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2. - Clinica malattie apparato respiratorio

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AUTORI<br />

N. Ambrosino<br />

R. Antonelli Incalzi<br />

V. Bellia<br />

M. Cazzola<br />

M. Luisetti<br />

C.E. Mapp<br />

D. Olivieri<br />

P. Paggiaro<br />

C. Rampulla<br />

A. Rossi<br />

C. Tantucci<br />

P. Zannini<br />

BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA<br />

IL VOLTO<br />

DELLABPCO<br />

CHE CAMBIA<br />

Trattamento<br />

♦ Progetto mondiale per la diagnosi, il trattamento<br />

elaprevenzione della BPCO<br />

♦ Trattamento farmacologico della BPCO<br />

♦ Enfisema da deficienza ereditaria di α 1-antitripsina<br />

♦ Trattamento della BPCO in età geriatrica<br />

♦ Terapia non respiratoria nella BPCO<br />

♦ Trattamento non farmacologico della BPCO<br />

5<br />

C. GIUNTINI L.M. FABBRI V. GRASSI<br />

P E R I O D I C I


L’opera I Quaderni della BPCO - Il volto della BPCO che cambia<br />

è un’iniziativa per la Medicina Respiratoria<br />

Edizione riservata Boehringer Ingelheim<br />

Fuori commercio - Omaggio ai Signori Medici<br />

© 2002 UTET S.p.A. Divisione Periodici Scientifici<br />

Sede Legale: C.so Raffaello 28, 10125 Torino<br />

Sede Operativa: V.le Tunisia 37, 20124 Milano<br />

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento<br />

totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm e copie fotostatiche compresi), sono<br />

riservati per tutti i paesi.<br />

L’Editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non<br />

superiore a un decimo del presente volume e fino a un massimo di settantacinque<br />

pagine.<br />

Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’Associazione Italiana per i diritti di<br />

Riproduzione delle Opere dell’ingegno (AIDRO), via delle Erbe, 2 - 20122 Milano<br />

Tel. e Fax 02/809506<br />

Le illustrazioni in copertina sono tratte dal volume di Eric N. C. Milne e Massimo<br />

Pistolesi: Reading the Chest Radiograph, Mosby,1993<br />

Responsabile editoriale: Karin Berger<br />

Redazione: Rosy Bajetti<br />

Progetto grafico: Benedetta Bini<br />

Impaginazione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />

Fotocomposizione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />

Stampa: Grafiche Mazzucchelli - Settimo Milanese (MI)<br />

Finito di stampare nel mese di dicembre 2002


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

L<br />

a BPCO (Morris, 1965) ha da poco superato la maggiore età: entrando nella fase della maturità – come<br />

si conviene a un adulto – cambia volto. Il che significa l’acquisizione di un più definito assetto sul piano<br />

fisiopatologico e clinico-terapeutico e di una più precisa presa di coscienza dei problemi da affrontare.<br />

Al di là delle suggestioni che evocano e delle informazioni che veicolano, i nomi restano nomi ed è bene non<br />

scambiarli subito per “fatti”. In realtà, da che lo si è introdotto e lo si usa, questo acronimo è sembrato fatto apposta<br />

per semplificare e per favorire la pigrizia intellettuale più che per stimolare l’approfondimento. Onde la<br />

qualificazione di “termine ombrello” (utile a sottendere realtà cliniche diverse) e di “rifugio clinico” (buono per<br />

tutte le stagioni).<br />

Ma, per fortuna, non per tutti e per sempre è stato così.<br />

La “svolta” è iniziata a metà anni ’90 con il concorso di una serie di informazioni che in quegli anni si sono<br />

rese disponibili:<br />

● la pubblicazione (e la relativa diffusione) a opera delle due maggiori Società di Medicina Respiratoria (USA-<br />

ATS, Europa-ERS) di Linee Guida per la BPCO. Si è trattato di un evento importante: di chiarezza (sulle<br />

conoscenze esistenti) e di stimolo (per ulteriori ricerche);<br />

● la politica sanitaria “basata sull’evidenza” di questa sindrome clinica multiforme e complessa ha valutato il<br />

“peso” (in termini di morbosità e mortalità) anche prospettico: ed è stato così stimato che entro il 2020 la<br />

BPCO rappresenterà (a livello mondiale) la 5a più importante condizione sanitaria (nel 1990 era la 12a )<br />

a gravare sulla società;<br />

● nello stesso periodo il Lung Health Study (studio a lungo termine promosso dal NHLBI) documentava che<br />

l’unico intervento capace di modificare la storia naturale della malattia era costituito dalla cessazione dell’abitudine<br />

al fumo.<br />

Ma altri eventi hanno contribuito a creare valide premesse per un rinnovato interesse nei confronti della BPCO:<br />

● la crescente attenzione per l’Aging Lung e per la Medicina respiratoria in età geriatrica (valgano per<br />

tutti i risultati del SARA – salute respiratoria nel paziente anziano –, studio multicentrico condotto a livello<br />

nazionale) determinata dal fatto che la patologia respiratoria cronica diventa sintomatica prevalentemente<br />

in questa fascia di età;<br />

● il progressivo ingresso della biologia in clinica che ha incominciato a interessare anche la BPCO e che, auspicabilmente,<br />

finirà col chiarire come nasce la malattia;<br />

● il crescente interesse – a motivo della loro rilevanza clinica – nei confronti:<br />

– delle riacutizzazioni della malattia;<br />

– dello stato nutrizionale del paziente (nella BPCO “grasso è bello”) fattore di rischio parzialmente controllabile;<br />

– delle prove da sforzo cardio-<strong>respiratorio</strong> (“quando osservi un paziente è meglio se lo guardi quando<br />

sale le scale”);<br />

– della costante attenzione, infine, per la valutazione della qualità della vita in corso di patologia cronica<br />

anche in rapporto ai diversi interventi (farmacologici e non).<br />

III<br />

PRESENTAZIONE<br />

Razionale di un Progetto


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Questi elementi – non disgiunti da un motivato interesse dell’industria nella ricerca di farmaci a potenzialità<br />

preventiva e sintomatico-curativa – hanno accelerato la “svolta” nel senso presumibilmente più produttivo: modificando<br />

l’atteggiamento (il modo di porsi) nei confronti della malattia, che da nichilista-minimalista, sfuggenterinunciatario<br />

è diventato attento e attivo.<br />

Ne sono testimonianza:<br />

● l’incalzante susseguirsi (su riviste internazionali di Medicina Respiratoria e di Medicina Interna) di Editoriali,<br />

Relazioni di Simposi, Consensus Conferences ecc.;<br />

● il Progetto GOLD (Global iniziative for chronic Obstructive Lung Disease) promosso congiuntamente dal<br />

WHO e dal NHLBI per approntare linee guida per la definizione, epidemiologia, storia naturale, fattori di<br />

rischio, istopatologia, diagnosi e trattamento della BPCO.<br />

Di questi aspetti, molti sono ancora quelli in cerca di un’efficace soluzione:<br />

● la necessità (oggi resa possibile) di un adeguato inquadramento nosografico del paziente BPCO, ossia<br />

delle diverse forme cliniche che compongono la sindrome (per la quale comincia a essere giustificato l’uso del<br />

plurale: le BPCO);<br />

● l’urgenza di un efficace sistema di stadiazione in grado di caratterizzare l’eterogenea popolazione dei pazienti<br />

BPCO per studi clinico-epidemiologici e di valutare la gravità della malattia e la risposta alla terapia;<br />

● la soluzione del paradosso clinico-terapeutico (esempio unico in medicina) per il quale la BPCO viene<br />

definita come condizione caratterizzata da un basso valore di FEV1 – che poco si modifica a seguito della<br />

somministrazione di broncodilatatori – per poi utilizzare le variazioni di FEV1 quale indice per valutare<br />

l’effetto della terapia.<br />

La soluzione del paradosso comporta necessariamente l’individuazione di nuovi metodi di valutazione della<br />

risposta ai “trattamenti”. Il che significa, in prima istanza, la riacquisizione dell’antica familiarità con i volumi<br />

e le capacità polmonari in attesa di un (per il momento ipotetico) “FEV1 allargato” (che incorpori altre misure<br />

utili a valutare l’efficacia terapeutica).<br />

I problemi restano molti, ma adeguati appaiono finalmente gli strumenti per affrontarli.<br />

Del “cambiamento di volto” questa iniziativa vuole essere testimonianza e a esso fornire qualche contributo.<br />

Carlo Giuntini<br />

Ordinario di Medicina Respiratoria, Università degli Studi di Pisa<br />

Dipartimento Cardio-Toracico, U.O. di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria<br />

Ospedale di Cisanello - Pisa<br />

Leonardo M. Fabbri<br />

Dipartimento di Scienze Mediche Oncologiche e Radiologiche,<br />

Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - Modena<br />

Vittorio Grassi<br />

Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi di Brescia<br />

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche<br />

1 a Medicina Spedali Civili - Brescia<br />

IV


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

V<br />

PIANO DELL’OPERA<br />

1. I NTRODUZIONE ALLA BPCO – BIOLOGIA DELLA BPCO<br />

Nel primo Quaderno vengono descritte le modificazioni strutturali che sono alla base delle diverse forme<br />

cliniche della BPCO (bronchite cronica ed enfisema, cioè BPCO in senso stretto, cui si fa specifico riferimento<br />

nei Quaderni, e asma bronchiale), le definizioni che di queste si danno, i rapporti che tra esse intercorrono.<br />

Della sindrome clinica vengono definite la prevalenza, i fattori di rischio acquisiti, la predisposizione<br />

genetica e l’eziopatogenesi.<br />

<strong>2.</strong> FISIOLOGIA CLINICA<br />

Nel secondo Quaderno vengono descritti i rapporti tra alterazioni strutturali e funzionali con particolare<br />

riguardo ai fenomeni della broncostruzione, della limitazione del flusso <strong>respiratorio</strong>, della broncodilatazione<br />

e dell’iperinflazione. Si esaminano, inoltre, il comportamento del circolo polmonare e il rapporto<br />

che per l’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> esiste tra “centro” e “periferia” (controllo della ventilazione, genesi della<br />

dispnea).<br />

3. DIAGNOSI<br />

Il terzo Quaderno è dedicato all’approccio diagnostico alle BPCO partendo dall’analisi dei dati anamnestico-clinici<br />

e integrandoli con quelli strumentali. Si ripercorrono così le varie fasi del ragionamento diagnostico<br />

quantitativo, nella misura in cui è applicabile a queste condizioni morbose, nell’intento di giungere<br />

a un inquadramento nosografico del paziente con BPCO e a una stadiazione della malattia.<br />

4. IL PAZIENTE ELASUA MALATTIA<br />

Il quarto Quaderno è dedicato alla prevenzione e alla storia naturale della BPCO, nonché alle interazioni<br />

di quest’ultima con l’invecchiamento dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> del paziente, con la qualità della vita,<br />

con la comorbilità e con lo stato nutrizionale.<br />

5. TRATTAMENTO<br />

Nel quinto Quaderno si prendono in esame gli aspetti terapeutici (farmacologici e non) e riabilitativi che<br />

possono influenzare, o meno, la progressione delle BPCO.<br />

6. GESTIONE DEL PAZIENTE<br />

Il sesto e ultimo Quaderno è dedicato alla definizione degli aspetti gestionali (ivi compresa la valutazione<br />

della risposta ai trattamenti) posti da condizioni morbose difficili da diagnosticare, poco sensibili ai trattamenti,<br />

spesso progressive e prevalenti nell’anziano dove sono frequente causa di morte.


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

N<br />

el lungo percorso all’interno della BPCO siamo giunti al Trattamento, snodo cruciale: per le ovvie implicazioni<br />

di ordine pratico, ma anche per la “maturità di approccio” che comporta. E, come sempre (ma<br />

più di altre volte) questo Quaderno è stato preceduto e preparato nel corso di un lungo incontro-discussione.<br />

Si inizia con l’illustrazione del progetto GOLD ad opera di uno dei protagonisti (Leo Fabbri) che con i Collaboratori<br />

(Corbetta e Romagnoli) ripercorre le tappe dei contenuti. Era giusto fare così perché il progetto GOLD<br />

ha avuto, a livello mondiale, il merito di “smuovere le acque” e far assumere coscienza dei problemi.<br />

Per chiarezza di esposizione la trattazione è stata divisa in due sezioni: trattamento farmacologico e non<br />

farmacologico.<br />

Della prima fanno parte i farmaci “protagonisti” della terapia di questa condizione, dunque i broncodilatatori<br />

(β2-agonisti – Cazzola e Collaboratori; anticolinergici – Leo Fabbri e Collaboratori; teofillina – Tantucci e<br />

Collaboratori) e i corticosteroidi (Mapp e Paggiaro) e modalità terapeutiche di grande e riconosciuta rilevanza<br />

clinica (ossigenoterapia e ventilazione meccanica a lungo termine) affidate alla consolidata esperienza di Ciro<br />

Rampulla e Collaboratori (Barbarito e Clini). Completano questa parte un capitolo sulla terapia combinata<br />

(broncodilatatori di diverse classi – broncodilatatori con steroidi) affidata ancora a Cazzola, recente protagonista<br />

in questo ambito.A completamento del trattamento farmacologico, antiossidanti e mucoregolatori (il vecchio<br />

e il nuovo) per il quale si è fatto ricorso all’equilibrio e alla saggezza di Dario Olivieri e Collaboratori<br />

(Verduri, Del Donno). Concludono questa sezione alcuni capitoli di contorno, che contribuiscono a completare il<br />

panorama clinico-terapeutico della malattia:<br />

● l’enfisema da deficit di α1-AT (Luisetti e Corda): problema di grande impatto clinico;<br />

● il trattamento della BPCO in età geriatrica (Antonelli Incalzi e Bellia);<br />

● la terapia non respiratoria nella BPCO (che significa utilizzo di farmaci non-respiratori o di proprietà extra-respiratoria<br />

dei farmaci respiratori) ad opera di V. Grassi e Collaboratori (Cossi, Marengoni, Zulli).<br />

La Sezione Trattamento non farmacologico comprende le tre modalità – pilastro di intervento terapeutico:<br />

● la riabilitazione respiratoria (modalità antica, sempre rinnovata) alla incomparabile esperienza di Ambrosino;<br />

● la ventilazione meccanica alla capacità di Andrea Rossi e al valore dei Collaboratori (Appendini, Nava);<br />

● il trattamento chirurgico (enfisema bolloso, riduzione del volume polmonare, trapianto del polmone) alla<br />

consapevole esperienza di Pietro Zannini (e del suo giovane Collaboratore Carretta).<br />

Molti sono stati i Collaboratori di questo Quaderno e molti anche, di conseguenza, i ringraziamenti<br />

non formali che a loro rivolgiamo: per aver messo a disposizione – ancora una volta – il loro tempo<br />

e il loro sapere.<br />

Carlo Giuntini<br />

Leonardo M. Fabbri<br />

Vittorio Grassi<br />

VII<br />

PREFAZIONE


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Autori<br />

Nicolino Ambrosino<br />

UO Pneumologia, Dipartimento Cardio Toracico,<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa<br />

Raffaele Antonelli Incalzi<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Istituto di Medicina Interna e Geriatria, Roma<br />

Vincenzo Bellia<br />

Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Palermo, Palermo<br />

Mario Cazzola<br />

UOC Pneumologia e Allergologia,<br />

Dipartimento di Pneumologia, AORN A. Cardarelli,<br />

Napoli<br />

Maurizio Luisetti<br />

Laboratorio di Biochimica e Genetica,<br />

<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

IRCCS Policlinico San Matteo,<br />

Università degli Studi di Pavia, Pavia<br />

Cristina E. Mapp<br />

Dipartimento di Medicina <strong>Clinica</strong> e Sperimentale,<br />

Sezione di Igiene e Medicina del Lavoro,<br />

Università degli Studi di Ferrara, Ferrara<br />

Dario Olivieri<br />

<strong>Clinica</strong> Pneumologica,<br />

Dipartimento di Scienze Cliniche,<br />

Università di Parma, Parma<br />

Pierluigi Paggiaro<br />

Dipartimento Cardio Toracico, Sezione Pneumologia<br />

e Fisiopatologia Respiratoria, Università di Pisa, Pisa<br />

Ciro Rampulla<br />

Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa,<br />

Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Pavia<br />

Andrea Rossi<br />

UO Pneumologia,<br />

Ospedali Riuniti, Bergamo<br />

Claudio Tantucci<br />

Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Brescia,<br />

1a Medicina, Spedali Civili, Brescia<br />

Piero Zannini<br />

Cattedra e Divisione di Chirurgia Toracica, Università<br />

Vita-Salute San Raffaele,<br />

Istituto Scientifico H San Raffaele, Milano<br />

VIII<br />

Collaboratori<br />

Lorenzo Appendini<br />

UO Pneumologia ,<br />

Ospedali Riuniti, Bergamo<br />

Nicola Barbarito<br />

Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa,<br />

Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Pavia<br />

Enrico Boni<br />

1 a Medicina, Spedali Civili, Brescia<br />

Angelo Carretta<br />

Divisione di Chirurgia Toracica<br />

Università Vita-Salute San Raffaele<br />

Istituto Scientifico H San Raffaele - Milano<br />

Enrico Clini<br />

UO Pneumologia e Riabilitatazione Respiratoria,<br />

Fondazione Villa Pineta ONLUS, Pavullo (MO)<br />

Lorenzo Corbetta<br />

Dipartimento di Scienze Mediche<br />

Oncologiche e Radiologiche,<br />

<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena<br />

Luciano Corda<br />

1 a Medicina, Spedali Civili, Brescia<br />

Stefania Cossi<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />

Mario Del Donno<br />

<strong>Clinica</strong> Pneumologica, Dipartimento di Scienze Cliniche,<br />

Università di Parma, Parma<br />

Mario Malerba<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />

Alessandra Marangoni<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />

Maria Gabriella Matera<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Unità di Farmacologia,<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />

2 a Università degli Studi Di Napoli<br />

Stefano Nava<br />

UO Pneumologia ,<br />

Ospedali Riuniti, Bergamo<br />

Stefano Petruzzelli<br />

Dipartimento di Scienze Mediche<br />

Oncologiche e Radiologiche,<br />

<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena<br />

Micaela Romagnoli<br />

Dipartimento di Scienze Mediche<br />

Oncologiche e Radiologiche,<br />

<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena<br />

Alessia Verduri<br />

<strong>Clinica</strong> Pneumologica, Dipartimento di Scienze Cliniche,<br />

Università di Parma, Parma<br />

Roberto Zulli<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

Trattamento<br />

1.PROGETTO MONDIALE PER LA DIAGNOSI, IL TRATTAMENTO<br />

ELAPREVENZIONE DELLA BPCO 3<br />

Leonardo M. Fabbri, Lorenzo Corbetta, Micaela Romagnoli<br />

Definizione 5<br />

Epidemiologia e impatto socio-economico della BPCO 6<br />

Fattori di rischio 6<br />

Patogenesi, anatomia patologica e fisiopatologia 6<br />

Trattamento della BPCO 7<br />

Valutazione e monitoraggio della malattia 8<br />

Riduzione dei fattori di rischio 8<br />

Trattamento farmacologico della BPCO stabilizzata 8<br />

Trattamento delle riacutizzazioni 9<br />

Conclusioni 9<br />

Bibliografia 9<br />

<strong>2.</strong>TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO 13<br />

BRONCODILATATORI 13<br />

Mario Cazzola, Leonardo M. Fabbri, Claudio Tantucci, Enrico Boni, Mario Malerba,<br />

Maria Gabriella Matera, Stefano Petruzzelli, Micaela Romagnoli<br />

β 2-AGONISTI ADRENERGICI 13<br />

Mario Cazzola, Maria Gabriella Matera<br />

β 2-agonisti adrenergici a breve durata d’azione 13<br />

Effetti acuti dei β 2-agonisti a breve durata d’azione nella BPCO 13<br />

Trattamento regolare della BPCO con β 2-agonisti a breve durata d’azione 14<br />

Effetti non broncodilatanti terapeuticamente utili 15<br />

Posizionamento dei β 2-agonisti a breve durata d’azione nel trattamento<br />

della BPCO 15<br />

IX<br />

Sommario


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

β 2-agonisti adrenergici a lunga durata d’azione 15<br />

Effetti acuti dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione nella BPCO 15<br />

Trattamento regolare della BPCO con β 2-agonisti a lunga durata d’azione 16<br />

Confronto fra β 2-agonisti a lunga durata d’azione e altri broncodilatatori<br />

utilizzati nella BPCO 18<br />

Effetti non broncodilatanti terapeuticamente utili 18<br />

Utilizzo dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione e comparsa di tolleranza 19<br />

Impatto dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione sul cuore 19<br />

Posizionamento dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione nel trattamento<br />

della BPCO 20<br />

Bibliografia 20<br />

ANTICOLINERGICI 22<br />

Leonardo M. Fabbri, Stefano Petruzzelli, Micaela Romagnoli<br />

Introduzione 22<br />

Razionale dell’uso degli anticolinergici nella BPCO 23<br />

I recettori muscarinici 23<br />

Farmacologia 23<br />

Ipratropio bromuro 24<br />

Ossitropio bromuro 24<br />

Effetti clinici di ipratropio bromuro e ossitropio bromuro 25<br />

Tiotropio bromuro 26<br />

Effetti clinici di tiotropio bromuro 26<br />

Anticolinergici e clearance mucociliare 27<br />

Effetti collaterali 27<br />

Bibliografia 28<br />

TEOFILLINA 31<br />

Claudio Tantucci, Enrico Boni, Mario Malerba<br />

Introduzione 31<br />

Meccanismo d’azione 31<br />

Effetti farmacologici 32<br />

Broncodilatazione 32<br />

Attività antinfiammatoria 34<br />

Effetto sulla forza dei muscoli respiratori 34<br />

Effetti cardiocircolatori 35<br />

Effetti sul sistema nervoso centrale 35<br />

Effetti sugli scambi gassosi 35<br />

Metabolismo e tossicità 35<br />

Impiego nelle riacutizzazioni 36<br />

Bibliografia 36<br />

CORTICOSTEROIDI 39<br />

Cristina E. Mapp, Pierluigi Paggiaro<br />

Presupposti anatomopatologici ed effetti biologici 39<br />

Corticosteroidi orali 42<br />

Corticosteroidi inalatori 42<br />

Effetto sui sintomi, sulla funzione polmonare e tolleranza allo sforzo 43<br />

X


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

Effetti sulle riacutizzazioni, sulla qualità di vita e mortalità 44<br />

I corticosteroidi inalatori nella storia naturale della BPCO 44<br />

Fattori predittivi della risposta ai corticosteroidi inalatori 48<br />

Indicazioni al trattamento con corticosteroidi inalatori 48<br />

Bibliografia 48<br />

TERAPIA COMBINATA BRONCODILATATORIA E CORTICOSTEROIDEA 51<br />

Mario Cazzola, Maria Gabriella Matera<br />

Terapia combinata con broncodilatatori 51<br />

Terapia combinata con β 2-agonisti e anticolinergici 51<br />

Terapia combinata con β 2-agonisti e/o anticolinergici e teofillina 54<br />

Terapia combinata con corticosteroidi e broncodilatatori 54<br />

Bibliografia 56<br />

ANTIOSSIDANTI E MUCOREGOLATORI 58<br />

Dario Olivieri, Mario Del Donno, Alessia Verduri<br />

Le sostanze antiossidanti naturali 58<br />

Le sostanze antiossidanti farmacologiche 59<br />

Ruolo in terapia e nelle linee guida dei farmaci antiossidanti 60<br />

I farmaci mucoattivi: mucoregolatori e mucolitici 60<br />

Ruolo in terapia dei farmaci mucoregolatori 61<br />

Conclusioni 61<br />

Bibliografia 62<br />

OSSIGENOTERAPIA DOMICILIARE A LUNGO TERMINE 63<br />

Ciro Rampulla, Nicola Barbarito, Enrico Clini<br />

Cos’è? 63<br />

Cosa fa? 63<br />

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine nei pazienti con BPCO 63<br />

Effetto sul circolo polmonare 64<br />

Effetti neuropsicologici 64<br />

Altri effetti fisiologici 64<br />

Effetto sulla qualità della vita 65<br />

Effetto sulla sopravvivenza 65<br />

Indicazioni cliniche dell’ossigenoterapia a lungo termine nei pazienti<br />

con BPCO 65<br />

Indicazioni assolute: ossigenoterapia domiciliare continua 65<br />

Indicazioni relative: ossigenoterapia domiciliare non continua 67<br />

Indicazioni dell’ossigenoterapia non continua durante esercizio fisico 67<br />

Indicazioni dell’ossigenoterapia non continua durante sonno 67<br />

Vie e sorgenti di somministrazione dell’ossigeno 68<br />

Compliance all’ossigenoterapia domiciliare 68<br />

Effetti indesiderati e rischi dell’ossigenoterapia a lungo termine 68<br />

Bibliografia 69<br />

VENTILAZIONE A LUNGO TERMINE 71<br />

Ciro Rampulla, Nicola Barbarito, Enrico Clini<br />

Cos’è? 71<br />

XI


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Cosa fa? 72<br />

Come lo fa? 72<br />

Indicazioni cliniche 73<br />

Bibliografia 74<br />

3.ENFISEMA DA DEFICIENZA EREDITARIA DI α 1-ANTITRIPSINA 75<br />

Maurizio Luisetti, Luciano Corda<br />

Introduzione 75<br />

Terapia convenzionale 75<br />

Terapia sostitutiva 75<br />

Conclusioni 76<br />

Bibliografia 77<br />

4.IL TRATTAMENTO DELLA BPCO IN ETÀ GERIATRICA 79<br />

Raffaele Antonelli Incalzi,Vincenzo Bellia<br />

Introduzione 79<br />

Rilevanza del problema e implicazioni gestionali 79<br />

Prevenzione della progressione della BPCO e delle sue complicanze 80<br />

Principi di terapia della BPCO riacutizzata 81<br />

Principi di terapia della BPCO stabilizzata 81<br />

Pratiche terapeutiche e problematiche gestionali particolari 83<br />

Bibliografia 83<br />

5.TERAPIA NON RESPIRATORIA NELLA BPCO 87<br />

Vittorio Grassi, Stefania Cossi, Alessandra Marengoni, Roberto Zulli<br />

Cuore polmonare cronico 87<br />

Definizione: i motivi di una controversia 87<br />

Le dimensioni del problema 88<br />

Terapia 88<br />

Conclusioni 91<br />

Aritmie cardiache 91<br />

Iperpoliglobulia 94<br />

Salasso 94<br />

Manifestazioni endocrino-metaboliche 94<br />

Ipogonadismo 94<br />

Osteoporosi 95<br />

Malnutrizione e sindrome cachettica (perdita di peso corporeo-riduzione<br />

della massa muscolare scheletrica) 95<br />

Ansia-depressione-disturbi del sonno 96<br />

Ansia e depressione 96<br />

Disturbi del sonno 97<br />

Bibliografia 97<br />

XII


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

6.TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO 99<br />

RIABILITAZIONE RESPIRATORIA 99<br />

Nicolino Ambrosino<br />

Definizioni 99<br />

Selezione dei pazienti 99<br />

Misure di “outcome” 100<br />

Prove di funzione respiratoria 100<br />

Il test da sforzo 100<br />

Dispnea 100<br />

Qualità della vita correlata alla salute (Health Related Quality of Life, HRQL) 100<br />

Risultati 100<br />

Collocazione e struttura dei PRR 101<br />

Componenti dei PRR 101<br />

Allenamento all’esercizio 101<br />

Altri interventi 101<br />

Aspetti economici 102<br />

Problemi aperti 102<br />

Conclusioni 102<br />

Bibliografia 102<br />

VENTILAZIONE MECCANICA 105<br />

Andrea Rossi, Lorenzo Appendini, Stefano Nava<br />

Ruolo della pressione positiva continua (CPAP) 105<br />

Razionale del trattamento con assistenza ventilatoria meccanica dei pazienti<br />

BPCO: l’insufficienza respiratoria ipercapnica 105<br />

Assistenza ventilatoria meccanica: ruolo della CPAP 106<br />

Pressure support ventilation (PSV) e CPAP 106<br />

Proportional assist ventilation (PAV) e CPAP 108<br />

Conclusioni 108<br />

Bibliografia 109<br />

TRATTAMENTO CHIRURGICO 110<br />

Piero Zannini, Angelo Carretta<br />

Introduzione 110<br />

Chirurgia dell’enfisema bolloso 110<br />

Indicazioni 110<br />

Risultati degli interventi per enfisema bolloso 111<br />

Chirurgia di riduzione del volume polmonare 111<br />

Selezione dei candidati 112<br />

LVRS e riabilitazione 113<br />

Note di tecnica chirurgica 114<br />

Risultati 115<br />

Trapianto polmonare 116<br />

Trattamento postoperatorio 117<br />

Risultati del trapianto polmonare 118<br />

Associazione tra LVRS e trapianto polmonare 118<br />

Conclusioni 119<br />

Bibliografia 119<br />

XIII


Trattamento


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

1. Progetto mondiale<br />

per la diagnosi, il trattamento<br />

elaprevenzione della BPCO<br />

Il Progetto mondiale broncopneumopatia cronica<br />

ostruttiva (Global Iniziative on Obstructive<br />

Lung Disease, che d’ora in poi chiameremo Progetto<br />

GOLD) è un progetto di lavoro sviluppato e<br />

portato avanti in collaborazione fra l’Organizzazione<br />

Mondiale della Sanità (OMS) e l’Istituto Statunitense<br />

per lo studio delle Malattie Polmonari,<br />

Cardiache e del Sangue (National Heart, Lung and<br />

Blood Institute, NHLBI). Il progetto è partito con<br />

la stesura del documento “Global Initiative for Chronic<br />

Obstructive Lung Disease1,2 , che d’ora in<br />

avanti citeremo come linee guida GOLD per la<br />

BPCO, documento steso da un gruppo di lavoro i<br />

cui componenti sono stati scelti dal WHO e dal<br />

NHLBI. I principali obiettivi del progetto GOLD<br />

erano e sono divulgare attraverso la natura e dimensione<br />

della malattia e sviluppare iniziative atte<br />

a contribuire a ridurne la morbilità e la mortalità,<br />

fornendo gli strumenti culturali necessari per la<br />

prevenzione e il trattamento della BPCO.<br />

Le linee guida GOLD per la BPCO si basano sullo<br />

stato attuale delle conoscenze in merito a dimensione,<br />

patogenesi e strategie di trattamento e<br />

prevenzione della BPCO. La stesura del documento<br />

è stata affidata a esperti operanti nel settore<br />

sia della ricerca di base sia della cura di pazienti<br />

affetti da BPCO. Il documento è stato poi attentamente<br />

riesaminato da singoli consulenti e da<br />

società scientifiche e fornisce quindi lo stato dell’arte<br />

al 2001 delle conoscenze sulla BPCO, a uso<br />

di specialisti in medicina respiratoria e degli altri<br />

medici interessati, e può costituire una fonte di riferimento<br />

per la produzione di documenti meno<br />

teorici e più operativi, quali per esempio la guida<br />

pratica per i medici di medicina generale, e/o più<br />

Leonardo M. Fabbri, Lorenzo Corbetta,<br />

Micaela Romagnoli<br />

3<br />

vicini e adattati a diverse realtà socio-economiche<br />

e politiche, quali i documenti utilizzabili nei paesi<br />

in via di sviluppo.<br />

La maggior parte delle linee guida GOLD per la<br />

BPCO è dedicata al trattamento clinico della BPCO<br />

già conclamata,per la quale viene proposto uno schema<br />

di trattamento che si articola in quattro punti:<br />

● valutazione e monitoraggio della patologia;<br />

● riduzione dei fattori di rischio;<br />

● trattamento della BPCO stabilizzata;<br />

● trattamento delle riacutizzazioni.<br />

Le indicazioni relative al trattamento sono in gran<br />

parte orientate alla riduzione delle manifestazioni<br />

cliniche della malattia, quali sintomi, alterazioni<br />

funzionali, e riacutizzazioni, e sono presentate in<br />

rapporto al grado di gravità della patologia, usando<br />

una semplice classificazione di gravità, al fine di<br />

facilitare l’applicazione delle opzioni terapeutiche<br />

disponibili. Ove appropriato, sono incluse raccomandazioni<br />

relative all’istruzione di pazienti e operatori<br />

sanitari.<br />

Questa scelta, tuttavia, non ha voluto mascherare la<br />

nozione più solida in campo di BPCO, che consiste<br />

nel fatto che il fumo di sigaretta è la causa in<br />

assoluto più importante della BPCO, anche se essa<br />

si sviluppa solo in una frazione di fumatori, e lascia<br />

aperto il quesito del perché solo una parte dei fumatori<br />

sviluppa la BPCO e quindi dei fattori coinvolti<br />

nella specifica suscettibilità del singolo individuo.Lo<br />

studio dei fattori di rischio responsabili dell’insorgenza<br />

della BPCO e del modo di ridurre l’esposizione<br />

a tali fattori è quindi considerato un importante<br />

campo di ricerca per i prossimi anni.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Le linee guida ribadiscono in più punti che l’unico<br />

intervento terapeutico in grado di prevenire o<br />

arrestare lo sviluppo della BPCO è non fumare o<br />

smettere di fumare, ma anche il fatto che la BPCO<br />

sia il risultato dell’errore o incoscienza di chi ne è<br />

colpito, che non si è reso conto del rischio di fumare<br />

o non ha resistito alla voglia di fumare, non<br />

deve far affrontare con minor impegno il trattamento<br />

farmacologico o riabilitativo, che si sono dimostrati<br />

in grado di migliorare la qualità di vita dei<br />

pazienti che ne sono affetti, anche se non ancora<br />

di “guarire” la malattia.<br />

Le linee guida GOLD per la BPCO sono state costruite<br />

a partire dall’analisi delle molteplici linee<br />

guida pubblicate sulla BPCO e della letteratura<br />

scientifica. Nello stendere il documento, e in particolare<br />

nelle parti relative al trattamento, i componenti<br />

del Gruppo di lavoro hanno utilizzato i<br />

criteri della “medicina basata sull’evidenza”, facendo<br />

riferimento al sistema usato dal NHLBI per assegnare<br />

livelli di evidenza (tabella 1.1).<br />

Nell’ambito del Progetto mondiale BPCO sono<br />

stati pubblicati i seguenti documenti.<br />

● Il Documento “Progetto mondiale per la diagnosi,<br />

il trattamento e la prevenzione della broncopneumopatia<br />

cronica ostruttiva”. Trattasi del<br />

documento in extenso, contenente le raccomandazioni<br />

relative ai programmi per la diagnosi,il<br />

trattamento e la prevenzione della BPCO.<br />

Nel presente capitolo tale documento verrà<br />

chiamato linee guida per la BPCO 2 .<br />

Tabella 1.1 Descrizione dei livelli di evidenza<br />

Categoria<br />

di evidenza<br />

Fonte di evidenza Definizione<br />

A Studi randomizzati, controllati<br />

(RCT). Grande quantità di dati<br />

B Studi randomizzati, controllati<br />

(RCT). Piccola quantità di dati<br />

C Studi non randomizzati<br />

Studi osservazionali<br />

4<br />

● La versione sintetica del Rapporto “Progetto<br />

mondiale per la diagnosi, il trattamento e la prevenzione<br />

della broncopneumopatia cronica<br />

ostruttiva” 1 .<br />

● La guida tascabile sul trattamento e prevenzione<br />

della BPCO, versione dedicata principalmente ai<br />

medici di medicina generale.<br />

● La guida tascabile “Ruolo del paziente e della<br />

famiglia nella BPCO: un opuscolo informativo<br />

per i pazienti e le loro famiglie”.<br />

Queste pubblicazioni, e in particolare le ultime due,<br />

sono disponibili in inglese nel sito www.goldcopd.com<br />

e in italiano nel sito www.goldbpco.it.<br />

Questi siti forniscono anche collegamenti ad altri<br />

siti relativi alla BPCO e patologie a essa correlate.<br />

I vertiginosi progressi della ricerca comportano che<br />

ogni documento di questo tipo “invecchia” molto<br />

rapidamente, il che pone il serio problema dell’aggiornamento<br />

continuo.Al fine di correggere almeno<br />

in parte questo processo di invecchiamento e di<br />

mantenere aggiornate le linee guida sulla BPCO, il<br />

progetto GOLD ha istituito una commissione<br />

scientifica che ha il compito di revisionare regolarmente<br />

la letteratura, e in particolare quella relativa<br />

al trattamento, e di aggiornare il capitolo sul<br />

trattamento ogni 2 anni. I lavori della commissione<br />

e le versioni aggiornate verranno regolarmente<br />

pubblicate e rese disponibili in versione elettronica<br />

nel sito GOLD (www.goldcopd.com).<br />

L’evidenza deriva dai risultati di RCT ben disegnati, condotti su pazienti con<br />

caratteristiche analoghe a quelle dei pazienti cui si riferiscono le<br />

raccomandazioni. La categoria A richiede un numero elevato di studi su<br />

larghe popolazioni di pazienti<br />

L’evidenza deriva dai risultati di studi prospettici che comprendono solo un<br />

numero limitato di pazienti, dall’analisi di sottogruppi e dalle metanalisi di<br />

RCT. In generale, gli studi possono definirsi di categoria B quando sono<br />

disponibili solo pochi lavori randomizzati, condotti su casistiche limitate, e/o<br />

su una popolazione diversa da quella cui si riferiscono le raccomandazioni, o<br />

da studi i cui risultati sono contrastanti<br />

L’evidenza è il risultato di studi non controllati, non randomizzati od<br />

osservazionali<br />

D Giudizio di un gruppo di esperti Questa categoria viene utilizzata laddove le indicazioni fornite siano ritenute<br />

significative, ma non adeguatamente circostanziate da una letteratura clinica<br />

che permetta di classificare tali dati in una delle altre categorie. Il consenso<br />

degli esperti si basa sull’esperienza clinica o sulla conoscenza che non<br />

soddisfa i criteri elencati nelle precedenti categorie


1. PROGETTO MONDIALE PER LA DIAGNOSI, IL TRATTAMENTO E LA PREVENZIONE DELLA BPCO<br />

Tabella 1.2 Indice del documento “Progetto mondiale per la diagnosi,<br />

il trattamento e la prevenzione della broncopneumopatia cronica<br />

ostruttiva”<br />

INTRODUZIONE<br />

CAPITOLO 1: Definizione<br />

CAPITOLO 2: Dimensione sociale ed economica della BPCO<br />

CAPITOLO 3: Fattori di rischio<br />

CAPITOLO 4: Patogenesi, anatomia patologica<br />

e fisiopatologia<br />

CAPITOLO 5: Trattamento della BPCO<br />

Introduzione<br />

Parte 1: Misura e monitoraggio della malattia<br />

Parte 2: Riduzione dei fattori di rischio<br />

Parte 3: Trattamento della BPCO stabilizzata<br />

Educazione<br />

Trattamento farmacologico<br />

Non farmacologico<br />

Parte 4: Trattamento delle riacutizzazioni<br />

CAPITOLO 6: Strategie future<br />

La pubblicazione di linee guida ha un impatto molto<br />

marginale se non è accompagnata da un parallelo<br />

programma di divulgazione e implementazione<br />

delle stesse. Per questo motivo il progetto GOLD ha<br />

istituito una “Commissione per la divulgazione” che<br />

ha il compito di sviluppare gli strumenti per divulgare<br />

e implementare le linee guida e stimolare iniziative<br />

in questo senso a livello locale.<br />

Il contenuto delle linee guida GOLD è riassunto<br />

nell’indice del documento riportato nella tabella 1.<strong>2.</strong><br />

Per ogni sezione del documento cercheremo di<br />

riassumere i messaggi principali, rimandando ai<br />

documenti originali GOLD e al contenuto dei<br />

Quaderni sulla BPCO che ospitano il presente articolo<br />

per un trattamento più dettagliato. In alcune<br />

sezioni saranno riportati anche aggiornamenti<br />

derivanti dall’analisi dei dati apparsi in letteratura<br />

negli ultimi 2 o 3 anni e non citati nelle linee guida<br />

GOLD.<br />

DEFINIZIONE<br />

La BPCO viene definita come una sindrome caratterizzata<br />

da una progressiva riduzione del flusso<br />

aereo espiratorio, per semplicità definita come<br />

ostruzione bronchiale, non completamente reversibile,né<br />

spontaneamente né con il trattamento farmacologico.<br />

Nella maggioranza dei casi l’ostruzione<br />

bronchiale si aggrava nel tempo e si associa a<br />

una risposta infiammatoria broncopolmonare causata<br />

dall’inalazione di particelle o gas tossici, in particolare<br />

il fumo di tabacco.<br />

5<br />

Questa definizione comporta un’importante restrizione<br />

di campo, in quanto limita il termine di<br />

BPCO all’ostruzione bronchiale indotta da tossici,<br />

e in particolare il fumo, escludendo tutte le altre<br />

forme di ostruzione bronchiale poco reversibile<br />

dovute per esempio a fibrosi cistica, bronchiectasie,<br />

esiti di tubercolosi e in particolare all’asma,<br />

che viene esclusa dalla definizione e dalla<br />

trattazione in queste linee guida. Questo non<br />

esclude che l’asma, altra importante malattia<br />

ostruttiva cronica del polmone che può portare a<br />

ostruzione bronchiale non reversibile, possa coesistere<br />

con la BPCO, e che anche l’asma sia associato<br />

a un’infiammazione cronica delle vie aeree,<br />

ma sottolinea che l’asma ha caratteristiche fisiopatologiche,<br />

anatomopatologiche e farmacologiche<br />

diverse dalla BPCO 2,3 .<br />

In questa distinzione fra asma e BPCO, le linee guida<br />

GOLD si differenziano dalle precedenti linee<br />

guida inglesi e statunitensi 4-6 e tengono conto delle<br />

significative differenze di basi fisiopatologiche 7-10 ,<br />

epidemiologia 11-13 e storia naturale 14,15 ,e risposta<br />

terapeutica, in particolare agli steroidi di asma e<br />

BPCO 16,17 . Le linee guida GOLD sottolineano anche<br />

che in numerosi paesi del mondo ove la tubercolosi<br />

costituisce ancora oggi un importante<br />

problema sanitario, l’ostruzione bronchiale associata<br />

a esiti di tubercolosi può costituire un difficile<br />

problema di diagnosi differenziale.<br />

La classificazione di gravità della malattia utilizzata<br />

in questo documento è basata sulla funzionalità<br />

respiratoria, e in particolare sul grado di<br />

ostruzione bronchiale misurato con il VEMS, e<br />

comprende quattro livelli di gravità (tabella 1.3)<br />

rispetto ai quali viene calibrato il trattamento iniziale.<br />

Una volta iniziato il trattamento, il livello<br />

di gravità deve tenere anche conto del trattamento<br />

in corso. La BPCO è, di solito, una malattia<br />

evolutiva, in particolare se persiste l’esposizione<br />

agli agenti tossici e in particolare il fumo,<br />

e quindi ne va ripetutamente valutata la gravità<br />

nel tempo.<br />

I sintomi caratteristici della BPCO sono la tosse,<br />

l’espettorazione e la dispnea da sforzo. La tosse cronica<br />

e l’espettorazione spesso precedono di molti<br />

anni la dispnea e la comparsa della riduzione del<br />

flusso aereo espiratorio.Tali sintomi identificano i<br />

soggetti a rischio di sviluppare la BPCO, in quanto<br />

è stato dimostrato che a parità di rischio (fumo<br />

cumulato), i fumatori sintomatici hanno una<br />

più rapida caduta di funzionalità respiratoria nel<br />

tempo 18,19 .


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Tabella 1.3 Classificazione della gravità della BPCO<br />

Livello Caratteristiche<br />

0: a rischio – Valori spirometrici normali<br />

– Sintomi cronici (tosse, espettorazione)<br />

I: lieve – VEMS/CVF < 70%<br />

– VEMS ≥ 80% del teorico<br />

– con o senza sintomi cronici<br />

(tosse, espettorazione)<br />

II: di media<br />

gravità<br />

– VEMS/CVF < 70%<br />

– 30% < VEMS > 80% del teorico<br />

(IIA: 50% ≤ VEMS < 80% del predetto,<br />

IIB: 30% ≤ VEMS < 50% del predetto)<br />

– con o senza sintomi cronici (tosse,<br />

espettorazione, dispnea)<br />

III: grave – VEMS/CVF < 70%<br />

– VEMS < 30% del teorico o VEMS < 50%<br />

del teorico + insufficienza respiratoria o<br />

scompenso cardiaco destro<br />

VEMS = volume espiratorio massimo in un secondo; CVF = capacità<br />

vitale forzata; insufficienza respiratoria: pressione parziale dell’ossigeno<br />

arterioso (PaO 2) inferiore a 8,0 kPa (60 mmHg) con o senza<br />

una pressione parziale della CO 2 (PaCO 2) maggiore di 6,7 kPa (50<br />

mmHg) a livello del mare.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

E IMPATTO SOCIO-ECONOMICO<br />

DELLA BPCO<br />

I dati relativi alla prevalenza e alla morbilità della<br />

BPCO con ogni probabilità sottostimano l’impatto<br />

sociale ed economico della malattia, poiché essa<br />

non viene di solito riconosciuta e quindi diagnosticata<br />

fino a quando non si manifesta clinicamente<br />

e non è a uno stadio avanzato 12 .<br />

Prevalenza, morbilità e mortalità della BPCO variano<br />

in modo significativo nei vari paesi del mondo.<br />

I dati disponibili dimostrano che la BPCO rappresenta,<br />

in entrambi i sessi, un importante problema<br />

sanitario, con un trend nei paesi industrializzati<br />

a colpire sempre più le donne 13,20 , che, forse per<br />

motivi genetici,tendono a sviluppare la malattia più<br />

precocemente e in maniera più grave 21 .<br />

Il sostanziale incremento dell’impatto economico e<br />

sociale della malattia previsto per i prossimi venti<br />

anni riflette in gran parte l’aumento dell’abitudine<br />

tabagica in tutto il mondo e l’aumento dell’età delle<br />

popolazioni nei paesi in via di sviluppo 22 .<br />

Le spese mediche per il trattamento della BPCO e<br />

i costi indiretti dovuti alla morbilità determinata da<br />

questa malattia possono rappresentare in tutto il<br />

6<br />

mondo un carico economico e sociale di notevole<br />

rilevanza per le società,per i servizi di sanità pubblica<br />

e privata 23 . Ciononostante, le conoscenze relative<br />

all’impatto economico determinato dalla<br />

BPCO rimangono purtroppo estremamente limitate<br />

nella maggior parte dei paesi del mondo.<br />

FATTORI DI RISCHIO<br />

I fattori di rischio per la BPCO comprendono i<br />

fattori individuali e l’esposizione ad agenti ambientali.<br />

La malattia di solito deriva dall’interazione<br />

fra questi due diversi tipi di fattori.<br />

Il fattore individuale che è meglio documentato è<br />

un raro deficit ereditario di α 1-antitripsina. Non<br />

sono stati ancora identificati altri geni coinvolti nella<br />

patogenesi della BPCO 24,25 .<br />

I principali fattori ambientali sono rappresentati dal<br />

fumo di sigaretta, da polveri in ambiente professionale,<br />

da sostanze chimiche (vapori, irritanti, fumi) e<br />

dall’inquinamento degli ambienti interni ed esterni.<br />

È importante sottolineare che le linee guida ribadiscono<br />

in questa sezione la necessità di limitare il<br />

termine BPCO ai casi di ostruzione solo parzialmente<br />

reversibile causata fa fumo o irritanti respiratori<br />

in genere.<br />

PATOGENESI, ANATOMIA<br />

PATOLOGICA E FISIOPATOLOGIA<br />

L’inalazione di inquinanti e il fumo di sigaretta causano<br />

infiammazione bronchiale e polmonare. In alcuni<br />

soggetti, tale infiammazione può indurre<br />

BPCO, in particolare nei casi nei quali normali<br />

meccanismi protettivi o di riparazione vengono sopraffatti<br />

o sono deficienti (per esempio deficit di<br />

α 1-antitripsina).<br />

La BPCO non si manifesta solo con i sintomi respiratori<br />

cronici, ma anche con episodi di riacutizzazione<br />

degli stessi che si associano a un peggioramento<br />

dell’infiammazione delle vie aeree e dei polmoni.<br />

Pur se i numerosi dati esistenti fanno ritenere che<br />

l’infiammazione giochi un ruolo importante sia<br />

nella BPCO sia nell’asma, va ribadito che il tipo di<br />

flogosi che si osserva in queste due patologie ha caratteristiche<br />

notevolmente diverse 26 . Oltre all’infiammazione,<br />

altri due importanti processi nella patogenesi<br />

della BPCO sono l’alterazione del fisiologico<br />

equilibrio del sistema proteinasi-antiproteinasi<br />

e lo stress ossidativo 25,27,28 . Le alterazioni anato-


1. PROGETTO MONDIALE PER LA DIAGNOSI, IL TRATTAMENTO E LA PREVENZIONE DELLA BPCO<br />

mo-patologiche caratteristiche della BPCO sono<br />

presenti nelle vie aeree centrali, periferiche, nel parenchima<br />

e nei vasi polmonari 26 .<br />

Le vie aeree periferiche rappresentano la regione<br />

che contribuisce maggiormente all’ostruzione delle<br />

vie aeree nella BPCO. Le alterazioni strutturali<br />

della parete bronchiale costituiscono la causa più<br />

importante di aumento delle resistenze nelle vie aeree<br />

periferiche in tale malattia.Anche l’edema della<br />

parete bronchiale e l’ipersecrezione di muco contribuiscono<br />

a tale ostruzione bronchiale. L’enfisema<br />

centrolobulare, che determina dilatazione e distruzione<br />

dei bronchioli respiratori, rappresenta la<br />

forma più frequente di enfisema nei pazienti con<br />

BPCO, anche se può coesistere in varia proporzione<br />

anche una quota di enfisema panlobulare 29 .<br />

Le alterazioni fisiologiche caratteristiche della malattia<br />

comprendono la riduzione del flusso aereo<br />

espiratorio e l’iperinflazione polmonare, l’ipersecrezione<br />

di muco, le alterazioni della funzionalità<br />

ciliare, le alterazioni degli scambi gassosi, l’ipertensione<br />

polmonare e il cuore polmonare.<br />

La distruzione parenchimale (enfisema) e il rimodellamento<br />

delle piccole vie aeree contribuiscono<br />

in proporzione variabile da caso a caso alla componente<br />

irreversibile della riduzione del flusso aereo<br />

espiratorio 29,30 . Nella BPCO in fase avanzata l’ostruzione<br />

delle piccole vie aeree, la distruzione parenchimale<br />

e le alterazioni dei vasi polmonari riducono<br />

gli scambi gassosi a livello polmonare, determinando<br />

così ipossiemia e successivamente ipercapnia<br />

31,32 . Le alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione<br />

(VA/Q) sono il principale meccanismo<br />

che determina l’ipossiemia nella BPCO, in particolare<br />

in corso di riacutizzazione 33 .L’ipertensione<br />

polmonare compare tardivamente nel corso della<br />

malattia. Essa rappresenta la più importante complicanza<br />

cardiovascolare in corso di BPCO ed è associata<br />

a una prognosi infausta 34 . La BPCO si associa<br />

a infiammazione sistemica e ad alterazioni della<br />

muscolatura scheletrica 35 che possono contribuire<br />

alla limitata tolleranza allo sforzo e al deperimento<br />

dello stato di salute e, in particolare nelle forme più<br />

gravi, si associa spesso ad altre patologie croniche 36 .<br />

TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Il trattamento della BPCO lieve o di media gravità<br />

(stadi I e II) consiste nell’evitare i fattori di rischio,<br />

al fine di prevenire la progressione della malattia,<br />

e nell’instaurare una terapia farmacologica<br />

7<br />

essenzialmente allo scopo di ridurre la sintomatologia.<br />

La malattia in fase avanzata (stadio III) richiede<br />

l’impiego di competenze specialistiche, con<br />

un approccio terapeutico individualizzato monitorato<br />

continuativamente dal medico. Oltre ai consigli<br />

del medico e alla terapia farmacologia, i pazienti<br />

con BPCO necessitano di informazioni specifiche<br />

relative alle modalità per smettere di fumare,<br />

all’allenamento fisico, all’alimentazione e alla<br />

necessità di una continua assistenza infermieristica.<br />

Questi approcci non sono necessari in tutti i<br />

pazienti e una stima del loro potenziale beneficio<br />

in ogni stadio della malattia rappresenta un aspetto<br />

fondamentale per un trattamento efficace con<br />

costi accettabili.<br />

Un efficace schema di trattamento della BPCO si<br />

articola in quattro punti:<br />

● valutazione e monitoraggio della patologia;<br />

● riduzione dei fattori di rischio;<br />

● trattamento della BPCO stabilizzata;<br />

● trattamento delle riacutizzazioni.<br />

La prevenzione della malattia dovrebbe costituire<br />

l’obiettivo più importante. Tuttavia, una volta che<br />

la malattia si è sviluppata e viene diagnosticata e<br />

studiata, gli obiettivi più importanti di una strategia<br />

terapeutica della BPCO comprendono:<br />

● prevenzione dell’evoluzione della malattia;<br />

● miglioramento della sintomatologia;<br />

● miglioramento della tolleranza allo sforzo;<br />

● miglioramento dello stato di salute;<br />

● prevenzione e trattamento delle complicanze;<br />

● prevenzione e trattamento delle riacutizzazioni;<br />

● prevenzione della mortalità.<br />

Questi obiettivi dovrebbero essere raggiunti con<br />

una trascurabile incidenza degli effetti collaterali<br />

delle terapie, cosa che rappresenta una sfida particolarmente<br />

importante nei pazienti con BPCO,<br />

data la frequente comorbilità della stessa. Gli obiettivi<br />

variano in rapporto alla condizione dei singoli<br />

individui e alcune terapie produrranno effetti<br />

estesi a più aree di intervento. Nella scelta di un<br />

programma di trattamento dovranno essere considerati<br />

i benefici e i rischi individuali e i costi, diretti<br />

e indiretti, per il paziente, la sua famiglia e la<br />

comunità.<br />

I pazienti con BPCO dovrebbero essere individuati<br />

il più precocemente possibile, e certamente prima<br />

dello stadio terminale, quando l’invalidità è sostanziale<br />

e i margini di intervento minimi.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Purtroppo non è ancora chiaro l’effetto di sottoporre<br />

un’intera popolazione a esame spirometrico<br />

o dell’esecuzione di tale test solo nei fumatori. Sarebbe<br />

sufficiente, in un quadro di medicina preventiva,<br />

insegnare ai pazienti e ai medici a prendere<br />

atto e quindi a imparare a riconoscere che la tosse,<br />

l’espettorazione e specialmente la dispnea non<br />

sono sintomi benigni e aspecifici dovuti al fumo,<br />

ma che possono rappresentare un importante segnale<br />

d’allarme della presenza di BPCO.<br />

Nella BPCO non è normalmente possibile ridurre<br />

la terapia una volta raggiunto il controllo della<br />

sintomatologia. Il peggioramento della meccanica<br />

polmonare richiede la somministrazione progressiva<br />

di più terapie, sia farmacologiche sia di altra natura<br />

(per esempio riabilitazione), per limitare l’evoluzione<br />

sfavorevole di tali alterazioni. Le riacutizzazioni<br />

della sintomatologia caratteristica della<br />

BPCO peggiorano sia la qualità di vita sia lo stato<br />

di salute dei pazienti. Si dovrebbero pertanto istituire,<br />

appena possibile, adeguati trattamenti e accorgimenti<br />

per prevenire ulteriori riacutizzazioni.<br />

Esistono significative differenze internazionali relative<br />

alle modalità di trattare le <strong>malattie</strong> croniche,<br />

quali la BPCO, così come nell’accettare particolari<br />

forme di terapia. Differenze etniche del metabolismo<br />

dei farmaci, specialmente quando assunti<br />

per via orale, possono comportare scelte differenti<br />

da parte di pazienti a questo fattore e/o alle condizioni<br />

socio-economiche, considerando che alcuni<br />

farmaci (per esempio teofilline e steroidi orali)<br />

sono enormemente meno costosi di altri (nuovi<br />

steroidi o broncodilatatori).<br />

VALUTAZIONE<br />

E MONITORAGGIO<br />

DELLA MALATTIA<br />

La diagnosi di BPCO si basa sulla storia di esposizione<br />

a fattori di rischio e sulla presenza di una<br />

riduzione del flusso aereo espiratorio non completamente<br />

reversibile, con o senza la presenza di<br />

sintomi. Tutti i soggetti che presentano tosse ed<br />

escreato cronici e una storia di esposizione a fattori<br />

di rischio (fumo o altri) dovrebbero essere sottoposti<br />

a prove funzionali respiratorie per valutare<br />

la presenza di una riduzione del flusso aereo espiratorio,<br />

anche se non riferiscono dispnea. Considerando<br />

che la spirometria rappresenta lo strumento<br />

meglio standardizzato,riproducibile e obiet-<br />

8<br />

tivo per misurare la riduzione del flusso aereo espiratorio,<br />

esso costituisce il test di riferimento nella<br />

diagnosi e nella valutazione di gravità della BPCO.<br />

Un rapporto VEMS/CVF


1. PROGETTO MONDIALE PER LA DIAGNOSI, IL TRATTAMENTO E LA PREVENZIONE DELLA BPCO<br />

Pur se nessun trattamento farmacologico della<br />

BPCO si è dimostrato in grado di prevenire l’evoluzione<br />

dell’ostruzione bronchiale, la terapia farmacologica<br />

è in grado di migliorare i sintomi e/o<br />

ridurre le complicanze della malattia, e migliorare<br />

la qualità di vita di questi pazienti.<br />

Nel trattamento della BPCO, i broncodilatatori<br />

costituiscono i farmaci più efficaci, sia al bisogno<br />

per rimuovere i sintomi acuti, sia di fondo per tenere<br />

sotto controllo i sintomi e/o le riacutizzazioni<br />

10,40-42 .I principali farmaci broncodilatatori<br />

sono i β 2-agonisti, gli anticolinergici, la teofillina,<br />

che possono essere somministrati in combinazione<br />

se necessario. Diversamente dall’asma, nella<br />

BPCO il trattamento regolare con corticosteroidi<br />

inalatori si è dimostrato meno utile 43 ,fatta eccezione<br />

per i pazienti che rimangono sintomatici dopo<br />

piene dosi di broncodilatatori e nei gravi con<br />

ripetute riacutizzazioni 44,45 . Al contrario, viene<br />

sconsigliato l’uso di fondo degli steroidi sistemici,<br />

una volta molto usati, in quanto gli effetti collaterali<br />

superano i minimi vantaggi che portano. Come<br />

sotto riportato, invece, gli steroidi sistemici sono<br />

indispensabili nelle riacutizzazioni gravi ove<br />

vengono combinati con alte dosi di broncodilatatori<br />

inalatori 46 .<br />

Nei pazienti di qualsiasi livello di gravità l’allenamento<br />

fisico e la riabilitazione motoria in genere<br />

costituiscono una parte importante della strategia<br />

complessiva del trattamento, in quanto migliorano<br />

la tolleranza allo sforzo, la dispnea e la fatica.<br />

Limitatamente ai più gravi, affetti da insufficienza<br />

respiratoria cronica, l’ossigenoterapia a lungo termine<br />

(>15 ore al giorno) costituisce un’utile aggiunta<br />

alla terapia farmacologica,in grado sia di migliorare<br />

il quadro clinico sia di aumentare la sopravvivenza<br />

di questi pazienti.<br />

TRATTAMENTO<br />

DELLE RIACUTIZZAZIONI<br />

Le riacutizzazioni di BPCO, che si manifestano con<br />

ricorrenti riacutizzazioni dei sintomi respiratori<br />

e/o aumento o purulenza dell’espettorato, costituiscono<br />

un aspetto molto importante del quadro clinico<br />

della BPCO, perché oltre ad affliggere il malato,<br />

portano a un elevato numero di consulenze<br />

mediche, di pronto soccorso e ricovero 47 . Le più<br />

frequenti cause di riacutizzazione sono le infezioni<br />

dell’albero tracheo-bronchiale e l’inquinamento<br />

9<br />

ambientale; tuttavia, la causa di circa un terzo delle<br />

riacutizzazioni gravi non viene identificata 48 .<br />

La terapia delle riacutizzazioni è costituita dall’uso<br />

di broncodilatatori a rapida azione somministrati<br />

per via inalatoria, in particolare i β 2-agonisti<br />

e/o gli anticolinergici e teofillina, combinati ove<br />

necessario con steroidi sistemici, preferibilmente<br />

somministrati per via orale. Le riacutizzazioni di<br />

BPCO con segni clinici di infezione bronchiale<br />

(aumento del volume e viraggio del colore dell’escreato<br />

e/o febbre) vengono trattate anche con antibiotici<br />

49 .<br />

Nelle riacutizzazioni gravi, la ventilazione meccanica<br />

non invasiva a pressione positiva (NIPPV) migliora<br />

i gas ematici e il pH, riduce la mortalità, riduce<br />

la necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica<br />

invasiva e riduce i tempi della degenza ospedaliera,<br />

ed è quindi entrata a far parte della strategia<br />

terapeutica di questi pazienti 50,51 .<br />

CONCLUSIONI<br />

In conclusione, le linee guida contengono un’aggiornata<br />

revisione delle evidenze disponibili sulla<br />

BPCO e forniscono indicazioni generali il più possibile<br />

basate sulle evidenze reperite. Tali indicazioni<br />

hanno valenza generale, il che significa in tutti i paesi<br />

del mondo e in tutti i pazienti, e quindi vanno<br />

adattate, nelle loro linee generali, alle condizioni epidemiologiche,<br />

culturali e socio-economiche locali e,<br />

a livello individuale,devono tener conto della diversa<br />

risposta del singolo ai fattori di rischio, della diversa<br />

base fisiopatologia e anatomopatologica e della diversa<br />

sensibilità ai trattamenti. Premesso questo, le linee<br />

guida,e in particolare le linee guida GOLD,hanno<br />

rappresentato e rappresentano un fondamentale<br />

e autorevole punto di riferimento comune che già<br />

ha avuto un impatto importante a livello mondiale,<br />

se non altro per stimolare l’interesse pubblico a questo<br />

importante capitolo della patologia umana.<br />

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I QUADERNI DELLA BPCO<br />

<strong>2.</strong> Trattamento farmacologico<br />

della BPCO<br />

Broncodilatatori<br />

Mario Cazzola, Leonardo M. Fabbri, Claudio Tantucci, Enrico Boni,<br />

Mario Malerba, Maria Gabriella Matera, Stefano Petruzzelli, Micaela Romagnoli<br />

β 2-agonisti adrenergici<br />

Mario Cazzola, Maria Gabriella Matera<br />

Negli ultimi trent’anni, i β2-agonisti adrenergici<br />

hanno acquisito presso la classe medica un<br />

sempre maggiore credito quali utili presidi nella terapia<br />

della BPCO perché provocano broncodilatazione<br />

e sono generalmente ben tollerati. Inoltre, essi<br />

riducono la dispnea, aumentano la capacità di<br />

svolgere uno sforzo fisico e migliorano la qualità<br />

della vita. Questi effetti terapeutici compaiono anche<br />

nei soggetti anziani1 e anche in assenza di rilevanti<br />

modifiche degli indici funzionali polmonari.<br />

I β2-agonisti inducono il proprio effetto mediante<br />

l’attivazione di un complicato meccanismo di transduzione<strong>2.</strong><br />

Essi, legandosi ai recettori β-adrenergici,<br />

promuovono una modificazione conformazionale<br />

di questi recettori. Ciò porta all’attivazione<br />

della proteina Gs con dissociazione dell’eterodimero<br />

β dalla subunità α associata al recettore. Inoltre,<br />

il GDP legato alla subunità α si separa da essa, il<br />

che consente il successivo legame del GTP a questa<br />

proteina. Il complesso α-GTP, a sua volta, interagisce<br />

con l’adenilciclasi e determina un aumento<br />

dei livelli dell’AMP ciclico intracellulare. L’AMP<br />

ciclico attiva la proteina chinasi A, che fosforilizza<br />

diverse proteine bersaglio nell’interno della cellula<br />

e causa il rilasciamento della muscolatura liscia. La<br />

GTPasi della subunità α trasforma il GTP legato in<br />

GDP, consentendo, in tal modo, il perpetuarsi di<br />

questo meccanismo di transduzione.<br />

13<br />

Generalmente, la somministrazione per via inalatoria<br />

dei β 2-agonisti è preferita a quella orale a causa<br />

del rilascio del farmaco direttamente nei polmoni,<br />

che sono il suo organo bersaglio. Ciò comporta migliori<br />

risultati spirometrici e maggiore tollerabilità.<br />

In base alla durata dell’azione broncodilatante, i β 2agonisti<br />

adrenergici sono distinti in agenti a breve<br />

durata d’azione e in quelli a lunga durata d’azione.<br />

Β 2-AGONISTI ADRENERGICI<br />

A BREVE DURATA D’AZIONE<br />

I β 2-agonisti adrenergici a breve durata d’azione<br />

(metaproterenolo, salbutamolo, fenoterolo, terbutalina<br />

ecc.) inducono una rapida broncodilatazione<br />

che insorge entro pochi minuti, è massima dopo<br />

15-20 minuti e dura in media 4-6 ore.<br />

Effetti acuti dei β 2-agonisti a<br />

breve durata d’azione nella BPCO<br />

L’effetto broncodilatante nei pazienti affetti da BPCO<br />

si manifesta in genere con modifiche del FEV 1 di<br />

modesta entità e, spesso, comprese nel range della<br />

variabilità naturale di quest’indice funzionale 3-5.<br />

Tuttavia, quando esso è valutato utilizzando i volumi<br />

piuttosto che i flussi polmonari, è possibile rilevare<br />

una risposta in circa il 75% dei pazienti, inclusi<br />

molti soggetti con un quadro funzionale ol-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

tremodo alterato 6. La capacità inspiratoria può, per<br />

esempio, essere un indice funzionale più sensibile<br />

del FEV 1 nel segnalare la presenza di una risposta<br />

broncodilatatrice in questo tipo di pazienti 7 e il suo<br />

incremento è spesso associato con il miglioramento<br />

della sintomatologia.<br />

Nei pazienti con BPCO vi è un’ampia variazione<br />

di risposta ai β 2-agonisti, così come agli altri broncodilatatori<br />

8.Per questo motivo, le dosi convenzionali<br />

di questi farmaci potrebbero a volte essere<br />

troppo basse e, perciò, incapaci di indurre broncolisi.<br />

In effetti, è stato documentato che bronchitici<br />

cronici ostruiti non responsivi a 200 µg di salbutamolo<br />

per via aerosolica presentano una certa broncodilatazione<br />

quando la dose del farmaco è aumentata<br />

gradualmente 9. In genere, il momento in<br />

cui compare la risposta massima al β 2-agonista è ritardato<br />

rispetto a quanto si osserva nei soggetti<br />

asmatici, ma il conseguimento dell’80% della risposta<br />

massima è abbastanza rapido e, comunque,<br />

solo una minoranza di pazienti necessita di una dose<br />

elevata di salbutamolo 10.<br />

Malauguratamente, non è sempre possibile appurare<br />

l’esistenza di una correlazione positiva fra la dose<br />

somministrata e la grandezza della risposta 11.Le<br />

dosi convenzionali, che sono relativamente basse,<br />

sembrano, comunque, essere quelle più adeguate<br />

nella BPCO stabile. Se è vero, infatti, che oltre il<br />

50% dell’incremento medio del FEV 1 è ottenibile<br />

con 400 µg di salbutamolo o 1.000 µg di terbutalina<br />

e che l’aumento della dose può elevare ulteriormente<br />

i valori del FEV 1,è anche vero che il<br />

beneficio addizionale è realmente modesto e limitato<br />

a una minoranza di pazienti 1<strong>2.</strong> I dati disponi-<br />

Figura <strong>2.</strong>1<br />

Modifiche della funzione polmonare<br />

rispetto ai valori basali indotte<br />

da tre mesi di terapia con<br />

ipratropio o un β 2-agonista 16.<br />

ml<br />

150<br />

130<br />

110<br />

90<br />

70<br />

50<br />

30<br />

10<br />

-10<br />

FEV 1<br />

14<br />

bili suggeriscono che la somministrazione regolare<br />

di quantità di farmaco superiori a quelle equivalenti<br />

a 200 µg di salbutamolo quattro volte al giorno<br />

inducono, forse, solo un minimo beneficio in<br />

termini di stato funzionale, dispnea o qualità della<br />

vita 13. Inoltre, dosi elevate di β 2-agonisti possono<br />

causare effetti indesiderati quali tremore, tachicardia<br />

e ipopotassiemia 14.<br />

Trattamento regolare<br />

della BPCO con β 2-agonisti<br />

abreve durata d’azione<br />

La maggioranza degli studi che hanno valutato l’efficacia<br />

dei β 2-agonisti a breve durata d’azione nei<br />

pazienti con BPCO è stata effettuata utilizzando<br />

terbutalina o salbutamolo 15. Il limite di tali studi è<br />

rappresentato dalla loro durata, che è stata sempre<br />

di poche settimane al massimo, il che non ha consentito<br />

di stabilire il reale impatto di questi farmaci<br />

nel decorso della BPCO. Ciò nondimeno, l’analisi<br />

dei dati presenti in letteratura sembra indicare<br />

che l’assunzione regolare di un β 2-agonista a breve<br />

durata d’azione abbia un modesto effetto sulla<br />

funzione polmonare basale e possa, addirittura, diminuire<br />

la risposta broncodilatatrice acuta 16 (figura<br />

<strong>2.</strong>1).Tuttavia, non sempre ciò è vero. È stato infatti<br />

documentato non solo che quattro settimane<br />

di trattamento con alte dosi di terbutalina (<strong>2.</strong>000<br />

µg quattro volte al giorno) non hanno modificato<br />

la capacità broncodilatante di questo farmaco in pazienti<br />

affetti da BPCO 17, ma anche che, contraria-<br />

FVC<br />

Ipratropio<br />

β 2 -agonista


mente a quanto avviene nell’asma, la sospensione<br />

improvvisa di un trattamento regolare con basse, e<br />

anche con alte, dosi di terbutalina non causa broncocostrizione<br />

o aumento di rimbalzo della responsività<br />

delle vie aeree nei pazienti affetti da BPCO 18.<br />

La somministrazione regolare di un farmaco anticolinergico<br />

è potenzialmente più utile di quella di<br />

un β 2-agonista a breve durata d’azione giacché essa,<br />

contrariamente a quanto riportato per i β 2-agonisti,<br />

è associata con un miglioramento della funzione<br />

polmonare e, forse, con un innalzamento della<br />

risposta broncodilatatrice acuta 16.Però, apparentemente,<br />

i β 2-agonisti a breve durata d’azione sono<br />

più efficaci degli anticolinergici nel migliorare la<br />

capacità allo sforzo e a ridurre la dispnea 19, anche<br />

se non tutti gli studi portano a questa conclusione<br />

20. In effetti, i β 2-agonisti a breve durata d’azione<br />

dopo somministrazione acuta sono capaci di migliorare<br />

la capacità di svolgere un esercizio fisico 20.<br />

Sfortunatamente, però, questa capacità può essere<br />

persa anche dopo un trattamento regolare breve 21.<br />

Effetti non broncodilatanti<br />

terapeuticamente utili<br />

L’utilizzo dei β 2-agonisti nella BPCO trova la sua<br />

giustificazione anche nelle azioni respiratorie non<br />

broncodilatatrici di questi farmaci, quali l’aumento<br />

della clearance mucociliare, la vasodilatazione polmonare<br />

e la riduzione della neurotrasmissione delle<br />

fibre colinergiche, nonché in quelle extrarespiratorie<br />

quali l’aumento della portata cardiaca, la diminuzione<br />

della pressione arteriosa diastolica e l’incremento<br />

della contrattilità del diaframma, tutte attività<br />

che servono a modificare o a supportare condizioni<br />

o funzioni che sono compromesse nel bronchitico<br />

cronico ostruito 2<strong>2.</strong><br />

Posizionamento dei β 2-agonisti<br />

abreve durata d’azione<br />

nel trattamento della BPCO<br />

Le linee guida per il trattamento dei pazienti con<br />

BPCO offrono varie raccomandazioni sull’uso dei<br />

β 2-agonisti a breve durata d’azione. L’American<br />

Thoracic Society (ATS) propone che i pazienti con<br />

BPCO da lieve a moderata ricevano ipratropio bromuro<br />

più un β 2-agonista selettivo, da assumere sia<br />

al bisogno sia su base regolare (1-4 puff quattro vol-<br />

15<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

te al giorno) 23. La Canadian Thoracic Society ritiene<br />

che, benché 2 puff di un β 2-agonista assunto<br />

quattro volte al giorno mediante una bomboletta<br />

pressurizzata predosata rappresentino l’abituale trattamento<br />

iniziale della BPCO, un beneficio maggiore<br />

potrebbe essere ottenuto se i pazienti inalassero 4-6<br />

puff durante ciascuna assunzione del farmaco 24. La<br />

British Thoracic Society (BTS) raccomanda l’uso dei<br />

β 2-agonisti a breve durata d’azione al bisogno 25 e rileva<br />

anche che, sebbene vi sia una qualche documentazione<br />

di un effetto negativo indotto dall’assunzione<br />

regolare di un β 2-agonista, l’evidenza non<br />

è tanto forte da sconsigliare tale pratica terapeutica.<br />

β 2-AGONISTI ADRENERGICI<br />

A LUNGA DURATA D’AZIONE<br />

In quest’ultimo decennio è stata sviluppata anche<br />

una versione di β 2-agonisti a lunga durata d’azione<br />

(formoterolo, salmeterolo), che sta sempre più<br />

assumendo un ruolo primario nel trattamento della<br />

BPCO, così com’è riconosciuto anche dalle recentissime<br />

linee guida GOLD 26, perché sia formoterolo<br />

sia salmeterolo appaiono essere più efficaci<br />

dei β 2-agonisti a breve durata d’azione in questa<br />

patologia.<br />

Effetti acuti dei β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione nella BPCO<br />

Salmeterolo, alla dose di 50 µg, e formoterolo, a<br />

quelle di 12 e 24 µg, inducono una vantaggiosa<br />

broncodilatazione che si protrae nel tempo (almeno<br />

12 ore) nei pazienti affetti da BPCO con ostruzione<br />

bronchiale parzialmente reversibile 27,28 (figura<br />

<strong>2.</strong>2). Formoterolo può addirittura causare una<br />

rapida e prolungata riduzione delle resistenze delle<br />

vie aeree in pazienti con BPCO apparentemente<br />

poco reversibile alla dose di soli 6 µg erogati mediante<br />

Turbohaler 29.<br />

Gli studi che hanno confrontato gli effetti acuti di<br />

questi due β 2-agonisti a lunga durata d’azione non<br />

consentono di diversificarli in maniera significativa,<br />

per quanto, apparentemente, formoterolo 12 µg<br />

sembra più attivo nei pazienti con BPCO da lieve<br />

a moderata e salmeterolo 50 µg in quella severa 28,30.<br />

La sostanziale differenza fra formoterolo e salmeterolo<br />

risiede nella radipidà d’insorgenza dell’azione<br />

broncodilatante. Infatti, dopo l’assunzione di for-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Figura <strong>2.</strong>2<br />

Modifiche percentuali del FEV 1 in 16<br />

pazienti con BPCO parzialmente reversibile<br />

dopo inalazione di placebo, salbutamolo<br />

200 µg (SB), salmeterolo 50<br />

µg (SLM), o formoterolo 24 µg (F) 28.<br />

150<br />

140<br />

130<br />

120<br />

110<br />

100<br />

moterolo, l’effetto broncodilatatore si manifesta in<br />

2-3 minuti, così come si osserva dopo l’inalazione<br />

di 200 µg di salbutamolo 31, mentre dopo l’inalazione<br />

di salmeterolo esso compare più lentamente<br />

28,29. Questo comportamento, però, non è sempre<br />

costante. In uno studio che ha confrontato salbutamolo,<br />

salmeterolo e formoterolo in 16 pazienti<br />

con BPCO in fase di stabilità clinica, la rapidità<br />

d’azione, stimata come il tempo necessario per ottenere<br />

un miglioramento del FEV 1 di almeno il<br />

15% rispetto al valore basale, è stata maggiore con<br />

salbutamolo (4 minuti), mentre i tempi medi per<br />

salmeterolo e formoterolo sono risultati simili (rispettivamente<br />

10 minuti e 11 minuti) 27.Tuttavia, in<br />

9 pazienti l’insorgenza d’azione è stata più rapida<br />

dopo formoterolo che dopo salmeterolo e in soli<br />

5 altri pazienti salmeterolo è risultato più rapido di<br />

formoterolo.<br />

Un’altra differenza farmacologia fra salmeterolo e<br />

formoterolo risiede nella diversità della loro efficacia<br />

intrinseca 32, la quale è bassa per salmeterolo, che è<br />

un debole agonista parziale con un’efficacia intrinseca<br />

minore del 20% rispetto all’epinefrina, e relativamente<br />

alta per formoterolo. Le implicazioni cliniche<br />

di questa differenza nel trattamento cronico non<br />

sono ancora chiare. Ci si potrebbe attendere, in ogni<br />

caso, che i pazienti più gravi possano mostrare una<br />

risposta maggiore a formoterolo, mentre i pazienti<br />

con problematiche legate agli effetti collaterali dovrebbero<br />

trarre maggior beneficio da salmeterolo.<br />

Sebbene le linee guida della BTS suggeriscano di limitare<br />

l’uso dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione<br />

ai pazienti con BPCO che dimostrano una risposta<br />

broncodilatatrice dopo l’assunzione di un β 2-agoni-<br />

Percentuale<br />

0 120 240 360 480 600 720<br />

Minuti<br />

16<br />

Placebo SB SLM F<br />

sta a breve durata d’azione 25,è stato dimostrato che<br />

broncopneumopatici cronici ostruiti che non manifestano<br />

una risposta immediata a salbutamolo possono<br />

ancora beneficiare dell’azione di un β 2-agonista<br />

a lunga durata d’azione, sia formoterolo sia salmeterolo,grazie<br />

a una risposta massimale spostata nel<br />

tempo 33. La mancata correlazione fra la risposta immediata<br />

a un β 2-agonista a breve durata d’azione e<br />

la risposta massimale a un β 2-agonista a lunga durata<br />

d’azione può riflettere in alcuni pazienti la scarsa<br />

riproducibilità dei test di reversibilità. In ogni modo,<br />

un recente ampio studio, nel quale sono stati arruolati<br />

pazienti sia responsivi sia non responsivi a salbutamolo,<br />

ha documentato che, sebbene i soggetti<br />

non responsivi rispondessero ugualmente a questo<br />

β 2-agonista a breve durata d’azione, gli individui responsivi<br />

erano quelli che traevano il maggior beneficio<br />

da un trattamento regolare con salmeterolo 34.<br />

Dopo somministrazione acuta, i β 2-agonisti a lunga<br />

durata d’azione aumentano altresì la capacità di<br />

eseguire uno sforzo fisico da parte del paziente con<br />

BPCO in quanto controllano l’aggravamento dell’iperinflazione<br />

polmonare e, conseguentemente,<br />

quello della dispnea,che accompagnano sempre uno<br />

sforzo fisico anche non marcato in tali soggetti 35.<br />

Trattamento regolare<br />

della BPCO con β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione<br />

Diversi studi hanno documentato la validità del<br />

trattamento protratto con i β 2-agonisti a lunga du-


ata d’azione nella BPCO 34,36-39. Essi hanno permesso<br />

di evidenziare una maggiore efficacia di questi<br />

broncodilatatori rispetto ai β 2-agonisti a breve<br />

durata d’azione.Il trattamento regolare della BPCO<br />

con formoterolo 38 o con salmeterolo 34 può indurre<br />

un significativo miglioramento della funzione respiratoria<br />

anche nei soggetti definiti non reversibili<br />

in seguito a test di broncoreversibilità. Ciò non<br />

meraviglia, perché nei pazienti con BPCO tale test<br />

serve a identificare il gruppo di soggetti che può<br />

rispondere meglio alla terapia regolare, ma non a<br />

definire quale sia il miglior farmaco per ciascun paziente<br />

né a predire l’esito del trattamento.<br />

Trattamenti di molti mesi, addirittura di anni, con<br />

formoterolo alla dose di 12 µg due volte al giorno<br />

inducono un significativo miglioramento della<br />

funzione polmonare stimato sia con un aumento<br />

del FEV 1 sia con una caduta delle resistenze delle<br />

vie aeree 40.Tale miglioramento non sembra essere<br />

condizionato dalla dose di formoterolo; infatti, il<br />

raddoppio della dose a 24 µg due volte al giorno<br />

apparentemente non induce un significativo ulteriore<br />

beneficio 38. In ogni caso, formoterolo alla dose<br />

di 12 µg due volte al giorno causa miglioramenti<br />

dei valori del PEF del mattino e della sera<br />

che sono sempre significativamente maggiori di<br />

quelli indotti da salbutamolo, anche quando quest’ultimo<br />

è inalato alla dose di 400 µg quattro volte<br />

al giorno 41. In più, formoterolo riduce il bisogno<br />

di ricorrere all’assunzione supplementare di un<br />

β 2-agonista a breve durata d’azione per il controllo<br />

dei sintomi ed è nettamente preferito a salbutamolo<br />

dai pazienti, cosa questa molto importante<br />

quando si considera la loro reale volontà di aderi-<br />

Modifiche nel punteggio<br />

0<br />

-1<br />

-2<br />

-3<br />

-4<br />

-5<br />

-6<br />

-7<br />

-8<br />

Placebo S 50 µg S 100 µg<br />

Soglia del cambiamento<br />

clinicamente significativo<br />

17<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

re alla cura. Un trattamento di 12 settimane con<br />

formoterolo 12 o 24 µg due volte al giorno ha indotto<br />

un netto miglioramento della qualità della<br />

vita 38. Questo effetto benefico è stato maggiore<br />

con la dose inferiore. In un altro studio in cui formoterolo<br />

è stato somministrato mediante Turbohaler<br />

alla dose di 6, 12 o 24 µg due volte al giorno<br />

per 12 settimane a pazienti con BPCO, è stato<br />

notato che solo alle due dosi maggiori formoterolo<br />

riduceva i sintomi e aumentava il numero di<br />

giorni liberi da sintomi e questo in maniera dosedipendente<br />

40.Tuttavia, questo broncodilatatore migliorava<br />

la funzione polmonare anche alla dose di<br />

6 µg due volte al giorno 40.<br />

Anche salmeterolo induce un miglioramento della<br />

funzione respiratoria e dei sintomi e diminuisce l’uso<br />

di broncodilatatori al bisogno quando è assunto<br />

regolarmente 34,36,37. Esso migliora altresì la qualità<br />

della vita dei pazienti trattati 42 (figura <strong>2.</strong>3). La dose<br />

consigliabile è quella di 50 µg due volte al giorno<br />

perché l’aumento della posologia a 100 µg due<br />

volte al giorno non solo non incrementa la funzione<br />

respiratoria, ma addirittura induce un maggior<br />

numero di eventi indesiderati che rendono il<br />

trattamento non gradito ai pazienti 36.<br />

Sfortunatamente, non vi sono in letteratura solidi<br />

studi che abbiano confrontato formoterolo e salmeterolo<br />

nel trattamento regolare della BPCO stabile.<br />

Un trial che ha coinvolto pazienti con ostruzione<br />

cronica bronchiale parzialmente reversibile,<br />

ma in cui non è stata posta diagnosi di BPCO, suggerisce,<br />

comunque, che formoterolo 12 µg due volte<br />

al giorno e salmeterolo 50 µg due volte al giorno<br />

sono equivalenti in efficacia e sicurezza 43.<br />

Figura <strong>2.</strong>3<br />

Modifiche nel punteggio del St.George’s<br />

Respiratory Questionnaire dopo<br />

16 settimane di trattamento con salmeterolo<br />

(S) 50 µg due volte al giorno,<br />

salmeterolo 100 µg due volte al<br />

giorno o placebo. Punteggio totale su<br />

16 settimane. Una riduzione nel<br />

punteggio indica un miglioramento<br />

delle condizioni di salute 4<strong>2.</strong>


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Confronto fra β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione<br />

e altri broncodilatatori<br />

utilizzati nella BPCO<br />

Diversi studi hanno confrontato l’attività dei β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione con quella di agenti delle<br />

altre classi di broncodilatatori allo scopo di definirne<br />

il reale ruolo nel trattamento della BPCO. In<br />

particolare, è stata confrontata l’efficacia terapeutica<br />

di formoterolo o salmeterolo e ipratropio bromuro.<br />

Matera et al. 44 hanno comparato l’efficacia broncodilatante<br />

per 12 ore dopo somministrazione acuta di<br />

ipratropio con quella di salmeterolo in 16 pazienti<br />

con BPCO e hanno notato che l’AUC 0-12h FEV 1 di<br />

salmeterolo era nettamente maggiore di quella di<br />

ipratropio, ma la differenza era significativa soltanto<br />

fra la quarta e la dodicesima ora.Va precisato, però,<br />

che in questo studio ipratropio è stato somministrato<br />

solo una volta di mattino, il che è meno della dose<br />

raccomandata di quattro volte al giorno. In ogni<br />

modo, Patakas et al. 45 hanno riferito che salmeterolo,<br />

se dato a dose convenzionale di 50 µg, induce incremento<br />

della funzione polmonare e riduzione della<br />

desaturazione dell’ossiemoglobina nel postesercizio<br />

e della dispnea simili a quelli osservati dopo inalazione<br />

di 120 µg di ipratropio bromuro.<br />

La maggiore efficacia di salmeterolo è stata documentata<br />

anche da Mahler et al. 37, che hanno comparato<br />

ipratropio e salmeterolo in un ampio studio<br />

che ha coinvolto 411 pazienti con BPCO. Dopo<br />

12 settimane, entrambi i trattamenti hanno indotto<br />

incrementi del FEV 1 similari, ma la AUC 0-12h<br />

FEV 1 di salmeterolo è risultata nettamente più ampia.<br />

Ipratropio è stato somministrato due volte durante<br />

il periodo d’osservazione di 12 ore e la superiorità<br />

nell’AUC è risultata dipendere dalle differenze<br />

significative registrate fra la quarta e la sesta<br />

ora.Tuttavia, un recente ampio trial che ha comparato<br />

ipratropio a salmeterolo ha dimostrato che<br />

entrambi i farmaci presentavano un’AUC 0-12h simile<br />

sia per FEV 1 sia per FVC 34. Anche formoterolo,<br />

alla dose sia di 12 sia di 24 µg, si è dimostrato<br />

migliore di ipratropio alla dose di 40 µg ogni 6<br />

ore al termine di 12 settimane di trattamento, con<br />

miglioramenti del FEV 1 indotti da formoterolo 12<br />

µg che eccedevano quelli provocati da ipratropio di<br />

almeno 120 ml a 5, 15 e 30 minuti, 1, 2, 4 e 5 ore<br />

dopo l’assunzione dell’ultima dose del farmaco in<br />

studio 38. Ugualmente, dodici settimane di tratta-<br />

18<br />

mento con formoterolo 24 µg due volte al giorno,<br />

somministrati mediate Turbohaler, hanno indotto<br />

un miglioramento della funzione respiratoria e dei<br />

sintomi da BPCO maggiore di quello ottenuto con<br />

ipratropio bromuro alla dose di 80 µg somministrati<br />

tre volte al giorno mediante bomboletta pressurizzata<br />

predosata (modifiche del FEV 1: formoterolo<br />

+13% e ipratropio +7%) 46. Apparentemente, dunque,<br />

l’azione broncodilatante dei β 2-agonisti a lunga<br />

durata d’azione nei pazienti affetti da BPCO è<br />

migliore di quella degli anticolinergici. Quando,<br />

però, salmeterolo è stato confrontato con tiotropio,<br />

un nuovo anticolinergico a lunga d’azione, è stato<br />

possibile registrare una significativa differenza media<br />

(52 ml) a vantaggio dell’agente anticolinergico<br />

dopo 24 settimane di terapia 47. Purtroppo, non vi<br />

sono ancora dati relativi a un confronto fra tiotropio<br />

e formoterolo.<br />

I β 2-agonisti a lunga durata d’azione sono stati confrontati<br />

anche con teofillina. Rossi et al. 48 hanno<br />

recentemente documentato che formoterolo è più<br />

efficace ed è meglio tollerato di teofillina a lento<br />

rilascio in pazienti sintomatici con BPCO. Questi<br />

autori hanno anche dimostrato che formoterolo è<br />

capace di migliorare la funzione polmonare in pazienti<br />

con differenti gradi di reversibilità dell’ostruzione<br />

bronchiale, mentre l’efficacia broncodilatante<br />

della teofillina è limitata ai pazienti che mostrano<br />

un’ostruzione delle vie aeree più variabile.<br />

ZuWallach et al. 49, invece, confrontando salmeterolo<br />

con teofillina in pazienti con BPCO, hanno<br />

notato che i pazienti trattati con salmeterolo mostravano<br />

un miglioramento funzionale significativamente<br />

maggiore rispetto a quelli che avevano assunto<br />

teofillina dopo la prima dose, ma non dopo<br />

12 settimane di terapia.<br />

Effetti non broncodilatanti<br />

terapeuticamente utili<br />

L’efficacia dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione<br />

nella BPCO può essere spiegata da azioni aggiuntive<br />

a quella broncodilatante 50. Gli effetti su neutrofili,<br />

di cui riducono numero e funzione, epitelio<br />

polmonare, che proteggono dagli insulti dei batteri,<br />

muscolo liscio bronchiale, di cui limitano il livello<br />

di rimodellamento delle vie aeree e, conseguentemente,<br />

d’ostruzione bronchiale, e muscolo<br />

<strong>respiratorio</strong>, con conservazione della struttura del<br />

diaframma e miglioramento della funzione musco-


lare, entrambi potenzialmente cruciali negli stati<br />

avanzati della malattia, possono contribuire all’efficacia<br />

clinica di questi farmaci nella BPCO e all’associato<br />

rilevante miglioramento nella qualità della<br />

vita. Un trattamento con β 2-agonisti a lunga durata<br />

d’azione può anche ridurre il numero di riacutizzazioni<br />

e, inoltre, la loro gravità.<br />

Utilizzo dei β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione<br />

e comparsa di tolleranza<br />

Diversi studi farmacoepidemiologici indicano l’esistenza<br />

di una marcata correlazione fra aumento dell’uso<br />

di β 2-agonisti e comparsa di una desensibilizzazione<br />

dei β 2-recettori adrenergici con conseguente<br />

perdita del controllo della funzione delle vie<br />

aeree 51. Per questo motivo, Lipworth 52 ritiene che<br />

i medici dovrebbero temere la desensibilizzazione<br />

dei recettori β-adrenergici delle vie aeree che si può<br />

sviluppare in corso di trattamento regolare con β 2agonisti<br />

a lunga durata d’azione.In particolare,quando<br />

è necessario controllare un broncospasmo acuto,<br />

essi dovrebbero prescrivere dosaggi di β 2-agonisti<br />

a breve durata d’azione più alti di quelli abituali,<br />

al fine di superare tale ostacolo. Fortunatamente,<br />

nei pazienti con BPCO questo pericolo sembra più<br />

teorico che pratico. È stato infatti dimostrato che<br />

un pretrattamento con dosi convenzionali di formoterolo<br />

o salmeterolo non preclude la possibilità<br />

di indurre un’ulteriore broncodilatazione anche con<br />

dosi non elevate di salbutamolo in pazienti affetti da<br />

BPCO parzialmente reversibile 53 (figura <strong>2.</strong>4).Alcu-<br />

FEV 1 , l<br />

1,45<br />

1,4<br />

1,35<br />

1,3<br />

1,25<br />

100 200 400 800<br />

Salbutamolo (µg)<br />

19<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

ni ricercatori affermano che l’effetto broncodilatante<br />

dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione diminuisce<br />

nel tempo, ma Bjermet e Larsson 54, che hanno<br />

recentemente riesaminato alcuni dati relativi al<br />

dibattuto allarme nei confronti dell’uso protratto di<br />

formoterolo e salmeterolo, hanno concluso che tale<br />

effetto sembra piuttosto stabile nel tempo anche<br />

dopo un trattamento regolare con questi farmaci.<br />

Impatto dei β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione sul cuore<br />

L’eventuale impatto dei β 2-agonisti a lunga durata<br />

d’azione sul cuore è un evento molto importante.<br />

Aritmie cardiache sono comuni nei pazienti affetti<br />

da BPCO in insufficienza respiratoria. Diversi fattori,<br />

quali l’ipossiemia, l’ipercapnia, i disturbi acidobasici,<br />

l’utilizzo di alti dosaggi di β 2-agonisti e di<br />

metilxantine, sono potenzialmente aritmogeni in<br />

questi soggetti con BPCO lieve-moderata 55. Non si<br />

può, quindi, escludere l’insorgenza di effetti indesiderati<br />

a livello cardiaco in quei pazienti affetti da<br />

BPCO e con preesistenti aritmie e/o ipossiemia che<br />

usano β 2-agonisti a lunga durata d’azione.Tuttavia,<br />

le dosi di formoterolo e salmeterolo raccomandate<br />

in terapia assicurano un margine di sicurezza relativamente<br />

alto anche in tali soggetti 56. In ogni caso,<br />

sia formoterolo sia salmeterolo non inducono la<br />

comparsa di effetti cardiovascolari significativi negli<br />

individui normali 57 e nei pazienti con ostruzione<br />

reversibile delle vie aeree senza concomitante patologia<br />

cardiaca anche quando sono utilizzati a dosi<br />

10 volte maggiori di quelle consigliate in terapia 58.<br />

P<br />

F<br />

S<br />

OB<br />

Figura <strong>2.</strong>4<br />

Curve medie dose-risposta a salbutamolo<br />

costruite due ore dopo<br />

inalazione di placebo (P), formoterolo<br />

24 µg (F), salmeterolo 50<br />

µg (S) od oxitropio bromuro 200<br />

µg (OB) in 16 pazienti con BP-<br />

CO parzialmente reversibile 53.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Posizionamento dei β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione<br />

nel trattamento della BPCO<br />

Se è vero che i β 2-agonisti a breve durata d’azione<br />

rimangono la terapia di prima scelta solo per il controllo<br />

acuto dei sintomi nella BPCO a causa della loro<br />

rapida insorgenza d’azione 59, i vari studi attualmente<br />

disponibili indicano chiaramente che i β 2-agonisti<br />

a lunga durata d’azione rappresentano una scelta<br />

terapeutica aggiuntiva per il trattamento della<br />

BPCO in fase di stabilità clinica. Per questo, diversi<br />

autori hanno suggerito di utilizzare tale classe di broncodilatatori<br />

come prima scelta nel trattamento regolare<br />

della BPCO stabile, e questo soprattutto nei pazienti<br />

con sintomi frequenti o notturni 60-6<strong>2.</strong> In particolare,<br />

le recenti linee guida GOLD 26 affermano<br />

che, sebbene un trattamento regolare con un agente<br />

a breve durata d’azione sia più economico, esso è anche<br />

meno conveniente di un trattamento con un<br />

broncodilatatore a lunga durata d’azione.<br />

Ovviamente, l’uso degli anticolinergici dovrebbe<br />

essere preferito nei pazienti affetti da BPCO che<br />

presentano una concomitante patologia cardiaca e<br />

che potrebbero essere a particolare rischio di sviluppare,<br />

per esempio, nuove aritmie o di veder aggravare<br />

quelle preesistenti quando trattati con un<br />

β 2-agonista a lunga durata d’azione 60.<br />

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21<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

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comparison between formoterol and salmeterol in<br />

patients with reversible obstructive airways disease.<br />

Respir Med 1998; 92:836-84<strong>2.</strong>


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

44. Matera MG, Cazzola M,Vinciguerra A et al:A comparison<br />

of the bronchodilating effects of salmeterol,<br />

salbutamol and ipratropium bromide in patients<br />

with chronic obstructive pulmonary disease. Pulm<br />

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45. Patakas D, Andreadis D, Mavrofridis E et al: Comparison<br />

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48. Rossi A, Kristufek P, Levine BE et al: Comparison<br />

of the efficacy, tolerability, and safety of formoterol<br />

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treatment of COPD. Chest 2002; 121:1058-1069.<br />

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53. Cazzola M, Di Perna F, Noschese P et al: Effects of<br />

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Chest 1985; 88:537-45<strong>2.</strong><br />

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22<br />

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Anticolinergici<br />

Leonardo M. Fabbri, Stefano Petruzzelli,<br />

Micaela Romagnoli<br />

INTRODUZIONE<br />

Le linee guida internazionali sulla diagnosi e sul<br />

trattamento della BPCO raccomandano i broncodilatatori<br />

a breve durata d’azione come farmaci sintomatici<br />

da utilizzare solo al bisogno per alleviare<br />

l’aggravamento dei sintomi, mentre i farmaci broncodilatatori<br />

a lunga durata d’azione vengono indicati<br />

nel trattamento di mantenimento delle forme<br />

moderate e gravi allo scopo di ridurre i sintomi<br />

persistenti e prevenire le riacutizzazioni 1-3.<br />

Le principali categorie di farmaci broncodilatatori<br />

utilizzati nel trattamento della BPCO sono rappresentati<br />

dagli anticolinergici, dai ß 2-agonisti e<br />

dalle metilxantine, e la loro scelta dipende dalla disponibilità<br />

locale dei farmaci e dalla risposta del paziente<br />

1. Una peculiarità dell’effetto dei broncodilatatori<br />

nella BPCO è che essi, pur senza determi-


nare variazioni significative dei parametri di ostruzione<br />

bronchiale, e in particolare del VEMS, possono<br />

migliorare vari parametri clinici, quali la sensazione<br />

soggettiva di dispnea, la resistenza all’esercizio<br />

fisico, il grado di iperinsufflazione polmonare,<br />

la resistenza dei muscoli respiratori 4-7.<br />

RAZIONALE DELL’USO<br />

DEGLI ANTICOLINERGICI<br />

NELLA BPCO<br />

Gli agenti anticolinergici, come l’atropina, sono<br />

presenti in natura nelle radici, nei semi e nelle foglie<br />

di numerose piante, e per molti secoli sono<br />

stati utilizzati come rimedi naturali terapeutici. Per<br />

esempio lo stramonio, contenente atropina, veniva<br />

utilizzato storicamente nel trattamento dell’asma.<br />

L’interesse per gli anticolinergici è nuovamente<br />

emerso con le migliori conoscenze del ruolo<br />

svolto dal sistema parasimpatico nel controllo<br />

del tono delle vie aeree, e con lo sviluppo di composti<br />

sintetici simili all’atropina che, somministrati<br />

per via topica, si sono dimostrati efficaci e dotati<br />

di minori effetti collaterali rispetto all’atropina<br />

sistemica 8.<br />

Il tono muscolare delle vie aeree nell’uomo è in<br />

gran parte regolato dal sistema nervoso autonomo<br />

con fibre efferenti vagali di tipo colinergico 9. Le fibre<br />

del nervo vago sono distribuite lungo le vie aeree<br />

e formano giunzioni sinaptiche a livello dei<br />

gangli peribronchiali, dai quali partono brevi fibre<br />

post-gangliari che innervano le cellule muscolari<br />

lisce e le ghiandole mucose, prevalentemente nelle<br />

vie aeree centrali. Il rilascio di acetilcolina dalle terminazioni<br />

dei nervi post-gangliari attiva i recettori<br />

muscarinici, stimolando la contrazione del muscolo<br />

liscio, la secrezione delle ghiandole mucose e,<br />

probabilmente, l’aumento dell’attività ciliare 10.<br />

L’attività colinergica può essere aumentata da una varietà<br />

di stimoli, quali gas irritanti, particelle, aria fredda<br />

e mediatori specifici come istamina, prostaglandine,<br />

derivati eicosanoidi 11,1<strong>2.</strong>Vi sono numerose evidenze<br />

che dimostrano un aumento del tono broncomotore<br />

colinergico nell’asma 13 e nella BPCO 14.<br />

L’inibizione dell’interazione dell’acetilcolina con i recettori<br />

muscarinici esercitata dagli agenti anticolinergici<br />

inibisce l’attività colinergica tonica e fasica e<br />

permette la dilatazione delle vie aeree.Tuttavia, questo<br />

meccanismo non consente da solo la completa<br />

reversibilità dell’ostruzione, in quanto l’attività vaga-<br />

23<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

le è solamente in parte responsabile dell’ostruzione<br />

delle vie aeree nell’asma e nella BPCO, che è sostenuta<br />

anche da altri mediatori e meccanismi.<br />

I RECETTORI MUSCARINICI<br />

L’acetilcolina, che rappresenta il neurotrasmettitore<br />

di questo processo a controllo vagale, provoca<br />

broncocostrizione attraverso l’interazione con recettori<br />

colinergici di tipo muscarinico (M).<br />

Le vie aeree umane presentano cinque sottotipi di<br />

recettori M: i recettori M 1 e M 3 mediano la broncocostrizione<br />

e la stimolazione delle ghiandole sottomucose,<br />

mentre l’attivazione dei recettori pre-sinaptici<br />

M 2 sembra inibire il rilascio di acetilcolina<br />

(figura <strong>2.</strong>5) 15,16. Il ruolo dei recettori M 4 e M 5 nell’uomo<br />

è ancora sconosciuto. Emerge, pertanto, che<br />

l’antagonista migliore degli effetti dell’acetilcolina<br />

nelle vie aeree umane dovrebbe essere un antagonista<br />

M 1/M 3 o selettivo M 3, con bassa o assente affinità<br />

per M 2 17.<br />

Il più importante effetto dei farmaci anticolinergici<br />

attualmente disponibili nei pazienti con BPCO<br />

sembra, infatti, essere rappresentato dalla capacità di<br />

bloccare gli effetti dell’acetilcolina sui recettori M 3,<br />

che sono prevalentemente distribuiti nella muscolatura<br />

liscia e nelle ghiandole delle vie aeree centrali.La<br />

recente scoperta di un anticolinergico,il tiotropio,<br />

con una cinetica selettiva per M 1 e M 3, che<br />

ne giustifica la lunga durata d’azione e maggior specificità,<br />

ha rinnovato l’interesse clinico a questa classe<br />

di farmaci nel trattamento della BPCO 18.<br />

FARMACOLOGIA<br />

Gli agenti anticolinergici sono classificati come<br />

composti ammonici terziari o quaternari. Gli anticolinergici<br />

presenti in natura, come l’atropina e la<br />

scopolamina, sono composti ammonici terziari. Sono<br />

solubili in acqua e nei lipidi, ben assorbiti dalle<br />

superfici mucose e dalla cute, quindi ampiamente<br />

distribuiti nel corpo, e sono in grado di oltrepassare<br />

la barriera emato-encefalica, esercitando un’attività<br />

parasimpaticolitica con possibili effetti collaterali<br />

sistemici dose-dipendenti.<br />

L’atropina, per esempio, alla dose necessaria per dare<br />

broncodilatazione (1-2,5 mg negli adulti) provoca<br />

frequentemente rush cutanei, secchezza delle<br />

fauci e tachicardia.A dosi lievemente più elevate,<br />

può determinare visione sfuocata, ritenzione


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

M1<br />

Ganglio<br />

M1 M2 M3<br />

24<br />

M2<br />

Terminazione nervosa colinergica<br />

M3<br />

- +<br />

Cellula<br />

muscolare<br />

liscia<br />

delle vie<br />

aeree<br />

Figura <strong>2.</strong>5<br />

Sottotipi di recettori muscarinici presenti nelle vie aeree. I recettori M 1 sono localizzati nei gangli parasimpatici, gli M 2 a livello postgangliare delle<br />

terminazioni nervose colinergiche (autorecettori) e gli M 3 sono situati nelle cellule muscolari lisce (modificata da 15).<br />

urinaria ed effetti collaterali a livello del sistema<br />

nervoso centrale quali irritabilità, confusione mentale<br />

e allucinazioni. Il margine terapeutico dell’atropina<br />

è perciò limitato, rendendone difficile il<br />

suo impiego.<br />

I composti ammonici quaternari sono tutti prodotti<br />

di sintesi ed esercitano la loro azione anticolinergica<br />

nella sede di deposizione, come per esempio<br />

midriasi nell’occhio e broncodilatazione quando<br />

somministrati nelle vie aeree. Poiché tali composti<br />

sono assorbiti solo in parte in tali sedi non danno<br />

effetti sistemici e possono essere impiegati per via<br />

topica con più ampio margine di sicurezza. Gli anticolinergici<br />

ammonici quaternari di sintesi disponibili<br />

in commercio e utilizzati nella BPCO sono<br />

l’ipratropio bromuro, l’ossitropio bromuro e il tiotropio<br />

bromuro.<br />

IPRATROPIO BROMURO<br />

L’ipratropio bromuro (figura <strong>2.</strong>6) è un antagonista<br />

competitivo non selettivo dei recettori musca-<br />

rinici. L’inalazione di ipratropio provoca una rapida<br />

broncodilatazione dose-dipendente, con effetto<br />

massimo a 30-60 minuti dall’inalazione e durata<br />

d’azione di 4-6 ore 19.L’ipratropio presenta un<br />

profilo favorevole di sicurezza, in quanto non viene<br />

facilmente assorbito a livello sistemico. Lo scarso<br />

assorbimento gastrointestinale e mucoso è dovuto<br />

a un gruppo azoto quaternario che lo distingue<br />

dall’atropina. L’ipratropio bromuro è disponibile<br />

in forma inalatoria predosata (20<br />

µg/puff,bombolette pressurizzate),in polvere (200<br />

µg/capsula), in soluzione (250 µg/ml), o dose unica<br />

per nebulizzazione (250 o 500 µg/dose). In genere,<br />

data la breve durata d’azione del composto,<br />

per mantenere una broncodilatazione continua è<br />

necessaria una somministrazione di almeno quattro<br />

volte al giorno.<br />

OSSITROPIO BROMURO<br />

Come l’ipratropio, l’ossitropio bromuro è un antagonista<br />

competitivo dei recettori muscarinici con


Br – + H2O<br />

H3C<br />

N +<br />

CH(CH3)2<br />

CH2OH<br />

Ipratropio bromuro O C CH<br />

Figura <strong>2.</strong>6<br />

Struttura di ipratropio bromuro e tiotropio bromuro (modificata da 77).<br />

un gruppo azoto quaternario. L’ossitropio presenta<br />

una durata d’azione lievemente maggiore rispetto<br />

all’ipratropio, con un effetto broncodilatatore<br />

massimo a 20-120 minuti e una durata d’azione<br />

di 6-8 ore 20. L’assorbimento sistemico è minimo,<br />

e quindi l’ossitropio risulta essere un farmaco<br />

sicuro anche ad alte dosi. Per i pazienti con BPCO<br />

la dose raccomandata è di 200 µg 2-3 volte al giorno.<br />

È stata dimostrata una buona tolleranza per dosi<br />

totali giornaliere fino a 1.200 µg, sebbene sia stato<br />

dimostrato che dosi >600 µg/die non danno<br />

effetti broncodilatatori aggiuntivi 21. Il massimo effetto<br />

broncodilatatore di ossitropio e ipratropio è<br />

simile, anche se l’ossitropio a basse dosi è lievemente<br />

più efficace dell’ipratropio 21. L’ossitropio<br />

bromuro è disponibile come inalatore predosato<br />

(100 µg/puff), polvere (100 µg/capsula) e soluzione<br />

(1,5 mg/ml).<br />

EFFETTI CLINICI<br />

DI IPRATROPIO BROMURO<br />

E OSSITROPIO BROMURO<br />

Gli anticolinergici determinano broncodilatazione,<br />

miglioramento della dispnea e aumento della tolleranza<br />

allo sforzo. Quando confrontati con i b 2agonisti<br />

a breve durata d’azione, gli effetti clinici<br />

degli anticolinergici nella BPCO sembrano essere<br />

equivalenti. Infatti, nei pazienti con BPCO, dosi terapeutiche<br />

di ipratropio per via inalatoria determinano<br />

un aumento del VEMS e un miglioramento<br />

della dispnea e della tolleranza allo sforzo che so-<br />

O<br />

Br<br />

H3C<br />

– + H2O<br />

25<br />

O<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

N +<br />

CH3<br />

Tiotropio bromuro<br />

O<br />

O<br />

C<br />

S<br />

OH<br />

no paragonabili a quelli determinati dalla somministrazione<br />

di β 2-agonisti a breve durata d’azione,<br />

con il vantaggio di provocare minori effetti collaterali<br />

21-24. La somministrazione a lungo termine (1<br />

anno) di ossitropio 25 e 5 anni di ipratropio 26 si è<br />

dimostrata efficace nel mantenere nel tempo il seppur<br />

lieve miglioramento della funzionalità respiratoria,<br />

il miglioramento della tolleranza allo sforzo<br />

e della dispnea nei pazienti con BPCO, pur senza<br />

modificare la frequenza delle riacutizzazioni.<br />

Interessante la recente osservazione che il trattamento<br />

combinato di ipratropio e salbutamolo, oltre<br />

agli effetti sopra descritti, sembra in grado di ridurre<br />

la frequenza delle riacutizzazioni 27, in maniera<br />

simile a quella ottenuta con l’uso del nuovo<br />

anticolinergico, il tiotropio (vide infra).<br />

Nel trattamento delle riacutizzazioni, gli anticolinergici<br />

sono equivalenti ai β 2-agonisti a breve durata<br />

d’azione 28,29,e il loro uso combinato risulta in<br />

una migliore broncodilatazione rispetto alla somministrazione<br />

dei singoli composti 30,31.<br />

Pochi studi hanno confrontato l’efficacia degli anticolinergici<br />

e dei β 2-agonisti a lunga durata d’azione<br />

nel trattamento di mantenimento. Quando<br />

somministrati in singola dose, 400 µg di ossitropio<br />

e 50 µg di salmeterolo risultano avere lo stesso effetto<br />

broncodilatatore in condizioni di stabilità 3<strong>2.</strong><br />

L’aggiunta di salmeterolo alla terapia anticolinergica<br />

già in corso in pazienti con BPCO determina<br />

un significativo miglioramento della funzionalità respiratoria,<br />

una riduzione delle riacutizzazioni, un<br />

miglioramento dei sintomi e della qualità di vita 33,34.<br />

La valutazione dell’effetto di ossitropio bromuro<br />

sull’emodinamica polmonare ha dimostrato che,nei<br />

S


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

pazienti affetti da BPCO, l’ossitropio riduce l’aumento<br />

della pressione media in arteria polmonare<br />

in corso di esercizio fisico, in maniera analoga a<br />

quanto ottenibile con fenoterolo 35.<br />

Una recente rassegna bibliografica ha analizzato numerosi<br />

studi randomizzati, controllati, condotti in<br />

doppio cieco, che hanno valutato l’effetto dei broncodilatatori<br />

(anticolinergici, β 2-agonisti e teofillinici)<br />

sulla tolleranza allo sforzo in pazienti con<br />

BPCO 36.L’analisi degli studi condotti con anticolinergici,<br />

alcuni con ipratropio 37-45, altri con ossitropio<br />

25,46-50 e 1 con atropina 51, ha evidenziato effetti<br />

benefici significativi degli anticolinergici nella maggior<br />

parte degli studi, con una tendenza a un miglior<br />

effetto delle alte dosi rispetto alle base dosi 36.<br />

TIOTROPIO BROMURO<br />

Il tiotropio bromuro (Ba 679) (figura <strong>2.</strong>6) è un sale<br />

d’ammonio quaternario, simile alla struttura dell’ipratropio<br />

bromuro, ed è il più recente agente anti-muscarinico<br />

disponibile per il trattamento della<br />

BPCO. Gli studi in vitro hanno dimostrato che il<br />

tiotropio è un potente antagonista di tutti i sottotipi<br />

di recettori muscarinici, da M 1 a M 5, con lenta<br />

dissociazione e con un’emivita di circa 1 giorno,<br />

rispetto ai 15 minuti dell’ipratropio, in particolare<br />

per gli M 1 e M 3 5<strong>2.</strong> Il tiotropio è, quindi, un anticolinergico<br />

non selettivo, anche se la sua affinità<br />

per i recettori muscarinici è circa 10 volte maggiore<br />

rispetto a quella dell’ipratropio.Tuttavia,la sua<br />

rapida dissociazione dai recettori M 2 e la lenta dissociazione<br />

dai recettori M 1 e M 3 risultano in una<br />

selettività cinetica recettoriale per M 1 e M 3 53 .<br />

La principale proprietà del tiotropio è la sua lunga<br />

durata d’azione in vitro e in vivo. Una singola<br />

dose di tiotropio è, infatti, in grado di provocare<br />

e mantenere broncodilatazione per più di 24 ore<br />

nei pazienti con BPCO 54. Gli studi di farmacocinetica<br />

hanno, inoltre, dimostrato che la dissociazione<br />

dai recettori M 1 e M 3 è 100 volte più lenta<br />

rispetto a quella dell’ipratropio 53. La rapida dissociazione<br />

dai recettori M 2 e la lenta dissociazione<br />

dai recettori M 1 e M 3 sono vantaggiose in<br />

quanto i recettori M 1 e M 3 mediano la broncocostrizione<br />

18.<br />

Nei pazienti con BPCO la somministrazione di tiotropio<br />

bromuro provoca un miglioramento significativo<br />

dei valori di volume espiratorio massimo al<br />

primo secondo (VEMS), capacità vitale forzata<br />

(CVF) e picco di flusso espiratorio (PEF), rispetto<br />

26<br />

alla somministrazione del placebo, con una risposta<br />

di tipo dose-dipendente 54.<br />

Il massimo effetto broncodilatatore del tiotropio<br />

viene raggiunto 90-120 minuti dopo l’inalazione.<br />

Il miglioramento della funzionalità respiratoria che<br />

segue una singola dose di tiotropio permane per<br />

più di 24 ore e ne permette, perciò, la monosomministrazione<br />

giornaliera 55.<br />

EFFETTI CLINICI<br />

DI TIOTROPIO BROMURO<br />

Per le sue particolari proprietà di farmacocinetica,<br />

il tiotropio è l’unico anticolinergico a lunga durata<br />

d’azione disponibile per il trattamento della BPCO.<br />

La somministrazione a lungo termine (1 anno) di<br />

tiotropio 18 µg in monosomministrazione mattutina<br />

migliora significativamente la funzionalità respiratoria<br />

(aumento del VEMS), riduce la dispnea,<br />

il numero delle riacutizzazioni e dei ricoveri per<br />

riacutizzazione di BPCO rispetto al placebo56. Il<br />

confronto tra tiotropio 18 µg/die e anticolinergici<br />

a breve durata d’azione (ipratropio 40 µg 4 volte/die)<br />

per 1 anno ha dimostrato la superiorità del<br />

tiotropio nel migliorare il VEMS, il PEF, la dispnea,<br />

nel ridurre il ricorso al salbutamolo57. In particolare, la differenza con ipratropio riguarda<br />

la capacità di tiotropio, rispetto a ipratropio, di:<br />

• mantenere una costante broncodilatazione fino<br />

a un anno (figura <strong>2.</strong>7);<br />

• indurre una riduzione nel numero di riacutizzazioni<br />

(figura <strong>2.</strong>8) e ricoveri e un allungamento<br />

del tempo nel quale si verifica la prima riacutizzazione<br />

o il primo ricovero per riacutizzazione<br />

dall’inizio del trattamento57. In questo senso, tiotropio<br />

si rivela essere un farmaco con effetti clinici<br />

significativamente diversi rispetto a quelli dei<br />

precedenti anticolinergici, in maniera analoga alle<br />

differenze viste in passato fra i β2-agonisti a<br />

lunga durata d’azione (salmeterolo e formoterolo)<br />

e i β2-agonisti a breve durata d’azione.<br />

In un recente studio, la monosomministrazione di<br />

tiotropio 18 µg per 6 mesi sembra determinare una<br />

maggiore broncodilatazione e un miglioramento significativo<br />

della dispnea rispetto al trattamento con<br />

salmeterolo 50 µg 2 volte/die 58, anche se ulteriori<br />

studi di confronto sono necessari in popolazioni di<br />

pazienti con BPCO di diversa gravità prima di trarre<br />

conclusioni sulla ricaduta clinica.


∆VEMS (ml)<br />

160<br />

120<br />

80<br />

40<br />

0<br />

-40<br />

-80<br />

Giorni<br />

27<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Tiotropio (n = 329)<br />

150 ml (p < 0,001)<br />

Ipratropio (n = 161)<br />

0 8 50 92 182 273 364<br />

ANTICOLINERGICI<br />

E CLEARANCE MUCOCILIARE<br />

In studi sperimentali gli anticolinergici inibiscono<br />

la clearance mucociliare.Tale effetto è maggiore per<br />

l’atropina rispetto ai sali d’ammonio quaternari,come<br />

ipratropio bromuro e ossitropio bromuro 59.<br />

Mentre i sali d’ammonio terziario riducono la clearance<br />

mucociliare 60-62, i sali d’ammonio quaternario<br />

non sembrano alterarla, né in soggetti normali<br />

63, né in pazienti con BPCO 64-66.<br />

I sali d’ammonio quaternario non sembrano alterare<br />

la produzione di muco, né le sue proprietà reologiche.<br />

Infatti, l’inalazione di ipratropio bromuro<br />

per un periodo fino a 4 settimane non ha alcun ef-<br />

Numero di riacutizzazioni/paziente/anno<br />

1,2<br />

1,0<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0,0<br />

0,96<br />

Ipratropio<br />

(n = 179)<br />

p = 0,006<br />

24%<br />

0,73<br />

Tiotropio<br />

(n = 356)<br />

Figura <strong>2.</strong>7<br />

Miglioramento del VEMS in pazienti<br />

trattati con tiotropio vs pazienti trattati<br />

con ipratropio (modificata da 57).<br />

fetto sulle proprietà viscoelastiche dell’espettorato<br />

in pazienti affetti da bronchite cronica 67,68, o da<br />

BPCO 66. Quanto al possibile effetto inibitore sulla<br />

produzione di muco esercitato dagli anticolinergici,<br />

i dati in letteratura sono contrastanti 66,68,69.In<br />

uno studio è stato riportato che l’ipratropio bromuro<br />

riduce l’efficacia della meccanismo di clearance<br />

indotto dalla tosse in pazienti con BPCO 70.<br />

EFFETTI COLLATERALI<br />

Il principale vantaggio degli agenti anticolinerigici<br />

quaternari è il loro scarso assorbimento mucoso,<br />

che limita il rischio di effetti sistemici.<br />

Figura <strong>2.</strong>8<br />

Riduzione nel numero delle riacutizzazioni<br />

di BPCO in pazienti<br />

trattati con tiotropio vs pazienti<br />

trattati con ipratropio (modificata<br />

da 57).


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

L’utilizzo di questa classe di farmaci per via inalatoria,<br />

a dosaggi diversi e in contesti clinici diversi,<br />

ha dimostrato di essere notevolmente sicura. Nonostante<br />

siano stati riportati occasionalmente disturbi<br />

prostatici 71, non vi sono dati che provino una<br />

relazione causale tra tali sintomi e l’assunzione degli<br />

anticolinergici inalatori.<br />

È riportato in letteratura che la prescrizione di soluzioni<br />

erogate da nebulizzatori WET con maschera<br />

facciale ha indotto l’aggravamento acuto di un<br />

glaucoma, probabilmente per un effetto diretto sull’occhio<br />

72-74. In realtà, è stato dimostrato che l’ipratropio<br />

bromuro, l’anticolinergico più studiato,<br />

può essere somministrato per via inalatoria in pazienti<br />

con glaucoma,in quanto non interferisce con<br />

la pressione endooculare, evitandone però accuratamente<br />

il contatto diretto con l’occhio 75.<br />

Gli unici effetti collaterali segnalati dall’uso clinico<br />

degli anticolinergici, e in particolare del tiotropio,<br />

consistono in secchezza delle fauci, che si sviluppa<br />

nel 10-16% dei pazienti 76.<br />

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Teofillina<br />

Claudio Tantucci, Enrico Boni, Mario Malerba<br />

INTRODUZIONE<br />

Da oltre un secolo differenti molecole raggruppate<br />

con il nome farmacologico di metil-xantine sono<br />

state riconosciute efficaci e utilizzate per il trattamento<br />

del broncospasmo 1.<br />

La teofillina (1-3 dimetilxantina), isolata dal tè nel<br />

1888 2, sintetizzata nel 1895 3 e impiegata da oltre<br />

70 anni per la terapia farmacologica della broncoostruzione<br />

sia dell’asma bronchiale sia delle BP-<br />

CO,ne rappresenta attualmente la formulazione più<br />

diffusa. Altri suoi derivati con differenti caratteristiche<br />

farmacocinetiche, come la teofillina-etilediammina<br />

(nota come aminofillina) e diidrossipropil-teofillina<br />

(difillina), sono stati sviluppati e da<br />

tempo ampiamente utilizzati.<br />

La relativamente recente messa a punto di preparazioni<br />

a rilascio controllato e perciò a lunga durata<br />

d’azione, i miglioramenti delle tecniche per la<br />

determinazione e il monitoraggio dei livelli ematici<br />

del farmaco e una strategia terapeutica sempre<br />

più standardizzata hanno consentito, in questi ultimi<br />

anni, di migliorare l’efficacia terapeutica e ridurre<br />

gli effetti collaterali della teofillina.<br />

Nonostante ciò, l’utilizzo della teofillina, in considerazione<br />

del minor effetto broncodilatatore e sintomatico<br />

rispetto agli anticolinergici e β 2-stimolanti<br />

a lunga durata d’azione e della maggiore tossicità,<br />

è raccomandato dalle linee guida internazionali<br />

quale terza scelta e in associazione alle altre<br />

classi di broncodilatatori, nel trattamento farmaco-<br />

31<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

logico cronico della broncoostruzione dei pazienti<br />

con BPCO con gravità di ostruzione al flusso da<br />

moderata a severa 4.<br />

MECCANISMO D’AZIONE<br />

Sebbene ampiamente studiato, il meccanismo d’azione<br />

con cui la teofillina agisce in ambito terapeutico<br />

non è stato ancora completamente chiarito.<br />

È tuttavia probabile che, dati i molteplici effetti<br />

farmacologici esercitati dalla molecola (broncodilatante,<br />

antibroncocostrittore, antinfiammatorio,<br />

vasodilatante, diuretico, stimolante del SNC), spesso<br />

a concentrazioni plasmatiche marcatamente differenti,<br />

il principale meccanismo d’azione possa essere<br />

di volta in volta diverso.<br />

In pratica, comunque, due fondamentali modalità<br />

d’azione sono riconosciute: un’inibizione non selettiva<br />

e grosso modo di egual potenza delle fosfodiesterasi<br />

e un antagonismo non selettivo dei<br />

recettori di superficie cellulare (A1, A2 e A3) dell’adenosina.<br />

Le fosfodiesterasi (PDE) sono famiglie di isoenzimi<br />

(attualmente se ne conoscono 11) variamente<br />

distribuite in differenti tessuti e cellule che catalizzano<br />

l’idrolisi del 3-5AMP ciclico (cAMP) e 3-<br />

5GMP ciclico (cGMP). cAMP e cGMP funzionano<br />

come secondi messaggeri che si formano per<br />

l’attivazione di adenil-ciclasi e guanil-ciclasi, sia diretta<br />

sia conseguente a stimolazione recettoriale da<br />

parte di ormoni, neurotrasmettitori e autacoidi endogeni,<br />

tramite accoppiamento con le rispettive<br />

proteine G stimolatorie (Gs).<br />

A livello della muscolatura liscia bronchiale i nucleotidi<br />

ciclici (cAMP e cGMP) tramite attivazione<br />

di due enzimi, protein-chinasi A e G, catalizzano<br />

la fosforilazione di una serie di proteine coinvolte<br />

nell’induzione e mantenimento della contrazione<br />

delle fibrocellule muscolari lisce bronchiali<br />

attraverso la regolazione del livello dei<br />

Ca++-ioni intracellulari. Di conseguenza, un persistente<br />

aumento della concentrazione di cAMP e<br />

cGMP a questo livello dovuto all’inibizione delle<br />

PDE (in particolare III e IV) da parte della teofillina<br />

comporta un effetto broncodilatatore (figura<br />

<strong>2.</strong>9).<br />

Sebbene l’importanza di questo meccanismo sia stata<br />

posta in discussione, essendo scarso il grado di<br />

inibizione delle PDE determinato da livelli plasmatici<br />

terapeutici (associati cioè alla presenza di<br />

broncodilatazione) di teofillina (>8 γ/ml) 5, nondi-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Agonista<br />

(per es. β 2 -agonista)<br />

R<br />

G S<br />

ATP GTP<br />

cAMP AMP GMP GMP<br />

PKA<br />

Teofillina<br />

AC GC<br />

PDE III, IV PDE V<br />

NO<br />

Agonista<br />

(per es. ANP)<br />

PKG<br />

G S<br />

Infiammazione Broncodilatazione<br />

Figura <strong>2.</strong>9<br />

Illustrazione schematica del fondamentale meccanismo d’azione della<br />

teofillina, rappresentato dall’inibizione non selettiva delle fosfodiesterasi,<br />

e dei suoi principali effetti a livello dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong>.<br />

meno anche una modesta inibizione delle PDE presenti<br />

nelle vie aeree, in particolare se esercitata cronicamente<br />

e in presenza di attivatori endogeni delle<br />

ciclasi, può essere sufficiente per indurre una<br />

broncodilatazione clinicamente utile in presenza di<br />

broncospasmo.<br />

In effetti esiste una correlazione tra l’attività rilasciante<br />

sulla muscolatura liscia bronchiale in vitro e<br />

il grado di inibizione delle PDE esercitati dalle differenti<br />

metilxantine, non dimostrabile invece per la<br />

capacità di antagonizzare l’adenosina 5. Inoltre, alcune<br />

metilxantine presentano in vitro una potente<br />

attività broncodilatatrice in assenza di antagonismo<br />

evidenziabile nei confronti dell’adenosina 6.<br />

Nell’ultimo decennio è infine risultato evidente che<br />

molte PDE sono espresse a livello di differenti cellule<br />

infiammatorie rilevanti nella flogosi bronchiale<br />

presente nell’asma bronciale quali linfociti-T,mastcellule<br />

ed eosinofili. È possibile, pertanto, che la<br />

teofillina possa esercitare, sempre attraverso l’inibizione<br />

dell’attività delle PDE, un effetto antinfiammatorio<br />

e immunomodulante, potenzialmente utile<br />

per il controllo dell’infiammazione cronica e delle<br />

sue conseguenze (ipereattività bronchiale, broncospasmo<br />

e rimodellamento), almeno nell’asma<br />

bronchiale 7. Ciò si verifica tipicamente anche a livelli<br />

plasmatici non broncodilatanti (


CFR (l)<br />

7,5<br />

7,0<br />

6,5<br />

6,0<br />

5,5<br />

5,0<br />

4,5<br />

0<br />

5<br />

10<br />

15<br />

Teofillinemia (γ/ml)<br />

*<br />

*<br />

20<br />

5,0<br />

4,5<br />

4,0<br />

3,5<br />

3,0<br />

2,5<br />

2,0<br />

CV (l)<br />

33<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Test del cammino (6-minuti)<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

0<br />

5<br />

10<br />

15<br />

Teofillinemia (γ/ml)<br />

Figura <strong>2.</strong>10<br />

Modificazione della capacità funzionale residua (CFR) che diminuisce, della capacità vitale lenta (CV) che aumenta e della tolleranza allo sforzo<br />

(test del cammino dei 6 minuti) che simultaneamente migliora, in relazione all’incremento della teofillinemia in un gruppo di 38 pazienti con<br />

BPCO (modificata da 13).<br />

sentire il raggiungimento di livelli plasmatici stabili<br />

compresi tra 8-20 γ/ml, esercita un’azione broncodilatatrice<br />

variabile, in genere modesta e più evidente<br />

dopo una terapia prolungata che in acuto 11.<br />

Tuttavia, anche in presenza di una modificazione<br />

degli indici di ostruzione delle vie aeree spesso di<br />

limitata entità, una significativa diminuzione della<br />

dispnea è stata più volte riportata in passato e frequentemente<br />

associata a una migliorata tolleranza<br />

allo sforzo e a una riduzione del volume aereo intrappolato<br />

(figura <strong>2.</strong>10) 1<strong>2.</strong><br />

La broncodilatazione conseguente alla somministrazione<br />

di teofillina è peraltro inferiore a quella<br />

ottenuta sulle medesime casistiche di pazienti con<br />

BPCO in fase stabile da farmaci anticolinergici e<br />

β 2-agonisti a lunga durata d’azione somministrati<br />

per via inalatoria 13,14. Ciò è stato anche recentemente<br />

confermato sia in termini di aumento del<br />

VEMS e picco di flusso espiratorio, di utilizzo di<br />

broncodilatatori al bisogno, di controllo dei sintomi<br />

respiratori e di miglioramento della qualità della<br />

vita 15,16. In particolare, a differenza delle due altre<br />

classi di broncodilatatori, la broncodilatazione<br />

indotta dalla teofillina, misurata in termini di variazione<br />

del VEMS, appare più evidente rispetto al<br />

placebo in quei sottogruppi di pazienti BPCO con<br />

una significativa reversibilità (variazione del VEMS<br />

>15% del basale) dopo somministrazione di β 2agonisti<br />

a breve durata d’azione 15.<br />

Tutto questo ha sicuramente condizionato un minor<br />

impiego della teofillina nel trattamento dei pazienti<br />

con BPCO in fase stabile,specialmente a partire<br />

dagli inizi degli anni ’90 17,e ha determinato la<br />

posizione in merito di tutte le più importanti società<br />

scientifiche (ATS, ERS, BTS) 18,recentemente<br />

recipita anche dalle linee guida NHLBI-WHO 4,<br />

che consigliano l’uso della teofillina solo in presenza<br />

di un’insoddisfacente risposta alle altre classi<br />

di broncodilatatori e in aggiunta a essi.<br />

La minor efficacia broncodilatante della teofillina<br />

nei pazienti BPCO in fase stabile è con molta probabilità<br />

associata alla difficoltà di dimostrare un effetto<br />

significativo del farmaco nel migliorare la capacità<br />

di esercizio in questi soggetti, a differenza di<br />

quanto frequentemente osservato per i β 2-agonisti<br />

e per gli anticolinergici 19. Solo in uno studio alti<br />

*<br />

20


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

dosaggi di teofillina (600-800 mg/die) si sono dimostrati,<br />

dopo 3 giorni di trattamento, utili per aumentare<br />

la capacità di esercizio (Watt,max;V O 2max)<br />

e diminuire l’incremento della dispnea durante lo<br />

sforzo (∆Borg) in modo significativo rispetto al placebo<br />

in un gruppo di pazienti BPCO in fase stabile<br />

nei quali, peraltro, il valore del VEMS dopo il farmaco<br />

risultava significativamente aumentato 20.<br />

Attività antinfiammatoria<br />

In questi ultimi anni si è accumulato un consistente<br />

numero di osservazioni sull’attività antinfiammatoria<br />

esercitata dalla teofillina, specialmente nell’asma<br />

bronchiale 7. In soggetti asmatici, basse dosi di teofillina<br />

riducono il numero degli eosinofili e il livello<br />

di altri markers infiammatori a livello bronchiale<br />

21, diminuiscono il numero di linfociti-T nelle<br />

vie aeree 22 e l’espressione di alcune citochine<br />

proinfiammatorie, in particolare IL-5 23. Inoltre, la<br />

terapia con teofillina ha permesso una riduzione<br />

del grado di ipereattività bronchiale aspecifica nei<br />

confronti della metacolina 24.A tutto ciò è stato attribuito<br />

il ruolo di risparmio steroideo offerto da<br />

basse concentrazioni di teoffillina (


nare, è possibile che, come nei soggetti normali, un<br />

beneficio possa verificarsi nella “performance” dei<br />

muscoli inspiratori, in particolare del diaframma,<br />

quando operanti a elevati volumi polmonari.<br />

In generale, la forza dei muscoli respiratori in pazienti<br />

BPCO in fase stabile non appare consistentemente<br />

modificata dall’utilizzo della teofillina e comunque<br />

non in misura tale da influenzare sensibilmente<br />

la percezione della dispnea di questi soggetti.<br />

Effetti cardiocircolatori<br />

La teofillina per os e l’aminofillina per via endovenosa<br />

attraverso un aumento della contrattilità e una<br />

riduzione del postcarico determinano, sia acutamente<br />

che cronicamente, un miglioramento seppure<br />

di modesta entità della frazione di eiezione del<br />

ventricolo sia destro che sinistro 36,37. La moderata<br />

riduzione delle resistenze vascolari polmonari e della<br />

pressione arteriosa polmonare media consegue<br />

all’azione vasodilatante arteriosa polmonare che appare<br />

mediata dall’inibizione delle PDE a livello della<br />

muscolatura liscia arteriolare. La diminuzione del<br />

postcarico ventricolare sinistro è invece, in parte,<br />

dovuta alla riduzione della pressione transmurale del<br />

ventricolo sinistro conseguente a una minore negatività<br />

delle escursioni inspiratorie della pressione<br />

pleurica associata alla riduzione della resistenza al<br />

flusso delle vie aeree. Naturalmente, anche la migliore<br />

emodinamica del ventricolo destro per l’interdipendenza<br />

ventricolare influenza positivamente<br />

la funzionalità del ventricolo sinistro ed entrambi i<br />

ventricoli possono risentire favorevolmente del miglioramento<br />

degli scambi gassosi eventualmente ottenuto<br />

in corso di terapia con teofillina. Questi effetti<br />

emodinamici appaiono utili nei pazienti con<br />

BPCO e cuore polmonare cronico, sebbene in tale<br />

circostanza gli effetti tossici della teofillina sono<br />

potenziati dalla ridotta “clearance” epatica del farmaco<br />

e ne impongono dosi adeguatamente ridotte<br />

e scrupoloso monitoraggio dei livelli plasmatici.<br />

Effetti sul sistema nervoso centrale<br />

Mediante l’azione antagonista esercitata nei confronti<br />

di alcuni neurotrasmettitori centrali e in particolare<br />

dell’adenosina che tonicamente inibisce la<br />

ventilazione, la teofillina esercita un ben nota azione<br />

di stimolo centrale della respirazione 38. In particolare,<br />

in acuto si osserva un incremento del “dri-<br />

35<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

ve” centrale che si traduce essenzialmente in un aumento<br />

del volume corrente e quindi della ventilazione<br />

minuto 39, mentre inalterata rimane la chemiosensibilità<br />

allo stimolo ipossico (periferica) e<br />

ipercapnico (centrale) 40.Tale azione analettica centrale<br />

appare,tuttavia,di breve durata e nel trattamento<br />

a lungo termine dei pazienti con BPCO non comporta<br />

sostanziali modificazioni degli scambi gassosi.<br />

Effetti sugli scambi gassosi<br />

Gli effetti della teofillina sulla pressione parziale dei<br />

gas arteriosi nei pazienti BPCO durante trattamento<br />

cronico sono in genere modesti e variabili<br />

in quanto risentono di differenti e talvolta contrastanti<br />

effetti. Il miglioramento dell’emodinamica<br />

cardiaca con incremento della gettata cardiaca può<br />

riflettersi in un aumento della pressione di ossigeno<br />

nel sangue venoso misto (Pv - O 2) e quindi della<br />

sua pressione nel sangue arterioso (PaO 2), ma un<br />

peggioramento dei rapporti ventilazione-perfusione<br />

(più efficace vasodilatazione a fronte di una modesta<br />

broncodilatazione) può ridurre, annullare o<br />

talvolta invertire questo effetto positivo.<br />

L’uso della teofillina nel miglioramento della ossigenazione<br />

(SaO 2) durante il sonno in pazienti<br />

BPCO non ipercapnici ha dato risultati al momento<br />

controversi 41,42, mentre ha determinato un<br />

peggioramento della qualità del sonno 41.<br />

METABOLISMO E TOSSICITÀ<br />

I meccanismi d’azione farmacologica della teofillina<br />

sono anche responsabili della sua ben nota tossicità<br />

e determinano quegli effetti indesiderati che sovente<br />

ne limitano l’uso. I livelli di plasmatici della<br />

teofillina (teofillinemia) sono strettamente correlati<br />

con l’insorgenza degli effetti collaterali legati alla sua<br />

somministrazione e dunque occorre conoscere tutte<br />

le più comuni variabili capaci di modificare il metabolismo<br />

del farmaco, sia aumentandone sia soprattutto<br />

riducendone la clearance, in particolare nei<br />

pazienti con BPCO (tabella <strong>2.</strong>1).Alcuni effetti collaterali<br />

sono presenti anche ai livelli plasmatici consigliati<br />

per ottenere una risposta broncodilatatrice,<br />

in particolare nervosismo-insonnia, palpitazioni-tachicardia,“distress”<br />

epigastrico, nausea e vomito.Altri,<br />

i più gravi, quali aritmie cardiache minaccianti<br />

la vita, convulsioni, stato epilettico e morte si presentano<br />

essenzialmente a livelli plasmatici superiori


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Tabella <strong>2.</strong>1 Fattori, genetici e acquisiti, in grado di influenzare la cinetica del metabolismo della teofillina<br />

Fattori genetici Fattori non genetici<br />

I fattori genetici intervengono modificando<br />

l’eliminazione (che per il 90% si attua per<br />

degradazione metabolica e per il 10% per<br />

escrezione renale)<br />

Inoltre, i fattori genetici (per quanto riguarda la<br />

clearance della teofillina) sono responsabili<br />

del 30% della variabilità individuale<br />

a 20 γ/ml (figura <strong>2.</strong>11). La simultanea assunzione di<br />

altri broncodilatatori, in particolare β 2-agonisti, favorisce<br />

la comparsa di effetti collaterali, anche temibili,<br />

a valori di teofillinemia tendenzialmente alti<br />

(tra 15 e 20 γ/ml), ma comunque considerati terapeutici<br />

(figura <strong>2.</strong>11).Ancora una volta occorre sottolineare<br />

come il monitoraggio della teofillinemia<br />

sia indispensabile e in grado di prevenire gli effetti<br />

collaterali più sfavorevoli nel corso di una terapia sia<br />

acuta che cronica, specialmente nei pazienti con<br />

BPCO in cui l’età, l’uso di altri farmaci, le più frequenti<br />

comorbidità e le stesse complicanze della malattia<br />

ne rendono molto più facile la comparsa.<br />

IMPIEGO<br />

NELLE RIACUTIZZAZIONI<br />

Le linee guida internazionali suggeriscono l’utilizzo<br />

di teofillina in pazienti con BPCO nel corso di<br />

riacutizzazione in presenza di un’incompleta risposta<br />

ai broncodilatatori somministrati a dosaggi<br />

appropriati per via inalatoria (β 2-agonisti e anticolinergici).<br />

Una rassegna dei dati disponibili non ha<br />

potuto tuttavia dimostrare un significativo miglioramento<br />

sia dell’ostruzione bronchiale, misurata in<br />

termini di variazione del VEMS, sia dei sintomi, entrambi<br />

valutati a distanza di due ore, rispetto al placebo<br />

quando veniva somministrata teofillina a un<br />

Aumentano la clearance<br />

Farmaci enzimo-induttori (fenobarbital, rifampicina, fenitoina, fenibutazone,<br />

carbamazepina ecc.)<br />

Fumo: tabacco e marijuana<br />

Dieta: elevato contenuto in proteine, basso contenuto in carboidrati<br />

Ipertiroidismo<br />

Fibrosi cistica<br />

Acidosi<br />

Adolescenza<br />

Riducono la clearance<br />

Farmaci enzimo-inibitori (cimetidina, eritromicina, chinolonici, contraccettivi<br />

orali, propanololo ecc.)<br />

Obesità<br />

Dieta: elevato contenuto in proteine, basso contenuto in carboidrati<br />

Ipotiroidismo<br />

Febbre<br />

Iniezioni virali - vaccini antivirali<br />

Alcalosi<br />

Età avanzata<br />

Fattori che alterano il flusso ematico e/o l’ossigenazione epatica (cirrosi epatica,<br />

scompenso cardiaco congestizio, insufficienza respiratoria)<br />

36<br />

dosaggio idoneo a ottenere livelli terapeutici 43. In<br />

contrasto veniva segnalata una maggiore incidenza<br />

di effetti collaterali. Evidentemente le conclusioni<br />

che si traggono sono negative, pur tuttavia la brevità<br />

dell’osservazione limita il giudizio a una fase<br />

temporalmente molto ristretta della riacutizzazione,<br />

laddove i potenziali effetti benefici del farmaco<br />

quali l’incremento della depurazione mucociliare,<br />

la riduzione dell’essudazione plasmatica, la rimozione<br />

dell’ipoventilazione di origine centrale e<br />

l’eventuale diminuzione della fatica diaframmatica<br />

potrebbero non essere ancora apprezzabili.<br />

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Sintomi<br />

⎧<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎨<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎩<br />

0<br />

Convulsioni<br />

37<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Adulti e pazienti in terapia con β2-agonisti Adulti in monoterapia<br />

Cefalea<br />

Aritmie pericolose<br />

Effetto<br />

antinfiammatorio<br />

Finestra terapeutica<br />

Effetto<br />

broncodilatatore<br />

Morte<br />

Nausea, vomito, crampi<br />

diarrea, emorragie G-E<br />

Palpitazioni, tachicardia, aritmie<br />

Ansia, nervosismo, insonnia, tremori<br />

5 10 20 30 40 50 60 70<br />

Concentrazioni sieriche (mg/ml)<br />

alle quali possono comparire effetti tossici<br />

Figura <strong>2.</strong>11<br />

Rappresentazione dei più importanti effetti collaterali della teofillina in relazione ai livelli plasmatici (terapeutici e tossici), all’età e alla concomitante<br />

assunzione di β 2-agonisti.<br />

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L<br />

’utilizzo dei corticosteroidi nella BPCO è stato<br />

a lungo considerato, sia nelle fasi di riacutizzazione<br />

della malattia sia in quelle di stabilità. Se<br />

l’uso degli steroidi per via orale è riconosciuto efficace<br />

nel trattamento delle esacerbazioni della<br />

BPCO1,l’uso regolare degli steroidi orali non è raccomandato,<br />

alla luce dei modesti effetti clinici e del<br />

rischio di importanti effetti collaterali, specialmente<br />

in pazienti anziani e con patologia osteoarticolare<br />

e metabolica rilevante. Diverso è il problema<br />

per l’uso degli steroidi inalatori, anche per trattamenti<br />

a lungo termine, grazie al minor riscontro di<br />

effetti collaterali. Negli ultimi anni, vari studi sono<br />

stati condotti allo scopo di verificare l’efficacia dell’uso<br />

di questi farmaci, sia a breve sia a più lungo<br />

termine sulla storia naturale della malattia. I risultati<br />

sono ancora in discussione e, al momento attuale,<br />

non si può affermare con certezza che i corticosteroidi<br />

inalatori siano senza dubbio raccomandati<br />

nel trattamento di tutti i pazienti con BPCO.<br />

PRESUPPOSTI<br />

ANATOMOPATOLOGICI<br />

ED EFFETTI BIOLOGICI<br />

La BPCO è caratterizzata da un processo infiammatorio<br />

cronico a carico delle vie aeree e del parenchima<br />

polmonare. I cambiamenti interessano le<br />

vie aeree centrali, le vie periferiche e il parenchima<br />

polmonare <strong>2.</strong>L’infiltrato infiammatorio è costituito<br />

da cellule mononucleate, macrofagi e linfociti<br />

del tipo CD8. I polimorfonucleati neutrofili sono<br />

presenti nel lume bronchiale e nella parete bronchiale<br />

in stretto contatto con la parete delle ghian-<br />

Corticosteroidi<br />

Cristina E. Mapp, Pierluigi Paggiaro<br />

39<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

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dole mucosecernenti, mentre gli eosinofili, anche<br />

se presenti in numero inferiore rispetto ai soggetti<br />

con asma, sono osservabili nella parete bronchiale<br />

dei pazienti con bronchite cronica e dei pazienti<br />

con prevalente enfisema.<br />

Un quesito importante è se l’abolizione del fumo<br />

o l’uso di farmaci antinfiammatori possa far regredire<br />

il processo infiammatorio a carico delle vie aeree<br />

presente nella BPCO. Mentre per l’abolizione<br />

del fumo gli studi finora condotti sembrano indicare<br />

che questo provvedimento non porti a un miglioramento<br />

del processo infiammatorio a carico<br />

delle vie aeree 3,4, per i farmaci antinfiammatori, in<br />

particolare per i glucocorticoidi, il dibattito è ancora<br />

aperto. Questi farmaci, infatti, risultano efficaci<br />

nella terapia dell’asma bronchiale, malattia caratterizzata<br />

dalla presenza di un processo infiammatorio<br />

cronico a carico delle vie aeree, anche se le caratteristiche<br />

dell’infiltrato infiammatorio sono diverse<br />

da quelle presenti nella BPCO 5.Va inoltre ricordato<br />

che anche nell’asma la risposta agli steroidi<br />

varia significativamente da soggetto a soggetto 6.<br />

La tecnica dell’analisi dell’espettorato spontaneo o<br />

indotto dall’inalazione di soluzione salina ipertonica,<br />

introdotta recentemente nello studio dell’asma<br />

e della BPCO, ha permesso di caratterizzare più in<br />

dettaglio l’infiltrato infiammatorio presente nelle<br />

due <strong>malattie</strong>. Nella BPCO, sia i neutrofili sia gli eosinofili<br />

appaiono avere un ruolo con la dimostrazione<br />

di neutrofilia e di livelli elevati di mediatori<br />

di origine neutrofilica quali mieloperossidasi<br />

(MPO) ed elastasi e di citochine ad azione chemiotattica<br />

per i neutrofili quali l’interleuchina 8<br />

(IL-8) e il TNF-α 5,e di livelli aumentati della proteina<br />

cationica degli eosinofili (ECP), di perossidasi<br />

eosinofila (EPO), marcatori di attivazione eosi-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

nofilica 7.I neutrofili e le citochine sono correlati<br />

al grado di ostruzione bronchiale 8.<br />

Gli studi che hanno valutato l’effetto della terapia<br />

con glucocorticoidi mediante la tecnica dello sputo<br />

spontaneo o indotto hanno in comune una caratteristica<br />

che è allo stesso tempo anche una limitazione:<br />

sono infatti tutti studi sugli effetti della terapia<br />

somministrata per periodi molto brevi. Uno<br />

studio condotto nel 1996 ha evidenziato che il fluticasone<br />

propinato (FP), inalato nella dose di 1,5<br />

mg per 8 settimane, può avere un ruolo protettivo<br />

nel paziente BPCO attraverso una riduzione dell’attività<br />

chemiotattica delle secrezioni polmonari,<br />

con una riduzione del reclutamento dei neutrofili<br />

nel polmone e con un effetto favorente l’attività<br />

delle antiproteasi all’interno delle secrezioni polmonari<br />

9. Uno studio successivo ha valutato gli effetti<br />

del trattamento per 2 settimane di glucocorticoidi<br />

per via inalatoria e per via orale nella BP-<br />

CO, con risultati negativi sia sulle cellule infiammatorie<br />

sia sugli indicatori di attivazione degli eosinofili<br />

e dei neutrofili nello sputo 10. Risultati negativi<br />

sono stati evidenziati con la terapia con FP<br />

per 1 mese alla dose di 1 mg sull’attività elastasica<br />

nel supernatante dello sputo, sulle metalloproteinasi<br />

di matrice (MMP-1 e MMP-9) e sull’inibitore<br />

tissutale delle metalloproteinasi (TIMP-1) 11. In<br />

contrasto, la terapia per 2 mesi con alte dosi di beclometasone<br />

dipropionato (BDP) riduceva nello<br />

Tabella <strong>2.</strong>2 Risultati della cellularità nello sputo, dei dati spirometrici, dell’emogasanalisi nei soggetti trattati con BDP e nei controlli (modificata<br />

da 12)<br />

BDP Controlli<br />

Prima Dopo Prima Dopo<br />

Cellule/ml (x 104) 240 (46) 139 (63) 198 (31)<br />

204 (39)<br />

Neutrofili (%) 73,4 (2,6) 52,0 (1,8) 71,4 (3,7) 73,3 (2,2)<br />

Eosinofili (%) 3,5 (1,0) 3,1 (0,8) 2,0 (0,4) 2,4 (0,5)<br />

Linfociti (%) 3,8 (0,8) 3,9 (0,7) 2,0 (0,2) 2,2 (0,9)<br />

Macrofagi (%) 19,6 (1,9) 35,8 (2,1) 21,7 (3,6) 19,3 (2,2)<br />

Cellule epiteliali (%) 1,1 (0,1) 2,3 (0,3) 1,5 (0,2) 2,0 (0,3)<br />

Vitalità (%) 84 (5) 81 (8) 79 (8) 86 (5)<br />

Cellule squamose (%) 7 (1) 8 (2) 9 (2) 6 (3)<br />

FEV 1 (% predetto) 60,2 (9) 58,2 (10) 59,1 (9) 54,4 (8)<br />

FVC (% predetto) 76 (12) 74 (14) 83 (7) 76 (9)<br />

PaO 2 (mmHg) 71,9 (5,8) 75,0 (6,2) 69,7 (3,8) 70,6 (4,3)<br />

PaCO 2 (mmHg) 39,2 (3,5) 36,8 (3,9) 38,6 (5,2) 37,3 (3,2)<br />

I valori sono espressi come medie (errore standard).<br />

40<br />

sputo dei pazienti BPCO in fase stabile il numero<br />

delle cellule totali e il numero di neutrofili 12 (tabella<br />

<strong>2.</strong>2). Anche la terapia con 1,6 mg di budesonide<br />

somministrata per 6 settimane aveva effetti positivi.<br />

Diminuiva infatti i livelli di IL-8 nel siero e,<br />

dopo pretrattamento con ipratropium, aumentava<br />

la PC20 per la metacolina, suggerendo che l’effetto<br />

positivo nella BPCO avvenisse con una riduzione<br />

del “carico neutrofilico” nelle vie aeree e con<br />

un miglioramento degli effetti della terapia con anticolinergici<br />

13.<br />

Mediante la tecnica dello sputo indotto è stato valutato<br />

anche l’effetto dei glucocorticoidi per via<br />

inalatoria sull’adesione di cellule polimorfonucleate<br />

(PMNs) isolate a cellule endoteliali in coltura.<br />

Dopo terapia, si assisteva a un’inibizione del processo<br />

di adesione, ma l’effetto era transitorio 14.<br />

È stato anche suggerito che i glucocorticoidi abbiano<br />

un effetto positivo in alcuni pazienti con BPCO,<br />

in particolare nei pazienti in cui la componente eosinofilica<br />

sia importante. In pazienti con BPCO in<br />

fase stabile, una parziale reversibilità dell’ostruzione<br />

è associata a eosinofilia nello sputo 15 (figura <strong>2.</strong>12).<br />

Ne consegue che il riscontro di eosinofilia nello sputo<br />

potrebbe identificare quei pazienti che possono<br />

rispondere meglio a un trattamento a lungo termine<br />

con glucocorticoidi per via inalatoria 16.Anche in<br />

pazienti con enfisema polmonare, l’infiammazione<br />

eosinofilica è coinvolta nella reversibilità dell’ostru-


Conte cellulari nello sputo (%)<br />

100<br />

50<br />

0<br />

Controlli<br />

** **<br />

BPCO<br />

non Rev<br />

BPCO Rev<br />

Controlli<br />

**<br />

BPCO<br />

non Rev<br />

Macrofagi Neutrofili Eosinofili<br />

zione bronchiale 17. Queste osservazioni sono state<br />

confermate anche da studi che hanno impiegato tecniche<br />

invasive, quali le biopsie bronchiali nella valutazione<br />

degli effetti della terapia con steroidi nella<br />

BPCO.Una risposta positiva al trattamento con prednisolone<br />

si osservava infatti nei pazienti che avevano<br />

alterazioni strutturali e un infiltrato infiammatorio<br />

nelle vie aeree con caratteristiche simili a quelli presenti<br />

nell’asma bronchiale 18. Recentemente, sempre<br />

con l’ausilio delle biopsie bronchiali, è stato valutato<br />

l’effetto della terapia per 3 mesi con 1 mg di FP<br />

nella BPCO 19. Il fluticasone per via inalatoria era in<br />

grado di influenzare alcuni aspetti del processo infiammatorio<br />

presente nella BPCO, risultato che, secondo<br />

gli autori,può spiegare la diminuzione del numero<br />

di riacutizzazioni osservata negli studi a lungo<br />

termine con il FP. In pazienti con BPCO in fase stabile<br />

e lieve, i glucocorticoidi per via inalatoria (BDP,<br />

1,5 mg per 6 settimane) riducevano nel lavaggio<br />

broncoalveolare il numero di neutrofili e i livelli di<br />

IL-8 e di MPO 20.Sempre nel broncolavaggio (BAL),<br />

il FP per via inalatoria non influenzava la capacità di<br />

produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) da<br />

parte di cellule del BAL di pazienti BPCO, sugge-<br />

**<br />

BPCO Rev<br />

41<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Controlli<br />

BPCO<br />

non Rev<br />

**<br />

BPCO Rev<br />

Figura <strong>2.</strong>12<br />

Percetuali delle cellule infiammatorie<br />

(macrofagi, neutrofili,<br />

eosinofili) nell’espettorato di<br />

pazienti con BPCO reversibile<br />

o non reversibile (modificata<br />

da 15).<br />

** Significativamente differente<br />

dai controlli.<br />

rendo che il fumo di sigaretta possa compromettere<br />

la capacità dei macrofagi alveolari di produrre ROS,<br />

capacità che non viene ulteriormente diminuita dal<br />

FP 21. In un altro mezzo biologico, quale il sangue, è<br />

stato dimostrato che la BPCO in fase stabile non influenza<br />

la fagocitosi e il carico ossidativo 2<strong>2.</strong><br />

Altre metodiche quali la determinazione dell’ossido<br />

nitrico (NO) nell’aria espirata e dei livelli di<br />

H 2O 2 nel condensato sono state recentemente proposte<br />

nello studio di <strong>malattie</strong> infiammatorie croniche<br />

delle vie aeree, in particolare nell’asma. Le metodiche<br />

hanno iniziato a essere impiegate anche<br />

nella valutazione del paziente BPCO. In un gruppo<br />

di pazienti non fumatori con BPCO, l’effetto<br />

della terapia per 2 settimane con BDP (1 mg/die)<br />

è stato valutato con queste due tecniche. Mentre i<br />

livelli di condensato non cambiavano dopo la terapia,<br />

i livelli di NO erano significativamente ridotti<br />

23. L’effetto di soppressione sulla produzione di<br />

NO potrebbe essere dovuto o alla riduzione dell’espressione<br />

della NO sintasi inducibile (iNOS) o<br />

all’inibizione del reclutamento di neutrofili, cellule<br />

che esprimono l’NO sintasi inducibile 24.Va comunque<br />

ricordato che uno studio recente ha di-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

mostrato che cellule epiteliali bronchiali umane<br />

esprimono iNOS in determinate condizioni infiammatorie,<br />

ma che i glucocorticoidi non hanno<br />

un ruolo regolatorio diretto 25. La misurazione dell’NO<br />

nell’aria espirata nella BPCO è stata proposta<br />

anche da altri autori 26.<br />

Con questi dati, è difficile poter predire se il processo<br />

infiammatorio presente nella BPCO può risultare<br />

sensibile al trattamento corticosteroideo. I<br />

linfociti sono tradizionalmente sensibili agli steroidi,<br />

mentre i neutrofili sono poco sensibili agli effetti<br />

degli steroidi che invece paradossalmente possono<br />

prolungarne la sopravvivenza. La presenza di<br />

eosinofili e di loro prodotti di attivazione, almeno<br />

in alcuni pazienti e in alcune fasi della malattia, potrebbe<br />

rappresentare un elemento predittivo per<br />

una risposta positiva agli steroidi, conoscendo la<br />

particolare sensibilità di queste cellule agli effetti<br />

dei corticosteroidi. Pertanto, sia i presupposti anatomopatologici<br />

della malattia sia gli studi di efficacia<br />

dei corticosteroidi inalatori su indicatori biologici<br />

non permettono di prevedere una sicura efficacia<br />

del trattamento nei pazienti con BPCO.Tuttavia,le<br />

variazioni osservate in alcuni indicatori biologici<br />

suggeriscono un possibile effetto positivo, almeno<br />

in alcuni sottogruppi di pazienti.<br />

CORTICOSTEROIDI ORALI<br />

I corticosteroidi orali a lungo termine sono stati utilizzati<br />

nel trattamento regolare della BPCO, particolarmente<br />

nei pazienti con le forme più gravi di<br />

malattia e con frequenti esacerbazioni. Gli studi dei<br />

gruppi olandesi degli anni ’80 avevano suggerito un<br />

effetto positivo del prednisolone sul declino della<br />

funzione respiratoria, ma questi studi, come quelli<br />

con corticosteroidi inalatori, erano sicuramente influenzati<br />

dai criteri di selezione dei pazienti (scarsa<br />

distinzione tra asma, bronchite cronica ed enfisema<br />

polmonare) e dai disegni di studio (spesso di tipo<br />

retrospettivo). Uno studio di metanalisi di vari anni<br />

fa dimostrava che un breve trattamento con corticosteroidi<br />

orali ad alte dosi migliorava, anche se di poco,<br />

la funzione respiratoria in pazienti con BPCO<br />

stabile 27.Tuttavia,studi successivi hanno mostrato risultati<br />

discordanti. Uno studio randomizzato a lungo<br />

termine (2 anni) ha mostrato che l’aggiunta di<br />

una bassa dose di prednisone al trattamento regolare<br />

con budesonide non determinava effetti addizionali<br />

positivi nei sintomi o nella funzione polmonare<br />

o nella frequenza di riacutizzazioni in pazienti<br />

42<br />

con BPCO di grado lieve-moderato 28.Altri studi su<br />

casistiche più limitate hanno confermato tale osservazione.<br />

Infine, uno studio recente condotto su 38<br />

pazienti BPCO steroido-dipendenti ha mostrato<br />

che la riduzione progressiva fino alla sospensione del<br />

corticosteroide orale non determinava un aumento<br />

del numero di riacutizzazioni in 6 mesi né un peggioramento<br />

della dispnea, della funzione respiratoria<br />

o della qualità della vita rispetto al gruppo di<br />

controllo, mentre si osservava una riduzione del peso<br />

corporeo 29.<br />

Di fronte ai modesti o trascurabili effetti positivi a<br />

lungo termine dei corticosteroidi orali nei pazienti<br />

con BPCO, il rischio di rilevanti e importanti effetti<br />

collaterali (squilibri idroelettrolitici, iperglicemia,<br />

osteoporosi e fratture ossee) è stato riportato<br />

da vari autori 30.Tra gli effetti collaterali dimostrati<br />

per l’uso regolare degli steroidi orali, la miopatia da<br />

steroidi è particolarmente importante e grave, in<br />

quanto colpisce non solo i muscoli scheletrici ma<br />

anche i muscoli respiratori, potendo quindi far precipitare<br />

il quadro di un’insufficienza respiratoria da<br />

ipoventilazione 31.<br />

Anche la mortalità nei pazienti con BPCO non<br />

sembra migliorata dal trattamento regolare con<br />

corticosteroidi orali. Invece, uno studio prospettico<br />

ha mostrato che in pazienti con BPCO grave<br />

la terapia di mantenimento con corticosteroidi orali<br />

si associava a una maggiore mortalità in maniera<br />

dose-dipendente, mentre ciò non si osservava<br />

per i pazienti trattati con corticosteroidi inalatori<br />

3<strong>2.</strong> Anche se non si può escludere un effetto di<br />

selezione dei pazienti più gravi, lo studio potrebbe<br />

suggerire un rischio addizionale di mortalità per<br />

l’uso regolare dei corticosteroidi orali, in relazione<br />

ai ben noti effetti collaterali, compresa la suscettibilità<br />

alle infezioni.<br />

CORTICOSTEROIDI INALATORI<br />

Nel corso degli anni ’80-’90 numerosi studi sono<br />

stati condotti per valutare l’efficacia del trattamento<br />

con steroidi inalatori in pazienti con BPCO. I<br />

risultati sono stati discordanti: mentre alcuni studi<br />

hanno mostrato un miglioramento di alcuni parametri<br />

clinico-funzionali in pazienti trattati con beclometasone<br />

dipropionato 33, altri non hanno osservato<br />

variazioni di rilievo 34. Ciò è stato attribuito<br />

a una non precisa selezione dei pazienti. Infatti<br />

in molti studi, specialmente quelli condotti da<br />

gruppi olandesi, non veniva fatta una precisa sele-


zione tra i pazienti con asma cronico e i pazienti<br />

con BPCO non reversibile e spesso venivano inclusi<br />

negli studi pazienti con rilevante reversibilità<br />

dell’ostruzione bronchiale e con importanti caratteristiche<br />

asmatiche. Una recente metanalisi degli<br />

studi condotti, considerando esclusivamente i pazienti<br />

con BPCO non reversibile ed escludendo<br />

quelli con componente asmatica, ha confermato<br />

un effetto positivo sulle variazioni a lungo termine<br />

del VEMS 35.<br />

Negli ultimi anni numerosi studi clinici controllati<br />

a medio e a lungo termine sono stati condotti<br />

relativamente all’efficacia dei corticosteroidi inalatori<br />

nel trattamento della BPCO, selezionando attentamente<br />

i pazienti per escludere soggetti con<br />

componente asmatica della malattia. I risultati di<br />

questi studi hanno confermato la presenza di un significativo<br />

effetto positivo di tali farmaci su vari indicatori<br />

della malattia, particolarmente nelle classi<br />

con BPCO più grave.<br />

Effetto sui sintomi, sulla funzione<br />

polmonare e tolleranza allo sforzo<br />

Gli studi più recenti hanno dimostrato un effetto<br />

positivo dei corticosteroidi inalatori sui sintomi e<br />

sulla funzione polmonare di pazienti BPCO di grado<br />

moderato-grave. Il primo di questi studi ha confrontato<br />

il trattamento con fluticasone propionato<br />

(500 µg 2 volte/die) o con placebo in pazienti con<br />

BPCO non reversibili su un periodo di 6 mesi 36;<br />

nella selezione dei pazienti era stata fatta particolare<br />

attenzione nell’escludere pazienti con possibile<br />

componente asmatica (atopici,con eosinofilia o con<br />

risposta positiva al broncodilatatore). I pazienti arruolati<br />

per lo studio erano affetti da BPCO di grado<br />

moderato-grave e il loro VEMS medio era circa<br />

55% del valore predetto. L’obiettivo primario era<br />

rappresentato dalla riduzione del numero e/o della<br />

gravità delle esacerbazioni della BPCO (vedi dopo).<br />

Come parametri aggiuntivi, il fluticasone si dimostrava<br />

efficace nel ridurre l’intensità dei sintomi<br />

tosse ed espettorazione, nel migliorare il VEMS e<br />

la tolleranza allo sforzo (figura <strong>2.</strong>13). È da notare<br />

che l’effetto sul VEMS era osservabile dopo 4 e 6<br />

mesi dall’inizio del trattamento e non immediatamente<br />

nelle prime settimane. Non si osservavano<br />

elementi predittivi della risposta al fluticasone, ad<br />

eccezione della durata di malattia che era più lunga<br />

nei pazienti che rispondevano al trattamento.<br />

43<br />

A<br />

B<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Variazioni dal basale nel VEMS (l)<br />

Variazioni dal basale nella distanza percorsa (m)<br />

0,20<br />

0,15<br />

0,10<br />

0,05<br />

0<br />

–0,05<br />

–0,10<br />

–0,15<br />

–0,20<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

–10<br />

Placebo<br />

Fluticasone propionato<br />

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25<br />

Settimane<br />

Placebo<br />

Fluticasone propionato<br />

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25<br />

Settimane<br />

Figura <strong>2.</strong>13<br />

Variazioni rispetto al basale del VEMS (A) e della distanza percorsa<br />

nel test dei 6 minuti (B) nei pazienti trattati con placebo (cerchi)<br />

o con fluticasone propionato (quadrati). La differenza tra i due gruppi<br />

è statisticamente significativa per entrambi i parametri dopo 4 e 6<br />

mesi di trattamento 36.<br />

Altri studi a breve 37,38 e a lungo termine 39,40 hanno<br />

confermato la presenza di un modesto ma apprezzabile<br />

miglioramento nei sintomi, specie la dispnea,<br />

e nella funzione polmonare; l’effetto sul<br />

VEMS in uno studio a lungo termine era comunque<br />

evidente solo nei primi 3-6 mesi e successivamente<br />

si perdeva 39. Uno studio recente ha mostrato,<br />

su un piccolo gruppo di pazienti anziani con<br />

BPCO di grado moderato-grave, che la sospensione<br />

del corticosteroide inalatorio determinava un<br />

lieve ma apprezzabile deterioramento nella funzione<br />

respiratoria e un peggioramento della dispnea 41.<br />

Questi effetti, pur statisticamente significativi, appaiono<br />

modesti, anche rispetto a quanto ottenibile<br />

con altre categorie di farmaci. Pertanto sono stati<br />

studiati altri parametri di efficacia, meglio espressivi<br />

dello stato di salute del paziente con BPCO.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Effetti sulle riacutizzazioni,<br />

sulla qualità di vita e mortalità<br />

Molti studi hanno preso in considerazione l’effetto<br />

dei corticosteroidi inalatori sulla frequenza e gravità<br />

delle riacutizzazioni della BPCO, che rappresentano<br />

un evento che condiziona fortemente la<br />

qualità della vita dei pazienti con BPCO e rappresenta,<br />

specialmente per le riacutizzazioni più gravi,<br />

un indice prognostico sfavorevole per la sopravvivenza<br />

del paziente.<br />

In uno studio già citato 36, il trattamento con fluticasone<br />

propionato per 6 mesi in pazienti con<br />

BPCO di grado moderato non era capace di ridurre<br />

in maniera significativa la frequenza di riacutizzazioni,<br />

ma era capace di ridurne la gravità (tabella<br />

<strong>2.</strong>3). Una recente revisione del problema ha<br />

selezionato,da un ampio numero di studi,solo quelli<br />

randomizzati e controllati che escludevano pazienti<br />

con asma e che avevano come obiettivo dello<br />

studio la frequenza delle riacutizzazioni e la mortalità<br />

4<strong>2.</strong> La frequenza totale di riacutizzazioni era ridotta<br />

dall’uso dei corticosteroidi inalatori del 30%,<br />

con un rischio relativo di 0,70 (figura <strong>2.</strong>14). L’effetto<br />

sembrava meno evidente nei pazienti più lievi,<br />

come quelli del Copenhagen City Heart<br />

Study 43, o in quelli molto gravi 44. Escludendo gli<br />

studi con questi pazienti, l’efficacia dei corticosteroidi<br />

si confermava, con un rischio relativo di 0,67<br />

e senza evidenza di eterogeneità tra gli studi.<br />

Tabella <strong>2.</strong>3 Numero e gravità delle riacutizzazioni della<br />

BPCO in un gruppo di pazienti trattati per 6 mesi con fluticasone<br />

propionato (500 µg 2 volte/die) o con placebo 36<br />

Placebo Fluticasone<br />

Numero dei pazienti 139 142<br />

Numero delle riacutizzazioni<br />

Totale 111 76<br />

Lievi 27 (24%) 34 (45%)<br />

Moderate 69 (62%) 37 (49%)<br />

Gravi 13 (12%) 4 (5%)<br />

Non definite 2 (2%) 1 (1%)<br />

Numero di pazienti con una<br />

o più riacutizzazioni<br />

Totale 51 45<br />

Lievi 7 (14%) 17 (38%)*<br />

Moderate + gravi 44 (86%) 27 (60%)*<br />

*p


Autore (riferimento)<br />

Vestbo 43<br />

Bourbeau 44<br />

Burge 45<br />

Lung Healt Study 40<br />

Weir 34<br />

Paggiaro 36<br />

Totale<br />

Rischio relativo<br />

45<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3<br />

Figura <strong>2.</strong>14<br />

Rischio relativo di riacutizzazione in pazienti con BPCO trattati con corticosteroidi inalatori rispetto al placebo. I nomi a sinistra sono relativi ai<br />

vari studi presi in esame, mentre le barre orizzontali rappresentano l’intervallo di confidenza del 95% 4<strong>2.</strong><br />

vo di modificare la storia naturale della BPCO.<br />

Questa è, come noto, caratterizzata da un progressivo<br />

declino della funzione polmonare, accelerato<br />

rispetto a quello osservabile nei soggetti normali,<br />

tale da portare precocemente il paziente a livelli di<br />

funzione polmonare non compatibili con una normale<br />

attività. Il primo studio “di inervento” sulla<br />

storia naturale della malattia è il cosiddetto “Lung<br />

Health Study” 47 che ha mostrato come la persistente<br />

cessazione dell’abitudine al fumo determinasse<br />

una netta riduzione del declino della funzione<br />

polmonare, mentre il regolare trattamento per 5<br />

anni con un antivagale (ipratropium bromuro) in<br />

pazienti fumatori non determinava alcuna variazione<br />

significativa del declino della funzione pol-<br />

monare, tranne che nei primi 6 mesi, dove i pazienti<br />

trattati con l’antivagale mostravano valori di<br />

VEMS significativamente superiori al gruppo non<br />

trattato.<br />

A oggi sono stati conclusi quattro studi a lungo termine<br />

con l’obiettivo di verificare se un trattamento<br />

regolare con steroidi inalatori fosse in grado di<br />

modificare l’evoluzione della BPCO: il Copenhagen<br />

City Heart Study (CCHS) 43, l’Euroscop 39, l’Isolde<br />

45 e il secondo Lung Health Study 40.Tutti questi<br />

studi hanno avuto una durata di almeno 3 anni,<br />

ma differiscono per il tipo di pazienti studiati e<br />

per il tipo di trattamento steroideo effettuato (tabella<br />

<strong>2.</strong>4). Il CCHS ha valutato pazienti con BPCO<br />

molto iniziale, con funzione polmonare quasi nor-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Probabilità di sopravvivenza senza ospedalizzazioni<br />

1,0<br />

0,9<br />

0,8<br />

0,7<br />

0,6<br />

Senza corticosteroidi inalatori<br />

Con corticosteroidi inalatori<br />

0,5<br />

0 2 4 6 8 10 12<br />

Mesi dopo la dimissione<br />

Figura <strong>2.</strong>15<br />

Probabilità, aggiustata per multiple covariate, di assenza di ripetute<br />

ospedalizzazioni o morte in pazienti con BPCO, trattati con o senza<br />

corticosteroidi inalatori dal momento della dimissione 46.<br />

male e con pochi sintomi; in questo tipo di soggetti<br />

il trattamento regolare con medio-basse dosi<br />

di budesonide non ha influenzato il declino nel<br />

tempo del VEMS. L’Euroscop ha invece arruolato<br />

pazienti con BPCO di grado lieve-moderato, che,<br />

rimanendo fumatori abituali dopo un tentativo di<br />

3 mesi di disassuefazione dal fumo, erano inclusi in<br />

un programma di trattamento con budesonide (400<br />

µg 2 volte/die) o placebo per 3 anni. Mentre nell’intera<br />

popolazione studiata la budesonide era capace<br />

di modificare il declino del VEMS solo nei<br />

primi 3-6 mesi, in alcuni sottogruppi di pazienti<br />

Tabella <strong>2.</strong>4 Principali caratteristiche dei quattro studi a lungo termine sull’efficacia dei corticosteroidi inalatori nel modificare il declino del<br />

VEMS nella BPCO<br />

CCHS Euroscop Isolde LHS<br />

Durata (settimane) 130 156 156 164<br />

Trattamento steroideo* 1.200/800 Bud 800 Bud 1.000 FP 1.200 TA<br />

Numero di soggetti 290 1.277 990 1.116<br />

Età (anni) 59 53 64 56<br />

Fumatori abituali (%) 76 100 48 90<br />

Atopia (%) ? 18 ? ?<br />

FEV 1 % pred 86 77 50 64<br />

dFEV 1 % 6,5 2,9 4,4 6,6<br />

* Dose giornaliera in µg.<br />

Bud = budesonide; FP = fluticasone propionato;TA = triamcinolone acetonide; dFEV 1 = risposta al broncodilatatore.<br />

46<br />

(specialmente nei modesti fumatori) l’effetto di miglioramento<br />

del declino del VEMS era statisticamente<br />

significativo rispetto al placebo per tutta la<br />

durata dello studio. Si trattava comunque di variazioni<br />

modeste e probabilmente non clinicamente<br />

significative.<br />

L’Isolde ha invece considerato pazienti con BPCO<br />

di grado moderato-grave, con unVEMS medio di<br />

circa 50% del predetto; questi pazienti sono stati<br />

trattati per 3 anni con fluticasone propionato (500<br />

µg 2 volte/die) o placebo. I risultati dello studio<br />

hanno mostrato un significativo effetto nei primi<br />

6 mesi di trattamento con fluticasone sul declino<br />

del VEMS, che comunque riprendeva in maniera<br />

simile al gruppo di controllo dopo i primi 6 mesi<br />

di trattamento (figura <strong>2.</strong>16). Lo stesso studio<br />

aveva inoltre dimostrato, come già visto, una riduzione<br />

delle riacutizzazioni (specialmente nei<br />

pazienti più gravi) e un miglioramento della qualità<br />

della vita nei pazienti trattati. Il maggior effetto<br />

del trattamento corticosteroideo nei primi<br />

mesi rispetto all’intera durata dello studio potrebbe<br />

essere attribuito a un fattore di selezione<br />

dei soggetti maggiormente sensibili agli effetti degli<br />

steroidi che, se randomizzati nel gruppo placebo,<br />

dovevano precocemente interrompere lo<br />

studio. Tale ipotesi è suggerita da uno studio che<br />

valuta il decorso della funzione polmonare nei pazienti<br />

arruolati per lo studio Isolde, che avevano<br />

interrotto il trattamento con corticosteroidi inalatori<br />

nelle 4 settimane precedenti l’inizio dello<br />

studio 48. Nei soggetti che erano già in trattamento<br />

con corticosteroidi inalatori la sospensione del<br />

trattamento determinava una riduzione delVEMS


VEMS (l) dopo broncodilatatori<br />

1,45<br />

1,40<br />

1,35<br />

1,30<br />

1,25<br />

1,20<br />

373<br />

372<br />

-3 0<br />

Inizio del trattamento<br />

in doppio cieco<br />

298<br />

288 241<br />

Randomizzazione e inizio<br />

della prova con corticosteroidi orali<br />

C<br />

A<br />

B<br />

269<br />

47<br />

222<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Fluticasone propionato (FP)<br />

Placebo<br />

246 235<br />

194<br />

A: Run in<br />

B: Prova con corticosteroidi orali<br />

C: Trattamento con FP in doppio cieco<br />

3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36<br />

Tempo (mesi) dall’inizio del trattamento con FP<br />

Figura <strong>2.</strong>16<br />

Valore medio del VEMS dopo broncodilatatore nei pazienti con BPCO dello studio Isolde, trattati con fluticasone propionato (linea tratteggiata) o<br />

con placebo (linea intera). I numeri indicano i soggetti che hanno misurazioni valide a ogni momento di osservazione (le misure effettuate entro 4<br />

settimane da una riacutizzazione erano escluse). Non c’è differenza significativa tra i pazienti trattati e i controlli ai vari momenti di misura, considerando<br />

anche la progressiva riduzione del numero dei pazienti con la progressione dello studio 45.<br />

eunnumero di esclusioni per riacutizzazione significativamente<br />

superiore rispetto ai soggetti<br />

precedentemente non trattati. È interessante notare<br />

che non era prevedibile nello studio Isolde<br />

alcun fattore predittivo della risposta agli steroidi<br />

inalatori; solo osservazioni preliminari ottenute<br />

dalla continuazione “in aperto” dello studio hanno<br />

suggerito che i pazienti con accelerato declino<br />

del VEMS fossero quelli più sensibili al trattamento<br />

49.<br />

Infine, il secondo Lung Health Study non ha mostrato<br />

variazioni significative tra soggetti con<br />

BPCO trattati per 40 mesi con triamcinolone ace-<br />

216<br />

174<br />

168<br />

141<br />

tonide (600 µg 2 volte/die) o con placebo nel declino<br />

del VEMS 40.Tuttavia i pazienti trattati con<br />

corticosteroidi inalatori mostravano meno sintomi<br />

respiratori e minor ricorso a visite mediche per cause<br />

respiratorie, oltre a migliorare la reattività bronchiale<br />

alla metacolina.<br />

Le possibili spiegazioni dei differenti risultati ottenuti<br />

dagli studi a lungo termine sono varie: diversa<br />

gravità della malattia, diversità nella persistenza<br />

o meno dell’abitudine al fumo, diversi tipi e dosi<br />

di corticosteroidi inalatori utilizzati. Questi fattori<br />

possono aver influito sull’aderenza al trattamento o<br />

anche sull’efficacia del trattamento.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Va comunque ricordato che, di fronte agli effetti<br />

positivi dimostrati da alcuni di questi studi, sono<br />

stati dimostrati anche effetti collaterali che possono<br />

limitare l’uso di tali farmaci in una popolazione<br />

anziana e con importante comorbilità: aumento<br />

della fragilità cutanea 39, riduzione della densità<br />

ossea 40 e riduzione della cortisolemia 45.<br />

Fattori predittivi della risposta<br />

ai corticosteroidi inalatori<br />

I vari studi hanno dimostrato che una parte almeno<br />

dei pazienti con BPCO risponde al trattamento<br />

con corticosteroidi inalatori. Gli elementi<br />

predittivi della risposta sono in parte evidenti, come<br />

la presenza di caratteristiche cliniche di tipo<br />

asmatico 33 o una risposta positiva al broncodilatatore,<br />

presente non infrequentemente anche in pazienti<br />

BPCO senza storia o fattori di rischio per<br />

asma 47.Tuttavia, anche negli studi in cui è stata<br />

posta attenzione a escludere soggetti con caratteristiche<br />

cliniche di tipo asmatico (reversibilità,<br />

atopia, storia personale ecc.), è sempre dimostrabile<br />

un sottogruppo di soggetti con BPCO che<br />

rispondono al trattamento corticosteroideo.Alcuni<br />

studi hanno dimostrato che la presenza di marcatori<br />

di infiammazione eosinofilica, misurabili<br />

con tecniche invasive come il lavaggio broncoalveolare<br />

o la biopsia bronchiale 18 o con tecniche<br />

non invasive come l’espettorato indotto 50, è un<br />

buon indice che predice la risposta positiva al trattamento<br />

con corticosteroidi, anche in pazienti con<br />

BPCO senza segni clinici di asma. D’altra parte,<br />

è stato invece riportato che la risposta funzionale<br />

dopo un breve periodo di 2 settimane di trattamento<br />

con steroidi per via generale non predice 45<br />

o predice in modesta entità 51 il miglioramento a<br />

lungo termine del VEMS a opera dei corticosteroidi<br />

inalatori.<br />

Indicazioni al trattamento<br />

con corticosteroidi inalatori<br />

Pertanto, alla luce della variabile efficacia della terapia<br />

con corticosteroidi inalatori nei pazienti con BP-<br />

CO e del potenziale rischio di effetti collaterali per<br />

trattamenti prolungati a dosi relativamente elevate in<br />

soggetti anziani con alta comorbilità,è suggerito dalle<br />

linee guida internazionali di considerare il tratta-<br />

48<br />

mento con steroidi inalatori nei pazienti con BPCO<br />

di grado moderato o grave, con frequenti riacutizzazioni,<br />

e che non rispondono in maniera soddisfacente<br />

al trattamento con i soli broncodilatatori 52,53.<br />

I pazienti che hanno la maggiore probabilità di risposta<br />

sono quelli con un’almeno parziale reversibilità<br />

dell’ostruzione bronchiale o con marcatori biologici<br />

di una componente “asmatica” della loro malattia.<br />

Anche nei pazienti non reversibili può essere<br />

effettuato un periodo di trattamento con corticosteroidi<br />

inalatori, valutando con metodi oggettivi<br />

(funzione polmonare, tolleranza allo sforzo, numero<br />

e gravità delle riacutizzazioni) il miglioramento ottenuto.<br />

Rimane ancora da definire la durata di tale<br />

periodo di prova, in quanto alcuni studi dimostrano<br />

un significativo miglioramento dei parametri clinici<br />

e funzionali solo dopo alcuni mesi di trattamento.<br />

Al momento attuale non è possibile dare una risposta<br />

definitiva sulla possibilità di modificare attraverso<br />

il trattamento farmacologico la storia naturale<br />

della BPCO. Non sembra comunque che il<br />

trattamento corticosteroideo da solo nelle fasi iniziali<br />

della malattia sia in grado di produrre significativi<br />

effetti positivi, mentre il trattamento con corticosteroidi<br />

inalatori in pazienti con malattia più<br />

avanzata sembra determinare effetti positivi a lungo<br />

termine, che dovranno essere attentamente valutati<br />

alla luce del rapporto costo-beneficio di tale<br />

trattamento.<br />

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51<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Terapia combinata broncodilatatoria<br />

e corticosteroidea<br />

Ifarmaci utilizzabili per il trattamento della BPCO<br />

sono relativamente pochi e nessuno è realmente<br />

risolutivo a causa della plurifattorialità eziopatogenetica<br />

della malattia.Al fine di migliorare l’esito terapeutico,<br />

è prassi comune utilizzare contemporaneamente<br />

sostanze dotate di meccanismi d’azione<br />

differenti1. Questo approccio terapeutico può essere,<br />

però, potenzialmente dannoso perché non è infrequente<br />

che i pazienti ricevano contemporaneamente<br />

da 5 a 8 farmaci orali o inalatori, assunti a<br />

intervalli differenti, sia al bisogno sia su base regolare<strong>2.</strong>È<br />

quindi fondamentale che il medico limiti<br />

la sua scelta terapeutica a principi attivi la cui contemporanea<br />

presenza, in uno specifico regime terapeutico,<br />

sia razionale. Egli deve anche semplificare<br />

al massimo il trattamento, perché questa è una<br />

condizione essenziale per una buona aderenza alla<br />

terapia prescritta.<br />

TERAPIA COMBINATA<br />

CON BRONCODILATATORI<br />

L’analisi della letteratura, che non rivela un’univoca<br />

predominanza di una classe di broncodilatatori<br />

sulle altre, indica la combinazione di differenti<br />

agenti broncolitici come la migliore strategia terapeutica<br />

perché essa è, probabilmente, la sola che<br />

consente di interferire sui diversi momenti che sostengono<br />

la quota reversibile dell’ostruzione bronchiale<br />

nei soggetti affetti da tale patologia 3.<br />

Terapia combinata con<br />

β 2-agonisti e anticolinergici<br />

I β 2-agonisti e gli anticolinergici sono farmaci caratterizzati<br />

da differenti effetti farmacodinamici.<br />

Gli anticolinergici inibiscono l’azione dell’acetilcolina<br />

rilasciata dalle terminazioni nervose colinergiche<br />

che, attivando i recettori muscarinici M 3<br />

presenti sul muscolo liscio delle vie aeree, porta alla<br />

contrazione di tale muscolo. Questi farmaci pos-<br />

Mario Cazzola, Maria Gabriella Matera<br />

sono, quindi, ridurre il tono colinergico delle vie<br />

aeree e migliorare il flusso aereo. I β 2-agonisti, a<br />

loro volta, inducono una broncodilatazione diretta<br />

per attivazione dei recettori β 2-adrenergici.<br />

Queste differenze farmacologiche spiegano il perché<br />

di un possibile effetto additivo quando si aggiunge<br />

un β 2-agonista a un anticolinergico 4.In<br />

considerazione di tale effetto, l’American Thoracic<br />

Society 4 suggerisce di aumentare il dosaggio dell’ipratropio<br />

sino a sei puff ogni 6-8 ore e poi di<br />

aggiungere fino a quattro puff di un β 2-agonista a<br />

breve durata d’azione assunto al bisogno o su base<br />

regolare.<br />

Al fine di semplificare il trattamento è stato proposto<br />

di somministrare contemporaneamente il β 2-agonista<br />

a breve durata d’azione e l’anticolinergico 5-7.<br />

Questo approccio è razionale perché, anche in assenza<br />

di un effetto meccanicistico sinergico a livello<br />

di una singola cellula, esso può indurre benefici<br />

terapeutici a causa del diverso sito d’azione dei due<br />

farmaci 5.Infatti,i β 2-agonisti sono relativamente più<br />

efficaci nelle vie aeree distali, mentre gli anticolinergici<br />

sono più attivi nelle vie aeree prossimali 3.<br />

Inoltre, il comportamento temporale della broncodilatazione<br />

indotta da questi farmaci è diverso. L’insorgenza<br />

dell’effetto broncodilatante degli antimuscarinici<br />

non è così rapida come quella dei β 2-agonisti<br />

a breve durata d’azione ma, in compenso, la<br />

broncodilatazione appare abbastanza prolungata 7.<br />

Tre studi sufficientemente recenti, che hanno coinvolto<br />

un’ampia popolazione di pazienti, hanno<br />

chiaramente dimostrato il vantaggio clinico-funzionale<br />

che deriva dalla somministrazione contemporanea<br />

e protratta nel tempo di ipratropio e salbutamolo,<br />

utilizzando sia basse dosi dei due farmaci<br />

8 (figura <strong>2.</strong>17) sia dosaggi elevati 9,10.L’associazione<br />

è risultata sempre più efficace di ciascun singolo<br />

farmaco e non ha indotto perdita dell’effetto<br />

broncodilatante neppure dopo 12 settimane di trattamento<br />

e neppure problemi di tollerabilità.<br />

Anche la possibilità di associare un anticolinergico<br />

con un β 2-agonista a lunga durata d’azione sembra<br />

essere un’altra valida possibilità terapeutica, sebbene<br />

due piccoli studi abbiano suggerito la mancanza di


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Figura <strong>2.</strong>17<br />

Modifiche percentuali medie del FEV 1<br />

rispetto al basale nei giorni 1 e 85 dopo<br />

inalazione di ipratropio bromuro<br />

(IB) 40 µg, salbutamolo (S) 200 µg<br />

e IB + S quattro volte al giorno 8.<br />

un sostanziale effetto additivo quando salmeterolo<br />

50 µg o formoterolo 12 o 24 µg sono associati con<br />

la dose di ipratropio raccomandata per l’uso clinico<br />

(40 µg) in soggetti con BPCO 11,1<strong>2.</strong>È probabile<br />

che i pazienti studiati in queste due specifiche situazioni<br />

cliniche fossero al massimo della loro possibile<br />

risposta broncolitica dopo l’inalazione di salmeterolo<br />

o formoterolo.Tuttavia, la dose di anticolinergico<br />

necessaria per produrre la massima, o quasi,<br />

broncodilatazione è maggiore di quella usuale.<br />

Non stupisce, quindi, che un ulteriore incremento<br />

della funzione polmonare nei pazienti con BPCO<br />

% dal basale<br />

% dal basale<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

52<br />

Giorno 1<br />

0 60 120 180 240 300 360 420 480<br />

Minuti<br />

Giorno 85<br />

0 60 120 180 240 300 360 420 480<br />

Minuti<br />

IB<br />

S<br />

IB + S<br />

IB<br />

S<br />

IB + S<br />

stabile possa essere ottenuto quando si aggiungono<br />

dosi di oxitropio (400-600 µg) più elevate di quella<br />

usata abitualmente in terapia (200 µg) a 12 o 24<br />

µg di formoterolo 13 o a 50 µg di salmeterolo 14.<br />

La contemporanea somministrazione di un anticolinergico<br />

e un β 2-agonista a lunga durata d’azione<br />

è senza dubbio vantaggiosa in corso di terapia<br />

regolare. van Noord et al. 15 hanno osservato,<br />

per esempio, che un trattamento di 12 settimane<br />

con 50 µg di salmeterolo due volte al giorno più<br />

40 µg di ipratropio quattro volte al giorno causa<br />

un miglioramento funzionale, ma non sintomato-


logico, maggiore di quello indotto da una terapia<br />

della stessa durata con solo 50 µg di salmeterolo<br />

due volte al giorno. Chapman et al. 16 hanno, invece,<br />

dimostrato che l’aggiunta regolare di salmeterolo<br />

50 µg due volte al giorno a un trattamento<br />

anticolinergico consolidato porta non solo a un<br />

mantenuto incremento della funzione polmonare,<br />

ma anche a una riduzione del numero di riacutizzazioni<br />

e a un miglioramento della qualità della vita<br />

dei pazienti. Apparentemente, l’associazione di<br />

l<br />

1,7<br />

1,6<br />

1,5<br />

1,4<br />

1,3<br />

1,2<br />

F + I<br />

S + I<br />

0 60 120 180<br />

Minuti<br />

240 300 360<br />

Figura <strong>2.</strong>18<br />

In pazienti con BPCO, un trattamento di tre settimane con una combinazione<br />

di formoterolo (F) e ipratropio (I) è più efficace di una combinazione<br />

di salbutamolo (S) e ipratropio 17.<br />

l<br />

1,55<br />

1,45<br />

1,35<br />

1,25<br />

1,15<br />

0 60 120 180 240 300 360<br />

Minuti<br />

F12 + OB<br />

OB + F12<br />

F24 + OB<br />

OB + F24<br />

53<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

un anticolinergico e un β 2-agonista a lunga durata<br />

d’azione è più attiva di quella di un anticolinergico<br />

e un β 2-agonista a breve durata d’azione<br />

nei soggetti affetti da BPCO 17 (figura <strong>2.</strong>18), ma sono<br />

necessari ulteriori riscontri per confermare<br />

questa impressione.<br />

Va evidenziato, comunque, che gli studi presenti in<br />

letteratura non permettono di stabilire con certezza<br />

se sia meglio somministrare i due farmaci<br />

contemporaneamente, utilizzando lo stesso erogatore,<br />

o in sequenza. Inoltre, si deve ancora decidere<br />

se sia preferibile dare prima l’anticolinergico o<br />

il β-agonista quando si sceglie di usare questi broncodilatatori<br />

separatamente, al fine di conservare<br />

quella flessibilità prescrittiva che consente di correggere<br />

la dose di ciascun farmaco secondo i bisogni<br />

individuali dei pazienti 3. La tendenza comune<br />

è quella di ritenere che, in corso di BPCO, la<br />

terapia antimuscarinica debba iniziare prima dell’avvio<br />

del trattamento con il β 2-agonista 3, anche<br />

se, secondo alcuni, l’aggiunta di quest’ultimo non<br />

sarebbe capace di indurre un ulteriore incremento<br />

della risposta broncolitica ottenuta in seguito all’assunzione<br />

dell’antimuscarinico 18. Però, l’assunzione<br />

iniziale di formoterolo 12 o 24 µg permette<br />

una risposta al farmaco anticolinergico che è<br />

maggiore di quella osservata quando l’inalazione<br />

di oxitropio 200 µg precede quella di formoterolo<br />

19 (figura <strong>2.</strong>19). In particolare, la sequenza formoterolo<br />

24 µg + oxitropio 200 µg sembra essere<br />

quella più utile.<br />

Figura <strong>2.</strong>19<br />

Modifiche medie del FEV 1 in seguito all’inalazione<br />

sequenziale di formoterolo (F) 12 o 24 µg e oxitropio<br />

bromuro (OB) 200 µg. Le frecce indicano la<br />

somministrazione di ciascun singolo farmaco 19.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Terapia combinata con β 2-agonisti<br />

e/o anticolinergici e teofillina<br />

Nei pazienti broncopneumopatici cronici ostruiti è<br />

possibile ottenere un ulteriore incremento della<br />

funzione polmonare quando dosi di un β 2-agonista<br />

a breve durata d’azione maggiori di quelle tradizionali<br />

sono combinate con teofillina 20.L’aggiunta<br />

di teofillina permette, inoltre, di ridurre la dose del<br />

β 2-agonista allorché ci si prefigge di raggiungere livelli<br />

di controllo dell’ostruzione bronchiale sovrapponibili.<br />

In molti soggetti è infatti necessario utilizzare<br />

salbutamolo alla dose di 1.400-3.000 µg<br />

quando si vuole ottenere la stessa risposta massima<br />

raggiungibile associando 400 µg di salbutamolo con<br />

la quantità di teofillina capace di indurre il massimo<br />

incremento della FVC senza effetti indesiderati<br />

21.Teofillina, aggiunta a un’associazione di un antimuscarinico<br />

con un β 2-agonista per via aerosolica,<br />

causa un ulteriore piccolo, ma significativo, effetto<br />

broncodilatante 2<strong>2.</strong>Tale combinazione è più efficace<br />

di un trattamento con ipratropio da solo e<br />

dell’associazione di teofillina con salbutamolo 23. Il<br />

potenziamento indotto da teofillina può essere legato<br />

a una semplice azione additiva,oppure alla possibilità<br />

che essa migliori la penetrazione polmonare<br />

del β 2-agonista, ma non si può neppure escludere<br />

un effetto sinergico sul piano farmacodinamico<br />

24. Sembra, a ogni modo, che solo concentrazioni<br />

di teofillina superiori a 17 µg/ml inducano un<br />

reale beneficio nei pazienti con severa BPCO in fase<br />

di stabilità clinica quando questa metilxantina è<br />

associata ai broncodilatatori 25.<br />

Anche l’associazione della teofillina con salmeterolo<br />

causa un più significativo miglioramento della funzione<br />

polmonare e, in più, una maggiore riduzione<br />

dei sintomi, della dispnea e dell’uso di salbutamolo al<br />

bisogno, nonché un minore numero di riacutizzazioni<br />

rispetto a un trattamento con salmeterolo o teofillina<br />

da soli 26. Il trattamento con salmeterolo da solo,<br />

però, induce meno effetti avversi correlabili al farmaco<br />

rispetto a ciascun regime terapeutico che includa<br />

teofillina.<br />

Terapia combinata con<br />

corticosteroidi e broncodilatatori<br />

Il trattamento dei pazienti con BPCO stabile con<br />

corticosteroidi inalatori in aggiunta a un trattamento<br />

broncolitico è ampiamente diffuso, anche<br />

54<br />

se il loro utilizzo in tale patologia rimane controverso<br />

a causa della scarsità di studi dimostranti un<br />

reale effetto di questi farmaci sull’infiammazione<br />

neutrofila delle vie aeree 27. Malgrado ciò, l’esteso<br />

uso di corticosteroidi è giustificato da effetti farmacologici<br />

che superano la mera azione antinfiammatoria<br />

28. Essi non influenzano i livelli di IL-<br />

8 e TNF-α 29, ma riducono l’infiammazione bronchiale<br />

visibile 28 e anche il numero di mastociti nella<br />

mucosa bronchiale, oltre a diminuire la chemiotassi<br />

dei neutrofili 30. Inoltre, i corticosteroidi sono<br />

capaci di impedire la sottoregolazione omologa dei<br />

recettori β 2-adrenergici e di indurre un aumento<br />

della loro sintesi attraverso l’incremento della trascrizione<br />

genica di tali recettori 31, prevenendo, in<br />

tal modo, la comparsa di tolleranza ai β 2-agonisti<br />

nei pazienti trattati regolarmente con tali broncodilatatori.<br />

L’aggiunta di beclometasone a pazienti in trattamento<br />

cronico con uno o più broncodilatatori non<br />

è sempre utile, soprattutto quando questo corticosteroide<br />

inalatorio è somministrato ad alte dosi, perché<br />

il beneficio che ne deriva non bilancia l’intensità<br />

dei suoi effetti sistemici 3<strong>2.</strong>Va anche detto, però,<br />

che i soggetti trattati regolarmente con beclometasone<br />

e ipratropio non sembrano trarre alcun ulteriore<br />

beneficio dall’uso abituale di salbutamolo 33.<br />

I β 2-agonisti a lunga durata d’azione, contrariamente<br />

a quelli a breve durata d’azione, svolgono alcune<br />

azioni estremamente importanti per il paziente<br />

affetto da BPCO 34. In particolare, essi riducono<br />

l’attivazione dei neutrofili 34 e possono anche<br />

regolare la loro apoptosi, effetto che può essere mediato<br />

attraverso l’attivazione di recettori β 2-adrenergici<br />

35. Quest’ultima azione è estremamente importante<br />

nei pazienti che assumono corticosteroidi,<br />

perché tali farmaci prolungano la sopravvivenza<br />

dei neutrofili inibendone l’apoptosi 36.<br />

Queste proprietà farmacologiche spiegano l’attuale<br />

interesse nel valutare il potenziale terapeutico<br />

dell’associazione di un β 2-agonista a lunga durata<br />

d’azione e un corticosteroide inalatorio anche nella<br />

BPCO. È stato evidenziato che fluticasone propionato<br />

250 o 500 µg due volte al giorno e salmeterolo<br />

50 µg due volte al giorno assunti insieme<br />

da pazienti con BPCO stabile sono, dopo tre<br />

mesi di terapia, più efficaci del trattamento con salmeterolo<br />

da solo 37. Inoltre, l’aggiunta di fluticasone<br />

a salmeterolo permette un maggiore incremento<br />

della funzione polmonare dopo salbutamolo (figura<br />

<strong>2.</strong>20). Un trattamento di 24 settimane con salmeterolo<br />

e fluticasone propionato somministrati


20<br />

SLM + TEO<br />

SLM<br />

1,6 Baseline<br />

Baseline<br />

1,6<br />

1° mese<br />

1 mese<br />

1,5<br />

1,5<br />

2° mese<br />

2 mesi<br />

3° mese<br />

1,4<br />

FEV1, l<br />

3 mesi<br />

1,4<br />

FEV1, l<br />

1,3<br />

1,3<br />

1,2<br />

1,2<br />

1,1<br />

1,1<br />

0 2 4 6 8<br />

0 2 4 6 8<br />

Puff cumulativi di salbutamolo<br />

Puff cumulativi di salbutamolo<br />

SLM + FP 500 µg<br />

SLM + FP 250 µg<br />

55<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

1,6 Baseline<br />

1,6 Baseline<br />

1 mese<br />

1,5<br />

1 mese<br />

1,5<br />

2 mesi<br />

2 mesi<br />

3 mesi<br />

1,4<br />

3 mesi<br />

1,4<br />

1,3<br />

FEV1, l<br />

1,3<br />

FEV1, l<br />

1,2<br />

1,2<br />

1,1<br />

1,1<br />

0 2 4 6 8<br />

Puff cumulativi di salbutamolo<br />

0 2 4 6 8<br />

Puff cumulativi di salbutamolo<br />

Figura <strong>2.</strong>20<br />

Curve dose-risposta medie a salbutamolo (100 µg/puff) costruite durante 3 mesi di terapia con salmeterolo (SLM) 50 µg due volte al giorno, salmeterolo 50 µg + teofillina (TEO) due volte<br />

al giorno, salmeterolo 50 µg + fluticasone propionato (FP) 250 µg due volte al giorno, o salmeterolo 50 µg + fluticasone propionato 500 µg due volte al giorno37.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

contemporaneamente con lo stesso erogatore ha indotto<br />

un aumento del FEV 1 misurato prima dell’assunzione<br />

dei farmaci (156 ml) che è risultato significativamente<br />

maggiore di quello indotto da salmeterolo<br />

(107 ml) o dal placebo (-4 ml) 38. Anche<br />

l’aumento del FEV 1 misurato 2 ore dopo l’assunzione<br />

dei farmaci è risultato significativamente<br />

maggiore nei soggetti trattati con la combinazione<br />

(261 ml) rispetto a quelli che hanno assunto solo<br />

fluticasone (138 ml) o placebo (28 ml). Questo più<br />

elevato incremento funzionale si è accompagnato<br />

con un maggiore controllo della dispnea. È stato<br />

anche dimostrato, su 1.465 pazienti, che l’associazione<br />

salmeterolo 50 µg/fluticasone 500 µg dopo<br />

52 settimane di trattamento è più efficace dei singoli<br />

componenti somministrati da soli nel migliorare<br />

la funzione respiratoria e nel ridurre il numero<br />

di riacutizzazioni e l’entità dei sintomi, con un<br />

profilo di sicurezza identico 39. Un recentissimo studio<br />

osservazionale condotto in Gran Bretagna ha<br />

addirittura mostrato che il trattamento regolare con<br />

un β 2-agonista a lunga durata d’azione e un corticosteroide<br />

inalatorio è associato con una maggiore<br />

sopravvivenza nei pazienti con BPCO e che la<br />

mortalità decresce con il crescere dell’intensità di<br />

prescrizione di tali farmaci 40.<br />

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than a combination of salbutamol and ipratropium:<br />

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57<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

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IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Antiossidanti e mucoregolatori<br />

Dario Olivieri, Mario Del Donno, Alessia Verduri<br />

L<br />

’ipersecrezione di muco è uno dei sintomi principali<br />

della BPCO. Nonostante il principale<br />

agente eziologico della malattia sia l’esposizione al<br />

fumo di tabacco, altri fattori di rischio come l’inquinamento<br />

ambientale, il deficit di α1-antitripsi na e le infezioni respiratorie ricorrenti possono essere<br />

coinvolti1. L’esposizione cronica a tali fattori e/o alle infezioni<br />

conduce a ipertrofia e iperplasia delle cellule<br />

ghiandolari secernenti muco, presenti nella sottomucosa<br />

dell’epitelio. Le conseguenze sul piano clinico<br />

sono tosse ed espettorazione. L’ipersecrezione<br />

di muco può contribuire a esacerbazioni acute ricorrenti<br />

e il conseguente peggioramento dell’ostruzione<br />

delle vie aeree influenza la prognosi della<br />

malattia<strong>2.</strong> Un ruolo patogenetico importante nelle patologie<br />

polmonari croniche è rivestito, inoltre, dallo<br />

stress infiammatorio di tipo ossidativo, dato da<br />

un aumento del carico ossidante. I radicali ossidanti<br />

(o specie reattive dell’ossigeno) sono infatti<br />

prodotti fisiologicamente durante la respirazione<br />

cellulare e in corso di stati infiammatori,<br />

per esempio, quelli a scopo di difesa antibatterica.<br />

In entrambe le condizioni il carico ossidante<br />

viene controbilanciato dalle difese antiossidanti<br />

naturali3.Tuttavia, in alcune circostanze,<br />

come nelle patologie respiratorie croniche, l’equilibrio<br />

ossidanti/antiossidanti, esistente in condizioni<br />

fisiologiche, può alterarsi a vantaggio dei<br />

primi. Lo stress ossidativo conseguente è definito<br />

pertanto come aumento del carico ossidante<br />

per incremento della produzione di radicali liberi<br />

oppure per diminuzione delle difese antiossidanti,<br />

più spesso però per entrambi i fenomeni4.<br />

Tali concetti sull’ipersecrezione di muco e sui radicali<br />

ossidanti presentano notevoli implicazioni<br />

fisiopatologiche e terapeutiche nelle patologie<br />

polmonari ad andamento cronico. Scopo di questo<br />

capitolo è di descrivere quali siano gli agenti<br />

antiossidanti, naturali e farmacologici, e gli<br />

agenti mucoregolatori, valutandone il ruolo in terapia.<br />

58<br />

LE SOSTANZE<br />

ANTIOSSIDANTI NATURALI<br />

Le sostanze di difesa antiossidanti naturali possono<br />

essere di tipo intracellulare o di tipo extracellulare<br />

e possono anche essere suddivise in sistemi enzimatici<br />

e fattori non-enzimatici. I principali sistemi<br />

enzimatici sono la glutatione perossidasi, la superossidodismutasi<br />

(SOD) e la catalasi.<br />

Un ruolo chiave nella protezione intra ed extracellulare<br />

del danno ossidativo nei polmoni è svolto<br />

dal glutatione ridotto (GSH). Il glutatione è un<br />

tripeptide ubiquitario, costituito da acido glutamico,<br />

cisteina e glicina (γglu-cys-gly), di basso peso<br />

molecolare, idrosolubile, in elevate concentrazioni<br />

intracellulari, che si forma a partire dal glutatione<br />

bisolfuro e dagli ioni idrogeno (H +).Viene impiegato<br />

dall’enzima glutatione perossidasi, tetramero<br />

contenente quattro atomi di selenio e in grado di<br />

ridurre il perossido d’idrogeno (H 2O 2), per formare<br />

glutatione ossidato GSSG 5. In condizioni fisiologiche<br />

le cellule mantengono elevato il rapporto<br />

GSH/GSSG (normalmente >90%) come<br />

protezione da idroperossidi (per esempio H 2O 2 ) e<br />

lipoperossidi. Il GSSG è nuovamente ridotto a<br />

GSH dalla glutatione reduttasi insieme all’enzima<br />

glucosio-6-fosfato-deidrogenasi. Glutatione perossidasi<br />

e glutatione reduttasi si trovano soprattutto<br />

nel citoplasma, ma una glutatione perossidasi è presente<br />

anche nel plasma extracellulare 5. Il polmone<br />

è uno dei siti di deposito più importanti del GSH.<br />

Riguardo all’ambiente extracellulare, il liquido di<br />

rivestimento epiteliale (epithelial lining fluid, ELF)<br />

è ricco di GSH, deputato a contrastare l’eventuale<br />

stress ossidativo. Le concentrazioni di GSH variano<br />

in base al tratto <strong>respiratorio</strong>, diventando più<br />

elevate verso le vie aeree inferiori. È stato evidenziato,<br />

inoltre, che il GSH è abbondantemente rappresentato<br />

nell’ELF in concentrazione 100 volte<br />

superiore rispetto al plasma 6,7. Il principale enzima<br />

deputato alla sintesi del glutatione è la γ-glutamil-cisteina<br />

sintetasi (γ-GCS). Sia l’espressione<br />

genica di GSH sia quella di γ-GCS sono modulate<br />

da ossidanti, antiossidanti, agenti infiammatori e


antinfiammatori nelle cellule polmonari. Il GSH<br />

serve, inoltre, come forma di trasporto e deposito<br />

per la cisteina ed è cofattore di numerose reazioni<br />

enzimatiche 5.<br />

Altro sistema enzimatico è dato dalla superossidodismutasi<br />

(SOD), presente in tre forme isoenzimatiche:la<br />

manganese-SOD,inducibile e localizzata nei<br />

mitocondri,la Cu-Zn-SOD,non inducibile e situata<br />

prevalentemente nel citoplasma, ma presente anche<br />

nel nucleo, e la Cu-Zn-SOD posta nella matrice<br />

extracellulare. La SOD catalizza la trasformazione<br />

dell’anione superossido (O <strong>2.</strong> -) in H 2O 2, la cui concentrazione<br />

è comunque ridotta da catalasi e glutatione<br />

perossidasi 8. Infine la catalasi, sistema enzimatico<br />

tetramerico contenente eme e presente soprattutto<br />

nei perossisomi, va incontro a reazioni alterne<br />

di ossidazione e riduzione in presenza di H 2O 2 8 .<br />

Tra i sistemi non enzimatici è compreso lo strato di<br />

muco superficiale delle vie aeree, che svolge un<br />

ruolo chiave. Altri fattori non enzimatici sono lattoferrina,<br />

ferritina, vitamina E (α-tocoferolo, antiossidante<br />

liposolubile che contrasta la perossidazione<br />

lipidica), vitamina A e β-carotene (provitamina<br />

A naturale), vitamina C, flavonoidi (antiossidanti<br />

vegetali), bilirubina, taurina, metionina, minerali,come<br />

selenio,manganese e rame,e acido urico<br />

9.Agiscono come antiossidanti anche le proteine<br />

plasmatiche (albumina, transferrina, ceruloplasmina),<br />

presenti nel fluido extracellulare e aumentate<br />

in corso di infiammazione acuta.<br />

LE SOSTANZE ANTIOSSIDANTI<br />

FARMACOLOGICHE<br />

Quando le difese antiossidanti naturali risultano poco<br />

efficaci o sono superate dal carico ossidante, diventa<br />

necessario e razionale l’utilizzo di sostanze<br />

antiossidanti farmacologiche.<br />

La ricerca farmacologica si è orientata sul GSH.<br />

Nei casi di deficit di glutatione o per necessità di<br />

aumentarne le concentrazioni per stress ossidativo,<br />

il GSH può essere somministrato per via endovenosa,<br />

anche se in questo caso ha emivita breve e<br />

non raggiunge il polmone 10. Inoltre, sembra non<br />

sia sufficientemente trasportato nelle cellule animali<br />

e se in eccesso può essere fonte di radicali tiolici<br />

nello stress ossidativo 11.<br />

Un’altra applicazione interessante riguarda la somministrazione<br />

di precursori del GSH come la cisteina.<br />

Tuttavia, la cisteina viene rapidamente me-<br />

59<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

tabolizzata e trasformata in cistina, che è neurotossica,<br />

per cui non è assolutamente utilizzata 12 .<br />

Conoscere la regolazione molecolare della sintesi<br />

del glutatione da parte della γ-glutamil cisteina sintetasi<br />

(γ-GCS) può offrire alcune speranze nel trattamento<br />

del danno ossidativo polmonare. Il GSH<br />

cellulare può essere aumentato incrementando l’attività<br />

della γ-GCS mediante tecniche di trasferimento<br />

genico. Attualmente tali tecniche sono comunque<br />

troppo costose per essere considerate nel<br />

trattamento clinico della BPCO.<br />

Anche vitamina C, vitamina E e β-carotene sono<br />

stati analizzati in diversi studi per la loro attività antiossidante,<br />

ma le evidenze attuali sono incomplete<br />

e insufficienti per ritenere tali composti capaci<br />

di ridurre il danno ossidativo 13.<br />

Le possibilità di prevenzione e di terapia antiossidante,<br />

soprattutto in campo polmonare, sono date<br />

essenzialmente dalla N-acetilcisteina (NAC). La<br />

NAC è un composto donatore di gruppi sulfidrici<br />

(-SH) e di cisteina, ed è noto da tempo come<br />

farmaco ad attività mucolitica. Tuttavia, i più recenti<br />

dati di letteratura confermano che l’attività<br />

più rilevante, e anche più utile sul piano clinico, è<br />

quella antiossidante.<br />

La NAC riduce i ponti disolfuro e la sua attività<br />

antiossidante si manifesta in modo diretto o indiretto.<br />

L’azione antiossidante diretta è data dall’interazione<br />

chimica, non enzimatica, dei gruppi tiolici<br />

liberi (-SH) della NAC con sostanze fortemente<br />

ossidanti come H 2O 2, anione superossido e radicali<br />

idrossilici, presenti nella sede dell’infiammazione.<br />

Quest’azione è dose-dipendente e si manifesta anche<br />

a livello extracellulare. Tuttavia, la reazione ha<br />

velocità minore rispetto a quella catalizzata dalla<br />

glutatione perossidasi. L’altra azione antiossidante è<br />

quella indiretta in quanto precursore del glutatione<br />

ridotto, fornendo cisteina per la sintesi di GSH.<br />

Quest’azione “GSH-agonista” si realizza a livello<br />

intracellulare e il suo effetto è tanto più marcato<br />

quanto maggiore è la deplezione delle riserve endogene<br />

di glutatione 14,15.<br />

Altro farmaco con proprietà antiossidanti è la Nacistelina<br />

(NAL), sale di lisina dell’N-acetilcisteina<br />

e composto tiolico, perché contiene gruppi solforati.Studi<br />

di comparazione con la NAC hanno mostrato<br />

che anche la NAL, sebbene in misura lievemente<br />

inferiore, sembra aumentare il glutatione intracellulare<br />

nelle cellule epiteliali alveolari e inibire<br />

il rilascio di H 2O 2 e anione superossido da parte<br />

di neutrofili presenti nel sangue periferico di fumatori<br />

e pazienti con BPCO 16.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

RUOLO IN TERAPIA<br />

E NELLE LINEE GUIDA<br />

DEI FARMACI ANTIOSSIDANTI<br />

Riguardo la pratica clinica, l’unica sostanza utile tra<br />

tutti i farmaci antiossidanti è la NAC. Studi sull’efficacia<br />

clinica della NAC sono iniziati diversi anni<br />

fa. Nella gran parte di essi il farmaco, somministrato<br />

per via orale in soggetti affetti da bronchite cronica<br />

o BPCO, è stato valutato in termini di benessere generale<br />

del paziente e di riduzione dei giorni di malattia<br />

17-19. Numerosi studi clinici controllati, la maggior<br />

parte in doppio cieco vs placebo, dimostrano<br />

l’utilità della NAC nel prevenire le riacutizzazioni in<br />

pazienti con BPCO e sono stati raccolti e riesaminati<br />

di recente in due metanalisi indipendenti 20,21.<br />

La prima 20 ha analizzato tutti i lavori pubblicati tra<br />

il 1980 e il 1995, selezionandone 8 e dimostrando<br />

che il trattamento orale con NAC, per 3-6 mesi a<br />

dosaggi fino a 1.200 mg/die, riduce le riacutizzazioni<br />

bronchiali del 23%, individuando un vantaggio<br />

significativo rispetto al placebo.<br />

La seconda metanalisi 21 ha selezionato 11 studi tra<br />

quelli pubblicati tra il 1976 e il 1994, valutando il<br />

numero di riacutizzazioni, la variazione dei sintomi<br />

e gli effetti collaterali. Riguardo le riacutizzazioni, i<br />

pazienti in terapia con NAC hanno riportato un numero<br />

significativamente minore di episodi e anche<br />

per il miglioramento sintomatologico la NAC si è<br />

dimostrata vantaggiosa rispetto al placebo. Nessuna<br />

differenza tra NAC e placebo è stata riportata in termini<br />

di effetti collaterali. Gli autori delle due metanalisi<br />

hanno concluso che un trattamento orale con<br />

NAC per 3-6 mesi riduce il rischio di riacutizzazioni<br />

e migliora i sintomi in pazienti con BPCO.<br />

È noto inoltre da tempo che pazienti con BPCO<br />

esalano più H 2O 2 rispetto ai soggetti normali 2<strong>2.</strong> Si è<br />

osservato di recente, misurandone la concentrazione<br />

nell’espirato condensato, che un trattamento orale<br />

con NAC a lungo termine a dosaggio di 600 mg/die<br />

per 12 mesi attenua la formazione di H 2O 2 nelle vie<br />

aeree di pazienti con BPCO 23. Inoltre, uno studio<br />

di confronto tra la dose di 1.200 mg/die rispetto a<br />

600 mg/die di trattamento orale con NAC in pazienti<br />

con BPCO di grado lieve-moderato ha mostrato<br />

un vantaggio in termini di incremento dei parametri<br />

respiratori funzionali e di effetti antiossidanti<br />

con la dose maggiore 24.Aumentando quindi il dosaggio<br />

del farmaco si avrebbe potenziamento dell’azione<br />

mucolitica (effetto di primaria importanza per<br />

pazienti con ipersecrezione di muco), miglioramen-<br />

60<br />

to dei sintomi e della funzione respiratoria con conseguente<br />

beneficio sulla qualità di vita dei soggetti.<br />

Dai dati della letteratura è pertanto emerso che gli<br />

antiossidanti possono essere inclusi nelle linee guida<br />

internazionali sul trattamento della BPCO, possedendo<br />

evidenza di tipo B 25.<br />

I FARMACI MUCOATTIVI:<br />

MUCOREGOLATORI<br />

E MUCOLITICI<br />

Il muco presente fisiologicamente nelle vie aeree è<br />

composto per il 95% da acqua, per il 2% da glicoproteine<br />

(mucine), per l’1% da ioni, per l’1% da lipidi<br />

e per un altro 1% da altre proteine e proteoglicani.<br />

Nelle situazioni con ipersecrezione di muco<br />

la proporzione relativa e la quantità dei costituenti<br />

del muco sono alterate e può variare la natura<br />

delle glicoproteine. In particolare, il contenuto<br />

di proteine è aumentato nell’espettorato mucoide,<br />

mentre nell’espettorato purulento aumenta il<br />

contenuto sia di proteine sia di lipidi ed è presente<br />

DNA. Le variazioni biochimiche della composizione<br />

del muco sono correlate alle proprietà reologiche<br />

e alla clearance mucociliare 26.<br />

Un farmaco mucoregolatore è un agente che possiede,<br />

come azione primaria, la capacità di modificare<br />

la produzione e la secrezione di muco e/o di<br />

interagire con l’epitelio mucociliare 26,27.<br />

Nei pazienti affetti da BPCO l’ipersecrezione di<br />

muco, che si realizza per ipertrofia e iperplasia delle<br />

cellule secretorie, contribuisce a riacutizzazioni<br />

frequenti, caratterizzate da tosse ed espettorazione.<br />

Ne deriva quindi un razionale per l’impiego dei<br />

farmaci mucoregolatori nell’ipersecrezione cronica<br />

di muco.<br />

I farmaci mucoattivi comprendono i farmaci mucoregolatori<br />

e quelli mucolitici. I composti mucoregolatori<br />

hanno un meccanismo d’azione indiretto,potendo<br />

alterare le caratteristiche biochimiche della secrezione<br />

cellulare di muco.Tale tipo di meccanismo<br />

porta alla produzione di muco meno viscoso, per<br />

modificazione della sintesi intracellulare di mucine.<br />

Tra questi composti sono compresi ambroxol, carbocisteina<br />

(sale di lisina monoidrato) ed erdosteina <strong>2.</strong><br />

Nell’ambito di questo gruppo l’ambroxol ha mostrato,in<br />

uno studio in vivo,di aumentare il trasporto<br />

mucociliare valutato in soggetti fumatori con notevole<br />

ipersecrezione 28 e di ridurre il numero di riacutizzazioni<br />

migliorando l’espettorazione in pa-


zienti bronchitici cronici 29. Recentemente, in laboratorio<br />

è stata studiata l’attività antiossidante di ambroxol<br />

e carbocisteina, evidenziando riduzione nella<br />

produzione di specie reattive dell’ossigeno 30,31.<br />

I composti mucolitici,invece, prevedono un meccanismo<br />

diretto di rottura della struttura fibrillare del<br />

muco, agendo sui ponti disolfuro delle glicoproteine<br />

e/o sulla secrezione di glicoproteine, lipidi, altre<br />

proteine e sul contenuto di acqua. Infatti, i farmaci<br />

mucolitici contengono gruppi tiolici e la rottura<br />

dei ponti disolfuro, che legano glicoproteine e<br />

altri costituenti del muco, avviene per reazione con<br />

il gruppo tiolico libero della cisteina.<br />

Il principale farmaco mucolitico è la N-acetilcisteina<br />

(NAC), che presenta, come s’è detto, anche<br />

un importante effetto antiossidante,essendo una sostanza<br />

riducente 26.L’effetto mucolitico della NAC<br />

si realizza perché il farmaco riduce la viscosità del<br />

muco e migliora la clearance mucociliare 3<strong>2.</strong><br />

Al gruppo dei composti mucolitici appartiene anche<br />

il glicerolo iodinato, farmaco che facilita la rottura<br />

delle proteine del muco mediante enzimi proteolitici,<br />

dando tosse ed espettorazione più efficaci<br />

e riducendo la durata media della riacutizzazione 27.<br />

Infine, fra i farmaci mucoattivi, si possono considerare<br />

quelli che agiscono direttamente sul trasporto<br />

mucociliare, come i β 2-agonisti 33,i quali accelerano<br />

il trasporto mucociliare nella bronchite<br />

cronica come alcuni mucoattivi 32,34.<br />

RUOLO IN TERAPIA DEI<br />

FARMACI MUCOREGOLATORI<br />

I soggetti affetti da bronchite cronica o da BPCO<br />

possono avere esperienza di ricorrenti riacutizzazioni<br />

con peggioramento dei sintomi e aumento di<br />

quantità e purulenza dell’escreato. Anche se le riacutizzazioni<br />

possono essere trattate con antibiotici e<br />

steroidi, sono utili altri trattamenti in grado di diminuire<br />

frequenza e durata di tali episodi. I composti<br />

mucolitici migliorano l’espettorazione del muco riducendo<br />

viscosità e ipersecrezione <strong>2.</strong> Questi farmaci<br />

possono quindi essere di beneficio nel determinare<br />

minori esacerbazioni nei soggetti con BPCO che<br />

presentano un numero elevato di riacutizzazioni.<br />

In realtà esiste una notevole differenza nella prescrizione<br />

di farmaci mucolitici nei vari paesi, soprattutto<br />

per il riscontro o meno della loro validità<br />

terapeutica; per esempio in Europa tali composti<br />

sono ampiamente prescritti, mentre in paesi come<br />

61<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

la Gran Bretagna e l’Australia vengono utilizzati<br />

poco perché considerati inefficaci 35.<br />

In particolare, il maggior uso dei farmaci mucolitici,<br />

soprattutto della NAC, è ancora oggi quello per<br />

via aerosolica in corso di bronchite acuta con ipersecrezione<br />

di muco.Tuttavia, la maggior parte degli<br />

ultimi lavori ne valuta la somministrazione per via<br />

orale, soprattutto in pazienti con BPCO e alcuni<br />

studi dimostrano che un trattamento orale a lungo<br />

termine con mucolitici può associarsi a minor numero<br />

di riacutizzazioni e giorni di malattia 35.<br />

Nonostante tali dati,l’accettazione di questi farmaci<br />

nelle linee guida internazionali sulla BPCO è tuttora<br />

contrastata per mancanza di trials clinici controllati,<br />

e non viene consigliato il loro impiego diffuso<br />

riportando essi un’evidenza di tipo D 25.<br />

Saranno quindi necessari in futuro studi clinici controllati<br />

per esaminare l’efficacia dei farmaci mucolitici<br />

in pazienti con prolungate e severe riacutizzazioni<br />

o con frequenti ricoveri ospedalieri, così<br />

come l’impiego di tali composti in corso di riesacerbazioni<br />

acute.<br />

CONCLUSIONI<br />

Una delle caratteristiche principali della BPCO è<br />

l’ipersecrezione di muco, che si manifesta sul piano<br />

clinico con i sintomi tosse ed espettorazione.<br />

L’ipersecrezione di muco contribuisce alle riacutizzazioni<br />

ricorrenti e al conseguente peggioramento<br />

dell’ostruzione delle vie aeree.<br />

Nella patogenesi delle <strong>malattie</strong> polmonari croniche<br />

riveste però un ruolo significativo anche lo stress<br />

ossidativo, dato da aumento del carico ossidante per<br />

incremento della produzione di radicali liberi oppure<br />

per diminuzione delle difese antiossidanti.<br />

Tali fenomeni hanno notevoli implicazioni fisiopatologiche<br />

e terapeutiche nei soggetti affetti da patologie<br />

polmonari ad andamento cronico. Le linee<br />

guida internazionali della BPCO indicano infatti<br />

che gli obiettivi del trattamento sono alleviare i sintomi,<br />

ridurre il numero di riacutizzazioni, limitare<br />

il declino della funzionalità respiratoria, migliorando<br />

la qualità di vita dei pazienti.<br />

La misura di prevenzione più importante resta indubbiamente<br />

evitare l’esposizione ai fattori di rischio,<br />

come il fumo di tabacco.Tuttavia, una volta<br />

posta diagnosi di BPCO, si deve cercare di modificare<br />

la storia naturale della malattia. A tale scopo<br />

l’utilizzo di farmaci in grado di ridurre le riesacerbazioni<br />

e migliorare la sintomatologia appare sem-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

pre più indicato. Su questa linea si pongono i farmaci<br />

mucolitici e soprattutto i composti antiossidanti,<br />

come la NAC, che hanno già trovato una sicura<br />

collocazione nelle linee guida.<br />

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cells harvested from patients with or without chronic<br />

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1999; 59:135-141.<br />

COS’È?<br />

63<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

31. Pinamonti S,Venturoli L, Leis M et al: Antioxidant<br />

activity of carbocysteine lysine salt monohydrate.<br />

Panminerva Med 2001; 43:215-220.<br />

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Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine<br />

Ciro Rampulla, Nicola Barbarito, Enrico Clini<br />

Si definisce ossigenoterapia a lungo termine (long<br />

term oxygen therapy, LTOT) la somministrazione<br />

di ossigeno per almeno 15 ore al giorno.Alcuni autori<br />

aggiungono l’aggettivo domiciliare per sottolinearne<br />

l’impiego continuativo, al di fuori degli<br />

episodi di ospedalizzazione.<br />

Le prime documentazioni sull’utilizzo dell’ossigeno<br />

a fini terapeutici risalgono alla fine del 1700;<br />

successivamente questo gas è stato utilizzato in modo<br />

discontinuo e soprattutto in casi di emergenza<br />

sino a quando agli inizi degli anni ’80 è avvenuta<br />

la definitiva consacrazione dell’uso della LTOT per<br />

i pazienti con BPCO ipossiemici in seguito alla<br />

pubblicazione di due studi randomizzati e controllati<br />

da parte di autori inglesi 1 e americani <strong>2.</strong><br />

COSA FA?<br />

L’ossigenoterapia rappresenta l’intervento terapeutico<br />

elettivo in tutte le situazioni cliniche caratterizzate<br />

da marcata ipossiemia, acuta e cronica, e ha<br />

lo scopo di correggere lo stato di ipossia cellulare<br />

e i sintomi secondari alla sofferenza ipossica dei vari<br />

organi e apparati.<br />

I meccanismi fisiopatologici dell’ipossia nella BPCO<br />

e le sue conseguenze a carico dei diversi organi e<br />

apparati sono descritti nel secondo di questi “Quaderni<br />

della BPCO” 3,a cui si rimanda. Qui ci limitiamo<br />

a ricordare che l’ossigenoterapia di per sé<br />

è in grado solo di elevare la concentrazione di ossigeno<br />

nell’aria inspirata (FIO 2), ma l’effetto finale<br />

sul sangue arterioso (cioè sul livello di PaO 2) è strettamente<br />

legato anche alle condizioni ventilatorie e<br />

anatomiche del polmone. Inoltre, la distribuzione<br />

dell’ossigeno ai tessuti periferici (“oxygen delivery”)<br />

dipende dalla pompa cardiaca, dall’emoglobina<br />

e dal circolo periferico.<br />

EFFETTI DELL’OSSIGENOTERAPIA<br />

A LUNGO TERMINE<br />

NEI PAZIENTI CON BPCO<br />

L’ossigeno deve essere considerato come un qualsiasi<br />

altro farmaco che ha differenti effetti, favorevoli<br />

e indesiderati, alcuni che si manifestano precocemente<br />

e altri sul lungo periodo.<br />

Gli effetti sui parametri fisiologici della LTOT sono<br />

ritenuti risultati intermedi,mentre gli effetti sul-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

la qualità della vita e sulla sopravvivenza sono i veri<br />

risultati clinicamente rilevanti.<br />

Effetto sul circolo polmonare<br />

È stato ampiamente documentato che nei pazienti<br />

con BPCO e ipossiemia i più importanti effetti<br />

fisiologici e clinici della LTOT (eseguita per almeno<br />

15 ore al giorno) sono costituiti dalle modificazioni<br />

emodinamiche a carico del piccolo circolo.<br />

Queste sono rappresentate principalmente da:<br />

● attenuazione o regressione della vasocostrizione<br />

ipossica;<br />

● riduzione delle resistenze vascolari polmonari<br />

(RVP);<br />

● riduzione della pressione arteriosa polmonare<br />

(PAP);<br />

● riduzione dei picchi di ipertensione polmonare<br />

sotto sforzo e durante il sonno 4-6.<br />

Weitzenblum et al. 5 hanno dimostrato che nei pazienti<br />

con BPCO e PaO 2


senza di un ematocrito superiore a 55 viene indicato<br />

tra i criteri di inclusione dei pazienti.<br />

Effetto sulla qualità della vita<br />

La qualità della vita nei pazienti con BPCO, come<br />

peraltro nella maggior parte dei pazienti cronici,<br />

è molto bassa, soprattutto nei pazienti che necessitano<br />

di LTOT 20. La maggior parte degli studi<br />

dimostra, utilizzando differenti strumenti di misura,<br />

un miglioramento della qualità della vita in corso<br />

di LTOT di modesta entità che appare correlato,<br />

più che a parametri fisiologici, alla riduzione<br />

della dispnea da sforzo e alla riduzione della ansietà<br />

21,2<strong>2.</strong><br />

I dispositivi di erogazione dell’ossigeno possono influire<br />

sulla qualità della vita dei pazienti a causa delle<br />

restrizione alle attività quotidiane, ma il loro effetto<br />

è stato valutato in modo non univoco 22,23.<br />

Effetto sulla sopravvivenza<br />

L’ossigeno somministrato per più di 15 ore al giorno<br />

è l’unico farmaco che ha dimostrato di aumentare<br />

la sopravvivenza dei pazienti BPCO con<br />

ipossiemia grave (PaO 2 55<br />

mmHg) 26,27. Recentemente è stato evidenziato che<br />

nella pratica clinica vengono ammessi alla LTOT<br />

pazienti non selezionati con comorbidità multiple,<br />

sottolineando come questo fatto possa impedire di<br />

apprezzare l’effetto dell’ossigenoterapia sulla sopravvivenza<br />

nei pazienti con BPCO 28. La speranza<br />

di vita di questi pazienti, infatti, è influenzata negativamente<br />

da molti fattori, comprendenti il grado<br />

di ipossiemia, l’ipertensione polmonare, il grado<br />

65<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

di ostruzione delle vie aree, l’età avanzata, lo stato<br />

nutrizionale, e forse l’ipercapnia, ma quest’ultima,<br />

secondo vari autori, non influenzerebbe la sopravvivenza<br />

dei pazienti BPCO, così come avrebbe un<br />

ruolo favorevole nei pazienti non ostruiti 28,29.<br />

INDICAZIONI CLINICHE<br />

DELL’OSSIGENOTERAPIA<br />

A LUNGO TERMINE<br />

NEI PAZIENTI CON BPCO<br />

L’American Thoracic Society 30, l’European Respiratory<br />

Society 31 e successivamente tutte le Società<br />

scientifiche nazionali hanno emesso linee guida per<br />

l’indicazione cliniche all’ossigenoterapia. Poiché<br />

questa terapia induce notevoli costi di gestione,pur<br />

avendo un favorevole rapporto costo/beneficio,<br />

anche i Servizi sanitari dei paesi industrializzati, fra<br />

cui le diverse Regioni italiane, si sono dati dei protocolli<br />

specifici per regolamentare le forniture di<br />

ossigeno o i rimborsi in base alle linee guida delle<br />

Società scientifiche 32 .Tuttavia, malgrado le linee<br />

guida diffuse in tutti i paesi, le modalità di prescrizione<br />

dell’ossigeno variano moltissimo 33.<br />

INDICAZIONI ASSOLUTE:<br />

OSSIGENOTERAPIA<br />

DOMICILIARE CONTINUA<br />

Nelle BPCO l’indicazione assoluta alla prescrizione<br />

di ossigeno è quella di un’ipossiemia continua caratterizzata<br />

da una PaO 2 stabilmente inferiore a 55<br />

mmHg (tabella <strong>2.</strong>5). L’ipossiemia viene considerata<br />

stabile quando è rilevata in almeno quattro determinazioni<br />

consecutive su sangue arterioso in stato<br />

di veglia e con paziente che respira aria ambiente a<br />

riposo da almeno 1 ora e al di fuori di una riacutizzazione.<br />

In tale caso i tempi di somministrazione<br />

di LTOT devono essere il più possibile vicini alle 24<br />

ore e comunque mai inferiori alle 18 ore/giorno.<br />

Viene anche considerata condizione di prescrizione<br />

assoluta la presenza di ipossiemia stabile caratterizzata<br />

da PaO 2 compresa fra 55 mmHg e 60 mmHg,<br />

ma accompagnata da ematocrito superiore a 55 e da<br />

segni evidenti di cuore polmonare (tabella <strong>2.</strong>5).<br />

Dopo la prescrizione di LTOT è necessario un monitoraggio<br />

continuo, al fine di valutare sia l’ade-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Tabella <strong>2.</strong>5 Criteri di prescrivibilità OLT per pazienti con BPCO<br />

Ipossiemia continua PaO 2 < 55 mmHg<br />

PaO 2 = 60 mmHg con: Ht > 55<br />

Segni di CPC<br />

Segni di CI<br />

Riscontro cardioaritmie<br />

PAPm > 25 mmHg<br />

Ipossiemia non continua Desaturazione notturna SaO2 < 90% per 30% della durata totale del sonno<br />

Risposta a test con O2 Desaturazione da sforzo SaO2 < 90% durante sforzo<br />

Risposta a test con O2 PaO 2 = pressione parziale di O 2 nel sangue arterioso; Ht = ematocrito; CPC = cuore polmonare cronico; CI = cardiopatia ischemica; PAPm =<br />

pressione arteriosa polmonare media; SaO 2 = saturazione ossiemoglobinica arteriosa.<br />

renza del paziente alla prescrizione di LTOT sia il<br />

permanere delle indicazioni alla terapia. È stato di<br />

recente dimostrato, infatti, che molti pazienti (fino<br />

al 60%) non soddisfano più i criteri per la prescrizione<br />

della LTOT dopo appena pochi mesi di<br />

trattamento 34.<br />

La LTOT deve essere prescritta dopo aver ottimizzato<br />

il trattamento farmacologico e quello riabilitativo<br />

e dopo aver sollecitato la sospensione del fumo<br />

di sigaretta.<br />

Devono essere prescritti flussi di ossigeno che permettano<br />

di ottenere una PaO 2 pari almeno a 60<br />

mmHg a riposo (l’emogasanalisi di controllo va eseguita<br />

dopo non meno di 30 minuti di somministrazione<br />

di ossigeno supplementare) ed è indispensabile<br />

raccomandare al paziente che la LTOT<br />

non deve essere sospesa durante il sonno o l’attività<br />

fisica quotidiana.<br />

Il peggioramento della PaO 2 durante esercizio fisico<br />

e/o durante sonno nei pazienti ipossiemici sottoposti<br />

a LTOT pone il problema dell’eventuale<br />

prescrizione di un incremento del flusso di ossigeno<br />

in queste due situazioni.<br />

Recentemente è stato dimostrato che il 48% dei<br />

pazienti non risulta ben ossigenato durante il sonno<br />

in corso di ossigenoterapia 35. Per prevenire tali<br />

desaturazioni notturne, le linee guida sulla BPCO<br />

dell’American Thoracic Society del 1995 30 raccomandano<br />

arbitrariamente di aumentare il flusso di<br />

ossigeno di 1 l/minuto durante il sonno in pazienti<br />

BPCO sottoposti a LTOT, riservando un monitoraggio<br />

ossimetrico notturno per ottimizzare il<br />

flusso di ossigeno nel sonno solo ai pazienti che<br />

mostrano segni di cuore polmonare malgrado un’adeguata<br />

ossigenazione diurna. Bisogna sottolineare<br />

che questa è un’indicazione di massima e sarebbe<br />

66<br />

più opportuno valutare nel singolo paziente sia l’entità<br />

degli episodi di desaturazione notturna sia il<br />

flusso di ossigeno minimo necessario a correggerli.<br />

Alcuni pazienti presentano desaturazioni,talora importanti,<br />

durante esercizio fisico anche in corso di<br />

LTOT e anche in questo caso l’indicazione data<br />

dalla maggior parte delle linee guida è genericamente<br />

quella di incrementare il flusso di ossigeno.<br />

Recentemente Guyatt et al. 36 hanno proposto un<br />

interessante protocollo formale per la prescrizione<br />

dell’ossigenoterapia a riposo e durante esercizio, simulando<br />

in ospedale le attività quotidiane e comparando<br />

le prescrizioni così effettuate con quelle<br />

fatte in sede extraospedaliera.<br />

Una situazione particolare, ma sempre più frequente,<br />

è rappresentata dagli spostamenti in aereo dei pazienti<br />

in ossigenoterapia 37. Durante il volo i soggetti<br />

sani non accusano sintomi, malgrado la PaO 2 probabilmente<br />

cada a 53-64 mmHg (con una SaO 2<br />

dell’85-91%). Tuttavia, l’altitudine può esacerbare<br />

l’ipossiemia in pazienti affetti da patologie respiratorie,<br />

per cui appare giustificato prestare un’attenzione<br />

particolare verso questo tipo di pazienti.<br />

Al fine di prevedere la PaO 2 di un paziente durante<br />

il volo esistono numerose equazioni che utilizzano<br />

misure di PaO 2 e FEV 1 fatte a livello del mare 38,<br />

derivate da studi effettuati quasi esclusivamente proprio<br />

su pazienti con BPCO. In questi pazienti potrebbe<br />

essere prescritto un supplemento di ossigeno<br />

durante il volo, se, durante i test all’ipossia, la PaO 2<br />

cade sotto a 50 mmHg o la SaO 2 sotto all’85% 37.<br />

Il significato clinico dell’ipossiemia temporanea indotta<br />

dall’altitudine in pazienti BPCO non è ancora<br />

chiaro. Gli studi controllati disponibili coinvolgono<br />

un numero ridotto di pazienti con patologia<br />

stabile e senza comorbidità. Inoltre, i test al-


l’ipossia non riproducono la durata del volo e le<br />

caratteristiche della cabina, e devono essere ancora<br />

indagati fattori addizionali di stress come l’attività<br />

fisica, il sonno, la disidratazione.<br />

INDICAZIONI RELATIVE:<br />

OSSIGENOTERAPIA<br />

DOMICILIARE NON CONTINUA<br />

Gli effetti benefici sopradescritti (su sopravvivenza,<br />

qualità della vita e circolo polmonare) dell’ossigenoterapia<br />

sono stati dimostrati nei pazienti BP-<br />

CO con ipossiemia 60 mmHg), sono state ampiamente<br />

descritte desaturazioni ossiemoglobiniche<br />

sia durante il sonno 40 sia durante l’esercizio fisico 41.<br />

Questa ipossiemia intercorrente ha dimostrati effetti<br />

fisiologici, acuti (vasocostrizione polmonare e aumentato<br />

lavoro miocardico) e forse cronici (ipertensione<br />

polmonare e cuore polmonare) 40,42, e determina<br />

un peggioramento della qualità della vita. L’ossigenoterapia<br />

non continua (non continuous oxygen<br />

therapy, NCOT), cioè fatta saltuariamente e comunque<br />

per meno di 15 ore al giorno, è suggerita<br />

durante l’esercizio e il sonno se questi si associano a<br />

ipossiemia 1 nei pazienti con BPCO e moderata ipossiemia,<br />

ma in effetti viene utilizzata in almeno la<br />

metà dei pazienti in ossigenoterapia domiciliare 43.<br />

Indicazioni<br />

dell’ossigenoterapia non continua<br />

durante esercizio fisico<br />

Alcuni pazienti con BPCO vanno incontro a desaturazione<br />

ossiemoglobinica durante esercizio fisico<br />

e risultano gravemente limitati nella capacità di eseguire<br />

sforzi o svolgere le comuni attività quotidiane.<br />

L’allenamento all’esercizio è importante per i pazienti<br />

BPCO perché contribuisce al ricondizionamento<br />

fisico, alleviando la dispnea e riducendo l’isolamento<br />

e la depressione. Pertanto, al fine di migliorare<br />

la qualità della vita di questi pazienti, appare<br />

logico intervenire sull’ipossiemia sottostante,<br />

sulla dispnea da sforzo e sulle aumentate richieste<br />

di ossigeno durante esercizio muscolare.<br />

67<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

L’ossigeno supplementare potrebbe migliorare la<br />

tolleranza all’esercizio grazie a vari fattori: correzione<br />

della dispnea, prevenzione della desaturazione<br />

durante esercizio fisico, correzione della vasocostrizione<br />

ipossica polmonare, riduzione della ventilazione<br />

e dell’iperinflazione dinamica associata, miglioramento<br />

del rilascio di ossigeno e del metabolismo<br />

ossidativo nei muscoli respiratori e periferici<br />

durante lo sforzo.<br />

Nei pazienti con BPCO l’aggiunta di ossigeno<br />

supplementare aumenta in modo superiore al placebo<br />

la performance all’esercizio massimale o submassimale<br />

e/o riduce la dispnea 44-46, anche se questi<br />

miglioramenti sono piccoli o comunque non<br />

superiori a quelli ottenuti con la riabilitazione respiratoria<br />

45.<br />

Il tipo di test da sforzo impiegato può influire sulla<br />

prescrizione ottimale di ossigenoterapia; in effetti,<br />

sarebbe importante evitare incongrue prescrizioni di<br />

costosa ossigenoterapia in pazienti che desaturano<br />

solo a livelli di lavoro quasi massimale ma non durante<br />

attività fisiche anche moderatamente intense.<br />

Un ulteriore problema è rappresentato dal fatto<br />

che durante i vari test da sforzo viene valutata la<br />

saturazione ossiemoglobinica (SpO 2) e non la tensione<br />

arteriosa di ossigeno (PaO 2). Infatti, anche<br />

escludendo i vari fattori che ne inficiano la lettura<br />

(carbossiemoglobina, metaemoglobina, colore<br />

della pelle, flusso ematico regionale), l’utilizzo di<br />

questa comoda metodologia non invasiva esclude<br />

dall’ossigenoterapia molti pazienti con PaO 2 60 mmHg) sono state<br />

ampiamente descritte desaturazioni ossiemoglobiniche<br />

notturne, soprattutto durante il sonno REM,<br />

che si associano a un peggioramento della qualità<br />

del sonno (ridotto tempo di sonno, ridotto REM,<br />

frequenti cambiamenti della fase di sonno e aumentata<br />

frequenza di “arousal”). La percentuale di


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

pazienti in cui ciò si verifica varia, a seconda degli<br />

studi, dal 25 al 43% 47.<br />

I meccanismi fisiopatologici alla base delle desaturazioni<br />

notturne nei pazienti con BPCO sono stati<br />

descritti nel secondo di questi “Quaderni della<br />

BPCO” 40,a cui si rimanda. Qui ci limitiamo a ricordare<br />

che dormendo, peraltro anche nei soggetti<br />

sani, si va incontro sia a un’ipoventilazione alveolare<br />

sia a un’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione.<br />

L’importanza clinica delle desaturazioni notturne<br />

nei pazienti BPCO e PaO 2 >60 mmHg è ancora<br />

dibattuta 40. Alcuni autori ritengono che la presenza<br />

di desaturazioni ossiemoglobinica nel sonno non<br />

è uno stato di transizione che preclude a un peggioramento<br />

del quadro emogasanalitico diurno o allo<br />

sviluppo di ipertensione polmonare, ma è una caratteristica<br />

propria di alcuni pazienti con BPCO 48.<br />

Altri invece suggeriscono che le desaturazioni notturne<br />

possono rappresentare un fattore di rischio indipendente<br />

per lo sviluppo di un’insufficienza respiratoria<br />

cronica 49.<br />

Inoltre, l’ossigenoterapia limitata al sonno non si<br />

è dimostrata capace di posticipare la prescrizione<br />

di LTOT nei pazienti BPCO con ipossiemia diurna<br />

lieve-moderata e desaturazione ossiemoglobinica<br />

nel sonno.<br />

Infine, in alcuni studi la sopravvivenza dei pazienti<br />

con BPCO che desaturano di notte è risultata<br />

ridotta rispetto ai pazienti che non desaturano 50.<br />

Questo dato, tuttavia, non è stato confermato da<br />

altri autori 48 ed è stato dimostrato che la sopravvivenza<br />

di pazienti con BPCO e ipossiemia diurna<br />

lieve-moderata non migliora significativamente ricorrendo<br />

a ossigenoterapia notturna 26,50.<br />

In conclusione, appare evidente che le desaturazioni<br />

correlate al sonno sono un aspetto che caratterizza<br />

alcuni pazienti con BPCO, la cui influenza<br />

sull’evoluzione della loro malattia non è ancora del<br />

tutto chiarita e i cui fattori prognostici più importanti<br />

rimangono i volumi polmonari e lo stato nutrizionale<br />

e l’ipossiemia.<br />

VIE E SORGENTI<br />

DI SOMMINISTRAZIONE<br />

DELL’OSSIGENO<br />

La LTOT può essere somministrata mediante diverse<br />

vie. Benché la somministrazione attraverso fistola<br />

transcricoidea è la via che ottimizza il consu-<br />

68<br />

mo di ossigeno, gli occhialini nasali rappresentano<br />

il sistema più diffuso e meglio tollerato.<br />

La scelta delle sorgenti di somministrazione (bombole<br />

compresse, reservoir liquido, concentratore)<br />

deve essere effettuata sulla base di valutazioni personalizzate<br />

che prendano in considerazione soprattutto<br />

il livello di attività fisica e di compliance dell’individuo.<br />

Per la disponibilità di uno “stroller” da<br />

passeggio, il sistema a ossigeno liquido si propone<br />

quindi per pazienti non vincolati allo stazionamento<br />

entro mura domestiche: questa tecnologia,<br />

a fronte di maggiori costi industriali, richiede tuttavia<br />

minori esborsi di manutenzione rispetto all’uso<br />

di apparecchi concentratori e offre maggiori<br />

garanzie d’impiego.<br />

COMPLIANCE<br />

ALL’OSSIGENOTERAPIA<br />

DOMICILIARE<br />

Uno dei fattori che limitano il successo della LTOT<br />

è rappresentato dalla cattiva compliance dei pazienti<br />

che va dall’84 al 45% delle casistiche studiate 51.<br />

Tra i motivi della scarsa aderenza alla LTOT vi sono:<br />

la gravità della malattia, il sesso 33, le modalità di<br />

somministrazione dell’ossigeno che causa restrizioni<br />

alla mobilità del paziente e il suo conseguente<br />

isolamento 5<strong>2.</strong><br />

Molta importanza ha anche la modalità con cui viene<br />

proposta al paziente la prescrizione della LTOT<br />

che deve essere assolutamente spiegata e motivata<br />

al paziente stesso e ai suoi familiari soprattutto da<br />

un medico pneumologo e accompagnata da programmi<br />

educazionali.<br />

EFFETTI INDESIDERATI E<br />

RISCHI DELL’OSSIGENOTERAPIA<br />

A LUNGO TERMINE<br />

La LTOT è una terapia piuttosto sicura, ma come<br />

tutte le terapie comporta effetti indesiderati e potenziali<br />

rischi. In effetti la tossicità dell’ossigeno è<br />

dose-dipendente e si manifesta solo con l’esposizione<br />

a elevate pressioni parziali del gas 53.<br />

Tra gli effetti indesiderati derivanti dall’uso di ossigeno<br />

a elevate concentrazioni sono note soprattutto<br />

le tracheobronchiti che sono state peraltro dimostrate<br />

anche nei soggetti normali dopo sommi-


nistrazione di O 2 al 100% per 6 ore e si risolve<br />

completamente con la sospensione della somministrazione<br />

54.<br />

In corso di LTOT è anche possibile un danno acuto<br />

del parenchima polmonare, spesso però non distinguibile<br />

da <strong>malattie</strong> acute polmonari dovute ad<br />

altre cause 53. Circa il 50 % di pazienti in LTOT<br />

presenta danni cronici istologicamente evidenziabili<br />

nel parenchima polmonare 55 in gran parte aspecifici<br />

come la proliferazione delle cellule alveolari<br />

di II tipo, la proliferazione capillare, l’emosiderosi,<br />

la fibrosi interstiziale, entro un limite di tempo<br />

compreso fra 7 e 60 mesi, verosimilmente conseguenti<br />

agli effetti dello sbilanciato rapporto fra reazioni<br />

ossidanti e antiossidanti sulla cellula.<br />

L’utilizzo prolungato di ossigeno può determinare<br />

ipercapnia perché peggiora la ventilazione inibendo<br />

lo stimolo ipossico dei centri respiratori e soprattutto<br />

riducendo la vasocostrizione polmonare con conseguente<br />

squilibrio fra ventilazione e perfusione 56.<br />

Piuttosto raro il fenomeno delle atelettasie da riassorbimento<br />

progressivo di azoto dagli spazi alveolari,<br />

correlato per lo più a elevate concentrazioni<br />

di ossigeno inspirate.<br />

Tra i rischi principali quelli di ustione, incendio o<br />

esplosione in presenza di oli o di grassi, possibili<br />

malgrado sofisticate tecnologie.<br />

La maggior parte degli incidenti si è comunque verificata<br />

nei pazienti fumatori.<br />

Infine, è stata segnalata la possibilità di ustioni da<br />

freddo durante le manovre di caricamento degli<br />

“stroller” con ossigeno liquido.<br />

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2002; 69:117-12<strong>2.</strong><br />

COS’È?<br />

71<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

50. Fletcher EC, Donner CF, Midgren B et al: Survival<br />

in COPD patients with a daytime PaO2 greater<br />

than 60 mmHg with and without nocturnal<br />

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with chronic obstructive pulmonary disease. Crit<br />

Care Med 1996; 24:23-28.<br />

Ventilazione a lungo termine*<br />

Ciro Rampulla, Nicola Barbarito, Enrico Clini<br />

La ventilazione meccanica è un trattamento garantito<br />

da un presidio meccanico utilizzato per implementare<br />

o sostituire la ventilazione spontanea di<br />

un individuo e si rende necessaria per trattare l’insufficienza<br />

respiratoria di scambio che si manifesta<br />

principalmente con l’ipossiemia o il deficit di pompa<br />

toracica che si manifesta principalmente anche<br />

con l’ipercapnia 1. Essa è istituita principalmente<br />

nell’insufficienza respiratoria acuta ed è proseguita<br />

fino a recupero del danno polmonare o del de-<br />

*VLT non fa parte ovviamente del trattamento farmacologico,<br />

ma è stata inserita qui in relazione con OLT, mentre la ventilazione<br />

meccanica è trattata nel capitolo 6.<br />

ficit di pompa e quindi di una condizione in cui<br />

sia garantito un efficiente respiro autonomo. La<br />

ventilazione a lungo termine (VLT) è la terapia finalizzata<br />

al controllo di condizioni patologiche<br />

croniche nelle quali si determina ipoventilazione.<br />

Essa è utilizzata in maniera continua o intermittente,<br />

in tal caso prevalentemente nel corso delle<br />

ore notturne (allorché le fasi del sonno si associano<br />

a un’accentuazione dei fenomeni suddetti). La<br />

VLT viene attuata applicando una pressione positiva<br />

alle vie aeree (per via invasiva attraverso un tubo<br />

da tracheostomia, o non invasiva per mezzo di<br />

apposite maschere facciali o nasali) oppure applicando<br />

una pressione negativa all’esterno della cassa<br />

toracica.<br />

La stima di prevalenza dei pazienti in trattamento<br />

con VLT non è a tutt’oggi semplice. Dati non re-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

centissimi del Nord America stimano tale tasso intorno<br />

al valore di 5x10 -5 casi 2 e comunque non superiore<br />

a 10x10 -5 casi negli individui tracheostomizzati<br />

che presentano un utilizzo di VLT quale<br />

supporto indispensabile “quod vitam” 3. Meno precisa<br />

è la valutazione in Europa, ove esiste un’estrema<br />

variabilità di prevalenza a seconda dei differenti<br />

paesi 4,legata anche alle differenti opportunità di<br />

organizzare centri di raccolta dati o dei registri.<br />

Dati nazionali recenti (anno 1999) desunti dalla<br />

Regione Lombardia indicano un tasso di prevalenza<br />

molto variabile a seconda delle varie Aziende<br />

Sanitarie Locali; il tasso medio di prevalenza registrato<br />

si attesta intorno a 20x10 -5 casi (dati non<br />

pubblicati).<br />

COSA FA?<br />

Nata nel corso dell’epidemia poliomielitica di 50<br />

anni or sono, la VLT ha subito in seguito una precisa<br />

evoluzione in direzione di due principali aspetti:<br />

come supporto vitale per i pazienti privi di indipendenza<br />

ventilatoria (lesioni del midollo spinale,<br />

stadi terminali di <strong>malattie</strong> neuromuscolari, mancato<br />

svezzamento dalla ventilazione meccanica istituita<br />

per insufficienza respiratoria acuta),oppure come<br />

trattamento elettivo nei pazienti che sviluppano<br />

stadi avanzati di insufficienza respiratoria cronica<br />

con il preciso intento di preservare la funzione<br />

respiratoria e, ove possibile, di migliorare la sopravvivenza.<br />

Il tasso di prevalenza dei soggetti che richiedono<br />

la VLT per incapacità al distacco dalla ventilazione<br />

meccanica nella fase postacuta dipende in<br />

gran parte dalla natura della popolazione,quindi dalla<br />

diagnosi di base e dai criteri adottati per definire<br />

la non svezzabilità del paziente. La percentuale di<br />

fallimento dei programmi di svezzamento dal ventilatore<br />

nella fase postacuta varia fra il 20 e il 30% 5.<br />

L’indicazione a VLT come trattamento elettivo dell’insufficienza<br />

respiratoria è importante soprattutto<br />

nei pazienti che presentano patologie dell’<strong>apparato</strong><br />

<strong>respiratorio</strong> in tutte le sue componenti (come nelle<br />

<strong>malattie</strong> della gabbia toracica, in quelle neuromuscolari<br />

e in particolare nella BPCO di grado<br />

avanzato) con andamento cronico e invalidante. La<br />

BPCO associata a insufficienza respiratoria con ritenzione<br />

cronica di anidride carbonica si candida,<br />

proprio per queste sue caratteristiche fisiopatologiche<br />

(sulle quali ci addentreremo un poco di seguito),<br />

quale condizione per un trattamento elettivo<br />

con VLT. In tali situazioni elettive la metodologia di<br />

72<br />

VLT solitamente prescelta è rappresentata dal supporto<br />

ventilatorio interfacciato al paziente con modalità<br />

non invasiva 6.<br />

Gli obiettivi clinici principali della VMD consistono,<br />

nell’ordine, nel miglioramento della sopravvivenza<br />

del paziente, nel possibile positivo impatto sulla sua<br />

qualità di vita, nel miglioramento della gestione di<br />

malattia che si traduce soprattutto in una riduzione<br />

dei ricoveri ospedalieri e in un generale positivo impatto<br />

sui costi sanitari legati alla patologia stessa 7,8.<br />

COME LO FA?<br />

Tra gli obiettivi fisiologici principali della ventilazione<br />

meccanica, il miglioramento della ventilazione<br />

alveolare mira ad assicurare un accettabile livello<br />

di capnia del sangue arterioso. Inoltre, la ventilazione<br />

meccanica determina un aumento del volume<br />

polmonare, fondamentale nella prevenzione<br />

delle atelettasie, e una riduzione del lavoro <strong>respiratorio</strong>:<br />

la correzione delle turbe degli scambi gassosi<br />

durante il sonno, ottenuta mediante ventilazione<br />

meccanica, può avere diverse positive ripercussioni<br />

sul paziente durante il periodo di veglia,<br />

la più importante delle quali è rappresentata dal<br />

miglioramento della chemiosensibilità recettoriale<br />

centrale 7,8. Nei pazienti affetti da patologie restrittive,<br />

il miglioramento dell’ipercapnia e dell’ipossiemia<br />

indotto dalla ventilazione meccanica è generalmente<br />

rapido e tale da consentire al paziente<br />

una cospicua riduzione dell’ossigenoterapia durante<br />

il giorno 7.<br />

Nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria cronica<br />

secondaria a BPCO di grado severo la VLT ha<br />

un ruolo fondamentale nel ridurre il carico imposto<br />

ai muscoli respiratori legato principalmente all’iperinflazione<br />

dinamica 9.È inoltre stato dimostrato<br />

che gran parte dei pazienti affetti da BPCO<br />

di grado severo presenta disturbi del sonno,che vanno<br />

dall’ipoventilazione all’apnea ostruttiva da sonno,<br />

fenomeni che determinano significative desaturazioni<br />

ossiemoglobiniche. La ventilazione meccanica<br />

notturna è in grado di prevenire tali disturbi,<br />

migliorando così la qualità del sonno 8.<br />

I meccanismi con cui la VLT è accreditata agire da<br />

un punto di vista fisiopatologico sono mostrati nella<br />

tabella <strong>2.</strong>6.<br />

Da un punto di vista tecnico, le modalità di ventilazione<br />

più utilizzate in corso di VLT sono di<br />

due tipi: quelle controllate e quelle assistite 1, anche<br />

se più spesso si preferisce una regolazione mi-


Tabella <strong>2.</strong>6 Meccanismi fisiopatologici su cui agisce la VLT<br />

Riduzione della capnia mediante aumento della<br />

ventilazione alveolare<br />

Riduzione del lavoro dei muscoli respiratori<br />

Riadattamento del “neuro-drive”<br />

Riventilazione di zone polmonari atelettasiche<br />

sta detta assistita/controllata. Con l’opzione controllata<br />

il ventilatore provvede a un livello predeterminato<br />

di supporto che non dipende dallo sforzo<br />

<strong>respiratorio</strong> del paziente. A tale modalità si ricorre<br />

però molto poco di frequente in corso di<br />

VLT e uso di ventilatore con interfaccia non invasiva<br />

(vedi sopra). Tale indicazione, infatti, poco<br />

si adatta alla prospettiva di sottoporre a trattamento<br />

ventilatorio a lungo termine un paziente<br />

ancora autonomo nel respiro.<br />

Questo è dunque il motivo per cui sono state sviluppate<br />

le tecniche assistite. Tale modalità prevede<br />

la partecipazione del paziente all’atto <strong>respiratorio</strong><br />

ed è favorita per un utilizzo di VLT in quanto è in<br />

grado di facilitare la sincronizzazione tra paziente<br />

e ventilatore, può prevenire la cosiddetta atrofia da<br />

non uso dei muscoli respiratori 10, può consentire<br />

di “individualizzare” il supporto ventilatorio rispetto<br />

alle esigenze del paziente.<br />

INDICAZIONI CLINICHE<br />

Come già in precedenza anticipato,l’indicazione alla<br />

VLT ricade in due grandi gruppi di affezioni dell’<strong>apparato</strong><br />

<strong>respiratorio</strong> con andamento cronico: le<br />

patologie restrittive (<strong>malattie</strong> delle strutture della<br />

gabbia e patologie neuromuscolari) e le <strong>malattie</strong> del<br />

parenchima (BPCO, bronchiectasie, fibrosi cistica).<br />

Non esistono studi randomizzati e controllati della<br />

VLT nelle <strong>malattie</strong> del primo gruppo. Tuttavia,<br />

poiché la morte è quasi inevitabile nell’insufficienza<br />

respiratoria ipercapnica e nel cuore polmonare<br />

in questi pazienti, e l’esperienza suggerisce che la<br />

VLT è efficace nel preservare la sopravvivenza di<br />

questi pazienti e nel migliorarne lo “status” fisiologico<br />

11,12, alcuni considerano lo studio controllato<br />

come probabilmente non etico.<br />

A tale proposito esiste un unanime consenso sulla<br />

delimitazione delle indicazioni in tali patologie, intesa<br />

come momento critico (in termini di scambi<br />

arteriosi, volumi polmonari e forza dei muscoli respiratori)<br />

per provvedere a un’indicazione elettiva 6.<br />

73<br />

<strong>2.</strong> TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Per quanto riguarda invece le patologie del polmone,<br />

e la BPCO in particolare, ci addentreremo<br />

più specificamente nella trattazione. Tra le patologie<br />

croniche che colpiscono il parenchima polmonare,<br />

bronchiectasie e fibrosi cistica rappresentano<br />

modelli in grado di produrre insufficienza respiratoria<br />

passibile di trattamento con VMD. Tuttavia,<br />

non esistono studi convincenti sul miglioramento<br />

della sopravvivenza e la sola indicazione rimane, in<br />

casi particolari, il transito del paziente candidato al<br />

trapianto d’organo 13.<br />

Ancora oggi l’ossigenoterapia a lungo termine<br />

(OLT) rimane il trattamento di scelta nell’insufficienza<br />

respiratoria cronica legata a BPCO 14-16. È<br />

tuttavia stato indicato che VLT può offrire vantaggi<br />

nel controllare l’insufficienza respiratoria<br />

ipercapnica (vedi sopra) 7,8. Studi controllati a breve-medio<br />

termine su pazienti BPCO ipercapnici<br />

hanno consentito di verificare che l’aggiunta di<br />

VLT notturna all’OLT già in corso (rispetto al solo<br />

trattamento con ossigeno) è in grado di migliorare<br />

la qualità del sonno e gli scambi ematici<br />

in stato di veglia 17 e di determinare una significativa<br />

riduzione delle ospedalizzazioni in ambito intensivo<br />

18.<br />

La definitiva conferma di questi risultati si è avuta<br />

nel trial multicentrico randomizzato e controllato<br />

con un follow-up di 24 mesi di recente effettuato<br />

nel nostro paese 19: in questo studio, il gruppo<br />

trattato con VLT notturna mostrava una stabilizzazione<br />

dei livelli di capnia arteriosa rispetto al<br />

gruppo di controllo in OLT, un miglioramento dei<br />

sintomi e della qualità di vita specifica (misurato<br />

con apposito questionario per pazienti con insufficienza<br />

respiratoria), una chiara tendenza alla riduzione<br />

dei ricoveri in area intensiva 19. Poiché,<br />

però, i criteri di preselezione dei pazienti di questo<br />

come di altri studi condotti nei pazienti BP-<br />

CO risultano determinanti, di fatto il valore della<br />

VLT nell’insufficienza respiratoria ipercapnica del<br />

paziente BPCO non è ancora generalizzabile e appare<br />

ancora oggetto di discussione, soprattutto perché<br />

ancora manca, rispetto al trattamento OLT,<br />

un’efficace dimostrazione di migliore sopravvivenza<br />

a lungo termine.<br />

In conclusione, non esistono al momento attuale<br />

studi basati sull’evidenza scientifica che indichino<br />

la necessità di un uso generalizzato della VMD nel<br />

paziente BPCO con o senza ipercapnia, con autonomia<br />

ventilatoria e senza episodi di ipoventilazione.Tuttavia,<br />

l’utilizzo della VLT in pazienti BP-<br />

CO selezionati sulla base della gravità clinica con


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

ipercapnia complicata da ipoventilazione notturna<br />

appare comunque giustificato dai risultati sopra indicati,<br />

i quali potrebbero anche determinare un effetto<br />

di migliore gestione di malattia e di contenimento<br />

dei costi di spesa sanitaria legati a queste<br />

situazioni.<br />

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I QUADERNI DELLA BPCO<br />

3. Enfisema da deficienza ereditaria<br />

di α 1-antitripsina<br />

INTRODUZIONE<br />

La deficienza ereditaria di α 1-antitripsina (AAT) è,<br />

con la fibrosi cistica, il più comune disordine genetico<br />

nelle popolazioni occidentali ed è provocata<br />

da mutazioni che si associano sia a instabilità<br />

conformazionale dell’AAT, che si accumula a livello<br />

epatico, sia a riduzione dei livelli plasmatici dell’inibitore,<br />

con conseguente riduzione dello schermo<br />

antiproteinasico polmonare 1. Come conseguenza,<br />

i soggetti portatori mostrano un elevato rischio<br />

di sviluppare un enfisema polmonare giovanile,<br />

specialmente se dediti al fumo di sigaretta.<br />

Il trattamento medico dell’enfisema da deficienza<br />

di AAT non può prescindere, ovviamente, da un<br />

approccio farmacologico convenzionale comune a<br />

quello dell’enfisema associato a normali livelli di<br />

AAT, ma si avvantaggia anche della terapia sostitutiva,<br />

vera e propria terapia “eziologica”, volta a ripristinare<br />

i normali livelli di AAT.<br />

TERAPIA CONVENZIONALE<br />

I principi di trattamento convenzionale dell’enfisema<br />

associato a deficienza ereditaria di AAT non<br />

si discostano da quelli usualmente praticati nell’enfisema<br />

associato a normali livelli di AAT. Spesso<br />

i pazienti, al momento dell’identificazione della<br />

condizione genetica, sono già in trattamento secondo<br />

queste modalità. Ovviamente, valgono gli<br />

stessi principi di trattamento: norme igieniche<br />

(abolizione dell’abitudine al fumo di sigaretta),profilassi<br />

delle infezioni respiratorie (vaccinazioni antinfluenzale<br />

e antipneumococcica), broncodilatato-<br />

Maurizio Luisetti, Luciano Corda<br />

75<br />

ri e corticosteroidi per via inalatoria, teofillinici<br />

orali, ossigenoterapia domiciliare, mucoregolatori e<br />

riabilitazione respiratoria nella fase di stato, antibatterici,<br />

corticosteroidi, diuretici, ventilazione<br />

meccanica invasiva e non invasiva nelle complicanze<br />

sono raccomandati con un’applicazione<br />

estensiva, in considerazione della giovane età media<br />

di insorgenza della sintomatologia 2,3. È comunque<br />

sorprendente la mancanza di informazioni<br />

sull’efficacia di questi provvedimenti nell’enfisema<br />

da deficienza di AAT,rispetto all’enorme mole<br />

di dati accumulati nell’ambito del trattamento<br />

dell’enfisema senza tale deficit.<br />

TERAPIA SOSTITUTIVA<br />

La sostituzione dell’AAT, in senso lato, può essere<br />

perseguita con svariate strategie, alcune delle quali<br />

ancora in fase di studio e altre ancora solo ipotetiche<br />

(tabella 3.1). Allo stato attuale, l’unica terapia<br />

medica sostitutiva perseguita è l’infusione di AAT<br />

purificata da pool plasmatici. Questo presidio, applicato<br />

dal 1989, è riservato ai soggetti BPCO con<br />

deficit severo (ZZ, Znull o altri genotipi gravemente<br />

difettivi) ed è volto alla restaurazione dei livelli<br />

plasmatici protettivi (>80 mg/dl) di AAT 4.Il<br />

trattamento è attuato in alcuni paesi (USA, Canada,<br />

Germania, Spagna, Italia) e sono alcune migliaia<br />

i pazienti che vi si sottopongono. L’infusione viene<br />

raccomandata secondo un regime settimanale<br />

alla dose di 60 mg/kg di peso corporeo, con eventuali<br />

aggiustamenti del dosaggio per mantenere livelli<br />

di AAT al di sopra della soglia protettiva. La<br />

terapia si esegue anche in regime bisettimanale o


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Tabella 3.1 Strategie “sostitutive” per il trattamento della deficienza<br />

ereditaria di AAT<br />

Gene Trasferimento Trials clinici in corso<br />

Antisense Futuribile<br />

Proteina Sostituzione In corso<br />

Correzione del difetto<br />

secretivo<br />

In sviluppo<br />

Cellula Epatocita In sviluppo<br />

Cellule staminali Futuribile<br />

Organo Fegato In corso<br />

Polmone In corso<br />

Modificata da B.Trapnell, comunicazione personale.<br />

addirittura mensile, con raddoppio o quadruplicazione<br />

del dosaggio, ma queste modalità, sicuramente<br />

più comode per il paziente, lo possono comunque<br />

esporre a periodi prolungati di dosaggi<br />

plasmatici non protettivi.<br />

Benché il trattamento sostitutivo infusionale, il cui<br />

costo è abbastanza elevato, sia praticato ormai da<br />

più di 10 anni, manca a tutt’oggi la prova definitiva<br />

della sua efficacia nella prevenzione della progressione<br />

dell’enfisema, al di là dell’evidenza della<br />

sicurezza, della maneggevolezza e della capacità<br />

di mantenere a lungo livelli plasmatici di AAT in<br />

un range protettivo. Molteplici sono le motivazioni<br />

di questa grave carenza scientifica, in primo luogo<br />

i costi elevatissimi per eseguire un trial clinico<br />

con un end point vero, come il declino del FEV 1<br />

nel tempo, e la mancanza di end points intermedi<br />

legati alla storia naturale della malattia. In questi<br />

ultimi anni, sono stati comunque pubblicati alcuni<br />

lavori che, pur gravati in genere dal fatto di non<br />

essere studi randomizzati, hanno dato alcune indicazioni<br />

sulla possibile efficacia del trattamento. I<br />

dati del Registro Nord Americano 5, pubblicati nel<br />

1998 e ottenuti in una coorte di 1.129 soggetti seguita<br />

per un periodo da 3,5 a 7 anni, hanno mostrato<br />

che i soggetti con deficienza di AAT che,<br />

almeno in parte, hanno ricevuto terapia sostitutiva,rispetto<br />

a quelli mai trattati, mostravano una riduzione<br />

del tasso di mortalità e che quelli con<br />

FEV 1 fra 35 e 49% del predetto mostravano una<br />

riduzione del declino annuale di FEV 1. In uno studio<br />

tedesco più recente, 96 soggetti sono stati valutati<br />

funzionalmente prima e durante la terapia<br />

sostitutiva secondo regime settimanale, per un periodo<br />

non inferiore a un anno 6. Lo studio suggerisce<br />

che, rispetto a prima del trattamento, la tera-<br />

76<br />

pia sostitutiva sia in grado di ridurre significativamente<br />

il declino annuale di FEV 1 e che tale riduzione<br />

sia più evidente in pazienti con livello iniziale<br />

di FEV 1 meno compromesso (>65% del predetto).<br />

Un trattamento precoce e aggressivo viene<br />

perciò raccomandato.<br />

L’uso di end points biochimici ha fornito risultati<br />

contrastanti: in uno studio aperto, Stockley et al. 7<br />

hanno trattato 12 pazienti con quattro infusioni settimanali<br />

di AAT: l’aumento del livello di AAT nell’escreato<br />

si associava a riduzione significativa di<br />

LTB4, potente chemioattrattante che gioca un ruolo<br />

centrale nell’infiammazione delle vie aeree, mentre<br />

i livelli di elastasi neutrofila e di IL-8 mostravano<br />

solo una tendenza non significativa alla riduzione.<br />

L’uso della desmosina urinaria, biomarcatore<br />

della degradazione dell’elastina, ha invece fornito<br />

risultati francamente negativi: in studi dal disegno<br />

più o meno simile 8,9 il trattamento sostitutivo settimanale<br />

non è stato in grado di ridurne l’escrezione<br />

urinaria. Questi dati non invalidano ovviamente<br />

l’evidenza, ampiamente consolidata, che i<br />

soggetti con enfisema abbiano un accelerato turnover<br />

di elastina, ma rendono questionabile l’uso della<br />

desmosina urinaria come end point terapeutico.<br />

A tutt’oggi, l’unico trial randomizzato sul trattamento<br />

sostitutivo è il cosiddetto Danish-Dutch<br />

Study 10. Pubblicato nel 1999, lo studio ha incluso<br />

56 pazienti trattati mensilmente con AAT o placebo<br />

per almeno 3 anni. Sia i parametri funzionali sia<br />

quelli radiologici (densità polmonare valutata mediante<br />

TC) non mostravano significative differenze<br />

fra soggetti trattati con AAT e soggetti che ricevevano<br />

placebo, a causa di un’insufficiente potenza<br />

dello studio, ma il parametro radiologico era apparentemente<br />

più sensibile di quello funzionale<br />

(FEV 1) nel monitorare i cambiamenti.<br />

CONCLUSIONI<br />

L’efficacia della terapia sostitutiva con AAT non è<br />

stata ancora dimostrata in modo inoppugnabile.<br />

Come premesso, molti fattori contribuiscono a<br />

questa situazione, ma non si può escludere che la<br />

via infusionale non sia la via di somministrazione<br />

ideale. Per tale motivo, attualmente vengono compiuti<br />

molti sforzi per ottenere dati di efficacia con<br />

la somministrazione di AAT umana per via inalatoria<br />

che, in attesa di sviluppi biotecnologici avanzati,<br />

dovrebbe rappresentare in un prossimo futuro<br />

la modilità ideale per l’uso dell’AAT.


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147<strong>2.</strong>


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

4. Il trattamento della BPCO<br />

in età geriatrica<br />

INTRODUZIONE<br />

Questo capitolo fornisce una sintetica informazione<br />

dei dati disponibili in letteratura secondo il livello<br />

di evidenza di seguito specificato:<br />

● trials clinici controllati su popolazioni aventi età<br />

media pari o superiore a 65 anni o includenti<br />

almeno il 20% di pazienti con 65 anni o più;<br />

● osservazioni epidemiologiche (studi osservazionali);<br />

● studi su popolazioni di età inferiore a 65 anni;<br />

● ricerca sperimentale o ricerca su popolazione,<br />

anche anziana, ma non costituita solo da pneumopatici.<br />

RILEVANZA DEL PROBLEMA<br />

E IMPLICAZIONI GESTIONALI<br />

La BPCO ha una prevalenza correlata con l’età e<br />

rappresenta la seconda causa di disabilità nella popolazione<br />

anziana 1.Inoltre è la quarta causa di morte<br />

dopo cardiopatie, neoplasie e ictus, ma l’unica la<br />

cui prevalenza stia aumentando 1.L’età media dei<br />

soggetti con insufficienza respiratoria, definita come<br />

ipossiemia in grado di provocare desaturazione<br />

ossiemoglobinica significativa, è di circa 65 anni <strong>2.</strong><br />

La sopravvivenza a 5 anni in presenza di VEMS<br />


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

● misurazione della dispnea mediante una scala visuoanalogica<br />

o numerica;<br />

● valutazione strutturata delle condizioni morbose coesistenti<br />

e del trattamento farmacologico.I relativi strumenti<br />

possono essere tratti da studi su popolazioni<br />

geriatriche eterogenee 11,12 e da accertamenti<br />

di secondo livello (per esempio calcolo del<br />

volume residuo e della capacità polmonare totale,<br />

capacità di diffusione, ergospirometria, ventricolografia<br />

isotopica, polisonnografia, ossimetria<br />

notturna percutanea).Trovano indicazione in caso<br />

di: dissociazione tra sintomi ed evidenza clinico-funzionale;<br />

mancata risposta alla terapia;<br />

presenza di rilevante comorbidità che rende incerto<br />

il rapporto tra pneumopatia e limitazione<br />

funzionale; notevole fluttuazione della sintomatologia.Tali<br />

accertamenti sono giustificati solo se<br />

possono influenzare la condotta terapeutica e migliorare<br />

la qualità della cura.<br />

PREVENZIONE DELLA<br />

PROGRESSIONE DELLA BPCO<br />

E DELLE SUE COMPLICANZE<br />

● Astensione dal fumo: a qualunque età rallenta il<br />

declino della funzione respiratoria 13.<br />

● Miglioramento dello stato nutrizionale: può ridurre<br />

la dispnea e migliorare la qualità di vita, ma non<br />

aumenta la sopravvivenza 14. Mira a contrastare<br />

sia l’obesità (BMI >28 kg/m 2) sia la magrezza<br />

(BMI 46<br />

mmHg) può giovare una dieta ricca in lipidi, dato<br />

che la combustione dei lipidi libera poca CO <strong>2.</strong><br />

L’intervento dietetico va condotto con il supporto<br />

di un dietologo, e fortemente personalizzato.<br />

In caso di ricovero ospedaliero, l’introito<br />

calorico va controllato sì da prevenirne un declino.<br />

È infatti alta l’incidenza di denutrizione<br />

nei pazienti geriatrici in ospedale per acuti 18.<br />

● Prevenzione dell’osteoporosi: la prevalenza dell’osteoporosi<br />

è molto alta tra gli anziani con BPCO,<br />

in rapporto alla scarsa attività fisica, all’uso degli<br />

steroidi e all’acidosi nelle fasi avanzate, ed è attesa<br />

in crescita ulteriore per il diffondersi del tabagismo<br />

tra le donne. Misure suggerite 19-23:promuovere<br />

l’attività fisica; supplementi di calcio e<br />

vitamina D; nella donna, terapia estroprogestinica<br />

per 1-5 anni subito dopo la menopausa, se<br />

non controindicata; uso cronico dei difosfonati<br />

80<br />

(massima evidenza nelle donne in postmenopausa);<br />

correzione della malnutrizione (BMI<br />


● Prevenire o trattare i disturbi della sfera affettiva: molto<br />

comuni, si giovano poco dell’ossigeno, essendo<br />

legati in prevalenza al vissuto di malattia (dispnea,<br />

percezione dei propri limiti ecc.) 28. Misure<br />

suggerite: trattamento multidisciplinare per<br />

migliorare l’autonomia funzionale e ridurre la<br />

dispnea; terapia farmacologica (efficacia non<br />

provata, alto rischio di depressione respiratoria).<br />

● Ridurre la dispnea: nell’anziano la comorbidità e<br />

in particolare anemie, cardiopatie e insufficienza<br />

renale sono comuni concause. L’inattività può<br />

mascherarla, causandone una sottostima. Misure<br />

suggerite: adottare sistematicamente il protocollo<br />

di valutazione suggerito all’inizio;ricorrere alla<br />

riabilitazione (vedi oltre).<br />

● Curare i disturbi del sonno: età superiore a 65 anni<br />

e BPCO sono fattori di rischio per turbe del sonno<br />

30. Misure suggerite: ottimizzare il trattamento<br />

multidisciplinare; assicurarsi che SaO 2 >95%<br />

di notte (ossimetria percutanea); escludere “sleep<br />

apnea”, specie nel russatore (polisonnografia);<br />

evitare l’uso di ipnotici-sedativi; escludere il ruolo<br />

causale di farmaci (steroidi, aminofillina).<br />

● Prevenire il declino dell’autonomia funzionale. Misure<br />

suggerite: ottimizzare il trattamento multidisciplinare<br />

e la riabilitazione sia respiratoria sia<br />

motoria in generale (vedi oltre).<br />

PRINCIPI DI TERAPIA<br />

DELLA BPCO RIACUTIZZATA<br />

I principi di terapia della BPCO riacutizzata non<br />

differiscono da quelli validi per gli adulti con<br />

BPCO, ma diverse sono le problematiche che ne<br />

condizionano applicabilità ed efficacia, come i deficit<br />

cognitivi e le interferenze farmacologiche.<br />

Nell’anziano la riacutizzazione si manifesta spesso<br />

con aumento della dispnea o astenia in assenza di<br />

tosse produttiva e febbre 31.È legata più spesso che<br />

nell’adulto a cause diverse dal peggioramento della<br />

flogosi bronchiale, come l’uso incongruo di sedativi,<br />

l’insufficienza dei muscoli respiratori secondaria<br />

a ipokaliemia da diuretici e l’anemizzazione.<br />

Misure suggerite:identificare e rimuovere eventuali<br />

fattori aggravanti la BPCO 32-35;adottare terapia steroidea,<br />

inizialmente per via sistemica; instaurare terapia<br />

antibiotica e protrarla per almeno 8 giorni;<br />

usare β 2-stimolanti in via inalatoria.<br />

● Indicazioni ai teofillinici 35-37 : in caso di intolleranza<br />

verso i β-stimolanti o provata inefficacia, di-<br />

81<br />

4. IL TRATTAMENTO DELLA BPCO IN ETÀ GERIATRICA<br />

spnea persistente dopo un miglioramento della<br />

funzionalità respiratoria, ipoventilazione notturna,<br />

difficoltà nel ridurre la posologia degli steroidi.<br />

I principali rischi sono: cardiotossicità se<br />

coesiste terapia digitalica o cardiopatia ischemica,<br />

spesso silente in rapporto all’età e all’inattività;<br />

sovradosaggio se è inibito il sistema ossidativo<br />

mitocondriale (per esempio da eritromicina,<br />

cimetidina); induzione di stato confusionale.<br />

● Utilizzo dei preparati in via inalatoria: gli spray<br />

espongono al rischio di abuso e sovradosaggio.<br />

L’uso può essere ostacolato da difficoltà di coordinamento<br />

dei movimenti. L’aerosol permette di<br />

assumere più farmaci insieme, ma va prescritto<br />

solo al paziente in grado di rispettare la posologia<br />

e curare l’igiene dello strumento.<br />

● Gli spaziatori di volume:riducono la deposizione<br />

orale e, forse, il rischio di micosi da steroidi. L’inalazione<br />

a pressione positiva intermittente è<br />

utile in casi selezionati, esenti da iperinflazione<br />

polmonare, sotto controllo dello pneumologo.<br />

● Terapia cardiotonica 38 .È efficace solo se vi è una<br />

disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Va<br />

quindi prescritta in casi selezionati in base all’evidenza<br />

ecocardiografica o,se poco affidabile,angiocardioscintigrafica.<br />

Resta ferma l’indicazione<br />

alla digitale come antiaritmico in presenza di tachiaritmie<br />

sopranodali.<br />

● Terapia diuretica. Gli edemi declivi sono spesso legati<br />

all’ipossiemia e all’ipercapnia e regrediscono<br />

dopo ossigenoterapia 39. I diuretici riducono<br />

l’impedenza polmonare e, quindi, favoriscono<br />

l’escursione toracica.Ciò ne giustifica l’uso a dosi<br />

moderate in casi selezionati.<br />

● Ventilazione esterna 40,41 . Può favorire il miglioramento<br />

clinico mettendo a riposo i muscoli respiratori<br />

e, quindi, riducendo il consumo di O 2<br />

e la produzione di CO <strong>2.</strong>A differenza della ventilazione<br />

interna, non comporta il rischio di colonizzazione<br />

batterica delle vie respiratorie, particolarmente<br />

rilevante nell’anziano.<br />

PRINCIPI DI TERAPIA<br />

DELLA BPCO STABILIZZATA<br />

● Scelta dei broncodilatatori 42-44 . Nell’anziano gli<br />

anticolinergici sono più efficaci e meglio tollerati<br />

dei β-stimolanti, a differenza dell’atropina<br />

non deprimono la clearance mucociliare e non<br />

inducono tachifilassi. Tuttavia, una consistente


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

frazione dei malati si giova più dei β-stimolanti.<br />

Questi ultimi, oltre a broncodilatare, migliorano<br />

la clearance mucociliare, depressa dal fumo,<br />

dalla malattia e dall’età in sé. Indicazioni ai betastimolanti:<br />

molto verosimile se la broncoostruzione<br />

è parzialmente reversibile. In caso di<br />

broncoostruzione irreversibile va escluso un falso<br />

negativo legato a flogosi bronchiale che previene<br />

la risposta al β-stimolo, ripetendo il test<br />

dopo ciclo di terapia steroidea. Tuttavia, a volte<br />

il β-stimolante migliora i sintomi anche in<br />

pazienti con broncoostruzione irreversibile. In<br />

caso di marcato effetto tremorigeno, la posologia<br />

va ridotta. Se si prescrive un β-stimolante<br />

a lunga durata d’azione, il paziente deve sapere<br />

che non può usarlo in caso di crisi dispnoica.<br />

● Uso degli steroidi per via inalatoria 45 :probabilmente<br />

inopportuno l’uso cronico, utili cicli periodici<br />

nei “responders”. Indicazione certa è la riduzione<br />

di efficacia dei farmaci broncodilatatori<br />

non steroidei in assenza di evidente riacutizzazione<br />

o interferenza farmacologia. L’uso dei cromoni<br />

non è codificato nella BPCO. Forse è possibile<br />

in pazienti con broncoostruzione reversibile,<br />

in associazione con un broncodilatatore. I<br />

teofillinici sono indicati in aggiunta ai broncodilatatori<br />

per aerosol per un migliore controllo<br />

dei sintomi, anche solo notturni, o in alternativa<br />

a essi in caso di intolleranza o difficoltà d’uso.<br />

Preferibili i preparati a lento rilascio, anche a<br />

dosi subterapeutiche: livelli sierici cui non corrisponde<br />

la massima efficacia broncodilatatrice<br />

possono alleviare la dispnea.<br />

● Ossigenoterapia 46. Le indicazioni (PaO 2 ≤55 mm<br />

Hg o PaO2 ≤60 mmHg in caso di cardiopatia<br />

coesistente) non variano con l’età. Alcuni sistemi<br />

atti a risparmiare O 2 (cannula nasale con reservoir,<br />

erogatore a domanda) sono difficilmente<br />

applicabili a soggetti anziani.Vanno prescritte,<br />

oltre all’ossigenoterapia, alcune norme applicative<br />

cui spesso l’anziano ha difficoltà ad attenersi:<br />

– evitare il contatto dell’O 2, infiammabile, con<br />

fonti di calore (sigaretta,scaldino,fornelli ecc.);<br />

– mantenere il livello dell’acqua nel gorgogliatore<br />

nell’intervallo contrassegnato;<br />

– disinfettare periodicamente la maschera facciale<br />

o gli “occhialini” (“nasal prongs”);<br />

– praticare l’ossigenoterapia per almeno 18 ore<br />

al giorno;<br />

– se si usa un concentratore di O 2,programmarne<br />

manutenzione con la ditta fornitrice e<br />

82<br />

assicurarsi un servizio di pronta riparazione e<br />

una bombola di O 2 d’emergenza;<br />

– se si usa O 2 liquido, utilizzare due bombole<br />

con rubinetto a tre vie,in modo da usare quella<br />

piena finché non viene ricaricata la vuota.<br />

Dalla bombola si può ricaricare una bomboletta<br />

portatile che permette alcune ore di autonomia<br />

funzionale fuori casa;<br />

– la prolunga per l’O 2 deve permettere al paziente<br />

di muoversi comodamente e senza rischi<br />

nella casa. Ne va quindi studiato il percorso.<br />

Se necessario, conviene prevedere una<br />

rete di distribuzione con tre o quattro punti<br />

cui il paziente può connettere l’erogatore, secondo<br />

necessità. Il fabbisogno di O 2 stabilito<br />

a riposo aumenta con l’esercizio, specie nell’anziano<br />

sedentario. Pertanto va adattata la<br />

FiO 2 al variare del fabbisogno e va stimata la<br />

durata del contenitore portatile in base al fabbisogno<br />

durante l’esercizio.Una scorretta programmazione<br />

può dissuadere il paziente anziano<br />

dal compiere attività fisica, aggravandone<br />

la situazione. Bisogna sempre verificare la<br />

capacità di comprensione e applicazione delle<br />

istruzioni da parte del paziente e/o di chi<br />

l’assiste, identificare i soggetti bisognosi di<br />

supporto formale e attivare i relativi servizi<br />

territoriali, programmare controlli quadrimestrali<br />

dell’emogasanalisi poiché il fabbisogno<br />

di O 2 aumenta gradualmente con un ritmo<br />

variabile. L’anziano incapace di accedere periodicamente<br />

ai servizi ambulatoriali è esposto<br />

al rischio di inadeguata prescrizione dell’ossigenoterapia.<br />

● Terapia mucolitica 47,48 . Studi multicentrici su popolazioni<br />

adulte hanno dimostrato che la terapia<br />

mucolitica condotta nei mesi invernali riduce l’incidenza<br />

delle riacutizzazioni. L’effetto mucolitico<br />

si protrae per diversi giorni dopo la sospensione<br />

del farmaco. L’adozione di un trattamento cronico<br />

nei mesi invernali, per esempio per 20 giorni<br />

al mese, non è supportata da studi condotti su popolazioni<br />

anziane, ma appare logica, almeno in<br />

soggetti con difficoltà nell’espettorazione. Si possono<br />

usare preparati che aumentano il contenuto<br />

di acqua e cloro del muco (per esempio sobrerolo)<br />

o la produzione di surfactant (per esempio ambroxol,<br />

bromexina). Farmaci che frammentano il<br />

reticolo fibrillare, come i derivati tiolici e gli enzimi,<br />

sono forse preferibili se la viscoelasticità del<br />

muco è alta, come nelle riacutizzazioni o dopo<br />

anestesia generale. Mancando un principio che


orienti univocamente la scelta del preparato, è la<br />

risposta individuale a guidarci nella prescrizione.<br />

● Riabilitazione 49-54. Ne è provata l’utilità su casistiche<br />

quasi tutte di età media inferiore a 70 anni.<br />

Migliora la qualità di vita, aumentando la capacità<br />

di esercizio e la sensazione di benessere psicofisico,<br />

ma non influenza la funzionalità respiratoria.<br />

È utile sia la FKT respiratoria sia la riabilitazione<br />

generale, oltre che la semplice deambulazione e,<br />

all’estremo opposto, le tecniche di modificazione<br />

comportamentale (“coping strategy”). Non vi è alcuna<br />

esperienza relativa alla riabilitazione cognitiva.L’età<br />

avanzata non deve limitare il ricorso alla<br />

riabilitazione. In presenza di difficoltà logistiche, si<br />

può comunque ricorrere a misure elementari (per<br />

esempio programmi di deambulazione per tratti<br />

progressivamente crescenti). Va verificata la congruità<br />

dell’ossigenoterapia durante l’esercizio: è<br />

spesso necessario aumentare la FiO <strong>2.</strong>Specie in soggetti<br />

con particolari tratti caratteriali o con bassa<br />

soglia della dispnea, possono servire tecniche di<br />

modificazione comportamentale (per esempio<br />

training autogeno). Spesso la riabilitazione è ostacolata<br />

da <strong>malattie</strong> come coronaropatia o arteriopatia<br />

periferica, nonché da malnutrizione, decondizionamento,<br />

depressione. L’efficacia della riabilitazione<br />

si misura con indici di “performance” (per<br />

esempio test del cammino per 6 minuti) o di stato<br />

di salute. La riabilitazione dovrebbe essere costante,<br />

non ciclica, e integrata da interventi mirati<br />

se problemi osteoarticolari e di equilibrio ne<br />

condizionano l’esito.<br />

● Vaccinazioni 51 . Indicate sia l’antinfluenzale, annuale,<br />

sia l’antipneumococcica. Quest’ultima va<br />

ripetuta ogni cinque anni. Le norme di applicazione<br />

sono aggiornate con varia cadenza dagli<br />

organi sanitari.<br />

PRATICHE TERAPEUTICHE<br />

EPROBLEMATICHE GESTIONALI<br />

PARTICOLARI 55-57<br />

● Ventilazione meccanica non invasiva:durante BPCO<br />

riacutizzata è efficace allorché l’ipossia e l’ipercapnia<br />

non regrediscano malgrado la terapia medica<br />

e l’ossigenoterapia. Nella BPCO stabile è<br />

indicata in casi selezionati di grave ipossia e ipercapnia<br />

allo scopo di porre a riposo i muscoli respiratori,<br />

riducendo il fabbisogno di O 2 e la produzione<br />

di CO <strong>2.</strong><br />

83<br />

4. IL TRATTAMENTO DELLA BPCO IN ETÀ GERIATRICA<br />

● Applicazione di BiPAP o CPAP: indicata soprattutto<br />

in caso di sindrome delle apnee ostruttive<br />

del sonno (OSAS), trova applicazione anche in<br />

caso di associazione con la BPCO (“overlap syndrome”).<br />

L’indicazione va posta solo in centri di<br />

pneumologia sulla scorta della situazione fisiopatologica<br />

e clinica, ma anche della disponibilità di<br />

supporto formale e/o informale che garantisca il<br />

corretto uso dello strumento.Vanno utilizzati strumenti<br />

silenziosi, oggi ampiamente disponibili in<br />

commercio. Se possibile, va limitato l’uso alle ore<br />

della notte e a eventuali brevi periodi diurni.<br />

Obiettivo della ventilazione non è normalizzare<br />

l’ematosi, ma alleviare la dispnea e l’astenia. Pertanto,<br />

anche modesti miglioramenti dell’emogasanalisi<br />

sono accettabili se si riduce la dispnea.<br />

● Indicazioni alla consulenza pneumologica: inquadramento<br />

diagnostico iniziale; se vi è sproporzione<br />

tra sintomi e severità dell’ostruzione o peggioramento<br />

brusco della dispnea in assenza di riacutizzazione<br />

bronchitica clinicamente evidente e di<br />

coesistenti patologie, per esempio cardiopatia o<br />

anemia; prescrizione dell’ossigenoterapia e relativo<br />

controllo periodico; prescrizione di terapia<br />

inalatoria non tradizionale, per esempio con erogatori<br />

a pressione positiva intermittente, o di riabilitazione<br />

respiratoria o ventilazione meccanica;<br />

se la radiografia del torace evidenzia delle bolle;<br />

in caso di sopravvenuta resistenza alla terapia<br />

broncodilatatrice in assenza di episodi flogistici<br />

clinicamente evidenti che possano giustificarla.<br />

● Indicazioni alla consulenza geriatrica: formazione di<br />

personale medico, paramedico e dei servizi sociali<br />

nell’approccio al malato anziano; esecuzione<br />

della valutazione multidimensionale ed elaborazione<br />

del piano di assistenza in presenza di<br />

polipatologia, disabilità e/o problematiche di tipo<br />

socioeconomico o di peggioramento dello<br />

stato di salute in assenza di patologie intercorrenti<br />

che lo giustifichino o dopo un ricovero<br />

ospedaliero cui abbia fatto seguito una sensibile<br />

riduzione delle capacità funzionali.<br />

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I QUADERNI DELLA BPCO<br />

5. Terapia non respiratoria<br />

nella BPCO<br />

BPCO: la malattia è tanta;<br />

le opzioni terapeutiche limitate.<br />

Bisogna utilizzare al meglio tutte quelle<br />

disponibili.<br />

Nella storia naturale della BPCO intervengono<br />

condizioni cliniche rilevanti (complicanze,<br />

comorbosità, manifestazioni sistemiche) che necessitano<br />

di terapia medica non respiratoria o che, comunque,<br />

dei farmaci respiratori utilizzano effetti<br />

cardiovascolari.<br />

Quelle prese in considerazione in questo capitolo<br />

sono elencate nella tabella 5.1.<br />

CUORE POLMONARE CRONICO<br />

Definizione: i motivi di una controversia 1<br />

La definizione di cuore polmonare cronico (CPC)<br />

è stata, da sempre, ambigua e fonte di controversie.<br />

Il problema deriva dal fatto che,tra gli esperti di questa<br />

condizione, un gruppo ritiene necessaria – per la<br />

diagnosi – l’evidenza di insufficienza ventricolare destra<br />

(IVD) con le sue manifestazioni cliniche (ipertensione<br />

venosa giugulare, epatomegalia dolente, edema<br />

periferico), mentre per un altro gruppo, al contrario,<br />

è sufficiente l’evidenza di un aumento di volume<br />

(dilatazione e/o ipertrofia: espressione di un sovraccarico)<br />

del cuore destro. Il problema è parso così<br />

insanabile che si è giunti a proporre – all’inizio<br />

degli anni ’90 – di abbandonare il termine di CPC.<br />

Il problema deriva dal fatto che l’“insufficienza” è<br />

una manifestazione clinica del sovraccarico del VD<br />

Vittorio Grassi, Stefania Cossi,<br />

Alessandra Marengoni, Roberto Zulli<br />

87<br />

Tabella 5.1 Condizioni cliniche che, nella storia naturale della<br />

BPCO, necessitano di terapia medica non respiratoria<br />

1. Cuore polmonare cronico<br />

<strong>2.</strong> Aritmie cardiache<br />

3. Malnutrizione e sindrome cachettica: calo ponderale e<br />

riduzione della massa muscolare scheletrica<br />

4. Manifestazioni endocrino-metaboliche: ipogonadismo,<br />

osteoporosi<br />

5. Manifestazioni ematologiche: l’(iper)poliglobulia<br />

6. Ansia-depressione-disturbi del sonno<br />

che precede gli eventi morfofunzionali usualmente<br />

riconoscibili in clinica, sicché diventa un indicatore<br />

di CPC. La diagnosi di CPC, infatti, è – nella<br />

grande maggioranza dei casi – clinica: la radiografia<br />

del torace è mal utilizzata, l’ecografia cardiaca è<br />

poco utilizzata. Un po’ di chiarezza si rende necessaria.<br />

Una definizione rigorosa di CPC è possibile<br />

ed è quella da tempo proposta dal gruppo di Pisa<br />

(C. Giuntini): “ingrandimento del cuore destro<br />

(atrio-ventricolo-tronco comune della polmonare)”,<br />

secondario a malattia del polmone, del circolo<br />

polmonare, della gabbia toracica, a disfunzione<br />

dei centri respiratori e, infine, a sindrome della sleep<br />

apnea, in assenza di cardiopatie sinistre o congenite.<br />

È questo il CPC compensato. In questa fase la<br />

portata cardiaca è solitamente normale e non vi è<br />

evidenza di vasocostrizione periferica. Quando interviene<br />

IVD si rendono manifesti, all’esame obiettivo,<br />

congestione epatica ed edema periferico. È<br />

questo, il CPC scompensato (che è quello che più<br />

frequentemente viene diagnosticato in clinica). È<br />

implicito, da quanto detto, che si rende necessario


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

un migliore utilizzo – ai fini della diagnosi – della<br />

radiografia del torace.<br />

Le dimensioni del problema<br />

Il CPC è una condizione sicuramente assai meno<br />

frequente di quanto lo sia stata negli anni ’50-’60:<br />

verosimilmente a motivo di un miglior controllo<br />

delle <strong>malattie</strong> di base che ne sono responsabili. Ma<br />

resta pur sempre una condizione clinicamente rilevante.<br />

La sua frequenza è ovviamente variabile<br />

nelle diverse regioni del mondo (in rapporto alla<br />

prevalenza delle pneumopatie croniche che ne sono<br />

responsabili) ed è così stimata 2:<br />

● negli Stati Uniti: 6-7% di tutti i tipi di cardiopatie<br />

dell’adulto;<br />

● a New Delhi (India): circa il 15%;<br />

● a Sheffield (UK) – una regione a forte inquinamento<br />

urbano – circa il 30% di tutte le forme<br />

di scompenso cardiaco clinicamente manifesto.<br />

In uno studio recente su 744 pazienti con dispnea<br />

e diagnosi accertata di insufficienza cardiaca congestizia,<br />

99 possedevano i criteri clinici di CPC la<br />

cui diagnosi finale venne confermata in 78 casi (pari<br />

al 10,5% del totale) 3.E questa può essere una stima<br />

attendibile.<br />

Terapia<br />

Un problema di equilibrio (e di<br />

cooperazione) tra capacità di assunzione<br />

e capacità di trasporto dell’ossigeno 4-6<br />

(figura 5.1).<br />

La fisiopatologia del sistema dell’ossigeno (acquisizione-trasporto-utilizzo)<br />

emodinamicamente<br />

correlato è, nel CPC, particolarmente complessa:<br />

la sua trattazione esula dal presente contesto. Il lettore<br />

interessato viene rimandato alle rassegne di<br />

Mithoefer (1982) 7, Wiedemann e Matthay 8,<br />

Dantzker e Gutierrez (1989) 9 e all’editoriale di<br />

Bergofsky (1983) 10, nonché al recente contributo<br />

di Marini in questa stessa collana (2001) 11 per<br />

un’approfondita trattazione. Con l’avvertenza che<br />

la sua conoscenza è importante perché ha riflessi<br />

terapeutici.<br />

88<br />

PVO2<br />

V O2<br />

PaO2<br />

ERO2<br />

COD<br />

DO2<br />

Q<br />

TO2<br />

Figura 5.1<br />

Cuore polmonare cronico: il sistema di acquisizione-trasporto-utilizzo<br />

dell’O2 emodinamica-correlato. PaO2 = esprime la capacità del<br />

polmone di assumere O2;è in larga misura VA/QC dipendente;<br />

Q = portata cardiaca;T O2 = trasporto di O2 ai tessuti (Q × CaO2) in ml/min; DO2 = l’oxygen delivery ai tessuti si realizza per l’azione<br />

combinata dei polmoni, del sistema cardiovascolare e del sangue<br />

(Hb);VO 2 = consumo di O2 da parte dei tessuti (mlO2/min); è il<br />

prodotto di Q × (CaO2-CvO2); PvO2 = riflette il più basso valore<br />

di pO2 esistente nel sistema circolatorio e pertanto determina il gradiente<br />

pressorio efficace per la diffusione dell’O2 nei tessuti. Con qualche<br />

prudenza, è un indice importante di ossigenazione tissutale. Due<br />

utili indici derivati sono costituiti da: ERO2 (extration ratio), abilità<br />

dei tessuti di rimuovere O2 dal sangue,VO 2/T O2 in condizioni normali<br />

è pari al 15-20% ma può raddoppiarsi (40-50%) quando la<br />

disponibilità di O2 è ridotta; il suo reciproco COD, coefficient of oxygen<br />

delivery (= T O2/VO 2, un rapporto tra “offerta e domanda” che<br />

si modifica con l’età: circa 5 nella 3a decade si riduce a 3,5 nella 6a-7a). Gli obiettivi terapeutici nel CPC sono fondamentalmente<br />

due:<br />

● ottimizzare il trattamento della malattia di base;<br />

● favorire l’emodinamica (polmonare e sistemica)<br />

e lo scambio gassoso, che sono gli aspetti cruciali<br />

per la sopravvivenza.<br />

Qui si sposa la tesi12,13 secondo la quale:<br />

una bassa PvO2 è – a parità di valori emodinamici<br />

e di COD – un indicatore indipendente di prognosi<br />

sfavorevole:<br />

● un aumento della CaO 2 (mediante sviluppo di<br />

poliglobulia) non è,a lungo termine, un meccanismo<br />

di adattamento di successo;


● la portata cardiaca (Q) è un fattore critico di adattamento<br />

funzionale:gli interventi terapeutici idonei<br />

a potenziarla assumono – nei pazienti BPCO<br />

con CPC – una notevole importanza clinica.<br />

Ma non è detto che gli eventi siano sempre così lineari.<br />

Nella BPCO in fase avanzata (che è anche<br />

quella in cui più facilmente è presente CPC) può<br />

crearsi un “conflitto di interessi” tra centro (scambio<br />

gassoso a livello polmonare) e periferia (scambio gassoso<br />

a livello tissutale): nel senso che ciò che è utile<br />

all’uno può non esserlo all’altro.<br />

La sopravvivenza, nel CPC, è comunque un problema<br />

di interazione (e di collaborazione) cuorepolmoni.<br />

Ossigenoterapia (effetti emodinamici)<br />

Già i due grandi trials clinici dell’inizio degli anni<br />

’80 avevano documentato benefici effetti (ancorché<br />

quantitativamente modesti) dell’ossigenoterapia<br />

continua sull’emodinamica polmonare.<br />

Nella casistica di Weitzenblum (Friburgo) 14 – una<br />

delle più accurate – pazienti BPCO con ipossiemia<br />

grave che prima di iniziare l’ossigenoterapia<br />

avevano presentato un aumento medio della PAP<br />

di 1,5 mmHg/anno, istituita l’ossigenoterapia continua<br />

hanno mostrato un decremento medio dell’ordine<br />

di 2,5 mmHg/anno. Presi nel loro insieme<br />

gli ormai molti dati disponibili indicano che la<br />

L-TOT stabilizza la PAP (ne previene il progressivo<br />

aumento).<br />

Digitale<br />

Time will fix<br />

The real value upon this discovery<br />

(Sir William Withering, 1785)<br />

La digitale ha una storia antica, ma solo recentemente<br />

(metà anni ’90) è stata oggetto di trias clinici<br />

controllati che hanno indotto la FDA alla sua<br />

approvazione nella terapia dell’insufficienza cardiaca.<br />

Il DIG trial (Digitalis Investigation Group: quasi<br />

7.000 pazienti arruolati) non aveva dimostrato, a<br />

3 anni, alcun beneficio in termini di mortalità (la<br />

riduzione del 12% di mortalità per “pump failure”<br />

risultava controbilanciata da un aumento di mor-<br />

89<br />

5. TERAPIA NON RESPIRATORIA NELLA BPCO<br />

talità dovuto presumibilmente ad aritmie). L’analisi<br />

dei sottogruppi era giunta alla conclusione che i<br />

pazienti che ne traggono maggior beneficio sono<br />

quelli con:<br />

● cardiomegalia (alla Rx torace);<br />

● marcata riduzione alla frazione d’eiezione (< 25%);<br />

● sintomi (dispnea) gravi.<br />

La digitale ha una ristretta finestra terapeutica.<br />

Il DIG trial ha avanzato l’ipotesi che essa abbia, sulla<br />

mortalità, un effetto bidirezionale:<br />

● benefico,per concentrazioni sieriche < 1,0 ng/ml;<br />

● nocivo, per concentrazioni ≥ 1,0 ng/ml.<br />

Del tutto recentemente sono anche emerse – sempre<br />

in tema di mortalità nell’insufficienza cardiacadifferenze<br />

legate al sesso: il che induce a una particolare<br />

prudenza (bassi dosaggi) nel suo utilizzo nel<br />

sesso femminile 15 .<br />

Storia tormentata,quella della digitale nel CPC finché<br />

uno studio clinico controllato (1981) 16 ha documentato<br />

che, nella BPCO grave, è in grado di<br />

migliorare la funzione del VD solo nei pazienti con<br />

compromessa funzione del ventricolo sinistro. In<br />

seguito (1990) 17, un trial clinico (randomizzato e<br />

controllato) condotto in pazienti con CPC scompensato<br />

ha documentato che la digitale risultava<br />

clinicamente efficace solo in quelli con fibrillazione<br />

atriale.<br />

Dunque: nel CPC la digitale deve essere usata solo<br />

nei pazienti in cui concomita un’insufficienza ventricolare<br />

sinistra. La diagnosi di insufficienza ventricolare<br />

sinistra in pazienti con CPC è clinicamente difficile:<br />

fortunatamente è anche poco frequente e solitamente<br />

non grave.<br />

Infine, va tenuto presente che nel CPC gli effetti<br />

tossici della digitale (aritmie) sono esaltati.<br />

Teofillina<br />

Merita un’attenta considerazione per i suoi favorevoli<br />

effetti emodinamici: quantitativamente modesti<br />

ma, presi nel loro insieme, clinicamente utili. Gli<br />

effetti documentati (sia con infusione endovenosa<br />

sia con somministrazione orale di una teofillina slow<br />

release) consistono in:<br />

● riduzione della PAP e della RVP;<br />

● aumento della FE del ventricolo destro e sinistro.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Si ritiene che questi effetti siano la conseguenza del<br />

ridotto postcarico e di un inotropismo ventricolare<br />

positivo.Accanto agli aspetti favorevoli va tenuto<br />

presente che il CPC è, tra le tante, una delle condizioni<br />

cliniche in cui gli effetti collaterali della teofillina<br />

(che sono numerosi e multisistemici) più si<br />

esaltano: ipossia cronica e congestione epatica compromettono<br />

l’efficienza degli isoenzimi del citocromo<br />

P450 (responsabili della clearance della teofillina).<br />

β 2-agonisti<br />

Studiati in particolare la terbutalina e il pirbuterolo,<br />

i β 2-agonisti hanno effetti emodinamici teofillino-simili<br />

che però si esauriscono nel breve-medio<br />

periodo.<br />

Vasodilatatori<br />

Il miglior vasodilatatore polmonare, nel CPC da<br />

BPCO, è l’ossigeno.<br />

I vasodilatatori hanno, nel CPC, una lunga storia e<br />

controversa che può essere così riassunta: nel CPC<br />

secondario a BPCO i vasodilatatori (i più studiati:<br />

calcioantagonisti/nifedipina e ACE-inibitori/captopril)<br />

hanno benefici effetti emodinamici: quantitativamente<br />

modesti e di relativamente breve durata.<br />

Di fatto, raramente, gli attuali vasodilatatori soddisfano<br />

i criteri dettati da Rubin per un utilizzo<br />

clinicamente efficace 18:<br />

● RVP: riduzione di almeno il 20%;<br />

● Q : aumentata o immodificata;<br />

● PA polmonare: ridotta o immodificata;<br />

● PA sistemica: immodificata;<br />

● PaO 2: immodificata.<br />

Pertanto,attualmente questa categoria di farmaci non<br />

fa parte della terapia standard del CPC, potendo –<br />

se del caso – essere utilizzati nella fase di riacutizzazione<br />

della BPCO. Nell’ipertensione arteriosa polmonare<br />

grave (PAP media >40 mmHg) primitiva o<br />

secondaria (tromboembolia polmonare cronica –<br />

<strong>malattie</strong> collageno-vascolari) consolidata è l’efficacia<br />

di iloprost (un analogo stabile della prostaciclina) ora<br />

disponibile ed efficace anche per via inalatoria 19.<br />

Diuretici<br />

Nel CPC i diuretici sono una risorsa terapeutica<br />

importante: riducendo il volume ematico polmonare,<br />

riducono la PAP e il carico di lavoro del VD.<br />

90<br />

Particolare attenzione deve essere posta nell’evitare:<br />

● l’alcalosi metabolica (ipopotassiemica-ipocloremica).<br />

Un eccesso di bicarbonati plasmatici<br />

(>37-38 mEq/l) può comportare una ridotta attività<br />

dei centri respiratori con conseguente ipoventilazione<br />

alveolare e, dunque, ipercapnia;<br />

● deplezione di volume endovascolare che, riducendo<br />

il precarico del VD, può ridurre la portata<br />

cardiaca; ciò vale in particolare per la furosemide<br />

(ev) che è dotata di un effetto vaso(veno)dilatativo.<br />

I principi della condotta terapeutica con questa<br />

classe di farmaci sono riportati nella tabella 5.<strong>2.</strong><br />

Nell’ambito del quadro clinico del CPC una qualche<br />

attenzione merita l’edema periferico (edema ipercapnico<br />

– edema di Moran Campbell dal nome dell’autore<br />

che, correttamente, per primo lo associò all’ipercapnia)<br />

20 nel quale, in aggiunta ai meccanismi<br />

cardiovascolari che notoriamente contribuiscono alla<br />

formazione di edema,intervengono numerosi processi<br />

(neuro-ormonali e renali: favorenti e protettivi).<br />

La restrizione di liquidi è il primo provvedimento<br />

efficace.<br />

NO-NO/O 2<br />

Nell’ultimo decennio l’NO per via inalatoria è stato<br />

ampiamente sperimentato stante la sua capacità<br />

di ridurre la PAP in condizioni patologiche diverse.<br />

Nei pazienti BPCO, tuttavia, esso può peggiorare<br />

gli scambi gassosi 21. Da più parti è stata speri-<br />

Tabella 5.2 Diuretici: linee guida della condotta terapeutica<br />

1. Iniziare con la più bassa dose efficace<br />

<strong>2.</strong> Considerare la possibilità di una terapia intermittente<br />

3. I pazienti anziani richiedono dosi più basse<br />

4. In caso di scarsa risposta associare farmaci di classi<br />

diverse o – anche – sostituire il farmaco con uno della<br />

stessa classe<br />

5. Una diuresi particolarmente rapida e abbondante<br />

solitamente richiede un rimpiazzo elettrolitico<br />

6. Monitorare elettroliti (Na-K-Cl-Mg), creatinina, acido<br />

urico, pH (alcalosi metabolica)<br />

7. Il singolo più importante provvedimento è costituito dal<br />

monitoraggio della kaliemia e dalla sua eventuale<br />

correzione con potassio sotto forma di cloruro<br />

8. In caso di ipocloremia da eccesso di bicarbonato, la<br />

somministrazione di cloro sottoforma di sale di lisina<br />

restaura l’efficacia dei diuretici


mentata l’associazione NO (2-5 ppm)-O 2 con favorevoli<br />

risultati (rispetto ai singoli costituenti) per<br />

quanto riguarda sia l’aumento della PaO 2 sia la riduzione<br />

della PAP media 2<strong>2.</strong><br />

Qualcosa di nuovo?<br />

Il PN-tipo B (nesiritide):<br />

“una finestra sul cuore” 23<br />

Nell’ambito dell’attivazione neuro-ormonale conseguente<br />

alla disfunzione ventricolare, i peptici natriuretici<br />

(A: atriale; B: ventricolare; C: endotelio<br />

vascolare) rappresentano un fattore positivo dotati,<br />

come sono, di una triplice attività:<br />

● riduzione delle resistenze vascolari periferiche;<br />

● soppressione del sistema renina-angiotensina ed<br />

endotelina;<br />

● aumento della natriuresi.<br />

Dunque, effetto vasodilatatore e diuretico-natriuretico<br />

assai utile in condizioni di insufficienza cardiaca.<br />

Del tutto recentemente si è reso possibile il dosaggio<br />

rapido del PN-tipo B (quello rilasciato dai ventricoli),<br />

che si è dimostrato di notevole utilità nella<br />

diagnosi di insufficienza cardiaca 24 e nel definirne<br />

la gravità.<br />

In un’indagine condotta in un dipartimento di<br />

emergenza, il dosaggio del PN-tipo B ha mostrato<br />

– in pazienti con insufficienza cardiaca da CPC<br />

– concentrazioni plasmatiche (pg/ml) 10-15 volte<br />

superiori rispetto a quelle osservate in pazienti con<br />

sola BPCO 25.<br />

Da poco, un rh PN-tipo B sintetico (nesiritide) è<br />

stato approvato dalla FDA. Questa terapia potrebbe<br />

rappresentare un nuovo approccio (“fisiologico”<br />

rinforzo dei meccanismi protettivi) ai problemi dei<br />

pazienti con scompenso cardiaco e dunque anche<br />

per quelli con CPC.<br />

Conclusioni<br />

Il CPC offre uno scenario clinico-terapeutico complesso:<br />

eventi molteplici (scambio gassoso-emodinamica:<br />

polmonare e sistemica-equilibrio idrosalino-bilancio<br />

neurormonale) appaiono intrecciati tra<br />

loro e variamente concorrono a determinare il quadro<br />

clinico e la prognosi.<br />

91<br />

5. TERAPIA NON RESPIRATORIA NELLA BPCO<br />

Il primo (e più importante) obiettivo è rappresentato<br />

dalla (per quanto possibile) correzione dell’ipossiemia<br />

senza tuttavia tralasciare altri, più specifici,<br />

interventi terapeutici. L’affermazione (ancorché<br />

autorevole) 26 secondo la quale “i pazienti<br />

BPCO muoiono con CPC ma raramente muoiono<br />

di esso”, anche se in parte condivisibile, può risultare<br />

clinicamente improduttiva.<br />

ARITMIE CARDIACHE<br />

È nozione classica – rinforzata (e di molto) dalle<br />

registrazioni elettrocardiografiche secondo Holter<br />

– che i pazienti BPCO hanno un’incidenza di aritmie<br />

maggiore rispetto ai soggetti normali di pari<br />

età.Va precisato che, nella maggioranza dei casi, non<br />

costituiscono un problema serio – tanto che è stato<br />

suggerito di non prenderle troppo in considerazione<br />

per evitare di essere “distratti” da più importanti<br />

e urgenti problemi 27.<br />

L’aumentata incidenza si rende particolarmente<br />

evidente – e allora assume rilevanza clinico-terapeutica<br />

– in particolari condizioni:<br />

● durante le fasi di “riacutizzazione” della malattia<br />

polmonare (con insufficienza respiratoria del<br />

tipo acute-on-chronic), condizione nella quale le<br />

aritmie maggiori possono raggiungere una frequenza<br />

del 40-50%;<br />

● durante gli episodi di desaturazione notturna;<br />

● in pazienti che utilizzano associazioni di farmaci<br />

potenzialmente cardiotossici (digitale in primis,<br />

teofillina, β 2-agonisti).<br />

Fattori predisponenti/scatenanti: ipossiemia grave,<br />

alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base,<br />

assunzione di farmaci “cardio-tossici”,<br />

aumentato drive adrenergico, coesistenza di una<br />

cardiopatia ischemica cronica, di una disfunzione<br />

miocardia. I pazienti BPCO ipossiemici presentano<br />

spesso complesse alterazioni del controllo<br />

autonomico (anche cardiovascolare), nonché un<br />

certo aumento dell’intervallo QT, in particolare<br />

della “dispersione” di tale intervallo (QTc dispersion):<br />

quest’ultimo evento, anche nell’esperienza<br />

personale, risulta un marker affidabile di eterogenea<br />

ripolarizzazione e di instabilità elettrica ventricolare.<br />

Le principali aritmie cardiache presenti in questi<br />

pazienti e la loro terapia sono riportate nella tabella<br />

5.3: nel loro ambito, fondamentale è la distinzione


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Tabella 5.3 Le aritmie nel CPC*<br />

Fibrillazione atriale<br />

Emodinamicamente stabile Controllo della frequenza ventricolare:<br />

● verapamil oppure<br />

● diltiazem talora associati a<br />

● digossina<br />

● se disfunzione contrattile: amiodarone<br />

Emodinamicamente instabile/<br />

● cardioversione elettrica<br />

mancata risposta ai farmaci<br />

Flutter atriale<br />

Emodinamicamente stabile Controllo della frequenza ventricolare:<br />

come per la fibrillazione atriale<br />

Emodinamicamente instabile ● Entrainment con stimolazione atriale<br />

esofagea<br />

● Cardioversione elettrica<br />

Tachicardia atriale focale<br />

Emodinamicamente stabile ● Propafenone<br />

● Flecainide<br />

Emodinamicamente instabile/forme refrattarie ● Cardioversione elettrica<br />

Tachicardia atriale multifocale<br />

Emodinamicamente stabile ● Verapamil+magnesio solfato<br />

Emodinamicamente instabile/forme refrattarie ● Cardioversione elettrica<br />

Tachicardie ventricolari “forme comuni”<br />

Emodinamicamente stabile ● Amiodarone (se disfunzione contrattile)<br />

● Propafenone o (senza disfunzione contrattile)<br />

Emodinamicamente instabile/forme refrattarie ● Cardioversione elettrica<br />

Torsione di punta<br />

Emodinamicamente stabile ● Solfato di magnesio<br />

● Se bradicardia (condizione predisponente)<br />

Emodinamicamente instabile/forme refrattarie ● Cardioversione elettrica<br />

Fibrillazione ventricolare ● Manovre rianimatorie cardiopolmonari<br />

● Defibrillazione<br />

Aritmie ipocinetiche<br />

Bradicardia sinusale spiccata<br />

FA a bassa risposta ventricolare<br />

Arresto sinusale<br />

Blocco seno-atriale/atrio-ventricolare<br />

*Sottolineate quelle a prognosi sfavorevole.<br />

tra forme emodinamicamente stabili e instabili.Fondamentale<br />

è l’avvertenza che l’accurata ricerca,<br />

identificazione e rimozione (o almeno correzione)<br />

delle cause scatenanti costituisce lo step terapeutico<br />

preliminare.<br />

Nel gruppo delle tachicardie atriali una menzione<br />

particolare merita la tachicardia atriale multifocale (figura<br />

5.2), aritmia assolutamente peculiare di questa<br />

popolazione di pazienti anziani ipossiemici (per<br />

la verità osservabile anche in giovani cocainomani).<br />

Le sue principali caratteristiche sono:<br />

92<br />

Cardioversione farmacologica:<br />

● propafenone oppure<br />

● flecainide<br />

Cardioversione:<br />

● entrainment con stimolazione<br />

atriale transesofagea<br />

● cardioversione farmacologica con:<br />

● ibutilide oppure<br />

● sotalolo oppure<br />

● amiodarone<br />

Le indicazioni alla terapia sono complesse, l’approccio terapeutico è costituito<br />

dalla stimolazione elettrica temporanea seguita, talora, da impianto di pace<br />

maker<br />

● è l’aritmia più favorevolmente sensibile alla correzione<br />

dei fattori predisponenti;<br />

● è assolutamente insensibile alla digitale;<br />

● risponde favorevolmente all’impiego del verapamil.<br />

Le tachicardie ventricolari costituiscono un gruppo<br />

di aritmie eterogeneo e complesso. Una forma<br />

del tutto peculiare (per l’originalità) è costituita dalla<br />

“torsione di punta” che si presenta spesso con<br />

brevi ma recidivanti parossismi (figura 5.3).


A B<br />

93<br />

5. TERAPIA NON RESPIRATORIA NELLA BPCO<br />

Figura 5.2<br />

A. Tachicardia parossistica reciprocante nodale (FC: 190/min): paziente di 78 anni affetto da BPCO riacutizzata con insufficienza respiratoria<br />

ipossiemico-ipercapnica. L’insorgenza dell’aritmia ha complicato acutamente il quadro clinico con comparsa di sintomi di “bassa portata cerebrale”,<br />

riduzione dei valori pressori arteriosi, accentuazione della dispnea e spiccato cardiopalmo. L’aritmia è cessata dopo trattamento con diltiazem ev ed<br />

è comparsa una tachicardia atriale multifocale (B), meglio tollerata dal punto di vista emodinamico. Dopo ulteriore trattamento con diltiazem, è ricomparso<br />

il ritmo sinusale.<br />

Figura 5.3<br />

Torsione delle punte e blocco atrioventricolare di grado avanzato: paziente di 72 anni con BPCO riacutizzata e ipossiemia.Tipicamente coesistono<br />

in questo tracciato episodi di torsione delle punte e un blocco atrioventricolare avanzato nonché un intervallo QT allungato. Fu necessaria una<br />

stimolazione elettrica temporanea e terapia con solfato di magnesio.


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

IPERPOLIGLOBULIA<br />

Quella quota di pazienti con BPCO – una minoranza<br />

(ma non trascurabile) – che presenta una risposta<br />

eritrocitaria “inappropriata” (esagerata) rispetto<br />

agli esistenti livelli di ipossiemia.<br />

È stato recentemente documentato 28 che questi pazienti<br />

rispetto a quelli (la maggioranza) con risposta<br />

eritrocitaria “normale” presentano:<br />

● comparabili valori di eritropoietina plasmatici;<br />

● elevati valori (mediamente: x 3) di renina e aldosterone.<br />

Sicché è stata formulata l’ipotesi che in questo sottogruppo<br />

di pazienti BPCO (come in altre condizioni:<br />

scompenso cardiaco grave, trapianto renale,<br />

emodialisi cronica, ipertensione renovascolare) si<br />

realizzi un’anomala attivazione del sistema reninaangiotensina.<br />

Lo sviluppo di eritropoiesi secondaria<br />

sarebbe pertanto riferibile a un meccanismo non<br />

eritropoietina mediato: l’angiotensina II (l’octapeptide<br />

bioattivo del sistema renina-angiotensina)<br />

agirebbe direttamente (quale “grow factor”) sul midollo<br />

osseo per stimolare la produzione di progenitori<br />

di eritrociti. In teoria questi pazienti potrebbero<br />

giovarsi di una terapia con antagonisti del<br />

recettore dell’angiotensina II. Ma non vi sono dimostrazioni<br />

in proposito.<br />

Salasso<br />

In pazienti con CPC e abnormemente elevati valori<br />

di Hct (>55%), il salasso – 250-300 ml per volta,<br />

con rimpiazzo della parte liquida – ha effetti benefici,<br />

riassumibili come segue:<br />

● favorevoli effetti emodinamici polmonari (riduzione<br />

della RVP con, modesta, riduzione della<br />

PAP media);<br />

● significativo aumento del flusso ematico cerebrale<br />

(specie a carico delle regioni sopra-tentoriali);<br />

● aumentata performance allo sforzo.<br />

Esiste un valore di Hct “ideale”? (quello che minimizza<br />

i problemi reologici e massimalizza il trasporto<br />

di ossigeno). Sulla base dei dati della letteratura<br />

29 sembra ragionevole indicarlo in un valore<br />

attorno al 50%.<br />

94<br />

MANIFESTAZIONI<br />

ENDOCRINO-METABOLICHE<br />

Ipogonadismo<br />

Con sempre maggiore frequenza nei pazienti con<br />

BPCO vengono segnalati bassi livelli plasmatici di<br />

testosterone: fattore favorente la riduzione della<br />

massa muscolare scheletrica oltre che dello sviluppo<br />

di osteoporosi.<br />

Esso appare la conseguenza della malattia cronica,<br />

degli effetti (a livello ipotalamico) dell’ipossiemia<br />

arteriosa e, soprattutto, della terapia steroidea: i pazienti<br />

in trattamento cronico con glucocorticoidi<br />

sono a rischio di sviluppare ipogonadismo 30 la cui<br />

correzione ha positivi effetti clinici. Casaburi et<br />

al. (figura 5.4) hanno convincentemente documentato<br />

che l’aggiunta di testosterone (100<br />

mg/settimana, dose idonea a normalizzare i livelli<br />

plasmatici) a un programma di riabilitazione respiratoria<br />

significativamente aumenta la massa e la<br />

resistenza muscolare in pazienti BPCO di entità<br />

moderato-grave con bassi livelli di testosterone<br />

plasmatico 31.<br />

Il lettore interessato potrà utilmente consultare il<br />

documento (comprensivo di indicazioni circa le più<br />

recenti e future formulazioni farmacologiche quali<br />

il cerotto e il preparato per uso orale long acting) –<br />

Aumento %<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

Massa muscolare Resistenza muscolare<br />

P T R T + R<br />

Figura 5.4<br />

40 pazienti di sesso maschile con BPCO e bassi livelli di testosterone<br />

sono stati assegnati a tre diversi trattamenti: la somministrazione<br />

di testosterone enantato (100 mg/settimana per 10 settimane) ha fatto<br />

registrare i risultati illustrati. P = placebo;T = testosterone; R =<br />

riabilitazione 30.


frutto di una Consensus conference a opera del<br />

Guppo di Studio Italiano di Endocrinologia Geriatrica<br />

– sulla terapia sostitutiva nell’anziano di<br />

prossima pubblicazione (2003) su Aging.<br />

Osteoporosi<br />

Come e più che in altre <strong>malattie</strong> croniche, anche i<br />

pazienti con BPCO – accumulando numerosi fattori<br />

di rischio (terapia steroidea in primis) – vanno<br />

spesso incontro a osteoporosi clinica 3<strong>2.</strong> Il problema<br />

è destinato a ridursi a motivo della (prevedibile<br />

e auspicabile) riduzione della terapia steroidea<br />

per via orale in questi pazienti.<br />

Storia naturale dell’osteoporosi<br />

indotta da steroidi in pazienti BPCO<br />

Il percorso dall’osteopenia all’osteoporosi clinica è<br />

in via di definizione. Si può ragionevolmente supporre<br />

che, iniziata una terapia steroidea (qualunque<br />

sia la via di somministrazione), le modificazioni<br />

dei markers biochimici del metabolismo osseo<br />

siano evento precoce (entro 1-2 mesi) per poi<br />

stabilizzarsi anche se la terapia prosegue. Tuttavia,<br />

se le dosi di steroidi sono elevate e la durata della<br />

terapia prolungata, cominciano a rendersi manifeste<br />

evidenze radiologiche di ridotta densità ossea<br />

(BMD) che sfociano poi nell’osteoporosi clinica<br />

(fratture).<br />

Nell’ambito dell’eterogenea popolazione dei pazienti<br />

BPCO, un sottogruppo appare particolarmente<br />

a rischio: quello dei pazienti con basso<br />

BMI e con ridotta funzione gonadica (non solo<br />

testosterone ma anche estrogeni: estradiolo). Nel<br />

tentativo di identificare un valore soglia di terapia<br />

steroidea (rischio di comparsa di conseguenze cliniche)<br />

è stata indicata la dose di 10 mg/die per<br />

9 mesi 33.<br />

Sulla base delle attuali evidenze, una condotta ragionevole<br />

ci sembra possa comprendere:<br />

● misure preventive in pazienti a elevato rischio<br />

(esercizio fisico, vitamina D e calcio, terapia ormonale<br />

sostitutiva, quando indicata);<br />

● misure terapeutiche con bifosfonati (etidronato,<br />

alendronato e simili) nei pazienti che nonostante<br />

una terapia ormonale sostitutiva presentano<br />

una significativa perdita di massa ossea.<br />

95<br />

5. TERAPIA NON RESPIRATORIA NELLA BPCO<br />

MALNUTRIZIONE<br />

E SINDROME CACHETTICA<br />

(PERDITA DI PESO CORPOREO-<br />

RIDUZIONE DELLA MASSA<br />

MUSCOLARE SCHELETRICA)<br />

Si tratta di un problema complesso, dalle molteplici<br />

conseguenze (ridotta forza dei muscoli respiratori,<br />

alterato drive ventilatorio, compromissione della<br />

funzione immunologica) e di difficile approccio terapeutico<br />

(nutrizionale e farmacologico). A esso è<br />

già stato fatto ampio e approfondito riferimento nel<br />

Quaderno 4 (De Benedetto et al.) 34:a questo capitolo<br />

viene rimandato il lettore interessato.<br />

È opportuno distinguere la malnutrizione (disordine<br />

alimentare) dalla più complessa (evento sistemico:<br />

conseguenza del processo infiammatorio e<br />

dello stress ossidativo) perdita di peso con riduzione<br />

della massa muscolare scheletrica che, nei casi<br />

avanzati, configura il quadro (clinico e patogenetico)<br />

di una vera e propria sindrome cachettica caratterizzata<br />

da:<br />

● scarsa risposta all’intervento nutrizionale;<br />

● perdita preferenziale di tessuto muscolare (piuttosto<br />

che di tessuto adiposo);<br />

● aumentato catabolismo proteico.<br />

L’approccio terapeutico globale più consolidato è<br />

quello espresso dal gruppo di Maastricht (figura<br />

5.5) 35-36.I problemi sono molti. Solitamente si ottengono<br />

discreti successi in ospedale, mentre lo scenario<br />

cambia, ovviamente, a domicilio: la maggior<br />

parte dei pazienti tollera male supplementi nutritivi<br />

concentrati e la nutrizione con sondino nasogastrico<br />

o per via parenterale è improponibile per<br />

lungo tempo. Nuovi approcci e nuove strategie si<br />

rendono necessari. Sono allo studio metodi alternativi<br />

che prevedono l’utilizzo di:<br />

● ormone della crescita umano ricombinante (rhGH);<br />

● steroidi anabolizzanti: il nandrolone ha fornito<br />

qualche incoraggiante risultato (aumento della<br />

resistenza dei muscoli respiratori);<br />

● agenti anticatabolici; acidi grassi polinsaturi omega-3<br />

a catena lunga, antinfiammatori non steroidei.<br />

Tenuto presente che i pazienti BPCO non responders<br />

(all’intervento nutrizionale e alla terapia anabolizzante)<br />

sono caratterizzati da un’elevata rispo-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

Figura 5.5<br />

Algoritmo nutrizionale di Schols e Wouters<br />

(2000-2002) 35-36. I pazienti responders<br />

sono quelli prevalentemente affetti da malnutrizione,<br />

quelli non responders sono più<br />

spesso affetti da sindrome cachettica.<br />

Screening<br />

Trattamento<br />

sta infiammatoria sistemica, si può ipotizzare che<br />

questi agenti possano trovare una qualche utile indicazione<br />

in questi pazienti.<br />

È questa chiaramente un’area in via di sviluppo.<br />

A completamento è doveroso sottolineare che esiste<br />

anche il problema opposto: i pazienti BPCO<br />

cronicamente ipercapnici (il tipo BB: quelli con<br />

prevalente bronchite) – con o senza CPC – sono<br />

spesso sovrappeso. La perdita di peso è utile (migliora<br />

gli scambi gassosi, riduce l’edema declive).<br />

ANSIA-DEPRESSIONE-<br />

DISTURBI DEL SONNO<br />

L’ansia, la depressione e i disturbi del sonno sono<br />

relativamente frequenti in pazienti BPCO, specie<br />

nelle fasi avanzate della malattia. Per i farmaci utilizzati<br />

in queste condizioni (ansiolitici, antidepressivi,<br />

ipnoinducenti) valgono, con le ovvie possibili<br />

eccezioni, alcune regole generali:<br />

● tutti sono dotati di un blando (clinicamente irrilevante)<br />

effetto depressivo sui centri respiratori,<br />

tale per cui sono solitamente ben tollerati nei<br />

soggetti normali e nei pazienti BPCO ipossici;<br />

● nei pazienti con BPCO ipossiemico-ipercapnica,<br />

al contrario, l’ipoventilazione può creare effetti<br />

clinicamente rilevabili (ipercapnia) tanto<br />

che, in questi casi, il loro impiego è sconsiglia-<br />

96<br />

B M I<br />

(kg/m 2 )<br />


parte delle volte sospesi per gli effetti collaterali di<br />

questa classe di farmaci.<br />

Disturbi del sonno<br />

I pazienti BPCO hanno una scarsa qualità del sonno,<br />

con una serie di riflessi negativi sulla loro vita<br />

quotidiana. Le benzodiazepine sono una classe di<br />

farmaci ampiamente utilizzata nella nostra società:<br />

sia come sedativi sia, meno propriamente, come<br />

ipnotici. Come classe, esercitano un blando effetto<br />

depressivo sui centri respiratori. Le benzodiazepine<br />

riducono il tono muscolare delle vie aeree<br />

superiori e con ciò, in soggetti suscettibili, favoriscono<br />

lo sviluppo di apnee ostruttive. Il buspirone<br />

(ansiolitico non benzodiazepinico) non ha effetti<br />

depressivi sulla respirazione e può essere utilizzato<br />

senza problemi. Gli ipnotici ad azione più selettiva<br />

(non benzodiazepinici) non esercitano effetti<br />

clinicamente significativi sui centri respiratori, né<br />

interferenze sui meccanismi di regolazione della<br />

ventilazione.<br />

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I QUADERNI DELLA BPCO<br />

6. Trattamento non farmacologico<br />

della BPCO<br />

Solo la sospensione del fumo può ridurre il progressivo<br />

peggioramento del flusso delle vie aeree1<br />

e solo l’ossigenoterapia a lungo termine<br />

(OTLT) è in grado di migliorare la sopravvivenza<br />

dei pazienti con BPCO ipossiemici<strong>2.</strong> In uno studio<br />

di pazienti con severa BPCO in OTLT, il 50%<br />

(con dispnea del grado 5 della scala del Medical<br />

Research Council, MRC) non lasciava la casa e il<br />

78% era dispnoico nel camminare per casa e nell’eseguire<br />

le attività della vita quotidiana (activities<br />

of daily living, ADL) 3.<br />

I programmi di riabilitazione respiratoria (PRR)<br />

possono essere utili sotto questo aspetto. In effetti<br />

è stato dimostrato che l’utilizzazione di risorse sanitarie<br />

da parte dei pazienti BPCO è correlata più<br />

alla forza dei muscoli respiratori e periferici che all’ostruzione<br />

delle vie aeree4. In aggiunta, pazienti<br />

ospedalizzati per una riacutizzazione di BPCO severa<br />

hanno una sopravvivenza a un anno che è correlata<br />

in modo indipendente all’indice di massa corporea<br />

(BMI) e allo stato funzionale in fase stabile5. I PRR possono influenzare positivamente la funzione<br />

dei muscoli periferici e respiratori, lo stato<br />

nutrizionale e le ADL.<br />

DEFINIZIONI<br />

Una volta considerata più arte che scienza, la riabilitazione<br />

respiratoria è stata definita come “un insieme<br />

multidimensionale di servizi diretti a perso-<br />

Riabilitazione respiratoria<br />

Nicolino Ambrosino<br />

99<br />

ne con <strong>malattie</strong> polmonari e alle loro famiglie, di<br />

solito sotto la guida di un team interdisciplinare di<br />

specialisti con lo scopo di raggiungere e mantenere<br />

il massimo livello di indipendenza e di attività<br />

nella comunità 6-10”.<br />

Vi è evidenza scientifica che i PRR migliorano la dispnea<br />

e il controllo della BPCO 10.Tale evidenza<br />

deriva da studi prospettici, randomizzati e controllati<br />

11-15 e da metanalisi 16. Nelle recenti linee guida<br />

“GOLD” 17 l’evidenza scientifica di efficacia della<br />

riabilitazione nella BPCO è stata definita come<br />

“A”, cioè massima, superiore per esempio a quella<br />

di farmaci comunemente usati nel trattamento farmacologico<br />

a lungo termine.<br />

SELEZIONE DEI PAZIENTI<br />

Un’attenta selezione del paziente può servire per<br />

l’individualizzazione del PRR ed è fondamentale<br />

per il suo successo 18.<br />

L’unica controindicazione assoluta ai PRR è la<br />

mancata volontà di parteciparvi e/o una cattiva “compliance”<br />

a essi. L’età non è considerata un fattore limitante<br />

dei PRR; al contrario, la letteratura recente<br />

ha sottolineato i benefici effetti negli anziani della<br />

partecipazione regolare a programmi di esercizi<br />

aerobici 19.<br />

Il miglioramento della tolleranza all’esercizio dopo<br />

PRR non si correla con la severità della compromissione<br />

dell’emogasanalisi o dell’ostruzione delle


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

vie aeree 20,21. In particolare, i PRR sono parte integrante<br />

di nuove modalità terapeutiche come la<br />

resezione di volume e il trapianto polmonare 22-24.<br />

MISURE DI “OUTCOME”<br />

Prove di funzione respiratoria<br />

Le prove di funzione respiratoria dovrebbero includere<br />

la spirometria e (solo nel caso di insufficienza<br />

respiratoria cronica) l’emogasanalisi all’inizio del<br />

PRR. Non vi è necessità di ripetere tali esami alla<br />

fine del programma. Infatti, non ci dobbiamo aspettare<br />

miglioramenti della spirometria e/o dell’emogasanalisi<br />

da un PRR eseguito in un paziente che sta<br />

praticando la terapia medica in modo ottimizzato.<br />

Tuttavia, sia la spirometria sia la gasanalisi mantengono<br />

il loro valore nel follow-up di questi pazienti.<br />

Il test da sforzo<br />

Il test da sforzo incrementale è generalmente usato<br />

per graduare l’intensità dell’allenamento 25.La valutazione<br />

dell’esercizio dovrebbe essere fatta usando<br />

il tipo di esercizio, cicloergometro, pedana mobile<br />

o ergometro a braccia, che sarà impiegato nell’allenamento,<br />

però i risultati di un tipo di test da<br />

sforzo possono essere applicati a differenti forme di<br />

esercizio 26. La misura della distanza coperta durante<br />

il cammino (6 o 12 minuti) e lo “Shuttle Test” sono<br />

considerati metodi semplici e riproducibili per valutare<br />

la tolleranza all’esercizio 27.<br />

Dispnea<br />

La severità della dispnea si correla solo debolmente<br />

con i dati funzionali 28. Esistono metodi di misura<br />

nella pratica clinica per quantificare la dispnea, come<br />

la scala di Fletcher e quella del British Medical<br />

Research Council, la scala analogica visiva (VAS), la<br />

scala di Borg 29. Mahler ha proposto uno strumento<br />

capace di comprendere le componenti della compromissione<br />

funzionale, la grandezza dello sforzo e<br />

la grandezza del compito per la valutazione della dispnea<br />

(Baseline Dyspnea Index, BDI) 29,30.Per la valutazione<br />

delle modificazioni dopo un periodo di<br />

terapia, riabilitazione ecc. esiste l’indice transizionale<br />

di dispnea (Transitional Dyspnea Index,TDI).Esiste<br />

anche una traduzione italiana del BDI/TDI 29.<br />

100<br />

Qualità della vita correlata<br />

alla salute (Health Related Quality<br />

of Life, HRQL)<br />

In generale i questionari della HRQL misurano<br />

l’impatto della salute di un paziente sulla sua capacità<br />

di eseguire le ADL. Gli strumenti per la determinazione<br />

dell’HRQL variano da misure malattia-specifiche<br />

per un singolo sintomo (per esempio<br />

dispnea) a valutazione globale generica di molti<br />

aspetti che includono quelli emozionali, il ruolo<br />

sociale, le ADL. Questi questionari hanno discreta<br />

riproducibilità anche se la funzione polmonare<br />

e la tolleranza allo sforzo non vi si correlano<br />

fortemente 31.<br />

RISULTATI<br />

I risultati pubblicati forniscono una solida base<br />

scientifica a sostegno dell’utilizzo di PRR. Dopo<br />

PRR i pazienti riferiscono miglioramento della loro<br />

HRQL con una riduzione dei sintomi respiratori,<br />

aumento della tolleranza all’esercizio e della<br />

capacità di affrontare le ADL e una maggiore indipendenza<br />

11-16 (tabella 6.1).<br />

● Dispnea. Studi controllati e una metanalisi hanno<br />

confermato che i PRR migliorano la dispnea<br />

e il controllo sulla BPCO 10,16. Questi effetti persistono<br />

per almeno 12 mesi 13-15,32-34.<br />

● Capacità di esercizio.I PRR nella BPCO hanno<br />

chiaramente dimostrato effetti positivi sulla tolleranza<br />

all’esercizio e la performance funzionale<br />

10,16.I benefici si possono ottenere con PRR<br />

in regime di degenza ordinaria,in regime di dayhospital<br />

e domiciliare 35,36.<br />

Tabella 6.1 Ragionevoli obiettivi della riabilitazione respiratoria<br />

Outcome<br />

Evidenza scientifica<br />

di beneficio 14<br />

Dispnea A<br />

Tolleranza all’esercizio fisico A<br />

Qualità della vita B<br />

Consumo di risorse sanitarie C<br />

Forza dei muscoli respiratori B<br />

Sopravvivenza ?<br />

Funzione respiratoria –


● Stato di salute. Studi ben disegnati hanno dimostrato<br />

miglioramenti dello stato di salute dopo<br />

PRR. Questi miglioramenti sono di lunga durata<br />

e comprendono differenti aspetti dello stato<br />

di salute come dispnea, fatica, funzione emozionale<br />

e controllo di malattia 12-16,32-34,37.<br />

● Riacutizzazioni, ospedalizzazioni e utilizzo di risorse<br />

sanitarie. Alcuni studi hanno mostrato che<br />

i PRR sono associati a riduzioni del numero<br />

delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni nell’anno<br />

successivo alla loro esecuzione 15,33,34.Uno<br />

studio randomizzato di Griffiths et al. 13 ha osservato<br />

una minore richiesta di visite domiciliari<br />

da parte del medico di medicina generale nei<br />

pazienti sottoposti anche a PRR, tale da rendere<br />

i programmi di trattamento della BPCO, includenti<br />

anche PRR, più convenienti dal punto<br />

di vista economico 38.<br />

● Sopravvivenza. Per quanto vi siano evidenze indirette<br />

di migliore sopravvivenza nei pazienti capaci<br />

di maggiori prestazioni fisiche 5,39,40 al momento<br />

non si può definire che i PRR siano in<br />

grado di migliorare la sopravvivenza.<br />

COLLOCAZIONE<br />

E STRUTTURA DEI PRR<br />

I PRR sono efficaci quando eseguiti in regime di<br />

degenza ordinaria 11, in regime di day-hospital 33,34<br />

e in regime domiciliare 36 (tabella 6.2). Probabilmente<br />

sono la strutturazione e le componenti del<br />

programma, piuttosto che la sede in sé, a determinarne<br />

l’efficacia. Il successo dei PRR è attribuito<br />

all’équipe multidisciplinare, mentre i miglioramenti<br />

attribuibili alle singole componenti sono diffici-<br />

Tabella 6.2 La sede dell’intervento riabilitativo<br />

Sede Indicazione<br />

Domiciliare Mantenimento, stabile con problemi<br />

di trasporto, non trasportabili, che<br />

non vogliono ricoverarsi<br />

Ambulatoriale Singoli interventi di fisioterapia<br />

Day-hospital Paziente in fase stabile senza<br />

problemi di trasporto<br />

Degenza ordinaria Paziente severo, instabile, con<br />

necessità di ventilazione domiciliare,<br />

stabile con problemi di trasporto<br />

UTIR Indicazioni alla UTIR<br />

101<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Tabella 6.3 Componenti dei programmi di riabilitazione polmonare<br />

e di management e loro relativa evidenza scientifica attuale<br />

di efficacia<br />

Ottimizzazione della terapia medica A<br />

Cessazione dal fumo A<br />

Educazione C<br />

Fisioterapia toracica B<br />

Allenamento all’esercizio fisico generale A<br />

Allenamento dei muscoli respiratori B<br />

Allenamento di gruppi muscolari degli arti superiori B<br />

Coordinazione respiratoria C<br />

Terapia occupazionale C<br />

Ossigenoterapia a lungo termine A<br />

Riposo dei muscoli respiratori (ventilazione meccanica) B<br />

Supporto psicosociale C<br />

Nutrizione B<br />

li da valutare 41 a causa dell’approccio multidisciplinare<br />

e al largo range di modalità terapeutiche (tabella<br />

6.3).<br />

COMPONENTI DEI PRR<br />

Allenamento all’esercizio<br />

L’allenamento aerobico, in particolare quello degli<br />

arti inferiori, è obbligatorio 11 e benefici possono<br />

essere ottenuti con carichi di lavoro di varia intensità<br />

42-44.I maggiori benefici nella risposta massimale<br />

e sottomassimale possono essere ottenuti dopo esercizio<br />

ad alto carico (per esempio maggiore del 60%<br />

del carico di lavoro massimale, cioè sopra la soglia<br />

anaerobica) 4<strong>2.</strong> L’allenamento di pazienti BPCO al<br />

60-75% del carico massimale si associa a sostanziali<br />

incrementi della massima capacità di esercizio con<br />

riduzione della ventilazione e dei livelli di lattati a<br />

isocarico. La maggior parte dei PRR include allenamento<br />

all’endurance con periodi di esercizio sostenuto<br />

per circa 20-30 minuti, da 2 a 5 volte la settimana.<br />

In pazienti che non possono tollerare alti<br />

livelli di intensità, l’interval training consistente in 2-<br />

3 minuti di esercizio ad alta intensità con uguali periodi<br />

di riposo può essere un’alternativa 45.<br />

Altri interventi<br />

Il supporto nutrizionale, gli steroidi anabolizzanti 46 e<br />

l’ormone della crescita 47 sono stati utilizzati con risultati<br />

contrastanti come complementi ai PRR. Il<br />

contributo dei programmi educazionali “per sé”, non


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

inseriti in PRR comprendenti allenamento all’esercizio,<br />

è incerto 1<strong>2.</strong><br />

Con il termine di “rieducazione respiratoria” si intende<br />

un insieme di tecniche come la “respirazione a<br />

labbra socchiuse”e la “respirazione diaframmatica”. Gli<br />

studi sulla “respirazione diaframmatica” hanno mostrato<br />

una mancanza di beneficio, se non addirittura effetti<br />

negativi, in pazienti BPCO di varia gravità 48,49.<br />

L’allenamento dei muscoli respiratori è in grado di aumentarne<br />

la forza e l’endurance.Tuttavia, nei pazienti<br />

BPCO una metanalisi ha riportato solo scarsa evidenza<br />

di benefici clinicamente importanti in pazienti<br />

con BPCO 50.Questa modalità non dovrebbe<br />

essere utilizzata in pazienti con fibre muscolari<br />

danneggiate e in adattamento funzionale 51.<br />

ASPETTI ECONOMICI<br />

Dopo i PRR questi pazienti necessitano di ospedalizzazioni<br />

meno frequenti 13,33,34. Griffiths et<br />

al. 13,38 hanno pubblicato un’analisi dell’aggiunta di<br />

riabilitazione respiratoria al trattamento medico della<br />

BPCO. Questi autori hanno dimostrato che, anche<br />

tenendo conto del suo costo, l’applicazione di<br />

un PRR era in grado di ridurre il costo complessivo<br />

del trattamento della BPCO grazie alla riduzione<br />

della necessità di utilizzo di risorse sanitarie<br />

come le visite del medico di medicina generale.<br />

L’aggiunta del PRR alla terapia standard determinava<br />

un risparmio annuale procapite di 152 GBP 38.<br />

PROBLEMI APERTI<br />

Nonostante i progressi fatti, maggiori informazioni<br />

sono necessarie per garantire un trattamento appropriato<br />

al crescente numero di pazienti con BPCO<br />

che partecipano ai PRR.<br />

Quali sono i correlati biologici dei miglioramenti indotti<br />

dall’allenamento all’esercizio? Studi preliminari<br />

mostrano che programmi di allenamento all’endurance<br />

sono in grado di aumentare la concentrazione di<br />

ossido nitrico esalato nei pazienti BPCO 5<strong>2.</strong> Quale ne<br />

è il significato?<br />

Abbiamo bisogno di maggiori informazioni sull’impatto<br />

sui costi della sanità 38 e sulla sopravvivenza 39,40.<br />

Sebbene i vantaggi dell’allenamento all’esercizio<br />

siano ben definiti, poco si conosce sull’efficacia delle<br />

singole componenti dei PRR 31.<br />

Qual è il ruolo (se esiste) della messa a riposo dei<br />

muscoli respiratori con la ventilazione meccanica<br />

non invasiva 53,54? Quale potrebbe essere l’utilità di<br />

102<br />

altre modalità come la respirazione di miscele di<br />

elio durante i programmi di allenamento 55?<br />

I pazienti con BPCO che continuano a fumare<br />

hanno spesso un bisogno maggiore di riabilitazione<br />

respiratoria, ma non vi è un consenso sulla loro<br />

inclusione nei PRR.<br />

CONCLUSIONI<br />

Vi è evidenza scientifica che i programmi di riabilitazione<br />

respiratoria nei pazienti con <strong>malattie</strong> respiratorie<br />

croniche hanno effetti clinici positivi. La dispnea<br />

e la tolleranza all’esercizio fisico sono i sintomi<br />

che più migliorano dopo un PRP. Questi programmi<br />

sono impegnativi per il paziente, dal punto<br />

di vista economico e organizzativo, di conseguenza<br />

dovrebbero essere inseriti in programmi<br />

standard di trattamento dei pazienti con BPCO e<br />

dovrebbero quindi essere applicati in centri e da<br />

personale specializzati.<br />

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Ventilazione meccanica<br />

105<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Andrea Rossi, Lorenzo Appendini, Stefano Nava<br />

RUOLO DELLA PRESSIONE<br />

POSITIVA CONTINUA (CPAP)<br />

Razionale del trattamento con<br />

assistenza ventilatoria meccanica<br />

dei pazienti BPCO: l’insufficienza<br />

respiratoria ipercapnica<br />

L’insufficienza respiratoria causata dal cedimento<br />

della pompa respiratoria è caratterizzata prevalentemente<br />

dalla comparsa di ipercapnia 1. Di norma,<br />

sia i soggetti normali sia una gran parte dei pazienti<br />

affetti da patologia respiratoria sono in grado di<br />

mantenere valori normali di PaCO 2 e pH anche in<br />

presenza di variazioni significative delle richieste<br />

metaboliche. Tuttavia, gli elementi costituenti la<br />

pompa respiratoria possono risultare tanto alterati<br />

in alcuni pazienti da non consentire il mantenimento<br />

di una ventilazione alveolare adeguata a<br />

mantenere uno stato di normocapnia in presenza<br />

di concomitanti alterazioni degli scambi gassosi. La<br />

relazione che lega i valori di PaCO 2 e la ventilazione<br />

alveolare è la seguente:<br />

PaCO 2 = V CO 2 × K/V A<br />

(1)<br />

dove V A =V E(1-Vd/V T); V CO 2 =produzione di<br />

anidride carbonica; K = costante;V A =ventilazione<br />

alveolare;V E =ventilazione minuto;V T =volume<br />

corrente;Vd = spazio morto fisiologico.Per ogni<br />

livello di produzione di CO 2, una riduzione della<br />

ventilazione alveolare determina un aumento della<br />

PaCO 2 e viceversa. L’equazione (1) mostra inoltre<br />

che il livello di PaCO 2 dipende in buona misura<br />

dal pattern <strong>respiratorio</strong> adottato.Infatti,per uno stesso<br />

livello di V E e Vd, la ventilazione alveolare diminuisce<br />

e la PaCO 2 aumenta ogni volta che il volume<br />

corrente si riduce e la frequenza respiratoria<br />

aumenta consensualmente. Ciò è quanto avviene<br />

nei pazienti dipendenti dal ventilatore durante i tentativi<br />

di sospensione della ventilazione meccanica<br />

2-4. La presenza di respiro rapido e superficiale<br />

può essere quantificata calcolando il rapporto tra<br />

frequenza respiratoria e volume corrente (f/V T):va-<br />

lori superiori a 105 indicano la presenza di un pattern<br />

<strong>respiratorio</strong> incompatibile con il mantenimento<br />

di respirazione spontanea e di livelli adeguati di<br />

PaCO 2 5.Per esempio, in una recente casistica di pazienti<br />

affetti da BPCO dipendenti dal ventilatore 4,<br />

il volume corrente e la frequenza medi durante un<br />

tentativo di sospensione della ventilazione meccanica<br />

di 30 minuti di durata sono stati rispettivamente<br />

0,30±0,12 litri e 24±9 atti al minuto, con un<br />

risultante rapporto f/V T di 111±98, un incremento<br />

medio della PaCO 2 di circa 13 mm Hg e una<br />

diminuzione del pH di 0,08 punti rispetto alla condizione<br />

di controllo (ventilazione meccanica).<br />

L’incapacità di mantenere un pattern <strong>respiratorio</strong><br />

adeguato a sostenere indefinitamente la respirazione<br />

spontanea (con livelli stabili e accettabili di pH<br />

e PaCO 2) può dipendere da uno o più dei seguenti<br />

fattori:<br />

● un’alterazione dell’attività dei centri respiratori;<br />

● un eccessivo carico meccanico;<br />

● una ridotta capacità dei muscoli respiratori a generare<br />

le (de)pressioni respiratorie 6.<br />

Recenti studi hanno dimostrato che lo stato di insufficienza<br />

respiratoria acuta secondaria a BPCO<br />

riacutizzata 7,8,come pure lo stato di dipendenza dalla<br />

ventilazione meccanica dimostrata da questi pazienti<br />

4 non dipendono dalla depressione dell’attività<br />

dei centri respiratori, che paiono altresì marcatamente<br />

attivati. Per contro, è evidente un importante<br />

sbilanciamento tra la capacità di generare<br />

(de)pressione dei muscoli respiratori (misurata in<br />

termini di pressioni inspiratorie massime) e l’entità<br />

del carico meccanico inspiratorio (misurato a sua<br />

volta in termini di prodotto pressione-tempo), che<br />

risulta essere aumentato sino a 3-4 volte oltre i valori<br />

misurati nei soggetti normali 4,7,8. Studi effettuati<br />

in soggetti sani hanno messo in evidenza che<br />

pressioni transdiaframmatiche medie eccedenti del<br />

40% il valore della Pdi,max non possono essere sostenute<br />

indefinitamente 1,9.I pazienti BPCO ventilatore-dipendenti,<br />

per sostenere brevi periodi di respirazione<br />

spontanea, utilizzano pressioni transdiaframmatiche<br />

medie superiori al 45% del valore di<br />

Pdi,max, e valori di indice tensione-tempo del dia-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

framma (TTdi) vicini o superiori a 0,15 4,valore soglia<br />

al di sopra del quale i soggetti sono considerati<br />

a rischio di sviluppare insufficienza funzionale<br />

acuta di questo muscolo 10,a conferma del loro stato<br />

di dipendenza dal ventilatore 3,4,9.Tutto ciò depone<br />

a favore dell’ipotesi che l’eccesivo carico meccanico<br />

imposto sui muscoli respiratori sia causa dell’inizio<br />

di un processo di “affaticamento” che porta<br />

il paziente a non poter sostenere la ventilazione<br />

spontanea 3,4. In particolare, la presenza di elevati livelli<br />

di incremento del volume polmonare di fine<br />

espirazione di tipo dinamico (DH) e la relativa presenza<br />

di una pressione positiva intrinseca di fine<br />

espirazione (PEEPi) 3,4,7,8 determinano rispettivamente<br />

una riduzione della capacità contrattile dei<br />

muscoli respiratori e un elevato incremento del carico<br />

meccanico 4,7,8.È stato infatti dimostrato che la<br />

presenza di PEEPi può rappresentare sino a oltre il<br />

40% dell’intero carico meccanico inspiratorio 4,7.<br />

Questa caratteristica condiziona la scelta e la titolazione<br />

delle modalità di assistenza ventilatoria ponendo<br />

l’indicazione all’impiego di opportuni livelli<br />

di CPAP da sola o in combinazione con altre modalità<br />

di ventilazione in questi pazienti (vedi oltre).<br />

In conclusione, sembra consolidarsi l’idea che, in<br />

presenza di un sistema di controllo della ventilazione<br />

indenne, la necessità di fornire un’assistenza<br />

ventilatoria di tipo meccanico sia dovuta fondamentalmente<br />

allo sbilanciamento tra le potenzialità<br />

contrattili dei muscoli inspiratori e il carico meccanico<br />

imposto sugli stessi. Questa formalizzazione<br />

costituisce il presupposto fisiopatologico dell’applicazione<br />

di un’assistenza ventilatoria mirata a correggere<br />

in modo specifico le cause della insufficienza<br />

respiratoria, a ridurre le complicanze legate<br />

alla ventilazione meccanica, a garantire al paziente<br />

un migliore comfort e ad aumentare le possibilità<br />

di ripristino della ventilazione spontanea.<br />

Assistenza ventilatoria meccanica:<br />

ruolo della CPAP<br />

Come già descritto, l’insufficienza respiratoria sviluppata<br />

dai pazienti affetti da BPCO è di tipo prevalentemente<br />

ipercapnico. L’ipossiemia che spesso è<br />

presente nei pazienti BPCO dipendenti dalla ventilazione<br />

meccanica è facilmente correggibile con la<br />

somministrazione di ossigeno supplementare, essendo<br />

dovuta ad alterazioni del rapporto V A/ Q e non<br />

alla presenza di shunt. Non altrettanto semplice è<br />

106<br />

correggere l’ipercapnia e l’acidosi respiratoria che<br />

derivano dallo sbilanciamento tra l’aumentato costo<br />

energetico della ventilazione e le ridotte prestazioni<br />

dei muscoli respiratori. L’approccio tradizionale<br />

a questo problema è la ventilazione meccanica a volume<br />

controllato, istituita allo scopo di garantire un<br />

adeguato scambio gassoso e il riposo dei muscoli respiratori.Tuttavia,<br />

tale modalità di ventilazione può<br />

essere mal tollerata da pazienti coscienti e tachipnoici,<br />

per cui può risultare una cattiva interazione<br />

tra paziente e ventilatore. Le conseguenze sono:<br />

● il mancato raggiungimento dell’obiettivo di<br />

mettere a riposo i muscoli respiratori, che in taluni<br />

casi sono sollecitati addirittura più di quanto<br />

richiesto durante la respirazione spontanea 11;<br />

● un aumentato rischio di barotrauma;<br />

● un incremento della difficoltà nel ripristinare la<br />

respirazione spontanea.<br />

Pressure support ventilation (PSV)<br />

eCPAP<br />

Se l’obiettivo principale da perseguire nel trattamento<br />

dell’insufficienza respiratoria acuta ipercapnica<br />

è il supporto dei muscoli respiratori per ristabilire<br />

un corretto bilancio tra carico meccanico<br />

e forza muscolare, è evidente che la scelta della modalità<br />

di assistenza ventilatoria dovrà orientarsi verso<br />

l’applicazione di metodiche di ventilazione più<br />

flessibili e aderenti possibile al pattern <strong>respiratorio</strong><br />

spontaneo dei pazienti.Tra queste, la PSV associata<br />

all’applicazione di una pressione continua a livello<br />

delle vie aeree (CPAP) si è rivelata tra le più efficienti<br />

nel riportare il bilancio tra carico meccanico<br />

e forza muscolare a livelli sostenibili 3,1<strong>2.</strong>L’effetto di<br />

supporto dei muscoli respiratori operato dalla combinazione<br />

di queste due metodiche è direttamente<br />

correlato alla particolare ripartizione dello sforzo dei<br />

muscoli respiratori nei pazienti BPCO che necessitano<br />

di assistenza ventilatoria. In essi lo sforzo inspiratorio<br />

può essere diviso in due componenti: la<br />

prima è costituita da una contrazione isometrica dei<br />

muscoli inspiratori atta a controbilanciare la presenza<br />

di PEEPi (per esempio la pressione di ritorno<br />

elastico causata dall’incompleta espirazione); la<br />

seconda è costituita da una contrazione isotonica<br />

che produce il flusso e il volume inspiratorio 1<strong>2.</strong>In<br />

queste condizioni, la PSV è in grado di assistere i<br />

muscoli respiratori riducendone lo sforzo inspiratorio<br />

durante la fase isotonica della contrazione mu-


scolare 1<strong>2.</strong> Per contro, l’applicazione di una CPAP<br />

non influenza l’attività isotonica dei muscoli inspiratori,<br />

ma è in grado di controbilanciare efficacemente<br />

la PEEPi sostituendosi durante tutta l’inspirazione<br />

all’azione dei muscoli inspiratori 12,13.<br />

È importante sottolineare che, se gli effetti benefici<br />

della CPAP sul bilancio energetico dei muscoli<br />

respiratori nei pazienti con riacutizzazione di<br />

BPCO sono dovuti alla sua azione durante l’inspirazione,<br />

i suoi potenziali effetti collaterali dipendono<br />

da ciò che avviene durante l’espirazione. Infatti,<br />

in assenza di limitazione del flusso espiratorio<br />

(EFL) (vedi oltre), in questa fase del ciclo <strong>respiratorio</strong><br />

l’applicazione di pressioni positive all’apertura<br />

delle vie aeree (Paw) è causa potenziale di una<br />

riduzione del gradiente di pressione tra quest’ultima<br />

e gli alveoli polmonari (driving pressure), gradiente<br />

pressorio responsabile della produzione del<br />

flusso e dei volumi espiratori 14. In presenza di una<br />

ridotta driving pressure si ottiene una riduzione dei<br />

flussi espiratori e un incremento del volume di fine<br />

espirazione, fenomeno sfruttato ampiamente nel<br />

trattamento dell’insufficienza respiratoria ipossica 14,<br />

ma che può avere effetti deleteri nei pazienti con<br />

patologia ostruttiva delle vie aeree (vedi sopra).Tuttavia,<br />

la presenza di EFL (dovuta al fenomeno della<br />

compressione dinamica delle vie aeree nei pazienti<br />

affetti da grave BPCO), pur rappresentando<br />

una delle maggiori cause della presenza di PEEPi,<br />

permette d’altro canto l’applicazione di pressioni<br />

positive nelle vie aeree senza ridurre i flussi espiratori,<br />

fenomeno che, se presente, esiterebbe in un ulteriore<br />

aumento del volume di fine espirazione 15.<br />

Infatti, in presenza di EFL, la driving pressure espiratoria<br />

è la risultante della differenza tra la pressione<br />

alveolare e la pressione presente nelle vie aeree nel<br />

punto in cui quest’ultima è inferiore alla pressione<br />

intratoracica piuttosto che tra la pressione alveolare<br />

e la pressione all’apertura delle vie aeree. Ciò determina<br />

la progressiva riduzione del calibro delle vie<br />

aeree stesse all’aumentare dell’attività dei muscoli<br />

espiratori (e quindi della pressione intratoracica),<br />

con conseguente limitazione del flusso espiratorio<br />

ottenibile a fronte di incrementi anche elevati della<br />

pressione alveolare. In queste condizioni, la pressione<br />

all’apertura delle vie aeree può assumere valori<br />

positivi sino a un livello critico (di solito molto<br />

vicino al valore di PEEPi) senza influenzare la<br />

relazione flusso-tempo espiratorio e il conseguente<br />

volume di fine espirazione 15. A dimostrazione<br />

dell’efficacia di questo meccanismo vi sono dati ricavati<br />

da pazienti ventilati meccanicamente sia in<br />

107<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

modalità invasiva 3,13,15, sia mediante maschera 12,<br />

comprovanti che l’applicazione di livelli di PEEP<br />

inferiori ai valori di PEEPi non determina incrementi<br />

del volume di fine espirazione, a differenza<br />

di quanto accade superando tale soglia 13,15. Quest’ultima<br />

evenienza espone il paziente ai conseguenti<br />

rischi di barotrauma, di riduzione della efficienza<br />

contrattile dei muscoli inspiratori e di instabilità<br />

emodinamica 16.<br />

Partendo dalla constatazione che vi sono in letteratura<br />

solide evidenze dell’efficacia dell’impiego<br />

della PSV in maschera nel trattamento dell’insufficienza<br />

respiratoria secondaria a riacutizzazione di<br />

BPCO 17,18, l’associazione di PSV e CPAP risulta<br />

essere quindi l’approccio ventilatorio più ragionevole<br />

nel ridurre il costo energetico della respirazione<br />

e nel migliorare sia la ventilazione alveolare<br />

come pure gli scambi gassosi nei pazienti BPCO<br />

dipendenti dalla ventilazione meccanica 3,1<strong>2.</strong> Infine,<br />

sempre in questi pazienti,l’impiego della sola CPAP<br />

è da considerarsi il trattamento più economico che<br />

mantiene una sufficiente efficacia. Ciò risulta chiaro<br />

se si considera che:<br />

● la CPAP è una modalità di ventilazione estremamente<br />

semplice ed economica da realizzare 13;<br />

● la PEEPi rappresenta la maggiore componente<br />

del carico meccanico imposto ai muscoli respiratori<br />

(vedi sopra);<br />

● la CPAP, opportunamente regolata, è di fatto in<br />

grado di controbilanciare completamente il carico<br />

soglia rappresentato dalla PEEPi 12,13.È stato<br />

infatti dimostrato in pazienti meccanicamente<br />

ventilati per riacutizzazione di BPCO che<br />

l’applicazione di ragionevoli livelli di CPAP (circa<br />

5 cm H 2O) sono altrettanto efficaci quanto<br />

10 cm H 2O di PSV nel ridurre sia lo sforzo inspiratorio,<br />

sia il rischio di sviluppare insufficienza<br />

respiratoria acuta 1<strong>2.</strong><br />

Da quanto esposto risulta chiaro che la regolazione<br />

sia della PSV 3,19 sia della CPAP 12 dovrebbe essere<br />

effettuata tenendo conto delle alterazioni meccaniche<br />

presenti. Per quanto riguarda la PSV, in genere<br />

sono sufficienti livelli di pressione inspiratoria<br />

non superiori a 15 cm H 2O, che sembrano garantire<br />

un adeguato supporto per i muscoli respiratori<br />

3,12, un buon accoppiamento paziente/ventilatore<br />

3 e minime perdite a livello della maschera quando<br />

tale modalità è erogata per via non invasiva 1<strong>2.</strong><br />

Per quanto riguarda l’applicazione della CPAP,quest’ultima<br />

andrebbe regolata in funzione dei livelli


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

di PEEPi misurati nel paziente da ventilare. Livelli<br />

di CPAP di poco inferiori al valore di PEEPi si sono<br />

rivelati efficaci nel ridurre il costo energetico<br />

della respirazione senza produrre incrementi del volume<br />

di fine espirazione 1<strong>2.</strong>In sintesi,è generalmente<br />

sconsigliabile regolare la CPAP senza conoscere il<br />

valore di PEEPi del paziente, in quanto si rischia o<br />

di fornire un livello inadeguato di supporto ventilatorio,<br />

o di aumentare il volume polmonare di fine<br />

espirazione 1<strong>2.</strong>Tuttavia, livelli di CPAP di 5 cm<br />

di H 2O si sono rivelati discretamente efficaci e privi<br />

di effetti collaterali 3,1<strong>2.</strong>Per un’esposizione esaustiva<br />

delle limitazioni di queste metodiche e delle<br />

indicazioni per il loro corretto impiego, si rimanda<br />

il lettore a fonti più dettagliate 14,20.<br />

Proportional assist ventilation (PAV)<br />

e CPAP<br />

Recentemente è stata introdotta una nuova modalità<br />

di assistenza ventilatoria parziale denominata<br />

Proportional Assist Ventilation (PAV), progettata esplicitamente<br />

per assistere l’attività spontanea dei muscoli<br />

inspiratori 21.<br />

Questa è una forma di supporto ventilatorio parziale<br />

in cui, al pari della PSV, ogni inspirazione viene<br />

assistita dal ventilatore applicando alle vie aeree<br />

una pressione positiva.<br />

Diversamente da tutte le altre modalità di ventilazione,<br />

la pressione inspiratoria prodotta dalla PAV,<br />

misurata a livello delle vie aeree (Paw), è funzione<br />

istantanea della pressione generata dai muscoli respiratori<br />

del paziente (Pmus). La quota di pressione<br />

fornita dalla PAV viene regolata da due diverse<br />

funzioni, il Flow Assist (FA) e il Volume Assist (VA),<br />

tramite cui viene applicata rispettivamente pressione<br />

in proporzione al flusso e al volume generati<br />

dalla contrazione dei muscoli respiratori del paziente.<br />

Fornendo separatamente pressioni in proporzione<br />

al flusso istantaneo (che è funzione delle resistenze)<br />

e alle variazioni di volume (che sono funzione<br />

della elastanza del sistema <strong>respiratorio</strong>) la PAV offre<br />

l’opportunità di ricondurre il rapporto tra sforzo<br />

inspiratorio e la sua risultante meccanica (flusso<br />

e volume) alla normalità nel caso in cui le resistenze<br />

e/o l’elastanza del sistema <strong>respiratorio</strong> siano<br />

alterate e conosciute quantitativamente.<br />

In sintesi, la PAV funziona come un amplificatore<br />

dell’attività spontanea dei muscoli respiratori:<br />

maggiore è lo sforzo inspiratorio, maggiore è il<br />

108<br />

supporto di pressione generato dal ventilatore. Ciò<br />

rappresenta un miglioramento concettuale rispetto<br />

alla PSV in cui a un aumento dello sforzo inspiratorio<br />

non corrisponde alcun aumento del<br />

supporto di pressione, che è costante e selezionato<br />

a priori.<br />

Tuttavia, anche la PAV non è indenne da problemi<br />

di impiego: per esempio, per sua stessa filosofia di<br />

progettazione non è in grado di assistere i muscoli<br />

inspiratori nel controbilanciare il carico soglia costituito<br />

dalla PEEPi. Per questo aspetto la PAV è<br />

addirittura più carente rispetto alla PSV. Con quest’ultima,<br />

infatti, è possibile contobilanciare gran<br />

parte della PEEPi presente (escluso il solo ambito<br />

temporale necessario ad attivare il trigger inspiratorio),<br />

aumentando il livello della PSV di un valore<br />

simile alla PEEPi misurata nel paziente 3.Per contro,<br />

non c’è modo di correggere le regolazioni previste<br />

per la modalità PAV per far sì che il carico<br />

meccanico imposto dalla presenza di PEEPi venga<br />

controbilanciato, dato che FA e VA intervengono<br />

solo quando vengono rispettivamente generati flusso<br />

e volume inspiratori 2<strong>2.</strong><br />

Pertanto, in presenza di PEEPi, analogamente a<br />

quanto suggerito per la PSV, alla PAV dovrebbe essere<br />

associato un livello adeguato di CPAP 2<strong>2.</strong><br />

CONCLUSIONI<br />

La causa determinante la necessità di assistenza ventilatoria<br />

nei pazienti affetti da BPCO sembra essere<br />

l’eccessivo carico meccanico. Esso è costituito<br />

fondamentalmente dalle aumentate resistenze e dalla<br />

presenza di un aumento del volume polmonare<br />

di fine espirazione dovuto a cause dinamiche e di<br />

PEEPi.<br />

Ciò ha permesso di sviluppare strategie di gestione<br />

dell’assistenza ventilatoria mirate a trattare in<br />

modo specifico le cause della dipendenza dal ventilatore,<br />

allo scopo di ridurre le complicanze legate<br />

alla ventilazione meccanica, garantire un migliore<br />

comfort al paziente e aumentare le possibilità di<br />

distacco dal ventilatore.Tra queste, l’associazione di<br />

PSV e CPAP sembra attualmente rappresentare<br />

l’approccio più completo e razionale al paziente affetto<br />

da BPCO ventilatore dipendente; l’impiego<br />

della sola CPAP costituisce una possibile alternativa<br />

competitiva in termini di rapporto costi/benefici;<br />

infine la PAV presenta i presupposti teorici (e<br />

sperimentali) per essere considerata la modalità di


ventilazione che garantisce la migliore interazione<br />

tra paziente e ventilatore.<br />

Purtroppo, a tutt’oggi non sono ancora stati dimostrati<br />

vantaggi clinici derivanti dalle peculiarità<br />

di funzionamento di questa metodica di assistenza<br />

ventilatoria rispetto alla consolidata PSV,<br />

pur non dimostrandosi la prima inferiore a quest’ultima<br />

23.<br />

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IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

INTRODUZIONE<br />

La chirurgia dell’enfisema, per un lungo periodo<br />

limitata al trattamento dell’enfisema bolloso, ha<br />

avuto uno sviluppo significativo negli ultimi due<br />

decenni grazie all’introduzione nella pratica clinica<br />

del trapianto polmonare e dell’intervento di riduzione<br />

di volume.L’aspetto più innovativo di questi<br />

interventi riguarda la necessità di un approccio<br />

multidisciplinare che integra il ruolo del chirurgo<br />

con quello dello pneumologo. Questa collaborazione<br />

ha consentito di comprendere in maniera più<br />

approfondita gli aspetti fisiopatologici relativi alla<br />

chirurgia dell’enfisema e di migliorare i risultati terapeutici,<br />

offrendo ai pazienti enfisematosi valide<br />

opzioni terapeutiche in associazione al trattamento<br />

medico e riabilitativo.<br />

CHIRURGIA<br />

DELL’ENFISEMA BOLLOSO<br />

La chirurgia dell’enfisema bolloso ha costituito a<br />

lungo la principale indicazione al trattamento chirurgico<br />

dell’enfisema 1. Nella valutazione delle indicazioni<br />

al trattamento chirurgico dell’enfisema bolloso<br />

e nell’interpretazione dei risultati del trattamento<br />

è essenziale distinguere due quadri estremi,<br />

il primo caratterizzato dalla presenza di una lesione<br />

bollosa isolata con parenchima residuo indenne e il<br />

secondo con lesioni bollose multiple nell’ambito di<br />

un quadro di enfisema diffuso. Nella prima situazione<br />

il paziente è spesso asintomatico e ha una funzione<br />

respiratoria vicina alla normalità. Il secondo<br />

quadro ha rilevanza clinica e ripercussioni terapeutiche<br />

notevolmente differenti ed è spesso associato<br />

a sintomi respiratori che derivano non solo dalla presenza<br />

della lesione bollosa, ma anche dall’enfisema<br />

del restante parenchima polmonare. Com’è facilmente<br />

comprensibile, tra queste situazioni estreme<br />

è possibile riconoscere una serie di quadri intermedi,<br />

caratterizzati da una gravità crescente dell’enfisema<br />

del parenchima polmonare associato alla lesione<br />

bollosa.<br />

Trattamento chirurgico<br />

Piero Zannini, Angelo Carretta<br />

110<br />

Indicazioni<br />

Dal punto di vista delle indicazioni al trattamento<br />

dell’enfisema bolloso è possibile distinguere schematicamente<br />

le indicazioni legate alle complicanze<br />

della lesione bollosa e quelle che derivano dalla sintomatologia<br />

respiratoria causata dalla bolla polmonare.Le<br />

indicazioni secondarie alla presenza di complicanze<br />

della lesione bollosa sono da riferire, nella<br />

maggior parte dei casi, al trattamento dello pneumotorace<br />

dovuto alla rottura della bolla polmonare.Altre<br />

possibili indicazioni sono rappresentate dall’infezione<br />

della bolla in assenza di risposta al trattamento<br />

antibiotico, dall’emottisi, dal dolore toracico<br />

e dallo sviluppo di neoplasie a livello della parete<br />

della bolla. Anche i criteri dimensionali possono<br />

essere considerati nell’indicazione al trattamento<br />

chirurgico delle bolle polmonari. Il rapido incremento<br />

dimensionale della bolla ai controlli radiologici<br />

seriati o la presenza di bolle con diametro superiore<br />

a un terzo dell’emitorace rappresentano di<br />

regola un’indicazione al trattamento chirurgico per<br />

l’elevata incidenza di complicanze a cui possono potenzialmente<br />

associarsi in assenza di trattamento.<br />

La valutazione diagnostica dei pazienti candidati al<br />

trattamento delle lesioni bollose si basa in primo<br />

luogo sulla TC del torace, sulle prove di funzionalità<br />

respiratoria e sulla valutazione emogasanalitica,<br />

che consentono di valutare le caratteristiche morfologiche<br />

e dimensionali della bolla, nonché le caratteristiche<br />

del parenchima polmonare residuo e<br />

l’entità del deficit <strong>respiratorio</strong>. Altri esami di grande<br />

utilità nella valutazione dell’indicazione al trattamento<br />

sono la scintigrafia polmonare, l’ecocardiografia<br />

nel caso si sospetti la presenza di ipertensione<br />

polmonare e la broncoscopia per escludere<br />

lesioni endoluminali. Nei pazienti con significativo<br />

deficit funzionale la valutazione viene di regola<br />

integrata con la valutazione della tolleranza allo<br />

sforzo, della dispnea e della qualità della vita.<br />

L’approccio chirurgico alle lesioni bollose polmonari<br />

è stato rivoluzionato negli ultimi anni dall’introduzione<br />

della videotoracoscopia, che rappresenta<br />

attualmente l’approccio chirurgico di scelta. Le<br />

vie di accesso a cielo aperto, tra cui le più utilizza-


te sono la toracotomia laterale e quella anteriore,<br />

vengono di regola riservate a situazioni particolari<br />

come la presenza di bolle di grosse dimensioni o<br />

di aderenze pleuriche diffuse. La tecnica chirurgia<br />

più utilizzata prevede l’exeresi della bolla effettuata<br />

suturando e sezionando il parenchima alla base<br />

della bolla con suturatrici meccaniche, eventualmente<br />

rivestite di pericardio bovino o materiali sintetici,<br />

che hanno lo scopo di rinforzare la linea di<br />

sutura e ridurre l’incidenza di perdite aeree dalla<br />

linea di sutura. Un’altra tecnica prevede l’incisione<br />

della bolla, la sua eversione e la sutura alla base della<br />

bolla, che viene in tal modo a essere rinforzata<br />

dalla parete della lesione bollosa. Altre tecniche di<br />

bullectomia meno utilizzate prevedono l’impiego<br />

di legature alla base delle bolle e l’uso del laser, ma<br />

sono meno utilizzate per la maggiore incidenza di<br />

pneumotorace a cui sono associate. Un’altra tecnica,<br />

che può trovare indicazione in pazienti selezionati<br />

non candidabili al trattamento chirurgico, prevede<br />

il posizionamento di un drenaggio nella cavità<br />

della bolla, seguendo un principio simile a<br />

quello messo a punto da Monaldi per il trattamento<br />

della cavità tubercolari.<br />

Risultati degli interventi<br />

per enfisema bolloso<br />

Dal punto di vista fisiopatologico gli interventi di<br />

bullectomia hanno come obiettivo la riespansione<br />

del parenchima compresso dalla lesione bollosa a<br />

cui fa seguito un miglioramento del ritorno elastico<br />

polmonare, dei valori di VEMS e capacità vitale,<br />

un miglioramento del rapporto tra ventilazione<br />

e perfusione e, nel caso di lesioni particolarmente<br />

voluminose, un miglioramento della meccanica respiratoria.<br />

L’analisi dei risultati del trattamento chirurgico delle<br />

bolle polmonari ha portato a identificare alcuni<br />

fattori prognostici che condizionano il rischio di<br />

morbilità e mortalità perioperatoria e i risultati funzionali<br />

dell’intervento. Fattori prognostici negativi<br />

sono la presenza di lesioni bollose multiple di piccole<br />

dimensioni rispetto a una singola lesione di<br />

grosse dimensioni, la presenza di un enfisema diffuso,<br />

l’assenza di una compressione significativa del<br />

parenchima circostante, un VEMS inferiore al 35%<br />

del valore teorico predetto, l’ipossiemia, le condizioni<br />

nutrizionali compromesse e la presenza di una<br />

prevalente componente bronchitica.<br />

111<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

I risultati del trattamento chirurgico dell’enfisema<br />

bolloso sono strettamente legati alla selezione dei pazienti<br />

candidati all’intervento. Risultati notevolmente<br />

differenti sia in termini di miglioramento funzionale<br />

<strong>respiratorio</strong> sia di morbilità e mortalità perioperatorie<br />

possono infatti essere osservati tra situazioni<br />

più favorevoli, quale la presenza di un’unica lesione<br />

bollosa di grandi dimensioni con evidenza radiologica<br />

di una compressione del parenchima polmonare<br />

circostante, e situazioni meno favorevoli, come<br />

la presenza di lesioni bollose associate a un enfisema<br />

diffuso. Questi dati giustificano l’estrema eterogeneità<br />

dei risultati funzionali e della mortalità postoperatoria,<br />

che nei dati riportati in letteratura varia<br />

dallo 0 a oltre il 10%. Un’adeguata selezione dei<br />

candidati all’intervento, una condotta intraoperatoria<br />

chirurgica e anestesiologica adeguata e l’ottimizzazione<br />

del trattamento fisioterapico e analgesico postoperatorio<br />

consentono di osservare, nella maggior<br />

parte dei pazienti operati, risultati soddisfacenti in<br />

termini di miglioramento della dispnea e della tolleranza<br />

allo sforzo oltre che dei parametri di funzionalità<br />

respiratoria. Spesso è tuttavia possibile osservare<br />

un progressivo peggioramento di questi risultati<br />

con il passare degli anni e con il progredire dell’enfisema.<br />

Questo rende difficile la previsione dei risultati<br />

a lungo termine, in particolar modo nei pazienti<br />

con enfisema diffuso, che hanno peggioramento<br />

più rapido del quadro funzionale <strong>respiratorio</strong>.<br />

CHIRURGIA DI RIDUZIONE<br />

DEL VOLUME POLMONARE<br />

I risultati del trattamento medico e riabilitativo dei<br />

pazienti con enfisema di grado avanzato sono spesso<br />

insoddisfacenti. Nei pazienti affetti da enfisema<br />

diffuso con grave limitazione funzionale e da significativa<br />

compromissione della qualità della vita,<br />

le opzioni terapeutiche alternative erano rappresentate,<br />

fino agli anni ’90, esclusivamente dal trapianto<br />

polmonare. L’introduzione, nel 1995, della<br />

chirurgia di riduzione del volume polmonare<br />

(LVRS) da parte del chirurgo americano JD Cooper<br />

ha consentito di ampliare le opzioni terapeutiche<br />

in questo gruppo di pazienti <strong>2.</strong> La LVRS fu in<br />

realtà ideata per la prima volta nel 1957 da Brantigan<br />

e Mueller 3. Questi autori descrissero come<br />

l’exresi chirurgica di aree enfisematose fosse associata<br />

a un miglioramento della dispnea in oltre due<br />

terzi dei pazienti enfisematosi operati. L’assenza di


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

parametri oggettivi che dimostrassero la reale efficacia<br />

dell’intervento e una mortalità perioperatoria<br />

rilevante portarono presto ad abbandonare questo<br />

intervento fino alla sua riscoperta negli anni ’90.<br />

L’esperienza maturata dallo stesso JD Cooper nel<br />

campo del trapianto polmonare nei pazienti affetti<br />

da enfisema di grado avanzato gli consentì infatti<br />

di riproporre con successo la LVRS.<br />

Il principio su cui si basa la LVRS è di asportare<br />

chirurgicamente le aree di parenchima polmonare<br />

maggiormente enfisematose, identificate sulla base<br />

degli accertamenti strumentali preoperatori e sulla<br />

base dei riscontri intraoperatori. Grazie alla rimozione<br />

delle aree a maggiore componente di enfisema,<br />

è possibile osservare dopo la LVRS un miglioramento<br />

funzionale a carico del parenchima residuo,<br />

associato prevalentemente a un miglioramento<br />

del ritorno elastico polmonare e a una riduzione<br />

delle resistenze espiratorie 4.A questi elementi<br />

si associa un miglioramento della meccanica<br />

respiratoria, grazie a un progressivo ridimensionamento<br />

della gabbia toracica fino a una situazione<br />

più simile a quella fisiologica. Questo consente<br />

di ottenere una migliore efficacia della muscolatura<br />

respiratoria e in particolare del diaframma.Tutti<br />

questi elementi si riflettono sul miglioramento dei<br />

parametri di funzionalità respiratoria che è possibile<br />

in media osservare dopo l’intervento di LVRS<br />

e, aspetto di grande importanza clinica,sulla dispnea<br />

e sulla qualità della vita del paziente operato.<br />

Dopo un periodo iniziale di grande entusiasmo che<br />

ha fatto seguito alla reintroduzione della LVRS nella<br />

pratica clinica negli anni ’90, con la pubblicazione<br />

di numerosi ed entusiastici articoli scientifici sui<br />

risultati della LVRS, è stato possibile osservare negli<br />

anni seguenti un progressivo ridimensionamento<br />

del ruolo della LVRS. L’assenza di un’adeguata<br />

selezione e la sottovalutazione da parte di alcuni<br />

centri del reale rischio operatorio nei pazienti operati,<br />

che hanno una funzione respiratoria estremamente<br />

compromessa, hanno portato in alcuni casi<br />

a risultati funzionali assai insoddisfacenti e a mortalità<br />

perioperatorie eccessivamente elevate. Questi<br />

aspetti hanno reso indispensabile una valutazione<br />

oggettiva dei risultati della LVRS nei confronti dei<br />

trattamenti di riferimento, rappresentati dalla terapia<br />

medica e riabilitativa. Con questo obiettivo, e<br />

allo scopo di selezionare i centri che effettuano l’intervento<br />

di LVRS, gli enti sanitari nordamericani<br />

hanno sviluppato un protocollo di studio randomizzato<br />

per la chirurgia dell’enfisema (National<br />

Emphysema Treatment Trial, NETT), attualmente<br />

112<br />

in corso, che nei prossimi anni dovrebbe consentire<br />

di valutare in maniera definitiva il ruolo della<br />

LVRS nel trattamento dell’enfisema avanzato 5.<br />

Selezione dei candidati<br />

L’esperienza maturata nel corso degli anni a partire<br />

dalla reintroduzione della LVRS nella pratica clinica<br />

ha portato ad affinare i criteri di selezione per<br />

questo intervento. Una selezione accurata dei candidati<br />

all’intervento di LVRS è un elemento essenziale<br />

per poter ottenere risultati funzionali soddisfacenti<br />

e limitare la morbilità e la mortalità postoperatorie.<br />

Come l’esperienza iniziale ha purtroppo<br />

dimostrato, l’assenza di adeguati criteri di selezione<br />

è associata a una mortalità eccessiva,tale da non giustificare<br />

l’esecuzione dell’intervento di LVRS se<br />

non in pazienti estremamente selezionati. Grazie a<br />

una selezione accurata dei candidati, la LVRS può,<br />

d’altra parte, essere attualmente considerata una valida<br />

opzione per il trattamento dell’enfisema polmonare<br />

in fase avanzata. Nella maggior parte dei<br />

centri che effettuano l’intervento di LVRS solo circa<br />

il 20% dei possibili candidati viene sottoposto all’intervento<br />

chirurgico. Il candidato ideale all’intervento<br />

chirurgico di LVRS deve presentare un enfisema<br />

diffuso di grado avanzato distribuito in maniera<br />

eterogenea, con aree maggiormente enfisematose<br />

associate ad aree in cui la struttura parenchimale<br />

è relativamente più conservata. Alla presenza<br />

di un deficit <strong>respiratorio</strong> severo di tipo ostruttivo<br />

(VEMS tra il 20% e il 35% del valore teorico<br />

predetto), non reversibile dopo l’assunzione di<br />

broncodilatatori, devono essere associati segni funzionali<br />

e radiologici di iperinsufflazione polmonare<br />

(CPT >120% e VR >180% dei valori predetti).<br />

È inoltre fondamentale che il paziente presenti una<br />

grave limitazione della propria qualità della vita nonostante<br />

un trattamento medico e riabilitativo massimale.<br />

Uno dei risultati principali della LVRS, in<br />

maniera spesso più evidente di quanto dimostrato<br />

dai semplici dati strumentali, riguarda infatti il miglioramento<br />

della qualità della vita dei pazienti operati.<br />

Le principali controindicazioni all’intervento<br />

chirurgico riguardano la presenza di valori eccessivi<br />

di ipercapnia (PaCO 2 >50 mmHg) o delle pressioni<br />

polmonari (PA polmonare sistolica >45<br />

mmHg o media >35 mmHg), l’età avanzata (>75<br />

anni), la presenza di condizioni generali eccessivamente<br />

scadute o l’obesità (tabella 6.4). Questi criteri<br />

standard di selezione sono stati modificati in


Tabella 6.4 Criteri di selezione per l’intervento di riduzione<br />

del volume polmonare (LVRS)<br />

Indicazioni<br />

Grave limitazione della qualità della vita<br />

Terapia medica massimale inefficace<br />

Enfisema diffuso ma non omogeneo<br />

Ossigenoterapia a lungo termine a riposo o sotto sforzo<br />

VEMS dopo broncodilatatori > 20% e < 35% del teorico<br />

predetto<br />

CPT > 120%<br />

VR > 180%<br />

Capacità di diffusione polmonare (DL CO) > 20% del teorico<br />

predetto<br />

Appiattimento o inversione degli emidiaframmi con<br />

ipomobilità degli stessi<br />

Controindicazioni<br />

Ipercapnia (PaCO 2 > 50 mmHg)<br />

Ipertensione polmonare (pressione polmonare sistolica > 45<br />

mmHg o media > 35 mmHg)<br />

Età > 75 anni<br />

Cardiopatia scompensata con frazione di eiezione del<br />

ventricolo di sinistra < 45%<br />

Marcata alterazione dello stato nutrizionale (BMI > 32<br />

o 15 mg/die)<br />

Distanza percorsa < 140 m al test dei 6 minuti di cammino<br />

dopo la riabilitazione<br />

parte da alcuni centri, o nell’ambito di protocolli<br />

di studio come il NETT che prevede per esempio<br />

l’inclusione di pazienti con un FEV 1 fino al 45%<br />

del predetto o con un valore di PaCO 2 fino a 55<br />

mmHg. È inoltre possibile riscontrare in letteratura<br />

episodiche descrizioni di risultati favorevoli anche<br />

in pazienti in condizioni più sfavorevoli, come<br />

quelli con necessità di ventilazione assistita o con<br />

parametri funzionali significativamente più compromessi;<br />

questi risultati non appaiono tuttavia ripetibili<br />

nell’ambito di casistiche più numerose. In<br />

Italia i criteri di selezione per l’intervento di LVRS<br />

sono stati definiti da un apposito gruppo di lavoro<br />

6.L’analisi dei risultati preliminari dei protocolli<br />

in corso ha inoltre portato a escludere dal trattamento<br />

chirurgico i pazienti con VEMS inferiore a<br />

20% del predetto associata a una DLCO inferiore<br />

al 20% o a enfisema omogeneo 7. Questi limiti di<br />

VEMS e DLCO, peraltro, coincidono esattamente<br />

con quelli già individuati dal gruppo di lavoro SI-<br />

113<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Tabella 6.5 Esami utilizzati nella valutazione di candidati<br />

a LVRS<br />

TC del torace ad alta risoluzione<br />

Rx torace in massima inspirazione ed espirazione<br />

Scintigrafia polmonare ventilazione/perfusione con<br />

eventuali ricostruzioni 2-D e 3-D<br />

Prove di funzionalità respiratoria con pletismografia<br />

DL CO<br />

Emogasanalisi<br />

Test dei sei minuti di cammino<br />

Questionari sulla dispnea e qualità della vita<br />

Ecocardiografia<br />

Elettrocardiogramma<br />

Esami opzionali<br />

Test da sforzo cardio<strong>respiratorio</strong><br />

RM dinamica<br />

Cateterismo cardiaco<br />

Scintigrafia cardiaca con test alla dobutamina<br />

MeR 6. La selezione preoperatoria si basa su un approccio<br />

multidisciplinare e sull’esecuzione di un numero<br />

rilevante di accertamenti funzionali e radiologici,<br />

elencati nella tabella 6.5.<br />

LVRS e riabilitazione<br />

La riabilitazione rappresenta il trattamento di riferimento<br />

con cui la LVRS deve essere confrontata<br />

in termini di efficacia terapeutica. In uno studio recente<br />

Criner et al. hanno confrontato nell’ambito<br />

di uno studio prospettico e randomizzato il trattamento<br />

medico e riabilitativo con il trattamento<br />

combinato medico-riabilitativo e chirurgico, rappresentato<br />

dalla LVRS. Questi autori hanno riscontrato<br />

un significativo incremento dei valori di<br />

VEMS e una riduzione dei valori di CPT e VR<br />

nei pazienti sottoposti a LVRS bilaterale a tre mesi<br />

dall’intervento nei confronti dei pazienti sottoposti<br />

al solo trattamento medico-riabilitativo. È stato<br />

inoltre riscontrato un incremento dei valori del<br />

test dei sei minuti di cammino e del consumo massimo<br />

di ossigeno. Nei pazienti sottoposti a riabilitazione<br />

successivamente a intervento di LVRS, il<br />

questionario sulla qualità della vita evidenziava un<br />

miglioramento significativo dopo il periodo di riabilitazione,<br />

che cresceva ulteriormente dopo l’intervento.Tuttavia,<br />

questi dati devono essere analizzati<br />

anche alla luce della mortalità associata all’intervento,<br />

che in questo studio raggiungeva il 9,4% 8.<br />

In un ulteriore protocollo di studio, Geddes et al.<br />

hanno confrontato nell’ambito di uno studio ran-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

domizzato un gruppo di pazienti con enfisema diffuso<br />

di grado avanzato sottoposti a trattamento riabilitativo<br />

con un gruppo di pazienti con analoghe<br />

caratteristiche sottoposti a LVRS. Questi autori<br />

hanno riscontrato, a 6 mesi dall’inizio dello studio,<br />

una riduzione media del VEMS di 80 ml nei pazienti<br />

sottoposti a trattamento riabilitativo e un incremento<br />

medio di 70 ml nel gruppo di pazienti<br />

sottoposto a intervento di LVRS bilaterale. Il test<br />

dei sei minuti di cammino variava in maniera analoga<br />

nei due gruppi. La mortalità nei due gruppi è<br />

stata del 17% nel gruppo chirurgico e del 12% nel<br />

gruppo sottoposto a trattamento riabilitativo. I valori<br />

elevati di mortalità hanno portato questi autori<br />

a riconsiderare i criteri di inclusione nel protocollo<br />

e a escludere i pazienti con DLCO inferiore<br />

al 30% del valore teorico predetto e con una distanza<br />

percorsa allo “shuttle” test di meno di 150<br />

m. L’introduzione di questi nuovi criteri di selezione<br />

ha portato la mortalità al 6% 9.<br />

Questi studi randomizzati, anche se eseguiti su<br />

gruppi numericamente limitati di pazienti, dimostrano<br />

come il miglioramento dei parametri funzionali,<br />

della tolleranza all’esercizio e della qualità<br />

della vita ottenuti con la LVRS siano da considerarsi<br />

indipendenti dal trattamento riabilitativo<br />

eventualmente associato. Il ruolo di entrambi i trattamenti<br />

deve tuttavia essere considerato come complementare,<br />

offrendo la possibilità della LVRS solo<br />

a pazienti estremamente selezionati che possono<br />

beneficiare da questo intervento con morbilità e<br />

mortalità relativamente limitate. Deve inoltre essere<br />

evidenziato come la riabilitazione svolga, per la<br />

maggior parte degli autori, un ruolo importante<br />

nella preparazione e nella selezione dei pazienti all’intervento<br />

chirurgico e un ruolo insostituibile nel<br />

trattamento che segue l’intervento. I dati degli studi<br />

in corso consentiranno verosimilmente di fare<br />

definitivamente chiarezza sul ruolo della LVRS nel<br />

trattamento dell’enfisema polmonare in fase avanzata<br />

e nei confronti del trattamento medico- riabilitativo.<br />

Note di tecnica chirurgica<br />

Lo sviluppo della LVRS è stato caratterizzato nel<br />

corso degli anni da una spiccata variabilità nella<br />

scelta del tipo di approccio chirurgico e della via<br />

di accesso. Dopo una fase iniziale in cui l’approccio<br />

di scelta era quello bilaterale per via sternotomica<br />

mediana, è stato possibile osservare l’impie-<br />

114<br />

go di altre vie di accesso, sia a cielo aperto sia per<br />

via videotoracoscopica (VATS) 10.Tra le vie di accesso<br />

a cielo aperto, la sternotomia mediana è stata<br />

per lungo tempo quella più utilizzata, sia per la<br />

possibilità di eseguire contemporaneamente l’intervento<br />

di LVRS a livello di entrambi i polmoni<br />

sia per l’esposizione chirurgica ottimale dei lobi<br />

polmonari superori, sede più frequente della resezione,<br />

che questa via di accesso consente di ottenere.<br />

I limiti di questa via di accesso sono d’altra<br />

parte rappresentati da una minore visibilità dei lobi<br />

inferiori e dalle possibili difficoltà tecniche in<br />

presenza di aderenze pleuriche in sede basale e posteriore.Tra<br />

le altre vie di accesso utilizzate, la toracotomia<br />

anteriore bilaterale con sternotomia trasversale<br />

(“clam shell incision”), utilizzata prevalentemente<br />

nel campo del trapianto polmonare, permette<br />

sicuramente di avere un’esposizione notevole<br />

di entrambi i polmoni, a scapito di un’invasività<br />

elevata che si associa a una maggiore limitazione<br />

funzionale nell’immediato periodo postoperatorio.<br />

La toracotomia anteriore, sia mono sia bilaterale,<br />

rappresenta una valida alternativa alle vie<br />

di accesso a cielo aperto precedentemente descritte,<br />

coniugando un’adeguata esposizione chirurgica<br />

con un’invasività relativamente limitata. Altri tipi<br />

di toracotomia, come la toracotomia laterale, possono<br />

trovare indicazione soprattutto in presenza di<br />

patologie associate all’enfisema, quali carcinoma<br />

broncogeno.<br />

La videotoracoscopia (VATS) è la via di accesso che<br />

ha avuto il maggiore sviluppo con il progressivo<br />

sviluppo della LVRS e con l’aumento dell’esperienza<br />

dei centri che effettuano questo intervento,<br />

tanto che molti autori la considerano la via di accesso<br />

di prima scelta. Un’inchiesta condotta presso<br />

i centri europei che effettuano l’intervento di<br />

LVRS ha tuttavia evidenziato come l’atteggiamento<br />

più frequente sia improntato a una flessibilità<br />

nella scelta della via di accesso, che viene selezionata<br />

a seconda della sede prevalente dell’enfisema<br />

e a seconda delle caratteristiche cliniche del singolo<br />

paziente 11.<br />

Quale che sia la via di accesso utilizzata, la tecnica<br />

dell’intervento di LVRS è sostanzialmente sovrapponibile,<br />

e consiste nell’exeresi delle aree parenchimali<br />

in cui l’enfisema è più marcato, identificate<br />

sulla base della TC e della scintigrafia polmonare<br />

preoperatorie e sulla base del quadro intraoperatorio.<br />

Queste aree sono idealmente non perfuse alla<br />

scintigrafia e l’entità della resezione è in media di<br />

circa il 20-30% del volume polmonare. La resezio-


ne del parenchima enfisematoso viene seguita utilizzando<br />

suturatrici meccaniche lineari, eventualmente<br />

rinforzate con materiali quali pericardio-bovino<br />

e PTFE allo scopo di ridurre l’incidenza di<br />

perdite aeree dalla linea di sutura, che viene effettuata<br />

su di un parenchima estremamente fragile (figura<br />

6.1).Altre tecniche di resezione, come il laser,<br />

sono state abbandonate per l’elevata incidenza di<br />

complicanze, tra cui perdite aeree parenchimali e<br />

pneumotorace tardivo, a cui erano associate.<br />

Indipendentemente dalla via di accesso utilizzata,<br />

l’approccio bilaterale sembra offrire risultati a breve<br />

termine più favorevoli, sia in termini di parametri di<br />

funzionalità respiratoria sia di più marcato miglioramento<br />

degli indici di dispnea. La maggior parte dei<br />

centri considera l’approccio bilaterale come quello<br />

di scelta, tranne che nei pazienti con marcata asimmetria<br />

dell’enfisema tra i due polmoni e in presenza<br />

di fattori che impediscono l’accesso bilaterale come<br />

la presenza di esiti chirurgici o di aderenze a livello<br />

di uno degli emitoraci.Tuttavia, il progressivo<br />

declino della funzione respiratoria che avviene ad alcuni<br />

anni di distanza dall’intervento di LVRS ha portato<br />

a considerare la possibilità di effettuare l’intervento<br />

bilaterale in maniera stadiata, effettuando in<br />

un primo momento l’intervento a livello dell’emitorace<br />

più compromesso funzionalmente e, succes-<br />

115<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Figura 6.1<br />

Vedi testo.<br />

sivamente, a livello dell’emitorace controlaterale.<br />

Questo tipo di approccio permetterebbe di prolungare<br />

nel tempo i benefici ottenuti con l’intervento.<br />

Risultati<br />

I dati ottenuti nei primi anni dall’introduzione della<br />

LVRS nella pratica clinica hanno portato a considerare<br />

in maniera entusiastica le possibilità terapeutiche<br />

di questo intervento. I primi dati pubblicati<br />

in letteratura raccolti in centri ultraspecializzati<br />

dimostravano in effetti un significativo miglioramento<br />

dei parametri funzionali e della qualità della<br />

vita nei pazienti sottoposti a LVRS, a fronte di<br />

una mortalità postoperatoria nulla. Un’eccessiva<br />

pubblicizzazione dell’intervento chirurgico di<br />

LVRS anche da parte della stampa non medica ha<br />

portato in seguito a sottovalutare i reali rischi dell’intervento<br />

chirurgico, che ha come obiettivo il<br />

trattamento di pazienti estremamente compromessi<br />

dal punto di vista della funzionalità respiratoria<br />

e delle condizioni fisiche generali. L’analisi dei dati<br />

ottenuti dal sistema di rimborso assicurativo nordamericano<br />

(Medicare) hanno successivamente dimostrato<br />

come, in assenza di un’adeguata selezione<br />

dei candidati e di un’adeguata preparazione spe-


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

cifica dei centri che effettuano questo intervento,<br />

i risultati fossero in realtà estremamente meno soddisfacenti.<br />

Questi elementi hanno portato, in una<br />

fase successiva, alla temporanea sospensione dei<br />

rimborsi assicurativi per l’intervento di LVRS e alla<br />

costituzione di un gruppo di ricerca che sta attualmente<br />

conducendo uno studio multicentrico<br />

randomizzato per definire il ruolo della LVRS nei<br />

confronti del trattamento medico-riabilitativo.<br />

L’esperienza maturata nel corso degli anni ha consentito<br />

di analizzare in maniera più corretta i risultati<br />

della LVRS. Dall’analisi dei dati presenti in letteratura<br />

è possibile evidenziare come la LVRS sia associata<br />

a un incremento medio del VEMS che varia<br />

dal 20 all’80%, a una significativa riduzione della<br />

CPT e del VR,nonché a un evidente miglioramento<br />

della tolleranza allo sforzo, della dispnea e della qualità<br />

della vita dei pazienti operati. È evidente come<br />

questi dati favorevoli siano ottenibili solo in pazienti<br />

selezionati. L’utilizzazione di un approccio multidisciplinare<br />

che integri,sia nella selezione sia nel trattamento,<br />

il lavoro dello pneumologo, del riabilitatore,<br />

del chirurgo e dell’anestesista è fondamentale per<br />

la riuscita del programma di LVRS 1<strong>2.</strong><br />

I dati presenti in letteratura evidenziano una mortalità<br />

postoperatoria che varia dal 2,5 % al 10%, che<br />

riflette l’eterogeneità nella selezione dei pazienti.<br />

Presso la maggior parte dei centri che effettuano<br />

correntemente l’intervento di LVRS, la mortalità<br />

dell’intervento è di circa il 5%. Le complicanze postoperatorie<br />

più frequenti sono da riferire in particolare<br />

alle perdite aeree prolungate, alle infezioni<br />

broncopolmonari,alla necessità di ventilazione meccanica<br />

prolungata e alle complicanze cardiovascolari.L’analisi<br />

dei dati ottenuti con il passare degli anni<br />

ha permesso di evidenziare come gli interventi<br />

nei pazienti con un’eccessiva compromissione funzionale<br />

fossero associati a un’eccessiva incidenza di<br />

complicanze e e una mortalità postoperatoria elevata.<br />

Questo ha portato a modificare i criteri di selezione<br />

e a escludere dall’intervento di LVRS quei<br />

pazienti che hanno un’ipercapnia elevata (PaCO 2<br />

>50 mmHg), pressioni polmonari elevate (pressione<br />

polmonare sistolica >45 mmHg) o che siano eccessivamente<br />

defedati. La maggior parte dei centri<br />

esclude inoltre dall’intervento quei pazienti che al<br />

termine della riabilitazione non siano in grado di<br />

percorrere per lo meno 140 m al test dei sei minuti<br />

del cammino. Come accennato in precedenza, l’analisi<br />

dei primi dati ottenuti nell’ambito del protocollo<br />

NETT ha evidenziato come i pazienti che avevano<br />

un VEMS inferiore al 20% del valore teorico<br />

116<br />

predetto associato a una distribuzione omogenea<br />

dell’enfisema alla TC o a un valore di DL CO inferiore<br />

al 20% del valore teorico predetto avevano una<br />

mortalità a 30 giorni dall’intervento del 16% e traevano<br />

un beneficio funzionale limitato dall’intervento<br />

di LVRS. Questi dati hanno portato successivamente<br />

a escludere dalle indicazioni della LVRS<br />

i pazienti con queste caratteristiche funzionali.<br />

I risultati in alcuni gruppi di pazienti, e in particolare<br />

in quelli con enfisema omogeneo e quelli<br />

con enfisema da deficit di α 1-antitripsina sono discordanti.<br />

Se alcuni centri sottopongono regolarmente<br />

questi pazienti a intervento di LVRS, altri<br />

considerano la presenza di questi elementi una controindicazione<br />

all’intervento di LVRS. I dati riportati<br />

in letteratura evidenziano come i risultati nei<br />

pazienti con enfisema omogeneo e in quelli con<br />

deficit di a 1-antitripsina siano meno favorevoli nei<br />

confronti degli altri pazienti, e come per quanto si<br />

riferisce all’ultimo gruppo di pazienti, con deficit<br />

di a 1-antitripsina, la durata del beneficio funzionale<br />

associata all’intervento sia di breve durata.<br />

Tra i risultati ottenuti grazie alla LVRS non devono<br />

inoltre essere dimenticati i benefici che questo<br />

intervento ha portato nel trattamento delle patologie<br />

associate all’enfisema. La presenza di fattori di<br />

rischio comuni come il fumo di sigaretta è causa<br />

di una frequente associazione tra carcinoma broncogeno,<br />

patologie cardiovascolari ed enfisema polmonare<br />

13. La grave limitazione funzionale associata<br />

all’enfisema portava i pazienti affetti da queste<br />

patologie a essere esclusi dal trattamento chirurgico.<br />

L’exeresi di parenchima enfisematoso ottenuto<br />

con la LVRS può consentire di migliorare, in pazienti<br />

selezionati, la funzione respiratoria postoperatoria<br />

a un punto tale da consentire di effettuare<br />

nell’ambito dello stesso intervento il trattamento<br />

delle patologie associate.<br />

TRAPIANTO POLMONARE<br />

Il trapianto polmonare è un’opzione terapeutica<br />

correntemente utilizzata nel trattamento della BP-<br />

CO in fase avanzata con una significativa compromissione<br />

della funzione respiratoria e della qualità<br />

della vita. Fino all’avvento della LVRS, il trapianto<br />

polmonare costituiva l’unica opzione chirurgica per<br />

il trattamento della BPCO in fase avanzata 14. Dal<br />

1986, anno in cui venne effettuato il primo trapianto<br />

per BPCO coronato da successo, questa patologia<br />

è divenuta l’indicazione più frequente al


trapianto polmonare. Lo sviluppo dei farmaci immunosoppressivi<br />

e la crescita dell’esperienza clinica<br />

nel campo del trapianto polmonare hanno infatti<br />

portato a un incremento progressivo del numero<br />

complessivo dei trapianti di polmone in tutto<br />

il mondo e, in particolare, di quelli eseguiti per<br />

il trattamento della BPCO. Questa tendenza a un<br />

progressivo incremento del numero di trapianti si<br />

è tuttavia arrestata negli ultimi anni per la scarsa disponibilità<br />

di organi da trapiantare. Questo limite<br />

alla diffusione del trapianto polmonare viene attualmente<br />

affrontato con strategie che hanno come<br />

obiettivo, da un lato, la sensibilizzazione della<br />

popolazione e dei medici alla donazione d’organo<br />

e, dall’altro, lo sviluppo di approcci alternativi volti<br />

a incrementare il numero di organi disponibili<br />

come il trapianto lobare da donatore vivente, l’espianto<br />

polmonare da cadavere a cuore non battente<br />

e lo xenotrapianto. Il successo di questi nuovi<br />

approcci potrebbe dare nei prossimi anni nuovo<br />

slancio al trapianto polmonare, che oltre che nel<br />

trattamento della BPCO svolge un ruolo insostituibile<br />

anche nella cura di numerose altre patologie<br />

polmonari in fase avanzata.<br />

All’inizio dello sviluppo del trapianto polmonare per<br />

il trattamento della BPCO esistevano numerosi dubbi<br />

su quale tipo di trapianto, singolo o doppio, fosse<br />

più idoneo per il trattamento di questa patologia.<br />

Le caratteristiche fisiopatologiche del polmone enfisematoso<br />

facevano infatti ipotizzare come solo il<br />

trapianto di polmone doppio potesse consentire<br />

un’adeguata funzione postoperatoria. I limiti previsti<br />

nel caso di un trapianto polmonare singolo erano<br />

la possibilità di una ventilazione preferenziale del<br />

polmone nativo,caratterizzato da una maggiore compliance,e<br />

una perfusione prevalente del polmone trapiantato,<br />

sede di minori resistenze vascolari, aspetti<br />

che potevano teoricamente compromettere la riuscita<br />

dell’intervento. L’esperienza pratica ha in realtà<br />

fugato queste ipotesi allarmistiche e ha dimostrato<br />

come, grazie a una corretta condotta intra e postoperatoria,<br />

i risultati del trapianto polmonare singolo<br />

per BPCO si siano rivelati soddisfacenti,tanto che<br />

questa patologia rappresenta attualmente l’indicazione<br />

più frequente del trapianto polmonare singolo.<br />

Il trapianto polmonare doppio viene infatti attualmente<br />

riservato ai pazienti in giovane età per<br />

massimizzare il risultato funzionale ottenuto con<br />

l’intervento e nei pazienti con ipertensione polmonare<br />

di grado medio-severo associata all’enfisema.<br />

Le indicazioni al trapianto polmonare per BPCO sono<br />

rivolte a pazienti con malattia in fase avanzata con<br />

117<br />

6. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO DELLA BPCO<br />

Tabella 6.6 Principali criteri di selezione per il trapianto polmonare<br />

per BPCO<br />

Indicazioni<br />

VEMS dopo broncodilatatori < 25% del valore teorico<br />

predetto<br />

Ipossiemia a riposo: PaO 2 < 55-60 mmHg<br />

Ipercapnia: PaCO 2 > 55 mmHg<br />

Cuore polmonare<br />

Classe NYHA III<br />

Marcata limitazione della qualità della vita<br />

Terapia medica massimale inefficace<br />

Rapido declino della funzione respiratoria<br />

Aspettativa di vita limitata (< 2 anni)<br />

Età < 65 anni per il trapianto polmonare singolo<br />

Età < 60 anni per il trapianto polmonare doppio<br />

Controindicazioni<br />

Grave patologia d’organo extrapolmonare<br />

Neoplasia (con l’eccezione del carcinoma basocellulare e<br />

squamocellulare della cute)<br />

Infezioni extrapolmonari attive (HIV, epatite B e C con<br />

evidenza di epatopatia)<br />

Coronaropatia significativa e compromissione funzionale<br />

del ventricolo di sinistra<br />

Fumo nei sei mesi precedenti<br />

Grave malnutrizione<br />

Condizioni generali eccessivamente compromesse<br />

Gravi problemi psicosociali<br />

Controindicazioni relative<br />

Uso di prednisone > 20 mg/die<br />

Ventilazione meccanica<br />

Aderenze pleuriche diffuse<br />

Colonizzazione delle vie respiratorie con microrganismi<br />

panresistenti<br />

una significativa compromissione della qualità della<br />

vita nonostante una terapia medica massimale, con<br />

un rapido declino della funzione respiratoria e con<br />

un’aspettativa di vita significativamente ridotta (tabella<br />

6.6) 15. La valutazione dell’aspettativa di vita nei<br />

pazienti con BPCO è in realtà particolarmente complessa<br />

per la difficoltà di prevedere in maniera precisa<br />

l’evoluzione clinica della patologia, e l’indicazione<br />

al trapianto deve essere considerata accuratamente<br />

anche alla luce dei dati di sopravvivenza dopo<br />

trapianto polmonare, che in pazienti non accuratamente<br />

selezionati non si discostano in maniera rilevante<br />

da quelli della storia naturale della malattia.<br />

Trattamento postoperatorio<br />

Le differenze fisiopatologiche tra polmone nativo<br />

e polmone trapiantato, caratterizzate da una maggiore<br />

compliance del polmone nativo enfisematoso e


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 5<br />

da resistenze vascolari relativamente ridotte del polmone<br />

trapiantato, possono condizionare dopo un<br />

trapianto polmonare singolo un’eccessiva iperespansione<br />

del polmone nativo e un’alterazione del<br />

rapporto ventilazione-perfusione dei due polmoni.<br />

L’utilizzazione, nel periodo postoperatorio, di ridotte<br />

pressioni di fine espirazione (PEEP), l’impiego<br />

di decubiti preferenziali che favoriscono le<br />

escursioni respiratorie del polmone trapiantato e<br />

l’uso di farmaci broncodilatatori e diuretici consentono<br />

di ovviare nella pratica clinica a questi limiti<br />

funzionali.In casi estremi,l’utilizzazione di una<br />

ventilazione selettiva differenziata tra i due polmoni<br />

può consentire di superare con successo la fase<br />

perioperatoria.<br />

Il trattamento immunosoppressivo standard dopo il<br />

trapianto polmonare prevede l’utilizzazione di uno<br />

schema terapeutico composto da tre farmaci, rappresentati<br />

dalla ciclosporina o FK506, dall’azatioprina<br />

o micofenolato e da steroidi, eventualmente<br />

associata a immunoglobuline antitimocitiche o antilinfocitiche<br />

nella prima settimana dopo il trapianto.<br />

Il trattamento antibiotico postoperatorio viene<br />

effettuato sulla base degli accertamenti colturali eseguiti<br />

prima e dopo il trapianto, associato in alcuni<br />

protocolli a trattamento antimicotico e antivirale di<br />

profilassi. Le complicanze postoperatorie più frequenti<br />

sono associate ad aspetti tecnici legati alle<br />

anastomosi bronchiali e vascolari, allo sviluppo di<br />

infezioni, a episodi di rigetto acuto o cronico e agli<br />

effetti collaterali della terapia immunosoppressiva.<br />

Risultati del trapianto polmonare<br />

Il trapianto polmonare per BPCO è in media associato<br />

a un miglioramento della funzione polmonare,<br />

della capacità di esercizio fisico e della qualità<br />

della vita, con un incremento postoperatorio<br />

del VEMS che varia dal 16 al 60% del valore teorico<br />

predetto. Nonostante questo significativo incremento<br />

della funzione respiratoria e della qualità<br />

della vita ottenuta dopo l’intervento, i risultati del<br />

trapianto polmonare per BPCO non sono altrettanto<br />

soddisfacenti per quanto si riferisce alla sopravvivenza<br />

a distanza, che a tre anni dal trapianto<br />

è del 62%, con una mortalità perioperatoria che varia<br />

dal 6 al 10%. La causa principale della ridotta<br />

sopravvivenza a distanza è il rigetto cronico, con lo<br />

sviluppo di bronchiolite obliterante. Lo sviluppo di<br />

nuove strategie terapeutiche che consentano di limitare<br />

l’incidenza del rigetto cronico dell’organo<br />

118<br />

trapiantato è pertanto fondamentale per il futuro<br />

sviluppo del trapianto polmonare.<br />

Associazione tra LVRS<br />

e trapianto polmonare<br />

L’introduzione della LVRS nella pratica clinica ha<br />

offerto un’ulteriore opzione terapeutica nei pazienti<br />

affetti da enfisema polmonare di grado avanzato,<br />

precedentemente candidabili al solo trapianto polmonare.<br />

L’esperienza maturata nel corso degli anni<br />

ha tuttavia consentito di verificare come i favorevoli<br />

risultati funzionali ottenuti a breve termine con<br />

la LVRS vadano incontro a un progressivo declino<br />

nel corso degli anni. Appare quindi evidente come<br />

questo intervento non possa essere considerato come<br />

un’opzione terapeutica a lungo termine, ma come<br />

possa in realtà rivelarsi estremamente utile nell’implementare<br />

l’efficacia terapeutica di altri trattamenti<br />

per la BPCO. Gli attuali limiti di disponibilità<br />

di organi da trapiantare, che portano numerosi<br />

pazienti al decesso mentre ancora si trovano in lista<br />

di attesa per il trapianto polmonare, possono essere<br />

temporaneamente risolti sottoponendo alcuni<br />

dei pazienti a intervento di LVRS, posticipando in<br />

tal modo la necessità del trapianto polmonare e aumentando<br />

così il numero di organi disponibili per<br />

gli altri pazienti candidabili al trapianto. Non devono<br />

inoltre essere dimenticati gli effetti collaterali<br />

della terapia immunosoppressiva necessaria dopo<br />

il trapianto, che vengono ovviamente evitati nei pazienti<br />

sottoposti a LVRS. Nel corso degli ultimi anni<br />

è stato possibile riscontrare un’esperienza crescente<br />

nell’impiego della LVRS come intervento<br />

preliminare al trapianto di polmone. Se i primi dati<br />

riportati in letteratura sottolineavano il rischio di<br />

una maggiore morbilità postoperatoria legata ad<br />

aspetti tecnici dati dalla necessità di reintervenire su<br />

un cavo pleurico già sede di intervento chirurgico,<br />

i dati successivi hanno in effetti dimostrato come<br />

questo approccio combinato con LVRS e trapianto<br />

polmonare possa consentire di posticipare con<br />

successo la necessità del trapianto, offrendo al paziente<br />

buoni risultati in termini funzionali e di qualità<br />

della vita a costo di una morbilità accettabile.<br />

Il ruolo complementare della LVRS rispetto al trapianto<br />

polmonare deve inoltre essere considerato<br />

anche nell’esecuzione sincrona di un intervento di<br />

LVRS controlaterale al trapianto polmonare singolo.<br />

L’associazione dei due interventi ha in questo


caso l’obiettivo di ottenere il massimo risultato funzionale<br />

possibile con un solo intervento o, nel caso<br />

di un’eccessiva iperinsufflazione del polmone<br />

nativo, di limitare gli effetti negativi dovuti all’eccessiva<br />

espansione polmonare.<br />

CONCLUSIONI<br />

Il trattamento chirurgico dell’enfisema può costituire<br />

una valida alternativa terapeutica quando il<br />

trattamento medico e riabilitativo si rivelino inefficaci.<br />

La selezione dei pazienti deve essere estremamente<br />

accurata per poter ottenere risultati funzionali<br />

favorevoli, in particolar modo nel caso dell’enfisema<br />

diffuso,spesso associato a una grave compromissione<br />

della funzione respiratoria a fronte di<br />

una morbilità perioperatoria limitata. L’integrazione<br />

delle differenti opzioni chirurgiche con il trattamento<br />

medico e riabilitativo, con l’approccio<br />

multidisciplinare che ne deriva, è un requisito indispensabile<br />

per poter offrire ai pazienti affetti da<br />

BPCO il miglior trattamento possibile.<br />

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