Il recupero del parco - Trentino Salute
Il recupero del parco - Trentino Salute
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SPEDIZIONE IN A.P. - ART. 2 COMMA 20/B 45% - LEGGE 662/96 - DC TRENTO -<br />
Provincia Autonoma<br />
di Trento<br />
Servizio Sanitario<br />
Provinciale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Punto Omega<br />
Quadrimestrale - Nuova serie - Anno V n. 12-13/2003<br />
ALLA LLA RICERCA<br />
DELLE MENTI PERDUTE
Punto Omega<br />
Rivista quadrimestrale<br />
<strong>del</strong> Servizio Sanitario<br />
<strong>del</strong> <strong>Trentino</strong><br />
Nuova serie<br />
Anno V/dicembre 2003<br />
numero 12/13<br />
Registrazione <strong>del</strong> Tribunale<br />
di Trento n. 1036<br />
<strong>del</strong> 6.10.1999<br />
© copyright 2003<br />
Provincia Autonoma<br />
di Trento<br />
Tutti i diritti riservati.<br />
Riproduzione consentita<br />
con citazione obbligatoria<br />
<strong>del</strong>la fonte<br />
Direttore<br />
Remo Andreolli<br />
Direttore responsabile<br />
Alberto Faustini<br />
Coordinamento redazionale<br />
ed editoriale<br />
Vittorio Curzel<br />
Redazione<br />
a cura <strong>del</strong> Servizio<br />
Programmazione e ricerca<br />
sanitaria<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Questo numero è stato realizzato<br />
con la collaborazione <strong>del</strong><br />
MUSEO<br />
STORICO<br />
IN TRENTO ONLUS<br />
Hanno scritto per questo numero:<br />
Carmelo Anderle,<br />
Renzo Anderle,<br />
Pius Dejaco,<br />
Valerio Fontanari,<br />
Fabrizio Fronza,<br />
Casimira Grandi,<br />
Domenico Luciani,<br />
Giuseppe Pantozzi,<br />
Gian Piero Sciocchetti,<br />
Rodolfo Taiani,<br />
Lorenzo Toresini,<br />
Alfredo Vival<strong>del</strong>li.<br />
Grafica e impaginazione<br />
a cura <strong>del</strong> Servizio<br />
Programmazione e ricerca<br />
sanitaria<br />
Art Director<br />
Vittorio Curzel<br />
Progetto grafico<br />
Giancarlo Stefanati<br />
Editing<br />
Attilio Pedenzini<br />
Giovanna Forti<br />
Stampa<br />
Tipografia Alcione<br />
Trento<br />
Provincia Autonoma<br />
di Trento<br />
Servizio Programmazione<br />
e Ricerca sanitaria<br />
Via Gilli, 4<br />
38100 Trento<br />
tel. +39.0461.494037<br />
fax +39.0461.494073<br />
e-mail:<br />
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www.trentinosalute.net<br />
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Provincia Autonoma di Trento con<br />
sede in Piazza Dante 15, Trento;<br />
responsabile il dirigente <strong>del</strong> Servizio<br />
Programmazione e ricerca sanitaria.<br />
<strong>Il</strong> disegno di copertina e quelli<br />
alle pagg. 11, 16, 19, 20, 22, 24,<br />
26, 28, 31, 33, 43, 46, 71, 73,<br />
86, 89, 111, 112, 115, 126 sono<br />
di Bruno Caruso e sono tratti da<br />
“Dai luoghi <strong>del</strong>la follia. Disegni<br />
<strong>del</strong> manicomio di Palermo 1953<br />
1958 e oltre”. Edimond, Città di<br />
Castello (PG), 2000.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Remo Andreolli<br />
3 Editoriale<br />
Alfredo Vival<strong>del</strong>li<br />
4 <strong>Il</strong> superamento<br />
<strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
provinciale di Pergine<br />
Valsugana<br />
(Interventi al Seminario<br />
<strong>del</strong> 30 novembre 2001)<br />
Lorenzo Toresini<br />
15 Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />
perdute: ragioni di un<br />
seminario a Trento<br />
Domenico Luciani<br />
21 La terza utopia<br />
Gian Piero Sciocchetti<br />
29 Edificazione<br />
di un manicomio<br />
Renzo Anderle<br />
42 Un luogo per nuove<br />
politiche sociali<br />
Carmelo Anderle, Fabrizio Fronza<br />
49 <strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
Casimira Grandi<br />
74 Tracce per una riflessione<br />
(Altri interventi)<br />
Rodolfo Taiani<br />
83 Un manicomio, una storia,<br />
un progetto<br />
Pius Dejaco<br />
93 <strong>Il</strong> manicomio provinciale<br />
tirolese di Pergine (1912)<br />
Giuseppe Pantozzi<br />
108 <strong>Il</strong> manicomio di Pergine,<br />
istituto interprovinciale<br />
1 2/13<br />
anno cinque numero dodici/tredici<br />
Valerio Fontanari<br />
113 Gli infermieri di Pergine.<br />
Cento anni di storia<br />
Scheda 1<br />
128 <strong>Il</strong> riuso organico <strong>del</strong>l’ex ospedale<br />
psichiatrico di Pergine Valsugana<br />
Scheda 2<br />
130 Bibliografia
2<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita <strong>del</strong> loro numero e dalla<br />
moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio <strong>del</strong>la speranza e<br />
<strong>del</strong>l’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di<br />
una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”.<br />
Pierre Teilhard de Chardin<br />
“Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto<br />
tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale <strong>del</strong>l’umanità, laddove<br />
tendono tutte le coscienze, nella ricerca <strong>del</strong>l’unità che sola può salvare l’Uomo e la<br />
Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale <strong>del</strong><br />
Servizio sanitario <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue<br />
pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono<br />
interessati ai temi <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita.
Nel processo di crescita e di progresso<br />
civile <strong>del</strong>la società italiana la legge<br />
n.180/78 ha costituito certamente<br />
un significativo passo avanti, prevedendo<br />
la deistituzionalizzazione <strong>del</strong><br />
malato psichiatrico e la sua integrazione<br />
nell’ambiente relazionale e sociale<br />
di riferimento, anche attraverso<br />
modalità assistenziali di tipo comunitario,<br />
restituendo dunque a questi<br />
individui la loro dignità di esseri<br />
umani.<br />
Credo che sarebbe un errore tornare<br />
indietro su questo punto, come vorrebbero<br />
le proposte di modifica <strong>del</strong>la<br />
legge di riforma psichiatrica attualmente<br />
in discussione a livello nazionale.<br />
Tali proposte non considerano<br />
infatti che i disagi, le sofferenze e<br />
anche le situazioni estreme che non<br />
di rado le famiglie di questi pazienti<br />
soffrono, non sono dovute al fatto che<br />
la normativa sia sbagliata, ma piuttosto<br />
al fatto che essa non è stata<br />
applicata nella sua interezza.<br />
Editoriale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Gli ostacoli e le difficoltà di attuazione<br />
che a 25 anni dall’approvazione<br />
<strong>del</strong>la Legge Basaglia sono ancora presenti,<br />
seppure a diversi livelli, sul territorio<br />
nazionale, sono prima di tutto<br />
barriere di carattere culturale,<br />
espressioni <strong>del</strong> rifiuto di considerare<br />
le possibilità di cura e di riabilitazione<br />
<strong>del</strong>la malattia mentale, superando<br />
lo stigma di irrecuperabilità, di paura,<br />
di indifferenza e di emarginazione<br />
che la caratterizza.<br />
Sulla base di questi presupposti, in<br />
provincia di Trento abbiamo completato<br />
il processo di superamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine Valsugana<br />
pensando alla contemporanea<br />
costruzione di una rete integrata<br />
tra sanità ed assistenza, con servizi<br />
residenziali diffusi sul territorio,<br />
sia per ricollocare i pazienti <strong>del</strong>l’ex<br />
O.P., sia per i casi sorti dopo la sua<br />
chiusura nel 1978. Sono state create<br />
variegate tipologie di soluzione a seconda<br />
<strong>del</strong>le situazioni patologiche<br />
personali e <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong>le stesse,<br />
per permettere ai pazienti di compiere<br />
un percorso orientato, per quanto<br />
possibile, verso la riacquisizione<br />
<strong>del</strong>la socialità e <strong>del</strong>l’autonomia.<br />
In questo momento di riqualificazione<br />
<strong>del</strong>l’assistenza psichiatrica in <strong>Trentino</strong>,<br />
proiettata alla piena realizzazione<br />
dei principi ispiratori <strong>del</strong>la legge<br />
n.180, ci sono sembrate di particolare<br />
interesse le iniziative intraprese<br />
dal Museo Storico in Trento con l’intento<br />
di ripercorrere la storia <strong>del</strong>l’istituzione<br />
manicomiale di Pergine Valsugana,<br />
nella sua progressiva trasformazione,<br />
nel suo rapporto con il territorio<br />
e con l’evoluzione <strong>del</strong>la comunità<br />
locale, promuovendone la memoria<br />
e lo studio, per riflettere e per interpretare<br />
le dinamiche che hanno<br />
condotto nel tempo al suo superamento<br />
e per ricordare, a monito per<br />
il futuro, la sofferenza e le vite <strong>del</strong>le<br />
donne e degli uomini persi e dimenticati<br />
nel passato all’interno <strong>del</strong>le mura<br />
<strong>del</strong>le istituzioni manicomiali. A questo<br />
tema è dedicato questo nuovo numero<br />
di Punto Omega, realizzato con<br />
la collaborazione <strong>del</strong> Museo, in occasione<br />
<strong>del</strong>l’iniziativa “Alla ricerca <strong>del</strong>le<br />
menti perdute - Viaggi nell’istituzione<br />
manicomiale”.<br />
Remo Andreolli<br />
Assessore provinciale<br />
alle politiche per la salute<br />
3
<strong>Il</strong> superamento<br />
<strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
provinciale di Pergine<br />
Valsugana<br />
Alfredo Vival<strong>del</strong>li<br />
Le strutture psichiatriche<br />
tra storia e prospettive.<br />
4<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Sono stato tentato di titolare questo<br />
mio contributo "l’Ospedale psichiatrico<br />
provinciale c’è ancora" in<br />
reazione alla fretta che colgo nel tentativo<br />
si scotomizzare l’esistenza di<br />
questa struttura. Mi riferisco ad alcuni<br />
articoli di giornali quotidiani<br />
apparsi in questi ultimi mesi<br />
"Dopo 120 anni sparisce il manicomio",<br />
"<strong>Il</strong> manicomio non esiste<br />
più", "La follia rimossa dalla mente:<br />
all’ex manicomio vivono ancora,<br />
abbandonati e dimenticati quarantatre<br />
sudtirolesi".<br />
Un altro motivo che mi spingerebbe<br />
a sostenere questo titolo è la<br />
rapidità con cui si sono occupati gli<br />
spazi da sempre riservati ai pazienti<br />
per assegnarli ad altri servizi: scuola,<br />
Villa Rosa, servizi vari. Se da un<br />
lato è da ritenere ragionevole che le<br />
amministrazioni si preoccupassero di<br />
trovare un idoneo riutilizzo degli<br />
spazi lasciati liberi dalla lenta ma<br />
progressiva riduzione <strong>del</strong> ricoverati,<br />
dall’altra sarebbe stato forse opportuno<br />
progredire nel rispetto <strong>del</strong>l’esistente.<br />
Invece ora siamo "sfrattati"<br />
da luoghi nati apposta per ac<br />
cogliere persone ammalate ma nello<br />
stesso tempo scomode e dobbiamo<br />
trovare nuovi luoghi non<br />
facili da reperire come si può registrare<br />
anche dai contradditori<br />
interventi sui giornali.<br />
In questa prima parte <strong>del</strong> mio intervento<br />
mi piacerebbe riproporre<br />
pubblicamente il problema di questa<br />
realtà che sembra vissuto più<br />
come un ingombro che non come un<br />
bisogno da soddisfare. Nel tentativo<br />
di trovare una spiegazione di questo<br />
fenomeno, nella seconda parte affronterò<br />
la clinica <strong>del</strong> mondo psicotico<br />
e <strong>del</strong>la cronicità psichiatrica e<br />
nell’ultima parte approfondirò la<br />
questione <strong>del</strong>la difficile avventura<br />
<strong>del</strong>la presa in carico da parte degli<br />
operatori.<br />
I processi<br />
di deistituzionalizzazione<br />
L’ex Ospedale psichiatrico provinciale<br />
ha cominciato la sua opera<br />
di deistituzionalizzazione nei primi<br />
anni settanta con la riorganizzazione<br />
in “settori”.<br />
Non tutti ricordano che in precedenza<br />
l’ospedale era organizzato in reparti<br />
che ospitavano pazienti suddivisi per<br />
qualità e intensità <strong>del</strong>la patologia.<br />
Con la “settorializzazione” si introduceva<br />
il concetto <strong>del</strong>la territorializzazione<br />
<strong>del</strong>l’assistenza psichiatrica<br />
nel senso che ogni area geografica<br />
<strong>del</strong> territorio trentino aveva in<br />
Ospedale psichiatrico il suo reparto<br />
seguito dalla stessa équipe di medici,<br />
assistenti sociali, infermieri e assistenti<br />
sanitarie, con il compito di<br />
seguire il paziente nel suo percorso<br />
clinico sia dentro che fuori dall’Ospedale<br />
psichiatrico.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Questa organizzazione, seppure<br />
all’epoca molto criticata in Italia, ha<br />
permesso una lenta e monitorata riduzione<br />
dei ricoveri tanto che la legge<br />
180 <strong>del</strong> maggio 1978 non ha visto<br />
l’esodo e l’invasione <strong>del</strong>le nostre<br />
città e paesi da parte degli ex OP<br />
(come venivano chiamati in modo<br />
piuttosto dispregiativo i pazienti dimessi)<br />
come invece avvenne in altre<br />
città d’Italia.<br />
Questa legge ha totalmente spostato<br />
l’asse <strong>del</strong>l’intervento sul territorio<br />
e in provincia di Trento si sono<br />
immediatamente organizzati undici<br />
centri di salute mentale con quattro<br />
servizi psichiatrici di diagnosi e cura<br />
(dall’inizio di quest’anno sono tre per<br />
la chiusura <strong>del</strong> servizio psichiatrico<br />
di diagnosi e cura di Mezzolombardo).<br />
Dopo il dicembre 1981 in Ospedale<br />
psichiatrico non fu più possibile<br />
ricoverare, ma erano ancora presenti<br />
circa cinquecento persone.<br />
Da questo momento l’attenzione<br />
dei tecnici operanti sul territorio si<br />
concentrò sul cercare nuove tecniche<br />
e far nascere nuove strutture che<br />
rispondessero adeguatamente ai bisogni<br />
dei pazienti, <strong>del</strong>le famiglie e<br />
<strong>del</strong>la società prendendo a riferimento<br />
le più moderne concezioni eziopatogenetiche<br />
e di cura <strong>del</strong>la sofferenza<br />
mentale È stata una ricerca intensa<br />
con uno stimolo continuo a<br />
studiare, sperimentare, verificare le<br />
teorie <strong>del</strong>le diverse e spesso contrapposte<br />
scuole di riferimento che ha<br />
portato la psichiatria trentina ad alti<br />
livelli nel panorama nazionale.<br />
Purtroppo anche per gli addetti<br />
ai lavori operanti sul territorio,<br />
l’Ospedale psichiatrico provinciale<br />
cadde nel dimenticatoio tanto che<br />
si interruppe quel rapporto tra ospedale<br />
e territorio garantito <strong>del</strong>la settorializzazione.<br />
L’Unità operativa <strong>del</strong>l’ospedale<br />
psichiatrico faticava molto<br />
a coinvolgere le unità operative territoriali<br />
su progetti di dimissioni nonostante<br />
uno stimolo continuo venisse<br />
dal Dipartimento di psichiatria,<br />
sollecitato peraltro anche dalle leggi<br />
nazionali e dai provvedimenti provinciali.<br />
Nel 2001 dopo una attenta ricognizione<br />
da parte di una commissione<br />
<strong>del</strong> Dipartimento di psichiatria che<br />
ha portato alla sistemazione alternativa<br />
di alcuni pazienti e in occasione<br />
<strong>del</strong>l’inaugurazione <strong>del</strong> rinnovato<br />
reparto "Pandolfi", la popolazione<br />
<strong>del</strong>l'Ospedale psichiatrico,<br />
che era ancora di 185 persone,<br />
venne distribuita in tre aree: psichiatria,<br />
geriatria e disabilità. I<br />
pazienti con prevalenti problemi<br />
geriatrici vennero collocati nel reparto<br />
Pandolfi, quelli con problemi<br />
di disabilità al Perusini II e III<br />
piano e i pazienti con prevalenti<br />
problemi psichiatrici vennero suddivisi<br />
in un reparto più assistito<br />
al I piano Perusini e in alcune case<br />
famiglia ospitate al reparto Benedetti.<br />
Nel dicembre 2001, con <strong>del</strong>ibera<br />
n. 3356, la Giunta provinciale assegna<br />
all'Azienda provinciale per i servizi<br />
sanitari l’obbiettivo di superare<br />
entro il 2002 l’Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine Valsugana e ricollocare i<br />
pazienti in residenze sanitarie assistenziali<br />
e strutture psichiatriche.<br />
Quando nel febbraio 2002 arrivo<br />
a Pergine con l’incarico di direttore<br />
<strong>del</strong>l'Unità operativa 3 di psichiatria,<br />
5
<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
6<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
tra gli altri, mi confronto con questo<br />
obbiettivo enorme non tanto<br />
sul piano formale ma piuttosto sul<br />
piano culturale. Si lavora su più<br />
fronti: con l’Azienda provinciale<br />
servizi sanitari, con il personale,<br />
con i famigliari, con il Tribunale<br />
<strong>del</strong>l’ammalato, con l’Unità di valutazione<br />
multidimensionale, con<br />
i pazienti, con i tutori, con il Tribunale<br />
civile, con gli uffici amministrativi,<br />
con i Medici di medicina<br />
generale, con i vari gruppi di volontariato,<br />
con il Centro di salute<br />
mentale di Pergine e con sporadici<br />
contatti con pochi altri centri di<br />
salute mentale, con il tempo.<br />
Vi risparmio l’interessante processo<br />
che ha portato alla <strong>del</strong>ibera <strong>del</strong><br />
Direttore generale <strong>del</strong>l'Azienda provinciale<br />
servizi sanitari n. 1314 <strong>del</strong><br />
29 ottobre 2002 con il quale si sanciva<br />
il definitivo superamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico provinciale e<br />
la possibilità di parlare legittimamente<br />
da questo momento di ex<br />
Ospedale psichiatrico provinciale. I<br />
pazienti con questa <strong>del</strong>ibera venivano<br />
ricollocati in una residenza<br />
sanitaria assistenziale, in sette residenze<br />
psichiatriche (le nostre<br />
case famiglia) e una residenza sanitaria<br />
assistenziale psichiatrica.<br />
Vi mostro la consistenza <strong>del</strong>le<br />
nostre strutture con alcuni dati aggiornati<br />
al primo gennaio 2003<br />
(Tab.1).<br />
Le giornate di degenza in ospedale<br />
psichiatrico nel periodo 1 gennaio-31<br />
ottobre 2002, sono state<br />
52.521, così suddivise per provincia<br />
di provenienza degli ospiti e sesso<br />
(Tab. 2). Le giornate di degenza<br />
nelle strutture residenziali nel periodo<br />
1 novembre-31 dicembre<br />
2002, sono state 10.313, così suddivise<br />
per provincia di provenienza<br />
degli ospiti e sesso (Tab 3).<br />
La situazione <strong>del</strong> personale in<br />
servizio presso le strutture assistenziali<br />
sorte a seguito <strong>del</strong>la chiusura<br />
<strong>del</strong>l'ex Ospedale psichiatrico alla<br />
data <strong>del</strong> 31 dicembre 2002, è la<br />
seguente.
Tab. 1<br />
Tab. 2<br />
Tab. 3<br />
Tab. 4<br />
Tab. 5<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
7
<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
8<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La clinica <strong>del</strong> mondo<br />
psicotico e <strong>del</strong>la cronicità<br />
Tutto questo per dire che il Distretto<br />
sanitario <strong>del</strong>l’Alta Valsugana e<br />
l’Unità operativa 3 di psichiatria si<br />
stanno occupando ancora di una realtà<br />
fatta di uomini e donne particolari<br />
che troppo presto viene lasciata<br />
alla memoria e relegata in luoghi<br />
che non sono più quelli abitati per<br />
decenni.<br />
Come accennavo all’inizio di questa<br />
relazione la facilità con cui si<br />
rimuovono o si negano attraverso la<br />
sublimazione questi personaggi mi<br />
ha fatto riflettere sul significato <strong>del</strong>le<br />
reazioni non solo <strong>del</strong>la gente comune<br />
ma anche degli addetti ai lavori.<br />
Per poter mettere un po’ di luce<br />
su queste questioni credo che ci<br />
venga in aiuto la clinica <strong>del</strong> mon
Tab. 6<br />
Tab. 7<br />
Tab. 8<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
do <strong>del</strong>la psicosi e <strong>del</strong>la cronicità.<br />
<strong>Il</strong> nucleo originario <strong>del</strong>la psicosi<br />
si colloca nella primissima infanzia:<br />
il bambino alla nascita entra<br />
in una intensa relazione con la<br />
madre di mutua seduzione come<br />
dice Racamier. All’inizio questa seduzione<br />
mira a stabilire e perseverare<br />
un accordo perfetto, senza<br />
sfumature, senza tensioni. Questa<br />
modalità relazionale è vitale in<br />
quanto esclude o quanto meno<br />
neutralizza le tensioni che provengono<br />
dall’interno e dagli stimoli<br />
che arrivano dall’esterno. La madre<br />
e il suo bambino vivono in una<br />
profonda ammirazione reciproca,<br />
in una relazione di amore incondizionato<br />
e acritico, in una fusione,<br />
in un unisono narcisistico che<br />
aspira a costruire un unico corpo.<br />
In questa fase <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong><br />
bambino e <strong>del</strong>la sua mamma qualsiasi<br />
differenza è foriera di un pericolo<br />
di separazione con il dolore<br />
che ne consegue. Con il passare <strong>del</strong><br />
tempo e con l’aiuto <strong>del</strong>l’ambiente<br />
il bambino scopre il desiderio <strong>del</strong>la<br />
esplorazione, <strong>del</strong>la conoscenza<br />
e nello stesso tempo la madre si<br />
riappropria <strong>del</strong>la sua vita di adulta.<br />
È questo processo che mette<br />
fine all’incantesimo <strong>del</strong> narcisismo<br />
ideale; il bambino comincia a distogliersi<br />
dalla madre indistinta,<br />
illusoria e totale nella quale incarna<br />
la relazione di seduzione narcisistica<br />
pura e distogliendosene<br />
comincia a perderla.<br />
Freud, Ferenzi, Winnicott, Racamier,<br />
sono alcuni autori che ben<br />
hanno descritto il lutto che ognuno<br />
di noi ha affrontato dovendo<br />
rinunciare a questa illusione di on<br />
nipotenza e di appartenenza totale<br />
alla madre per scoprire un oggetto-madre<br />
distinta, che si può<br />
investire, che si desidera, che si<br />
respinge, che si <strong>del</strong>imita, che si<br />
interiorizza, che si ama e che si<br />
odia. Kestemberg afferma la madre<br />
"viene ritrovata come oggetto<br />
vero e proprio in quanto viene a<br />
poco a poco perduto come oggetto<br />
di possesso assoluto".<br />
Contestualmente alla nascita <strong>del</strong>l’oggetto-madre<br />
esterno cominciano<br />
a mettersi le basi <strong>del</strong>l’Io e quindi <strong>del</strong><br />
senso <strong>del</strong>la propria esistenza<br />
È proprio questo evento che i pazienti<br />
psicotici non accettano e contro<br />
il quale protestano per tutta la<br />
vita e con tutte le loro energie in<br />
una lotta defatigante e inconsapevole.<br />
Sassolas afferma che la psicosi<br />
è "un macchinario difensivo nel<br />
quale si esaurisce tutta l’energia<br />
psichica di coloro che rifiutano di<br />
esistere perché esistere significa riconoscersi<br />
come separati, esiliati<br />
per sempre dalla pienezza <strong>del</strong> narcisismo<br />
primario. Limiti, separazione,<br />
morte, altrettanti sinonimi<br />
per loro, altrettanti volti <strong>del</strong>la stessa<br />
condizione inaccettabile: questo<br />
maledetto destino che è il nostro<br />
di aver all’inizio conosciuto la<br />
pienezza senza limiti <strong>del</strong> narcisismo<br />
primario alla quale in seguito<br />
bisogna continuamente rinunciare.<br />
La psicosi rappresenta il rifiuto<br />
di vivere questo esilio, il rifiuto di<br />
esistere, di avere una identità definita,<br />
per non dovere soffrire la tortura<br />
quotidiana <strong>del</strong>la separazione sia<br />
da un bambino meraviglioso che tutti<br />
siamo stati che dalla madre narcisi<br />
9
<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
10<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
stica depositaria di questa perfezione<br />
perduta".<br />
Nella relazione con il mondo il<br />
paziente psicotico ripropone questa<br />
sua modalità che arriva a noi con<br />
una forza spaventosa. Non è quindi<br />
la paura fisica che ci tiene lontani<br />
da queste persone ma la potenza<br />
dolorosa di una relazione simbiotica<br />
che inconsciamente intuiamo come<br />
minaccia per il nostro equilibrio.<br />
Ancora Sassolas dice: “non inganniamoci<br />
sul motivo che conduce tali<br />
pazienti verso di noi: se ci cercano e<br />
investono la nostre strutture psichiatriche<br />
è perché la relazione simbiotica<br />
con un famigliare non si è potuta<br />
stabilire in maniera sufficientemente<br />
stabile per svolgere la sua<br />
funzione difensiva ed è per questo<br />
che sono alla ricerca di una situazione<br />
<strong>del</strong>lo stesso tipo capace di proteggerli<br />
contro l’angoscia psicotica<br />
di viversi separati, nel loro essere<br />
soggetti mortali, finiti. Queste persone<br />
si pongono nei nostri confronti<br />
con precauzione, con sospetto,<br />
troppo passivi, senza grandi richieste<br />
proprio perché intuiscono i punti<br />
deboli <strong>del</strong> proprio funzionamento<br />
psichico e cercano di porvi rimedio<br />
tenendoci lontani. In questo modo<br />
si proteggono dalla fragilità <strong>del</strong>le<br />
loro strutture psichiche suscettibili<br />
di andare in frantumi sotto l’effetto<br />
<strong>del</strong>le ferite e degli stimoli intensi che<br />
possono nascere dagli imprevisti di<br />
ogni relazione”.<br />
Ogni relazione umana riattiva, infatti,<br />
una serie di stimoli interni e<br />
quindi impone di essere presenti alla<br />
propria attività mentale intesa come<br />
l’intrecciarsi di sogni, desideri, pensieri<br />
spontanei, fantasmi, ricordi sen<br />
timenti, affetti, ecc., ma questo per<br />
il paziente psicotico risulta insopportabile<br />
perché fonte di pericolo e<br />
di dolore.<br />
Contro questi stimoli interni il<br />
paziente si attrezza per annullarli con<br />
un dispendio di energie percepito<br />
con un senso di sfinimento psichico,<br />
di adinamismo mentale la cui<br />
intensità dà la misura <strong>del</strong>l’energia<br />
psichica spesa. A noi il contatto con<br />
queste persone lascia un senso di<br />
povertà di contenuto <strong>del</strong>l’incontro,<br />
di aridità che testimonia il vero e<br />
proprio essiccamento <strong>del</strong>la vita psichica<br />
così che i pazienti ci appaiono<br />
non solo privi di desideri e di progetti<br />
ma anche senza identità, senza<br />
passato, senza storia, in definitiva<br />
senza vita.<br />
Spesso il paziente psicotico deve<br />
far fronte agli stimoli interni che si<br />
presentano sotto forma di allucinazioni<br />
e <strong>del</strong>iri che, parassitando il loro<br />
pensiero in maniera tirannica, compromettono<br />
le funzioni <strong>del</strong>l’Io e il<br />
fondo psichico in modo talmente<br />
esplosivo da rendere impossibile<br />
qualsiasi contatto con il mondo<br />
esterno.<br />
<strong>Il</strong> fondo psichico descritto da Correale<br />
partendo dalla psicologia <strong>del</strong><br />
Sè rappresenta il modo con cui ogni<br />
individuo sperimenta, in un certo<br />
momento, il proprio senso di coesione,<br />
di continuità e di vitalità. <strong>Il</strong><br />
fondo psichico non è legato a una<br />
singola immagine o rappresentazione<br />
ma è invece il prodotto di una<br />
trama, di un fitto intreccio di fattori<br />
in larga parte cenestesici, tattili e<br />
affettivi che fanno sentire la propria<br />
presenza come uno sfondo su cui si<br />
collocano gli eventi <strong>del</strong>la vita.
Bruno Caruso,<br />
<strong>Il</strong> coro <strong>del</strong><br />
manicomio, 1954,<br />
particolare.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La crisi psicotica acuta è caratterizzata<br />
dal fatto che il paziente<br />
percepisce un improvviso crollo<br />
<strong>del</strong>l’integrità <strong>del</strong> suo fondo psichico.<br />
Con le parole di Correale: “ciò<br />
che normalmente veniva sentito<br />
come relativamente fluido, ordinato<br />
e continuo, comincia invece a<br />
essere sentito come spezzato, disordinato<br />
e confuso. L’oggetto diventa<br />
bizzarro, misterioso e inafferrabile<br />
e per quanto ne sia riconosciuta<br />
la natura nell'ambito <strong>del</strong>l'uso<br />
abituale, sembra acquisire<br />
significati misteriosi i quali rimandano<br />
a mondi oscuri che per la<br />
prima volta si manifestano. Nel<br />
momento stesso che il fondo subisce<br />
massicce trasformazioni, il<br />
soggetto si sente diviso in parti,<br />
o troppo dilatato o troppo coartato,<br />
e il senso stesso <strong>del</strong> tempo subisce<br />
drastiche modificazioni”.<br />
<strong>Il</strong> ricordo di questo doloroso<br />
senso di caos e la sensazione che<br />
nulla possa tornare come prima,<br />
orientano il paziente verso due<br />
obbiettivi fondamentali: il primo<br />
evitare sistematicamente e continuativamente<br />
ogni situazione<br />
traumatica che anche lontanamente<br />
rievochi ciò che ha determinato<br />
la crisi, il secondo un controllo<br />
ossessivo su tutti gli aspetti <strong>del</strong>la<br />
vita quotidiana che gli dia la sensazione<br />
di una vigilanza distanziata<br />
da tutto ciò che può accadere.<br />
<strong>Il</strong> prezzo di questa operazione è<br />
la caduta <strong>del</strong> senso <strong>del</strong>la prospettiva<br />
e tutto viene vissuto in una specie<br />
di eterno presente dove il piacere<br />
deriva esclusivamente dall’interazione<br />
con pochi oggetti sempre<br />
uguali ai quali il paziente attribuisce<br />
un senso di saturazione e conoscibilità<br />
e dai quali si attende<br />
11
<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
12<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
soltanto il messaggio che il mondo<br />
è circoscritto, chiaro, preciso e<br />
privo di incognite.<br />
È qui che può aprirsi la strada<br />
<strong>del</strong>la cronicità come rappresentazione<br />
<strong>del</strong> crollo <strong>del</strong>la speranza e<br />
l’inaridimento <strong>del</strong>le energie psichiche<br />
o l’abnorme reinvestimento. La<br />
cronicità rappresenta la regressione<br />
rigida a livelli di funzionamento<br />
mentale estremamente arcaici e<br />
il ritiro desolante degli investimenti<br />
dalla realtà. Pur di tenere<br />
accesa l’ultima fiammella di sopravvivenza<br />
<strong>del</strong> Sé, si ritorna alla<br />
difesa narcisistica primaria. La cronicità<br />
è la mancanza di soggettività,<br />
l’astoricizzazione <strong>del</strong>la persona,<br />
la perdita <strong>del</strong>la progettualità<br />
per un’esistenza fissa nella ripetitività,<br />
nella staticità, priva di ogni<br />
creatività.<br />
Questo inquadramento <strong>del</strong> mondo<br />
psicotico e <strong>del</strong>la cronicità rendono<br />
forse più comprensibile la difficoltà<br />
per chiunque di mantenere una relazione<br />
anche superficiale con questi<br />
soggetti. Non nella paura, non nello<br />
stigma, non nel pregiudizio, non nella<br />
vergogna, ma nell’angoscia che<br />
trasuda nel contatto con questo<br />
mondo dobbiamo cercare il motivo<br />
per cui i "matti" venivano (e vengono<br />
ancora adesso) esclusi e i manicomi<br />
venivano costruiti nelle periferie<br />
<strong>del</strong>le città, il motivo per cui<br />
<strong>del</strong> nostro Ospedale psichiatrico provinciale<br />
per anni se ne è parlato<br />
come se fosse chiuso e ora si tolgono<br />
spazi prima ancora di aver trovato<br />
le alternative, il motivo per cui i<br />
gruppi di volontariato, tanto attivi<br />
nelle residenze sanitarie assistenziali,<br />
dove i pazienti sono anche più<br />
complessi dal punto di vista clinico,<br />
hanno rinunciato a collaborare<br />
su nostri progetti, il motivo per<br />
cui i centri di salute mentale territoriali<br />
non si impegnano come per<br />
altri pazienti a volte anche molto<br />
più problematici, il motivo per cui<br />
la città tende a cancellare rapidamente<br />
i segni <strong>del</strong>l’esistenza <strong>del</strong><br />
suo ospedale.<br />
L'area di intervento<br />
<strong>del</strong>l'operatore psichiatrico<br />
In questo contesto si colloca il lavoro<br />
degli operatori <strong>del</strong>le strutture<br />
psichiatriche. Izzo afferma che la<br />
cronicità psicotica obbliga il terapeuta<br />
a modificare la posizione e il<br />
modo in cui vede l’incontro e la comprensione<br />
<strong>del</strong>l’altro poiché spesso<br />
deve fornire a questi pazienti la prima<br />
esperienza di un ambiente vitale.<br />
In primis il terapeuta si trova a<br />
proporre un ambientale attento ad<br />
ogni elemento <strong>del</strong>l’esperienza relazionale,<br />
per trasformarla da semplice<br />
stereotipo senza qualità vitali<br />
e utilizzata per la sopravvivenza<br />
<strong>del</strong> Sé, in elemento strutturante<br />
il Sé.<br />
L’intervento terapeutico si caratterizza<br />
per il tentativo di proporre<br />
esperienze significative che da una<br />
parte attivino un processo di sviluppo<br />
e dall’altra forniscano sollecitazioni<br />
in grado di riaprire la possibilità<br />
di partecipazione a quell’area<br />
vitale che Winnicott chiama “area<br />
<strong>del</strong>l’esperienza culturale”. Perché<br />
ciò avvenga è necessario che ogni<br />
piccolo gesto che ogni piccolo<br />
cambiamento, ogni piccola creazione<br />
venga riconosciuta e valorizzata<br />
dall’operatore e il tutto
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
venga restituito al paziente arricchito<br />
di nuove cariche vitali.<br />
<strong>Il</strong> bagaglio tecnico <strong>del</strong>l’operatore<br />
non è di per sé sufficiente se non<br />
viene collocato all’interno di una dimensione<br />
intersoggettiva. <strong>Il</strong> paziente,<br />
infatti, ha bisogno di esperire una<br />
relazione con una persona che gli si<br />
ponga come “officina <strong>del</strong>la mente”,<br />
un’officina nella quale compiere<br />
quelle operazioni negate dall’ambiente<br />
primario. In questo spazio<br />
relazionale e su questa persona<br />
il paziente deposita alcuni affetti,<br />
alcune emozioni, alcuni pensieri,<br />
alcuni desideri, ritenuti troppo<br />
dolorosi da sostenere da soli.<br />
L’operatore deve quindi prestare se<br />
stesso per vicariare quelli strumenti<br />
assenti ma non necessariamente<br />
mancanti al paziente, accettando<br />
di porsi in aree <strong>del</strong>lo sviluppo<br />
molto primitive e di conseguenza<br />
molto angoscianti.<br />
Gli scopi <strong>del</strong>la cura <strong>del</strong> paziente<br />
psicotico possiamo riassumerli in<br />
questo modo: da una parte condurre<br />
il paziente a poco a poco alla capacità<br />
di sentire i suoi limiti, di esprimerli<br />
senza essere distrutto dall’odio<br />
che provoca in lui il riconoscimento<br />
<strong>del</strong>la doro esistenza, di dirli invece<br />
di negarli come ha fatto finora con<br />
il <strong>del</strong>irio e le allucinazioni o stabilendo<br />
relazioni simbiotiche, in altre<br />
parole uscire dal mondo rassicurante<br />
<strong>del</strong>la psicosi per accettare il lutto<br />
primario descritto da Racamier e sentire<br />
nascere una propria soggettività,<br />
una propria identità senza l’inevitabile<br />
terrore <strong>del</strong>la separazione e<br />
<strong>del</strong>la morte. Dall’altra il <strong>del</strong>icato tentativo<br />
di costruire o ricostruire il<br />
fondo psichico inteso come la sen<br />
sazione fisica di coesione, continuità<br />
e vitalità. In questa impresa l’operatore<br />
deve accettare l’uso che fa di<br />
lui il paziente per la continua tessitura<br />
di una trama molto <strong>del</strong>icata e<br />
sottile, facilmente soggetta a fratture<br />
e lacerazioni. L’operatore con il<br />
suo modo di porsi, con la sua competenza<br />
e la sua professionalità è<br />
responsabile di garantire la continuità<br />
e l’esistenza senza sentirsi responsabile<br />
anche <strong>del</strong>la trama che invece<br />
è <strong>del</strong> paziente essendo sua e solo sua<br />
la sua vita.<br />
L’operatore e il servizio quindi<br />
devono creare una situazione in cui<br />
possa organizzarsi il fondo psichico<br />
attraverso una relazione caratterizzata<br />
da un senso di calore, continuità,<br />
fluidità, vitalità e personalizzazione.<br />
<strong>Il</strong> paziente cercherà di stabilire<br />
con noi una relazione senza tempo,<br />
senza fine, in sintesi una relazione<br />
simbiotica. Noi dobbiamo rinunciare<br />
a questa chimera di una relazione<br />
stupenda, eterna, senza conflitti.<br />
Dobbiamo invece strutturare una relazione<br />
vissuta dal paziente come<br />
affidabile, ma nello stesso tempo<br />
come lacunosa, insufficiente, incapace<br />
di colmare tutti i suoi limiti e<br />
di rispondere subito alle sue attese<br />
onnipotenti che attivano facilmente<br />
le altrettanto onnipotenti concezioni<br />
di una certa psichiatria. Questa<br />
struttura deve essere solida per resistere<br />
agli sbalzi prodotti dalla sofferenza<br />
e dalla collera <strong>del</strong> paziente<br />
di fronte alla nostra incapacità o al<br />
nostro rifiuto di svolgere questa<br />
funzione simbiotica. Sofferenza e<br />
collera che l’operatore deve essere<br />
in grado di accogliere per po<br />
13
<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />
14<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
terla restituire senza la carica distruttiva<br />
che tanto spaventa il paziente.<br />
Questo modo di offrici ha<br />
una alta funzione terapeutica perché<br />
smentisce i fantasmi <strong>del</strong> paziente<br />
di pericolosità <strong>del</strong>la sua<br />
stessa vita psichica attraverso il<br />
mantenimento <strong>del</strong>la nostra relazione<br />
con lui e la persistenza <strong>del</strong><br />
nostro interessamento per la sua<br />
vita psichica, i suoi affetti, i suoi<br />
investimenti, i suoi pensieri.<br />
Strutturare una situazione in cui<br />
calore, fluidità, vitalità e personalizzazione<br />
costituiscano gli elementi<br />
per la strutturazione di un fondo<br />
psichico aiutano il paziente a creare<br />
un senso di famigliarità con il mondo<br />
esterno. Abbiamo visto come il<br />
paziente psicotico tenda a sostituire<br />
questo senso con la sterotipia e il<br />
ripetersi coattivo degli eventi. Ogni<br />
nostro intervento può cadere nella<br />
trappola <strong>del</strong>la ripetizione coatta degli<br />
eventi, tocca a noi uscire dal torpore<br />
<strong>del</strong>la cronicità per fornire un<br />
ambiente in cui il ripetersi regolare<br />
<strong>del</strong>le azioni, dando un senso di noto,<br />
di riconoscibile e quindi di appartenenza,<br />
possa continuamente fornire<br />
l’occasione per l’attivazione di piccoli<br />
traumi-legami, separazioni, frustrazioni,<br />
distacchi, responsabilità,<br />
che in passato hanno rappresentato<br />
fattori scatenanti <strong>del</strong>la frammentazione<br />
<strong>del</strong> Sé e che oggi possono invece<br />
essere attraversati con l’aiuto<br />
degli operatori e <strong>del</strong> gruppo in un<br />
lento processo terapeutico.<br />
Conclusione<br />
Sono partito dall'osservazione di<br />
un costante e diffuso, anche se forse<br />
inconsapevole, bisogno di ne<br />
gare l’esistenza <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />
provinciale. Mi sembra<br />
ora più facile comprendere i meccanismi<br />
inconsci che si attivano in<br />
chiunque si incontri anche casualmente<br />
e per brevi momenti con<br />
questi pazienti. Loro ci pongono<br />
una richiesta sul piano relazionale<br />
specifica: una relazione simbiotica<br />
in cui esiste solo l’Io onnipotente<br />
e l’altro non esiste se non<br />
come parte <strong>del</strong>l’Io deputato a soddisfare<br />
ogni bisogno prima ancora<br />
che sia elaborato come desiderio.<br />
Noi tutti abbiamo sperimentato<br />
nelle prime fasi <strong>del</strong>la nostra<br />
vita una esperienza così piena e<br />
totale per la quale ognuno nutre<br />
una inconsapevole nostalgia e verso<br />
la quale ognuno di noi tenderebbe<br />
se non si conservasse anche<br />
l’inconscio ricordo <strong>del</strong> dolore e<br />
<strong>del</strong>la fatica che ha comportato elaborazione<br />
<strong>del</strong> lutto primario.<br />
NOTE<br />
[*] <strong>Il</strong> coordinamento <strong>del</strong>la Residenza<br />
sanitaria assistenziale è<br />
affidato a due medici convenzionati<br />
con l’Azienda provinciale<br />
per i servizi sanitari. <strong>Il</strong><br />
coordinamento <strong>del</strong>le residenze<br />
psichiatriche è affidato ad<br />
un medico <strong>del</strong> Centro di salute<br />
mentale di Pergine<br />
Alfredo Vival<strong>del</strong>li è Direttore <strong>del</strong>l’Unità<br />
Operativa 3 di Psichiatria <strong>del</strong>l’Azienda<br />
Provinciale per i Servizi Sanitari.
Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />
perdute: ragioni<br />
di un seminario a Trento<br />
Lorenzo Toresini<br />
<strong>Il</strong> passaggio dall’utopia <strong>del</strong>la terapia<br />
nell’istituzione alla cura nello scambio<br />
sociale e nella collettività.<br />
La Mitteleuropa e lo sviluppo<br />
<strong>del</strong>la cultura psichiatrica.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La prima domanda da porsi è la seguente:<br />
perché parlare oggi di manicomi?<br />
È una domanda intrigante poiché<br />
viviamo da ventitré anni in era di<br />
post-manicomi . Quindi inizio, se mi<br />
è consentito, con un flash personale<br />
Mi sono laureato a 25 anni e ho iniziato<br />
la mia professione di psichiatra<br />
a Trieste (oggi sono direttore <strong>del</strong><br />
Dipartimento di salute di Merano).<br />
A Trieste, come è noto, venne messo<br />
in discussione e venne sciolto il primo<br />
manicomio in Italia dopo l’esperienza<br />
di Gorizia. Ho iniziato nel<br />
1971. Nel nostro fervore "talebano"<br />
di allora (lo dico evidentemente<br />
scherzando) arrivammo ad essere<br />
convinti che di quel manicomio,<br />
allora retto da Franco Basaglia,<br />
non sarebbe dovuta rimanere<br />
pietra su pietra. Credevamo veramente<br />
a questa affermazione e a<br />
questo progetto. In quella che allora<br />
era una “Istituzione Totale” è<br />
avvenuto il decentramento totale<br />
<strong>del</strong>le strutture e <strong>del</strong>le risorse e,<br />
come diceva Franco Basaglia, si è<br />
attuato il rovesciamento "come un<br />
guanto" <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico.<br />
<strong>Il</strong> personale, tutti i servizi annessi<br />
e connessi, la gente che ci<br />
stava dentro, tutto con la necessaria<br />
gradualità e <strong>del</strong>icatezza, ma<br />
anche con l’indispensabile determinazione,<br />
venne spostato da dentro<br />
le mura al territorio. Cosa si sarebbe<br />
dovuto fare quindi <strong>del</strong>le<br />
strutture murarie, i diversi padiglioni<br />
di quello che man mano stava<br />
diventando ex-manicomio, che nel<br />
frattempo rimanevano svuotati di<br />
sofferenza e dolore? Eravamo convinti<br />
all’inizio che si sarebbe dovuta<br />
attuare una “<strong>del</strong>enda Cartago”.<br />
Quel tipo di pensiero me lo sono<br />
portato dietro fino a non moltissimi<br />
anni fa, quando ho fatto un<br />
viaggio allo “Steinhof” di Vienna<br />
con un architetto romano, un certo<br />
Luggini e un mio carissimo amico:<br />
Tommaso Losavio, collega e già<br />
direttore <strong>del</strong> “Santa Maria” di<br />
Roma. Andammo a vedere lo<br />
Steinhof e poi il prestigioso Burgkhölzli<br />
di Zurigo.<br />
Premetto la mia convinzione <strong>del</strong><br />
fatto che quando noi psichiatri restiamo<br />
all’interno <strong>del</strong> nostro ambito<br />
professionale rischiamo di impoverirci<br />
di pensieri e di stimoli, quindi<br />
il confronto con altre professionalità<br />
e con altri pensieri è sempre molto<br />
utile. Ebbene quell’architetto mi<br />
convinse di una cosa ovvia, dicendomi<br />
che i manicomi devono restare<br />
come monumenti alla memoria, per<br />
riflettere. Di quanto affermo ora mi<br />
convinsi ulteriormente ripensando a<br />
quanto era successo pochissimi anni<br />
prima al muro di Berlino. <strong>Il</strong> muro di<br />
Berlino, come si sa, fu smantellato<br />
al 90–95%, però mio figlio quando<br />
15
Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />
16<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
si trovò a Berlino andò alla ricerca<br />
<strong>del</strong> muro, perché evidentemente c’è<br />
bisogno di tracce, di simboli, di supporti<br />
educativi <strong>del</strong>la memoria storica.<br />
Bisogna che il muro resti a monito<br />
degli errori <strong>del</strong>la Storia e a memoria<br />
<strong>del</strong>le future generazioni. Ora<br />
noi psichiatri abbiamo abbastanza familiarità<br />
con i muri e col problema,<br />
meglio con tutta la congerie di problemi,<br />
legati alla simbologia dei<br />
muri.<br />
Oggi dobbiamo essere fermi nel<br />
capire che di muri dobbiamo parlare<br />
e per parlare di muri deve esserci la<br />
memoria storica di questi ultimi. La<br />
memoria storica <strong>del</strong> manicomio deve<br />
rimanere a futuro motivo di riflessione<br />
per noi, innanzi tutto sulle radici,<br />
sulla genesi e sul significato<br />
<strong>del</strong>la nostra professione, e per il<br />
mondo circostante: per riflettere sul<br />
senso di quello che significavano<br />
quei muri. Non erano muri qualsiasi,<br />
ma erano muri deputati alla separazione<br />
tra quanto stava fuori ed<br />
era normale (quindi automaticamente<br />
era normale solo perché stava fuori),<br />
e di quanto sta dentro di anormale,<br />
di insensato, di irrazionale (e<br />
che diventava tanto più insensato,<br />
irrazionale, sragionevole, pericoloso<br />
per il semplice fatto che stava dentro).<br />
Questa è una lezione che io credo<br />
ci servirà sempre, ed è bene parlare<br />
oggi di manicomi.<br />
Paradossalmente credo sia sempre<br />
più facile parlare di manicomi,<br />
anche se non è ancora facilissimo,<br />
dato che si tratta pur sempre di un<br />
problema ancora in via di superamento.<br />
Un superamento che d’altra<br />
parte non avrà mai fine: il problema<br />
che Franco Basaglia chiama<br />
va ironicamente, ma anche molto<br />
seriamente, il “fascino discreto <strong>del</strong><br />
manicomio”, parafrasando un ben<br />
noto film: “<strong>Il</strong> fascino discreto <strong>del</strong>la<br />
borghesia di Buñuel”. Io credo<br />
che il manicomio abbia un fascino…,<br />
un fascino discreto e profondo.<br />
Personalmente io sono nato in<br />
un’istituzione, perché mio padre,<br />
dopo la fine <strong>del</strong>la guerra, tornato<br />
dalla Germania, ebbe un posto in un<br />
gerocomio di Venezia, l’ospedale per<br />
anziani “San Lorenzo” e i miei ricordi<br />
infantili, i miei sogni sono pervasi<br />
di questa situazione strutturale in
Bruno Caruso,<br />
<strong>Il</strong> sergente<br />
Campanella,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1954.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
cui c’erano questi vecchietti che stavano<br />
lì (naturalmente io ero il figlio<br />
<strong>del</strong> dottore). La vita istituzionale,<br />
la gerarchia, l’ordine, la serializzazione,<br />
che poi abbiamo evidentemente<br />
combattuto dall’interno<br />
nel lungo cammino dentro le<br />
istituzioni, cammino che poi ha<br />
preso il nome di “deistituzionalizzazione”,<br />
in qualche modo affascinano.<br />
E in genere affascinano soprattutto<br />
chi sta al di qua <strong>del</strong>la<br />
barriera <strong>del</strong> potere, più che chi sta<br />
al di là. C’è il problema <strong>del</strong>l’interiorizzazione,<br />
<strong>del</strong>la “seduzione”<br />
<strong>del</strong> manicomio, varie sindromi di<br />
Stoccolma per cui chi sta al di là<br />
poi in realtà si adatta e a volte<br />
capita che non voglia essere dimesso;<br />
tutti problemi che abbiamo<br />
conosciuto prima <strong>del</strong> 1978 e dal<br />
1978 in poi.<br />
Alla ricerca<br />
<strong>del</strong>le menti perdute<br />
Io credo che valga la pena, in questo<br />
filone di pensiero riflettere brevemente<br />
su quanto Pinel, esponente-manager<br />
<strong>del</strong>la Rivoluzione<br />
francese, abbia significato rispetto<br />
alla razionalizzazione <strong>del</strong>la dea<br />
ragione. Com’è noto, nelle categorie<br />
universali <strong>del</strong>la dea ragione<br />
doveva inscriversi tutto l’esistente;<br />
quello che i filosofi <strong>del</strong>l’<strong>Il</strong>luminismo<br />
non sapevano bene dove<br />
inscrivere era la "sragione", perché<br />
era difficile (ed è difficile anche<br />
oggi) capire che la "sragione"<br />
fa semplicemente parte <strong>del</strong>la vita,<br />
per cui non c’è motivo di inscriverla<br />
in uno spazio particolare. La<br />
“sragione”, che è l’ oggetto <strong>del</strong>la<br />
storia, <strong>del</strong>le strutture organizzati<br />
ve e amministrative degli ex manicomi,<br />
è immorale, è fuori <strong>del</strong>l’etica,<br />
ed è fuori <strong>del</strong>l’etica perché si<br />
coniuga con il non produrre. Siamo<br />
sul back-ground <strong>del</strong> pensiero di<br />
Max Weber “L’etica protestante e<br />
lo spirito <strong>del</strong> capitalismo”. <strong>Il</strong> problema<br />
esiste ancora; a tutt'oggi<br />
nel mio Servizio psichiatrico di diagnosi<br />
e cura, neo inaugurato a<br />
Merano, la direzione sanitaria si<br />
sorprende <strong>del</strong> fatto che i soli dieci<br />
pazienti che noi abbiamo – perché<br />
il reparto è piccolo, e più grande<br />
di così non lo vogliamo – stiano<br />
tutto il giorno a non far niente,<br />
qualcuno anche a fumare. Io, parlando<br />
con la mia caposala, le ho<br />
spiegato che è logico che ci sia lo<br />
scandalo <strong>del</strong> non lavorare, perché<br />
è uno scandalo etico.<br />
Qui potremmo essere in molti a<br />
ritornare sui concetti <strong>del</strong>la “terapia<br />
morale”. Era una terapia che io definisco<br />
utopica, ma lo dico oggi, perché<br />
ai tempi in cui credevamo di<br />
"spargere il sale" sulle mura <strong>del</strong><br />
manicomio l’ergoterapia istituzionale<br />
era per noi uno scandalo. Oggi<br />
credo che siamo in grado di ripensare<br />
abbastanza serenamente a quella<br />
che fu la “terapia morale” nell’Ottocento;<br />
nell’era però in cui non c’erano<br />
gli psicofarmaci, non c’erano altri<br />
sistemi se non la “terapia morale”.<br />
L’unico modo di curare i pazienti<br />
era quello di riabilitarli, come si direbbe<br />
oggi, allora si diceva redimerli,<br />
rieducarli a concetti morali e attraverso<br />
percorsi etici. L’esempio, la<br />
buona educazione, eventualmente la<br />
preghiera, la convivenza tollerante.<br />
<strong>Il</strong> pensiero psichiatrico <strong>del</strong>l’Ottocento<br />
era pervaso da questa concezio<br />
17
Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />
18<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ne, concezione che si coniuga con<br />
il discorso <strong>del</strong>la “terapia <strong>del</strong> lavoro”.<br />
Dico questo perché spesso (ed<br />
è una riflessione che faccio rispetto<br />
al nostro passato di giovani<br />
psichiatri ribelli) in realtà il concetto<br />
<strong>del</strong>la cura nell’istituzione era,<br />
come già dicevo, un concetto utopico<br />
che si coniuga con la “terapia<br />
morale”. Era l’unico terreno su cui<br />
100-150 anni fa, nascita <strong>del</strong> manicomio<br />
di Pergine, ci si poteva<br />
muovere. La cosa curiosa è che questa<br />
utopia, che non va disprezzata<br />
ma rivista, riletta e trasformata, si<br />
coniugò con una concezione in<br />
fondo autarchica <strong>del</strong>la struttura.<br />
La struttura psichiatrica doveva<br />
essere in grado sostanzialmente di<br />
provvedere a se stessa; c’erano le<br />
fabbriche interne, i servizi interni,<br />
l’ergoterapia – “lavori forzati” con<br />
un sistema di scambio interno che<br />
doveva essere libero dall’inquinamento<br />
<strong>del</strong> denaro esterno. A Trieste,<br />
per esempio, fu scoperta una<br />
moneta interna, un gettone, che si<br />
usava per gli scambi interni: andare<br />
al bar, comprarsi le sigarette,<br />
tutto all’interno <strong>del</strong> muro di cinta.<br />
L’ospedale psichiatrico aveva anche<br />
le galline, i maiali, i servizi generali.<br />
Una <strong>del</strong>le conseguenze <strong>del</strong>la<br />
scomparsa di questa organizzazione<br />
autarchica, basata sull’ergoterapia,<br />
fu, ad esempio, il fatto che<br />
i parchi belli, ben curati dai pazienti,<br />
sono diventati selvaggi. Tempo<br />
fa ero al “Santa Maria <strong>del</strong>la Pietà”<br />
di Roma e, come a Trieste, questo<br />
splendido <strong>parco</strong> pubblico, è abbandonato<br />
perché nessuno ci lavora,<br />
perché nessuno ha mai pen<br />
sato di mettere in bilancio un budget<br />
per gestire il <strong>parco</strong>, perché<br />
una volta questo era lavoro gratuito,<br />
quindi autarchico. Ma l’utopia<br />
<strong>del</strong>la cura in ospedale, con tutti<br />
i correlati paradigmi teorici, è<br />
un’utopia che fallì, ma un’utopia<br />
molto semplice che pur essendo<br />
un’utopia era un’utopia totalizzata<br />
e alla fine totalitaria.<br />
Riparliamo di muri: crollo dei<br />
muri e crollo <strong>del</strong>l’utopia totalitaria,<br />
era inevitabile che fosse così.<br />
Attenzione, non è un crollo avvenuto<br />
automaticamente perché tale<br />
crollo è costato e sta costando<br />
ancora molto lavoro. Ma come la<br />
storia non si fa mai automaticamente,<br />
ma solo con la volontà e<br />
con l’impegno, così è stato anche<br />
per il crollo di quest’altra utopia<br />
totalitaria e che noi oggi diciamo<br />
antistorica. I muri…, Trieste, come<br />
Berlino; ma prima, e non è un caso,<br />
ci fu Gorizia, città divisa. A Gorizia<br />
(per “caso?”) il muro <strong>del</strong>l’ospedale<br />
psichiatrico faceva parte <strong>del</strong><br />
confine fra Italia e Jugoslavia, un<br />
tempo, fra Italia e Slovenia, oggi.<br />
Io credo che in tutto questo disegno<br />
– il crollo dei muri, il superamento<br />
dei muri, il superamento<br />
di un certo tipo di etica, il passaggio<br />
da un’utopia <strong>del</strong>la cura nell’istituzione<br />
alla cura nello scambio<br />
sociale e nella collettività – ci<br />
sia un’unità interpretativa che allora<br />
non capivamo molto bene. Io<br />
non pensavo ai muri quando pensavo<br />
a Berlino. Oggi, a distanza di non<br />
moltissimi anni, credo stia diventando<br />
un disegno in qualche modo trascendente<br />
le contingenze <strong>del</strong>la Storia,<br />
che riusciamo a leggere con mag
Bruno Caruso,<br />
I veri pazzi sono<br />
fuori, disegno<br />
acquarellato,<br />
1958.<br />
Nella pagina<br />
seguente:<br />
Bruno Caruso,<br />
Riposo, 1955.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
giore chiarezza di quando la Storia<br />
si dipanava fra le nostre stesse dita.<br />
L’ultimo concetto che si potrebbe<br />
sviluppare rispetto al tema "Ragioni<br />
di un seminario a Trento sui<br />
manicomi <strong>del</strong>la Mitteleuropea o<br />
<strong>del</strong>l’Italia asburgica" è il concetto<br />
<strong>del</strong>la crisi.<br />
Io purtroppo sono un operatore<br />
<strong>del</strong>la pratica e non ho tempo per leggere<br />
tutti i bei saggi che vengono<br />
editi, ma ho letto una recensione<br />
sull’Espresso di un saggio di Massimo<br />
Cacciari che mi colpì molto.<br />
Cacciari collegò lo Steinhof di Vienna<br />
a Sarajevo come epicentri di una<br />
stessa crisi. Questo è un concetto<br />
che mi intriga molto, una sorta di<br />
sintesi semantica che sono in grado<br />
solo di citare. Posso intuire:<br />
Sarajevo, dallo sparo <strong>del</strong> 1914 ad<br />
oggi, rappresenta chiaramente<br />
l’epicentro <strong>del</strong>la crisi europea sul<br />
piano “macro”, lo Steinhof (che è<br />
un ospedale psichiatrico bellissimo,<br />
non solo perché è un monumento<br />
architettonico straordinario,<br />
e quindi ovviamente da conservare,<br />
ma anche perché c’è intrisa<br />
una serie di concezioni tra il<br />
giuridico, il filosofico, lo psichiatrico,<br />
l’idealistico e l’architettonico)<br />
rappresenta la metafora <strong>del</strong>la<br />
crisi individuale. Le infinite crisi di<br />
individui che vi furono ricoverati<br />
dalla data <strong>del</strong>la sua inaugurazione<br />
(1911) ad oggi. Ma anche la<br />
crisi di tutte quelle certezze di pensiero<br />
che retrostanno alla concezione<br />
stessa <strong>del</strong>lo Steinhof. Appunto<br />
l’insieme generoso di pensiero<br />
giuridico, filosofico, psichiatrico,<br />
idealistico, architettonico e via dicendo.<br />
<strong>Il</strong> grande Giuseppe Sinopoli,<br />
prematuramente scomparso, è sta-<br />
19
Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />
20<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
to descritto come il musicista <strong>del</strong>la<br />
crisi.<br />
Cosa c’entra la Mitteleuropea,<br />
l’Italia asburgica, e la psichiatria<br />
<strong>del</strong> Triveneto o <strong>del</strong> Nord-est con<br />
la crisi?<br />
La parola crisi deriva dalla parola<br />
greca che significa “scelta” o meglio<br />
“decisione”. Ogni crisi in fondo,<br />
e noi lo vediamo nella nostra quotidianità<br />
di operatori <strong>del</strong>la pratica<br />
psichiatrica, rappresenta in realtà<br />
una scelta, e ogni paziente in crisi<br />
è una persona che tramite la sua<br />
crisi viene messo in condizione di<br />
iniziare un percorso per arrivare ad<br />
una scelta e se possibile ad una<br />
svolta nella propria vita; per questo<br />
la crisi va vissuta, perché essa<br />
ha un significato immanente alla<br />
propria vita. E quindi nessuna crisi<br />
va decapitata, meno che mai tagliata<br />
con scorciatoie tipo l’elettroshock<br />
o interventi di psicochirurgia.<br />
Un anno fa in occasione<br />
<strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong> Kosovo lessi sul gior<br />
nale “Der Spiegel” un articolo dal<br />
titolo “Entscheidung”. Questa parola,<br />
in questa bellissima lingua<br />
che è il tedesco, contiene in sé un<br />
grande significato. “Decisione”,<br />
decisione fra due aspetti che devono<br />
essere separati-tagliati<br />
(Scheidung) e fra di loro, fuori di<br />
loro (ent-).<br />
La crisi come fatto individuale<br />
e la crisi come fatto storico, politico:<br />
la guerra, l’Afghanistan, l’Irak,<br />
la Jugoslavia e via dicendo.<br />
Prescindendo da tutta la storia<br />
<strong>del</strong>la deportazione <strong>del</strong> 1940 da<br />
Pergine nella Germania nazista dei<br />
pazienti psichiatrici e portatori di<br />
handicap (argomento sul quale è<br />
già stato fatto un convegno nel<br />
1995 a Bolzano), le ragioni di un<br />
seminario a Trento stanno nel fatto<br />
che Trento è una <strong>del</strong>le capitali<br />
<strong>del</strong>la Mitteleuropea italiana, è una<br />
città che ha portato, come Trieste,<br />
come Venezia, come Treviso, il carico<br />
di una cultura psichiatrica legata<br />
al tempo e quindi dignitosa,<br />
che è sì da rivedere, da riformulare<br />
(e lo stiamo facendo), ma di<br />
grande importanza. In provincia di<br />
Bolzano, ad esempio, dove una<br />
qualsiasi cultura psichiatrica non<br />
c’è, è difficilissimo inserire una<br />
cultura nuova, pratiche nuove,<br />
aprire un servizio di diagnosi e<br />
cura. Una riflessione che ci auguriamo<br />
possa diventare ricca e promettente<br />
a partire da questo convegno.<br />
Lorenzo Toresini è Primario <strong>del</strong> Centro di<br />
salute mentale di Merano.
La terza utopia<br />
Domenico Luciani<br />
Gli ospedali psichiatrici come patrimonio<br />
di natura e di memoria.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Volentieri torno, a distanza di<br />
anni, su questo tema. Rendendo disponibile<br />
il testo che premettevo<br />
nel 1998 alla ricerca “Per un atlante<br />
degli ospedali psichiatrici<br />
pubblici in Italia: un censimento<br />
geografico, cronologico e tipologico”<br />
curato da Ida Frigo, Federica<br />
Palestino e Francesca Rossi per<br />
la Fondazione Benetton studi ricerche<br />
1 .<br />
La ricerca, dotata di una cartografia<br />
puntuale con 71 casi raccolti<br />
con fatica da Teresa Marson e Massimo<br />
Rossi, ha mostrato la stupefacente<br />
dimensione e la singolare varietà<br />
di forme e di figure che costituiscono<br />
questo universo.<br />
La definizione e la costruzione dei<br />
luoghi <strong>del</strong>la psichiatria è stata una<br />
grande operazione riformista, anzi<br />
un’autentica utopia <strong>del</strong>la modernità.<br />
Così come è stata una grande operazione<br />
riformista, una seconda utopia,<br />
uno dei momenti più alti <strong>del</strong>la<br />
critica <strong>del</strong> moderno, il loro superamento<br />
voluto da Franco Basaglia.<br />
Ho sostenuto e sostengo, che i<br />
luoghi che sono stati <strong>del</strong>la psichiatria<br />
chiedono una “terza riforma” o,<br />
se volete, una “terza utopia”. Dopo<br />
la riforma istitutiva all’inizio <strong>del</strong><br />
secolo XX, e dopo la riforma decostrut-tiva<br />
degli anni settanta <strong>del</strong><br />
Novecento, la terza riforma si configura<br />
come una guida alla transizione/trasformazione<br />
verso la<br />
commistione sociale, culturale,<br />
scientifica.<br />
Scadenze aspettative progetti, sui<br />
quali sarebbe bene ragionare a fondo,<br />
si occupano dei luoghi e <strong>del</strong> loro<br />
destino.<br />
Ma come dovremmo affrontarla<br />
questa terza riforma? Con quali idee<br />
guida? È possibile un cambiamento<br />
di destinazione d’uso senza perdere<br />
l’identità? Si possono trovare nuovi<br />
usi economicamente compatibili e<br />
socialmente utili? Quali?<br />
La “terza riforma” ha il compito<br />
di tentare di risolvere un’equazione<br />
a molte incognite, di affrontare contemporaneamente<br />
più fronti, puntando<br />
a una strategica “mixità”:<br />
a) <strong>Il</strong> fronte sanitario/assistenziale:<br />
a tutt’oggi, in luoghi che non sono<br />
più asili, restano ancora, forse<br />
sotto altro nome, dei ricoverati.<br />
È un fronte assai vario, per densità,<br />
per dislocazione geografica,<br />
per stratificazione anagrafica e<br />
per distribuzione patologica.<br />
Occorrerà differenziare “lungo degenza»<br />
da «bisogno terapeuti-co<br />
non rimuovibile”;<br />
b) <strong>Il</strong> fronte <strong>del</strong> terzo settore: gli operatori,<br />
le imprese sociali e cooperative.<br />
Si trattava nel 1998 di<br />
oltre trentamila persone, secondo<br />
indagini accreditate, con un<br />
patrimonio di professionalità e di<br />
sperimentazione emancipativa disponibile<br />
a coniugare efficienza<br />
e solidarietà, in un terreno fer<br />
21
La terza utopia<br />
22<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
tile e inventivo di nuova occupazione;<br />
c) <strong>Il</strong> fronte dei luoghi che più da vicino<br />
interessa questa ricerca e<br />
<strong>del</strong>la loro nuova possibile bellezza,<br />
<strong>del</strong>la loro ritrovata potenziale<br />
utilità. La “necessità” di salvaguardia<br />
e valorizzazione emerge<br />
dalla posizione che occupano nella<br />
forma <strong>del</strong>le città, dal ruolo che<br />
possono giocare nella loro qualità<br />
<strong>del</strong>la vita. Va tenuta ferma la<br />
centralità dei segni e dei sedimenti<br />
<strong>del</strong>la natura e <strong>del</strong>la memoria (biblioteche,<br />
musei <strong>del</strong> manicomio,<br />
archivi e raccolte documentarie).<br />
Diverse sono dunque le economiecoinvolte,<br />
dall’economia <strong>del</strong>lo stato<br />
sociale e <strong>del</strong>la solidarietà (sanità,<br />
assistnza), all’economia <strong>del</strong> terzo<br />
settore(né pubblico né privato), fino<br />
all’ecnomia dei beni culturali (natura,<br />
memoria). La nostra parziale elaborazione<br />
si muove intorno all’economia<br />
dei beni culturali, meglio<br />
l’economia <strong>del</strong>la cultura.<br />
L’ipotesi di lavoro è semplice: i<br />
coplessi che hanno ospitato gli ospeali<br />
psichiatrici italiani dal 1904 al<br />
1996 non sono volumi e superfici<br />
diponibili; questi complessi (manufati,<br />
spazi, siti) costituiscono, a tutta<br />
evidenza, beni culturali ambientali.<br />
La ricognizione compiuta ci porta a<br />
concludere che, nella grande maggioranza<br />
dei casi, essi si presentano<br />
come siti notevoli, come autentici<br />
patrimoni culturali:<br />
a) patrimoni di natura (ambiti e<br />
spazi perti significativi, parchi<br />
e giardini);<br />
b) patrimoni di memoria (manufatti,<br />
biblioteche, musei, archivi);<br />
c) patrimoni di presenza umana (tensioni,<br />
sperimentazioni, emancipazioni).<br />
Non si può affermare che nelle strutture<br />
politiche e gestionali responsabili,<br />
così come nel senso comune,<br />
vi sia stata e vi sia adeguata consapevolezza<br />
<strong>del</strong> valore di natura e<br />
di memoria (sedimenti e testimonianze<br />
storiche) contenuto in questi<br />
luoghi. Essi rappresentano ancora<br />
oggi qualcosa d’”altro” dalle<br />
città in cui sono stati istituiti; i<br />
rapporti con le più ampie comunità<br />
esterne sono come sospesi.<br />
Non c’è stata, e non c’è (nemmeno,<br />
qualche volta, da parte di<br />
chi ha operato e vissuto la sperimenaione<br />
degli ultimi vent’anni),<br />
sensibilità adeguata per le cose,
Locazioni e anni di<br />
fondazione degli<br />
ospedali psichiatrici<br />
in Italia (dati su<br />
71 ospedali)<br />
Bruno Caruso,<br />
Napoleone,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1955.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
per i manufatti, per i giardini, per<br />
gli spazi aperti. Non c’è stata, e<br />
non sempre oggi c’è, cura convinta<br />
dei patrimoni culturali (ambientali,<br />
artistici, archivistici, biblioteconomici,<br />
museali) che pure in<br />
questi luoghi sono contenuti.<br />
Non c’è stata, e non sempre c’è,<br />
iniziativa adeguata. Questi luoghi<br />
non sono entrati nel catalogo dei<br />
beni meritevoli di impegno pubblico<br />
per la salvaguardia e la valorizzazione.<br />
Come invece è culturalmente<br />
e socialmente utile che<br />
sia.<br />
<strong>Il</strong> censimento che abbiamo concluso<br />
a fine 1998, è il risultato<br />
<strong>del</strong>le risposte a un questionario informativo<br />
inviato tra maggio e luglio<br />
1996, <strong>del</strong> fitto dialogo con i<br />
23
La terza utopia<br />
24<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
responsabili e i tecnici che hanno<br />
collaborato e <strong>del</strong>le revisioni operate<br />
nell’autunno <strong>del</strong> 1998. Ne è<br />
derivato un dossier che cerca di far<br />
luce sull’insieme dei 71 complessi,<br />
che fino al 31 dicembre 1996<br />
costituivano altrettanti ospedali<br />
psichiatrici diffusi sul territorio<br />
nazionale, e su un numero (non<br />
ancora precisato) di succursali,<br />
concentrate soprattutto nel Veneto<br />
e in Friuli. Molti dati mancano,<br />
molti sono carenti, altri andrebbero<br />
verificati con sopraluoghi adeguati.<br />
L’inchiesta puntava a portare l’attenzione<br />
sui luoghi di un patrimonio<br />
di natura e di memoria di fatto<br />
negato, un universo non necessariamente<br />
coincidente con i dati pubblicati<br />
dall’Istituto italiano di medicina<br />
sociale o dal Ministero <strong>del</strong>la<br />
sanità. Rientrano, infatti, nell’Atlante<br />
anche quelle strutture dismesse, ab<br />
bandonate, che non ospitano più<br />
da anni il cosiddetto “residuo psichiatrico”,<br />
qualche volta (non sempre)<br />
passate a nuovo uso, “riconvertite”.<br />
I dati si riferiscono ai 70 (su 71)<br />
ospedali psichiatrici provinciali che<br />
hanno risposto al questionario.<br />
Per quanto riguarda le succursali<br />
sono solo state conteggiate 23<br />
strutture.<br />
Un primo elemento che ci pare significativo<br />
e, per varie ragioni, impressionante,<br />
è l’area complessiva<br />
occupata dagli ospedali esaminati,<br />
circa una decina di milioni di mq. È<br />
d’obbligo l’approssimazione perché<br />
le risposte sulle superfici non hanno<br />
sempre tenuto conto <strong>del</strong>l’ azienda<br />
agraria che faceva parte integrante<br />
<strong>del</strong>l’ospedale. Si devono tuttavia immaginare<br />
aree per mille ettari, 10<br />
kmq, qualcosa come un grande centro<br />
storico (con una capienza a pie-
Bruno Caruso,<br />
La corsa pazza,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1954.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
no regime che può essere calcolata<br />
attorno alle 90.000 persone, una<br />
media città); è interessante rilevare<br />
come questi mille ettari siano in<br />
nove casi su dieci situati nei centri<br />
o nelle prime periferie <strong>del</strong>le nostre<br />
città, e siano tendenzialmente assai<br />
poco costruiti, come appare da<br />
un’analisi <strong>del</strong> rapporto tra superficie<br />
coperta e superficie totale dei<br />
compendi (11% circa, e solo in cinque<br />
casi più <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong>la superficie<br />
è costruita).<br />
Di questi, un quarto sono localizzati<br />
nei centri urbani, circa due terzi<br />
si trovano nelle prime fasce periferiche,<br />
e meno <strong>del</strong> 10% in località<br />
extraurbane. La grande maggioranza<br />
degli ex ospedali psichiatrici occupano<br />
dunque un posto (e possono<br />
giocare un ruolo) cruciale nella forma<br />
e nella vita <strong>del</strong>le città.<br />
Degli asili fondati su preesistenze<br />
(di tipo conventuale, militare, residenziale,<br />
ospedaliero), in totale 33,<br />
circa una ventina risente <strong>del</strong> rapporto<br />
con la preesistenza al punto da<br />
dare vita a commistioni tipologiche<br />
fra vecchio e nuovo che abbiamo<br />
definito “ibride”. Gli altri<br />
casi sono strutturati indipendentemente<br />
dalla preesistenza, la quale<br />
viene, al più, inglobata o assorbita,<br />
seguendo gli standard e i criteri<br />
dettati dalla moderna edilizia<br />
ospedaliera.<br />
Ci risulta (ed è questione per noi<br />
centrale) che circa il 70% degli ospedali<br />
comprendesse, all’epoca <strong>del</strong>la<br />
costruzione, ampi compendi di terreno<br />
destinati a colonia agricola o<br />
laboratori artigianali. Non è stato<br />
possibile verificare (per carenza documentaria,<br />
archivistica e cartogra<br />
fica) quale percentuale di tali spazi<br />
permanga all’interno <strong>del</strong>le aree psichiatriche,<br />
ma è certo che la parte<br />
più consistente è rimasta in proprietà<br />
alle Province o è stata alienata.<br />
Quando è passata ai Comuni, è stata<br />
riutilizzata o ceduta in comodato,<br />
qualche volta abbandonata e, in<br />
qualche caso, addirittura “dimenticata”<br />
dagli inventari. Emerge, insomma,<br />
anche da dati parziali e approssimativi,<br />
la dimensione e la stratificazione<br />
<strong>del</strong> patrimonio di natura e di<br />
memoria degli ospedali psichiatrici<br />
italiani, il loro carattere di grande e<br />
denso bene culturale a diffusione<br />
nazionale. Tre quarti degli interpellati<br />
valutavano i giardini e, in generale,<br />
gli spazi aperti di considerevole<br />
pregio naturalistico, a prescindere<br />
dalle condizioni di manutenzione,<br />
quasi sempre assai precaria,<br />
in cui versano.<br />
Più di metà degli istituti furono<br />
fondati prima <strong>del</strong> 1904. Nel 1998 il<br />
45% era vincolato, almeno in parte,<br />
con la legge 1089/39, mentre soltanto<br />
l’11% con la legge 1497/39.<br />
Due terzi degli ospedali segnalavano,<br />
inoltre, la presenza di beni<br />
culturali e testimonianze significative:<br />
biblioteche o fondi librari, archivi,<br />
musei, centri di documentazione,<br />
raccolte di documenti, raccolte<br />
di opere elaborate dagli utenti.<br />
Sugli archivi, in particolare, vorrei<br />
richiamare l’attenzione come su strumenti<br />
cruciali per ricostruire i caratteri<br />
scientifici, antropologici e<br />
culturali di questa porzione rimossa<br />
<strong>del</strong>la modernità.<br />
Infine, per quanto riguarda l’”uso”<br />
degli asili, ritenevamo importante<br />
segnalare come, di norma, questi<br />
25
La terza utopia<br />
26<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
luoghi ospitassero attività diverse.<br />
Se è vero che quasi il 90% era<br />
sede di strutture sanitarie “altre”<br />
(uffici amministrativi, ospedali civili,<br />
po-liambulaorii, ecc.), è altrettanto<br />
vero che solo il 20% era<br />
esclusivamente “citta<strong>del</strong>la” sanitaria.<br />
Un quinto erano sedi universitarie,<br />
un quinto sedi scolastiche;<br />
la metà accoglievano attività private<br />
(cooperative sociali, soprattutto),<br />
un quarto servizi aperti al<br />
pubblico (teatri, impianti sportivi,<br />
centri sociali). In generale, dunque,<br />
i compendi racchiudevano una<br />
realtà multiforme ed erano diventati<br />
“contenitori”. Sarebbe interessante<br />
capire, con opportuni sopraluoghi<br />
e verifiche, quanto questi<br />
“contenitori” siano stati capaci di<br />
sviluppare una vera “commistione”<br />
tra i diversi settori <strong>del</strong>la vita sociale<br />
che ospitano.<br />
Una parte significativa (forse la<br />
metà) degli ex ospedali psichiatrici<br />
italiani apparivano ancora in condizioni<br />
complessivamente disponibili<br />
a programmi di salvaguardia e valorizzazione.<br />
Ci era parso dunque<br />
di qualche utilità, per tutti coloro<br />
che fossero interessati alla salvaguardia<br />
e alla valorizzazione di<br />
questi patrimoni culturali e ambientali,<br />
<strong>del</strong>ineare un promemoria<br />
sotto forma di decalo-go schematico.<br />
E ci pare di qualche utilità riproporlo<br />
nel 2002.<br />
1. Memoria. Questi luoghi non devono<br />
perdere la loro identità storica.<br />
È un errore intendere la trasformazione<br />
come cambiamento<br />
di connotati. Esempio: il muro.<br />
Non serve abbatterlo per farlo<br />
scomparire (rimozione). All’origine<br />
degli asili, tra l’altro, non<br />
era previsto. Bisogna conoscere<br />
la “storia <strong>del</strong> muro”, trasformarlo<br />
in un sedimento, in una
Bruno Caruso,<br />
<strong>Il</strong> canguro azzurro,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1958.<br />
A pagina 28:<br />
Bruno Caruso,<br />
Camicia di forza &<br />
destinazione<br />
neuro, disegno a<br />
china, 1968.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
testimonianza, togliendogli<br />
ogni carattere di confine. A Trieste,<br />
nel muro <strong>del</strong> San Giovanni,<br />
abbiamo proposto di aprire<br />
dieci porte pedonali, tutte le<br />
sette porte storiche e tre nuove<br />
porte;<br />
2. Commistione. Le nuove funzioni<br />
vanno commisurate all’identità<br />
storica dei siti, bisogna accettare<br />
la molteplicità (commistione,<br />
“mixità”). È importante mettere<br />
insieme quello che c’è,<br />
quello che arriva, quello che si<br />
immagina possa convivere,<br />
quello che si propone arrivi in<br />
futuro. Università, centri studi,<br />
archivi e musei <strong>del</strong>la prima<br />
e <strong>del</strong>la seconda riforma (indispensabili<br />
spazi museali/archivistici/biblioteco-nomici),<br />
strutture sanitarie, laboratori di<br />
arti e mestieri, lavoro intellettuale<br />
e lavoro manuale tra loro<br />
dialoganti. Gli spazi aperti <strong>del</strong>l’ex<br />
ospedale psichiatrico diventano<br />
parchi pubblici, luoghi<br />
<strong>del</strong>le città, aperti, rispettati,<br />
curati, frequentati;<br />
3. Accordi di programma. Concordare,<br />
tra Enti pubblici (Azienda sanitaria,<br />
Provincia, Comune, Regione,<br />
ecc.), le destinazioni d’uso<br />
dei manufatti, evitando le soluzioni<br />
monofunzionali (solo università,<br />
solo ASL, ecc.) per puntare<br />
sulla commistione;<br />
4. Convenzioni tra pubblico e privato.<br />
Evitare di svendere. Fare piuttosto<br />
contratti di comodato. Utilizzare<br />
formule diverse che garantiscano<br />
dalla deriva <strong>del</strong>l’abuso<br />
e da ogni appetito speculativo;<br />
5. Unità gestionale. Affidare ad<br />
un’unica giardineria i poteri e i<br />
mezzi adeguati alla cura, al rinnovo<br />
e alla manutenzione degli<br />
spazi aperti, compresi i percorsi<br />
e le soste degli automezzi.<br />
6. Vincoli. Costruire un dispositivo<br />
di vincolo con leggi nazionali<br />
(1089/1497/431), regionali<br />
e provinciali, norme di Prg<br />
comunale sull’intero compendio<br />
e, ove possibile, anche sull’azienda<br />
agraria contigua. <strong>Il</strong><br />
vincolo non deve immobilizzare,<br />
ma pretendere progetti coerenti<br />
e unitari (bellezza e utilità);<br />
7. Ambiti e contesti. Definire gli<br />
ambiti e i contesti <strong>del</strong> compendio,<br />
puntando al <strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le<br />
aziende agrarie (per lo più <strong>del</strong>le<br />
Province), che spesso non rientrano<br />
nei progetti di trasformazione<br />
e di riuso, e di eventuali<br />
altri spazi contestuali che siano<br />
funzionalmente o percettivamente<br />
connessi;<br />
8. Integrità dei luoghi. Proporre osservazioni<br />
e varianti alle norme<br />
generali e locali in funzione <strong>del</strong>la<br />
tutela degli ambiti e dei contesti,<br />
anche per evitare che la<br />
mobilità urbana attraversi i compendi;<br />
9. Osservatori. Formare gruppi di<br />
lavoro agili, composti di poche<br />
personalità dei diversi fronti<br />
<strong>del</strong>la sanità, <strong>del</strong>l’impresa sociale<br />
e dei beni culturali, che seguano<br />
la fase di accelerato cambiamento<br />
e coinvolgano i ministeri<br />
pertinenti e i poteri locali<br />
con adeguato monitoraggio<br />
e puntuali suggerimenti;<br />
27
La terza utopia<br />
28<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
10.Metodo e criteri. Possiamo dunque<br />
proporre una provvisoria<br />
conclusione, affermando che la<br />
“terza riforma”, la “terza utopia”<br />
pretende un’ipotesi di metodo<br />
per la definizione dei criteri<br />
generali da osservare nella<br />
formazione dei progetti di nuovi<br />
usi degli immobili, degli spazi<br />
aperti, <strong>del</strong>le aziende agrarie<br />
contigue.<br />
In estrema sintesi: nella attuale<br />
fase di inevitabile modificazione<br />
<strong>del</strong>le figure e <strong>del</strong>le funzioni degli<br />
ex ospedali psichiatrici, gli ambiti<br />
di attenzione sanitaria e sociale<br />
possono trovare un potente alleato<br />
proprio nella qualità (potenziale)<br />
dei luoghi, nel ruolo (potenziale)<br />
che questi si trovano in condizione<br />
di ricoprire nella vita e<br />
nella forma <strong>del</strong>la città. Senza travolgerne<br />
la fisionomia, senza abbattere<br />
(se non idealmente) muri.<br />
Così come negli anni settanta<br />
sono stati i “matti” a uscire in città<br />
oltre il muro, nell’attuale trasformazione<br />
in atto è la città che entra fuori<br />
nel luogo <strong>del</strong>la psichiatria oltre il<br />
muro. È la comunità intera che<br />
“esce dentro” con tutte le sue tensioni<br />
e le sue diversità. Quello che<br />
è stato l’ospedale psichiatrico diventa<br />
così luogo <strong>del</strong>la città a pieno<br />
titolo, spazio <strong>del</strong>la comunità,<br />
sito civico bello e utile, nuova<br />
agorà, nuova piazza, nuovo crocicchio<br />
necessario <strong>del</strong>la tolleranza e<br />
<strong>del</strong>le relazioni, stazione di intermo-dalità<br />
culturale, artistica e spirituale.<br />
NOTE<br />
[1] Revisione <strong>del</strong> settembre 2002<br />
<strong>del</strong> testo già pubblicato nel<br />
dattiloscritto Per un atlante<br />
degli ospedali psichiatrici pubblici<br />
in Italia: censimento geografico,<br />
cronologico e tipologico<br />
al 31 dicembre 1996<br />
(con aggiornamento al 31 ottobre<br />
1998). A cura <strong>del</strong>la Fondazione<br />
Benetton studi ricerche,<br />
stampa 1999.<br />
Domenico Luciani è Direttore <strong>del</strong>la<br />
Fondazione Benetton Studi e ricerche.
Edificazione<br />
di un manicomio<br />
Gian Piero Sciocchetti<br />
La storia <strong>del</strong>la costruzione<br />
<strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />
Valsugana. <strong>Il</strong> frutto di una approfondita<br />
ricerca d’archivio in un ipertesto.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La ricerca dei disegni progettuali<br />
relativi alla costruzione <strong>del</strong> “Manicomio<br />
provinciale tirolese di Pergine<br />
1 ” e di quelli <strong>del</strong> suo successivo<br />
ampliamento. Si è presentata<br />
come una ricerca complessa, consistente<br />
nella ricostruzione documentale<br />
<strong>del</strong>la storia edilizia <strong>del</strong> più<br />
grande edificio <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> e che<br />
interessava vari ed inesplorati settori<br />
<strong>del</strong>le attività tecnico-costruttive<br />
svolte nella nostra regione<br />
quali l’acquisto dei terreni su cui<br />
costruirlo 2 , la sua progettazione di<br />
massima, i disegni esecutivi e di<br />
cantiere, la progettazione dei primordiali<br />
impianti tecnici 3 , l’assetto<br />
urbanistico <strong>del</strong> territorio prescelto<br />
4 , la progettazione dei giardini<br />
5 e così via, eseguiti nei trenta-cinque<br />
anni intercorsi tra il<br />
1879 ed il 1914.<br />
Di una documentazione così importante<br />
per la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />
e <strong>del</strong>le tecnologie usate nella<br />
nostra regione, si era persa ogni traccia.<br />
Una constatazione questa assai<br />
grave se si pensa che tale documentazione<br />
riguardava il primo dei gran<br />
di edifici costruiti nel <strong>Trentino</strong> sul<br />
finire <strong>del</strong>l’Ottocento, realizzato a<br />
tempo di record da una <strong>del</strong>le imprese<br />
trentine più rinomate operanti nel<br />
Tirolo e in altri Länder <strong>del</strong>l’Impero<br />
Asburgico.<br />
Ben presto mi resi conto che i<br />
documenti che cercavamo erano veramente<br />
scomparsi e che nessuno era<br />
in grado di suggerirmi in quale archivio<br />
avremmo potuto continuare<br />
le ricerche. Decisi di interrompere le<br />
ricerche in ambito extra provinciale<br />
in quanto capii che la documentazione<br />
più interessante – quella riguardante<br />
cioè la fase esecutiva dei<br />
lavori – avrebbe potuto trovarsi solamente<br />
negli archivi <strong>del</strong>la vecchia<br />
Contea Principesca <strong>del</strong> Tirolo e non<br />
a Vienna – come qualcuno suggeriva<br />
– in quanto la realizzazione <strong>del</strong> manicomio<br />
riguardava esclusivamente<br />
il Land Tirolo e non gli organi centrali<br />
<strong>del</strong>lo Stato Asburgico 6 .<br />
Per il prosieguo <strong>del</strong>la ricerca avrei<br />
potuto contare solamente su un’interessante<br />
e completa documentazione<br />
catastale raccolta nel corso di<br />
un’apposita ricerca eseguita, con la<br />
solita impeccabile precisione, da Vincenzo<br />
Adorno presso l’Ufficio <strong>del</strong> Libro<br />
fondiario 7 e l’Ufficio <strong>del</strong> catasto<br />
<strong>del</strong>la Regione autonoma <strong>Trentino</strong>-<br />
Alto Adige e su due libri pubblicati<br />
nel 1912 e nel 1981.<br />
I documenti disponibili consistevano<br />
in una serie di mappe catastali<br />
su cui erano state evidenziate<br />
tutte le particelle fondiarie<br />
acquistate nel 1879 dal Comune di<br />
Pergine per la costruzione <strong>del</strong> manicomio<br />
(tenuta di Maso San Pietro)<br />
e nel 1902 dalla Giunta provinciale<br />
di Innsbruck per l’amplia<br />
29
Edificazione di un manicomio<br />
30<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mento <strong>del</strong>le strutture esistenti e<br />
per la realizzazione <strong>del</strong>la cosiddetta<br />
“Colonia agricola”, necessaria<br />
per la sperimentazione <strong>del</strong>l’er-goterapia<br />
(i terreni confinanti a<br />
Nord-Ovest <strong>del</strong>l’edificio principale<br />
<strong>del</strong> manicomio e quelli <strong>del</strong>la tenuta<br />
“Alla Costa” di Vigalzano).<br />
Completava la documentazione<br />
una serie di vecchie mappe catastali<br />
ottocentesche su cui risultavano posizionati<br />
gli edifici realizzati nel<br />
1879-1881 e che, grazie ai segni convenzionali<br />
che vi comparivano, permettevano<br />
anche di conoscere i tipi<br />
di colture presenti su alcune particelle<br />
e l’esatta conformazione dei<br />
giardini realizzati tra i fabbricati <strong>del</strong><br />
manicomio.<br />
Dei due testi disponibili, il più<br />
vecchio, era quello curato da Heinrich<br />
Schlöss, “Die Irrenpflege in<br />
Österreich in Wort und Bild” (“I manicomi<br />
in Austria nelle parole e nelle<br />
immagini”), pubblicato ad Halle<br />
a. S. nel 1912, con particolare<br />
riguardo al capitolo relativo al Manicomio<br />
di Pergine, scritto dal dr.<br />
Dejaco 8 che in quell’anno ne aveva<br />
assunto la direzione, dopo avervi trascorso<br />
un lungo periodo in qualità<br />
di assistente. Dalle notizie contenute<br />
nel libro su tutti i manicomi esistenti<br />
nella parte austriaca <strong>del</strong>l’Impero<br />
danubiano, dalle illustrazione<br />
e dai disegni che vi sono riprodotti<br />
e dalla precisa e meticolosa descrizione<br />
dei vari reparti <strong>del</strong> manicomio<br />
perginese fatta dal dr. Pius Dejaco,<br />
è stato possibile ricavarne un numero<br />
elevato di informazioni riguardanti<br />
l’organizzazione <strong>del</strong> manicomio nel<br />
periodo compreso tra il 1893 ed il<br />
1912.<br />
Considerando l’importanza <strong>del</strong>la<br />
descrizione fatta dal Dejaco per<br />
il prosieguo <strong>del</strong>la ricerca, il dr. Giuseppe<br />
Pantozzi ha tradotto in lingua<br />
italiana l’intero capitolo che<br />
riguardava il manicomio di Pergine<br />
9 , permettendo in tal modo di<br />
non perdere alcun particolare <strong>del</strong>la<br />
minuziosa descrizione dei singoli<br />
reparti os-pedalieri.<br />
<strong>Il</strong> secondo testo disponibile, il più<br />
completo ed interessante libro sulla<br />
storia <strong>del</strong> manicomio di Pergine e di<br />
Hall era quello importantissimo, ai<br />
fini <strong>del</strong>la mia ricerca, di Giuseppe<br />
Pantozzi, “Gli spazi <strong>del</strong>la follia: storia<br />
<strong>del</strong>la psichiatria nel Tirolo e nel<br />
<strong>Trentino</strong> 1830-1942”, edito dalla<br />
Scuola superiore di servizio sociale<br />
di Trento e dal Centro studi Erickson<br />
di Gardolo nel 1989. Senza di esso<br />
questa mia ricerca non avrebbe potuto<br />
essere portata a termine.<br />
Dopo aver esaminato attentamente<br />
la suddetta documentazione,<br />
decisi di ricapitolare cronologicamente<br />
tutte le notizie di cui<br />
fossi venuto a conoscenza, in<br />
modo da poterle confrontare tra<br />
loro, controllandone l’affidabilità<br />
ed integrandole con altri dati riguardanti<br />
la realizzazione <strong>del</strong>le<br />
grandi opere pubbliche realizzate<br />
nel <strong>Trentino</strong> nello stesso periodo<br />
(1880-1914). Per far ciò mi sarei<br />
avvalso <strong>del</strong>la documentazione raccolta<br />
per la stesura <strong>del</strong> mio studio<br />
sulla costruzione <strong>del</strong>la Ferrovia<br />
<strong>del</strong>la Valsugana 10 (1884-1886) e di<br />
altri interessanti testi editi dall’Associazione<br />
amici <strong>del</strong>la storia di Pergine<br />
11 , di cui faccio parte.<br />
I risultati così ottenuti sono stati<br />
superiori ad ogni aspettativa perché
Bruno Caruso,<br />
Ospedale <strong>del</strong>lo<br />
Spasimo,<br />
particolare, 1954.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mi hanno permesso di farmi<br />
un’idea dei costi sostenuti per l’acquisto<br />
dei terreni, dei materiali impiegati<br />
nelle costruzioni, dei costi<br />
<strong>del</strong>la mano d’opera, dei sistemi costruttivi,<br />
<strong>del</strong>l’onere dei trasporti,<br />
<strong>del</strong>la situazione <strong>del</strong>la rete stradale,<br />
<strong>del</strong>le condizioni amministrative<br />
che regolavano i contratti di<br />
allora e <strong>del</strong> funzionamento <strong>del</strong><br />
Catasto e <strong>del</strong> Libro fondiario austroungarico.<br />
Ritenni indispensabile dover<br />
fare anche un riferimento alla particolare<br />
situazione che stava attraversando<br />
la Monarchia danubiana,<br />
in quanto in quell’epoca tutti i territori<br />
appartenenti agli Asburgo<br />
stavano attraversando un periodo<br />
di profonda trasformazione economica<br />
12 , tributaria 13 , organizzativa<br />
e istituzionale 14 . A ingarbugliare<br />
maggiormente le cose fu l’entrata<br />
in vigore <strong>del</strong>le leggi che disponevano<br />
il cambio <strong>del</strong>la valuta 15<br />
e l’introduzione <strong>del</strong> nuovo sistema<br />
metrico decimale 16 .<br />
Per quanto riguarda specificamente<br />
il <strong>Trentino</strong> la situazione risultava<br />
ancora più grave che altrove in quanto<br />
a partire dal 1866 le nuove frontiere<br />
con l’Italia posero fine ai rapporti<br />
economici e di buon vicinato<br />
con la Lombardia e con il Veneto 17 .<br />
Contemporaneamente, una profonda<br />
e grave crisi economica, causata dalle<br />
avverse condizioni meteorologiche<br />
e dal diffondersi di malattie <strong>del</strong>la<br />
vite e dei bachi da seta, stava attanagliando<br />
l’economia trentina basata<br />
prevalentemente sull’agricoltura<br />
di montagna 18 , sulla produzione<br />
enotecnica 19 e sulla bachicoltura 20 .<br />
Una volta completate le ricerche<br />
preliminari potei dedicarmi al vero<br />
scopo <strong>del</strong> mio studio. Partendo dalle<br />
mappe catastali d’epoca, fornitemi<br />
da Vincenzo Adorno, fui in grado<br />
di ricostruire le varie fasi di costruzione<br />
<strong>del</strong> manicomio, la relativa disposizione<br />
urbanistica dei vari fabbricati,<br />
le modifiche apportate ad<br />
alcuni edifici e la particolare conformazione<br />
data alle aiuole dei giardini.<br />
Contemporaneamente mi dedicai<br />
alla riproduzione <strong>del</strong>le fotografie<br />
d’epoca e a eseguirne di nuove<br />
degli stessi particolari che comparivano<br />
nelle vecchie immagini, risalenti<br />
perlopiù al primo decennio <strong>del</strong><br />
Novecento.<br />
Qualche tempo dopo, Anita Pasqualeti,<br />
esperta in ricerche bibliografiche<br />
<strong>del</strong> nostro gruppo di studio,<br />
mi avvertiva di aver trovato casualmente<br />
presso la Biblioteca comunale<br />
di Trento, un album fotografico<br />
prodotto dal noto fotografo<br />
trentino Untervegher per l’inau<br />
31
Edificazione di un manicomio<br />
32<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
gurazione <strong>del</strong> manicomio perginese,<br />
prevista per il 19 settembre<br />
1882 21 . Purtroppo la cerimonia<br />
non poté aver luogo per il verificarsi<br />
<strong>del</strong>la più grande alluvione<br />
verificatasi sul <strong>Trentino</strong> e in Valsugana<br />
negli ultimi secoli e per<br />
quel motivo, forse, l’album era stato<br />
così a lungo dimenticato tra i<br />
tanti documenti conservati nella<br />
biblioteca.<br />
Con le copie <strong>del</strong>le fotografie ottenute<br />
dalla Direzione <strong>del</strong>la biblioteca,<br />
unitamente alle immagini e alle<br />
planimetrie di alcuni fabbricati realizzati<br />
nel 1902-1905, che compaiono<br />
nei libri di Heinrich Schlöss e di<br />
Giuseppe Pantozzi e con le notizie<br />
tratte dai testi di Cesare Battisti, di<br />
Nino Forenza, di Roberta Grof, di Jole<br />
Piva e di Luciano Dellai, potei disporre<br />
di un sufficiente repertorio<br />
di documenti ricostruire con buona<br />
precisione le varie fasi che portarono<br />
alla costruzione e ai successivi<br />
ampliamenti <strong>del</strong> manicomio<br />
perginese.<br />
Non disponendo di alcuna planimetria<br />
relativa al primo gruppo<br />
di fabbricati 22 , costruiti tra il 1879<br />
ed il 1881, e considerando che<br />
quelle disponibili risalivano a non<br />
prima <strong>del</strong> 1970 e che quindi erano<br />
assai diverse da quelle originali, mi<br />
resi conto che l’unica possibilità di<br />
poter disporre di planimetrie più<br />
vecchie era quella di rintracciare la<br />
documentazione presentata dai<br />
proprietari di immobili all’atto<br />
<strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong> Nuovo Catasto<br />
Edilizio Urbano <strong>del</strong> 1939,<br />
documentazione che trovai nell’archivio<br />
<strong>del</strong>l’Ufficio <strong>del</strong> Catasto di<br />
Pergine e che riguardava tutte le<br />
planimetrie 23 rilevate da vari tecnici<br />
abilitati in occasione <strong>del</strong>l’”Accertamento<br />
Generale <strong>del</strong>la Proprietà<br />
Immobiliare Urbana" disposto<br />
con Regio Decreto Legge 13<br />
Aprile 1939-XVII n. 652. Con grande<br />
soddisfazione potei consultare<br />
tutte le piantine dei singoli piani<br />
di tutti gli edifici preesistenti all’entrata<br />
in vigore <strong>del</strong>la legge e<br />
quelle relative ai fabbricati eretti<br />
o ristrutturati dopo il 1939 nonchè<br />
a tutte le varianti e modifiche<br />
apportate agli edifici fino ai giorni<br />
nostri.<br />
Grazie alla preziosa collaborazione<br />
<strong>del</strong> Capufficio <strong>del</strong> Catasto di Pergine<br />
e dei suoi collaboratori, nel giro<br />
di soli tre giorni potei disporre di<br />
tutte le planimetrie che mi interessavano.<br />
La loro riproduzione comportò<br />
la suddivisione in più fogli<br />
formato UNI A3 per cui furono necessari<br />
alcuni giorni per realizzare<br />
i collage necessari per metterle assieme.<br />
Purtroppo le planimetrie<br />
più vecchie, disegnate su carta millimetrata<br />
prodotta nel periodo<br />
bellico, ingiallita dal tempo, con<br />
profonde piegature dei disegni<br />
originali, rendevano le fotocopie<br />
assai scure, con linee a volte deformate<br />
dalle pieghe, oppure particolarmente<br />
sbiadite; l’unico sistema<br />
per poterne ricavare dei disegni<br />
di più facile lettura, magari<br />
in scala ridotta per poterle consultare<br />
senza problemi, consisteva nel<br />
ridisegnarle tutte su normale carta<br />
da lucidi non millimetrata.<br />
Iniziai a disegnare le piante <strong>del</strong><br />
fabbricato principale risalente al<br />
1879-1880. L’idea fu vincente in<br />
quanto sovrapponendo casual
Bruno Caruso,<br />
<strong>Il</strong> mondo alla<br />
rovescia, disegno<br />
acquarellato,<br />
1958.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mente le prime due tavole realizzate<br />
potei constatare che le murature<br />
interne degli scantinati non<br />
sempre corrispondevano a quelle<br />
dei tramezzi <strong>del</strong> piano superiore,<br />
cioè, risultava che alcuni muri di<br />
fondazione non servivano a sostenere<br />
alcun sovraccarico concentrato<br />
nel piano sovrastante. La strana<br />
situazione mi divenne chiara<br />
nel disegnare le piante dei piani<br />
superiori da cui potei notare che<br />
la posizione <strong>del</strong>le tramezzature<br />
erano tornate a coincidere con le<br />
murature portanti esistenti nello<br />
scantinato. Era evidente che all’atto<br />
<strong>del</strong> rilevamento la situazione<br />
era diversa da quella <strong>del</strong> 1882 e<br />
che, nel frattempo, parecchi muri<br />
divisori erano stati demoliti.<br />
Un’ulteriore sorpresa la ebbi<br />
quando, seguendo meticolosamente<br />
la descrizione dei vari reparti<br />
<strong>del</strong> fabbricato centrale <strong>del</strong><br />
manicomio, fatta dal dr. Pius Dejaco,<br />
potei constatare che quella<br />
33
Edificazione di un manicomio<br />
34<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
descritta corrispondeva esattamente<br />
alla suddivisione interna dei<br />
locali <strong>del</strong>lo scantinato. Facendo<br />
tesoro <strong>del</strong>l’esperienza acquisita<br />
continuai a disegnare piantine<br />
ininterrottamente per circa tre<br />
mesi realizzando sessanta planimetrie<br />
relative a tutti i fabbricati<br />
costruiti tra il 1879 ed il 1973 e le<br />
relative variazioni apportate a partire<br />
dal secondo dopoguerra.<br />
Per elaborare e ridisegnare tutte<br />
le planimetrie, per raccogliere tutte<br />
le notizie necessarie, per riprodurre<br />
le immagini ho impiegato circa sei<br />
mesi a partire dall’11 settembre <strong>del</strong><br />
2000 fino al 21 marzo 2001. Come<br />
ho già specificato in precedenza,<br />
per facilitare la consultazione, i<br />
disegni sono stati ridotti di formato<br />
in modo da poterli riprodurre<br />
in un comune foglio formato UNI<br />
A4. Contraddis-tinguendo ogni<br />
locale con un numero progressivo<br />
e dotando le plani-metrie di<br />
un’apposita legenda è possibile<br />
ora conoscere l’uso che se ne faceva<br />
a suo tempo. Purtroppo i disegni<br />
risultano privi <strong>del</strong>le varie sezioni,<br />
<strong>del</strong>le piante dei sottotetti e<br />
dei disegni <strong>del</strong>le facciate, ma la<br />
loro ricostruzione peraltro non necessaria<br />
avrebbe comportato una<br />
lunga perdita di tempo. Nel nostro<br />
caso, infatti, i disegni approntati<br />
sono in grado di far conoscere l’organizzazione<br />
sanitaria dei vari reparti,<br />
la sistemazione dei servizi<br />
generali, le continue modifiche e<br />
gli amplia-menti eseguiti per potenziare<br />
la capacità ricettiva <strong>del</strong><br />
manicomio.<br />
Oltretutto le varie fotografie<br />
d’epoca, tra cui molte inedite, ci per<br />
mettono di avere una visione d’assieme<br />
<strong>del</strong>l’opera e di tutti i principali<br />
particolari architettonici <strong>del</strong> monumentale<br />
fabbricato principale e<br />
dei vari padiglioni costruiti all’inizio<br />
<strong>del</strong> secolo.<br />
Nella primavera <strong>del</strong> 2002, in occasione<br />
<strong>del</strong> mio ultimo sopralluogo<br />
all’ex Ospedale psichiatrico le due<br />
archiviste che, con certosina pazienza<br />
e con estrema precisione, stavano<br />
riordinando l’archivio mi consegnarono<br />
due fotocopie degli unici<br />
disegni tecnici relativi al manicomio<br />
trovati tra l’enorme mole di documenti<br />
che stavano ultimando di riordinare.<br />
L’importanza <strong>del</strong> ritrovamento dei<br />
due disegni è rilevante in quanto uno<br />
di essi ci permette di conoscere le<br />
dimensioni e le relative caratteristiche<br />
<strong>del</strong>le fondazioni dei piccoli fabbricati<br />
adibiti a lavanderia, a docce,<br />
a camera mortuaria e a magazzini<br />
provvisori 24 , in parte demoliti nei<br />
primi anni <strong>del</strong> Novecento (fig. 1).<br />
L’altro ci consente invece di avere<br />
la conferma <strong>del</strong>l’insorgere di problemi<br />
sorti per la sistemazione all’interno<br />
<strong>del</strong>l’Istituto <strong>del</strong>le 20 suore a<br />
cui la Provincia aveva affidato, con<br />
regolare contratto, gran parte <strong>del</strong>la<br />
gestione logistica <strong>del</strong>l’intero manicomio.<br />
Secondo le clausole contemplate<br />
dal contratto stipulato nell’estate<br />
<strong>del</strong> 1881 con la direzione<br />
generale <strong>del</strong>le Suore <strong>del</strong>la Divina<br />
Provvidenza di Gorizia 25 , la Giunta<br />
provinciale si era impegnata a mettere<br />
a disposizione <strong>del</strong>le suore, idonei<br />
locali riservati, in grado di ospitarne<br />
eventualmente un numero<br />
maggiore. Secondo il contratto, infatti,<br />
le venti suore rappresentava
Figura 1 - 1880-81<br />
Manicomio<br />
provinciale tirolese<br />
di Pergine<br />
Valsugana: studio<br />
di massima per la<br />
trasformazione <strong>del</strong><br />
tratto centrale <strong>del</strong><br />
secondo piano<br />
<strong>del</strong>l’edificio in<br />
alloggi per le suore,<br />
per il capellano, per<br />
i medici assistenti<br />
e in due locali da<br />
adibito a biblioteca<br />
e a cancelleria<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
no il numero minino di quelle che<br />
avrebbero dovuto svolgere la loro<br />
attività d’assistenza alle malate, numero<br />
che però sarebbe potuto aumentare<br />
in qualsiasi momento previa<br />
richiesta <strong>del</strong>la Giunta provinciale<br />
tirolese. Probabilmente tutti questi<br />
problemi, poterono essere risolti<br />
approfittando <strong>del</strong>la necessità<br />
di dislocare le docce lontano dai<br />
locali <strong>del</strong>le cucine come invece era<br />
stato previsto nel progetto iniziale<br />
26 . Come è stato possibile appurare,<br />
sul retro <strong>del</strong> grande edificio<br />
manicomiale vennero appositamente<br />
realizzati una serie di piccoli<br />
fabbricati non previsti inizial<br />
mente, che permise di risolvere “in<br />
qualche modo” tutte le manchevolezze<br />
progettuali evidenziate durante<br />
i lavori o non approvate dalle<br />
autorità sanitarie provinciali.<br />
Contrariamente ad ogni principio<br />
deontologico, la progettazione<br />
<strong>del</strong>le modifiche e dei nuovi fabbricati<br />
non venne eseguita dal progettista<br />
ing. Josef Huter, bensì dal<br />
direttore dei lavori, l’ing. Lindner.<br />
Era evidente che i rapporti tra il<br />
progettista e l’Ente committente si<br />
fossero interrotti, ma i motivi purtroppo<br />
non li conosciamo.<br />
Ad avvalorare tale supposizione ci<br />
viene in aiuto il secondo disegno<br />
35
Edificazione di un manicomio<br />
36<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
(fig. 2) in cui compare abbozzato<br />
uno studio per la sistemazione <strong>del</strong>l’alloggio<br />
<strong>del</strong>le suore da realizzare<br />
al secondo piano <strong>del</strong> corpo centrale<br />
<strong>del</strong> manicomio. Si tratta di una sistemazione<br />
di ripiego che evidentemente<br />
non poteva essere accettata<br />
dalle suore: infatti, oltre al poco spazio<br />
disponibile e alla cattiva disposizione<br />
interna dei locali, i servizi<br />
igienici risultavano essere fuori<br />
dagli alloggi usati in comune con<br />
altri reparti <strong>del</strong>l’ospedale.<br />
Grazie al ritrovamento di queste<br />
due planimetrie è stato possibile<br />
completare tutte quelle dei fabbricati<br />
realizzati nell’ex Ospedale psichiatrico<br />
tra il 1879 e la fine <strong>del</strong><br />
secolo scorso.<br />
Finalmente alla fine di marzo <strong>del</strong><br />
2001 riuscii a portare a compimento<br />
l’incarico preso. Per rendere meno<br />
pesante la relazione sulle attività<br />
svolte, che avrei dovuto esporre ai<br />
componenti <strong>del</strong> gruppo di lavoro,<br />
approntai una serie di diapositive<br />
riproducenti i principali documenti<br />
d’epoca integrandole con quelle<br />
scattate in occasione dei miei vari<br />
sopralluoghi. Conclusi la mia esposizione<br />
consegnando alla dott.ssa<br />
Grandi due raccoglitori da duecento<br />
buste trasparenti, contenenti<br />
specchi cronologici, trascrizioni di<br />
documenti, riproduzioni di fotografie,<br />
disegni esplicativi, cartine,<br />
tabelle e soprattutto le planimetrie<br />
<strong>del</strong> complesso ospedaliero e<br />
degli edifici nella loro disposizione<br />
iniziale.<br />
Dopo qualche tempo, quando ormai<br />
avevo ripreso in mano il mio<br />
lungo studio sulle difese <strong>del</strong>le coste<br />
mediterranee dalle incursioni turco-<br />
saracene, la dott.ssa Grandi mi telefonò<br />
comunicandomi di aver visionato<br />
la documentazione che le avevo<br />
consegnato e che riteneva opportuno<br />
trasformarla in un ipertesto<br />
multimediale a carattere divulgativo.<br />
Sul finire <strong>del</strong>l’estate, quando dopo<br />
un lungo periodo d’assenza tornai a<br />
Trento, incontrai la dott.ssa Grandi<br />
che mi pregò di esporre la mia relazione<br />
sul lavoro fatto ad alcuni funzionari<br />
<strong>del</strong>la Provincia autonoma di<br />
Trento, e successivamente, ai rappresentanti<br />
<strong>del</strong>l’Amministrazione comunale<br />
di Pergine e <strong>del</strong> Comprensorio<br />
<strong>del</strong>l’Alta Valsugana.<br />
Mingardi, esperto informatico in<br />
occasione di un incontro fu deciso<br />
che l’ipertesto uno scopo prettamente<br />
divulgativo diretto ai giovani, in<br />
grado di far loro conoscere cosa significò<br />
per i Trentini l’aver ottenuto<br />
un ospedale psichiatrico in cui i propri<br />
malati avrebbero potuto considerarsi<br />
tra la propria gente, non<br />
più costretti ad “emigrare” in territori<br />
lontani ove l’isolamento sarebbe<br />
risultato ancor più accentuato<br />
dalla diverse usanze e soprattutto<br />
dalla diversa lingua. Per poter<br />
raggiungere gli obiettivi che ci<br />
eravamo preposti sarebbe stato<br />
necessario approntare una specie<br />
di “menabò” da cui chiunque – non<br />
solo gli addetti ai lavori – interagendo<br />
tra i vari file contenuti in<br />
un CD-ROM potesse seguire un percorso<br />
da cui trarre tutte le informazioni<br />
che più interessano.<br />
Sul finire <strong>del</strong> mese di aprile 2002<br />
con la dott.ssa Grandi decidemmo<br />
di articolare la Storia <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine dalla
Figura 2 -1881<br />
Manicomio<br />
provinciale tirolese<br />
di Pergine<br />
Valsugana<br />
planimetria <strong>del</strong>le<br />
fondazioni dei<br />
piccoli fabbricati<br />
realizzati nella<br />
zona retrostante il<br />
fabbricato centrale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
sua ideazione alla fine <strong>del</strong>la Grande<br />
Guerra 27 nei seguenti periodi o<br />
“argomenti principali”:<br />
1. Antefatti;<br />
2. il manicomio a Pergine;<br />
3. la costruzione <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico;<br />
4. l’inaugurazione;<br />
5. alla ricerca di nuovi spazi;<br />
6. la Grande Guerra;<br />
7. il primo dopoguerra;<br />
8. la costituzione <strong>del</strong>la nuova provincia<br />
<strong>del</strong>la Venezia Tridentina.<br />
Ognuno di essi, a sua volta, avrebbe<br />
dovuto essere articolato in una serie<br />
di “argomenti specifici” riguardanti<br />
ciascuno degli otto periodi<br />
presi in esame. Di conseguenza ogni<br />
argomento specifico avrebbe dovuto<br />
essere descritto succintamente<br />
fornendo le indicazioni necessarie<br />
per i successivi approfondimenti costituiti<br />
da brevi flash denominati “argomenti<br />
particolareggiati”, che<br />
avrebbero costituito il punto di<br />
partenza per poter interagire con<br />
altri file consistenti in una serie<br />
di documenti ancor più particolareggiati,<br />
basati essenzialmente<br />
sulle immagini con relative didascalie<br />
e spiegazioni.<br />
L’ipertesto sarà dunque composto<br />
da:<br />
- 8 “argomenti principali”;<br />
- 34 “argomenti specifici”;<br />
- 120 “argomenti particolareggiati”<br />
sotto forma di schede, con riferimenti<br />
alle fonti per un approfondimento<br />
<strong>del</strong>l’argomento;<br />
- 6 cartine geografiche;<br />
37
Edificazione di un manicomio<br />
38<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
- 30 tavole di disegno con relative<br />
spiegazioni;<br />
- 48 fotografie d’epoca, in parte<br />
inedite;<br />
- 5 mappe catastali;<br />
- 17 tabelle;<br />
- fotografie recenti <strong>del</strong>lo stato <strong>del</strong>le<br />
strutture;<br />
- trascrizioni di documenti più importanti<br />
e difficilmente reperibili;<br />
- bibliografia completa sugli argomenti.<br />
<strong>Il</strong> CD-ROM sarà probabilmente realizzato<br />
entro la fine <strong>del</strong> 2003.<br />
NOTE<br />
]1] Denominazione ufficiale assunta<br />
dall’Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine dall’inizio <strong>del</strong>le<br />
attività fino al 1916. Dopo tale<br />
data i comandi militari austroungarici<br />
preferirono chiamarlo<br />
Ospedale militare di San<br />
Pietro o più semplicemente<br />
Ospedale di San Pietro.<br />
[2] Avvenute in un periodo di<br />
transizione compreso tra la<br />
formazione <strong>del</strong> Catasto fondiario<br />
impostato su base geometrica<br />
e particellare (1853),<br />
la compilazione dei fogli di<br />
possesso fondiario (Grundbesitzbogen)<br />
e la costituzione<br />
<strong>del</strong> Libro fondiario (1900).<br />
[3] Già nel 1880-1882 furono realizzati<br />
alcuni primordiali, ma<br />
complessi, impianti tecnici<br />
quali quelli di riscaldamento,<br />
quello fognante e nel 1903<br />
l’impianto elettrico allacciato<br />
ad una <strong>del</strong>le prime centrali<br />
<strong>del</strong>la regione alpina.<br />
[4] Consistenti: nell’allontanamento<br />
dei rivi d’acqua presenti<br />
nella zona ove venne eretto il<br />
grande fabbricato, lo spostamento<br />
<strong>del</strong> corso <strong>del</strong> "canale<br />
macinante"; l’allacciamento<br />
idrico all’acquedotto; la ricerca<br />
di nuove sorgenti e la costruzione<br />
di un nuovo acquedotto;<br />
l’impianto elettrico che<br />
assorbiva gran parte <strong>del</strong>la potenzialità<br />
<strong>del</strong>la nuova centrale<br />
elettrica di Serso; l’installazione<br />
di montacarichi; l’impianto<br />
di produzione d’acqua<br />
calda per le docce e la lavanderia;<br />
l’impianto telefonico; la<br />
realizzazione di una grande<br />
cucina dotata di grosse pentole<br />
funzionanti a vapore.<br />
[5] <strong>Il</strong> cui progetto fu eseguito dal<br />
conte Carlo Lodron ed approvato<br />
dalla Giunta provinciale.<br />
[6] La legge imperiale 17 febbraio<br />
1864, modificando profondamente<br />
la legislazione preesistente<br />
in tema di assistenza<br />
ai malati di mente, decentrava<br />
ogni competenza in materia<br />
ai vari Länder <strong>del</strong>l’impero<br />
austroungarico.<br />
[7] L’istituzione <strong>del</strong> Libro fondiario<br />
fu introdotta nel <strong>Trentino</strong><br />
a seguito <strong>del</strong>l’entrata in vigore<br />
<strong>del</strong>la legge provinciale <strong>del</strong><br />
Tirolo n. 9 <strong>del</strong> 17 marzo 1897.<br />
L’impianto <strong>del</strong> libro fondiario
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
fu eseguita nell’arco di tempo<br />
di mezzo secolo ed ebbe inizio<br />
a partire dal 1900. <strong>Il</strong> rilevamento<br />
dei dati, intrapreso<br />
dai funzionari austroungarici,<br />
venne continuata dal governo<br />
italiano che ne riconobbe la<br />
validità, ultimandone l’impianto<br />
e mantenendo la validità<br />
nel territorio <strong>del</strong>la regione<br />
<strong>Trentino</strong>-Alto Adige.<br />
[8] <strong>Il</strong> dottor Pius Dejaco, nato a<br />
Cognola di Trento il 24 aprile<br />
1859 da una famiglia di lingua<br />
tedesca, prese servizio<br />
presso il manicomio di Pergine<br />
nel 1893 in qualità di assistente,<br />
fu direttore <strong>del</strong>lo stesso<br />
manicomio dal 1912 al<br />
1919.<br />
[9] DEJACO 1912. Per la traduzione<br />
cfr. più avanti.<br />
[10]SCIOCCHETTI 1998.<br />
[11]BATTISTI 1987; BATTISTI<br />
1898; FORENZA 1995; FOREN<br />
ZA 1998; GROFF – PIVA – DEL<br />
LAI 1985.<br />
[12]Generata dalla rivoluzione<br />
scoppiata in Ungheria, in Boemia,<br />
a Vienna e nel Lombardo<br />
Veneto (1848-1849), dalla<br />
guerra contro il Regno di<br />
Sardegna (1848-1849), dalla<br />
guerra contro i Franco-Piemontesi<br />
(1859), dalla guerra<br />
contro l’Impero Prussiano e il<br />
Regno d’Italia (1866) e l’annessione<br />
<strong>del</strong>la Bosnia Erzegovina<br />
(1878).<br />
[13]Introduzione <strong>del</strong> nuovo catasto<br />
fondiario impostato su<br />
base geometrica e particellare<br />
con rilevamento cartografico<br />
alla scala 1:2880 eseguita<br />
dall’ i.r. Genio Militare (1853<br />
1863) e all’introduzione <strong>del</strong><br />
Libro fondiario (1897), ultimato<br />
dopo la Grande Guerra.<br />
[14]Causata dalla trasformazione<br />
istituzionale <strong>del</strong>la Monarchia<br />
Asburgica da Impero d’Austria<br />
in Impero d’Austria e Ungheria<br />
(1867) che causò la completa<br />
riorganizzazione <strong>del</strong>l’apparato<br />
statale e la riforma <strong>del</strong>le<br />
forze armate che vennero<br />
suddivise nei seguenti tre<br />
eserciti: l’imperiale e regio<br />
esercito (comune alle due parti<br />
<strong>del</strong>l’impero), l’imperial-regia<br />
Landwehr austriaca e la<br />
regia Honved ungherese.<br />
[15]Sul finire <strong>del</strong>l’Ottocento venne<br />
introdotta la corona al posto<br />
<strong>del</strong> fiorino. Per molti anni<br />
le due monete continuarono<br />
ad avere corso legale che al<br />
cambio ufficiale corrispondeva<br />
ad un fiorino per due corone,<br />
aumentando così il disagio<br />
tra la popolazione locale<br />
che preferì chiamare soldo il<br />
centesimo di corona invece<br />
che Heller.<br />
[16]La riforma comportò l’abbandono<br />
di tutti gli antichi sistemi<br />
di misura riguardanti le<br />
lunghezze, i volumi, i liquidi,<br />
gli aridi (granaglie) e le superfici<br />
<strong>del</strong> terreno.<br />
39
Edificazione di un manicomio<br />
40<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
[17]Vennero, infatti, vietati i ricoveri<br />
dei malati di mente trentini<br />
presso i manicomi di Venezia<br />
e di Milano.<br />
[18]I raccolti risultarono notevolmente<br />
inferiori a quelli medi<br />
a causa <strong>del</strong>l’imperversare di<br />
lunghi periodi di avverse condizioni<br />
meteorologiche e alla<br />
caduta di valanghe. In occasione<br />
<strong>del</strong>l’entrata in funzione<br />
<strong>del</strong> manicomio di Pergine la<br />
direzione fu costretta ad acquistare<br />
la paglia nel Veneto<br />
in quanto quell’anno in zona<br />
non fu possibile acquistare le<br />
foglie di granoturco necessarie<br />
per la confezione dei materassi.<br />
L’alimentazione basata<br />
essenzialmente sul mais, tipica<br />
<strong>del</strong>le valli meridionali <strong>del</strong><br />
<strong>Trentino</strong>, fece aumentare notevolmente<br />
il numero dei malati<br />
colpiti dalla pellagra, incrementando<br />
tangibilmente il<br />
numero dei ricoveri in manicomio.<br />
[19]Negli ultimi tre decenni <strong>del</strong>l’Ottocento<br />
i vigneti trentini<br />
vennero distrutti dalla fillossera<br />
che fece scomparire completamente<br />
alcuni tipi di pregiata<br />
uva, tra cui la famosissima<br />
uva denominata “gocciadoro”.<br />
[20]Sul finire <strong>del</strong> secolo XIX il settore<br />
<strong>del</strong>la bachicoltura entrò<br />
in profonda crisi per la concorrenza<br />
straniera per l’esistenza<br />
di una rete ferroviaria<br />
assolutamente insufficiente e<br />
dall’imperversare <strong>del</strong>la “pebrina”.<br />
A risentire maggiormente<br />
la crisi <strong>del</strong> settore fu la stessa<br />
Pergine con le sue numerose<br />
filande costrette a chiudere<br />
l’attività.<br />
[21]A causa <strong>del</strong>la disastrosa alluvione<br />
verificatasi nel <strong>Trentino</strong><br />
ed in Valsugana la cerimonia<br />
inaugurale non poté avvenire.<br />
Le eccezionali piogge dei<br />
giorni precedenti provocarono<br />
lo straripamento <strong>del</strong>l’Adige<br />
<strong>del</strong> 17 settembre, il crollo<br />
<strong>del</strong>la serra di Civezzano e la<br />
rottura degli argini <strong>del</strong> Fersina,<br />
che resero impercorribili le<br />
strade <strong>del</strong>la zona. La stessa<br />
Trento fu inondata unitamente<br />
a tutto il fondovalle dalla<br />
più grande inondazione mai<br />
registrata negli ultimi secoli.<br />
I danni furono ingentissimi e<br />
le strade furono inagibili per<br />
parecchi giorni.<br />
[22]I piccoli fabbricati costruiti<br />
nel 1881, vennero demoliti in<br />
parte dopo il 1905.<br />
[23] Sono planimetrie redatte su<br />
moduli forniti dagli Uffici periferici<br />
<strong>del</strong> Catasto su cui sono<br />
riportate le piante degli edifici<br />
alla scala 1:200 o 1:400 secondo<br />
le dimensioni <strong>del</strong>l’edificio.<br />
In <strong>Trentino</strong> tali documenti<br />
vengono normalmente<br />
denominati “catastini”.<br />
[24] Si tratta <strong>del</strong>le due baracche<br />
usate per lo stoccaggio <strong>del</strong><br />
carbone e <strong>del</strong>la legna da ar
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
dere e l’altra per la conservazione<br />
dei pagliericci e <strong>del</strong>le<br />
foglie di granoturco con cui<br />
riempirli.<br />
[25]<strong>Il</strong> numero contrattualmente<br />
previsto era di 20 suore, aumentabile<br />
a richiesta <strong>del</strong>la<br />
Giunta provinciale. La Giunta<br />
si impegnava inoltre a fornire<br />
un appartamento completamente<br />
arredato, con cucina e<br />
una cappella privata, nonchè<br />
un orto per gli usi <strong>del</strong>la mensa<br />
conventuale; di cedere loro<br />
gratuitamente le can<strong>del</strong>e per<br />
l’illuminazione, il sapone, la<br />
cenere per il bucato, la legna<br />
da ardere, un quarto di vino<br />
giornalmente e il compenso di<br />
40 fiorini annui. Le suore dal<br />
canto loro avrebbero dovuto<br />
assicurare il funzionamento<br />
<strong>del</strong>la lavanderia (eventualmente<br />
assumendo due lavandaie<br />
locali che avrebbero dovuto<br />
ricevere 80 fiorini all’anno)<br />
e l’assistenza diretta <strong>del</strong>le<br />
malate ricorrendo eventualmente<br />
ad assumere due ausiliarie<br />
alle stesse condizioni<br />
amministrative di 80 fiorini<br />
annui.<br />
Con teutonica precisione il<br />
contratto prevedeva inoltre<br />
che le suore avessero il compito:<br />
<strong>del</strong>la gestione <strong>del</strong>la mensa<br />
degli ammalati e degli infermieri;<br />
l’acquisto diretto <strong>del</strong>le<br />
derrate alimentari; <strong>del</strong>la<br />
compilazione dei menù secondo<br />
particolari disciplinari da<br />
rispettare; di curare il servizio<br />
di guardaroba <strong>del</strong>l’ospedale e<br />
<strong>del</strong>le scorte di magazzino; di<br />
garantire la presenza di suore<br />
bilingui tra quelle impiegate<br />
nella cura <strong>del</strong>le malate. Come<br />
si desume dall’esame <strong>del</strong>le<br />
clausole presenti nel contratto,<br />
la Giunta provinciale, aveva<br />
demandato alle suore tutta<br />
l’organizzazione logistica<br />
<strong>del</strong>l’ospedale, comprese le<br />
cuoche nelle cucine e quella<br />
<strong>del</strong>l’assistenza nei reparti riservati<br />
alle ammalate. Spettava<br />
invece al Direttore <strong>del</strong> manicomio<br />
stabilire se una suora<br />
era idonea o meno a svolgere<br />
il suo compito specifico<br />
e alla sorveglianza sulle attività<br />
svolte. Per contro la cattolicissima<br />
amministrazione<br />
provinciale dovette sistemare<br />
nel migliore dei modi possibili<br />
le giovanissime suore giuliane,<br />
friulane e goriziane che<br />
si dimostrarono sempre all’altezza<br />
<strong>del</strong>la situazione (cfr.<br />
PANTOZZI 1989).<br />
[26]Come è rilevabile nel testo<br />
<strong>del</strong>la relazione di Dejaco, la dislocazione<br />
<strong>del</strong>le docce era prevista<br />
nelle immediate vicinanze<br />
dei locali <strong>del</strong>la cucina ma<br />
tale soluzione non venne accettata<br />
dalla commissione sanitaria<br />
provinciale. Da tale precisazione<br />
si riesce a capire il<br />
motivo <strong>del</strong>la realizzazione dei<br />
due porticati che collegavano<br />
il fabbricato centrale con le<br />
cucine.<br />
Gian Piero Sciocchetti è Generale di<br />
Brigata Ris. <strong>del</strong> Genio Militare.<br />
41
Un luogo per nuove<br />
politiche sociali<br />
Renzo Anderle<br />
<strong>Il</strong> progetto per il riuso <strong>del</strong>l’ex ospedale<br />
psichiatrico di Pergine Valsugana.<br />
42<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
È fuori dubbio che la presenza <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico in Pergine ha<br />
avuto un ruolo fondamentale nello<br />
sviluppo <strong>del</strong>la borgata, a partire dalla<br />
fine <strong>del</strong>l’Ottocento fino ai giorni<br />
nostri, con ripercussioni sia per<br />
quanto concerne l’economia, che per<br />
quanto riguarda gli aspetti sociali.<br />
L’influenza <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />
sulla comunità di Pergine<br />
è stata talmente forte da far sì<br />
che la stessa borgata fosse identificata<br />
con il manicomio e Pergine<br />
definito, non sempre ironicamente,<br />
come “il paese dei matti”.<br />
Indubbiamente, se ripercorriamo<br />
la storia <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico,<br />
dalla scelta <strong>del</strong>la sua ubicazione in<br />
Pergine fino alla legge 180 <strong>del</strong> 1978,<br />
che ne ha decretato di fatto la chiusura,<br />
non si può non rilevare come<br />
l’Ospedale psichiatrico, con la sua<br />
presenza di pazienti, che sono arrivati<br />
nel momento di maggiore utilizzo<br />
<strong>del</strong>la struttura ( nel maggio<br />
1963) a 1775 degenti, e con i suoi<br />
400 addetti, ha assunto dimensioni<br />
confrontabili con quelle <strong>del</strong> centro<br />
urbano di Pergine. È quindi evidente<br />
il peso “demografico” di questa<br />
istituzione sulla comunità. Analogo<br />
discorso vale per quanto concerne<br />
le aree <strong>del</strong>l’Ospedale, che<br />
hanno occupato una porzione considerevole<br />
<strong>del</strong> territorio <strong>del</strong>la borgata,<br />
in posizione abbastanza centrale,<br />
a ridosso <strong>del</strong> centro storico.<br />
Dagli iniziali nove ettari, derivanti<br />
dall’acquisto <strong>del</strong>la prima porzione<br />
di terreno dal conte Crivelli per la<br />
costruzione <strong>del</strong> padiglione centrale,<br />
si è arrivati, progressivamente,<br />
ad una superficie interessata dalla<br />
struttura di 251.500 mq, dei<br />
quali 13.200 coperti da edifici e<br />
238.300 mq di superfici libere (viabilità,<br />
campi coltivati, aree boscate).<br />
Le figure seguenti danno un’indicazione<br />
<strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong>l’abitato<br />
di Pergine nel tempo. La prima (fig.<br />
1) si riferisce alla più antica mappa<br />
reperibile negli archivi comunali e<br />
risale al 1750. Da questa si possono<br />
osservare le ridotte dimensioni <strong>del</strong>l’abitato,<br />
che allora contava presumibilmente<br />
2.500 abitanti.<br />
A metà Ottocento ritroviamo Pergine<br />
ampliata intorno al centro storico,<br />
con una popolazione attestata<br />
intorno a 3.100 abitanti. Nella seconda<br />
(fig. 2) non risulta ancora indicato<br />
il nuovo Ospedale psichiatrico<br />
la cui ubicazione risulta sullo<br />
sfondo <strong>del</strong>l’immagine.<br />
La scelta <strong>del</strong>la costruzione <strong>del</strong><br />
nuovo Ospedale psichiatrico è avvenuta<br />
nel periodo 1875-1877, dopo<br />
un lungo e intenso dibattito attraverso<br />
il quale si è pervenuti, innanzi<br />
tutto, alla scelta di realizzare un nuovo<br />
Ospedale psichiatrico nell’area
Bruno Caruso,<br />
Non riconosce,<br />
disegno a matita.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
“italiana” in aggiunta al già operante<br />
Ospedale psichiatrico di Hall,<br />
vicino ad Innsbruck. Diversi i comuni<br />
candidati ad ospitare il nuovo<br />
Os-pedale psichiatrico, struttura<br />
che risultava di particolare interesse<br />
per le amministrazioni comunali,<br />
in grado di offrire lavoro<br />
a un elevato numero di residenti e<br />
capace di operare un forte indotto<br />
nelle economie locali. La scelta,<br />
alla fine, cadde su Pergine e la<br />
progettazione <strong>del</strong>l’edificio fu affidata<br />
all’ingegnere Karl Lindner, per<br />
una struttura capace di ospitare<br />
200 pazienti.<br />
La prima pietra fu posata il 20<br />
marzo <strong>del</strong> 1879, mentre la fine dei<br />
lavori è avvenuta il 19 settembre<br />
1882. Interessa rilevare che la conclusione<br />
dei lavori – e quindi l’apertura<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico – è<br />
avvenuta nel periodo in cui il Tirolo<br />
veniva interessato da fenomeni alluvionali<br />
di particolare intensità, che<br />
hanno coinvolto anche il Comune di<br />
Pergine in vari punti <strong>del</strong> territorio,<br />
recando danni e distruzioni. Proprio<br />
in relazione a quegli eventi, l’inaugurazione<br />
<strong>del</strong> complesso ha subito<br />
un ritardo, come pure l’attivazione<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico. Ma, nel<br />
complesso, i lavori si sono sviluppati<br />
secondo il programma stabilito.<br />
La prima struttura riguardava la<br />
costruzione <strong>del</strong> cosiddetto padiglione<br />
centrale dalla classica forma ad<br />
E; edificio articolato su tre piani fuori<br />
terra più un piano interrato. Come<br />
si è detto, la superficie interessata<br />
dalla nuova struttura psichiatrica riguardava<br />
inizialmente 90.000 mq;<br />
oltre all’edificio, quindi, esistevano<br />
ampie superfici libere, fin dalla prima<br />
concezione <strong>del</strong>la struttura mancomiale.<br />
A partire dal 1926, l’Ospedale psichiatrico<br />
si è via via ampliato secondo<br />
il concetto <strong>del</strong>la struttura<br />
“per blocchi isolati”, collegati fra<br />
loro da una viabilità interna, ampia<br />
e articolata. Nel 1926 entrò in funzione<br />
la costruzione nota come “padiglione<br />
Osservazione” che constava<br />
di 120 posti letto. Nel 1934 è stata<br />
completata la costruzione <strong>del</strong> padiglione<br />
Valdagni, per le donne, <strong>del</strong>la<br />
capienza di 130 posti letto. Nel frattempo,<br />
anche il padiglione centrale<br />
subiva alcuni ampliamenti per quanto<br />
concerne la ricettività, al punto<br />
che, nel 1934, questa era di 750 posti,<br />
per diventare presto di circa 1000<br />
letti.<br />
Una città nella città: così si poteva<br />
definire intorno agli anni quaranta<br />
l’Ospedale psichiatrico di<br />
Pergine. A separare le due strutture<br />
urbanistiche una sorta di cortina,<br />
in muratura oppure in rete<br />
metallica, per isolare i malati di<br />
43
Un luogo per nuove politiche sociali<br />
44<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mente dalla comunità “sana”.<br />
Una città praticamente autonoma,<br />
con propri servizi, con un’elevata capacità<br />
di soddisfare l’esigenza primaria<br />
<strong>del</strong>l’alimentazione dei pazienti<br />
attraverso la coltura dei fondi agricoli<br />
messi a disposizione, non solo<br />
all’interno <strong>del</strong>lo spazio <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico, ma anche nella vicina<br />
azienda agricola <strong>del</strong>la Costa; una<br />
città dotata di servizi, anche moderni,<br />
in grado di assolvere alle principali<br />
necessità dei propri residenti<br />
che, tra pazienti e personale dipendente,<br />
ammontavano a circa 2.000<br />
unità.<br />
Occorre citare, accanto alla vera<br />
e propria struttura ospedaliera, l’edificio<br />
destinato da ultimo alla scuola<br />
per infermieri, il reparto cucina-lavanderia,<br />
il panificio, i locali per le<br />
manutenzioni, il teatro, la chiesa, gli<br />
alloggi per le suore, le strutture tecnologiche,<br />
come l’acquedotto con<br />
relativo serbatoio realizzati nel 1884,<br />
e le reti di distribuzione, la rete fognaria,<br />
gli impianti per la produzione<br />
e la distribuzione <strong>del</strong> calore.<br />
Di particolare rilevanza architettonica<br />
la cappella mortuaria,<br />
costruita all’inizio <strong>del</strong> 1900 in stile<br />
liberty e non manomessa nel tempo,<br />
struttura che rappresenta un piccolo<br />
gioiello e sulla quale sarà utile<br />
impostare, nel prossimo futuro, un<br />
serio progetto ai fini <strong>del</strong> <strong>recupero</strong> e<br />
a testimonianza di una tipologia di<br />
edifici che hanno trovato scarsa<br />
diffusione sul territorio <strong>del</strong>la<br />
Provincia di Trento. Tale edificio<br />
potrebbe essere utilizzato quale<br />
sede di una mostra sul manicomio<br />
e come archivio-museo <strong>del</strong>le<br />
numerose docu-mentazioni ancora<br />
esistenti presso l’ex Ospedale<br />
psichiatrico.<br />
La situazione <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />
nel periodo <strong>del</strong>la sua più<br />
ampia attività è quella riportata nella<br />
fig. 4 dalla quale si può cogliere<br />
immediatamente l’articolazione <strong>del</strong>la<br />
struttura ospedaliera in vari blocchi<br />
con i diversi percorsi interni.<br />
Per quanto concerne le superfici<br />
non occupate dagli edifici e le loro<br />
pertinenze, si osserva che circa sei<br />
ettari di terreno sono occupati da<br />
bosco, mentre la parte coltivata riguardava<br />
circa tre ettari di terreno.<br />
Tutta la superficie è percorsa da strade<br />
o da sentieri che ne rendono possibile<br />
l’accesso praticamente in ogni<br />
sua parte. L’ingresso principale è posto<br />
sul lato sud-ovest, in prossimità<br />
<strong>del</strong> corpo centrale.<br />
Con l’entrata in vigore <strong>del</strong>la legge<br />
180 si è posto il problema di<br />
un riutilizzo <strong>del</strong>le strutture <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico che, gradualmente,<br />
sarebbero state liberate<br />
dai pazienti. Analogo discorso<br />
valeva per le ampie superfici, parte<br />
a bosco e parte coltivate. Varie<br />
sono state le ipotesi prese in considerazione,<br />
non ultima quella che<br />
prevedeva la realizzazione di una<br />
sede universitaria – una sorta di<br />
college – progetto che però non è<br />
riuscito a radicarsi ed è pertanto<br />
stato abbandonato dopo una breve,<br />
ma animata discussione.<br />
Non c’è stata, quindi, un’idea di<br />
fondo, sviluppata nel tempo, che riguardasse<br />
l’intera superficie a suo<br />
tempo destinata ad Ospedale psichiatrico<br />
(25 ettari per l’intera superficie)<br />
ma l’adozione di una serie<br />
di decisioni di utilizzo dei vari
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
edifici, per diverse attività, in funzione<br />
di specifiche esigenze che a<br />
mano a mano venivano a manifestarsi<br />
sul territorio.<br />
A fronte <strong>del</strong>l’esigenza di disporre<br />
di un idoneo edificio da destinare a<br />
scuola media superiore, è stata operata<br />
la scelta di utilizzare, previa radicale<br />
ristrutturazione, il padiglione<br />
centrale, riservando pertanto alle<br />
attività didattiche la porzione posta<br />
più a sud <strong>del</strong> complesso ospedaliero.<br />
Tale intervento viene attuato<br />
per lotti e vedrà il completamento<br />
<strong>del</strong>la ristrutturazione <strong>del</strong><br />
padiglione centrale nel corso dei<br />
prossimi 3-4 anni. <strong>Il</strong> lavoro si completerà<br />
con la realizzazione di un<br />
palazzetto <strong>del</strong>lo sport, che sarà<br />
utilizzato, oltre che dalla scuola,<br />
anche dalla comunità perginese e<br />
che sarà realizzato in corrispondenza<br />
al margine sud-ovest <strong>del</strong><br />
complesso ospedaliero, a ridosso <strong>del</strong><br />
nucleo storico <strong>del</strong> “Tegaz”.<br />
<strong>Il</strong> padiglione “Osservazione” è stato<br />
destinato e utilizzato ormai da<br />
tempo dalle attività sanitarie, come<br />
pure il contiguo padiglione “Perusini”;<br />
che attualmente ospita il reparto<br />
psichiatrico. <strong>Il</strong> padiglione “Pandolfi”,<br />
costruito nel 1934, è diventato<br />
adesso R.S.A. di tipo psichiatrico,<br />
mentre il padiglione “Valdagni”<br />
sarà adibito, tra breve tempo, ad ambulatori<br />
e a uffici <strong>del</strong>la struttura sanitaria.<br />
Un discorso a sé va fatto per<br />
quanto concerne il padiglione “Benedetti”,<br />
realizzato negli anni cinquanta,<br />
e che fino a non molto tempo<br />
fa ospitava il reparto psichiatrico,<br />
mentre attualmente è utilizzato<br />
solo in parte per attività sa<br />
nitarie. Ebbene, il padiglione “Benedetti”,<br />
insieme con altre strutture<br />
realizzate in questi ultimi cinque<br />
anni, verrà adibito a struttura<br />
ospedaliera (centro di riabilitazione),<br />
in sostituzione <strong>del</strong>l’attuale<br />
Ospedale Villa Rosa. Da anni si sta<br />
lavorando intorno a questo progetto<br />
che vedrà il suo completamento<br />
nel 2005.<br />
Le strutture più decentrate, come<br />
Maso San Pietro e Maso Tre Castagni,<br />
sono state oggetto di interventi di<br />
ristrutturazione (attualmente ancora<br />
in corso per quanto concerne due<br />
dei tre edifici <strong>del</strong> Maso Tre Castagni)<br />
e destinate a comunità di <strong>recupero</strong>.<br />
Da quanto detto, emerge in maniera<br />
abbastanza evidente, che l’intera<br />
struttura <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
sta assumendo una propria<br />
precisa fisionomia, con una altrettanto<br />
precisa destinazione dei vari<br />
edifici all’interno <strong>del</strong> complesso;<br />
edifici che sono stati oggetto, o lo<br />
saranno a breve, di interventi di ristrutturazione<br />
o di ampliamento.<br />
Ciò che rimane ancora aperto è il<br />
discorso relativo all’utilizzo degli<br />
spazi liberi intorno ai quali si è sviluppato<br />
un confronto, in questi ultimi<br />
anni, con la Provincia, proprietaria<br />
<strong>del</strong>l’intero complesso, ai fini di<br />
una fruizione di tali spazi da parte<br />
<strong>del</strong>la comunità di Pergine.<br />
L’obiettivo di fondo è quello di una<br />
sorta di “<strong>recupero</strong>” alla comunità<br />
perginese di quest’area che è stata<br />
in qualche modo sottratta alla comunità<br />
stessa nel periodo di funzionamento<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico.<br />
Sottratta, ma anche preservata<br />
da speculazioni di vario genere.<br />
45
Un luogo per nuove politiche sociali<br />
46<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Con il progetto che si intende<br />
realizzare si vuole in qualche modo<br />
eliminare, almeno parzialmente, anche<br />
il muro che ha isolato la struttura<br />
ospedaliera dal resto <strong>del</strong>la comunità,<br />
rendendo tale barriera<br />
permeabile in più punti, al fine di<br />
consentire un’adeguata fruizione<br />
degli spazi <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
alla comunità stessa.<br />
Le coordinate entro le quali il progetto<br />
di riutilizzo <strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex<br />
Ospedale psichiatrico dovrà articolarsi<br />
possono essere sostanzialmente<br />
riassunte nel modo seguente:<br />
1. utilizzare i volumi esistenti attraverso<br />
processi di ristrutturazione,<br />
limitando gli ampliamenti<br />
nei termini già definiti attraverso<br />
le progettazioni autorizzate;<br />
2. limitare allo stretto necessario<br />
la realizzazione di nuovi edifici;<br />
3. evitare che i viali interni, soprattutto<br />
quelli <strong>del</strong>la parte più bassa,<br />
vengano interessati dal traffico<br />
veicolare. Occorre far sì che venga<br />
costruito un collegamento forte<br />
tra la struttura ospedaliera in<br />
fase di realizzazione (nuovo Villa<br />
Rosa) e il centro storico <strong>del</strong>
Bruno Caruso,<br />
I pazzi <strong>del</strong><br />
manicomio di<br />
Palermo (che<br />
mimano la<br />
corrida), disegno<br />
acquarellato,<br />
1955.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
la città di Pergine, attraverso un<br />
percorso protetto. Questo percorso<br />
deve diventare una sorta<br />
di sutura tra la città e l’area <strong>del</strong>l’ex<br />
Ospedale psichiatrico, un<br />
elemento di collegamento forte<br />
tra i due spazi urbani, una<br />
sorta di canale che consenta un<br />
flusso di persone dal centro<br />
abitato a questo polmone verde<br />
e viceversa, tale da poter<br />
essere usufruito in assoluta sicurezza;<br />
4. gli accessi ai vari edifici devono<br />
essere garantiti dalla viabilità<br />
periferica (Via San Pietro),<br />
con penetrazioni limitate ai diversi<br />
complessi, dove saranno<br />
realizzati parcheggi ad uso degli<br />
stessi;<br />
5. il complesso dei percorsi esistenti<br />
all’interno <strong>del</strong>le aree a bosco e<br />
<strong>del</strong>le aree coltivate andrà completato<br />
al fine di creare circuiti per<br />
pedoni e per ciclisti, con aree di<br />
sosta, nei punti più panoramici e<br />
con aree attrezzate a gioco per i<br />
bambini;<br />
6. buona parte <strong>del</strong>la superficie attualmente<br />
coltivata e affidata in<br />
gestione all’Istituto sperimentale<br />
per l’agricoltura <strong>del</strong>la Costa, che<br />
è opportuno continui a mantenere<br />
questa funzione, con alcune<br />
varianti. In particolare, si riterrebbe<br />
utile creare una sorta di<br />
“Museo <strong>del</strong>le colture agricole”, attraverso<br />
il <strong>recupero</strong> di specie<br />
arboree frutticole che stanno<br />
scomparendo soppiantate dalle<br />
colture intensive. Tutto questo per<br />
mantenere la memoria dei sapori<br />
<strong>del</strong>la frutta di un tempo.<br />
Ciò sarà possibile grazie anche<br />
alla disponibilità <strong>del</strong>la Direzione<br />
<strong>del</strong>l’Istituto sperimentale<br />
<strong>del</strong>l’agricoltura. È questo un elemento<br />
nuovo che potrà caratterizzare<br />
fortemente una porzione<br />
<strong>del</strong> territorio <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />
psichiatrico.<br />
Sempre con riferimento alla vegetazione,<br />
si dovrà tenere conto <strong>del</strong>le<br />
specie arboree di particolare interesse<br />
e che potranno diventare,<br />
nell’ambito di questo progetto di<br />
<strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le aree aperte <strong>del</strong>l’ex<br />
Ospedale psichiatrico, sorta di<br />
monumenti vegetali sui quali attrarre<br />
l’attenzione dei visitatori.<br />
Pergine “Città dei bambini” potrà<br />
trovare, nell’utilizzo di questi<br />
ampi spazi, nuovi elementi per rinforzare<br />
quel concetto di attenzione<br />
nei confronti <strong>del</strong>le categorie<br />
più deboli che è alla base <strong>del</strong> progetto<br />
stesso <strong>del</strong>la “città dei bambini”<br />
1 . È un’occasione, questa, che<br />
consentirà di dare ulteriore sostanza<br />
a un progetto che è stato ampiamente<br />
recepito da parte <strong>del</strong>la<br />
popolazione e apprezzato per il<br />
suo contenuto.<br />
Un accenno, infine, ad altri due<br />
interventi da realizzarsi all’interno<br />
<strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico,<br />
la cui attuazione consentirebbe<br />
di creare un cordone di saldatura<br />
forte con la città. Ci si riferisce alla<br />
realizzazione di un parcheggio interrato<br />
su due piani a fianco <strong>del</strong> costruendo<br />
palazzetto <strong>del</strong>lo sport, che<br />
consentirebbe di mettere a disposizione<br />
<strong>del</strong>la comunità perginese, residente<br />
nella parte più antica <strong>del</strong>la<br />
città, una struttura per il ricovero<br />
dei propri automezzi 2 .<br />
Altro intervento riguarda l’ipo<br />
47
Un luogo per nuove politiche sociali<br />
48<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
tesi di realizzazione di un auditorium,<br />
costruito per la scuola, ma<br />
realizzato in modo tale da poter<br />
essere utilizzato anche per l’attività<br />
ricreativo-culturale nel periodo<br />
estivo. <strong>Il</strong> sito per collocare questa<br />
struttura dovrebbe essere, naturalmente,<br />
quello <strong>del</strong>le pertinenze<br />
scolastiche e quindi verso la<br />
porzione a sud-ovest <strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex<br />
Ospedale psichiatrico. È<br />
un’ipotesi da approfondire e valutare<br />
attentamente; certo è che<br />
consentirebbe di tradurre in concreto<br />
– e in maniera forte – il concetto<br />
di apertura degli spazi <strong>del</strong>l’ex<br />
Ospedale psichiatrico alla comunità<br />
e viceversa. La posizione <strong>del</strong>l’area,<br />
a pochi passi dal centro storico,<br />
dotata di infrastrutture per parcheggio,<br />
con a fianco un ampio<br />
<strong>parco</strong>, è quanto di meglio si possa<br />
pensare per un’opera di questo<br />
genere. Occorre però passare, adesso,<br />
dal campo <strong>del</strong>le ipotesi a quello<br />
<strong>del</strong>le idee tradotte in progetti<br />
concreti.<br />
NOTE<br />
[1] <strong>Il</strong> progetto «città dei bambini»<br />
si riferisce all’iniziativa sviluppata<br />
dall’amministrazione<br />
comunale di Pergine Valsugana<br />
in collaborazione con gli<br />
architetti <strong>del</strong> gruppo “Palomar”,<br />
che vede la partecipazione<br />
di alcune classi scolastiche<br />
a laboratori di progettazione<br />
partecipata con la raccolta<br />
di idee e proposte su<br />
come i bambini immaginerebbero<br />
la città nella quale vivo-<br />
no. Gli elaborati sono stati<br />
oggetto di una mostra svoltasi<br />
nel mese di maggio 2002<br />
(n.d.r.).<br />
[2] Si potrebbero liberare così anche<br />
le strade, in particolare<br />
nelle ore notturne, dai veicoli<br />
in sosta, con tutti i benefici<br />
che un’operazione di questo<br />
genere comporterebbe. Basti<br />
pensare a quanto sarebbe agevolato<br />
il lavoro di pulizia <strong>del</strong>le<br />
strade nelle ore notturne<br />
oppure lo sgombero <strong>del</strong>la<br />
neve e via dicendo.<br />
Renzo Anderle è sindaco di Pergine<br />
Valsugana dal maggio 2000.
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
Carmelo Anderle e Fabrizio Fronza<br />
<strong>Il</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
<strong>del</strong>la Provincia Autonoma di Trento<br />
e il suo contributo al <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
<strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
<strong>Il</strong> Servizio Ripristino<br />
e Valorizzazione Ambientale<br />
<strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />
di Trento<br />
Alla fine degli anni ottanta, in una<br />
fase di emergenza occupazionale e<br />
ambientale, la Provincia autonoma<br />
di Trento avviò un piano strategico<br />
la cui importanza, per i suoi risvolti<br />
paesaggistici e occupazionali, è stata<br />
in seguito universalmente riconosciuta.<br />
Tale esperienza, nata come misura<br />
di emergenza si è in seguito consolidata<br />
e ha dato origine ad un settore<br />
specifico <strong>del</strong>l’amministrazione<br />
pubblica che cura una vasta gamma<br />
di interventi sul territorio.<br />
L’inserimento <strong>del</strong> progetto di <strong>recupero</strong><br />
<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine nel piano <strong>del</strong> Servizio Ripristino<br />
e Valorizzazione Ambientale<br />
testimonia la scelta di restituire<br />
ad un uso pubblico il compendio <strong>del</strong>l’ex<br />
ospedale, valorizzando e riorganizzando<br />
gli spazi interni, nel rispetto<br />
<strong>del</strong>la memoria storica <strong>del</strong> luogo.<br />
La riqualificazione degli spazi interni<br />
all’ex Ospedale psichiatrico,<br />
e la valorizzazione <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong><br />
verde consentiranno di restituire<br />
il <strong>parco</strong> alla cittadinanza, recuperando<br />
la memoria storica <strong>del</strong> luogo.<br />
<strong>Il</strong> contesto socio-economico<br />
in cui è nato il Servizio<br />
A metà degli anni ottanta la disoccupazione<br />
in <strong>Trentino</strong> raggiungeva il<br />
10% circa. Dopo il disastro di Stava<br />
<strong>del</strong> 19 luglio 1985, il governo<br />
provinciale in piena emergenza<br />
ambientale intese rispondere alla<br />
duplice domanda di posti di lavoro<br />
e di difesa <strong>del</strong> territorio con un<br />
"Progetto speciale".<br />
Nel 1986 un primo gruppo di<br />
quattrocento ex-disoccupati furono<br />
da subito impiegati in operazioni<br />
di manutenzione ordinaria<br />
<strong>del</strong> territorio.<br />
Superata la fase di emergenza alla<br />
fine degli anni ottanta si chiuse<br />
l’esperienza <strong>del</strong> "Progetto speciale<br />
per l’occupazione attraverso la<br />
valorizzazione <strong>del</strong>le potenzialità<br />
turistiche ed ecologico-ambientali"<br />
e nacque una nuova struttura<br />
<strong>del</strong>l’amministrazione provinciale, il<br />
Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale, il cui ruolo è precisato<br />
nella Legge provinciale 32.<br />
La legge d’istituzione<br />
<strong>del</strong> Servizio<br />
La Legge provinciale n. 32/1990<br />
coniuga le esigenze di sostegno<br />
occupazionale per particolari fasce<br />
deboli di forza lavoro con iniziative<br />
di interesse generale nel comparto<br />
ambientale e turistico-culturale:<br />
i settori d’intervento comprendono<br />
la rete dei percorsi turi<br />
49
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
50<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
stici e culturali, i manufatti d’interesse<br />
culturale, le piste ciclopedonali,<br />
i parchi e i giardini pubblici,<br />
il consolidamento dei versanti<br />
franosi, il <strong>recupero</strong> dei relitti<br />
stradali e la realizzazione di pensiline<br />
di fermata degli autobus.<br />
Gli interventi sul territorio sono<br />
gestiti dal Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale in base a un<br />
programma pluriennale approvato<br />
dalla Giunta provinciale.<br />
Le opere sono ammesse al finanziamento<br />
in base a logiche di priorità<br />
ed equità territoriale e alle<br />
proposte dei comuni secondo le<br />
previsioni <strong>del</strong>la pianificazione urbanistica<br />
provinciale subordinata,<br />
privilegiando gli interventi dov’è<br />
prevalente l’impiego di manodopera<br />
e di materiali naturali.<br />
Per capire le implicazioni <strong>del</strong>la<br />
L.P. 32 è utile conoscere alcuni<br />
dati geografici e sociologici <strong>del</strong>la<br />
provincia di Trento (tab. 1).<br />
I dati evidenziano che dal punto<br />
di vista <strong>del</strong>la disoccupazione il<br />
<strong>Trentino</strong> si trova in una posizione<br />
privilegiata rispetto al resto <strong>del</strong>la<br />
penisola (tab.3).<br />
(<strong>Il</strong> tasso di attività è calcolato come rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la<br />
popolazione di età superiore ai 15 anni).
Tab. 1<br />
caratteristiche<br />
geografiche e<br />
demografiche <strong>del</strong>la<br />
Provincia<br />
Autonoma di<br />
Trento (1999).<br />
Tab. 2<br />
Tassi di<br />
disoccupazione<br />
comparativi con<br />
altre realtà .<br />
Tab.4<br />
Grafico 1<br />
Tab. 3<br />
Tasso di<br />
disoccupazione:%<br />
di pesone in cerca<br />
di occupazione<br />
rispetto alla forza<br />
lavoro. Fonte:<br />
Servizio Statistica<br />
P.A.T. annuario<br />
generale statistico<br />
anno 2000<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
I soggetti<br />
La legge n. 32 impegnava l’amministrazione<br />
provinciale a trovare<br />
occasioni d’impiego nel settore<br />
ambientale alle categorie sociali<br />
deboli. I primi ad essere assorbiti<br />
furono gli ultracinquantenni e le<br />
donne ultraquarantacinquenni cui<br />
veniva meno la protezione <strong>del</strong>la<br />
“cassa integrazione guadagni”.<br />
In seguito sono state coinvolte<br />
altre categorie: disoccupati, emigrati<br />
trentini rientrati dal Sud<br />
America e dai territori <strong>del</strong>l’ex Jugoslavia.<br />
Un’apposita Commissione<br />
provinciale per l’impiego individua<br />
numero e tipologia dei lavoratori<br />
da impiegare nei vari progetti<br />
individuati e gestiti dal Servizio<br />
Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale; la gestione <strong>del</strong>la manodopera<br />
e la fase esecutiva di realizzazione<br />
<strong>del</strong>le opere sono inve<br />
ce affidate a un consorzio che raggruppa<br />
le cooperative presenti sul<br />
territorio (tab. 4).<br />
Settori d’intervento<br />
a) Parchi e giardini storici.<br />
<strong>Il</strong> progetto di <strong>recupero</strong> e riqualificaione<br />
<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine rientra nelle tipologie<br />
d’interventi previsti nel piano<br />
<strong>del</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale ed è assimilabile<br />
ad altri interventi in parte già<br />
realizzati (Giardino storico di Villa<br />
de’ Mersi a Trento, Parco arciducale<br />
ad Arco) o la cui progettazione<br />
è in corso (Parco <strong>del</strong>le Terme di<br />
Levico e Parco <strong>del</strong>le Terme di Roncegno).<br />
Nell’area <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine da due anni<br />
sono in corso interventi di manutenzione<br />
ordinaria per riqualifica<br />
51
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
52<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
re zone degradate e non fruibili<br />
dai visitatori. Con le operazioni di<br />
diradamento selettivo si riapriranno<br />
spazi aperti in zone precedentemente<br />
rimboscate, rendendo così<br />
fruibili molti spazi interclusi. È<br />
inoltre in corso la fase esecutiva<br />
di un progetto che mira al riordino<br />
e alla riqualificazione di tutte<br />
le aree <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
a cura <strong>del</strong> Dott. Carmelo Anderle.<br />
Le linee guida <strong>del</strong> progetto<br />
sono state concordate in numerosi<br />
momenti di confronto e dibattito<br />
nell’ambito <strong>del</strong> gruppo di lavoro<br />
sugli ex ospedali psichiatrici di<br />
cui fanno parte il Comune di Pergine<br />
Valsugana, un gruppo di ricerca<br />
coordinato dall’Università di<br />
Trento con storici, archivisti e architetti<br />
e il Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale <strong>del</strong>la Provincia<br />
autonoma di Trento;<br />
b)Parchi urbani ed extraurbani<br />
Sono ormai quasi 150 gli interventi<br />
realizzati in varie località <strong>del</strong> territorio<br />
trentino per conto <strong>del</strong>le amministrazioni<br />
locali. Molte opere hanno<br />
contribuito a riorganizzare e riqualificare<br />
aree marginali quali ex<br />
discariche d’inerti, zone incolte o<br />
vecchie aree già utilizzate come<br />
parchi urbani. Gli interventi comprendono<br />
parchi urbani, extraurbani,<br />
fluviali, ricreativi all’aperto,<br />
sportivi agonistici e non, oltre a<br />
parchi termali e altri ambiti pubblici<br />
(stazioni ferroviarie, scuole);<br />
c) Recupero <strong>del</strong>le rive dei laghi<br />
Gli interventi di <strong>recupero</strong> rive laghi<br />
realizzati a partire dalla fine<br />
degli anni ottanta riguardano la<br />
riqualificazione di fasce lago particolarmente<br />
frequentate e sottoposte<br />
a carico antropico, con il fine<br />
di riqualificare paesaggisticamente<br />
zone degradate. Si tratta generalmente<br />
di:<br />
- opere di difesa spondale quali<br />
scogliere, rimo<strong>del</strong>lamento ecc.<br />
- passeggiate circumlacuali, piste<br />
ciclabili, passerelle e sentieri<br />
- opere d’ingegneria naturalistica<br />
per la rinaturalizzazione <strong>del</strong>le<br />
rive<br />
- creazione di veri e propri parchi<br />
pubblici, riapertura di zone intercluse,<br />
lidi per bagnanti.<br />
La riqualificazione <strong>del</strong>le fasce di<br />
rispetto dei laghi è in linea con le<br />
indicazioni <strong>del</strong> piano urbanistico<br />
provinciale, che individua in dettaglio<br />
le zone soggette ad interventi<br />
di riqualificazione paesaggistica.<br />
Nel corso di 12 anni di lavori sono<br />
stati realizzati significativi interventi<br />
sulle sponde di 17 laghi: 7 nuovi<br />
bacini sono stati creati ex novo nell’ambito<br />
di sistemazioni paesaggistiche;<br />
d) Piano generale <strong>del</strong>le piste<br />
ciclabili d’interesse provinciale.<br />
<strong>Il</strong> piano generale <strong>del</strong>le piste ciclopedonali<br />
d’interesse provinciale è in<br />
avanzata fase di realizzazione: degli<br />
oltre 400 Km di progetto sono stati<br />
finora realizzati circa 350 Km di<br />
tracciati, utilizzando prevalentemente<br />
tomi arginali e strade interpoderali.<br />
La rete, una volta ultimata, consentirà<br />
ai ciclisti di raggiungere i<br />
centri principali <strong>del</strong>la provincia di<br />
Trento su percorsi dedicati e protetti;
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
e) Recupero di aree franose<br />
ed ex discariche<br />
Si tratta di sistemazioni di pendio<br />
che sono prevalentemente realizzate<br />
con le tecniche <strong>del</strong>l’ingegneria naturalistica.<br />
Dal 1990 sono stati ultimate le sistemazioni<br />
di circa 30 scarpate e<br />
26 discariche, per un totale di più<br />
di 50 ettari di territorio sistemato;<br />
f) Aree di sosta e pensiline<br />
per la fermata lungo le strade<br />
provinciali.<br />
Un’attività capillare di ricucitura<br />
<strong>del</strong> territorio, forse la più visibile<br />
anche ai non addetti ai lavori, è<br />
quella <strong>del</strong>la riqualificazione dei<br />
relitti stradali, tratti viari abbandonati,<br />
aree marginali che sono<br />
state rese disponibili alla fruizione<br />
pubblica come aree verdi per la<br />
sosta. Nel corso di circa 10 anni<br />
d’interventi sono stati realizzati<br />
circa 230 interventi ormai entrati<br />
nel piano di manutenzione ordinaria.<br />
g) Passeggiate e sentieri<br />
turistici e naturalistici.<br />
Nel corso degli anni continua il <strong>recupero</strong><br />
<strong>del</strong>la fitta rete di percorsi<br />
pedonali d’interesse culturale ed<br />
ambientale. Si recuperano e realizzano<br />
ex novo antichi tracciati di<br />
montagna, camminamenti <strong>del</strong>la<br />
Grande Guerra, percorsi naturalistici<br />
ed etnografici e viabilità storiche,<br />
riscoprendo le tecniche <strong>del</strong>la<br />
tradizione: muri a secco, selciati,<br />
opere in legname per il consolidamento<br />
dei versanti, staccionate;<br />
h) Beni culturali minori<br />
Capitelli, insegne votive, manufatti<br />
che testimoniano la storia <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong><br />
come segherie ad acqua e vecchi<br />
mulini, sono stati restaurati e resi<br />
visitabili. Nel caso <strong>del</strong>le segherie e<br />
mulini il <strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le parti in movimento<br />
ha permesso una fruizione<br />
a scopo didattico;<br />
i) Altro<br />
Negli ultimi anni si è consolidata la<br />
collaborazione con Arte Sella, Biennale<br />
internazionale d’arte e natura<br />
che si svolge nei boschi, prati e nel<br />
greto <strong>del</strong> torrente <strong>del</strong>la Val di Sella<br />
(Borgo Valsugana). La collaborazione<br />
con artisti di levatura internazionale<br />
consiste nell’apporto operativo<br />
di risorse per la realizzazione e manutenzione<br />
<strong>del</strong>le opere.<br />
Oltre alle attività più propriamente<br />
legate al paesaggio il Servizio Ripristino<br />
e Valorizzazione Ambientale finanzia<br />
e coordina:<br />
- Attività d’indagine per la ricognizione<br />
<strong>del</strong>le infrastrutture <strong>del</strong> servizio<br />
idrico;<br />
- Custodia di musei e castelli.<br />
Scenari attuali e futuri<br />
punti critici<br />
L’avvento <strong>del</strong> Servizio Ripristino e<br />
Valorizzazione Ambientale ha aumentato<br />
la sensibilità <strong>del</strong>le amministrazioni<br />
locali riguardo alle tematiche<br />
<strong>del</strong> paesaggio, scatenando<br />
<strong>del</strong>le "reazioni a catena" in base<br />
ad un effetto imitazione che ha<br />
avuto ripercussioni su tutto il territorio<br />
provinciale.<br />
Dal punto di vista sociale il caso<br />
<strong>del</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />
Ambientale è stato citato<br />
53
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
54<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
come “Esempio di buona prassi<br />
nella gestione <strong>del</strong> fattore età” dalla<br />
“Fondazione europea per il miglioramento<br />
<strong>del</strong>le condizioni di<br />
vita e <strong>del</strong> lavoro" nell’ambito <strong>del</strong>la<br />
ricerca “lotta alle barriere basate<br />
sull’età nel lavoro”, riconoscimento<br />
che va ben oltre i confini<br />
<strong>del</strong>la Provincia di Trento e che permette<br />
di dare forza alle strategie<br />
per l’occupazione individuate nel<br />
corso di diverse legislature.<br />
In alcuni casi però sono stati<br />
evidenziati i limiti <strong>del</strong>l’impiego di<br />
manoopera non specializzata e/o<br />
con problemi di vario genere, tra<br />
cui l’assenza di esperienza e qualificazione<br />
professionale. Dal punto<br />
di vista <strong>del</strong> mercato <strong>del</strong> lavoro<br />
l’inserimento dei lavoratori ex cassintegrati<br />
nel piano dei progetti di<br />
ripristino ambientale ha contribuito<br />
alla riemersione di forza lavoro<br />
dal sommerso.<br />
<strong>Il</strong> piano occupazionale lascia<br />
Budget totale (in Euro) 56.754.481,55<br />
di cui 7.230.396,59<br />
28.405.129,45<br />
17.043.077,67<br />
3.873.426,74<br />
spazio all’impiego di soggetti degli<br />
ex ospedali psichiatrici, molti<br />
dei quali sono già stati inseriti in<br />
analoghe iniziative per il lavoro<br />
“protetto”, come l’Azione 12 <strong>del</strong>l’Agenzia<br />
<strong>del</strong> lavoro. La loro collocazione<br />
in uno stabile progetto<br />
occupazionale potrebbe costituire<br />
un’efficace strategia terapeutica.<br />
La riqualificazione <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
<strong>del</strong>l'ex Ospedale psichiatrico<br />
Al fine di riqualificare l’area <strong>del</strong><br />
<strong>parco</strong> <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine il Comune di Pergine<br />
in accordo con il Servizio ripristino<br />
e valorizzazione ambientale<br />
<strong>del</strong>la Provincia autonoma di Trento,<br />
ha formalizzato un incarico a<br />
un progettista per la redazione<br />
<strong>del</strong>la progettazione preliminare.<br />
Nel corso <strong>del</strong> 2001 è stata concordata<br />
e presentata una proposta<br />
progettuale, redatta in base agli<br />
studi e alle valutazioni <strong>del</strong> grup-<br />
cofinanziati UE<br />
finanziati Provincia<br />
relativi al piano piste ciclabili<br />
amministrati direttamente<br />
Budget totale (in Euro) 42.998.652,74<br />
di cui 4.798.093,14<br />
7.734.869,30<br />
amministrati direttamente<br />
compresi investimenti e attrezzature<br />
nonché per la gestione in amministra<br />
zione diretta dei Parchi di Levico e<br />
Roncegno<br />
per il piano piste ciclabili
Foto 1 - 1882 - La<br />
mappa mostra il<br />
probabile sedime<br />
<strong>del</strong>l’edificio<br />
originario, così<br />
come si presentava<br />
negli elaborati<br />
progettuali; da<br />
notare le previsioni<br />
di giardini<br />
all’italiana sui lati<br />
<strong>del</strong>l’ingresso ed in<br />
corrispondenza<br />
<strong>del</strong>l’attuale<br />
parcheggio; le aree<br />
a prato e a bosco<br />
sulla collina e a<br />
monte <strong>del</strong>l’edificio,<br />
la viabilità<br />
originaria verso<br />
Maso San Pietro ed<br />
il Castello.<br />
Tab. 5<br />
Informazioni<br />
finanziarie<br />
1997-1999<br />
Tab. 6<br />
Informazioni<br />
finanziarie<br />
2000-2002<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
po di lavoro coordinato dalla<br />
prof.ssa Casimira Grandi, docente<br />
di Storia sociale presso la Facoltà<br />
di Sociologia <strong>del</strong>l’Università di<br />
Trento, e in base alle esigenze e<br />
alle richieste <strong>del</strong>la cittadinanza e<br />
<strong>del</strong>le diverse amministrazioni coinvolte.<br />
Studio preliminare per una<br />
ricostruzione storica<br />
<strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />
di Pergine.<br />
Nel corso dei numerosi incontri che<br />
hanno preceduto la stesura <strong>del</strong><br />
progetto è stata significativa la conoscenza<br />
<strong>del</strong> generale Gian Pietro<br />
Sciocchetti, il quale, nell’intento di<br />
realizzare una storia <strong>del</strong> manicomio<br />
di Pergine (“Appunti per un<br />
ipertesto sulla storia <strong>del</strong> manicomio<br />
di Pergine: l’ospedale psichiatrico<br />
di Pergine Valsugana attraver<br />
so vecchie immagini fotografiche<br />
e la ricostruzione <strong>del</strong>le planimetrie<br />
di vari edifici”), ha saputo raccogliere<br />
diverse immagini storiche. Di<br />
queste alcune sono state utilizzate<br />
al solo scopo di rinvenire tracce<br />
<strong>del</strong>la vegetazione e <strong>del</strong>l’arredo<br />
originario <strong>del</strong> <strong>parco</strong> <strong>del</strong>l'ex Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine.<br />
Nelle pagine successive, con il<br />
permesso <strong>del</strong>l’autore si propone<br />
una lettura critica <strong>del</strong>le stesse con<br />
alcune note di commento in didascalia.<br />
Le date sono quelle riportate<br />
da Sciocchetti.<br />
La carta catastale storica<br />
d’impianto.<br />
Alla formazione <strong>del</strong>la cartografia<br />
catastale si arrivò a partire dalle<br />
reti di triangolazione <strong>del</strong> 1856,<br />
per seguire con il rilievo di dettaglio<br />
degli anni 1860.<br />
La formazione <strong>del</strong> patrimonio<br />
55
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
56<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto 2 - 1882 – La facciata principale ed il muro di cinta: quest’immagine deve essere anteriore<br />
di qualche anno alle due immagini successive in quanto qui siamo in fase di messa a dimora<br />
<strong>del</strong>le piante; il muro di cinta è pressoché pulito: le immagini fanno propendere per un giardino<br />
all’italiana che però sembra non collimare con i disegni di progetto?!<br />
Foto 3 - 1882 – Da questa foto è possibile notare i probabili giardini «all’italiana» realizzati sia<br />
sul lato nord-est sia su quello sud-ovest <strong>del</strong>l’edificio principale. Nella parte bassa <strong>del</strong>la foto,<br />
all’inizio <strong>del</strong>l’attuale salita per maso San Pietro (campi di bocce) è presente un’area aperta, non<br />
boscata.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto 4 -1885-1890 La facciata <strong>del</strong> nuovo manicomio: qualche anno dopo l’inaugurazione si nota<br />
la presenza di vegetazione all’interno <strong>del</strong> muro, che però non supera l’altezza <strong>del</strong> primo solaio: le<br />
eventuali alberature non si sono ancora affrancate.<br />
Foto 5 1885-1890 - <strong>Il</strong> padiglione centrale è accompagnato da vegetazione, anche arborea che<br />
non supera però la quota <strong>del</strong> solaio <strong>del</strong> primo piano, se non in parte sul lato sinistro <strong>del</strong>la foto.<br />
Sullo sfondo, cioè sulla collina <strong>del</strong> Tegazzo appaiono solo piante latifoglie a chioma voluminosa<br />
(forse castagni?), non si rinvengono conifere.<br />
57
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
58<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto 6 - 1905-1910 <strong>Il</strong> padiglione Pandolfi con il muro antistante, all’interno <strong>del</strong> quale non è<br />
ancora presente alcuna alberatura. Lo stesso fu costruito negli anni 1903-1905.<br />
Foto 7 - 1905-1912 – Attraverso l’ingresso principale si nota il cimale di una conifera (forse un<br />
abete rosso) a destra sopra la portina; l’altezza presunta è di 5-6 metri.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto 8 - 1905-1912 Anche qui si può notare la presenza di un filare di conifere, poste con sesto<br />
d’impianto abbastanza irregolare davanti alla facciata e lungo il vialone d’ingresso, che<br />
raggiungono a malapena il secondo solaio.<br />
Foto 9 - 1912 – Di fronte all’edificio <strong>del</strong>la «Portineria vecchia» è presente una conifera<br />
(probabile cedro) di dimensioni già elevate, perlomeno pari all’altezza <strong>del</strong>l’edificio principale (tre<br />
piani).<br />
59
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
60<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto 10 - 1912 – Questa immagine da corpo alla conifera vista nella foto precedente si notano<br />
infatti alcune grosse conifere sulla destra <strong>del</strong>l’ingresso principale <strong>del</strong> padiglione, di cui la prima<br />
un cedro, la seconda un abete e poi altre; a sinistra <strong>del</strong>l’ingresso vediamo svettare l’abete<br />
richiamato<br />
Foto 11 - 1912 – Da questa immagine presa da Maso San Pietro è facile notare come i presunti<br />
giardini «all’italiana» presenti sul lato nord-est siano ormai dominati da uno strato di conifere<br />
che raggiunge in altezza il tetto, <strong>del</strong>l’edificio. Dalla collina sono visibili la piattaforma recintata<br />
posta all’incirca in prossimità <strong>del</strong>l’attuale campo di bocce, la lavorazione a vigneto<br />
<strong>del</strong>l’anfiteatro posto a ridosso <strong>del</strong>la stessa, la piantumazione con latifoglie <strong>del</strong>le pendici a<br />
ridosso <strong>del</strong>l’acquedotto austriaco. Vegetazione abbondante anche in prossimità dei padiglioni<br />
Pandolfi e Perugini.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto<br />
Foto nr. 12 -1912 – La stessa immagine capovolta, presa dalla piattaforma recintata, mostra Maso<br />
San Pietro posto alla sommità di un terrazzamento a vigneto, con qualche latifoglia verso la presa<br />
<strong>del</strong>l’acquedotto ed il bosco di latifoglie a destra <strong>del</strong>la vallecola. Le piante più vicine alla<br />
recinzione sembrano essere fruttifere, impalcati ad alberetto.<br />
Foto nr. 13 -1912 – Anche questa immagine mostra le aree aperte ed i fruttiferi presenti sulla<br />
collina, a monte <strong>del</strong>la cucina.<br />
61
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
62<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto nr. 14 -1912 – Analogamente, a monte <strong>del</strong>l’obitorio sono presenti alberature latifoglie<br />
tipicamente riconducibili a fruttiferi. Nei dintorni <strong>del</strong>l’edificio mancano i grandi pini neri<br />
attualmente presenti.<br />
Foto nr. 15 - 1915-1918 – Nel periodo <strong>del</strong>la Grande Guerra l’Ospedale fu trasformato in Ospedale<br />
Militare; si nota come cedri ed abeti abbiano già raggiunto altezze di 10-15 m. La foto mostra il<br />
lato ovest <strong>del</strong>la proprietà, in particolare lungo via San Pietro in corrispondenza <strong>del</strong> Padiglione<br />
Pandolfi. I Padiglioni Pandolfi e Perusini furono costruiti già a partire dal 1903 anche se<br />
inaugurati e denominati nel 1920.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto nr. 16 -1954 – Dalla foto aerea si può notare la quasi completa assenza di bosco sulle<br />
superfici <strong>del</strong>la collina, in particolare a monte <strong>del</strong>l’edificio principale, intorno a Maso San Pietro, a<br />
valle <strong>del</strong>l’acquedotto austriaco, nell’area attualmente agricola; il bosco è relegato alle aree più<br />
pendenti poste nord-ovest e per un tratto a monte <strong>del</strong>la piattaforma, ora campo di Bocce. Nel<br />
<strong>parco</strong> sono visibili alberature intorno a tutti gli edifici.<br />
Foto nr. 17 - Questa cartolina è probabilmente stata scattata nei primi cinque anni successivi<br />
all’inauguazione (1885-1890); si possono notare il viale alberato (ippocastani) lungo Via<br />
Tegazzo, gli orti con due pozzi centrali al posto <strong>del</strong>l’attuale parcheggio, i giardini all’italiana<br />
ancora distintamente visibili sui lati sud-ovest e nord-est <strong>del</strong>l’edificio principale.<br />
63
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
64<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto nr. 18 - Questa foto aerea è collocabile all’incirca nel secondo decennio <strong>del</strong> secolo scorso<br />
(1910-1915); si vedono le alberature che ormai dominano completamente quello che era nato<br />
come giardino all’italiana; lungo il viale centrale è presente una doppia quinta arborea che a<br />
detta di qualche testimone dovrebbe essere stata costituita da «peri»; sono visibili gli orti verso<br />
via Tegazzo ed il recinto <strong>del</strong> nuovo padiglione costruito tra il 1903-1905, poi chiamato<br />
«Perusini». Non è ancora presente l’Osservazione che è <strong>del</strong> 1920<br />
Foto nr. 19 - Nel primo dopoguerra la vegetazione <strong>del</strong> <strong>parco</strong> <strong>del</strong> manicomio sembra essere<br />
lussureggiante: sono cresciute a dismisura le piante intorno al padiglione centrale, quelle lungo<br />
il viale centrale, quelle poste a dimora nei fossati, davanti a Perusini e Valdagni; è presente il<br />
reparto Osservazione mentre sono spariti parte degli alberi presenti nel cortile centrale alla<br />
sinistra <strong>del</strong>l’edificio Principale; le rive a valle di Maso San Pietro, terrazzate, sono segate e<br />
punteggiate da alberi da frutto (1935-1940).
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Dall’alto:<br />
Foto nr. 20 - Anche (1935-1945) in questa seconda cartolina forse contemporanea alla precedente<br />
si può notore come le alberature dei giardini <strong>del</strong> lato sud-ovest siano ormai coprenti; lo<br />
stesso orto lussureggiante nella stagione estiva è dotato di corposi arbusti centrali, forse sempreverdi;<br />
gli ippocastani di via Tegazzo, pur a forma tondeggiante e regolare (potati?) uguagliano o<br />
superano i tetti <strong>del</strong>le case Le superfici poste a monte <strong>del</strong> padiglione centrale sono ancora prative,<br />
come peraltro rimarranno fino agli anni sessanta, e sono punteggiate da antichi castagni.<br />
Foto nr. 21 - <strong>Il</strong> padiglione Benedetti fu inaugurato nel 1966; negli anni sessanta furono<br />
effettuati numerosi interventi di messa a dimora di specie, in particolare sulla collina, ma anche<br />
in prossimità <strong>del</strong> nuovo edificio; qui si possono notare gli alberetti, a)ancora impalati che<br />
potrebbero corrispondere a parte <strong>del</strong>le 150 Lagestroemie poste a dimora nel 1965.<br />
65
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
66<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
cartografico avvenuta negli anni<br />
tra il 1853 e il 1861 precedette la<br />
determinazione dei redditi <strong>del</strong>l'imposta<br />
fondiaria nella seconda metà<br />
<strong>del</strong>l'Ottocento e quindi l'opera di<br />
impianto <strong>del</strong> Libro fondiario iniziato<br />
nei primi anni <strong>del</strong> Novecento<br />
e conclusosi nella seconda metà<br />
degli anni cinquanta.<br />
Numerosi sono i testi, le normative,<br />
le istruzioni e le direttive raccolti<br />
nei Bollettini Leggi Imperiali<br />
asburgici dal 1849 al 1918. Ciò significa<br />
che il progetto <strong>del</strong> Manicomio<br />
di Pergine fu successivo alla<br />
redazione <strong>del</strong>la carta catastale e<br />
che la stessa rappresenta quindi la<br />
situazione <strong>del</strong>la campagna perginese<br />
preesistente alla costruzione<br />
di quello che oggi è ancora chiamato<br />
Padiglione centrale.<br />
Osservando la mappa catastale<br />
storica si può notare come il bosco<br />
occupi i versanti pendenti e<br />
rivolti a nord <strong>del</strong>le pendici <strong>del</strong> colle<br />
<strong>del</strong> castello; in particolare è presente<br />
nel vallone posto a valle <strong>del</strong><br />
maso San Pietro. Tutte le altre superfici<br />
erano occupate quindi o da<br />
prati o da coltivi, di diversa qualità,<br />
così come rappresentati in verde,<br />
in giallo, in rosa.<br />
È interessante notare la preesistenza<br />
sia <strong>del</strong> Maso San Pietro sia<br />
<strong>del</strong> Maso Tre Castagni: in prossimità<br />
di quest’ultimo è visibile una<br />
sorta di croce formata da due viali<br />
alberati, con due piazzette, terminale<br />
e centrale. Ancora oggi sembra<br />
di poter vedere sul terreno le<br />
vestigia <strong>del</strong>la piazzetta centrale.<br />
Di un certo interesse anche la<br />
viabilità storica verso il colle <strong>del</strong><br />
castello e la posizione <strong>del</strong> canale<br />
macinante nei suoi due rami. La<br />
carta proviene dagli archivi <strong>del</strong><br />
catasto ed è parte dei Fogli di Mappa<br />
nr. 3-4 <strong>del</strong> C.C. di Pergine I.<br />
Alcune altre immagini<br />
Col prezioso contributo <strong>del</strong> signor<br />
Luciano Dellai sono state rinvenute<br />
alcune immagini che sono rilevanti<br />
per capire l’assetto all’impianto<br />
<strong>del</strong> manicomio di Pergine,<br />
in particolare <strong>del</strong> Padiglione Centrale,<br />
e la sua evoluzione nei primi<br />
cinquant'anni <strong>del</strong> secolo scorso.<br />
Censimento <strong>del</strong>le alberature<br />
a) Aree pianeggianti - Nel corso<br />
<strong>del</strong>la fase d’analisi per la predisposizione<br />
<strong>del</strong> progetto sono stati<br />
censiti i soggetti arborei presenti<br />
nelle aree pianeggianti, poste a<br />
ridosso dei vari padiglioni. Di ciascuno<br />
è stata segnata la posizione<br />
su una planimetria riferita al piano<br />
catastale, sono stati individuati<br />
genere e specie, è stato misurato<br />
il diametro a metri 1,30 dal suolo:<br />
a ciascuna è stato assegnato<br />
infine un indice di “pregio”, nell’ordine<br />
decrescente da 1 a 3.<br />
L’analisi permette di definire alcuni<br />
punti fermi:<br />
- Numero: numericamente la specie<br />
più rappresentata è sicuramente<br />
il Cedro deodara, seguita<br />
lontanamente dall’Abete rosso,<br />
dall’Olmo siberiano, dal Pino<br />
nero d’Austria; le altre specie<br />
presenti si possono considerare<br />
sporadiche, non sempre comunque<br />
“esemplari” degni di<br />
nota;<br />
- Diametro: le piante più grosse
Elenco <strong>del</strong>le piante<br />
da collocare presso i<br />
vari padiglioni<br />
(1965).<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
(in rosso nel grafico) sono rappresentate<br />
in particolare dal<br />
Cedro deodara, da pochi Cedri<br />
<strong>del</strong>l’Atlante, dal Pino nero e dall’Abete<br />
rosso: notevoli sono<br />
inoltre un Tiglio, due Gingko,<br />
un Platano, alcuni Abeti rossi.<br />
Anche se la correlazione diametro-età<br />
non è lineare ma può<br />
essere inficiata da specie e posizione<br />
e da qualche altro fattore,<br />
si può affermare con una<br />
certa disinvoltura che questi<br />
soggetti appartengono ad impianti<br />
effettuati ancora alla fine<br />
<strong>del</strong> secolo scorso (1882-1912).<br />
Di questo periodo possono essere<br />
anche parte dei soggetti presenti<br />
nella fascia blu, in particolare i Cedri<br />
atlatica, i Pini neri, forse qual<br />
che Abete rosso sottoposto. Gli<br />
altri soggetti blu si collocano a mio<br />
parere negli anni <strong>del</strong> dopoguerra<br />
assieme a qualcuno dei soggetti<br />
verdi, quali Cedro deodora, Pino<br />
nero, Cedro atlantica, un Gingko.<br />
Tutti gli altri soggetti possono<br />
essere riconducibili chiaramente<br />
agli anni sessanta-settanta, forse<br />
di poco valore storico ma con la<br />
possibilità, se in buona posizione<br />
ed in bune condizioni, di diventare<br />
piante esemplari nel prossimo<br />
cinquantennio;<br />
- Indice di pregio: ai singoli soggetti<br />
è stato infine attribuito un<br />
numero che identifica il pregio<br />
<strong>del</strong> soggetto: è stato attribuito<br />
in base ad un’analisi visiva, fatta<br />
da diverse posizioni, che tie-<br />
67
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
68<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ne conto <strong>del</strong>le caratteristiche<br />
<strong>del</strong>la specie (longevità, apparato<br />
radicale, resistenza al gelo,<br />
resistenza agli eventi meteorici,<br />
ecc.) e <strong>del</strong>la sua ubicazione;<br />
quest’ultimo parametro è importante<br />
perché consente di determinare<br />
la possibilità <strong>del</strong> soggetto<br />
di svilupparsi nei prossimi<br />
decenni e di divenire o con-
Cronologia degli<br />
interventi.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
tinuare ad essere un "soggetto<br />
in esemplare". Ai soggetti migliori<br />
corrisponde un indice "1",<br />
ai peggiori un indice “3”.<br />
Area collinare.<br />
Nell’area collinare invece sono state<br />
censite, descritte e cartografate<br />
le diverse tipologie di bosco presente;<br />
in ognuna di esse sarà poi<br />
possibile procedere secondo le indicazioni<br />
di progetto con interventi<br />
di tipo selvicolturali.<br />
Sono stati segnati ed evidenziati i<br />
soggetti arborei di maggior pregio<br />
e le alberate presenti in queste<br />
zone: in cartografia sono contraddistinti<br />
dalla stessa simbologia<br />
usata per le aree pianeggianti.<br />
<strong>Il</strong> rilievo in questo caso è solo visivo<br />
e non supportato da strumento<br />
di precisione. Sarà questa<br />
un’operazione che si dovrà effettuare<br />
in sede di progetto esecutivo.<br />
Notizie utili<br />
<strong>Il</strong> giorno 3 marzo <strong>del</strong> 1965 il dott.<br />
Giordano Castelli, nel quadro dei<br />
lavori di assestamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine tra i<br />
quali era previsto anche il parziale<br />
rinnovamento <strong>del</strong> <strong>parco</strong> e la<br />
messa a dimora di piante ad altofusto<br />
nelle adiacenze <strong>del</strong> nuovo<br />
padiglione (leggasi Ferretti) chiedeva<br />
all’Assessorato regionale all’Economia<br />
montana e foreste di<br />
Trento:<br />
- 20 Abeti rossi<br />
- 20 Abeti argentati<br />
- 10 Cedri deodara o <strong>del</strong> libano<br />
È sempre <strong>del</strong> 1965 un elenco di<br />
piante da collocare presso i vari<br />
padiglioni:<br />
Considerazioni critiche<br />
a) Area Pianeggiante intorno agli<br />
edifici<br />
Così come previsto dal progetto,<br />
intorno all’Edificio Principale furono<br />
realizzate alcune aiuole riconducibili<br />
alle tipologie dei “Giardini<br />
all’Italiana”; le geometrie abbastanza<br />
rigide vedono l’alternarsi<br />
di vialetti ed aiuole. L’elevata<br />
esigenza di manutenzione costante<br />
potrà essere colmata dal basso<br />
costo <strong>del</strong>la manodopera e/o dall’utilizzo<br />
degli stessi pazienti.<br />
L’anno 1882 fu anche l’anno di<br />
una <strong>del</strong>le più pesanti alluvioni che<br />
nel secolo scorso investirono i territori<br />
alpini; anche negli anni 1884<br />
e 1885 occorsero altri eventi calamitosi.<br />
A partire da queste date<br />
l’Impero Austroungarico iniziò una<br />
serie di colossali opere di regimazione<br />
dei torrenti e di consolidamento<br />
dei versanti, con ingente<br />
uso di materiale vivaistico e notevole<br />
spinta anche all’uso <strong>del</strong>le conifere;<br />
gli stessi cantieri di sistemazione<br />
si appoggiavano a vivai<br />
appositamente creati per far fronte<br />
alla richiesta ingente di materiale<br />
da rimboschimento. È quindi<br />
spiegata non solo la disponibilità<br />
di materiale vivaistico per tutti gli<br />
enti in qualche modo legati al pubblico,<br />
ma anche la moda che si venne<br />
a creare circa l’impianto di specie<br />
conifere. È molto probabile che<br />
anche nelle aiuole (forse al centro<br />
<strong>del</strong>le stesse) dei cosiddetti<br />
Giardini all’Italiana, pur non es<br />
69
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
70<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
sendo le specie adatte, fossero<br />
messe a dimora molte conifere:<br />
questo spiegherebbe non solo la<br />
loro attuale presenza, considerata<br />
anche la longevità di alcune di<br />
queste specie, ma anche l’apparente<br />
irregolarità <strong>del</strong>l’impianto.<br />
Le piante messe a dimora alla<br />
fine <strong>del</strong> secolo scorso crebbero e<br />
furono probabilmente integrate da<br />
altre, simili per specie e genere,<br />
seguendo lo sviluppo urbanistico<br />
<strong>del</strong> complesso manicomiale. Già dal<br />
periodo <strong>del</strong>la prima guerra mondiale<br />
sembrano pressoché spariti i<br />
giardini all’italiana, che rimasero<br />
forse solo in parte segnati sul terreno.<br />
È interessante notare come mentre<br />
il padiglione centrale fungeva<br />
anche da sede di rappresentanza,<br />
i due nuovi padiglioni, il Perusini<br />
ed il Pandolfi, erano destinati a<br />
quelli che erano chiamati "agitati";<br />
questi due edifici erano dotati<br />
di un cortile recintato da un muro<br />
d’altezza pari a due metri circa verso<br />
l’interno.<br />
I due nuovi padiglioni furono<br />
costruiti negli anni 1903-1905 e<br />
probabilmente successiva a tale<br />
data è l’epoca di piantumazione<br />
degli stessi cortili; vennero inaugurati<br />
solo dopo la fine <strong>del</strong>la guerra<br />
(1920).<br />
Nel corso dei decenni sparirono<br />
quasi tutte le alberature presenti<br />
all’interno <strong>del</strong> Padiglione Centrale,<br />
tutte quelle presenti sul fronte<br />
sud-ovest, quasi tutte a parte un<br />
nucleo residuo lungo la strada sul<br />
suo lato nord-est. Ne resistettero<br />
alcune di quelle presenti lungo la<br />
facciata principale.<br />
Degna di nota è la tradizione di<br />
una doppia alberatura sul viale<br />
centrale, che pur con alterne vicende<br />
ed avvicendamenti di specie, è<br />
rimasto fino ai giorni nostri: non<br />
sarà l’ultimo l’impianto lungo lo<br />
stesso viale di Lagestroemie nel<br />
periodo Castelli (complessivamente<br />
150 piante nell’anno 1965).<br />
b) Area Collinare<br />
Sembra assodato che a partire dall’anno<br />
<strong>del</strong>l’inaugurazione <strong>del</strong> primo<br />
edificio, la destinazione di quasi<br />
tutta l’area posta sulla collina,<br />
allora non completamente di proprietà,<br />
fosse agricola. In particolare<br />
un’ampia zona era prativa<br />
mentre un’altra consistente fetta<br />
era specificamente agricola: era<br />
coltivata sulle aree pianeggianti<br />
prospicienti maso San Pietro, terrazzata<br />
a vigneto nell’anfiteatro<br />
posto a valle di Maso San Pietro,<br />
alberata con piante da frutto scendendo<br />
dall’acquedotto austriaco<br />
fin quasi all’edificio <strong>del</strong>l’Obitorio.<br />
Sulle "rive" segate e/o pascolate<br />
a monte <strong>del</strong>l’edificio principale<br />
emergevano vecchi castagni. Solo<br />
uno stretto lembo di bosco scendeva<br />
dalle pendici <strong>del</strong> colle <strong>del</strong> castello<br />
per giungere, con esposizione<br />
nord, fino quasi agli attuali campi<br />
di bocce.<br />
Pur con l’alternarsi <strong>del</strong>le colture,<br />
rimase comunque agricola sicuramente<br />
fin dopo la seconda guerra<br />
mondiale, fino a metà degli<br />
anni cinquanta, da quando cominciò<br />
una radicale e sistematica opera<br />
di rimboschimento <strong>del</strong>le superfici<br />
ex-agricole, non più considerate<br />
produttive. È <strong>del</strong> decennio succes
Bruno Caruso,<br />
L’armadietto<br />
pedagogico,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1958.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
sivo l’introduzione <strong>del</strong>le conifere<br />
anche sulle superfici a ridosso <strong>del</strong><br />
padiglione centrale, la comparsa<br />
<strong>del</strong>la Douglasia e <strong>del</strong> Pino Strobo,<br />
specie a rapido accrescimento che<br />
andarono di moda, per così dire,<br />
negli anni sessanta. La cosiddetta<br />
Legge Fanfani (prevedeva incentivi<br />
per il rimboschimento di superfici<br />
nude) promosse molteplici<br />
di questi interventi e dalla fine degli<br />
anni cinquanta fin dopo la metà<br />
degli anni sessanta si sono succe<br />
duti anche gli interventi di rimboschimento<br />
<strong>del</strong>la collina <strong>del</strong> castello,<br />
anche dopo la sua vendita da<br />
parte <strong>del</strong> Comune di Pergine al signor<br />
Oss. Furono introdotte soprattutto<br />
conifere, in particolare<br />
Abete rosso, Douglas, Pino strobo<br />
hymalaiano. La presenza <strong>del</strong> dott.<br />
Castelli diede nuovo spunto alle<br />
attività di giardineria; numerosi<br />
furono gli impianti effettuati negli<br />
anni sessanta, anche se sembra<br />
verosimile pensare che gli stes<br />
71
<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />
72<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
si interessassero in particolare il<br />
rimboschimento <strong>del</strong>le aree collinari,<br />
non più coltivate. Di quegli anni<br />
possono essere tutti gli Abeti rossi<br />
presenti vicino a Maso Tre Castagni,<br />
molti degli Olmi siberiani,<br />
qualche Cedro himalaiano, le Douglasie,<br />
i Pini strobi.<br />
In sintesi<br />
- Presenza di soggetti arborei di<br />
valore all’interno <strong>del</strong> <strong>parco</strong> pianeggiante<br />
(Cedrus deodara, Picea<br />
excelsa, Gingko biloba, Cedrus<br />
atlantica);<br />
- tradizione di un viale alberato<br />
centrale;<br />
- presenza originaria di molti giardini<br />
all’italiana all’intorno e dentro<br />
il Padiglione Centrale;<br />
- presenza fino all’anno 1975 dei<br />
fossati antistanti i padiglioni Perusini<br />
e Pandolfi;<br />
- scarsa valenza storica <strong>del</strong> muro<br />
che <strong>del</strong>imita il manicomio da via<br />
San Pietro: risale agli anni sessanta<br />
e segue la demolizione <strong>del</strong><br />
vecchio muro (parte <strong>del</strong> 1885 e<br />
parte <strong>del</strong> 1930) per allargamento<br />
<strong>del</strong>la strada e costruzione<br />
<strong>del</strong>la nuova portineria;<br />
- bosco originario nella vallecola<br />
(solo su versante con esposizione<br />
nord) a monte <strong>del</strong> campo di<br />
bocce;<br />
- tradizione agricola e prati-pascoliva<br />
su tutta l’area collinare;<br />
- tradizione agricola su terrazzamenti<br />
nella vallecola (su versante<br />
con esposizione a sud) a monte<br />
<strong>del</strong> campo di bocce;<br />
- presenza sull’area collinare di<br />
grossi soggetti arborei, antichi<br />
e talora preesistenti all’acquisto<br />
da parte <strong>del</strong>l’Ente manicomio, in<br />
particolare in prossimità di Maso<br />
San Pietro e Maso Tre Castagni;<br />
- affinità storica e contiguità anche<br />
strutturale <strong>del</strong>l’area collinare<br />
con il Parco <strong>del</strong> Castello.<br />
Altre indicazioni progettuali<br />
a) Valenza storica <strong>del</strong>l’Ospedale:<br />
- restauro degli edifici storici<br />
(obitorio, acquedotto, ecc.)<br />
- tabellare i vari edifici a ricordo<br />
<strong>del</strong> passato utilizzo;<br />
- definizione al suolo <strong>del</strong>le tracce<br />
dei due ‘fossati’;<br />
- creazione di un percorso tematico<br />
a ricordo <strong>del</strong>l’attività manicomiale;<br />
- realizzazione di un archivio storico<br />
presso il Maso Tre Castagni;<br />
- creazione di una Casa <strong>del</strong>la memoria<br />
nel vecchio Obitorio (piccolo<br />
Museo).<br />
b) Valenza botanica <strong>del</strong> Parco:<br />
- valorizzazione e tutela di quanti<br />
più possibili soggetti arborei<br />
di pregio e/o monumentali;<br />
- rifacimento di un tratto di giardino<br />
all’italiana nei pressi <strong>del</strong>l’attuale<br />
edificio scolastico;<br />
- ripristino di almeno due strutture<br />
coperte tipo ‘Gazebo o Gloriet’<br />
nell’area collinare a ricordo<br />
dei preesistenti e a libera<br />
fruizione da parte <strong>del</strong> pubblico;<br />
- tabellare i soggetti arborei di<br />
pregio e creazione di un percorso<br />
tematico ‘botanico’;<br />
- realizzazione di un piccolo giardino<br />
botanico sulle pendici terrazzate<br />
esposte a sud <strong>del</strong>la val
Bruno Caruso,<br />
Povero & pazzo,<br />
incisione.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
lecola a valle di Maso Tre Castagni<br />
(ex vigneti).<br />
c)Valenza sociale:<br />
- ripristino dei manufatti realizzati<br />
dai “Malati” all’interno <strong>del</strong> <strong>parco</strong>;<br />
- realizzazione degli interventi per<br />
mezzo di operai ex cassaintegrati<br />
o disoccupati;<br />
- in ricordo e a memoria <strong>del</strong>l’”ergoterapia”<br />
la manutenzione<br />
futura <strong>del</strong> <strong>parco</strong> sarà affidata ad<br />
una cooperativa di solidarietà<br />
sociale o comunità di <strong>recupero</strong><br />
(già presenti all’interno <strong>del</strong>la<br />
struttura).<br />
d) Valenza estetico-paesaggistica:<br />
- eliminazione e/o relativo interramento<br />
degli elettrodotti che<br />
attraversano il <strong>parco</strong>.<br />
e) Valenza fruizionale:<br />
- creazione di un’area giochi per<br />
bambini nell’area pianeggiante<br />
a supporto dei servizi sanitari;<br />
- creazione di un’area giochi per<br />
portatori di handicap nell’area<br />
pianeggiante a sevizio <strong>del</strong> nuovo<br />
“Villa Rosa”.<br />
Carmelo Anderle e Fabrizio Fronza sono<br />
funzionari <strong>del</strong> Servizio Ripristino e<br />
valorizzazione ambientale <strong>del</strong>la Provincia<br />
autonoma di Trento.<br />
73
Tracce<br />
per una riflessione<br />
Casimira Grandi<br />
Gli ospedali psichiatrici<br />
come testimonianza per la Storia<br />
<strong>del</strong>la scienza e <strong>del</strong>le istituzioni,<br />
ma anche come contenitori di tante storie<br />
minimali di vita di uomini e donne.<br />
74<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
L’incontro seminariale <strong>del</strong> gruppo<br />
di lavoro Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />
perdute1 tenutosi il 30 novembre<br />
2001, dedicato a Progetti e realizzazioni<br />
per il riuso degli ex ospedali<br />
psichiatrici nei territori italiani<br />
appartenuti all’impero asburgico,<br />
ha riunito persone con diverse<br />
competenze, che, con convinzione,<br />
percorrono un comune cammino<br />
volto ad affrontare la vergogna di<br />
una memoria oggi scomoda per<br />
affermare la coscienza storica di<br />
un recente passato troppo spesso<br />
volutamente dimenticato o banalmente<br />
male interpretato. Tra i partecipanti<br />
non c’era la “boria dei<br />
dotti”, per dirla con Vico, non<br />
c’era ciarpame ideologico, ma la<br />
consapevolezza che derivava dalla<br />
sicura, documentata, conoscenza<br />
dei fatti.<br />
<strong>Il</strong> titolo <strong>del</strong> seminario <strong>del</strong>inea il<br />
centro focale dei lavori nell’impegno<br />
per il <strong>recupero</strong> degli “spazi <strong>del</strong>la follia”,<br />
parafrasando Giuseppe Pantozzi<br />
2 , funzionale ad un ambito scientifico<br />
ampio, che bene si può definire<br />
trans-disciplinare, senza una gerar<br />
chia di rilevanze, come si desume<br />
anche dalla pluralità <strong>del</strong>le discipline<br />
rappresentate, che trovano un<br />
punto di convergenza nella volontà<br />
di pervenire ad un riuso degli ex<br />
ospedali psichiatrici coerente con le<br />
aspettative <strong>del</strong>la società contemporanea,<br />
ma senza cancellare la memoria<br />
<strong>del</strong>le passate funzioni. Come ha<br />
scritto l’architetto Luciani, sostanzialmente,<br />
s’indaga seguendo una linea<br />
di “intrinseca continuità tra lo<br />
studio <strong>del</strong>la storia e la messa in valore<br />
dei suoi segni e sedimenti” 3 .<br />
Un proposito non sempre facilmente<br />
attuabile, perché sono molti<br />
gli interessi che gravitano attorno a<br />
ciò che rimane di queste istituzioni,<br />
le quali oscillano per lo più tra la<br />
totale cancellazione di quello che<br />
resta <strong>del</strong> manicomio e l’oblio <strong>del</strong>l’indifferenza<br />
– un oblio, oserei aggiungere,<br />
non di rado strumentale e affatto<br />
estraneo alla psichiatria –.<br />
Coscienza <strong>del</strong>la storia<br />
e vergogna <strong>del</strong>la memoria<br />
I contributi presentati al seminario<br />
si sono sviluppati nella prospettiva<br />
di ciò che dovrebbe essere<br />
l’ex istituzione manicomiale nella<br />
società contemporanea, supportando<br />
la gracilità <strong>del</strong>le specificità<br />
locali entro la cornice di una comune<br />
etica, che pone il ricordo<br />
come impedimento al ripetersi di<br />
eventi negativi. Affinché questo<br />
sia concretamente incisivo è necessario<br />
intanto lasciare una traccia<br />
visiva di ciò che è stato per esprimere<br />
compiutamente quello che<br />
non si dovrà mai più ripetere.<br />
I quadri storici esposti dai partecipanti<br />
erano tutti improntati alla
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
logica di una corretta interpretazione<br />
<strong>del</strong>la storia degli ospedali<br />
psichiatrici antecedenti la Legge<br />
180, un’obiettività quanto mai apprezzabile<br />
in una fase in cui è ancora<br />
troppo diffusa l’acritica negazione<br />
<strong>del</strong> periodo precedente la rivoluzione<br />
basagliana.<br />
Una negazione che rischia di cancellare<br />
una memoria, perché è uno<br />
scomodo patrimonio di scienza e di<br />
sofferenza, che invece abbiamo il<br />
dovere civile di tramandare.<br />
Questa è, forse, la meta più ambiziosa<br />
che si propongono coloro che<br />
sono interessati al riuso degli ex<br />
ospedali psichiatrici, perché la nostra<br />
società è pervasa da una preoccupante<br />
debolezza etica. Si deve, e<br />
si può, ritrovare una morale nell’eticità<br />
<strong>del</strong>le relazioni con il nostro passato;<br />
questo non dovrebbe essere<br />
difficile per chi, come gli italiani,<br />
può vantare una solida storia. Inoltre,<br />
non vanno sottovalutate le<br />
ostentate certezze o gli eccessi di<br />
mo<strong>del</strong>lizzazione di coloro che vorrebbero<br />
ricreare l’accerchiamento<br />
intorno ai “matti”, per deprecabili<br />
situazioni prodotte da défaillances<br />
amministrative, quando non da irrisolte<br />
paure per ignoranza <strong>del</strong>la<br />
realtà contemporanea.<br />
L’approccio dato al nodo gordiano<br />
ex ospedali psichiatrici – collocazione<br />
degli ex pazienti, in conformità<br />
alla legislazione in atto e<br />
alle relative politiche sociosanitarie,<br />
presso l’opinione pubblica ma<br />
sovente anche presso un pubblico<br />
qualificato, non di rado ha portato<br />
a valutazioni antitetiche che<br />
vanno dalla nostalgia per il passato<br />
istituzionale alla sua assolu<br />
ta riprovazione, entrambe, comunque,<br />
pesantemente influenzate da<br />
nostalgiche ideologie politiche e<br />
dall’assenza <strong>del</strong>la percezione storica<br />
<strong>del</strong> fenomeno.<br />
Questa peculiare condizione<br />
c’induce a ricordare come la storia<br />
sia nata sostanzialmente quale<br />
ancella <strong>del</strong>la politica: la svolta<br />
scientifica si è presentata come<br />
indicazione positivis-ta <strong>del</strong> rispetto<br />
dei fatti. Una forma di oggettività<br />
che si è imposta come assolutezza<br />
entro qualsiasi paradigma ideologico,<br />
che nello specifico <strong>del</strong> caso<br />
in esame, non può disgiungere una<br />
logica razionalità dallo sviluppo<br />
<strong>del</strong>la cosiddetta società civile. Tutte<br />
le problematiche che rappresentano<br />
i punti dolenti <strong>del</strong>la coscienza<br />
difficile <strong>del</strong> nostro tempo, i<br />
traumi <strong>del</strong>la nostra esperienza collettiva,<br />
con le sue continue riproposte<br />
situazionali oggetto di etiche<br />
diverse (solidaristiche, concorrenziali,<br />
autoritarie) non possono<br />
essere disgiunti dalla coscienza<br />
storica.<br />
Uscire dalla confusione vociante<br />
<strong>del</strong>le testimonianze, dal verbalismo<br />
manipolato, proponendo dei<br />
mo<strong>del</strong>li di prospezione analitica,<br />
governati da un sistema di valori<br />
non assoluti, ma culturali, storicamente<br />
specifici, potrebbe rappresentare<br />
un momento di reale crescita<br />
civile. E la storia degli ex<br />
ospedali psichiatrici rappresenta<br />
un soggetto ideale per questa<br />
esperienza. È una proposta sperimentale,<br />
“bricoleuse”, continuamente<br />
innovabile, suscettibile di<br />
un’ampia varietà di apporti, ma anche,<br />
metaforicamente, ricca di un<br />
75
Tracce per una riflessione<br />
76<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
orizzonte senza limiti, perché le<br />
mura che nascondevano malintese<br />
vergogne sono state abbattute<br />
da decenni.<br />
Per un’altra storia<br />
“Oltre il muro”, significativo titolo<br />
di un incontro organizzato a Roma<br />
nel 1999 dalla Fondazione Benetton<br />
studi e ricerche, dal Dipartimento politiche<br />
di cittadinanza ed economia<br />
sociale <strong>del</strong>la CGIL e dall’Istituto nazionale<br />
di urbanistica, ha stimolato<br />
anche in <strong>Trentino</strong> un’attenta riflessione<br />
sull’ex ambiente manicomiale,<br />
inteso come sistema culturale e sociale,<br />
non tralasciando, peraltro, un<br />
approccio di ecologia culturale, che<br />
ha come obiettivo la conservazione<br />
<strong>del</strong>la molteplicità <strong>del</strong>le memorie e<br />
<strong>del</strong>le loro forme espressive.<br />
L’ospedale psichiatrico trentino<br />
era collocato a Pergine, dove ha lasciato<br />
un’impronta in<strong>del</strong>ebile sul paesaggio<br />
con il monumentale padiglione<br />
centrale attorniato dall’architettura<br />
minore che si è sedimentata<br />
nel tempo, documento<br />
visivo <strong>del</strong> suo passato e <strong>del</strong>la realtà<br />
territoriale in cui operava.<br />
L’edificio principale, inaugurato<br />
nel 1882, armoniosamente inserito<br />
nello scenario naturale, era un<br />
segno <strong>del</strong> progresso scientifico e<br />
sociale dei tempi, che esprimeva<br />
la sua identità attraverso l’ine-quivocabile<br />
stile <strong>del</strong>l’architettura statale<br />
asburgica e l’imponente mole<br />
che sovrastava le costruzioni <strong>del</strong><br />
paese. L’istituzione psichiatrica<br />
chiusa era una struttura complessa,<br />
in cui si sviluppava un microcosmo<br />
di relazioni interpersonali<br />
in spazi sociali prestabiliti: negli<br />
edifici, nel giardino o nella colonia<br />
agricola.<br />
Questa situazione raccomanda una<br />
proposta analitica complessiva, (cui<br />
peraltro non è estranea la tutela<br />
ambientale) che il progetto per il riuso<br />
coerente <strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico<br />
di Pergine (inteso quale luogo<br />
per nuove politiche sociali e la valorizzazio-ne<br />
<strong>del</strong> suo passato), ha avviato<br />
attraverso un’ipotesi di riqualificazione<br />
<strong>del</strong> <strong>parco</strong> nel rispetto <strong>del</strong>le<br />
essenze autoctone, ad esempio, inserito<br />
nel più ampio intervento di<br />
ripristino <strong>del</strong> verde manicomiale. Un<br />
progetto la cui positiva ricaduta andrà<br />
ben oltre le vecchie mura ospedaliere.<br />
In estrema sintesi, ciò che resta<br />
<strong>del</strong> passato manicomiale è sovente<br />
un complesso monumentale, un bene<br />
culturale da salvaguardare nel rispetto<br />
<strong>del</strong>la civiltà che l’ha prodotto e<br />
<strong>del</strong> paesaggio in cui è inserito.<br />
Ma qual è l’itinerario per un corretto<br />
<strong>recupero</strong> storico di questo<br />
patrimonio?<br />
Ricordando Friedrich Nietzsche,<br />
potremmo far riferimento ai diversi<br />
generi di storie, quella “monumentale”,<br />
che si esprime attraverso<br />
le grandi realizzazioni architettoniche,<br />
manufatti cui si adatta<br />
perfettamente il termine “monumento”,<br />
etimologicamente relativo<br />
a ciò che “va tenuto a mente”,<br />
ed una storia minore, dal Nostro<br />
definita “antiquaria”, che testimonia<br />
la quotidianità <strong>del</strong>le persone<br />
comuni.<br />
Un’interpretazione <strong>del</strong> passato<br />
che la Scuola <strong>del</strong>le Annales, in tempi<br />
più recenti, ha distinto in storia<br />
degli événements e storia minima
Dislocazione degli istituti per malati di mente secondo l’elenco seguente (disegno di Gian Piero Sciocchetti)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
77
Tracce per una riflessione<br />
78<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
SITUAZIONE DEI MANICOMI PUBBLICI IN AUSTRIA NEL 1898<br />
Posti Letto Complessivi: 14.847 degenti<br />
I. Bassa Austria (Niederösterreich);<br />
capacità ricettiva totale 3.683 degenti:<br />
1. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria<br />
in Vienna, sistema a corsie, degenti n. 834;<br />
2. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in Ybbs,<br />
sistema a corsie, degenti n. 490;<br />
3. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in<br />
Klosterneuburg, sistema a corsie, degenti n. 539;<br />
4. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria<br />
in Kierling- Gugging, filiale di quello di Vienna,<br />
sistema a padiglioni, degenti n. 603;<br />
5. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in<br />
Langenloiis, succursale di quello di Vienna,<br />
tipo per infettivi, degenti n. 217;<br />
6. Grande colonia agricola provinciale <strong>del</strong>la<br />
Bassa Austria in Mauer-Oehling, degenti n. 1.000.<br />
II. Alta Austria (Oberösterreich);<br />
capacità ricettiva totale 626 degenti:<br />
7. Manicomio provinciale <strong>del</strong>l’Austria Superiore in Linz,<br />
sistema chiuso, degenti n. 527;<br />
8. Manicomio provinciale <strong>del</strong>l’Austria Superiore<br />
per l’infanzia in Gschwendt, degenti n. 99.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
III. Salisburgo (Kronlande Salzburg);<br />
capacità ricettiva totale 170 degenti:<br />
9.<br />
Istituto psichiatrico salisburghese in Maxglan,<br />
sistema a padiglioni, degenti n. 154;<br />
10. Manicomio in Salisburgo, degenti n. 16.<br />
IV. Stiria (Steiermark);<br />
capacità ricettiva totale 1.285 degenti:<br />
11. Manicomio provinciale stiriano in Feldhof,<br />
sistema chiuso, degenti n. 818;<br />
12. Filiale femminile <strong>del</strong> manicomio provinciale<br />
stiriano in Lankowitz, sistema chiuso,<br />
degenti n. 135;<br />
13. Filiale maschile <strong>del</strong> manicomio provinciale stiriano<br />
in Kainbach, sistema chiuso, degenti n. 116;<br />
14. Filiale <strong>del</strong> manicomio stiriano in Hartberg,<br />
sistema chiuso, degenti n. 24;<br />
15. Istituto stiriano per malati psichici<br />
in Schwabenberg, sistema a corsie, degenti n. 192.<br />
V. Carinzia (Kärnter);<br />
capacità ricettiva totale 347 degenti:<br />
16. Manicomio provinciale carinziano in Klagenfurt,<br />
sistema a padiglioni, degenti n. 347.<br />
VI. Carniola (Krain);<br />
capacità ricettiva totale 202 degenti:<br />
17. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Carniola in Studenc,<br />
sistema chiuso, degenti n. 202.<br />
79
Tracce per una riflessione<br />
80<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
VII. Litorale (Küstenland);<br />
capacità ricettiva totale 279 degenti:<br />
18. Manicomio cittadino in Trieste,<br />
sistema chiuso, degenti n. 93;<br />
19. Sezione di manicomio presso<br />
l’ospedale cittadino in Trieste, degenti n. 186.<br />
VIII.Gorizia e Gradisca (Görz und Gradisca);<br />
capacità ricettiva Totale 192 degenti:<br />
20. Sezione di manicomio maschile presso<br />
l’Ospedale di Gorizia, degenti n. 94;<br />
21. Sezione di manicomio femminile presso<br />
l’Ospedale di Gorizia, degenti n. 98.<br />
IX. Tirolo (Tirol);<br />
capacità ricettiva totale 558 degenti:<br />
22. Manicomio provinciale tirolese in Hall,<br />
sistema chiuso, degenti n. 338;<br />
23. Manicomio provinciale tirolese in Pergine,<br />
sistema chiuso, degenti n. 220.<br />
X. Vorarlberg (Vorarlberg);<br />
capacità ricettiva totale 147 degenti:<br />
24. Manicomio provinciale di Valduna,<br />
sistema chiuso, 147 degenti.<br />
XI. Boemia (Böhmen);<br />
capacità ricettiva totale 4.138 degenti:<br />
25. Manicomio provinciale boemo di Praga,<br />
tipo chiuso, degenti n. 1196;<br />
26. Manicomio provinciale boemo di Dobrau,<br />
sistema a padiglioni con corsie, degenti n. 1469;
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
27. Manicomio provinciale boemo di Kosmanos,<br />
sistema a padiglioni con corsie, degenti n. 794;<br />
28. Filiale di manicomio provinciale boemo<br />
di Ober-Berkowitz, sistema chiuso, degenti n. 396;<br />
29. Filiale di manicomio provinciale boemo<br />
di Woporan, sistema chiuso, degenti n. 283.<br />
XII. Moravia (Mären); capacità ricettiva<br />
totale 1.383 degenti:<br />
30. Manicomio provinciale moravo di Brünn,<br />
sistema a corsie con 4 padiglioni, degenti n. 602;<br />
31. Manicomio provinciale moravo di Sternberg,<br />
sistema a padiglioni, degenti n. 781.<br />
XIII.Slesia (Schlesien); capacità ricettiva totale 781 degenti:<br />
32. Manicomio provinciale slesiano di Troppau,<br />
sistema a padiglioni, degenti n. 781.<br />
XIV. Galizia (Galizien); capacità ricettiva totale 839 degenti:<br />
33. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />
di Cracovia, sistema a corsia, degenti n. 133;<br />
34. Manicomio provinciale galiziano di Kulparkow,<br />
sistema a due padiglioni, degenti n. 706.<br />
XV. Bucovina (Bukowina);<br />
capacità ricettiva totale 101 degenti:<br />
35. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />
di Czernowitz, sistema chiuso, degenti n. 101.<br />
XVI. Dalmazia (Dalmatien);<br />
capacità ricettiva totale 116 degenti:<br />
36. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />
di Sebenico, sistema a padiglioni, degenti n. 116.<br />
81
Tracce per una riflessione<br />
82<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
le, quella degli esclusi dalla grande<br />
storia, che enfatizza l’attenzione<br />
all’esistenziale sullo scenario di<br />
un determinato contesto ambientale<br />
4 .<br />
Quale <strong>del</strong>le due proposte seguire?<br />
Secondo il pensiero <strong>del</strong> filosofo<br />
tedesco nessuna <strong>del</strong>le due, perché<br />
quella monumentale tralascia<br />
molte cose importanti e quella <strong>del</strong><br />
paesaggio trascura la trama di un<br />
tessuto, quale può essere considerato<br />
il territorio, che si regge sull’interconnessione<br />
di una realtà<br />
fatta di tanti elementi; inoltre,<br />
quella antiquaria può produrre un<br />
eccesso di memoria.<br />
Entrambe però possono rallentare,<br />
se non impedire, l’incessante<br />
precipitare <strong>del</strong>la storia. Queste discriminanti<br />
storiche e memoriali<br />
sul paesaggio consentono di recepire<br />
la ricchezza <strong>del</strong>le testimonianze<br />
sia <strong>del</strong>la grande storia, sia <strong>del</strong>la<br />
storia minima.<br />
E gli ospedali psichiatrici, spesso<br />
monumentali edifici circondati<br />
da spazi verdi, preservati dalle interferenze<br />
– non sempre debite –<br />
<strong>del</strong> mondo esterno da alte mura<br />
secolari, rappresentano la storia<br />
con la £s maiuscola”, quella <strong>del</strong>la<br />
scienza, <strong>del</strong>le istituzioni e di molto<br />
altro ancora, ma sono anche<br />
contenitori privilegiati di tante<br />
storie minimali, quelle di individui<br />
che una sorte malevola ha condotto<br />
a vivere in quel chiuso recinto,<br />
il più <strong>del</strong>le volte privandoli <strong>del</strong>la<br />
speranza, smarrendoli nel vasto<br />
territorio <strong>del</strong>le patologie <strong>del</strong>la<br />
mente, estranei al fluire <strong>del</strong> tempo.<br />
<strong>Il</strong> progetto nazionale per il re<br />
cupero degli archivi psichiatrici,<br />
significativamente denominato<br />
“Carte da legare”, restituisce al<br />
mondo le tracce di tante vite, non<br />
più annotazioni nascoste fra le pieghe<br />
di relazioni mediche, quasi a<br />
negarne l’esistenza, ma elevate a<br />
nitide biografie di quella vita “in<br />
tono minore” trascorsa nei monumentali<br />
edifici, menti ritrovate dai<br />
posteri.<br />
NOTE<br />
[1] Titolo di sapore proustiano il<br />
cui “copyright” appartiene al<br />
nostro collaboratore arch. Paolo<br />
Botteon.<br />
[2] Pantozzi 1989.<br />
[3] Luciani 1992: 8.<br />
[4] Mastrogregori 1986.<br />
Casimira Grandi è Ricercatrice di Storia<br />
economica presso la Facoltà di Sociologia<br />
<strong>del</strong>l’Università degli Studi di Trento. Ha<br />
coordinato il gruppo di studio sul “riuso”<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico di Pergine.
Un manicomio, una storia,<br />
un progetto<br />
Rodolfo Taiani<br />
Dalla storia <strong>del</strong>l’istituto perginese a un<br />
progetto di studio e di ricerca, verso il riuso<br />
degli spazi e la valorizzazione <strong>del</strong><br />
patrimonio documentario.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
“Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute:<br />
viaggi nell’istituzione manicomiale”<br />
è il titolo di un progetto sulla storia<br />
<strong>del</strong>la scienza e <strong>del</strong>l’assistenza psichiatriche<br />
promosso dal Museo storico<br />
in Trento in collaborazione con<br />
l’Università degli studi di Trento.<br />
Attivo da alcuni anni questo progetto,<br />
ha raccolto l’adesione di numerosi<br />
altri soggetti 1 . Nel 2003, venticinquesimo<br />
anniversario <strong>del</strong>l’approvazione<br />
<strong>del</strong>la cosiddetta legge Basaglia<br />
(la n. 180 <strong>del</strong> 13 maggio<br />
1978), esso vivrà il suo momento di<br />
maggior visibilità.<br />
I temi guida sono i luoghi, le<br />
persone e le azioni che hanno contribuito<br />
nel corso dei secoli, fra il<br />
XVIII e il XX, a dar forma a quel<br />
variegato universo identificato con<br />
il termine di manicomio, ossia una<br />
struttura pensata, realizzata e organizzata<br />
con il precipuo scopo di<br />
accogliere, custodire e assistere i<br />
cosiddetti malati di mente.<br />
La prospettiva che anima questo<br />
progetto è pertanto la storia di tanti<br />
spazi e individui uniti insieme, ma<br />
che può assumere ad emblema, per<br />
il contesto territoriale di riferimento<br />
<strong>del</strong> progetto stesso, il manicomio<br />
di Pergine Valsugana.<br />
In questa struttura, aperta nel<br />
1882 e definitivamente chiusa solo<br />
nel 2002, sono transitate decine di<br />
migliaia di esistenze fra loro diverse<br />
nelle vicende personali, ma simili nei<br />
percorsi interni all’istituto, nella<br />
quotidianità imposta, nell'incontro<br />
con gli altri ricoverati, con il personale<br />
medico e paramedico; simili<br />
anche nell'incontro/scontro con la<br />
comunità ospite esterna la cui dinamica<br />
si ripropone ancor oggi lì dove<br />
è aperto il dibattito sul <strong>recupero</strong> e il<br />
riuso <strong>del</strong>le strutture dismesse 2 .<br />
Una sintesi dei principali episodi<br />
che hanno segnato la storia <strong>del</strong>l'ex<br />
ospedale psichiatrico di Pergine può<br />
pertanto essere un utile modo sia per<br />
evidenziare esemplarmente alcune<br />
<strong>del</strong>le numerose e varie dinamiche che<br />
hanno contrassegnato la storia di<br />
questa come di altre strutture manicomiali<br />
3 , sia per render ragione dei<br />
contenuti <strong>del</strong> progetto stesso.<br />
Già nel 1807, in periodo di governo<br />
bavaro, si discusse sull'ipotesi di<br />
aprire due istituti per il ricovero dei<br />
pazzi con sede l'uno ad Innsbruck e<br />
l'altro a Trento o Rovereto 4 . A questa<br />
prima proposta, tuttavia, seguì<br />
un nulla di fatto. Bisognerà attendere<br />
il 1830 prima che alle porte di<br />
Innsbruck, ad Hall, venisse inaugurato<br />
il primo manicomio provinciale<br />
tirolese dove venivano ricoverati anche<br />
gli infermi provenienti dal <strong>Trentino</strong>.<br />
In precedenza, costoro venivano<br />
trasferiti negli ospedali di San<br />
Servolo a Venezia, <strong>del</strong>la Senavra a<br />
Milano o in altri istituti <strong>del</strong> Lombardo-Veneto,<br />
eventualità che fu espres<br />
83
Un manicomio, una storia, un progetto<br />
84<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
samente vietata, tuttavia, per i più<br />
bisognosi con una circolare <strong>del</strong> 5<br />
giugno 1835 con la quale il governo<br />
<strong>del</strong> Tirolo comunicava che in avvenire<br />
i mentecatti poveri <strong>del</strong> Tirolo<br />
non sarebbero più stati “accolti e<br />
mantenuti gratuitamente negl'istituti…<br />
<strong>del</strong> lombardo veneto”, ma per<br />
l'appunto in quello di Hall 5 .<br />
L’apertura di un istituto manicomiale<br />
anche in <strong>Trentino</strong> fu nuovamente<br />
sollecitata, nel 1850, dal medico<br />
Francesco Saverio Proch. Costui, in<br />
un opuscolo a stampa, argomentava<br />
le motivazioni che a suo dire rendevano<br />
quanto mai urgente la realizzazione<br />
di una simile opera 6 . Ci vollero,<br />
tuttavia, ancora altri anni di discussione<br />
prima che la Dieta tirolese<br />
giungesse a <strong>del</strong>iberare, il 12 ottobre<br />
1874, la costruzione di un secondo<br />
manicomio, collocato nel Tirolo<br />
italiano. Veniva così garantita<br />
ai sudditi di lingua italiana l'assistenza<br />
psichiatrica nei territori d'origine<br />
e offerta una prima risposta alla cronica<br />
carenza di spazio deplorata dalla<br />
struttura di Hall. Altri anni ci vollero<br />
poi per decidere l'ubicazione <strong>del</strong>l'istituto<br />
e per portare a termine i<br />
lavori. L'edificio, realizzato a Pergine<br />
Valsugana dall'impresa Scotoni di<br />
Trento fra il 1879 e il 1881, fu progettato<br />
dall'ing. Josef Huter secondo<br />
la consueta pianta edificiale<br />
a forma di E, che già caratterizzava<br />
simili costruzioni in altri parti<br />
<strong>del</strong>l’Impero.<br />
Entrato in attività nel 1882, e<br />
per la precisione il 19 settembre<br />
in piena emergenza alluvioni, il<br />
nuovo istituto, pensato per duecento<br />
posti letto, cominciò, tuttavia,<br />
ben presto a soffrire anch'es<br />
so di problemi di sovraffollamento,<br />
un motivo di costante preoccupazione,<br />
che assillerà tutti i direttori<br />
che si succedettero alla<br />
guida <strong>del</strong>l'ospedale.<br />
Già nel 1894, per recuperare altro<br />
spazio, fu colmata la separazione che<br />
divideva i reparti dei semi-agitati e<br />
agitati da quelli centrali. Si creò così<br />
una nuova costruzione di tre piani<br />
con stanze pensate dapprima come<br />
locali di isolamento, ma più tardi<br />
arredate con due o anche tre letti.<br />
Pochi anni dopo, sul finire <strong>del</strong> secolo,<br />
la direzione <strong>del</strong> manicomio di<br />
Pergine suggerì di procedere ulteriormente<br />
nell’adeguamento ed ampliamento<br />
<strong>del</strong>l'istituto.<br />
Uno speciale comitato tecnico<br />
nominato nel 1902 dalla Giunta provinciale<br />
verificò le richieste e propose<br />
per Pergine una serie di interventi,<br />
successivamente approvati<br />
dalla Giunta stessa: la costruzione
Ex Ospedale<br />
Psichiatrico di<br />
Pergine Valsugana,<br />
interno.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
di due nuovi padiglioni da cinquanta<br />
posti letto ciascuno (denominati<br />
dopo la guerra “Gennaro<br />
Pandolfi” e “Gaetano Perusini” in<br />
onore di due soldati morti “eroicamente”<br />
in battaglia), l'acquisto<br />
<strong>del</strong> podere Gasperini a Vigalzano<br />
per l'apertura di una colonia agricola,<br />
alcune nuove sistemazioni e<br />
adattamenti al vecchio edificio,<br />
una nuova sede per la cucina, la<br />
costruzione di una nuova portineria,<br />
di un'officina per fabbro e di<br />
una camera mortuaria. I lavori,<br />
iniziati nel 1903, si conclusero nel<br />
1905.<br />
Seguì la Grande Guerra e con essa,<br />
nel marzo <strong>del</strong> 1916, la decisione di<br />
destinare l'edificio principale <strong>del</strong><br />
manicomio ad ospedale militare. Tutti<br />
i ricoverati, ad eccezione di alcuni<br />
che rimasero presso la colonia<br />
agricola, furono così trasferiti in diversi<br />
istituti <strong>del</strong>l'Impero: Bohnice,<br />
Hall, Klosterneuburg, Kremsier,<br />
Mauer-Oehling, Praga, Vienna, Ybbs.<br />
L'annessione all'Italia <strong>del</strong>l'odierna<br />
regione <strong>Trentino</strong>-Alto Adige alla<br />
conclusione <strong>del</strong>la Grande Guerra, innescò<br />
l'iter legislativo <strong>del</strong> passaggio<br />
<strong>del</strong>l'ospedale psichiatrico, denominato<br />
dal 1920 «Ospedale provinciale<br />
<strong>del</strong>la Venezia Tridentina», dall'amministrazione<br />
austriaca a quella italiana.<br />
L'atto finale fu il R.D. 31 gennaio<br />
1929, n. 204 con il quale fu<br />
decretata, a partire dall'1 luglio<br />
1929, l'estensione alle province annesse<br />
al Regno d'Italia <strong>del</strong>la legge<br />
italiana sui manicomi <strong>del</strong> 14 febbraio<br />
1904, n. 36 e il rispettivo regolamento<br />
<strong>del</strong> 16 agosto 1909, n. 615.<br />
Ma un'altra importante novità va segnalata<br />
in questa fase di transizio<br />
ne, che caratterizzerà fortemente<br />
tutta la successiva storia <strong>del</strong> manicomio<br />
perginese: a partire dagli<br />
anni <strong>del</strong> primo dopoguerra cominciarono<br />
ad affluire a Pergine anche<br />
malati altoatesini di lingua<br />
tedesca, alcuni dei quali trasferiti<br />
dal manicomio di Hall fra il 1923<br />
e il 1925.<br />
L'ampliamento <strong>del</strong> territorio di<br />
competenza e la conseguente crescita<br />
dei ricoveri concorsero peraltro a<br />
riacutizzare l'annoso problema degli<br />
spazi. Per porvi parziale rimedio fu<br />
deciso nel 1926 di elevare di un piano<br />
le propaggini estreme dei bracci<br />
<strong>del</strong>l'edificio principale. Fu inoltre<br />
stipulata una convenzione con la<br />
fondazione “Attilio Romani” di Nomi,<br />
per il ricovero di cento pazienti “innocui<br />
e tranquilli” (dicembre 1922),<br />
convenzione che scadrà il 28 febbraio<br />
1945.<br />
Nell'agosto <strong>del</strong> 1924 un'apposita<br />
commissione reale <strong>del</strong>ineò il progetto<br />
di massima per un ulteriore sviluppo<br />
<strong>del</strong>l'istituto, prevedendo fra le<br />
altre cose anche la costruzione di tre<br />
nuovi padiglioni. <strong>Il</strong> primo, denominato<br />
“Osservazione” e situato di<br />
fronte all'edificio centrale, fu inaugurato<br />
nel luglio 1927; la sua capienza<br />
era di circa centoventi posti<br />
letto ed era destinato ad ospitare<br />
anche il laboratorio scientifico di<br />
analisi. <strong>Il</strong> secondo padiglione, denominato<br />
“Valdagni”, fu aperto nel<br />
1934 ed era destinato ad accogliere<br />
le donne e i laboratori. <strong>Il</strong> terzo, che<br />
avrebbe dovuto ospitare gli uomini,<br />
non fu invece mai realizzato. Alla<br />
direzione <strong>del</strong>l'ospedale psichiatrico<br />
di Pergine fu, inoltre, affidata a partire<br />
dal 1936 la sorveglianza sulla<br />
85
Un manicomio, una storia, un progetto<br />
86<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
“Colonia agricola provinciale per<br />
infermi di mente tranquilli” (Landwirtschaftliche<br />
Siedlung für Geisteskranke)<br />
istituita con <strong>del</strong>iberazione<br />
<strong>del</strong> 30 settembre di quell'anno dalla<br />
Provincia di Bolzano a Stadio, nel<br />
comune di Varena. A conclusione di<br />
tutti questi interventi, la ricettività<br />
complessiva <strong>del</strong>l'istituto era salita a<br />
settecentocinquanta posti letto.<br />
Seguì, in corrispondenza degli<br />
anni <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale,<br />
un periodo di drammatiche difficoltà:<br />
all'incremento <strong>del</strong>la mortalità<br />
fra i ricoverati per le pessime<br />
condizioni di vita, si sommò il<br />
dramma di tutti quegli infermi di<br />
origine tedesca (299) che, in base<br />
all'accordo italo-tedesco sulle opzioni<br />
<strong>del</strong> 1939 (legge 21 agosto,<br />
n. 1241), furono trasferiti il 26<br />
maggio 1940 verso l'ospedale psichiatrico<br />
tedesco di Zwiefalten.<br />
Molti di questi furono soppressi
Bruno Caruso,<br />
Carnevale in<br />
manicomio,<br />
disegno<br />
acquarellato,<br />
1954.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
all'interno <strong>del</strong> programma di eliminazione<br />
sistematica degli individui<br />
fisicamente e psichicamente<br />
menomati voluto dal regime nazista.<br />
(“operazione T4”) 7 Negli anni<br />
e nei decenni <strong>del</strong> secondo dopoguerra<br />
il problema <strong>del</strong> sovraffollamento<br />
assunse dimensioni sempre<br />
più critiche. La media giornaliera<br />
dei degenti giunse anche ai<br />
1600/1700 individui negli anni<br />
sessanta. I lavori di riadattamento<br />
o ampliamento <strong>del</strong>le strutture<br />
esistenti furono pertanto continue:<br />
nel 1949 fu aperto un nuovo<br />
reparto per quaranta malate croniche<br />
tranquille al maso Martini; nel<br />
1959 si ricavò dal vecchio fienile un<br />
padiglione per lavoratori, denominato<br />
«Ferretti»; nel 1966, infine, fu inaugurato<br />
il nuovo padiglione “Benedetti”.<br />
Ma sono anche anni e decenni<br />
nei quali iniziarono a svilupparsi<br />
quelle istanze sociali che puntavano<br />
al rinnovamento <strong>del</strong>le istituzioni<br />
psichiatriche, attraverso l'apertura<br />
dei manicomi verso l'esterno<br />
e la fondazione dei centri di igiene<br />
mentale sul territorio. Istanze,<br />
in altri termini, che puntavano<br />
contemporaneamente sia a una<br />
complessiva ridefinizione e ridimensionamento<br />
<strong>del</strong>le funzioni<br />
manicomiali, sia a un potenziamento<br />
<strong>del</strong>le strutture di assistenza<br />
decentrate. Obiettivo finale era<br />
quello di realizzare un intervento<br />
più mirato ed efficace, capace di<br />
rispondere a una crescente e diffusa<br />
domanda di cure, al cronico<br />
problema di sovraffollamento degli<br />
istituti e soprattutto di accogliere<br />
anche i nuovi orientamenti<br />
medico-psichiatrici in tema di diagnosi<br />
e trattamento dei disturbi<br />
mentali.<br />
Un primo passo in questa direzione<br />
fu compiuto con la legge 18 marzo<br />
1968, n. 431, la cosiddetta legge<br />
Mariotti, che istituì i “centri o servizi<br />
di igiene mentale” (§ 3). L'art. 1<br />
stabiliva che l'ospedale psichiatrico<br />
doveva essere organizzato in divisioni<br />
(da due a cinque) con un massimo<br />
di 625 posti letto. Altre novità<br />
introdotte da questa legge erano<br />
l'ammissione volontaria su richiesta<br />
<strong>del</strong> malato per accertamento diagnostico<br />
e cura (§ 4) e l'abrogazione<br />
<strong>del</strong>l'art. 604, n. 2, <strong>del</strong> codice di procedura<br />
penale, che prescriveva l'obbligo<br />
di annotare nel casellario giudiziario<br />
i provvedimenti di ricovero<br />
e loro revoca dei malati mentali (§<br />
11). In provincia di Trento si diede<br />
esecuzione al dispositivo di legge<br />
nazionale istituendo, con D.P.G.P.<br />
<strong>del</strong> 2 ottobre 1968, n. 297/1560<br />
legisl., il Servizio d'igiene mentale.<br />
<strong>Il</strong> raccordo con l'esterno stava<br />
diventando così una realtà e fu<br />
senz'altro rafforzato da un altro<br />
importante cambiamento di poco<br />
successivo che interessò l'ospedale<br />
psichiatrico. Nei primi anni settanta<br />
fu introdotta, infatti, la “settorializzazione”,<br />
ossia una nuova<br />
suddivisione in reparti degli infermi<br />
basata non più sulla forma o<br />
intensità <strong>del</strong>la malattia, ma sull'area<br />
geografica di provenienza.<br />
In questo modo si dava priorità al<br />
principio <strong>del</strong>la continuità terapeutica<br />
fra il trattamento di cura garantito<br />
esternamente e quello dispensato<br />
internamente alle strut<br />
87
Un manicomio, una storia, un progetto<br />
88<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ture di ricovero.<br />
<strong>Il</strong> passo successivo e più rilevante,<br />
anche se andrebbero ricordate<br />
tante altre tappe intermedie in questo<br />
complesso e difficile cammino<br />
verso il decentramento <strong>del</strong>l'assistenza<br />
psichiatrica, fu la legge 13 maggio<br />
1978, n. 180, nota come “Legge<br />
Basaglia”, che ha decretato la chiusura<br />
dei manicomi in Italia e nelle<br />
province autonome di Trento e di<br />
Bolzano (art. 7).<br />
<strong>Il</strong> 17 luglio 1978 furono così<br />
bloccate le ammissioni di coatti e<br />
volontari non recidivi all'ospedale<br />
psichiatrico di Pergine. I recidivi<br />
volontari furono ancora accettati,<br />
ma solo fino al dicembre 1980,<br />
termine poi prorogato fino all'aprile<br />
1981. Per i recidivi volontari<br />
altoatesini invece il termine ultimo<br />
di ammissione fu spostato al<br />
dicembre 1981. Dall'1 gennaio<br />
1982 la competenza sul servizio di<br />
salute mentale fu trasferito dalla<br />
Provincia all'Unità sanitaria locale.<br />
Presso l'ospedale psichiatrico<br />
rimasero quei malati ancora degenti<br />
al momento <strong>del</strong>l'entrata in vigore<br />
<strong>del</strong>la riforma.<br />
Perché si completasse la chiusura<br />
<strong>del</strong> manicomio di Pergine occorrerà,<br />
però, aspettare quasi un quarto di<br />
secolo, l'ottobre <strong>del</strong> 2002, quando<br />
una <strong>del</strong>ibera <strong>del</strong> Direttore generale<br />
<strong>del</strong>l'Azienda provinciale servizi sanitari,<br />
la n. 1314 <strong>del</strong> 29 ottobre 2002,<br />
sancirà il definitivo superamento<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico provinciale<br />
e la possibilità di parlare legittimamente<br />
da questo momento di ex<br />
Ospedale psichiatrico.<br />
Seguendo la traccia di questa<br />
sintetica storia <strong>del</strong> manicomio di<br />
Pergine Valsugana emergono alcuni<br />
degli snodi tematici che animano<br />
l’intero progetto “Alla ricerca<br />
<strong>del</strong>le menti perdute”: innanzitutto<br />
le motivazioni per le quali si giustifica<br />
nel tempo l’edificazione di<br />
istituti per il trattamento dei malati<br />
mentali, successivamente<br />
l'identità sociale dei ricoverati in<br />
grado di spiegare il problema <strong>del</strong><br />
sovraffollamento di cui soffrirono<br />
cronicamente queste strutture, ancora<br />
oltre l'immagine e l'interpretazione<br />
<strong>del</strong>la malattia mentale che<br />
suggerisce nelle diverse fasi storiche<br />
atteggiamenti culturali e trattamenti<br />
terapeutici diversi, infine,<br />
ma l'elenco potrebbe proseguire,<br />
la prospettiva di varcare il confine<br />
tracciato dall’esperienza manicomiale<br />
per sperimentare nuove forme<br />
di assistenza.<br />
A questi temi strettamente connessi<br />
alla funzione <strong>del</strong>l'istituzione<br />
manicomiale si sommano inoltre<br />
più ampi interrogativi dettati da<br />
singoli episodi: la questione <strong>del</strong><br />
rapporto fra psichiatria e nazismo 8<br />
nel caso dei malati trasferiti in Germania<br />
nel 1940 o il ruolo <strong>del</strong>la psichiatria<br />
transculturale nel trattamento<br />
di infermi di lingua e cultura<br />
diverse, ma internati nella<br />
medesima struttura, come a Pergine<br />
pazienti di cultura italiana e<br />
cultura tedesca. Per concludere<br />
infine con la questione non meno<br />
importante <strong>del</strong> riuso degli ex ospedali<br />
psichiatrici che sollecita nei<br />
confronti <strong>del</strong>la gestione di questi<br />
ampi spazi fisici e culturali una rinnovata<br />
scommessa.<br />
Dopo la riforma istitutiva all’inizio<br />
<strong>del</strong> secolo XX – come ricorda
Bruno Caruso,<br />
Scizofrenic Jazz<br />
Band, disegno<br />
acquarellato,<br />
1958.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Domenico Luciani nel suo saggio<br />
– “autentica utopia <strong>del</strong>la modernità”,<br />
e dopo la riforma decostruttiva<br />
degli anni settanta <strong>del</strong> Novecento,<br />
si tratta ora di affermare una<br />
terza utopia, che “si configura<br />
come una guida alla transizione/<br />
trasformazione <strong>del</strong> manicomio verso<br />
la commistione sociale, culturale,<br />
scientifica”. “Quello che è stato<br />
l’ospedale psichiatrico diventa<br />
così luogo <strong>del</strong>la città a pieno titolo,<br />
spazio <strong>del</strong>la comunità, sito civico<br />
bello e utile, nuova agorà,<br />
nuova piazza, nuovo crocicchio necessario<br />
<strong>del</strong>la tolleranza e <strong>del</strong>le relazioni,<br />
stazione di intermodalità<br />
culturale, artistica e spirituale”.<br />
Sono tutti temi che rapsodica-<br />
mente trovano spazio nello svolgimento<br />
<strong>del</strong> progetto “Alla ricerca<br />
<strong>del</strong>le menti perdute”, che si propone<br />
fra gli obiettivi più immediati<br />
non certo evidentemente quello di<br />
dare una risposta esaustiva a tutte<br />
le sollecitazioni qui solo brevemente<br />
formulate, ma di muovere<br />
curiosità e nuovi interessi intorno<br />
ad argomenti che spesso restano<br />
relegati in un'area etichettata<br />
come memoria “scomoda” e come<br />
tale da rimuovere o cancellare.<br />
Proprio la tragicità di alcuni degli<br />
eventi narrati, tuttavia, impone<br />
che questo percorso storico venga<br />
approfondito e riproposto affinché,<br />
secondo uno slogan forse assai<br />
logoro, ma sempre efficace,<br />
89
Un manicomio, una storia, un progetto<br />
90<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
quanto accaduto non debba più<br />
ripetersi.<br />
E non solo: in questo modo si ha<br />
anche l’ambizione di contribuire ad<br />
un filone di ricerca che ha conosciuto<br />
in questi ultimi due decenni<br />
crescenti attenzioni da parte di<br />
numerosi studiosi. Limitandosi al<br />
solo panorama italiano, si può<br />
senz'altro notare come l'applicazione<br />
<strong>del</strong>la legge 180 <strong>del</strong> 1978<br />
abbia in un certo senso stimolato<br />
la ricerca e lo studio sugli istituti<br />
manicomiali dei quali il provvedimento<br />
legislativo aveva decretato<br />
la chiusura e in molti casi, purtroppo,<br />
anche la dispersione e distruzione<br />
<strong>del</strong> ricco patrimonio documentario.<br />
La storia dei singoli istituti<br />
è diventata così una sorta di<br />
passaggio obbligato sia per ricostruire<br />
le vicende <strong>del</strong> passato, sia<br />
per intervenire a salvaguardia dei<br />
giacimenti documentari di rilevante<br />
interesse storico in essi depositati.<br />
9<br />
E si tratta di un movimento affatto<br />
nuovo. Se si guarda, infatti, alla<br />
storia <strong>del</strong>la psichiatria in Italia e<br />
<strong>del</strong>le sue pratiche si rimane per lo<br />
meno sconcertati dall'assenza fin<br />
quasi alla fine degli anni settanta di<br />
studi o attenzioni nei confronti di<br />
questo settore di ricerca. È una<br />
considerazione che svolge Patrizia<br />
Guarnieri nel suo saggio bibliografico,<br />
“La storia <strong>del</strong>la psichiatria: un<br />
secolo di studi in Italia <strong>del</strong> 1991” 10<br />
ed è un'analisi che si può tranquillamente<br />
collegare anche al più<br />
ampio disinteresse per la prospettiva<br />
storico-sociale che gran parte<br />
<strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la medicina ha sempre<br />
testimoniato ponendosi in re<br />
lazione con il proprio passato.<br />
Storia a sé stante, interpretata<br />
e affrontata solo per gli aspetti più<br />
interni alla disciplina, all'evoluzione<br />
dei saperi, <strong>del</strong>le tecniche e <strong>del</strong>le<br />
scoperte, la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />
non ha certo conosciuto maggior<br />
fortuna di quella medica più generale.<br />
Solo con lo sviluppo di un specifico<br />
interesse nei confronti <strong>del</strong>la<br />
storia sociale <strong>del</strong>la medicina,<br />
che in Italia vive un momento importante<br />
alla fine degli anni settanta<br />
con il convegno <strong>del</strong> CISO<br />
dedicato a temi e metodologie<br />
<strong>del</strong>la ricerca in storia <strong>del</strong>la sanità<br />
11 , si attua una significativa svolta.<br />
Anzi proprio la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />
è quella che più di altre<br />
branche <strong>del</strong>l'area storico-medica<br />
sembra aver saputo cogliere l'importanza<br />
<strong>del</strong>l'apertura di orizzonti<br />
che certa prospettiva storiografica<br />
più generale sembrava offrire. Tant’è,<br />
ad esempio, che lo sguardo di<br />
studiosi quali Guglielmo Lützenkirchen,<br />
oltre a proporre percorsi critici<br />
attraverso la produzione di argomento<br />
storico-psichiatrico e storiconeurologico<br />
si amplia fino ad inglobare<br />
il problema <strong>del</strong>l'etnopsichiatria,<br />
contribuendo con altri autori e con<br />
una prefazione esemplare di Alfonso<br />
Maria Di Nola ad uno studio sull'epilessia,<br />
malattia considerata<br />
appannaggio <strong>del</strong>la scienza psichiatrica,<br />
ma ricca di valenze sociali<br />
e significati culturali tali da<br />
collocarla ben oltre il ristretto<br />
ambito medico-scientifico una diversa<br />
attenzione, dunque, favorita<br />
e sollecitata anche dal nuovo clima<br />
nato dalla riflessione che fin<br />
dall'inzio degli anni sessanta insi
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
steva sulla necessità di ripensare i<br />
manicomi e che condurrà, attraverso<br />
il primo passaggio <strong>del</strong>la legge<br />
Mariotti <strong>del</strong> 1968, alla cosiddetta<br />
riforma Basaglia <strong>del</strong> 1978.<br />
Nel ventaglio di temi che si dischiudevano<br />
alla nuova storia <strong>del</strong>la<br />
sanità, la storia <strong>del</strong> sapere psichiatrico<br />
e <strong>del</strong>le sue istituzioni rispondeva<br />
così non solo alle esigenze conoscitive<br />
degli storici, ma anche,<br />
e soprattutto, di quegli psichiatri<br />
indotti dai profondi rivolgimenti<br />
che allora toccavano la loro professione<br />
a ricostruire i processi<br />
sociali, politici, scientifici che l'avevano<br />
storicamente definita.<br />
È in questo itinerario che si vuole<br />
collocare pertanto anche il progetto<br />
“Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute”<br />
offrendo il suo contributo particolare<br />
alla comprensione <strong>del</strong>la<br />
storia <strong>del</strong>la realtà manicomiale.<br />
<strong>Il</strong> programma di eventi che prevedono<br />
spettacoli di danza e teatro,<br />
rassegne cinematografiche, esposizioni,<br />
incontri pubblici e pubblicazioni<br />
vuole anche essere un tentativo<br />
di dare visibilità a un settore di<br />
ricerca, che proprio per i temi affrontati<br />
ha bisogno di confrontarsi<br />
con un più vasto pubblico - talvolta<br />
da sensibilizzare, talvolta da informare<br />
- e che non deve scontare quella<br />
stessa emarginazione di cui soffrirono<br />
i protagonisti <strong>del</strong>le vicende<br />
narrate.<br />
NOTE<br />
[1] Aderiscono attualmente al<br />
progetto: Assessorato alla cultura<br />
<strong>del</strong> Comune di Trento, As<br />
sociazione Amici <strong>del</strong>la storia<br />
di Pergine Valsugana, Cassa<br />
rurale di Pergine Valsugana,<br />
Centro servizi culturali Santa<br />
Chiara, Comune di Pergine, Direzione<br />
U.O. 3 di Psichiatria<br />
<strong>del</strong>l’Azienda provinciale per i<br />
servizi sanitari di Trento, Galleria<br />
civica d’arte contemporanea<br />
di Trento, Gesellschaft für<br />
Psychische Gesundheit-<br />
Psychohygiene Tirol, Museo<br />
civico di Riva <strong>del</strong> Garda, quotidiano<br />
«l’Adige», Servizio<br />
beni librari e archivistici e Servizio<br />
Programmazione e Ricerca<br />
Sanitaria <strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />
di trento, Sezione<br />
<strong>Trentino</strong>-Alto Adige <strong>del</strong>l’Associazione<br />
nazionale archivistica<br />
italiana, Società di studi<br />
trentini di scienze storiche,<br />
Univ.-Klinik für Psychiatrie Innsbruck<br />
e Universitätsinsitut<br />
für Suchtforschung Frastanz/<br />
Vorarlberg<br />
[2] Su queste tematiche è attiva<br />
da alcuni anni la Fondazione<br />
Benetton studi e ricerche di<br />
Treviso che nel 1999 ha diffuso<br />
a stampa l'interessante<br />
pubblicazione a cura di FRIGO –<br />
PALESTINO – ROSSI 1998. Più di<br />
recente, su questo tema, sono<br />
comparsi gli atti di un seminario<br />
svoltosi a Trento il 30<br />
novembre 2001 riferito agli ex<br />
ospedali psichiatrici nei territori<br />
italiani appartenuti all'Impero<br />
asburgico (cfr. GRANDI –<br />
TAIANI 2002).<br />
[3] Per queste brevi note storiche<br />
91
Un manicomio, una storia, un progetto<br />
92<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mi sono avvalso <strong>del</strong>le informazioni<br />
esposte da Marina<br />
Pasini e Annalisa Pinamonti<br />
nell'inventario <strong>del</strong>l’archivio<br />
<strong>del</strong> Manicomio di Pergine, in<br />
corso di pubblicazione presso<br />
il Servizio Beni librari e archivistici<br />
<strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />
di Trento.<br />
Dell'istituzione di Pergine parla<br />
diffusamente PANTOZZI 1989.<br />
[4] Biblioteca comunale di Trento,<br />
Archivio Consolare, Atti civici,<br />
ms. 3995.<br />
[5] Archivio di stato di Trento, Giudizio<br />
distrettuale di Civezzano,<br />
Sanità, 1835, cart. n.n.<br />
[6] PROCH 1850.<br />
[7] A questo episodio ha dedicato<br />
un suo studio HINTERHUBER<br />
1995 <strong>del</strong> quale è prevista per il<br />
2003 l'uscita in traduzione italiana<br />
presso le edizioni <strong>del</strong> Museo<br />
storico in Trento. Si segnalano<br />
inoltre l'articolo di PANTOZ<br />
ZI 1996 e gli Atti <strong>del</strong> convegno<br />
Follia e pulizia etnica in Alto<br />
Adige: Bolzano 10 marzo 1995<br />
(cfr. PERWANGER – VALLAZZA<br />
1998).<br />
[8] Fra le pubblicazioni più recenti<br />
si segnalano gli Atti <strong>del</strong> convegno<br />
“Pischiatria e nazismo”:<br />
San Servolo, 9 ottobre 1998<br />
(cfr. FONTANARI – TORESINI 2002).<br />
[9] Sono numerosi gli studi che<br />
hanno proposto la ricostruzione<br />
<strong>del</strong>la storia di singole istituzioni<br />
manicomiali. Fra i più<br />
recenti e a solo titolo esemplificativo,<br />
si ricorda MORA<br />
GLIO 2002.<br />
[10] Guarnieri 1991.<br />
[11] Centro italiano di storia ospitaliera<br />
1978.<br />
[12] Lützenkirchen 1975.<br />
[13] Mal 1981.<br />
Rodolfo Taiani è responsabile <strong>del</strong>la<br />
Biblioteca presso il Museo Storico in<br />
Trento.
<strong>Il</strong> manicomio provinciale<br />
tirolese di Pergine (1912)<br />
Pius Dejaco<br />
La traduzione di una relazione<br />
scritta nel 1912 dall’allora direttore<br />
<strong>del</strong> manicomio.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Prima fase <strong>del</strong>la costruzione<br />
La popolazione <strong>del</strong> Land Tirolese è<br />
bilingue; due terzi di essa (tedesca<br />
e ladina) abitano nella parte Nord<br />
<strong>del</strong> Tirolo, l’altra parte è italiana e<br />
abita nel Sud. <strong>Il</strong> confine linguistico<br />
è a Salorno, nella Val d’Adige. La parte<br />
<strong>del</strong> Land che sta a Sud di Salorno,<br />
con la sua popolazione italofona e<br />
prevalentemente contadina, costituisce<br />
il bacino di utenza <strong>del</strong> “Manicomio<br />
provinciale-Tirolese di Pergine”<br />
(così si denomina ufficialmente).<br />
I tedeschi e la gran parte dei ladini<br />
inviano i malati di mente nell’Ospedale<br />
psichiatrico di Hall.<br />
<strong>Il</strong> Land Tirol, dunque, possiede,<br />
per la sua popolazione aggirantesi<br />
su 1.000.000 di abitanti, due ospedali<br />
psichiatrici.<br />
Ma non fu sempre così. L’Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine esiste<br />
solo da tre decenni, perché, prima,<br />
tutti i malati di mente dovevano<br />
essere custoditi a Hall, provenendo<br />
dai più lontani e remoti<br />
paesi.<br />
La consapevolezza <strong>del</strong>le difficoltà<br />
quasi insormontabili che incon<br />
trava il trasporto dei malati di mente<br />
da così rilevanti lontananze, nelle<br />
condizioni ancora manchevoli <strong>del</strong>le<br />
vie di comunicazione, non poteva<br />
sfuggire alle autorità competenti.<br />
A questi ostacoli di comunicazione<br />
si univano altri ostacoli, che avevano<br />
la loro origine nella grande varietà<br />
<strong>del</strong>le peculiarità nazionali e<br />
culturali <strong>del</strong>le due etnie <strong>del</strong> Land.<br />
Anche il cittadino ignaro di cose<br />
psichiatriche fu indotto a riflettere<br />
se non fosse un controsenso portare<br />
un malato di mente (per il trattamento<br />
specialistico) in un ambiente<br />
che era in aperto contrasto con quello<br />
in cui era nato e cresciuto.<br />
La grande diversità <strong>del</strong>la lingua,<br />
dei costumi e degli usi, <strong>del</strong>l’alimentazione<br />
e <strong>del</strong>le condizioni atmosferiche<br />
<strong>del</strong>l’ambiente, in cui il malato<br />
di mente veniva ex abrupto a trovarsi,<br />
poteva risolversi solo in un danno<br />
per la salute psichica e, quindi,<br />
ritardare la possibilità di guarigione.<br />
Nessuna meraviglia se la maggioranza<br />
dei malati di mente invece di<br />
poter fruire <strong>del</strong> beneficio di un trattamento<br />
specialistico in adatto istituto<br />
piombavano nella cronicità perenne<br />
in miseri ricoveri comunali o<br />
in ospizi o, addirittura, in una di<br />
quelle strutture private che si fanno<br />
beffe <strong>del</strong>le regole igieniche.<br />
Che ciò sia accaduto risulta in tutta<br />
evidenza dai dati che il “Consiglio<br />
provinciale di sanità” ha pubblicato<br />
nel 1873.<br />
In Tirolo vi erano, allora, 2.200<br />
malati di mente, dei quali solo 250<br />
potevano essere accolti nel Manicomio<br />
di Hall. 410 erano in custodia<br />
in ospizi e case di ricovero, dislo<br />
93
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
94<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
cati in tutto il Land, mentre 1.540<br />
(dunque il 70% di tutti i malati di<br />
mente tirolesi di quel tempo) erano<br />
in custodia a casa, senza aiuto<br />
alcuno dall’esterno.<br />
La Giunta <strong>del</strong> Land e il «Comitato<br />
dietale per le costruzioni» avevano<br />
riconosciuto chiaramente fin<br />
dal 1874 quanto, nelle dette condizioni,<br />
l’erezione di un Manicomio,<br />
oppure un notevole ampliamento<br />
<strong>del</strong>l’istituto di Hall, fosse<br />
urgente e irrinunciabile; perciò i<br />
Comuni italiani (avvalendosi di<br />
maggiori entrate ricavate da imposte<br />
aggiuntive) dovettero accollarsi<br />
un contributo di misura pari alla<br />
differenza con quanto già versato<br />
dai Comuni tedeschi per la costruzione<br />
<strong>del</strong> Manicomio di Hall.<br />
Circa le domande se e dove erigere<br />
una costruzione nuova, oppure se<br />
solo ampliare l’istituto di Hall:<br />
l’orientamento generale <strong>del</strong>la Dieta<br />
era che (per motivi sanitari e umanitari<br />
e, per certi aspetti, anche finanziari)<br />
la costruzione di un secondo<br />
Manicomio per la cura e l’assistenza<br />
dei malati di mente nel Tirolo<br />
italiano fosse da preferire all’ampliamento<br />
<strong>del</strong>l’attuale istituto di<br />
Hall.<br />
La Dieta decise il 12 ottobre<br />
1874 di erigere il secondo manicomio<br />
per la cura e l’assistenza dei<br />
malati di mente nel Tirolo italiano.<br />
Gli alti costi, però, erano da<br />
sostenersi con mezzi provinciali; va<br />
ricordato che i Comuni italiani,<br />
quasi senza eccezioni, si erano dichiarati<br />
pronti a dare contributi<br />
volontari per la costruzione di un<br />
Manicomio nel loro territorio nella<br />
stessa misura in cui i Comuni tedeschi<br />
avevano contribuito per la<br />
costruzione di Hall e nei medesimi<br />
modi.<br />
Fu una significativa dimostrazione<br />
di interesse per un Manicomio<br />
proprio.<br />
Per la parziale copertura dei costi<br />
fu anche coinvolto l’allora esistente<br />
“Fondo per le costruzioni di (mera)<br />
assistenza sociale di malati di mente”,<br />
il che ebbe come conseguenza<br />
che l’istituto da costruire nella parte<br />
italiana <strong>del</strong> Land fu poi concepito<br />
non solo come istituto di terapia, ma<br />
anche di mera assistenza per incurabili.<br />
Ora, per poter eseguire la <strong>del</strong>iberazione<br />
<strong>del</strong>la Dieta dal 12 ottobre<br />
1874, si doveva, come prima cosa,<br />
trovare un luogo adatto, che corrispondesse,<br />
soprattutto sotto gli<br />
aspetti sanitari, economici e finanziari,<br />
agli interessi <strong>del</strong> Land.<br />
Le rilevazioni che la Giunta Pro
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
vinciale fece fare in tale direzione<br />
(con l’aiuto di una commissione<br />
specialistica nominata dalla Giunta<br />
Provinciale e, su invito rivolto<br />
dalla Dieta il 14.5.1875, opportunamente<br />
integrata) erano di natura<br />
così circostanziata che la Giunta<br />
Provinciale il 17.4.1877 fu in<br />
grado di decidere definitivamente<br />
che (per la erezione di un Manicomio<br />
nel Tirolo italiano) si doveva<br />
comperare il maso San Pietro di<br />
Pergine. La Giunta Provincia-le ordinò<br />
tutte le negoziazioni, progettazioni,<br />
ecc.<br />
Alla fine la Giunta Provinciale, col<br />
contratto dal 18 settembre 1877,<br />
comprò il Maso San Pietro per fiorini<br />
26.278 (= 52.556 corone), <strong>del</strong>le<br />
quali il Land ebbe a pagare solo la<br />
metà, l’altra metà se l’accollò il Comune<br />
di Pergine, il quale, col contratto<br />
19 settembre 1877, si impegnò<br />
a:<br />
- assumere la metà <strong>del</strong>le spese di<br />
acquisto <strong>del</strong> terreno;<br />
- portare la necessaria quantità di<br />
acqua, a sue spese, fino al confine<br />
<strong>del</strong>l’istituto e a mantenere in<br />
efficienza il relativo acquedotto;<br />
- cedere gratis al Land un canale<br />
di acqua a scopo di lavaggi e irrigazioni;<br />
- porre a disposizione le cave di<br />
pietra comunali per lo sfruttamento<br />
gratuito.<br />
Dopo che furono elaborati piani (sulla<br />
base di indicazioni preliminari di<br />
una apposita commissione, che suggerivano<br />
una capienza di 200 malati<br />
di mente), la Giunta Provinciale <strong>del</strong>iberò<br />
il 18 ottobre 1878 di:<br />
- approvare i contratti col proprietario<br />
e col Comune di Pergine;<br />
- approvare la costruzione <strong>del</strong><br />
Manicomio di Pergine secondo<br />
i piani stabiliti, con un preventivo<br />
di fiorini 308.000 (=<br />
616.000 corone), più una spesa<br />
di fiorini 50.000 (= 100.000<br />
corone) per l’arredamento occorrente.<br />
<strong>Il</strong> primo colpo di piccone, per gli<br />
scavi, si ebbe il 30.3.1879.<br />
Sui lavori di costruzione non brillò<br />
una buona stella. Voci su una cattiva<br />
conduzione dei lavori (la cui<br />
direzione era nelle mani <strong>del</strong>l’Ufficio<br />
tecnico provinciale, mentre l’esecuzione<br />
era affidata a un impresario) e<br />
una cattiva qualità dei materiali impiegati,<br />
fornirono alla gente molti<br />
motivi per svariati e mordaci commenti.<br />
Le voci giunsero alla Giunta Provinciale,<br />
che si vide costretta ad andare<br />
a fondo <strong>del</strong>le cose e, a fine novembre<br />
1879, ordinò la sospensione<br />
dei lavori, già giunti al tetto.<br />
All’inizio parve che le perizie di<br />
due ingegneri ministeriali confermassero<br />
le voci, ma puntuali e accurati<br />
so-pral-luo-ghi e analisi riabilitarono<br />
pienamente sia l’impresario<br />
sia l’ufficio che aveva la direzione<br />
lavori.<br />
Conseguenza fu che:<br />
- la costruzione poté continuare<br />
dopo una sospensione di tre mesi<br />
(non contando i tempi in cui i lavori<br />
furono sospesi, come di consueto,<br />
per il freddo invernale);<br />
- i danni subiti a causa <strong>del</strong>la sospensione<br />
dovettero essere rimborsati<br />
all’impresario.<br />
L’edificio, in grezzo, fu terminato nel<br />
1881. Ora si dovevano realizzare i<br />
dettagli <strong>del</strong> progetto ed erigere qual<br />
95
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
96<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
che edificio minore, la cui necessità<br />
si era avvertita durante la costruzione,<br />
come effetto di talune<br />
variazioni fatte al piano originale.<br />
Così in quell’anno (1881) si<br />
eresse una casa da servire come lavanderia<br />
e bagni (Badehaus). Verso<br />
la fine <strong>del</strong>la costruzione (<strong>del</strong><br />
monoblocco) una “commissione di<br />
revisione” aveva ritenuto necessario<br />
tale edificio: nel piano originale<br />
i due detti servizi erano stati<br />
infatti previsti inopportunamente<br />
vicini alla cucina.<br />
Per compiere studi su questo edificio<br />
minore furono inviati a Monaco<br />
due membri <strong>del</strong>la commissione:<br />
l’Ing. Lindner e l’economo designato<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico Sig.<br />
Delama che poterono visitare impianti<br />
di quel tipo.<br />
Contemporaneamente veniva preparato<br />
l’arredamento <strong>del</strong> nuovo istituto.<br />
I mobili furono tutti portati da<br />
Innsbruck e la fornitura di vesti,<br />
biancheria e lenzuola fu curata dalla<br />
Casa madre <strong>del</strong>le Suore di Innsbruck.<br />
Nell’estate 1882 l’intera costruzione<br />
era completata, secondo i piani e<br />
i programmi.<br />
<strong>Il</strong> 14 agosto di quel 1882 poterono<br />
trasferirsi dall’Ospedale psichiatrico<br />
di Hall 29 malati di mente tranquilli<br />
nella «loro» nuova istituzione.<br />
A questi arrivi seguirono (in più<br />
scaglioni) 62 malati cronici, italiani,<br />
che pure erano stati ospitati a<br />
Hall.<br />
Questo esodo degli italiani dall’Ospedale<br />
psichiatrico tedesco verso<br />
quello patrio di Pergine ebbe termine<br />
il 15 settembre 1882 e il numero<br />
totale dei malati di mente trasferiti<br />
da Hall fu di 91.<br />
<strong>Il</strong> trasferimento dei malati di<br />
mente da Hall a Pergine coincise<br />
col catastrofico nubifragio che<br />
nella tarda estate 1882 arrecò stra
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ordinarie devastazioni, l’ostacolò,<br />
con l’interruzione <strong>del</strong>le vie di trasporto,<br />
l’arrivo dei malati di mente.<br />
A causa di quel disastro si dovette<br />
anche ritardare la festosa<br />
inaugurazione <strong>del</strong>l’istituto. I contributi<br />
offerti da numerosi invitati<br />
alla festa inaugurale furono convogliati<br />
su un fondo di beneficenza.<br />
Dopo la fine dei trasporti dei malati<br />
di mente italiani da Hall si iniziarono<br />
(il 19.9.1882) le ammissioni<br />
dirette, ma anche queste riguardavano,<br />
in gran parte, malati di mente<br />
inguaribili, lungodegenti, già nel<br />
reparto psichiatrico <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
generale di Trento che a causa <strong>del</strong>la<br />
pericolosità sociale furono avviati al<br />
nuovo Manicomio di cura.<br />
La mensa, la lavanderia e l’assistenza<br />
immediata <strong>del</strong>le malate di<br />
mente furono affidate alle suore <strong>del</strong>l’Ordine<br />
<strong>del</strong>la divina provvidenza, la<br />
cui casa madre è a Cormons; per gli<br />
uomini l’assistenza immediata fu affidata<br />
a uomini laici.<br />
La direzione aveva deciso le nuove<br />
costruzioni degli edifici minori<br />
con verbale dal 31.8.1882 n. 300.<br />
Ma i lavori non erano ancora finiti e<br />
il periodo costruttivo fu prolungato<br />
fino al 1884.<br />
La causa principale <strong>del</strong> ritardo fu<br />
senza dubbio questa: il primo direttore<br />
<strong>del</strong>l’istituto Dr. Sterz non era<br />
ancora stato nominato e, quindi, non<br />
era presente nella commissione <strong>del</strong>le<br />
costruzioni.<br />
Particolari difficoltà presentò la<br />
provvista di acqua per l’istituto.<br />
Come già detto, il Comune di Pergine<br />
(con contratto 19.9.1877) si<br />
era impegnato col Land:<br />
- a provvedere l’istituto sorto nel<br />
suo territorio di acqua potabile;<br />
- a portare l’acquedotto, a sue spese,<br />
fino ai confini <strong>del</strong>l’istituto e,<br />
poi, alla manutenzione.<br />
Senonché, quando si approssimò<br />
l’apertura <strong>del</strong>l’istituto, il Comune dichiarò<br />
di non poter mantenere la<br />
promessa di assicurare la detta quantità<br />
di acqua senza sacrificare sensibilmente<br />
i propri interessi.<br />
Di fronte all’inatteso voltafaccia,<br />
su un problema tanto vitale, si aprirono<br />
lunghe trattative, che si conclusero<br />
con la <strong>del</strong>ibera provinciale<br />
<strong>del</strong> 7.7.1883: era stanziata una certa<br />
somma da destinarsi alle spese per<br />
la ricerca di una buona fonte di acqua.<br />
I mezzi vennero tratti dal “Fondo<br />
per costruzioni per malati di mente”<br />
(<strong>del</strong>la Provincia).<br />
Di questa ricerca fu incaricato lo<br />
specialista Dr. Ing. Altmann. Le difficoltà<br />
che si frapposero alla soluzione<br />
<strong>del</strong> problema furono rilevanti.<br />
Presso Busneck (vicino a Canezza)<br />
si dovette scavare un profondo pozzo,<br />
per il cui lavoro fu necessaria<br />
una somma imprevista di fiorini<br />
40.000.<br />
Quando l’acqua fu trovata il Comune<br />
di Pergine fece un’altra proposta:<br />
avrebbe costruito a sue spese<br />
l’acquedotto e provveduto alla manutenzione<br />
se l’acqua trovata fosse<br />
stata messa a disposizione anche<br />
<strong>del</strong>la cittadinanza. In pari tempo il<br />
Comune si sarebbe impegnato a fornire<br />
l’istituto con due litri e mezzo<br />
di acqua al secondo.<br />
<strong>Il</strong> Land accettò. Nel 1884 i lavori<br />
inerenti al rifornimento di<br />
97
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
98<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
acqua si conclusero.<br />
La tabella seguente offre uno<br />
sguardo sulla durata e il costo <strong>del</strong>la<br />
costruzione <strong>del</strong>l’istituto, <strong>del</strong>l’acquedotto<br />
e <strong>del</strong>l’arredamento:<br />
(*) La somma esatta sarebbe di fiorini<br />
561.170 (c.d.r.)<br />
Dalla porta Est <strong>del</strong>la città di<br />
Trento (porta di Aquileia) la strada<br />
statale (levandosi gradualmente<br />
in larghe serpentine, sulla riva<br />
destra <strong>del</strong> Fersina, inoltrandosi<br />
nella profonda forra fra i monti di<br />
Civezzano e i monti di Roncogno)<br />
porta in Valsu-gana; questa prende<br />
inizio dal Rio Silla e si allarga,<br />
sempre più, in un rigoglioso, ampio<br />
fondo valle, al cui limite orientale<br />
si trova il paese mercantile di<br />
Pergine.<br />
Pergine è sovrastata dal suo<br />
monte fortificato, da un castello,<br />
che risale al tempo dei Longobardi,<br />
ed è circondata da una corona<br />
di bei monti.<br />
<strong>Il</strong> luogo sorge a 500 m sul l.d.m.<br />
e dista 11 km da Trento. Subito ai<br />
piedi <strong>del</strong> monte fortificato si trova<br />
il maso San Pietro, sul quale fu<br />
eretto l’istituto di cura e di assistenza.<br />
Prima, la strada statale proveniente<br />
da Trento era l’unica possibilità<br />
di comunicazione con la Val d’Adige,<br />
per cui i malati di mente dovevano<br />
essere condotti all’istituto con lunghi<br />
e faticosi viaggi, con carrozze.<br />
Dal 1896, però, una ferrovia unisce<br />
noi con il naturale centro <strong>del</strong>la<br />
parte italiana: la città di Trento.<br />
Ho detto prima che il Land, per la<br />
costruzione <strong>del</strong> Manicomio, scelse il<br />
maso San Pietro e lo comprò. <strong>Il</strong> termine<br />
“maso” non va inteso nel senso<br />
che ci fosse, oltre ad una certa<br />
area agricola, anche un cascinale, più<br />
o meno grande, che potesse essere<br />
conglobato nella grande costruzione.<br />
<strong>Il</strong> maso San Pietro consisteva solo<br />
in campi e prati, ai piedi <strong>del</strong> monte<br />
fortificato, (cioè a Nord <strong>del</strong> paese e<br />
a questo immediatamente adiacente)<br />
e, ancora, in un piccolo castagneto,<br />
in un piccolo vigneto, entrambi<br />
sulle basse pendici <strong>del</strong> monte. Nel<br />
punto più alto <strong>del</strong> terreno vi era una<br />
modesta casa rurale, poi gradualmente<br />
riassettata e, già dall’inizio <strong>del</strong>l’attività<br />
manicomiale utilizzate come<br />
alloggio <strong>del</strong> giardiniere.<br />
Così era il maso San Pietro, con<br />
un’area di mq 96.000.<br />
L’istituto di cura e di assistenza<br />
nella sua originaria forma<br />
L’istituto fu eretto come monoblocco<br />
sui campi e prati agricoli, con<br />
l’imponente facciata rivolta a
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Nord-Ovest, cosicché le corsie poste<br />
lungo la facciata e, con esse, la<br />
direzione sanitaria e amministrativa,<br />
solo in estate erano illuminate<br />
dai raggi <strong>del</strong> sole, mentre<br />
nella maggior parte <strong>del</strong>l’anno si<br />
doveva rinunciare ad essi.<br />
Dal tratto centrale <strong>del</strong> palazzo, nel<br />
quale sono ospitate le direzioni sanitaria<br />
e amministrativa, con la annessa<br />
sala <strong>del</strong>le feste e, sopra, la cappella<br />
e l’ufficio economale, si dipartivano<br />
due bracci, a sinistra e a destra,<br />
che, poi, piegavano ad angolo<br />
retto, e formavano due ali, che correvano<br />
verso i terreni retrostanti,<br />
verso il monte.<br />
Queste due ali contenevano, subito<br />
oltre il tratto centrale:<br />
- l’ala sinistra: gli uomini malati di<br />
mente;<br />
- l’ala destra: le donne.<br />
<strong>Il</strong> tratto centrale e le ali formano<br />
una E coricata e abbracciano gli edifici<br />
minori manicomiali, cosicché in<br />
quell’area, limitata e ben proporzionata,<br />
c’è tutto l’istituto, con tutto<br />
il necessario.<br />
La costruzione ha un pianoterra<br />
e due piani superiori, con ecce<br />
zione <strong>del</strong>le due case (solo in un<br />
secondo tempo unite alle ali estreme)<br />
che erano vicine e collegate,<br />
ma ancora non unite, e servivano<br />
da “reparti per agitati”.<br />
Questi reparti per agitati avevano<br />
solo piano terra e primo piano.<br />
Nel Tratto Centrale (TC):<br />
- Al piano terra, subito a sinistra<br />
<strong>del</strong>l’entrata, c’era l’alloggio <strong>del</strong><br />
portiere, a destra, i magazzini<br />
(più tardi l’alloggio <strong>del</strong> capo-infermiere).<br />
Più verso l’interno c’erano<br />
una stanza per i visitatori e,<br />
nella parte opposta, una sala per<br />
biliardi, ancor oggi adibita a tale<br />
scopo. Nel mezzo, la bella sala<br />
<strong>del</strong>le feste, che, però, oggi, dopo<br />
il considerevole sviluppo <strong>del</strong>l’Istituto<br />
e dopo l’aumento <strong>del</strong>le presenze<br />
di malati di mente, si palesa<br />
troppo piccola;<br />
- Al primo piano, a sinistra si trovano<br />
i locali direzionali amministrativi,<br />
a destra, lo studio <strong>del</strong> direttore<br />
sanitario e quello dei<br />
medici e, proprio sopra la sala<br />
<strong>del</strong>le feste, la cappella, costruita<br />
in stile «basilica». Eguali a<br />
99
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
100<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
quelle che conducono al primo<br />
piano, altre scale doppie e molto<br />
larghe, portano;<br />
- Al secondo piano, dove, a sinistra<br />
c’è l’alloggio <strong>del</strong> medico assistente<br />
e <strong>del</strong> cappellano, a destra<br />
l’alloggio <strong>del</strong>le suore.<br />
[Omissis]<br />
Si pensava di facilitare alle suore<br />
infermiere un agevole diretto accesso<br />
dal loro alloggio alla cappella.<br />
Però questo programma presto cadde,<br />
perché i locali destinati ad alloggio<br />
<strong>del</strong>le suore furono tramutati<br />
in alloggio <strong>del</strong> direttore; originariamente,<br />
secondo il programma fissato<br />
dalla commissione, il direttore<br />
avrebbe dovuto abitare a Pergine,<br />
fuori <strong>del</strong>l’istituto. Si era provveduto<br />
per l’alloggio <strong>del</strong> medico assistente,<br />
all’interno. Solo più tardi si è aggiunto<br />
quello <strong>del</strong> direttore, mentre il secondo<br />
assistente dovette abitare<br />
sempre fuori.<br />
Attualmente solo il direttore abita<br />
in istituto.<br />
Dal tratto centrale, ora descritto,<br />
si dipartivano, verso sinistra e verso<br />
destra, le ali orizzontali destinate ai<br />
malati di mente.<br />
Al piano terra vi era il primo Reparto,<br />
che serviva come reparto accettazione<br />
(proposi io questa destinazione,<br />
quando presi servizio come<br />
giovane assistente).<br />
Sopra, al primo piano, c’era il ter<br />
zo Reparto, riservato ai malati lavoranti.<br />
Al secondo piano c’era il<br />
quinto Reparto, un reparto, allora,<br />
modesto, quanto alle presenze.<br />
Questi (tre) reparti consistevano<br />
ognuno in due vaste sale-dormitorio,<br />
nelle quali c’erano, per<br />
lavarsi, attrezzature lignee, munite<br />
di bacili di porcellana ribaltabili.<br />
In mezzo alle due sale-dormitorio<br />
stava la stanza <strong>del</strong>l’infermiere.<br />
Inoltre, il reparto-tipo (modulo)<br />
aveva anche una stanza per malati<br />
fisici con due letti e una stanza di<br />
isolamento con persiane di legno,<br />
chiudibili dall’interno.<br />
All’angolo (punto di incontro fra<br />
l’ala orizzontale e l’ala verticale)<br />
c’era la sala soggiorno. Tutti questi<br />
locali guardano verso l’esterno <strong>del</strong>l’edificio;<br />
verso l’interno corre, lungo<br />
tutto il reparto, un corridoio,<br />
munito di numerose finestre (corridoio<br />
che, nei pressi <strong>del</strong>la sala di soggiorno<br />
funge anche da soggiorno dei<br />
malati di mente).<br />
Nei tre piani <strong>del</strong>le ali verticali vi erano<br />
i Reparti secondo, quarto, sesto.<br />
<strong>Il</strong> secondo era, allora, per i “sudici”;<br />
il sesto per i cronici.<br />
Questi reparti erano strutturati in<br />
modo diverso dagli altri.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Avevano due dormitori, con la<br />
stanza <strong>del</strong>l’infermiere frapposta,<br />
più avanti il soggiorno e due stanze<br />
di isolamento, ma, anche un cucinino<br />
e un’area per l’ascensore (un<br />
ascensore a mano, usato per le vivande).<br />
Ma questo modo di trasferire<br />
le vivande si dimostrò complicato,<br />
non pratico e anche pericoloso;<br />
non fu più usato, smontato<br />
e ceduto ai “magazzini agricoli” di<br />
Innsbruck.<br />
L’area lasciata libera e il cucinino<br />
furono trasformati in camere per infermieri.<br />
Dal secondo Reparto (piano terra)<br />
una passerella in legno, coperta,<br />
conduceva alle case vicine, in<br />
cui erano i reparti per agitati.<br />
Reparti per agitati: i due fabbricati<br />
avevano un solo piano superiore<br />
e ospitavano due reparti: settimo<br />
Reparto e ottavo Reparto.<br />
Essi contenevano una stanza per<br />
infermieri, un piccolo locale con fontanelle<br />
che serviva per lavarsi, e sette<br />
locali di isolamento in fila, che davano<br />
al reparto un aspetto tipicamente<br />
carcerario.<br />
Le sette celle <strong>del</strong> piano terra avevano<br />
finestre chiudibili, con persiane<br />
in legno, piccole, poste in<br />
alto.<br />
Le celle <strong>del</strong> primo piano, inve<br />
ce, erano munite di finestre di<br />
grandezza normale.<br />
Le finestre di tutti i reparti per<br />
malati di mente erano assicurate<br />
con inferriate, i pavimenti dei corridoi<br />
erano in lastre di cemento.<br />
Nei dormitori vi erano pavimenti<br />
in legno dolce, solo i pavimenti <strong>del</strong>le<br />
stanze di isolamento erano in larice.<br />
In tutti i piani l’acquedotto arrivava,<br />
ma non agli inizi, perché<br />
l’istituto dovette affrontare grossi<br />
problemi a proposito di approvvigionamento<br />
di acqua.<br />
Straordinariamente primitivo era<br />
il modo di costruire le toilette e i<br />
pozzi neri, ecc..<br />
Le toilette in legno, in legno i<br />
sedili e anche le condutture.<br />
[Omissis]<br />
Le finestre, opportunamente<br />
numerose, nei lunghi corridoi e<br />
nelle corsie, che, data la presenza<br />
di inferriate, potevano rimanere<br />
spesso aperte, assicuravano (insieme<br />
con un sistema di condutture<br />
di areazione incorporate nei muri)<br />
la ventilazione di tutti i locali.<br />
La Ditta di Monaco Sugg & Kai<br />
101
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
102<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ser aveva istallato nei reparti un<br />
impianto di riscaldamento, che,<br />
però, si limitava alle corsie e ai<br />
soggiorni, mentre i corridoi di tutti<br />
i reparti erano esclusi da tali impianti.<br />
<strong>Il</strong> motivo di ciò: la commissione<br />
di costruzione aveva l’idea che Pergine<br />
fosse favorita da un caldo clima<br />
meridionale e, per ciò, i corridoi<br />
che (ad eccezione dei reparti donne,<br />
più o meno esposti al sole) non abbisognavano<br />
di un riscaldamento.<br />
Sulle conseguenze di tale errata<br />
idea dirò più avanti.<br />
I focolari (in cui si accendeva il<br />
fuoco, n.d.tr.), con sedici corpi riscaldanti,<br />
erano posti nel sotterraneo,<br />
ma non (non erano in un posto<br />
unico): erano separati in tre parti,<br />
le quali erano accessibili dai reparti<br />
dei malati di mente (primo, terzo),<br />
eccetto per quella che stava sotto<br />
l’amministrazione.<br />
<strong>Il</strong> tratto centrale, invece, era riscaldato<br />
con stufe in ferro Sugg &<br />
Kaiser, più tardi sostituite con stufe<br />
Küstermann.<br />
L’illuminazione era in tutti i reparti<br />
esclusivamente alimentata a<br />
petrolio.<br />
L’ala di mezzo<br />
Dal tratto centrale (primo piano)<br />
si dipartivano due passaggi coperti<br />
che conducevano all’ala di mezzo<br />
(ospitante la cucina, l’alloggio<br />
<strong>del</strong>le suore, l’ufficio <strong>del</strong>la superiora,<br />
ecc.):<br />
1) dal lato che guarda i reparti maschili<br />
il passaggio porta al posto<br />
in cui vengono consegnati i pasti<br />
per gli uomini;<br />
2) dal lato che guarda i reparti fem<br />
minili il passaggio porta al posto<br />
di consegna dei pasti per le<br />
donne, nonché verso la cucina<br />
e le annesse dispense e, ancora,<br />
verso il refettorio <strong>del</strong>le suore.<br />
Nella cucina c’era, nel mezzo, un vasto<br />
focolare; a destra un grosso pentolone<br />
per le zuppe, incorporato in<br />
una stufa e, vicino, un grosso paiolo<br />
per la polenta.<br />
Sempre al primo piano <strong>del</strong>l’ala di<br />
mezzo, vicino alla cucina, si trovava<br />
una mensa per inservienti e un ufficio<br />
per la superiora; inoltre una lavanderia,<br />
un ambiente refrigerato<br />
per il latte, un laboratorio per la pasta,<br />
con relativa macchina a mano,<br />
e sale per il pranzo.<br />
Dall’atrio <strong>del</strong>la cucina un collegamento<br />
conduceva al palcoscenico<br />
<strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le feste (al piano terra)<br />
e una scala al piano superiore,<br />
che serviva da alloggio <strong>del</strong>le suore.<br />
In questo piano una grossa sala, nel<br />
mezzo, era trasformata in cappella<br />
privata <strong>del</strong>le suore. Al piano terra<br />
<strong>del</strong>l’ala di mezzo dal vano scale si<br />
arrivava a una cantinetta sotterranea<br />
e a un magazzino di frutta e verdura.<br />
Una vera cantina non esisteva.<br />
Lo spazio circondato dal palazzo<br />
(una E rovesciata) è rettangolare e<br />
costituisce un cortile interno; c’erano<br />
(e ci sono) quelle costruzioni che<br />
erano necessarie all’esercizio <strong>del</strong>le
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
attività ospedaliere.<br />
<strong>Il</strong> lungo e rettangolare edificio<br />
serviva bene a ospitare i bagni. Nel<br />
primo progetto i bagni erano previsti<br />
in locali vicini alla cucina.<br />
Ma, ancor prima <strong>del</strong>la fine dei lavori,<br />
si pensò di non collocarli là; la<br />
commissione di revisione, nel 1881,<br />
stabilì l’incompatibilità di vicinanza<br />
fra cucina e bagni, per motivi igienici;<br />
per cui fu deciso di erigere (in<br />
separata sede) un edificio per la<br />
lavanderia e per i bagni (il “Badehaus”),<br />
per il costo di fiorini<br />
23.024.<br />
- Lavanderia. A piano terra si trovava<br />
la grande lavanderia per i<br />
vestiari, ecc., col solito sistema<br />
a mano, con diverse vasche in cemento.<br />
L’acqua calda era portata<br />
da una caldaia sita in un piccolo<br />
locale annesso.<br />
- Bagni. In quest’ultimo locale una<br />
seconda caldaia per acqua calda<br />
riforniva i bagni per i malati di<br />
mente a mezzo di un semplice<br />
tubo che giungeva fino alle vasche<br />
da bagno.<br />
<strong>Il</strong> cosiddetto “reparto bagni” consisteva<br />
in più cabine con vasche in lamiera.<br />
L’afflusso di acqua fredda si aveva<br />
a mezzo di condutture che correvano<br />
sotto il pavimento, dove c’era<br />
un pozzetto che era collegato con<br />
l’acquedotto.<br />
L’apertura e chiusura <strong>del</strong>l’acqua<br />
fredda si effettuava tramite una chiave<br />
che azionava (bloccava o sbloccava)<br />
il pozzetto sotterraneo.<br />
I bagni servivano solo alla pulizia<br />
personale dei malati di mente. Con<br />
quali scomodità avveniva il trasferimento<br />
dei malati di mente dai re<br />
parti, attraverso il cortile fino al<br />
“Badehaus”, specie in pieno inverno,<br />
lo lascio immaginare.<br />
Al piano terra (insieme alla lavanderia<br />
e ai bagni n.d.tr.) si trovano<br />
anche un apparecchio di disinfezione<br />
tipo Thursfield e un’officina per<br />
falegname. Al piano superiore c’era<br />
la stireria, l’essiccatoio (alimentato<br />
con aria calda da una stufa Sugg &<br />
Kaiser); più oltre un magazzino e le<br />
camere da letto <strong>del</strong> giardiniere e <strong>del</strong>le<br />
lavandaie.<br />
Dietro al “Badehaus” un piccolo<br />
edificetto rettangolare aveva, nel<br />
mezzo, il locale obitorio e la sala<br />
necroscopica.<br />
A sinistra e a destra <strong>del</strong>l’obitorio:<br />
due fienili.<br />
Alte mura, con un solo grande<br />
portone, cingevano il grande comprensorio<br />
rettangolare, entro il quale<br />
si svolgeva tutta la vita ospedaliera.<br />
Avanti, a sinistra e a destra l’istituto<br />
era circondato (per solo tre lati)<br />
da giardini per i malati di mente o<br />
da cortili.<br />
In fondo, presso il monte, i disadorni<br />
giardini degli agitati, dotati di<br />
porticati; più in avanti (adornati da<br />
aiuole e cespugli) i giardini dei semiagitati<br />
e dei tranquilli, non collegati<br />
fra loro, solo aventi in comune<br />
l’uscita dei reparti. Fra il giardino<br />
<strong>del</strong>le donne e l’abitato di Pergine,<br />
intercalato un orto.<br />
Tutti i giardini erano circondati<br />
da muri alti tre metri.<br />
Così appariva l’istituto di Pergine,<br />
quando fu aperto nel 1882.<br />
Ebbene, <strong>del</strong> suo primitivo aspetto<br />
(che corrispondeva allo sfarzo dei<br />
gusti dominanti in psichiatria tren<br />
103
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
104<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ta anni fa, ai modi e alle maniere<br />
<strong>del</strong> trattamento dei malati di mente)<br />
non è rimasta che la forma esterna,<br />
mentre l’interno, col passare degli<br />
anni, è <strong>del</strong> tutto mutato.<br />
Uomini nuovi vennero e andarono,<br />
ma, a tutti un pensiero fu<br />
comune: adeguare l’istituto allo<br />
stato <strong>del</strong>la scienza in genere, ai<br />
progressi <strong>del</strong>la psichiatria in particolare.<br />
Questo processo di adeguamento<br />
muove i primi passi subito dopo l’inizio<br />
<strong>del</strong>l’attività, e non ha mai avuto<br />
fine.<br />
Modifiche<br />
Ho già accennato alla storia <strong>del</strong>l’acquedotto.<br />
È memorabile che, nel “periodo<br />
senza acqua”, il Land costruì un acquedotto<br />
provvisorio dalla località<br />
Ciomba, ai piedi <strong>del</strong> Monte Orno; senonché<br />
all’acqua mancò la sufficiente<br />
pressione: i piani superiori rimasero<br />
senza, non si poté rifornirli.<br />
Molto forte si fece sentire la mancanza<br />
di cantine.<br />
<strong>Il</strong> Land decise di ricavare una<br />
cantina (almeno) sotto il TC, mediante<br />
scavi condotti in economia.<br />
Ma non furono poche le difficoltà<br />
incontrate anche in questo<br />
lavoro: c’era da lottare col fatto che<br />
i muri maestri <strong>del</strong> palazzo erano<br />
troppo poco profondi, si dovette<br />
rinforzarli con cemento e poi iniziare<br />
lo scavo per la cantina<br />
Disagi e disturbi venivano dal fatto<br />
che i focolari <strong>del</strong> riscaldamento erano<br />
situati in tre parti diverse dei locali<br />
sotterranei, accessibili solo dai<br />
reparti primo e secondo, oltre che<br />
dal TC.<br />
Per evitare che il personale addetto<br />
al riscaldamento e i malati di mente<br />
che aiutavano dovessero attraversare<br />
spesso altri reparti, i passaggi<br />
verso i sotterranei furono unificati.<br />
La più grossa <strong>del</strong>le modificazioni<br />
riguardò il riscaldamento (1890).<br />
Fino ad allora i lunghi e spaziosi corridoi,<br />
sui quali davano tutte le stanze,<br />
non erano riscaldati.<br />
Era inevitabile che a ognuna <strong>del</strong>le<br />
innumerevoli aperture di porta
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
(in un manicomio sono inevitabili)<br />
i locali riscaldati non mantenessero<br />
un sufficiente calore; oltretutto,<br />
i caloriferi, all’interno <strong>del</strong>le<br />
corsie, si dimostravano insoddisfacenti;<br />
venivano surriscaldati oltre<br />
misura per cercare di mantenere la<br />
temperatura necessaria e, questi,<br />
andavano spesso in tilt.<br />
Allora tutti i caloriferi (sistema<br />
Sugg & Kaiser) furono tolti e adottato<br />
un sistema di riscaldamento<br />
nuovo, che coinvolgeva anche i corridoi.<br />
Al posto dei vecchi sedici furono<br />
istallati dieci nuovi corpi radianti<br />
<strong>del</strong>la Ditta Porta di Torino e<br />
furono anche istallate nuove condotte<br />
d’aria.<br />
<strong>Il</strong> precedente era un sistema a circolazione<br />
(cioè veniva riscaldata<br />
l’aria già usata e viziata): il nuovo<br />
riscaldamento era ad aria presa fuori,<br />
sempre nuova e pura, e scaldata.<br />
L’anno 1893 portò una grande novità<br />
in tema di illuminazione e, insieme,<br />
un significativo miglioramento<br />
<strong>del</strong>la sicurezza anti-incendio: fu<br />
istallata in quell’anno a cura <strong>del</strong> Comune<br />
l’illuminazione elettrica. <strong>Il</strong><br />
Comune di Pergine fu uno dei primi<br />
a costruire una centrale elettrica. Da<br />
tale centrale, in Serso, l’istituto ricevette<br />
la forza per la luce e, più<br />
tardi, per un motore collegato all’essiccatoio<br />
nella lavanderia.<br />
Non si può tacere che, nel corso<br />
degli anni, col valido aiuto dei malati<br />
di mente lavoranti, i fondi agrari<br />
<strong>del</strong>l’istituto furono mutati taluni,<br />
e molto migliorati altri.<br />
Così, il vigneto che è sotto il maso<br />
San Pietro fu riassettato e reso fruttifero;<br />
nel prato fu allestito un om<br />
broso <strong>parco</strong> e i campi grandi furono<br />
migliorati e resi produttivi.<br />
<strong>Il</strong> nuovo tratto di congiunzione.<br />
Nell’anno 1894 fu fatta una costruzione<br />
che va ricordata, non per<br />
la sua dimensione, ma per altri<br />
motivi: modificò non poco il quadro<br />
<strong>del</strong>l’istituto.<br />
<strong>Il</strong> vuoto fra il reparto semi-agitati<br />
e quello degli agitati fu riempito<br />
con una costruzione alta tre piani,<br />
che aumentò di tredici stanze l’istituto,<br />
già alle prese con la mancanza<br />
di spazio. Dapprima furono pensate<br />
come stanze di isolamento e, a tal<br />
fine, arredate; più tardi, sotto la<br />
spinta <strong>del</strong> sovraffollamento sempre<br />
più forte, furono arredate con due e<br />
anche tre letti. In questi locali furono<br />
posti i primi pavimenti in legno<br />
di faggio <strong>del</strong>l’istituto.<br />
Le finestre, inferriate come ovunque,<br />
le persiane chiudibili dall’interno<br />
e le finestrelle sopra le porte, in<br />
alto, per le lampade elettriche: davano<br />
al complesso l’impronta di un<br />
padiglione di isolamento.<br />
Le spese per questi lavori ammontarono<br />
a fiorini 70.000 (= 140.000<br />
corone).<br />
Le celle di isolamento, in fila, dei<br />
reparti per agitati (settimo) e (ottavo)<br />
furono aumentate con due nuove<br />
celle, sicché si ebbe una lunga<br />
fila di nove celle.<br />
Con ciò il primo periodo costruttivo<br />
ebbe definitivamente fine: ad<br />
eccezione di modifiche minime non<br />
venne più costruito nulla. <strong>Il</strong> tempo<br />
di totale assenza di ulteriori lavori<br />
durò dieci anni.<br />
L’inerzia fece sentire ben presto<br />
le conseguenze negative. Anche se,<br />
come dimostrano le statistiche, il<br />
105
<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />
106<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
numero dei malati di mente non<br />
crebbe in assoluto, la mancanza di<br />
spazio si fece tuttavia sentire, per<br />
cui la direzione fu costretta a respingere<br />
molte domande di ammissione.<br />
<strong>Il</strong> sovraffollamento si ebbe soprattutto<br />
a causa <strong>del</strong> folto gruppo di incurabili<br />
che (nonostante l’art. 23 <strong>del</strong>lo<br />
statuto <strong>del</strong>l’istituto) non potevano<br />
essere dimessi dall’istituto, perché<br />
i Comuni (con tutti i mezzi legali<br />
loro offerti) resistevano alla dimissione<br />
dei loro malati di mente,<br />
anche se non pericolosi per la cittadinanza.<br />
In realtà la non-pericolosità di un<br />
malato di mente è concetto molto<br />
relativo, perché un malato di men<br />
te comunemente non pericoloso,<br />
in un altro ambiente (e sotto l’influsso<br />
di circostanze spesso anche<br />
futili) può diventare pericoloso.<br />
Perciò varie voci si levarono di<br />
autorità sanitarie (sia dal punto di<br />
vista igienico che psichiatrico) contro<br />
l’eccessivo affollamento.<br />
In base ai primitivi calcoli <strong>del</strong><br />
1877 la capacità <strong>del</strong>l’istituto fu ritenuta<br />
sufficiente in 200 malati di<br />
mente; erano calcoli fatti in base al<br />
dato statistico seguente:<br />
579 malati di mente su 352.000<br />
abitanti.<br />
Senonché: già nel primo anno<br />
quel numero fu superato; e tuttavia<br />
le condizioni di spazio consentirono<br />
un aumento nella capienza, in via di<br />
fatto, che fu sfruttato a seconda <strong>del</strong><br />
bisogno; nel novembre 1884 si ebbe<br />
la punta massima di presenze: 250.<br />
Tenendo conto di queste richieste<br />
di ammissione, la capacità ufficiale,<br />
attraverso piccole modificazioni in<br />
terne, fu portata a 240.<br />
La i. r. Luogotenenza (d’intesa col<br />
Consiglio provinciale di sanità) il<br />
24.5.1886 comunicò alla Giunta Provinciale<br />
che l’aumento a 240 era ratificato,<br />
ma ulteriori esuberi non sarebbero<br />
stati ammessi.<br />
Con ordinanza 10.6.1892 la Giunta<br />
Provinciale ribadì l’esplicito divieto<br />
di superare il limite di 240.<br />
È bene che, nonostante inizialmente<br />
fissata a 200, la normale capienza<br />
sia stata aumentata a 240 (130<br />
uomini) (110 donne).<br />
È evidente che sarebbe stato impossibile<br />
mantenere rigorosamente<br />
il limite prestabilito.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
NOTA BIOGRAFICA<br />
Pius Dejaco (consigliere aulico)<br />
nacque a Cognola di Trento il 25<br />
gennaio 1859 da una famiglia di<br />
lingua tedesca. Si distinse molto<br />
come studente all’Università di<br />
Vienna, per cui ottenne la laurea<br />
“sub auspiciis imperatoris”, riservata<br />
ai giovani di eccezionale preparazione.<br />
Nel luglio 1893, in qualità<br />
di assistente volontario, entrò<br />
a far parte <strong>del</strong>l’équipe <strong>del</strong> dott.<br />
Aurel Zlatarovich, direttore <strong>del</strong> Manicomio<br />
provinciale tirolese di Pergine,<br />
divenendo assistente effettivo<br />
<strong>del</strong> primario in data 20 ottobre<br />
<strong>del</strong> 1893. Tra il 1912 ed il 1919<br />
ricoprì la carica di direttore <strong>del</strong><br />
Manicomio perginese.<br />
Lasciata la direzione al trentino<br />
dott. Guido Garbini (1873-1923),<br />
dopo la fine <strong>del</strong>la prima guerra<br />
mondiale, si ritirò a Bressanone<br />
con la moglie Elvira Fontanari e i<br />
cinque figli, e là aprì una clinica<br />
privata nella Villa Sabiona, alla<br />
confluenza <strong>del</strong>la Rienza nell’Isarco.<br />
Uno dei figli, Valerius, sarà sindaco<br />
di Bressanone dal 1952 al<br />
1968.<br />
Pius Dejaco morì a Bressanone il<br />
29 aprile 1925.<br />
NOTE<br />
[1] <strong>Il</strong> numero <strong>del</strong>le stanze indicato<br />
nel testo è errato, il numero<br />
esatto deve intendersi 12 e<br />
non 13.<br />
Libera traduzione dal tedesco a cura di Giuseppe Pantozzi (DEJACO 1912). Le parole<br />
in corsivo rendono le parti di testo sottolineate nell’originale. I disegni che corredano<br />
il testo sono stati elaborati da Gian Piero Sciocchetti.<br />
107
<strong>Il</strong> Manicomio di Pergine,<br />
istituto interprovinciale<br />
Giuseppe Pantozzi<br />
Cultura e collaborazione interetnica<br />
nella storia <strong>del</strong>l’ospedale perginese<br />
108<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La riflessione che è stata fatta sull’ospedale<br />
di Pergine dal gruppo di<br />
studio coordinato da Casimira Grandi<br />
e Rodolfo Taiani. Quella istituzione<br />
è stata analizzata da tutti i punti<br />
di vista (medico, sociale, economico,<br />
architettonico).<br />
<strong>Il</strong> presente scritto intende considerare<br />
le cose da punti di vista che<br />
sono accessori, in relazione a un<br />
ospedale, ma non privi di interesse:<br />
si tratta in particolare le norme legislative<br />
e <strong>del</strong>le norme contrattuali,<br />
relative alla presenza di bolzanini nei<br />
reparti ospedalieri.<br />
Ebbene, da questi angoli visuali,<br />
l’ospedale appare come una istituzione<br />
strumentale <strong>del</strong>le due province<br />
di Trento e Bolzano. Un regio decreto<br />
<strong>del</strong> 15 marzo 1928 dichiarava<br />
un diritto di proprietà di Trento sul<br />
complesso ospedaliero e un diritto<br />
di utilizzazione di Bolzano. E dunque,<br />
sotto l’aspetto <strong>del</strong> fine istituzionale,<br />
l’ospedale era interprovinciale.<br />
In altre parole: di fronte alle<br />
prestazioni assistenziali le due province<br />
avevano eguali titoli e diritti,<br />
derivanti da un unico atto, costi<br />
tuente lo statuto <strong>del</strong>l’ospedale.<br />
Questa situazione di "parità nell’utilizzo"<br />
corrispondeva alle leggi<br />
concernenti i rapporti fra province<br />
quando una di esse (nel nostro<br />
caso: Bolzano) nasceva dalla<br />
divisione territoriale <strong>del</strong>l’altra (nel<br />
nostro caso: Trento).<br />
Non conosco bene i motivi per i<br />
quali quella divisione (avvenuta nel<br />
1928) sia stata piuttosto contenziosa<br />
e quali influssi abbia avuto quella<br />
contesa sui vari rami amministrativi,<br />
ma so che la direzione ospedaliera<br />
ebbe sempre una tendenza a rimuovere<br />
l’idea <strong>del</strong>la compartecipazione<br />
assistenziale.<br />
Mi spiego: la natura duplice <strong>del</strong>l’ospedale<br />
non apparve mai nella denominazione<br />
ufficiale, non fu mai<br />
citata nelle stampe o relazioni, non<br />
era nota, per conseguenza, ai medici,<br />
agli infermieri; men che meno al<br />
pubblico; era celata sotto una cappa<br />
di silenzio.<br />
Esisteva anche un atto di natura<br />
esecutiva: una convenzione <strong>del</strong> novembre<br />
1928, destinata a regolare i<br />
rapporti concreti sorgenti dalla comune<br />
utilizzazione. Ma non fu elaborata<br />
dalle segreterie giuridiche o<br />
assistenziali <strong>del</strong>le due province, bensì<br />
dalle due ragionerie: una scrittura<br />
in cui si parlava di conti, di rendiconti,<br />
di contabilità e di fatture;<br />
non si citava una sola volta il malato,<br />
non i suoi rapporti con la famiglia,<br />
non l’apporto <strong>del</strong> servizio sociale<br />
<strong>del</strong> paese di origine, ecc.<br />
Insomma: dei cento rapporti, <strong>del</strong>icati,<br />
che sorgevano dalla comune<br />
presenza, venivano regolati soltanto<br />
quelli legati al bilancio.<br />
Ebbene: negli anni sessanta si pen
Ex Ospedale<br />
Psichiatrico di<br />
Pergine Valsugana,<br />
interno.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
sò, a Bolzano, che occorreva prevedere,<br />
in una rinnovata convenzione,<br />
una forma di contatti periodici,<br />
uno scambio costante di informazioni,<br />
un accesso agevolato<br />
dei familiari, ecc.,<br />
Occorreva, in altri termini, avvicinare<br />
l’ospedale alla parte più settentrionale<br />
<strong>del</strong> suo hinterland; occorreva<br />
applicare al manicomio quello<br />
spirito di servizio sociale, che veniva<br />
teorizzato a Trento, in quei tempi,<br />
più che in altre parti d’Italia.<br />
Pergine reagì con cortesia, ma non<br />
accettò: volle che fosse mantenuta<br />
la convenzione <strong>del</strong> 1928, inalterata.<br />
Oppose una tenace volontà di conservare<br />
quella convenzione. E questa<br />
opposizione sorprese i bolzanini.<br />
Tutta la storia dei rapporti fra le<br />
due popolazioni, intorno al problema<br />
psichiatrico, era una storia di<br />
collaborazione e di intesa.<br />
Dal 1830 al 1882 i malati trentini<br />
erano accolti nel manicomio di Hall<br />
presso Innsbruck: era disagevole il<br />
trasporto, eccessiva la lontananza da<br />
casa, diverso l’ambiente antropico,<br />
ma l’accoglienza ed il trattamento<br />
erano cordiali e soddisfacenti.<br />
Nel 1882 fu aperto l’ospedale di<br />
Pergine e la coordinazione con Hall<br />
fu buona: un continuo scambio di<br />
informazioni, esperienze, documenti<br />
(per esempio: le relazioni annuali<br />
<strong>del</strong> direttore di Pergine erano studiate<br />
e conservate in perfetto ordine<br />
nell’archivio di Hall; e là sono<br />
tuttora reperibili).<br />
Pergine nacque con uno spirito di<br />
collaborazione, che il governo di Innsbruck<br />
favorì in più forme.<br />
Non va dimenticato che il primo<br />
atto <strong>del</strong> primo direttore fu quello<br />
di invitare tutti i medici <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong>;<br />
egli li guidò a visitare l’ospedale<br />
e invocò la loro costante collaborazione.<br />
Né va dimenticato che, essendo<br />
assessore Paul von Sternbach, nel governo<br />
di Innsbruck (nel primo decennio<br />
<strong>del</strong> Novecento), Pergine fu all’avanguardia<br />
di una psichiatria dinamica<br />
ed aperta. Egli invitò a Pergine<br />
Andrea Verga, il massimo psichiatra<br />
italiano, ed Heinrich Kraft-<br />
Ebing, il massimo psichiatra austriaco.<br />
Andò a visitare Tamburini a Reggio<br />
Emilia, istaurò rapporti di amicizia<br />
con lui (si potrebbe parlare<br />
di gemellaggio).<br />
<strong>Il</strong> giovane assessore introdusse<br />
a Pergine la metodologia ergoterapica,<br />
seguendo i criteri emiliani,<br />
piegò alla nuova metodologia la<br />
struttura generale <strong>del</strong>l’ospedale,<br />
creando nuovi padiglioni nel com<br />
109
<strong>Il</strong> manicomio di Pergine, istituto interprovinciale<br />
110<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
plesso ospedaliero e una ammirevole<br />
colonia agricola in Vigalzano.<br />
Spalancò le porte alla cultura.<br />
Fece un aperto elogio dei direttori<br />
degli ospedali psichiatrici italiani,<br />
nella seduta dietale <strong>del</strong> 5 novembre<br />
1903: "…quei direttori, … sono<br />
diventati famosi, ben oltre i confini<br />
di quel regno…".<br />
Vi fu un periodo aureo, dunque,<br />
in cui Pergine fu il centro intermedio<br />
fra la psichiatria italiana e la<br />
mitteleuropa: il periodo in cui le<br />
mura, intorno all’ospedale, ostacolavano<br />
il passo ai curiosi ed agli sfaccendati,<br />
non alle idee, non alle innovazioni.<br />
Anche dopo la prima guerra mondiale,<br />
divenuto Pergine ospedale interetnico,<br />
in quanto deputato ad<br />
ospitare malati <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> e <strong>del</strong>l’Alto<br />
Adige, ed interprovinciale, in<br />
quanto collegato alle funzioni assistenziali<br />
<strong>del</strong>le due provincie, la vecchia<br />
intesa continuò, sostanzialmente;<br />
non vi sono state lamentele dei<br />
bolzanini verso Pergine (salvo gli<br />
aspetti negativi derivanti dalla politica<br />
che dominava in quegli anni),<br />
così come non vi erano state lamentele<br />
dei trentini verso Hall (salvo i<br />
disagi oggettivamente derivanti dalla<br />
lontananza).<br />
Perfino la nota "deportazione"<br />
di malati bolzanini in Germania,<br />
avvenuta nel 1940, svela, a ben<br />
osservare, le tracce <strong>del</strong>la tradizionale<br />
sintonia: perché, se è vero<br />
che Pergine, sotto il tallone <strong>del</strong><br />
rude governo che aveva deciso<br />
quell’infelice ”Transport”, aveva<br />
omesso di compier taluni suoi doveri,<br />
è anche vero che gli infermieri<br />
perginesi avevano le lacrime agli<br />
occhi quando videro partire i malati,<br />
e le suore perginesi vissero<br />
quella partenza con una loro intensa<br />
sofferenza.<br />
Sorprendente e antistorico, dunque,<br />
negli anni sessanta il rifiuto di<br />
Pergine a una rinnovata convenzione.<br />
La spiegazione non fu data,<br />
allora, ed è difficile ipotizzarla<br />
ora. Di certo influì, in qualche misura,<br />
la natura che Pergine aveva<br />
tratto dalle leggi sui manicomi <strong>del</strong><br />
1904, entrata in vigore, nel <strong>Trentino</strong>,<br />
nel 1929 (quella legge, guidata<br />
dalle teorie positivistiche ed<br />
organiciste, aveva portato l’ospedale<br />
a trasformarsi nella fortezza<br />
che tendeva ai suoi due fini: la<br />
conservazione e l’isolamento).<br />
Ma fu determinante, a mio parere,<br />
il timore di coloro, i quali, all’interno<br />
<strong>del</strong>l’ospedale (dopo la costituzione<br />
liberale <strong>del</strong> 1948 e dopo<br />
il progresso straordinario, sul piano<br />
scientifico, <strong>del</strong>la psicologia)<br />
percepivano l’equilibrio precario in<br />
cui l’ospedale sopravviveva: un<br />
quid novi, anche minimo, avrebbe<br />
potuto determinarne il crollo.<br />
Negli anni settanta Bolzano decise<br />
di costruire un sistema psichiatrico<br />
proprio: alcuni centri di prevenzione<br />
e alcuni luoghi di cura residenziale<br />
o semiresidenziale,<br />
sparsi sul territorio. Propose a<br />
Trento, nuovamente, un aggiornamento<br />
<strong>del</strong>la convenzione <strong>del</strong> 1928,<br />
che consentisse di inviare a Pergine<br />
propri allievi-infermieri, affinché<br />
svolgessero un periodo di tirocinio<br />
in quei padiglioni che ospitavano<br />
malati altoatesini.<br />
Successivamente Bolzano avrebbe,<br />
gradualmente, ritirato quegli
Bruno Caruso,<br />
Annotazioni<br />
nell’album <strong>del</strong><br />
manicomio,<br />
disegni colorati,<br />
particolare,<br />
1953-1960.<br />
A pagina 112:<br />
Bruno Caruso,<br />
Manicomio,<br />
disegno a china.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
infermieri, divenuti esperti, insieme<br />
con i relativi malati, assegnandoli<br />
alle varie strutture nuove, che<br />
il proprio programma prevedeva.<br />
Era un piano non <strong>del</strong> tutto nuovo,<br />
di cui si era parlato già nel 1966, e<br />
Trento l'aveva sostenuto ancor più<br />
che Bolzano, perché vi aveva visto,<br />
per più aspetti, un suo cointeresse.<br />
Ma questa volta pervenne un rifiuto<br />
(22 novembre 1972): man<br />
mano che l'idea abolizionista si diffondeva<br />
il meccanismo manicomiale<br />
si chiudeva sempre più a<br />
ogni idea di innovazione.<br />
Si riteneva, oltre il muro, che il<br />
problema <strong>del</strong>la psichiatria in generale,<br />
il suo sviluppo nella regione,<br />
non riguardassero il manicomio<br />
regionale: il meccanismo era<br />
programmato per una sola funzione<br />
originaria: la custodia (e quella<br />
cura che la custodia consentisse).<br />
È interessante notare che il regio<br />
decreto <strong>del</strong> 1928, che ho ri<br />
cordato prima, relativo alla ripartizione<br />
patrimoniale fra le due provincie,<br />
disponeva non solo su Pergine,<br />
ma anche sull’Istituto d’assistenza<br />
infantile di Riva: quell’istituto<br />
veniva suddiviso in due parti;<br />
divenne, dunque, "interprovinciale"<br />
e fu amministrato da Trento;<br />
ma una commissione paritetica<br />
decideva sui temi più importanti;<br />
e riunioni bilaterali erano indette,<br />
periodicamente, per reciproche<br />
informazioni sull’istituto e sull’assistenza<br />
minorile in generale;<br />
riunioni svolte sempre in un clima<br />
molto amichevole e proficuo.<br />
Ciò dimostra che i rapporti, ben<br />
diversi, che intercorsero in relazione<br />
a Pergine, avevano origine solo<br />
dalle ideologie psichiatriche, <strong>del</strong><br />
tutto prive di elasticità, che stavano<br />
alla base <strong>del</strong>le leggi, di quelle<br />
vecchie e di quelle nuove.<br />
Ma debbo subito aggiungere<br />
che quei due o tre episodi, di cui<br />
111
<strong>Il</strong> manicomio di Pergine, istituto interprovinciale<br />
112<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
ho parlato ai fini di completezza<br />
storica, non intaccano, oggi, il giudizio<br />
che va espresso sull’ospedale,<br />
nel suo complesso, nel suo secolo<br />
di vita.<br />
Quel palazzo ospedaliero, che,<br />
negli studi citati all’inizio, è detto<br />
"monumentale", è un monumento<br />
alla sofferta storia <strong>del</strong>la medicina<br />
psichiatrica, alla sofferenza di tanti<br />
malati, ma anche un monumento<br />
alla cultura interetnica, all’intesa<br />
fra nazioni diverse.<br />
E queste cose meritano il nostro<br />
rispetto e richiedono il dovere <strong>del</strong>la<br />
nostra memoria.<br />
NOTE<br />
[1] <strong>Il</strong> progetto <strong>del</strong>l’edificio principale<br />
<strong>del</strong>la colonia di Vigal<br />
zano, ospitante i malati, i laboratori<br />
e gli stabulari, fu affidato<br />
al celebre architetto<br />
perginese Eduino Maoro; e ciò<br />
spiega l’eleganza <strong>del</strong>le linee e<br />
la razionalità funzionale di<br />
quella costruzione. E dimostra<br />
anche l’importanza che Sternbach<br />
assegnava all’istituzione<br />
ergoterapica.<br />
Giuseppe Pantozzi ha diretto il<br />
Dipartimento <strong>del</strong>la sanità e <strong>del</strong>l’assistenza<br />
sociale <strong>del</strong>la Provincia autonoma di<br />
Bolzano.
Gli infermieri di Pergine.<br />
Cento anni di storia<br />
Valerio Fontanari<br />
L’infermiere psichiatrico da “guardiano<br />
dei matti” ad operatore sanitario,<br />
con specifiche competenze anche<br />
nella relazione con il paziente.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
Cenni di storia <strong>del</strong>l’assitenza<br />
psichiatrica nel corso<br />
<strong>del</strong> XIX secolo<br />
Nella storia <strong>del</strong>la psichiatria si parla<br />
poco degli infermieri. Questo articolo<br />
si propone di raccontare la<br />
storia <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico di<br />
Pergine attraverso una descrizione<br />
<strong>del</strong> lavoro infermieristico.<br />
Gli infermieri psichiatrici in passato<br />
hanno svolto soprattutto funzioni<br />
di servi e di custodi. La prima<br />
descrizione esistente parla dei “guardiani<br />
dei matti”, come di persone<br />
analfabete, ignoranti e brutali, provenienti<br />
dalle classi più basse, temute<br />
dai medici e dagli ammalati.<br />
Si sa anche che per meglio svolgere<br />
funzioni repressive e custodialistiche<br />
venivano scelti in base alla<br />
loro robusta corporatura.<br />
Nel contesto storico <strong>del</strong> XIX secolo<br />
è significativo che, a fianco <strong>del</strong>la<br />
figura di Pinel (che già sul finire<br />
<strong>del</strong> Settecento in Francia tolse le<br />
catene ai folli), permanga il ricordo<br />
di un sorvegliante eccezionale per<br />
l'epoca, Jean Battiste Pussin, precursore<br />
dei principi <strong>del</strong> trattamento<br />
morale dei pazienti e <strong>del</strong> regime<br />
umano nei reparti. Ancora più significativo<br />
il fatto che fosse un ex-paziente<br />
cosicchè meno distante era il<br />
rapporto tra paziente e personale<br />
d'assistenza.<br />
Alla sua morte il suo posto come<br />
sorvegliante alla “Salpetriere” venne<br />
preso dai medici, da Esquirol in<br />
particolare, quasi per una riappropriazione<br />
di quelle funzioni pericolosamente<br />
scivolate nelle mani degli<br />
infermieri guardiani, che così rischiavano<br />
di diventare figure di concorrenza<br />
ai medici.<br />
Esquirol teorizzò l'importanza <strong>del</strong><br />
ruolo di “domestico” per la figura a<br />
contatto con il malato: doveva essere<br />
sempre insieme al paziente (internato<br />
insieme agli alienati), non<br />
lasciarli mai soli, non avere formazione,<br />
ubbidire ciecamente al medico,<br />
uomo di fatica e guardia <strong>del</strong> corpo<br />
<strong>del</strong> medico.<br />
In quest'epoca quindi i custodi dei<br />
matti erano isolati e molto subalterni<br />
ai medici, e nel contempo molto<br />
vicini ai pazienti, insieme ai quali<br />
condividevano in negativo molte limitazioni:<br />
come loro avevano l'obbligo<br />
<strong>del</strong>l'internato come i pazienti<br />
e non potevano dormire fuori dalle<br />
mura <strong>del</strong>l'istituto, non potevano sposarsi,<br />
non potevano disporre di sé in<br />
maniera autonoma, avevano una divisa<br />
che li marchiava. Come in tutte<br />
le istituzioni chiuse e totali, ai fini<br />
<strong>del</strong>la custodia i guardiani diventavano<br />
a loro volta carcerieri. Tutto<br />
questo era evidentemente mantenuto<br />
da un sistema gerarchico di premi<br />
e punizioni.<br />
Nello stesso tempo avevano ampio<br />
spazio d'azione e possibilità di<br />
113
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
114<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
rivalsa sui pazienti a loro assegnati:<br />
ordinavano a loro piacere bagni<br />
e docciature, immersioni improvvise<br />
e violente, rinchiudevano<br />
e incatenavano gli ammalati a<br />
capriccio senza farne regolare rapporto,<br />
facevano passare per menzognero<br />
quel paziente che avesse<br />
riferito ai superiori dei maltrattamenti<br />
subiti, ecc.<br />
Questo mo<strong>del</strong>lo è stato preminente<br />
in tutta l'Europa <strong>del</strong> XIX secolo.<br />
La nascita <strong>del</strong>l’ospedale<br />
psichiatrico di Pergine<br />
All’interno <strong>del</strong>l’impero austroungarico<br />
nacque nel 1882 il manicomio<br />
di Pergine, accogliendo circa<br />
duecento pazienti provenienti da<br />
Hall con un organico di 16 infermieri<br />
che purtroppo non rimase<br />
mai stabile.<br />
Gli infermieri erano assunti dalla<br />
Direzione <strong>del</strong>l'istituto, e prima <strong>del</strong>la<br />
loro assunzione definitiva dovevano<br />
superare un periodo di prova di 14<br />
giorni. Dopo dieci anni di servizio<br />
potevano licenziarsi e avevano diritto<br />
a una pensione minima.<br />
Evidentemente molti dei giovani<br />
perginesi non sostenevano i ritmi e<br />
gli impegni di questa nuova professione:<br />
infatti, nel 1883 abbandonarono<br />
in sei e ne furono assunti altri<br />
sette, nel 1884 abbandonarono in<br />
nove sostituiti da altri nove, e mediamente<br />
nei primi dieci anni il ricambio<br />
fu <strong>del</strong> 40-50%. <strong>Il</strong> problema<br />
<strong>del</strong>l’alto tournover infermieristico<br />
veniva visto come fenomeno preoccupante<br />
dalla Direzione <strong>del</strong>l'Ospedale,<br />
che poteva però contare sul contributo<br />
stabile <strong>del</strong>le infermiere suore:<br />
si trattò di un gruppo di diciotto<br />
unità rimaste continuativamente<br />
nel tempo.<br />
Non c'era distinzione di compiti<br />
tra infermieri maschi e le suore; l'unico<br />
invece che aveva un ruolo diverso<br />
e particolarmente di riguardo era<br />
il capo infermieri, che ebbe un ruolo<br />
essenziale nell'avvio <strong>del</strong>l'ospedale,<br />
e fu gratificato con un alloggio<br />
privato per lui e la sua famiglia all'interno<br />
<strong>del</strong>l'ospedale, al pari <strong>del</strong><br />
Direttore.<br />
<strong>Il</strong> Direttore era ben cosciente degli<br />
effetti che gli infermieri provocavano<br />
sui pazienti, sia in positivo<br />
che in negativo, e verificava le attitudini<br />
e la serietà di ogni singolo<br />
candidato infermiere, prima <strong>del</strong>la<br />
sua assunzione. È riportato anche<br />
che era difficile trovare personale<br />
all'altezza <strong>del</strong> compito.<br />
<strong>Il</strong> lavoro degli infermieri era regolato<br />
da apposite istruzioni,con<br />
compiti essenzialmente di custodia,<br />
cura e sicurezza degli ammalati.<br />
Ogni paziente veniva affidato a<br />
un infermiere che doveva fungere<br />
da padre. Per il gruppo di ammalati<br />
che aveva in carico, ogni infermiere<br />
doveva curare l'igiene<br />
personale, l'alimentazione, il rifacimento<br />
dei letti, la pulizia <strong>del</strong>l'ambiente,<br />
l'assunzione dei farmaci,<br />
l'osservazione <strong>del</strong> comportamento<br />
e la preparazione per la visita medica.<br />
Era vietata all'infermiere ogni attività<br />
che non fosse l'assistenza diretta<br />
al malato. Erano inoltre sorvegliati<br />
da una specie di ronda interna<br />
formata dagli stessi infermieri, che<br />
aveva anche il compito di ispezionare<br />
tutti i locali <strong>del</strong>l'istituto.<br />
Nel dicembre 1882 venne appro
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Punto Omega n. 12/13<br />
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Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
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vato un regolamento di servizio<br />
per gli infermieri composto da 56<br />
articoli. In base a tale regolamento<br />
gli infermieri dovevano essere:<br />
«creanzati, sobri, costumati, cortesi,<br />
ordinati, puliti, ben pettinati,<br />
intelligenti, fe<strong>del</strong>i, onesti, sinceri,<br />
veritieri». Dovevano: “tollerarsi<br />
a vicenda, stimolarsi l'un l'altro,<br />
trattarsi con urbanità, affidabilità<br />
e benevolenza, riferire ai<br />
Superiori le contravvenzioni commesse<br />
dai colleghi, provvedere alla<br />
propria pulizia corporale, lavorare<br />
insieme agli ammalati, procedere<br />
con economia, considerare l'Istituto<br />
come una grande famiglia,<br />
andare d'accordo e cooperare”.<br />
Dovevano inoltre rispettare gli<br />
ammalati, trattarli con riguardo, pazienza<br />
e benevolenza anche se erano<br />
scortesi, violenti o impulsivi, dimostrare<br />
cortesia, non deriderli né chiamarli<br />
pazzi, matti, ecc. Veniva inoltre<br />
specificato di non dare <strong>del</strong> «tu»<br />
ai pazienti; di cercare “con tutta bontà<br />
di far cadere il discorso quando il<br />
paziente esponeva le sue idee false<br />
o <strong>del</strong>iranti”; di non intervenire con<br />
la camicia di forza senza il parere<br />
<strong>del</strong> medico di sorveglianza; venivano<br />
inoltre proibiti e puniti interventi<br />
aggressivi o punizioni basate sul<br />
privare l'ammalato di cibo o di tabacco.<br />
Veniva imposto il segreto professionale<br />
e veniva raccomandato<br />
l'ascolto <strong>del</strong> paziente per poi riferire<br />
al medico.<br />
Si tratta di un regolamento molto<br />
dettagliato, che definisce accuratamente<br />
le mansioni degli infermieri:<br />
se ne può dedurre che il loro ruolo<br />
era privo di autonomia, e che essi<br />
erano gli intermediari tra pazien<br />
te e medico; si nota anche che, a<br />
fianco <strong>del</strong>lo specifico e necessario<br />
ruolo di sorveglianza, si cominciavano<br />
a intravedere e incoraggiare<br />
elementi per un corretto e positivo<br />
rapporto umano fra infermiere<br />
e paziente.<br />
Nei primi anni <strong>del</strong> secolo XX si<br />
procedette in questa direzione, con<br />
ulteriori norme interne e regolamenti<br />
che favorivano la dimissione e la riabilitazione<br />
dei pazienti.<br />
<strong>Il</strong> passaggio di Pergine<br />
dalla giurisdizione austriaca<br />
alla giurisdizione italiana<br />
Nel 1904 in Italia fu approvata la<br />
“Legge sui manicomi e gli alienati”,<br />
completata da un Regolamento <strong>del</strong><br />
1909: questa legge rappresenta il<br />
primo tentativo italiano di regolare<br />
l'accesso al manicomio e le condizioni<br />
di vita all'interno. A parte alcuni<br />
aspetti sulla formazione, la<br />
legge non portare novità per quanto<br />
riguarda gli infermieri.<br />
Anche dopo questa legge, infatti,<br />
il tipo di lavoro richiesto era poco<br />
diverso da quello <strong>del</strong> personale di<br />
servizio domestico: lavoro permanente<br />
con pochi giorni di riposo al mese;<br />
alloggio sul posto di lavoro, in camere<br />
come quelle dei pazienti o addirittura<br />
nelle stesse camerate; paghe<br />
minime; ancora nel 1934 chi si<br />
sposava veniva licenziato.<br />
Era compito degli infermieri far<br />
rispettare le rigide regole istituzionali,<br />
controllare e contenere i comportamenti<br />
disturbati dei pazienti; le<br />
funzioni di assistenza erano destinate<br />
soprattutto a evitare che i pazienti<br />
disturbassero i medici.<br />
<strong>Il</strong> rapporto medico/infermiere
A pag. 115:<br />
Bruno Caruso,<br />
Clochard, disegno<br />
acquarellato,<br />
1998, particolare.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
era basato soprattutto sull'autorità<br />
gerarchica: il medico ordinava<br />
e l'infermiere doveva eseguire senza<br />
discutere. La stessa autorità caratterizzava<br />
il rapporto tra infermiere<br />
e paziente, tranne alcuni<br />
casi legati all'iniziativa personale.<br />
L'Ospedale psichiatrico di Pergine<br />
era nel territorio <strong>del</strong>l'Impero austroungarico,<br />
e beneficiava di leggi<br />
e regolamenti più avanzati rispetto<br />
alle leggi ialiane.<br />
Nel 1935 circa, diciasette anni<br />
dopo la guerra, si completò l'italianizzazione<br />
<strong>del</strong>l'Ospedale psichiatrico<br />
e caddero definitivamente i regolamenti<br />
austriaci: per la qualità<br />
<strong>del</strong>l’assitenza e per la categoria infermieristica<br />
fu un salto indietro.<br />
Nel 1940 i familiari dei pazienti<br />
ricoverati dovettero dichiarare la loro<br />
madrelingua di appartenenza e quelli<br />
che optarono per la lingua tedesca<br />
furono deportati in Germania. Gli<br />
infermieri, che acompagnarono i pazienti<br />
con una tradotta partita da<br />
Pergine, raccontano che all’arrivo a<br />
destinazione in Germania, i pazienti<br />
furono ospitati in un caseggiato e<br />
gli infermieri in un locale attiguo.<br />
Durante la notte si sentivano dei lamenti<br />
e si potevano riconoscere i singoli<br />
pazienti dalle loro grida: poi non<br />
si sentì più niente. Al mattino successivo<br />
quando gli infermieri ripartirono<br />
per il ritorno a Pergine, si accorsero<br />
che il gruppo di pazienti era<br />
ridotto a meno <strong>del</strong>la metà.<br />
Dalla fine <strong>del</strong>la seconda<br />
guerra mondiale fino agli anni<br />
sessanta<br />
Le terapie<br />
Le terapie più antiche consistevano<br />
in bagni caldi alternati a freddi, o<br />
avvolgimenti in lenzuola bagnate,<br />
contenimento fisico mediante camicia<br />
di forza, nastri ai polsi e alle caviglie,<br />
o corsetti, isolamento in celle,<br />
nelle quali il pagliericcio per dormire<br />
veniva cambiato una volta alla<br />
settimana. <strong>Il</strong> pagliericcio era composto<br />
da un’alga marina essicata che<br />
aveva la caratteristica di polverizzarsi,<br />
e quindi era una sostanza adatta<br />
per prevenire il tentativo di suicidio.<br />
L'infermiere, nel caso <strong>del</strong>l'isolamento,<br />
doveva controllare ogni quarto<br />
d'ora il paziente, attraverso un<br />
apposito spioncino posto sulla porta<br />
<strong>del</strong>la cella.<br />
In situazioni di violenza improvvisa<br />
<strong>del</strong> paziente, gli infermieri dovevano<br />
bloccarlo con la forza, per<br />
poi fissarlo al letto. Molte volte si<br />
interveniva con la modalità <strong>del</strong> «comacio»,<br />
che consisteva nel buttare<br />
un lenzuolo sulla testa <strong>del</strong> paziente,<br />
in modo da coprire faccia e collo,<br />
cogliendolo di sorpresa da dietro. Le<br />
estremità <strong>del</strong> lenzuolo, tenute in<br />
mano dagli infermieri, venivano velocemente<br />
arrotolate in modo da formare<br />
un cappio intorno al collo che<br />
veniva stretto a comprimere le giugulari<br />
finchè il paziente sveniva.<br />
Gli ammalati dormivano nudi e<br />
l'infermiere doveva controllare tutte<br />
le sere il vestiario, per escludere<br />
la presenza di corpi contundenti.<br />
Porte, finestre, luce e acqua erano<br />
chiuse a chiave e l'infermiere ne era<br />
il responsabile. Le posate, le forbici<br />
e altro materiale di ferro o di vetro<br />
veniva contato scrupolosamente a<br />
ogni cambio di turno e, se risultava<br />
mancante anche di una sola unità,<br />
117
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
118<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
si doveva rovistare e mandare all'aria<br />
il reparto finché non veniva<br />
trovato l'oggetto smarrito.<br />
Fino all’inizio degli anni sessanta<br />
gli infermieri prestavano assistenza<br />
alle nuove terapie convulsivanti:<br />
malario-terapia, insulino-terapia ed<br />
elettroschok.<br />
La malario-terapia, che è la più<br />
antica tra le terapie, si basava sul<br />
creare al paziente degli stati febbrili<br />
molto alti, intervallati a periodi di<br />
febbre bassa, allo scopo di creare<br />
spossatezza e quindi sedazione. <strong>Il</strong><br />
plasmodio <strong>del</strong>la malaria viene trasmesso<br />
dalla zanzara anofele, presente<br />
nelle zone molto calde, ma anche<br />
l’uomo è un terreno fertile di coltura<br />
per tenerlo vivo. Quando non c’erano<br />
trattamenti terapeutici da fare,<br />
ma occorreva tener in vita il plasmodio,<br />
questo veniva inoculato su pazienti<br />
scelti a scopo punitivo.<br />
L’insulino-terapia (scoperta nel<br />
1932) procurava un effetto convulsivante<br />
attraverso uno squilibrio<br />
metabolico ottenuto mediante l’iniezione<br />
per via endovenosa di alte dosi<br />
di insulina. Veniva provocata una<br />
crisi ipoglicemica, con movimenti<br />
tonico-clonici, che si doveva neutralizzare<br />
con perfusione venosa di glucosio.<br />
Ogni ciclo di trattamento, con<br />
un “coma” al giorno, variava da venti<br />
a quaranta giorni e comportava un<br />
notevole aumento ponderale <strong>del</strong> paziente.<br />
La stanza adibita a questo trattamento<br />
(“camerone”) aveva dodici<br />
letti e quando i pazienti incominciavano<br />
ad entrare in coma, si doveva<br />
intervenire a iniettare il glucosio a<br />
rotazione su tutti in rapida successione.<br />
<strong>Il</strong> lavoro veniva svolto da due<br />
infermieri, di cui uno teneva il<br />
braccio <strong>del</strong> paziente che presentava<br />
le contrazioni, e l’altro “sparava”<br />
in vena il flacone di glucosio.<br />
Si trattava di un intervento infermieristico<br />
molto faticoso fisicamente<br />
e di grave responsabilità<br />
per la sopravvivenza <strong>del</strong> paziente.<br />
L’elettroschock (scoperto nel 1938<br />
da Cerletti) consiste in una scarica<br />
elettrica di un particolare voltaggio<br />
allo scopo di scatenare nel paziente<br />
convulsioni tonico-cloniche. In certe<br />
cliniche viene riconosciuto ancor<br />
oggi come un intervento terapeutico<br />
valido e viene eseguito sul paziente<br />
in anestesia totale. A Pergine<br />
si è praticato fino alla metà degli<br />
anni settanta, con il paziente vigile<br />
perché non esisteva un servizio di<br />
anestesia. Inoltre veniva praticato<br />
nei corridoi, sotto gli occhi degli<br />
altri pazienti. L’assistenza avveniva<br />
con quattro infermieri che bloccavano<br />
il paziente appoggiandosi con<br />
tutto il peso <strong>del</strong> proprio corpo sui<br />
quattro arti e rispettive articolazioni<br />
<strong>del</strong> paziente stesso. Al paziente<br />
veniva messa una fascia arrotolata<br />
fra i denti, per prevenire il morso<br />
<strong>del</strong>la lingua. Durante la scarica elettrica,<br />
il corpo <strong>del</strong> paziente si irrigidiva<br />
e faceva un salto di 15/20 centimetri<br />
circa, potendo alzare da terra<br />
tutti e quattro gli infermieri. Questo<br />
trattamento poteva procurare<br />
fratture e lussazioni al paziente.<br />
L'uso degli psicofarmaci, successivo<br />
agli anni cinquanta, ha rappresentato<br />
un cambiamento radicale, sia<br />
perché essendoci <strong>del</strong>le “medicine”,<br />
la psichiatria si avvicinava alle altre<br />
specialità mediche, sia perché la sedazione<br />
dei pazienti permetteva di
Ex Ospedale<br />
Psichiatrico di<br />
Pergine Valsugana,<br />
interno.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
versi interventi assistenziali.<br />
Si comincia a parlare di «cure<br />
morali» per intendere un insieme di<br />
attenzioni umanitarie che venivano<br />
prestate agli ammalati, nella convinzione<br />
che un clima più umano avesse<br />
ripercussioni positive sulla salute<br />
mentale degli alienati.<br />
All’interno <strong>del</strong>l’Ospedale veniva<br />
proiettato un film alla settimana,<br />
venivano organizzate <strong>del</strong>le gite di<br />
reparto, a fine anno veniva organizzato<br />
il ballo per i pazienti nel teatro<br />
con musica e allegria sia per i pazienti<br />
che per il personale.<br />
L’Ospedale psichiatrico di Pergine<br />
alla fine degli anni sessanta<br />
ospitava circa duemila pazienti.<br />
Come tutte le istituzioni totali aveva<br />
un regime autarchico, cioè doveva<br />
provvedere a tutte le necessità<br />
<strong>del</strong>la vita quotidiana. All’interno<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale c’era quindi un<br />
forno per il pane, una lavanderia,<br />
un laboratorio tessile che produ<br />
ceva la tela per tutte le necessità,<br />
un materassaio, il calzolaio, la falegnameria,<br />
ecc., dove lavoravano<br />
pazienti sorvegliati da infermieri,<br />
e operai. <strong>Il</strong> fatto di appartenere a<br />
queste squadre di lavoro consentiva<br />
agli infermieri di imparare<br />
mestieri artigianali.<br />
A due chilometri dall’Ospedale si<br />
trovava la colonia agricola “La Costa”.<br />
La colonia rappresentava<br />
un’azienda agricola e zootecnica,<br />
molto avanzata rispetto alle aziende<br />
<strong>del</strong>l’epoca, destinata a produrre il<br />
fabbisogno alimentare di tutto il<br />
complesso ospedaliero, pazienti e<br />
operatori. Serviva inoltre come strumento<br />
di “ergoterapia” per i pazienti<br />
che stavano meglio, prima<br />
<strong>del</strong> loro eventuale re-inserimento<br />
in famiglia. Alcuni infermieri in<br />
servizio presso la colonia erano<br />
deputati, oltre che all’assistenza<br />
dei pazienti, al lavoro di agricoltura<br />
e di allevamento <strong>del</strong> bestia-<br />
119
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
120<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
me, insieme ai pazienti.<br />
Nella Colonia c’era anche il macello,<br />
da cui poi le mezzene degli<br />
animali venivano portate nella macelleria<br />
<strong>del</strong>l’ospedale, situata presso<br />
le cucine. La gestione doveva essere<br />
piuttosto allegra perché si racconta<br />
che arrivavano due mezzene <strong>del</strong>lo<br />
stesso animale con due code o senza<br />
coda addirittura, e non si giustificava<br />
come potevano appartenere ad<br />
un solo animale.<br />
Era abitudine conclamata fino a<br />
metà degli anni settanta che le colf<br />
dei medici <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />
si recassero il sabato mattina alla<br />
macelleria <strong>del</strong>l’ospedale per fornirsi<br />
dei migliori tagli di carne. In generale<br />
anche alcuni infermieri potevano<br />
trarre vantaggio da un sistema di<br />
favoritismi e benefici nella gestione<br />
dei beni <strong>del</strong>l’Ospedale.<br />
L’”ergoterapia” prevedeva inoltre<br />
la partecipazione dei pazienti a squa<br />
dre interne, per lavori all’interno<br />
dei reparti, e a squadre esterne per<br />
lavori in campagna e nei parchi.<br />
Per i pazienti, essere inseriti nell’”ergoterapia”<br />
era più gratificante<br />
che stare rinchiusi in reparto, perché<br />
percepivano un minimo salario<br />
(all’inizio degli anni settanta, rispettivamente<br />
cento lire per le squadre<br />
interne e duecento lire per quelle<br />
esterne), e perché avevano qualche<br />
privilegio di autonomia che<br />
sfociava anche in piccoli spazi di<br />
potere. Come in tutte le istituzioni<br />
chiuse, gli spazi di potere all’interno<br />
<strong>del</strong>l’istituzione erano creati sia<br />
da gruppi di pazienti che da gruppi<br />
di operatori.<br />
Caratteristiche contrattuali<br />
<strong>del</strong> lavoro infermieristico<br />
Fino alla prima metà degli anni sessanta,<br />
il Direttore aveva ancora potere<br />
assoluto su tutto, e poteva licenziare<br />
o assumere a suo piacimento.<br />
Prima <strong>del</strong>l'assunzione definitiva,<br />
il personale infermieristico veniva<br />
assunto per periodi iniziali di 15<br />
giorni e poi di due mesi, con successivi<br />
licenziamenti per periodi più<br />
o meno lunghi a seconda <strong>del</strong>le esigenze<br />
<strong>del</strong>la direzione.<br />
Non potevano essere assunti i cosiddetti<br />
“casi doppi”, cioè poteva essere<br />
occupata una sola persona per<br />
ogni nucleo familiare. La motivazione<br />
di questa regola va cercata<br />
nei bisogni <strong>del</strong>la comunità locale<br />
perginese, che viveva l'ospedale<br />
non tanto come struttura di cura<br />
per i pazienti psichiatrici, quanto<br />
come importante e sicura risorsa<br />
occupazionale, e pretendeva<br />
un'equa distribuzione fra tutte le
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
famiglie di quei posti di lavoro<br />
privilegiati rispetto alle altre attività<br />
lavorative, prevalentemente<br />
agricole.<br />
I turni di lavoro erano di una settimana<br />
di servizio e una di riposo,<br />
fino al 1945 circa, poi, fino al 1963,<br />
di 24 ore di servizio e 24 di riposo,<br />
con quindici giorni di ferie all'anno.<br />
Nel turno <strong>del</strong>le 24 ore tutto il<br />
personale <strong>del</strong> reparto lavorava<br />
dalle 7,15 alle 20, alle 20 il turno<br />
si divideva in due gruppi che facevano<br />
la prima e la seconda veglia.<br />
Quelli <strong>del</strong>la prima veglia continuavano<br />
fino all’una di notte, e<br />
quelli <strong>del</strong>la seconda veglia lavoravano<br />
dall’una alle 7,15 <strong>del</strong> mattino,<br />
finché arrivava il cambio. Mentre<br />
era di turno il gruppo <strong>del</strong>la<br />
prima veglia, il gruppo <strong>del</strong>la seconda<br />
veglia poteva dormire, e viceversa.<br />
Dormivano comunque nel<br />
piano soprastante al reparto,<br />
pronti a intervenire immediatamente<br />
in caso di urgenza.<br />
La divisa per gli uomini consisteva<br />
in un lungo camice a righine,<br />
cravatta, cappello e mazzo di<br />
chiavi alla cinta; per le donne, una<br />
divisa quasi monacale con vestaglia<br />
e cuffia bianche.<br />
La carriera prevedeva quattro tappe:<br />
infermiere di terza classe; infermiere<br />
di seconda classe; infermiere<br />
scelto; capo sala. Dopo la nomina a<br />
capo sala si poteva anche aspirare<br />
alla nomina di vice ispettore fino<br />
al vertice massimo di ispettore. <strong>Il</strong><br />
passaggio veniva definito attraverso<br />
le note di qualifica (insufficiente,<br />
sufficiente, buono, distinto,<br />
ottimo) che il medico responsabile<br />
<strong>del</strong> reparto attribuiva annual<br />
mente ad ogni infermiere. Questo<br />
giudizio veniva ricavato dalle risposte<br />
a domande tipo: puntuale,<br />
non puntuale, puntualissimo, e,<br />
con la stessa declinazione, veloce,<br />
cordiale, ubbidiente, ecc.<br />
Questo sistema (mantenuto fino<br />
al 1978) era evidentemente influenzato<br />
da personalismi e clientelismi,<br />
e testimonia l'ampia discrezionalità<br />
dei medici sulla carriera<br />
infermieristica.<br />
Gli anni settanta: i movimenti<br />
di deistituzionalizzazione<br />
Dalla metà degli anni sessanta in<br />
poi, attraverso la pratica <strong>del</strong>la psicofarmacologia<br />
e sotto l'influsso<br />
di contributi scientifici, culturali e<br />
sociali che caratterizzarono quel<br />
periodo fecondo, fu possibile il<br />
superamento degli ospedali psichiatrici,<br />
che può essere circoscritto<br />
tra la legge <strong>del</strong> 1968 e quella<br />
<strong>del</strong> 1978, la rivoluzionaria 180.<br />
Questo processo si concluse nello<br />
stesso anno 1978 con la legge<br />
di riforma sanitaria 833: la psichiatria<br />
entrava a tutti gli effetti nel<br />
Sistema sanitario nazionale.<br />
I grossi fermenti innovativi nella<br />
psichiatria arrivarono dopo gli anni<br />
sessanta, sotto l'influsso <strong>del</strong>la esperienza<br />
francese <strong>del</strong> settore, e di una<br />
cultura sociale ed antipsichiatrica<br />
che assunse in Italia una rilevanza<br />
particolare come movimento antiistituzionale.<br />
Nel momento in cui si mettevano<br />
in crisi i principi <strong>del</strong>l'”istituzione<br />
totale” e <strong>del</strong>l’assistenza repressiva ed<br />
emarginante, si cominciarono a mettere<br />
in luce le potenzialità e le contraddizioni<br />
<strong>del</strong>la categoria infer<br />
121
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
122<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
mieristica che, all'interno <strong>del</strong> manicomio,<br />
era collocata su un gradino<br />
appena superiore a quella dei<br />
pazienti.<br />
Erano i primi momenti storici in<br />
cui si cominciava a parlare di “equipe”.<br />
Significativo è, un articolo <strong>del</strong><br />
1968 di Pancheri, che per la prima<br />
volta dà una definizione totalmente<br />
nuova <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>l'infermiere<br />
psichiatrico, distinguendone tre<br />
compiti: tecnico, umano, sociale,<br />
a loro volta così articolati:<br />
- compiti tecnici: cure personali ai<br />
malati; assistenza prima, durante<br />
e dopo elettroshok e insulinoterapia;<br />
preparazione <strong>del</strong>lo strumentario<br />
e assistenza al medico durante<br />
narcoanalisi, lombare, ecc.;<br />
somministrazione di farmaci;<br />
- compiti umani: scelta <strong>del</strong>l'atteggiamento<br />
terapeutico, aiutare il<br />
malato nell'accettare le terapie,<br />
migliorare le relazioni interpersonali<br />
<strong>del</strong> malato, osservare il comportamento<br />
<strong>del</strong> paziente;<br />
- compiti sociali: sorvegliare il lavoro<br />
collettivo in ergoterapia, sorvegliare<br />
gli svaghi.<br />
Si trattava cioè di funzioni che concernevano<br />
il malato direttamente<br />
(funzioni tecniche di base e specialistiche),<br />
ed indirettamente (organizzazione<br />
<strong>del</strong>l'ambiente terapeutico e<br />
supervisione <strong>del</strong> personale di assistenza<br />
non specialistico).<br />
La legge 431 <strong>del</strong> 1968 (la cosiddetta<br />
“legge Mariotti”) istituisce la<br />
possibilità <strong>del</strong> ricovero volontario e<br />
<strong>del</strong>l’ attività extraospedaliera. Si incomincia<br />
anche in <strong>Trentino</strong> ad uscire<br />
dal manicomio; nascono i dispensari<br />
di igiene mentale sul territorio,<br />
che consistevano in ambulatori funzionanti<br />
per qualche mezza giornata<br />
alla settimana. L’attività territoriale<br />
era svolta dai medici <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
con l’assistenza di qualche infermiere<br />
di Pergine e successivamente con le<br />
assistenti sanitarie. Gli infermieri,<br />
che erano infermieri generici psichiatrici,<br />
potevano lavorare solamente<br />
in psichiatria.<br />
Dal 1972 (anno <strong>del</strong>la mitica esperienza<br />
di Gorizia) al 1978 (anno <strong>del</strong>la<br />
legge 180), le esperienze di apertura<br />
degli ospedali psichiatrici si<br />
moltiplicano su tutto il territorio<br />
nazionale, ma il manicomio di Pergine<br />
non era ancora pronto.<br />
Si pensi che in quel periodo venne<br />
istituito un servizio di infermieri<br />
«guardia parchi» per controllare il<br />
traffico di alcolici attraverso la rete<br />
di recinzione <strong>del</strong>l’ospedale e per controllare<br />
eventuali incontri fra coppiette<br />
di pazienti nel vasto <strong>parco</strong><br />
<strong>del</strong>l’ospedale. <strong>Il</strong> gruppo era composto<br />
di otto infermieri che avevano<br />
ognuno il proprio territorio da controllare.<br />
Questo è un esempio di<br />
come si era lontani dalle ideologie<br />
di liberalizzazione <strong>del</strong> paziente psichiatrico,<br />
ma mostra anche come all’interno<br />
<strong>del</strong>l’Ospedale fosse permessa<br />
una certa libertà di movimento.<br />
Nel 1974 furono inseriti i tirocinanti<br />
psicologi, provenienti dalla<br />
Facoltà di psicologia di Padova, che,<br />
insieme a un folto gruppo di psichiatri<br />
giovani, hanno dato una grossa<br />
spinta alla deistituzionalizzazione e<br />
all’apertura verso l’esterno <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico di Pergine. Si cominciava<br />
a respirare un forte clima<br />
innovativo.<br />
Nel clima di innovazione che si
Ex Ospedale<br />
Psichiatrico di<br />
Pergine Valsugana.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
stava sviluppando, si è attivato anche<br />
un gruppo di circa trenta infermieri,<br />
stimolati dal Direttore, che<br />
sono anche andati in visita a Trieste<br />
e hanno avuto un incontro di confronto<br />
con il professor Basaglia. Questo<br />
gruppo di infermieri ha costituito<br />
un nucleo di operatori più motivati<br />
a proporre un cambiamento istituzionale,<br />
che si è poi concluso nel<br />
maggio <strong>del</strong> 1978, quando sono usciti<br />
dall’Ospedale psichiatrico per aprire<br />
i servizi ospedalieri sul territorio.<br />
La maggioranza <strong>del</strong> personale infermieristico<br />
però era abbastanza<br />
contraria all’uscita lavorativa sul territorio,<br />
per paura <strong>del</strong> cambiamento<br />
da una parte e per il rischio di perdere<br />
il lavoro vicino a casa dall’altra.<br />
Nal 1973 nasceva il giornalino interno<br />
“All’ombra <strong>del</strong> Tegaz” redatto<br />
da un gruppo di pazienti coordinati<br />
da due infermieri e da una assistente<br />
sanitaria, ma questa esperienza,<br />
che dava voce per la prima volta ai<br />
pazienti, si esauriva nel 1975 circa.<br />
Nel 1975 veniva aperto un servizio<br />
riabilitativo chiamato «Tempo<br />
Libero». In questo spazio i pazienti<br />
avevano la possibilità di esercitare<br />
attività espressive mediante la<br />
manipolazione di materiali e attraverso<br />
il disegno e la pittura.<br />
Nel 1975 ci fu anche il primo<br />
soggiorno al mare di due gruppi<br />
di venticinque pazienti, accompagnati<br />
da sei operatori per ogni<br />
gruppo. L’esperienza si è dimostrata<br />
molto valida, tanto è vero che<br />
si è sempre ripetuta anche negli<br />
anni successivi.<br />
Per coinvolgere la cittadinanza di<br />
Pergine nella realtà di un ospedale<br />
psichiatrico in via di trasformazione,<br />
si organizzarono alcune manifestazioni,<br />
come il passaggio <strong>del</strong> corteo<br />
carnevalesco nei parchi <strong>del</strong>l’Ospedale,<br />
concerti bandistici, spettacoli<br />
di filodrammatiche, mostre<br />
ecc.<br />
A poco a poco la cittadinanza di<br />
Pergine ha conosciuto la realtà <strong>del</strong>l’Ospedale<br />
psichiatrico e i pazienti<br />
hanno incominciato ad uscire nella<br />
città, prima accompagnati, e poi<br />
anche da soli.<br />
Nel 1977 venne organizzato dal<br />
“Tempo Libero”, all’interno <strong>del</strong> programma<br />
carnevalesco, una messa in<br />
scena <strong>del</strong> “bruciare il manicomio”.<br />
Su un enorme mucchio di neve davanti<br />
alle cucine furono disposti i<br />
padiglioni <strong>del</strong>l’ospedale, ricavati<br />
da scatoloni dipinti, che i pazienti<br />
con gli infermieri <strong>del</strong> “Tempo Li<br />
123
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
124<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
bero” bruciarono in segno di deistituzionalizzazione<br />
e di apertura.<br />
Come segno di conservazione e di<br />
mantenimento, invece, gli infermieri<br />
dei reparti accorrevano con<br />
gli estintori.<br />
<strong>Il</strong> conflitto, inscenato nel clima<br />
carnevalesco, ha avuto comunque<br />
ripercussioni anche nella vita lavorativa<br />
quotidiana, aumentando la<br />
tensione e lo scontro tra operatori<br />
innovativi e conservatori.<br />
<strong>Il</strong> nuovo regolamento<br />
per il personale di assistenza<br />
La Provincia autonoma di Trento<br />
nel 1977 elaborò il “Regolamento<br />
speciale per il Servizio di salute<br />
mentale”, che è rimasto in vigore<br />
fine alla metà degli anni novanta.<br />
Per il personale infermieristico il<br />
regolamentro individuava le seguenti<br />
fasce di carriera: ispettore,<br />
viceispettori, caposala e infermieri.<br />
Nell'art. 42 vengono elencate le<br />
mansioni degli infermieri:<br />
- eseguono la terapia indicata dai<br />
medici;<br />
- prestano l'assistenza negli esami<br />
clinici e terapie speciali;<br />
- svolgono azioni di pronto soccorso<br />
infermieristico;<br />
- osservano il comportamento<br />
<strong>del</strong> disturbato mentale raccogliendo<br />
le notizie sui rapporti<br />
familiari e ambientali;<br />
- svolgono compiti generali di assistenza<br />
e di intervento ai fini di<br />
un buon andamento <strong>del</strong> reparto<br />
per quanto riguarda sia gli<br />
aspetti igienici che gli aspetti<br />
personali e sociali, con particolare<br />
riferimento alle attività psi<br />
coterapiche individuali e di<br />
gruppo;<br />
- contribuiscono ad attuare e sviluppare,<br />
unitamente agli altri operatori,<br />
ogni iniziativa rivolta al miglioramento<br />
<strong>del</strong>le condizioni di<br />
vita e di graduale <strong>recupero</strong> sociale<br />
<strong>del</strong> disturbato mentale, sia nell'ospedale<br />
che nell'ambiente.<br />
Stava ormai avvenendo un grosso<br />
cambiamento nel modo di considerare<br />
l'infermiere psichiatrico: non più<br />
solo custode, non più braccio destro<br />
<strong>del</strong> medico soltanto, ma operatore<br />
con competenza propria e<br />
specifica nella relazione con il paziente.<br />
Negli anni settanta, periodo di<br />
grandi profonde trasformazioni istituzionali,<br />
gli infermieri psichiatrici<br />
hanno comunque vissuto una grave<br />
crisi di identità e di ruolo e sono<br />
stati spesso al centro <strong>del</strong>la conflittualità<br />
istituzionale.<br />
A volte sono stati mitizzati come<br />
strumenti fondamentali per un nuovo<br />
agire psichiatrico, altre volte al<br />
contrario sono stati visti come le<br />
forze conservatrici e omeostatiche<br />
che si opponevano alla ”rivoluzione”<br />
psichiatrica.<br />
Sicuramente gli infermieri psichiatrici<br />
hanno vissuto intensamente<br />
sia gli entusiasmi di un lavoro<br />
nuovo che le incertezze di<br />
cambiamenti non prevedibili; a<br />
volte sono stati artefici di situazioni<br />
di assistenza più avanzate e<br />
creative, a volte si sono arroccati<br />
su funzioni di custodia più repressiva.<br />
La legge 180 <strong>del</strong> 1978:<br />
la separazione tra servizi
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
di salute mentale e Ospedale<br />
psichiatrico<br />
La legge 180 prevedeva che ogni<br />
Unità sanitaria locale dovesse garantire<br />
nei nuovi servizi il proprio personale<br />
infermieristico. In realtà, sul<br />
territorio provinciale, il servizio di<br />
assistenza nei Servizi ospedalieri istituiti<br />
a Borgo, a Trento, a Mezzolombardo<br />
e a Arco, fu espletato, all’inizio,<br />
dal personale che proveniva<br />
dall'Ospedale psichiatrico,<br />
con la conseguenza che le figure<br />
infermieristiche più motivate si<br />
sono proiettate sui servizi territoriali<br />
a scapito dei pazienti che rimanevano<br />
ricoverati in manicomio.<br />
In questo modo si trovarono<br />
per la prima volta a lavorare fianco<br />
a fianco negli ospedali di zona<br />
infermieri psichiatrici e professionali,<br />
con contratti, funzioni e retribuzioni<br />
diverse, che si omogeneizzarono<br />
nel 1882 con il passaggio<br />
<strong>del</strong> personale infermieristico di<br />
Pergine dalla Provincia alle unità<br />
sanitarie locali.<br />
Gli infermieri psichiatrici di Pergine<br />
restarono sempre legati alla<br />
Unità sanitaria locale C 4, ed erano<br />
parzialmente prestati alle altre Unità<br />
sanitarie locali; nel 1987 rientrarono<br />
tutti in Ospedale psichiatrico,<br />
mentre nei servizi ospedalieri<br />
venivano inseriti infermieri professionali<br />
e non, senza precedenti<br />
esperienze psichiatriche.<br />
Mentre i Servizi di salute mentale<br />
territoriali crescono e si dotano<br />
di nuove strutture per rispondere<br />
ai bisogni <strong>del</strong>la popolazione,<br />
l’Ospedale psichiatrico, detto “residuo<br />
manicomiale”, rimane in attesa<br />
di un progetto di «riconver<br />
sione» che solo nel 2003 inizierà<br />
la sua attuazione.<br />
La formazione degli infermieri<br />
A conclusione di questa breve rassegna<br />
storica sembra utile accennare<br />
alla formazione degli infermieri.<br />
La legge italiana <strong>del</strong> 1904 prevedeva<br />
che in ogni ospedale psichiatrico<br />
dovevano essere attivati corsi<br />
per la specifica preparazione teorico-pratica<br />
degli infermieri. Tuttavia,<br />
lo scarso interesse culturale e sociale,<br />
l'organizzazione <strong>del</strong> lavoro, il sapere<br />
medico, la volontà politica stessa<br />
di inserire una classe infermieristica<br />
poco preparata culturalmente,<br />
sono stati un freno all'organizzazione<br />
di questi corsi.<br />
Anche dal punto di vista istituzionale,<br />
questi corsi con esami finali,<br />
erano <strong>del</strong>la durata più varia, a<br />
partire da un anno a tre mesi (corsi<br />
minimi per un totale di centoventi<br />
ore), secondo il fabbisogno<br />
<strong>del</strong> momento di infermieri. Si pensi<br />
che a Pergine nel 1970 fu fatto un<br />
corso serale di due ore per cinque<br />
giorni la settimana che durò tre<br />
mesi.<br />
Dal 1976 la formazione infermieristica<br />
prevede solo le scuole regionali<br />
per infermiere professionale,<br />
e quindi non vengono più istituiti<br />
corsi per infermieri psichiatrici e<br />
generici.<br />
Dal 1994 pende avvio di concerto<br />
fra il Ministero <strong>del</strong>la Sanità e il Ministero<br />
<strong>del</strong>l’Uuniversità, un percorso<br />
universitario di preparazione<br />
alla professione infermieristica,<br />
che viene ad assumere un'impostazione<br />
scientifica specifica.<br />
Dall'anno scorso, come era pre<br />
125
Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />
126<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
visto dai profili professionali <strong>del</strong><br />
1994, è stato attivato in alcune<br />
università un master post-laurea<br />
per infermieri in assitenza al paziente<br />
psichiatrico. Questa figura<br />
in provincia di Trento era già stata<br />
prevista, attraverso un corso di<br />
specializzazione attuato una volta<br />
nel 1987 e poi nel 1997, che ha<br />
formato circa cinquanta infermieri.<br />
Una nuova figura professionale,<br />
che si sta inserendo nei servizi di<br />
salute mentale e che affianca l’in
Bruno Caruso,<br />
Contro l’uso <strong>del</strong>la<br />
camicia di forza<br />
negli ospedali<br />
psichiatrici.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
fermiere, è il terapista <strong>del</strong>la riabilitazione<br />
psichiatrica. Anche questo<br />
professionista ha una formazione<br />
di tipo universitario con particolare<br />
preparazione nel settore<br />
<strong>del</strong>la riabilitazione. Anche il Servizio<br />
di salute mentale di Pergine si<br />
avvale di questi professionisti.<br />
L’istituzione di questi nuovi corsi<br />
di laurea evidenzia come all’infermiere<br />
che lavora in psichiatria non<br />
sia più richiesto solo… una corporatura<br />
robusta, ma una formazione<br />
accurata e specialistica.<br />
NOTE<br />
Molti particolari raccontati nell’articolo<br />
derivano dalla mia esperienza<br />
di infermiere a Pergine dal 1970<br />
e da quella di Silvia Lorenzini, mia<br />
madre, infermiera a Pergine dal<br />
1936 al 1973. Ho inoltre utilizzato<br />
i seguenti testi: BASAGLIA 1968,<br />
DE GIROLAMO – CAPPIELLO 1985,<br />
GOFFMANN 1968, MARZI – BOLO<br />
GNANI 1987, PANCHERI 1969,<br />
PANTOZZI 1989, SCHWING 1988 e<br />
ZANI – RAVENNA – NICOLI 1984.<br />
Evidentemente il presente contributo<br />
non ha la pretesa di affrontare<br />
il tema <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> ruolo<br />
<strong>del</strong>l'infermiere psichiatrico in tutte<br />
le sue componenti, ma solo di<br />
offrire alcuni spunti di lettura relativamente<br />
alla vicenda di una<br />
funzione all'interno <strong>del</strong> manicomio<br />
di Pergine Valsugana.<br />
Uno studio più approfondito non<br />
può prescindere in alcun modo da<br />
una più ampia visione <strong>del</strong> fenomento<br />
che prenda in considerazione<br />
non solo il contesto italiano o<br />
tedesco, ma anche quello di altri<br />
paesi europei. In tal senso si è registrato<br />
negli ultimi due decenni<br />
un crescente interesse storiografico<br />
nei confronti di questi temi di<br />
cui sono testimonianza, solo a titolo<br />
esemplificativo, i testi di CA-<br />
LAMANDREI 1983, DONAHUE 1991<br />
e SIRONI 1991.<br />
Valerio Fontanari è I.P. specializzato in<br />
assistenza psichiatrica - Azienda<br />
Provinciale per i Servizi Sanitari e<br />
professore a contratto <strong>del</strong> Corso di laurea<br />
tecnico <strong>del</strong>la riabilitazione psichiatrica,<br />
Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />
<strong>del</strong>l’Università degli Studi di Verona.<br />
127
SCHEDA 1<br />
<strong>Il</strong> riuso organico <strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico<br />
di Pergine Valsugana<br />
Proposte per un piano tra politica culturale<br />
e imprenditorialità<br />
La riflessione sviluppata nel corso degli<br />
anni dal gruppo di lavoro che ha seguito<br />
il progetto “Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute”,<br />
e <strong>del</strong>la quale gli studi ospitati in questo<br />
numero <strong>del</strong>la rivista offrono parziale<br />
testimonianza, ha permesso di elaborare<br />
un articolato piano al quale affidare il raggiungimento<br />
<strong>del</strong>l'obiettivo di un riuso organico<br />
<strong>del</strong>l'ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />
Valsugana.<br />
In questa sede si presenta l'articolazione<br />
di questo itinerario, in forma di semplice<br />
scheda, proponendola come una sorta<br />
di promemoria dei diversi passaggi sui<br />
quali il gruppo stesso ritiene sia opportuno<br />
insistere per recuperare concretamente<br />
ad un fine di utilità pubblica quanto è<br />
stato individuato nel corso <strong>del</strong>la ricerca e,<br />
in alcuni casi, trasferito anche in precisi<br />
progetti.<br />
1. I settori di intervento<br />
1. <strong>Il</strong> “Contenitore” fisico, alias <strong>recupero</strong><br />
<strong>del</strong> <strong>parco</strong>;<br />
2. La memoria;<br />
2.1 Allestimento di una casa <strong>del</strong>la memoria;<br />
2.2 Valorizzazione <strong>del</strong>l'archivio storico<br />
ai fini <strong>del</strong>la conservazione e fruizione<br />
con attenzione anche per l'importante<br />
biblioteca scientifica a corredo.<br />
2. Alcune prospettive di attività derivanti<br />
dalla memoria (cartacea e orale)<br />
1. Psichiatria perginese tra Austria e Italia<br />
(la psichiatria transnazionale come marcatore<br />
forte);<br />
1.1 I medici;<br />
1.2 Gli infermieri;<br />
128<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
1.3 Le suore e i cappellani;<br />
2. Analisi sociale <strong>del</strong>l’utenza;<br />
3. Topografia <strong>del</strong>l’utenza;<br />
4. Storia <strong>del</strong>l’edilizia manicomiale;<br />
5. Storia <strong>del</strong>le colonie agricole (ergoterapia<br />
e scelte virtuose);<br />
6. Operazione T4 (crimini nazisti contro i<br />
malati psichici e i disabili);<br />
7. La fine <strong>del</strong>l’”istituzione totale”.<br />
3. Attività innovative nel quadro di un coerente<br />
riuso<br />
1. Corsi di terapia ortoculturale;<br />
2. Creazione di un “cybercafe” nel <strong>parco</strong>,<br />
aperto ad interni ed esterni;<br />
3. La cultura nella/<strong>del</strong>la follia (mostre di<br />
pittura, musicoterapia transculturale, attività<br />
artistiche collegate a manifestazioni<br />
a carattere permanente).<br />
4. Enti collaborativi potenziali<br />
1. Comune di Pergine;<br />
2. Associazione nazionale archivisti-sezione<br />
<strong>Trentino</strong>-Alto Adige;<br />
3. Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari;<br />
4. Istituto agrario di S. Michele all'Adige;<br />
5. Museo storico in Trento;<br />
6. Provincia autonoma di Trento;<br />
7. Università degli studi di Trento;<br />
8. Associazioni di familiari dei “malati psichiatrici”.<br />
Gruppo di lavoro: Roberta Arcaini, Casimira Grandi,<br />
Anita Pasqualetti, Vincenzo Adorno, Paolo Botteon,<br />
Rodolfo Taiani, Gian Piero Sciocchetti, Ermanno<br />
Arreghini, Carmelo Anderle
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
129
SCHEDA 2<br />
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1998<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
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