era <strong>di</strong> nuovo in pie<strong>di</strong>. Con un ancora più<br />

debilitato Rustin Apt, comandava i reparti che avrebbero affrontato il<br />

nucleo centrale dei nemici. Banda era sul pen<strong>di</strong>o settentrionale, con il<br />

grosso degli arcieri. Kier Joplin e la cavalleria si erano ritirati<br />

all'imboccatura del passo, perché non avevano spazio per manovrare. La<br />

Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale e la Guar<strong>di</strong>a Nera erano ancora <strong>di</strong> riserva. Appena <strong>di</strong>etro<br />

le linee degli Elfi, in cima a un'altura da cui si dominava la<br />

battaglia, c'erano Bremen e Allanon. <strong>Il</strong> re e Preia Starle, in sella a<br />

Risk e ad Ashes, erano al centro della linea <strong>di</strong>fensiva degli Elfi,<br />

circondati da Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. Per tutta la larghezza delle pianure e<br />

lungo il corridoio della valle si u<strong>di</strong>vano rimbombare tamburi, zoccoli,<br />

stivali. All'attacco avanzavano i fanti, tanto numerosi da coprire<br />

l'intero fondovalle. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro venivano le macchine da guerra:<br />

torri d'asse<strong>di</strong>o e catapulte, trainate da cavalli e squadre <strong>di</strong> uomini<br />

sudati. La cavalleria formava la retroguar<strong>di</strong>a: file <strong>di</strong> uomini a cavallo,<br />

armati <strong>di</strong> lance e picche, con pennoni che garrivano al vento. Robusti<br />

Troll delle Montagne portavano il Signore degli Inganni e i suoi<br />

accoliti in portantine velate <strong>di</strong> seta nera e decorate con ossa<br />

sbiancate. E' la fine, si rese conto all'improvviso Bremen: il pensiero<br />

gli venne spontaneo, mentre guardava il nemico avanzare. Quel pensiero<br />

lo schiacciava, come una certezza inesorabile, una terrificante verità.<br />

Guardò i soldati riempire l'annerita conca <strong>di</strong> Rhenn, e nella sua mente<br />

<strong>di</strong>vennero un'onda <strong>di</strong> marea che avrebbe sommerso e annegato gli Elfi.<br />

Dopo due soli giorni <strong>di</strong> battaglia, il risultato era inevitabile. Se i<br />

Nani si fossero uniti agli Elfi, o se qualche città delle Terre del Sud<br />

avesse approntato un esercito, forse sarebbe stato <strong>di</strong>verso. Ma gli Elfi<br />

erano soli, senza nessuno che li aiutasse. Si erano già ridotti <strong>di</strong> un<br />

terzo e non importava che avessero inflitto al nemico per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>eci<br />

volte superiori. <strong>Il</strong> nemico aveva molte vite da sacrificare, e avrebbe<br />

vinto grazie alla pura e semplice forza del numero. Bremen batté le<br />

palpebre, stanco, e si sfregò il mento. Non riusciva a sopportare il<br />

pensiero che tutto finisse così. Jerle <strong>Shannara</strong> non avrebbe avuto<br />

l'opportunità <strong>di</strong> mettere alla prova la sua spada contro il Signore degli<br />

Inganni. Non avrebbe avuto neppure l'occasione <strong>di</strong> affrontarlo. Sarebbe<br />

morto lì, in quella valle, con tutti i suoi uomini. Bremen conosceva<br />

bene il re, sapeva che avrebbe sacrificato la vita, anziché salvarsi. E<br />

se Jerle fosse morto, non ci sarebbe stata speranza per nessuno <strong>di</strong> loro.


Allanon cambiò posizione, a <strong>di</strong>sagio. Anche lui pensò Bremen, intuisce<br />

che il <strong>di</strong>sastro è imminente. Allanon era coraggioso, l'aveva <strong>di</strong>mostrato<br />

proprio quel mattino salvandogli la vita. Aveva usato la magia senza<br />

preoccuparsi della propria incolumità, con un solo pensiero: salvargli<br />

la vita. Bremen scosse la testa. <strong>Il</strong> fanciullo era rimasto stor<strong>di</strong>to e<br />

sconvolto, ma non era meno deciso prima. Avrebbe dato tutto se stesso,<br />

proprio come il re. Bremen lo capiva: il fanciullo già sceglieva il<br />

posto dove tentare l'ultima resistenza. Giunto a duecento passi,<br />

l'esercito del Nord si fermò con gran fragore. Le squadre addette al<br />

trasporto delle macchine belliche s'impegnarono con frenetica attività a<br />

mettere in posizione le catapulte e le torri. Bremen si sentì serrare la<br />

gola il Signore degli Inganni non avrebbe lanciato un attacco <strong>di</strong>retto<br />

Perché sprecare vite umane, se non era necessario? Avrebbe invece usato<br />

le catapulte e gli arcieri nascosti dentro le torri per colpire<br />

d'infilata le <strong>di</strong>fese dei nemici, per assottigliare il loro numero, per<br />

logorarli finché non sarebbero stati troppo pochi per opporre anche solo<br />

una minima resistenza. Le macchine da guerra si allargarono per tutta<br />

l'ampiezza del fondovalle, fianco a fianco; i cucchiai delle catapulte<br />

erano già carichi <strong>di</strong> pietre e pezzi <strong>di</strong> ferro, le campate delle torri<br />

d'asse<strong>di</strong>o mostravano arcieri a ogni feritoia. Tra le fila degli Elfi<br />

nessuno si mosse. Non c'era dove andare, dove nascondersi, non esisteva<br />

una migliore posizione <strong>di</strong>fensiva dove ritirarsi. Perduta la valle, anche<br />

le Terre dell'Ovest sarebbero state perdute. I tamburi continuavano a<br />

rullare, e la loro costante cadenza accompagnava il rombo delle ruote<br />

delle macchine belliche e si riverberava nel petto <strong>di</strong> Bremen. <strong>Il</strong> vecchio<br />

druido guardò il cielo che si scuriva, ma calcolò che mancasse un'ora<br />

buona al tramonto: il buio sarebbe sceso troppo tar<strong>di</strong> per essere<br />

d'aiuto. "Dobbiamo fermare quelle macchine" mormorò, convinto <strong>di</strong> parlare<br />

tra sé. Allanon lo guardò in silenzio e attese. Non <strong>di</strong>stolse mai lo<br />

sguardo. Bremen lo fissò negli occhi. "Come?" domandò piano il<br />

fanciullo. E all'improvviso Bremen seppe qual era la soluzione. La lesse<br />

negli occhi del fanciullo, nelle sue parole, nell'ispirazione che si<br />

fece strada in lui stesso. Gli giunse in un momento <strong>di</strong> terrificante<br />

luci<strong>di</strong>tà, nato dalla sua stessa <strong>di</strong>sperazione e dallo svanire della<br />

speranza. "C'è un modo" <strong>di</strong>sse in fretta, con ansia. Nel suo viso le<br />

rughe <strong>di</strong>vennero più marcate. "Ma mi occorre il tuo aiuto. Da solo non ho<br />

la forza necessaria." Esitò. "Sarà pericoloso, per te." Allanon annuì.<br />

"Non ho paura." "Rischi <strong>di</strong> morire. Forse moriremo tutt'e due." "<strong>Di</strong>mmi<br />

cosa bisogna fare." Bremen si girò verso le macchine da guerra schierate<br />

e spostò davanti a sé il fanciullo. "Allora ascoltami attentamente. Devi<br />

darti tutto a me, Allanon. Non ribellarti a ciò che sentirai. <strong>Di</strong>venterai<br />

un tramite per me, per la mia magia, la magia che possiedo ma che non ho<br />

la forza <strong>di</strong> usare. La userò attraverso te. Prenderò da te la forza." <strong>Il</strong><br />

fanciullo non lo guardò. "Lascerai che la tua magia si alimenti <strong>di</strong> me?"<br />

domandò sottovoce, quasi con reverenza. "Sì" rispose Bremen. Si chinò su<br />

<strong>di</strong> lui. "Ti <strong>di</strong>fenderò con tutte le protezioni <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spongo. Se<br />

morirai, morirò con te. E' tutto ciò che posso offrirti." "Mi basta"<br />

replicò il fanciullo, <strong>di</strong>stogliendo lo sguardo. "Fa' ciò che va fatto,<br />

Bremen. Ma subito, finché c'è ancora tempo." L'esercito del Nord era<br />

ammassato davanti a loro, preceduto dalle enormi macchine belliche, irto<br />

<strong>di</strong> armi. La polvere si alzava dal terreno bruciato della valle e


iempiva l'aria <strong>di</strong> una nebbiolina granulosa che pareva nascondere<br />

completamente il resto del mondo, come se avesse smesso d'esistere. La<br />

luce si rifletteva su lame e punte metalliche, gli stendar<strong>di</strong> garrivano<br />

in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> colori, le grida degli assalitori esprimevano<br />

l'aspettativa della vittoria. Insieme, immobili sull'altura, il druido e<br />

il fanciullo guardavano la scena. Nessuno li vide, o, se li vide, non vi<br />

badò. Nemmeno gli Elfi li notarono, occupati a osservare l'esercito<br />

schierato davanti a loro. Bremen trasse un profondo respiro e pose le<br />

mani sulle esili spalle <strong>di</strong> Allanon. "Intreccia le <strong>di</strong>ta e puntale contro<br />

le torri e le catapulte" <strong>di</strong>sse. Si sentì stringere la gola. "Sii forte,<br />

Allanon." <strong>Il</strong> fanciullo congiunse le mani e intrecciò le <strong>di</strong>ta, sollevò le<br />

braccia e le puntò verso l'esercito nemico. Bremen era <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui,<br />

immobile, gli occhi chiusi. Dentro <strong>di</strong> sé evocò il Fuoco Magico, che<br />

scintillò e avvampò. Doveva fare attenzione nell'usarlo, rammentò a se<br />

stesso. L'equilibrio fra ciò che occorreva e ciò che poteva permettersi<br />

era delicato: doveva stare attento a non comprometterlo. Un errore, in<br />

un senso o nell'altro, avrebbe significato la fine per lui e per il<br />

bambino. Sul campo <strong>di</strong> battaglia si provvedeva a tirare in<strong>di</strong>etro il<br />

braccio delle catapulte e gli arcieri nelle torri preparavano gli archi.<br />

Bremen riaprì gli occhi, ora bianchi come neve. Più in basso, quasi<br />

colpito da una premonizione, Jerle <strong>Shannara</strong> si girò <strong>di</strong> colpo e lo vide.<br />

<strong>Il</strong> Fuoco Magico si riversò lungo le braccia <strong>di</strong> Bremen e nel corpo <strong>di</strong><br />

Allanon, saettò dalle mani del fanciullo chiuse a pugno, passando sulla<br />

testa degli Elfi in attesa, sulla prateria piena <strong>di</strong> solchi e <strong>di</strong> chiazze<br />

bruciate, fin nel mezzo delle macchine belliche nemiche, duecento passi<br />

più lontano. Colpì prima le torri, avviluppandole da cima a fondo e<br />

mutandole all'istante in torce. Da lì saettò sulle catapulte, riducendo<br />

in cenere gli addetti, spezzando le funi, rovinando le parti metalliche.<br />

Si mosse come una creatura vivente, scegliendo prima un bersaglio poi un<br />

altro, azzurro e così sfolgorante che i soldati <strong>di</strong> entrambi gli eserciti<br />

furono costretti a schermarsi gli occhi per proteggerli. Corse su e giù<br />

per la prima linea dell'esercito nemico inghiottendo tutto e tutti. Nel<br />

giro <strong>di</strong> qualche istante, le fiamme si levarono nell'aria per centinaia<br />

<strong>di</strong> braccia e balzarono verso il cielo in lingue mostruose, mentre nubi<br />

<strong>di</strong> fumo andavano gonfiandosi. Dal malefico esercito del Nord si levarono<br />

grida e urla <strong>di</strong> terrore, mentre il fuoco straziava i soldati. Tra i<br />

ranghi degli Elfi ci fu solo attonito silenzio. Bremen sentì la magia<br />

affievolirsi, il Fuoco Magico estinguersi, ma nel giovane Allanon c'era<br />

ancora energia. Pareva anzi che Allanon, le esili braccia protese, le<br />

mani levate, s'irrobustisse. Bremen sentiva il suo corpo snello vibrare<br />

per la forza della determinazione. <strong>Il</strong> fuoco scaturiva ancora dalle sue<br />

mani, saettava oltre le macchine da guerra e colpiva l'attonito esercito<br />

nemico aprendovi un mici<strong>di</strong>ale sentiero <strong>di</strong> fuoco. Basta così, pensò<br />

Bremen, intuendo un pericoloso spostamento nell'equilibrio delle cose.<br />

Ma non poteva spezzare il legame fra loro due, non poteva rallentare il<br />

torrente della magia de} fanciullo. Adesso era più forte <strong>di</strong> lui e lo<br />

prosciugava. I soldati del Nord in<strong>di</strong>etreggiarono, non per ritirarsi<br />

semplicemente, ma per darsi alla fuga, del tutto demoralizzati. Perfino<br />

i Troll delle Montagne arretrarono, sottraendosi rapi<strong>di</strong> alla<br />

conflagrazione che consumava i loro commilitoni per cercare rifugio sui<br />

pen<strong>di</strong>i della valle e più in là, nel passo <strong>di</strong> ponente. Perfino per loro,


la battaglia quel giorno era terminata. Alla fine le forze vennero meno<br />

ad Allanon e il Fuoco Magico che gli saettava dalle mani si smorzò. <strong>Il</strong><br />

fanciullo si accasciò ansimando contro Bremen, che a stento si reggeva<br />

in pie<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> druido lo afferrò e lo tenne stretto, aspettando che il<br />

polso <strong>di</strong> entrambi tornasse regolare e il battito del cuore rallentasse.<br />

Simili a due spaventapasseri, rimasero aggrappati l'uno all'altro,<br />

mormorandosi parole <strong>di</strong> conforto, guardando le furiose fiamme che<br />

consumavano le macchine da guerra e illuminavano <strong>di</strong> riflessi color<br />

sangue le schiene dei soldati in rotta. <strong>Il</strong> sole calò sotto l'orizzonte e<br />

la notte scivolò cauta fuori del proprio nascon<strong>di</strong>glio per ammantare i<br />

caduti. Mentre l'oscurità si <strong>di</strong>ffondeva su tutte le Quattro Terre e<br />

l'incen<strong>di</strong>o nella Valle <strong>di</strong> Rhenn cominciava a estinguersi, Jerle <strong>Shannara</strong><br />

si avvicinò a Bremen. <strong>Il</strong> vecchio cenava in compagnia <strong>di</strong> Allanon. Adesso<br />

c'era silenzio: l'esercito del Nord si era ritirato nel passo<br />

dell'altopiano orientale e gli Elfi, dalla parte opposta, tenevano la<br />

posizione sbarrando la strettoia occidentale. Tutti stavano cenando e i<br />

Cacciatori montavano a turno la guar<strong>di</strong>a contro eventuali attacchi <strong>di</strong><br />

sorpresa. In fondo all'accampamento ardevano fuochi e il profumo del<br />

cibo aleggiava nell'aria della sera. Mentre il re si avvicinava Bremen<br />

si alzò, vedendo nei suoi occhi una luce che non riconobbe. <strong>Il</strong> re salutò<br />

il druido e il fanciullo, poi chiese al primo <strong>di</strong> fare due passi con lui.<br />

Allanon riprese a mangiare e il re e il druido si allontanarono nel<br />

buio. Quando si furono allontanati quanto bastava perché nessuno u<strong>di</strong>sse,<br />

il re si rivolse al vecchio druido. "Mi serve il tuo aiuto" cominciò a<br />

bassa voce. "Con le tue arti magiche devi marcare gli Elfi in un modo<br />

che consenta loro <strong>di</strong> riconoscersi in uno scontro nel buio, <strong>di</strong> non<br />

colpire per errore i compagni. Puoi fare una cosa del genere?" Bremen<br />

rifletté qualche istante, poi annuì. "Cosa inten<strong>di</strong> fare?" <strong>Il</strong> re era<br />

esausto, ma aveva negli occhi una gelida determinazione e sul viso una<br />

smorfia dura. "Voglio attaccare... adesso, stanotte, prima che si<br />

riorganizzino." <strong>Il</strong> vecchio druido lo fissò ammutolito. <strong>Il</strong> re serrò le<br />

labbra. "Stamattina i miei Esploratori mi hanno informato <strong>di</strong> una manovra<br />

d'aggiramento. <strong>Il</strong> nemico ha mandato due eserciti, meno numerosi <strong>di</strong><br />

quello che abbiamo <strong>di</strong> fronte ma comunque consistenti, a nord e a sud del<br />

Rhenn per prenderei alle spalle. Considerata la loro attuale posizione,<br />

si sono messi in movimento almeno una settimana fa. Procedono con<br />

lentezza, ma si fanno sempre più vicini. Ancora qualche giorno e ci<br />

taglieranno fuori da Arborlon. Se questo accadrà, saremo finiti." Lasciò<br />

vagare lo sguardo nel buio, come per cercare le parole. "Sono troppo<br />

numerosi, Bremen. Lo sapevamo dal principio. <strong>Il</strong> nostro unico vantaggio è<br />

la posizione. Se ce lo tolgono, non ci resta nulla." Tornò a guardare il<br />

vecchio. "Ho mandato Prekkian e la Guar<strong>di</strong>a Nera ad avvertire Vree<br />

Erreden e il Consiglio <strong>di</strong> prepararsi a <strong>di</strong>fendere la città. Ma la nostra<br />

sola speranza è che io faccia ciò che mi hai detto tu, che affronti il<br />

Signore degli Inganni e lo <strong>di</strong>strugga. Per riuscirci, devo prima<br />

<strong>di</strong>sperdere l'esercito del Nord. Non avrò mai occasione migliore <strong>di</strong><br />

questa. I nemici sono <strong>di</strong>sorganizzati e stanchi, demoralizzati per la<br />

<strong>di</strong>struzione delle macchine da guerra, spaventati dalla magia dei Drui<strong>di</strong>.<br />

E' il momento <strong>di</strong> colpirli." Prima <strong>di</strong> rispondere, Bremen rifletté a<br />

lungo. Alla fine annuì lentamente. "Forse hai ragione." "Se attacchiamo<br />

adesso, li troviamo impreparati. Se colpiamo con forza, forse riusciamo


ad aprirci un varco fino al nascon<strong>di</strong>glio del Signore degli Inganni. La<br />

confusione <strong>di</strong> un attacco notturno ci aiuterà, ma solo se saremo in grado<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere gli amici dai nemici." <strong>Il</strong> druido sospirò. "Se segno gli<br />

Elfi, anche i nemici li riconosceranno." "A questo non possiamo ovviare"<br />

ammise il re, con voce ferma. "Ma passerà un certo tempo prima che<br />

quelli capiscano il significato dei contrassegni. A quel punto, avremo<br />

già vinto o perso la battaglia." Bremen annuì in silenzio. Era un piano<br />

ar<strong>di</strong>to, che avrebbe potuto condannare gli Elfi e risolversi nella loro<br />

completa <strong>di</strong>struzione. Ma la necessità <strong>di</strong> una simile tattica era evidente<br />

e il druido vedeva in quel re l'unico in grado d'impiegarla con<br />

successo. Infatti gli Elfi avrebbero seguito Jerle <strong>Shannara</strong> dovunque e<br />

la fiducia in lui li avrebbe sostenuti. "Però ho paura" mormorò a un<br />

tratto il re, avvicinandosi al druido "<strong>di</strong> non riuscire a evocare il<br />

potere della Spada, quando sarà necessario." Esitò, con lo sguardo<br />

fisso. "Se la Spada non mi risponderà, cosa farò?" <strong>Il</strong> druido prese fra<br />

le sue le mani del re e le strinse forte. "La magia non ti verrà meno,<br />

Jerle <strong>Shannara</strong>" replicò piano. "Hai un cuore troppo forte, troppo<br />

determinato, sei proprio il re <strong>di</strong> cui il tuo popolo ha bisogno. La magia<br />

comparirà quando la evocherai, perché questo è il tuo destino." Sorrise<br />

debolmente. "Devi crederci." <strong>Il</strong> re sospirò. "verrài con me?" domandò.<br />

"Certo" annuì il vecchio. A nord del Rhenn, dove le nuvole coprivano <strong>di</strong><br />

ombre le praterie aperte e le pianure si estendevano all'orizzonte,<br />

deserte e silenziose, Kinson Ravenlock si allontanò senza far rumore dal<br />

vocio e dalla confusione dell'accampamento nemico e percorse a ritroso<br />

la via per la quale era giunto. Impiegò quasi un'ora, tenendosi al<br />

riparo in burroni e in letti asciutti <strong>di</strong> torrenti, evitando gli spazi<br />

aperti delle terre basse. Procedeva rapido, ansioso <strong>di</strong> raggiungere<br />

quelli in attesa, pensando che forse non erano giunti troppo tar<strong>di</strong>, dopo<br />

tutto. Più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci giorni erano trascorsi da quando lui e Mareth erano<br />

partiti dalle Terre dell'Est con i resti dell'esercito dei Nani. I Nani,<br />

che ammontavano ancora a circa quattromila, avevano tenuto una buona<br />

andatura. Tuttavia avevano scelto un percorso insolito. Avevano puntato<br />

a settentrione, alle Pianure <strong>di</strong> Raab, e da lì al Passo <strong>di</strong> Jannisson per<br />

entrare nelle Streleheim, dove avevano deviato, tenendosi nascosti<br />

nell'antica foresta che custo<strong>di</strong>va le rovine <strong>di</strong> Paranor. La decisione <strong>di</strong><br />

seguire quel percorso era stata <strong>di</strong>battuta a lungo e con forza da Raybur<br />

e dagli Anziani, non meno della decisione precedente, quella per<br />

stabilire se i Nani dovessero o meno intervenire. Kinson era stato<br />

convincente nel presentare le argomentazioni <strong>di</strong> Bremen e Risca si era<br />

schierato con decisione al suo fianco. Una volta convinto Raybur, la<br />

faccenda si era risolta. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>battito per scegliere quel percorso era<br />

stato meno acceso, ma altrettanto agitato. Risca era convinto che<br />

avrebbero avuto una migliore opportunità <strong>di</strong> avvicinarsi non visti se<br />

fossero scesi da settentrione attraverso il territorio nemico, perché<br />

ormai l'armata del Nord si era spostata all'Ovest per asse<strong>di</strong>are gli Elfi<br />

nella Valle <strong>di</strong> Rhenn, quin<strong>di</strong> i loro esploratori avrebbero tenuto<br />

d'occhio l'eventuale arrivo <strong>di</strong> aiuti dall'Est o dal Sud. Alla fine le<br />

sue argomentazioni avevano avuto il sopravvento. <strong>Il</strong> grosso dell'esercito<br />

dei Nani Si era attestato a nord, a mezza giornata dalle propaggini dei<br />

Denti del Drago. Risca, Kinson, Mareth e duecento altri erano andati<br />

avanti per valutare la situazione. Al tramonto, Kinson era partito da


solo per dare un'occhiata da vicino. Adesso, appena tre ore dopo la<br />

partenza, l'uomo della Frontiera emerse dalle ombre della notte e si<br />

riunì ai compagni. "C'è stato un attacco nelle prime ore del giorno"<br />

comunicò senza fiato. Aveva fatto <strong>di</strong> corsa la maggior parte della<br />

strada, ansioso <strong>di</strong> comunicare le notizie. "L'attacco è fallito. I resti<br />

bruciati delle macchine da guerra del nemico sono <strong>di</strong>sseminati nella<br />

Valle <strong>di</strong> Rhenn. Ma altre vengono costruite. <strong>Il</strong> nemico è accampato<br />

all'imboccatura orientale della valle. Si tratta <strong>di</strong> un grosso esercito,<br />

ma pare <strong>di</strong>sorganizzato. Tutti vagano qua e là e non c'è segno delle<br />

creature tenebrose. Nemmeno i Messaggeri del Teschio stanotte sono in<br />

volo." "Sei arrivato fino agli Elfi?" domandò subito Risca. "Hai visto<br />

Bremen o Tay?" L'uomo della Frontiera bevve una lunga sorsata dall'otre<br />

<strong>di</strong> birra che Mareth gli porgeva e si pulì le labbra. "No. La valle è<br />

bloccata. Avrei potuto attraversarla, ma ho deciso <strong>di</strong> non correre il<br />

rischio. Ho preferito tornare subito qui." Lui e Risca si guardarono,<br />

poi guardarono le pianure. "Laggiù c'è un mucchio <strong>di</strong> morti" <strong>di</strong>sse piano<br />

l'uomo della Frontiera. "Troppi, anche se solo un decimo <strong>di</strong> essi fossero<br />

Elfi." Risca annuì. "Avviserò Raybur <strong>di</strong> far avanzare l'esercito alle<br />

prime luci. Sceglierà lui da quale parte attaccare." <strong>Il</strong> suo viso<br />

schietto era teso, e aveva uno scintmio negli occhi. "Nel frattempo<br />

dovremo aspettare qui il suo arrivo." L'uomo della Frontiera e la<br />

giovane donna si scambiarono un'occhiata e scossero la testa. "Io non<br />

aspetto" <strong>di</strong>chiarò Kinson Ravenlock. "E io neppure" <strong>di</strong>sse Mareth. <strong>Il</strong> nano<br />

soppesò l'ascia da guerra. "Ne ero sicuro. A quanto pare Raybur dovrà<br />

raggiungerci, eh? An<strong>di</strong>amo."<br />

32<br />

Tre ore dopo il tramonto, all'appressarsi della mezzanotte, Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> guidò gli Elfi alla battaglia conclusiva. Lasciò in<strong>di</strong>etro i<br />

malati, i feriti e un piccolo contingente per <strong>di</strong>fenderli e fare da<br />

retroguar<strong>di</strong>a; prese con sé solo chi era in buone con<strong>di</strong>zioni. Cacciatori,<br />

Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, arcieri e altri fanti superavano <strong>di</strong> poco le duemila<br />

unità. I cavalleggeri erano circa quattrocento. Li radunò nella pianura<br />

all'imboccatura della valle, nei pressi del punto dove ancora fumavano i<br />

rottami delle macchine da guerra, e spiegò il suo piano. Mentre lui<br />

parlava, Bremen passava fra i ranghi <strong>di</strong> Elfi reggendo un vasetto<br />

luminescente. Era una luminosità bluastra, fosforescente, che risaltava<br />

soprattutto nel buio, e non pareva né una crema né un liquido, ma<br />

semplice aria luminosa. Consisteva in gran parte <strong>di</strong> magia drui<strong>di</strong>ca, ma<br />

anche <strong>di</strong> altre sostanze, che nessuno però avrebbe saputo identificare.<br />

Mentre si accostava a ogni soldato, Bremen parlava con voce bassa e<br />

rassicurante; intingeva nella sostanza luminosa un logoro stecco e a<br />

ognuno tracciava un segno sulle spalle, quanto bastava a lasciare sulla<br />

veste una traccia della misteriosa sostanza. Quando si avviarono nel<br />

buio, <strong>di</strong>retti al cuore del Rhenn, ognuno aveva coperto con un pezzo <strong>di</strong><br />

stoffa il segno luminoso per non rivelare al nemico la propria presenza.<br />

Scelti membri delle Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali precedettero il grosso dell'esercito,<br />

<strong>di</strong>sposti a ventaglio; alcuni s'inerpicarono sulle pen<strong>di</strong>ci e da lì<br />

avanzarono per occupare le alture che guardavano il passo orientale.<br />

Lasciato alle Guar<strong>di</strong>e il tempo necessario, Jerle <strong>Shannara</strong> guidò<br />

l'avanzata del grosso dell'esercito. Prese il comando del centro assieme<br />

a Preia Starle e Bremen, mise sul fianco sinistro Cormorant Etrurian e


sul destro Rustin Apt. Schierati lungo tutto il fronte, proprio <strong>di</strong>etro<br />

la prima fila <strong>di</strong> Cacciatori, c'erano gli arcieri <strong>di</strong> Arn Banda. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong><br />

loro, altri Cacciatori e molto più in<strong>di</strong>etro, tenuta <strong>di</strong> riserva per<br />

quando i fanti sarebbero stati tutti impegnati, la cavalleria agli<br />

or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Kier Joplin. La strategia del re era semplice. Gli Elfi<br />

dovevano avanzare il più possibile, senza farsi scorgere, e poi colpire<br />

sbucando dal buio, sfruttando la sorpresa e la confusione per sopraffare<br />

il perimetro, con l'augurio che lo slancio li portasse nel cuore<br />

dell'accampamento nemico, rifugio del Signore degli Inganni. Allora<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> avrebbe messo con le spalle al muro il druido ribelle e<br />

l'avrebbe ucciso. Tutto qui. In quel piano le cose che potevano andare<br />

storte erano davvero tante e non valeva la pena d'esaminarle tutte.<br />

L'intera strategia era basata sulla tempestività e sulla sorpresa.<br />

Decisione e coraggio avrebbero determinato il risultato. Quella notte,<br />

protetti dalla magia drui<strong>di</strong>ca e corazzati da una fede incrollabile, gli<br />

Elfi si <strong>di</strong>edero anima e corpo al loro re e al destino. Dubbi e paure<br />

svanirono con il primo passo, con la constatazione che l'attacco era in<br />

atto e non c'era possibilità <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro, con un travolgente<br />

impeto d'aspettativa che soppiantò ogni altro stato d'animo. Percorsero<br />

a buona andatura la strettoia della valle, senza il minimo rumore, come<br />

solo gli Elfi possono fare, evitando qualsiasi ostacolo grazie<br />

all'acutezza della vista, le orecchie tese per cogliere segnali <strong>di</strong><br />

pericolo. Non c'era luce a guidarli, il cielo si era <strong>di</strong> nuovo<br />

rannuvolato e l'aria era pervasa ancora dal fumo dell'incen<strong>di</strong>o del<br />

pomeriggio. Più avanti, i fuochi delle sentinelle nemiche fornivano una<br />

serie <strong>di</strong> fari isolati, puntolini giallastri che tremolavano nel buio.<br />

Mentre guidava il suo esercito, con la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> agganciata <strong>di</strong><br />

traverso sulla schiena, Jerle non rivolse il minimo pensiero a un<br />

eventuale fallimento. Pensò solo a ciò che lo attendeva, scacciando ogni<br />

<strong>di</strong>strazione e mettendo da parte per altri momenti ogni considerazione<br />

che non riguardasse l'impresa <strong>di</strong> quella notte. Aveva a fianco Preia da<br />

una parte, Bremen dall'altra: grazie alla loro presenza si sentiva<br />

invincibile. Non immortale: sapeva benissimo che poteva anche morire. Ma<br />

in quel momento <strong>di</strong>sperato aveva la sensazione che il fallimento fosse<br />

impensabile. Era circondato da gente che gli dava forza, anche se<br />

<strong>di</strong>pendeva da lui. Una mistura bizzarra, ma ben nota ai sovrani. Gli Elfi<br />

avrebbero dato la vita per lui, ma lui doveva esser pronto a dare la<br />

propria per loro. Solo mantenendo fede a questo patto ognuno <strong>di</strong> loro<br />

poteva augurarsi <strong>di</strong> sopravvivere, <strong>di</strong> perseverare, <strong>di</strong> ottenere la<br />

vittoria. <strong>Il</strong> re spostò lo sguardo verso le ombre sulle alture, alla<br />

ricerca <strong>di</strong> sentinelle che potessero dare l'allarme. Non ne scorse: a<br />

quanto pareva, le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali le avevano eliminate senza farsi<br />

scoprire. Alle sue spalle, nella conca della vallata, u<strong>di</strong>va un debole<br />

tintinnio <strong>di</strong> tirelle e un cigolio <strong>di</strong> finimenti <strong>di</strong> cuoio: la cavalleria<br />

li seguiva. Davanti, i fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vennero più visibili, ed<br />

entro il perimetro da essi segnato si scorgeva l'accampamento<br />

dell'esercito del Nord. La sua <strong>di</strong>mensione pareva smisurata, un esteso<br />

labirinto <strong>di</strong> tende e salmerie e uomini, una confusione <strong>di</strong> vita, quasi<br />

una piccola città. I nemici erano ancora molto numerosi, pensò il re.<br />

L'attacco degli Elfi doveva essere deciso e veloce. Portò i suoi uomini<br />

a una cinquantina <strong>di</strong> passi dall'accampamento e or<strong>di</strong>nò l'alt; tutti si


acquattarono al limitare dei cerchi <strong>di</strong> luce dei fuochi. Le sentinelle,<br />

in pie<strong>di</strong>, scrutavano il buio, alcune lanciavano con in<strong>di</strong>fferenza<br />

occhiate a ciò che avveniva nell'accampamento. Non mostravano la minima<br />

preoccupazione per ciò che poteva nascondersi nel buio: era chiaro che<br />

non s'aspettavano un attacco. Jerle <strong>Shannara</strong> sentì in petto una vampata<br />

<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. A quanto pareva, aveva visto giusto. Pensò a un tratto<br />

a quanto aveva dovuto sopportare per giungere a quel punto e si scoprì a<br />

desiderare che Tay Trefenwyd fosse lì con lui. Insieme, avrebbero<br />

sconfitto qualsiasi opposizione. Senza Tay, pensò, per lui non sarebbe<br />

stata mai più la stessa vita. Mai più. Con un gesto segnalò agli Elfi <strong>di</strong><br />

tenersi pronti. Allora Banda fece alzare i suoi arcieri, con la freccia<br />

già incoccata alla corda dei lunghi archi da guerra. <strong>Il</strong> re alzò la spada<br />

e le frecce volarono nell'aria in una mortale gran<strong>di</strong>nata. Mentre<br />

ricadevano e colpivano i bersagli ancora ignari del pericolo, gli Elfi<br />

si lanciarono all'attacco. Furono rapi<strong>di</strong> e mici<strong>di</strong>ali nell'avanzata. Nel<br />

giro <strong>di</strong> qualche istante avevano attraversato il terreno scoperto ed<br />

erano penetrati nell'accampamento. Le sentinelle giacevano tutte morte,<br />

trafitte da una freccia o da una lancia. I soldati del Nord che se ne<br />

stavano accoccolati intorno ai fuochi balzarono in pie<strong>di</strong> non appena gli<br />

Elfi sciamarono su <strong>di</strong> loro, impugnarono le armi e lanciarono l'allarme.<br />

Ma gli Elfi furono tra loro così rapidamente che per la maggior parte i<br />

nemici morirono senza potersi <strong>di</strong>fendere. Jerle <strong>Shannara</strong> era in testa, e<br />

si apriva la strada fra le linee più esterne quasi senza fatica,<br />

affiancato dalle Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. Preia era con lui. Bremen rimase<br />

in<strong>di</strong>etro, troppo vecchio e lento per tenere il passo, gridando al re <strong>di</strong><br />

andare avanti, <strong>di</strong> non aspettarlo. Sulle alture, i nemici erano impegnati<br />

in un corpo a corpo con le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali che li avevano sorpresi nel<br />

sonno. Nel buio pieno <strong>di</strong> fumo solo gli Elfi potevano riconoscere i<br />

compagni, grazie al segno luminescente sulla spalla. L'intero<br />

accampamento era in subbuglio. All'improvviso il re si trovò nel mezzo<br />

<strong>di</strong> un reparto <strong>di</strong> Troll delle Montagne appena svegliati, gigantesche<br />

creature che balzavano dai giacigli, in risposta all'allarme, senza la<br />

protezione delle armature, ma con le armi in pugno. Jerle <strong>Shannara</strong> si<br />

lanciò verso il cuore dell'accampamento, cercando <strong>di</strong> non farsi<br />

rallentare, ma <strong>di</strong>versi Troll gli si pararono davanti e fu costretto a<br />

fermarsi e a combattere. Venne in contatto col più vicino, vibrò in un<br />

arco lucente la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> e il Troll cadde. Altri si sforzarono<br />

<strong>di</strong> arrivare a lui, avendolo riconosciuto, e intanto lanciavano gutturali<br />

richiami ai compagni. Ma le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali pararono il contrattacco e da<br />

ogni parte sciamarono sui Troll, facendone strage. Dal buio alle proprie<br />

spalle, il re udì il corno <strong>di</strong> Kier Joplin suonare la carica: con rombo<br />

<strong>di</strong> tuono, la cavalleria elfa si unì alla battaglia. Un'esplosione fece<br />

vibrare l'accampamento e una colonna <strong>di</strong> fuoco s'innalzò al cielo. Nel<br />

suo bagliore il re scorse Bremen, fermo al centro <strong>di</strong> un fuggifuggi <strong>di</strong><br />

Gnomi e Troll minori, lacera sagoma con le braccia allargate davanti a<br />

sé, il giovane Allanon al fianco. Più avanti <strong>di</strong>vennero visibili le tende<br />

con i drappi decorati da teschi del Signore degli Inganni e dei suoi<br />

servitori. Jerle <strong>Shannara</strong> si sentì pervadere dall'esaltazione e<br />

raddoppiò gli sforzi per aprirsi un varco fra i nemici. Ma dalla notte<br />

emerse una creatura mostruosa e il re fu costretto a fronteggiarla.<br />

Aveva l'aspetto <strong>di</strong> un lupo, ma con una testa vagamente umana, e fauci


munite <strong>di</strong> file <strong>di</strong> denti acuminati. Assalì gli Elfi che cercavano <strong>di</strong><br />

colpirlo e li <strong>di</strong>sperse. Si avventò contro Preia Starle, ma lei schivò<br />

l'affondo e gli lasciò la spada conficcata nel collo. La mostruosa<br />

creatura continuò l'assalto, ferita ma non rallentata, le fauci pronte<br />

ad azzannare. Jerle <strong>Shannara</strong> fu sbattuto a terra, incapace <strong>di</strong> evitare<br />

l'assalto, e lottò invano per togliersi da sotto le sue zampe, mentre i<br />

Cacciatori menavano <strong>di</strong>sperati fendenti contro il mostro. Poi, quando<br />

questo si rizzò sulle zampe posteriori per azzannarlo, con la Spada <strong>di</strong><br />

<strong>Shannara</strong> il re gli trapassò il petto e il cuore e il mostro crollò privo<br />

<strong>di</strong> vita. <strong>Il</strong> re si affrettò a rialzarsi. "Le tende!" gridò a ogni elfo a<br />

portata <strong>di</strong> voce; con Preia al fianco, continuò la carica. Al <strong>di</strong> là<br />

dell'imboccatura del Rhenn, sul perimetro settentrionale<br />

dell'accampamento, Kinson, Mareth, Risca e i Nani si stavano <strong>di</strong>rigendo<br />

verso le alture orientali nel tentativo <strong>di</strong> trovare un varco fra le linee<br />

nemiche. Quando iniziò l'attacco degli Elfi si fermarono, non sapendo<br />

bene che cosa accadesse. Grida e urla provenivano dall'accampamento e<br />

ben presto ci fu il caos. Subito i Nani, esperti <strong>di</strong> battaglie, formarono<br />

un cuneo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa puntato verso l'accampamento assalito e osservarono i<br />

nemici più vicini alzarsi in fretta e furia, afferrare le armi e<br />

guardarsi intorno. "Cosa succede?" bisbigliò Mareth all'orecchio <strong>di</strong><br />

Kinson Ravenlock. A quel punto u<strong>di</strong>rono risuonare, al <strong>di</strong> sopra del<br />

clamore, il grido <strong>di</strong> battaglia degli Elfi, ben presto ripetuto. "Gli<br />

Elfi attaccano!" esclamò Risca, meravigliato. Dalle alture, nugoli <strong>di</strong><br />

frecce si riversarono sull'accampamento, mietendo vittime fra i soldati<br />

lì radunati. Dall'ingresso della valle, sul lato frontale del perimetro,<br />

proveniva il clangore <strong>di</strong> armi. I Nani rimasero impietriti, mentre la<br />

battaglia si accendeva, ascoltando i rumori che crescevano e si<br />

avvicinavano. Gli Elfi erano penetrati nelle <strong>di</strong>fese nemiche e puntavano<br />

al cuore dell'accampamento. "Cosa facciamo?" domandò Kinson, a nessuno<br />

in particolare, scrutando nel buio dove gruppi <strong>di</strong> nemici comparivano e<br />

scomparivano nella foschia del fumo dei fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Proprio<br />

davanti a loro, un Messaggero del Teschio si levò in aria come uno<br />

spettro, ad ali <strong>di</strong>stese e artigli contratti. Allontanandosi dai Nani, il<br />

predatore alato si <strong>di</strong>resse a est, sopra le pianure. Un attimo dopo fu<br />

seguito da un altro. "Scappano!" esclamò Mareth, incredula. Poi, proprio<br />

al centro dell'accampamento, una colonna <strong>di</strong> fiamma esplose verso il<br />

cielo, alzandosi nell'oscurità come una lancia <strong>di</strong> fuoco scagliata contro<br />

le nuvole da una mano invisibile. Rimase sospesa per parecchi istanti<br />

contro il buio della notte, poi svanì in fumo. Risca soppesò la grande<br />

ascia da guerra e guardò gli altri. "Ho visto abbastanza" <strong>di</strong>sse. "Gli<br />

Elfi hanno bisogno <strong>di</strong> noi. Non facciamoli aspettare." <strong>Il</strong> gruppo si<br />

mosse, guidato da Risca ai cui fianchi erano Kinson e Mareth. I Nani si<br />

<strong>di</strong>sposero a ventaglio in formazione d'attacco. Risca li guidò un po' a<br />

levante delle alture, facendo attenzione agli arcieri lì nascosti,<br />

preoccupato che li scambiassero per nemici. Deviarono a sinistra,<br />

puntando alla parte posteriore dell'accampamento, dove gli Gnomi già<br />

s'affannavano a montare in sella. Quando si trovarono proprio sotto le<br />

file <strong>di</strong> picchetti, Risca lanciò il grido <strong>di</strong> guerra dei Nani e guidò<br />

all'attacco i suoi Cacciatori. Quasi subito i Nani furono impegnati in<br />

combattimento. Fosse frutto del caso o della rapida reazione dei<br />

<strong>di</strong>fensori, in un attimo si trovarono circondati da un'intera compagnia


<strong>di</strong> Troll delle Montagne, corazzati da capo a pie<strong>di</strong> e armati <strong>di</strong> picche.<br />

Nel primo minuto <strong>di</strong> battaglia caddero più <strong>di</strong> venti Nani, incapaci <strong>di</strong><br />

resistere ai Troll assai più robusti <strong>di</strong> loro. Risca radunò i più vicini<br />

a lui, evocò il Fuoco Magico e con esso si aprì un varco, costringendo i<br />

nemici a in<strong>di</strong>etreggiare. Seguì il contrattacco, vibrato da un branco <strong>di</strong><br />

giganteschi lupi che Brona aveva chiamato dalle Querce Nere. <strong>Di</strong> nuovo i<br />

Nani furono respinti e questa volta il centro del loro schieramento<br />

cedette. Nella confusione, Kinson e Mareth rimasero separati da Risca.<br />

<strong>Il</strong> druido andò a sinistra, verso la parte posteriore dell'accampamento,<br />

mentre l'uomo della Frontiera e la giovane donna andarono a destra,<br />

seguendo un gruppo <strong>di</strong> Nani che volevano unirsi agli Elfi già impegnati<br />

al centro del campo. Risca, nella furia dello scontro, non si accorse<br />

subito della loro assenza. La veemenza della <strong>di</strong>fesa, lì sul retro<br />

dell'accampamento, quando l'attacco principale degli Elfi proveniva<br />

dalla parte opposta, lo convinse che il Signore degli Inganni era a<br />

breve <strong>di</strong>stanza. Avendo già visto due Messaggeri del Teschio darsi alla<br />

fuga, sospettò che l'attacco fosse più travolgente <strong>di</strong> quanto gli Elfi<br />

non immaginassero e che Brona si preparasse a fuggire. Poteva contare,<br />

per la propria <strong>di</strong>fesa, su Troll delle Montagne e su creature infernali,<br />

perciò sarebbe fuggito <strong>di</strong> nascosto, assieme ai cacciatori alati, per<br />

ritirarsi a settentrione. Molti soldati del Nord già si <strong>di</strong>leguavano<br />

nella notte, abbandonando l'accampamento come serpi scacciate dalla<br />

tana. Gnomi e Troll minori cominciavano a fuggire lasciando altri a<br />

combattere al posto loro. La cavalleria si sparpagliava in tutte le<br />

<strong>di</strong>rezioni, priva <strong>di</strong> comandante e in preda al panico. La spina dorsale<br />

dell'esercito del Nord era stata spezzata e non occorreva molta fantasia<br />

per dedurre che i comandanti - per i quali il tempo non contava niente -<br />

intendessero rifugiarsi <strong>di</strong> nuovo nella loro roccaforte al <strong>di</strong> là delle<br />

montagne della Lama <strong>di</strong> Coltello, per riorganizzarsi e pianificare una<br />

nuova invasione. Ma Risca aveva fatto troppe brutte esperienze, per<br />

consentire che ciò accadesse. Era deciso a fermarli lì. Con una decina<br />

<strong>di</strong> Nani al seguito, si aprì la strada verso la ventina <strong>di</strong> Gnomi a<br />

cavallo ancora controllati da un Messaggero del Teschio. Infuriando fra<br />

<strong>di</strong> loro, orrido spettro con occhi ardenti e mantello svolazzante, il<br />

Messaggero cercava <strong>di</strong> rimettere in fila gli atterriti Gnomi, con il<br />

chiaro intento <strong>di</strong> portarli con sé come reparto fiancheggiatore. Più in<br />

là, dove la notte era più buia e l'accampamento meno illuminato, c'era<br />

movimento fra le tende <strong>di</strong> seta nera. I cavalli nitrivano, mentre a<br />

frustrate venivano costretti a <strong>di</strong>sporsi in convoglio, e grossi carri<br />

<strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> scuro rotolavano nel buio e nel fumo, <strong>di</strong>retti alle pianure.<br />

Risca, ascia in pugno e Fuoco Magico ardente in petto, si mosse per<br />

intercettarli. Jerle <strong>Shannara</strong> continuò ad avanzare con ferocia<br />

implacabile. Era sempre in prima fila, ora ben dentro l'accampamento<br />

nemico, e si avvicinava allo scuro, frusciante baldacchino della tenda<br />

del Signore degli Inganni. Era entrato in una zona buia, un luogo dove<br />

la luce non penetrava. I fuochi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, lungo il perimetro<br />

dell'accampamento, gettavano ombre irreali in quelle tenebre, ma c'era<br />

ben poco da vedere. Coloro che avevano tentato <strong>di</strong> fermarlo <strong>di</strong>vennero<br />

rapidamente in<strong>di</strong>stinguibili: alcuni erano Troll e Gnomi, altri erano<br />

esseri del tutto <strong>di</strong>versi. Jerle si spinse in mezzo a loro, senza badare<br />

alla loro natura, senz'altra preoccupazione che quella <strong>di</strong> farsi strada.


Preia era al suo fianco, dura e feroce come lui. Le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali li<br />

seguivano, cercando vanamente <strong>di</strong> raggiungerli. Tutt'intorno il campo era<br />

un caos <strong>di</strong> rumori e <strong>di</strong> movimento. Più avanti, da qualche parte nel buio,<br />

nelle vicinanze delle tende annerite, c'erano rumori <strong>di</strong> vetture e <strong>di</strong><br />

carri in movimento, cigolii <strong>di</strong> tirelle, schiocchi <strong>di</strong> fruste, nitriti <strong>di</strong><br />

cavalli in risposta alle pretese dei conducenti. Preia cadde a terra,<br />

sbilanciata da una sagoma scura balzata dal buio su quattro zampe. Fauci<br />

si spalancarono e denti luccicarono, mentre il corpo irsuto piombava<br />

sulla regina. Jerle si girò a <strong>di</strong>fenderla, ma nello stesso istante fu<br />

colto alla sprovvista da un'altra <strong>di</strong> quelle sagome e mandato a gambe<br />

levate. Altre ne comparvero, lupi che sbucavano dalle tenebre e<br />

caricavano, azzannando gli Elfi che tentavano d'entrare in quel terreno<br />

proibito. Erano così numerosi che per un momento parvero inarrestabili.<br />

Preia era sparita in un groviglio <strong>di</strong> corpi. Jerle combatteva sulla<br />

schiena e sulle ginocchia, vibrando la Spada contro qualsiasi cosa<br />

venisse alla sua portata, sforzandosi <strong>di</strong> rimettersi in pie<strong>di</strong>. "<strong>Shannara</strong>!<br />

<strong>Shannara</strong>!" Al grido che chiamava a raccolta, Cacciatori e Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali<br />

accorsero. Poi esplose il Fuoco Magico, bruciando a metà del balzo i<br />

lupi più vicini, e Bremen entrò nella mischia, con le vesti a brandelli,<br />

con occhi ardenti come quelli delle creature che cercava <strong>di</strong> uccidere. I<br />

lupi si ritrassero, atterriti, zanne snudate. Un'altra belva svanì nella<br />

livida fiamma e i lupi rimasti si sparpagliarono, ululando <strong>di</strong> furia e <strong>di</strong><br />

terrore. Jerle <strong>Shannara</strong> si tirò in pie<strong>di</strong>, si girò alla ricerca <strong>di</strong> Preia.<br />

Ma lei era già al suo fianco, col viso rigato <strong>di</strong> sudore e stravolto<br />

dalla sofferenza, un braccio tutto insanguinato nel punto in cui,<br />

malgrado la protezione <strong>di</strong> cuoio, la morbida carne era stata lacerata<br />

fino all'osso. In quel momento si legava la ferita, ma era cerea in<br />

viso, straziata. "Va' avanti!" gridò a Jerle. "Non aspettare! Sto<br />

arrivando!" Jerle esitò solo un istante, poi riprese la rapida avanzata,<br />

seguito da un gruppetto <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali. I lupi erano le ultime<br />

creature poste a custo<strong>di</strong>a del Signore degli Inganni, perciò la via era<br />

sgombra. Più avanti il terreno era una pozza nera, ma Jerle <strong>Shannara</strong> non<br />

rallentò. Una sola cosa gli importava: trovare il comandante nemico e<br />

metterlo con le spalle al muro. Attraversò <strong>di</strong> corsa il tratto non<br />

illuminato, senza badare a ciò in cui avrebbe potuto incappare, senza<br />

preoccuparsi <strong>di</strong> cosa lo aspettasse, tutto preso dalla determinazione <strong>di</strong><br />

porre termine a quella battaglia, a qualsiasi costo. Da un punto alle<br />

sue spalle provenne la voce <strong>di</strong> Bremen che gridava un avvertimento e lo<br />

chiamava inutilmente: il vecchio druido, sfinito dalla battaglia,<br />

prosciugato dalla magia, non ce la faceva a seguirlo. Jerle raggiunse la<br />

tenda del Signore degli Inganni in fuga, vibro un fendente, tranciò la<br />

stoffa scura, scagliò nella notte la collana <strong>di</strong> teschi e ossa appesa a<br />

un palo <strong>di</strong> sostegno. La parete della tenda si lacerò e un vento secco e<br />

gelido sfiorò la faccia del re che si lanciava nell'apertura. L'interno<br />

era così buio che non vide niente, e per proteggersi vibrò la Spada <strong>di</strong><br />

<strong>Shannara</strong> in un ampio arco, tranciando tutto ciò che era alla sua<br />

portata. Ma la lama fischiò a vuoto nell'aria. Jerle si lanciò nel buio<br />

verso la parete opposta e tranciò la stoffa, aprendola alla notte. Fumo<br />

e rumore si precipitarono nello squarcio e il gelo lasciò il posto al<br />

caldo dell'estate e alla sensazione <strong>di</strong> sudore sulla pelle. Jerle girò<br />

rapido su se stesso e si acquattò in posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. Ma la tenda


era vuota. Nello stesso momento Risca e i suoi Nani assalirono i resti<br />

degli Gnomi a cavallo. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio che li teneva a bada<br />

arretrò sotto l'assalto del Fuoco Magico <strong>di</strong> Risca e gli atterriti Gnomi<br />

saettarono via nella notte. Per un istante nessuno si oppose ai Nani.<br />

Poi risuonò il clangore <strong>di</strong> ruote rivestite <strong>di</strong> ferro e dall'accampamento<br />

provenne una carovana <strong>di</strong> cavalieri dal mantello nero e <strong>di</strong> carri chiusi.<br />

Risca si lanciò all'inseguimento e scagliò il Fuoco Magico contro i<br />

cavalli <strong>di</strong> testa, facendoli scartare e inalberare e fermando i carri.<br />

Quasi subito una torma <strong>di</strong> belve sciamò da <strong>di</strong>etro i traballanti mezzi <strong>di</strong><br />

trasporto e i cavalli imbizzarriti e si lanciò alla carica: una maligna<br />

e rabbiosa collezione <strong>di</strong> mostri infernali. L'attacco fu feroce e<br />

costrinse Risca e i Nani a ritirarsi. Zanne e artigli lacerarono le<br />

carni, braccia nerborute martellarono i soldati dell'Est. I Nani<br />

lottarono con torva determinazione, raggruppati intorno al loro capo.<br />

Risca scagliò contro gli attaccanti ondate su ondate <strong>di</strong> Fuoco Magico,<br />

lottando semplicemente per non perdere terreno. Ormai i cavalieri in<br />

mantello scuro giravano i carri e prendevano un'altra <strong>di</strong>rezione,<br />

frustando i cavalli con urla <strong>di</strong> rabbia. Risca lottò per raggiungerli,<br />

per costringere <strong>di</strong> nuovo la carovana a fermarsi. Ma gli esseri infernali<br />

erano da tutte le parti e lui non riusciva a sfruttare bene il Fuoco<br />

Magico. La grande <strong>di</strong>versità numerica cominciava a farsi sentire. A uno a<br />

uno i compagni <strong>di</strong> Risca cadevano e morivano. Poi, all'improvviso, gli<br />

assalitori furono sparpagliati da ondate <strong>di</strong> soldati presi dal panico,<br />

che si riversavano dal campo <strong>di</strong> battaglia passando davanti ai Nani e<br />

svanendo nelle pianure buie. L'intero esercito nemico pareva in rotta,<br />

come se ogni soldato avesse deciso nello stesso istante d'averne<br />

abbastanza. Gnomi e Troll sciamarono dall'infuocato campo <strong>di</strong> battaglia e<br />

fuggirono nella notte. La marea era compatta e inarrestabile, e per un<br />

momento Risca e i Nani scomparvero in mezzo ad essa. Quando <strong>di</strong>minuì,<br />

Risca si guardò intorno. Era solo sul lato orientale dell'accampamento<br />

<strong>di</strong>strutto. I Nani che avevano combattuto al suo fianco erano morti<br />

tutti. I mostri del mondo infero erano scomparsi, fuggiti assieme ai<br />

soldati. Nell'accampamento lo scontro continuava senza requie, con gli<br />

Elfi che premevano contro chi era rimasto, entrambe le parti impegnate<br />

in una lotta furiosa e <strong>di</strong>sperata. A settentrione, dove le Streleheim si<br />

estendevano sotto il cielo plumbeo, la carovana del Signore degli<br />

Inganni si allontanava. Una foschia rossastra velò la vista del druido e<br />

un senso d'impotenza lo pervase. Si girò da ogni parte in cerca <strong>di</strong> un<br />

cavallo, ma nelle vicinanze non ne vide. I soldati in fuga gli giravano<br />

alla larga, scorgendo il tremolio <strong>di</strong> Fuoco Magico sulla punta delle <strong>di</strong>ta<br />

della sua mano destra e il luccichio dell'ascia da guerra nella<br />

sinistra. Risca aveva il viso insanguinato e negli occhi una gelida<br />

furia. In lontananza, la carovana svanì nella notte.<br />

33<br />

All'alba l'esercito delle Terre del Nord era stato sbaragliato e gli<br />

Elfi cavalcavano all'inseguimento del Signore degli Inganni. La<br />

battaglia era infuriata per gran parte della notte, da un unico scontro<br />

si era mutata in decine <strong>di</strong> scontri più piccoli e violenti. Una parte dei<br />

guerrieri del Nord era fuggita ai primi assalti, ma molti erano rimasti.<br />

I reparti più uniti e meglio <strong>di</strong>sciplinati non avevano ceduto fino alla<br />

fine. <strong>Il</strong> combattimento era stato sanguinoso e <strong>di</strong>sperato, senza


quartiere. Al termine, l'esercito del Nord era <strong>di</strong>sperso in ogni<br />

<strong>di</strong>rezione. <strong>Il</strong> numero <strong>di</strong> caduti su entrambi i fronti era sbalor<strong>di</strong>tivo.<br />

Gli Elfi avevano perduto la metà <strong>di</strong> coloro che quella notte erano scesi<br />

in campo insieme con Jerle <strong>Shannara</strong>. Rustin Apt era morto<br />

all'imboccatura del passo e la sua unità era stata decimata. Arn Banda<br />

era morto sulle alture. Cormorant Etrurian aveva riportato una ferita<br />

tanto grave che avrebbe perduto un braccio. Solo Kier Joplin della<br />

cavalleria degli Elfi e Trewithen della Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale erano rimasti<br />

incolumi, ma fra tutti e due potevano <strong>di</strong>sporre solo <strong>di</strong> ottocento soldati<br />

ancora in grado <strong>di</strong> combattere. Era una giornata fredda e asciutta,<br />

chiaro segno della fine dell'estate e dell'inizio dell'autunno. <strong>Il</strong> sole<br />

si levò, smorto e velato <strong>di</strong> foschia, contro i frastagliati picchi dei<br />

Denti del Drago, proprio a oriente del punto dove cavalcava il reparto<br />

<strong>di</strong> Jerle <strong>Shannara</strong>. Sulle praterie indugiavano banchi <strong>di</strong> nebbia, la brina<br />

copriva il terreno, argentea e bagnata nella luce crescente, nell'aria<br />

si condensava l'alito <strong>di</strong> soldati e cavalli. Falchi roteavano nel cielo,<br />

risalivano e planavano nel vento, muti spettatori della caccia in atto<br />

sotto <strong>di</strong> loro. Jerle <strong>Shannara</strong> non aveva esitato a inseguire Brona,<br />

convinto <strong>di</strong> non poter fare <strong>di</strong>versamente. Ormai non provava trepidazione<br />

né incertezza, non si curava della fatica e della fame, non voleva<br />

abbandonare la lotta. Sanguinava per le ferite riportate negli scontri,<br />

ma non sentiva dolore. Teneva agganciata sulla schiena la Spada <strong>di</strong><br />

<strong>Shannara</strong> e non si chiedeva più se la magia avrebbe risposto al suo<br />

richiamo. <strong>Il</strong> momento delle decisioni era passato e rimaneva solo il<br />

fardello della responsabilità che gli avevano accollato. Dubbi e timori<br />

si agitavano sempre in fondo alla sua mente, ma il costante trascorrere<br />

del tempo li ricacciava sempre più lontano dalla sua consapevolezza.<br />

Sentiva soltanto il rombo del proprio sangue, il battito del cuore, la<br />

forza della determinazione. Preia Starle andò con lui, pur ferita al<br />

punto da avere bisogno d'aiuto per montare in sella. Aveva un braccio<br />

fasciato e appeso al collo; non perdeva più molto sangue, ma aveva il<br />

viso cereo e tirato, respirava a fatica. Tuttavia quando Jerle le aveva<br />

chiesto <strong>di</strong> fermarsi si era rifiutata. Era abbastanza forte da cavalcare,<br />

aveva detto con insistenza, e l'avrebbe accompagnato. Voleva vedere la<br />

fine <strong>di</strong> quella storia nel modo in cui ne aveva visto l'inizio, cioè al<br />

suo fianco. Andarono con Jerle anche Bremen e il giovane Allanon, anche<br />

se ora il vecchio druido era indebolito come Preia, perché l'uso<br />

continuato della magia l'aveva prosciugato al punto che sarebbe stato <strong>di</strong><br />

ben poco aiuto. Non l'aveva detto, ma la cosa risultava evidente a<br />

chiunque avesse occhi e buon senso. Però aveva promesso che sarebbe<br />

stato a fianco del re, al momento <strong>di</strong> usare la Spada, e non avrebbe mai<br />

mancato alla promessa. Anche Mareth, Kinson Ravenlock e Risca, più<br />

riposati e in forze, li accompagnarono. Per loro la battaglia doveva<br />

ancora venire: consapevoli dello sfinimento degli altri, si erano<br />

ripromessi <strong>di</strong> proteggerli come meglio potevano. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> loro venivano<br />

Kier Joplin con la cavalleria e Trewithen con la Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale, insieme<br />

con un piccolo contingente <strong>di</strong> Nani scesi in compagnia <strong>di</strong> Risca. In tutto<br />

non arrivavano a novecento. Non si preoccupavano <strong>di</strong> considerare troppo<br />

attentamente se sarebbero bastati a tenere a bada il Signore degli<br />

Inganni. Nessuno sapeva quanti si fossero dati alla fuga con il druido<br />

ribelle, né quanti da allora si fossero uniti a lui. <strong>Di</strong> sicuro ci


sarebbero stati Messaggeri del Teschio e creature infernali e lupi delle<br />

Querce Nere e Troll delle Montagne e altri delle Terre del Nord e<br />

dell'Est. Se avessero incontrato anche solo una piccola parte<br />

dell'esercito che aveva asse<strong>di</strong>ato la Valle <strong>di</strong> Rhenn, gli Elfi sarebbero<br />

stati nei guai. Tuttavia, da qualche parte più a nord, al limitare degli<br />

altipiani, Raybur avanzava con quattromila Nani. Se gli Elfi fossero<br />

riusciti a spingere da quella parte il Signore degli Inganni, avrebbero<br />

avuto una possibilità. <strong>Il</strong> sole si levò più alto in un cielo che era un<br />

bizzarro miscuglio <strong>di</strong> grigio e d'argento e la sua luce scacciò le ombre<br />

notturne e il freddo. Ma la nebbia si rifiutò <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssolversi, rimase<br />

tenacemente abbarbicata alle piane, addensata intorno alle ampie<br />

depressioni e alle forre poco profonde che le intersecavano. Formava<br />

pozze fra i tratti <strong>di</strong> terreno più elevati e dava alle praterie un<br />

aspetto vagamente paludoso. Niente si muoveva in lontananza, l'orizzonte<br />

era vuoto e immobile. In alto i falchi erano scomparsi. <strong>Il</strong> gruppo <strong>di</strong><br />

Jerle <strong>Shannara</strong> cavalcava in silenzio, a labbra serrate, mantenendo<br />

un'andatura costante e regolare e tenendo d'occhio il territorio<br />

all'intorno. Verso la metà del pomeriggio raggiunsero finalmente il<br />

Signore degli Inganni. Fin da mezzodì avevano avuto ragione <strong>di</strong> credere<br />

d'avere progressivamente ridotto lo svantaggio, perché avevano iniziato<br />

a trovare carri abbandonati, danneggiati durante la fuga. Un'ora prima<br />

avevano intercettato la pista della preda, una confusione <strong>di</strong> solchi e<br />

impronte, <strong>di</strong> animali e <strong>di</strong> uomini, che rendeva <strong>di</strong>fficile persino agli<br />

Esploratori stabilire quante persone viaggiassero col Signore degli<br />

Inganni. Preia, contro il parere del re, era smontata da cavallo per<br />

stu<strong>di</strong>arle; poi, con la sua voce bassa e tranquilla, aveva riferito che<br />

il numero dei nemici non arrivava a mille. Ora, mentre sostavano in cima<br />

a un'altura, alcune centinaia <strong>di</strong> passi a meri<strong>di</strong>one del punto dove i<br />

resti dell'esercito del Nord erano stati costretti a fermarsi, gli Elfi<br />

poterono vedere che la stima della regina era esatta. I carri neri erano<br />

fermi all'ombra <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> alture che salivano come terrazze verso<br />

i Denti del Drago. Le creature del Signore degli Inganni erano addossate<br />

ai carri: Troll delle Montagne e altri esseri <strong>di</strong> forma umana; creature<br />

del mondo degli inferi ammantate e incappucciate; lupi grigi che se ne<br />

stavano acquattati o andavano avanti e in<strong>di</strong>etro al limitare della<br />

nebbia; Messaggeri del Teschio, alcuni dei quali si libravano come scuri<br />

uccellacci sopra l'assembramento. Più in là, schierati in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

battaglia sulle alture, i Nani <strong>di</strong> Raybur bloccavano ogni via verso<br />

settentrione. Al Signore degli Inganni era stata impe<strong>di</strong>ta la fuga.<br />

Tuttavia la nebbia era ingannatrice, le sue immagini vaghe creavano<br />

illusioni. Parecchie delle creature ammassate sul terreno piano, avvolte<br />

da brandelli <strong>di</strong> grigiore turbinante, erano morte. Giacevano in posizioni<br />

innaturali, schiantate contro le rocce e impalate su armi. Braccia e<br />

gambe si protendevano verso il cielo come stecchi rotti. Scure sagome<br />

tremolavano nella foschia: erano i resti anneriti e bruciati degli<br />

esseri del mondo degli inferi. Quel giorno si era già svolta una<br />

battaglia. <strong>Il</strong> druido ribelle e i suoi sostenitori erano incappati negli<br />

abitanti delle Terre dell'Est e avevano tentato <strong>di</strong> aprirsi la strada fra<br />

le loro linee. Ma il tentativo era fallito. I Nani li avevano respinti.<br />

Allora il Signore degli Inganni aveva radunato i resti del proprio<br />

esercito e si era ritirato nell'attuale posizione. I Nani erano pronti a


un altro assalto. Ambedue le parti aspettavano. Jerle <strong>Shannara</strong> rimase<br />

perplesso. Cosa aspettavano? Non impiegò molto a trovare la risposta.<br />

Aspettano me, pensò. Aspettano la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong>. Capì allora che lì<br />

sarebbe avvenuta la conclusione, in quell'isolata regione delle<br />

Streleheim, su quel terreno già insanguinato. Avrebbe affrontato in<br />

combattimento il Signore degli Inganni e uno dei due sarebbe morto. Così<br />

era stato deciso da un remoto, perverso destino, molto tempo prima.<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> guardò gli altri sorpreso <strong>di</strong> sentirsi così calmo. "Brona<br />

è in trappola. Non può fuggire. I Nani gli hanno impe<strong>di</strong>to la fuga nel<br />

cuore delle Terre del Nord. Ora deve affrontarci." Risca soppesò l'ascia<br />

da guerra. "Non facciamolo aspettare." "Un momento." Era Bremen, vecchio<br />

e sfinito al punto da essere irriconoscibile nella luce sempre più fioca<br />

del pomeriggio, un consunto spettro umano senza più nulla a cui<br />

sostenersi se non la sua logorante determinazione. "Aspetta noi, è vero.<br />

Vuole che arriviamo. Questo dovrebbe darci un po' <strong>di</strong> respiro." <strong>Il</strong> Nano<br />

era duro e deciso. "Non ha scelta, può solo aspettare. Cosa ti<br />

preoccupa, Bremen?" "Rifletti, Risca. Vuole scontrarsi con noi perché,<br />

se vince, può ancora fuggire." Con lo sguardo li passò in rassegna. "Se<br />

ci <strong>di</strong>strugge tutti, gli ultimi Drui<strong>di</strong> rimasti e il re degli Elfi per<br />

soprammercato, elimina i massimi pericoli che lo minacciano e forse<br />

riesce a evitare la propria morte. Allora può nascondersi e riprendersi.<br />

Può aspettare l'occasione per fare ritorno." "A me non sfuggirà"<br />

borbottò Risca, torvo. "Non sottovalutarlo, Risca" ammonì il vecchio.<br />

"Non sottovalutare il potere della magia <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone." Seguì un lungo<br />

silenzio. Risca ricordò quanto vicino fosse stato a morire, l'ultima<br />

volta che aveva tentato d'incrociare il ferro col Signore degli Inganni.<br />

Fissò il vecchio druido, poi spostò lo sguardo sulla pianura velata <strong>di</strong><br />

foschia. "Cosa suggerisci? <strong>Di</strong> restare con le mani in mano?" "<strong>Di</strong> essere<br />

prudenti." "A che serve la prudenza?" replicò Risca, spazientito.<br />

"Sprechiamo solo tempo! Per quanto ancora dobbiamo stare qui?" "Brona<br />

aspetta me" <strong>di</strong>sse a un tratto Jerle <strong>Shannara</strong>. "Sa che vengo per lui."<br />

Gli altri lo guardarono. "Si scontrerà con me, ora, perché ritiene che<br />

per lui sia la strada più facile. Non ha paura <strong>di</strong> me. E' convinto <strong>di</strong><br />

potermi <strong>di</strong>struggere." "Non lo affronterai da solo" si affrettò a<br />

replicare Preia Starle. "Saremo tutti con te." "Dal primo all'ultimo!"<br />

sbottò Risca, sfidando chiunque a contrad<strong>di</strong>rlo. "Ma è pericoloso" ammonì<br />

<strong>di</strong> nuovo Bremen. "Tutti noi raggruppati. Siamo stanchi, esausti. Non<br />

siamo forti abbastanza." Mareth si fece avanti, l'espressione decisa.<br />

"Lo siamo a sufficienza, Bremen." Strinse con forza il bastone avuto da<br />

lui. "Non puoi aspettarti che ci limitiamo a guardare." "Abbiamo fatto<br />

molta strada per vedere la fine <strong>di</strong> questa storia" intervenne Kinson<br />

Ravenlock. "Questa battaglia è anche nostra." Fissarono il vecchio,<br />

tutti, aspettando che parlasse. Lui li guardò senza vederli, con occhi<br />

remoti, perduti. Pareva considerare qualcosa che non avrebbero potuto<br />

capire, qualcosa <strong>di</strong> molto <strong>di</strong>stante da quel luogo e da quel momento, al<br />

<strong>di</strong> là del pericolo imme<strong>di</strong>ato. "Bremen" chiamò piano il re, e aspettò che<br />

il vecchio lo guardasse. "Io sono pronto. Non dubitare <strong>di</strong> me." <strong>Il</strong> druido<br />

lo scrutò a lungo, poi annuì, stanco e rassegnato. "Faremo come vuoi tu,<br />

re degli Elfi." Risca or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> issare su lance le ban<strong>di</strong>erine <strong>di</strong><br />

segnalazione, per far sapere a Raybur le loro intenzioni. Subito arrivò<br />

la risposta: i Nani si sarebbero mossi all'or<strong>di</strong>ne degli Elfi. La strada


verso nord sarebbe stata bloccata contro qualsiasi tentativo <strong>di</strong> fuga.<br />

Toccava a Jerle <strong>Shannara</strong> e agli Elfi chiudere la trappola. <strong>Il</strong> re chiamò<br />

Trewithen e una decina <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali perché lo accompagnassero. Risca<br />

chiamò sei dei suoi Nani. Mentre si radunavano, Jerle <strong>Shannara</strong> tirò da<br />

parte Preia Starle. "Voglio che tu mi aspetti qui" le <strong>di</strong>sse. Lei scosse<br />

la testa. "Non posso, e tu lo sai." "Sei ferita. Non hai la forza e la<br />

rapi<strong>di</strong>tà su cui puoi contare in con<strong>di</strong>zioni normali. Come ti aspetti <strong>di</strong><br />

compensarle?" "Non chiedermi <strong>di</strong> stare in <strong>di</strong>sparte." "La tua presenza mi<br />

<strong>di</strong>strarrebbe, starei in pensiero per te!" Era rosso in viso, a<strong>di</strong>rato.<br />

Ridusse la voce a un mormorio. "Ti amo, Preia." "Chiederesti a Tay <strong>di</strong><br />

stare in <strong>di</strong>sparte, se fosse qui?" replicò lei, piano. Gli <strong>di</strong>ede un<br />

istante per riflettere, scrutandolo. Poi gli rivolse un pallido, fragile<br />

sorriso. "Anch'io ti amo. Perciò non aspettarti da me meno <strong>di</strong> quanto non<br />

mi aspetti io stessa." Nello stesso momento Kinson Ravenlock si<br />

rivolgeva a Mareth. "Sarai pronta quando inizierà la battaglia?" le<br />

domandò sottovoce. Lei lo guardò sorpresa. "Certo! Perché me lo<br />

doman<strong>di</strong>?" "Dovrai usare la magia. Non sarà facile. Hai rivelato<br />

chiaramente il <strong>di</strong>sgusto che provi per essa." "E' vero" convenne Mareth,<br />

accostandosi a lui e sfiorandogli la spalla. "Ma farò il mio dovere,<br />

Kinson." Bremen si spostò in modo da fronteggiare il gruppo. "Vi<br />

proteggerò con magia sufficiente a deviare il primo colpo, ma non posso<br />

garantire altro. La mia forza è al limite. Risca e Mareth dovranno<br />

sostenere tutti noi. Ciascuno ba<strong>di</strong> all'altro, ma soprattutto badate al<br />

re. Bisogna dargli un'opportunità <strong>di</strong> usare la Spada contro Brona. Tutto<br />

<strong>di</strong>pende da questo." "Avrà la sua occasione" promise Risca, fermo proprio<br />

<strong>di</strong> fronte al vecchio. "A Tay Trefenwyd dobbiamo almeno questo." Allora<br />

si avviarono, Jerle <strong>Shannara</strong> in testa con Preia Starle al fianco, alla<br />

loro destra Risca e alla sinistra Bremen. Allanon, Kinson Ravenlock e<br />

Mareth li seguivano a qualche passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali e<br />

Cacciatori si allargarono ai lati. Più in<strong>di</strong>etro veniva il resto<br />

dell'esercito. Dalle alture, i Nani guardavano la scena. Ormai la luce<br />

svaniva all'approssimarsi del tramonto, le ombre si allungavano e il<br />

freddo della sera imminente strisciava nell'aria. Davanti a loro, nelle<br />

pianure, le creature nella nebbia si mossero, pronte all'assalto. I lupi<br />

grigi colpirono per primi, precipitandosi all'attacco in gruppi scuri,<br />

azzannando e <strong>di</strong>laniando Elfi e Nani delle prime file, per poi ritirarsi<br />

rapidamente. Risca scagliò cortine <strong>di</strong> Fuoco Magico per respingere i più<br />

vicini e subito fu assalito da altri. Gigantesche creature degli inferi<br />

avanzarono pesantemente, spazzando via il fuoco e scostando le lame.<br />

Troll delle Montagne si unirono alla battaglia, in formazioni serrate,<br />

con le gran<strong>di</strong> picche abbassate a formare una fila <strong>di</strong> scintillanti punte<br />

metalliche. <strong>Il</strong> fumo del Fuoco Magico si mischiò con la nebbia e una<br />

foschia grigia avvolse l'intero campo <strong>di</strong> battaglia. Jerle <strong>Shannara</strong><br />

continuò ad avanzare, incolume. Nessuno gli si avvicinò: tutti i suoi<br />

possibili assalitori lo scansavano. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni ti aspetta,<br />

gli mormorò una voce in fondo alla mente. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni ti<br />

vuole tutto per sé. I Troll delle Montagne impegnarono Kinson Ravenlock,<br />

lo ricacciarono in<strong>di</strong>etro, e l'uomo della Frontiera scomparve in una<br />

confusione <strong>di</strong> robuste braccia e <strong>di</strong> gambe massicce. <strong>Il</strong> bastone <strong>di</strong> Mareth<br />

mandò scintille <strong>di</strong> livida fiamma, ma la giovane non poteva usare il<br />

fuoco, perché rischiava <strong>di</strong> colpire anche Kinson. Elfi Cacciatori si


precipitarono in aiuto e colpirono i Troll, poi altre creature si<br />

unirono allo scontro e tutti furono inghiottiti nella mischia. Un<br />

Messaggero del Teschio comparve per affrontare Jerle <strong>Shannara</strong>, ma si<br />

spostò <strong>di</strong> lato e sfidò invece Bremen. "Vecchio!" sibilò, con torva<br />

anticipazione. Allanon si pose davanti a Bremen per proteggerlo, sapendo<br />

che il druido era sfinito e che la sua magia era quasi scomparsa. Ma<br />

intervenne Risca e col fuoco colpì il Messaggero scagliandolo lontano in<br />

un mucchio fumante. <strong>Il</strong> Nano si aprì la strada fin sul fronte<br />

dell'attacco, gli abiti a brandelli per lo scontro con i lupi grigi, il<br />

viso rigato <strong>di</strong> sangue. "Avanti!" ruggì, alzando l'ascia in segno <strong>di</strong><br />

sfida. Kinson si rialzò, ferito e intontito, roteando la spada contro i<br />

Troll delle Montagne che tentavano <strong>di</strong> sopraffarlo. Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali e<br />

Cacciatori dei Nani si misero spalla a spalla con l'uomo della Frontiera<br />

e respinsero i nemici del Nord. Più avanti, gli scuri e serici teloni<br />

dei carri s'incresparono nel turbinio della nebbia, simili a sudari <strong>di</strong><br />

morte. Jerle <strong>Shannara</strong> continuò ad avanzare. Adesso era solo, a parte<br />

Preia. Bremen e Allanon erano rimasti in<strong>di</strong>etro, Risca era sparito nella<br />

mischia. Cacciatori degli Elfi e Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali saettavano nella nebbia,<br />

ma il re occupava uno spazio dove nessuno pareva osasse entrare. La<br />

foschia aveva aperto davanti a lui un corridoio, e Jerle vedeva una<br />

sagoma scura avvolta nel mantello, ferma in fondo alla evanescente<br />

galleria. Nell'ombra del cappuccio, due occhi rossi ardevano <strong>di</strong> rabbia e<br />

<strong>di</strong> sfida. La sagoma era il Signore degli Inganni. Un braccio coperto<br />

dalla veste si alzò e chiamò il re. Vieni a me, re degli Elfi. Vieni a<br />

me. Più in<strong>di</strong>etro, Bremen si affannava per raggiungere il re. Allanon lo<br />

aiutava, gli forniva la spalla robusta a cui sorreggersi. <strong>Il</strong> vecchio<br />

aveva evocato <strong>di</strong> nuovo il Fuoco Magico, attingendo alla forza del<br />

fanciullo, ma era assai indebolito. Guardò il Signore degli Inganni<br />

materializzarsi dalla nebbia, lo vide chiamare col gesto Jerle <strong>Shannara</strong>,<br />

si sentì stringere la gola. Era in grado, il re, <strong>di</strong> sostenere quel<br />

confronto o gli sarebbe venuta meno la determinazione? <strong>Il</strong> druido non lo<br />

sapeva... non poteva saperlo. <strong>Il</strong> re capiva pochissimo dell'esigente<br />

magia della Spada e forse, <strong>di</strong> fronte al suo potere, avrebbe vacillato.<br />

C'era grande forza, in Jerle <strong>Shannara</strong>, ma anche incertezza. Quale delle<br />

due avrebbe prevalso? Mareth aveva raggiunto Kinson e lo tirava fuori<br />

dalla mischia, usando intanto il Fuoco Magico per respingere i Troll<br />

delle Montagne. Spazzava il terreno davanti a sé e i guerrieri del Nord<br />

si ritraevano <strong>di</strong> fronte alla sua furia. Kinson barcollò, mentre lei<br />

cercava <strong>di</strong> reggerlo contro il proprio fianco: perdeva sangue da profonde<br />

ferite al fianco e alle gambe, aveva un braccio penzoloni. "Va' avanti!"<br />

le <strong>di</strong>sse. "Proteggi il re!" Lo scontro era feroce. Urla feroci si<br />

alzavano nella luce morente, si mischiavano al clangore delle armi, alle<br />

esclamazioni degli uomini in lotta, ai gemiti dei moribon<strong>di</strong>. Macchie<br />

scure <strong>di</strong> sangue si allargavano sul terreno cosparso <strong>di</strong> cadaveri in pose<br />

innaturali. Un carro si rovesciò, e creature che parevano fatte <strong>di</strong> filo<br />

<strong>di</strong> metallo si riversarono dal pianale rotto, sibilando come serpi<br />

stuzzicate nel nido. Si lanciarono contro Bremen e Allanon e in un lampo<br />

si strinsero attorno a loro. Erano piene <strong>di</strong> bitorzoli e prive <strong>di</strong> tratti<br />

umani, il muso smussato e irregolare, come sagomato da una nascita<br />

mostruosa. Si aprirono la strada fra le Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali che tentavano <strong>di</strong><br />

bloccarle e si lanciarono temerariamente all'attacco. Allanon cercò <strong>di</strong>


evocare il Fuoco Magico, ma non ebbe successo. Bremen, in ginocchio, a<br />

testa bassa, era concentrato su Jerle <strong>Shannara</strong> e seguiva con l'occhio<br />

della mente il re che avanzava nella nebbia. Per i due sarebbe stata la<br />

fine, se non fosse intervenuto Kinson Ravenlock. Seguendo a fatica<br />

Mareth, indebolito dalle ferite, si accorse dell'attacco che convergeva<br />

sul vecchio e sul bambino. <strong>Re</strong>agì d'istinto: attinse alla fragile riserva<br />

<strong>di</strong> energie che gli restava e si lanciò a <strong>di</strong>fenderli. Li raggiunse<br />

proprio mentre l'orda <strong>di</strong> filiformi creature superava l'opposizione della<br />

Guar<strong>di</strong>a <strong>Re</strong>ale. Mosse in un ampio arco la grande spada e abbatté tre <strong>di</strong><br />

quelle creature. Poi caricò contro le rimanenti, scagliandole in<strong>di</strong>etro,<br />

martellandole <strong>di</strong> colpi. Denti e artigli lo lacerarono e sentì aprirsi<br />

nuove ferite. Quelle creature erano troppe per lui: allora gridò a<br />

Bremen e al fanciullo <strong>di</strong> scappare. L'attimo dopo fu sopraffatto e<br />

gettato a terra. Comparendo in una vampata <strong>di</strong> Fuoco Magico, col bastone<br />

che mandava lampi furiosi, Mareth lo salvò un'altra volta. Le creature<br />

infernali si girarono ad affrontarla, ma il fuoco le ricacciò in<strong>di</strong>etro<br />

come se fossero state vecchie e deboli. Contrattaccarono, mentre altri<br />

esseri si lanciavano contro Mareth e cercavano <strong>di</strong> farsi strada<br />

attraverso il suo scudo <strong>di</strong> fiamma. Kinson tentò <strong>di</strong> mettersi in pie<strong>di</strong>, ma<br />

fu ricacciato nella mischia. Comparvero gruppi <strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>e <strong>Re</strong>ali, <strong>di</strong><br />

Nani, <strong>di</strong> Troll delle Montagne e <strong>di</strong> creature mostruose: per un momento<br />

parve che tutti i soldati dei due eserciti convergessero su quel punto<br />

del campo <strong>di</strong> battaglia. Più avanti, nascosto da una muraglia <strong>di</strong> nebbia,<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> avanzava contro il Signore degli Inganni. A ogni passo<br />

del re degli Elfi, Brona si era ingran<strong>di</strong>to e ora pareva enorme. La sua<br />

sagoma tenebrosa bloccava la luce in fondo alla galleria e i suoi occhi<br />

ardevano <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo. Intorno a lui, nella nebbia, comparivano e<br />

scomparivano le creature che lo <strong>di</strong>fendevano. Jerle sentì vacillare la<br />

propria fiducia. Vide qualcosa scaturire dalla nebbia e strappargli dal<br />

fianco Preia. Si girò <strong>di</strong> scatto per soccorrerla, ma Preia era già<br />

scomparsa, inghiottita dal buio. Jerle mandò un grido <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong><br />

rabbia, poi udì la voce <strong>di</strong> Preia mormorargli all'orecchio, pressante, e<br />

si sentì afferrare il braccio; capì allora che lei non l'aveva mai<br />

lasciato: ciò che aveva visto era solo un'illusione. Risuonò la risata<br />

del Signore degli Inganni, maligna e sorniona. Vieni a me, re degli<br />

Elfi! Vieni a me! Preia inciampò e cadde. Jerle si chinò per<br />

sorreggerla, senza <strong>di</strong>stogliere lo sguardo dalla tenebrosa figura più<br />

avanti, ma Preia lo respinse. "Lasciami" <strong>di</strong>sse. "No!" replicò subito<br />

lui, rifiutandosi <strong>di</strong> ascoltarla. "Ti sono solo d'impaccio, Jerle. Ti<br />

rallento e basta." "Non ti lascio!" Preia allungò la mano verso il viso<br />

<strong>di</strong> Jerle, e lui sentì il sangue sulle mani <strong>di</strong> lei, tiepido e scivoloso.<br />

"Non mi reggo in pie<strong>di</strong>. Perdo troppo sangue per continuare. Devo<br />

fermarmi, Jerle. Devo aspettare qui il tuo ritorno. Ti prego. Lasciami."<br />

Lo guardò con fermezza, dritto negli occhi, il viso cereo alterato dalla<br />

sofferenza. Lentamente Jerle si raddrizzò e si staccò da lei,<br />

sforzandosi <strong>di</strong> trattenere le lacrime. "Tornerò a prenderti" promise. La<br />

lasciò <strong>di</strong>stesa sul fianco, sollevata sul gomito, la corta spada nella<br />

mano libera. Mosse solo qualche passo, poi si girò a controllare che<br />

stesse bene. Lei gli fece cenno <strong>di</strong> proseguire. Quando Jerle si girò a<br />

guardare una seconda volta, Preia era scomparsa. Kinson Ravenlock era<br />

riuscito a rimettersi in pie<strong>di</strong> e cercava <strong>di</strong> usare la spada contro la


folla <strong>di</strong> nemici che minacciava <strong>di</strong> travolgere Mareth, quando ricevette un<br />

colpo così terribile che cadde a terra ansimando. Mareth si girò verso<br />

<strong>di</strong> lui e in quel momento fu assalita da un lupo gigantesco. <strong>Il</strong> lupo le<br />

fu addosso prima che potesse usare il Fuoco Magico e la colpì con forza<br />

tale da farle perdere la presa sul bastone. Mareth cadde e il lupo<br />

spalancò le fauci. Kinson udì il suo grido e cercò <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong><br />

accorrere in suo aiuto, ma le gambe non gli risposero. Rimase lì a<br />

sputare sangue, col respiro affannoso, sentendosi scivolare<br />

nell'incoscienza. Poi il Fuoco Magico esplose da Mareth e <strong>di</strong>vampò in<br />

tutte le <strong>di</strong>rezioni. <strong>Il</strong> lupo rimase incenerito. Chi si trovava nel raggio<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci passi fu consumato. D'istinto Kinson si coprì la testa, ma il<br />

fuoco gli strinò il viso e le mani, gli risucchiò l'aria che cercava <strong>di</strong><br />

respirare. L'uomo della Frontiera gridò <strong>di</strong>sperato e per lui ogni cosa<br />

svanì in un'esplosione <strong>di</strong> fiamme. Nella galleria <strong>di</strong> nebbia che conduceva<br />

al Signore degli Inganni, Preia Starle vide un Messaggero del Teschio<br />

emergere dal buio e avanzare verso <strong>di</strong> lei. Jerle non era più visibile.<br />

Preia avrebbe potuto chiamarlo, ma non volle. Con grande sforzo si alzò<br />

sulle ginocchia, ma non riuscì ad andare oltre. Si sentì straziare dalla<br />

frustrazione. Eppure aveva scelto lei <strong>di</strong> venire. Guardò il mostro<br />

avvicinarsi e tenne davanti a sé la spada per <strong>di</strong>fendersi. Avrebbe avuto<br />

una sola opportunità <strong>di</strong> colpire... e forse il colpo non sarebbe comunque<br />

bastato. <strong>Re</strong>spirò a fondo, rimpiangendo <strong>di</strong> non avere la forza per<br />

reggersi in pie<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> Messaggero del Teschio sibilò contro <strong>di</strong> lei e<br />

mosse le gran<strong>di</strong> ali coriacee, battendole piano contro la schiena<br />

gibbosa. "Piccolo elfo" bisbigliò <strong>di</strong> piacere, i rossi occhi luccicanti.<br />

Si protese ad afferrarla e lei alzò la spada per colpire. Jerle <strong>Shannara</strong><br />

aveva ridotto a meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci metri la <strong>di</strong>stanza che lo separava dal<br />

Signore degli Inganni. Vide la sagoma scura avvolta nel mantello<br />

cambiare sotto i suoi occhi come se facesse parte della nebbia che<br />

turbinava intorno a loro. Nell'ombra del cappuccio gli occhi ardevano <strong>di</strong><br />

feroce determinazione. Non si vedeva niente <strong>di</strong> ciò che era rimasto <strong>di</strong><br />

Brona. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni si librava al <strong>di</strong> sopra del terreno, come<br />

privo <strong>di</strong> peso... un guscio vuoto. La sua voce, strana e irresistibile,<br />

continuava a chiamare il re degli Elfi. vieni a me. vieni a me. Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> avanzò. Sollevò la Spada, il talismano che aveva portato per<br />

quel confronto, la magia che non sapeva come usare, e avanzò per dare<br />

battaglia. Un lampo scaturì dalla lama, danzò sulla levigata superficie,<br />

scomparve nel corpo del re degli Elfi. Jerle vacillò, mentre la luce<br />

penetrava in lui, pulsante d'energia. Fu avviluppato da una sensazione<br />

<strong>di</strong> calore che gli si <strong>di</strong>ffuse dal petto agli arti. Sentì il calore<br />

tornare nella Spada portando con sé una parte <strong>di</strong> lui stesso e unendola a<br />

essa, in modo che lui fu tutt'uno con la lama. La fusione avvenne così<br />

rapidamente da concludersi prima che Jerle potesse pensare <strong>di</strong> fermarla.<br />

Guardò stupito la Spada, ora estensione <strong>di</strong> se stesso, e poi la scura<br />

sagoma che aveva davanti, e poi il mondo <strong>di</strong> nebbia e <strong>di</strong> ombre che<br />

lentamente iniziava a ritirarsi. Allora sprofondò in se stesso,<br />

risucchiato da una forza a cui non poteva resistere. <strong>Di</strong>venne minuscolo,<br />

mentre il mondo circostante s'ingigantiva, e presto si ridusse a un<br />

insignificante corpuscolo in un vasto universo brulicante <strong>di</strong> vita. Si<br />

vide com'era, quasi privo <strong>di</strong> sostanza, poco più <strong>di</strong> un granello <strong>di</strong><br />

polvere. Era trasportato dal vento per tutto il mondo che era e che


sarebbe stato, rivelato nella sua interezza in un vasto arazzo che si<br />

estendeva più in là <strong>di</strong> quanto lui avrebbe mai pensato <strong>di</strong> vedere o <strong>di</strong><br />

percorrere. Quella era la sua essenza, capì. Quello era il suo valore<br />

nel più vasto <strong>di</strong>segno delle cose. Poi il mondo che sorvolava parve<br />

cambiare pelle e quanto prima era vivido e perfetto <strong>di</strong>venne scuro e<br />

<strong>di</strong>fettoso. Tutti gli orrori e i tra<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> tutte le creature<br />

dall'inizio del tempo sfolgorarono in minuscoli frammenti <strong>di</strong><br />

rivelazione. Jerle si ritraeva dal dolore e dallo sgomento che sentiva<br />

per ognuno, ma non aveva modo <strong>di</strong> sfuggire. Quella era la verità delle<br />

cose: la verità che, come aveva appreso, la Spada gli avrebbe rivelato.<br />

Rabbrividì per la sua vastità, per la profon<strong>di</strong>tà e l'ampiezza delle sue<br />

permutazioni. <strong>Re</strong>stò inorri<strong>di</strong>to e vergognoso, spogliato delle proprie<br />

illusioni, costretto a vedere il mondo e le sue genti per ciò che erano.<br />

Capì in quell'istante che poteva fallire nel suo proposito. Ma le<br />

immagini si ritrassero, il mondo si ottenebrò, e per un momento lui fu<br />

<strong>di</strong> nuovo immerso nella nebbia, impietrito <strong>di</strong> fronte alla torreggiante<br />

sagoma del Signore degli Inganni, mentre la Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> brillava<br />

<strong>di</strong> luce bianca. Aiutami, pregò Jerle, senza rivolgersi a nessuno, perché<br />

era solo. La luce lo riempì <strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong> nuovo il mondo <strong>di</strong> nebbia e<br />

ombre svanì. <strong>Di</strong> nuovo Jerle <strong>Shannara</strong> sprofondò in se stesso e stavolta<br />

si trovò a faccia a faccia con la verità della sua stessa vita. Con<br />

inesorabile determinazione la verità si <strong>di</strong>spiegò davanti a lui, immagine<br />

dopo immagine, un vasto mosaico <strong>di</strong> esperienze e <strong>di</strong> eventi. Ma le<br />

immagini non erano quelle delle cose che lui avrebbe voluto vedere;<br />

erano quelle <strong>di</strong> ciò che avrebbe volentieri <strong>di</strong>menticato, sepolto nel<br />

proprio passato. Non c'era niente, in quelle immagini, <strong>di</strong> cui fosse<br />

orgoglioso, niente che si fosse augurato <strong>di</strong> rivedere. Menzogne, mezze<br />

verità e inganni si levarono come fantasmi. Lì c'era il vero Jerle<br />

<strong>Shannara</strong>, la creatura <strong>di</strong>fettosa e imperfetta, debole e insicura,<br />

insensibile e piena <strong>di</strong> falso orgoglio. Vide il peggio <strong>di</strong> ciò che aveva<br />

fatto nella vita. Vide le delusioni che aveva inflitto, gli aiuti<br />

negati, le sofferenze causate. Quante volte non era riuscito a fare ciò<br />

che andava fatto! Quante volte era stato ingiusto! Cercò <strong>di</strong> guardare da<br />

un'altra parte. Cercò <strong>di</strong> fermare lo scorrere delle immagini. Sarebbe<br />

fuggito da ciò che gli veniva mostrato, se avesse potuto impe<strong>di</strong>re alla<br />

magia della Spada <strong>di</strong> manifestarsi. Quelle erano verità che non era in<br />

grado <strong>di</strong> affrontare, <strong>di</strong> un'asprezza tale da mettere a repentaglio la sua<br />

stessa sanità mentale. Forse emise un grido <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione... non<br />

avrebbe saputo <strong>di</strong>rlo. Si rese conto in quel momento del terribile potere<br />

della verità e capì perché Bremen fosse così preoccupato per lui. Non<br />

aveva la forza per sopportare quell'esperienza, non aveva la risolutezza<br />

necessaria. La Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> non era per lui. Era stato un errore,<br />

tenerla. Tuttavia non cedette interamente <strong>di</strong> fronte a ciò che gli veniva<br />

mostrato, nemmeno quando le immagini riguardarono Tay Trefenwyd e Preia<br />

Starle rivelando la profon<strong>di</strong>tà della loro amicizia. Si costrinse a<br />

guardare, ad accettare la verità, a scusarsi per la propria gelosia.<br />

Così facendo, sentì aumentare la propria forza. Si scoprì a pensare che<br />

forse quella era davvero un'arma da usare contro il Signore degli<br />

Inganni, creatura che aveva basato sull'illusione tutta la propria vita.<br />

Quale prezzo avrebbe dovuto pagare, Brona, quando avesse scoperto <strong>di</strong><br />

essere fatto delle paure degli uomini, un miraggio che poteva svanire


con un semplice cambiamento della luce? Forse era tanto deforme che in<br />

lui non rimaneva niente della sua natura umana, della sua carne e del<br />

suo sangue, delle sue capacità emotive e razionali. Forse per lui la<br />

verità era un anatema. Le immagini si affievolirono e la luce morì.<br />

Jerle <strong>Shannara</strong> vide l'aria davanti a sé schiarirsi e la scura sagoma del<br />

Signore degli Inganni materializzarsi ancora una volta. Quanto tempo<br />

aveva impiegato la magia per rivelarglisi? Da quanto tempo era lì<br />

impietrito? Ora la sagoma coperta dal mantello avanzò, <strong>di</strong>minuendo<br />

implacabilmente la <strong>di</strong>stanza che li separava. La voce del Signore degli<br />

Inganni sibilò. Ondate <strong>di</strong> nausea colpirono in rapida successione il re<br />

degli Elfi, martellarono la fermezza dei suoi propositi, oltrepassarono<br />

la barriera della sua forza fisica per prosciugargli dal cuore il<br />

coraggio. Vieni a me. Vieni a me. Jerle <strong>Shannara</strong> si vide come una<br />

nullità, inerme davanti al mostro che doveva affrontare. <strong>Il</strong> potere del<br />

Signore degli Inganni era enorme e terrificante, tanto che nessun uomo<br />

avrebbe potuto prevalere su <strong>di</strong> esso. Un potere così immutabile che<br />

nessuna magia avrebbe potuto sconfiggere. La voce bisbigliava con<br />

insistenza. Deponi la spada. Vieni a me. Non sei nessuno. Vieni a me. Ma<br />

il re degli Elfi si era già visto ridotto alla propria essenza, aveva<br />

visto la parte peggiore <strong>di</strong> se stesso, e mentre il Signore degli Inganni<br />

gli si avvicinava, nemmeno la terribile <strong>di</strong>sperazione da cui era<br />

straziato bastò a sviarlo. Ora non aveva paura della verità. Alzò<br />

davanti a sé la Spada, un lucido filo d'argento nel buio, e gridò:<br />

"<strong>Shannara</strong>! <strong>Shannara</strong>!". Calò la Spada, schiantando le <strong>di</strong>fese del Signore<br />

degli Inganni, <strong>di</strong>struggendo la sua magia, penetrando nella figura<br />

avvolta dal mantello. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni rabbrividì, cercò<br />

<strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> parare il colpo. Ma ora la luce della Spada pulsava<br />

nelle tenebre avviluppate dentro quel mantello e la verità che rivelava<br />

le squarciava. <strong>Il</strong> Signore degli Inganni in<strong>di</strong>etreggiò <strong>di</strong> un passo, poi <strong>di</strong><br />

un altro. Jerle lo incalzò, contrastato dalla furia e dall'o<strong>di</strong>o che<br />

emanavano dall'avversario, ma implacabile nella sua determinazione. <strong>Il</strong><br />

Signore degli Inganni sarebbe morto quel giorno. Le braccia nascoste<br />

dalla veste si protesero verso <strong>di</strong> lui e una mano scheletrica puntò il<br />

<strong>di</strong>to, con fredda risolutezza. Come puoi giu<strong>di</strong>carmi? L'hai lasciata<br />

morire! L'hai abbandonata per questo scontro! L'hai uccisa! Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> sobbalzò e vide le crude immagini <strong>di</strong> Preia Starle, inerme,<br />

<strong>di</strong>stesa sul terreno, sanguinante e ferita, mentre un Messaggero del<br />

Teschio protendeva verso <strong>di</strong> lei gli artigli snudati. Moribonda per colpa<br />

mia, pensò Jerle, inorri<strong>di</strong>to. Perché l'ho abbandonata. La voce del<br />

Signore degli Inganni incalzò. E il tuo amico, re degli Elfi. Alla Fauce<br />

Magna. E' morto per te! Hai lasciato che morisse per te! Jerle <strong>Shannara</strong><br />

urlò d'angoscia e <strong>di</strong> rabbia. Mulinando la Spada come avrebbe usato<br />

un'arma normale, vibrò un fendente contro il Signore degli Inganni,<br />

facendo appello a tutte le sue forze. La Spada tagliò dall'alto in basso<br />

le vesti scure, ma la luce che emanava dalla lama tremolò, come colpita.<br />

<strong>Il</strong> Signore degli Inganni si accartocciò, la sua voce piena <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o si<br />

ridusse a un bisbiglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione, le vesti scure caddero in un<br />

mucchio. <strong>Di</strong>etro <strong>di</strong> lui rimase una presenza vaga che fuggì all'istante<br />

nella nebbia. <strong>Il</strong> re degli Elfi s'irrigidì nel silenzio e fissò l'aria<br />

davanti a sé, poi le vesti vuote, con occhi pieni d'incertezza e <strong>di</strong><br />

domande senza risposta. Mareth era in pie<strong>di</strong>, da sola, in un tratto <strong>di</strong>


terreno bruciato e annerito dalla sua magia. Alla fine il Fuoco Magico<br />

si era consumato e lei riusciva <strong>di</strong> nuovo a tenere a freno il suo potere.<br />

Cadaveri giacevano da ogni parte e un silenzio irreale era sospeso come<br />

un drappo funebre sul campo <strong>di</strong> battaglia. Scrutò la foschia e vide che<br />

iniziava a <strong>di</strong>radarsi. Si u<strong>di</strong>va un lungo, basso gemito <strong>di</strong> angoscia, una<br />

cacofonia <strong>di</strong> voci <strong>di</strong>sperate. Dalla nebbia si levarono spettri privi <strong>di</strong><br />

sostanza, scure immagini messe in risalto dall'ultima luce del giorno,<br />

informi e vaganti. Erano gli spiriti dei morti? Si levarono nel rosso<br />

del tramonto e scomparvero come se non fossero mai esistiti. I corpi dei<br />

Messaggeri del Teschio si mutarono in cenere, le creature infernali<br />

svanirono e i lupi fuggirono ululando nelle pianure deserte. E' finita,<br />

pensò Mareth, sbalor<strong>di</strong>ta e incredula. La nebbia ribollì, <strong>di</strong>ventò più<br />

luminosa, svanì. <strong>Il</strong> campo <strong>di</strong> battaglia apparve in piena vista, un<br />

mattatoio <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> morti e feriti, insanguinati e ustionati e<br />

massacrati. Al centro c'era il re degli Elfi, con la spada abbassata e<br />

gli occhi fissi nel vuoto. Mareth raccolse il bastone perduto nella<br />

lotta. Allora vide Risca, <strong>di</strong>steso in mezzo a un grappolo <strong>di</strong> cadaveri <strong>di</strong><br />

nemici. Aveva ricevuto tante ferite da avere gli abiti inzuppati del suo<br />

stesso sangue. C'era un'espressione <strong>di</strong> stupore negli occhi sbarrati:<br />

pareva sorpreso che il destino così spesso sfidato l'avesse infine<br />

reclamato. Quando era caduto? Non se n'era accorta. Guardò altrove.<br />

Kinson Ravenlock giaceva qualche passo <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei: il suo petto si<br />

alzava e si abbassava debolmente. Poco più in là erano accovacciati<br />

Bremen e il fanciullo. Mareth incrociò lo sguardo del druido e per un<br />

istante rimasero a fissarsi. Pensò per quanto tempo e con quanta fatica<br />

l'aveva cercato, quanto avesse sacrificato per <strong>di</strong>venire lei stessa un<br />

druido e quale prezzo aveva dovuto pagare. Lei e Bremen. Erano il<br />

passato e il presente, il druido al crepuscolo e il druido in <strong>di</strong>venire.<br />

Tay Trefenwyd era morto. Risca giaceva lì, morto anche lui. Bremen era<br />

vecchio. Presto lei sarebbe stata l'ultima del loro or<strong>di</strong>ne, l'ultima dei<br />

Drui<strong>di</strong>. <strong>Di</strong>stolse lo sguardo da Bremen e raccolse il bastone. Lo strinse<br />

come se fosse appesantito dalla responsabilità <strong>di</strong> ciò che lei era e il<br />

suo sguardo vagò con <strong>di</strong>sperazione sopra il campo <strong>di</strong> battaglia. Aveva le<br />

lacrime agli occhi. Finisca pure qui, si <strong>di</strong>sse. Gettò lontano il bastone<br />

e si chinò a prendere fra le braccia Kinson.<br />

34<br />

Quel giorno, Jerle <strong>Shannara</strong> salvò la vita della sua regina: infatti,<br />

sconfiggendo il Signore degli Inganni, sconfisse anche i Messaggeri del<br />

Teschio, compreso quello che minacciava Preia. Non potendo più attingere<br />

al potere del Signore degli Inganni, l'assalitore <strong>di</strong> Preia svanì,<br />

semplicemente. Preia si riprese dalle ferite e tornò con Jerle nelle<br />

Terre dell'Ovest. Insieme regnarono sul popolo degli Elfi per molti<br />

anni. Non combatterono altre battaglie perché non se ne presentò più la<br />

necessità. Invece de<strong>di</strong>carono le proprie energie a imparare come si<br />

governa un mondo sempre più complicato ed esigente. Grazie ai consigli<br />

<strong>di</strong> Vree Erreden, riuscirono a padroneggiare l'arte <strong>di</strong> governare. Ebbero<br />

tre figlie e quando, molti anni dopo, Jerle <strong>Shannara</strong> morì, gli successe<br />

il maggiore dei Ballindarroch che avevano adottato. La <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong><br />

<strong>Shannara</strong> si moltiplicò e durò per più <strong>di</strong> duecento anni. La Spada <strong>di</strong><br />

<strong>Shannara</strong> fu portata dal re fino alla morte. <strong>Il</strong> suo successore la portò<br />

per un certo periodo, poi <strong>di</strong>spose che fosse inserita in un blocco <strong>di</strong>


pietra, portata a Paranor e conservata nella Fortezza dei Drui<strong>di</strong>. Kinson<br />

Ravenlock sopravvisse alle ferite e si riprese dopo settimane <strong>di</strong><br />

convalescenza nell'avamposto <strong>di</strong> Tyrsis, appena fondato. Mareth rimase al<br />

suo fianco e si prese cura <strong>di</strong> lui; quando Kinson si fu ristabilito,<br />

andarono insieme a ponente, lungo il Mermidon, e si fermarono in<br />

un'isola boscosa all'ombra dei Denti del Drago, dove stabilirono la loro<br />

casa. Vissero insieme e dopo un certo tempo si sposarono. Coltivarono la<br />

terra, poi aprirono una stazione commerciale inaugurando così una via<br />

mercantile lungo il fiume. Altri lasciarono le Terre <strong>di</strong> Frontiera per<br />

unirsi a loro e ben presto si trovarono al centro <strong>di</strong> una fiorente<br />

comunità. Col passare degli anni l'inse<strong>di</strong>amento sarebbe <strong>di</strong>venuto la<br />

città <strong>di</strong> Kern. Mareth non usò più la magia per la causa dei Drui<strong>di</strong>.<br />

De<strong>di</strong>cò invece il proprio talento alla cura delle malattie e fu molto<br />

ricercata in tutte le Quattro Terre. Dopo il matrimonio prese il nome <strong>di</strong><br />

Kinson e il suo venne <strong>di</strong>menticato. Kinson si preoccupò a lungo per lei,<br />

pensando che la sua magia si sarebbe <strong>di</strong> nuovo scatenata, che avrebbe<br />

sopraffatto il suo proposito, ma questo non avvenne. Kinson e Mareth<br />

ebbero numerosi figli e, molto tempo dopo la loro morte, un loro<br />

<strong>di</strong>scendente avrebbe avuto una parte <strong>di</strong> rilievo in un'altra battaglia<br />

contro il Signore degli Inganni. Raybur sopravvisse e tornò a casa<br />

insieme con i Nani per iniziare l'impegnativa impresa <strong>di</strong> ricostruire<br />

Culhaven e le altre città <strong>di</strong>strutte dall'esercito del Nord. Portò con sé<br />

la salma <strong>di</strong> Risca e la seppellì nei rifatti Giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Vita, in alto su<br />

un promontorio da dove si ammirava il Fiume Argento scorrere per miglia<br />

nelle foreste dell'Anar. L'esercito del Nord fu praticamente annientato,<br />

quel giorno nelle Streleheim. I Troll e gli Gnomi che avevano fatto in<br />

tempo a fuggire dalla Valle <strong>di</strong> Rhenn tornarono in patria. <strong>Il</strong> potere del<br />

Signore degli Inganni era infranto e le Razze a nord e a est iniziarono<br />

la dolorosa ricostruzione della loro vita <strong>di</strong>strutta. Le nazioni dei<br />

Troll e degli Gnomi, tribali per natura, si tennero separate dalle altre<br />

Razze e per un certo periodo ebbero con esse scarsi contatti. Trascorse<br />

più d'un centinaio d'anni prima che fra vincitori e vinti si stabilisse<br />

<strong>di</strong> nuovo una forma <strong>di</strong> uguaglianza e i commerci riprendessero su una base<br />

<strong>di</strong> parità. Bremen scomparve subito dopo la battaglia finale. Nessuno lo<br />

vide andar via. Nessuno sapeva dov'era andato. Salutò Mareth e, per suo<br />

tramite, Kinson, ancora privo <strong>di</strong> conoscenza. <strong>Di</strong>sse alla giovane che non<br />

si sarebbero più rivisti. In seguito corse voce che fosse tornato a<br />

Paranor per trascorrervi gli ultimi anni <strong>di</strong> vita. Kinson pensò qualche<br />

volta <strong>di</strong> mettersi alla sua ricerca per scoprire la verità, ma ogni volta<br />

lasciò perdere. Jerle <strong>Shannara</strong> lo vide ancora una volta, meno <strong>di</strong> un mese<br />

dopo la battaglia della Valle <strong>di</strong> Rhenn, a tarda notte e solo per pochi<br />

minuti, quando il vecchio andò ad Arborlon per portar via in gran<br />

segreto la Pietra Nera. Parlarono sottovoce del talismano, come se le<br />

parole risultassero insopportabili e la semplice menzione della magia<br />

nera atterrisse la loro anima. Dopo quella volta, più nessuno vide<br />

Bremen. Anche Allanon scomparve. A poco a poco il mondo tornò com'era<br />

prima e il ricordo del Signore degli Inganni svanì. Trascorsero tre<br />

anni. In un giorno <strong>di</strong> fine estate, tiepido e luminoso, un vecchio e un<br />

giovane risalirono le prime alture dei Denti del Drago <strong>di</strong>retti alla<br />

Valle d'Argilla. Bremen era raggrinzito e curvo per gli anni, aveva<br />

perduto l'agilità <strong>di</strong> movimenti e l'acutezza <strong>di</strong> vista. Allanon aveva


quin<strong>di</strong>ci anni, si era fatto più alto e robusto, aveva spalle ampie,<br />

braccia e gambe lunghe e snelle e forti. Già si avvicinava all'età<br />

virile, cominciava a mostrare in viso l'ombra scura della barba e la<br />

voce gli era <strong>di</strong>ventata bassa e profonda. Ormai era quasi pari a Bremen,<br />

nell'uso della magia drui<strong>di</strong>ca. Ma nell'ultimo viaggio insieme era il<br />

vecchio a fare strada e il giovane lo seguiva. Per tre anni Allanon si<br />

era addestrato alla scuola <strong>di</strong> Bremen. <strong>Il</strong> vecchio aveva accettato che<br />

alla propria morte gli succedesse e fosse l'ultimo dei Drui<strong>di</strong>. Tay e<br />

Risca erano morti, Mareth aveva scelto un'altra strada. Allanon era<br />

giovane, ma ansioso d'imparare e fin dal principio era stato chiaro che<br />

possedeva la determinazione e la forza necessarie per <strong>di</strong>ventare ciò che<br />

doveva. In quei tre anni Bremen lavorò con lui ogni giorno,<br />

insegnandogli tutto ciò che sapeva della magia dei Drui<strong>di</strong> e dei segreti<br />

del loro potere, dandogli la possibilità <strong>di</strong> fare esperimenti e scoperte.<br />

Allanon era deciso in questo come in tutte le altre cose, quasi fin<br />

troppo risoluto, smanioso <strong>di</strong> riuscire. Era intelligente e intuitivo,<br />

inoltre la sua precognizione non <strong>di</strong>minuiva con la crescita. <strong>Di</strong> frequente<br />

vedeva ciò che a Bremen restava nascosto e con la sua acutezza mentale<br />

afferrava possibilità <strong>di</strong> cui perfino il vecchio druido non si era<br />

accorto. Si trattenne con Bremen a Paranor, lontano dal mondo, a<br />

stu<strong>di</strong>are gli Annali dei Drui<strong>di</strong> e a sperimentare le lezioni riportate<br />

dagli antichi volumi. Bremen usò la magia per nascondere a tutti la loro<br />

presenza nella Fortezza abbandonata. Nessuno venne a <strong>di</strong>sturbarli.<br />

Nessuno cercò d'intromettersi. Bremen rifletté spesso sul Signore degli<br />

Inganni e sugli eventi che avevano portato alla sua sconfitta. Ne parlò<br />

col giovane, informandolo <strong>di</strong> tutto ciò che era successo: la <strong>di</strong>struzione<br />

dei Drui<strong>di</strong>, la ricerca della Pietra Nera, la fabbricazione della Spada<br />

<strong>di</strong> <strong>Shannara</strong>, la battaglia per il Rhenn. Espose oralmente i particolari<br />

ad Allanon e poi li trascrisse negli Annali dei Drui<strong>di</strong>. Nel suo intimo<br />

si preoccupava del futuro. Cominciava a perdere le forze, si<br />

approssimava al termine della vita. Non avrebbe visto il completamento<br />

del proprio lavoro: sarebbe toccato ad Allanon e a coloro che gli<br />

sarebbero succeduti Ma pareva davvero insufficiente! Non gli bastava<br />

augurarsi che il giovane e i suoi successori tirassero avanti senza <strong>di</strong><br />

lui. La responsabilità era sua e sua era la mano in<strong>di</strong>spensabile per il<br />

completamento dell'opera. Così quattro giorni prima aveva chiamato a sé<br />

il giovane e gli aveva detto che le lezioni erano terminate. Avrebbero<br />

lasciato Paranor e sarebbero andati al Perno dell'Ade per un'ultima<br />

visita agli spiriti dei morti. Prepararono le provviste e all'alba<br />

lasciarono la Fortezza. Prima <strong>di</strong> partire, Bremen evocò la magia che<br />

proteggeva le mura <strong>di</strong> Paranor e sigillava la rocca. Dalle profon<strong>di</strong>tà del<br />

Pozzo dei Drui<strong>di</strong> si levò l'antica magia che lì viveva, e sgorgò in un<br />

turbine <strong>di</strong> malevola luce verdastra. Prima che il giovane e il vecchio si<br />

allontanassero al sicuro, Paranor già luccicava dell'umida lucentezza <strong>di</strong><br />

un miraggio, si liquefaceva lentamente nella luce del sole, scompariva<br />

nell'aria. Da quel momento sarebbe ricomparsa a intervalli regolari, a<br />

volte nella luminosità del mezzogiorno, a volte nel cuore della notte,<br />

ma non sarebbe mai durata. <strong>Il</strong> giovane rimase in silenzio, mentre<br />

giravano le spalle a Paranor e s'inoltravano fra gli alberi, ma il<br />

vecchio gli lesse negli occhi che aveva capito cosa accadeva. Al<br />

tramonto si avvicinarono all'ingresso della Valle d'Argilla e si


accamparono all'ombra dei Denti del Drago. Cenarono in silenzio, mentre<br />

il buio s'infittiva e le stelle si accendevano, luminose. Verso<br />

mezzanotte si alzarono, andarono al limitare della valle e guardarono in<br />

basso la nera conca <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>ana. <strong>Il</strong> Perno dell'Ade luccicava al<br />

chiarore delle stelle, placido e in<strong>di</strong>sturbato. Nessun rumore giungeva<br />

dalla valle. Niente si muoveva sul suo terreno irregolare. "Stanotte ti<br />

lascerò" <strong>di</strong>sse infine il vecchio druido. <strong>Il</strong> giovane annuì, ma restò in<br />

silenzio. "Sarò qui, quando avrai <strong>di</strong> nuovo bisogno <strong>di</strong> me." Esitò. "Per<br />

qualche tempo non accadrà, penso. Ma quando accadrà, sarà questo il<br />

posto dove tu verrài." <strong>Il</strong> giovane lo guardò, incerto. Notando la<br />

confusione nei suoi occhi, Bremen sospirò. "Devo <strong>di</strong>rti ora una cosa che<br />

non ho mai detto a nessuno, neppure allo stesso Jerle <strong>Shannara</strong>. Sie<strong>di</strong><br />

qui accanto a me e ascolta." Si sedettero sul tappeto <strong>di</strong> roccia<br />

frantumata, solitarie figure messe in rilievo dal lucore delle stelle.<br />

<strong>Il</strong> vecchio rimase in silenzio per qualche momento, con aria preoccupata,<br />

cercando le parole giuste. "Jerle <strong>Shannara</strong> ha fallito il tentativo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struggere il Signore degli Inganni" <strong>di</strong>sse infine. "Quando ha esitato<br />

nell'usare la Spada, quando si è lasciato <strong>di</strong>strarre dal dubbio e dalla<br />

recriminazione, ha consentito a Brona <strong>di</strong> sfuggirgli. So del suo<br />

fallimento perché, pur indebolito per avere usato la magia, con l'occhio<br />

della mente ho seguito il re e ho assistito allo scontro. L'ho visto<br />

esitare all'ultimo momento, poi ho visto il suo tentativo <strong>di</strong> usare il<br />

talismano come un'arma normale, <strong>di</strong>menticandosi dei miei ammonimenti a<br />

fidarsi soltanto della magia. Ho visto ombre tenebrose levarsi dalla<br />

nebbia, mentre gli abiti del Signore degli Inganni cadevano in un<br />

mucchietto sotto il colpo finale della Spada, e ho capito subito cosa<br />

significava. La magia aveva privato della loro sostanza il Signore degli<br />

Inganni e i suoi Messaggeri, li aveva costretti a <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong> nuovo<br />

spiriti tenebrosi e a fuggire nell'etere... li ha sconfitti e cacciati,<br />

ma non <strong>di</strong>strutti." Scosse la testa. "Non c'è motivo <strong>di</strong> rivelarlo al re.<br />

Non servirebbe a niente. Jerle <strong>Shannara</strong> è un campione coraggioso e pieno<br />

<strong>di</strong> risorse. Ha superato i propri dubbi e la propria paura per usare la<br />

magia dei Drui<strong>di</strong> contro il più formidabile nemico nella storia delle<br />

Quattro Terre. L'ha fatto pur trovandosi nelle peggiori con<strong>di</strong>zioni e<br />

nelle più dolorose circostanze; in tutti i mo<strong>di</strong>, tranne uno, ha avuto<br />

successo nel realizzare ciò che da lui ci si aspettava. E' sufficiente<br />

che abbia sconfitto il Signore degli Inganni e l'abbia scacciato dalle<br />

Quattro Terre. E' sufficiente che la magia della Spada <strong>di</strong> <strong>Shannara</strong> abbia<br />

<strong>di</strong>minuito il potere del druido ribelle al punto che trascorreranno<br />

secoli prima che possa riprendere forma. Nello schema delle cose c'è<br />

tempo sufficiente per prepararsi al momento in cui ciò avverrà. Jerle<br />

<strong>Shannara</strong> ha fatto del suo meglio, e penso che tu debba lasciare le cose<br />

come stanno." I suoi occhi invecchiati si posarono su Allanon. "Ma tu<br />

devi essere al corrente del suo fallimento, perché sei colui che deve<br />

stare attento alle conseguenze. Brona è ancora vivo e un giorno tornerà.<br />

Io non ci sarò per affrontarlo. Dovrai farlo tu al posto mio... se non<br />

tu, un altro come te, uno che tu sceglierai come io ho scelto te." Seguì<br />

un lungo silenzio, mentre si fissavano nella morbida oscurità che tutto<br />

avvolgeva. Bremen scosse la testa, con aria d'impotenza. "Se ci fosse un<br />

altro modo, lo sceglierei." Si sentiva a <strong>di</strong>sagio, parlandone, come se<br />

cercasse una scusa per cambiare idea pur sapendo che non l'avrebbe


cambiata. "Mi piacerebbe restare ancora con te, Allanon. Ma sono vecchio<br />

e mi accorgo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare ogni giorno più debole. Mi sono mantenuto<br />

integro finché ho potuto, ma il Sonno Magico non basta più. Devo<br />

assumere un'altra forma, per esserti utile. Capisci cos'ho detto?" <strong>Il</strong><br />

giovane lo fissò. "Capisco" rispose. Esitò e cambiò espressione.<br />

"Sentirò la tua mancanza, padre." <strong>Il</strong> vecchio annuì. Ora il giovane lo<br />

chiamava così. Padre. <strong>Il</strong> giovane l'aveva adottato come padre e pareva<br />

giusto che l'avesse fatto. "Anch'io sentirò la tua mancanza" rispose<br />

piano. Continuarono a parlare <strong>di</strong> ciò che sarebbe accaduto, del passato e<br />

del futuro e dell'inestricabile legame che univa l'uno all'altro.<br />

Con<strong>di</strong>visero i ricor<strong>di</strong> del loro periodo insieme, ripeterono i giuramenti<br />

fatti, elencarono le lezioni che avrebbero avuto importanza negli anni a<br />

venire. Poi, mentre la notte si consumava e l'alba si avvicinava,<br />

entrarono insieme nella Valle d'Argilla. Col rinfrescarsi dell'aria si<br />

era formata una nebbiolina che ora copriva come un sudario la vallata,<br />

ammantandola <strong>di</strong> un'oscurità scintillante, schermando l'argentea luce<br />

delle stelle. I loro stivali facevano scricchiolare i sassi e i loro<br />

cuori battevano per l'eccitazione. Sentivano il calore emanato dai loro<br />

corpi, mentre faticavano per <strong>di</strong>scendere il pen<strong>di</strong>o della vallata e poi ne<br />

percorrevano il fondo, <strong>di</strong>retti al lago. <strong>Il</strong> Perno dell'Ade luccicava come<br />

ghiaccio nero, liscio e immobile. Neppure la più piccola increspatura<br />

segnava la superficie simile a specchio. Quando furono a tre passi dal<br />

bordo scuro, Bremen estrasse dalla veste la Pietra Nera e la <strong>di</strong>ede al<br />

giovane. "Tienila al sicuro per quando tornerai alla Fortezza" lo<br />

ammoni. "Non <strong>di</strong>menticare ciò che ti ho detto sul suo potere. Sii<br />

prudente." "Te lo prometto" gli assicurò Allanon. E' così giovane, pensò<br />

a un tratto il vecchio druido; gli chiedo <strong>di</strong> assumersi un compito enorme<br />

e lui è così giovane. Suo malgrado fissò Allanon, come per scoprire<br />

qualcosa che gli era sfuggito, qualche particolare del suo carattere che<br />

potesse rassicurarlo. Poi gli girò le spalle. Aveva fatto il possibile<br />

per prepararlo. Doveva bastare. Andò da solo al bordo del lago e fissò<br />

le acque scure. Chiuse gli occhi, chiamò a raccolta le proprie energie<br />

per ciò che andava fatto e usò la magia dei Drui<strong>di</strong> per evocare gli<br />

spiriti dei morti. Gli spiriti giunsero in fretta, come se prevedessero<br />

la sua chiamata, come se l'avessero attesa. I loro gemiti si levarono<br />

nel silenzio, la terra tremò e l'acqua ribollì come in una caldaia posta<br />

sul fuoco. <strong>Il</strong> vapore sibilò e voci bisbigliarono e gemettero nelle buie<br />

profon<strong>di</strong>tà. A poco a poco gli spiriti spuntarono dalla nebbiolina e<br />

dagli spruzzi dal mulinello <strong>di</strong> tenebra, dal clamore <strong>di</strong> gemiti dolorosi.<br />

A uno a uno comparvero, prima le minuscole e argentee sagome degli<br />

spiriti minori, poi quella più grossa e scura <strong>di</strong> Galaphile. Allora<br />

Bremen si girò e guardò il punto dove Allanon aspettava. Vide in<br />

quell'istante i particolari della quarta visione <strong>di</strong> Galaphile, quella<br />

che per tanto tempo non aveva capito: se stesso fermo davanti alle acque<br />

del Perno dell'Ade; l'ombra <strong>di</strong> Galaphile che s'appressava tra la nebbia<br />

e il turbinio degli spiriti perduti; e Allanon che assisteva alla scena,<br />

con occhi colmi <strong>di</strong> tristezza. L'ombra avanzò con decisione: una presenza<br />

implacabile, più nera della notte in cui si muoveva. Camminò sopra le<br />

acque come su solido terreno, avanzò verso il punto dove Bremen<br />

aspettava. <strong>Il</strong> vecchio, irrigi<strong>di</strong>to e consumato nel corpo, protese la mano<br />

per salutare lo spirito. "Sono pronto" <strong>di</strong>sse piano. L'ombra lo prese fra


le braccia e lo portò con sé sulle acque del Perno dell'Ade e poi giù,<br />

nelle profon<strong>di</strong>tà del lago. Allanon rimase solo sulla riva a guardare in<br />

silenzio. Non si mosse, mentre l'acqua tornava immobile. Rimase lì,<br />

anche quando il buio cominciò a svanire e il sole fece capolino dalle<br />

creste dei Denti del Drago. Sotto le vesti scure stringeva con forza la<br />

Pietra Nera. <strong>Il</strong> suo sguardo era duro e deciso. Quando il sole salì<br />

scacciando dalla valle le ultime ombre, girò le spalle al lago e si<br />

allontanò.<br />

Fine testo.

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