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RASSEGNASTAMPA<br />

8 venerdì 5 aprile 2013<br />

CAPITALI NASCOSTI<br />

Le due facce del<strong>la</strong> Ue<br />

«Pugno duro» ma<br />

non sul Lussenburgo<br />

● L’evasione fiscale<br />

costa all’Europa circa<br />

mille miliardi. Ma nel<br />

Gran Ducato nessuno<br />

riesce a mettere il naso<br />

MARCO MONGIELLO<br />

BRUXELLES<br />

Tra il dire e il fare ci sono mille miliardi<br />

di euro. È questa <strong>la</strong> differenza stimata<br />

tra i soldi che dovrebbero essere<br />

versati ai governi europei e quelli<br />

che invece finiscono nei paradisi fiscali.<br />

Una cifra enorme che segna <strong>la</strong> distanza<br />

tra le buone intenzioni di Bruxelles<br />

e le cattive abitudini degli Stati<br />

membri: dai conti del Lussemburgo,<br />

al recente scandalo francese, dall’evasione<br />

fiscale in Grecia, al ricic<strong>la</strong>ggio<br />

di denaro a Cipro, al<strong>la</strong> cifra record<br />

dell’Italia: 180 miliardi di euro all’anno<br />

(dati 2009) nascosti al fisco.<br />

«La Commissione europea ha una<br />

posizione molto ferma sul<strong>la</strong> frode fiscale»,<br />

ha scandito ieri mattina da<br />

Bruxelles il portavoce dell’esecutivo<br />

comunitario Olivier Bailly, commentando<br />

<strong>la</strong> notizia rive<strong>la</strong>ta da un consorzio<br />

di testate giornalistiche di 130mi<strong>la</strong><br />

tito<strong>la</strong>ri di conti e società offshore.<br />

«Per <strong>la</strong> Commissione non ci può essere<br />

alcuna eccezione per individui, imprese<br />

o Paesi terzi che incoraggiano<br />

l'evasione fiscale», ha aggiunto il portavoce.<br />

E il Lussemburgo non è un paradiso<br />

fiscale? Hanno chiesto i giornalisti,<br />

indicando <strong>la</strong> resistenza del Gran Ducato<br />

a trasmettere le informazioni sui<br />

conti correnti delle proprie banche.<br />

Improvvisamente <strong>la</strong> «posizione molto<br />

ferma» del<strong>la</strong> Commissione si è trasformata<br />

in una ponderata risposta diplomatica.<br />

«Stiamo cercando di arrivare<br />

ad una definizione delle pratiche illegali»,<br />

ha precisato il portavoce, «non<br />

ad un termine che cristallizzi le tensioni<br />

e le incomprensioni».<br />

Del resto dal 2005 al gennaio di<br />

quest’anno a presiedere le riunioni<br />

dei ministri delle finanze dell’Eurogruppo<br />

è stato proprio il primo ministro<br />

lussemburghese Jean-C<strong>la</strong>ude<br />

Juncker. Solo nel Summit Ue di marzo<br />

2012, pressati dalle proteste contro<br />

l’austerità e dal<strong>la</strong> sinistra europea,<br />

i capi di Stato e di Governo si sono<br />

decisi a dare mandato al<strong>la</strong> Commissione<br />

«per sviluppare rapidamente<br />

dei sistemi concreti per migliorare <strong>la</strong><br />

BIANCA DI GIOVANNI<br />

ROMA<br />

«Quelle liste? Sono solo una piccolissima<br />

parte di quello che c’è veramente<br />

nei paradisi fiscali». Vincenzo Visco di<br />

evasione se ne intende, se non altro perché<br />

è una vita che <strong>la</strong> combatte (anche<br />

con successo). Quando par<strong>la</strong> dell’off<br />

shore non si scompone, è preparato a<br />

tutto. «Tutti usano i paradisi, a iniziare<br />

dalle banche o dagli hedge fund, per il<br />

semplice fatto che lì trovano denaro a<br />

basso costo. Sono funzionali al sistema<br />

finanziario, e questo ruolo aumenta<br />

sempre di più». Il fatto è che i territori<br />

«rifugio» sono funzionali al sistema finanziario<br />

mondiale: per questo è così<br />

difficile combatterli.<br />

ProfessorVisco,anche<strong>la</strong>Comunitàeuropea<br />

ospita parecchi paradisi, basti pensare<br />

a Cipro o alle Cayman. Non le pare<br />

chequestopongaungigantescoproblemademocratico,vistocheicittadiniven<br />

lotta evasione fiscale».<br />

A fare scalpore era stato il rapporto<br />

indipendente, commissionato dal<br />

Socialisti e Democratici al Par<strong>la</strong>mento<br />

europeo, che stimava in mille miliardi<br />

all’anno l’ammanco generato<br />

dall'evasione fiscale. Una notizia difficile<br />

da digerire per i cittadini costretti<br />

a subire le misure di austerità per risanare<br />

i conti pubblici.<br />

«L’Italia è quel<strong>la</strong> che perde di più<br />

in Europa in conseguenza all’evasione<br />

fiscale», si legge nel rapporto, secondo<br />

cui nell’insieme il fenomeno<br />

provoca «costi Ue maggiori del totale<br />

dei bi<strong>la</strong>nci europei per <strong>la</strong> sanità».<br />

Lo scorso 27 giugno quindi il commissario<br />

Ue al Fisco Algirdas Šemeta<br />

ha presentato un rapporto, seguito il<br />

6 dicembre da una serie di misure da<br />

discutere con gli Stati membri. Secondo<br />

le sue stime <strong>la</strong> dimensione dell’economia<br />

sommersa in tutti gli Stati<br />

membri è pari a circa un quinto del<br />

Pil in media, cioè circa 2000 miliardi.<br />

«Non si tratta soltanto di una scandalosa<br />

perdita di entrate estremamente<br />

necessarie, ma di una minaccia per<br />

<strong>la</strong> giustizia fiscale», ha detto.<br />

Le misure includono delle «liste nere»<br />

nazionali di paradisi fiscali, delle<br />

convenzioni sul<strong>la</strong> doppia imposizione<br />

«per evitare che queste si traducano<br />

in un'assenza totale di imposizione»,<br />

un codice dei contribuenti, un codice<br />

di identificazione fiscale dell’Ue, un<br />

riesame delle disposizioni anti abuso<br />

contenute nelle principali direttive<br />

dell’Unione e orientamenti comuni<br />

per <strong>la</strong> tracciabilità dei flussi di denaro.<br />

Una lista di buone intenzioni da sottoporre<br />

agli Stati membri. Fino ad oggi<br />

però sul tavolo del Consiglio, dove<br />

sono rappresentanti i 27 Stati membri,<br />

le proposte del<strong>la</strong> Commissione<br />

sul fisco sono sempre restate sul<strong>la</strong> carta.<br />

Il perché non è difficile da intuire,<br />

al<strong>la</strong> luce delle recenti notizie di cronaca.<br />

Persino nel<strong>la</strong> Francia progressista<br />

del presidente Francois Hol<strong>la</strong>nde lo<br />

scorso 19 marzo il ministro del Bi<strong>la</strong>ncio<br />

Jérôme Cahuzac ha dovuto <strong>rassegna</strong>re<br />

le dimissioni, dopo essere stato<br />

pizzicato con un conto in Svizzera. Il<br />

2 aprile invece è toccato al ministro<br />

delle Finanze cipriota Michalis Sarris<br />

mol<strong>la</strong>re <strong>la</strong> poltrona, dopo l'avvio dell'<br />

inchiesta sul crollo delle banche del<br />

Paese che avevano messo su un vero e<br />

proprio paradiso fiscale, in piena area<br />

euro e col vantaggio di un ministro seduto<br />

al tavolo dove si decidono le misure<br />

sul<strong>la</strong> lotta all'evasione fiscale.<br />

gono tartassati in nome del rigore?<br />

«Ovviamente c’è un problema di rapporto<br />

con i cittadini, che a ben ragione<br />

si arrabbiano. La verità è che <strong>la</strong> Comunità<br />

ha consentito a molti piccoli Paesi<br />

di utilizzare queste forme di vantaggi<br />

fiscali per favorire <strong>la</strong> loro crescita».<br />

Ma questo non è affatto giusto, e oggi<br />

con <strong>la</strong> crisi lo è meno.<br />

Quei commercialisti<br />

È il buco nero del<strong>la</strong> finanza mondiale.<br />

Contiene 130mi<strong>la</strong> tito<strong>la</strong>ri di conti correnti,<br />

dodici mi<strong>la</strong> società off shore che<br />

si muovono tra le Cayman, le Isole Vergini<br />

Britanniche, Cook e Samoa, per<br />

una potenziale evasione fiscale ai danni<br />

di 171 Paesi del mondo quantificata<br />

tra i 21 e i 32mi<strong>la</strong> miliardi di dol<strong>la</strong>ri.<br />

Soldi accumu<strong>la</strong>ti per trent’anni nei cosiddetti<br />

paradisi fiscali, naturalmente<br />

in barba anche alle casse dello Stato italiano.<br />

Fanno impressione i numeri<br />

dell’enorme pacchetto di informazioni<br />

raccolte dal Consorzio internazionale<br />

dei giornalisti d’inchiesta con sede a<br />

«Certo che non lo è, e non lo era neanche<br />

quando è stato deciso. Oggi si è superato<br />

ogni limite, perché giustamente<br />

i cittadini chiedono che il sistema economico<br />

si preoccupi dei problemi delle<br />

persone e non del<strong>la</strong> finanza».<br />

Quale sarà l’effetto politico di questo<br />

combinato disposto tra paradisi e crisi<br />

economica?<br />

Washington (Icij, su internet www.icij.<br />

org), pubblicati in Italia da l’Espresso.<br />

Tra i tito<strong>la</strong>ri di conti resi pubblici<br />

emergono personalità di livello mondiale,<br />

a testimonianza del fatto che <strong>la</strong><br />

fuga dal Fisco è una disciplina diffusa<br />

quanto gli sport olimpici. Gli italiani in<br />

gara sono duecento, ma al momento i<br />

nomi noti sono pochissimi. Tra questi,<br />

quello del commercialista Gaetano Terrin,<br />

membro del collegio sindacale delle<br />

Assicurazioni Generali. Secondo il<br />

settimanale romano, nel ‘97 Terrin è<br />

stato nominato custode del C<strong>la</strong>udius<br />

Trust, creato nelle Cook Is<strong>la</strong>nds da un<br />

avvocato americano e rimasto in attività<br />

fino al 2006. In quegli anni il commercialista<br />

<strong>la</strong>vorava nello studio di Giulio<br />

Tremonti, di cui si definiva «stretto<br />

«L’effetto non potrà che essere Grillo,<br />

cioè una risposta che porta al<strong>la</strong> rottura,<br />

allo sfascio, a sofferenze ancora<br />

maggiori».<br />

Non crede che queste notizie contribuiscano<br />

a rompere quel patto tra cittadini<br />

eStato chesi fonda sulpagamento delle<br />

tasse?<br />

«Quel patto è sempre stato messo in discussione.<br />

Ad esempio in Italia l’evasione<br />

finora è stata tollerata perché si sosteneva<br />

che conveniva al sistema. Per<br />

quanto riguarda me, i numeri dicono<br />

che quando me ne sono interessato si è<br />

ridotta. Ma non è andata sempre così.<br />

Per i paradisi fiscali è lo stesso: ogni<br />

tanto si fa qualche operazione, ma non<br />

si è mai arrivati a dire che si chiudono.<br />

Anzi, oggi alcuni Paesi emergenti li difendono,<br />

perché lì possono trovare finanziamenti<br />

a basso costo. Se <strong>la</strong> comunità<br />

internazionale lo volesse davvero,<br />

si chiuderebbero in un giorno. Invece<br />

aumentano i loro depositi. D’altro can-<br />

col<strong>la</strong>boratore». Per l’Espresso, i file indicherebbero<br />

come recapito del C<strong>la</strong>udius<br />

Trust proprio lo studio Tremonti<br />

di Mi<strong>la</strong>no. Ma il professionista ha già<br />

fatto sapere di aver «accettato quell’incarico<br />

per amicizia» e che in questa vicenda<br />

«lo studio Tremonti non c’entra».<br />

Due società sarebbero invece riconducibili<br />

a «due vip del<strong>la</strong> piazza finanziaria<br />

mi<strong>la</strong>nese: i fratelli commercialisti<br />

Oreste e Carlo Severgnini, con importanti<br />

incarichi in grossi gruppi italiani<br />

e in passato anche consiglieri di Stefano<br />

Ricucci», l’imprenditore di San Cesareo,<br />

Roma, che tentò <strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta Rcs.<br />

Altro nome che compare tra i duecento<br />

italiani tito<strong>la</strong>ri di conti nei paradisi<br />

fiscali è quello di Fabio Ghioni, che<br />

qualcuno ricorderà come hacker - pirata<br />

informatico - al servizio del<strong>la</strong> security<br />

Telecom, condannato per spionaggio<br />

illegale nel<strong>la</strong> famosa vicenda dei<br />

dossier. Sarebbe stato lui il beneficiario<br />

di una società registrata alle Isole<br />

Vergini Britanniche sei mesi prima<br />

dell’arresto dell’informatico da parte<br />

«Le liste pubblicate? Sono solo una minima parte»<br />

L’INTERVISTA<br />

Vincenzo Visco<br />

Secondo l’ex ministro,<br />

«i territori rifugio sono<br />

funzionali al sistema<br />

finanziario mondiale:<br />

per questo è così<br />

difficile combatterli»<br />

● Maxi inchiesta del Consorzio dei giornalisti<br />

investigativi Usa in col<strong>la</strong>borazione con 38 media<br />

di tutto il mondo ● Rive<strong>la</strong>ti i dati di 120mi<strong>la</strong><br />

compagnie. Nel<strong>la</strong> lista anche 220 italiani<br />

GIUSEPPE VESPO<br />

MILANO<br />

to in passato gli Stati hanno organizzato<br />

anche <strong>la</strong> pirateria, per conquistarsi<br />

spazi nel commercio. Basti pensare a<br />

Francis Drake, il corsaro inglese che<br />

combatteva contro gli spagnoli».<br />

Queste realtà così potenti finanziariamente<br />

sono in grado di condizionare gli<br />

Stati?<br />

«Certamente sì. Di solito si tratta di piccoli<br />

Paesi o territori collegati ad altri<br />

Paesi, niente affatto secondari per <strong>la</strong> vita<br />

di quegli Stati. La verità è che i paradisi<br />

sono uno snodo fondamentale del<br />

sistema finanziario e economico. Ecco<br />

perché influenzano anche <strong>la</strong> politica, e<br />

il danno per <strong>la</strong> democrazia è uno degli<br />

aspetti più gravi».<br />

La notizia di oggi, con circa 200 società<br />

italiane e 130mi<strong>la</strong> conti correnti individuati,<br />

non <strong>la</strong> sorprende quindi.<br />

«Quello che mi sorprende è che se si<br />

sono fatti scoprire, significa che in qualche<br />

modo sono trasparenti. Di solito si<br />

scoprono le società, ma è difficilissimo

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