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Promuovere il benessere a scuola

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<strong>Promuovere</strong><br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong><br />

a <strong>scuola</strong><br />

dirigenti dirigenti famiglie famiglie<br />

insegnanti<br />

insegnanti alunni alunni


Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca<br />

Direzione Generale per <strong>il</strong> Personale Scolastico<br />

<strong>Promuovere</strong><br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong><br />

a <strong>scuola</strong><br />

esperienze ed indicazioni<br />

per prevenire lo stress da lavoro<br />

correlato (DM 81)<br />

Roma 8-9 Novembre 2012<br />

ATTI<br />

a cura di:<br />

Giuseppina Fantone - Massimo La Rocca<br />

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca<br />

Ufficio Scolastico Regionale per <strong>il</strong> Lazio<br />

Istituto Comprensivo Via Sebenico 1<br />

00198 Roma<br />

Tel./Fax 068549282


Il convegno è visib<strong>il</strong>e su youtube.com: <strong>Promuovere</strong> <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong><br />

Roma 8-9/11 2012


Introduzione<br />

Massimo La Rocca<br />

Dirigente scolastico I.C. Via Sebenico - Roma<br />

Nei giorni 8 e 9 novembre 2012, presso l’I.T.I.S. Gal<strong>il</strong>eo Gal<strong>il</strong>ei di Roma,<br />

si è svolta la prima parte del corso di formazione per i dirigenti scolastici<br />

sul tema particolarmente attuale della promozione del “Benessere a <strong>scuola</strong>”.<br />

L’iniziativa, in continuità con le altre due precedenti edizioni, è stata promossa<br />

dalla Direzione Generale per <strong>il</strong> Personale Scolastico del M.I.U.R.<br />

con <strong>il</strong> supporto progettuale ed organizzativo dell'Istituto Comprensivo<br />

"Luigi Settembrini - Via Sebenico"; tale iniziativa aveva l’obiettivo di<br />

individuare nella prevenzione l’elemento centrale per diminuire, a livelli<br />

tollerab<strong>il</strong>i, eventuali situazioni di stress nell'ambito lavorativo e quindi<br />

migliorare le attuali condizioni organizzative. Tale evento si è reso necessario<br />

per r<strong>il</strong>eggere la nuova normativa emanata, con particolare riferimento<br />

al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, che individua nelle strategie<br />

gestionali uno dei fattori determinanti per la sicurezza ed <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> nei<br />

luoghi di lavoro. In particolare l’art. 28 stab<strong>il</strong>isce come debba necessariamente<br />

attuarsi una valutazione preventiva dei fattori di stress da lavoro<br />

correlato ed un monitoraggio costante delle condizioni professionali. La<br />

riflessione approfondita sulle attività lavorative, oltre a prevenire situazioni<br />

di disagio e di isolamento, può consentire un significativo miglioramento<br />

delle prestazioni lavorative individuali e collettive.<br />

In tale ambito la partecipazione di circa duecento persone e l’interesse<br />

suscitato hanno reso possib<strong>il</strong>e la creazione di un uditorio attivo e motivato<br />

nel cercare strategie e azioni migliorative della propria attività gestionale.<br />

Le sessioni di lavoro proposte hanno analizzato diversi ambiti tematici<br />

afferenti la complessità dell’istituzione scolastica attraverso una visione<br />

sistemica e mai parcellizzata. Tale prospettiva ha consentito, ai molti<br />

responsab<strong>il</strong>i della gestione delle risorse umane, di acquisire gli aspetti più<br />

innovativi delle diverse discipline che interagiscono e si interconnettono.<br />

Inoltre, in un’ottica di tipo esperienziale ed operativo, si è cercato di dare<br />

indicazioni concrete ai bisogni formativi dei partecipanti attraverso ricerche<br />

empiriche, risposte mirate e possib<strong>il</strong>i soluzioni alle domande poste ai<br />

3


diversi esperti che si sono succeduti in qualità di relatori. Le sessioni formative<br />

si sono distinte attraverso la connessione di argomenti ed elaborazioni<br />

teorico-pratiche di grande importanza per <strong>il</strong> ruolo dirigenziale. Si è<br />

proceduto, quindi, ad un’analisi socio-psicologica della realtà multiforme<br />

che si ha davanti, con la successiva disamina dal punto di vista legislativo<br />

e medico-legale, per poi proseguire con i temi attinenti l’organizzazione e<br />

l’implementazione di piani di miglioramento che possano essere realmente<br />

incisivi ed efficaci per lo sv<strong>il</strong>uppo professionale anche al fine del perseguimento<br />

di un idoneo “clima” relazionale all’interno dell’istituzione<br />

scolastica.<br />

L’analisi descritta è stata inoltre arricchita dalla presenza di testimoni della<br />

cultura, lo scrittore Marco Lodoli, e dello spettacolo, <strong>il</strong> regista Giuseppe<br />

Piccioni, che hanno indagato <strong>il</strong> mondo della <strong>scuola</strong> offrendo una lettura<br />

particolare ed interessante che spesso sfugge alle persone coinvolte nel<br />

sistema d’istruzione.<br />

In conclusione possiamo affermare che la tematica affrontata non è sempre<br />

di fac<strong>il</strong>e interpretazione richiedendo un sforzo notevole, da parte di<br />

tutti gli attori coinvolti, per non evidenziare solo gli aspetti di medicalizzazione<br />

di eventuali situazioni di disagio; per offrire, anzi, interessanti<br />

spunti di riflessione sul proprio operato e su come migliorare un’organizzazione<br />

complessa, quale si presenta l’attuale istituzione scolastica.<br />

Si ringraziano sentitamente tutti i relatori ed i moderatori del corso che<br />

hanno dimostrato grande professionalità e ricchezza di contenuti, i partecipanti<br />

che hanno evidenziato un notevole interesse. Un ringraziamento<br />

particolare è rivolto alla “inimitab<strong>il</strong>e” prof.ssa Giuseppina Fantone che,<br />

oltre ad aver diretto la segreteria organizzativa, ha coordinato con professionalità<br />

la progettazione formativa del corso.<br />

4


Luigi Calcerano<br />

Dirigente degli Uffici VI e VII<br />

Direzione Generale del Personale Scolastico - MIUR Roma<br />

Sono particolarmente contento che, nonostante la crisi ed i tagli, siamo<br />

riusciti ad organizzare questa iniziativa. Sarà un po’ rozzo, ma quando<br />

l’Amministrazione mette mano al portafoglio vuol dire che l’iniziativa è<br />

considerata particolarmente r<strong>il</strong>evante. Siamo convinti, infatti, che <strong>il</strong> fenomeno<br />

del disagio professionale degli insegnanti (e anche dei Dirigenti<br />

Scolastici), noto anche con <strong>il</strong> nome di burnout, rappresenti uno dei problemi<br />

più insidiosi che la <strong>scuola</strong> e gli operatori scolastici si trovano a dover<br />

affrontare. Mi piace l’etimologia di questa parola inglese “burnout” che è<br />

diffic<strong>il</strong>e tradurre perché fa riferimento ad una sorta di spegnimento progressivo,<br />

di esaurimento interno, come quello di una candela: ci sono alcune<br />

immagini del burnout che rappresentano la situazione come una candela<br />

che brucia da tutti e due i lati e che quindi si esaurisce molto più velocemente.<br />

Il burnout non colpisce solo educatori ed insegnanti, ma tutte le persone<br />

che esercitano professioni d’aiuto, quando non riescono a rispondere in<br />

maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che <strong>il</strong> loro lavoro li porta ad<br />

assumere. Sono già alcuni anni che organizziamo iniziative contro <strong>il</strong> burnout<br />

e mentre le preparavamo abbiamo cominciato a conoscerlo meglio:<br />

oltre alla coppia che cita Marco Lodoli nel contributo che avete in cartella,<br />

docente/apprendista, esiste anche la coppia organizzatore/apprendista<br />

perché, programmando queste cose, noi le approfondiamo anche personalmente<br />

e abbiamo capito alcune cose che, secondo me, sono fondamentali.<br />

Sappiamo che <strong>il</strong> ruolo dell’insegnante nella società della conoscenza è sottoposto<br />

a tensioni, sollecitazioni, pressioni contrapposte tra le esigenze<br />

delle Istituzioni, in particolare dell’ordinamento scolastico del Governo, e<br />

quelle delle famiglie e degli studenti. C’è un problema di crisi d’identità<br />

dell’insegnante, di calo crescente del prestigio professionale che gli è riconosciuto<br />

dalla società in quanto molti dicono (e io sono d’accordo) che<br />

anche la bassa remunerazione abbassa <strong>il</strong> prestigio poiché in una società<br />

come la nostra chi è pagato poco è ritenuto fare un lavoro poco importante,<br />

poco interessante. E poi ci sono questi fenomeni, di cui ha già parlato<br />

5


la mia collega D’Antimi, che irrompono sempre nella vita scolastica e<br />

sono problematiche economiche e sociali, che arrivano a minacciare le<br />

stesse condizioni bas<strong>il</strong>ari del rapporto educativo. Lei ha giustamente citato<br />

<strong>il</strong> bullismo che non si manifesta più solo tra gli studenti, ma si rivolge<br />

spesso anche contro i docenti, fino ad episodi di vera e propria sopraffazione.<br />

E sono episodi che si verificano non solo nelle tradizionali zone a<br />

rischio dove sarebbero, tra virgolette, più giustificati, ma si trovano anche<br />

nelle grandi città e con studenti che non sono, sempre tra virgolette, disagiati,<br />

ma apparentemente privi di problemi e di buone condizioni economiche<br />

e sociali.<br />

Di fronte al deterioramento dell’immagine, agli insuccessi professionali<br />

ed a situazioni diffic<strong>il</strong>i è ovvio che molti insegnanti comincino a sv<strong>il</strong>uppare<br />

un processo di logoramento e di decadenza psicofisica, caratterizzata in<br />

genere dalla mancanza di energie, di capacità nel sostenere e scaricare lo<br />

stress, dalla frustrazione, dall’insoddisfazione che possono condurre, e<br />

spesso conducono, alla demotivazione, all’assenteismo, all’apatia, al servizio<br />

prestato non con entusiasmo, ma con interesse sempre minore.<br />

Preparando questo seminario abbiamo capito che sarebbe sbagliato medicalizzare<br />

questioni importanti e delicate come queste, perché sarebbe<br />

anche come uno scaricarsi la coscienza da parte dell’Istituzione e noi non<br />

vogliamo farlo. Per questo l’Amministrazione centrale ha trovato i mezzi,<br />

pur nella continua riduzione delle risorse disponib<strong>il</strong>i per la formazione, e<br />

con l’aiuto degli OSR e delle scuole in prima linea si è determinata ad<br />

affrontato <strong>il</strong> discorso particolarmente r<strong>il</strong>evante del burnout, promuovendo<br />

occasioni di approfondimento del tema, ritenendo particolarmente importante<br />

in primo luogo la sensib<strong>il</strong>izzazione sul fenomeno perché gli operatori<br />

scolastici imparino a prevenire, riconoscere e trattare <strong>il</strong> disagio, favoriscano<br />

gli interventi per contrastarne la crescita e la diffusione, al fine di<br />

passare dal burnout alla soddisfazione e (l’ha detto già la mia collega) al<br />

<strong>benessere</strong> professionale. Benessere? Certo sembra un sogno parlare di<br />

<strong>benessere</strong> in una situazione di crisi come la nostra attuale, ma noi dobbiamo<br />

lavorare non solo per l’emergenza, ma anche per <strong>il</strong> futuro e anche per...<br />

i sogni.<br />

Questa è una situazione di sperimentazione p<strong>il</strong>ota che tiene ovviamente<br />

conto della limitatezza delle risorse: per esempio, si sta perseguendo una<br />

curvatura degli strumenti formativi già esistenti e dei servizi di consulenza;<br />

stiamo lavorando anche con una iniziativa di formazione in cui ut<strong>il</strong>iz-<br />

6


ziamo <strong>il</strong> contributo dei docenti delle comunità per tossicodipendenti per<br />

cercare di aprire un discorso sull’ascolto e sulle capacità che le scuole<br />

hanno di r<strong>il</strong>evare i problemi ancor prima che si sv<strong>il</strong>uppino ed esplodano,<br />

tutto per ricomprendere in una implementazione dell’offerta formativa<br />

disponib<strong>il</strong>e.<br />

Ho detto che sarebbe sbagliato medicalizzare questioni importanti e complesse<br />

come questa per cui la linea dell’intervento e dell’iniziativa sostanzialmente<br />

si propone di aggredire <strong>il</strong> burnout da più angolature: l’approfondimento<br />

e la comprensione rigorosa del fenomeno, una corretta ed approfondita<br />

organizzazione del lavoro della <strong>scuola</strong>, l’attenzione alla sicurezza,<br />

la preparazione dei Dirigenti Scolastici e la ricaduta sull’attività di contenzioso<br />

(anche questo è particolarmente interessante perché ci sono stati dei<br />

Capi d’Istituto che sono stati condannati dal giudice per non aver operato<br />

una valutazione congrua dei rischi specifici) e poi, insisto, la sensib<strong>il</strong>izzazione<br />

ed <strong>il</strong> sostegno psicologico.<br />

Non ci nascondiamo le difficoltà, che sono tante, perché è necessario<br />

avviare un tipo di lavoro comune fra Dirigenti, docenti ed<br />

Amministrazione che si incontrano per intervenire sulle regole di un determinato<br />

ambito del futuro della <strong>scuola</strong>, che si confrontano su come governare<br />

un processo così diffic<strong>il</strong>e.<br />

Mentre lo dico mi rendo conto che parlare nella situazione attuale, così<br />

diffic<strong>il</strong>e, di una prospettiva di questo genere sembra quasi una “mission<br />

impossible” e in casi come questo mi piace citare lo scrittore americano<br />

Mark Twain che una volta scrisse “la missione era impossib<strong>il</strong>e, ma i ragazzi<br />

non lo sapevano quindi la fecero”. Io spero che a noi capiti qualcosa del<br />

genere perché abbiamo un minimo d’improntitudine a cercare di affrontare<br />

<strong>il</strong> discorso del burnout, perché ci sovrasta, però proviamoci e chissà che<br />

non si riesca a mettere a punto qualche tassello.<br />

7


La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong><br />

nel contesto scolastico nella prospettiva psicosociale:<br />

<strong>il</strong> ruolo dei fattori nocivi e protettivi<br />

Introduzione<br />

Dina Guglielmi<br />

Docente di Psicologia del Lavoro - Università di Bologna<br />

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 81 “La valutazione dei<br />

rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori deve essere effettuata<br />

tenendo conto dei rischi da stress lavoro-correlato”. La valutazione dello<br />

stress porta con sé diverse problematiche tra cui in primo luogo quella<br />

relativa alla sua misurazione. Riprendendo l’Accordo quadro europeo che<br />

definisce lo stress come “Condizione che può essere accompagnata da<br />

disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale, ed è conseguenza<br />

del fatto che taluni individui non si sentano in grado di corrispondere<br />

alle richieste o alle aspettative riposte in loro” … “L’individuo è<br />

assolutamente in grado di sostenere un’esposizione di breve durata alla<br />

tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a<br />

sostenere un’esposizione prolungata ad una pressione intensa. Inoltre,<br />

individui diversi possono reagire differentemente a situazioni sim<strong>il</strong>i e lo<br />

stesso individuo può reagire diversamente di fronte a situazioni sim<strong>il</strong>i in<br />

momenti diversi della propria vita” (Accordo Europeo 08/2004, art. 3) è<br />

immediato cogliere le difficoltà di misurazione data la natura fortemente<br />

soggettiva dello stress. Anche la circolare della Commissione Consultiva<br />

per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro del 18/10/2010 che approva una<br />

serie di linee guida per la valutazione dei fattori di stress lavorativo risolve<br />

solo parzialmente <strong>il</strong> problema indicando un percorso metodologico di<br />

minima.<br />

Oltre all’obbligo normativo e alle problematiche appena esposte <strong>il</strong> tema<br />

dello stress in ambito scolastico è particolarmente r<strong>il</strong>evante. Come numerose<br />

ricerche segnalano insegnare è stressante, in confronto con altre professioni<br />

gli insegnanti mostrano infatti più alti livelli di esaurimento emotivo<br />

e cinismo, dimensioni centrali del burnout con conseguenze sia sul<br />

versante individuale che organizzativo.<br />

8


Nella logica di coniugare la valutazione dello stress prevista dal Decreto<br />

81, i problemi di misura ad esso correlati e la centralità del tema nel contesto<br />

<strong>scuola</strong> <strong>il</strong> gruppo di ricerca di Psicologia del Lavoro e delle<br />

Organizzazioni dell’Università di Bologna ha attivo da diversi anni un<br />

progetto sulla promozione del <strong>benessere</strong> organizzativo come strumento di<br />

prevenzione di diverse forme di disagio lavorativo tra cui <strong>il</strong> burnout.La<br />

finalità generale è quella di promuovere <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> nella <strong>scuola</strong>, attraverso<br />

<strong>il</strong> riconoscimento preventivo di tutte quelle dimensioni che possono<br />

rappresentare fattori di rischio psico-sociale.<br />

All’interno di questo più ampio progetto verranno qui presentate due<br />

ricerche che <strong>il</strong>lustrano due passaggi importanti nella valutazione dello<br />

stress in ambito scolastico.<br />

Il primo lavoro dal titolo “Prevenzione dello stress lavoro correlato:<br />

validazione di uno strumento per la valutazione dei rischi psicosociali<br />

nella <strong>scuola</strong>” 1 presenta la proposta del Gruppo di lavoro “Promozione<br />

<strong>benessere</strong> organizzativo” attivato in collaborazione con l’Ufficio scolastico<br />

Provinciale di Bologna nel 2006 con l’obiettivo di monitorare i fattori<br />

di rischi psicosociali attraverso la r<strong>il</strong>evazione del <strong>benessere</strong> organizzativo.<br />

Le fasi di lavoro che hanno permesso la validazione di uno strumento<br />

per la valutazione dei rischi psicosociali nella <strong>scuola</strong> hanno<br />

riguardato:<br />

Approfondimento della normativa e della letteratura specialistica di riferimento<br />

Individuazione puntuale delle dimensioni da porre sotto osservazione e<br />

degli indicatori (realizzata con esperti del settore in particolare Dirigenti<br />

Scolastici)<br />

Messa a punto di uno strumento specifico per la realtà in esame - adattamento<br />

e ampliamento del questionario multidimensionale sulla salute<br />

organizzativa (Avallone, Paplomatas, 2005)<br />

Sperimentazione del questionario e relativa validazione<br />

Nella predisposizione dello strumento si è quindi tentato di focalizzare<br />

l’attenzione sui fattori di rischio nella <strong>scuola</strong>, al fine di comprendere quali<br />

dimensioni porre al centro dell’indagine. Nello specifico sono state individuate<br />

cinque aree principali contenute nel questionario: Motivazione al<br />

1 Guglielmi D., Paplomatas A.,Simbula S., Depolo M. (2011), Psicologia della salute, N°<br />

3, 2011, pp. 53-74.<br />

9


lavoro e coinvolgimento; Benessere organizzativo; Caratteristiche del<br />

compito; Il compito: gestione della classe; Salute e <strong>benessere</strong>.<br />

Hanno risposto al questionario 953 persone che lavorano all’interno della<br />

<strong>scuola</strong> (82% docenti). I risultati mostrano la validità e l’attendib<strong>il</strong>ità dello<br />

strumento proposto per valutare i fattori di rischio psicosociale nella <strong>scuola</strong>,<br />

segnalandone un possib<strong>il</strong>e uso nella valutazione dello stress lavoro correlato.<br />

A titolo esemplificativo nelle Figura 1 sono mostrate le associazioni tra le<br />

dimensioni studiate e <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> e malessere organizzativo. Gli stessi fattori<br />

si associano (come mostrato nella figura) e permettono inoltre di<br />

discriminare diversi tipi di esiti (<strong>benessere</strong>, fatica mentale, ecc.). I risultati<br />

possono, quindi, essere considerati una conferma di quanto richiamato<br />

dalla normativa attuale in materia di sicurezza sul lavoro rispetto ai potenziali<br />

effetti delle caratteristiche del lavoro e dell’organizzazione del lavoro<br />

sul <strong>benessere</strong> e sulla salute dei lavoratori.<br />

Figura 1: Caratteristiche del lavoro, fattori di rischio e <strong>benessere</strong> organizzativo.<br />

10


Il secondo lavoro di ricerca presentato in questa sede dal titolo “Job<br />

Demands-Resources Model: uno strumento per la valutazione dei fattori<br />

di rischio nella <strong>scuola</strong> 2 “ allarga la prospettiva con l’obiettivo di non definire<br />

solo uno strumento ma una vera e propria modalità di intervento in<br />

ambito scolastico. Come anticipato in precedenza in confronto con altre<br />

professioni, l’insegnamento è considerato un lavoro ad alto stress. Uno dei<br />

recenti modelli teorici inerenti stress e burnout ampiamente ut<strong>il</strong>izzato<br />

anche sugli insegnanti è <strong>il</strong> modello Domande-Risorse Lavorative (JD-R)<br />

presentato sinteticamente in Figura 2.<br />

Figura 2: Il modello Domande (fattori di rischio) e risorse (fattori protettivi) lavorative<br />

(adattato da Schaufeli et al. 2001).<br />

Come mostra la figura i fattori psicosociali dell’ambiente lavorativo stimolano<br />

due processi opposti: un processo di stress (o esaurimento delle<br />

energie) innescato dai fattori nocivi; e un processo motivazionale sostenuto<br />

dai fattori protettivi. Il primo passa per una situazione di burnout<br />

(persistente e negativo stato mentale legato alla situazione lavorativa in<br />

2 Guglielmi D., Simbula S., Depolo M. (2009), Psicologia dell’educazione e della formazione,<br />

Vol. 11, N° 3.<br />

11


individui normali‘che è, in primo luogo, caratterizzato da esaurimento,<br />

accompagnato da angoscia, senso di ridotta competenza, motivazione<br />

descrescente e lo sv<strong>il</strong>uppo di atteggiamenti disfunzionali al lavoro) <strong>il</strong><br />

secondo per una situazione di engagement (condizione positiva e affettivo-motivazionale<br />

di realizzazione che è caratterizzata da energia, dedizione<br />

e assorbimento). Entrambi i processi hanno un’influenza sul <strong>benessere</strong><br />

individuale e organizzativo ma <strong>il</strong> processo di stress in senso negativo e<br />

quello motivazionale in senso positivo.<br />

Lo scopo dello studio qui presentato è stato di testare <strong>il</strong> modello nel contesto<br />

scolastico italiano. 235 insegnanti di 4 scuole secondarie di I grado<br />

della Regione Em<strong>il</strong>ia-Romagna hanno risposto a un questionario su risorse<br />

(influenza/partecipazione e sv<strong>il</strong>uppo personale), domande lavorative<br />

(iniquità e conflitto lavoro-famiglia), burnout, engagement, <strong>benessere</strong> e<br />

comportamenti di cittadinanza organizzativa.<br />

I risultati delle analisi (mediante modelli di equazioni strutturali) mostrano<br />

che <strong>il</strong> burnout è un mediatore tra domande lavorative e <strong>benessere</strong>, mentre<br />

l’engagement è un mediatore tra risorse lavorative e comportamenti di<br />

cittadinanza organizzativa, come mostra la figura 3.<br />

Figura 3: Modello Domande e risorse lavorative negli insegnanti italiani.<br />

12


I risultati confermano quindi che fattori psicosociali dell’ambiente lavorativo<br />

stimolano due processi opposti: un processo di stress (o esaurimento<br />

delle energie) innescato dai fattori nocivi; e un processo motivazionale<br />

sostenuto dai fattori protettivi. Tali processi hanno effetti opposti sul <strong>benessere</strong><br />

degli insegnanti: elevate domande conducono a cattiva salute mentale;<br />

mentre adeguate risorse favoriscono l’attuazione dei CCO. Fattori nocivi<br />

e fattori protettivi risultano tra loro negativamente correlati.<br />

Questo studio fornisce indicazioni per la valutazione dello stress lavorocorrelato<br />

e le relative strategie di intervento nella <strong>scuola</strong>. In primo luogo<br />

<strong>il</strong> Modello “Domande-Risorse” si è mostrato ut<strong>il</strong>e per l’analisi e la valutazione<br />

dei fattori psicosociali nell’ambiente “<strong>scuola</strong>”. L’ut<strong>il</strong>izzo del<br />

modello consente due possib<strong>il</strong>ità: stimare la rischiosità della situazione<br />

lavorativa, ma anche valutare i punti di forza e le risorse presenti. In sintesi<br />

i vantaggi del modello possono essere così sintetizzati: misura migliore<br />

dello stressor (in rapporto al disagio sperimentato); misura del “lato<br />

nascosto” del lavoro: le risorse per <strong>il</strong> <strong>benessere</strong>; capacità di r<strong>il</strong>evare linee<br />

di intervento alternative, connesse allo sv<strong>il</strong>uppo dell’engagement dei lavoratori.<br />

I risultati delle due indagini nel loro complesso suggeriscono quindi indicazioni<br />

sui possib<strong>il</strong>i tipi di intervento (individuali e organizzativi) da<br />

attuare sia per prevenire <strong>il</strong> manifestarsi di situazioni di disagio, sia per promuovere<br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong> fisico, psicologico e sociale all’interno del contesto<br />

di lavoro “<strong>scuola</strong>”.<br />

13


14<br />

La leadership democratica nella <strong>scuola</strong><br />

Roberto Serpieri<br />

Professore Associato - Facoltà di Sociologia<br />

Università Federico II - Napoli<br />

Per la relazione visionare DVD


“Lo stress da doppio carico di lavoro: alcuni aspetti<br />

della femmin<strong>il</strong>izzazione della professione di insegnante”<br />

Ketty Vaccaro<br />

Sociologa, Responsab<strong>il</strong>e Settore Welfare - CENSIS - Roma<br />

Nella relazione sono stati messi in luce alcuni degli aspetti che, a diverso<br />

titolo e in misura diversificata, possono essere considerati r<strong>il</strong>evanti nella<br />

genesi delle situazioni di burn-out degli insegnanti italiani:<br />

da una parte gli aspetti interni alla professione, che hanno a che vedere<br />

con la progressiva femmin<strong>il</strong>izzazione, l’aumento dell’età media del<br />

corpo insegnante, la crescente precarizzazione, la difficoltà di gestire i<br />

nuovi assetti della <strong>scuola</strong> italiana, con specifico riferimento alla crescente<br />

presenza degli immigrati;<br />

dall’altra parte sono evidenziati gli elementi specifici, legati alla femmin<strong>il</strong>izzazione<br />

della professione, ma in grado di configurare una ulteriore<br />

fonte di stress di natura esterna alla <strong>scuola</strong>, identificata del doppio<br />

carico di lavoro che caratterizza l’attuale condizione delle donne italiane.<br />

Nelle conclusioni è stata evidenziata la necessità di intervenire sui fattori<br />

di stress per migliorare l’empowerment dei professionisti della <strong>scuola</strong>, da<br />

momento che esso rappresenta una condizione importante per far sì che gli<br />

insegnanti possano guardare con soddisfazione al lavoro svolto, al ruolo<br />

ricoperto e ai rapporti che intrattengono con colleghi e superiori.<br />

Al momento non mancano segnali di disorientamento nel corpo insegnante<br />

nel prefigurare la <strong>scuola</strong> del futuro, ma quello che è importante è<br />

improntare <strong>il</strong> rapporto tra individuo e organizzazione sulla base della condivisione<br />

di valori e norme, perché i lavoratori più motivati sono anche<br />

quelli più qualificati. E per questo l’obiettivo prioritario per fronteggiare<br />

<strong>il</strong> burn-out è proprio la promozione di un patto tra individuo e organizzazione<br />

basato sulla valorizzazione reciproca.<br />

22


Scuola, <strong>benessere</strong> e giustizia:<br />

un tema su cui riflettono f<strong>il</strong>osofi e sociologi<br />

Luciano Benadusi<br />

Professore Onorario Università La Sapienza - Studioso di sociologia<br />

dell’educazione - DIrettore della rivista “Scuola Democratica”<br />

La questione degli effetti dell’educazione è stata finora prevalentemente<br />

affrontata nel lungo termine, come se la <strong>scuola</strong> fosse un’istituzione solo di<br />

preparazione alla vita futura e non dove si vive, e in modi carichi di significato,<br />

la vita di oggi.<br />

Nel 1972 un noto sociologo americano, Christopher Jenks, fece un’ampia<br />

analisi secondaria dei dati disponib<strong>il</strong>i negli SU sul rapporto fra education<br />

e redditi di lavoro giungendo alla conclusione, peraltro discussa, che egualizzare<br />

l’istruzione non serve ad egualizzare anche i redditi.<br />

Piuttosto che ai benefici a lungo termine dell’istruzione consigliava perciò<br />

di guardare ai benefici a breve termine per gli studenti. Cioè di fare <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e<br />

per consentire loro di vivere meglio la <strong>scuola</strong>.<br />

Il meccanismo della gratificazione differita non funziona più come un<br />

tempo perché è colpito al cuore dalla crisi motivazionale che affligge<br />

l’odierna <strong>scuola</strong> di massa. I benefici di lungo periodo sono divenuti più<br />

incerti e l’attuale generazione di giovani ha un atteggiamento presentista,<br />

la sua funzione di preferenza inter-temporale è cambiata. I giovani studenti<br />

di oggi debbono essere aiutati a scoprire <strong>il</strong> senso dello stare a <strong>scuola</strong> e<br />

non solo con riferimento al futuro.<br />

In assenza di ciò si diffondono gli stati di noia, disagio, frustrazione. E<br />

questo genera l’aumento della micro-conflittualità quotidiana: una <strong>scuola</strong><br />

divisa dinnanzi ad una famiglia pacificata, come ci mostrano diverse indagini<br />

sociologiche.<br />

Il <strong>benessere</strong> degli studenti e dei docenti assume quindi oggi un r<strong>il</strong>ievo centrale<br />

sia sul piano degli apprendimenti che su quello della socializzazione:<br />

lo sforzo e la disciplina nello studio e nei comportamenti sono sempre stati<br />

e rimangono necessari ma presuppongono, più che nel passato, comprensione,<br />

sensatezza e piacere.<br />

Le nuove teorie del <strong>benessere</strong> – pensiamo soprattutto a Sen ed all’approccio<br />

delle capacitazioni – lo definiscono in modo duale: come “l’insieme<br />

28


degli stati di essere e di fare cui <strong>il</strong> soggetto attribuisce valore” e nello stesso<br />

tempo come agency, come capacitazione o attivazione. Potremmo dire<br />

con Sen: well-being e libertà, stare bene con se stessi e con gli altri e<br />

apprendere <strong>il</strong> diffic<strong>il</strong>e gioco della libertà, innanzitutto la libertà di scelta.<br />

È tutta una pedagogia che si può costruire e si sta tentando di costruire<br />

sulla base del concetto di capacitazione e su quello, strettamente connesso,<br />

di sv<strong>il</strong>uppo umano.<br />

Vorrei però limitarmi qui a sottolineare l’importanza di un impegno riflessivo<br />

costante sull’esperienza scolastica da parte di insegnanti e studenti e<br />

dell’avere a disposizione un termometro che osservi e, quando è possib<strong>il</strong>e,<br />

misuri <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> e lo sv<strong>il</strong>uppo personale, non solo i consueti indicatori<br />

di risultato.<br />

Un elemento fondamentale in questa prospettiva è <strong>il</strong> clima relazionale ed<br />

organizzativo a livello di classe e di istituto.<br />

Una determinante cruciale del <strong>benessere</strong> e del malessere in qualsiasi organizzazione<br />

è la giustizia.<br />

È nella <strong>scuola</strong> che i giovani fanno la prima esperienza della giustizia nella<br />

sfera pubblica, anche per questo <strong>il</strong> tema della educazione alla cittadinanza<br />

è tanto importante.<br />

Le teorie della giustizia negli ultimi 40/50 anni sono state oggetto di un<br />

grande dibattito a livello internazionale tra i f<strong>il</strong>osofi della politica, riprese<br />

da economisti e sociologi.<br />

Stupisce che la <strong>scuola</strong>, nei suoi curricoli, ignori tutto questo.<br />

3 criteri: Rispetto-autonomia, eguaglianza e merito (Dubet).<br />

Una survey sugli studenti del 1° anno delle superiori (o equivalente in altri<br />

paesi), in 5 nazioni europee (+ Giappone).<br />

R<strong>il</strong>ievi positivi: l’Italia ne esce molto bene per vari aspetti.<br />

P.es. è <strong>il</strong> paese dove la quota degli studenti che affermano che gli insegnanti<br />

li incoraggiano a ragionare con la propria testa e trattano le loro<br />

opinioni con rispetto anche se non le condividono (rispetto-autonomia) è<br />

la più alta. Così pure per <strong>il</strong> quesito se gli insegnanti si interessano al loro<br />

<strong>benessere</strong>.<br />

In Italia, più che altrove, gli studenti condividono la visione più avanzata<br />

del principio di eguaglianza (discriminazione positiva) e riconoscono che<br />

i loro insegnanti vi si conformano.<br />

In Italia, più che altrove, si ritiene che la <strong>scuola</strong> e gli insegnanti siano giusti.<br />

29


R<strong>il</strong>ievi negativi: l’area critica in Italia è quella della valutazione, l’area<br />

dove <strong>il</strong> criterio di giustizia da applicare è <strong>il</strong> merito con tutte la sue ambiguità.<br />

Solo <strong>il</strong> 46%, la percentuale più bassa tra i vari paesi, dichiara che gli insegnanti<br />

danno i voti che gli studenti meritano.<br />

Debole attribuzione di valore al merito da parte degli insegnanti italiani<br />

(vedi anche Sciolla).<br />

Non trasparenza dei criteri di valutazione, sospetti di favoritismo o di<br />

casualità.<br />

L’esperienza della giustizia o dell’ingiustizia a <strong>scuola</strong> risulta la principale<br />

determinante di una serie di atteggiamenti: fiducia negli insegnanti, credenza<br />

nella <strong>scuola</strong> come luogo giusto, ed è importante anche riguardo<br />

all’assunzione di una visione avanzata dell’eguaglianza. Influisce anche<br />

sugli atteggiamenti rispetto al mondo fuori della <strong>scuola</strong> (vedi anche indagine<br />

IEA).<br />

30


Sezione teorico-operativa sugli aspetti giuridico-legali<br />

dello stress da lavoro correlato<br />

Micaela Ricciardi<br />

Dirigente Scolastico Liceo G. Cesare - Roma<br />

Con un approccio che procede dal generale al particolare, i lavori pomeridiani,<br />

dopo lo sguardo a tutto campo degli interventi di apertura, vogliono<br />

offrire un approfondimento degli aspetti giuridici e procedurali nella prevenzione<br />

e gestione dello stress da lavoro correlato (SLC), particolarmente<br />

orientato alla pratica quotidiana del fare <strong>scuola</strong>.<br />

Così l’Avvocato di Stato Laura Paolucci, esperta di questioni scolastiche,<br />

offre un quadro normativo del percorso giuridico compiuto per la definizione<br />

dell’art.28 del D.Lgs. 81/08 a partire dall'Accordo Europeo dell'8<br />

ottobre 2004: in questo contesto appare più evidente <strong>il</strong> ruolo della prevenzione<br />

come fondamento difensivo nelle controversie giurisdizionali e la<br />

necessità, etica e giuridica, dell’attenzione alla difesa della salute del<br />

dipendente da parte del Dirigente Scolastico. Il ricorso all’esemplificazione<br />

di alcune sentenze significative rende l’analisi concreta e stimolante<br />

per <strong>il</strong> dibattito con <strong>il</strong> pubblico presente.<br />

Sulla stessa linea giuridica, ma con un’attenzione maggiormente procedurale,<br />

si colloca l’intervento del Ten. Col. Alessandro Iaria, medico legale<br />

rappresentante del Ministero della Difesa nella Commissione medica di<br />

verifica: la valutazione medica in ambito scolastico rappresenta infatti una<br />

procedura non sempre nota ai Dirigenti Scolastici, di recente regolata dal<br />

DPR 171/2011, <strong>il</strong> Regolamento per la risoluzione del rapporto di lavoro in<br />

caso di permanente inidoneità psicofisica, nei differenti casi di inidoneità<br />

permanente assoluta e inidoneità permanente relativa. Un campo che si<br />

apre anche al dibattito più recente per i problemi relativi alla valutazione<br />

e alla destinazione di questo personale (riconvertito ATA o lasciato nelle<br />

sue mansioni dopo nuova visita?). Anche in questo caso l’intervento ricorre<br />

all’analisi di casi concreti e alla declinazione delle procedure per la<br />

definizione dell’inidoneità del personale dipendente, anche come risposta<br />

di quesiti posti dai presenti.<br />

I successivi due interventi si volgono invece all’analisi più diretta della<br />

organizzazione scolastica, degli aspetti di clima relazionale e di b<strong>il</strong>ancio<br />

31


sociale come valida prevenzione allo stress da lavoro correlato.<br />

Il preside Massimo La Rocca, partendo anch’egli dal D.Lgs.81 e dagli<br />

strumenti di prevenzione indicati già dalla norma, parla del punto di vista<br />

del dirigente scolastico e della sua capacità di organizzare la vita scolastica<br />

in funzione di una positiva gestione del clima relazionale, in particolare<br />

del superamento di situazioni critiche con inclusione dei soggetti esclusi.<br />

È compito infatti del Dirigente scolastico pianificare azioni di miglioramento<br />

attraverso una gestione collegiale dei problemi che ogni realtà<br />

scolastica può sv<strong>il</strong>uppare, in una logica di condivisione e crescita della<br />

cultura della sicurezza.<br />

Il prof.Tonino Proietti, docente esperto sulla sicurezza, in modo complementare<br />

all’intervento precedente, volge lo sguardo al tema culturale della<br />

sicurezza come paradigma di una diversa visione del ‘fare <strong>scuola</strong>’, che<br />

punti al <strong>benessere</strong> organizzativo e al <strong>benessere</strong> individuale.<br />

Un pomeriggio insomma con interventi di qualità per docenti e Dirigenti<br />

interessati concretamente alla costruzione di una <strong>scuola</strong> dello “stare<br />

bene”.<br />

32


“La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong><br />

nel contesto scolastico in riferimento alla prospettiva giuridica:<br />

<strong>il</strong> ruolo della prevenzione nelle controversie giurisdizionali”<br />

Per la relazione visionare DVD<br />

Laura Paolucci<br />

Avvocato dello Stato - Bologna<br />

33


“La valutazione medico legale in ambito scolastico”<br />

Alessandro Iarìa<br />

Ten. Col. - Medico legale - Titolato ISSMI - Rappresentante del<br />

Ministero della Difesa presso <strong>il</strong> Comitato di verifica - Roma<br />

Per la relazione visionare DVD<br />

57


“L’organizzazione scolastica alla luce della nuova normativa<br />

di riferimento e piani di miglioramento”<br />

Massimo La Rocca<br />

Dirigente scolastico I.C. Via Sebenico - Roma<br />

Nell’intervento odierno si intende proporre una riflessione sugli aspetti<br />

normativi relativi alla sicurezza e su ciò che può produrre un’azione dirigenziale<br />

che miri al <strong>benessere</strong> dell’organizzazione, in virtù dei doveri connessi<br />

alla legislazione vigente. Tale impostazione permette quindi di ut<strong>il</strong>izzare<br />

le disposizioni normative non solo nell’assolvimento delle formalità<br />

previste, ma in una visione sistemica che miri all’apprendimento e<br />

miglioramento continuo dell’organizzazione che si dirige. Un’ottica integrata<br />

deve necessariamente iniziare con la disamina della normativa<br />

vigente ed in particolare con una lettura attenta del D.lvo n. 81/2008 che<br />

affronta in modo puntuale ed organico la tematica della sicurezza nei luoghi<br />

di lavoro.<br />

La “logica” della nuova normativa<br />

L’idea di fondo della norma attuale è quella del superamento dell’intervento<br />

sull’emergenza attraverso l’eliminazione delle condizioni di pericolo,<br />

per procedere ad un’azione di programmazione ed organizzazione della<br />

sicurezza attraverso <strong>il</strong> riconoscimento preventivo di rischi e la predisposizione<br />

delle misure di contrasto prevista già dalle direttive europee e dal<br />

Decreto legislativo n. 626 del 2004. La sistematica attenzione del datore<br />

74


di lavoro rappresenta l’elemento fondamentale per conferire efficacia<br />

all’azione di prevenzione attraverso l’implementazione di sistemi di controllo<br />

delle misure adottate, la ripartizione intersoggettiva dell’obbligo di<br />

sicurezza e salute fra i ruoli della linea gerarchico-funzionale. Si evidenzia,<br />

quindi, la necessità continua di monitorare <strong>il</strong> sistema e di informare e<br />

formare tutto <strong>il</strong> personale scolastico, nonché richiamare le responsab<strong>il</strong>ità<br />

degli studenti in merito al coinvolgimento diretto della loro presenza scolastica.<br />

Il decreto inoltre responsab<strong>il</strong>izza le istituzioni nel promuovere e<br />

diffondere la cultura della sicurezza e della salute per la formazione dei<br />

futuri cittadini (art. 11 D.Lgs. 81/08).<br />

zione dell’individuo nel sistema lavorativo (Art. 28 D.Lgs. 81/08).<br />

Di seguito si possono riassumere i vari interventi che <strong>il</strong> datore ha la necessità<br />

di predisporre per promuovere, nell’ambiente lavorativo, la cultura<br />

della sicurezza:<br />

Secondo la moderna impostazione <strong>il</strong> concetto di salute non va intesa più<br />

solo come semplice “assenza di malattia o di infermità” ma anche come<br />

“<strong>benessere</strong>” che comprende e riassume la “pienezza” e l’appagamento<br />

dell’individuo nel lavoro.<br />

L’obiettivo della nuova sicurezza diventa, di conseguenza, quella di monitorare<br />

e migliorare la condizione del lavoratore nelle diverse dimensioni<br />

della salute (fisica, mentale e relazionale).<br />

Nella nuova nozione di salute rientrano quindi vari concetti:<br />

la salute come “<strong>benessere</strong>”<br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong> in senso fisico<br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong> in senso mentale<br />

<strong>il</strong> <strong>benessere</strong> in senso sociale<br />

In termini più concreti la salute del lavoratore non va preservata solo da<br />

infortuni, ma va tutelata rispetto a tutto ciò che può ledere la psiche della<br />

persona del lavoratore e da tutto ciò che può compromettere la socializzazione<br />

dell’individuo nel sistema lavorativo (Art. 28 D.Lgs. 81/08).<br />

Di seguito si possono riassumere i vari interventi che <strong>il</strong> datore ha la necessità<br />

di predisporre per promuovere, nell’ambiente lavorativo, la cultura<br />

della sicurezza:<br />

75


In tale contesto normativo, <strong>il</strong> dirigente scolastico vive una condizione di<br />

grande responsab<strong>il</strong>ità, spesso vissuta in solitudine e talvolta nell’impotenza,<br />

in quanto si trova a dover operare, per la sicurezza dei lavoratori e<br />

degli utenti presenti nella <strong>scuola</strong>, in qualità di “Datore di Lavoro” ma con<br />

un potere di spesa insignificante e con le gravi necessità, spesso irrisolte,<br />

che sono di gestione esclusiva dell’Ente proprietario.<br />

Le problematiche che <strong>il</strong> dirigente scolastico deve risolvere con l’Ente proprietario<br />

sono almeno quattro:<br />

necessità di approfondire le rispettive competenze (difficoltà d’interpretazione);<br />

rischi intereferenziali: D.U.V.R.I. o coordinamento (manutenzione,<br />

mensa, elezioni, ut<strong>il</strong>izzo palestre);<br />

carenza di comunicazione (nella risposta alle richieste, nella programmazione<br />

degli interventi, rifiuto di fornire documentazione o dichiarazioni<br />

di responsab<strong>il</strong>ità);<br />

edifici privi delle certificazioni di legge.<br />

In tale ambito, alcune esperienze territoriali molto significative hanno<br />

consentito di individuare alcune strategie di intervento:<br />

Proporre agli enti proprietari la stesura di una convenzione o protocollo<br />

d’intesa per coordinare gli aspetti di proprietà e gestione e l’individuazione<br />

di un interlocutore specifico (RSPP dell’ente).<br />

76


Condividere le procedure (es. modello concordato di scheda d’accesso<br />

agli edifici per la manutenzione).<br />

Organizzare le scuole in rete in modo da costituire un fronte comune per<br />

le richieste e gli adempimenti.<br />

Richiedere i singoli interventi necessari e ripetere, almeno annualmente o<br />

ogni sei mesi, l’istanza d’inoltro alla <strong>scuola</strong> delle certificazioni sulle strutture<br />

e sugli impianti aggiungendo anche le richieste di programmare e di<br />

effettuare con riscontro i controlli periodici e gli interventi di manutenzione<br />

periodica necessari, per mantenere l’edificio in buone condizioni e per<br />

prevenire rischi concernenti situazioni non r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>i al controllo visivo<br />

del personale scolastico.<br />

Innovazione e cambiamento<br />

“Non sono le specie più forti a sopravvivere né le più intelligenti, ma quelle<br />

più sensib<strong>il</strong>i al cambiamento” C. Darwin<br />

La riflessione, nella seconda parte, si sposta verso l’analisi delle condizioni<br />

lavorative ed organizzative al fine di prevenire o alleviare le situazioni<br />

di disagio e di stress.<br />

Il <strong>benessere</strong> nell’ambito lavorativo deriva dalla combinazione di più elementi<br />

e si evidenzia, nel caso individuale, come la capacità di adattarsi e<br />

valorizzarsi all’interno di un ambiente lavorativo, secondo le proprie competenze<br />

e capacità, integrandole e condividendole con i colleghi, al fine di<br />

conseguire un comune obiettivo di crescita e produttività. I fattori che contribuiscono<br />

a minare la condizione di <strong>benessere</strong> negli ambienti e luoghi di<br />

lavoro sono principalmente la mancanza di organizzazione e programmazione<br />

del lavoro, la fatica, ritmi veloci, l’incertezza relativa al ruolo da<br />

svolgere, la mancanza di controllo del proprio lavoro, le richieste superiori<br />

alle proprie capacità, la cattiva strutturazione e vivib<strong>il</strong>ità dei luoghi di<br />

lavoro. Il rischio da stress correlato è quindi connesso agli ambienti di<br />

lavoro, non intesi come luoghi fisici ma anche come <strong>il</strong> complesso sistema<br />

delle relazioni interpersonali.<br />

L’analisi e la diagnosi organizzativa è uno degli elementi cardine per evidenziare<br />

e far emergere situazioni diffic<strong>il</strong>i, contesti relazionali deteriorati<br />

e prestazioni lavorative disarmoniche. Molto spesso <strong>il</strong> dirigente scolastico<br />

considera determinante la propria lettura del contesto, spesso determinata<br />

dai propri convincimenti, dalle conoscenze acquisite e da una sorta di<br />

77


potere intuitivo che spesso creano immagini fallaci e poco aderenti alla<br />

pluralità di elementi da considerare in una diagnosi organizzativa. Il<br />

responsab<strong>il</strong>e di una istituzione dovrebbe “divenire esperto nell’arte di leggere<br />

le situazioni che cercano di organizzare o gestire” (G. Morgan).<br />

L’approccio ut<strong>il</strong>e è quello dello osservatore che riflette ed esamina tutti i<br />

punti di vista e tenga in considerazione la “cultura” di una determinata<br />

organizzazione, cioè far emergere <strong>il</strong> costrutto sociale risultante dai pensieri<br />

delle persone, dalle regole e procedure implicite ed esplicite, formali ed<br />

informali. Gli studiosi più attenti analizzano un’istituzione attraverso tre<br />

macro-aree che sinteticamente sono presentate di seguito:<br />

1. Struttura formale – ruoli, regole, procedure, flussi informativi, risorse<br />

umane, strumentali e finanziarie.<br />

2. Competenze tecnico professionali – competenze esistenti, competenze<br />

attivab<strong>il</strong>i, competenze da acquisire, metodologie di lavoro, condivisione,<br />

progettualità ed autoefficacia.<br />

3. Ambiente relazionale – comunicazione, comportamenti, senso di<br />

appartenenza, trattamento dei conflitti, leadership ed empowerment.<br />

Il check-up quantitativo (dati, questionari, statistiche) e qualitativo (focus<br />

group, interviste, narrazione e riflessività) consente di connettere in una<br />

visione olistica i diversi aspetti al fine di immaginare la realtà più fedele<br />

possib<strong>il</strong>e.<br />

78


Lo sforzo in questa fase è quello del coinvolgimento di tutti gli attori,<br />

anche quelli considerati marginali e poco integrati, in modo da far diminuire<br />

<strong>il</strong> rischio di entrare solo in contatto con la “storicità dei personaggi”<br />

e con le routine di lavoro ormai consolidate e ripetitive.<br />

L’obiettivo dell’analisi iniziale è quella del ri-orienamento dell’agire<br />

comune, attraverso l’individuazione di metodologie lavorative innovative<br />

e più efficaci, al fine di progettare significative azioni migliorative delle<br />

dimensioni connesse al <strong>benessere</strong> organizzativo di seguito sinteticamente<br />

richiamate (Avallone e Paplomatas):<br />

Comfort dell’ambiente di lavoro – Chiarezza degli obiettivi organizzativi<br />

– Riconoscimento e valorizzazione delle competenze e degli apporti dei<br />

singoli lavoratori – Ascolto attivo – Disponib<strong>il</strong>ità delle informazioni pertinenti<br />

al lavoro – Gestione della conflittualità – Relazioni interpersonali<br />

collaborative – Rapidità di decisione – Livelli tollerab<strong>il</strong>i di stress – Equità<br />

organizzativa – Ut<strong>il</strong>ità sociale – Apertura all’ambiente esterno e all’innovazione.<br />

79


Aspetti operativi<br />

“La <strong>scuola</strong> quale laboratorio di complessità sociale” P. Romei<br />

In attuazione dell’art. 6 comma 8, lettera m-quater e dell’art.28, comma<br />

1bis del D.L.vo n. 81/2008 <strong>il</strong> Ministero delle Politiche Sociali ha diffuso,<br />

con l’emanazione della circolare 18 novembre 2010, le istruzioni per la<br />

valutazione dello stress lavoro-correlato, approvate dalla Commissione<br />

consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.<br />

Nell’ottica di una visione integrata, la valutazione del rischio da stress<br />

lavoro è parte della valutazione dei rischi e andrà effettuata dal datore di<br />

lavoro avvalendosi della collaborazione del RSPP con <strong>il</strong> supporto del<br />

medico competente e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori.<br />

L’aspetto metodologico consente di indagare su tutti i gruppi omogenei<br />

di lavoratori dell’unità e non sui singoli, attraverso un’azione di analisi<br />

di tutti gli elementi:<br />

1. Eventi sentinella, quali indici infortunistici, assenze, turnover, ecc.<br />

2. Fattori di contenuto del lavoro, quali ad esempio ambiente ed attrezzature,<br />

carichi e ritmi di lavoro ecc.<br />

3. Fattori di contesto del lavoro, quali ad esempio, ruolo, autonomia decisionale<br />

e controllo, conflitti, comunicazione ecc.<br />

Da tale ricognizione potranno emergere elementi significativi che andranno<br />

modificati attraverso una pianificazione degli interventi correttivi (tecnici,<br />

procedurali, comunicativi, formativi, ecc.). Un’ulteriore fase di valutazione<br />

cosiddetta approfondita potrà essere realizzata con delle rappresentanze<br />

omogenee di gruppi di lavoratori per analizzare ed eventualmente<br />

reimpostare l’azione correttiva.<br />

L’attività può essere definita quindi una continua e regolare azione di<br />

autovalutazione e monitoraggio interna che sicuramente può essere orientata<br />

anche al miglioramento dei servizi scolastici. Uno degli approcci riconosciuti<br />

a livello internazionale e più attuati nella pubblica amministrazione<br />

è quello che del modello C.A.F. (Common Assessment Framework)<br />

già ut<strong>il</strong>izzato nei progetti del MIUR di valutazione delle scuole, denominati<br />

V.S.Q. e VALeS.<br />

80


In tale ambito assume una grande r<strong>il</strong>evanza l’individuazione dei punti di<br />

forza e quelli di debolezza, inoltre misurare i risultati attraverso indicatori<br />

e, di conseguenza, progettare e realizzare miglioramenti significativi<br />

attraverso la continua comparazione con situazioni organizzative e di<br />

contesto sim<strong>il</strong>ari.<br />

Conclusioni<br />

La tematica del <strong>benessere</strong> organizzativo, in conclusione, nasce dall’esigenza<br />

di valorizzare al massimo <strong>il</strong> contributo delle risorse umane in ambito<br />

organizzativo. Si rifletta sul fatto che i processi produttivi di qualsiasi natu-<br />

81


a (produzione di beni, di servizi, di apprendimento, di ricerca, di aiuto)<br />

sono sempre stati regolati da impianti organizzativi basati sulla predisposizione<br />

di strutture, procedure, sistemi di potere, strumentazioni operative e<br />

gestionali progettati in funzione della razionalizzazione e dell’economia<br />

delle attività da svolgere e della loro verificab<strong>il</strong>ità e controllab<strong>il</strong>ità. In questi<br />

apparati si è priv<strong>il</strong>egiato una concezione meccanicistica del contributo<br />

delle persone, prevedendone una prestazione “tecnica” che ignorava, e<br />

considerava disturbanti, le componenti soggettive di tipo motivazionale,<br />

relazionale e emozionale. Si è priv<strong>il</strong>egiato così più l’attenzione all’apporto<br />

quantitativo ed esecutivo della prestazione (lavorare sodo, impegnarsi di<br />

più, fare <strong>il</strong> proprio dovere, non fare errori, rispettare le regole e gli adempimenti)<br />

che all’aspetto qualitativo e innovativo, generando una cultura<br />

gestionale e una leadership autoritaria ancora oggi molto presenti.<br />

Si possono, invece, sottolineare come sia estremamente importante sv<strong>il</strong>uppare<br />

la ricerca sul significato di senso di un’organizzazione, su come rendere<br />

<strong>il</strong> comportamento di una comunità educante proattiva, in cui <strong>il</strong> <strong>benessere</strong><br />

assume una funzione determinante per tutte le componenti. Si tratta<br />

quindi di costruire insieme una comunità di pratiche che agisca spostando<br />

l’ottica dall’Io al Noi, socializzando le conoscenze e rendendo consapevoli<br />

tutti gli attori organizzativi attraverso <strong>il</strong> coinvolgimento attivo.<br />

82


I fattori di successo (o di sopravvivenza) in questo contesto diventano: la<br />

prontezza di reazione e di riconversione, la flessib<strong>il</strong>ità e l’adattab<strong>il</strong>ità, l’intelligenza<br />

“situazionale”, la forte integrazione delle variab<strong>il</strong>i di sistema,<br />

l’autonomia decisionale e la responsab<strong>il</strong>ità. Questo “ambiente generativo”<br />

deve essere caratterizzato da quello che oggi viene individuato come<br />

“<strong>benessere</strong> organizzativo”, cioè un contesto che favorisca l’investimento<br />

psichico dei soggetti che vi operano e, per questa via, l’appartenenza, la<br />

partecipazione, l’espansività del proprio potenziale, l’espressione delle<br />

competenze, la generazione di soluzioni e di innovazione, la rigenerazione<br />

delle energie, la relazionalità positiva e solidale, la costituzione di un<br />

clima avvincente, rassicurante e gratificante. E’ un contesto che va analizzato<br />

e compreso in ogni specifica variab<strong>il</strong>e produttiva per poi poterne<br />

incrementare intenzionalmente <strong>il</strong> tasso di <strong>benessere</strong> con progettualità<br />

gestionale.<br />

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Barone M., Fontana A., (2005) (a cura di G. Del Mare), Prospettive per la comunicazio-<br />

83


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che cambia, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano.<br />

Borgogni L., Petitta L. (2003). Lo sv<strong>il</strong>uppo delle persone nelle organizzazioni, Carocci,<br />

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Converso, D., Piccardo, C. (2003). Il profitto dell’empowerment, formazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />

organizzativo nelle imprese non profit, M<strong>il</strong>ano, Raffaello Cortina Editore.<br />

84


<strong>Promuovere</strong> <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong><br />

Punti di riflessione tra <strong>il</strong> senso delle norme,<br />

quello della partecipazione e <strong>il</strong> ruolo della formazione<br />

Tonino Proietti<br />

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca<br />

Direzione Generale per <strong>il</strong> personale scolastico<br />

Docente a contratto Università degli Studi Niccolò Cusano - Roma<br />

Il contenuto delle pubbliche dichiarazioni deve essere sempre valido in<br />

ogni suo contesto.<br />

Con questo breve assunto ho lasciato un recente Convegno Nazionale di<br />

formazione dei dirigenti scolastici dove un autorevole oratore pur usando<br />

delle metafore molto significative, non si è sottratto, suo malgrado, alla<br />

mia critica osservazione motivata e condizionata dal fatto che ero già<br />

entrato in orbita delle riflessioni condizionate dal presente Seminario di<br />

studio.<br />

Questo oratore, nel sottolineare l’importanza strategica del possesso di dati<br />

afferenti <strong>il</strong> sistema scolastico e come la propria <strong>scuola</strong> si colloca in questo,<br />

ha cercato, sempre br<strong>il</strong>lantemente come da par suo, di valorizzare <strong>il</strong> ruolo<br />

centrale dei dirigenti scolastici punto di snodo della <strong>scuola</strong> vista dai differenti<br />

punti di vista ciascuno con una propria linea di azione. Il primo come<br />

punto di erogazione del servizio scolastico con le sue preoccupazioni di<br />

garantire un’offerta in linea con i tempi e le aspettative sociali, <strong>il</strong> secondo<br />

come comunità professionale da coordinare e da valorizzare.<br />

Nel far questo l’oratore, come descrittore dei moderni asset di gestione del<br />

servizio telefonico pubblico di rete fissa, ha ut<strong>il</strong>izzato per definire l’importanza<br />

del dirigente scolastico, la metafora dell’ “ultimo ch<strong>il</strong>ometro”.<br />

A me, impegnato ad organizzare una proposta di riflessione per <strong>il</strong><br />

Seminario sul <strong>benessere</strong>, questo esempio non è piaciuto .... E per varie<br />

ragioni. La prima potrebbe riassumersi nella seguente metafora: difetto di<br />

collimazione delle responsab<strong>il</strong>ità.<br />

L’ultimo ch<strong>il</strong>ometro presuppone un primo ch<strong>il</strong>ometro, e l’esempio,<br />

comunque da collocare in un’ottica di sistema, non faceva cenno a come<br />

si collegava, se ce ne fosse stata la possib<strong>il</strong>ità, la responsab<strong>il</strong>ità del dirigente<br />

scolastico con quelle presenti nel “tragitto precedente”.<br />

85


L’altra potrebbe suonare così: hai voluto la bici?<br />

La metafora “telefonica” faceva costante riferimento, insieme con i contenuti<br />

degli altri interventi (comprendendovi anche quello del Ministro),<br />

unicamente alle responsab<strong>il</strong>ità dei DS.<br />

Il risultato che andavo a cogliere mi restituiva un DS solo, su un punto di<br />

non ritorno, con <strong>il</strong> peso, suo malgrado, delle conseguenze della sue azioni<br />

e di quelle che si muovevano nei ch<strong>il</strong>ometri precedenti.<br />

Tutto ciò mi faceva peensare quindi al DS come ipotetico punto dinamico,<br />

che si muove sotto la spinta di innumerevoli sollecitazioni, che si trova<br />

di fronte al muro dei possib<strong>il</strong>i interlocutori (interni ed esterni all’edificio<br />

scolastico) cercando dare sempre una risposta nella speranza che sia la più<br />

giusta e la tempestiva possib<strong>il</strong>e<br />

La linea di azione del Ds (si presume con una direzione sostanzialmente<br />

prefissata) viene ad essere influenzata da piccole osc<strong>il</strong>lazioni dovute dalla<br />

complessità del quotidiano.<br />

Troppo fac<strong>il</strong>e è stato immaginare la linea di azione come se fosse un cerino<br />

che vibra a contatto di un muro ruvido. Ciò porta a pensare che un movimento<br />

meno controllato degli altri potrebbe provocare l’innesco di una<br />

scint<strong>il</strong>la a cui potrebbero derivare delle conseguenze anche spiacevoli..<br />

È meglio tornare all’immagine di “punto finale che osc<strong>il</strong>la” e vedere se la<br />

metafora funziona bene anche con la figura del docente<br />

Un punto dove in prossimità della concentrazione di tensione tra <strong>il</strong> punto<br />

estremo di erogazione del servizio in contatto con l’utenza è collocato <strong>il</strong><br />

lavoro di un docente. Un docente che “osc<strong>il</strong>la” e che sente la progressiva<br />

influenza sull’ultimo ch<strong>il</strong>ometro del suo lavoro.<br />

Con questa premessa si può pensare che non si avvertano sostanziali differenze<br />

tra le diverse solitudini: quella del dirigente scolastico e quella del<br />

docente “che osc<strong>il</strong>la” .<br />

Si può allora ben dire che <strong>il</strong> sistema è composto alla contiguità di soggetti<br />

che osc<strong>il</strong>lano (si pensi ad un docente affiancato ad un altro)... Ognuno<br />

con <strong>il</strong> suo ambito di proprie specificità .... Ora è da chiedersi se La rappresentazione<br />

del sistema riesce ad in inquadrare l’osc<strong>il</strong>lazione del docente<br />

“”a disagio?<br />

Si è consapevoli delle osc<strong>il</strong>lazioni che si muovono una a fianco all’altra?<br />

Il disagio trova o può trovare composizione?<br />

Come si relaziona <strong>il</strong> singolo disagio con le osc<strong>il</strong>lazione delle altre professionalità<br />

che si muovono al suo fianco?<br />

86


Lasciamo i punti di domanda ai quali si proverà a dare appreso risposta.<br />

E veniamo alle norme in cui <strong>il</strong> disagio trova considerazione, interrogandoci<br />

non solo sulla identificazione del precetto, ma sulle caratteristiche e i<br />

valori posseduti da queste norme.<br />

È una linea di ragionamento che ripercorro sempre. Ci è dovuto dalla circostanza<br />

che le norme a cui mi riferisco sono norme che vivono del<br />

costante e periodico aggiornamento, ora prevalentemente sotto una spinta<br />

di innovazione adeguativa prodotta da precetti comunitari, altre volte a<br />

seguito del materializzarsi in norme di pressioni sociali.<br />

Sono norme che se lette solo dal punto di vista precettivo potrebbero risultare<br />

limitate e poco coerenti, soprattutto quando si cerca di applicarle asetticamente<br />

nella realtà lavorativa soprattutto in ambiente scolastico.<br />

Il vero valore di queste norme lo si ritrova nella f<strong>il</strong>osofia che permea <strong>il</strong><br />

carattere proprio della “normativa di sostegno”, fonte di provvedimenti<br />

caratterizzati dal fatto di non trovare una fac<strong>il</strong>e collocazione tra <strong>il</strong> diritto<br />

privato e/o <strong>il</strong> diritto pubblico. Mi riferisco alla legge 300/70 (stattuto dei<br />

lavoratori)o al d.lgs 273/76 (sul processo del lavoro) per quanto concerne<br />

<strong>il</strong> diritto del lavoro, la legge 392/2004 in altri campi di forte attenzione<br />

tanto da spingere a coniare un ambito diverso definib<strong>il</strong>e come “diritto<br />

sociale”.<br />

Il primo vero valore di queste norme risiede nel trovare <strong>il</strong> suo scopo naturale<br />

di rendere attuab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> principio dell‘art, 3 comma 2 della Costituzione<br />

(quello cioè del’Uguaglianza sostanziale).<br />

L’altro valore è rappresentab<strong>il</strong>e nella caratteristica di costituire uno spietato<br />

strumento di indagine di ogni organizzazione lavorativa.<br />

Entriamo nello specifico.<br />

Lo “”Stress da lavoro correlato è voce che caratterizza in termini di novità<br />

<strong>il</strong> D.lgds 81 dal D.lgs 626.<br />

Oltre a questa si può individuare un altro elemento di novità ...quello della<br />

più matura concezione del significato di “partecipazione”.<br />

Il d.lgs 626 nell’identificare come elemento di tutela <strong>il</strong> lavorare dipendente,<br />

iniziava a declinare, compiendo una rottura rispetto al passato, come<br />

<strong>il</strong> sistema partecipato alla sicurezza andava a contribuire al generale<br />

miglioramento del <strong>benessere</strong> lavorativo.<br />

Con <strong>il</strong> d.lgs 81 si è arrivati a teorizzare ponendo la centralità del lavoratore<br />

nel sistema partecipato inteso sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo.<br />

87


Con <strong>il</strong> d.lgs 626 si introduceva la partecipazione che potrebbe definirsi<br />

“oggettiva” basata sulla figura del Rappresentante dei lavoratori e dalle<br />

prime campagne di informazione formazione viste come “momento<br />

sacrale” nettamente identificato e separato dall’attività lavorativa, ancora<br />

troppo legata ad un attività lavorativa fondata su un rapporto giuridico-formale.<br />

Con <strong>il</strong> d.lgs. 81 diviene prima protagonista anche la partecipazione “soggettiva”<br />

basata su una visione matura del rapporto lavorativo assunto<br />

anche per i suoi elementi psicologico-organizzativi in cui ogni lavoratore<br />

è un soggetto che va a perdere progressivamente i panni di un operatore<br />

che svolge operazioni parcellizzab<strong>il</strong>i e ripetitive per acquisire gradualmente<br />

una nuova fisionomia assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e a quella di un “solutore di problemi”<br />

o di un “decisore” .<br />

Il lavoratore non è più concepito come esecutore passivo di comportamenti<br />

adeguati, ma anche come soggetto avente proprie capacità decisorie<br />

commisurate al livello delle proprie competenze, a cui <strong>il</strong> datore di lavoro<br />

“deve richiedere” e non “esigere”. Il lavoratore partecipa direttamente al<br />

modello di prevenzione integrata che insieme ai caratteri oggettivi, in<br />

quanto basato sul sistema di “comando e controllo” di macchine, procedure<br />

e ambienti, possiede caratteri soggettivi poiché la sicurezza ottenib<strong>il</strong>e<br />

passa anche attraverso la consapevole, discrezionale e responsab<strong>il</strong>e assunzione<br />

di comportamenti sicuri da parte del lavoratore, che interagisce con<br />

le parti restanti del sistema direttamente o per <strong>il</strong> tramite dei propri rappresentanti.<br />

In questo senso la formazione svolge la funzione di accompagnare <strong>il</strong> lavoratore<br />

alla progressiva maturazione del suo ruolo.<br />

A questo punto è lecita la domanda: come <strong>il</strong> d.lgs 626 è stato limitato nel<br />

considerare come meritevole di tutela solo <strong>il</strong> rapporto di lavoro subordinato<br />

(e poco altro), <strong>il</strong> d.lgs 81 puó risultare idoneo, in linea di principio,<br />

ad offrire una tutela piena a tutte le situazioni lavorative?<br />

Lo scopo è quello di rispondere alle possib<strong>il</strong>i “lacune” si possano mettere<br />

in campo soluzione e/o seguire linee d’azione “di sistema” nel rispetto di<br />

“disciplina generale”.<br />

Si preda <strong>il</strong> punto di vista del soggetto meritevole di tutela.<br />

Dato <strong>il</strong> rischio fisico e reale la risposta è <strong>il</strong> b<strong>il</strong>anciamento con i sistemi di<br />

prevenzione e protezione, difese reali e formazione che insieme concorrono<br />

a far raggiungere nel lavoratore quella consapevolezza che dal compi-<br />

88


mento di un gesto lavorativo sicuro collega alla pienezza di un ambiente<br />

lavorativo positivo.<br />

Più in generale, data la situazione di una realtà lavorativa, le politiche di<br />

sicurezza aziendale trovano discussione e condivisione anche grazie al<br />

contributo che le rappresentanze dei lavoratori dovrebbero assicurare al<br />

sistema.<br />

M di fronte al senso di disagio e di inadeguatezza, al loro diffondersi, è<br />

lecito domandarsi se gli strumenti a disposizione si rivelano adeguati.<br />

Se gli strumenti di osservazione e le leve di azione singola appartengono<br />

alle scienze psicologiche, se <strong>il</strong> trattamento sanitario appartiene alla medicina,<br />

esiste una sfera in cui questione può trovare composizione, comprensione,<br />

soluzione.<br />

Da un punto di vista sistemico oserei dire che alla base del disagio e dell’inadeguatezza<br />

potrebbe scoprirsi anche un senso di carenza di organizzazione<br />

che <strong>il</strong> soggetto in posizione critica si porta dentro.<br />

Un senso che lungi dal dare corpo alle m<strong>il</strong>le e possib<strong>il</strong>e cause , fa perdere<br />

la coscienza che <strong>il</strong> proprio stato, in una situazione di maggiore o minore<br />

disagio, non perde la propria correlazione con la comunità lavorativa a cui<br />

appartiene.<br />

La propria posizione osc<strong>il</strong>lante, seppur in posizione critica, continua ad<br />

essere affiancata alla osc<strong>il</strong>lazione di un proprio sim<strong>il</strong>e: la visione di tutte<br />

le osc<strong>il</strong>lazioni dei soggetti restituiscono l’idea del sistema in movimento.<br />

È questo <strong>il</strong> motivo per cui <strong>il</strong> disagio concentrato in un punto (o più di uno)<br />

r<strong>il</strong>eva anche ai punti limitrofi prima, ed al sistema poi.<br />

Ed è per questo che ogni soggetto consapevole del sistema dovrà considerare<br />

come si colloca nell’ambiente lavorativo ed adeguare progressivamente<br />

la sua azione alle situazioni in cui è a contatto.<br />

Ogni soggetto partendo dai propri compiti e le proprie responsab<strong>il</strong>ità<br />

dovrebbe provare a pensare di restituire una strategia di intervento o,<br />

quanto meno, un comportamento adeguato.<br />

Partendo dal fatto che mi occupo di “formazione del personale dalla <strong>scuola</strong>”<br />

posso dire che la mia competenza non mi consente di dare risposte ai<br />

momenti delle patologie emerse, ma data la posizione critica di uno/due/<br />

più soggetti tanto da rendere la patologia elemento comune e caratteristico<br />

di una classe dei lavoratori , mi induce pensare a due possib<strong>il</strong>i azioni<br />

congiunte che potrei rendere possib<strong>il</strong>i.<br />

La prima è quella mirata ad attuare strategie di intervento nella situazione<br />

89


attuale; la seconda mi porta ad attuare una strategia di “anticipazione”<br />

nella politica di prevenzione.<br />

Questo secondo punto può trovare una duplice declinazione operativa. In<br />

primo luogo mi fa percepire la necessità di una più attenta ed approfondita<br />

riflessione sui processi; in secondo luogo mi fa avvertire <strong>il</strong> bisogno di<br />

una messa a punto delle azioni di potenziamento/miglioramento. Al<br />

riguardo miviene in mente la “metafora del ring” dove un pug<strong>il</strong>e non<br />

“potente di pugno” può uscire indenne dal combattimento con sane politiche<br />

prevenzionistiche (es: gioco di gambe e velocità di busto)<br />

La prima di queste azioni dovrebbe raccomandare la predisposizioni di<br />

accurati interventi di accompagnamento per ogni momento di vita lavorativa<br />

che impatta la usuale sfera lavorativa personale. Non solo formazione,<br />

ma anche tanta informazione, mirata, dedicata, coerente e tempestiva.<br />

Anche nel campo dell’informazione istituzionale si perseguire/attivare<br />

l’idea di un percorso di qualità progressiva.<br />

L’informazione del lavoratore della scuole dovrebbe anche essere maggiormente<br />

coinvolgente tanto da considerarlo protagonista nei medesimi<br />

processi demandando a questi ( in modo soggettivo ed in modo collettivo<br />

nella comunità professionale) un ruolo da protagonista affidandogli <strong>il</strong><br />

compito della progressiva diffusione delle azioni di innovazione in cui è<br />

coinvolto. Partecipare la comunicazione istituzionale per l’ambito e la<br />

responsab<strong>il</strong>ità di competenza.<br />

Occorre pertanto che la qualità dei messaggi non siano lasciati al caso ma<br />

perseguiti come obiettivo costante di azione amministrativa .<br />

La seconda invece è quella che presuppone un miglioramento della portata<br />

degli interventi formativi previsti dal D.Lgs. 81.<br />

E’ certo che gli accordi stato-regione di fine dicembre 2011 hanno fornito<br />

uno standard di riferimento minimo per gli intervento formativi.<br />

Però questo non significa che non si possa “incrementare” la portata formativa<br />

in termini di valore, cioè con la possib<strong>il</strong>ità di andare oltre l’obbligo<br />

come così codificato.<br />

Alla formazione che parla del soggetto che lavora, del lavoro del soggetto,<br />

occorre sottolineare come la pratica “sicurezza” passa attraverso anche<br />

<strong>il</strong> ruolo assunto da quell’unico soggetto in relazione con <strong>il</strong> resto.<br />

Penso ad una formazione capace di restituire i valori formativi della legalità<br />

e del miglioramento avendo cura di confermare che anche un soggetto “a<br />

bassi giri di rendimento” deve assicurare <strong>il</strong> massimo contributo possib<strong>il</strong>e.<br />

90


Penso ad una formazione specifica che parli di organizzazione e di appartenenza,<br />

che restituisca l’idea che tutti i soggetti, comprendendo quelli che<br />

traducono <strong>il</strong> disagio in evidenza, partecipano al disegno complessivo dell’organizzazione<br />

in cui sono inseriti.<br />

Il senso di appartenenza con <strong>il</strong> riconoscimento che i fattori che provocano<br />

disagio sono fattori comuni a tutti i soggetti che operano nell’ “ultimo ch<strong>il</strong>ometro”,<br />

riconoscere l’impatto soggettivo dei fattori stranianti e con questo,<br />

l’anticipazione delle soluzioni preventive.<br />

Se questo è la riflessione pensando al proprio lavoro e come da questo<br />

possano trarsi ut<strong>il</strong>ità, penso anche come questa dinamica debba essere<br />

seguita dalle altre professionalità presenti nel sistema scolastico.<br />

Io lo faccio, ora sta a voi… Buon lavoro.<br />

91


Esperienze delle scuole: dall’empowerment,<br />

al coaching, all’ut<strong>il</strong>izzo delle nuove tecnologie per migliorare<br />

<strong>il</strong> clima relazionale e le competenze professionali.<br />

Serenella Presutti<br />

Dirigente Scolastico I.C. Via Frignani - Roma<br />

Il lavoro qui rappresentato è maturato nell’ambito di un progetto<br />

L.285/’97, di prevenzione e intervento sul disagio psicologico sul<br />

“sistema <strong>scuola</strong>”, nel quale era stata inserita anche un’attività di consulenza/supporto<br />

ai docenti; sono infatti emersi, in particolare da un<br />

team di docenti, “bisogni speciali” scaturiti da una situazione di una<br />

sorta di “corto circuito emozionale” e di cattiva comunicazione.<br />

Dall’analisi dunque dell’insorgenza del fenomeno, l’intervento è stato<br />

concordato tra la Dirigenza, <strong>il</strong> team docenti coinvolto nella problematica<br />

e gli esperti del Privato sociale in supporto al Progetto generale<br />

L.285/’97.<br />

Nei gruppi di lavoro si verificano a volte difficoltà relazionali e conflitti<br />

che, se non affrontati, possono dar luogo a uno stato di malessere diffuso,<br />

caratterizzato da diffic<strong>il</strong>i rapporti interpersonali, demotivazione, anaffettività<br />

e diminuzione delle competenze relazionali.<br />

92


Spesso le cause alla base di un clima critico non sono semplici da ricostruire;<br />

tuttavia, una volta che le situazioni si sono inasprite è probab<strong>il</strong>e<br />

che nel gruppo si manifestino: (COLLEGARE LA SLIDE N° 4) Alcune<br />

particolari disfunzioni nella comunicazione sono <strong>il</strong> risultato di un pensiero<br />

anomalo sul gruppo: “le dinamiche riguardano solo alcune persone”, “è<br />

sempre meglio farsi gli affari propri”, “certi avvenimenti ormai mi lasciano<br />

indifferente”, “<strong>il</strong> rapporto con i colleghi è sempre e comunque diffic<strong>il</strong>e”,<br />

etc. Può spuntare anche <strong>il</strong> fantasma ossessivo del controllo istituzionale,<br />

che induce <strong>il</strong> gruppo ad un funzionamento apparente, dove ognuno<br />

fa <strong>il</strong> proprio dovere svolgendo i propri compiti in modo circoscritto e perdendo<br />

la visione d’insieme.<br />

Per costruire un programma di gestione delle conflittualità è necessario<br />

acquisire una serie di elementi che fanno riferimento alla sfera<br />

personale e alla dimensione interpersonale degli individui coinvolti. Il<br />

primo obiettivo è quello di sgombrare <strong>il</strong> campo dalle fantasie, dalle costruzioni<br />

immaginarie che fioriscono intorno alle relazioni interpersonali e<br />

che vanno ad alimentare conflitti, pettegolezzi e paranoie.<br />

Il <strong>benessere</strong> di un’organizzazione è indicato dalla percezione collettiva del<br />

contesto lavorativo (Clima organizzativo). L’individuo percepisce <strong>il</strong><br />

clima attraverso la sua personalità ed esperienza. Il clima all’interno di un<br />

team arriva prima o poi ad incidere o a ridefinire le priorità organizzative;<br />

nel caso di una <strong>scuola</strong> può influire sul <strong>benessere</strong> dei bambini e sulla qualità<br />

educativa. Affinchè si possano analizzare le dinamiche del gruppo e <strong>il</strong><br />

suo funzionamento occorre che le persone si mettano in discussione singolarmente,<br />

senza la forza “coercitiva” che può venire da un gruppo sofferente,<br />

con l’obiettivo di rendere chiari i propri bisogni e acquisire<br />

una maggiore consapevolezza del contributo personale allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

delle dinamiche relazionali.<br />

Alcune considerazioni di fine intervento:<br />

L’esistenza di un conflitto ormai a scena aperta, consolidatosi nel tempo,<br />

non lascia molto spazio a ipotesi “creative” di soluzione; la possib<strong>il</strong>ità<br />

messa in luce dal gruppo, di un confronto aperto e leale tra le parti alla<br />

presenza di una figura istituzionale non è, allo stato dei fatti, una via<br />

94


d’uscita percorrib<strong>il</strong>e, come del resto non risulterebbe risolutivo l’allontanamento<br />

di una sola persona. Considerando che in un contesto organizzativo<br />

come quello scolastico non è possib<strong>il</strong>e stravolgere l’organizzazione e<br />

soprattutto la dimensione di gruppo di un piccolo plesso, proponiamo di<br />

agire in modo progressivo ma con evidenza di chiarezza dell’obiettivo e<br />

della visione d’insieme.<br />

La situazione ottimale sarebbe quella di favorire finalmente la nascita di<br />

un gruppo che abbia come obiettivo <strong>il</strong> lavoro comune con assunzioni di<br />

responsab<strong>il</strong>ità individuali nei confronti degli alunni e dei colleghi, senza<br />

essere distratto da situazioni pretestuose come <strong>il</strong> vizio di trovare la propria<br />

unione intorno a un “nemico”.<br />

Andranno sollecitate nuove disponib<strong>il</strong>ità per gli incarichi e per queste<br />

figure andranno definite responsab<strong>il</strong>ità e funzioni; potrà essere affiancato,<br />

eventualmente, un supporto esterno che deciderà una sua presenza nei<br />

momenti focali del gruppo (incontri insegnanti e incontri con i coordinatori).<br />

Comunicazione a cura della D.S. dott.ssa Serenella Presutti<br />

I.C. VIA FRIGNANI- ex 143° C.D. Spinaceto<br />

Intervento attuato a cura della Cooperativa soc. “Idee per comunicare-<br />

Elma” (dott.ssa Tuliozzi Paola - dott.ssa Maria Pompa) - Monitoraggio a<br />

cura della dott.ssa Marina Lena (docente e psicoterapeuta)<br />

97


Breve Relazione sullo “Studio di Caso”<br />

Sistema Leggi d’Italia<br />

Marina Esterini<br />

Dirigente Scolastico I.C. R. Fucini - Roma<br />

Nella Relazione in merito alla “risoluzione del rapporto di lavoro” della<br />

docente RL si esamineranno i seguenti punti con la relativa documentazione:<br />

Oggetto e destinatari<br />

Inidoneità psicofisica (P:R 27 luglio 2011 ) leggendo punti salienti del<br />

promemoria inviato dalla Dott.ssa Bracci MEF<br />

Presupposti ed iniziativa per l’avvio della procedura di verifica dell’idoneità<br />

al servizio<br />

Organi di accertamento medico<br />

Procedura per la verifica dell’idoneità al servizio<br />

Verbale delle Commissioni Mediche di verifica sulle inidoneità dei docenti<br />

ai sensi del DPR 171/2011 e <strong>il</strong>lustrazione della circolare del 7Marzo<br />

2012 prot.4057 Dott.re MINICHIELLO<br />

Modello di DECRETO di risoluzione di rapporto<br />

Misure cautelari<br />

Trattamento giuridico ed economico<br />

D.P.R. 27-7-2011 n. 171<br />

Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro<br />

dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e degli enti<br />

pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica, a norma<br />

dell’articolo 55-octies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.<br />

Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2011, n. 245.<br />

Epigrafe<br />

Premessa<br />

Art. 1 Oggetto e destinatari<br />

Art. 2 Inidoneità psicofisica<br />

98


Art. 3 Presupposti ed iniziativa per l’avvio della procedura di verifica<br />

dell’idoneità al servizio<br />

Art. 4 Organi di accertamento medico<br />

Art. 5 Procedura per la verifica dell’idoneità al servizio<br />

Art. 6 Misure cautelari<br />

Art. 7 Trattamento giuridico ed economico<br />

Art. 8 Risoluzione per inidoneità permanente<br />

Art. 9 Disposizioni finali<br />

Art. 10 Clausola di invarianza finanziaria<br />

Art. 11 Entrata in vigore<br />

D.P.R. 27 luglio 2011, n. 171 (1) .<br />

Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di<br />

lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e<br />

degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica,<br />

a norma dell’articolo 55-octies del decreto legislativo 30 marzo<br />

2001, n. 165.<br />

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2011, n. 245.<br />

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA<br />

Visto l’articolo 87, quinto comma, della Costituzione;<br />

Visto l’articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n.<br />

400, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri;<br />

Visto <strong>il</strong> decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,<br />

recante norme sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle<br />

amministrazioni pubbliche e, in particolare, l’articolo 55-octies, inserito<br />

dall’articolo 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante<br />

attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione<br />

della produttività del lavoro pubblico e di efficienza delle pubbliche<br />

amministrazioni;<br />

Vista la legge 10 gennaio 1957, n. 3, recante disposizioni concernenti lo<br />

statuto degli impiegati civ<strong>il</strong>i dello Stato, e successive modificazioni;<br />

Vista la legge 20 maggio 1970, n. 300, recante norme sulla tutela della<br />

libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale<br />

nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento;<br />

99


Vista la legge 12 marzo 1999, n. 68, recante norme per <strong>il</strong> diritto al lavoro<br />

dei disab<strong>il</strong>i;<br />

Visto <strong>il</strong> decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461,<br />

recante regolamento di semplificazione dei procedimenti per <strong>il</strong> riconoscimento<br />

dell’infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione<br />

priv<strong>il</strong>egiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per <strong>il</strong> funzionamento<br />

e la composizione del comitato per le pensioni priv<strong>il</strong>egiate ordinarie;<br />

Vista la legge 12 giugno 1984, n. 222, recante revisione della disciplina<br />

della invalidità pensionab<strong>il</strong>e;<br />

Visto <strong>il</strong> decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia<br />

di trattamento di dati personali;<br />

Visto <strong>il</strong> decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni<br />

recante codice dell’Amministrazione digitale;<br />

Visto <strong>il</strong> decreto legislativo 9 apr<strong>il</strong>e 2008, n. 81, recante norme in materia<br />

di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;<br />

Visto l’articolo 20 decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con<br />

modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, recante norme in materia<br />

di provvedimenti anti crisi, nonché proroga dei termini e della partecipazione<br />

italiana a missioni internazionali;<br />

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata<br />

nella riunione del 7 apr<strong>il</strong>e 2011;<br />

Acquisito <strong>il</strong> parere del Garante per la protezione dei dati personali, espresso<br />

<strong>il</strong> 19 maggio 2011;<br />

Udito <strong>il</strong> parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva<br />

per gli atti normativi nell’Adunanza del 9 giugno 2011;<br />

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione<br />

del 7 luglio 2011;<br />

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione,<br />

di concerto con <strong>il</strong> Ministro del lavoro e delle politiche sociali;<br />

Emana<br />

<strong>il</strong> seguente regolamento:<br />

Art. 1 Oggetto e destinatari<br />

1. Il presente regolamento disciplina la procedura, gli effetti ed <strong>il</strong> trattamento<br />

giuridico ed economico relativi all’accertamento della permanente<br />

inidoneità psicofisica dei dipendenti, anche con qualifica dirigen-<br />

100


ziale, delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,<br />

degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e delle università,<br />

delle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300,<br />

ai sensi dell’articolo 55-octies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.<br />

165.<br />

2. Per <strong>il</strong> personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del<br />

2001 rimane ferma la disciplina prevista dai rispettivi ordinamenti.<br />

Art. 2 Inidoneità psicofisica<br />

1. Ai fini del presente decreto, si intende per inidoneità psicofisica permanente<br />

assoluta o relativa quanto contenuto nelle lettere a) o b):<br />

a) inidoneità psicofisica permanente assoluta lo stato di colui che a causa<br />

di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell’assoluta e permanente<br />

impossib<strong>il</strong>ità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;<br />

b) inidoneità psicofisica permanente relativa, lo stato di colui che a causa<br />

di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell’impossib<strong>il</strong>ità permanente<br />

allo svolgimento di alcune o di tutte le mansioni dell’area, categoria o<br />

qualifica di inquadramento.<br />

Art. 3 Presupposti ed iniziativa per l’avvio della procedura di verifica<br />

dell’idoneità al servizio<br />

1. L’iniziativa per l’avvio della procedura per l’accertamento dell’inidoneità<br />

psicofisica permanente spetta all’Amministrazione di appartenenza<br />

del dipendente, ovvero al dipendente interessato. Se <strong>il</strong> dipendente presta<br />

servizio in un’amministrazione diversa rispetto a quella di appartenenza,<br />

la procedura è attivata dall’amministrazione di appartenenza su segnalazione<br />

di quella presso cui <strong>il</strong> dipendente presta servizio. La segnalazione<br />

avviene nel rispetto dei principi di pertinenza, non eccedenza e indispensab<strong>il</strong>ità<br />

dei dati trattati, di cui agli articoli 11, comma 1, lettera d), e 22,<br />

comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia<br />

di protezione dei dati personali.<br />

2. Il dipendente può presentare istanza per l’avvio della procedura all’amministrazione<br />

di appartenenza in qualsiasi momento successivo al superamento<br />

del periodo di prova.<br />

3. La pubblica amministrazione avvia la procedura per l’accertamento dell’inidoneità<br />

psicofisica del dipendente, in qualsiasi momento successivo al<br />

superamento del periodo di prova, nei seguenti casi:<br />

101


a) assenza del dipendente per malattia, superato <strong>il</strong> primo periodo di conservazione<br />

del posto previsto nei contratti collettivi di riferimento;<br />

b) disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente<br />

presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta<br />

o relativa al servizio;<br />

c) condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente<br />

assoluta o relativa al servizio.<br />

Art. 4 Organi di accertamento medico<br />

1. L’accertamento dell’inidoneità psicofisica è effettuato dagli organi<br />

medici competenti in base agli articoli 6, 9 e 15 del decreto del Presidente<br />

della Repubblica n. 461 del 2001.<br />

2. Gli organi medici possono avvalersi per specifici accertamenti, analisi<br />

o esami del Servizio sanitario nazionale.<br />

Art. 5 Procedura per la verifica dell’idoneità al servizio<br />

1. Nell’ipotesi prevista dall’articolo 3, comma 3, lettera a), del presente<br />

decreto, l’amministrazione, prima di concedere l’eventuale ulteriore<br />

periodo di assenza per malattia, dandone preventiva comunicazione all’interessato,<br />

procede all’accertamento delle condizioni di salute dello stesso,<br />

per <strong>il</strong> tramite dell’organo medico competente, al fine di stab<strong>il</strong>ire la sussistenza<br />

di eventuali cause di permanente inidoneità psicofisica assoluta o<br />

relativa. Ferma restando la possib<strong>il</strong>ità di risoluzione del rapporto di lavoro<br />

in caso di superamento del periodo di comporto previsto dai contratti<br />

collettivi di riferimento, l’amministrazione procede ai sensi dell’articolo 8<br />

se in seguito all’accertamento medico emerge un’inidoneità permanente<br />

psicofisica assoluta.<br />

2. Nei casi di cui all’articolo 3, comma 3, lettere b) e c), l’amministrazione<br />

può chiedere che <strong>il</strong> dipendente sia sottoposto a visita da parte dell’organo<br />

medico competente, al fine di verificare l’eventuale inidoneità relativa<br />

o assoluta, dandone immediata e contestuale comunicazione al dipendente<br />

interessato.<br />

3. Se dall’accertamento medico risulta l’inidoneità psicofisica assoluta o<br />

relativa alla mansione l’amministrazione adotta i provvedimenti di cui<br />

all’articolo 7.<br />

4. Nel caso di accertata inidoneità permanente assoluta, l’amministrazione<br />

procede ai sensi dell’articolo 8.<br />

102


5. Le comunicazioni tra uffici previste dal presente regolamento sono<br />

effettuate ordinariamente per via telematica, in conformità a quanto previsto<br />

nel decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni,<br />

recante Codice dell’Amministrazione digitale e nel rispetto della disciplina<br />

normativa di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in materia di<br />

trattamento di dati personali. Il dipendente può chiedere in qualunque<br />

stato del procedimento che gli atti gli vengano comunicati in via telematica,<br />

dando preventiva comunicazione dei dati necessari. In caso di trasmissione<br />

di documenti in forma cartacea, la documentazione concernente dati<br />

relativi alle condizioni di salute dell’interessato è inserita in plico chiuso,<br />

da allegarsi alla nota di trasmissione.<br />

6. Rimane salva la vigente disciplina in materia di ricorsi in sede amministrativa<br />

e giurisdizionale.<br />

Art. 6 Misure cautelari<br />

1. L’amministrazione può disporre la sospensione cautelare dal servizio<br />

del dipendente nelle seguenti ipotesi:<br />

a) in presenza di evidenti comportamenti che fanno ragionevolmente presumere<br />

l’esistenza dell’inidoneità psichica, quando gli stessi generano pericolo<br />

per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato, degli altri<br />

dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di idoneità;<br />

b) in presenza di condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità<br />

fisica permanente assoluta o relativa al servizio, quando le stesse generano<br />

pericolo per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato,<br />

degli altri dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di<br />

idoneità;<br />

c) in caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità,<br />

in assenza di giustificato motivo.<br />

2. Nell’ipotesi di cui alle lettere a) e b) l’amministrazione può disporre la<br />

sospensione cautelare del dipendente sino alla data della visita e avvia<br />

senza indugio la procedura per l’accertamento dell’inidoneità psicofisica<br />

del dipendente.<br />

3. Nell’ipotesi di cui alla lettera c), l’amministrazione può disporre la sospensione<br />

cautelare e provvede per un nuovo accertamento. In caso di rifiuto<br />

ingiustificato di sottoporsi alla visita reiterato per due volte, a seguito del procedimento<br />

di cui all’articolo 55-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001,<br />

l’amministrazione può risolvere <strong>il</strong> rapporto di lavoro con preavviso.<br />

103


4. Salvo situazioni di urgenza da motivare esplicitamente, la sospensione<br />

è preceduta da comunicazione all’interessato, che, entro i successivi 5<br />

giorni può presentare memorie e documenti che l’amministrazione ha<br />

l’obbligo di valutare. La sospensione è disposta con atto motivato e comunicata<br />

all’interessato.<br />

5. L’efficacia della sospensione cessa immediatamente ove, all’esito dell’accertamento<br />

medico, non sia riscontrata alcuna inidoneità psicofisica in<br />

grado di costituire pericolo per l’incolumità del dipendente interessato,<br />

degli altri dipendenti o dell’utenza.<br />

6. In ogni caso la sospensione cautelare dal servizio ha una durata massima<br />

complessiva di 180 giorni, salvo rinnovo o proroga, in presenza di giustificati<br />

motivi.<br />

7. Al dipendente sospeso in via cautelare dal servizio ai sensi del comma<br />

1, lettere a) e b), è corrisposta un’indennità pari al trattamento retributivo<br />

spettante in caso di assenza per malattia in base alla legge e ai contratti<br />

collettivi. Al dipendente sospeso in via cautelare dal servizio ai sensi del<br />

comma 1, lettera c), è corrisposta un’indennità pari al trattamento previsto<br />

dai CCNL in caso di sospensione cautelare in corso di procedimento penale.<br />

Il periodo di sospensione è valutab<strong>il</strong>e ai fini dell’anzianità di servizio.<br />

Nel caso in cui l’accertamento medico si concluda con un giudizio di<br />

piena idoneità, l’amministrazione provvede alla corresponsione delle<br />

somme decurtate ai sensi del primo periodo del presente comma, al ricorrere<br />

dell’ipotesi di cui al comma 1, lettere a) e b).<br />

Art. 7 Trattamento giuridico ed economico<br />

1. Nel caso di inidoneità permanente relativa allo svolgimento delle mansioni<br />

del prof<strong>il</strong>o professionale di appartenenza del dipendente, l’amministrazione<br />

pone in atto ogni tentativo di recupero al servizio nelle strutture organizzative<br />

di settore, anche in mansioni equivalenti o di altro prof<strong>il</strong>o professionale<br />

riferito alla posizione di inquadramento, valutando l’adeguatezza<br />

dell’assegnazione in riferimento all’esito dell’accertamento medico e ai titoli<br />

posseduti ed assicurando eventualmente un percorso di riqualificazione.<br />

2. Nel caso di inidoneità a svolgere mansioni proprie del prof<strong>il</strong>o di inquadramento<br />

o mansioni equivalenti, l’amministrazione può adibire <strong>il</strong> lavoratore<br />

a mansioni proprie di altro prof<strong>il</strong>o appartenente a diversa area professionale<br />

o eventualmente a mansioni inferiori, se giustificate e coerenti con<br />

l’esito dell’accertamento medico e con i titoli posseduti, con conseguente<br />

104


inquadramento nell’area contrattuale di riferimento ed assicurando eventualmente<br />

un percorso di riqualificazione.<br />

3. Se non sono disponib<strong>il</strong>i nella dotazione organica posti corrispondenti<br />

ad un prof<strong>il</strong>o di professionalità adeguata in base alle risultanze dell’accertamento<br />

medico, l’amministrazione colloca <strong>il</strong> dipendente in soprannumero,<br />

rendendo indisponib<strong>il</strong>i, sino a successivo riassorbimento, un numero di<br />

posti equivalente dal punto di vista finanziario.<br />

4. Se <strong>il</strong> dipendente è adibito a mansioni inferiori, <strong>il</strong> medesimo ha diritto<br />

alla conservazione del trattamento economico fisso e continuativo corrispondente<br />

all’area ed alla fascia economica di provenienza mediante la<br />

corresponsione di un assegno ad personam riassorbib<strong>il</strong>e con ogni successivo<br />

miglioramento economico.<br />

5. Se l’inidoneità psicofisica relativa riguarda personale con incarico di<br />

funzione dirigenziale, l’amministrazione, previo contradditorio con l’interessato,<br />

revoca l’incarico in essere e, in base alle risultanze dell’accertamento<br />

dell’organo medico competente, può:<br />

a) conferire un incarico dirigenziale, tra quelli disponib<strong>il</strong>i, diverso e compatib<strong>il</strong>e<br />

con l’esito dell’accertamento medico, assicurando eventualmente<br />

un adeguato percorso di formazione; a tal fine l’amministrazione programma<br />

<strong>il</strong> conferimento degli incarichi dirigenziali, tenendo anche conto<br />

delle procedure di verifica di idoneità in corso;<br />

b) nel caso di indisponib<strong>il</strong>ità di posti di funzione dirigenziale, <strong>il</strong> dirigente<br />

con inidoneità permanente relativa è collocato a disposizione dei ruoli<br />

di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive<br />

modificazioni, senza incarico.<br />

6. Nel caso di conferimento a dirigente di incarico di valore economico<br />

inferiore, questi conserva <strong>il</strong> trattamento economico fisso e continuativo<br />

corrispondente all’incarico di provenienza sino alla prevista scadenza<br />

mediante la corresponsione di un assegno ad personam riassorbib<strong>il</strong>e con<br />

ogni successivo miglioramento economico.<br />

7. Se l’inidoneità psicofisica relativa riguarda un dipendente con incarico<br />

dirigenziale ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n.<br />

165 del 2001 e l’inidoneità risulta incompatib<strong>il</strong>e con lo svolgimento dell’incarico<br />

stesso, l’Amministrazione, previa revoca, dispone la restituzione<br />

al prof<strong>il</strong>o professionale di inquadramento, ovvero <strong>il</strong> rientro presso le<br />

amministrazioni di appartenenza nella posizione lavorativa precedentemente<br />

ricoperta.<br />

105


8. In ogni caso, se <strong>il</strong> congelamento dei posti di cui al comma 3 non è possib<strong>il</strong>e<br />

a causa di carenza di disponib<strong>il</strong>ità in organico, l’amministrazione<br />

avvia una procedura di consultazione di mob<strong>il</strong>ità, anche temporanea, presso<br />

le amministrazioni aventi sede nell’ambito territoriale della provincia<br />

ai fini della ricollocazione del dipendente interessato. All’esito della procedura<br />

di consultazione, da concludersi entro 90 giorni dall’avvio, se non<br />

emergono disponib<strong>il</strong>ità, si applica l’articolo 33 del decreto legislativo n.<br />

165 del 2001.<br />

9. Resta salva per <strong>il</strong> personale docente del comparto <strong>scuola</strong> e delle istituzioni<br />

di alta cultura la normativa di cui all’articolo 3, comma 127, della<br />

legge 24 dicembre 2007, n. 244.<br />

10. Per la determinazione dei criteri di ricollocazione del dipendente ai<br />

sensi dei commi 2 e 5 l’amministrazione segue la procedura di informazione<br />

sindacale.<br />

Art. 8 Risoluzione per inidoneità permanente<br />

1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica assoluta al servizio<br />

del dipendente di cui all’articolo 1 comma 1, l’amministrazione previa<br />

comunicazione all’interessato entro 30 giorni dal ricevimento del verbale<br />

di accertamento medico, risolve <strong>il</strong> rapporto di lavoro e corrisponde,<br />

se dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.<br />

Art. 9 Disposizioni finali<br />

1. Le disposizioni oggetto del presente decreto di attuazione dell’articolo<br />

55-octies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano<br />

in via automatica, ai sensi dell’articolo 2, comma 3-bis, del citato<br />

decreto legislativo n. 165 del 2001.<br />

2. Resta ferma la disciplina vigente in materia di trattamenti pensionistici<br />

per inab<strong>il</strong>ità, ivi compresa quella recata dalla legge 8 agosto 1995, n.<br />

335 e dal decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n.<br />

1092.<br />

3. Rimane salvo quanto previsto dal decreto del Presidente della<br />

Repubblica n. 461 del 2001 e successive modificazioni, nonché dal<br />

decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 e del decreto<br />

legislativo n. 38 del 2000 in materia di infortuni sul lavoro. Rimane<br />

fermo, altresì, quanto disposto dal decreto legislativo 9 apr<strong>il</strong>e 2008, n.<br />

81, in materia di tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro.<br />

106


4. Resta salva la disciplina di maggior favore per le situazioni in cui sia<br />

accertato lo stato di tossicodipendenza e di alcolismo cronico, nonché<br />

di gravi patologie in stato terminale del dipendente.<br />

5. Resta salva la disciplina di maggior favore della legge n. 68 del 1999<br />

per i lavoratori che, non essendo disab<strong>il</strong>i al momento dell’assunzione,<br />

abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale<br />

eventuali disab<strong>il</strong>ità.<br />

Art. 10 Clausola di invarianza finanziaria<br />

1. Dall’attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori<br />

oneri a carico della finanza pubblica.<br />

2. Le amministrazioni pubbliche competenti provvedono agli adempimenti<br />

previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e<br />

finanziarie disponib<strong>il</strong>i a legislazione vigente.<br />

Art. 11 Entrata in vigore<br />

1. Il presente decreto entra in vigore <strong>il</strong> giorno successivo a quello della<br />

sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.<br />

Il presente decreto munito del sig<strong>il</strong>lo dello Stato, sarà inserito nella<br />

Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto<br />

obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.<br />

Copyright 2008 Wolters Kluver Italai srl All rights reserved.<br />

107


108


109


110


111


Tavola rotonda sul tema: Lavorare e stare bene a <strong>scuola</strong><br />

Simona Pianese Longo<br />

Dirigente scolastico<br />

L’incontro ha avuto come tema <strong>il</strong> “Benessere dell’organizzazione-<strong>scuola</strong>”<br />

e ha previsto gli interventi di tre esperti particolarmente qualificati nel settore:<br />

<strong>il</strong> Prof. Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo, psicoterapeuta<br />

e Direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma, <strong>il</strong> Prof. Salvatore<br />

Sasso, Dirigente Scolastico e Docente a contratto di Psicologia Clinica<br />

presso l’Università G. D’Annunzio di Chieti, e <strong>il</strong> Prof. Riccardo Dominici,<br />

psicoterapeuta e medico del lavoro.<br />

La tavola rotonda si è articolata in due momenti, <strong>il</strong> primo dedicato alle<br />

relazioni dei docenti e alle loro significative riflessioni, <strong>il</strong> secondo ad un<br />

approfondito dibattito fra gli intervenuti che hanno così avuto modo di<br />

confrontare le loro posizioni in merito al delicato tema del lavoro scolastico<br />

e dello “star bene” in una organizzazione dai bisogni sempre più complessi<br />

e variegati.<br />

Un f<strong>il</strong>o conduttore ha guidato gli interventi dei singoli esperti che, pur con<br />

esperienze scientifiche e culturali diverse, sono giunti alle medesime<br />

importanti conclusioni.<br />

Il Prof. FEDERICO BIANCHI DI CASTELBIANCO ha fatto riferimento<br />

al suo lavoro di ricerca che si attua negli anni sul Territorio e in particolare<br />

presso le Istituzioni scolastiche, soprattutto attraverso sportelli di ascolto<br />

rivolti agli studenti e ai genitori con un forte coinvolgimento dei docenti.<br />

Dalle sue indagini è emerso frequentemente lo stato d’ansia, se non <strong>il</strong><br />

timore degli allievi di non essere all’altezza del loro compito, di essere<br />

valutati negativamente e di divenire oggetto di prepotenze e di episodi di<br />

bullismo. Questi fenomeni di disagio possono ricadere sul lavoro degli<br />

insegnanti che quindi, a volte, sono soggetti a sentimenti di sfiducia, inadeguatezza,<br />

stress, burnaut.<br />

Appare evidente che la Scuola deve oggi più che mai sapersi riappropriare<br />

del ruolo di referente della legalità e della serenità di tutte le sue componenti<br />

lavorando su un clima organizzativo funzionale alla prevenzione e<br />

alla soluzione dei problemi: ciò può avvenire solo attraverso una formazione<br />

scientificamente pensata e mirata ai bisogni delle singole componenti.<br />

112


A sua volta <strong>il</strong> Prof. SALVATORE SASSO, autore fra l’altro di un volume<br />

dal titolo significativo “Mal di <strong>scuola</strong>”, ha chiarito nella sua relazione, in<br />

via prioritaria, <strong>il</strong> concetto di “<strong>benessere</strong>” che attualmente si ispira al<br />

modello biopsicosociale e che, meglio di ogni altro, si adatta all’idea di<br />

prevenzione e promozione della salute. Lo sv<strong>il</strong>uppo di processi di prevenzione<br />

e sicurezza è possib<strong>il</strong>e ponendo al centro le persone e migliorando<br />

la loro soddisfazione mediante la promozione del <strong>benessere</strong> lavorativo e<br />

dell’ “empowerment”, inteso quest’ultimo soprattutto come importanza<br />

della partecipazione, del dialogo e della negoziazione.<br />

In tale ottica, risulta fondamentale <strong>il</strong> ruolo del Dirigente Scolastico chiamato<br />

a promuovere nel personale docente e non docente quel <strong>benessere</strong> da<br />

prestazione efficace, strettamente legato all’assenza di disagio, alla propensione<br />

verso l’apprendimento e al continuo potenziamento personale e<br />

professionale.<br />

Il Prof. Sasso ha quindi presentato <strong>il</strong> QMMS “Questionario Multifattoriale<br />

sul Mal di Scuola” da lui elaborato con <strong>il</strong> contributo della letteratura scientifica,<br />

ut<strong>il</strong>e strumento autosomministrab<strong>il</strong>e per gli studenti, con lo scopo di<br />

individuare alcune dimensioni psicologiche e cognitive relative alla presenza<br />

di segnali di disagio (punti di debolezza) o l’esistenza di fattori di<br />

protezione (punti di forza).<br />

La somministrazione del questionario, l’esame dei risultati e <strong>il</strong> confronto<br />

dei dati r<strong>il</strong>evati hanno permesso l’elaborazione di un Progetto sul tema:<br />

“La Scuola della seconda opportunità” che ha l’obiettivo di fronteggiare<br />

l’insuccesso degli studenti e <strong>il</strong> loro reinserimento nel circuito formativo<br />

e/o professionale prevenendo <strong>il</strong> rischio di esclusione scolastica e sociale.<br />

Un ulteriore efficace ricerca sula campo è stata presentata per quanto<br />

riguarda <strong>il</strong> “Senso dell’autoefficacia degli insegnanti” (TSES), studio<br />

effettuato attraverso uno strumento capace di misurare l’efficacia delle<br />

strategie formative, la gestione della classe e <strong>il</strong> coinvolgimento degli allievi.<br />

Si tratta soprattutto di un mezzo diagnostico per progettare programmi<br />

di sv<strong>il</strong>uppo e di formazione, per migliorare l’insegnamento-apprendimento<br />

in classe e valorizzare le competenze dei docenti.<br />

Infatti, la formazione rappresenta l’elemento chiave per accrescere la<br />

motivazione degli insegnanti e incentivare la crescita professionale intervenendo<br />

a livello individuale e insieme organizzativo, al fine di ottimizzare<br />

le condizioni di <strong>benessere</strong>.<br />

Infine, nel suo intervento <strong>il</strong> Prof. RICCARDO DOMINICI ha posto l’ac-<br />

113


cento sulla prevenzione dello stress correlato al lavoro e alla promozione<br />

della salute mentale nella <strong>scuola</strong>. Per quanto riguarda questo settore specifico,<br />

<strong>il</strong> livello dello stress nell’insegnamento è ben al di sopra della<br />

media r<strong>il</strong>evata in altre situazioni lavorative. Nel mondo della <strong>scuola</strong> prevalgono<br />

spesso richieste di tipo emotivo-relazionale con disagio di tipo<br />

quantitativo, di conflitto lavoro/famiglia e, soprattutto per quanto riguarda<br />

problemi relazionali (con la classe, con le famiglie, con gli altri lavoratori).<br />

Da tutto questo si può ingenerare una situazione di sofferenza che<br />

siamo in grado di modificare attraverso “una formazione di natura psicosociale”,<br />

con interventi non dati a priori, ma pensati sulle dinamiche affettive<br />

del contesto. In questo senso la formazione è, in primo luogo, intervento<br />

sulla cultura dell’organizzazione, sui suoi valori e sui modelli di<br />

riferimento.<br />

Nella formazione psico-sociale è prioritaria l’analisi del clima organizzativo<br />

e delle dinamiche interne al fine di verificare la disponib<strong>il</strong>ità degli<br />

operatori della <strong>scuola</strong> a usufruire di tale intervento. Si tratta di realizzare<br />

un modello formativo articolato che si componga di diverse fasi metodologiche<br />

mirate a rendere competenti i formandi, non per eliminare i problemi<br />

ma per prenderne coscienza e “riguardare la realtà per comprenderla<br />

e saperla trasformare”.<br />

Come appare evidente, i tre docenti esperti sono stati pienamente concordi<br />

nel proporre la soluzione al problema relativo al <strong>benessere</strong> dell’organizzazione<br />

<strong>scuola</strong>: promuovere in modo non casuale un Progetto di formazione<br />

sulla base di un modello scientifico. Tale Progetto dovrà prendere<br />

necessariamente l’avvio dall’analisi dei dati e da un momento diagnostico<br />

particolarmente accurato.<br />

Come è stato ribadito nel corso della tavola rotonda, sarà necessario procedere<br />

alla definizione di obiettivi chiaramente delineati e poi ad interventi<br />

metodologici indirizzati ad incentivare in ciascuno operatore della<br />

<strong>scuola</strong> <strong>il</strong> miglioramento della pratica professionale, in un’ ottica sistemica<br />

finalizzata ad accrescere le competenze: competenze culturali e psicosociali<br />

nel saper leggere la realtà e le relazioni per riuscire con serenità e<br />

professionalità ad affrontare i cambiamenti organizzativi in atto nella<br />

<strong>scuola</strong>.<br />

114


Lavorare e stare bene insieme a <strong>scuola</strong><br />

Salvatore Sasso<br />

Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,<br />

Università “G. D’Annunzio”, Chieti<br />

L’obiettivo di questo intervento è riflettere sulla prospettiva del <strong>benessere</strong><br />

a <strong>scuola</strong>. Può accadere che sia i docenti sia i dirigenti scolastici, nel prepararsi<br />

alla risoluzione di un problema, di qualsiasi natura esso sia –didattico,<br />

pedagogico, psicologico, organizzativo- rimangano legati ineludib<strong>il</strong>mente<br />

ai dati più evidenti e, non ut<strong>il</strong>izzando strategie euristiche che analizzino<br />

<strong>il</strong> problema in maniera più ampia, si “avvitino” su decisioni parcellizzate.<br />

Ora queste decisioni devono confrontarsi con le storie che gli<br />

alunni portano con se stessi da casa a <strong>scuola</strong>. Nella loro “valigia” di vissuti<br />

hanno un mondo di relazioni e di emozioni spesso irrisolte. Questo si<br />

concretizza in un disagio psicologico e pedagogico che si riassume, nel<br />

corso della mia relazione, nel cosiddetto Mal di <strong>scuola</strong> (Sasso, 2010).<br />

D’altro canto i docenti per affrontare e indirizzare in maniera progettuale<br />

i loro interventi devono non solo avere competenze nelle loro discipline,<br />

ma possedere anche quel senso di efficacia rispetto agli effetti delle loro<br />

attività educative e didattiche.<br />

Il disagio della <strong>scuola</strong> in un contesto sociale che cambia<br />

Oggi più che mai, stiamo vivendo un periodo storico fortemente caratterizzato<br />

da una grande conflittualità sociale, da un profondo disorientamento<br />

etico e da una crescente consapevolezza dell’inadeguatezza dei tradizionali<br />

paradigmi culturali e valoriali.<br />

Uno dei tanti specchi di questo sistema sociale confuso, smarrito, impaurito<br />

e disagiato è rappresentato dalla <strong>scuola</strong>. Essa, proprio perché rappresenta<br />

una delle principali istituzioni della società, incarna tutte le contraddizioni<br />

e le inquietudini di un mondo che è alla ricerca di un equ<strong>il</strong>ibrio che<br />

appare diffic<strong>il</strong>e da raggiungere.<br />

Dunque, alla luce di questa realtà e consapevoli della grande importanza<br />

di tale istituzione, è necessario che essa giochi fino in fondo e con i<br />

migliori mezzi di cui dispone <strong>il</strong> suo ruolo di agenzia formativa. Oggi la<br />

<strong>scuola</strong>, in quasi tutte le realtà, assume la forma di uno spazio sociale in cui<br />

115


si sv<strong>il</strong>uppa e si cronicizza <strong>il</strong> disagio. Si tratta di un malessere che colpisce<br />

inevitab<strong>il</strong>mente ed indistintamente alunni, insegnanti e dirigenti e quanti<br />

direttamente o indirettamente sono legati a tale contesto. Infatti chi lavora<br />

nel mondo della <strong>scuola</strong> percepisce e vive quotidianamente la fatica nel<br />

portare avanti con coerenza e tenacia la propria proposta educativa.<br />

A tutti i livelli si avverte la lacunosità di una comunicazione poco efficace<br />

e la difficoltà della gestione del dialogo. Si tratta di aspetti importanti<br />

la cui presenza impedisce l’identificazione e la comprensione dei differenti<br />

bisogni appartenenti a tutti coloro che sono inseriti nel più ampio contesto<br />

scolastico.<br />

Nello specifico, la stessa gestione della classe e della <strong>scuola</strong> <strong>il</strong> più delle<br />

volte si rivelano problematiche, soprattutto alla luce della complessità e<br />

molteplicità delle dinamiche relazionali che le caratterizzano. Tutto questo<br />

ostacola l’instaurarsi di un clima sociale positivo necessario per rendere<br />

ogni esperienza scolastica un autentico momento di crescita e formazione.<br />

Oltre a ciò, gli operatori scolastici sono pienamente consapevoli del fatto<br />

che i comportamenti messi in atto dagli alunni, con i quali si relazionano<br />

quotidianamente, non sono altro che l’espressione tangib<strong>il</strong>e dei loro vissuti<br />

interiori e delle modalità relazionali sperimentate nel corso della loro vita.<br />

Dunque atteggiamenti di aggressività, di eccessiva competizione, atteggiamenti<br />

di insicurezza di frag<strong>il</strong>ità ed instab<strong>il</strong>ità emotiva sono tutti segnali<br />

di un disagio che richiede attenzione. Sono espressioni di bisogni che<br />

richiedono una risposta pronta ed efficace. Sono bisogni che investono la<br />

persona nella sua dimensione emotiva, affettiva e relazionale.<br />

Quindi oggi nel contesto scolastico emergono, accanto ai bisogni della<br />

sfera cognitiva quali <strong>il</strong> senso di curiosità e di conoscenza, anche i bisogni<br />

più profondi dell’Io quali: <strong>il</strong> senso di sicurezza, di stima e di fiducia. Tali<br />

bisogni, se adeguatamente soddisfatti, consentono a ciascun individuo di<br />

poter sv<strong>il</strong>uppare una identità sana e di costruire rapporti improntati sulla<br />

positività, sulla responsab<strong>il</strong>ità e sulla reciprocità.<br />

La <strong>scuola</strong> negli ultimi anni ha sempre più preso consapevolezza di queste<br />

realtà emergenti, tanto da avvertire con urgenza queste richieste come<br />

responsab<strong>il</strong>ità formative importanti, alle quali dare risposte organiche e<br />

puntuali.<br />

Come afferma Caprara e al. (2002), “La <strong>scuola</strong> necessita di una nuova<br />

riflessione sul proprio operato: bisogna focalizzare l'attenzione sull'efficacia<br />

delle strategie adottate, dalle quali dipende non solo <strong>il</strong> buon funziona-<br />

116


mento scolastico, ma anche <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> degli insegnanti, [dei dirigenti –<br />

mia aggiunta alla citazione] e la soddisfazione degli utenti”.<br />

Cosa intendiamo per <strong>benessere</strong><br />

Per potere parlare di <strong>benessere</strong> occorre esser innanzitutto certi di comprendere<br />

di cosa ci si sta occupando: che cos’è, dunque, <strong>il</strong> <strong>benessere</strong>? La<br />

domanda è semplice, eppure ci si accorge che, entrando nei meandri dell’argomento,<br />

è diffic<strong>il</strong>e trovare una risposta esaustiva, ancor di più se ci si<br />

auspica di trovare una definizione omnicomprensiva del concetto di<br />

<strong>benessere</strong>. Spaltro (1995) ha sottolineato come la psicologia contemporanea<br />

si sia più che altro occupata della faccia opposta della medaglia ovvero<br />

del malessere e del fatto che, da ormai troppo tempo, <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> sia<br />

considerato come l’assenza della condizione del malessere. È davvero<br />

così? Possiamo affermare che una persona che goda di un certo <strong>benessere</strong><br />

è tale solo perché non presenta una condizione di malessere? La salute è<br />

assenza di malattia? L’OMS ormai da un trentennio, parlando di promozione<br />

della salute ha ribadito <strong>il</strong> concetto di salute e di <strong>benessere</strong> nella loro<br />

dimensione positiva (Zani, B., Cicognani, E. 2000).<br />

La definizione di salute dell’OMS, «uno stato di <strong>benessere</strong> fisico, mentale<br />

e sociale e non solamente assenza di malattia o infermità», costituisce una<br />

svolta storica che permette <strong>il</strong> definitivo abbandono dell’interpretazione<br />

medicalista al <strong>benessere</strong>. Quest’ultima considerava <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> l’opposto<br />

del disagio e si poneva dunque nella logica della mancanza, in cui <strong>il</strong> “sano”<br />

diventa «appendice del patologico» (Lavanco, G., Novara, C. 2002).<br />

Fino alla metà del Novecento per <strong>il</strong> modello medico di approccio alla<br />

salute «l’eziopatogenesi (individuazione delle cause) era <strong>il</strong> punto di arrivo<br />

e non di partenza per la cura e si inseriva all’interno del paradigma della<br />

giustificazione, dove è la malattia a spiegare gli effetti che si possono<br />

attendere dall’intervento. Dentro questo paradigma si è in grado di riconoscere<br />

la malattia, meno la persona malata, niente affatto la salute»<br />

(Lavanco, G., Novara, C. 2002: p. 79).<br />

Oggi si è oramai passati ad un modello “biopsicosociale” abbandonando<br />

definitivamente <strong>il</strong> modello “biomedico”. La concezione biologica non è<br />

però orientab<strong>il</strong>e alla prevenzione, dato che tenta di incidere sulle credenze,<br />

sui comportamenti, sugli atteggiamenti di salute facendo leva sulle<br />

capacità del soggetto (concepito come agente attivo) (op. cit.). Il modello<br />

“biopsicosociale” è invece <strong>il</strong> modello che più si presta all’idea di preven-<br />

117


zione e di promozione della salute. Esso è, infatti, un modello di impostazione<br />

chiaramente sistemica, che prende in osservazione diversi livelli di<br />

interpretazione della salute (aspetti biologici, aspetti psicologici, aspetti<br />

sociali) e che li integra in un’ottica sempre più multidisciplinare: <strong>il</strong> soggetto<br />

diventa garante e promotore attivo della propria salute; si passa dal<br />

prendersi cura del danno al prendersi cura della salute, dello star bene.<br />

Un modello molto articolato sul <strong>benessere</strong> è stato prospettato da Carol<br />

Ryff (1996) la quale individua sei dimensioni del <strong>benessere</strong> (Zani,<br />

Cicognani, 1999); Ruini e al., 2003).<br />

1. autonomia: fa riferimento alla capacità del soggetto di prescindere dalla<br />

spinta sociale ad agire in determinate maniere, di autodeterminare con<br />

un “pensiero indipendente” le proprie scelte comportamentali, di usare<br />

quindi valutazioni fondate su valori personali per decidere i propri<br />

comportamenti;<br />

2. padronanza ambientale: concerne l’ab<strong>il</strong>ità di gestione dell’ambiente<br />

esistente e la capacità di creare contesti adeguati alle proprie necessità;<br />

3. crescita personale: corrisponde alla sensazione di realizzazione del sé,<br />

della propria persona e ai sentimenti di sv<strong>il</strong>uppo personale;<br />

4. relazioni positive con gli altri: è inerente all’avere rapporti interpersonali<br />

soddisfacenti, all’avere affetto, confidenza e sintonia con l’altro;<br />

5. accettazione di sé: consiste nel riconoscimento e nella presa di coscienza<br />

del proprio sé e delle proprie esperienze passate;<br />

6. scopo nella vita: riguarda l’avere un “senso di direzionalità”, una finalità<br />

comportamentale.<br />

Secondo Keyes (1998) “per comprendere <strong>il</strong> funzionamento ottimale e la<br />

salute mentale” bisogna analizzare anche <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> sociale, del quale<br />

l’autore individua cinque criteri. Il primo è quello dell’integrazione sociale:<br />

se e quanto le persone sentono di condividere cose comuni con altri e<br />

di appartenere ad una comunità. Il secondo è l’accettazione sociale:<br />

descrivib<strong>il</strong>e come sentimento di fiducia nell’altro, senso di agio nello stare<br />

con l’altro, opinione positiva sulla natura umana. Il terzo è costituito dal<br />

contributo sociale: corrisponde alla possib<strong>il</strong>ità di offrire qualcosa alla<br />

scena sociale, di avere un valore per la società. Il quarto criterio è inerente<br />

l’attualizzazione sociale ovvero “la valutazione delle potenzialità e dell’andamento<br />

complessivo della società”. Infine, l’ultimo è dato dalla coerenza<br />

sociale: consiste nella valutazione di una società intelligib<strong>il</strong>e, comprensib<strong>il</strong>e<br />

e ordinata (Zani, Cicognani, 1999).<br />

118


PRIMA PARTE<br />

IL BENESSERE NELLE DECISIONI A SCUOLA<br />

Un gioco per iniziare<br />

Perché Giocare?<br />

Spesso giochiamo con problemi per la cui risoluzione uno o più elementi<br />

(stato iniziale, stato finale, operatori) non sono espressi chiaramente.<br />

L’insight è allora l’intuizione sulla struttura del problema che porta ad una<br />

sua ristrutturazione per poi arrivare alla soluzione (Köhler et al., 1969).<br />

Il problema dei nove punti (Scheerer, 1963)<br />

Compito: tracciare quattro linee rette continue collegando tutti i 9<br />

punti senza staccare la penna dal foglio<br />

Soluzione<br />

Molte persone non riescono a trovare la soluzione perché assumono che le<br />

4 linee non possano uscire dal quadrato delimitato dai 9 punti (fenomeno<br />

della Fissità Funzionale). La Fissità Funzionale è dunque l’incapacità di<br />

vedere gli oggetti con funzioni nuove rispetto a quelle già conosciute, o<br />

comunque l’incapacità di andare oltre schemi predefiniti, cioè l’incapacità<br />

d rompere un set mentale.<br />

Per risolvere un problema bisogna: capirlo, individuare le operazioni che<br />

possono risolverlo, eseguire tali operazioni, controllare i risultati, se<br />

l’obiettivo non è stato raggiunto, modificare qualche passaggio.<br />

119


Un dirigente o un insegnante nel suo impegno quotidiano prende continuamente<br />

molteplici decisioni in situazioni complesse che lo conducono<br />

necessariamente a evitare fissità funzionali.<br />

I processi decisionali coinvolgono sia la sfera emotiva che quella cognitiva<br />

e quindi richiedono molte risorse, per cui le persone tendono a costruirsi<br />

delle abitudini, delle routine, per ridurre lo sforzo decisionale (prendere<br />

troppe decisioni consecutive, senza adeguate fasi di recupero, può portare<br />

allo scadimento della qualità delle decisioni stesse).<br />

Abbiamo dunque bisogno di riferirci a determinate strategie euristiche di<br />

fronte alle continue sollecitazioni quotidiani presenti in ogni <strong>scuola</strong>.<br />

Esempio 1: In una prima classe di Scuola Secondaria di Primo grado è presente<br />

un alunno che fino al giugno precedente, alla fine del ciclo di <strong>scuola</strong><br />

primaria, frequentava un centro per la riab<strong>il</strong>itazione del linguaggio. La diagnosi<br />

di questo alunno era severa: Disturbo specifico dell’apprendimento e<br />

Disturbo del carattere. Il centro, nonostante la diagnosi dimette l’alunno. Il<br />

coordinatore di classe, a conoscenza del problema, ne parla con <strong>il</strong> Dirigente<br />

e insieme si cerca di strutturare una strategia che sicuramente avrà dei<br />

tempi lunghi. L’alunno, in considerazione della sua pregressa diagnosi neuropsichiatrica,<br />

inizia a disturbare in classe e tale situazione che, in breve<br />

tempo diventa esplosiva, non sembra di fac<strong>il</strong>e risoluzione. Infatti gli insegnanti<br />

iniziano a fargli collezionare note sul registro, convocazioni dal<br />

Dirigente, telefonate alla famiglia, che presenta grosso disagio sociale.<br />

Il problema dell’alunno è stato trattato inizialmente pensando prevalentemente<br />

al comportamento disturbante in classe e non al disturbo del comportamento.<br />

Per l’alunno sarebbe stato impossib<strong>il</strong>e comportarsi diversamente<br />

in virtù della sua diagnosi pregressa. Si aspettava una nuova diagnosi<br />

e intanto <strong>il</strong> comportamento dell’alunno peggiorava, decostruendo<br />

anche quel minimo di rapporto che la <strong>scuola</strong> stava creando con la famiglia<br />

Ci capita, inoltre, di usare anche un paradigma per la commutazione dei<br />

compiti da affrontare (Task Switching Paradigm, Jers<strong>il</strong>d, 1927), (come un<br />

interruttore che si accende e si spegne switch on/off) ad es. iniziamo ad<br />

affrontare un problema, lo interrompiamo iniziamo la soluzione di un<br />

secondo problema, lo interrompiamo e torniamo al primo e così via.<br />

Mettere al centro le persone e i gruppi<br />

Lo sv<strong>il</strong>uppo di processi di prevenzione e sicurezza in modo efficace è possib<strong>il</strong>e<br />

solo ponendo al centro le persone e migliorandone la soddisfazione<br />

120


mediante la promozione del <strong>benessere</strong> lavorativo e dell’empowerment.<br />

Letteralmente empowerment indica acquisizione di potere, di “potere con<br />

l’altro” e non di “potere sull’altro”, l’importanza della negoziazione, del<br />

dialogo e della partecipazione. Esprime anche un importante processo che<br />

ingloba una serie di conoscenze, competenze, impegno attivo nel prendere<br />

decisioni.<br />

L’acquisizione di potere, intesa in questo senso, crea cambiamento, allarga<br />

<strong>il</strong> campo delle alternative, dà la possib<strong>il</strong>ità all’individuo ed al gruppo<br />

di scegliere, di ascoltare i propri bisogni e sulla base di ciò formulare<br />

obiettivi, sfruttare le potenzialità che si hanno a disposizione per poter<br />

metter in atto strategie adeguate. Quindi <strong>il</strong> termine non si limita solo ad<br />

indicare un costrutto complesso, esso esprime anche un importante processo<br />

che ingloba una serie di conoscenze, competenze, impegno attivo<br />

nel prendere decisioni e particolari modalità relazionali che nel concreto<br />

si esprimono con la possib<strong>il</strong>ità di controllare attivamente la propria vita,<br />

riuscire a stare meglio, aumentare le competenze e le capacità per affrontare<br />

attivamente le situazioni di vita.<br />

Come affermano Francescato e al. (2011), l’E. “cerca di incentivare st<strong>il</strong>i<br />

di vita sani in tutti gli individui.”<br />

Alla luce di ciò è possib<strong>il</strong>e cogliere come <strong>il</strong> concetto di empowerment<br />

risulti essere di fondamentale importanza nel campo dell’educazione e<br />

della prevenzione. Pertanto <strong>il</strong> compito dell’operatore scolastico diventa<br />

quello di aiutare gli studenti a “prendere coscienza del proprio potere” fornendo<br />

loro strumenti di cambiamento da poter ut<strong>il</strong>izzare in prima persona.<br />

Il Dirigente di un’organizzazione dovrà quindi risolvere le problematiche<br />

e le proprie linee di azione dal punto di vista delle persone e dei gruppi di<br />

persone, mantenendoli sempre al centro dell’attenzione.<br />

Prevenzione del disagio professionale<br />

In particolare le tematiche su cui <strong>il</strong> Dirigente innesta le sue politiche per<br />

la prevenzione del disagio mentale professionale sono per loro natura<br />

interdisciplinari, e la necessità di un focus costante sulle persone porta<br />

con sé <strong>il</strong> dover prestare attenzione anche ad aspetti di psicologia del lavoro<br />

e delle organizzazioni, oltre a quelli più tradizionali di natura medica,<br />

giuridica ecc.<br />

Così nel caso di una <strong>scuola</strong> sarà essenziale tener conto delle specificità del<br />

lavoro della maggior parte del suo personale, docente e anche non docen-<br />

121


te, caratterizzato da una tipologia di impegni assai atipica rispetto ad altre<br />

situazioni lavorative, anche nell’ambito delle helping professions.<br />

Le prestazioni efficaci come rimedio allo sv<strong>il</strong>uppo del Benessere<br />

Il rimedio al rischio psicosociale e al disagio mentale non sarà l’assenza<br />

di stress, ma <strong>il</strong> perseguimento di quel <strong>benessere</strong> da prestazione efficace<br />

che, sia nei lavori individuali che di team, è strettamente legato all’assenza<br />

di disagio, alla propensione verso l’apprendimento e <strong>il</strong> continuo potenziamento<br />

personale e professionale.<br />

Il DS può favorire tutto ciò operando per rimuovere o ridurre al minimo<br />

possib<strong>il</strong>e tutti i rischi di malessere organizzativo che rientrano nelle sue<br />

disponib<strong>il</strong>ità di intervento.<br />

Ciò ovviamente non significa l’instaurarsi automatico del “<strong>benessere</strong><br />

organizzativo”, ma sicuramente un primo significativo passo verso di<br />

esso. Infatti tale tipo di <strong>benessere</strong> è parte integrante della mission di qualsiasi<br />

organizzazione in quanto fattore ab<strong>il</strong>itante essenziale per <strong>il</strong> miglior<br />

conseguimento dei risultati.<br />

Benessere organizzativo contro <strong>il</strong> “mal di <strong>scuola</strong>”<br />

In generale nelle organizzazioni la promozione della salute e del <strong>benessere</strong><br />

psicofisico degli addetti si concretizza attraverso l’ottimizzazione di<br />

alcuni fattori chiave, interdipendenti fra loro e con la qualità delle prestazioni<br />

lavorative che si determinano (Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità):<br />

1. Il coinvolgimento, ossia un’attenzione particolare sullo sv<strong>il</strong>uppo dell’autonomia<br />

delle persone,di gruppi autogestiti, del potenziamento<br />

dell’empowerment;<br />

2. Lo sv<strong>il</strong>uppo e la crescita, ossia <strong>il</strong> potenziamento di conoscenze e ab<strong>il</strong>ità,<br />

e delle loro applicazion;)<br />

3. Le gratificazioni, ossia politiche e programmi con riconoscimenti tangib<strong>il</strong>i<br />

e intangib<strong>il</strong>i;<br />

4. Il b<strong>il</strong>anciamento lavoro-vita, ossia le esigenze vita professionale/personale;<br />

5. La salute e la sicurezza, ossia la valutazione dei rischi e degli interventi,<br />

la formazione, iniziative di wellness, training per la gestione dello<br />

stress.<br />

122


In questa logica di interconnessioni l’azione della dirigenza scolastica deve<br />

rivolgersi, oltre che ai pochi casi di disagio più gravi, anche a contenere al<br />

massimo quell’oggettivo disagio legato alla professione docente che da<br />

tempo ormai ritroviamo in pubblicazioni di vario genere, da quelle scientifiche<br />

a quelle narrative (per es. “Diario di <strong>scuola</strong>” di Pennac, 2007).<br />

Le Cause del Mal di <strong>scuola</strong> 1<br />

Fra le cause del “mal di <strong>scuola</strong>” degli insegnanti ve ne sono alcune, importanti,<br />

che esulano dalle possib<strong>il</strong>ità d’intervento diretto del Dirigente scolastico<br />

(la retribuzione o <strong>il</strong> riconoscimento sociale), mentre è direttamente<br />

coinvolto nel contenimento del disagio e nel miglioramento del <strong>benessere</strong><br />

a <strong>scuola</strong>”.<br />

Un elemento che incide fortemente sul livello di stress dei docenti, che<br />

hanno avuto una formazione generalmente disciplinare, riguarda le difficoltà<br />

che gli alunni incontrano nell'ambito scolastico, e che possono essere<br />

<strong>il</strong> segnale di un malessere affettivo e relazionale, si può manifestare con<br />

difficoltà di apprendimento, rendimento scolastico inferiore alle reali<br />

capacita, difficoltà di concentrazione e di attenzione, iperattività, disimpegno,<br />

particolari difficoltà a comunicare e relazionarsi sia con i compagni<br />

sia con gli insegnanti (Sasso, 2010).<br />

Gli insegnanti <strong>il</strong> più delle volte non riescono ad aiutare gli allievi in difficoltà,<br />

in quanto si rapportano con essi in modo sbagliato e questo ne blocca<br />

la creatività e la fiducia in se stessi. Questi atteggiamenti finiscono per<br />

favorire la dipendenza piuttosto che l’autonomia e con <strong>il</strong> controllare ogni<br />

azione piuttosto che sollecitare l’iniziativa individuale. Tutto questo<br />

dipende dal fatto che gli insegnanti non sono preparati a comunicare efficacemente<br />

e a trovare una soluzione agli inevitab<strong>il</strong>i conflitti senza che si<br />

vengano a creare tra le due parti vincitori e vinti. Questa cattiva gestione<br />

della comunicazione induce a vivere una condizione di frustrazione sia per<br />

l’insegnante sia per l’allievo.<br />

Spesso l’insegnante si sente frustrato, perché pur essendo competente ed<br />

amante della sua professione, non trova riscontro nel rendimento della<br />

classe a causa della bassa motivazione, della mancanza di concentrazione<br />

e del disinteresse mostrato dagli allievi.<br />

Il lavoro dell’insegnante, estremamente creativo, piacevole e gratificante,<br />

finisce per essere considerato una continua fatica. Gli insegnanti, ad un<br />

certo punto della loro carriera, attribuiscono <strong>il</strong> senso del loro disagio per-<br />

123


cepito a varie cause: lo stress insito nella professione, l’irrequietezza dei<br />

ragazzi che sembra aumentare di generazione in generazione e l’inadeguato<br />

trattamento economico. In realtà <strong>il</strong> vero motivo del disagio è un altro,<br />

ovvero la tensione costante per riuscire a mantenere la disciplina ed <strong>il</strong><br />

dover adeguarsi ad un ruolo diffic<strong>il</strong>e da sostenere.<br />

Gordon mette in evidenza come <strong>il</strong> primo problema viene risolto con atteggiamenti<br />

autoritari o permissivi, due metodi errati ed inadeguati che conducono<br />

ad un rapporto di forza che si conclude inevitab<strong>il</strong>mente con un<br />

vincitore ed un vinto.<br />

Per quando riguarda <strong>il</strong> secondo aspetto, Gordon sottolinea come l’insegnante<br />

ha paura di mostrarsi per ciò che è, in altre parole una persona che<br />

possiede pregi, difetti, limiti e sentimenti. L’insegnate nel rapporto con<br />

l’allievo si mostra quasi sempre come una persona che sa tutto e che non<br />

sbaglia mai e quando prova ad essere se stesso teme che gli allievi abbiano<br />

un rapporto troppo confidenziale.<br />

L’allievo invece vive una condizione di disagio perché considera <strong>il</strong> più<br />

delle volte la <strong>scuola</strong> come un luogo di costrizione e di stress.<br />

Ciò accade perché non si stab<strong>il</strong>isce un buon rapporto tra docente e studente.<br />

È importante r<strong>il</strong>evare che <strong>il</strong> rapporto tra insegnante e allievo è più importante<br />

dei contenuti culturali, dei metodi di insegnamento e della capacità<br />

di apprendimento.<br />

Iniziamo ora a parlare di Mal di <strong>scuola</strong> degli alunni, premettendo che non<br />

è la <strong>scuola</strong> in sé che faccia ammalare gli alunni. Infatti ci si riferisce a tutte<br />

quelle situazioni di difficoltà e disagio che bambini e ragazzi manifestano<br />

proprio a <strong>scuola</strong>, non certo ad ipotetici effetti deleteri prodotti dall’istituzione<br />

scolastica. Come premessa alla seconda parte del capitolo si propone<br />

la seguente diapositiva che sinteticamente <strong>il</strong>lustra <strong>il</strong> processo del Mal<br />

di <strong>scuola</strong> e gli obiettivi nell’applicazione del Questionario sul Mal di<br />

Scuola (QMMS).<br />

124


SECONDA PARTE<br />

Il Questionario Multifattoriale sul Mal di Scuola (QMMS)<br />

Lo strumento<br />

Occuparsi del “mal di <strong>scuola</strong>” significa quindi procedere alla disamina<br />

delle possib<strong>il</strong>i conseguenze che <strong>il</strong> disagio scolastico può apportare alla<br />

sfera emotivo-affettiva, relazionale e meta cognitiva dell’alunno, con sintomi<br />

a carico dell’apparato gastrointestinale e/o respiratorio, del sonno,<br />

125


della pelle, e disturbi somatopsichici che possiamo correlare al senso di<br />

apatia, all’iperattività e ai disturbi dell’apprendimento.<br />

L’obiettivo di alcuni studi (Sasso et al. 2006; Sasso e Sborlini, 2008, Sasso<br />

2010) è stato quello di arrivare a individuare alcune dimensioni psicologiche<br />

e cognitive per rintracciare negli alunni la “conclamazione” del loro<br />

disagio, ossia la presenza di punti di debolezza interferenti con <strong>il</strong> loro sv<strong>il</strong>uppo<br />

globale, oppure la presenza di fattori di protezione che promuovessero<br />

l’adattamento, riducendo così l’impatto di elementi “stressanti”. Con <strong>il</strong><br />

contributo della letteratura scientifica sono state r<strong>il</strong>evate sette dimensioni,<br />

che riguardano la gestione delle emozioni, i processi di crescita e di autostima,<br />

gli st<strong>il</strong>i attributivi e motivazionali, la coscienziosità, l’apertura mentale,<br />

le relazioni interpersonali, la meta cognizione e le ab<strong>il</strong>ità di studio.<br />

Lo strumento è autosomministrab<strong>il</strong>e per tutti i soggetti dagli 8 ai 20 anni<br />

ed è composto da 111 item (46 posti in forma positiva, 65 in forma negativa);<br />

è stato strutturato sulla scia del Test Mosaico di G<strong>il</strong>le ed è composto<br />

da 7 scale riguardanti le sette seguenti dimensioni:<br />

1. La somatizzazione dell’ansia (Pancheri P., Sirigatti S., 2002). Mette in<br />

luce la fisionomia di un alunno che mostra eccessive preoccupazioni<br />

per <strong>il</strong> proprio corpo, numerosi sintomi psicosomatici (dolore di stomaco,<br />

fatica, dolore e debolezza fisica), difficoltà psicologiche negate, ma<br />

anche estroversione e fac<strong>il</strong>ità nei rapporti sociali<br />

2. L’autostima (Bracken B.A., 2003). Valuta i seguenti aspetti: le relazioni<br />

interpersonali, la competenza di controllo dell’ambiente, l’emotività,<br />

<strong>il</strong> successo scolastico, la vita fam<strong>il</strong>iare, <strong>il</strong> vissuto corporeo.<br />

3. Le relazioni interpersonali (Bracken B.A., 1993). Definisce un bambino/ragazzo<br />

che cresce attraverso <strong>il</strong> rapporto con i propri genitori, coetanei<br />

e insegnanti.<br />

4. La coscienziosità (Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., 2000).<br />

Si riferisce alle capacità di autocontrollo/autoregolazione del soggetto.<br />

Per questo, chi ottiene alti punteggi in questa scala tende a descriversi<br />

come molto riflessivo, scrupoloso, ordinato, perseverante.<br />

5. L’apertura mentale (Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., 2000).<br />

R<strong>il</strong>eva le dimensioni di apertura all’esperienza e alla cultura di un soggetto,<br />

per valutare l’interesse a tenersi informati, nei confronti della lettura<br />

e ad acquisire conoscenze.<br />

6. Gli st<strong>il</strong>i attributivi e motivazionali (Ravazzolo C., De Beni R., Moé A.,<br />

2005). Mostra <strong>il</strong> locus of control (interno/esterno) del soggetto, nonché<br />

126


la sua motivazione nel raggiungimento degli scopi prefissati. Il locus of<br />

control indica la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi<br />

della sua vita siano prodotti da suoi comportamenti o azioni, oppure da<br />

cause esterne indipendenti dalla sua volontà.<br />

7. La meta cognizione (Cornoldi C., De Beni R., Zamperlin C.,<br />

Meneghetti C., 2005). Delinea l’aspetto di un soggetto che ut<strong>il</strong>izza un<br />

ottimale approccio allo studio, corredato da strategie volte ad implementare<br />

<strong>il</strong> successo scolastico. Indica un tipo di autoriflessività sul<br />

fenomeno cognitivo, attuab<strong>il</strong>e grazie alla possib<strong>il</strong>ità - molto probab<strong>il</strong>mente<br />

peculiare della specie umana - di distanziarsi, auto-osservare e<br />

riflettere sui propri stati mentali. L'attività metacognitiva ci permette,<br />

tra l'altro, di controllare i nostri pensieri, e quindi anche di conoscere e<br />

dirigere i nostri processi di apprendimento.<br />

Risultati ottenuti: l’uso pedagogico clinico del QMMS<br />

È stato ipotizzato che un soggetto con “Mal di <strong>scuola</strong>”, confrontato con i<br />

valori del suo gruppo di riferimento, dovrebbe presentare quattro o più<br />

valori critici. I valori sono comunque alterati se risultano:<br />

3 alti nella somatizzazione dell’ansia e negli st<strong>il</strong>i attributivi motivazionali;<br />

3 bassi nell’autostima, nella coscienziosità, nell’apertura mentale, nelle<br />

relazioni interpersonali e nella meta cognizione.<br />

Una maggiore attenzione, dunque, è stata dedicata all’individuazione del<br />

soggetto con <strong>il</strong> “Mal di <strong>scuola</strong>” mediante l’ut<strong>il</strong>izzo delle Scale di<br />

Controllo del QMMS, che permettono la lettura dei dati di varianza e<br />

127


deviazione standard nelle sette dimensioni indicate, e la definizione della<br />

soglia minima e quella massima in cui si collocano i soggetti con valori<br />

normativi standardizzati.<br />

Nel livello di attenzione sono inclusi i valori che si allontanano i deviazione<br />

standard dalla media; nel livello critico sono inclusi i valori che si<br />

allontanano 2 deviazioni standard dalla media.<br />

In seguito, i punteggi del soggetto per singola dimensione sono inseriti in<br />

un apposito grafico, poi evidenziati di giallo o rosso sulla base delle indicazioni<br />

dettate dalle Scale di Controllo del QMMS.<br />

In tal modo si è ottenuta una lettura generale del singolo alunno e una<br />

panoramica complessiva del campione analizzato, in seguito rappresentato<br />

su quattro livelli:<br />

1. Livello di attenzione che include i soggetti che presentano quattro o più<br />

valori gialli;<br />

2. Livello di guardia che include i soggetti che presentano da 1 a 3 valori<br />

rossi;<br />

3. Livello critico che include i soggetti che presentano 4 o più valori rossi;<br />

4. Livello della “normalità” che include i soggetti i cui valori risultano<br />

uguali o superiori al Punto 0 nel caso dell’autostima, della coscienziosità,<br />

dell’apertura mentale, delle relazioni interpersonali e della meta<br />

cognizione; uguali o inferiori al Punto 0, nel caso della somatizzazione<br />

e degli st<strong>il</strong>i attributivi motivazionali.<br />

128


Il caso di A.<br />

Il soggetto, di cui si propone <strong>il</strong> diagramma, è un ragazzo di 14 anni che<br />

frequenta la classe prima della Scuola secondaria di I grado, ed è pluriripetente<br />

(Sasso, 2011).<br />

Il QMMS mette in luce un ragazzo che presenza un punteggio vicino al<br />

punto critico nella somatizzazione, nella coscienziosità, nell’apertura<br />

mentale, nelle relazioni interpersonali e quasi coincidente nella meta<br />

cognizione. Negli st<strong>il</strong>i attributivi e motivazionali si situa vicino al valore<br />

di attenzione. Un elemento importante è <strong>il</strong> basso livello di autostima, che<br />

mostra <strong>il</strong> quadro di un alunno con un grave insuccesso scolastico.<br />

Esempio 2: In una <strong>scuola</strong> secondaria di primo grado, in seguito anche alla<br />

somministrazione del QMMS, si è iniziato a riflettere sul disagio di un<br />

gruppo di alunni che frequentavano classi non coincidenti alla loro età<br />

cronologica (Pluriripetenti). Si è pensato alla elaborazione di un progetto<br />

intitolato: Ripartiamo con una seconda opportunità!” (Sasso,<br />

Montevecchi, Piccir<strong>il</strong>lo, 2012).<br />

Le "Scuole della seconda opportunità" sono istituzioni formative sperimentali,<br />

nate in Italia e in alcun città europee a partire dalla fine degli anni<br />

'80, come "sperimentazioni dal basso" nell'ambito degli interventi di lotta<br />

alla dispersione scolastica e all'esclusione sociale. Si pongono l'obiettivo<br />

di fronteggiare i problemi connessi all'insuccesso formativo e di favorire<br />

129


<strong>il</strong> re-inserimento nel circuito formativo e/o professionale di giovani a<br />

rischio di esclusione sociale per <strong>il</strong> fallimento vissuto nell'istituzione scolastica<br />

(soggetti pluriripetenti, migranti, inadempienti, privi del titolo di<br />

licenza media). La dicitura "Scuola della seconda opportunità" compare<br />

per la prima volta nel Libro Bianco "Insegnare e imparare: verso la società<br />

conoscitiva" pubblicato dalla Commissione dell'unione europea sotto la<br />

guida di Edith Cresson nel novembre del 2005 come strumento per combattere<br />

l'esclusione sociale.<br />

Nella realtà italiana le "Scuole della seconda opportunità" offrono a ragazzi/e<br />

italiani e migranti che hanno alle spalle un fallimento nel sistema scolastico<br />

di prima opportunità ( ripetenze, abbandoni, frequenza irregolare,<br />

insuccesso formativo, difficoltà relazionali, ecc) percorsi paralleli o alternativi<br />

alla <strong>scuola</strong> media finalizzati al conseguimento della licenza media<br />

e, attraverso un lavoro di orientamento e accompagnamento, al proseguimento<br />

del percorso formativo (istruzione superiore, Corsi di Formazione<br />

Professionale) e/o all'inserimento nel mondo del lavoro.<br />

Qualche dettaglio operativo:<br />

3 stesura di Piani Individuali di Apprendimento in cui stab<strong>il</strong>ire obiettivi<br />

didattici a lungo termine in modo che:<br />

– gli alunni pluri-ripetenti di prima o di seconda classe possano affrontare<br />

una seconda opportunità per accedere o alla classe aderente alla propria<br />

età cronologica o all’ammissione alla terza e successivo esame di Stato<br />

3 attività didattiche di recupero e potenziamento così organizzate:<br />

1. Gli alunni durante le ore curricolari settimanali frequentano un corso<br />

organizzato, fuori dal contesto classe, di 10 ore in cui sv<strong>il</strong>uppare un<br />

progetto didattico finalizzato al recupero degli anni scolastici non ancora<br />

frequentati, per essere messi in grado di poter sostenere le varie<br />

prove d’esame.<br />

2. Gli alunni sono seguiti da un docente interno che sarà <strong>il</strong> tutor dei<br />

ragazzi fino alla fine del progetto-corso accompagnandoli all’esame.<br />

3. Nella loro classe attuale di appartenenza i docenti devono tenere in<br />

conto del loro parallelo lavoro, attraverso un monitoraggio continuo<br />

con <strong>il</strong> Tutor.<br />

3 al fine di consentire <strong>il</strong> progetto-corso per una seconda opportunità formativa,<br />

si prevede un Patto Formativo tra la <strong>scuola</strong>, nella persona del<br />

Dirigente, gli alunni coinvolti e la famiglia:<br />

Tale patto vincolerà tutti al rispetto delle regole in esso contenuto.<br />

130


TERZA PARTE<br />

LA SCALA DEL SENSO DI AUTOEFFICACIA<br />

DEGLI INSEGNANTI<br />

Le Cause del Mal di <strong>scuola</strong> 2<br />

L’oggettiva complessità delle situazioni in cui l’insegnante opera e le difficoltà<br />

insite per raggiungere dei risultati formativi fanno sì che le decisioni<br />

prese spesso lo lascino insoddisfatto, e restino associate a elementi di<br />

incertezza e disagio legati al non percepire risultati proporzionati agli sforzi<br />

fatti.<br />

Il processo che guida le decisioni dell’insegnante interagisce inevitab<strong>il</strong>mente<br />

con gli aspetti emozionali e pertanto <strong>il</strong> rischio per l’insegnante è di<br />

non sentirsi adatto allo scopo della sua mission di formatore.<br />

E' un lavoro "emotivo" quello di insegnare. Si tratta di aver passione per<br />

ciò che si trasmette e di essere convinti della bellezza e dell'importanza di<br />

ciò che si vorrebbe che i discenti conoscessero. E' emotivo per chi insegna<br />

e lo è per chi apprende. Chi è allora questo insegnante capace di emozionare<br />

ed emozionarsi? Una riflessione sulla figura e sulle competenze dell'insegnante<br />

è un passaggio obbligato. Se è vero che molti insegnano e che<br />

ognuno può giocare <strong>il</strong> ruolo dell'insegnante o dell'allievo, a seconda dei<br />

casi, è altrettanto noto che <strong>il</strong> termine insegnante si riferisce a chi all'interno<br />

di istituzioni pubbliche è incaricato dell'educazione degli allievi in<br />

ragione di accertate conoscenze e competenze. All'insegnante si chiede di<br />

far ricorso a diversi sistemi di segni nel suo agire educativo e di costruire<br />

e gestire ambienti di apprendimento nei quali contano non solo la qualità,<br />

l'adeguatezza dei contenuti, dei mezzi e dei metodi, ma anche le<br />

modalità relazionali. Un docente, dunque, deve padroneggiare le discipline<br />

da insegnare, saper motivare e rendere efficace l'apprendimento in una<br />

situazione collettiva e saper valutare gli apprendimenti indotti; deve, nello<br />

specifico, possedere molte e specifiche competenze (Genovese, 2005).<br />

131


Il senso di autoefficacia<br />

È importante riuscire a pensare la <strong>scuola</strong> come situazione complessa, nella<br />

quale entrano in gioco molti fattori della personalità di tutti gli “attori” in<br />

essa presenti. La <strong>scuola</strong> rappresenta, dopo <strong>il</strong> contesto fam<strong>il</strong>iare, l’ambiente<br />

che contribuisce al processo di sv<strong>il</strong>uppo deigli studenti, nei suoi aspetti<br />

relazionali, emotivi, affettivi e cognitivi. Quando si è energicamente<br />

equ<strong>il</strong>ibrati e sereni, l'esperienza educativa è più efficace e meno affaticante.<br />

Cosa significa promuovere questo successo? I docenti hanno la necessità,<br />

per far raggiungere gli obiettivi agli studenti, di conoscere strategie<br />

e metodi di approccio che possano risolvere atteggiamenti aggressivi, iperattivi,<br />

passivi, apprendere tutte le tecniche necessarie a potenziare la<br />

comunicazione, acquisire sicurezza e professionalità nella gestione psicologica<br />

della classe, allo scopo di creare un clima positiva all'apprendimento.<br />

Ognuna di queste funzioni può essere fonte di soddisfazione ma<br />

anche causa di disagio e malessere professionale. Le convinzioni degli<br />

insegnanti riguardo l'efficacia personale determinano <strong>il</strong> loro atteggiamento<br />

generale sia verso <strong>il</strong> processo educativo che verso le attività didattiche<br />

(Sasso, 2010).<br />

Il compito di creare ambienti di apprendimento favorevoli allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

delle competenze cognitive è assegnato ai talenti e all’autoefficacia degli<br />

insegnanti. Considerando <strong>il</strong> significato del costrutto di autoefficacia, si<br />

può distinguere tra:<br />

132


l’opinione che gli insegnanti hanno di possedere determinate ab<strong>il</strong>ità di<br />

insegnamento;<br />

l’opinione che gli insegnanti hanno sulla loro capacità di ut<strong>il</strong>izzare queste<br />

ab<strong>il</strong>ità con conseguenze per gli studenti.<br />

Gli insegnanti fermamente convinti della propria efficacia nel ruolo di<br />

docente predispongono esperienze didattiche in cui gli alunni possano<br />

sperimentare la sensazione di padronanza.<br />

Quelli incerti sulla propria efficacia creano ambienti di cattiva qualità,<br />

che probab<strong>il</strong>mente si ripercuotono negativamente sul senso di efficacia e<br />

sullo sv<strong>il</strong>uppo cognitivo degli studenti. Gli insegnanti con un alto senso di<br />

autoefficacia scelgono strategie fondate sulla possib<strong>il</strong>ità di incrementare<br />

l’apprendimento degli studenti; hanno alte aspirazioni e aspettative verso<br />

gli alunni; vogliono promuovere nuovi curricola e ut<strong>il</strong>izzano nuove e più<br />

attive metodologie per favorire l’integrazione e l’apprendimento (piccolo<br />

gruppo, apprendimento cooperativo, metodi attivi); coinvolgono più fac<strong>il</strong>mente<br />

la famiglia nel sostegno dell’alunno; promuovono lo sv<strong>il</strong>uppo della<br />

motivazione intrinseca e l’autonomia dello studente; preferiscono pratiche<br />

di valutazione innovative e sono più disponib<strong>il</strong>i al lavoro di equipe. Gli<br />

133


insegnanti con un basso senso di autoefficacia scelgono nuovi metodi<br />

d’insegnamento solo motivati dalla volontà di ridurre la noia e la confusione,<br />

pred<strong>il</strong>igono un atteggiamento da guardiano che si avvale di incentivi<br />

esterni e punizioni per favorire lo studio, sono portati a prestare attenzione<br />

agli studenti che riescono meglio; gli studenti con difficoltà di<br />

apprendimento o con rapporti problematici fuori dalla <strong>scuola</strong> invece, sono<br />

maggiormente oggetto di attenzione da parte di insegnanti con un alto<br />

senso di autoefficacia.<br />

Nell’esaminare l’impatto di queste variab<strong>il</strong>i, Ashton e Webb (1986) riferiscono<br />

che le convinzioni degli insegnanti concernenti la propria efficacia<br />

come docenti predicono <strong>il</strong> livello di successo degli studenti nel corso<br />

dell’anno scolastico a prescindere dal livello da cui sono partiti.<br />

Possiamo riassumere che gli insegnanti privi di un saldo senso di efficacia<br />

dimostrano uno scarso impegno nell’insegnamento; dedicano meno<br />

tempo a quelle materie che corrispondono alle loro aree di inefficacia<br />

percepita; dedicano una quantità di tempo totale minore a ciò che ha pertinenza<br />

con la <strong>scuola</strong> e sono particolarmente vulnerab<strong>il</strong>i al Burn-out professionale.<br />

Gibson e Dembo (1984), condussero uno studio di osservazione microanalitica<br />

sul modo in cui gli insegnanti con un’efficacia percepita alta o<br />

bassa gestiscono le loro attività di classe. Gli insegnanti che hanno un alto<br />

senso di efficacia educativa dedicano una parte maggiore dell’orario ad<br />

attività scolastiche, forniscono agli studenti che incontrano difficoltà la<br />

guida di cui hanno bisogno per riuscire e gratificano i loro successi scolastici.<br />

Al contrario, gli insegnanti con una bassa efficacia percepita trascorrono<br />

più tempo in passatempi non scolastici, si arrendono subito se gli studenti<br />

non hanno rapidamente buoni risultati e li criticano per i loro fallimenti.<br />

Quindi, gli insegnanti che credono fermamente nella loro capacità<br />

di promuovere l’apprendimento creano esperienze di padroneggiamento<br />

per i loro studenti, mentre quelli pieni di dubbi sulla loro efficacia educativa<br />

danno vita ad ambienti scolastici che danneggiano fac<strong>il</strong>mente la considerazione<br />

che gli studenti hanno delle loro capacità e del loro sv<strong>il</strong>uppo<br />

cognitivo. Le convinzioni degli insegnanti nella loro efficacia personale<br />

influenzano <strong>il</strong> loro atteggiamento generale sia verso <strong>il</strong> processo educativo<br />

che verso le specifiche materie didattiche. Gli insegnanti con un basso<br />

senso di efficacia non hanno fiducia nella propria capacità di gestire le<br />

classi; assumono una visione custodialistica del proprio lavoro; ricorrono<br />

134


a metodi restrittivi e punitivi nell'applicare la disciplina e si basano su<br />

incentivi esstrinseci; si focalizzano più sulle discipline che sullo sv<strong>il</strong>uppo<br />

degli studenti. Gli insegnanti che credono fortemente nella loro efficacia,<br />

invece, tendono a ricorrere a mezzi persuasivi e a sostenere lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

dell'interesse intrinseco e dell'autoregolazione scolastica dei loro studenti<br />

(Woolfolk, Rosoffe e Hoy 1990).<br />

Gli insegnanti efficaci che mantengono l’ordine, inoltre, cercano di<br />

impostare <strong>il</strong> compito in modo da favorire <strong>il</strong> senso di responsab<strong>il</strong>ità personale<br />

degli alunni adottando un sistema di comunicazione chiaro<br />

rispetto a obiettivi, aspettative e argomenti e fornendo spiegazioni puntuali<br />

sui compiti e sulle procedure. Essi ut<strong>il</strong>izzano strategie che forniscono<br />

i feedback sui comportamenti adeguati e mirano a favorire una<br />

attiva partecipazione degli alunni alle attività. È opportuno ricordare<br />

inoltre che studi recenti (Wubbels, Brekelmans, den Brok, van Tartwijk,<br />

2006) mostrano come una relazione positiva tra insegnanti e studenti sia<br />

caratterizzata da un forte grado di influenza (direzionalità o dominanza)<br />

e prossimità (cooperazione e supporto) da parte degli insegnanti sugli<br />

studenti. È opportuno comunque sottolinearne l'importanza, in quanto,<br />

come messo in luce da Woolfolk Hoy e Weinstein (2006), le percezioni<br />

di efficacia di insegnanti e studenti condizionano le interazioni che<br />

avvengono nella classe. Allo stesso modo, secondo Woolfolk Hoy,<br />

Davis e Pape (2006) queste percezioni sono influenzate dal contesto<br />

immediato della classe, ma anche dal contesto sociale più ampio.<br />

Quindi, capire la prospettiva degli insegnanti e degli studenti può permettere<br />

di creare un migliore coinvolgimento nel processo di apprendimento<br />

da parte di entrambi.<br />

Successivamente Tschannen-Moran, Woolfolk e Hoy (2001) approfondiscono<br />

diversi aspetti relativi alla percezione di efficacia da parte degli<br />

insegnanti e le loro credenze sul controllo (Woolfolk e Hoy, 1990), sulla<br />

gestione (Woolfolk, Rosoff e Hoy, 1990), sui cambiamenti che intervengono<br />

nei primi anni (Woolfolk e Spero, 2005), sul influenza dell'ottimismo<br />

(Woolfolk, Hoy e Kurz, 2008).<br />

Anche recenti studi italiani (Sasso, 2004, 2008, 2010; Di Fabio e Taralla.<br />

2004, 2006; Moè, 2010; OCSE-TALIS, 2010; MIUR, 2010) hanno indagato<br />

sulla percezione dei docenti circa l'efficacia della propria azione<br />

didattica.<br />

135


Il senso di autoefficacia deglii insegnanti: una ricerca sul campo<br />

La ricerca che viene di seguito presentata ha avuto come obiettivo la standardizzazione<br />

del Teachers’ Sense of Efficacy Scal le (T.S.E.S.), elaborato<br />

da due studiose dell’Ohio State University, Megan Tschannen e Anita<br />

Woolfolk Hoy (2001), e tradotto e adattato in italiaano da Salvatore Sasso<br />

(2003).<br />

Lo strumento<br />

Il questionario è formato da 24 item e, secondo gli autori, misura 3 fattori<br />

latenti, ciascuno misurato da 8 item, quali:<br />

‚ Efficacia per le strategie e di insegnamento (ad esempio “In che misura<br />

sei in grado di fornire una spiegazione alternativva o un esempio<br />

quando gli alunni sono confusi?”);<br />

‚ Efficacia per la gestione e della classe (ad esempio “Quanto puoi fare<br />

per controllare i comportamenti di disturbo in classse?”);<br />

‚ Efficacia per <strong>il</strong> coinvolgiimento degli studenti (ad esempio “Quanto<br />

puoi fare per motivare gli alunni che mostrano uno scarso interesse per<br />

<strong>il</strong> lavoro scolastico?”).<br />

136


Il campione<br />

Il Teachers' Efficacy Scale (T.S.E.S.) sulle convinzioni degli insegnanti<br />

circa <strong>il</strong> proprio senso di Efficacia è stato somministrato ad un ampio gruppo<br />

di soggetti costituito da 898 docenti appartenenti a scuole statali di ogni<br />

ordine e grado distribuite sul territorio nazionale.<br />

137


Dalla lettura dei dati del campione , si può evidenziare come sia l’età<br />

media sia l’identità di genere si avvicini a quella espressa nei dati del<br />

MIUR (2008): età media dei docenti 50 anni circa e componente femmin<strong>il</strong>e<br />

rappresentata dall’81% del totale.<br />

Questo evidenzia <strong>il</strong> sovraccarico esistenziale, fisico e emotivo a seguito<br />

della sovrapposizione, nelle docenti, dei ruoli professionali e di quelli<br />

domestici e genitoriali.<br />

F1: strategie educative F2: gestione della classe F3: coinvolgimento degli studenti<br />

Discussione dei risultati<br />

In considerazione della r<strong>il</strong>evanza internazionale della T.S.E.S. e dei vantaggi<br />

che presenta in termini di equ<strong>il</strong>ibrio tra specificità e generalizzab<strong>il</strong>ità,<br />

l’obiettivo del presente lavoro è stato quello di costruire un campione<br />

normativo nel contesto italiano, dopo aver verificato le proprietà psicometriche<br />

di tale strumento. Sono state quindi esaminate l'attendib<strong>il</strong>ità della<br />

scala, la struttura a tre fattori ipotizzata dalle autrici e la validità concorrente.<br />

Per quanto riguarda la presenza delle tre componenti ipotizzate da<br />

Tschannen-Moran e Woolfolk-Hoy (2001) ovvero l'efficacia delle metodologie<br />

adottate, l'efficacia nel saper condurre la classe e l'efficacia nel<br />

saper coinvolgere gli studenti durante le lezioni, sono state effettuate una<br />

138


serie di procedure che confermano nella versione italiana (Sasso, 2003) la<br />

struttura ipotizzata dalle ricercatrici.<br />

Procedendo ad una lettura qualitativa del grafico possiamo dire che nella<br />

<strong>scuola</strong> dell’infanzia non c’è una differenza significativa tra maschi e femmine<br />

in tutti e tre i fattori; anche nella <strong>scuola</strong> primaria le differenze sono<br />

minime; nella <strong>scuola</strong> secondaria di primo grado si evidenzia una maggior<br />

differenza tra maschi e femmine, così come nella <strong>scuola</strong> secondaria di<br />

secondo grado. Bisogna focalizzare l’attenzione su un dato che richiede<br />

comunque enorme prudenza: nella <strong>scuola</strong> secondaria di secondo grado<br />

sembrerebbe che gli insegnanti di tecnica, sia maschi che femmine, valutino<br />

la percezione della propria autoefficacia con valori più bassi rispetto<br />

a tutti gli altri presi in considerazione.<br />

Un confronto tra autoefficacia e sindrome del burnout<br />

(Sasso, Pagano, 2012).<br />

I dati relativi all’autoefficacia sono stati anche correlati con quelli raccolti<br />

mediante <strong>il</strong> più importante questionario in tema di r<strong>il</strong>evazione del Burn<br />

out: <strong>il</strong> Masclach Burn-Out Inventory (MBI) di Maslach e Jackson, (1981).<br />

I risultati ottenuti da tale ricerca confermano la validità di costrutto della<br />

T.S.E.S., mettendo in evidenza una correlazione statisticamente significa-<br />

139


tiva con l’M.B.I.; ciò equivale a dire che ad alti livelli di Realizzazione<br />

Personale equivalgono bassi livelli di Esaurimento Emotivo e<br />

Depersonalizzazione, al contrario se <strong>il</strong> grado di Realizzazione Personale è<br />

basso si noterà un innalzamento delle atre due variab<strong>il</strong>i e quindi una difficoltà<br />

maggiore nella gestione delle situazioni di stress da parte degli insegnanti.<br />

Quindi ci si rende conto che docenti maggiormente fiduciosi nelle proprie<br />

capacità e realizzati personalmente non solo si impegnano di più nel proprio<br />

lavoro, ma riescono ad essere maggiormente efficaci nell’ut<strong>il</strong>izzo di<br />

strategie di insegnamento, nella gestione della propria classe e di conseguenza<br />

nel riuscire a coinvolgere, durante le ore scolastiche, i propri alunni.<br />

A tal proposito diremo che una solida convinzione nell’adeguatezza delle<br />

proprie capacità ed una valorizzazione riguardo a se stessi (“senso di autoefficacia”)<br />

determina negli individui un alto livello di persistenza di fronte<br />

alle difficoltà e dischiude <strong>il</strong> raggiungimento di obiettivi più ambiziosi e<br />

gratificanti; <strong>il</strong> senso di efficacia, quindi, è una caratteristica fondamentale<br />

che previene i fenomeni di disagio.<br />

Per quanto riguarda, invece, l’insegnante con bassa autoefficacia è più<br />

incline a sperimentare stress emotivi e a sopportare con difficoltà <strong>il</strong><br />

sovraccarico lavorativo, spesso fino a raggiungere un alto grado di esaurimento<br />

psico-fisico e di depersonalizzazione che conducono, in alcuni casi,<br />

all’insorgenza del burn-out.<br />

Per prevenire tali fenomeni di disagio scolastico, come la Sindrome del<br />

Burn-out, occorre intervenire a livello individuale, organizzativo e a livello<br />

dell’interfaccia individuo-organizzazione al fine di ottimizzare le condizioni<br />

di <strong>benessere</strong>. Ciò può essere raggiunto attraverso proposte di intervento<br />

nella <strong>scuola</strong> come l’attivazione di gruppi di auto-aiuto, l’inserimento<br />

di èquipe psicologiche di sostegno, l’introduzione di corsi che aiutano<br />

a superare lo stress e ad acquisire autostima, proposte ritenute indispensab<strong>il</strong>i<br />

per dare lo stimolo necessario a recuperare serenità nell’ambiente scolastico<br />

in costante pressione/evoluzione.<br />

La formazione è pertanto dunque un fattore chiave per accrescere la motivazione<br />

degli insegnanti e incentivarne <strong>il</strong> miglioramento della pratica professionale.<br />

Centrandosi quindi sulle attitudini, le convinzioni e le pratiche<br />

dei docenti nel loro insieme si potranno migliorare notevolmente i processi<br />

di insegnamento e apprendimento; ma ciò richiederà un sostegno mira-<br />

140


to ai docenti. L'applicazione di questo strumento in ambito scolastico, pertanto,<br />

è importante come momento diagnostico fondamentale per poter<br />

predisporre programmi di formazione finalizzati a migliorare l'insegnamento<br />

e l'apprendimento in classe.<br />

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143


Prevenzione dello stress lavoro correlato<br />

e promozione della salute mentale nella <strong>scuola</strong><br />

Riccardo Dominici<br />

Medico del Lavoro - Psicoterapeuta - Roma<br />

I rischi psicosociali possono essere definiti come «quegli aspetti di progettazione<br />

del lavoro e di organizzazione e gestione del lavoro, nonché i<br />

rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare<br />

danni fisici o psicologici» (Cox & Griffiths, 1995).<br />

I rischi psicosociali costituiscono un ampio contenitore dove convergono rischi<br />

diversi che è opportuno mantenere distinti per poterne comprendere meglio la<br />

loro essenza e intraprendere possib<strong>il</strong>i azioni preventive; tali rischi vengono<br />

identificati comunemente nelle situazioni di stress, burn-out, mobbing.<br />

In questa occasione trattiamo dello stress correlato al lavoro. L’Accordo quadro<br />

europeo dell’8 ottobre 2004 così lo definisce: “Lo stress è una condizione,<br />

accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche<br />

o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in<br />

grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative”.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> settore specifico della <strong>scuola</strong>, l’Agenzia europea per<br />

la sicurezza e la salute sul lavoro – OSHA – così sintetizza <strong>il</strong> problema<br />

dello stress lavoro-correlato: “Lo stress lavoro-correlato è uno dei più<br />

significativi rischi da lavoro nel settore dell’istruzione. Il livello dello<br />

stress denunciato nell’insegnamento è ben al di sopra della media dell’industria,<br />

servizi e società in genere. Ma non sono solo gli insegnanti che<br />

soffrono per lo stress, ma anche altri lavoratori quali gli addetti alle pulizie<br />

e lo staff amministrativo ne sono colpiti”.<br />

Abbiamo detto che lo stress correlato al lavoro si produce quando l’organizzazione<br />

propone un alto livello di richieste che i lavoratori non riescono<br />

a soddisfare.<br />

Un esempio di vita comune ci può chiarire meglio di cosa stiamo parlando:<br />

una donna a cui nasce un figlio e che si trova schiacciata tra le richieste<br />

affettive e pratiche del figlio e le nuove richieste del marito, che, avendo<br />

la sensazione di essere trascurato dalla moglie a causa della nascita del<br />

figlio, per questo pone nuove richieste. In una situazione del genere la<br />

mamma entra in una situazione di stress.<br />

144


Ma di quali richieste stiamo trattando?<br />

Quando parliamo di stress correlato al lavoro in genere pensiamo ad aspetti<br />

quantitativi di lavoro, talmente elevati da non poter essere gestiti dal<br />

lavoratore. Ma questi sono aspetti rari, oserei dire residuali, nell’attuale<br />

mondo del lavoro occidentale.<br />

Certamente i camionisti dipendenti da ditte di trasporto, che trascorrono<br />

in media 18 ore di guida continuativa in barba a ogni norma, per poter<br />

sostenere tali ritmi arrivano a consumare le risorse psico-fisiche più<br />

riposte ed in definitiva vanno incontro a gravi danni alla salute; <strong>il</strong> personale<br />

infermieristico e aus<strong>il</strong>iario di ospedali e case di cura sono sovraccaricati<br />

di lavoro a causa di una cronica carenza di personale. E qualche<br />

aspetto di tipo quantitativo lo possiamo probab<strong>il</strong>mente individuare<br />

anche nella <strong>scuola</strong>.<br />

Ma ritengo che nello stress correlato al lavoro prevalgano, nelle aziende<br />

in generale e nel mondo della <strong>scuola</strong> in particolare, le richieste di tipo<br />

emotivo / relazionale.<br />

Facciamo un esempio abbastanza comune nel mondo del lavoro: un lavoratore<br />

ha un suo Capo Reparto e, al di sopra del Capo Reparto, un<br />

Dirigente. Il Dirigente decide di esautorare di fatto <strong>il</strong> Capo Reparto, e<br />

comincia a rivolgersi direttamente al lavoratore. Il Capo Reparto esautorato,<br />

che non ha <strong>il</strong> coraggio di prendersela con <strong>il</strong> proprio Dirigente prevaricatore,<br />

se la piglia con <strong>il</strong> povero lavoratore dandogli delle direttive in<br />

contrasto con quelle emanate dal Dirigente. Il lavoratore a questo punto ha<br />

la sgraditissima sensazione di non essere in grado di rispondere alle richieste<br />

o di non essere all’altezza delle aspettative di entrambi i “contendenti”<br />

ed entra in una situazione di disagio, in definitiva di stress.<br />

Tale situazione è infatti certamente stressogena, a prescindere dalle risorse<br />

individuali del lavoratore che potrebbe anche non subirne un particolare<br />

danno.<br />

Ma veniamo alla <strong>scuola</strong>: lo stress che la caratterizza è di vari tipi:<br />

1. Quantitativo (orari, numero di compiti da correggere, numeri di alunni<br />

da interrogare, programmi da seguire, ecc.)<br />

2. Conflitto lavoro / famiglia (compenetrare le esigenze che provengono<br />

dai due ambiti di intervento; in questo tipo di disagio possiamo inserire<br />

anche quello derivante dai problemi di pendolarismo, quale quello<br />

degli aspiranti supplenti che tutte le mattine si recano dalla Campania<br />

a Roma con la speranza di essere chiamati da qualche <strong>scuola</strong>)<br />

145


3. Relazionale all’interno della <strong>scuola</strong><br />

a. con la classe<br />

b. con le famiglie degli studenti<br />

c. con gli altri lavoratori della <strong>scuola</strong><br />

Il tutto letto sempre come divario tra richieste e possib<strong>il</strong>ità di adempiere<br />

alle richieste.<br />

Fin dall’infanzia, secondo Freud, e fin dalla primissima infanzia, secondo<br />

Melanie Klein, siamo alla ricerca di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto,<br />

ciò che è corretto ciò che è sbagliato, ciò che è buono e cattivo. Elliott<br />

Jaques, grande socioanalista canadese, ritiene che la ricerca dell’equità sia<br />

alla base delle relazioni sul lavoro: “A livello conscio e inconscio avvertiamo<br />

un forte bisogno di legge e di ordine nei rapporti sociali e sfuggiamo<br />

<strong>il</strong> caos e <strong>il</strong> disordine”.<br />

Secondo la teoria dell’equità (Adams, 1965; Walster, Walster e Berscheid,<br />

1978), la soddisfazione per una relazione dipende dalla percezione di una<br />

proporzionalità tra ciò che si offre e ciò che si riceve e dalla percezione di<br />

una somiglianza tra <strong>il</strong> proprio b<strong>il</strong>ancio e quello dell’altra persona coinvolta<br />

nella relazione, secondo la “norma di reciprocità”.<br />

Nella <strong>scuola</strong> questi meccanismi, in gran parte inconsci, ci portano a distinguere<br />

e classificare in maniera ossessiva le varie tipologie di personale<br />

con <strong>il</strong> quale ci relazioniamo.<br />

Per cui alle “classiche” distinzioni tra personale docente e non docente,<br />

aggiungiamo altre specificazioni: chi ha vinto <strong>il</strong> concorso e chi è precario,<br />

chi è laureato e chi non lo è, chi insegna una materia che comporta la correzione<br />

dei compiti e chi insegna materie che non prevedono <strong>il</strong> “compito in<br />

classe”, chi lavora in una sola <strong>scuola</strong> e chi lavora in più scuole, chi lavora<br />

in sede centrale e chi lavora in succursale, chi ha un potenziale mercato per<br />

dare lezioni private e chi ha una materia per la quale non si “va a lezione”,<br />

chi insegna una materia che in genere è tra le materie dell’esame di stato e<br />

chi insegna una materia “di nicchia” che non compare tra le materie d’esame<br />

di maturità, chi ha dei progetti approvati e chi propone progetti che non<br />

vengono approvati. E potremmo continuare a lungo a dividere ed a distinguere;<br />

anche se leggiamo questo breve elenco con <strong>il</strong> sorriso sulle labbra,<br />

dobbiamo considerare l’autentica sofferenza che ne sta alla base, sofferenza<br />

e paura. Paura di subire ingiustizie, paura di una valutazione iniqua<br />

rispetto al b<strong>il</strong>ancio tra ciò che si è dato e ciò che si è ricevuto.<br />

Tale disagio sul luogo di lavoro può essere letto come manifestazione della<br />

146


“patologia” dei rapporti di convivenza, o, per dirla con Foulkes (1976),<br />

come una psicopatologia sociale. Tutti i contesti della socialità non sono<br />

solo spazi in cui si svolgono certe attività, ma rappresentano innanzitutto<br />

l’espressione del sentimento di “appartenenza” (Dominici, Montesarchio,<br />

2003). Il luogo di lavoro diventa un sistema d’appartenenza, che si costituisce<br />

attorno alle dimensioni affettive e simboliche della relazione (Carli,<br />

1993). Ciò comporta la simbolizzazione in ottica fam<strong>il</strong>istica del posto di<br />

lavoro. Quanti Dirigenti proclamano: “Questa <strong>scuola</strong> è una grande famiglia!”;<br />

in genere sono le scuole dove si vive <strong>il</strong> maggior disagio.<br />

Alla base del contesto organizzativo, secondo la teoria di Carli, troviamo<br />

le seguenti categorie emozionali, che hanno la funzione di proteggere <strong>il</strong><br />

gruppo dall’esterno, e di mantenere una coesione/collusione spesso patologica:<br />

– l’estraneo è vissuto come un nemico, pericoloso nella sua alterità;<br />

l’amico non viene realmente conosciuto, ma dato per scontato;<br />

– tutto quello che non è fam<strong>il</strong>iare viene espulso dal sistema e connotato<br />

negativamente, ciò che è considerato “amico” viene incluso e percepito<br />

come buono.<br />

È ipotizzab<strong>il</strong>e che si stia verificando, a livello macrosociale, un fallimento<br />

della collusione tra <strong>il</strong> singolo e l’azienda, nel nostro caso la <strong>scuola</strong>, la<br />

cui simbolizzazione condivisa come “madre accudiente” si scontra ormai<br />

con una realtà di “cambiamento”, divenuto un obiettivo da perseguire<br />

come valore.<br />

Una possib<strong>il</strong>e via di uscita da questa situazione di sofferenza è un intervento<br />

che si proponga di modificare questa rappresentazione sociale destrutturando<br />

le categorie emozionali attraverso una formazione di natura psicosociale,<br />

una formazione non data a priori, e quindi “agita”, ma pensata sulle<br />

dinamiche affettive del contesto specifico. In questo senso la formazione è<br />

in primo luogo intervento sulla cultura dell’organizzazione, sui suoi valori,<br />

sui suoi modelli espliciti ed impliciti di riferimento e di comportamento,<br />

sui significati consapevoli e non, che caratterizzano la vita relazionale e<br />

l’esperienza professionale nei contesti di lavoro. Per questi motivi la comprensione<br />

e l’esplorazione delle culture di un’organizzazione è <strong>il</strong> primo<br />

momento dell’intervento psicosociale. Attraverso la cosiddetta analisi della<br />

domanda si esplora <strong>il</strong> clima organizzativo e la dinamica dei ruoli, e s’indaga<br />

sulla reale disponib<strong>il</strong>ità a realizzare la richiesta formativa.<br />

Il modello psicosociale a cui si fa riferimento si compone di diverse fasi<br />

147


metodologiche. Una riflessione sulle parole e sui comportamenti espressi<br />

all’interno dell’intervento formativo, permette di dare significato a tutti<br />

quei comportamenti, vissuti, e relazioni espresse nella prassi quotidiana.<br />

Gli obiettivi da perseguire sono:<br />

– favorire la trasformazione di una domanda di cura, quindi in definitiva<br />

una delega, in una più consapevole esigenza di cambiamento della<br />

Rappresentazione Sociale (Moscovici, Farr, 1989) dell’azienda / della<br />

<strong>scuola</strong>;<br />

– r<strong>il</strong>evare le dinamiche affettive fondanti le relazioni all’interno dello<br />

specifico contesto di lavoro, con obiettivo di r<strong>il</strong>ettura di queste al fine<br />

di creare una Rappresentazione Sociale di Sé e della <strong>scuola</strong> meno<br />

disfunzionale.<br />

I FOCUS GROUP dovrebbero permettere di passare da una categorizzazione<br />

ingenua del contesto organizzativo in cui viviamo (appunto la<br />

“grande famiglia”) ad una categorizzazione pensata.<br />

La formazione psicosociale che proponiamo mira a rendere “competenti”<br />

i formandi rispetto alla loro capacità di leggere le relazioni in cui sono<br />

immersi (con i colleghi, i superiori, gli studenti, i genitori, ecc.), formulando<br />

un pensiero emozionato. L’obiettivo non è quello di raggiungere uno<br />

stato terminale di assenza di problemi, ma quello di affrontare un cambiamento<br />

culturale ed organizzativo che implichi un ri-guardare la realtà in<br />

cui si vive per poterla comprendere e trasformare (Dominici,<br />

Montesarchio, 2003).<br />

Bibliografia<br />

Carli R. (a cura di) (1993), L’Analisi della Domanda in Psicologia Clinica, Giuffré<br />

Editore, M<strong>il</strong>ano.<br />

Carli R., Paniccia R. M. (1999), Psicologia della formazione, <strong>il</strong> Mulino, Bologna.<br />

Dominici R. (2011), Valutazione e prevenzione dello stress lavoro-correlato,<br />

FrancoAngeli, M<strong>il</strong>ano.<br />

Dominici R., Montesarchio G. (2003), Il danno psichico, FrancoAngeli, M<strong>il</strong>ano.<br />

Foulkes S. H. (1976), La psicoterapia gruppoanalitica, Astrolabio, Roma.<br />

Jaques E. (1978 e 1990), Lavoro creatività e giustizia sociale, Bollati Boringhieri,<br />

Torino.<br />

Moscovici S., Farr R. (a cura di) (1989), Social Representations, Cambridge UP,<br />

Cambridge.<br />

148


Federico Bianchi di Castelbianco<br />

Psicologo - Psicoterapeuta<br />

Direttore dell’Istituto di Ortofonologia Roma<br />

Per la relazione visionare DVD<br />

149


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154


Dal <strong>benessere</strong> organizzativo al <strong>benessere</strong> individuale:<br />

esperienze di vita vissuta e la tempesta perfetta<br />

Enzo Cordaro<br />

Direttore U.O. Psicologia del Lavoro e del centro Antimobbing<br />

ASL RM D - Roma<br />

Presidente delle associazioni APOLIS (Associazione di Psicologia delle<br />

Organizzazioni e del Lavoro In Sicurezza) e di AIBeL (Associazione<br />

Italiana Benessere e Lavoro)<br />

“Rimane un sogno inut<strong>il</strong>e, anche se può essere di conforto, immaginare<br />

una vita priva di stress e di problemi vissuta in un mondo libero da preoccupazioni.<br />

L’uomo non può sperare di trovare sulla terra <strong>il</strong> paradiso, perché<br />

in concetto di paradiso è statico, mentre la vita umana è un processo<br />

dinamico”.<br />

René Dubos<br />

155


Le parole di René Dubos con cui ho inteso iniziare l’intervento sono tratte<br />

da un suo scritto intitolato “Il miraggio della salute” e sono l’espressione<br />

più convincente del fatto che lo stress e l’ansia che lo determina non<br />

può essere eliminato, proprio perché la nostra vita è fatta di azioni e di<br />

impegni che portano necessariamente a stimolare le nostre emozioni. Il<br />

problema è capire quanta esposizione allo stress subiamo, quanta capacità<br />

di sopportazione e/o di forza residua abbiamo nel nostro potenziale di<br />

reazione e quanto siamo emotivamente coinvolti nell’evento che ci impegna.<br />

Proviamo prima di tutto a dare una definizione di stress e per questo ricorriamo<br />

a quanto è stato scritto nell’accordo europeo siglato dalle parti<br />

sociali l’8 ottobre del 2004, perché quel documento è divenuto, anche per<br />

lo Stato Italiano, un punto di riferimento del tessuto giuridico che ha contribuito<br />

a costruire <strong>il</strong> D.lgs N° 81 del 2008 che detta le regole per la sicurezza<br />

dei luoghi di lavoro comprensivo della prevenzione delle patologie<br />

stress lavoro correlate. L’accordo europeo nell’articolo n°1 definisce cos’è<br />

lo stress: “Lo stress è una condizione che può essere accompagnata da<br />

disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza<br />

del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere<br />

alle richieste o alle aspettative riposte in loro”. Quindi viene<br />

definito che lo stress può incidere in modo determinato sulla gestione dell’attività<br />

di vita e specificatamente dell’attività lavorativa. Questa affermazione,<br />

anche se potrebbe sembrare quasi ovvia per la sua semplicità<br />

espressiva, nel momento che è scritta su un accordo tra le parti sociali,<br />

sancisce definitivamente che la condizione di stress può essere causa di<br />

malattia che influenza le nostre capacità di performance lavorative. Fino<br />

alla firma di quell’accordo le patologie riconosciute come conseguenza<br />

dell’attività lavorativa erano solo quelle che avevano una stretta e riconosciuta<br />

correlazione diagnostica tra l’esposizione nociva e l’insorgenza<br />

patologica. Gli esempi possono essere molti come ad esempio l’esposizione<br />

alle polveri e l’insorgenza del tumore del mesotelioma, oppure la rumorosità<br />

in un ambiente e l’insorgenza di disturbi nell’apparato uditivo etc.<br />

etc., ovvero in tutti quei casi di patologie organiche dove la ricerca aveva<br />

dimostrato in modo inconfutab<strong>il</strong>e l’esistenza di una causalità certa.<br />

L’accordo europeo per la prima volta riconosce che i soggetti possono<br />

anche soffrire di disturbi che hanno un’eziopatogenesi di natura psicologica,<br />

anche se la correlazione tra la dimensione lavoro e la sintomatologia<br />

156


ansiosa deve essere dimostrata. Proviamo a capire quali possono essere i<br />

presupposti per poterlo dimostrare. Per fare questo è opportuno ricorrere<br />

di nuovo all’accordo europeo, perché nel comma 4 dell’articolo 3 afferma<br />

che “…. Lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi<br />

come: <strong>il</strong> contenuto del lavoro; l’eventuale inadeguatezza nella<br />

gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambito del lavoro;<br />

carenza nella comunicazione”. Quindi l’accordo ci dice che per comprendere<br />

la correlazione si deve mettere in relazione l’insorgenza della<br />

patologia da stress con la condizione organizzativa e la dimensione psicosociale<br />

che caratterizza la vita interna all’ambiente del lavoro. Qualora<br />

nell’organizzazione si evince una eventuale inadeguatezza nella gestione<br />

dell’organizzazione del lavoro e/o dell’ambito del lavoro, <strong>il</strong> rischio che<br />

questa possa determinare un substrato sociale in grado di definire condizioni<br />

di patologie stress lavoro correlato è molto alto. L’ultimo riferimento<br />

all’accordo europeo risulta molto importante, perché sancisce la<br />

responsab<strong>il</strong>ità del datore di lavoro nell’azione di prevenire di tutti i rischi<br />

compresi quelli da patologie stress lavoro-correlato, infatti recita nel<br />

comma 1 dell’articolo n°5: “Secondo la direttiva quadro 89/391, tutti i<br />

datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di tutelare la salute sul lavoro<br />

dei lavoratori. Questo dovere si applica anche alla presenza di problemi<br />

di stress lavoro-correlato in quanto essi incidono su un fattore<br />

di rischio lavorativo ai fini della tutela della salute e della sicurezza”.<br />

157


158<br />

“Il massimo della stupidità si raggiunge non tanto ingannando<br />

gli altri ma sé stessi, sapendolo”.<br />

John Fitzgerald Kennedy<br />

Con questa esplicita citazione del presidente americano più amato John<br />

Fitzgerald Kennedy, proviamo a capire cosa succede in Italia. La citazione<br />

ovviamente definisce bene gli accadimenti italiani e rappresenta altrettanto<br />

bene la fine che ha fatto <strong>il</strong> senso dell’accordo europeo. Prima di tutto<br />

l’accordo è stato recepito solo dopo quattro anni, un tempo caratterizzato<br />

da una colpevole disattenzione sull’argomento, segnata anche da un disaccordo<br />

delle parti “nostrane” sulla traduzione in italiano del testo europeo<br />

scritto in inglese. Solo nel 2008 è varato <strong>il</strong> D.lgs n°81 che recepisce le<br />

indicazioni europee in merito allo stress lavoro-correlato, ma non possa un<br />

anno che <strong>il</strong> decreto viene modificato con <strong>il</strong> D.lgs N°106 del 2009, <strong>il</strong> quale<br />

provvede a porre dei paletti interpretativi alla valutazione della dimensione<br />

dello stress lavoro correlato. Viene nominata una commissione con lo<br />

scopo di definire e scrivere le regole per l’applicazione dell’accordo europeo.<br />

Nella commissione, che doveva avere una natura squisitamente tecnica,<br />

vengono inseriti anche rappresentanti di istituzioni come la<br />

Confindustria, l’ABI e i sindacati, i quali riversano nel confronto molte<br />

delle visioni ideologiche di cui sono portatori; si ottiene per cui un documento<br />

finale che snatura i principi originari definiti dall’Europa. In conformità<br />

a quanto espresso sul documento nel novembre del 2010 è redatta<br />

una circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, da cui<br />

traspare una sola preoccupazione, rendere diffic<strong>il</strong>e se non impossib<strong>il</strong>e<br />

l’ascolto dei soggetti interessati, ovvero l’ascolto dei lavoratori. La circolare<br />

prevede una valutazione preliminare che deve rappresentare una primaria<br />

analisi della condizione organizzativa. L’analisi si deve compiere<br />

attraverso la comp<strong>il</strong>azione da parte degli addetti alla prevenzione e protezione<br />

aziendale di check list in grado di misurare gli eventi sentinella (i<br />

sintomi che dovrebbero segnalare “la temperatura” dell’Organizzazione<br />

come i giorni malattia, gli infortuni etc. etc.), raccogliere i fattori di contenuto<br />

e di contesto organizzativo e definire la condizione di salute dell’organizzazione.<br />

Solo dopo aver effettuato questa prima analisi e solo<br />

dopo avere evinto problemi significativi si può passare ad una analisi più<br />

approfondita che può essere fatta ascoltando le persone che lavorano nell’azienda,<br />

meglio se non proprio tutti. Ci si dimentica che tecnicamente le


check list non sono strumenti in grado di supportare una valutazione complessa<br />

e articolata come quella dei fattori di contesto e di contenuto, per<br />

cui non sono per loro natura in grado di cogliere le complicazioni organizzative.<br />

Il sistema studiato dalla commissione e sancito dalla circolare non<br />

può effettuare una adeguata valutazione preliminare, risultando la struttura<br />

in analisi non a rischio e per cui impedire di fatto <strong>il</strong> passaggio alla valutazione<br />

successiva più approfondita che prevede l’ascolto e <strong>il</strong> parere dei<br />

lavoratori.<br />

Il lavoro non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c’è<br />

nel lavoro: la possib<strong>il</strong>ità di trovare se stessi. La propria realtà – per se<br />

stesso, non per gli altri – ciò che nessun altro potrà mai conoscere<br />

J. Conrad<br />

159


Vediamo ora quali sono gli aspetti che intervengono nel definire una condizione<br />

di rischio d’insorgenza di patologia stress lavoro correlato.<br />

In una condizione di lavoro la persona in essa immersa è soggetto a tre<br />

condizioni che si possono denominare “costrittività” e che si articolano in<br />

organizzative, esistenziali e relazionali.<br />

Le “costrittività organizzative” sono determinate da tutte quelle regole che<br />

all’interno di un’organizzazione permettono la vita sociale dell’organizzazione<br />

stessa, ma che nel contempo limitano la vita delle persone che la<br />

abitano. La teoria delle costrittività organizzative si riferisce a quegli<br />

aspetti dell’organizzazione che possono caratterizzarsi come più o meno<br />

ingombranti nel loro funzionamento, tanto da ridurre gli spazi di decisione<br />

individuale, indotti dalle scelte che l’organizzazione fa o è costretta a<br />

fare, evidenziando in alcuni casi le condizioni che possono intaccare <strong>il</strong><br />

<strong>benessere</strong> fisico, mentale e sociale 1.<br />

1 B. Maggi (1991) Lavoro Organizzazione e Salute, Torino, Tirrenia Stampatori.<br />

160


Le “costrittività esistenziali” si caratterizzano in due diverse fattispecie:<br />

la prima si riferisce alla dimensione emotiva derivata dall’oggetto stesso<br />

del lavoro (attività di assistenza, di cura, attività pedagogica etc. etc.); la<br />

seconda si riferisce alla dimensione di coinvolgimento emotivo che la persona<br />

ha riversato come proprio bagaglio valoriale sin dal momento della<br />

scelta di formarsi. Sembra evidente constatare una maggiore difficoltà in<br />

tutti quei lavori dove ci si deve prendere cura di una persona, perché <strong>il</strong><br />

gioco delle emozioni è un gioco che funziona in maniera circolare e questo<br />

non ci permette chiusure difensive autonome perché ogni nostra azione<br />

implica una risposta dell’altro su cui si ha una responsab<strong>il</strong>ità. Il riferimento<br />

alle attività sanitarie e pedagogiche è evidente. Nel contempo le<br />

costrittività esistenziali possono agire come un problema anche quando la<br />

realtà non permette di corrispondere all’immagine ideale riferita alle scelte<br />

esistenziale che hanno spinto la persona a svolgere quel certo tipo di<br />

lavoro, sia perché frustrati dagli eventi e sia perché non riconosciuti dall’ambito<br />

sociale come qualificati a svolgere quel certo impegno professionale.<br />

161


Le “costrittività relazionali” sono rappresentate, sia dal modo con cui si<br />

definiscono i processi comunicativi e si articolano le relazioni affettive nel<br />

gruppo di lavoro, e sia da come si sv<strong>il</strong>uppa la rete comunicazionale, ovvero<br />

la rete formale e informale preposta al passaggio dell’informazione tra i<br />

sottosistemi di una organizzazione. Perché ci sia un’accettab<strong>il</strong>e costrittività<br />

relazionale l’organizzazione dovrebbe avere una bona rete comunicazionale<br />

che riesce a trasmettere in modo corretto le informazioni e avere un<br />

gruppo di lavoro caratterizzato da coerenza comunicativa, da un comune<br />

orientamento su obiettivi regole e valori, da competitività è solidale, da un<br />

processo comunicativo a dominanza esplicita e da regole chiare e condivise.<br />

Una condizione dove invece le costrittività relazionali sono complesse<br />

e dove si rischiano problemi nella gestione del gruppo, nell’individuo e<br />

dell’intero sistema, si articola con una condizione dove affiora una scarsa<br />

condivisione di obiettivi regole e valori, un esasperato individualismo, una<br />

inadeguata affettività, un individualismo esasperato, un processo comunicativo<br />

a dominanza implicita con regole ambigue e non condivise e dove<br />

nella “rete comunicazionale” 2 si definiscono molti “buchi comunicativi”<br />

che interferiscono sulla trasmissione corretta dell’informazione.<br />

2 Per rete conversazionale s’intende la struttura comunicativa (rete) che ogni organizzazione<br />

deve avere per riuscire a trasmettere l’informazione nel suo interno in modo da rendere<br />

omogeneo lo stesso livello di organizzazione. La rete conversazionale in genere<br />

rispetta la struttura gerarchica in cui è organizzato <strong>il</strong> sistema azienda e deve permettere<br />

<strong>il</strong> passaggio dell’informazione dall’alto al basso e dal basso all’alto.<br />

162


Alcuni esempi possono aiutarci a capire meglio le tre definizioni di<br />

costrittività sopra riportate. Un esempio di costrittività organizzativa può<br />

essere riferito all’orario di lavoro. L’orario di lavoro è una regola necessaria<br />

per la gestione di un’organizzazione di lavoro, ma la sua applicazione<br />

può essere impostata nel rispetto di alcune specificità, come la tolleranza<br />

dei ritardi, o può caratterizzarsi con una rigidità esecutiva tale da imporre<br />

una forzata limitazione della gestione della propria vita individuale e/o<br />

fam<strong>il</strong>iare. Questo non è che un esempio, ma per capire quanto possono<br />

incidere nell’organizzazione le costrittività organizzative è opportuno<br />

conoscere ciò che Bruno Maggi ha evidenziato nei suoi studi come costrittività<br />

organizzative: marginalizzazione dell’attività lavorativa, svuotamento<br />

delle mansioni, mancata assegnazione dei compiti lavorativi con<br />

inattività forzata, mancata assegnazione degli strumenti di lavoro, ripetuti<br />

trasferimenti ingiustificati, impedimento strutturale e sistematico all’accesso<br />

a notizie, prolungata attribuzione di compiti dequalificanti o con<br />

eccessiva frammentazione esecutiva rispetto al prof<strong>il</strong>o professionale posseduto,<br />

prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi, anche in<br />

relazione ad eventuali condizioni di handicap psico-fisici, esclusione reiterata<br />

del lavoratore rispetto a iniziative formative, di riqualificazione e<br />

aggiornamento professionale, esercizio esasperato ed eccessivo di forme<br />

di controllo.<br />

Gli esempi concernenti la componente delle costrittività esistenziali o<br />

della sfera emotiva del lavoro si caratterizza soprattutto con <strong>il</strong> peso emotivo<br />

che l’attività lavorativa impone ai soggetti che svolgono quel lavoro.<br />

In genere, come si diceva poco sopra, la componente emotiva assume una<br />

maggiore importanza quando l’oggetto del lavoro è rappresentato da persone,<br />

siano esse adulti o bambini. In questo caso <strong>il</strong> confronto non è più<br />

solo tra noi, le nostre capacità e i risultati che otteniamo nel lavoro, ma tra<br />

noi e l’altro, con l’enorme variab<strong>il</strong>ità derivata da una cultura e da un’emozionalità<br />

diverse cui ci si deve rapportare e con cui ci si deve mediare. La<br />

dimensione emotiva del lavoro ha anche un’altra importante accezione, ed<br />

è rapportata alla scelta che noi abbiamo fatto quando ci siamo inoltrati<br />

negli studi per svolgere l’attività che abbiamo scelto e che ci rappresenta<br />

nelle nostre aspettative ideali e di vita. Il fallimento dovuto a una difficoltà<br />

esterna che non dipende da noi, o ancora di più a una sostanziale disconoscimento<br />

nell’impegno che mettiamo nell’attività lavorativa, riesce ad<br />

intaccare profondamento <strong>il</strong> sistema di valori e di ideali che abbiamo river-<br />

163


sato nell’attività stessa, aprendo grosse ferite nell’immagine che ognuno<br />

ha di sé. Il rischio di incorrere in questa modalità di espressione delle<br />

costrittività esistenziali si riferisce in particolare in chi ha scelto e svolge<br />

professionalità di alto prof<strong>il</strong>o a cui sicuramente rientrano anche gli insegnanti.<br />

Le costrittività relazionali possono complicare la vita del gruppo di lavoro<br />

e dei suoi membri secondo due modalità tra loro connesse: <strong>il</strong> primo si<br />

riferisce alla dimensione affettiva con cui si combina <strong>il</strong> sistema comunicativa<br />

nel gruppo di lavoro. Per dimensione affettiva s’intende la capacità<br />

che le persone del gruppo hanno di stare insieme, di supportarsi tra di loro,<br />

di comunicare in modo chiaro e palese, di evidenziare i problemi e saperli<br />

risolvere, di costruire momenti di confronto che sappiano evidenziare i<br />

conflitti per fac<strong>il</strong>itarne la soluzione. Se la dimensione affettiva è “malata”<br />

si genera un modello di comunicazione negativo, <strong>il</strong> cui funzionamento<br />

implica nel gruppo una forte conflittualità che non riesce a comporre una<br />

sua unità operativa tanto da rischiare di generare patologia nei soggetti.<br />

Questa dimensione di conflitto può complicarsi ulteriormente e mettere<br />

fortemente in discussione la capacità che la rete conversazionale deve<br />

avere nella gestione dell’organizzazione. Quel gruppo diviene, come si<br />

dice in gergo tecnico, “un punto morente della rete conversazionale”,<br />

ovvero un punto che non riesce a trasmettere al resto dei sottogruppi esistenti<br />

nel sistema in modo adeguato l’informazione. Per capire meglio si<br />

può usare la metafora della tela di ragno. La tela del ragno è funzionale<br />

quando è integra e riesce a trasmettere in modo corretto i micro movimenti<br />

che avvengono sulla sua superfice, solo in questo modo <strong>il</strong> ragno riceve<br />

le informazioni giuste e può controllare lo spazio circostante. Un buco<br />

nella rete impedisce la trasmissione e l’informazione si blocca e trasmette<br />

in modo distorto. Ormai è chiaro quanto sia importante <strong>il</strong> buon funzionamento<br />

della rete che trasmette la comunicazione proprio ai fini della<br />

gestione di un’organizzazione, ma se si genera <strong>il</strong> clima comunicativo<br />

sopra descritto, si definisce una difficoltà nella trasmissione della comunicazione<br />

all’interno della rete.<br />

Proviamo a vedere cosa succede quando in un’organizzazione le costrittività<br />

descritte si propongono come disarmoniche alla vita sociale dei gruppi<br />

di lavoro, creando come conseguenza situazioni complesse e conflittuali<br />

e generando progressivamente un clima organizzativo negativo e patologico.<br />

164


Qualora l’organizzazione sia disseminata di regole di vita rigide le costrittività<br />

organizzative divengono un forte limite alla vita soggettiva delle persone,<br />

<strong>il</strong> lavoro rischia di non fruire in modo adeguato, definendo un ambito<br />

troppo burocratico e implicando una maggiore difficoltà nella realizzazione<br />

degli obiettivi di medio e di lungo respiro. In questo caso s’incrementano<br />

fenomeni di stanchezza fisica e psichica, di noia, di caduta dell’attenzione<br />

e ciò può incrementare l’errore nell’esecuzione dei compiti.<br />

Siamo in una condizione di esaurimento fisico e psichico che rappresenta<br />

una coltura di produzione di disagio psichico.<br />

Se all’eccessiva presenza di costrittività organizzative ci si associano le<br />

costrittività esistenziali, caratterizzate da disattenzione o da frustrazione<br />

delle capacità professionali soggettive, rafforzate dagli errori involontari<br />

nell’esecuzione dei compiti, alla condizione di stanchezza e di noia si<br />

associa disinteresse all’attività lavorativa, caduta nell’immagine positiva<br />

di sé, senso d’inut<strong>il</strong>ità, depressione, ansia come emozione prevalente che<br />

accompagna l’atto lavorativo. Ovvero cominciano ad associarsi alla stanchezza<br />

e alla noia reazioni che hanno una maggiore valenza psicologica e<br />

possono già definirsi come fenomeni sintomatologici che rientrano nel<br />

quadro delle patologie stress lavoro correlato.<br />

Qualora al quadro complesso sopra descritto si associno anche le costrittività<br />

relazionali, si compie “<strong>il</strong> fenomeno della tempesta perfetta”. Da una<br />

condizione di complicazione organizzativa dovuta a un’inconsapevole<br />

cattiva organizzazione, si associano, come conseguenza avvelenata della<br />

situazione già giudicata critica, atteggiamenti volontari e colpevoli disattenzioni,<br />

si definisce una condizione relazionale, non solo conflittuale, ma<br />

volutamente espulsiva, e questo è una condizione fert<strong>il</strong>e per generare comportamenti<br />

di mobbing.<br />

Sicuramente <strong>il</strong> modo con cui sopra ho descritto <strong>il</strong> processo di complicazione<br />

patologica di un’organizzazione può soffrire di una riduzione e rigidità<br />

didattica, ma lo scopo principale è quello di far comprendere come la<br />

sofferenza del soggetto può essere reale e non immaginaria e che le cause<br />

possono risiedere in un ambiente di lavoro malato che non riesce più a<br />

funzionalizzare né le esigenze di produzione né le potenzialità professionali<br />

del singolo.<br />

Il segreto per andare avanti è iniziare<br />

Mark Twain<br />

165


La conseguenza ora è quella di capire se è possib<strong>il</strong>e prevedere e prevenire<br />

<strong>il</strong> rischio di patologie stress lavoro correlato e patologie mobbing compatib<strong>il</strong>i,<br />

anche perché in Europa sono le patologie che caratterizzano la<br />

maggiore quantità di giorni di assenze dal lavoro implementando notevolmente<br />

i costi.<br />

Prima di tutto gli esperti della materia devono affrontare l’argomento<br />

avendo chiara cosa sia un’organizzazione, altrimenti si rischia di non trovare<br />

<strong>il</strong> giusto bandolo della matassa, oppure si fa finta di fare analisi e prevenzione<br />

dei fenomeni di disagio da lavoro.<br />

Per riuscire a comprendere e a studiare un’organizzazione si deve soprattutto<br />

avere la capacità e la sensib<strong>il</strong>ità di interpretarla come un sistema<br />

vivente, in grado di reagire agli stimoli interni ed esterni, con una sua<br />

dinamica di sv<strong>il</strong>uppo, che può seguire percorsi evolutivi o regressivi i<br />

quali possono garantirle una salute ottima, oppure una salute cagionevole,<br />

si riconosce per le sue potenzialità peculiari, ha bisogno di essere nutrita<br />

per funzionare ed ha una sua capacità di comunicazione. Inoltre è importante<br />

ricordare che un sistema vivente riesce a dare una rappresentazione<br />

di sé, e per ultimo può anche morire.<br />

Il f<strong>il</strong>o conduttore che ci deve guidare nell’analisi del sistema è riferito al<br />

fatto che è composto di persone le quali creano un derivato umano che si<br />

connota come elemento vivente e che ut<strong>il</strong>izza i propri sottosistemi per<br />

vivere e “procreare”. Non si può continuare a interpretare i sistemi come<br />

macchine senza vita o come organismi viventi ma senz’anima e non si può<br />

continuare a caratterizzarci come osservatori passivi, ma si deve avere la<br />

capacità di garantire un’osservazione attiva e partecipata, attenta ad ascoltare<br />

i messaggi di ritorno che <strong>il</strong> sistema invia e in grado di saper partecipare<br />

al gioco.<br />

Lo scopo prioritario è cogliere <strong>il</strong> linguaggio del sistema e i messaggi di<br />

retroazione che invia. Si deve dare ai gruppi di lavoro la dignità di “cosa<br />

viva” e riuscire a sentire dal sottofondo <strong>il</strong> messaggio di ritorno di ciò che<br />

succede.<br />

Una seconda cosa importante è garantire strumenti ut<strong>il</strong>i a rappresentare lo<br />

scenario definito e per questo non ci si può dimenticare una teoria scientifica<br />

di riferimento forte e che sappia recuperare le caratteristiche sopra<br />

ricordate.<br />

Prima di tutto si deve porre la moderna visione del concetto di contesto<br />

che è adeguatamente supportato dalla teoria delle relazioni <strong>il</strong> cui massimo<br />

166


teorico è rappresentato da Gregory Bateson 3 <strong>il</strong> quale dice: “Il contesto è <strong>il</strong><br />

luogo sociale in cui si verifica una certa relazione, ed è anche <strong>il</strong> luogo,<br />

che attraverso <strong>il</strong> processo sociale, definisce <strong>il</strong> carattere individuale delle<br />

persone. Grazie a tale processo le emozioni individuali possono esprimersi<br />

solo nell’ambito di un pattern sociale, Ethos, ovvero un sistema culturalmente<br />

uniformato di organizzazione degli istinti e delle emozioni degli<br />

individui”. Uno spazio dove risulta chiaro che è <strong>il</strong> contesto a definire la<br />

situazione e non sono solo gli uomini che lo vivono. D’altronde anche nel<br />

nostro piccolo noi diversifichiamo <strong>il</strong> nostro modi di essere in considerazione<br />

del contesto in cui siamo immersi, un contesto di amici è senz’altro<br />

diverso da un contesto di lavoro.<br />

Il secondo punti di riferimento è la Cibernetica 4 che nella sua 2° teoria si<br />

preoccupa di integrare i sistemi viventi, ovvero quei sistemi in grado di<br />

guardare se stessi e di osservare le proprie osservazioni, causare perturbazioni<br />

che ridefiniscono metaforicamente ciò che viene osservato; ovvero<br />

sistemi in grado di definire rappresentazioni che dipendono dall’esito<br />

delle precedenti interazioni con <strong>il</strong> mondo esterno.<br />

Nel novero dei punti di riferimento teorico un altro posto importante spetta<br />

alla teoria dei motivazionisti 5 la quale si può ritrovare definita nella<br />

seguente frase: Nell’organizzazione si riesce a f<strong>il</strong>trare la dimensione psicologica<br />

espressa da chi la vive, riuscendo a integrare e a fare sintesi dei<br />

comportamenti dell’uomo con le regole che l’organizzazione si deve porre<br />

per funzionare, che si organizzano secondo delle priorità motivazionali<br />

che compongono la struttura del funzionamento dei processi psicosociali.<br />

Si scopre che alla base del funzionamento dell’organizzazione si nascondono<br />

le spinte umana e divengono fondamentali le motivazioni che gli<br />

individui, i loro gruppi di riferimento e l’organizzazione costruiscono<br />

come riferimenti”. In un sistema vivente non possiamo dimenticare la<br />

valutazione relativa alla motivazione che <strong>il</strong> gruppo pone come importante<br />

e vitale al suo funzionamento.<br />

Un altro aspetto importante si riferisce alla cultura che <strong>il</strong> gruppo si costruisce<br />

per organizzare <strong>il</strong> suo funzionamento, una cultura intesa con le sue<br />

3 G. Bateson, (1977) Verso un'ecologia della mente, M<strong>il</strong>ano, Adelphi.<br />

4 N. Wiener (1996) Introduzione alla cibernetica, Torino, Bollati Boringhieri Elton Mayo,<br />

Abraham Maslow.<br />

5 E.H. Shein (2000) Cultura d’impresa M<strong>il</strong>ano Raffaello Cortina.<br />

167


dimensioni valoriali che caratterizzano comportamenti del sistema dominato<br />

da aspetti sia consci e sia inconsci. Per questo è opportuno recuperare<br />

quanto ha detto Edgar Schein 6: “…e che venga attribuita all’organizzazione<br />

la capacità di avere una cultura che si caratterizza con un insieme<br />

di assunti bas<strong>il</strong>ari, in genere ereditato dal gruppo storico che ha dato<br />

vita all’organizzazione, i quali sono riusciti far fronte ai problemi di adattamento<br />

esterno o di integrazione interna, e che si sono rivelati validi e,<br />

quindi, vengono acquisiti, difesi e trasmessi ai nuovi membri come l’indicazione<br />

unica del modo corretto di percepire, pensare, sentire quei problemi”.<br />

Un altro grande teorico che non possiamo dimenticare è <strong>il</strong> già citato Bruno<br />

Maggi <strong>il</strong> quale dice: “La teoria delle costrittività organizzative si riferisce<br />

a quegli aspetti dell’organizzazione che possono caratterizzarsi come più<br />

o meno ingombranti nel loro funzionamento, tanto da ridurre gli spazi di<br />

decisione individuale, indotti dalle scelte che l’organizzazione fa o è<br />

costretta a fare, evidenziando in alcuni casi le condizioni che possono<br />

intaccare <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> fisico, mentale e sociale”.<br />

Ultimo ma non per importanza è W<strong>il</strong>fred Bion 7 che ha sapientemente<br />

costruito la teoria dei gruppi umani dando al concetto di gruppo una<br />

dimensione di grande unità e di grande autonomia dall’individuo. “La funzione<br />

vitale dell’organizzazione permette ai gruppi che vi operano di<br />

assumere “un’attività mentale collettiva” la cui dominante psicologica<br />

viene definita dalla commistione tra gli aspetti cognitivi, emotivi derivati<br />

dalle singole individualità. Ciò che ne deriva è altro dalle soggettività, dai<br />

pensieri e dalle emozioni che caratterizzano gli individui. Questo nuovo<br />

costrutto diviene la forza propulsiva che definisce “la personalità” del<br />

gruppo, caratterizzandone la componente psicologica e impostandone <strong>il</strong><br />

comportamento e l’azione. La giustapposizione degli aspetti cognitivi con<br />

quelli emotivi caratterizza le differenze tra i diversi gruppi”.<br />

Qualsiasi modello di ascolto del sistema vivente e di strumenti d’indagine<br />

non può prescindere dalle teorie enunciate perché hanno la sensib<strong>il</strong>ità di<br />

cogliere la dimensione vitale che si rappresenta.<br />

6 W.R. Bion (1972) Esperienze nei gruppi e altri saggi, Roma Armando.<br />

7 Enzo Cordaro Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia del lavoro e Centro per la<br />

r<strong>il</strong>evazione del danno biologico da disagio dal lavoro.<br />

168


Mi sembra ora importante chiudere con un’ultima frase che personalmente<br />

reputo molto appropriata ed esemplificativa, sia di quanto ho cercato di<br />

esprimere in questo intervento e sia del lavoro che facciamo per analizzare<br />

i processi organizzativi, nell’evidenziare le sofferenze e nell’intervenire<br />

sui limiti riscontrati. Un lavoro che cerca di trovare un punto ottimo<br />

accettab<strong>il</strong>e tra <strong>il</strong> bisogno di produrre e un clima organizzativo adeguato<br />

alle persone che abitano <strong>il</strong> sistema.<br />

Voi potete comprare <strong>il</strong> lavoro di un uomo,<br />

La sua presenza fisica in un determinato luogo,<br />

Potete comprare anche un determinato numero di ab<strong>il</strong>i movimenti<br />

muscolari per un’ora o per un giorno,<br />

Ma non potete comprare l’entusiasmo,<br />

La lealtà,<br />

La devozione del cuore,<br />

Della mente e dell’animo.<br />

Queste cose ve le dovete meritare<br />

Clarence Frencis<br />

169


Le storie<br />

Di seguito verranno presentate alcune storie che abbiamo raccolto nel<br />

nostro centro per la r<strong>il</strong>evazione del disagio da lavoro che opera presso<br />

l’Azienda Sanitaria della Roma D e che, opportunamente camuffate nei<br />

nomi, nei tempi e nei luoghi, rappresentano spaccati di vita vera.<br />

“Se fosse realizzab<strong>il</strong>e, non ci sarebbe pena più diabolica di quella di<br />

concedere a un individuo la libertà assoluta dei suoi atti in una società<br />

in cui nessuno si accorga mai di lui”.<br />

W<strong>il</strong>liam James<br />

1° storia: Una dignità lesa.<br />

Insegnante di un Istituto superiore pubblico<br />

Al momento dei colloqui la signora lavorava già da molti anni ed era prossima<br />

alla pensione. La sua attività lavorativa era stata garantita da un iniziale<br />

lavoro precario per poi riuscire a vincere un concorso e a garantirsi<br />

un’attività di docenza stab<strong>il</strong>e a tempo indeterminato.<br />

Nei primi degli anni 90 la signora inizia a soffrire di una grave malattia<br />

invalidante a rischio di vita. Benché in queste condizioni, provvede a non<br />

informare le direzioni dell’Istituto al fine di non creare problemi, ricorrendo<br />

per le attività di cura ad ut<strong>il</strong>izzare le sue ferie e, quando non può, a<br />

ricorrere a semplici giorni di malattia. La malattia l’ha fortemente minata<br />

ma nel lavoro, che adora, ha trovato la forza per andare avanti. A metà<br />

degli anni 2000, a seguito di un aggravamento e del riconoscimento di<br />

un’invalidità del 100%, decide di provvedere alle pratiche per <strong>il</strong> pensionamento,<br />

perché le normali forze fisiche erano notevolmente ridotte e la sua<br />

capacità di resistenza compromessa. Alla sua richiesta di pensionamento<br />

riceve, da parte del dirigente, un caloroso invito a rimanere in servizio,<br />

con la promessa di fac<strong>il</strong>itarla con tutte le agevolazioni possib<strong>il</strong>i, facendole<br />

usufruire delle normative di tutela. Come conseguenza a queste promesse,<br />

fidandosi delle parole del dirigente con cui incorreva un buon rapporto<br />

fatto di reciproca stima, la signora ritira la domanda di pensionamento<br />

e prosegue la sua attività lavorativa.<br />

In seguito al ritiro della domanda di pensionamento, improvvisamente, la<br />

relazione tra <strong>il</strong> dirigente e la signora cambia. Il comportamento del direttore<br />

dell’Istituto si fa sempre più distante e disattento alle condizioni di<br />

salute della signora, applica inusitate forme di controllo, limita gli stessi<br />

170


suoi diritti come nel caso dei permessi per motivi di salute concessi dalla<br />

L.104, omette la trasmissione di documentazione riferita alla sua malattia<br />

agli organi preposti implicando come conseguenza un danno economico.<br />

La signora dichiara che <strong>il</strong> motivo del cambiamento del comportamento del<br />

dirigente nei suoi confronti, potrebbe riferirsi a una riunione in cui era<br />

stata incaricata di svolgere <strong>il</strong> compito di verbalizzatrice, e quindi costretta<br />

a riportare alcune forti considerazioni di un suo collega rivolte contro lo<br />

stesso dirigente.<br />

Il dirigente dimostra <strong>il</strong> suo disappunto sui contenuti delle critiche riportate<br />

sul verbale, lo dichiara alla signora in un incontro personale e prova a<br />

riconvocare la riunione per modificarlo. Questo evento è segnalato dalla<br />

signora come l’evento trigger che segna <strong>il</strong> cambiamento definitivo della<br />

relazione, implicando da quel momento gli atteggiamenti sopra descritti.<br />

La condizione psicologica della signora subisce un netto peggioramento<br />

dovuto alla totale disattenzione che <strong>il</strong> dirigente ha posto alla sua condizione,<br />

una disattenzione che ha provocato notevoli problemi pratici, ma nel<br />

contempo ha ancora di più minato <strong>il</strong> senso di giusta considerazione che si<br />

deve avere a chi vive una condizione di malattia a rischio di vita.<br />

Risulta importate ricordare che la signora aveva affrontato con molta<br />

dignità la sua condizione di malattia, cercando soprattutto di non danneggiare<br />

la qualità del suo lavoro. Proprio nel momento di maggiore difficoltà<br />

dove è costretta a “confessare” la sua condizione di salute fidandosi<br />

della considerazione e della stima che caratterizza la relazione con l’ambiente<br />

di lavoro, che è tradita dal dirigente e <strong>il</strong> tradimento incrementa <strong>il</strong><br />

suo senso di sfiducia, d’inquietudine, di solitudine e di disagio psichico.<br />

2° storia: Il rottamatore.<br />

Insegnante di <strong>scuola</strong> primaria pubblica<br />

Al momento del colloquio alla signora mancavano pochi anni alla pensione.<br />

La <strong>scuola</strong> è sempre stata la sua vera famiglia, e quest’attività ha rappresentato<br />

la realizzazione del suo sogno nel cassetto. Per questo motivo ha<br />

parzialmente sacrificato la sua vita affettiva privata, anche se, comunque,<br />

nella sua seconda giovinezza incontra l’uomo della sua vita. Questa breve<br />

descrizione del suo coinvolgimento nella professione d’insegnante, indica<br />

la forte valenza psicologica e umana che ha riposto nella sfera lavorativa,<br />

tanto da coinvolgere la dimensione della propria rappresentazione valoriale<br />

e dell’immagine del sé.<br />

171


L’insegnamento era riferito alle materie letterarie e la sua grande soddisfazione<br />

era da sempre quella di accompagnare negli anni la crescita dei propri<br />

alunni.<br />

In occasione dell’inizio del nuovo anno, <strong>il</strong> dirigente scolastico decide di<br />

assegnare a un insegnante più giovane le ore e le materie da lei trattate,<br />

proponendole a voce di prendere l’incarico d’insegnamento delle materie<br />

linguistiche. La proposta verbale, pur non del tutto gradita, è comunque<br />

accettata dalla signora, ma al collegio docenti l’accordo è disatteso perché<br />

altri insegnanti avevano più titoli per prendere le docenze di lingue. La<br />

conclusione di quella riunione è che l’insegnante si è ritrovata come<br />

responsab<strong>il</strong>e della biblioteca, quindi esclusa dal diretto rapporto con gli<br />

studenti. Il nuovo incarico si caratterizza con una forte inattività che genera<br />

un profondo sconforto, una marcata solitudine e un senso di inadeguatezza<br />

che modifica <strong>il</strong> suo stato d’animo e <strong>il</strong> suo umore.<br />

3° storia: la calunnia è un venticello…<br />

Insegnante d’Istituti superiori<br />

Al momento del colloquio la signora lavorava in ruolo da circa un decennio,<br />

mentre prima aveva avuto per molti anni supplenze e incarichi a<br />

tempo determinato. Insegna materie letterarie.<br />

Lo spirito che ha condotto la signora all’attività dell’insegnamento, matura<br />

all’interno del corollario valoriale che la mamma aveva impostato nei<br />

processi educativi e nella trasmissione delle sue componenti ideali riversate<br />

sulla vita della famiglia e su di lei. L’insegnamento per la signora ha<br />

rappresentato, quindi, anche la continuità di un aspetto della f<strong>il</strong>osofia della<br />

sua famiglia. Da questa dichiarazione si può evincere quanto la sua professione<br />

porti con sé, inconsapevolmente, un senso di profonda responsab<strong>il</strong>ità<br />

riferito al bisogno di garantire l’ideale materno trasmessole, e quindi<br />

si colori di particolari toni emotivi.<br />

Il problema di lavoro nasce dal conflitto con un collega, generato a causa<br />

di diversità di modelli educativi che si confrontano in una docenza comune<br />

e che diventano tra loro dissonanti. Per la signora la differenza era<br />

interpretab<strong>il</strong>e e risolvib<strong>il</strong>e con un incremento di un clima collaborativo,<br />

dove le differenze potevano rappresentare anche un valore aggiunto.<br />

Mentre per <strong>il</strong> collega la differenza attiva un senso autoritario di critica che<br />

in modo subdolo si caratterizza con un continuo parlar male delle sue<br />

capacità professionali. Questo comportamento s’implementa tanto da<br />

172


essere agito anche con i discenti, che, sfiduciati sulle competenze della<br />

professoressa, portano <strong>il</strong> contenuto denigratorio anche all’interno delle<br />

proprie famiglie.<br />

L’azione denigratoria prosegue, resa ancora più esacerbata dal fatto che<br />

nessuno affronta in modo aperto e diretto <strong>il</strong> problema tra i due colleghi,<br />

definendo un modello comunicativo non esplicito <strong>il</strong> quale conduce inevitab<strong>il</strong>mente<br />

a generare un’atmosfera di tipo paranoideo. Le relazioni con i colleghi<br />

vengono fortemente compromesse, vive in una situazione di isolamento<br />

e inizia a pensare che tutti la giudichino inidonea all’insegnamento.<br />

Risulta evidente che la signora sente compromessa la sua integrità professionale<br />

e nel contempo sente di non essere riuscita a rispettare <strong>il</strong> suo impegno<br />

con la madre che nel frattempo è morta. La risposta psicologica si<br />

caratterizza con una profonda paura del mondo circostante e si attivano<br />

reazioni di panico.<br />

4° storia: Il martirio.<br />

Insegnante a incarico.<br />

Ai tempi del colloquio <strong>il</strong> professore svolgeva, al massimo delle ore settimanali,<br />

incarichi annuali.<br />

La dimensione psicologica educativa in cui è cresciuto si può definire<br />

come una condizione da “figlio d’arte”, perché i genitori erano stati a loro<br />

volta impegnati nell’ambito dell’insegnamento. L’attività lavorativa è<br />

comunque un’attività da lui molto gradita e l’insegnamento affidatogli<br />

rispecchia i suoi interessi professionali e umani.<br />

Nell’insegnamento <strong>il</strong> professore attiva progetti formativi, regolarmente<br />

autorizzati dalla direzione, basati su un maggior impegno nella didattica<br />

da parte dei discenti.<br />

I problemi si attivano quando arriva <strong>il</strong> nuovo preside, che esprime con<br />

veemenza una visione contraria ai cambiamenti proposti dall’insegnate in<br />

questione, cambiamenti che secondo la visione didattica del Preside, sono<br />

troppo aperturisti e non in linea con le regole didattiche ministeriali e da<br />

lui condivise. La prima azione della nuova direzione è quello di bloccare<br />

i progetti e la conseguenza è che l’insegnante è costretto a eliminare uno<br />

dei due progetti.<br />

Il problema delle diversi visioni sull’impostazione della didattica, divengono<br />

in breve agiti comportamentali che incrementano nella direzione<br />

dell’Istituto misure di controllo sull’insegnante, che a volte prevaricano i<br />

173


dettami istituzionali e invadono spazi privati. La logica che si vuole dimostrare<br />

e che è espressa anche su documenti formali (contestazioni scritte e<br />

censure), si riferisce a un comportamento di collusione tra l’insegnante e<br />

i suoi allievi, dimostrando per cui una sostanziale inidoneità all’insegnamento<br />

da parte del professore in questione.<br />

Questa condizione motiva <strong>il</strong> docente a reagire impostando anche un’azione<br />

legale (tutt’ora in corso), ma nel tempo, vista la sua difficoltà ad arginare<br />

gli attacchi, si attiva una situazione di disagio lavorativo che si caratterizza<br />

con un incremento di sintomi ansioso-depressivi e di reazioni psicosomatiche.<br />

Dalla lettura delle storie sopra riportate sembra opportuno fare ancora due<br />

riflessioni.<br />

La prima si riferisce alla dinamicità degli eventi e delle relazioni che<br />

hanno causato l’allineamento di tutte le costrittività, attivando <strong>il</strong> fenomeno<br />

della “tempesta perfetta”. La sofferenza, prima esistenziale e poi psicologica,<br />

degli “interpreti” delle storie si è costruita nel tempo, seguendo<br />

<strong>il</strong> percorso sopra descritto, dove <strong>il</strong> soggetto più debole e la vittima sacrificale<br />

ne hanno subito le conseguenze, divenendo i capri espiatori delle<br />

“negatività relazionali” del gruppo.<br />

La seconda riflessione si riferisce al fatto che la costrittività esistenziale<br />

risulta per l’area dei docenti l’aspetto che crea maggiore difficoltà e per<br />

questo può essere considerato l’elemento che incide maggiormente nel<br />

definire uno stato di sofferenza. Ciò testimonia la grande partecipazione<br />

emotiva che gli insegnati pongono nella loro attività professionale.<br />

174


Stress lavoro-correlato<br />

una proposta per la valutazione<br />

Emanuela Fattorini<br />

Psicologa clinica e del lavoro<br />

Consorzio HUMANITAS<br />

Via della Conc<strong>il</strong>iazione, 22 00193 Roma<br />

Com’è noto <strong>il</strong> decreto legislativo 81/08 e s.m.i 1, in materia di salute e sicurezza<br />

del lavoro, <strong>il</strong> cosiddetto Testo Unico, obbliga i datori di lavoro alla<br />

valutazione di tutti i rischi per la salute, compresi quelli relativi allo stress<br />

lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Quadro Europeo dell’8<br />

ottobre 2004 2 (art. 28, comma 1).<br />

Al fine di evitare equivoci, com’è accaduto in passato, lo stesso decreto<br />

definisce anche le figure della Pubblica Amministrazione equiparate al<br />

datore di lavoro. “…per datore di lavoro s’intende <strong>il</strong> dirigente al quale<br />

spettano i poteri di gestione ovvero <strong>il</strong> funzionario non avente qualifica<br />

dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ ultimo sia preposto ad un ufficio<br />

avente autonomia … In caso di omessa individuazione o individuazione<br />

non conforme ai criteri sopra indicati, <strong>il</strong> datore di lavoro coincide con l’organo<br />

di vertice medesimo” (art. 2, comma 1, lettera b )<br />

Procedere alla valutazione dello stress occupazionale non è, e non è stato<br />

semplice, soprattutto all’inizio, perché <strong>il</strong> fenomeno è complesso e richiede<br />

un approccio interdisciplinare. Inoltre mancava in Italia una metodologia<br />

affidab<strong>il</strong>e a cui poter fare riferimento.<br />

In questi anni, hanno visto la luce diverse proposte metodologiche 3, ma<br />

certamente la più sperimentata è stata quella messa a punto dal Network<br />

Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di lavoro<br />

4, istituito nel 2007 presso l’ex ISPESL.<br />

Il Network Nazionale per la Prevenzione (attualmente in fase di stand by<br />

in seguito all’accorpamento di ISPESL e INAIL) è composto da professionisti<br />

di diverse discipline sanitarie (medici del lavoro, medici legali, psicologi,<br />

psichiatri), chiamati a ricoprire ruoli formali e complementari<br />

(medici competenti, terapeuti, operatori di vig<strong>il</strong>anza, ricercatori, docenti<br />

universitari), nell’ambito della tutela della sicurezza e della salute delle<br />

lavoratrici e dei lavoratori Hanno messo a disposizione conoscenze teori-<br />

175


che ed esperienze pratiche con l’obiettivo di promuovere in Italia un<br />

approccio omogeneo sul territorio che permetta una valutazione condivisa<br />

dello stress nei luoghi di lavoro (anche a fini ispettivi e di vig<strong>il</strong>anza) e,<br />

non ultimo, consenta alle piccole imprese una gestione relativamente<br />

autonoma, senza eccessi di costi aggiuntivi, anche in ottemperanza a<br />

quanto stab<strong>il</strong>ito dalla norma che richiama a criteri di semplicità, brevità e<br />

di comprensib<strong>il</strong>ità (art. 28 comma 2).<br />

Tuttavia è da sottolineare che <strong>il</strong> complesso metodologico proposto rappresenta<br />

i requisiti minimi per la valutazione e non deve precludere eventuali<br />

opportuni approfondimenti attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo di ulteriori strumenti<br />

informativi e soprattutto <strong>il</strong> coinvolgimento diretto dei lavoratori che rappresentano<br />

<strong>il</strong> valore aggiunto di tutta l’operazione.<br />

Si ricorda, infine, che <strong>il</strong> documento è servito come base di lavoro sia per<br />

<strong>il</strong> Comitato Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di lavoro<br />

(marzo 2010) sia per la Commissione Consultiva Permanente per la<br />

salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del Ministero del Lavoro e delle<br />

Politiche Sociali cui è demandato <strong>il</strong> compito di “elaborare le indicazioni<br />

necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato” 5, che, in<br />

verità, forse ha eccessivamente semplificato la procedura mutuata dal<br />

Network Nazionale per la Prevenzione.<br />

Il processo di valutazione<br />

Il processo di valutazione dello stress lavoro-correlato non consiste, come<br />

a volte si pensa, nella somministrazione, più o meno cap<strong>il</strong>lare, di un questionario,<br />

ma comporta una serie di fasi che nel loro insieme vanno a identificare<br />

la realtà dell’impresa che s’ intende valutare.<br />

Una sottolineatura, propedeutica alla valutazione, merita l’équipe d’indagine<br />

che, secondo la norma (art. 29, commi 1 e 2), consiste nel datore di<br />

lavoro che ha la responsab<strong>il</strong>ità non delegab<strong>il</strong>e della valutazione, <strong>il</strong> quale<br />

opera in collaborazione con <strong>il</strong> Responsab<strong>il</strong>e del Servizio di Prevenzione e<br />

Protezione e <strong>il</strong> medico competente (se presente), previa consultazione del<br />

Rappresentante dei Lavoratori.<br />

Il Network Nazionale per la Prevenzione, ritenendo un po’ autoreferenziale<br />

questa composizione, suggerisce la partecipazione alla pari di tutte le figure<br />

indicate nel decreto, possib<strong>il</strong>mente arricchita da qualche altra figura signi-<br />

176


ficativa nell’impresa, per competenza, memoria storica o altro. Nella <strong>scuola</strong>,<br />

perché no?, l’équipe potrebbe essere implementata dagli studenti.<br />

A. La prima fase del percorso di valutazione consiste nella raccolta delle<br />

informazioni. Si tratta di costruire <strong>il</strong> contesto conoscitivo necessario a<br />

contestualizzare i dati che saranno raccolti. Questo momento consente<br />

alle figure interne alla struttura organizzativa di distanziarsi dal<br />

coinvolgimento emozionale nei confronti del proprio lavoro e fornisce<br />

all’eventuale consulente esterno le necessarie conoscenze di base.<br />

La valutazione dello stress lavoro-correlato.<br />

Proposta metodologica, ISPESL 2010 pag. 12<br />

B. Ai fini del successo dell’operazione, è necessario promuovere <strong>il</strong> coinvolgimento<br />

dei dirigenti/preposti e informare tutti i lavoratori, attraverso<br />

<strong>il</strong> sistema informativo in uso nell’impresa-<strong>scuola</strong> (circolari, riunioni,<br />

bacheche, intranet, ecc.) dell’indagine che si andrà a fare: perché?,<br />

con quali operatori?, quando e come saranno portati a conoscenza<br />

i risultati ottenuti?<br />

Le potenziali misure d’intervento, infatti, avranno successo soltanto in<br />

virtù del livello di partecipazione dei lavoratori. Diversamente <strong>il</strong> rischio<br />

è quello di aver formalmente soddisfatto un adempimento, senza beneficiare<br />

però delle reali potenzialità in termini di <strong>benessere</strong> organizzativo e<br />

di crescita che si accompagna alla valutazione dello stress occupazionale.<br />

177


C. L’ indagine. Una volta assolte le fasi precedenti si procede con l’indagine<br />

che consta di due fasi:<br />

la valutazione preliminare, necessaria, in quanto ha come obiettivo<br />

la stima del livello di rischio che condiziona <strong>il</strong> prosieguo dell’indagine<br />

stessa. La valutazione preliminare consiste nella r<strong>il</strong>evazione di<br />

indicatori verificab<strong>il</strong>i, attraverso liste di controllo. Secondo la<br />

Commissione Consultiva Permanente, gli indicatori devono appartenere<br />

quanto meno a tre distinte famiglie, già presenti nella proposta<br />

del Network Nazionale per la Prevenzione: I Eventi sentinella<br />

(indici infortunistici, assenze per malattia, sanzioni disciplinari,<br />

ecc.); II Fattori di contenuto del lavoro (ambiente e attrezzature di<br />

lavoro, orario e carichi di lavoro, ecc); III Fattori di contesto del<br />

lavoro (comunicazione, sv<strong>il</strong>uppo di carriera, autonomia decisionale<br />

e controllo, ecc.).<br />

Nel caso in cui dall’indagine non emergano fattori di rischio stressogeni<br />

tali da richiedere interventi correttivi, <strong>il</strong> datore di lavoro non<br />

è tenuto a procedere oltre, se non a completare <strong>il</strong> documento di valutazione<br />

(DVR) in cui riporterà gli esiti dell’indagine effettuata.<br />

Ove siano necessarie misure d’intervento, si dovrà provvedere alla<br />

loro pianificazione e attuazione, nonché allo scadere del tempo prestab<strong>il</strong>ito,<br />

alla verifica della loro efficacia.<br />

Soltanto se dette misure dovessero risultare inefficaci, si dovrà procedere<br />

con la fase di approfondimento.<br />

I criteri, davvero minimi, indicati dalla Commissione Consultiva<br />

sembrano accettab<strong>il</strong>i per le piccole e piccolissime imprese che caratterizzano<br />

le strutture lavorative italiane, peraltro presenti all’attenzione<br />

anche della proposta exISPESL/INAIL. Tuttavia si ritiene<br />

insufficiente la sola valutazione preliminare in realtà lavorative<br />

complesse, come la <strong>scuola</strong> ad esempio, ancorché <strong>il</strong> livello di rischio<br />

risulti basso.<br />

Per correttezza d’informazione però si ricorda che l’ osservanza dei<br />

criteri espressi dalla Commissione Consultiva garantisce la corretta<br />

attuazione dell’obbligo normativo.<br />

178


Fattori di rischio stressogeni<br />

AMBIENTE DI LAVORO E<br />

ATTREZZATURE<br />

PIANIFICAZIONE<br />

DEI COMPITI<br />

CARICO/RITMI DI LAVORO<br />

ORARIO DI LAVORO<br />

CULTURA ORGANIZZATIVA<br />

RUOLO<br />

NELL’ORGANIZZAZIONE<br />

SVILUPPO DI CARRIERA<br />

AUTONOMIA<br />

DECISIONALE/CONTROLLO<br />

RELAZIONI<br />

INTERPERSONALI SUL<br />

LAVORO<br />

INTERFACCIA<br />

FAMIGLIA/LAVORO<br />

CONTENUTI LAVORATIVI<br />

Condizioni fisiche di lavoro, problemi inerenti l’ affidab<strong>il</strong>ità,<br />

la disponib<strong>il</strong>ità, l’idoneità, la manutenzione<br />

o la riparazione di strutture ed attrezzature di lavoro<br />

Monotonia, cicli di lavoro brevi, lavoro frammentato<br />

o inut<strong>il</strong>e, sottout<strong>il</strong>izzazione, incertezza elevata<br />

Sovraccarico o sottocarico di lavoro, mancanza di<br />

controllo sul ritmo, alti livelli di pressione temporale<br />

Lavoro a turni, orari di lavoro rigidi, imprevedib<strong>il</strong>i,<br />

eccessivamente lunghi o che alterano i ritmi sociali.<br />

CONTESTO LAVORATIVO<br />

Scarsa comunicazione, bassi livelli di sostegno per la<br />

risoluzione di problemi e lo sv<strong>il</strong>uppo personale, mancanza<br />

di definizione degli obiettivi organizzativi<br />

Ambiguità e conflitto di ruolo, responsab<strong>il</strong>ità di altre<br />

persone<br />

Incertezza / blocco della carriera insufficienza /<br />

eccesso di promozioni, bassa retribuzione, insicurezza<br />

dell’impiego, scarso valore sociale attribuito al<br />

lavoro<br />

Partecipazione ridotta al processo decisionale, carenza<br />

di controllo sul lavoro (<strong>il</strong> controllo, specie nella forma<br />

di partecipazione, rappresenta anche una questione<br />

organizzativa e contestuale di più ampio respiro)<br />

Isolamento fisico o sociale, rapporti limitati con i<br />

superiori, conflitto interpersonale, mancanza di supporto<br />

sociale<br />

Richieste contrastanti tra casa e lavoro, scarso<br />

appoggio in ambito domestico, problemi di doppia<br />

carriera<br />

179


la valutazione approfondita comporta <strong>il</strong> coinvolgimento diretto dei<br />

lavoratori per la r<strong>il</strong>evazione della percezione soggettiva del livello<br />

di stress presente nell’organizzazione.<br />

Secondo la consistenza dell’impresa, la situazione e/o le risorse<br />

disponib<strong>il</strong>i si possono usare vari strumenti tra cui interviste semistrutturate,<br />

focus group o la somministrazione di questionari ad hoc<br />

che, in quanto strumenti clinici, comportano tutti la presenza di una<br />

professionalità psicologica.<br />

A tale proposito si ricorda che, sebbene la percezione sia di necessità<br />

individualmente acquisita (tutta la popolazione o uno o più campioni<br />

per tipologia di rischio), obiettivo della valutazione è la r<strong>il</strong>evazione<br />

dello stress occupazionale e non del singolo lavoratore che per<br />

esigenze personali può comunque trovare nel medico competente<br />

l’interlocutore idoneo 6<br />

D. La pianificazione degli interventi per la eliminazione, riduzione e<br />

gestione dei rischi emersi, deve intervenire prioritariamente alla fonte<br />

dei fattori stressogeni, focalizzandosi sugli aspetti organizzativi e/o<br />

gestionali che si siano rivelati critici. La pianificazione degli interventi<br />

deve prevedere anche la fase di monitoraggio.<br />

E. L’attuazione degli interventi deve essere accompagnata dalla verifica<br />

costante dell’adeguatezza delle misure adottate.<br />

F. Verifica/Aggiornamento Il documento di valutazione dei rischi è uno<br />

strumento dinamico che si accompagna al divenire di ogni struttura<br />

organizzata. Pertanto la valutazione deve essere immediatamente rielaborata<br />

in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’<br />

organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza<br />

delle lavoratrici e dei lavoratori o in relazione al grado di evoluzione<br />

della tecnica (art. 29, comma 3).<br />

In tutti gli altri casi, non previsti dalla norma, per la verifica/aggiornamento<br />

della valutazione si ritiene adeguato un periodo di tempo non superiore<br />

a due anni.<br />

180


Note<br />

1. Il D.Lgs. 81/08 “Attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007 n.123, in materia di tutela<br />

della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” è stato successivamente integrato<br />

dal D.Lgs 106/2009 “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 apr<strong>il</strong>e<br />

2008 n.81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.<br />

2. L’Accordo Interconfederale per <strong>il</strong> recepimento dell’Accordo Quadro Europeo sullo<br />

stress lavoro-correlato, concluso a Bruxelles l’8 ottobre 2004, tra UNICE/UEAPME,<br />

CEEP e CES, porta la data del 9 giugno 2008, in ritardo sui tempi tecnici del recepimento<br />

stesso che sarebbe dovuto avvenire ad ottobre 2007. Tuttavia era già efficace<br />

in Italia in quanto inserito nel decreto 81. L’Accordo Quadro Europeo esclude dalla<br />

valutazione dello stress occupazionale <strong>il</strong> mobbing, in quanto deve essere recepito lo<br />

specifico accordo europeo sulle molestie e la violenza sul lavoro, siglato a Bruxelles<br />

<strong>il</strong> 26 apr<strong>il</strong>e 2007.<br />

3. Si ricorda, ad esempio, le linee di indirizzo per la gestione dello stress lavoro-correlato<br />

che offrono, oltre ad un riferimento metodologico, anche chiare indicazioni operative<br />

messe a punto dalla regione Toscana nel 2009.<br />

4. Il Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di<br />

Lavoro è composto da 15 centri clinici pubblici: Abruzzo: ASL Pescara - Centro di<br />

Osservazione Disagio Lavorativo Via R. Paolini 47 Pescara; Campania: ASL NA1 –<br />

Centro di Riferimento Regionale per <strong>il</strong> Mobbing e <strong>il</strong> Disadattamento Lavorativo Via<br />

Monte di Dio, 25 Napoli; Em<strong>il</strong>ia Romagna: Ambulatorio del Disagio Occupazionale<br />

Dip. Sanità Pubblica ASL Via Gramsci, 12 Bologna; Lazio 1, ASL RMC Dip.<br />

Prevenzione SPRESAL – Centro di Prevenzione e Trattamento del Disagio<br />

Psicosociale nei Luoghi di Lavoro Bia San Nemesio, 28 Roma; Lazio 2: Azienda<br />

Ospedaliera Sant’Andrea Dip. Medicina del Lavoro Via di Grotta Rossa, 1035/1039<br />

Roma; Lazio 3: ASL RMD Centro per la R<strong>il</strong>evazione del Danno Biologico da<br />

Patologie Mobbing Correlate e Disadattamento Lavorativo Via Casal Bernocchi, 73<br />

Roma; Lazio 4: Università Cattolica del Sacro Cuore Istituti di Medicina del Lavoro,<br />

Psichiatria & Psicologia Largo A.Gemelli, 8 Roma; Lombardi:, Clinica del Lavoro<br />

Luigi Devoto – Centro Stress e Disadattamento Lavorativo Via S.Barnaba, 8 M<strong>il</strong>ano;<br />

Puglia 1: ASL FG Dip. Prevenzione SPESAL Centro Prevenzione Diagnosi e Cura<br />

Malattie da Stress e Disadattamento Lavorativo P.zza Pavoncelli, 11 Foggia; Puglia<br />

2: ASL TA Dip. Salute Mentale - Centro Prevenzione Diagnosi e Cura Malattie da<br />

Stress e Disadattamento Lavorativo Largo Sant’Agostino Taranto; Sic<strong>il</strong>ia: Policlinico<br />

Universitario di Messina Dip. Medicina Sociale del Territorio e Medicina del Lavoro<br />

Via Consolare Valeria Messina; Toscana 1: Az. Ospedaliera Universitaria Pisana<br />

Ambulatorio per lo studio dei disturbi da Disadattamento Lavorativo Via Boschi, 37<br />

Pisa; Toscana 2: Università degli Studi di Siena Centro Interdipartimentale per la<br />

Prevenzione del Disagio Lavorativo Via Mario Bracci, 16 Siena; Umbria: ASL4 Terni<br />

Dip. Prevenzione SPSAL Via Bramante, 37 Terni; Veneto: Ospedale Policlinico<br />

G.B.Rossi Centro per l’Analisi dei Rischi e delle Patologie Psico-sociali di origine<br />

lavorativa P.le La Scuro, 10 Verona.<br />

181


5. Tra i compiti della Commissione Consultiva Permanente di cui all’art. 6 del D.Lgs.<br />

81/08 e s.m.i. vi è anche quello di elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione<br />

del rischio stress lavoro-correlato (comma 8, lettera m-quater) di cui alla lettera<br />

circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 novembre 2010.<br />

6. L’art.41, comma 2, lettera c) consente al lavoratore, ancorché non soggetto a sorveglianza<br />

sanitaria obbligatoria, di richiedere una visita al medico competente <strong>il</strong> quale<br />

valuterà <strong>il</strong> caso nell’ambito della propria professionalità.<br />

Biblio-Sitografia<br />

– Avallone F. (2003). Benessere organizzativo. Ed. Rubettino, Roma<br />

– Avallone F. Paplomatas A. (2005). Salute Organizzativa. R.Cortina Editore. M<strong>il</strong>ano<br />

– Barbato L., Frascheri C. (a cura di) (2009). Salute e Sicurezza sul Lavoro Guida al<br />

DLGS 81/08 integrato con <strong>il</strong> DLGS 106/09. Edizioni Lavoro. Roma<br />

– Britain’s Health and Safety Commission (HSC) e Health and Safety Executive (HSE)<br />

(2001).<br />

– Cooper C.L. (1996). Handbook of stress, medicine and health. (Eds) C.R.C.. New<br />

York<br />

– Cox T. & Griffiths A.J. (1995). The Assessment of Psychosocial Hazard at Work. In<br />

M.J.Shabracq , J.A.M. Winnubst & C.L.Cooper (Eds) Handbook of Work and Health<br />

Psychology. Chichester, W<strong>il</strong>ey and Sons<br />

– D’Orsi F., Ballottin a., (2011) Stress lavoro-correlato dalla valutazione del rischio agli<br />

interventi correttivi. EPC, Roma<br />

– European Agency for Safety and Health at Work (2000). Research on Work-Related<br />

Stress.<br />

– Fattorini E. (a cura di) (2010). La valutazione dello stress lavoro-correlato. Proposta<br />

metodologica. ISPESL, Roma.<br />

– Frascheri C.,(2006). Stress sul lavoro. I rischi emergenti nelle organizzazioni pubbliche<br />

e private. Ed. Maggioli, Repubblica di San Marino.<br />

– Hacker W. (1991). Objective work environment: analysis and evaluation of objective<br />

work characteristics. Paper presented to: A Heltheir Work Environment : Basic<br />

Concept & Methods of Measurement . Hogberga, Lidingo, Stockholm.<br />

– Heskett J.L., Sasser, W.E. Jr, Schlesinger L.A. (1998). La catena del profitto nei servizi.<br />

Sperling &Kupfer. M<strong>il</strong>ano<br />

– International Labour Organization (ILO) (1986). Psychosocial Factors at Work:<br />

Recognition and Control. Occupational Safety and Health. Series no.56. International<br />

Labour Office. Geneva<br />

– Kaplan H.B. (1996) Psychosocial stress. Perspectives on structure, theory, life-course<br />

and methods. Ed. Academic Press. London.<br />

– Lasalvia Pietro (a cura di) (2002). Lo stress in ambiente di lavoro. ISPESL. Ed.<br />

Tipolitografia R&R. Roma.<br />

– (NIOSH) (1988) Psychosocial Occupational health. National Institute of Occupational<br />

Safety and Health . Washington DC<br />

182


– Pancheri P. (1980). Stress Emozioni Malattia. Mondadori. M<strong>il</strong>ano<br />

– Seley, H. (1956) Stress of Life. McGraw-H<strong>il</strong>l. New York.<br />

– http:// eurofound.europa.eu - Fondazione Europea per <strong>il</strong> Miglioramento delle<br />

Condizioni di Vita e di Lavoro - Dublino<br />

– http:// iims.it – Istituto Italiano di Medicina Sociale<br />

– http:// ina<strong>il</strong>.it - INAIL<br />

– http:// istat.it - ISTAT<br />

– http:// niosh.com.my – National Institute of Occupational Safety and Health<br />

– http:// <strong>il</strong>o.org – Organizzazione Internazionale del Lavoro<br />

– http:// osha.europa.eu – Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro<br />

– http:// who.int – Organizzazione Mondiale di Sanità<br />

183


Presentazione dell’Osservatorio sulla salute degli insegnanti<br />

Caterina Fior<strong>il</strong>li<br />

Professore Associato di Psicologia dello sv<strong>il</strong>uppo e dell’educazione<br />

Libera Università Maria SS. Assunta, Roma<br />

Osservatorio Nazionale Salute e Benessere dell’Insegnante<br />

FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE<br />

PER LA SALUTE E IL BENESSERE DELL’INSEGNANTE:<br />

La nascita di un Osservatorio Nazionale<br />

L’attività di insegnamento centra la sua funzione principale sulla relazione<br />

(educativa) in cui l’insegnante svolge un ruolo chiave: di sostegno, di<br />

supporto, di disponib<strong>il</strong>ità, etc. Tali dimensioni vanno a sommarsi, trasformandole,<br />

a quelle più prettamente legate alla didattica e alle funzioni di<br />

crescita, in termini di conoscenze e competenze, che l’insegnante svolge<br />

con gli alunni.<br />

In questa prospettiva numerose sono le richieste rivolte all’insegnante:<br />

continuo aggiornamento; elevate ab<strong>il</strong>ità relazionali nel trattare bambini e<br />

ragazzi sempre più diversi (culturalmente, linguisticamente, cognitivamente,<br />

emotivamente, sul piano relazionale); flessib<strong>il</strong>ità nell’adeguare gli<br />

obiettivi educativi alla realtà che si ha in classe (difficoltà di apprendimento;<br />

disturbi specifici di apprendimento; condotte aggressive dei bambini e<br />

dei ragazzi).<br />

A fronte di tali richieste l’insegnante deve essere in grado di mantenere la<br />

motivazione al lavoro, nonostante: scarso riconoscimento sociale ed economico;<br />

lungo precariato; assenza di un supporto istituzionale strutturato<br />

e non occasionale (esperto pedagogista, psicologo, medico, tutor, etc.).<br />

Negli ultimi trent’anni si parla con sempre maggiore insistenza dei rischi<br />

della professione insegnante che, come tutte le helping profession, pone <strong>il</strong><br />

professionita in condizioni di forte stress. A tale rischio è stato dato <strong>il</strong><br />

nome di burnout, mutuandolo da una consolidata attività di ricerca che si<br />

è occupata del malessere in quei contesti professionali dediti alla cura dell’altro.<br />

Il disturbo si manifesta con: senso di eccessivo affaticamento, fisico<br />

ed emotivo; atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali<br />

(con colleghi e alunni); sentimento di frustrazione per la mancata rea-<br />

184


lizzazione delle proprie aspettative; perdita della capacità del controllo (la<br />

professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito<br />

della vita di relazione).<br />

I principali segnali di malessere che un insegnante può r<strong>il</strong>evare in se stesso<br />

sono: lo stato di costante tensione; l’irritab<strong>il</strong>ità; la depersonalizzazione<br />

o disumanizzazione della relazione con l’altro; <strong>il</strong> senso di frustrazione; <strong>il</strong><br />

senso di fallimento; la ridotta realizzazione professionale; la ridotta produttività;<br />

<strong>il</strong> ridotto interesse verso <strong>il</strong> proprio lavoro; le reazioni negative<br />

verso fam<strong>il</strong>iari e colleghi; l’apatia; la demoralizzazione; <strong>il</strong> disimpegno sul<br />

lavoro; l’esaurimento emotivo; <strong>il</strong> distacco emotivo.<br />

Questa sindrome è stata definita come “Incapacità di adattamento in situazioni<br />

di stress emotivo continuo che deriva dall’ambiente del lavoro”<br />

(Maslach, Jakson, 1981).<br />

Gli effetti negativi sono r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>i non solo sulla persona dell’insegnante<br />

ma anche sul livello istituzionale, in termini di qualità del servizio offerto<br />

e di costi aggiuntivi che possono derivare dall’assenteismo e dalla malattia<br />

degli insegnanti.<br />

Recenti dati di ricerca di Albanese e Fior<strong>il</strong>li (2010) su un ampio gruppo di<br />

insegnanti italiani (N=566) hanno fatto emergere che, indipendentemente<br />

dal sesso e dall’età essi presentano:<br />

esaurimento emotivo (40%);<br />

distaccato dalla propria professione e distanza dalle relazioni (54%);<br />

assenza di realizzazione professionale (38%).<br />

Nonostante si tratti di una sindrome legata alla natura implicita della professione,<br />

gli studi più recenti si sono concentrati sulle caratteristiche interne<br />

agli insegnanti e su quelle legate al contesto scolastico che possano<br />

arginare gli effetti del burnout o prevenirne l’insorgenza. In particolare, tra<br />

i principali fattori di protezione dal rischio di esaurimento professionale vi<br />

è: a) <strong>il</strong> sentirsi competente e ab<strong>il</strong>e (apprezzamenti anche esterni); b) sentirsi<br />

autonomo e padrone delle proprie scelte; c) sentirsi parte di un gruppo<br />

e in relazione con altre persone (Ryan, Decy, 2000).<br />

Allo scopo di favorire una sempre maggiore consapevolezza nella popolazione<br />

‘insegnante’, di ogni ordine e grado, dell’elevato rischio di burnout<br />

legato alla propria professione, nonchè, allo scopo di monitorare le<br />

situazioni di rischio e di intervenire per favorirne la prevenzione, <strong>il</strong> 20 giugno<br />

2012 è nato <strong>il</strong> primo Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli<br />

Insegnanti (ONSBI). Costituito grazie alla collaborazione di docenti uni-<br />

185


versitari, studiosi ed esperti vede la partecipazione di: Ottavia Albanese<br />

(Università degli Studi M<strong>il</strong>ano Bicocca), Antonio Attianese(Consorzio<br />

Universitario Humanitas), Antonio Augenti (Consorzio Universitario<br />

Humanitas), Paula Benevene (Libera Università Maria SS. Assunta di<br />

Roma), Licia Cianfriglia (Associazione Nazionale Dirigenti e Alte<br />

Professionalità della Scuola), Simona De Stasio (Università Foro<br />

Italico”di Roma), Carmela Di Agresti (Presidente del Consorzio<br />

Universitario Humanitas), Caterina Fior<strong>il</strong>li (Direttore dell’ONSBI, Libera<br />

Università Maria SS. Assunta di Roma), Giorgio Rembado (Presidente<br />

dell’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della<br />

Scuola), Roberto Serpieri (Università di Napoli Federico II).”<br />

Le azioni che l’ONSBI intraprende mirano alla diffusione della cultura del<br />

<strong>benessere</strong> degli insegnanti e alla tutela dal rischio di stress da lavoro correlato.<br />

In particolare, l’ONSBI persegue i seguenti obiettivi: monitoraggio<br />

dei fattori di rischio per la salute degli insegnanti e implementazione di<br />

modelli di intervento e di formazione per la promozione del <strong>benessere</strong> a<br />

<strong>scuola</strong>.<br />

Tutte le informazioni relative ai progetti di ricerca e di intervento<br />

dell’ONSBI sul territorio nazionale possono essere richiesti inviando una<br />

e-ma<strong>il</strong> a: onsbi@consorziohumanitas.com.<br />

186


La <strong>scuola</strong> in tempi di crisi<br />

Andrea Catizone<br />

Avvocato, Direttore dell’Osservatorio EURISPES sulle famiglie - Roma<br />

Dall’ Indagine conoscitiva sulla condizione dell’Infanzia e Adolescenza in<br />

Italia, realizzata dall’Eurispes e dal Telefono Azzurro(*) sono emersi dati<br />

molto significativi e, in un certo senso inattesi, in merito alle aspettative<br />

che gli studenti e i genitori hanno nei confronti dell’istituzione scolastica.<br />

La particolarità del nostro lavoro risiede, oltretutto, nella metodologia ut<strong>il</strong>izzata<br />

che mettendo a confronto le risposte date dai genitori con quelle<br />

dei loro figli ha consentito di ricostruire in maniera completa come viene<br />

vissuta l’esperienza scolastica dalle famiglie. La <strong>scuola</strong> viene vista dai<br />

giovani non più come <strong>il</strong> luogo per eccellenza in cui si crea e diffonde cultura,<br />

ma piuttosto come la struttura adibita a fornire ai giovani e giovanissimi<br />

una professionalizzazione nell’ottica del futuro ingresso nel mondo<br />

del lavoro. Otto ragazzi su dieci vorrebbero, poi, si prestasse più attenzione<br />

alle loro proposte e iniziative ed immaginano una <strong>scuola</strong> che voglia<br />

accogliere le loro istanze e che sia disponib<strong>il</strong>e ad ascoltarli. I genitori,<br />

invece, si aspettano che la <strong>scuola</strong> sia un luogo nel quale i propri figli possano<br />

accrescere <strong>il</strong> loro bagaglio culturale, con l’obiettivo principale della<br />

trasmissione dei valori. La prevenzione rispetto a fenomeni quali <strong>il</strong> bullismo,<br />

l’alcol e l’uso di droghe, insieme a un maggiore ascolto all’interno<br />

della <strong>scuola</strong>, sono gli aspetti che interessano maggiormente gli adulti e che<br />

vorrebbero fossero messi al centro dei programmi e delle attività delle<br />

scuole. Eppure, proprio queste ultime aspettative sembrano essere disattese<br />

da un sistema educativo sempre meno attento ai valori e alla cultura.<br />

I dubbi, le incertezze e i timori che la crisi economica determina sul futuro<br />

professionale dei giovani ha radicato nei giovani l’idea che <strong>il</strong> percorso<br />

scolastico abbia come unico scopo quello di portare a un’attività lavorativa,<br />

facendo dimenticare completamente che la <strong>scuola</strong> è anche, e soprattutto,<br />

<strong>il</strong> luogo simbolo dell’educazione e della formazione in senso lato. Tra<br />

i principali compiti riconosciuti alla <strong>scuola</strong>, <strong>il</strong> 32,5% dei ragazzi ritiene,<br />

infatti, che la <strong>scuola</strong> debba fondamentalmente preparare gli alunni nell’ingresso<br />

nel mondo del lavoro, un dato che si consolida con <strong>il</strong> crescere dell’età:<br />

se dai 12 ai 15 anni la preparazione professionale è l’obiettivo del<br />

187


31% dei ragazzi, dai 16 ai 18 anni <strong>il</strong> valore cresce sino al 36,7%. Seguono<br />

una seria crescita personale e un solido incremento della cultura, che vengono<br />

indicate rispettivamente dal 27,8% e dal 26,6% degli studenti. Al<br />

contrario, funzioni più “educative” raccolgono consensi marginali; solo <strong>il</strong><br />

5,9% dei giovani ritiene che l’obiettivo principale della <strong>scuola</strong> sia quello<br />

di trasmettere valori, ed una percentuale ancora più bassa, pari al 3,1%,<br />

ritiene importante che aiuti a sv<strong>il</strong>uppare <strong>il</strong> senso critico. Questi due dati<br />

crescono sensib<strong>il</strong>mente tra i ragazzi più “grandi”, quelli con un’età compresa<br />

tra i 16 ed i 18 anni. Di diverso orientamento i genitori: mentre cresce<br />

la domanda culturale e valoriale, diminuisce quella strettamente legata<br />

alla formazione professionale dei ragazzi. Infatti, i genitori indicano tra<br />

gli obiettivi sovrani della formazione scolastica quello di accrescere <strong>il</strong><br />

bagaglio culturale personale dei propri figli (28,9%), e quello di contribuire<br />

più in generale alla loro crescita personale (28,8%), e solo <strong>il</strong> 17,9%<br />

ritiene che la <strong>scuola</strong> debba concentrarsi prevalentemente sulla preparazione<br />

al mondo del lavoro. A conferma di una maggiore attenzione dei genitori<br />

per gli aspetti culturali e valoriali della formazione scolastica, <strong>il</strong><br />

13,4% del campione di genitori intervistato preferirebbe una <strong>scuola</strong> più<br />

coinvolta nella trasmissione di valori e che, al tempo stesso, possa contribuire<br />

ad accrescere <strong>il</strong> senso critico dei loro ragazzi, importante per <strong>il</strong> 7 %<br />

degli adulti.<br />

Più Internet e Inglese nell’offerta didattica<br />

Dall’analisi dei dati raccolti in riferimento all’offerta didattica delle scuole,<br />

appare ancora molto forte la domanda di modernizzazione che avanza<br />

da tempo tra i ragazzi e i genitori italiani. Se <strong>il</strong> 16,1% degli studenti chiede<br />

alla <strong>scuola</strong> più spazio per le materie sportive (con una forte polarizzazione<br />

tra i maschi con <strong>il</strong> 27,7%, a fronte del 9,4% registrato tra le ragazze),<br />

<strong>il</strong> 15,6% degli intervistati vorrebbe dedicare più tempo alle attività<br />

pratiche, mentre le nuove tecnologie e Internet stanno a cuore al 13% del<br />

campione. Inoltre, continua <strong>il</strong> grande interesse per le lingue straniere che<br />

conquistano <strong>il</strong> 12,5% dei ragazzi, un interesse avvertito più dalle ragazze,<br />

con <strong>il</strong> 15,2% del campione, a fronte dell’8,1% registrato tra i ragazzi.<br />

Valori significativamente più bassi per le tematiche sociali legate alla prevenzione<br />

(alcool, fumo, droghe e bullismo) e all’educazione sessuale che<br />

interessano solo <strong>il</strong> 4,7% ed <strong>il</strong> 4,4% degli studenti. Anche in questo caso<br />

dall’analisi dei dati relativi alla domanda dei genitori emerge un interesse<br />

188


maggiore proprio sulla prevenzione: <strong>il</strong> 20,7% vorrebbe, infatti, una <strong>scuola</strong><br />

più impegnata contro <strong>il</strong> fumo, l’alcool e le droghe; <strong>il</strong> 18,5%, vorrebbero<br />

una <strong>scuola</strong> che ascolti di più i ragazzi e gli argomenti di loro maggiore<br />

interesse; mentre <strong>il</strong> 17,9% vorrebbe che venisse dedicato più tempo alle<br />

lingue straniere.<br />

La <strong>scuola</strong> ideale<br />

La <strong>scuola</strong> ideale, secondo gli studenti, dovrebbe essere più attenta<br />

all’ascolto. Si esprime così quasi l’85% dei ragazzi, che dichiara di volere<br />

una <strong>scuola</strong> più incline ad accettare le loro proposte e le loro iniziative.<br />

Addirittura, <strong>il</strong> 66% di loro vedrebbe bene gli stessi studenti in cattedra per<br />

alcune materie. Una <strong>scuola</strong> più accogliente, ma, allo stesso tempo, più<br />

severa con i ragazzi violenti, per <strong>il</strong> 60,8%, e più impegnata nel combattere<br />

le discriminazioni, per <strong>il</strong> 58,8%. In pochi, infatti, vorrebbero una <strong>scuola</strong><br />

senza stranieri o senza simboli religiosi (rispettivamente <strong>il</strong> 10,7% e <strong>il</strong><br />

18,2% degli intervistati). Infine <strong>il</strong> 59,1% dei ragazzi vorrebbe nella sua<br />

<strong>scuola</strong> ideale professori più preparati e competenti, un’esigenza avvertita<br />

maggiormente tra gli studenti con un’età compresa tra i 16 e i 18 anni<br />

(78,6%, a fronte del 49,1% r<strong>il</strong>evato tra i 12 ai 15 anni) e condivisa anche<br />

dai genitori. Infatti, per l’80% di loro, i professori dovrebbero essere più<br />

aggiornati e competenti, specialmente se insegnano ai ragazzi più grandi.<br />

Nella <strong>scuola</strong> ideale inoltre non c’è spazio per i ragazzi violenti: <strong>il</strong><br />

79,1% dei genitori è unito con i propri figli nel desiderare provvedimenti<br />

e interventi più severi e nell’auspicare un maggiore impegno della <strong>scuola</strong><br />

contro le discriminazioni, raccomandato dal 67% dei genitori.<br />

Alcune considerazioni<br />

Con questo studio è stata data la possib<strong>il</strong>ità a studenti e genitori di esprimere<br />

le proprie opinioni che, sebbene non sempre concordi, costituiscono<br />

una base importante per dare inizio a tutti quei cambiamenti che a oggi<br />

sembrano necessari e che devono investire la <strong>scuola</strong> nella sua totalità. È<br />

importante, infatti, trovare <strong>il</strong> giusto equ<strong>il</strong>ibrio tra professionalità e intellettualità:<br />

la prima richiesta dagli studenti che, desiderosi di una concreta<br />

preparazione al mondo del lavoro, chiedono una <strong>scuola</strong> più moderna<br />

orientata all’informatica, alle nuove tecnologie, alle lingue straniere e,<br />

infine, alle attività pratiche; la seconda, caldeggiata dai genitori che chiedono<br />

alla <strong>scuola</strong> un’alleanza educativa costruita sulla trasmissione di valori<br />

comuni, che possano favorire la crescita personale di ogni studente e<br />

189


siano in grado di mettere in guardia i più giovani sui pericoli che li circondano<br />

(come ad esempio <strong>il</strong> fumo, l’alcool o le droghe), consolidandone,<br />

infine, <strong>il</strong> bagaglio culturale. Tutto ciò in un ambiente esemplare dove violenza<br />

e discriminazione non solo non sono tollerati, ma possano essere<br />

sanzionati, un ambiente sorretto da docenti preparati e comunicativi capaci<br />

di ascoltare ed accogliere le idee dei ragazzi, trasmettendo loro l’amore<br />

per lo studio e facendoli sentire parte di un sistema virtuoso che mira<br />

all’eccellenza. «Indipendentemente dal tipo di lavoro che si farà in futuro<br />

<strong>il</strong> sapere e la conoscenza di per sé migliorano <strong>il</strong> vivere sociale producendo<br />

<strong>benessere</strong> e ricchezza. Se anche la <strong>scuola</strong> non viene più percepita come<br />

<strong>il</strong> luogo in cui si fa e si trasmette cultura è urgente riflettere in che direzione<br />

andrà <strong>il</strong> nostro Paese, un caso unico al mondo per patrimonio storico,<br />

culturale e artistico mai valorizzato. Un problema non più prorogab<strong>il</strong>e<br />

proprio perché, a differenza di quanto ritengono alcuni, di cultura “si mangia”.<br />

(*) Nota metodologica. La r<strong>il</strong>evazione è stata realizzata a novembre-dicembre 2011, tramite<br />

la somministrazione di due modelli di questionario, uno destinato ai ragazzi ed uno<br />

destinato ai genitori (poi raggruppati e confrontati per nucleo fam<strong>il</strong>iare).Sono stati comp<strong>il</strong>ati<br />

ed analizzati 1.496 questionari per i ragazzi e 1.266 per i genitori e La r<strong>il</strong>evazione<br />

sul campo ha coinvolto 21 scuole di ogni ordine e grado.<br />

190


IL BENESSERE DEGLI INSEGNANTI:<br />

STUDI E CONSIDERAZIONI<br />

Nicola Comberiati<br />

Dirigente Scolastico e psicologo<br />

Vice presidente dell’A.P.E.F<br />

“Ciò che manca alla nostra epoca è la passione” – osservava Kierkagaard.<br />

Ma la passione è un gioco di affetti profondi, di motivazioni ideali, di<br />

coinvolgimento emotivo. Proprio quanto è necessario per la professione<br />

docente, tra le professioni nob<strong>il</strong>i e diffic<strong>il</strong>i, capace di dare un senso alla<br />

propria vita.<br />

L’insegnante, impegnato quotidianamente ad essere un analista di dinamiche<br />

affettive e di crescita umana, rischia di “alienarsi”, si può ammalare<br />

o semplicemente può lasciarsi trascinare in una dimensione di mediocrità,<br />

di perdita delle motivazioni ideali che lo hanno spinto a scegliere questa<br />

professione.<br />

I punti positivi del suo lavoro sono tanti:<br />

È un lavoro “politico” (di interesse verso la polis) che abitua alla libertà<br />

e al pensiero critico: può costituire e soddisfare <strong>il</strong> senso ideale della vita<br />

di un docente<br />

È un lavoro che trasmette i contenuti della cultura, della civ<strong>il</strong>tà, della<br />

democrazia<br />

Si diventa costruttori di esseri umani che superano la semplice razionalità<br />

della sopravvivenza e della biologicità per entrare nel mondo della<br />

ri-creazione del mondo attraverso la scienza e l’arte;<br />

Si passa la propria vita a confrontarsi con le nuove generazioni e si mantiene<br />

desto un senso di giovinezza e di ricerca continua anche quando si<br />

invecchia;<br />

Si può dire, alla fine della carriera, che ne è valsa la pena vivere, perché<br />

abbiamo realizzato <strong>il</strong> logos nel rapporto e lasciato onde di sapienza che<br />

si perpetueranno.<br />

Ma è una professione che richiede identità e coscienza del sé:<br />

191


• individualmente, perché <strong>il</strong> suo compito – quello dell’insegnamentoapprendimento<br />

– lo investe e lo coinvolge nelle sue dimensioni inconscie,<br />

coscienti e comportamentali;<br />

• collettivamente perché deve lottare per la trasformazione di strutture<br />

più idonee a valorizzarne la professione;<br />

• socialmente perché è investito più degli altri delle grandi trasformazioni<br />

sociali, che scuotono la società e mettono in crisi <strong>il</strong> modo tradizionale<br />

di trasmettere dei contenuti costringendolo ad essere nel suo mestiere<br />

un laboratorio della complessità sociale, dove quotidianamente si sperimentano<br />

i grandi flussi migratori, i cambiamenti di st<strong>il</strong>i cognitivi, le<br />

incertezze del futuro, le trasformazioni etiche e motivazionali.<br />

Per realizzare tutto questo, o almeno camminare su un binario di ricerca,<br />

è necessario che si consolidi una cultura organizzativa istituzionale in cui<br />

<strong>il</strong> docente sia supportato da formazione, gratificazione, ambiente validante<br />

e strumenti di ricerca.<br />

Il docente è un mediatore culturale che amplia i segni linguistici e crea<br />

significati di cultura e di valori. Egli non è una monade: la sua realizzazione<br />

cresce all’interno di<br />

una progettazione flessib<strong>il</strong>e di ambienti, persone, contenuti che contribuiscono<br />

a realizzare un clima positivo per la realizzazione di quegli<br />

obiettivi che l’istituzione si è prefissata (cultura organizzativa)<br />

Per non ammalarsi <strong>il</strong> docente deve avere successo o portare al successo<br />

formativo gli esseri umani che gli vengono affidati.<br />

La cultura dell’organizzazione deve perciò trasformarsi in organizzazione<br />

dell’apprendimento-insegnamento organizzativo o “fert<strong>il</strong>izzazione”<br />

delle conoscenze che non è altro che <strong>il</strong> risultato dinamico<br />

dell’insieme dei processi organizzativi, di comunicazione, di informazione,<br />

di apprendimento che pervadono l’intera azienda (=leggi<br />

dell’organizzazione) e che consentono di accumulare un saper fare<br />

(Know how) distintivo.<br />

L’insegnamento organizzativo è un momento importante per organizzare<br />

atmosfere culturali, <strong>benessere</strong> psichico, superamento del malessere e<br />

del solipsismo didascalico.<br />

192


Ogni insegnamento organizzativo non può fare a meno di una progettualità,<br />

che richiede:<br />

1. Ricerca psicologica<br />

2. Ricerca sociologica: r<strong>il</strong>evamento domanda in termini di allarmi sociali<br />

(appeli europei, Lisbona, Riforme)<br />

3. Ricerca metodologico-didattica e disciplinare (come strategie idonee)<br />

4. Ricerca epistemologico-disciplinare: efficienza degli strumenti-discipline.<br />

5. Forza del dubbio-mettersi in discussione<br />

6. Nuova progettazione<br />

È questo insegnamento apprendimento organizzativo si traduce<br />

poi in apprendimento individuale e determina <strong>il</strong> successo professionale<br />

e <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> degli insegnanti.<br />

Dal burnout al <strong>benessere</strong>: gli studi della psicologia positiva<br />

La Maslach (1992) aveva individuato tre dimensioni di malessere negli<br />

insegnanti: 1) esaurimento emotivo, una sensazione di costante frustrazione<br />

e saturazione emotiva, 2) depersonalizzazione, <strong>il</strong> sentirsi osc<strong>il</strong>lanti tra<br />

l’io e gli altri; 3) ridotta realizzazione professionale.<br />

Qualche studioso (Guglielmi 2010) ha fatto intravvedere come <strong>il</strong> cinismo,<br />

ossia <strong>il</strong> disinteresse verso la vita lavorativa sia un esito drammatico nelle<br />

relazioni scolastiche.<br />

Nella letteratura tradizionale si discuteva quanto i fattori individuali incidessero<br />

sull’insorgere del disagio professionale dei docenti, e se fosse più<br />

accentuato di più nei primi anni di servizio e in età lavorativa avanzata.<br />

Negli ultimi tempi lo studio degli specialisti della Psicologia Positiva<br />

(Seligman, 2000) si è concentrato sulle condizioni favorevoli che permettono<br />

lo sv<strong>il</strong>uppo delle proprie potenzialità come realizzazione e soddisfazione<br />

personale contro <strong>il</strong> disagio.<br />

Sempre più si sta confermando l’importanza dell’ambiente validante<br />

(organizzazione, formazione, lavoro di équipe, progettazione condivisa…)<br />

193


Si è sv<strong>il</strong>uppato uno studio sul <strong>benessere</strong><br />

‚ in una prospettiva eudaimonica, sv<strong>il</strong>uppo del proprio <strong>benessere</strong> attraverso<br />

le opportunità offerte dall’ambiente;<br />

‚ e in una prospettiva edonica, che si riferisce alla dimensione affettiva<br />

e a quella psicofisica, nel senso di piacere e soddisfazione.<br />

Conclusioni<br />

1. La rete di supporto sociale degli insegnanti determina significativi<br />

effetti sul burnout e sulla sfera emotiva.<br />

2. Il supporto sociale è stato definito dagli studiosi come una transazione<br />

interpersonale basata su un tipo di aiuto sia emotivo che tangib<strong>il</strong>e<br />

(Antonucci, 1988) e come un costrutto essenziale ne determinare la<br />

qualità delle relazioni nell’ambiente in cui si vive (Vaux, 1988).<br />

3. Il lavoro dell’insegnante è una “professione relazionale”( Lombardi,<br />

2006) e come tale è influenzata fortemente dai rapporti che si instaurano<br />

a <strong>scuola</strong> e dalla rete di sostegno a disposizione nelle situazioni<br />

complesse sul luogo di lavoro.<br />

4. Recenti studi ( Consiglio, Bergonzi, 2007) hanno dimostrato che <strong>il</strong><br />

supporto dei colleghi, dei genitori degli alunni, del dirigente, della<br />

famiglia e degli stessi allievi, anche se spesso sono conflittuali, possono<br />

prevenire e promuovere <strong>benessere</strong> negli insegnanti, proteggendoli<br />

in particolare dalla dimensione della depersonalizzazione.<br />

5. Il supporto sociale è un potenziale fattore di protezione per <strong>il</strong> <strong>benessere</strong><br />

degli insegnanti e favorisce l’adattamento professionale, inteso<br />

come assenza di malessere (Drago, 2006)<br />

Interessante la meta analisi di Halbesleben (2006) più le risorse di supporto<br />

sociale sono rinforzate, maggiore è l’immagine positiva che si ha di<br />

sé.<br />

‚ Il supporto scolastico promuove <strong>benessere</strong> in ambito professionale<br />

(fonti di sostegno esterne).<br />

‚ Il supporto extrascolastico compensa meglio problemi di depersonalizzazione<br />

e di insoddisfazione personale (fonti di sostegno interne).<br />

L’impatto del supporto sociale, ricevuto in particolare dai colleghi, contri-<br />

194


uisce a prevenire <strong>il</strong> rischio del burnout (Greeglass etc, 1997, ricerca su<br />

833 insegnanti canadesi), mentre la mancanza di supporto da parte dei colleghi<br />

e dei dirigenti ha un significativo effetto sulle loro credenze di autoefficacia<br />

e sul burnout (ricerca su 277 insegnanti olandesi).<br />

Una valutazione positiva dei genitori è un’importante cornice di riferimento<br />

per l’autovalutazione degli insegnanti e l’auto percezione<br />

(Pazzaglia, Ronconi…,2010):<br />

le strategie educative e la soddisfazione lavorativa non sono in relazione<br />

diretta ma sono mediate dalle influenze positive di riflessione che gli insegnanti<br />

ricevono dal lavoro con gli studenti, con i colleghi e dalla loro autoefficacia,<br />

ovvero dal credere in se stessi e dal sentirsi capace di far fronte<br />

alle difficoltà scolastiche.<br />

Da ciò si deduce che:<br />

sono necessari programmi di partecipazione formativa per i docenti:<br />

1. la creazione di gruppi di ricerca e di progettazione,<br />

2. la rivitalizzazione dei momenti della discussione, condivisa sul contenuto<br />

delle esperienze lavorative, in modo da potenziare le proprie<br />

competenze nell’ottica di un miglioramento del <strong>benessere</strong> individuale<br />

e organizzativo.<br />

La competenze e l’intelligenza emotiva degli insegnanti<br />

Molti studiosi hanno r<strong>il</strong>evato che la gestione delle emozioni è determinante<br />

per <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> psicologico degli insegnanti nella vita quotidiana e che<br />

egli deve possedere, oltre alla professionalità della propria disciplina, una<br />

serie di competenze emotive che determinano la sua “intelligenza emotiva”.<br />

Per “intelligenza emotiva” Mayer (1990) intende la valutazione,<br />

l’espressione, la regolazione e ut<strong>il</strong>izzazione delle emozioni.<br />

Si considera l’intelligenza emotiva come un set di ab<strong>il</strong>ità cognitive,<br />

con cui ci si ab<strong>il</strong>ita a percepire, ut<strong>il</strong>izzare, comprendere e regolare<br />

le emozioni per gestire problemi personali e interpersonali.<br />

195


Carolyn Saarni (1999) ha individuato otto competenze emotive:<br />

La consapevolezza del proprio stato emotivo;<br />

l’ab<strong>il</strong>ità di riconoscere le emozioni degli altri;<br />

l’ab<strong>il</strong>ità di usare <strong>il</strong> vocabolario emotivo e le espressioni culturali<br />

disponib<strong>il</strong>i nella propria cultura;<br />

la capacità di coinvolgimento empatico;<br />

la capacità di distinguere tra stati emotivi manifestati e provati effettivamente;<br />

la capacità di far fronte a emozioni a valenza negativa attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo<br />

di strategie di autoregolazione;<br />

la consapevolezza che la natura delle relazioni è definita dal modo in<br />

cui le emozioni sono comunicate all’interno della relazione,<br />

l’autoefficacia emotiva.<br />

È chiaro a tutti che <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> emotivo degli insegnanti è una condizione<br />

necessaria per la costruzione del proprio <strong>benessere</strong> e per quello degli<br />

alunni, oltre ad essere determinante per raggiungere un maggior senso di<br />

autoefficacia (Day e Qing,2009).<br />

Ricerche del 2008 (Albanese) hanno dimostrato che in situazioni di violenza<br />

gli insegnanti avrebbero regolato in modo positivo le emozioni sul<br />

versante della riconc<strong>il</strong>iazione piuttosto che su quello del rimprovero<br />

(buona regolazione delle emozioni dei docenti).<br />

Insomma, la <strong>scuola</strong> si sta riscoprendo per i giovani come una grande palestra<br />

di speranza e gli insegnanti – come risulta da molti studi – sono molti<br />

più efficaci di quanto una certa opinione pubblica li dipinga e la loro professione<br />

comincia ad essere considerata non solo fonte di conflitti ma una<br />

preziosa occasione per dare un senso ideale alla propria vita.<br />

196


Professione docente: prospettiva storica<br />

Paola Spinelli<br />

Docente I.C. Settembrini - Roma<br />

La vita scolastica dei docenti dagli anni sessanta ha risentito dei cambiamenti<br />

introdotti dall’apertura della <strong>scuola</strong> a larghe fasce di popolazione<br />

modificando profondamente l’attività d’insegnamento: da una <strong>scuola</strong> elitaria<br />

ad una per tutti.<br />

Venendo meno la contiguità tra la posizione professionale dei docenti e i<br />

gruppi di élite, classe dirigente del nostro Paese, progressiva è stata la<br />

diminuzione del prestigio della professione.<br />

E’ mutato <strong>il</strong> rapporto con gli alunni e la realtà esterna: l’eterogeneità<br />

di classe ha provocato l’adozione di comportamenti e linguaggi educativi<br />

diversi e plurimi.<br />

Nel tempo la presenza r<strong>il</strong>evante di alunni stranieri, disab<strong>il</strong>i e svantaggiati<br />

socialmente e cognitivamente ha cambiato l’insegnamento, non più<br />

basato su condizioni di omogeneità, e di conseguenza <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della professionalità<br />

docente è divenuto più articolato e complesso.<br />

197


L’emergenza sociale di molteplici identità ha imposto un ruolo più<br />

ampio: non più solo trasmissione dei saperi ma formazione di una identità<br />

adolescenziale attraverso una nuova professionalità ed esperienza specifica.<br />

Pertanto è aumentato l’impegno dei docenti che, con particolari competenze<br />

(disciplinari, pedagogiche, didattiche, organizzative, relazionali e<br />

comunicative), occupano ruoli chiave in una organizzazione articolata e<br />

flessib<strong>il</strong>e a tutela dell’interesse pubblico.<br />

L’autonomia è la risposta a questa complessità e andava considerata come<br />

momento di crescita professionale. Rivoluzionando gli assetti di governo<br />

e di gestione delle scuole, attiva un sistema nuovo, orizzontale con separazione<br />

di poteri e funzioni per una leadership diffusa con responsab<strong>il</strong>ità<br />

condivise con i singoli attori interni ed esterni.<br />

Quindi, in un mutato contesto di azioni e responsab<strong>il</strong>ità dei soggetti, la<br />

<strong>scuola</strong> si muove più di prima nell’ambito di diritti protetti costituzionalmente.<br />

Si tratta, chiaramente, di reinterpretare scenari ed orizzonti all’interno<br />

dei quali questi diritti si sostanziano di nuovi contenuti e forme mantenendo<br />

inalterato <strong>il</strong> loro valore.<br />

Per sostenere e preparare <strong>il</strong> personale scolastico alle nuove sfide didattiche<br />

sono state varate iniziative formative casuali pensate e gestite in<br />

chiave di aggiornamento senza considerare:<br />

1. <strong>il</strong> modello di <strong>scuola</strong> dell’autonomia e <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o professionale dell’insegnante<br />

come priorità strategiche per <strong>il</strong> funzionamento del sistema;<br />

2. un esplicito sv<strong>il</strong>uppo professionale e di carriera conseguente;<br />

3. l’obbligatorietà della frequenza;<br />

4. la traduzione degli apprendimenti in pratiche scolastiche corrispondenti.<br />

Dunque, la formazione negli anni ’80 e ’90 è stata affidata alla “scienza e<br />

coscienza’ di ciascuno”.<br />

Professione docente oggi: quale insegnante, quale carriera, in quale<br />

<strong>scuola</strong>?<br />

Gli insegnanti vivono quotidianamente in una condizione di grande confusione<br />

e precarietà dei processi di insegnamento – apprendimento per<br />

l’instab<strong>il</strong>ità del sistema, per l’isolamento dai propri colleghi, per l’eccessiva<br />

discrezionalità di comportamento in tutte le manifestazioni della vita<br />

scolastica.<br />

198


L’ambiente scolastico è diventato effervescente e informe, diffic<strong>il</strong>e e<br />

sfuggente, purtroppo spesso abitato da realtà apparentemente aliene.<br />

Il panorama della <strong>scuola</strong> italiana esce dalla ricerca OCSE con aspetti di<br />

forte criticità: ci pongono ai livelli più bassi della classifica.<br />

Quindi, l’emergenza educativa necessità di un governo della <strong>scuola</strong><br />

sempre più responsab<strong>il</strong>e e competente in cui la formazione obbligatoria<br />

diventi strumento di politica scolastica, ovvero leva di sv<strong>il</strong>uppo organizzativo<br />

e professionale strategicamente orientato.<br />

L’attuazione effettiva dell’autonomia deve essere percepita dai docenti<br />

come un’occasione importante di ri-legittimazione sociale riappropriandosi<br />

del ruolo attraverso scelte progettuali; ridefinendo limiti e contenuti<br />

degli ambiti di competenza e attraverso la rassicurazione personale e<br />

professionale.<br />

Il prof<strong>il</strong>o professionale dell’insegnante è strettamente legato al modello<br />

di <strong>scuola</strong> dell’autonomia: nucleo centrale del disegno strategico perseguito.<br />

Il riscatto dell’identità professionale chiama in causa la carriera degli<br />

insegnanti che va affrontata con la definizione delle caratteristiche strutturali<br />

e organizzative capaci di offrire un servizio scolastico efficace e di<br />

qualità.<br />

L’organizzazione consente, infatti, di costruire l’identità collettiva attraverso<br />

unità organizzative strutturate formali in grado di mettere insieme<br />

risorse, vincoli, problemi, azioni, obiettivi che realizzino i risultati attesi.<br />

Il modello organizzativo può fare la differenza: <strong>il</strong> modo con cui una<br />

<strong>scuola</strong> è gestita e organizzata crea un ambiente più o meno favorevole allo<br />

sv<strong>il</strong>uppo del capitale umano di insegnanti e studenti.<br />

Pertanto i leader devono comprendere <strong>il</strong> modello organizzativo più efficace<br />

nelle diverse circostanze di contesto ed adottare scelte congruenti sul<br />

piano dei sistemi gestionali e relazionali.<br />

Il Dirigente scolastico: motore di cambiamento<br />

Il dirigente scolastico è una guida efficace se, attraverso una molteplicità<br />

di competenze, promuove azioni collettive integrate e complementari<br />

degli specialisti della <strong>scuola</strong>, assicura la credib<strong>il</strong>ità interna ed esterna e<br />

favorisce in modo unitario e sistematico <strong>il</strong> processo di<br />

insegnamento/apprendimento riconoscendo valore alle risorse esistenti<br />

nella <strong>scuola</strong>.<br />

199


È capace di capitalizzare le esperienze, sv<strong>il</strong>uppare ed affinare l’autonalisi<br />

e monitorare le diverse aree di gestione interpretando gli aspetti<br />

pedagogici, sociologici ed educativi e valorizzando le risorse umane<br />

che organizza in comunità di pratica consapevoli in grado di riformulare<br />

i propri saperi.<br />

E’ colui che dialoga con <strong>il</strong> territorio assumendo un ruolo-guida nell’elaborazione<br />

di politiche formative sinergicamente integrate.<br />

Si tratta, quindi, di un generalista che opera in un contesto ampio in cui<br />

agiscono meccanismi inclusivi e di empowerment.<br />

In sintesi: guida, motiva, fa crescere, è di esempio, è un punto di riferimento.<br />

Processi di cambiamento e <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong><br />

Leadership educativa<br />

Coinvolgimento e partecipazione di studenti, famiglie e stakeholder<br />

Collegialità e lavoro di gruppo degli insegnanti<br />

Qualità del curriculum del dirigente e dei docenti orientata all’innovazione<br />

Curricolo verticale di istituto<br />

Miglioramento continuo<br />

In particolare, <strong>il</strong> clima organizzativo a <strong>scuola</strong> è determinato dalla capacità<br />

del dirigente di tenere attive ed integrate la dimensione dell’efficienza<br />

e del controllo e della sfera emotiva nella relazione con <strong>il</strong> personale<br />

docente ed Ata, nonché quella della cura dei rapporti con gli Enti locali<br />

e la comunità.<br />

Responsab<strong>il</strong>izzare ed infondere fiducia, regolare vicinanza e distanza, parlare<br />

e far parlare per sensib<strong>il</strong>izzare, farsi coinvolgere nella lettura delle difficoltà,<br />

che diventano occasioni di sv<strong>il</strong>uppo professionale, gestire <strong>il</strong> rapporto<br />

con i genitori come garanti del progetto formativo, ruolo diverso da<br />

quello dei docenti complementare e non contrapposto: così <strong>il</strong> dirigente<br />

crea e mantiene le condizioni per assicurare la salute psico-fisica al personale<br />

ed offrire agli studenti e a tutta la società un servizio formativo adeguato<br />

e di sicuro successo personale e professionale.<br />

200


201


MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE DELL’ UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA<br />

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO<br />

Istituto Comprensivo VIA SEBENICO, 1<br />

Scuola sec. I grado Luigi Settembrini – Scuola Inf./Prim. via Asmara 32, via Novara 22<br />

Via Sebenico, 1 00198 Roma – Tel./fax 068549282 – ema<strong>il</strong>: rmic8ea00r@istruzione.it - Cod. fisc. 97713180582<br />

202<br />

“<strong>Promuovere</strong> <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong>” 8-9 novembre 20012<br />

Questionario di gradimento<br />

Gent<strong>il</strong>i colleghi, <strong>il</strong> presente questionario ha lo scopo di raccogliere le vostre percezioni relativamente<br />

al percorso formativo attivato e le vostre proposte. Vi chiediamo di comp<strong>il</strong>are <strong>il</strong> questionario<br />

e di riconsegnarlo alla segreteria organizzativa o di inviarlo per e-ma<strong>il</strong> a<br />

giuseppina.fantone@fastwebnet.it<br />

Il questionario è anonimo e i dati verranno ut<strong>il</strong>izzati esclusivamente a fini statistici e per valutare<br />

<strong>il</strong> gradimento del seminario.<br />

Grazie per la collaborazione.<br />

Qualifica …………..…………………………………………<br />

Valutazione complessiva del corso<br />

INIZIO<br />

1. Complessivamente <strong>il</strong> corso ha soddisfatto le mie aspettative:<br />

n assolutamente n abbastanza n poco n per nulla<br />

Se poco o per nulla, perché?<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

2. La partecipazione a questo corso mi ha consentito di acquisire nuove conoscenze,<br />

capacità e/o competenze sui seguenti argomenti:<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

3. La parte del corso per me più interessante è stata:<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

4. Mi sarebbe piaciuto/ interessato affrontare in maniera più approfondita <strong>il</strong> seguente<br />

argomento:<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________


5. Mi aspettavo che questo corso affrontasse anche <strong>il</strong> seguente argomento:<br />

______________________________________________________________________________<br />

6. Complessivamente giudico gli argomenti trattati rispetto alle esigenze di aggiornamento<br />

professionali legate al ruolo organizzativo da me ricoperti:<br />

n molto interessanti n abbastanza interessanti n poco interessanti n per nulla<br />

Interessanti<br />

7. Complessivamente giudico l’efficacia dell’evento per la mia formazione continua?<br />

n molto n abbastanza n poco n per nulla<br />

8. Ritengo concretamente ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i i contenuti del percorso formativo nella mia realtà<br />

professionale ed organizzativa quotidiana?<br />

n molto n abbastanza n poco n per nulla<br />

Se ritenuti ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i, per i seguenti progetti/processi/percorsi organizzativi:<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

9. In futuro sono interessato a sv<strong>il</strong>uppare/approfondire i seguenti argomenti:<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

10. Gli aspetti organizzativi del corso hanno soddisfatto le mie esigenze? n Sì n No<br />

In caso negativo, perché? ______________________________________________________<br />

13. Raccomanderebbe questo corso ai suoi colleghi? n Sì n No<br />

Ulteriori suggerimenti/commenti/proposte per migliorare la qualità di questo corso per future<br />

edizioni sono…<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________<br />

14. Ritiene che gli argomenti trattati potranno essere ut<strong>il</strong>i per <strong>il</strong> suo lavoro?<br />

n assolutamente sì n abbastanza n poco n per nulla<br />

15. Ritiene che i contenuti espressi nelle relazioni siano ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i nella realtà in cui lavora?<br />

n assolutamente sì n abbastanza n poco n per nulla<br />

203


Conclusioni<br />

Salvatore Sasso<br />

Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,<br />

Università, “G. D’Annunzio”, Chieti<br />

Il Corso “<strong>Promuovere</strong> <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong>: esperienze ed indicazioni per<br />

prevenire lo stress da lavoro correlato (DM 81)” ha sv<strong>il</strong>uppato <strong>il</strong> suo programma<br />

all’interno di due giornate in cui sono stati trattati temi riguardanti<br />

aspetti socio-psicologici, aspetti giuridico legali, <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> organizzativo,<br />

proposte operative.<br />

Il polso della situazione è stato “testato” attraverso un questionario che ha<br />

cercato di monitorare sia l’interesse dei partecipanti al tema in oggetto, sia<br />

<strong>il</strong> gradimento verso i contenuti presentati.<br />

Innanzitutto tra i circa 200 partecipanti, dirigenti e vicari delle scuole, c’è<br />

stato un riscontro molto positivo tra l’aspettativa riservata al corso e <strong>il</strong><br />

feed-back ricevuto nelle due giornate. Infatti ognuno ha potuto manifestare<br />

l’avvenuto possesso di conoscenze in relazione a:<br />

3 esistenza servizi pubblici per la prevenzione e cura mobbing<br />

3 riflessione su un’organizzazione in grado di prevenire<br />

3 leadership democratica<br />

3 stress lavoro correlato<br />

3 <strong>benessere</strong> organizzativo<br />

3 Mal di <strong>scuola</strong><br />

3 Aspetti giuridico legali<br />

3 Burn-out<br />

3 Professione insegnante<br />

3 Autoefficacia educativa<br />

Nonostante l’apporto ricevuto, i partecipanti avrebbero avuto <strong>il</strong> piacere di<br />

affrontare anche altri argomenti, quali:<br />

3 Indicazioni/comportamenti da adottare per prevenire lo stress/per sv<strong>il</strong>uppare<br />

<strong>benessere</strong><br />

3 La casistica delle patologie<br />

3 Lo stress da doppio lavoro per le donne<br />

204


3 Esempi pratici<br />

3 Questionari sul mal di <strong>scuola</strong><br />

3 Strumenti per <strong>il</strong> monitoraggio<br />

3 Inidoneità psico-fisica dei dipendenti<br />

3 La gestione dell’emergenza<br />

3 La responsab<strong>il</strong>ità del DS nell’interpretazione dei verbali della CMV<br />

3 Empowerment<br />

3 La leadership democratica<br />

3 La cultura organizzativa<br />

3 Lo stress e la demotivazione del DS<br />

3 Il <strong>benessere</strong> degli studenti<br />

3 Esperienze di intervento sulla percezione del mobbing o stress da lavoro<br />

correlato<br />

3 La comunicazione<br />

3 Disagio e comportamenti aggressivi degli alunni<br />

3 Mal di <strong>scuola</strong> e ruolo del dirigente e degli insegnanti<br />

In maniera complessiva, l’efficacia dell’evento, anche come formazione<br />

continua in servizio dei partecipanti, è stata considerata molto buona<br />

(92%). Infatti, lo stesso numero di partecipanti ritiene concretamente ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i<br />

nella loro realtà professionale e organizzativa quotidiana i contenuti<br />

del percorso formativo, soprattutto in progetti e percorsi organizzativi<br />

riguardanti:<br />

3 Educazione socio-affettiva<br />

3 Senso di autoefficacia<br />

3 Monitoraggio dello stato di salute psicologico di alunni e docenti<br />

3 Esercizio della leadership democratica<br />

3 Il <strong>benessere</strong> degli alunni<br />

3 Il Collegio dei Docenti<br />

3 Conoscenza <strong>il</strong>leciti penali e amministrativi e sanzioni in caso di mobbing<br />

3 Esercizio della delega<br />

3 Processi di relazione con i docenti portatori di stress da lavoro correlato<br />

3 Questionario Multifattoriale sul Mal di Scuola<br />

3 Organizzazione dei team di lavoro<br />

3 Prevenzione del disagio per superare <strong>il</strong> mal di <strong>scuola</strong><br />

205


I partecipanti sarebbero interessati a trattare o approfondire nel futuro i<br />

seguenti argomenti:<br />

3 Centro di ascolto per DS<br />

3 Benessere organizzativo attraverso le Nuove Tecnologie<br />

3 Progetti per l’implementazione del <strong>benessere</strong><br />

3 Progetto con una prospettiva psicosociale<br />

3 Docenza e valutazione<br />

3 Emotività e <strong>benessere</strong><br />

3 Cultura dell’organizzazione<br />

3 Riflessioni sulla leadership<br />

3 Gestione dello stress in scuole ad alto rischio e alto tasso di complessità<br />

3 Organi collegiali e reti di scuole<br />

3 Organizzazione e prevenzione<br />

3 Figure sensib<strong>il</strong>i e sicurezza<br />

3 Prevenzione dello stress da lavoro correlato<br />

3 La comunicazione<br />

3 Valutazione di sistema e prevenzione del rischio<br />

3 Gestione della classe e dei casi diffic<strong>il</strong>i<br />

3 Rapporti conflittuali tra colleghi (docenti e ATA)<br />

3 Cosa può fare praticamente <strong>il</strong> DS<br />

3 Mal di <strong>scuola</strong> e strategie per prevenirlo<br />

3 Autocontrollo e emozioni<br />

Gli aspetti organizzativi del corso hanno soddisfatto <strong>il</strong> 97% dei partecipanti.<br />

Due suggerimenti riguardano sia lo svolgimento del corso nella<br />

prima parte della settimana, sia l’anticipazione dell’orario di fine giornata,<br />

per permettere la completa partecipazione a chi viene da fuori Roma.<br />

La frequentazione al seminario sarebbe raccomandata ad altri con una percentuale<br />

vicina al 90%. Tra i suggerimenti:<br />

3 Presentazione buone prassi di <strong>benessere</strong> organizzativo da parte di dirigenti<br />

e docenti;<br />

3 Un corso con tempi più lunghi;<br />

3 Disagio e discipline curricolari;<br />

3 La consultazione dei prima delle presentazioni;<br />

3 Organizzazione di laboratori o di focus group per affrontare le tematiche<br />

dei relatori;<br />

206


3 La registrazione di un DVD oltre agli atti;<br />

3 Una maggiore diffusione nelle scuole;<br />

3 Organizzazione di un corso sim<strong>il</strong>e all’inizio di ogni anno scolastico;<br />

3 Presentazione di casi reali;<br />

3 Una formazione dedicata a tutte le componenti scolastiche;<br />

3 Gruppi di lavoro;<br />

3 Formazione in servizio per dirigenti e docenti.<br />

Il corso, secondo tali prospettive, avrebbe raggiunto alcuni obiettivi riassumib<strong>il</strong>i<br />

in otto macroaree<br />

1. Individuazione di fattori di rischio a livello istituzionale;<br />

2. Individuazione di fattori di rischio a livello organizzativo;<br />

3. Individuazione di fattori di rischio a livello individuale;<br />

4. Proposte di fattori di protezione a livello istituzionale;<br />

5. Proposte di fattori di protezione a livello organizzativo;<br />

6. Proposte di fattori di protezione a livello individuale;<br />

7. Sv<strong>il</strong>uppo di apprendimenti individuali e collettivi con proiezioni a<br />

livello psico-socio-relazionale;<br />

8. Sv<strong>il</strong>uppo di apprendimenti individuali e collettivi con proiezioni a<br />

livello motivazionale, culturale e di prevenzione.<br />

207


A questo indirizzo web si trova la play list con tutti i video del convegno<br />

http://www.youtube.com/playlist?list=PLC2xul82rus9oW0KD5IHlxaJvI8_Yay1p<br />

208<br />

PROGRAMMA<br />

Giovedì 8 novembre<br />

Ore 9.00 - Registrazione dei partecipanti<br />

Ore 9.45 - Saluto delle Autorità<br />

Prima sessione: aspetti socio-psicologici<br />

Introduzione ai lavori - Massimo La Rocca<br />

Dirigente scolastico I.C. Via Sebenico - Roma<br />

http://youtu.be/xk7pTy7WbAM<br />

Ore 10.30 - 11.00<br />

Dina Guglielmi - Docente di Psicologia del lavoro, Università di Bologna<br />

“La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong> nel contesto scolastico<br />

nella prospettiva psicosociale: <strong>il</strong> ruolo dei fattori nocivi e protettivi”<br />

http://youtu.be/myjaciBU2_k<br />

Ore 11.00 - 11.30<br />

Roberto Serpieri - Professore Associato - Facoltà di Sociologia - Università<br />

Federico II - Napoli<br />

“La leadership democratica nella <strong>scuola</strong>”<br />

http://youtu.be/kwCRzhOEyGU<br />

Ore 11.30 - 12.00<br />

Ketty Vaccaro - Sociologa, Responsab<strong>il</strong>e Settore Welfare - CENSIS - Roma<br />

“Lo stress da doppio carico di lavoro: alcuni aspetti della femmin<strong>il</strong>izzazione<br />

della professione di insegnante”<br />

http://youtu.be/BNWEjh2p58k<br />

Ore 12.00 - 12.30<br />

Luciano Benadusi - Professore Onorario Università La Sapienza - Studioso di<br />

sociologia dell’educazione, Direttore della rivista “Scuola Democratica”<br />

“Scuola, <strong>benessere</strong>, giustizia: un trinomio su cui riflettono f<strong>il</strong>osofi e sociologi”<br />

http://youtu.be/D69KAM27NqM<br />

Ore 12.30 - 13.00 - Dibattito<br />

Ore 13.00 - 14 .30 - Pausa


Modera: Micaela Ricciardi, Dirigente Scolastico Liceo G. Cesare - Roma<br />

Seconda sessione: aspetti giuridico-legali<br />

Ore 14.30 - 15.00<br />

Laura Paolucci - Avvocato dello Stato - Bologna<br />

“La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong> nel contesto scolastico<br />

in riferimento alla prospettiva giuridica: <strong>il</strong> ruolo della prevenzione nelle controversie<br />

giurisdizionali”<br />

http://youtu.be/6R2hPDVoEcQ<br />

Ore 15.00 - 15.30<br />

Alessandro Iarìa - Ten. Col. - Medico legale - Titolato ISSMI - Rappresentante del<br />

Ministero della Difesa presso <strong>il</strong> Comitato di verifica - Roma<br />

“La valutazione medico legale in ambito scolastico”<br />

http://youtu.be/KVLNyJSGzdk<br />

Ore 15.30 - 16.00<br />

Massimo La Rocca - Dirigente Scolastico I.C. Via Sebenico<br />

“L’organizzazione scolastica alla luce della nuova normativa di riferimento e<br />

piani di miglioramento”<br />

Ore 16.00 - 16.30<br />

Tonino Proietti - Ministero dell’Istruzione - Docente a contratto Università Niccolò<br />

Cusano - Roma<br />

“Il valore delle norme a sostegno del miglioramento del <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong>:<br />

riflessione sulla ricerca di un nuovo paradigma della cultura della sicurezza e<br />

dell’organizzazione”<br />

Ore 16.30 - 18.00<br />

Interventi programmati - Esperienze delle scuole: dall’empowerment, al coaching,<br />

all’ut<strong>il</strong>izzo delle nuove tecnologie per migliorare <strong>il</strong> clima relazionale e le competenze<br />

professionali.<br />

Dibattito<br />

Venerdì 9 novembre<br />

Terza sessione: <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> organizzativo<br />

Ore 9.30 - 11.30<br />

Tavola rotonda sul tema: Lavorare e stare bene a <strong>scuola</strong><br />

Modera: Simona Pianese Longo - Dirigente Scolastico<br />

Interverranno: Federico Bianchi di Castelbianco - Psicologo - Psicoterapeuta -<br />

Direttore dell’Istituto di Ortofonologia - Roma<br />

http://youtu.be/QbP09SUoCsk<br />

209


Salvatore Sasso - Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,<br />

Università, “G. D’Annunzio”, Chieti<br />

Riccardo Dominici - Medico del Lavoro - Psicoterapeuta - Roma<br />

Ore 11.30 - 12.00<br />

Enzo Cordaro - Direttore U.O. Psicologia del Lavoro e del centro Antimobbing ASL<br />

RM D - Roma<br />

Dott.ssa Deianira Di Nicola - Psicologa-responsab<strong>il</strong>e settore Ricerca Sociale U.O.<br />

ASL RMD<br />

“Dal <strong>benessere</strong> organizzativo al <strong>benessere</strong> individuale: esperienze di vita vissuta”<br />

Ore 12.00 - 13.00 - Interventi programmati<br />

Ore 13.00 - 14.30 - Pausa<br />

Modera: Carlo Cipollone, Dirigente Scolastico I.T.I.S. G. Gal<strong>il</strong>ei - Roma<br />

Ore 14.30<br />

Interverranno <strong>il</strong> regista Giuseppe Piccioni, che ha realizzato <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m “Il rosso e <strong>il</strong> blu”<br />

e Marco Lodoli, autore del libro da cui è tratto.<br />

Dibattito<br />

http://youtu.be/aRDPTcAB4mQ<br />

Ore 16.00 - 16.30<br />

Caterina Fior<strong>il</strong>li - Professore di Psicologia dello Sv<strong>il</strong>uppo e dell’educazione LUMSA<br />

- Direttore del-l’Osservatorio Nazionale Salute e Benessere dell’insegnante - Roma<br />

Presentazione dell’Osservatorio sulla salute degli insegnanti<br />

Ore 16.30 - 17.00<br />

Andrea Catizone - Avvocato - Direttore dell’Osservatorio EURISPES<br />

sulle famiglie - Roma . Presentazione della ricerca: “La <strong>scuola</strong> in tempi di crisi”<br />

Ore 17.00 - 18.00<br />

Interventi programmati e conclusioni<br />

Comitato tecnico-Scientifico (in ordine alfabetico)<br />

Giuseppina Fantone, Emanuela Fattorini, Massimo La Rocca, Simona Pianese,<br />

Tonino Proietti, Salvatore Sasso.<br />

210<br />

Coordinamento progettuale e Segreteria Organizzativa:<br />

Giuseppina Fantone<br />

Tel./Fax 06/6243246 - Cell. 339-2310470<br />

giuseppina.fantone@fastwebnet.it<br />

Si ringraziano:<br />

l’Istituto Professionale Alberghiero Via de Mattias<br />

l’Istituto Agrario Garibaldi - Roma


INDICE<br />

Introduzione pag. 3<br />

Massimo La Rocca<br />

Saluti:<br />

Luigi Calcerano pag. 5<br />

La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong> pag. 8<br />

nel contesto scolastico nella prospettiva psicosociale:<br />

<strong>il</strong> ruolo dei fattori nocivi e protettivi<br />

Dina Guglielmi<br />

La leadership democratica nella <strong>scuola</strong> pag. 14<br />

Roberto Serpieri<br />

Lo stress da doppio carico di lavoro: alcuni aspetti pag. 22<br />

della femmin<strong>il</strong>izzazione della professione di insegnante<br />

Ketty Vaccaro<br />

Scuola, <strong>benessere</strong> e giustizia: pag. 28<br />

un tema su cui riflettono f<strong>il</strong>osofi e sociologi<br />

Luciano Benadusi<br />

Sezione teorico-operativa sugli aspetti giuridico-legali pag. 31<br />

dello stress da lavoro correlato<br />

Micaela Ricciardi<br />

La prevenzione dello stress e la promozione del <strong>benessere</strong> pag. 33<br />

nel contesto scolastico in riferimento alla prospettiva<br />

giuridica: <strong>il</strong> ruolo della prevenzione nelle controversie<br />

giurisdizionali”<br />

Laura Paolucci<br />

La valutazione medico legale in ambito scolastico pag. 57<br />

Alessandro Iarìa<br />

211


L’organizzazione scolastica alla luce della nuova normativa pag. 74<br />

di riferimento e piani di miglioramento<br />

Massimo La Rocca<br />

<strong>Promuovere</strong> <strong>il</strong> <strong>benessere</strong> a <strong>scuola</strong> pag. 85<br />

Punti di riflessione tra <strong>il</strong> senso delle norme,<br />

quello della partecipazione e <strong>il</strong> ruolo della formazione<br />

Tonino Proietti<br />

Esperienze delle scuole: dall’empowerment, al coaching, pag. 92<br />

all’ut<strong>il</strong>izzo delle nuove tecnologie per migliorare<br />

<strong>il</strong> clima relazionale e le competenze professionali.<br />

Serenella Presutti<br />

Sistema Leggi d’Italia pag. 98<br />

Marina Esterini<br />

Tavola rotonda sul tema: Lavorare e stare bene a <strong>scuola</strong> pag. 112<br />

Simona Pianese Longo<br />

Lavorare e stare bene insieme a <strong>scuola</strong> pag. 115<br />

Salvatore Sasso<br />

Prevenzione dello stress lavoro correlato pag. 144<br />

e promozione della salute mentale nella <strong>scuola</strong><br />

Riccardo Dominici<br />

Vivere bene la <strong>scuola</strong> pag. 149<br />

Federico Bianchi di Castelbianco<br />

Dal <strong>benessere</strong> organizzativo al <strong>benessere</strong> individuale: pag. 155<br />

esperienze di vita vissuta e la tempesta perfetta<br />

Enzo Cordaro<br />

Stress lavoro-correlato una proposta per la valutazione pag. 175<br />

Emanuela Fattorini<br />

212


Presentazione dell’Osservatorio sulla salute degli insegnanti pag. 184<br />

Caterina Fior<strong>il</strong>li<br />

La <strong>scuola</strong> in tempi di crisi pag. 187<br />

Andrea Catizone<br />

Il Benessere degli Insegnanti Studi e Considerazioni: pag. 191<br />

Nicola Comberiati<br />

Professione docente: prospettiva storica pag. 197<br />

Paola Spinelli<br />

213

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