Progetto Co.Al.Ta. II Sintesi dei risultati - Cra
Progetto Co.Al.Ta. II Sintesi dei risultati - Cra
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<strong>Co</strong>pertina.qxp 25/02/2008 10.06 Pagina 1<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong><br />
<strong>Sintesi</strong> <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
Presentati nell’ambito del <strong>Progetto</strong> Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong><br />
“Divulgazione delle colture alternative al tabacco”<br />
Finanziato dalla <strong>Co</strong>munità Europea<br />
Regolamento CE n. 2182/2002<br />
con vigilanza tecnica del<br />
Ministero delle Politiche Agricole <strong>Al</strong>imemtari e Forestali
Premessa.qxp 18/02/2008 8.20 Pagina 1<br />
Il progetto Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> 2 - Premessa<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 1<br />
Il progetto Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> 2 si inserisce in un ciclo di progetti coordinati dall'ex Istituto Sperimentale del<br />
<strong>Ta</strong>bacco ora Unità di Ricerca per le <strong>Co</strong>lture alternative al <strong>Ta</strong>bacco di Scafati (Sa).<br />
I progetti nascono per affrontare le tematiche derivanti della riforma della PAC (Politica Agricola<br />
<strong>Co</strong>mune) del giugno 2003 e delle problematiche ad essa connesse.<br />
<strong>Co</strong>n la riforma della PAC si è inteso privilegiare il produttore piuttosto che il sostegno al prodotto, trasferendo<br />
la maggior parte del finanziamento disponibile dal sistema corrente al "pagamento unico aziendale".<br />
La riforma permette di trasferire risorse dalle misure di mercato allo sviluppo rurale ed inoltre,<br />
essendo il pagamento unico condizionato al rispetto di norme ambientali, assicura il mantenimento degli<br />
alti standard di prodotto che i consumatori mostrano di desiderare.<br />
La separazione tra l'erogazione <strong>dei</strong> fondi strutturali dell'UE ed il tipo di produzione ha riguardato<br />
anche la coltura del tabacco. Ciò ha messo in allarme gli operatori del settore nonché il Ministero delle<br />
politiche agricole, data l'importanza socio - economica del tabacco in Italia, che è coltivato su una superficie<br />
complessiva di circa 40.000 ha, con una produzione media di 3,42 t ha-1 (Istat, 2003).<br />
Pertanto, il <strong>Co</strong>nsiglio <strong>dei</strong> Ministri dell'agricoltura dell'Unione Europea, in particolare grazie all'impegno<br />
del Ministro dell'Agricoltura italiano, per non creare un traumatico abbandono della coltura con serie<br />
ripercussioni economiche ed occupazionali, ha raggiunto, nell'aprile del 2004, un accordo per riformare<br />
il settore del tabacco, mantenendo per il 2005 lo status quo ed attivando dal 2006 al 2010 il disaccoppiamento<br />
parziale degli aiuti.<br />
Il problema, tuttavia, è stato spostato nel tempo ma non accantonato. Il mancato sostegno alla coltivazione<br />
di tabacco per combattere il tabagismo, infatti, potrebbe portare al graduale "smantellamento"<br />
della tabacchicoltura italiana. È quindi opportuno prevedere in anticipo la riconversione della coltura ed<br />
il diverso utilizzo delle superfici agricole attualmente coltivate a tabacco.<br />
In tale contesto è già in corso di svolgimento a partire dal 25 giugno 2004 il progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong><br />
(<strong>Co</strong>lture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco) con lo scopo di individuare, con un approccio multidisciplinare di taglio<br />
socio-economico ed agronomico, delle alternative al tabacco per le zone rientranti nelle province di<br />
Salerno e Benevento per la regione Campania e di Brindisi e Lecce per la regione Puglia. <strong>Co</strong>n il progetto<br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.2 la ricerca si è ulteriormente estesa alle regioni Umbria, Veneto e Toscana ed alle aree della<br />
Campania non interessate dal primo <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.<br />
Sulla scia del primo <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> è stato successivamente varato il progetto Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> (Divulgazione delle<br />
colture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco) con lo scopo di realizzare un centro servizi capace di effettuare azioni di<br />
orientamento ed assistenza per i produttori che intendono abbandonare la produzione del tabacco nelle<br />
zone coperte dal progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.<br />
Obiettivo principale del progetto Di<strong>Al</strong><strong>Ta</strong>2 è di migliorare i servizi già offerti da Di<strong>Al</strong><strong>Ta</strong> e di estenderli<br />
alle zone interessate dal progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>2 (quindi Campania, Toscana, Umbria e Veneto). In particolare,<br />
il miglioramento <strong>dei</strong> servizi esistenti implicherà quanto segue.<br />
* Potenziare il centro servizi già realizzato nell'ambito di Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> con funzionalità avanzate di<br />
videoconferenza, user profiling e information filtering profile-based per incrementare l'efficacia e l'efficienza<br />
degli interventi di formazione e tutorato a distanza oltre che per rendere più proficue le ricerche di<br />
informazioni sia all'interno che all'esterno della base di conoscenza del sistema massimizzando il matching<br />
tra informazione ricercata e documenti reperiti.<br />
* Accrescere la base di conoscenza ed il portfolio formativo del centro servizi sia integrando i <strong>risultati</strong><br />
derivanti dal progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>2 (afferenti alla nuove regioni), sia attraverso la realiz-zazione e l'integrazione<br />
di materiale specifico (di tipo informativo e formativo) contestualizzato sulle nuove realtà territoriali<br />
da coinvolgere nel progetto.<br />
* Realizzare materiale divulgativo prevedendo la realizzazione di schede informative descriventi<br />
ciascuna delle colture alternative al tabacco e la produzione di filmati da distribuire in formato DVD<br />
Video illustranti la problematica delle riconversione, le caratteristiche delle principali attività alternative,<br />
le tecniche agrozootecniche, le opportunità del mercato, ecc.
Premessa.qxp 18/02/2008 8.20 Pagina 2<br />
2 Premessa<br />
Il progetto si è sviluppato in due fasi.<br />
<strong>Co</strong>n la fase preparatoria è stata potenziata l'infrastruttura tecnologica già realizzata nel corso del<br />
primo Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> per ampliare la base di conoscenza relativa alle aree di produzione del tabacco di competenza<br />
del progetto. Inoltre, in questa fase, si è svolta l'attività di formazione rivolta al personale destinato<br />
all'assistenza e alla consulenza a supporto <strong>dei</strong> tabacchicoltori.<br />
La fase esecutiva, invece, ha rappresentato il momento di confronto diretto con i vari attori del mondo<br />
del tabacco coinvolti nei processi di riforma in corso.<br />
Attraverso incontri tematici, tavole rotonde e workshop è stato esaminato lo stato della conoscenza<br />
<strong>dei</strong> problemi attinenti la riconversione, in particolare c'è stato uno scambio di informazioni che ha permesso<br />
agli esecutori del progetto di individuare le esigenze <strong>dei</strong> tabacchicoltori e rilevare la disponibilità<br />
al cambiamento. Inoltre, durante gli incontri il progetto ha realizzato approfondimenti erogati attraverso<br />
la piattaforma informatica e distribuito materiale divulgativo e informativo.<br />
L'attività è stata quindi caratterizzata da azioni di input ed output che hanno costituito un possibilità<br />
reale di confronto con l'obiettivo di far aumentare la consapevolezza del cambiamento e proporre alcune<br />
tra le possibili soluzioni ai tabacchicoltori sensibili ad un processo di diversificazione.<br />
Supervisore Di.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>2<br />
Vincenzo La Croce
Premessa.qxp 18/02/2008 8.20 Pagina 3<br />
Il progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> 2 - Premessa<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 3<br />
<strong>Co</strong>n la riforma della Politica Agricola <strong>Co</strong>mune, ratificata nel giugno 2003, si è inteso sostenere il produttore<br />
piuttosto che il prodotto, trasferendo la maggior parte del finanziamento disponibili dal sistema corrente<br />
al pagamento unico aziendale. <strong>Ta</strong>le riforma permette di trasferire risorse dalle misure di mercato<br />
allo sviluppo rurale ed inoltre, essendo il pagamento unico condizionato al rispetto di norme<br />
ambientali,assicura il mantenimento degli alti standard di prodotto che i consumatori mostrano di desiderare.<br />
La separazione tra l'erogazione <strong>dei</strong> fondi strutturali UE ed il tipo di produzione (disaccoppiamento)<br />
riguarda anche la coltura del tabacco. Pertanto, il <strong>Co</strong>nsiglio <strong>dei</strong> Ministri dell'Unione Europea, grazie<br />
anche all'impegno del Ministro dell' Agricoltura italiano, per non creare un traumatico abbandono della<br />
coltura con serie ripercussioni economiche ed occupazionali, ha raggiunto, nell'aprile del 2004, un accordo<br />
per riformare il settore del tabacco, introducendo dall'anno 2006 il disaccoppiamento parziale degli<br />
aiuti. Il problema, tuttavia è stato spostato nel tempo ma non accantonato.<br />
Il mancato sostegno alla coltivazione di tabacco per combattere il tabagismo, infatti, potrebbe portare<br />
al graduale smantellamento della tabacchicoltura italiana. <strong>Ta</strong>le periodo dovrebbe consentire un graduale<br />
adattamento verso altri usi della superfici agricole attualmente coltivate a tabacco. Il sostegno allo sviluppo<br />
di iniziative specifiche per il passaggio <strong>dei</strong> tabacchicoltori ad altre attività agricole rientra pienamente<br />
tra le finalità del fondo comunitario del tabacco e negli orientamenti della politica agricola comunitaria<br />
e nazionale.<br />
La dotazione finanziaria del fondo ha consentito l'attività <strong>dei</strong> progetti <strong>Co</strong>. <strong>Al</strong>. <strong>Ta</strong> 1 e 2 e <strong>dei</strong> progetti<br />
divulgativi Di. <strong>Al</strong>. <strong>Ta</strong>. 1 e 2. I progetti <strong>Co</strong>. <strong>Al</strong>. <strong>Ta</strong>. hanno affrontato in maniera sistematica il problema<br />
delle alternative per le aree italiane a tabacchicoltura. L'obiettivo del progetto <strong>Co</strong>. <strong>Al</strong>. <strong>Ta</strong>. 2 è stato quello<br />
di sostenere la riconversione <strong>dei</strong> produttori di tabacco verso altre produzioni o attività, ai sensi del<br />
Regolamento CE n. 2182 del 6 dicembre 2002 (art. 14, lettera a) attraverso l'analisi e la verifica sperimentale<br />
di alternative di produzione vegetale che, valorizzando le risorse disponibili, forniscano comparabili<br />
possibilità di remunerazione <strong>dei</strong> fattori produttivi.<br />
Le aree considerate allo scopo sono state il Salento e le aree tabacchicole delle seguenti regioni:<br />
Campania, Umbria, Toscana e Veneto.<br />
Il progetto ha cercato di individuare con approccio multidisciplinare, di taglio economico, agronomico<br />
e zootecnico delle alternative al tabacco, tenendo conto delle produzioni tradizionali nelle zone interessate<br />
alla riconversione, della possibilità di una loro diffusione sul territorio, nonché delle opportunità<br />
offerte da nuove produzioni da introdurre, valutando i connessi aspetti economici, agronomici, zootecnici<br />
ed agrotecnici.<br />
A tale scopo il progetto comprende le seguenti linee di attività:<br />
1 - studi <strong>dei</strong> contesti tabacchicoli, che approfondiscono ed estendono a nuove aree le indagini intraprese<br />
con il precedente progetto COALTA.1;<br />
2 - valutazione delle possibilità di filiere alternative di produzione vegetale e verifica di alcuni<br />
modelli produttivi;<br />
3 - valutazione delle possibilità di produzioni zootecniche e servizi ambientali e verifica di relativi<br />
modelli;<br />
In particolare, gli aspetti del progetto sono stati curati dalle seguenti Unità Operative U.O.:<br />
1) C.R.A.- CAT- Unità di ricerca per le colture alternative al tabacco, che vedrà impegnate tutte le<br />
sue sedi (Scafati, Lecce, Roma e Bovolone)<br />
2) CNR-ISAFoM - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, Ercolano<br />
3) CNR-IGV-Istituto di Genetica Vegetale, Sezione di Perugia,<br />
4) Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambiental-Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee,<br />
Università degli studi di Perugia
Premessa.qxp 18/02/2008 8.20 Pagina 4<br />
4 <strong>Co</strong>zzolino et al Risposta del pomodorino ciliegino..<br />
5) Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze,(istituzione del Ministero degli Esteri)<br />
6) CIRSEMAF Centro Interuniversitario di ricerca sulla selvaggina e sui miglioramenti ambientali<br />
a fini faunistici di Firenz.<br />
7) CRA - ORT Centro di ricerca per l'Orticoltura di Pontecagnano<br />
Nello specifico la la linea di lavoro 1 si raccorderà con il parallelo progetto INEA per lo studio degli effetti<br />
della normativa comunitaria e nazionale e degli aspetti socio-economici della riconversione della filiera<br />
del tabacco (progetto RIPTA).<br />
Il Direttore del CRA-CAT<br />
Renato <strong>Co</strong>ntillo
cavolfiore.qxp 25/02/2008 10.21 Pagina 5<br />
Introduzione<br />
Il cavolfiore è la crucifera più coltivata in Italia,<br />
con circa 18.000 ha nel 2007 (dati ISTAT), localizzati<br />
soprattutto in Campania, Marche, Puglia e<br />
Sicilia. In Campania prevale la produzione invernale-primaverile.<br />
Le prove descritte in questa nota<br />
hanno mirato a verificare la produttività di ibridi a<br />
ciclo precoce e medio di cui due a corimbo colorato,<br />
oggetto di crescente domanda, per produzioni<br />
estivo-autunnali nelle aree tabacchicole irrigue,<br />
suscettibili di colmare carenze relative di offerta.<br />
Materiali e metodi<br />
Le prove sono state condotte in tre località<br />
(Sparanise, Portico e Venticano) secondo lo schema<br />
del confronto varietale, saggiando 14 ibridi in<br />
un disegno a blocchi completi con tre repliche per<br />
località e parcelle di 12 m 2 (4 file con disposizione<br />
70x50cm, corrispondente a una densità di 28.500<br />
piante/ha)(www.sinab.it). Il trapianto è stato eseguito<br />
nella terza decade di luglio su terreno concimato<br />
con 33 unità/ha di N, integrando con altre 67<br />
unità/ha due settimane dopo. Le condizioni di<br />
caldo intenso del periodo hanno reso necessario<br />
anticipare l'inizio dell'irrigazione, che è stata condotta<br />
con modalità e turni diversi per zona. Le colture<br />
sono state protette seguendo il disciplinare di<br />
difesa integrata della Regione Campania e non è<br />
stato effettuato nessun intervento di diserbo.<br />
La determinazione della resa si è basata sulle<br />
piante delle due file centrali delle parcelle ed è stata<br />
integrata con misure dello sviluppo vegetativo. Le<br />
misure ponderali sono state eseguite su corimbi<br />
convenzionalmente defogliati, ovvero privati di<br />
tutte le foglie avvolgenti ad eccezione delle più<br />
interne. Le risposte sono state analizzate in relazione<br />
ai trattamenti per singolo ambiente con un<br />
modello a effetti fissi e globalmente per la specie<br />
con un modello a effetti casuali per quantificare la<br />
variazione delle risposte considerate a livello di<br />
specie. L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica<br />
<strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 5<br />
Il cavolfiore estivo-autunnale per le aree tabacchicole campane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Lombardi P<br />
CRA-CAT, Unità di ricerca per le alternative al tabacco,<br />
Via P. Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
(R <strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni<br />
<strong>dei</strong> pacchetti contribuiti lme4 (Bates, 2007) e<br />
Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La stagione di coltivazione è stata caratterizzata da<br />
un andamento termopluviometrico sfavorevole per la<br />
coltura dalla fase di trapianto fino alla prima decade<br />
di settembre, con temperature elevate ed assenza di<br />
piogge utili in tutte e tre le zone.<br />
I livelli di resa in corimbi defogliati sono variati<br />
tra 25 e 48 t/ha, prevalentemente per differenze<br />
varietali, mentre la capacità produttiva media <strong>dei</strong><br />
tre ambienti è risultata comparabile nelle condizioni<br />
stagionali sperimentate (tab. 1 e fig.1). In analoghe<br />
condizioni climatiche e pedologiche, per una<br />
varietà scelta a caso tra quelle saggiate si può prevedere<br />
una produzione prossima alle 40 t/ha in un<br />
ciclo di circa tre mesi. Rese elevate, ma con una<br />
certa oscillazione tra gli ambienti, sono state fornite<br />
dalle cultivar <strong>Co</strong>ncept, Delfino, Flamenco, Elby<br />
e Graffiti, mentre tra le meno produttive sono risultate<br />
Clima, Megha e ISI 16037, anche queste con<br />
sensibili variazioni tra gli ambienti (la graduatoria<br />
a Venticano e Portico è stata ribaltata a Sparanise).<br />
Le cultivar con livelli intermedi di resa hanno<br />
mostrato maggior consistenza di comportamento<br />
tra gli ambienti.<br />
La produttività è positivamente correlata con la<br />
lunghezza del ciclo colturale, che a sua volta si è<br />
allungato di una decina di giorni con l'abbassamento<br />
della temperatura media dalle zone casertane<br />
all'area avellinese, riducendo peraltro solo marginalmente<br />
la produzione (fig. 2).<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per il prodotto totale, il<br />
volume del corimbo, l’altezza e la lunghezza del ciclo colturale.
cavolfiore.qxp 25/02/2008 10.21 Pagina 6<br />
6 <strong>Co</strong>zzolino et al Valutazione agronomica della soia<br />
Megha e Clima si distinguono<br />
dalle altre cultivar per la precocità,<br />
che ha consentito di concludere<br />
il ciclo in due mesi nelle<br />
zone più calde di Portico e<br />
Sparanise e in 70 giorni a<br />
Venticano. Prossima per precocità<br />
è anche la W.Flash, che nel<br />
complesso è risultata leggermente<br />
più produttiva. Questa caratteristica<br />
rende le cultivar molto<br />
interessanti per l'ambiente collinare<br />
<strong>dei</strong> tabacchi scuri, anche se i<br />
<strong>Co</strong>ncept<br />
Delfino<br />
Flamenco<br />
Elby<br />
Graffiti<br />
Oceano<br />
Candido<br />
Nemo<br />
Cashmere<br />
Milkyway<br />
W.Flash<br />
Isi16037<br />
Megha<br />
Clima<br />
livelli di resa sono ai limiti inferiori della graduatoria.<br />
Per fornire comparabili livelli di resa Cashmere,<br />
Milkyway e ISI 16037 hanno richiesto da venti giorni<br />
a un mese di coltivazione in più.<br />
La dimensione del corimbo è risultata relativamente<br />
indipendente dallo sviluppo in altezza della<br />
pianta, maggiore nell'ambiente più caldo di Portico e<br />
Sparanise, nonostante il ciclo più breve (Fig. 3).I tipi<br />
colorati ISI 16037 e Graffiti si sono caratterizzati per<br />
un maggior sviluppo in altezza, mentre la cultivar<br />
Milkyway ha presentato un portamento vegetativo<br />
molto espanso, per il quale la densità d'impianto utilizzata<br />
è risultata troppo alta. Grazie alla disponibili-<br />
Prodotto (t/ha)<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
Clm<br />
Mgh<br />
Mgh<br />
Clm<br />
W.F<br />
W.F<br />
Mgh<br />
Clm<br />
Csh<br />
W.F<br />
Mlk<br />
Cnc<br />
Cnc<br />
Dlf Dlf Elb<br />
Elb<br />
Ocn Flm<br />
Flm Grf<br />
Dlf Ocn<br />
Cnd<br />
Grf Flm<br />
POcn<br />
Cnc<br />
Nem<br />
Cnd<br />
Csh SCsh<br />
Cnd<br />
Nem<br />
Mlk V<br />
Elb<br />
Mlk NemI16<br />
60 70 80 90 100<br />
Lunghezza ciclo (giorni)<br />
Fig. 2. Relazione tra resa e lunghezza del ciclo. Zone e cultivar<br />
sono indicate con nomi abbreviati.<br />
tà di cultivar con una discreta gamma di precocità la<br />
coltivazione estivo-autunnale del cavolfiore nelle<br />
aree tabacchicole irrigue della Campania può essere<br />
praticata facilmente e fornire ai prezzi correnti ricavi<br />
elevati. In una prospettiva di ordinamenti colturali<br />
senza tabacco per le aree più interne il cavolfiore può<br />
intercalarsi tra due cereali o avvicendarsi ad altre cru-<br />
I16<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Venticano<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
25 30 35 40 45 50 25 30 35 40 45 50<br />
Prodotto totale (t/ha)<br />
25 30 35 40 45 50<br />
Fig. 1. Prodotto di corimbi defogliati per cultivar e zona, con barre di confidenza al 95%.<br />
I16<br />
Grf<br />
Volume corimbo (ml)<br />
220<br />
200<br />
180<br />
160<br />
●<br />
Sparanise<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Cnc<br />
OcnDlf<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
cifere, come il colza, utilizzando in tal caso cultivar<br />
precoci, che completano il ciclo entro ottobre. Nelle<br />
aree più miti della provincia di Caserta possono essere<br />
utilizzate anche cultivar più tardive come coltura<br />
principale a raccolta invernale-primaverile, in precessione<br />
ad oleaginose come girasole o soia.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano<br />
Piccirillo di Portico(CE), Clementina Izzo di Sparanise<br />
(CE) e Gennaro Grasso di Venticano (AV), per l'assistenza<br />
alla conduzione <strong>dei</strong> saggi, e il dr Filippo Piro del<br />
CRA-ORT di Pontecagnano (SA), per la collaborazione<br />
all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
http://www.sinab.it/programmi/webcreate.php?id=898<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell Miscellaneous.<br />
R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat. mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc,<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
●<br />
Clm<br />
Cnc<br />
Elb<br />
Cnc<br />
Csh<br />
Cnd Flm<br />
Dlf<br />
Dlf<br />
Csh<br />
Cnd<br />
Cnd<br />
Clm<br />
Clm<br />
Flm<br />
Ocn<br />
Mlk<br />
W.F<br />
Mgh<br />
Flm<br />
V<br />
W.F PS<br />
Mgh<br />
I16<br />
MghMlk<br />
Mlk I16<br />
Nem<br />
Ocn Nem<br />
Nem<br />
●<br />
●<br />
Portico<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
I16<br />
Csh<br />
60 70 80 90<br />
<strong>Al</strong>tezza pianta (cm)<br />
Fig. 3. Relazione tra volume del corimbo e sviluppo della pianta.<br />
Zone e cultivar sono indicate con nomi abbreviati.<br />
Elb<br />
Grf<br />
Elb<br />
Grf<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Grf<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●
occolo.qxp 25/02/2008 10.20 Pagina 7<br />
Introduzione<br />
Il cavolo broccolo viene oggi promosso dai nutrizionisti<br />
per il buon livello di sostanze antiossidanti,<br />
fibra alimentare (2,6%) e vitamine come riboflavina<br />
(1,8 mg/kg), tiamina (1,1 mg/kg), vitamina C<br />
(1 g/kg), vitamina A, rame, fosforo, zolfo, acido<br />
folico, acido citrico, acido lattico e composti che<br />
sembrano contribuire alla diminuzione dell'incidenza<br />
del cancro dell'intestino (www.sinab.it). La<br />
coltivazione è diffusa principalmente in Puglia,<br />
Sicilia e Calabria. Negli ordinamenti orticoli da<br />
considerare per indirizzi alternativi alla tabacchicoltura<br />
delle aree campane il cavolo broccolo non<br />
può mancare, perché si colloca bene in avvicendamento<br />
e ha buone prospettive di domanda. <strong>Co</strong>n<br />
questo lavoro abbiamo verificato la produttività del<br />
broccolo in due ambienti tipici di coltivazione <strong>dei</strong><br />
tabacchi chiari e scuri curati all'aria.<br />
Materiali e metodi<br />
La sperimentazione del broccolo è stata condotta nei<br />
comuni di Portico e Venticano con otto cultivar a ciclo<br />
precoce e medio precoce, scegliendo le classi di precocità<br />
per un ruolo intercalare fra due colture autunnovernine.<br />
Le cultivar sono state allevate secondo uno<br />
schema di confronto varietale in un disegno a blocchi<br />
completi con 3 repliche e parcelle di 11 mq (5 file a<br />
70x40cm).<br />
Il trapianto è stato eseguito nella terza decade di<br />
luglio su un terreno sufficientemente dotato in P e K,<br />
concimato con 33 unità/ha di N. Due ulteriori interventi<br />
di concimazione azotata con quantità simili sono<br />
stati eseguiti in copertura, alla prima sarchiatura e alla<br />
fase di abbozzo dell'infiorescenza. L'irrigazione è stata<br />
effettuata con modalità e turni diversi per zona. La<br />
difesa della coltura è stata effettuata seguendo le<br />
"Norme tecniche per la difesa fitosanitaria ed il diserbo<br />
integrato delle colture" pubblicate dalla Regione<br />
Campania.<br />
La resa è stata determinata raccogliendo i corimbi<br />
principali e i ricacci secondari delle tre file centrali<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 7<br />
Produttività del cavolo broccolo in coltura estivo-autunnale<br />
nelle aree tabacchicole campane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Lombardi P, Oppito G<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
delle parcelle, <strong>dei</strong> quali sono stai rilevati peso, diametro<br />
ed altezza. La risposta è stata analizzata in relazione<br />
ai trattamenti per singolo ambiente con un modello<br />
a effetti fissi e globalmente per la specie con un modello<br />
a effetti casuali per quantificare la variazione delle<br />
risposte considerate a livello di specie. L'analisi <strong>dei</strong><br />
dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono<br />
state eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re Team, 2007),<br />
utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti contribuiti<br />
lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La stagione di coltivazione è stata caratterizzata da<br />
un andamento termopluviometrico sfavorevole per<br />
la coltura dalla fase di trapianto fino alla prima decade<br />
di settembre, con temperature elevate ed assenza<br />
di piogge utili. Nelle condizioni diversificate di<br />
Portico e Venticano il broccolo ha mostrato una produzione<br />
di corimbi pari in media a 26 t/ha, con intervallo<br />
di confidenza al 95% di 23,9-27,3 t/ha, in un<br />
ciclo di 65-94 giorni, a seconda della zona (tab. 1).<br />
Le differenze ambientali non hanno influito in modo<br />
sensibile sulla variabilità della produzione e sullo<br />
sviluppo della coltura, mentre le differenze varietali<br />
sono risultate considerevoli. Fiesta e Belstar a<br />
Venticano e Marathon e Fiesta a Portico hanno fornito<br />
rese tra il 20% e il 35% più alte della cultivar<br />
meno produttiva ISI 3055 (fig. 1). Il prodotto di<br />
prima raccolta (corimbo principale) ha rappresentato<br />
in media circa il 60% del totale e il peso del<br />
corimbo secondario è risultato positivamente correlato<br />
con quello del corimbo principale, ma il loro<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per il prodotto totale, il prodotto<br />
principale (prima raccolta), il volume del corimbo principale<br />
e la lunghezza del ciclo colturale.
occolo.qxp 25/02/2008 10.20 Pagina 8<br />
8 <strong>Co</strong>zzolino et al Produttività del cavolo broccolo..<br />
rapporto è risultato abbastanza<br />
differenti tra le cultivar: le più Fiesta<br />
produttive (Marathon, Belstar e Marathon<br />
Fiesta) hanno dato corimbi secon- Belstar<br />
dari considerevolmente più grossi Poseidon<br />
delle altre cultivar e corimbi pri- Green Magic<br />
mari nettamente più piccoli di Olympia<br />
Poseidon, quarta in ordine di pro- Green Belt<br />
duttività, mentre le minori dimen- ISI 3055<br />
sioni del corimbo principale spiegano<br />
la bassa resa della ISI 3055<br />
(fig. 2). Questi rapporti si sono<br />
modificati poco tra le due zone.<br />
Tutte le cultivar hanno mostrato maggiore precocità<br />
nell'ambiente più caldo di Portico, dove particolarmente<br />
Poseidon ha mostrato una notevole velocità<br />
di sviluppo vegetativo, tenuto conto delle<br />
dimensioni del corimbo principale (fig. 3). In<br />
entrambe le località ISI 3055 ha fornito la prima<br />
raccolta un paio di settimane prima delle altre cultivar.<br />
La coltivazione del cavolo broccolo è risultata<br />
complessivamente facile, data la rusticità della<br />
specie, mostrata anche dalla comparabilità delle<br />
rese tra i due ambienti. La coltura può essere considerata<br />
per cicli intercalari estivo-autunnali nelle<br />
aree più interne, esemplificate da Venticano, e per<br />
cicli autunno-vernini nell'area casertana.<br />
Peso corimbi secondari (g)<br />
180<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
IS3 IS3<br />
Mrt<br />
Bls<br />
300 350 400 450 500<br />
Peso corimbo principale (g)<br />
Fig. 2. Relazione tra pesi <strong>dei</strong> corimbi secondario e principale.<br />
Zone e cultivar sono indicate con nomi abbreviati.<br />
Mrt<br />
Fst<br />
Bls<br />
Fst<br />
VP<br />
Oly<br />
GrB<br />
GrM<br />
GrM<br />
GrB<br />
Oly<br />
●<br />
Venticano<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
20 25 30 20 25 30<br />
Prodotto totale (t/ha)<br />
Fig. 1. Prodotto totale di broccoli per cultivar e zona, con barre di confidenza al 95%.<br />
Psd<br />
Psd<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i Sig. ri Gaetano<br />
Piccirillo di Portico (CE) e Gennaro Grasso di Venticano<br />
(AV), per l'assistenza alla conduzione <strong>dei</strong> saggi, e il dr<br />
Filippo Piro del CRA-ORT di Pontecagnano (SA), per la<br />
collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong>.<br />
Peso corimbo principale (g)<br />
500<br />
450<br />
400<br />
350<br />
300<br />
IS3<br />
Psd<br />
Letteratura citata<br />
http://www. sinab. it/programmi/webcreate.<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell Miscel-laneous.<br />
R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat. mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc,<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
●<br />
●<br />
Portico<br />
60 70 80 90<br />
Lunghezza del ciclo (giorni)<br />
Fig. 3. Relazione tra peso del corimbo principale e lunghezza del<br />
ciclo. Zone e cultivar sono indicate con nomi abbreviati.<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Fst Fst<br />
GrM GrB<br />
Mrt GrM P Bls<br />
Bls Oly V<br />
GrB<br />
IS3<br />
Oly<br />
Psd<br />
●<br />
Mrt<br />
●
adicchio.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 9<br />
Introduzione<br />
La cicoria da foglia è uno degli ortaggi più diffusi<br />
in Italia, infatti, è coltivata in tutte le regioni<br />
Italiane, la sua importanza è andata crescendo perché<br />
oltre al consumo tradizionale, è utilizzata nella<br />
IV gamma, da sola o in miscela con altre verdure.<br />
È un alimento a basso contenuto calorico, infatti,<br />
contiene più del 90% di acqua, ma è ricco di vitamine,<br />
sali minerali e fibra. Queste caratteristiche ne<br />
hanno favorito la diffusione nella dieta alimentare<br />
producendo una maggiore richiesta da parte <strong>dei</strong><br />
consumatori, che ha ingenerato l'aumento delle<br />
superfici coltivate. Nell'ambito del progetto<br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. (<strong>Co</strong>lture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco) sono<br />
state eseguite prove di coltivazione in alcune aree<br />
interne delle province di Avellino, Benevento e<br />
Caserta.<br />
Materiali e metodi<br />
Nella primavera del 2007 sono state impiantate<br />
nelle località di Frigento (AV), Portico (CE),<br />
Sparanise (CE) e Venticano (AV) tre varietà di<br />
radicchio rosso di Chioggia (Caspio, Indigo e<br />
Leonardo) e due varietà di cicoria pan di zucchero<br />
(Jupiter e Virtus). È stato adottato un disegno sperimentale<br />
a blocco randomizzato con tre ripetizioni.<br />
L'impianto è avvenuto nell'ultima decade di<br />
aprile, a file, su prode rialzate, con densità d'impianto<br />
di 83.000 piante a ettaro. La quantità totale<br />
di elementi fertilizzanti somministrati è stata di 100<br />
kg ha -1 di N, 80 kg ha -1 di P 2 O 5 e 90 kg ha -1 di K 2 O.<br />
La coltivazione è avvenuta senza l'ausilio della<br />
pacciamatura per cui durante il ciclo colturale si<br />
sono rese necessarie sarchiature e scerbature per<br />
l'eliminazione delle erbe infestanti. La raccolta è<br />
avventa tra l'ultima decade di giugno e l'inizio di<br />
luglio. A maturazione commerciale del prodotto<br />
sono stati effettuati rilievi biometrici e ponderali<br />
sulle parcelle. I dati sono stati analizzati utilizzando<br />
l'analisi della varianza (ANOVA).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 9<br />
Primi <strong>risultati</strong> sulla coltivazione di radicchio e cicoria pan di<br />
zucchero in areali tabacchicoli Campani<br />
Raimo F, <strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Napolitano A, Oppito G, Vatore R, Vicidomini S<br />
C.R.A. - CAT - via P. Vitiello, 108 - Scafati (SA) - Tel. 081<br />
8563611; Fax 081 8506206;<br />
e-mail: francesco.raimo@entecra.it<br />
Risultati<br />
In località Frigento i <strong>risultati</strong> sono stati poco<br />
soddisfacenti per quanto riguarda le varietà di<br />
radicchio rosso, in particolare le varietà Caspio e<br />
Indigo sono prefiorite prima di giungere a maturazione<br />
commerciale, mentre la varietà Leonardo pur<br />
producendo cespi di dimensioni commerciali ha<br />
presentato problemi legati alla presenza di marciumi<br />
del cespo che hanno influito sulla resa commerciale.<br />
Le varietà di cicoria pan di zucchero, hanno<br />
presentato cespi di buone dimensioni, anche se la<br />
varietà Jupiter ha presentato problemi di Tip burn.<br />
Per quanto riguarda il radicchio rosso, si evidenzia<br />
che le maggiori produzioni sono state ottenute a<br />
Sparanise (graf. 1), località che presenta caratteristiche<br />
pedoclimatiche più favorevoli rispetto alle<br />
altre, la varietà più produttiva è stata Leonardo che<br />
ha raggiunto produzioni di 42,1 t ha -1 , seguita da<br />
Caspio; a Frigento la produzione della varietà<br />
Leonardo è stata di 23,6 t ha -1 . L'analisi statistica ha<br />
evidenziato una differenza altamente significativa<br />
per quanto riguarda la produzione fra le varie località,<br />
mentre l'interazione località * cv non ha<br />
mostrato differenze significative. Anche per la<br />
cicoria pan di zucchero la località con maggiori<br />
rese è stata Sparanise, mentre la meno produttiva è<br />
risultata Frigento (graf. 2) e la varietà più produttiva<br />
è stata Virtus con 64,4 t ha -1 , pure in questo caso<br />
vi è stata una differenza altamente significativa per<br />
la resa tra le varie località, l'interazione località *<br />
cv ha mostrato una differenza significativa. In<br />
generale possiamo affermare che le produzioni<br />
maggiori di tutte le cv si sono avute a Sparanise,<br />
mentre le produzioni minori si sono avute a<br />
Frigento.<br />
I <strong>risultati</strong> ottenuti anche se limitati a un solo<br />
anno e a un ciclo primaverile-estivo, ci consentono<br />
di poter dare alcune indicazioni riguardanti le<br />
varietà coltivate, infatti, per quanto riguarda la coltivazione<br />
delle cinque varietà nelle località di<br />
Portico, Sparanise e Venticano, sono state ottenute<br />
buone produzioni, mentre in località Frigento i<br />
<strong>risultati</strong> sono stati inferiori alle attese.
adicchio.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 10<br />
10 Raimo et al <strong>Co</strong>ltivazione del radicchio e della cicoria...<br />
Grafico 1. Produzione commerciale delle tre varietà di radicchio<br />
Grafico 2. Produzione commerciale della varietà “Pan di zucchero”<br />
Bibliografia<br />
Capuzzo P. (2000) - "Il radicchio rosso di Chioggia" -<br />
L'Informatore Agrario n. 20<br />
Tosini F. (2004) - "Le varietà di radicchio: confronto in Veneto"<br />
- Supplemento a L'Informatore Agrario n. 52<br />
<strong>Co</strong>zzolino E., Leone V., Raimo F., Zeno G. (2007) - "Possibilità<br />
di coltivazione del radicchio e della cicoria (Cichorium<br />
intybus L.) nelle aree irrigue del beneventano. Risultati<br />
della sperimentazione 2006 in "Risultati finali del <strong>Progetto</strong><br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.", pag. 279-284.<br />
Tesi R. (1994) "Principi di orticoltura e ortaggi d'Italia"<br />
Edagricole, pag 246-250.
scarola.qxp 25/02/2008 10.30 Pagina 11<br />
Introduzione<br />
L'orticoltura campana è contraddistinta da intensa<br />
innovazione di processo e di prodotto e da nuovi<br />
modelli di consumo. Il comparto ha esigenza di<br />
diversificare le colture e migliorare la qualità delle<br />
produzioni per conquistare nuovi sbocchi commerciali.<br />
Il mercato della IV gamma può rappresentare<br />
una buona opportunità per il rilancio della coltivazione<br />
di indivia riccia e scarola, di nuovo in espansione<br />
in Campania, dopo una flessione nel triennio<br />
2003-05. La possibilità di inserire queste specie in<br />
ordinamenti per le aree tabacchicole che devono<br />
fronteggiare la dismissione del tabacco è stata<br />
valutata saggiando un campione di cultivar nella<br />
provincia di Caserta.<br />
Materiali e metodi<br />
Le prove sono state condotte a Portico e a<br />
Sparanise, su terreni fertili e irrigui, con sette cultivar<br />
di scarola e sette cultivar di indivia riccia,<br />
secondo uno schema di confronto varietale in un<br />
disegno a blocchi con tre repliche e parcelle di 6m 2<br />
(5 file con piante distanziate 40x30cm).<br />
Il trapianto è stato eseguito il 20/7 a Sparanise<br />
ed il 23/7 a Portico, su terreno concimato con 70<br />
kg/ha di P 2 O 5 e 20 kg/ha di N. In copertura sono<br />
stati apportati ancora 80 kg/ha di N, seguendo le<br />
raccomandazioni di Acciarri e Sabatini (2004). Il<br />
controllo delle malerbe e la difesa della coltura<br />
sono stati effettuati secondo le norme regionali per<br />
la difesa fitosanitaria ed il diserbo integrato. La<br />
resa è stata determinata sulla raccolta delle tre file<br />
centrali delle parcelle, eseguita il 18/9 a Sparanise<br />
e il 24/9 a Portico.<br />
Le risposte sono state analizzate in relazione ai<br />
trattamenti per singolo ambiente con un modello a<br />
effetti fissi e globalmente per la specie con un<br />
modello a effetti casuali per quantificare la variazione<br />
delle risposte considerate a livello di specie.<br />
L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R (R<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 11<br />
Indivia riccia e scarola a ciclo estivo-autunnale per le aree<br />
tabacchicole casertane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Interlandi G<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
<strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong><br />
pacchetti contribuiti lme4 (Bates, 2007) e Hmisc<br />
(Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
L'andamento termopluviometrico del periodo di<br />
coltivazione è stato caratterizzato dall'assenza di<br />
precipitazioni utili e da temperature elevate.<br />
Per l'indivia riccia la produzione media per cultivar<br />
è variata tra le 34 t/ha della Debora a Portico<br />
e le 50 t/ha della Jennifer a Sparanise, mostrando<br />
una graduatoria delle cultivar quasi simile nelle<br />
due zone, peraltro simili come ambiente, con l'eccezione<br />
della Jennifer, risultata terza a Portico e<br />
prima a Sparanise (fig. 1). Per la somiglianza <strong>dei</strong><br />
due ambienti la variabilità della resa è stata determinata<br />
per circa due terzi dalle differenze varietali<br />
e per un terzo da differenze locali a livello di parcella<br />
(tab. 1). In tali circostanze la scelta varietale<br />
incide notevolmente sul risultato della coltura.<br />
Per l'indivia scarola la produzione media per cultivar<br />
è variata dalle 38 t/ha della Silva a Portico alle<br />
63 t/ha della Kokita a Sparanise, mostrando un<br />
appiattimento delle rese varietali su due soli livelli a<br />
Portico contro una distribuzione relativamente uniforme<br />
nell'intervallo suddetto a Sparanise (fig. 2). A<br />
parte l'appiattimento delle rese, a Portico si è avuta<br />
una produzione notevolmente più bassa, causa una<br />
gestione meno adeguata delle pratiche colturali e in<br />
particolare dell'irrigazione per questo tipo, che non<br />
ha consentito una piena manifestazione delle rispettive<br />
potenzialità alle cultivar che la possedevano.<br />
<strong>Co</strong>munque le cultivar più produttive (Kokita, Dafne<br />
e Full Heart) sono risultate tali in entrambe le zone.<br />
Nonostante l'eccesso di caldo della stagione<br />
non si sono avuti casi di prefioritura: la lunghezza<br />
<strong>Ta</strong>b.1.Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per il prodotto mondato e<br />
il peso del cespo delle cultivar di indivia riccia e scarola.
scarola.qxp 25/02/2008 10.30 Pagina 12<br />
12 <strong>Co</strong>zzolino et al Indivia riccia e scarola ...<br />
Fig. 1. Produzioni medie di cespi di indivia riccia per cultivar e<br />
zona, con barre di confidenza al 95%.<br />
Fig. 2. Produzioni medie di cespi di indivia scarola per cultivar e<br />
zona, con barre di confidenza al 95%.<br />
dello scapo fiorale è stata di 1-2cm per tutte le cultivar.<br />
Cuor d'oro tra le ricce e Fabula tra le scarole<br />
hanno manifestato maggiore suscettibilità al tip<br />
burn. L'imbianchimento è risultato buono per Cuor<br />
d'oro, Isi38454 e Tirsa nel tipo riccio e per Kokita<br />
nel tipo scarola. Le caratteristiche positive di adattamento<br />
e di qualità del cespo delle cultivar più<br />
produttive consentono di considerare favorevolmente<br />
la specie per ordinamenti senza tabacco nell'area<br />
tabacchicola casertana.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano<br />
Piccirillo di Portico e Maria Izzo di Sparanise per l'assistenza<br />
alla conduzione <strong>dei</strong> saggi nelle rispettive aziende,<br />
e il dr Filippo Piro del CRA-ORT di Pontecagnano per la<br />
collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
Acciarri N, Sabatini E, 2004. Indivia e scarola. Il divulgatore<br />
1:52-59.<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12, http://biostat.<br />
mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and Environment<br />
for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for Statistical<br />
<strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project. org.
fagiolo.qxp 25/02/2008 10.22 Pagina 13<br />
Introduzione<br />
Per verificare la produttività del fagiolo come<br />
intercalare estiva per la produzione di baccelli allo<br />
stadio ceroso nelle aree tabacchicole campane sono<br />
state scelte cultivar raccomandate dai costitutori<br />
per adattabilità e qualità merceologica.<br />
Materiali e metodi<br />
La valutazione è stata condotta su un terreno franco,<br />
fresco e fertile, a Portico di Caserta secondo lo<br />
schema del confronto varietale, con 12 cultivar (3<br />
di cannellino e 9 di borlotto), in un disegno a blocchi<br />
completamente randomizzati con 3 repliche e<br />
parcelle di 15m 2 (6 file di piante distanziate<br />
50x10cm). La semina è stata eseguita in eccesso il<br />
15 giugno con successivo diradamento manuale<br />
per una densità finale di 20 piante/m 2 (Cattivello e<br />
Danielis, 2003). Data la buona dotazione del terreno<br />
in P e K è stata effettuata solo la fertilizzazione<br />
azotata, con 60 unità/ha di N distribuito alla preparazione<br />
del terreno. L'irrigazione è stata effettuata<br />
con modalità tipiche della zona e a turno fisso. Per<br />
la protezione della coltura sono state seguite le<br />
"Norme tecniche per la difesa fitosanitaria ed il<br />
diserbo integrato delle colture" edite dalla regione<br />
Campania.<br />
La raccolta <strong>dei</strong> baccelli allo stadio ceroso è<br />
stata effettuata dal 25 al 30 agosto sulle 2 file centrali<br />
delle parcelle determinando la resa in baccelli<br />
commerciabili e di scarto e la resa in granella sgusciata.<br />
I dati di resa e di sviluppo delle piante sono<br />
stati analizzati in relazione ai trattamenti per singolo<br />
ambiente con un modello a effetti fissi e globalmente<br />
per la specie con un modello a effetti casuali<br />
per quantificare la variazione delle risposte considerate<br />
a livello di specie. L'analisi <strong>dei</strong> dati e la<br />
rappresentazione grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono state<br />
eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando<br />
anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti contribuiti<br />
lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 13<br />
Il fagiolo in coltura estiva per le aree tabacchicole campane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V<br />
CRA-CAT, Unità di ricerca per le alternative al tabacco,<br />
Via P. Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
Risultati e discussione<br />
La stagione di coltivazione estiva è stata caratterizzata<br />
da un andamento termopluviometrico sfavorevole,<br />
con elevate temperature e totale mancanza di<br />
pioggia fin dalla fase di emergenza. Nelle condizioni<br />
della prova i livelli medi di produzione di<br />
baccelli e di granella allo stadio ceroso sono stati<br />
rispettivamente di 14,6 e 7,4 t/ha, con una variabilità<br />
determinata per tre quarti dalle differenze<br />
varietali (tab. 1). La produzione media per cultivar<br />
di baccelli allo stadio ceroso è variata infatti tra 9 e<br />
20 t/ha e quella di granella tra 5,5 e 10 t/ha (fig. 1).<br />
Nelle condizioni della prova lo scarto, peraltro<br />
abbastanza contenuto, è stato determinato più dalla<br />
situazione locale, mentre lo sviluppo delle piante in<br />
altezza è risultato, come il livello produttivo, un<br />
carattere prevalentemente varietale.<br />
Le cultivar di cannellino (Montalbano, Luxor,<br />
Impero bianco) hanno fornito rese inferiori rispetto<br />
alla maggior parte celle cultivar di borlotto in termini<br />
sia di baccelli che di granella, e tuttavia la<br />
Montalbano è risultata superiore all'Impero bianco<br />
per la produzione di baccelli, anche se non di granella.<br />
La cultivar di borlotto più produttiva<br />
(XP0549) ha fornito il 67% in più di baccelli e il<br />
43% in più di granella rispetto alla meno produttiva<br />
(Mistral). Montalbano tra i cannellini e Merit,<br />
Granato e Lingua di fuoco tra i borlotti hanno<br />
mostrato rese in sgusciato inferiori.<br />
Oltre il 10% della produzione di baccelli è<br />
risultata di scarto per Montalbano, Merit e<br />
Splendido nano, mentre lo scarto non ha superato il<br />
4% per XP0549 e Indios e l'8% per le altre cultivar<br />
(fig. 2).La produzione di baccelli è risultata positivamente<br />
correlata con lo sviluppo in altezza della<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per il prodotto di baccelli<br />
commerciabili allo stadio ceroso e relativa percentuale di scarto,<br />
granella e l'altezza della pianta.
fagiolo.qxp 25/02/2008 10.22 Pagina 14<br />
14 <strong>Co</strong>zzolino et al Il fagiolo in coltura estiva ...<br />
pianta, anche se le cultivar più<br />
produttive (XP0549, Lingua di<br />
Fuoco e particolarmente Teggia)<br />
sono di taglia relativamente<br />
bassa, mentre la meno produttiva<br />
(Impero bianco) è di taglia<br />
relativamente bassa (fig. 3).<br />
I <strong>risultati</strong> della prova si possono<br />
considerare particolarmente<br />
soddisfacenti, tenuto<br />
conto delle condizioni stagionali<br />
piuttosto sfavorevoli in cui<br />
sono stati ottenuti. La coltura si<br />
XP0549<br />
Lingua di Fuoco<br />
Splendido nano<br />
Teggia<br />
Granato<br />
Supremo<br />
Indios<br />
Merit<br />
Mistral<br />
Montalbano<br />
Luxor<br />
Impero bianco<br />
potrebbe quindi proporre nelle aree irrigue tabacchicole<br />
come coltura intercalare estivo-autunnale,<br />
in vista del crescente interesse per le leguminose da<br />
granella come alimenti fonte di proteine vegetali e<br />
della possibilità di coltivarle in condizioni di low<br />
input (AA.VV., 1999).<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano il Sig. Gaetano<br />
Piccirillo di Portico (CE) per l'assistenza alla conduzione<br />
del saggio e il dr Filippo Piro del CRA-ORT per la fattiva<br />
collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione<br />
<strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Scarto (%)<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
Ib<br />
Lx<br />
Ms<br />
Mn<br />
Mr<br />
In<br />
10 12 14 16 18 20<br />
Produzione di baccelli (t/ha)<br />
Fig. 2. Relazione tra scarto e produzione di baccelli. Le cultivar<br />
sono indicate con nomi abbreviati.<br />
Sp<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
baccelli<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
10 15 20 6 8 10<br />
t/ha<br />
Fig. 1. Produzione per cultivar di baccelli con granella allo stadio ceroso o di granella secca,<br />
con barre di confidenza al 95%.<br />
Sn<br />
Tg<br />
Gr<br />
LdF<br />
XP<br />
Baccelli totali (t/ha)<br />
20<br />
18<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
Tg<br />
●<br />
Ib<br />
●<br />
Ms<br />
Lx<br />
Letteratura citata<br />
AAVV, 1999. Manuale di corretta prassi per la produzione integrata<br />
del fagiolo-3 A Parco Tecnologico Agroalimentare<br />
dell'Umbria.<br />
Cattivello C, Danielis R, 2003. Fagiolo determinato: <strong>risultati</strong><br />
delle prove di I livello. Notiziario ERSA 1: 22-24<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat. mc.vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
granella<br />
50 55 60<br />
<strong>Al</strong>tezza pianta (cm)<br />
Fig. 3. Relazione tra produzione di baccelli e sviluppo della<br />
pianta. Le cultivar sono indicate con nomi abbreviati.<br />
LdF<br />
●<br />
●<br />
XP<br />
Mr<br />
Mn<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Gr<br />
In<br />
●<br />
●<br />
Sn<br />
Sp<br />
●
pomodoro.qxp 25/02/2008 10.28 Pagina 15<br />
Introduzione<br />
Nell'ultimo decennio il pomodorino, per l'industria<br />
e il mercato del fresco, ha avuto una discreta diffusione<br />
nelle aree interne della regione Campania,<br />
incentivato dal cambiamento <strong>dei</strong> regimi di sostegno<br />
alle colture. I saggi finora condotti in tali aree<br />
in regime asciutto hanno mostrato l'incostanza<br />
della produzione e la sensibilità della coltura alle<br />
condizioni climatiche (AAVV, 2003). Sperimentando<br />
la coltura del pomodoro nell'ambito delle<br />
alternative considerate per la riconversione delle<br />
aree a tabacco, abbiamo saggiato le più recenti<br />
costituzioni di pomodoro ciliegino in regime irriguo<br />
ridotto a distribuzione localizzata.<br />
Materiali e metodi<br />
Un campione di 8 cultivar di pomodorino è stato saggiato<br />
per due anni (2006-2007) a Venticano e<br />
Frigento, in provincia di Avellino, in un disegno a<br />
blocchi completi con tre repliche e parcelle di 20 m 2 ,<br />
con una densità di 33.000 piante per ettaro. La coltura<br />
è stata concimata con 100 unità/ha di P 2 O 5 e 30<br />
unità/ha di N prima del trapianto, eseguito nella prima<br />
decade di maggio. Dopo il trapianto sono state fornite<br />
70 e 90 unità/ha di N, rispettivamente a Venticano<br />
e Frigento. Per eliminare le infestanti sono state eseguite<br />
due lavorazioni superficiali. Per la difesa sono<br />
state seguite le linee guida del Piano Regionale di<br />
Lotta Fitopatologica Integrata. Le irrigazioni, con<br />
manichetta forata autocompensante, sono state una<br />
nel 2006 in entrambe le zone e tre a Venticano e due<br />
a Frigento nel 2007. La raccolta è stata eseguita in<br />
unica soluzione nella terza decade di agosto nel 2006<br />
e nella seconda decade di agosto nel 2007.<br />
Le risposte, determinate mediante osservazioni<br />
sulle file centrali delle parcelle, sono state analizzate<br />
in relazione ai trattamenti per singolo ambiente con<br />
un modello a effetti fissi e globalmente per la specie<br />
con un modello a effetti casuali per quantificare la<br />
variazione delle risposte considerate a livello di specie.<br />
L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong><br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 15<br />
Risposta del pomodorino in areali tabacchicoli interni della<br />
regione Campania<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Raimo F, Interlandi G, Napolitano A, Vatore R<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco<br />
Via P. Vitiello 108 84018 Scafati(SA)Tel 0818563638 Fax<br />
0818506206<br />
e-mail:francesco.raimo@entecra.it<br />
<strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re<br />
Team, 2007), utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti<br />
contribuiti lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell,<br />
2007).<br />
Risultati e discussione<br />
L'estate 2006 è stata sufficientemente piovosa, mentre<br />
quella del 2007 è stata calda e secca. La produzione<br />
commerciabile di pomodoro ciliegino nell'ambiente<br />
considerato ha raggiunto in media 40 t/ha,<br />
con un intervallo di confidenza al 95% pari a 34-45<br />
t/ha (tab. 1). La variabilità è stata determinata per<br />
due quinti da diversità parcellari e per un due terzi<br />
dalle differenze varietali e zonali in misura comparabile.<br />
L'ambiente ha mostrato scarsa influenza sul<br />
peso unitario e sulla forma <strong>dei</strong> frutti, che costituiscono<br />
quindi un attributo spiccatamente varietale.<br />
La produzione è stata generalmente superiore a<br />
Venticano in entrambe le annate, ma è stata caratterizzata<br />
anche da una maggiore variabilità parcellare<br />
(fig. 1). Le precipitazioni estive dell'anno 2006<br />
hanno favorito lo sviluppo della coltura, ma anche<br />
attacchi peronosporici che hanno abbassato la produzione.<br />
<strong>Ta</strong>li attacchi sono stati particolarmente<br />
gravi a Frigento e la cultivar <strong>Ta</strong>mburino è risultata<br />
particolarmente suscettibile. Il rischio peronospora è<br />
stato minore nel 2007 e il livello produttivo del<br />
campo di Frigento è stato soddisfacente, mentre a<br />
Venticano un attacco di sclerotinia ha depresso la<br />
produzione. Tombolino e Tomito sono risultate le<br />
cultivar più produttive in tutti i saggi; Minidor,<br />
Ovalino e <strong>Ta</strong>mburino quelle generalmente meno<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la produzione commerciabile<br />
di pomodoro ciliegino, il peso unitario e il rapporto lunghezza/larghezza<br />
del frutto
pomodoro.qxp 25/02/2008 10.28 Pagina 16<br />
16 <strong>Co</strong>zzolino et al Risposta del pomodorino ciliegino..<br />
produttive. Le cultivar con livello<br />
produttivo intermedio hanno<br />
mostrato risposte alquanto disomogenee<br />
tra gli anni a Frigento.<br />
Oltre che dal numero <strong>dei</strong> frutti,<br />
il livello di produttività è stato<br />
influenzato positivamente al peso<br />
del frutto, una caratteristica tuttavia<br />
abbastanza stabile al variare<br />
delle condizioni ambientali (fig. 2).<br />
La variazione massima di peso al<br />
variare dell'ambiente è stata di 2-3<br />
di grammi, pari al 10-15%, per le<br />
Tombolino<br />
Tomito<br />
Mignon<br />
Triunfo<br />
Micron<br />
<strong>Al</strong>tavilla<br />
SS903<br />
<strong>Ta</strong>mburino<br />
Ovalino<br />
Minidor<br />
cultivar a frutto più grosso (Tombolino, Tomito,<br />
SS903), e di qualche grammo, percentualmente con<br />
la stessa incidenza, per quelle a frutti più piccoli<br />
(<strong>Ta</strong>mburino e Minidor).<br />
Anche la forma del frutto si è dimostrata una<br />
caratteristica varietale abbastanza stabile al variare<br />
delle condizioni ambientali (fig. 3). La forma tonda<br />
o leggermente allungata ha compreso un ventaglio<br />
Prodotto commerciabile (t/ha)<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
Mcrn<strong>Al</strong>tv<br />
Ovln <strong>Al</strong>tv Ovln<br />
Tmbr Mndr<br />
Tmbr Mndr OvlnF−06<br />
Ovln Mcrn<br />
Tmbr<br />
Mcrn<br />
Mndr<br />
MgnnTrnf<br />
Tmbr<br />
Tmbl<br />
V−06 Mgnn Trnf<br />
<strong>Al</strong>tv Tomt<br />
Mcrn F−07<br />
<strong>Al</strong>tv Mndr Trnf<br />
SS90<br />
V−07<br />
10 12 14 16 18 20<br />
Peso del frutto (g)<br />
Fig. 2. Relazione tra prodotto commerciabile e peso unitario del<br />
frutto delle cultivar di pomodorino. Medie e tendenze per le zone<br />
sono indicate dalle abbreviazioni in carattere più grande e dalle<br />
linee punteggiate, le medie degli ibridi dalle abbreviazioni in carattere<br />
più piccolo, le zone dal colore.<br />
di dimensioni abbastanza continuo, da frutti di 9g<br />
(<strong>Ta</strong>mburino) a frutti di 20g (Tombolino, SS903), le<br />
forme mediamente allungate hanno caratterizzato<br />
frutti di media grandezza (12-16g) (Tomito, Triunfo<br />
e <strong>Al</strong>tavilla) e quella più allungata frutti medio-piccoli<br />
(Ovalino).<br />
I <strong>risultati</strong> indicano che nelle zone considerate,<br />
specialmente se è possibile irrigare, il pomodorino<br />
può fornire accettabili livelli di resa per la destinazione<br />
industriale e con varietà semierette ad alta resa<br />
Tomt<br />
Tomt<br />
Trnf<br />
Tomt<br />
●<br />
●<br />
Frigento<br />
2006<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Frigento<br />
2007<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
30 40 50 60 30 40 50 60 30 40 50 60 30 40 50 60<br />
Prodotto commerciabile (t/ha)<br />
Fig. 1. Produzioni medie di pomodorino commerciabile per cultivar e zona, con barre di<br />
confidenza al 95%.<br />
Tmbl<br />
Tmbl<br />
Tmbl<br />
SS90<br />
●<br />
Venticano<br />
2006<br />
●<br />
●<br />
come Tombolino, dai frutti grossi e rotondi di colore<br />
intenso e uniforme, fornire soddisfacenti produzioni<br />
anche per il mercato del fresco.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori<br />
Giacomo Stanco di Frigento e Gennaro Grasso di<br />
Venticano, per l'assistenza alla conduzione <strong>dei</strong> saggi<br />
nelle rispettive aziende, e il dr Filippo Piro del CRA-<br />
ORT per la collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione<br />
<strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
AAVV, 2003. Pomodorino da industria, varietà a confronto.<br />
Campania Agricoltura,8:8-15.<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0.99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3.0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc,<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www.R-project.org.<br />
Peso del frutto (g)<br />
20<br />
18<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
Tmbl SS90<br />
Tmbl<br />
Tmbl<br />
Mgnn<br />
<strong>Al</strong>tv<br />
Mcrn Mcrn<br />
Mcrn Mndr<br />
Mndr<br />
Mndr Mcrn<br />
Tmbr Tmbr<br />
Tmbr<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Tmbl<br />
Mgnn<br />
SS90<br />
Tomt<br />
Tomt<br />
Tomt<br />
Tomt<br />
Trnf Trnf<br />
F−06 F−07 V−06<br />
V−07<br />
Tmbr<br />
Trnf<br />
Trnf <strong>Al</strong>tv<br />
<strong>Al</strong>tv<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Venticano<br />
2007<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5<br />
Forma del frutto (lunghezza/larghezza)<br />
Fig. 3. Relazione tra peso unitario e forma del frutto delle cultivar<br />
di pomodorino. Medie e tendenze per le zone sono indicate dalle<br />
abbreviazioni in carattere più grande e dalle linee punteggiate, le<br />
medie degli ibridi dalle abbreviazioni in carattere più piccolo, le<br />
zone dal colore.<br />
<strong>Al</strong>tv<br />
Ovln<br />
Ovln<br />
●<br />
Ovln<br />
Ovln<br />
●
maisnew.qxp 25/02/2008 10.26 Pagina 17<br />
Introduzione<br />
Nelle aree tabacchicole con terreni di buona fertilità il<br />
mais a granella vitrea per farine speciali può essere<br />
considerato tra le alternative al tabacco, potendo offrire<br />
livelli di ricavi competitivi rispetto ai mais ibridi più<br />
produttivi, per un miglior rapporto tra prezzo e costi,<br />
in considerazione dell'interesse <strong>dei</strong> consumatori e dell'industria<br />
per prodotti alimentari più caratterizzati per<br />
tipicità. In questa nota si riportano i <strong>risultati</strong> di due<br />
saggi condotti con un campione di ibridi in due aziende<br />
tabacchicole campane.<br />
Materiali e metodi<br />
Un campione di nove ibridi, precoci e medio-precoci, è<br />
stato saggiato in due aziende localizzate nei comuni di<br />
Portico e Venticano, in parcelle di 15 m 2 (sei file di piante<br />
di cinque metri distanziate 50 x 28 cm), in un disegno a<br />
blocchi con tre repliche.<br />
Il terreno è stato fertilizzato con 60 (Portico) e 100<br />
(Venticano) unità/ha di P 2 O 5 e con 50 unità/ha di N in presemina,<br />
aggiungendo in fase di levata 120 (Portico) e 100<br />
(Venticano) unità/ha da urea agricola. Il mais è stato seminato<br />
in eccesso il 5/4 a Portico e il 20/4 a Venticano e diradato<br />
a circa 7 piante/m 2 allo stadio di quarta foglia. Le infestanti<br />
sono state controllate con lavorazioni superficiali del<br />
terreno. L'irrigazione è consistita in tre adacquamenti per<br />
infiltrazione laterale a Portico e due per aspersione a<br />
Venticano. Dopo la fioritura è stato eseguito un trattamento<br />
per il controllo della piralide. La raccolta è stata eseguita<br />
in settembre, nella seconda decade a Portico e nella terza<br />
a Venticano. I dati sono stati raccolti sulle due file centrali<br />
delle parcelle. <strong>Co</strong>me indice di produttività è stata utilizzata<br />
la produzione di granella ridotta/incrementata in proporzione<br />
dell'eccesso/difetto di umidità rispetto alla media e<br />
ridotta in proporzione alla raccolta da piante allettate e<br />
spezzate (performance, AAVV, 2001). Le risposte sono<br />
state analizzate in relazione ai trattamenti per singolo<br />
ambiente con un modello a effetti fissi e globalmente per<br />
la specie con un modello a effetti casuali per quantificare<br />
la variazione delle risposte considerate a livello di specie.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 17<br />
Produttività del mais a granella vitrea nelle aree tabacchicole<br />
campane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E 1 , Leone V 1 , Tedone L 2 , Zeno G 1<br />
1-CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco Via P.<br />
Vitiello 108 84018 Scafati(SA),<br />
e-mail:eugenio.cozzolino@entecra.it<br />
2-D.S.P.V. Dipartimento di Scienze e Produzione Vegetale Via<br />
Amendola 165/A 70126 Bari<br />
L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
sono state eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re Team, 2007),<br />
utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti contribuiti lme4<br />
(Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La stagione è stata caratterizzata da assenza di pioggia per<br />
tutta l'estate e da temperature particolarmente calde in<br />
almeno tre periodi di crescita della coltura. La produzione<br />
media di granella corretta è stata di 9,5 t/ha, con intervallo<br />
di confidenza al 95% 6,9-12,2 t/ha (tab. 1). Oltre metà della<br />
variazione è stata determinata da differenze tra gli ibridi e<br />
un terzo da differenze tra i due ambienti. La componente<br />
genetica è risultata dello stesso ordine di grandezza per la<br />
sensibilità all'allettamento e ancora più marcata per lo sviluppo<br />
vegetativo e per il peso ettolitrico della granella.<br />
Quest'ultimo è risultato abbastanza elevato (83g). Il colore<br />
della granella è variato dall'arancio-rosso di Gritz all'arancio<br />
variamente accentuato degli altri ibridi.<br />
L'ibrido più produttivo (Arzano) ha fornito una resa di<br />
11,3 t/ha, circa doppia di quello meno produttivo (Astico),<br />
nell'ambiente meno favorevole di Venticano, e di due terzi<br />
maggiore nell'ambiente più favorevole di Portico, dove ha<br />
raggiunto 13 t/ha (fig. 1). La graduatoria di produttività<br />
degli ibridi non è stata modificata in modo apprezzabile<br />
dall'ambiente.<br />
Il livello di produzione è risultato ben correlato positivamente<br />
con lo sviluppo vegetativo, ma gli ibridi Arzano,<br />
Redel, Banguy e Sicilia hanno mostrato un rapporto granella/vegetazione<br />
sensibilmente più alto degli ibridi meno<br />
produttivi (Astico e <strong>Co</strong>rniola) e in media tale rapporto è<br />
risultato più alto a Portico (fig. 2). La percentuale di piante<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la produzione di granella<br />
corretta (performance), l'altezza della pianta, la percentuale<br />
di piante allettate e spezzate e il peso ettolitrico.
maisnew.qxp 25/02/2008 10.26 Pagina 18<br />
18 <strong>Co</strong>zzolino et al Produttività del mais a granella vitrea<br />
allettate e spezzate non è stata<br />
influenzata in modo apprezzabile<br />
dallo sviluppo vegetativo ed è risultata<br />
più alta a Venticano per le punte<br />
registrate nelle parcelle degli ibridi<br />
Astico e Gritz, che insieme con<br />
Sicilia sono <strong>risultati</strong> i più sensibili a<br />
questa avversità.<br />
Il peso ettolitrico ha mostrato una<br />
correlazione negativa con il livello di<br />
produzione: i valori più alti sono stati<br />
osservati per gli ibridi di produttività<br />
medio-alta (Sis Red, Gritz e Kurt) e<br />
Produzione corretta (t/ha)<br />
12<br />
10<br />
8<br />
S<br />
B<br />
B<br />
S<br />
C<br />
As<br />
SR<br />
C<br />
G<br />
K<br />
V<br />
As<br />
Arzano<br />
Redel<br />
Sis Red<br />
Gritz<br />
Kurt<br />
Banguy<br />
Sicilia<br />
<strong>Co</strong>rniola<br />
Astico<br />
200 220 240 260<br />
<strong>Al</strong>tezza pianta (cm)<br />
Fig. 2. Produzioni medie di granella in funzione dello sviluppo<br />
vegetativo, con linea di tendenza in grigio. Medie e tendenze per<br />
Portico e Venticano sono indicate dalle iniziali in carattere più<br />
grande e dalle linee punteggiate, le medie degli ibridi dalle abbreviazioni<br />
in carattere più piccolo, le due zone dal colore.<br />
per quelli meno produttivi (Astico e <strong>Co</strong>rniola), ma l'incremento<br />
medio della produzione a Portico rispetto a<br />
Venticano non ha comportato variazioni sensibili del peso<br />
ettolitrico medio (fig. 3).<br />
Nonostante la stagione particolarmente asciutta il mais<br />
a granella vitrea ha mostrato di poter fornire produzioni di<br />
tutto rispetto nelle zone considerate, ma a condizione di<br />
scegliere bene la cultivar. I dati di due esperimenti sono<br />
ovviamente insufficienti per fornire informazioni adeguate<br />
sul merito delle cultivar disponibili, ma la persistenza della<br />
stessa graduatoria di resa in due ambienti con potenzialità<br />
considerevolmente differenti (a Portico la resa media ha<br />
superato del 20% quella di Venticano) induce a ritenere che<br />
anche le informazioni comparative ottenute in altri saggi<br />
debbano essere considerate per la scelta varietale.<br />
Aun prezzo di 320 Euro/t il ricavo dalla produzione di<br />
mais nelle condizioni considerate risulta compreso tra 2200<br />
e 3900 Euro/ha. Pertanto tale coltura potrebbe essere con-<br />
K<br />
P<br />
R<br />
R<br />
SR G<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Venticano<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
6 8 10 12 6 8 10 12<br />
Prodotto in granella, t/ha<br />
Fig. 1. Produzioni medie di granella per ibrido e zona, con barre di confidenza al 95%, corrette<br />
per contenuto relativo di umidità e proporzione di raccolto da piante allettate e spezzate<br />
(performance).<br />
Ar<br />
Ar<br />
Peso ettolitrico (kg)<br />
85<br />
84<br />
83<br />
82<br />
81<br />
As<br />
C<br />
As<br />
S<br />
B<br />
C<br />
K<br />
G SR<br />
V<br />
siderata come praticabile alternativa al tabacco dal punto di<br />
vista dell'impresa quando la manodopera è prevalentemente<br />
un costo esplicito, condizione che riduce la convenienza<br />
relativa del tabacco.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano Piccirillo di<br />
Portico e Gennaro Grasso di Venticano per l'ottima assistenza alla conduzione<br />
<strong>dei</strong> saggi nelle rispettive aziende e il dr Filippo Piro del CRA-<br />
ORT per la collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
AAV., 2001. L'Informatore Agrario, 14:47-51<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0.99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3.0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www.R-project.org.<br />
●<br />
Portico<br />
8 10 12<br />
Produzione di granella corretta (t/ha)<br />
Fig. 3. Peso ettolitrico in funzione dello sviluppo vegetativo, con<br />
linea di tendenza in grigio. Medie e tendenze per Portico e<br />
Venticano sono indicate dalle iniziali in carattere più grande e<br />
dalle linee punteggiate, le medie degli ibridi dalle abbreviazioni in<br />
carattere più piccolo, le due zone dal colore. carattere più piccolo,<br />
le due zone dal colore.<br />
S<br />
B<br />
●<br />
SR<br />
K<br />
P<br />
G<br />
R<br />
●<br />
Ar<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
R<br />
Ar<br />
●<br />
●
farro.qxp 25/02/2008 10.23 Pagina 19<br />
Il Farro quale alternativa al tabacco<br />
Napolitano A, Raimo F, Vatore R, Vicidomini S e <strong>Co</strong>ntillo R<br />
Introduzione<br />
Il farro è un cereale minore a ciclo autunno- vernino-primaverile,<br />
appartiene al genere Triticum con<br />
tre specie: il Farro piccolo (Triticum monococcum<br />
L.), il Farro medio (Triticum dicoccum Schrank) ed<br />
il Farro grande o spelta (Triticum spelta L.), fa<br />
parte <strong>dei</strong> frumenti vestiti, che hanno la caratteristica<br />
che al momento della trebbiatura presentano le<br />
cariossidi rivestite di glume e glumelle.<br />
Nell'ambito del progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. sono stati<br />
fatti nel triennio 2005-2007 campi sperimentali in<br />
due differenti località della Campania per confrontare<br />
e verificare la produttività <strong>dei</strong> genotipi seminati.<br />
Materiali e metodi<br />
I campi sono stati eseguiti in due località uno a<br />
Paduli, in provincia di Benevento con terreno a<br />
giacitura inclinata e tessitura argillosa, l'altro in<br />
località Frigento in provincia di Avellino, con terreno<br />
a tessitura franca e giacitura pianeggiante,<br />
entrambi hanno una altitudine di circa 400 m slm.<br />
La semina è stata fatta nella prima e seconda decade<br />
( 2005-2006) di gennaio a Paduli mentre a<br />
Frigento è stata fatta nella terza decade di novembre<br />
(28-11-2006). La raccolta è stata eseguita a<br />
Paduli nelle ultime due decadi di luglio, mentre a<br />
Frigento nell'ultima decade di giugno.<br />
Nel primo anno sono state usate le seguenti<br />
varietà: Forenza, Farvento, Luni, Molise colli,<br />
Titano (Zefiro). Nel secondo e terzo anno sono<br />
state aggiunte a quelle su citate le seguenti varietà:<br />
Davide, Lucanica, Mosè, Padre Pio e Triventina.<br />
La semina è stata fatta distribuendo 300 semi germinabili<br />
per m 2 in tutti i campi. Lo schema statistico<br />
di campo è stato uno schema a blocchi randomizzati<br />
con tre ripetizioni. È stata eseguita solo una<br />
concimazione in copertura somministrando 50 kg<br />
ha -1 di azoto. <strong>Al</strong>la raccolta sono stati eseguiti i rilievi<br />
morfologici e produttivi su tutte le varietà e su<br />
essi è stata eseguita l'analisi statistica col software<br />
Data Desk.<br />
1 CRA - CAT - Unità di ricerca per le colture alternative al<br />
tabacco, via P. Vitiello, 108 - Scafati (SA) -<br />
Tel. 081 8563611; Fax 081 8506206;<br />
e-mail: antonietta.napolitano@entecra.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 19<br />
Risultati<br />
Dalle osservazioni eseguite nel triennio 2005-<br />
2007 è emerso quanto segue.<br />
L'altezza del fusto è variata tra i 65 e 149 cm,<br />
la cultivar più alta è la Triventina la più bassa è<br />
Mosè seguita da Davide; ma solo Mosè é diversa<br />
statisticamente da tutte le altre varietà, le altre due<br />
non differiscono dalla varietà Padre Pio. Le cultivar<br />
presentano una evidente variabilità nell'altezza<br />
fra i diversi anni, la meno variabile è la Mosè, le<br />
piante nel secondo anno erano più alte e lo erano<br />
ancora di più nel campo di Frigento.<br />
La dimensione della spiga ha distinto tre diversi<br />
gruppi, uno a spiga corta, uno a spiga di media<br />
lunghezza ed uno a spiga lunga. Le cultivar a spiga<br />
piccola sono: Davide, Lucanica, Mosè e Padre Pio,<br />
quelle a spiga lunga sono la Triventina e la<br />
Forenza (le due Spelta). I valori medi delle spighe<br />
oscillano da un minimo di 5,78 ad un massimo di<br />
Foto 1. Spighe delle cv di farro
farro.qxp 25/02/2008 10.23 Pagina 20<br />
20 Napolitano et al Il farro quale alernativa al tabacco<br />
15,79 cm. Le varietà Farvento, Forenza e<br />
Triventina presentano maggiore variabilità nella<br />
lunghezza della spiga come risulta dalla distanza<br />
tra il primo e terzo quartile dell'elaborazione statistica<br />
(frequenze comprese tra 25 %-75% della<br />
popolazione) (fig. 1).<br />
Fig. 1.<br />
Le varietà più produttive riferite alla singola<br />
spiga sono Davide Mosè, Padre Pio e Triventina.<br />
Mosè e Padre Pio hanno il più alto peso in<br />
cariossidi per spiga, entrambe non si differenziano<br />
statisticamente dal Davide e la varietà Mosè non si<br />
differenzia statisticamente dalla Triventina. Le<br />
predette varietà mostrano anche il più alto numero<br />
di cariossidi per spiga rispetto alle altre<br />
varietà.(fig. 2).<br />
Fig. 2.<br />
Il numero delle spighe prodotte a metro quadrato<br />
è alto nel terzo e primo anno e più basso nel<br />
2006.<br />
Farvento, Mosè, Molise <strong>Co</strong>lli e Forenza presentano<br />
il più alto numero di spighe a metro quadrato.<br />
Nonostante la piccola dimensioni delle spighe<br />
delle cultivar Mosè e Padre Pio esse sono le più<br />
produttive ed il campo di Frigento ha presentato<br />
decisamente una maggiore produzione rispetto ai<br />
campi di Paduli. La produzione più alta si ha nelle<br />
varietà Mosè seguita da Padre Pio nella località di<br />
Frigento, mentre a Paduli le produzioni delle stesse<br />
varietà si invertono ma rimangono comunque le<br />
più alte. Le varietà Farvento e Molise <strong>Co</strong>lli presentano<br />
anch'esse una buona produzione in ogni<br />
caso le differenze non sono statisticamente significative<br />
(fig.3).<br />
Fig. 3.<br />
L'Harvest Index medio ci dà valori nelle due<br />
rispettive località di 74,97-60,73 per la varietà<br />
Davide, 77,84-84,73 per Mosè, 74,08-82,08 per<br />
Padre Pio. Indubbiamente le ultime due varietà<br />
sono le più produttive ed hanno una maggiore resa<br />
in granella. Le altre varietà non superano mediamente<br />
nei diversi anni e nei diversi campi un valore<br />
di Harvest Index di 45. E' ovvio che la scelta<br />
della varietà, in relazione alla resa, dipende dal<br />
fatto che ci possa interessare o meno l'utilizzazione<br />
della paglia.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Si può quindi affermare che le varietà a spiga piccola<br />
sono indubbiamente le più produttive non<br />
tanto per il numero di spighe prodotte a metro quadro<br />
quanto per il peso e per il numero di cariossidi<br />
prodotti per ogni spiga , le differenze comunque<br />
non sono significative statisticamente.<br />
Il campo di Frigento è stato indubbiamente il<br />
più produttivo ma questo era da attendersi in quanto<br />
quest'ultimo ha caratteristiche di pendenza e tessurometriche<br />
più favorevoli rispetto al terreno prevalentemente<br />
collinare ed argilloso di Paduli (vedi<br />
grafici sui suoli già pubblicati).
lupino.qxp 25/02/2008 10.26 Pagina 21<br />
Introduzione<br />
Il lupino produce granella ricca di proteine e grassi,<br />
utilizzabile per alimentazione zootecnica e<br />
umana, ed elevate quantità di biomassa utilizzata<br />
per sovescio (basso rapporto C/N), ma non come<br />
foraggio, a causa del pericolo di lupinosi<br />
(http://www.sinab.it). La granella contiene alcaloidi<br />
e piccoli quantitativi di fitati, oligosaccaridi e<br />
inibitori della tripsina, considerati in passato fattori<br />
antinutrizionali, ma attualmente ricercati in farmacologia,<br />
medicina, cosmesi e nell'industria alimentare.<br />
In questa nota riferiamo sui primi <strong>risultati</strong><br />
di prove di valutazione del lupino ai fini del suo<br />
inserimento in filiere produttive alternative al<br />
tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La sperimentazione è stata effettuata nell'anno<br />
2007 a Sparanise (fig.1) su un terreno fertile a reazione<br />
sub-acida, allevando sei cultivar secondo le<br />
modalità di un confronto varietale, in un disegno a<br />
blocchi replicato tre volte, con parcelle di 18 m 2 .<br />
Le cultivar di grande sviluppo (Multitalia, Seme<br />
grosso e ecotipo Vairano) sono state seminate per<br />
una densità di 25 piante/m 2 , quelle di taglia più<br />
bassa (Ludic, Lustral e Lublanc) per una densità di<br />
40 piante/m 2 , nell'ultima decade di ottobre, su terreno<br />
precedentemente coltivato a tabacco. Le infe-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 21<br />
Il lupino bianco per le filiere alternative al tabacco nell'area<br />
casertana<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V<br />
Fig.1. Panoramica del campo di Sparanise<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
stanti sono state controllate con due sarchiature. La<br />
granella è stata raccolta nella seconda decade di<br />
giugno determinando la resa su un'area di saggio di<br />
2m 2 . L'analisi e la rappresentazione grafica delle<br />
risposte sono state eseguite nell'ambiente R (R<br />
<strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni del<br />
pacchetto contribuito Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La stagione di crescita della coltura è stata caratterizzata<br />
da temperature superiori alla media e da sufficienti<br />
precipitazioni. La produzione media in granella<br />
al 13% di umidità è stata di 2,7 t/ha, con intervallo<br />
di confidenza al 95% di 1,4-3,8 t/ha (tab. 1). Il<br />
65% della variazione è dovuta a differenze tra le<br />
cultivar entro il livelli di densità ed il 35% a fattori<br />
locali a livello di parcella. Lustral è risultata la<br />
cultivar più produttiva seguita da Multitalia e Seme<br />
grosso (fig.2). Le dimensioni della granella sono<br />
state influenzate dalla densità ed in parte dalle cultivar,<br />
con i semi più pesanti prodotti dalle cultivar<br />
allevate alla densità inferiore (ecotipo Vairano,<br />
Seme grosso e Multitalia). Lublanc è stata la cultivar<br />
meno produttiva, con i semi più leggeri. Il<br />
numero di semi per baccello è risultato una caratteristica<br />
spiccatamente varietale.<br />
Le rese sono state generalmente più basse di<br />
quelle riportate da Innocenti e Del Re (2007), probabilmente<br />
per problemi fitopatologici causati da<br />
diversi microrganismi patogeni (Rhizoctonia solani,<br />
Pythium ultimum, Fusarium oxysporum, culmorum<br />
e solani).<br />
<strong>Ta</strong>b.1.Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la produzione di granella,<br />
il peso di 1000 semi, e il numero di semi per baccelli.
lupino.qxp 25/02/2008 10.26 Pagina 22<br />
22 <strong>Co</strong>zzolino et al Il lupino bianco ...<br />
Fig. 2. Produzione di granella di sei cultivar di lupino allevate a<br />
due densità, con barre di confidenza al 95%.<br />
L'aumento della densità di semina favorisce lo<br />
sviluppo dominante dell'asse principale, concentrando<br />
la maturazione in un periodo più breve, con<br />
minori perdite di seme alla raccolta, come esemplificato<br />
in questo caso dalla cultivar Lustral.<br />
Ringraziamenti. Si ringrazia il sig.Lorenzo <strong>Co</strong>stantino<br />
per l'assistenza alla conduzione del saggio e il dr Filippo<br />
Piro del CRA-ORT di Pontecagnano per la collaborazione<br />
all'analisi <strong>dei</strong> dati.<br />
Letteratura citata<br />
http://www.sinab.it<br />
Innocenti A, Del Re L, 2007. Il lupino bianco, leguminosa interessante.<br />
Agricoltura 1:68-69<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12, http://biostat.<br />
mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project.<br />
org.
soianew.qxp 25/02/2008 10.30 Pagina 23<br />
Introduzione<br />
La soia potrebbe rientrare negli avvicendamenti di colture<br />
alternative al tabacco in alcuni ambienti, considerando che<br />
la domanda si prevede abbastanza vivace per il prossimo<br />
futuro, in conseguenza della crescente destinazione energetica<br />
di varie colture di base per l'industria mangimistica,<br />
che sta comportando una generale ascesa <strong>dei</strong> relativi prezzi.<br />
Le varietà costituite in Italia sono caratterizzate da un<br />
basso contenuto in fattori antinutrizionali e possono essere<br />
utilizzate nelle razioni zootecniche senza un preventivo<br />
trattamento termico (Signori et al., 2007). In questa nota si<br />
riportano i <strong>risultati</strong> di tre saggi condotti in altrettante aziende<br />
tabacchicole campane con un campione di otto cultivar,<br />
incluse due di costituzione italiana (Hilario e Aires).<br />
Materiali e metodi<br />
I saggi sono stati condotti a Portico, su terreno franco, a<br />
Venticano su terreno argilloso-limoso e a Pietrelcina su terreno<br />
argilloso, con otto varietà costituite da Asgrow, Sis, G.<br />
Harvest e R. Venturoli, in un disegno a blocchi completi<br />
con tre repliche e parcelle di 15 m 2 (sei file di cinque metri<br />
con distanze 50x5cm).<br />
I terreni sono stati preparati secondo le pratiche aziendali<br />
e la coltura è stata condotta senza concimazioni. La<br />
semina è stata eseguita con seme in eccesso il 10/4 a<br />
Portico, il 20/4 a Venticano e il 10/5 a Pietrelcina, con diradamento<br />
successivo a 40 piante/m 2 . Le infestanti sono state<br />
controllate con lavorazioni superficiali del terreno. Soltanto<br />
a Portico e a Venticano è stato eseguito un adacquamento.<br />
La raccolta è stata eseguita nella seconda decade di settembre<br />
a Portico e a Venticano e nella terza decade a<br />
Pietrelcina.<br />
I dati sono stati raccolti sulle due file centrali delle parcelle<br />
e le risposte sono state analizzate in relazione ai trattamenti<br />
per singolo ambiente, con un modello a effetti fissi,<br />
e globalmente per la specie, con un modello a effetti casuali,<br />
per quantificare la variazione delle risposte considerate a<br />
livello di specie. L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione<br />
grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R<br />
(R <strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti<br />
contribuiti lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 23<br />
Valutazione agronomica della soia nelle aree tabacchicole<br />
campane da riconvertire<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Oppito G<br />
CRA-CAT, Unità di ricerca per le alternative al tabacco,<br />
Via P. Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
Risultati e discussione<br />
Le piante hanno beneficiato di favorevoli condizioni<br />
meteorologiche nella prima fase di crescita mostrando<br />
una germinazione rapida e uniforme.<br />
Successivamente la stagione di crescita è stata caratterizzata<br />
da assenza di pioggia per tutta l'estate e da<br />
temperature particolarmente calde.<br />
La produzione media di granella è stata di 3,2<br />
t/ha, con intervallo di confidenza al 95% di 1,6-4,8<br />
t/ha (tab. 1). Oltre il 90% della variazione è stata<br />
determinata da differenze tra gli ambienti, a causa<br />
delle forti variazioni di resa tra le località, con un<br />
livello di produzione a Portico più che doppio rispetto<br />
a Pietrelcina. <strong>Co</strong>mparativamente, le differenze<br />
varietali sono risultate più contenute. Nell'ambiente<br />
più favorevole la cultivar più produttiva (Dekabig) ha<br />
fornito una resa di 5,1 t/ha, superiore di circa 1,3 t/ha<br />
a quella della cultivar meno produttiva (Shama) (fig.<br />
1). <strong>Ta</strong>le livello di divario si è ridotto marginalmente<br />
negli altri due ambienti meno favorevoli, ma in quello<br />
più sfavorevole di Pietrelcina alcune cultivar di<br />
produttività media altrove (Fiume, Atlantic, <strong>Ta</strong>ira)<br />
hanno fornito una prova deludente, penalizzate più di<br />
altre dall'assenza di piogge e dalla sfavorevole tessitura<br />
del terreno. Le rese a Venticano sono risultate di<br />
circa il 20% inferiori rispetto a Portico.<br />
Il livello di produzione è aumentato con lo sviluppo<br />
vegetativo, ma Dekabig si è distinta per un<br />
superiore rapporto granella/vegetazione, mentre<br />
Giulietta ha mostrato il rapporto più basso.<br />
<strong>Co</strong>n l'aumento dello sviluppo è aumentata anche la<br />
percentuale di piante allettate (fig. 2). Le cultivar<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e<br />
componenti della varianza (in percentuale) per la produzione di<br />
granella, altezza della pianta, percentuale di allettamento e il peso<br />
di 1000 semi.
soianew.qxp 25/02/2008 10.30 Pagina 24<br />
24 <strong>Co</strong>zzolino et al Valutazione agronomica della soia<br />
Giulietta, <strong>Ta</strong>ira e Dekabig sono<br />
risultate comparativamente più<br />
sensibili a questa avversità, Haires,<br />
Hilario e Fiume più resistenti.<br />
Dekabig<br />
Hilario<br />
<strong>Ta</strong>ira<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Il peso <strong>dei</strong> semi è aumentato Giulietta ●<br />
con il miglioramento dell'am- Atlantic ●<br />
biente di coltura, ma mentre nel- Aires ●<br />
l'ambiente meno favorevole di Fiume ●<br />
Pietrelcina è risultato positivamente<br />
correlato con il livello di<br />
produzione, in quelli più favorevoli<br />
ha mostrato una tendenza a<br />
diminuire con l'aumento della<br />
Shama ●<br />
produzione (fig. 3). I semi più pesanti hanno caratterizzato<br />
le cultivar meno produttive (Shama e Fiume).<br />
La cultivar più produttiva (Dekabig) ha prodotto<br />
anche i semi più pesanti nelle condizioni difficili di<br />
Pietrelcina, ma insieme con Atlantic, di media produttività,<br />
ha mostrato valori di peso del seme tra i più<br />
bassi nei due ambienti più favorevoli.<br />
Nonostante la stagione sia stata caratterizzata da<br />
condizioni climatiche non favorevoli, la soia ha<br />
dimostrato di poter fornire produzioni di tutto rispet-<br />
<strong>Al</strong>lettamento (%)<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
Gl<br />
Tr Fm<br />
At Pt Dk Sh<br />
Hl Ar<br />
Vn Dk<br />
Sh<br />
Ar<br />
FmAt<br />
Hl<br />
Ar<br />
60 80 100 120<br />
<strong>Al</strong>tezza (cm)<br />
Fig. 2. Relazione tra allettamento e sviluppo vegetativo. Medie e<br />
tendenze per le zone sono indicate dalle iniziali in carattere più<br />
grande e dalle linee punteggiate, le medie degli ibridi dalle abbreviazioni<br />
in carattere più piccolo, le zone dal colore.<br />
to a Portico e a Venticano, e degne di considerazione<br />
per il contesto agricolo più marginale a Pietrelcina.<br />
A un prezzo di 350 euro/t il ricavo dalla produzione<br />
di soia nelle condizioni considerate risulta compreso<br />
tra 600 e 1700 euro/ha. Pertanto tale coltura<br />
potrebbe essere considerata come praticabile alternativa<br />
al tabacco dal punto di vista dell'impresa in casi<br />
di possibile estensivazione, con orientamento verso<br />
colture a basso fabbisogno di lavoro, come le energe-<br />
Pietrelcina<br />
Venticano<br />
2 3 4 5 2 3 4 5 2 3 4 5<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
Fig. 1. Produzioni medie di granella per cultivar e zona, con barre di confidenza al 95%.<br />
Pr<br />
Gl<br />
At<br />
Sh Fm<br />
Tr Hl<br />
Gl<br />
DkTr<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Portico<br />
tiche, o in casi di conversione verso ordinamenti zootecnici.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano<br />
Piccirillo di Portico e Gennaro Grasso di Venticano per<br />
l'ottima assistenza alla conduzione <strong>dei</strong> saggi nelle rispettive<br />
aziende e il dr Filippo Piro del CRA-ORT per la collaborazione<br />
all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
Signori et al. , 2001. Buone rese con la soia nonostante la siccità.<br />
Notiziario Ersa1, 34-37<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
Peso di 1000 semi (g)<br />
220<br />
200<br />
180<br />
160<br />
140<br />
Fm<br />
Hl<br />
Pt<br />
Ar<br />
At Tr Gl<br />
Dk<br />
Sh<br />
Hl Pr<br />
2 3 4 5<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
Fig. 3. Relazione tra produzione di granella e peso specifico<br />
della granella. Medie e tendenze per le zone sono indicate<br />
dalle iniziali in carattere più grande e dalle linee punteggiate,<br />
le medie degli ibridi dalle abbreviazioni in carattere più piccolo,<br />
le zone dal colore.<br />
Sh<br />
Sh<br />
Ar<br />
Fm<br />
Gl<br />
Fm<br />
Vn Gl Hl<br />
Dk At<br />
Ar<br />
Tr<br />
At<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
TrDk<br />
●<br />
●
girasole.qxp 25/02/2008 10.24 Pagina 25<br />
Introduzione<br />
Tra le oleaginose il girasole ha caratteristiche agronomiche<br />
e fisiologiche, particolarmente precocità e<br />
resistenza all'aridità, che ne consentono la coltivazione<br />
anche in aree marginali con basso impiego di<br />
mezzi agrotecnici.<br />
<strong>Co</strong>n le prove oggetto di questa nota abbiamo inteso<br />
verificare la produttività del girasole di tipo altoleico<br />
in relazione alla possibilità di costituire filiere<br />
agroenergetiche sostenibili sotto i profili<br />
ambientale ed economico per le aree interessate<br />
dalla dismissione del tabacco<br />
Materiali e metodi<br />
Le prove sono state condotte a Sparanise e Portico<br />
(CE) e a Venticano e Frigento (AV), con un campione<br />
di 11 cultivar saggiate secondo criteri di confronto<br />
varietale in un disegno a blocchi replicato<br />
tre volte, con parcelle di 12 m 2 . Eccettuata la cultivar<br />
di riferimento Linsol, tutte le altre sono considerate<br />
di tipo altoleico.<br />
La semina è stata eseguita con seme in eccesso<br />
a file distanti 50cm, nella prima decade di aprile in<br />
provincia di Caserta e nella seconda decade in provincia<br />
di Avellino, e le piantine sono state diradate<br />
a una densità di 67.000 piante/ha una decina di<br />
giorni dopo l'emergenza.<br />
Le colture sono state fertilizzate con 80 unità/ha<br />
di N, somministrate 1/3 alla preparazione del terreno<br />
e 2/3 in copertura. In tutte le zone è stato eseguito<br />
un intervento irriguo allo stadio di bottone fiorale,<br />
quando inizia la massima suscettibilità allo<br />
stress idrico (Interlandi et al., 2007).<br />
<strong>Co</strong>me epoca di fioritura di una parcella è stato<br />
considerato il giorno in cui il 50% delle piante si<br />
presentava fiorita. A tale epoca sono state eseguite<br />
le misure di sviluppo vegetativo. La raccolta è stata<br />
eseguita nell'ultima decade di agosto, determinando<br />
la resa sulle due file centrali della parcella e rilevando<br />
il numero di piante spezzate e allettate.<br />
Le risposte sono state analizzate in relazione ai<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 25<br />
Il girasole di tipo altoleico per filiere agroenergetiche nelle aree<br />
tabacchicole campane<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Interlandi G, Raimo F, Napolitano A, Vicidomini S<br />
CRA-CAT, Unità di ricerca per le alternative al tabacco,<br />
Via P. Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
trattamenti per singolo ambiente con un modello a<br />
effetti fissi e globalmente per la specie con un<br />
modello a effetti casuali per quantificare la variazione<br />
delle risposte considerate a livello di specie.<br />
L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R (R<br />
<strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong><br />
pacchetti contribuiti lme4 (Bates, 2007) e Hmisc<br />
(Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
Le colture hanno beneficiato di condizioni meteorologiche<br />
favorevoli nella prima fase, ma il periodo di<br />
fine ciclo è stato stata particolarmente caldo e secco.<br />
La produzione media per cultivar è variata tra le<br />
2,3 t/ha di Carnia a Frigento e le 5,5 t/ha di Trisun860<br />
a Portico e la variabilità è stata determinata prevalentemente<br />
da fattori locali a livello del terreno e secondariamente<br />
in ugual misura dalle differenze di<br />
ambiente e dalle differenze varietali (fig. 1 e tab. 1).<br />
La variabilità locale è risultata massima a Frigento e<br />
minima a Sparanise, dove tutte le cultivar hanno fornito<br />
rese ugualmente elevate. Le rese sono state simili<br />
per la maggior parte delle cultivar anche a<br />
Venticano, ma a un livello produttivo inferiore. In<br />
contrasto, a Frigento e a Portico le cultivar hanno<br />
mostrato differenze di resa consistenti, e quella più<br />
produttiva (Trisun860) ha fornito rispettivamente il<br />
40% e il 50% in più di granella rispetto alla meno<br />
produttiva (Carnia).<br />
Nelle zone più calde della provincia di Caserta la<br />
maggiore produzione di granella è stata accompagna-<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la produzione di granella,<br />
il peso di 1000 semi e l'epoca di fioritura di 11 varietà di<br />
girasole in quattro ambienti.
girasole.qxp 25/02/2008 10.24 Pagina 26<br />
26 <strong>Co</strong>zzolino et al Il girasole altoleico<br />
ta anche da una maggiore precocità,<br />
mentre nell'ambiente più<br />
sfavorevole di Frigento la resa è<br />
aumentata con la lunghezza del<br />
ciclo (fig. 2). Heroic è risultata<br />
consistentemente la cultivar più<br />
precoce, mentre la lunghezza<br />
del ciclo è variata considerevolmente<br />
da una zona all'altra per<br />
la maggior parte delle cultivar.<br />
La dimensione <strong>dei</strong> semi, positivamente<br />
correlata con il livello<br />
di resa, non è stata influenzata<br />
Trisun860<br />
Viviana<br />
Heroic<br />
PR64H41<br />
Proleic204<br />
Oleko<br />
Linsol<br />
MAS97OL<br />
PR64H61<br />
Gamasol<br />
Carnia<br />
molto dall'ambiente per la maggior parte delle cultivar,<br />
eccettuata la Trisun860, che ha prodotto semi<br />
particolarmente grossi nell'ambiente di Frigento<br />
(fig. 3). Questa cultivar si è fatta notare per un alto<br />
livello sia di produzione che di stabilità di risposta<br />
al variare delle condizioni ambientali.Nonostante<br />
la stagione particolarmente asciutta il girasole ha<br />
mostrato di poter fornire produzioni elevate nelle<br />
zone considerate, confermando le notevoli capacità<br />
di adattamento anche in condizioni di scarse<br />
disponibilità idriche. Tuttavia, a un prezzo di 200<br />
euro/t la coltura del girasole nelle condizioni considerate<br />
può offrire un ricavo prevedibile di 700-900<br />
euro/ha, per cui potrebbe essere considerata in ordinamenti<br />
senza tabacco solo per aziende abbastanza<br />
grandi condotte con minimo impiego di lavoro<br />
umano.<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
5<br />
4<br />
3<br />
Hr<br />
Hr<br />
Hr PH6<br />
Ol<br />
Ol PH4<br />
Gm<br />
Hr<br />
Vv<br />
T8<br />
T8<br />
P<br />
F<br />
S<br />
Ln<br />
Ol PH4 Gm<br />
Vv Cr<br />
PH6 MAPH4<br />
P2 MA<br />
Ln<br />
PH4V Ol MA Cr<br />
PH6<br />
MA<br />
PH6<br />
Ln<br />
65 70 75<br />
Giorni alla fioritura<br />
Fig. 2. Produzione di granella di 11 varietà di girasole in quattro<br />
ambienti in relazione alla lunghezza del ciclo vegetativo. I dati<br />
relativi agli ambienti sono distinti con il colore, le medie per<br />
ambiente e cultivar sono indicate dalle posizioni delle relative<br />
abbreviazioni.<br />
Cr<br />
Cr<br />
P2<br />
●<br />
Frigento<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Venticano<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Portico<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Sparanise<br />
2 3 4 5 6 2 3 4 5 6 2 3 4 5 6 2 3 4 5 6<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
Fig. 1. Produzione di granella di 11 varietà di girasole in quattro ambienti, con barre di confidenza<br />
al 95%.<br />
Ln<br />
Gm<br />
Vv<br />
P2 Vv<br />
Gm<br />
T8<br />
T8<br />
Peso di 1000 semi (g)<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
Cr<br />
Ln<br />
Ln<br />
PH6<br />
Hr<br />
PH4 Ol<br />
FV P<br />
S<br />
Hr Gm<br />
Ol<br />
P2<br />
PH4<br />
Vv<br />
Gm<br />
Cr MA<br />
PH6<br />
MA<br />
P2<br />
Ln<br />
PH4<br />
OlLn<br />
Hr<br />
Cr Ol Cr T8<br />
Hr<br />
MA Gm<br />
Vv P2PH6<br />
MA PH6<br />
Vv PH4 P2<br />
Gm<br />
Vv<br />
3 4 5<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Fig. 3. Peso di 1000 semi di 11 varietà di girasole in quattro<br />
ambienti in funzione del livello di produzione. I dati relativi agli<br />
ambienti sono distinti con il colore, le medie per ambiente e<br />
cultivar sono indicate dalle posizioni delle relative abbreviazioni.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano<br />
Piccirillo di Portico, Izzo Clementina di Sparanise,<br />
Gennaro Grasso di Venticano e Franco Stanco di<br />
Frigento, per l'ottima assistenza alla conduzione <strong>dei</strong><br />
saggi nelle rispettive aziende, e il dr Filippo Piro del<br />
CRA-ORT di Pontecagnano per la collaborazione<br />
all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
Interlandi G, <strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Raimo F, Del Gaudio C,<br />
Paino, Zeno G, 2007.Studio sulla adattabilità del girasole ad<br />
alto contenuto di acido oleico per la riconversione del<br />
tabacco nelle aree interne del beneventano.Risultati finali<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.1 239-242<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
T8<br />
T8
colza.qxp 25/02/2008 10.21 Pagina 27<br />
Introduzione<br />
Lo sviluppo mondiale della filiera bioenergetica ha<br />
riacceso l'interesse italiano per il colza, per il quale le<br />
superfici investite nel 2007 sono raddoppiate a 7000<br />
ettari rispetto all'anno precedente (dati ISTAT). Il biodiesel<br />
prodotto in Europa proviene per tre quarti da<br />
colza e per un quinto da girasole. Nel 2006 la coltura<br />
ha interessato prevalentemente la Toscana, Lazio e<br />
Basilicata (Menguzzato e Rossetto, 2007). <strong>Co</strong>n questa<br />
prova abbiamo voluto verificare la produttività del<br />
colza nelle aree tabacchicole campane e l'idoneità per<br />
un possibile impiego in ordinamenti colturali senza<br />
tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La verifica è stata condotta a Sparanise e Portico, in<br />
provincia di Caserta, e a Venticano, in provincia di<br />
Avellino, su precessione di tabacco, con sei cultivar<br />
allevate secondo le modalità di un confronto varietale,<br />
in un disegno a blocchi replicato tre volte, con parcelle<br />
di 20 m 2 .<br />
La semina è stata eseguita con seme in eccesso a<br />
file distanti 45cm il 24/10/2006 a Venticano, il 25/10 a<br />
Portico e il 26/10 a Sparanise, rispettivamente con<br />
100, 80 e 80 semi/m 2 . Successivamente è stato effettuato<br />
un diradamento per ottenere l'investimento programmato<br />
di 60 piante m 2 . Soltanto a Venticano è stata<br />
eseguita una concimazione fosfatica presemina con 50<br />
kg/ha di P 2 O 5 . La concimazione azotata è stata dosata<br />
in base all'accrescimento delle piante a fine gennaio<br />
secondo le buone pratiche di produzione integrata del<br />
colza (AA.VV.,1999), somministrando 90 unità/ha di<br />
N a Portico e Sparanise e 120 unità/ha a Venticano, in<br />
due frazioni: 40% all'inizio di febbraio e il resto all'inizio<br />
della levata. Il controllo delle malerbe è stato effettuato<br />
con un intervento di sarchiatura. Non si sono resi<br />
necessari trattamenti antiparassitari. La raccolta è stata<br />
eseguita nella prima decade di giugno, determinando<br />
la produzione su aree di saggio di 2 m 2 .<br />
Le risposte sono state analizzate in relazione ai<br />
trattamenti per singolo ambiente con un modello a<br />
effetti fissi e globalmente per la specie con un model-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 27<br />
Il colza da olio per le aree tabacchicole della regione Campania<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Zeno G, Oppito G, Interlandi G<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
lo a effetti casuali per quantificare la variazione delle<br />
risposte considerate a livello di specie. L'analisi <strong>dei</strong><br />
dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono<br />
state eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re Team, 2007),<br />
utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti contribuiti<br />
lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La coltura ha beneficiato di condizioni meteorologiche<br />
favorevoli allo sviluppo, con temperature sopra la<br />
media. Le precipitazioni sono state sufficienti per le<br />
esigenze della coltura. Nel campo di Venticano un<br />
ristagno idrico nel mese di novembre ha creato qualche<br />
problema di asfissia alle piantine germinate.<br />
La produzione di granella per cultivar è variata da<br />
da tre a poco meno di sei tonnellate per ettaro (fig. 1),<br />
con un valore medio di 4,2 t/ha (tab. 1). La maggior<br />
parte della variabilità della resa, come pure dello sviluppo<br />
vegetativo, è stata determinata dalle differenze<br />
tra le zone più calde (Portico e Sparanise) e la zona<br />
relativamente più fresca (Venticano), per la quale non<br />
si può escludere qualche danno per l'eccessiva umidità<br />
nella prima fase della coltura.<br />
Pluto, con una produzione di granella tra 3,8 e 5,8<br />
t/ha, è risultata la cultivar a più alta resa in tutti e tre<br />
gli ambienti, seguita da Pulsar e Plenty, che però<br />
hanno dato <strong>risultati</strong> alquanto incosistenti tra gli<br />
ambienti, la prima apparendo più sensibile nell'ambiente<br />
più fresco, la seconda giovandosi meno dell'ambiente<br />
più caldo.<br />
<strong>Al</strong>la densità di semina utilizzata un maggiore sviluppo<br />
vegetativo ha comportato un aumento della percentuale<br />
di allettamento, che a Sparanise ha raggiunto<br />
punte superiori al 40%, con la cultivar Dante (fig. 2).<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la resa, il peso di 1000<br />
semi, l'altezza della pianta e la percentuale di allettamento di<br />
colza coltivato in tre ambienti.
colza.qxp 25/02/2008 10.21 Pagina 28<br />
28 <strong>Co</strong>zzolino et al Il colza da olio..<br />
Quest'ultima e Pulsar sono risultate<br />
relativamente più sensibili al problema,<br />
anche nelle condizioni<br />
meno predisponenti di Venticano.<br />
Le dimensioni della granella<br />
sono relativamente indipendenti<br />
dal livello di resa e molto influenzate<br />
da fattori locali a livello di parcella<br />
(fig. 3 e tab. 1). Pulsar, per<br />
esempio, ha prodotto i semi più<br />
grossi a Sparanise e semi di peso<br />
inferiore alla media a Venticano; i<br />
semi di Pluto prodotti a Sparanise<br />
Pluto<br />
Pulsar<br />
Plenty<br />
Lilian<br />
Dante<br />
<strong>Co</strong>urage<br />
avevano un peso inferiore del 9% a quello <strong>dei</strong> semi di<br />
Portico e Venticano. Nel complesso le cultivar meno<br />
produttive (Dante e <strong>Co</strong>urage) hanno prodotto semi<br />
relativamente più grossi, mentre la cultivar a resa intermedia<br />
Plenty si è caratterizzata per i semi più piccoli.<br />
Tenuto conto delle condizioni ambientali relativa-<br />
<strong>Al</strong>lettamento (%)<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
Pls<br />
CrPlt<br />
V Ll<br />
Pln<br />
Dn<br />
Pln<br />
Pln<br />
100 120 140 160 180<br />
<strong>Al</strong>tezza pianta (cm)<br />
Fig. 2. Relazione tra sviluppo in altezza delle cultivar di colza e la<br />
percentuale di allettamento. Le cultivar sono indicate con nomi<br />
abbreviati, le zone con le iniziali e il colore, la tendenza generale<br />
con la linea intera grigia, le tendenze zonali con le linee punteggiate<br />
in colore.<br />
mente buone per lo sviluppo della coltura, possiamo<br />
ritenere soddisfacenti i livelli di resa ottenuti. A un<br />
prezzo di 250-300 euro/t nelle condizioni ambientali<br />
considerate si può attendere dalla produzione di colza<br />
un ricavo tra 900 e 1500 euro/ha, chiaramente inadeguato<br />
in riferimento a ordinamenti colturali sostitutivi<br />
del tabacco, tenuto conto che la coltura occupa il suolo<br />
per 8-9 mesi. Anche se può svolgere un apprezzabile<br />
ruolo di cover-crop autunno-vernina per la gestione<br />
dell'azoto, il colza difficilmente potrà essere considerato<br />
negli ordinamenti tendenzialmente intensivi di<br />
aziende medio-piccole.<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Venticano<br />
●<br />
●<br />
Portico<br />
3 4 5 3 4 5 3 4 5<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
Fig. 1. Produzione di granella per cultivar di colza in tre ambienti, con barre di confidenza<br />
al 95%.<br />
Ll S<br />
P<br />
Plt<br />
LlPls<br />
Pls<br />
Cr<br />
Plt<br />
Cr<br />
Dn<br />
Dn<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano i signori Gaetano<br />
Piccirillo di Portico, Clementina Izzo di Sparanise e<br />
Gennaro Grasso di Venticano, per l'ottima assistenza alla<br />
conduzione <strong>dei</strong> saggi nelle rispettive aziende, e il dr<br />
Filippo Piro del CRA-ORT per la collaborazione all'analisi<br />
<strong>dei</strong> dati e alla presentazione <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Peso di 1000 semi (g)<br />
4,2<br />
4,0<br />
3,8<br />
Ll<br />
Dn<br />
Cr<br />
3 4 5<br />
Produzione di granella (t/ha)<br />
Fig. 3. Relazione tra peso di 1000 semi e produzione di granella<br />
di cultivar di colza. Le cultivar sono indicate con nomi abbreviati,<br />
le zone con le iniziali e il colore, la tendenza generale con la linea<br />
intera grigia, le tendenze zonali con le linee punteggiate in colore.<br />
Letteratura citata<br />
Menguzzato A, Rossetto L, 2007. Le aspettative sul biodiesel<br />
fanno da traino al colza italiano. Speciale L'informatore<br />
agrario 33:33-36<br />
AAVV,1999. Manuale di corretta prassi per la produzione integrata<br />
del colza. 3A- Parco Tec. Agroalimentare dell'Umbria<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F, e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat. mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria,<br />
http://www. R-project. org.<br />
●<br />
●<br />
Ll<br />
Dn<br />
V Cr<br />
Pls<br />
Pln<br />
Plt<br />
Dn<br />
Cr<br />
Pln<br />
Pls<br />
S<br />
P<br />
Pln<br />
Sparanise<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Ll<br />
Plt<br />
Pls<br />
Plt<br />
●<br />
●
kenaf.qxp 25/02/2008 10.25 Pagina 29<br />
Introduzione<br />
Il kenaf, specie annuale a rapida crescita originaria<br />
del sud-est asiatico, è stata studiata per la produzione<br />
di fibre tessili e carta e fornisce fibre per isolamento<br />
termico-acustico e pellets per usi energetici.<br />
La pianta sviluppa un esteso apparato radicale, che<br />
le consente di utilizzare terreni di modesta fertilità<br />
e di essere gestita con limitato impiego di fertilizzanti,<br />
e inoltre forma una fitta vegetazione che soffoca<br />
le malerbe (Desiderio et al, 1994). La nostra<br />
sperimentazione ha mirato a valutare l'effetto della<br />
concimazione azotata sulla produzione di biomassa<br />
di due cultivar di kenaf in condizioni di sussidio<br />
idrico limitato.<br />
Materiali e metodi<br />
La sperimentazione è stata effettuata nell'anno<br />
2007 con quattro livelli di azoto (0, 50, 100 e 150<br />
kg/ha di N) e con le cultivar <strong>Ta</strong>inung2 e Dowling,<br />
su un terreno argilloso-limoso a Calvi e argillososabbioso<br />
a S. Agata <strong>dei</strong> Goti, in un disegno a blocchi<br />
replicato tre volte, con parcelle di 20 m 2 .<br />
Il terreno, coltivato precedentemente a pomodoro,<br />
è stato concimato in presemina con 60 kg/ha di<br />
P 2 O 5 e nell'occasione è stata anticipata la quota<br />
minima dell'azoto, rimandando il resto a un intervento<br />
allo stadio di quarta foglia. La semina è stata<br />
fatta in eccesso nella prima decade di maggio, a file<br />
distanti 50cm, con diradamento successivo alla densità<br />
di 35 piante m 2 . Le piogge dopo la semina<br />
hanno favorito germinazione e attecchimento delle<br />
piantine, rendendo non necessaria una irrigazione.<br />
In seguito alte temperature e assenza di precipitazioni<br />
hanno indotto ad eseguire tre interventi irrigui,<br />
erogando un totale di 180mm a Calvi e e 240mm a<br />
S. Agata. Il controllo delle malerbe è stato effettuato<br />
con un intervento di sarchiatura. La resa è stata<br />
determinata raccogliendo le due file centrali della<br />
parcella, nella seconda decade di ottobre, ed eliminando<br />
una porzione apicale erbacea di 10cm. Dopo<br />
misure di sviluppo degli steli, un campione di 30<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 29<br />
Risposta del kenaf a differenti livelli di concimazione azotata<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
piante è stato passato in stufa a 105°C per 48 ore per<br />
determinare la biomassa secca.<br />
Le risposte sono state analizzate in relazione ai<br />
trattamenti per singolo ambiente con un modello a<br />
effetti fissi e globalmente per la specie con un<br />
modello a effetti casuali per quantificare la variazione<br />
delle risposte considerate a livello di specie.<br />
L'analisi <strong>dei</strong> dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong> sono state eseguite nell'ambiente R (R<br />
<strong>Co</strong>re Team, 2007), utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong><br />
pacchetti contribuiti lme4 (Bates, 2007) e Hmisc<br />
(Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La biomassa secca è aumentata con l'aumento del<br />
livello di fertilizzazione azotata in entrambe le<br />
zone e per entrambe le cultivar. La più produttiva<br />
(<strong>Ta</strong>inung) ha mostrato tuttavia una risposta più<br />
limitata all'azoto, raggiungendo un plateu intorno<br />
ai 100 kg/ha di N somministrato, mentre l'altra<br />
(Dowling) ha risposto in modo lineare in tutto l'intervallo<br />
di livelli sperimentato (fig. 1). Quest'ultima,<br />
inoltre, ha mostrato una risposta più debole<br />
all'azoto insieme con un livello di produzione in<br />
biomassa secca e uno sviluppo vegetativo considerevolmente<br />
più bassi a S. Agata (fig. 2). Il rapporto<br />
tra resa percentuale in biomassa secca e produzione<br />
di biomassa fresca indica che le piante della<br />
Dowling a S.Agata non solo si sono sviluppate<br />
meno, ma avevano anche un maggior contenuto<br />
d'acqua, mentre a Calvi hanno fatto realizzare una<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la biomassa secca, la<br />
resa in secco e il volume del fusto di due cultivar di kenaf allevate<br />
a quattro livelli di azoto in due ambienti.
kenaf.qxp 25/02/2008 10.25 Pagina 30<br />
30 <strong>Co</strong>zzolino et al <strong>Co</strong>ncimazione azotata del kenaf<br />
Figura 1. Produzione di biomassa secca di due cultivar di kenaf in<br />
due ambienti funzione del livello di fertilizzazione azotata, con<br />
barre di confidenza al 95%.<br />
Fig. 2. Volume del fusto di due cultivar di kenaf in due ambienti<br />
funzione del livello di fertilizzazione azotata. I simboli indicano le<br />
repliche e la linea un'interpolazione non parametrica<br />
resa in secco superiore a quella della <strong>Ta</strong>inung (fig. 3).<br />
<strong>Co</strong>nsiderato che in questa località sono stati dati<br />
60mm di acqua in più rispetto all'altra, si può ipotizzare<br />
che la Dowling sia adattata a condizioni di<br />
limitate risorse idriche e quindi risponda negativamente<br />
a un miglioramento del livello di umidità. In<br />
confronto la resa in biomassa secca della cultivar<br />
<strong>Ta</strong>inung è rimasta allo stesso livello nelle due zone.<br />
La variabilità indotta dal fattore varietale per<br />
sviluppo vegetativo e produzione di biomassa è<br />
Fig. 3. Relazione tra resa in secco e produzione di biomassa fresca<br />
di due cultivar di kenaf in due ambienti funzione del livello di<br />
fertilizzazione azotata. Le cultivar e gli ambienti sono indicati con<br />
le iniziali <strong>dei</strong> nomi e gli ambienti anche con il colore; le frecce in<br />
grigio indicano gli scostamenti delle posizioni delle cultivar dall'ambiente<br />
di Calvi a quello di S.Agata.<br />
risultata pertanto nettamente più rilevante di quella<br />
prodotta dalla concimazione azotata, mentre per la<br />
resa in secco è risultata importante l'interazione<br />
varietà-ambiente e del tutto trascurabile l'effetto<br />
dell'azoto (tab. 1). Ciò vuol dire che per proporre il<br />
kenaf nell'ambiente considerato è opportuna una<br />
previa selezione sperimentale di cultivar dotate di<br />
buona stabilità, come la <strong>Ta</strong>inung2.<br />
Ringraziamenti. Un particolare ringraziamento è rivolto<br />
ai signori Bruno Viscusi e Maria Gerarda Vesce per l'assistenza<br />
alla conduzione <strong>dei</strong> saggi nelle rispettive aziende<br />
e al dr Filippo Piro del CRA-ORT di Pontecagnano<br />
per la collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla presentazione<br />
<strong>dei</strong> <strong>risultati</strong>.<br />
Letteratura citata<br />
AAVV, 1994. Adattamento e resa di varietà di kenaf in Italia<br />
centrale e settentrionale. L'Informatore Agrario 13:27-38.<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12, http://biostat.<br />
mc. vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project.<br />
org.
sorgo.qxp 25/02/2008 10.31 Pagina 31<br />
Introduzione<br />
Lo sviluppo delle colture da biomassa per la produzione<br />
di energia è ritenuto attualmente necessario per<br />
integrare con fonti rinnovabili le risorse energetiche<br />
della terra. Si pensa che l'uso di fonti energetiche vegetali<br />
dovrebbe anche frenare l'immissione di CO 2 nell'atmosfera,<br />
facendo parte quella così immessa di un<br />
mero riciclo. Per gli ambienti agronomici più marginali<br />
le colture da biomassa rappresentano un contributo<br />
allo sviluppo economico e un mezzo per migliorare la<br />
stabilità <strong>dei</strong> suoli (Fagnano e Postiglione, 2002). <strong>Co</strong>n<br />
la prova oggetto di questa nota abbiamo inteso verificare<br />
il livello di biomassa conseguibile con il sorgo in<br />
rapporto alla concimazione azotata in condizioni di<br />
limitato apporto idrico nelle aree tabacchicole interne<br />
della Campania, allo scopo di valutare la possibilità di<br />
includere tale coltura in ordinamenti economicamente<br />
sostenibili senza tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La sperimentazione è stata effettuata nel biennio 2006-<br />
07 a Venticano, su un suolo argilloso-limoso, con due<br />
cultivar di sorgo da biomassa (H133 e H952) a due<br />
livelli di concimazione azotata, (100 e 200 kg/ha di N),<br />
in un disegno a blocchi ripetuto tre volte, con parcelle<br />
di 30 m 2 .<br />
Prima della semina, eseguita a file distanti 50 cm<br />
nella prima decade di maggio su terreno precedentemente<br />
coltivato a tabacco, sono stati somministrati 60<br />
kg/ha di P 2 O 5 e un terzo dell'azoto, per gli altri due<br />
terzi distribuito dopo il diradamento a 20 piante m 2 .<br />
Modesti interventi irrigui sono stati eseguiti dopo la<br />
semina e allo stadio di 14-15 foglie. Il controllo delle<br />
malerbe è stato effettuato con un intervento di sarchiatura.<br />
La raccolta è stata eseguita dopo 15 giorni dalla<br />
data di fioritura, stadio nel quale si ritiene sia massima<br />
la quantità di sostanza secca accumulata dalle piante<br />
(Peyre,1979), utilizzando un'area di saggio di 2m 2 per<br />
determinare la resa areica in biomassa fresca e secca,<br />
dopo passaggio in stufa a 105° per 48 ore.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 31<br />
Influenza di cultivar, concimazione azotata e stagione sulla produzione<br />
di biomassa del sorgo da fibra<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Leone V, Raimo F<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it<br />
Le risposte sono state analizzate in relazione ai<br />
trattamenti per singolo ambiente con un modello a<br />
effetti fissi e globalmente per la specie con un modello<br />
a effetti casuali per quantificare la variazione delle<br />
risposte considerate a livello di specie. L'analisi <strong>dei</strong><br />
dati e la rappresentazione grafica <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> sono<br />
state eseguite nell'ambiente R (R <strong>Co</strong>re Team, 2007),<br />
utilizzando anche funzioni <strong>dei</strong> pacchetti contribuiti<br />
lme4 (Bates, 2007) e Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
Le condizioni meteorologiche delle due stagioni sono<br />
state molto differenti: temperature normali e sufficiente<br />
piovosità estiva nel 2006, temperature elevate e<br />
assenza di precipitazioni nel 2007; pertanto le stagioni<br />
saranno indicate rispettivamente come temperata e<br />
caldo-secca.<br />
La variazione stagionale ha avuto un effetto più rilevante<br />
di cultivar e livello di azoto sulla produzione e sulla<br />
resa in secco, mentre lo sviluppo vegetativo è risultato<br />
una caratteristica più spiccatamente varietale (tab. 1).<br />
Passando dalla stagione calda-secca a quella temperata<br />
la produzione di biomassa secca è aumentata in<br />
media del 28% per la più produttiva cultivar H133 e del<br />
21% per la meno produttiva H952, ed è aumentato leggermente<br />
anche il tasso di risposta all'azoto, da 10,8 a<br />
11,4 kg di biomassa per kg di N aggiunto (fig. 1). Le<br />
rese medie di biomassa secca per le combinazioni di<br />
cultivar e livello di azoto sono variate tra 21 e 35 t/ha.<br />
La produzione di biomassa è risultata una funzione<br />
lineare del livello di idoneità della stagione e<br />
dello sviluppo vegetativo, dipendente a sua volta<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Valore medio, con intervallo di confidenza al 95%, e componenti<br />
della varianza (in percentuale) per la produzione di biomassa<br />
secca, la resa in secco e il volume del fusto di due varietà<br />
di sorgo a due livelli di azoto in due stagioni.
sorgo.qxp 25/02/2008 10.31 Pagina 32<br />
32 <strong>Co</strong>zzolino et al Il colza da olio..<br />
Fig. 1. Effetto di concimazione azotata, cultivar e stagione su la<br />
produzione di biomassa secca di due varietà di sorgo a due livelli<br />
di azoto in due stagioni, con barre di confidenza al 95%.<br />
Fig. 2. Produzione di biomassa secca in funzione dello sviluppo<br />
vegetativo di due varietà di sorgo a due livelli di azoto in due stagioni.<br />
I dati relativi alle due stagioni sono distinti con il colore, le<br />
medie per stagione e trattamento sono indicate dalle posizioni <strong>dei</strong><br />
relativi nomi.<br />
dalla cultivar e dal livello di concimazione azotata<br />
(fig. 2). La stagione temperata ha incrementato la<br />
produzione di biomassa secca, nonostante abbia<br />
ridotto di circa due punti percentuali (dal 28,8% al<br />
27%) la resa in secco, che peraltro tende a ridursi<br />
con l'aumento della concimazione azotata e dello<br />
sviluppo vegetativo (fig. 3).<br />
A un prezzo di 40-45 euro/t per la biomassa<br />
secca risulta una produttività marginale dell'azoto<br />
intorno a 0,45 euro/kg, da confrontare con un prezzo<br />
dell'elemento all'ingrosso di circa 2 euro/kg.<br />
Anche senza considerare gli altri costi che la concimazione<br />
comporta, sembra che gli incrementi di<br />
produzione possibili con la concimazione azotata<br />
Fig. 3. Resa in secco in funzione dello sviluppo vegetativo di due<br />
varietà di sorgo a due livelli di azoto in due stagioni. I dati relativi<br />
alle due stagioni sono distinti con il colore, le medie per stagione<br />
e trattamento sono indicate dalle posizioni <strong>dei</strong> relativi nomi.<br />
non valgano il costo della stessa per la coltura del<br />
sorgo da biomassa nelle condizioni saggiate.<br />
<strong>Co</strong>n le quotazioni correnti del sorgo da biomassa,<br />
da una coltura nella zona considerata si possono<br />
attendere ricavi nell'ordine <strong>dei</strong> 1200-1500<br />
euro/ha, paragonabili a quelli ottenibili dalla coltura<br />
del colza in condizioni ambientali migliori, e<br />
superiori a quelli forniti dal girasole. Pertanto,<br />
anche questa specie potrebbe essere considerata in<br />
ordinamenti senza tabacco solo per aziende abbastanza<br />
grandi condotte con minimo impiego di<br />
lavoro umano<br />
Ringraziamenti. Un particolare ringraziamento è rivolto<br />
al PA Grasso Gennaro per l'assistenza alla conduzione<br />
del saggio nella propria azienda e al dr Filippo Piro del<br />
CRA-ORT per la collaborazione all'analisi <strong>dei</strong> dati e alla<br />
presentazione <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
Letteratura citata<br />
Fagnano M, Postiglione L, 2002. Sorgo da energia in ambiente<br />
mediterraneo: effetto della concimazione azotata con limitati<br />
apporti idrici. Rivista di Agronomia 36: 227-232.<br />
Peyre B, 1979. <strong>Co</strong>ntribution à l'étude du sorgho papetier.<br />
Memoire de fin d'étude. Ecole Superiéure Agronomique<br />
Pourpan, 114pp.<br />
AAVV, 1999. Manuale di corretta prassi per la produzione integrata<br />
del colza. 3A-Parco Tec. Agroalimentare dell'Umbria.<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4<br />
classes. R package version 0. 99875-7.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt. edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project.<br />
org.
fronde.qxp 25/02/2008 10.24 Pagina 33<br />
Introduzione<br />
<strong>Co</strong>n la fase <strong>II</strong> del progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. (<strong>Co</strong>lture<br />
<strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco), è continuata la sperimentazione<br />
sulle specie da fronda, impiantando<br />
Aucuba japonica, Myrtus communis, Myrtus tarentina,<br />
Pittosporum tenuifolium "Silver queen" e<br />
Asparagus medeoloides. Queste specie sono già<br />
conosciute sui mercati floricoli e utilizzate come<br />
fronda recisa per la florocomposizione; il mirto è<br />
utilizzato anche per la produzione di liquori.<br />
Materiali e metodi<br />
Il terreno utilizzato per la prova è ubicato nel<br />
comune di S. Felice a Cancello, in provincia di<br />
Caserta, presenta tessitura franca con pH neutro e<br />
buona fertilità. L'impianto è avvenuto sia in tunnel<br />
coperto con rete (al 50% di ombreggiamento) sia in<br />
pieno campo con Aucuba, Mirtus e Pittosporum;<br />
mentre A. medeoloides è stata trapiantata solo sotto<br />
rete al 75% di ombreggiamento; il trapianto è avvenuto<br />
il giorno 24 maggio 2006 utilizzando piante<br />
allevate in vaso. La densità d'impianto e le caratteristiche<br />
delle diverse specie sono riportate in tabella<br />
1. Obiettivi della prova erano di verificare: 1) la<br />
possibilità d'introduzione in provincia di Caserta<br />
delle specie in oggetto per l'utilizzo come fronda<br />
recisa; 2) le differenze di accrescimento fra le<br />
prime tre specie coltivate sotto ombreggiamento e<br />
all'esterno; 3) la risposta delle specie coltivate sotto<br />
rete ombreggiante a diversi livelli di concimazione<br />
azotata. La prova di concimazione azotata, prevedeva<br />
tre livelli (N 1 = 80 kg ha -1 , N 2 = 160 kg ha -1 ,<br />
N 3 = 240 kg ha -1 ), frazionati in tre riprese, mentre<br />
all'esterno è stata effettuata una concimazione azotata<br />
pari a 160 kg ha -1 di N (N2 -est) per tutte le<br />
specie. Durante il periodo di coltivazione sono stati<br />
eseguiti rilievi biometrici e alla fine del biennio<br />
sono stati effettuati rilievi ponderali per determinare<br />
la biomassa verde epigea. I dati sono stati analizzati<br />
utilizzando l'analisi della varianza (ANOVA).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 33<br />
Valutazione preliminare di alcune specie da fronda recisa in<br />
provincia di Caserta<br />
Raimo F 1 , Napolitano A 1 , Vatore R 1 , Vicidomini S 1<br />
1 CRA - CAT - Unità di ricerca per le colture alternative al<br />
tabacco, via P. Vitiello, 108 - Scafati (SA) -<br />
Tel. 081 8563611; Fax 081 8506206;<br />
e-mail: francesco.raimo@entecra.it<br />
Risultati<br />
Nella Fig. 1 è riportato il peso verde medio, per<br />
pianta, della parte epigea, riscontrato nelle diverse<br />
tesi su aucuba a settembre 2007, dall'analisi <strong>dei</strong><br />
dati è emerso che esiste una differenza significativa<br />
(p=0,05) per quanto riguarda il peso tra le tesi<br />
sotto rete ombreggiante e la tesi N 2 impiantata in<br />
pieno campo, anche per quanto riguarda l'altezza<br />
totale, la differenza fra le tesi ombreggiate e quella<br />
esterna, è altamente significativa (p=0,01).<br />
Per quanto riguarda l'A. medeoloides non vi è<br />
una differenza significativa, in entrambi gli anni,<br />
tra le tre tesi, sia per la lunghezza massima del<br />
festone, sia per il peso fresco espresso come grammi<br />
per metro lineare di festone (grafico 2), mentre<br />
esiste una differenza altamente significativa<br />
(p=0,01) fra i due anni per i due parametri considerati.<br />
Il pittosporo ha evidenziato un minore accrescimento<br />
all'esterno, infatti, i <strong>risultati</strong> <strong>dei</strong> rilievi<br />
effettuati sulla parte epigea delle piante raccolte a<br />
settembre 2007, hanno evidenziato che non esistono<br />
differenze significative tra le tre tesi ombreggiate,<br />
per quanto riguarda il peso verde, l'altezza e<br />
il diametro; mentre esistono differenze altamente<br />
significative (p=0,01) tra la tesi N 2 ombreggiata e<br />
la tesi N 2 esterna per i parametri considerati.<br />
Sul mirto sia sul M. communis sia sul M. tarentina,<br />
i rilievi effettuati a fine agosto 2007 non<br />
hanno mostrato differenze significative fra le tesi<br />
ombreggiate e quelle impiantate all'esterno per<br />
Fig. 1. Peso parte epigea di piante di aucuba rilevato a settembre<br />
2007
fronde.qxp 25/02/2008 10.24 Pagina 34<br />
34 Raimo et al Valutazione preliminare fronde recise..<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Principali dati relativi alle specie impiantate<br />
Fig. 2. Peso festone riscontrato su A. medeoloides nel biennio<br />
quanto riguarda l'altezza, il diametro massimo e il<br />
peso verde della parte epigea della pianta.<br />
Le principali avversità riscontrate sono state:<br />
a) su Asparagus medeoloides un attacco di acari<br />
(Tetranychus urticae, Tetranychidae), che hanno<br />
provocato decolorazioni fogliari; b) su aucuba<br />
infestazioni di cocciniglie che deturpavano in<br />
maniera evidente i germogli, l'attacco si manifestava<br />
soprattutto sulla parte basale della vegetazione;<br />
c) su Myrtus sp. vi è stato un attacco di coccide<br />
Lichtensia viburni (Signoret) (Homoptera:<br />
<strong>Co</strong>ccidae) che ha determinato su alcune piante la<br />
presenza di fumaggine, che imbrattava la vegetazione.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Nel confronto tra i due ambienti,<br />
pieno campo vs tunnel ombreggiato,<br />
solo il mirto ha evidenziato una<br />
buona adattabilità al pieno campo,<br />
mostrando livelli di accrescimento<br />
paragonabili alle piante coltivate<br />
sotto rete ombreggiante, nel caso<br />
dell’aucuba, è risultata improponibile<br />
la coltivazione in pieno campo,<br />
in quanto, anche se riesce a sopravvivere,<br />
manifesta bruciature fogliari<br />
e ridotto accrescimento. Per<br />
quanto riguarda il controllo delle<br />
avversità, gli acari su A. medeoloides<br />
sono stati controllati mediante<br />
trattamento con un prodotto a base<br />
di abamectina, mentre le cocciniglie<br />
su aucuba e mirto sono state controllate<br />
con prodotti a base di olio minerale.<br />
Ringraziamenti. Si ringrazia per la cortese collaborazione<br />
l'azienda agricola del sig. Ferrara Arcangelo, sita in<br />
S. Felice a Cancello (CE).<br />
Bibliografia<br />
Gimelli F., Giusta R. (1998) - "Note di coltivazione di due specie<br />
di recente introduzione: Eucalyptus cv "Baby Blue"<br />
(fam. Mirtacee) e Pittosporum tenuifolium cv. "Silver<br />
Queen" (fam. Pittosporaceae)" - Flortecnica, 5, 25 - 29<br />
Raimo F., Lombardi D.A., Napolitano A., Torsello R., Brunetti<br />
F., Vatore R., Casaburi S., Vicidomini S. (2007) -<br />
"Valutazione di specie da fronda recisa a basso input energetico<br />
in ambienti meridionali" in "Risultati finali del<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.", pag. 553-561.
FagdelPiano.qxp 25/02/2008 10.22 Pagina 35<br />
<strong>II</strong>l fagiolo comune (Phaseolus vulgaris L.) è un<br />
prodotto tradizionale italiano e occupa un ruolo<br />
importante nell'economia di molte regioni del<br />
nostro paese. Negli ultimi decenni molti agro-ecotipi<br />
di fagiolo sono stati sostituiti da coltivazioni<br />
selezionate, tuttavia diverse varietà locali continuano<br />
a sopravvivere nelle piccole aziende, in aree<br />
marginali, dove le tecniche agricole utilizzate<br />
restano legate ai metodi di coltivazione tradizionali<br />
del luogo. Le varietà locali, il più delle volte,<br />
prendono il loro nome dal luogo di provenienza<br />
della coltivazione stessa, come accade per il<br />
"fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone", un ecotipo campano di<br />
fagiolo, che viene coltivato nella fertile valle del<br />
fiume Calore, nell'area del salernitano.<br />
Il fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone è noto per le sue eccellenti<br />
proprietà nutrizionali, il suo delicato sapore e<br />
per l'alta digeribilità dovuta alla presenza di un<br />
tegumento sottile, quasi impalpabile. Proprietà<br />
peculiari di questo fagiolo sono un basso tempo di<br />
cottura e una scarsa tendenza alla frammentazione.<br />
<strong>Ta</strong>li caratteristiche ne fanno un prodotto conosciuto<br />
ed apprezzato.<br />
Per tutelare le sue peculiari qualità, recentemente<br />
per il fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone è stato richiesto il<br />
marchio IPG (Indicazione Geografica Protetta).<br />
La presente ricerca è stata finalizzata alla valutazione<br />
della variabilità genetica presente in popolazioni<br />
di "fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone", mediante marcatori<br />
molecolari ISSR (Inter Simple Sequence<br />
Repeats) (Zietkiewicz, 1994) e SSR (Simple<br />
Sequence Repeats) (Gupta e Varshney, 2000), allo<br />
scopo di caratterizzare e valorizzare tale coltura<br />
tipica.<br />
Sono state utilizzate cinque popolazioni di<br />
fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone, provenienti da aziende site nel<br />
comune di <strong>Co</strong>ntrone o in zone limitrofe e otto<br />
varietà italiane, tra locali e commerciali. Il DNA<br />
estratto da foglia è stato amplificato utilizzando<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 35<br />
Analisi della variabilità genetica del “Fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone”<br />
mediante marcatori molecolari<br />
del Piano L, Capone C, Sorrentino C, Abet M, Cuciniello A<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
Tel. 0818563611/37, Fax. 0818506206,<br />
e-mail:luisa.delpiano@entecra. it<br />
primer ISSR e SSR scelti tra quelli riportati dalla<br />
recente letteratura scientifica sul fagiolo (Galvan et<br />
al. 2003, Blair et al. 2003).<br />
L'analisi SSR condotta con quattro coppie di<br />
primer, specifiche per le sequenze geniche relative<br />
alle fitoemoagglutinina (PHA) ed alla cellulasi non<br />
ha rilevato alcun polimorfismo tra le popolazioni di<br />
fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone.<br />
L'analisi ISSR delle differenti varietà di fagiolo,<br />
è stata condotta con cinque primers precedentemente<br />
selezionati in base alla chiarezza e alla riproducibilità<br />
delle bande prodotte. I profili di amplificazione<br />
delle popolazioni di "fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone" esaminate<br />
hanno evidenziato un alto grado di similarità.<br />
Dall'analisi <strong>dei</strong> pattern elettroforetici ottenuti,<br />
sono state individuate 87 bande, 86 delle quali<br />
(99%) polimorfiche, ed è stata costruita una matrice<br />
0/1, in base alla presenza o assenza del prodotto<br />
di amplificazione, per ciascuno <strong>dei</strong> genotipi esaminati.<br />
Questa matrice è stata utilizzata per calcolare i<br />
coefficienti di similarità, sulla base <strong>dei</strong> quali, è stato<br />
costruito un dendrogramma UPGMA. I dati ottenuti<br />
hanno mostrato nel "fagiolo di <strong>Co</strong>ntrone" un<br />
basso polimorfismo sia inter che intra-popolazione.<br />
Dall'analisi condotta sulla base <strong>dei</strong> frammenti polimorfici<br />
ISSR, è stato evidenziato che la varietà<br />
campana del fagiolo di "<strong>Co</strong>ntrone" presenta una<br />
elevata similarità con quella toscana del "<strong>Co</strong>co".<br />
Bibliorgafia<br />
M. W. Blair, F. Pedraza, H. F. Buendia, E. Gaitan-Solis, S. E.<br />
Beebe, P. Geps, J. Thome. Development of a genome-wide<br />
anchored microsatellite map for common bean (Phaseolus<br />
vulgaris L.). Theor Appl Genet 107: 1362-1374, 2003.<br />
M. Z. Galvan, B. Bornet, P. A. Balatti, M. Branchard. Inter simple<br />
sequence repeat (ISSR) markers as tool for the assessment<br />
of both genetic diversity and gene pool origin in<br />
common bean (Phaseolus vulgaris L.). Euphytica 132:297-<br />
301, 2003.<br />
P. K. Gupta and R. K. Varshney, 2000. The development and use<br />
of microsatellite markers for genetic analysis and plant<br />
breeding with emphasis on bread wheat. Euphytica, 113,<br />
163-185.<br />
E. Zietkiewicz, A. Rafalski and D. Labuda, 1994. Genome fingerprinting<br />
by simple sequence repeat (SSR) - anchored<br />
polymerase chain reaction amplification. Genomics, 20,<br />
176-183.
FagdelPiano.qxp 25/02/2008 10.22 Pagina 36<br />
36 <strong>Co</strong>zzolino et al Il colza da olio..
artemisiaAccumulo.qxp 25/02/2008 10.19 Pagina 37<br />
Artemisia annua L. è una pianta erbacea annuale,<br />
originaria dell'Asia, che, sin dall'antichità, è stata<br />
utilizzata in Cina per le sue proprietà terapeutiche<br />
nei confronti di alcune patologie. Tra i principi attivi<br />
presenti nelle foglie di tale pianta, di particolare<br />
interesse è l'artemisinina, un prodotto molto efficace<br />
per combattere la malaria, in quanto è attivo<br />
contro le specie di Plasmodium resistenti ai comuni<br />
farmaci utilizzati. L'artemisinina è un sesquiterpene<br />
lattone che presenta un ponte perossidico il<br />
quale sembra essere responsabile delle proprietà<br />
antimalariche di tale molecola. Poiché l'artemisia<br />
ha un ciclo vegetativo praticamente coincidente<br />
con quello del tabacco e una fase di essiccazione<br />
post raccolta, tale coltura è stata proposta come una<br />
delle possibili alternative al tabacco nelle aree della<br />
Campania soggette a riconversione varietale. Sulla<br />
base <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> agronomici in precedenza ottenuti<br />
(programma <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 1), relativi all'adattamento<br />
ambientale, in alcune zone del beneventano, di<br />
genotipi di Artemisia annua L. allevati con diverse<br />
tecniche agronomiche, nell'ambito delle attività<br />
relative al programma <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 2, nel campo sperimentale<br />
di Scafati è stato avviato uno studio sull'accumulo<br />
di artemisinina durante lo sviluppo<br />
della pianta, al fine di individuare la fase in cui si<br />
ha il maggior accumulo di questo principio attivo e<br />
il momento di maggiore convenienza per effettuare<br />
la raccolta.<br />
Tre genotipi di artemisia (Pericles, Eureka e<br />
Crono), ad alto contenuto di artemisinina, sono<br />
stati allevati a due densità di investimento (11 e 5,6<br />
piante per mq.) adottando un disegno sperimentale<br />
split-plot con due ripetizioni.<br />
Ogni 15 giorni, a partire dal trapianto e fino alla<br />
fioritura, le parti aeree della pianta (foglie e fusto)<br />
sono state raccolte separatamente, pesate, essiccate<br />
in stufa a ventilazione forzata, polverizzate ed analizzate<br />
per il contenuto di artemisinina.<br />
L' analisi <strong>dei</strong> dati relativi alla crescita della<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 37<br />
Individuazione del periodo di massimo accumulo di artemisinina<br />
in genotipi di Artemisia annua L.<br />
Abet M, Interlandi G, Lombardi P, Sodano E, Nunziata R, Del Gaudio C,<br />
Di Giorgio B<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
Tel. 0818563611/37, Fax. 0818506206,<br />
e-mail:massimo.abet@entecra.it<br />
pianta ha evidenziato un leggero effetto positivo<br />
della densità d'investimento sullo sviluppo in altezza.<br />
Il maggior incremento del peso secco della<br />
pianta si è avuto nell'intervallo compreso tra 90 e<br />
105 giorni dal trapianto. Inoltre, è stato osservato<br />
che la percentuale di peso secco delle foglie sulla<br />
pianta intera, per tutte le varietà, diminuiva con lo<br />
sviluppo della pianta. Il contenuto di artemisinina<br />
nelle foglie aumentava con l'età della pianta ma<br />
con andamento diverso in dipendenza della varietà.<br />
L'incremento di artemisinina per la varietà Eureka<br />
è stato lineare fino a circa 90 giorni dal trapianto<br />
per poi stabilizzarsi ad un valore di circa 7 g/kg di<br />
peso secco, mentre per le varietà Crono e la<br />
Pericles l'incremento era praticamente nullo fino a<br />
circa 80 giorni dal trapianto per poi aumentare<br />
rapidamente, fino alla fioritura, con valori di principio<br />
attivo, pari a circa 8 g/kg di peso secco, intorno<br />
a 105 giorni dal trapianto. Per quanto riguarda<br />
l'effetto della densità di investimento sul contenuto<br />
di artemisinina nelle foglie, i valori più elevati sono<br />
stati riscontrati sempre alla densità inferiore.<br />
Durante tutte le fasi della crescita, il contenuto di<br />
artemisinina nei fusti è stato praticamente nullo.<br />
Per quanto riguarda le rese teoriche di artemisinina,<br />
è stato osservato che per la varietà Eureka è<br />
più conveniente eseguire la raccolta a circa 90 giorni<br />
dal trapianto ottenendosi una resa pari a circa 80<br />
kg/ha, anche se non è stata ancora raggiunta la<br />
massima concentrazione di artemisinina nelle<br />
foglie. Ciò è da mettere in relazione ad una eccessiva<br />
perdita di materiale fogliare oltre tale periodo.<br />
Per la varietà Crono, invece la raccolta dovrebbe<br />
essere eseguita non prima di 120 giorni dal trapianto<br />
con una resa di circa 80 kg/ha. Il periodo migliore<br />
per la raccolta della varietà Pericles è invece<br />
compreso tra i 90 e 120 giorni dal trapianto con una<br />
resa di circa 65 kg/ha.<br />
Questi <strong>risultati</strong> indicano che, sebbene la massima<br />
concentrazione di artemisinina si raggiunga alla<br />
fioritura, l'epoca ottimale per la raccolta della pianta,<br />
per l'ottenimento della massima resa di principio<br />
attivo, non coincide necessariamente con questa<br />
fase, ma deve essere attentamente valutata in<br />
dipendenza della varietà utilizzata.
artemisia.qxp 25/02/2008 10.20 Pagina 39<br />
Proprietà antitumorali dell’artemisinina<br />
Introduzione<br />
L'artemisia (Artemisia annua L.) è una pianta erbacea<br />
annuale aromatica ascritta alla tribù<br />
Anthemideae della famiglia Asteracee (Heywood e<br />
Humphries, 1977). Originaria delle steppe degli<br />
altopiani della Cina nord-orientale, come molte<br />
altre delle circa 400 specie congeneri si è acclimatata<br />
e diffusa in numerosi altri Paesi del mondo tra<br />
cui l'Italia (Van Geldre et al., 1997). La scoperta<br />
dell'artemisinina e della sua attività biologica quale<br />
prodotto antimalarico, avvenuta circa 30 anni fa<br />
(Anon., 1979), ne ha determinato la diffusione<br />
quale pianta coltivata; purtroppo però, essendo<br />
pianta a fotoperiodo breve, la coltura non appare<br />
adatta alle aree tropicali dove si registra il maggior<br />
uso farmacologico in concomitanza con la diffusione<br />
endemica della malaria, e ciò ha stimolato la<br />
ricerca di nuove aree di coltivazione tra cui quelle<br />
oggetto di sperimentazione nell'ambito del progetto<br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 2.<br />
Fattori influenzanti la produzione di artemisinina<br />
La resa in artemisinina è piuttosto bassa, a causa<br />
della sua bassa concentrazione nei tessuti fogliari e<br />
al difficile processo di estrazione. Si stima che da<br />
una tonnellata di foglie secche (circa 40 ha di<br />
superficie investita) si ottengano 6 kg di artemisinina<br />
(Hien e White, 1993). I fattori influenzanti la<br />
resa della coltura in termini di quantità di principio<br />
attivo sono molteplici. A parte i fattori climatici e<br />
agronomici (cfr. Laughlin, 1993), particolare considerazione<br />
meritano gli aspetti di carattere biologico.<br />
Localizzandosi nei tricomi ghiandolari (Duke<br />
et al., 1994), l'artemisinina si accumula nelle foglie<br />
(ca. 89% del contenuto totale della pianta), nei germogli<br />
e nei fiori, nonchè nei semi, mentre è assente<br />
nelle radici (Van Geldre et al., 1997). È stata<br />
accertata una correlazione positiva tra crescita<br />
della pianta e contenuto in artemisinina (Singh et<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 39<br />
Nicoletti R 1 , Carella A 1 , Canozo N 2 , Buommino E 2 , <strong>Co</strong>zzolino E 1 , Tufano MA 2<br />
1 CRA - Unità di Ricerca per le <strong>Co</strong>lture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco,<br />
Via Vitiello 108, 84018 Scafati (SA).<br />
Tel 0818563631 - Fax 0818506206 -<br />
Email: rosario.nicoletti@entecra.it<br />
2 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Seconda Università<br />
di Napoli, Via De Crecchio 7, 80100 Napoli<br />
al., 1988), e si stima che alla completa fioritura la<br />
sostanza raggiunga nei fiori una concentrazione da<br />
4 a 11 volte maggiore che nelle foglie (Ferreira et<br />
al., 1995), grazie anche alla trasformazione di altri<br />
composti strutturalmente correlati (acido artemisinico,<br />
artemisitene, arteannuina B), prodotti dalla<br />
pianta in quantità sensibilmente maggiori (Roth e<br />
Acton, 1989; Nair e Basile, 1993; Sangwan et al.,<br />
1993). Oltre che naturalmente per effetto della fioritura,<br />
la formazione di artemisinina dai precursori<br />
può essere incrementata artificialmente mediante<br />
trattamenti con acido gibberellico (Zhang et al.,<br />
2005). <strong>Co</strong>me altri metaboliti secondari di origine<br />
vegetale, l'artemisinina è implicata nella difesa<br />
della pianta dalle avversità biotiche; pertanto lo<br />
stato fitosanitario e, più in particolare, la presenza<br />
e l'insediamento di microrganismi fungini nei tessuti<br />
della pianta influenzano la sintesi e l'accumulo<br />
della sostanza (Nicoletti et al., 2006). Tra questi<br />
particolare considerazione meriterebbero i miceti<br />
endofiti, la cui importanza nella stimolazione di<br />
reazioni di difesa delle piante attraverso la produzione<br />
di elicitori è sempre più considerata (Strobel<br />
e Daisy, 2003; <strong>Ta</strong>n e Zou, 2001), ed è già stata<br />
messa in evidenza anche in A. annua (Wang et al.,<br />
2001).<br />
Proprietà antitumorali dell'artemisinina<br />
L'artemisinina, sesquiterpenoide classificabile<br />
come 1,2,4-trioxano, un tipo di struttura rara tra le<br />
sostanze naturali, è un potente farmaco antimalarico<br />
particolarmente adatto per combattere la malattia<br />
nelle aree dove si registra resistenza agli agenti<br />
chemioterapici tradizionali da parte dell'agente<br />
infettivo. Le proprietà dell'artemisinina e <strong>dei</strong> suoi<br />
derivati diidroartemisinina e artesunato come farmaci<br />
antimalarici sono state diffusamente trattate<br />
in letteratura (Jung et al., 2004; Sriram et al.,<br />
2004).<br />
Recentemente diversi studi indipendenti hanno<br />
evidenziato nell'artemisinina e nei suoi derivati<br />
proprietà antitumorali che preludono ad un impiego<br />
farmacologico anche in questo campo. Infatti<br />
sono già stati riportati effetti positivi nel trattamento<br />
clinico del carcinoma della laringe (Singh e<br />
Verma, 2002). Oltre a documentate proprietà antiangiogenetiche<br />
(Chen et al., 2003), il meccanismo
artemisia.qxp 25/02/2008 10.20 Pagina 40<br />
40 Nicoletti et al Proprietà antitumorali dell’artemisinina<br />
di azione biomolecolare è basato su effetti antiproliferativi,<br />
sull'induzione di apoptosi e di stress ossidativi,<br />
e su effetti diretti sugli oncogeni e su geni<br />
soppressori (Efferth, 2006). La natura multifattoriale<br />
della risposta cellulare all'artemisinina e ai<br />
suoi derivati fornisce una spiegazione, e allo stesso<br />
tempo una garanzia, circa l'assenza di un rischio<br />
derivante dall'insorgenza di resistenza, oltremodo<br />
utile per le proprietà terapeutiche del farmaco nel<br />
caso sia della malaria che del cancro (Efferth,<br />
2005). Approfondimenti condotti nell'ambito del<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 2 hanno messo in evidenza che<br />
l'artemisinina è altresì in possesso di proprietà antimetastatiche,<br />
essendo risultata efficace nell'inibire<br />
l'invasività di cellule di melanoma metastatico<br />
(A375M), attraverso la riduzione dell'espressione<br />
dell'integrina αvβ3 e della produzione di metalloproteasi<br />
(MMP-2).<br />
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ucola.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 39<br />
Introduzione<br />
Lo sviluppo della domanda <strong>dei</strong> prodotti di 'IV<br />
gamma' ha determinato una crescita rapida del settore,<br />
con l'affermazione di nuove specie e tecniche<br />
di produzione. Tra le colture di questo comparto, la<br />
rucola selvatica (Diplotaxis tenuifolia L.) è una di<br />
quelle in fase di maggiore sviluppo in diverse aree<br />
del Paese, cosa che comporta crescenti problemi<br />
fitosanitari. Attualmente non esistono cultivar selezionate<br />
per la resistenza o la tolleranza verso alcuna<br />
avversità biotica; pertanto l'impatto di patogeni<br />
e parassiti sui <strong>risultati</strong> produttivi può essere alquanto<br />
rilevante, ed una conoscenza adeguata <strong>dei</strong> fattori<br />
che influenzano la loro insorgenza e le possibilità<br />
di controllo è indispensabile per una corretta<br />
conduzione della coltivazione.<br />
Malattie crittogamiche e virosi<br />
Numerosi sono i patogeni fungini della rucola.<br />
Particolarmente quelli terricoli rappresentano un<br />
problema in rapporto sia alla loro attitudine polifaga,<br />
sia al fatto che la loro incidenza aumenta progressivamente<br />
con il succedersi <strong>dei</strong> cicli colturali,<br />
determinando danni ingenti in assenza di idonei<br />
schemi di rotazione.<br />
La coltivazione ripetuta sugli stessi appezzamenti<br />
ha rappresentato il fattore principale delle<br />
epidemie di marciume del colletto e delle radici<br />
osservate recentemente nella Piana del Sele, causate<br />
da Rhizoctonia solani AG-4 (Nicoletti et al.,<br />
2004). Le piante infette vanno incontro ad un<br />
decorso acuto (damping-off) o cronico; in quest'ultimo<br />
caso lesioni necrotiche si sviluppano su un<br />
lato del colletto e/o della parte superiore del fittone,<br />
e le piante presentano sviluppo stentato e<br />
ingiallimenti fogliari. <strong>Al</strong>tro agente di necrosi del<br />
colletto e dello stelo segnalato in varie zone del<br />
nostro Paese è Sclerotinia sclerotiorum (Garibaldi<br />
et al., 2005; Minuto et al., 2005). È facile risalire<br />
all'agente eziologico in quanto nel secondo caso i<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 39<br />
Avversità biotiche della rucola selvatica (Diplotaxis tenuifolia)<br />
Nicoletti R , Raimo F, Miccio G, Carella A<br />
1 CRA - Unità di Ricerca per le <strong>Co</strong>lture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco,<br />
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tessuti infetti divengono molli e acquosi, e vengono<br />
ricoperti da micelio bianco e dai tipici sclerozi<br />
neri. L'incidenza di S. sclerotiorum è maggiore in<br />
condizioni di umidità elevata e temperature relativamente<br />
più basse (15°C), che si realizzano in<br />
Campania in inverno o all'inizio della primavera.<br />
Dopo le epidemie recentemente segnalate in<br />
Lombardia (Garibaldi et al., 2003), la tracheofusariosi<br />
è stata riscontrata anche in coltivazioni del<br />
casertano nel 2006 (Spigno, comunicazione personale).<br />
In questo caso i sintomi della malattia consistono<br />
in una riduzione dello sviluppo delle piante<br />
colpite, con clorosi fogliare, epinastia e avvizzimento.<br />
In uno stadio avanzato si evidenzia altresì<br />
necrosi a carico <strong>dei</strong> tessuti vascolari del fittone. Si<br />
ritiene che il patogeno possa propagarsi per seme<br />
dato che uno sviluppo simile della malattia è stato<br />
registrato in aziende ubicate in località distanti<br />
dello stesso areale (Garibaldi et al., 2002). L'agente<br />
eziologico, Fusarium oxysporum, è tuttavia<br />
alquanto eterogeneo; infatti gli isolati ottenuti da<br />
piante infette sono <strong>risultati</strong> appartenenti a due<br />
diverse forme speciali, conglutinans e raphani<br />
(Catti et al., 2007).<br />
Un'altra malattia fungina trasmissibile mediante<br />
il seme, che può risultare un fattore limitante<br />
nelle coltivazione della rucola, è la peronospora.<br />
L'agente causale (Hyaloperonospora parasitica) è<br />
comune sulle Crucifere invernali in Italia senza<br />
peraltro causare danni rilevanti, ma l'ambiente protetto<br />
<strong>dei</strong> tunnel in plastica che caratterizza di solito<br />
le coltivazioni di rucola costituisce un microambiente<br />
favorevole che spesso ne determina una<br />
veloce diffusione (Minuto et al., 2004). I sintomi<br />
consistono in una picchiettatura scura ed irregolare<br />
sulla superficie superiore delle foglie; le aree<br />
necrotiche confluiscono originando aree disseccate<br />
più estese sulle quali si differenziano i segni del<br />
patogeno sotto forma di una muffa bianco-grigiastra.<br />
Le foglie colpite vanno incontro ad ingiallimento<br />
e, in casi estremi, marciscono. La malattia<br />
può avere un decorso subdolo manifestandosi dopo<br />
la raccolta sul prodotto già immesso in commercio;<br />
infatti il patogeno continua a svilupparsi alle temperature<br />
di conservazione, che semplicemente<br />
determinano un prolungamento del periodo di<br />
incubazione (Garibaldi et al., 2004). Potendo in tal
ucola.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 40<br />
40 Nicoletti et al Avversità biotiche della rucola<br />
modo essere raggiunta una soglia di danno economico,<br />
è consigliabile attuare misure di controllo.<br />
Piuttosto comune sulle Crucifere invernali in Italia<br />
(Pollini, 1991) è anche la ruggine bianca causata da<br />
<strong>Al</strong>bugo candida. Si tratta di un patogeno piuttosto<br />
eterogeneo (Choi et al., 2006) responsabile di infezioni<br />
locali sulle foglie che si manifestano sotto<br />
forma di pustole bianche distribuite per lo più sulla<br />
pagina inferiore. I tessuti circostanti possono<br />
necrotizzare portando le foglie a senescenza.<br />
<strong>Al</strong>tre malattie fungine occasionalmente osservate<br />
in Campania sono l'oidio o mal bianco causato<br />
da Erisyphe cichoracaearum e le macchie<br />
fogliari da <strong>Al</strong>ternaria (Anonimo, 2005).<br />
Quest'ultima fitopatia è causata principalmente da<br />
<strong>Al</strong>ternaria brassicicola, essendo riportato in D.<br />
tenuifolia un certo grado di resistenza nei confronti<br />
delle altre specie segnalate su Crucifere, A. brassicae<br />
e A. raphani (Klewer et al., 2002; Sharma et<br />
al., 2002). La rucola selvatica è resistente anche<br />
all'agente della gamba nera, Leptosphaeria maculans<br />
(anamorfo Phoma lingam) (Delourme et al.,<br />
2006). Invece qualche preoccupazione desta il<br />
mixomicete Plasmodiophora brassicae, agente<br />
dalla ben nota ernia delle Crucifere, malattia diffusa<br />
particolarmente nei Paesi dell'Europa centrale<br />
(Voorips, 1995), meno frequente nei nostri ambienti.<br />
Segnalata per la prima volta su D. tenuifolia in<br />
Nuova Zelanda (Pennycock, 1989), tale fitopatia è<br />
stata osservata recentemente sulla coltura in<br />
Svizzera (Buser e Heller, 2006).<br />
Tra le batteriosi, particolare considerazione<br />
merita il marciume nero causato da Xanthomonas<br />
campestris pv campestris, malattia che colpisce la<br />
maggior parte delle Brassicacee spontanee<br />
(Westman et al., 1999), segnalata recentemente su<br />
rucola selvatica in Campania (Raio e Giorgini,<br />
2005). Le foglie infette tipicamente spiccano per il<br />
colore giallo della pagina superiore, mentre la pagina<br />
inferiore diventa scura, quasi nera, da cui la<br />
denominazione della malattia. I sintomi necrotici si<br />
propagano lungo la nervatura principale, fino a raggiungere<br />
lo stelo; in tale circostanza la sopravvivenza<br />
della pianta è compromessa. <strong>Co</strong>me altre batteriosi<br />
parenchimatiche e sistemiche, il patogeno si<br />
diffonde attraverso il seme e l'irrigazione.<br />
<strong>Co</strong>me in altre colture ortive a breve ciclo praticate<br />
essenzialmente in apprestamenti protetti, le<br />
malattie virali non rappresentano un problema di<br />
primaria importanza per la rucola selvatica. In let-<br />
teratura segnalazioni su D. tenuifolia derivano<br />
essenzialmente da osservazioni quale ospite e serbatoio<br />
naturale di virus che rappresentano invece<br />
un problema rilevante su altre colture. È il caso ad<br />
esempio del virus del mosaico del cetriolo (CMV)<br />
(Cariddi et al., 2001). <strong>Al</strong>tri virus segnalati sono<br />
comuni sulle Brassicacee in genere, come il virus<br />
del mosaico giallo della rapa (TYMV) (Brunt et<br />
al., 1997), il virus del mosaico della rapa (TuMV)<br />
(Stavolone et al., 1998) e il virus del mosaico del<br />
cavolfiore (CaMV) (Moreno et al., 2004). <strong>Al</strong>tre<br />
specie del genere Diplotaxis (es. D. erucoides, D.<br />
muralis), considerate più che altro come infestanti,<br />
sono state altresì segnalate quali ospiti latenti <strong>dei</strong><br />
virus "rattle" del tabacco (TRV), dell'avvizzimento<br />
maculato del pomodoro (TSWV), della maculatura<br />
zonata del geranio (PZSV) (Lupo et al., 1991;<br />
Parrella et al., 2003; Gallitelli et al., 2004).<br />
Dopo la recente messa al bando del bromuro di<br />
metile, il cui uso nel caso della rucola era peraltro<br />
già sconsigliato nei disciplinari predisposti dalle<br />
ditte trasformatrici, il controllo delle malattie crittogamiche<br />
è divenuto piuttosto problematico su<br />
diverse colture orticole. I prodotti attualmente<br />
disponibili per la disinfestazione del suolo, come il<br />
metham sodio o il dazomet, non risultano altrettanto<br />
efficaci. Il dicloran è attivo contro la S. sclerotiorum<br />
ma, dato il lungo periodo di carenza del prodotto<br />
(20 giorni), i trattamenti devono essere operati<br />
nelle prime fasi del ciclo colturale. Oltre a considerare<br />
gli effetti di alcune pratiche colturali, quali<br />
le rotazioni e l'irrigazione, i coltivatori dovrebbero<br />
adottare ogni possibile accorgimento per evitare<br />
l'incremento del potenziale di inoculo <strong>dei</strong> diversi<br />
agenti patogeni nel terreno. Uno di questi è sicuramente<br />
la solarizzazione, che però può essere praticata<br />
solo in caso l'ordinamento aziendale lo consenta.<br />
Il potere biofumigante riportato nelle<br />
Brassicacee in relazione al loro contenuto in glucosinolati<br />
(Kirkegaard e Sarwar, 1998), il cui uso è<br />
stato proposto come alternativo alla geo-sterilizzazione<br />
contro i patogeni terricoli, non appare significativo<br />
nel caso della rucola; dati sperimentali<br />
hanno infatti dimostrato che il potenziale antifungino<br />
di questa coltura si esprime solo in caso si proceda<br />
all'interramento di quantità estremamente elevate<br />
di residui colturali (Yulianti et al., 2006).<br />
L'impiego di agenti di controllo biologico, come<br />
Trichoderma spp. e <strong>Co</strong>niothyrium minitans, comincia<br />
ad essere proposto anche su questa coltura
ucola.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 41<br />
(Anonimo, 2005), e può risultare particolarmente<br />
conveniente quando la coltura viene trapiantata.<br />
Infatti l'incorporazione <strong>dei</strong> micoparassiti nel substrato<br />
di coltivazione in pre-trapianto dà loro il<br />
tempo di colonizzare la rizosfera e di esercitare<br />
un'azione preventiva. Pertanto è utile usare questi<br />
prodotti anche in caso di bassa incidenza <strong>dei</strong> patogeni<br />
terricoli in quanto in pieno campo essi sono in<br />
grado di proliferare a spese delle loro strutture di<br />
conservazione (ad esempio gli sclerozi di S. sclerotiorum)<br />
o del micelio eventualmente in fase di sviluppo<br />
saprofitico a carico <strong>dei</strong> residui colturali. Un<br />
altro criterio "ecologico" da considerare per le sue<br />
possibili ripercussioni sul controllo delle fitopatie è<br />
l'uso <strong>dei</strong> fosfiti per la concimazione fogliare che<br />
notoriamente produce un effetto di stimolo della<br />
produzione di fitoalessine (Guest e Grant, 1991).<br />
Nonostante il recente sviluppo della coltura,<br />
numerosi sono i prodotti registrati in Italia utilizzabili<br />
nel controllo chimico delle fitopatie. In particolare<br />
il ricorso all'uso di fungicidi può essere necessario<br />
contro la peronospora, nei cui confronti è efficace<br />
la miscela metalaxil M + ossicloruro di rame.<br />
Tuttavia l'uso di tale prodotto non è consentito in<br />
coltura protetta; inoltre il breve ciclo della coltura<br />
rende spesso necessario l'uso di prodotti a bassa<br />
persistenza come l'iprovalicarb (anch'esso in<br />
miscela con ossicloruro di rame), la tolylfluanid e<br />
l'azoxystrobin, presentanti un periodo di carenza di<br />
7 giorni, o leggermente superiore a basse temperature.<br />
I prodotti a base di rame, in particolare il solfato<br />
tetraramico presentano il periodo di carenza<br />
più breve e risultano efficaci contro il marciume<br />
batterico, ma il loro uso in genere è sconsigliato in<br />
quanto procurano imbrattamento del prodotto. Un<br />
altro prodotto impiegato occasionalmente è il<br />
tiram, che è pure efficace contro l'alternariosi e può<br />
essere eventualmente impiegato per il trattamento<br />
<strong>dei</strong> semi. La concia <strong>dei</strong> semi non è attualmente una<br />
pratica corrente, ma la definizione di un protocollo<br />
di sterilizzazione sarebbe particolarmente indicata<br />
per questa coltura, considerato il numero di patogeni<br />
in grado di diffondersi con questo veicolo. Una<br />
procedura di disinfezione basata sull'immersione in<br />
aceto per 15 minuti seguita da asciugatura a 25-<br />
30°C è raccomandata in Svizzera contro la peronospora<br />
(Buser e Heller, 2006).<br />
Fitofagi<br />
Le segnalazioni di insetti su D. tenuifolia riguarda-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 41<br />
no in genere specie comuni su altre Brassicacee.<br />
Citati al riguardo sono gli afidi (Brevicoryne brassicae,<br />
Myzus persicae, Lipaphis erysimi), le altiche<br />
(Phyllotreta spp.), i ferretti (Agriotes spp.), le cavolaie<br />
(Pieris spp.) e i nottuidi (Autographa gamma,<br />
Mamestra brassicae, ma particolarmente<br />
Spodoptera littoralis) (Bianco, 1995; Anonimo,<br />
2005). <strong>Al</strong>tri Lepidotteri che hanno recentemente<br />
causato danno economico sulla coltura sono la<br />
tignola (Plutella xylostella) (Ciampolini et al.,<br />
1998) e il piralide Hellula undalis (Ciampolini et<br />
al., 2001a). Nei nostri ambienti possono essere particolarmente<br />
dannose le altiche, anche in via indiretta<br />
in quanto vettori del TYMV. Le infestazioni<br />
cominciano ad osservarsi all'inizio della primavera<br />
quando gli adulti, reduci dallo svernamento, riprendono<br />
ad alimentarsi sulle foglie producendo vistose<br />
erosioni e sforacchiature; viceversa le larve, che<br />
compaiono a stagione avanzata, non sono dannose<br />
in quanto si alimentano a spese delle radici (Pollini,<br />
1991; Ciampolini et al., 2001b). Le condizioni climatiche<br />
particolarmente miti verificatesi in inverno<br />
negli ultimi anni hanno rappresentato un fattore stimolante<br />
insolite pullulazioni del collembolo<br />
Sminthurus viridis riscontrate in numerose aziende<br />
della Piana del Sele (Raimo et al., 2005). I danni<br />
sono simili a quelli prodotti dalle altiche, anche se<br />
generalmente le erosioni fogliari risparmiano l'epidermide<br />
di un lato della pagina fogliare. Le foglie<br />
danneggiate non sono commerciabili e, a parte una<br />
perdita diretta di prodotto, gli attacchi di questi<br />
fitofagi rendono necessaria un'operazione di cernita<br />
che incide sui <strong>risultati</strong> economici. Le pratiche di<br />
lotta devono prevedere un accurato controllo delle<br />
piante infestanti, specialmente nei canali di scolo<br />
circostanti i tunnel che costituiscono il microambiente<br />
ideale per l'inizio delle pullulazioni. <strong>Co</strong>me<br />
già anticipato per le malattie crittogamiche, l'uso<br />
<strong>dei</strong> pesticidi sulla rucola selvatica è reso problematico<br />
a causa del breve ciclo colturale e del tempo<br />
ridotto intercorrente tra le successive raccolte; pertanto<br />
non possono essere utilizzati insetticidi a tossicità<br />
elevata o altamente persistenti. Tra i prodotti<br />
registrati in Italia i più diffusi sono probabilmente i<br />
piretroidi, efficaci in varia misura contro tutti i fitofagi<br />
citati. Bisogna però considerare che il loro uso<br />
indiscriminato può avere ripercussioni deleterie in<br />
quanto in grado di stimolare la proliferazione di<br />
acari (Bryobia spp.), già segnalati per la loro dannosità<br />
in diverse aree italiane (Giorgini, 2001;
ucola.qxp 25/02/2008 10.29 Pagina 42<br />
42 Nicoletti et al Avversità biotiche della rucola<br />
Laffi, 2001). Un'alternativa è rappresentata dallo<br />
spinosad o dall'etofenprox, presentanti un intervallo<br />
di carenza rispettivamente di 3 e 7 giorni.<br />
L'azadiractina è un prodotto in possesso di un forte<br />
potere fagodeterrente nei confronti delle altiche<br />
(Ciampolini et al., 2001b), poco tossico e rispettoso<br />
dell'ambiente, ed efficace anche nei confronti di<br />
afidi e nottuidi. Bassa tossicità presentano anche i<br />
prodotti a base di Bacillus thuringiensis che consentono<br />
peraltro di salvaguardare il contributo fornito<br />
da alcuni parassitoidi (es. Angitia tibialis,<br />
Apanteles spp.), spesso spontaneamente in grado di<br />
contenere i nottuidi ed altri Lepidotteri al di sotto<br />
della soglia di danno (Ciampolini et al., 1998).<br />
Infine varie specie di limacce (es. Deroceras reticulatum,<br />
Arion spp.) possono arrecare danni occasionali<br />
che possono tuttavia essere controllati con<br />
l'uso di esche trattate con metal<strong>dei</strong>de o metiocarb<br />
(Anonimo, 2005).<br />
Malerbe<br />
La rucola selvatica è una pianta dotata di buone<br />
capacità competitive, grazie anche alla produzione<br />
di sostanze allelopatiche (Giordano et al., 2005),<br />
tanto che è essa stessa descritta e studiata come<br />
malerba, specialmente in Australia (Parsons e<br />
Cuthbertson, 1992; Hurka et al., 2003). Ciò nonostante,<br />
il problema delle piante infestanti è concreto<br />
anche su questa coltura, specialmente se si considera<br />
che la loro presenza rappresenta un elemento<br />
pregiudizievole per gli aspetti produttivi in termini<br />
non solo quantitativi. L'assenza di erbe contaminanti<br />
è infatti un requisito fondamentale per tutti<br />
i prodotti di IV gamma, e un oneroso intervento di<br />
cernita si rende necessario dopo la raccolta in caso<br />
il controllo in campo risulti inadeguato. La lotta<br />
alle malerbe dovrebbe essere preferibilmente condotta<br />
privilegiando mezzi diversi dagli erbicidi,<br />
essendo il numero di principi attivi registrati per<br />
l'uso su questa coltura piuttosto ridotto. Spesso<br />
inoltre il loro spettro d'azione e la loro selettività<br />
non sono adeguati. Ad esempio, i trattamenti in<br />
pre-semina generalmente effettuati nelle coltivazioni<br />
della Piana del Sele con benfluralin non riescono<br />
a controllare alcune Brassicacee spontanee,<br />
tra cui Capsella bursa-pastoris, che sta divenendo<br />
così un problema frequente, risolvibile solo con un<br />
intervento di scerbatura manuale prima della raccolta.<br />
<strong>Al</strong>tre malerbe particolarmente frequenti nelle<br />
coltivazioni di rucola sono le specie di Poa, Urtica,<br />
Amaranthus retroflexus, Portulaca oleracea,<br />
Solanum nigrum e Chenopodium album (Pimpini e<br />
Enzo, 1996). A parte il ricorso a sistemi di coltura<br />
fuori-suolo, tra i quali il più diffuso nel caso della<br />
rucola è il 'floating system', il sistema di lotta alle<br />
malerbe più efficace è rappresentato dal ricorso alla<br />
pacciamatura con film plastici di colore nero. In<br />
mancanza di questo strumento, un ruolo preventivo<br />
fondamentale deve essere svolto dalle lavorazioni<br />
o da accorgimenti quali la falsa-semina, consistente<br />
nello stimolo alla germinazione delle infestanti<br />
presenti nel terreno con un intervento irriguo eseguito<br />
prima dell'impianto.<br />
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111
Caiazzo.qxp 25/02/2008 10.27 Pagina 45<br />
Introduzione<br />
Nell'ambito del progetto di ricerca <strong>Co</strong>lture<br />
<strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco sono stati monitorati i<br />
campi per valutare la presenza di fitopatie. Il quadro<br />
generale delle colture ha evidenziato la presenza<br />
di numerose malattie ad eziologia fungina.<br />
Nessuna malattia ha raggiunto livelli epidemici ad<br />
eccezione di Sclerotinia sclerotiorum su grano<br />
saraceno (Lahoz et al. 2007) ed una malattia osservata<br />
sulle coltivazioni presenti in un campo del<br />
beneventano (Venticano), nel quale tutte le colture<br />
sono state colpite al colletto ed alle radici da un<br />
fungo che ha prodotto, ingiallimento diffuso,<br />
appassimento anche precoce ed anche la morte<br />
delle piante, come segno è stata osservata una<br />
efflorescenza biancastra sulle radici e sul colletto.<br />
Su questi tessuti sono stati prodotti dal fungo sclerozi<br />
simili a semi di senape Le colture colpite sono<br />
state: Pomodoro, Kenaf, Fagiolo, Peperone e<br />
Melanzana (Figg. 1-7).<br />
Materiali e metodi<br />
Campioni di tessuto, prelevati da piante presentanti<br />
i sintomi descritti sono stati trattati per 15s con<br />
ipoclorito di sodio all'1%, lavati in acqua sterile e<br />
posti su piastre Petri contenenti diversi substrati di<br />
crescita: PDA (Potato Dextrose Agar), PDA acidi-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 45<br />
Gravi danni da Sclerotium rolfsii su diverse colture in provincia<br />
di Benevento<br />
Caiazzo R, Carella A, <strong>Co</strong>zzolino E, Porrone F, Leone V & Lahoz E<br />
Foto 1- 2 - Sintomi su radice e colletto e campo di pomodoro con numerose fallanze dovute a<br />
S. rolfsii<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA),<br />
Tel. 0818563611/37, Fax. 0818506206,<br />
E-mail: rosa.caiazzo@entecra.it<br />
ficato a pH 4.5, V8 juice agar e inoculati a 25°C per<br />
una settimana in cella climatica. Le colonie fungine<br />
cresciute in purezza sono state sottoposte all'osservazione<br />
microscopica per il riconoscimento<br />
morfologico al quale è stato affiancato quello biomolecolare.<br />
Per avere un'identificazione inequivocabile<br />
della specie fungina, è stata eseguita un'amplificazione<br />
mediante PCR degli spaziatori interni<br />
(ITS1-5.8-ITS2) e del gene 5.8 rDNA, usando primers<br />
fungini universali (ITS1 e ITS2) (Glass and<br />
Donaldson 1995). Le colonie emergenti sono state<br />
prontamente trasferite, prelevando porzioni apicali<br />
delle ife in accrescimento, in piastre contenenti<br />
PDA. Le prove di patogenicità sono state effettuate<br />
su 5 piantine di ognuna delle colture, precedentemente<br />
poste in contenitori di polistirolo con terreno<br />
naturale sabbioso, sterilizzato in autoclave<br />
con due cicli di 1h a 120 °C. Dopo 20 gg le piantine<br />
sono state trapiantate in vasi di plastica con diametro<br />
di 20 cm ed inoculate con 20 sclerozi di<br />
Sclerotium rolfsii per 100 cm 3<br />
di terreno, fatta eccezione per<br />
la tesi di controllo dove non è<br />
stato inoculato alcun fungo.<br />
Dopo due settimane sono stati<br />
valutati i sintomi della malattia.<br />
Foto 3 - Piante di kenaf colpite da S. rolfsii<br />
Risultati<br />
Gli isolamenti condotti sui dif-<br />
ferenti substrati hanno prodot-<br />
to più del 95% di colonie fungine<br />
a crescita rapida in pos-
Caiazzo.qxp 25/02/2008 10.27 Pagina 46<br />
46 Caiazzo et al Gravi danni da Sclerotium rolfsii ...<br />
Foto 4 e 5 - Pianta e campo di peperone con danni da S. rolfsii<br />
Foto 6 - Parcella di fagiolo fortemente colpita da S. rolfsii<br />
Foto 7 - Pianta di melanzana con chiari segni di S. rolfsii<br />
Foto 8 - Sclerozi in piastra di 30 giorni<br />
sesso <strong>dei</strong> tipici sclerozi chiari<br />
ed uniformi del genere<br />
Sclerotium. Gli isolati si sono<br />
presentati in piastra uniformi<br />
nella morfologia e quattro di<br />
essi sono stati utilizzati per le<br />
fasi successive. Sia il riscontro<br />
in banca dati (NCBI) sia quello<br />
morfologico hanno fatto<br />
ascrivere con sicurezza alla<br />
specie Sclerotium rolfsii gli<br />
isolati ottenuti. L'agente è un<br />
patogeno del terreno che<br />
sopravvive sottoforma di sclerozi, (Fig. 8). Il micelio<br />
vive in condizioni ottimali in terreni acidi ad un<br />
range di temperature da 10 a 35°C. Il micelio muore<br />
a temperature prossime allo zero, mentre gli sclerozi<br />
resistono fino a circa -10°C. Il patogeno, però è<br />
diffuso soprattutto al di fuori delle aree che raggiungono<br />
regolarmente basse temperature cioè zone<br />
temperate e tropicali.<br />
Il fungo si diffonde bene nelle coltivazioni ben<br />
irrigate.<br />
Nelle prove di patogenicità gli isolati hanno confermato<br />
la loro elevata virulenza e polifagia. In alcuni<br />
casi sui tessuti e nel terreno inoculato sono stati prodotti<br />
i caratteristici "Turf" con gli sclerozi (Fig. 9).<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
L'estesa presenza nel campo di Venticano di specie<br />
colpite da S. rolfsii può essere ascritta alla storia di<br />
monocoltura di tabacco, infatti questa coltura pur<br />
albergando il patogeno raramente crea danni consistenti,<br />
però può far moltiplicare l'inoculo nel terreno,<br />
per cui la sperimentazione di nuove specie<br />
passa proprio attraverso l'analisi <strong>dei</strong> patogeni<br />
potenziali.<br />
Il controllo della malattia è difficile e dipende<br />
da un insieme di tecniche culturali, biologiche e<br />
chimiche. In particolare, S. rolfsii può essere controllato<br />
attraverso l'uso di buone pratiche culturali<br />
che prevedono:<br />
- Rotazione: Avvicendamenti con cerealicole, evitare<br />
rotazioni con leguminose. Recentemente si è<br />
osservato che seminando piante di cipolla in<br />
inverno, diminuisce sensibilmente l' attività patogenica<br />
del fungo in quanto gli essudati delle radici<br />
di cipolla rendono Sclerotium sensibile alla<br />
microflora antagonista del suolo. - eliminazione<br />
delle infestanti ospiti (es. Amaranto, Farinaccio,
Caiazzo.qxp 25/02/2008 10.27 Pagina 47<br />
Foto 9 - Sclerozi ottenuti in vivo su terreno e tessuti di pianta nelle<br />
prove di patogenicità<br />
Rafano, Senape selvatica )<br />
- lavorazioni profonde ammendamento del suolo<br />
che stimola la crescita <strong>dei</strong> microrganismi che inibiscono<br />
lo sviluppo di S. rolfsiii, tra essi principalmente:<br />
* Bacillus subtilis,<br />
* Gliocladium virens,<br />
* Penicillium,<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 47<br />
* Trichoderma harzianum,<br />
* Trichoderma viride.<br />
- calcinazioni (pH neutri e subalcalini ostacolano lo<br />
sviluppo del fungo)<br />
- buon drenaggio del terreno<br />
- in alcuni casi con la raccolta precoce delle piante<br />
Mezzi di lotta diretti:<br />
- solarizzazione che è molto efficace;<br />
- Lotta chimica: in non molti casi è praticabile in<br />
pieno campo e va modulata utilizzando prodotti<br />
registrati ed efficaci da scegliersi coltura per coltura;<br />
- lotta biologica: attraverso l'uso degli ormai numerosi<br />
prodotti registrati e contenenti quali agenti di<br />
contenimento i microrganismi già menzionati.
usso.qxp 25/02/2008 10.28 Pagina 49<br />
Introduzione<br />
Nel corso di sopralluoghi effettuati nel luglio del 2006<br />
in un'azienda sita in contrada Fenile di S. Agata <strong>dei</strong> Goti<br />
(Bn), in un campo coltivato a fagiolo, sono state notate<br />
un elevato numero di piante morte o con sintomi di<br />
grave sofferenza(Figura1).Il campo era stato predisposto<br />
per eseguire una prova agronomica di confronto<br />
varietale su fagiolo (Phaseolus vulgaris L.); allo scopo<br />
erano state seminate, in maggio, tre cv di borlotto<br />
(Splendido Nano; Granato; sel. Lingua di Fuoco) e due<br />
di cannellino (Impero Bianco e Montalbano). Le piante,<br />
indipendentemente dalla cv, mostravano sintomi analoghi<br />
con un apparato radicale fortemente danneggiato<br />
dalla presenza di numerose galle (Figura 2), sintomo<br />
questo tipico di attacco <strong>dei</strong> nematodi cecidogeni del<br />
genere Meloidogyne Goeldi. Ulteriori osservazioni sulle<br />
altre colture presenti in azienda, girasole (Helianthus<br />
annus L.), kenaf cv <strong>Ta</strong>inung 2 (Hibiscus cannabinus L.)<br />
e pomodoro (Lycopersicum esculentum L.) seminate o<br />
trapiantate nello stesso periodo, hanno evidenziato la<br />
manifestazione della medesima patologia. <strong>Co</strong>nsiderata<br />
la gravità delle infestazioni, soprattutto nei confronti del<br />
kenaf, coltura da biomassa energetica, le radici, per singola<br />
coltura, sono state poste in sacchetti di polietilene e<br />
trasferite in laboratorio per l'estrazione <strong>dei</strong> nematodi per<br />
la determinazione della specie.<br />
Materiali e metodi<br />
Gli apparati radicali delle citate specie botaniche<br />
presenti in azienda, una volta trasferiti in laboratorio,<br />
dopo opportuno lavaggio in acqua corrente, sono stati<br />
oggetto di osservazione ad uno stereomicroscopio per<br />
accertare, attraverso le femmine, la reale presenza di<br />
nematodi galligeni. In seguito dagli apparati radicali<br />
delle singole piante, in corrispondenza delle masse d'uova<br />
presenti sulle radici, sono state isolate dieci femmine<br />
mature utilizzate per l'osservazione delle impronte perineali<br />
e per il calcolo del rapporto tra la distanza fra zona<br />
cefalica e poro escretore e la lunghezza dello stiletto<br />
(PE/St) (<strong>Ta</strong>ylor, 1987); rapporto questo utilissimo come<br />
discriminante, nell'ambito della diagnostica tradiziona-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 49<br />
Danni da Meloidogyne incognita (Kofoid et White) Chitw. su<br />
colture erbacee nel beneventano<br />
Russo G, Sannino L, <strong>Co</strong>zzolino E<br />
le, per la determinazione della specie. Per rendere possibile<br />
il rilevamento di tali caratteri le femmine, prelevate<br />
dai tessuti vegetali, sono state poste in capsule Petri,<br />
tagliate a circa 2/3 della loro lunghezza, ripulite e rifinite<br />
in una soluzione di acido lattico al 45%. Le porzioni<br />
interessate, per poterle esaminare al microscopio completo,<br />
sono state montate in glicerina su vetrini portaoggetti<br />
per allestire i preparati permanenti.<br />
Risultati e discussione<br />
Le impronte perineali della quasi totalità delle femmine<br />
(Figura 3), ritenute principale caratteristica di diagnosi<br />
differenziale, mostravano un arco dorsale alto, strie cuticolari<br />
ondulate e assenza sia di campi laterali che di<br />
punteggiature tra ano e coda; il rapporto PE/St risultava<br />
essere = 1,4. Peculiarità queste tipiche di Meloidogyne<br />
incognita (Kofoid et White) Chitw. <strong>Al</strong>cuni tratti perineali,<br />
mostravano le caratteristiche di un' impronta<br />
rotondeggiante, con linee laterali appena abbozzate con<br />
archi ampi e arrotondati, ascrivibili a M. arenaria (Neal)<br />
Chitwood; anche il relativo rapporto PE/St = 2,4 ha<br />
confermato la legittimità di detta specie. Il campo pertanto<br />
risultava essere infestato da una popolazione mista<br />
con prevalenza di M. incognita. Infestazioni promiscue<br />
delle due specie, tra l'altro, soprattutto in terreni molto<br />
sciolti sono molto facili da rinvenire (Lamberti e Basile,<br />
1993).Il nematode galligeno Meloidogyne incognita,<br />
per la sua elevata polifagia e diffusione, è un pericolo<br />
per gli agricoltori che operano in tutti i segmenti agricoli<br />
e soprattutto l'orto-floricoltura in terreni sciolti in<br />
ambiente protetto. Nell'azienda in questione, se negli<br />
anni precedenti il nematode non ha creato problemi rile-<br />
CRA-CAT Unità di ricerca per le alternative al tabacco. Via P.<br />
Vitiello 108, 84018 Scafati(SA), Tel. 0818563611/37, Fax.<br />
0818506206, e-mail:eugenio.cozzolino@entecra. it Fig. 1. Campo di fagioli con sintomi di grave sofferenza
usso.qxp 25/02/2008 10.28 Pagina 50<br />
50 Russo et al Danni da Meloidogyne incognita ...<br />
Fig. 2. Radice di fagiolo rachitica e mostrante numerose galle in<br />
seguito dell'attacco di Meloidogyne incognita.<br />
Fig. 2. Impronta perineale di Meloidogyne incognita.<br />
vanti al tabacco è l'effetto del continuo utilizzo di trattamenti<br />
preventivi con nematocidi non volatili che hanno<br />
contenuto la carica del galligeno entro limiti tollerati<br />
dalla coltura. <strong>Ta</strong>li p.a. geodisinfestanti non essendo eradicanti,<br />
riescono solo a contenere la carica nematologica<br />
nei livelli sopportabili dalla coltura; aspetto questo<br />
evidentemente ancora non ben chiaro a molti operatori<br />
nel settore. Pertanto, l'assenza <strong>dei</strong> trattamenti e l'annata<br />
particolarmente calda che, abbreviando il ciclo, ha<br />
accresciuto il numero delle generazioni sono alla base<br />
dell'esaltazione <strong>dei</strong> danni. E' noto infatti al riguardo che<br />
lo sviluppo di M. incognita è possibile ad una temperatura<br />
compresa fra i 16 e i 40°C (Wallace, 1963) e che<br />
nelle Regioni mediterranee della Francia, con caratteristiche<br />
similari a quelle dell'areale oggetto di indagine, il<br />
ciclo è compreso tra i 25-90 giorni a seconda della stagione<br />
(Ritter, 1971). Da ciò si desume che nell'arco di<br />
tempo di coltivazione del fagiolo si siano completate<br />
due generazioni. Inoltre, forse anche in seguito alla contemporanea<br />
presenza del basidiomicete Sclerotium rolfsii<br />
Sacc., anch'esso estremamente polifago e particolarmente<br />
attivo a temperature elevate, i danni sono <strong>risultati</strong><br />
devastanti al punto da azzerare le produzioni. Su<br />
pomodoro, invece, pur se l'apparato radicale mostrava<br />
numerose galle, ricche di femmine e masse d'uova, le<br />
produzioni, grazie anche al trapianto che ha consentito<br />
l'attacco del nematode a radice già formata sono risultate<br />
soddisfacenti. In altre parole ciò ci conferma che in<br />
terreno infestato le colture in semina diretta subiscono<br />
danni più gravi di quelle trapiantate (Ekanayake e Di<br />
Vito, 1984; Lamberti e Basile, 1993). I danni più contenuti<br />
riscontrati su kenaf e girasole sono probabilmente<br />
da attribuire o ad una carica nematologica iniziale più<br />
ridotta presente nei terreni investiti da dette colture più<br />
che alla loro minore sucettibilità ( Di Vito et al., 1991;<br />
Sasanelli e Di Vito, 1992; Crozzoli et al., 1997; Di Vito<br />
et al., 1997). <strong>Al</strong>la luce delle risposte acquisite sulle colture<br />
in oggetto è evidente che le problematiche indotte<br />
dal nematode galligeno Meloidogyne incognita in<br />
un'areale dove l'orticoltura, tende a sottrarre spazi in<br />
maniera sempre più evidente alla coltura del tabacco<br />
può assumere dimensioni di notevole entità. <strong>Ta</strong>le situazione<br />
potrebbe essere sempre più compromessa da una<br />
tropicalizzazione del clima che, attraverso un'estate<br />
sempre più lunga e calda, è particolarmente predisponente<br />
agli incrementi <strong>dei</strong> livelli di popolazione del<br />
nematode. Si presume pertanto che negli anni a seguire<br />
se non si interviene con misure adeguate la situazione<br />
nematologica diventerà insostenibile per qualsiasi coltura.<br />
<strong>Co</strong>nsiderate le difficoltà di impiego <strong>dei</strong> p.a. geodisinfestanti<br />
volatili e non che sono in fase di valutazione e<br />
che porteranno inevitabilmente ad una contrazione delle<br />
molecole utilizzabili si ritiene che la via da perseguire è<br />
quella di trovare i giusti spazi di applicazione, soprattutto<br />
nei tempi, di vie a basso impatto ambientale quali la<br />
solarizzazione del terreno e/o biofumigazione o avvicendamenti<br />
culturali con specie a ciclo autunno-vernino.<br />
L'utilizzo di cv resistenti, altra via perseguibile, al<br />
momento ha grossi limiti applicativi in quanto solo per<br />
il pomodoro la ricerca ha prodotto materiale geneticamente<br />
resistente commercialmente valido.<br />
Letteratura citata<br />
Crozzoli R., Greco N., Suarez A. C., Rivas D. - (1997) -<br />
Pathogenicity of the root-knot nematode, Meloidogyne<br />
incognita, to cultivars of Phaseolus vulgaris and Vigna<br />
unguiculata - Nematropica 27 (1): 61-67.<br />
Di Vito M., Cianciotta V., Zaccheo G. - (1991) - The effect of<br />
population densities of Meloidogyne incognita on yeld of<br />
susceptible and resistant tomato - Nematologia mediterranea,<br />
19 (2): 265-268.<br />
Di Vito M., Piscionieri I., Pace S., Zaccheo, G. Catalano F. -<br />
(1997) - Pathogenicity of Meloidogyne incognita on Kenaf<br />
in microplots - Nematologia mediterranea, 25 (2): 165-168.<br />
Ekanayake H.M.R.K., Di Vito M. - (1984) - Effect of population<br />
densities of Meloidogyne incognita on growt of susceptible<br />
and resistant tomato plants - Nematologia mediterranea 12<br />
(1): 1-6.<br />
Lamberti F., Basile M. - (1993) - I nematodi parassiti del pomodoro<br />
- Bayer S.p.A. Divisione Agraria, pp. 24.<br />
Ritter M. - (1971) - Les nématodes des cultures - Journées d'études<br />
et d'information. Paris 3-5 novembre, pp. 27.<br />
Sasanelli N., Di Vito M. - (1992) - The effect of Meloidogyne<br />
incognita on growth of sunflower in pots. - Nematologia<br />
Mediterranea, 20 (1): 9-12.<br />
<strong>Ta</strong>ylor A.L. - (1987) - Identification and estimation of root-knot<br />
nematode species in mixed populations.- Florida<br />
Department of Agriculture and <strong>Co</strong>nsumer Services,<br />
Division of Plant Industry, Gainesville, U.S.A., pp. 73.<br />
Wallace H. R. - (1963) - The Biology of Plant Parasitic<br />
Nematodes - Arnold, London 280 pp.
aralia.qxp 25/02/2008 10.13 Pagina 51<br />
Introduzione<br />
Negli ultimi anni in Italia la coltivazione delle<br />
piante da fronda recisa è andata sempre più crescendo,<br />
spostando il suo areale di coltivazione<br />
dalla Liguria, alla Campania, alla Puglia e alla<br />
Toscana. Nell'ambito del progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.<br />
(<strong>Co</strong>lture <strong>Al</strong>ternative al <strong>Ta</strong>bacco) è stato inserito lo<br />
studio della coltivazione di specie da fronda verdi<br />
al fine di valutare il loro potenziale produttivo in<br />
alcuni ambienti meridionali, dove la loro diffusione<br />
è ancora limitata.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono state impiantate le seguenti specie: Aralia sieboldi,<br />
Aspidistra elatior, Asparagus medeoloides, sotto<br />
rete ombreggiante, ed Eucalyptus pulverulenta var.<br />
"baby blue" in pieno campo, nelle località di<br />
Benevento (Campania), Racale e Sternatia nel Salento<br />
(Puglia), inoltre è stato realizzato un campo catalogo<br />
presso l'azienda del CRA - Istituto Sperimentale per il<br />
<strong>Ta</strong>bacco sita in Monteroni (LE). L'impianto è stato<br />
effettuato in tutte le località tra l'ultima decade di maggio<br />
e la prima decade di giugno 2005, utilizzando sempre<br />
piantine in vaso. È stata effettuata una concimazione<br />
minerale di pre-impianto comune per tutte le località,<br />
con 80 kg ha -1 di N, 50 kg ha -1 di P 2 O 5 e 80 kg ha -<br />
1 di K2 O, successivamente sono state effettuate fertirrigazioni<br />
con concimi complessi. L'irrigazione è avvenuta<br />
utilizzando acqua di pozzo ed erogata mediante<br />
sistemi a microportata. La valutazione del materiale<br />
raccolto è stata effettuata quando le foglie presentavano<br />
la necessaria consistenza e colore tipico delle foglie<br />
mature prendendo in considerazione per l'aralia la larghezza<br />
delle foglie, per l'aspidistra la lunghezza delle<br />
lamine fogliare e l'integrità delle foglie, mentre per E.<br />
pulverulenta var. "baby blue" è stato valutato tutto il<br />
materiale raccolto suddividendo i germogli in diverse<br />
classi di lunghezza.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 51<br />
Valutazione di specie da fronda recisa a basso imput in tre<br />
località dell’Italia Meridionale<br />
Raimo F 1 , Napolitano A 1 , Torsello R 2 , Brunetti F 2 , Vatore R 1 , Grassi F 2 ,<br />
Vicidomini S 1<br />
Risultati<br />
Durante il ciclo colturale sono stati rinvenuti<br />
Metcalfa pruinosa (Say) su Aralia, Pinnaspis aspidistrae<br />
Sign. su Aspidistra (Sannino et al., 2006),<br />
nel mese di giugno 2006 si è verificato un forte<br />
attacco di afidi in località Racale che ha colpito la<br />
parte apicale delle piante di aralia; inoltre su<br />
entrambe le specie sono stati riscontrati attacchi di<br />
chiocciole e lumache, mentre su E. pulverulenta<br />
var. "baby blue" in tutte e tre le località si sono verificati<br />
attacchi di <strong>Al</strong>ternaria (Lauro et al., 2007). I<br />
<strong>risultati</strong> riportati sono stati rilevati nel triennio<br />
2005-2007 e rappresentano la produzione commerciale<br />
ottenuta in diverse epoche di raccolta, per<br />
tutte e tre le località menzionate nell'articolo.<br />
Nella valutazione <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> è da tener presente<br />
che nell'inverno 2006-2007 un fortunale abbattutosi<br />
nel Salento ha provocato danni all'ombraio sito<br />
in Sternatia, per cui la coltivazione è stata esposta<br />
per un certo periodo alle intemperie, con conseguenze<br />
negative sullo sviluppo delle piante.<br />
L'aralia, ha mostrato una produzione commerciale<br />
espressa in numeri di foglie per pianta<br />
(grafico 1), che è stata in totale di circa 39 foglie<br />
per Benevento, 59 foglie per Racale e 33 foglie<br />
per Sternatia. In località Benevento le piante di<br />
aralia durante l'inverno 2005-2006, a causa delle<br />
basse temperature, hanno subito l'allessatura<br />
della parte apicale, ciò nonostante col sopraggiungere<br />
della primavera le piante hanno mostrato<br />
una buona ripresa vegetativa, come si evidenzia<br />
anche dalle produzioni ottenute nel periodo<br />
successivo.<br />
1 CRA - CAT - Scafati (SA)<br />
2 CRA - CAR - Lecce (LE)<br />
Raimo F. - C.R.A. - CAT - via P. Vitiello, 108 - Scafati (SA) -<br />
Tel. 081 8563611; Fax 081 8506206;<br />
e-mail: francesco.raimo@entecra.it Grafico 1. Foglie commerciali di aralia raccolte nel triennio
aralia.qxp 25/02/2008 10.13 Pagina 52<br />
52 Raimo et al Valutazione di specie da fronda recisa..<br />
Grafico 2. Foglie commerciali di aspidistra raccolte nelle tre località<br />
L'aspidistra ha fatto registrare una produzione<br />
commerciale (grafico 2), espressa in numero di<br />
foglie raccolte per m 2 , di circa 65 a Benevento, 63<br />
a Racale e 70 a Sternatia. A. medeoloides ha<br />
mostrato un buon comportamento di crescita in<br />
tutti e tre gli ambienti, la raccolta è avvenuta nel<br />
periodo autunnale, quando le piante presentavano<br />
mediamente una altezza superiore ai 150 cm. Nel<br />
grafico 3 sono riportate le lunghezze medie <strong>dei</strong><br />
festoni rilevate nelle tre località.<br />
E. pulverulenta ha mostrato il maggior sviluppo<br />
in altezza a Benevento, mentre a Racale, soprattutto<br />
per problemi legati alle caratteristiche pedologiche<br />
del sito d'impianto le piante hanno raggiunto<br />
uno sviluppo molto limitato, ciò evidentemente ha<br />
avuto una diretta ripercussione sulla produzione di<br />
materiale commerciabile raccolto (grafico 4).<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Le avversità segnalate hanno provocato danni alle<br />
colture per cui si sono resi necessari trattamenti<br />
antiparassitari per il controllo delle fitopatie. I<br />
Grafico 3. Lunghezza media festoni di A. medeoloides<br />
Grafico 4. Peso medio per pianta <strong>dei</strong> germogli commerciali raccolti<br />
nel triennio su Eucalyptus.<br />
<strong>risultati</strong> ottenuti hanno dimostrato come le diverse<br />
caratteristiche pedoclimatiche <strong>dei</strong> tre ambienti<br />
hanno influito notevolmente sullo sviluppo e di<br />
conseguenza sulle rese produttive delle piante in<br />
coltivazione. Aralia ha dimostrato una maggiore<br />
produttività in località Racale, mentre l'Aspidistra<br />
ha fornito produzioni nel triennio di 65, 63 e 70<br />
foglie, rispettivamente a Benevento, Racale e<br />
Sternatia. . A. medeoloides ha fatto registrare l'altezza<br />
massima <strong>dei</strong> festoni a Benevento, mentre il<br />
peso verde per metro lineare di festone è stato più<br />
elevato a Racale e Sternatia. E. pulverulenta var.<br />
"baby blue" ha mostrato buone produzioni in località<br />
Benevento e Sternatia.<br />
Ringraziamenti. Si ringraziano per la cortese collaborazione<br />
le aziende agricole sede delle prove: F.lli Miggiano<br />
di Racale (LE), Zollino Maria Teresa di Sternatia (LE) e<br />
l'Istituto Professionale Agrario "M. Vetrone" di<br />
Benevento<br />
Bibliografia<br />
Lauro P., Carella A., Caiazzo R., Pisacane A., Raimo F., Lahoz<br />
E. (2007) - "<strong>Al</strong>ternaria alternata agente causale delle macchie<br />
necrotiche su foglie e rami di eucalipto ornamentale in<br />
Italia" in "Risultati finali del <strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.", pag. 583-<br />
588.<br />
Raimo F., Lombardi D.A., Napolitano A., Torsello R., Brunetti<br />
F., Vatore R., Casaburi S., Vicidomini S. (2007) -<br />
"Valutazione di specie da fronda recisa a basso input energetico<br />
in ambienti meridionali" in "Risultati finali del<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.", pag. 553-561.<br />
Sannino L., Espinosa B., <strong>Co</strong>zzolino E. (2005) - "Fitofagi e predatori<br />
riscontrati su tredici colture erbacee in Italia meridionale"<br />
- <strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 1. Risultati 1° anno di attività, pag. 201.
cecepisello.qxp 25/02/2008 10.15 Pagina 53<br />
Introduzione<br />
Negli ultimi anni si è assistita ad una rivalutazione<br />
<strong>dei</strong> prodotti tipici locali, che unitamente alla salvaguardia<br />
della biodiversità hanno portato ad una maggiore<br />
sensibilizzazione verso il recupero di materiale<br />
genetico in via di estinzione. Le leguminose da granella<br />
sono ormai entrate a pieno titolo tra le specie<br />
meritevoli di recupero e di utilizzazione; infatti,<br />
viene ampiamente riconosciuto il loro ruolo nell'alimentazione<br />
umana e del bestiame. Il loro impiego è<br />
strategico (perché a basso input economico), soprattutto,<br />
nella valorizzazione delle aree marginali sottoutilizzate,<br />
e per la possibilità che offrono per il recupero<br />
di antiche pratiche agricole e di tradizioni popolari.<br />
La ricerca condotta nell'ambito del progetto<br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>., ha permesso di valutare alcune accessioni<br />
di cece (Cicer arietinum L.) e pisello (Pisum sativum<br />
L.). Gli obiettivi proposti sono stati: a) la valutazione<br />
della produttività e delle fasi fenologiche di alcune<br />
varietà già diffuse a livello nazionale nell'ambiente<br />
Salentino; b) il confronto di tali cultivar con gli ecotipi<br />
locali; c) il recupero del materiale genetico ottenuto<br />
dai contadini salentini<br />
Materiali e metodi<br />
La ricerca è stata eseguita presso l'azienda del CRA -<br />
CAR sita in Monteroni di Lecce nel triennio 2005-<br />
2007. Le prove sono state pianificate a blocchi randomizzati<br />
con due ripetizioni. Per quanto riguarda il<br />
Cece: nel primo anno, sono stati messi a confronto, i<br />
genotipi "Pascià", "Kairo", "Sultano", "Visir" e<br />
"Zollino"; mentre nel biennio 2006-2007 l'indagine,<br />
ha interessato sia le varietà del 2005 sia ecotipi diffusi<br />
nel Salento quali: "<strong>Al</strong>essano", "<strong>Co</strong>rigliano",<br />
"Leverano", "Monteroni", "Muro Leccese",<br />
"Sannicola", "Soleto", "Tricase 08", "Tricase 19",<br />
"Uggiano la Chiesa" e "Vitigliano". Per il pisello gli<br />
ecotipi sottoposti a valutazione, nel biennio 2006-<br />
2007, sono stati "<strong>Al</strong>essano", "<strong>Co</strong>rigliano", "Riccio di<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 53<br />
Risultati della valutazione bioagronomica di ecotipi salentini<br />
di cece e pisello<br />
Raimo F 1 , Accogli R 2 , Brunetti F 3 , Manzi G 3 , Grassi F 3 , Scarcella M 3 ,<br />
Torsello R 3<br />
1 CRA - CAT - Unità di ricerca per le colture alternative al<br />
tabacco, via P. Vitiello, 108 - Scafati (SA) -<br />
Tel. 081 8563611; Fax 081 8506206;<br />
e-mail: francesco.raimo@entecra.it<br />
2 Orto Botanico del Di.S.Te.B.A. - Università degli studi di Lecce<br />
3 CRA - CAR - Lecce (LE)<br />
Sannicola", "S. Donato", "Sannicola", "Soleto",<br />
"Tranesi" e "Zollino".<br />
Le pratiche colturali, identiche per le due specie,<br />
hanno previsto: distanze di semina di 0,6 metri tra le<br />
file; una concimazione con 40 kg ha -1 di N, 80 kg ha -1<br />
di P 2 O 5 e 170 kg ha -1 di K 2 O; irrigazioni di soccorso e<br />
la raccolta che è avvenuta nei mesi di luglio e agosto<br />
secondo la maturazione <strong>dei</strong> genotipi in prova. I rilievi<br />
sulle colture hanno riguardato i principali parametri<br />
biometrici, fenologici e produttivi. I dati sono stati<br />
analizzati utilizzando l'analisi della varianza<br />
(ANOVA).<br />
Risultati<br />
Nel grafico 1 è riportata la produzione media in<br />
granella ottenuta dai cinque genotipi nell'anno<br />
2005, l'analisi ANOVA <strong>dei</strong> dati non ha mostrato<br />
differenze significative per quanto riguarda le produzioni<br />
fra i vari genotipi. Mentre nel grafico 2<br />
sono riportate le produzioni medie relative a tutti i<br />
genotipi in prova espressi come produzione media<br />
del biennio 2006-2007, l'ANOVA non ha mostrato<br />
differenze significative (p=0,05), sia per l'effetto<br />
anno, sia per l'effetto genotipi e sia per l'interazione<br />
genotipi per anno. Gli ecotipi più produttivi<br />
sono <strong>risultati</strong> "Vitigliano", "Uggiano la Chiesa",<br />
"Monteroni" e "Leverano", con produzioni medie<br />
relative al biennio superiori alle 2 t ha -1 .<br />
Le varietà colturali hanno raggiunto il completo<br />
sviluppo vegetativo tra la V<strong>II</strong> e l'V<strong>II</strong>I settimana<br />
dalla semina; la fine della fase vegetativa, contraddistinta<br />
dallo stadio "ingiallimento", è iniziata<br />
intorno alla XV<strong>II</strong>I settimana, procedendo lentamente<br />
sino alla XX, per poi concludersi entro la<br />
XX<strong>II</strong>. La fase di viraggio è stata considerata come<br />
quella fase in cui il legume completamente sviluppato,<br />
inizia l'ingiallimento dell'esocarpo e completa<br />
la maturazione lattea del seme; per quasi tutte le<br />
varietà, ha avuto inizio entro la XV<strong>II</strong>I settimana,<br />
con valori alquanto bassi ma che raggiungono già<br />
il 70 % entro la XX settimana, proprio quando la<br />
fase vegetativa di ingiallimento della pianta volgono<br />
al termine e quindi ciclo vegetativo e ciclo<br />
riproduttivo terminano contemporaneamente.
cecepisello.qxp 25/02/2008 10.15 Pagina 54<br />
54 Raimo et al Ecotipi salentini di cece e pisello ..<br />
Fig. 1. Produzione media nei genotipi di cece coltivati nel 2005<br />
Fig. 2. Produzione media registrata sui ceci nel biennio 2006-2007<br />
Fig. 3. Produzione media ecotipi di pisello nel biennio 2006-2007<br />
L'andamento delle fenofasi riproduttive più significative,<br />
quali, fioritura, allegagione e maturazione lattea,<br />
ha differenziato le varietà colturali, identificando<br />
quali tra esse meglio rispondono alle condizioni<br />
ambientali, anticipando o posticipando il ciclo, garantendo<br />
comunque la produzione. Il peso medio di 1000<br />
semi rilevato su tutte le accessioni di cece per gli anni<br />
2006-2007 ha presentato notevoli fluttuazioni sia per<br />
le varietà stabilizzate sia per gli ecotipi, per cui le differenze<br />
sono risultate altamente significative (p=0,01),<br />
sia nel biennio, sia nell'interazione genotipi x anno.<br />
Per il pisello gli ecotipi più produttivi (Fig.3) sono<br />
stati "<strong>Al</strong>essano", "Sannicola", "Zollino" e "S. Donato",<br />
con rese superiori ad 1 t ha -1 , mentre le accessioni<br />
"Riccio di Sannicola" e "Sannicola" hanno mostrato<br />
notevoli fluttuazioni nei due anni di prova. L'ANOVA<br />
ha evidenziato che esistono differenze altamente significative<br />
(p=0,01) per quanto riguarda l'effetto anno e<br />
nell'interazione varietà x anno, mentre non vi sono<br />
state differenze significative fra i genotipi.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
I <strong>risultati</strong> relativi alla produzione degli ecotipi salentini<br />
di cece hanno mostrato che buona parte delle accessioni<br />
reperite hanno fornito produzioni comparabili<br />
con le varietà diffuse a livello nazionale, pertanto è<br />
augurabile che nel prossimo futuro si riesca ad incrementarne<br />
la reintroduzione e diffusione, al fine di salvaguardarne<br />
il patrimonio genetico e valorizzare le<br />
produzioni tipiche locali.<br />
Bibliografia<br />
Abbate V. (1994) - "Aspetti della tecnica colturale del cece" -<br />
Agricoltura Ricerca, Luglio/Settembre, n. 155, pag 105-<br />
120.<br />
Giordano I. (1994) - "Potenzialità produttiva del cece in differenti<br />
condizioni ambientali" - Agricoltura Ricerca,<br />
Luglio/Settembre, n. 155, pag 95-104.<br />
Lombardi D.A., Marchiori S., Accogli R., Brunetti F., Capano<br />
M., Raimo F. (2006) - "Valutazione degli aspetti fisiologici<br />
e produttivi di alcune leguminose da granella" - <strong>Progetto</strong><br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 1. Risultati 1° anno di attività, pag. 171-173.<br />
Raimo F., Accogli R., Lombardi D., Marchiori S., Brunetti F.,<br />
Casaburi S. (2007) - "Valutazione bioagronomica di genotipi<br />
salentini di leguminose da granella" in "Risultati finali<br />
del <strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.", pag. 365-379.
ArtemisiaLecce.qxp 25/02/2008 10.13 Pagina 55<br />
Introduzione<br />
I recenti orientamenti di politica agricola comunitaria<br />
e nazionale, volti a sostenere, attraverso il<br />
Fondo <strong>Co</strong>munitario del <strong>Ta</strong>bacco, lo sviluppo di iniziative<br />
specifiche per il passaggio <strong>dei</strong> tabacchicoltori<br />
ad altre attività agricole hanno permesso di<br />
indagare sulle possibili alternative colturali al<br />
tabacco.Tra queste rientra l'Artemisia annua L.,<br />
specie utilizzata per l'estrazione di un principio<br />
attivo, l'artemisinina', impiegato per la lotta alla<br />
malaria nel mondo. Obiettivo della presente ricerca<br />
è quello di valutare, in ambiente meridionale,<br />
l'adattabilità e la risposta agronomica dell'artemisia<br />
a diversi regimi irrigui.<br />
Materiali e metodi<br />
La ricerca si è svolta presso l'azienda sperimentale<br />
dell'Unità di Ricerca- CRA -CAR di Lecce su terreno<br />
di natura franco-sabbioso, povero di sostanza<br />
organica (0.75%), di azoto totale (0.08%) e di<br />
fosforo assimilabile( 4.35 ppm), ma ricco di potassio<br />
scambiabile (281,5 ppm).<br />
È stato impiegato il genotipo Krono trapiantato<br />
alla distanza di cm 80 di interfila e a cm 55 sulla<br />
fila con un investimento di 22.727 p·ha -1 .<br />
In pre-trapianto sono stati somministrati: 130<br />
Kg·ha -1 di P 2 O 5 (da perfosfato minerale 18%); 100<br />
Kg·ha -1 di K 2 O (da solfato potassico 50%) e 60<br />
Kg·ha -1 di N ( metà da solfato ammonico 20,5% in<br />
pre-trapianto e metà da nitrato ammonico 26% in<br />
copertura).<br />
Sono stati confrontati, insieme al testimone non<br />
irrigato (V0), tre regimi irrigui (V1, V2, V3) ottenuti<br />
mantenendo costante il volume di adacquamento<br />
(300 m 3 ha -1 ) e variando il turno irriguo. Per<br />
i trattamenti da V1 a V3, infatti, si è intervenuti con<br />
l'rrigazione ogni qualvolta la sommatoria dell'evapotraspirazione<br />
della coltura , calcolata a partire<br />
dall'ultimo intervento irriguo, stimato con il criterio<br />
evaporimetrico al netto delle pioggie ed adot-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 55<br />
Risposta bio-agronomica dell’Artemisia annua L. a differenti<br />
regimi irrigui<br />
Greco P, Scarcella S, Manzi G<br />
CRA- Unità di Ricerca per l'individuazione e lo studio di colture<br />
ad alto reddito in ambiente caldo arido- Lecce. Via F. Calasso 3 -<br />
tel. 0832-306882, fax 0832-305411.<br />
e-mail: pasquale.greco@entecra.it<br />
tando i coefficienti colturali di seguito riportati,<br />
raggiungeva valori di 40-80-120 mm. rispettivamente.<br />
I valori di Kc sono stati i seguenti:<br />
dal 1° al 20° giorno 0.40; dal 21° al 45° giorno<br />
0.60; dal 46° al 75° giorno 0.80; dal 76° fino a<br />
venti giorni dalla raccolta 1.0.<br />
La tabella 1 riporta il numero delle adacquate<br />
ed i volumi stagionali erogati.<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Numero interventi irrigui e volumi stagionali di irrigazione -<br />
Anno 2007<br />
E' stato adottato uno schema sperimentale a<br />
blocco randomizzato con quattro ripetizioni; il<br />
metodo irriguo quello per infiltrazione laterale da<br />
solchi.<br />
Le erbe infestanti sono state controllate con due<br />
sarchiature meccaniche interfilari, integrate con<br />
sarchiatura manuale sulla fila; non è stato effettuato<br />
alcun intervento fitosanitario.<br />
Sono stati effettuati rilievi biometrici (altezza e<br />
diametro pianta) e produttivi (peso verde e secco;<br />
inoltre, da tutte le parcelle sono stati prelevati, settimanalmente,<br />
e fino alla raccolta, campioni di<br />
foglie per determinare la % di "artemisinina"sintetizzata<br />
nei vari stadi di sviluppo delle piante.<br />
Questi <strong>risultati</strong> saranno oggetto di una prossima<br />
comunicazione, appena saranno terminate le analisi<br />
di laboratorio.<br />
Andamento climatico<br />
Tutto il periodo di prova è stato caratterizzato da<br />
totale assenza di piogge e da temperature superiori<br />
alla norma storica per cui, la coltivazione è stata<br />
sottoposta per un lungo periodo a condizioni eccezionali<br />
di stress ambientale i cui effetti, probabilmente,<br />
si sono riflessi negativamente sulla coltivazione.
ArtemisiaLecce.qxp 25/02/2008 10.13 Pagina 56<br />
56 Greco et al Irrigazione artemisia...<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Caratteristiche biometriche e produttive dell'Artemisia annua L. - Anno 2007<br />
Risultati<br />
L'esame <strong>dei</strong> dati riportati in tabella 2, mostrano una<br />
uniformità di comportamento di tutti i caratteri in<br />
studio. Infatti, a regimi irrigui crescenti è corrisposto<br />
un generale incremento <strong>dei</strong> parametri biometrici<br />
e produttivi. In particolare, per l'altezza e il diametro<br />
medio delle piante, l'influenza <strong>dei</strong> trattamenti<br />
sperimentali si è manifestato(P= 0.05) tra la tesi<br />
V3 (4800 m 3 ha -1 ) e le tesi V0 - V1 (1.500 m 3 /ha -1 )<br />
e V2 (2400 m 3 ha -1 ); quest'ultime, risultate tra loro<br />
equivalenti.<br />
I medesimi effetti, riscontrati precedentemente,<br />
si sono evidenziati anche per i caratteri peso verde<br />
e peso secco infatti, l'analisi statistica ha registrato<br />
differenze significative soltanto tra le parcelle<br />
maggiormente irrigate (V3) e quelle prive di intervento<br />
irriguo (V0), con incrementi di + 69,0% e +<br />
74,0% rispettivamente; non si sono manifestate,<br />
invece, differenze produttive significative tra i<br />
volumi da V0 a V2 cui è corrisposto solo un graduale<br />
aumento di peso.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Il particolare ed eccezionale avverso andamento<br />
climatico durante tutta la durata della prova ha,<br />
come indicato in precedenza, posto in sofferenza la<br />
coltivazione dell'artemisia la cui produzione areica,<br />
mediamente, è risultata inferiore rispetto a precedenti<br />
esperienze. <strong>Co</strong>munque, questi primi <strong>risultati</strong><br />
sullo studio dell'irrigazione su Artemisia annua L.,<br />
hanno rilevato effetti positivi su tutti i caratteri esa-<br />
minati i cui valori sono cresciuti,<br />
in generale, con l'aumentare <strong>dei</strong><br />
regimi irrigui impiegati; in particolare<br />
differenze significative si<br />
sono manifestate tra il volume<br />
stagionale più alto di 4.800<br />
m 3 ha -1 e tutti gli altri a confronto<br />
(V0 -V1 -V2).<br />
Da segnalare, inoltre, la<br />
buona adattabilità dell'artemisia<br />
agli stress idrici ed ambientali<br />
come dimostrano i <strong>risultati</strong> produttivi<br />
ottenuti dalla tesi irrigata<br />
solo al trapianto rispetto a quelle<br />
con regimi irrigui di 1.500 e 2.400 m 3 ha -1 .<br />
Bibliografia<br />
Charles, D.J., J.E. Simon, C.C. Shock, E.B.G. Feibert, and R.M.<br />
Smith. 1993. Effect of water stress and post-harvest handling<br />
on artemisinin content in the leaves of Artemisia<br />
annua L. p. 628-631. In: J. Janick and J.E. Simon (eds.),<br />
New crops. Wiley, New York.<br />
Greco P., Lauretti M., Manzi G.- 2007- Influenza della concimazione<br />
azotata sulle caratteristiche morfo-produttive e<br />
chimiche dell'artemisia (Artemisia annua L.) . Atti <strong>Progetto</strong><br />
CO.AL.TA. 1 Risultati finali, Lecce 22 giugno, p 529-533.<br />
Greco P., Scarcella M., Spedicato S. 2007- Effetto della densità<br />
di investimento sulle caratteristiche morfo-produttive e<br />
chimiche dell'Artemisia (Artemisia annua L.). Atti <strong>Progetto</strong><br />
CO.AL.TA. 1 -Risultati finali, Lecce 22 giugno, p 535-538.<br />
De Magalhãnes P., Raharinaivo J., Delabays N. (1996) -<br />
Influence de la dose et du type d'azote sur la production en<br />
artémisinine de l'Artemisia annua L.- Rev. Suisse Vitic.<br />
Arboric.Hortic., 28 (6) : 349-353<br />
Fig.1. Parcella di artemisia
Asparago.qxp 25/02/2008 10.14 Pagina 57<br />
Introduzione<br />
Tra le alternative al declino della coltura del tabacco<br />
nel Salento, l'asparago può rappresentare una<br />
promettente soluzione alla luce <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> economici<br />
più o meno comparabili con quelli del tabacco.<br />
Tradizionalmente coltivato nelle regioni settentrionali,<br />
si è via via esteso verso il Sud dove può usufruire<br />
di condizioni climatiche più adatte a favorire una<br />
maggiore precocità produttiva.<br />
In Puglia la coltivazione dell'asparago è localizzata<br />
in massima parte nella provincia di Foggia con circa<br />
1000 ettari; seguono le provincie di <strong>Ta</strong>ranto e Brindisi<br />
con 100 e 70 ettari rispettivamente. Non risultano<br />
investimenti nella provincia di Lecce.<br />
La scelta varietale, le modalità di impianto, l'adeguata<br />
assistenza agronomica, sono i principali aspetti<br />
di tecnica colturale per le quali è necessario definire un<br />
protocollo di coltivazione.<br />
Gli interessanti <strong>risultati</strong> economici della coltivazione,<br />
specie per le varietà precoci, giustificano l'introduzione<br />
della coltura. Infatti, se si considera che l'Italia<br />
importa oltre 5.000 tonnellate di asparago nel periodo<br />
Marzo -Aprile, si deduce che esiste la possibilità di<br />
espandere la coltivazione per almeno 1.000 ettari senza<br />
causare particolari problemi di sovrapproduzione.<br />
L'individuazione di uno o due ibridi di asparago<br />
adatti all'ambiente Salentino, potrebbe concorrere a<br />
favorire, insieme ad altre specie orticole, una opportunità<br />
colturale in sostituzione del tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La sperimentazione si svolge su terreno di natura franco-sabbioso,<br />
pianeggiante e profondo, povero di<br />
sostanza organica (0,80%), di azoto totale (0,07%), di<br />
fosforo assimilabile (4,15 ppm) ma ricco di ossido di<br />
potassio (270,5 ppm). L'impianto è stato effettuato a<br />
fine marzo 1999 mettendo a dimora le zampe alla profondità<br />
di 35 cm, distanziate di 30 cm sulla fila e di<br />
130 cm di interfila. Gli ibridi di asparago impiegati,<br />
ognuno insistente su una superficie di 500 m 2 sono<br />
Atlas, Grande, Eros e UC 157.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 57<br />
Introduzione dell’asparago nel Salento. Prova di confronto<br />
varietale<br />
Greco P, Grassi F, Manzi G<br />
CRA- Unità di Ricerca per l'individuazione e lo studio di colture<br />
ad alto reddito in ambiente caldo arido- Lecce. Via F. Calasso 3 -<br />
tel. 0832-306882, fax 0832-305411.<br />
e-mail: pasquale.greco@entecra.it<br />
Annualmente si interrano nella fase di riposo 100<br />
Kg·ha -1 di P 2 O 5 (da perfosfato minerale 18%), 50<br />
Kg·ha -1 di K 2 O (da solfato potassico 50%) e 50 Kg·ha -<br />
1 di N (da solfato ammonico 20,5%).<br />
Successivamente l'azoto viene distribuito in copertura<br />
per altre due volte sotto forma di nitrato, fino a<br />
raggiungere la dose totale di 200 Kg·ha -1 .<br />
Vengono effettuati lavori per il controllo delle erbe<br />
infestanti e di difesa fitosanitaria, oltre ai rilievi sulla<br />
produzione <strong>dei</strong> turioni e del peso medio degli stessi,<br />
separatamente per classi di categoria e cioè: "extra" (ø<br />
turioni >16 mm), "I" (ø da 12 a 16 mm), "<strong>II</strong>" (ø da 6<br />
a 11 mm), "asparagina" (ø < di 6 mm).<br />
L'andamento climatico ha fatto registrare, rispetto<br />
al periodo storico, un deficit pluviometrico di -29.8<br />
mm e - 84.6 mm negli anni 2005 e 2006; le temperature,<br />
invece, sono rimaste nella norma storica.<br />
Risultati<br />
L'uniformità del terreno su cui insiste l'asparagiaia e<br />
l'ampia superficie parcellare occupata da ogni ibrido,<br />
permette di valutare con sufficiente obiettività le<br />
singole potenzialità produttive. L'osservazione <strong>dei</strong><br />
dati riferiti ad un biennio di prova (<strong>Ta</strong>b.1 ), mette in<br />
evidenza il differente comportamento medio degli<br />
ibridi a confronto.<br />
In particolare è da segnalare il basso livello produttivo<br />
dell'UC 157 con circa 1,4 t·ha -1 di turioni da<br />
imputare, probabilmente, al grave attacco di ruggine<br />
(Puccinia asparagi D.C.) dopo il secondo anno di<br />
impianto con conseguenti annuali riflessi negativi<br />
sullo sviluppo e uniformità della coltivazione.<br />
Fig.1. Campo sperimentale
Asparago.qxp 25/02/2008 10.14 Pagina 58<br />
58 Greco et al Introduzione dell’asparago nel Salento..<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Media delle caratteristiche produttive e peso turioni<br />
Fig. 2. Turrioni pronti per la raccolta<br />
I migliori <strong>risultati</strong> sono stati ottenuti da Eros,<br />
con una produzione commerciale media di 7,86<br />
t·ha -1 ; seguono Atlas e Grande, rispettivamente<br />
con 7,51 t·ha -1 e 6,81 t·ha -1 di turioni .Il "peso<br />
medio turioni" all'interno delle diverse categorie<br />
commerciali è risultato pressoché equivalente.<br />
L'"asparagina" si è mantenuta al di sotto del<br />
10% della produzione commerciale, condizione<br />
importante per la resa economica della coltivazione.Tutti<br />
gli ibridi, all'interno delle categorie commerciali,<br />
hanno prodotto turioni omogenei per<br />
forma, colore, diametro e per compattezza dell'apice.<br />
<strong>Co</strong>n riferimento al carattere di precocità, l'UC<br />
157 ed Eros sono <strong>risultati</strong> rispettivamente il più<br />
precoce ed il più tardivo confermando anche dell'ambiente<br />
salentino le differenze costitutive propie.<br />
<strong>Co</strong>nferma anche per Atlas e Grande per le<br />
caratteristiche intermedie di precocità.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Da questi primi <strong>risultati</strong>, possono essere tratte interessanti<br />
considerazioni circa l'introduzione dell'asparago<br />
nell'ambiente di prova.<br />
Tutti gli ibridi hanno mostrato una buona adattabilità;<br />
in particolare Eros, Atlas e Grande hanno espresso<br />
valori produttivi medio alti rispetto alla produzione<br />
media nazionale (6,0-6,5 t·ha -1 ). L'UC 157 si è attestato<br />
su livelli inferiori rispetto alle potenzialità mediamente<br />
espresse nelle asparagiaie del meridione, ciò per<br />
i motivi patologici indicati in precedenza. Pertanto,<br />
prestando molta attenzione alla difesa fitosanitaria,<br />
questa cv. è da riproporre in quanto espressione di<br />
maggiore precocità con conseguenti riflessi economici<br />
più favorevoli. Le caratteristiche merceologiche<br />
degli ibridi, in generale, sono risultate omogenee per<br />
forma, colore, diametro e compattezza dell'apice <strong>dei</strong><br />
turioni. L'opportunità di sfruttare condizioni climatiche<br />
idonee a favorire la precocità di raccolta, insieme<br />
all'appropriata scelta varietale e alla corretta gestione<br />
agronomica <strong>dei</strong> campi, indicano nell'asparago una<br />
nuova specie orticola dagli interessanti aspetti economici<br />
da introdurre nel Salento.<br />
E' ovvio che la ricerca deve continuare per validare<br />
altri ibridi, sia in coltura da pieno campo che in coltura<br />
protetta, al fine di ottenere produzioni molto precoci<br />
già dai primi dell'anno, periodo in cui l'Italia è<br />
importatrice netta.<br />
Bibliografia:<br />
Brunelli A., 2006 - La difesa integrata dell'asparago. <strong>Co</strong>nvegno<br />
"Interventi per migliorare produzione e qualità dell'asparago<br />
Italiano" ORTO MAC, Cesena 26-27 Gennaio.<br />
Falavigna A., Casali P. E., <strong>Al</strong>berti P., 2005. Asparago: <strong>Co</strong>nfronti<br />
varietali, L'informatore Agrario. 1: 55-59.<br />
GrecoP., PandielloV.2005--Valutazione agronomica di quattro<br />
ibridi di asparago coltivati nell'ambiente Salentino - Primi<br />
<strong>risultati</strong> - XXXVI convegno S.I.A. - Foggia 20-22<br />
Settembre, pg 294, 295.<br />
Falavigna A., Palumbo A. D. - 2001 La coltura dell'asparago.<br />
Calderini Edagricole, Maggio - Bologna.
floatingprod.qxp 25/02/2008 10.19 Pagina 59<br />
Introduzione<br />
La preparazione in IV gamma consente di commercializzare<br />
ortaggi a foglia raccolti allo stadio di rosetta,<br />
ottenibili in modo intensivo con diversi cicli di coltura<br />
all'anno e più tagli per ciclo (per alcune specie), in<br />
suolo o fuori suolo, ma prevalentemente in ambiente<br />
protetto. Per livello di ricavi, impiego di risorse materiali<br />
e umane e rapporti di filiera questo indirizzo produttivo<br />
può costituire una valida alternativa al tabacco<br />
e risponde a una crescente domanda di insalate pronte<br />
al consumo. La 'minima' trasformazione impiegata<br />
controlla male la microflora, che continua a svilupparsi<br />
anche a bassa temperatura nell'ambiente saturo di<br />
umidità dell'imballaggio e contribuisce alla degradazione<br />
del prodotto, riducendone il valore alimentare e<br />
la vita commerciale (Beuchat, 2000; Ragaert et al,<br />
2007). Per ottenere prodotti sicuri e di sufficiente durata<br />
commerciale occorre materia prima di elevata qualità<br />
e igiene e la coltivazione su pannelli flottanti<br />
potrebbe migliorare le possibilità di controllo a tale<br />
riguardo. In questa nota riportiamo <strong>risultati</strong> di produzione<br />
e qualità di aspetto di rucola e valerianella ottenute<br />
in prove di coltura su pannelli flottanti. In altra<br />
nota della stessa pubblicazione sono riportati i <strong>risultati</strong><br />
di qualità microbiologica.<br />
Materiali e metodi<br />
Un esperimento esplorativo è stato condotto con rucola<br />
'selvatica' (Diplotaxis tenuifolia DC) e valerianella<br />
(Valerianella locusta L.) nell'estate 2007 in una serra<br />
climatizzata del CRA-ORT, come fase preliminare del<br />
trasferimento a collaboratori tabacchicoltori. Le due<br />
specie vegetali sono state saggiate in un disegno 2 5 in<br />
combinazione con i seguenti fattori a due livelli: substrato<br />
(torba e perlite), soluzione nutritiva (intera e<br />
ridotta), ossigenazione dell'acqua (si e no), densità di<br />
semina, con livelli di piante/mq variabili per substrato<br />
e specie (rucola/torba 2781-4024, rucola/perlite 1698-<br />
1858, valerianella/torba 2771-2810, valerianella/perlite<br />
1960-2713). I due substrati sono stati adoperati in<br />
periodi successivi (torba a giugno, perlite a luglio-agosto),<br />
ma il confondimento con il periodo non dovrebbe<br />
causare dubbi attribuzione per gli effetti associati<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 59<br />
Insalatine da taglio come alternativa al tabacco: produzione e<br />
qualità di aspetto di colture su pannelli flottanti<br />
Bacco A, Chiancone I, De Luca I, Piro F, Stipic M, Venezia A<br />
CRA-ORT, Centro di Ricerca per l'Orticoltura,<br />
Via cavalleggeri 25, 84098 Pontecagnano (SA);<br />
accursio.venezia@entecra.it<br />
alla diversità <strong>dei</strong> substrati, data la contiguità <strong>dei</strong> due<br />
periodi nell'ambito della stessa stagione estiva. <strong>Co</strong>me<br />
supporti sono stati utilizzati pannelli da 40 celle, collocati<br />
in batterie di vasche di dimensioni leggermente<br />
superiori, contenenti 40 litri di soluzione. La soluzione<br />
nutritiva ridotta aveva una concentrazione pari a due<br />
terzi di quella intera, che era composta da (meq/L): Na<br />
(1,7), N-NH 4 (3,0), K (10,5), Mg (6,0), Ca (10), Cl (2),<br />
N-NO 3 (18), P-H 2 PO 4 (3), S-SO 4 (7,5), HCO 3 (5,8).<br />
L'ossigenazione delle vasche è stata realizzata con<br />
comuni ossigenatori da acquario. Dopo la semina<br />
(manuale) i pannelli sono rimasti in ambiente climatizzato<br />
fino all'emergenza delle piantine, stadio al quale<br />
sono stati trasferiti nelle vasche. Il prodotto, raccolto<br />
allo stadio di rosetta, con foglie lunghe una dozzina di<br />
centimetri per la rucola e più piccole per la valerianella,<br />
è stato misurato come massa fresca e sostanza secca<br />
per unità di superficie, ed è stato valutato per la qualità<br />
dell'aspetto in base a un indice su scala ordinale 1:9,<br />
media geometrica di punteggi nella stessa scala separati<br />
per integrità, freschezza, colore e odore. Per l'analisi<br />
delle risposte, eseguita secondo un modello lineare<br />
generale, è stato utilizzato l'ambiente R (R<br />
Development <strong>Co</strong>re Team, 2007) con il pacchetto contribuito<br />
Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La produzione di massa fresca non ha mostrato effetti<br />
di rilievo per la concentrazione della soluzione nutritiva<br />
ed è variata con la densità di semina in modo differente<br />
per le due specie a seconda del substrato (fig. 1).<br />
Il campo di densità effettive è risultato abbastanza in<br />
linea con quello programmato nella maggior parte<br />
delle condizioni, salvo che per rucola su perlite e valerianella<br />
su torba nelle vasche non ossigenate, dove si è<br />
molto ridotto. Sulla perlite i semi hanno incontrato difficoltà<br />
di aderenza al substrato e rischi di insufficienti<br />
disponibilità idriche, con riduzioni e ritardi di germinazione,<br />
solo parzialmente alleviati con la subirrigazione.<br />
La produzione di massa fresca, nettamente<br />
superiore per la rucola in relazione alla diversità delle<br />
strutture vegetative e delle modalità di raccolta delle<br />
due specie, è aumentata con l'incremento di densità<br />
per entrambe le specie su perlite, ma soltanto per la<br />
rucola, e a un tasso di incremento minore, su torba,<br />
dove invece la valerianella ha mostrato una risposta
floatingprod.qxp 25/02/2008 10.19 Pagina 60<br />
60 Bacco et al Insalatine, produzione e qualità su pannelli flottanti ..<br />
Fig. 1. Prodotto fresco, stimato con bande di confidenza al 95% in<br />
funzione della densità effettiva, della specie vegetale, del substrato<br />
e dell'ossigenazione dell'acqua della vasca.<br />
Fig. 2. <strong>Co</strong>ncentrazione di sostanza secca in funzione del livello di<br />
produzione di massa fresca, della specie vegetale, del substrato e<br />
dell'ossigenazione dell'acqua della vasca.<br />
tendenzialmente negativa. La minore risposta alla densità<br />
della rucola su torba è dovuta probabilmente al<br />
campo di densità più estremo, in media del 50% più<br />
alto rispetto a quello su perlite. L'ossigenazione delle<br />
vasche ha avuto un effetto modesto, ma generalmente<br />
positivo sulla produzione di massa verde. La concentrazione<br />
di sostanza secca, relativamente più alta per la<br />
valerianella, è comunque diminuita per entrambe le<br />
specie con l'aumento della produzione di massa fresca<br />
per unità di superficie, e quindi con la maggiore fittezza<br />
di semina (fig. 2). I valori particolarmente bassi di<br />
sostanza secca si possono spiegare con lo stadio molto<br />
precoce delle foglie raccolte.<br />
Il punteggio per la qualità di aspetto delle foglie alla<br />
raccolta è stato generalmente superiore per la rucola,<br />
per la quale si è avvicinato al limite superiore della<br />
scala, anche se una differente percezione degli attributi<br />
qualitativi per le due specie può aver contribuito a tale<br />
divario (fig. 3). A bassi livelli di densità e su perlite il<br />
livello di produzione si è accompagnato a un miglioramento<br />
dell'aspetto, mentre a densità superiori e su torba<br />
l'aspetto ha mostrato una lieve tendenza a peggiorare<br />
con l'incremento della produzione. Nel complesso, una<br />
produzione di buon livello è risultata positivamente<br />
correlata con un buon aspetto delle foglie (fig. 4).<br />
Sull'insieme delle condizioni sperimentate i livelli<br />
medi stimati di produzione di massa fresca, con intervallo<br />
di confidenza al 95%, sono <strong>risultati</strong> di 1,9±0,3<br />
kg/mq per la rucola e di 1,1±0,6 kg/mq per la valerianella,<br />
che ai prezzi correnti consentono di attendere<br />
per condizioni simili ricavi per ciclo di coltura tra<br />
24.000 e 32.000 euro/ha con la rucola e tra 11.000<br />
38.000 euro/ha con la valerianella.<br />
Fig. 3. Punteggio per la qualità di aspetto del prodotto fresco, stimato<br />
con bande di confidenza al 95%, in funzione della densità effettiva<br />
della specie, del substrato e dell'ossigenazione dell'acqua della vasca.<br />
Fig. 4. Punteggio per la qualità di aspetto del prodotto fresco in funzione<br />
del livello di produzione di massa fresca, della specie vegetale,<br />
del substrato e dell'ossigenazione dell'acqua della vasca.<br />
Letteratura citata<br />
Beuchat L, 2000. Surface decontamination of fruits and vegetables<br />
eaten raw. World Healt Organisation, WHO/FSF/FOS/98.2<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell<br />
Miscellaneous. R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and Environment<br />
for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for Statistical<br />
<strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project. org.<br />
Ragaert P, Devlieghere F, Debevere J, 2007. Role of microbiological<br />
and physiological spoilage mechanisms during storage<br />
of minimally processed vegetables. Postharvest Biol.<br />
Technol. 44,185-194.
floatingmicro.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 61<br />
Introduzione<br />
La preparazione in IV gamma consente di commercializzare<br />
ortaggi a foglia raccolti allo stadio di rosetta,<br />
ottenuti da diversi cicli di coltura all'anno e da più tagli<br />
per ciclo (per alcune specie), in suolo o fuori suolo,<br />
prevalentemente in tunnel-serre. Per livello di ricavi,<br />
impiego di risorse materiali e umane e rapporti di filiera<br />
questo indirizzo produttivo può costituire una valida<br />
alternativa al tabacco e risponde a una crescente<br />
domanda di insalate pronte al consumo. La 'minima'<br />
trasformazione impiegata controlla male la microflora,<br />
che continua a svilupparsi anche a bassa temperatura<br />
nell'ambiente saturo di umidità dell'imballaggio e contribuisce<br />
alla degradazione del prodotto, riducendone<br />
il valore alimentare e la vita commerciale (Beuchat,<br />
2000; Ragaert et al, 2007). In tali condizioni una contaminazione<br />
con microrganismi patogeni può creare<br />
situazioni di rischio. Per ottenere prodotti sicuri e di<br />
sufficiente durata commerciale occorre materia prima<br />
di elevata qualità e igiene e la coltivazione su pannelli<br />
flottanti potrebbe migliorare le possibilità di controllo<br />
a tale riguardo. In questa nota si riportano le caratteristiche<br />
microbiologiche di foglie di rucola e valerianella<br />
ottenute in prove di coltura su pannelli flottanti.<br />
Materiali e metodi<br />
Un esperimento esplorativo è stato condotto con rucola<br />
'selvatica' (Diplotaxis tenuifolia DC) e valerianella<br />
(Valerianella locusta L.) nell'estate 2007 in una serra<br />
climatizzata del CRA-ORT, come fase preliminare del<br />
trasferimento a collaboratori tabacchicoltori. Oltre alle<br />
due specie vegetali sono stati saggiati a due livelli i fattori:<br />
substrato (torba e perlite), soluzione nutritiva<br />
(intera e ridotta di un terzo), ossigenazione dell'acqua<br />
(si e no), densità di semina, con livelli di pinte/mq<br />
variabili per substrato e specie (rucola su torba 2781-<br />
4024, rucola su perlite 1698-1858, valerianella su<br />
torba 2771-2810, valerianella su perlite 1960-2713).<br />
<strong>Co</strong>me supporti sono stati utilizzati pannelli da 40 celle,<br />
collocati in vasche di dimensioni leggermente superiori,<br />
contenenti 40 litri di soluzione nutritiva.<br />
Il prodotto è stato esaminato per la carica microbica<br />
totale, i batteri coliformi e i miceti alla raccol-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 61<br />
Insalatine da taglio come alternativa al tabacco: qualità microbiologica<br />
del prodotto da colture su pannelli flottanti<br />
Caponigro V, Chiancone I, De Luca I, Marrollo P, Piro F, Stipic M<br />
CRA-ORT, Centro di Ricerca per l'Orticoltura,<br />
Via cavalleggeri 25, 84098 Pontecagnano (SA);<br />
idachiancone@libero.it<br />
ta e dopo conservazione per 5-7 giorni in imballaggio<br />
plastico a 4-6 °C, seguendo procedure ordinarie<br />
della conta su piastra: omogenazione di campioni di<br />
25 grammi in 100 ml di acqua peptonata sterile a<br />
pH 6,8 per 120 secondi, diluizione seriale delle<br />
sospensioni, inseminazione di aliquote su terreni<br />
appropriati in piastre Petri, incubazione in termostato<br />
per 24-48 ore e conta delle colonie. La qualità<br />
dell'aspetto è stata valutata con un punteggio su<br />
scala 1:9 aggregando i punteggi sulla stessa scala<br />
assegnati per integrità, freschezza, colore e odore.<br />
Le risposte sono state analizzate secondo un<br />
modello lineare generale, utilizzando l'ambiente R<br />
(R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007) con il pacchetto<br />
contribuito Hmisc (Harrell, 2007).<br />
Risultati e discussione<br />
La carica totale di batteri è variata tra 5,85 e 7,64<br />
Log UFC/g, soprattutto per differenze tra le due<br />
specie vegetali e in misura minore per effetti degli<br />
altri fattori considerati. La valerianella ha presentato<br />
un livello di carica più alto rispetto alla rucola,<br />
di due ordini di grandezza su perlite e di un ordine<br />
di grandezza su torba, in parte perché il prodotto<br />
comprende anche colletto e radici delle piantine,<br />
presumibilmente più cariche di microflora perché a<br />
contatto con il substrato (fig. 1). La carica microbica<br />
è generalmente aumentata con la fittezza delle<br />
piante e durante la conservazione a bassa temperatura<br />
ed è risultata più alta con il substrato di perlite<br />
che con quello di torba per la valerianella, mentre<br />
al contrario è stata più alta con il substrato di torba<br />
per la rucola. L'ossigenazione dell'acqua della<br />
vasca ha ridotto di circa un mezzo Log UFC/g la<br />
carica totale della valerianella su perlite e della<br />
rucola su torba, ma non ha mostrato effetti di rilievo<br />
negli altri casi.<br />
La carica di batteri coliformi è variata tra 2,76<br />
e 5,62 Log UFC/g, con livelli tendenzialmente più<br />
alti per valerianella nel prodotto ottenuto su torba<br />
(fig. 2). Durante la conservazione la componente<br />
coliformi della popolazione batterica ha mostrato<br />
una dinamica relativamente più vivace, soprattutto<br />
per il materiale vegetale prodotto su torba con ossigenazione<br />
della vasca e per quello prodotto su perlite<br />
senza ossigenazione della vasca. L'assenza di
floatingmicro.qxp 25/02/2008 10.17 Pagina 62<br />
62 Caponigro et al Insalatine, qualità microbiologica su pannelli flottanti ..<br />
Fig. 1. Carica totale di batteri sul prodotto fresco e conservato, stimata<br />
con bande di confidenza al 95%, in funzione della densità<br />
effettiva, della specie vegetale, del substrato e dell'ossigenazione<br />
dell'acqua della vasca.<br />
Fig. 2. Cariche di batteri coliformi in rapporto alla carica batterica<br />
totale sul prodotto fresco e conservato in funzione della specie<br />
vegetale, del substrato e dell'ossigenazione dell'acqua della<br />
vasca.<br />
E. coli (una sola determinazione positiva) è indice<br />
di una buona qualità igienica del sistema.<br />
La popolazione di funghi e lieviti è variata tra<br />
2,70 e 6,20 Log UFC/g, con valori di un ordine di<br />
grandezza più alti su valerianella in confronto a<br />
rucola, che tuttavia non sono aumentati in modo<br />
rilevante con la conservazione (fig. 3). In contrasto,<br />
la micoflora presente su rucola ha mostrato una<br />
dinamica più vivace durante la conservazione,<br />
soprattutto sulle foglie prodotte con ossigenazione,<br />
ma anche su quelle ottenute su torba senza ossigenazione.<br />
La qualità dell'aspetto è peggiorata nettamente<br />
con la conservazione, in modo più drastico per la<br />
rucola prodotta su torba e per la valerianella prodotta<br />
su perlite (fig. 4). Il peggioramento dell'aspetto<br />
e l'aumento della carica microbica totale contrassegnano<br />
l'inevitabile degradazione del prodotto con<br />
Fig. 3. Cariche di miceti in rapporto alla carica batterica totale sul prodotto<br />
fresco e conservato in funzione della specie vegetale, del substrato<br />
e dell'ossigenazione dell'acqua della vasca.<br />
Fig. 4. in rapporto alla carica batterica totale sul prodotto fresco e<br />
conservato in funzione della specie vegetale, del substrato e dell'ossigenazione<br />
dell'acqua della vasca.<br />
l'allontanamento dalla raccolta, nonostante l'attenuazione<br />
del processo con la refrigerazione.<br />
La qualità microbiologica di rucola e valerianella<br />
prodotte su pannelli flottanti ha mostrato un<br />
livello complessivo leggermente migliore di quello<br />
delle colture in suolo ed è risultata sensibile in<br />
discreta misura ai fattori considerati per la tecnica<br />
di produzione, che pertanto è suscettibile di adattamenti<br />
migliorativi.<br />
Letteratura citata<br />
Beuchat L, 2000. Surface decontamination of fruits and vegetables<br />
eaten raw. World Healt Organisation, WHO/FSF/FOS/98.2<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell Miscellaneous.<br />
R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project.<br />
org.<br />
Ragaert P, Devlieghere F, Debevere J, 2007. Role of microbiological<br />
and physiological spoilage mechanisms during storage of<br />
minimally processed vegetables. Postharvest Biol. Technol.<br />
44,185-194.
caserta.qxp 25/02/2008 10.18 Pagina 63<br />
Introduzione<br />
Per l'area del tabacco Burley in Campania l'alternativa<br />
orticola rappresenta una naturale assimilazione ai<br />
comprensori orticoli contigui. Le colture per insalatine<br />
pronte sono un segmento in espansione che per livello<br />
di ricavi, impiego di risorse materiali e umane e rapporti<br />
di filiera possono competere con il tabacco e, per<br />
la brevità del ciclo colturale, si possono ripetere più<br />
volte nel corso dell'anno, anche con più tagli per ciclo.<br />
La produzione si è estesa a circa 3000 ettari, di cui<br />
oltre metà localizzati in Campania nella piana del Sele,<br />
facendo di questa regione il principale polo produttivo<br />
del settore, con una dinamica positiva anche per il segmento<br />
della trasformazione. Le buone prospettive<br />
commerciali sussistono però solo per prodotti di elevata<br />
qualità, ottenuti in modo da minimizzare i fattori di<br />
rischio per la salute del consumatore e i fattori di deterioramento,<br />
che ne influenzano la trasformazione e<br />
conservazione. Il tipo di lavorazione riduce le alterazioni<br />
del prodotto fresco, ma non consente un controllo<br />
pieno <strong>dei</strong> processi metabolici <strong>dei</strong> vegetali e non<br />
impedisce lo sviluppo della microflora presente, che<br />
continua anche a bassa temperatura nell'ambiente saturo<br />
di umidità dell'imballaggio e contribuisce alla<br />
degradazione del prodotto, riducendone il valore alimentare<br />
e la vita commerciale (Beuchat, 2000;<br />
Ragaert et al, 2007). Pertanto l'introduzione di colture<br />
per IV gamma nei piani di produzione impone il<br />
rispetto di nuovi protocolli colturali e di gestione <strong>dei</strong><br />
prodotti, per cui è prevedibile un periodo di sperimentazione<br />
e adattamento aziendale per raggiungere livelli<br />
qualitativi soddisfacenti. Nel lavoro oggetto di questa<br />
nota abbiamo valutato i <strong>risultati</strong> produttivi (qui<br />
riportati) e qualitativi (esposti in altra di questa pubblicazione)<br />
della coltura di insalate da taglio in tunnel e<br />
in pien'aria in aziende tabacchicole casertane.<br />
Materiali e metodi<br />
L'esperimento è stato condotto tra aprile 2006 e settembre<br />
2007 in due aziende (IC e IM) coltivando quattro<br />
specie (bietola, var. Bubard chard; lattuga, var. G8; spi-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 63<br />
Insalatine da taglio come alternativa al tabacco: livelli di<br />
produzione di colture in suolo<br />
Bacco A*, <strong>Co</strong>rreale A, <strong>Co</strong>zzolino E**, Leone V**, Piro F*<br />
*CRA-ORT, Centro di ricerca per l'orticoltura, Via cavalleggeri<br />
25, 84098 Pontecagnano (SA); filippo.piro@entecra.it<br />
**CRA-CAT, Unità di ricerca per le colture alternative al tabacco,<br />
Via Vitiello 106, 84018 Scafati (SA)<br />
nacio, var. Ibrid F1 Power; rucola selvatica ordinaria)<br />
in otto cicli successivi in tunnel (apr-06, lug-06, nov-<br />
06, mar-07, mag-07, giu-07, lug-07, set-07) e cinque<br />
cicli in pien'aria (giu-06, lug-06, giu-07, lug-07, set-<br />
07). Tutti i cicli suddetti sono stati realizzati nell'azienda<br />
IC, mentre solo gli ultimi tre in pien'aria e gli ultimi<br />
quattro in tunnel sono stati replicati nell'azienda IM. La<br />
lattuga è mancata in un ciclo, spinacio e rucola in due.<br />
Le colture in ambiente protetto sono state realizzate in<br />
due tunnel larghi 5,5m e lunghi 50m, dotati di impianto<br />
irriguo sospeso. Il terreno è stato preparato per il<br />
primo ciclo dell'anno con aratura a 25-30cm e due lavorazioni<br />
di affinamento, mentre per cicli successivi dell'anno<br />
è stata praticata una vangatura seguita da due<br />
lavorazioni di affinamento. Un intervento di diserbo<br />
presemina è stato eseguito con lenacil (750 g/ha) per lo<br />
spinacio e con benfluralin (4 L/ha) per le altre specie.<br />
Rucola e lattuga sono state seminate a righe distanziate<br />
7cm, bietola e spinacio a spaglio, impiegando rispettivamente<br />
6, 30, 110 e 110 kg/ha di seme. Le misure<br />
fitosanitarie hanno compreso la concia del seme di spinacio<br />
(metalaxil-M), un intervento contro peronospora<br />
(cymoxanil), botrite (iprodione) e nottue (deltametrina)<br />
della lattuga e peronospora (ossicloruro di rame) e altica<br />
(deltametrina) della rucola. Il livello di resa in prodotto<br />
fresco è stato determinato pesando le foglie raccolte<br />
su tre aree di saggio per parcella individuate con<br />
metodo casuale e assegnando un punteggio in scala 1:9<br />
per il grado di purezza da infestanti. Le risposte sono<br />
state analizzate nell'ambiente R base (R Development<br />
<strong>Co</strong>re Team, 2006) anche con funzioni della libreria<br />
Hmisc (Harrell, 2006) utilizzando per le combinazioni<br />
<strong>dei</strong> fattori specie, ciclo, ambiente e azienda un modello<br />
lineare generale e per i livelli medi di resa delle specie<br />
un modello misto, con le combinazioni ciclo-ambiente<br />
considerate fattore casuale.<br />
Risultati e discussione<br />
Il livello di produzione è variato prevalentemente<br />
con la specie e il periodo del ciclo colturale, con<br />
modeste differenze tra pien'aria e tunnel e minime<br />
tra le due aziende. A parità di lunghezza del ciclo<br />
colturale (variabile con la stagione intorno a un<br />
mese) e alle densità di semina impiegate, la lattuga<br />
ha fornito le rese di foglie recise più alte, con<br />
mediana di 2 kg/mq e intervallo di confidenza al
caserta.qxp 25/02/2008 10.18 Pagina 64<br />
64 Bacco et al Insalatine, produzione in suolo ...<br />
Fig. 1. Prodotto di foglie recise (medie con intervalli di confidenza<br />
al 95%) da quattro specie vegetali in 13 cicli di coltura (8 in tunnel<br />
e 5 in pien'aria) da aprile 2006 a settembre 2007 in due aziende<br />
tabacchicole casertane (indicate dai simboli). In alto a destra i livelli<br />
mediani di resa delle specie vegetali.<br />
Fig. 2. Effetti del ciclo e dell'ambiente di coltura, al netto delle differenze<br />
tra le specie, sulla produzione di insalatine da taglio.<br />
95% di 1,7-2,3 kg/mq, la rucola quelle più basse,<br />
con mediana 1,3 kg/mq e intervallo di confidenza<br />
al 95% di 1-1,6 kg/mq (fig. 1). A parità di ciclo e<br />
specie i livelli di resa sono in qualche caso <strong>risultati</strong><br />
molto differenti tra le due aziende, ma in modo<br />
non sistematico. <strong>Al</strong> netto delle differenze tra le specie,<br />
il livello di resa in pien'aria è stato di 0,24<br />
kg/mq più alto rispetto al tunnel. Gli effetti stimati<br />
per il periodo colturale, pur raggiungendo una differenza<br />
1,23 kg/mq (tra lug-07 all'aria e lug-06 in<br />
tunnel), non sembrano collegabili alla stagione,<br />
anche perché le condizioni termiche stagionali vengono<br />
neutralizzate variando la lunghezza del ciclo<br />
e raccogliendo a livelli di sviluppo comparabili. Il<br />
controllo della vegetazione estranea è risultato inadeguato<br />
in entrambe le aziende, specialmente in<br />
Fig. 3. Livello di purezza specifica delle produzioni di insalatine da<br />
taglio in due aziende (distinte dal colore) in rapporto al livello di produzione,<br />
al ciclo (indicato dalle abbreviazioni), alla specie vegetale e<br />
all'ambiente.<br />
alcuni cicli (giu-07, mar-07, lug-06, nov-06), problema<br />
che non si dovrebbe presentare una volta<br />
consolidata l'esperienza di questo tipo di coltura<br />
(fig. 3).<br />
Per un ciclo di produzione nelle condizioni dell'ambiente<br />
casertano si possono prevedere ai prezzi<br />
correnti i seguenti livelli di ricavi in migliaia di euro<br />
per ettaro: 23-32 per lattuga, 21-30 per bietola, 21-29<br />
per spinacio e 14-23 per rucola. Certamente la coltivazione<br />
di insalatine comporta un elevato livello di<br />
investimenti, ma quest'ordine di ricavi per un ciclo di<br />
un mese ne fa un'alternativa interessante per i tabacchicoltori<br />
con strutture adeguate.<br />
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano le signore Maria<br />
e Clementina Izzo di Sparanise, per l'ottima assistenza<br />
alla conduzione <strong>dei</strong> saggi nelle rispettive aziende.<br />
Letteratura citata<br />
Beuchat L, 2000. Surface decontamination of fruits and vegetables<br />
eaten raw. World Healt Organisation, WHO/FSF/FOS/98.2<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell Miscellaneous.<br />
R package version 3. 0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www. R-project.<br />
org.<br />
Ragaert P, Devlieghere F, Debevere J, 2007. Role of microbiological<br />
and physiological spoilage mechanisms during storage of<br />
minimally processed vegetables. Postharvest Biol. Technol.<br />
44,185-194
sparanise.qxp 25/02/2008 10.17 Pagina 65<br />
Introduzione<br />
Le colture per insalatine pronte, che si possono ripetere<br />
più volte nel corso dell'anno, possono competere<br />
con il tabacco per livello di ricavi, impiego di risorse<br />
materiali e umane e coordinamento di filiera. Il tipo di<br />
lavorazione riduce le alterazioni del prodotto fresco,<br />
ma non consente un controllo pieno <strong>dei</strong> processi metabolici<br />
<strong>dei</strong> vegetali e non impedisce lo sviluppo della<br />
microflora presente, che continua anche a bassa temperatura<br />
nell'ambiente saturo di umidità dell'imballaggio<br />
(Beuchat, 2000; Ragaert et al, 2007). <strong>Al</strong>la raccolta<br />
le insalate da taglio presentano cariche microbiche<br />
variabili in funzione dell'ambiente e delle modalità di<br />
produzione e la microflora non patogena, benché non<br />
necessariamente problematica sotto il profilo igienicoalimentare,<br />
contribuisce a degradare i tessuti vegetali,<br />
abbreviando la durata della vita commerciale <strong>dei</strong> prodotti.<br />
Questi vegetali devono presentare pertanto una<br />
bassa carica microbica alla raccolta. Va inoltre considerato<br />
il rischio di contaminazione con microrganismi<br />
patogeni, il controllo <strong>dei</strong> quali va perseguito in tutte le<br />
componenti della filiera (Brackett, 1999).<br />
Nel lavoro oggetto di questa nota abbiamo studiato<br />
la qualità delle insalatine da taglio coltivate per saggio<br />
in aziende tabacchicole casertane e qui riportiamo<br />
alcuni <strong>risultati</strong> delle determinazioni eseguite alla raccolta.<br />
Materiali e metodi<br />
L'esperimento è stato condotto tra aprile 2006 e settembre<br />
2007 in due aziende (IC e IM) con quattro specie<br />
(bietola, lattuga, spinacio, rucola) in otto cicli successivi<br />
in tunnel (apr-06, lug-06, nov-06, mar-07,<br />
mag-07, giu-07, lug-07, set-07) e cinque cicli in pien'aria<br />
(giu-06, lug-06, giu-07, lug-07, set-07) realizzati<br />
nell'azienda IC, con gli ultimi tre in pien'aria e gli<br />
ultimi quattro in tunnel replicati nell'azienda IM.<br />
Maggiori dettagli sulla gestione delle colture sono<br />
riportati in una nota collegata in questa pubblicazione.<br />
I campioni di prodotto trasportati dal campo al laboratorio<br />
in contenitori refrigerati sono stati valutati per<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 65<br />
Insalatine da taglio come alternativa al tabacco: qualità del<br />
prodotto da colture in suolo<br />
Amato L, Chiancone I, Caponigro V, De Luca I, Marrollo P, Piro F<br />
CRA-ORT, Centro di Ricerca per l'Orticoltura,<br />
Via cavalleggeri 25, 84098 Pontecagnano (SA);<br />
vittorio.caponigro@entecra.it<br />
integrità, sanità, freschezza, tipicità del colore e dell'odore<br />
in base a una scala ordinale da 1 a 9 e la media<br />
geometrica <strong>dei</strong> punteggi è stata analizzata come indice<br />
globale della qualità di aspetto. La qualità microbiologica<br />
è stata valutata determinando la carica microbica<br />
totale, i batteri coliformi ed E. coli secondo procedure<br />
ordinarie della conta su piastra: omogenazione di campioni<br />
di 25 grammi in 100 ml di acqua peptonata sterile<br />
a pH 6,8 per 120 secondi, diluizione seriale delle<br />
sospensioni, inseminazione di aliquote su terreni<br />
appropriati in piastre Petri, incubazione in termostato<br />
per 24-48 ore e conta delle colonie. L'indice della qualità<br />
di aspetto e i valori logaritmici di carica microbica<br />
sono stati analizzati nell'ambiente R base (R<br />
Development <strong>Co</strong>re Team, 2007) utilizzando anche<br />
funzioni delle librerie Hmisc (Harrell, 2007) e lme4<br />
(Bates, 2007) per la rappresentazione grafica e l'adattamento<br />
di modelli di risposta ai fattori specie, periodo<br />
del ciclo, ambiente e azienda.<br />
Risultati e discussione<br />
La carica microbica totale a livello campionario è<br />
variata tra 4,83 e 8,70 Log UFC/g, con mediana<br />
7,13; quella <strong>dei</strong> batteri coliformi tra 2,91 e 8,23,<br />
con mediana 6,13; E. coli è stato rinvenuto abbastanza<br />
frequentemente e in oltre il 10% <strong>dei</strong> casi a<br />
livelli superiori a 3 Log, indice di un livello di igiene<br />
insoddisfacente, dovuto sicuramente alla novità<br />
della coltura per le aziende, soprattutto rispetto alle<br />
esigenze di profilassi.<br />
La carica microbica totale è stata influenzata<br />
dal periodo del ciclo colturale e dalla parcella di<br />
terreno, mentre la specie vegetale, l'ambiente (tunnel<br />
vs pien'aria) e l'azienda hanno dato luogo a differenze<br />
non sistematiche e complessivamente di<br />
piccola entità (fig. 1). Le produzioni estive si sono<br />
caratterizzate per maggiori livelli di carica microbica<br />
rispetto a quelle primaverili e nel caso più<br />
estremo (giugno 2007 contro aprile 2006) lo scarto<br />
si è avvicinato a due ordini di grandezza. La difficoltà<br />
di ottenere livelli contenuti di carica microbica<br />
sulle produzioni estive è ben nota nel settore e<br />
questi <strong>risultati</strong> indicano che l'area considerata difficilmente<br />
si può proporre come complementare per<br />
queste colture al centro di produzione della piana<br />
del Sele, come sarebbe auspicabile in una prospet-
sparanise.qxp 25/02/2008 10.17 Pagina 66<br />
66 Amato et al Insalatine, qualità del prodotto da colture in suolo ..<br />
Fig. 1. rica batterica totale (medie con intervalli di confidenza al 95%) sulle foglie fresche di quattro specie vegetali in 13 cicli di coltura<br />
(8 in tunnel e 5 in pien'aria) da aprile 2006 a settembre 2007 in due aziende tabacchicole casertane (indicate dai simboli). <strong>Al</strong> margine<br />
destro sono riportati come scarti gli effetti del periodo-ambiente, al netto delle differenze tra specie.<br />
Fig. 2. Cariche E. coli e di batteri coliformi sulle foglie fresche di<br />
quattro specie vegetali in 13 cicli di coltura (8 in tunnel e 5 in pien'aria)<br />
da aprile 2006 a settembre 2007 (indicati con abbreviazioni-simboli),<br />
in due aziende tabacchicole casertane (distinte dal<br />
colore).<br />
Fig. 3. Indice della qualità di aspetto in rapporto alla carica microbica<br />
totale sulle foglie fresche di quattro specie vegetali in 13 cicli di coltura<br />
(8 in tunnel e 5 in pien'aria) da aprile 2006 a settembre 2007 (indicati<br />
con abbreviazioni-simboli), in due aziende tabacchicole casertane<br />
(distinte dal colore).<br />
tiva di coordinamento geografico-stagionale della<br />
produzione. Le cariche di batteri coliformi sono<br />
risultate correlate con quelle totali, ma per bietola e<br />
lattuga sono risultate più alte sulle foglie prodotte in<br />
tunnel, mentre il livello di presenza di E. coli non<br />
sembra sia stato influenzato allo stesso modo dalla<br />
stagionalità (fig. 2). La qualità dell'aspetto è risultata<br />
inversamente correlata alla carica microbica totale<br />
per le produzioni in tunnel, ma non per quelle in<br />
pien'aria, e nel complesso è risultata piuttosto<br />
mediocre dopo il trasporto al laboratorio (fig. 3).<br />
I <strong>risultati</strong> di questi saggi indicano che il tipo di<br />
coltura, pur non presentando difficoltà agronomiche<br />
per il tabacchicoltore in possesso di strutture<br />
adeguate, richiede un affinamento della pratica e<br />
un livello di controllo a cui bisogna abituarsi.<br />
Letteratura citata<br />
Bates D, 2007. lme4: Linear mixed-effects models using S4 classes.<br />
R package version 0.99875-7.<br />
Beuchat L, 2000. Surface decontamination of fruits and vegetables<br />
eaten raw. World Healt Organisation, WHO/FSF/FOS/98.2<br />
Brackett RE, 1987. Microbiological consequences of minimally<br />
processed fruits and vegetables. J. Food Qual. 10, 195-206.<br />
Harrell F e molti altri utenti, 2007. Hmisc: Harrell Miscellaneous.<br />
R package version 3.0-12,<br />
http://biostat.mc.vanderbilt.edu/s/Hmisc.<br />
R Development <strong>Co</strong>re Team, 2007. R: A Language and<br />
Environment for Statistical <strong>Co</strong>mputing. R Foundation for<br />
Statistical <strong>Co</strong>mputing, Vienna, Austria, http://www.R-project.org.<br />
Ragaert P, Devlieghere F, Debevere J, 2007. Role of microbiological<br />
and physiological spoilage mechanisms during storage of<br />
minimally processed vegetables. Postharvest Biol. Technol.<br />
44,185-194.
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 67<br />
Introduzione<br />
Chenopodium quinoa Willd. è una pianta annuale originaria<br />
degli altopiani andini dove era coltivata già<br />
5000 anni fa. Questa specie fu domesticata probabilmente<br />
nella regione del lago Titicaca dove è presente<br />
la maggior diversità genetica (Casini, 2002). La<br />
Quinoa è una specie resistente allo stress idrico e salino,<br />
si sviluppa in ambienti con suoli acidi ed alcalini<br />
(Jacobsen et al., 2005) ed è adattabile al fotoperiodo<br />
(Bertero, 2001). La Quinoa non contiene glutine e possiede<br />
un alto valore nutrizionale; i semi contengono<br />
mediamente una percentuale di proteine totali del<br />
14.6% composta da amminoacidi essenziali tra cui i<br />
principali sono: lisina, metionina, treonina, istidina e<br />
arginina (Ruales e Nair, 1992). <strong>Co</strong>n la presente prova<br />
si è inteso valutare le potenzialità produttive di questa<br />
specie in un ambiente dell'Italia centro meridionale<br />
nell'ambito delle ricerche volte ad individuare alternative<br />
colturali al tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La prova sperimentale è stata condotta nel biennio<br />
2006 - 2007 presso la stazione sperimentale del CNR<br />
- ISAFoM di Vitulazio - CE - (14°50' E, 40°07' N; 25<br />
m s.l.m.). Il sito sperimentale è caratterizzato da una<br />
tessitura argillo-limosa (sostanza organica 1,31%,<br />
CaCO 3 2,51%, N 0,8‰, pH 7,6, densità apparente<br />
1,28) ed un contenuto idrico in volume (m m -3 ) di 39,4<br />
alla capacità idrica di campo (Ψ del suolo a -0,03<br />
MPa) e 21,7 al punto di appassimento (Ψ del suolo a -<br />
1,5 MPa). Sono stati posti a confronto due genotipi di<br />
quinoa: KVLQ520Y (K) ricevuto dall'International<br />
Potato Center, Lima, Perù e Regolana Baer (RB) - di<br />
provenienza cilena. Nel primo anno il genotipo K è<br />
stato seminato dal 25 gennaio ogni 15 giorni per individuare<br />
la migliore epoca di semina per l'ambiente<br />
considerato. I migliori <strong>risultati</strong> sono stati ottenuti con<br />
la semina del 5 aprile (A), quando il suolo aveva una<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 67<br />
Risposte produttive della quinoa (Chenopodium quinoa Willd)<br />
nell’areale casertano<br />
Riccardi M,* 1 Pulvento C, 1 De Luca S, 1 Iafelice G, 2 D'Amario M, 2 d'Andria R, 1<br />
Lavini A, 1 Marconi E 2<br />
1 - CNR - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del<br />
Mediterraneo, Via Patacca 85, 80056 Ercolano (Napoli), tel.<br />
0817717325, Fax 0817718045,<br />
*e-mail: m.riccardi@isafom.cnr.it<br />
2 - Università del Molise, Dipartimento STAAM, via De<br />
Sanctis, - 86100 Campobasso<br />
temperatura di circa 7 °C. Successivamente è stata<br />
effettuata una semina tardiva di entrambe i genotipi a<br />
distanza di un mese (4 maggio). Sulla base <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
del primo anno, nel secondo è stata eseguita una sola<br />
semina il 10 aprile. La densità di semina adottata in<br />
ogni epoca è stata di 20.000 piante ha -1 con un'interlinea<br />
di 0,5 m. La raccolta è stata eseguita il 12 e 25<br />
luglio per il genotipo K nel 2006 e il 21 luglio nel<br />
2007, mentre la RB è stata raccolta il 24 e 31 luglio<br />
rispettivamente nel 2006 e nel 2007. <strong>Al</strong>la raccolta di<br />
ciascuna epoca di semina è stata rilevata l'altezza delle<br />
piante, la sostanza secca della pianta ed il peso medio<br />
<strong>dei</strong> semi. Il disegno sperimentale era un blocco randomizzato<br />
con tre repliche. I dati raccolti sono stati sottoposti<br />
all'analisi della varianza (ANOVA) e la differenza<br />
tra le medie è stata effettuata con il test della<br />
Differenza Minima Significativa (DMS).<br />
Risultati<br />
L'andamento climatico è stato diverso nei due anni di<br />
prova soprattutto nelle fasi iniziali del ciclo colturale.<br />
Il 2006 è stato caratterizzato da precipitazioni inferiori<br />
a quelle del 2007 nel mese di aprile (25 mm vs. 57<br />
mm, nel il 2006 e 2007, rispettivamente) e maggio,<br />
mentre si sono verificati alcuni eventi piovosi nella<br />
prima decade di giugno (circa 38 mm) che hanno favorito<br />
l'emergenza e l'attecchimento in entrambe le epoche<br />
di semina. L'ET 0 del periodo Aprile - Maggio di<br />
entrambi gli anni di prova è risultato mediamente più<br />
elevato di 0,5 mm al giorno rispetto al valore medio<br />
poliennale, ed inoltre, anche le temperature massime<br />
nei due anni sono risultate più elevate delle medie<br />
poliennali.<br />
Nel 2006 l'analisi <strong>dei</strong> dati biometrici e produttivi<br />
delle due epoche di semina (A e B) del genotipo K<br />
(<strong>Ta</strong>b. 1), non hanno mostrato differenze significative<br />
in altezza, diametro del fusto e lunghezza del panicolo;<br />
mentre, la produzione in acheni è stata maggiore<br />
nella prima epoca di semina. La maggiore produzione<br />
ha determinato un harvest index, (rapporto percentuale<br />
tra produzione in acheni e biomassa secca epigea<br />
totale) significativamente più elevato nella prima<br />
epoca. <strong>Ta</strong>le comportamento è da attribuire alla riserva
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 68<br />
68 Riccardi et al Risposte produttive della quinoa<br />
<strong>Ta</strong>b 1. Caratteristiche biometriche e produttive del genotipo KVLQ520Y (K) nelle due epoche di semina. E’ riportata la<br />
differenza minima significativa (DMS) per P ≤ 0,05. n.s.= non significativa.<br />
idrica accumulata nel suolo a seguito degli abbondanti<br />
eventi piovosi di marzo che, le piante della prima epoca<br />
di semina, hanno potuto utilizzare nelle prime fasi di<br />
sviluppo vegetativo. Le precipitazioni di giugno sono<br />
state utili per la fasi di fioritura, allegagione e riempimento<br />
del seme.<br />
Il confronto tra i due anni ha messo in evidenza la<br />
significatività dell'interazione anno per genotipo. I<br />
<strong>risultati</strong> (<strong>Ta</strong>b. 2) hanno mostrato il maggiore sviluppo<br />
vegetativo di RB del diametro <strong>dei</strong> fusti, altezza e biomassa<br />
totale rispetto al genotipo K. Il genotipo RB è<br />
risultato il più produttivo per la maggior ramificazione<br />
<strong>dei</strong> pannicoli (dati non riportati) che ha determinato un<br />
maggior numero di semi pianta, sebbene il peso <strong>dei</strong><br />
mille semi è risultato significativamente inferiore<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Lo studio sull'adattabilità della Quinoa all'areale casertano<br />
ha fornito, nei due anni di prova, buone produzioni<br />
se paragonate a quelle di prove analoghe condotte in<br />
altri paesi europei o alle produzioni <strong>dei</strong> zone andini. La<br />
specie non ha mostrato particolari esigenze irrigue<br />
(sono state somministrate solo irrigazioni di soccorso)<br />
quindi potrebbe risultare utile valutare il miglioramento<br />
delle risposte della coltura a regimi irrigui a parziale<br />
soddisfacimento del consumo. In conclusione, dai<br />
<strong>risultati</strong> ottenuti si può considerare che questa specie<br />
può essere coltivata con successo negli areali dell'Italia<br />
meridionale. Si deve considerare, inoltre, la crescente<br />
richiesta del mercato di pseudo-cereali glutein free.<br />
Sono però necessarie prove sperimentali per individuare<br />
i genotipi più idonei alle condizioni pedo-climatiche<br />
locali e andrebbero approfonditi studi di tecnica<br />
agronomica per la preparazione di un protocollo di coltivazione.<br />
Bibliografia<br />
Bertero H.D., King R.W., Hall A.J. Photoperiod-sensitive development<br />
phases in Quinoa (Chenopodium quinoa Willd.).<br />
Field Crop Research. 1999; 60: 231-243.<br />
Casini P. Possibilità di introdurre la Quinoa in ambienti mediterranei.<br />
L'Inf. Agrario. 2002; 27: 29-32.<br />
Jacobsen S.E., Mauteros C., Christiansen J.L., Bravo L.A.,<br />
<strong>Co</strong>rcuera L.J., Mujica A. Plant Responses of quinoa<br />
(Chenopodium quinoa) to frost at various phenological stages.<br />
European Journal of Agronomy. 2005; 22: 131-139.<br />
Ruales J., Nair B.M. Nutritional quality of the protein in Quinoa<br />
(Chenopodium quinoa Willd.) seeds. Plant Foods Human<br />
Nutrition. 1992; 42(1): 1-11.<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Caratteristiche biometriche e produttive <strong>dei</strong> due genotipi in prova KVLQ520Y (K) e Regolana Baer (RB). E’ riportata<br />
la differenza minima significativa (DMS) per P ≤ 0,05. n.s.= non significativa.
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 69<br />
Fabbisogno irriguo della Stevia rebaudiana (Bertoni) in<br />
ambiente centro meridionale<br />
Introduzione<br />
La Stevia rebaudiana Bert. è originaria della valle<br />
del Rio Monday nel Nord-est del Paraguay, dove<br />
gli indiani Guaranì la utilizzano come dolcificante<br />
(Midmore e Rank, 2002). Sono state descritte più<br />
di 150 specie di Stevia, ma la rebaudiana è l'unica<br />
con importanti proprietà dolcificanti (Soejarto et<br />
al., 1982). Le foglie contengono un insieme complesso<br />
di glicosidi diterpenici dolci, i principali<br />
sono: lo Stevioside e il Rebaudioside A che hanno<br />
un potere dolcificante rispettivamente di 110-270 e<br />
180-400 volte superiore rispetto al saccarosio. La<br />
Stevia può essere impiegata come dolcificante a<br />
zero calorie sotto forma di foglie fresche o in polvere,<br />
estratto disidratato, o concentrato liquido di<br />
estrazione acquosa e/o idroalcolica. I prodotti di<br />
estrazione possono essere usati in diverse preparazioni<br />
alimentari precotte e da forno poiché sono<br />
stabili a temperature fino a 200 °C e non fermentano.<br />
In medicina è impiegata come agente anti-iperglicemico<br />
per la cura di patologie della pelle, nel<br />
trattamento dell'ipertensione per la sua azione cardiotonica<br />
e per molte altre patologie. <strong>Co</strong>n il presente<br />
lavoro si sono valutate le risposte produttive e<br />
qualitative al regime irriguo della specie in un<br />
ambiente dell'Italia centro-meridionale nell'ambito<br />
delle ricerche per individuare alternative colturali<br />
al tabacco.<br />
Materiali e metodi<br />
La prova è stata condotta nel biennio 2006-2007<br />
presso il centro sperimentale di Vitulazio - CEdell'ISAFoM<br />
(14°50' E, 40°07' N). La coltura. è<br />
stata trapiantata il 20/4/ 2006 con una densità di 5<br />
piante m -2 (interlinea 0,6 m). Sono stati posti a confronto<br />
in un blocco randomizzato, tre regimi irrigui:<br />
un controllo (T100) irrigato con la restituzione<br />
del 100% del consumo idrico e due tesi a restituzione<br />
parziale del consumo rispetto alla tesi T100,<br />
66% (T66) e 33% (T33). Il turno irriguo è stato settimanale<br />
il volume di adacquamento è stato calco-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 69<br />
Pulvento C*., Riccardi M., Romano G., De Luca S., d'Andria R., Lavini A.<br />
CNR - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del<br />
Mediterraneo, Via Patacca 85, 80056 Ercolano (Napoli),<br />
tel. 0817717325, Fax 0817718045,<br />
*e-mail c.pulvento@isafom.cnr.it<br />
lato sulla base del contenuto idrico nello strato di<br />
suolo 0-0,40 m. <strong>Al</strong>la coltura sono state somministrati<br />
rispettivamente 105, 23 e 180 kg ha -1 di N, P<br />
e K in entrambe gli anni.<br />
La raccolta è stata eseguita due volte ogni anno,<br />
quando le piante erano a inizio fioritura (22/7 -<br />
DOY 204 - e 25/9 - DOY 269 nel 2006 ed il 28/7 -<br />
DOY 210 - e 13/10 - DOY 267 nel 2007). In ciascuna<br />
raccolta è stata rilevata l'altezza delle piante,<br />
la superficie fogliare e la sostanza secca delle<br />
foglie e <strong>dei</strong> fusti. Campioni di foglie e fusti sono<br />
stati analizzati per valutare il contenuto <strong>dei</strong> principali<br />
prodotti dolcificanti (stevioside e rebaudioside<br />
A) e per determinare i principali elementi (Fe, Mn,<br />
Cr, Mg, Na, Ca, K). I dati sono stati sottoposti<br />
all'analisi della varianza e le differenze tra le medie<br />
sono state confrontate con il test della differenza<br />
minima significativa (DMS).<br />
Risultati<br />
Il secondo anno è stato meno piovoso del primo,<br />
infatti, non si sono verificati eventi piovosi utili da<br />
metà giugno fino all'inizio della raccolta. (<strong>Ta</strong>b. 1).<br />
Questo ha determinato un consumo idrico maggiore<br />
nel secondo anno di 17, 5,3 e 23,5 mm rispettivamente<br />
per le tesi T100, T66 e T33. I coefficienti<br />
colturali (kc), calcolati come rapporto tra il consumo<br />
idrico giornaliero e l'evapotraspirazione di riferimento,<br />
sono <strong>risultati</strong> in genere simili nei due anni<br />
di prova. L'analisi statistica <strong>dei</strong> dati di produzione<br />
e sviluppo vegetativo non ha evidenziato differenze<br />
significative dell'interazione tra gli anni, pertanto<br />
di seguito sono riportate le medie degli anni per<br />
ciascuna raccolta. Lo sviluppo vegetativo delle<br />
piante e la produzione di sostanza secca è risultato<br />
maggiore nella seconda epoca di raccolta (Fig. 1 A,<br />
B, C, D), mentre la tesi T100 ha mostrato la maggiore<br />
produzione rispetto alle altre. <strong>Ta</strong>li differenze<br />
sono risultate sempre significative nella seconda<br />
epoca, mentre nella prima epoca la tesi T66 ha<br />
mostrato solo un lieve incremento rispetto alla T33.<br />
L'indice di raccolta, calcolato come rapporto tra<br />
sostanza secca delle foglie e biomassa epigea, non<br />
ha mostrato differenze tra le tesi omologhe nelle<br />
due epoche, mentre è diminuito con l'aumento del
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 70<br />
70 Pulvento et al Fabisogno irriguo della stevia ...<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Volume irriguo, volume idrico stagionale, consumo idrico e coefficienti colturali (kc) calcolati per l’intera stagione<br />
(irr. stag.) e per i due periodi di crescita di ciascun anno<br />
livello irriguo. Il contenuto percentuale di glucosidi<br />
non è stato influenzato dal regime irriguo ed è<br />
stato accumulato soprattutto nelle foglie con valori<br />
medi di 8,36% (v/v) di stevioside e di 5,72 % (v/v)<br />
di rebaudioside A. La produzione di rebaudioside A<br />
è risultata di 0,26 t ha -1 e quella di stevioside di<br />
0,38 t ha -1 per la tesi T100. Le tesi T66 e T33 hanno<br />
avuto una produzione di 0,22 e 0,19 t ha -1 di rebaudioside<br />
A e 0,33 e 0,28 di stevioside, rispettivamente.<br />
Nei fusti sono stati rilevati valori medi di stevioside<br />
di 0,48 e di 0,36 di rebaudioside A.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
I <strong>risultati</strong> confermano che questa specie può essere<br />
coltivata con successo nell'areale preso in considerazione.<br />
La corretta gestione dell'irrigazione in termini<br />
di turno e volume degli adacquamenti ha un<br />
ruolo fondamentale per l'ottenimento di buone produzioni.<br />
Ulteriori prove sarebbero necessarie per<br />
mettere a punto un protocollo di coltivazione ed<br />
andrebbero promossi programmi di miglioramento<br />
genetico per sviluppare varietà idonee alle caratteristiche<br />
pedo-climatiche dell'areale.<br />
Fig. 1. <strong>Al</strong>tezza delle piante, produzione di sostanza secca della pianta intera e delle foglie e indice di raccolta in relazione<br />
al livello irriguo. Sono indicati i valori della differenza minima significativa (DMS) per P ≤ 0,05.<br />
Bibliografia<br />
Midmore D.J. and Rank A.H. A new rural industry - Stevia - to<br />
replace imported chemical sweeteners. Report for the Rural<br />
Industries Research and Development <strong>Co</strong>rporation 02/022.<br />
2002; 55 p.<br />
Soejarto D.D., Kinghorn A.D. and Farnsworth N.R. Potential<br />
sweetening agents of plant origin. <strong>II</strong>I. Organoleptic evaluation<br />
of stevia leaf herbarium samples for sweetness. J. Nat.<br />
Prod. 1982; 45: 590-599.
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 71<br />
Introduzione<br />
La Senape è una specie originaria dell'Asia. Si<br />
pensa che sia stata coltivata già nel 3000 a.C. in<br />
India e poi esportata in occidente come spezia pregiata.<br />
Nel IV sec. a.C. i Romani se ne servivano per<br />
conservare i succhi di frutta e il mosto e ne consumavano<br />
le foglie come verdura cotta (Brown et al.,<br />
2000-2002). La mostarda in pasta, come condimento,<br />
si diffuse in tutta Europa intorno al 1200.<br />
La Senape può avere molteplici impieghi; le<br />
foglie possono essere consumate crude o cotte ed<br />
hanno un sapore piccante, i semi possono essere<br />
impiegati nelle insalate per il loro aroma, oppure<br />
possono essere macinati e utilizzati per condimento<br />
(mostarda bianca). I semi hanno, inoltre, proprietà<br />
antibatterica, antifungina, di stimolazione dell'appetito,<br />
carminativa, digestiva, diuretica, emetica,<br />
espettorante, decongestionante e stimolante. In<br />
occidente sono di rado utilizzati come medicina<br />
interna, ma sono impiegati comunemente per uso<br />
esterno. I semi di Senape bianca contengono un olio<br />
che può essere impiegato come lubrificante o per<br />
l'accensione di lampade (McGuire, 2003).<br />
L'impiego della Senape bianca è ormai comune<br />
nei disciplinari di agricoltura biologica per il controllo<br />
<strong>dei</strong> nematodi cisticoli della barbabietola da<br />
zucchero (Heterodera schachtii), <strong>dei</strong> nematodi galligeni<br />
della patata (Globodera spp., Meloydogyne<br />
spp., Pratylenchus spp.) e del tabacco (M. incognita,<br />
M. javanica, M. arenaria, M. hapla) con riduzioni<br />
del 50-60% (Ahmed et al., 2005).<br />
L'industria alimentare italiana utilizza prodotti<br />
semilavorati importati soprattutto dai paesi dell'Est<br />
Europa, ma è evidente l'interesse per uno sviluppo<br />
<strong>dei</strong> mercati locali. Per tale motivo andrebbe approfondita<br />
la potenzialità produttiva della specie in<br />
ambienti centro meridionali e la possibilità di fornire<br />
all'industria semilavorati attraverso strutture<br />
associative di agricoltori. <strong>Co</strong>n il presente lavoro si<br />
è inteso valutare i principali parametri bio-agrono-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 71<br />
Valutazione agronomica della coltivazione di Senape bianca<br />
(Sinapis alba L.) in ambienti dell'Italia meridionale<br />
Pulvento C*, Riccardi M, De Luca S, Romano G, d'Andria R, Lavini A<br />
CNR - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del<br />
Mediterraneo, Via Patacca 85, 80056 Ercolano (Napoli),<br />
tel. 0817717325, Fax 0817718045.<br />
*E mail c.pulvento@isafom.cnr.it<br />
mici della specie nelle aree del casertano a prevalente<br />
ordinamento tabacchicolo.<br />
Materiali e metodi<br />
La prova è stata condotta nel biennio 2006-2007 presso<br />
il centro sperimentale del CNR-ISAFoM di<br />
Vitulazio (CE). La semina della varietà Zlatka è stata<br />
eseguita il 5 Aprile nel 2006 e il 17 Aprile nel 2007 su<br />
file distanti 0,2 m in parcelle di 30 m 2 (6 x 5 m) ripetute<br />
tre volte impiegando 2 g m -2 di seme. A seguito del<br />
diradamento delle piante sulla fila è stata ottenuta una<br />
densità di 28 piante m -2 . Durante lo sviluppo vegetativo<br />
della coltura sono stati effettuati solo interventi irrigui<br />
di soccorso e non sono stati necessari interventi di<br />
difesa antiparassitaria. La raccolta è stata effettuata il<br />
13 Luglio nel 2006 e il 26 Luglio nel 2007 e sono stati<br />
rilevati i seguenti parametri: altezza della pianta,<br />
numero di piante m -2 , numero e lunghezza delle ramificazioni,<br />
numero di silique fertili, sterili e aperte, lunghezza<br />
delle silique, peso fresco e peso secco delle silique<br />
e <strong>dei</strong> semi.<br />
Risultati e discussione<br />
Dall'analisi statistica <strong>dei</strong> dati (<strong>Ta</strong>b. 1) è risultata<br />
significativa la variabilità tra gli anni determinata<br />
dal diverso andamento climatico. Le evidenti differenze<br />
produttive tra i due anni, infatti, sono state<br />
determinate essenzialmente dalla diversa distribuzione<br />
ed entità delle piogge tra gli anni.<br />
Nel 2006 si sono verificate precipitazioni inferiori<br />
al 2007 nel mese di Aprile, periodo della semina,<br />
e Maggio, ed alcuni eventi piovosi nella prima<br />
decade di Giugno (circa 38 mm) hanno favorito lo<br />
sviluppo delle fasi vegetative.<br />
Nel 2007 l'andamento pluviometrico, è stato particolarmente<br />
abbondante nelle fasi di emergenza (57<br />
mm in Aprile), mentre non si sono verificati eventi<br />
piovosi dalla prima decade di Giugno fino al<br />
momento della raccolta con evidenti effetti negativi<br />
sulla produttività della specie. Nel primo anno, infatti,<br />
la produzione di semi al 13% di umidità è stata di<br />
2,12 t ha -1 , mentre nel secondo si è avuta una riduzione<br />
del 28% (1,53 t ha -1 ). La maggiore produzione<br />
del primo anno è principalmente dovuta ad un minore<br />
indice di sterilità oltre che al maggior peso medio
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 72<br />
72 Pulvento et al Valutazione agronomica della senape ...<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Caratteristiche biometriche e produttive della varietà Zlatka nei due anni di prova. E’ riportata la differenza minima significativa<br />
(DMS) per P ≤ 0,05. n.s.= non significativa.<br />
<strong>dei</strong> 1000 semi. <strong>Ta</strong>le comportamento è da attribuire<br />
allo stress idrico che si è manifestato durante la<br />
fase di riempimento del seme. Per questo stesso<br />
motivo anche la sostanza secca ed il numero delle<br />
silique sono <strong>risultati</strong> inferiori nel secondo anno,<br />
mentre non si sono manifestate differenze nel numero<br />
di semi per siliqua. Quest'ultimo parametro, pertanto,<br />
è maggiormente controllato dal patrimonio<br />
genetico (Laureti e Pieri, 2000).<br />
La differenza tra i due anni di prova è stata evidente<br />
anche per lo sviluppo vegetativo dal momento<br />
che le piante del secondo anno sono risultate più<br />
alte, più ramificate e con ramificazioni di maggiore<br />
lunghezza.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Dato il comportamento vegetativo e produttivo<br />
andrebbero approfonditi aspetti relativi al fabbisogno<br />
irriguo della specie dal momento che lo stress<br />
idrico nella fase di fioritura e riempimento del seme<br />
ha fortemente ridotto la produttività. Irrigazioni di<br />
soccorso nei periodi critici sarebbero ampiamente<br />
compensate dall'incremento di produzione.<br />
<strong>Co</strong>mplessivamente i <strong>risultati</strong> evidenziano le<br />
buone potenzialità produttive della specie nell'ambiente<br />
casertano soprattutto laddove si può disporre<br />
di acqua per l'irrigazione.<br />
Bibliografia<br />
Ahmed H. S., Miroslaw S. e Wladyslaw G. Defence responses<br />
of white mustard, Sinapis alba, to infection with the cyst<br />
nematode Heterodera schachtii. Nematology. 2005; 7 (6):<br />
881-889.<br />
Brown J., Davis J.B. e Esser A. Pacific Northwest <strong>Co</strong>ndiment<br />
Yellow Mustard (Sinapis alba L.) Grower Guide.<br />
Subcontract Report NREL/SR-510-36307 July 2005.<br />
McGuire A. Mustard. Washington State University (WSU)<br />
<strong>Co</strong>operative Extension bulletins. 2003.<br />
Laureti D., Pieri S. <strong>Co</strong>lza, ravizzone e senape nelle Marche.<br />
L'inf. Agrario. 2000; 34: 37-39.
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 73<br />
Introduzione<br />
La quinoa è uno pseudocereale appartenente alla<br />
famiglia delle Chenopodiaceae largamente coltivato<br />
nelle regioni andine. Questa coltura presenta interessanti<br />
caratteristiche chimico-nutrizionali (elevata<br />
qualità proteica, presenza di acidi grassi essenziali,<br />
vitamine e minerali) offrendo numerose potenzialità<br />
per future applicazioni tecnologiche (Lopez 2007).<br />
Inoltre per l'assenza delle proteine del glutine la<br />
quinoa può essere utilizzata per la preparazione di<br />
alimenti gluten-free. La presenza di composti antinutrizionali<br />
e in particolare le saponine, limitano<br />
l'utilizzo di questo pseudocereale dal momento che<br />
conferiscono caratteristiche di amaro e astringente<br />
influenzando negativamente la qualità sensoriale <strong>dei</strong><br />
prodotti finiti (Dini et al., 2001).<br />
Il presente lavoro ha preso in considerazione le<br />
caratteristiche compositive e nutrizionali di alcuni<br />
genotipi di quinoa, coltivati in Italia centro meridionale<br />
come colture alternative al tabacco. <strong>Ta</strong>li<br />
genotipi sono stati utilizzati per la preparazione di<br />
prodotti a base di cereali (pane, pasta) caratterizzati<br />
da una migliorata qualità nutrizionale e da una<br />
elevata accettabilità sensoriale.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono state analizzate due varietà di quinoa<br />
KVLQ520Y coltivata in due epoche differenti<br />
(sigla campioni KA e KM) e REGOLANA BAER<br />
(sigla campione RB). Entrambi i genotipi di quinoa<br />
sono stati coltivati nei campi sperimentali del<br />
CNR-ISAFoM (Vitulazio-CE). Sui campioni di<br />
quinoa è stata effettuata la caratterizzazione chimica<br />
e valutato mediante tecniche cromatografiche<br />
combinate (TLC, GC) il contenuto in saponine sia<br />
sul prodotto tal quale sia sul prodotto opportuna-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 73<br />
Impiego di sfarinati di quinoa per la realizzazione di prodotti a<br />
base di cereali<br />
Iafelice G 1) , D'Amario M 1) , Riccardi M 2) , Pulvento C 2) , d'Andria R 2) , Marconi E 1)<br />
1)DI.S.T.A.A.M.-Università degli Studi del Molise, Via De<br />
Sanctis, 86100 Campobasso,<br />
tel. 0874404616, Fax 0874404652,<br />
e-mail marconi@unimol.it<br />
2)CNR-Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del<br />
Mediterraneo, Via Patacca 85, 80056 Ercolano (Napoli),<br />
tel. 0817717325, Fax 0817718045,<br />
e-mail m.riccardi@isafom.cnr.it<br />
mente trattato (perlato). Gli sfarinati di quinoa perlata<br />
sono stati quindi utilizzati per la realizzazione<br />
di prodotti quali pane e pasta.<br />
Risultati e discussione<br />
Le analisi in merito alla caratterizzazione chimiconutrizionale<br />
evidenziano che la quinoa presenta un<br />
contenuto proteico più alto rispetto ai cereali comuni<br />
con valori pari a circa il 16-17 %. E' interessante<br />
osservare valori elevati in ceneri (3,96-4,28 g/100 g<br />
s.s.) e in fibra alimentare (16,1-18,6 g/100 g s.s.).<br />
L'amido rappresenta il componente principale della<br />
quinoa con valori compresi tra il 54,8% e il 55,6%<br />
per le varietà KA e KM; per la varietà RB si è riscontrato<br />
un contenuto in amido totale pari a 52,8%.<br />
Gli sfarinati di quinoa si distinguono inoltre per<br />
l'elevato contenuto lipidico pari al 7,7-7,9%. In questo<br />
lavoro è stato ottimizzato un metodo gascromatografico<br />
per la valutazione quanti/qualitativa delle<br />
saponine idrolizzate (sapogenine). L'analisi GC ha<br />
rilevato la presenza di specifiche saponine della quinoa<br />
rappresentate da: acido oleanolico, ederagenina,<br />
fitolaccagenina (Fig. 1).<br />
Dal punto di vista quantitativo nelle varietà di quinoa<br />
analizzate si è riscontrato un contenuto in saponine<br />
totali di 238,9-213,8 mg/100 g s.s. per le varietà<br />
KA e KM; per la varietà RB il contenuto in saponine<br />
totali è risultato di 329,0 mg/100g (<strong>Ta</strong>b.1).<br />
La quantificazione delle saponine è un utile parametro<br />
in quanto permette di distinguere le varietà di<br />
Fig. 1. Tracciato GC delle saponine della quinoa (1)acido oleanolico,<br />
2 ederagenina, 3 fitolaccagenina)
CNRISAFOM.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 74<br />
74 Iafelice et al Impiego di sfarinati di quinoa ....<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. <strong>Co</strong>ntenuto in saponine totali (mg/100 g s.s.)<br />
quinoa "sweet" (contenuto in saponine < di 200<br />
mg/100 g) e le varietà "bitter"(contenuto in saponine<br />
> di 400 mg/100 g); questa distinzione è di notevole<br />
interesse in quanto ai fini tecnologici/applicativi<br />
è importante utilizzare le varietà "sweet" a<br />
basso contenuto in saponine (Mazza e Gao 2005).<br />
L'analisi GC ha evidenziato che le varietà di quinoa<br />
analizzate (KA, KM, RB) si collocano in una posizione<br />
intermedia tra i genotipi "sweet" e i genotipi<br />
"better".<br />
Modulando il tempo di perlatura si è osservato<br />
che la rimozione delle parti periferiche dell'achenio<br />
del 20% determina una riduzione in saponine totali<br />
del 50% rispetto al valore iniziale, mentre applicando<br />
una perlatura pari al 30% si riesce a ridurre<br />
in maniera significativa il contenuto in saponine<br />
superiore all'80%. I <strong>risultati</strong> evidenziano pertanto<br />
che il processo di abrasione può essere utilizzato<br />
efficacemente per allontanare le saponine da questo<br />
pseudocereale.<br />
La <strong>Ta</strong>b. 2 riporta le caratteristiche chimiche <strong>dei</strong><br />
prodotti ottenuti utilizzando gli sfarinati di quinoa<br />
perlata. <strong>Co</strong>me si osserva la pasta e il pane ottenuti<br />
utilizzando il 20% di quinoa presentano un contenuto<br />
proteico superiore (14,7-16,6 % s.s.) rispetto ai<br />
prodotti controllo (12,6-10,1 % s.s.)<br />
E' interessante considerare che l'impiego di sfarinati<br />
di quinoa consente di migliorare la qualità pro-<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Caratteristiche chimiche (g/100 g .s.s) della pasta e del pane con quinoa<br />
Bibliografia<br />
Dini I, Schettino O, Simioli T, Dini A. Studies on the costituents<br />
of Chenopodium quinoa seeds: isolation and characterization<br />
of new triterpene saponins. J.Agric. Food Chem. 2001, 49:<br />
741-746.<br />
teica; gli sfarinati di quinoa sono,<br />
infatti, caratterizzati dalla presenza di<br />
un bilanciato apporto di amminoacidi<br />
essenziali (lisina), con conseguente<br />
innalzamento dell'indice chimico. In<br />
virtù dell'alto contenuto in fibra alimentare,<br />
la pasta e il pane con il 20%<br />
di quinoa potrebbero rientrare nella<br />
categoria di prodotti ad alto contenuto in fibre. Le<br />
analisi delle saponine evidenziano la persistenza di<br />
tali sostanze nei prodotti finiti anche dopo i trattamenti<br />
tecnologici e, nel caso della pasta, anche dopo<br />
cottura del prodotto. Le valutazioni sensoriali hanno<br />
messo in evidenza che la pasta con il 20% di quinoa<br />
è risultata accettabile. Gli assaggiatori, pur evidenziando<br />
delle differenze rispetto al prodotto controllo<br />
in termini di sapore e di gusto, hanno giudicato il<br />
prodotto complessivamente buono. Per il pane con il<br />
20% di quinoa il gruppo di assaggiatori ha espresso<br />
un giudizio estremamente positivo per l'aspetto e<br />
colore della crosta e l'aspetto della mollica, tuttavia<br />
il sapore e l'odore, considerati anomali, hanno inciso<br />
nel giudizio globale del prodotto che comunque è<br />
risultato sufficiente.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
I <strong>risultati</strong> ottenuti in questa ricerca dimostrano che,<br />
mediante l'utilizzo di formulazioni e tecnologie<br />
appropriate, gli sfarinati di quinoa perlata possono<br />
essere proposti come potenziali ingredienti/materie<br />
prime per la produzione di prodotti con migliorate<br />
caratteristiche nutrizionali e con accettabili proprietà<br />
sensoriali. Queste prime prove sono incoraggianti<br />
nell'ottica di ampliare la gamma di prodotto<br />
realizzati con sfarinati di quinoa con soddisfacenti<br />
caratteristiche sensoriali.<br />
Lopez-Garcia R. Quinoa: a traditional andrean crop with new<br />
horizons. Cereal Foods Word 2007, 52(2): 88-90.<br />
Mazza G., Gao L. Blue and purple grains. In: Specialty grains<br />
for food and feed. Elsayed Abdel-Aal and Peter Wood eds.,<br />
2005, pp. 313-350.
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 75<br />
Introduzione<br />
La richiesta di mercato per cibi sempre più differenti e ricchi<br />
di componenti salutari determinano una consistente<br />
modificazione della domanda <strong>dei</strong> prodotti alimentari. In<br />
questa ottica si è intrapreso un processo di introduzione di<br />
alcune colture esotiche nel nostro ambiente.<br />
La quinoa (Chenopodium quinoa willd.) specie originaria<br />
dell'America meridionale nella zona andina, è una<br />
specie erbacea annuale la cui forma coltivata C. quinoa<br />
subsp. quinoa (2n =4x=36) viene utilizzata nei sistemi<br />
agricoli presenti nei diversi paesi andini. E' uno pseudocereale<br />
che produce farine altamente proteiche (14-18%)<br />
con buon bilancio amminoacidico (Oelke et al., 1990) e<br />
prive di glutine. Può quindi essere proposta come alternativa<br />
al riso nell'alimentazione delle persone celiache.<br />
Prime sperimentazioni per l'introduzione di tale coltura<br />
nell'ambiente mediterraneo sono state condotte in Grecia<br />
ed hanno evidenziato che all'interno della specie esiste una<br />
variabilità tale da permetterne la coltivazione con buoni<br />
<strong>risultati</strong> anche in climi più caldi di quello andino (Karyotis<br />
et al., 2003). L'obiettivo dell'attività che viene riportata è<br />
reperire accessioni, valutarle e verificarne le potenzialità<br />
produttive nei nostri ambienti.<br />
Materiali e metodi<br />
Per il reperimento delle accessioni ci si è rivolti a<br />
ditte produttrici di sementi, a mercati locali, a banche<br />
del gemoplasma ed istituti di ricerca. È stata<br />
condotta una prova di valutazione a piante spaziate<br />
con un numero variabile di piante per accessione.<br />
In tale prova sono stati valutati su pianta singola 16<br />
caratteri morfologici e fenologici scelti tra i<br />
descriptors specifici della specie (IPGRI, 1981); la<br />
variabilità complessiva è stata utilizzata per stimare<br />
il livello di similarità tra le accessioni utilizzando<br />
le distanze Euclidee per un'analisi cluster con il<br />
metodo UPGMA con il software NTSYS-pc.<br />
Inoltre è stato messo a punto un metodo di analisi<br />
molecolare basato su marcatori SSR (Mason et al.,<br />
2005) ed è stato utilizzato per valutare la variabilità<br />
genetica. E' stata eseguita una valutazione agro-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 75<br />
Introduzione di nuove colture: La quinoa (Chenopodium<br />
quinoa Willd.)<br />
<strong>Ta</strong>viani P, Rubini A, Menconi L, Pieroni G, Damiani F<br />
Istituto Genetica Vegetale CNR via Madonna <strong>Al</strong>ta, 130 06128<br />
Perugia<br />
075 5014862, fax 0755014869, francesco.damiani@igv.cnr.<br />
nomica di 4 accessioni, quelle con più seme disponibile,<br />
con una prova parcellare replicata con due<br />
repliche; è stata rilevata la produzione di seme per<br />
pianta e per unità di superficie e la produzione di<br />
biomassa per pianta. <strong>Ta</strong>le prova è stata replicata<br />
con una semina autunnale.<br />
E' stata impiantata una prova per valutare la percentuale<br />
di incrocio della specie. A tale scopo sono state scelte<br />
combinazioni di parentali che risultavano facilmente<br />
distinguibili all'analisi molecolare, coppie di piante di due<br />
accessioni sono state messe in isolamento, il seme è stato<br />
raccolto separatamente su ciascuna pianta, è stato fatto<br />
germinare, è stato estratto il DNA dal singolo germinello<br />
ed esaminato per la per la presenza di alleli microsatellitari<br />
di origine paterna. In una prova condotta in camera di<br />
crescita, piante di 3 accessioni sono state allevate in condizioni<br />
di temperatura identiche e divise in due gruppi. Un<br />
gruppo era allevato con un fotoperiodo simulante la primavera<br />
(P) ed uno l'autunno (A). Dopo 16 settimane dalla<br />
semina è stato valutato lo sviluppo, la fioritura e la persistenza<br />
delle piante verificando quindi l'effetto del fotoperiodo<br />
sulla vitalità della pianta.<br />
Risultati<br />
In totale nel corso del biennio 2006-2007 sono<br />
state reperite 14 accessioni di origine geografica<br />
molto variabile e con struttura genetica altrettanto<br />
variabile (ecotipi, linee in miglioramento, varietà).<br />
A causa del ricevimento dilazionato delle sementi<br />
solo 10 accessioni sono state incluse nella prova di<br />
valutazione morfo-fenologica in cui sono stati<br />
valutati 10 caratteri quantitativi: altezza (in due<br />
date) fioritura, maturazione, n. ramificazioni, alt.<br />
ramificazioni, produzioni (seme e biomassa), peso<br />
del seme, disseminazione e 6 caratteri morfologici<br />
relativi a colore e forma di foglie e infiorescenza.<br />
Per l'insieme <strong>dei</strong> caratteri si è osservata un'ampia<br />
variabilità che ha permesso di disegnare un dendogramma<br />
di similarità . <strong>Ta</strong>le risultato è stato confermato<br />
dall'analisi della variabilità genetica stimata<br />
fra tutte le 14 popolazioni tramite l'analisi molecolare<br />
di 9 combinazioni di primer SSR che su 74<br />
campioni ha rilevato 76 alleli differenti, di cui 12<br />
specifici di C. album L. una specie molto simile<br />
alla quinoa ed ampiamente diffusa nei nostri area-
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 76<br />
76 <strong>Ta</strong>viani et al La quinoa<br />
li. L'analisi cluster mostra una chiara distinzione<br />
della specie C. album da C. quinoa. Le accessioni<br />
di quinoa sono raggruppate in 2 cluster principali:<br />
quelle provenienti da Ecuador, Perù e Bolivia sono<br />
separate dal materiale di origine cilena e statunitense.<br />
I genotipi delle 2 varietà Regalona e Francia e<br />
delle linee in selezione W5 e Napoli, sono dispersi<br />
nello stesso cluster e non sono distinguibili come<br />
accessioni.<br />
Quattro accessioni sono state seminate in aprile<br />
ed un numero maggiore in ottobre. La semina primaverile<br />
ha mostrato uno sviluppo limitato delle<br />
piante ed una precoce entrata in fioritura, tale andamento<br />
non ha permesso il rilievo di molti caratteri<br />
ma ha reso possibile la raccolta del seme che, se<br />
derivato da autofecondazione, può essere utilizzato<br />
in successive valutazioni. Questa prova non è risultata<br />
tuttavia soddisfacente a causa della non regolare<br />
emergenza delle piante e del numero quindi<br />
molto variabile di individui a m 2 , tuttavia per una<br />
accessione si è prodotta una quantità di seme notevole.<br />
Il risultato della semina autunnaleha mostrato<br />
una buona emergenza delle piante che sono tuttavia<br />
andate incontro a forte diradamento. <strong>Ta</strong>li informazioni<br />
insieme a quelle ottenute in semine su scala<br />
aziendale eseguite l'anno successivo presso due<br />
aziende agricole ha mostrato che tale pianta è lenta<br />
nell'insediamento, sensibile agli attacchi di fitofagi<br />
e debole competitore con le infestanti.<br />
L'individuazione della data ottimale di semina è<br />
quindi indispensabile. A tale proposito è stata eseguita<br />
una prova in camera di crescita per valutare<br />
l'effetto del fotoperiodo sullo sviluppo della pianta<br />
che ha mostrato come il giorno corto non sia favorevole<br />
e quindi non sia proponibile una semina<br />
anticipata all'autunno.<br />
La letteratura relativa al sistema di incrocio in<br />
quinoa è abbastanza discordante infatti viene riportata<br />
come specie autogama con solo il 10% di interincrocio<br />
(<strong>Ta</strong>ylor e Parker, 2002) ma è stato anche<br />
osservato un 30 % di incrocio interspecifico<br />
(Wilson e Manhart 1993). La discordanza <strong>dei</strong> dati<br />
porta a pensare che il genotipo e l'ambiente di crescita<br />
possano influire fortemente su tale aspetto. È<br />
stato impiantato un piccolo esperimento di incrocio<br />
a coppie tra piante di accessioni facilmente distin-<br />
guibili per il profilo microsatellitare che mostra<br />
<strong>risultati</strong> non univoci. La progenie dell'accessione<br />
A1 risulta autofecondata, Otavalo mostra invece un<br />
40% di individui derivati da impollinazione incrociata<br />
ma il basso numero di individui analizzati non<br />
permette di fare conclusioni oltre quella che in<br />
Otavalo può avvenire l'incrocio. L'accessione<br />
Francia presente in entrambi gli incroci ha un comportamento<br />
disomogeneo: nell'incrocio con A1 la<br />
progenie mostra un 20% di alloimpollinazione, nell'incrocio<br />
con Otavalo, al contrario, non si osservano<br />
progenie con alleli dell'altro parentale. Non è da<br />
escludere che fattori di incompatibilità genetica o<br />
fisiologica (diversa epoca di fioritura) possano<br />
determinare i <strong>risultati</strong> osservati, un esperimento su<br />
scala più ampia sarebbe necessario, l'unica conclusione<br />
possibile con tali <strong>risultati</strong> è che Chenopodium<br />
quinoa si autofeconda ma non è una specie strettamente<br />
autogama.<br />
In conclusione la quinoa è una specie che può<br />
fornire una produzione consistente anche nei nostri<br />
ambienti, ma per le sue caratteristiche di piccole<br />
dimensioni del seme, lentezza nell'emergenza, sensibilità<br />
all'aggressione di fitofagi nelle prime fasi di<br />
sviluppo necessità di un'ottimizzazione delle tecniche<br />
agronomiche e soprattutto di un approfondito<br />
lavoro di miglioramento genetico, la variabilità<br />
necessaria a tal fine sembra largamente disponibile.<br />
Letteratura citata<br />
IPGRI Descriptores de quinua. AGP:IBPGR/81/104, Agosto<br />
1981 (www.ibpgr.cgiar.org).<br />
Karyotis T, Iliadis C, Noulas C, Mitsibonas T. Preliminary<br />
Research on Seed Production and Nutrient <strong>Co</strong>ntent for<br />
Certain QuinoaVarieties in a Saline-Sodic Soil. J.<br />
Agronomy & Crop Science 2003 189: 402-408.<br />
Mason SL, Steven MR, Jellen EN, Bonifacio A, Fairbanks DJ,<br />
<strong>Co</strong>leman CE, McCarty RR, Rasmussen AG, Maughan PJ.<br />
Development and use of microsatellite markers for germoplasm<br />
characterization in quinoa (Chenopodium quinoa<br />
Willd.). Crop Sci. 2005 45:1618-1630..<br />
Oelke A, Putnam DH, Teynor TM, Oplinger ES Quinoa. In:<br />
<strong>Al</strong>ternative field crops manual. University of Wisconsin<br />
University of Minnesota - <strong>Co</strong>operative Extension Febbraio 1990.<br />
<strong>Ta</strong>ylor JRN e Parker ML. Quinoa In: Pseudocereals and less<br />
common cereals (Belton P <strong>Ta</strong>ylor J, eds.) Springer Berlin<br />
2002 pp 93-115.<br />
Wilson H e Manhart J. Crop/weed gene flow: Chenopodium<br />
quinoa Willd. and C. berlandieri Moq. TAG 1993 86:642-<br />
648.
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 77<br />
Introduzione<br />
La valorizzazione del carciofo di Pietrelcina è una<br />
delle strategie proposte nel progetto COALTA1 per<br />
sostituire la coltivazione del tabacco nell'area del<br />
beneventano. <strong>Ta</strong>le coltura diffusa da oltre un secolo<br />
nella zona presenta due significative caratteristiche<br />
che la rendono particolarmente interessante: la<br />
tardività che gli permette di fornire prodotto in un<br />
periodo in cui il carciofo locale è assente e l'alto<br />
contenuto di inulina che lo rendono particolarmene<br />
adatto per la terapia di disfunzioni meataboliche<br />
<strong>dei</strong> lipidi e <strong>dei</strong> glucidi (del Piano et al., 2006).<br />
L'analisi di tali caratteristiche in carciofaie della<br />
zona ha mostrato tuttavia una variabilità tra ed<br />
entro carciofaie che giustifica ulteriori studi per<br />
caratterizzare la variabilità entro piante dell'accessione<br />
e per definire un genotipo tipico di<br />
Pietrelcina che si disitngua anche molecolarmente<br />
dal carciofo Romanesco da cui indubitabilmente<br />
deriva. Lo scopo di tale lavoro è stato quindi lo studio<br />
tramite marcatori molecolari della variabilità<br />
genetica della specie Cynara scolymus L. con l'intento<br />
applicativo di definire un pattern molecolare<br />
distintivo di cv locali campane.<br />
Materiali e metodi<br />
E' stato estratto il DNA da 66 piante: 38 piante da<br />
13 aziende della zona di Pietrelcina, 6 dell'ecotipo<br />
Pietrelcina conservato presso la banca del germoplasma<br />
del CRPV di Sassari (piante 7.x), 16 di carciofo<br />
Capuanello da due aziende (piante 5.x e 6.x), 4 di<br />
Romanesco recuperate in centro e sud Italia (9.x e<br />
4.x), e due altre piante fuori tipo (8 ecotipo Scafati e<br />
10 allungato umbro). L'analisi molecolare è stata<br />
eseguita valutando il polimorfismo di regioni microsatellitarie<br />
e il polimorfismo generato con la tecnica<br />
AFLP (Vos et al., 1995) utilizzando una sola coppia<br />
di primer derivati dalla restrizione con gli enzimi<br />
EcoRI e MseI ed utilizzando le basi selettive ACT e<br />
CAA ai due rispettivi siti di taglio. E' stata anche<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 77<br />
Caratterizzazione molecolare di accessioni di carciofo di<br />
Pietrelcina<br />
<strong>Ta</strong>viani P, Menconi L, Rubini A, <strong>Co</strong>zzolino E 1 , Leone V 1 , Damiani F<br />
Istituto Genetica Vegetale CNR via Madonna <strong>Al</strong>ta 130, 06128<br />
Perugia 075 5014862, fax 0755014869,<br />
francesco.damiani@igv.cnr.it;<br />
1Unità di ricerca per le colture alternative al tabacco CRA, via<br />
Vitiello 116, 84018 Scafati (SA)<br />
applicata la tecnica S-Sap che consiste nell'amplificazione<br />
di DNA ristretto con un primer ancorato al<br />
sito di taglio ed uno ricavato dalla sequenza di un<br />
retrotrasposone endogeno. Per l' S-Sap sono stati utilizzati<br />
primer ancorati al sito di taglio MseI aventi le<br />
basi selettive CAA, CAC e CAT in combinazione<br />
con un primer disegnato sul retrotrasposone<br />
CYRE5 (Acquadro et al., 2006). Nell'analisi <strong>dei</strong><br />
<strong>risultati</strong>, i profili di ogni combinazione di primers<br />
sono stati riportati come dati di presenza assenza<br />
della banda per ogni campione costruendo una<br />
matrice binaria unica per S-SAP e AFLP, da cui è<br />
stata calcolata la matrice delle distanze genetiche<br />
con l'indice di Nei, seguita da una analisi cluster con<br />
il metodo UPGMA e rappresentata graficamente da<br />
un dendrogramma elaborato con il software<br />
NTSYS-pc (Rohlf, 1993). Per l'analisi <strong>dei</strong> microsatelliti<br />
ci si è basati sulle tecniche ed i primer sviluppati<br />
in carciofo da Acquadro et al (2003; 2005).<br />
Sono state utilizzate 12 combinazioni di primer SSR<br />
e per ogni coppia di primer è stato mantenuto il<br />
nome del codice del locus. Per un confronto diretto<br />
<strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> ottenuti con i marcatori "multi-locus"<br />
(S-SAP e AFLP) e a "singolo locus" (SSR) è stata<br />
eseguita un'analisi di raggruppamento cluster con<br />
relativo dendrogramma anche dalla matrice della<br />
distanza genetica costruita con i marcatori SSR. Le<br />
due matrici sono state quindi combinate e con le<br />
stesse modalità si è costruito un dendogramma complessivo<br />
della variabilità genetica osservata.<br />
Risultati<br />
Dall'analisi AFLP e S-SAP si sono ottenute 141<br />
bande polimorfiche, mentre l'analisi SSR condotta<br />
su 12 loci ha evidenziato la presenza di un totale di<br />
26 alleli. Di questi, 3 alleli sono presenti in tutte le<br />
piante del controllo Pietrelcina (piante 7.x) e non<br />
condivisi con altre accessioni ad eccezione di uno<br />
con la n. 10. I dendogrammi ottenuti dall'analisi di<br />
similarità con i due tipi di marcatori danno <strong>risultati</strong><br />
molto simili e l'ulteriore elaborazione ottenuta<br />
raggrupando tutti i dati è riportata in fig. 1.<br />
Solo due accessioni ( n.7 e n. 6) risultano omogenee<br />
e distinguibili, le 38 piante collezionate nella<br />
zona di Pietrelcina sono alquanto eterogenee,
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 78<br />
78<br />
<strong>Ta</strong>viani et al Caratterizzazione molecolare carciofo di Pietrelcina<br />
Fig. 1. Dendogramma della distanza genetica tra le 66 piante di carciofo analizzate<br />
hanno diversi alleli in comune con le piante di<br />
Romanesco utilizzate come controllo e non presentano<br />
gli alleli che caratterizzano le 6 piante di<br />
Pietrelcina collezionate dal CRPV di Sassari.<br />
Le due analisi con marcatori molecolari suggeriscono<br />
quindi che il materiale raccolto nell'area di<br />
Pietrelcina sia frutto di incroci avvenuti in passato e<br />
che in assenza di selezione siano rimasti in coltivazione<br />
diversi genotipi che evidentemente si sono<br />
adattati alle condizioni climatiche e alle pratiche colturali<br />
della zona di Pietrelcina. Resta da stabilire in<br />
prove agronomiche condotte nella zona di<br />
Pietrelcina ed anche in aree lontane se le caratteristiche<br />
di pregio siano peculiari <strong>dei</strong> materiali allevati<br />
attualmente nella zona e riottenibili anche altrove,<br />
oppure se è solo l'ambiente di coltivazione responsabile<br />
delle performance produttive indipendentemente<br />
dal materiale genetico coltivato ed infine se l'interazione<br />
genotipo ambiente abbia un effetto determinante<br />
nell'espressione <strong>dei</strong> caratteri di pregio.<br />
Bibliografia<br />
Acquadro A., Portis E., Lanteri S. Isolation of microsatellite loci<br />
in artichoke (Cynara cardunculus L. var. scolymus). Mol<br />
Ecol Notes 2003 3: 37-39.<br />
Acquadro A., Portis E., Lee D., Donini P., Lanteri S.<br />
Development and characterization of microsatellite marker<br />
in Cynara cardunculus L. Genome 2005 48: 217-225.<br />
Acquadro A, Portis E, Moglia A, Magurno F, Lanteri S.<br />
Retrotransposon-based S-SAP as a platform for the analysis<br />
of genetic variation and linkage in globe artichoke.<br />
Genome. 2006 49:1149-59.<br />
del Piano L, Interlandi G, Abet M, Sorrentino C, Leone V,<br />
<strong>Co</strong>zzolino E, Sicignano MR, Zeno G, Nunziata R.<br />
Valorizzazione del carciofo di Pietrelcina (Cynara scolymus<br />
L.) ai fini della riconversione della coltura del tabacco<br />
nell'area del beneventano. In: Analisi e valutazione di ordinamenti<br />
colturali alternativi nelle aree a riconversione del<br />
tabacco.. Risultati 1° anno di attività., C.R.A., Roma 2006<br />
pp 101-105.<br />
Rohlf FJ. (NTSYS-pc Numerical <strong>Ta</strong>xonomy and Multivariate<br />
Analysis System 2.02. User Guide 1993.<br />
Vos P, Hogers R, Bleeker M, Reijans M, Vandelee T, Hornes M,<br />
Frijters A, Pot J, Peleman J, Kupier M, Zabeau M. AFLP a<br />
new technique for DNA fingerprinting. Nucleic Acids<br />
Res1995 23: 4407 4414.
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 79<br />
<strong>Co</strong>lture da biomassa per l’alta valle del Tevere<br />
Menconi L, <strong>Ta</strong>viani P, Damiani F<br />
Introduzione<br />
Nell'ambito delle iniziative di sviluppo e promozione<br />
delle fonti rinnovabili all'interno del territorio<br />
umbro recentemente è stato sottoscritto, dalla<br />
comunità Montana <strong>Al</strong>to Tevere Umbro e da otto<br />
<strong>Co</strong>muni del territorio, un Accordo di Programma<br />
finalizzato ad intraprendere delle iniziative integrate<br />
di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e<br />
dell'uso razionale dell'energia nell'ambito di un più<br />
vasto modello di sviluppo sostenibile. L'Accordo è<br />
finalizzato all'attuazione del Programma denominato<br />
"Energia Sostenibile <strong>Al</strong>to Tevere", attraverso<br />
il quale le Parti si impegnano ad ideare ed attuare<br />
iniziative per la produzione di energia da fonti rinnovabili<br />
tramite idonei progetti ed iniziative nel<br />
settore della ricerca e formazione in campo energetico<br />
ed ambientale. In questo contesto la produzione<br />
nel territorio di biomasse è irrinunciabile e lo<br />
sviluppo di colture destinate allo scopo sembra<br />
un'alternativa interessante alla coltivazione del<br />
tabacco. In tale ottica sono state impostate delle<br />
prove di valutazione agronomica di colture da<br />
fibra. Le specie da valutare sono state scelte in base<br />
alle seguenti considerazioni: 1) novità, poiché non<br />
si vede l'esigenza di un'ulteriore sperimentazione<br />
su colture già estensivamente studiate, 2) specie<br />
che da indagini preliminari condotte in ambienti<br />
diversi da quello in esame sono risultate meritevoli<br />
di attenzione (Venturi e Amaducci, 1998). Si è<br />
evitato di prendere in considerazione colture invasive,<br />
difficili da eliminare una volta impiantate,<br />
tipo la canna comune (Bell, 1998) ed il miscanto,<br />
per evitare all'agricoltore scelte impegnative nel<br />
tempo a fronte di una situazione relativa all'investimento<br />
delle strutture di produzione di energia che<br />
rimane purtroppo, nonostante tutte le emergenze<br />
ambientali e di indipendenza di approvvigionamento<br />
sopra enunciate, ancora condizionata dall'instabilità<br />
del prezzo <strong>dei</strong> prodotti petroliferi che è il<br />
principale stimolo all'adozione di politiche di sviluppo<br />
di energie alternative<br />
Istituto Genetica Vegetale CNR via Madonna <strong>Al</strong>ta 130, 06128<br />
Perugia 075 5014862, fax 0755014869,<br />
francesco.damiani@igv.cnr.it;<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 79<br />
Materiali e metodi<br />
Si sono quindi utilizzate tre specie: sorgo da<br />
fibra (Sorghum bicolor), Kenaf (Hibiscus cannabinus)<br />
e canapa (Cannabis sativa) che garantiscono<br />
sviluppo di biomassa notevole e nel contempo possono<br />
avere un uso alternativo alla produzione di<br />
energia, in modo da offrire al produttore filiere<br />
alternative per il conferimento del prodotto. Per il<br />
sorgo sono state valutate 2 cultivar H952 e H133,<br />
per il kenaf la varietà medio-tardiva <strong>Ta</strong>inung1 e per<br />
la canapa la varietà monoica Felina34. La sperimentazione<br />
è stata condotta per due anni consecutivi<br />
in 4 aziende poste all'interno del comprensorio<br />
coinvolto nell'Accordo di Programma sopra citato,<br />
sono tutte aziende tabacchicole 3 localizzate in pianura<br />
ed una in media collina. Le colture sono state<br />
valutate adottando un disegno sperimentale a blocchi<br />
randomizzati con numero e dimensione delle<br />
parcelle variabile compatibilmente con la superficie<br />
a disposizione. Il primo anno si sono valutate le<br />
produzioni utilizzando pratiche agronomiche leggermente<br />
diverse per irrigazione e concimazione<br />
nel secondo anno invece in tutte le aziende sono<br />
state eseguite prove di confronto tra dosi diverse di<br />
concimazione azotata da 0 150 u/ha. Le semine<br />
sono state eseguite in nel periodo fine aprile seconda<br />
metà di maggio con le apparecchiature disponibili<br />
in azienda, nel secondo anno di prova sono state<br />
eliminate dallo studio la canapa ed una azienda.<br />
I caratteri rilevati sono stati: data di emergenza,<br />
in giorni dalla semina; percentuale di insediamento,<br />
calcolata contando il numero di piante insediate<br />
su un metro lineare, replicato 4 volte per parcella;<br />
altezza della pianta, su 4 piante prese a caso entro<br />
ciascuna parcella con cadenza bisettimanale (a partire<br />
dal 27°/45°giorno dalla semina fino alla fine di<br />
agosto; numero di foglie per pianta, sulle stesse<br />
piante su cui è stata misurata l'altezza è stato contato<br />
il numero di foglie sullo stelo principale; produzione<br />
sostanza fresca e secca per m 2 , in 3 m 2 per<br />
parcella. Nel primo anno tale rilievo è stato eseguito<br />
a dicembre mentre nel secondo anno a metà settembre.
Damiani.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 80<br />
80<br />
Menconi et al <strong>Co</strong>lture da biomassa per l’alta valle del Tevere<br />
<strong>Ta</strong>b.1. medie per accessione e per azienda <strong>dei</strong> caratteri produttivi rilevati nei<br />
due anni di sperimentazione<br />
Risultati<br />
I due anni sono <strong>risultati</strong> molto contrastanti per<br />
regime termo-pluviometrico. Nell'annata agraria<br />
2006 si è avuta una primavera con elevata piovosità<br />
distribuita per tutto l'arco primaverile, che ha<br />
ritardato le semine con particolare nocumento alla<br />
canapa. Tuttavia la piovosità ha sicuramente beneficiato<br />
lo sviluppo delle colture nei periodi successivi.<br />
Per contro il 2007 è stato estremamente siccitoso,<br />
nel periodo aprile-settembre si sono avuti 130<br />
mm di pioggia in meno rispetto all'anno precedente<br />
(dati FAT Fattoria Autonoma <strong>Ta</strong>bacchi di<br />
Cerbara, Città di Castello). Ciò ha innegabilmente<br />
influenzato la risposta delle colture come mostrato<br />
dall'analisi comparata <strong>dei</strong> dati riportati in tabella1.<br />
L'insediamento delle colture è stato molto<br />
variabile, pessimo per la canapa, buono per il sorgo<br />
h952. Il sorgo ha avuto un accrescimento costante<br />
ed ha raggiunto altezze notevoli. La canapa ha<br />
mostrato un notevole accrescimento nelle prime<br />
fasi di sviluppo e poi un rallentamento mentre il<br />
kenaf risulta lento e costante nell'allungamento che<br />
prosegue fino a tutto settembre.<br />
Le produzioni sono risultate molto variabili sia<br />
tra accessioni che tra aziende il sorgo ed in particolare<br />
la cv h133 è risultato nettamente superiore con<br />
oltre 38 t/ha di media e punte di oltre 50 t/ha, il<br />
kenaf seppure molto meno produttivo<br />
con 17 t/ha è risultato tuttavia<br />
molto stabile con variazioni di<br />
produzione tra il massimo ed il<br />
minimo di 7,5 t/ha contro le oltre<br />
21 del sorgo ed inoltre è caratterizzato<br />
da una più bassa umidità<br />
del prodotto quando la raccolta<br />
viene ritardata, ciò riduce notevolmente<br />
i costi di essiccazione. La<br />
canapa non ha prodotto quantità<br />
apprezzabile di biomassa tranne in<br />
una azienda in cui comunque la<br />
produzione è risultata inferiore<br />
alle 6 t/ha, troppo bassa per un'utilizzazione<br />
energetica.<br />
I <strong>risultati</strong> del 2° anno non<br />
hanno fornito, a causa delle scarse<br />
precipitazioni, informazioni sull'effetto<br />
della concimazione azotata<br />
ed hanno mostrato, per la stessa<br />
ragione, una riduzione delle produzioni.<br />
La riduzione in produzione<br />
si è osservata in maniera più sensibile percentualmente<br />
sul kenaf mentre in valore assoluto sulla<br />
varietà di sorgo h952. Analizzando tali <strong>risultati</strong> per<br />
singola azienda si osserva un notevole polimorfismo<br />
con grosse riduzioni di produzione (Az. 3), ed<br />
inversione di tendenza nell'azienda di collina (Az.<br />
2) che peraltro a differenza dell'anno precedente ha<br />
beneficiato di un regime irriguo più consistente.<br />
In conclusione si può riassumere la sperimentazione<br />
nei seguenti punti: 1) la canapa non sembra<br />
adatta per produzioni di biomassa ad uso energetico;<br />
2) il sorgo ha grosse capacità produttive e tra le<br />
due varietà sperimentate la h133 è più produttiva e<br />
più stabile; 3) il kenaf ha produzioni molto inferiori<br />
rispetto al sorgo ma comunque accetabili, in particolare<br />
nel kenaf si riesce a ridurre l'umidità del<br />
prodotto ritardando la raccolta mentre ciò non<br />
viene osservato nel sorgo.<br />
Bibliografia<br />
Bell GP. Biology and management of Arundo Donax, and<br />
approaches to riparian habitat restoration in southern<br />
California.The Nature <strong>Co</strong>nservancy of New Mexico 1998<br />
pp.104-114<br />
Venturi G, Amaducci MT. Il progetto finalizzato PrisCA situazione<br />
e prospettive. L'informatore agrario 1998 46:37-43
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 81<br />
<strong>Co</strong>nfronto tra nuovi ibridi di pioppo da biomassa<br />
Bartolini S, <strong>Co</strong>varelli G<br />
Introduzione<br />
Prima di effettuare un impianto di SRF (Short<br />
Rotation Forestry) di pioppo per la produzione di biomassa,<br />
è importante scegliere con particolare attenzione<br />
il clone più adatto all'ambente pedoclimatico dove<br />
si vuole attuare la coltura. Recentemente sono stati<br />
selezionati nuovi ibridi capaci di elevata produttività e<br />
di adattarsi a diversi ambienti.<br />
Si è ritenuto opportuno eseguire una prova di confronto<br />
tra i migliori cloni disponibili.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2006 e 2007, presso i campi sperimentali della<br />
sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo - sabbioso (40% sabbia, 33%<br />
argilla, 27% limo), sono state realizzate due prove di<br />
confronto varietale con ibridi di pioppo da biomassa<br />
recentemente selezionati per la coltivazione in impianti<br />
da SRF.<br />
La prova del 2006 prevedeva il confronto tra quattro<br />
ibridi di pioppo impiantati secondo due diversi<br />
sistemi e densità: fila semplice a bassa densità (5.500<br />
piante a ha) e fila binata ad alta densità (11.000 piante<br />
a ha). I cloni di pioppo utilizzati erano: Monviso<br />
(Populus maximowiczii x P. nigra), Sirio (P. x euramericana),<br />
AF6 (P. x interamericana x P. x euramericana),<br />
AF2 (P. x euramericana). Lo schema sperimentale<br />
adottato per la prova è split plot con tre ripetizioni in<br />
cui le tesi di primo ordine erano costituite dai sistemi<br />
di impianto (fila semplice e fila binata) mentre le tesi<br />
di secondo ordine dai diversi cloni di pioppo. Le parcelle<br />
dove è stato adottato il sistema di impianto a fila<br />
semplice avevano una superficie di 63 m 2 (9 x 7 m),<br />
mentre quelle con file binate di 73.5 m 2 (10.5 x 7 m).<br />
Il sesto d'impianto adottato è di 3 x 0.6 m nel caso<br />
della fila semplice con una densità di 0.55 piante a m2,<br />
mentre per le parcelle a fila binata è di 3 x 0.48 m con<br />
una distanza tra le bine di 0.75 m e una densità di 1.1<br />
piante a m 2 .<br />
Le parcelle sono state suddivise in due parti in<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856341 -<br />
simone.bartolini@agr.unipg.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 81<br />
modo tale da poter applicare due turni differenti di<br />
ceduazione; uno annuale e l'altro biennale. Nel 2006 la<br />
ceduazione delle piante è stata effettuata solo nella<br />
porzione di parcella a cui era stato assegnato il turno<br />
annuale, nel 2007 invece oltre ai ricacci dell'anno<br />
(turno annuale), sono state tagliate anche le piante di<br />
due anni del turno biennale.<br />
Nel 2007 è stata realizzata una prova di confronto<br />
varietale tra quattro cloni di pioppo: Monviso e AF2,<br />
rivelatisi i più produttivi nella prova dell'anno precedente<br />
e Orion e Baldo.<br />
Lo schema sperimentale che è stato adottato per la<br />
prova è il blocco randomizzato con tre ripetizioni con<br />
parcelle di 67.2 m 2 (8.4 x 8 m). Il sesto d'impianto è di<br />
2.80 x 0.5 m con una densità di 0.7 piante m 2 (7.000<br />
p.te per ha).<br />
Nelle prove è stata determinata la percentuale di<br />
attecchimento delle talee, la biomassa legnosa espressa<br />
come peso fresco e secco e la sua umidità. Sono<br />
state eseguite inoltre analisi sul raccolto per determinare<br />
il potere calorifico e il contenuto in ceneri.<br />
La coltivazione nei due anni considerati è stata<br />
condotta senza eseguire concimazioni.<br />
Sono state eseguite solo irrigazioni al momento<br />
dell'impianto per favorire l'attecchimento e erpicature<br />
per mantenere il terreno libero da malerbe.<br />
Risultati e discussione<br />
Nell'anno di impianto è stata rilevata un'alta percentuale<br />
di attecchimento delle talee, con valori in media tra<br />
il 97 e il 98 % (tab. 1). Sottoponendo i dati ad analisi<br />
della varianza non emergono differenze significative<br />
tra i diversi sistemi di impianto; ciò indica che la densità<br />
di impianto non influisce sull'attecchimento delle<br />
talee. Dai dati relativi alla produzione di biomassa<br />
secca del 2006 da piante di un anno, si evince che l'impianto<br />
ad alta densità a file binate consente di ottenere<br />
produzioni di poco superiori rispetto all'impianto a<br />
bassa densità a file semplici con produzioni medie<br />
rispettivamente di 4.6 e 3.6 t a ha. Va valutata quindi<br />
la convenienza economica di tali impianti considerando<br />
che aumentando la densità incrementano proporzionalmente<br />
anche le spese per la costituzione del<br />
pioppeto, mentre la produzione non è direttamente<br />
correlata al numero di piante per ettaro.<br />
Per quanto riguarda la produttività degli ibridi il<br />
clone Monviso è risultato il più produttivo mentre
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 82<br />
82 Bartolini et al <strong>Co</strong>nfronto nuovi ibridi di pioppo da biomassa.<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Produzione di biomassa con turno di ceduazione annuale e biennale<br />
SIRIO ha mostrato una minore produttività in tutte e<br />
due le tipologie di impianto.<br />
Nel 2007 la produttività delle piante di un anno del<br />
turno annuale è stata leggermente superiore a quella<br />
rilevata nel 2006 con in media 5,9 e 4,7 t ha -1 di biomassa<br />
fresca rispettivamente per l'impianto ad alta e<br />
bassa densità. In quest'anno non sono state rilevate<br />
invece differenze significative tra i diversi ibridi a confronto.<br />
La produzione ottenuta con piante di due anni<br />
(turno di ceduazione biennale) è stata doppia rispetto a<br />
quella ottenuta nello stesso anno dai ricacci di un anno.<br />
Non sono state osservate differenze significative<br />
tra i differenti sistemi di impianto ne tra gli ibridi a<br />
confronto.<br />
La produzione del turno biennale, in entrambe le<br />
tipologie di impianto, è stata superiore a quella totale<br />
ottenuta in due anni con due ceduazioni del turno<br />
annuale, con valori di biomassa fresca rispettivamente<br />
di 29.3 e 22.9 t ha -1 nel caso di impianto ad alta densità<br />
e di 21.6 e 17.7 t ha -1 a bassa densità di impianto.<br />
L'umidità della biomassa al raccolto è oscillata tra<br />
il 53 e 54 %.<br />
Nella prova di confronto varietale impiantata nel<br />
2007, significativa è stata la differenza tra la percentuale<br />
di attecchimento nelle diverse tesi. I cloni AF2,<br />
Monviso e Orion hanno mostrato elevate percentuali<br />
di attecchimento mentre valori più bassi sono stati<br />
osservati per l'ibrido Baldo. La produzione è stata<br />
mediamente bassa (2.6 t ha -1 di sostanza secca) rispetto<br />
a quella ottenuta in altre prove in quanto lo sviluppo<br />
iniziale delle piante è stato ostacolato da un estate<br />
particolarmente siccitosa nella quale, nei mesi da giugno<br />
ad agosto, le precipitazioni sono state inferiori di<br />
45 mm rispetto alla media degli ultimi trenta anni.<br />
Significative sono state le differenze tra le tesi; i cloni<br />
più produttivi AF2 e Monviso (3.1 e 2.6 t ha -1 di<br />
sostanza secca).<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) La produzione ottenuta in due anni dal turno biennale,<br />
in entrambe le tipologie di impianto, è stata<br />
superiore a quella totale ottenuta nello stesso periodo<br />
con due tagli del turno annuale con valori di biomassa<br />
fresca rispettivamente di 29.3 e 22.9 t ha -1<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Produzione di biomassa con turno di ceduazione annuale<br />
(2007)
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 83<br />
nel caso di impianto ad alta densità e di 21.6 e 17.7<br />
t ha -1 a bassa densità di impianto;<br />
2) l'impianto ad alta densità (11.000 p.te ha -1 ) è leggermente<br />
più produttivo indipendentemente dal<br />
turno di ceduazione adottato di quello a bassa densità<br />
(5.500 p.te ha -1 ), tuttavia ne va valutata la convenienza<br />
economica;<br />
3) le produzioni maggiori sono state ottenute con i<br />
cloni AF2, AF6 e Monviso; leggermente inferiori<br />
con Sirio, Baldo e Orion.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 83<br />
Letteratura citata<br />
Bonari E. 2005 Risultati produttivi del pioppo da biomassa.<br />
Terra e Vita, 10, pp. 69-73.<br />
Facciotto G., et al. 2006 I nuovi cloni di pioppo. Agricoltura,<br />
giugno, pp. 71-78.<br />
Facciotto G., et al. 2006 Produttività di cloni di pioppo e salice<br />
in piantagioni a turno breve. Atti 5° <strong>Co</strong>ngresso SISEF.<br />
Paris P., et al. 2005 Le nuove varietà di pioppo da biomassa<br />
garantiscono produttività interessanti. Informatore Agrario,<br />
18, pp. 49-53
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 84<br />
84
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 85<br />
<strong>Co</strong>ncimazione azotata del pioppo da biomassa<br />
Bartolini S<br />
Introduzione<br />
Tra le colture da biomassa per la produzione di<br />
energia il pioppo (Populus spp. L.) è di notevole<br />
interesse per l'elevata produttività e le caratteristiche<br />
qualitative della biomassa, in particolare potere<br />
calorico e contenuto in ceneri, migliori rispetto<br />
alla maggior parte delle colture erbacee.<br />
In un pioppeto da energia è fondamentale ottenere<br />
elevate produzioni ma affinché queste siano<br />
sostenibili dal punto di vista ambientale è necessario<br />
limitare gli input chimici e quindi diviene indispensabile<br />
determinare la dose di azoto che consente<br />
di ottenere le massime produzioni in modo da<br />
evitare apporti eccessivi con i rischi conseguenti<br />
per l'ambiente dovuti alla lisciviazione <strong>dei</strong> nitrati.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2006 presso i campi sperimentali della sezione<br />
di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo - sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo), è stata impiantata un prova<br />
di concimazione azotata su pioppo da biomassa con<br />
lo scopo di valutare la risposta della coltura a due<br />
diverse dosi di azoto: 37.5 e 75 Kg ha -1 anno -1 in<br />
confronto con un testimone non concimato. Lo<br />
schema sperimentale adottato per la prova è stato il<br />
blocco randomizzato con quattro ripetizioni con<br />
parcelle di 45 m 2 (9 x 5m). Per la prova sono state<br />
impiegate talee dell'ibrido Monviso (Populus maximowiczii<br />
x P. nigra) che sono state messe a dimora<br />
su file semplici con un sesto di 3 m tra le file e 0,4<br />
m sulla fila. Le parcelle sono state suddivise in due<br />
parti in modo tale da poter applicare due turni differenti<br />
di ceduazione; uno annuale e l'altro biennale.<br />
Nel 2006 la ceduazione delle piante è stata effettuata<br />
solo nella porzione di parcella a cui era stato<br />
previsto il turno annuale, nel 2007 invece oltre ai<br />
ricacci dell'anno (turno annuale), sono state tagliate<br />
anche le piante di due anni (turno biennale).<br />
Nelle prove in ciascuna delle annate considerate è<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856341 -<br />
simone.bartolini@agr.unipg.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 85<br />
Grafico 1. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
aprile-ottobre 2006 e del poliennio.<br />
Grafico 2. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
aprile - settembre 2007 e del poliennio.<br />
stata determinata la produzione di biomassa legnosa<br />
espressa come peso fresco e secco e la sua umidità.<br />
La coltivazione nei due anni considerati è stata<br />
condotta senza eseguire irrigazioni se non al momento<br />
dell'impianto per favorire l'attecchimento; inoltre<br />
non sono state eseguite concimazioni oltre a quelle<br />
azotate previste dal protocollo della prova. Sono state<br />
eseguite solo erpicature per mantenere il terreno libero<br />
da malerbe.<br />
Andamento climatico<br />
Nel 2006 (grafico 1) nel periodo da aprile a ottobre,<br />
le temperature sono state sempre al di sopra<br />
della media degli ultimi trenta anni eccetto che<br />
nella prima decade di giugno e nelle prime due<br />
decadi di agosto dove sono stati registrati valori<br />
inferiori alla media. Per quanto riguarda le precipitazioni<br />
nel periodo considerato, i mesi di maggio<br />
e giugno sono stati particolarmente siccitosi men-
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 86<br />
86<br />
Bartolini et al <strong>Co</strong>ncimazione azotata del pioppo da biomassa<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Produzione di biomassa con turno di ceduazione annuale e biennale<br />
tre abbondanti sono state le precipitazioni nella<br />
seconda e terza decade di settembre.<br />
<strong>Co</strong>mplessivamente nel 2006 da maggio a settembre<br />
sono caduti 251 mm inferiori alla media del<br />
poliennio precedente che è stata di 302 m.<br />
Nel 2007 (grafico 2) nei mesi da aprile a settembre<br />
le temperature sono state sempre superiori<br />
alla media degli ultimi trenta anni eccetto che<br />
nella prima decade di agosto e settembre. Per<br />
quanto concerne le precipitazioni; scarse (2.8<br />
mm) sono state le piogge dalla seconda decade di<br />
giugno alla terza decade di luglio e nelle prime<br />
due decadi di settembre. <strong>Co</strong>mplessivamente da<br />
aprile a settembre sono caduti 193 mm contro i<br />
373 mm degli ultimi trenta anni.<br />
Risultati e discussione<br />
I dati rilevati nel 2006 e 2007 (tabella 1) non evidenziano<br />
differenze statisticamente significative<br />
tra le tesi per la produzione di biomassa in quanto<br />
la concimazione azotata non ha influenzato la<br />
produttività della coltura, molto probabilmente<br />
sono necessarie dosi di azoto superiori per avere<br />
incrementi produttivi significativi.<br />
La produzione del turno biennale, è stata superiore<br />
a quella totale ottenuta in due anni con due<br />
ceduazioni del turno annuale.<br />
Risultati e discussione<br />
I dati rilevati nel 2006 e 2007 (tabella 1) non evidenziano<br />
differenze statisticamente significative<br />
tra le tesi per la produzione di biomassa in quanto<br />
la concimazione azotata non ha influenzato la produttività<br />
della coltura, molto probabilmente sono<br />
necessarie dosi di azoto superiori per avere incrementi<br />
produttivi significativi.<br />
La produzione del turno biennale, è stata superiore<br />
a quella totale ottenuta in due anni con due<br />
ceduazioni del turno annuale.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) La prova mette in evidenza come sia possibile<br />
ottenere, adottando una tecnica di coltivazione<br />
a basso input, produzioni medie di circa 5 o 16<br />
t ha-1 di sostanza secca nel caso di turno di<br />
ceduazione annuale o biennale.<br />
2) Per quanto riguarda l'effetto della concimazione<br />
azotata l'impiego di 37.5 e 75 Kg ha-1 anno-<br />
1 non ha comportato incrementi produttivi<br />
significativi.<br />
Bibliografia consultata<br />
AA. VV. 2002 Pioppicoltura. Produzioni di qualità nel rispetto<br />
dell'ambiente. Villanova Monferrato, Diffusioni grafiche.<br />
Minotta G. 2003 L'arboricoltura da legno: un'attività produttiva<br />
al servizio dell'ambiente. Bologna, Avenue media.<br />
Pari L., Civitarese V. 2005 Il pioppo da biomassa può essere una<br />
valida alternativa. Informatore Agrario, 18, pp. 55-58.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 87<br />
Il diserbo del pioppo da biomassa<br />
<strong>Co</strong>varelli G, Pannacci E, Bartolini S<br />
Introduzione<br />
L'impianto di un pioppeto richiede che venga fatta<br />
particolare attenzione al controllo delle infestanti<br />
nelle prime fasi di sviluppo della coltura in quanto<br />
possono provocare scarso attecchimento delle talee<br />
e riduzioni dell'accrescimento superiori al 50%<br />
(Buhler et al., 1998). L'esigenza di un ottimo controllo<br />
delle infestanti in questa fase è ancora più sentito<br />
nel vivaio dove è fondamentale ottenere materiale<br />
vegetativo di buon vigore e di ottima qualità<br />
(Anselmi et al., 1983; Frison, 1997). Per il controllo<br />
delle malerbe la tecnica più efficace è quella di effettuare<br />
un trattamento chimico in pre impianto o appena<br />
dopo, con principi attivi ad azione residuale che<br />
consentono il controllo delle infestanti per almeno 4-<br />
6 settimane. Successivamente, nel caso fosse necessario,<br />
è possibile controllare le infestanti tra le file<br />
con mezzi chimici e meccanici mentre più problematico<br />
è il diserbo chimico sulla fila per la scarsa<br />
disponibilità di erbicidi selettivi quando distribuiti<br />
sulla vegetazione (Giorgelli, 1996).<br />
Un'altra problematica che si presenta al termine<br />
del ciclo produttivo di un pioppeto è l'eliminazione<br />
delle ceppaie. Questa operazione, necessaria per<br />
liberare il terreno per la coltura successiva, presenta<br />
alcuni inconvenienti, per i ricacci di pioppo dalle<br />
porzioni di radici lasciate in campo. Per evitare<br />
questo inconveniente, una tecnica che potrebbe<br />
essere efficace è quella di devitalizzare chimicamente<br />
le ceppaie prima dell'espianto, attraverso<br />
l'applicazione di principi attivi sistemici sulla vegetazione<br />
o subito dopo la ceduazione delle piante,<br />
direttamente sulla ceppaia. In questo modo gli<br />
eventuali residui di radici devitalizzate chimicamente<br />
non sono più in grado di generare ricacci.<br />
<strong>Al</strong>lo scopo di dare risposta alle problematiche<br />
sopra esposte sono state realizzate alcune ricerche<br />
per individuare sia gli erbicidi da applicare in pre e<br />
post impianto selettivi per il pioppo sia quelli più<br />
efficaci per la devitalizzazione delle ceppaie di<br />
pioppo.<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856326 -<br />
covarel@unipg.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 87<br />
Materiali e metodi<br />
Negli anni 2006 e 2007 sono state realizzate quattro<br />
prove sperimentali su pioppo da biomassa: due<br />
sul controllo chimico delle infestanti in pre e post<br />
impianto e due sulla devitalizzazione chimica delle<br />
ceppaie. Per tutte le prove è stato utilizzato l'ibrido<br />
Monviso (Populus maximowiczii x Populus nigra).<br />
Diserbo chimico in pre impianto<br />
Oggetto della prova è stata la valutazione dell'efficacia<br />
di 6 erbicidi impiegati nel controllo delle<br />
principali infestanti del pioppo in pre impianto e<br />
della loro selettività nei confronti della coltura.<br />
Per la prova è stato adottato lo schema sperimentale<br />
a blocchi randomizzati con quattro ripetizioni<br />
e parcelle di 15 m2 (5 x 3 m). Per la valutazione<br />
dell'efficacia <strong>dei</strong> p.a., è stato eseguito 50<br />
giorni dopo i trattamenti (GDT) un rilievo visivo<br />
sul ricoprimento delle infestanti secondo il metodo<br />
fitosociologico dell'abbondanza - dominanza di<br />
Braun - Blanquet.<br />
Per valutare la selettività <strong>dei</strong> p.a. verso la coltura<br />
è stato eseguito un rilievo visivo 42 GDT, mediante<br />
una scala convenzionale con valori da 0 a 10 (0 =<br />
fitotossicità nulla e 10 = morte della coltura). Inoltre<br />
è stata misurata l'altezza delle piante ed è stata raccolta<br />
la biomassa legnosa determinandone il peso<br />
fresco e secco e ciò non tanto con la finalità di valutare<br />
la produttività del pioppo, quanto gli effetti <strong>dei</strong><br />
trattamenti sull'accrescimento delle piante.<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Diserbo in pre impianto - principi attivi e dosi d'impiego.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 88<br />
88<br />
<strong>Co</strong>varelli et al Il diserbo del pioppo da biomassa.<br />
<strong>Ta</strong>bella 5. Devitalizzazione delle ceppaie - principi attivi e dosi<br />
d'impiego.<br />
Diserbo chimico in post impianto<br />
L'obiettivo della sperimentazione è stato quello di<br />
valutare la selettività nei confronti del pioppo di 6<br />
erbicidi impiegati in post-impianto della coltura,<br />
<strong>dei</strong> quali solo isoxaben autorizzato, al momento<br />
dell'impiego. I p.a. e le rispettive dosi d'impiego<br />
sono riportati in tabella 2. La prova è stata realizzata<br />
secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati<br />
con 4 ripetizioni e parcelle di 9 m 2 (3 x<br />
3 m). I trattamenti sono stati eseguiti con le stesse<br />
modalità già descritte nel diserbo di pre - impianto.<br />
Essendo già noto lo spettro di efficacia di questi<br />
principi attivi nei confronti delle principali infestanti,<br />
si è deciso di limitare le valutazioni alla sola<br />
selettività nei confronti del pioppo mantenendo le<br />
parcelle libere da malerbe. Per cui, sono stati eseguiti<br />
rilievi visivi per valutare la fitotossicità <strong>dei</strong><br />
p.a. verso la coltura secondo una scala 0 - 10 (0 =<br />
nessun sintomo; 10 = coltura distrutta). E' stato<br />
inoltre determinato il peso fresco e secco sulla biomassa<br />
del pioppo.<br />
Devitalizzazione chimica delle ceppaie di<br />
pioppo<br />
Nel 2007 sono state realizzate due prove sperimentali<br />
con l'obiettivo di individuare i p.a. più idonei per<br />
devitalizzare le ceppaie di due anni secondo due<br />
diverse modalità di applicazione: a) trattando la<br />
vegetazione costituita dai ricacci di un anno tagliati<br />
ad un metro di altezza; b) trattando le piante ceduate<br />
costituite dai ricacci tagliati a 10 centimetri. In<br />
entrambi i casi i ricacci sono stati tagliati appena<br />
prima <strong>dei</strong> trattamenti. I formulati commerciali e<br />
relativi p.a. impiegati sono riportati in tabella 5.<br />
Le prove sono state realizzate secondo uno<br />
schema sperimentale a blocchi randomizzati con<br />
tre ripetizioni e parcelle di 15 m 2 (5 x 3 m). Per il<br />
trattamento sulla vegetazione è stata utilizzata una<br />
barra irroratrice tenuta alta 150 centimetri circa da<br />
terra in grado di erogare 1000 L ha -1 di acqua. Il<br />
trattamento sulle piante ceduate è stato eseguito in<br />
maniera localizzata in corrispondenza della fila per<br />
una larghezza di 50 centimetri utilizzando 600 L<br />
ha -1 di acqua. Per valutare l'efficacia <strong>dei</strong> p.a. applicati<br />
sulla vegetazione, sono stati eseguiti rilievi<br />
visivi a 21, 45 e 96 GDT per determinare la fitotossicità<br />
<strong>dei</strong> principi attivi (percentuale di tessuti lesi).<br />
L'efficacia <strong>dei</strong> principi attivi applicati sulle piante<br />
ceduate è stata invece valutata come percentuale di<br />
ceppaie senza ricacci rilevata a 45 e 96 GDT.<br />
Risultati e discussione<br />
Diserbo chimico in pre impianto<br />
<strong>Ta</strong>bella 7. Diserbo in pre impianto - Ricoprimento delle infestanti, altezza e biomassa di pioppo.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 89<br />
<strong>Ta</strong>bella 8. Diserbo in post impianto - Fitotossicità <strong>dei</strong> p.a. e biomassa<br />
di pioppo.<br />
La flora infestante nel testimone non trattato, era<br />
composta da Helianthus annuus L. (presente per disseminazione<br />
nelle annate precedenti, 20%),<br />
Chenopodium album L. (6%) ed altre specie presenti<br />
in maniera sporadica come Echinochloa crus-galli<br />
L., Stachys annua L., Fallopia convolvulus L.,<br />
Mercurialis annua L., Anagallis arvensis L.,<br />
<strong>Co</strong>nvolvulus arvensis L., Polygonum aviculare L.,<br />
Portulaca oleracea L., Amaranthus graecizans L. e<br />
Amaranthus retroflexus L.; 9% in totale (tabella 8).<br />
La selettività <strong>dei</strong> principi attivi è risultata buona<br />
in tutte le tesi ad eccezione di quelle in presenza di<br />
s-metolachlor dove si sono verificati effetti di fitotossicità<br />
caratterizzati da ingiallimento fogliare e<br />
riduzione nella taglia <strong>dei</strong> giovani germogli delle<br />
talee. <strong>Ta</strong>li sintomi tuttavia sono <strong>risultati</strong> transitori<br />
scomparendo già dopo circa un mese dal rilievo,<br />
senza pregiudicare il successivo accrescimento<br />
delle piante come mostrano i dati sulla biomassa<br />
secca rilevati in settembre (tabella 7). La buona<br />
selettività <strong>dei</strong> trattamenti è confermata anche dalla<br />
percentuale di attecchimento delle talee che è risultata<br />
pari al 98%. Per quanto riguarda l'efficacia<br />
erbicida, tutti i trattamenti hanno mostrato buoni<br />
<strong>risultati</strong> senza differenze significative tra di essi.<br />
Diserbo chimico in post impianto<br />
<strong>Ta</strong>bella 9. Devitalizzazione delle ceppaie di pioppo - applicazione<br />
sulla vegetazione.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 89<br />
Tra i principi attivi utilizzati, isoxaben, metamitron,<br />
clopyralid e triflusulfuron methyl si sono rivelati<br />
selettivi per la coltura mentre rimsulfuron e<br />
phenmedipham hanno esercitato fitotossicità, che<br />
si è manifestata con ingiallimenti della lamina e<br />
necrosi del lembo fogliare e con riduzione della<br />
taglia delle piante.<br />
Le produzioni rilevate nelle tesi sono mediamente<br />
molto al disotto della capacità produttiva<br />
della coltura, in quanto la raccolta della biomassa è<br />
stata effettuata in un'epoca molto anticipata rispetto<br />
a quella che consiglia la corretta tecnica colturale<br />
per evidenziare meglio gli eventuali effetti fitotossici<br />
<strong>dei</strong> p.a.. Le differenze di produzione tra le<br />
tesi, non sono risultate significative (tabella 8).<br />
Devitalizzazione chimica delle ceppaie di<br />
pioppo<br />
Applicazione sulla vegetazione<br />
Il trattamento sulla vegetazione è risultato complessivamente<br />
molto efficace. In cinque tesi su sei,<br />
si è osservato, il disseccamento delle piante presenti<br />
(tabella 9). Solo le piante trattate con il solo<br />
picloram sono sopravvissute riportando gravi sintomi<br />
fitotossici che ne hanno tuttavia, bloccato l'accrescimento.<br />
Applicazione su piante ceduate<br />
Il trattamento su piante ceduate senza ricacci si è<br />
dimostrato meno efficace rispetto all'applicazione<br />
sulla vegetazione in quanto in sole due tesi su sei è<br />
stata osservata la totale perdita della capacità di<br />
ricaccio delle ceppaie (tabella 10). La minore efficacia<br />
potrebbe essere dovuta a due fattori: ai principi<br />
attivi stessi che vengono assorbiti prevalentemente<br />
per via fogliare e solo marginalmente per via<br />
radicale e alla modalità di applicazione.<br />
L'applicazione del diserbante su una superficie<br />
limitata della pianta, quale la sezione del tronco<br />
<strong>Ta</strong>bella 10. Devitalizzazione delle ceppaie di pioppo - applicazione<br />
su piante ceduate.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 90<br />
90<br />
ceduato, non consente alla stessa di assorbire la<br />
quantità di p.a. sufficiente a determinare la sua<br />
devitalizzazione. Per quanto riguarda le tesi con<br />
picloram, picloram + 2.4 D, glyphosate + solfato<br />
ammonico e triclopyr + fluroxypyr, il trattamento<br />
della ceppaia sembra aver solo rallentato l'attività<br />
vegetativa delle piante senza provocarne la devitalizzazione<br />
se non in poche piante. Risultati interessanti<br />
sono stati ottenuti dalle tesi con triclopyr e triclopyr<br />
+ glyphosate dove il trattamento ha devitalizzato<br />
le ceppaie e non vi sono stati ricacci.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) Oxadiazon, oxifluorfen e pendimethalin impiegati<br />
in pre impianto si sono dimostrati selettivi<br />
per il pioppo; moderati sintomi di fitotossicità<br />
si sono manifestati con s-metolachlor;<br />
2) Nel trattamento in post impianto isoxaben,<br />
metamitron, clopyralid e triflusulfuron-methyl<br />
sono stati selettivi per la coltura mentre phenmedipham;<br />
e rimsulfuron hanno causato sinto-<br />
mi di fitotossicità;<br />
3) Per la devitalizzazione delle ceppaie il trattamento<br />
sui ricacci è stato molto efficace, con<br />
tutte le tesi eccetto che con picloram da solo;<br />
4) Il trattamento su piante appena ceduate senza<br />
vegetazione è stato complessivamente meno<br />
efficace, tuttavia ottimi <strong>risultati</strong> sono stati ottenuti<br />
impiegando sia triclopyr da solo che in<br />
miscela con glyphosate.<br />
Bibliografia<br />
Anselmi N., Giorgelli A. 1983. Indagini sulle erbe infestanti nei<br />
vivai di pioppo di nuovo impianto. Atti del <strong>Co</strong>nvegno<br />
SILM "Le erbe infestanti fattore limitante la produzione<br />
agraria ", Perugia, 109-118.<br />
Buhler D.D., Netzer D.A., Riemenschneider E., Hartzler R.G.<br />
1998. Weed management in short rotation poplar and herbaceous<br />
perennial crops grown for biofuel production.<br />
Biomass and Bioenergy, vol. 14, 4, 385-394.<br />
Frison G. 1997. Cure culturali al vivaio di pioppo. Informatore<br />
agrario, 22, 31-36.<br />
Giorgelli A., Vietto L. 1996. Fitotossicità verso il pioppo di<br />
principi attivi diserbanti distribuiti in post-emergenza. Atti<br />
Giornate Fitopatologiche, 1, 405-412.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 91<br />
Introduzione<br />
Tra le colture erbacee coltivabili per la produzione di<br />
biomassa da impiegare nelle filiere agroenergetiche,<br />
il sorgo risulta particolarmente interessante sia per le<br />
elevate quantità di sostanza secca in grado di produrre<br />
sia per i bassi input energetici (irrigazioni, concimazioni<br />
ecc.) richiesti; aspetti fondamentali nel definire<br />
la sostenibilità economico-ambientale delle colture<br />
per usi energetici (Foti e <strong>Co</strong>sentino, 2001).<br />
La biomassa di sorgo, inoltre, in funzione <strong>dei</strong><br />
diversi ibridi (da fibra o biomassa, foraggio, zuccherini),<br />
può essere utilizzata per ottenere diverse fonti<br />
di energia, dal materiale tal quale, al biogas e bioetanolo<br />
(Bonardi et al., 2007). A tal proposito, scopo<br />
della ricerca è stato quello di valutare le caratteristiche<br />
produttive di alcuni ibridi di sorgo, in un<br />
ambiente di coltivazione tipico del centro Italia.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel biennio 2005-2006, in località Papiano<br />
(Marsciano - PG) presso il Laboratorio Didattico<br />
Sperimentale del Dipartimento di Scienze Agrarie<br />
e Ambientali, dell'Università degli Studi di<br />
Perugia, sono state realizzate due prove sperimentali,<br />
su un terreno di tessitura argillo-limosa (43%<br />
limo, 35% argilla, 22% sabbia). <strong>Co</strong>n un disegno<br />
sperimentale a blocchi randomizzati con 4 ripetizioni<br />
sono stati messi a confronto gli ibridi di sorgo<br />
riportati in tabella 1. Tra questi, Speedfeed e<br />
Grazer N data la bassa produzione di biomassa<br />
riscontrata nel 2005, sono stati sostituiti nel 2006,<br />
con Hikane <strong>II</strong>, SS405 e SS506 ibridi da foraggio<br />
caratterizzati da elevato contenuto in zuccheri fermentescibili.<br />
In entrambi gli anni, il sorgo è stato seminato il<br />
17 maggio, a file larghe 0.5 m per gli ibridi da biomassa<br />
e 0.25 m per quelli da foraggio, con una<br />
quantità di seme tale da ottenere una densità di<br />
circa 30 piante m -2 . L'emergenza è avvenuta 8 e 5<br />
giorni dopo la semina rispettivamente nel 2005 e<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 91<br />
Sperimentazione su ibridi di sorgo (Sorghum vulgare Pers.)<br />
per impiego a fini energetici<br />
<strong>Co</strong>varelli G, Pannacci E, Bartolini S<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856326 -<br />
covarel@unipg.it<br />
<strong>Ta</strong>bella1. Ibridi in sperimentazione<br />
2006, mentre la concimazione è stata eseguita<br />
apportando ogni anno 75 Kg ha -1 di P 2 O 5 al<br />
momento delle lavorazioni principali e 75 Kg ha -1<br />
di N alla semina. L'irrigazione è stata eseguita con<br />
interventi di soccorso che hanno apportato, 600 m 3<br />
ha -1 nel 2005 e 1150 m 3 ha -1 nel 2006. Per quanto<br />
non riportato precedentemente, si fa presente che la<br />
coltura è stata condotta secondo le pratiche colturali<br />
usuali per la zona. I rilievi eseguiti hanno riguardato<br />
l'altezza delle piante (determinata all'inserzione<br />
dell'ultima foglia), l'epoca di fioritura (determinata<br />
come data alla quale risultavano fiorite il 50%<br />
delle piante ed espressa in giorni dopo l'emergenza,<br />
GDE) e la produzione di biomassa fresca e secca a<br />
fine ciclo. Nel 2006, campioni di biomassa sono<br />
stati analizzati in laboratorio per determinare il<br />
potere calorifico superiore (PCS), il potere calorifico<br />
inferiore (PCI) e il contenuto in ceneri al fine di<br />
poter valutare il potenziale energetico della biomassa<br />
secca alla combustione. I dati raccolti sono<br />
stati sottoposti ad ANOVA per valutare l'errore sperimentale<br />
per ciascuna delle variabili rilevate. La<br />
significatività delle differenze tra le medie è stata<br />
saggiata con MDS protetta al livello di probabilità<br />
prescelto (p=0,05).<br />
Risultati e discussione<br />
Dai <strong>risultati</strong> ottenuti nel 2005 si evidenzia una<br />
maggior precocità del ciclo produttivo per gli ibridi<br />
da foraggio rispetto a quelli da biomassa con differenze<br />
in media di circa 25 giorni nei valori del<br />
periodo fenologico emergenza-fioritura (tabella 2).
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 92<br />
92<br />
<strong>Co</strong>varelli et al Sperimentazione su ibridi di sorgo...<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Risultati fenologici e produttivi <strong>dei</strong> diversi ibridi di sorgo - 2005.<br />
<strong>Ta</strong>bella 3. Risultati fenologici e produttivi <strong>dei</strong> diversi ibridi di sorgo - 2006.<br />
La maggiore durata del ciclo vegetativo degli ibridi<br />
da biomassa fa si che questi si accrescano maggiormente<br />
rispetto a quelli da foraggio, come mostrano i<br />
valori delle altezze raggiunte dalle piante 75 giorni<br />
dopo l'emergenza. A tal proposito, anche le produzioni<br />
di biomassa secca hanno mostrato differenze<br />
notevoli tra le due tipologie di ibridi: quelli da biomassa<br />
(H133 e H952), infatti, hanno prodotto in<br />
media 21.6 t ha -1 di sostanza secca, di molto superiore<br />
rispetto a quelli da foraggio (Speedfeed e Grazer<br />
N) per i quali la produzione media è risultata pari a<br />
14.5 t ha -1 , con valori di umidità della biomassa pari<br />
al 65-66% (tabella 2). Anche i <strong>risultati</strong> del 2006<br />
hanno mostrato differenze significative nella lunghezza<br />
del ciclo produttivo tra i diversi ibridi, pur<br />
senza differenze sostanziali in media tra quelli da<br />
biomassa e quelli da foraggio (tabella 3). In particolare,<br />
si distinguono SS506 e H133 per il ciclo più<br />
lungo e Hikane <strong>II</strong> e H128 per il ciclo più breve. A tal<br />
proposito, come era da attendersi, si evidenzia un<br />
elevato grado di correlazione (r = 0.983) tra lunghezza<br />
del ciclo (periodo emergenza-fioritura) e<br />
produzione di biomassa secca nei diversi ibridi, con<br />
i più tardivi SS506 e H133 che hanno raggiunto,<br />
rispettivamente 27.3 t ha -1 e 26.3 t ha -1 di biomassa<br />
secca (tabella 3). Le produzioni di H133 e H952, più<br />
elevate nel 2006 rispetto al 2005, sono probabilmente<br />
da imputare ai maggiori apporti irrigui del 2006,<br />
se si considera che l'andamento termopluviometrico<br />
durante il ciclo è risultato<br />
pressoché analogo nei due anni.<br />
Anche nel 2006 gli ibridi da biomassa<br />
hanno mostrato i valori più elevati di<br />
altezza delle piante, che hanno raggiunto,<br />
in prossimità della raccolta, oltre 3<br />
m. I <strong>risultati</strong> delle analisi sulla valutazione<br />
del potenziale energetico della<br />
biomassa alla combustione non hanno<br />
evidenziato differenze significative tra i<br />
diversi ibridi con valori medi di PCS<br />
pari a 18.0 ± 0.25 MJ Kg -1 di s.s., di PCI<br />
pari a 17.2 ± 0.26 MJ Kg -1 di s.s. e di<br />
ceneri pari al 7.2 ± 0.30 % sulla s.s.<br />
Sulla base del valore di PCI rilevato, è<br />
possibile esprimere la quantità di energia<br />
prodotta dalla combustione di una<br />
tonnellata di biomassa secca di sorgo<br />
come 0.41 tep (tonnellate di petrolio<br />
equivalente) (Fagnano e Postiglione,<br />
2002), che equivale a dire che la combustione<br />
della biomassa prodotta da un ettaro di<br />
sorgo, ad esempio 25 t ha -1 di s.s, produce la stessa<br />
energia di 10.3 t di petrolio.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) gli ibridi più produttivi risultano H133 e H952<br />
tra quelli da biomassa e SS506 tra quelli da<br />
foraggio;<br />
2) l'elevata altezza della coltura può favorirne l'allettamento,<br />
soprattutto quando si verifichino<br />
condizioni meteorologiche favorevoli a tale<br />
fenomeno (piogge e venti forti);<br />
3) l'elevata umidità della biomassa alla raccolta<br />
costituisce uno <strong>dei</strong> maggiori inconvenienti sia<br />
per la sua conservazione che per l'impiego tal<br />
quale; utile risulta il condizionamento (sfibratura)<br />
della biomassa in campo e successiva raccolta<br />
tramite imballatrici;<br />
4) i valori di PCS e PCI risultano buoni ai fini del<br />
potenziale energetico della biomassa alla combustione,<br />
pur con l'inconveniente dell'elevato<br />
contenuto in ceneri.<br />
Bibliografia<br />
Bonardi P., Lorenzoni C., Amaducci S., 2007. L'informatore<br />
Agrario, 13, 37-40.<br />
Fagnano, M., Postiglione L., 2002. Rivista di Agronomia, 36,<br />
227-232.<br />
Foti S., <strong>Co</strong>sentino S. L., 2001. Rivista di Agronomia, 35, 200-215.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 93<br />
Introduzione<br />
Una delle caratteristiche di grande pregio della coltura<br />
del sorgo è l'elevata produttività superiore a<br />
molte altre colture erbacee, ottenibile con bassi<br />
input energetici.<br />
E' importante determinare la dose di azoto ottimale<br />
per ottenere la resa massima e nel contempo<br />
ridurre la lisciviazione <strong>dei</strong> nitrati.<br />
Per tali motivi negli anni 2005 e 2006 è stata<br />
realizzata una prova di concimazione azotata su<br />
sorgo da biomassa.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2005 e 2006, presso i campi sperimentali della<br />
sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo - sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo), sono state realizzate due<br />
prove per valutare l'influenza sul sorgo di tre diverse<br />
dosi di azoto: 50, 100 e 150 kg ha -1 in confronto<br />
con un testimone non concimato.<br />
Lo schema sperimentale che è stato adottato è il<br />
blocco randomizzato, con quattro ripetizioni e con<br />
parcelle di superficie di 24 m 2 (6 x 4 m).<br />
Per le prove è stato utilizzato l'ibrido H133 con<br />
una densità di semina di 31 semi per m 2 con interfila<br />
di 50 cm.<br />
Nel 2005, la semina è stata effettuata il 17 maggio<br />
e l'emergenza è avvenuta il 25 dello stesso<br />
mese mentre nel 2006 la semina è stata eseguita il<br />
15 maggio e l'emergenza è stata rilevata il 19.<br />
La coltura nei mesi da maggio a luglio è stata<br />
irrigata per aspersione, distribuendo attraverso tre<br />
interventi nel 2005 complessivamente 600 m3 ha-1<br />
mentre nel 2006 con quattro interventi sono stati<br />
apportati 1150 m3 ha -1.<br />
Andamento stagionale<br />
L'andamento climatico del 2005 è stato caratterizzato<br />
da temperature che dalla fine di aprile fino alla<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856341 -<br />
simone.bartolini@agr.unipg.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 93<br />
Effetti della concimazione azotata sulla produzione del sorgo<br />
da biomassa<br />
Bartolini S<br />
fine di luglio si sono mantenute per lo più al di<br />
sopra della media degli ultimi trenta anni, mentre<br />
successivamente, da agosto ad ottobre, queste sono<br />
risultate generalmente inferiori (grafico 1). Le precipitazioni<br />
registrate nei mesi invernali sono nella<br />
norma mentre sono da segnalare i mesi di giugno e<br />
luglio come particolarmente siccitosi e quelli da<br />
agosto a ottobre come particolarmente piovosi.<br />
Nel 2006 (grafico 2) le temperature dalla seconda<br />
decade di marzo in poi sono state leggermente<br />
superiori alla media del poliennio. Solo nella<br />
seconda decade di gennaio, marzo e nella prima<br />
decade di giugno sono stati registrati valori sensibilmente<br />
inferiori. Per quanto riguarda le precipitazioni,<br />
la pioggia caduta da gennaio fino al mese di<br />
ottobre è stata inferiore alla media degli ultimi<br />
trenta anni di 150 mm circa; abbondanti piogge<br />
sono state registrate nella seconda decade di settembre.<br />
Grafico 1. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
gennaio-ottobre 2005 e del poliennio<br />
Grafico 2. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
gennaio- ottobre 2006 e del poliennio.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 94<br />
94<br />
Bartolini et al <strong>Co</strong>ncimazione azotata del sorgo da biomassa ...<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Epoca di fioritura, biomassa secca e umidità<br />
Risultati e discussione<br />
Nel 2005 non è stato possibile determinare la data<br />
di fioritura delle varietà a seguito del parziale allettamento<br />
della coltura già dopo circa 90 giorni dall'emergenza.<br />
Per quanto riguarda la produttività, la dose di<br />
azoto che ha massimizzato la produzione della coltura<br />
è stata 100 Kg ha -1 ; non sono stati osservati<br />
incrementi significativi con una dose di 150 kg ha -1 .<br />
Quanto rilevato è in accordo con studi effettuati<br />
in altri istituti, i quali hanno osservato differenze<br />
non significative tra la produzione ottenuta apportando<br />
100 e 150 Kg ha -1 di azoto in condizioni di<br />
regime irriguo sub ottimale mentre sono stati osservati<br />
incrementi produttivi considerevoli con la tesi<br />
maggiormente concimata con un irrigazione ottimale<br />
(Montemurro, 2002).<br />
Nel 2006 le varietà hanno fiorito in media dopo<br />
105 giorni dopo l'emergenza senza differenze<br />
significative tra le tesi.<br />
La produttività della coltura è stata mediamente<br />
superiore a quella del 2005; molto probabilmente<br />
conseguenza delle maggiori irrigazioni.<br />
Non sono state rilevate differenze significative<br />
tra le tesi per quanto riguarda la produzione di<br />
sostanza secca. L'umidità al raccolto nei due anni è<br />
stata in media del 68%.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
La dose di azoto che ha massimizzato la produzione<br />
della coltura, nelle condizioni in cui si è operato<br />
è stata di 100 kg ha -1 .<br />
Bibliografia consultata<br />
Montemurro F., <strong>Co</strong>lucci R., Martinelli N., 2002 Nutrizione azotata<br />
ed efficienza della fertilizzazione del sorgo zuccherino<br />
in ambiente mediterraneo. Rivista di Agronomia, 36, 313-<br />
318.<br />
Monti A., Venturi G., Amaducci M.T. 2002 <strong>Co</strong>nfronto fra sorgo,<br />
kenaf e miscanto a diversi livelli di disponibilità idrica e<br />
azotata per la produzione di energia. Rivista di Agronomia,<br />
36, pp. 213-220.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 95<br />
Introduzione<br />
Nel diserbo del sorgo da biomassa, il trattamento<br />
di pre-emergenza assume un ruolo<br />
fondamentale al fine di garantire un buon<br />
controllo delle infestanti fin dalle prime<br />
fasi dopo l'emergenza della coltura, nelle<br />
quali la competizione delle malerbe può<br />
ridurre drasticamente la densità della coltura<br />
e comprometterne l'accrescimento<br />
(Rapparini, 2003). Nelle fasi successive<br />
del ciclo i problemi legati alla competizione<br />
con le malerbe diminuiscono in quanto la coltura<br />
si accresce piuttosto velocemente in altezza, ricoprendo<br />
rapidamente il terreno e limitando così<br />
l'emergenza e lo sviluppo di nuove infestanti<br />
(<strong>Co</strong>varelli, 1999). Ciò fa si che il diserbo in postemergenza,<br />
risulti giustificato, solo nei casi di scarsa<br />
efficacia del diserbo di pre-emergenza o quando quest'ultimo<br />
non sia stato eseguito. Sul piano operativo,<br />
inoltre, la scarsa disponibilità di erbicidi e l'efficacia<br />
non sempre completa, rendono necessaria la valutazione<br />
dell'impiego di erbicidi in miscela allo scopo di<br />
aumentarne lo spettro d'azione mantenendo al contempo<br />
una buona selettività (Meriggi e Catizone,<br />
2001). Scopo della ricerca è stato quello di individuare,<br />
nel sorgo da biomassa, soluzioni di diserbo chimico<br />
di pre e post-emergenza efficaci verso le piante<br />
infestanti e al contempo selettive nei confronti della<br />
coltura.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel biennio 2005-2006, in località Papiano<br />
(Marsciano - PG) presso il Laboratorio Didattico<br />
Sperimentale del Dipartimento di Scienze Agrarie e<br />
Ambientali, dell'Università degli Studi di Perugia,<br />
sono state realizzate due prove sperimentali su un terreno<br />
di tessitura argillo-limosa (43% limo, 35% argilla,<br />
22% sabbia). Le notizie agronomiche relative alle<br />
due prove sperimentali sono riportate nella tabella 1.<br />
Per quanto non specificatamente riportato, si fa presente<br />
che la coltura è stata condotta secondo le pratiche<br />
colturali usuali per la zona. <strong>Co</strong>n un disegno spe-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 95<br />
Il diserbo pre e post-emergenza del sorgo da biomassa<br />
Pannacci E, <strong>Co</strong>varelli G, Graziani F<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856342,<br />
pannacci@unipg.it<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Notizie agronomiche delle due prove sperimentali<br />
rimentale a blocchi randomizzati con 4 ripetizioni<br />
sono stati messi a confronto i trattamenti erbicidi di<br />
pre e post-emergenza riportati nelle tabelle 2 e 3. I<br />
formulati commerciali impiegati sono: Challenge<br />
(aclonifen 600 g L -1 ), Click 50 FL (terbutilazina 500<br />
g L -1 ), Ramrod Flow (propaclor 480 g L -1 ),<br />
Primagram Gold (terbutilazina 187.5 g L -1 + s-metolachlor<br />
312.5 g L -1 ), Bi-Fen (MCPA 337 g L -1 + 2,4<br />
D 331 g L -1 ), Emblem (bromoxinil ottanoato 20%),<br />
Mondak 21 S (dicamba 243.8 g L -1 ). I trattamenti di<br />
post-emergenza precoce e tardiva sono stati eseguiti,<br />
rispettivamente, con la coltura allo stadio di 2-3<br />
foglie e 4-5 foglie. La selettività <strong>dei</strong> trattamenti erbicidi<br />
verso la coltura è stata valutata con rilievi visivi<br />
mediante una scala convenzionale con valori da 0 a<br />
10 (0 = fitotossicità nulla; 10 = morte della coltura);<br />
inoltre, è stata rilevata anche la biomassa secca del<br />
sorgo. L'efficacia erbicida è stata valutata con rilievi<br />
visivi del ricoprimento delle specie infestanti e nel<br />
2006 anche mediante conta e peso delle malerbe rilevate<br />
su 2 quadrati (0.5 m di lato) per ogni unità sperimentale.<br />
I dati raccolti sono stati sottoposti ad<br />
ANOVA per valutare l'errore sperimentale per ciascuna<br />
delle variabili rilevate. La significatività delle<br />
differenze tra le medie è stata saggiata con MDS protetta<br />
al livello di probabilità prescelto (p=0,05).<br />
Risultati e discussione<br />
Nel 2005, la flora infestante era composta da<br />
Amaranthus retroflexus L. (51% di ricoprimento),<br />
Chenopodium album L. (22%), Portulaca oleracea<br />
L. (23%), Polygonum persicaria L. (29%) ed altre<br />
specie presenti in maniera sporadica (3%). La selettività<br />
<strong>dei</strong> trattamenti è risultata buona in tutte le tesi,<br />
con lievi e transitori sintomi di fitotossicità nei trattamenti<br />
di post-emergenza (tabella 2). In pre-emergen-
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 96<br />
96<br />
Pannacci et al Il diserbo del sorgo da biomassa...<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Efficacia e selettività <strong>dei</strong> trattamenti erbicidi e biomassa del sorgo - 2005<br />
za, i migliori <strong>risultati</strong> di efficacia sono stati ottenuti<br />
dalla terbutilazina sia da sola che in miscela con propaclor<br />
ed s-metolaclor. Aclonifen e propaclor hanno<br />
mostrato una scarsa efficacia soprattutto nei confronti<br />
di A. retroflexus. In post-emergenza sono stati rilevati<br />
buoni <strong>risultati</strong> di efficacia da parte di tutti i principi<br />
attivi impiegati anche se in misura minore per la<br />
miscela (2,4 D + MCPA) + terbutilazina. Nella produzione<br />
di biomassa secca del sorgo non si riscontrate<br />
differenze significative tra i trattamenti; tuttavia, la<br />
più bassa produzione è stata riscontrata nel testimone<br />
non trattato con 17.6 t ha-1.<br />
Nel 2006, la flora infestante era composta prevalentemente<br />
da P. oleracea (50%), A. retroflexus (5%)<br />
ed altre specie presenti in maniera sporadica (3%). I<br />
trattamenti in pre-emergenza hanno avuto una maggiore<br />
efficacia rispetto a quelli di post-emergenza,<br />
tranne nel caso di propaclor per la scarsa efficacia<br />
mostrata verso P. oleracea (tabella 3). Nei trattamenti<br />
di post-emergenza i migliori <strong>risultati</strong> sono stati forniti<br />
dalla miscela bromoxinil<br />
+ terbutilazina. La<br />
biomassa secca prodotta<br />
dal sorgo, come nel 2005,<br />
non ha mostrato differenze<br />
significative tra i trattamenti<br />
(tabella 3). Ciò<br />
va ricercato nella presenza<br />
di una flora infestante<br />
di scarsa entità e costituita<br />
da specie poco competitive<br />
che non hanno<br />
influenzato l'accrescimento<br />
del sorgo.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) tutti i trattamenti hanno<br />
mostrato una buona selettività;<br />
lievi e transitori sintomi di fitotossicità<br />
possono manifestarsi con i<br />
trattamenti in post-emergenza;<br />
2) i trattamenti in pre-emergenza<br />
assicurano in genere una maggior<br />
efficacia rispetto a quelli in postemergenza;<br />
tuttavia tra i primi,<br />
mentre terbutilazina, sia da sola<br />
che in miscela con altri pp. aa.,<br />
garantisce ottimi <strong>risultati</strong>, aclonifen<br />
e propaclor dimostrano una<br />
bassa efficacia nei confronti<br />
rispettivamente di A. retroflexus e P. oleracea;<br />
3) in post-emergenza sono stati rilevati buoni <strong>risultati</strong><br />
di efficacia da parte <strong>dei</strong> trattamenti impiegati con<br />
una minor attività della miscela (2,4D + MCPA) +<br />
terbutilazina; in presenza di P. oleracea <strong>risultati</strong> più<br />
soddisfacenti sono stati ottenuti dalla miscela bromoxinil<br />
+ terbutilazina; 4) le rese produttive del<br />
sorgo, in termini di biomassa secca, non hanno<br />
mostrato differenze significative nei diversi trattamenti<br />
erbicidi; ciò per la presenza di infestanti<br />
poco competitive che anche se non completamente<br />
controllate non hanno influenzato in maniera<br />
significativa l'accrescimento del sorgo.<br />
Bibliografia<br />
<strong>Co</strong>varelli G., 1999. <strong>Co</strong>ntrollo della flora infestante le principali<br />
colture agrarie. Edagricole, pp. 209.<br />
Meriggi P., Catizone P., 2001. Il diserbo delle colture erbacee.<br />
In: Malerbologia, Pàtron Editore, pp. 925.<br />
Rapparini G., 2003. Diserbo di pre e post-emergenza di mais e<br />
sorgo. Informatore Agrario, 10, 71-89.<br />
<strong>Ta</strong>bella 3. Efficacia e selettività <strong>dei</strong> trattamenti erbicidi e biomassa del sorgo - 2006
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 97<br />
Introduzione<br />
Tra le colture erbacce per la produzione di biomassa<br />
il miscanto (Miscanthus x giganteus GREEF et<br />
DEU) è tra quelle più interessanti per l'elevata produttività<br />
e le caratteristiche qualitative della biomassa<br />
migliori rispetto alle altre colture erbacee.<br />
Fondamentale per la diffusione della coltura è mettere<br />
a punto la tecnica del diserbo individuando<br />
principi attivi selettivi che potrebbero in futuro<br />
essere registrati in quanto al momento non ne sono<br />
disponibili.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2007 presso i campi sperimentali della sezione<br />
di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo - sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo), è stata realizzata una prova<br />
sperimentale per valutare l'efficacia di 9 erbicidi di<br />
cui 4 applicati in pre impianto, uno in post impianto<br />
precoce (2-4 foglie) e 4 in post tardivo (4-6<br />
foglie); nel controllo delle principali infestanti del<br />
Miscanto e la selettività nei confronti della coltura.<br />
I principi attivi usati e le dosi di impiego sono<br />
riportati in tabella 1.<br />
L'impianto <strong>dei</strong> rizomi è stato eseguito il 16<br />
maggio su file distanti 0,50 m con una densità di<br />
1,5 piante per metro quadrato. I trattamenti per le<br />
tesi di pre impianto sono stati eseguiti il 21 maggio<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 97<br />
Selettività di alcuni principi attivi per il diserbo del Miscanto<br />
Graziani F<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Principi attivi, nome commerciale, dose e epoca di impiego.<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
mentre quelli di post impianto precoce e tardivo<br />
rispettivamente 15 e 26 giorni dopo il impianto<br />
della coltura.<br />
La prova è stata realizzata secondo lo schema<br />
sperimentale a blocchi randomizzati con tre ripetizioni<br />
e parcelle di 6.75 m 2 (2.25 x 3 m).<br />
Ai fini della sperimentazione sono stati eseguiti<br />
rilievi per valutare la densità e la biomassa delle<br />
infestanti; il ricoprimento di queste secondo il<br />
metodo fitosociologico dell'abbondanza-dominanza<br />
di Braun-Blanquet, la selettività <strong>dei</strong> pp.aa.<br />
secondo una scala da 0 a 10 (0=nessun danno e 10=<br />
coltura distrutta) e la biomassa fresca e secca della<br />
coltura. Il ricoprimento e la fitotossicità sono stati<br />
rilevati 16 giorni dopo il trattamento di post<br />
impianto tardivo.<br />
Risultati e discussione<br />
Per quanto riguarda la flora infestante nel testimone<br />
inerbito (tabella 2) è risultata costituita da<br />
Echinochloa crus galli L. (52% di ricoprimento),<br />
Digitaria sanguinalis L. (26%), Polygonum lapathifolium<br />
L. (10%), <strong>Co</strong>nvolvulus arvensis L. (9%),<br />
Solanum nigrum L. (5%), con un ricoprimento<br />
complessivo del 102%. In particolare il testimone<br />
ha presentato un'infestazione di specie monocotiledoni<br />
caratterizzata da un ricoprimento del 78%,<br />
mentre le specie dicotiledoni presentavano un ricoprimento<br />
del 24%.<br />
<strong>Co</strong>ntro questa flora infestante, tutte le tesi hanno<br />
mostrato un'elevata efficacia<br />
erbicida. I principi attivi<br />
usati in pre impianto hanno<br />
esercitato un ottimo controllo<br />
delle infestanti con<br />
valori di efficacia prossimi<br />
al 100%. Anche i trattamenti<br />
di post impianto si sono<br />
rivelati molto efficaci ad<br />
eccezione della tesi con<br />
tifensulfuron metile che ha<br />
esercitato uno scarso controllo<br />
sulle dicotiledoni in<br />
particolare su S. nigrum e C. arvensis.<br />
Per quanto riguarda la selettività <strong>dei</strong> principi<br />
attivi questa è risultata buona in tutte le tesi; solo<br />
nelle parcelle trattate con le formulazioni a base di
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.07 Pagina 98<br />
98<br />
Graziani Il diserbo del Miscanto...<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Ricoprimento delle infestanti, fitotossicità <strong>dei</strong> pp.aa., e biomassa secca del miscanto<br />
oxifluorfen si sono manifestati lievi ingiallimenti<br />
fogliari allo stadio di 4-5 foglie che sono scomparsi<br />
dopo circa due settimane dal trattamento. I formulati<br />
maggiormente selettivi sono stati quelli a<br />
base di pendimetalin, sulcotrione e tifensulfuron<br />
metile. Possiamo affermare sulla base <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
ottenuti che contro la composizione della flora<br />
infestante contro cui si è<br />
operato e alle dosi<br />
impiegate, tutti i prodotti<br />
si sono rivelati selettivi<br />
per la coltura.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) Per il diserbo del<br />
miscanto sono disponibili<br />
principi attivi selettivi<br />
da impiegare efficacemente<br />
sia in pre che post<br />
impianto;<br />
2) i migliori principi attivi<br />
selettivi per la coltura,<br />
sono stati pendimetalin,<br />
sulcotrione e tifensulfuron<br />
metile.<br />
Bibliografia consultata<br />
Lewandowski I., Scurlock<br />
J.M.O., Lindvall E., Christou<br />
M. 2003. The development and current status of perennial<br />
rhizomatous grasses as energy crops in the US and Europe,<br />
Biomass Bioenergy 25: 335-361.<br />
Mckendry P. 2002. Energy production from biomass - overview<br />
of biomass", Bioresource Technology, 83: 37-46.<br />
Reynolds JH, Walker CL, Kirchner MJ. 2000.Nitrogen removal<br />
in switchgrass biomass under two harvest systems. Biomass<br />
& Bioenergy, 19(5), 281-286.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 99<br />
Introduzione<br />
L'olio di girasole prodotto da varietà "alto oleico"<br />
presenta notevole interesse per svariate utilizzazioni<br />
industriali (oltre che, ovviamente, come olio alimentare<br />
con particolari caratteristiche nutrizionali<br />
e salutistiche), in modo particolare per la produzione<br />
di biocarburanti e di altri prodotti sostitutivi di<br />
derivati petroliferi.<br />
Due aspetti, in particolare, assumono importanza<br />
ai fini della valutazione delle varietà alto oleico<br />
per le finalità predette:<br />
1. l'accertamento delle potenzialità produttive<br />
degli ibridi disponibili sul mercato sementiero<br />
nelle condizioni agro-pedo-climatiche degli<br />
ambienti di riferimento del <strong>Progetto</strong> di ricerca<br />
(Italia centrale), dove il girasole potrebbe riassumere<br />
rilevante interesse quale coltura asciutta nei<br />
comprensori di pianura e di collina privi di disponibilità<br />
irrigue. In tali ambienti la coltura è soggetta<br />
alle alee derivanti da andamenti stagionali sempre<br />
più o meno avversi per sfavorevoli condizioni<br />
di piovosità, alte temperature ed elevati consumi<br />
evapotraspirativi. In simili contesti risulta indispensabile<br />
la valutazione delle reali possibilità produttive<br />
della oleifera attraverso la individuazione<br />
<strong>dei</strong> genotipi più adatti (in termini di precocità e di<br />
attitudine a valorizzare le limitate risorse rese<br />
disponibili da un opportuna tecnica di arido-coltura)<br />
nell'ambito del panorama varietale disponibile.<br />
<strong>Ta</strong>le esigenza è tanto più sentita negli ambienti italiani,<br />
in quanto la totalità degli ibridi coltivabili è<br />
rappresentata da tipi costituiti in altri paesi (soprattutto<br />
in Francia), i cui profili pedoclimatici sono<br />
diversi e assai meno avversi di quelli che caratterizzano<br />
gli ambienti nostrani.<br />
2. fondamentale presupposto delle colture nonfood<br />
è il contenimento <strong>dei</strong> costi di produzione, da<br />
ricercare sia attraverso il ricorso a itinerari produttivi<br />
quanto più semplificati possibile, sia mirando<br />
alla massimizzazione delle rese di biomassa. Sotto<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 99<br />
Valutazione agronomica e qualitativa di varietà di girasole ad<br />
alto contenuto di acido oleico a destinazione industriale<br />
Monotti M.<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
questo aspetto gioca un ruolo importante, nel girasole,<br />
la difesa da malattie gravemente distruttive e<br />
penalizzanti le rese, in particolare dalla peronospora.<br />
Questa malattia rappresenta, infatti, il più forte<br />
condizionamento di natura fitopatologica per l'oleifera,<br />
a causa della aumentata frequenza degli attacchi,<br />
legata alla comparsa di nuove razze fisiologiche<br />
del parassita, e della potenziale elevata intensità<br />
degli attacchi. Nei riguardi di questo pericolo<br />
non vanno sottovalutate le difficoltà esistenti, sul<br />
piano della operatività pratica, per realizzare<br />
un'adeguata protezione delle colture attraverso trattamenti<br />
di concia del seme con prodotti antificomicetici.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2006, presso i campi sperimentali della sezione<br />
di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo - sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo), è stata realizzata una sperimentazione<br />
mirante a valutare il comportamento<br />
biologico-produttivo di 15 varietà "alto oleico",<br />
tutte di provenienza estera (Francia e Spagna), prescelte<br />
in base all'ineludibile requisito della resistenza<br />
genetica alla peronospora (risultante da documentazioni<br />
bibliografiche ufficiali o da indicazioni<br />
formalmente rilasciate dalle ditte sementiere distributrici),<br />
almeno nei confronti delle razze fisiologiche<br />
del parassita di accertata diffusione negli areali<br />
elianticoli italiani. Oltre le predette varietà alto<br />
oleico sono state incluse nella prova tre cultivar<br />
convenzionali quali tipi di confronto per adattamento<br />
e produttività negli ambienti di riferimento,<br />
caratteri accertati da precedenti sperimentazioni ivi<br />
condotte per più anni. Le 18 varietà a confronto<br />
sono elencate nella tabella 1.<br />
Nel 2007 la prova è stata ripetuta secondo le<br />
stesse modalità con l'unica differenza che le varietà<br />
messe a confronto sono state 30, di cui 26 alto<br />
oleico e 4 convenzionali come riferimento per<br />
adattamento e produttività negli areali del centro<br />
Italia. Le varietà oggetto della sperimentazione del<br />
2007 sono riportate in tabella 2.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 100<br />
Monotti Girasole ad alto contenuto di acido oleico...<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Prova di confronto varietale su girasole 2006 - cultivar<br />
alto oleico e convenzionali in prova<br />
Risultati<br />
Nel 2006 sono state messe in evidenza diverse varietà<br />
"alto oleico" non inferiori alle migliori cultivar<br />
convenzionali per quanto riguarda rese areiche in<br />
acheni e in olio e contenuto in olio degli acheni.<br />
Quasi tutte le varietà risultate migliori per i parametri<br />
produttivi hanno espresso percentuali di acido<br />
oleico molto elevate, da 88% a oltre 90% .<br />
Estrema importanza riveste il fatto che le varietà<br />
predette non abbiano subito attacchi di peronospora,<br />
il che consente di poterle proporre con relativa tranquillità<br />
per la coltivazione in pieno campo. <strong>Co</strong>n riferimento<br />
alla predetta malattia sono stati osservati, in<br />
certe altre varietà, attacchi di significativa intensità,<br />
non chiaramente spiegabili se si tiene conto delle<br />
resistenze dichiarate. Accertamenti di assoluta attendibilità<br />
sulla risposta delle varietà alle varie razze esistenti<br />
del parassita sono ormai da considerare un'esigenza<br />
urgente e non eludibile.<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Prova di confronto varietale su girasole 2007 - cultivar<br />
alto oleico e convenzionali oggetto della provaa<br />
La sperimentazione svolta nel 2007 conferma<br />
quanto osservato l'anno precedente.<br />
Tra le prime sei varietà per produttività superiore<br />
a 3.1 t ha -1 , ci sono quattro cultivar convenzionali<br />
di cui LINSOL è la più produttiva con 3.2 t ha -1.<br />
Per quanto concerne la produzione in olio risulta<br />
che tra le prime sei cultivar tre sono convenzionali,<br />
delle quali due (TELLIA e LINSOL) si distinguono<br />
per essere le più produttive con una resa in<br />
olio superiore a 1.5 t ha -1 .<br />
La sperimentazione mette in luce che le varietà<br />
convenzionali fino ad ora coltivate negli areali del<br />
centro Italia possono essere impiegate con successo<br />
anche per la produzione di olio a destinazione<br />
energetica. Inoltre, diverse cultivar alto oleico di<br />
recente costituzione si sono dimostrate idonee per<br />
tale finalità.<br />
Per quanto riguarda la resistenza alla peronospora<br />
non è stato possibile realizzare un accertamento<br />
probante per la limitata presenza di questo<br />
fungo, concretizzatasi in percentuali massime di<br />
piante infette del 1.7% nei casi peggiori; ciò, verosimilmente,<br />
a causa della assenza di piogge e di<br />
umidità libera nel terreno durante le fasi di germinazione<br />
<strong>dei</strong> semi.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 101<br />
Introduzione<br />
<strong>Co</strong>n la riduzione delle sovvenzioni della U.E. alla<br />
coltivazione del tabacco da alcuni anni si cerca di<br />
mettere a punto la tecnica colturale di specie agrarie<br />
alternative a questa coltura.<br />
Ciò soprattutto nelle regioni, quale l'Umbria,<br />
dove il tabacco è largamente coltivato e costituisce<br />
un'elevata fonte di reddito.<br />
L'U.E., tramite il M.I.P.A.A.F. sensibile a questa<br />
problematica, ha finanziato negli anni 2002 - 06<br />
ricerche su probabili colture alternative al tabacco<br />
(<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong> 2).<br />
Materiali e metodi<br />
Negli anni 2006 - 07 con l'obiettivo di fornire agli<br />
imprenditori agricoli la verifica della redditività di<br />
alcune colture industriali e orticole sono state eseguite<br />
prove su pomodoro tipo mini plum e cherry<br />
denominati, seppur impropriamente datterino e<br />
ciliegino.<br />
Scopo specifico della prova era quello di saggiare<br />
la produttività di alcuni ibridi già in commercio<br />
ed altri ancora in sperimentazione ed il loro<br />
adattamento alle condizioni pedoclimatiche<br />
dell'Italia centrale dopo la larga diffusione avuta al<br />
sud Italia. La sperimentazione si è svolta nei campi<br />
sperimentali della sezione di Agronomia e<br />
<strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del Dipartimento di Scienze<br />
Agrarie e Ambientali siti a Papiano di Marsciano<br />
(PG) nella media Valle del Tevere su terreno argillo<br />
- sabbioso (40% sabbia, 33% argilla, 27% limo).<br />
<strong>Co</strong>n schema sperimentale a blocchi randomizzati,<br />
con quattro ripetizioni, sono stati messi a confronto<br />
sia nel 2006 che nel 2007 gli ibridi Micron,<br />
Quorum, Minuet e Penny costituiti dalla ISI<br />
sementi; il primo della tipologia cherry mentre gli<br />
altri di tipo mini plum.<br />
Le singole parcelle avevano una dimensione di<br />
24 m 2 .<br />
Il pomodoro è stato trapiantato il 24 maggio nel<br />
2006 ed il 25 dello stesso mese nel 2007 con una<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 101<br />
<strong>Co</strong>nfronto tra diversi ibridi di pomodoro (Lycopersicon esculentum<br />
Mill.) di tipo Cherry r Mini plum a pianta determinata<br />
Peccetti G, Lorenzetti M.C, Bartolini S<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
densità di 3 piante a m 2 disposte su file distanti 100<br />
cm e 33.3 sulle file. La coltura è stata concimata<br />
all'impianto con 75 kg ha -1 di P 2 O 5 nella forma di<br />
perfosfato triplo e 150 kg ha -1 di N sotto forma di<br />
urea.<br />
La coltura è stata diserbata in pre trapianto con<br />
metribuzin (Sencor WG alla dose di 0,8 kg ha -1 ).<br />
Per la difesa dalle crittogame in giugno e luglio<br />
è stato eseguito un trattamento con ossicloruro di<br />
rame più zolfo (Pasta Siapa blu) nonché con metalaxyl<br />
2.5% più ossicloruro di rame 40% (Ridomil<br />
gold R) e penconazolo 10.2% (Topas); questi trattamenti<br />
sono stati ripetuti in agosto in entrambi gli<br />
anni; nella fase terminale del ciclo della coltura il<br />
pomodoro è stato trattato con azoxystrobin al<br />
23,2% (Ortiva). Per la difesa dagli insetti, in giugno,<br />
è stato usato imidacloprid al 17.1%<br />
(<strong>Co</strong>nfidor), in luglio bifetrin al 2% (Brigata Flo), in<br />
agosto nel primo anno procimidone 50% (Sialex 50<br />
WDG).<br />
Tutti questi interventi hanno consentito di avere<br />
la coltura al raccolto priva di danni da parassiti<br />
vegetali ed animali.<br />
La prova è stata sottoposta ad un regime irriguo<br />
mediante impianto a goccia con il quale sono stati<br />
distribuiti in nove interventi nel 2006 e tredici nel<br />
2007 rispettivamente 3000 e 3500 mc di acqua ad<br />
ettaro. Il 7 settembre nel primo anno ed il 24 agosto<br />
nel secondo è stato raccolto il pomodoro determinandone<br />
la resa in bacche rosse, invaiate e verdi,<br />
il peso unitario, i gradi Brix, pH e sostanza secca.<br />
Andamento climatico<br />
Nel 2006 (grafico 1) nel periodo da maggio a settembre,<br />
le temperature sono state sempre al di sopra della<br />
media degli ultimi trenta anni eccetto che nella prima<br />
decade di giugno e nelle prime due decadi di agosto<br />
dove sono stati registrati valori inferiori alla media.<br />
Per quanto riguarda le precipitazioni nel periodo considerato,<br />
i mesi di maggio e giugno sono stati particolarmente<br />
siccitosi mentre abbondanti sono state le<br />
precipitazioni nella seconda e terza decade di settembre.<br />
<strong>Co</strong>mplessivamente nel 2006 da maggio a settembre<br />
sono caduti 251 mm inferiori alla media del<br />
poliennio precedente che è stata di 302 mm.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 102<br />
Peccetti et al <strong>Co</strong>nfronto ibridi di pomodoro...<br />
Grafico 1. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
maggio-settembre 2006 e del poliennio<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Produzioni in t ha -1<br />
Nel 2007 (grafico 2) nei mesi da maggio a settembre<br />
le temperature sono state sempre superiori<br />
alla media del poliennio eccetto che nella prima<br />
decade di agosto e settembre. Per quanto concerne<br />
le precipitazioni; scarse sono state le piogge dalla<br />
seconda decade di giugno alla terza decade di<br />
luglio e nelle prime due decadi di settembre.<br />
<strong>Co</strong>mplessivamente nei mesi considerati sono caduti<br />
184 mm contro i 302 mm degli ultimi trenta anni.<br />
Risultati e discussione<br />
Nella tabella 1 sono riportate le produzioni e le<br />
caratteristiche merceologiche delle diverse varietà a<br />
confronto; nel 2006 l'ibrido Quorum è stato il più<br />
produttivo con 95.6 t ha-1 di bacche mature.<br />
Produzioni inferiori, seppur non significative, hanno<br />
fornito Minuet e Penny. La varietà<br />
Micron si è palesata la più tardiva in<br />
quanto al momento del raccolto aveva<br />
40 t ha-1 di bacche invaiate e verdi. Per<br />
la ingente massa vegetativa si è dovuto<br />
fare una raccolta contemporanea delle<br />
diverse varietà e non scalare che verosimilmente<br />
avrebbe evidenziato una<br />
migliore resa del Micron.<br />
Grafico 2. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
maggio - settembre 2007 e del poliennio<br />
Anche nel secondo anno la produzione è risultata<br />
alquanto elevata ottenendo in media circa 85 t<br />
ha -1 ; le diverse varietà non si sono differenziate statisticamente<br />
tra di loro.<br />
La cv. Penny con le caratteristiche tipiche del<br />
miniplum ha fatto registrare il peso unitario più<br />
elevato che è stato quasi triplo nel 2006 (32.8 g)<br />
rispetto alla media degli altri tipi di circa 12 g<br />
(tabella 2).<br />
Il grado Brix sia nel primo che nel secondo<br />
anno è stato superiore nelle varietà Minuet (5.7) e<br />
Quorum (5.5).<br />
La precocità delle diverse cv. si può evidenziare<br />
con la percentuale di bacche verdi al momento<br />
della raccolta contemporanea delle diverse tesi. Il<br />
minimo quantitativo è stato registrato nel primo<br />
anno con Quorum e Minuet mentre nel secondo<br />
anno con Penny. La cultivar Micron, di tipo cherry<br />
si è contraddistinta per essere la più tardiva.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) Le varietà usate di pomodoro di tipo cherry e<br />
mini plum hanno dimostrato un'ottima adattabilità<br />
alle condizioni pedoclimatiche dell'Italia<br />
centrale fornendo produzioni di circa 90 t ha -1 ,<br />
poco inferiori a quelle da pelato e concentrato;<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Caratteristiche merceologiche
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 103<br />
2) se vi fossero gli opportuni sbocchi commerciali<br />
per la vendita del prodotto questa coltura<br />
potrebbe costituire una valida alternativa al<br />
tabacco;<br />
3) il grado Brix è stato più elevato nelle varietà<br />
Minuet e Quorum;<br />
4) il peso unitario delle bacche è oscillato tra 11 e 13<br />
g nelle varietà Minuet, Quorum e Micron mentre<br />
più elevato nella varietà Penny (circa 30 g).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 103<br />
Bibliografia consultata<br />
A.A. V.V. 1999 Pomodoro da mensa cherry. Informatore<br />
Agrario,20.<br />
Parisi M. et al. 2007 La scelta varietale in Campania e Puglia.<br />
Informatore Agrario, 2.<br />
Pentangelo A. 2004 Tecnica colturale e qualità del pomodorino<br />
"cherry". Informatore Agrario 16.<br />
Pentangelo A. 2004 Cultivar di pomodorino "cherry" per le aree<br />
interne collinari. Informatore Agrario 11.<br />
Piazza R. 1999 Il consumatore lo riconosce con vari nomi... ma<br />
è sempre cherry. Informatore Agrario, 20.<br />
A.A. 1999 Gli ibridi disponibili per il pomodoro Cherry.<br />
Informatore Agrario, 20.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 104<br />
104
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 105<br />
Introduzione<br />
Stevia rebaudiana (Bertoni), un'asteracea originaria<br />
del Sudamerica ad habitat subtropicale, è attualmente<br />
coltivata in vari paesi per le proprietà dolcificanti<br />
del complesso di glucosidi contenuti nelle<br />
foglie. Stevioside e rabaudioside hanno un potere<br />
dolcificante molto superiore a quello dello zucchero,<br />
non apportano calorie e non alzano il livello di<br />
glucosio nel sangue, sono stabili alle alte temperature<br />
(200° C), non interferiscono con i componenti<br />
degli alimenti e non fermentano. La stevia può<br />
essere impiegata sotto forma di foglie fresche,<br />
foglie in polvere, estratto di polvere, o concentrato<br />
liquido di estrazione acquosa e/o idroalcolica. I<br />
prodotti ottenuti dalla stevia hanno impieghi analoghi<br />
ai dolcificanti artificiali a basso contenuto calorico<br />
e sono utilizzati soprattutto come dolcificanti<br />
per migliorare il gusto di alimenti e bevande.<br />
L'Unità UNIPE ha valutato la risposta della specie<br />
alla concimazione, al diserbo chimico, la produttività<br />
e l'influenza della selettività di alcuni erbicidi<br />
nei confronti della coltura.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel biennio 2006-07 sono state eseguite quattro<br />
prove sperimentali per verificare questa asteracea<br />
nelle condizioni pedo-climatiche dell'Italia centrale<br />
la produttività, l'influenza della concimazione<br />
azotata e la possibilità di eliminare la sua flora infestante<br />
con il diserbo chimico selettivo.<br />
La sperimentazione si è svolta in entrambi gli<br />
anni, nella media valle del Tevere, nei campi sperimentali<br />
del Laboratorio Didattico Sperimentale<br />
della Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee<br />
del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi<br />
di Perugia. Il terreno sede delle prove è argillosabbioso<br />
( 40% sabbia, 33% argilla e 27% limo).<br />
In entrambi gli anni è stato adottato lo schema<br />
sperimentale a blocchi randomizzati con quattro<br />
ripetizioni; la densità d'impianto è stata di 6 piante<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 105<br />
Stevia (Stevia rebaudiana Bertoni),produttività, concimazione<br />
e diserbo in Umbria<br />
<strong>Co</strong>varelli G, Peccetti G, Pannacci E, Graziani F<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
a m 2 e le parcelle avevano una dimensione di 4 m 2 .<br />
Il trapianto è stato effettuato l'11 maggio sia nel<br />
primo che nel secondo anno.<br />
Per l'effetto della concimazione azotata sulla<br />
coltura sono stati somministrati 20 giorni dopo il<br />
trapianto, sia nel primo che nel secondo anno, 0,50<br />
e 100 kg ha-1 di azoto sottoforma di urea.<br />
Per la messa a punto del diserbo chimico sia nel<br />
2006 che nel 2007 prima del trapianto, avvenuto<br />
sempre contemporaneamente a quello delle prove<br />
di concimazione, è stato sperimentato l'erbicida<br />
Stomp (pendimentalin al 31,7%) alla dose di 3 l ha-<br />
1 e, 33 giorni dopo, Challenge (aclonifen 49%) alla<br />
dose di 2,5 l ha -1 e <strong>Ta</strong>rga gold (quizalofop-etile isomero<br />
D al 5,2%) alla dose di 2,5 l ha -1 .<br />
Sia le prove di concimazione che di diserbo<br />
sono state irrigate a goccia ricevendo nel 2006 700<br />
mc di acqua e nel 2007 850 mc ad ettaro.<br />
Sono state eseguite periodiche osservazioni<br />
sullo sviluppo della stevia, sul ricoprimento delle<br />
piante infestanti e sulla selettività degli erbicidi nei<br />
confronti della coltura.<br />
In tutte le prove alla raccolta è stato determinato<br />
il peso fresco e secco della parte aerea delle<br />
piante di stevia e la percentuale di foglie in essa<br />
contenute. Ciò è avvenuto il 12 luglio e 22 settembre<br />
nel primo anno ed il 2 luglio e 10 ottobre nel<br />
secondo.<br />
Risultati<br />
a) Resistenza al freddo<br />
Le piante oggetto della sperimentazione sono state<br />
lasciate in campo allo scopo di valutare la resistenza<br />
della specie alle basse temperature.<br />
A marzo 2007 si è potuto verificare che il 60%<br />
delle piante aveva resistito ai rigori invernali e si<br />
apprestavano a riprendere a vegetare. Si sottolinea<br />
il fatto che l'inverno 2006-07 non è stato particolarmente<br />
rigido; nel sito dove si sono svolte le prove,<br />
le temperature minime raggiunte, nella prima decade<br />
di gennaio, sono state intorno ai meno 5 gradi<br />
centigradi.<br />
Dall'analisi <strong>dei</strong> dati dell'ultimo trentennio si<br />
può notare che durante i mesi invernali nella località<br />
dove si è svolta la prova, si verifichino tempe-
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 106<br />
<strong>Co</strong>varelli et al Stevia...<br />
Grafico 1. Precipitazioni e temperature decadiche del 2006 e del<br />
poliennio.<br />
Grafico 2. Precipitazioni e temperature decadiche del periodo<br />
gennaio - settembre 2007 e del poliennio<br />
rature abbondantemente al disotto di questi valori<br />
intorno ai -10 -12 °C. Ne consegue che per poter<br />
esprimere un giudizio più attendibile, occorra verificare<br />
il comportamento della specie a questi valori<br />
di temperatura.<br />
b) <strong>Co</strong>ncimazione azotata<br />
L'effetto dell'azoto si è manifestato soprattutto nel<br />
secondo taglio cioè nei ricacci vegetativi; con la<br />
dose di 100 kg ha-1 di N si è avuta la produzione più<br />
elevata di sostanza secca che è stata di circa 3 t ha-1 nel primo taglio e circa 9 t ha-1 nel<br />
secondo (tabella 1). Produzioni nettamente<br />
inferiori, soprattutto nel secondo<br />
periodo, si sono avute con 50 kg ha-1 di<br />
N.<br />
L'altezza della coltura non è stata<br />
influenzata da alcuna tesi.<br />
La percentuale di foglie sulla parte<br />
area della pianta è stata nel primo anno<br />
di circa il 70% e nel secondo del 65% e<br />
non è stata influenzata dalle diverse tesi<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Biomassa fresca<br />
a confronto.<br />
Nel primo taglio il quantitativo di foglie è stato<br />
superiore di circa il 25% rispetto al secondo. Questi<br />
valori sono molto importanti in quanto nelle foglie<br />
di stevia si estrae il 70% dello stevioside, composto<br />
con potere edulcorante.<br />
c) Diserbo chimico<br />
L'infestazione sviluppatasi nel controllo non trattato<br />
è stata molto elevata con valori di ricoprimento<br />
totali, con più strati di vegetazione, superiori al<br />
100% (tabella 2).<br />
Le piante infestanti maggiormente presenti<br />
erano: Portulaca oleracea con l'80% di ricoprimento,<br />
Digitaria sanguinalis (46%), Amaranthus retroflexus<br />
(31%), Echinochloa crus-galli (25%) ed<br />
altre.<br />
Il diserbo di pre-trapianto ha fornito <strong>risultati</strong><br />
superiori ai trattamenti di post-trapianto.<br />
Più importante dell'efficacia erbicida <strong>dei</strong> principi<br />
attivi usati, già ben nota, è la selettività nei confronti<br />
della coltura che finora non era stata mai<br />
verificata. Ottima è stata quella del pendimentalin<br />
(Stomp) nei confronti della stevia sia nel primo che<br />
nel secondo anno in pre-trapianto.<br />
<strong>Co</strong>n le colture in atto (post-trapianto) si è ripetuta<br />
la selettività del suddetto p.a. e buona è stata<br />
quella dell'aclonifen, mentre leggeri sintomi di<br />
fitotossicità evidenziati da malformazioni delle<br />
foglie di stevia sono stati causati da quizalofopetile<br />
isomero D.<br />
<strong>Al</strong> termine di un biennio di sperimentazione,<br />
nelle condizioni in cui si sono svolte le prove, si<br />
possono trarre le seguenti conclusioni.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) Nelle condizioni climatiche della media valle<br />
del Tevere, con temperature scese a -7°C vi è<br />
stata una perdita di vitalità delle piante di stevia<br />
tale da indurre al suo trapianto primaverile ed<br />
effettuare in primavera - estate due tagli della
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 107<br />
<strong>Ta</strong>bella 2. Prova di diserbo su stenia - Rilievi del 30/06/2007.<br />
coltura; non può avere l'habitus della poliennalità;<br />
2) la produttività di questa specie, con la somministrazione<br />
di 100 kg ha -1 di azoto, si è ottenuta<br />
sia (nel ciclo primaverile estivo) del primo e del<br />
secondo anno su circa 3 t ha -1 al primo taglio<br />
(giugno) e circa 9 t ha -1 nel secondo (settembre)<br />
per un totale di 11 t ha -1 di sostanza secca con<br />
un investimento di 6 piante m 2 ;<br />
3) la concimazione azotata che ha fatto maggiormente<br />
incrementare la resa della stevia è di 100<br />
kg ha -1 di N;<br />
4) per eliminare dalla coltura le erbe infestanti sia<br />
in pre che in post trapianto ottima selettività si<br />
è avuta con pendimentalin ed in post trapianto<br />
con aclonifen.<br />
Bibliografia consultata<br />
Andolfi L., Ceccarini L., Machia M. 2002. Caratteristiche bioa-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 107<br />
gronomiche di Stevia rebaudiana. Informatore Agrario, 23:<br />
48-51.<br />
Brandle J.E., Starrat A.N., Gijzen M. 1998. Stevia rebaudiana:<br />
its agricultural, biological and chemical properties.<br />
Canadian Journal of Plant Science, 78: 527-1266.<br />
Cioni P.L., Morelli I., Andolfi L., Ceccarini L., Macchia M. 2006.<br />
Qualitative and quantitative analysis of essential oil of five<br />
lines Stevia rebaudiana Bert. genotypes cultivated in Pisa<br />
(Tuscany, Italy), Italian Journal of Agronomy, 18:76-79.<br />
Fronda, D.; Folegatti, M.V. 2003. Water consumption of the stevia<br />
(Stevia rebaudiana Bert.) crop estimated through microlysimiter.<br />
Scientia Agricola, 60-3: 595-599.<br />
Geuns, J.M.C. 2003. Stevioside. Phytochemistry, 64: 913-921.<br />
Lowering, N.M; Reeleder, R.D. 1996. First report of Septoria<br />
Steviae on stevia (Stevia rebaudiana) in North America.<br />
Plant Disease, 80:959.<br />
Macchia, M.; Andolfi L.; Ceccarini, L.; Angelini, L.G. 2007.<br />
Effects of temperature, light and pre-chilling on seed germination<br />
of Stevia rebaudiana (Bertoni) Bertoni<br />
Accessions. Italian Journal of Agronomy, 1:55-62.<br />
<strong>Ta</strong>n, S.; Ueki, H. 1994. Method for extracting and separating<br />
sweet substances of Stevia rebaudiana Bertoni. Jap. Patent<br />
06-007108.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 108<br />
108
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 109<br />
Introduzione<br />
Tra le colture orticole per la produzione sulla IV<br />
gamma particolare importanza assumono i diversi<br />
tipi di lattuga. Si è ritenuto opportuno, nelle condizioni<br />
pedo-climatiche dell'Umbria, determinare la<br />
produttività di diverse varietà di lattuga a raccolta<br />
precoce.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel 2006 presso i campi sperimentali della sezione<br />
di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali siti a<br />
Papiano di Marsciano (PG) nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo-sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo), è stata realizzata una prova<br />
di confronto varietale tra sette cultivar di lattuga<br />
(Lactuca sativa L.) destinate alla IV gamma. Le<br />
varietà impiegate: ISI 45717 (in corso di registrazione),<br />
NIVES, CHOSPER, ISIRA, MATADOR,<br />
ANUBI, SENTRY appartengono a quattro tipologie:<br />
lollo bionda, multilieaf, foglia di quercia e<br />
lollo rossa.<br />
Lo schema sperimentale adottato è stato il blocco<br />
randomizzato con quattro ripetizioni con parcelle<br />
di 6 m 2 (1,5 x 4 m). Le piantine sono state trapiantate<br />
il 16 maggio. Nei mesi tra maggio e luglio<br />
sono stati distribuiti attraverso sei irrigazioni per<br />
aspersione circa 1000 m 3 ha -1 in totale. La raccolta<br />
è stata effettuata scalarmente quando ciascuna<br />
delle varietà aveva raggiunto la maturità.<br />
Risultati e discussione<br />
La prova ha messo in evidenza una buona adattabilità<br />
delle varietà all'ambiente pedoclimatico in cui<br />
sono state eseguite le prove con una produzione<br />
media di circa 26 t ha -1 .<br />
Significative le differenze tra la varietà meno<br />
produttiva SENTRY (17.1 t ha -1 ) e la più produttiva<br />
ISI 45717 (31.3 t ha -1 ).<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 109<br />
<strong>Co</strong>nfronto tra nuove cultivar di lattuga (Lactuca sativa L.)<br />
Peccetti G<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Data di raccolta, durata del ciclo e peso della biomassa<br />
fresca<br />
Tra le diverse tipologie lollo bionda, multilieaf<br />
e foglia di quercia hanno mostrato una produttività<br />
superiore alla media mentre inferiore è stata la produttività<br />
delle varietà lollo rossa.<br />
Non è stata osservata correlazione tra la produttività<br />
e la lunghezza del ciclo.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) La coltivazione della lattuga può offrire produzioni<br />
interessanti in media di 26 t ha -1 di<br />
biomassa fresca con un ciclo di circa 50 gg;<br />
2) le tipologie più produttive sono state lollo<br />
bionda, multilieaf e foglia di quercia;<br />
3) tra le varietà in prova la più produttiva è stata<br />
ISI 45717 con 31.3 t ha -1 di biomassa fresca.<br />
Bibliografia consultata<br />
Bianco V.V. 2007. Nuove specie ortive da destinare alla IV<br />
gamma. Informatore Agrario, 16.<br />
Antonelli M., Fontana F. 2006. Varietà di lattuga in serra e in<br />
pieno campo. Informatore Agrario, 23.<br />
Elia A., <strong>Co</strong>nversa G. 2006. IV gamma, tecniche colturali e scelte<br />
varietali. Informatore Agrario, 16.
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 110<br />
110
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 111<br />
Introduzione<br />
L'interesse del mercato agro-alimentare verso le<br />
piante aromatiche e in particolare verso l'origano è<br />
in forte crescita per il tradizionale consumo come<br />
prodotto sia essiccato che fresco. La necessità di<br />
disporre continuamente di questo prodotto induce<br />
alla sua surgelazione come da tempo si fa per il<br />
prezzemolo ed il basilico. Un ostacolo a ciò è l'annerimento<br />
delle foglie di origano causato dalle<br />
basse temperature che visivamente non è gradito<br />
nelle pizze dove è maggiormente usato.<br />
Tuttavia, anche in attesa che il miglioramento<br />
genetico elimini questo inconveniente, è interessante<br />
la diffusione della coltivazione soprattutto<br />
per l'esportazione.<br />
Si consideri che nei soli Stati Uniti è decuplicato<br />
il consumo negli ultimi dieci anni sull'onda della<br />
popolarità della pizza.<br />
Si è ritenuto opportuno verificare l'adattabilità<br />
di questa specie nelle condizioni pedo-climatiche<br />
dell'Italia centrale ed in particolare in Umbria.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel biennio 2006-07 sono state eseguite due prove<br />
di adattabilità di questa specie nella media Valle del<br />
Tevere su terreno argillo-sabbioso (40% sabbia,<br />
33% argilla, 27% limo).<br />
<strong>Co</strong>n schema sperimentale a blocchi randomizzati,<br />
con tre ripetizioni, sono stati messi a confronto<br />
nel 2006 le seguenti cv provenienti dalla Grecia:<br />
origano greco (Origanum hirtum), origano<br />
Herrenhausen (Origanum laevigatum var.<br />
Herrenhausen), origano aureo (Origanum vulgare<br />
var. aureus), origano comune (Origanum vulgare).<br />
Le parcelle avevano una dimensione molto<br />
ridotta (2 m 2 ) trattandosi solo di verificare l'adattabilità<br />
della specie nel sito della sperimentazione.<br />
Il trapianto della coltura è avvenuto l'11 maggio<br />
nel 2006 con un sesto d'impianto di 0.5 x 0.5 m. Da<br />
maggio ad agosto sono state fatte nove irrigazioni<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 111<br />
Verifica dell’adattabilità dell’origano (Origanum vulgare L.)<br />
alle condizioni agro-pedologiche dell’Italia centrale<br />
Lorenzetti M.C<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856334 -<br />
covarel@unipg.it<br />
per un apporto complessivo di 700 m 3 ha -1 . Il 3 agosto<br />
è stata effettuata la raccolta della biomassa e<br />
successivamente si è provveduto ad estrarre gli oli<br />
essenziali mediante distillazione in corrente di<br />
vapore.<br />
Risultati e discussione<br />
La produttività della biomassa area dell'origano è<br />
variata da 3,7 (Origanum vulgare var. aureus) a 6,9<br />
(Origanum laevigatum var. Herrenhausen) con una<br />
media tra le cultivar di 4,9 t ha -1 di sostanza fresca<br />
e 1,47 di sostanza secca (tabella 1). L'altezza della<br />
coltura è stata di circa 22 cm per tutte le cultivar<br />
eccetto per l'origano comune che è stata di 33 cm<br />
circa.<br />
L'umidità alla raccolta è stata di circa il 70%.<br />
Molto importante la resa in oli essenziali che è<br />
stata molto variabile 0,4 % nell'Origano aureus<br />
detto aureo e ben 2 nell'Origanum hirtum detto<br />
greco (tabella 1).<br />
Nel secondo anno si è proseguita la coltivazione<br />
delle piante trapiantate nel primo.<br />
<strong>Al</strong>le temperature di -5° C registratesi nell'inverno<br />
2006-07 hanno resistito solo l'origano aureo, il<br />
greco ed il comune che nel 2007 hanno prodotto<br />
rispettivamente 7.9, 7.2 e 13.8 t ha-1 di sostanza<br />
fresca pari rispettivamente a 2.7, 2.4 e 4.6 di<br />
sostanza secca. L'umidità alla raccolta è stata del<br />
50-55% sensibilmente più bassa di quella registratasi<br />
nell'anno precedente.<br />
Nelle condizioni in cui si è lavorato si possono<br />
trarre le seguenti conclusioni.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
1) La produttività dell'origano nelle condizioni<br />
pedo-climatiche della media Valle del Tevere si<br />
può attestare su 4 t ha-1 di foglie il 70% circa di<br />
sostanza fresca e 1,3 di sostanza secca.<br />
2) Hanno resistito alle relativamente basse temperature<br />
invernali (-5° C) aureo, greco e comune<br />
che nell'anno successivo hanno poi raddoppiato<br />
la produzione.<br />
3) La resa in oli essenziali è stata molto elevata<br />
(2%) nell'Origanum hirtum, e molto bassa<br />
nell'Origanum vulgare var. aureus (0,4%)
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 112<br />
Lorenzetti Verifica dell’adattabilità dell’origano....<br />
<strong>Ta</strong>bella 1.<br />
Bibliografia consultata<br />
Batistutta, F.;<strong>Co</strong>nte, L.S:; Zironi, R.; Carruba, A.; Leto, C.;<br />
Tuttolomondo, T. 1995. Caratteristiche compositive di oli<br />
essenziali da diversi ecotipi di Origanum vulgare L. di provenienza<br />
siciliana. Atti 2° congresso nazionale di Chimica<br />
degli alimenti. Giardini Naxos, 24-27 maggio 1995<br />
Branca, F.; Argento, S.; La Porta, V. 2006. Da pianta spontanea<br />
a nuova coltura: confronto tra tipi di origano siciliano<br />
(Origanum vulgare L.). Italus Hortus, Vol. 13 (2), 630-633.<br />
Leto, C.; Carruba, A.; Trpani, P. 1994. <strong>Ta</strong>ssonomia, ecologia,<br />
proprietà ed utilizzazioni del genere Origanum. Atti<br />
<strong>Co</strong>nvegno Internazionale "<strong>Co</strong>ltivazione e miglioramento di<br />
piante officinali". Trento 2-3 giugno 1994.<br />
Leto, C.; Carruba, A.; Trapani, P.; Zironi, R.; <strong>Co</strong>nte, L.;<br />
Battistutta, F. 1996. Le specie officinali per la valorizzazione<br />
e difesa delle aree interne: valutazione di ecotipi siciliani<br />
di origano (Origanum vulgare). Riv. di Agron. 30, 3<br />
Suppl, 423-435.<br />
Leto, C.; La Bella, S.; Tuttolomondo, T.; Licata, M.; Carrara,<br />
M.; Febo, P.; Catania, P.; <strong>Co</strong>mparetti, A.; Orlando, S. 2003.<br />
Response of Origanum vulgare L. to different plant densities<br />
and first results of mechanical harvest. Agr. Med. Vol.<br />
133, 141-148.<br />
Leto, C.; Tuttolomondo, T.; Scarpa, G.M.; La Bella, S. 2003.<br />
Evaluation of Oregano ecotypes from inland areas of Sicily<br />
(Italy). Agr. Med. Vol. 133, 43-57.<br />
Leto, C.; Tuttolomondo, T.; La Bella, S.; Licata, M. 2004. Prove<br />
di propagazione agamica di alcune specie officinali: origano,<br />
rosmarino e timo. Italus Hortus, Vol. 11 n. 4, 234-236.<br />
Leto, C.; Tuttolomondo, T.; Sarno, M.; La Bella, S. 2004.<br />
Valutazione bio-morfologica e produttiva di ecotipi siciliani<br />
di origano. Italus Hortus, Vol. 11 n. 4, 231-233.<br />
Marzi, V.; Morone Fortunato, I.; Circella, G.; Picci, V.;<br />
Melegari, M. 1992. Origano (Origanum spp.): <strong>risultati</strong> ottenuti<br />
nell'ambito del progetto "<strong>Co</strong>ltivazioni e miglioramento<br />
di piante officinali". Agricoltura Ricerca 132, aprile 1992,<br />
71-80.<br />
<strong>Ta</strong>viani, P.; Rosellini, D.; Veronesi, F. 1999. Analisi di genotipi<br />
di Origanum spp. Mediante marcatori molecolari e morfologici.<br />
Atti 5° <strong>Co</strong>nvegno nazionale sulla biodiversità.<br />
Caserta, Belvedere di San Leucio, 9-10 settembre 1999
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 113<br />
Introduzione<br />
Il pioppo (Populus spp.) da biomassa, coltivato per<br />
la produzione di energia, può andare soggetto a<br />
svariate, talora gravi, fitopatie che possono facilmente<br />
tradursi in forti perdite produttive in grado<br />
di compromettere la convenienza economica della<br />
sua coltivazione. Per tale motivo all'interno del<br />
progetto "Analisi e valutazione di ordinamenti produttivi<br />
alternativi al tabacco - <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>.2", finanziato<br />
dall'Unione Europea e dal Ministero per le<br />
Politiche Agricole e Forestali (Mi.P.A.F.), è stato<br />
valutato lo stato fitosanitario di questa coltura.<br />
Nel presente contributo vengono illustrati i<br />
<strong>risultati</strong> riguardanti i problemi fitopatologici osservati<br />
nel pioppo destinato alla produzione di biomassa<br />
in Umbria.<br />
Materiali e metodi<br />
Periodiche osservazioni sono state effettuate nelle<br />
prove sperimentali di pioppo da biomassa coltivato<br />
presso il Laboratorio Didattico Sperimentale della<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni Erbacee del<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali della<br />
Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di<br />
Perugia situato in località Papiano (Media Valle del<br />
Tevere), al fine di monitorare lo stato fitosanitario<br />
della coltura nelle condizioni ambientali ed agronomiche<br />
umbre.<br />
Nel biennio 2006-2007 è stata esaminata una<br />
prova sperimentale dove erano coltivati i seguenti<br />
cloni di pioppo: Sirio [Populus (P.) deltoides Bartr<br />
x P. x canadensis Monch] e AF2 (P. x canadensis<br />
Monch), entrambi con elevata tolleranza alla ruggine<br />
del pioppo, Monviso [(P. x generosa) x P. nigra]<br />
con tolleranza molto elevata e AF6 [(P. x interamericana)<br />
x (P. x euramericana)], per il quale è indicata<br />
una sufficiente tolleranza all'avversità sopra<br />
citata (http://www.alasiafranco.it/biomasse.htm).<br />
Nella sola annata 2007 è stata esaminata anche<br />
un'ulteriore prova dove erano presenti, oltre ai<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 113<br />
Risultati di un biennio di sperimentazione sullo stato fitosanitario<br />
del pioppo da biomassa in Umbria<br />
<strong>Co</strong>varelli L, Tosi L, Beccari G<br />
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali<br />
Sezione di Agronomia e <strong>Co</strong>ltivazioni erbacee -<br />
Università degli Studi di Perugia 075/5856464 -<br />
lorenzo.covarelli@unipg.it<br />
cloni AF2 e Monviso, anche i cloni Baldo e Orion<br />
per i quali non si dispone di notizie circa la resistenza/tolleranza<br />
alla ruggine.<br />
Nel mese di settembre 2006 e 2007, infezioni<br />
fogliari di ruggine sono state riscontrate negli<br />
appezzamenti oggetto di indagine e all'inizio del<br />
mese di ottobre di entrambe le annate, con l'attacco<br />
di ruggine al massimo livello di intensità, sono stati<br />
condotti appositi rilievi su 10 piante per ciascun<br />
clone, registrando il numero delle foglie sane e<br />
infette (10 foglie/pianta) al fine di determinare l'incidenza<br />
dell'infezione.<br />
La gravità della malattia è stata calcolata rilevando<br />
le infezioni sulle foglie mediante una scala<br />
empirica arbitraria di valutazione (0-5) basata sulle<br />
seguenti classi di infezione (0=0%; 1=1-20%;<br />
2=21-40%; 3=41-60%; 4=61-80%; 5=81-100%). I<br />
valori ottenuti sono stati successivamente elaborati<br />
statisticamente tramite analisi della varianza e test<br />
di Duncan. Mediante osservazioni di microscopia<br />
ottica sono state esaminate e misurate le strutture<br />
fungine (uredosori, uredospore, teleutosori, teleutospore<br />
e parafisi) dell'agente patogeno ed analizzate<br />
numerose sezioni delle foglie infette con lo<br />
scopo di individuare la localizzazione di uredosori<br />
e teleutosori rispetto alle pagine fogliari.<br />
Risultati<br />
Le foglie di pioppo infette presentavano la tipica<br />
colorazione rugginosa dovuta alla presenza di<br />
numerosi uredosori principalmente localizzati sulla<br />
pagina fogliare inferiore ma in qualche caso anche<br />
su quella superiore. Dal mese di novembre, numerosi<br />
teleutosori sono comparsi su entrambe le<br />
superfici fogliari. Dalle osservazioni e dalle analisi<br />
effettuate tutti i cloni esaminati sono <strong>risultati</strong><br />
suscettibili alla ruggine.<br />
Nel 2006 sono state rilevate delle differenze<br />
statisticamente significative sia per quanto riguarda<br />
l'incidenza che per quanto riguarda la gravità degli<br />
attacchi. In particolare, in questa annata, il clone<br />
AF6 si è rivelato il clone più suscettibile (incidenza<br />
del 100% e gravità del 37%) mentre Monviso è<br />
risultato il meno suscettibile (incidenza del 69% e<br />
gravità del 13%). L'incidenza e la gravità degli altri
eportPerugia.qxp 25/02/2008 10.08 Pagina 114<br />
<strong>Co</strong>varelli et al Risultati stato fitosanitario pioppo in Umbria...<br />
cloni sono state rispettivamente dell'86% e del 10%<br />
(Sirio), del 77% e dell'11% (AF2).<br />
Nel 2007, nella stessa prova dell'anno precedente,<br />
non sono state riscontrate differenze statisticamente<br />
significative per quanto riguarda l'incidenza<br />
e la gravità delle infezioni. Queste sono risultate<br />
più contenute rispetto al 2006 con valori medi<br />
rispettivamente del 46% e del 7% contro l'83% e il<br />
34% della stagione precedente. Ciò è probabilmente<br />
attribuibile alle differenze climatiche tra le due<br />
annate che, nella seconda stagione, sono state<br />
meno favorevoli alle infezioni di ruggine se confrontate<br />
con quelle verificatesi nell'anno precedente<br />
quando la malattia è comparsa con circa due settimane<br />
di anticipo.<br />
Per quanto riguarda l'ulteriore prova esaminata<br />
nel 2007, i <strong>risultati</strong> delle elaborazioni statistiche<br />
hanno invece evidenziato differenze significative<br />
in riferimento all'incidenza e alla gravità della fitopatia:<br />
il clone Baldo è risultato il meno suscettibile<br />
alla ruggine (incidenza del 43% e gravità del 5%)<br />
mentre il clone AF2 il più suscettibile (incidenza<br />
del 92% e gravità del 22%). L'incidenza e la gravità<br />
degli altri cloni sono state rispettivamente del<br />
72% e del 15% (Monviso), del 72% e del 14%<br />
(Orion).<br />
Le osservazioni microscopiche hanno mostrato<br />
la presenza di uredospore (17,5-52,5 x 12,5-27,5<br />
µm), teleutospore (37,5-50 x 5-12,5 µm) e parafisi<br />
(35-77,5 x 7,5-22,5 µm). Le caratteristiche morfo-<br />
logiche dell'agente patogeno osservate al microscopio<br />
e l'analisi cluster delle dimensioni delle spore<br />
hanno rivelato che l'attacco è stato causato da due<br />
specie fungine: Melampsora larici-populina Kleb.<br />
e Melampsora allii-populina Kleb.<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
L'alta suscettibilità alla ruggine fogliare <strong>dei</strong> cloni di<br />
pioppo sottolinea la necessità di realizzare maggiori<br />
e più accurate indagini riguardo agli agenti patogeni<br />
causali di tale pericolosa e temibile fitopatia.<br />
Infatti, la possibilità di infezioni naturali miste di<br />
ruggine causate da M. larici-populina e M. alliipopulina<br />
nei paesi europei (Pinon e Frey, 1997;<br />
Vietto e Giorcelli, 2000) e la presenza di razze fisiologiche<br />
di M. larici-populina richiedono la necessità<br />
di un attento monitoraggio delle popolazioni del<br />
patogeno realizzabile tramite l'utilizzo di cloni di<br />
pioppo differenziali e specifici metodi diagnostici<br />
molecolari al fine di delineare la composizione<br />
delle popolazioni fungine, seguirne l'evoluzione nel<br />
tempo e in differenti condizioni ambientali.<br />
Bibliografia<br />
Pinon J., Frey P., 1997. Structure of Melampsora larici-populina<br />
populations on wild and cultivated poplar. European<br />
Journal of Plant Pathology, 103: 159-173.<br />
Vietto L., Giorcelli A., 2000. Le malattie del pioppo. Calderini<br />
Edagricole, Bologna, pp.83.<br />
Siti internet<br />
http://www.alasiafranco.it/biomassa.htm
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.15 Pagina 115<br />
Introduzione<br />
Il progetto <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 2 (<strong>Co</strong>lture alternative al<br />
tabacco, fase 2), nasce come <strong>Progetto</strong> finalizzato<br />
della <strong>Co</strong>munità Europea (Regolamento CE n.<br />
2182/2002) nel quadro della lotta al tabagismo e<br />
promosso dal Ministero delle Politiche Agricole e<br />
Forestali, il quale ha affidato ad alcuni enti di ricerca,<br />
istituti ed università, il compito di eseguire<br />
studi e sperimentazioni al fine di valutare le possibilità<br />
di riconversione della filiera produttiva<br />
tabacchicola con colture alternative.<br />
L'approccio è stato di tipo multidisciplinare con<br />
taglio socio-economico e agronomico, che, con<br />
questa seconda fase, ha interessato tutte le regioni<br />
con contesti tabacchicoli consistenti (Veneto,<br />
Toscana e Umbria, Campania e Puglia) indirizzandosi<br />
in particolare verso la sperimentazione in<br />
campo delle colture alternative scelte.<br />
Da qui la necessità di conoscere approfonditamente<br />
le caratteristiche <strong>dei</strong> territori coltivati a<br />
tabacco al fine di valutare sia la sostenibilità<br />
ambientale delle specie alternative scelte, sia le<br />
potenzialità intrinseche <strong>dei</strong> suoli a sostenere le colture<br />
alternative.<br />
Si è quindi provveduto a progettare e realizzare<br />
un sistema informativo geografico che permettesse<br />
sia l'analisi delle risorse del territorio dal punto di<br />
vista climatico, pedologico e morfologico e che<br />
fornisse informazioni sulla potenzialità d'uso <strong>dei</strong><br />
suoli riguardo alle colture alternative oggetto di<br />
sperimentazione.<br />
L'indagine ha inizialmente interessato le aree<br />
tabacchicole della Toscana e dell'Umbria, i cui<br />
<strong>risultati</strong> sono riportati nel presente lavoro, in seguito<br />
estesa alla Campania e alla Puglia.<br />
Materiali e metodi<br />
La struttura del progetto<br />
Il progetto ha utilizzato un tipo di approccio di tipo<br />
"olistico", attraverso la correlazione <strong>dei</strong> dati rileva-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 115<br />
Studio geomatico delle aree coltivate a tabacco della Toscana e<br />
dell'Umbria<br />
Fiorillo E*, Magazzini P*, Ongaro L*<br />
*Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze - Ministero<br />
Affari Esteri. Via A. <strong>Co</strong>cchi 4, 50131 Firenze.<br />
Tel. 05550611 Fax 0555061333<br />
e-mail: iao@iao.florence.it<br />
Fig. 1. Area di studio in Toscana e in Umbria<br />
Fig. 2. Aree di studio in Campania<br />
ti in campagna relativi al clima, ai tipi di suoli, alla<br />
fertilità, alle disponibilità irrigue, alla vulnerabilità,<br />
alle colture presenti o a quelle oggetto di sperimentazione,<br />
è possibile, per un determinato territorio,<br />
ottenere <strong>dei</strong> modelli interpretativi e simulare scenari<br />
di riconversione delle aree tabacchicole, che tengano<br />
conto delle risorse disponibili in stretta relazione<br />
alla sostenibilità dell'ambiente.<br />
Le aree oggetto dell'indagine sono state scelte<br />
sulla base della maggiore superficie occupata da<br />
colture tabacchicole. Per la Toscana, dove la superficie<br />
totale coltivata a tabacco ammonta a circa<br />
2.326 ha (dati AGEA 2005), è stata scelta l'area che<br />
comprende la Valdichiana e l'<strong>Al</strong>ta Val Tiberina,
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.15 Pagina 116<br />
116 Fiorillo et al Studio geomatico delle aree della Toscana e dell’Umbria..<br />
Fig. 3. Distribuzione delle aree coltivate a tabacco in Toscana ed<br />
Umbria)<br />
dove è concentrata la quasi totalità delle coltivazioni<br />
di tabacco nella regione, e ha interessato una<br />
superficie totale di 211.000 ha (fig. 1). Per<br />
l'Umbria, che ha una superficie totale coltivata a<br />
tabacco di circa 7.490 ha (dati AGEA 2005), è stata<br />
scelta l'intera val Tiberina, dal confine toscano al<br />
lago di <strong>Co</strong>rbara, per una superficie complessiva di<br />
171.000 ha.<br />
Per le aree campane, sono state localizzate 7<br />
aree corrispondenti ai seguenti lotti di rilevamento<br />
pedologico eseguiti in scala 1:50.000 dalla Regione<br />
Campania negli anni 2003-2005: CP1 - Piana in<br />
destra Sele, Cp3 - Pianura del Volturno, Cp4 -<br />
Avellinese, Cp5 - Piana in Sinistra Sele, Cp7 -<br />
Carinolese, Cp11 - Roccamonfina, Cp12 -<br />
Provincia di Benevento.<br />
Fig. 4. Schema della struttura del progetto<br />
Le aree sono state individuate sulla base <strong>dei</strong><br />
dati disponibili presso gli enti competenti e presso<br />
le Associazioni di categoria, in tal modo si è potuta<br />
ottenere una mappatura esatta della distribuzione<br />
delle aree attualmente utilizzate a tabacco o potenzialmente<br />
utilizzabili a tabacco (fig. 3).<br />
Per la fotointepretazione delle unità pedopaesaggistiche<br />
si è fatto ricorso ad un modello digitale<br />
del terreno con passo medio 20x20m e 40x40m e di<br />
ortofotocarte pancromatiche in scala media<br />
1:10.000 (volo AIMA 2004-2005).<br />
Il progetto si è articolato in tre fasi consecutive,<br />
realizzate nell'arco di due anni, sintetizzato nello<br />
schema riportato in fig. 4<br />
Nei paragrafi che seguono si riportano, in sintesi<br />
i <strong>risultati</strong> relativi alle elaborazioni di analisi spaziale<br />
<strong>dei</strong> dati climatici ed alle elaborazioni di carte<br />
tematiche di potenzialità d'uso <strong>dei</strong> suoli.<br />
Analisi spaziale <strong>dei</strong> dati climatici<br />
La rappresentazione di un tema di interesse geografico<br />
di natura climatica in un sistema informativo<br />
geografico è generalmente effettuata in modalità<br />
raster. Le informazioni provenienti da stazioni<br />
meteorologiche sono invece di natura puntuale,<br />
quindi si ritiene necessario un trattamento statistico<br />
per questo tipo di informazione. Per passare da una<br />
serie di dati puntuali ad una distribuzione continua<br />
nello spazio, che consenta la rappresentazione cartografica<br />
dell'andamento delle grandezze climatiche<br />
in esame, si possono impiegare diversi metodi<br />
che si riferiscono al campo della statistica applicata.<br />
Qualunque sia la natura della tecnica usata<br />
(metodi basati sulla regressione, metodi geostatistici<br />
o altro), lo scopo è stimare il più fedelmente possibile<br />
i valori incogniti della variabile oggetto di<br />
studio sull'intero grigliato regolare rappresentato<br />
dal raster, a partire da valori noti<br />
solo in alcune posizioni. Il termine spazializzazione<br />
indica proprio questo tipo di operazione.<br />
Per le temperature è stata utilizzata la<br />
tecnica della regressione lineare semplice.<br />
Questa tecnica viene utilizzata quando si<br />
ritiene che ci sia una correlazione lineare fra<br />
la variabile dipendente e quelle indipendenti.<br />
Un modello di regressione lineare con<br />
due variabili di predizione può essere scritto<br />
come segue:<br />
y(g)=β0 + β1x1 +β2x2 +ε
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 117<br />
Fig. 5. Spazializzazione di dati climatici: Temperature e precipitazioni in Valdichiana, Giugno<br />
dove y è la variabile dipendente, nel nostro caso le<br />
temperature da spazializzare, x1 e x2 sono le variabili<br />
indipendenti (in questo caso rappresentate dai<br />
metadata delle stazioni meteorologiche); β0, β1,<br />
β2 sono i regressori e ε è un termine che esprime<br />
l'errore random . L'ipotesi è che i valori β0, β1, β2<br />
siano costanti su tutta l'area di studio. Nelle spazializzazioni<br />
da noi effettuate si è così potuto spazializzare<br />
le temperature medie di ogni mese e le medie<br />
annuali partendo dai dati della serie storica relativa<br />
alle stazioni meteorologiche presenti nell'area e<br />
usando come variabili indipendenti un DEM di<br />
passo 20*20m, l'esposizione ricavata dallo stesso<br />
DEM, la latitudine e la longitudine.<br />
Per le precipitazioni è stato utilizzato il metodo<br />
Fig. 6. Spazializzazione di dati climatici: precipitazioni e temperature in Campania, mese di giugno<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 117<br />
geostatistico detto coKriging,<br />
valido quando non c'è una correlazione<br />
di tipo lineare fra la<br />
variabile dipendente e quelle<br />
indipendenti. Il <strong>Co</strong>kriging viene<br />
utilizzato nel migliorare la stima<br />
di una variabile nei siti sprovvisti<br />
di misure sperimentali, tutto<br />
ciò si realizza attraverso l'uso<br />
combinato di un'altra variabile,<br />
la quale presenti almeno un<br />
fenomeno di correlazione con la<br />
prima. Questa tecnica è stato<br />
sviluppata da Matheron nel 1971<br />
e non richiede nessuna assunzione<br />
sul tipo di correlazione che<br />
deve esserci tra le due variabili.<br />
È necessario solo che esse<br />
abbiano un significativo numero<br />
di punti campione in comune per<br />
ottenere una discreta stima del crossvariogramma;<br />
la condizione ottimale si ottiene minimizzando la<br />
varianza dell'errore di stima. La tecnica del cokriging<br />
migliora la stima, poiché è capace di incorporare<br />
interamente la natura e la variabilità spaziale<br />
della correlazione tra le due variabili (x) e y (x). Ciò<br />
non toglie comunque la difficoltà che alcune volte<br />
si incontra con il calcolo del crossvariogramma e la<br />
verifica di correttezza del modello teorico, in modo<br />
particolare sé le due variabili non sono ben correlate<br />
tra loro.<br />
La cartografia tematica di potenzialità d'uso<br />
La procedura di valutazione dell'attitudine del ter-
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 118<br />
118 Fiorillo et al Studio geomatico delle aree della Toscana e dell’Umbria..<br />
Fig. 7. Esempio della Legenda delle Unità Pedopaesaggistiche.<br />
Fig. 8. Stralcio della Carta <strong>dei</strong> Pedopaesaggi scala 1:50.000<br />
Fig. 9. Schema della procedura di valutazione in automatica di potenzialità d'uso <strong>dei</strong> suoli<br />
ritorio ad una utilizzazione specifica, secondo il<br />
metodo della Land Suitability è stato messo a punto<br />
dalla F.A.O., intorno agli anni settanta, con l'obiettivo<br />
di stabilire una metodologia di valutazione.<br />
Essa si basa sui seguenti principi:<br />
· l'attitudine del territorio deve riferirsi ad un uso<br />
specifico;<br />
· la valutazione deve confrontare vari usi alternativi;<br />
· l'attitudine deve tenere conto <strong>dei</strong> costi per evitare<br />
la degradazione del suolo;<br />
· la valutazione richiede un approccio multidisciplinare.<br />
<strong>Al</strong>la base del metodo è posto il concetto di "uso<br />
sostenibile", cioè di un uso in grado di essere praticato<br />
per un periodo di tempo indefinito, senza provocare<br />
un deterioramento severo o permanente<br />
delle qualità del territorio.<br />
Nel caso studiato è stata eseguita<br />
una fotointepretazione,<br />
eseguita su DEM 20x20 con<br />
l'ausilio di ortofotocarte<br />
1:10.000, che ha permesso la<br />
creazione di unità pedopaesaggistiche<br />
suddivise in Sistemi,<br />
Sottosistemi ed Unità<br />
Cartografiche a scale di dettaglio<br />
progressivamente maggiori<br />
(da 1:250.000 per i Sistemi fino<br />
1:50.000 per le Unità) e definite<br />
per morfologie, litologie, usi del<br />
suolo e suoli diversi (fig. 7). I<br />
dati relativi ai suoli dell'area<br />
toscana sono stati reperiti presso<br />
la BD della Regione Toscana<br />
(Banca dati <strong>Progetto</strong> Carta <strong>dei</strong><br />
Suoli 1:250.000)e da bibliografia,<br />
per l'area umbra sono stati in<br />
parte ottenuti da bibliografia e
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 119<br />
Fig. 10. Scale di rating e classi di potenzialità d'uso del suolo riferite alla coltura del Pioppo da biomassa<br />
per la gran parte rilevati direttamente in campo,<br />
mentre per l'area campana i dati di base sono consistiti<br />
in circa 180 profili di suolo campionati e<br />
localizzati con precisione nel corso <strong>dei</strong> rilevamenti<br />
relativi al progetto Cp della Regione Campania.<br />
I caratteri definiti in legenda, opportunamente<br />
codificati, sono stati inseriti in un Data Base di<br />
Land suitability MS Access che, attraverso il collegamento<br />
con tabelle e macro MSExcel, hanno fornito<br />
la base dati per l'elaborazione automatica delle<br />
cartografie tematiche, secondo lo schema riportato<br />
(fig. 8).<br />
Si è proceduto quindi a definire le esigenze col-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 119<br />
turali e vegetazionali delle diverse colture oggetto<br />
di sperimentazione e di seguito elencate:<br />
- Artemisia annua<br />
- Stevia Rebaudiana<br />
- Kenaf (Hibiscus Cannabinus)<br />
- Erba medica (Medicago sativa)<br />
- Mais<br />
- Canapa da fibra e biomassa (Cannabis sativa)<br />
- Sorgo da biomassa<br />
- Pioppo da biomassa<br />
Cui si deve aggiungere la valutazione dell'attitudine<br />
<strong>dei</strong> suoli al pascolo ovino e bovino, la valutazione<br />
del Rischio Potenziale di Erosione, l'Attitudine
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 120<br />
120 Fiorillo et al Studio geomatico delle aree della Toscana e dell’Umbria..<br />
Fig. 11. Esempi di potenzialità d'uso <strong>dei</strong> suoli dell'area di studio toscana (Valdichiana e Valtiberina) per il Mais da biodiesel, il Kenaf e il<br />
pioppo da biomassa<br />
<strong>dei</strong> Suoli allo Spandimento <strong>dei</strong> Reflui e valutazioni<br />
più genericamente agronomiche quali la FCC (Soil<br />
Fertility Capability Classification System) e la<br />
LCC (Land Capability Classification).<br />
Il risultato finale ha consentito l'elaborazione di<br />
complesse tabelle di rating che hanno fornito, sulla<br />
base <strong>dei</strong> caratteri vegetazionali e delle esigenze<br />
colturali delle singole specie, valori di riferimento<br />
relativi alle esigenze climatiche, morfologiche,<br />
idrologiche e pedologiche che definiscono 5 classi<br />
di potenzialità d'uso <strong>dei</strong> suoli, anch'esse inserite del<br />
Data Base di Land Suitability (fig. 9):<br />
S1 - Adatto, con valori di rating tra 85 e 100<br />
S2 - Moderatamente adatto, con valori di rating tra<br />
60 e 85<br />
S3 -Poco adatto, con valori di rating tra 40 e 60<br />
N1-Temporaneamente inadatto, con valori di rating<br />
tra 25 e 40<br />
N2 - Permanentemente inadatto, con valori di<br />
rating tra 0 e 25<br />
I <strong>risultati</strong> delle elaborazioni automatiche delle<br />
Land Suitabilities per le diverse colture scelte, sono<br />
stati collegati all'archivio geografico vettoriale<br />
della Carta <strong>dei</strong> Pedopaesaggi, permettendo la tematizzazione<br />
delle diverse potenzialità d'uso (figg. 10<br />
e 11).<br />
Risultati, conclusioni e prospettive<br />
I <strong>risultati</strong> finali del progetto, che ha raggiunto tutti<br />
gli obiettivi prefissati, non sono da considerare sta-<br />
Fig. 12. Carta della potenzialità d'uso del suolo per l' Artemisia annua(a sinistra) e per la Stevia rebaudiana (a destra) in regime irriguo<br />
nell'area Cp3 - Pianura del Volturno
Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 121<br />
tici nel tempo, ma hanno la pissibilità di divenire<br />
dinamici soprattutto riguardo al tema della valutazione<br />
e della simulazione del comportamento<br />
ambientale in seguito a variazioni colturali o climatiche.<br />
<strong>Ta</strong>li prospettive sono facilmente gestibili dal<br />
sistema informativo che è stato creato, implementando<br />
e aggiornando continuamente le basi dati con<br />
i parametri necessari alle nuove esigenze che di<br />
volta in volta si vengano a creare. I <strong>risultati</strong> finali e<br />
le prospettive possono essere sintetizzati come<br />
segue:<br />
- Possibilità di realizzare carte <strong>dei</strong> pedopaesaggi su<br />
superfici estese (400.000 ha) anche in aree<br />
prive o quasi di informazioni pedologiche grazie<br />
all'utilizzo di ortofoto, DEM modelli<br />
descrittivi che riducono in maniera significativa<br />
le indagini in campo.<br />
- Sperimentazione e validazione di metodologie di<br />
valutazione su specie e metodi di coltivazione<br />
mai utilizzati finora (Artemisia, Stevia, Kenaf<br />
ecc.).<br />
- Realizzazione di GIS con sistema "aperto", con<br />
possibilità di estendere le valutazioni a numerose<br />
altre specie coltivate e non coltivate.<br />
- Sperimentazione e validazione di modalità di spazializzazione<br />
<strong>dei</strong> dati climatici applicabile a<br />
numerosi altri rilievi di tipo puntuale (erosione<br />
ecc.)<br />
- Possibilità di creare facilmente modelli di simulazione<br />
in ordine ai cambiamenti climatici futuri<br />
- Possibilità di implementare con facilità modelli<br />
valutativi per tematiche ambientali quali ad<br />
esempio lo spandimento <strong>dei</strong> reflui, la vulnerabilità<br />
degli acquiferi da nitrati di origine agricola<br />
ecc.<br />
Un ultimo aspetto, non meno importante, è quello<br />
della realizzazione del report finale, contenente<br />
tutti i dati di partenza e le elaborazioni dettagliate<br />
che hanno portato al conseguimento <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong><br />
sopra elencati.<br />
<strong>Ta</strong>le report non è previsto nella fase attuale del<br />
progetto, ed è auspicabile che vengano reperite le<br />
risorse necessarie al la sua realizzazione, in modo<br />
da dare completezza all'analisi eseguita e fornire le<br />
basi tecnico scientifiche sulle quali si basano i<br />
<strong>risultati</strong> sopra esposti.<br />
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Magazzini P., Azzari M. 2003 - Historical cartography and GIS<br />
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Studiogeomatico.qxp 25/02/2008 10.16 Pagina 122<br />
122 Fiorillo et al Studio geomatico delle aree della Toscana e dell’Umbria..<br />
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Magazzini P, D'Antonio A,et al. (2004) - <strong>Progetto</strong> Carta <strong>dei</strong><br />
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Sele. - Regione Campania Assessorato <strong>Al</strong>l'Agricoltura<br />
SeSIRCA<br />
G. Mecella, P. Scandella, N. Di Blasi, F. Pierandrei, F.A. Biondi<br />
(1985-86) - Land Classification ed aspetti climatici del territorio<br />
dell'<strong>Al</strong>ta Valle del Tevere - Annali Ist. Sperim. Per la<br />
Nutrizione delle Piante vol. X<strong>II</strong>I 1985-86 - Roma<br />
Osservatorio nazionale pedologico e per la qualità del suolo,<br />
1994 - Metodi ufficiali di analisi chimica del suolo, con<br />
commenti e interpretazioni. MURST, Ministero delle<br />
Risorse Agricole, <strong>Al</strong>imentari e Forestali, Roma<br />
F. Pancaro (1966) - Osservazioni pedologiche nella conca aretina.<br />
Annali Acc. It. Sc. Forestali vol. XV, 1966. Firenze<br />
Regione Campania, Assessorato all'Agricoltura - Se.S.I.R.C.A.<br />
- Norme tecniche per il rilevamento e la descrizione <strong>dei</strong><br />
suoli. Versione 1.98 e successivi aggiornamenti<br />
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<strong>Co</strong>muni di Anghiari e Sansepolcro. Regione Toscana,<br />
<strong>Co</strong>munità Montana Valtiberina Toscana, Zona H. Poppi (AR)<br />
Servizio Geologico d'Italia, 1970. Carta Geologica d'Italia, F.<br />
121 Montepulciano, 1:100.000.<br />
Servizio Geologico Nazionale, 1994. Carta Geomorfologica<br />
d'Italia - 1:50.000, Guida al Rilevamento. A cura del<br />
Gruppo di Lavoro per la Cartografia Geomorfologica.<br />
Quaderni serie <strong>II</strong>I, vol. 4, Ist. Poligr. e Zecca dello Stato,<br />
Roma.<br />
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Handbook n. 18, United States Department of Agriculture,<br />
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Soil Survey Division Staff, 2006 - Keys to Soil <strong>Ta</strong>xonomy, 10th<br />
edition. Soil <strong>Co</strong>nservation Service, United States<br />
Department of Agriculture, Washington<br />
L. Tombesi, Mecella G., De Rossi C. (1978-79) - Studi di<br />
Climatologia agraria, di pedologia applicata e di fertilizzazione<br />
- Nota 1 - <strong>Al</strong>ta valle del Tevere. Annali Ist. Sperim.<br />
Per la Nutrizione delle Piante vol. IX A. 1978-79 Pubbl. n.<br />
8 - Roma<br />
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<strong>Co</strong>nvegno "Le Pianure: <strong>Co</strong>noscenza e Salvaguardia - Il<br />
contributo delle Scienze della Terra", Ferrara, Università<br />
degli Studi, 8-11 novembre 1999.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 123<br />
Introduzione<br />
Nel rispetto dell'obiettivo generale sul potenziamento<br />
dell'opportunità di riconversione <strong>dei</strong> produttori<br />
di tabacco verso altre attività, ai sensi dell'art<br />
14 del reg. CE n° 2182/2002, e degli obiettivi specifici<br />
previsti nella bozza generale, l'Unità<br />
Operativa CIRSeMAF si è occupata delle possibilità<br />
di riconversione in direzione zootecnica e faunistica.<br />
Per quanto riguarda il primo settore l'UO ha inteso<br />
muoversi nel settore della valorizzazione delle produzioni<br />
zootecniche tipiche e di qualità, a partire da<br />
razze autoctone già affermate sul mercato o in fase<br />
di recupero, facendo leva sull'esistenza, nelle<br />
regioni considerate, di tipi genetici bovini ed ovini<br />
di grande pregio. Per quanto riguarda il secondo,<br />
sono state valutate le possibilità di creazione di<br />
centri privati di produzione di selvaggina, di aziende<br />
agri-turistico-venatorie o comunque istituti faunistici<br />
in senso lato che, soprattutto in Toscana ed<br />
Umbria, svolgono un ruolo economico importante.<br />
Entrambi i settori sono infatti ampiamente diffusi<br />
nelle due regioni, anche se si riconosce, allo stato<br />
<strong>dei</strong> fatti, la necessità di una migliore utilizzazione<br />
delle risorse naturali e professionali e di una ottimizzazione<br />
delle produzioni zootecniche eco-compatibili<br />
in una logica di filiera e in ambito distrettuale.<br />
Materiali e metodi<br />
Il progetto si è articolato in tre filoni di ricerca e<br />
indagine interdipendenti, ciascuno <strong>dei</strong> quali comprendente<br />
più fasi. Il primo filone ha riguardato lo<br />
studio analitico della tabacchicoltura in Toscana e<br />
Umbria e delle sue possibilità di riconversione. In<br />
una prima fase il lavoro è stato concentrato sull'elaborazione<br />
e interpretazione <strong>dei</strong> dati forniti<br />
dall'INEA, che collabora al <strong>Progetto</strong>.<br />
Successivamente, a partire dai <strong>risultati</strong> degli incon-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 123<br />
Le possibili alternative zootecniche alla coltura del tabacco in<br />
Toscanae in Umbria: l'attività del CIRSeMAF<br />
<strong>Al</strong>essandro Giorgetti 1<br />
1 Direttore del CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze<br />
Zootecniche dell'Università di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE Tel +390553288356,<br />
E-mail: alessandro.giorgetti@unifi.it<br />
tri con i responsabili dell'Associazione Produttori<br />
di <strong>Ta</strong>bacco e di singoli tabacchicoltori delle due<br />
regioni, è stato predisposto un questionario, che è<br />
stato sottoposto a una settantina di tabacchicoltori,<br />
individuati tra quelli maggiormente interessati ad<br />
una trasformazione, totale o parziale, in senso faunistico<br />
o zootecnico oppure già attivi nel settore<br />
delle produzioni animali.<br />
Parallelamente è stato avviato il lavoro nel<br />
secondo filone, che ha previsto la definizione delle<br />
possibili alternative zootecniche e faunistiche, in<br />
funzione dell'estensione delle aziende e delle vocazionalità<br />
<strong>dei</strong> territori interessati. Nei primi mesi di<br />
progetto sono state prese in considerazione numerose<br />
alternative, poi ridotte a quelle più facilmente<br />
percorribili, tenuto conto delle preferenze e delle<br />
aspirazioni <strong>dei</strong> tabacchicoltori, così come andava<br />
progressivamente emergendo dagli incontri con i<br />
singoli, dai <strong>risultati</strong> del questionario e dalle osservazioni<br />
critiche effettuate in campo dal gruppo di<br />
ricerca dell'Unità Operativa.<br />
I primi due filoni di studio si sono praticamente<br />
conclusi nell'aprile 2006, e da allora, sulla base<br />
delle indicazioni emerse e <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> ottenuti, è<br />
stato avviato il terzo filone di studio, ancora in<br />
corso. In questo viene affrontato lo studio tecnico,<br />
seguito da un'analisi economica, delle alternative<br />
zootecniche o faunistiche considerate più percorribili:<br />
1. produzione di carne bovina con marchio<br />
IGP, 2. caprinicoltura da latte con annessa trasformazione,<br />
3. recupero, conservazione e valorizzazione<br />
di tipi genetici animali autoctoni in via di<br />
estinzione, 4. centri privati di produzione di selvaggina<br />
da ripopolamento. E' attualmente in corso la<br />
verifica <strong>dei</strong> punti di forza e di debolezza delle<br />
attuali filiere produttive del settore zootecnico<br />
delle aree interessate e la valutazione delle possibilità<br />
di riconversione, con l'identificazione degli<br />
ostacoli strutturali, economici e professionali alle<br />
ipotesi di riconversione.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 124<br />
124
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.09 Pagina 125<br />
Introduzione<br />
Nell'ambito del progetto COALTA 2, in una prima<br />
fase di attività l'U.O. si è avvalsa della collaborazione<br />
dell'INEA che ha fornito alcuni dati generali<br />
relativi alle aziende che coltivano tabacco, con particolare<br />
riguardo alla regione Toscana. In seguito<br />
sono state studiate circa settanta aziende tabacchicole,<br />
in gran parte nelle province di Siena ed<br />
Arezzo sulle quali è stato iniziato un percorso di<br />
studio, a partire dai dati di un questionario appositamente<br />
predisposto, volto a verificare le possibilità<br />
di una loro riconversione, totale o parziale, in<br />
senso zootecnico o faunistico. Parallelamente sono<br />
state individuate e studiate alcune alternative zootecniche<br />
per verificarne le potenzialità e su alcune<br />
di queste sono iniziate sperimentazioni di campo.<br />
Materiali e metodi<br />
I dati raccolti nelle aziende sono stati elaborati calcolando<br />
medie, deviazioni standard, e valori massimi<br />
e minimi <strong>dei</strong> vari parametri. Per i metodi impiegati<br />
nelle sperimentazioni zootecniche si rimanda<br />
ai capitoli specifici.<br />
Risultati e discussione<br />
Dei circa 35.400 ha coltivati a tabacco in Italia (il<br />
38% circa del totale UE) 2.400 ha sono localizzati<br />
in Toscana, tradizionalmente specializzata nella<br />
produzione di tabacco Kentucky, ma anche produttrice<br />
della varietà Bright. La varietà Kentucky,<br />
dopo un periodo di crisi, sembra aver preso nuovo<br />
vigore grazie al rinnovato apprezzamento <strong>dei</strong> prodotti<br />
locali, in particolare del sigaro toscano. Oltre<br />
il 70% delle superfici e delle produzioni tabacchicole<br />
della Toscana è localizzata e in provincia di<br />
Arezzo (Val di Chiana e Val Tiberina) e circa il<br />
26% nella provincia di Siena, mentre le province di<br />
Firenze, Pisa e Grosseto continuano ad occupare<br />
una posizione marginale sia in termini percentuali<br />
che di superficie.<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 125<br />
La tabacchicoltura in Toscana e le sue possibilità di riconversione<br />
Giorgetti A 1 , Sargentini C 1 , Degl'Innocenti P 1 , Fabeni P 1 , Lorenzini G 1 , Tocci R 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 50144 Firenze Tel +390553288356;<br />
e-mail: alessandro.giorgetti@unifi.it<br />
I dati raccolti hanno mostrato grande variabilità<br />
nelle caratteristiche generali delle aziende, confermando<br />
la scarsa omogeneità già emersa dai dati<br />
INEA. A partire dalla SAU infatti si osserva una<br />
grande differenza tra i valori minimi, tipici di una<br />
piccola azienda a gestione familiare, ed i valori<br />
massimi tipici di aziende a grande produzione.<br />
Molto diffuse sono le piccole aziende, possedute in<br />
genere da agricoltori anziani che coltivano il tabacco<br />
per tradizione. Le grandi aziende sono in numero<br />
limitato, ma rappresentano una percentuale<br />
molto estesa di superficie agricola interessata dalla<br />
coltura del tabacco. L'effetto dell' OCM tabacco<br />
sembra essere quello che i grandi produttori assimilino<br />
quelli minori, quindi lo scenario che si viene<br />
a delineare è quello di pochi grandi produttori interessati<br />
al proseguimento della propria attività ed ad<br />
un possibile ampliamento della stessa. La giacitura<br />
delle aziende è in gran parte in pianura, trattandosi<br />
essenzialmente di terreni irrigui. Le trattrici sono in<br />
media 3-4 in ciascuna azienda e tutte le aziende<br />
sono dotate delle varie attrezzature necessarie alle<br />
lavorazioni. Gli edifici, di differente ampiezza e<br />
tipologia, presentano comunque una cubatura<br />
media consistente che consentirebbe l'eventuale<br />
conversione in stalle o locali di trasformazione. Gli<br />
essiccatoi sono sempre presenti, anche se spesso<br />
sono di carattere provvisorio (di solito costruiti in<br />
lamiera). Le attività precedenti degli intervistati<br />
interessavano per il 24% il settore zootecnico, per<br />
il 32% quello agronomico, per il 13% entrambi. Il<br />
27% degli intervistati svolgeva attività diverse da<br />
quelle agricole. In alcuni casi tali attività sono<br />
ancora oggi praticate dagli imprenditori agricoli.<br />
La manodopera fissa varia in media da 2 a 3 unità,<br />
rispecchiando la caratteristica della conduzione<br />
familiare tipica della coltura. La media <strong>dei</strong> lavoratori<br />
stagionali è di 4-5 persone poiché alcune tipologie<br />
di tabacco richiedono una lavorazione artigianale<br />
che determina un alto fabbisogno di manodopera,<br />
che spesso si basa sullo scambio di aiuto tra<br />
familiari e amici. Il valore delle quote è mediamente<br />
alto, a dimostrare la vocazione di queste<br />
zone della Toscana verso la coltura del tabacco. Il<br />
Bright ed il Kentucky sono le varietà più coltivate,
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 126<br />
126 Giorgetti et al La tabacchicoltura in Toscana .....<br />
l'Havana ed il Burley sono coltivati seppur in<br />
minori superfici.<br />
Tra le attività alternative o integrative alla coltura<br />
del tabacco indicate come possibili dai coltivatori,<br />
quella zootecnica risulta la più frequente (Fig.<br />
1) ed è relativa all'allevamento di bovini da carne<br />
di razze autoctone (prevalentemente Chianina), e in<br />
minor misura ad altre specie (equini, suini, ovini).<br />
Solo alcuni seguirebbero alternative di tipo agronomico,<br />
tra le quali l' unica su cui viene riposta fiducia<br />
è quella delle biomasse. <strong>Al</strong>tri settori di interesse,<br />
seppur in modo più limitato, sembrano essere<br />
quello agrituristico e quello faunistico.<br />
L'analisi a livello provinciale ha evidenziato<br />
differenze marcate tra Arezzo e Siena, sia come<br />
caratteristiche intrinseche aziendali che come<br />
disponibilità alla riconversione. sembrano più diffuse<br />
in provincia di Siena. <strong>Al</strong>le 5 alternative prospettate<br />
nelle fasi iniziali di svolgimento del progetto<br />
(<strong>Co</strong>stituzione di centri di ingrasso per bovini<br />
da carne, <strong>Al</strong>levamento di capre da latte con<br />
annessa trasformazione, <strong>Al</strong>levamenti di piccole<br />
specie, <strong>Al</strong>levamenti equini, <strong>Al</strong>levamenti di struzzo,<br />
Produzione di fauna selvatica) alla fine del<br />
primo anno di attività, sulla base degli incontri<br />
con i tabacchicoltori, ne è stata aggiunta una, poi<br />
risultata per molti versi la più interessante, rappresentata<br />
dall'allevamento bovino, sia <strong>dei</strong> riproduttori<br />
che <strong>dei</strong> produttori di carne, secondo sche-<br />
Fig. 1. <strong>Al</strong>ternative alla coltura del tabacco indicate dai coltivatori<br />
mi riferibili alla linea vacca/vitello. Un certo interesse<br />
è manifestato verso attività faunistiche,<br />
anche se le competenze presenti nel settore sono<br />
di gran lunga inferiori. Meno apprezzate ma presenti<br />
appaiono le alternative riguardanti i caprini<br />
e l'allevamento di soggetti di razze autoctone, di<br />
diverse specie. L'attrattiva, in quest'ultimo caso,<br />
dipende dai contributi che la Regione Toscana<br />
eroga per l'allevamento di razze in via di estinzione,<br />
quando queste sono presenti nel "paniere"<br />
delle razze riconosciute a livello regionale. Invece<br />
sono state "congelate" le alternative: <strong>Co</strong>stituzione<br />
di centri di ingrasso per bovini da carne,<br />
<strong>Al</strong>levamenti di piccole specie, <strong>Al</strong>levamenti di<br />
Struzzo. <strong>Ta</strong>li alternative risultano di difficile<br />
attuazione o di scarsa o nulla predilezione da<br />
parte degli attuali tabacchicoltori
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 127<br />
Introdzione<br />
In Umbria la tabacchicoltura rappresenta un settore<br />
agricolo di notevole importanza, con una superficie<br />
destinata a questa coltura pari a 8567,35 ha che corrisponde<br />
al 24,20% <strong>dei</strong> 35.401,46 ettari coltivati a<br />
tabacco a livello nazionale (Fig. 1). Nella regione<br />
sono presenti 714 aziende, di cui 699 in provincia di<br />
Perugia (97,90 %) e 15 in provincia di Terni (3,10<br />
%). Della superficie totale a tabacco, 8304,63 ha,<br />
pari al 96,93%, si trovano in provincia di Perugia e<br />
262,72 ha, pari al 3,07%, in provincia di Terni. La<br />
superficie media aziendale destinata a questa coltura<br />
è di 15,95 ± 22.43 ha (PG: 16,06 ± 22,96 ha; TR:<br />
14,29 ± 12,27 ha), con valori estremi compresi tra<br />
0,20 e 150,91 ha (PG: 0,20 - 150,91; TR: 1,89 - 38).<br />
La classe di ampiezza più rappresentata è la A (< 10<br />
ha a tabacco), dove ricadono 445 aziende (PG: 441;<br />
TR: 4), pari al 62,32 % del totale. Segue la classe B<br />
(10 ÷ 50 ha a tabacco) con 251 aziende (PG: 240;<br />
TR: 11) corrispondenti al 35,15 % del totale. Nelle<br />
classi C (50 ÷ 100 ha a tabacco) e D (>100 ha a<br />
tabacco) si trovano rispettivamente solo 12 e 6<br />
aziende, tutte in provincia di Perugia (<strong>Ta</strong>b. 1).<br />
Materiali e metodi<br />
Ai fini del progetto, in collaborazione con le<br />
associazioni di categoria, sono stati compilati 21<br />
questionari e visitate 4 aziende agricole tra le più<br />
rappresentative.<br />
Risultati e discussione<br />
Le aziende del campione sono tutte a conduzione<br />
familiare con impiego di manodopera avventizia<br />
(soprattutto straniera). Presentano superfici da 5,95<br />
a 180 ha con terreni di proprietà e in affitto.<br />
La giacitura <strong>dei</strong> terreni aziendali è per il 54,5 % in<br />
pianura e per il 45,5% in collina. La percentuale<br />
delle superfici destinate a tabacco va da un minimo<br />
del 28% ad un massimo dell'85%, le restanti superfici<br />
vengono coltivate principalmente a seminativi<br />
(frumento, orzo,mais), ortaggi (peperoni, pomodo-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 127<br />
Le alternative zootecniche e faunistiche alla coltura del tabacco<br />
in Umbria<br />
M. Pecchiai, L. Bianchi, C. Casoli 1<br />
1 CIRSeMAF - DBVBAZ,<br />
Università degli Studi di Perugia<br />
B.go XX giugno, 74 - 06121 Perugia.<br />
Fig. 1. Distribuzione della superficie italiana coltivata a<br />
tabacco<br />
ri, cavoli, zucchine), ortive da seme (cipolle, insalate).<br />
I fabbricati presenti sono utilizzati come<br />
essiccatoi, rimesse attrezzi e abitazioni e vanno da<br />
un minimo di 100 m 2 ad un massimo di 1520 m 2 . I<br />
macchinari in dotazione sono rappresentati da trattori,<br />
aratri, seminatrici, sarchiatrici, erpici, spandiconcime,<br />
botti per trattamenti. Quindi, macchinari<br />
speciali per il tabacco, quali trapiantatrici e raccoglitrici.<br />
Il tabacco è, generalmente, la principale<br />
fonte di reddito. La produzione annuale va mediamente<br />
dai 4,2 a 300 t con un prezzo che oscilla da<br />
800 a 3850 €/t per la varietà Kentucky. Tra gli<br />
imprenditori contattati, solo 3 hanno svolto attività<br />
zootecnica (bovini da carne) dagli anni '70 alla fine<br />
degli anni '90. Dalle interviste effettuate, è risultato<br />
che tutti gli imprenditori sono informati circa la<br />
riforma dell'OCM TABACCO - Reg. CE 864/04 -<br />
e manifestano un certo grado di incertezza dovuto,<br />
principalmente, alla mancanza di valide alternative<br />
alla tabacchicoltura e di proposte in merito da parte<br />
delle istituzioni competenti.<br />
I principali problemi da affrontare sono: l'alto reddito<br />
garantito dalle produzioni di tabacco (di cui<br />
una quota importante era finora costituita da contributi)<br />
e non raggiungibile, attualmente, con le altre<br />
colture; la presenza di strutture e attrezzature non<br />
riconvertibili, quali forni e macchinari per il trapianto<br />
e la raccolta. Attualmente, alcune aziende<br />
integrano il reddito con coltivazione di altri seminativi,<br />
ortaggi ed ortive da seme; è emerso, inoltre,<br />
l'interesse per la possibile introduzione di coltivazioni<br />
a scopo energetico (colza, girasole, mais) o<br />
per la produzione di fibra tessile (canapa). Le<br />
nuove colture, tuttavia, comportano interrogativi<br />
inerenti il reddito conseguibile e le possibili vie di
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 128<br />
128 Pecchiai et al Le alternative zootacniche e faunistiche ....<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Suddivisione delle aziende a tabacco in base alle classi di ampiezza, alla provincia e alla regione<br />
commercializzazione.<br />
Per quanto riguarda possibili riconversioni in<br />
ambito zootecnico, alcuni allevatori sarebbero interessati<br />
ad avviare allevamenti, principalmente, di<br />
vacche nutrici chianine nelle aree collinari, evitando<br />
di dedicarsi a tipologie di allevamento che<br />
necessitano di investimenti per la costruzione di<br />
ricoveri, etc. Va, comunque, sottolineata la generale<br />
mancanza di esperienza in zootecnia, che potrebbe<br />
richiedere opportune attività di formazione. In<br />
definitiva, gli imprenditori manifestano interesse<br />
verso ogni proposta che permetta loro di raggiun-<br />
gere <strong>risultati</strong> economici paragonabili alla coltivazione<br />
del tabacco; tuttavia, dalle interviste, è emersa<br />
una certa sfiducia sulle possibili alternative a<br />
questa attività.<br />
Bibliografia<br />
MA. Marchini. Mutamenti strutturali dell'agricoltura umbra "tra<br />
diversificazione e multifunzionalità". Regione dell'Umbria,<br />
Perugia, 2005.<br />
INEA. Risultati tecnico-economici delle aziende agricole<br />
dell'Umbria. Regione dell'Umbria, Perugia, 2005.<br />
M.R. Lorenzetti, G. Bocci. La guerra del tabacco. Umbria agricoltura,<br />
2003; 16: 6-12.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 129<br />
La zootecnia “consolidata” da carne: la razza Chianina<br />
Sargentini C 1<br />
Introduzione<br />
Secondo il Piano Zootecnico Regionale<br />
(Supplemento B.U.R.T. n.26 del 30.06.2004) la<br />
Chianina, particolarmente diffusa nelle province di<br />
Siena ed Arezzo, è la razza bovina più allevata<br />
nella regione, facendo registrare un costante incremento<br />
della numerosità dall'anno 2000. "…Questo<br />
andamento contraddice in parte l'andamento generale<br />
delle consistenze <strong>dei</strong> bovini da carne che invece<br />
hanno mostrato una flessione diffusa. Il dato può<br />
essere spiegato da una sostanziale "tenuta" degli<br />
allevamenti di qualità meglio organizzati rispetto<br />
agli altri… Per Chianina, Romagnola e<br />
Marchigiana è attivo il riconoscimento comunitario<br />
IGP "Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale".<br />
Lo strettissimo legame che unisce la razza<br />
Chianina al suo territorio è testimoniato non solo<br />
dal nome, ma anche dalla sua storia e dalla sua<br />
attualità. Scopo del presente lavoro è quello di<br />
valutare la possibilità di considerare l'allevamento<br />
di bovini di razza Chianina un'alternativa alla coltura<br />
del tabacco in funzione del Reg. (CE) n.<br />
864/2004.<br />
Materiali e metodi<br />
Vengono descritti le origini, la storia, la diffusione,<br />
le caratteristiche morfologiche, produttive e riproduttive<br />
ed i sistemi di allevamento della razza<br />
Chianina nelle province di Arezzo e Siena, le più<br />
interessate sia dalla coltura del tabacco che dall'allevamento<br />
di bovini di razza Chianina.<br />
Risultati e discussione<br />
La razza Chianina è originaria della Val di Chiana,<br />
area geografica tra Toscana ed Umbria, situata tra il<br />
fiume Paglia e l'Arno corrispondente a quella dell'antico<br />
bacino Clanis Aretinum ricordato da Plinio<br />
il Vecchio (Hist. Nat. <strong>II</strong>I, 52-54), "…lunga 57 km e<br />
larga 20 km circa, compresa tra le provincie di<br />
Arezzo…(Arezzo, Castiglion Fiorentino, Civitella<br />
della Chiana, <strong>Co</strong>rtona, Foiano, Lucignano,<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università degli Studi di Firenze. Via delle Cascine, 5 - 50144<br />
FIRENZE; Tel. 055 3288333; Fax 055 321216;<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 129<br />
Marciano e Monte San Savino), di Siena (Cetona,<br />
Chianciano, Chiusi, Montepulciano, San Casciano<br />
<strong>dei</strong> Bagni, Sarteano, Sinalunga e Torrita), e per<br />
breve tratto in quella di Perugia (Castiglion del<br />
Lago, Città della Pieve e Tuoro) e Terni<br />
((Monteleone d'Orvieto e Fabro). L'aspetto generale<br />
della Val di Chiana è quello di una vasta pianura<br />
orizzontale, delimitata da colline ubertosissime, ad<br />
eccezione del tratto fra <strong>Co</strong>rtona e Arezzo che è<br />
costituito da monti aspri e brulli" (Marchi e<br />
Mascheroni, 1925). La razza è attualmente diffusa,<br />
con diversa consistenza, su tutto il territorio nazionale<br />
(ANABIC, 2006). La grande capacità di adattamento<br />
all'ambiente, in gran parte dovuto ad alcune<br />
sue caratteristiche morfologiche, ha fatto sì che<br />
si sia diffusa sia in ambienti particolarmente caldi<br />
(Brasile) che freddi (Canada). La Chianina è la<br />
razza bovina di maggior mole, potendo raggiungere,<br />
i tori, 180 cm di altezza al garrese e 16 q.li di<br />
peso vivo. Il mantello bianco porcellana, costituito<br />
da peli bianchi su cute ardesia, la rende tollerante<br />
alle radiazioni solari, determinando l'eccellente<br />
capacità di adattamento anche ai difficili ambienti<br />
tropicali. La pigmentazione apicale è nera. Nei<br />
primi mesi di vita il mantello è di colore fromentino.<br />
La testa è leggera con profilo rettilineo e corna<br />
corte a sezione ellittica, nere fino a due anni, bianco-giallastre<br />
alla base e nere in punta successivamente.<br />
Il collo è corto e muscoloso, con gibbosità<br />
pronunciata nei tori e giogaia leggera.. Il tronco è<br />
cilindrico con il dorso e i lombi, da cui si ottiene la<br />
famosa "bistecca fiorentina" lunghi, larghi e<br />
muscolosi. Groppa, cosce e natiche sono ampie e<br />
muscolose. Il profilo della coscia non appare tuttavia<br />
eccessivamente convesso a causa dello sviluppo<br />
in lunghezza delle masse muscolari. Gli arti<br />
infatti sono più lunghi rispetto alle altre razze da<br />
carne. L'elevata statura è uno <strong>dei</strong> caratteri che, trasmissibile<br />
ai prodotti d'incrocio, hanno maggiormente<br />
contribuito alla sua diffusione oltre Oceano<br />
consentendo il pascolamento anche in zone caratterizzate<br />
da essenze vegetali di grande sviluppo. Il<br />
peso adulto è di 1200-1500 kg per i maschi, 800-<br />
1000 per le femmine. L'età al primo parto delle è di<br />
33 mesi e l'interparto medio di 14 ( Franci et al.,<br />
1998).
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 130<br />
130 Sargentini La razza chianina<br />
La razza è allevata prevalentemente in aziende<br />
di piccole e medie dimensioni (Sargentini e<br />
Acciaioli, 2006). L'87,7% degli allevamenti è<br />
situato in zone collinari e di montagna; il rimanente<br />
12,3% si trova in aziende di pianura. Sia in Val<br />
di Chiana che in Val Tiberina si pratica prevalentemente<br />
il ciclo chiuso con allevamento <strong>dei</strong> riproduttori<br />
ed ingrasso <strong>dei</strong> vitelli, mentre poco diffuso è il<br />
ciclo aperto, con la sola fase d'ingrasso <strong>dei</strong> vitelli<br />
da ristallo in centri che provvedono al finissaggio,<br />
alla macellazione e alla vendita e commercializzazione<br />
della carne. L'allevamento <strong>dei</strong> riproduttori in<br />
alta collina è generalmente di tipo semibrado, con<br />
una stagione di pascolamento compresa tra maggio<br />
e ottobre, ed interessa aziende di piccole e medie<br />
dimensioni. I ricoveri invernali seguono generalmente<br />
le tipologie della stabulazione fissa o forme<br />
più o meno eterodosse di stabulazione libera. In<br />
pianura sono più diffusi, anche per i riproduttori,<br />
sistemi intensivi in stalle aperte, anche se non sempre<br />
secondo gli schemi classici della stabulazione<br />
libera e talvolta addirittura in stalle chiuse a posta<br />
fissa tipiche delle tradizionali aziende mezzadrili. I<br />
vitelli vengono ingrassati in box multipli, con lettiera<br />
permanente o semipermanente, dotati o meno<br />
di paddok esterni. L'alimentazione è basata essenzialmente<br />
su fieno e concentrati. La razione alimentare<br />
delle fattrici risulta mediamente inferiore<br />
ai fabbisogni soprattutto nei periodi critici, mancando<br />
una diversificazione tra fase d'asciutta,<br />
prima e seconda fase di lattazione (Cianci, 2003).<br />
Anche le razioni <strong>dei</strong> vitelli risultano, fino ad un<br />
anno di età, inadeguate, soprattutto dal punto di<br />
vista proteico, particolarmente importante nel<br />
periodo in cui è più attiva la sintesi di tessuto<br />
muscolare. Nella fase di finissaggio invece le<br />
razioni appaiono spesso sbilanciate per eccesso sia<br />
di energia che di proteina (Cianci, 2003) con notevole<br />
spreco dal momento che i processi di proteinogenesi<br />
sono in questa fase oramai attenuati. Per<br />
la razza Chianina, come per la Romagnola e per la<br />
Marchigiana, che sono protette dal marchio<br />
"Vitellone bianco dell'appennino centrale", nei 4<br />
mesi che precedono la macellazione non devono<br />
essere utilizzati insilati e sottoprodotti dell'industria.<br />
Il disciplinare prevede che la razione debba<br />
assicurare livelli nutritivi alti o medio alti (maggiori<br />
di 0.8 U.F./Kg di s.s.) ed una quota proteica compresa<br />
tra il 13% ed il 18% in funzione dello stadio<br />
di sviluppo dell'animale. Le migliori prestazioni si<br />
ottengono da vitelloni alimentati con razioni ad<br />
elevato livello nutritivo e macellati a 16-18 mesi di<br />
età ad un peso di 650-750 kg. Le rese al macello<br />
sono del 62-63%. Le carni, anche a pesi elevati,<br />
presentano ottimi parametri fisici (colore, tenerezza<br />
e capacità di ritenzione idrica) e chimico-nutrizionali,<br />
con un basso tenore in lipidi intramuscolari(Sargentini<br />
e Acciaioli, 2006). Questi sono rappresentati<br />
peraltro da un'alta percentuale di acidi<br />
grassi monoinsaturi e presentano un rapporto<br />
polinsaturi/saturi ottimale per l'alimentazione<br />
umana.<br />
La buona tenuta della razza Chianina all'interno<br />
del comparto zootecnico toscano e l'ubicazione<br />
degli allevamenti sul territorio regionale (Val di<br />
Chiana e Valtiberina) sembrano poter indicare nell'allevamento<br />
bovino da carne destinato alle produzioni<br />
di qualità un'alternativa alla produzione di<br />
tabacco.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
ANABIC http://www.ANABIC.it/., 2006<br />
Cianci D. Valorizzazione del Germoplasma bovino autoctono<br />
toscano. I georgofili - Quaderni. 2003. 23-58.<br />
Falaschini A., Vivarelli A. Zootecnica speciale. Edizioni<br />
Agricole Bologna. pp 558. 1965.<br />
Franci O., Panella F., Acciaioli A., Filippini F., Pugliese C.,<br />
Bozzi R., Lucifero M. "Estimates of genetic parameters for<br />
some reproductive traits in Chianina beef cattle." Zoot.<br />
Nutr. Anim. 1998. 24:31-39.<br />
Marchi E., Mascheroni E. Zootecnica speciale. I. Equini e bovini.<br />
Nuova Enciclopedia Agraria Italiana: 952-965. Unione<br />
Tipografico-Editrice Torinese - TO. 1925.<br />
Sargentini C., Acciaioli A. Chianina. Risorse genetiche animali<br />
autoctone della Toscana. 2002.19-29.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 131<br />
La possibilità dell'alternativa zootecnica<br />
Durante i sopralluoghi effettuati presso i produttori<br />
di tabacco della provincia di Arezzo è risultato<br />
che alcuni di loro hanno già intrapreso la strada<br />
della zootecnia quale futuro sviluppo per la propria<br />
azienda agricola. E' inoltre interessante notare che<br />
alcune delle strutture utilizzate per l'essiccazione di<br />
tabacco sono in realtà antiche strutture zootecniche.<br />
Gli agricoltori sono consapevoli di trovarsi in<br />
un momento di transizione verso un nuovo settore<br />
produttivo ed esclusi pochi produttori, restii a qualunque<br />
ipotesi alternativa, quasi tutti sono interessati<br />
al settore zootecnico. Questa opzione sembra<br />
avvalorata da una seppur modesta conoscenza del<br />
comparto produttivo zootecnico da buona parte <strong>dei</strong><br />
produttori di tabacco, che hanno sempre affiancato<br />
questa produzione a quella di un ristretto numero di<br />
bovini o suini. L'alternativa zootecnica sembra in<br />
molti casi la via d'uscita da una situazione alquanto<br />
compromessa dell'agricoltura di settore, anche<br />
se sarebbe necessario un adeguato periodo di formazione<br />
e aggiornamento sulle produzioni animali,<br />
in particolare per i nuovi imprenditori.<br />
La produzione di carne bovina secondo<br />
l'IGP. "vitellone bianco dell'Appennino<br />
centrale".<br />
L'estensione geografica <strong>dei</strong> confini <strong>dei</strong> mercati<br />
agricoli e la crescente liberalizzazione degli scambi<br />
hanno determinato rapidi mutamenti nel quadro<br />
competitivo internazionale e, se da una parte ciò<br />
apre nuove opportunità per la filiera agroalimentare,<br />
dall'altra determina l'affermazione di minacce<br />
rilevanti. L'agricoltura europea non può vincere la<br />
concorrenza globale omologandosi ai modelli<br />
dell'America e dell'Oceania, e neanche a quelli<br />
dell'Asia e dell'Africa; deve avere un modello auto-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 131<br />
La zootecnia quale alternativa alla coltura del tabacco<br />
nell’Italia centrale:la produzione di carne di qualità con la<br />
razza Chianina<br />
Fabeni P 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università degli Studi di Firenze. Via delle Cascine, 5 - 50144<br />
FIRENZE; Tel. 055 3288333; Fax 055 321216<br />
nomo, competitivo e differenziato. In questo senso<br />
la qualità organolettica e dietetica, la specificità e<br />
la tipicità d'origine delle produzioni sono tra le<br />
principali leve di intervento ed in particolare un<br />
patrimonio fondamentale dell'agricoltura italiana.<br />
Nelle aree del centro Italia interessate dalla coltura<br />
del tabacco sono presenti molti prodotti agroalimentari<br />
di pregio. In particolare, riferendosi alle<br />
aree della Valdichiana e della Valtiberina, dove il<br />
tabacco è largamente coltivato, è considerevole la<br />
quota crescente di produzione di carne proveniente<br />
dalle produzioni del “vitellone bianco dell'<br />
Appennino centrale” a marchio IGP, ovvero la<br />
carne prodotta da bovini delle razze Chianina,<br />
Marchigiana o Romagnola, macellati ad una età<br />
compresa tra i 12 e i 24 mesi, nati, allevati e macellati<br />
all'interno dell'area di produzione nel rispetto<br />
del disciplinare di produzione.<br />
Il ruolo della Chianina nella realtà zootecnica<br />
toscana<br />
Gli allevamenti di Chianina in Toscana appartengono<br />
a due gruppi principali: a ciclo chiuso, con allevamento<br />
sia <strong>dei</strong> riproduttori che <strong>dei</strong> vitelloni fino<br />
alla macellazione e allevamenti di solo accrescimento-ingrasso.<br />
Il campione di aziende toscane<br />
esaminate nel primo anno di attività, tutte situate in<br />
provincia di Arezzo, appartiene al secondo gruppo<br />
e presenta peculiarità molto marcate. Si tratta di<br />
allevamenti di piccole dimensioni in cui l'attività<br />
può anche assumere caratteri complementari<br />
rispetto all'economia dell'intera azienda, e risulta<br />
esclusivamente centrata sull'ingrasso di capi di<br />
Chianina acquistati presso allevatori delle aree<br />
limitrofe al termine del periodo di svezzamento. Le<br />
razioni alimentari adottate dipendono sia dal tipo<br />
genetico <strong>dei</strong> capi allevati sia dalle condizioni pedoclimatiche<br />
delle aree in cui sono localizzate le<br />
aziende, che indirizzano le scelte colturali per la<br />
produzione aziendale di foraggi destinate all'alimentazione<br />
del bestiame. Il silomais è praticamente<br />
assente nei piani colturali degli allevamenti di<br />
Chianina, che dispongono in media di 11 ha di
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 132<br />
132 Fabeni La zootecnia quale alternativa .....<br />
Fig. 1 Ripartizione colturale negli allevamenti a ciclo aperto della Toscana<br />
(2004)<br />
superficie per le foraggere impiegate, pari al 69%<br />
della SAU aziendale. La razione alimentare in questi<br />
allevamenti si caratterizza per l'utilizzo di fieno<br />
come principale foraggio di produzione aziendale.<br />
La sua produttività ad ettaro è notevolmente inferiore<br />
rispetto al mais, e questo costituisce uno <strong>dei</strong><br />
vincoli strutturali alla possibilità di raggiungere<br />
dimensioni più elevate, però la qualità del prodotto<br />
finale (carne), viene ulteriormente esaltata. I prati<br />
di erba medica e i prati stabili occupano più del<br />
50% della SAU, che per la parte rimanente è coltivata<br />
ad orzo (19%), mais (granella) e frumento<br />
duro, di cui viene utilizzata la paglia come lettiera.<br />
La composizione delle razioni alimentari differisce<br />
secondo il tipo genetico e l'età in cui il vitello fa il<br />
suo ingresso in stalla, come è mostrato nella tabella<br />
1. che riporta la composizione media delle razioni<br />
adottate dagli allevamenti analizzati.<br />
Proposte<br />
Per il miglioramento produttivo ed economico del<br />
comparto possono essere utili iniziative di formazione<br />
e aggiornamento tecnico, sia nel settore della<br />
produzione (alimentazione del bestiame, tecniche e<br />
sistemi di allevamento, età e pesi di macellazione)<br />
che del marketing, attraverso seminari tematici,<br />
con taglio operativo e pragmatico del tipo informazione-formazione-consulenza.<br />
Inoltre appare<br />
opportuna l' erogazione di servizi reali.<br />
Si tratta di dare risposte ad una serie di<br />
esigenze manifestate dalle imprese<br />
sostanzialmente su più versanti: comunicazione<br />
aziendale, organizzativa,<br />
organizzativa/commerciale/marketing,<br />
gestionale/commerciale/aziendale,<br />
ecc.. a cui alcune figure professionali<br />
esterne possono dare risposta concreta.<br />
Di fatto è un'attività di cooperazione<br />
con l'impresa richiedente secondo i<br />
criteri del tutoraggio, sia pur per singole aree d'interesse.<br />
Infine appaiono opportune iniziative collettive<br />
finalizzate a creare un contesto organizzativo e<br />
di servizio non centrato a favore della singola<br />
impresa ma dell'insieme di queste. Si tratta in altri<br />
termini di strutturare una serie più o meno espansa<br />
di iniziative ed azioni in grado di supportare la commercializzazione<br />
della carne Chianina. A titolo<br />
esemplificativo si può considerare la creazione di<br />
un consorzio di produttori che integrando le diverse<br />
attitudini aziendali e tecniche supportino completamente<br />
ed efficientemente la rete di produzione e<br />
commercializzazione <strong>dei</strong> prodotti.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
ISMEA - Dir. Mercati e risk management - U.O. Analisi economiche<br />
e finanziarie. Indagine sull'Analisi del costo e della<br />
redditività della produzione di carne bovina. CRPA - Centro<br />
ricerche produzioni animali, 2006.<br />
Lucifero M., Pilla A.M. <strong>II</strong> miglioramento genetico: organizzazione,<br />
evoluzione, proposte, Atti del <strong>Co</strong>nvegno Nazionale<br />
su "Le razze bovine bianche da carne dell'Italia Centrale",<br />
Accademia <strong>dei</strong> Georgofili, Firenze, 1984.<br />
Mariotti L. Aspetti e problemi del settore zootecnico bovino da<br />
carne in Umbria, Tesi di Laurea, Istituto di Economia e<br />
Politica Agraria, Perugia,1978.<br />
Salvini E. Produzione del vitello da ristallo in allevamenti estensivi,<br />
INEA-Osservatorio di Economia Agraria per la<br />
Toscana, Firenze, 1983.<br />
Mondini S. Razze italiane da carne: marchio di qualità e garanzia<br />
del consumatore, Informatore Zootecnico, 1987; 17.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 133<br />
Introduzione<br />
L'allevamento caprino, soprattutto per la produzione<br />
aziendale di formaggio, può rappresentare, in<br />
particolari situazioni, un' alternativa o una fonte<br />
integrativa importante alla coltivazione del tabacco.<br />
Dopo un significativo incremento del numero<br />
di capi nei primi anni '90, la consistenza del patrimonio<br />
caprino in Italia è attualmente in diminuzione.<br />
Oggigiorno le capre sono allevate di preferenza<br />
in greggi di 60-200 capi. La produzione principale<br />
è quella di latte che viene lavorato direttamente in<br />
azienda. Esso infatti, pur essendo un alimento particolarmente<br />
pregiato e con elevate caratteristiche<br />
organolettiche, non sempre è raccolto nei caseifici,<br />
almeno in Toscana, dove non esiste una produzione<br />
tradizionale di formaggio come avviene nel<br />
Nord Italia. Un'attenzione crescente sembra<br />
comunque interessare prodotti con marchi IGP o<br />
ottenuti secondo il disciplinare biologico. I dati<br />
ISTAT del V° Censimento Generale dell'Agricoltura<br />
mostrano come il patrimonio caprino toscano<br />
dal 1990 al 2000 abbia subito una preoccupante<br />
contrazione sia nel numero <strong>dei</strong> capi allevati (-<br />
48,5% ) che nel numero delle aziende (- 55,2%).<br />
Questa diminuzione è imputabile principalmente<br />
alla crisi strutturale cui è andata incontro la zootecnia,<br />
che ha determinato la rarefazione degli allevamenti<br />
familiari e di quelli di dimensioni ridotte non<br />
specializzati. Gli allevamenti ovi-caprini hanno<br />
potuto attingere meno di altri alle risorse disponibili<br />
per far fronte ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione<br />
<strong>dei</strong> mercati ed all'adeguamento alle<br />
nuove norme di produzione, come quella ad esempio<br />
sulla qualità igienico-sanitaria. A quelli strutturali<br />
si sono aggiunti poi, nel comparto, altri fattori<br />
congiunturali quali le emergenze sanitarie (Blue<br />
Tongue, Scrapie, ecc.), i cambiamenti socio-culturali,<br />
ed i consumi fortemente legati alla tradizione.<br />
Per valutare le potenzialità dell'allevamento biolo-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 133<br />
L’allevamento della capra da latte: struttura dell’allevamento<br />
biologico<br />
Lorenzini G 1 , Martini A 1 , Sargentini C 1 , Giorgetti A 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze zootecniche<br />
dell'Università di Firenze, via delle Cascine, 5. 50144 Firenze.<br />
Tel. 055 3288357. Fax 055 321216.<br />
e-mail g.lorenzini@unifi.it<br />
gico per la produzione di latte caprino caseificato<br />
in azienda vengono di seguito esposte le caratteristiche<br />
di questo indirizzo produttivo.<br />
<strong>Al</strong>levamento<br />
In allevamento biologico le capre vengono allevate<br />
esclusivamente a stabulazione libera. La superficie<br />
coperta a disposizione è di almeno 1,5 m² per<br />
ogni animale adulto e 0,35 m² per i capretti. Il fronte<br />
di mangiatoia è di almeno 35-40 cm/capo. Il<br />
pascolo dovrebbe essere garantito quotidianamente<br />
con un carico massimo di 13,3 capre/ha, corrispondenti<br />
alla distribuzione di 170 kg N/ha/anno, valore<br />
massimo stabilito dalla Dir. 91/676/CEE. Il<br />
pascolamento si dimostra necessario sia per rispondere<br />
ai naturali fabbisogni alimentari in modo soddisfacente<br />
ed economico sia per garantire il benessere<br />
degli animali scongiurando disordini o turbe di<br />
tipo comportamentale (aggressività), talvolta<br />
riscontrabili in allevamento intensivo. In mancanza<br />
di pascoli, o se questi sono troppo lontani dall'azienda,<br />
devono essere assicurati comunque paddock<br />
esterni dove gli animali possano muoversi<br />
liberamente. Queste aree di esercizio dovrebbero<br />
essere dotate di tronchi, pietre e scarpatine per permettere<br />
agli animali di saltare e arrampicarsi e<br />
manifestare così i comportamenti specie-specifici.<br />
Dal punto di vista riproduttivo la capra viene<br />
definita poliestrale stagionale: essa concentra cioè<br />
in un periodo dell'anno (nei nostri climi da agosto<br />
a gennaio) la propria attività ovarica che si ripete,<br />
in assenza di gravidanza, a cicli regolari di 21 giorni<br />
circa, per tutto il periodo con fotoperiodo decrescente<br />
o negativo. Il becco segue l'attività sessuale<br />
della capra con una maggior libido nello stesso<br />
periodo. Il primo calore si manifesta a 6-7 mesi e la<br />
carriera riproduttiva è di 7-10 anni. Il calore può<br />
durare dalle 12 alle 48 h; il momento più fertile<br />
sembra essere quello che precede di poche ore il<br />
calore stesso, questo interessa nel caso si proceda<br />
alla fecondazione artificiale. Nel caso in cui i<br />
maschi vengano lasciati liberi nel gregge si autoregolano<br />
senza la necessità di alcun intervento. In<br />
genere calori sono sincroni e non è raro che nel giro<br />
di pochi giorni tutti i capi adulti manifestino l'estro;
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 134<br />
134 Lorenzini et al L’allevamento della capra da latte ....<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Fabbisogni alimentari<br />
questa sincronizzazione aumenta quando si immette<br />
il becco dopo un periodo di isolamento. La<br />
gestazione dura in media 5 mesi (135-160 giorni).<br />
Organizzazione del lavoro<br />
Annualmente il lavoro inizia con la stagione <strong>dei</strong><br />
parti, a cui segue l'inizio della lattazione e lo svezzamento<br />
<strong>dei</strong> capretti che può essere naturale o artificiale.<br />
Questo periodo è compreso di norma tra<br />
gennaio e le festività pasquali, quando i capretti da<br />
macello vengo venduti e le femmine da allevamento<br />
svezzate. Nel caso in cui si adotti, per motivi<br />
economici e organizzativi, lo svezzamento artificiale,<br />
la fase di lattazione, in cui è effettuata la<br />
mungitura, inizia alla fine <strong>dei</strong> parti e contemporaneamente<br />
inizia l'allattamento <strong>dei</strong> capretti. Durante<br />
la lattazione gli orari delle operazioni di stalla sono<br />
mantenuti abbastanza costanti e l'insieme <strong>dei</strong> lavori<br />
in stalla sarà minore; con il procedere della stagione<br />
primaverile/estiva, a seconda della latitudine,<br />
si dovranno comunque adeguare gli orari di foraggiamento,<br />
perchè con il caldo gli animali tenderanno<br />
a rimanere più volentieri in stalla durante le ore<br />
centrali del giorno e a pascolare in quelle più fresche.<br />
In estate inoltrata, con l'inizio <strong>dei</strong> calori, ven-<br />
gono immessi nel gregge i maschi.<br />
<strong>Al</strong>l'inizio dell'autunno comincia la<br />
messa in asciutta delle capre passando<br />
ad una sola mungitura giornaliera.<br />
Terminata la lattazione le operazioni<br />
di stalla consistono in due foraggiate<br />
giornaliere e nell'uscita al pascolo<br />
durante le ore più calde.<br />
<strong>Al</strong>imentazione<br />
L'alimentazione deve provenire al<br />
95% da agricoltura biologica e di<br />
questo il 50% deve essere prodotto in<br />
azienda. Durante la primavera e<br />
l'estate predomina l'erba fresca, in<br />
inverno il fieno. Le capre in lattazione,<br />
ricevono farine di cereali come<br />
mangime integrativo. La razione<br />
deve essere sempre costituita per almeno il 60% da<br />
foraggi mentre i concentrati non devono rappresentare<br />
più del 40%. La capra, i cui fabbisogni alimentari<br />
sono riportati in tabella 1, ha grande capacità<br />
di ingestione ed è capace di utilizzare anche<br />
alimenti poco pregiati. Riesce a digerire fino al<br />
90% della cellulosa (contro il 70% della pecora) e<br />
disperde, rispetto alla pecora, meno azoto per digestione<br />
ruminale: 11% contro il 36%.<br />
Importante ai fini di una corretta alimentazione è<br />
il rapporto nella razione fra calcio (Ca) e fosforo (P);<br />
l'utilizzazione migliore si ha quando nella dieta il<br />
loro rapporto (Ca/P) è compreso fra 1,2 e 2, anche se<br />
tutti i ruminanti tollerano anche rapporti più elevati<br />
(fino a 7). Il consumo di calcio e fosforo negli animali<br />
da latte è molto forte. Molto ricchi di calcio sono i<br />
foraggi di leguminose mentre il fosforo è presente<br />
soprattutto nei cereali e nella crusca.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Reg UE 2092/91<br />
Reg UE 1804/99<br />
Dir. 91/676/CEE.<br />
Piano Zootecnico Regionale Toscano, 2000<br />
AAVV. - Atti del convegno Arsia "Il germoplasma della<br />
Toscana: tutela e valorizzazione", 1999.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 135<br />
Attualità e prospettive della razza suina cinta senese<br />
Bozzi R 1<br />
In Italia la spesa delle famiglie dagli anni '70 ad<br />
oggi ha visto aumentare la quota destinata<br />
all'alimentazione e questo aumento è ancora più<br />
evidente per la quota della ristorazione. In tale<br />
contesto le tendenze del consumo di carne in<br />
Italia hanno visto un aumento notevole della<br />
quota di carne di maiale passando dai 7-8<br />
kg/anno/pro-capite ai 30 del 2001 (Fig. 1).<br />
Questo aumento rilevante ha senza dubbio<br />
influenzato in misura preponderante la diffusione,<br />
anche sul nostro territorio, di razze cosmopolite<br />
inizialmente anche a scapito di genotipi<br />
autoctoni in precedenza allevati.<br />
Sul finire degli anni '80 però la maggior disponibilità<br />
di reddito della popolazione e la maggior consapevolezza<br />
nei confronti di un'alimentazione equilibrata<br />
ha portato ad una rapida espansione di razze<br />
locali. Queste razze sono caratterizzate da performance<br />
produttive e riproduttive sicuramente non<br />
eccellenti ma al tempo stesso presentano ottime<br />
caratteristiche organolettiche delle carni e sono allevate<br />
con sistemi più confacenti alle attuali esigenze<br />
<strong>dei</strong> consumatori.<br />
La Cinta Senese (Fig. 2), originaria della<br />
Montagnola Senese, ha incrementato notevolmente<br />
la sua numerosità in questi ultimi dieci anni e viene<br />
allevata prevalentemente outdoor sfruttando le risorse<br />
del bosco e l'integrazione alimentare nei periodi di<br />
ridotte disponibilità alimentari.<br />
I prezzi raggiunti dai prodotti di Cinta Senese<br />
sono stati in questi anni sicuramente competitivi (il<br />
prezzo del suino vivo è stato anche doppio rispetto a<br />
quello <strong>dei</strong> genotipi classici); in questo ultimo periodo<br />
si è peraltro rilevata una tendenza sempre più marcata<br />
al riallineamento <strong>dei</strong> prezzi <strong>dei</strong> prodotti di Cinta<br />
Senese con quelli <strong>dei</strong> suini tradizionali in virtù di<br />
un'eccessiva frammentazione dell'offerta a fronte di<br />
una domanda concentrata in larga parte nella GDO.<br />
La "nicchia di mercato" a disposizione del prodotto è<br />
tutto sommato di entità ragguardevole, considerata la<br />
1 Dipartimento di Scienze Zootecniche - Università di Firenze.<br />
TF 0553288355 FAX 055321216<br />
email: riccardo.bozzi@unifi.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 135<br />
diffusione locale del prodotto e la possibilità di occupare<br />
spazi di mercato destinati a prodotti con caratteristiche<br />
organolettiche peculiari (i.e. lardo stagionato)<br />
ed alla luce di tutto ciò un'eventuale conversione<br />
delle aziende che coltivano tabacco ad aziende zootecniche<br />
è senza dubbio plausibile ed economicamente<br />
conveniente.<br />
È ovvio che dovranno essere interessate da tale<br />
conversione quelle aziende che presentano terre idonee<br />
all'allevamento suino outdoor; potranno essere<br />
considerate quelle aziende che riescono a far coesistere<br />
le produzioni agronomiche (mais, grano, orzo,<br />
ecc….) con il successivo pascolo in campo <strong>dei</strong> suini<br />
ed eventualmente sarebbe auspicabile la presenza di<br />
una zona di bosco per la fase di finissaggio (castagna<br />
e ghianda) <strong>dei</strong> soggetti da ingrasso. A proposito del<br />
bosco non va sottaciuto che, nelle condizioni italiane,<br />
questo può fornire alimento solo per un ristretto<br />
periodo di tempo e il carico animale ad ettaro deve<br />
essere in ogni caso tenuto molto basso per la salute<br />
del bosco stesso; carichi superiori ad 1 capo ad ettaro<br />
sono sconsigliati.<br />
Un allevamento di questo tipo (outdoor) non<br />
deve peraltro prescindere dalla caratterizzazione del<br />
prodotto e da una sicura filiera di tracciabilità alimentare;<br />
difatti senza una forte caratterizzazione produttiva<br />
si rischia di incorrere in un'espansione incontrollata<br />
e instabile. È inoltre auspicabile un forte associazionismo<br />
tra le varie figure che caratterizzano la filiera;<br />
in tal senso la filiera che ha caratterizzato in questi<br />
anni la produzione <strong>dei</strong> salumi di Cinta Senese è<br />
risultata molto spesso frammentata e lunga, fattore<br />
che ha portato a perdere parte <strong>dei</strong> guadagni realizza-
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 136<br />
136 Bozzi Razza suina cinta senese<br />
Fig. 2. Cinta senese<br />
bili con tale razza. Le aziende coltivatrici di tabacco<br />
che vorranno quindi inserirsi nel contesto della produzione<br />
suinicola di qualità troveranno sicuramente<br />
margini di mercato alla condizione che riescano a<br />
creare un legame stretto tra territorio e prodotto e<br />
dovranno impegnarsi in forme associazionistiche che<br />
possano da un lato garantire il consumatore sul prodotto<br />
fornito e dall'altro lato permettano di essere<br />
competitivi come offerta di mercato. Qualora tali<br />
forme di associazionismo riuscissero a imporsi e<br />
potessero essere saltate le figure intermedie anche la<br />
GDO rivestirebbe un valido sbocco di mercato, cosa<br />
attualmente poco proponibile per il grosso squilibrio<br />
tra ridotta offerta <strong>dei</strong> produttori e grossa richiesta <strong>dei</strong><br />
distributori.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 137<br />
Il cavallino di Monterufoli<br />
Tocci R 1<br />
Introduzione<br />
Questo lavoro ha lo scopo di far conoscere e<br />
favorire lo sviluppo di un importante tipo genetico<br />
toscano a rischio di estinzione: il cavallino di<br />
Monterufoli. L'allevamento di questa razza<br />
potrebbe rappresentare un'alternativa, o in maniera<br />
più concreta, un'integrazione zootecnica alla<br />
coltura del tabacco. Il cavallino di Monterufoli<br />
deriva dall'omonima area in provincia di Pisa e la<br />
sua storia cominciò negli anni ‘30 quando, in<br />
seguito all'acquisizione della tenuta di Monterufoli<br />
da parte del casato <strong>dei</strong> Della Gherardesca,<br />
iniziò il miglioramento <strong>dei</strong> cavallini presenti nel<br />
luogo. In questa popolazione originaria, che<br />
secondo alcuni autori deriverebbe da tipi genetici<br />
autoctoni estinti (pony di Selvena), venne introdotto<br />
materiale genetico derivante da riproduttori<br />
Maremmani, Tolfetani, Orientali (Arzilli, 2006).<br />
Fino agli anni ‘60 il Monterufolino, adoperato<br />
con la sella ma soprattutto con gli attacchi, rappresentava<br />
un mezzo di trasporto diffuso. Lo sviluppo<br />
tecnologico in agricoltura e l'abbandono<br />
delle campagne coincisero con la fine di questo<br />
cavallo, che rischiò l'estinzione. Il recupero della<br />
razza è storia recente, ed ha avuto inizio negli<br />
anni ‘80. <strong>Al</strong> momento sono presenti circa 200<br />
soggetti di cavallino di Monterufoli (Arzilli,<br />
2006). Le sue attitudini principali sono quelle<br />
dell'utilizzo per la sella o per gli attacchi in agriturismo<br />
o centri equestri di vario tipo, oltre che<br />
per l'ippoterapia.<br />
Materiali e metodi<br />
I dati biometrici (<strong>Ta</strong>b. 1) sono stati rilevati in 26<br />
equini adulti (21 femmine e 5 maschi), allevati in 4<br />
allevamenti. L'altezza al garrese e l'altezza alla<br />
groppa sono state misurate tramite ippometro, le<br />
larghezze con compasso misuratore, le lunghezze e<br />
le circonferenze con nastro metrico. È stato calcolato<br />
inoltre l' Indice <strong>Co</strong>rporeo (Catalano, 1985;<br />
Meregalli, 1980). Su tutte le misure, per femmine e<br />
1 Dipartimento di Scienze Zootecniche,<br />
Via delle Cascine 5, 50144 Firenze. Tel +390553288333<br />
E-mail: roberto.tocci@unifi.it<br />
Fig. 1. Femmina di cavallino di Monterufoli<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 137<br />
stalloni, sono state calcolate la media e la deviazione<br />
standard. È stata calcolata inoltre la frequenza<br />
percentuale di: colore e particolarità del mantello,<br />
caratteristiche delle regioni zoognostiche e della<br />
struttura corporea.<br />
Risultati e discussione<br />
I dati ottenuti attraverso le ricerche effettuate<br />
hanno permesso di individuare le biometrie e le<br />
caratteristiche morfologiche della popolazione<br />
equina, presenti al momento sul territorio. Il cavallino<br />
di Monterufoli presenta altezza al garrese, circonferenza<br />
toracica e circonferenza dello stinco<br />
(<strong>Ta</strong>b.1) paragonabili ai dati riportati in bibliografia<br />
(Arzilli, 2006; Gandini G, Rognoni G., 1997) e<br />
negli "standard di razza" (http://www.aia.it/, 2006).<br />
Le caratteristiche principali e peculiari di questo<br />
cavallo, sono date da: mantello morello, testa conica,<br />
profilo montonino, criniera e coda di colore<br />
scuro, zoccolo resistente (<strong>Ta</strong>b.2).<br />
Questo tipo genetico autoctono ha avuto origine<br />
in un ambiente in un ambiente ostico, che lo ha<br />
reso idoneo per uno sfruttamento in diverse aree<br />
toscane, specie in quelle marginali. Questa è una<br />
razza rustica e frugale che può essere utilizzata per<br />
varie mansioni, svolte in agriturismo, maneggi,<br />
centri ippici. Il cavallino di Monterufoli può essere<br />
utilizzato per la sella, in particolare per bambini e<br />
cavallerizzi inesperti, ma anche per l'ippoterapia,<br />
dove l'animale è sfruttato per la sella o per gli attacchi.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 138<br />
138 Tocci Il cavallino di Monterufoli<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Biometrie di femmine e maschi adulti<br />
<strong>Ta</strong>b.2. Principali caratteri morfologici<br />
Citazioni bibliografiche<br />
Aia, 2007 http://www.aia.it.<br />
Arzilli, L.. Cavallino di Monterufoli. In: AA.VV., Risorse genetiche<br />
animali autoctone della Toscana, pp. 191. ARSIA,<br />
FIRENZE, 2006.<br />
Catalano, A.L. Valutazione morfo-funzionale del cavallo, Igiene<br />
ed Etnologia. Goliardica Editrice, pp. 143. Noceto, (PR),<br />
Italy, 1984<br />
Gandini G., Rognoni G.. Atlante etnografico delle popolazioni<br />
equine ed asinine italiane, pp.142. CittàStudiEdizioni.<br />
Milano, 1997.<br />
Meregalli, A.. <strong>Co</strong>noscenza morfofunzionale degli animali<br />
domestici, pp. 300. Liviana Ed., Padova, 1980.<br />
Tocci R.. Importanza della tutela della diversità animale.<br />
Caratterizzazione di due razze toscane a rischio estinzione:<br />
il Cavallo di Monterufoli e l'Asino dell'Amiata. Tesi di<br />
Laurea, 2006.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 139<br />
L’asino dell’Amiata<br />
Tocci R 1<br />
Introduzione<br />
L'asino dell'Amiata è originario dell'area dell'omonimo<br />
monte, situata tra le province di Siena e<br />
Grosseto. Questo tipo genetico discende direttamente<br />
da due sottospecie di asino africano: Equus<br />
asinus taeniopus e Equus asinus africanus.<br />
Quest'asino venne introdotto in Toscana circa 4000<br />
anni fa da mercanti Fenici o Etruschi<br />
(http://www.parcofaunistico.it). Verso la fine del<br />
1800 era presente presso l'area del monte Amiata<br />
una popolazione di asini sorcino-crociati, che venivano<br />
sfruttati in particolar modo per l'estrazione di<br />
cinabro dalle miniere. Nel secondo dopoguerra<br />
comincia la selezione dell'asino Amiatino, per iniziativa<br />
del "Ministero dell'Agricoltura e delle<br />
Foreste" e l'"Istituto di Incremento Ippico" di Pisa.<br />
Agli inizi degli anni '50 appare per la prima volta il<br />
nome di Asino dell'Amiata (Arzilli, 2006), ma alla<br />
fine dello stesso decennio comincia il declino della<br />
razza, sempre a causa dell'avanzare tecnologico in<br />
agricoltura e dell'abbandono delle campagne da<br />
parte dell'uomo. Attualmente, dopo un'attenta fase<br />
di recupero a cui hanno partecipato vari enti ed<br />
associazioni, il numero di soggetti di asino<br />
dell'Amiata è arrivato a più di mille (Arzilli, 2006).<br />
Le principali utilizzazioni per questo asino sono<br />
Fig. 1. Asino dell’Amiata<br />
1 Dipartimento di Scienze Zootecniche,<br />
Via delle Cascine 5, 50144 Firenze. Tel +390553288333<br />
E-mail: roberto.tocci@unifi.it<br />
Fig. 2. Asini dell’Amiata<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 139<br />
date dallo sfruttamento per il latte, viste le caratteristiche<br />
organolettiche che sono molto simili a<br />
quelle del latte umano, oppure per il trekking.<br />
Un'altra funzione molto importante a cui può essere<br />
destinato questo asino è quello per l'utilizzo in<br />
onoterapia..<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati misurati 11 soggetti di asino dell'Amiata<br />
(10 fattrici e 1 stallone) ed i rilievi sono stati effettuati<br />
presso 3 aziende. Su ogni asino sono state<br />
effettuate 26 misurazioni (Catalano, 1984).<br />
L'altezza al garrese e l'altezza alla groppa sono<br />
state misurate tramite ippometro, le larghezze con<br />
compasso misuratore, le lunghezze e le circonferenze<br />
con nastro metrico. È stato calcolato inoltre<br />
l'Indice <strong>Co</strong>rporeo (Catalano, 1985; Meregalli,<br />
1980). Su tutte le misure, per femmine e stalloni,<br />
sono state calcolate la media e la deviazione standard;<br />
sulle femmine è stata inoltre valutata la frequenza<br />
percentuale di alcuni caratteri morfologici.<br />
Risultati e discussione<br />
L'asino dell'Amiata si caratterizza per delle biometrie<br />
(<strong>Ta</strong>b. 1) molto simili a quelle riportate dagli<br />
"standard di razza" e dalla bibliografia (Arzilli,<br />
2006; Gandini G., Rognoni G., 1997). Attraverso<br />
gli Indici corporei è stato individuato un tipo genetico<br />
con una struttura corporea tendenzialmente<br />
meso-dolicomorfa. Le principali caratteristiche<br />
morfologiche di questo equide (<strong>Ta</strong>b. 2) sono date
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 140<br />
140 Tocci L’asino dell’Amiata<br />
<strong>Ta</strong>b.1. biometrie di femmine e maschi adulti<br />
<strong>Ta</strong>b.2. principali caratteri morfologici<br />
dal mantello sorcino, dalla croce scapolare, dallo<br />
zoccolo resistente e di colore scuro.<br />
Questo tipo genetico autoctono si è sviluppato<br />
in particolari ambienti, che hanno reso la razza idonea<br />
ad un utilizzo nelle diverse aree della Regione,<br />
anche in zone più marginali. È una razza rustica e<br />
frugale che può andare a valorizzare vari ambiti<br />
delle attività dell'uomo, che vanno dall'agriturismo,<br />
ai centri ippici, alle aziende agricole. L'asino<br />
dell'Amiata può essere sfruttato sia per il latte, le<br />
cui caratteristiche organolettiche sono molto simili<br />
a quelle del latte umano, ma anche per il trekking,<br />
dove gli animali sono utilizzati per la sella oppure<br />
per la soma. Per tale funzione possono essere sfruttati<br />
anche i muli, la cui produzione è legata in<br />
maniera subordinata a quella degli asini. Un'altra<br />
pratica molto importante è quella dell'onoterapia,<br />
che è mirata in particolar modo al superamento di<br />
limiti sensoriali, motori, affettivi e comportamentali<br />
in soggetti diversamente abili. (http://www.asinomania.com/corsi/-onoterapia.htm)<br />
Citazioni bibliografiche<br />
Aia, 2007 http://www.aia.it/.<br />
Arzilli, L. Cavallino di Monterufoli. In: AA.VV., Risorse genetiche<br />
animali autoctone della Toscana, pp. 191, ARSIA,<br />
FIRENZE, 2006.<br />
Catalano, A.L. Valutazione morfo-funzionale del cavallo Igiene<br />
ed Etnologia pp. 143. Goliardica Editrice, Noceto, (PR),<br />
Italy, 1984.<br />
Gandini G., Rognoni G. Atlante etnografico delle popolazioni<br />
equine ed asinine italiane pp.142. CittàStudiEdizioni.<br />
Milano, Italy, 1997.<br />
http://www.asinomania.com/corsi/onoterapia.htm<br />
http://www.parcofaunistico.it<br />
Meregalli, A. <strong>Co</strong>noscenza morfofunzionale degli animali domestici.<br />
Liviana Ed., Padova, pp. 300. Italy, 1980.<br />
Tocci R. Importanza della tutela della diversità animale.<br />
Caratterizzazione di due razze toscane a rischio estinzione:<br />
il Cavallo di Monterufoli e l'Asino dell'Amiata. Tesi di<br />
Laurea, 2006.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 141<br />
Il suino di razza “macchiaiola maremmana”<br />
Ciani F 1 , Giorgetti A 2 , Gallai S 2<br />
Premessa<br />
La popolazione suina denominata tradizionalmente<br />
Macchiaiola maremmana è considerata una delle<br />
più primitive e rustiche d'Italia (Bonadonna 60).<br />
L'area originaria di allevamento comprendeva<br />
parte della Toscana meridionale, nelle province di<br />
Siena e Grosseto e in particolare il monte Amiata,<br />
ma la razza, nei primi due decenni del secolo scorso,<br />
si diffuse anche in altre zone della Toscana, nel<br />
Lazio (dove era denominata Romana), ed in<br />
Umbria (dove era chiamata Perugina o da<br />
Macchia) (Mascheroni 1927). Data per scomparsa<br />
alcuni anni fa, nel 2005 furono individuati in alcuni<br />
allevamenti delle province di Grosseto e Siena,<br />
suini fenotipicamente somiglianti al vecchio<br />
Macchiaiolo. L'Associazione Genomamiata ha<br />
auspicato allora un recupero della razza, affidandone<br />
il compito al <strong>Co</strong>nSDABI e al CIRSeMAF, che<br />
ha inserito questo programma nel <strong>Progetto</strong><br />
<strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. 2 E' stato quindi avviato un percorso di<br />
ricerca di materiale storico su questo tipo genetico<br />
(iconografico e scritto), di verifica della reale<br />
sopravvivenza della razza e delle eventuali possibilità<br />
di un suo recupero e successiva valorizzazione.<br />
Origini<br />
La razza Macchiaiola deriva da popolazioni autoctone<br />
presenti nell'Italia centrale e meridionale da<br />
tempi immemorabili. Nel suo ampio areale di<br />
distribuzione, tra la fine del XIX e gli inizi del XX<br />
secolo, queste popolazioni autoctone furono sottoposte<br />
a incroci con razze britanniche quali Large<br />
White (primitiva), Large Black, Berkshire e<br />
<strong>Ta</strong>mworth (Mascheroni 1927), con influenze difficilmente<br />
quantificabili ma sicuramente in grado di<br />
ingentilire le popolazioni originali, conferendo loro<br />
maggiore attitudine alla produzione della carne.<br />
1 <strong>Co</strong>nSDABI (<strong>Co</strong>nsorzio per la Sperimentazione, Divulgazione<br />
e Applicazione di Biotecniche Innovative) - National Focal<br />
Point FAO - Benevento<br />
2 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE Tel +390553288356,<br />
E-mail <strong>Al</strong>essandro.giorgetti@unifi.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 141<br />
<strong>Ta</strong>li razze comunque, nel corso della loro formazione,<br />
erano state a loro volta fortemente influenzate<br />
da germoplasma autoctono italiano, a causa di<br />
massicce importazioni di riproduttori suini italiani<br />
in Inghilterra nel XV<strong>II</strong>I secolo; pertanto gli incroci<br />
con razze inglesi non hanno fatto che riportare nel<br />
nostro Paese parte del genoma indigeno che tre<br />
secoli prima era stato esportato (Ballarini 2002).<br />
Sempre a cavallo tra il XIX e il XX secolo la<br />
Macchiaiola fu infine sottoposta a incroci con la<br />
Cinta senese considerata, fino agli anni trenta, più<br />
gentile e produttiva nell'allevamento semi-brado o<br />
stallino (Mascheroni 1927).<br />
Caratteristiche fenotipiche<br />
I maiali Macchiaioli, così come descritto nei testi<br />
di zootecnia della prima metà del secolo scorso,<br />
avevano una statura ridotta, corpo quasi cilindrico,<br />
arti di medio sviluppo e ben conformati, reni corte,<br />
testa piccola con muso lungo e sottile con orecchie<br />
corte portate orizzontalmente o talora erette. Il<br />
mantello era completamente nero, tranne che in<br />
alcuni soggetti che maggiormente avevano subito<br />
l'influenza dell'antico Large White, costituito da<br />
grosse e folte setole che sulla linea dorsale e sulla<br />
nuca formavano un'irta criniera; l'allevamento<br />
esclusivamente brado condizionava fortemente lo<br />
sviluppo, molto tardivo, tanto che le femmine<br />
completavano la crescita a circa 18 mesi, età ritenuta<br />
ottimale per il primo accoppiamento nei primi<br />
decenni del secolo scorso (Mascheroni 1927). Le<br />
scrofe, allevate con sistema brado o semibrado,<br />
partorivano mediamente 8 suinetti per figliata<br />
(Bonadonna 1960). Se allevati razionalmente, in<br />
aree caratterizzate da buona offerta alimentare e in<br />
presenza di integrazioni, i suini maremmani a 12<br />
mesi pesavano circa 120 Kg e a 16 mesi 150 Kg<br />
(Mascheroni 1927), valori che si possono considerare<br />
alla stregua di un embrione di standard di<br />
razza. Oggi appare però necessario procedere a<br />
nuove rilevazioni del peso e degli altri parametri<br />
biometrici alle diverse età, in modo da descrivere<br />
adeguatamente morfologia e sviluppo somatico<br />
della razza. In primo luogo infatti i dati reperibili<br />
in bibliografia sono limitati al peso vivo e non
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 142<br />
142 Ciani et al Il suino di razza “macchiaiola maremmana”<br />
risulta che siano mai stati definiti veri standard<br />
secondo le esigenze del miglioramento genetico.<br />
In secondo luogo la popolazione residua, numericamente<br />
molto ridotta, rappresenta una piccola<br />
frazione della razza originaria e ha probabilmente<br />
parametri di riferimento diversi. Infine i nuovi<br />
sistemi di allevamento adottati sulla popolazione<br />
ridotta attuale, che prevedono un'alimentazione<br />
più corretta rispetto al passato, influenzano sicuramente<br />
la morfologia e le performance produttive<br />
di questi animali.<br />
<strong>Al</strong>levamento<br />
Per la loro grande rusticità e resistenza i Macchiaioli<br />
venivano considerati in grado di vivere allo stato<br />
brado nel sottobosco, cibandosi di quanto riuscivano<br />
a trovare, anche nella stagione arida (Bonadonna<br />
1960). Questo suino infatti è sempre stato allevato<br />
prevalentemente al pascolo in prossimità di boschi o<br />
addirittura al loro interno e nella macchia mediterranea<br />
(da cui il nome conferito alla razza) della<br />
Toscana meridionale. Per questa ragione erano frequenti<br />
gli scambi genetici con il cinghiale; ciò contribuì<br />
a formare, nel tempo, un ecotipo caratterizzato<br />
da limitato accumulo di grasso e in grado di produrre<br />
carni considerate eccellenti per sapidità e consistenza<br />
(Mascheroni 1927). Nella prima metà del<br />
secolo scorso la Macchiaiola veniva però anche allevata<br />
in aree più fertili della Toscana centrale, dove le<br />
risorse foraggere erano più abbondanti e spesso di<br />
migliore qualità. I Macchiaioli recentemente identificati<br />
vengono allevati con sistema semibrado, in aree<br />
recintate per impedire contatti con i cinghiali, fornite<br />
di adeguati ricoveri e mangiatoie.<br />
Recupero e valorizzazione<br />
La razza si può oggi considerare quasi estinta, essendo<br />
stati recuperati, nell'area di origine, appena una<br />
ventina di riproduttori riferibili alle caratteristiche<br />
morfologiche della Macchiaiola. <strong>Ta</strong>le numerosità,<br />
estremamente ridotta, non deve comunque essere<br />
considerata tale da impedire qualsiasi azione di recupero;<br />
in effetti, appena pochi anni fa la Cinta senese<br />
contava un simile numero di soggetti. Tra i riproduttori<br />
presenti attualmente almeno una decina, tra<br />
maschi e femmine, non sono tra loro parenti e una<br />
scelta oculata negli accoppiamenti potrebbe ampliare<br />
considerevolmente il numero <strong>dei</strong> capi senza troppi<br />
rischi di consanguineità. E' comunque importante<br />
avviare subito il percorso di recupero, a partire dalla<br />
verifica <strong>dei</strong> caratteri biometrici, perché anche un<br />
ritardo di pochi mesi potrebbe significare la scomparsa<br />
definitiva della razza.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Ballerini G., 2002 "Storia sociale del maiale, il futuro del passato<br />
della razza suina parmigiana". Ed CCIAA, Parma, 2002.<br />
Bonadonna T. "Il maiale" Ed Reda, Roma, 1960.<br />
Borgioli E. "Zootecnica speciale" Barbera Editore, 1940.<br />
Mascheroni E. "Zootecnia speciale <strong>II</strong>I° suini" Nuova enciclopedia<br />
agraria italiana Ed. UTET Torino, 1927
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 143<br />
la pecora dell’Amiata e delle Crete senesi<br />
Gallai S 1 , Ciani F 2 , Lorenzini G 1 , Giorgetti A 1<br />
Premessa<br />
Nell'ambito delle possibili attività zootecniche<br />
alternative o integrative alla coltivazione del tabacco<br />
nella Toscana centrale, attraverso l'allevamento<br />
di razze-popolazioni in via o a rischio di estinzione,<br />
non può essere dimenticata la Pecora<br />
dell'Amiata e delle Crete Senesi. Si tratta di un tipo<br />
genetico appartenente alla grande famiglia<br />
dell'Appenninica, caratterizzata da una maggiore<br />
attitudine alla produzione del latte rispetto<br />
all'Appenninica propriamente detta, di qualità<br />
eccellente per la caseificazione e con il quale<br />
prima dell'arrivo della razza Sarda nella Toscana<br />
centrale si produceva il famoso formaggio pecorino<br />
delle crete senesi.<br />
Da quanto è emerso da una prima indagine<br />
sembra che la Pecora dell'Amiata e delle Crete<br />
Senesi abbia una consistenza di poco superiore ai<br />
400 capi ed è quindi, a tutti gli effetti, una razza in<br />
via di estinzione. Purtroppo non è stata ancora inserita<br />
nel repertorio regionale delle risorse genetiche<br />
autoctone della Toscana per insufficienza della<br />
documentazione sulle caratteristiche della razza e<br />
sulla sua effettiva consistenza e quindi attualmente<br />
Fig. 1. Pecore dell’Amiata<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE<br />
2 <strong>Co</strong>nSDABI (<strong>Co</strong>nsorzio per la Sperimentazione, Divulgazione<br />
e Applicazione di Biotecniche Innovative) - National Focal<br />
Point FAO - Benevento<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 143<br />
non gode delle sovvenzioni regionali previste per<br />
l'allevamento delle razze autoctone a rischio di<br />
estinzione. E' così stata avviata, grazie a questo<br />
progetto, una serie di indagini e di ricerche finalizzate<br />
al censimento e alla caratterizzazione morfologica,<br />
genetica e produttiva della razza per un suo<br />
auspicabile recupero.<br />
Nel presente lavoro viene descritto questo tipo<br />
genetico, a partire da una serie di dati reperibili in<br />
letteratura e <strong>dei</strong> <strong>risultati</strong> di visite presso alcuni<br />
allevamenti nei quali era stata segnalata al gruppo<br />
di ricerca la presenza della razza.<br />
<strong>Al</strong>levamento<br />
La Pecora dell'Amiata è un animale caratterizzato<br />
da elevata rusticità e adattamento a diversi ambienti.<br />
Un tempo l'allevamento era praticato a livello<br />
poderale ed era fortemente condizionato dalle spesso<br />
limitate disponibilità foraggere, fattore che ha<br />
sempre influenzato negativamente la produttività<br />
di questa razza e, indirettamente, l'avvio di un serio<br />
processo di miglioramento genetico (Ciani F.,<br />
2002). Nei poderi di alta collina e di montagna la<br />
consistenza del gregge variava tra i 20 e i 50 capi,<br />
in relazione all'ampiezza degli incolti e del bosco<br />
utilizzabile (AA.VV., 1982). In inverno, nei casi di<br />
neve o pioggia, gli animali rimanevano chiusi nell'ovile<br />
dove erano alimentati con fieni di scarto e<br />
strami di bosco, tranne le pecore in lattazione alle<br />
quali erano riservate generalmente modeste quantità<br />
di crusca e di fave macinate; negli altri giorni<br />
pascolavano nel bosco o sulle sodaglie. Nella<br />
buona stagione erano ampiamente utilizzate le<br />
stoppie, i prati a maggese, l'erba <strong>dei</strong> cigli e i sottoprodotti<br />
agricoli disponibili (AA.VV., 1982).<br />
Caratteristiche somatiche<br />
La Pecora dell'Amiata è di media taglia, con scheletro<br />
leggero. La testa, relativamente piccola, ha<br />
profilo rettilineo o lievemente convesso. I maschi<br />
sono in genere cornuti e le femmine acorni. Le<br />
orecchie sono piccole e portate orizzontalmente. Il<br />
collo è sottile. Il vello è semichiuso, a bioccoli<br />
conici, di colore bianco sporco, raramente con<br />
macchie nere o marroni; il ventre e gli arti sono<br />
scoperti (Federconsorzi, 1961).
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 144<br />
144 Gallai et al La pecora dell’Amiata ....<br />
Produzioni<br />
La Pecora dell'Amiata era, ed è, una tipica pecora a<br />
triplice attitudine: latte, carne e lana. Nonostante le<br />
precarie condizioni alimentari le produzioni lattifere<br />
erano, ancora alla metà del secolo scorso, più<br />
che soddisfacenti, mediamente 70-80 kg in 120 d<br />
di lattazione con rese del 20% in formaggio e intorno<br />
all'8% in ricotta.<br />
Il tasso di gemellarità sembra abbastanza elevato,<br />
intorno al 15%; stime più precise potranno<br />
essere ottenute al termine dello studio sistematico<br />
e prolungato della razza-popolazione. Il peso<br />
degli agnelli, di circa 3 kg alla nascita, raggiunge<br />
i 10 kg a un mese. Le rese si aggirano intorno al<br />
64% e la carne è sempre stata considerata, da allevatori<br />
e consumatori locali, di eccellente qualità<br />
sensoriale. Negli anni cinquanta la produzione di<br />
lana sucida, di qualità media, era di circa 2,4 kg<br />
per gli arieti e di 0,9-1,2 kg per le pecore<br />
(Federconsorzi, 1961).<br />
Particolarmente pregiati erano considerati i<br />
prodotti della trasformazione del latte e in particolare<br />
il pecorino delle crete senesi, con presame di<br />
agnello o di capretto e il cacio fiore, con presame<br />
vegetale, generalmente costituito dal liquido di<br />
macerazione <strong>dei</strong> fiori di cardo selvatico, previa<br />
breve cottura, chiamato localmente "presura".<br />
Citazioni bibliografiche<br />
AA.VV "Cultura contadina in Toscana". Vol I. Ed. Bonechi,<br />
Firenze, 1982<br />
Ciani F. "Recupero, salvaguardia e valorizzazione della popolazione<br />
ovina autoctona delle crete senesi e dell'Amiata".<br />
<strong>Co</strong>nvegno "La biodiversità agroalimentare delle crete senesi"<br />
San Giovanni d'Asso, Siena. 9/11/2002<br />
Federconsorzi "<strong>Al</strong>levamenti italiani. Ovini" Ed. REDA, Roma,<br />
1961
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 145<br />
Introduzione<br />
Uno <strong>dei</strong> più importanti valori della fauna selvatica è<br />
il suo utilizzo a scopo ricreativo, sia mediante osservazione<br />
degli animali selvatici nei loro habitat naturali,<br />
sia mediante prelievo, vale a dire attraverso l'attività<br />
venatoria, che può essere esercitato in varie<br />
forme su alcune specie e popolazioni. Questo valore<br />
può essere quantificato e monetizzato aggiungendosi<br />
ad altri valori del territorio derivanti dalle diverse<br />
forme di destinazione e, in particolare, dall'uso per le<br />
produzioni agricole. Nonostante il vistoso calo del<br />
numero di cacciatori, in atto da circa un ventennio in<br />
numerose regioni e province italiane, rimane elevato<br />
l'interesse venatorio per la fauna selvatica che si<br />
traduce spesso in un indotto economico di notevole<br />
interesse, soprattutto quando l'attività è gestita a<br />
livello privato. In molte realtà ambientali italiane,<br />
svantaggiate da un punto di vista agricolo per la particolare<br />
collocazione e per le peculiari caratteristiche<br />
<strong>dei</strong> terreni, la produzione di fauna selvatica di interesse<br />
venatorio può diventare un'alternativa o, almeno,<br />
un'integrazione al reddito derivante dalla produzione<br />
agricola. L'attuale politica agricola comunitaria,<br />
con una generale tendenza a ridurre le sovvenzioni<br />
alle aziende, ha reso ancor più necessaria l'individuazione<br />
di forme alternative di reddito ad integrazione<br />
o sostituzione di quello agricolo.<br />
Gli istituti di gestione della fauna selvatica<br />
La legge nazionale sulla tutela e gestione della<br />
fauna selvatica attualmente in vigore è la legge<br />
quadro n° 157 del 1992. Questa legge disciplina<br />
l'attività venatoria in Italia secondo un sistema<br />
misto pubblico e privato. Accanto a istituti di carattere<br />
associazionistico (Ambiti Territoriali di Caccia<br />
e <strong>Co</strong>mprensori <strong>Al</strong>pini), sono previste zone protette<br />
gestite direttamente dalle province (Zone di<br />
Ripopolamento e Cattura, Oasi di Protezione, Oasi<br />
di Protezione per l'Avifauna, Centri Pubblici di<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 145<br />
La produzione di fauna selvatica come alternativa e integrazione<br />
alle produzioni agricole<br />
Meriggi A 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche.<br />
Università degli Studi di Firenze. Via delle Cascine, 5 - 50144<br />
FIRENZE; Tel. 055 3288356; Fax 055 321216;<br />
E-mail: alessandro.giorgetti@unifi.it<br />
Produzione della Fauna Selvatica) e zone a gestione<br />
privata: Aziende Faunistico-Venatorie (AFV),<br />
Aziende Agro-Turistico-Venatorie (AATV), Centri<br />
Privati di Produzione della Fauna Selvatica<br />
(CPPFS) e Zone Addestramento Cani (ZAC) permanenti<br />
e temporanee. Per la produzione di fauna<br />
selvatica come alternativa e integrazione alle produzioni<br />
agricole, è necessario focalizzarsi sugli<br />
istituti privati di gestione, poiché questi possono<br />
essere istituiti su fondi agricoli di proprietà di singoli<br />
o consociando più proprietari di terreni, per<br />
raggiungere un'estensione sufficiente.<br />
Le regioni maggiormente interessate dalla presenza<br />
di AFV sono, nell'ordine, la Sardegna, la Toscana,<br />
l'Emilia Romagna, il Piemonte, la Lombardia e il<br />
Veneto; mentre le AATV sono concentrate soprattutto<br />
in Toscana, Veneto e Emilia Romagna . I CPPFS sono<br />
presenti solo in alcune province italiane e, in ogni<br />
modo, in numero molto limitato.<br />
Produttività del territorio per le specie<br />
d'interesse venatorio<br />
Le specie di selvaggina di maggior interesse per una<br />
produzione alternativa a quella agricola appartengono<br />
agli ordini <strong>dei</strong> Galliformi e <strong>dei</strong> Lagomorfi e al<br />
superordine degli Ungulati. In particolare, tra i<br />
Galliformi, le specie più importanti sono il Fagiano<br />
(Phasianus colchicus), la Starna (Perdix perdix) e la<br />
Pernice rossa (<strong>Al</strong>ectoris rufa), tra i Lagomorfi<br />
sostanzialmente la Lepre comune (Lepus europaeus)<br />
e, tra gli Ungulati, il Capriolo (Capreolus capreolus),<br />
il Daino (Dama dama) e il Cinghiale (Sus scrofa).<br />
Queste specie, in generale, trovano buone condizioni<br />
d'idoneità ambientale sul territorio italiano,<br />
con variazioni di densità e produttività delle popolazioni<br />
correlate alle caratteristiche ambientali.<br />
Rendimento economico<br />
<strong>Co</strong>nsiderando il valore di mercato delle specie di<br />
fauna selvatica sopra elencate, come capi prodotti<br />
in condizioni naturali e non allevati in cattività, è<br />
possibile calcolare il rendimento economico del<br />
territorio esprimendolo in euro per km 2 (<strong>Ta</strong>b. 1). I<br />
valori esposti in tabella sono stati calcolati considerando<br />
il costo del singolo capo di selvaggina abbat-
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 146<br />
146 Meriggi La produzione di fauna selvatica<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Produzione per km 2 e ricavo in euro per alcune<br />
specie di selvaggina<br />
tuto in istituti faunistico-venatori privati. Per quanto<br />
riguarda il Fagiano, è stato considerato il costo di<br />
fagiani selvatici, nel caso di animali di allevamento,<br />
liberati per l'attività venatoria, il valore scenderebbe<br />
in modo consistente. Nel caso della Starna e della<br />
Pernice rossa, se si tratta di individui prelevati in<br />
popolazioni naturali, il valore non è quantificabile<br />
poiché esse sono specie molto sensibili sulle quali il<br />
prelievo deve essere programmato con molta cautela<br />
e la cui caccia può interessare solo un ristretto<br />
numero di appassionati. Per quanto riguarda gli<br />
ungulati, i valori riportati sono da considerarsi<br />
medie tra capi da trofeo, femmine e giovani.<br />
Le specie di maggior interesse economico per<br />
una produzione abbinata o in alternativa a quella<br />
agricola sono senza dubbio la Lepre, il Cinghiale e<br />
il Capriolo. Il cinghiale può interessare soprattutto<br />
territori ad agricoltura marginale e svantaggiata,<br />
mentre il Capriolo e la Lepre anche zone molto<br />
produttive dal punto di vista agricolo e la Lepre<br />
anche aree ad agricoltura intensiva.<br />
Fig. 1. Numero, estensione (x 1000 ha) ed estensione<br />
media delle AFV e delle AATV in Italia (1989-1997)<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
La produzione di fauna selvatica ad integrazione<br />
o sostituzione del reddito agricolo può assumere<br />
un notevole interesse sia in zone dove l'attività<br />
agricola vede diminuire progressivamente<br />
la sua sostenibilità economica, sia in zone di<br />
produzioni agricole intensive e remunerative.<br />
Dal punto di vista dell'utilizzo della fauna selvatica,<br />
per i proprietari e i conduttori di fondi agricoli<br />
è possibile abbinare l'attività venatoria al<br />
prelievo di animali vivi per ripopolamenti e<br />
reintroduzioni, oppure ad altre forme di utilizzo.<br />
Tra queste una delle più interessanti attualmente<br />
è l'addestramento <strong>dei</strong> cani da ferma su specie<br />
come la Starna, la Pernice rossa e il Fagiano o<br />
<strong>dei</strong> cani da seguita sulla Lepre. Queste diverse<br />
forme, con una buona gestione degli istituti privati<br />
previsti dalla legge, possono coesistere e<br />
aumentare ulteriormente il rendimento economico<br />
dato da una consistente presenza di fauna<br />
selvatica sul territorio.
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 147<br />
Introduzione<br />
Lo scopo di questo contributo è quello di analizzare<br />
gli effetti e le correzioni indotte dalla recente<br />
riforma della Politica agricola comunitaria sulle<br />
aziende tabacchicole, presenti nel territorio<br />
dell'Italia Centrale: Toscana ed Umbria in particolare.<br />
L'obiettivo di un contributo successivo sarà<br />
quello di verificare le alternative alla coltura del<br />
tabacco, in ambito zootecnico e faunistico, realizzabili<br />
soprattutto quando gli aiuti della PAC<br />
andranno ad esaurirsi e molti imprenditori incontreranno<br />
difficoltà a fronteggiare un mercato di<br />
libera concorrenza che offrirà margini di profitto<br />
molto ridotti.<br />
Materiali e metodi<br />
Si è considerato, ancor prima di esprimere una<br />
valutazione sulle alternative colturali realizzabili<br />
lo stato dell'attuale riforma della Pac inerente il settore<br />
tabacchicolo. Per tale settore la scelta del<br />
nostro Paese è stata quella di un disaccoppiamento<br />
parziale degli aiuti. Sostanzialmente ciò che avviene<br />
è che i produttori tabacchicoli, così come i produttori<br />
degli altri settori, dal 2006 (fa eccezione la<br />
regione Puglia) vedranno confluire il 40% dell'aiuto<br />
finanziario erogato dalla CE nel pagamento<br />
unico aziendale e tale quota non sarà più legata<br />
all'effettiva produzione di tabacco. Fino al 2009 i<br />
produttori continueranno a percepire il 60% degli<br />
aiuti accoppiati alla produzione di tabacco. Nel<br />
medio periodo la <strong>Co</strong>mmissione Europea prevede,<br />
oltre al disaccoppiamento totale del sostegno l'abolizione<br />
del fondo tabacco che l'attuale OCM destina<br />
alla ristrutturazione del settore. Saranno beneficiari<br />
del nuovo regime di pagamento soltanto quei<br />
produttori che nel periodo 2000-2002 hanno ottenuto<br />
il pagamento di un premio per il tabacco o<br />
coloro che sono subentrati all'avente diritto durante<br />
o dopo il periodo di riferimento. Per la parte<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 147<br />
<strong>Al</strong>cune considerazioni di carattere economico riguardo la<br />
riconversione della tabacchicoltura<br />
Fratini R 1 , Marone E 1<br />
1 Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali<br />
dell'Università degli Studi di Firenze, piazzale delle Cascine, 18,<br />
50144 Firenze; rfratini@unifi.it; emarone@unifi.it.;<br />
tel. 0553288360, 0553288365<br />
disaccoppiata dell'aiuto, il premio viene calcolato<br />
in base allo schema di pagamento unico (esempio<br />
<strong>Ta</strong>b. 1). Secondo tale impostazione ad ogni agricoltore<br />
viene assegnato un numero di ettari<br />
ammissibili a cui associare i diritti. Per la parte<br />
accoppiata, il premio verrà concesso, come nel precedente<br />
regime, in base alla quantità e qualità prodotta,<br />
fermo restando il limite di garanzia fissato<br />
per Paese membro. Il totale disaccoppiamento dell'aiuto<br />
partirà dal periodo 2010-2012 (anno conclusivo<br />
delle nuove prospettive finanziarie).<br />
I dati forniti dall'INEA sulla tabacchicoltura<br />
toscana e umbra e le visite ad alcune rappresentative<br />
realtà aziendali hanno evidenziato una grossa<br />
disomogeneità delle realtà agricole presenti sul territorio<br />
oggetto di indagine. Questo è per noi un<br />
dato importante in quanto determina la necessità di<br />
costruire non soltanto tante schede della tecnica per<br />
ogni alternativa di allevamento proposta dai colleghi<br />
ma più schede della tecnica per ogni tipologia<br />
di allevamento in relazione alle caratteristiche<br />
strutturali delle aziende tabacchicole presenti.<br />
L'elaborazione <strong>dei</strong> dati INEA è finalizzata alla<br />
individuazione di classi di aziende omogenee<br />
rispetto alle quali sarà possibile individuare le tipologie<br />
di allevamenti che saranno in grado di fornire<br />
il migliore apporto reddituale all'azienda. Per<br />
ognuna delle alternative alla tabacchicoltura prospettate<br />
si è provveduto a costruire, in collaborazione<br />
con i colleghi zootecnici, una scheda della<br />
tecnica che ci permette di rilevare i fabbisogni di<br />
risorse umane, meccaniche e materie prime necessarie<br />
alla conduzione ordinaria dello specifico allevamento<br />
considerato, secondo la struttura di seguito<br />
riportata:<br />
Risultati e discussione<br />
Un'analisi più approfondita <strong>dei</strong> dati censuari, ci<br />
ha consentito di verificare la struttura del territorio,<br />
e delle realtà produttive presenti, e le sue potenzialità.<br />
La superficie destinata alla tabacchicoltura in<br />
Toscana è pari a 2.431,39 ettari (Istat, 2000). La<br />
sola provincia di Arezzo, con i suoi 1.703,83 ettari<br />
rappresenta il 70% della superficie totale. Il grafico<br />
1 mostra i dati relativi alla distribuzione per
Giorgetti.qxp 25/02/2008 10.10 Pagina 148<br />
148 Fratini <strong>Co</strong>nsiderazioni economiche ....<br />
Grafico 1 – Distribuzione per classi di superficie nelle province<br />
di Arezzo, Siena e Perugia<br />
classi di superficie a tabacco delle tre province che<br />
presentano la maggiore incidenza di aziende tabacchicole<br />
all'interno del comprensorio umbro-toscano<br />
(Perugia, Arezzo e Siena).<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Dalle prime analisi realizzate è risultato che la<br />
maggiore diffusione delle aziende agricole produttrici<br />
di tabacco, così come anche la più alta percentuale<br />
di SAU investita a tabacco, si riscontra nelle<br />
province di Arezzo e di Siena, ove si riscontra<br />
anche una discreta presenza di allevamenti bovini e<br />
suini. Esiste già, quindi, una realtà produttiva zootecnica<br />
che va attentamente studiata per capire<br />
quali sono gli spazi per l'inserimento di nuove realtà<br />
produttive. Una possibile penetrazione del mercato<br />
potrebbe essere attuata utilizzando produzioni<br />
di qualità, attraverso lo sfruttamento dell'esistente<br />
marchio IGP, possibilità che ha trovato molto interesse<br />
da parte degli agricoltori. L'altra possibilità è<br />
quella di verificare la praticabilità di attività faunistico-venatorie,<br />
dell'allevamento della capra da<br />
latte e dall'allevamento di equini di razze autoctone,<br />
anche se per queste ci sono maggiori difficoltà<br />
da parte delle aziende per l'assenza di una specifica<br />
preparazione tecnica degli operatori.<br />
Bibliografia <strong>Co</strong>nsultata<br />
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Regime del<br />
<strong>Ta</strong>bacco. Valutazione d'impatto estesa, SEC, Bruxelles.<br />
2003,<br />
ISTAT. 5° Censimento generale dell'agricoltura, 2000.<br />
Sardone R. (a cura di). Il comparto del tabacco in alcune aree di<br />
studio. Inea, <strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>alta, Roma, 2005.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 149<br />
Introduzione<br />
Le prime reazioni, in Toscana, alla riforma<br />
dell'OCM tabacco, in attuazione del Regolamento<br />
(CE) n. 864/2004, evidenziano un grande disorientamento<br />
<strong>dei</strong> produttori. Nelle aziende di piccola e<br />
media dimensione appare già in atto l'abbandono<br />
della coltura. <strong>Co</strong>ntinuare a produrre sembra conveniente<br />
solo per le aziende con superfici ben accorpate,<br />
di facile meccanizzazione e destinate per la maggior<br />
parte alla produzione di Kentucky (Fire Cured),<br />
tabacco scuro di particolare pregio impiegato nella<br />
manifattura <strong>dei</strong> sigari toscani e capace di spuntare i<br />
migliori prezzi di mercato (INEA, 2007). Anche in<br />
queste realtà più grandi la consapevolezza di un<br />
errato investimento è comunque molto forte. <strong>Co</strong>n il<br />
presente contributo si è intesa valutare la produzione<br />
di carne di qualità con bovini di razza Chianina<br />
quale alternativa o integrazione alla coltura del<br />
tabacco. Ciò in considerazione del fatto che le aree<br />
toscane a maggiore vocazione tabacchicola coincidono<br />
con quelle di allevamento di bovini di razza<br />
Chianina e che abbastanza frequentemente nelle<br />
aziende in cui si coltiva tabacco si pratica anche l'allevamento<br />
di questa razza. Secondo il Piano<br />
Zootecnico Regionale (Supplemento B.U.R.T. n.26<br />
del 30.06.2004) inoltre, la razza Chianina, la più<br />
allevata nella regione, dal 2000 incrementa costantemente<br />
la sua numerosità "…contraddicendo in parte<br />
l'andamento generale delle consistenze <strong>dei</strong> bovini da<br />
carne che invece hanno mostrato una flessione diffusa.<br />
Il dato può essere spiegato da una sostanziale<br />
"tenuta" degli allevamenti di qualità meglio organizzati<br />
rispetto agli altri…... per Chianina, Marchigiana<br />
e Romagnola è attivo inoltre il riconoscimento<br />
comunitario IGP Vitellone Bianco dell'Appennino<br />
Centrale".<br />
Materiale e Metodi<br />
Sono state analizzate le criticità ed i punti di forza<br />
delle tipologie produttive della razza Chianina al<br />
fine di valutare se l'allevamento bovino per la produzione<br />
di carni di qualità possa costituire un'alternati-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 149<br />
La produzione di carne di qualità con la razza bovina Chianina<br />
Sargentini C 1 , Fabeni P 1<br />
1 Dipartimento di Scienze Zootecniche, Via delle Cascine, n. 5,<br />
50144 Firenze. Tel. 055 3288333, fax 055 321216,<br />
e-mail clara.sargentini@unifi.it<br />
va o, comunque, una valida integrazione alla coltura<br />
del tabacco, come può essere ipotizzato da un'indagine<br />
effettuata nell'ambito del <strong>Progetto</strong> COALTA 2<br />
presso le aziende tabacchicole delle province di<br />
Arezzo e Siena.<br />
Risultati e discussione<br />
La razza Chianina è allevata prevalentemente in<br />
aziende di piccole e medie dimensioni, con una consistenza<br />
di stalla inferiore a 15 vacche nel 60 % degli<br />
allevamenti ed inferiore a 40 nel 90 %, (Ismea-<br />
CRPA, 2006; Sargentini e Acciaioli, 2006). L'87,7<br />
% degli allevamenti è situato in zone collinari e di<br />
montagna; il rimanente 12,3% si trova in aziende di<br />
pianura, situate prevalentemente in Val di Chiana. Si<br />
pratica prevalentemente il ciclo chiuso con allevamento<br />
<strong>dei</strong> riproduttori ed ingrasso <strong>dei</strong> vitelli da<br />
macello, mentre poco diffuso è il ciclo aperto, con la<br />
sola fase di ingrasso <strong>dei</strong> vitelli da ristallo in centri<br />
che provvedono al finissaggio, alla macellazione,<br />
alla vendita ed alla commercializzazione della carne.<br />
Nelle aziende collinari e montane di piccole (n. vacche<br />
< 15) e medie (n. vacche < 40) dimensioni, dove<br />
comunque siano presenti superfici adeguate per il<br />
pascolo stagionale, l'allevamento <strong>dei</strong> riproduttori<br />
prevede generalmente il sistema semibrado, con una<br />
stagione di pascolamento della durata di circa 6 mesi<br />
(da maggio ad ottobre) (Sargentini e Acciaioli,<br />
2006). Ciò consente lo sfruttamento diretto della<br />
produzione foraggera e investimenti contenuti; favorisce<br />
inoltre il mantenimento di buone condizioni di<br />
salute del bestiame, con favorevoli ripercussioni sui<br />
parametri riproduttivi. I ricoveri invernali sono di<br />
varie tipologie, riconducibili sia alla stabulazione<br />
fissa che a quella libera. In Val di Chiana, dove i terreni<br />
sono più fertili, irrigui e destinati a colture<br />
diverse (cereali, foraggere, tabacco ecc.) è più diffusa,<br />
anche per i riproduttori, la stabulazione permanente,<br />
non sempre secondo gli schemi classici della<br />
stabulazione libera e talvolta addirittura in stalle<br />
chiuse a posta fissa tipiche delle tradizionali aziende<br />
mezzadrili. Per l'ingrasso <strong>dei</strong> vitelli vengono generalmente<br />
utilizzate strutture più moderne e razionali<br />
con box multipli dotati di lettiera permanente o<br />
semipermanente e preferibilmente con paddock<br />
esterni. L'alimentazione, basata in gran parte sull'uti-
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 150<br />
150 Sargentini e Fabeni<br />
La produzione di carne di qualità...<br />
lizzazione di fieno e concentrati, viene distribuita<br />
meccanicamente come meccanicamente viene<br />
rimossa o aggiunta la lettiera. Le razioni alimentari<br />
non sempre risultano in grado di coprire i fabbisogni<br />
delle fattrici, soprattutto nei periodi critici, mancando<br />
una diversificazione nelle diverse fasi fisiologiche<br />
(asciutta, prima e seconda fase della lattazione).<br />
Per migliorare il quadro alimentare delle fattrici<br />
può essere sufficiente l'integrazione con adeguate<br />
quantità di concentrati dopo il parto (Cianci, 2003).<br />
Le razioni <strong>dei</strong> soggetti da macello risultano, fino ad<br />
un anno di età, mediamente inferiori ai fabbisogni,<br />
mentre nella fase di finissaggio esse appaiono sbilanciate<br />
per eccesso di energia e/o di proteina (Geri<br />
et al., 1984; Cianci, 2003). Questi eccessi potrebbero<br />
essere contenuti limitando l'offerta proteica ai soli<br />
fieni di medica. E' opportuno ricordare che le carni<br />
qualitativamente migliori in questa razza si ottengono<br />
da vitelloni di circa 700-750 Kg di peso e con età<br />
compresa tra i 16 e i 18 mesi, performance raggiungibili<br />
solo con alimentazione energeticamente adeguata<br />
(circa 0,85-0,95 UFC/kg ss della dieta) e livelli<br />
proteici variabili dal 17-18% nelle prime fasi, al<br />
13-14% nelle fasi finali di finissaggio. Inoltre, in<br />
accordo con il disciplinare del marchio IGP, non<br />
dovrebbero essere utilizzati insilati e sottoprodotti<br />
dell'industria nei 4 mesi che precedono l'alimentazione.<br />
L'età di macellazione risulta invero talvolta<br />
un po' elevata, ma la qualità delle carni, sia fisica che<br />
chimico-nutizionale è comunque eccellente.<br />
L'istituzione del marchio IGP "Vitellone bianco<br />
dell'Appennino centrale", che certifica le ottime<br />
caratteristiche delle carni prodotte con questa razza,<br />
ha contribuito in maniera notevolissima all'aumento<br />
della domanda, con ripercussioni più che vantaggiose<br />
sui prezzi di mercato. Molte aziende, soprattutto<br />
quelle di pianura, praticano con successo la vendita<br />
diretta (filiera corta). Nelle aziende di alta collina-<br />
montagna in cui la fase di ingrasso può comportare<br />
problemi organizzativi potrebbe essere ipotizzato il<br />
ciclo aperto, con creazione, a valle, di centri di<br />
ingrasso, gestiti dagli stessi allevatori, in modo da<br />
assicurare costanza ed uniformità delle produzioni<br />
da destinare eventualmente anche alla GDO.<br />
Da quanto fin qui esposto è possibile concludere<br />
che l'allevamento per la produzione di carne con<br />
bovini di razza Chianina è pratica consolidata in un<br />
numero non trascurabile di aziende della<br />
Valtiberina e della Val di Chiana che pure coltivano<br />
tabacco. <strong>Al</strong>cuni problemi legati essenzialmente<br />
all'alimentazione, non sempre equilibrata, di fattrici<br />
e vitelloni possono essere risolti semplicemente<br />
ottimizzando le risorse già disponibili. <strong>Al</strong>cuni<br />
aspetti del management sia della fase di allevamento<br />
(ciclo chiuso o ciclo aperto) che della fase di<br />
commercializzazione (GDO e mercato di nicchia)<br />
meritano di essere approfonditi con studi specifici.<br />
Si ritiene tuttavia, in virtù della situazione del mercato<br />
attuale ed ipotizzabile in futuro, che la produzione<br />
di carne di qualità con la razza Chianina<br />
debba essere considerata, se non completamente<br />
alternativa, almeno come una valida integrazione<br />
alla coltivazione del tabacco.<br />
Citazioni bibliografiche<br />
Cianci D. Atti della Giornata di studio Valorizzazione del germoplasma<br />
bovino autoctono toscano. Quaderni. Accademia<br />
Economico-Agraria <strong>dei</strong> Georgofili. <strong>II</strong>I. pp.139, 2003<br />
Geri G., Lucifero M., Zappa A. Atti del <strong>Co</strong>nvegno Nazionale<br />
"Le razze bovine bianche da carne dell'Italia centrale".<br />
Accademia Economico-Agraria <strong>dei</strong> Georgofili. Firenze 26-<br />
27 ottobre, 1984.<br />
INEA http://www.inea.it/ist/kentucky.htm , 2007<br />
ISMEA Dir. Mercati e risk management - U.O. Analisi economiche<br />
e finanziarie, CRPA - Centro ricerche produzioni animali<br />
Indagine sull'analisi del costo e della redditività della<br />
produzione di carne bovina, 2006.<br />
Sargentini C., Acciaioli A.. Risorse genetiche animali autoctone<br />
della Toscana. ARSIA-Regione Toscana. 59-69, 2006.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 151<br />
Introduzione<br />
La riforma della politica agricola comune (Pac)<br />
varata nei primi anni 2000 ha introdotto un regime<br />
transitorio di aiuti europei per un periodo di quattro<br />
anni, dal 2006 al 2009, in favore <strong>dei</strong> produttori<br />
di tabacco che spesso operano in aree dove ci sono<br />
poche alternative di produzione ed economicamente<br />
meno sviluppate. La revisione di metà percorso<br />
dello scorso novembre, imposta da Fischler Boel<br />
mira a d abolire il regime transitorio per passare a<br />
un sostegno europeo slegato dalla produzione<br />
(disaccoppiamento totale). Lo scopo di questo studio<br />
è stato pertanto quello di verificare l'esistenza<br />
di alternative colturali, in ambito zootecnico, alla<br />
coltivazione del tabacco, in previsione di una sempre<br />
più accentuata riduzione del processo produttivo.<br />
Questa unità di ricerca ha svolto un'indagine<br />
preliminare nell'ambito dell'Italia Centrale, interessando<br />
le due regioni in cui è maggiormente diffusa<br />
la coltivazione del <strong>Ta</strong>bacco, Umbria e Toscana. In<br />
queste aree l'attività zootecnica, già presente nell'ambito<br />
delle aziende tabacchicole, è orientata prevalentemente<br />
verso l'allevamento di bovini e suini.<br />
In base alle interviste realizzate su un campione<br />
rappresentativo è risultato che l'alternativa zootecnica<br />
ha trovato un favorevole accoglimento da<br />
parte degli imprenditori che hanno mostrato un<br />
discreto interesse soprattutto nei confronti di allevamenti<br />
più tradizionali quali quelli <strong>dei</strong> bovini e<br />
<strong>dei</strong> suini. Attraverso l'analisi <strong>dei</strong> dati raccolti con<br />
l'ausilio di appositi questionari, si sono analizzate<br />
le potenzialità di sviluppo di tale attività. La scelta<br />
zootecnica ritenuta più adatta per questo territorio<br />
è risultata l'allevamento di bovini di razza<br />
Chianina.<br />
Materiali e Metodi<br />
Per potere concretamente esaminare un'ipotesi colturale<br />
alternativa è necessario verificare quali<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 151<br />
<strong>Al</strong>cune considerazioni di carattere economico sull'allevamento<br />
della razza Chianina come alternativa alla coltivazione di<br />
tabacco nell'Italia centrale<br />
Fratini R 1<br />
1 Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali<br />
dell'Università degli Studi di Firenze, piazzale delle Cascine, 18<br />
tel. 0553288360 - 50144 Firenze;<br />
rfratini@unifi.it<br />
opportunità e quale regime di aiuti diretti alla produzione<br />
sono previsti dall'attuale riforma della<br />
PAC. Inoltre è necessario conoscere, sulla base<br />
delle statistiche esistenti (Istat, Ismea, ecc.) la consistenza<br />
degli attuali allevamenti e le potenzialità<br />
di sviluppo che possono scaturire.<br />
Il sistema di aiuti diretti alla produzione in<br />
vigore fino ad oggi è stato sostituito dal gennaio<br />
2005 da un pagamento unico per azienda, disaccoppiato<br />
dalla produzione . Il pagamento viene calcolato<br />
sulla media degli aiuti ottenuti nel triennio<br />
2000-2002, tenendo conto della media degli ettari<br />
ammessi (Reg. CE 1782/2003). Tenendo presente<br />
questi aspetti legati alla riforma della PAC è importante<br />
evidenziare le potenzialità di sviluppo di allevamenti<br />
zootecnici di razza Chianina soprattutto in<br />
quelle aree vocate (Prov. di Arezzo, Siena,<br />
Grosseto), dove tale produzione è stata tradizionalmente<br />
praticata. La carne è prodotta da bovini,<br />
maschi e femmine, di pura razza Chianina, di età<br />
compresa tra i 12 e i 24 mesi. Il bestiame deve<br />
essere regolarmente iscritto alla nascita al registro<br />
del Giovane Bestiame nonché riportare il contrassegno<br />
di identificazione previsto dalle vigenti<br />
norme del libro genealogico. Secondo i dati pubblicati<br />
dall'Associazione Nazionale <strong>Al</strong>levatori Bovini<br />
Italiani da Carne (ANABIC) i capi di Chianina<br />
presenti in Italia ammontano a 42.665 di cui circa<br />
l'80% concentrato in Toscana (in prevalenza) ed in<br />
Umbria. Gli allevamenti con la razza Chianina<br />
sono in genere di piccole dimensioni ed interessano<br />
proprietà spesso polverizzate all'interno di un<br />
territorio che copre parte dell'entroterra della<br />
Toscana e l'area pedomontana dell'Umbria e delle<br />
Marche. L'attività tipica di ingrasso e finissaggio<br />
di vitelloni di questa razza è presente in Val<br />
Tiberina ed in Val di Chiana (Sargentini, 2005). I<br />
bovini di razza Chianina sono in genere venduti ad<br />
un peso notevolmente più elevato rispetto a quello<br />
di altre razze, dopo un periodo di ingrasso che per<br />
il vitellone maschio può essere superiore ad un<br />
anno. La piccola dimensione degli allevamenti di<br />
Chianina rappresenta una variabile che incide fortemente<br />
sulla produttività del lavoro: dal confronto
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 152<br />
152 Fratini<br />
effettuato in varie aree del territorio (ISMEA,<br />
2006) la produttività degli allevamenti toscani<br />
risulta più bassa rispetto a quella di allevamenti a<br />
ciclo aperto con altre razze così come avviene in<br />
Veneto.<br />
Risultati e discussione<br />
Se osserviamo lo schema di costo di produzione<br />
per un allevamento di Chianina a ciclo aperto,<br />
nell'Italia Centrale, riportato in tabella 1 e basato<br />
su di una struttura ampiamente esperimentata (De<br />
Roest et al. 2006), possiamo osservare come alcuni<br />
costi diretti possano presentare un'elevata variabilità<br />
a seconda della dimensione aziendale e dell'organizzazione<br />
conferita. Ad esempio l'approvvigionamento<br />
di foraggi è spesso legato anche ad una<br />
<strong>Ta</strong>bella 1. Esempio di calcolo di costi di produzione per un allevamento<br />
a ciclo aperto.<br />
<strong>Co</strong>nsiderazioni economiche allevanento Chianina...<br />
produzione foraggera aziendale che, nel caso in cui<br />
risulti assente, può fortemente incrementare il<br />
costo di produzione. <strong>Al</strong>tro elemento critico è la<br />
componente lavoro: la disponibilità qualificata per<br />
il lavoro in stalla nell'Italia Centrale è spesso carente<br />
e spesso si ricorre a personale che non ha esperienza<br />
in ambito zootecnico. Dal campione di<br />
aziende interpellato risulta elevata la quantità di<br />
ore fornite dai componenti della famiglia, tanto da<br />
evidenziare proprio nel lavoro manuale un elemento<br />
critico di tale attività. Lo schema di costo evidenzia<br />
un'ipotesi che rispecchia un'organizzazione<br />
aziendale ed una struttura di vendita legata al conferimento<br />
del prodotto sul mercato locale, pertanto<br />
con un utile di bilancio positivo. Non sono calcolate<br />
nello schema proposto le eventuali spese di<br />
riconversione degli edifici oggi adibiti a essiccatoi<br />
o laboratori di lavorazione del tabacco a stalle né<br />
tanto meno le spese di bonifica <strong>dei</strong> terreni oggi utilizzati<br />
per la coltivazione del tabacco. <strong>Ta</strong>le risultato<br />
non riflette pertanto tutte le realtà produttive; in<br />
questo caso pesa in positivo il tipo di prodotto conferito,<br />
essendo la carne di Chianina particolarmente<br />
apprezzata nei mercati nazionali ed internazionali.<br />
Un elemento di conferma lo si riscontra osservando<br />
l'andamento <strong>dei</strong> prezzi esaminato in serie<br />
storica, periodo 1994-2006, dove il prezzo delle<br />
carcasse di razza Chianina è risultato essere quello<br />
che spunta i migliori prezzi sul mercato nazionale<br />
rispetto ad altre razze.<br />
L'aspetto che maggiormente emerge dall'indagine<br />
da noi realizzata è che dove vi sono le strutture<br />
aziendali sufficienti, con l'ausilio di un investimento<br />
iniziale non particolarmente elevato, l'attività<br />
zootecnica può rappresentare un'alternativa a<br />
quella del tabacco, anche se è necessario tenere<br />
presente che al disotto di una minima superficie<br />
aziendale la conversione delle superfici tabacchicole<br />
in superfici da destinare agli allevamenti non<br />
è pensabile. Un'attenzione particolare va chiaramente<br />
dedicata al mercato in cui si inserisce il prodotto<br />
finale.<br />
Bibliografia consultata<br />
ISMEA Il mercato della carne bovina, rapporto 2006.<br />
ISTAT 5° Censimento generale dell'agricoltura., 2000.<br />
De Roest K., Montanari C., <strong>Co</strong>rradini E., Federici C. Analisi del<br />
costo di produzione della carne di bovina in Italia, Atti del<br />
XL<strong>II</strong> <strong>Co</strong>nvegno di Studi Sidea, Pisa; pp. 272-286, 2007.<br />
Sargentini C. La razza Chianina, relazione presentata alla<br />
<strong>Ta</strong>vola Rotonda sul tema: La Chianina: valore del passato,<br />
patrimonio del futuro, Bettole-Sinalunga, 2005.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 153<br />
Introduzione<br />
L'analisi <strong>dei</strong> costi di produzione è uno strumento<br />
imprescindibile sia per la valutazione della convenienza<br />
degli investimenti sia per il controllo di gestione<br />
dell'azienda. In relazione a questi scopi l'analisi del<br />
costo di produzione parte dal presupposto di utilizzare<br />
una scheda della tecnica che sia in grado di massimizzare<br />
l'obiettivo quali - quantitativo minimizzando il<br />
costo. La costruzione della scheda della tecnica si<br />
basa, quindi, sulla scelta della dose ottimale di tutti i<br />
fattori della produzione impiegati nel processo produttivo.<br />
Attualmente, i più recenti lavori disponibili in letteratura<br />
indicano, per l'allevamento della razza<br />
Chianina, un costo di produzione che consente ancora<br />
di avere un margine positivo. <strong>Co</strong>me evidenziato nel<br />
contributo "<strong>Al</strong>cune considerazioni di carattere economico<br />
sull'allevamento della razza Chianina come alternativa<br />
alla coltivazione di tabacco nell'Italia centrale",<br />
lo scopo della ricerca è stato quello di verificare l'esistenza<br />
di alternative colturali, in ambito zootecnico,<br />
alla coltivazione del tabacco, da sviluppare nell'ambito<br />
di realtà aziendali già in essere. Un giudizio sulla<br />
convenienza o meno dell'allevamento zootecnico, data<br />
una consolidata letteratura sui costi di produzione che<br />
non richiede ulteriori approfondimenti, dipenderebbe<br />
allora solo dai prezzi che tale carne riesce a spuntare<br />
nei diversi mercati. In realtà, visto che l'obiettivo della<br />
ricerca era quello di valutare l'esistenza di alternative<br />
produttive, rispetto a quella tabacchicola ,delle aziende<br />
esistenti sul territorio, non sarebbe stato corretto<br />
applicare costi di produzione nati con le finalità prima<br />
esposte, ma andava verificato se all'interno di quelle<br />
realtà aziendali, con una ben definita organizzazione<br />
strutturale, il processo produttivo zootecnico avesse<br />
potuto costituire una valida soluzione alernativa alla<br />
produzione tabaccicola.<br />
Materiali e Metodi<br />
La ricerca si è articolata in due distinte fasi. Nella<br />
prima, utilizzando le fonti fornite dalle statistiche ufficiali<br />
(INEA e ISTAT), un questionario distribuito a<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 153<br />
Un approfondimento sul costo di produzione degli allevamenti<br />
di razza Chianina<br />
Marone E 1<br />
1 Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali<br />
dell'Università degli Studi di Firenze, Piazzale delle Cascine, 18,<br />
50144 Firenze; tel. 0553288365;<br />
enrico.marone@unifi.it<br />
circa 80 aziende e alcune visite a realtà aziendali rappresentative<br />
del contesto territoriale oggetto dell’indagine,<br />
è stata rilevata la consistenza delle aziende tabacchicole<br />
toscane e umbre e la loro peculiarità. Nella<br />
seconda fase si è messo a punto un modello di simulazione<br />
che fosse in grado di evidenziare quali fossero le<br />
principali carenze strutturali delle aziende, che avrebbero<br />
dovuto modificare il loro ordinamento colturale<br />
abbandonando o riducendo la coltura tabacchicola.<br />
Risultati e discussione<br />
I dati rilevati hanno evidenziato una grossa disomogeneità<br />
delle realtà agricole presenti sul territorio<br />
oggetto di indagine. Sia i dati statistici sia quelli campionari,<br />
acquisiti attraverso i questionari e le visite<br />
dirette, hanno mostrato una ampia differenziazione<br />
nelle strutture e nell'organizzazione aziendale.<br />
L'indagine preliminare ha evidenziato che gran parte<br />
delle aziende tabacchicole sono di dimensioni modeste<br />
e che esiste già un orientamento verso alternative<br />
di tipo zootecnico, prevalentemente indirizzate verso<br />
l'allevamento di bovini e suini. Attraverso l'analisi<br />
campionaria si è rilevata una buona dotazione di<br />
mezzi tecnici aziendali, che potrebbero agevolmente<br />
essere impiegati nell'allevamento. Anche la dotazione<br />
di immobili aziendali è tale da consentire, attraverso<br />
opportune conversioni, un loro utilizzo a fini<br />
zootecnici. In diversi casi, quindi, l'investimento iniziale<br />
potrebbe risultare modesto, anche se è necessario<br />
tenere presente che al disotto di una minima<br />
superficie aziendale la conversione delle superfici<br />
tabacchicole in superfici da destinare agli allevamenti<br />
non è opportuna. Nel campione di aziende rilevate<br />
sono state inserite anche aziende che, oltre alla coltura<br />
tabacchicola, svolgono già un'attività di allevamento<br />
bovino. Soprattutto in questa fase <strong>dei</strong> rilievi ci<br />
siamo resi conto che tutte le aziende contattate, pur<br />
avendo modalità di gestione dell'allevamento molto<br />
diversificate (numero di capi, strutture, manodopera,<br />
produzione/acquisto foraggi, …), traevano un soddisfacente<br />
risultato economico dall'attività zootecnica<br />
ed esprimevano una grossa propensione alla sostituzione<br />
della tabacchicoltura con l'allevamento. Queste<br />
informazioni ci hanno convinto dell'inutilità di cercare<br />
di costruire tante differenti schede della tecnica.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 154<br />
154 Marone<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. <strong>Co</strong>ndizioni di convenienza alla conversione<br />
Infatti sarebbe stato impossibile, o quantomeno<br />
molto oneroso, studiare a fondo un campione rappresentativo<br />
delle differenti strutture aziendali osservate<br />
,al fine di costruire una specifica scheda della tecnica<br />
finalizzata poi alla valutazione della eventuale trasformazione<br />
dell'ordinamento colturale. Nella seconda<br />
fase del lavoro si è verificata la disponibilità, da<br />
parte delle singole aziende, <strong>dei</strong> fattori della produzione<br />
legati alle singole tecniche produttive. Il modello<br />
di simulazione che abbiamo costruito consente di stabilire,<br />
in funzione del numero <strong>dei</strong> capi allevati, quale<br />
deve essere il rapporto ideale tra una serie di parametri<br />
opportunamente individuati per consentire di trarre<br />
profitto dall'allevamento. I parametri individuati<br />
sono stati: ettari di superficie, UL effettive, ore di<br />
avventizi, mq di ricoveri. In questo modo, definendo<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Aziende che hanno la possibilità di allevare un numero di<br />
capi superiori a 20<br />
<strong>Ta</strong>b. 3. Aziende cha presentano il giusto rapporto tra i fattori della<br />
produzione<br />
<strong>Co</strong>sto di produzione Chianina...<br />
l'entità di uno <strong>dei</strong> parametri descritti, è possibile<br />
verificare le carenze dell'azienda<br />
rispetto al suo dimensionamento ideale<br />
come nell'esempio riportato (<strong>Ta</strong>b. 1); così<br />
l'azienda potrà capire quali sono i fattori<br />
carenti e quali sono le necessità di investimento<br />
per adeguare le proprie strutture a<br />
quelle ritenute ottimali per l'organizzazione<br />
di un allevamento redditizio. Il secondo<br />
elemento informativo che è stato possibile<br />
ricavare ha riguardato la stima, a livello territoriale,<br />
del numero di aziende tabacchicole<br />
che presentano caratteristiche adeguate<br />
per accogliere un allevamento dimensionato<br />
sulla base della superficie tabacchicola convertibile<br />
in coltura foraggera. I <strong>risultati</strong> ottenuti permettono<br />
di osservare sia quante sono le aziende che presentano<br />
uno <strong>dei</strong> fattori sopra individuati in misura adeguata,<br />
sia il numero di aziende che presentano in maniera<br />
sufficiente tutti i parametri necessari alle necessità<br />
dell'allevamento. A titolo esemplificativo si riporta il<br />
risultato relativo alle aziende che possono allevare un<br />
numero di capi maggiore di 20 (è il limite minimo di<br />
capi individuato per ottenere <strong>risultati</strong> economici positivi)<br />
(<strong>Ta</strong>b. 2) e le aziende che hanno già un giusto<br />
equilibrio tra tutti i fattori individuati (<strong>Ta</strong>b. 3).<br />
Quanto sopra illustrato evidenzia che solo poche<br />
aziende presentano un equilibrio tra i fattori produttivi<br />
tale da consentire l'immediato avviamento di un'attività<br />
di allevamento sicuramente redditizia.<br />
Dall'analisi svolta emergono però quali sono i parametri<br />
per attivare un processo produttivo economicamente<br />
conveniente e consentono di individuare le<br />
carenze da colmare per ogni singola azienda. In questo<br />
modo, invece di dare una risposta sul risultato che<br />
mediamente gli agricoltori del territorio oggetto di<br />
studio potrebbero raggiungere, è possibile per ogni<br />
singola azienda andare a verificare quali investimenti<br />
sono richiesti. Sarà poi la singola azienda a valutare<br />
la convenienza dell'investimento, attraverso lo studio<br />
della disponibilità di risorse proprie e dell'accesso<br />
al credito, che costituiscono caratteri peculiari di<br />
ogni singola impresa.<br />
Bibliografia consultata<br />
ISMEA. Il mercato della carne bovina, rapporto, 2006.<br />
ISTAT. 5° Censimento generale dell'agricoltura, 2000.<br />
De Roest K., Montanari C., <strong>Co</strong>rradini E., Federici C. Analisi<br />
del costo di produzione della carne di bovina in Italia, Atti<br />
del XL<strong>II</strong> <strong>Co</strong>nvegno di Studi Sidea, pp. 272-286, Pisa,<br />
2007.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 155<br />
Marketing dell'offerta di capi di razza Chianina<br />
Malevolti I 1<br />
Introduzione<br />
Le valutazioni tecnico-economiche della validità<br />
dell'allevamento di bovini di razza chianina non<br />
possono limitarsi a considerare come dati esogeni e<br />
neutralmente prefissati da un anonimo mercato il<br />
prezzo all'azienda agricola e i volumi e gli sbocchi<br />
commerciali. <strong>Al</strong> mercato, infatti, si deve guardare<br />
come ad un insieme di relazioni, norme ed istituzioni,<br />
meccanismi attivi di valorizzazione del prodotto.<br />
Quest'ultimo aspetto (valorizzazione dell'offerta)<br />
vale, da una parte, ai differenti livelli della<br />
filiera alimentare autonomamente per i diversi operatori,<br />
e vale per l'attività promozionale coordinata<br />
tra operatori, ma ancor più - e in maniera speciale<br />
per produttori di materie prime agricole e per l'offerta<br />
zootecnica in particolare - deve essere una<br />
funzione costantemente espressa dagli allevatori<br />
non solo al momento della contrattazione con i propri<br />
clienti (grossisti, macellai, buyers della grande<br />
distribuzione) ma attraverso il mantenimento di un<br />
"controllo" <strong>dei</strong> vari passaggi tra operatori fino<br />
all'atto di acquisto del consumatore finale.<br />
Materiali e Metodi<br />
Il metodo seguito per la rilevazione delle informazioni<br />
si è basato su un questionario di intervista<br />
semistrutturato adattato ai diversi operatori che<br />
sono stati i seguenti: allevatori, buyers della GD,<br />
grossisti, macellerie, ristoranti, responsabili di<br />
associazioni professionali o consortili, tabacchicoltori<br />
senza allevamento o con un integrazione in tal<br />
senso. In tutto si sono effettuate 34 interviste<br />
approfondite sufficienti a definire una cornice di<br />
insieme abbastanza completa degli aspetti mercantili<br />
del settore.<br />
Risultati<br />
Esiste un intreccio virtuoso tra consumo e conoscenze<br />
locali del prodotto (Toscana e Umbria e<br />
poco più) derivante da ragioni storiche e culturali,<br />
ed esteso all'esterno grazie al veicolo del turismo,<br />
che trova riscontro in una immagine forte e in un<br />
Professore Ordinario, Dipartimento di Economia Agraria e delle<br />
Risorse Territoriali dell'Università degli Studi di Firenze, Piazzale<br />
delle Cascine, 18, 50144 Firenze; tel. 0553288226;<br />
ivan.malevolti@unifi.it<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 155<br />
prezzo relativamente elevato per un segmento di<br />
mercato regionale e una nicchia di elite anche se in<br />
direzione di una sola referenza merceologica: la<br />
"bistecca alla fiorentina" (mentre nessuno riconosce<br />
il "bollito di chianina"); una questione di debolezza<br />
della gamma d'offerta in quanto solo uno specifico<br />
taglio sembra godere di un apprezzamento<br />
mercantile degno dell'offerta di qualità e o di origine.<br />
La differenza si fa ancora più evidente a livello<br />
della ristorazione.<br />
L'immagine forte del prodotto è comunque assicurata<br />
(la conoscenza della "fiorentina" travalica<br />
l'area del suo consumo) e proprio per questo esistono<br />
azioni concorrenziali ingannevoli anche se formalmente<br />
legali (l'offerta di "tipo genetico chianino",<br />
frutto di incroci). Un'azione attenta di salvaguardia<br />
è portata avanti dalle organizzazioni ANA-<br />
BIC, CCBI, IGP ma sembrano tutte molto orientate<br />
alla fase della produzione, a parte ma parzialmente<br />
il consorzio di tutela IGP, secondo una tipica logica<br />
interna al settore agricolo (product oriented).<br />
La domanda che sorge spontanea è se sia possibile<br />
allargare l'area della conoscenza e del consumo<br />
relativamente all'offerta attuale e soprattutto a<br />
quella potenziale in rapporto alle esigenze di trovare<br />
alternative produttive per gli agricoltori già specializzati<br />
nella tabacchicoltura. Finora si può parlare<br />
di una strategia (implicita) delle aziende che ha<br />
privilegiato la "penetrazione del mercato" (mercati<br />
acquisiti/vecchi prodotti) senza considerare lo "sviluppo<br />
del mercato" (nuovi mercati/vecchi prodotti)<br />
o meglio ancora la "via della diversificazione"<br />
(nuovi mercati/nuovi prodotti, ossia prodotti rinnovati<br />
o rilanciati: bollito, spezzatino e ricette ad essi<br />
collegate). Per ora esistono solo alcune esperienze<br />
di esportazione per alcune imprese un poco più<br />
organizzate che hanno saputo sfruttare alcune<br />
occasioni spontanee e i <strong>risultati</strong> del passaparola<br />
innescato dai turisti.<br />
L'ottica con la quale si può guardare agli aspetti<br />
commerciali e distributivi, quali elementi di una<br />
allocazione sicura, è assai articolata partendo dall'esistente:<br />
grossisti del resto più interessati alle<br />
importazioni, rapporti diretti con la GD specie<br />
della cooperazione di consumo, macellai tradizionali<br />
quasi sempre di aree rurali, ristoranti di quali-
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 156<br />
156 Malevolti<br />
Marketing dell’offerta capi Chianina...<br />
tà, anche casi di vendita diretta al consumatore. In<br />
generale, il numero di ristoratori che acquistano<br />
carne chianina sembra assai ridotto specie in aree<br />
urbane a (troppo) forte incidenza turistica. Ma in<br />
tutti i casi la valorizzazione dell'offerta e lo sviluppo<br />
dell'ampiezza del mercato sono sempre una questione<br />
di organizzazione, cooperazione e marketing<br />
relazionale delle imprese e tra le imprese che<br />
necessita pertanto di un salto di qualità culturale da<br />
parte degli allevatori rivolta soprattutto al "controllo"<br />
della filiera grazie alla elaborazione di una mission<br />
diretta verso i consumatori che sappia sfruttare<br />
il bisogno della società <strong>dei</strong> consumi di riconoscersi<br />
in elementi simbolici e autoidentificatori (ad<br />
esempio, il consumo di cibi pregiati, di qualità e<br />
radicati al territorio e alla sua cultura).<br />
Questo continuo riferimento alle capacità organizzative<br />
del settore apre ad una discussione finale<br />
che rappresenta anche la conclusione all'analisi fin<br />
qui esposta (ovviamente assai più articolata nel<br />
Rapporto finale della ricerca).<br />
<strong>Co</strong>nclusioni<br />
Abbiamo, più volte, sostenuto l'importanza di un<br />
"controllo" di marketing della filiera sottolineando<br />
l'aspetto dell'organizzazione per poterlo sostenere e<br />
sempre pensando a quanto difficile risulti un discorso<br />
di tale portata culturale che presuppone un'azione<br />
svolta in forma integrata i tra produttori per la<br />
conoscenza del mercato (in senso assai ampio) e la<br />
presenza e il presidio su ciò che avviene durante il<br />
flusso di merci ed informazioni fino al consumo<br />
finale e di conoscenza dal consumo finale.<br />
L'indagine diretta rafforza la pregressa e diffusa<br />
conoscenza sulla scarsa propensione all'integrazione<br />
tra imprenditori vuoi orizzontale (tra allevatori<br />
per agire sui costi di produzione) che verticale<br />
(tra allevatori di vitelli da ristallo e ingrassatori e<br />
ancora tra allevatori e distribuzione, per agire nella<br />
contrattazione e sui prezzi). L'arrivo di una nuova<br />
generazione di allevatori (giovani, ma ancora pochi<br />
tra le aziende esaminate) sembra possa aprire nuovi<br />
orizzonti collaborativi. Di contro, esisterebbe da<br />
parte della GD, soprattutto cooperativa, un forte<br />
interesse ai rapporti di organizzazione e integrazione<br />
tra gli allevatori sia sul piano informativo che<br />
logistico: analisi e risposta alla stagionalità <strong>dei</strong><br />
consumi, comunicazione e condivisione delle<br />
informazioni, allargamento della gamma, schemi<br />
condivisi di alimentazione bestiame, sviluppo del-<br />
l'offerta e nuovi mercati ecc. In definitiva, si può<br />
parlare di un punto di debolezza del sistema dell'offerta<br />
ovvero delle aziende nel loro complesso.<br />
Il punto di forza delle singole imprese, che<br />
mette in ombra anche le esigenze interorganizzative<br />
di cui sopra, è dato finora dallo sbocco garantito<br />
dal mercato locale per la forza della tradizione<br />
nel consumo di carne chianina. In definitiva si tratta<br />
di una nicchia di mercato cui si aggiunge la<br />
domanda da parte del turismo via ristorazione privata<br />
(per la "bistecca alla fiorentina"). Il relativo<br />
punto di debolezza sta nella visione ristretta degli<br />
allevatori che non percepiscono in maniera chiara<br />
la possibilità di estendere la nicchia anche al di<br />
fuori del proprio ambiente attraverso strumenti di<br />
comunicazione ovvero di conoscenza e apprendimento<br />
da parte di quella parte del mondo <strong>dei</strong> consumatori<br />
attento ai prodotti differenziati e disposto<br />
a pagare un plus di prezzo per soddisfare questa<br />
esigenza.<br />
I mezzi a disposizione per questa promozione<br />
sono diversi e consistono, in mancanza di una<br />
massa critica anche collettiva d'offerta che permetta<br />
di avvicinarsi a forme costose di comunicazione<br />
e pubblicità, in pubblicità su media specializzati,<br />
promozioni localizzate in fiere, meeting ed eventi<br />
speciali, testimonial particolari, fino a pensare di<br />
potenziare l'autonomo sistema del passaparola<br />
attraverso un "passaparola organizzato" (tutto da<br />
impostare) o la creazione ad arte di momenti specifici<br />
per richiamare l'attenzione della pubblica opinione<br />
e <strong>dei</strong> massmedia sui comportamenti scorretti<br />
di alcuni operatori economici e virtuosi <strong>dei</strong> produttori<br />
di carne chianina, con effetto positivo di ricaduta<br />
sugli allevatori quasi a costo zero.<br />
In ogni caso tutto ciò comporta una consapevolezza<br />
della posta in gioco in primo luogo da parte<br />
<strong>dei</strong> produttori che devono cominciare a ragionare<br />
in termini più strategici, organizzativi e commerciali<br />
che agricolo-produttivi. Questa è la scommessa<br />
verso se stessi che proponiamo agli allevatori di<br />
razza Chianina attuali o potenziali (come i tabacchicoltori<br />
o ex-tabacchicoltori in fieri).<br />
Bibliografia<br />
Malevolti I., (2003), Prodotti tipici locali tradizionali e turismo<br />
rurale, IRPET, Firenze<br />
Malevolti I., (2003), "Umbria: i prodotti tipici locali e tradizionali<br />
tra turismo culturale e pellegrinaggio religioso", in<br />
Canavari M., Malevolti I., Agroalimentare e flussi turistici,<br />
Edizioni Avenue Media, Bologna
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 157<br />
La razza suina Cinta Senese a partire dall'inizio<br />
degli anni '90 ha avuto un incremento numerico<br />
sostanziale. Se infatti fino al 1992 erano registrati<br />
meno di 40 soggetti in totale, nel 2006 un'indagine<br />
ARSIA contava 155 aziende con 1500 scrofe e 250<br />
verri; il numero di aziende è ancora aumentato tanto<br />
che il sito ANAS per la razza riporta alla fine del<br />
2007, 214 aziende che allevano soggetti di razza<br />
Cinta Senese. Questo incremento numerico è legato<br />
all'interesse che è stato riservato ai prodotti di Cinta<br />
Senese dal mercato; i prodotti derivati da questa<br />
razza hanno infatti rapidamente conquistato una fetta<br />
di mercato, ancorché ridotta, ma formata da consumatori<br />
disposti a spendere cifre sostanzialmente più<br />
elevate. Questi consumatori oltre a riconoscere alcune<br />
caratteristiche organolettiche peculiari nei prodotti<br />
derivati dalla razza, identificano la Cinta Senese<br />
con un sistema di allevamento più attento alla salute<br />
ed al benessere sia del consumatore sia degli animali<br />
stessi. Il sistema di conduzione tradizionale prevede<br />
infatti l'allevamento outdoor sfruttando le risorse<br />
del bosco e l'integrazione alimentare nei periodi di<br />
ridotte disponibilità alimentari ma è bene ricordare<br />
che il solo bosco nelle condizioni italiane non può<br />
permettere l'allevamento di un numero sostanziale di<br />
soggetti a meno di non avere a disposizione superfici<br />
vastissime su cui far sussistere gli animali.<br />
<strong>Co</strong>munque la conversione di aziende che coltivano<br />
tabacco ad aziende zootecniche basate sull'impiego<br />
della Cinta Senese è una alternativa plausibile e conveniente<br />
a patto che la filiera produttiva si diversifichi<br />
da quella del suino classico.<br />
Difatti, a fronte di una sostanziale soddisfazione<br />
per i prezzi che riescono a spuntare gli allevatori<br />
che operano anche la trasformazione, i soli allevatori<br />
spuntano prezzi decisamente non competitivi;<br />
prezzi che risentono della crisi che ha investito<br />
il settore suinicolo in questi ultimi anni. A livello<br />
nazionale infatti il prezzo <strong>dei</strong> suini è calato di un<br />
10% nel 2007 e si è avuta anche una contrazione<br />
nel consumo pro capite; al produttore oggi viene<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 157<br />
L'allevamento della razza suina Cinta Senese come alternativa<br />
alla coltivazione del tabacco in Toscana<br />
Bozzi R 1<br />
Dipartimento di Scienze Zootecniche - Università di Firenze.<br />
TF 0553288355 FAX 055321216<br />
email: riccardo.bozzi@unifi.it<br />
corrisposto un prezzo di poco superiore di 1 €/kg<br />
senza che peraltro si sia osservata una riduzione <strong>dei</strong><br />
prezzi al dettaglio.<br />
È ovvio che in una situazione così variegata la<br />
decisione di allevare Cinta Senese non può prescindere<br />
da alcune scelte aziendali e la conversione<br />
potrà essere di interesse per quelle aziende che riescono<br />
a far coesistere le produzioni agronomiche<br />
(mais, grano, orzo, ecc….) con il successivo pascolo<br />
in campo <strong>dei</strong> suini ed una presenza sostanziale di<br />
superficie boschiva per la fase di finissaggio<br />
(castagna e ghianda) <strong>dei</strong> soggetti da ingrasso sarebbe<br />
preferibile. A tale riguardo dovrà inoltre essere<br />
tenuto conto dell'effetto che la permanenza in<br />
bosco <strong>dei</strong> suini provoca all'ambiente forestale; il<br />
carico animale dovrà essere ridotto al minimo e<br />
costantemente monitorato in modo da evitare rischi<br />
di sovrapascolamento. La fase di allevamento è<br />
stata comunque largamente indagata in questi anni<br />
e le risultanze sperimentali forniscono ai futuri<br />
allevatori quelle nozioni fondamentali per l'avviamento<br />
dell'attività. Si potrà appunto prevedere un<br />
sistema di allevamento outdoor a patto che siano<br />
disponibili ampie estensioni e periodi lunghi di<br />
allevamento ponendo una particolare attenzione ai<br />
boschi, oppure prevedere un allevamento di tipo<br />
classico (indoor) che si troverà però ad affrontare<br />
gli stessi se non maggiori problemi di quelli che si<br />
riscontrano nell'allevamento <strong>dei</strong> suini "bianchi".<br />
Dove invece è necessaria una profonda riflessione<br />
è proprio al riguardo della filiera produttiva.<br />
Il settore che presenta delle carenze sostanziali per<br />
una reale redditività dell'allevamento è proprio<br />
questo; in un contesto come quello suinicolo nazionale<br />
la redditività di tali produzioni è strettamente<br />
legata alla possibilità di creare una filiera corta, trovare<br />
il sistema per "reggere il prezzo" (qualità,<br />
sicurezza, ….), porre attenzione a non inflazionare<br />
il mercato. Il primo aspetto, filiera corta, è imprescindibile,<br />
le consistenze degli allevamenti portano<br />
infatti ad una eccessiva frammentazione dell'offerta,<br />
a fronte di una domanda concentrata in larga<br />
parte nella GDO si viene così a creare una filiera<br />
che allo stato attuale risulta fortemente frammentata<br />
e fonte di instabilità (figura 1). In un contesto
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 158<br />
158 Bozzi<br />
L’allevanento della Cinta senese...<br />
Fig. 1. Analisi <strong>dei</strong> momenti di filiera<br />
come quello della Cinta Senese la filiera corta deve<br />
giocoforza prevedere delle forme di associazionismo<br />
tra allevatori al duplice scopo di garantire il<br />
consumatore sul prodotto fornito e di essere competitivi<br />
come offerta di mercato. Un sistema in tal<br />
senso potrebbe consentire di inglobare il divario tra<br />
prezzo a peso vivo e prezzo del prodotto trasformato<br />
come reddito dell'allevatore, condizione fondamentale<br />
per la sopravvivenza degli allevamenti.<br />
<strong>Al</strong>tro aspetto importante è la necessità di "reggere<br />
il prezzo" sul mercato e nel lungo periodo<br />
questo potrà essere ottenuto solo attraverso una<br />
caratterizzazione del prodotto e una sicura filiera di<br />
tracciabilità genetica e alimentare. La forte oscillazione<br />
<strong>dei</strong> prezzi è infatti dovuta da un lato, come<br />
ricordato prima, alla difficoltà della filiera ma dall'altro<br />
alla presenza sul mercato di prodotti di non<br />
ben definita origine.<br />
La rapida e ampia diffusione <strong>dei</strong> prodotti di<br />
Cinta Senese ha in effetti rappresentato un punto di<br />
debolezza del sistema, perché, come è accaduto per<br />
altre produzioni, la possibilità di controllo è solo a<br />
livello documentale ed è quindi possibile<br />
trovare in commercio prodotti con<br />
caratteristiche qualitative inferiori.<br />
Tutto questo crea un grosso danno sia<br />
per i produttori che per l'immagine<br />
della zona di produzione e soprattutto<br />
per il consumatore che acquista prodotti<br />
che non sempre presentano quelle<br />
caratteristiche di tipicità e qualità.<br />
Ecco quindi che risulta di particolare<br />
importanza creare la possibilità di tracciare<br />
a livello genetico ed alimentare il<br />
prodotto. <strong>Al</strong> riguardo è di sicuro interesse<br />
la recente presentazione di una<br />
DOP per i prodotti di Cinta Senese con<br />
la denominazione di "Suino Cinto<br />
Toscano DOP" ad opera del <strong>Co</strong>nsorzio<br />
di Tutela del Suino Cinto Toscano.<br />
In sintesi la possibilità di allevare<br />
la razza suina Cinta Senese come alternativa alla<br />
coltivazione del tabacco si può rivelare fattibile<br />
solo per particolari aziende e avendo bene a mente<br />
le reali condizioni del mercato suinicolo nazionale.<br />
La redditività dell'allevamento sarà infatti garantita<br />
se i prodotti potranno essere venduti a prezzi<br />
sostanzialmente superiori a quelli del mercato suinicolo<br />
tradizionale; per ottenere questo surplus sarà<br />
però necessario fornire prodotti con elevate caratteristiche<br />
qualitative e di sicura origine. Le aziende<br />
che potranno favorevolmente convertirsi a questa<br />
produzione saranno quelle di dimensioni medio<br />
grandi con ampi appezzamenti boschivi a disposizione<br />
e in grado di inserirsi rapidamente in un contesto<br />
di filiera corta. Trattandosi poi di una produzione<br />
sostanzialmente di nicchia potrebbe essere<br />
considerata come valida la possibilità di inserire la<br />
produzione di suini di Cinta Senese in scala ridotta<br />
in un contesto più ampio di allevamento zootecnico<br />
se non addirittura in una realtà agrituristica con<br />
il consumo interno <strong>dei</strong> prodotti derivati dall'allevamento<br />
suinicolo.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 159<br />
Il cavallino di Monterufoli: dati biometrici<br />
Tocci R 1 Sargentini C 1 , Giorgetti A 1 , Lorenzini G 1 ., Gallai S 1<br />
Introduzione<br />
Il cavallino di Monterufoli è una razza toscana a<br />
rischio estinzione ed è originario dell'omonima<br />
area in provincia di Pisa, dove ebbe inizio la selezione<br />
ed il miglioramento di questo tipo genetico,<br />
anche attraverso l'intervento, su una popolazione<br />
originaria, di riproduttori Maremmani, Tolfetani,<br />
Orientali (Arzilli, 2006). Il recupero del tipo genetico<br />
ha avuto inizio negli anni '80 e al momento<br />
sono presenti circa 220 soggetti. Questa Unità di<br />
ricerca ha avviato, fin dal 2005, un lavoro di caratterizzazione<br />
morfologica e genetica i cui primi<br />
<strong>risultati</strong> sono stati illustrati in precedenti comunicazioni<br />
(Tocci R., 2006). In questa sede sono riportati<br />
gli ultimi aggiornamenti di tale attività.<br />
Materiali e metodi<br />
I dati biometrici sono stati rilevati in 32<br />
Monterufolini adulti (26 femmine e 6 maschi)<br />
allevati in 6 allevamenti. Su ogni cavallo sono<br />
state effettuate 26 misurazioni (Catalano, 1984).<br />
L'altezza al garrese e l'altezza alla groppa sono<br />
state misurate tramite ippometro, le larghezze<br />
con compasso misuratore, le lunghezze e le circonferenze<br />
con nastro metrico. È stato calcolato<br />
inoltre l'Indice <strong>Co</strong>rporeo (Catalano, 1985;<br />
Meregalli, 1980). Su tutte le misure, per femmine<br />
e stalloni, sono state calcolate la media e la<br />
deviazione standard; è stata inoltre valutata la<br />
frequenza percentuale di alcuni caratteri morfologici.<br />
I dati biometrici sono infine stati confrontati<br />
con quelli del 1947, data cui risale il primo<br />
"standard di razza".<br />
Risultati e discussione<br />
I dati aggiornati ottenuti attraverso le ricerche<br />
effettuate hanno confermato che il cavallino di<br />
Monterufoli presenta altezza al garrese, circonferenza<br />
toracica e circonferenza dello stinco (tab.1)<br />
paragonabili a quelli riportati in bibliografia<br />
(Arzilli, 2006; Gandini G, Rognoni G., 1997) e<br />
negli "standard di razza" (http://www.aia.it/, 2006).<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università<br />
degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE Tel . +390553288333,<br />
E-mail roberto.tocci@unifi.it<br />
Fig. 1. Cavallino di Monterufoli<br />
<strong>Ta</strong>b.1. Biometrie di femmine e maschi adulti<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 159<br />
Dal confronto con i dati storici (Braccini, 1947)<br />
emerge invece una morfologia leggermente diversa<br />
da quella del Monterufolino del 1947, quando la<br />
razza aveva raggiunto probabilmente la sua massima<br />
diffusione (tab. 2). Il "vecchio cavallino" era<br />
più alto tendenzialmente più dolicomorfo rispetto<br />
al "Monterufolino moderno" (Tocci et al., 2007).<br />
Le caratteristiche principali e peculiari di questo<br />
cavallo, sono date da mantello morello, testa conica,<br />
profilo montonino, criniera e coda di colore<br />
scuro, zoccolo resistente (tab. 3). Il suo allevamento<br />
potrebbe costituire un'alternativa o un'integrazione<br />
zootecnica alla tabacchicoltura: rappresenta<br />
<strong>Ta</strong>b.2. <strong>Co</strong>nfronto tra le biometrie delle femmine adulte del 1947 e<br />
quelle attuali
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 160<br />
160 Tocci<br />
<strong>Ta</strong>b.3. Principali caratteri morfologici<br />
infatti una forte attrattiva dal punto di vista turistico<br />
e culturale che può dare un valore aggiunto a<br />
tutte le Aziende che si occupano o che intendono<br />
occuparsi di ippicoltura. Recentemente è stata<br />
avviata una prova, finanziata dall'ARSIA, per valutare<br />
le oggettive idoneità alle due attitudini principali,<br />
la sella e gli attacchi.<br />
I primi due cavalli hanno già raggiunto il centro<br />
ippico di addestramento ed i buoni <strong>risultati</strong> ottenuti<br />
nell'ambito delle prime fasi di pratica lasciano<br />
ben sperare sul futuro di questa razza.<br />
Citazioni bibliografiche:<br />
Aia, 2007 http://www.aia.it/.<br />
Il cavallino di Monterufoli...<br />
Arzilli, L.. Cavallino di Monterufoli. In: AA.VV., Risorse genetiche<br />
animali autoctone della Toscana, pp. 191. ARSIA,<br />
FIRENZE, 2006.<br />
Braccini A.. Cavallino di Monterufoli. XLV<strong>II</strong>I, 1-8,<br />
L'Agricoltura italiana, 1947.<br />
Catalano, A.L., 1984. Valutazione morfo-funzionale del cavallo<br />
Igiene ed Etnologia. Goliardica Editrice, Noceto, (PR),<br />
Italy, pp. 143.<br />
Gandini G., Rognoni G.. Atlante etnografico delle popolazioni<br />
equine ed asinine italiane, pp.142. CittàStudiEdizioni.<br />
Milano, Italy, 1997.<br />
Meregalli, A.. <strong>Co</strong>noscenza morfofunzionale degli animali<br />
domestici, pp. 300. Liviana Ed., Padova, Italy, 1980.<br />
Tocci R.. Il cavallino di Monterufoli. Atti Seminario "Le alternative<br />
zootecniche e faunistiche alla coltura del tabacco in<br />
Toscana e Umbria". <strong>Co</strong>rtona, 13 dicembre. In press. 2006<br />
Importanza della tutela della diversità animale.<br />
Caratterizzazione di due razze toscane a rischio estinzione:<br />
il Cavallo di Monterufoli e l'Asino dell'Amiata. Tesi di<br />
Laurea, 2006.<br />
Tocci R., Sargentini C., Giorgetti A., Lorenzini G., Benedettini<br />
A.. il Cavallino di Monterufoli: morfologia e biometria. Atti<br />
del 9° <strong>Co</strong>nv. Nuove acquisizioni in materia di ippologia.<br />
Perugia, 22 giugno 2007.<br />
Tocci R., Sargentini C., Lorenzini G., Degl'Innocenti P., Bozzi<br />
R., Giorgetti A., Morphological characteristics of<br />
"Monterufoli horse". Ital. J. Anim. Sci. 2007 29 May-1 Jun;<br />
6 (1), 657-659. 2007.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 161<br />
Caratteri biometrici dell'Asino dell'Amiata<br />
Tocci R 1<br />
Introduzione<br />
L'asino dell'Amiata può rappresentare una valida<br />
alternativa o integrazione alla tabacchicoltura ove<br />
sia presente un interesse imprenditoriale nei confronti<br />
di attività innovative quali: produzione di<br />
latte non convenzionale, centri agrituristici, centri<br />
ippici di vario tipo. Il latte di asina, anche se purtroppo<br />
non è ancora riconosciuto come alimento<br />
dalla legislazione nazionale, ha caratteristiche<br />
organolettiche molto simili a quelle del latte<br />
umano. <strong>Al</strong> pari di questo infatti presenta un ridotto<br />
contenuto in proteine ed un elevato contenuto in<br />
lattosio e simile è anche il contenuto di sali minerali<br />
(Civardi, 2000); risulta pertanto ideale per<br />
allattare i bambini allergici al latte vaccino e rappresenta<br />
comunque un'alternativa al latte liofilizzato.<br />
Il latte di asina ha inoltre un contenuto di acidi<br />
grassi polinsaturi del tutto simile a quello di donna<br />
ed è molto ricco di lisozima, sieroproteina caratterizzata<br />
da elevate proprietà antibatteriche, in grado<br />
di proteggere il neonato da possibili patologie e che<br />
rende questo prodotto meno deperibile del latte di<br />
mucca (Civardi, 2000). Il latte di asina è infine particolarmente<br />
ricco, in confronto ad altri di diverse<br />
specie animali, di acidi grassi polinsaturi, che svol-<br />
Fig. 1. Asino dell’Amiata<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università<br />
degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE Tel . +390553288333,<br />
E-mail roberto.tocci@unifi.it<br />
Fig. 2. Puledro dell’Amiata<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 161<br />
gono un ruolo importante per la salute umana ed in<br />
particolar modo per il sistema immunitario ed<br />
hanno capacità antinfiammatorie e di prevenzione<br />
di malattie cardiovascolari (Civardi, 2000).<br />
Nell'ambito delle azioni di recupero di questa<br />
razza in via di estinzione, l'unità di ricerca ha<br />
avviato fin dal 2005 un percorso di caratterizzazione<br />
morfologica teso anche alla ri-definizione degli<br />
standard di razza. In una precedente comunicazione<br />
(Tocci R., 2006) erano stati riportati i primi<br />
<strong>risultati</strong> biometrici provenienti da 11 soggetti. In<br />
questa sede sono presentati gli aggiornamenti eseguiti<br />
con le attività svolte nel periodo 2006/2007.<br />
Materiale e metodi<br />
Sono stati misurati 56 soggetti adulti (48 fattrici e<br />
8 stalloni) presenti in 9 aziende. Su ogni soggetto<br />
sono state effettuate 26 misurazioni (Catalano,<br />
1984). L'altezza al garrese e l'altezza alla groppa<br />
sono state misurate tramite ippometro, le larghezze<br />
con compasso misuratore, le lunghezze e le circonferenze<br />
con nastro metrico. È stato calcolato inoltre<br />
l'Indice <strong>Co</strong>rporeo (Catalano, 1984; Meregalli,<br />
1980). Su tutte le misure, per femmine e stalloni, è<br />
stata calcolata la media, ed è stata inoltre valutata<br />
la frequenza percentuale di alcuni caratteri morfologici.<br />
Risultati e conclusioni<br />
Gli aggiornamenti biometrici relativi all'asino<br />
dell'Amiata hanno confermato e rafforzato l'andamento<br />
già emerso dal precedente studio: le biome-
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 162<br />
162 Tocci<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. biometrie di femmine e maschi adulti<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. principali caratteri morfologici<br />
trie (tab. 1) sono molto simili a quelle riportate nei<br />
vecchi standard di razza e nella bibliografia relativamente<br />
più recente (Gandini G., Rognoni G.,<br />
1997). La popolazione-reliquia attuale, di struttura<br />
corporea meso-dolicomorfa, risulta quindi pratica-<br />
Dati biometrici Asino dell’Amiata...<br />
mente identica, almeno dal punto di vista morfologico,<br />
a quella, ben più numerosa, della prima metà<br />
del secolo scorso. Sono state inoltre confermate<br />
tutte le principali caratteristiche morfologiche<br />
(tab. 2), rappresentate dal mantello sorcino, dalla<br />
croce scapolare, dalle zebrature agli arti, dallo zoccolo<br />
resistente e di colore scuro.<br />
Citazioni bibliografiche<br />
Catalano, A.L., Valutazione morfo-funzionale del cavallo Igiene<br />
ed Etnologia. Goliardica Editrice, Noceto, (PR), Italy, pp.<br />
143, 1984.<br />
Civardi G. Studio del latte di equidi in funzione di un suo utilizzo<br />
in alimentazione umana. Tesi di Dottorato, 2000.<br />
Gandini G., Rognoni G.. Atlante etnografico delle popolazioni<br />
equine ed asinine italiane, pp.142. CittàStudiEdizioni.<br />
Milano, Italy, 1997.<br />
Gianangeli B. Salvaguardia e valorizzazione del germoplasma<br />
autoctono toscano: caratterizzazione morfologica dell'asino<br />
dell'Amiata. Tesi di Laurea, 2006.<br />
Meregalli, A.. <strong>Co</strong>noscenza morfofunzionale degli animali<br />
domestici, pp. 300. Liviana Ed., Padova, Italy, 1980.<br />
Tocci R.. L'Asino dell'Amiata. Atti Seminario "Le alternative<br />
zootecniche e faunistiche alla coltura del tabacco in<br />
Toscana e Umbria". <strong>Co</strong>rtona, 13 dicembre. In press. 2006
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 163<br />
Premessa<br />
L'attribuzione di una popolazione numericamente<br />
molto ridotta a un tipo genetico antico, sul quale<br />
non sono possibili acquisizioni provenienti dalla<br />
genetica molecolare, è sempre molto difficoltosa.<br />
Mancando una base genetica di riferimento il percorso<br />
di accertamento della sopravvivenza della<br />
razza deve necessariamente seguire vie più complesse<br />
e orientate in diverse direzioni: analisi storica;<br />
testimonianze scritte o orali; rilievi morfologici<br />
sui presunti superstiti e loro confronto con il<br />
materiale iconografico esistente e con i dati biometrici<br />
reperibili in letteratura riguardanti la razza;<br />
analisi genetiche <strong>dei</strong> presunti superstiti confrontate<br />
con quelle di razze ancora esistenti, vicine dal<br />
punto di vista fenotipico e/o geografico, per escludere<br />
l'appartenenza <strong>dei</strong> superstiti alle stesse, come<br />
semplici ecotipi locali. Questo approccio è stato<br />
seguito anche per la razza suina Macchiaiola<br />
maremmana.<br />
L'analisi storica<br />
<strong>Co</strong>me tutte le antiche razze suine italiane, ampiamente<br />
rappresentate fino alla prima metà del secolo<br />
scorso, la Macchiaiola deriva da materiale genetico<br />
autoctono, con successiva, parziale introgressione<br />
genetica di suini orientali. Informazioni ottenute<br />
da reperti osteologici di siti neolitici ubicati<br />
nell'alto Lazio e in Toscana sembrano suggerire<br />
una domesticazione locale di cinghiali che escluderebbe<br />
l'introduzione di maiali coevi già domestici,<br />
caratterizzati da parametri somatici diversi<br />
(<strong>Ta</strong>gliacozzo, 2002). <strong>Co</strong>n l'affermarsi della civiltà<br />
Etrusca, l'allevamento del maiale divenne predominante<br />
su quello delle altre specie e anche dopo l'occupazione<br />
romana l'allevamento in Toscana continuò<br />
a basarsi soprattutto sui suini, con sistemi di<br />
allevamento intensivi nelle aree suburbane ed<br />
estensivi nelle foreste quercine di pianura o nei<br />
boschi misti di collina. Dopo la caduta dell'Impero<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 163<br />
Un'antica razza da salvare: il maiale Macchiaiolo maremmano<br />
Giorgetti 1 , Gallai S 1 , Ciani F 2 , Sargentini C 1 , Lorenzini G 1 , Tocci R 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università<br />
degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE . Tel . +390553288356<br />
E-mail alessandro.giorgertti@unifi.it<br />
2 <strong>Co</strong>nSDABI (<strong>Co</strong>nsorzio per la Sperimentazione, Divulgazione e<br />
Applicazione di Biotecniche Innovative) - National Focal Point<br />
FAO - Benevento<br />
Fig. 1. Maiali di razza Macchiaiola<br />
Romano, la forte contrazione <strong>dei</strong> coltivi a vantaggio<br />
<strong>dei</strong> boschi offrì spazio abbondante all'allevamento<br />
brado, soprattutto suino (Ciani, 2003),<br />
retaggio dell'allevamento estensivo dell'epoca<br />
romana e prediletto dai Longobardi. I maiali<br />
medievali, progenitori delle razze autoctone italiane<br />
erano abbastanza diversi da quelli della precedente<br />
epoca romana e assomigliavano di più ai cinghiali,<br />
a causa del frequente accoppiamento fra<br />
scrofe domestiche e verri selvatici che numerosi<br />
popolavano ovunque gli habitat toscani. Nella<br />
seconda metà del XV<strong>II</strong> secolo maiali orientali furono<br />
importati in Italia per essere incrociati con le<br />
popolazioni suine primitive indigene; il successivo<br />
esteso meticciamento che si diffuse in tutto il paese<br />
dette origine a varietà locali, le vere progenitrici<br />
delle attuali razze autoctone.<br />
La Macchiaiola maremmana moderna e il<br />
suo recupero<br />
La Macchiaiola maremmana fino agli inizi del XX<br />
secolo era diffusa in tutta la Toscana e Mascheroni<br />
ne descrive le caratteristiche morfologiche e i principali<br />
parametri biometrici (Mascheroni, 1927).<br />
Negli anni '30 la razza fu anche incrociata, a scopo<br />
di sostituzione, con la Cinta senese, ma fortunatamente<br />
la sostituzione non fu integrale. E' stato così<br />
possibile avviare un percorso di studio, indagine e<br />
ricerca volto a: 1) verificare la corrispondenza<br />
morfologica tra i soggetti recuperati e il materiale<br />
iconografico e scritto relativo alla razza; 2) preparare<br />
standard fenotipici aggiornati, attraverso rile-
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 164<br />
164 Giorgetti et al<br />
Il maiale Macchiaiolo maremmano...<br />
vazioni periodiche del peso e degli altri parametri<br />
biometrici alle diverse età; 3) eseguire una caratterizzazione<br />
genetica (in collaborazione con il<br />
<strong>Co</strong>nSDABI), finalizzata a: i) verificare la distanza<br />
genetica tra questi soggetti e la razza Cinta senese;<br />
ii) verificare la distanza genetica tra questi soggetti<br />
e le altre razze autoctone italiane; iii) misurare il<br />
grado di somiglianza genetica con le altre razze<br />
autoctone e stabilire le relazioni filogenetiche.<br />
Tutte queste attività sono attualmente in corso di<br />
esecuzione. Per quanto riguarda in particolare il<br />
punto 1., le caratteristiche morfologiche di oltre 60<br />
soggetti (circa 20 riproduttori tra maschi e femmine)<br />
appartenenti a 5 diversi allevamenti di 4 province<br />
toscane, hanno soddisfatto i parametri morfologici<br />
considerati tipici della razza; a parte alcune<br />
affinità con la Cinta senese, le forme del<br />
Macchiaiolo rispettano i canoni caratteristici di<br />
suini più carnaioli, rotondi e con profili relativamente<br />
convessi. Per quanto riguarda il punto 2.<br />
sono stati eseguiti rilievi biometrici su 12 soggetti<br />
di diverso sesso e differente età; nonostante si tratti<br />
di un numero esiguo le misure corrispondono a<br />
quelle riportate da Mascheroni nel 1927. Per quan-<br />
to riguarda infine il punto 3. è iniziata, su 18 soggetti,<br />
la raccolta di sangue e di pelo, matrici dalle<br />
quali è stato estratto il DNA per le analisi genetiche.<br />
I primi <strong>risultati</strong> sembrano confermare l'appartenenza<br />
a un gruppo genetico a sé stante, diverso in<br />
particolare dalle altre razze autoctone toscane, e<br />
l'esistenza di livelli di eterozigosi sufficienti ad<br />
intraprendere un'opera di selezione e miglioramento<br />
genetico per il recupero e la valorizzazione di<br />
questa antica, nobile razza.<br />
Citazioni bibliografiche.<br />
<strong>Al</strong>derson L. "The change to survive. Rare breeds in a changing<br />
world". Ed. Cameron & <strong>Ta</strong>yleur. London. 1978.<br />
Ciani F. "Evoluzione storica <strong>dei</strong> tipi genetici autoctoni suini, a<br />
rischio di estinzione o in stato di abbandono, dell'Emilia<br />
Romagna: strategie di recupero, conservazione e valorizzazione".<br />
In Atti del Seminario di Studio "La cultura delle<br />
produzioni suine nel territorio della Val d'Enza", 16 settembre.<br />
<strong>Co</strong>mune di Bibbiano (RE). 2003.<br />
Morton J.R. "Birth of the British pig". In "The ARK",<br />
Settember; Ed. Rare Breeds Survival Trust. Kenilworth<br />
(GB). 312-314. 1987.<br />
<strong>Ta</strong>gliacozzo A. " L' allevamento e l'alimentazione di origine animale<br />
tra il Neolitico e l'età <strong>dei</strong> metalli : i dati archeozoologici".<br />
In "Storia dell'Agricoltura Italiana, l'Età Antica",<br />
Accademia <strong>dei</strong> Georgofili. Ed. Polistampa. Firenze. 2002.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 165<br />
Premessa<br />
A partire dai dati riportati in una precedente comunicazione<br />
(Gallai S. et al, 2006) è stato effettuato<br />
un censimento completo nella provincia di<br />
Grosseto.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati visitati tutti gli allevamenti ovini della<br />
provincia di Grosseto nei quali era stata segnalata<br />
la presenza della razza. Tutti i soggetti presenti<br />
sono stati esaminati sotto l'aspetto morfologico e<br />
sono state raccolte notizie e informazioni sulle<br />
aziende e sugli animali in esse presenti attraverso<br />
incontri e colloqui con gli allevatori.<br />
Risultati e discussione<br />
Sono stati individuati 18 allevamenti, con una<br />
popolazione complessiva, morfologicamente assegnabile<br />
al tipo genetico "Pecora dell'Amiata", di<br />
1282 pecore e 36 montoni. La consistenza della<br />
razza, ancorché modesta, risulterebbe quindi di<br />
gran lunga superiore rispetto a quanto ipotizzato in<br />
una precedente comunicazione (Gallai et al, 2006).<br />
In tutti i soggetti la testa appare leggera con profilo<br />
rettilineo o appena convesso; le orecchie sono<br />
piccole e portate orizzontalmente; il collo è esile. Il<br />
vello si presenta semi-chiuso, a bioccoli conici, di<br />
colore bianco sporco; solo il ventre e la parte distale<br />
degli arti (avambraccio e gamba anatomica)<br />
sono scoperti. La lana copre parzialmente le guance<br />
e non supera il sincipite. Tutte queste caratteristiche<br />
sono perfettamente corrispondenti agli standard<br />
dell'antica popolazione. <strong>Co</strong>ntrariamente a<br />
quanto segnalato in passato (anni '30), non sono<br />
invece state riscontrate macchie nere o marroni sul<br />
vello, peraltro presenti nella prima metà del secolo<br />
scorso su un numero esiguo di soggetti; dal punto<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 165<br />
Una razza antica da salvare: la pecora dell'Amiata e delle<br />
Crete senesi<br />
Giorgetti 1 , Gallai S 1 , Ciani F 2 , Sargentini C 1 , Lorenzini G 1 , Tocci R 1 ,<br />
Diodato F 1<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università<br />
degli Studi di Firenze.<br />
Via delle Cascine, 5 - 50144 FIRENZE . Tel . +390553288356<br />
E-mail alessandro.giorgertti@unifi.it<br />
2 <strong>Co</strong>nSDABI (<strong>Co</strong>nsorzio per la Sperimentazione, Divulgazione e<br />
Applicazione di Biotecniche Innovative) - National Focal Point<br />
FAO - Benevento<br />
Fig.1. Gregge di pecore dell’Amiata<br />
di vista della pigmentazione la popolazione attuale<br />
si presenta quindi più omogenea. Parzialmente<br />
diversa è la situazione riguardante le corna.<br />
Normalmente le femmine di pecora dell'Amiata<br />
erano acorni ed in effetti tutte le 1282 pecore assegnate<br />
alla razza sono prive di corna. Dei 36 montoni<br />
presenti invece solo poco più della metà (19)<br />
sono cornuti, mentre nel secolo scorso la percentuale<br />
<strong>dei</strong> maschi con corna superava il 90%. Si<br />
pone quindi il problema di un'accettazione di tali<br />
soggetti i quali, pur presentando morfologia tipica<br />
della pecora dell'Amiata, sono sprovvisti delle<br />
corna, carattere che si potrebbe considerare distintivo<br />
della razza. Poiché però anche in passato, sia<br />
pure con incidenza minore, erano presenti montoni<br />
acorni, sembra opportuno, in questa fase di ridotta<br />
numerosità, non scartare a priori questi soggetti ma<br />
utilizzarne i migliori, con cautela e parsimonia, al<br />
fine di non perdere complessi genici . D'altra parte<br />
storicamente è presente nella razza una certa variabilità,<br />
anche nell'ambito dello stesso allevamento,<br />
retaggio di antichi apporti genetici di diverse razze<br />
o razze-popolazioni. Ancora negli anni '30 si osservavano<br />
sul Monte Amiata, e in particolare sul<br />
Monte Labbro, individui fortemente merinizzati<br />
tendenti in modo spiccato al tipo "maremmano",<br />
caratterizzati da una taglia ridotta, da una buona<br />
produzione di latte e di lana e relativamente omogenei.<br />
Nei greggi del versante senese invece la
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 166<br />
166<br />
Giorgetti et al<br />
Fig.2. Pecora dell’Amiata<br />
La pecora dell’amiata...<br />
popolazione era più eterogenea e spesso molti soggetti<br />
presentavano sproporzioni fra altezza degli<br />
arti e tronco, copertura lanosa più limitata e produzione<br />
lattifera più scarsa; per questo vi furono<br />
anche occasionali incroci con la Bergamasca e<br />
L'Ile de France. La popolazione moderna di pecora<br />
dell'Amiata sembra molto più simile a quella più<br />
gentile del monte Labbro.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 167<br />
Introduzione<br />
Per valutare le potenzialità produttive dell'allevamento<br />
biologico caprino per la produzione di latte<br />
destinato alla caseificazione aziendale, che può<br />
rappresentare, in particolari situazioni, un' alternativa<br />
o una fonte integrativa importante alla coltivazione<br />
del tabacco in alcune zone della Toscana<br />
(Lorenzini et al., 2006), sono state analizzate due<br />
aziende che sembrano ottenere positivi <strong>risultati</strong><br />
economici.<br />
Materiali e metodi<br />
Le aziende studiate sono L'Azienda S. Margherita<br />
(1), in provincia di Siena, e l'Azienda Podere Le<br />
Fornaci (2), in provincia di Firenze. La prima, che<br />
ha avviato l' attività da oltre 10 anni, ha un gregge<br />
più numeroso, la cui età media è più elevata di<br />
quella dell'allevamento Le Fornaci. S. Margherita<br />
alleva inoltre da diversi anni la razza Girgentana,<br />
più rustica ma anche meno produttiva della<br />
Camosciata, allevata nel Podere Le Fornaci. Sono<br />
stati rilevati: forma di possesso e tipo di conduzione;<br />
ubicazione altimetrica e superficie aziendale;<br />
consistenza e composizione del gregge; alimentazione;<br />
produzioni e canali di vendita.<br />
Risultati e discussione<br />
Le due aziende differiscono per titolo di possesso e<br />
forma giuridica. La 1 è azienda familiare di proprietà<br />
dell'allevatore mentre la 2 è una società semplice<br />
con terreni in affitto; entrambe sono a condu-<br />
<strong>Progetto</strong> <strong>Co</strong>.<strong>Al</strong>.<strong>Ta</strong>. <strong>II</strong> 167<br />
L’allevamento biologico della capra da latte: studio di due<br />
aziende toscane<br />
Lorenzini G 1 , Martini A 1 , SargentiniC 1 , Giorgetti A 1<br />
<strong>Ta</strong>b. 1. Produzioni di latte<br />
1 CIRSeMAF - Dipartimento di Scienze zootecniche<br />
dell'Università di Firenze, via delle Cascine, 5. 50144 Firenze.<br />
Tel. 055 3288357. Fax 055 321216.<br />
e-mail g.lorenzini@unifi.it<br />
zione diretta con salariati. Le due aziende, a fronte<br />
di una superficie a pascolo uguale (20 ha) e sufficiente<br />
alle esigenze delle greggi, mostrano una<br />
notevole differenza di estensione sia della superficie<br />
totale (80 ha la 1 e 30 ha la 2) che di quella<br />
destinata alle colture foraggere (20 ha vs 6 ha). Ciò<br />
influenza notevolmente non solo la composizione<br />
delle razioni adottate ma soprattutto i costi di allevamento:<br />
mentre la 2 deve ricorrere all'acquisto<br />
non solo della quasi totalità <strong>dei</strong> concentrati ma<br />
anche di buona parte del fieno, l'azienda 1 è pressoché<br />
autosufficiente. I due allevamenti hanno<br />
livelli produttivi unitari diversi, più elevati nella 2<br />
a causa della scelta di una razza ad alta specializzazione,<br />
ma la differente consistenza delle greggi fa<br />
sì che le produzioni annuali siano abbastanza simili<br />
(tab. 1). Entrambe le aziende si sono dotate di un<br />
caseificio aziendale nel quale trasformano direttamente<br />
il proprio latte. I prezzi effettuati<br />
dall'Azienda 1 sono più elevati e uguali per ogni<br />
tipo di formaggio, mentre l'Azienda 2 pratica prezzi<br />
variabili in base alla stagionatura, come mostrato<br />
in tabella 2. Per quanto riguarda i canali di vendita<br />
(tab. 3) le differenze sono dovute alla diversa<br />
localizzazione delle aziende. Il Podere Le Fornaci,<br />
in Chianti e quindi vicino a Firenze, riesce a commercializzare<br />
direttamente il prodotto in fiere e/o<br />
mercati di prodotti biologici e tipici locali con<br />
cadenza per lo più fissa durante l'anno. L'azienda S.<br />
Margherita, più lontana da grossi centri abitati, ha<br />
attivato invece varie forme di vendita tra le quali la<br />
fornitura ai ristoranti<br />
occupa la percentuale<br />
più importante. La<br />
vendita <strong>dei</strong> capretti,<br />
pur essendo secondaria<br />
rispetto al formaggio<br />
e concentrata in un<br />
periodo relativamente<br />
breve, rappresenta una<br />
voce non trascurabile delle entrate delle due aziende.<br />
Nel periodo prossimo alla Pasqua, quando la<br />
richiesta è maggiore, il prezzo spuntato per i<br />
capretti macellati e preparati per la vendita in ottavi,<br />
è intorno ai 14 €/kg.
GiorgettiSecondo.qxp 25/02/2008 10.11 Pagina 168<br />
168 Lorenzini et al<br />
<strong>Ta</strong>b. 2. Prezzi di vendita del latte e <strong>dei</strong> formaggi a vario grado di<br />
stagionatura<br />
<strong>Ta</strong>b. 3. Canali di vendita<br />
L’allevamento biologico della capra da latte...<br />
Citazioni bibliografiche<br />
Piano zootecnico regionale (2000)<br />
AAVV. Il germoplasma della Toscana tutela e valorizzazione.<br />
- Atti del convegno. Arsia,1999<br />
Lorenzini G., Martini A., Sargentini C., Giorgetti<br />
A. L'allevamento della capra da latte: struttura dell'allevamento<br />
biologico. Seminario "Le alternative<br />
zootecniche e faunistiche alla coltura del tabacco in<br />
Toscana e Umbria", <strong>Co</strong>rtona, 13 dicembre, 2006