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Il recupero del parco - Trentino Salute

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SPEDIZIONE IN A.P. - ART. 2 COMMA 20/B 45% - LEGGE 662/96 - DC TRENTO -<br />

Provincia Autonoma<br />

di Trento<br />

Servizio Sanitario<br />

Provinciale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Punto Omega<br />

Quadrimestrale - Nuova serie - Anno V n. 12-13/2003<br />

ALLA LLA RICERCA<br />

DELLE MENTI PERDUTE


Punto Omega<br />

Rivista quadrimestrale<br />

<strong>del</strong> Servizio Sanitario<br />

<strong>del</strong> <strong>Trentino</strong><br />

Nuova serie<br />

Anno V/dicembre 2003<br />

numero 12/13<br />

Registrazione <strong>del</strong> Tribunale<br />

di Trento n. 1036<br />

<strong>del</strong> 6.10.1999<br />

© copyright 2003<br />

Provincia Autonoma<br />

di Trento<br />

Tutti i diritti riservati.<br />

Riproduzione consentita<br />

con citazione obbligatoria<br />

<strong>del</strong>la fonte<br />

Direttore<br />

Remo Andreolli<br />

Direttore responsabile<br />

Alberto Faustini<br />

Coordinamento redazionale<br />

ed editoriale<br />

Vittorio Curzel<br />

Redazione<br />

a cura <strong>del</strong> Servizio<br />

Programmazione e ricerca<br />

sanitaria<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Questo numero è stato realizzato<br />

con la collaborazione <strong>del</strong><br />

MUSEO<br />

STORICO<br />

IN TRENTO ONLUS<br />

Hanno scritto per questo numero:<br />

Carmelo Anderle,<br />

Renzo Anderle,<br />

Pius Dejaco,<br />

Valerio Fontanari,<br />

Fabrizio Fronza,<br />

Casimira Grandi,<br />

Domenico Luciani,<br />

Giuseppe Pantozzi,<br />

Gian Piero Sciocchetti,<br />

Rodolfo Taiani,<br />

Lorenzo Toresini,<br />

Alfredo Vival<strong>del</strong>li.<br />

Grafica e impaginazione<br />

a cura <strong>del</strong> Servizio<br />

Programmazione e ricerca<br />

sanitaria<br />

Art Director<br />

Vittorio Curzel<br />

Progetto grafico<br />

Giancarlo Stefanati<br />

Editing<br />

Attilio Pedenzini<br />

Giovanna Forti<br />

Stampa<br />

Tipografia Alcione<br />

Trento<br />

Provincia Autonoma<br />

di Trento<br />

Servizio Programmazione<br />

e Ricerca sanitaria<br />

Via Gilli, 4<br />

38100 Trento<br />

tel. +39.0461.494037<br />

fax +39.0461.494073<br />

e-mail:<br />

serv.prog.ric.san@provincia.tn.it<br />

www.trentinosalute.net<br />

<strong>Il</strong> trattamento dei dati personali<br />

avviene in conformità a quanto<br />

disposto dalla legge 675/96, in modo<br />

da garantirne la sicurezza e la<br />

riservatezza e può essere effettuato<br />

attraverso strumenti informatici e<br />

telematici atti a gestire i dati stessi.<br />

Titolare <strong>del</strong> trattamento dei dati è la<br />

Provincia Autonoma di Trento con<br />

sede in Piazza Dante 15, Trento;<br />

responsabile il dirigente <strong>del</strong> Servizio<br />

Programmazione e ricerca sanitaria.<br />

<strong>Il</strong> disegno di copertina e quelli<br />

alle pagg. 11, 16, 19, 20, 22, 24,<br />

26, 28, 31, 33, 43, 46, 71, 73,<br />

86, 89, 111, 112, 115, 126 sono<br />

di Bruno Caruso e sono tratti da<br />

“Dai luoghi <strong>del</strong>la follia. Disegni<br />

<strong>del</strong> manicomio di Palermo 1953­<br />

1958 e oltre”. Edimond, Città di<br />

Castello (PG), 2000.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Remo Andreolli<br />

3 Editoriale<br />

Alfredo Vival<strong>del</strong>li<br />

4 <strong>Il</strong> superamento<br />

<strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

provinciale di Pergine<br />

Valsugana<br />

(Interventi al Seminario<br />

<strong>del</strong> 30 novembre 2001)<br />

Lorenzo Toresini<br />

15 Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />

perdute: ragioni di un<br />

seminario a Trento<br />

Domenico Luciani<br />

21 La terza utopia<br />

Gian Piero Sciocchetti<br />

29 Edificazione<br />

di un manicomio<br />

Renzo Anderle<br />

42 Un luogo per nuove<br />

politiche sociali<br />

Carmelo Anderle, Fabrizio Fronza<br />

49 <strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

Casimira Grandi<br />

74 Tracce per una riflessione<br />

(Altri interventi)<br />

Rodolfo Taiani<br />

83 Un manicomio, una storia,<br />

un progetto<br />

Pius Dejaco<br />

93 <strong>Il</strong> manicomio provinciale<br />

tirolese di Pergine (1912)<br />

Giuseppe Pantozzi<br />

108 <strong>Il</strong> manicomio di Pergine,<br />

istituto interprovinciale<br />

1 2/13<br />

anno cinque numero dodici/tredici<br />

Valerio Fontanari<br />

113 Gli infermieri di Pergine.<br />

Cento anni di storia<br />

Scheda 1<br />

128 <strong>Il</strong> riuso organico <strong>del</strong>l’ex ospedale<br />

psichiatrico di Pergine Valsugana<br />

Scheda 2<br />

130 Bibliografia


2<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita <strong>del</strong> loro numero e dalla<br />

moltiplicazione dei collegamenti, accomunati dal risveglio <strong>del</strong>la speranza e<br />

<strong>del</strong>l’angoscia per il futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di<br />

una coscienza unica e di una conoscenza condivisa”.<br />

Pierre Teilhard de Chardin<br />

“Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto<br />

tra il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale <strong>del</strong>l’umanità, laddove<br />

tendono tutte le coscienze, nella ricerca <strong>del</strong>l’unità che sola può salvare l’Uomo e la<br />

Terra. “Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale <strong>del</strong><br />

Servizio sanitario <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue<br />

pagine vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono<br />

interessati ai temi <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita.


Nel processo di crescita e di progresso<br />

civile <strong>del</strong>la società italiana la legge<br />

n.180/78 ha costituito certamente<br />

un significativo passo avanti, prevedendo<br />

la deistituzionalizzazione <strong>del</strong><br />

malato psichiatrico e la sua integrazione<br />

nell’ambiente relazionale e sociale<br />

di riferimento, anche attraverso<br />

modalità assistenziali di tipo comunitario,<br />

restituendo dunque a questi<br />

individui la loro dignità di esseri<br />

umani.<br />

Credo che sarebbe un errore tornare<br />

indietro su questo punto, come vorrebbero<br />

le proposte di modifica <strong>del</strong>la<br />

legge di riforma psichiatrica attualmente<br />

in discussione a livello nazionale.<br />

Tali proposte non considerano<br />

infatti che i disagi, le sofferenze e<br />

anche le situazioni estreme che non<br />

di rado le famiglie di questi pazienti<br />

soffrono, non sono dovute al fatto che<br />

la normativa sia sbagliata, ma piuttosto<br />

al fatto che essa non è stata<br />

applicata nella sua interezza.<br />

Editoriale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Gli ostacoli e le difficoltà di attuazione<br />

che a 25 anni dall’approvazione<br />

<strong>del</strong>la Legge Basaglia sono ancora presenti,<br />

seppure a diversi livelli, sul territorio<br />

nazionale, sono prima di tutto<br />

barriere di carattere culturale,<br />

espressioni <strong>del</strong> rifiuto di considerare<br />

le possibilità di cura e di riabilitazione<br />

<strong>del</strong>la malattia mentale, superando<br />

lo stigma di irrecuperabilità, di paura,<br />

di indifferenza e di emarginazione<br />

che la caratterizza.<br />

Sulla base di questi presupposti, in<br />

provincia di Trento abbiamo completato<br />

il processo di superamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine Valsugana<br />

pensando alla contemporanea<br />

costruzione di una rete integrata<br />

tra sanità ed assistenza, con servizi<br />

residenziali diffusi sul territorio,<br />

sia per ricollocare i pazienti <strong>del</strong>l’ex<br />

O.P., sia per i casi sorti dopo la sua<br />

chiusura nel 1978. Sono state create<br />

variegate tipologie di soluzione a seconda<br />

<strong>del</strong>le situazioni patologiche<br />

personali e <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong>le stesse,<br />

per permettere ai pazienti di compiere<br />

un percorso orientato, per quanto<br />

possibile, verso la riacquisizione<br />

<strong>del</strong>la socialità e <strong>del</strong>l’autonomia.<br />

In questo momento di riqualificazione<br />

<strong>del</strong>l’assistenza psichiatrica in <strong>Trentino</strong>,<br />

proiettata alla piena realizzazione<br />

dei principi ispiratori <strong>del</strong>la legge<br />

n.180, ci sono sembrate di particolare<br />

interesse le iniziative intraprese<br />

dal Museo Storico in Trento con l’intento<br />

di ripercorrere la storia <strong>del</strong>l’istituzione<br />

manicomiale di Pergine Valsugana,<br />

nella sua progressiva trasformazione,<br />

nel suo rapporto con il territorio<br />

e con l’evoluzione <strong>del</strong>la comunità<br />

locale, promuovendone la memoria<br />

e lo studio, per riflettere e per interpretare<br />

le dinamiche che hanno<br />

condotto nel tempo al suo superamento<br />

e per ricordare, a monito per<br />

il futuro, la sofferenza e le vite <strong>del</strong>le<br />

donne e degli uomini persi e dimenticati<br />

nel passato all’interno <strong>del</strong>le mura<br />

<strong>del</strong>le istituzioni manicomiali. A questo<br />

tema è dedicato questo nuovo numero<br />

di Punto Omega, realizzato con<br />

la collaborazione <strong>del</strong> Museo, in occasione<br />

<strong>del</strong>l’iniziativa “Alla ricerca <strong>del</strong>le<br />

menti perdute - Viaggi nell’istituzione<br />

manicomiale”.<br />

Remo Andreolli<br />

Assessore provinciale<br />

alle politiche per la salute<br />

3


<strong>Il</strong> superamento<br />

<strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

provinciale di Pergine<br />

Valsugana<br />

Alfredo Vival<strong>del</strong>li<br />

Le strutture psichiatriche<br />

tra storia e prospettive.<br />

4<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Sono stato tentato di titolare questo<br />

mio contributo "l’Ospedale psichiatrico<br />

provinciale c’è ancora" in<br />

reazione alla fretta che colgo nel tentativo<br />

si scotomizzare l’esistenza di<br />

questa struttura. Mi riferisco ad alcuni<br />

articoli di giornali quotidiani<br />

apparsi in questi ultimi mesi<br />

"Dopo 120 anni sparisce il manicomio",<br />

"<strong>Il</strong> manicomio non esiste<br />

più", "La follia rimossa dalla mente:<br />

all’ex manicomio vivono ancora,<br />

abbandonati e dimenticati quarantatre<br />

sudtirolesi".<br />

Un altro motivo che mi spingerebbe<br />

a sostenere questo titolo è la<br />

rapidità con cui si sono occupati gli<br />

spazi da sempre riservati ai pazienti<br />

per assegnarli ad altri servizi: scuola,<br />

Villa Rosa, servizi vari. Se da un<br />

lato è da ritenere ragionevole che le<br />

amministrazioni si preoccupassero di<br />

trovare un idoneo riutilizzo degli<br />

spazi lasciati liberi dalla lenta ma<br />

progressiva riduzione <strong>del</strong> ricoverati,<br />

dall’altra sarebbe stato forse opportuno<br />

progredire nel rispetto <strong>del</strong>l’esistente.<br />

Invece ora siamo "sfrattati"<br />

da luoghi nati apposta per ac­<br />

cogliere persone ammalate ma nello<br />

stesso tempo scomode e dobbiamo<br />

trovare nuovi luoghi non<br />

facili da reperire come si può registrare<br />

anche dai contradditori<br />

interventi sui giornali.<br />

In questa prima parte <strong>del</strong> mio intervento<br />

mi piacerebbe riproporre<br />

pubblicamente il problema di questa<br />

realtà che sembra vissuto più<br />

come un ingombro che non come un<br />

bisogno da soddisfare. Nel tentativo<br />

di trovare una spiegazione di questo<br />

fenomeno, nella seconda parte affronterò<br />

la clinica <strong>del</strong> mondo psicotico<br />

e <strong>del</strong>la cronicità psichiatrica e<br />

nell’ultima parte approfondirò la<br />

questione <strong>del</strong>la difficile avventura<br />

<strong>del</strong>la presa in carico da parte degli<br />

operatori.<br />

I processi<br />

di deistituzionalizzazione<br />

L’ex Ospedale psichiatrico provinciale<br />

ha cominciato la sua opera<br />

di deistituzionalizzazione nei primi<br />

anni settanta con la riorganizzazione<br />

in “settori”.<br />

Non tutti ricordano che in precedenza<br />

l’ospedale era organizzato in reparti<br />

che ospitavano pazienti suddivisi per<br />

qualità e intensità <strong>del</strong>la patologia.<br />

Con la “settorializzazione” si introduceva<br />

il concetto <strong>del</strong>la territorializzazione<br />

<strong>del</strong>l’assistenza psichiatrica<br />

nel senso che ogni area geografica<br />

<strong>del</strong> territorio trentino aveva in<br />

Ospedale psichiatrico il suo reparto<br />

seguito dalla stessa équipe di medici,<br />

assistenti sociali, infermieri e assistenti<br />

sanitarie, con il compito di<br />

seguire il paziente nel suo percorso<br />

clinico sia dentro che fuori dall’Ospedale<br />

psichiatrico.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Questa organizzazione, seppure<br />

all’epoca molto criticata in Italia, ha<br />

permesso una lenta e monitorata riduzione<br />

dei ricoveri tanto che la legge<br />

180 <strong>del</strong> maggio 1978 non ha visto<br />

l’esodo e l’invasione <strong>del</strong>le nostre<br />

città e paesi da parte degli ex OP<br />

(come venivano chiamati in modo<br />

piuttosto dispregiativo i pazienti dimessi)<br />

come invece avvenne in altre<br />

città d’Italia.<br />

Questa legge ha totalmente spostato<br />

l’asse <strong>del</strong>l’intervento sul territorio<br />

e in provincia di Trento si sono<br />

immediatamente organizzati undici<br />

centri di salute mentale con quattro<br />

servizi psichiatrici di diagnosi e cura<br />

(dall’inizio di quest’anno sono tre per<br />

la chiusura <strong>del</strong> servizio psichiatrico<br />

di diagnosi e cura di Mezzolombardo).<br />

Dopo il dicembre 1981 in Ospedale<br />

psichiatrico non fu più possibile<br />

ricoverare, ma erano ancora presenti<br />

circa cinquecento persone.<br />

Da questo momento l’attenzione<br />

dei tecnici operanti sul territorio si<br />

concentrò sul cercare nuove tecniche<br />

e far nascere nuove strutture che<br />

rispondessero adeguatamente ai bisogni<br />

dei pazienti, <strong>del</strong>le famiglie e<br />

<strong>del</strong>la società prendendo a riferimento<br />

le più moderne concezioni eziopatogenetiche<br />

e di cura <strong>del</strong>la sofferenza<br />

mentale È stata una ricerca intensa<br />

con uno stimolo continuo a<br />

studiare, sperimentare, verificare le<br />

teorie <strong>del</strong>le diverse e spesso contrapposte<br />

scuole di riferimento che ha<br />

portato la psichiatria trentina ad alti<br />

livelli nel panorama nazionale.<br />

Purtroppo anche per gli addetti<br />

ai lavori operanti sul territorio,<br />

l’Ospedale psichiatrico provinciale<br />

cadde nel dimenticatoio tanto che<br />

si interruppe quel rapporto tra ospedale<br />

e territorio garantito <strong>del</strong>la settorializzazione.<br />

L’Unità operativa <strong>del</strong>l’ospedale<br />

psichiatrico faticava molto<br />

a coinvolgere le unità operative territoriali<br />

su progetti di dimissioni nonostante<br />

uno stimolo continuo venisse<br />

dal Dipartimento di psichiatria,<br />

sollecitato peraltro anche dalle leggi<br />

nazionali e dai provvedimenti provinciali.<br />

Nel 2001 dopo una attenta ricognizione<br />

da parte di una commissione<br />

<strong>del</strong> Dipartimento di psichiatria che<br />

ha portato alla sistemazione alternativa<br />

di alcuni pazienti e in occasione<br />

<strong>del</strong>l’inaugurazione <strong>del</strong> rinnovato<br />

reparto "Pandolfi", la popolazione<br />

<strong>del</strong>l'Ospedale psichiatrico,<br />

che era ancora di 185 persone,<br />

venne distribuita in tre aree: psichiatria,<br />

geriatria e disabilità. I<br />

pazienti con prevalenti problemi<br />

geriatrici vennero collocati nel reparto<br />

Pandolfi, quelli con problemi<br />

di disabilità al Perusini II e III<br />

piano e i pazienti con prevalenti<br />

problemi psichiatrici vennero suddivisi<br />

in un reparto più assistito<br />

al I piano Perusini e in alcune case<br />

famiglia ospitate al reparto Benedetti.<br />

Nel dicembre 2001, con <strong>del</strong>ibera<br />

n. 3356, la Giunta provinciale assegna<br />

all'Azienda provinciale per i servizi<br />

sanitari l’obbiettivo di superare<br />

entro il 2002 l’Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine Valsugana e ricollocare i<br />

pazienti in residenze sanitarie assistenziali<br />

e strutture psichiatriche.<br />

Quando nel febbraio 2002 arrivo<br />

a Pergine con l’incarico di direttore<br />

<strong>del</strong>l'Unità operativa 3 di psichiatria,<br />

5


<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

6<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

tra gli altri, mi confronto con questo<br />

obbiettivo enorme non tanto<br />

sul piano formale ma piuttosto sul<br />

piano culturale. Si lavora su più<br />

fronti: con l’Azienda provinciale<br />

servizi sanitari, con il personale,<br />

con i famigliari, con il Tribunale<br />

<strong>del</strong>l’ammalato, con l’Unità di valutazione<br />

multidimensionale, con<br />

i pazienti, con i tutori, con il Tribunale<br />

civile, con gli uffici amministrativi,<br />

con i Medici di medicina<br />

generale, con i vari gruppi di volontariato,<br />

con il Centro di salute<br />

mentale di Pergine e con sporadici<br />

contatti con pochi altri centri di<br />

salute mentale, con il tempo.<br />

Vi risparmio l’interessante processo<br />

che ha portato alla <strong>del</strong>ibera <strong>del</strong><br />

Direttore generale <strong>del</strong>l'Azienda provinciale<br />

servizi sanitari n. 1314 <strong>del</strong><br />

29 ottobre 2002 con il quale si sanciva<br />

il definitivo superamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico provinciale e<br />

la possibilità di parlare legittimamente<br />

da questo momento di ex<br />

Ospedale psichiatrico provinciale. I<br />

pazienti con questa <strong>del</strong>ibera venivano<br />

ricollocati in una residenza<br />

sanitaria assistenziale, in sette residenze<br />

psichiatriche (le nostre<br />

case famiglia) e una residenza sanitaria<br />

assistenziale psichiatrica.<br />

Vi mostro la consistenza <strong>del</strong>le<br />

nostre strutture con alcuni dati aggiornati<br />

al primo gennaio 2003<br />

(Tab.1).<br />

Le giornate di degenza in ospedale<br />

psichiatrico nel periodo 1 gennaio-31<br />

ottobre 2002, sono state<br />

52.521, così suddivise per provincia<br />

di provenienza degli ospiti e sesso<br />

(Tab. 2). Le giornate di degenza<br />

nelle strutture residenziali nel periodo<br />

1 novembre-31 dicembre<br />

2002, sono state 10.313, così suddivise<br />

per provincia di provenienza<br />

degli ospiti e sesso (Tab 3).<br />

La situazione <strong>del</strong> personale in<br />

servizio presso le strutture assistenziali<br />

sorte a seguito <strong>del</strong>la chiusura<br />

<strong>del</strong>l'ex Ospedale psichiatrico alla<br />

data <strong>del</strong> 31 dicembre 2002, è la<br />

seguente.


Tab. 1<br />

Tab. 2<br />

Tab. 3<br />

Tab. 4<br />

Tab. 5<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

7


<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

8<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

La clinica <strong>del</strong> mondo<br />

psicotico e <strong>del</strong>la cronicità<br />

Tutto questo per dire che il Distretto<br />

sanitario <strong>del</strong>l’Alta Valsugana e<br />

l’Unità operativa 3 di psichiatria si<br />

stanno occupando ancora di una realtà<br />

fatta di uomini e donne particolari<br />

che troppo presto viene lasciata<br />

alla memoria e relegata in luoghi<br />

che non sono più quelli abitati per<br />

decenni.<br />

Come accennavo all’inizio di questa<br />

relazione la facilità con cui si<br />

rimuovono o si negano attraverso la<br />

sublimazione questi personaggi mi<br />

ha fatto riflettere sul significato <strong>del</strong>le<br />

reazioni non solo <strong>del</strong>la gente comune<br />

ma anche degli addetti ai lavori.<br />

Per poter mettere un po’ di luce<br />

su queste questioni credo che ci<br />

venga in aiuto la clinica <strong>del</strong> mon­


Tab. 6<br />

Tab. 7<br />

Tab. 8<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

do <strong>del</strong>la psicosi e <strong>del</strong>la cronicità.<br />

<strong>Il</strong> nucleo originario <strong>del</strong>la psicosi<br />

si colloca nella primissima infanzia:<br />

il bambino alla nascita entra<br />

in una intensa relazione con la<br />

madre di mutua seduzione come<br />

dice Racamier. All’inizio questa seduzione<br />

mira a stabilire e perseverare<br />

un accordo perfetto, senza<br />

sfumature, senza tensioni. Questa<br />

modalità relazionale è vitale in<br />

quanto esclude o quanto meno<br />

neutralizza le tensioni che provengono<br />

dall’interno e dagli stimoli<br />

che arrivano dall’esterno. La madre<br />

e il suo bambino vivono in una<br />

profonda ammirazione reciproca,<br />

in una relazione di amore incondizionato<br />

e acritico, in una fusione,<br />

in un unisono narcisistico che<br />

aspira a costruire un unico corpo.<br />

In questa fase <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong><br />

bambino e <strong>del</strong>la sua mamma qualsiasi<br />

differenza è foriera di un pericolo<br />

di separazione con il dolore<br />

che ne consegue. Con il passare <strong>del</strong><br />

tempo e con l’aiuto <strong>del</strong>l’ambiente<br />

il bambino scopre il desiderio <strong>del</strong>la<br />

esplorazione, <strong>del</strong>la conoscenza<br />

e nello stesso tempo la madre si<br />

riappropria <strong>del</strong>la sua vita di adulta.<br />

È questo processo che mette<br />

fine all’incantesimo <strong>del</strong> narcisismo<br />

ideale; il bambino comincia a distogliersi<br />

dalla madre indistinta,<br />

illusoria e totale nella quale incarna<br />

la relazione di seduzione narcisistica<br />

pura e distogliendosene<br />

comincia a perderla.<br />

Freud, Ferenzi, Winnicott, Racamier,<br />

sono alcuni autori che ben<br />

hanno descritto il lutto che ognuno<br />

di noi ha affrontato dovendo<br />

rinunciare a questa illusione di on­<br />

nipotenza e di appartenenza totale<br />

alla madre per scoprire un oggetto-madre<br />

distinta, che si può<br />

investire, che si desidera, che si<br />

respinge, che si <strong>del</strong>imita, che si<br />

interiorizza, che si ama e che si<br />

odia. Kestemberg afferma la madre<br />

"viene ritrovata come oggetto<br />

vero e proprio in quanto viene a<br />

poco a poco perduto come oggetto<br />

di possesso assoluto".<br />

Contestualmente alla nascita <strong>del</strong>l’oggetto-madre<br />

esterno cominciano<br />

a mettersi le basi <strong>del</strong>l’Io e quindi <strong>del</strong><br />

senso <strong>del</strong>la propria esistenza<br />

È proprio questo evento che i pazienti<br />

psicotici non accettano e contro<br />

il quale protestano per tutta la<br />

vita e con tutte le loro energie in<br />

una lotta defatigante e inconsapevole.<br />

Sassolas afferma che la psicosi<br />

è "un macchinario difensivo nel<br />

quale si esaurisce tutta l’energia<br />

psichica di coloro che rifiutano di<br />

esistere perché esistere significa riconoscersi<br />

come separati, esiliati<br />

per sempre dalla pienezza <strong>del</strong> narcisismo<br />

primario. Limiti, separazione,<br />

morte, altrettanti sinonimi<br />

per loro, altrettanti volti <strong>del</strong>la stessa<br />

condizione inaccettabile: questo<br />

maledetto destino che è il nostro<br />

di aver all’inizio conosciuto la<br />

pienezza senza limiti <strong>del</strong> narcisismo<br />

primario alla quale in seguito<br />

bisogna continuamente rinunciare.<br />

La psicosi rappresenta il rifiuto<br />

di vivere questo esilio, il rifiuto di<br />

esistere, di avere una identità definita,<br />

per non dovere soffrire la tortura<br />

quotidiana <strong>del</strong>la separazione sia<br />

da un bambino meraviglioso che tutti<br />

siamo stati che dalla madre narcisi­<br />

9


<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

10<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

stica depositaria di questa perfezione<br />

perduta".<br />

Nella relazione con il mondo il<br />

paziente psicotico ripropone questa<br />

sua modalità che arriva a noi con<br />

una forza spaventosa. Non è quindi<br />

la paura fisica che ci tiene lontani<br />

da queste persone ma la potenza<br />

dolorosa di una relazione simbiotica<br />

che inconsciamente intuiamo come<br />

minaccia per il nostro equilibrio.<br />

Ancora Sassolas dice: “non inganniamoci<br />

sul motivo che conduce tali<br />

pazienti verso di noi: se ci cercano e<br />

investono la nostre strutture psichiatriche<br />

è perché la relazione simbiotica<br />

con un famigliare non si è potuta<br />

stabilire in maniera sufficientemente<br />

stabile per svolgere la sua<br />

funzione difensiva ed è per questo<br />

che sono alla ricerca di una situazione<br />

<strong>del</strong>lo stesso tipo capace di proteggerli<br />

contro l’angoscia psicotica<br />

di viversi separati, nel loro essere<br />

soggetti mortali, finiti. Queste persone<br />

si pongono nei nostri confronti<br />

con precauzione, con sospetto,<br />

troppo passivi, senza grandi richieste<br />

proprio perché intuiscono i punti<br />

deboli <strong>del</strong> proprio funzionamento<br />

psichico e cercano di porvi rimedio<br />

tenendoci lontani. In questo modo<br />

si proteggono dalla fragilità <strong>del</strong>le<br />

loro strutture psichiche suscettibili<br />

di andare in frantumi sotto l’effetto<br />

<strong>del</strong>le ferite e degli stimoli intensi che<br />

possono nascere dagli imprevisti di<br />

ogni relazione”.<br />

Ogni relazione umana riattiva, infatti,<br />

una serie di stimoli interni e<br />

quindi impone di essere presenti alla<br />

propria attività mentale intesa come<br />

l’intrecciarsi di sogni, desideri, pensieri<br />

spontanei, fantasmi, ricordi sen­<br />

timenti, affetti, ecc., ma questo per<br />

il paziente psicotico risulta insopportabile<br />

perché fonte di pericolo e<br />

di dolore.<br />

Contro questi stimoli interni il<br />

paziente si attrezza per annullarli con<br />

un dispendio di energie percepito<br />

con un senso di sfinimento psichico,<br />

di adinamismo mentale la cui<br />

intensità dà la misura <strong>del</strong>l’energia<br />

psichica spesa. A noi il contatto con<br />

queste persone lascia un senso di<br />

povertà di contenuto <strong>del</strong>l’incontro,<br />

di aridità che testimonia il vero e<br />

proprio essiccamento <strong>del</strong>la vita psichica<br />

così che i pazienti ci appaiono<br />

non solo privi di desideri e di progetti<br />

ma anche senza identità, senza<br />

passato, senza storia, in definitiva<br />

senza vita.<br />

Spesso il paziente psicotico deve<br />

far fronte agli stimoli interni che si<br />

presentano sotto forma di allucinazioni<br />

e <strong>del</strong>iri che, parassitando il loro<br />

pensiero in maniera tirannica, compromettono<br />

le funzioni <strong>del</strong>l’Io e il<br />

fondo psichico in modo talmente<br />

esplosivo da rendere impossibile<br />

qualsiasi contatto con il mondo<br />

esterno.<br />

<strong>Il</strong> fondo psichico descritto da Correale<br />

partendo dalla psicologia <strong>del</strong><br />

Sè rappresenta il modo con cui ogni<br />

individuo sperimenta, in un certo<br />

momento, il proprio senso di coesione,<br />

di continuità e di vitalità. <strong>Il</strong><br />

fondo psichico non è legato a una<br />

singola immagine o rappresentazione<br />

ma è invece il prodotto di una<br />

trama, di un fitto intreccio di fattori<br />

in larga parte cenestesici, tattili e<br />

affettivi che fanno sentire la propria<br />

presenza come uno sfondo su cui si<br />

collocano gli eventi <strong>del</strong>la vita.


Bruno Caruso,<br />

<strong>Il</strong> coro <strong>del</strong><br />

manicomio, 1954,<br />

particolare.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

La crisi psicotica acuta è caratterizzata<br />

dal fatto che il paziente<br />

percepisce un improvviso crollo<br />

<strong>del</strong>l’integrità <strong>del</strong> suo fondo psichico.<br />

Con le parole di Correale: “ciò<br />

che normalmente veniva sentito<br />

come relativamente fluido, ordinato<br />

e continuo, comincia invece a<br />

essere sentito come spezzato, disordinato<br />

e confuso. L’oggetto diventa<br />

bizzarro, misterioso e inafferrabile<br />

e per quanto ne sia riconosciuta<br />

la natura nell'ambito <strong>del</strong>l'uso<br />

abituale, sembra acquisire<br />

significati misteriosi i quali rimandano<br />

a mondi oscuri che per la<br />

prima volta si manifestano. Nel<br />

momento stesso che il fondo subisce<br />

massicce trasformazioni, il<br />

soggetto si sente diviso in parti,<br />

o troppo dilatato o troppo coartato,<br />

e il senso stesso <strong>del</strong> tempo subisce<br />

drastiche modificazioni”.<br />

<strong>Il</strong> ricordo di questo doloroso<br />

senso di caos e la sensazione che<br />

nulla possa tornare come prima,<br />

orientano il paziente verso due<br />

obbiettivi fondamentali: il primo<br />

evitare sistematicamente e continuativamente<br />

ogni situazione<br />

traumatica che anche lontanamente<br />

rievochi ciò che ha determinato<br />

la crisi, il secondo un controllo<br />

ossessivo su tutti gli aspetti <strong>del</strong>la<br />

vita quotidiana che gli dia la sensazione<br />

di una vigilanza distanziata<br />

da tutto ciò che può accadere.<br />

<strong>Il</strong> prezzo di questa operazione è<br />

la caduta <strong>del</strong> senso <strong>del</strong>la prospettiva<br />

e tutto viene vissuto in una specie<br />

di eterno presente dove il piacere<br />

deriva esclusivamente dall’interazione<br />

con pochi oggetti sempre<br />

uguali ai quali il paziente attribuisce<br />

un senso di saturazione e conoscibilità<br />

e dai quali si attende<br />

11


<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

12<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

soltanto il messaggio che il mondo<br />

è circoscritto, chiaro, preciso e<br />

privo di incognite.<br />

È qui che può aprirsi la strada<br />

<strong>del</strong>la cronicità come rappresentazione<br />

<strong>del</strong> crollo <strong>del</strong>la speranza e<br />

l’inaridimento <strong>del</strong>le energie psichiche<br />

o l’abnorme reinvestimento. La<br />

cronicità rappresenta la regressione<br />

rigida a livelli di funzionamento<br />

mentale estremamente arcaici e<br />

il ritiro desolante degli investimenti<br />

dalla realtà. Pur di tenere<br />

accesa l’ultima fiammella di sopravvivenza<br />

<strong>del</strong> Sé, si ritorna alla<br />

difesa narcisistica primaria. La cronicità<br />

è la mancanza di soggettività,<br />

l’astoricizzazione <strong>del</strong>la persona,<br />

la perdita <strong>del</strong>la progettualità<br />

per un’esistenza fissa nella ripetitività,<br />

nella staticità, priva di ogni<br />

creatività.<br />

Questo inquadramento <strong>del</strong> mondo<br />

psicotico e <strong>del</strong>la cronicità rendono<br />

forse più comprensibile la difficoltà<br />

per chiunque di mantenere una relazione<br />

anche superficiale con questi<br />

soggetti. Non nella paura, non nello<br />

stigma, non nel pregiudizio, non nella<br />

vergogna, ma nell’angoscia che<br />

trasuda nel contatto con questo<br />

mondo dobbiamo cercare il motivo<br />

per cui i "matti" venivano (e vengono<br />

ancora adesso) esclusi e i manicomi<br />

venivano costruiti nelle periferie<br />

<strong>del</strong>le città, il motivo per cui<br />

<strong>del</strong> nostro Ospedale psichiatrico provinciale<br />

per anni se ne è parlato<br />

come se fosse chiuso e ora si tolgono<br />

spazi prima ancora di aver trovato<br />

le alternative, il motivo per cui i<br />

gruppi di volontariato, tanto attivi<br />

nelle residenze sanitarie assistenziali,<br />

dove i pazienti sono anche più<br />

complessi dal punto di vista clinico,<br />

hanno rinunciato a collaborare<br />

su nostri progetti, il motivo per<br />

cui i centri di salute mentale territoriali<br />

non si impegnano come per<br />

altri pazienti a volte anche molto<br />

più problematici, il motivo per cui<br />

la città tende a cancellare rapidamente<br />

i segni <strong>del</strong>l’esistenza <strong>del</strong><br />

suo ospedale.<br />

L'area di intervento<br />

<strong>del</strong>l'operatore psichiatrico<br />

In questo contesto si colloca il lavoro<br />

degli operatori <strong>del</strong>le strutture<br />

psichiatriche. Izzo afferma che la<br />

cronicità psicotica obbliga il terapeuta<br />

a modificare la posizione e il<br />

modo in cui vede l’incontro e la comprensione<br />

<strong>del</strong>l’altro poiché spesso<br />

deve fornire a questi pazienti la prima<br />

esperienza di un ambiente vitale.<br />

In primis il terapeuta si trova a<br />

proporre un ambientale attento ad<br />

ogni elemento <strong>del</strong>l’esperienza relazionale,<br />

per trasformarla da semplice<br />

stereotipo senza qualità vitali<br />

e utilizzata per la sopravvivenza<br />

<strong>del</strong> Sé, in elemento strutturante<br />

il Sé.<br />

L’intervento terapeutico si caratterizza<br />

per il tentativo di proporre<br />

esperienze significative che da una<br />

parte attivino un processo di sviluppo<br />

e dall’altra forniscano sollecitazioni<br />

in grado di riaprire la possibilità<br />

di partecipazione a quell’area<br />

vitale che Winnicott chiama “area<br />

<strong>del</strong>l’esperienza culturale”. Perché<br />

ciò avvenga è necessario che ogni<br />

piccolo gesto che ogni piccolo<br />

cambiamento, ogni piccola creazione<br />

venga riconosciuta e valorizzata<br />

dall’operatore e il tutto


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

venga restituito al paziente arricchito<br />

di nuove cariche vitali.<br />

<strong>Il</strong> bagaglio tecnico <strong>del</strong>l’operatore<br />

non è di per sé sufficiente se non<br />

viene collocato all’interno di una dimensione<br />

intersoggettiva. <strong>Il</strong> paziente,<br />

infatti, ha bisogno di esperire una<br />

relazione con una persona che gli si<br />

ponga come “officina <strong>del</strong>la mente”,<br />

un’officina nella quale compiere<br />

quelle operazioni negate dall’ambiente<br />

primario. In questo spazio<br />

relazionale e su questa persona<br />

il paziente deposita alcuni affetti,<br />

alcune emozioni, alcuni pensieri,<br />

alcuni desideri, ritenuti troppo<br />

dolorosi da sostenere da soli.<br />

L’operatore deve quindi prestare se<br />

stesso per vicariare quelli strumenti<br />

assenti ma non necessariamente<br />

mancanti al paziente, accettando<br />

di porsi in aree <strong>del</strong>lo sviluppo<br />

molto primitive e di conseguenza<br />

molto angoscianti.<br />

Gli scopi <strong>del</strong>la cura <strong>del</strong> paziente<br />

psicotico possiamo riassumerli in<br />

questo modo: da una parte condurre<br />

il paziente a poco a poco alla capacità<br />

di sentire i suoi limiti, di esprimerli<br />

senza essere distrutto dall’odio<br />

che provoca in lui il riconoscimento<br />

<strong>del</strong>la doro esistenza, di dirli invece<br />

di negarli come ha fatto finora con<br />

il <strong>del</strong>irio e le allucinazioni o stabilendo<br />

relazioni simbiotiche, in altre<br />

parole uscire dal mondo rassicurante<br />

<strong>del</strong>la psicosi per accettare il lutto<br />

primario descritto da Racamier e sentire<br />

nascere una propria soggettività,<br />

una propria identità senza l’inevitabile<br />

terrore <strong>del</strong>la separazione e<br />

<strong>del</strong>la morte. Dall’altra il <strong>del</strong>icato tentativo<br />

di costruire o ricostruire il<br />

fondo psichico inteso come la sen­<br />

sazione fisica di coesione, continuità<br />

e vitalità. In questa impresa l’operatore<br />

deve accettare l’uso che fa di<br />

lui il paziente per la continua tessitura<br />

di una trama molto <strong>del</strong>icata e<br />

sottile, facilmente soggetta a fratture<br />

e lacerazioni. L’operatore con il<br />

suo modo di porsi, con la sua competenza<br />

e la sua professionalità è<br />

responsabile di garantire la continuità<br />

e l’esistenza senza sentirsi responsabile<br />

anche <strong>del</strong>la trama che invece<br />

è <strong>del</strong> paziente essendo sua e solo sua<br />

la sua vita.<br />

L’operatore e il servizio quindi<br />

devono creare una situazione in cui<br />

possa organizzarsi il fondo psichico<br />

attraverso una relazione caratterizzata<br />

da un senso di calore, continuità,<br />

fluidità, vitalità e personalizzazione.<br />

<strong>Il</strong> paziente cercherà di stabilire<br />

con noi una relazione senza tempo,<br />

senza fine, in sintesi una relazione<br />

simbiotica. Noi dobbiamo rinunciare<br />

a questa chimera di una relazione<br />

stupenda, eterna, senza conflitti.<br />

Dobbiamo invece strutturare una relazione<br />

vissuta dal paziente come<br />

affidabile, ma nello stesso tempo<br />

come lacunosa, insufficiente, incapace<br />

di colmare tutti i suoi limiti e<br />

di rispondere subito alle sue attese<br />

onnipotenti che attivano facilmente<br />

le altrettanto onnipotenti concezioni<br />

di una certa psichiatria. Questa<br />

struttura deve essere solida per resistere<br />

agli sbalzi prodotti dalla sofferenza<br />

e dalla collera <strong>del</strong> paziente<br />

di fronte alla nostra incapacità o al<br />

nostro rifiuto di svolgere questa<br />

funzione simbiotica. Sofferenza e<br />

collera che l’operatore deve essere<br />

in grado di accogliere per po­<br />

13


<strong>Il</strong> superamento <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico<br />

14<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

terla restituire senza la carica distruttiva<br />

che tanto spaventa il paziente.<br />

Questo modo di offrici ha<br />

una alta funzione terapeutica perché<br />

smentisce i fantasmi <strong>del</strong> paziente<br />

di pericolosità <strong>del</strong>la sua<br />

stessa vita psichica attraverso il<br />

mantenimento <strong>del</strong>la nostra relazione<br />

con lui e la persistenza <strong>del</strong><br />

nostro interessamento per la sua<br />

vita psichica, i suoi affetti, i suoi<br />

investimenti, i suoi pensieri.<br />

Strutturare una situazione in cui<br />

calore, fluidità, vitalità e personalizzazione<br />

costituiscano gli elementi<br />

per la strutturazione di un fondo<br />

psichico aiutano il paziente a creare<br />

un senso di famigliarità con il mondo<br />

esterno. Abbiamo visto come il<br />

paziente psicotico tenda a sostituire<br />

questo senso con la sterotipia e il<br />

ripetersi coattivo degli eventi. Ogni<br />

nostro intervento può cadere nella<br />

trappola <strong>del</strong>la ripetizione coatta degli<br />

eventi, tocca a noi uscire dal torpore<br />

<strong>del</strong>la cronicità per fornire un<br />

ambiente in cui il ripetersi regolare<br />

<strong>del</strong>le azioni, dando un senso di noto,<br />

di riconoscibile e quindi di appartenenza,<br />

possa continuamente fornire<br />

l’occasione per l’attivazione di piccoli<br />

traumi-legami, separazioni, frustrazioni,<br />

distacchi, responsabilità,<br />

che in passato hanno rappresentato<br />

fattori scatenanti <strong>del</strong>la frammentazione<br />

<strong>del</strong> Sé e che oggi possono invece<br />

essere attraversati con l’aiuto<br />

degli operatori e <strong>del</strong> gruppo in un<br />

lento processo terapeutico.<br />

Conclusione<br />

Sono partito dall'osservazione di<br />

un costante e diffuso, anche se forse<br />

inconsapevole, bisogno di ne­<br />

gare l’esistenza <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />

provinciale. Mi sembra<br />

ora più facile comprendere i meccanismi<br />

inconsci che si attivano in<br />

chiunque si incontri anche casualmente<br />

e per brevi momenti con<br />

questi pazienti. Loro ci pongono<br />

una richiesta sul piano relazionale<br />

specifica: una relazione simbiotica<br />

in cui esiste solo l’Io onnipotente<br />

e l’altro non esiste se non<br />

come parte <strong>del</strong>l’Io deputato a soddisfare<br />

ogni bisogno prima ancora<br />

che sia elaborato come desiderio.<br />

Noi tutti abbiamo sperimentato<br />

nelle prime fasi <strong>del</strong>la nostra<br />

vita una esperienza così piena e<br />

totale per la quale ognuno nutre<br />

una inconsapevole nostalgia e verso<br />

la quale ognuno di noi tenderebbe<br />

se non si conservasse anche<br />

l’inconscio ricordo <strong>del</strong> dolore e<br />

<strong>del</strong>la fatica che ha comportato elaborazione<br />

<strong>del</strong> lutto primario.<br />

NOTE<br />

[*] <strong>Il</strong> coordinamento <strong>del</strong>la Residenza<br />

sanitaria assistenziale è<br />

affidato a due medici convenzionati<br />

con l’Azienda provinciale<br />

per i servizi sanitari. <strong>Il</strong><br />

coordinamento <strong>del</strong>le residenze<br />

psichiatriche è affidato ad<br />

un medico <strong>del</strong> Centro di salute<br />

mentale di Pergine<br />

Alfredo Vival<strong>del</strong>li è Direttore <strong>del</strong>l’Unità<br />

Operativa 3 di Psichiatria <strong>del</strong>l’Azienda<br />

Provinciale per i Servizi Sanitari.


Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />

perdute: ragioni<br />

di un seminario a Trento<br />

Lorenzo Toresini<br />

<strong>Il</strong> passaggio dall’utopia <strong>del</strong>la terapia<br />

nell’istituzione alla cura nello scambio<br />

sociale e nella collettività.<br />

La Mitteleuropa e lo sviluppo<br />

<strong>del</strong>la cultura psichiatrica.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

La prima domanda da porsi è la seguente:<br />

perché parlare oggi di manicomi?<br />

È una domanda intrigante poiché<br />

viviamo da ventitré anni in era di<br />

post-manicomi . Quindi inizio, se mi<br />

è consentito, con un flash personale<br />

Mi sono laureato a 25 anni e ho iniziato<br />

la mia professione di psichiatra<br />

a Trieste (oggi sono direttore <strong>del</strong><br />

Dipartimento di salute di Merano).<br />

A Trieste, come è noto, venne messo<br />

in discussione e venne sciolto il primo<br />

manicomio in Italia dopo l’esperienza<br />

di Gorizia. Ho iniziato nel<br />

1971. Nel nostro fervore "talebano"<br />

di allora (lo dico evidentemente<br />

scherzando) arrivammo ad essere<br />

convinti che di quel manicomio,<br />

allora retto da Franco Basaglia,<br />

non sarebbe dovuta rimanere<br />

pietra su pietra. Credevamo veramente<br />

a questa affermazione e a<br />

questo progetto. In quella che allora<br />

era una “Istituzione Totale” è<br />

avvenuto il decentramento totale<br />

<strong>del</strong>le strutture e <strong>del</strong>le risorse e,<br />

come diceva Franco Basaglia, si è<br />

attuato il rovesciamento "come un<br />

guanto" <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico.<br />

<strong>Il</strong> personale, tutti i servizi annessi<br />

e connessi, la gente che ci<br />

stava dentro, tutto con la necessaria<br />

gradualità e <strong>del</strong>icatezza, ma<br />

anche con l’indispensabile determinazione,<br />

venne spostato da dentro<br />

le mura al territorio. Cosa si sarebbe<br />

dovuto fare quindi <strong>del</strong>le<br />

strutture murarie, i diversi padiglioni<br />

di quello che man mano stava<br />

diventando ex-manicomio, che nel<br />

frattempo rimanevano svuotati di<br />

sofferenza e dolore? Eravamo convinti<br />

all’inizio che si sarebbe dovuta<br />

attuare una “<strong>del</strong>enda Cartago”.<br />

Quel tipo di pensiero me lo sono<br />

portato dietro fino a non moltissimi<br />

anni fa, quando ho fatto un<br />

viaggio allo “Steinhof” di Vienna<br />

con un architetto romano, un certo<br />

Luggini e un mio carissimo amico:<br />

Tommaso Losavio, collega e già<br />

direttore <strong>del</strong> “Santa Maria” di<br />

Roma. Andammo a vedere lo<br />

Steinhof e poi il prestigioso Burgkhölzli<br />

di Zurigo.<br />

Premetto la mia convinzione <strong>del</strong><br />

fatto che quando noi psichiatri restiamo<br />

all’interno <strong>del</strong> nostro ambito<br />

professionale rischiamo di impoverirci<br />

di pensieri e di stimoli, quindi<br />

il confronto con altre professionalità<br />

e con altri pensieri è sempre molto<br />

utile. Ebbene quell’architetto mi<br />

convinse di una cosa ovvia, dicendomi<br />

che i manicomi devono restare<br />

come monumenti alla memoria, per<br />

riflettere. Di quanto affermo ora mi<br />

convinsi ulteriormente ripensando a<br />

quanto era successo pochissimi anni<br />

prima al muro di Berlino. <strong>Il</strong> muro di<br />

Berlino, come si sa, fu smantellato<br />

al 90–95%, però mio figlio quando<br />

15


Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />

16<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

si trovò a Berlino andò alla ricerca<br />

<strong>del</strong> muro, perché evidentemente c’è<br />

bisogno di tracce, di simboli, di supporti<br />

educativi <strong>del</strong>la memoria storica.<br />

Bisogna che il muro resti a monito<br />

degli errori <strong>del</strong>la Storia e a memoria<br />

<strong>del</strong>le future generazioni. Ora<br />

noi psichiatri abbiamo abbastanza familiarità<br />

con i muri e col problema,<br />

meglio con tutta la congerie di problemi,<br />

legati alla simbologia dei<br />

muri.<br />

Oggi dobbiamo essere fermi nel<br />

capire che di muri dobbiamo parlare<br />

e per parlare di muri deve esserci la<br />

memoria storica di questi ultimi. La<br />

memoria storica <strong>del</strong> manicomio deve<br />

rimanere a futuro motivo di riflessione<br />

per noi, innanzi tutto sulle radici,<br />

sulla genesi e sul significato<br />

<strong>del</strong>la nostra professione, e per il<br />

mondo circostante: per riflettere sul<br />

senso di quello che significavano<br />

quei muri. Non erano muri qualsiasi,<br />

ma erano muri deputati alla separazione<br />

tra quanto stava fuori ed<br />

era normale (quindi automaticamente<br />

era normale solo perché stava fuori),<br />

e di quanto sta dentro di anormale,<br />

di insensato, di irrazionale (e<br />

che diventava tanto più insensato,<br />

irrazionale, sragionevole, pericoloso<br />

per il semplice fatto che stava dentro).<br />

Questa è una lezione che io credo<br />

ci servirà sempre, ed è bene parlare<br />

oggi di manicomi.<br />

Paradossalmente credo sia sempre<br />

più facile parlare di manicomi,<br />

anche se non è ancora facilissimo,<br />

dato che si tratta pur sempre di un<br />

problema ancora in via di superamento.<br />

Un superamento che d’altra<br />

parte non avrà mai fine: il problema<br />

che Franco Basaglia chiama­<br />

va ironicamente, ma anche molto<br />

seriamente, il “fascino discreto <strong>del</strong><br />

manicomio”, parafrasando un ben<br />

noto film: “<strong>Il</strong> fascino discreto <strong>del</strong>la<br />

borghesia di Buñuel”. Io credo<br />

che il manicomio abbia un fascino…,<br />

un fascino discreto e profondo.<br />

Personalmente io sono nato in<br />

un’istituzione, perché mio padre,<br />

dopo la fine <strong>del</strong>la guerra, tornato<br />

dalla Germania, ebbe un posto in un<br />

gerocomio di Venezia, l’ospedale per<br />

anziani “San Lorenzo” e i miei ricordi<br />

infantili, i miei sogni sono pervasi<br />

di questa situazione strutturale in


Bruno Caruso,<br />

<strong>Il</strong> sergente<br />

Campanella,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1954.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

cui c’erano questi vecchietti che stavano<br />

lì (naturalmente io ero il figlio<br />

<strong>del</strong> dottore). La vita istituzionale,<br />

la gerarchia, l’ordine, la serializzazione,<br />

che poi abbiamo evidentemente<br />

combattuto dall’interno<br />

nel lungo cammino dentro le<br />

istituzioni, cammino che poi ha<br />

preso il nome di “deistituzionalizzazione”,<br />

in qualche modo affascinano.<br />

E in genere affascinano soprattutto<br />

chi sta al di qua <strong>del</strong>la<br />

barriera <strong>del</strong> potere, più che chi sta<br />

al di là. C’è il problema <strong>del</strong>l’interiorizzazione,<br />

<strong>del</strong>la “seduzione”<br />

<strong>del</strong> manicomio, varie sindromi di<br />

Stoccolma per cui chi sta al di là<br />

poi in realtà si adatta e a volte<br />

capita che non voglia essere dimesso;<br />

tutti problemi che abbiamo<br />

conosciuto prima <strong>del</strong> 1978 e dal<br />

1978 in poi.<br />

Alla ricerca<br />

<strong>del</strong>le menti perdute<br />

Io credo che valga la pena, in questo<br />

filone di pensiero riflettere brevemente<br />

su quanto Pinel, esponente-manager<br />

<strong>del</strong>la Rivoluzione<br />

francese, abbia significato rispetto<br />

alla razionalizzazione <strong>del</strong>la dea<br />

ragione. Com’è noto, nelle categorie<br />

universali <strong>del</strong>la dea ragione<br />

doveva inscriversi tutto l’esistente;<br />

quello che i filosofi <strong>del</strong>l’<strong>Il</strong>luminismo<br />

non sapevano bene dove<br />

inscrivere era la "sragione", perché<br />

era difficile (ed è difficile anche<br />

oggi) capire che la "sragione"<br />

fa semplicemente parte <strong>del</strong>la vita,<br />

per cui non c’è motivo di inscriverla<br />

in uno spazio particolare. La<br />

“sragione”, che è l’ oggetto <strong>del</strong>la<br />

storia, <strong>del</strong>le strutture organizzati­<br />

ve e amministrative degli ex manicomi,<br />

è immorale, è fuori <strong>del</strong>l’etica,<br />

ed è fuori <strong>del</strong>l’etica perché si<br />

coniuga con il non produrre. Siamo<br />

sul back-ground <strong>del</strong> pensiero di<br />

Max Weber “L’etica protestante e<br />

lo spirito <strong>del</strong> capitalismo”. <strong>Il</strong> problema<br />

esiste ancora; a tutt'oggi<br />

nel mio Servizio psichiatrico di diagnosi<br />

e cura, neo inaugurato a<br />

Merano, la direzione sanitaria si<br />

sorprende <strong>del</strong> fatto che i soli dieci<br />

pazienti che noi abbiamo – perché<br />

il reparto è piccolo, e più grande<br />

di così non lo vogliamo – stiano<br />

tutto il giorno a non far niente,<br />

qualcuno anche a fumare. Io, parlando<br />

con la mia caposala, le ho<br />

spiegato che è logico che ci sia lo<br />

scandalo <strong>del</strong> non lavorare, perché<br />

è uno scandalo etico.<br />

Qui potremmo essere in molti a<br />

ritornare sui concetti <strong>del</strong>la “terapia<br />

morale”. Era una terapia che io definisco<br />

utopica, ma lo dico oggi, perché<br />

ai tempi in cui credevamo di<br />

"spargere il sale" sulle mura <strong>del</strong><br />

manicomio l’ergoterapia istituzionale<br />

era per noi uno scandalo. Oggi<br />

credo che siamo in grado di ripensare<br />

abbastanza serenamente a quella<br />

che fu la “terapia morale” nell’Ottocento;<br />

nell’era però in cui non c’erano<br />

gli psicofarmaci, non c’erano altri<br />

sistemi se non la “terapia morale”.<br />

L’unico modo di curare i pazienti<br />

era quello di riabilitarli, come si direbbe<br />

oggi, allora si diceva redimerli,<br />

rieducarli a concetti morali e attraverso<br />

percorsi etici. L’esempio, la<br />

buona educazione, eventualmente la<br />

preghiera, la convivenza tollerante.<br />

<strong>Il</strong> pensiero psichiatrico <strong>del</strong>l’Ottocento<br />

era pervaso da questa concezio­<br />

17


Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />

18<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ne, concezione che si coniuga con<br />

il discorso <strong>del</strong>la “terapia <strong>del</strong> lavoro”.<br />

Dico questo perché spesso (ed<br />

è una riflessione che faccio rispetto<br />

al nostro passato di giovani<br />

psichiatri ribelli) in realtà il concetto<br />

<strong>del</strong>la cura nell’istituzione era,<br />

come già dicevo, un concetto utopico<br />

che si coniuga con la “terapia<br />

morale”. Era l’unico terreno su cui<br />

100-150 anni fa, nascita <strong>del</strong> manicomio<br />

di Pergine, ci si poteva<br />

muovere. La cosa curiosa è che questa<br />

utopia, che non va disprezzata<br />

ma rivista, riletta e trasformata, si<br />

coniugò con una concezione in<br />

fondo autarchica <strong>del</strong>la struttura.<br />

La struttura psichiatrica doveva<br />

essere in grado sostanzialmente di<br />

provvedere a se stessa; c’erano le<br />

fabbriche interne, i servizi interni,<br />

l’ergoterapia – “lavori forzati” con<br />

un sistema di scambio interno che<br />

doveva essere libero dall’inquinamento<br />

<strong>del</strong> denaro esterno. A Trieste,<br />

per esempio, fu scoperta una<br />

moneta interna, un gettone, che si<br />

usava per gli scambi interni: andare<br />

al bar, comprarsi le sigarette,<br />

tutto all’interno <strong>del</strong> muro di cinta.<br />

L’ospedale psichiatrico aveva anche<br />

le galline, i maiali, i servizi generali.<br />

Una <strong>del</strong>le conseguenze <strong>del</strong>la<br />

scomparsa di questa organizzazione<br />

autarchica, basata sull’ergoterapia,<br />

fu, ad esempio, il fatto che<br />

i parchi belli, ben curati dai pazienti,<br />

sono diventati selvaggi. Tempo<br />

fa ero al “Santa Maria <strong>del</strong>la Pietà”<br />

di Roma e, come a Trieste, questo<br />

splendido <strong>parco</strong> pubblico, è abbandonato<br />

perché nessuno ci lavora,<br />

perché nessuno ha mai pen­<br />

sato di mettere in bilancio un budget<br />

per gestire il <strong>parco</strong>, perché<br />

una volta questo era lavoro gratuito,<br />

quindi autarchico. Ma l’utopia<br />

<strong>del</strong>la cura in ospedale, con tutti<br />

i correlati paradigmi teorici, è<br />

un’utopia che fallì, ma un’utopia<br />

molto semplice che pur essendo<br />

un’utopia era un’utopia totalizzata<br />

e alla fine totalitaria.<br />

Riparliamo di muri: crollo dei<br />

muri e crollo <strong>del</strong>l’utopia totalitaria,<br />

era inevitabile che fosse così.<br />

Attenzione, non è un crollo avvenuto<br />

automaticamente perché tale<br />

crollo è costato e sta costando<br />

ancora molto lavoro. Ma come la<br />

storia non si fa mai automaticamente,<br />

ma solo con la volontà e<br />

con l’impegno, così è stato anche<br />

per il crollo di quest’altra utopia<br />

totalitaria e che noi oggi diciamo<br />

antistorica. I muri…, Trieste, come<br />

Berlino; ma prima, e non è un caso,<br />

ci fu Gorizia, città divisa. A Gorizia<br />

(per “caso?”) il muro <strong>del</strong>l’ospedale<br />

psichiatrico faceva parte <strong>del</strong><br />

confine fra Italia e Jugoslavia, un<br />

tempo, fra Italia e Slovenia, oggi.<br />

Io credo che in tutto questo disegno<br />

– il crollo dei muri, il superamento<br />

dei muri, il superamento<br />

di un certo tipo di etica, il passaggio<br />

da un’utopia <strong>del</strong>la cura nell’istituzione<br />

alla cura nello scambio<br />

sociale e nella collettività – ci<br />

sia un’unità interpretativa che allora<br />

non capivamo molto bene. Io<br />

non pensavo ai muri quando pensavo<br />

a Berlino. Oggi, a distanza di non<br />

moltissimi anni, credo stia diventando<br />

un disegno in qualche modo trascendente<br />

le contingenze <strong>del</strong>la Storia,<br />

che riusciamo a leggere con mag­


Bruno Caruso,<br />

I veri pazzi sono<br />

fuori, disegno<br />

acquarellato,<br />

1958.<br />

Nella pagina<br />

seguente:<br />

Bruno Caruso,<br />

Riposo, 1955.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

giore chiarezza di quando la Storia<br />

si dipanava fra le nostre stesse dita.<br />

L’ultimo concetto che si potrebbe<br />

sviluppare rispetto al tema "Ragioni<br />

di un seminario a Trento sui<br />

manicomi <strong>del</strong>la Mitteleuropea o<br />

<strong>del</strong>l’Italia asburgica" è il concetto<br />

<strong>del</strong>la crisi.<br />

Io purtroppo sono un operatore<br />

<strong>del</strong>la pratica e non ho tempo per leggere<br />

tutti i bei saggi che vengono<br />

editi, ma ho letto una recensione<br />

sull’Espresso di un saggio di Massimo<br />

Cacciari che mi colpì molto.<br />

Cacciari collegò lo Steinhof di Vienna<br />

a Sarajevo come epicentri di una<br />

stessa crisi. Questo è un concetto<br />

che mi intriga molto, una sorta di<br />

sintesi semantica che sono in grado<br />

solo di citare. Posso intuire:<br />

Sarajevo, dallo sparo <strong>del</strong> 1914 ad<br />

oggi, rappresenta chiaramente<br />

l’epicentro <strong>del</strong>la crisi europea sul<br />

piano “macro”, lo Steinhof (che è<br />

un ospedale psichiatrico bellissimo,<br />

non solo perché è un monumento<br />

architettonico straordinario,<br />

e quindi ovviamente da conservare,<br />

ma anche perché c’è intrisa<br />

una serie di concezioni tra il<br />

giuridico, il filosofico, lo psichiatrico,<br />

l’idealistico e l’architettonico)<br />

rappresenta la metafora <strong>del</strong>la<br />

crisi individuale. Le infinite crisi di<br />

individui che vi furono ricoverati<br />

dalla data <strong>del</strong>la sua inaugurazione<br />

(1911) ad oggi. Ma anche la<br />

crisi di tutte quelle certezze di pensiero<br />

che retrostanno alla concezione<br />

stessa <strong>del</strong>lo Steinhof. Appunto<br />

l’insieme generoso di pensiero<br />

giuridico, filosofico, psichiatrico,<br />

idealistico, architettonico e via dicendo.<br />

<strong>Il</strong> grande Giuseppe Sinopoli,<br />

prematuramente scomparso, è sta-<br />

19


Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute<br />

20<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

to descritto come il musicista <strong>del</strong>la<br />

crisi.<br />

Cosa c’entra la Mitteleuropea,<br />

l’Italia asburgica, e la psichiatria<br />

<strong>del</strong> Triveneto o <strong>del</strong> Nord-est con<br />

la crisi?<br />

La parola crisi deriva dalla parola<br />

greca che significa “scelta” o meglio<br />

“decisione”. Ogni crisi in fondo,<br />

e noi lo vediamo nella nostra quotidianità<br />

di operatori <strong>del</strong>la pratica<br />

psichiatrica, rappresenta in realtà<br />

una scelta, e ogni paziente in crisi<br />

è una persona che tramite la sua<br />

crisi viene messo in condizione di<br />

iniziare un percorso per arrivare ad<br />

una scelta e se possibile ad una<br />

svolta nella propria vita; per questo<br />

la crisi va vissuta, perché essa<br />

ha un significato immanente alla<br />

propria vita. E quindi nessuna crisi<br />

va decapitata, meno che mai tagliata<br />

con scorciatoie tipo l’elettroshock<br />

o interventi di psicochirurgia.<br />

Un anno fa in occasione<br />

<strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong> Kosovo lessi sul gior­<br />

nale “Der Spiegel” un articolo dal<br />

titolo “Entscheidung”. Questa parola,<br />

in questa bellissima lingua<br />

che è il tedesco, contiene in sé un<br />

grande significato. “Decisione”,<br />

decisione fra due aspetti che devono<br />

essere separati-tagliati<br />

(Scheidung) e fra di loro, fuori di<br />

loro (ent-).<br />

La crisi come fatto individuale<br />

e la crisi come fatto storico, politico:<br />

la guerra, l’Afghanistan, l’Irak,<br />

la Jugoslavia e via dicendo.<br />

Prescindendo da tutta la storia<br />

<strong>del</strong>la deportazione <strong>del</strong> 1940 da<br />

Pergine nella Germania nazista dei<br />

pazienti psichiatrici e portatori di<br />

handicap (argomento sul quale è<br />

già stato fatto un convegno nel<br />

1995 a Bolzano), le ragioni di un<br />

seminario a Trento stanno nel fatto<br />

che Trento è una <strong>del</strong>le capitali<br />

<strong>del</strong>la Mitteleuropea italiana, è una<br />

città che ha portato, come Trieste,<br />

come Venezia, come Treviso, il carico<br />

di una cultura psichiatrica legata<br />

al tempo e quindi dignitosa,<br />

che è sì da rivedere, da riformulare<br />

(e lo stiamo facendo), ma di<br />

grande importanza. In provincia di<br />

Bolzano, ad esempio, dove una<br />

qualsiasi cultura psichiatrica non<br />

c’è, è difficilissimo inserire una<br />

cultura nuova, pratiche nuove,<br />

aprire un servizio di diagnosi e<br />

cura. Una riflessione che ci auguriamo<br />

possa diventare ricca e promettente<br />

a partire da questo convegno.<br />

Lorenzo Toresini è Primario <strong>del</strong> Centro di<br />

salute mentale di Merano.


La terza utopia<br />

Domenico Luciani<br />

Gli ospedali psichiatrici come patrimonio<br />

di natura e di memoria.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Volentieri torno, a distanza di<br />

anni, su questo tema. Rendendo disponibile<br />

il testo che premettevo<br />

nel 1998 alla ricerca “Per un atlante<br />

degli ospedali psichiatrici<br />

pubblici in Italia: un censimento<br />

geografico, cronologico e tipologico”<br />

curato da Ida Frigo, Federica<br />

Palestino e Francesca Rossi per<br />

la Fondazione Benetton studi ricerche<br />

1 .<br />

La ricerca, dotata di una cartografia<br />

puntuale con 71 casi raccolti<br />

con fatica da Teresa Marson e Massimo<br />

Rossi, ha mostrato la stupefacente<br />

dimensione e la singolare varietà<br />

di forme e di figure che costituiscono<br />

questo universo.<br />

La definizione e la costruzione dei<br />

luoghi <strong>del</strong>la psichiatria è stata una<br />

grande operazione riformista, anzi<br />

un’autentica utopia <strong>del</strong>la modernità.<br />

Così come è stata una grande operazione<br />

riformista, una seconda utopia,<br />

uno dei momenti più alti <strong>del</strong>la<br />

critica <strong>del</strong> moderno, il loro superamento<br />

voluto da Franco Basaglia.<br />

Ho sostenuto e sostengo, che i<br />

luoghi che sono stati <strong>del</strong>la psichiatria<br />

chiedono una “terza riforma” o,<br />

se volete, una “terza utopia”. Dopo<br />

la riforma istitutiva all’inizio <strong>del</strong><br />

secolo XX, e dopo la riforma decostrut-tiva<br />

degli anni settanta <strong>del</strong><br />

Novecento, la terza riforma si configura<br />

come una guida alla transizione/trasformazione<br />

verso la<br />

commistione sociale, culturale,<br />

scientifica.<br />

Scadenze aspettative progetti, sui<br />

quali sarebbe bene ragionare a fondo,<br />

si occupano dei luoghi e <strong>del</strong> loro<br />

destino.<br />

Ma come dovremmo affrontarla<br />

questa terza riforma? Con quali idee<br />

guida? È possibile un cambiamento<br />

di destinazione d’uso senza perdere<br />

l’identità? Si possono trovare nuovi<br />

usi economicamente compatibili e<br />

socialmente utili? Quali?<br />

La “terza riforma” ha il compito<br />

di tentare di risolvere un’equazione<br />

a molte incognite, di affrontare contemporaneamente<br />

più fronti, puntando<br />

a una strategica “mixità”:<br />

a) <strong>Il</strong> fronte sanitario/assistenziale:<br />

a tutt’oggi, in luoghi che non sono<br />

più asili, restano ancora, forse<br />

sotto altro nome, dei ricoverati.<br />

È un fronte assai vario, per densità,<br />

per dislocazione geografica,<br />

per stratificazione anagrafica e<br />

per distribuzione patologica.<br />

Occorrerà differenziare “lungo degenza»<br />

da «bisogno terapeuti-co<br />

non rimuovibile”;<br />

b) <strong>Il</strong> fronte <strong>del</strong> terzo settore: gli operatori,<br />

le imprese sociali e cooperative.<br />

Si trattava nel 1998 di<br />

oltre trentamila persone, secondo<br />

indagini accreditate, con un<br />

patrimonio di professionalità e di<br />

sperimentazione emancipativa disponibile<br />

a coniugare efficienza<br />

e solidarietà, in un terreno fer­<br />

21


La terza utopia<br />

22<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

tile e inventivo di nuova occupazione;<br />

c) <strong>Il</strong> fronte dei luoghi che più da vicino<br />

interessa questa ricerca e<br />

<strong>del</strong>la loro nuova possibile bellezza,<br />

<strong>del</strong>la loro ritrovata potenziale<br />

utilità. La “necessità” di salvaguardia<br />

e valorizzazione emerge<br />

dalla posizione che occupano nella<br />

forma <strong>del</strong>le città, dal ruolo che<br />

possono giocare nella loro qualità<br />

<strong>del</strong>la vita. Va tenuta ferma la<br />

centralità dei segni e dei sedimenti<br />

<strong>del</strong>la natura e <strong>del</strong>la memoria (biblioteche,<br />

musei <strong>del</strong> manicomio,<br />

archivi e raccolte documentarie).<br />

Diverse sono dunque le economiecoinvolte,<br />

dall’economia <strong>del</strong>lo stato<br />

sociale e <strong>del</strong>la solidarietà (sanità,<br />

assistnza), all’economia <strong>del</strong> terzo<br />

settore(né pubblico né privato), fino<br />

all’ecnomia dei beni culturali (natura,<br />

memoria). La nostra parziale elaborazione<br />

si muove intorno all’economia<br />

dei beni culturali, meglio<br />

l’economia <strong>del</strong>la cultura.<br />

L’ipotesi di lavoro è semplice: i<br />

coplessi che hanno ospitato gli ospeali<br />

psichiatrici italiani dal 1904 al<br />

1996 non sono volumi e superfici<br />

diponibili; questi complessi (manufati,<br />

spazi, siti) costituiscono, a tutta<br />

evidenza, beni culturali ambientali.<br />

La ricognizione compiuta ci porta a<br />

concludere che, nella grande maggioranza<br />

dei casi, essi si presentano<br />

come siti notevoli, come autentici<br />

patrimoni culturali:<br />

a) patrimoni di natura (ambiti e<br />

spazi perti significativi, parchi<br />

e giardini);<br />

b) patrimoni di memoria (manufatti,<br />

biblioteche, musei, archivi);<br />

c) patrimoni di presenza umana (tensioni,<br />

sperimentazioni, emancipazioni).<br />

Non si può affermare che nelle strutture<br />

politiche e gestionali responsabili,<br />

così come nel senso comune,<br />

vi sia stata e vi sia adeguata consapevolezza<br />

<strong>del</strong> valore di natura e<br />

di memoria (sedimenti e testimonianze<br />

storiche) contenuto in questi<br />

luoghi. Essi rappresentano ancora<br />

oggi qualcosa d’”altro” dalle<br />

città in cui sono stati istituiti; i<br />

rapporti con le più ampie comunità<br />

esterne sono come sospesi.<br />

Non c’è stata, e non c’è (nemmeno,<br />

qualche volta, da parte di<br />

chi ha operato e vissuto la sperimenaione<br />

degli ultimi vent’anni),<br />

sensibilità adeguata per le cose,


Locazioni e anni di<br />

fondazione degli<br />

ospedali psichiatrici<br />

in Italia (dati su<br />

71 ospedali)<br />

Bruno Caruso,<br />

Napoleone,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1955.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

per i manufatti, per i giardini, per<br />

gli spazi aperti. Non c’è stata, e<br />

non sempre oggi c’è, cura convinta<br />

dei patrimoni culturali (ambientali,<br />

artistici, archivistici, biblioteconomici,<br />

museali) che pure in<br />

questi luoghi sono contenuti.<br />

Non c’è stata, e non sempre c’è,<br />

iniziativa adeguata. Questi luoghi<br />

non sono entrati nel catalogo dei<br />

beni meritevoli di impegno pubblico<br />

per la salvaguardia e la valorizzazione.<br />

Come invece è culturalmente<br />

e socialmente utile che<br />

sia.<br />

<strong>Il</strong> censimento che abbiamo concluso<br />

a fine 1998, è il risultato<br />

<strong>del</strong>le risposte a un questionario informativo<br />

inviato tra maggio e luglio<br />

1996, <strong>del</strong> fitto dialogo con i<br />

23


La terza utopia<br />

24<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

responsabili e i tecnici che hanno<br />

collaborato e <strong>del</strong>le revisioni operate<br />

nell’autunno <strong>del</strong> 1998. Ne è<br />

derivato un dossier che cerca di far<br />

luce sull’insieme dei 71 complessi,<br />

che fino al 31 dicembre 1996<br />

costituivano altrettanti ospedali<br />

psichiatrici diffusi sul territorio<br />

nazionale, e su un numero (non<br />

ancora precisato) di succursali,<br />

concentrate soprattutto nel Veneto<br />

e in Friuli. Molti dati mancano,<br />

molti sono carenti, altri andrebbero<br />

verificati con sopraluoghi adeguati.<br />

L’inchiesta puntava a portare l’attenzione<br />

sui luoghi di un patrimonio<br />

di natura e di memoria di fatto<br />

negato, un universo non necessariamente<br />

coincidente con i dati pubblicati<br />

dall’Istituto italiano di medicina<br />

sociale o dal Ministero <strong>del</strong>la<br />

sanità. Rientrano, infatti, nell’Atlante<br />

anche quelle strutture dismesse, ab­<br />

bandonate, che non ospitano più<br />

da anni il cosiddetto “residuo psichiatrico”,<br />

qualche volta (non sempre)<br />

passate a nuovo uso, “riconvertite”.<br />

I dati si riferiscono ai 70 (su 71)<br />

ospedali psichiatrici provinciali che<br />

hanno risposto al questionario.<br />

Per quanto riguarda le succursali<br />

sono solo state conteggiate 23<br />

strutture.<br />

Un primo elemento che ci pare significativo<br />

e, per varie ragioni, impressionante,<br />

è l’area complessiva<br />

occupata dagli ospedali esaminati,<br />

circa una decina di milioni di mq. È<br />

d’obbligo l’approssimazione perché<br />

le risposte sulle superfici non hanno<br />

sempre tenuto conto <strong>del</strong>l’ azienda<br />

agraria che faceva parte integrante<br />

<strong>del</strong>l’ospedale. Si devono tuttavia immaginare<br />

aree per mille ettari, 10<br />

kmq, qualcosa come un grande centro<br />

storico (con una capienza a pie-


Bruno Caruso,<br />

La corsa pazza,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1954.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

no regime che può essere calcolata<br />

attorno alle 90.000 persone, una<br />

media città); è interessante rilevare<br />

come questi mille ettari siano in<br />

nove casi su dieci situati nei centri<br />

o nelle prime periferie <strong>del</strong>le nostre<br />

città, e siano tendenzialmente assai<br />

poco costruiti, come appare da<br />

un’analisi <strong>del</strong> rapporto tra superficie<br />

coperta e superficie totale dei<br />

compendi (11% circa, e solo in cinque<br />

casi più <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong>la superficie<br />

è costruita).<br />

Di questi, un quarto sono localizzati<br />

nei centri urbani, circa due terzi<br />

si trovano nelle prime fasce periferiche,<br />

e meno <strong>del</strong> 10% in località<br />

extraurbane. La grande maggioranza<br />

degli ex ospedali psichiatrici occupano<br />

dunque un posto (e possono<br />

giocare un ruolo) cruciale nella forma<br />

e nella vita <strong>del</strong>le città.<br />

Degli asili fondati su preesistenze<br />

(di tipo conventuale, militare, residenziale,<br />

ospedaliero), in totale 33,<br />

circa una ventina risente <strong>del</strong> rapporto<br />

con la preesistenza al punto da<br />

dare vita a commistioni tipologiche<br />

fra vecchio e nuovo che abbiamo<br />

definito “ibride”. Gli altri<br />

casi sono strutturati indipendentemente<br />

dalla preesistenza, la quale<br />

viene, al più, inglobata o assorbita,<br />

seguendo gli standard e i criteri<br />

dettati dalla moderna edilizia<br />

ospedaliera.<br />

Ci risulta (ed è questione per noi<br />

centrale) che circa il 70% degli ospedali<br />

comprendesse, all’epoca <strong>del</strong>la<br />

costruzione, ampi compendi di terreno<br />

destinati a colonia agricola o<br />

laboratori artigianali. Non è stato<br />

possibile verificare (per carenza documentaria,<br />

archivistica e cartogra­<br />

fica) quale percentuale di tali spazi<br />

permanga all’interno <strong>del</strong>le aree psichiatriche,<br />

ma è certo che la parte<br />

più consistente è rimasta in proprietà<br />

alle Province o è stata alienata.<br />

Quando è passata ai Comuni, è stata<br />

riutilizzata o ceduta in comodato,<br />

qualche volta abbandonata e, in<br />

qualche caso, addirittura “dimenticata”<br />

dagli inventari. Emerge, insomma,<br />

anche da dati parziali e approssimativi,<br />

la dimensione e la stratificazione<br />

<strong>del</strong> patrimonio di natura e di<br />

memoria degli ospedali psichiatrici<br />

italiani, il loro carattere di grande e<br />

denso bene culturale a diffusione<br />

nazionale. Tre quarti degli interpellati<br />

valutavano i giardini e, in generale,<br />

gli spazi aperti di considerevole<br />

pregio naturalistico, a prescindere<br />

dalle condizioni di manutenzione,<br />

quasi sempre assai precaria,<br />

in cui versano.<br />

Più di metà degli istituti furono<br />

fondati prima <strong>del</strong> 1904. Nel 1998 il<br />

45% era vincolato, almeno in parte,<br />

con la legge 1089/39, mentre soltanto<br />

l’11% con la legge 1497/39.<br />

Due terzi degli ospedali segnalavano,<br />

inoltre, la presenza di beni<br />

culturali e testimonianze significative:<br />

biblioteche o fondi librari, archivi,<br />

musei, centri di documentazione,<br />

raccolte di documenti, raccolte<br />

di opere elaborate dagli utenti.<br />

Sugli archivi, in particolare, vorrei<br />

richiamare l’attenzione come su strumenti<br />

cruciali per ricostruire i caratteri<br />

scientifici, antropologici e<br />

culturali di questa porzione rimossa<br />

<strong>del</strong>la modernità.<br />

Infine, per quanto riguarda l’”uso”<br />

degli asili, ritenevamo importante<br />

segnalare come, di norma, questi<br />

25


La terza utopia<br />

26<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

luoghi ospitassero attività diverse.<br />

Se è vero che quasi il 90% era<br />

sede di strutture sanitarie “altre”<br />

(uffici amministrativi, ospedali civili,<br />

po-liambulaorii, ecc.), è altrettanto<br />

vero che solo il 20% era<br />

esclusivamente “citta<strong>del</strong>la” sanitaria.<br />

Un quinto erano sedi universitarie,<br />

un quinto sedi scolastiche;<br />

la metà accoglievano attività private<br />

(cooperative sociali, soprattutto),<br />

un quarto servizi aperti al<br />

pubblico (teatri, impianti sportivi,<br />

centri sociali). In generale, dunque,<br />

i compendi racchiudevano una<br />

realtà multiforme ed erano diventati<br />

“contenitori”. Sarebbe interessante<br />

capire, con opportuni sopraluoghi<br />

e verifiche, quanto questi<br />

“contenitori” siano stati capaci di<br />

sviluppare una vera “commistione”<br />

tra i diversi settori <strong>del</strong>la vita sociale<br />

che ospitano.<br />

Una parte significativa (forse la<br />

metà) degli ex ospedali psichiatrici<br />

italiani apparivano ancora in condizioni<br />

complessivamente disponibili<br />

a programmi di salvaguardia e valorizzazione.<br />

Ci era parso dunque<br />

di qualche utilità, per tutti coloro<br />

che fossero interessati alla salvaguardia<br />

e alla valorizzazione di<br />

questi patrimoni culturali e ambientali,<br />

<strong>del</strong>ineare un promemoria<br />

sotto forma di decalo-go schematico.<br />

E ci pare di qualche utilità riproporlo<br />

nel 2002.<br />

1. Memoria. Questi luoghi non devono<br />

perdere la loro identità storica.<br />

È un errore intendere la trasformazione<br />

come cambiamento<br />

di connotati. Esempio: il muro.<br />

Non serve abbatterlo per farlo<br />

scomparire (rimozione). All’origine<br />

degli asili, tra l’altro, non<br />

era previsto. Bisogna conoscere<br />

la “storia <strong>del</strong> muro”, trasformarlo<br />

in un sedimento, in una


Bruno Caruso,<br />

<strong>Il</strong> canguro azzurro,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1958.<br />

A pagina 28:<br />

Bruno Caruso,<br />

Camicia di forza &<br />

destinazione<br />

neuro, disegno a<br />

china, 1968.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

testimonianza, togliendogli<br />

ogni carattere di confine. A Trieste,<br />

nel muro <strong>del</strong> San Giovanni,<br />

abbiamo proposto di aprire<br />

dieci porte pedonali, tutte le<br />

sette porte storiche e tre nuove<br />

porte;<br />

2. Commistione. Le nuove funzioni<br />

vanno commisurate all’identità<br />

storica dei siti, bisogna accettare<br />

la molteplicità (commistione,<br />

“mixità”). È importante mettere<br />

insieme quello che c’è,<br />

quello che arriva, quello che si<br />

immagina possa convivere,<br />

quello che si propone arrivi in<br />

futuro. Università, centri studi,<br />

archivi e musei <strong>del</strong>la prima<br />

e <strong>del</strong>la seconda riforma (indispensabili<br />

spazi museali/archivistici/biblioteco-nomici),<br />

strutture sanitarie, laboratori di<br />

arti e mestieri, lavoro intellettuale<br />

e lavoro manuale tra loro<br />

dialoganti. Gli spazi aperti <strong>del</strong>l’ex<br />

ospedale psichiatrico diventano<br />

parchi pubblici, luoghi<br />

<strong>del</strong>le città, aperti, rispettati,<br />

curati, frequentati;<br />

3. Accordi di programma. Concordare,<br />

tra Enti pubblici (Azienda sanitaria,<br />

Provincia, Comune, Regione,<br />

ecc.), le destinazioni d’uso<br />

dei manufatti, evitando le soluzioni<br />

monofunzionali (solo università,<br />

solo ASL, ecc.) per puntare<br />

sulla commistione;<br />

4. Convenzioni tra pubblico e privato.<br />

Evitare di svendere. Fare piuttosto<br />

contratti di comodato. Utilizzare<br />

formule diverse che garantiscano<br />

dalla deriva <strong>del</strong>l’abuso<br />

e da ogni appetito speculativo;<br />

5. Unità gestionale. Affidare ad<br />

un’unica giardineria i poteri e i<br />

mezzi adeguati alla cura, al rinnovo<br />

e alla manutenzione degli<br />

spazi aperti, compresi i percorsi<br />

e le soste degli automezzi.<br />

6. Vincoli. Costruire un dispositivo<br />

di vincolo con leggi nazionali<br />

(1089/1497/431), regionali<br />

e provinciali, norme di Prg<br />

comunale sull’intero compendio<br />

e, ove possibile, anche sull’azienda<br />

agraria contigua. <strong>Il</strong><br />

vincolo non deve immobilizzare,<br />

ma pretendere progetti coerenti<br />

e unitari (bellezza e utilità);<br />

7. Ambiti e contesti. Definire gli<br />

ambiti e i contesti <strong>del</strong> compendio,<br />

puntando al <strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le<br />

aziende agrarie (per lo più <strong>del</strong>le<br />

Province), che spesso non rientrano<br />

nei progetti di trasformazione<br />

e di riuso, e di eventuali<br />

altri spazi contestuali che siano<br />

funzionalmente o percettivamente<br />

connessi;<br />

8. Integrità dei luoghi. Proporre osservazioni<br />

e varianti alle norme<br />

generali e locali in funzione <strong>del</strong>la<br />

tutela degli ambiti e dei contesti,<br />

anche per evitare che la<br />

mobilità urbana attraversi i compendi;<br />

9. Osservatori. Formare gruppi di<br />

lavoro agili, composti di poche<br />

personalità dei diversi fronti<br />

<strong>del</strong>la sanità, <strong>del</strong>l’impresa sociale<br />

e dei beni culturali, che seguano<br />

la fase di accelerato cambiamento<br />

e coinvolgano i ministeri<br />

pertinenti e i poteri locali<br />

con adeguato monitoraggio<br />

e puntuali suggerimenti;<br />

27


La terza utopia<br />

28<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

10.Metodo e criteri. Possiamo dunque<br />

proporre una provvisoria<br />

conclusione, affermando che la<br />

“terza riforma”, la “terza utopia”<br />

pretende un’ipotesi di metodo<br />

per la definizione dei criteri<br />

generali da osservare nella<br />

formazione dei progetti di nuovi<br />

usi degli immobili, degli spazi<br />

aperti, <strong>del</strong>le aziende agrarie<br />

contigue.<br />

In estrema sintesi: nella attuale<br />

fase di inevitabile modificazione<br />

<strong>del</strong>le figure e <strong>del</strong>le funzioni degli<br />

ex ospedali psichiatrici, gli ambiti<br />

di attenzione sanitaria e sociale<br />

possono trovare un potente alleato<br />

proprio nella qualità (potenziale)<br />

dei luoghi, nel ruolo (potenziale)<br />

che questi si trovano in condizione<br />

di ricoprire nella vita e<br />

nella forma <strong>del</strong>la città. Senza travolgerne<br />

la fisionomia, senza abbattere<br />

(se non idealmente) muri.<br />

Così come negli anni settanta<br />

sono stati i “matti” a uscire in città<br />

oltre il muro, nell’attuale trasformazione<br />

in atto è la città che entra fuori<br />

nel luogo <strong>del</strong>la psichiatria oltre il<br />

muro. È la comunità intera che<br />

“esce dentro” con tutte le sue tensioni<br />

e le sue diversità. Quello che<br />

è stato l’ospedale psichiatrico diventa<br />

così luogo <strong>del</strong>la città a pieno<br />

titolo, spazio <strong>del</strong>la comunità,<br />

sito civico bello e utile, nuova<br />

agorà, nuova piazza, nuovo crocicchio<br />

necessario <strong>del</strong>la tolleranza e<br />

<strong>del</strong>le relazioni, stazione di intermo-dalità<br />

culturale, artistica e spirituale.<br />

NOTE<br />

[1] Revisione <strong>del</strong> settembre 2002<br />

<strong>del</strong> testo già pubblicato nel<br />

dattiloscritto Per un atlante<br />

degli ospedali psichiatrici pubblici<br />

in Italia: censimento geografico,<br />

cronologico e tipologico<br />

al 31 dicembre 1996<br />

(con aggiornamento al 31 ottobre<br />

1998). A cura <strong>del</strong>la Fondazione<br />

Benetton studi ricerche,<br />

stampa 1999.<br />

Domenico Luciani è Direttore <strong>del</strong>la<br />

Fondazione Benetton Studi e ricerche.


Edificazione<br />

di un manicomio<br />

Gian Piero Sciocchetti<br />

La storia <strong>del</strong>la costruzione<br />

<strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />

Valsugana. <strong>Il</strong> frutto di una approfondita<br />

ricerca d’archivio in un ipertesto.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

La ricerca dei disegni progettuali<br />

relativi alla costruzione <strong>del</strong> “Manicomio<br />

provinciale tirolese di Pergine<br />

1 ” e di quelli <strong>del</strong> suo successivo<br />

ampliamento. Si è presentata<br />

come una ricerca complessa, consistente<br />

nella ricostruzione documentale<br />

<strong>del</strong>la storia edilizia <strong>del</strong> più<br />

grande edificio <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> e che<br />

interessava vari ed inesplorati settori<br />

<strong>del</strong>le attività tecnico-costruttive<br />

svolte nella nostra regione<br />

quali l’acquisto dei terreni su cui<br />

costruirlo 2 , la sua progettazione di<br />

massima, i disegni esecutivi e di<br />

cantiere, la progettazione dei primordiali<br />

impianti tecnici 3 , l’assetto<br />

urbanistico <strong>del</strong> territorio prescelto<br />

4 , la progettazione dei giardini<br />

5 e così via, eseguiti nei trenta-cinque<br />

anni intercorsi tra il<br />

1879 ed il 1914.<br />

Di una documentazione così importante<br />

per la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />

e <strong>del</strong>le tecnologie usate nella<br />

nostra regione, si era persa ogni traccia.<br />

Una constatazione questa assai<br />

grave se si pensa che tale documentazione<br />

riguardava il primo dei gran­<br />

di edifici costruiti nel <strong>Trentino</strong> sul<br />

finire <strong>del</strong>l’Ottocento, realizzato a<br />

tempo di record da una <strong>del</strong>le imprese<br />

trentine più rinomate operanti nel<br />

Tirolo e in altri Länder <strong>del</strong>l’Impero<br />

Asburgico.<br />

Ben presto mi resi conto che i<br />

documenti che cercavamo erano veramente<br />

scomparsi e che nessuno era<br />

in grado di suggerirmi in quale archivio<br />

avremmo potuto continuare<br />

le ricerche. Decisi di interrompere le<br />

ricerche in ambito extra provinciale<br />

in quanto capii che la documentazione<br />

più interessante – quella riguardante<br />

cioè la fase esecutiva dei<br />

lavori – avrebbe potuto trovarsi solamente<br />

negli archivi <strong>del</strong>la vecchia<br />

Contea Principesca <strong>del</strong> Tirolo e non<br />

a Vienna – come qualcuno suggeriva<br />

– in quanto la realizzazione <strong>del</strong> manicomio<br />

riguardava esclusivamente<br />

il Land Tirolo e non gli organi centrali<br />

<strong>del</strong>lo Stato Asburgico 6 .<br />

Per il prosieguo <strong>del</strong>la ricerca avrei<br />

potuto contare solamente su un’interessante<br />

e completa documentazione<br />

catastale raccolta nel corso di<br />

un’apposita ricerca eseguita, con la<br />

solita impeccabile precisione, da Vincenzo<br />

Adorno presso l’Ufficio <strong>del</strong> Libro<br />

fondiario 7 e l’Ufficio <strong>del</strong> catasto<br />

<strong>del</strong>la Regione autonoma <strong>Trentino</strong>-<br />

Alto Adige e su due libri pubblicati<br />

nel 1912 e nel 1981.<br />

I documenti disponibili consistevano<br />

in una serie di mappe catastali<br />

su cui erano state evidenziate<br />

tutte le particelle fondiarie<br />

acquistate nel 1879 dal Comune di<br />

Pergine per la costruzione <strong>del</strong> manicomio<br />

(tenuta di Maso San Pietro)<br />

e nel 1902 dalla Giunta provinciale<br />

di Innsbruck per l’amplia­<br />

29


Edificazione di un manicomio<br />

30<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mento <strong>del</strong>le strutture esistenti e<br />

per la realizzazione <strong>del</strong>la cosiddetta<br />

“Colonia agricola”, necessaria<br />

per la sperimentazione <strong>del</strong>l’er-goterapia<br />

(i terreni confinanti a<br />

Nord-Ovest <strong>del</strong>l’edificio principale<br />

<strong>del</strong> manicomio e quelli <strong>del</strong>la tenuta<br />

“Alla Costa” di Vigalzano).<br />

Completava la documentazione<br />

una serie di vecchie mappe catastali<br />

ottocentesche su cui risultavano posizionati<br />

gli edifici realizzati nel<br />

1879-1881 e che, grazie ai segni convenzionali<br />

che vi comparivano, permettevano<br />

anche di conoscere i tipi<br />

di colture presenti su alcune particelle<br />

e l’esatta conformazione dei<br />

giardini realizzati tra i fabbricati <strong>del</strong><br />

manicomio.<br />

Dei due testi disponibili, il più<br />

vecchio, era quello curato da Heinrich<br />

Schlöss, “Die Irrenpflege in<br />

Österreich in Wort und Bild” (“I manicomi<br />

in Austria nelle parole e nelle<br />

immagini”), pubblicato ad Halle<br />

a. S. nel 1912, con particolare<br />

riguardo al capitolo relativo al Manicomio<br />

di Pergine, scritto dal dr.<br />

Dejaco 8 che in quell’anno ne aveva<br />

assunto la direzione, dopo avervi trascorso<br />

un lungo periodo in qualità<br />

di assistente. Dalle notizie contenute<br />

nel libro su tutti i manicomi esistenti<br />

nella parte austriaca <strong>del</strong>l’Impero<br />

danubiano, dalle illustrazione<br />

e dai disegni che vi sono riprodotti<br />

e dalla precisa e meticolosa descrizione<br />

dei vari reparti <strong>del</strong> manicomio<br />

perginese fatta dal dr. Pius Dejaco,<br />

è stato possibile ricavarne un numero<br />

elevato di informazioni riguardanti<br />

l’organizzazione <strong>del</strong> manicomio nel<br />

periodo compreso tra il 1893 ed il<br />

1912.<br />

Considerando l’importanza <strong>del</strong>la<br />

descrizione fatta dal Dejaco per<br />

il prosieguo <strong>del</strong>la ricerca, il dr. Giuseppe<br />

Pantozzi ha tradotto in lingua<br />

italiana l’intero capitolo che<br />

riguardava il manicomio di Pergine<br />

9 , permettendo in tal modo di<br />

non perdere alcun particolare <strong>del</strong>la<br />

minuziosa descrizione dei singoli<br />

reparti os-pedalieri.<br />

<strong>Il</strong> secondo testo disponibile, il più<br />

completo ed interessante libro sulla<br />

storia <strong>del</strong> manicomio di Pergine e di<br />

Hall era quello importantissimo, ai<br />

fini <strong>del</strong>la mia ricerca, di Giuseppe<br />

Pantozzi, “Gli spazi <strong>del</strong>la follia: storia<br />

<strong>del</strong>la psichiatria nel Tirolo e nel<br />

<strong>Trentino</strong> 1830-1942”, edito dalla<br />

Scuola superiore di servizio sociale<br />

di Trento e dal Centro studi Erickson<br />

di Gardolo nel 1989. Senza di esso<br />

questa mia ricerca non avrebbe potuto<br />

essere portata a termine.<br />

Dopo aver esaminato attentamente<br />

la suddetta documentazione,<br />

decisi di ricapitolare cronologicamente<br />

tutte le notizie di cui<br />

fossi venuto a conoscenza, in<br />

modo da poterle confrontare tra<br />

loro, controllandone l’affidabilità<br />

ed integrandole con altri dati riguardanti<br />

la realizzazione <strong>del</strong>le<br />

grandi opere pubbliche realizzate<br />

nel <strong>Trentino</strong> nello stesso periodo<br />

(1880-1914). Per far ciò mi sarei<br />

avvalso <strong>del</strong>la documentazione raccolta<br />

per la stesura <strong>del</strong> mio studio<br />

sulla costruzione <strong>del</strong>la Ferrovia<br />

<strong>del</strong>la Valsugana 10 (1884-1886) e di<br />

altri interessanti testi editi dall’Associazione<br />

amici <strong>del</strong>la storia di Pergine<br />

11 , di cui faccio parte.<br />

I risultati così ottenuti sono stati<br />

superiori ad ogni aspettativa perché


Bruno Caruso,<br />

Ospedale <strong>del</strong>lo<br />

Spasimo,<br />

particolare, 1954.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mi hanno permesso di farmi<br />

un’idea dei costi sostenuti per l’acquisto<br />

dei terreni, dei materiali impiegati<br />

nelle costruzioni, dei costi<br />

<strong>del</strong>la mano d’opera, dei sistemi costruttivi,<br />

<strong>del</strong>l’onere dei trasporti,<br />

<strong>del</strong>la situazione <strong>del</strong>la rete stradale,<br />

<strong>del</strong>le condizioni amministrative<br />

che regolavano i contratti di<br />

allora e <strong>del</strong> funzionamento <strong>del</strong><br />

Catasto e <strong>del</strong> Libro fondiario austroungarico.<br />

Ritenni indispensabile dover<br />

fare anche un riferimento alla particolare<br />

situazione che stava attraversando<br />

la Monarchia danubiana,<br />

in quanto in quell’epoca tutti i territori<br />

appartenenti agli Asburgo<br />

stavano attraversando un periodo<br />

di profonda trasformazione economica<br />

12 , tributaria 13 , organizzativa<br />

e istituzionale 14 . A ingarbugliare<br />

maggiormente le cose fu l’entrata<br />

in vigore <strong>del</strong>le leggi che disponevano<br />

il cambio <strong>del</strong>la valuta 15<br />

e l’introduzione <strong>del</strong> nuovo sistema<br />

metrico decimale 16 .<br />

Per quanto riguarda specificamente<br />

il <strong>Trentino</strong> la situazione risultava<br />

ancora più grave che altrove in quanto<br />

a partire dal 1866 le nuove frontiere<br />

con l’Italia posero fine ai rapporti<br />

economici e di buon vicinato<br />

con la Lombardia e con il Veneto 17 .<br />

Contemporaneamente, una profonda<br />

e grave crisi economica, causata dalle<br />

avverse condizioni meteorologiche<br />

e dal diffondersi di malattie <strong>del</strong>la<br />

vite e dei bachi da seta, stava attanagliando<br />

l’economia trentina basata<br />

prevalentemente sull’agricoltura<br />

di montagna 18 , sulla produzione<br />

enotecnica 19 e sulla bachicoltura 20 .<br />

Una volta completate le ricerche<br />

preliminari potei dedicarmi al vero<br />

scopo <strong>del</strong> mio studio. Partendo dalle<br />

mappe catastali d’epoca, fornitemi<br />

da Vincenzo Adorno, fui in grado<br />

di ricostruire le varie fasi di costruzione<br />

<strong>del</strong> manicomio, la relativa disposizione<br />

urbanistica dei vari fabbricati,<br />

le modifiche apportate ad<br />

alcuni edifici e la particolare conformazione<br />

data alle aiuole dei giardini.<br />

Contemporaneamente mi dedicai<br />

alla riproduzione <strong>del</strong>le fotografie<br />

d’epoca e a eseguirne di nuove<br />

degli stessi particolari che comparivano<br />

nelle vecchie immagini, risalenti<br />

perlopiù al primo decennio <strong>del</strong><br />

Novecento.<br />

Qualche tempo dopo, Anita Pasqualeti,<br />

esperta in ricerche bibliografiche<br />

<strong>del</strong> nostro gruppo di studio,<br />

mi avvertiva di aver trovato casualmente<br />

presso la Biblioteca comunale<br />

di Trento, un album fotografico<br />

prodotto dal noto fotografo<br />

trentino Untervegher per l’inau­<br />

31


Edificazione di un manicomio<br />

32<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

gurazione <strong>del</strong> manicomio perginese,<br />

prevista per il 19 settembre<br />

1882 21 . Purtroppo la cerimonia<br />

non poté aver luogo per il verificarsi<br />

<strong>del</strong>la più grande alluvione<br />

verificatasi sul <strong>Trentino</strong> e in Valsugana<br />

negli ultimi secoli e per<br />

quel motivo, forse, l’album era stato<br />

così a lungo dimenticato tra i<br />

tanti documenti conservati nella<br />

biblioteca.<br />

Con le copie <strong>del</strong>le fotografie ottenute<br />

dalla Direzione <strong>del</strong>la biblioteca,<br />

unitamente alle immagini e alle<br />

planimetrie di alcuni fabbricati realizzati<br />

nel 1902-1905, che compaiono<br />

nei libri di Heinrich Schlöss e di<br />

Giuseppe Pantozzi e con le notizie<br />

tratte dai testi di Cesare Battisti, di<br />

Nino Forenza, di Roberta Grof, di Jole<br />

Piva e di Luciano Dellai, potei disporre<br />

di un sufficiente repertorio<br />

di documenti ricostruire con buona<br />

precisione le varie fasi che portarono<br />

alla costruzione e ai successivi<br />

ampliamenti <strong>del</strong> manicomio<br />

perginese.<br />

Non disponendo di alcuna planimetria<br />

relativa al primo gruppo<br />

di fabbricati 22 , costruiti tra il 1879<br />

ed il 1881, e considerando che<br />

quelle disponibili risalivano a non<br />

prima <strong>del</strong> 1970 e che quindi erano<br />

assai diverse da quelle originali, mi<br />

resi conto che l’unica possibilità di<br />

poter disporre di planimetrie più<br />

vecchie era quella di rintracciare la<br />

documentazione presentata dai<br />

proprietari di immobili all’atto<br />

<strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong> Nuovo Catasto<br />

Edilizio Urbano <strong>del</strong> 1939,<br />

documentazione che trovai nell’archivio<br />

<strong>del</strong>l’Ufficio <strong>del</strong> Catasto di<br />

Pergine e che riguardava tutte le<br />

planimetrie 23 rilevate da vari tecnici<br />

abilitati in occasione <strong>del</strong>l’”Accertamento<br />

Generale <strong>del</strong>la Proprietà<br />

Immobiliare Urbana" disposto<br />

con Regio Decreto Legge 13<br />

Aprile 1939-XVII n. 652. Con grande<br />

soddisfazione potei consultare<br />

tutte le piantine dei singoli piani<br />

di tutti gli edifici preesistenti all’entrata<br />

in vigore <strong>del</strong>la legge e<br />

quelle relative ai fabbricati eretti<br />

o ristrutturati dopo il 1939 nonchè<br />

a tutte le varianti e modifiche<br />

apportate agli edifici fino ai giorni<br />

nostri.<br />

Grazie alla preziosa collaborazione<br />

<strong>del</strong> Capufficio <strong>del</strong> Catasto di Pergine<br />

e dei suoi collaboratori, nel giro<br />

di soli tre giorni potei disporre di<br />

tutte le planimetrie che mi interessavano.<br />

La loro riproduzione comportò<br />

la suddivisione in più fogli<br />

formato UNI A3 per cui furono necessari<br />

alcuni giorni per realizzare<br />

i collage necessari per metterle assieme.<br />

Purtroppo le planimetrie<br />

più vecchie, disegnate su carta millimetrata<br />

prodotta nel periodo<br />

bellico, ingiallita dal tempo, con<br />

profonde piegature dei disegni<br />

originali, rendevano le fotocopie<br />

assai scure, con linee a volte deformate<br />

dalle pieghe, oppure particolarmente<br />

sbiadite; l’unico sistema<br />

per poterne ricavare dei disegni<br />

di più facile lettura, magari<br />

in scala ridotta per poterle consultare<br />

senza problemi, consisteva nel<br />

ridisegnarle tutte su normale carta<br />

da lucidi non millimetrata.<br />

Iniziai a disegnare le piante <strong>del</strong><br />

fabbricato principale risalente al<br />

1879-1880. L’idea fu vincente in<br />

quanto sovrapponendo casual­


Bruno Caruso,<br />

<strong>Il</strong> mondo alla<br />

rovescia, disegno<br />

acquarellato,<br />

1958.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mente le prime due tavole realizzate<br />

potei constatare che le murature<br />

interne degli scantinati non<br />

sempre corrispondevano a quelle<br />

dei tramezzi <strong>del</strong> piano superiore,<br />

cioè, risultava che alcuni muri di<br />

fondazione non servivano a sostenere<br />

alcun sovraccarico concentrato<br />

nel piano sovrastante. La strana<br />

situazione mi divenne chiara<br />

nel disegnare le piante dei piani<br />

superiori da cui potei notare che<br />

la posizione <strong>del</strong>le tramezzature<br />

erano tornate a coincidere con le<br />

murature portanti esistenti nello<br />

scantinato. Era evidente che all’atto<br />

<strong>del</strong> rilevamento la situazione<br />

era diversa da quella <strong>del</strong> 1882 e<br />

che, nel frattempo, parecchi muri<br />

divisori erano stati demoliti.<br />

Un’ulteriore sorpresa la ebbi<br />

quando, seguendo meticolosamente<br />

la descrizione dei vari reparti<br />

<strong>del</strong> fabbricato centrale <strong>del</strong><br />

manicomio, fatta dal dr. Pius Dejaco,<br />

potei constatare che quella<br />

33


Edificazione di un manicomio<br />

34<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

descritta corrispondeva esattamente<br />

alla suddivisione interna dei<br />

locali <strong>del</strong>lo scantinato. Facendo<br />

tesoro <strong>del</strong>l’esperienza acquisita<br />

continuai a disegnare piantine<br />

ininterrottamente per circa tre<br />

mesi realizzando sessanta planimetrie<br />

relative a tutti i fabbricati<br />

costruiti tra il 1879 ed il 1973 e le<br />

relative variazioni apportate a partire<br />

dal secondo dopoguerra.<br />

Per elaborare e ridisegnare tutte<br />

le planimetrie, per raccogliere tutte<br />

le notizie necessarie, per riprodurre<br />

le immagini ho impiegato circa sei<br />

mesi a partire dall’11 settembre <strong>del</strong><br />

2000 fino al 21 marzo 2001. Come<br />

ho già specificato in precedenza,<br />

per facilitare la consultazione, i<br />

disegni sono stati ridotti di formato<br />

in modo da poterli riprodurre<br />

in un comune foglio formato UNI<br />

A4. Contraddis-tinguendo ogni<br />

locale con un numero progressivo<br />

e dotando le plani-metrie di<br />

un’apposita legenda è possibile<br />

ora conoscere l’uso che se ne faceva<br />

a suo tempo. Purtroppo i disegni<br />

risultano privi <strong>del</strong>le varie sezioni,<br />

<strong>del</strong>le piante dei sottotetti e<br />

dei disegni <strong>del</strong>le facciate, ma la<br />

loro ricostruzione peraltro non necessaria<br />

avrebbe comportato una<br />

lunga perdita di tempo. Nel nostro<br />

caso, infatti, i disegni approntati<br />

sono in grado di far conoscere l’organizzazione<br />

sanitaria dei vari reparti,<br />

la sistemazione dei servizi<br />

generali, le continue modifiche e<br />

gli amplia-menti eseguiti per potenziare<br />

la capacità ricettiva <strong>del</strong><br />

manicomio.<br />

Oltretutto le varie fotografie<br />

d’epoca, tra cui molte inedite, ci per­<br />

mettono di avere una visione d’assieme<br />

<strong>del</strong>l’opera e di tutti i principali<br />

particolari architettonici <strong>del</strong> monumentale<br />

fabbricato principale e<br />

dei vari padiglioni costruiti all’inizio<br />

<strong>del</strong> secolo.<br />

Nella primavera <strong>del</strong> 2002, in occasione<br />

<strong>del</strong> mio ultimo sopralluogo<br />

all’ex Ospedale psichiatrico le due<br />

archiviste che, con certosina pazienza<br />

e con estrema precisione, stavano<br />

riordinando l’archivio mi consegnarono<br />

due fotocopie degli unici<br />

disegni tecnici relativi al manicomio<br />

trovati tra l’enorme mole di documenti<br />

che stavano ultimando di riordinare.<br />

L’importanza <strong>del</strong> ritrovamento dei<br />

due disegni è rilevante in quanto uno<br />

di essi ci permette di conoscere le<br />

dimensioni e le relative caratteristiche<br />

<strong>del</strong>le fondazioni dei piccoli fabbricati<br />

adibiti a lavanderia, a docce,<br />

a camera mortuaria e a magazzini<br />

provvisori 24 , in parte demoliti nei<br />

primi anni <strong>del</strong> Novecento (fig. 1).<br />

L’altro ci consente invece di avere<br />

la conferma <strong>del</strong>l’insorgere di problemi<br />

sorti per la sistemazione all’interno<br />

<strong>del</strong>l’Istituto <strong>del</strong>le 20 suore a<br />

cui la Provincia aveva affidato, con<br />

regolare contratto, gran parte <strong>del</strong>la<br />

gestione logistica <strong>del</strong>l’intero manicomio.<br />

Secondo le clausole contemplate<br />

dal contratto stipulato nell’estate<br />

<strong>del</strong> 1881 con la direzione<br />

generale <strong>del</strong>le Suore <strong>del</strong>la Divina<br />

Provvidenza di Gorizia 25 , la Giunta<br />

provinciale si era impegnata a mettere<br />

a disposizione <strong>del</strong>le suore, idonei<br />

locali riservati, in grado di ospitarne<br />

eventualmente un numero<br />

maggiore. Secondo il contratto, infatti,<br />

le venti suore rappresentava­


Figura 1 - 1880-81<br />

Manicomio<br />

provinciale tirolese<br />

di Pergine<br />

Valsugana: studio<br />

di massima per la<br />

trasformazione <strong>del</strong><br />

tratto centrale <strong>del</strong><br />

secondo piano<br />

<strong>del</strong>l’edificio in<br />

alloggi per le suore,<br />

per il capellano, per<br />

i medici assistenti<br />

e in due locali da<br />

adibito a biblioteca<br />

e a cancelleria<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

no il numero minino di quelle che<br />

avrebbero dovuto svolgere la loro<br />

attività d’assistenza alle malate, numero<br />

che però sarebbe potuto aumentare<br />

in qualsiasi momento previa<br />

richiesta <strong>del</strong>la Giunta provinciale<br />

tirolese. Probabilmente tutti questi<br />

problemi, poterono essere risolti<br />

approfittando <strong>del</strong>la necessità<br />

di dislocare le docce lontano dai<br />

locali <strong>del</strong>le cucine come invece era<br />

stato previsto nel progetto iniziale<br />

26 . Come è stato possibile appurare,<br />

sul retro <strong>del</strong> grande edificio<br />

manicomiale vennero appositamente<br />

realizzati una serie di piccoli<br />

fabbricati non previsti inizial­<br />

mente, che permise di risolvere “in<br />

qualche modo” tutte le manchevolezze<br />

progettuali evidenziate durante<br />

i lavori o non approvate dalle<br />

autorità sanitarie provinciali.<br />

Contrariamente ad ogni principio<br />

deontologico, la progettazione<br />

<strong>del</strong>le modifiche e dei nuovi fabbricati<br />

non venne eseguita dal progettista<br />

ing. Josef Huter, bensì dal<br />

direttore dei lavori, l’ing. Lindner.<br />

Era evidente che i rapporti tra il<br />

progettista e l’Ente committente si<br />

fossero interrotti, ma i motivi purtroppo<br />

non li conosciamo.<br />

Ad avvalorare tale supposizione ci<br />

viene in aiuto il secondo disegno<br />

35


Edificazione di un manicomio<br />

36<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

(fig. 2) in cui compare abbozzato<br />

uno studio per la sistemazione <strong>del</strong>l’alloggio<br />

<strong>del</strong>le suore da realizzare<br />

al secondo piano <strong>del</strong> corpo centrale<br />

<strong>del</strong> manicomio. Si tratta di una sistemazione<br />

di ripiego che evidentemente<br />

non poteva essere accettata<br />

dalle suore: infatti, oltre al poco spazio<br />

disponibile e alla cattiva disposizione<br />

interna dei locali, i servizi<br />

igienici risultavano essere fuori<br />

dagli alloggi usati in comune con<br />

altri reparti <strong>del</strong>l’ospedale.<br />

Grazie al ritrovamento di queste<br />

due planimetrie è stato possibile<br />

completare tutte quelle dei fabbricati<br />

realizzati nell’ex Ospedale psichiatrico<br />

tra il 1879 e la fine <strong>del</strong><br />

secolo scorso.<br />

Finalmente alla fine di marzo <strong>del</strong><br />

2001 riuscii a portare a compimento<br />

l’incarico preso. Per rendere meno<br />

pesante la relazione sulle attività<br />

svolte, che avrei dovuto esporre ai<br />

componenti <strong>del</strong> gruppo di lavoro,<br />

approntai una serie di diapositive<br />

riproducenti i principali documenti<br />

d’epoca integrandole con quelle<br />

scattate in occasione dei miei vari<br />

sopralluoghi. Conclusi la mia esposizione<br />

consegnando alla dott.ssa<br />

Grandi due raccoglitori da duecento<br />

buste trasparenti, contenenti<br />

specchi cronologici, trascrizioni di<br />

documenti, riproduzioni di fotografie,<br />

disegni esplicativi, cartine,<br />

tabelle e soprattutto le planimetrie<br />

<strong>del</strong> complesso ospedaliero e<br />

degli edifici nella loro disposizione<br />

iniziale.<br />

Dopo qualche tempo, quando ormai<br />

avevo ripreso in mano il mio<br />

lungo studio sulle difese <strong>del</strong>le coste<br />

mediterranee dalle incursioni turco-<br />

saracene, la dott.ssa Grandi mi telefonò<br />

comunicandomi di aver visionato<br />

la documentazione che le avevo<br />

consegnato e che riteneva opportuno<br />

trasformarla in un ipertesto<br />

multimediale a carattere divulgativo.<br />

Sul finire <strong>del</strong>l’estate, quando dopo<br />

un lungo periodo d’assenza tornai a<br />

Trento, incontrai la dott.ssa Grandi<br />

che mi pregò di esporre la mia relazione<br />

sul lavoro fatto ad alcuni funzionari<br />

<strong>del</strong>la Provincia autonoma di<br />

Trento, e successivamente, ai rappresentanti<br />

<strong>del</strong>l’Amministrazione comunale<br />

di Pergine e <strong>del</strong> Comprensorio<br />

<strong>del</strong>l’Alta Valsugana.<br />

Mingardi, esperto informatico in<br />

occasione di un incontro fu deciso<br />

che l’ipertesto uno scopo prettamente<br />

divulgativo diretto ai giovani, in<br />

grado di far loro conoscere cosa significò<br />

per i Trentini l’aver ottenuto<br />

un ospedale psichiatrico in cui i propri<br />

malati avrebbero potuto considerarsi<br />

tra la propria gente, non<br />

più costretti ad “emigrare” in territori<br />

lontani ove l’isolamento sarebbe<br />

risultato ancor più accentuato<br />

dalla diverse usanze e soprattutto<br />

dalla diversa lingua. Per poter<br />

raggiungere gli obiettivi che ci<br />

eravamo preposti sarebbe stato<br />

necessario approntare una specie<br />

di “menabò” da cui chiunque – non<br />

solo gli addetti ai lavori – interagendo<br />

tra i vari file contenuti in<br />

un CD-ROM potesse seguire un percorso<br />

da cui trarre tutte le informazioni<br />

che più interessano.<br />

Sul finire <strong>del</strong> mese di aprile 2002<br />

con la dott.ssa Grandi decidemmo<br />

di articolare la Storia <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine dalla


Figura 2 -1881<br />

Manicomio<br />

provinciale tirolese<br />

di Pergine<br />

Valsugana<br />

planimetria <strong>del</strong>le<br />

fondazioni dei<br />

piccoli fabbricati<br />

realizzati nella<br />

zona retrostante il<br />

fabbricato centrale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

sua ideazione alla fine <strong>del</strong>la Grande<br />

Guerra 27 nei seguenti periodi o<br />

“argomenti principali”:<br />

1. Antefatti;<br />

2. il manicomio a Pergine;<br />

3. la costruzione <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico;<br />

4. l’inaugurazione;<br />

5. alla ricerca di nuovi spazi;<br />

6. la Grande Guerra;<br />

7. il primo dopoguerra;<br />

8. la costituzione <strong>del</strong>la nuova provincia<br />

<strong>del</strong>la Venezia Tridentina.<br />

Ognuno di essi, a sua volta, avrebbe<br />

dovuto essere articolato in una serie<br />

di “argomenti specifici” riguardanti<br />

ciascuno degli otto periodi<br />

presi in esame. Di conseguenza ogni<br />

argomento specifico avrebbe dovuto<br />

essere descritto succintamente<br />

fornendo le indicazioni necessarie<br />

per i successivi approfondimenti costituiti<br />

da brevi flash denominati “argomenti<br />

particolareggiati”, che<br />

avrebbero costituito il punto di<br />

partenza per poter interagire con<br />

altri file consistenti in una serie<br />

di documenti ancor più particolareggiati,<br />

basati essenzialmente<br />

sulle immagini con relative didascalie<br />

e spiegazioni.<br />

L’ipertesto sarà dunque composto<br />

da:<br />

- 8 “argomenti principali”;<br />

- 34 “argomenti specifici”;<br />

- 120 “argomenti particolareggiati”<br />

sotto forma di schede, con riferimenti<br />

alle fonti per un approfondimento<br />

<strong>del</strong>l’argomento;<br />

- 6 cartine geografiche;<br />

37


Edificazione di un manicomio<br />

38<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

- 30 tavole di disegno con relative<br />

spiegazioni;<br />

- 48 fotografie d’epoca, in parte<br />

inedite;<br />

- 5 mappe catastali;<br />

- 17 tabelle;<br />

- fotografie recenti <strong>del</strong>lo stato <strong>del</strong>le<br />

strutture;<br />

- trascrizioni di documenti più importanti<br />

e difficilmente reperibili;<br />

- bibliografia completa sugli argomenti.<br />

<strong>Il</strong> CD-ROM sarà probabilmente realizzato<br />

entro la fine <strong>del</strong> 2003.<br />

NOTE<br />

]1] Denominazione ufficiale assunta<br />

dall’Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine dall’inizio <strong>del</strong>le<br />

attività fino al 1916. Dopo tale<br />

data i comandi militari austroungarici<br />

preferirono chiamarlo<br />

Ospedale militare di San<br />

Pietro o più semplicemente<br />

Ospedale di San Pietro.<br />

[2] Avvenute in un periodo di<br />

transizione compreso tra la<br />

formazione <strong>del</strong> Catasto fondiario<br />

impostato su base geometrica<br />

e particellare (1853),<br />

la compilazione dei fogli di<br />

possesso fondiario (Grundbesitzbogen)<br />

e la costituzione<br />

<strong>del</strong> Libro fondiario (1900).<br />

[3] Già nel 1880-1882 furono realizzati<br />

alcuni primordiali, ma<br />

complessi, impianti tecnici<br />

quali quelli di riscaldamento,<br />

quello fognante e nel 1903<br />

l’impianto elettrico allacciato<br />

ad una <strong>del</strong>le prime centrali<br />

<strong>del</strong>la regione alpina.<br />

[4] Consistenti: nell’allontanamento<br />

dei rivi d’acqua presenti<br />

nella zona ove venne eretto il<br />

grande fabbricato, lo spostamento<br />

<strong>del</strong> corso <strong>del</strong> "canale<br />

macinante"; l’allacciamento<br />

idrico all’acquedotto; la ricerca<br />

di nuove sorgenti e la costruzione<br />

di un nuovo acquedotto;<br />

l’impianto elettrico che<br />

assorbiva gran parte <strong>del</strong>la potenzialità<br />

<strong>del</strong>la nuova centrale<br />

elettrica di Serso; l’installazione<br />

di montacarichi; l’impianto<br />

di produzione d’acqua<br />

calda per le docce e la lavanderia;<br />

l’impianto telefonico; la<br />

realizzazione di una grande<br />

cucina dotata di grosse pentole<br />

funzionanti a vapore.<br />

[5] <strong>Il</strong> cui progetto fu eseguito dal<br />

conte Carlo Lodron ed approvato<br />

dalla Giunta provinciale.<br />

[6] La legge imperiale 17 febbraio<br />

1864, modificando profondamente<br />

la legislazione preesistente<br />

in tema di assistenza<br />

ai malati di mente, decentrava<br />

ogni competenza in materia<br />

ai vari Länder <strong>del</strong>l’impero<br />

austroungarico.<br />

[7] L’istituzione <strong>del</strong> Libro fondiario<br />

fu introdotta nel <strong>Trentino</strong><br />

a seguito <strong>del</strong>l’entrata in vigore<br />

<strong>del</strong>la legge provinciale <strong>del</strong><br />

Tirolo n. 9 <strong>del</strong> 17 marzo 1897.<br />

L’impianto <strong>del</strong> libro fondiario


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

fu eseguita nell’arco di tempo<br />

di mezzo secolo ed ebbe inizio<br />

a partire dal 1900. <strong>Il</strong> rilevamento<br />

dei dati, intrapreso<br />

dai funzionari austroungarici,<br />

venne continuata dal governo<br />

italiano che ne riconobbe la<br />

validità, ultimandone l’impianto<br />

e mantenendo la validità<br />

nel territorio <strong>del</strong>la regione<br />

<strong>Trentino</strong>-Alto Adige.<br />

[8] <strong>Il</strong> dottor Pius Dejaco, nato a<br />

Cognola di Trento il 24 aprile<br />

1859 da una famiglia di lingua<br />

tedesca, prese servizio<br />

presso il manicomio di Pergine<br />

nel 1893 in qualità di assistente,<br />

fu direttore <strong>del</strong>lo stesso<br />

manicomio dal 1912 al<br />

1919.<br />

[9] DEJACO 1912. Per la traduzione<br />

cfr. più avanti.<br />

[10]SCIOCCHETTI 1998.<br />

[11]BATTISTI 1987; BATTISTI<br />

1898; FORENZA 1995; FOREN­<br />

ZA 1998; GROFF – PIVA – DEL­<br />

LAI 1985.<br />

[12]Generata dalla rivoluzione<br />

scoppiata in Ungheria, in Boemia,<br />

a Vienna e nel Lombardo<br />

Veneto (1848-1849), dalla<br />

guerra contro il Regno di<br />

Sardegna (1848-1849), dalla<br />

guerra contro i Franco-Piemontesi<br />

(1859), dalla guerra<br />

contro l’Impero Prussiano e il<br />

Regno d’Italia (1866) e l’annessione<br />

<strong>del</strong>la Bosnia Erzegovina<br />

(1878).<br />

[13]Introduzione <strong>del</strong> nuovo catasto<br />

fondiario impostato su<br />

base geometrica e particellare<br />

con rilevamento cartografico<br />

alla scala 1:2880 eseguita<br />

dall’ i.r. Genio Militare (1853­<br />

1863) e all’introduzione <strong>del</strong><br />

Libro fondiario (1897), ultimato<br />

dopo la Grande Guerra.<br />

[14]Causata dalla trasformazione<br />

istituzionale <strong>del</strong>la Monarchia<br />

Asburgica da Impero d’Austria<br />

in Impero d’Austria e Ungheria<br />

(1867) che causò la completa<br />

riorganizzazione <strong>del</strong>l’apparato<br />

statale e la riforma <strong>del</strong>le<br />

forze armate che vennero<br />

suddivise nei seguenti tre<br />

eserciti: l’imperiale e regio<br />

esercito (comune alle due parti<br />

<strong>del</strong>l’impero), l’imperial-regia<br />

Landwehr austriaca e la<br />

regia Honved ungherese.<br />

[15]Sul finire <strong>del</strong>l’Ottocento venne<br />

introdotta la corona al posto<br />

<strong>del</strong> fiorino. Per molti anni<br />

le due monete continuarono<br />

ad avere corso legale che al<br />

cambio ufficiale corrispondeva<br />

ad un fiorino per due corone,<br />

aumentando così il disagio<br />

tra la popolazione locale<br />

che preferì chiamare soldo il<br />

centesimo di corona invece<br />

che Heller.<br />

[16]La riforma comportò l’abbandono<br />

di tutti gli antichi sistemi<br />

di misura riguardanti le<br />

lunghezze, i volumi, i liquidi,<br />

gli aridi (granaglie) e le superfici<br />

<strong>del</strong> terreno.<br />

39


Edificazione di un manicomio<br />

40<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

[17]Vennero, infatti, vietati i ricoveri<br />

dei malati di mente trentini<br />

presso i manicomi di Venezia<br />

e di Milano.<br />

[18]I raccolti risultarono notevolmente<br />

inferiori a quelli medi<br />

a causa <strong>del</strong>l’imperversare di<br />

lunghi periodi di avverse condizioni<br />

meteorologiche e alla<br />

caduta di valanghe. In occasione<br />

<strong>del</strong>l’entrata in funzione<br />

<strong>del</strong> manicomio di Pergine la<br />

direzione fu costretta ad acquistare<br />

la paglia nel Veneto<br />

in quanto quell’anno in zona<br />

non fu possibile acquistare le<br />

foglie di granoturco necessarie<br />

per la confezione dei materassi.<br />

L’alimentazione basata<br />

essenzialmente sul mais, tipica<br />

<strong>del</strong>le valli meridionali <strong>del</strong><br />

<strong>Trentino</strong>, fece aumentare notevolmente<br />

il numero dei malati<br />

colpiti dalla pellagra, incrementando<br />

tangibilmente il<br />

numero dei ricoveri in manicomio.<br />

[19]Negli ultimi tre decenni <strong>del</strong>l’Ottocento<br />

i vigneti trentini<br />

vennero distrutti dalla fillossera<br />

che fece scomparire completamente<br />

alcuni tipi di pregiata<br />

uva, tra cui la famosissima<br />

uva denominata “gocciadoro”.<br />

[20]Sul finire <strong>del</strong> secolo XIX il settore<br />

<strong>del</strong>la bachicoltura entrò<br />

in profonda crisi per la concorrenza<br />

straniera per l’esistenza<br />

di una rete ferroviaria<br />

assolutamente insufficiente e<br />

dall’imperversare <strong>del</strong>la “pebrina”.<br />

A risentire maggiormente<br />

la crisi <strong>del</strong> settore fu la stessa<br />

Pergine con le sue numerose<br />

filande costrette a chiudere<br />

l’attività.<br />

[21]A causa <strong>del</strong>la disastrosa alluvione<br />

verificatasi nel <strong>Trentino</strong><br />

ed in Valsugana la cerimonia<br />

inaugurale non poté avvenire.<br />

Le eccezionali piogge dei<br />

giorni precedenti provocarono<br />

lo straripamento <strong>del</strong>l’Adige<br />

<strong>del</strong> 17 settembre, il crollo<br />

<strong>del</strong>la serra di Civezzano e la<br />

rottura degli argini <strong>del</strong> Fersina,<br />

che resero impercorribili le<br />

strade <strong>del</strong>la zona. La stessa<br />

Trento fu inondata unitamente<br />

a tutto il fondovalle dalla<br />

più grande inondazione mai<br />

registrata negli ultimi secoli.<br />

I danni furono ingentissimi e<br />

le strade furono inagibili per<br />

parecchi giorni.<br />

[22]I piccoli fabbricati costruiti<br />

nel 1881, vennero demoliti in<br />

parte dopo il 1905.<br />

[23] Sono planimetrie redatte su<br />

moduli forniti dagli Uffici periferici<br />

<strong>del</strong> Catasto su cui sono<br />

riportate le piante degli edifici<br />

alla scala 1:200 o 1:400 secondo<br />

le dimensioni <strong>del</strong>l’edificio.<br />

In <strong>Trentino</strong> tali documenti<br />

vengono normalmente<br />

denominati “catastini”.<br />

[24] Si tratta <strong>del</strong>le due baracche<br />

usate per lo stoccaggio <strong>del</strong><br />

carbone e <strong>del</strong>la legna da ar­


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

dere e l’altra per la conservazione<br />

dei pagliericci e <strong>del</strong>le<br />

foglie di granoturco con cui<br />

riempirli.<br />

[25]<strong>Il</strong> numero contrattualmente<br />

previsto era di 20 suore, aumentabile<br />

a richiesta <strong>del</strong>la<br />

Giunta provinciale. La Giunta<br />

si impegnava inoltre a fornire<br />

un appartamento completamente<br />

arredato, con cucina e<br />

una cappella privata, nonchè<br />

un orto per gli usi <strong>del</strong>la mensa<br />

conventuale; di cedere loro<br />

gratuitamente le can<strong>del</strong>e per<br />

l’illuminazione, il sapone, la<br />

cenere per il bucato, la legna<br />

da ardere, un quarto di vino<br />

giornalmente e il compenso di<br />

40 fiorini annui. Le suore dal<br />

canto loro avrebbero dovuto<br />

assicurare il funzionamento<br />

<strong>del</strong>la lavanderia (eventualmente<br />

assumendo due lavandaie<br />

locali che avrebbero dovuto<br />

ricevere 80 fiorini all’anno)<br />

e l’assistenza diretta <strong>del</strong>le<br />

malate ricorrendo eventualmente<br />

ad assumere due ausiliarie<br />

alle stesse condizioni<br />

amministrative di 80 fiorini<br />

annui.<br />

Con teutonica precisione il<br />

contratto prevedeva inoltre<br />

che le suore avessero il compito:<br />

<strong>del</strong>la gestione <strong>del</strong>la mensa<br />

degli ammalati e degli infermieri;<br />

l’acquisto diretto <strong>del</strong>le<br />

derrate alimentari; <strong>del</strong>la<br />

compilazione dei menù secondo<br />

particolari disciplinari da<br />

rispettare; di curare il servizio<br />

di guardaroba <strong>del</strong>l’ospedale e<br />

<strong>del</strong>le scorte di magazzino; di<br />

garantire la presenza di suore<br />

bilingui tra quelle impiegate<br />

nella cura <strong>del</strong>le malate. Come<br />

si desume dall’esame <strong>del</strong>le<br />

clausole presenti nel contratto,<br />

la Giunta provinciale, aveva<br />

demandato alle suore tutta<br />

l’organizzazione logistica<br />

<strong>del</strong>l’ospedale, comprese le<br />

cuoche nelle cucine e quella<br />

<strong>del</strong>l’assistenza nei reparti riservati<br />

alle ammalate. Spettava<br />

invece al Direttore <strong>del</strong> manicomio<br />

stabilire se una suora<br />

era idonea o meno a svolgere<br />

il suo compito specifico<br />

e alla sorveglianza sulle attività<br />

svolte. Per contro la cattolicissima<br />

amministrazione<br />

provinciale dovette sistemare<br />

nel migliore dei modi possibili<br />

le giovanissime suore giuliane,<br />

friulane e goriziane che<br />

si dimostrarono sempre all’altezza<br />

<strong>del</strong>la situazione (cfr.<br />

PANTOZZI 1989).<br />

[26]Come è rilevabile nel testo<br />

<strong>del</strong>la relazione di Dejaco, la dislocazione<br />

<strong>del</strong>le docce era prevista<br />

nelle immediate vicinanze<br />

dei locali <strong>del</strong>la cucina ma<br />

tale soluzione non venne accettata<br />

dalla commissione sanitaria<br />

provinciale. Da tale precisazione<br />

si riesce a capire il<br />

motivo <strong>del</strong>la realizzazione dei<br />

due porticati che collegavano<br />

il fabbricato centrale con le<br />

cucine.<br />

Gian Piero Sciocchetti è Generale di<br />

Brigata Ris. <strong>del</strong> Genio Militare.<br />

41


Un luogo per nuove<br />

politiche sociali<br />

Renzo Anderle<br />

<strong>Il</strong> progetto per il riuso <strong>del</strong>l’ex ospedale<br />

psichiatrico di Pergine Valsugana.<br />

42<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

È fuori dubbio che la presenza <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico in Pergine ha<br />

avuto un ruolo fondamentale nello<br />

sviluppo <strong>del</strong>la borgata, a partire dalla<br />

fine <strong>del</strong>l’Ottocento fino ai giorni<br />

nostri, con ripercussioni sia per<br />

quanto concerne l’economia, che per<br />

quanto riguarda gli aspetti sociali.<br />

L’influenza <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />

sulla comunità di Pergine<br />

è stata talmente forte da far sì<br />

che la stessa borgata fosse identificata<br />

con il manicomio e Pergine<br />

definito, non sempre ironicamente,<br />

come “il paese dei matti”.<br />

Indubbiamente, se ripercorriamo<br />

la storia <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico,<br />

dalla scelta <strong>del</strong>la sua ubicazione in<br />

Pergine fino alla legge 180 <strong>del</strong> 1978,<br />

che ne ha decretato di fatto la chiusura,<br />

non si può non rilevare come<br />

l’Ospedale psichiatrico, con la sua<br />

presenza di pazienti, che sono arrivati<br />

nel momento di maggiore utilizzo<br />

<strong>del</strong>la struttura ( nel maggio<br />

1963) a 1775 degenti, e con i suoi<br />

400 addetti, ha assunto dimensioni<br />

confrontabili con quelle <strong>del</strong> centro<br />

urbano di Pergine. È quindi evidente<br />

il peso “demografico” di questa<br />

istituzione sulla comunità. Analogo<br />

discorso vale per quanto concerne<br />

le aree <strong>del</strong>l’Ospedale, che<br />

hanno occupato una porzione considerevole<br />

<strong>del</strong> territorio <strong>del</strong>la borgata,<br />

in posizione abbastanza centrale,<br />

a ridosso <strong>del</strong> centro storico.<br />

Dagli iniziali nove ettari, derivanti<br />

dall’acquisto <strong>del</strong>la prima porzione<br />

di terreno dal conte Crivelli per la<br />

costruzione <strong>del</strong> padiglione centrale,<br />

si è arrivati, progressivamente,<br />

ad una superficie interessata dalla<br />

struttura di 251.500 mq, dei<br />

quali 13.200 coperti da edifici e<br />

238.300 mq di superfici libere (viabilità,<br />

campi coltivati, aree boscate).<br />

Le figure seguenti danno un’indicazione<br />

<strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong>l’abitato<br />

di Pergine nel tempo. La prima (fig.<br />

1) si riferisce alla più antica mappa<br />

reperibile negli archivi comunali e<br />

risale al 1750. Da questa si possono<br />

osservare le ridotte dimensioni <strong>del</strong>l’abitato,<br />

che allora contava presumibilmente<br />

2.500 abitanti.<br />

A metà Ottocento ritroviamo Pergine<br />

ampliata intorno al centro storico,<br />

con una popolazione attestata<br />

intorno a 3.100 abitanti. Nella seconda<br />

(fig. 2) non risulta ancora indicato<br />

il nuovo Ospedale psichiatrico<br />

la cui ubicazione risulta sullo<br />

sfondo <strong>del</strong>l’immagine.<br />

La scelta <strong>del</strong>la costruzione <strong>del</strong><br />

nuovo Ospedale psichiatrico è avvenuta<br />

nel periodo 1875-1877, dopo<br />

un lungo e intenso dibattito attraverso<br />

il quale si è pervenuti, innanzi<br />

tutto, alla scelta di realizzare un nuovo<br />

Ospedale psichiatrico nell’area


Bruno Caruso,<br />

Non riconosce,<br />

disegno a matita.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

“italiana” in aggiunta al già operante<br />

Ospedale psichiatrico di Hall,<br />

vicino ad Innsbruck. Diversi i comuni<br />

candidati ad ospitare il nuovo<br />

Os-pedale psichiatrico, struttura<br />

che risultava di particolare interesse<br />

per le amministrazioni comunali,<br />

in grado di offrire lavoro<br />

a un elevato numero di residenti e<br />

capace di operare un forte indotto<br />

nelle economie locali. La scelta,<br />

alla fine, cadde su Pergine e la<br />

progettazione <strong>del</strong>l’edificio fu affidata<br />

all’ingegnere Karl Lindner, per<br />

una struttura capace di ospitare<br />

200 pazienti.<br />

La prima pietra fu posata il 20<br />

marzo <strong>del</strong> 1879, mentre la fine dei<br />

lavori è avvenuta il 19 settembre<br />

1882. Interessa rilevare che la conclusione<br />

dei lavori – e quindi l’apertura<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico – è<br />

avvenuta nel periodo in cui il Tirolo<br />

veniva interessato da fenomeni alluvionali<br />

di particolare intensità, che<br />

hanno coinvolto anche il Comune di<br />

Pergine in vari punti <strong>del</strong> territorio,<br />

recando danni e distruzioni. Proprio<br />

in relazione a quegli eventi, l’inaugurazione<br />

<strong>del</strong> complesso ha subito<br />

un ritardo, come pure l’attivazione<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico. Ma, nel<br />

complesso, i lavori si sono sviluppati<br />

secondo il programma stabilito.<br />

La prima struttura riguardava la<br />

costruzione <strong>del</strong> cosiddetto padiglione<br />

centrale dalla classica forma ad<br />

E; edificio articolato su tre piani fuori<br />

terra più un piano interrato. Come<br />

si è detto, la superficie interessata<br />

dalla nuova struttura psichiatrica riguardava<br />

inizialmente 90.000 mq;<br />

oltre all’edificio, quindi, esistevano<br />

ampie superfici libere, fin dalla prima<br />

concezione <strong>del</strong>la struttura mancomiale.<br />

A partire dal 1926, l’Ospedale psichiatrico<br />

si è via via ampliato secondo<br />

il concetto <strong>del</strong>la struttura<br />

“per blocchi isolati”, collegati fra<br />

loro da una viabilità interna, ampia<br />

e articolata. Nel 1926 entrò in funzione<br />

la costruzione nota come “padiglione<br />

Osservazione” che constava<br />

di 120 posti letto. Nel 1934 è stata<br />

completata la costruzione <strong>del</strong> padiglione<br />

Valdagni, per le donne, <strong>del</strong>la<br />

capienza di 130 posti letto. Nel frattempo,<br />

anche il padiglione centrale<br />

subiva alcuni ampliamenti per quanto<br />

concerne la ricettività, al punto<br />

che, nel 1934, questa era di 750 posti,<br />

per diventare presto di circa 1000<br />

letti.<br />

Una città nella città: così si poteva<br />

definire intorno agli anni quaranta<br />

l’Ospedale psichiatrico di<br />

Pergine. A separare le due strutture<br />

urbanistiche una sorta di cortina,<br />

in muratura oppure in rete<br />

metallica, per isolare i malati di<br />

43


Un luogo per nuove politiche sociali<br />

44<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mente dalla comunità “sana”.<br />

Una città praticamente autonoma,<br />

con propri servizi, con un’elevata capacità<br />

di soddisfare l’esigenza primaria<br />

<strong>del</strong>l’alimentazione dei pazienti<br />

attraverso la coltura dei fondi agricoli<br />

messi a disposizione, non solo<br />

all’interno <strong>del</strong>lo spazio <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico, ma anche nella vicina<br />

azienda agricola <strong>del</strong>la Costa; una<br />

città dotata di servizi, anche moderni,<br />

in grado di assolvere alle principali<br />

necessità dei propri residenti<br />

che, tra pazienti e personale dipendente,<br />

ammontavano a circa 2.000<br />

unità.<br />

Occorre citare, accanto alla vera<br />

e propria struttura ospedaliera, l’edificio<br />

destinato da ultimo alla scuola<br />

per infermieri, il reparto cucina-lavanderia,<br />

il panificio, i locali per le<br />

manutenzioni, il teatro, la chiesa, gli<br />

alloggi per le suore, le strutture tecnologiche,<br />

come l’acquedotto con<br />

relativo serbatoio realizzati nel 1884,<br />

e le reti di distribuzione, la rete fognaria,<br />

gli impianti per la produzione<br />

e la distribuzione <strong>del</strong> calore.<br />

Di particolare rilevanza architettonica<br />

la cappella mortuaria,<br />

costruita all’inizio <strong>del</strong> 1900 in stile<br />

liberty e non manomessa nel tempo,<br />

struttura che rappresenta un piccolo<br />

gioiello e sulla quale sarà utile<br />

impostare, nel prossimo futuro, un<br />

serio progetto ai fini <strong>del</strong> <strong>recupero</strong> e<br />

a testimonianza di una tipologia di<br />

edifici che hanno trovato scarsa<br />

diffusione sul territorio <strong>del</strong>la<br />

Provincia di Trento. Tale edificio<br />

potrebbe essere utilizzato quale<br />

sede di una mostra sul manicomio<br />

e come archivio-museo <strong>del</strong>le<br />

numerose docu-mentazioni ancora<br />

esistenti presso l’ex Ospedale<br />

psichiatrico.<br />

La situazione <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />

nel periodo <strong>del</strong>la sua più<br />

ampia attività è quella riportata nella<br />

fig. 4 dalla quale si può cogliere<br />

immediatamente l’articolazione <strong>del</strong>la<br />

struttura ospedaliera in vari blocchi<br />

con i diversi percorsi interni.<br />

Per quanto concerne le superfici<br />

non occupate dagli edifici e le loro<br />

pertinenze, si osserva che circa sei<br />

ettari di terreno sono occupati da<br />

bosco, mentre la parte coltivata riguardava<br />

circa tre ettari di terreno.<br />

Tutta la superficie è percorsa da strade<br />

o da sentieri che ne rendono possibile<br />

l’accesso praticamente in ogni<br />

sua parte. L’ingresso principale è posto<br />

sul lato sud-ovest, in prossimità<br />

<strong>del</strong> corpo centrale.<br />

Con l’entrata in vigore <strong>del</strong>la legge<br />

180 si è posto il problema di<br />

un riutilizzo <strong>del</strong>le strutture <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico che, gradualmente,<br />

sarebbero state liberate<br />

dai pazienti. Analogo discorso<br />

valeva per le ampie superfici, parte<br />

a bosco e parte coltivate. Varie<br />

sono state le ipotesi prese in considerazione,<br />

non ultima quella che<br />

prevedeva la realizzazione di una<br />

sede universitaria – una sorta di<br />

college – progetto che però non è<br />

riuscito a radicarsi ed è pertanto<br />

stato abbandonato dopo una breve,<br />

ma animata discussione.<br />

Non c’è stata, quindi, un’idea di<br />

fondo, sviluppata nel tempo, che riguardasse<br />

l’intera superficie a suo<br />

tempo destinata ad Ospedale psichiatrico<br />

(25 ettari per l’intera superficie)<br />

ma l’adozione di una serie<br />

di decisioni di utilizzo dei vari


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

edifici, per diverse attività, in funzione<br />

di specifiche esigenze che a<br />

mano a mano venivano a manifestarsi<br />

sul territorio.<br />

A fronte <strong>del</strong>l’esigenza di disporre<br />

di un idoneo edificio da destinare a<br />

scuola media superiore, è stata operata<br />

la scelta di utilizzare, previa radicale<br />

ristrutturazione, il padiglione<br />

centrale, riservando pertanto alle<br />

attività didattiche la porzione posta<br />

più a sud <strong>del</strong> complesso ospedaliero.<br />

Tale intervento viene attuato<br />

per lotti e vedrà il completamento<br />

<strong>del</strong>la ristrutturazione <strong>del</strong><br />

padiglione centrale nel corso dei<br />

prossimi 3-4 anni. <strong>Il</strong> lavoro si completerà<br />

con la realizzazione di un<br />

palazzetto <strong>del</strong>lo sport, che sarà<br />

utilizzato, oltre che dalla scuola,<br />

anche dalla comunità perginese e<br />

che sarà realizzato in corrispondenza<br />

al margine sud-ovest <strong>del</strong><br />

complesso ospedaliero, a ridosso <strong>del</strong><br />

nucleo storico <strong>del</strong> “Tegaz”.<br />

<strong>Il</strong> padiglione “Osservazione” è stato<br />

destinato e utilizzato ormai da<br />

tempo dalle attività sanitarie, come<br />

pure il contiguo padiglione “Perusini”;<br />

che attualmente ospita il reparto<br />

psichiatrico. <strong>Il</strong> padiglione “Pandolfi”,<br />

costruito nel 1934, è diventato<br />

adesso R.S.A. di tipo psichiatrico,<br />

mentre il padiglione “Valdagni”<br />

sarà adibito, tra breve tempo, ad ambulatori<br />

e a uffici <strong>del</strong>la struttura sanitaria.<br />

Un discorso a sé va fatto per<br />

quanto concerne il padiglione “Benedetti”,<br />

realizzato negli anni cinquanta,<br />

e che fino a non molto tempo<br />

fa ospitava il reparto psichiatrico,<br />

mentre attualmente è utilizzato<br />

solo in parte per attività sa­<br />

nitarie. Ebbene, il padiglione “Benedetti”,<br />

insieme con altre strutture<br />

realizzate in questi ultimi cinque<br />

anni, verrà adibito a struttura<br />

ospedaliera (centro di riabilitazione),<br />

in sostituzione <strong>del</strong>l’attuale<br />

Ospedale Villa Rosa. Da anni si sta<br />

lavorando intorno a questo progetto<br />

che vedrà il suo completamento<br />

nel 2005.<br />

Le strutture più decentrate, come<br />

Maso San Pietro e Maso Tre Castagni,<br />

sono state oggetto di interventi di<br />

ristrutturazione (attualmente ancora<br />

in corso per quanto concerne due<br />

dei tre edifici <strong>del</strong> Maso Tre Castagni)<br />

e destinate a comunità di <strong>recupero</strong>.<br />

Da quanto detto, emerge in maniera<br />

abbastanza evidente, che l’intera<br />

struttura <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

sta assumendo una propria<br />

precisa fisionomia, con una altrettanto<br />

precisa destinazione dei vari<br />

edifici all’interno <strong>del</strong> complesso;<br />

edifici che sono stati oggetto, o lo<br />

saranno a breve, di interventi di ristrutturazione<br />

o di ampliamento.<br />

Ciò che rimane ancora aperto è il<br />

discorso relativo all’utilizzo degli<br />

spazi liberi intorno ai quali si è sviluppato<br />

un confronto, in questi ultimi<br />

anni, con la Provincia, proprietaria<br />

<strong>del</strong>l’intero complesso, ai fini di<br />

una fruizione di tali spazi da parte<br />

<strong>del</strong>la comunità di Pergine.<br />

L’obiettivo di fondo è quello di una<br />

sorta di “<strong>recupero</strong>” alla comunità<br />

perginese di quest’area che è stata<br />

in qualche modo sottratta alla comunità<br />

stessa nel periodo di funzionamento<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico.<br />

Sottratta, ma anche preservata<br />

da speculazioni di vario genere.<br />

45


Un luogo per nuove politiche sociali<br />

46<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Con il progetto che si intende<br />

realizzare si vuole in qualche modo<br />

eliminare, almeno parzialmente, anche<br />

il muro che ha isolato la struttura<br />

ospedaliera dal resto <strong>del</strong>la comunità,<br />

rendendo tale barriera<br />

permeabile in più punti, al fine di<br />

consentire un’adeguata fruizione<br />

degli spazi <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

alla comunità stessa.<br />

Le coordinate entro le quali il progetto<br />

di riutilizzo <strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex<br />

Ospedale psichiatrico dovrà articolarsi<br />

possono essere sostanzialmente<br />

riassunte nel modo seguente:<br />

1. utilizzare i volumi esistenti attraverso<br />

processi di ristrutturazione,<br />

limitando gli ampliamenti<br />

nei termini già definiti attraverso<br />

le progettazioni autorizzate;<br />

2. limitare allo stretto necessario<br />

la realizzazione di nuovi edifici;<br />

3. evitare che i viali interni, soprattutto<br />

quelli <strong>del</strong>la parte più bassa,<br />

vengano interessati dal traffico<br />

veicolare. Occorre far sì che venga<br />

costruito un collegamento forte<br />

tra la struttura ospedaliera in<br />

fase di realizzazione (nuovo Villa<br />

Rosa) e il centro storico <strong>del</strong>­


Bruno Caruso,<br />

I pazzi <strong>del</strong><br />

manicomio di<br />

Palermo (che<br />

mimano la<br />

corrida), disegno<br />

acquarellato,<br />

1955.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

la città di Pergine, attraverso un<br />

percorso protetto. Questo percorso<br />

deve diventare una sorta<br />

di sutura tra la città e l’area <strong>del</strong>l’ex<br />

Ospedale psichiatrico, un<br />

elemento di collegamento forte<br />

tra i due spazi urbani, una<br />

sorta di canale che consenta un<br />

flusso di persone dal centro<br />

abitato a questo polmone verde<br />

e viceversa, tale da poter<br />

essere usufruito in assoluta sicurezza;<br />

4. gli accessi ai vari edifici devono<br />

essere garantiti dalla viabilità<br />

periferica (Via San Pietro),<br />

con penetrazioni limitate ai diversi<br />

complessi, dove saranno<br />

realizzati parcheggi ad uso degli<br />

stessi;<br />

5. il complesso dei percorsi esistenti<br />

all’interno <strong>del</strong>le aree a bosco e<br />

<strong>del</strong>le aree coltivate andrà completato<br />

al fine di creare circuiti per<br />

pedoni e per ciclisti, con aree di<br />

sosta, nei punti più panoramici e<br />

con aree attrezzate a gioco per i<br />

bambini;<br />

6. buona parte <strong>del</strong>la superficie attualmente<br />

coltivata e affidata in<br />

gestione all’Istituto sperimentale<br />

per l’agricoltura <strong>del</strong>la Costa, che<br />

è opportuno continui a mantenere<br />

questa funzione, con alcune<br />

varianti. In particolare, si riterrebbe<br />

utile creare una sorta di<br />

“Museo <strong>del</strong>le colture agricole”, attraverso<br />

il <strong>recupero</strong> di specie<br />

arboree frutticole che stanno<br />

scomparendo soppiantate dalle<br />

colture intensive. Tutto questo per<br />

mantenere la memoria dei sapori<br />

<strong>del</strong>la frutta di un tempo.<br />

Ciò sarà possibile grazie anche<br />

alla disponibilità <strong>del</strong>la Direzione<br />

<strong>del</strong>l’Istituto sperimentale<br />

<strong>del</strong>l’agricoltura. È questo un elemento<br />

nuovo che potrà caratterizzare<br />

fortemente una porzione<br />

<strong>del</strong> territorio <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />

psichiatrico.<br />

Sempre con riferimento alla vegetazione,<br />

si dovrà tenere conto <strong>del</strong>le<br />

specie arboree di particolare interesse<br />

e che potranno diventare,<br />

nell’ambito di questo progetto di<br />

<strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le aree aperte <strong>del</strong>l’ex<br />

Ospedale psichiatrico, sorta di<br />

monumenti vegetali sui quali attrarre<br />

l’attenzione dei visitatori.<br />

Pergine “Città dei bambini” potrà<br />

trovare, nell’utilizzo di questi<br />

ampi spazi, nuovi elementi per rinforzare<br />

quel concetto di attenzione<br />

nei confronti <strong>del</strong>le categorie<br />

più deboli che è alla base <strong>del</strong> progetto<br />

stesso <strong>del</strong>la “città dei bambini”<br />

1 . È un’occasione, questa, che<br />

consentirà di dare ulteriore sostanza<br />

a un progetto che è stato ampiamente<br />

recepito da parte <strong>del</strong>la<br />

popolazione e apprezzato per il<br />

suo contenuto.<br />

Un accenno, infine, ad altri due<br />

interventi da realizzarsi all’interno<br />

<strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico,<br />

la cui attuazione consentirebbe<br />

di creare un cordone di saldatura<br />

forte con la città. Ci si riferisce alla<br />

realizzazione di un parcheggio interrato<br />

su due piani a fianco <strong>del</strong> costruendo<br />

palazzetto <strong>del</strong>lo sport, che<br />

consentirebbe di mettere a disposizione<br />

<strong>del</strong>la comunità perginese, residente<br />

nella parte più antica <strong>del</strong>la<br />

città, una struttura per il ricovero<br />

dei propri automezzi 2 .<br />

Altro intervento riguarda l’ipo­<br />

47


Un luogo per nuove politiche sociali<br />

48<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

tesi di realizzazione di un auditorium,<br />

costruito per la scuola, ma<br />

realizzato in modo tale da poter<br />

essere utilizzato anche per l’attività<br />

ricreativo-culturale nel periodo<br />

estivo. <strong>Il</strong> sito per collocare questa<br />

struttura dovrebbe essere, naturalmente,<br />

quello <strong>del</strong>le pertinenze<br />

scolastiche e quindi verso la<br />

porzione a sud-ovest <strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’ex<br />

Ospedale psichiatrico. È<br />

un’ipotesi da approfondire e valutare<br />

attentamente; certo è che<br />

consentirebbe di tradurre in concreto<br />

– e in maniera forte – il concetto<br />

di apertura degli spazi <strong>del</strong>l’ex<br />

Ospedale psichiatrico alla comunità<br />

e viceversa. La posizione <strong>del</strong>l’area,<br />

a pochi passi dal centro storico,<br />

dotata di infrastrutture per parcheggio,<br />

con a fianco un ampio<br />

<strong>parco</strong>, è quanto di meglio si possa<br />

pensare per un’opera di questo<br />

genere. Occorre però passare, adesso,<br />

dal campo <strong>del</strong>le ipotesi a quello<br />

<strong>del</strong>le idee tradotte in progetti<br />

concreti.<br />

NOTE<br />

[1] <strong>Il</strong> progetto «città dei bambini»<br />

si riferisce all’iniziativa sviluppata<br />

dall’amministrazione<br />

comunale di Pergine Valsugana<br />

in collaborazione con gli<br />

architetti <strong>del</strong> gruppo “Palomar”,<br />

che vede la partecipazione<br />

di alcune classi scolastiche<br />

a laboratori di progettazione<br />

partecipata con la raccolta<br />

di idee e proposte su<br />

come i bambini immaginerebbero<br />

la città nella quale vivo-<br />

no. Gli elaborati sono stati<br />

oggetto di una mostra svoltasi<br />

nel mese di maggio 2002<br />

(n.d.r.).<br />

[2] Si potrebbero liberare così anche<br />

le strade, in particolare<br />

nelle ore notturne, dai veicoli<br />

in sosta, con tutti i benefici<br />

che un’operazione di questo<br />

genere comporterebbe. Basti<br />

pensare a quanto sarebbe agevolato<br />

il lavoro di pulizia <strong>del</strong>le<br />

strade nelle ore notturne<br />

oppure lo sgombero <strong>del</strong>la<br />

neve e via dicendo.<br />

Renzo Anderle è sindaco di Pergine<br />

Valsugana dal maggio 2000.


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

Carmelo Anderle e Fabrizio Fronza<br />

<strong>Il</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

<strong>del</strong>la Provincia Autonoma di Trento<br />

e il suo contributo al <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

<strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

<strong>Il</strong> Servizio Ripristino<br />

e Valorizzazione Ambientale<br />

<strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />

di Trento<br />

Alla fine degli anni ottanta, in una<br />

fase di emergenza occupazionale e<br />

ambientale, la Provincia autonoma<br />

di Trento avviò un piano strategico<br />

la cui importanza, per i suoi risvolti<br />

paesaggistici e occupazionali, è stata<br />

in seguito universalmente riconosciuta.<br />

Tale esperienza, nata come misura<br />

di emergenza si è in seguito consolidata<br />

e ha dato origine ad un settore<br />

specifico <strong>del</strong>l’amministrazione<br />

pubblica che cura una vasta gamma<br />

di interventi sul territorio.<br />

L’inserimento <strong>del</strong> progetto di <strong>recupero</strong><br />

<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine nel piano <strong>del</strong> Servizio Ripristino<br />

e Valorizzazione Ambientale<br />

testimonia la scelta di restituire<br />

ad un uso pubblico il compendio <strong>del</strong>l’ex<br />

ospedale, valorizzando e riorganizzando<br />

gli spazi interni, nel rispetto<br />

<strong>del</strong>la memoria storica <strong>del</strong> luogo.<br />

La riqualificazione degli spazi interni<br />

all’ex Ospedale psichiatrico,<br />

e la valorizzazione <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong><br />

verde consentiranno di restituire<br />

il <strong>parco</strong> alla cittadinanza, recuperando<br />

la memoria storica <strong>del</strong> luogo.<br />

<strong>Il</strong> contesto socio-economico<br />

in cui è nato il Servizio<br />

A metà degli anni ottanta la disoccupazione<br />

in <strong>Trentino</strong> raggiungeva il<br />

10% circa. Dopo il disastro di Stava<br />

<strong>del</strong> 19 luglio 1985, il governo<br />

provinciale in piena emergenza<br />

ambientale intese rispondere alla<br />

duplice domanda di posti di lavoro<br />

e di difesa <strong>del</strong> territorio con un<br />

"Progetto speciale".<br />

Nel 1986 un primo gruppo di<br />

quattrocento ex-disoccupati furono<br />

da subito impiegati in operazioni<br />

di manutenzione ordinaria<br />

<strong>del</strong> territorio.<br />

Superata la fase di emergenza alla<br />

fine degli anni ottanta si chiuse<br />

l’esperienza <strong>del</strong> "Progetto speciale<br />

per l’occupazione attraverso la<br />

valorizzazione <strong>del</strong>le potenzialità<br />

turistiche ed ecologico-ambientali"<br />

e nacque una nuova struttura<br />

<strong>del</strong>l’amministrazione provinciale, il<br />

Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale, il cui ruolo è precisato<br />

nella Legge provinciale 32.<br />

La legge d’istituzione<br />

<strong>del</strong> Servizio<br />

La Legge provinciale n. 32/1990<br />

coniuga le esigenze di sostegno<br />

occupazionale per particolari fasce<br />

deboli di forza lavoro con iniziative<br />

di interesse generale nel comparto<br />

ambientale e turistico-culturale:<br />

i settori d’intervento comprendono<br />

la rete dei percorsi turi­<br />

49


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

50<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

stici e culturali, i manufatti d’interesse<br />

culturale, le piste ciclopedonali,<br />

i parchi e i giardini pubblici,<br />

il consolidamento dei versanti<br />

franosi, il <strong>recupero</strong> dei relitti<br />

stradali e la realizzazione di pensiline<br />

di fermata degli autobus.<br />

Gli interventi sul territorio sono<br />

gestiti dal Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale in base a un<br />

programma pluriennale approvato<br />

dalla Giunta provinciale.<br />

Le opere sono ammesse al finanziamento<br />

in base a logiche di priorità<br />

ed equità territoriale e alle<br />

proposte dei comuni secondo le<br />

previsioni <strong>del</strong>la pianificazione urbanistica<br />

provinciale subordinata,<br />

privilegiando gli interventi dov’è<br />

prevalente l’impiego di manodopera<br />

e di materiali naturali.<br />

Per capire le implicazioni <strong>del</strong>la<br />

L.P. 32 è utile conoscere alcuni<br />

dati geografici e sociologici <strong>del</strong>la<br />

provincia di Trento (tab. 1).<br />

I dati evidenziano che dal punto<br />

di vista <strong>del</strong>la disoccupazione il<br />

<strong>Trentino</strong> si trova in una posizione<br />

privilegiata rispetto al resto <strong>del</strong>la<br />

penisola (tab.3).<br />

(<strong>Il</strong> tasso di attività è calcolato come rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la<br />

popolazione di età superiore ai 15 anni).


Tab. 1<br />

caratteristiche<br />

geografiche e<br />

demografiche <strong>del</strong>la<br />

Provincia<br />

Autonoma di<br />

Trento (1999).<br />

Tab. 2<br />

Tassi di<br />

disoccupazione<br />

comparativi con<br />

altre realtà .<br />

Tab.4<br />

Grafico 1<br />

Tab. 3<br />

Tasso di<br />

disoccupazione:%<br />

di pesone in cerca<br />

di occupazione<br />

rispetto alla forza<br />

lavoro. Fonte:<br />

Servizio Statistica<br />

P.A.T. annuario<br />

generale statistico<br />

anno 2000<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

I soggetti<br />

La legge n. 32 impegnava l’amministrazione<br />

provinciale a trovare<br />

occasioni d’impiego nel settore<br />

ambientale alle categorie sociali<br />

deboli. I primi ad essere assorbiti<br />

furono gli ultracinquantenni e le<br />

donne ultraquarantacinquenni cui<br />

veniva meno la protezione <strong>del</strong>la<br />

“cassa integrazione guadagni”.<br />

In seguito sono state coinvolte<br />

altre categorie: disoccupati, emigrati<br />

trentini rientrati dal Sud<br />

America e dai territori <strong>del</strong>l’ex Jugoslavia.<br />

Un’apposita Commissione<br />

provinciale per l’impiego individua<br />

numero e tipologia dei lavoratori<br />

da impiegare nei vari progetti<br />

individuati e gestiti dal Servizio<br />

Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale; la gestione <strong>del</strong>la manodopera<br />

e la fase esecutiva di realizzazione<br />

<strong>del</strong>le opere sono inve­<br />

ce affidate a un consorzio che raggruppa<br />

le cooperative presenti sul<br />

territorio (tab. 4).<br />

Settori d’intervento<br />

a) Parchi e giardini storici.<br />

<strong>Il</strong> progetto di <strong>recupero</strong> e riqualificaione<br />

<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine rientra nelle tipologie<br />

d’interventi previsti nel piano<br />

<strong>del</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale ed è assimilabile<br />

ad altri interventi in parte già<br />

realizzati (Giardino storico di Villa<br />

de’ Mersi a Trento, Parco arciducale<br />

ad Arco) o la cui progettazione<br />

è in corso (Parco <strong>del</strong>le Terme di<br />

Levico e Parco <strong>del</strong>le Terme di Roncegno).<br />

Nell’area <strong>del</strong>l’ex Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine da due anni<br />

sono in corso interventi di manutenzione<br />

ordinaria per riqualifica­<br />

51


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

52<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

re zone degradate e non fruibili<br />

dai visitatori. Con le operazioni di<br />

diradamento selettivo si riapriranno<br />

spazi aperti in zone precedentemente<br />

rimboscate, rendendo così<br />

fruibili molti spazi interclusi. È<br />

inoltre in corso la fase esecutiva<br />

di un progetto che mira al riordino<br />

e alla riqualificazione di tutte<br />

le aree <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

a cura <strong>del</strong> Dott. Carmelo Anderle.<br />

Le linee guida <strong>del</strong> progetto<br />

sono state concordate in numerosi<br />

momenti di confronto e dibattito<br />

nell’ambito <strong>del</strong> gruppo di lavoro<br />

sugli ex ospedali psichiatrici di<br />

cui fanno parte il Comune di Pergine<br />

Valsugana, un gruppo di ricerca<br />

coordinato dall’Università di<br />

Trento con storici, archivisti e architetti<br />

e il Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale <strong>del</strong>la Provincia<br />

autonoma di Trento;<br />

b)Parchi urbani ed extraurbani<br />

Sono ormai quasi 150 gli interventi<br />

realizzati in varie località <strong>del</strong> territorio<br />

trentino per conto <strong>del</strong>le amministrazioni<br />

locali. Molte opere hanno<br />

contribuito a riorganizzare e riqualificare<br />

aree marginali quali ex<br />

discariche d’inerti, zone incolte o<br />

vecchie aree già utilizzate come<br />

parchi urbani. Gli interventi comprendono<br />

parchi urbani, extraurbani,<br />

fluviali, ricreativi all’aperto,<br />

sportivi agonistici e non, oltre a<br />

parchi termali e altri ambiti pubblici<br />

(stazioni ferroviarie, scuole);<br />

c) Recupero <strong>del</strong>le rive dei laghi<br />

Gli interventi di <strong>recupero</strong> rive laghi<br />

realizzati a partire dalla fine<br />

degli anni ottanta riguardano la<br />

riqualificazione di fasce lago particolarmente<br />

frequentate e sottoposte<br />

a carico antropico, con il fine<br />

di riqualificare paesaggisticamente<br />

zone degradate. Si tratta generalmente<br />

di:<br />

- opere di difesa spondale quali<br />

scogliere, rimo<strong>del</strong>lamento ecc.<br />

- passeggiate circumlacuali, piste<br />

ciclabili, passerelle e sentieri<br />

- opere d’ingegneria naturalistica<br />

per la rinaturalizzazione <strong>del</strong>le<br />

rive<br />

- creazione di veri e propri parchi<br />

pubblici, riapertura di zone intercluse,<br />

lidi per bagnanti.<br />

La riqualificazione <strong>del</strong>le fasce di<br />

rispetto dei laghi è in linea con le<br />

indicazioni <strong>del</strong> piano urbanistico<br />

provinciale, che individua in dettaglio<br />

le zone soggette ad interventi<br />

di riqualificazione paesaggistica.<br />

Nel corso di 12 anni di lavori sono<br />

stati realizzati significativi interventi<br />

sulle sponde di 17 laghi: 7 nuovi<br />

bacini sono stati creati ex novo nell’ambito<br />

di sistemazioni paesaggistiche;<br />

d) Piano generale <strong>del</strong>le piste<br />

ciclabili d’interesse provinciale.<br />

<strong>Il</strong> piano generale <strong>del</strong>le piste ciclopedonali<br />

d’interesse provinciale è in<br />

avanzata fase di realizzazione: degli<br />

oltre 400 Km di progetto sono stati<br />

finora realizzati circa 350 Km di<br />

tracciati, utilizzando prevalentemente<br />

tomi arginali e strade interpoderali.<br />

La rete, una volta ultimata, consentirà<br />

ai ciclisti di raggiungere i<br />

centri principali <strong>del</strong>la provincia di<br />

Trento su percorsi dedicati e protetti;


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

e) Recupero di aree franose<br />

ed ex discariche<br />

Si tratta di sistemazioni di pendio<br />

che sono prevalentemente realizzate<br />

con le tecniche <strong>del</strong>l’ingegneria naturalistica.<br />

Dal 1990 sono stati ultimate le sistemazioni<br />

di circa 30 scarpate e<br />

26 discariche, per un totale di più<br />

di 50 ettari di territorio sistemato;<br />

f) Aree di sosta e pensiline<br />

per la fermata lungo le strade<br />

provinciali.<br />

Un’attività capillare di ricucitura<br />

<strong>del</strong> territorio, forse la più visibile<br />

anche ai non addetti ai lavori, è<br />

quella <strong>del</strong>la riqualificazione dei<br />

relitti stradali, tratti viari abbandonati,<br />

aree marginali che sono<br />

state rese disponibili alla fruizione<br />

pubblica come aree verdi per la<br />

sosta. Nel corso di circa 10 anni<br />

d’interventi sono stati realizzati<br />

circa 230 interventi ormai entrati<br />

nel piano di manutenzione ordinaria.<br />

g) Passeggiate e sentieri<br />

turistici e naturalistici.<br />

Nel corso degli anni continua il <strong>recupero</strong><br />

<strong>del</strong>la fitta rete di percorsi<br />

pedonali d’interesse culturale ed<br />

ambientale. Si recuperano e realizzano<br />

ex novo antichi tracciati di<br />

montagna, camminamenti <strong>del</strong>la<br />

Grande Guerra, percorsi naturalistici<br />

ed etnografici e viabilità storiche,<br />

riscoprendo le tecniche <strong>del</strong>la<br />

tradizione: muri a secco, selciati,<br />

opere in legname per il consolidamento<br />

dei versanti, staccionate;<br />

h) Beni culturali minori<br />

Capitelli, insegne votive, manufatti<br />

che testimoniano la storia <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong><br />

come segherie ad acqua e vecchi<br />

mulini, sono stati restaurati e resi<br />

visitabili. Nel caso <strong>del</strong>le segherie e<br />

mulini il <strong>recupero</strong> <strong>del</strong>le parti in movimento<br />

ha permesso una fruizione<br />

a scopo didattico;<br />

i) Altro<br />

Negli ultimi anni si è consolidata la<br />

collaborazione con Arte Sella, Biennale<br />

internazionale d’arte e natura<br />

che si svolge nei boschi, prati e nel<br />

greto <strong>del</strong> torrente <strong>del</strong>la Val di Sella<br />

(Borgo Valsugana). La collaborazione<br />

con artisti di levatura internazionale<br />

consiste nell’apporto operativo<br />

di risorse per la realizzazione e manutenzione<br />

<strong>del</strong>le opere.<br />

Oltre alle attività più propriamente<br />

legate al paesaggio il Servizio Ripristino<br />

e Valorizzazione Ambientale finanzia<br />

e coordina:<br />

- Attività d’indagine per la ricognizione<br />

<strong>del</strong>le infrastrutture <strong>del</strong> servizio<br />

idrico;<br />

- Custodia di musei e castelli.<br />

Scenari attuali e futuri<br />

punti critici<br />

L’avvento <strong>del</strong> Servizio Ripristino e<br />

Valorizzazione Ambientale ha aumentato<br />

la sensibilità <strong>del</strong>le amministrazioni<br />

locali riguardo alle tematiche<br />

<strong>del</strong> paesaggio, scatenando<br />

<strong>del</strong>le "reazioni a catena" in base<br />

ad un effetto imitazione che ha<br />

avuto ripercussioni su tutto il territorio<br />

provinciale.<br />

Dal punto di vista sociale il caso<br />

<strong>del</strong> Servizio Ripristino e Valorizzazione<br />

Ambientale è stato citato<br />

53


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

54<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

come “Esempio di buona prassi<br />

nella gestione <strong>del</strong> fattore età” dalla<br />

“Fondazione europea per il miglioramento<br />

<strong>del</strong>le condizioni di<br />

vita e <strong>del</strong> lavoro" nell’ambito <strong>del</strong>la<br />

ricerca “lotta alle barriere basate<br />

sull’età nel lavoro”, riconoscimento<br />

che va ben oltre i confini<br />

<strong>del</strong>la Provincia di Trento e che permette<br />

di dare forza alle strategie<br />

per l’occupazione individuate nel<br />

corso di diverse legislature.<br />

In alcuni casi però sono stati<br />

evidenziati i limiti <strong>del</strong>l’impiego di<br />

manoopera non specializzata e/o<br />

con problemi di vario genere, tra<br />

cui l’assenza di esperienza e qualificazione<br />

professionale. Dal punto<br />

di vista <strong>del</strong> mercato <strong>del</strong> lavoro<br />

l’inserimento dei lavoratori ex cassintegrati<br />

nel piano dei progetti di<br />

ripristino ambientale ha contribuito<br />

alla riemersione di forza lavoro<br />

dal sommerso.<br />

<strong>Il</strong> piano occupazionale lascia<br />

Budget totale (in Euro) 56.754.481,55<br />

di cui 7.230.396,59<br />

28.405.129,45<br />

17.043.077,67<br />

3.873.426,74<br />

spazio all’impiego di soggetti degli<br />

ex ospedali psichiatrici, molti<br />

dei quali sono già stati inseriti in<br />

analoghe iniziative per il lavoro<br />

“protetto”, come l’Azione 12 <strong>del</strong>l’Agenzia<br />

<strong>del</strong> lavoro. La loro collocazione<br />

in uno stabile progetto<br />

occupazionale potrebbe costituire<br />

un’efficace strategia terapeutica.<br />

La riqualificazione <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

<strong>del</strong>l'ex Ospedale psichiatrico<br />

Al fine di riqualificare l’area <strong>del</strong><br />

<strong>parco</strong> <strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine il Comune di Pergine<br />

in accordo con il Servizio ripristino<br />

e valorizzazione ambientale<br />

<strong>del</strong>la Provincia autonoma di Trento,<br />

ha formalizzato un incarico a<br />

un progettista per la redazione<br />

<strong>del</strong>la progettazione preliminare.<br />

Nel corso <strong>del</strong> 2001 è stata concordata<br />

e presentata una proposta<br />

progettuale, redatta in base agli<br />

studi e alle valutazioni <strong>del</strong> grup-<br />

cofinanziati UE<br />

finanziati Provincia<br />

relativi al piano piste ciclabili<br />

amministrati direttamente<br />

Budget totale (in Euro) 42.998.652,74<br />

di cui 4.798.093,14<br />

7.734.869,30<br />

amministrati direttamente<br />

compresi investimenti e attrezzature<br />

nonché per la gestione in amministra<br />

zione diretta dei Parchi di Levico e<br />

Roncegno<br />

per il piano piste ciclabili


Foto 1 - 1882 - La<br />

mappa mostra il<br />

probabile sedime<br />

<strong>del</strong>l’edificio<br />

originario, così<br />

come si presentava<br />

negli elaborati<br />

progettuali; da<br />

notare le previsioni<br />

di giardini<br />

all’italiana sui lati<br />

<strong>del</strong>l’ingresso ed in<br />

corrispondenza<br />

<strong>del</strong>l’attuale<br />

parcheggio; le aree<br />

a prato e a bosco<br />

sulla collina e a<br />

monte <strong>del</strong>l’edificio,<br />

la viabilità<br />

originaria verso<br />

Maso San Pietro ed<br />

il Castello.<br />

Tab. 5<br />

Informazioni<br />

finanziarie<br />

1997-1999<br />

Tab. 6<br />

Informazioni<br />

finanziarie<br />

2000-2002<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

po di lavoro coordinato dalla<br />

prof.ssa Casimira Grandi, docente<br />

di Storia sociale presso la Facoltà<br />

di Sociologia <strong>del</strong>l’Università di<br />

Trento, e in base alle esigenze e<br />

alle richieste <strong>del</strong>la cittadinanza e<br />

<strong>del</strong>le diverse amministrazioni coinvolte.<br />

Studio preliminare per una<br />

ricostruzione storica<br />

<strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

<strong>del</strong>l’ex Ospedale psichiatrico<br />

di Pergine.<br />

Nel corso dei numerosi incontri che<br />

hanno preceduto la stesura <strong>del</strong><br />

progetto è stata significativa la conoscenza<br />

<strong>del</strong> generale Gian Pietro<br />

Sciocchetti, il quale, nell’intento di<br />

realizzare una storia <strong>del</strong> manicomio<br />

di Pergine (“Appunti per un<br />

ipertesto sulla storia <strong>del</strong> manicomio<br />

di Pergine: l’ospedale psichiatrico<br />

di Pergine Valsugana attraver­<br />

so vecchie immagini fotografiche<br />

e la ricostruzione <strong>del</strong>le planimetrie<br />

di vari edifici”), ha saputo raccogliere<br />

diverse immagini storiche. Di<br />

queste alcune sono state utilizzate<br />

al solo scopo di rinvenire tracce<br />

<strong>del</strong>la vegetazione e <strong>del</strong>l’arredo<br />

originario <strong>del</strong> <strong>parco</strong> <strong>del</strong>l'ex Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine.<br />

Nelle pagine successive, con il<br />

permesso <strong>del</strong>l’autore si propone<br />

una lettura critica <strong>del</strong>le stesse con<br />

alcune note di commento in didascalia.<br />

Le date sono quelle riportate<br />

da Sciocchetti.<br />

La carta catastale storica<br />

d’impianto.<br />

Alla formazione <strong>del</strong>la cartografia<br />

catastale si arrivò a partire dalle<br />

reti di triangolazione <strong>del</strong> 1856,<br />

per seguire con il rilievo di dettaglio<br />

degli anni 1860.<br />

La formazione <strong>del</strong> patrimonio<br />

55


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

56<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto 2 - 1882 – La facciata principale ed il muro di cinta: quest’immagine deve essere anteriore<br />

di qualche anno alle due immagini successive in quanto qui siamo in fase di messa a dimora<br />

<strong>del</strong>le piante; il muro di cinta è pressoché pulito: le immagini fanno propendere per un giardino<br />

all’italiana che però sembra non collimare con i disegni di progetto?!<br />

Foto 3 - 1882 – Da questa foto è possibile notare i probabili giardini «all’italiana» realizzati sia<br />

sul lato nord-est sia su quello sud-ovest <strong>del</strong>l’edificio principale. Nella parte bassa <strong>del</strong>la foto,<br />

all’inizio <strong>del</strong>l’attuale salita per maso San Pietro (campi di bocce) è presente un’area aperta, non<br />

boscata.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto 4 -1885-1890 La facciata <strong>del</strong> nuovo manicomio: qualche anno dopo l’inaugurazione si nota<br />

la presenza di vegetazione all’interno <strong>del</strong> muro, che però non supera l’altezza <strong>del</strong> primo solaio: le<br />

eventuali alberature non si sono ancora affrancate.<br />

Foto 5 1885-1890 - <strong>Il</strong> padiglione centrale è accompagnato da vegetazione, anche arborea che<br />

non supera però la quota <strong>del</strong> solaio <strong>del</strong> primo piano, se non in parte sul lato sinistro <strong>del</strong>la foto.<br />

Sullo sfondo, cioè sulla collina <strong>del</strong> Tegazzo appaiono solo piante latifoglie a chioma voluminosa<br />

(forse castagni?), non si rinvengono conifere.<br />

57


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

58<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto 6 - 1905-1910 <strong>Il</strong> padiglione Pandolfi con il muro antistante, all’interno <strong>del</strong> quale non è<br />

ancora presente alcuna alberatura. Lo stesso fu costruito negli anni 1903-1905.<br />

Foto 7 - 1905-1912 – Attraverso l’ingresso principale si nota il cimale di una conifera (forse un<br />

abete rosso) a destra sopra la portina; l’altezza presunta è di 5-6 metri.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto 8 - 1905-1912 Anche qui si può notare la presenza di un filare di conifere, poste con sesto<br />

d’impianto abbastanza irregolare davanti alla facciata e lungo il vialone d’ingresso, che<br />

raggiungono a malapena il secondo solaio.<br />

Foto 9 - 1912 – Di fronte all’edificio <strong>del</strong>la «Portineria vecchia» è presente una conifera<br />

(probabile cedro) di dimensioni già elevate, perlomeno pari all’altezza <strong>del</strong>l’edificio principale (tre<br />

piani).<br />

59


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

60<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto 10 - 1912 – Questa immagine da corpo alla conifera vista nella foto precedente si notano<br />

infatti alcune grosse conifere sulla destra <strong>del</strong>l’ingresso principale <strong>del</strong> padiglione, di cui la prima<br />

un cedro, la seconda un abete e poi altre; a sinistra <strong>del</strong>l’ingresso vediamo svettare l’abete<br />

richiamato<br />

Foto 11 - 1912 – Da questa immagine presa da Maso San Pietro è facile notare come i presunti<br />

giardini «all’italiana» presenti sul lato nord-est siano ormai dominati da uno strato di conifere<br />

che raggiunge in altezza il tetto, <strong>del</strong>l’edificio. Dalla collina sono visibili la piattaforma recintata<br />

posta all’incirca in prossimità <strong>del</strong>l’attuale campo di bocce, la lavorazione a vigneto<br />

<strong>del</strong>l’anfiteatro posto a ridosso <strong>del</strong>la stessa, la piantumazione con latifoglie <strong>del</strong>le pendici a<br />

ridosso <strong>del</strong>l’acquedotto austriaco. Vegetazione abbondante anche in prossimità dei padiglioni<br />

Pandolfi e Perugini.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto<br />

Foto nr. 12 -1912 – La stessa immagine capovolta, presa dalla piattaforma recintata, mostra Maso<br />

San Pietro posto alla sommità di un terrazzamento a vigneto, con qualche latifoglia verso la presa<br />

<strong>del</strong>l’acquedotto ed il bosco di latifoglie a destra <strong>del</strong>la vallecola. Le piante più vicine alla<br />

recinzione sembrano essere fruttifere, impalcati ad alberetto.<br />

Foto nr. 13 -1912 – Anche questa immagine mostra le aree aperte ed i fruttiferi presenti sulla<br />

collina, a monte <strong>del</strong>la cucina.<br />

61


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

62<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto nr. 14 -1912 – Analogamente, a monte <strong>del</strong>l’obitorio sono presenti alberature latifoglie<br />

tipicamente riconducibili a fruttiferi. Nei dintorni <strong>del</strong>l’edificio mancano i grandi pini neri<br />

attualmente presenti.<br />

Foto nr. 15 - 1915-1918 – Nel periodo <strong>del</strong>la Grande Guerra l’Ospedale fu trasformato in Ospedale<br />

Militare; si nota come cedri ed abeti abbiano già raggiunto altezze di 10-15 m. La foto mostra il<br />

lato ovest <strong>del</strong>la proprietà, in particolare lungo via San Pietro in corrispondenza <strong>del</strong> Padiglione<br />

Pandolfi. I Padiglioni Pandolfi e Perusini furono costruiti già a partire dal 1903 anche se<br />

inaugurati e denominati nel 1920.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto nr. 16 -1954 – Dalla foto aerea si può notare la quasi completa assenza di bosco sulle<br />

superfici <strong>del</strong>la collina, in particolare a monte <strong>del</strong>l’edificio principale, intorno a Maso San Pietro, a<br />

valle <strong>del</strong>l’acquedotto austriaco, nell’area attualmente agricola; il bosco è relegato alle aree più<br />

pendenti poste nord-ovest e per un tratto a monte <strong>del</strong>la piattaforma, ora campo di Bocce. Nel<br />

<strong>parco</strong> sono visibili alberature intorno a tutti gli edifici.<br />

Foto nr. 17 - Questa cartolina è probabilmente stata scattata nei primi cinque anni successivi<br />

all’inauguazione (1885-1890); si possono notare il viale alberato (ippocastani) lungo Via<br />

Tegazzo, gli orti con due pozzi centrali al posto <strong>del</strong>l’attuale parcheggio, i giardini all’italiana<br />

ancora distintamente visibili sui lati sud-ovest e nord-est <strong>del</strong>l’edificio principale.<br />

63


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

64<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto nr. 18 - Questa foto aerea è collocabile all’incirca nel secondo decennio <strong>del</strong> secolo scorso<br />

(1910-1915); si vedono le alberature che ormai dominano completamente quello che era nato<br />

come giardino all’italiana; lungo il viale centrale è presente una doppia quinta arborea che a<br />

detta di qualche testimone dovrebbe essere stata costituita da «peri»; sono visibili gli orti verso<br />

via Tegazzo ed il recinto <strong>del</strong> nuovo padiglione costruito tra il 1903-1905, poi chiamato<br />

«Perusini». Non è ancora presente l’Osservazione che è <strong>del</strong> 1920<br />

Foto nr. 19 - Nel primo dopoguerra la vegetazione <strong>del</strong> <strong>parco</strong> <strong>del</strong> manicomio sembra essere<br />

lussureggiante: sono cresciute a dismisura le piante intorno al padiglione centrale, quelle lungo<br />

il viale centrale, quelle poste a dimora nei fossati, davanti a Perusini e Valdagni; è presente il<br />

reparto Osservazione mentre sono spariti parte degli alberi presenti nel cortile centrale alla<br />

sinistra <strong>del</strong>l’edificio Principale; le rive a valle di Maso San Pietro, terrazzate, sono segate e<br />

punteggiate da alberi da frutto (1935-1940).


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Dall’alto:<br />

Foto nr. 20 - Anche (1935-1945) in questa seconda cartolina forse contemporanea alla precedente<br />

si può notore come le alberature dei giardini <strong>del</strong> lato sud-ovest siano ormai coprenti; lo<br />

stesso orto lussureggiante nella stagione estiva è dotato di corposi arbusti centrali, forse sempreverdi;<br />

gli ippocastani di via Tegazzo, pur a forma tondeggiante e regolare (potati?) uguagliano o<br />

superano i tetti <strong>del</strong>le case Le superfici poste a monte <strong>del</strong> padiglione centrale sono ancora prative,<br />

come peraltro rimarranno fino agli anni sessanta, e sono punteggiate da antichi castagni.<br />

Foto nr. 21 - <strong>Il</strong> padiglione Benedetti fu inaugurato nel 1966; negli anni sessanta furono<br />

effettuati numerosi interventi di messa a dimora di specie, in particolare sulla collina, ma anche<br />

in prossimità <strong>del</strong> nuovo edificio; qui si possono notare gli alberetti, a)ancora impalati che<br />

potrebbero corrispondere a parte <strong>del</strong>le 150 Lagestroemie poste a dimora nel 1965.<br />

65


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

66<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

cartografico avvenuta negli anni<br />

tra il 1853 e il 1861 precedette la<br />

determinazione dei redditi <strong>del</strong>l'imposta<br />

fondiaria nella seconda metà<br />

<strong>del</strong>l'Ottocento e quindi l'opera di<br />

impianto <strong>del</strong> Libro fondiario iniziato<br />

nei primi anni <strong>del</strong> Novecento<br />

e conclusosi nella seconda metà<br />

degli anni cinquanta.<br />

Numerosi sono i testi, le normative,<br />

le istruzioni e le direttive raccolti<br />

nei Bollettini Leggi Imperiali<br />

asburgici dal 1849 al 1918. Ciò significa<br />

che il progetto <strong>del</strong> Manicomio<br />

di Pergine fu successivo alla<br />

redazione <strong>del</strong>la carta catastale e<br />

che la stessa rappresenta quindi la<br />

situazione <strong>del</strong>la campagna perginese<br />

preesistente alla costruzione<br />

di quello che oggi è ancora chiamato<br />

Padiglione centrale.<br />

Osservando la mappa catastale<br />

storica si può notare come il bosco<br />

occupi i versanti pendenti e<br />

rivolti a nord <strong>del</strong>le pendici <strong>del</strong> colle<br />

<strong>del</strong> castello; in particolare è presente<br />

nel vallone posto a valle <strong>del</strong><br />

maso San Pietro. Tutte le altre superfici<br />

erano occupate quindi o da<br />

prati o da coltivi, di diversa qualità,<br />

così come rappresentati in verde,<br />

in giallo, in rosa.<br />

È interessante notare la preesistenza<br />

sia <strong>del</strong> Maso San Pietro sia<br />

<strong>del</strong> Maso Tre Castagni: in prossimità<br />

di quest’ultimo è visibile una<br />

sorta di croce formata da due viali<br />

alberati, con due piazzette, terminale<br />

e centrale. Ancora oggi sembra<br />

di poter vedere sul terreno le<br />

vestigia <strong>del</strong>la piazzetta centrale.<br />

Di un certo interesse anche la<br />

viabilità storica verso il colle <strong>del</strong><br />

castello e la posizione <strong>del</strong> canale<br />

macinante nei suoi due rami. La<br />

carta proviene dagli archivi <strong>del</strong><br />

catasto ed è parte dei Fogli di Mappa<br />

nr. 3-4 <strong>del</strong> C.C. di Pergine I.<br />

Alcune altre immagini<br />

Col prezioso contributo <strong>del</strong> signor<br />

Luciano Dellai sono state rinvenute<br />

alcune immagini che sono rilevanti<br />

per capire l’assetto all’impianto<br />

<strong>del</strong> manicomio di Pergine,<br />

in particolare <strong>del</strong> Padiglione Centrale,<br />

e la sua evoluzione nei primi<br />

cinquant'anni <strong>del</strong> secolo scorso.<br />

Censimento <strong>del</strong>le alberature<br />

a) Aree pianeggianti - Nel corso<br />

<strong>del</strong>la fase d’analisi per la predisposizione<br />

<strong>del</strong> progetto sono stati<br />

censiti i soggetti arborei presenti<br />

nelle aree pianeggianti, poste a<br />

ridosso dei vari padiglioni. Di ciascuno<br />

è stata segnata la posizione<br />

su una planimetria riferita al piano<br />

catastale, sono stati individuati<br />

genere e specie, è stato misurato<br />

il diametro a metri 1,30 dal suolo:<br />

a ciascuna è stato assegnato<br />

infine un indice di “pregio”, nell’ordine<br />

decrescente da 1 a 3.<br />

L’analisi permette di definire alcuni<br />

punti fermi:<br />

- Numero: numericamente la specie<br />

più rappresentata è sicuramente<br />

il Cedro deodara, seguita<br />

lontanamente dall’Abete rosso,<br />

dall’Olmo siberiano, dal Pino<br />

nero d’Austria; le altre specie<br />

presenti si possono considerare<br />

sporadiche, non sempre comunque<br />

“esemplari” degni di<br />

nota;<br />

- Diametro: le piante più grosse


Elenco <strong>del</strong>le piante<br />

da collocare presso i<br />

vari padiglioni<br />

(1965).<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

(in rosso nel grafico) sono rappresentate<br />

in particolare dal<br />

Cedro deodara, da pochi Cedri<br />

<strong>del</strong>l’Atlante, dal Pino nero e dall’Abete<br />

rosso: notevoli sono<br />

inoltre un Tiglio, due Gingko,<br />

un Platano, alcuni Abeti rossi.<br />

Anche se la correlazione diametro-età<br />

non è lineare ma può<br />

essere inficiata da specie e posizione<br />

e da qualche altro fattore,<br />

si può affermare con una<br />

certa disinvoltura che questi<br />

soggetti appartengono ad impianti<br />

effettuati ancora alla fine<br />

<strong>del</strong> secolo scorso (1882-1912).<br />

Di questo periodo possono essere<br />

anche parte dei soggetti presenti<br />

nella fascia blu, in particolare i Cedri<br />

atlatica, i Pini neri, forse qual­<br />

che Abete rosso sottoposto. Gli<br />

altri soggetti blu si collocano a mio<br />

parere negli anni <strong>del</strong> dopoguerra<br />

assieme a qualcuno dei soggetti<br />

verdi, quali Cedro deodora, Pino<br />

nero, Cedro atlantica, un Gingko.<br />

Tutti gli altri soggetti possono<br />

essere riconducibili chiaramente<br />

agli anni sessanta-settanta, forse<br />

di poco valore storico ma con la<br />

possibilità, se in buona posizione<br />

ed in bune condizioni, di diventare<br />

piante esemplari nel prossimo<br />

cinquantennio;<br />

- Indice di pregio: ai singoli soggetti<br />

è stato infine attribuito un<br />

numero che identifica il pregio<br />

<strong>del</strong> soggetto: è stato attribuito<br />

in base ad un’analisi visiva, fatta<br />

da diverse posizioni, che tie-<br />

67


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

68<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ne conto <strong>del</strong>le caratteristiche<br />

<strong>del</strong>la specie (longevità, apparato<br />

radicale, resistenza al gelo,<br />

resistenza agli eventi meteorici,<br />

ecc.) e <strong>del</strong>la sua ubicazione;<br />

quest’ultimo parametro è importante<br />

perché consente di determinare<br />

la possibilità <strong>del</strong> soggetto<br />

di svilupparsi nei prossimi<br />

decenni e di divenire o con-


Cronologia degli<br />

interventi.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

tinuare ad essere un "soggetto<br />

in esemplare". Ai soggetti migliori<br />

corrisponde un indice "1",<br />

ai peggiori un indice “3”.<br />

Area collinare.<br />

Nell’area collinare invece sono state<br />

censite, descritte e cartografate<br />

le diverse tipologie di bosco presente;<br />

in ognuna di esse sarà poi<br />

possibile procedere secondo le indicazioni<br />

di progetto con interventi<br />

di tipo selvicolturali.<br />

Sono stati segnati ed evidenziati i<br />

soggetti arborei di maggior pregio<br />

e le alberate presenti in queste<br />

zone: in cartografia sono contraddistinti<br />

dalla stessa simbologia<br />

usata per le aree pianeggianti.<br />

<strong>Il</strong> rilievo in questo caso è solo visivo<br />

e non supportato da strumento<br />

di precisione. Sarà questa<br />

un’operazione che si dovrà effettuare<br />

in sede di progetto esecutivo.<br />

Notizie utili<br />

<strong>Il</strong> giorno 3 marzo <strong>del</strong> 1965 il dott.<br />

Giordano Castelli, nel quadro dei<br />

lavori di assestamento <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine tra i<br />

quali era previsto anche il parziale<br />

rinnovamento <strong>del</strong> <strong>parco</strong> e la<br />

messa a dimora di piante ad altofusto<br />

nelle adiacenze <strong>del</strong> nuovo<br />

padiglione (leggasi Ferretti) chiedeva<br />

all’Assessorato regionale all’Economia<br />

montana e foreste di<br />

Trento:<br />

- 20 Abeti rossi<br />

- 20 Abeti argentati<br />

- 10 Cedri deodara o <strong>del</strong> libano<br />

È sempre <strong>del</strong> 1965 un elenco di<br />

piante da collocare presso i vari<br />

padiglioni:<br />

Considerazioni critiche<br />

a) Area Pianeggiante intorno agli<br />

edifici<br />

Così come previsto dal progetto,<br />

intorno all’Edificio Principale furono<br />

realizzate alcune aiuole riconducibili<br />

alle tipologie dei “Giardini<br />

all’Italiana”; le geometrie abbastanza<br />

rigide vedono l’alternarsi<br />

di vialetti ed aiuole. L’elevata<br />

esigenza di manutenzione costante<br />

potrà essere colmata dal basso<br />

costo <strong>del</strong>la manodopera e/o dall’utilizzo<br />

degli stessi pazienti.<br />

L’anno 1882 fu anche l’anno di<br />

una <strong>del</strong>le più pesanti alluvioni che<br />

nel secolo scorso investirono i territori<br />

alpini; anche negli anni 1884<br />

e 1885 occorsero altri eventi calamitosi.<br />

A partire da queste date<br />

l’Impero Austroungarico iniziò una<br />

serie di colossali opere di regimazione<br />

dei torrenti e di consolidamento<br />

dei versanti, con ingente<br />

uso di materiale vivaistico e notevole<br />

spinta anche all’uso <strong>del</strong>le conifere;<br />

gli stessi cantieri di sistemazione<br />

si appoggiavano a vivai<br />

appositamente creati per far fronte<br />

alla richiesta ingente di materiale<br />

da rimboschimento. È quindi<br />

spiegata non solo la disponibilità<br />

di materiale vivaistico per tutti gli<br />

enti in qualche modo legati al pubblico,<br />

ma anche la moda che si venne<br />

a creare circa l’impianto di specie<br />

conifere. È molto probabile che<br />

anche nelle aiuole (forse al centro<br />

<strong>del</strong>le stesse) dei cosiddetti<br />

Giardini all’Italiana, pur non es­<br />

69


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

70<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

sendo le specie adatte, fossero<br />

messe a dimora molte conifere:<br />

questo spiegherebbe non solo la<br />

loro attuale presenza, considerata<br />

anche la longevità di alcune di<br />

queste specie, ma anche l’apparente<br />

irregolarità <strong>del</strong>l’impianto.<br />

Le piante messe a dimora alla<br />

fine <strong>del</strong> secolo scorso crebbero e<br />

furono probabilmente integrate da<br />

altre, simili per specie e genere,<br />

seguendo lo sviluppo urbanistico<br />

<strong>del</strong> complesso manicomiale. Già dal<br />

periodo <strong>del</strong>la prima guerra mondiale<br />

sembrano pressoché spariti i<br />

giardini all’italiana, che rimasero<br />

forse solo in parte segnati sul terreno.<br />

È interessante notare come mentre<br />

il padiglione centrale fungeva<br />

anche da sede di rappresentanza,<br />

i due nuovi padiglioni, il Perusini<br />

ed il Pandolfi, erano destinati a<br />

quelli che erano chiamati "agitati";<br />

questi due edifici erano dotati<br />

di un cortile recintato da un muro<br />

d’altezza pari a due metri circa verso<br />

l’interno.<br />

I due nuovi padiglioni furono<br />

costruiti negli anni 1903-1905 e<br />

probabilmente successiva a tale<br />

data è l’epoca di piantumazione<br />

degli stessi cortili; vennero inaugurati<br />

solo dopo la fine <strong>del</strong>la guerra<br />

(1920).<br />

Nel corso dei decenni sparirono<br />

quasi tutte le alberature presenti<br />

all’interno <strong>del</strong> Padiglione Centrale,<br />

tutte quelle presenti sul fronte<br />

sud-ovest, quasi tutte a parte un<br />

nucleo residuo lungo la strada sul<br />

suo lato nord-est. Ne resistettero<br />

alcune di quelle presenti lungo la<br />

facciata principale.<br />

Degna di nota è la tradizione di<br />

una doppia alberatura sul viale<br />

centrale, che pur con alterne vicende<br />

ed avvicendamenti di specie, è<br />

rimasto fino ai giorni nostri: non<br />

sarà l’ultimo l’impianto lungo lo<br />

stesso viale di Lagestroemie nel<br />

periodo Castelli (complessivamente<br />

150 piante nell’anno 1965).<br />

b) Area Collinare<br />

Sembra assodato che a partire dall’anno<br />

<strong>del</strong>l’inaugurazione <strong>del</strong> primo<br />

edificio, la destinazione di quasi<br />

tutta l’area posta sulla collina,<br />

allora non completamente di proprietà,<br />

fosse agricola. In particolare<br />

un’ampia zona era prativa<br />

mentre un’altra consistente fetta<br />

era specificamente agricola: era<br />

coltivata sulle aree pianeggianti<br />

prospicienti maso San Pietro, terrazzata<br />

a vigneto nell’anfiteatro<br />

posto a valle di Maso San Pietro,<br />

alberata con piante da frutto scendendo<br />

dall’acquedotto austriaco<br />

fin quasi all’edificio <strong>del</strong>l’Obitorio.<br />

Sulle "rive" segate e/o pascolate<br />

a monte <strong>del</strong>l’edificio principale<br />

emergevano vecchi castagni. Solo<br />

uno stretto lembo di bosco scendeva<br />

dalle pendici <strong>del</strong> colle <strong>del</strong> castello<br />

per giungere, con esposizione<br />

nord, fino quasi agli attuali campi<br />

di bocce.<br />

Pur con l’alternarsi <strong>del</strong>le colture,<br />

rimase comunque agricola sicuramente<br />

fin dopo la seconda guerra<br />

mondiale, fino a metà degli<br />

anni cinquanta, da quando cominciò<br />

una radicale e sistematica opera<br />

di rimboschimento <strong>del</strong>le superfici<br />

ex-agricole, non più considerate<br />

produttive. È <strong>del</strong> decennio succes­


Bruno Caruso,<br />

L’armadietto<br />

pedagogico,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1958.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

sivo l’introduzione <strong>del</strong>le conifere<br />

anche sulle superfici a ridosso <strong>del</strong><br />

padiglione centrale, la comparsa<br />

<strong>del</strong>la Douglasia e <strong>del</strong> Pino Strobo,<br />

specie a rapido accrescimento che<br />

andarono di moda, per così dire,<br />

negli anni sessanta. La cosiddetta<br />

Legge Fanfani (prevedeva incentivi<br />

per il rimboschimento di superfici<br />

nude) promosse molteplici<br />

di questi interventi e dalla fine degli<br />

anni cinquanta fin dopo la metà<br />

degli anni sessanta si sono succe­<br />

duti anche gli interventi di rimboschimento<br />

<strong>del</strong>la collina <strong>del</strong> castello,<br />

anche dopo la sua vendita da<br />

parte <strong>del</strong> Comune di Pergine al signor<br />

Oss. Furono introdotte soprattutto<br />

conifere, in particolare<br />

Abete rosso, Douglas, Pino strobo<br />

hymalaiano. La presenza <strong>del</strong> dott.<br />

Castelli diede nuovo spunto alle<br />

attività di giardineria; numerosi<br />

furono gli impianti effettuati negli<br />

anni sessanta, anche se sembra<br />

verosimile pensare che gli stes­<br />

71


<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

72<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

si interessassero in particolare il<br />

rimboschimento <strong>del</strong>le aree collinari,<br />

non più coltivate. Di quegli anni<br />

possono essere tutti gli Abeti rossi<br />

presenti vicino a Maso Tre Castagni,<br />

molti degli Olmi siberiani,<br />

qualche Cedro himalaiano, le Douglasie,<br />

i Pini strobi.<br />

In sintesi<br />

- Presenza di soggetti arborei di<br />

valore all’interno <strong>del</strong> <strong>parco</strong> pianeggiante<br />

(Cedrus deodara, Picea<br />

excelsa, Gingko biloba, Cedrus<br />

atlantica);<br />

- tradizione di un viale alberato<br />

centrale;<br />

- presenza originaria di molti giardini<br />

all’italiana all’intorno e dentro<br />

il Padiglione Centrale;<br />

- presenza fino all’anno 1975 dei<br />

fossati antistanti i padiglioni Perusini<br />

e Pandolfi;<br />

- scarsa valenza storica <strong>del</strong> muro<br />

che <strong>del</strong>imita il manicomio da via<br />

San Pietro: risale agli anni sessanta<br />

e segue la demolizione <strong>del</strong><br />

vecchio muro (parte <strong>del</strong> 1885 e<br />

parte <strong>del</strong> 1930) per allargamento<br />

<strong>del</strong>la strada e costruzione<br />

<strong>del</strong>la nuova portineria;<br />

- bosco originario nella vallecola<br />

(solo su versante con esposizione<br />

nord) a monte <strong>del</strong> campo di<br />

bocce;<br />

- tradizione agricola e prati-pascoliva<br />

su tutta l’area collinare;<br />

- tradizione agricola su terrazzamenti<br />

nella vallecola (su versante<br />

con esposizione a sud) a monte<br />

<strong>del</strong> campo di bocce;<br />

- presenza sull’area collinare di<br />

grossi soggetti arborei, antichi<br />

e talora preesistenti all’acquisto<br />

da parte <strong>del</strong>l’Ente manicomio, in<br />

particolare in prossimità di Maso<br />

San Pietro e Maso Tre Castagni;<br />

- affinità storica e contiguità anche<br />

strutturale <strong>del</strong>l’area collinare<br />

con il Parco <strong>del</strong> Castello.<br />

Altre indicazioni progettuali<br />

a) Valenza storica <strong>del</strong>l’Ospedale:<br />

- restauro degli edifici storici<br />

(obitorio, acquedotto, ecc.)<br />

- tabellare i vari edifici a ricordo<br />

<strong>del</strong> passato utilizzo;<br />

- definizione al suolo <strong>del</strong>le tracce<br />

dei due ‘fossati’;<br />

- creazione di un percorso tematico<br />

a ricordo <strong>del</strong>l’attività manicomiale;<br />

- realizzazione di un archivio storico<br />

presso il Maso Tre Castagni;<br />

- creazione di una Casa <strong>del</strong>la memoria<br />

nel vecchio Obitorio (piccolo<br />

Museo).<br />

b) Valenza botanica <strong>del</strong> Parco:<br />

- valorizzazione e tutela di quanti<br />

più possibili soggetti arborei<br />

di pregio e/o monumentali;<br />

- rifacimento di un tratto di giardino<br />

all’italiana nei pressi <strong>del</strong>l’attuale<br />

edificio scolastico;<br />

- ripristino di almeno due strutture<br />

coperte tipo ‘Gazebo o Gloriet’<br />

nell’area collinare a ricordo<br />

dei preesistenti e a libera<br />

fruizione da parte <strong>del</strong> pubblico;<br />

- tabellare i soggetti arborei di<br />

pregio e creazione di un percorso<br />

tematico ‘botanico’;<br />

- realizzazione di un piccolo giardino<br />

botanico sulle pendici terrazzate<br />

esposte a sud <strong>del</strong>la val­


Bruno Caruso,<br />

Povero & pazzo,<br />

incisione.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

lecola a valle di Maso Tre Castagni<br />

(ex vigneti).<br />

c)Valenza sociale:<br />

- ripristino dei manufatti realizzati<br />

dai “Malati” all’interno <strong>del</strong> <strong>parco</strong>;<br />

- realizzazione degli interventi per<br />

mezzo di operai ex cassaintegrati<br />

o disoccupati;<br />

- in ricordo e a memoria <strong>del</strong>l’”ergoterapia”<br />

la manutenzione<br />

futura <strong>del</strong> <strong>parco</strong> sarà affidata ad<br />

una cooperativa di solidarietà<br />

sociale o comunità di <strong>recupero</strong><br />

(già presenti all’interno <strong>del</strong>la<br />

struttura).<br />

d) Valenza estetico-paesaggistica:<br />

- eliminazione e/o relativo interramento<br />

degli elettrodotti che<br />

attraversano il <strong>parco</strong>.<br />

e) Valenza fruizionale:<br />

- creazione di un’area giochi per<br />

bambini nell’area pianeggiante<br />

a supporto dei servizi sanitari;<br />

- creazione di un’area giochi per<br />

portatori di handicap nell’area<br />

pianeggiante a sevizio <strong>del</strong> nuovo<br />

“Villa Rosa”.<br />

Carmelo Anderle e Fabrizio Fronza sono<br />

funzionari <strong>del</strong> Servizio Ripristino e<br />

valorizzazione ambientale <strong>del</strong>la Provincia<br />

autonoma di Trento.<br />

73


Tracce<br />

per una riflessione<br />

Casimira Grandi<br />

Gli ospedali psichiatrici<br />

come testimonianza per la Storia<br />

<strong>del</strong>la scienza e <strong>del</strong>le istituzioni,<br />

ma anche come contenitori di tante storie<br />

minimali di vita di uomini e donne.<br />

74<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

L’incontro seminariale <strong>del</strong> gruppo<br />

di lavoro Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />

perdute1 tenutosi il 30 novembre<br />

2001, dedicato a Progetti e realizzazioni<br />

per il riuso degli ex ospedali<br />

psichiatrici nei territori italiani<br />

appartenuti all’impero asburgico,<br />

ha riunito persone con diverse<br />

competenze, che, con convinzione,<br />

percorrono un comune cammino<br />

volto ad affrontare la vergogna di<br />

una memoria oggi scomoda per<br />

affermare la coscienza storica di<br />

un recente passato troppo spesso<br />

volutamente dimenticato o banalmente<br />

male interpretato. Tra i partecipanti<br />

non c’era la “boria dei<br />

dotti”, per dirla con Vico, non<br />

c’era ciarpame ideologico, ma la<br />

consapevolezza che derivava dalla<br />

sicura, documentata, conoscenza<br />

dei fatti.<br />

<strong>Il</strong> titolo <strong>del</strong> seminario <strong>del</strong>inea il<br />

centro focale dei lavori nell’impegno<br />

per il <strong>recupero</strong> degli “spazi <strong>del</strong>la follia”,<br />

parafrasando Giuseppe Pantozzi<br />

2 , funzionale ad un ambito scientifico<br />

ampio, che bene si può definire<br />

trans-disciplinare, senza una gerar­<br />

chia di rilevanze, come si desume<br />

anche dalla pluralità <strong>del</strong>le discipline<br />

rappresentate, che trovano un<br />

punto di convergenza nella volontà<br />

di pervenire ad un riuso degli ex<br />

ospedali psichiatrici coerente con le<br />

aspettative <strong>del</strong>la società contemporanea,<br />

ma senza cancellare la memoria<br />

<strong>del</strong>le passate funzioni. Come ha<br />

scritto l’architetto Luciani, sostanzialmente,<br />

s’indaga seguendo una linea<br />

di “intrinseca continuità tra lo<br />

studio <strong>del</strong>la storia e la messa in valore<br />

dei suoi segni e sedimenti” 3 .<br />

Un proposito non sempre facilmente<br />

attuabile, perché sono molti<br />

gli interessi che gravitano attorno a<br />

ciò che rimane di queste istituzioni,<br />

le quali oscillano per lo più tra la<br />

totale cancellazione di quello che<br />

resta <strong>del</strong> manicomio e l’oblio <strong>del</strong>l’indifferenza<br />

– un oblio, oserei aggiungere,<br />

non di rado strumentale e affatto<br />

estraneo alla psichiatria –.<br />

Coscienza <strong>del</strong>la storia<br />

e vergogna <strong>del</strong>la memoria<br />

I contributi presentati al seminario<br />

si sono sviluppati nella prospettiva<br />

di ciò che dovrebbe essere<br />

l’ex istituzione manicomiale nella<br />

società contemporanea, supportando<br />

la gracilità <strong>del</strong>le specificità<br />

locali entro la cornice di una comune<br />

etica, che pone il ricordo<br />

come impedimento al ripetersi di<br />

eventi negativi. Affinché questo<br />

sia concretamente incisivo è necessario<br />

intanto lasciare una traccia<br />

visiva di ciò che è stato per esprimere<br />

compiutamente quello che<br />

non si dovrà mai più ripetere.<br />

I quadri storici esposti dai partecipanti<br />

erano tutti improntati alla


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

logica di una corretta interpretazione<br />

<strong>del</strong>la storia degli ospedali<br />

psichiatrici antecedenti la Legge<br />

180, un’obiettività quanto mai apprezzabile<br />

in una fase in cui è ancora<br />

troppo diffusa l’acritica negazione<br />

<strong>del</strong> periodo precedente la rivoluzione<br />

basagliana.<br />

Una negazione che rischia di cancellare<br />

una memoria, perché è uno<br />

scomodo patrimonio di scienza e di<br />

sofferenza, che invece abbiamo il<br />

dovere civile di tramandare.<br />

Questa è, forse, la meta più ambiziosa<br />

che si propongono coloro che<br />

sono interessati al riuso degli ex<br />

ospedali psichiatrici, perché la nostra<br />

società è pervasa da una preoccupante<br />

debolezza etica. Si deve, e<br />

si può, ritrovare una morale nell’eticità<br />

<strong>del</strong>le relazioni con il nostro passato;<br />

questo non dovrebbe essere<br />

difficile per chi, come gli italiani,<br />

può vantare una solida storia. Inoltre,<br />

non vanno sottovalutate le<br />

ostentate certezze o gli eccessi di<br />

mo<strong>del</strong>lizzazione di coloro che vorrebbero<br />

ricreare l’accerchiamento<br />

intorno ai “matti”, per deprecabili<br />

situazioni prodotte da défaillances<br />

amministrative, quando non da irrisolte<br />

paure per ignoranza <strong>del</strong>la<br />

realtà contemporanea.<br />

L’approccio dato al nodo gordiano<br />

ex ospedali psichiatrici – collocazione<br />

degli ex pazienti, in conformità<br />

alla legislazione in atto e<br />

alle relative politiche sociosanitarie,<br />

presso l’opinione pubblica ma<br />

sovente anche presso un pubblico<br />

qualificato, non di rado ha portato<br />

a valutazioni antitetiche che<br />

vanno dalla nostalgia per il passato<br />

istituzionale alla sua assolu­<br />

ta riprovazione, entrambe, comunque,<br />

pesantemente influenzate da<br />

nostalgiche ideologie politiche e<br />

dall’assenza <strong>del</strong>la percezione storica<br />

<strong>del</strong> fenomeno.<br />

Questa peculiare condizione<br />

c’induce a ricordare come la storia<br />

sia nata sostanzialmente quale<br />

ancella <strong>del</strong>la politica: la svolta<br />

scientifica si è presentata come<br />

indicazione positivis-ta <strong>del</strong> rispetto<br />

dei fatti. Una forma di oggettività<br />

che si è imposta come assolutezza<br />

entro qualsiasi paradigma ideologico,<br />

che nello specifico <strong>del</strong> caso<br />

in esame, non può disgiungere una<br />

logica razionalità dallo sviluppo<br />

<strong>del</strong>la cosiddetta società civile. Tutte<br />

le problematiche che rappresentano<br />

i punti dolenti <strong>del</strong>la coscienza<br />

difficile <strong>del</strong> nostro tempo, i<br />

traumi <strong>del</strong>la nostra esperienza collettiva,<br />

con le sue continue riproposte<br />

situazionali oggetto di etiche<br />

diverse (solidaristiche, concorrenziali,<br />

autoritarie) non possono<br />

essere disgiunti dalla coscienza<br />

storica.<br />

Uscire dalla confusione vociante<br />

<strong>del</strong>le testimonianze, dal verbalismo<br />

manipolato, proponendo dei<br />

mo<strong>del</strong>li di prospezione analitica,<br />

governati da un sistema di valori<br />

non assoluti, ma culturali, storicamente<br />

specifici, potrebbe rappresentare<br />

un momento di reale crescita<br />

civile. E la storia degli ex<br />

ospedali psichiatrici rappresenta<br />

un soggetto ideale per questa<br />

esperienza. È una proposta sperimentale,<br />

“bricoleuse”, continuamente<br />

innovabile, suscettibile di<br />

un’ampia varietà di apporti, ma anche,<br />

metaforicamente, ricca di un<br />

75


Tracce per una riflessione<br />

76<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

orizzonte senza limiti, perché le<br />

mura che nascondevano malintese<br />

vergogne sono state abbattute<br />

da decenni.<br />

Per un’altra storia<br />

“Oltre il muro”, significativo titolo<br />

di un incontro organizzato a Roma<br />

nel 1999 dalla Fondazione Benetton<br />

studi e ricerche, dal Dipartimento politiche<br />

di cittadinanza ed economia<br />

sociale <strong>del</strong>la CGIL e dall’Istituto nazionale<br />

di urbanistica, ha stimolato<br />

anche in <strong>Trentino</strong> un’attenta riflessione<br />

sull’ex ambiente manicomiale,<br />

inteso come sistema culturale e sociale,<br />

non tralasciando, peraltro, un<br />

approccio di ecologia culturale, che<br />

ha come obiettivo la conservazione<br />

<strong>del</strong>la molteplicità <strong>del</strong>le memorie e<br />

<strong>del</strong>le loro forme espressive.<br />

L’ospedale psichiatrico trentino<br />

era collocato a Pergine, dove ha lasciato<br />

un’impronta in<strong>del</strong>ebile sul paesaggio<br />

con il monumentale padiglione<br />

centrale attorniato dall’architettura<br />

minore che si è sedimentata<br />

nel tempo, documento<br />

visivo <strong>del</strong> suo passato e <strong>del</strong>la realtà<br />

territoriale in cui operava.<br />

L’edificio principale, inaugurato<br />

nel 1882, armoniosamente inserito<br />

nello scenario naturale, era un<br />

segno <strong>del</strong> progresso scientifico e<br />

sociale dei tempi, che esprimeva<br />

la sua identità attraverso l’ine-quivocabile<br />

stile <strong>del</strong>l’architettura statale<br />

asburgica e l’imponente mole<br />

che sovrastava le costruzioni <strong>del</strong><br />

paese. L’istituzione psichiatrica<br />

chiusa era una struttura complessa,<br />

in cui si sviluppava un microcosmo<br />

di relazioni interpersonali<br />

in spazi sociali prestabiliti: negli<br />

edifici, nel giardino o nella colonia<br />

agricola.<br />

Questa situazione raccomanda una<br />

proposta analitica complessiva, (cui<br />

peraltro non è estranea la tutela<br />

ambientale) che il progetto per il riuso<br />

coerente <strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico<br />

di Pergine (inteso quale luogo<br />

per nuove politiche sociali e la valorizzazio-ne<br />

<strong>del</strong> suo passato), ha avviato<br />

attraverso un’ipotesi di riqualificazione<br />

<strong>del</strong> <strong>parco</strong> nel rispetto <strong>del</strong>le<br />

essenze autoctone, ad esempio, inserito<br />

nel più ampio intervento di<br />

ripristino <strong>del</strong> verde manicomiale. Un<br />

progetto la cui positiva ricaduta andrà<br />

ben oltre le vecchie mura ospedaliere.<br />

In estrema sintesi, ciò che resta<br />

<strong>del</strong> passato manicomiale è sovente<br />

un complesso monumentale, un bene<br />

culturale da salvaguardare nel rispetto<br />

<strong>del</strong>la civiltà che l’ha prodotto e<br />

<strong>del</strong> paesaggio in cui è inserito.<br />

Ma qual è l’itinerario per un corretto<br />

<strong>recupero</strong> storico di questo<br />

patrimonio?<br />

Ricordando Friedrich Nietzsche,<br />

potremmo far riferimento ai diversi<br />

generi di storie, quella “monumentale”,<br />

che si esprime attraverso<br />

le grandi realizzazioni architettoniche,<br />

manufatti cui si adatta<br />

perfettamente il termine “monumento”,<br />

etimologicamente relativo<br />

a ciò che “va tenuto a mente”,<br />

ed una storia minore, dal Nostro<br />

definita “antiquaria”, che testimonia<br />

la quotidianità <strong>del</strong>le persone<br />

comuni.<br />

Un’interpretazione <strong>del</strong> passato<br />

che la Scuola <strong>del</strong>le Annales, in tempi<br />

più recenti, ha distinto in storia<br />

degli événements e storia minima­


Dislocazione degli istituti per malati di mente secondo l’elenco seguente (disegno di Gian Piero Sciocchetti)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

77


Tracce per una riflessione<br />

78<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

SITUAZIONE DEI MANICOMI PUBBLICI IN AUSTRIA NEL 1898<br />

Posti Letto Complessivi: 14.847 degenti<br />

I. Bassa Austria (Niederösterreich);<br />

capacità ricettiva totale 3.683 degenti:<br />

1. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria<br />

in Vienna, sistema a corsie, degenti n. 834;<br />

2. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in Ybbs,<br />

sistema a corsie, degenti n. 490;<br />

3. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in<br />

Klosterneuburg, sistema a corsie, degenti n. 539;<br />

4. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria<br />

in Kierling- Gugging, filiale di quello di Vienna,<br />

sistema a padiglioni, degenti n. 603;<br />

5. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Bassa Austria in<br />

Langenloiis, succursale di quello di Vienna,<br />

tipo per infettivi, degenti n. 217;<br />

6. Grande colonia agricola provinciale <strong>del</strong>la<br />

Bassa Austria in Mauer-Oehling, degenti n. 1.000.<br />

II. Alta Austria (Oberösterreich);<br />

capacità ricettiva totale 626 degenti:<br />

7. Manicomio provinciale <strong>del</strong>l’Austria Superiore in Linz,<br />

sistema chiuso, degenti n. 527;<br />

8. Manicomio provinciale <strong>del</strong>l’Austria Superiore<br />

per l’infanzia in Gschwendt, degenti n. 99.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

III. Salisburgo (Kronlande Salzburg);<br />

capacità ricettiva totale 170 degenti:<br />

9.<br />

Istituto psichiatrico salisburghese in Maxglan,<br />

sistema a padiglioni, degenti n. 154;<br />

10. Manicomio in Salisburgo, degenti n. 16.<br />

IV. Stiria (Steiermark);<br />

capacità ricettiva totale 1.285 degenti:<br />

11. Manicomio provinciale stiriano in Feldhof,<br />

sistema chiuso, degenti n. 818;<br />

12. Filiale femminile <strong>del</strong> manicomio provinciale<br />

stiriano in Lankowitz, sistema chiuso,<br />

degenti n. 135;<br />

13. Filiale maschile <strong>del</strong> manicomio provinciale stiriano<br />

in Kainbach, sistema chiuso, degenti n. 116;<br />

14. Filiale <strong>del</strong> manicomio stiriano in Hartberg,<br />

sistema chiuso, degenti n. 24;<br />

15. Istituto stiriano per malati psichici<br />

in Schwabenberg, sistema a corsie, degenti n. 192.<br />

V. Carinzia (Kärnter);<br />

capacità ricettiva totale 347 degenti:<br />

16. Manicomio provinciale carinziano in Klagenfurt,<br />

sistema a padiglioni, degenti n. 347.<br />

VI. Carniola (Krain);<br />

capacità ricettiva totale 202 degenti:<br />

17. Manicomio provinciale <strong>del</strong>la Carniola in Studenc,<br />

sistema chiuso, degenti n. 202.<br />

79


Tracce per una riflessione<br />

80<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

VII. Litorale (Küstenland);<br />

capacità ricettiva totale 279 degenti:<br />

18. Manicomio cittadino in Trieste,<br />

sistema chiuso, degenti n. 93;<br />

19. Sezione di manicomio presso<br />

l’ospedale cittadino in Trieste, degenti n. 186.<br />

VIII.Gorizia e Gradisca (Görz und Gradisca);<br />

capacità ricettiva Totale 192 degenti:<br />

20. Sezione di manicomio maschile presso<br />

l’Ospedale di Gorizia, degenti n. 94;<br />

21. Sezione di manicomio femminile presso<br />

l’Ospedale di Gorizia, degenti n. 98.<br />

IX. Tirolo (Tirol);<br />

capacità ricettiva totale 558 degenti:<br />

22. Manicomio provinciale tirolese in Hall,<br />

sistema chiuso, degenti n. 338;<br />

23. Manicomio provinciale tirolese in Pergine,<br />

sistema chiuso, degenti n. 220.<br />

X. Vorarlberg (Vorarlberg);<br />

capacità ricettiva totale 147 degenti:<br />

24. Manicomio provinciale di Valduna,<br />

sistema chiuso, 147 degenti.<br />

XI. Boemia (Böhmen);<br />

capacità ricettiva totale 4.138 degenti:<br />

25. Manicomio provinciale boemo di Praga,<br />

tipo chiuso, degenti n. 1196;<br />

26. Manicomio provinciale boemo di Dobrau,<br />

sistema a padiglioni con corsie, degenti n. 1469;


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

27. Manicomio provinciale boemo di Kosmanos,<br />

sistema a padiglioni con corsie, degenti n. 794;<br />

28. Filiale di manicomio provinciale boemo<br />

di Ober-Berkowitz, sistema chiuso, degenti n. 396;<br />

29. Filiale di manicomio provinciale boemo<br />

di Woporan, sistema chiuso, degenti n. 283.<br />

XII. Moravia (Mären); capacità ricettiva<br />

totale 1.383 degenti:<br />

30. Manicomio provinciale moravo di Brünn,<br />

sistema a corsie con 4 padiglioni, degenti n. 602;<br />

31. Manicomio provinciale moravo di Sternberg,<br />

sistema a padiglioni, degenti n. 781.<br />

XIII.Slesia (Schlesien); capacità ricettiva totale 781 degenti:<br />

32. Manicomio provinciale slesiano di Troppau,<br />

sistema a padiglioni, degenti n. 781.<br />

XIV. Galizia (Galizien); capacità ricettiva totale 839 degenti:<br />

33. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />

di Cracovia, sistema a corsia, degenti n. 133;<br />

34. Manicomio provinciale galiziano di Kulparkow,<br />

sistema a due padiglioni, degenti n. 706.<br />

XV. Bucovina (Bukowina);<br />

capacità ricettiva totale 101 degenti:<br />

35. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />

di Czernowitz, sistema chiuso, degenti n. 101.<br />

XVI. Dalmazia (Dalmatien);<br />

capacità ricettiva totale 116 degenti:<br />

36. Sezione psichiatrica <strong>del</strong>l’Ospedale generale<br />

di Sebenico, sistema a padiglioni, degenti n. 116.<br />

81


Tracce per una riflessione<br />

82<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

le, quella degli esclusi dalla grande<br />

storia, che enfatizza l’attenzione<br />

all’esistenziale sullo scenario di<br />

un determinato contesto ambientale<br />

4 .<br />

Quale <strong>del</strong>le due proposte seguire?<br />

Secondo il pensiero <strong>del</strong> filosofo<br />

tedesco nessuna <strong>del</strong>le due, perché<br />

quella monumentale tralascia<br />

molte cose importanti e quella <strong>del</strong><br />

paesaggio trascura la trama di un<br />

tessuto, quale può essere considerato<br />

il territorio, che si regge sull’interconnessione<br />

di una realtà<br />

fatta di tanti elementi; inoltre,<br />

quella antiquaria può produrre un<br />

eccesso di memoria.<br />

Entrambe però possono rallentare,<br />

se non impedire, l’incessante<br />

precipitare <strong>del</strong>la storia. Queste discriminanti<br />

storiche e memoriali<br />

sul paesaggio consentono di recepire<br />

la ricchezza <strong>del</strong>le testimonianze<br />

sia <strong>del</strong>la grande storia, sia <strong>del</strong>la<br />

storia minima.<br />

E gli ospedali psichiatrici, spesso<br />

monumentali edifici circondati<br />

da spazi verdi, preservati dalle interferenze<br />

– non sempre debite –<br />

<strong>del</strong> mondo esterno da alte mura<br />

secolari, rappresentano la storia<br />

con la £s maiuscola”, quella <strong>del</strong>la<br />

scienza, <strong>del</strong>le istituzioni e di molto<br />

altro ancora, ma sono anche<br />

contenitori privilegiati di tante<br />

storie minimali, quelle di individui<br />

che una sorte malevola ha condotto<br />

a vivere in quel chiuso recinto,<br />

il più <strong>del</strong>le volte privandoli <strong>del</strong>la<br />

speranza, smarrendoli nel vasto<br />

territorio <strong>del</strong>le patologie <strong>del</strong>la<br />

mente, estranei al fluire <strong>del</strong> tempo.<br />

<strong>Il</strong> progetto nazionale per il re­<br />

cupero degli archivi psichiatrici,<br />

significativamente denominato<br />

“Carte da legare”, restituisce al<br />

mondo le tracce di tante vite, non<br />

più annotazioni nascoste fra le pieghe<br />

di relazioni mediche, quasi a<br />

negarne l’esistenza, ma elevate a<br />

nitide biografie di quella vita “in<br />

tono minore” trascorsa nei monumentali<br />

edifici, menti ritrovate dai<br />

posteri.<br />

NOTE<br />

[1] Titolo di sapore proustiano il<br />

cui “copyright” appartiene al<br />

nostro collaboratore arch. Paolo<br />

Botteon.<br />

[2] Pantozzi 1989.<br />

[3] Luciani 1992: 8.<br />

[4] Mastrogregori 1986.<br />

Casimira Grandi è Ricercatrice di Storia<br />

economica presso la Facoltà di Sociologia<br />

<strong>del</strong>l’Università degli Studi di Trento. Ha<br />

coordinato il gruppo di studio sul “riuso”<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico di Pergine.


Un manicomio, una storia,<br />

un progetto<br />

Rodolfo Taiani<br />

Dalla storia <strong>del</strong>l’istituto perginese a un<br />

progetto di studio e di ricerca, verso il riuso<br />

degli spazi e la valorizzazione <strong>del</strong><br />

patrimonio documentario.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

“Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute:<br />

viaggi nell’istituzione manicomiale”<br />

è il titolo di un progetto sulla storia<br />

<strong>del</strong>la scienza e <strong>del</strong>l’assistenza psichiatriche<br />

promosso dal Museo storico<br />

in Trento in collaborazione con<br />

l’Università degli studi di Trento.<br />

Attivo da alcuni anni questo progetto,<br />

ha raccolto l’adesione di numerosi<br />

altri soggetti 1 . Nel 2003, venticinquesimo<br />

anniversario <strong>del</strong>l’approvazione<br />

<strong>del</strong>la cosiddetta legge Basaglia<br />

(la n. 180 <strong>del</strong> 13 maggio<br />

1978), esso vivrà il suo momento di<br />

maggior visibilità.<br />

I temi guida sono i luoghi, le<br />

persone e le azioni che hanno contribuito<br />

nel corso dei secoli, fra il<br />

XVIII e il XX, a dar forma a quel<br />

variegato universo identificato con<br />

il termine di manicomio, ossia una<br />

struttura pensata, realizzata e organizzata<br />

con il precipuo scopo di<br />

accogliere, custodire e assistere i<br />

cosiddetti malati di mente.<br />

La prospettiva che anima questo<br />

progetto è pertanto la storia di tanti<br />

spazi e individui uniti insieme, ma<br />

che può assumere ad emblema, per<br />

il contesto territoriale di riferimento<br />

<strong>del</strong> progetto stesso, il manicomio<br />

di Pergine Valsugana.<br />

In questa struttura, aperta nel<br />

1882 e definitivamente chiusa solo<br />

nel 2002, sono transitate decine di<br />

migliaia di esistenze fra loro diverse<br />

nelle vicende personali, ma simili nei<br />

percorsi interni all’istituto, nella<br />

quotidianità imposta, nell'incontro<br />

con gli altri ricoverati, con il personale<br />

medico e paramedico; simili<br />

anche nell'incontro/scontro con la<br />

comunità ospite esterna la cui dinamica<br />

si ripropone ancor oggi lì dove<br />

è aperto il dibattito sul <strong>recupero</strong> e il<br />

riuso <strong>del</strong>le strutture dismesse 2 .<br />

Una sintesi dei principali episodi<br />

che hanno segnato la storia <strong>del</strong>l'ex<br />

ospedale psichiatrico di Pergine può<br />

pertanto essere un utile modo sia per<br />

evidenziare esemplarmente alcune<br />

<strong>del</strong>le numerose e varie dinamiche che<br />

hanno contrassegnato la storia di<br />

questa come di altre strutture manicomiali<br />

3 , sia per render ragione dei<br />

contenuti <strong>del</strong> progetto stesso.<br />

Già nel 1807, in periodo di governo<br />

bavaro, si discusse sull'ipotesi di<br />

aprire due istituti per il ricovero dei<br />

pazzi con sede l'uno ad Innsbruck e<br />

l'altro a Trento o Rovereto 4 . A questa<br />

prima proposta, tuttavia, seguì<br />

un nulla di fatto. Bisognerà attendere<br />

il 1830 prima che alle porte di<br />

Innsbruck, ad Hall, venisse inaugurato<br />

il primo manicomio provinciale<br />

tirolese dove venivano ricoverati anche<br />

gli infermi provenienti dal <strong>Trentino</strong>.<br />

In precedenza, costoro venivano<br />

trasferiti negli ospedali di San<br />

Servolo a Venezia, <strong>del</strong>la Senavra a<br />

Milano o in altri istituti <strong>del</strong> Lombardo-Veneto,<br />

eventualità che fu espres­<br />

83


Un manicomio, una storia, un progetto<br />

84<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

samente vietata, tuttavia, per i più<br />

bisognosi con una circolare <strong>del</strong> 5<br />

giugno 1835 con la quale il governo<br />

<strong>del</strong> Tirolo comunicava che in avvenire<br />

i mentecatti poveri <strong>del</strong> Tirolo<br />

non sarebbero più stati “accolti e<br />

mantenuti gratuitamente negl'istituti…<br />

<strong>del</strong> lombardo veneto”, ma per<br />

l'appunto in quello di Hall 5 .<br />

L’apertura di un istituto manicomiale<br />

anche in <strong>Trentino</strong> fu nuovamente<br />

sollecitata, nel 1850, dal medico<br />

Francesco Saverio Proch. Costui, in<br />

un opuscolo a stampa, argomentava<br />

le motivazioni che a suo dire rendevano<br />

quanto mai urgente la realizzazione<br />

di una simile opera 6 . Ci vollero,<br />

tuttavia, ancora altri anni di discussione<br />

prima che la Dieta tirolese<br />

giungesse a <strong>del</strong>iberare, il 12 ottobre<br />

1874, la costruzione di un secondo<br />

manicomio, collocato nel Tirolo<br />

italiano. Veniva così garantita<br />

ai sudditi di lingua italiana l'assistenza<br />

psichiatrica nei territori d'origine<br />

e offerta una prima risposta alla cronica<br />

carenza di spazio deplorata dalla<br />

struttura di Hall. Altri anni ci vollero<br />

poi per decidere l'ubicazione <strong>del</strong>l'istituto<br />

e per portare a termine i<br />

lavori. L'edificio, realizzato a Pergine<br />

Valsugana dall'impresa Scotoni di<br />

Trento fra il 1879 e il 1881, fu progettato<br />

dall'ing. Josef Huter secondo<br />

la consueta pianta edificiale<br />

a forma di E, che già caratterizzava<br />

simili costruzioni in altri parti<br />

<strong>del</strong>l’Impero.<br />

Entrato in attività nel 1882, e<br />

per la precisione il 19 settembre<br />

in piena emergenza alluvioni, il<br />

nuovo istituto, pensato per duecento<br />

posti letto, cominciò, tuttavia,<br />

ben presto a soffrire anch'es­<br />

so di problemi di sovraffollamento,<br />

un motivo di costante preoccupazione,<br />

che assillerà tutti i direttori<br />

che si succedettero alla<br />

guida <strong>del</strong>l'ospedale.<br />

Già nel 1894, per recuperare altro<br />

spazio, fu colmata la separazione che<br />

divideva i reparti dei semi-agitati e<br />

agitati da quelli centrali. Si creò così<br />

una nuova costruzione di tre piani<br />

con stanze pensate dapprima come<br />

locali di isolamento, ma più tardi<br />

arredate con due o anche tre letti.<br />

Pochi anni dopo, sul finire <strong>del</strong> secolo,<br />

la direzione <strong>del</strong> manicomio di<br />

Pergine suggerì di procedere ulteriormente<br />

nell’adeguamento ed ampliamento<br />

<strong>del</strong>l'istituto.<br />

Uno speciale comitato tecnico<br />

nominato nel 1902 dalla Giunta provinciale<br />

verificò le richieste e propose<br />

per Pergine una serie di interventi,<br />

successivamente approvati<br />

dalla Giunta stessa: la costruzione


Ex Ospedale<br />

Psichiatrico di<br />

Pergine Valsugana,<br />

interno.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

di due nuovi padiglioni da cinquanta<br />

posti letto ciascuno (denominati<br />

dopo la guerra “Gennaro<br />

Pandolfi” e “Gaetano Perusini” in<br />

onore di due soldati morti “eroicamente”<br />

in battaglia), l'acquisto<br />

<strong>del</strong> podere Gasperini a Vigalzano<br />

per l'apertura di una colonia agricola,<br />

alcune nuove sistemazioni e<br />

adattamenti al vecchio edificio,<br />

una nuova sede per la cucina, la<br />

costruzione di una nuova portineria,<br />

di un'officina per fabbro e di<br />

una camera mortuaria. I lavori,<br />

iniziati nel 1903, si conclusero nel<br />

1905.<br />

Seguì la Grande Guerra e con essa,<br />

nel marzo <strong>del</strong> 1916, la decisione di<br />

destinare l'edificio principale <strong>del</strong><br />

manicomio ad ospedale militare. Tutti<br />

i ricoverati, ad eccezione di alcuni<br />

che rimasero presso la colonia<br />

agricola, furono così trasferiti in diversi<br />

istituti <strong>del</strong>l'Impero: Bohnice,<br />

Hall, Klosterneuburg, Kremsier,<br />

Mauer-Oehling, Praga, Vienna, Ybbs.<br />

L'annessione all'Italia <strong>del</strong>l'odierna<br />

regione <strong>Trentino</strong>-Alto Adige alla<br />

conclusione <strong>del</strong>la Grande Guerra, innescò<br />

l'iter legislativo <strong>del</strong> passaggio<br />

<strong>del</strong>l'ospedale psichiatrico, denominato<br />

dal 1920 «Ospedale provinciale<br />

<strong>del</strong>la Venezia Tridentina», dall'amministrazione<br />

austriaca a quella italiana.<br />

L'atto finale fu il R.D. 31 gennaio<br />

1929, n. 204 con il quale fu<br />

decretata, a partire dall'1 luglio<br />

1929, l'estensione alle province annesse<br />

al Regno d'Italia <strong>del</strong>la legge<br />

italiana sui manicomi <strong>del</strong> 14 febbraio<br />

1904, n. 36 e il rispettivo regolamento<br />

<strong>del</strong> 16 agosto 1909, n. 615.<br />

Ma un'altra importante novità va segnalata<br />

in questa fase di transizio­<br />

ne, che caratterizzerà fortemente<br />

tutta la successiva storia <strong>del</strong> manicomio<br />

perginese: a partire dagli<br />

anni <strong>del</strong> primo dopoguerra cominciarono<br />

ad affluire a Pergine anche<br />

malati altoatesini di lingua<br />

tedesca, alcuni dei quali trasferiti<br />

dal manicomio di Hall fra il 1923<br />

e il 1925.<br />

L'ampliamento <strong>del</strong> territorio di<br />

competenza e la conseguente crescita<br />

dei ricoveri concorsero peraltro a<br />

riacutizzare l'annoso problema degli<br />

spazi. Per porvi parziale rimedio fu<br />

deciso nel 1926 di elevare di un piano<br />

le propaggini estreme dei bracci<br />

<strong>del</strong>l'edificio principale. Fu inoltre<br />

stipulata una convenzione con la<br />

fondazione “Attilio Romani” di Nomi,<br />

per il ricovero di cento pazienti “innocui<br />

e tranquilli” (dicembre 1922),<br />

convenzione che scadrà il 28 febbraio<br />

1945.<br />

Nell'agosto <strong>del</strong> 1924 un'apposita<br />

commissione reale <strong>del</strong>ineò il progetto<br />

di massima per un ulteriore sviluppo<br />

<strong>del</strong>l'istituto, prevedendo fra le<br />

altre cose anche la costruzione di tre<br />

nuovi padiglioni. <strong>Il</strong> primo, denominato<br />

“Osservazione” e situato di<br />

fronte all'edificio centrale, fu inaugurato<br />

nel luglio 1927; la sua capienza<br />

era di circa centoventi posti<br />

letto ed era destinato ad ospitare<br />

anche il laboratorio scientifico di<br />

analisi. <strong>Il</strong> secondo padiglione, denominato<br />

“Valdagni”, fu aperto nel<br />

1934 ed era destinato ad accogliere<br />

le donne e i laboratori. <strong>Il</strong> terzo, che<br />

avrebbe dovuto ospitare gli uomini,<br />

non fu invece mai realizzato. Alla<br />

direzione <strong>del</strong>l'ospedale psichiatrico<br />

di Pergine fu, inoltre, affidata a partire<br />

dal 1936 la sorveglianza sulla<br />

85


Un manicomio, una storia, un progetto<br />

86<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

“Colonia agricola provinciale per<br />

infermi di mente tranquilli” (Landwirtschaftliche<br />

Siedlung für Geisteskranke)<br />

istituita con <strong>del</strong>iberazione<br />

<strong>del</strong> 30 settembre di quell'anno dalla<br />

Provincia di Bolzano a Stadio, nel<br />

comune di Varena. A conclusione di<br />

tutti questi interventi, la ricettività<br />

complessiva <strong>del</strong>l'istituto era salita a<br />

settecentocinquanta posti letto.<br />

Seguì, in corrispondenza degli<br />

anni <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale,<br />

un periodo di drammatiche difficoltà:<br />

all'incremento <strong>del</strong>la mortalità<br />

fra i ricoverati per le pessime<br />

condizioni di vita, si sommò il<br />

dramma di tutti quegli infermi di<br />

origine tedesca (299) che, in base<br />

all'accordo italo-tedesco sulle opzioni<br />

<strong>del</strong> 1939 (legge 21 agosto,<br />

n. 1241), furono trasferiti il 26<br />

maggio 1940 verso l'ospedale psichiatrico<br />

tedesco di Zwiefalten.<br />

Molti di questi furono soppressi


Bruno Caruso,<br />

Carnevale in<br />

manicomio,<br />

disegno<br />

acquarellato,<br />

1954.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

all'interno <strong>del</strong> programma di eliminazione<br />

sistematica degli individui<br />

fisicamente e psichicamente<br />

menomati voluto dal regime nazista.<br />

(“operazione T4”) 7 Negli anni<br />

e nei decenni <strong>del</strong> secondo dopoguerra<br />

il problema <strong>del</strong> sovraffollamento<br />

assunse dimensioni sempre<br />

più critiche. La media giornaliera<br />

dei degenti giunse anche ai<br />

1600/1700 individui negli anni<br />

sessanta. I lavori di riadattamento<br />

o ampliamento <strong>del</strong>le strutture<br />

esistenti furono pertanto continue:<br />

nel 1949 fu aperto un nuovo<br />

reparto per quaranta malate croniche<br />

tranquille al maso Martini; nel<br />

1959 si ricavò dal vecchio fienile un<br />

padiglione per lavoratori, denominato<br />

«Ferretti»; nel 1966, infine, fu inaugurato<br />

il nuovo padiglione “Benedetti”.<br />

Ma sono anche anni e decenni<br />

nei quali iniziarono a svilupparsi<br />

quelle istanze sociali che puntavano<br />

al rinnovamento <strong>del</strong>le istituzioni<br />

psichiatriche, attraverso l'apertura<br />

dei manicomi verso l'esterno<br />

e la fondazione dei centri di igiene<br />

mentale sul territorio. Istanze,<br />

in altri termini, che puntavano<br />

contemporaneamente sia a una<br />

complessiva ridefinizione e ridimensionamento<br />

<strong>del</strong>le funzioni<br />

manicomiali, sia a un potenziamento<br />

<strong>del</strong>le strutture di assistenza<br />

decentrate. Obiettivo finale era<br />

quello di realizzare un intervento<br />

più mirato ed efficace, capace di<br />

rispondere a una crescente e diffusa<br />

domanda di cure, al cronico<br />

problema di sovraffollamento degli<br />

istituti e soprattutto di accogliere<br />

anche i nuovi orientamenti<br />

medico-psichiatrici in tema di diagnosi<br />

e trattamento dei disturbi<br />

mentali.<br />

Un primo passo in questa direzione<br />

fu compiuto con la legge 18 marzo<br />

1968, n. 431, la cosiddetta legge<br />

Mariotti, che istituì i “centri o servizi<br />

di igiene mentale” (§ 3). L'art. 1<br />

stabiliva che l'ospedale psichiatrico<br />

doveva essere organizzato in divisioni<br />

(da due a cinque) con un massimo<br />

di 625 posti letto. Altre novità<br />

introdotte da questa legge erano<br />

l'ammissione volontaria su richiesta<br />

<strong>del</strong> malato per accertamento diagnostico<br />

e cura (§ 4) e l'abrogazione<br />

<strong>del</strong>l'art. 604, n. 2, <strong>del</strong> codice di procedura<br />

penale, che prescriveva l'obbligo<br />

di annotare nel casellario giudiziario<br />

i provvedimenti di ricovero<br />

e loro revoca dei malati mentali (§<br />

11). In provincia di Trento si diede<br />

esecuzione al dispositivo di legge<br />

nazionale istituendo, con D.P.G.P.<br />

<strong>del</strong> 2 ottobre 1968, n. 297/1560<br />

legisl., il Servizio d'igiene mentale.<br />

<strong>Il</strong> raccordo con l'esterno stava<br />

diventando così una realtà e fu<br />

senz'altro rafforzato da un altro<br />

importante cambiamento di poco<br />

successivo che interessò l'ospedale<br />

psichiatrico. Nei primi anni settanta<br />

fu introdotta, infatti, la “settorializzazione”,<br />

ossia una nuova<br />

suddivisione in reparti degli infermi<br />

basata non più sulla forma o<br />

intensità <strong>del</strong>la malattia, ma sull'area<br />

geografica di provenienza.<br />

In questo modo si dava priorità al<br />

principio <strong>del</strong>la continuità terapeutica<br />

fra il trattamento di cura garantito<br />

esternamente e quello dispensato<br />

internamente alle strut­<br />

87


Un manicomio, una storia, un progetto<br />

88<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ture di ricovero.<br />

<strong>Il</strong> passo successivo e più rilevante,<br />

anche se andrebbero ricordate<br />

tante altre tappe intermedie in questo<br />

complesso e difficile cammino<br />

verso il decentramento <strong>del</strong>l'assistenza<br />

psichiatrica, fu la legge 13 maggio<br />

1978, n. 180, nota come “Legge<br />

Basaglia”, che ha decretato la chiusura<br />

dei manicomi in Italia e nelle<br />

province autonome di Trento e di<br />

Bolzano (art. 7).<br />

<strong>Il</strong> 17 luglio 1978 furono così<br />

bloccate le ammissioni di coatti e<br />

volontari non recidivi all'ospedale<br />

psichiatrico di Pergine. I recidivi<br />

volontari furono ancora accettati,<br />

ma solo fino al dicembre 1980,<br />

termine poi prorogato fino all'aprile<br />

1981. Per i recidivi volontari<br />

altoatesini invece il termine ultimo<br />

di ammissione fu spostato al<br />

dicembre 1981. Dall'1 gennaio<br />

1982 la competenza sul servizio di<br />

salute mentale fu trasferito dalla<br />

Provincia all'Unità sanitaria locale.<br />

Presso l'ospedale psichiatrico<br />

rimasero quei malati ancora degenti<br />

al momento <strong>del</strong>l'entrata in vigore<br />

<strong>del</strong>la riforma.<br />

Perché si completasse la chiusura<br />

<strong>del</strong> manicomio di Pergine occorrerà,<br />

però, aspettare quasi un quarto di<br />

secolo, l'ottobre <strong>del</strong> 2002, quando<br />

una <strong>del</strong>ibera <strong>del</strong> Direttore generale<br />

<strong>del</strong>l'Azienda provinciale servizi sanitari,<br />

la n. 1314 <strong>del</strong> 29 ottobre 2002,<br />

sancirà il definitivo superamento<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico provinciale<br />

e la possibilità di parlare legittimamente<br />

da questo momento di ex<br />

Ospedale psichiatrico.<br />

Seguendo la traccia di questa<br />

sintetica storia <strong>del</strong> manicomio di<br />

Pergine Valsugana emergono alcuni<br />

degli snodi tematici che animano<br />

l’intero progetto “Alla ricerca<br />

<strong>del</strong>le menti perdute”: innanzitutto<br />

le motivazioni per le quali si giustifica<br />

nel tempo l’edificazione di<br />

istituti per il trattamento dei malati<br />

mentali, successivamente<br />

l'identità sociale dei ricoverati in<br />

grado di spiegare il problema <strong>del</strong><br />

sovraffollamento di cui soffrirono<br />

cronicamente queste strutture, ancora<br />

oltre l'immagine e l'interpretazione<br />

<strong>del</strong>la malattia mentale che<br />

suggerisce nelle diverse fasi storiche<br />

atteggiamenti culturali e trattamenti<br />

terapeutici diversi, infine,<br />

ma l'elenco potrebbe proseguire,<br />

la prospettiva di varcare il confine<br />

tracciato dall’esperienza manicomiale<br />

per sperimentare nuove forme<br />

di assistenza.<br />

A questi temi strettamente connessi<br />

alla funzione <strong>del</strong>l'istituzione<br />

manicomiale si sommano inoltre<br />

più ampi interrogativi dettati da<br />

singoli episodi: la questione <strong>del</strong><br />

rapporto fra psichiatria e nazismo 8<br />

nel caso dei malati trasferiti in Germania<br />

nel 1940 o il ruolo <strong>del</strong>la psichiatria<br />

transculturale nel trattamento<br />

di infermi di lingua e cultura<br />

diverse, ma internati nella<br />

medesima struttura, come a Pergine<br />

pazienti di cultura italiana e<br />

cultura tedesca. Per concludere<br />

infine con la questione non meno<br />

importante <strong>del</strong> riuso degli ex ospedali<br />

psichiatrici che sollecita nei<br />

confronti <strong>del</strong>la gestione di questi<br />

ampi spazi fisici e culturali una rinnovata<br />

scommessa.<br />

Dopo la riforma istitutiva all’inizio<br />

<strong>del</strong> secolo XX – come ricorda


Bruno Caruso,<br />

Scizofrenic Jazz<br />

Band, disegno<br />

acquarellato,<br />

1958.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Domenico Luciani nel suo saggio<br />

– “autentica utopia <strong>del</strong>la modernità”,<br />

e dopo la riforma decostruttiva<br />

degli anni settanta <strong>del</strong> Novecento,<br />

si tratta ora di affermare una<br />

terza utopia, che “si configura<br />

come una guida alla transizione/<br />

trasformazione <strong>del</strong> manicomio verso<br />

la commistione sociale, culturale,<br />

scientifica”. “Quello che è stato<br />

l’ospedale psichiatrico diventa<br />

così luogo <strong>del</strong>la città a pieno titolo,<br />

spazio <strong>del</strong>la comunità, sito civico<br />

bello e utile, nuova agorà,<br />

nuova piazza, nuovo crocicchio necessario<br />

<strong>del</strong>la tolleranza e <strong>del</strong>le relazioni,<br />

stazione di intermodalità<br />

culturale, artistica e spirituale”.<br />

Sono tutti temi che rapsodica-<br />

mente trovano spazio nello svolgimento<br />

<strong>del</strong> progetto “Alla ricerca<br />

<strong>del</strong>le menti perdute”, che si propone<br />

fra gli obiettivi più immediati<br />

non certo evidentemente quello di<br />

dare una risposta esaustiva a tutte<br />

le sollecitazioni qui solo brevemente<br />

formulate, ma di muovere<br />

curiosità e nuovi interessi intorno<br />

ad argomenti che spesso restano<br />

relegati in un'area etichettata<br />

come memoria “scomoda” e come<br />

tale da rimuovere o cancellare.<br />

Proprio la tragicità di alcuni degli<br />

eventi narrati, tuttavia, impone<br />

che questo percorso storico venga<br />

approfondito e riproposto affinché,<br />

secondo uno slogan forse assai<br />

logoro, ma sempre efficace,<br />

89


Un manicomio, una storia, un progetto<br />

90<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

quanto accaduto non debba più<br />

ripetersi.<br />

E non solo: in questo modo si ha<br />

anche l’ambizione di contribuire ad<br />

un filone di ricerca che ha conosciuto<br />

in questi ultimi due decenni<br />

crescenti attenzioni da parte di<br />

numerosi studiosi. Limitandosi al<br />

solo panorama italiano, si può<br />

senz'altro notare come l'applicazione<br />

<strong>del</strong>la legge 180 <strong>del</strong> 1978<br />

abbia in un certo senso stimolato<br />

la ricerca e lo studio sugli istituti<br />

manicomiali dei quali il provvedimento<br />

legislativo aveva decretato<br />

la chiusura e in molti casi, purtroppo,<br />

anche la dispersione e distruzione<br />

<strong>del</strong> ricco patrimonio documentario.<br />

La storia dei singoli istituti<br />

è diventata così una sorta di<br />

passaggio obbligato sia per ricostruire<br />

le vicende <strong>del</strong> passato, sia<br />

per intervenire a salvaguardia dei<br />

giacimenti documentari di rilevante<br />

interesse storico in essi depositati.<br />

9<br />

E si tratta di un movimento affatto<br />

nuovo. Se si guarda, infatti, alla<br />

storia <strong>del</strong>la psichiatria in Italia e<br />

<strong>del</strong>le sue pratiche si rimane per lo<br />

meno sconcertati dall'assenza fin<br />

quasi alla fine degli anni settanta di<br />

studi o attenzioni nei confronti di<br />

questo settore di ricerca. È una<br />

considerazione che svolge Patrizia<br />

Guarnieri nel suo saggio bibliografico,<br />

“La storia <strong>del</strong>la psichiatria: un<br />

secolo di studi in Italia <strong>del</strong> 1991” 10<br />

ed è un'analisi che si può tranquillamente<br />

collegare anche al più<br />

ampio disinteresse per la prospettiva<br />

storico-sociale che gran parte<br />

<strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la medicina ha sempre<br />

testimoniato ponendosi in re­<br />

lazione con il proprio passato.<br />

Storia a sé stante, interpretata<br />

e affrontata solo per gli aspetti più<br />

interni alla disciplina, all'evoluzione<br />

dei saperi, <strong>del</strong>le tecniche e <strong>del</strong>le<br />

scoperte, la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />

non ha certo conosciuto maggior<br />

fortuna di quella medica più generale.<br />

Solo con lo sviluppo di un specifico<br />

interesse nei confronti <strong>del</strong>la<br />

storia sociale <strong>del</strong>la medicina,<br />

che in Italia vive un momento importante<br />

alla fine degli anni settanta<br />

con il convegno <strong>del</strong> CISO<br />

dedicato a temi e metodologie<br />

<strong>del</strong>la ricerca in storia <strong>del</strong>la sanità<br />

11 , si attua una significativa svolta.<br />

Anzi proprio la storia <strong>del</strong>la psichiatria<br />

è quella che più di altre<br />

branche <strong>del</strong>l'area storico-medica<br />

sembra aver saputo cogliere l'importanza<br />

<strong>del</strong>l'apertura di orizzonti<br />

che certa prospettiva storiografica<br />

più generale sembrava offrire. Tant’è,<br />

ad esempio, che lo sguardo di<br />

studiosi quali Guglielmo Lützenkirchen,<br />

oltre a proporre percorsi critici<br />

attraverso la produzione di argomento<br />

storico-psichiatrico e storiconeurologico<br />

si amplia fino ad inglobare<br />

il problema <strong>del</strong>l'etnopsichiatria,<br />

contribuendo con altri autori e con<br />

una prefazione esemplare di Alfonso<br />

Maria Di Nola ad uno studio sull'epilessia,<br />

malattia considerata<br />

appannaggio <strong>del</strong>la scienza psichiatrica,<br />

ma ricca di valenze sociali<br />

e significati culturali tali da<br />

collocarla ben oltre il ristretto<br />

ambito medico-scientifico una diversa<br />

attenzione, dunque, favorita<br />

e sollecitata anche dal nuovo clima<br />

nato dalla riflessione che fin<br />

dall'inzio degli anni sessanta insi­


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

steva sulla necessità di ripensare i<br />

manicomi e che condurrà, attraverso<br />

il primo passaggio <strong>del</strong>la legge<br />

Mariotti <strong>del</strong> 1968, alla cosiddetta<br />

riforma Basaglia <strong>del</strong> 1978.<br />

Nel ventaglio di temi che si dischiudevano<br />

alla nuova storia <strong>del</strong>la<br />

sanità, la storia <strong>del</strong> sapere psichiatrico<br />

e <strong>del</strong>le sue istituzioni rispondeva<br />

così non solo alle esigenze conoscitive<br />

degli storici, ma anche,<br />

e soprattutto, di quegli psichiatri<br />

indotti dai profondi rivolgimenti<br />

che allora toccavano la loro professione<br />

a ricostruire i processi<br />

sociali, politici, scientifici che l'avevano<br />

storicamente definita.<br />

È in questo itinerario che si vuole<br />

collocare pertanto anche il progetto<br />

“Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute”<br />

offrendo il suo contributo particolare<br />

alla comprensione <strong>del</strong>la<br />

storia <strong>del</strong>la realtà manicomiale.<br />

<strong>Il</strong> programma di eventi che prevedono<br />

spettacoli di danza e teatro,<br />

rassegne cinematografiche, esposizioni,<br />

incontri pubblici e pubblicazioni<br />

vuole anche essere un tentativo<br />

di dare visibilità a un settore di<br />

ricerca, che proprio per i temi affrontati<br />

ha bisogno di confrontarsi<br />

con un più vasto pubblico - talvolta<br />

da sensibilizzare, talvolta da informare<br />

- e che non deve scontare quella<br />

stessa emarginazione di cui soffrirono<br />

i protagonisti <strong>del</strong>le vicende<br />

narrate.<br />

NOTE<br />

[1] Aderiscono attualmente al<br />

progetto: Assessorato alla cultura<br />

<strong>del</strong> Comune di Trento, As­<br />

sociazione Amici <strong>del</strong>la storia<br />

di Pergine Valsugana, Cassa<br />

rurale di Pergine Valsugana,<br />

Centro servizi culturali Santa<br />

Chiara, Comune di Pergine, Direzione<br />

U.O. 3 di Psichiatria<br />

<strong>del</strong>l’Azienda provinciale per i<br />

servizi sanitari di Trento, Galleria<br />

civica d’arte contemporanea<br />

di Trento, Gesellschaft für<br />

Psychische Gesundheit-<br />

Psychohygiene Tirol, Museo<br />

civico di Riva <strong>del</strong> Garda, quotidiano<br />

«l’Adige», Servizio<br />

beni librari e archivistici e Servizio<br />

Programmazione e Ricerca<br />

Sanitaria <strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />

di trento, Sezione<br />

<strong>Trentino</strong>-Alto Adige <strong>del</strong>l’Associazione<br />

nazionale archivistica<br />

italiana, Società di studi<br />

trentini di scienze storiche,<br />

Univ.-Klinik für Psychiatrie Innsbruck<br />

e Universitätsinsitut<br />

für Suchtforschung Frastanz/<br />

Vorarlberg<br />

[2] Su queste tematiche è attiva<br />

da alcuni anni la Fondazione<br />

Benetton studi e ricerche di<br />

Treviso che nel 1999 ha diffuso<br />

a stampa l'interessante<br />

pubblicazione a cura di FRIGO –<br />

PALESTINO – ROSSI 1998. Più di<br />

recente, su questo tema, sono<br />

comparsi gli atti di un seminario<br />

svoltosi a Trento il 30<br />

novembre 2001 riferito agli ex<br />

ospedali psichiatrici nei territori<br />

italiani appartenuti all'Impero<br />

asburgico (cfr. GRANDI –<br />

TAIANI 2002).<br />

[3] Per queste brevi note storiche<br />

91


Un manicomio, una storia, un progetto<br />

92<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mi sono avvalso <strong>del</strong>le informazioni<br />

esposte da Marina<br />

Pasini e Annalisa Pinamonti<br />

nell'inventario <strong>del</strong>l’archivio<br />

<strong>del</strong> Manicomio di Pergine, in<br />

corso di pubblicazione presso<br />

il Servizio Beni librari e archivistici<br />

<strong>del</strong>la Provincia autonoma<br />

di Trento.<br />

Dell'istituzione di Pergine parla<br />

diffusamente PANTOZZI 1989.<br />

[4] Biblioteca comunale di Trento,<br />

Archivio Consolare, Atti civici,<br />

ms. 3995.<br />

[5] Archivio di stato di Trento, Giudizio<br />

distrettuale di Civezzano,<br />

Sanità, 1835, cart. n.n.<br />

[6] PROCH 1850.<br />

[7] A questo episodio ha dedicato<br />

un suo studio HINTERHUBER<br />

1995 <strong>del</strong> quale è prevista per il<br />

2003 l'uscita in traduzione italiana<br />

presso le edizioni <strong>del</strong> Museo<br />

storico in Trento. Si segnalano<br />

inoltre l'articolo di PANTOZ­<br />

ZI 1996 e gli Atti <strong>del</strong> convegno<br />

Follia e pulizia etnica in Alto<br />

Adige: Bolzano 10 marzo 1995<br />

(cfr. PERWANGER – VALLAZZA<br />

1998).<br />

[8] Fra le pubblicazioni più recenti<br />

si segnalano gli Atti <strong>del</strong> convegno<br />

“Pischiatria e nazismo”:<br />

San Servolo, 9 ottobre 1998<br />

(cfr. FONTANARI – TORESINI 2002).<br />

[9] Sono numerosi gli studi che<br />

hanno proposto la ricostruzione<br />

<strong>del</strong>la storia di singole istituzioni<br />

manicomiali. Fra i più<br />

recenti e a solo titolo esemplificativo,<br />

si ricorda MORA­<br />

GLIO 2002.<br />

[10] Guarnieri 1991.<br />

[11] Centro italiano di storia ospitaliera<br />

1978.<br />

[12] Lützenkirchen 1975.<br />

[13] Mal 1981.<br />

Rodolfo Taiani è responsabile <strong>del</strong>la<br />

Biblioteca presso il Museo Storico in<br />

Trento.


<strong>Il</strong> manicomio provinciale<br />

tirolese di Pergine (1912)<br />

Pius Dejaco<br />

La traduzione di una relazione<br />

scritta nel 1912 dall’allora direttore<br />

<strong>del</strong> manicomio.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Prima fase <strong>del</strong>la costruzione<br />

La popolazione <strong>del</strong> Land Tirolese è<br />

bilingue; due terzi di essa (tedesca<br />

e ladina) abitano nella parte Nord<br />

<strong>del</strong> Tirolo, l’altra parte è italiana e<br />

abita nel Sud. <strong>Il</strong> confine linguistico<br />

è a Salorno, nella Val d’Adige. La parte<br />

<strong>del</strong> Land che sta a Sud di Salorno,<br />

con la sua popolazione italofona e<br />

prevalentemente contadina, costituisce<br />

il bacino di utenza <strong>del</strong> “Manicomio<br />

provinciale-Tirolese di Pergine”<br />

(così si denomina ufficialmente).<br />

I tedeschi e la gran parte dei ladini<br />

inviano i malati di mente nell’Ospedale<br />

psichiatrico di Hall.<br />

<strong>Il</strong> Land Tirol, dunque, possiede,<br />

per la sua popolazione aggirantesi<br />

su 1.000.000 di abitanti, due ospedali<br />

psichiatrici.<br />

Ma non fu sempre così. L’Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine esiste<br />

solo da tre decenni, perché, prima,<br />

tutti i malati di mente dovevano<br />

essere custoditi a Hall, provenendo<br />

dai più lontani e remoti<br />

paesi.<br />

La consapevolezza <strong>del</strong>le difficoltà<br />

quasi insormontabili che incon­<br />

trava il trasporto dei malati di mente<br />

da così rilevanti lontananze, nelle<br />

condizioni ancora manchevoli <strong>del</strong>le<br />

vie di comunicazione, non poteva<br />

sfuggire alle autorità competenti.<br />

A questi ostacoli di comunicazione<br />

si univano altri ostacoli, che avevano<br />

la loro origine nella grande varietà<br />

<strong>del</strong>le peculiarità nazionali e<br />

culturali <strong>del</strong>le due etnie <strong>del</strong> Land.<br />

Anche il cittadino ignaro di cose<br />

psichiatriche fu indotto a riflettere<br />

se non fosse un controsenso portare<br />

un malato di mente (per il trattamento<br />

specialistico) in un ambiente<br />

che era in aperto contrasto con quello<br />

in cui era nato e cresciuto.<br />

La grande diversità <strong>del</strong>la lingua,<br />

dei costumi e degli usi, <strong>del</strong>l’alimentazione<br />

e <strong>del</strong>le condizioni atmosferiche<br />

<strong>del</strong>l’ambiente, in cui il malato<br />

di mente veniva ex abrupto a trovarsi,<br />

poteva risolversi solo in un danno<br />

per la salute psichica e, quindi,<br />

ritardare la possibilità di guarigione.<br />

Nessuna meraviglia se la maggioranza<br />

dei malati di mente invece di<br />

poter fruire <strong>del</strong> beneficio di un trattamento<br />

specialistico in adatto istituto<br />

piombavano nella cronicità perenne<br />

in miseri ricoveri comunali o<br />

in ospizi o, addirittura, in una di<br />

quelle strutture private che si fanno<br />

beffe <strong>del</strong>le regole igieniche.<br />

Che ciò sia accaduto risulta in tutta<br />

evidenza dai dati che il “Consiglio<br />

provinciale di sanità” ha pubblicato<br />

nel 1873.<br />

In Tirolo vi erano, allora, 2.200<br />

malati di mente, dei quali solo 250<br />

potevano essere accolti nel Manicomio<br />

di Hall. 410 erano in custodia<br />

in ospizi e case di ricovero, dislo­<br />

93


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

94<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

cati in tutto il Land, mentre 1.540<br />

(dunque il 70% di tutti i malati di<br />

mente tirolesi di quel tempo) erano<br />

in custodia a casa, senza aiuto<br />

alcuno dall’esterno.<br />

La Giunta <strong>del</strong> Land e il «Comitato<br />

dietale per le costruzioni» avevano<br />

riconosciuto chiaramente fin<br />

dal 1874 quanto, nelle dette condizioni,<br />

l’erezione di un Manicomio,<br />

oppure un notevole ampliamento<br />

<strong>del</strong>l’istituto di Hall, fosse<br />

urgente e irrinunciabile; perciò i<br />

Comuni italiani (avvalendosi di<br />

maggiori entrate ricavate da imposte<br />

aggiuntive) dovettero accollarsi<br />

un contributo di misura pari alla<br />

differenza con quanto già versato<br />

dai Comuni tedeschi per la costruzione<br />

<strong>del</strong> Manicomio di Hall.<br />

Circa le domande se e dove erigere<br />

una costruzione nuova, oppure se<br />

solo ampliare l’istituto di Hall:<br />

l’orientamento generale <strong>del</strong>la Dieta<br />

era che (per motivi sanitari e umanitari<br />

e, per certi aspetti, anche finanziari)<br />

la costruzione di un secondo<br />

Manicomio per la cura e l’assistenza<br />

dei malati di mente nel Tirolo<br />

italiano fosse da preferire all’ampliamento<br />

<strong>del</strong>l’attuale istituto di<br />

Hall.<br />

La Dieta decise il 12 ottobre<br />

1874 di erigere il secondo manicomio<br />

per la cura e l’assistenza dei<br />

malati di mente nel Tirolo italiano.<br />

Gli alti costi, però, erano da<br />

sostenersi con mezzi provinciali; va<br />

ricordato che i Comuni italiani,<br />

quasi senza eccezioni, si erano dichiarati<br />

pronti a dare contributi<br />

volontari per la costruzione di un<br />

Manicomio nel loro territorio nella<br />

stessa misura in cui i Comuni tedeschi<br />

avevano contribuito per la<br />

costruzione di Hall e nei medesimi<br />

modi.<br />

Fu una significativa dimostrazione<br />

di interesse per un Manicomio<br />

proprio.<br />

Per la parziale copertura dei costi<br />

fu anche coinvolto l’allora esistente<br />

“Fondo per le costruzioni di (mera)<br />

assistenza sociale di malati di mente”,<br />

il che ebbe come conseguenza<br />

che l’istituto da costruire nella parte<br />

italiana <strong>del</strong> Land fu poi concepito<br />

non solo come istituto di terapia, ma<br />

anche di mera assistenza per incurabili.<br />

Ora, per poter eseguire la <strong>del</strong>iberazione<br />

<strong>del</strong>la Dieta dal 12 ottobre<br />

1874, si doveva, come prima cosa,<br />

trovare un luogo adatto, che corrispondesse,<br />

soprattutto sotto gli<br />

aspetti sanitari, economici e finanziari,<br />

agli interessi <strong>del</strong> Land.<br />

Le rilevazioni che la Giunta Pro­


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

vinciale fece fare in tale direzione<br />

(con l’aiuto di una commissione<br />

specialistica nominata dalla Giunta<br />

Provinciale e, su invito rivolto<br />

dalla Dieta il 14.5.1875, opportunamente<br />

integrata) erano di natura<br />

così circostanziata che la Giunta<br />

Provinciale il 17.4.1877 fu in<br />

grado di decidere definitivamente<br />

che (per la erezione di un Manicomio<br />

nel Tirolo italiano) si doveva<br />

comperare il maso San Pietro di<br />

Pergine. La Giunta Provincia-le ordinò<br />

tutte le negoziazioni, progettazioni,<br />

ecc.<br />

Alla fine la Giunta Provinciale, col<br />

contratto dal 18 settembre 1877,<br />

comprò il Maso San Pietro per fiorini<br />

26.278 (= 52.556 corone), <strong>del</strong>le<br />

quali il Land ebbe a pagare solo la<br />

metà, l’altra metà se l’accollò il Comune<br />

di Pergine, il quale, col contratto<br />

19 settembre 1877, si impegnò<br />

a:<br />

- assumere la metà <strong>del</strong>le spese di<br />

acquisto <strong>del</strong> terreno;<br />

- portare la necessaria quantità di<br />

acqua, a sue spese, fino al confine<br />

<strong>del</strong>l’istituto e a mantenere in<br />

efficienza il relativo acquedotto;<br />

- cedere gratis al Land un canale<br />

di acqua a scopo di lavaggi e irrigazioni;<br />

- porre a disposizione le cave di<br />

pietra comunali per lo sfruttamento<br />

gratuito.<br />

Dopo che furono elaborati piani (sulla<br />

base di indicazioni preliminari di<br />

una apposita commissione, che suggerivano<br />

una capienza di 200 malati<br />

di mente), la Giunta Provinciale <strong>del</strong>iberò<br />

il 18 ottobre 1878 di:<br />

- approvare i contratti col proprietario<br />

e col Comune di Pergine;<br />

- approvare la costruzione <strong>del</strong><br />

Manicomio di Pergine secondo<br />

i piani stabiliti, con un preventivo<br />

di fiorini 308.000 (=<br />

616.000 corone), più una spesa<br />

di fiorini 50.000 (= 100.000<br />

corone) per l’arredamento occorrente.<br />

<strong>Il</strong> primo colpo di piccone, per gli<br />

scavi, si ebbe il 30.3.1879.<br />

Sui lavori di costruzione non brillò<br />

una buona stella. Voci su una cattiva<br />

conduzione dei lavori (la cui<br />

direzione era nelle mani <strong>del</strong>l’Ufficio<br />

tecnico provinciale, mentre l’esecuzione<br />

era affidata a un impresario) e<br />

una cattiva qualità dei materiali impiegati,<br />

fornirono alla gente molti<br />

motivi per svariati e mordaci commenti.<br />

Le voci giunsero alla Giunta Provinciale,<br />

che si vide costretta ad andare<br />

a fondo <strong>del</strong>le cose e, a fine novembre<br />

1879, ordinò la sospensione<br />

dei lavori, già giunti al tetto.<br />

All’inizio parve che le perizie di<br />

due ingegneri ministeriali confermassero<br />

le voci, ma puntuali e accurati<br />

so-pral-luo-ghi e analisi riabilitarono<br />

pienamente sia l’impresario<br />

sia l’ufficio che aveva la direzione<br />

lavori.<br />

Conseguenza fu che:<br />

- la costruzione poté continuare<br />

dopo una sospensione di tre mesi<br />

(non contando i tempi in cui i lavori<br />

furono sospesi, come di consueto,<br />

per il freddo invernale);<br />

- i danni subiti a causa <strong>del</strong>la sospensione<br />

dovettero essere rimborsati<br />

all’impresario.<br />

L’edificio, in grezzo, fu terminato nel<br />

1881. Ora si dovevano realizzare i<br />

dettagli <strong>del</strong> progetto ed erigere qual­<br />

95


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

96<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

che edificio minore, la cui necessità<br />

si era avvertita durante la costruzione,<br />

come effetto di talune<br />

variazioni fatte al piano originale.<br />

Così in quell’anno (1881) si<br />

eresse una casa da servire come lavanderia<br />

e bagni (Badehaus). Verso<br />

la fine <strong>del</strong>la costruzione (<strong>del</strong><br />

monoblocco) una “commissione di<br />

revisione” aveva ritenuto necessario<br />

tale edificio: nel piano originale<br />

i due detti servizi erano stati<br />

infatti previsti inopportunamente<br />

vicini alla cucina.<br />

Per compiere studi su questo edificio<br />

minore furono inviati a Monaco<br />

due membri <strong>del</strong>la commissione:<br />

l’Ing. Lindner e l’economo designato<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico Sig.<br />

Delama che poterono visitare impianti<br />

di quel tipo.<br />

Contemporaneamente veniva preparato<br />

l’arredamento <strong>del</strong> nuovo istituto.<br />

I mobili furono tutti portati da<br />

Innsbruck e la fornitura di vesti,<br />

biancheria e lenzuola fu curata dalla<br />

Casa madre <strong>del</strong>le Suore di Innsbruck.<br />

Nell’estate 1882 l’intera costruzione<br />

era completata, secondo i piani e<br />

i programmi.<br />

<strong>Il</strong> 14 agosto di quel 1882 poterono<br />

trasferirsi dall’Ospedale psichiatrico<br />

di Hall 29 malati di mente tranquilli<br />

nella «loro» nuova istituzione.<br />

A questi arrivi seguirono (in più<br />

scaglioni) 62 malati cronici, italiani,<br />

che pure erano stati ospitati a<br />

Hall.<br />

Questo esodo degli italiani dall’Ospedale<br />

psichiatrico tedesco verso<br />

quello patrio di Pergine ebbe termine<br />

il 15 settembre 1882 e il numero<br />

totale dei malati di mente trasferiti<br />

da Hall fu di 91.<br />

<strong>Il</strong> trasferimento dei malati di<br />

mente da Hall a Pergine coincise<br />

col catastrofico nubifragio che<br />

nella tarda estate 1882 arrecò stra­


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ordinarie devastazioni, l’ostacolò,<br />

con l’interruzione <strong>del</strong>le vie di trasporto,<br />

l’arrivo dei malati di mente.<br />

A causa di quel disastro si dovette<br />

anche ritardare la festosa<br />

inaugurazione <strong>del</strong>l’istituto. I contributi<br />

offerti da numerosi invitati<br />

alla festa inaugurale furono convogliati<br />

su un fondo di beneficenza.<br />

Dopo la fine dei trasporti dei malati<br />

di mente italiani da Hall si iniziarono<br />

(il 19.9.1882) le ammissioni<br />

dirette, ma anche queste riguardavano,<br />

in gran parte, malati di mente<br />

inguaribili, lungodegenti, già nel<br />

reparto psichiatrico <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

generale di Trento che a causa <strong>del</strong>la<br />

pericolosità sociale furono avviati al<br />

nuovo Manicomio di cura.<br />

La mensa, la lavanderia e l’assistenza<br />

immediata <strong>del</strong>le malate di<br />

mente furono affidate alle suore <strong>del</strong>l’Ordine<br />

<strong>del</strong>la divina provvidenza, la<br />

cui casa madre è a Cormons; per gli<br />

uomini l’assistenza immediata fu affidata<br />

a uomini laici.<br />

La direzione aveva deciso le nuove<br />

costruzioni degli edifici minori<br />

con verbale dal 31.8.1882 n. 300.<br />

Ma i lavori non erano ancora finiti e<br />

il periodo costruttivo fu prolungato<br />

fino al 1884.<br />

La causa principale <strong>del</strong> ritardo fu<br />

senza dubbio questa: il primo direttore<br />

<strong>del</strong>l’istituto Dr. Sterz non era<br />

ancora stato nominato e, quindi, non<br />

era presente nella commissione <strong>del</strong>le<br />

costruzioni.<br />

Particolari difficoltà presentò la<br />

provvista di acqua per l’istituto.<br />

Come già detto, il Comune di Pergine<br />

(con contratto 19.9.1877) si<br />

era impegnato col Land:<br />

- a provvedere l’istituto sorto nel<br />

suo territorio di acqua potabile;<br />

- a portare l’acquedotto, a sue spese,<br />

fino ai confini <strong>del</strong>l’istituto e,<br />

poi, alla manutenzione.<br />

Senonché, quando si approssimò<br />

l’apertura <strong>del</strong>l’istituto, il Comune dichiarò<br />

di non poter mantenere la<br />

promessa di assicurare la detta quantità<br />

di acqua senza sacrificare sensibilmente<br />

i propri interessi.<br />

Di fronte all’inatteso voltafaccia,<br />

su un problema tanto vitale, si aprirono<br />

lunghe trattative, che si conclusero<br />

con la <strong>del</strong>ibera provinciale<br />

<strong>del</strong> 7.7.1883: era stanziata una certa<br />

somma da destinarsi alle spese per<br />

la ricerca di una buona fonte di acqua.<br />

I mezzi vennero tratti dal “Fondo<br />

per costruzioni per malati di mente”<br />

(<strong>del</strong>la Provincia).<br />

Di questa ricerca fu incaricato lo<br />

specialista Dr. Ing. Altmann. Le difficoltà<br />

che si frapposero alla soluzione<br />

<strong>del</strong> problema furono rilevanti.<br />

Presso Busneck (vicino a Canezza)<br />

si dovette scavare un profondo pozzo,<br />

per il cui lavoro fu necessaria<br />

una somma imprevista di fiorini<br />

40.000.<br />

Quando l’acqua fu trovata il Comune<br />

di Pergine fece un’altra proposta:<br />

avrebbe costruito a sue spese<br />

l’acquedotto e provveduto alla manutenzione<br />

se l’acqua trovata fosse<br />

stata messa a disposizione anche<br />

<strong>del</strong>la cittadinanza. In pari tempo il<br />

Comune si sarebbe impegnato a fornire<br />

l’istituto con due litri e mezzo<br />

di acqua al secondo.<br />

<strong>Il</strong> Land accettò. Nel 1884 i lavori<br />

inerenti al rifornimento di<br />

97


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

98<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

acqua si conclusero.<br />

La tabella seguente offre uno<br />

sguardo sulla durata e il costo <strong>del</strong>la<br />

costruzione <strong>del</strong>l’istituto, <strong>del</strong>l’acquedotto<br />

e <strong>del</strong>l’arredamento:<br />

(*) La somma esatta sarebbe di fiorini<br />

561.170 (c.d.r.)<br />

Dalla porta Est <strong>del</strong>la città di<br />

Trento (porta di Aquileia) la strada<br />

statale (levandosi gradualmente<br />

in larghe serpentine, sulla riva<br />

destra <strong>del</strong> Fersina, inoltrandosi<br />

nella profonda forra fra i monti di<br />

Civezzano e i monti di Roncogno)<br />

porta in Valsu-gana; questa prende<br />

inizio dal Rio Silla e si allarga,<br />

sempre più, in un rigoglioso, ampio<br />

fondo valle, al cui limite orientale<br />

si trova il paese mercantile di<br />

Pergine.<br />

Pergine è sovrastata dal suo<br />

monte fortificato, da un castello,<br />

che risale al tempo dei Longobardi,<br />

ed è circondata da una corona<br />

di bei monti.<br />

<strong>Il</strong> luogo sorge a 500 m sul l.d.m.<br />

e dista 11 km da Trento. Subito ai<br />

piedi <strong>del</strong> monte fortificato si trova<br />

il maso San Pietro, sul quale fu<br />

eretto l’istituto di cura e di assistenza.<br />

Prima, la strada statale proveniente<br />

da Trento era l’unica possibilità<br />

di comunicazione con la Val d’Adige,<br />

per cui i malati di mente dovevano<br />

essere condotti all’istituto con lunghi<br />

e faticosi viaggi, con carrozze.<br />

Dal 1896, però, una ferrovia unisce<br />

noi con il naturale centro <strong>del</strong>la<br />

parte italiana: la città di Trento.<br />

Ho detto prima che il Land, per la<br />

costruzione <strong>del</strong> Manicomio, scelse il<br />

maso San Pietro e lo comprò. <strong>Il</strong> termine<br />

“maso” non va inteso nel senso<br />

che ci fosse, oltre ad una certa<br />

area agricola, anche un cascinale, più<br />

o meno grande, che potesse essere<br />

conglobato nella grande costruzione.<br />

<strong>Il</strong> maso San Pietro consisteva solo<br />

in campi e prati, ai piedi <strong>del</strong> monte<br />

fortificato, (cioè a Nord <strong>del</strong> paese e<br />

a questo immediatamente adiacente)<br />

e, ancora, in un piccolo castagneto,<br />

in un piccolo vigneto, entrambi<br />

sulle basse pendici <strong>del</strong> monte. Nel<br />

punto più alto <strong>del</strong> terreno vi era una<br />

modesta casa rurale, poi gradualmente<br />

riassettata e, già dall’inizio <strong>del</strong>l’attività<br />

manicomiale utilizzate come<br />

alloggio <strong>del</strong> giardiniere.<br />

Così era il maso San Pietro, con<br />

un’area di mq 96.000.<br />

L’istituto di cura e di assistenza<br />

nella sua originaria forma<br />

L’istituto fu eretto come monoblocco<br />

sui campi e prati agricoli, con<br />

l’imponente facciata rivolta a


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Nord-Ovest, cosicché le corsie poste<br />

lungo la facciata e, con esse, la<br />

direzione sanitaria e amministrativa,<br />

solo in estate erano illuminate<br />

dai raggi <strong>del</strong> sole, mentre<br />

nella maggior parte <strong>del</strong>l’anno si<br />

doveva rinunciare ad essi.<br />

Dal tratto centrale <strong>del</strong> palazzo, nel<br />

quale sono ospitate le direzioni sanitaria<br />

e amministrativa, con la annessa<br />

sala <strong>del</strong>le feste e, sopra, la cappella<br />

e l’ufficio economale, si dipartivano<br />

due bracci, a sinistra e a destra,<br />

che, poi, piegavano ad angolo<br />

retto, e formavano due ali, che correvano<br />

verso i terreni retrostanti,<br />

verso il monte.<br />

Queste due ali contenevano, subito<br />

oltre il tratto centrale:<br />

- l’ala sinistra: gli uomini malati di<br />

mente;<br />

- l’ala destra: le donne.<br />

<strong>Il</strong> tratto centrale e le ali formano<br />

una E coricata e abbracciano gli edifici<br />

minori manicomiali, cosicché in<br />

quell’area, limitata e ben proporzionata,<br />

c’è tutto l’istituto, con tutto<br />

il necessario.<br />

La costruzione ha un pianoterra<br />

e due piani superiori, con ecce­<br />

zione <strong>del</strong>le due case (solo in un<br />

secondo tempo unite alle ali estreme)<br />

che erano vicine e collegate,<br />

ma ancora non unite, e servivano<br />

da “reparti per agitati”.<br />

Questi reparti per agitati avevano<br />

solo piano terra e primo piano.<br />

Nel Tratto Centrale (TC):<br />

- Al piano terra, subito a sinistra<br />

<strong>del</strong>l’entrata, c’era l’alloggio <strong>del</strong><br />

portiere, a destra, i magazzini<br />

(più tardi l’alloggio <strong>del</strong> capo-infermiere).<br />

Più verso l’interno c’erano<br />

una stanza per i visitatori e,<br />

nella parte opposta, una sala per<br />

biliardi, ancor oggi adibita a tale<br />

scopo. Nel mezzo, la bella sala<br />

<strong>del</strong>le feste, che, però, oggi, dopo<br />

il considerevole sviluppo <strong>del</strong>l’Istituto<br />

e dopo l’aumento <strong>del</strong>le presenze<br />

di malati di mente, si palesa<br />

troppo piccola;<br />

- Al primo piano, a sinistra si trovano<br />

i locali direzionali amministrativi,<br />

a destra, lo studio <strong>del</strong> direttore<br />

sanitario e quello dei<br />

medici e, proprio sopra la sala<br />

<strong>del</strong>le feste, la cappella, costruita<br />

in stile «basilica». Eguali a<br />

99


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

100<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

quelle che conducono al primo<br />

piano, altre scale doppie e molto<br />

larghe, portano;<br />

- Al secondo piano, dove, a sinistra<br />

c’è l’alloggio <strong>del</strong> medico assistente<br />

e <strong>del</strong> cappellano, a destra<br />

l’alloggio <strong>del</strong>le suore.<br />

[Omissis]<br />

Si pensava di facilitare alle suore<br />

infermiere un agevole diretto accesso<br />

dal loro alloggio alla cappella.<br />

Però questo programma presto cadde,<br />

perché i locali destinati ad alloggio<br />

<strong>del</strong>le suore furono tramutati<br />

in alloggio <strong>del</strong> direttore; originariamente,<br />

secondo il programma fissato<br />

dalla commissione, il direttore<br />

avrebbe dovuto abitare a Pergine,<br />

fuori <strong>del</strong>l’istituto. Si era provveduto<br />

per l’alloggio <strong>del</strong> medico assistente,<br />

all’interno. Solo più tardi si è aggiunto<br />

quello <strong>del</strong> direttore, mentre il secondo<br />

assistente dovette abitare<br />

sempre fuori.<br />

Attualmente solo il direttore abita<br />

in istituto.<br />

Dal tratto centrale, ora descritto,<br />

si dipartivano, verso sinistra e verso<br />

destra, le ali orizzontali destinate ai<br />

malati di mente.<br />

Al piano terra vi era il primo Reparto,<br />

che serviva come reparto accettazione<br />

(proposi io questa destinazione,<br />

quando presi servizio come<br />

giovane assistente).<br />

Sopra, al primo piano, c’era il ter­<br />

zo Reparto, riservato ai malati lavoranti.<br />

Al secondo piano c’era il<br />

quinto Reparto, un reparto, allora,<br />

modesto, quanto alle presenze.<br />

Questi (tre) reparti consistevano<br />

ognuno in due vaste sale-dormitorio,<br />

nelle quali c’erano, per<br />

lavarsi, attrezzature lignee, munite<br />

di bacili di porcellana ribaltabili.<br />

In mezzo alle due sale-dormitorio<br />

stava la stanza <strong>del</strong>l’infermiere.<br />

Inoltre, il reparto-tipo (modulo)<br />

aveva anche una stanza per malati<br />

fisici con due letti e una stanza di<br />

isolamento con persiane di legno,<br />

chiudibili dall’interno.<br />

All’angolo (punto di incontro fra<br />

l’ala orizzontale e l’ala verticale)<br />

c’era la sala soggiorno. Tutti questi<br />

locali guardano verso l’esterno <strong>del</strong>l’edificio;<br />

verso l’interno corre, lungo<br />

tutto il reparto, un corridoio,<br />

munito di numerose finestre (corridoio<br />

che, nei pressi <strong>del</strong>la sala di soggiorno<br />

funge anche da soggiorno dei<br />

malati di mente).<br />

Nei tre piani <strong>del</strong>le ali verticali vi erano<br />

i Reparti secondo, quarto, sesto.<br />

<strong>Il</strong> secondo era, allora, per i “sudici”;<br />

il sesto per i cronici.<br />

Questi reparti erano strutturati in<br />

modo diverso dagli altri.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Avevano due dormitori, con la<br />

stanza <strong>del</strong>l’infermiere frapposta,<br />

più avanti il soggiorno e due stanze<br />

di isolamento, ma, anche un cucinino<br />

e un’area per l’ascensore (un<br />

ascensore a mano, usato per le vivande).<br />

Ma questo modo di trasferire<br />

le vivande si dimostrò complicato,<br />

non pratico e anche pericoloso;<br />

non fu più usato, smontato<br />

e ceduto ai “magazzini agricoli” di<br />

Innsbruck.<br />

L’area lasciata libera e il cucinino<br />

furono trasformati in camere per infermieri.<br />

Dal secondo Reparto (piano terra)<br />

una passerella in legno, coperta,<br />

conduceva alle case vicine, in<br />

cui erano i reparti per agitati.<br />

Reparti per agitati: i due fabbricati<br />

avevano un solo piano superiore<br />

e ospitavano due reparti: settimo<br />

Reparto e ottavo Reparto.<br />

Essi contenevano una stanza per<br />

infermieri, un piccolo locale con fontanelle<br />

che serviva per lavarsi, e sette<br />

locali di isolamento in fila, che davano<br />

al reparto un aspetto tipicamente<br />

carcerario.<br />

Le sette celle <strong>del</strong> piano terra avevano<br />

finestre chiudibili, con persiane<br />

in legno, piccole, poste in<br />

alto.<br />

Le celle <strong>del</strong> primo piano, inve­<br />

ce, erano munite di finestre di<br />

grandezza normale.<br />

Le finestre di tutti i reparti per<br />

malati di mente erano assicurate<br />

con inferriate, i pavimenti dei corridoi<br />

erano in lastre di cemento.<br />

Nei dormitori vi erano pavimenti<br />

in legno dolce, solo i pavimenti <strong>del</strong>le<br />

stanze di isolamento erano in larice.<br />

In tutti i piani l’acquedotto arrivava,<br />

ma non agli inizi, perché<br />

l’istituto dovette affrontare grossi<br />

problemi a proposito di approvvigionamento<br />

di acqua.<br />

Straordinariamente primitivo era<br />

il modo di costruire le toilette e i<br />

pozzi neri, ecc..<br />

Le toilette in legno, in legno i<br />

sedili e anche le condutture.<br />

[Omissis]<br />

Le finestre, opportunamente<br />

numerose, nei lunghi corridoi e<br />

nelle corsie, che, data la presenza<br />

di inferriate, potevano rimanere<br />

spesso aperte, assicuravano (insieme<br />

con un sistema di condutture<br />

di areazione incorporate nei muri)<br />

la ventilazione di tutti i locali.<br />

La Ditta di Monaco Sugg & Kai­<br />

101


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

102<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ser aveva istallato nei reparti un<br />

impianto di riscaldamento, che,<br />

però, si limitava alle corsie e ai<br />

soggiorni, mentre i corridoi di tutti<br />

i reparti erano esclusi da tali impianti.<br />

<strong>Il</strong> motivo di ciò: la commissione<br />

di costruzione aveva l’idea che Pergine<br />

fosse favorita da un caldo clima<br />

meridionale e, per ciò, i corridoi<br />

che (ad eccezione dei reparti donne,<br />

più o meno esposti al sole) non abbisognavano<br />

di un riscaldamento.<br />

Sulle conseguenze di tale errata<br />

idea dirò più avanti.<br />

I focolari (in cui si accendeva il<br />

fuoco, n.d.tr.), con sedici corpi riscaldanti,<br />

erano posti nel sotterraneo,<br />

ma non (non erano in un posto<br />

unico): erano separati in tre parti,<br />

le quali erano accessibili dai reparti<br />

dei malati di mente (primo, terzo),<br />

eccetto per quella che stava sotto<br />

l’amministrazione.<br />

<strong>Il</strong> tratto centrale, invece, era riscaldato<br />

con stufe in ferro Sugg &<br />

Kaiser, più tardi sostituite con stufe<br />

Küstermann.<br />

L’illuminazione era in tutti i reparti<br />

esclusivamente alimentata a<br />

petrolio.<br />

L’ala di mezzo<br />

Dal tratto centrale (primo piano)<br />

si dipartivano due passaggi coperti<br />

che conducevano all’ala di mezzo<br />

(ospitante la cucina, l’alloggio<br />

<strong>del</strong>le suore, l’ufficio <strong>del</strong>la superiora,<br />

ecc.):<br />

1) dal lato che guarda i reparti maschili<br />

il passaggio porta al posto<br />

in cui vengono consegnati i pasti<br />

per gli uomini;<br />

2) dal lato che guarda i reparti fem­<br />

minili il passaggio porta al posto<br />

di consegna dei pasti per le<br />

donne, nonché verso la cucina<br />

e le annesse dispense e, ancora,<br />

verso il refettorio <strong>del</strong>le suore.<br />

Nella cucina c’era, nel mezzo, un vasto<br />

focolare; a destra un grosso pentolone<br />

per le zuppe, incorporato in<br />

una stufa e, vicino, un grosso paiolo<br />

per la polenta.<br />

Sempre al primo piano <strong>del</strong>l’ala di<br />

mezzo, vicino alla cucina, si trovava<br />

una mensa per inservienti e un ufficio<br />

per la superiora; inoltre una lavanderia,<br />

un ambiente refrigerato<br />

per il latte, un laboratorio per la pasta,<br />

con relativa macchina a mano,<br />

e sale per il pranzo.<br />

Dall’atrio <strong>del</strong>la cucina un collegamento<br />

conduceva al palcoscenico<br />

<strong>del</strong>la sala <strong>del</strong>le feste (al piano terra)<br />

e una scala al piano superiore,<br />

che serviva da alloggio <strong>del</strong>le suore.<br />

In questo piano una grossa sala, nel<br />

mezzo, era trasformata in cappella<br />

privata <strong>del</strong>le suore. Al piano terra<br />

<strong>del</strong>l’ala di mezzo dal vano scale si<br />

arrivava a una cantinetta sotterranea<br />

e a un magazzino di frutta e verdura.<br />

Una vera cantina non esisteva.<br />

Lo spazio circondato dal palazzo<br />

(una E rovesciata) è rettangolare e<br />

costituisce un cortile interno; c’erano<br />

(e ci sono) quelle costruzioni che<br />

erano necessarie all’esercizio <strong>del</strong>le


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

attività ospedaliere.<br />

<strong>Il</strong> lungo e rettangolare edificio<br />

serviva bene a ospitare i bagni. Nel<br />

primo progetto i bagni erano previsti<br />

in locali vicini alla cucina.<br />

Ma, ancor prima <strong>del</strong>la fine dei lavori,<br />

si pensò di non collocarli là; la<br />

commissione di revisione, nel 1881,<br />

stabilì l’incompatibilità di vicinanza<br />

fra cucina e bagni, per motivi igienici;<br />

per cui fu deciso di erigere (in<br />

separata sede) un edificio per la<br />

lavanderia e per i bagni (il “Badehaus”),<br />

per il costo di fiorini<br />

23.024.<br />

- Lavanderia. A piano terra si trovava<br />

la grande lavanderia per i<br />

vestiari, ecc., col solito sistema<br />

a mano, con diverse vasche in cemento.<br />

L’acqua calda era portata<br />

da una caldaia sita in un piccolo<br />

locale annesso.<br />

- Bagni. In quest’ultimo locale una<br />

seconda caldaia per acqua calda<br />

riforniva i bagni per i malati di<br />

mente a mezzo di un semplice<br />

tubo che giungeva fino alle vasche<br />

da bagno.<br />

<strong>Il</strong> cosiddetto “reparto bagni” consisteva<br />

in più cabine con vasche in lamiera.<br />

L’afflusso di acqua fredda si aveva<br />

a mezzo di condutture che correvano<br />

sotto il pavimento, dove c’era<br />

un pozzetto che era collegato con<br />

l’acquedotto.<br />

L’apertura e chiusura <strong>del</strong>l’acqua<br />

fredda si effettuava tramite una chiave<br />

che azionava (bloccava o sbloccava)<br />

il pozzetto sotterraneo.<br />

I bagni servivano solo alla pulizia<br />

personale dei malati di mente. Con<br />

quali scomodità avveniva il trasferimento<br />

dei malati di mente dai re­<br />

parti, attraverso il cortile fino al<br />

“Badehaus”, specie in pieno inverno,<br />

lo lascio immaginare.<br />

Al piano terra (insieme alla lavanderia<br />

e ai bagni n.d.tr.) si trovano<br />

anche un apparecchio di disinfezione<br />

tipo Thursfield e un’officina per<br />

falegname. Al piano superiore c’era<br />

la stireria, l’essiccatoio (alimentato<br />

con aria calda da una stufa Sugg &<br />

Kaiser); più oltre un magazzino e le<br />

camere da letto <strong>del</strong> giardiniere e <strong>del</strong>le<br />

lavandaie.<br />

Dietro al “Badehaus” un piccolo<br />

edificetto rettangolare aveva, nel<br />

mezzo, il locale obitorio e la sala<br />

necroscopica.<br />

A sinistra e a destra <strong>del</strong>l’obitorio:<br />

due fienili.<br />

Alte mura, con un solo grande<br />

portone, cingevano il grande comprensorio<br />

rettangolare, entro il quale<br />

si svolgeva tutta la vita ospedaliera.<br />

Avanti, a sinistra e a destra l’istituto<br />

era circondato (per solo tre lati)<br />

da giardini per i malati di mente o<br />

da cortili.<br />

In fondo, presso il monte, i disadorni<br />

giardini degli agitati, dotati di<br />

porticati; più in avanti (adornati da<br />

aiuole e cespugli) i giardini dei semiagitati<br />

e dei tranquilli, non collegati<br />

fra loro, solo aventi in comune<br />

l’uscita dei reparti. Fra il giardino<br />

<strong>del</strong>le donne e l’abitato di Pergine,<br />

intercalato un orto.<br />

Tutti i giardini erano circondati<br />

da muri alti tre metri.<br />

Così appariva l’istituto di Pergine,<br />

quando fu aperto nel 1882.<br />

Ebbene, <strong>del</strong> suo primitivo aspetto<br />

(che corrispondeva allo sfarzo dei<br />

gusti dominanti in psichiatria tren­<br />

103


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

104<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ta anni fa, ai modi e alle maniere<br />

<strong>del</strong> trattamento dei malati di mente)<br />

non è rimasta che la forma esterna,<br />

mentre l’interno, col passare degli<br />

anni, è <strong>del</strong> tutto mutato.<br />

Uomini nuovi vennero e andarono,<br />

ma, a tutti un pensiero fu<br />

comune: adeguare l’istituto allo<br />

stato <strong>del</strong>la scienza in genere, ai<br />

progressi <strong>del</strong>la psichiatria in particolare.<br />

Questo processo di adeguamento<br />

muove i primi passi subito dopo l’inizio<br />

<strong>del</strong>l’attività, e non ha mai avuto<br />

fine.<br />

Modifiche<br />

Ho già accennato alla storia <strong>del</strong>l’acquedotto.<br />

È memorabile che, nel “periodo<br />

senza acqua”, il Land costruì un acquedotto<br />

provvisorio dalla località<br />

Ciomba, ai piedi <strong>del</strong> Monte Orno; senonché<br />

all’acqua mancò la sufficiente<br />

pressione: i piani superiori rimasero<br />

senza, non si poté rifornirli.<br />

Molto forte si fece sentire la mancanza<br />

di cantine.<br />

<strong>Il</strong> Land decise di ricavare una<br />

cantina (almeno) sotto il TC, mediante<br />

scavi condotti in economia.<br />

Ma non furono poche le difficoltà<br />

incontrate anche in questo<br />

lavoro: c’era da lottare col fatto che<br />

i muri maestri <strong>del</strong> palazzo erano<br />

troppo poco profondi, si dovette<br />

rinforzarli con cemento e poi iniziare<br />

lo scavo per la cantina<br />

Disagi e disturbi venivano dal fatto<br />

che i focolari <strong>del</strong> riscaldamento erano<br />

situati in tre parti diverse dei locali<br />

sotterranei, accessibili solo dai<br />

reparti primo e secondo, oltre che<br />

dal TC.<br />

Per evitare che il personale addetto<br />

al riscaldamento e i malati di mente<br />

che aiutavano dovessero attraversare<br />

spesso altri reparti, i passaggi<br />

verso i sotterranei furono unificati.<br />

La più grossa <strong>del</strong>le modificazioni<br />

riguardò il riscaldamento (1890).<br />

Fino ad allora i lunghi e spaziosi corridoi,<br />

sui quali davano tutte le stanze,<br />

non erano riscaldati.<br />

Era inevitabile che a ognuna <strong>del</strong>le<br />

innumerevoli aperture di porta


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

(in un manicomio sono inevitabili)<br />

i locali riscaldati non mantenessero<br />

un sufficiente calore; oltretutto,<br />

i caloriferi, all’interno <strong>del</strong>le<br />

corsie, si dimostravano insoddisfacenti;<br />

venivano surriscaldati oltre<br />

misura per cercare di mantenere la<br />

temperatura necessaria e, questi,<br />

andavano spesso in tilt.<br />

Allora tutti i caloriferi (sistema<br />

Sugg & Kaiser) furono tolti e adottato<br />

un sistema di riscaldamento<br />

nuovo, che coinvolgeva anche i corridoi.<br />

Al posto dei vecchi sedici furono<br />

istallati dieci nuovi corpi radianti<br />

<strong>del</strong>la Ditta Porta di Torino e<br />

furono anche istallate nuove condotte<br />

d’aria.<br />

<strong>Il</strong> precedente era un sistema a circolazione<br />

(cioè veniva riscaldata<br />

l’aria già usata e viziata): il nuovo<br />

riscaldamento era ad aria presa fuori,<br />

sempre nuova e pura, e scaldata.<br />

L’anno 1893 portò una grande novità<br />

in tema di illuminazione e, insieme,<br />

un significativo miglioramento<br />

<strong>del</strong>la sicurezza anti-incendio: fu<br />

istallata in quell’anno a cura <strong>del</strong> Comune<br />

l’illuminazione elettrica. <strong>Il</strong><br />

Comune di Pergine fu uno dei primi<br />

a costruire una centrale elettrica. Da<br />

tale centrale, in Serso, l’istituto ricevette<br />

la forza per la luce e, più<br />

tardi, per un motore collegato all’essiccatoio<br />

nella lavanderia.<br />

Non si può tacere che, nel corso<br />

degli anni, col valido aiuto dei malati<br />

di mente lavoranti, i fondi agrari<br />

<strong>del</strong>l’istituto furono mutati taluni,<br />

e molto migliorati altri.<br />

Così, il vigneto che è sotto il maso<br />

San Pietro fu riassettato e reso fruttifero;<br />

nel prato fu allestito un om­<br />

broso <strong>parco</strong> e i campi grandi furono<br />

migliorati e resi produttivi.<br />

<strong>Il</strong> nuovo tratto di congiunzione.<br />

Nell’anno 1894 fu fatta una costruzione<br />

che va ricordata, non per<br />

la sua dimensione, ma per altri<br />

motivi: modificò non poco il quadro<br />

<strong>del</strong>l’istituto.<br />

<strong>Il</strong> vuoto fra il reparto semi-agitati<br />

e quello degli agitati fu riempito<br />

con una costruzione alta tre piani,<br />

che aumentò di tredici stanze l’istituto,<br />

già alle prese con la mancanza<br />

di spazio. Dapprima furono pensate<br />

come stanze di isolamento e, a tal<br />

fine, arredate; più tardi, sotto la<br />

spinta <strong>del</strong> sovraffollamento sempre<br />

più forte, furono arredate con due e<br />

anche tre letti. In questi locali furono<br />

posti i primi pavimenti in legno<br />

di faggio <strong>del</strong>l’istituto.<br />

Le finestre, inferriate come ovunque,<br />

le persiane chiudibili dall’interno<br />

e le finestrelle sopra le porte, in<br />

alto, per le lampade elettriche: davano<br />

al complesso l’impronta di un<br />

padiglione di isolamento.<br />

Le spese per questi lavori ammontarono<br />

a fiorini 70.000 (= 140.000<br />

corone).<br />

Le celle di isolamento, in fila, dei<br />

reparti per agitati (settimo) e (ottavo)<br />

furono aumentate con due nuove<br />

celle, sicché si ebbe una lunga<br />

fila di nove celle.<br />

Con ciò il primo periodo costruttivo<br />

ebbe definitivamente fine: ad<br />

eccezione di modifiche minime non<br />

venne più costruito nulla. <strong>Il</strong> tempo<br />

di totale assenza di ulteriori lavori<br />

durò dieci anni.<br />

L’inerzia fece sentire ben presto<br />

le conseguenze negative. Anche se,<br />

come dimostrano le statistiche, il<br />

105


<strong>Il</strong> manicomio provinciale tirolese di Pergine<br />

106<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

numero dei malati di mente non<br />

crebbe in assoluto, la mancanza di<br />

spazio si fece tuttavia sentire, per<br />

cui la direzione fu costretta a respingere<br />

molte domande di ammissione.<br />

<strong>Il</strong> sovraffollamento si ebbe soprattutto<br />

a causa <strong>del</strong> folto gruppo di incurabili<br />

che (nonostante l’art. 23 <strong>del</strong>lo<br />

statuto <strong>del</strong>l’istituto) non potevano<br />

essere dimessi dall’istituto, perché<br />

i Comuni (con tutti i mezzi legali<br />

loro offerti) resistevano alla dimissione<br />

dei loro malati di mente,<br />

anche se non pericolosi per la cittadinanza.<br />

In realtà la non-pericolosità di un<br />

malato di mente è concetto molto<br />

relativo, perché un malato di men­<br />

te comunemente non pericoloso,<br />

in un altro ambiente (e sotto l’influsso<br />

di circostanze spesso anche<br />

futili) può diventare pericoloso.<br />

Perciò varie voci si levarono di<br />

autorità sanitarie (sia dal punto di<br />

vista igienico che psichiatrico) contro<br />

l’eccessivo affollamento.<br />

In base ai primitivi calcoli <strong>del</strong><br />

1877 la capacità <strong>del</strong>l’istituto fu ritenuta<br />

sufficiente in 200 malati di<br />

mente; erano calcoli fatti in base al<br />

dato statistico seguente:<br />

579 malati di mente su 352.000<br />

abitanti.<br />

Senonché: già nel primo anno<br />

quel numero fu superato; e tuttavia<br />

le condizioni di spazio consentirono<br />

un aumento nella capienza, in via di<br />

fatto, che fu sfruttato a seconda <strong>del</strong><br />

bisogno; nel novembre 1884 si ebbe<br />

la punta massima di presenze: 250.<br />

Tenendo conto di queste richieste<br />

di ammissione, la capacità ufficiale,<br />

attraverso piccole modificazioni in<br />

terne, fu portata a 240.<br />

La i. r. Luogotenenza (d’intesa col<br />

Consiglio provinciale di sanità) il<br />

24.5.1886 comunicò alla Giunta Provinciale<br />

che l’aumento a 240 era ratificato,<br />

ma ulteriori esuberi non sarebbero<br />

stati ammessi.<br />

Con ordinanza 10.6.1892 la Giunta<br />

Provinciale ribadì l’esplicito divieto<br />

di superare il limite di 240.<br />

È bene che, nonostante inizialmente<br />

fissata a 200, la normale capienza<br />

sia stata aumentata a 240 (130<br />

uomini) (110 donne).<br />

È evidente che sarebbe stato impossibile<br />

mantenere rigorosamente<br />

il limite prestabilito.


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

NOTA BIOGRAFICA<br />

Pius Dejaco (consigliere aulico)<br />

nacque a Cognola di Trento il 25<br />

gennaio 1859 da una famiglia di<br />

lingua tedesca. Si distinse molto<br />

come studente all’Università di<br />

Vienna, per cui ottenne la laurea<br />

“sub auspiciis imperatoris”, riservata<br />

ai giovani di eccezionale preparazione.<br />

Nel luglio 1893, in qualità<br />

di assistente volontario, entrò<br />

a far parte <strong>del</strong>l’équipe <strong>del</strong> dott.<br />

Aurel Zlatarovich, direttore <strong>del</strong> Manicomio<br />

provinciale tirolese di Pergine,<br />

divenendo assistente effettivo<br />

<strong>del</strong> primario in data 20 ottobre<br />

<strong>del</strong> 1893. Tra il 1912 ed il 1919<br />

ricoprì la carica di direttore <strong>del</strong><br />

Manicomio perginese.<br />

Lasciata la direzione al trentino<br />

dott. Guido Garbini (1873-1923),<br />

dopo la fine <strong>del</strong>la prima guerra<br />

mondiale, si ritirò a Bressanone<br />

con la moglie Elvira Fontanari e i<br />

cinque figli, e là aprì una clinica<br />

privata nella Villa Sabiona, alla<br />

confluenza <strong>del</strong>la Rienza nell’Isarco.<br />

Uno dei figli, Valerius, sarà sindaco<br />

di Bressanone dal 1952 al<br />

1968.<br />

Pius Dejaco morì a Bressanone il<br />

29 aprile 1925.<br />

NOTE<br />

[1] <strong>Il</strong> numero <strong>del</strong>le stanze indicato<br />

nel testo è errato, il numero<br />

esatto deve intendersi 12 e<br />

non 13.<br />

Libera traduzione dal tedesco a cura di Giuseppe Pantozzi (DEJACO 1912). Le parole<br />

in corsivo rendono le parti di testo sottolineate nell’originale. I disegni che corredano<br />

il testo sono stati elaborati da Gian Piero Sciocchetti.<br />

107


<strong>Il</strong> Manicomio di Pergine,<br />

istituto interprovinciale<br />

Giuseppe Pantozzi<br />

Cultura e collaborazione interetnica<br />

nella storia <strong>del</strong>l’ospedale perginese<br />

108<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

La riflessione che è stata fatta sull’ospedale<br />

di Pergine dal gruppo di<br />

studio coordinato da Casimira Grandi<br />

e Rodolfo Taiani. Quella istituzione<br />

è stata analizzata da tutti i punti<br />

di vista (medico, sociale, economico,<br />

architettonico).<br />

<strong>Il</strong> presente scritto intende considerare<br />

le cose da punti di vista che<br />

sono accessori, in relazione a un<br />

ospedale, ma non privi di interesse:<br />

si tratta in particolare le norme legislative<br />

e <strong>del</strong>le norme contrattuali,<br />

relative alla presenza di bolzanini nei<br />

reparti ospedalieri.<br />

Ebbene, da questi angoli visuali,<br />

l’ospedale appare come una istituzione<br />

strumentale <strong>del</strong>le due province<br />

di Trento e Bolzano. Un regio decreto<br />

<strong>del</strong> 15 marzo 1928 dichiarava<br />

un diritto di proprietà di Trento sul<br />

complesso ospedaliero e un diritto<br />

di utilizzazione di Bolzano. E dunque,<br />

sotto l’aspetto <strong>del</strong> fine istituzionale,<br />

l’ospedale era interprovinciale.<br />

In altre parole: di fronte alle<br />

prestazioni assistenziali le due province<br />

avevano eguali titoli e diritti,<br />

derivanti da un unico atto, costi­<br />

tuente lo statuto <strong>del</strong>l’ospedale.<br />

Questa situazione di "parità nell’utilizzo"<br />

corrispondeva alle leggi<br />

concernenti i rapporti fra province<br />

quando una di esse (nel nostro<br />

caso: Bolzano) nasceva dalla<br />

divisione territoriale <strong>del</strong>l’altra (nel<br />

nostro caso: Trento).<br />

Non conosco bene i motivi per i<br />

quali quella divisione (avvenuta nel<br />

1928) sia stata piuttosto contenziosa<br />

e quali influssi abbia avuto quella<br />

contesa sui vari rami amministrativi,<br />

ma so che la direzione ospedaliera<br />

ebbe sempre una tendenza a rimuovere<br />

l’idea <strong>del</strong>la compartecipazione<br />

assistenziale.<br />

Mi spiego: la natura duplice <strong>del</strong>l’ospedale<br />

non apparve mai nella denominazione<br />

ufficiale, non fu mai<br />

citata nelle stampe o relazioni, non<br />

era nota, per conseguenza, ai medici,<br />

agli infermieri; men che meno al<br />

pubblico; era celata sotto una cappa<br />

di silenzio.<br />

Esisteva anche un atto di natura<br />

esecutiva: una convenzione <strong>del</strong> novembre<br />

1928, destinata a regolare i<br />

rapporti concreti sorgenti dalla comune<br />

utilizzazione. Ma non fu elaborata<br />

dalle segreterie giuridiche o<br />

assistenziali <strong>del</strong>le due province, bensì<br />

dalle due ragionerie: una scrittura<br />

in cui si parlava di conti, di rendiconti,<br />

di contabilità e di fatture;<br />

non si citava una sola volta il malato,<br />

non i suoi rapporti con la famiglia,<br />

non l’apporto <strong>del</strong> servizio sociale<br />

<strong>del</strong> paese di origine, ecc.<br />

Insomma: dei cento rapporti, <strong>del</strong>icati,<br />

che sorgevano dalla comune<br />

presenza, venivano regolati soltanto<br />

quelli legati al bilancio.<br />

Ebbene: negli anni sessanta si pen­


Ex Ospedale<br />

Psichiatrico di<br />

Pergine Valsugana,<br />

interno.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

sò, a Bolzano, che occorreva prevedere,<br />

in una rinnovata convenzione,<br />

una forma di contatti periodici,<br />

uno scambio costante di informazioni,<br />

un accesso agevolato<br />

dei familiari, ecc.,<br />

Occorreva, in altri termini, avvicinare<br />

l’ospedale alla parte più settentrionale<br />

<strong>del</strong> suo hinterland; occorreva<br />

applicare al manicomio quello<br />

spirito di servizio sociale, che veniva<br />

teorizzato a Trento, in quei tempi,<br />

più che in altre parti d’Italia.<br />

Pergine reagì con cortesia, ma non<br />

accettò: volle che fosse mantenuta<br />

la convenzione <strong>del</strong> 1928, inalterata.<br />

Oppose una tenace volontà di conservare<br />

quella convenzione. E questa<br />

opposizione sorprese i bolzanini.<br />

Tutta la storia dei rapporti fra le<br />

due popolazioni, intorno al problema<br />

psichiatrico, era una storia di<br />

collaborazione e di intesa.<br />

Dal 1830 al 1882 i malati trentini<br />

erano accolti nel manicomio di Hall<br />

presso Innsbruck: era disagevole il<br />

trasporto, eccessiva la lontananza da<br />

casa, diverso l’ambiente antropico,<br />

ma l’accoglienza ed il trattamento<br />

erano cordiali e soddisfacenti.<br />

Nel 1882 fu aperto l’ospedale di<br />

Pergine e la coordinazione con Hall<br />

fu buona: un continuo scambio di<br />

informazioni, esperienze, documenti<br />

(per esempio: le relazioni annuali<br />

<strong>del</strong> direttore di Pergine erano studiate<br />

e conservate in perfetto ordine<br />

nell’archivio di Hall; e là sono<br />

tuttora reperibili).<br />

Pergine nacque con uno spirito di<br />

collaborazione, che il governo di Innsbruck<br />

favorì in più forme.<br />

Non va dimenticato che il primo<br />

atto <strong>del</strong> primo direttore fu quello<br />

di invitare tutti i medici <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong>;<br />

egli li guidò a visitare l’ospedale<br />

e invocò la loro costante collaborazione.<br />

Né va dimenticato che, essendo<br />

assessore Paul von Sternbach, nel governo<br />

di Innsbruck (nel primo decennio<br />

<strong>del</strong> Novecento), Pergine fu all’avanguardia<br />

di una psichiatria dinamica<br />

ed aperta. Egli invitò a Pergine<br />

Andrea Verga, il massimo psichiatra<br />

italiano, ed Heinrich Kraft-<br />

Ebing, il massimo psichiatra austriaco.<br />

Andò a visitare Tamburini a Reggio<br />

Emilia, istaurò rapporti di amicizia<br />

con lui (si potrebbe parlare<br />

di gemellaggio).<br />

<strong>Il</strong> giovane assessore introdusse<br />

a Pergine la metodologia ergoterapica,<br />

seguendo i criteri emiliani,<br />

piegò alla nuova metodologia la<br />

struttura generale <strong>del</strong>l’ospedale,<br />

creando nuovi padiglioni nel com­<br />

109


<strong>Il</strong> manicomio di Pergine, istituto interprovinciale<br />

110<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

plesso ospedaliero e una ammirevole<br />

colonia agricola in Vigalzano.<br />

Spalancò le porte alla cultura.<br />

Fece un aperto elogio dei direttori<br />

degli ospedali psichiatrici italiani,<br />

nella seduta dietale <strong>del</strong> 5 novembre<br />

1903: "…quei direttori, … sono<br />

diventati famosi, ben oltre i confini<br />

di quel regno…".<br />

Vi fu un periodo aureo, dunque,<br />

in cui Pergine fu il centro intermedio<br />

fra la psichiatria italiana e la<br />

mitteleuropa: il periodo in cui le<br />

mura, intorno all’ospedale, ostacolavano<br />

il passo ai curiosi ed agli sfaccendati,<br />

non alle idee, non alle innovazioni.<br />

Anche dopo la prima guerra mondiale,<br />

divenuto Pergine ospedale interetnico,<br />

in quanto deputato ad<br />

ospitare malati <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong> e <strong>del</strong>l’Alto<br />

Adige, ed interprovinciale, in<br />

quanto collegato alle funzioni assistenziali<br />

<strong>del</strong>le due provincie, la vecchia<br />

intesa continuò, sostanzialmente;<br />

non vi sono state lamentele dei<br />

bolzanini verso Pergine (salvo gli<br />

aspetti negativi derivanti dalla politica<br />

che dominava in quegli anni),<br />

così come non vi erano state lamentele<br />

dei trentini verso Hall (salvo i<br />

disagi oggettivamente derivanti dalla<br />

lontananza).<br />

Perfino la nota "deportazione"<br />

di malati bolzanini in Germania,<br />

avvenuta nel 1940, svela, a ben<br />

osservare, le tracce <strong>del</strong>la tradizionale<br />

sintonia: perché, se è vero<br />

che Pergine, sotto il tallone <strong>del</strong><br />

rude governo che aveva deciso<br />

quell’infelice ”Transport”, aveva<br />

omesso di compier taluni suoi doveri,<br />

è anche vero che gli infermieri<br />

perginesi avevano le lacrime agli<br />

occhi quando videro partire i malati,<br />

e le suore perginesi vissero<br />

quella partenza con una loro intensa<br />

sofferenza.<br />

Sorprendente e antistorico, dunque,<br />

negli anni sessanta il rifiuto di<br />

Pergine a una rinnovata convenzione.<br />

La spiegazione non fu data,<br />

allora, ed è difficile ipotizzarla<br />

ora. Di certo influì, in qualche misura,<br />

la natura che Pergine aveva<br />

tratto dalle leggi sui manicomi <strong>del</strong><br />

1904, entrata in vigore, nel <strong>Trentino</strong>,<br />

nel 1929 (quella legge, guidata<br />

dalle teorie positivistiche ed<br />

organiciste, aveva portato l’ospedale<br />

a trasformarsi nella fortezza<br />

che tendeva ai suoi due fini: la<br />

conservazione e l’isolamento).<br />

Ma fu determinante, a mio parere,<br />

il timore di coloro, i quali, all’interno<br />

<strong>del</strong>l’ospedale (dopo la costituzione<br />

liberale <strong>del</strong> 1948 e dopo<br />

il progresso straordinario, sul piano<br />

scientifico, <strong>del</strong>la psicologia)<br />

percepivano l’equilibrio precario in<br />

cui l’ospedale sopravviveva: un<br />

quid novi, anche minimo, avrebbe<br />

potuto determinarne il crollo.<br />

Negli anni settanta Bolzano decise<br />

di costruire un sistema psichiatrico<br />

proprio: alcuni centri di prevenzione<br />

e alcuni luoghi di cura residenziale<br />

o semiresidenziale,<br />

sparsi sul territorio. Propose a<br />

Trento, nuovamente, un aggiornamento<br />

<strong>del</strong>la convenzione <strong>del</strong> 1928,<br />

che consentisse di inviare a Pergine<br />

propri allievi-infermieri, affinché<br />

svolgessero un periodo di tirocinio<br />

in quei padiglioni che ospitavano<br />

malati altoatesini.<br />

Successivamente Bolzano avrebbe,<br />

gradualmente, ritirato quegli


Bruno Caruso,<br />

Annotazioni<br />

nell’album <strong>del</strong><br />

manicomio,<br />

disegni colorati,<br />

particolare,<br />

1953-1960.<br />

A pagina 112:<br />

Bruno Caruso,<br />

Manicomio,<br />

disegno a china.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

infermieri, divenuti esperti, insieme<br />

con i relativi malati, assegnandoli<br />

alle varie strutture nuove, che<br />

il proprio programma prevedeva.<br />

Era un piano non <strong>del</strong> tutto nuovo,<br />

di cui si era parlato già nel 1966, e<br />

Trento l'aveva sostenuto ancor più<br />

che Bolzano, perché vi aveva visto,<br />

per più aspetti, un suo cointeresse.<br />

Ma questa volta pervenne un rifiuto<br />

(22 novembre 1972): man<br />

mano che l'idea abolizionista si diffondeva<br />

il meccanismo manicomiale<br />

si chiudeva sempre più a<br />

ogni idea di innovazione.<br />

Si riteneva, oltre il muro, che il<br />

problema <strong>del</strong>la psichiatria in generale,<br />

il suo sviluppo nella regione,<br />

non riguardassero il manicomio<br />

regionale: il meccanismo era<br />

programmato per una sola funzione<br />

originaria: la custodia (e quella<br />

cura che la custodia consentisse).<br />

È interessante notare che il regio<br />

decreto <strong>del</strong> 1928, che ho ri­<br />

cordato prima, relativo alla ripartizione<br />

patrimoniale fra le due provincie,<br />

disponeva non solo su Pergine,<br />

ma anche sull’Istituto d’assistenza<br />

infantile di Riva: quell’istituto<br />

veniva suddiviso in due parti;<br />

divenne, dunque, "interprovinciale"<br />

e fu amministrato da Trento;<br />

ma una commissione paritetica<br />

decideva sui temi più importanti;<br />

e riunioni bilaterali erano indette,<br />

periodicamente, per reciproche<br />

informazioni sull’istituto e sull’assistenza<br />

minorile in generale;<br />

riunioni svolte sempre in un clima<br />

molto amichevole e proficuo.<br />

Ciò dimostra che i rapporti, ben<br />

diversi, che intercorsero in relazione<br />

a Pergine, avevano origine solo<br />

dalle ideologie psichiatriche, <strong>del</strong><br />

tutto prive di elasticità, che stavano<br />

alla base <strong>del</strong>le leggi, di quelle<br />

vecchie e di quelle nuove.<br />

Ma debbo subito aggiungere<br />

che quei due o tre episodi, di cui<br />

111


<strong>Il</strong> manicomio di Pergine, istituto interprovinciale<br />

112<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

ho parlato ai fini di completezza<br />

storica, non intaccano, oggi, il giudizio<br />

che va espresso sull’ospedale,<br />

nel suo complesso, nel suo secolo<br />

di vita.<br />

Quel palazzo ospedaliero, che,<br />

negli studi citati all’inizio, è detto<br />

"monumentale", è un monumento<br />

alla sofferta storia <strong>del</strong>la medicina<br />

psichiatrica, alla sofferenza di tanti<br />

malati, ma anche un monumento<br />

alla cultura interetnica, all’intesa<br />

fra nazioni diverse.<br />

E queste cose meritano il nostro<br />

rispetto e richiedono il dovere <strong>del</strong>la<br />

nostra memoria.<br />

NOTE<br />

[1] <strong>Il</strong> progetto <strong>del</strong>l’edificio principale<br />

<strong>del</strong>la colonia di Vigal­<br />

zano, ospitante i malati, i laboratori<br />

e gli stabulari, fu affidato<br />

al celebre architetto<br />

perginese Eduino Maoro; e ciò<br />

spiega l’eleganza <strong>del</strong>le linee e<br />

la razionalità funzionale di<br />

quella costruzione. E dimostra<br />

anche l’importanza che Sternbach<br />

assegnava all’istituzione<br />

ergoterapica.<br />

Giuseppe Pantozzi ha diretto il<br />

Dipartimento <strong>del</strong>la sanità e <strong>del</strong>l’assistenza<br />

sociale <strong>del</strong>la Provincia autonoma di<br />

Bolzano.


Gli infermieri di Pergine.<br />

Cento anni di storia<br />

Valerio Fontanari<br />

L’infermiere psichiatrico da “guardiano<br />

dei matti” ad operatore sanitario,<br />

con specifiche competenze anche<br />

nella relazione con il paziente.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

Cenni di storia <strong>del</strong>l’assitenza<br />

psichiatrica nel corso<br />

<strong>del</strong> XIX secolo<br />

Nella storia <strong>del</strong>la psichiatria si parla<br />

poco degli infermieri. Questo articolo<br />

si propone di raccontare la<br />

storia <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico di<br />

Pergine attraverso una descrizione<br />

<strong>del</strong> lavoro infermieristico.<br />

Gli infermieri psichiatrici in passato<br />

hanno svolto soprattutto funzioni<br />

di servi e di custodi. La prima<br />

descrizione esistente parla dei “guardiani<br />

dei matti”, come di persone<br />

analfabete, ignoranti e brutali, provenienti<br />

dalle classi più basse, temute<br />

dai medici e dagli ammalati.<br />

Si sa anche che per meglio svolgere<br />

funzioni repressive e custodialistiche<br />

venivano scelti in base alla<br />

loro robusta corporatura.<br />

Nel contesto storico <strong>del</strong> XIX secolo<br />

è significativo che, a fianco <strong>del</strong>la<br />

figura di Pinel (che già sul finire<br />

<strong>del</strong> Settecento in Francia tolse le<br />

catene ai folli), permanga il ricordo<br />

di un sorvegliante eccezionale per<br />

l'epoca, Jean Battiste Pussin, precursore<br />

dei principi <strong>del</strong> trattamento<br />

morale dei pazienti e <strong>del</strong> regime<br />

umano nei reparti. Ancora più significativo<br />

il fatto che fosse un ex-paziente<br />

cosicchè meno distante era il<br />

rapporto tra paziente e personale<br />

d'assistenza.<br />

Alla sua morte il suo posto come<br />

sorvegliante alla “Salpetriere” venne<br />

preso dai medici, da Esquirol in<br />

particolare, quasi per una riappropriazione<br />

di quelle funzioni pericolosamente<br />

scivolate nelle mani degli<br />

infermieri guardiani, che così rischiavano<br />

di diventare figure di concorrenza<br />

ai medici.<br />

Esquirol teorizzò l'importanza <strong>del</strong><br />

ruolo di “domestico” per la figura a<br />

contatto con il malato: doveva essere<br />

sempre insieme al paziente (internato<br />

insieme agli alienati), non<br />

lasciarli mai soli, non avere formazione,<br />

ubbidire ciecamente al medico,<br />

uomo di fatica e guardia <strong>del</strong> corpo<br />

<strong>del</strong> medico.<br />

In quest'epoca quindi i custodi dei<br />

matti erano isolati e molto subalterni<br />

ai medici, e nel contempo molto<br />

vicini ai pazienti, insieme ai quali<br />

condividevano in negativo molte limitazioni:<br />

come loro avevano l'obbligo<br />

<strong>del</strong>l'internato come i pazienti<br />

e non potevano dormire fuori dalle<br />

mura <strong>del</strong>l'istituto, non potevano sposarsi,<br />

non potevano disporre di sé in<br />

maniera autonoma, avevano una divisa<br />

che li marchiava. Come in tutte<br />

le istituzioni chiuse e totali, ai fini<br />

<strong>del</strong>la custodia i guardiani diventavano<br />

a loro volta carcerieri. Tutto<br />

questo era evidentemente mantenuto<br />

da un sistema gerarchico di premi<br />

e punizioni.<br />

Nello stesso tempo avevano ampio<br />

spazio d'azione e possibilità di<br />

113


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

114<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

rivalsa sui pazienti a loro assegnati:<br />

ordinavano a loro piacere bagni<br />

e docciature, immersioni improvvise<br />

e violente, rinchiudevano<br />

e incatenavano gli ammalati a<br />

capriccio senza farne regolare rapporto,<br />

facevano passare per menzognero<br />

quel paziente che avesse<br />

riferito ai superiori dei maltrattamenti<br />

subiti, ecc.<br />

Questo mo<strong>del</strong>lo è stato preminente<br />

in tutta l'Europa <strong>del</strong> XIX secolo.<br />

La nascita <strong>del</strong>l’ospedale<br />

psichiatrico di Pergine<br />

All’interno <strong>del</strong>l’impero austroungarico<br />

nacque nel 1882 il manicomio<br />

di Pergine, accogliendo circa<br />

duecento pazienti provenienti da<br />

Hall con un organico di 16 infermieri<br />

che purtroppo non rimase<br />

mai stabile.<br />

Gli infermieri erano assunti dalla<br />

Direzione <strong>del</strong>l'istituto, e prima <strong>del</strong>la<br />

loro assunzione definitiva dovevano<br />

superare un periodo di prova di 14<br />

giorni. Dopo dieci anni di servizio<br />

potevano licenziarsi e avevano diritto<br />

a una pensione minima.<br />

Evidentemente molti dei giovani<br />

perginesi non sostenevano i ritmi e<br />

gli impegni di questa nuova professione:<br />

infatti, nel 1883 abbandonarono<br />

in sei e ne furono assunti altri<br />

sette, nel 1884 abbandonarono in<br />

nove sostituiti da altri nove, e mediamente<br />

nei primi dieci anni il ricambio<br />

fu <strong>del</strong> 40-50%. <strong>Il</strong> problema<br />

<strong>del</strong>l’alto tournover infermieristico<br />

veniva visto come fenomeno preoccupante<br />

dalla Direzione <strong>del</strong>l'Ospedale,<br />

che poteva però contare sul contributo<br />

stabile <strong>del</strong>le infermiere suore:<br />

si trattò di un gruppo di diciotto<br />

unità rimaste continuativamente<br />

nel tempo.<br />

Non c'era distinzione di compiti<br />

tra infermieri maschi e le suore; l'unico<br />

invece che aveva un ruolo diverso<br />

e particolarmente di riguardo era<br />

il capo infermieri, che ebbe un ruolo<br />

essenziale nell'avvio <strong>del</strong>l'ospedale,<br />

e fu gratificato con un alloggio<br />

privato per lui e la sua famiglia all'interno<br />

<strong>del</strong>l'ospedale, al pari <strong>del</strong><br />

Direttore.<br />

<strong>Il</strong> Direttore era ben cosciente degli<br />

effetti che gli infermieri provocavano<br />

sui pazienti, sia in positivo<br />

che in negativo, e verificava le attitudini<br />

e la serietà di ogni singolo<br />

candidato infermiere, prima <strong>del</strong>la<br />

sua assunzione. È riportato anche<br />

che era difficile trovare personale<br />

all'altezza <strong>del</strong> compito.<br />

<strong>Il</strong> lavoro degli infermieri era regolato<br />

da apposite istruzioni,con<br />

compiti essenzialmente di custodia,<br />

cura e sicurezza degli ammalati.<br />

Ogni paziente veniva affidato a<br />

un infermiere che doveva fungere<br />

da padre. Per il gruppo di ammalati<br />

che aveva in carico, ogni infermiere<br />

doveva curare l'igiene<br />

personale, l'alimentazione, il rifacimento<br />

dei letti, la pulizia <strong>del</strong>l'ambiente,<br />

l'assunzione dei farmaci,<br />

l'osservazione <strong>del</strong> comportamento<br />

e la preparazione per la visita medica.<br />

Era vietata all'infermiere ogni attività<br />

che non fosse l'assistenza diretta<br />

al malato. Erano inoltre sorvegliati<br />

da una specie di ronda interna<br />

formata dagli stessi infermieri, che<br />

aveva anche il compito di ispezionare<br />

tutti i locali <strong>del</strong>l'istituto.<br />

Nel dicembre 1882 venne appro­


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

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Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

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Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

vato un regolamento di servizio<br />

per gli infermieri composto da 56<br />

articoli. In base a tale regolamento<br />

gli infermieri dovevano essere:<br />

«creanzati, sobri, costumati, cortesi,<br />

ordinati, puliti, ben pettinati,<br />

intelligenti, fe<strong>del</strong>i, onesti, sinceri,<br />

veritieri». Dovevano: “tollerarsi<br />

a vicenda, stimolarsi l'un l'altro,<br />

trattarsi con urbanità, affidabilità<br />

e benevolenza, riferire ai<br />

Superiori le contravvenzioni commesse<br />

dai colleghi, provvedere alla<br />

propria pulizia corporale, lavorare<br />

insieme agli ammalati, procedere<br />

con economia, considerare l'Istituto<br />

come una grande famiglia,<br />

andare d'accordo e cooperare”.<br />

Dovevano inoltre rispettare gli<br />

ammalati, trattarli con riguardo, pazienza<br />

e benevolenza anche se erano<br />

scortesi, violenti o impulsivi, dimostrare<br />

cortesia, non deriderli né chiamarli<br />

pazzi, matti, ecc. Veniva inoltre<br />

specificato di non dare <strong>del</strong> «tu»<br />

ai pazienti; di cercare “con tutta bontà<br />

di far cadere il discorso quando il<br />

paziente esponeva le sue idee false<br />

o <strong>del</strong>iranti”; di non intervenire con<br />

la camicia di forza senza il parere<br />

<strong>del</strong> medico di sorveglianza; venivano<br />

inoltre proibiti e puniti interventi<br />

aggressivi o punizioni basate sul<br />

privare l'ammalato di cibo o di tabacco.<br />

Veniva imposto il segreto professionale<br />

e veniva raccomandato<br />

l'ascolto <strong>del</strong> paziente per poi riferire<br />

al medico.<br />

Si tratta di un regolamento molto<br />

dettagliato, che definisce accuratamente<br />

le mansioni degli infermieri:<br />

se ne può dedurre che il loro ruolo<br />

era privo di autonomia, e che essi<br />

erano gli intermediari tra pazien­<br />

te e medico; si nota anche che, a<br />

fianco <strong>del</strong>lo specifico e necessario<br />

ruolo di sorveglianza, si cominciavano<br />

a intravedere e incoraggiare<br />

elementi per un corretto e positivo<br />

rapporto umano fra infermiere<br />

e paziente.<br />

Nei primi anni <strong>del</strong> secolo XX si<br />

procedette in questa direzione, con<br />

ulteriori norme interne e regolamenti<br />

che favorivano la dimissione e la riabilitazione<br />

dei pazienti.<br />

<strong>Il</strong> passaggio di Pergine<br />

dalla giurisdizione austriaca<br />

alla giurisdizione italiana<br />

Nel 1904 in Italia fu approvata la<br />

“Legge sui manicomi e gli alienati”,<br />

completata da un Regolamento <strong>del</strong><br />

1909: questa legge rappresenta il<br />

primo tentativo italiano di regolare<br />

l'accesso al manicomio e le condizioni<br />

di vita all'interno. A parte alcuni<br />

aspetti sulla formazione, la<br />

legge non portare novità per quanto<br />

riguarda gli infermieri.<br />

Anche dopo questa legge, infatti,<br />

il tipo di lavoro richiesto era poco<br />

diverso da quello <strong>del</strong> personale di<br />

servizio domestico: lavoro permanente<br />

con pochi giorni di riposo al mese;<br />

alloggio sul posto di lavoro, in camere<br />

come quelle dei pazienti o addirittura<br />

nelle stesse camerate; paghe<br />

minime; ancora nel 1934 chi si<br />

sposava veniva licenziato.<br />

Era compito degli infermieri far<br />

rispettare le rigide regole istituzionali,<br />

controllare e contenere i comportamenti<br />

disturbati dei pazienti; le<br />

funzioni di assistenza erano destinate<br />

soprattutto a evitare che i pazienti<br />

disturbassero i medici.<br />

<strong>Il</strong> rapporto medico/infermiere


A pag. 115:<br />

Bruno Caruso,<br />

Clochard, disegno<br />

acquarellato,<br />

1998, particolare.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

era basato soprattutto sull'autorità<br />

gerarchica: il medico ordinava<br />

e l'infermiere doveva eseguire senza<br />

discutere. La stessa autorità caratterizzava<br />

il rapporto tra infermiere<br />

e paziente, tranne alcuni<br />

casi legati all'iniziativa personale.<br />

L'Ospedale psichiatrico di Pergine<br />

era nel territorio <strong>del</strong>l'Impero austroungarico,<br />

e beneficiava di leggi<br />

e regolamenti più avanzati rispetto<br />

alle leggi ialiane.<br />

Nel 1935 circa, diciasette anni<br />

dopo la guerra, si completò l'italianizzazione<br />

<strong>del</strong>l'Ospedale psichiatrico<br />

e caddero definitivamente i regolamenti<br />

austriaci: per la qualità<br />

<strong>del</strong>l’assitenza e per la categoria infermieristica<br />

fu un salto indietro.<br />

Nel 1940 i familiari dei pazienti<br />

ricoverati dovettero dichiarare la loro<br />

madrelingua di appartenenza e quelli<br />

che optarono per la lingua tedesca<br />

furono deportati in Germania. Gli<br />

infermieri, che acompagnarono i pazienti<br />

con una tradotta partita da<br />

Pergine, raccontano che all’arrivo a<br />

destinazione in Germania, i pazienti<br />

furono ospitati in un caseggiato e<br />

gli infermieri in un locale attiguo.<br />

Durante la notte si sentivano dei lamenti<br />

e si potevano riconoscere i singoli<br />

pazienti dalle loro grida: poi non<br />

si sentì più niente. Al mattino successivo<br />

quando gli infermieri ripartirono<br />

per il ritorno a Pergine, si accorsero<br />

che il gruppo di pazienti era<br />

ridotto a meno <strong>del</strong>la metà.<br />

Dalla fine <strong>del</strong>la seconda<br />

guerra mondiale fino agli anni<br />

sessanta<br />

Le terapie<br />

Le terapie più antiche consistevano<br />

in bagni caldi alternati a freddi, o<br />

avvolgimenti in lenzuola bagnate,<br />

contenimento fisico mediante camicia<br />

di forza, nastri ai polsi e alle caviglie,<br />

o corsetti, isolamento in celle,<br />

nelle quali il pagliericcio per dormire<br />

veniva cambiato una volta alla<br />

settimana. <strong>Il</strong> pagliericcio era composto<br />

da un’alga marina essicata che<br />

aveva la caratteristica di polverizzarsi,<br />

e quindi era una sostanza adatta<br />

per prevenire il tentativo di suicidio.<br />

L'infermiere, nel caso <strong>del</strong>l'isolamento,<br />

doveva controllare ogni quarto<br />

d'ora il paziente, attraverso un<br />

apposito spioncino posto sulla porta<br />

<strong>del</strong>la cella.<br />

In situazioni di violenza improvvisa<br />

<strong>del</strong> paziente, gli infermieri dovevano<br />

bloccarlo con la forza, per<br />

poi fissarlo al letto. Molte volte si<br />

interveniva con la modalità <strong>del</strong> «comacio»,<br />

che consisteva nel buttare<br />

un lenzuolo sulla testa <strong>del</strong> paziente,<br />

in modo da coprire faccia e collo,<br />

cogliendolo di sorpresa da dietro. Le<br />

estremità <strong>del</strong> lenzuolo, tenute in<br />

mano dagli infermieri, venivano velocemente<br />

arrotolate in modo da formare<br />

un cappio intorno al collo che<br />

veniva stretto a comprimere le giugulari<br />

finchè il paziente sveniva.<br />

Gli ammalati dormivano nudi e<br />

l'infermiere doveva controllare tutte<br />

le sere il vestiario, per escludere<br />

la presenza di corpi contundenti.<br />

Porte, finestre, luce e acqua erano<br />

chiuse a chiave e l'infermiere ne era<br />

il responsabile. Le posate, le forbici<br />

e altro materiale di ferro o di vetro<br />

veniva contato scrupolosamente a<br />

ogni cambio di turno e, se risultava<br />

mancante anche di una sola unità,<br />

117


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

118<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

si doveva rovistare e mandare all'aria<br />

il reparto finché non veniva<br />

trovato l'oggetto smarrito.<br />

Fino all’inizio degli anni sessanta<br />

gli infermieri prestavano assistenza<br />

alle nuove terapie convulsivanti:<br />

malario-terapia, insulino-terapia ed<br />

elettroschok.<br />

La malario-terapia, che è la più<br />

antica tra le terapie, si basava sul<br />

creare al paziente degli stati febbrili<br />

molto alti, intervallati a periodi di<br />

febbre bassa, allo scopo di creare<br />

spossatezza e quindi sedazione. <strong>Il</strong><br />

plasmodio <strong>del</strong>la malaria viene trasmesso<br />

dalla zanzara anofele, presente<br />

nelle zone molto calde, ma anche<br />

l’uomo è un terreno fertile di coltura<br />

per tenerlo vivo. Quando non c’erano<br />

trattamenti terapeutici da fare,<br />

ma occorreva tener in vita il plasmodio,<br />

questo veniva inoculato su pazienti<br />

scelti a scopo punitivo.<br />

L’insulino-terapia (scoperta nel<br />

1932) procurava un effetto convulsivante<br />

attraverso uno squilibrio<br />

metabolico ottenuto mediante l’iniezione<br />

per via endovenosa di alte dosi<br />

di insulina. Veniva provocata una<br />

crisi ipoglicemica, con movimenti<br />

tonico-clonici, che si doveva neutralizzare<br />

con perfusione venosa di glucosio.<br />

Ogni ciclo di trattamento, con<br />

un “coma” al giorno, variava da venti<br />

a quaranta giorni e comportava un<br />

notevole aumento ponderale <strong>del</strong> paziente.<br />

La stanza adibita a questo trattamento<br />

(“camerone”) aveva dodici<br />

letti e quando i pazienti incominciavano<br />

ad entrare in coma, si doveva<br />

intervenire a iniettare il glucosio a<br />

rotazione su tutti in rapida successione.<br />

<strong>Il</strong> lavoro veniva svolto da due<br />

infermieri, di cui uno teneva il<br />

braccio <strong>del</strong> paziente che presentava<br />

le contrazioni, e l’altro “sparava”<br />

in vena il flacone di glucosio.<br />

Si trattava di un intervento infermieristico<br />

molto faticoso fisicamente<br />

e di grave responsabilità<br />

per la sopravvivenza <strong>del</strong> paziente.<br />

L’elettroschock (scoperto nel 1938<br />

da Cerletti) consiste in una scarica<br />

elettrica di un particolare voltaggio<br />

allo scopo di scatenare nel paziente<br />

convulsioni tonico-cloniche. In certe<br />

cliniche viene riconosciuto ancor<br />

oggi come un intervento terapeutico<br />

valido e viene eseguito sul paziente<br />

in anestesia totale. A Pergine<br />

si è praticato fino alla metà degli<br />

anni settanta, con il paziente vigile<br />

perché non esisteva un servizio di<br />

anestesia. Inoltre veniva praticato<br />

nei corridoi, sotto gli occhi degli<br />

altri pazienti. L’assistenza avveniva<br />

con quattro infermieri che bloccavano<br />

il paziente appoggiandosi con<br />

tutto il peso <strong>del</strong> proprio corpo sui<br />

quattro arti e rispettive articolazioni<br />

<strong>del</strong> paziente stesso. Al paziente<br />

veniva messa una fascia arrotolata<br />

fra i denti, per prevenire il morso<br />

<strong>del</strong>la lingua. Durante la scarica elettrica,<br />

il corpo <strong>del</strong> paziente si irrigidiva<br />

e faceva un salto di 15/20 centimetri<br />

circa, potendo alzare da terra<br />

tutti e quattro gli infermieri. Questo<br />

trattamento poteva procurare<br />

fratture e lussazioni al paziente.<br />

L'uso degli psicofarmaci, successivo<br />

agli anni cinquanta, ha rappresentato<br />

un cambiamento radicale, sia<br />

perché essendoci <strong>del</strong>le “medicine”,<br />

la psichiatria si avvicinava alle altre<br />

specialità mediche, sia perché la sedazione<br />

dei pazienti permetteva di­


Ex Ospedale<br />

Psichiatrico di<br />

Pergine Valsugana,<br />

interno.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

versi interventi assistenziali.<br />

Si comincia a parlare di «cure<br />

morali» per intendere un insieme di<br />

attenzioni umanitarie che venivano<br />

prestate agli ammalati, nella convinzione<br />

che un clima più umano avesse<br />

ripercussioni positive sulla salute<br />

mentale degli alienati.<br />

All’interno <strong>del</strong>l’Ospedale veniva<br />

proiettato un film alla settimana,<br />

venivano organizzate <strong>del</strong>le gite di<br />

reparto, a fine anno veniva organizzato<br />

il ballo per i pazienti nel teatro<br />

con musica e allegria sia per i pazienti<br />

che per il personale.<br />

L’Ospedale psichiatrico di Pergine<br />

alla fine degli anni sessanta<br />

ospitava circa duemila pazienti.<br />

Come tutte le istituzioni totali aveva<br />

un regime autarchico, cioè doveva<br />

provvedere a tutte le necessità<br />

<strong>del</strong>la vita quotidiana. All’interno<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale c’era quindi un<br />

forno per il pane, una lavanderia,<br />

un laboratorio tessile che produ­<br />

ceva la tela per tutte le necessità,<br />

un materassaio, il calzolaio, la falegnameria,<br />

ecc., dove lavoravano<br />

pazienti sorvegliati da infermieri,<br />

e operai. <strong>Il</strong> fatto di appartenere a<br />

queste squadre di lavoro consentiva<br />

agli infermieri di imparare<br />

mestieri artigianali.<br />

A due chilometri dall’Ospedale si<br />

trovava la colonia agricola “La Costa”.<br />

La colonia rappresentava<br />

un’azienda agricola e zootecnica,<br />

molto avanzata rispetto alle aziende<br />

<strong>del</strong>l’epoca, destinata a produrre il<br />

fabbisogno alimentare di tutto il<br />

complesso ospedaliero, pazienti e<br />

operatori. Serviva inoltre come strumento<br />

di “ergoterapia” per i pazienti<br />

che stavano meglio, prima<br />

<strong>del</strong> loro eventuale re-inserimento<br />

in famiglia. Alcuni infermieri in<br />

servizio presso la colonia erano<br />

deputati, oltre che all’assistenza<br />

dei pazienti, al lavoro di agricoltura<br />

e di allevamento <strong>del</strong> bestia-<br />

119


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

120<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

me, insieme ai pazienti.<br />

Nella Colonia c’era anche il macello,<br />

da cui poi le mezzene degli<br />

animali venivano portate nella macelleria<br />

<strong>del</strong>l’ospedale, situata presso<br />

le cucine. La gestione doveva essere<br />

piuttosto allegra perché si racconta<br />

che arrivavano due mezzene <strong>del</strong>lo<br />

stesso animale con due code o senza<br />

coda addirittura, e non si giustificava<br />

come potevano appartenere ad<br />

un solo animale.<br />

Era abitudine conclamata fino a<br />

metà degli anni settanta che le colf<br />

dei medici <strong>del</strong>l’Ospedale psichiatrico<br />

si recassero il sabato mattina alla<br />

macelleria <strong>del</strong>l’ospedale per fornirsi<br />

dei migliori tagli di carne. In generale<br />

anche alcuni infermieri potevano<br />

trarre vantaggio da un sistema di<br />

favoritismi e benefici nella gestione<br />

dei beni <strong>del</strong>l’Ospedale.<br />

L’”ergoterapia” prevedeva inoltre<br />

la partecipazione dei pazienti a squa­<br />

dre interne, per lavori all’interno<br />

dei reparti, e a squadre esterne per<br />

lavori in campagna e nei parchi.<br />

Per i pazienti, essere inseriti nell’”ergoterapia”<br />

era più gratificante<br />

che stare rinchiusi in reparto, perché<br />

percepivano un minimo salario<br />

(all’inizio degli anni settanta, rispettivamente<br />

cento lire per le squadre<br />

interne e duecento lire per quelle<br />

esterne), e perché avevano qualche<br />

privilegio di autonomia che<br />

sfociava anche in piccoli spazi di<br />

potere. Come in tutte le istituzioni<br />

chiuse, gli spazi di potere all’interno<br />

<strong>del</strong>l’istituzione erano creati sia<br />

da gruppi di pazienti che da gruppi<br />

di operatori.<br />

Caratteristiche contrattuali<br />

<strong>del</strong> lavoro infermieristico<br />

Fino alla prima metà degli anni sessanta,<br />

il Direttore aveva ancora potere<br />

assoluto su tutto, e poteva licenziare<br />

o assumere a suo piacimento.<br />

Prima <strong>del</strong>l'assunzione definitiva,<br />

il personale infermieristico veniva<br />

assunto per periodi iniziali di 15<br />

giorni e poi di due mesi, con successivi<br />

licenziamenti per periodi più<br />

o meno lunghi a seconda <strong>del</strong>le esigenze<br />

<strong>del</strong>la direzione.<br />

Non potevano essere assunti i cosiddetti<br />

“casi doppi”, cioè poteva essere<br />

occupata una sola persona per<br />

ogni nucleo familiare. La motivazione<br />

di questa regola va cercata<br />

nei bisogni <strong>del</strong>la comunità locale<br />

perginese, che viveva l'ospedale<br />

non tanto come struttura di cura<br />

per i pazienti psichiatrici, quanto<br />

come importante e sicura risorsa<br />

occupazionale, e pretendeva<br />

un'equa distribuzione fra tutte le


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

famiglie di quei posti di lavoro<br />

privilegiati rispetto alle altre attività<br />

lavorative, prevalentemente<br />

agricole.<br />

I turni di lavoro erano di una settimana<br />

di servizio e una di riposo,<br />

fino al 1945 circa, poi, fino al 1963,<br />

di 24 ore di servizio e 24 di riposo,<br />

con quindici giorni di ferie all'anno.<br />

Nel turno <strong>del</strong>le 24 ore tutto il<br />

personale <strong>del</strong> reparto lavorava<br />

dalle 7,15 alle 20, alle 20 il turno<br />

si divideva in due gruppi che facevano<br />

la prima e la seconda veglia.<br />

Quelli <strong>del</strong>la prima veglia continuavano<br />

fino all’una di notte, e<br />

quelli <strong>del</strong>la seconda veglia lavoravano<br />

dall’una alle 7,15 <strong>del</strong> mattino,<br />

finché arrivava il cambio. Mentre<br />

era di turno il gruppo <strong>del</strong>la<br />

prima veglia, il gruppo <strong>del</strong>la seconda<br />

veglia poteva dormire, e viceversa.<br />

Dormivano comunque nel<br />

piano soprastante al reparto,<br />

pronti a intervenire immediatamente<br />

in caso di urgenza.<br />

La divisa per gli uomini consisteva<br />

in un lungo camice a righine,<br />

cravatta, cappello e mazzo di<br />

chiavi alla cinta; per le donne, una<br />

divisa quasi monacale con vestaglia<br />

e cuffia bianche.<br />

La carriera prevedeva quattro tappe:<br />

infermiere di terza classe; infermiere<br />

di seconda classe; infermiere<br />

scelto; capo sala. Dopo la nomina a<br />

capo sala si poteva anche aspirare<br />

alla nomina di vice ispettore fino<br />

al vertice massimo di ispettore. <strong>Il</strong><br />

passaggio veniva definito attraverso<br />

le note di qualifica (insufficiente,<br />

sufficiente, buono, distinto,<br />

ottimo) che il medico responsabile<br />

<strong>del</strong> reparto attribuiva annual­<br />

mente ad ogni infermiere. Questo<br />

giudizio veniva ricavato dalle risposte<br />

a domande tipo: puntuale,<br />

non puntuale, puntualissimo, e,<br />

con la stessa declinazione, veloce,<br />

cordiale, ubbidiente, ecc.<br />

Questo sistema (mantenuto fino<br />

al 1978) era evidentemente influenzato<br />

da personalismi e clientelismi,<br />

e testimonia l'ampia discrezionalità<br />

dei medici sulla carriera<br />

infermieristica.<br />

Gli anni settanta: i movimenti<br />

di deistituzionalizzazione<br />

Dalla metà degli anni sessanta in<br />

poi, attraverso la pratica <strong>del</strong>la psicofarmacologia<br />

e sotto l'influsso<br />

di contributi scientifici, culturali e<br />

sociali che caratterizzarono quel<br />

periodo fecondo, fu possibile il<br />

superamento degli ospedali psichiatrici,<br />

che può essere circoscritto<br />

tra la legge <strong>del</strong> 1968 e quella<br />

<strong>del</strong> 1978, la rivoluzionaria 180.<br />

Questo processo si concluse nello<br />

stesso anno 1978 con la legge<br />

di riforma sanitaria 833: la psichiatria<br />

entrava a tutti gli effetti nel<br />

Sistema sanitario nazionale.<br />

I grossi fermenti innovativi nella<br />

psichiatria arrivarono dopo gli anni<br />

sessanta, sotto l'influsso <strong>del</strong>la esperienza<br />

francese <strong>del</strong> settore, e di una<br />

cultura sociale ed antipsichiatrica<br />

che assunse in Italia una rilevanza<br />

particolare come movimento antiistituzionale.<br />

Nel momento in cui si mettevano<br />

in crisi i principi <strong>del</strong>l'”istituzione<br />

totale” e <strong>del</strong>l’assistenza repressiva ed<br />

emarginante, si cominciarono a mettere<br />

in luce le potenzialità e le contraddizioni<br />

<strong>del</strong>la categoria infer­<br />

121


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

122<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

mieristica che, all'interno <strong>del</strong> manicomio,<br />

era collocata su un gradino<br />

appena superiore a quella dei<br />

pazienti.<br />

Erano i primi momenti storici in<br />

cui si cominciava a parlare di “equipe”.<br />

Significativo è, un articolo <strong>del</strong><br />

1968 di Pancheri, che per la prima<br />

volta dà una definizione totalmente<br />

nuova <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>l'infermiere<br />

psichiatrico, distinguendone tre<br />

compiti: tecnico, umano, sociale,<br />

a loro volta così articolati:<br />

- compiti tecnici: cure personali ai<br />

malati; assistenza prima, durante<br />

e dopo elettroshok e insulinoterapia;<br />

preparazione <strong>del</strong>lo strumentario<br />

e assistenza al medico durante<br />

narcoanalisi, lombare, ecc.;<br />

somministrazione di farmaci;<br />

- compiti umani: scelta <strong>del</strong>l'atteggiamento<br />

terapeutico, aiutare il<br />

malato nell'accettare le terapie,<br />

migliorare le relazioni interpersonali<br />

<strong>del</strong> malato, osservare il comportamento<br />

<strong>del</strong> paziente;<br />

- compiti sociali: sorvegliare il lavoro<br />

collettivo in ergoterapia, sorvegliare<br />

gli svaghi.<br />

Si trattava cioè di funzioni che concernevano<br />

il malato direttamente<br />

(funzioni tecniche di base e specialistiche),<br />

ed indirettamente (organizzazione<br />

<strong>del</strong>l'ambiente terapeutico e<br />

supervisione <strong>del</strong> personale di assistenza<br />

non specialistico).<br />

La legge 431 <strong>del</strong> 1968 (la cosiddetta<br />

“legge Mariotti”) istituisce la<br />

possibilità <strong>del</strong> ricovero volontario e<br />

<strong>del</strong>l’ attività extraospedaliera. Si incomincia<br />

anche in <strong>Trentino</strong> ad uscire<br />

dal manicomio; nascono i dispensari<br />

di igiene mentale sul territorio,<br />

che consistevano in ambulatori funzionanti<br />

per qualche mezza giornata<br />

alla settimana. L’attività territoriale<br />

era svolta dai medici <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

con l’assistenza di qualche infermiere<br />

di Pergine e successivamente con le<br />

assistenti sanitarie. Gli infermieri,<br />

che erano infermieri generici psichiatrici,<br />

potevano lavorare solamente<br />

in psichiatria.<br />

Dal 1972 (anno <strong>del</strong>la mitica esperienza<br />

di Gorizia) al 1978 (anno <strong>del</strong>la<br />

legge 180), le esperienze di apertura<br />

degli ospedali psichiatrici si<br />

moltiplicano su tutto il territorio<br />

nazionale, ma il manicomio di Pergine<br />

non era ancora pronto.<br />

Si pensi che in quel periodo venne<br />

istituito un servizio di infermieri<br />

«guardia parchi» per controllare il<br />

traffico di alcolici attraverso la rete<br />

di recinzione <strong>del</strong>l’ospedale e per controllare<br />

eventuali incontri fra coppiette<br />

di pazienti nel vasto <strong>parco</strong><br />

<strong>del</strong>l’ospedale. <strong>Il</strong> gruppo era composto<br />

di otto infermieri che avevano<br />

ognuno il proprio territorio da controllare.<br />

Questo è un esempio di<br />

come si era lontani dalle ideologie<br />

di liberalizzazione <strong>del</strong> paziente psichiatrico,<br />

ma mostra anche come all’interno<br />

<strong>del</strong>l’Ospedale fosse permessa<br />

una certa libertà di movimento.<br />

Nel 1974 furono inseriti i tirocinanti<br />

psicologi, provenienti dalla<br />

Facoltà di psicologia di Padova, che,<br />

insieme a un folto gruppo di psichiatri<br />

giovani, hanno dato una grossa<br />

spinta alla deistituzionalizzazione e<br />

all’apertura verso l’esterno <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico di Pergine. Si cominciava<br />

a respirare un forte clima<br />

innovativo.<br />

Nel clima di innovazione che si


Ex Ospedale<br />

Psichiatrico di<br />

Pergine Valsugana.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

stava sviluppando, si è attivato anche<br />

un gruppo di circa trenta infermieri,<br />

stimolati dal Direttore, che<br />

sono anche andati in visita a Trieste<br />

e hanno avuto un incontro di confronto<br />

con il professor Basaglia. Questo<br />

gruppo di infermieri ha costituito<br />

un nucleo di operatori più motivati<br />

a proporre un cambiamento istituzionale,<br />

che si è poi concluso nel<br />

maggio <strong>del</strong> 1978, quando sono usciti<br />

dall’Ospedale psichiatrico per aprire<br />

i servizi ospedalieri sul territorio.<br />

La maggioranza <strong>del</strong> personale infermieristico<br />

però era abbastanza<br />

contraria all’uscita lavorativa sul territorio,<br />

per paura <strong>del</strong> cambiamento<br />

da una parte e per il rischio di perdere<br />

il lavoro vicino a casa dall’altra.<br />

Nal 1973 nasceva il giornalino interno<br />

“All’ombra <strong>del</strong> Tegaz” redatto<br />

da un gruppo di pazienti coordinati<br />

da due infermieri e da una assistente<br />

sanitaria, ma questa esperienza,<br />

che dava voce per la prima volta ai<br />

pazienti, si esauriva nel 1975 circa.<br />

Nel 1975 veniva aperto un servizio<br />

riabilitativo chiamato «Tempo<br />

Libero». In questo spazio i pazienti<br />

avevano la possibilità di esercitare<br />

attività espressive mediante la<br />

manipolazione di materiali e attraverso<br />

il disegno e la pittura.<br />

Nel 1975 ci fu anche il primo<br />

soggiorno al mare di due gruppi<br />

di venticinque pazienti, accompagnati<br />

da sei operatori per ogni<br />

gruppo. L’esperienza si è dimostrata<br />

molto valida, tanto è vero che<br />

si è sempre ripetuta anche negli<br />

anni successivi.<br />

Per coinvolgere la cittadinanza di<br />

Pergine nella realtà di un ospedale<br />

psichiatrico in via di trasformazione,<br />

si organizzarono alcune manifestazioni,<br />

come il passaggio <strong>del</strong> corteo<br />

carnevalesco nei parchi <strong>del</strong>l’Ospedale,<br />

concerti bandistici, spettacoli<br />

di filodrammatiche, mostre<br />

ecc.<br />

A poco a poco la cittadinanza di<br />

Pergine ha conosciuto la realtà <strong>del</strong>l’Ospedale<br />

psichiatrico e i pazienti<br />

hanno incominciato ad uscire nella<br />

città, prima accompagnati, e poi<br />

anche da soli.<br />

Nel 1977 venne organizzato dal<br />

“Tempo Libero”, all’interno <strong>del</strong> programma<br />

carnevalesco, una messa in<br />

scena <strong>del</strong> “bruciare il manicomio”.<br />

Su un enorme mucchio di neve davanti<br />

alle cucine furono disposti i<br />

padiglioni <strong>del</strong>l’ospedale, ricavati<br />

da scatoloni dipinti, che i pazienti<br />

con gli infermieri <strong>del</strong> “Tempo Li­<br />

123


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

124<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

bero” bruciarono in segno di deistituzionalizzazione<br />

e di apertura.<br />

Come segno di conservazione e di<br />

mantenimento, invece, gli infermieri<br />

dei reparti accorrevano con<br />

gli estintori.<br />

<strong>Il</strong> conflitto, inscenato nel clima<br />

carnevalesco, ha avuto comunque<br />

ripercussioni anche nella vita lavorativa<br />

quotidiana, aumentando la<br />

tensione e lo scontro tra operatori<br />

innovativi e conservatori.<br />

<strong>Il</strong> nuovo regolamento<br />

per il personale di assistenza<br />

La Provincia autonoma di Trento<br />

nel 1977 elaborò il “Regolamento<br />

speciale per il Servizio di salute<br />

mentale”, che è rimasto in vigore<br />

fine alla metà degli anni novanta.<br />

Per il personale infermieristico il<br />

regolamentro individuava le seguenti<br />

fasce di carriera: ispettore,<br />

viceispettori, caposala e infermieri.<br />

Nell'art. 42 vengono elencate le<br />

mansioni degli infermieri:<br />

- eseguono la terapia indicata dai<br />

medici;<br />

- prestano l'assistenza negli esami<br />

clinici e terapie speciali;<br />

- svolgono azioni di pronto soccorso<br />

infermieristico;<br />

- osservano il comportamento<br />

<strong>del</strong> disturbato mentale raccogliendo<br />

le notizie sui rapporti<br />

familiari e ambientali;<br />

- svolgono compiti generali di assistenza<br />

e di intervento ai fini di<br />

un buon andamento <strong>del</strong> reparto<br />

per quanto riguarda sia gli<br />

aspetti igienici che gli aspetti<br />

personali e sociali, con particolare<br />

riferimento alle attività psi­<br />

coterapiche individuali e di<br />

gruppo;<br />

- contribuiscono ad attuare e sviluppare,<br />

unitamente agli altri operatori,<br />

ogni iniziativa rivolta al miglioramento<br />

<strong>del</strong>le condizioni di<br />

vita e di graduale <strong>recupero</strong> sociale<br />

<strong>del</strong> disturbato mentale, sia nell'ospedale<br />

che nell'ambiente.<br />

Stava ormai avvenendo un grosso<br />

cambiamento nel modo di considerare<br />

l'infermiere psichiatrico: non più<br />

solo custode, non più braccio destro<br />

<strong>del</strong> medico soltanto, ma operatore<br />

con competenza propria e<br />

specifica nella relazione con il paziente.<br />

Negli anni settanta, periodo di<br />

grandi profonde trasformazioni istituzionali,<br />

gli infermieri psichiatrici<br />

hanno comunque vissuto una grave<br />

crisi di identità e di ruolo e sono<br />

stati spesso al centro <strong>del</strong>la conflittualità<br />

istituzionale.<br />

A volte sono stati mitizzati come<br />

strumenti fondamentali per un nuovo<br />

agire psichiatrico, altre volte al<br />

contrario sono stati visti come le<br />

forze conservatrici e omeostatiche<br />

che si opponevano alla ”rivoluzione”<br />

psichiatrica.<br />

Sicuramente gli infermieri psichiatrici<br />

hanno vissuto intensamente<br />

sia gli entusiasmi di un lavoro<br />

nuovo che le incertezze di<br />

cambiamenti non prevedibili; a<br />

volte sono stati artefici di situazioni<br />

di assistenza più avanzate e<br />

creative, a volte si sono arroccati<br />

su funzioni di custodia più repressiva.<br />

La legge 180 <strong>del</strong> 1978:<br />

la separazione tra servizi


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

di salute mentale e Ospedale<br />

psichiatrico<br />

La legge 180 prevedeva che ogni<br />

Unità sanitaria locale dovesse garantire<br />

nei nuovi servizi il proprio personale<br />

infermieristico. In realtà, sul<br />

territorio provinciale, il servizio di<br />

assistenza nei Servizi ospedalieri istituiti<br />

a Borgo, a Trento, a Mezzolombardo<br />

e a Arco, fu espletato, all’inizio,<br />

dal personale che proveniva<br />

dall'Ospedale psichiatrico,<br />

con la conseguenza che le figure<br />

infermieristiche più motivate si<br />

sono proiettate sui servizi territoriali<br />

a scapito dei pazienti che rimanevano<br />

ricoverati in manicomio.<br />

In questo modo si trovarono<br />

per la prima volta a lavorare fianco<br />

a fianco negli ospedali di zona<br />

infermieri psichiatrici e professionali,<br />

con contratti, funzioni e retribuzioni<br />

diverse, che si omogeneizzarono<br />

nel 1882 con il passaggio<br />

<strong>del</strong> personale infermieristico di<br />

Pergine dalla Provincia alle unità<br />

sanitarie locali.<br />

Gli infermieri psichiatrici di Pergine<br />

restarono sempre legati alla<br />

Unità sanitaria locale C 4, ed erano<br />

parzialmente prestati alle altre Unità<br />

sanitarie locali; nel 1987 rientrarono<br />

tutti in Ospedale psichiatrico,<br />

mentre nei servizi ospedalieri<br />

venivano inseriti infermieri professionali<br />

e non, senza precedenti<br />

esperienze psichiatriche.<br />

Mentre i Servizi di salute mentale<br />

territoriali crescono e si dotano<br />

di nuove strutture per rispondere<br />

ai bisogni <strong>del</strong>la popolazione,<br />

l’Ospedale psichiatrico, detto “residuo<br />

manicomiale”, rimane in attesa<br />

di un progetto di «riconver­<br />

sione» che solo nel 2003 inizierà<br />

la sua attuazione.<br />

La formazione degli infermieri<br />

A conclusione di questa breve rassegna<br />

storica sembra utile accennare<br />

alla formazione degli infermieri.<br />

La legge italiana <strong>del</strong> 1904 prevedeva<br />

che in ogni ospedale psichiatrico<br />

dovevano essere attivati corsi<br />

per la specifica preparazione teorico-pratica<br />

degli infermieri. Tuttavia,<br />

lo scarso interesse culturale e sociale,<br />

l'organizzazione <strong>del</strong> lavoro, il sapere<br />

medico, la volontà politica stessa<br />

di inserire una classe infermieristica<br />

poco preparata culturalmente,<br />

sono stati un freno all'organizzazione<br />

di questi corsi.<br />

Anche dal punto di vista istituzionale,<br />

questi corsi con esami finali,<br />

erano <strong>del</strong>la durata più varia, a<br />

partire da un anno a tre mesi (corsi<br />

minimi per un totale di centoventi<br />

ore), secondo il fabbisogno<br />

<strong>del</strong> momento di infermieri. Si pensi<br />

che a Pergine nel 1970 fu fatto un<br />

corso serale di due ore per cinque<br />

giorni la settimana che durò tre<br />

mesi.<br />

Dal 1976 la formazione infermieristica<br />

prevede solo le scuole regionali<br />

per infermiere professionale,<br />

e quindi non vengono più istituiti<br />

corsi per infermieri psichiatrici e<br />

generici.<br />

Dal 1994 pende avvio di concerto<br />

fra il Ministero <strong>del</strong>la Sanità e il Ministero<br />

<strong>del</strong>l’Uuniversità, un percorso<br />

universitario di preparazione<br />

alla professione infermieristica,<br />

che viene ad assumere un'impostazione<br />

scientifica specifica.<br />

Dall'anno scorso, come era pre­<br />

125


Gli infermieri di Pergine. Cento anni di storia<br />

126<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

visto dai profili professionali <strong>del</strong><br />

1994, è stato attivato in alcune<br />

università un master post-laurea<br />

per infermieri in assitenza al paziente<br />

psichiatrico. Questa figura<br />

in provincia di Trento era già stata<br />

prevista, attraverso un corso di<br />

specializzazione attuato una volta<br />

nel 1987 e poi nel 1997, che ha<br />

formato circa cinquanta infermieri.<br />

Una nuova figura professionale,<br />

che si sta inserendo nei servizi di<br />

salute mentale e che affianca l’in­


Bruno Caruso,<br />

Contro l’uso <strong>del</strong>la<br />

camicia di forza<br />

negli ospedali<br />

psichiatrici.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

fermiere, è il terapista <strong>del</strong>la riabilitazione<br />

psichiatrica. Anche questo<br />

professionista ha una formazione<br />

di tipo universitario con particolare<br />

preparazione nel settore<br />

<strong>del</strong>la riabilitazione. Anche il Servizio<br />

di salute mentale di Pergine si<br />

avvale di questi professionisti.<br />

L’istituzione di questi nuovi corsi<br />

di laurea evidenzia come all’infermiere<br />

che lavora in psichiatria non<br />

sia più richiesto solo… una corporatura<br />

robusta, ma una formazione<br />

accurata e specialistica.<br />

NOTE<br />

Molti particolari raccontati nell’articolo<br />

derivano dalla mia esperienza<br />

di infermiere a Pergine dal 1970<br />

e da quella di Silvia Lorenzini, mia<br />

madre, infermiera a Pergine dal<br />

1936 al 1973. Ho inoltre utilizzato<br />

i seguenti testi: BASAGLIA 1968,<br />

DE GIROLAMO – CAPPIELLO 1985,<br />

GOFFMANN 1968, MARZI – BOLO­<br />

GNANI 1987, PANCHERI 1969,<br />

PANTOZZI 1989, SCHWING 1988 e<br />

ZANI – RAVENNA – NICOLI 1984.<br />

Evidentemente il presente contributo<br />

non ha la pretesa di affrontare<br />

il tema <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> ruolo<br />

<strong>del</strong>l'infermiere psichiatrico in tutte<br />

le sue componenti, ma solo di<br />

offrire alcuni spunti di lettura relativamente<br />

alla vicenda di una<br />

funzione all'interno <strong>del</strong> manicomio<br />

di Pergine Valsugana.<br />

Uno studio più approfondito non<br />

può prescindere in alcun modo da<br />

una più ampia visione <strong>del</strong> fenomento<br />

che prenda in considerazione<br />

non solo il contesto italiano o<br />

tedesco, ma anche quello di altri<br />

paesi europei. In tal senso si è registrato<br />

negli ultimi due decenni<br />

un crescente interesse storiografico<br />

nei confronti di questi temi di<br />

cui sono testimonianza, solo a titolo<br />

esemplificativo, i testi di CA-<br />

LAMANDREI 1983, DONAHUE 1991<br />

e SIRONI 1991.<br />

Valerio Fontanari è I.P. specializzato in<br />

assistenza psichiatrica - Azienda<br />

Provinciale per i Servizi Sanitari e<br />

professore a contratto <strong>del</strong> Corso di laurea<br />

tecnico <strong>del</strong>la riabilitazione psichiatrica,<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

<strong>del</strong>l’Università degli Studi di Verona.<br />

127


SCHEDA 1<br />

<strong>Il</strong> riuso organico <strong>del</strong>l’ex ospedale psichiatrico<br />

di Pergine Valsugana<br />

Proposte per un piano tra politica culturale<br />

e imprenditorialità<br />

La riflessione sviluppata nel corso degli<br />

anni dal gruppo di lavoro che ha seguito<br />

il progetto “Alla ricerca <strong>del</strong>le menti perdute”,<br />

e <strong>del</strong>la quale gli studi ospitati in questo<br />

numero <strong>del</strong>la rivista offrono parziale<br />

testimonianza, ha permesso di elaborare<br />

un articolato piano al quale affidare il raggiungimento<br />

<strong>del</strong>l'obiettivo di un riuso organico<br />

<strong>del</strong>l'ex ospedale psichiatrico di Pergine<br />

Valsugana.<br />

In questa sede si presenta l'articolazione<br />

di questo itinerario, in forma di semplice<br />

scheda, proponendola come una sorta<br />

di promemoria dei diversi passaggi sui<br />

quali il gruppo stesso ritiene sia opportuno<br />

insistere per recuperare concretamente<br />

ad un fine di utilità pubblica quanto è<br />

stato individuato nel corso <strong>del</strong>la ricerca e,<br />

in alcuni casi, trasferito anche in precisi<br />

progetti.<br />

1. I settori di intervento<br />

1. <strong>Il</strong> “Contenitore” fisico, alias <strong>recupero</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>parco</strong>;<br />

2. La memoria;<br />

2.1 Allestimento di una casa <strong>del</strong>la memoria;<br />

2.2 Valorizzazione <strong>del</strong>l'archivio storico<br />

ai fini <strong>del</strong>la conservazione e fruizione<br />

con attenzione anche per l'importante<br />

biblioteca scientifica a corredo.<br />

2. Alcune prospettive di attività derivanti<br />

dalla memoria (cartacea e orale)<br />

1. Psichiatria perginese tra Austria e Italia<br />

(la psichiatria transnazionale come marcatore<br />

forte);<br />

1.1 I medici;<br />

1.2 Gli infermieri;<br />

128<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

1.3 Le suore e i cappellani;<br />

2. Analisi sociale <strong>del</strong>l’utenza;<br />

3. Topografia <strong>del</strong>l’utenza;<br />

4. Storia <strong>del</strong>l’edilizia manicomiale;<br />

5. Storia <strong>del</strong>le colonie agricole (ergoterapia<br />

e scelte virtuose);<br />

6. Operazione T4 (crimini nazisti contro i<br />

malati psichici e i disabili);<br />

7. La fine <strong>del</strong>l’”istituzione totale”.<br />

3. Attività innovative nel quadro di un coerente<br />

riuso<br />

1. Corsi di terapia ortoculturale;<br />

2. Creazione di un “cybercafe” nel <strong>parco</strong>,<br />

aperto ad interni ed esterni;<br />

3. La cultura nella/<strong>del</strong>la follia (mostre di<br />

pittura, musicoterapia transculturale, attività<br />

artistiche collegate a manifestazioni<br />

a carattere permanente).<br />

4. Enti collaborativi potenziali<br />

1. Comune di Pergine;<br />

2. Associazione nazionale archivisti-sezione<br />

<strong>Trentino</strong>-Alto Adige;<br />

3. Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari;<br />

4. Istituto agrario di S. Michele all'Adige;<br />

5. Museo storico in Trento;<br />

6. Provincia autonoma di Trento;<br />

7. Università degli studi di Trento;<br />

8. Associazioni di familiari dei “malati psichiatrici”.<br />

Gruppo di lavoro: Roberta Arcaini, Casimira Grandi,<br />

Anita Pasqualetti, Vincenzo Adorno, Paolo Botteon,<br />

Rodolfo Taiani, Gian Piero Sciocchetti, Ermanno<br />

Arreghini, Carmelo Anderle


Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

129


SCHEDA 2<br />

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130<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13


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