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GLI EDITORIALI <strong>L'Azione</strong> 7 NOVEMBRE 2009<br />
Sciogliere la cintura di sicurezza<br />
Due settimane fa è stata presentata al pubblico l’annuale “Classifica delle principali imprese<br />
marchigiane”, stilata dalla Fondazione Aristide Merloni in collaborazione con l’Università<br />
Politecnica delle Marche. Il documento, giunto alla sua ventitreesima edizione, raccoglie i<br />
dati di oltre duecento imprese e dà un’immagine abbastanza efficace della struttura produttiva<br />
nella regione. Immagine che, quest’anno, è appannata dalle ombre della crisi internazionale<br />
che, inevitabilmente, si è proiettata anche sulla nostra economia regionale, peraltro<br />
con risultati diversi da impresa a impresa. Di fatto, alle performance negative di parecchie<br />
aziende si contrappongono quelle, positive, di alcune altre, che dimostrano un’apprezzabile<br />
capacità di reazione alle condizioni avverse della congiuntura; quindi, in generale, una<br />
situazione variegata che – se può essere di magra consolazione - ci accomuna a quella di<br />
altre regioni italiane. In testa alla “classifica”, fra le prime dieci, si collocano quattro imprese<br />
dell’area fabrianese, che avrebbero potuto essere cinque, se, quest’anno non ci fosse un’assenza<br />
importante, dovuta alla defaillance di una delle<br />
maggiori industrie cittadine.<br />
Ci sembra superfluo fare nomi e cognomi, dato che la<br />
vicenda di questa impresa è ampiamente nota in <strong>città</strong> – e<br />
non soltanto in <strong>città</strong> - per le gravi conseguenze che ha<br />
sul piano dell’occupazione e, più in generale, sull’economia<br />
di Fabriano, oltre che per il clima di preoccupazione<br />
e di sfiducia che ne deriva sull’opinione pubblica<br />
locale.<br />
Se, poi, a questa vicenda si aggiungono quelle, tormentate,<br />
di altre istituzioni economiche cittadine, si può<br />
facilmente comprendere l’aria di pessimismo che si respira<br />
in molti ambienti, e le grigie previsioni che vengono<br />
formulate sul futuro di un territorio cui, per lungo<br />
tempo, si è guardato come alla punta avanzata dello sviluppo<br />
economico dell’intera regione.<br />
Il pessimismo, però, non ha mai realizzato niente, meno<br />
che mai l’uscita da una crisi come quella attuale.<br />
Certo, non possono esserci dubbi su quella che è oggi<br />
una priorità assoluta, e cioè intervenire a sostegno dei<br />
lavoratori e delle imprese – sopratutto piccole - che subiscono<br />
incolpevolmente le conseguenze più gravi di<br />
<strong>La</strong> classifica delle imprese marchigiane:<br />
la partita dello sviluppo non si gioca in difesa<br />
questa situazione; molto, a quanto è a nostra notizia, si sta facendo, molto altro, forse,<br />
andrebbe fatto.<br />
Ma la partita dello sviluppo non si gioca in difesa.<br />
Dobbiamo renderci conto che molte cose sono cambiate, e continuano a cambiare, nel<br />
mondo globale, come nel nostro piccolo mondo, e che è necessario affrontare il cambiamento<br />
con metodi, strumenti, riferimenti nuovi.<br />
Ci siamo sempre rifiutati di credere che a Fabriano non esistessero risorse intellettuali e<br />
imprenditoriali in grado di dare vita ad attività<br />
innovative, e continuiamo a mantenere questa<br />
convinzione.<br />
Certo, si tratta di sostenerle, incoraggiarle, assisterle,<br />
soprattutto nel momento in cui affrontano<br />
le difficoltà dell’avvio; e, forse, convincerle<br />
anche a sciogliere quella “cintura di<br />
sicurezza” che continua a proteggere molti<br />
dal rischio dell’iniziativa personale.<br />
Ritardare questa azione potrebbe significare<br />
perdere, forse definitivamente, per sfiducia divenuta<br />
inguaribile, quei talenti che, soprattutto<br />
nei giovani, aspettano solo di essere aiutati<br />
a camminare da soli.<br />
Winston Churchill diceva che “il pessimista<br />
vede difficoltà in ogni opportunità, l’ottimista<br />
vede opportunità in ogni difficoltà”. Sarebbe<br />
bello e utile se riuscissimo a metterci<br />
tutti dalla parte degli ottimisti e trasformare in<br />
opportunità anche questa crisi, come è spesso<br />
avvenuto nella storia di questa nostra Città.<br />
Mario Bartocci<br />
<strong>La</strong> sicurezza che parte dall'alto<br />
“Ahimè! Sta per giungere il tempo in cui l’uomo<br />
non scoccherà più la freccia del suo desiderio<br />
oltre l’essere umano e la corda del suo arco<br />
avrà disimparato a vibrare” (Nietzsche, Così<br />
parlò Zarathustra). “Nei prossimi anni il mondo<br />
sarà sottosopra: dopo che il vecchio Dio è stato<br />
congedato, sarò io a reggere il mondo” (Nietzsche,<br />
lettera a Carl Fuchs, 18 dicembre 1888).<br />
Verrebbe innanzitutto da dire che quel tempo è<br />
giunto, che la profezia di Nietzsche si è perfettamente<br />
avverata. Il mondo di oggi – anche<br />
quello dei giovani – è così: l’uomo<br />
ha disimparato a tendere l’arco<br />
del proprio desiderio, l’obiettivo<br />
della freccia è sempre a corto<br />
raggio e come il bambino si<br />
esalta quando riesce a superare<br />
una prova che gli viene facilitata,<br />
così l’uomo di oggi si accontenta<br />
ed è appagato di ciò<br />
che riempie facilmente la sua<br />
vita, dentro il perimetro ristretto<br />
del proprio desiderio. Siamo<br />
in fondo contenti così, va bene<br />
così, proprio perché non sappiamo<br />
reagire, non sapremmo far vibrare<br />
l’arco e scoccare la freccia<br />
verso orizzonti più lontani, perché<br />
abbiamo disimparato a desiderare.<br />
Avere il vestito firmato,<br />
trascorrere una settimana al<br />
mare con il proprio “tipo”, un<br />
bel cellulare, andare bene a<br />
scuola e poter tornare all’ora in<br />
cui si vuole la notte: ecco la portata – ben identificabile<br />
– degli obiettivi della propria freccia.<br />
D’altra parte è così che ci vuole il mondo: rassegnati,<br />
impegnati, indaffarati, distratti: così siamo<br />
fedeli consumatori e perfetti cittadini. L’importante<br />
è non disturbare, non lasciarsi prendere<br />
dall’irrequietudine, non creare problemi, tanto<br />
non serve… il mondo è un meccanismo troppo<br />
perfetto per essere inceppato. Un gioco, in cui i<br />
giocatori sanno già chi vince: ribellarsi un po’<br />
va bene, fa parte del gioco, è concesso all’adolescente<br />
questo margine di creatività ma anche<br />
lui stesso sa che presto o tardi il gioco finirà e<br />
per questo non si prenderà sul serio più di tanto.<br />
Chi non sa accettare il limite rischia grosso, chi<br />
non rientra in tempo, chi va oltre il prevedibile<br />
o il concesso… Forse per Nietzsche più che una<br />
profezia si trattava di un auspicio: che l’uomo<br />
impari a non desiderare altro che l’essere umano,<br />
che l’arco del desiderio disimpari a vibrare<br />
significa accettare finalmente e sino in fondo la<br />
propria mortalità, imparare a cercare il senso<br />
della terra nel vivere stesso, scoprire il senso<br />
del proprio cammino umano giorno dopo giorno<br />
mentre si compie il cammino stesso. Non più<br />
ipotesi di senso assolute ed universali ma uni-<br />
camente costruite, cercate, verificate nella propria<br />
ed irripetibile biografia. Ma il grande pensatore<br />
tedesco, se fosse presente oggi, credo<br />
dovrebbe lealmente constatare che, in luogo del<br />
superuomo, l’io nato dalla morte di Dio è un<br />
bambino smarrito in una foresta di giocattoli.<br />
<strong>La</strong> cultura nichilista di oggi, che esalta la libertà<br />
individuale e rifiuta la sacralità della vita, è<br />
stata paragonata dal Papa alla follia hitleriana.<br />
«I lager nazisti, come ogni campo di sterminio,<br />
possono essere considerati simboli estremi del<br />
male, dell’inferno che si apre sulla terra quando<br />
l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli<br />
il diritto di decidere che cosa è bene e<br />
che cosa è male, di dare la vita e la morte», ha<br />
detto infatti Benedetto XVI, denunciando che<br />
«purtroppo questo triste fenomeno non è circoscritto<br />
ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante<br />
di una realtà ampia e diffusa, spesso<br />
dai confini sfuggenti». «Da una parte - ha rilevato<br />
il Pontefice - ci sono filosofie e ideologie,<br />
ma sempre più anche modi di pensare e di agire,<br />
che esaltano la libertà quale unico principio<br />
dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo<br />
trasformano l’uomo in un dio, che fa dell’arbitrarietà<br />
il proprio sistema di comportamento.<br />
Dall’altra - ha continuato - abbiamo<br />
i santi, che, praticando il<br />
Vangelo della carità, rendono<br />
ragione della loro speranza; essi<br />
mostrano il vero volto di Dio,<br />
che è Amore, e, al tempo stesso,<br />
il volto autentico dell’uomo,<br />
creato a immagine e somiglianza<br />
divina». Viviamo la passata<br />
festività di Ognissanti come un<br />
punto fermo, un riferimento costante<br />
e vivo per alzare lo sguardo<br />
e non fermarsi all’inciampo<br />
quotidiano che è in superficie.<br />
C’è qualcuno ad esempio che ci<br />
sappia parlare delle stelle? Che<br />
sappia farle sognare, le stelle? Il<br />
bisogno delle stelle, la mancanza<br />
delle stelle… Nulla può estirpare<br />
dal cuore umano questo desiderio,<br />
nessuna filosofia può<br />
prevalere sulla struttura del nostro<br />
cuore. Nella natura umana<br />
c’è una sorta di purezza nativa, un’esigenza di<br />
felicità che fa muovere un giovane, amante della<br />
vita, ricercatore instancabile di soddisfazione,<br />
inquieto e non rassegnato di fronte ai tanti<br />
inviti alla saturazione dell’assurdo che il mondo<br />
offre. Occorre passare dal desiderio alla volontà,<br />
dal desiderio alle stelle, che fa sospirare<br />
per la loro bellezza e la loro distanza, alla volontà<br />
delle stelle, che fa tendere ad esse, fa camminare<br />
o volare per poterle raggiungere. E’<br />
un’altra posizione, in tutti i sensi. Altrimenti<br />
dovremmo accontentarci di una sentenza che<br />
ora vuole toglierci il Crocifisso dalla nostra storia<br />
e domani ci toglierà anche le stelle dal cielo.<br />
Carlo Cammoranesi<br />
<strong>La</strong> profezia<br />
di Nietzsche<br />
e il nichilismo<br />
giovanile<br />
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