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<strong>di</strong>camento forzato delle popolazioni meri<strong>di</strong>on<strong>al</strong>i si aggiunse,<br />

dopo i primi due bombardamenti della città <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> del 16 e<br />

del 30 <strong>di</strong>cembre '43, l'ondata degli sfollati che d<strong>al</strong>la città cominciarono<br />

a sciamare verso i piccoli centri agricoli.<br />

Battaglia Terme, fatta più volte bersaglio per la presenza delle<br />

officine G<strong>al</strong>ileo e della conca <strong>di</strong> navigazione, a novembre aveva<br />

il centro completamente sgomberato. D<strong>al</strong> 18 luglio <strong>al</strong> 13 settembre<br />

1943 ben 28 bombardamenti si succedettero a Boara<br />

Pisani; obiettivo fisso: <strong>di</strong>struzione dei due ponti sull'A<strong>di</strong>ge.<br />

La guerra continua, ma come?<br />

Non era possibile – scrive il Carturan – che gli <strong>al</strong>leati pensassero<br />

veramente <strong>di</strong> invadere la Germania d<strong>al</strong>le Alpi, sapendo che<br />

queste costituivano una barriera insormontabile, e che a <strong>di</strong>fenderle<br />

sarebbero bastati pochi soldati. Queste ed <strong>al</strong>tre simili considerazioni<br />

ci tormentavano in quei giorni. Eravamo perciò<br />

<strong>di</strong>venuti tutti piccoli strateghi e cercavamo natur<strong>al</strong>mente <strong>di</strong><br />

risolvere a nostro favore l'assillante problema sul futuro della<br />

guerra. Ma non era questo soltanto il pericolo che ci tormentava.<br />

L'aviazione <strong>al</strong>leata non ci dava ormai più tregua. Si comprendeva<br />

che le frequenti, ininterrotte incursioni su <strong>Padova</strong> e<br />

sulle <strong>al</strong>tre città della Venezia preludevano, man mano che la<br />

guerra correva più o meno velocemente verso il suo epilogo, ad<br />

inevitabili azioni sul nostro territorio. Di qui la giustificata frenesia<br />

<strong>di</strong> noi tutti per trovare uno scampo, un riparo <strong>al</strong>le conseguenti<br />

<strong>di</strong>struzioni, che ci prospettavamo ormai inevitabili.<br />

Molte famiglie si erano già procurate un rifugio nelle campagne,<br />

trasportando in varie loc<strong>al</strong>ità il loro mobilio, e tutti avevano<br />

provveduto a sotterrare o comunque nascondere in posti più<br />

o meno remoti e sicuri masserizie, oggetti preziosi ed <strong>al</strong>tro.<br />

Per sollevare il mor<strong>al</strong>e della gente venivano <strong>di</strong>ffuse notizie su<br />

potenti armi segrete che la Germania stava per fabbricare e che<br />

avrebbero potuto rovesciare le sorti della guerra. A Monselice,<br />

per esempio, i <strong>di</strong>rigenti del Fascio repubblicano facevano leggere<br />

ad amici e conoscenti, sotto il manto d'una bugiarda segretezza,<br />

certi fogliettini che contenevano presunte <strong>di</strong>chiarazioni<br />

fatte da Mussolini in Consiglio dei Ministri a proposito delle<br />

nuove e mici<strong>di</strong><strong>al</strong>i armi. Gli stessi coman<strong>di</strong> tedeschi a Monselice<br />

non nascondevano la loro ferma fiducia nelle famose armi<br />

nuove.<br />

Monselice dopo l’8 settembre 1943<br />

La situazione complessiva era <strong>di</strong>sastrosa. Da parecchio tempo<br />

le nostre strade erano invase da buoi e cav<strong>al</strong>li, da carriaggi carichi<br />

d’ogni ben <strong>di</strong> Dio, da autoveicoli e carrozze <strong>di</strong> ogni v<strong>al</strong>ore,<br />

il tutto proveniente da sud, sottratto <strong>al</strong>le città e <strong>al</strong>le campagne<br />

d<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i le truppe tedesche si erano già ritirate o che avrebbero<br />

dovuto abbandonare a breve termine. Tutto questo materi<strong>al</strong>e<br />

veniva incan<strong>al</strong>ato, durante il giorno, verso strade nascoste <strong>di</strong><br />

campagna perché non fosse avvistato dagli aeroplani <strong>al</strong>leati, e la<br />

notte veniva caricato nella nostra stazione ferroviaria, la qu<strong>al</strong>e<br />

era ormai considerata, nel tratto Ferrara-Venezia, l'unica in vera<br />

efficienza. Passavano in continuazione convogli <strong>di</strong> treni <strong>di</strong>retti<br />

in Germania, carichi <strong>di</strong> soldati it<strong>al</strong>iani prigionieri, con <strong>al</strong> braccio<br />

il <strong>di</strong>stintivo della Croce Rossa. Ai più sfortunati, che venivano<br />

condotti in Germania affamati ed assetati in carri da<br />

bestiame, non mancò l'estrema solidarietà del popolo. A<br />

Monselice, come in molte <strong>al</strong>tre stazioni ferroviarie <strong>di</strong> transito<br />

delle tradotte, molti volontari offrivano ai prigionieri pane, frutta<br />

e bibite, <strong>al</strong>leviando il più possibile l'angoscia e il dolore presenti<br />

dappertutto.<br />

Lancio <strong>di</strong> strani manifestini nel cielo <strong>di</strong> San Bortolo<br />

Il 6 novembre 1943, in una incursione aerea furono sganciate<br />

quattro bombe sulla Città del Vaticano. I danni furono minimi,<br />

ma le bombe destarono grande impressione in Europa. Non<br />

furono mai accertati i responsabili, ma si fecero varie ipotesi,<br />

non ultima quella che gli apparecchi fossero <strong>di</strong> nazion<strong>al</strong>ità tedesca<br />

e che l’attentato avesse avuto lo scopo <strong>di</strong> mettere il Vaticano<br />

contro gli <strong>al</strong>leati e dare <strong>al</strong>la propaganda it<strong>al</strong>o-tedesca un formidabile<br />

mezzo a proprio vantaggio. Infatti <strong>al</strong>lora era v<strong>al</strong>ida opinione<br />

che la politica vaticana fosse orientata da simpatia verso<br />

gli anglo-americani.<br />

In ogni caso il 2 <strong>di</strong>cembre 1943, un mese dopo l’attacco aereo<br />

sulla città del Vaticano, un aereo soprannominato “cicogna”<br />

attraversava obliquamente il territorio <strong>di</strong> Monselice, lanciando<br />

una grande quantità <strong>di</strong> volantini. Il <strong>testo</strong> <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi rilanciava<br />

l’accusa che responsabili dell' “attentato crimin<strong>al</strong>e <strong>al</strong> capo<br />

della cristianità” sarebbero stati “i gangsters dell'aria angloamericani”,<br />

fermamente decisi dai loro capi a “<strong>di</strong>struggere<br />

l'Occidente e la sua civiltà”. “Noi però”, commenta il maestro<br />

Pietro Gattazzo, il cronista della parrocchia <strong>di</strong> San Bortolo <strong>di</strong><br />

Monselice, che aveva raccolto il volantino, “non ci pronunciamo<br />

su queste affermazioni: giu<strong>di</strong>cherà l'avvenire.”<br />

È a questa data che il Vicario foraneo <strong>di</strong> Monselice notificò <strong>al</strong><br />

parroco don Silvio Resente la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> mons. Agostini<br />

Brigate nere <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>,<br />

anche i giovani monselicensi<br />

furono da loro torturati nel<br />

1944.<br />

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