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IL CRONOVISORE - Runabianca.it

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42<br />

LUDOVICO POLASTRI<br />

Quid est homo (II)<br />

“Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il<br />

figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal. 8)<br />

Soggettivismo ed oggettivismo<br />

C’è da chiedersi se sia più reale quello che<br />

viene osservato come dato sensibile, il mondo<br />

esterno che è chiamato oggettivo o invece sia<br />

più reale ciò che viene colto come dato interiore<br />

di coscienza illuminata dello spir<strong>it</strong>o che emerge,<br />

detto soggettivo. Entrambe le realtà hanno la<br />

stessa valid<strong>it</strong>à senza prevalenze in più o in meno.<br />

Certo è che il dato dei sensi offre un denominatore<br />

che, essendo percep<strong>it</strong>o come comune dalla<br />

stragrande maggioranza degli osservatori, riscuote<br />

un coro imponente di consensi, cosicché<br />

è sent<strong>it</strong>o come indiscutibile realtà, per quanto<br />

sotto il profilo prettamente scientifico e reale<br />

tale esperienza sia del tutto errata. Mentre il<br />

dato soggettivo non susc<strong>it</strong>a un coro unanime di<br />

consensi, anzi determina discussioni inconciliabili,<br />

infin<strong>it</strong>e, tuttavia non toglie niente alla realtà<br />

del dato soggettivo, non essendo la quant<strong>it</strong>à dei<br />

consensi a determinare la ver<strong>it</strong>à di tale evidenza.<br />

E’ evidente che là ove maggiore è il consenso,<br />

più grande appare l’oggettiv<strong>it</strong>à e l’attendibil<strong>it</strong>à;<br />

ma ciò avviene perché è proprio la maggior parte<br />

degli osservatori che, aggrappati al sensibile e<br />

continuamente protesi in esso, hanno una esperienza<br />

più evidente dello stesso, cosicché tutti lo<br />

affermano. E’ infatti questa l’esperienza più facile,<br />

più generale, e più scendiamo nella scala della<br />

coscienza, dagli uomini, ad esempio, agli animali,<br />

più troviamo che tale esperienza sensibile<br />

obiettiva diviene evidente e corposa. E’ tipico<br />

nell’uomo della preistoria l’assenza di sviluppo<br />

del senso dell’io, della mancanza della coscienza<br />

del sé, come appunto appare dalla mancanza di<br />

bisogno di rappresentare, ed una coscienza in-<br />

Runa Bianca Marzo 2012 | n.8<br />

18’

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