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Simone Eros Beduschi, Metafisica e filosofia ... - Arbor scientiarum

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Tao con l’Idea del Bene descritta da Platone nella Πολιτεία come «al di là dell’Essere», e quindi<br />

come presupposto allo stesso tempo sia dell’Essere che del Non-Essere, con la differenza che il Tao<br />

non è propriamente assimilabile ad un’Idea platonica. È evidente, a questo punto, come sia più<br />

corretto parlare di metafisica, piuttosto che di semplice <strong>filosofia</strong>. Siamo non più in un ambito<br />

propriamente razionale, ma sovra-razionale, cioè in un dominio che comprende la Ragione, ma che<br />

ne è anche al di sopra, fondandola. Ricordiamo, per inciso, che la metafisica orientale è stata spesso<br />

bollata come “irrazionale” da certo pensiero occidentale, ignorante della distinzione tra ciò che è<br />

sopra la ragione e ciò che vi sottostà, e che merita perciò di essere chiamato propriamente<br />

irrazionale.<br />

Il Tao Teh King è pienamente comprensibile solo a livello di intuizione sovra-razionale ed<br />

ineffabile. Ogni tentativo di spiegazione basato sulla sola ragione, e quindi ogni tentativo filosofico,<br />

mai riuscirà a coglierne l’intima essenza. Usando la terminologia della tradizione cristiana, si<br />

potrebbe dire che sia accessibile solo tramite un’esperienza mistica, che può esprimersi solo con<br />

una teologia negativa, essendo i suoi elementi troppo semplici, troppo originari per essere trasposti<br />

in un linguaggio filosofico. Non si può comprendere il Tao, si può solo entrarne in possesso.<br />

L’unico modo per ottenerlo è farne esperienza. Nel testo ciò viene espresso in più modi: alla fine<br />

del capitolo LIV, l’Autore anticipa ogni possibile obiezione: «Come so che tutto ciò è universale<br />

sotto il Cielo? Per esperienza».<br />

In alcuni capitoli di poco precedenti, viene criticata la volontà degli uomini di parlare<br />

inutilmente: il Silenzio è la caratteristica di chi possiede il Tao e ne fa esperienza. L’autore<br />

incoraggia addirittura a liberarsi progressivamente di ogni tipo di conoscenza, di dimenticare un<br />

poco ogni giorno, quando l’atteggiamento dell’uomo comune è invece quello che coincide con<br />

l’aumento della conoscenza.<br />

Per questi motivi chi scrive è persuaso che il possesso del Tao sia assolutamente<br />

incompatibile, per non dire contrario, agli scopi tipici della <strong>filosofia</strong>, che per definizione è “amore<br />

della sapienza”. Chi possiede il Tao ne ha la certezza assoluta, non ha bisogno di alcun tipo di<br />

conoscenze che, come abbiamo visto poco sopra, vanno invece dimenticate. La <strong>filosofia</strong> è un<br />

percorso ascendente e preparatorio all’acquisizione della sapienza; il possesso del Tao è invece il<br />

culmine della realizzazione umana, raggiunta la quale è necessario spogliarsi di tutti gli elementi<br />

superflui. Le istanze, come si vede, sono diametralmente opposte. Soprattutto, il Tao non ha nulla a<br />

che vedere con la visione filosofica dominante in Occidente dagli albori della modernità, la stessa<br />

che fa dire a Kant, nella Critica della Ragion pura, che «in qualunque modo e con qualunque<br />

mezzo una conoscenza si riferisce a oggetti, quel modo, tuttavia, per cui tale riferimento avviene<br />

immediatamente, e che ogni pensiero ha di mia come mezzo, è l’intuizione. Ma questo ha luogo<br />

soltanto a condizione che l’oggetto ci stia davanti». Si parla ovviamente dell’opposizione<br />

gnoseologica tra soggetto e oggetto, sistematizzata per la prima volta da Cartesio. A differenza di<br />

quanto si potrebbe pensare, questa distinzione non è sempre esistita nella <strong>filosofia</strong> occidentale.<br />

Tuttavia, essa ha avuto un influsso così vasto da minare per sempre le nostre categorie ermeneutiche<br />

allorché ci cimentiamo nell’impresa di leggere un testo di <strong>filosofia</strong> greca, o medievale. Questo<br />

dev’essere tenuto presente quando ci si trova ad affrontare un’interpretazione filosofica di un testo<br />

metafisico orientale, perché spesso i due modi di procedere risultano incommensurabili e si<br />

generano incomprensioni.<br />

Ram Adhar Mall, nel suo pregevole lavoro Interculturalità, tenta di trovare somiglianze tra la<br />

moderna <strong>filosofia</strong> occidentale e il pensiero orientale (che, ripetiamo, non ci sentiamo di classificare<br />

come semplice “<strong>filosofia</strong>”), esemplificando il suo approccio per mezzo dell’opinione di alcuni<br />

filosofi moderni europei: «nel Sei e Settecento la cultura della Cina fu considerata esemplare, e lo<br />

spirito cinese venne ammirato da Voltaire a Leibniz, Herder, Schiller, Goethe, e poi fino a Russell,<br />

poiché esso aveva elaborato una pura <strong>filosofia</strong> umana senza ricompensa o castigo ultraterreno» 1 .<br />

1 R.A. MALL, Interculturalità. Una nuova prospettiva filosofica, a cura di S. Crapiz, Genova 2002, p. 114.

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