Angelo Poliziano L'apparizione di Simonetta - Palumbo Editore

parte quarta L’età delle corti: la prima fase
della civiltà umanistico-rinascimentale (1380-1492)
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47 Ella [: la fanciulla] era seduta sopra l’erba (sovra la
verdura), allegra, e aveva intrecciato (contesta) una
piccola corona (ghirlandetta) con (di) quanti fiori [la]
natura abbia mai creato (creassi mai), dei quali (de’
quai) [la] sua veste [era] tutta ornata (dipinta). E appena
(come prima) si accorse (puose cura = fece attenzione)
del giovane, alzò la testa alquanto spaventata
(paurosa); poi, preso (ripreso) il lembo [della veste]
con la mano bianca, si alzò in piedi (levossi in
piè) con il grembo pieno di fiori. Improvvisamente turbata
dalla presenza del giovane, la fanciulla raccoglie
in un lembo del vestito i fiori raccolti e si alza,
pronta ad andarsene. Questa ottava si ricollega a quella
in cui la fanciulla viene per la prima volta descritta
(cfr. ottava 43). L’azione narrativa, interrotta per la
descrizione della fanciulla, riparte da questo punto. Ripreso
il lembo: la fanciulla piega un lembo del vestito
per non far cadere i fiori che ha raccolto in grembo.
48 La ninfa già si avviava (s’inviava) sull’erba, lentamente
(lenta lenta), per allontanarsi (partire) da
quel posto (quindi), lasciando il giovinetto in gran[de]
pena (martire), [poi]ché [egli non] desidera (talenta)
nessun’altra cosa (null’altro) se non (fuor
di) lei [: la ninfa]. Ma l’infelice (el miser) [: il giovane]
non potendo (possendo) sopportare (soffrire;
lat.) ciò [: il fatto che la ninfa s’allontani], tenta
di fermarla (d’arrestarla) con qualche supplica (priego
= preghiera); per cui (che), tutto tremante (tremando)
e tutto ardente (ardendo), cominciò [a parlare]
umilmente dicendo così:
49 «O chiunque tu sia (qual che tu ti sia), fanciulla (vergin)
superiore (sovrana) [a ogni altra], o ninfa o dea,
Angelo Poliziano ~ L’apparizione di Simonetta
47
Ell’era assisa sovra la verdura,
allegra, e ghirlandetta avea contesta
di quanti fior creassi mai natura,
de’quai tutta dipinta era sua vesta.
E come prima al gioven puose cura,
alquanto paurosa alzò la testa;
poi colla bianca man ripreso il lembo,
levossi in piè con di fior pieno un grembo.
48
Già s’inviava, per quindi partire,
la ninfa sovra l’erba, lenta lenta,
lasciando il giovinetto in gran martire,
che fuor di lei null’altro omai talenta.
Ma non possendo el miser ciò soffrire,
con qualche priego d’arrestarla tenta;
per che, tutto tremando e tutto ardendo,
così umilmente incominciò dicendo:
49
«O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
o ninfa o dea, ma dea m’assembri certo;
se dea, forse se’ tu la mia Diana;
se pur mortal, chi tu sia fammi certo,
a me sembri (m’assembri) senz’altro (certo) [una]
dea; se [sei una] dea, forse tu sei la mia Diana; se [invece
tu sei] solo (pur) [una creatura] mortale, rivelami
(fammi certo) chi tu sia, [poi]ché [il ] tuo aspetto
(tua sembianza) è [al di] fuori della forma (di guisa)
umana [: la tua bellezza è divina]; né io so già quale
sia [il ] mio merito (merto) tanto [grande], quale
grazia del cielo [sia intervenuta], [o] quale stella tanto
(sì = così) amica [: quale influsso benevolo del
cielo], da rendermi degno (ch’io degno sia) [di] vedere
[una] cosa tanto (sì) bella». Forse…mia Diana:
Diana, come si è detto, è la dea della caccia: poiché
Iulio, prima di incontrare la ninfa, era dedito prevalentemente
alla caccia, definisce mia la dea. Il paragone
con la dea Diana si trova già ai vv. 3-4 della st.
46.
50 Girata[si](volta) la ninfa al suono delle parole [di Iulio],
[il suo viso] si illuminò all’improvviso (lampeggiò)
di un riso così dolce e leggiadro (vago), che avrebbe
(avre’) fatto muovere (ir = andare) i monti, [e]
fermare (restare) il sole: poiché sembrava (parve) veramente
(ben) [che] si mostrasse (s’aprissi) un paradiso.
Poi articolò parole (formò voce) [: cominciò a
parlare] fra [i denti bianchi come le] perle e [le labbra
vellutate come le] viole, in un modo (tal) che avrebbe
spezzato (diviso) a metà (per mezo) [persino] un [pezzo
di] marmo; [la ninfa era talmente] leggiadra (soave),
giudiziosa (saggia) e piena di dolcezza, da [fare]
innamorare perfino (non ch’altri) una Sirena. Si prepara
la risposta della ninfa e l’attenzione del poeta si
concentra sulla bocca di lei, prima sul sorriso e poi sulle
labbra e sui denti. Il riso che lampeggia è un ricordo
di Dante, Purg. XXI, 114: «un lampeggiar di ri-
2
ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
né so già io qual sia tanto mio merto,
qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
ch’io degno sia veder cosa sì bella».
50
Volta la ninfa al suon delle parole,
lampeggiò d’un sì dolce e vago riso,
che i monti avre’ fatto ir, restare il sole:
ché ben parve s’aprissi un paradiso.
Poi formò voce fra perle e viole,
tal ch’un marmo per mezo avre’ diviso;
soave, saggia e di dolceza piena,
da innamorar non ch’altri una Sirena:
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]
capitolo III
Firenze nell’età di Lorenzo
51
«Io non son qual tua mente invano auguria,
non d’altar degna, non di pura vittima;
ma là sovra Arno innella vostra Etruria
sto soggiogata alla teda legittima;
mia natal patria è nella aspra Liguria,
sovra una costa alla riva marittima,
ove fuor de’ gran massi indarno gemere
si sente il fer Nettunno e irato fremere.
so». Ch’un marmo…diviso: la voce della ninfa avrebbe
intenerito anche il cuore più duro. Da innamorar…una
Sirena: la bellezza e la dolcezza della ninfa
sono tali che perfino una Sirena, cioè la seduttrice
per eccellenza, ne sarebbe stata sedotta.
51 «Io non sono quella [: una dea] che (qual) [la] tua
mente immagina (auguria) invano, non [sono] degna
dell’altare, né (non) [sono degna] di [una] vittima innocente
(pura) [: in segno di sacrificio]; piuttosto (ma)
vivo sposata (sto soggiogata) con nozze (alla teda) legittime
[proprio] là sull’Arno nella (innella; rafforz.)
vostra Toscana (Etruria); [la] mia terra (patria) natale
[: il mio paese d’origine] è nella Liguria impervia
(aspra), sopra una costa in riva al mare (alla riva marittima),
dove al di là degli scogli (fuor de’ gran massi)
si sente l’impetuoso (il fer; fer = fiero) Nettuno
[: il dio del mare] rumoreggiare (gemere) e ribollire infuriato
(irato). Nella sua risposta, la Ninfa svela la
propria identità: lungi dall’essere una dea cui si debbano
tributare sacrifici (v. 2), la ninfa rivela la sua natura
tutta umana, offrendo come primo dato biografico
lo stato civile: questa prima dichiarazione rende
impossibile qualsiasi legame tra i due giovani e condanna
Iulio alla sofferenza. Non d’altar…vittima: per
ingraziarsi gli dei, era necessario immolare una vittima
sull’altare del dio in segno di sacrificio. Teda: è
una fiaccola (costituita da un ramo resinoso) usata
durante l’antichità nelle cerimonie, soprattutto nuziali.
Mia natal…Liguria: Simonetta Cattaneo (il nome
di battesimo compare nell’ottava successiva, al v. 6)
era genovese, ma sposata al toscano Marco Vespucci.
Di lei si innamorò effettivamente Giuliano de’ Medici.