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Petronio: Satiricon

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cella della sacerdotessa, mi cacciò sul letto e, dopo aver afferrato una<br />

canna dietro la porta, cominciò a darmele di santa ragione, senza che io<br />

avessi il coraggio di reagire. E se la canna non si fosse rotta quasi<br />

subito, diminuendo così la violenza dei colpi, probabilmente quella mi<br />

avrebbe fratturato testa e braccia. A piagnucolare cominciai invece quando<br />

lei si mise a trafficare con l'arnese e, mentre le lacrime mi rigavano il<br />

volto, caddi riverso sul cuscino nascondendomi la faccia con la destra.<br />

Allora anche la vecchia scoppiò a piangere e, sedutasi sull'altra sponda<br />

del letto, cominciò a lamentarsi, con voce tremula, di quanto le pesassero<br />

tutti i suoi anni, finché non intervenne la sacerdotessa: «Che ci fate<br />

voialtri» ci investì, «qui nella mia cella? Non l'avrete mica presa per<br />

una tomba ancora fresca? E per giunta in un giorno festivo, quando ride<br />

anche chi dovrebbe piangere?».<br />

*<br />

PROSELENO AD ENOTEA, SACERDOTESSA DI PRIAPO «O Enotea» le si rivolse la<br />

vecchia, «questo giovanotto qui è nato davvero sotto una cattiva stella:<br />

figurati che non riesce a piazzare la sua mercanzia né agli uomini né alle<br />

donne. Un disgraziato come questo non l'hai mai visto: al posto<br />

dell'affare là sotto, ci ha un'anguilla marinata. Per fartela breve, che<br />

cosa mi dici di uno che si è alzato dal letto di Circe senza aver<br />

goduto?». Udite queste parole, Enotea prese posto in mezzo a noi e, dopo<br />

aver scosso per un bel po' la testa, disse: «Io sono l'unica che può<br />

guarirlo da questa malattia: e per dimostrarvi che non parlo a vanvera,<br />

chiedo che questo tuo giovanotto dorma con me una notte, e poi vediamo se<br />

non glielo faccio ritornare duro come un corno:<br />

Tutto ciò che vedi al mondo, mi si inchina. La florida terra<br />

se voglio la faccio languire arida, con tutte le linfe essiccate,<br />

se voglio, lei spande i suoi beni e rocce selvagge e macigni<br />

eruttano acque del Nilo. A me il mare sottomette<br />

gli inerti marosi, e innanzi ai miei piedi gli zefiri fermano<br />

taciti i soffi. A me obbediscono i fiumi, le tigri d'Ircania,<br />

e i draghi immobili a un cenno. Perché mai parlare di cose<br />

da nulla? La mia voce d'incanto fa scendere dal cielo la Luna,<br />

e Febo sgomento costringo a mutare il suo corso, volgendo<br />

a ritroso i suoi bai furibondi.<br />

A tanto giungono gli scongiuri. L'ardore dei tori si placa,<br />

bloccato da riti di vergine, con magici filtri la figlia<br />

di Febo che è Circe trasforma i compagni di Ulisse,<br />

e Proteo assume l'aspetto che vuole. Esperta ch'io sono<br />

in quest'arte, sul fondo dei mari trapianto i boschi dell'Ida,<br />

e l'acqua dei fiumi sospingo alle vette più alte.<br />

135 Rabbrividii atterrito da tutte quelle incredibili promesse e cominciai<br />

a osservare con maggiore attenzione la vecchia.<br />

*<br />

«Avanti» esclama Enotea, «eseguite i miei ordini!»...<br />

*<br />

e dopo essersi lavata con cura le mani, si chinò sul letto e mi baciò due<br />

volte...<br />

*<br />

Enotea piazzò una vecchia tavola in mezzo all'altare, ci sistemò sopra dei<br />

carboni ardenti, e quindi, dopo aver sciolto un po' di pece, riparò una

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