DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA, STANDARD E ... - Epoch
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Documentazione Archeologica, Standard e Trattamento Informatico<br />
La questione dell’inadeguatezza del modello del database relazionale alla problematica<br />
archeologica e più in generale umanistica è stata per la prima volta sollevata da M. Thaller<br />
(1993). Molte delle sue argomentazioni riguardanti la ricerca storica sono applicabili anche<br />
alla nostra disciplina poiché i database archeologici contengono una pluralità di informazioni<br />
strutturate, implicitamente strutturate e non strutturate. Spesso, inoltre, i record differiscono<br />
signifi cativamente anche quando corrispondono a entità apparentemente o logicamente simili<br />
(le schede US e USM, i record relativi a materiali ceramici e metallici, etc.); i campi hanno<br />
lunghezza e contenuto variabile e di frequente sono vuoti; le relazioni molti-a-molti sono<br />
le più diffuse; i dati sono spesso per loro natura imprecisi o caratterizzati dal ricorrente<br />
“?” che identifi ca l’incertezza del compilatore nell’assegnare una variabile specifi ca (per la<br />
discussione sui dati incerti di tipo fuzzy si veda il capitolo successivo).<br />
Sebbene i casi sopra menzionati rappresentino delle violazioni delle regole tipiche dei<br />
database relazionali, aggirabili con ‘protesi’ tecnologiche, M. Thaller pone una questione<br />
di fondo non risolvibile sul piano del solo adeguamento “tecnico” dello strumento da<br />
utilizzare. Anche in questa circostanza i richiami di M. Thaller per il campo storico possono<br />
essere utilmente trasferiti al settore archeologico. Parafrasando una sua affermazione si può<br />
evidenziare che “quando l’archeologo inizia la sua ricerca - e imposta il suo database - in<br />
realtà non ‘sa’ con assoluta certezza il signifi cato delle fonti materiali che troverà”.<br />
Questo processo spiega la differenza concettuale con l’elaborazione dei dati contabili. Se,<br />
come sottolinea I. Hodder «In archaeology everything depends on everything else» (1999, p.<br />
194), allora mentre i dati archeologici acquistano gradualmente una fi sionomia e si precisano<br />
nel loro signifi cato in itinere, nei sistemi di gestione della contabilità e/o dei conti correnti<br />
bancari i dati rappresentano delle cifre che restano quello che sono pur nelle variazioni delle<br />
entrate e delle uscite. In tal modo nella fase di immissione dei dati, il ricercatore spesso<br />
cambia il proprio punto di vista e con esso i dati stessi.<br />
Mentre in un database relazionale, in genere, l’ordine temporale dei record non porta<br />
informazione aggiuntiva (DATE 1986), lo stesso ordine, nel caso dei database archeologici,<br />
può certamente produrre nuove informazioni modifi cando il senso e la valenza dei dati.<br />
Pur con i limiti e le questioni metodologiche sopra menzionate che – come segnalato<br />
– sono in parte irrisolvibili, i database relazionali svolgono con effi cienza le loro funzioni, a<br />
patto di adottare un atteggiamento di tipo pragmatico nella gestione di grandi quantità di dati<br />
e assumendo alcuni condizioni irrinunciabili:<br />
1. l’assimilabilità delle elaborazioni a quelle dello “accountant’s computing”;<br />
2. la presenza di dati strutturati, campi atomici, e attributi defi niti con precisione;<br />
3. l’individuazione di relazioni indicate in modo non equivoco.<br />
Se l’obiettivo dell’archeologo è quello di trovare una modalità semplice e fl essibile per<br />
archiviare e gestire le informazioni esistono oggi altre soluzioni tecnologiche che consentono<br />
di superare alcuni limiti dei database.<br />
Uno dei principali aspetti negativi dei database è costituito dal formato degli archivi che<br />
li rende non trasparenti, vale a dire che i dati sono accessibili solo mediante il software stesso<br />
di gestione del database.<br />
Inoltre i software, per ragioni commerciali e per il rapido sviluppo delle applicazioni,<br />
sono soggetti a rapida obsolescenza per cui si dovrebbe sempre disporre della versione più<br />
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