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La Rivista Euler Hermes Italia n°55

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Speciale<br />

europeo portato in India nella stessa<br />

confezione con cui viene venduto nel<br />

continente. Tutti i mercati hanno caratteristiche<br />

peculiari e clienti che vogliono<br />

prodotti personalizzati. Per<br />

queste ragioni la localizzazione produttiva<br />

assicura un ulteriore vantaggio<br />

economico legato alla reattività rispetto<br />

alle richieste del mercato e alla<br />

capacità di intercettare in breve tempo<br />

le esigenze del cliente.<br />

Anche per i prodotti tradizionali mercati<br />

come quello indiano o cinese richiedono<br />

tecnologia elevata, consegne<br />

just in time, localizzazione vicina<br />

al cliente. Tutte cose impossibili se il<br />

100% della nostra produzione fosse<br />

concentrato a Bologna».<br />

Quando con la sua azienda si trova a<br />

competere sui mercati internazionali,<br />

riesce a farlo ad armi pari oppure si<br />

porta sulle spalle una zavorra legata<br />

alle nostre tipicità nazionali?<br />

«Prima di tutto la dimensione dell’azienda<br />

fa la differenza. A questo si aggiunge<br />

il supporto che un’impresa attiva<br />

sui mercati internazionali riesce<br />

ad ottenere soprattutto a livello finanziario.<br />

Quando un’azienda tedesca<br />

decide di conquistare un nuovo mercato,<br />

trova sul territorio la banca di riferimento,<br />

gli uffici pubblici che supportano<br />

l’export, insomma le viene<br />

messo a disposizione un substrato<br />

utilissimo per essere più competitivi.<br />

<strong>La</strong> quasi totale assenza di banche italiane<br />

nei mercati emergenti significa<br />

che un imprenditore non può chiedere<br />

sostegno alla sua banca, dalla quale<br />

magari avrebbe un trattamento di favore,<br />

ma deve bussare alla porta degli<br />

istituti di credito internazionali, per i<br />

quali è solo uno sconosciuto. Poter<br />

contrattare con la propria banca per<br />

avere condizioni vantaggiose sugli affidamenti<br />

come sul credito è un elemento<br />

fondamentale che permettere<br />

di essere più competitivi sul mercato.<br />

Purtroppo molto spesso le aziende<br />

italiane sono costrette a lavorare con<br />

banche straniere, spesso con banche<br />

locali, e questo implica un aumento<br />

inevitabile dei costi».<br />

10<br />

Il mondo bancario supporta come<br />

dovrebbe l’ambizione delle imprese<br />

italiane ad accettare la sfida dei<br />

mercati internazionali?<br />

«Parto dal presupposto che le banche<br />

sono imprese, quindi ammetto che<br />

non mi piacciono e non mi servono<br />

banche che fanno credito a chicchessia.<br />

Sostenere aziende non profittevoli<br />

non fa bene al mercato anche perché,<br />

detta molto brutalmente, si cresce<br />

anche perché i tuoi competitor<br />

falliscono. Fermo restando questo discorso,<br />

credo che in alcuni casi le banche<br />

abbiamo un po’ tirato i remi del<br />

credito in barca aprendosi a una farraginosità<br />

a volte eccessiva nei rapporti<br />

con le imprese clienti. In certi casi, poi,<br />

c’è stato un irragionevole irrigidimento<br />

nei confronti anche delle grandi<br />

aziende che devono essere considerate<br />

un patrimonio del nostro sistema<br />

produttivo, e la cui assenza rappresenterebbe<br />

un danno gravissimo per<br />

il Sistema Paese. Insomma, si poteva e<br />

si può fare di più, confermando il concetto<br />

che anche le banche sono imprese<br />

ed è quindi sacrosanto che inseguano<br />

il profitto».<br />

Anche in virtù della sua esperienza<br />

all’interno di Confindustria, crede<br />

Il mondo sta cambiando<br />

da dieci anni,<br />

chi ha intercettato<br />

questo cambiamento<br />

oggi è al sicuro<br />

che la situazione attuale abbia tolto<br />

un po’ di voce e di mordente ai giovani<br />

imprenditori? In sostanza, la<br />

crisi ha per vari motivi interrotto il<br />

ricambio generazionale avviato in<br />

passato?<br />

«Quando ero presidente dei Giovani<br />

di Confindustria ho assistito a feno-<br />

la RIVISTA <strong>Euler</strong> <strong>Hermes</strong> <strong>Italia</strong><br />

meni spontanei di ricambio generazionale,<br />

anche se devo dire che non<br />

sono una fan sfegatata del ricambio a<br />

tutti i costi. È indubbio che un bravo<br />

professionista di 30 anni sa interpretare<br />

al meglio le complessità del mondo<br />

di oggi ed è in grado di impostare il<br />

proprio lavoro nel modo più utile e più<br />

adatto a far crescere l’azienda. Anche<br />

Il Presidente della BCE<br />

Mario Draghi con Federica Guidi<br />

e il patron di Technogym<br />

Nerio Alessandri<br />

gli strumenti e il modo di vivere il lavoro<br />

sono profondamente cambiati.<br />

Facendo un esempio banale anche le<br />

riunioni non sono più le stesse di 15<br />

anni fa. Oggi in azienda ti confronti<br />

con i dirigenti che magari in quel momento<br />

sono in giro per il mondo e lo<br />

fai ricorrendo a strumenti tecnologici<br />

come la videoconference o gli<br />

smartphone. Un giovane proprio per<br />

dna è più adatto a interpretare i cambiamenti.<br />

Detto questo non credo assolutamente<br />

che il principio “fuori i<br />

vecchi, dentro i giovani” aiuti le aziende<br />

ad andare meglio, perché è anche<br />

vero che alle volte le seconde o le terze<br />

generazioni hanno portato le imprese<br />

sull’orlo del precipizio. <strong>La</strong> soluzione<br />

migliore, ed è quella più comune,<br />

sono i fenomeni spontanei di ricambio<br />

generazionale dove i due<br />

mondi hanno imparato a coesistere e<br />

l’arrivo di un giovane rappresenta un<br />

accrescimento, un modo diverso di interpretare<br />

il mondo.

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