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DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA, STANDARD E ... - Epoch

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LO SGUARDO DEL MATEMATICO<br />

Ad Andrea D’Andrea mi lega una fraterna consuetudine di vita e di lavoro, e quindi non<br />

posso essere sicuro di introdurre il suo libro con la freddezza neutrale dello scienziato,<br />

freddezza che la vulgata popolare vorrebbe esaltata a un grado superlativo nel matematico,<br />

con lo sguardo del quale mi è richiesto di considerare questo lavoro. Non sono però sicuro<br />

che in questa circostanza la mancanza di aplomb sia un difetto.<br />

Parafrasando Paolo Sylos Labini nell’incipit del Saggio sulle classi sociali, un matematico non<br />

è un numero, e quindi può operare nel suo campo di ricerca con un livello di astrazione e distacco<br />

dalla realtà che per alcuni (ad esempio Thomas Hardy nella famosa A Mathematician’s Apology,<br />

Cambridge University Press, 1940) costituisce una componente essenziale del suo fascino. Una<br />

simile condizione non si verifi ca per lo studioso di scienze sociali ed umane, ancorché riferite a<br />

un passato lontano, ma anzi questi vi porta il suo vissuto scientifi co e personale, che ne infl uenza<br />

premesse, indagini e conclusioni. Dunque la neutralità sarebbe qui forse fuor di luogo. Dobbiamo<br />

invece accettare di comprometterci con la realtà, e di perdere delle certezze: “Per quanto la<br />

matematica si riferisce alla realtà, essa non è certa; e per quanto è certa, non si riferisce alla realtà”<br />

(A. Einstein, citato in J. R. Newman, The World of Mathematics, New York 1956).<br />

Quale dunque possa essere l’apporto della matematica alla ricerca storica e archeologica,<br />

al di là di illusorie certezze care a un’impostazione neo-positivistica, è ben esemplifi cato in<br />

questo volume, e proverò a ragionarci riassumendolo per sommi capi.<br />

In primo luogo, il contributo è costituito dall’impostazione logica, in cui il ragionamento<br />

ha pari dignità accanto all’esperienza, l’autorevolezza e l’intuizione. Essa ha la sua premessa<br />

nel metodo di Galilei, che è profondamente democratico perchè riconosce ad ogni individuo<br />

il diritto-dovere di controllare le affermazioni altrui, e di essere messo in grado di farlo.<br />

Entrano qui in gioco i sistemi di gestione dei dati, geografi ci e non, qui trattati nel capitolo<br />

3, e la possibilità di accedere alle informazioni di base prodotte da altri e da questi usate per<br />

sviluppare ricerche e conclusioni. Il trend della comunità scientifi ca verso la creazione di vaste<br />

biblioteche digitali a cui tutti possano accedere non deve trovare la comunità archeologica<br />

impreparata, per mancanza di strumenti o per l’avarizia di chi rende noti i propri dati solo<br />

quando è certo di averli sfruttati fi no all’osso e che ormai sono inutilizzabili da altri, anche<br />

quando ciò signifi casse non pubblicarli mai. Con Andrea sono ad esempio debitore verso<br />

chi, con atteggiamento scientifi camente corretto, pubblicò integralmente i dati dello scavo di<br />

Pontecagnano, comprese le indagini antropometriche degli scheletri che ci consentirono di<br />

impostare l’attività di ricerca sulla logica fuzzy, qui descritta nei capitoli 4 e 8.<br />

Da parte di molti, alcuni dei quali in buona fede, si argomenta però che i dati archeologici<br />

servono solo a chi li ha raccolti e sono del tutto inutilizzabili da parte di altri, e dunque la<br />

pubblicazione dei dati di base, ad esempio attraverso la disponibilità dei database di scavo,<br />

sarebbe priva di utilità. Come risposta, varrà quella di Hodder (1999, p.127): «E’ diffi cile<br />

vedere come un tale processo [di accesso libero agli archivi e di disponibilità a un ampio<br />

dibattito] possa essere visto come negativo e potenzialmente dannoso, eccetto che in bastioni<br />

di autorità accademica tradizionale dove la principale preoccupazione è lo status, anziché la<br />

conoscenza». Parallelamente, si può segnalare l’iniziativa Making the Leap (http://ads.ahds.<br />

ac.uk/project/leap/), con cui l’Archaeological Data Service di York sta studiando come “fare<br />

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