n. 2 aprile-luglio 2011 - inComunione

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2 apr-lug 2011 EDITORIALE dai valori labili”, dalla “precarietà della globalizzazione del profitto”. Ora ci si pone come lievito e granello di senape nel cammino di questo prossimo decennio. Non si ha la pretesa di apportare chissà quali sconvolgimenti, ma di riflettere e ricominciare il cammino educativo con energie nuove, con mentalità sempre più matura circa l’evento educativo alla fede e nella fede consapevoli che la relazione vitale della singola persona e della comunità ecclesiale con la santissima Trinità richiede la disponibilità all’ascolto della Parola e alla libera e responsabile risposta ad una chiamata (relazione mons. Marcello Semeraro). Si è chiamati nel prossimo convegno di settembre a riappropriarsi in modo adulto dell’invito ad essere compagni di strada di tutti: fanciulli e ragazzi, giovani e sposi, famiglia e comunità ecclesiale, scuola e ambiti delle professioni. Non si parte da zero. Anzi si è pronti a ricercare linguaggi, relazioni, dinamiche di comunicazione, metodi e tecniche “nuovi” ma che sono non indipendenti dalle indicazioni che le scienze antropo- logiche ci suggeriscono (relazione del Prof. Michele Illiceto). Gesù, in fin dei conti, si è messo accanto alle singole persone e anche alle folle. Ma l’invito a seguirLo è stato sempre personale, adattandosi con empatia alla situazione fragile delle persone e presentando Se stesso come testimone di quanto voleva realizzare nella vita dell’ascoltatore. C’è una conversione continua da fare. Vivere con la speranza e l’entusiasmo di sapere che si è a servizio di quanti chiamiamo fratelli. Catechisti, educatori, accompagnatori di comunità, membri operativi delle commissioni pastorali diocesane e parrocchiali, membri dei consigli direttivi delle associazioni e movimenti ecclesiali, persone di buona volontà, tutti… dobbiamo essere consapevoli della chiamata educativa che il Signore ci rivolge attraverso la mediazione della Chiesa locale. Mons. Savino Giannotti Vicario Generale
l 27 giugno 2011, il I Sommo Pontefice Benedetto XVI ricevendo in Udienza Privata il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante le virtù eroiche del sacerdote barlettano, il servo di Dio Angelo Raffaele Dimiccoli, che in tal modo riceve il titolo di Venerabile. Questo è un altro segmento importante che si aggiunge alla nostra storia diocesana di fede. Chi era Raffaele Dimiccoli, quali le sue origini? Nelle intenzioni del padre doveva essere un contadino ed egli andò sì a lavorare la “terra”, ma nella “vigna del Signore”. Di agiata famiglia rurale di Barletta, nato il 12 ottobre 1887, il piccolo Raffaele entrò in Seminario nel 1898. Fu consacrato sacerdote esattamente cento anni fa, il 30 luglio 1911, nella chiesa monastica delle Clarisse di San Giovanni in Trani. Celebrò la Prima Messa Solenne il 6 agosto, nella parrocchia di Sant’Agostino in Barletta. Per prendere maggiore dimestichezza nella celebrazione - essendo le rubriche liturgiche del tempo più complesse - nei giorni intercorsi tra l’ordinazione sacerdotale e la Prima Messa Solenne, don Dimiccoli celebrò la santa Messa in San Giovanni di Dio. Credendo fermamente nella spiritualità di comunione, il novello sacerdote si iscrisse all’Associazione dell’Unione Apostolica del Clero, voluta in Diocesi da mons. Giuseppe Balestrucci, suo padre spirituale e Prevosto della millenaria chiesa di San Giacomo Maggiore. Nel corso dei circa quarantacinque anni di ministero sacerdotale, al Venerabile mons. Dimiccoli gli sono stati attribuiti “miracoli”, documentati, peraltro, dalle testimonianze processuali. Ma il miracolo più importante è stato la sua vita che, sull’esempio del Maestro Divino, fu tutta consumata a favore del prossimo: la carità senza limiti per i più bisognosi, l’attenzione ai malati, l’accoglienza diuturna ai penitenti che sempre più numerosi accorrevano a lui, il servizio infaticabile rivolto a tutte le fasce di età, con un’attenzione particolare all’educazione dei bambini e dei giovani. Nelle circostanze liete e tristi, soprattutto in quelle segnate dalle guerre, epidemie, egli fu vicino alla gente in modo eroico, fino a mettere a repentaglio la sua stessa esistenza. Fu il primo incarico da viceparroco nella parrocchia di PROFETI DI SPERANZA A cento anni di sacerdozio il prete degli ultimi è stato proclamato “venerabile” San Giacomo Maggiore in Barletta a segnare il suo futuro. Si dedicò, infatti, all’oratorio parrocchiale, mettendo in atto tutte le energie di mente e di cuore, in un’azione pastorale a largo raggio e ricca di iniziative. e quando gli spazi della parrocchia risultarono insufficienti, dietro ispirazione divina, acquistò un vecchio mulino situato in uno dei quartieri più abbandonati della città, adattandolo con molti volontari a chiesa e a “Nuovo Oratorio San Filippo Neri”. Qui all’inizio trovò molte resistenze e umiliazioni da parte di facinorosi, ma niente e nessuno, però, riuscì a distoglierlo da quella fiamma che gli ardeva dentro. Oltre a evangelizzare, commosso da tanta miseria diffusa, don Raffaele, per venire incontro alle necessità di tutti - anche di coloro che erano fuori zona - si spogliò dei beni personali. L’ultimo grande gesto di generosità che coronò la sua esistenza terrena fu la donazione della casa natale all’Ospedale Civile di Barletta. Tutti trovarono posto nel suo cuore! Gli oggetti più commoventi esposti nel reliquiario, presso la cappella della casa natale del Venerabile, sono le sue scarpe rattoppate e risuolate più volte, consunte dal continuo via vai nelle strade della miseria, scolorite dalla pioggia e dalla calura, degne della povertà di san Francesco di Assisi, di cui si era fatto umile seguace nel Terz’ Ordine della Penitenza. Il movente di tanta generosità e fecondità di questo umile, vigilante e zelante sacerdote va individuato nella santa Messa, da lui celebrata non come “una pia abitudine mattutina, ma come un atto di fede e di adorazione profonda” e nelle lunghe ore trascorse ai piedi del Tabernacolo. egli era fermamente convinto che l’istanza propria di chi ama è che la vita nella sua interezza sia orientata all’imitazione dell’Amato e che questo fuoco d’amore si divampi all’esterno contagiando chi ci circonda. Per questo ogni giorno dedicava un tempo incalcolabile al ministero delle confessioni e della direzione spirituale, divenendo calamita che attirò all’amore di Cristo un infinito numero di fedeli, da lui chiamati “figli miei”, a loro volta divenuti fermento evangelico in mezzo alla società. Dalla numerosa schiera dei figli spirituali di questa zona, all’epoca malfamata, germogliarono trentadue vocazioni religiose e sacerdotali, tra cui emerge il sacerdote don Ruggero M. Caputo (1907 - 1980), di cui è in corso il Processo di Beatificazione e Canonizzazione; una quarantina di religiose e molte famiglie cristiane. Per questo, a ben ragione, don Raffaele è stato definito “un chiamato per chiamare”, proprio come Gesù chiamato e mandato dal Padre che a sua volta, poi, chiama, forma, e manda altri a fare discepole tutte le creature (è sintomatico che all’Oratorio si pregava sempre per le vocazioni). Non a caso don Dimiccoli sul ricordino della sua ordinazione sacerdotale fece stampare quello che fu lo stesso programma di apr-lug 2011 3
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