maggio 2009 - Società Filosofica Italiana
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5.1 Esperienza come occasione di trasformazione<br />
In questo senso Gadamer afferma che la formula di Eschilo, che si impara attraverso<br />
la sofferenza (il pathei-mathos), esprime bene l’intima storicità<br />
dell’esperienza, in quanto esperienza della finitezza umana.<br />
Esperienza è dunque esperienza della finitezza umana. Sperimentato nel senso<br />
più autentico è colui che è consapevole di tale finitezza, che sa di non essere padrone<br />
del tempo e del futuro. L’uomo sperimentato, cioè, sa i limiti di ogni previsione<br />
e l’insicurezza di ogni progetto. In lui si attua tutto il valore di verità<br />
dell’esperienza 10 .<br />
In generale l’esperienza, come negazione determinata, nell’accezione gadameriana,<br />
si rivela non come l’acquisizione di un sapere definitivo, ma come un cambiamento<br />
di qualche aspetto della nostra personalità. Costituisce un apprendimento<br />
profondo che ristruttura il nostro assetto interiore, il nostro sapere, il nostro patrimonio<br />
cognitivo e il nostro modo di rispondere al mondo e alle relazioni, di pensare<br />
e di agire, all’interno di un viaggio di ricerca e di trasformazione che non si placa<br />
mai, un impegno autentico di ridescrizione di noi, degli altri e del mondo, di una costante<br />
elaborazione progettuale del nostro futuro di uomini e di cittadini, impresa<br />
individuale e collettiva insieme.<br />
In questo senso l’esperienza è esperienza della finitezza umana, esperienza di<br />
presa di contatto con quello che si è e sperimentazione di un cambiamento 11 , consapevolezza<br />
della tradizione e del “mondo della vita” in cui si è inseriti, all’interno di<br />
un’appartenenza al passato e di un’apertura progettuale verso il futuro.<br />
Imparare dall’esperienza di filosofia significa divenire parzialmente esperti,<br />
avere a disposizione un orizzonte di senso entro cui collocare qualche aspetto della<br />
nostra vita, ridescrivendo parte del vocabolario con cui nel senso comune e nel linguaggio<br />
ordinario si definiscono le cose. L’esperienza quindi “nega” le conoscenze<br />
acquisite nelle nostre esperienze precedenti, nel senso che produce nuova conoscenza.<br />
Non è la semplice smentita di un’illusione, ma un’acquisizione di qualcosa di<br />
“di più” e di diverso rispetto alla situazione precedente. Le parole apprese da un testo<br />
filosofico e da un’esperienza filosofica, anche quella realizzata in classe, aprono<br />
qualche orizzonte nuovo alla vita individuale, ma solo se è il prodotto di una trasformazione,<br />
di un apprendimento significativo, non una mera nozione storica.<br />
Un’esperienza muta noi stessi e l’oggetto del nostro sapere, ciò che si è appreso da<br />
esperienze di filosofia precedenti e dal senso comune.<br />
10 Ivi, pp. 728-29. «Se si vuol citare un testo significativo per questo terzo momento costitutivo<br />
dell’esperienza che qui intendiamo evidenziare, esso andrà cercato senz’altro in Eschilo. Egli ha trovato,<br />
o meglio riconosciuto nel suo senso metafisico, la formula che esprime l’intima storicità<br />
dell’esperienza: “imparare attraverso la sofferenza” (Pathei-mathos). Questa formula non significa<br />
soltanto che attraverso il male che si subisce si diventa accorti e che solo attraverso illusioni e delusioni<br />
si acquista una più corretta conoscenza delle cose. Intesa così, la formula è vecchia come<br />
l’uomo. Ma Eschilo vuol dire di più. Egli vuol esprimere la ragione di questo fatto. Ciò che l’uomo deve<br />
apprendere attraverso la sofferenza non è una nozione qualunque, è l’intendimento giudizioso dei<br />
limiti dell’uomo, la comprensione dell’insopprimibilità della sua distanza dal divino. È in definitiva,<br />
una conoscenza religiosa, la stessa da cui è derivata l’origine della tragedia greca.<br />
Esperienza è dunque esperienza della finitezza umana. Sperimentato nel senso più autentico è colui<br />
che è consapevole di tale finitezza, che sa di non essere padrone del tempo e del futuro. L’uomo<br />
sperimentato, cioè, sa i limiti di ogni previsione e l’insicurezza di ogni progetto. In lui si attua tutto il<br />
valore di verità dell’esperienza». Ivi, p. 737.