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Anno I - Dicembre 20<strong>05</strong> - N. 6 E 0,90 EDIZIONE GRATUITA<br />
Un viaggio<br />
D’umiltà<br />
Per ri-scoprire il Natale<br />
“Gloria a Dio<br />
nell’alto dei cieli e<br />
pace in terra agli<br />
uomini che Egli<br />
ama”.<br />
Così acclamano<br />
gli<br />
angeli nella<br />
Notte<br />
Santa del<br />
Natale e<br />
così, nella Chiesa, hanno acclamato generazioni<br />
di cristiani.<br />
Chi sono gli uomini che Dio ama o, secondo<br />
un’altra lettura, gli uomini di buona<br />
volontà? Alla mangiatoia del Bambino si<br />
appressano i pastori e Magi. I primi vivono<br />
ai margini della società, della considerazione<br />
ufficiale, dediti come sono ad un’attività<br />
ritenuta impura; i secondi rappresentano<br />
la sapienza, l’intelligenza indagatrice.<br />
Tanto i pastori quanto i Magi sono accomunati<br />
dal viaggio e dall’umiltà con la quale<br />
lo compiono. Non importa che i primi<br />
percorrano solo pochi metri, e i secondi<br />
attraversino intere regioni. Ciò che importa<br />
è la meta e quanto il cammino verso di<br />
essa suppone: la contemplazione di un Dio<br />
bambino, del Salvatore. Il loro viaggio è diventato<br />
il viaggio del cuore! Gli uomini che<br />
Dio ama sono gli umili di cuore, coloro che<br />
sanno riconoscere ed adorare il Creatore<br />
nelle sembianze di un bambino.<br />
Il viaggio del cuore, l’unico possibile per<br />
chiunque sia proteso alla felicità, è oggi frustrato<br />
o impedito dalla superbia, dall’orgoglio,<br />
dall’indifferenza, dalla presunzione di<br />
ritenersi cristiani e di poter vivere di fatto<br />
senza alcuna mediazione.<br />
Il cristiano che rinuncia all’Eucaristia<br />
perché convinto di essere in comunione con<br />
Dio a motivo della sua condotta retta o di<br />
avere “Dio nel cuore”, rinuncia al viaggio<br />
già in partenza. Non approderà mai, perché<br />
non è mai partito. Sembra paradossale<br />
che il viaggio del cuore risulti tanto faticoso;<br />
eppure non richiede sforzi sovrumani,<br />
né progettazioni ardite. Forse è diventato<br />
difficile pretendere che l’uomo si fermi e si<br />
chieda se stia camminando e verso quale<br />
meta stia dirigendo i propri passi. Si ha<br />
paura di confrontarsi con Dio e si finisce<br />
per fidarsi di ben altro.<br />
Che dire della superstizione, dell’ignoranza,<br />
del ricorso facile ai ciarlatani? Le conseguenze<br />
sono ben visibili. E che dire di<br />
quella parvenza di religione che a stento si<br />
lascia sfiorare da un riferimento al Mistero<br />
del Dio fatto carne? E cosa del fastidio che<br />
suscita la pretesa che alcuni hanno di parlare<br />
a nome di quel Dio? Se almeno parlassero<br />
di temi lontani dal nostro perbenismo<br />
e dalle nostre scelte quotidiane! E invece<br />
vengono a ricordarci che a partire dal Natale<br />
il Figlio di Dio ha voluto unire a sé ogni<br />
uomo. Occorre umiltà per riconoscere questi<br />
limiti e per chiedere che Uno ci salvi.<br />
Altrimenti non sarà Natale. Per noi non si<br />
rinnoverà il prodigio che quel canto di lode<br />
esprime. E la nostra società continuerà ad<br />
essere soffocata da contraddizioni intollerabili,<br />
la nostra cultura perderà persino i<br />
connotati di una viva umanità, le nostre<br />
espressioni non sapranno uscire dal recinto<br />
del “già visto”. Auguri cordiali: Dio possa<br />
amare ciascuno di noi.<br />
Don Antonio Ucciardo<br />
La Direzione,<br />
la Redazione e<br />
tutti i collaboratori<br />
de l’Alba augurano<br />
ai lettori e a tutti i<br />
sostenitori del periodico un<br />
Buon Natale e un Felice<br />
Anno Nuovo.<br />
Termovalorizzatore di Paternò: tra politici maneggi e la certezza della legge<br />
Restituiti i diritti alla Valle del Simeto<br />
Il T.A.R. ha accolto il ricorso presentato da Legambiente e dai comitati civici<br />
Grande soddisfazione ha suscitato nei comitati<br />
civici e nei cittadini di Paternò e degli<br />
altri centri vicini l’ordinanza emessa il 20 ottobre<br />
scorso dal T.A.R., sezione di Catania<br />
(presieduto dal dottor Vincenzo Zingales), che<br />
ha accolto il ricorso presentato da Legambiente<br />
e dai comitati cittadini bloccando i lavori di<br />
costruzione della discarica e dell’inceneritore,<br />
i quali dovevano sorgere lungo le suggestive<br />
rive del Simeto in obbedienza al piano regionale<br />
dei rifiuti.<br />
C’è da dire subito che lo stesso Tribunale<br />
ha fissato per il prossimo<br />
mese di giugno<br />
la data<br />
della<br />
trat-<br />
Motta: Romana per due giorni<br />
Benedetto XVI saluta gli Sbandieratori dei tre Rioni<br />
foto Arturo Tinnirello<br />
La venuta degli Sbandieratori e Musici di Motta, con<br />
l’allegria dei colori, delle bandiere, dei suoni di tromba e di<br />
tamburi, va collocata nel contesto pastorale della parrocchia<br />
“San Gelasio”, la quale si propone di passare “dal<br />
Tempio alla strada”.<br />
Don Giuseppe Raciti, pag. 4<br />
tazione del “merito” della vicenda. Sin da ora<br />
la sospensiva enuncia alcune affermazioni che<br />
fanno ben sperare. Di tale opera, infatti, il Tribunale<br />
catanese afferma che “si tratterebbe di<br />
una scelta illegittima ed irresponsabile” per<br />
gravi danni all’ambiente ed all’economia del<br />
territorio oltre che per gravi violazioni alle regole<br />
procedurali. “Li abbiamo fermati”: questa,<br />
la lapidaria asserzione, con cui i comitati<br />
civici hanno annunciato alla cittadinanza<br />
l’importante<br />
evento giudiziario.<br />
In breve i punti essenziali dell’ordinanza.<br />
Innanzitutto il Tribunale ha riconosciuto l’illegittimità<br />
della conferenza dei servizi, indetta<br />
ai sensi dell’art: 27 d. lg. n. 22 del 1997 per<br />
l’autorizzazione e la gestione di un impianto<br />
di smaltimento di rifiuti speciali, in quanto<br />
non furono convocati tutti i comuni limitrofi e<br />
confinanti con il territorio del Comune sede<br />
E’ già Festa<br />
Belpasso celebra la Patrona<br />
Giorni<br />
indimenticabili di<br />
devozione, fede e<br />
folklore festeggiano<br />
Santa Lucia<br />
A cura di<br />
Mons. Francesco Mio,<br />
Maria Calvagno,<br />
Alessandro Puglisi<br />
pag. 6<br />
Caravaggio,<br />
Seppellimento<br />
di Santa Lucia<br />
Paolo Giansiracusa<br />
pag. 7<br />
della discarica: S. Maria di Licodia, Biancavilla,<br />
Centuripe. Così, a tal riguardo, il giudice:<br />
“La violazione delle disposizioni in materia di<br />
conferenza dei servizi di cui all’art. 27, mediante<br />
pretermissione di alcuni soggetti necessari,<br />
comporta la lesione, oltre che dell’art. 97<br />
Cost., anche dei principi di sussidiarietà (che<br />
informa gli artt. 114,117 e 118 Cost.) e leale<br />
collaborazione (che ispira all’art. 120 Cost.).<br />
Salvatore Nicosia<br />
Segue pag. 3<br />
Emilia Cigno<br />
Donna siciliana - Opera premiata il 24<br />
maggio 2003 a Livorno, durante la Rassegna<br />
d’Arte fra i migliori maestri contemporanei.<br />
Foto Nino Tomasello<br />
“<br />
… Non limita<br />
la sua pittura al<br />
paesaggio terrestre<br />
o marino o alla natura<br />
morta che tratta<br />
con evidente carezzevole<br />
cura. Gestisce<br />
anche la figura,<br />
talvolta la ritrattistica,<br />
coordinando<br />
il suo schietto linguaggio<br />
pittorico<br />
nella sfera psicologica<br />
ed espressiva e<br />
riuscendo a donarci<br />
effigi di inusitata,<br />
cordiale semplicità…”<br />
.<br />
Fiore Torrisi<br />
Opera a Catania, Viale Vittorio Veneto, 185<br />
Tel. 095-37.26.83
2 Dicembre 20<strong>05</strong> Avvenimenti<br />
Medaglioni e medagliette<br />
Ultimi orrori e clownerie dei soliti personaggi in cerca d’autore<br />
Tanto per cambiare: faremo cronachetta<br />
postillata attraverso una minigalleria<br />
di ritratti. Poche pennellate impressionistiche<br />
per ogni soggetto colto<br />
nelle sue più recenti esternazioni politiche<br />
e la sequenza fattuale ne verrà fuori<br />
con la sua faccia butterata dal vaiolo<br />
tragico degli ultimi orrori e dalle clownerie<br />
dei soliti personaggi in cerca d’autore.<br />
Se trasponiamo appena un po’ il<br />
vecchio detto ab Jove principio, converrà<br />
cominciare col Giove tonante cui<br />
fa capo l’incipit del peggio che ci affligge:<br />
George W. Bush. L’uomo che, pensando<br />
e parlando, più d’ogni altro prescinde<br />
dalla realtà per meglio forzarla<br />
(senza riuscirci) ai suoi appetiti. Ignorò<br />
i dossier delle varie intelligence (Cia,<br />
Fbi, Mossad ...) sul micidiale attentato<br />
in preparazione per l’11<strong>settembre</strong><br />
2001: distratta superficialità o ponderata<br />
(quanto dissennata) volontà di lasciargli<br />
via libera per poterlo sfruttare<br />
nei suoi ottimistici piani strategici?<br />
Questa è la verità che gli eventi rendono<br />
più probabile, e varie inchieste avallano.<br />
In una magistrale puntata del programma<br />
di Minoli, La storia siamo noi,<br />
eminenti personaggi di Cia, Fbi<br />
e grande giornalismo Usa (rinsavito<br />
dall’evidenza), hanno<br />
confortato questa lettura dei<br />
fatti. E uno di loro ha detto, testualmente:<br />
“Tutto quello che<br />
è accaduto dall’11 <strong>settembre</strong> in<br />
poi si spiega con una sola parola:<br />
petrolio”.<br />
Una montagna di menzogne<br />
per legittimare l’aggressione ai due Paesi<br />
chiave del “progetto neocon”, Afghanistan<br />
e Iraq. Nel primo dominavano<br />
i talebani, cioè i fanatici armati dagli<br />
Usa in funzione anti-sovietica. Esaurita<br />
la “missione” contro il reaganiano<br />
“Impero del male”, quei tagliagole di<br />
dio furono “rivoltati” in nemici da distruggere.<br />
Idem con Saddam: beniamino<br />
dell’America umiliata dall’Iran di<br />
Khomeini (1979, l’ambasciata Usa a<br />
Teheran, covo di spie, venne sequestrata<br />
per mesi) finché fu utile a quei petrolieri;<br />
diventò il supermostro da calunniare<br />
e seppellire sotto l’ara del dio Petrolio.<br />
Saddam è stato un tiranno come<br />
tanti, né più né meno crudele dei troppi<br />
che l’America ha sponsorizzato in varie<br />
parti del mondo; la propaganda preattacco<br />
ne ha fatto un satanasso cannibale<br />
di innocenti. Gli ha attribuito una<br />
complicità con Al Qaeda incompatibile<br />
con uno Stato laico come era l’Iraq del<br />
Baath. Gli ha inventato armi di distruzione<br />
di massa, che, sotto le più minuziose<br />
ricerche degli ispettori Onu, sono<br />
svanite come neve al sole. Gli rinfaccia<br />
una strage di curdi e di sciiti tanto innegabili<br />
(nella logica di contrapposizione<br />
politica interna a quel Paese) quanto lo<br />
è il vantaggio stragista dell’intera storia<br />
americana rispetto a quella contabilità<br />
pur gonfiata. La vantata vittoria del<br />
2003 si è rivelata una trappola che sanguina<br />
ancora (di sangue iracheno innocente<br />
e di sangue americano). Ogni giorno<br />
del fragoroso calvario lascia vedere<br />
disastri e prevederne altrettanti, ma<br />
Bush celebra la democrazia vincente e<br />
ignora le batoste del terrorismo scatenato<br />
dalla sua folle ingordigia. Spaccia<br />
per democrazia in marcia un gioco elettoralistico<br />
controllato per assicurarsi un<br />
governo e una classe dirigente di docili<br />
Quisling fuorusciti e assimilati. Ha sbagliato<br />
tutti i calcoli e la situazione gli è<br />
sfuggita di mano. Ma lui va in Giappone<br />
e ricanta la solfa delle libertà democratiche<br />
che daranno volto nuovo al terzo<br />
millennio asiatico. Scantona, perfino,<br />
sulla Cina rampante (che ne minac-<br />
Una montagna di menzogne<br />
per legittimare l’aggressione<br />
ai due Paesi chiave del<br />
“progetto neocon”,<br />
Afghanistan e Iraq<br />
cia il primato planetario) dando lezioni<br />
di democrazia (per distrarre il suo Paese<br />
stanco di lui) dall’alto podio dei suoi<br />
catastrofici errori. E la grande stampa<br />
italiana pronta a fargli da sponda: Bush<br />
ai cinesi: “Espandere la libertà”, (titolone<br />
del Corsera). Salvo, poi, “sviluppare”<br />
la risposta del presidente cinese,<br />
Hu Jintao nel testo, capovolgendo, di<br />
fatto, lo scampanio del titolo. Eccola,<br />
quella risposta, quasi irridente: “Il popolo<br />
cinese gode, a norma di legge, di<br />
poteri di voto e garanzie democratiche.<br />
Continueremo una politica democratica<br />
con caratteristiche cinesi per innalzare<br />
il livello dei diritti umani” E, tanto<br />
per non lasciare dubbi, precisa che “il<br />
modello Taiwan”, suggerito dall’ “ospite<br />
americano imbarazzato”, non alletta<br />
i despoti gialli: “La Cina farà il possibile<br />
per una riunificazione pacifica con<br />
Taiwan. Ma nel modo più assoluto non<br />
ne tollererà la cosiddetta indipenden-<br />
Bertinotti a Catania<br />
Con gli studenti di “Scienze Politiche”<br />
Siamo lontani dagli anni della guerra fredda,<br />
ed altrettanto lontani dai dialoghi infiammati tra<br />
Berlinguer e Andreotti. Erano gli anni del fantomatico<br />
“Fattore K”. E oggi? Che ruolo hanno<br />
l’istruzione, la cultura, il lavoro e il salario?<br />
“L’istruzione è il futuro, il sapere rappresenta<br />
il domani…oggi sembra di essere ritornati al<br />
passato”.<br />
Si apre con questi toni l’intervista a Fausto<br />
Bertinotti, segretario PRC. Intervenuto alla Facoltà<br />
di scienze Politiche di Catania a parlare con<br />
gli studenti di riforma universitaria.<br />
On. Bertinotti, conosciamo i termini della<br />
riforma proposta dal ministro Moratti. Che relazione ha questo mutamento con<br />
la realtà socio economica attuale?<br />
“La riforma universitaria, in realtà ha origini lontane. Comincia con Rubetti e porta<br />
avanti un processo di disgregazione pubblica. E’ come se il sapere tendesse al mercato. La<br />
struttura modulare dei corsi crea una diffusa frantumazione del sapere. Dentro il 3+2 c’è la<br />
testimonianza della differenziazione di classe. Mi spiego. L’esempio più concreto è il<br />
rapporto che lega la ST- Microelectronic e l’Università di Catania. In teoria il sapere<br />
dovrebbe essere investito nella ST. Purtroppo non è così perché le strutture che dovrebbero<br />
ospitare i giovani laureati creano nuovi stabilimenti in Cina. Il limite imposto dalle tasse<br />
gravose fa in modo che l’università diventi una struttura accessibile solo ad una certa classe<br />
sociale. Una sorta di privatizzazione del sapere”.<br />
Lei ha parlato di precarizzazione…<br />
“Purtroppo il processo di precarizzazione del lavoro è il punto terminale di un’idea:<br />
quella che l’Italia, come l’Europa, potesse competere abbassando lo stipendio e flessibilizzando<br />
attraverso i contratti a termine. E’ sconfortante. Nel dopoguerra i figli stavano<br />
meglio dei genitori, c’era un progresso sociale. Oggi i figli stanno peggio. Questa politica<br />
economica è sbagliata. Perché c’è sempre qualcuno che produce ad un prezzo più basso del<br />
nostro, basta guardare all’India e alla Cina”.<br />
Cosa ne pensa della possibilità di scegliere a 13 anni il proprio futuro?<br />
“La dottrina Moratti è la replica della precarizzazione del lavoro. La scuola non è più un<br />
investimento creditizio. Non produce più buoni risultati. Il Ministro non ha fatto che<br />
immettere in un circuito selettivo anche la Scuola. Con la sua proposta ci sarà un dualismo.<br />
Da un lato le classi povere che a 13 anni dovranno scegliere la formazione professionale,<br />
dall’altra coloro ai quali è data la possibilità di conoscere le dottrine più complesse. Mi<br />
sembra evidente che sarà il bilancio familiare a decidere, non il ragazzo”.<br />
Laura Galesi<br />
za”.<br />
La nuova Cina, comunista in verbis<br />
(e retorica), neo-capitalista in rebus (con<br />
tutte le magagne del “sistema giungla”:<br />
la chiamano già “l’America dell’Asia”)<br />
non ci piace. Ma restano gli Usa il modello<br />
e il responsabile primo delle peggiori<br />
nequizie che stanno impestando il<br />
pianeta (compresa l’imitazione cinese<br />
e asiatica in genere). L’America esportatrice<br />
di democrazia ha conseguito questi<br />
risultati: l’Afghanistan “liberato” si<br />
riduce a un malsicuro “Kabul e dintorni”,<br />
mentre il centro-nord resta in mano<br />
a feroci milizie tribali tra loro concorrenti<br />
e a grossi “residui” talebani combattenti.<br />
Lapidaria sintesi della situazione<br />
questo secco giudizio di Emma<br />
Bonino (dopo tre mesi di permanenza<br />
sveglia e non embedded): “A Kabul si è<br />
passati dalla teocrazia alla narcocrazia”.<br />
l’Iraq laico, già con un suo equilibrio<br />
pacifico (e ormai rassegnato a tenere<br />
chiusi nel cassetto i passati sogni di gloria<br />
espansiva), è diventato l’inferno che<br />
sappiamo (col solito culmine di efferatezza<br />
nelle vittime bambine). Gli invasori<br />
che si arrogano il diritto di giudicare<br />
un torturatore si sono ri-<br />
velati ben più sadici seviziatori<br />
del loro bersaglio. L’inchiesta<br />
di Rainews 24 non fa<br />
che ampliare lo scandalo di<br />
questi cowboy al napalm che<br />
osano dare lezioni di civiltà<br />
al mondo: làuso del fosforo<br />
bianco a Falluja (dove, ricorda<br />
Gino strada, “c’è stato un<br />
massacro di civili”) ha sollevato soltanto<br />
un altro coperchio della diabolica pentola<br />
americana. Nelle settimane precedenti<br />
l’inchiesta era affiorata la truce<br />
realtà dei prigionieri (per lo più civili<br />
ingiustamente sospettati) smistati e<br />
suppliziati in paesi amici, liberi da ogni<br />
impaccio di diritti umani e convenzioni<br />
ginevrine (nonché avidi dei lauti compensi<br />
in dollari per quei luridi servizi).<br />
Abbiamo visto sfilare uomini piagati<br />
dai turpi effetti della tortura e della denutrizione,<br />
eppure per giorni si è negato<br />
l’uso della micidiale sostanza che<br />
“scioglie” la carne e lascia intatti i vestiti.<br />
Poi gli stessi capoccia del Pentagono<br />
lo hanno ammesso, pur fra le solite<br />
menzogne di contorno.<br />
Lo spazio tiranno ci costringe all’avarizia,<br />
e perciò saltiamo la bella compagnia<br />
bushiana di possibili “medagliette”<br />
sconce per dedicarci ai suoi alleati<br />
(o ascari che siano) pascolanti nel Bel-<br />
paese. Dove ci obbliga alla prima sosta<br />
il nostro impagabile premier. Il quale,<br />
mentre il mondo va a rotoli, continua,<br />
imperterrito a sollazzarci con le sue sortite<br />
da clown devoto e super-ottimista<br />
Abbiamo già ricordato, un mese fa, la<br />
sua vanteria del “programma realizzato<br />
al cento per cento”: sembrava una<br />
smargiassata non superabile, e “voce<br />
dal sen fuggita”, e invece la<br />
fantasia della terza B del magico<br />
terzetto-disastro (Bush,<br />
Blair, Berlusconi) la ripete<br />
ancora e la supera in vari<br />
modi, tutti super-cinetici. Ha<br />
portato a casa lo sgorbio<br />
della riforma costituzionale<br />
e ci ha ballato sopra, in festosa<br />
compagnia con i leghisti, al suono<br />
para-rap del goliardico “chi non salta<br />
comunista è”. Scalfari postilla con meravigliata<br />
ironia: “Abbiamo un capo del<br />
governo che -gli siano rese grazie- ci fa<br />
almeno divertire [...] I commessi del Senato<br />
erano esterrefatti ed esilarati da<br />
quello spettacolo che può andare in scena<br />
soltanto nel Parlamento italiano.<br />
Uscito di lì, si è proclamato santo; forse<br />
è per ottenere la canonizzazione ufficiale<br />
che ieri ha fatto visita a Benedetto<br />
XVI” (Lo Stato laico in salsa vaticana,<br />
la Repubblica, 20. XI. <strong>05</strong>). L’ “unto<br />
del Signore” sta dando il meglio delle<br />
sue capacità istrioniche nell’adulazione<br />
del Vaticano. La sua strategia elettorale<br />
prevedeva più sostegni internazionali:<br />
Bush, Putin, Ruini, Blair... Il pilastro<br />
americano vacilla: Bush scende “in<br />
caduta libera” nei sondaggi in patria, ed<br />
è già autore di un bel frego sullo scoop<br />
arcoriano (ricordate?): “Bush preoccupato<br />
di una eventuale vittoria delle sinistre<br />
in Italia”. Blair ha le sue rogne interne<br />
e difficilmente può grattare quelle<br />
altrui: scende anche lui nei sondaggi,<br />
come secondo bugiardo dopo Bush. Il<br />
Berlusca liscia Putin, presenziando all’inaugurazione<br />
del gasdotto russo-turco<br />
e promettendo affari miliardari tra<br />
Eni e Gazprom: ma cosa può ricavarne?<br />
Il bacino elettorale più promettente,<br />
dunque, resta il cattolicesimo nazionale:<br />
e perciò, avanti a lisciare, con tutto<br />
lo charme del suo repertorio. Promesse<br />
a fiotto continuo, compattazione<br />
(facile) della sua Cdl intorno alla difesa<br />
dei “valori cristiani”, sorrisi a sessantaquattro<br />
denti, losca inchiesta sulla<br />
legge 194, e quant’altro può accendere<br />
il sorriso sulle sacre labbra. Ecco alcune<br />
esternazioni fresche come uova di gior-<br />
Il viaggio istituzionale a Firenze<br />
della delegazione dei ragazzi<br />
sindaci della Sicilia, per “incontrare”<br />
Giorgio La Pira, in occasione<br />
del cinquantesimo del Patto di amicizia<br />
tra i Sindaci delle capitali del<br />
mondo, ha promosso un impegno<br />
per coinvolgere i sindaci delle città<br />
siciliane ad aderire alla conferenza<br />
mondiale dei sindaci per la pace,<br />
firmando il documento di adesione<br />
“Mayor for peace”<br />
“L’incontro con la Città di Firenze<br />
e con la Fondazione La Pira -<br />
ha affermato il preside Giuseppe<br />
Adernò, promotore dell’iniziativaè<br />
stato un vero e proprio momento<br />
di educazione ed una preziosa<br />
opportunità formativa che ha fatto<br />
maturare una seria riflessione sull’impegno<br />
nella politica vissuta<br />
come dono e come servizio”.<br />
I trenta ragazzi, rappresentanti<br />
di sette scuole di Catania, Siracusa,<br />
Melilli, Vittoria, Acireale, Paternò<br />
e Motta S, Anastasia., con i rispettivi<br />
docenti hanno sperimentato, seduti negli<br />
scranni della Sala de’ Dugento di Palazzo della<br />
Signoria il senso della storia e della civiltà<br />
della pace che La Pira ha promosso e che merita<br />
di essere sempre valorizzata.<br />
Nel 1955, a Palazzo Vecchio i sindaci delle<br />
capitali del mondo hanno siglato un patto<br />
di amicizia; oggi, a distanza di cinquant’anni,<br />
i ragazzi sindaci della Sicilia hanno firmato<br />
un gemellaggio con la città di La Pira e, utilizzando<br />
una sua espressione, “come le rondini<br />
nata da galline ruspanti (aviaria permettendo).<br />
Le seguenti sono da “Gioiosa<br />
macchina di guerra”. “Noi dobbiamo<br />
radicalizzare lo scontro con la sinistra<br />
sui temi più tipicamente cattolici. Dobbiamo<br />
far capire che siamo noi i più<br />
vicini alla Chiesa, noi gli unici interlocutori”.<br />
E sotto a galvanizzare gli azzurri<br />
sul programma teocon, sempre<br />
Ma restano gli Usa il modello<br />
e il responsabile primo delle<br />
peggiori nequizie che stanno<br />
impestando il pianeta<br />
scaldato tra maglia e pelle dai “campioni<br />
dei valori cattolici”. Altre “rivelazioni”<br />
urbi et orbi, che manco sua santità e<br />
retrostante Chiesa: una dedicata a don<br />
Sturzo: “la devolution coincide con le<br />
sue idee. Noi di Forza Italia siamo i<br />
suoi eredi”. Tempo fa era l’erede di De<br />
Gasperi, oggi è il turno del Prete siciliano.<br />
Da qui alle elezioni si sarà annessa<br />
l’intera storia nazionale. Intanto continua<br />
il fuoco di sbarramento da cabaret.<br />
Annuncia un infallibile “Ritiro dall’Iraq<br />
nel 2006” con in coda lo sgombero americano<br />
dalla Maddalena (“via i sottomarini<br />
Usa”). E si guadagna l’obliqua<br />
smentita del marziale ministro Martino:<br />
“concorderemo con gli Alleati i tempi<br />
dei due ritiri”. Allegria, comici d’Italia,<br />
la materia non vi mancherò finché<br />
padron Silvio resterà in questa valle di<br />
lacrime (per il bene degli italiani, anche<br />
il paradiso può attendere). La “storia<br />
infinita” accende altri fuochi. Lui scende<br />
a Messina, e riprende a straparlare<br />
in gloria e in anatema. Gloria ai siciliani:<br />
“Il ponte farà di Messina una metropoli:<br />
sarete in Italia al cento per cento”.<br />
Tra le piccate risposte scintilla questa<br />
di Enzo Bianco: “In che percentuale<br />
Berlusconi considera italiani noi della<br />
Sicilia? Sarei curioso di saperlo”. Anatema<br />
ai soliti “comunisti”, che sbavano<br />
di cupo odio per lui e FI, che “sventolano<br />
nelle bandiere i simboli del terrorismo<br />
e della tirannia sovietica”, che non<br />
mostrano alcun rimorso per “i 100 milioni<br />
di morti” prodotti da Stalin (“Democrazia<br />
a rischio per colpa della sinistra”,<br />
titola il Corrierone, forse divertito).<br />
Sinistra davvero diabolica, che una<br />
ne fa e due ne pensa: ha perfino inventato<br />
la “strategia della pensione” (Michele<br />
Serra). Testuale “Ci sono pensio-<br />
annunciano una nuova primavera” di pace.<br />
L’iniziativa, che ha avuto il patrocinio dell’Assessorato<br />
Regionale all’Istruzione, anche<br />
grazie all’intervento degli onorevoli Alessandro<br />
Pagano e Angelo Moschetto, proseguirà<br />
nel mettere in atto la consegna ricevuta dal<br />
presidente del Consiglio Comunale di Firenze<br />
Eros Cruccolini e coinvolgendo i Sindaci<br />
siciliani a firmare il documento “Mayor for<br />
peace”<br />
Già lungo il viaggio di ritorno è stato coin-<br />
nati che, usati dalla sinistra, denigrano<br />
il governo parlando delle pensioni su<br />
tram o metrò”. Per forza il buon Silvio<br />
deve ripetere “42 volte” ai suoi legionari<br />
la suggestiva formula del “pericolo<br />
rosso”. Delendum, naturalmente, più<br />
della Cartagine catoniana: non ha forse<br />
invaso, quel rosso, “tutto”? Ma proprio<br />
tutto: “magistratura, scuola, università,<br />
sindacati, banche...”<br />
Stavamo “licenziando”<br />
l’articolo, quando ci piove addosso<br />
l’ultima cannonata del premier-primatista<br />
di spacconate:<br />
“Abbiamo arrestato duecento<br />
terroristi internazionali e debellato<br />
le Brigate Rosse”. Così “il<br />
fabulista di Palazzo Chigi” (G.<br />
D’Avanzo), che non si rende nemmeno<br />
conto dei rischi cui ci espone, provocando<br />
i veri terroristi e gli islamici pacifici<br />
residenti in Italia. Inutile dire che<br />
quei 200 sono appena due, e un’altra<br />
diecina sono persone “in osservazione”.<br />
Commento di Enzo Bianco: “Parole<br />
fuori da ogni decenza”. Risposta<br />
dell’ascaro Cicchitto: “Enzo Bianco si<br />
deve dimettere”. E vai con l’ “Operazione<br />
verità” lanciata dal Primatista<br />
contro “le menzogne della sinistra” che<br />
nega le sue magnifiche realizzazioni: 24<br />
riforme, un milione e mezzo di nuovi<br />
posti di lavoro (in realtà, posti di immigrati<br />
irregolari, da poco “sanati”), l’economia<br />
in visibile ripresa (non per l’Economist,<br />
che rinnova la sua bocciatura,<br />
invano contestato dal riccioluto Tremonti),<br />
l’alto prestigio internazionale<br />
(“grazie a noi in Europa non c’è più un<br />
blocco franco-tedesco”). E via salendo.<br />
Berlusconi carica gli azzurri: “Il primo<br />
obiettivo della campagna elettorale è<br />
ribattere alle ingiurie della sinistra”,<br />
“dicono che siamo volgari e ottusi. Alla<br />
Camera, quando passo, certi voltano lo<br />
sguardo”. Forse per non restare abbagliati<br />
dal suo splendore (di cervo che dà<br />
del cornuto alla chiocciola). E qual è il<br />
secondo obiettivo? Nientemeno che<br />
“eliminare i comunisti, se non fisicamente,<br />
politicamente”. Delizioso quel<br />
“se non...”.<br />
Gli risponde l’alleato infido, Casini:<br />
“Gli italiani sono stufi di illusioni e illusionismi”.<br />
E accende un incendio di<br />
polemiche. Il Cavaliere senza macchia<br />
lo accusa di “attacco...a tradimento”,<br />
gli dà dell’ “ingrato”, lo appaia a Follini<br />
(il non plus ultra dell’offendere). E il<br />
gioco continua.<br />
Pasquale Licciardello<br />
Ragazzi Sindaci per la pace<br />
Da Firenze portano un messaggio per i Sindaci delle Città siciliane<br />
Studenti Sindaci con la prof.ssa Anna Platania e il preside Giuseppe Adernò<br />
volto il sindaco di Trevico, Giuseppe Antonio<br />
Solimine, con il quale i ragazzi catanesi<br />
hanno stipulato un patto di amicizia e di gemellaggio<br />
nel nome del Sant’ Euplio, dato che<br />
a Trevico sono conservate le reliquie del martire<br />
catanese.<br />
Il prossimo 15 dicembre in occasione<br />
della cerimonia di giuramento del sesto<br />
sindaco dell’Istituto Parini saranno invitati<br />
tutti i Sindaci dell’area metropolitana<br />
a firmare il patto per la pace.<br />
G.O.
Santa Maria di Licodia è un paesino che<br />
conta poco più di settemila abitanti. Pochi,<br />
sì. Ma, l’esiguità del numero giustifica forse<br />
la mancanza di strutture e possibilità di espressione<br />
e realizzazione per i giovani? Parte della<br />
cittadinanza meno presa in considerazione,<br />
i giovani sono dimenticati, abbandonati a se<br />
stessi, lasciati alla noia di un paese che non gli<br />
offre assolutamente NULLA. Non ci sono<br />
punti di ritrovo, associazioni giovanili, centri<br />
culturali e anche l’idea di avere un cinema qui<br />
sembra essere pura utopia.<br />
L’unica forma di “svago” di cui dispongono<br />
i giovani è passare il loro tempo nella villa<br />
comunale, senza altro da fare che parlare di<br />
quanto sia noiosa la vita a Licodia e di come<br />
tutti ne vorrebbero scappare. Entrare in questo<br />
paese è come leggere Gente di Dublino di<br />
Joyce: si viene assaliti da una sensazione di<br />
paralisi. Il tempo sembra essersi fermato, la<br />
vita scorre al ritmo della monotonia e gli abitanti,<br />
come i personaggi di Joyce, sono invasi<br />
fino al midollo osseo da questa paralisi che gli<br />
impedisce di essere ricettivi ad ogni esperienza<br />
nuova. Incapaci di agire, di cambiare le loro<br />
vite e di realizzare i loro sogni, si lamentano e<br />
così sfogano la propria rabbia di accettare<br />
passivamente la realtà.<br />
Tuttavia, qui non vogliamo parlare solo<br />
della paralisi licodiese, bensì sottolineare come<br />
una reazione ad essa sia possibile e lo facciamo<br />
raccontando la storia di un gruppo di ragazzi<br />
che è singolare e, al tempo stesso, rappresentativa<br />
della situazione giovanile in questo<br />
paese.<br />
Alcuni mesi fa, un paio di amici, durante<br />
l’ennesima serata di “paranoia”, decide che<br />
bisogna scuotere la situazione e, in pochi giorni,<br />
si crea un gruppo di una trentina di ragazzi<br />
che si ritrovano a discutere insieme del loro<br />
Il Tribunale ha altresì riconosciuto<br />
la violazione degli artt. 6 e<br />
7 del DPR n. 203 del 1988 per<br />
non essere stata rilasciata la necessaria<br />
precedente autorizzazione<br />
alle emissioni; autorizzazione<br />
che secondo la legge sia per la fase<br />
di “costruzione” di un nuovo<br />
impianto, sia per quella di “esercizio”<br />
deve essere anticipata all’effettivo<br />
“inizio”, al fine di assicurare<br />
un controllo di compatibilità<br />
ambientale serio. Scorrendo<br />
ancora l’ordinanza, scopriamo<br />
che i giudici evidenziano in<br />
modo inequivocabile il fatto che<br />
la costruzione del megagalattico<br />
impianto ricade all’interno del sito<br />
di interesse comunitario (SIC<br />
delle Valanghe). La commissione<br />
VIA (Valutazione Impatto Am-<br />
Provincia<br />
Dicembre 20<strong>05</strong><br />
“Raccolta differenziata di pensieri”: un’originale protesta<br />
“Oltre” la Villa Comunale<br />
Giovani dimenticati contro la “paralisi” di Santa Maria di Licodia<br />
modo di vivere Licodia e dei loro desideri su<br />
come cambiarla. Dalle parole passano all’azione<br />
e, durante l’estate, esordiscono con una<br />
manifestazione, originale e creativa già dal<br />
nome: RACCOLTA DIFFERENZIATA DI<br />
PENSIERI. Lo scopo è raccogliere (attraverso<br />
foglietti distribuiti in giro su cui ognuno<br />
può scrivere i propri pensieri) il malcontento<br />
e le lamentele dei giovani, ma anche conoscerne<br />
gli interessi e i desideri e utilizzare questo<br />
materiale come punto di partenza per la creazione<br />
di attività che potessero coinvolgere il<br />
maggior numero possibile di giovani. La raccolta<br />
di idee è stata seguita da una proiezione<br />
di diapositive, accompagnata da una voce<br />
esterna che ha commentato le immagini e presentato<br />
ad un immaginario turista la Licodia<br />
che si troverebbe sotto gli occhi: una città<br />
fantasma, dove le strade sono completamente<br />
deserte, i luoghi destinati alle attività sportive<br />
(come la palestra comunale e i campi da<br />
tennis) lasciati all’abbandono...A quest’iniziativa,<br />
ne seguono delle altre, fra cui un’esposizione<br />
di quadri realizzati dagli stessi componenti<br />
del gruppo e una commedia che, in chiave<br />
ironica, ricostruisce la giornata tipo di un<br />
qualunque giovane licodiese.<br />
Ad un certo punto, il gruppo comincia a<br />
sgretolarsi; ritrovandosi settimanalmente alle<br />
riunioni solo per abbozzare dei progetti destinati<br />
poi ad essere messi nel cassetto per<br />
l’impossibilità di realizzarli: l’entusiasmo di<br />
molti viene meno. E questo è quanto di più<br />
paradossale potesse capitargli perché il grup-<br />
bientale) sarebbe stata depistata<br />
per il rilascio positivo della valutazione<br />
ambientale. Secondo il<br />
Tribunale la commissione ministeriale<br />
avrebbe dovuto approfondire<br />
l’indagine prima del rilascio!<br />
A tal proposito ricordiamo<br />
le vuote ciance di quanti si sono<br />
per interesse affannati a dimostrare<br />
che il sito era uno PSIC e<br />
non un SIC come se le peculiarità<br />
estetiche ed idrogeologiche di un<br />
luogo potessero dipendere dai<br />
giudizi degli uomini: giudizi, che<br />
non di rado sono espressione del<br />
“particulare”! I giudici inoltre<br />
hanno riconosciuto che l’impianto<br />
in contrada Cannizzola costituisce<br />
una violazione del decreto<br />
legislativo nr. 37 del 2003 che vieta<br />
la costruzione di tali tipologie di<br />
po, nato con l’intento di lottare contro l’apatia,<br />
si è fatto sconfiggere dalla stessa apatia. Il<br />
gruppetto di ragazzi attualmente rimasti a<br />
portare avanti l’iniziativa sta attraversando<br />
una fase di crisi e confusione: scoraggiato dall’abbandono<br />
degli altri, totalmente ignorato<br />
dalle istituzioni locali (l’amministrazione comunale,<br />
invitata alle loro manifestazioni, ha<br />
sempre declinato l’invito, ritenendo probabilmente<br />
che fosse poco importante sentire<br />
quello che hanno da dire i giovani), si trova,<br />
inoltre, a dover fronteggiare problemi di natura<br />
molto concreta, come la mancanza di una<br />
sede in cui riunirsi e, soprattutto, di finanziamenti<br />
con cui realizzare i propri progetti (le<br />
attività finora portate a compimento sono<br />
state, infatti, completamente auto-finanziate).<br />
Confusi, scoraggiati e demoralizzati, i giovani<br />
licodiesi continuano però ad elaborare<br />
nuove iniziative, tra le quali la realizzazione<br />
di una novena in chiave moderna e una raccolta<br />
di giocattoli per i bambini poveri per il<br />
Natale.<br />
Non si può certo dire che manchino di idee<br />
e creatività, ma di tutto il resto sì.<br />
L’iniziativa di questi ragazzi è sicuramente<br />
encomiabile e, per questo, li invitiamo a<br />
perseverare e a non cedere di fronte alle difficoltà,<br />
resistendo alla tentazione di mollare<br />
tutto “perché tanto è impossibile cambiare le<br />
cose”. Anche quello di Martin Luter King era<br />
solo un sogno, ma è a partire dal sogno di un<br />
mondo diverso che la realtà può cambiare.<br />
Tuttavia, ci rendiamo conto che, per quanta<br />
impianti in aree instabili ed alluvionali<br />
come questa che è vicinissima<br />
all’alveo del Simeto. Ricordiamo<br />
che, da queste parti, la gente<br />
chiama “traunara” l’esondazione<br />
di un fiume! E da queste parti, di<br />
“traunare” negli ultimi cento anni<br />
ce ne sono state davvero tante!<br />
Nella vicenda giudiziaria, sappiano<br />
i lettori, si è inserito anche il<br />
comune di Catania che è intervenuto<br />
ad adiuvandum e che ha<br />
sostenuto l’irrazionalità dell’intero<br />
piano dei rifiuti: la spazzatura<br />
di Catania dovrebbe andare<br />
ad Augusta provincia di Siracusa,<br />
mentre quella della provincia di<br />
Messina a Paternò in provincia<br />
di Catania: cose dell’altro mondo!<br />
E così, dopo i politici maneg-<br />
gi, le oscillanti e non sempre chiare<br />
posizioni degli amministratori<br />
locali, le pseudo scientifiche elucubrazioni,<br />
gli inneggiamenti al<br />
progresso, gli arzigogoli di quanti<br />
“interessati” al progetto si sono<br />
affannati a dimostrare all’opinione<br />
pubblica la presunta legittimità<br />
e l’opportunità del medesimo,<br />
ecco giungere puntuale (e speriamo<br />
risolutiva) l’ordinanza del<br />
T.A.R. che premia la tenacia e l’indefesso<br />
impegno dei comitati civici<br />
e che restituisce alla Valle del<br />
Simeto e ai suoi abitanti i loro<br />
inalienabili diritti i quali, uomini<br />
chiusi nei loro egoistici interessi,<br />
hanno cercato di sottrarre.<br />
E così in un’epoca in cui soffia<br />
sempre più forte il vento del<br />
relativismo morale, religioso, fi-<br />
3<br />
buona volontà ed energia possano impiegare,<br />
da soli potranno fare poco. Pertanto, ci uniamo<br />
a loro nell’esortare tutti i giovani licodiesi<br />
a svegliarsi dalla loro apatia.<br />
Daniele Barbagallo, Davide Giuffrida,<br />
Guido Giusti, Valentina La Mela, Luigi Minissale,<br />
Andrea Parasiliti, Salvo Patti, Giovanni<br />
Rasà, Francesca Russo, M. Lorenza<br />
Salamone e Salvo Sotera sono pronti ad accogliere<br />
tutti quei giovani convinti che Licodia<br />
sia diventata un raccoglitore di rifiuti, ma desiderosi<br />
di creare spazi nuovi in cui dare espressione<br />
alla PROPRIA voce.<br />
Il gruppo è assolutamente a-politico, si<br />
interessa in particolare ad attività artistiche e<br />
culturali (con la disponibilità a prendere in<br />
esame qualunque tipo di progetto), non ha<br />
leader né sponsor, non si vuole schierare contro<br />
niente e nessuno, ma solo denunciare la<br />
mancanza di attività rivolte ai giovani e cercare<br />
di rimediare a questa situazione, dando a<br />
tutti la possibilità di realizzare i propri interessi.<br />
Una persona da sola non può cambiare<br />
il corso della storia, ma un gruppo di ragazzi<br />
con i loro sogni e la voglia di realizzarli può<br />
contribuire a modificare la mentalità di questo<br />
paese.<br />
Per finire, ci rivolgiamo all’amministrazione<br />
comunale, alla quale vorremmo soltanto<br />
ricordare che i giovani costituiscono il futuro<br />
della società e che, forse, bisognerebbe investire<br />
un po’ di più sul patrimonio che essi<br />
rappresentano.<br />
Melita Furnari<br />
5° Concorso poesia dialettale “Carmunu Carusu”<br />
Manifestazione conclusiva alla Scuola Elementare di Motta<br />
Manifestazione conclusiva domenica<br />
27 novembre del 5° Concorso di<br />
poesia dialettale siciliana “Carmunu<br />
Carusu” (1840-1914), pueta di la<br />
Motta e forsi ‘ntisu, organizzato dalla<br />
Pro Loco di Motta. Preceduta alle 16<br />
dalla deposizione di una corona d’alloro<br />
davanti al busto bronzeo del poeta<br />
(opera dello scultore mottese Benedetto<br />
Scalirò) nel viale a lui dedicato,<br />
la premiazione, sotto la sobria<br />
conduzione della presidente Pro Loco<br />
Maria Grazia Accordino, ha avuto<br />
luogo a seguire nel salone della Scuola<br />
Elementare sul viale della Regione,<br />
gremito di appassionati della lingua<br />
affascinante degli avi, la quale, anche<br />
grazie all’iniziativa del concorso, continua<br />
a ricevere linfa vitale per essere<br />
conosciuta dalle nuove generazioni e<br />
dalla prima pagina<br />
salvaguardata come identità culturale<br />
del passato.<br />
Tra le poesie inedite di non più di<br />
40 versi dei 64 partecipanti di quest’anno,<br />
la giuria, composta dai proff.<br />
Antonella Dolei e Simone Caruso e<br />
dai poeti Pippo Consoli, Angelo Santonocito,<br />
Giovanni Torrisi e Nino<br />
Tomasello, ha incoronato tre componimenti<br />
molto affini nell’affrontare<br />
con naturalezza il tema della morte<br />
con i sentimenti che essa crea. Al primo<br />
posto Alfia Contino con “Tistamentu”,<br />
una sorta di viatico di una<br />
madre ai figli per essere trovata dopo<br />
anche nelle piccole cose o negli elementi<br />
della natura; al secondo Alfio<br />
Naso con “Na littra”, di uno zio emigrante<br />
al nipote col dispiacere del distacco<br />
dalla vita e dalla patria natia; al<br />
terzo Angelo Sciacca con “Paci a li<br />
morti”, che nell’album di famiglia evocano<br />
tanti ricordi che fanno rivivere il<br />
passato e diventano musica per l’anima.<br />
Alla triade coppa e menzione.<br />
Attestati, ovviamente, per tutti i 64.<br />
Targa-ricordo, invece, per queste<br />
nove poesie segnalate: “Sirinata all’anni<br />
mei” di Gaetano Petralia, “Oru<br />
culatu” di Nino Marzà, “L’occhi toi”<br />
di Augusto Manna, “La vecchia novena”<br />
di Nino Sava, “Giuramentu<br />
d’amuri” di Giuseppe Tomasello,<br />
“Semu frati ma…” di Alfio Sciacca,<br />
“Lu cori di l’emigratu” di Giovanni<br />
Parisi Avogaro, “Me nannu mi diceva”<br />
di Saverio Malgioglio e “Semu i<br />
stissi fratuzzu omu” di Domenico<br />
Peci. A tutti gli autori, compresi i rimanenti<br />
partecipanti, è stata data la<br />
possibilità di declamare i propri versi.<br />
Serata di versi, e che versi (vera<br />
musica per le orecchie dei mottesi),<br />
con alcune poesie do zu Carmunu recitate<br />
dagli alunni del locale Istituto<br />
comprensivo, preparati dalla docente<br />
Lella Seminerio per la Elementare,<br />
e dai proff. Paola Cardile e Santo Puzzolo<br />
per la Media.<br />
Presentati da Antonio Messina e<br />
Greta Tutone si sono avvicendati sul<br />
palco Giuseppe Rabuazzo con “Chi<br />
è la vita”, Marilena La Piana con “Cos’è<br />
lu munnu”, Martina Di Mauro con<br />
“U sgavitu”, Carla Belcuore e Christian<br />
Di Bella nel “Lamentu di Sant’Antoni”,<br />
Paolo Ziino con “Dumani<br />
partu”, Francesca Sbrizzi con “Fangu”,<br />
Graziella Vitanza in “A Ninu testa<br />
di cipudda”, Ilenia Gazzo con<br />
“Chi è tutta sta mossa”, Grazia Di<br />
Mauro in “U signurinu”, Giuseppe<br />
Consoli (brani della poesia del nonno<br />
omonimo A Carmunu Carusu),<br />
Arianna Santagati (strofe del misterbianchese<br />
Turi Scordo<br />
dedicate o zu Carmunu),<br />
Chiara Grasso<br />
(strofe di Luciano<br />
Pellegrino nell’anno<br />
della morte del poeta),<br />
Valentina Crisafulli<br />
(brani della poesia<br />
di Simone Caruso<br />
sul vate mottese) e<br />
Sara Sergi con “A lu<br />
paisi da Motta” del<br />
catanese Orazio Santonocito.<br />
“L’annu<br />
prossimu diciticci ai<br />
carusi di non curriri” è stata la simpatica<br />
esortazione, ovviamente in<br />
dialetto, di un poeta in sala riferendosi<br />
alla recitazione degli alunni.<br />
Vito Caruso<br />
Restituiti i diritti alla Valle del Simeto<br />
losofico che sembra volere spazzare<br />
via valori e certezze e orientare<br />
la vita umana entro i binari di<br />
un pericoloso soggettivismo, noi<br />
riscopriamo una certezza: la<br />
certezza del diritto dinanzi<br />
alla quale si dissolvono cavilli,<br />
sofismi, capziosità varie.<br />
Intanto i comitati civici mantengono<br />
l’impegno con una speranza<br />
in più: che anche nella nostra<br />
italietta, travolta quotidianamente<br />
da scandali e dal malcostume,<br />
possano infine affermarsi la<br />
verità e gli interessi collettivi e la<br />
Valle del Simeto, non toccata dalle<br />
nefandezze degli umani, possa<br />
continuare ad essere il paradisus<br />
deliciarum che tutti noi sappiamo.<br />
Salvatore Nicosia
4 Dicembre 20<strong>05</strong> Il Foglio Mottese<br />
Benedetto XVI saluta gli Sbandieratori dei tre Rioni<br />
Motta: Romana per due giorni<br />
Rulli di tamburi e trombe rispondono alla cordialità del Santo Padre<br />
Nel mese di ottobre 2004, dopo sette<br />
anni di ministero pastorale come Parroco<br />
della Chiesa Madre di Motta Sant’<br />
Anastasia, i superiori mi hanno chiesto<br />
di lasciare la parrocchia per andare in<br />
aiuto a Don Angelo Mangano presso la<br />
parrocchia romana di “San Gelasio I”,<br />
Papa - affidata nel 2003 dal cardinale<br />
Ruini, alla cura pastorale della “Famiglia<br />
Ecclesiale di Vita Consacrata Missione<br />
Chiesa - Mondo”, di cui faccio parte<br />
come sacerdote - e nel frattempo ultimare<br />
gli studi, iniziati prima di venire a<br />
Motta, presso la Pontificia Università<br />
San Tommaso, Angelicum di Roma.<br />
Sette anni di vita, carichi di esperienza,<br />
di vissuti, di relazioni interpersonali<br />
strette con la stragrande maggioranza<br />
dell’intera popolazione mottese, grazie<br />
anche alla posizione privilegiata della<br />
Chiesa Madre di Motta, dove è custodito<br />
il “depositum” della tradizione di religiosità<br />
popolare e di devozione alla Santa<br />
Patrona Anastasia. Permettetemi di<br />
dire che sette anni del genere non si possono<br />
dimenticare.<br />
Ho già avuto modo, in diverse occasioni,<br />
di esprimere i miei sentimenti nei<br />
riguardi di Motta, della sua storia, delle<br />
persone che la compongono, delle istituzioni,<br />
della comunità cristiana delle due<br />
parrocchie, ma in special modo della mia<br />
parrocchia, che sentimentalmente riterrò<br />
sempre tale, anche se giuridicamente<br />
non lo posso più dire dal 1 ottobre del<br />
2004. Questo articolo, che racconta proprio<br />
questo legame ancora vivo, me ne<br />
offre un’ulteriore possibilità. Ne ringrazio<br />
la redazione, diretta dal carissimo<br />
prof. Pino Pesce, che me lo ha richiesto.<br />
Sin dalla mia prima festa di San Gela-<br />
La crisi politica e amministrativa d’autunno<br />
a Motta, oggetto per alcune sedute di dibattito<br />
politico all’interno del Consiglio comunale, ha<br />
fatto registrare di recente alcuni fatti (incontro<br />
dei gruppi residuali del centrosinistra e del sindaco<br />
con i cittadini, bocciatura delle variazioni<br />
di bilancio per circa 680 mila euro ad opera di<br />
parte dell’opposizione e di parte dell’ex maggioranza,<br />
revoca delle deleghe all’assessore Mario<br />
Santagati e dimissioni di quest’ultimo) che hanno<br />
mutato il quadro politico locale, se in meglio<br />
o in peggio si vedrà.<br />
L’incontro nel salone parrocchiale S. Antonio,<br />
promosso da Ds-Margherita-Motta libera<br />
Motta-M.I.MO.S.A., per informare e verificare<br />
se la maggioranza è in grado di andare avanti.<br />
“Gli assessori Ds si sono dimessi- ha ricordato<br />
il presidente Pippo Virgillito –perché si ritorni a<br />
governare; noi vogliamo il confronto con i partiti<br />
e la società civile senza condizionamenti soprattutto<br />
da parte di quei consiglieri che a malapena<br />
rappresentano se stessi, protagonisti di<br />
assalti alla diligenza o di discese da essa e risalite;<br />
io invito il sindaco a presentare una Giunta e<br />
a confrontarsi sulle cose da fare in Consiglio”.<br />
Nelle ultime vicende in Consiglio si è vista la<br />
chiara identità de La Margherita, secondo il consigliere<br />
Giacomo Marzullo, che ne ha assicurato<br />
la presenza nel programma e al fianco dell’esecutivo.<br />
Sempre fermo sulle valutazioni negative<br />
sio I papa a Roma, alla quale ebbi<br />
modo di partecipare nel novembre<br />
2004, espressi il desiderio di coinvolgere<br />
gli Sbandieratori e Musici di<br />
Motta e, grazie alla generosa risposta<br />
dei tre Presidenti dei Rioni Maestri,<br />
Vecchia Matrice e Panzera,<br />
questo progetto si è potuto realizzare.<br />
La mia richiesta è stata chiara:<br />
“non un Rione, ma tutte e tre insieme!”.<br />
In sincerità debbo dire che la<br />
risposta è stata altrettanto chiara e<br />
pronta: dai tre presidenti, quasi in<br />
unità di intenti, mi son sentito rispondere:<br />
“lo abbiamo fatto per altri,<br />
perchè non dobbiamo farlo anche<br />
per te”. Un sentito grazie di questa<br />
testimonianza, come di quella<br />
mostrata nell’aver viaggiato insieme,<br />
su uno stesso pulmann, tre Rioni<br />
diversi, in continua e tradizionale competizione<br />
tra di loro. Solo chi è di Motta,<br />
o conosce bene le tradizioni mottesi,<br />
sa che queste sottolineature non<br />
sono affatto sottigliezze di poco conto!<br />
La venuta degli Sbandieratori e Musici<br />
di Motta a Roma si inserisce in un<br />
duplice progetto, che insieme a Don Angelo,<br />
il parroco, e a tutta la comunità<br />
parrocchiale di San Gelasio, si è potuto<br />
concretizzare. Da una parte infatti volevamo<br />
far conoscere la ricchezza di tradizioni<br />
folkloriche della nostra amata terra<br />
di Sicilia (ed in particolare della mia amata<br />
Motta), dall’altra volevamo (è stato<br />
l’intento primario) animare il territorio<br />
parrocchiale di San Gelasio, difficile da<br />
coinvolgere. Al fine di una sempre maggiore<br />
partecipazione alla vita cristiana<br />
della parrocchia, abbiamo in questi anni<br />
svolto diverse manifestazioni coinvol-<br />
Foto Arturo Tinnirello<br />
nei confronti dei cinque colleghi, ora Autonomia<br />
mottese, che avrebbero frantumato l’ex maggioranza,<br />
il consigliere Nino Fisichella (Mimosa)<br />
ha invitato tuttavia il Sindaco a provarci ancora.<br />
Appunti alla mano, dal presidente Nino Guardo<br />
(Motta libera Motta) uno sprone a maggioranza<br />
e Giunta a non cedere a condizionamenti,<br />
malignità e anarchia, e portare avanti il mandato<br />
col dialogo e la condivisione. Il sindaco Santagati<br />
ha confessato di avere impiegato 17 mesi per<br />
cercare di tenere uniti i 12 consiglieri dell’ex<br />
maggioranza, di aver sognato anche un allargamento<br />
della stessa e di aver riscontrato invece<br />
instabilità totale nei vari gruppi politici nel giro<br />
di consultazioni avute in precedenza. “Stasera<br />
dobbiamo dire- ha affermato il primo cittadino<br />
–che i 12 sono diventati 7+5 e non sono più<br />
omogenei perché un gruppo ha chiesto l’azzeramento<br />
della Giunta e un altro non lo vuole; io<br />
chiedo di poter fare una Giunta tecnica su questi<br />
3 punti: pagare tutti per pagare meno, stabilizzazione<br />
degli Asu e Prg”.<br />
Prima che fossero impallinate le variazioni<br />
di bilancio si è svolto in Consiglio l’ennesimo<br />
dibattito sulla crisi politica e in assenza di novità<br />
ha tenuto banco l’intervento di Concetto Roccasalva<br />
per Autonomia mottese. “Nell’assemblea<br />
a Sant’ Antonio- ha replicato Roccasalva -<br />
siamo stati massacrati ma ricordo che a maggio<br />
Fisichella attaccava il Sindaco; noi lavoriamo<br />
gendo il territorio, attuando tutte le strategie,<br />
opportune ed importune, per risvegliare<br />
quel quartiere “dormitorio” di<br />
Rebibbia, alla periferia di Roma, dove la<br />
gente, stanca ed avvilita dopo giornate<br />
intense di lavoro ed ore interminabili trascorse<br />
in mezzo al traffico cittadino di<br />
Roma o del Grande Raccordo Anulare<br />
(vi invito a farne esperienza per capire),<br />
si ritira stremata e chiusa a qualunque<br />
proposta.<br />
Lo sappiamo bene tutti, come singoli<br />
e come Chiesa, ma lo sappiamo molto<br />
bene noi della “Missione Chiesa-Mondo”<br />
che ne abbiamo fatto il nostro “cavallo<br />
di battaglia” pastorale, che la parrocchia<br />
c’è per il territorio parrocchiale<br />
in cui esiste, non per altro. Non si danno<br />
parrocchie chiuse dentro il Tempio! La<br />
parrocchia esiste per evangelizzare il territorio<br />
in cui è inserita e di cui ha la re-<br />
Don Raciti, il Sindaco e gli<br />
Sbandieratori dei 3 Rioni<br />
sponsabilità pastorale e, insieme alle istituzioni<br />
civili, la corresponsabilità sociale.<br />
Ecco allora che la venuta degli Sbandieratoti<br />
e Musici di Motta, con l’allegria<br />
dei colori, delle bandiere, dei suoni di<br />
tromba e di tamburi, va collocata in questo<br />
contesto pastorale della parrocchia<br />
San Gelasio, la quale si propone di passare<br />
“dal Tempio alla strada”, e si sta<br />
organizzando pastoralmente ad essere<br />
una presenza di Chiesa tra le case, attraverso<br />
le piccole Comunità Ecclesiali di<br />
Base (CEB) sparse nel territorio parrocchiale.<br />
L’arrivo degli sbandieratori dei tre<br />
Rioni, che hanno sfilato insieme per le<br />
strade del territorio parrocchiale, ha sortito<br />
l’effetto desiderato! Finalmente abbiamo<br />
avuto la piccola gioia di vedere<br />
tante finestre illuminate nei palazzoni<br />
alti ed imponenti, dove abitano anche<br />
Amministrazione ancora in crisi<br />
Incontri-verità annunciati nell’ultimo Consiglio dall’opposizione<br />
Lettera aperta LA FUGA VERGOGNOSA<br />
Cari concittadini, riteniamo opportuno che sappiate della vergognosa fuga della<br />
residua maggioranza e del Sindaco dal Consiglio Comunale. La suddetta fuga ha fatto sì che non<br />
si approvasse l’assestamento del bilancio il 29/11/20<strong>05</strong>.<br />
PERCHÈ: Il Pres. Guardo (Motta Libera Motta) si è astenuto; I Consiglieri dei DS Pagliaro,<br />
Rapisarda e Zuccarello; Il consigliere della M.I.MO.S.A. Fisichella; Il consigliere della Margherita<br />
Marzullo; Il consigliere Indipendente di Centro Valenti, sono fuggiti dall’aula e non hanno<br />
dato il loro voto favorevole all’assestamento di bilancio.<br />
POTEVAMO NOI VOTARE L’ASSESTAMENTO DEL BILANCIO CHE TOGLIEVA<br />
SOLDI: alle persone bisognose; al Centro Diurno degli anziani; ai minori in situazione di<br />
disagio; al trasporto dei “diversamente abili”, etc etc…; alla sicurezza sul lavoro; agli interventi<br />
per le politiche giovanili; alla manutenzione del Campo Sportivo; alle attività ricreative e<br />
sportive, etc etc…?<br />
PER FINANZIARE: con euro 223.000,00 1 (uno) marciapiede di via terre nere, (fino a<br />
dove??); con euro 60.000,00 per incarichi di progettazione; con euro 5.800,00 per i vigili a<br />
scavalco!!!!!!!; e tante altre voci insignificanti!!!!!!!!<br />
SENZA ALCUNA DELUCIDAZIONE sia amministrativa sia politica da parte del Sindaco<br />
e della sua maggioranza che invece hanno pensato bene di scappare!!!!!!!!!!<br />
VERGOGNA!!!!! UNA MAGGIORANZA DI SINISTRA CHE TOGLIE FONDI ALLE<br />
FASCE PIU’ DEBOLI PER FINANZIARE ATTIVITA’ DI DUBBIO INTERESSE.<br />
Il Sindaco e la Sua Maggioranza alla TRASPARENZA preferiscono la FUGA.<br />
I CONSIGLIERI DI UNITI PER MOTTA-MPA CHIEDONO UN SOLO, UNICO MA<br />
PROVVIDENZIALE ATTO D’AMORE PER IL PAESE.<br />
SINDACO SI DIMETTA !!!!!!!!<br />
Motta Sant’Anastasia lì 4 Dicembre 20<strong>05</strong><br />
I consiglieri comunali di Uniti per Motta-MPA<br />
Antonino Luca e Armando Galliano<br />
per tutti i cittadini e abbiamo cercato di mantenere<br />
in piedi il centrosinistra; invece siamo<br />
l’unico gruppo ancora non contattato dal Sindaco;<br />
non voteremo le variazioni di bilancio<br />
senza sapere con quali gruppi il Sindaco vuole<br />
governare”. Al che si è capito che i cinque di<br />
Autonomia mottese, pur avendo ancora un<br />
assessore di riferimento (Mario Santagati, a<br />
cui all’indomani il Sindaco avrebbe ritirato le<br />
deleghe) stavano uscendo dalla maggioranza.<br />
Parte del fronte del no è entrata anche nel merito<br />
parlando di assenza di documenti, progetti<br />
e indirizzo politico. Nino Luca (Mpa-Uniti<br />
per Motta) e Pippo Raimondo (Fi) hanno sollevato<br />
il caso del marciapiede (circa 233 mila<br />
euro) previsto in via Terre Nere quando ce n’è<br />
uno già finanziato in via Carmine Caruso sino<br />
al cimitero che non si realizza, e ancora Luca ha<br />
denunciato i fondi tolti dai servizi agli anziani.<br />
Invano i consiglieri Roccuzzo (Nuova Sicilia)<br />
e Fisichella hanno chiesto rispettivamente il<br />
rinvio del punto (su cui era favorevole anche<br />
il Ds Zuccarello) e l’esame per singole variazioni,<br />
perché la procedura del si o no alla delibera<br />
nella sua interezza, votata dal fronte<br />
del no, ha portato poi al voto finale, mentre<br />
Ds, gruppo Nuova Sicilia-Udc, Valenti e Fisichella<br />
uscivano dall’aula, con questo risultato:<br />
10 contrari (i 3 di An-Lista Primavera-Fi,<br />
rispettivamente Di Mauro, Carrà e Raimondo,<br />
i 2 di Mpa-Uniti per Motta, Luca e Galliano, e<br />
i 5 di Autonomia mottese, Roccasalva, Fiorenza,<br />
Virgillito, Balsamo e Pagliaro) e un astenuto<br />
(il presidente Guardo).<br />
“I consiglieri contrari alle variazioni- ha<br />
commentato poi il sindaco Santagati –hanno anteposto<br />
le beghe personali all’interesse dei cittadini<br />
mentre la parte che è uscita dalla maggioranza<br />
ha tradito gli impegni elettorali dimostrando<br />
poca coerenza”. Di tradimento dell’elettorato<br />
e di danni ai cittadini parla un manifesto pubblico<br />
in cui le quattro liste (Motta nell’Ulivo, La<br />
Margherita, Motta libera Motta e Mimosa) rimaste<br />
vicine al sindaco elencano alcuni interventi<br />
bocciati al momento col voto no: acquisto<br />
scuolabus e automezzo per servizio idrico, manutenzione<br />
e pavimentazione strade comunali,<br />
manutenzione straordinaria reti idrica e fognaria,<br />
espropri e completamento via di fuga Scuola<br />
materna e spese pronto intervento idraulici.<br />
Venerdì 2 dicembre sono arrivate le dimissioni<br />
dell’assessore Mario Santagati (tra l’altro elogiato<br />
dal Sindaco nell’incontro a Sant’ Antonio)<br />
per impegni di lavoro. Ultima nota: durante i<br />
lavori consiliari sono stati annunciati incontriverità<br />
a breve da più parti politiche.<br />
Vito Caruso<br />
30/40 famiglie per palazzo, e dove<br />
l’avvio delle CEB porterà una presenza<br />
di vangelo e di Chiesa in mezzo<br />
alla gente. La sera di sabato 19<br />
novembre è stata una serata indimenticabile,<br />
non solo per me, che<br />
ho rivissuto sensazioni e ricordi che<br />
quei suoni e quei colori hanno riportato<br />
alla luce nel mio cuore, ma<br />
per tutta la parrocchia “San Gelasio”.<br />
Vedere la gioia sui volti di tanti<br />
nostri nuovi collaboratori pastorali<br />
romani, felici per quello che si<br />
stava facendo nel territorio, speranzosi<br />
di un futuro di coinvolgimento<br />
del territorio parrocchiale,<br />
mi ha veramente riempito di gioia.<br />
Ma la nostra gioia ha raggiunto il<br />
suo apice la mattina di domenica<br />
20 novembre, quando abbiamo<br />
partecipato, in Piazza San Pietro, alla<br />
recita dell’Angelus del Santo Padre Benedetto<br />
XVI, il quale alla fine, durante i<br />
consueti saluti, ha menzionato anche gli<br />
Sbandieratori e Musici di Motta Sant’Anastasia,<br />
i quali hanno prontamente<br />
risposto a Sua Santità, facendogli giungere<br />
i suoni delle trombe e i rulli dei tamburi.<br />
L’emozione era scritta sui volti di<br />
tutti noi presenti in piazza, come, sono<br />
certo, dei tanti mottesi collegati via TV.<br />
É stata una grande emozione ed è stato<br />
bello condividerla con altri presenti. Un<br />
grazie sentito e filiale va a Sua Ecc. Mons.<br />
Paolo Romeo, Nunzio Apostolico in Italia,<br />
che ha fatto giungere la nostra richiesta<br />
a Papa Benedetto XVI.<br />
Il nostro rendimento di grazie si è<br />
fatto sacramento, in Cristo, nell’Eucaristia<br />
pomeridiana che abbiamo celebrato<br />
nella grande e bella Basilica di Santa Ana-<br />
Lettera aperta<br />
Miei cari mottesi,<br />
Si ! Sono io. Forse non mi riconoscete<br />
più; sono Motta il vostro paese.<br />
Ho dovuto chiedere ospitalità a questo<br />
periodico poiché, malgrado sia ancora<br />
tanto bella, ho l’impressione di non interessare<br />
più a nessuno.<br />
Chiedo perdono ai lettori se mi<br />
mostro nuda come una donna di<br />
facili costumi, ma anni ed anni di<br />
malgoverno mi hanno ridotta in<br />
questo stato. Conservo solo la mia<br />
verginità, che difenderò ad ogni<br />
costo; non lascerò che violentino<br />
il mio corpo.<br />
Per questo ho deciso di parlare<br />
a tutti quanti voi come una<br />
madre premurosa parla ai propri<br />
figli quando vede il loro futuro<br />
incerto, anche se, malgrado<br />
le mie premure, vi siete<br />
dimostrati ingrati nei miei<br />
riguardi.<br />
Nel passato, ... forse…<br />
alcuni tra coloro<br />
che mi hanno governata,<br />
operando<br />
onestamente, mi<br />
hanno resa più<br />
bella.<br />
Ma da diversi<br />
lustri or-<br />
mai… che dire….<br />
tutto è sotto i vostri<br />
occhi… che disastro!!!<br />
Persino i miei carissimi amici americani<br />
mi hanno abbandonata. Che invidia per i miei<br />
vicini di casa: Misterbianco, Belpasso e persino<br />
quel piccolo Piano Tavola che oggi fa la<br />
voce grossa verso di me; grazie ad Amministrazioni<br />
attente e capaci, nel loro territorio<br />
fiorisce l’industria ed il commercio.<br />
Ogni cinque anni ritrovo un po’ di speranza.<br />
Vedo tanti che si agitano, gridano, scrivono<br />
programmi, sembra che tutti fanno a<br />
Disegno Alfonso Romano<br />
stasia al Palatino dopo essere stati accolti<br />
dal Rettore Don Alberto Pacini, che<br />
abbiamo avuto a Motta come predicatore<br />
del Triduo durante la Festa Giubilare<br />
del 2004.<br />
Lì, abbiamo sperimentato, ancora una<br />
volta insieme, che la vera comunione ed<br />
amicizia è in Cristo, nella comunione con<br />
Lui, con il suo corpo ed il suo sangue,<br />
che da senso e significato non solo alla<br />
nostra esistenza di cristiani ma anche<br />
alla vera devozione alla Santa Patrona<br />
Anastasia, i cui resti giacciono sotto quella<br />
Basilica Romana.<br />
Un sincero grazie, colmo di gioia, sento<br />
il bisogno di rivolgerlo a quanti hanno<br />
fatto si che questa bella manifestazione,<br />
completa di fede e di folklore, abbia avuto<br />
esito positivo. In primo luogo ai tre<br />
Presidenti dei Rioni, ai ragazzi Sbandieratori<br />
e Musici, veri protagonisti della<br />
bella manifestazione, agli amici e parenti<br />
che li hanno accompagnati, alle istituzioni<br />
civili che hanno contribuito per l’attuazione,<br />
in primo luogo l’Azienda Provinciale<br />
del Turismo di Catania e il Comune<br />
di Motta S. Anastasia, con il Signor<br />
Sindaco, Dott. Antonino Santagati,<br />
che ha accompagnato la delegazione<br />
Mottese; ancora, al Consigliere Provinciale<br />
Santo Pulvirenti di Belpasso e consorte<br />
che hanno voluto presenziare alla<br />
manifestazione e a quanti, in vario modo<br />
e senza apparire, dietro le quinte, hanno<br />
coordinato il tutto. A tutti i mottesi, a<br />
partire dai confratelli Presbiteri che li<br />
guidano nel cammino cristiano, desidero<br />
far giungere il mio saluto ed il mio affetto,<br />
unitamente agli auguri di un Sereno<br />
Santo Natale.<br />
Don Giuseppe Raciti<br />
Cari concittadini, in vista delle prossime festività natalizie<br />
e dell’arrivo del nuovo anno, colgo l’occasione per indirizzare a tutti<br />
voi i più AFFETTUOSI E CORDIALI AUGURI, anche a nome<br />
della Giunta Municipale. I miei auguri sono diretti a tutta la cittadinanza,<br />
compresi quei Consiglieri che in occasione della seduta di<br />
Consiglio, che trattava l’assestamento di bilancio, hanno ritenuto di<br />
non approvarlo anteponendo così interessi politici e beghe personali<br />
all’interesse della cittadinanza intera.<br />
Tuttavia, auspico che il nuovo anno sia portatore di nuovi e più<br />
responsabili propositi nella intera compagine consiliare al fine di<br />
centrare il comune obiettivo del ns mandato che è quello di realizzare l’interesse collettivo<br />
attraverso la crescita economica, culturale e sociale.<br />
gara nel sacrificarsi per il mio bene; dal palchetto<br />
che montano nel salotto di famiglia, in<br />
pieno agone politico, sbandierano promesse<br />
a destra e a manca. Io mi illudo, comincio<br />
per un po’ a sperare, ma… dopo la kermesse<br />
elettorale solitamente tutto finisce<br />
a tarallucci e vino.<br />
Ultimamente avevano promesso<br />
che mi avrebbero portata in crociera<br />
su una bella nave; ma… ahimè!…<br />
la nave non si è mai mossa dal porto.<br />
Il capitano si è agitato un po’ e,<br />
mentre la ciurma si prendeva a<br />
colpi di remo, cercava di dispiegare<br />
la vela cercando il vento<br />
favorevole; ma nessun vento è<br />
favorevole a chi non sa la direzione<br />
da prendere.<br />
Una cosa mi brucia ancora<br />
l’anima, più delle altre, e mi fa<br />
venire un groppo in gola solo a<br />
pensarci, quando penso a coloro<br />
che avevo eletto come miei figli<br />
prediletti: quella generazione<br />
di sessantottini (quelli<br />
che dicevano di essere<br />
i figli dei fiori e<br />
che indossavano<br />
l’eskimo) che<br />
dovevano cambiare<br />
il mondo e<br />
Motta. Io, come vedete,<br />
non sono cambiata<br />
affatto, anzi sono piuttosto peggiorata, mentre<br />
il mondo ha cambiato loro.<br />
Che tristezza svegliarmi la mattina e vedere<br />
questi miei figli infagottati nei loro panciotti<br />
piccolo-borghesi a discettare sul fallo<br />
di Totti o sull’uccello di Del Piero mentre la<br />
casa brucia, immersi tuttora in quel FU-<br />
MUS INTELLETTUALIS svanendo il quale<br />
appare chiaro quanto poco arrosto c’è<br />
sulla brace.<br />
Matteo Ranno<br />
Il Sindaco Antonino Santagati<br />
La Giunta Comunale
Evento culturale di grande richiamo a Paternò per le celebrazioni del seicentesimo<br />
anniversario della promulgazione delle “Consuetudini” di Bianca di<br />
Navarra.<br />
La manifestazione è stata promossa dall’Amministrazione Comunale con<br />
l’ impegno sinergico tra l’Assessorato alle Pari Opportunità (Ass. Rossella<br />
Puglisi), la Consulta delle Donne (Pres. Grazia Scavo), l’Assessorato alla<br />
Cultura (Ass. Nino Naso), e l’Istituzione Biblioteca “G.B. Nicolosi” (Pres.<br />
Marilina Cancellieri-Dir.ce Rosanna Messina).<br />
La manifestazione ha degnamente commemorato l’evento con un nutrito<br />
programma aperto dall’inaugurazione alla Galleria d’arte moderna di una mostra<br />
della Copia delle Consuetudini, animata dal “cuntu” del maestro Salvatore<br />
Marchese.<br />
Nel suggestivo scenario di San Francesco alla Collina una conferenza sul<br />
tema “Bianca di Navarra-Seicento anni dalle Consuetudini di Paternò”, ha<br />
tracciato un poliedrico profilo storico/culturale sulla figura della “Reyna”,<br />
donna di estrema raffinatezza ed eleganza, nonché sovrana equa ed illuminata.<br />
Relatori dell’incontro sono stati la dott.ssa Cristina Grasso, direttrice vicaria<br />
Archivio di Stato di Catania, che ha illustrato e commentato, con la proiezione<br />
di diapositive, il documento ufficiale delle Consuetudini del 14<strong>05</strong>, redatto<br />
in lingua latina e conservato presso l’archivio di Stato di Catania; il prof.<br />
Vincenzo Fallica che ha tracciato un quadro delle vicende storiche che videro<br />
Bianca di Navarra protagonista della gestione politica del regno, delle resistenze<br />
nei confronti di qualche interessato corteggiatore, dei suoi contrasti con le<br />
grandi famiglie siciliane; il prof. Carmine Rapisarda che, con il tema La femminilità<br />
di Bianca, ha esaltato, oltre l’immagine della sovrana, quella della donna<br />
dai nobili tratti spagnoleggianti e dai gusti sobri ma molto raffinati.<br />
Grazia Scavo, Presidente della Consulta delle donne, ha auspicato “…che<br />
la manifestazione “Bianca di Navarra” possa assumere un carattere istituzionale<br />
e far parte di una serie di eventi che caratterizzino lo scenario culturale di<br />
una città come Paternò, ricca di storia e di tradizioni.”<br />
I lavori sono stati coordinati dall’avv. Giuseppe Virgillito e dal prof. Angelino<br />
Consolo.<br />
La serata è stata anche coronata dall’omaggio della tela “Bianca di Navarra”<br />
di Carmen Arena all’ assessorato alla Cultura di Paternò.<br />
A. R.<br />
Speciale Paternò<br />
Nel 14<strong>05</strong>, la regina Bianca di Navarra,<br />
nominata vicaria del regno di Sicilia<br />
dopo la morte del marito Martino, percorreva<br />
i territori del suo dominio e si<br />
fermava a Paternò, dove con la sua firma<br />
segnava il passaggio delle consuetudini<br />
locali alle leggi, trasformando quella<br />
che era una terra abitata da “vagabondi”<br />
in una società civile.<br />
A distanza di seicento anni, i Baternù<br />
portano in scena uno spettacolo che<br />
fa rivivere le vicende della giovane regina,<br />
ambientandole in un quadro suggestivo<br />
come quello del Castello normanno<br />
di Paternò. L’ambientazione storica,<br />
magistralmente ricreata attraverso<br />
musiche e costumi, trascina lo spettatore<br />
moderno indietro nel tempo immergendolo<br />
in una dimensione in cui il<br />
sapore della storia si confonde e si fonde<br />
con quello del mito e della leggenda.<br />
La rappresentazione dei Baternù si<br />
concentra in particolare sull’episodio<br />
della firma delle consuetudini e si svolge<br />
nel luogo in cui essa avvenne, la sala<br />
regia del castello. Ed è forse lo scenario<br />
a generare la sensazione di assistere ad<br />
un momento storico di grande portata,<br />
facendo dimenticare la distanza temporale<br />
che lo separa da un presente in<br />
cui il valore di quell’atto è andato perduto.<br />
La rappresentazione vera e propria<br />
è preceduta da una sorta di prologo, in<br />
cui l’attore rievoca la vicenda della regina<br />
e stabilisce un collegamento fra passato<br />
e presente. L’atto compiuto da<br />
Dicembre 20<strong>05</strong><br />
Seicentesimo delle “Consuetudini” di Bianca di Navarra<br />
Conferenza storico-culturale<br />
Da sin.: Marilina Cancelliere, Grazia<br />
Uno spettacolo dedicato a Cicciu Busacca, cantastorie paternese<br />
La regina Bianca nel teatro dei Batarnù<br />
Quando la storia si fonde e si confonde con il mito e la leggenda<br />
Bianca di Navarra fu altamente significativo<br />
non solo perché mirava alla creazione<br />
di leggi, primo passo verso la<br />
costituzione di una società civile, ma<br />
anche perché lo faceva a partire dalle<br />
norme elaborate dalla tradizione e dal<br />
popolo. Un atto, quindi, di democratizzazione:<br />
novant’anni prima che venisse<br />
scoperta l’America e molto prima<br />
che la cultura occidentale elaborasse<br />
il concetto di democrazia attuale.<br />
Ecco come Giovanni Calcagno,<br />
membro dei Baternù, risponde alle nostre<br />
domande su questo spettacolo.<br />
Da cosa è nato il progetto di portare<br />
in scena la vicenda di Bianca di Navarra?<br />
“Bianca di Navarra è personaggio<br />
straordinario. È una donna arrivata in<br />
Sicilia giovanissima, a soli diciannove<br />
anni, che ha tuttavia rappresentato una<br />
tappa importante nella storia di Paternò<br />
perché è riuscita a trasformare le leggi<br />
del popolo in istituzioni segnando il<br />
passaggio della società da uno stato di<br />
quasi barbarie ad uno civile. È, dunque,<br />
un momento che fa parte delle nostre<br />
origini ed è importante tornare al passato<br />
e recuperare le componenti della<br />
nostra cultura. Ancor di più, se si guarda<br />
alla realtà presente e si vede come<br />
essa sia degenerata rispetto al passato.<br />
Fa un certo effetto guardare oggi Paternò,<br />
e la società in generale, e accorgersi<br />
che da allora in poi la società ha regredito<br />
piuttosto che avanzare e il potere è<br />
diventato sempre più un privilegio appannaggio<br />
di pochi eletti. È proprio per<br />
recuperare e salvare dall’oblio quanto<br />
di meglio ha la nostra storia che abbiamo<br />
pensato di far rivivere la regina, in<br />
occasione dei Seicento anni della firma<br />
delle consuetudini, perché siamo convinti<br />
dell’attualità che questo messaggio<br />
contiene”.<br />
“Teatro, poesia e musica siciliana dall’’800 al ‘900”<br />
“Caffè Letterario” all’Antares<br />
Giovanni Calcagno e il duo “Triquetra”riportano il passato<br />
Giovanni Calcagno (al centro) e il duo “Triquetra”<br />
Un autunno all’insegna della cultura quello che ha<br />
contraddistinto la città di Paternò.<br />
Dopo “Bianca di Navarra”, il “Caffè Letterario”,<br />
un’iniziativa dell’Istituzione Biblioteca Comunale<br />
“G.B. Nicolosi” di concerto con l’Assessorato alla<br />
Cultura.<br />
La saletta del Caffè Antares ha rappresentato lo<br />
scenario ideale dell’incontro con cui si è inteso rievocare<br />
quel luogo simbolo di cultura, ma anche di ritrovo<br />
e convivialità che ha rappresentato per secoli, e<br />
rappresenta ancora, il Caffè Letterario.<br />
Nel nostro tempo al<br />
bar si parla di calcio…<br />
Un tempo chi entrava<br />
al Caffè per sorseggiare<br />
una calda ed aromatica<br />
bevanda, rimanendo<br />
affascinato dalla<br />
recitazione di versi o<br />
dalle lettere d’amore declamate,<br />
vi rimaneva incantato…<br />
Altri tempi!<br />
“Teatro, poesia e<br />
musica siciliana dall’<br />
‘800 al ‘900” è stato<br />
questo il tema dell’incontro,<br />
animato da un<br />
superbo Giovanni Calcagno,<br />
apprezzato attore<br />
paternese, con il, non<br />
meno bravo, duo di musicisti<br />
“I Triquetra” che,<br />
coniugando sapientemente<br />
musica, prosa e poesia hanno inteso rivisitare<br />
una classica forma d’arte che sempre affascina e<br />
coinvolge.<br />
L’antologia di brani siciliani, tutti da ri-scoprire, ha<br />
affascinato il numeroso pubblico presente che, nella<br />
calda atmosfera del Caffè, tra un aperitivo e un commento<br />
sussurrato, ha avuto modo di apprezzare poesia,<br />
musica e brani teatrali di autori quali Giovanni<br />
Verga, Ignazio Buttitta, Vitaliano Brancati, Luigi Pirandello,<br />
Nino Martoglio, Vincenzo Consolo, Elio Vittorini,<br />
Giovanni Meli, Toni Cucchiara e quant’ altri .<br />
Il filo rosso che ha unito la rassegna è stato il tema<br />
dell’amore e la struggente nostalgia per la propria terra.<br />
Canti, poesie e prose cantati e recitati con le nobili<br />
radici della lingua italiana: il dialetto siciliano.<br />
Tra i numerosi presenti, politici della Città, tra<br />
cui il Presidente del Consiglio Comunale Alfio Virgolini,<br />
esponenti del mondo culturale e della Scuola<br />
paternese, ma anche molti giovani che hanno seguito<br />
con partecipazione ed interesse lo spettacolo.<br />
L’assessore alla cultura, rag. Nino Naso, così come<br />
il Sindaco avv. Pippo Failla, si ritengono molto soddisfatti<br />
del successo dell’iniziativa che è andata ben<br />
oltre le aspettative, e auspicano che il Caffè Letterario,<br />
novità in assoluto per Paternò, nei prossimi appuntamenti<br />
possa contribuire sempre di più alla crescita<br />
culturale della Città.<br />
La Presidente dell’Istituzione Biblioteca Comunale,<br />
dott.ssa Marilina Cancellieri, afferma che l’iniziativa<br />
ha come obiettivo la valorizzazione della memoria<br />
artistica, culturale e sociale della nostra Sicilia<br />
ed, in particolare, di Paternò.<br />
La dott.ssa Rosanna Messina, direttrice della Biblioteca,<br />
ribadisce “… la necessità di far “uscire” la<br />
cultura dalle mura della Biblioteca per creare un’occasione<br />
di incontro fra tutti coloro che amano l’arte<br />
e, soprattutto, per fare amare l’arte da tutti. Credo<br />
necessiti una spinta intellettuale forte per “uscire<br />
fuori”, per non rinchiuderci in noi stessi e spero che<br />
il Caffè Letterario possa contribuire a far raggiungere<br />
alla nostra Città questo importante traguardo”.<br />
Atelier<br />
Benedetta<br />
Sposa<br />
Via S. Anna, 152 Belpasso (CT)<br />
Tel. 095 917674<br />
Agata Rizzo<br />
Nella parte iniziale della rappresentazione,<br />
hai narrato le vicende della regina,<br />
presentandoti al pubblico nei panni<br />
di un cantastorie e riprendendo un pò<br />
questa tradizione ormai perduta. Quale<br />
relazione esiste fra il vostro teatro e<br />
questo tipo di tradizione?<br />
“Abbiamo pensato di dedicare lo<br />
spettacolo a Ciccio Busacca che è il maggior<br />
rappresentante dei cantastorie paternesi.<br />
I cantastorie rappresentavano,<br />
fino a qualche decennio fa, la voce del<br />
popolo, una voce che aveva il ruolo di<br />
informare ma che esprimeva anche una<br />
cultura popolare e alternativa, prima che<br />
la modernità la cancellasse, soppiantandola<br />
con l’omologazione e la cultura del<br />
“fast-food”, togliendo ai cantastorie persino<br />
lo spazio fisico in cui si esibivano,<br />
quelle strade che sono state invase dalle<br />
macchine.<br />
La morte dei cantastorie è assimilabile,<br />
in qualche modo, a quanto diceva<br />
Pasolini nel suo famoso articolo “La<br />
morte delle lucciole”: è la perdita di una<br />
cultura popolare e rurale di fronte all’avanzata<br />
della modernità. Il nostro teatro<br />
si collega, in qualche modo, alla tradi-<br />
5<br />
zione dei cantastorie perché si propone<br />
di riportare in vita questa voce popolare<br />
e alternativa che loro hanno rappresentato”.<br />
Sulla scia di un’arte ormai scomparsa,<br />
i Baternù evocano Busacca come<br />
guida e protettore ideale, con il quale<br />
si instaura un collegamento spirituale,<br />
nel tentativo di creare un teatro<br />
che recuperi la voce proveniente dal<br />
basso, quella del popolo e della gente<br />
comune. Una voce che esprimeva la<br />
diversità e la bellezza che ogni diversità<br />
contiene al suo interno, prima che<br />
la “cultura del fast-food” e della massificazione<br />
livellasse tutto e cancellasse<br />
le particolarità e l’unicità delle<br />
culture locali, sotto l’impellente necessità<br />
di omologazione.<br />
Riportare in vita la voce dei cantastorie,<br />
voce alternativa a quella ufficiale,<br />
acquista oggi un valore ancor<br />
più sovversivo perché si pone come<br />
una voce controcorrente rispetto al<br />
movimento della storia che corre sfrenatamente<br />
avanti, lasciandosi dietro,<br />
e dimenticando, le identità locali.<br />
Melita Furnari<br />
“La vita di Santa Barbara”<br />
Turi Marchese ha presentato la sua<br />
opera alla maniera del “Cuntu”<br />
“Incontro con l’autore” affollato e molto partecipato alla<br />
Galleria d’Arte Moderna di Paternò per la presentazione dell’opera<br />
“La vita di Santa Barbara”, testo in versi rimati e<br />
musicati del maestro Turi Marchese (nella foto), con il quale si<br />
sono aperte le manifestazioni culturali connesse alla festività<br />
di S. Barbara.<br />
Alla maniera dei cantastorie, Turi Marchese, apprezzato<br />
poeta dialettale locale, ha presentato il suo “Cuntu” accompagnando<br />
con la chitarra i versi in dialetto siciliano. Sedici suggestivi<br />
“quadri”, realizzati da Cesare Ferrante e figurati tramite<br />
diapositive, rendevano man, mano “visibili” i versi cantati.<br />
Come considera nella prefazione del libro padre Antonello<br />
Russo, parroco della Chiesa di S. Barbara, “…L’autore, utilizzando<br />
il lessico e la musicalità del dialetto siciliano e riproponendo<br />
la figura del cantastorie, offre un valido contributo nel<br />
recupero di “fatti culturali” che è giusto far rivivere e salvaguardare<br />
(…). Non meno importante è il testo come “fatto<br />
religioso” (…).”<br />
Animatrice dell’incontro la dott.ssa Rosanna Messina, direttrice<br />
della Biblioteca Comunale “G.B. Nicolosi”; moderatori<br />
il già citato sac. Antonello Russo e<br />
l’avv. Giuseppe Virgillito.<br />
Hanno presenziato: il sindaco,<br />
avv. Pippo Failla, l’assessore alla Cultura,<br />
rag. Nino Naso, la pres.ssa dell’Istituzione<br />
Biblioteca, dott.ssa Marilina<br />
Cancelliere e il pres.te del Consiglio<br />
Comunale, Alfio Virgolini.<br />
Tra gli intervenuti diversi esponenti<br />
del mondo politico e culturale<br />
della Città.<br />
R.A.
6 Dicembre 20<strong>05</strong> Speciale Belpasso<br />
E’ già Festa. Il cammino di fede del popolo belpassese<br />
Santa Lucia V.M. Una celebrazione che esplode<br />
Lucia nacque a Siracusa attorno al 280.. La sua vita è intessuta di<br />
elementi leggendari, che testimoniano l’enorme venerazione di cui la<br />
Santa ha sempre goduto.<br />
La sua passio afferma che La Vergine Martire subì il martirio imperante<br />
Diocleziano. Il più antico documento che la riguarderebbe è un’iscrizione del<br />
V secolo in cui si parla di una certa Euskia.<br />
Secondo la passio, la giovane apparteneva a una ricca famiglia siracusana<br />
che la promise in sposa a un pagano. Per una malattia della madre compì un<br />
viaggio a Catania, per visitare il sepolcro di Sant’ Agata, sul quale pronunciò il<br />
voto di conservare la verginità. Distribuì perciò i beni ai poveri e rinunciò al<br />
matrimonio.<br />
Arrestata su denuncia del fidanzato, fu sottoposta a diverse torture: condotta<br />
in un postribolo, trascinata da una coppia di buoi, cosparsa di pece<br />
bollente, posta sulla brace ardente. Per sfuggire al carnefice si strappò gli<br />
occhi. Solo dopo questi tremendi tormenti cadde sfinita e morì.<br />
Le sue ossa non si trovano a Siracusa in quanto, come pare, trafugate dai<br />
bizantini, furono portate a Costantinopoli, da dove furono saccheggiate dai<br />
Veneziani.<br />
L’iconografia riporta l’episodio dello strappo volontario degli occhi; infatti<br />
la Santa è raffigurata con una tazza in mano su cui sono posti gli occhi. In<br />
altre immagini appare con una spada e/o una tazza da cui esce una fiamma.<br />
Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre un folto<br />
gruppo di mottesi si mette in viaggio per raggiungere<br />
a piedi il centro di Belpasso, in festa per<br />
Santa Lucia. Lontane sono le origini di questa pratica<br />
devozionale molto radicata a Motta Sant’ Anastasia<br />
che, nonostante il passare del tempo, continua<br />
a coinvolgere fedeli e ad unire in un vincolo di<br />
solidarietà e di affetto due paesi vicini.<br />
Il silenzio della fredda notte di dicembre è interrotto<br />
dal brusio dei devoti che si radunano per<br />
iniziare il cammino, o meglio, il “viaggio” (come si<br />
suole chiamarlo) che li impegnerà per qualche ora<br />
e li condurrà ai piedi di Santa Lucia, nella chiesa<br />
madre di Belpasso, ove potranno pregare la Santa<br />
della luce, confessarle le proprie angosce e i propri<br />
dolori, renderle il doveroso omaggio per una<br />
grazia ricevuta.<br />
Giunti in paese, i pellegrini mottesi si riversano<br />
in chiesa dove prendono parte alla Messa, celebrata<br />
quasi sempre da uno dei due parroci di<br />
Motta. Conclusa la celebrazione, giunge il momento<br />
più atteso: le porte della cameretta posta<br />
sulla navata laterale si schiudono e appare in tutto il suo splendore la<br />
Santa Statua della Martire Siracusana, seduta in trono e ricoperta dalla<br />
coltre di preziosi ex-voto.<br />
Gli occhi di Lucia incontrano cosi quelli dei suoi devoti che possono<br />
adesso sciogliere il loro voto di riconoscenza o la loro richiesta di<br />
E’ già festa: un “tempo forte”,<br />
una celebrazione che esplode,<br />
esprime un’ esigenza interiore,<br />
maturata, consolidata dagli<br />
impulsi vitali di una tradizione<br />
ultracentenaria; illuminata<br />
dall’ irradiazione esemplare<br />
di S. Lucia “luce di Cristo”, essenzializzata,<br />
animata dalla<br />
propulsione forte della fede in<br />
Gesù Cristo, immessa nell’ oggi<br />
della Chiesa dalla parola del<br />
Papa, Benedetto XVI, che con<br />
la sua densa, stimolante catechesi,<br />
va accentuando l’ attualità<br />
del messaggio conciliare a<br />
40 anni ( 8 dicembre p.) dalla<br />
conclusione del Concilio Vaticano<br />
II, con un diretto riferimento<br />
alla Costituzione dogmatica<br />
sulla divina rivelazione<br />
“ Dei Verbum”; celebrazione in<br />
conformità agli indirizzi ed al programma<br />
pastorale diocesano espressi<br />
dal nostro Arcivescovo, mons.<br />
Salvatore Gristina.<br />
Lo svolgimento della festa descrive<br />
le varie fasi, i vari momenti celebrativi,<br />
il percorso di un cammino di<br />
fede che il popolo di Dio a Belpasso<br />
è chiamato a compiere per la celebrazione<br />
della sua Santa Patrona. La<br />
festa va letta nell’ambito del contesto<br />
celebrativo dell’Anno liturgico,<br />
nell’ arco del quale è distribuito tutto<br />
il mistero di Cristo: dall’ Incarnazione<br />
alla Pasqua, alla Pentecoste ed<br />
all’attesa della beata Speranza del ritorno<br />
del Signore; nell’ arco del quale<br />
la Chiesa “ venera, con particolare<br />
amore, Maria SS. Madre di Dio, congiunta<br />
indissolubilmente all’opera<br />
della salvezza del Figlio suo” ( C.<br />
Vat. II – SC 103 ); fa “ memoria dei<br />
Martiri e degli altri Santi, che giunti<br />
alla perfezione con l’aiuto della multiforme<br />
grazia di Dio, e già in possesso<br />
della salvezza eterna, in cielo<br />
cantano a Dio la lode perfetta ed intercedono<br />
per noi”(C. Vat. II – SC<br />
104).<br />
Un “tempo forte” dunque a Belpasso:<br />
il popolo di Dio celebra, in<br />
Gesù Cristo, la Sua Santa Patrona;<br />
tanta fede, tanto amore, anche nella<br />
festa “esterna “; le liturgie, le assemblee,<br />
corali di preghiera, le processioni<br />
– pellegrinaggio, le tappe stazionali<br />
lungo il percorso del fercolo<br />
con l’immagine e le reliquie di S. Lucia,<br />
l’ irradiarsi di forti momenti di<br />
evangelizzazione e di catechesi anche<br />
mediante il linguaggio spettacolare<br />
ed artistico dei carri allegorici dei<br />
vari quartieri.<br />
Mons. Francesco Mio<br />
Devozione Fede Folcklore<br />
Giorni indimenticabili festeggiano una Santa di grandezza universale<br />
Con l’arrivo di dicembre<br />
quell’antico fervore di devozione<br />
verso Santa Lucia, scaturito<br />
oltre tre scoli fa, si ridesta nell’animo<br />
dei belpassesi sempre<br />
vivo e incontenibile, rinnovandosi<br />
in una tradizione che si è<br />
magnificamente consolidata<br />
negli anni.<br />
Belpasso vive giorni indimenticabili<br />
per la sua Patrona,<br />
Santa di grandezza universale.<br />
Per comprendere il perché di<br />
questa profonda manifestazione<br />
di fede è necessario risalire<br />
alle origini della distrutta Malpasso,<br />
quando nel 1636 i malpassoti,<br />
dopo aver eletto Santa<br />
Lucia patrona del paese, dovettero<br />
farsi prestare un’immagine<br />
della Santa che si trovava<br />
nel convento dei Carmelitani di<br />
Malpasso. Finita la festa, i rettori,<br />
però, non mantennero<br />
l’impegno di restituire l’immagine, e passarono alcuni<br />
anni prima che l’immagine venisse restituita e rimessa<br />
al suo posto. Da allora a parte quest’inconveniente,<br />
la festa si svolse con solennità, avendo provveduto<br />
i devoti a tutto l’arredo della festa, compresa<br />
l’immagine della Santa.<br />
Il rilascio da parte dell’allora Vicario di Catania di<br />
due frammenti di osso del corpo della Martire Siracusana,<br />
cui si aggiunse qualche anno dopo un’altra<br />
reliquia., sulla cui provenienza rimane però un vuoto<br />
storico, intensificò il culto verso la Santa.<br />
Purtroppo, l’eruzione del 1669, che distrusse Malpasso,<br />
e il terremoto poi, che sconvolse e rase al<br />
suolo Fenicia Moncada, costruita dai malpassoti<br />
dopo il disastroso evento, fu causa dell’interruzione<br />
della festa, anche se la devozione rimase sempre viva<br />
nel cuore di tutti gli abitanti , ovunque si trovassero.<br />
La ricorrenza, dunque, è legata alla memoria storica<br />
Nel Nome di Lucia<br />
Da Motta a Belpasso la notte del 12/13 dicembre<br />
grazia, possono presentarle il “viaggio” e la fatica del<br />
cammino, perchè ella li accolga e li benedica. In chiesa<br />
i mottesi giunti a piedi incontrano poi altri loro compaesani<br />
che, pur non avendo compiuto il pellegrinaggio<br />
con loro, vengono a rendere omaggio alla patrona<br />
dei belpassesi. L’unica testimonianza concreta del<br />
legame che unisce gli abitanti di Motta alla Santa Siracusana<br />
è rappresentata da una tela risalente al XVIII<br />
secolo e conservata nella chiesa dell’Immacolata, ove<br />
Lucia è raffigurata assieme ad altre due insigni martiri,<br />
Agata e Barbara, che ricevono da tre angeli la corona<br />
della verginità e della santità. Santa Lucia, posta<br />
alla destra di Sant’Agata, è rappresentata secondo gli<br />
attributi tipici della sua iconografia: la palma del martirio<br />
e il piattino con gli occhi.<br />
Erroneamente si è ritenuto che la figura posta a<br />
sinistra di Agata fosse Anastasia, la patrona dei mottesi,<br />
ma la torre con le tre finestre che la Santa tiene<br />
tra le mani, rimanda chiaramente a Santa Barbara,<br />
venerata nella vicina Paternò.<br />
Attraverso il “viaggio”, dunque, Motta si unisce a<br />
Belpasso nel vincolo della fede e della devozione,<br />
molto più forte di qualsiasi altro legame di natura civile o politica.<br />
Anche quest’anno, io spero, molti mottesi si metteranno in cammino<br />
nella notte di Santa Lucia, rinnovando la tradizione trasmessa dai<br />
padri e partecipando cosi al giubilo dei loro “vicini” che onorano la<br />
Santa Patrona e Protettrice.<br />
di Belpasso e della<br />
sua originaria<br />
popolazione, che<br />
nel nuovo attuale<br />
sito, costruito negli<br />
anni successivi<br />
la celebra, con tre<br />
giorni di intense<br />
manifestazioni.<br />
Conclusa la<br />
tredicina, si inizia<br />
all’<strong>alba</strong> del 12 con<br />
la traslazione delle<br />
sacre reliquie<br />
dalla cappella all’altare<br />
maggiore.<br />
Nella mattinata<br />
poi, si svolge il<br />
consueto omaggio<br />
ai caduti delle due<br />
Guerre con al partecipazione<br />
delle<br />
autorità civili e militari<br />
della provincia.<br />
In serata dopo la solenne processione delle reliquie<br />
che dalla chiesa S. Antonio Abate- dove vengono<br />
portate nella mattinata- rientrano nella Chiesa<br />
Madre fra lo scampanio festoso e la commozione<br />
dei fedeli, è grande attesa per la tradizionale<br />
“ entrata dei carri allegorici “. E’ un<br />
momento spettacolare, e folcloristico,<br />
ma di un folclore improntato da una<br />
viva religiosità, e che non ha nulla<br />
di profano, poiché il filo<br />
conduttore è sempre la<br />
devozione verso la Santuzza<br />
protettrice della<br />
vista. I carri, infatti<br />
esprimono in chiave allegorica<br />
un messaggio<br />
cristiano, che riconduce<br />
alla vita e al martirio di<br />
S. Lucia. Le maestranze dei quartieri, vi hanno lavorato<br />
per alcuni mesi, e attendono con trepidazione<br />
l’apertura di queste grandi costruzioni meccaniche<br />
artisticamente elaborati.<br />
E’ un momento magico: dopo l’esecuzione delle<br />
cantate, al suono della banda, i pannelli si aprono<br />
lentamente facendo scorrere immagini di grande effetto<br />
visivo fra luci e scene fortemente suggestive.<br />
Lo spettacolo dura fina a tarda sera, e al rientro a<br />
casa la notte ha un’atmosfera dal sapore magico: è la<br />
notte di S. Lucia scandita dai rintocchi del campanone<br />
della chiesa Madre e dai fuochi dei quartieri Ascino,<br />
Gattaino e Silva. Il 13 la festa raggiunge il suo<br />
culmine con l’uscita del simulacro alle ore 11,00 sul<br />
sagrato della chiesa Madre, e dopo inizia il giro del<br />
prezioso percolo d’argento, che toccherà tutte le zone<br />
del paese, come ad unire idealmente il paese sotto al<br />
protezione della santa patrona. Maria Calvagno<br />
Comune di Belpasso<br />
Una devozione che si rinnova puntualmente,<br />
una festa che unisce tutto il popolo<br />
di Belpasso nella sua Santa Patrona Lucia.<br />
La gente di Belpasso celebra la Sua Santa<br />
Patrona: tanta fede, tanto amore, anche nella<br />
festa “esterna”; le liturgie, le assemblee corali<br />
di preghiera, le processioni-pellegrinaggio,<br />
le tappe stazionali lungo il percorso del<br />
fercolo con l’immagine e le reliquie della Santa.<br />
E poi forti momenti di evangelizzazione e di catechesi anche mediante il linguaggio<br />
spettacolare ed artistico dei carri allegorici dei vari quartieri.<br />
Carlo Caputo<br />
Assessore alla Cultura<br />
Alfio Papale<br />
Sindaco<br />
Alessandro Puglisi I “santini” sono una gentile concessione del prof. Mario Ciccolo
Il 15 dicembre 1970, in seguito a cause di cui<br />
non è mai stata data una esauriente spiegazione<br />
tecnica, crollò il colonnato del portico della Chiesa<br />
di Santa Lucia extra moenia, opera del sec.<br />
XVIII appartenente al piano di ristrutturazione<br />
attuato dall’architetto Pompeo Picherali.<br />
La preoccupazione della città fu subito rivolta<br />
al simulacro argenteo della Santa che in occa-<br />
Arte Religiosa<br />
Dicembre 20<strong>05</strong> 7<br />
Caravaggio, Seppellimento di Santa Lucia<br />
Trasferimento temporaneo dell’opera<br />
sione dei festeggiamenti del 13 dicembre<br />
era stato esposto come ogni<br />
anno, dopo la lunga processione da<br />
Ortigia alla Borgata, sull’altare maggiore<br />
della chiesa. La statua fu subito<br />
messa al riparo nella vicina Chiesa di<br />
Santa Rita al Corso Gelone.<br />
Il trasferimento repentino del simulacro<br />
fu, dopo poco tempo, seguito<br />
dal provvedimento cautelativo<br />
di rimozione del Seppellimento di<br />
Santa Lucia (1608), dipinto del Caravaggio<br />
allora collocato nell’apposito<br />
nicchione dell’abside principale<br />
della chiesa.<br />
L’occasione fu utile a constatare<br />
che il capolavoro del Merisi era stato guastato in<br />
ampie parti dall’umidità trasmessa dalla parete<br />
absidale. Entro il 1971 ne fu disposto il trasferimento<br />
a Roma presso l’Istituto Centrale del Restauro<br />
dove fu restaurato con la direzione dei<br />
lavori di Michele Cordaro.<br />
L’opera di recupero fu compiuta il 23 marzo<br />
del 1979 ma per ottenere il ritorno del dipinto a<br />
Siracusa si dovettero promuovere, su iniziativa<br />
del sottoscritto, dei Frati di S. Lucia e di altri<br />
cittadini, azioni di protesta tese a sollecitarne il<br />
rientro.<br />
Assenti e indifferenti nonostante fossero state<br />
chiamate in causa più volte furono le istituzioni<br />
locali e regionali preposte alla salvaguardia e la<br />
valorizzazione dei beni culturali. Dopo alterne<br />
vicende, nel 1983, il dipinto rientrò a Siracusa e fu<br />
provvisoriamente sistemato al primo paino della<br />
Galleria Regionale di Palazzo Bellomo dove ancora<br />
oggi (a distanza di sette anni) è esposto.<br />
Le ragioni della mancata collocazione nella sua<br />
sede deputata sono da ricercarsi nella lentezza<br />
con cui il Comune di Siracusa e la Soprintendenza<br />
ai Beni Architettonici Artistici e Storici di Catania<br />
condussero il piano di risanamento della<br />
chiesa. Il primo tentativo di deumidificazione dell’abside<br />
attuato dal Comune agli inizi degli ottanta<br />
si rivelò inutile: l’umidità ricomparve dopo<br />
pochi giorni dalla esecuzione dei lavori e lo strato<br />
di intonaco protettivo si aprì in ampie parti.<br />
Nel 1983 intervenne la Soprintendenza ai Beni<br />
Architettonici Artistici e Storici di Catania che<br />
Gli ultimi restauri del dipinto<br />
Pervenuto a Siracusa (il Caravaggio veniva da Malta<br />
come San Paolo) fece il quadro per la Chiesa di Santa<br />
Lucia che sta fuori alla Marina: dipinse la Santa morta,<br />
col vescovo che la benedice, e vi sono due che scavano la<br />
terra con la pala per seppellirla (G.P. Bellori, Le vite de’<br />
pittori, scultori et architetti moderni, Roma 1672).<br />
La scena, così sinteticamente descritta dal Bellori, è<br />
buia e le pareti di roccia viva che la chiudono ricordano i<br />
costoni ripidi, intagliati dai greci nella balza rocciosa di<br />
Neapolis ed Acradina; il loro colore è grumoso e oscilla<br />
intorno alle tonalità della ruggine. L’ambiente, costruito<br />
con un grande senso di spiritualità ed in modo da ottenere<br />
l’effetto del raccoglimento comunitario, sembra quello<br />
delle cripte catacombali siracusane.<br />
Le figure, piccole come nelle scene maltesi, stanno<br />
nella parte inferiore del quadro e occupano meno della<br />
metà della superficie totale. Il loro segno di contenimento<br />
è una retta obliqua tangente alle teste dello scavatore di<br />
sinistra, della figuretta centrale in meditazione, dell’ultima<br />
figura di destra. Quasi paralleli a tale tangente sono i<br />
raggi luminosi che accendono il quadro, essi formano un<br />
angolo di circa 15° con il piano orizzontale. L’unico segno<br />
orizzontale della composizione è determinato dalla figura<br />
della Vergine che giace distesa per terra; tutti gli altri segni<br />
verticali ed obliqui si compongono dentro lo schema di<br />
due piani figurativi.<br />
Il primo piano è quello determinato dalle due figure<br />
massicce ed imponenti dei seppellitori i quali, per il loro<br />
vigore, conferiscono ad esso qualità dinamiche. La gamba<br />
sinistra dello scavatore di destra avanza con una forza<br />
impressionante e dà l’effetto marcatissimo di chiudere la<br />
scena della parte frontale. Su questa enorme figura gli<br />
ultimi restauratori (1971-1979) hanno lasciato frammenti<br />
della scurissima colorazione precedente. Ora i colori sono<br />
ritornati ad essere vivi come il Caravaggio li distese. La<br />
illeggibilità di alcuni brani del dipinto era stata causata<br />
dalle grossolane ridipinture e dal deperimento derivante<br />
dall’umidità della zona absidale delle Chiesa di Santa Lucia<br />
extra-moenia. Oltre il piano dei seppellitori c’è uno<br />
spazio cubico in cui è contenuta la figura di Santa Lucia.<br />
La dimensione di questo spazio si percepisce dal varco<br />
quasi ellittico determinato dai segni arcuati dei due seppellitori.<br />
Lo spazio della Santa è chiuso a destra dalla<br />
figura del vescovo il quale tenta di entrarvi con la mano<br />
benedicente. Si ha lo stesso effetto della mano di Cristo<br />
nella Resurrezione di Lazzaro (Messina, Museo Regionale).<br />
Oltre lo spazio cubico della Vergine c’è un secondo<br />
piano sul quale si inscrivono tutte le figure del fondo:<br />
figure tormentate, con le teste piegate verso la Santa, con<br />
i volti abbagliati da una luce drammatica proveniente da<br />
destra con lo stesso orientamento del vescovo (la mano di<br />
questi è accesa come una lampada). Le figure del secondo<br />
piano a differenza di quelle del primo, virili e scattanti,<br />
sono gracili, morbide, silenziose.<br />
Solo l’uomo con la barba, visto di tre quarti, si distacca<br />
dal silenzio del gruppo: il suo volto sembra teso ed i suoi<br />
occhi sono impauriti. La sua emozione però non riesce a<br />
coinvolgere gli altri astanti, nemmeno l’uomo che gli sta<br />
accanto al quale direttamente si rivolge; egli cerca con lo<br />
sguardo sconvolto di farsi varco nel gruppo dei piangenti<br />
per vedere il corpo disteso della Santa. Un solo uomo,<br />
l’ultimo del gruppo sulla destra, guarda fuori dalla scena<br />
ma non è distratto ed anche i suoi occhi sono madidi di<br />
pianto.<br />
La figura di fondo sulla quale il Caravaggio focalizza<br />
maggiormente l’attenzione è quella col manto rosso (un<br />
diacono?), unico colore vivo in una scena di mezze tinte e<br />
di toni neutri. Il segno rosso del manto incornicia la dolce<br />
figuretta il cui sguardo è diretto alla Santa; le mani intrecciate<br />
e le dita tese dicono quanta sofferenza e quanto<br />
dolore ci siano nel suo spirito. La Santa gli sta dinanzi con<br />
la testa abbandonata all’indietro (forse per il collo reciso)<br />
e le mani ancora vive: la sinistra (poi magistralmente ripresa<br />
nel marmo dal toscano Gregorio Tedeschi, 1634)<br />
avanza dolcemente dal fondo per raggiungere l’addome<br />
su cui vuole posarsi; la destra sembra ancora tentare di<br />
chiudersi per stringere la palmetta, simbolo di una vittoria<br />
ottenuta col martirio e la fede.<br />
Dal punto di vista tecnico le figure del primo piano<br />
sono dipinte con campiture ampie e distese, quelle del<br />
secondo piano, e la stessa Santa Lucia, sono risolte a<br />
tocchi immediati. L’ultimo piano pittorico è determinato<br />
dalla parete di fondo la quale coloristicamente è compatta<br />
ed omogenea. La presenza imponente di tale parete non<br />
lascia spazio a nessuna distrazione, anzi il suo arco ampio<br />
e tozzo, scavato in forte prospettiva, sembra spingere e<br />
chiudere la scena slittandola verso destra; sembra inoltre<br />
favorire e indirizzare l’attenzione dell’osservatore verso<br />
le figure piangenti del secondo piano.<br />
Sotto l’arco c’è l’accenno ad una galleria e quindi, più<br />
in profondità, ad un passaggio occluso la cui campitura<br />
cromatica è risolta con toni scurissimi e senza accenno a<br />
dettagli di sorta. Ciò sempre al fine di evitare la distrazione<br />
visiva dell’osservatore. La funzione compositiva di<br />
tale settore del quadro non fu compresa dall’autore del<br />
bassorilievo, facente parte della cassa argentea di Santa<br />
Lucia, il quale descrive minuziosamente, con una porta<br />
decorata con bugne a punta di diamante, la campitura<br />
compresa dall’arcone sfocando così la visione d’insieme e<br />
distraendo l’osservatore.<br />
Paolo Giansiracusa<br />
Accademia Belle Arti - Siracusa<br />
con finanziamento dell’Assessorato Regionale ai<br />
Beni Culturali diede incarico all’arch. Enrico Reale<br />
di eseguire un progetto organico che comprendesse<br />
il restauro della chiesa e dei locali annessi,<br />
nonché la sistemazione e il riadattamento a<br />
fini espositivi della vecchia sagrestia (ora Sala del<br />
Caravaggio).<br />
L’esecuzione dei lavori, in alcune parti diversa<br />
rispetto al progetto del tecnico siracusano, fu<br />
condotta e diretta dalla stessa Soprintendenza.<br />
Allo stato attuale tutto è pronto per accogliere il<br />
dipinto. La Sala del Caravaggio è stata dotata<br />
persino di un sofisticato impianto antifurto. Dalla<br />
Regione Siciliana, dalla Soprintendenza di Siracusa<br />
e dalla Direzione della Galleria Regionale di<br />
Palazzo Bellomo non si ha però alcuna notizia in<br />
riferimento al trasferimento dell’opera nella sua<br />
sede originaria.<br />
Quali ragioni impediscono la ricollocazione<br />
del quadro nella Chiesa di Santa Lucia? E’ la domanda<br />
che molti cittadini siracusani e numerosi<br />
studiosi italiani e stranieri si pongono.<br />
Considerato il notevole lasso di tempo intercorso<br />
dalla data in cui la tela fu rimossa ad oggi<br />
(vent’anni!) ben si comprende quale sia l’urgenza<br />
di ridare alla comunità ecclesiale della Parrocchia<br />
di Santa Lucia al Sepolcro quell’opera che<br />
documenta un momento importantissimo della<br />
sua storia. L’ulteriore assenza del dipinto dal suo<br />
luogo deputato non può che causare conseguenze<br />
gravissime alla funzione culturale e all’immagine<br />
artistica del complesso conventuale dei Francescani.<br />
Per tale ragione, unitamente agli organizzatori<br />
e agli artisti inviati per questa rassegna<br />
d’arte in omaggio al Caravaggio, affermo che gli<br />
spazi chiesastici ricchi di storia e di tradizioni,<br />
alla stessa maniera dei musei e delle pubbliche<br />
collezioni, non devono essere privati, nemmeno<br />
per breve tempo, dei loro documenti artistici. Le<br />
chiese devono essere conservate e tutelate nella<br />
loro integrità strutturale e documentale.<br />
Per tale motivo si ritiene di poter dire che la<br />
richiesta pressante del rientro del dipinto del<br />
Merisi nella sua sede storica non deve essere intesa<br />
come il capriccio di una piccola comunità<br />
religiosa, ma come il desiderio, l’esigenza e il diritto<br />
della cittadinanza aretusea e del mondo della<br />
cultura tutto.
8 Dicembre 20<strong>05</strong> Cultura e Scuola<br />
Capuana e lo spiritismo<br />
Un aspetto poco conosciuto dello scrittore di Mineo<br />
Luigi Capuana è conosciuto soprattutto<br />
come una delle tre personalità maggiori,<br />
con Verga e De Roberto, della nostra<br />
stagione verista.<br />
Poco noto, invece, nei fatti, anche da<br />
parte degli studiosi, un altro lato della<br />
sua personalità che riguarda la sua attività<br />
spiritica; attività che egli esplicò sia<br />
nel campo della saggistica che della narrativa,<br />
in romanzi e novelle e anche nella<br />
pratica diretta di magnetizzatore e studioso<br />
di questi fenomeni, oltre che di<br />
fotografo che a tale attività si dedicò con<br />
zelo di neofita e con una competenza<br />
più che dilettantesca.<br />
Lo spiritismo era nato, per cosi dire,<br />
nel 1847, in America, ad Hydesville<br />
(New York) quando due sorelle, Margaret<br />
e Kate Fox, avevano percepito segnali<br />
di colpi (raps) costituenti una specie<br />
di linguaggio tiptico (come venne chiamato<br />
poi in gergo tecnico) che provenivano<br />
dal muro di una stanza dentro la<br />
quale -o nelle cantina della casa, come è<br />
più facile credere- furono trovati i resti<br />
di uno che vi era stato presumibilmente<br />
assassinato e da cui provenivano quei<br />
colpi.<br />
Da allora la manifestazione di tali fenomeni<br />
e la credenza nella possibilità di<br />
comunicazione col “di là”, cioè con un<br />
mondo di esseri non più viventi, ma di<br />
cui si potevano percepire forme molteplici<br />
e sia pur differenziate di persistenza,<br />
si diffuse rapidamente, tanto da invadere<br />
anche il campo di una vera e propria<br />
ricerca nelle scienze e diventare addirittura<br />
moda nelle riunioni e nelle sedute<br />
dei salotti.<br />
La nuova tendenza si diffuse così,<br />
varcato l’oceano, nelle capitali del progresso,<br />
Parigi, Londra, le città germaniche<br />
sedi di salde tradizioni nelle scienze,<br />
dove si celebravano le nuove scoperte<br />
come l’elettricità, i raggi x, il telegrafo,<br />
l’ipnotismo applicato alla medicina, le<br />
comunicazioni a distanza di cui lo spiritismo,<br />
appunto, comunicazione che si<br />
fonda sul rapporto tra le essenze dei trapassati<br />
e i viventi, poteva sembrare una<br />
analoga forma di relazione da studiare<br />
scientificamente.<br />
A New York, nel 1875, era stata fon-<br />
data la Società Teosofica, il cui organo<br />
ufficiale era il “Theosophist”, dal colonnello<br />
statunitense Henry Steel Olcott e<br />
dalla scrittrice, spiritista, spiritualista<br />
russa, Helena Petrovna Blavatsky.<br />
In Francia Allan Kardec<br />
(Léon Hyppolyte Dénizart<br />
Rivail, 1803-1869), considerato<br />
uno dei padri<br />
di questra dottrina,<br />
aveva propugnato in<br />
due suoi volumi, Le<br />
livre des esprits<br />
[1857] e Le livre des<br />
mediums [1861], il<br />
principio della reincarnazione<br />
e quello della tripartizionedell’individualità<br />
in corpo, spirito e “perispirito”,<br />
perdurante anche dopo la<br />
morte, e che rende possibile la comunicazione<br />
tra viventi e defunti. Ma si interessarono<br />
variamente allo spiritismo,<br />
a volte aderendovi con convinzione, altre<br />
personalità di rilievo come Alfred<br />
Russel Wallace; Jean Martin Charcot,<br />
professore di anatomia alla Sorbona;<br />
Charles Richet, fisiologo, psichiatra, studioso<br />
degli stadi di alterazione della coscienza;<br />
William Crookes, fisico, chimico,<br />
insignito del premio Nobel nel suo<br />
campo; Alexandre Aksakof, statista e diplomatico<br />
russo che era uno dei pionieri<br />
e dei più eminenti divulgatori di questa<br />
dottrina; Giovanni Virginio Schiaparelli,<br />
che legò il suo nome soprattutto agli<br />
studi sulla superficie del pianeta Marte;<br />
Camille Flammarion, autore di numerose<br />
opere in campo astronomico e delle<br />
scienze, e pure de L’inconnu et les problèmes<br />
psychiques che riguardava più<br />
specificamente i fatti di metapsichica e<br />
spiritici; Cesare Lombroso, antropologo,<br />
studioso di criminologia, di cui erano<br />
allora molto famose le opere L’uomo<br />
delinquente in rapporto all’antropologia,<br />
alla giurisprudenza e alle discipline<br />
economiche [1876] e La donna delinquente,<br />
la prostituta e la donna normale<br />
[1893], il quale, prima scettico, si era<br />
interessato poi allo spiritismo, partecipando,<br />
con eminenti studiosi come quelli<br />
nominati, a sedute con famosi medium,<br />
riconoscendo l’eccezionale qualità dei fenomeni<br />
che si verificavano.<br />
Insieme a Richet e alcune di queste<br />
ultime personalità nominate, Capuana<br />
aveva partecipato a delle sedute con la<br />
medium Eusapia Paladino, una<br />
delle più note di allora, sedute<br />
in cui si registravano, confermandoli<br />
nei verbali, i fenomeni<br />
spiritici che vi si<br />
erano verificati.<br />
Scrittore importante<br />
del Verismo, come è luogo<br />
acclarato della critica<br />
riconoscere, Capuana fu<br />
anche, come si vede, studioso<br />
da non rinchiudere in<br />
stretti confini deterministici e<br />
paesani, tanto verista regionalista,<br />
quanto attento alle psicologie borghesi<br />
e salottiere, quanto autore di larghe<br />
incursioni nei temi fantastici o della psiche<br />
più inquieta e perturbata, fino alla<br />
vera e propria esplorazione nel campo<br />
del “di là”, dell’inconnu, per dirla con<br />
vocabolo che allora più si usava nei riguardi<br />
di questa conoscenza; fino alla<br />
indagine (e alla pratica, come si è detto)<br />
dello spiritismo, alla resa sulla pagina -in<br />
racconti, novelle, romanzi, e in qualche<br />
dramma, comeUn Vampiro, per esempio,<br />
- di questa tendenza, o scienza o<br />
moda, largamente diffusa a fine secolo.<br />
Capuana scrisse un saggio Spiritismo?,<br />
uno dei primi libri in Italia se non,<br />
addirittura, il primo in assoluto, sull’argomento,<br />
uscito presso Giannotta di<br />
Catania nel 1884, e in cui raccoglieva<br />
suoi scritti già prima apparsi in riviste e<br />
giornali, e un altro, Mondo occulto, di<br />
dodici anni dopo, in cui esaminava ancora<br />
sonnambulismo, spiritismo, occultismo,<br />
come, ormai, sempre più chiare<br />
«gradazioni di uno stesso fenomeno»,<br />
casi di telepatie, allucinazioni visuali,<br />
tattili, transitorie, uditive, reciproche e<br />
collettive, riportate da volumi scientifici<br />
come quelli di Gurney, Myers e Podmore,<br />
del D’Assier, del Sinnet, ecc... e<br />
con frequenti riferimenti, anche, a rassegne<br />
e pubblicazioni quali «The Lucifer»,<br />
«The Theosophist», «Die Sfinx», «Le<br />
Lotus», «L’Aurore» che si ispiravano<br />
“Vivere insieme… con le regole”<br />
Un progetto sulla legalità della “Virgillito” al Centro Sociale per anziani<br />
La visita ai nonni del Centro Sociale<br />
per anziani di Paternò “ Un nonno<br />
per amico”, ha consentito ai/alle<br />
bambini/e della scuola dell’Infanzia e<br />
delle prime classi della Primaria della<br />
Scuola Statale “ M.Virgillito ”- IV<br />
D.D. di Paternò - di scoprire un mondo<br />
insospettato di curiosità e di nuovi/antichi<br />
saperi. L’incontro si inserisce<br />
nell’ambito del progetto di Continuità<br />
Educativa tra i due succitati ordini<br />
di scuola: “ Vivere insieme … con<br />
le regole ”, che, nella sua progettazio-<br />
ne, prevede una serie<br />
di visite guidate<br />
nel Territorio.<br />
Alunni, insegnanti e<br />
genitori hanno ricevuto<br />
una calorosa<br />
accoglienza da parte<br />
della responsabile<br />
del centro, signora<br />
Franca Signorello,<br />
di tutto lo staff<br />
organizzativo e degli<br />
anziani che, grazie<br />
all’animazione musicale del maestro<br />
Salvatore Distefano, hanno cantato<br />
e ballato per i piccoli ospiti. I<br />
bambini a loro volta, hanno donato ai<br />
nonni dolci preparati dalle mamme e<br />
una bellissima torta con dedica; una<br />
canzoncina dall’emblematico titolo: “<br />
Grazie, grazie Nonni! ” ha concluso<br />
l’incontro. Ha presenziato all’incontro<br />
l’Assessore ai Servizi Sociali, dott.<br />
Rosario Gennaro. “ Con l’educazione<br />
alla legalità, nucleo tematico e finalità<br />
prioritaria del P.O.F. del corrente<br />
anno scolastico, si intende promuovere<br />
la “ Cultura ” della legalità attraverso<br />
il rapporto con l’ambiente e il<br />
proprio contesto di appartenenza<br />
nonché con il sistema sociale e le istituzioni<br />
– afferma la referente del progetto,<br />
ins. Cettina Raciti. – Educare al<br />
rispetto, al dialogo, alla solidarietà, ad<br />
accettare la “ diversità ”, in senso lato,<br />
come valore arricchente, sono gli obiettivi<br />
primari che si pone il progetto. Il<br />
rispetto per gli anziani, nella fattispecie,<br />
e la conoscenza delle proprie tradizioni<br />
rientrano,a pieno titolo, nella<br />
costruzione dell’identità socio/culturale<br />
di ogni bambino/a, le cui fondamenta<br />
devono essere solide già dalla<br />
prima infanzia.” Il Dirigente Scolastico,<br />
prof. Salvatore Musumeci dichiara:<br />
“ Ci sentiamo in dovere di ringraziare<br />
tutti gli anziani e i nonni dei nostri<br />
alunni che fino ad oggi hanno regalato<br />
a noi adulti momenti altamente<br />
significativi ed ai bambini bellissimi<br />
ricordi per il loro domani.”<br />
C.R.<br />
alle dottrine indiane e al mondo esoterico.<br />
Il tutto sulla base di quel crisma della<br />
“verità”, della oggettività scientifica, che<br />
era il segno d’epoca cui non si poteva<br />
sfuggire allora.<br />
Vanno messi in conto, ancora, il breve<br />
saggio Il “Di là” (pubblicato nel gennaio<br />
1902 in cui faceva riferimento ai<br />
possibili imbrogli dei “medium”, e alle<br />
fotografie spiritiche, alle telepatie, alle<br />
sopravvivenze del “perispirito”, secondo<br />
le teorie di Allan Kardec); una poesia<br />
dei Semiritmi dell’ ’88, intitolata, in modo<br />
affine a Spiritismo?, da un punto interrogativo;<br />
e una “lettera aperta” del 19<strong>05</strong><br />
al conterraneo Luigi Pirandello che in un<br />
discorso della fine di quell’ anno aveva<br />
insinuato qualche dubbio ironico nei confronti<br />
degli spiriti. Documenti tutti che<br />
mostrano il costante interesse teorico,<br />
per così dire, e saggistico di Capuana al<br />
paranormale e alle sue manifestazioni.<br />
I più interessanti, comunque, sono i<br />
riflessi sulla produzione delle novelle e<br />
dei romanzi che più ci interessano.<br />
Si va, per i racconti, da Il dottor Cymbalus,<br />
del 1867, a Un caso di sonnambulismo,<br />
del ’73, dove è narrato un caso<br />
di fenomeno telepatico di scrittura preveggente;<br />
a Ofelia (in cui il pittore Mario<br />
Procci, per forza magnetica, lascia annegare,<br />
come la Ofelia del quadro che sta<br />
dipingendo, la fidanzata della quale è<br />
geloso, consegnandosi poi, come colpevole,<br />
alla polizia; a Fatale influsso (in cui<br />
lo scultore Raimondo Palli sottopone a<br />
suggestione la moglie Delia inducendola<br />
alla pazzia, e alla distruzione del capolavoro,<br />
che, su di lei, aveva modellato); a<br />
Suggestione (in cui Fabio Grispaldi lancia<br />
da lontano, come per vendetta, una<br />
maledizione sulla bellissima donna che<br />
non ha voluto cedere al suo amore; ed<br />
essa incomincia ineluttabilmente a sfiorire,<br />
senza che si possa più arrestare<br />
questo malefico influsso); aUn esperimento<br />
(in cui un tal Tommasi, professore<br />
di filosofia e magnetizzatore dilettante,<br />
che ha visto da vicino “medium” come<br />
Eusapia Paladino e Donati, esercita, per<br />
così dire, su se stesso, le sue capacità di<br />
suggestione, suggerendo al garzone di<br />
barbiere che lo sta radendo di far l’atto di<br />
“Andiamo a bere la pioggia” è il quarto libro dello<br />
scrittore e giornalista Raffaele Mangano. Il tema che ricorre<br />
all’interno della nuova opera letteraria è l’infanzia<br />
nei cortili delle città. Gabriele e Giuseppe fanno parte<br />
della banda degli otto, che “agisce” nel cortile di un palazzo<br />
di edilizia popolare in un paese sito alle porte di<br />
una grande città. A dispetto delle dimensioni, lo spazio si<br />
rivela un mondo pulsante dove fioriscono i comportamenti<br />
tipici di ogni consesso umano: l’amicizia, le liti, le<br />
alleanze, le tensioni, la solidarietà e i disaccordi. Ma soprattutto<br />
lo spirito di appartenenza al gruppo che, come<br />
primo effetto, scatena un estenuante e irrisolvibile conflitto<br />
con i vicini di cortile. Attorno agli otto ruota un<br />
mondo bizzarro, ricco di personaggi che solo il cortile<br />
riesce ancora a preservare all’era (dell’allora) miracolo<br />
economico. I due giovani protagonisti si perdono di vista<br />
alle soglie dell’adolescenza.<br />
Si rincontreranno da adulti dopo percorsi di vita diversi.<br />
Sarà la città, con i suoi frastuoni quotidiani, che<br />
offrirà ai due un breve arco di tempo, un giorno, per<br />
raccontarsi e parlare di un tragico evento che ha sconvolto<br />
la vita dei due giovani. “Questo libro nasce, come tutti<br />
gli altri -ha affermato Mangano-. Capita spesso di andare<br />
in libreria e comprare un libro dal quale siamo attratti<br />
senza ragione. Lo stesso è per lo scrittore. Nella stesura<br />
ucciderlo, e scampando poi per un soffio<br />
all’esecuzione dell’avventato esperimento).<br />
A una vera e propria apparizione degli<br />
spiriti assistiamo in La evocatrice.<br />
Ugualmente canonici i casi di comparsa<br />
di fantasmi nelle “case infestate”,<br />
di presenze misteriose e invisibili, che<br />
ricorrono in altre novelle, per esempio in<br />
Forze occulte dove due sposini sentono<br />
la villa solitaria scelta per la luna di miele<br />
abitata da fruscii, gemiti, entità inquietanti,<br />
come per la reviviscenza di un antico<br />
delitto lì accaduto, e solo abbandonandola<br />
sfuggono al maleficio. In Nella<br />
pensione il signor Pintaura sente il vicino<br />
di stanza Torriani parlare col fantasma<br />
di una donna morta cinque anni prima,<br />
che forse è stato lui a uccidere: o<br />
forse è sopravvivenza o allucinazione;<br />
in Enimma Lelio sente picchi e sussurri<br />
provenire dalla stanza accanto, e li attribuisce<br />
alla ragazza di cui si sta innamorando:<br />
viene a sapere invece che lì è morta<br />
una giovane di consunzione, della quale<br />
forse erano i segnali che lo hanno attratto;<br />
in Un sogno a don Ciccio Lanuzza<br />
compare per due notti di seguito il fantasma<br />
di un amico morto, indicandogli il<br />
luogo di un suo testamento olografo nascosto;<br />
in Un monumento al barone Vittorio<br />
Bòndola, che ha venduto a un ricco<br />
americano il monumento eretto in onore<br />
della moglie morta, si presenta il fantasma<br />
di lei impedendogli di riscuotere in<br />
banca la somma che, da quella vendita,<br />
ha ricavato.<br />
Altre novelle sono a tematica esoterico-teosofica,<br />
basate sulla teoria della<br />
reincarnazione, della trasmigrazione dei<br />
corpi delle filosofie orientali, per esempio<br />
A una bruna, che è una specie di<br />
diario, un resoconto-confessione sul credere<br />
in teorie come quelle di Swedenborg,<br />
negli stati allucinativi, nelle materializzazioni.<br />
In Il gran viaggio viene descritto<br />
un tentativo di vera e propria scorporizzazione<br />
di uno di questi adepti verso<br />
il «Gran Regno», il «Grande Impero del<br />
di là» e dell’occulto; in L’invisibile un<br />
altro di questi praticanti teosofi si volatilizza<br />
sotto gli occhi increduli, eppur<br />
non agnostici, del dottor Maggioli, la-<br />
sciando un leggero filo di fumo che svanisce<br />
dalla finestra; in Creazione è ancora<br />
il dottor Maggioli ad assistere alla “materializzazione”<br />
di una donna perfetta<br />
che il suo amico Enrico Strizzi “crea”<br />
mediante gli «elementali», «granuli, atomi<br />
viventi, sparsi nell’aria, capaci di ricevere,<br />
da chi ne ha il potere, la virtù di<br />
esplicarsi in una forma determinata ».<br />
Sono novelle sparse nelle numerose<br />
raccolte, e lungo un percorso cronologico<br />
molto protratto; tutte, comunque,<br />
svolte sul costante rapporto col misterioso<br />
e l’”inspiegabile”, che le collega,<br />
pur nella varietà di spunti che vi sono<br />
sviluppati, al comune fondo di interessi<br />
per il paranormale e per l’occulto ampiamente<br />
apprezzabile, come si vede,<br />
nell’arco dell’opera narrativa dell’eclettico<br />
e vivace scrittore siciliano.<br />
Di numerose altre varrebbe parlare,<br />
che tuttavia non rientrano nello spazio<br />
breve di un articolo.<br />
Conviene chiudere, per ora, ricordando<br />
la stessa attività di magnetizzatore<br />
che Capuana esercitò direttamente nei<br />
confronti di Beppina Poggi (figlia del suo<br />
affittuario a Firenze nel ’64) di cui parla<br />
ampiamente in Spiritismo?; o anche quella<br />
cui il geloso scrittore siciliano minacciava<br />
di sottoporre Beppa Sansone, la<br />
serva-amante di Mineo, a scongiurarne<br />
eventuali tradimenti.<br />
Delle fotografie “spiritiche”, che pure<br />
lo interessarono, sono documenti, ora<br />
alla Biblioteca di Mineo, quelle in cui<br />
Beppina compare in visibile stato di alterazione<br />
fisiognomica; quelle di se stesso<br />
“morto”, o quelle di ectoplasmi fluidici<br />
del “di là”, con cui l’eclettico scrittore<br />
impressionava le sue lastre.<br />
Mentre non molto più che aneddoti<br />
di vita locale sono i casi spiritici in novelle<br />
come Il mago, storia di un “indovino”<br />
di paese che fa fatture finché non<br />
trova uno più furbo di lui che lo imbroglia;<br />
o come La rosa di Gerico in cui un<br />
mezzano tiene il sacco, con la magia e le<br />
sedute di comodo, a chi si vuol passare<br />
la voglia con le ragazze.<br />
Mario Tropea<br />
Università di Catania<br />
“Andiamo a bere la pioggia”<br />
L’opera di Mangano riporta ai quartieri pasoliniani<br />
di questo libro ho pensato a quando vivevo in periferia.<br />
Questo esempio testimonia come, in realtà i libri esistono<br />
già e lo scrittore non è altro che un catalizzatore di un<br />
qualcosa che ha già preso consistenza”. Al lettore, Mangano<br />
offre una visione quasi poetica delle periferie, come se<br />
il cortile rappresentasse l’emblema dei sentimenti importanti<br />
che poi formano il carattere. “Il cortile- ha sostenuto<br />
Mangano in occasione della presentazione del suo libro- è<br />
uno spazio ristretto, pieno di energie, c’era una sorta di<br />
società del cortile.<br />
Oggi, al contrario, le città sono vuote, quasi senz’anima”.<br />
Ad essere, poi, più attenti, nel libro dell’autore milanese,<br />
traspare una profonda insofferenza nei confronti del<br />
mondo ecclesiastico. Traspare in due episodi ben specifici:<br />
entrambi evidenziano il rapporto adolescenziale col sesso:<br />
il desiderio infantile agli occhi del prete dell’oratorio<br />
diventa peccato. Questo concetto emerge anche nell’episodio<br />
del rifiuto, di uno dei bambini, di fare la comunione.<br />
Un evento che si manifesta più come una costrizione che<br />
come un sentire la fede. Il libro di Raffaele Mangano ha<br />
nelle sue pagine un pezzo di storia: la vita dei quartieri sub<br />
urbani, le miserie dei “Ragazzi di vita” pasoliniani, ma ha<br />
soprattutto un profondo bisogno dell’innocenza e dell’ingenuità<br />
rapita dal Villaggio Globale.<br />
Laura Galesi
2 dicembre 1987: muore Gino Raya, il<br />
grande dimenticato dell’Italia culturale. Chi<br />
lo ebbe amico e maestro poté apprezzarne<br />
l’ingegno e la versatilità, il coraggio e la coerenza.<br />
Nel coraggio, intellettuale e morale,<br />
rientra la svolta decisiva della sua ispirazione<br />
filosofica: quella reductio dell’universo<br />
antropico alla comune dimensione biologica<br />
dei viventi, che dava un ben servito all’enorme<br />
baraccone della maiuscoleria universale.<br />
Niente anime e spiriti, ragione e apriori distinti<br />
dal corpo, unica realtà controllabile: al<br />
culmine di una tradizione storica minoritaria,<br />
che va da Talete a Nietzsche, da Democrito<br />
a Leopardi (“Il corpo è tutto”) Feuerbach<br />
Freud Turrò, ecc., Raya rastremava la<br />
stessa biologicità assoluta dell’uomo nella<br />
pulsione fagica: corpo e fame sono tutt’uno.<br />
Una serie di conseguenze sfociavano in una<br />
nuova impostazione del discorso antropologico<br />
e sulle varie attività umane, viste tutte<br />
come modulazioni della pulsione unica, nelle<br />
sue naturali tecniche più o meno evolute:<br />
insomma, la critica fisiologica. Un metodo<br />
che consente di condurre l’analisi dei comportamenti<br />
di homo sapiens fino alle radici<br />
ultime, oltre le quali non c’è che il vaniloquio<br />
inverificabile; ma dalle quali, anche, si<br />
può risalire fino alle (rare) vette nobili (sensibilità<br />
scientifica ed etica) senza barare, trescando<br />
con la metafisica. La critica in questione<br />
non conosce preclusioni: i suoi temi<br />
svariano dall’etica alla politica, dalla religione<br />
all’arte, dall’economia al diritto, alla sociologia;<br />
e via enumerando.<br />
Qui vogliamo accennare alla concezione<br />
rayana della politica, anzi del politico. Una<br />
prima definizione fisiologica lo vuole figlio<br />
del prete. L’onestà insita nel metodo non consente<br />
al Raya definizioni assolute e tagli dra-<br />
Cultura e Tradizioni<br />
Gino RAYA e la “politica” del politico<br />
Il Verbum e l’uomo del Verbum secondo la critica fisiologica<br />
Gentile<br />
don AntonioUcciardo,<br />
la Sua<br />
nota dell’ultimo<br />
numero<br />
de l’Alba<br />
è paradossale<br />
essendo rivolta non a me<br />
ma ad un interlocutore immaginario.<br />
Io ho grande stima<br />
per il cristiano, sentendomi<br />
cristiano anch’io, laico restando.<br />
Ma cristiano non ha<br />
niente a che vedere con cattolico,<br />
fermo restando il Suo<br />
diritto di credere il contrario.<br />
Non solo, non sono sostenitore<br />
dell’anarchia, organizzazione<br />
sociale senza un<br />
potere regolatore (società<br />
senza Stato), che è un non<br />
senso biologico. Ciò non<br />
vuol dire che io non creda<br />
nell’intenzione dei classici<br />
anarchici di costruire una società<br />
per uomini-fratelli, alias<br />
compagni. Da giovane militai<br />
per un ventennio pieno<br />
nel movimento anarchico<br />
scrivendo su quasi tutta la<br />
stampa del movimento stesso<br />
anche all’estero, per es.<br />
su “La Opinion” e “El Sol”<br />
di Costarica. Me ne uscii proprio<br />
perché la mia riserva circa<br />
l’anarchia diventava sempre<br />
più insopportabile. Gl<br />
anarchici “tradizionali”, (non<br />
esenti da fanatismo e settarismo<br />
anche loro!) invece di<br />
discutere il fatto, preferirono<br />
condannarmi all’ostracismo.<br />
Il mio secondo articolo, apparso<br />
sul settimanale “Uma-<br />
stici tra bianco e nero, bene e male: le sue<br />
connotazioni poggiano sulle prevalenze.<br />
Domanda: “Che cosa prevale nel prete e quindi<br />
nel figlio del prete?” La risposta è dettata<br />
dall’evidenza empirica: “Prevale la parola, il<br />
verbo in quanto prius assoluto, l’in primis<br />
erat Verbum”. Il prete si arroga il privilegio<br />
di essere la voce di dio e promette beni celesti,<br />
perché? Perché “il Verbum, onnipotente<br />
onnipresente onnicreante ecc. trasferisce i<br />
suoi onni ai propri ministri, e insomma al<br />
potere teocratico”. Tempi evoluzione e ambienti<br />
possono variare il peso del Verbum<br />
tuttofare nelle comunità umane, e cioè il potere<br />
dei suoi referenti teocratici, ma esso non<br />
scompare mai. Spesso, anzi, rinasce virulento<br />
come ai tempi d’oro degli assolutismi che<br />
ispira dopo eclissi più o meno lunghe. Anche<br />
il politico, guardando alla sostanza e non<br />
ai formulari ideologici, si rivela uomo del Verbum,<br />
della parola che surroga la cosa, che<br />
promette paradisi in terra e rivoluzioni palingenetiche,<br />
senza badare alle puntuali smentite<br />
della storia. Le sue promesse sono organizzate,<br />
al loro meglio propositivo, in ideologie<br />
accattivanti, più o meno strutturate in<br />
visioni del mondo. L’ideologia consola, accende<br />
speranze, inebria i suoi credenti a volte<br />
fino al sacrificio della vita: come è accaduto,<br />
nei secoli, con la religione. Una sua formula<br />
fortunata è cambiare il mondo.<br />
Viviamo tempi di disincanto? Fino a che<br />
punto, se si blatera (a sentire i soliti maestri<br />
del cassero, sempre pronti a “totalizzare”<br />
visioni parziali e monche) che le ideologie<br />
sono morte e sepolte? Come se la religione,<br />
in qualunque sua versione, non fosse la madre<br />
e il modello delle ideologie. E come se il<br />
liberismo globalizzato, che incanta apostati<br />
del marxismo e voltagabbana di ogni calibro,<br />
non fosse tra le ideologie più perniciose e<br />
bugiarde (col feticcio del mercato auto-regolantesi<br />
pro bono omnium. E c’è forse penuria<br />
di religioni e liberismi in questi ibridi tempi<br />
di conflitti e accensioni fanatiche?<br />
L’antiassolutismo del metodo consente a<br />
Raya di giocare sulle prevalenze e la storia<br />
fino all’apparente paradosso: “La filiazione<br />
dal prete al politico è fondata su certa linea<br />
storica e conseguente opportunità espositiva;<br />
però, da un punto di vista più strettamente<br />
biologico, si potrebbe non solo farne<br />
a meno, ma anche invertirla. In primis infatti<br />
non c’è né il prete né il politico, bensì l’uomo<br />
che potenzia la propria fame sollecitando<br />
masse umane di manovra: il demagogo”.<br />
Insomma, prete e politico hanno “il sangue<br />
del demagogo”. Il quale conosce evoluzioni e<br />
maschere che caratterizzano tempi e contesti<br />
geo-politici diversi, ma con un fondo immutabile:<br />
servire la propria fame di potere. Dove il<br />
sostantivo potere assorbe naturaliter tutte le<br />
forme del verbo omofono seguite dall’avere e<br />
dall’essere (per usare la terminologia di Fromm):<br />
denaro donne beni mobili e immobili comando<br />
e destino dei molti nelle proprie mani. La prevalenza<br />
storica addita la cratofilia più demagogica,<br />
con i suoi appelli a Dio (“Dio lo vuole”),<br />
al Popolo, alla Nazione, alla Razza (superiore),<br />
alla Classe operaia. E con la propaganda<br />
calunniosa contro il nemico di turno.<br />
In tanto svariare, una costante s’impone:<br />
“Gira e rigira, le armi della demagogia, per quanto<br />
varie e sofisticate, difficilmente potranno<br />
rinunciare allo stemma di famiglia. Un “Dio”<br />
che appoggia una seconda maiuscola più vicina<br />
agli interessi di chi la inalbera, sia che Riccardo<br />
Cuor di leone invochi ‘Dio e il mio diritto’, sia<br />
che Mazzini cavalchi il tandem ‘Dio e popolo’,<br />
è così redditizio che persino un Hitler<br />
A don Ucciardo, per una lettura più attenta<br />
Il Cristianesimo non può riconoscersi in uno Stato o in una gerarchia piramidale<br />
nità Nova” di Roma -il famoso<br />
periodico fondato da Errico<br />
Malatesta come quotidiano-<br />
(eravamo nel 1951) mi<br />
costò un processo per<br />
“presunto” vilipendio alla religione<br />
di Stato per avere citato<br />
l’aforisma di Schopenhauer<br />
“Se un Dio ha creato<br />
questo mondo, non vorrei<br />
essere io perché la miseria<br />
umana mi spezzerebbe il<br />
cuore” denunciato, con molta<br />
probabilità, dell’inqualificabile<br />
fanatico e nostalgico<br />
dell’Inquisizione, prof. Luigi<br />
Gedda, pres. dell’Azione Cattolica<br />
dell’epoca.<br />
L’anarchismo, specie<br />
quello di cui io parlo, è sinonimo<br />
di obiezione di coscienza:<br />
un comportamento “etico”<br />
dell’individuo che, in<br />
certe circostanze, per obbedire<br />
alla propria coscienza, si<br />
pone anche contro le leggi<br />
vigenti. Lo fece don Milani e<br />
fece bene comportandosi<br />
“anarchicamente”. Evidentenemente<br />
Lei ha letto distrattamente<br />
il mio articolo sull’anarchismo<br />
e tuttavia crede<br />
di conoscermi bene.<br />
Non credo di essere vago<br />
e indefinito. Distinguo fra legittima<br />
libertà di credere e<br />
il dovere di non mescolare il<br />
credere con la scienza sociale,<br />
al cui centro, come soggetto<br />
e come fine, sta l’uomo.<br />
Credo fermamente nella<br />
gratuità, illegittimità e abusività<br />
di parlare “in nome di<br />
Dio” nessuno essendone<br />
stato autorizzato dal Dio stesso,<br />
che nessuno ha mai<br />
visto. Chi Le ha detto che io<br />
non creda nell’uomo?!<br />
Io ho fondato la nuova<br />
Weltanshaung che è la biologia<br />
(del) sociale: studio<br />
della socialità dell’uomo alla<br />
luce della biologia e quindi<br />
su base naturalistica. Uno dei<br />
bisogni-diritti naturali dell’uomo<br />
è quello della rassicuranza,<br />
che si manifesta<br />
anche negli animali superiori.<br />
Il bambino lo chiede alla<br />
nutrice assieme al latte.<br />
Da tale bisogno-diritto<br />
naturale è nata la religiosità,<br />
legame (“religio” ) viscerale-emotivo-sentimentale<br />
ecc.<br />
ma anche mistico, con l’ambiente<br />
e il mondo. La religiosità<br />
è fisiologica. Patologico<br />
è il suo sfruttamento da parte<br />
di uomini che millantano<br />
abilitazioni ricevute da un Dio<br />
che nessuno -ripeto- ha mai<br />
visto. Il non plusualtra di<br />
questo grave fenomeno storico<br />
è rappresentato dalla<br />
Chiesa cattolica, che non ha<br />
niente a che vedere con la<br />
religiosità e il cristianesimo<br />
meno che mai nella veste di<br />
uno Stato e di una gerarchia<br />
piramidale. Se si vuole<br />
lottare per il bene dell’uomo,<br />
non occorre farlo in nome di<br />
un Istituto né con divise strane<br />
e fastose né inventando<br />
dogmi e roba del genere. Io<br />
lo faccio ormai da quasi<br />
sessant’anni, avendo esordito<br />
sul quotidiano “Il Corriere<br />
di Tripoli” nel 1946.<br />
Non aggiungo altro per rispetto<br />
del mio cortese interlocutore.<br />
Io sono per uno Statocomunità<br />
(leggi “ecclesia”),<br />
socialista in termine scientifico,<br />
che, seguendo la tri-<br />
logia del 1789 “Libertà-fraternità-uguaglianza”(esplicitazione<br />
dell’amore del<br />
prossimo evangelico o<br />
cristiano) consenta a tutti<br />
di rispondere nel miglior<br />
modo possibile ai diritti naturali,<br />
compreso quello di<br />
credere senza il rischio di<br />
essere discriminato e meno<br />
che mai perseguitato.. La<br />
biologia sociale dimostra<br />
che il socialismo è una necessità<br />
naturale-scientifica<br />
in alternativa all’altrimenti<br />
inevitabile estinzione della<br />
specie per “aborto storico”<br />
ovvero per saturazione di<br />
conflittualità. Il resto è<br />
sfruttamento molteplice<br />
(della fame, del bisogno di<br />
rassicuranza, ecc.) che ci<br />
riporta alla primitività e all’infanzia.<br />
Non esiste un problema<br />
di Dio come persona (la<br />
persona/parte nega Dio/<br />
tutto: ci troviamo quindi di<br />
fronte ad una contraddizione<br />
in termini) ma il bisogno di<br />
conoscere meglio la nostra<br />
essenza. Il pensiero scientifico<br />
non può andare oltre la ragione<br />
etica (che sta alla base<br />
della biologia sociale).<br />
Quanto alla speranza, il mio<br />
primo pseudonimo (che ora<br />
ho ripreso per la posta elettronica)<br />
è proprio il termine<br />
Esperanto “Espèro”, che significa<br />
appunto speranza.<br />
Se desidera conoscermi<br />
meglio legga le mie cose, che,<br />
se vuole, Le posso spedire<br />
man mano ad un Suo recapito<br />
postale.<br />
Saluti cristiani<br />
Carmelo R. Viola<br />
Abbonamento: annuo euro 30,00 - Sostenitore euro 50,00<br />
Benemerito e onorario euro 75,00 (incluse spese postali)<br />
Arretrati: euro 2,50 a copia (incluse spese postali)<br />
Pagamento: assegno non trasferibile intestato a<br />
Centro culturale Risvegli o.n.l.u.s.<br />
Indirizzo: Via Vittorio Emanuele III, 365 - 95032 Belpasso (CT)<br />
non sapeva rinunziarvi,<br />
sì da far incidere sulle<br />
monete un rotondo Gott<br />
mit uns”. E dopo Hitler<br />
quanti altri capi-popolo,<br />
specie in questo rilancio<br />
alla grande dell’islamismo,<br />
con la sua<br />
diabolica coda stragista<br />
e kamikaze! Ed è così<br />
vitale, la maiuscola religiosa,<br />
che sotterrata<br />
dall’ateismo di stato comunista,<br />
riaffiora divinizzando,<br />
di fatto, i leader<br />
politici: Mao era una<br />
specie di dio visibile e il<br />
suo libretto rosso un<br />
amuleto operatore di<br />
miracoli. E Stalin non era<br />
da meno.<br />
Altre componenti del<br />
sangue demagogico: il<br />
parassitismo, il verbalismo,<br />
la tecnica aggirante<br />
(quella aggressiva<br />
compete al guerriero: sacerdoti<br />
e guerrieri sono<br />
le due caste basali di ogni popolo). Il politico,<br />
quale che sia, nei casi migliori, la sua buona<br />
fede, vive del lavoro altrui; il verbalismo delle<br />
formule e delle insegne viene speso senza risparmi<br />
per la moltiplicazione delle occasioni<br />
parassitarie: e via con Camera (pletorica), Senato,<br />
Regioni, Province, Comuni, ciascuna<br />
“porzione” dello Stato con il suo bravo Consiglio,<br />
e dipendenze sottostanti. Per non dire<br />
delle aziende di stato, saccheggiate a man bassa,<br />
sotto l’ombrello delle leggi ad hoc o in<br />
barba a legislazione e Costituzione, mediante<br />
La festa del Natale reca<br />
con sé un vasto bagaglio di<br />
tradizioni che affascinano e<br />
stupiscono, nonostante<br />
spesso se ne ignori l’originario<br />
ed autentico significato;<br />
tradizioni che hanno origini<br />
antichissime e che sono il più<br />
delle volte frutto di rielaborazione<br />
di vecchi riti del mondo<br />
pagano. Forse non tutti<br />
sanno che fino alla metà del<br />
IV secolo, il 25 dicembre si<br />
celebrava una delle più importanti<br />
feste del mondo romano:<br />
nel 274 d.C., infatti,<br />
l’imperatore Aureliano decide<br />
che quel giorno fosse dedicato<br />
alla festa del Sol Invictus<br />
(il sole invincibile) il<br />
nuovo sole che faceva capolino<br />
sull’orizzonte, sostituendosi<br />
al vecchio astro<br />
morto simbolicamente il giorno del solstizio d’inverno.<br />
A metà del IV secolo, appunto, papa Giulio<br />
I sceglie quella data come giorno della nascita di<br />
Gesù, modificando la simbologia della tradizionale<br />
festa pagana e vedendo, perciò, nella nascita del<br />
sole la nascita di Cristo e nella luce solare la luce<br />
divina del figlio di Dio venuto sulla terra a rischiarare<br />
il buio delle tenebre. L’abete decorato con nastri<br />
e scintillante di luci, le decorazioni di vischio,<br />
il presepe sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano<br />
le feste natalizie e che adornano le<br />
nostre case.<br />
Una tradizione forse poco nota è quella del ceppo<br />
(generalmente di quercia) che arde nella notte<br />
della vigilia ed il cui fuoco richiama certamente la<br />
luce che la venuta di Cristo diffonde sulla terra. Si<br />
accende il ceppo per rendere più confortevole l’ambiente,<br />
come segno di accoglienza per la venuta del<br />
figlio di Dio. Secondo la tradizione, il ceppo deve<br />
ardere per tutta la notte e al mattino seguente la<br />
cenere, ritenuta ricca di proprietà terapeutiche, viene<br />
raccolta e conservata, mentre la parte rimasta<br />
non arsa veniva in passato gettata in mezzo all’aia<br />
per calmare il cattivo tempo. L’accensione del legno<br />
di quercia si presenta, dunque, anche come un<br />
rito propiziatorio: dalla maniera in cui il ceppo<br />
Dicembre 20<strong>05</strong><br />
9<br />
Pino Pesce con Gino Raya, Roma V.le di Villa Pamphili,199 – Foto, Gisuava Zawadzka<br />
corruzione imbrogli favoritismi e quant’altro<br />
la bella stagione di Mani pulite poté scoprire<br />
nelle ombre di Tangentopoli.<br />
Corruzione e mercato dei voti aprono l’altro<br />
capitolo del parassitismo criminale: le<br />
complicità con la malavita organizzata, che<br />
controlla, di fatto, almeno quattro regioni. [Le<br />
citazioni testuali provengono dal saggio di<br />
Gino Raya, Il politico, Biologia culturale,<br />
XV, 4, Dicembre, 1980]<br />
Pasquale Licciardello<br />
La festa del Natale e le tradizioni<br />
Rivivono simboli e rituali pagani. La luce divina nel ceppo che arde<br />
bruciava, si potevano prendere gli auspici su come<br />
sarebbe stato l’anno successivo. Non bisogna, inoltre,<br />
dimenticare che uno dei dolci tipici della tradizione<br />
natalizia è proprio il tronco di albero ricoperto<br />
di scaglie di cioccolato e ripieno di crema di ricotta<br />
che viene offerto e consumato come segno di festa<br />
e di buon augurio. Pare che a Motta Sant’Anastasia<br />
la tradizione del ceppo ardente (in dialetto, “u ‘zuccu”)<br />
fosse molto radicata: fino a qualche decennio<br />
fa, in alcuni punti centrali del paese i proprietari dei<br />
vari esercizi commerciali accendevano sulla strada<br />
dei grossi ceppi di legno e offrivano ad amici e passanti<br />
vino e vivande in attesa della messa di mezzanotte<br />
a cui tutti avrebbero preso parte. Ancora oggi<br />
in piazza Umberto, dinanzi alla tabaccheria e ricevitoria<br />
del sig. Pippo Valenti, a partire dal tardo pomeriggio<br />
del 24 dicembre arde un grosso ceppo di<br />
quercia che raccoglie attorno ad esso anziani, passanti,<br />
abitanti della zona, semplici curiosi. Lo stesso<br />
rituale si svolge davanti alla sede del “Rione Panzera”.<br />
E’ una tradizione che si rinnova di anno in anno,<br />
forse senza comprenderne il misterioso significato,<br />
forse senza riuscire a scorgere nel fuoco che brilla e<br />
che riscalda il calore dell’amore che il figlio di Dio<br />
venendo sulla terra diffonde nei nostri cuori.<br />
Alessandro Puglisi
10 Dicembre 20<strong>05</strong> Cultura e Spettacolo<br />
Una Storia tra verità, menzogna e desiderio<br />
Pasoliniade: passato-presente-imperfetto. L’intellettuale sempre presente<br />
Poeta, regista, romanziere e saggista,<br />
Pasolini è un uomo che non soltanto<br />
esprime il reale che lo circonda e<br />
se stesso, ma in qualche modo interviene<br />
nella società, nel vivere comune,<br />
nella comunità di ieri come in quella di<br />
oggi, a trent’anni dalla sua morte avvenuta<br />
il 2 novembre del ’75.<br />
Trent’anni di misteri e supposizioni<br />
intorno a una fine tragica, per alcuni<br />
dipendente dal ruolo scomodo del poeta<br />
nella cultura e nel costume italiano,<br />
evidenziato ancor di più dallo stesso<br />
assassino, che dopo aver scontato sedici<br />
anni di prigione, afferma di non<br />
essere stato lui ad uccidere Pasolini<br />
all’idroscalo di Ostia. Questo mistero<br />
si lega alla strategia della tensione di<br />
quegli anni, alle stragi di Stato, alla mafia<br />
e al terrorismo; motivazioni che filtrano<br />
dalle immagini dell’ultimo suo film<br />
Salò o le 120 giornate di Sadoma e<br />
dalle pagine del romanzo pubblicato<br />
postumo, Petrolio.<br />
Ho usato il presente, perché Pasolini<br />
attraverso i suoi testi, letterari e<br />
filmici, continua a vivere; per<br />
cui leggerlo, sia come scrittore<br />
sia come cineasta, significa<br />
ritrovarlo sempre fra i vivi.<br />
“Credo di poter dire adesso<br />
che scrivere poesie o romanzi<br />
è stato per me il mezzo<br />
di esprimere il rifiuto di<br />
una certa realtà italiana, o<br />
personale, in un momento<br />
preciso della mia esistenza.<br />
Ma queste mediazioni poetiche<br />
o romanzesche frapponevano<br />
tra me e la vita una sorta<br />
di muro simbolico, uno schermo<br />
di parole… Esprimendomi<br />
con il cinema non esco mai<br />
dalla realtà, sono sempre in<br />
mezzo alle cose, agli uomini,<br />
ciò che mi interessa di più della vita,<br />
cioè la vita stessa”.<br />
Da queste parole dell’Intellettuale<br />
friulano una concezione della realtà<br />
come linguaggio, della letteratura e del<br />
cinema come tecniche che traducono<br />
ora per evocazione (letteratura) ora per<br />
riproduzione (cinema) il linguaggio<br />
primario e fondante della realtà.<br />
Ma quale realtà? La realtà crudele<br />
che ci ricorda l’orrore del mondo in cui<br />
viviamo e moriamo, in cui abitiamo; la<br />
disperazione della vita, ma anche la<br />
disperata vitalità, la cognizione del<br />
dolore ma anche la violenta felicità di<br />
vivere.<br />
Pasolini ci ricorda l’orrore ma anche<br />
la nostalgia della liberazione, la<br />
degradazione della nostra società ma<br />
anche il diritto a sognare. La sua crudeltà<br />
è in realtà dolcezza per la vita,<br />
grande ed umanissima apertura d’animo,<br />
che lo porta dall’impressione alla<br />
rappresentazione, dall’amore alla furia<br />
ostile.<br />
Il modo con cui Pasolini guarda il<br />
reale e il modo con il quale si mette in<br />
rapporto con il mondo è religioso e<br />
sacrale. Afferma a ragione lo scrittore:<br />
“Vorrei che le mie esigenze espressive,<br />
la mia ispirazione poetica, non contraddicessero<br />
mai la vostra sensibilità<br />
di credenti. Perché altrimenti non raggiungerei<br />
il mio scopo di riproporre a<br />
tutti una vita che è modello -sia pure<br />
irraggiungibile per tutti”.<br />
Pertanto Pier Paolo cercherà una<br />
lingua tendente ad identificare parola<br />
ed essere, religiosamente, Verbo divino<br />
e Carne umana; biblicamente: “In<br />
principio era il Verbo”- “Verbum caro<br />
factum est et habitavit in nobis”.<br />
Un linguaggio meditato e mediato<br />
dalla cultura, il più possibile vicino all’autenticità<br />
immediata della parola<br />
orale.<br />
È il linguaggio del popolo, dei lavoratori<br />
e dei ragazzi di vita, del proletariato<br />
e del sottoproletariato urbano. È<br />
la rappresentazione corale della gioia<br />
popolare contro il capitalismo e il palazzo<br />
dei potenti.<br />
L’amore per la cultura popolare è<br />
presente in tutta la sua opera: dai romanzi<br />
alle poesie, dai saggi sulla poesia<br />
popolare e dialettale al cinema, che<br />
regala a Pasolini la possibilità di giungere<br />
ad una descrizione più “naturale”<br />
della realtà.<br />
Pier Paolo Pasolini scandalizzò (alla<br />
pari di Fellini) il mondo dei benpensanti<br />
proponendo sullo schermo (come<br />
aveva già fatto nei romanzi Ragazzi di<br />
vita, 1955, e Una vita violenta, 1959)<br />
storie di vita e malavita che dai custodi<br />
della pubblica moralità in quegli anni<br />
(tra i decenni Cinquanta e i Sessanta)<br />
venivano definite squallide e indecenti,<br />
mentre i film che le narravano erano<br />
indicati come improponibili e inaccettabili.<br />
La battaglia per la difesa dei va-<br />
lori morali era combattuta, ancora un<br />
volta, sul terreno delle apparenze evitando<br />
accuratamente di scendere su<br />
quello della sostanza. Dal canto suo,<br />
Pasolini, che Gianfranco Contini, definiva<br />
«componente in umiltà», non<br />
esitava a indicare come religioso il suo<br />
modo di percepire e rappresentare la<br />
povertà.<br />
In Accattone (1961) si ispirava allo<br />
stile ieratico di Dreyer ( La passione<br />
di Giovanna d’Arco) per rappresentare<br />
un piccolo magnaccio del Pigneto<br />
come se fosse un santo. Mette in scena<br />
casi di malavita che hanno come<br />
protagonisti personaggi appartenenti<br />
al sottoproletariato. Privi di coscienza,<br />
in quanto non sono né borghesi, né<br />
proletari, essi conservano, anche nel<br />
compiere atti fuori della norma, una<br />
sorta di innocenza che, secondo il regista,<br />
si avvicina alla santità.<br />
In Mamma Roma (1962) e La ricotta<br />
(1963) faceva appello in maniera<br />
sempre più esplicita a composizioni<br />
figurative tratte dall’iconografia classica<br />
(Masaccio, Pontorno…) per accompagnare<br />
i «poveri cristi» della periferia<br />
romana nelle tappe (o stazioni)<br />
di un’autentica Via Crucis, che non<br />
poteva non concludersi con la Crocifissione<br />
e con la Pietà e che, di lì a<br />
poco, avrebbe combaciato con la Passione<br />
e con la Morte di Gesù ne Il<br />
Vangelo secondo Matteo (1964).<br />
Pasolini approda al Vangelo spinto<br />
da una sorta di necessità interiore.<br />
Era come se, giunto a quel punto, non<br />
potesse astenersi dal sottoporre a una<br />
reciproca verifica il testo di uno dei<br />
quattro Vangeli, preso alla lettera, e la<br />
realtà umana che in quel momento sentiva<br />
più vicina: i volti dei sottoproletari,<br />
già incontrati nei film precedenti.<br />
Qui la Basilicata si trasforma idealmen-<br />
Monte Carlo film festival<br />
L’unico festival del cinema interamente dedicato alla Commedia<br />
L’invito ufficiale arriva il giorno precedente<br />
l’apertura del festival. Perfetto! … da “Tapiro<br />
d’oro”, penso ridacchiando. Decido di partire<br />
comunque –si tratta del Monte Carlo film festival<br />
della commedia, sotto patrocinio del principe<br />
Alberto II . Come dire di “no”…<br />
L’unico festival del cinema interamente dedicato<br />
alla Commedia, diretto da Ezio Greggio e<br />
Mario Monicelli, che fa scoprire i diversi volti<br />
di questo difficile genere: sofisticato, morale,<br />
poliziesco, sociale, sentimentale, politico, leggero,<br />
satirico, ironico o semplicemente umoristico.<br />
D’altronde si tratta della Regina Commedia.<br />
Due registe e sceneggiatrici donne, la spagnola<br />
Chus Gutièrrez e la tedesca (di origine<br />
turca) Buket Alakus, hanno trionfato alla quinta<br />
edizione del festival. Hanno vinto il film spagnolo<br />
“El Calentito”, che si è aggiudicato il Platinum<br />
Award come miglior film, e il tedesco<br />
“Offside”.<br />
Tra gli ospiti d’onore Omar Sharif, Annie<br />
Girardot, Bud Spencer, Giuliano Gemma e<br />
l’equipe di “Striscia la notizia” guidata da Antonio<br />
Ricci.<br />
Non mancavano di certo ospiti dal sangue<br />
blu. Ad uno dei rinfreschi organizzati dal principato<br />
mi viene presentata una ragazza giovane e<br />
raggiante. Trasmette simpatia. Quando ha capito<br />
che sono bulgara, lei subito attacca a parlare<br />
in russo in modo disinvolto e sicuro.<br />
Si allontana per poco e qualcuno mi passa<br />
un comunicato stampa: “La principessa Natalia<br />
Strozzi ospite della 5ª edizione del Montecarlo<br />
film festival de la commedie…” Ok, è lei, una<br />
principessa.<br />
Nata a Firenze il 5 febbraio 1977 dal principe<br />
Girolamo e dalla Principessa Irina Reine,<br />
proprietari dell’antica villa di Cusona a San Gimignano<br />
(Siena), dove il primo ministro inglese<br />
Tony Blair passa l’estate. E’ stata invitata al<br />
festival in quanto sta per girare un film del quale<br />
però, per scaramanzia “reale”, non vuole parlare.<br />
Quindi, anche attrice.<br />
Il suo curriculum è impressionante. Ancora<br />
giovane, ma ricca di esperienze vissute intensamente,<br />
completamente dedicate alla danza ed<br />
alla musica e, soprattutto, in grande confidenza<br />
e familiarità con alcuni dei più grandi artisti del<br />
mondo: Rudolf Nurejev, Mstislav Rostropovich,<br />
Maja Plissetskaya, Andrea Bocelli, Gregory<br />
Peck, Alberto Sordi… Dopo aver vissuto alcuni<br />
anni in Russia per frequentare la prestigiosa e<br />
selettiva Accademia di danza “Kirov-Marinsky”,<br />
inizia una carriera internazionale come<br />
ballerina classica nei principali teatri europei e<br />
russi quali il Teatro del Cremlino. Poi il Festival<br />
di Spoleto, tournée in Giappone e Stati Uniti, il<br />
London Coliseum Opera.<br />
Recentemente è uscito il suo libro autobiografico<br />
“Facile da ricordare, album di ricordi di<br />
una giovane artista” corredato da più di 200<br />
fotografie con i principali artisti internazionali<br />
dove viene raccontato l’esordio nel mondo della<br />
danza a fianco del grande maestro Rudolf Nureyev.<br />
Il libro autobiografico della giovane discendente<br />
del “filosofo” del particulare, Francesco<br />
Giucciardini e (per parte di madre) di San<br />
Stanislao, il Santo polacco venerato da Giovanni<br />
Paolo II, è per ora scritto solo in russo e<br />
presentato nei giorni scorsi a Mosca.<br />
INTERVISTA<br />
ALLA PRINCIPESSA STROZZI<br />
Come è la vita da principessa, Natalia?<br />
“Ma guarda, nel nostro secolo, nei nostri<br />
giorni avere un titolo nobiliare non vuol dire<br />
niente. Sicuramente quei mille anni di storia della<br />
mia famiglia li devo rispettare e portare avanti.<br />
Ma come vita e come persona non mi cambia<br />
assolutamente niente. Perchè in famiglia ci hanno<br />
sempre insegnato che la regola della vera nobiltà<br />
è l’umiltà e il rispetto per le persone. A 5<br />
anni già sapevo che avrei ballato. Già a 14 anni<br />
ho detto “ciao” a mamma e papà, e sono andata<br />
in Russia, a studiare danza. Tutta mia la scelta.<br />
Ero lì nel 1991 durante la crisi economica del<br />
postcomunismo. Dormivo per terra, non avevo<br />
l’armadio, la vasca da bagno era arrugginita, riscaldavo<br />
l’acqua e la versavo… ho vissuto così,<br />
e lo farei fare anche ai miei figli, perché sono<br />
esperienze di vita, si deve provare di tutto.<br />
La mia giornata… sai che un artista vive di<br />
notte. Dopo lo spettacolo si va a cena, si chiacchiera.<br />
E quindi si dorme un po’ di più la mattina.<br />
E poi, tranquilla, inizio la mia giornata, mi<br />
preparo se devo fare un altro spettacolo. Invece<br />
se è un periodo nel quale non recito, mi occupo<br />
della mia azienda dei vini. Faccio il manager,<br />
vado all’estero per promuovere i nostri vini. Ho<br />
fatto anche il corso di sommelier… mi alterno<br />
tra il recitare e il mio business di famiglia”.<br />
Sei attenta alla moda, visto che gli occhi<br />
di tutti sono puntati su di te?<br />
“Odio fare shopping. E gli uomini mi dicono<br />
“sei da sposare”… perchè ho quello di cui ho<br />
bisogno. Passo da quella vetrina, vedo una cosa,<br />
dico “mi sta”, la prendo e vado via. Non mi<br />
piace passare ore e ore nei negozi. Ovvio che<br />
con la moda ho qualche “familiarità”, perché<br />
Laura Biaggiotti mi fece un vestito per “Romeo<br />
e Giulietta”, Givanshi mi ha regalato un vestito<br />
che aveva fatto per Oddie Happburn, per<br />
“Guerra e pace”… ma decisamente non seguo<br />
la moda, se una cosa mi sta bene la metto, tutto<br />
qua”.<br />
A parte la danza, quale altra “passione”<br />
hai?<br />
“Amo dipingere. Nuotare, stare con gli amici,<br />
rilassarmi. Sono molto “campagnola” se posso<br />
dire così…”<br />
So che a nessuno piace rispondere a que-<br />
te e fisicamente nella Palestina, i Sassi<br />
si tramutano nella magnifica, popolare,<br />
contadina Gerusalemme, ecc…<br />
Anche quando sembra allontanarsi<br />
dalla realtà per rifugiarsi nella narrazione<br />
mitica e favolistica (Edipo re,<br />
Medea, “trilogia della vita”: Il fiore delle<br />
mille e una notte, i racconti di Canterbury,<br />
Il Decameron), in verità, il suo,<br />
non è un disimpegno, ma un guardare<br />
ancor meglio ciò che accade nel nostro<br />
paese. Questi sono anche gli anni degli<br />
Scritti Corsari sulla polemica linguistica<br />
e sulle crude analisi della società<br />
fatta di violenza, di criminalità, di<br />
corruzione, di disgregazione civile e<br />
sociale: “Poi quando la realtà ha preso<br />
a sfuggirti e tu la inseguivi come un<br />
aereo che vuol spostarsi con la velocità<br />
della terra per rimaner sempre nel<br />
sole, hai preso a cercare il proletariato,<br />
anzi i poveri e la loro bellezza, fuori<br />
d’Europa, in Asia e Africa, e anche in<br />
America, purché inorganica negativa<br />
floreale”.<br />
Di fronte all’orrore di una comunicazione<br />
devastante e devastata Pasolini<br />
decide di indirizzare al cuore l’orrore<br />
e l’inferno della contemporaneità<br />
con il film Salò o le 120 giornate di<br />
Sodoma che sarà il primo ed ultimo<br />
capitolo della “Trilogia della morte”.<br />
Quindi il film è un amarissimo bilancio,<br />
è il non violento, che vuole a tutti<br />
i costi seguire, investigare, rispecchiare<br />
le modalità della violenza che include<br />
l’erotizzazione della pulsione di<br />
morte. È un quadro apocalittico che<br />
congiunge borghesia e popolo. Ora le<br />
due storie si sono unite e tale unificazione<br />
è avvenuta sotto il segno e per<br />
volontà della civiltà dei consumi e dello<br />
sviluppo.<br />
La morte tragica di Pasolini svela<br />
un eroe che ha avuto il coraggio; il de-<br />
sta domanda, ma la vita sentimentale?<br />
Il “principe azzurro” c’è?<br />
“Oh, Dio… Cerco sempre di non<br />
parlarne, perché ogni volta che ne<br />
parlo poi va male… però diciamo<br />
che si, in questo momento qualcuno<br />
c’è, ma fin ora non ho pensato a un<br />
passo più serio. Non voglio mai pensare<br />
al futuro. Il passato è storia, il<br />
futuro è immaginazione, e il presente<br />
è un regalo. Quindi io voglio vivere il<br />
momento. Se adesso mi dicono “carriera<br />
o famiglia”, non ci penso tanto.<br />
Certo che vorrei una famiglia, ma ci<br />
penserò domani. In questo momento<br />
vorrei pensare a me stessa e a quello<br />
che mi piace nella vita. Sono cocciuta,<br />
testona, voglio arrivare in fondo<br />
a quello che ho iniziato. Ma anche<br />
fragile, tante cose mi possono ferire. Ho imparato<br />
però di non farlo vedere, sono un muro<br />
perché se no piango…sono un po’ tra le nuvole<br />
ma allo stesso tempo molto pignola. Acquario,<br />
un contrasto”.<br />
Con chi della tua famiglia hai un legame<br />
più forte?<br />
“E’ una domanda cattiva questa. Ero molto<br />
legata alla nonna, ma lei non c’è più. Se devo dire<br />
proprio un segreto, prima era mia mamma, ma<br />
poi le cose sono cambiate… adesso la persona<br />
che sento più vicina a me è mia sorella”.<br />
Di tutti i personaggi che hai conosciuto,<br />
chi t’ha lasciato il segno più profondo?<br />
“Senza ombra di dubbio, Nurejev. Lui è unico,<br />
senza togliere niente agli altri grandi geni del<br />
cinema, della danza, della musica e della politica…”.<br />
Sei ancora troppo giovane per scrivere<br />
un libro autobiografico. Perché lo hai fatto?<br />
“Secondo me non si dovrebbero giudicare le<br />
persone dall’età, ma dalle proprie esperienze.<br />
Credo di aver vissuto tanti momenti unici con<br />
grandi personalità e avuto un’ intensa carriera di<br />
ballerina, che ho lasciato per il cinema e il teatro,<br />
e per questo ho scritto questo libro, cosicché<br />
tutti questi ricordi non andassero perduti. Questo<br />
libro è per me “Una consolazione del rimpianto<br />
della carriera passata”.<br />
Hai detto che già a 5 anni sapevi che<br />
avresti ballato. Perché hai scelto la danza?<br />
“A volte non c’è risposta al perché: a 5 anni<br />
sentivo e sapevo che la danza era la mia vocazione”.<br />
Un tuo ricordo forte dell’infanzia?<br />
“Ricordi ne ho tanti, ma quello che mi rimar-<br />
siderio disperato, mortale di combattere<br />
sempre tra la dolcezza più tenera<br />
e la più tragica rappresentazione della<br />
violenza in sé e nel mondo attorno a<br />
sé.<br />
È ancora un mistero la sua morte;<br />
ma più misteriosa la sua arte: raccontare<br />
la crudeltà, l’osceno con lo sguardo<br />
del miracoloso.<br />
In una città, Trieste o Udine,<br />
per un viale di tigli,<br />
quando di primavera<br />
le foglie mutano colore,<br />
io cadrò morto<br />
sotto il sole che arde,<br />
biondo e alto,<br />
e chiuderò le ciglia lasciando il<br />
cielo al suo splendore.<br />
Sotto un tiglio tiepido di verde,<br />
cadrò nel nero<br />
della mia morte che disperde<br />
i tigli e il sole.<br />
I bei giovinetti<br />
Correranno in quella luce<br />
Che ho appena perduto,<br />
volando fuori dalle scuole,<br />
coi ricci sulla fronte.<br />
Io sarò ancora giovane,<br />
con una camicia chiara, e coi<br />
dolci capelli che piovono<br />
sull’amara polvere.<br />
Sarò ancora caldo,<br />
e un fanciullo correndo per<br />
l’asfalto<br />
tiepido del viale,<br />
mi poserà una mano<br />
sul grembo di cristallo.<br />
Pier Paolo continua a vivere in<br />
ogni intellettuale che continua ad esortare<br />
e provocare.<br />
Rocco Roberto Cacciatore<br />
Silvia Ivanova con la principessa Natalia Strozzi (in rosso)<br />
rà sempre nel cuore sono tutti i momenti passati<br />
insieme al grande Rudolf Nureyev, specialmente<br />
le lezioni che mi dava sulla spiaggia in<br />
costume da bagno!”<br />
Il tuo piatto preferito preparato da te<br />
stessa? Ti piace fare la “casalinga”?<br />
“A me non piace cucinare, ma se proprio<br />
devo, posso essere molto creativa. Quando abito<br />
da sola, per forza devo occuparmi della casa<br />
e quindi di tutte le faccende “da casalinga”, che<br />
faccio abbastanza volentieri”.<br />
Conosci tanti principi, immagino. Chi<br />
ti affascina particolarmente e perché? (non<br />
intendo chi avresti sposato)<br />
“Io ho conoscenze un po’ dappertutto e di<br />
tutti i “generi”. Di Principi ne conosco ma nessuno<br />
mi affascina particolarmente; in ognuno<br />
trovo qualcosa di positivo e qualcosa di negativo,<br />
perché ogni individuo ha la sua personalità”.<br />
Come deve essere il tuo uomo ideale?<br />
“Innanzitutto deve essere una bella persona<br />
dentro, che mi rispetti, deve ispirare fiducia, sincerità<br />
e deve essere dolce e allo stesso tempo<br />
virile e protettivo”.<br />
Un progetto non realizzato che ti sta a<br />
cuore e che prima o poi pensi di realizzare?<br />
“A 19 anni mi avevano proposto di danzare<br />
“Giselle” al teatro Kirov Marinsky di San Pietroburgo<br />
(dove ho lavorato per 4 anni) e allo<br />
stesso tempo avevo gli esami di maturità in Italia.<br />
Ballare “Giselle” era il mio sogno, ma ho<br />
scelto di dare gli esami! Ormai non credo che<br />
ballerò più “Giselle” dato che ho smesso di danzare,<br />
ma spero di realizzarmi come attrice, soprattutto<br />
di cinema o di televisione”.<br />
Silvia Ivanova
“La tigre e la neve”<br />
La storia di un amore non ricambiato.<br />
Attorno: la guerra in Iraq<br />
Cinema e Spettacolo<br />
Dicembre 20<strong>05</strong><br />
L’ultimo gioiello di Roberto Benigni:<br />
“La tigre e la neve”, un film sull’amore e<br />
sulla poesia che ha sullo sfondo la guerra<br />
irachena.<br />
Attilio (Roberto Benigni) è un poeta<br />
italiano, padre di due adolescenti ed innamorato<br />
di una donna Vittoria (Nicoletta<br />
Braschi), che, però, non lo ricambia. Per<br />
lei, ferita a Baghdad, il caro Attilio si muoverà<br />
in situazioni esilaranti e superlativi<br />
per aiutarla a trovare una medicina in grado<br />
di ridurre l’edera cerebrale che la sta<br />
uccidendo. Così, anche lui si recherà a Baghdad<br />
e qui incontrerà l’amico poeta arabo<br />
Jean Reno, che dall’Europa torna in Iraq<br />
durante la guerra.<br />
Siamo nella primavera del 2003, in Iraq,<br />
all’inizio del conflitto. E qui il povero Attilio<br />
che non conosce una parola di arabo,<br />
combatterà la sua guerra personale in una<br />
terra dilaniata dall’orrore, armato solo della<br />
sua poesia. Nonostante il film possa<br />
sembrare ripetitivo e troppo dolciastro nella sua struttura narrativa e nella messinscena,<br />
non si può nascondere il talento di Benigni attore che tra una sventura e l’altra ci regala<br />
momenti di una comicità sublime che rimarranno nell’immaginario collettivo: come, quando<br />
saltella su di un campo minato come se fosse un canguro per inseguire la sua amata, o<br />
quando dialoga col dromedario.<br />
Non si può definire La tigre e la neve un film sulla guerra irachena, anche se è ambientato<br />
in questo contesto, ma sulla poesia e sull’amore che tutto vince, anche ciò che può sembrare<br />
impossibile, come la malattia di Vittoria. Pensiamo alla scena sulla lezione tenuta dal<br />
professore Attilio e alle diverse citazioni letterarie o al sogno dei quattro poeti: Borges,<br />
Montale, Ungaretti, Yourcenar. Qui la guerra è solo evocata, è proprio l’amore che spinge<br />
e prende il sopravvento, la voglia di vivere, nonostante la vita sia disperata. È Benigni<br />
stesso che sottolinea che la forza del suo film è nel sentimento e gli iracheni e gli americani<br />
sono solo sullo sfondo. I posti di blocco in cui si imbatte Attilio sono di marines americani,<br />
visti con gli occhi di un poeta:<br />
“Sono ragazzi, verso di loro non esprimo giudizi, ma mostro la mia pietas”.<br />
Sulla scia di questo amore universale, Benigni si muove tra i sogni di Fellini e la comicità<br />
di Chaplin. In sogno con mutandoni, calzini e canottiera, Attilio porterà la sua amata<br />
Vittoria all’altare sulle struggenti note di You can never hold back spring cantata live da<br />
Tom Waits; in un prato circondato da antiche mura romane davanti a una platea in cui si<br />
riconoscono i quattro poeti.<br />
“Il sublime –afferma Benigni- deve sempre essere sorvegliato dal comico. Se dovessi<br />
vergognosamente indicare un modello a cui mi sono ispirato inopinatamente per questo<br />
film è il maestro Chaplin di Luci della città. Qui il protagonista fa la sua guerra per una<br />
donna in coma, lì Chaplin la fa per una ragazza cieca. E sulla scena finale ho quasi copiato<br />
l’inquadratura. È un tributo pagato al Maestro<br />
La stagione autunnale consacra le sue migliori<br />
fiction, quando ci propone storie e fatti importanti<br />
per le generazioni future. Come nel il caso di Mediaset<br />
che ci ha raccontato la storia di Nicola Sacco<br />
e Bartolomeo Vanzetti: l’ingiusta condanna di due<br />
immigrati italiani giustiziati innocenti sulla sedia<br />
elettrica americana. Fiction per la regia di Fabrizio<br />
Costa, con Sergio Rubini nel ruolo di Sacco, Ennio<br />
Fantastichini in quello di Vanzetti ed Anita Caprioli<br />
in quello di Rosina, moglie di Sacco. Mai<br />
come oggi, raccontare quella vicenda è così di attualità:<br />
illegalità, sopraffazione, sfruttamento dei<br />
più deboli, libertà d’espressione sono temi più che<br />
mai attuali perché viviamo in un secolo di ingiustizie.<br />
Siamo ai primi del Novecento, l’arrivo in America<br />
(terra di libertà, democrazia e lavoro) della<br />
povera gente pronta ad abbandonare le proprie<br />
radici e i propri affetti, per rimettersi in gioco e<br />
ripartire da zero; come Nicola Sacco, ciabattino<br />
che credeva nella famiglia e Bartolomeo Vanzetti<br />
idealista anarchico. Ad accoglierli nel quartiere italiano<br />
don Mario, la sua bontà e la sua saggezza, la<br />
casa del suo Signore aperta a tutti, anche agli anarchici,<br />
perché cambiare il mondo è giusto se esso è<br />
ingiusto. Lo sguardo di Sacco è intimidito, ma anche<br />
affascinato; così il regista lo mostra e lo segue<br />
con la sua macchina da presa (mdp), mentre percorre<br />
il suo cammino e stanza dopo stanza scoprirà<br />
il bel volto della sua Rosina, che danza sulle tristi<br />
note di Giselle, amore disperato ma intenso come<br />
sarà il suo. Se l’amore e la solidarietà traspaiono dal<br />
quartiere italiano, dall’altra parte, il regista analizza<br />
la corruzione del potere razzista e sopraffattore,<br />
che ha il solo compito di denigrare e soggiogare la<br />
povera gente che emigra in cerca di fortuna.<br />
Pertanto il potere della stampa, cioè l’informazione<br />
venduta, serve il potere, occultando la verità;<br />
mentre il Vanzetti sottolinea come solo la cultura,<br />
intesa come istruzione, può sconfiggere quei padroni<br />
dei cantieri che hanno un solo compito: quello<br />
di sfruttare i poveri immigrati. Da qui parte la<br />
rivoluzione, quella fatta di parole, che annuncia:<br />
libertà e democrazia. “Se l’America è un paese<br />
libero, dov’è la libertà e la democrazia quando manca<br />
la dignità umana?” E’ questa la dignità che don<br />
Mario predica nell’omelia per la morte del padre di<br />
Rosina, avvenuta durante il lavoro; dove in alto il<br />
regista illumina il Cristo in croce, metafora dello<br />
sfruttamento di questa gente, costretta a lavorare<br />
in condizioni disastrose e massacranti.<br />
”.<br />
R. R. C.<br />
Vanzetti invoca lo sciopero, la lotta per cambiare<br />
il sistema: una lotta pacifica fatta solo di parole<br />
e non di azioni violente: “Pianterò un albero e<br />
renderò universali le città… Per te democrazia,<br />
mia donna, per te faccio vibrare questi canti”. Ma<br />
al cantiere non c’è posto per gli anarchici e il sindacato:<br />
Saccho è licenziato. Si è licenziati e messi a<br />
morte se si è contro il potere del governatore e delle<br />
sue idee, non importa se nel corteo ci sono donne<br />
e bambini; bisogna fermarli e se è necessario ammazzarli<br />
tutti. Si vuole impedire un futuro migliore<br />
alle nuove generazioni; infatti Rosina, durante la<br />
manifestazione contro la guerra, perderà la sua seconda<br />
gravidanza.<br />
Tre maggio 1920, Sacco e Vanzetti vengono<br />
arrestati per rapina e duplice omicidio; inizia la<br />
loro discesa. Il regista nella seconda parte del film,<br />
la più intensa, evidenzia ancor più il contrasto tra<br />
bene e male, tra verità e menzogna e il processo, col<br />
suo tragico finale, diventa simbolo di libertà e giustizia.<br />
Il merito di Fabrizio Costa è di averci regalato<br />
una vicenda umana filmata nei minimi dettagli,<br />
dove l’aula del processo diventa luogo di razzismo<br />
e malvagità; mentre il posto degli imputati, il più<br />
pulito e sincero. Sacco e Vanzetti sono due animecristo<br />
e la loro integrità e purezza non sarà scalfita<br />
neanche quando il potere, sopraffatto dalla verità<br />
di mezzo mondo, proporrà la grazia solo al Vanzetti,<br />
il quale risponderà: «Io Nicola non lo lascio».<br />
La solidarietà tra i compagni di cella, il suono dei<br />
cucchiai sui cancelli, è una delle scene più emozionanti<br />
del film, e da qui in poi il film è un climax<br />
ascendente di rabbia, tristezza e amarezza, che ci<br />
porterà fino a quel 23 agosto del 1927 su una sedia<br />
elettrica. E che tono alto, dignitoso e sublime le sue<br />
ultime parole davanti al giudice, la corte, i presenti<br />
in aula: “Sono colpevole di essere un radicale, un<br />
italiano, un anarchico, un socialista, uno vicino agli<br />
uomini. Mi avete tolto l’amore e la voglia di sognare.<br />
Grido la mia protesta contro l’ingiustizia; insegno<br />
agli uomini di avere dignità, a far capire loro i<br />
doveri ed anche i diritti. Ci rivedremo in un’altra<br />
vita, migliore di questa”. Ancora oggi, purtroppo,<br />
la cronaca si ripete: il regista ha voluto raccontare<br />
questa storia anche per far capire meglio il tema<br />
dell’immigrazione, in un paese come il nostro in<br />
cui c’è un alto numero di immigrati.<br />
Adesso stiamo diventando sempre meno tolleranti<br />
davanti a questa povera gente che è vista<br />
come il nemico che vuole toglierci il lavoro, ma che<br />
è solo un gruppo disperato in cerca di fortuna,<br />
come lo erano Sacca e Vanzetti. Forse se si racconta<br />
una storia di due italiani immigrati e disprezzati<br />
riusciremo a capire meglio quello stato di cose e ad<br />
immedesimarci di più per riuscire a non disprezzare<br />
ma ad aiutare chi è meno sfortunato di noi. Questo<br />
è il messaggio positivo della fiction: nel mondo<br />
c’è posto per tutti.<br />
Nel 1977 Nike (Nicola Sacco) e Bart (Bartolomeo<br />
Vanzetti) sono stati riabilitati da quell’accusa<br />
ingiusta.<br />
Rocco Roberto Cacciatore<br />
Ogni volta che si parla di Torino, mi<br />
dicono che è una città fredda e grigia,<br />
provinciale. Che non ha tanto da proporre<br />
ai suoi cittadini, figuriamoci ad un<br />
ospite.<br />
Rispondo sempre che non è proprio<br />
come si dice. Certo oggi Torino è<br />
tutto un cantiere che si prepara alle Olimpiadi<br />
del 2006, ma la capitale italiana<br />
dell’arte contemporanea esprime una<br />
realtà tutt’altra che grigia. Anzi, è una<br />
città dove regna il verde; dove principalmente<br />
regna -insieme alla Fiat- il Cinema<br />
con il suo Museo, la strepitosa ambientazione<br />
della Mole Antonelliana, dove si<br />
è svolta la serata di chiusura del 23°<br />
Film festival.<br />
Al “Torino Film Festival” manca però<br />
la mondanità. Mancano i nomi famosi<br />
del grande schermo hollywoodiano e non<br />
si sfoggiano i vestiti di gala come a Cannes,<br />
Venezia, Los Angeles…<br />
I riflettori abbaglianti non vengono<br />
puntati su vincitori e conduttori di fama<br />
mondiale. La sala del vecchio cinema<br />
“Lux”, il più vecchio di Torino, è rimasta<br />
uguale nella serata di consegna dei premi.<br />
Durante i giorni del festival potevi<br />
avvicinarti liberamente al personaggio<br />
che ti interessava e discutere con lui del<br />
suo lavoro, dei suoi progetti e scambiare<br />
tutte le idee… È tutto cosi compatto<br />
e normale. Motivo per il quale amo i<br />
festival di questo genere: non sono dispersivi<br />
e frenetici; sono fatti su misura<br />
“Sacco e Vanzetti” di Fabrizio Costa<br />
Una storia di ieri per capire tante storie di oggi<br />
23esimo Film Festival<br />
A Torino, niente riflettori su vincitori e conduttori di fama mondiale<br />
per gente comune. Ovvio per gente che<br />
ama il cinema.<br />
Certo che i cinefili hanno avuto chi<br />
incontrare: Claude Chabrol, Walter Hill,<br />
Alfred Green, Amir Naderi, i “nuovi”<br />
Lav Diaz e Lodge Kerrigan, il siciliano<br />
Vittorio de Seta al quale è andato il premio<br />
Cipputi alla carriera. E, infine, Isabella<br />
Rossellini che ha presentato il film<br />
“Mio Padre ha 100 anni”. Tutto suo<br />
dalla sceneggiatura alla ripresa, al montaggio.<br />
Una “lettera d’amore” di 15 minuti<br />
dedicata al Padre come lo ricorda lei.<br />
Su come è nata l’idea e sulla sua famiglia,<br />
Isabella ne parla volentieri in un in-<br />
Via Molinari, 4 - C.da Pezzamandra - Misterbianco (CT)<br />
contro stampa durante il suo soggiorno<br />
torinese. Lei, donna immagine della eleganza<br />
femminile, si presenta vestita con<br />
un abito maschile “perché è più comodo”,<br />
risponde.<br />
INCONTRO CON<br />
ISABELLA ROSSELLINI<br />
My Dad is 100 Years Old<br />
Genesi del film. - Nel 2006 mio<br />
padre compirebbe 100 anni. Ho pensato<br />
molto a cosa fare: restrospettive, articoli,<br />
libri. Poi mi sono detta: «e se non<br />
succede nulla?» Allora ho deciso per il<br />
film, una cosa mia, che posso fare solo<br />
io, non il solito documentario con le immagini<br />
di repertorio, ma un film interno,<br />
basato sulle cose che avevo in<br />
testa.<br />
I personaggi.<br />
- Ho cercato di<br />
dialogare con persone<br />
che avevano<br />
idee sul cinema diverse<br />
da mio padre.<br />
Alfred Hitchcock;<br />
il produttore<br />
David<br />
O. Selznick, che<br />
aveva un contratto<br />
con mia<br />
madre, pur non<br />
avendo mai lavorato<br />
con mio padre co-<br />
nosceva tutti i suoi film; Federico Fellini,<br />
grande amico di papà per cui ha scritto<br />
molto; Charlie Chaplin di cui papà<br />
aveva una foto sul comodino e che nel<br />
film appare come un angelo.<br />
Mettersi in gioco come attrice. -<br />
All’inizio avevo disegnato il copione per<br />
far capire a Maddin cosa volevo. È stato<br />
lui a darmi l’idea di interpretare tutti i<br />
personaggi perchè solo io sapevo quello<br />
che volevo, solo io sapevo cosa avevo in<br />
testa. Così ho provato e direi che ha funzionato:<br />
in particolare mi è piaciuto il<br />
mio Selznick, molto virile.<br />
Mio padre non voleva che facessimo<br />
gli attori, per questo l’ho fatto solo dopo<br />
la sua morte. Il primo film che ho interpretato,<br />
dopo Il Papocchio in cui facevo<br />
me stessa, è stato Il prato (1979) dei<br />
fratelli Taviani: mi ricordo un grande conflitto<br />
interiore perchè papà aveva molta<br />
stima di loro e aveva premiato a Cannes<br />
il loro Padre, padrone. Quindi da una<br />
parte io volevo fare il film con i Taviani,<br />
ma dall’altra era come andare contro i<br />
voleri di mio padre. Fu mia madre che un<br />
giorno mi disse: «Tuo padre faceva i film<br />
con i non-attori, quindi anche tu puoi<br />
fare la non-attrice».<br />
La scelta di Guy Maddin. - Tre anni<br />
fa abbiamo fatto insieme il film The Saddest<br />
Music in the World, che presto uscirà<br />
in Italia. Guy vive in un piccolo paesino<br />
sperduto ma ricco di arte. Quando<br />
mi ha mandato il suo film The Heart of<br />
the World sono rimasta letteralmente incantata:<br />
i suoi film sono “rovinati”, sembrano<br />
disintegrarsi, la sua è un’estetica<br />
della fragilità alla Méliès.<br />
Il Sundance Film Festival ha comprato<br />
My Dad is 100 Years Old e volevano<br />
proiettare anche Roma città aperta<br />
perchè da 18 anni non si vede in America.<br />
Originariamente il mio film era pensato<br />
per l’America e avevo in mente di<br />
fare una retrospettiva nelle Università<br />
per far conoscere agli americani l’opera<br />
di mio padre. Maddin è molto popolare<br />
tra i giovanissimi per cui l’ho usato un<br />
po’ come esca e lui si è prestato molto<br />
volentieri.<br />
La grande pancia. - Papà diceva<br />
sempre che invidiava le donne, che avrebbe<br />
voluto vivere la gravidanza e allattare<br />
i suoi figli. Io da bambina era convinta<br />
che fosse incinto perchè credevo potesse<br />
fare tutto. Papà stava sempre a letto,<br />
lo vedevamo spesso in pigiama e io abbracciavo<br />
il suo grande pancione: per<br />
questo nel film ho usato questa immagine<br />
buffa. I film di papà sono dei grandi<br />
drammi, strappano le lacrime: io ho voluto<br />
fare dell’umorismo per ritrovare la<br />
mia voce.<br />
Ingrid Bergman. - La frase secondo<br />
cui la carriera di mia madre sarebbe<br />
stata rovinata da Rossellini compare in<br />
un libro di Hitchcock. In realtà mia madre<br />
diceva di essere stata lei a rovinare la<br />
carriera di papà. I film che hanno fatto<br />
11<br />
insieme all’epoca non avevano avuto<br />
grande successo, solo ora cominciano a<br />
essere rivalutati.<br />
Roberto Rossellini e la sua famiglia.<br />
- Pur abitando quasi tutti in posti<br />
diversi siamo molto in contatto. Siamo 6<br />
fratelli: Renzo, si occupa di cinema, Roberto<br />
è un pittore, mia sorella gemella<br />
insegna all’Università, Raffaella si è convertita<br />
all’Islam ed è sposata con un<br />
musulmano: Gill che è paraplegico. Ho<br />
adottato un figlio, Roberto, che è nero<br />
con gli occhi blu: mio padre sarebbe stato<br />
felicissimo di lui.<br />
È difficile dire cosa mio padre mi abbia<br />
insegnato, papà era unico. Anche<br />
quando ero in terapia mi chiedevano di<br />
raccontare il rapporto con mio padre ma<br />
io non potevo spiegarlo e dicevo che se<br />
avessero conosciuto Rossellini avrebbero<br />
avuto anche loro il complesso di Elettra.<br />
La cosa più sorprendente è stata<br />
imparare tutto ciò che mio papà non mi<br />
aveva insegnato: ad esempio, ho sposato<br />
Martin Scorsese e poi David Lynch<br />
ed entrambi parlavano continuamente di<br />
cinema. Io pensavo avessero sempre dei<br />
problemi di lavoro e invece ho scoperto<br />
che i cineasti parlano di cinema. Mio<br />
padre invece ne parlava raramente.<br />
Stromboli, terra di Dio. - L’ho scelta<br />
perchè è da lì che sono nata. Se non ci<br />
fosse stata Stromboli, terra di Dio non<br />
sarei mai venuta al mondo.<br />
Silvia Ivanova
12 Dicembre 20<strong>05</strong><br />
Miscellanea<br />
Risponde l’Avvocato<br />
Ho intenzione di acquistare<br />
un’attività commerciale, in particolare<br />
una profumeria. Da qualche<br />
giorno sono molto perplesso in quanto<br />
ho saputo che il locale in cui si trova<br />
la profumeria che sto acquistando è<br />
in affitto. Le chiedo, il locatore, potrebbe<br />
opporsi alla cessione del contratto<br />
di locazione?<br />
Da quanto descrive il nostro lettore,<br />
ci troviamo dinanzi alla fattispecie di<br />
cessione del contratto di locazione di<br />
immobili urbani adibiti ad uso non abitativo.<br />
Sul punto il legislatore è abbastanza<br />
chiaro nella determinazione limiti<br />
e vincoli alla suddetta cessione; in particolare,<br />
ai sensi dell’art 36, I comma,<br />
legge 27 luglio 1978, n.392, il conduttore<br />
può sublocare l’immobile o cedere il<br />
contratto di locazione anche senza il consenso<br />
del locatore, purché venga insieme<br />
ceduta o locata l’azienda, dandone<br />
comunicazione al locatore mediante let-<br />
tera raccomandata con avviso di ricevimento.<br />
Il locatore può opporsi, per gravi<br />
motivi, entro trenta giorni dal ricevimento<br />
della comunicazione. Nel caso di<br />
cessione, il locatore, se non ha liberato il<br />
cedente, può agire contro il medesimo<br />
qualora il cessionario, non adempia le<br />
obbligazioni assunte.<br />
Dal tenore letterale della norma possiamo<br />
rassicurare il nostro lettore in<br />
quanto in caso di locazione di immobili<br />
ad uso commerciale, è legittima la su-<br />
La pittura e la poesia rappresentano da<br />
secoli un binomio inestricabile. Viste entrambe<br />
come manifestazione del pensiero umano,<br />
assieme alla scultura, alla musica, alla filosofia<br />
e al canto, rappresentano da sempre uno<br />
dei modi in cui l’uomo è riuscito a manifestare<br />
i propri stati d’animo e le sue sensazioni<br />
più profonde.<br />
Ma esse assumono anche un valore conoscitivo;<br />
anche il grande filosofo greco Aristotele<br />
era concorde nel ritenere che l’arte fosse<br />
una disposizione creativa accompagnata dalla<br />
ragione e che come tale rientrasse a pieno<br />
titolo nell’attività intellettiva dell’individuo:<br />
il suo posto è tra le virtù superiori, all’interno<br />
dell’attività teoretica, che culmina nella sapienza.<br />
Ecco dunque che lo stesso impulso che<br />
origina l’arte, come sublimazione e perfezionamento<br />
dell’esistenza, crea un mondo gioioso<br />
e armonico dove la parola e i colori si fondono<br />
in una girandola caleidoscopica di sen-<br />
blocazione dell’immobile, addirittura,<br />
anche in presenza di eventuale patto contrario<br />
purché: a) vi sia contestuale cessione<br />
dell’azienda; b) vi sia comunicazione<br />
al locatore mediante lettera raccomandata.<br />
In definitiva, il nostro lettore potrà<br />
acquistare la profumeria, “comprensiva<br />
del contratto di locazione” purché lo<br />
comunichi al locatore. Quest’ultimo entro<br />
trenta giorni dal ricevimento della<br />
raccomandata, potrà opporsi, ma solo<br />
in presenza di gravi motivi.<br />
Per completezza, segnaliamo alcune<br />
decisioni giurisprudenziali che avallano<br />
la suddetta ricostruzione. ( Cass. Civ.,<br />
sez III, 13 aprile 2000, n.4802; Cass.<br />
Civ., sez. III, 22 febbraio 2000, n.1966)<br />
G.T.<br />
Se volete rivolgere le vostre domande<br />
al nostro legale mandate<br />
una e-mail al seguente indirizzo:<br />
pinopesce@aliceposta.it<br />
Milazzo e Ragonesi, due artisti diversi su traettorie affini<br />
Pittura e poesia, un inestricabile binomio<br />
sazioni.<br />
Si ritrova in quest’opera l’esperienza “a<br />
due”, di Pippo Ragonesi e Surya Milazzo;<br />
non si tratta di un semplice catalogo artistico,<br />
ma di un inedito modello espositivo, quale<br />
appunto la poesia e la pittura che permette di<br />
realizzare un viaggio ideale grazie a due artisti<br />
poliedrici.<br />
Le opere presenti non rappresentano una<br />
semplice riscrittura della realtà, ma le atmosfere<br />
e gli spazi evocati dai due artisti sono<br />
stati assimilati, e reinterpretati in un insieme<br />
di immagini che conducono lo spettatore verso<br />
un viaggio affascinante.<br />
L’indubbia padronanza della tecnica cromatica<br />
di Ragonesi, che traspare dalla dosatura<br />
sapiente della vasta gamma dei colori, in<br />
cui caldi e freddi si fondono a dare soluzioni<br />
di rara intensità, crea effetti di luce e profondità<br />
prospettiche assai interessanti.<br />
Parimenti la Milazzo offre al lettore<br />
un’emotività spesso vibrante, originata da una<br />
sintesi non di rado riuscita, fra ispirazione e<br />
tecnica, dove l’uso accorto della parola esalta<br />
l’effetto cromatico, brillante ed armonioso<br />
delle opere.<br />
Un itinerario “a due”, quindi, che vuole<br />
illuminare analogie e differenze, affinità e distanze,<br />
per adottare un andamento che procede<br />
per snodi tematici, per figure, per problemi,<br />
rivelando sintonie e dissonanze.<br />
Si tratta di artisti che, pur attraverso sentieri<br />
diversi, sembrano seguire traiettorie affini,<br />
legate da sottili rapporti e da profonde<br />
convergenze. I Due pensano la pittura e la<br />
poesia come un esercizio lento e difficile, costruito<br />
con sapienza manuale, sensibile ai valori<br />
dei colori e all’onnipotenza dei versi.<br />
Collocandosi nel segno dell’innovazione,<br />
Ragonesi e Milazzo realizzano opere nelle<br />
quali viene indagata la condizione dell’uomo,<br />
spesso sfiorata da dolore, sofferenza e inquietudine.<br />
Maria Giuseppa Fiamingo