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Il destinatario dell'informazione sanitaria - Trentino Salute

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IntroduzioneL’edizione 2007 dei Dialoghi di bioeticae biodiritto nasce dalla collaborazionetra il Servizio Organizzazionee qualità delle attività sanitarie dellaProvincia Autonoma di Trento, ilDipartimento di Scienze giuridichedell’Università degli Studi di Trento(Progetto Biodiritto) e tre diversiOrdini professionali della Provinciadi Trento: Ordine dei Medici Chirurghie Odontoiatri, Collegio IPASVIe Ordine dei Farmacisti. I Dialoghi,il cui tema generale è stata la comunicazionein ambito sanitario,sono stati strutturati in una serie dicinque incontri presso la Facoltà diGiurisprudenza dell’Università degliStudi di Trento.Dialogo del 14 giugno 2007Tra cittadino e paziente: il <strong>destinatario</strong>dell’informazione <strong>sanitaria</strong>Moderatore: Giuseppe Zumiani (Presidentedell’Ordine dei Medici Chirurghie degli Odontoiatri dellaProvincia di Trento).Relatori: Lorenzo Chieffi (Preside dellaFacoltà di giurisprudenza, SecondaUniversità di Napoli), Paolo Dordoni(Dottore di ricerca in Filosofia eBioeticista), Mauro Miselli (Dirigentedel Servizio informazione e documentazionescientifica delle FarmacieComunali Riunite di Reggio Emilia).Dialogo del 21 settembre 2007La comunicazione tra gli operatorisanitariModeratore: Luisa Zappini (Presidentedel Collegio degli Infermieri, AssistentiSanitari, Vigilatrici d’Infanziadella Provincia di Trento).Relatori: Francesca Beltrame (Pediatra,Ospedale S. Gerardo dei Tintori diMonza), Paolo Benciolini (Professoredi Medicina legale presso l’Universitàdi Padova), Federica Bresciani(Infermiera Servizio Cure domiciliaripalliativeDistretto Trento, Valle deiLaghi Rotaliana-Paganella), RenatoMiori (già primario Medico internistapresso l’Ospedale S. Chiara di Trento).Dialogo del 19 ottobre 2007Comunicazione e “silenzio terapeutico”Moderatore: Carlo Casonato (Professoredi Diritto Costituzionale,responsabile scientifico del progetto“BioDiritto”).Relatori: Antonio Autiero (Direttoredell’ITC, Fondazione Bruno Kessler -ISR “Centro per le scienze religiose”,Trento) Mauro Barni (già Professoredi Medicina legale presso l’Universitàdi Siena e Vicepresidente delComitato nazionale di Bioetica),Fabio Branz (Medico Direttore dellaII Unità Operativa di Medicina edella Sezione Malattie Infettive dell’OspedaleS. Chiara di Trento) ElenaIoriatti (Ricercatore in Diritto privatocomparato Università di Trento).Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


IntroduzioneDialogo del 16 novembre 2007:Informazione e disinformazioni nell’eradella comunicazioneModeratore: Edoardo De Abbondi(Presidente dell’Ordine dei Farmacistidella Provincia di Trento).Relatori: Maurizio Bonati (Responsabiledel Laboratorio per la <strong>Salute</strong>Materno-Infantile presso l’Istitutodi Ricerche Farmacologiche “MarioNegri”), Roberta Calza (Farmacista),Marco Clerici (Medico di medicinagenerale), Gaia Marsico (Bioeticistae docente di Bioetica presso l’Universitàdi Padova).Dialogo del 7 dicembre 2007Tavola rotonda conclusiva: Comunicazionee responsabilitàModeratore: Fabrizio Franchi (Presidentedell’Ordine dei Giornalisti del<strong>Trentino</strong>-Alto Adige/Südtirol).Relatori: Gianfranco Domenighetti(docente presso la Facoltà di Scienzedella Comunicazione dell’Universitàdella Svizzera Italiana di Luganoe presso la Facoltà di Economiadell’Università di Losanna), Jean-François Malherbe (Professore diEtica applicata presso l’Universitàdi Sherbrooke, Québec, Canada),Annamaria Marchionne (Presidentedell’Associazione Trentina MalatiReumatici), Federica Rosa (Infermiera),Fabio Cembrani (Direttore dellaUnità Operativa di Medicina Legaledell’Azienda Provinciale per i ServiziSanitari di Trento).I partecipanti hanno prodotto410 elaborati di riflessione e puntualizzazionerispetto agli argomentitrattati nei vari Dialoghi. A loro volta,questi elaborati hanno costituitooggetto di un’ampia riflessione daparte di un Gruppo di lavoro compostoda medici, infermieri e una farmacista,nell’ambito di un progettodi formazione sul campo relativo aiDialoghi stessi. <strong>Il</strong> Gruppo di lavoroera composto da Federica Bresciani(infermiera), Marika Brugnara (infermiera),Roberta Calza (farmacista),Aldo Genovese (medico), FrancescoGongolo (medico), Maria RosannaGorza (medico), Mariangela Locatelli(infermiera), Cinzia Piciocchi (giurista),Chiara Refatti (infermiera).<strong>Il</strong> Comitato scientifico era compostoda Franca Bellotti, Fabio Branz,Carlo Casonato, Edoardo De Abbondi,Michela Fedrizzi, Aldo Genovese,Marco Ioppi, Giovanni Martini, CinziaPiciocchi, Loreta Rocchetti, LuisaZappini, Giuseppe Zumiani.Così com’è avvenuto per l’edizioneprecedente (Punto Omega n. 17 en. 18), si è ritenuto di procedere allapubblicazione degli atti (che sonostati curati da Cinzia Piciocchi), inmodo da contribuire alla più ampiadiffusione di un’esperienza proficua,che si ripete ormai da alcuni anni.In questa pubblicazione, ogniDialogo è preceduto da una brevepresentazione esplicativa del tema.Fanno seguito gli interventi deirelatori, la sezione “I casi” (alcunitra gli elaborati dei partecipantiall’incontro ritenuti più significativiin relazione all’argomento trattato)e, a conclusione, le considerazionifinali del gruppo di lavoro.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Tra cittadino e paziente:il <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>.Dialogo di Bioetica e Biodiritto del 14 giugno 2007I codici deontologici delle diverseprofessioni sanitarie fanno riferimentoora al paziente, ora allapersona, ora al cittadino.Ma sussiste una distinzione intermini di comunicazione tra questisoggetti? Per esempio, che caratteristicheha, o dovrebbe avere, la comunicazionerivolta alla generalitàdei cittadini, rispetto a quella cherivolta ai pazienti – e alle diversecategorie di pazienti? Che connotazioneassume quando ci si rivolgealla persona? Chi è, in definitiva,il <strong>destinatario</strong> della comunicazionein materia di salute: il cittadino, ilpaziente, l’utente…? Sussiste unadistinzione tra queste figure e, incaso affermativo, che cosa trasformail cittadino in paziente?I mass media, le associazioni deimalati, le imprese farmaceuticheconcorrono a diverso titolo nella definizionedel soggetto “malato”, siada parte degli operatori del settore,sia nell’autopercezione da parte deicittadini stessi.<strong>Il</strong> Dialogo intende esaminarequeste tematiche in una prospettivainterdisciplinare.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione <strong>sanitaria</strong>e scelta terapeuticaLorenzo ChieffiSolo un’informazione adeguatae indipendente dai molteplici interessicoinvolti nel campo sanitario (economici,professionali, etico-religiosi) rendeil paziente pienamente protagonistadel proprio percorso terapeutico.L’informazionee la scelta terapeuticaTra le “parole chiave” che ricorronoall’interno di un dibattito sulrapporto tra “Medicina” e ”Informazione”assumono un particolarerilievo, in un settore come quellosanitario (volto ad assicurare unadeguato stato di benessere perl’individuo), quelle dell’informazionestessa e della partecipazione.In considerazione di una lorostretta correlazione e logica funzionalizzazione,è indubbio che soloin presenza di una informazioneesaustiva si potrebbe consentireal paziente una consapevole partecipazionealla decisione terapeutica.La comunicazione, da parte dell’operatoresanitario, delle notiziesullo stato di salute del malato,sulle cure necessarie, sul loro esito,potrà infatti rendere possibile unascelta terapeutica che, in considerazionedegli indispensabili spazidi autonomia decisionale, potrannoagevolare l’instaurazione di quellanecessaria “alleanza” tra pazientee istituzioni erogatrici del serviziosanitario e, in particolare, tra pazientee medico curante.A fronte della condizione disudditanza che caratterizzava tradizionalmentequesto rapporto, èproprio attraverso l’accentuazionedei canali di informazione e deglistrumenti di partecipazione che sipotrà giungere a una condizionedi maggiore parità dialettica (ditipo narrativo), pure in presenzadi una inevitabile asimmetria trai due protagonisti del rapportoterapeutico, di cui soltanto uno èdetentore delle adeguate conoscenzascientifiche.Soprattutto in un’epoca che sicaratterizza, in modo crescente, perla presenza di un elevato livello ditecnologizzazione anche nell’eserciziodell’arte ippocratica, questorecupero di una visione olistica delpaziente, protagonista del rapportoterapeutico, consentirebbe di migliorarela dimensione relazionalecon il medico curante.La progressiva trasformazionedell’arte medica, in direzione di un“tecnicismo” e di uno “specismo”impersonali rischierebbe infatti dicondurre a un inesorabile allentamentodel rapporto “simpatetico”tra medico e paziente, con l’effettodi provocare il “tramonto”,o l’abbandono, dell’irrinunciabileapproccio dialogico o narrativo che,in passato, aveva caratterizzatol’esercizio di questa nobile professione,preordinata a sanare i maliche affliggono l’umanità.L’impersonalità dell’approccioadottato dalla scienza medica hacertamente rappresentato una delleProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>(sottoscritta dagli Ordini regionaliumbri dei medici, dei giornalistie degli psicologi), di migliorare illivello di informazione sulle realiopportunità offerte dalle scopertescientifiche, sulla utilità o menodei rimedi terapeutici, in modo daevitare di ingenerare tra i malati, epiù in generale tra gli utenti, dellefalse aspettative o di provocare “allarmismi,turbative e ogni possibiledistorsione della verità” (Borgna).Solo un’informazione adeguatae quanto più possibile neutra eindipendente dai molteplici interessi(economici, professionali,etico-religiosi) che si contendono ilcampo, potrebbe infatti consentireai soggetti interessati di manifestare,in piena autonomia e libertà, lapropria volontà.Lorenzo Chieffi è Preside della Facoltàdi giurisprudenza, Seconda Universitàdi Napoli.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


L’identità del <strong>destinatario</strong>negli spazi di curacontemporaneiPaolo DordoniLa cura non deve essere centrata solosulla persona (istanza etica tradizionale),né deve essere solo efficace e appropriata(istanza tecnica). Oggi le si richiede anchedi essere partecipativa, inclusiva dell’altro.Dell’interrogativo…(o della questione del “chi”)Sulla chiarificazione del problema“Chi” è il <strong>destinatario</strong> dell’informazione<strong>sanitaria</strong>? Ecco una domandache non è affatto banale, perchépone a proprio tema, ciò che in unprimo momento potrebbe sembrareovvio. I destinatari dell’informazione<strong>sanitaria</strong>, infatti, dovrebberoessere – per esempio e almeno perun certo tipo di informazione – ipazienti, attuali o futuri.Ma, “chi” sono i pazienti? Quelloche loro stessi pensano di essere oquello che gli altri dicono di loro?Sono persone affette da un problemache si rivolgono a un professionistadella salute per cercare dirisolverlo, quando possibile, o sonoinvece, anche “utenti” di un servizio,“cittadini”, titolari di diritti,“clienti” da soddisfare, “soggettimorali” da includere nei processidecisionali? Non vi è il rischio chei pazienti perdano la propria identità,non sappiano più chi siano,come debbano comportarsi? Non viè il rischio, parafrasando il titolodi un famoso romanzo di Pirandello,che da “uno” si trasformino in“nessuno”, di fronte alle “centomila”caratterizzazioni che gli altri(operatori sanitari, amministratori,politici, persino famigliari e personecare) danno di loro, spesso per illoro bene? <strong>Il</strong> soggetto malato nellasua identità, nel suo “chi” correrebbeil rischio di frantumarsi nei vari“che cosa” o ruoli, che gli altri gliattribuirebbero. Non sarà dunquetempo perso riflettere su quellache con una espressione appositapotremmo denominare la questionedel “chi”, la questione dell’identitàdei destinatari dell’informazione<strong>sanitaria</strong>.A ben vedere, però, potrebbedarsi che nelle considerazioniprecedenti ci siamo spinti troppoin avanti. Ciascuno di noi, infatti,quando si trova nelle condizionidi essere un paziente, si senteancora “se stesso”, una “identità”,“un medesimo soggetto”. E questo,nonostante gli possano essere statiapplicati più nomi, “maschere”,etichette. È sempre lui, la stessapersona di sempre, che ora si trovaa essere anche malata, quello chegli altri chiamano con nomi nuovi,come “cliente”, “utente”, “cittadino”…Tali nomi intaccherebberodunque la questione del “che cosa”,ma non quella del suo “chi” o, se sivuole, intaccherebbero la questionedel “chi” da un’angolatura diversa.La questione dell’identità che quiverrà esaminata, necessita dunquedi alcune precisazioni.Dire che è sempre la stessapersona quella che è malata e nonun’altra, che essa è un’identità,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>10non esclude affatto che le personemalate si interroghino su di sé. Nonesclude per nulla il fatto che le personeesposte a patologie gravi e insistentitalora non sappiano più chisiano. Per esempio, non si ritrovinopiù in ciò che sono diventate, sinoa faticare a riconoscere come “proprio”quel corpo che talvolta sembraprocedere per conto suo, senzaobbedire loro più. Con tale disagioperò esse rivendicano proprio il loroessere: sono proprio “loro”, infatti,quelle che percepiscono quel disagio.Sono ancora “loro” quelle cheesprimono le proprie scelte. E nonqualcun’altro, anche se in un certosenso non sono più quelli che untempo erano. 1La malattia mette alla prova lenostre forze ma, tranne che in alcunicasi, non mette in discussionese siamo o non siamo una identitàpersonale. Neppure il carattere burocratico,standardizzato delle cure,così aspramente criticato, di persé è segno della scomparsa dellanostra identità di curati. <strong>Il</strong> fattoche talora le cure abbiano favoritol’insorgere di pratiche, considerateda chi le riceve “impersonali”,generando quindi nei curati obiezionie resistenze, ci attesta chequelle persone, proprio con il loro“resistere” ci ricordano del loro“esistere”, del loro voler preservarela propria identità, quella identitàesposta che essi ancora sono e chenon per questo cessa di cambiaredi continuo.Ora è possibile porre tra parentesiper il discorso qui in oggettola questione di come la malattiapossa trasformare radicalmente lapercezione dell’identità del soggettostesso. Come essa lo esponga alfaticoso compito di ricostruire inparte una identità diversa, rispondentealle condizioni da questivissute in quella situazione. Per laprosecuzione dell’argomentazionepossiamo accontentarci del fattoche la persona malata, non cessaperché è malata di essere unaidentità, un “chi” di individuale.Pur sapendo però che si tratta diun “chi” destinato a cambiare. 2 Lapersona, infatti, durante la malattiapotrà cambiare la sua identità,potrà modificarla, spesso senzarendersene conto. Difficilmente,però accetterà di essere trasformatain una serie di nomi e categorie,senza avere la possibilità di farepropri tali nomi, di integrarli conla propria percezione di sé. Non cipare azzardato affermare dunqueche il paziente, almeno dal suopunto di vista, si sente ancora unpaziente, dove l’espressione “un”non sta in luogo di “uno qualsiasi”,ma di “quello stesso, quell’uno” checiascuno sente di essere, pur rendendositalora conto che qualcosain lui sta cambiando. È probabileallora che il paziente sia anchequalcosa d’altro, per esempio un“cittadino”, un “utente”, un “cliente”...ma che sia un “uno” e non un“nessuno”, per quanto esposto alrischio di diventarlo. Per il momento,è quanto basta per cominciarela nostra riflessione.Nel trattare la questione del“chi”, allora, ci si preoccuperà diverificare se sia oggi possibile (ecome) una integrazione tra chinoi siamo e cosa gli altri diconoProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


di noi, senza per questo doverammettere come punto di partenzalo sgretolamento completo dellenostre identità. Vedremo poi comeuna tale riflessione non possa checoinvolgere la cura stessa, il sensodi essa, perché quei “chi” di cuistiamo parlando sono spesso i suoireferenti. La questione del “chi”dunque si sposterà, almeno per unmomento, su quella del senso dellacura stessa.A maggior ragione, dal momentoche il contesto entro cui tale discussionesi inserisce concerne l’informazione<strong>sanitaria</strong>, ci si potrebbechiedere se a vivere una crisi diidentità (fatte salve le precisazionisopra esposte) non siano i pazienti,ma la medicina stessa. Una medicinache, proprio per far fronte aicambiamenti che sta vivendo al suointerno cambierebbe i “nomi” deidestinatari delle sue informazioni.È curioso infatti osservare come alcambiamento dei pazienti (almenoper quanto concerne la loro identificazionenominale) non sia ancoraseguito un cambiamento altrettantodecisivo nella denominazionedelle professioni della salute. Nelleprofessioni di cura ci sono semprei medici, gli infermieri, insieme anuovi professionisti, questo sì. Ma,se i pazienti diventano “cittadini”,“clienti”, “utenti”, che cosa diventerannoi curanti? Chissà che nonsia per questo motivo che a poco apoco si iniziano anche a intravederemodalità differenti di concepire ilruolo e il lavoro dei professionistidella salute. Si tratta di cambiamentiinevitabili, probabilmente,se in gioco non è un mero cambiamentodi nomi, ma di significati.Tutto questo ci rammenta che forsesiamo stati precipitosi nel sospettareche i pazienti stiano vivendouna crisi di identità a partire da cuinoi dovremmo riflettere. E questo,non solo perché la loro identità aun livello profondo ci pare sufficientementepresente. Da quantodetto è più probabile invece che aessere in crisi sia la stessa medicinao il modo con cui oggi riusciamoa concepire la cura al suo interno.In effetti, sembra che questa nonsia un’impresa molto facile. Ci siimpone quindi nuovamente unariflessione sulla cura.Le tappe del percorsoFatte tali precisazioni, possiamoiniziare. In questo saggio, mipropongo di contestualizzare laquestione del “chi”, la questionedel <strong>destinatario</strong> dell’informazione<strong>sanitaria</strong>, nel quadro più ampiodella cura, tale come essa si è andataconfigurando nel tempo sinoai giorni nostri.Lo farò seguendo un percorsofatto di diverse tappe. Dapprimacercherò di precisare le questioni ingioco nella cura prima che essa divenisseil risultato di un interventomedico, di un’ars medica. Come vedremo,sarà un viaggio “nella” cura,“prima della cura”, anzi “al di quadella cura”, nel segno della dimensionecostitutiva e antropologicadei gesti di cura. Sulla scorta di taliindicazioni cercherò di mostrarecome la medicina contemporaneastia vivendo ancora oggi sulla suapelle alcune questioni di fondo inun contesto (pur dinamico) segna-11Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


menti terapeutici o diagnostici, maa relazioni affettive tra persone.È per questo che l’approccio sceltoper parlare della cura, prenderàora le mosse dalla ricognizione di diversimiti legati alle origini dell’uomo:il mito di Cura, di matrice grecolatina,di cui ci è data testimonianzada Igino l’astronomo nel secondosecolo d.C.; il mito di Prometeo, dimatrice greca, già presente nellaTeogonia di Esiodo (507 ss.) comenella sua Le opere e i giorni (42 ss.),risalente in questo caso all’VIII-VIIsecolo a.C.; il mito della Torre diBabele, presente in Genesi 1, 9-11,di matrice giudaica, risalente allatradizione Jahvista del secolo IX a.C.Dall’incrocio di questi tre racconti,provenienti da tre tradizionifondamentali per la nostra cultura,la tradizione latina, greca ed ebraica,cercheremo di evidenziare ladimensione costitutiva di cura.Ciò che segue non ha la pretesadi valere in quanto sorretto dalmito. Al contrario potremmo direche il mito vale, ha senso, solo seci aiuta a ricomprendere, seppurenella forma di un racconto fattoper immagini, il nostro tempo e lanostra situazione. Non vi è dunquealcun bisogno di esaltare il raccontomitico quale fonte di per sè vera,né di ridicolizzarlo quale fonte immatura,infantile, previa rispetto aquella scientifica e da essa superata.È sufficiente che, per quanto segua,ci si ponga al suo ascolto e ci silasci interrogare da esso svolgendouna interpretazione che ambiscesoltanto alla possibilità di esserepersuasiva. Nulla più, ma neppurenulla di meno.CuraInizierò con il mito di Cura. Esso,come quello di Prometeo, ci narradella nascita dell’uomo. I protagonistidi tale racconto sono quattrodivinità del tempo, la dea Cura, ildio Giove, la dea Terra, e il dio Saturno.Cura, trovandosi in cammino,più specificamente, durante l’attraversamentodi un fiume, si rendeconto, “vede”, “nota” del fangoargilloso. Qualcosa di in-forme dunque,di indeterminato le si presentadinnanzi agli occhi. <strong>Il</strong> suo gestoè quello di raccoglierlo e di darviforma. <strong>Il</strong> suo atteggiamento è diessere pensosa. Cura, dunque, entrain azione, per così dire, quando sitrova già in cammino, in ricerca,(sta attraversando) e quando si trovain una condizione di attenzionee meditazione (è pensosa). Essavede ciò che altri non notano, erimane in un atteggiamento riflessivoche ne accompagna l’azione.L’azione poi si qualifica come quelladi “dare forma” a ciò che formaancora non ha. Tenuto insieme daCura ciò che essa ha fatto è ancoraprivo di vita. Per questo Cura chiedea Giove di animarlo e di fornirne lospirito vitale. Interessante è chesubito dopo questo gesto, questaanimazione, ha luogo una disputa:di chi è, infatti, questa nuovaidentità? O meglio, chi gli devedare il nome? 3 La disputa, dapprimainteressa Cura e Giove, i quali,rispettivamente, rivendicano persé tale prerogativa. Poi coinvolgeanche Terra. In effetti, se Giove hafornito lo Spirito, Terra ha fornitola materia, mentre Cura, come sappiamoil lavoro, la sollecitudine, le13Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>14cure necessarie a tenerlo insieme,a trasformare l’informe in un qualcosadi formato. Ciascuno dunquesembra avere buone ragioni allesue spalle. Sarà Saturno, il tempo,forse segno della temporalità stessadel nostro vivere, della nostra finitezza,a risolvere la disputa. Giovedifatti riceverà lo spirito alla finedella vita. Terra avrà il privilegiodi dare il proprio nome al nuovoessere, Homo da Humus, ma saràCura a custodire/possedere questoessere, questa identità, finché essaavrà vita. 4Ne possiamo dunque già ricavarealcuni spunti. L’uomo non puòesistere, neppure “stare insieme”,giungere a una forma, senza gestidi cura. Quella identità che noisiamo, quell’unità che siamo solitichiamare psico-somatica, spirituale,ha bisogno di gesti di cura peresistere, per non sfaldarsi, per nonritornare allo stato informe precedente,che non necessariamentesignifica scomparire. Sono i gesti dicura dei nostri genitori, di chi ci haamato, sono quelli che noi riusciamoa realizzare nei nostri confronticome in quelli di altri, quelli che citengono insieme, che fanno essere“ciò” e “chi” siamo. Questi gestiperò sono a un tempo dei gesti dipotere, e implicano dunque anchela questione del possesso. Per uncurante oggi è facile rendersi contodel potere che può esercitare neiconfronti della persona vulnerabileche assiste. <strong>Il</strong> gesto di cura è dunquecostitutivo per il nostro essere,ma si presenta come già di per séambivalente. Questo è un punto chesarà opportuno tenere presente.Prometeo<strong>Il</strong> racconto di Prometeo, di cuiesistono numerose varianti e dicui sono noti diversi episodi (tracui quello narrante l’origine deisacrifici agli dei, il vaso di Pandorae il ratto del fuoco, su cui quici concentreremo), ci consente dicogliere un altro aspetto. Quella acui ho attinto è una versione tarda,tramandataci da Platone (427-347a.C.) nel Protagora. Anche in questocaso si parla della nascita dell’uomo,della stirpe dei mortali. Anchequi essi vengono plasmati dagli dei,mescolando tra loro vari elementi,tra cui la terra e il fuoco. <strong>Il</strong> problema,però, qui si pone in mododiverso: permettere agli uomini disopravvivere.È tempo difatti che essi venganoalla luce e che siano provvisti delnecessario. È un compito questoaffidato a Prometeo (colui il qualeletteralmente “vede prima” ed è ingrado di “pre-vedere”) e al fratelloEpimeteo (colui il quale “vededopo”, meglio sarebbe dire “in ritardo”).Sappiamo che Prometeo sirenderà colpevole di fronte a Zeusdi un furto, operato nei confronti diEfesto e di Atena (rispettivamente,dio del fuoco e dea delle arti/téchnai).Si tratta del furto del fuoco edelle arti, appunto, che egli doneràagli uomini per permettere loro disopravvivere. Platone ci raccontache Epimeteo, dopo aver già donatoa tutte le altre specie animali tuttele facoltà che aveva a disposizione,ne era rimasto completamenteprivo per la specie umana. L’uomoera dunque rimasto sprovvisto diaiuti, di doni, di facoltà atte aProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


garantirne la sopravvivenza. Da quil’intervento riparatore di Prometeo,il quale, come sappiamo, sarà duramentepunito per il suo gesto.Verrà difatti condannato a viverelegato a una rupe, condannato a unsupplizio eterno: durante il giornoun rapace gli strapperà il fegato amorsi; durante la notte il fegatosi ricostruirà, in modo tale che ilgiorno seguente si possa ripeterequesta macabra tortura. Dal mitosappiamo anche che Prometeo inseguito verrà liberato e che le punizionidi Zeus si spingeranno benoltre (vedi il vaso di Pandora).A noi, però, per l’economia diquesto discorso, interessa questaprima parte del racconto. Inparticolare il fatto che Prometeodoni all’uomo il fuoco e l’uso dellearti/tecniche (téchnai). Un donoparticolare, poiché è concepito neitermini di un furto e di una assimilazioneagli dei. Sembra dunqueche l’uomo nasca da un’ingiustizia,peraltro inevitabile, pena la nonsopravvivenza degli uomini stessi.Vorrei soffermarmi qui sul contenutodel dono. Potrà sembrare banale,ma il fuoco che viene donato è fondamentale.In effetti, è proprio ciòche permette all’uomo di ripararsidalle fiere, di trasformare i cibi, dimodificare i metalli... in altre paroledi dare vita alle diverse arti. <strong>Il</strong>fuoco, dunque, prima ancora di divenireprincipio filosofico, costitutivodella realtà, è ciò che permetteall’uomo di possedere le téchnai,termine di solito tradotto conl’espressione “tecnica” o “arte”, dicui la medicina, non sarà superfluoricordarlo, è considerata la madre. 5Esse non sono semplicemente dei“saper fare”, delle “tecniche” chenoi avremmo appreso per sempliceripetizione di esperienze. E neppureesse sono “solo” (come spesso lesi traduce) delle “arti”, come ogginoi potremmo erroneamente intenderle,trasponendo un significato anoi più noto di esse: qualcosa chesia frutto dell’ingegno dell’uomo,dell’intuizione di questi (artista),o qualcosa che sia legato allacompetenza della persona abilenel saper fare qualcosa (artigiano).Tali termini riflettono solo in parteil senso dell’espressione téchnai.Essa ha a che fare piuttosto con latéchnê, che provvisoriamente potremmoqualificare come un saperfare/produrre accompagnato dallaconoscenza del perché riusciamo araggiungere ciò che ci proponiamodi costruire/produrre. 6 Riusciamoad agire, a intervenire con efficacia,non per caso, per abilità manualeo per genialità, ma per il possessodelle téchnai, dei loro saperi edegli atteggiamenti che essi stessiprevedono. Sono dunque il segno diun modo di pensare e agire, di unmodo di essere dell’uomo. 7<strong>Il</strong> mito ci invita a riflettere su diun altro aspetto centrale: la capacitàdell’uomo di modificare, adattarealle sue esigenze l’“ambiente”, chenon è solo l’ambiente naturale, matutto ciò che lo circonda, che necostituisce lo spazio vitale. Senzatale conoscenza tecnica e senzal’atteggiamento caratteristico diessa, che porta l’uomo a volere trasformare,modificare, dominare larealtà che lo circonda per renderlaabitabile, adatta alla sua sopravvi-15Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>16venza, l’uomo non sarebbe in gradodi sopravvivere. La sua condizionefisica è quella di un essere nudo,inerme, minacciato dalle fiere edalla natura. <strong>Il</strong> ricorso alla tecnicatale come lo abbiamo configurato,però, non è solo la risposta a unapaura costitutiva, quella di esseresopraffatti dal mondo, non è solouna condizione per poter esistere,per continuare a farlo, ma probabilmenteil modo proprio dell’esseredell’uomo. L’uomo nasce, quandodiviene l’uomo della téchnê, l’homopoieticus (da poíêsis, produzione, iltipo di azione in cui si estrinsecail sapere umano della téchnê). Talecaratteristica più che aggiunta ècostitutiva almeno tanto quanto loera quella di dover essere accolto,sostenuto, accudito, curato a cuiil mito precedente aveva fattoriferimento.Anche in questo caso, come nelprecedente mito, siamo di frontea una ambivalenza. La tecnica,pur essendoci costitutiva, può superareuna certa soglia e diveniredistruttiva dell’ambiente e dell’uomostesso. 8Per quanto dunque tale dimensionesia fondamentale, essa nonpare ancora essere sufficiente.Platone ci lascia presagire, infatti,che essa abbia necessità di unaintegrazione. Platone accennaqui alla sapienza politica, allacapacità di stare insieme, che è infondo un invito a esplorare il terzoracconto che avevamo anticipato,quello di Babele. 9 Che cosa maipotrà aggiungere il racconto dellatorre di Babele a quanto abbiamoevidenziato? A mio parere, il contestoentro cui oggi ci muoviamoe la necessità di introdurre quellasapienza politica a noi ignota.Babele“Tutta la terra aveva una sola linguae le stesse parole”. In questocaso gli uomini esistono già. Nondevono nascere. Ciò che qui siappresta a nascere è la capacità distare con gli altri uomini, di vivereinsieme ad altri, diversi da noi.In fondo, proprio quella sapienzapolitica di cui si lamentava l’assenzanel mito precedente. Anchein questo caso, l’evento prende lemosse da un movimento, da unaemigrazione. L’uomo è alla ricercadi un luogo dove poter vivere. Nonbasta sopravvivere. Una volta giuntoin una pianura ritenuta adatta,l’uomo intraprende il progetto dicostruire una città, una torre dovepoter vivere. Anche qui ritorna laquestione del nome, che è a untempo quella dell’identità e delpossesso: “Venite, costruiamociuna città e una torre, la cui cimatocchi il cielo, e facciamoci unnome per non disperderci su tuttala terra”. Sappiamo come è finita.Dio avrebbe impedito agli uominidi realizzare tale progetto disperdendolisulla terra.<strong>Il</strong> progetto della costruzionedella torre-città ci ricorda la dimensionedella téchnê insita nell’uomoe ci mostra qui come essa, se presadi per sé, possa essere espostaalla alienazione dell’uomo stesso.L’uomo difatti sembra dimenticarele ragioni per cui sta costruendo.Edifica la costruzione a fine in sé. Sialiena nel costruire. ProbabilmenteProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


non riesce nemmeno più ad abitareinsieme ad altri la sua torre, tantoè preso nella sua impresa, nella suacostruzione. 10Anche la medicina oggi, avolte, ci sembra alienata, avendoincrementato esponenzialmentele proprie capacità tecniche, maessendo anche diventata muta difronte alla questione del sensodi ciò che con essa si sta realizzando.<strong>Il</strong> suo silenzio, a volte,sembra attestare la sua incapacitàdi rispondere a questi interrogativicon quegli stessi strumenti chene hanno garantito la grandezzae la fortuna. Anch’essa con il suolinguaggio e le stesse parole, nonsa affrontare gli altri problemi,nati dall’interrelazione con gli altri,che quel linguaggio, spesso quelloscientifico-matematico, non riescea cogliere o trasformare in modosoddisfacente. Nel racconto di Babele,al desiderio dell’uomo di farsiuna casa, di abitare, di rafforzarela sua identità, fa da contrappesoil gesto divino con il quale l’uomoviene disperso, un gesto che vienepresentato quasi nei termini di unapunizione. Dio, infatti, punirebbegli uomini per la loro superbia, peril fatto di essersi voluti fare similia lui, di aver voluto giungere sinoal cielo.Eppure il gesto divino, potrebbeanche essere inteso diversamente,nei termini di un invito, per esempio.È probabile, difatti, che l’uomopossa uscire dalla sua alienazione,in questo caso, quella di aver scissotra loro i gesti di cura e di prendersicura, le istanze etiche e le tecnichedi quel gesto originario. E lo possafare, per esempio, disperdendosi,apprendendo diverse lingue,imparando a stare con gli altri inmodi diversi. Allora questo è unracconto che, più che simboleggiareuna punizione, ci sembra esortareal confronto, al pluralismo, a unaconvivenza diversa, al rispetto dell’altro,all’apprendimento di nuovilinguaggi e alla capacità di costruirecomunità e identità rispettosedelle differenze di ciascuno. È, infondo, quello che stiamo cercandodi fare oggi, anche con la medicinadi oggi. Ed è anche quello chefacciamo fatica a realizzare. Forseè l’edificio che stiamo costruendo anon essere del tutto adatto. Forseè il senso del nostro fare che devediventare oggetto di riflessione.Ma, forse, sono anche i molti nomicon cui abbiamo a che fare che cipossono dare degli spunti. 11In ogni caso, se la cura è il risultatodi due tensioni antropologichecostitutive (che abbiamo richiamatocon il mito di Cura e quello diPrometeo, e che abbiamo provvisoriamentenominato con le voci“istanze etiche” e “tecniche”), ilrischio di scivolare in un estremo onell’altro è forse superabile, aprendotale sforzo alla pluralità dellelingue, dei valori, dei linguaggi.Perché non ci si dimentichi che ingioco è la nostra capacità di esserenoi stessi, ma anche di stare congli altri, un qualcosa di altrettantofondante per l’uomo a motivo dellasua vocazione relazionale.Quanto sin qui raccolto ci permettedunque di provare a interpretarelo spazio di cura entro cuioggi viviamo ed entro cui, non va17Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>18dimenticato, dovrà essere impostatala questione del <strong>destinatario</strong>della informazione <strong>sanitaria</strong> chequi è oggetto di indagine. Lo faremoprendendo le mosse da unarilettura della storia della cura chetenga conto delle indicazioni quiofferte.Uno spazioin equilibrio/disequilibrio...rileggendo la nostra storiaLa medicina occidentale, che siispira alla tradizione ippocratica,nasce quando i gesti e i saperi dicura di cui abbiamo parlato, raggiungonolo statuto epistemologicoe operativo di una téchnê, di un’ars,un saper fare peculiare, un ars medicaappunto, una téchnê iatrikê.Un saper fare che, come abbiamovisto deve essere accompagnatodalla conoscenza del perché si siain grado di raggiungere ciò che cisi propone; nella fattispecie, peresempio, il mantenimento o il recupero,se possibile, di uno stato disalute. 12 Siamo ben oltre dunque lamera abilità manuale, la mera esperienza,con la quale si raggiungerebberodei risultati, senza sapereperò rendere ragione del perché ditale successo/insuccesso. Siamoperò anche ben lontani dal rigoredi ciò che è richiesto dai saperidimostrativi (epistemici in sensostretto) con il quale potremmo concluderecon la certezza propria diuna dimostrazione matematica. Citroviamo in un dominio più labile,esposto all’incertezza e all’incrociodi due competenze: quello di chiappunto si propone come esperto,tecnico, competente e quello di chisi propone come saggio, capace didiscernere ciò che sia bene farenella situazione concreta, anche incondizioni di incertezza, difficoltà,tensioni emotive. Al medico per suopeculiare tipo di azione si richiedevadunque il possesso di entrambe,una sintesi, di certo non facile. 13La nascita della medicina ippocraticaè un passaggio essenziale,un passaggio, però, che parla anchedi una tensione costitutiva nellamedicina: quella tra un’istanzaetica, di accompagnamento (segnataa sua volta dalla questionedel possesso) e un’istanza tecnica,di dominio, sia conoscitivo cheoperativo (a sua volta segnata dallapresenza o meno di una consapevolezzadel senso del proprio fare e dellimite). È l’intreccio o, se si vuole,il matrimonio tra due miti, ciò chequi sta avendo e ha avuto luogo;quello che abbiamo simboleggiatorichiamandoci al mito di Cura e almito di Prometeo. Ed è l’invito allaricerca di un equilibrio soddisfacentetra la dimensione di saggezza edi competenza tecnica richiesta aicuranti: un lavoro questo per nullascontato. La medicina, cercheràsempre di mantenere in una giustatensione, seppure nella forma di unequilibrio provvisorio, questi dueaspetti, per evitare sbilanciamentieccessivi a favore dell’uno o dell’altro.Da questo dipenderà ancheparte della sua credibilità. Quelloche ci preme sottolineare, però èche tali dimensioni sono compresentiin essa sin dal suo inizio. Inmedicina, la cura ci si presentadunque come ambivalente, espostaa perdere il senso della sua misuraProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


e a dimenticare la dimensione dipotere in essa presente. Ma ancheesposta a non poter agire diversamente,a dover in un certo sensointervenire, manipolare, esercitareun potere, e a dover scoprire divolta in volta il limite legato al suofare e agire.La “invenzione” della medicinaippocratica poi, prima ancora cheessere di ordine pratico, è di ordinementale. In effetti, prima ancora diavere a disposizione gli strumenti ele conoscenze necessarie per interveniresul corpo umano con efficacia,la medicina, intesa nei terminisopra indicati, inaugura qualcosadi ben più radicale. Si tratta, sesi vuole mantenere la metaforaconiugale, di un parto peculiare:quello di una forma mentis, di unmodo di pensare e agire che sappiaconciliare competenza tecnica concompetenza morale, ovvero téchnê(arte-tecnica) e phrónêsis (di solitotradotto con “saggezza”, “saperemorale”) in essa presenti.La forma mentis del medico,(meglio sarebbe dire del curante)è una forma che oggi diamo perscontata, dimenticando di aver ache fare con qualcosa di innovativo.Di fronte alla malattia non ci sipreoccupa di fare dei sacrifici peraccattivarsi delle divinità, né ci siimpegna in speculazioni astratte,riferendosi ad alcuni principi supremiin grado di spiegare la totalitàdel reale. Si cerca di intervenire conperizia e a ragion veduta, avvalendosidell’esperienza, questo sì, maanche del ragionamento rivolto sudi essa, supportati dal ricorso a modelliinterpretativi e teorici esplicatividel reale e della condizionedi salute e malattia a cui si fa riferimento.E si cerca di svolgere talericerca nel massimo rispetto, fattodi attenzione, pudore, riservatezza,dedizione con i quali ci si apprestaa impegnarsi perché il pazientepossa raggiungere il suo bene. Unconnubio scientifico-etico, dunqueviene richiesto ai curanti.È quella forma mentis con cuiil medico si dispone ad ascoltare,far ricordare il paziente, attraversol’anamnesi (anámnesis); adiagnosticare, (diá-gnosis, da diagignóskein,guardare attraverso);a prognosticare (pro-gnôsis, daprogignóskein, cercare di prevedere,anticipare, conoscere prima); aproporre delle terapie (therapeía)sulla scorta di un ragionamento cheè già in nuce caratterizzato dallarelazione costitutiva tra il ricorsoall’esperienze e l’interpretazioneteorica di esse. Ben distante dallamera speculazione, ma anche dallasemplice abilità tecnica. Un mododi pensare che, è bene ricordarlo,non è affatto scontato, ma è dovutoessere formulato dai greci, partoritoda quell’unione simbolica di cuiabbiamo parlato.A motivo della natura limitatadelle risorse terapeutiche alivello farmacologico, chirurgico(se confrontate e valutate con ilmetro delle attuali) la chiave divolta della medicina ippocratica,di questa forma mentis peculiare,diviene, almeno nella scuola di Kos,la prognosi: la capacità di prevedere,entro certi limiti il decorsodella malattia, il suo carattere(condizione necessaria per poter19Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>20agire sensatamente rispetto a essa)e di non perdere quello che per ilmedico diverrà un ideale regolativo:la scelta del momento opportuno,del tempo opportuno per decidere(kairós). 14Sappiamo che oggi la medicinaha realizzato il suo sogno,giungendo a successi un tempoimpensabili, grazie all’adozione delmetodo scientifico sperimentalee al ricorso dei contributi scientifico-tecnologici,tanto a livelloteorico come a livello operativo.Uno sviluppo che ha spostatol’attenzione sul momento delladiagnosi e della terapia, lasciandola questione della prognosi, almenonella relazione clinica, sullo sfondo.Di fronte ai pazienti essa, infatti,rimane nel dominio dell’imponderabile;di fronte ai curanti, invece,in quello del controllo statistico edella impostazione del tipo di curada offrire.Sappiamo anche che la medicinaha dovuto attendere diversi secoliprima di disporre delle conoscenzee degli strumenti necessari pergiungere a quella che oggi noiconsideriamo essere la sua maturità:lo statuto di un sapere e diuna pratica validati, corroboratida conoscenze ed esperimenti. Dalmomento che l’adozione del metodosperimentale nelle scienze fisicheviene di solito collocata nel XVIIsecolo, mentre in quelle medichenel XIX secolo, con Claude Bernard,semplificando possiamo affermareche l’attesa è stata di più di duemillenni se consideriamo che i primiscritti ippocratici risalgono al VIsec. a.C. Un innesto questo, però,ci pare opportuno sottolinearlo,che difficilmente avrebbe potutoavvenire se già la medicina non sifosse strutturata in modo tale daaccoglierlo e attenderlo. Ovvero,se non fosse stata già segnatada quella forma mentis alla qualeabbiamo fatto riferimento. Oggisappiamo anche che questo progetto(istituire, utilizzando terminimoderni, una medicina scientifica etecnologica, che sapesse giungereai risultati che si proponeva e arenderne pubblica ragione, una medicinadunque affidabile, legittimata)ha saputo fare tesoro non solodi nuove conoscenze, ma anchedi strumenti (per esempio, quellidel calcolo) capaci di dominarel’incertezza con cui la medicina haavuto e avrà sempre a che fare. Èsufficiente qui fare menzione all’usodella teoria della probabilità e alricorso sempre più frequente allastatistica con cui i professionistihanno cercato, pur con certi limiti,di controllare razionalmente quell’incertezzaall’interno della qualesi rivolgeva e rivolge ancora il lorostudio e il loro agire. 15La messa in questioneCuriosamente, però, sarà proprio incorrispondenza di questi successi(che tenderanno a far pendere labilancia della istanza costitutivadella cura verso la dimensionetecnica piuttosto che quella relazionale)che la medicina entrerà incrisi e faticherà a riconoscere sestessa. E da più parti. Dapprimacon il movimento dell’umanesimomedico, che cercherà di riportareall’attenzione dei curanti la perso-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>22modi diversi nel corso del tempo.L’adozione del modello psicosocialea integrazione di quello biomedicoci ricorda di questa necessariaintegrazione, ma anche di quantoessa sia faticosa, a volte difficile epersino impossibile in tutte le sueistanze. I paradossi dell’adozionedel modello psicosociale non sonoinfatti minori di quelli legati aquello meramente biomedico e ciinvitano a una riflessione criticasu di essi che qui possiamo solonominare, senza svolgere. Forse èvenuto anche tempo per rifletterein modo critico su ciò che pretendiamofare, divenendo consapevolidi ciò che effettivamente siamo ingrado di fare in qualità di curanti,ma anche in qualità di pazienti.Inoltre, che si debba ridurreil soggettivo all’obiettivo, il casoindividuale alla regola generale,che vi sia un metodo scientifico perrisolvere i problemi etici con rigore,che sia possibile applicarlo a diversicasi, che il soggettivo sia da tenerein sospetto a tutto vantaggio diciò che è misurabile, controllabile,dominabile dal calcolo e dal rigoredegli strumenti adoperati, che ilmondo dei fatti, sia distinto daquello dei valori da una cesuranetta, che l’intenzione beneficentesia di per sé garante della moralitàdegli atti eseguiti e via dicendo,sono solo alcuni presupposti su cuisarebbe opportuno riflettere con attenzionenonostante si creda che suparte di essi si regga l’edificio stessodella medicina. Difatti se essi cisono di aiuto per consolidare un atteggiamentoconoscitivo rigoroso,ci possono essere di impedimentoper qualcosa di altro. Per esempio,per entrare in una relazione diconoscenza con quella persona dicui ci stiamo prendendo cura. Masarebbe ingenuo pensare che perentrare in una siffatta relazione siasufficiente la buona volontà o unagiusta predisposizione. Così comesarebbe ingenuo pensare che tuttodovrebbe essere affrontato dallamedicina, dalle cure. Forse vengonorichiesti anche modelli comportamentalie cognitivi differenti, cheè opportuno sin da ora segnalare,ma la cui discussione ci porterebbetroppo lontano.Prima di passare oltre, ci sembraperò opportuno prendere sulserio un’altra obiezione che ci sipotrebbe muovere. In fondo, ciòche stiamo rimproverando alla medicinaè qualcosa di già noto, unavecchia storia, una critica che sitroverebbe già inclusa nell’aforismadi latina memoria con cui gli antichici ammonivano che il medicodoveva essere un vir bonus medendiperitus. La competenza tecnica dasola non basta. Bisognerebbe chefosse accompagnata dalla qualitàmorale del soggetto. Fin qui nullada dire. Ciò nonostante non cisembra che la bontà del medicosia di per sé sufficiente a far fronteall’impegno della cura quandoessa, appunto, cerca un equilibrioparziale e rivedibile tra manipolazionee accompagnamento. Gliatteggiamenti, le convinzioni, ipresupposti necessari per diveniremedendi peritus infatti possonoostacolare il darsi di quel processodi comprensione/interpretazionedella singolarità del paziente, cheProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


non è di per sé garantito dallaqualità morale del medico. Questi,per esempio può essere convintodi agire per il bene del paziente,può essere una persona scrupolosae seria nel suo lavoro, dedita aesso, ma può anche non essersiaccorto di quel paziente che ha difronte, dei suoi interrogativi, dellesue preoccupazioni, spesso diverseda quelle del diagnostico. Vi è unincontro tra lingue e mondi diversi.La letteratura, prima ancora che itrial clinici, più volte ce ne ha datotestimonianza. Neppure sembra valerel’adagio, spesso citato a titolodi legittimazione, secondo cui siafferma di aver “agito in scienza ecoscienza”. Esso non fa che attestareuna ulteriore dicotomia, dataper ovvia e scontata: quella che visia un mondo obiettivo, retto daconoscenze scientifiche e un mondosoggettivo, sede del privato e dellacoscienza, oggetto di un rispettoassoluto.Di fronte a coscienze diverse senon sarà possibile avvalersi di criteriscientifici o di modelli culturalicomuni, come ci si atteggerà? E chene sarà della cura? Ecco la sfida dioggi per la cura, su cui sarà opportunosoffermare la nostra attenzionerendendo esplicito ora lo spazioentro cui oggi essa pare muoversi.È uno spazio ben più complesso earticolato di quello tracciato dalledue istanze qui nominate.Lo spazio della curaSi intravede sin d’ora come l’assestrutturale della cura sinora delineato,quello esistente tra le sueistanze tecniche e relazionali, siaattraversato da un asse ulteriore,che lo taglia perpendicolarmente eche rende ancor più complicato trovaredegli equilibri soddisfacenti. Sitratta di quell’asse ai cui estremi sipossono scorgere le istanze di autonomiae di giustizia rivendicatedalla cura e non solo dai curati.Sono istanze che paiono legittimealmeno tanto quanto pretendono diesserlo quelle di competenza eticae tecnica. Istanze che, in fondo,arricchiscono la dimensione eticache è costitutiva della stessa curainserendo due nuovi poli di attrazione.Dunque aumentano le tensioniin gioco, le spinte centrifughepresenti nella cura, rendendolauna impresa instabile e complessa.Lo si può cogliere anche soltantoda una semplice ricognizione dellinguaggio.Si dice infatti che la cura nondeve essere solo centrata sulla persona(istanza etica tradizionale),né deve essere solo efficace, appropriata(istanza tecnica). Oggi le sirichiede anche di essere partecipativa,inclusiva dell’altro (per esempio,rispettando l’autonomia deipazienti). Le si richiede anche diessere efficiente, economicamentesostenibile ed equa (rispettando intal modo l’istanza di giustizia sopraaccennata). Oggi, infatti, riteniamoche ciascuno debba poter ricevereun minimo dignitoso di assistenza<strong>sanitaria</strong>. È il riflesso dell’accettazionedi un diritto all’assistenza<strong>sanitaria</strong>. Ma, come non è affattoscontato che l’istanza tecnica eetica costitutive della cura sianoconciliabili tra loro spontaneamente,non è neppure ovvio che lo siano23Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>24l’istanza di autonomia e di giustiziaa cui abbiamo fatto brevementecenno. Non è dunque detto cheun rispetto incondizionato dellescelte del paziente, quand’ancheil medico o il professionista dellasalute fossero d’accordo con questi,sia compatibile con le istanze digiustizia rivendicate da un serviziodi salute pubblico.La prima istanza, quella relativaalla autonomia, è entrata in medicinacon irruenza e probabilmenteancora fatica a trovarvi ospitalitàpiena. La bioetica ne è stata latestimone più nota dando vocea quella che da più parti è statachiamata la crisi del paternalismo.In essa si è sentita con forza lavoce dei pazienti che hanno rivendicatoil diritto di scegliereanche in merito a questioni legatealla propria salute. Si badi bene: ipazienti non sarebbero autorizzatia scegliere “nonostante” sianomalati, ma proprio “perché” sonotali. È una rivoluzione radicale. Nonche prima i pazienti non godesserodella libertà decisionale: semplicemente,si riteneva che non fosseronelle condizioni di scegliere, siaper la condizione di malattia cheper l’assenza di conoscenze edesperienza in merito a essa. Affidarsia un esperto era, e spessoancora è, la cosa migliore. <strong>Il</strong> connubiotra paternalismo e medicinascientifica tecnologica era garantedi qualità.Ma, ci chiediamo oggi, fino ache punto? Di cosa è esperto ilprofessionista? I pazienti (o almenoper una parte di loro) oggi rivendicanouno spazio per le propriescelte non tanto e non solo perdifendersi da una medicina ritenutatalora eccessivamente invasiva,ma forse anche per l’acquisizionedi un cambiamento culturale inmerito alla gestione della propriacorporeità. 17 Essi lo fanno nellaconsapevolezza di essere le personepiù indicate a esprimere giudizi divalore sul proprio stato, spesso perchésono proprio “loro” quelli che lovivono e ne hanno fatto esperienza.Naturalmente non pretendono didiagnosticare la propria malattia odi sostituirsi al sapere tecnico deicuranti. Essi però rivendicano lapropria competenza e legittimitàdecisionale in questioni attinentila propria qualità di vita. Voglionoessere loro, spesso, a decidere comevivere il tempo che gli resta, a valutarel’opportunità o meno di seguireuna certa terapia, ad accettare omeno di vivere la malattia nellemodalità suggerite dai professionisti.Si è dunque in parte rottal’equivalenza “bene clinico = benedel paziente”, non tanto perché imedici non sappiano fare bene illoro lavoro, ma piuttosto perchéi pazienti si sono ritagliati unospazio di autonomia e responsabilitàdecisionale che comporta unaridefinizione di parte dei ruoli edei comportamenti di entrambe leparti, sempre che a essere in giocosiano solo due attori e non, comepare, molti di più.La seconda istanza, quella digiustizia, è testimoniata, per esempio,dalla nascita in Italia del SSN(Servizio Sanitario Nazionale) nel1978 e dalla rivoluzione aziendalistaavvenuta in sanità nel 1992.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


L’efficienza, infatti, è condizionesine qua non per la creazione di unservizio sostenibile nel tempo. Daqui le reiterate critiche degli economistiai medici e i reiterati tentatividi introdurre strumenti di controllo,di misurazione, di calcolo, per unagestione più oculata delle risorse,umane come materiali. Abbatteregli sprechi, razionare e razionalizzarele risorse. Ecco i nuovi mantradella medicina. Sappiamo comequesto processo non sia esente dacritiche e sappiamo anche che, avolte, questo processo ha perso divista le ragioni del suo darsi – cheè il mantenimento di un serviziodi cura equo, e non l’introduzionedel libero mercato nello scenariodi cura. Ora qualcuno potrà ritenereche il libero mercato in sanitàpossa aiutare quest’ultima a offireun servizio migliore. È questa unapossibilità su cui si potrebbe discutere.Resta il fatto, però, che comela tecnica e la scienza devono farei patti con quei gesti originari dicura da cui provengono e da cui inparte traggono la propria sorgentedi senso, anche le istanze economichedevono poter integrarsi inmodo convincente con la cura di cuisono al servizio. Non viceversa.Eppure spesso si ha l’impressioneche avvenga proprio il contrario.È proprio la cura, nel suo gestooriginario e primo, quella che sisente perduta e alienata, tanto neglieccessi tecnico scientifici, comein quelli burocratici amministrativie, ora, aziendalistici. Dal momentoche in gioco sono delle questionidi fondo, le reazioni spesso sonoforti e conflittuali, tanto tra iprofessionisti come tra i pazienti.La capacità di tenere insieme questediverse forze, di non generareforze eccessivamente centrifughe,risulterà in una medicina sufficientementeaccettabile e capace,entro certi limiti, di portare a compimentola sua difficile funzioneprobabilmente non più da sola main sinergia con altre forze.Riprendendo la questionedel “chi”…Quanto sin qui detto ci permette sinda ora, di ritornare sulla questionedel “chi”: la questione del <strong>destinatario</strong>dell’informazione <strong>sanitaria</strong>.I molti volti a cui avevamo fattoriferimento, in effetti, ci attestanoil carattere fluido, in movimento,della nostra situazione. Non sonopiù il risultato di un’arbitrariavolontà, ma lo sforzo di ricostruirela cura nel contesto attuale. Eccoallora che il “paziente” (puntodi partenza della cura, in quantosimbolo del patire, del soffrire, acui la cura sin dalle sue origini sirivolge) è anche un “malato”. Ed èun malato perché è portatore, purcon tutti i limiti legati alle classificazionie al presunto statutoontologico delle nostre classificazionidiagnostiche, di quello chenoi chiamiamo una “malattia”. Nonè affatto indifferente per la cura ilfatto che noi cerchiamo di interveniresulle malattie, anche se questotalora comporta, seppure non semprenecessariamente, delle praticheimpersonali e la nostra riduzione ameri casi, numeri o quant’altro. Peròil paziente, il malato, oggi rivendicacon forza il proprio statuto morale.25Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>26Sono “persone” a tutti gli effetti,sono competenti dal punto di vistadecisionale, sono “soggetti morali”.<strong>Il</strong> che non significa affatto che siasufficiente registrare le loro preferenze.Piuttosto, forse, è auspicabileentrare in dialogo con essi, a certecondizioni e se lo desiderano, rispettandoanche le loro scelte, entrocerti limiti.In effetti, proprio nel momentoin cui essi si rivolgono alla sanitàin quanto “cittadini”, i “pazienti”, aun tempo “malati”, “persone”, “soggettimorali”, divengono anche degli“utenti” di un servizio pubblico, contutto quello che questo comportaper loro, nel bene e nel male. Laburocrazia, infatti, può essere assaicieca. E quando questi “utenti”, titolaridi diritti, ma anche di doveri,si rendono conto di essere “quasi deiclienti”, essi rivendicano per loro ela comunità la qualità del servizioloro rivolto, non disgiunta dallaloro soddisfazione. Criteri questi,però che a loro volta sono espostialla conciliabilità con l’equità delservizio, la non discriminazione neiconfronti di altri, la serietà scientificadi quanto loro proposto, ealtri ancora. I molti nomi riflettonodunque le molte istanze, talora centrifughealle quali abbiamo di voltain volta fatto riferimento.Oggi sembra che l’adozione diuna parola quasi magica, “partecipazione”,possa rappresentarela soluzione di queste tensioni.È partecipando che si riesce aoffrire la cura migliore, (si pensi,per esempio, al paziente espertonelle patologie croniche). Cosìcome è partecipando alle scelteche si viene rispettati, trattaticome persone, tutelati. Ed è ancorapartecipando che si possonocostruire insieme sistemi equi disalute. Così sembrerebbe. Eppurela partecipazione implica almenotanta responsabilità/corresponsabilitàquanta rivendicazione edè a sua volta esposta ai limiti diciò che con essa è possibile raggiungere.Piuttosto che farne unnuovo mito (oggi infatti il mito,il racconto da cui siamo partiti,viene considerato pseudo-scientifico,non accorgendosi che di fattoesso viene sostituito con altri ediversi miti) è opportuno riflettervie contestualizzarlo in quella cheora possiamo chiamare il campo diforze della cura.Lo schema in Figura 1 cercheràdi raccogliere nella forma di un’immaginequanto sinora qui descrittoa proposito della cura e dei suoidestinatari. Con questo schemaconcludiamo la prima parte, con laquale ci siamo proposti di mostrarecome i molti volti del <strong>destinatario</strong>della informazione <strong>sanitaria</strong> riflettanola nostra situazione attuale,lo spazio della cura entro cui cimuoviamo.Come si può vedere, il pazienteè stato in parte riassorbito dai linguaggidella politica, del diritto,dell’amministrazione, dell’economiae si trova, insieme ai curanti concui interagisce, alla ricerca di mediazionipiù soddisfacenti. Va dasé che il paziente resta sempre unpaziente, una persona sofferente evulnerabile che si pone alla ricercadi aiuto, e va da sé che in gioco,come abbiamo cercato di mostrareProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Fig. 1.La cura e i suoidestinatariSOGGETTO MORALEAUTONOMIA● condivisaPAZIENTEISTANZAETICA● appropriata● personalizzata“prendersi cura”arsmedicaCURA“cura”medicinascientificaISTANZATECNICA● efficaceMALATOGIUSTIZIA● equa● efficiente● partecipativaUTENTECLIENTECITTADINODirezione per un ri-posizionamento della cura in modo che possa essere “adun tempo” equa, efficace, partecipativa, efficiente, rivolta alla persona...Direzione centrifuga: tendenza della cura a perdersi in una delle sue istanzee a venir meno alla complessità delle istanze cui è esposta● abcdefABCDAggettivi chiamati a integrarsi alla cura, precisandone le istanzeDestinatari della informazione <strong>sanitaria</strong>c’è ancora il tipo di cura che saremoin grado di offrire.Ripensare il processoinformativo/comunicativo...Abbiamo sostenuto la tesi che ilprocesso informativo-comunicativocambia a seconda che si abbia ache fare con uno o con un altro diquesti ruoli/identità. È su tale tesidunque che ora spostiamo l’attenzionenella seconda (e più breve)parte della nostra rflessione.<strong>Il</strong> fatto che il <strong>destinatario</strong>dell’informazione <strong>sanitaria</strong> abbiamolti volti/ruoli trasforma in mododeciso anche i modi di pensare eimpostare il processo informativocomunicativostesso. I destinatari,come vedremo, da meri recettori27Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>28della informazione tendono a divenirneco-produttori.Utilizzo volutamente l’espressione“processo informativo-comunicativo”,quasi che la merasottolineatura “informativo” nonfosse sufficiente. Difatti l’informare,pur essendo in senso latogià una forma di comunicazione,potrebbe non essere sufficiente aqualificare le peculiarità di ciò dicui stiamo parlando. Si è infattisoliti sottolineare come la meratrasmissione delle informazionidebba essere accompagnata e inseritain una relazione più profonda:una relazione “comunicativa” tra isoggetti in gioco. 18 Tutto questopare essere tanto più pertinentequanto più ci avviciniamo ai contestidella relazione clinica. Ma forseappare meno pertinente quando siha a che fare con altri mondi, quelliin cui l’informazione non avvienetramite un incontro personale traemittente e <strong>destinatario</strong>, come peresempio capita quando il processoin questione prende le mossedai mass-media. In ogni caso,distinguere tra “informazione” e“comunicazione”, come se si avessea che fare rispettivamente conciò che viene comunicato e con lacomunicazione stessa, per quantopossa aiutare, richiederebbe unaricerca ulteriore.Come oggetto di ulteriori ricerchedovrebbero essere anchelo studio dei rapporti tra tali dueaspetti/dimensioni del processo.Per l’economia di questo discorsoè sufficiente assumere che si trattadi due dimensioni fondamentali, siache esse abbiano a che fare con unmedesimo atto (informativo-comunicativo)o con atti differenti (diinformazione, di comunicazione).Si tratta di componenti che in unqualche modo afferiscono sia alcontenuto di ciò che si vuole trasmettereche alle modalità stessee alle relazioni in cui una taletrasmissione ha luogo. A volte liconsidereremo separatamente, avolte congiuntamente assecondandole esigenze del discorso elasciando sullo sfondo le questionisopra menzionate come questioniaperte.Da quanto detto risulterebbedunque che la diversità dei destinatari,la molteplicità dei ruoli assuntida uno stesso paziente, non soloci aiuta a capire il contesto di curaentro cui ci muoviamo. Essa ci spingerebbeoltre. La consapevolezzadi tali identità complesse ci portaa riflettere e a modificare il nostromodo di concepire e impostare ilprocesso informativo-comunicativoal quale facciamo riferimento. Possiamosolo offrire alcuni cenni.<strong>Il</strong> fatto che in un medesimo<strong>destinatario</strong> dell’informazione visiano diversi soggetti e diversiruoli ci invita a riflettere su quellache ora ci potrebbe apparire comeun’immagine semplificata del percorsoinformativo-comunicativoa esso rivolto. Probabilmente untale processo non è più concepibilesemplicemente nei terminidi un passaggio unidirezionale diinformazioni. In tale passaggioun “emittente” trasmetterebbeun “contenuto informativo” a un“<strong>destinatario</strong>”, preferibilmente nelmodo più preciso possibile, privoProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


di “rumori”. Ciascuna delle parti ingioco poi avrebbe ruoli già chiarie definiti sin dall’inizio.Un paziente, però, seppure a diversotitolo, in quanto a un tempoanche “cliente”, “cittadino”, “utente”,“soggetto morale”, nei diversicontesti in cui si trova ad agirenon riceve solo informazioni. Egliè a un tempo fonte, sorgente edemittente di informazioni. Ciò cheavviene qui non è tanto e non solouno “scambio” di informazioni (unmovimento che da uni-direzionalediverrebbe bi-direzionale), ma unavera e propria “costruzione” dellainformazione, nell’atto stesso incui essa viene a precisarsi. <strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong>può dunque contribuirealla creazione di quel contenutoinformativo, che invece di esserecompletamente “già dato” è inparte anche da darsi e da farsi. Nonnel senso che ancora non c’è, perquanto talora sia possibile anchequesto, ma nel senso che esso ancoranon ha assunto quella formache gli consentirebbe di essere“effettivamente informativo”, peressere adoperato in quel contestoe in quella situazione.L’informazione difatti deve esserecompresa. Questo potrà sembrarebanale. Tuttavia, spesso, peressere compresa essa dovrà esseremodificata, rielaborata. È dunquedestinata a trasformarsi. Emittentee <strong>destinatario</strong> si scambiano le partilavorando insieme sull’oggettodella informazione, chiarendosispesso, reciprocamente, i proprifraintendimenti, piuttosto che nontrasmettendosi messaggi già chiarisin dall’inizio. Al punto che talvoltail paziente può persino aiutare ilclinico a formulare un progetto dicura. Non perché gioca “a fare ildottore”, ma perché, avendo la possibilitàdi esprimersi, può aiutareil medico a capire cosa egli pensi,cosa per lui sia importante. Ancheil cittadino, a sua volta, è produttoredi informazioni e conoscenze,quando per esempio si interrogainsieme con i responsabili sanitarisulle politiche da essi svolte, sullepriorità scelte. In tal modo egli liaiuta a rendersi conto che spessoin gioco non ci sono solo criteridi appropriatezza, di efficacia edi efficienza, ma anche priorità dialtro valore, che necessitano di discussionee di corresponsabilità daparte dei soggetti coinvolti. <strong>Il</strong> merodato informativo separato dal contestoinformativo entro cui esso sipresenta può non significare ancoranulla di preciso. Ma perché l’informazionevenga contestualizzata il<strong>destinatario</strong>, in molti casi, dovràesserne fatto partecipe. Questi,infatti, non è un otre da riempire,ma un soggetto che si pone delledomande, che ha desideri, aspettative,pregiudizi...La nostra attenzione dunquenon si rivolgerà prevalentementealla questione della ricezione effettivadel messaggio, quasi chea essere centrale sia il fatto dipermettere una trasmissione nondeformata da rumori di sorta (sianoessi legati al “canale” scelto per latrasmissione, al “segnale” in essotrasmesso, al “codice” impiegato oall’ambivalenza degli stessi “emittenti”,portatori a loro volta diinteressi e non neutri apparecchi29Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>30meccanici). In questo caso difattinon ci si occupa della costruzionedel messaggio, ma della sua ricezione.Ora, se è pur vero che daqualcosa si dovrà ben partire, senzadover necessariamente ricostruiretutto da capo da parte di tutti, èaltrettanto vero che quel qualcosada cui si partirà (lo stato dell’arte,le conoscenze acquisite, un’ipotesidiagnostica, una rivendicazionein materia di diritti…), dovrà poiessere compreso, assunto, contestatalizzato,ricevuto, da chi ne èin quel momento il <strong>destinatario</strong>.Non ci pare sufficiente quindiadottare un modello concettualedel processo informativo comunicativodi tipo lineare. E neppureci pare sufficiente aggiungere aesso semplicemente il fatto chepur essendo chiari gli emittenti, imessaggi e i destinatari, essi potrannoe forse dovranno nel corsodel processo invertire i propri ruoli,scambiandosi semplicemente le informazioni.Un modo di concepire ilprocesso informativo-comunicativosiffatto tenderebbe a impostare ilproblema nei termini di una ricercadi tecniche e strumenti semprepiù precisi per poter garantire latrasmissione corretta.Così facendo, però, porrebbemeno l’attenzione sul ruolo attivoche i destinatari della informazioneagiscono su di essa, retroattivamente,modificandola recependolae cercando di intenderla. E ancormeno porterebbe l’attenzione sullaresponsabilità che i destinataristessi della informazione possonoesercitare su di essa, consentendouna realizzazione effettiva di quelprocesso informativo-comunicativodi cui stiamo parlando.Ciò che avviene, probabilmente,piuttosto che essere il riflesso diun agire tecnico ben fatto, perusare un’espressione cara a JurgenHabermas, é il riflesso di un “agirecomunicativo”, intersoggettivo, unagire peculiare con le sue modalitàproprie. 19 Non abbiamo dunque ache fare, probabilmente con processilineari, già predeterminati, concontenuti fissi, ma con processi piùcircolari, più esposti al cambiamentoe all’indeterminatezza per poterfunzionare. I contenuti non sonosemplicemente “già là”, ma sonoin parte “da farsi”, da costruirsinello scambio di informazioni-comunicazioni.20Ci si permetta in questo sensoavvalerci di alcuni spunti trattidalla lettura di un filosofo recentementescomparso, Hans GeorgGadamer. In Verità e metodo eglicerca di spiegare lo specifico dellaesperienza ermeneutica avvalendosidei modi diversi con cui si puòconcepire la relazione comunicativatra soggetti. 21 Prendendo spunto daquesta chiave di lettura, cercheròora di suggerire come modalitàdiverse di concepire la relazionecomunicativa tra soggetti (di cuialmeno uno è considerato soggettopersonale) trasformi il mododi pensare e impostare i processiinformativi-comunicativi.Abbiamo visto come la cura sia ilrisultato di un intreccio di tensioninon sempre tra loro compatibili.La cura si presenta dunque come ilprovvisorio equilibrio di un insiemedi forze talvolta convergentiProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Tab. 1.I processiinformativicomunicativioriginati dai diversimodi di intenderela relazione conl’altro.Tu / oggettoconosciutoTu / altrocompresoidentità del<strong>destinatario</strong>Malato / malattiaPazientesofferenteinformazione comunicazione empatiaOggettiva / dataunidirezionalesoggettiva /RicostruitaUnidirezionaleTecnicaArte(... (alterità)...)Riduzionedell’alterità /negazione di séTu / altro tuPersona malatasofferenteintersoggettivaAttesa / da farsiPrassi dialogicaAscoltoTensione io-tue talvolta divergenti tra loro. Neè derivata un’immagine che, piùche essere quella di una bilanciain perfetto equilibrio, è quella diun campo di forze, o di un qualcosadi simile a un materasso adacqua. Nel materssao ad acqua, incorrispondenza allo spostamentodel peso da una parte, vi è unariorganizzazione delle altri parti,in modo che il tutto si adattaalla forma del corpo sdraiato. Nelnostro caso al nostro offrire/concepireun tipo particolare di curesi otterrebbe una riorganizzazionedei pesi e delle forze in gioco. Intale campo/materasso le istanzetecniche hanno un peso rilevante,ma lo hanno anche quelle etiche, dipresa in carico, in un contesto cheabbiamo visto essere attraversatoanche da richieste di autonomiae di giustizia. Tutto questo ha uncerto rilievo per quanto andremoqui esponendo.Si osservi la Tabella 1. Allacolonna in verde di sinistra corrispondonomodi diversi di intenderela relazione con l’altro. Esso è unmero “oggetto” da conoscere; un“soggetto” che si pensa di conosceremeglio di quanto egli stesso nonsappia fare; “un altro tu”, di frontea noi, in parte non conoscibile.Ciascuna di tali modalità ha delleconseguenze per l’“identità del <strong>destinatario</strong>”,l’“informazione” a essodata, la “comunicazione” sviluppata,il tipo di “empatia” realizzabile.È la parte superiore della tabella:la prima linea orizzontale.La tabella può essere letta inverticale (confrontando le diversevoci che ne risultano a seconda chesi consideri il soggetto della relazione)o in orizzontale, (osservandocome ciascun modo di concepirela relazione tenda a dare originea processi informativi-comunicativipeculiari) che è ciò che qui ciinteressa.È inevitabile che quel soggettocon cui, come curanti, ci raffrontiamosia anche, benché non solo,un oggetto da conoscere: unamalattia, appunto. L’informazioneche tenderemo a dare e a estrarreavrà la pretesa di essere oggettiva,conforme allo stato dell’artee delle conoscenze attuali e saràdata prevalentemente in un modounidirezionale. Alle nostre domandeindagatrici, l’altro malato, la malattianascosta, risponderà alle nostrerichieste. Se si vorrà distinguere intale modalità relazionale la comuni-31Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>32cazione, essa tenderà ad assumerei tratti di una tecnica. Dovremodifatti essere in grado di far capireal paziente cosa vogliamo sapereda lui, dovremmo convincerlo aprendere certi farmaci, a seguirecerte terapie... La sua alterità,il suo essere una persona altrada noi, in questo contesto giocaun ruolo soltanto nella misura incui tale individualità afferisce inmodo singolare alla patologia inesame. <strong>Il</strong> resto dovrà essere messotra parentesi. Non perché privo diimportanza in sé, ma perché privodi aiuto, se non in alcuni casi, peril lavoro svolto dal curante in quelmomento.Spostandoci alla riga successivapossiamo osservare come il <strong>destinatario</strong>dell’informazione qui assumail volto di una persona, di cui noi,però, pensiamo di conoscere megliodi quanto essa stessa sia in gradodi fare, ciò che sta vivendo e soffrendo.È il paziente sofferente quiil nostro <strong>destinatario</strong>, piuttosto chenon il malato, caso particolare diuna malattia. L’informazione tenderàa essere soggettiva e, come nelcaso precedente, a essere direttadai curanti stessi. Si dice che inquesti casi la comunicazione èsimile a un’arte. L’empatia riscontrabilecon il soggetto tenderà o anegare la sua peculiarità (sapremodi lui ciò che noi pensiamo soggettivamentedi aver ricostruito daquesti sulla scorta dei suoi indizi)o a negare la nostra (tenderemoa mettere tra parentesi le nostreaspettative, i nostri pregiudizi, per“farci uno” con la persona, “mettercinei suoi panni”). Entrambi icasi, non realizzabili fino in fondoe frutto di una interpretazioneforzata dell´empatia, riflettono inostri sforzi di comunicare in modonon solo tecnico, ma empatico esono esposti come i precedenti aparadossi e ambivalenze che qui,per ragioni di tempo, non possiamotrattare.È l’ultima riga, però, quellache ci pare più significativa ericca di spunti. L’altro, il soggetto<strong>destinatario</strong> è un altro tu e cometale è considerato nel processo.L’informazione non è né oggettiva,né soggettiva, ma il risultatodi una azione intersoggettiva. Lacomunicazione tende a farsi prassipeculiare, agire comunicativo, agiredialogico, in cui l’alterità dell’altronon è ridotta alla nostra, né lanostra assorbita da questa. Si mantengonoentrambe in equilibrio, intensione, “l’uno di fronte all’altro”,ma non “l’uno contro l’altro”, allaricerca di percorsi possibili, seppurlimitati, di dialogo. È una prassi dipensiero, un pensare insieme, in cuilo stesso dato informativo viene costruitoe le modalità comunicativemesse in pratica da entrambi.I limiti di una tale impostazione,se generalizzata, sono evidenti.Non sempre nel processo informativo-comunicativoabbiamo a chefare con due “tu” che si pongonoin relazione comunicativa e dialogica.Tuttavia quando ciò avvieneè lo stesso processo informativo ecomunicativo ad assumere trattidiversi da quelli che noi pensiamoesso debba avere. Tutto questoha delle conseguenze interessantiperché ci invita a pensare allaProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


comunicazione nei termini di unaesperienza conoscitiva, relazionale,morale. Un’esperienza in cui si apprendea rispettarsi reciprocamente,in cui ciascuno, non si limita adare informazioni, ma a trovarsi inun percorso conoscitivo. Perché untale dialogo non diventi mera cacofonia,incapacità di ascoltarsi o nonsi perda nell’astrattezza formale diun linguaggio, il quale è tanto piùunico quanto più incapace di averepresa su quelle unicità che ciascunodi noi è, è necessario che ciascuno,consapevole dei suoi ruoli, si mettaalla ricerca delle ragioni dell’altroe alla messa in gioco delle proprieresponsabilità.È così dunque che vogliamoconcludere questo breve viaggionell’identità dei destinatari dellainformazione <strong>sanitaria</strong>. Dopo avercercato di ricostruire sulla scortadel mito e del racconto il nostrospazio di cura e averne identificatole istanze, dopo aver rivistoall’interno di tale spazio i moltivolti del <strong>destinatario</strong> e essersisentiti all’interno di un percorsoin movimento, abbiamo visto comequeste nostre nuove identità sianoanche uno stimolo per ripensare iprocessi informativi e comunicativinelle loro modalità, nel loro “come”e, probabilmente, anche nelle lororagioni, nei loro “perché”.Possiamo dunque concludere conalcune domande che spero possanodare avvio a un approfondimentodella riflessione. Quale dialogo èpossibile tra cittadini e sanità?Quale dialogo è possibile proporrenella relazione clinica? E tra operatori?Perché la partecipazione vieneconsiderata importante? E che limitipresenta al suo interno?La strada verso una cura sufficientementesolida da reggere ilpeso dei suoi paradossi e delle sueambivalenze, delle sue istanze, èancora da percorrere. Molto però dipenderàda come ci incammineremoin essa, da come noi, quei “chi” dicui tanto abbiamo parlato, saremoin grado di assumere quei ruoli cheessa riflette e tende a darci. Senzacon questo, naturalmente, dimenticareil senso e i limiti di ciò chestiamo facendo e vivendo, azioni,queste che spesso (è opportuno insistervi)realizziamo non da soli, mainsieme ad altri. Di nuovo, sembradi sentire da lontano quel raccontodi Babele, in cui in parte, forse,si sta giocando anche la nostracapacità di pensare/immaginare/costruire cure al servizio dell’uomoe non uomini al servizio di esse.NOTE[1] Un approfondimento rispettoalla questione dell’identitàpersonale lo si potrà trovarenell’opera di Paul Ricoeur Sécome un altro, Jaca Book,Milano, 1993, in cui l’autorechiarisce la questione dell’identitàanche, ma non solo,nei termini di una dialetticaesistente tra il medesimo(idem) e lo stesso (ipse):l’identità intesa nei terminidi un medesimo permanerenel tempo, dall’identità intesanei termini della ipseità. Parafrasandoe in parte semplifi-33Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>34cando il pensiero dell’autore:il nostro essere non soltanto“lo stesso”, il medesimo peropposizione a ciò che è altro,ma “noi stessi”, la nostrasingolarità propria, costituentesiquest’ultima in relazionedialettica con l’alterità.[2] La letteratura, da una parte,la ricognizione filosoficanell’alveo della corrente fenomenologicadall’altra, cihanno offerto descrizioniinteressanti rispetto a questoaspetto. Mi limito a indicarequi lo studio di Drew Leder TheAbsent Body, The Universityof Chicago Press, Chicago andLondon, 1990 (pp. 69-103),e quello di Byron Good Narrarela malattia, Edizioni diComunità, Torino 1999 (pp.177-207).[3] Interessante sarebbe confrontarequesto racconto, cheha a che fare appunto con laquestione del nome con i raccontipresenti in Genesi dellacreazione, rispettivamentedella tradizione sacerdotalee Jahvista, dove a loro voltaè possibile identificare lapresenza ambivalente legataalla dimensione del possessoe della custodia. Gen 1, 1-31(in particolare Gen 1, 26-29);Gen 2, 4b-25 (in particolareGen 2, 15).[4] “Mentre Cura stava attraversandoun certo fiume, videdel fango argilloso Lo raccolsepensosa e cominciò a dargliforma. Ora, mentre stava riflettendosu ciò che avevafatto, si avvicinò Giove. Curagli chiese di dare lo spirito divita a ciò che aveva fatto eGiove acconsentì volentieri.Ma quando Cura pretese diimporre il suo nome a ciòche aveva fatto, Giove glieloproibì e volle che fosse impostoil proprio nome. MentreCura e Giove disputavano sulnome, intervenne anche Terra,reclamando che a ciò che erastato fatto fosse imposto ilproprio nome, perché essa, laTerra, gli aveva dato il propriocorpo. I disputanti elesseroSaturno, il Tempo a giudice, ilquale comunicò ai contendentila seguente decisione: TuGiove, che hai dato lo spiritoal momento della morte riceverailo spirito; tu Terra, chehai dato il corpo, riceverai ilcorpo. Ma, poiché fu Cura cheper prima diede forma a questoessere, finché esso viva,lo custodisca la Cura (“Curaenim quia prima finxit, teneatquamdiu vixerit”). Per quantoconcerne la controversia sulnome, si chiami Homo poichéè stato tratto da Humus”. Latraduzione qui presentata (icorsivi sono nostri), è statatratta dal testo Reich WarrenT. Prendersi cura dei vulnerabili:il punto di incontro tra eticasecolare e etica religiosa nelmondo pluralistico, ProvinciaAutonoma di Trento, 2001.[5] Si veda a tal proposito Ippocrate,Opere, a cura di MarioVegetti, Utet, Torino, 1996,il testo ippocratico AnticaProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Medicina uno dei più antichi.Leggasi anche di Eschilo nellatragedia Prometeo incatenatoil secondo episodio, e di Sofoclenella tragedia dell’Antigoneil primo stasimo per unaconsiderazione esistenzialesulla nascita della medicina.[6] Si veda: Aristotele, Etica aNicomaco, VI, 4-5 1140 a1 – 1140b 30, a propositodella distinzione tra Téchnê ePhrónêsis quali distinte virtùdianoetiche; Aristotele, Politica,II, 2, 1282a a propositodei diversi saperi del medico.Si veda poi Aristotele, Metafisica,I 980 a 1 – 982 a3a proposito della differenzatra empeiría e téchnê (980 b13 – 30) rispetto alla differenzatra il conoscere il purodato di fatto e il perché ela causa. Interessante poi èanche vedere come Aristoteledescrive il processo relativoalla formazione dell’esperienzain Aristotele, Analitici secondiXIX, 100 a 13-15.[7] Qui è indispensabile ricordarela riflessione di MartinHeidegger in Essere e Tempo,Longanesi, Milano, 1976.[8] Hans Jonas, <strong>Il</strong> principio responsabilità.Un’etica per laciviltà tecnologica, Einaudi,Torino, 1990.[9 ] “C’era un tempo in cui esistevanogli dei, ma non esistevanole stirpi mortali. (D) Quandoanche per queste giunseil tempo segnato dal destinoper la loro generazione, nell’internodella terra gli deile plasmarono, facendo unamescolanza di terra e fuoco,e degli altri elementi che sipossono unire col fuoco e conla terra. E quando si trovarononel momento di farle venirealla luce, affidarono a Prometeoe a epimeteo il compito difornire e distribuire le facoltàa ciascuna razza in modoconveniente. […] Orbene,Epimeteo, che non era tropposapiente, non si accorse (C) diaver esaurite tutte le facoltàper gli animali: e a questopunto gli restava ancora larazza umana non sistemata enon sapeva come rimediare.Mentre egli si trovava in questasituazione imbarazzante,Prometeo viene a vedere ladistribuzione, e si accorge chetutte le razze degli altri animalierano convenientementefornite di tutto, mentre l’uomoera nudo, scalzo, scoperto einerme. E ormai s’avvicinavail giorno segnato dal destinoin cui anche l’uomo dovevauscire dalla terra alla luce.Allora, Prometeo, in questaimbarazzante situazione, nonsapendo quale mezzo di salvezzaescogitare per l’uomo,(D) ruba a Efesto e Atena laloro sapienza tecnica insiemecol fuoco (senza il fuoco erainfatti impossibile acquisire eutilizzare quella sapienza) ela dona all’uomo. In tal modol’uomo ebbe la sapienza tecnicanecessaria per la vita, manon ebbe la sapienza politica…”Protagora 320d-322d.35Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>36[10] Un saggio interessante, da cuiabbiamo preso molti spuntie a cui invitiamo per un approfondimento,è il testo diPetrosino Silvano, Babele. Architettura,filosofia e linguaggiodi un delirio, <strong>Il</strong> Melangolo,Genova, 2003.[11] “1. Tutta la terra aveva unasola lingua e le stesse parole.2. Emigrando dall’oriente gliuomini capitarono in una pianuranel paese di Sennaar e visi stabilirono. 3. Si dissero l’unl’altro: Venite facciamoci mattonie cuociamoli al fuoco. <strong>Il</strong>mattone servì loro da pietra e ilbitume da cemento. 4. Poi dissero:Venite, costruiamoci unacittà e una torre, la cui cimatocchi il cielo e facciamoci unnome, per non disperderci pertutta la terra. 5. Ma il Signorescese a vedere la città e latorre che gli uomini stavanocostruendo. 6. <strong>Il</strong> Signore disse:Ecco, essi sono un solo popoloe hanno tutti una lingua sola;questo è l’inizio della loroopera e ora quanto avrannoin progetto di fare non saràloro impossibile. 7. Scendiamodunque e confondiamo la lorolingua, perché non comprendanopiù l’uno la lingua dell’altro.8. <strong>Il</strong> Signore li disperse di là sututta la terra ed essi cessaronodi costruire la città. 9. Perquesto la si chiamò Babele,perché là il Signore li dispersesu tutta la terra.” Gen. 11, 1-9Traduzione tratta dalla versioneufficiale della CEI (i corsivisono nostri).[12] Ippocrate, Opere, a cura diMario Vegetti, Utet, Torino,1996. D’ora in avanti semplicemente:Ippocrate, Opere,seguito dall’opera in oggettoe la numerazione di paginadel testo sopra citato. “[…]definirò ciò che ritengo esserela medicina: in prima approssimazione,liberare i malatidalle sofferenze e contenere laviolenza delle malattie, e noncurare chi è ormai sopraffattodal male, sapendo che questonon può farlo la medicina.”Arte I, 3 (pp. 461-2). “Descrivereil passato, comprendere ilpresente, prevedere il futuro:questo è il compito. Tenderenelle malattie a due scopi:giovare o non essere di danno.L’arte ha tre momenti, la malattiae il malato e il medico.<strong>Il</strong> medico è ministro dell’arte:si opponga al male il malatoinsieme con il medico.” Epidemie,Libro I, 11; (pp. 328).[13] Per uno studio relativo ai tipidiversi di sapere e alla loroperfezione rimando al libro VIdi Aristoele, Etica a Nicomaco,su cui più tardi torneremo. Unlavoro recente, interessanteper quanto concerne l’identitàepistemologica del saperemedico si trova in PellegrinoE. Thomasma D., A PhilosophicalBasis of medical Practice,Oxford University Press, NewYork-Oxford, 1981 (in particolarealle pagine 119-152).[14] Per una contestualizzazionestorica della medicina ippocraticae uno studio approfon-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dito della sua peculiare formamentis rimando al saggiointroduttivo di Mario Vegettiin Ippocrate, Opere, A curadi Mario Vegetti, Utet, Torino1996 (1 ed. 1965) e a LainEntralgo Pedro, La medicinahipocrática, Alianza Universidad,Madrid, 1987.[15] Si veda per esempio: ScandellariCesare, La diagnosiclinica. Principi metodologicidel procedimento decisionale,Masson, Milano, 2005.[16] Sulla crisi delle professioni rimandoa Diego Gracia Guillen,“La ética de las profesiones<strong>sanitaria</strong>s”, in Como arquerosal blanco. Estudios de bioética,Triacastela, Madrid, 2004.[17] Si veda per esempio il saggio diDiego Gracia Guillen, “Los finesde la medicina en el umbral delsiglo XXI”, in Como arqueros alblanco, Editorial Triacastela,Madrid, 2004, (pp. 79-91).[18] Si veda a tal proposito nellamiscellanea curata da AmedeoSantosuosso, <strong>Il</strong> consenso informato.Tra giustificazione per ilmedico e diritto del paziente,Raffaello Cortina, 1996, il saggiodi Tamburini, “Dalla informazionealla comunicazione”.[19] Si legga per esempio, a propositodel concetto di agire comunicativo,Jurgen Habermas,Teoria dell’agire comunicativo,(trad. di P. Rinaudo), <strong>Il</strong> Mulino,Bologna, 1986.[20] Alcune osservazioni interessantisi possono ritrovarenell’approccio psicologico. Siveda per esempio: AA.VV., Laprogettazione sociale. Quadernidi animazione e formazione.Suppl. al n. 10/2005 diAnimazione sociale, GruppoAbele, Torino, 2005; insiemea Manoukian Franca Olivetti,Re-immaginare il lavoro sociale.Appigli per una nuova progettualità.Suppl. al n. 1/2005 diAnimazione sociale (i Geki),Gruppo Abele, Torino, 2005.[21] H.G. Gadamer, Verità e metodo,Bompiani, Milano, 1983 (pp.414-418).Paolo Dordoni è Dottore di ricerca inFilosofia e Bioeticista37Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione <strong>sanitaria</strong>e “disease mongering”Mauro MiselliCome tutti i mercati, anche l’industriadella salute per crescere deve moltiplicarei prodotti, spingere a consumi crescentie reclutare nuovi clienti, soprattutto tracoloro che non hanno disturbio si ritengono sani.Cittadino, paziente e informazione<strong>sanitaria</strong> possono essere consideratielementi interagenti in una reazionechimica nella quale un soggettosano (il cittadino) si trasforma inuno malato (il paziente) per operadell’informazione <strong>sanitaria</strong> che agisceda catalizzatore della reazione.Antropologi e sociologi hannodimostrato come il concetto di malattiasia un costrutto sociale chesi modifica nel tempo a secondadel periodo storico e della etnia.Da sempre abituati a considerarledue condizioni distinte, salute emalattia hanno oggi contorni cosìsfumati dall’essere difficilmenteidentificabili come tali. La distanzasi è annullata per l’ampliamento deiconfini delle malattie indotto dauna sistematica e capillare opera dimedicalizzazione. Dietro questa operazione,che ha dimensioni globalie finalità commerciali, c’è la regiaocculta dell’industria farmaceutica.Pur rappresentando una quotaminoritaria del settore economicoche ruota attorno alla salute dovesono cresciuti i produttori di apparecchiaturediagnostiche, reagentichimici, dispositivi usa e getta, lecase farmaceutiche, per dimensionie organizzazione (il fatturato dialcune multinazionali supera il PILdi nazioni mediamente sviluppate),mantengono un ruolo di guidastrategica di questa trasformazioneforzata di persone sane in malate.La salute, oltre a possedere l’intrinsecovalore che tutti le riconoscono,rappresenta ormai la ragioned’essere di uno dei mercati più floridie proficui dei paesi occidentali, lecui dimensioni costituiscono il 10%dei consumi in Europa (il 15% negliUSA). Questa “industria della salute”,come è stata definita, fornisceun’ampia gamma di prodotti e serviziall’interno dei quali, il cittadino, perpoter scegliere consapevolmente,dovrebbe disporre di informazioniindipendenti e di buona qualità. Maquesto accade raramente, perché, daquesto punto di vista, si tratta di unmercato imperfetto. In questo quadroeconomico la scienza ha un ruoloambivalente. Da un lato dovrebbefornire quelle prove di efficaciasulle quali l’individuo e gli operatorisanitari dovrebbero basare le propriescelte. In realtà, la scienza, comericerca clinica, essendo finanziataprevalentemente dall’industria,viene programmata con le regoledel marketing e persegue l’obiettivodel massimo profitto col minimorischio. Conducendo, cioè, gli studiin aree della medicina non orfanedi trattamenti, ma già sovraffollatedi terapie adeguate, per arrivarequanto più rapidamente possibilealla registrazione di un farmaco.Nuovo farmaco che, nella maggior38Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


parte dei casi, altro non è che una“copia” di quelli già disponibili sulmercato, ma con un costo decisamentesuperiore.Come tutti i mercati, anche l’industriadella salute per crescere devemoltiplicare i prodotti e i servizi perspingere a consumi crescenti – pocoimporta se superflui, inappropriati oaddirittura dannosi – e deve reclutarenuovi clienti, soprattutto tracoloro che non hanno disturbi o siritengono sani.Tra le strategie di allargamentodel mercato più adottate figurano lecampagne di sensibilizzazione e diprevenzione. C’erano un tempo (oggisono più rare) iniziative spontaneenate per volontà comune di medicie malati, finalizzate a promuovere leconoscenze per meglio prevenire ecombattere questa o quella malattia.Le enormi potenzialità promozionalidi queste campagne informativesono state presto sfruttate dall’industriadella salute che le ha finanziatee dirette in prima persona. Questofenomeno che viene indicato coltermine inglese di disease mongering(letteralmente: commercio, venditadelle malattie), è diventata anche laprincipale modalità con cui i cittadiniricevono informazioni di caratteresanitario. La realtà odierna sembraricalcare quanto previsto quasi 80anni fa nel cinico paradosso secondocui “un sano è tale solo perché nonsa di essere malato”. La medicalizzazionedella società sta avvenendosu tre fronti: sul piano qualitativo,creando nuove malattie; sul pianoquantitativo, abbassando le sogliedi normalità; sul piano temporale,anticipando le diagnosi.La creazione di nuove malattie“Si possono fare un sacco di soldidicendo alle persone sane che sonoammalate”. Questo era l’inizio eloquentedi un articolo pubblicato sulBritish Medical Journal nel 2002.Accanto alla tradizionale attività diprodurre nuovi farmaci per vecchiemalattie, l’industria farmaceuticasta incrementando una nuova formadi business: “costruire” nuove malattieper vecchi farmaci. Si parteda una normale variabile umanae la si ridefinisce in termini chesiano compatibili con le attivitànecessarie per creare il mercato diuno o più farmaci. Fenomeni consideratifisiologici (per esempio lamenopausa o la perdita di capelli),parafisiologici (come l’osteoporosi el’invecchiamento), fattori di rischio(l’obesità, le dislipidemie, ecc.)o sintomi lievi e benigni (colonirritabile, sindrome premestruale ecosì via) si trasformano in malattieche giustificano l’intervento medico.Come personaggi pirandelliani,i farmaci in cerca di malattie sonomolti. <strong>Il</strong> deficit cognitivo lieve, ildisturbo bipolare, la sindrome daiperattività e deficit di attenzione,la sindrome delle gambe senza riposo,sono malattie costruite su misuraper farmaci già disponibili. Prendiamo,per esempio, il donepezil e glialtri inibitori delle colinesterasi.Poiché nei pazienti con morbo diAlzheimer, hanno dimostrato diessere efficaci (peraltro in misuramodesta e su parametri non clinici)solo nel sottogruppo di malati condisturbo cognitivo lieve, per la loropromozione è stato necessario introdurreuna nuova sub-unità clinica:39Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>40la demenza di grado lieve moderato.È bastato uno studio condotto concriteri di valutazione di efficaciaforti (progressione della malattia eritardo nella istituzionalizzazionedel paziente, miglioramento dell’autonomiafunzionale, tempo delcare-giver) per dimostrare che sitratta di farmaci privi di qualsiasiutilità nei pazienti con demenza diAlzheimer lieve-moderata.OsteoporosiNon è sempre necessario che unamalattia venga creata ex novo. Avolte basta partire da un problemareale e ridefinirlo opportunamente,com’è successo con l’osteoporosi.L’osteoporosi è un processo fisiologicolegato all’età e rappresenta unodei tanti fattori di rischio di fratture(gli altri sono, per esempio, il fumo,la dieta povera di calcio, la sedentarietà,l’ambiente in cui si vive). Sireinterpreta la rarefazione dell’ossoin termini di malattia e se ne dà unadefinizione in chiave strumentale(MOC – Mineralometria Ossea Computerizzata)prendendo come terminedi riferimento la massa ossea di unapersona giovane. Questo conferiscealla diagnosi un elemento di obiettività,quando in realtà la soglia perdefinire chi soffre o meno di osteoporosiè arbitraria. In questo modosi limita la prevenzione delle frattureal solo consolidamento delle ossa esi riduce la molteplicità dei possibiliinterventi per rendere salde le ossaai soli farmaci. Le cifre tratteggianouna vera e propria epidemia tanto chesarebbe logico attendersi un impegnoa 360 gradi verso tutti i fattori dirischio, sia quelli legati allo sviluppoe al peggioramento dell’osteoporosi,sia quelli legati alla probabilità dicaduta dell’anziano che, va ricordato,è il determinante fondamentaledella frattura del femore. Viceversa,l’impegno maggiore nelle campagnedi informazione sull’osteoporosi èdi promuovere l’approccio farmacologicoin pazienti – le donne inmenopausa – certamente a maggiorrischio di perdita di massa ossea, mache corrono anche un pericolo realedi fratture molto lontano nel tempo.Scarsa attenzione viene, invece,rivolta alla promozione in premenopausadi abitudini di vita più salutari(a partire dall’aumento dell’attivitàfisica) e poco viene fatto per evitarele cadute nell’anziano come il mantenimentodel trofismo muscolare,una alimentazione bilanciata e labonifica ambientale (eliminazionedei tappeti, scendiletto, uso di calzatureappropriate, corrimano e cosìvia). La costruzione del concetto dimalattia è tale che di fatto qualunquedonna, allo scattare della menopausa,diventa automaticamentea rischio di osteoporosi. Nonostantele controversie scientifiche, lo scarsovalore predittivo della densità osseacome marker di future fratture gravie il rischio basso e spostato neltempo, l’osteoporosi viene pubblicizzatapresso il pubblico femminiledi ogni età.Disfunzione erettileQuanto sia artificioso il tentativo dimedicalizzare alcune condizioni losi può capire dal fatto che il primofarmaco orale proposto per il trattamentodell’impotenza, il sildenafil(Viagra), sia stato scoperto per caso,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


segno del sostanziale disinteressedella ricerca in questo settore (ilmiglioramento delle prestazionisessuali era un effetto “collaterale”,non proprio indesiderato, riportatodai pazienti con angina pectoris neiquali il farmaco veniva sperimentato).Quando, però, ci si è trovaticon un farmaco efficace contro ladisfunzione erettile si è messo inmoto il meccanismo per riaccenderel’interesse su questo tema. L’impotenza,da difficoltà occasionalesottovalutata e spesso nascosta daipazienti è diventata una patologiafrequente e diffusa che ha ricevutol’onore delle cronache in concomitanzacon una campagna di sensibilizzazioneprogettata e diffusa intutto il mondo dalla ditta produttrice.In Italia, il battage è statomolto soft e “discreto” con qualcheannuncio su giornali e cartelloni(“Erezione insufficiente – si rivolgaal suo medico”). L’argomento non èstato spinto oltre misura, ritenendoforse controproducente mettere inpiazza le disfunzioni sessuali degliitaliani che hanno fama di grandiamatori. Nei paesi anglosassoni siè, invece, enfatizzata la prevalenzadei disturbi di erezione come chiaveper aumentare la probabilità dicontatto col medico. In Australia,per esempio, è stata costruita sulloslogan (“Problemi di erezione,difficile parlarne, ma la soluzioneè facile”) una campagna di informazionebasata sui risultati di unostudio che quantificava nel 40% gliuomini con disturbi di erezione.Solo leggendo per intero lo studio sicapiva che la cifra, impressionante,era stata ottenuta sommando tuttii tipi di disfunzione erettile, anchequelli occasionali, in un campione diuomini dall’età media di 71 anni. Unaltro studio che più realisticamenteindicava nel 3% dei maschi 40ennila prevalenza di questo problema èstato, ovviamente, trascurato.Le emozioni diventano malattieL’area nella quale il disease mongeringè risultato più aggressivoè quella dei disturbi mentali. Inquesti ultimi anni c’è stato un fioriredi classificazioni nosologicheche hanno trasformato in diagnosianche le più diverse situazioni deldisagio di vivere, prospettando perognuna di esse, un farmaco in gradodi risolverla. Negli Stati Uniti, nellaprimavera del 2001, numerose emittentilocali riferivano che “almeno10 milioni di americani soffrono diuna malattia nuova e sconosciuta …che lascia chi ne soffre paralizzatoda paure irrazionali”. I telespettatorivenivano avvertiti di prestareattenzione al alcuni sintomi, tra cuiirrequietezza, stanchezza, irritabilità,tensione muscolare, nausea,diarrea, sudorazione. In molti diquesti programmi intervenivanouna paziente che dopo due anni diclausura per colpa della malattiaera guarita e un noto psichiatra. <strong>Il</strong>disturbo nuovo e sconosciuto era “ildisturbo di ansia generalizzata”, unvero e proprio contenitore psichiatricomultiuso, potenzialmente universale.I programmi televisivi noncitavano nessun farmaco particolare,ma, guarda caso, il 16 aprile 2001,la Food and Drug Administrationaveva autorizzato l’estensione delleindicazioni di un antidepressivo, la41Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>42paroxetina, anche al trattamento deldisturbo di ansia generalizzata. Nonsolo, lo stesso giorno, un gruppodi pazienti chiamato Freedom FromFear (Libertà dalla paura) diffondevaun sondaggio telefonico secondo ilquale le persone colpite da questamalattia trascorrono 40 ore alla settimana,un lavoro a tempo pieno, apreoccuparsi. <strong>Il</strong> sondaggio non citavala paroxetina né chi la produceva,ma la ditta che lo aveva condottoera quella che curava le pubblicherelazioni della casa farmaceutica.Occorre precisare che per leaziende farmaceutiche, ottenereuna nuova indicazione terapeuticaper un farmaco già in commercioè estremamente vantaggioso (intermini di tempo e di profitti):servono meno di 18 mesi contro gli8 anni che sono necessari perchéun farmaco passi dallo stadio diricerca in laboratorio al banco dellafarmacia.“Vincere la timidezza. Ora bastauna pillola. Timidi di tutto il mondole vostre sofferenze sono prossimealla fine”. Era l’incipit di un articolo(La Repubblica, 27.11.2001)che informava sulle possibilità dirimediare ai balbettii in pubblico, alrossore sulle guance, a inopportunesudorazioni, a tutte le manifestazionitipiche della timidezza. La pillolacui il quotidiano faceva riferimentoera un antidepressivo (la paroxetina)proposto per il trattamento di undisturbo, il disordine di ansia sociale,che è una forma di timidezzapatologica molto rara. A giudicareda quanto è successo in altri paesie dallo spazio che in quegli anni lastampa ha dedicato al tema, parevascoppiata una epidemia di timidezzaa livello planetario. L’arcano è spiegatodal fatto un’agenzia di pubblicherelazioni aveva orchestrato unacampagna di informazione ad hocsui giornali, radio e tv. La manovradi creare nuove malattie per vecchifarmaci ancora una volta aveva colpitonel segno e c’era chi se ne vantavacome il responsabile marketingdella ditta produttrice: “<strong>Il</strong> sogno ditutti noi è trovare un mercato nonancora identificato e svilupparlo. Èciò che siamo stati capaci di fare coldisturbo di ansia sociale” (WashingtonPost, 1.9.2002).In una sorta di “rimappazione”nosologica delle emozioni, dal disturbodi ansia generalizzata si èpresto passati al disordine di ansiasociale, al disordine da stress posttraumatico(un disturbo molto raroche interessa i veterani di guerra ele vittime di traumi violenti), perarrivare al disordine di shoppingcompulsivo, una sorta di frenesiaincontrollabile a comprare, di coniorecente. “Disorders made to order”(Disturbi costruiti su ordinazione)li chiamava la rivista americanaMother Jones nell’agosto del 2002.Ogni azienda farmaceutica produttricesi è ritagliata per il proprio antidepressivouna sindrome su misura:il disordine disforico premestruale,le vampate di calore della donnein menopausa, i disordini di ansiaalimentare. Questa “epidemiologiacreativa” non ha confini. Quale saràla prossima?La disfunzione sessuale femminileSi è partiti dall’assunto semplicisticoche nelle donne isterectomizzateProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


e ovariectomizzate, in terapia sostitutivacon estrogeni, la carenzadi testosterone sia responsabiledella diminuzione della libido (che,in realtà, dipende da meccanismicomplessi) e il gioco è stato prestofatto. Si è costruita una sindrome sumisura, la disfunzione sessuale femminile;è bastato dimostrare che ilcerotto di testosterone consente unrapporto sessuale soddisfacente inpiù al mese rispetto al placebo peravere trovato “il Viagra femminile”e gridare alla, finalmente raggiunta,parità dei diritti. L’arrivo sul mercatoitaliano del cerotto a base di testosterone,ormai imminente, è statopreceduto da una iniziativa ad hoc.Alcune società scientifiche hanno,infatti, promosso il “Progetto Lei”,teso formalmente a informare e sensibilizzarele donne in menopausachirurgica sul problema del calo deldesiderio sessuale. La Repubblicadel 4 aprile annunciava: “Arriva ilcerotto al testosterone, riaccende ildesiderio nelle donne”. Nel frattempoqualcuno già auspicava di nonlimitare l’uso del testosterone allesole donne in menopausa chirurgica,ma di estenderlo anche a quelle inmenopausa fisiologica: “L’ormonedel desiderio” (Io Donna, 2007).Abbassamento delle sogliedi normalitàUn esempio importante in cui i fattoridi rischio sono stati trasformatiin malattie, e poi definiti sulla basedi soglie quantitative periodicamenteriviste al ribasso, è quello deglieventi cardiovascolari. Negli ultimiventi anni, per glicemia, colesteroloe pressione arteriosa, sono statiproposti vari livelli di intervento,capaci di coinvolgere popolazioni datrattare sempre più vaste. Negli anni’70, i valori di glicemia a digiunoconsiderati normali erano 160mg/dl; negli anni ’80-90 sono scesi a140mg/dl. Alla fine del 1997, unacommissione di specialisti americaniha deciso di ridurre il valore di glicemiaa digiuno oltre il quale si ponediagnosi di diabete a 126mg/dl. Pereffetto di questa decisione (che haricevuto il benestare di varie prestigioseistituzioni scientifiche tracui l’OMS), in tutto il mondo milionidi persone che sino ad allora eranoconsiderate sane hanno cominciatoa essere etichettate come malate didiabete, con tutte le conseguenzeche questo ha sotto il profilo medico,lavorativo, sociale e personale.Nel 2003, un comitato governativostatunitense in un proprio documentosull’ipertensione arteriosa, ha ridottoil limite di normalità dei valoripressori a 120/80 mmHg (sistolicasu diastolica). In precedenza, siriteneva normale una pressione sinoa 140/90 mmHg, mentre trent’annifa il limite arrivava a 160/95 mmHg.Per il colesterolo la dinamica è statala stessa. Nel 2004, un comitatodi esperti del National CholesterolEducational Program, ha emanatonuovi standard per la concentrazionedi colesterolo nel sangue cheaggiornavano le linee guida di treanni prima. Le novità sono due: sidiminuisce a 100mg/dl la soglia diintervento per il colesterolo LDLnei pazienti con rischio ischemicosuperiore al 20% e si abbassa a70mg/dl l’obiettivo da raggiungere.Questa variazione significa che 4343Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>44milioni di americani sono candidatial trattamento con una statina perridurre il colesterolo. Per promuoverel’uso delle statine non si è andatitroppo per il sottile. In Canada si èricorsi a una inserzione pubblicitariadove il messaggio diretto ai cittadiniera: “Preferiresti fare un test per ilcolesterolo o subire un’autopsia”.Sullo sfondo, l’immagine di due piedidi un cadavere disteso su un lettinonei locali di un obitorio. Con buonapace delle evidenze che non attribuisconoalcun ruolo terapeuticoall’uso generalizzato delle statine inprevenzione primaria.Anticipazione della diagnosiPer ogni condizione di pertinenzamedica, soprattutto in campo oncologico,si tende ad anticipare ilmomento del riconoscimento, e diconseguenza dell’intervento. È unfenomeno legato a quello dell’abbassamentodella soglia di normalità;la sua forma più organizzata è loscreening. Si fonda sull’assunzione,apparentemente semplice e convincente,che riconoscere una malattiain fase precoce consenta maggioripossibilità di cura. In realtà, per tantepredizioni, una sola si avvererà,mentre le altre resteranno senza conseguenze(salvo gli effetti negatividella predizione stessa). In sostanza,si individuano precocemente malattieche non avranno conseguenze.La medicina contemporanea proponeun numero crescente di controlliperiodici su persone sane, ma allostato attuale delle conoscenze, solopochi interventi (come la diagnosiprecoce del tumore della mammella edel colon-retto) risultano di provataefficacia in termini di riduzione dellamortalità specifica per la malattiain questione. Molti altri screeningvengono proposti al di fuori di qualsiasidimostrazione che i beneficisuperino gli inconvenienti; in alcunicasi, vi sono, anzi, fondate ragioniper temere che i danni sopravanzinoi vantaggi, come succede per loscreening del tumore della prostata.Negli ultimi dieci anni si è moltodiffuso il dosaggio del PSA (antigenespecifico per la prostata) in soggettiasintomatici (in alcuni paesi più del50% dei maschi con più di 50 annisi sottopone al test), senza che, difatto, all’aumento delle diagnosi dicancro della prostata sia corrispostoun miglioramento della prognosi edell’aspettativa di vita dei pazienti.In assenza di un effetto positivosulla mortalità, la cascata di eventicui è costretto un 50enne senzadisturbi con PSA positivo è infinita:ecografia, biopsia, chirurgia (conrischi elevati di impotenza e incontinenzaurinaria), farmaci, presidi,visite, controlli, esami…Nel 2007, in occasione dellatradizionale Festa del Papà, unafondazione di urologi ha lanciatouna campagna di sensibilizzazioneproprio sul tumore della prostata trail 12 e il 19 marzo. Scopo dell’iniziativa,sponsorizzata da una ditta,la Takeda, era quello di “informaree sensibilizzare la popolazione italiananei riguardi del tumore dellaprostata, di facile diagnosi e altamentecurabile”. Come già successoanche in altre occasioni, si sonoenfatizzati gli aspetti positivi delloscreening del tumore della prostata,omettendo, però, le importanti con-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


seguenze negative dell’intervento diprostatectomia e l’elevato numerodi pazienti che non trarrebberocomunque alcun vantaggio dall’anticipodella diagnosi. Nel comitatod’onore figuravano testimonial delmondo dello spettacolo e della modae l’evento ha avuto il patrociniodel Ministero della salute, dellaPresidenza della Repubblica, delConsiglio dei Ministri e di altri entiautorevoli. Per fortuna, una vocefuori dal coro c’è stata. L’iniziativa èstata, infatti, duramente contestatada alcune associazioni di medici dimedicina generale perché “ancorauna volta si trasmette al pubblicoun’informazione omissiva sui limiti,sui rischi, sulle incertezze di unoscreening ancora in corso di valutazionescientifica, su cui la comunitàmedica internazionale è divisa perla mancanza di conoscenze ragionevolmentesicure sull’efficacia e sulrapporto beneficio/rischio”.<strong>Il</strong> fascino del termine “prevenzione”è così forte che la disponibilitàa sottoporsi agli screening (o aicontrolli periodici) è superiore aogni ragionevole dubbio e certezza.Secondo il Journal of the AmericanMedical Association, le donne senzail collo dell’utero che continuanoa fare il Pap-test sono una su due;sempre negli Stati Uniti, la percentualedi adulti che preferisconosottoporsi a un total-body scannerpiuttosto che ricevere 1000 dollariin contanti è pari al 73%, mentregli adulti che sono disposti a sottoporsia un test di diagnosi precoce,anche per un tumore del quale nonesiste una cura, rappresentano il66%. Sulla base di dati italiani(Domenighetti et al.) la proporzionedi donne che credono che lo screeningmammografico eviti o riducail rischio di ammalarsi in futuro ditumore è dell’81%.I protagonistiLe campagne di informazione esensibilizzazione vedono comeprotagonisti principali i medici specialistidella malattia di cui si vuolepromuovere la consapevolezza(organizzati nelle loro associazioniscientifiche), affiancati dalle associazionidei pazienti e dai mezzi dicomunicazione.Medici specialistiHanno iniziato con la migliore delleintenzioni: svolgere un ruolo attivodi prevenzione e promozione dellasalute, anziché limitarsi a curare icittadini quando sono già malati.La loro intraprendenza è, però,condizionata dalla falsa percezioneche gli interventi preventivi comportinosempre un miglioramento dellaprognosi. Come già sottolineato,si dispongono di prove certe che ibenefici superino gli effetti negativisolo per pochissimi interventipreventivi. Gli specialisti hanno,inoltre, tutto l’interesse a reclutarepazienti, moltiplicare le prestazioni,potenziare le strutture, per unamaggiore “visibilità” e reputazione(potere), oltre che per gli strettilegami economici con le ditte farmaceutiche.Associazioni dei pazientiI rappresentanti dei malati hannoun interesse, personale e di associazione,a ottenere dalla società45Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>46civile un maggior impegno (ancheeconomico) per la specifica malattiadi cui sono portatori. A ciò si aggiungonola frequente subalternitàculturale nei confronti degli specialistie la difficoltà di accesso a fontidi informazione indipendente. Lacronica insufficienza di mezzi necessariper svolgere le proprie attivitàspinge poi le associazioni a ricercaree accettare finanziamenti daglisponsor più disponibili, le industriefarmaceutiche, senza la necessariachiarezza sui conflitti di interesseche questa sovvenzione introduce, espesso senza la necessaria trasparenza(gli sponsor preferiscono apparireil meno possibile perché, non senzaragione, pensano che la provenienzadei finanziamenti potrebbe gettareun’ombra di sospetto sulle finalitàdella campagna informativa). Tuttiquesti fattori hanno trasformato leassociazioni dei malati in strumenti,più o meno consapevoli, della medicalizzazione.Mezzi di comunicazione“Ci sono tre cose abbondantissimein questo mondo: l’acqua, l’aria el’informazione. Purtroppo tutte e tresono contaminate”. I mezzi di comunicazionerappresentano la cassa dirisonanza delle iniziative promozionaliin campo medico; prestandosialla loro diffusione veicolano lemotivazioni commerciali che le sottendono.Vendere salute, anche per igiornali e la televisione, è diventatauna esigenza di mercato. Si trattadi un comportamento indotto dadiversi elementi: una fiducia ciecanella tecnologia, nell’autorità dellascienza e nell’innovazione, una concezionetrionfalistica della medicinae l’accondiscendenza nei confrontidel potere economico. Limitandoci,tra i tanti possibili, ai soli titoli deiquotidiani che si sono occupati didue categorie di farmaci già nominate,possiamo renderci conto di qualesia il livello di ottimismo, privo diogni fondamento scientifico, cheli caratterizza. “L’Alzheimer si puòvincere ma battendolo sul tempo.La ricerca ha fatto grandi progressie le cause della malattia sembranopiù chiare. Ormai ci sono farmaci percurarla”: a proposito degli anticolinesterasici,supplemento <strong>Salute</strong>de La Repubblica; “Colesterolo, unapillola al giorno ripulisce le arteriee contribuisce a ridurre il rischiodi infarto”: il Corriere della Sera aproposito dell’ultima statina (rosuvastatina)uscita in commercio, perla quale non esistono studi indicantila sua capacità di ridurre l’infarto ela mortalità cardiovascolare. Anchequando non si occupano direttamentedi farmaci, giornali e televisioneparlano dei progressi della medicinain termini trionfalistici (“Nella malattia[tumore] non c’è sconfitta”: <strong>Il</strong>Sole24 ore) che generano aspettativeirrealistiche riguardo alle possibilitàdi cura di malattie – i tumori – chenon hanno, invece, riscontro concretonella pratica attuale.Come nasce una nuova malattiaLa strategia del disease mongeringsegue un cliché collaudato. Si parteda una condizione o un problemaminore, ma con una popolazioneestremamente ampia di potenzialisofferenti, presunti (molto numerosi,per induzione) o veri (moltiProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


meno); si promuove presso la popolazionela percezione che il problemaè sottodiagnosticato (la maggiorparte delle persone è sana, maignora di avere questo problema) esottotrattato, presentando dati statisticispesso esagerati (si ingigantisceil problema); si ingaggianoillustri clinici, opinion leader delsettore, per affermare la frequenzadel problema e la possibilità di cura(“è diffuso e serio, ma curabile”);si utilizzano i media per crearepresa di coscienza, suscitare paure,enfatizzando gli effetti negativi perla salute, il benessere, il lavoro, lerelazioni sociali; si sopravalutano irischi, si inducono visite ed esami,attirando l’attenzione pubblica sultrattamento (“niente paura, c’èun farmaco che risolve tutto”). Larealizzazione della campagna mediaticaviene affidata a una agenziadi pubbliche relazioni che funge daintermediaria tra gli sponsor (leditte che mettono a disposizionei finanziamenti) e le associazionidi medici e malati (che mettonoin gioco la loro autorevolezza ecredibilità). Compito dell’agenziaè quello di frapporre uno schermotra i contenuti del messaggio e gliinteressi commerciali che ne beneficiano,presentare i fatti senzalasciar vedere che sono manipolatidall’industria farmaceutica.L’ultima nata“Preoccupazioni, stanchezza, statodi tensione, mancanza di riposo,stress sul posto di lavoro e a casa,scarso interesse per attività unavolta apprezzate. Non è la vita, èla sindrome disforica con disordiniansiosi da deficit di attenzione”, silegge nel sito dell’Havidol (www.havidol.com), l’unico farmaco registratoper il trattamento di questonuovo disturbo che affligge milionidi persone, ignare di essere malate.“Quando di più non è abbastanza”.Havidol può essere preso per sempre,non c’è bisogno di smettere dibere alcool, può dare luogo a pensieristraordinari, comunicazioneinterspecie, eccessiva salivazione,e per aumentare la sua efficaciasubito dopo l’assunzione è necessariosvolgere attività fisiche fuoridalla norma.Per sapere se si soffre di questamalattia c’è un questionario di autodiagnosicon domande (alle quali èdifficile rispondere negativamente):“Preferisci le cose nuove alle vecchie?Pensi che la vita sia più facile quandosi hanno maggiori risorse rispetto aglialtri? Ti sembra di non essere piùgiovane come un tempo?”.In realtà, si tratta di una bufalacolossale, organizzata dall’associazionedei consumatori australianiche con l’aiuto di artisti pubblicitariha fatto le cose in grande. Hainventato una malattia e la cura,tutta la campagna di marketing chel’accompagna, dagli spot televisiviche girano su internet sfruttandoil canale multimediale offerto daYouTube (www.youtube.com) alsito di supporto, al questionario diautodiagnosi.L’obiettivo? Denunciare la crescentemedicalizzazione e prenderein giro la pubblicità dei farmaci,soprattutto gli antidepressivi, chenegli Stati Uniti martella i consumatori24 ore al giorno (mentre in47Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> <strong>destinatario</strong> dell’informazione <strong>sanitaria</strong>48Europa, almeno per ora, è vietata).<strong>Il</strong> risultato è stato più credibile diquanto si pensi. “La cosa che mi hacolpito di più è che molte personenon si sono rese conto della parodiao della satira”, ha commentatouna delle ideatrici della campagna.Notizie serie sull’Havidol sono statetrovate in molti siti dedicati ai disturbida panico e d’ansia, a riprovadi quanto sia semplice convincere lepersone di essere malate e di averbisogno di medicine.Giocando la carta dell’ironia,lo scorso anno anche il British MedicalJournal aveva denunciato lascoperta di una nuova malattia, lasindrome da deficit motivazionale,una forma di apatia sottodiagnosticatae sottotrattata, potenzialmentemortale nei casi più gravi nei qualichi ne soffre smette di respirare permancanza di stimoli. Alcuni giornali,anche in Italia, avevano preso sulserio la notizia senza prestare troppaattenzione al fatto che lo scopritoredi questa nuova malattia era il dott.Leth Argos e il farmaco proposto percurarla, efficace e ben tollerato, sichiamava Indolebant.Per limitare gli eccessi dellamedicalizzazione, la satira, anchese corrosiva, non è sufficiente. Serveun progetto organico, di lungo respiro,che sappia cerare una nuovacultura <strong>sanitaria</strong>. “I venditori dimalattie divorano la fiducia in noistessi e nella nostra capacità di farfronte alle normali difficoltà dellavita”. Serve, prima di tutto, chea livello politico si comprenda ilfenomeno del disease mongering,in quanto responsabile dell’aumentoesponenziale dei consumi e dellaspesa per farmaci (oltre che dei loroeffetti iatrogeni), è una minacciaper i sistemi sanitari pubblici eper la solidarietà sociale che essirappresentano.Nel settembre 2007 viene presentataal Parlamento Europeo unaproposta di legge in cui è previstala possibilità, da parte delle ditte,di pubblicizzare i farmaci da prescrizionedirettamente al paziente.Di fronte al rischio, reale, che il diseasemongering venga legalizzato,qual è la posizione delle autoritàsanitarie, dei medici, dei farmacisti,dei cittadini, dei rappresentantidei malati? Se la satira rimarrà lanostra unica arma, in futuro saremocostretti a denunciare situazioni dimedicalizzazione ben più allarmantie diffuse.BIBLIOGRAFIA[1] Satolli R. “Prevenzione e industriadella salute”, in TombesiM. Prevenzione nella PraticaClinica. Torino: UTET, 2006(99-120).[2] Satolli R. Campagne di prevenzione:una guida all’uso. www.partecipasalute.it, 20.10.2005.[3] Moynihan R et al. “Selling sickness:the pharmaceutical industryand disease mongering”,in BMJ 2002; 324: 886-91.[4] Disease mongering. www.plosmedicine.org,11 articles inApril 2006 issue.[5] Grassi M. “Campagne subdoleper intrappolare malati immaginati”,in Occhio Clinico 2002;8: 38-41.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


[6] Courtney C et al. “Long-term donepeziltreatment in 565 withAlzheimer’s disease (AD2000):randomised double-blind trial”,in Lancet 2004; 363: 2105-15.[7] Calmi S. Havidol e indolebant perla cura dei vizi capitali, www.partecipasalute.it, 8.06.2007.[8] Coombes R. “Having the lastlaugh at big pharma”, in BMJ2007; 334: 396-7.[9] Moynihan R. “Scientists findnew disease: motivationaldeficiency disorder”, in BMJ2006; 332: 745.[10] “La salute è un regalo… maattenti al pacco!”, in Dialogosui Farmaci 2007; 103.Mauro Miselli è Dirigente del Servizioinformazione e documentazione scientificadelle Farmacie Comunali Riunitedi Reggio Emilia.49Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso ITra fantasia e realtà.Un episodio semi-reale e semi-serio, attorno a un mazzo di girasoliDa parecchio tempo ho sulla mia scrivania, proprio a fianco del computer, una bella brochure,“ritirata” a un mio paziente e tenuta lì come memento di… non so bene di cosa. Troppobella per buttarla, talmente bella da giustificarne il “sequestro” – peraltro, conservativo!L’immagine: due girasoli immersi in un vaso graduato nel quale i gambi diventano azzurroblua torciglioni (come certi bastoncini di caramelle che trovi sulle bancarelle alla fiera diS.Giuseppe); il vaso si riflette su una base evidentemente di cristallo, lo sfondo è solo unpo’ più grigio rispetto al resto della pagina.Sono una persona amante del bello, non posso non osservare queste cose: bravo il designerche le ha inventate. Deve averlo pensato – consciamente o inconsciamente – anche il sig.Riccardo, prelevando la brochure dal bancone del laboratorio d’analisi dove si è recato perun controllo periodico routinario (“Gli esami vanno fatti una volta all’anno per prevenirele malattie”, “Vorrei farli tutti, completi!”… Ormai sono talmente tanti a esserne convinti– però se fossero a pagamento non li farebbero – che mi sono arresa: deve essere vero, voxpopuli… Limito i miei consigli di educazione <strong>sanitaria</strong> alle poche persone iscritte nel mioelenco assistiti che mi ascoltano e mi danno soddisfazione).Immagino il processo che ha portato fino a me il sig. Riccardo.In testa alla pagina, in caratteri maiuscoli ed eleganti c’è scritto “ANALIZZIAMO I TUOIVALORI PER DARE VALORE ALLA TUA VITA”. Che bella frase! Raramente mi è capitato ditrovare qualcuno che analizzasse i miei valori (Sono una persona con dei valori, la mia vitaha un valore).Segue, in corsivo grassetto “gastropanel” e poi, con gli stessi eleganti caratteri di prima“TRANQUILLITÀ PER IL TUO STOMACO” (È vero: oltre ad avere dei valori ho anche uno stomaco,e forse anche lui ha bisogno di stare tranquillo).“UN SEMPLICE ESAME DEL SANGUE PER UNA RISPOSTA AI TUOI PROBLEMI DI STOMACO”.Ah, erano questi i valori che si offrivano di analizzare… Credevo che per i miei problemidi stomaco, quando ci sono, bastasse un po’ di digiuno, o una limonata calda, o un po’di bicarbonato e moderazione nel cibo… Rimedi vecchi: funzionavano per la nonna, manon oggi.Apro il pieghevole: “PESANTEZZA, BRUCIORI, PROBLEMI DI STOMACO? REFLUSSO ACIDO? TISEI CHESTO IL perché? … è l’helicobacter pylori che vive a livello della mucosa gastricasviluppando uno stato infiammatorio permanente … basta … un semplice esame del sangue… direttamente senza ricorrere alla gastroscopia … il test … permette di valutare …il danno che questo batterio può aver generato … e la probabilità di sviluppare malattiegastriche più gravi … che possono talvolta nascondersi dietro i sintomi del ‘mal di stomaco’… L’esame è consigliato ai soggetti di ogni età”. Ora non sono più tanto tranquillosull’origine benigna dei – sia pur rarissimi, sia pur seguenti a qualche abbuffata – mal distomaco che mi sembravano così innocui: chissà cosa si nasconde dietro a essi, qualcosadi sicuramente molto grave. Per fortuna c’è gastropanel. Sto per diventare immediatamenteseduta stante cliente del laboratorio che ha distribuito la brochure (Sono un potenzialecliente e paziente). Ma l’esame costa e, peraltro, trovo scritto a grandi caratteri: “A CHI50Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


RIVOLGERSI … IL TUO MEDICO CURANTE O IL TUO PEDIATRA”. Del resto pago anche le tasse,sono un utente del SSN, ho diritto ad avere gli esami gratis. Andrò dal mio medico. Gliutenti dell’ambulatorio del mio medico, devono conoscere le regole: solo su appuntamento,telefonare dalle 8.30 alle 12. Telefono: appuntamento già domani sera. Che bello! <strong>Il</strong> miomedico non mi può negare l’esame; non sono un cliente molto assiduo, finora sono statoquasi sempre bene, ma adesso… Chissà “cosa si nasconde dietro”. Sì, è ben vero che nonsoffro né di mal di stomaco né di dispepsia, ma non si mai: meglio fare esami per nientepiuttosto che per qualcosa… Stanotte ho sognato che avevo un cancro allo stomaco. Forseieri ho pensato troppo, al punto che, per distrarmi, mi sono fatto una mega pizza conpeperoni e salamino piccante e ho bevuto una birra grande … Ma non può essere quelloche mi è rimasto sullo stomaco … Meno male che nel pomeriggio vado dal mio medico,oggi mi sento malato.Evidentemente il mio medico aveva un po’ di tempo, abbiamo parlato. Sto conducendo unavita lavorativa molto intensa, troppo. Sto trascurando i miei … valori. Sono convinto econtento: domani, invece di andare a fare il prelievo, andrò a Modena a vedere la mostradel Mantegna: era tanto che sognavo di farlo! La dottoressa mi ha detto che posso andarequando voglio in ambulatorio, se ho problemi … o se credo di averli. Ora non mi sentogià più malato.Ma… la dottoressa mi ha sequestrato il depliant… Non è che ci andrà lei a fare l’esame?Quando andrò a raccontarle com’è la mostra del Mantegna, che lei non riesce ad andarea vedere (predica bene ma…) provo a chiederle se si è sentita anche lei un po’… cliente–utente–paziente…guardando i girasoli dal gambo a torciglione azzurro-blu.[Medico di Medicina generale]51Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Le riflessioni del gruppo di lavoroVi sono numerosi motivi d’interesse nei casi pervenuti a seguito del primo incontro deiDialoghi di bioetica e biodiritto. Le riflessioni si sono caratterizzate per l’analisi approfonditadi numerose tematiche attinenti l’informazione e la comunicazione. Esse denotano chela partecipazione degli operatori sanitari non si è limitata all’adempimento “burocratico”dell’invio del caso o della riflessione, ma ha colto l’opportunità per attingere dal propriovissuto professionale quotidiano per enunciare alcune delle problematiche che circondanoil tema centrale della comunicazione/informazione tra operatori sanitari e pazienti.Tra gli elaborati pervenuti, è parso particolarmente significativo il racconto, sceltoper la pubblicazione, che bene illustra il tema di questo primo Dialogo: la trasformazionedel “cittadino” in “paziente” e le eventuali differenze tra l’una e l’altra figura.Le considerazioni pervenute da parte degli operatori sanitari, inoltre, hanno fornitospunti di riflessione su diverse tematiche. In primo luogo, va richiamata l’esigenza diindividuare un tempo e uno spazio per la comunicazione tra operatori sanitari e pazienti.I numerosi riferimenti emersi nei contributi inviati dai partecipanti al primo dei Dialoghiattestano l’importanza di questo tema, avvertito come un’esigenza fondamentale che,talvolta, fatica a ottenere riconoscimento. <strong>Il</strong> rapporto tra curante e paziente difficilmentepuò prescindere da una relazione di fiducia che, in qualche misura, si “conquista sul campo”.<strong>Il</strong> paziente chiede essenzialmente due cose al proprio curante: una terapia (la curaper la propria patologia) e spiegazioni chiare. La prima si fonda sulle capacità clinichee, più in generale, sul patrimonio di conoscenza del curante; le seconde dettano invecele modalità della comunicazione, rappresentando l’atto primario che consente di rendereil paziente edotto e partecipe, al fine di condividere e quindi di scegliere, serenamentee consapevolmente, il progetto di cura. Per raggiungere quest’obiettivo di fondamentaleimportanza, risulta essenziale innanzi tutto che l’operatore sanitario possa dedicare untempo adeguato alla situazione concreta e che dipende da variabili quali la patologia,la maggiore o minore capacità di comprendere del paziente (dovuta, per esempio, allapresenza di aspetti culturali peculiari), ecc. Nello stesso senso va interpretato il riferimentoallo spazio nel quale le esigenze della comunicazione possono trovare risposta(inteso, per esempio, come assenza di interruzioni) e nel quale il paziente possa sentirsiaccolto e trovare quel riconoscimento come persona sul quale può trovare fondamentouna solida “alleanza terapeutica”. Questa può essere una possibile interpretazione delrapporto tra i termini “persona” e “paziente” (che emergono in diversi codici deontologici),e anche un modo per stabilire un legame tra l’uno e l’altro. In questo senso,inoltre, la possibilità di avere uno spazio e un tempo dedicati alla comunicazione traoperatore sanitario e paziente si rivela una sorta di investimento a lungo termine, nelquale il tempo “speso” per fornire spiegazioni chiare favorisce lo svolgimento del percorsoterapeutico. In quest’ottica, va sottolineato, le ricadute positive non riguardano solo ilpaziente, ma anche il curante.Da questo punto di vista, alcuni dei casi pervenuti lasciano scorgere l’importanzadi un tema ulteriore (che sarà oggetto del prossimo incontro dei Dialoghi), quello dellacomunicazione tra i diversi operatori sanitari. La chiarezza delle informazioni dipendeanche dall’univocità sia delle informazioni fornite, sia delle modalità della comunica-52Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


zione stessa (per esempio: quali devono essere i destinatari? quale ruolo possono averei familiari? quali informazioni il paziente è in grado di ricevere?). A questo riguardo, laprevia comunicazione tra gli operatori sanitari coinvolti nella cura del paziente si rivelaessenziale.Attraverso la previsione di spazio e tempo dedicati alla comunicazione tra operatorisanitari e pazienti possono essere raggiunti due obiettivi. <strong>Il</strong> primo è la possibilità distabilire un legame e un’interazione proficua tra l’atto dell’informazione e la comunicazione,intesa come il modo in cui l’informazione stessa è espressa. <strong>Il</strong> secondo consistenella maggiore garanzia e tutela del diritto alla salute e alla dignità della persona, cheanche attraverso la comunicazione assumono un più pieno significato. Questo secondoaspetto, in particolare, emerge a più riprese nei casi pervenuti.<strong>Il</strong> tema della comunicazione come modalità di un pieno riconoscimento della personanell’ambito del rapporto terapeutico si lega ad alcuni argomenti ulteriori. Innanzi tuttol’aspetto soggettivo, che connota il rapporto tra il cittadino e il paziente: il primo sitrasforma nel secondo in presenza di una patologia, ma la definizione di quest’ultima recacon sé un margine di soggettività, nel quale ogni individuo riconosce la propria definizionedi “malattia” e la propria concezione di se stesso come “malato”. Alcuni esempi possonospiegare quest’aspetto. Uno di questi può essere rappresentato dal decorso successivoa un evento patologico, che varia grandemente non solo in relazione alla portata dellapatologia occorsa (per esempio, un infarto), ma anche a come essa sia stata vissuta dalpaziente e dal suo contesto familiare, a come la persona si è sentita nei panni di malato ealle paure che possono accompagnare il percorso successivo a una patologia (per esempio,il timore di ricadute). Un altro esempio può essere ravvisato nella scala del dolore, chesi fonda anche su di una componente soggettiva e quindi diversa per ciascuno.<strong>Il</strong> secondo argomento attiene a quelle che possono essere definite come le conseguenzesociali relative al riconoscimento della propria condizione di malato. Queste riflessionitraggono spunto da un articolo proposto all’attenzione del gruppo di lavoro, Riflessionisul controllo sociale: dalla normalità della devianza alla normalità della malattia, nel qualesi considera la definizione di malattia alla luce della costruzione sociale della stessa,ponendola in correlazione con la definizione sociale della devianza e quindi considerandola guarigione come “risocializzazione”. In tale analisi, il processo di individuazione diuna malattia non può dirsi socialmente neutro, alla luce delle implicazioni sull’identitàdel soggetto che si trova a rientrare nella definizione di malato. La considerazione diquest’aspetto da parte della medicina consente di focalizzare l’attenzione sulla persona,sull’uomo, e non solo sulla malattia.Quest’analisi trova conferma in quello che può essere definito “il sovraccarico socialesul nome di alcune patologie”, quali, per esempio, le malattie che comportano unaprogressiva perdita di funzioni sul lungo periodo, ma che presentano anche un momentoiniziale (più o meno lungo) in cui la qualità della vita del soggetto non subisce cambiamentiradicali. In questi casi, la comunicazione di essere “portatori” della patologiache si svilupperà (spesso inesorabilmente) in futuro svolge un ruolo essenziale nelledefinizione di se stesso come malato.53Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Infine, l’aspetto “sociale” della condizione patologica (in particolare la contestualizzazionedella sua definizione nel contesto sociale che la circonda) può essere chiarificatoredel rapporto tra cittadino e paziente. La dimensione del cittadino, infatti, puòricondurre a un concetto di responsabilizzazione dello stesso, anche nel momento in cuisi trovi a essere paziente. <strong>Il</strong> concetto di responsabilizzazione emerge, per esempio, nelruolo di stake-holder (portatore di interessi) che i cittadini rivestono nell’ambito delleassociazioni dei malati: in tale veste essi non sono più solamente destinatari, ma anchepartner dialogici sul piano della scelta dell’erogazione dei servizi sanitari. Nel momentoin cui, in tale prospettiva, il cittadino diventa agente (e non solo utente), esso assumeanche un ruolo sul piano della responsabilità, che lo qualifica come soggetto attivo dellarelazione terapeutica. Quest’aspetto sostanzia il passaggio dalla concezione paternalisticadel rapporto tra curante e paziente, a quella fondata sulla “alleanza terapeutica”. Esso,in ipotesi, potrebbe rappresentare una sorta di risposta al mutamento culturale che siè avuto anche con la riforma del Servizio Sanitario Nazionale del 1978. Tale mutamentoè a tutt’oggi ancora di difficile lettura, vista la relativa continguità storico-cronologicacol momento attuale. Tuttavia, la riforma ha avuto un ruolo importante nell’introduzionedel concetto di “utente” dei servizi sanitari, di soggetto, cioè, che chiede un servizio eche, in tale richiesta, deve essere soddisfatto. Da questo punto di vista, l’introduzionedel concetto di cittadino accanto a quello di paziente assume un’ulteriore connotazione,che comporta un parziale cambiamento di questa prospettiva. <strong>Il</strong> riferimento al cittadinoevidenzia infatti un ruolo attivo e quindi l’assunzione di responsabilità da parte dellostesso. <strong>Il</strong> paziente che appartiene a un gruppo di interesse in relazione a una patologiaspecifica è un soggetto attivo di una contrattazione nella quale si chiedono attenzione eservizi per una determinata malattia e, come tale, è soggetto responsabile delle richiesteavanzate.La menzione del cittadino come soggetto che riconquista un ruolo attivo, e quindianche una parte maggiore di responsabilità nella relazione terapeutica, emerge in modoparadigmatico anche nel tema della comunicazione. Esso, infatti, evidenzia come il cittadino-pazientenon sia solamente un “ricettore” di informazioni, ma abbia una posizionedeterminante nella cessione delle informazioni stesse, assumendo un ruolo attivo nellacomunicazione con l’operatore sanitario e, pertanto, nella sua definizione della propriapatologia.54Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitariDialogo di Bioetica e Biodiritto del 21 settembre 2007La presa in carico e la cura di unpaziente sono funzioni che vannocondivise tra diverse professionisanitarie (infermieri, medici, farmacisti,ecc.), che diventano i soggettidi una comunicazione reciprocatalvolta non facile.Le difficoltà nelle modalità enegli strumenti della comunicazionecreano uno scenario spesso frammentatoe di difficile comprensione,nel quale emerge tutta l’importanzadel contesto, del tempo e dellacompetenza comunicativa.L’incontro analizza le dinamiche, ivantaggi e i rischi e le responsabilitàche possono sorgere in questo specificoambito della comunicazione.55Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione <strong>sanitaria</strong>in clinica pediatricaFrancesca BeltrameUn programma d’interventopsico-socio-educativo basatosu un approccio multidisciplinare,rivolto al bambino con leucemiae alla sua famiglia.Nella Clinica Pediatrica dell’OspedaleSan Gerardo dei Tintori diMonza, diretta dal Prof. Masera, dalsettembre 2000 al settembre 2004è stata condotta un’esperienza finalizzataa valutare da un punto divista quantitativo e qualitativo lacomunicazione e l’assistenza rivolteai bambini affetti da Leucemia LinfoblasticaAcuta e alle loro famiglie,ponendo particolare attenzione alruolo del consenso informato allarandomizzazione prevista dal protocollodell’Associazione Italiana diEmatologia e oncologia PediatricaAIEOP LLA 2000, in atto dall’1 settembre2000 al 31 luglio 2007.Da questa esperienza è derivatoun lavoro, dal titolo “Valutazionedella comunicazione e dell’assistenzarivolte ai bambini affetti daLeucemia Linfoblastica Acuta e alleloro famiglie – Ruolo del consensoinformato alla randomizzazione inematologia e oncologia pediatrica”,che ha conseguito nel 2006 il PremioGemma Gherson.La nostra esperienza si inseriscein un contesto di generalee progressiva “umanizzazionedell’ospedale”, nell’ambito di unprogramma d’intervento psico-socio-educativoin atto nella nostraClinica da oltre trent’anni, basatosu un approccio multidisciplinare,rivolto al bambino con leucemia ealla sua famiglia.Lo studio è stato realizzato graziealla collaborazione di un servizio diprofessionisti esterno alla struttura(Prof.ssa Silvia Kanizsa, Dott.ssaGiovanna Bestetti, Dott.ssa AnnaArcari – Facoltà di Epistemologia edErmeneutica della Formazione, UniversitàMilano-Bicocca; Prof. JohnJ. Spinetta – Facoltà di Psicologia,Università di San Diego, California),consultati per poter assicurare unamaggiore competenza nel processodi analisi.Per quanto riguarda il tema diquesto Dialogo, di questa nostraesperienza è importante sottolinearel’organizzazione prevista dal programmapsico-socio-educativo cheviene riservato da oltre trent’anninella Clinica Pediatrica dell’ospedaledi Monza al bambino affetto daleucemia e alla sua famiglia.Tale programma è basato su unapproccio multidisciplinare che prevedela partecipazione integrata divari operatori (Direttore della Clinica,pediatri, psicologi, pedagogisti,neuropsichiatri infantili, assistentisociali, infermieri, educatori, insegnanti,volontari…) e dei genitoridel paziente.L’obiettivo di un programma cosìstrutturato è quello di realizzare ilprincipio di alleanza terapeutica, ovverodi “collaborazione” tra i diversi56Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


operatori sanitari coinvolti e traloro, il bambino e la sua famiglia.L’intento che finalizza ogniintervento, comune a tutti gli operatori,non è solo quello di guarireil bambino, ma anche quello di offrirglila miglior “qualità di vita”.La nostra equipe multidisciplinarecomprende il Direttore dellaClinica, un medico responsabiledel programma, una coordinatrice(assistente sociale) delle diversefigure e dei diversi interventi, unmedico specialista interno allastruttura, un’infermiere, due psicologi,sei insegnanti, un’insegnantedi sostegno, un gruppo numeroso divolontari: il Comitato Maria LetiziaVerga, il Gruppo Ascolto, l’ABIO, iClown-dottori… L’approccio multidisciplinareè finalizzato anche aidentificare i bisogni psico-socialidel bambino e della sua famiglia neivari momenti del percorso di cura ea programmare i relativi interventidi sostegno attraverso incontriperiodici programmati.Nel marzo 2002, come fruttodi questa positiva esperienza, èstato elaborato un protocollo diaccoglienza e presa in carico globaledel bambino con emopatia edella sua famiglia. Tale protocollodefinisce in modo preciso qualioperatori sanitari intervengono neivari momenti del percorso di curadel bambino leucemico, dall’esordiodi malattia in poi: al momento delladiagnosi, al momento dell’ingressoin reparto, al primo ricovero, alladimissione…<strong>Il</strong> colloquio di comunicazionedi diagnosi di leucemia da partedel Direttore della Clinica rivesteun ruolo di primaria importanzanell’ambito di tale protocollo diaccoglienza. A esso, infatti, vengonoriservati un tempo, uno spazioe una modalità particolari e sonoben definite le diverse figure chepossono intervenire durante talecolloquio.Nell’intento di migliorare ulteriormentela nostra assistenza albambino e alla sua famiglia, sonostati attivati diversi progetti diricerca, collaborazioni nazionalie internazionali con differentistrutture sanitarie e contatti conservizi di valutazione esterni allastruttura.A fronte di un’organizzazionecosì strutturata tra gli operatorisanitari, è onesto riconoscerel’estrema difficoltà a realizzare unacomunicazione tra gli operatorisanitari stessi. Nella nostra esperienza,sono spesso gli operatori delservizio psico-sociale a impegnarsia partecipare alle riunioni dell’equipedi assistenza <strong>sanitaria</strong>.In particolare, nel nostro Centrosono previsti incontri programmatisettimanali tra il Direttore dellaClinica e il personale medico einfermieristico, incontri programmatisettimanali tra gli operatoridell’equipe psico-socio-educativa,incontri programmati mensili tra ilDirettore della Clinica a l’assistentesociale coordinatrice, mentre risultanomeno programmati gli incontritra tutti gli operatori dell’interostaff di assistenza <strong>sanitaria</strong>.Gli obiettivi della nostra esperienzasono stati quello di valutarela randomizzazione e il ruolo del57Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari58consenso informato alla randomizzazionee quello di valutare adistanza di un anno dall’esordio dileucemia le modalità di comunicazionee di assistenza rivolte allafamiglia e ai bambini durante ilprimo anno di terapia.In particolare, dall’analisi deirisultati del secondo obiettivo èemerso un giudizio complessivamentepositivo sulla modalitàd’intervento attuata (basata su unapproccio multidisciplinare) come“aspetto più curato”; la percezionedi chiarezza e semplicità nelleinformazioni fornite, ma anche lapercezione di una certa contraddittorietàtra le informazioni ricevute,talvolta causa di confusione; tral’attenzione iniziale, ricevuta all’esordiodi malattia dalle famiglieda parte dei vari operatori sanitari,e il calo di attenzione nei momentisuccessivi del percorso di cura, conla conseguente consapevolezza, daparte delle famiglie, di aver avutoaspettative eccessive nei confrontidi alcuni operatori.È emersa, inoltre, una percentualemolto alta di adesioneal protocollo di randomizzazioneproposto: dei 214 bambini ammessial protocollo stesso, solo 5 coppiedi genitori hanno rifiutato la randomizzazione.Dalla nostra esperienza sonoemerse la necessità di stabilireperiodici incontri programmati trai vari operatori che prendono incarico il bambino malato e la sua famiglia,e tra loro e i genitori duranteil corso della terapia; la necessità distabilire limiti di tempo, di spazi edi risorse; la necessità di ulterioriricerche sull’argomento, finalizzatead abbattere le barriere nellacomunicazione tra gli operatorisanitari e a creare nuovi strumentidi comunicazione; l’importanza dell’ufficializzazionedei vari operatorisanitari facenti parte dell’equipe diassistenza; l’importanza di un programmadi accoglienza ben definitoche preveda una multidisciplinarietàdei vari operatori che, nel prendersicura del paziente e della sua famiglia,interagiscono tra loro e conil paziente in modo non casuale;l’importanza della consapevolezzadel proprio ruolo e di quello deglialtri; l’importanza dell’opinione delpaziente nella valutazione dell’accettabilitàdelle procedure d’interventoe nella verifica dell’efficaciadell’intervento stesso.In particolare, è emerso comela comunicazione tra gli operatorisanitari e tra loro e il paziente (e/oi genitori, se minore) sia uno strumentoefficace per poter arrivare aun consenso il più possibile consapevole,libero e informato, perottenere la fiducia del paziente neiconfronti degli operatori sanitari,per ottenere la soddisfazione e lacondivisione delle scelte da partedegli operatori sanitari stessi.BIBLIOGRAFIA[1] Refatti C, Bevilacqua A. “Theintegration between doctorsand nurses in medical wards:the results of a survey”, in AssistInferm Ric 2007 Jan-Mar;26(1): 32-7.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


[2] Grauf-Grounds C, Backton A.“Patterns of conversationbetween clergy and their parishionersand referral to otherprofessionals”, in J PastoralCare Counsel 2007 Spring-Summer; 61(1-2): 31-8.[3] Linskog M, Lofmark A, Ahlstrom G.“Interprofessional educationon a training ward for olderpeople: students’ conceptions’of nurses, occupational therapistsand social workers”,in J Interprof Care 2007 Aug;21(4): 387-99.[4] Robson M, Kitchen SS. “Exploringphysiotherapy students’ experiencesof interprofessionalcollaboration in the clinicalsetting: a critical incident study”,in J Interprof Care 2007Feb; 21(1): 95-109.[5] Rubio Rico L et al. “Interdisciplinaryrelationships andhumanization in intensive careunits”, in Enferm Intensiva2006 Oct- Dec; 17(4): 141-53.[6] Puntillo KA, McAdam JL. “Communicationbetween physiciansand nurses as a targetfor improving end-of-life carein the intensive care unit:challenges and opportunitiesfor moving forward”, in CritCare Med 2006 Nov; 34(11Suppl): S332-40.[7] Sharp M. “Enhancing interdisciplinarycollaboration inprimary health care”, in Can JDiet Pract Res 2006 Autumn;Suppl: S4-8.[8] Fleissig A, Jenkins V, Catt S,Fallowfield L. “Multidisciplinaryteams in cancer care: arethey effective in the UK?”, inLancet Oncol 2006 Nov; 7(11):935-43.[9] Beckmann-van der Ven G. HoneF, “Patient images on theinternet: a platform for thecommunication between orthodonticclinics”, in Int JComput Dent 2007 Jan; 10(1):63-7.Francesca Beltrame è Pediatra pressol’Ospedale San Gerardo dei Tintori diMonza.59Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione <strong>sanitaria</strong>e Medicina LegalePaolo BencioliniNell’ambito della comunicazione tra glioperatori sanitari è possibile realizzare unabuona dimensione relazionale,indispensabile per conseguire l’obiettivodi tutela della salute in tuttele sue dimensioni.Due domande introduttiveIntroduco questo intervento ponendomidue domande.La prima riguarda l’obiettivoprincipale della comunicazione tragli operatori sanitari. Con questoriferimento intendo subito precisareche il tema al quale è dedicata questasessione dei Dialoghi riguardaun aspetto particolare del grandee fondamentale tema della comunicazioneinterpersonale e, nellospecifico della sanità, la comunicazionetra operatori sanitari diversi,comprendendo quindi non solo lacomunicazione fra professionistiaventi la medesima formazione ecompetenza (per esempio, medici),ma anche tra professionistidi diversa formazione: infermieri,farmacisti e tutte le figure, anchedi supporto, che interagiscono inambito sanitario.La seconda domanda riguarda ilpossibile contributo di competenzamedico-legale.L’obiettivo della comunicazionetra gli operatori sanitari deve necessariamenteessere identificatonella previsione della norma costituzionaleprevista dall’art. 32 dellaCostituzione. Anche gli operatorisanitari, infatti, sono richiesti dicontribuire alla attuazione (in unaprospettiva necessariamente dinamica)della tutela e promozionedella salute. Sottolineo, peraltro,che non ne sono gli esclusivi attoriperché molti altri soggetti, a cominciareda ciascun cittadino, hanno unruolo da svolgere.Di conseguenza occorre chiedersiquale sia il concetto di salute al qualeoccorre fare riferimento. Anchein questo caso la risposta non puòessere vaga o approssimativa perchél’Italia ha recepito fin dal 1947 (conapposito Decreto Legislativo dell’alloraCapo provvisorio dello Stato) ladefinizione di “salute” contenutanell’atto costitutivo dell’OMS (1946)nella quale vengono identificate letre dimensioni della salute: fisica,psichica e relazionale. Sotto taleprofilo appare francamente riduttivol’art. 3 del Codice di DeontologiaMedica (invariato anche nella piùrecente edizione, 2006) che cosìtestualmente si esprime “La saluteè intesa nell’accezione più ampiadel termine, come condizione cioèdi benessere fisico e psichico dellapersona”. È vero che – coerentementecon quanto indicato dall’art.1 della Legge n. 833/78 – lo scopodel Servizio Sanitario Nazionale è ditutelare la salute fisica e psichicadei cittadini, riconoscendo la competenzadi altre strutture e servizi(con i quali, tuttavia, va assicuratol’indispensabile “collegamento ecoordinamento”) per ciò che attienealla dimensione relazionale,60Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


ma la trasposizione di tali concettiall’attività degli operatori sanitarinon considera l’importante ruolodegli stessi anche nel contribuire apromuovere un maggior benessererelazionale.La seconda domanda va meglioprecisata, circoscrivendo opportunamenteil contributo che mi è statorichiesto alla personale esperienzadi cui sono portatore. Pensandoalle molteplici sfaccettature dellaprofessione medico-legale, ritengosi debbano in questa sede escluderegli stereotipi più comuni che consideranoil medico legale come coluiche interviene nella risoluzione dieventi delittuosi o che si occupa diinfortunistica stradale o di questioniassicurative. A quale esperienza diMedicina Legale intendo qui fare riferimento?<strong>Il</strong> tema del contributo miinterpella come appartenente a unadisciplina impegnata nelle strutturesanitarie e nella formazione dei professionistiche in essa operano.La comunicazione tra gli operatorisanitari nelle diverse esperienzedi Medicina Forense e di MedicinaLegale ClinicaUn primo spunto di riflessione trattodall’esperienza personale è fornitodalla analisi, in ottica medico-forense,delle controversie in temadi responsabilità dei professionistisanitari e delle strutture in cui essioperano. Al di là (e indipendentemente)della gravità e della attendibilitàdelle accuse che pervengonoagli uffici legali e alle compagnie diassicurazione in tema di cosiddetta“malasanità”, nonché della lororisonanza mediatica, l’esperienzamedico-legale nello studio e nellatrattazione dei casi, sia in sedegiudiziaria che extragiudiziaria,consente di rilevare come in molticasi l’origine del conflitto nasca dadifetti o addirittura da gravi carenzedi comunicazione tra i diversioperatori.Una ulteriore (e relativamenterecente) esperienza proviene dallaattività che abbiamo definito di“medicina legale clinica” e cheè propria delle Unità di MedicinaLegale istituite presso le AziendeSanitarie. Questa nuova dimensionedella nostra disciplina è caratterizzatadalla presenza istituzionaledei suoi operatori “al letto delpaziente” e “accanto agli altri colleghi”.Si realizza pertanto, almenoprevalentemente, quando ancoranon sono emersi eventi connotatida possibile responsabilità deglioperatori, perché la richiesta diconsulenza viene formulata quandogli operatori stessi si pongono ilproblema e cercano di affrontarlo intermini corretti anche sotto il profilomedico-giuridico. La preziosa esperienzache si è sviluppata in questianni (anche nella sede di Trento) haprovocato significative ripercussioninelle scelte aziendali più illuminatee, in particolare, ha contribuito (etalora addirittura promosso) a sviluppareiniziative di prevenzione delrischio clinico. È il caso di ricordarecome il primo Master in ClinicalRisk Management sia stato istituitoin Italia dall’Università di Padova,su iniziativa e responsabilità dellanostra struttura di Medicina Legaleclinica e sia ormai alla vigilia dellasua terza edizione.61Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari62La Medicina Legale come studio edesperienza degli aspetti deontologicidelle professioni sanitarieAppartiene al patrimonio tradizionaledella Medicina Legale l’attenzionealla dimensione deontologica dellaprofessione medica, attenzione chesi è estesa in questi anni alle formulazionideontologiche di volta involta elaborate in seno alle altre professionisanitarie. Non può mancare,pertanto, un richiamo ai principaliriferimenti contenuti nei rispettiviCodici, quantomeno dei medici edegli infermieri.<strong>Il</strong> Codice di Deontologia Medica(2006) all’art. 66 (“Rapporto conaltre professioni sanitarie”) così siesprime: “<strong>Il</strong> medico deve garantire lapiù ampia collaborazione e favorire lacomunicazione fra tutti gli operatoricoinvolti nel processo assistenziale,nel rispetto delle peculiari competenzeprofessionali”. Questa affermazione,certamente in tutto condivisibile, potrebbeanche suonare relativamentegenerica, ma di essa va qui enfatizzatala premessa che così si esprime:“Nell’interesse del cittadino…”. Misembra che tale richiamo rimandinuovamente alle finalità proprie efondamentali dell’attività affidataa tutti i professionisti sanitari, chepongono la salute del cittadino alcentro di ogni iniziativa.L’art. 5.1 del Codice Deontologicodegli Infermieri (1999) così siesprime: “L’infermiere collabora con icolleghi e gli altri operatori di cui riconoscee rispetta lo specifico apportoall’interno dell’équipe”. In conformitàalla differente impostazione chetraspare dal Codice degli Infermieri,l’invito alla “collaborazione”, equindi anche alla comunicazione,sembra considerare maggiormenteil riconoscimento della pari dignitàdi ogni operatore (pur riconoscendole specificità proprie di ciascuno) el’importanza di una azione coordinatadi tutti coloro che intervengononel comune lavoro.Ancora il Codice degli Infermieri,all’art. 3.2 così si esprime: “L’infermiereassume responsabilità in baseal livello di competenza raggiunto ericorre, se necessario, all’interventoo alla consulenza di esperti. Riconosceche l’integrazione è la migliorepossibilità per far fronte ai problemidell’assistito; riconosce altresì l’importanzadi prestare consulenza,ponendo le proprie conoscenze eabilità a disposizione della comunitàprofessionale”.Un tema privilegiato per lacomunicazione: l’informazioneUn tema privilegiato per approfondirel’importanza della comunicazionetra le diverse figure di operatoririguarda l’informazione.È purtroppo diventato correntel’impiego del termine “consenso informato”.In tal modo l’importanzadella informazione viene quasi ascomparire nel momento in cui tuttal’attenzione e la preoccupazione (inparticolare, ovviamente, dei medici)è concentrata sugli aspetti formalidel “consenso”, che si pretende dirisolvere con il ricorso ad appositi“moduli”.Una corretta attenzione all’importanzadella informazione nonsolo esige di attribuire alla stessa unruolo autonomo rispetto al momentodella espressione del consenso, maProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


anche di riconoscere che tale ruolonon è solo propedeutico alla decisionedel paziente in ordine alle scelte(diagnostiche e/o terapeutiche) chegli vengono proposte, potendo essoassumere importanza anche laddovetali scelte non siano possibili oproponibili.<strong>Il</strong> Codice Deontologico degliInfermieri, all’art. 4.5 afferma che“L’infermiere, nell’aiutare e sostenerela persona nelle scelte terapeutiche,garantisce le informazioni relative alpiano di assistenza e adegua il livellodi comunicazione alla capacità delpaziente di comprendere”. Aggiunge,inoltre, che “si adopera affinché lapersona disponga di informazioniglobali e non solo cliniche…”. Perconsentirgli di agire in conformitàa tale (condivisibile) impostazione,l’art. 4.4 dichiara che “l’infermiereha il dovere di essere informato sulprogetto diagnostico terapeutico, perle influenze che questo ha sul pianodi assistenza e la relazione con lapersona”.<strong>Il</strong> Codice di Deontologia Medica,all’art. 33, pur esprimendosi in terminiarticolati ed evidenziando laparticolare importanza di “comunicarecon il soggetto tenendo conto dellesue capacità di comprensione…” epur ricordando che “ogni ulteriorerichiesta di informazione da partedel paziente deve essere soddisfatta”,sembra meno attento all’importanzadi informazioni “non solo cliniche”e ignora (o comunque non contienealcun riferimento) l’esigenza che intema di comunicazione-informazionegli interventi dei diversi operatorisanitari siano concordati e opportunamenteconvergenti.La Medicina Legalecome esperienza di formazione<strong>Il</strong> tema della comunicazione è oggigiustamente riconosciuto di fondamentaleimportanza nella formazionedei futuri professionisti sanitari.Accenno di seguito ad alcune esperienzerealizzate negli anni in sedeaccademica o nella attività della nostraStruttura di Medicina Legale.Sono stati promossi corsi opzionalidi sensibilizzazione allaimportanza della comunicazione pergli studenti del Corso di Laurea inMedicina e Chirurgia. È stata ancheavviata un’esperienza di seminariocomune a studenti di Medicina e Infermieristica.L’ostacolo più rilevanteincontrato in queste esperienze èrisultata la diffusa mentalità, ormaipericolosamente strutturata (specienegli studenti degli ultimi anni delCorso di Laurea di Medicina), secondomodelli di tipo rigidamentegerarchico e, come tali, scarsamentedisponibili ad accettare modalità divalida comunicazione interpersonale.Nell’ambito del Corso di LaureaSpecialistica in Scienze Infermieristichee Ostetriche sono stati avviatiincontri dedicati alla responsabilitànel coordinamento anche in ordineai temi dell’informazione.Le riflessioni che tali esperienzesuggeriscono sono decisamente afavore della importanza di proporreesperienze per gruppi eterogenei,costituiti cioè da appartenenti aprofessioni (e ruoli) differenti nonchécon modalità operative di naturainterattiva che prendono spunto dacasi concreti. <strong>Il</strong> potersi misurare suldiverso modo (personale e/o professionale)di informare, constatando63Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari64la difficoltà di far prevalere il realeinteresse del paziente costituisce, inultima analisi, la principale garanziadi una efficace formazione.La comunicazione tra gli operatorisanitari: un problema che riguardasolo la relazione tra “diversefigure di curante”?La traccia fornita per questa edizionedei Dialoghi dedicata alla“Comunicazione” prevede, giustamente,che “la presa in carico e lacura di un paziente sono funzioniche vanno condivise tra diverse figuredi curante: infermieri, medici,farmacisti, ecc.” e osserva che glistessi “diventano i soggetti di unacomunicazione reciproca talvoltanon facile”. Condivido pienamentetale impostazione, lamentando ilpersistere di iniziative di formazionecircoscritte a singole categorie diprofessionisti/operatori, quandonon addirittura (come avviene frequentementeper i medici) a colleghiaventi la medesima specializzazione.Tuttavia occorre chiedersi se nonvadano considerate anche le questionirelative alla comunicazioneall’interno della medesima categoriaprofessionale.Richiamo, dal Codice di DeontologiaMedica, l’art. 58 (“Rispettoreciproco”): “<strong>Il</strong> contrasto di opinionenon deve violare i principi di uncollegiale comportamento e di uncivile dibattito”. È probabile chequesta affermazione, situata dopoaver ricordato che “<strong>Il</strong> rapporto tramedici deve ispirarsi ai principi dicorretta solidarietà…” non abbiainteso considerare la specifica questionedi cui sto ora occupandomi,ma vedrei in essa (eventualmenteattraverso una maggior articolazionedella norma) anche lo spunto per unrichiamo alla necessità di assicurarecorrette modalità di comunicazionereciproca, evitando fraintendimentie messaggi contraddittori. È chiaroche in tale ottica il contrasto diopinione, pur fisiologico, non puòripercuotersi a danno del cittadino.Intendo riferirmi non già alla espressionedi opinioni diverse sotto ilprofilo diagnostico e/o terapeutico,ma a comportamenti che conducanoa un nocumento del percoso di curadel paziente.Nel Codice Deontologico degliInfermieri l’art. 5.2 prende in considerazioneil medesimo problemae, dopo aver affermato il doveredel rispetto e della solidarietà,molto opportunamente (e quindicon maggior aderenza all’esigenzada me più sopra espressa) affermache “l’infermiere si adopera affinchéla diversità di opinione non ostacoliil progetto di cura”.Una particolare formazione allacomunicazione: l’esperienza neiComitati Etici per la Pratica ClinicaLa crescente e positiva attenzionealla dimensione etica della attività<strong>sanitaria</strong> trova un significativorichiamo nel Codice Deontologicodegli Infermieri. L’art. 3.4 così siesprime: “L’infermiere si attiva perl’analisi dei dilemmi etici vissutinell’operatività quotidiana e ricorre,se necessario, alla consulenzaprofessionale e istituzionale, contribuendocosì al continuo diveniredella riflessione etica”. Non mi èchiaro a cosa si riferisca il richia-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


mo alla “consulenza professionalee istituzionale”; è possibile che sifaccia riferimento alle (poche) iniziativedi consulenza etica istituitein talune sedi (a Padova esiste unServizio di Bioetica Clinica connessoalla nostra Struttura di MedicinaLegale). Ritengo peraltro che vadaqui richiamata l’importanza dell’esperienzadei Comitati Etici perla Pratica Clinica.Si tratta di strutture caratterizzatedalla composizione pluridisciplinare(con membri anche nonappartenenti alle professioni sanitarie)e la cui finalità non è quelladi assumere decisioni vincolanti,ma di porsi al fianco degli operatorisanitari per aiutarli a cogliere ladimensione etica dei problemi. Intale ambito il tema della comunicazionetra i diversi operatori (cosìcome, ovviamente, nei confrontidei pazienti e dei loro familiari)costituisce motivo di riflessionepressoché costante. L’esperienza dilavoro all’interno di un ComitatoEtico diviene in tal modo strumentodi formazione assolutamente privilegiatoin quanto impone da un latodi prendere in considerazione casiconcreti, per lo più privi di agevoleo scontata soluzione, e dall’altro dielaborare, attraverso un confrontodi competenze ed esperienze diverse,pareri che esigono di essereadeguatamente e razionalmentemotivati.ConclusioneL’occasione offertami dallo studiodi questo tema mi ha consentito diapprofondire un aspetto solitamentetrascurato (o, perlomeno, ritenutodi secondario rilievo) e che attieneal ruolo degli operatori sanitari nelcontribuire alla tutela e alla promozionedella dimensione relazionaledella salute. Come ricordavo piùsopra, richiamando l’art. 1 della leggeistitutiva del Servizio SanitarioNazionale, ma come risulta anchedall’art. 3 del Codice di DeontologiaMedica (anche nel testo, rimastoinvariato, del 2006), l’attività <strong>sanitaria</strong>(di tutti i professionisti e glioperatori sanitari) viene consideratapertinente alla “tutela della salutefisica e psichica”. Nell’ottica dell’art.32 della Costituzione e della definizionedi salute contenuta nell’attocostitutivo dell’OMS, la terza dimensione,vale a dire quella “relazionale”,viene ritenuta di competenza dialtre strutture e servizi, quelli, inparticolare, “che svolgono nel settoresociale attività comunque incidentisullo stato di salute degli individuie della collettività”.Riflettere sul significato della“comunicazione tra gli operatori sanitari”consente di evidenziare comeanche in questo ambito gli operatoristessi possano efficacemente contribuirea realizzare, per quanto di lorocompetenza, una buona dimensionerelazionale, a sua volta indispensabileper consentire di pervenireal comune obiettivo di tutela dellasalute in tutte le sue dimensioni.Paolo Benciolini è Ordinario di MedicinaLegale presso l’Università di Padova.65Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caratteristichedel processocomunicativoFederica BrescianiSe vi sono comunicazione e collaborazioneall’interno delle èquipe di cura ospedaliera,di quella territoriale e tra entrambe,l’informazione data al paziente e ai suoifamiliari sarà univoca e coerente.<strong>Il</strong> mio intervento si pone comeobiettivo di analizzare cosa si intendeper comunicazione, definire,attraverso la condivisione di alcunicasi, quali caratteristiche la contraddistinguonoe, infine, riflettere sullericadute che il processo di comunicazionetra operatori può avere nelrapporto con il paziente.<strong>Il</strong> ricorso a casi reali fa sì che glioperatori non si sentano gli unici adaver vissuto certe situazioni (condividere),che venga sollecitata lariflessione e che, auspicabilmente,gli operatori possano riconoscere diaver bisogno di un aiuto/confrontoper “modificare” comportamentiche incidono sul processo comunicativo.La comunicazione è il processodi socializzazione dell’informazione,cioè il processo di trasmissione diinformazione compresa e condivisatra due o più persone. 1Comunicare significa “metterein comune con un altro un messaggio,che potrà essere rappresentatoda una parola, da un gesto, daun’emozione”. Tale messaggio vienetrasmesso, attraverso un canalecodificato, da un emittente a unricevente, il quale a sua volta potràdivenire l’emittente di un altromessaggio, istaurando un’interazionetra le due persone (processodinamico).Comunicare non è una singolaazione ma una sequenza coordinatache include almeno sette fasi: 1.ideazione, 2. codifica, 3. trasmissione,4. ricezione, 5. decodifica, 6.ricezione, 7. ritorno.La comunicazione di ritorno daparte del <strong>destinatario</strong> è essenzialenel processo comunicativo, anchequando monodirezionale, in quantola fonte necessita di un segnale diavvenuta comprensione ed effettivacondivisione dell’informazione perpoter considerare efficace l’interoprocesso. 1Nel 1967, Watzlawick, Beavin eJackson 2 definirono cinque assiomidella comunicazione:1. non si può non comunicare;2. ogni comunicazione ha un aspettodi contenuto e un aspetto direlazione di modo che il secondoclassifica il primo ed è quindimetacomunicazione;3. la natura di una relazione dipendedalla punteggiatura dellesequenze di comunicazione tra icomunicanti;4. gli esseri umani comunicano siacon il modulo numerico che conquello analogico. <strong>Il</strong> linguaggionumerico ha una sintassi logicaassai complessa e di estrema efficacia,ma manca di una semanticaadeguata nel settore dellarelazione, mentre il linguaggioanalogico ha la semantica, ma66Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


non ha nessuna sintassi adeguataper definire in un modo chenon sia ambiguo la natura dellerelazioni;5. tutti gli scambi di comunicazionesono simmetrici o complementari,a seconda che siano basati sull’uguaglianzao sulla differenza.Al fine di accostare alcuni casivissuti nella quotidianità ai singoliassiomi del processo di comunicazione,analizzerò quattro di questiassiomi, definendoli “caratteristichedel processo di comunicazione”.Prima caratteristica“Non si può non comunicare”, nelsenso che non esiste un non-comportamento.Per esempio, se due operatori si“fermano” lungo il corridoio di unreparto per “tentare” di condividerealcune informazioni, è chiara lavolontà di entrambi di trovarsi untempo e uno spazio (seppur non deltutto adeguato) per trasmettersi unmessaggio. Di contro, se duranteuna riunione d’èquipe, mentre unoperatore del gruppo sta esprimendole proprie emozioni o sta discutendodi un argomento, altri operatorisbuffano, guardano altrove o scrivonodi altro nelle cartelle, emergelo scarso interesse da parte deglistessi nei confronti di ciò che stamanifestando colui che parla, il quale,molto probabilmente, cambieràdiscorso o interromperà ciò che stadicendo.Seconda caratteristica“Ogni comunicazione ha un aspettodi contenuto e un aspetto di relazione[…]”. <strong>Il</strong> contenuto trasmetteinformazione e la relazione trasmetteil tipo di messaggio che devepassare. Mediante le parole vengonotrasmesse delle informazioni e coni segnali del corpo vengono date“informazioni alle informazioni”.I due aspetti coesistono e sonocomplementari in ogni messaggio.Una comunicazione è tanto più sanaquanto più l’aspetto relazionalerecede sullo sfondo.Se, per esempio, due operatoristanno discutendo, uno potrebberivolgersi all’altro dicendo: “Sarebbestato meglio che tu l’avessi fatto”,oppure dicendo: “Dovevi farlo”. Inentrambe le comunicazioni il contenutoche emerge è il medesimo: inquella data situazione sarebbe statoopportuno compiere una determinataazione, che non è stata fatta.L’utilizzo del verbo al condizionale(“sarebbe”) anziché all’imperativo(“dovevi”) fa presupporre inveceun aspetto di relazione diverso, piùpacato nel primo esempio (suggerimento),categorico nel secondoesempio (imposizione).Secondo il concetto che una comunicazioneè tanto più sana quantol’aspetto relazionale recede sullosfondo, dobbiamo porre attenzionea che non vi sia una”eccessiva”amicizia anche al di fuori dell’ambientelavorativo: se così fosse, idue operatori potrebbero tendere acoalizzarsi anche in situazioni noncorrette.Di contro, se fosse prevalenteun sentimento di antipatia, probabilmenteuno dei due operatoricoinvolti tenderà a reputare sbagliatociò che consiglia l’altro, e a farel’esatto contrario.67Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari68Terza caratteristica“La natura di una comunicazionedipende dalla punteggiatura dellesequenze di comunicazione […]”.Per punteggiatura si intende unasequenza di scambi o modelli discambio (regole).Al riguardo, un primo esempio:“Ho chiesto al medico che venisse avisitare il paziente perché lo desideravo.Non è venuto, mi sono sentitasola”. <strong>Il</strong> messaggio appare chiaro: lacolpa del fatto che l’operatrice si siasentita sola nasce dalla mancanzadella visita del medico al paziente.Proviamo a rileggere la stessa frasepartendo dalla fine: “Mi sono sentitasola, ho chiesto al medico che venissea visitare il paziente perché lodesideravo. Non è venuto”. Cambiacompletamente il messaggio chesi vuole trasmettere: l’operatrice,sentendosi sola, ha desiderato echiesto una visita al paziente daparte del medico, che non ha potutoeffettuarla.Un secondo esempio: “Vorremmoassegnare questo ruolo al tuo collega,poiché ha dimostrato attitudinidiverse dalle tue, più idonee a …”Emerge la volontà da parte di chista parlando di spiegare al suo interlocutoreperché sia stata sceltaun’altra persona anziché lui stesso,senza voler sminuirne le capacità.Se l’operatore al quale è rivolto ilmessaggio invece leggesse la stessafrase al contrario (“Ha dimostratoattitudini diverse dalle tue, più idoneea … Perciò vorremmo assegnarequesto ruolo al tuo collega…”),probabilmente capirebbe non solodi non avere attitudini sufficientia rivestire tale incarico, ma anchedi non averne nemmeno altre piùidonee ad altri compiti.Quindi in una lunga sequenza discambio, gli organismi coinvolti,soprattutto se si tratta di persone,punteggeranno la sequenza inmodo che sembrerà che l’uno ol’altro abbia iniziativa, ascendente,che si trovi in posizione di dipendenzae così via. Stabiliranno traloro modelli di scambio – sui qualipossono concordare o meno: infattialla radice di innumerevoli conflittidi relazione si trova un disaccordosu come punteggiare la sequenzadi eventi. Questi modelli sarannoregole contingenti che concernonolo scambio di rinforzo. 2Quarta caratteristica“Gli scambi di comunicazione possonoessere simmetrici o complementaria seconda che siano basati sullauguaglianza (simmetrici) o sulladifferenza (complementari)”.Ovvero, se due operatori si pongonoin atteggiamento di ascolto(one-down) l’uno rispetto all’altroriusciranno facilmente a capirsi ea trasmettersi dei messaggi chiari;viceversa, se nessuno ascolta maognuno tende a prevaricare sull’altro,non si arriverà mai a un incontroe a una chiara condivisione delmessaggio.L’esempio di ciò può essere lasituazione in cui due operatori stannodiscutendo in merito all’effettivaurgenza assegnata a un determinatointervento. Potranno motivare ecapire il perché di una determinatascelta solo se riusciranno ad ascoltarsireciprocamente senza la volontà dipredominare l’uno sull’altro.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Al termine di questa breve analisidi alcune caratteristiche del processocomunicativo si può evincereche, se vi sono comunicazione ecollaborazione all’interno dell’èquipedi cura ospedaliera, all’internodell’èquipe territoriale e tra entrambele èquipe, verosimilmenteanche l’informazione che verrà dataal paziente e/o ai suoi familiari saràunivoca e coerente.Ciò è di fondamentale importanzapoiché spesso paziente e familiarifanno riferimento a più operatori perricevere e confrontare le notizie chevengono loro fornite.La coerenza quindi non può cheessere misurata nella relazione trasingole azioni e il principio generaledi conseguimento di benessere,distinguendo da questo punto divista due aspetti. La coerenza generaleè chiaramente un problemacollettivo, non sempre imputabilein assoluto a singoli soggetti. Per ilsingolo tuttavia si pone un problemaimportante, che riguarda la propria“partecipazione” alla coerenza generale.Accade sempre più spessoche singoli producano informazionicorrette che concorrono ad azionicomunicative non molto coerenti;in questi casi anche la correttezzadel singolo finisce per rientrarenella incoerenza generale. Questonaturalmente serve soprattutto peraffermare che la coerenza personalenon può essere disgiunta dairisultati generali, che finisconoinevitabilmente per coinvolgere otravolgere il singolo. 1Zwarenstein e Bryant affermanoche “collaborazione e integrazioneprofessionale fra infermiere e medicosono d’importanza primarianella presa in carico dei pazienti,nella riduzione delle degenze, e nelmiglioramento della soddisfazionedel personale”. 3Inoltre, “il fallimento di infermierie medici nel condividere decisionie nel comunicare, non solo nonè auspicabile, ma è realmente nonetico perché questo comportamentonon risponde ai bisogni del pazientee provoca danni e dolore”. 4BIBLIOGRAFIA[1] Comitato consultivo regionale dibioetica della Regione Veneto.Parere su “Etica della comunicazionein sanità”.[2] Watzlawick P, Helmick Beavin J,Jackson D. Pragmatica dellacomunicazione umana. Roma:Astrolabio,1967[3] Zwarenstein M, Bryant W. “Interventionto promote collaborationbetween nurses anddoctors”, in The CochraneDatabase of Systematic Reviews2000; Issue 2: 1-11.[4] Larson E. “The impact of physician– nurse collaborationon patient care”, in HolisticNursing Practice 1999; 13 (2):38-46.Federica Bresciani è Infermiera del ServizioCure domiciliari–palliative, Distrettodi Trento, Valle dei Laghi, Rotaliana-Paganella.69Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La condivisionenel gruppo di lavoroRenato Miori<strong>Il</strong> condividere in gruppo emozioni,punti di vista, ragionamenti e scelteche riguardano problemi di ordine eticonon costituisce un fatto scontato,ma il punto di arrivo di un lungo percorso.La società odierna è caratterizzatadalla complessità. Siamo immersi inuna rete di contatti e di informazioni.<strong>Il</strong> paziente che vedo oggi inambulatorio possiede già sulla salutetutta una serie di informazioni,giuste o sbagliate, credenze, anchesuperstizioni; fra una settimana,quando tornerà per riferirmi o portarmil’esito degli esami o altro,non sarà più lo stesso paziente:avrà elaborato quello che gli hodetto alla luce di tutta una seriedi altre informazioni ottenute dalcontatto con amici, tecnici dellasanità, farmacista, altri medici…ognuno dei quali avrà aggiuntoqualcosa di suo, a proposito o asproposito. Le informazioni che lobombardano sono generalmente unmiscuglio di dati reali e di credenzeo di nozioni alla moda; una dellecaratteristiche di questa massadi informazioni è data dalla suavolatilità: l’ultima notizia, l’ultimaopinione TV…Quando sono in contatto con ilmio paziente devo fare un lavorocontinuo per “separare il granodal loglio”, e farlo cercando, perquanto possibile, di non aggiungereanch’io un po’ di loglio.Fino a qualche decennio fail paziente si affidava al medicocon fiducia, il rapporto era ancorasostanzialmente quello (oggi consideratodeprecabile) dell’affidarsi almedico-stregone. Oggi la quantitàdi notizie disparate da cui siamocontinuamente bersagliati, portaall’esigenza di un rapporto più duttilecol paziente da parte dell’operatoresanitario; e di conseguenzasi rendono necessari anche meccanismipiù articolati e condivisi nelrapporto fra gli operatori sanitari.Sia gli operatori sanitari chei loro pazienti sono persone dotatedi raziocinio e di emozioni.Talvolta però nel paziente e neisuoi familiari le emozioni possonoprevalere sul raziocinio, soprattuttose esso è frenato dalla mancanza dicorrette conoscenze specifiche. Diquesta preponderanza di emozionidobbiamo sempre essere coscientinel rapporto con il paziente, sevogliamo giovargli. I migliori medicie i migliori infermieri hanno,accanto alla preparazione scientificae tecnica, due altre dotifondamentali: buonsenso e umanacomprensione.Prenderò in esame essenzialmentegli aspetti metodologici dellavoro di gruppo, con le annotazionidettate dalla mia esperienza. Hodiretto per quasi trent’anni repartidi medicina interna, e ho assistitoagli spettacolari avanzamenti diconoscenza e tecnologia fatti dallamedicina nell’ultimo mezzo secolo.70Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Ma nonostante questi progressivi è nella gente un senso dicrescente insoddisfazione per lapratica della medicina. Tra le suecause:– le aspettative illusorie generatenel profano dalla presentazionein termini a volte irrealistici deiprogressi scientifici e tecnologici;– la sensazione di insufficienza elentezza avvertita nell’applicazionedi nuove conoscenze e dinuove tecniche;– la sensazione di disorganizzazione(spesso reale, anchese a volte condizionata dallacomplessità dei problemi) nellaimpostazione del lavoro e nellagestione delle risorse, con sprechidi tempo e di risorse spessoevidenti anche al profano; ilquale d’altra parte è poco portatoa comprendere la dura realtàdella limitatezza delle risorse.La complessità, caratteristicaormai dei sistemi sanitari, la ritroviamoin qualsiasi gruppo dilavoro, generalmente compostoda persone che hanno in comuneuna base di abilità e conoscenzeprofessionali e tecniche, ma conuna diversificazione di esperienze,abilità e ruoli professionali. Questadiversificazione, mentre arricchiscele risorse del gruppo, fa sì che unsingolo operatore possa assumerein una determinata situazione decisioninon equivalenti a quelle cheassumerebbe un suo collega.È ben vero che l’elaborazionedi un consenso intorno a lineeguidae l’apporto degli strumentiinformatici hanno facilitato l’adozionedi comportamenti comuni,collaudati da esperienza e ricerca.<strong>Il</strong> briefing e la discussione su casiclinici complessi sono ormai prassiin molti reparti, ma l’attenzione viè focalizzata sugli aspetti clinicotecnologicie sull’applicazione dilinee guida.Vi sono però momenti, o reparti,in cui l’oggetto dell’attività delgruppo di lavoro implica decisioniad alto contenuto di responsabilitàsul piano umano e sociale o la necessitàdi adottare comportamentio esprimere valutazioni che possonorisultare opinabili.L’osservazione di quanto sisvolge nel campo della nostra sanità(con l’eccezione di strutturespecificamente dedicate) dimostrache sono rari gli incontri di riflessionee l’analisi della condivisionesu questi aspetti umani, sociali,familiari o assistenziali, in pazientiin condizioni critiche terminali ocon prognostico oscuro.L’occasione immediata per occuparmidell’argomento della condivisionedelle valutazioni e delledecisioni nell’ambito di un gruppodi lavoro è venuta dalla discussione,nella Commissione di Bioeticadell’Ordine dei Medici di Trento, suicomportamenti del nostro mondosanitario di fronte al soggetto ingrave sofferenza, fatalmente ingravescenteo terminale. Ascoltandole esperienze di operatori (medici enon medici) impegnati in strutturee servizi con pazienti critici (rianimazione,cure palliative, strutture dilungodegenza con maggior carico dipazienti dementi o terminali, servi-71Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari72zi con pazienti con gravi malattieneurologiche…) mi ha colpito lafrequente assenza, nell’ambito dialcuni di questi reparti e servizi,di momenti di discussione internaalla ricerca di consenso, in particolaresu argomenti che, nel malatoproblematico, esulano dagli strettiaspetti tecnici per coinvolgereaspetti umani, familiari o sociali, oprocedure assistenziali.Questa insufficienza di momentidi valutazione e di riflessioneveniva quasi sempre imputata allamancanza di tempo, che avrebbedovuto essere sottratto ai più specificicompiti istituzionali richiestidall’organizzazione <strong>sanitaria</strong>. Moltidei colleghi interpellati (medici einfermieri) avvertivano acutamentela mancanza di tali occasioni diriflessione.Le difficoltà che incontra il singolooperatore, e le responsabilitàcui va incontro, possono essereparticolarmente accresciute se eglisi trova ad agire in un ambiente incui non ci sia l’abitudine di elaboraree condividere, ogni volta che siapossibile, le decisioni con gli altrimembri del gruppo.Ho l’impressione che la particolaredifficoltà e la potenzialeconflittualità degli argomenti chepossono venire in discussione sianoa volte motivo del rifuggire, alivello dirigenziale, dai momenti diincontro, con un atteggiamento divero e proprio rifiuto psicologicoin situazioni che possono essereemotivamente disturbanti.Un collega che si trova a operarein queste condizioni è allora maggiormenteesposto a vari rischi: alrischio di dover assumere da solo, emagari con urgenza, decisioni congravi e irreversibili conseguenze; alrischio di dover prendere decisionicon la paura che le sue valutazionisiano poi contestate o criticate, difronte al paziente o ai suoi familiari,da parte di qualche altro componentedel gruppo; al rischio di essereindotto a delegare ad altri decisioniche dovrebbero essere sue; al rischiodi impostare esami e procedureinutili in sé e assunte solo comemedicina difensiva…In linea generale, gli incontritra i membri di un gruppo di lavoropossono concernere vari livelli:– un livello tecnico, strettamenteprofessionale, riguardante leconoscenze, le abilità e le tecnichespecifiche dell’attività delgruppo;– un livello organizzativo;– un livello riguardante le proceduredi assistenza e le decisionida assumere nelle situazioni cheriguardano pazienti in condizionicritiche, terminali o prognosticamentegravi, o quando siimpongano valutazioni e decisioniriguardanti aspetti umani,sociali, familiari, etici.In ognuno di questi tre livellila discussione può portare notevolibenefici.In quello tecnico-scientifico,perché in una équipe quasi per ogniargomento c’è spesso qualcuno cheha approfondito metodologie onozioni particolari, da presentareai colleghi. E comunque, in ogniProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


settore della medicina la sommadelle nozioni e abilità specifichedifficilmente viene dominata daun singolo operatore, ed è l’équipenel suo insieme la depositaria dellasomma delle conoscenze e delleabilità professionali – somma a cuii singoli componenti contribuisconociascuno anche secondo le caratteristicheche li differenziano dagli altri(ruolo, conoscenze, competenze).Nel livello organizzativo l’utilitàdel dialogo in équipe deriva dallaopportunità di un tempestivo adattamentoal variare delle possibilitàtecniche, alla disponibilità dellerisorse e al mutare delle possibilitàdi collaborazione con le forze dilavoro esterne al gruppo. Correggerele rigidità organizzative che rendonodifficili gli adattamenti alle nuovecircostanze, rendere l’impostazionedel lavoro più aderente ai compiti,sono tutte facilitazioni implementatedagli incontri d’équipe.Ma è soprattutto sul piano dell’assistenza,non solo materiale, aipazienti che richiedono decisionidifficili sul piano umano, che si avvertela mancanza di impostazioniconcordate nell’ambito del gruppodi lavoro. Né vale l’obiezione chegià esistono servizi sociali deputatia questi compiti, perché medico einfermiere non possono estraniarsidalle problematiche più gravi peril paziente e i suoi familiari, penail rischio di fornire una medicinamonca, disumanizzante.Vengono sempre più spesso allaribalta giornalistica e politica puntie momenti critici della nostra attivitàche implicano per forza di cosevalutazioni e decisioni con moltocontenuto soggettivo e implicazionietiche. Non dobbiamo farcimolte illusioni sulla possibilità chequesti problemi siano risolti conuna legge.Prendiamo il problema dell’accanimentoterapeutico: ammessoanche che si riesca a promulgareuna norma che definisca il puntooltre il quale si possa parlare diaccanimento terapeutico, chi ha unpo’ di esperienza nel campo sa cheapplicare nel singolo caso una valutazionepuò essere molto difficile.E comunque, i nostri comportamentinelle varie situazioni medichesono strettamente correlati alprogresso delle scienze biologichee della tecnologia, che sono in continuaevoluzione, per cui le relativenorme saranno sempre in progress.D’altra parte, in attesa che a livellonormativo si giunga (per quantoappaia improbabile) a conclusionichiare, nel lavoro “sul campo” nonè possibile rimandare le decisionifino a quando certi problemi abbianotrovato una soluzione ufficiale.Occorre quindi una forte econvinta spinta per programmarenell’attività dell’équipe tempi dadedicare allo scambio di idee euna strutturazione del lavoro chepreveda momenti di discussioneper focalizzare la condivisione deicomportamenti.Deve essere chiaro che non c’è bisognodi incontri assembleari (dove“tutti sono uguali”), né di dibattitiche possano assurgere a esibizionedi intelligenti futilità. L’adagio73Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari74inglese “Un singolo dato concretovale più di un bastimento carico diargomentazioni” vale anche comeregola nelle discussioni di gruppo.Inoltre, esaminati i vari aspetti diun problema, in caso di opinionicontrastanti su argomenti tecnico-scientificie organizzativi, ladecisione finale spetta comunque alresponsabile della struttura. D’altraparte, su una serie di questioni difficilie opinabili, a forte contenutoetico, riflettere in gruppo serve amaturare consapevolezza rendendopiù facile al singolo rispettare incoscienza le decisioni prese.Obiezioni a questi incontri diriflessione e formazione possonovenire dalla dirigenza e dai responsabiliamministrativi, che possonoessere inizialmente portati a considerarliperdite di tempo. Dobbiamocapire il loro punto di vista, dovendoil loro ruolo tener conto in primaistanza degli impegni assistenzialiin termini quantitativi. Ritengoperò che i più competenti ed espertitra loro non abbiano difficoltà acapire che la nostra “produttività”ha una componente qualitativa nonmisurabile in termini aritmetici.<strong>Il</strong> creare occasioni di scambiodi idee, dove i membri del gruppopossano mettersi in discussionemagari anche con un pizzico diironia, è un mezzo potente di coesionedel gruppo, facilita un climadi serenità e di amicizia, rinforzala motivazione nei colleghi piùgiovani e ne utilizza l’inventiva,evita la moltiplicazione degli esamie degli interventi di medicina difensiva,aumenta le opportunità dimigliorare la qualità e l’efficacia delnostro lavoro, e soprattutto limitail rischio di demotivazione.Vi sono alcuni aspetti particolarinel lavoro di gruppo, a cui vorreibrevemente accennare.Nell’organizzazione e nel funzionamentodel gruppo di lavoropossiamo prendere in considerazionedue strategie contrapposte:quelle che Diamond chiama la “topdown”(dall’alto verso il basso) e la“bottom-up” (dal basso verso l’alto).La prima è una strategia dirigistica,la seconda possiamo considerarlacome messa in atto con il concorsodi tutti i componenti. Mi pareche l’esperienza con le decisioniassembleari abbia largamente provatol’inefficienza di quest’ultima.Tuttavia le due strategie non si autoescludono,e personalmente sonosempre stato convinto che anchenell’organizzazione e nelle sceltestrategiche il concorso fattivo eprudente, secondo competenza, ditutti i componenti del gruppo possaassicurare i risultati migliori.<strong>Il</strong> ruolo direttivo resta ovviamenteaffidato al responsabile delgruppo, ma con questa annotazione,derivata dall’esperienza anche nell’ambitodel management di impresaindustriale e commerciale (Lazzati):se è vero che la sua “nomina” vienedall’alto, dalla dirigenza generale acui spetta il compito e la responsabilitàdella scelta, è altrettantoindubitabile che il vero accreditamento,il riconoscimento della“autorevolezza”, devono venire dalbasso, dal riconoscimento da partedel gruppo delle doti, scientifiche,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


manageriali e umane del dirigente.Egli avrà successo se saprà tenerpresente un punto che ritengo preziosonei compiti di un dirigente:che il minuto meglio speso è quellodedicato alle persone della propriaéquipe; e che è soprattutto suaresponsabilità quella di mettere isuoi collaboratori nelle condizionidi dare il meglio di sé.C’è un altro punto importante.L’incremento della spesa per i sistemisanitari è continuo, essenzialmentein conseguenza degli sviluppitecnologici e del costo dei nuovifarmaci. Non facciamoci illusioni:appare praticamente impossibileraggiungere un punto di equilibriotra richieste e risorse, questo puntotende continuamente a spostarsi afavore delle richieste. Come i problemiambientali, anche quelli dellaspesa <strong>sanitaria</strong> causati dall’uso nonsostenibile delle risorse devono allafine essere risolti, o con mezzi moderatio con mezzi drastici e persinospiacevoli. In analogia con i problemidella protezione ambientale,cominciamo a parlare di “medicinasostenibile” (Callahan; Fleck).Noi medici, infermieri e tecnicidella sanità sappiamo quanta spesainutile viene fatta (in numero diesami non suscettibili di portarevantaggi, in farmaci superflui ed eliminabili,in interventi tecnologici efarmaceutici che possiamo tranquillamenteetichettare di accanimentodiagnostico e terapeutico, in esamidifensivi). E inoltre è generalmenteammesso che l’allungamento dellavita media è frutto tanto del miglioramentodelle condizioni sociali,lavorative ed economiche quanto delmiglioramento delle cure mediche.<strong>Il</strong> medico, specialmente il giovanemedico che non sia educato econvinto della necessità e urgenzadi una medicina sostenibile, sentiràla “razionalizzazione” comeun “razionamento”, e trasmetteràquesta convinzione al paziente.Questo compito di educazione econvincimento (insegnare ragionevoliaspettative per una spesa<strong>sanitaria</strong> ragionevole) può esseredelineato e implementato anche, edirei nel modo migliore, nell’ambitodel gruppo di lavoro.Infine, a proposito di comunicazionetra operatori, voglio esporreun piccolo problema, che mi ha sempredisturbato nella mia vita professionale.Non so se nelle recentiprocedure per l’accreditamento dellestrutture sanitarie vi sia un codicilloriguardante la comunicazione manoscritta:se esaminate i referti diconsulenza manoscritti nelle cartellecliniche dei nostri reparti, o in uscitadai nostri ambulatori, troverete(è una mia stima prudenziale) chein due referti su dieci almeno unaparola in posizione determinanterisulta illeggibile; e che in almenoun referto su dieci non è intelligibilequalche passaggio essenziale allacomprensione del pensiero o deisuggerimenti del consulente.Ho sottoposto la prima stesuradi questa relazione a Mauro Mattarei,che ha lavorato a lungo conme al Santa Chiara di Trento, e cheattualmente dirige l’UO di MedicinaInterna dell’Ospedale di Rovereto e75Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La comunicazione tra gli operatori sanitari76dirige il Dipartimento di MedicinaInterna dell’Azienda provinciale peri servizi sanitari di Trento. <strong>Il</strong> suocommento riassume un po’ la nostrafilosofia di lavoro e anche la nostraesperienza:“La forza delle decisioni prese dalgruppo di lavoro deriva in parte daciò che è in comune e in parte da ciòche differenzia ciascun elemento delgruppo stesso quanto a ruolo, conoscenze,competenze, qualità umane.<strong>Il</strong> condividere in gruppo emozioni,punti di vista, ragionamentie, infine, scelte che riguardanoproblemi di ordine etico non costituisceun fatto scontato, ma ilpunto di arrivo di un lungo percorsoculturale durante il quale debbonoessere entrati nel sentire comunedel gruppo, a partire dai massimiresponsabili, alcuni fondamentalielementi tra cui: 1. abitudine aldialogo e ad ascoltare gli altri comeattività routinaria; 2. riconoscimentoche la forza delle indicazionideriva dai fatti e dalle evidenze enon dal ruolo sociale rivestito daisingoli componenti all’interno delgruppo; 3. riconoscimento e rispettodi conoscenze, capacità, mandati eresponsabilità dei vari componentidel gruppo stesso e delle loro qualitàumane (sensibilità, esperienza,onestà intellettuale); 5. sensazionecondivisa di crescita di tutto ilgruppo attraverso la responsabilizzazionee la valorizzazione deisingoli componenti nell’assunzionedelle decisioni.Una volta consolidato questometodo di lavoro, i problemi tecnico-scientifici,organizzativi edetici vengono proposti, discussi eaffrontati nello stesso modo e conla stessa tempestività.”BIBLIOGRAFIA[1] Callahan D. “Sustainable Medicine”,in Medic 2003; 11:27-9.[2] Diamond J. Collasso. Come lesocietà scelgono di morire ovivere. Torino: Einaudi, 2007:pag. 293.[3] Fleck LM. “L’escalation dei costisanitari e la salute senzaprezzo”, intervista, in Boll.Informaz. farmaci 2007; 14:82-3.[4] Lazzati E. “<strong>Il</strong> ruolo del manager:dall’orientamento al businessalla valorizzazione delle risorseumane”, Convegno “Manager aconfronto”, Festival dell’Economia2007, Trento, 2 giugno2007.Renato Miori è stato Primario medicointernista presso l’Ospedale Santa Chiaradi Trento.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IPiù che di un caso particolare vorrei prendere per esempio positivo di comunicazione traoperatori sanitari: la modalità di consegna del paziente oncologico in dimissione da U.O.ospedaliere quando vengono attivate le cure palliative.Gli attori sono il personale della U.O. di reparto che ha avuto in carico il malato, ilpersonale delle cure palliative che prenderà in carico il malato e il medico di medicinagenerale. L’incontro coinvolge anche i familiari del malato.Ritengo valida questa iniziativa in quanto la consegna non riguarda solo la parte tecnicae medica del caso, ma contempla una presa in carico umana del malato e dei famigliari,con particolare riguardo ai loro vissuti e all’atteggiamento psicologico nei riguardi dellamalattia e al grado di accettazione di questa.Modalità simili di presa in carico e di condivisione fra U.O. dovrebbero essere presein considerazione per tutti i malati cronici con elevate necessità di assistenza, quali gliscompensi cardiaci gravi, i diabetici con gravi complicanze (per esempio, piede diabetico,nefropatia importante…), gli epatopatici, gli ictus invalidanti e i broncopneumopatici.Infatti una presa in carico che coinvolga più servizi e che prenda in considerazionenon solo la malattia, ma anche il malato con le risorse umane e ambientali di cui dispone,potrà aumentare la qualità di vita dei soggetti e ridurre il numero di ospedalizzazioni perrecidive e complicanze.[Medico]77Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIIn questo scritto, desidero esprimere qualche considerazione in merito all’argomento inquestione (la comunicazione tra operatori sanitari), portando alla vostra attenzione quelleche sono le modalità di gestione delle informazioni, delle comunicazioni, la condivisionedegli obiettivi di cura e riabilitazione in funzione di una presa in carico globale del paziente,adottate ormai da parecchi anni dalla struttura nella quale presto servizio.È verità ampiamente condivisa che la risposta ai bisogni di salute non può derivareesclusivamente dalla conoscenza e dalla competenza del singolo operatore sanitario.La presa in carico del paziente nella sua globalità, come persona affetta da patologianeurologica (e, più spesso, pluripatologia), inserita in un contesto familiare, lavorativo,sociale e relazionale più ampio, rende necessaria, per i professionisti della salute che condividonogli obiettivi di assistenza, cura e riabilitazione, l’esistenza di momenti strutturatidi incontro, durante i quali la comunicazione dei traguardi raggiunti, di eventuali dubbi, dinuove problematiche emerse, il fare il punto della situazione, permettono un vero approccioolistico, multidisciplinare all’individuo che si affida alle nostre cure.Questo è ciò che avviene regolarmente all’interno del cosiddetto team neurologicomultidisciplinare al quale prendono parte il primario del servizio, i medici di reparto, lacaposala, il coordinatore del servizio di fisioterapia, il fisioterapista che ha in carico ilpaziente, il logopedista e lo psicologo.<strong>Il</strong> team si riunisce con incontri programmati e strutturati, a cadenza settimanale, delladurata di circa un’ora e mezza e le modalità di lavoro al suo interno sono ormai standardizzate.Dopo una prima sintesi dei dati anamnestici e un inquadramento clinico del pazienteda parte del personale medico, ciascun professionista comunica ai presenti gli obiettivispecifici inerenti il proprio ambito di competenza, le strategie utilizzate per facilitarneil raggiungimento, i successi ottenuti, gli insuccessi, le difficoltà incontrate, eventualiproblematiche emerse, le risorse da valorizzare e fornisce suggerimenti che potrebberorisultare utili agli altri operatori, affinché la presa in carico del paziente sia condottasecondo modalità condivise.In questo contesto, il logopedista, per esempio, riceve dal fisioterapista suggerimentisu come posizionare correttamente un paziente durante le sedute di logoterapia (nellamaggior parte dei casi di tratta di posizionamenti in carrozzina), sulle tecniche da utilizzareper mobilizzarlo in modo idoneo, qualora fosse necessario.<strong>Il</strong> fisioterapista, a sua volta, può essere invitato dal logopedista a utilizzare dellemodalità di comunicazione efficaci, procedure di approccio al paziente specifiche, espedienti,strategie che permettono di comunicare in modo adeguato. Questo è un elementofondamentale, considerato che la maggior parte dei nostri pazienti presentano disturbi ditipo afasico di diversa gravità.Lo psicologo, che incontra regolarmente non solo il paziente ma anche i suoi famigliari,facilita la presa in carico globale, tenendo in opportuna considerazione il vissuto emotivodel paziente e di chi condivide con lui il peso della malattia.La caposala fa eco, all’interno del team, quanto rilevato, e quindi a lei riferito, dalpersonale infermieristico e dagli operatori socio-sanitari e riporta all’equipe d’assistenza78Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


quanto emerso nel gruppo multidisciplinare ed eventuali suggerimenti avanzati dai diversiprofessionisti per una gestione ottimale del paziente. Così facendo i “progressi” diun paziente, le nuove competenze acquisite vengono “vissute” da tutti gli operatori checondividono il progetto di cura e vengono poi opportunamente “impiegate” per facilitareil raggiungimento degli obiettivi specifici del settore di competenza.Ulteriori funzioni del team multidisciplinare sono di incontrare regolarmente i famigliaridei pazienti (rendendoli in questo modo componente attiva del progetto di riabilitazionedel proprio congiunto) e di stabilire contatti con i servizi territoriali al momento delladimissione (cercando di garantire così la continuità assistenziale).La comunicazione all’interno del team neurologico multidisciplinare non é solamenteuno scambio di informazioni, ma anche e soprattutto la strategia per incidere sulla qualitàdel progetto di cura; è una vera condivisione del progetto riabilitativo, degli obiettivi,delle strategie, delle modalità, dei successi, delle difficoltà. La comunicazione, in questospecifico contesto, è un incontro di competenze, di ruoli, di abilità che permette di vivereal meglio il proprio lavoro e rispondere al bisogno di salute del paziente.All’interno del team, la reciprocità viene posta a fondamento delle relazioni interpersonali,“trasformando” ogni operatore sanitario in soggetto co-protagonista, assieme al paziente,del progetto di cura e riabilitazione, richiedendo una vera assunzione di responsabilità neiconfronti del paziente, da parte di ciascuna delle figure professionali in campo.<strong>Il</strong> team è un ottimo strumento per la realizzazione di un ambiente assistenziale realmenteterapeutico per il paziente (che avverte una presa in carico globale) e nel quale i diversiprofessionisti della salute si sentono apprezzati e valorizzati per il loro lavoro, messi incondizioni di esprimere al meglio le loro professionalità, stimolati a essere promotori dicontinuo miglioramento.[Fisioterapista]79Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIIRicordo ancora vivamente un’esperienza vissuta circa quindici anni fa, che ha segnato uncambiamento nel mio operare professionale.Seguivo all’interno del Servizio di NPI un minore e la sua famiglia, giunti per problemipsicologici, inibizione, blocco relazionale, continui processi di malattia del bambino. Lamadre, persona con disturbi psicologici, di fronte a qualsiasi minimo sintomo somaticodel figlio, entrava in panico e portava il bambino al PS, a visite specialistiche, lo sottoponevaa esami strumentali, lo teneva a casa da scuola, lo limitava nelle esperienzeextrafamigliari.Per interrompere la catena degli accertamenti, che rinforzavano l’immagine di “malato”nel bambino, e per sostenere la signora a vivere gli eventuali sintomi in modo menoangoscioso, telefonai al medico di base per informarlo sulla situazione del bambino e perchiedere la sua collaborazione per contenere l’angoscia della madre.<strong>Il</strong> medico non sembrava convinto delle interferenze psicologiche della madre sul bambinoe allora, per avallare la mia tesi, riferii un evento traumatico vissuto nell’infanzia dallasignora che mi era stato “confidato” in un colloquio e che il medico non conosceva.Successe che il medico chiese informazioni su questo evento critico alla signora, dicendoche ero stata io a riferirglielo. Logicamente la signora mi telefonò molto risentita e ilnostro rapporto di fiducia fu duramente colpito. Dopo questo fatto, nel mio rapporto coni sanitari, ho sempre prestato attenzione a quali informazioni riferire (solo quelle utili perla collaborazione) e a come darle (non in tempi veloci in cui ci si può non capire, megliodi persona che per telefono).[Medico]80Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Le riflessioni del gruppo di lavoroGli elaborati pervenuti a seguito del secondo Dialogo hanno focalizzato il tema della comunicazionetra gli operatori sanitari e hanno evidenziato sia esempi di ricadute positivedovute a buoni livelli di comunicazione tra gli operatori sanitari, sia, all’opposto, esempinegativi.Un primo elemento emerso riguarda l’importanza del contesto nel quale la comunicazioneha luogo: da questo punto di vista, l’ambito ospedaliero si caratterizza assai diversamenteda quello territoriale. Per esempio, un elemento che può giocare un ruolo diverso e determinantenei diversi contesti è dato dall’emergenza, che indubbiamente ostacola o impediscela programmazione e impone di confrontarsi con l’imprevedibilità che, talvolta, può essered’impedimento alla comunicazione stessa. L’emergenza influisce inevitabilmente sulle modalitàdella comunicazione: basti pensare alla rapidità con cui le decisioni debbono essereprese, per esempio, in un reparto di rianimazione e, all’opposto, alla pianificazione che sipuò attuare all’ingresso del paziente in RSA. Si tratta di contesti differenti che incidonoin maniera sostanziale sulle diverse modalità della comunicazione.Le riflessioni elaborate da alcuni fisioterapisti, per esempio, hanno evidenziato esperienzepositive, nelle quali il lavoro quotidiano beneficia della possibilità di programmazionenell’ambito di un’équipe interdisciplinare. <strong>Il</strong> confronto e lo scambio di opinioni tra le diversefigure coinvolte realizzano, nelle testimonianze degli operatori, una reale presa in caricodel paziente, attraverso una proficua condivisione del progetto di cura.Un altro aspetto emerso frequentemente negli elaborati attiene la compresenza didiverse figure di operatori sanitari, alcune delle quali di nascita recente, che mutano ilpanorama dell’assistenza <strong>sanitaria</strong>. Per esempio, la figura professionale degli OSS (OperatoriSocio-Sanitari), che si trova a stretto contatto con il paziente e che deve coordinare il suoruolo principalmente con la figura dell’infermiere. La vicinanza e il contatto diretto congli assistiti determina una comunicazione, che si concretizza sia nella ricezione che nellacessione di informazioni. In quest’ambito, il coordinamento e la comunicazione con glialtri operatori sanitari risultano di cruciale importanza.Un’altra possibile ipotesi critica nella comunicazione tra operatori sanitari risulta, ingenerale, nel momento delicato del “passaggio delle consegne”, che risente di elementivariabili quali il fattore temporale (per esempio, il passaggio delle consegne dal turno notturnoa quello del mattino) o il fattore dell’interdisciplinarietà (per esempio, il passaggiodelle consegne da un OSS in RSA a un infermiere).C’è poi un aspetto citato molto frequentemente negli elaborati pervenuti: le riunionid’équipe. Molti operatori sanitari lamentano come questi incontri, presenti in passato,siano col tempo venuti meno. Nella maggioranza delle riflessioni svolte, si individua intali riunioni una risorsa, fondata sul reciproco confronto e sui suggerimenti che possonopervenire da operatori di settori differenti.Un ostacolo a tali incontri è individuato nel fattore temporale. Tuttavia emerge la sensazioneche dietro al “tempo” (nonostante questo elemento di fondamentale importanzasia spesso effettivamente scarso) vi siano problematiche più profonde e complesse, delle81Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


quali esso rappresenta solo l’aspetto più evidente o, forse, quello di più facile individuazione.Per esempio, in alcune delle riflessioni pervenute, la riuscita degli incontri d’équipesi lega alle modalità secondo le quali essi sono condotti e, in particolare, alla figura checonduce la discussione. Più che un riferimento al “tempo”, o meglio accanto a esso, emergela sensazione della necessità di considerare la comunicazione come un valore difficilmentequantificabile in termini immediati, ma con ricadute a lungo termine assai positive siasulla qualità del lavoro degli operatori sanitari, sia sulla qualità del servizio offerto aipazienti. Una risorsa, in altre parole, che contribuisce in positivo all’Azienda <strong>sanitaria</strong> nelsuo complesso.Da questo punto di vista, emerge anche il confronto con la “modulistica”: la burocraziache impone modalità comunicative procedurali che, pur mettendo al riparo da possibiliazioni giudiziarie, costringono l’attività terapeutica entro confini talvolta angusti e nonsempre rispondenti alla natura più profonda dell’attività <strong>sanitaria</strong> globalmente intesa.Si delinea pertanto un panorama eterogeneo, dove a casi in cui si evidenziano le ricadutepositive sui pazienti di un buon livello di comunicazione tra gli operatori sanitari, siaffiancano considerazioni sugli elementi che possono interferire con essa e, in particolare,sulle conseguenze negative per gli utenti del servizio sanitario.Un altro elemento determinante risulta la preparazione alla comunicazione stessa: apiù riprese gli elaborati richiamano l’esigenza di una formazione specifica e mirata per glioperatori nel campo della sanità. Tuttavia, accanto a una competenza tecnica in materiadi comunicazione, emerge spesso anche un aspetto soggettivo o “personalistico”, nelquale l’operatore si mette in gioco come persona, nella volontà prima che nell’abilità dicomunicare.Da questo punto di vista, diversi elaborati lamentano una mancanza di valorizzazionedella comunicazione, che emerge dalla mancata predisposizione di spazi e tempi a essadedicati e dall’attenzione dedicata ad alcuni aspetti e non ad altri (per esempio, aglielementi tecnico-sanitari, dimenticando quelli inerenti alla persona-operatore e alla persona-paziente).In sintesi, si auspica la considerazione della comunicazione come un valore, in quantovero e proprio “determinante” della salute che può avere ricadute positive sul paziente.82Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”:il diritto di sapere e di non sapereDialogo di Bioetica e Biodiritto del 19 ottobre 2007Quali sono i confini del dovere diinformare il cittadino-paziente? Ecome si può conciliare il dovere dicomunicazione degli operatori sanitaricon il diritto all’informazionedei pazienti?<strong>Il</strong> curante può trovarsi di frontea una richiesta di “non-sapere”,che può provenire sia dal pazientestesso, sia da soggetti terzi. Daun lato, per esempio, il pazientepuò chiedere di non acquisireinformazioni, sulla sua possibile“predisposizione” nei confronti dialcune patologie nell’ambito dellepossibilità di diagnosi predittivaaperte dalle scoperte in ambito genetico.D’altro lato, i congiunti delpaziente chiedono talvolta al medicodi non comunicare determinateinformazioni al proprio familiare, inparticolare nei casi di patologie aprognosi infausta.In queste circostanze diversedimensioni (deontologica, terapeutica,etica e giuridica) possono entrarein conflitto, poiché per ognunadi esse sussistono diritti e doveriche risultano talvolta inconciliabilitra di loro83Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Sapere, parlare, tacereAntonio Autiero<strong>Il</strong>“silenzio terapeutico” è la consapevolezzache determinate situazioni vannoaccompagnate, piuttosto che elaborateverbalmente o verbosamente.Sapere/parlare/tacere: quando parliamodi queste tre attività dell’uomoe andiamo alla ricerca della lorovalenza etica, soprattutto nell’ambitodi un discorso di bioetica ebiodiritto sul tema della medicinae della salute, abbiamo a che farecon attività che, a seconda dellespecifiche aree in cui vanno a collocarsi,assumono colori diversi.Sapere/parlare/tacere nell’ambitodella medicina, per esempio, è diversonel fine vita o nel contesto delladiagnostica o, ancora, nel contestodella riabilitazione. È bene tenerepresente questa considerazione, pernon mettere nello stesso contenitorecose diverse, la cui colorazione èdiversa a seconda degli ambiti.Che cosa è interessante sapereintorno al “sapere”? La nostra societàè definita come Wissensgesellschaft(società del sapere) e questanon è una realtà ovvia e scontata,ma piuttosto il risultato di granditrasformazioni a cui la nostra societàè stata assoggettata nel corso dellasua storia culturale.La storia dello spirito della nostrasocietà ha subìto una grandetrasformazione da quella che solitamentesi può nominare come la svoltadella modernità. Proprio nell’epocamoderna il sapere – pur da sempreattività correlata all’essere al mondodell’uomo – ha acquisito una nuovacentralità. La svolta moderna chedetermina la società del sapere puòessere scandita su due fronti differenziatie pur tuttavia legati tra di loro:la svolta della modernità è, da unaparte, soprattutto quella del XVII secolo,una svolta a grande coefficientescientifico; più tardi, si assiste allasvolta antropologica, e questo rappresentail riferimento più attinenteai fini dell’argomento qui trattato.La svolta scientifica pone al centrodella consapevolezza umana quelprocesso di acquisizione di sapereriguardante prevalentemente l’aspettotecnico naturalistico del mondoe dell’uomo nel mondo. Questocomporta nella storia della medicinaun’acquisizione di nozioni attorno alcorpo: i sistemi di anatomia e fisiologiasono l’oggetto di questa grandesvolta dell’epoca moderna sotto ilprofilo della consapevolezza scientifica.Bacone, Galilei e anche Cartesiosono i grandi protagonisti di questaconvergenza (in particolare sul corpoumano). La società del sapere cheprende le mosse da questa svoltascientifica della modernità ci fornisceuna possibilità di conoscenze intornoal corpo. Questo è un primo gradino,che si trova in contatto molto strettocon un secondo gradino caratterizzantela svolta della modernità:il movimento di ribaltamento deiparametri di comprensione dell’uomo84Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


e della visione che l’uomo ha di séstesso. La svolta antropologica (dieantropologische Wende) è usata perprimo da Immanuel Kant quando,volendo contrapporre a un processoconoscitivo di che cosa sia l’esseredell’uomo e di che cosa sia perl’uomo la conoscenza di sé, riscattaquesta forma di conoscenza da queimovimenti che dall’esterno imprimevanoall’uomo una determinataconnotazione (sistemi eteronomi,leggi che dall’esterno imponevanoall’uomo una determinata conoscenzadi sé), giungendo invece a sistemiautonomi.Legata a questa svolta antropologicaper Kant c’è l’acquisizionedella categoria di autonomia e dipartecipazione: tutto questo, nellastoria dell’Europa di quell’epoca,va sotto il nome di <strong>Il</strong>luminismo,die Aufklärung. Kant nella suaopera Was ist die Aufklärung? (Checos’è l’<strong>Il</strong>luminismo?), afferma chetale movimento di pensiero è unprocesso dinamico, dunque maichiuso; iniziato, ma mai portatoa termine, sempre in atto e il cuiscopo è il riscatto che l’uomo deveraggiungere rispetto alle forzeesterne che lo determinano. Si trattaquindi di un riscatto dell’uomoda sistemi eteronomi: l’<strong>Il</strong>luminismoè un movimento di emancipazionee in esso appaiono alcuni elementitipici della svolta antropologicadell’epoca moderna; in particolare,i sistemi di informazione e di partecipazioneentrano nel cuore stessodi questo movimento di riscatto edemancipazione.Si può allora cogliere un datomolto importante da questa primalettura: la società del sapere dauna parte offre una quantità di informazioni(quindi l’informazione èl’oggetto del nostro sapere), d’altraparte, nella società del sapere – nell’accezionemoderna illuministicadel termine – l’uomo è chiamato ed èmesso in condizione di sapere di piùriguardo a se stesso. In tale accezione,il sapere non è soltanto relegatoa un nucleo di oggetti o di cose sapute,ma rappresenta un movimentodi autoriscatto dall’ignoranza di séed è dunque in stretta connessionecon l’autoconsapevolezza, l’autocoscienza.Kant afferma che in questaautonomia della volontà, quindietica e morale, dell’uomo risiede laradice della sua dignità: da questopunto di vista, dignità e autonomiasono in stretto rapporto. Pertanto,in un medesimo circuito troviamodignità, autonomia, informazione esapere di sé, autoconsapevolezza.Nell’analisi di questo lemma – ilsapere – pare importante sottolinearela svolta antropologica, inparticolare la svolta illuministica,perché mentre Kant nel 1792 pubblicavale sue opere fondamentali(come per esempio la Metafisica deicostumi), un medico-filosofo dellastessa epoca, Johann Karl Osterhausen,pubblica nel 1798 una piccolaopera (interessante anche sotto ilprofilo della storia dell’etica medica)che porta il titolo MedizinischeAufklärung, in merito all’<strong>Il</strong>luminismomedico. Mentre per Kant il processodell’<strong>Il</strong>luminismo è descritto in terminidi dinamica di riscatto dallaeteronomia, quindi come percorsodi emancipazione, esso può toccareil cuore stesso dell’uomo anche85Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”86quando è malato e anche la stessamedicina, che esce dalla svoltascientista del XVII secolo rinnovatasotto i punti di angolazione dellafisiologia, patologia (basti pensarea questo proposito al tema dell’anatomianella scuola padovana).Questa stessa medicina diventauna sorta di primordiale filosofiadell’emancipazione e ciò significache la medesima angolazione delpensiero del processo di partecipazionee di informazione in meritoalla sensazione di ciò che si haintorno a se stessi, tocca anchel’uomo malato e l’atto medico. Anchela medicina dunque tocca ed èpermeata da questo movimento dell’Aufklärung.Questo procedimentodi emancipazione che tocca anche lamedicina comporta che le strutturedell’atto medico e del rapporto cheesso tende a instaurare, di volta involta, con i suoi attori abbia anch’essoa che fare con il tema dellacomunicazione e dell’informazione.Passiamo ora al secondo lemma:il parlare in medicina. Va sottolineatocome questo secondo passaggiosia fortemente legato al primo (iltema del sapere all’interno dellasvolta antropologica e scientistadella società moderna). In che cosaconsiste il parlare o il parlarsi comemomento dell’atto medico e comeforma di relazione, tra gli attoriimplicati nell’atto medico?Questa comunicazione diventail tessuto connettivo del processoterapeutico. Qui va fatto un piccolopasso indietro: Ivan <strong>Il</strong>lich, criticodella cultura medica della modernità,in Nemesi medica (1976)affermache la storia della medicina (e inparticolare del rapporto medicopaziente)ha coniugato forme diaccostamento e di distacco dalparlare, ponendo la parola al centrodell’attività degli attori implicati.Inizialmente, sostiene <strong>Il</strong>lich, lamedicina è sorta come attività di relazioneparlante tra diversi soggetti;va forse aggiunto: all’interno di uncodice di comportamento segnatodalle venature del paternalismodi cui il giuramento di Ippocratepuò essere un punto di riferimento.All’inizio, curare una personasignificava inglobarla all’interno diun circuito di relazione locutoria.La storia della medicina ci insegnacome i primi luoghi di cura fosseroprevalentemente affiancati alle istituzionireligiose: i templi di Esculapio,i luoghi di ospitalità dei pazientidove il sacerdote intrattenevarelazioni di carattere comunicativocon le persone che avevano bisognodel suo aiuto. In tale prospettiva,emerge chiaramente come la parolafosse parte integrante del processoterapeutico.Le varie svolte che sono avvenutenel corso della storia della medicina– afferma <strong>Il</strong>lich – hanno portato auna perdita di centralità della parolanel rapporto medico-paziente, inprimis in rapporto alla nuova centralitàdel farmaco, che nel rapportomedico paziente sostituiva il centraleluogo di impatto terapeutico dellaparola. La prescrizione medica delfarmaco prende il posto di quella chenell’antichità era rappresentata dallaprescrizione locutoria, accompagnatada elementi più o meno naturalinella cura delle malattie.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong>lich individua poi una terzaevoluzione, alla quale consegue unulteriore spostamento: molta dell’attivitàterapeutica e dell’attesadi una sua buona riuscita vieneaffidata a una terza struttura, l’apparecchiatura.Oggi, soprattutto inrapporto alle avanzate tecnologie, leapparecchiature non sono più solodiagnostiche ma vanno a incideresull’eventuale problema che hannorilevato. In alcuni ambiti si parla,con un temine avveniristico, diteragnostica: terapia e diagnostica.Basti pensare, per esempio, a unacolonscopia che verifica la presenzadi una poliposi e, allo stesso tempo,interviene chirurgicamente.Per <strong>Il</strong>lich questa evoluzioneaffascinante deve portare a unrecupero di valenza comunicativain una medicina che non rinnegané il farmaco, né l’apparecchiatura(quindi non si tratta di un ritorno alpremoderno), ma conserva la partemigliore della modernizzazione nellamedicina, ridonandole un rinnovatoriscontro della migliore risorsa, lacomunicazione. In tale prospettiva,il ritorno alla parola non rappresentauna sorta di passaggio all’indietro,ma piuttosto una riscoperta, checambia il contesto in cui avviene.Quest’aspetto va sottolineato,poiché esiste anche un limite allaparola e, per comprendere questopassaggio, è utile ritornare a unareminiscenza storica. Abbiamo giàfatto riferimento all’opera di Kant eOsterhausen, ma va ricordato comea metà del 1700 un medico filosofoavesse formulato un detto cheevidenziava il limite della parola,affermando che il medico deve sapercomunicare con il paziente, ma deveanche saperlo “agganciare” con unasorta di illusione. Questo passaggioè importante, per poter giungere altema della comunicazione e verità.<strong>Il</strong> detto del medico FriedrichHoffmann, nell’operetta Medicuspoliticus del 1738, recitava: Quinescit simulare, nescit curare. Inquest’asserzione si assiste a unasovrapposizione della parola, chein qualche modo produce un effettosimulatorio: chi non sa simulare,ingannare, non sa neppure curare.Certamente non è il contestoingannatorio, quello in cui vadaauspicato un ritorno alla parola; nési tratta di quello a cui pensa <strong>Il</strong>lich,che piuttosto mira a ristabilire legiuste valenze tra farmaco, tecnicae comunicazione, quest’ultima all’insegnadella verità.Siamo così giunti a un tema chenell’ambito dell’etica riveste unruolo importantissimo: dire o no laverità al paziente.Si tratta di un modo per risponderealla domanda di quale sia latipologia del rapporto medico-pazienteche si vuole instaurare e alquale ci si vuole ispirare. La discussionebioetica a questo riguardo siè fondata molto sulla riflessione chenell’ambito filosofico, soprattuttonella filosofia del linguaggio, siè andata sviluppando in merito aquali teorie fondative si potesseromettere in campo per risponderealla domanda etica di che cosasia la verità: Wahrheit Theorien (leteorie della fondazione della verità,che possono essere ricondotte a treprincipali).87Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”88Una prima teoria può esserechiamata essenziale o essenzialista:il dovere di dire la verità è una fondazionedi tipo deontologico (“allaKant”), quindi è insito nella stessastruttura dell’atto della comunicazione,poiché la comunicazionestessa di qualcosa è l’adeguamentodell’intelletto alla realtà: non si puòimbrogliare.Una seconda teoria di fondazionedella verità è quella funzionale: cisono interessi in gioco e pertanto sidice quella verità che serve a quegliinteressi. Non è un fatto del tuttonegativo o un uso utilitaristico dellacomunicazione: ci sono interessi chevanno tutelati e questa, per qualchesoggetto, può essere una ragionesufficiente per dire o per non dire.Un terzo approccio volto allacomprensione della teoria della veritàrisiede invece nella fondazionerelazionale: non c’è il dovere dicomunicare, né un interesse da perseguireattraverso una determinatacomunicazione, ma c’è il soggettoo i soggetti che, attraverso il loroparlarsi, entrano in una relazionereciproca. Questa terza modulazionefondativa della verità riveste moltaimportanza nell’ambito dell’atto medico,dove la storia tormentata delrapporto medico-paziente ci porta aproprio a questa indicazione della verità,da contestualizzare nella chiavedi lettura relazionale. La verità dadire o da non dire al paziente nonè legata a un qualche interesse nèad alcuni doveri (ai quali si possanotrovare deroghe), ma è legata a quellastoria di rapporto consumata nelbreve o nel lungo arco di di tempouna terapia, all’interno della strutturadel rapporto medico-paziente o,in termini più ampi, del rapporto tratutti gli attori convergenti: il medicoe le professioni sanitarie, il paziente,il suo contesto familiare e sociale.Nello stabilire questa relazione, cisi chiede quanto di verità e quantodi non verità dire.Siamo quindi giunti al terzoverbo: tacere. Nell’esporre la teoriarelazionale della verità ho fattoriferimento alla verità da dire oda non dire. <strong>Il</strong> “non dire” non ènecessariamente qualcosa che ledeil tema dell’autonomia, perchénella svolta antropologica dell’illuminismosi trova necessità diinformazione, ma anche necessità didosaggio dell’informazione stessa. Isoggetti di autonomia che entranoin relazione tra di loro devono sapervalutare quale sia quella veritàche, se fosse un dovere dire a ognicosto, sarebbe la verità della parolae non dello spirito. Basti pensarealla metafora del Vangelo: le parolepossono uccidere, mentre lo Spiritodà vita. Qual è lo spirito? Quellodi una giusta, sana, terapeutica esanante relazione tra tutti gli attoriche entrano in gioco nella dinamicadell’atto medico.Per tale motivo, si deve rivendicareun riscatto e una dignitàdel “non dire”, così come di quelloche appartiene all’emisfero del“non fare”, del tra-lasciare. Si èfatta l’abitudine, soprattutto in unavisione quantitativa delle nostrestrutture antropologiche, a unamedicina del “fare”, nella considerazioneche il “non fare” sia il negativo,o una sorta di controparte delProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


“fare”. In tale prospettiva, il “fare”o il “dire” sono luce e il “non fare”o il “non dire” sono ombra.È invece opportuno riscattareil silenzio da questa connotazionenegativa e pensarvi in terminipositivi.<strong>Il</strong> titolo di questo incontro, il“silenzio terapeutico”, non è unasorta di cortocircuito delle formulazionilinguistiche: proprio il “nondire” in determinate condizioni (èfondamentale che si siano stabilitestrutture sane di relazione) cura,mentre il “dire” potrebbe risultarein un aggravamento della situazionepatologica del paziente. Quindi il“non dire” può avere una valenzapositiva, a condizione che vi siaun itinerario di riscatto dalla suaconnotazione negativa.In che cosa consiste il silenzio inquesto quadro: soltanto nell’assenzadi parola o nel girare le spalle aldovere di stabilire una relazione,contro la quale vanno le resistenzeinteriori o le pressioni esterne chesi possono avere? Quello è il silenziodel rifiuto, che uccide la parola:quando un medico, un infermiere oun parente avrebbero dentro di séparole che vorrebbero dire, ma nonhanno la possibilità, la competenzao il coraggio per dirle e allora tacciono,lasciando morire in sé le paroleche non sanno dire, ma che sannoessere le parole più vere.Al contrario, il silenzio al qualesi fa qui riferimento non è l’abortodella parola, ma la discrezione e ilpudore della parola stessa, in unaforma che, attraverso un atteggiamentopudico e rispettoso, coltivail fatto che determinate situazioninella vita vadano più accompagnateche non elaborate verbalmente overbosamente. Qui ci si può riferiread alcuni campi dell’atto medicoe prevalentemente a quello dellamedicina di fine vita. <strong>Il</strong> tacere èassumersi la responsabilità di ridurreil livello verbale per ampliare quellodella presenza, dell’accompagnamento:in questo senso il silenzioterapeutico è un’implementazionedel prendersi cura, quando il darecure non è più adeguato a risolverela situazione che ci si trova agestire. In tale prospettiva ancheil tacere ha la sua dignità e la suanobiltà. Ma questa misura tra il“dire” e il “non dire”, tra il tacere eil parlare, è una misura che domanda(soprattutto oggi) un incrementodi capacità sapienziale da parte delmedico e degli esercenti la professionemedica, della famiglia e ancheda parte del paziente, quando questisia in condizione di poter elaborarela problematica che si trova a doveraffrontare. Questo silenzio non èrifiuto della parola: piuttosto esso èun dono e uno strumento di ulterioreincremento della capacità comunicativadella struttura e della dinamicadell’atto medico, e dell’attitudineinteriore ed esteriore degli attoriche vi sono implicati.<strong>Il</strong> tacere può essere un luogo diesercizio del potere, quando si sama non si dice, ma non è a questotipo di tacere che si è riferito questointervento poiché, in quel caso, essomai potrebbe essere un dono.Antonio Autiero è Direttore dell’ITC (oraFondazione Bruno Kessler) - ISR “Centroper le scienze religiose”, Trento.89Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Diritto di non saperee obbligo informativoMauro Barni<strong>Il</strong> diritto di non sapere deve essererespinto dal medico ove sianoin pericolo interessi vitali per la persona,per altri soggetti, per la societào per il medico stesso, che potrebbeincorrere in un’accusa di trattamentoarbitrario.Nell’oblio della Convenzione diOviedo (4 aprile 1997) su “dirittiumani e biomedicina”, il Codice italianodi deontologia medica (2006)tenacemente riprende il già espressoriferimento al diritto del pazientedi rifiutare l’informazione sulleproprie condizioni e sulle opzionimediche tanto diagnostiche quantoterapeutiche (art. 33, ultimo capoverso):“la documentata volontà delpaziente di non essere informato odi delegare ad altro soggetto l’informazionedeve essere rispettata”.Molto vaga e ininfluente sul pianomedico-legale è la letteratura sultema, cui dedico un primo commento:il dovere di informare il pazientesi arresta di fronte al rifiuto e allamanifestazione di totale fiducia e dileale affidamento, ma non in ognicaso può essere considerato comeassoluto, per la sussistenza o la possibileemergenza di responsabilitàmediche rilevanti.Ebbene, esistendo tali profili erischi di responsabilità, il medicodeve, appunto ben tutelarsi e maiassumere autonome iniziative d’importanteincidenza sulla salute, sullafutura validità e sulla vita stessadel soggetto, salvi naturalmente icasi di urgenza e di indifferibilitàdell’intervento.I rischi dell’assunzione a propriocarico di ogni scelta sono in effettinotevoli e sono tanto maggioriquanto maggiore è il rischio clinico,connesso a una determinata sceltao anche a una non-scelta: rischioper la vita, la salute, la riservatezza,la dignità, le chances dellapersona nella sua sfera esistenzialee in rapporto con la famiglia, lasocietà, il lavoro, la vita affettiva,sessuale, ecc.E si tratta, come vedremo, dirischi già considerati in giurisprudenza,che (in materia civile) èorientata a risolvere in termini diresponsabilità medica per un dannoche potremmo definire esistenziale:la perdita cioè di chances.Procedendo con ordine, non sipossono che prospettare alcunesituazioni esemplificative:a) il diritto di non sapere fa partedella sfera dei diritti minori esecondari, da rispettare solose la “non conoscenza”, quasisempre motivata da problemidi emotività, di ansietà, ecc.,impedisca ogni opzione e ognicontrollo su possibili conseguenze(non necessariamentenegative) della decisione solomedica sulle prospettive esistenziali(verrebbe da dire sullescelte di vita del paziente) efa meraviglia che il pieno “ri-90Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


spetto” del rifiuto di saperesia propugnato da eccessi disolidarismo di una certa bioeticache magari nega al paziente eal medico scelte, per esempio difine vita;b) <strong>Il</strong> diritto di non sapere devepertanto essere “discusso” colpaziente da parte del mediconella fase (non sempre onorata)della “informazione” propedeuticaal consenso verso il trattamentoproposto, deve esseredocumentato con le ordinarieprocedure (scheda ambulatoriale,cartella clinica, lettera delpaziente), deve tuttavia esserrespinto dal medico ove sianoin pericolo interessi vitali per lapersona o per altri soggetti, perla società e per il medico stessoche non può tranquillamenteincorrere in un’accusa di trattamentoarbitrario, con tuttociò che può seguirne in terminidi responsabilità professionale(anche suscettibile di sequeledeontologiche o giuridiche).c) L’obbligo informativo è in ognicaso operante anche in caso dirifiuto (malattie infettive, AIDSin particolare, possibile verificarsidi danni a carico di funzioniquali l’estetica, la sessualità,la capacità riproduttiva, la vitalavorativa e sociale, sempreche si tratti comunque di seriecompromissioni o modificazioni,i trapianti d’organo, ecc.).d) <strong>Il</strong> rifiuto di sapere deve comunqueessere seguito dall’indicazioneda parte del paziente dell’eventuale<strong>destinatario</strong> dell’informazione,in genere, ma nonnecessariamente, un familiare.Se il soggetto insiste, e semprein circostanze ovviamente rilevanti,il medico può sospenderela cura informando i parenti delrifiuto (e solo del rifiuto informativo);può eventualmenteproporre la nomina di un amministratoredi sostegno da partedel giudice tutelare che, in casidi “fragilità” del paziente, puòfavorire la comunicazione e ildialogo, può (deve) informaredel caso l’autorità <strong>sanitaria</strong>se trattasi di sieropositività,di AIDS o anche di infettiva ediffusiva, a termini di legge.e) La prognosi non può esserenascosta al paziente che nonvoglia conoscere il propriodestino che si sta compiendo,quanto meno va enunciato informa possibilistica lasciandoelementi di speranza, anche perrispetto del diritto del pazientea un bilancio della propria vita,nel compiersi di un delicatocammino.In definitiva, occorre dire chele possibili conseguenze d’indoledeontologica-giudiziaria pesanomolto e vanno considerate congrande serietà.Basti citare, per esempio, l’esigenzache il paziente sappia ecomunichi al partner la sua possibilecontagiosità: che il pazientesappia che nella struttura in cuisi trova non esistono sufficienti91Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


opportunità di diagnosi e cura;basta ricordare al medico che ildifetto di informazione elide la regolarità“contrattuale” del rapportodi cura.Comunicazione e “silenzio terapeutico”Si ricordi infine che il medicocurante è il titolare dei datisensibili relativi alla salute e allasessualità del paziente e che anchela comunicazione al paziente necostituisce trattamento ai sensi delcodice “Privacy”, per cui è semprefondamentale il consenso o il rifiuto(documentato) del paziente(vedi anche art. 7 del Codice diDeontologia).Mauro Barni è stato Professore di Medicinalegale presso l’Università di Sienae Vicepresidente del Comitato nazionaledi Bioetica.92Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> diritto del pazientee il dovere del curanteFabio Branz<strong>Il</strong> rispetto della persona non puòprescindere dalla corretta informazionedella stessa persona sulle sue realicondizioni.È certamente inusuale discutere di“silenzio terapeutico” in un momentostorico che si caratterizzaper la sempre maggiore esigenza ditrasparenza tra gli attori del “contrattodi cura” e per una progressivaperdita del ruolo del medico comeprotagonista di una scienza/artemisteriosa per i più.Un tale sviluppo del rapporto malato-curanteè reso oggi inevitabiledall’affermarsi di una cultura pluralistaanche in ambito scientificoe dal prepotente manifestarsi dellaconsapevolezza del diritto soggettivoalla titolarità delle decisionirelative alla propria persona. Questodiritto, codificato in vari documentinegli ultimi due secoli, è recepitoin modo inequivocabile dalla nostraCarta Costituzionale (art. 13 e 32).L’affidare al medico la completagestione del percorso diagnosticoterapeuticorinunciando volontariamenteal diritto di essere correttamenteinformato è oggi una sceltalegittima ma, mi si passi il termine,stravagante. Questo atteggiamentoè in genere motivato dalla percezionesoggettiva di una debolezzapsicologica che condiziona una sceltaapparentemente autoprotettiva,ma che genera una distorsione nelrapporto malato-curante in gradodi condizionare negativamente siala relazione terapeutica che l’esitofinale del trattamento.La necessità di un’alleanza terapeuticafra malato e curante èmotivata dall’evoluzione sociale,ma anche dalla complessa trasformazionedella medicina moderna.Questa, nell’ultimo secolo, ha vistoaffermarsi conoscenze e tecnologieche permettono manipolazioni biologichee possibilità di interventoin grado non solo di modificare lastoria naturale di molte malattie, maanche di rendere possibile un radicalecambiamento nell’evoluzione dimomenti decisivi della vita come lanascita e la morte.A questa visione si sono attenutii codici deontologici del medico(2006) e dell’infermiere (1999) chedefiniscono molto accuratamentequali siano i ruoli relativi dei curantie dei malati in una prospettiva dicollaborazione attiva alla cura.L’articolo 3 del Codice di Deontologiamedica recita: “Dovere delmedico è la tutela della vita, dellasalute fisica e psichica dell’uomo e ilsollievo dalla sofferenza nel rispettodella libertà e della dignità dellapersona umana”. Si sottolinea inmodo chiaro il rispetto della dignitàe libertà della persona e lo stessoconcetto è ben espresso dal Codicedell’Infermiere che afferma: “Laresponsabilità dell’infermiere consi-93Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”94ste nel curare e prendersi cura dellapersona, nel rispetto della vita, dellasalute, della libertà e della dignitàdell’individuo”.È chiaro che il rispetto dellapersona non può prescindere dallacorretta informazione della stessapersona sulle sue reali condizioni.Analoga contraddizione con la volontàdi non essere informati si vedechiaramente negli articoli 13 e 16del Codice di deontologia medicadove si parla di scelte terapeutichee di “libertà del paziente di rifiutarlee di assumersi la responsabilità delrifiuto stesso” e di accanimentoterapeutico con la prescrizione almedico di valutare le situazioneanche “tenendo conto delle volontàdel paziente”. Volontà del pazientee libertà di rifiutare le cure nonpossono evidentemente esercitarsicorrettamente in assenza di unapiena consapevolezza basata sullareale conoscenza dei fatti e delleprospettive in termini di cura,possibilità di guarigione e qualitàdella vita.La contraddizione fra il riconoscimentodella titolarità delle decisionial malato e il diritto a non essereinformato (delega a terzi della responsabilitàdelle decisioni) vienesancita nei codici professionali agliarticoli 33 del Codice di deontologiamedica: “il medico deve fornire alpaziente la più idonea informazione,sulla diagnosi, sulla prognosi, sulleprospettive e le eventuali alternativediagnostico-terapeutiche e sulleprevedibili conseguenze delle scelteoperate. […] La documentata volontàdella persona assistita di nonessere informata o di delegare adaltro soggetto l’informazione deveessere rispettata” e 4.5 del Codicedell’infermiere che stabilisce chel’infermiere “garantisce le informazionirelative al piano di assistenzae adegua il livello di comunicazionealle capacità del paziente di comprendere.Si adopera affinché lapersona disponga di informazioniglobali e non solo cliniche e ne riconosceil diritto alla scelta di nonessere informato”.Fortunatamente nella realtà dellapratica clinica quotidiana questacontraddizione si verifica raramente:nei trentacinque anni della miaesperienza di medico ospedalierosono stati pochi i casi nei quali ilpaziente ha richiesto di non essereinformato. Anche in questi casi èstato comunque possibile modificarequesto atteggiamento durante ilpercorso di cura grazie a un’attentavalutazione degli aspetti psicologicie con l’aiuto di persone vicine al malato.Molto spesso l’iniziale richiestadi non essere informato nasce daltimore di non riuscire a sopportareil peso della notizia negativa e dallapaura che il passaggio di informazionicon la successiva responsabilitàpersonale nelle decisioni sia ilpreludio a un abbandono da partedei curanti.È quindi fondamentale chiarirequanto vi sia di realmente razionalenel rifiuto dell’informazione equanto invece in questo atteggiamentosia importante il timore dinon essere aiutato a sopportare e asuperare la paura della sofferenza edella morte.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> ruolo delle persone vicine almalato, parenti e amici, è fondamentalenel tentativo di superare ilrifiuto dell’informazione. Anche inquesto caso vi sono delle precise limitazionidettate dai codici di deontologia,esse riguardano il segretoprofessionale e la comunicazionea terzi: l’articolo 34 prescrive chetale comunicazione “presuppone ilconsenso esplicitamente espresso dalpaziente, fatto salvo quanto previstoall’art. 10 e all’art. 12, allorché sia ingrave pericolo la salute o la vita delsoggetto stesso o di altri”.Tuttavia è esperienza di tutti igiorni la richiesta, spesso perentoria,dei parenti di non informare illoro familiare di diagnosi a prognosiinfausta, con la pretesa di essereconsiderati gli unici detentori deldiritto di essere informati e diproporsi come eventuale tramitee filtro delle notizie da far arrivareal diretto interessato. In realtà èquesta la vera questione da porrein discussione, infatti gli operatorisanitari aderiscono quasi consollievo alla richiesta dei parenti,in questo modo si evita il difficilemomento della comunicazione alpaziente di diagnosi a prognosiinfausta, senza porsi alcune fondamentaliquestioni. Ad esempio, peril medico è molto difficile, e spessoimpossibile, rendersi conto di qualisiano i reali rapporti e interessiall’interno delle famiglie; inoltrenon ci si chiede quale potrà esserel’influenza dei famigliari e delle loroconvinzioni personali sulle sceltesuccessive del medico; quasi maisi chiede all’interessato di deciderese l’informazione va data ai parentie a chi fra questi in particolare. Èquindi necessario che l’operatoresanitario non si limiti ad accettarela richiesta dei parenti, ma esplorisempre la reale posizione del malatoriguardo alla delega, individuandoinsieme a lui un referente preciso epossibilmente unico.Una situazione diametralmenteopposta, ma ricca di spunti eticodeontologicie medico-legali è quellache si verifica quanto il malatochiede che la sua situazione clinicanon venga comunicata a terzi.Questa condizione è prevista e bencodificata dalla legge (art. 326-622c.p.) e dalla deontologia (art. 10e 34 Codice deontologia medica e4.6 del Codice dell’infermiere) chericonoscono la titolarità del dirittoall’informazione al solo interessato.Ma il conflitto si manifesta quandola malattia può rappresentare unrischio reale per la salute di terzi(l’esempio più attuale è l’infezioneda HIV). In questo particolare casola normativa (legge 135/90 sull’infezioneda HIV) e la deontologiapossono entrare in conflitto conil diritto alla tutela della salute dialtre persone.<strong>Il</strong> quesito che pongo è: quantopuò il curante sostituirsi al malatonella comunicazione a persone terzeche si possono considerare a rischioper il tipo di relazioni che intrattengonocon il portatore di patologiecontagiose? Nonostante la casisticadi soggetti che hanno consapevolmentecontagiato altre persone siastata più volte affrontata nei tribunali,anche in Italia, e siano state95Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


emesse delle sentenze di condanna,non risulta chiaro quali siano i limitiper gli operatori sanitari nel farsitramite dell’informazione a terzi nelcaso vi sia un rifiuto di consenso daparte dell’interessato.Comunicazione e “silenzio terapeutico”Infine un tema che vorrei porre,anticipando in parte i contenuti delprossimo Dialogo, è quello dell’informazionedistorta che pazienti eparenti possono facilmente ottenereutilizzando i mezzi di comunicazionedi massa, in particolare Internet:sempre più spesso il medico si trovadi fronte a pazienti che pretendonodi guidare il percorso diagnostico eterapeutico senza averne gli strumenticulturali (conoscenza e capacitàcritica) per farlo. Fino a doveè lecito per il medico spingersi neltentativo di mantenere un legameterapeutico e quali sono i limiti danon valicare?Fabio Branz è Direttore della II UnitàOperativa di Medicina e della SezioneMalattie Infettive dell’Ospedale SantaChiara di Trento.96Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


<strong>Il</strong> “diritto”di “non sapere”Elena Ioriatti<strong>Il</strong> fondamento normativo al dirittodi non sapere, inteso come interessegiuridicamente rilevante del pazientea ignorare la propria condizione personalein assoluto.Introduzione al problemaContestualmente al diritto del pazientedi conoscere la diagnosi ela prognosi relative a proprio statodi salute, il problema dell’esistenzanel nostro ordinamento giuridicodel diritto del paziente di “nonsapere”, va collocato nell’ambitodei mutati rapporti tra medicopaziente.Nella cultura medica tradizionaleil mandato di assistenza medicacomportava un affidamento incondizionatoalla volontà e discrezionalitàdel medico curante. In un’otticadi assunzione paternalisticadelle scelte ritenute migliori per ilmalato, il medico poteva prenderedecisioni per conto e nell’interessedello stesso, prescindendo dallavolontà di quest’ultimo.In Italia, in particolare, tanto latradizione giuridica quanto quellamedico legale si rifacevano a un’anticaposizione della teologia cattolicasecondo la quale l’interventomedico era giustificato dallo statodi necessità nel quale si trovava ilpaziente, il cui corpo poteva essereviolato dalla medicina al fine diristabilire le condizioni precedentila malattia. 1È noto come oggi la libertàdel medico costituisca ancora unaspetto qualificante della relazionedi fiducia che si instaura conil paziente (codice deontologico),ma ci si trovi in un’ottica diversa,maggiormente incentrata sullaresponsabilizzazione e sulla tuteladei diritti individuali del paziente,al quale quindi il medico è tenutoa fornire determinate informazionial fine di consentire a quest’ultimodi sapere, di scegliere e quindi diassumersi anche la responsabilitàdella scelta della terapia, compresoil diritto di rifiutare le cure.Espressione di tale orientamentoè il “consenso informato”. 2Se osservato dal punto di vistadel paziente/malato, il consensoinformato si fonda sul principio diautodeterminazione, affermato consempre maggior forza dalla giurisprudenzae che trova le propriebasi normative negli art. 2 dellaCostituzione, 3 nell’art. 13 che garantiscel’inviolabilità della libertàpersonale e nell’art. 32 secondocomma Cost. secondo cui nessunopuò essere obbligato a subire a untrattamento sanitario al di fuori deicasi previsti dalla legge.<strong>Il</strong> consenso informato, se osservatodal punto di vista del medico,costituisce un obbligo informativoche grava sul medico stesso, la cuiviolazione dà luogo, secondo lagiurisprudenza di legittimità (Cass.2006 n. 5444), a un autonomo illecitocivile, con conseguente obbligoper il sanitario a risarcire i danni.97Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”98<strong>Il</strong> quesito che si pone in questasede riguarda l’esistenza nel nostroordinamento giuridico di un diversodiritto in capo al paziente, ossia il“diritto di non sapere”, a non essereinformato (e quindi a non conoscerel’oggetto dell’informazione intesacome diagnosi, prognosi, prospettivedi guarigione, trattamento e leeventuali alternative), ma a fornirenel contempo il consenso alla curache il medico ritiene idonea allasoluzione del problema.Trattasi di un diritto ipotizzatoinnanzitutto in dottrina con riferimentoalla legge sulla privacy(Codice in materia di protezione deidati personali 30/6/03 n. 196) il cuidiritto alla privacy è inteso anchecome potere negativo, ossia dirittodi escludere dalla propria sfera privatadeterminate informazioni “inentrata”, mantenendo così il controllosulle modalità di costruzionedella propria sfera privata. 4<strong>Il</strong> diritto a non sapere è inoltreprevisto dai Comitati etici: per limitarsia un solo esempio, secondo ilComitato Nazionale per la Bioetica“<strong>Il</strong> paziente ha diritto di essere informato(diagnosi, prognosi, alternativeterapeutiche), ma ha altresì il dirittodi rinunciare all’informazione, ha ossiail diritto di non voler sapere”.Siamo quindi in presenza di unsegnale certo di un’esigenza allaquale l’ordinamento giuridico èchiamato a dare risposta, esigenzache ben si comprende se si riflettesul fatto che alla mancanza di configurazionein capo al paziente diun “diritto di non sapere”, consegueun’esasperazione dello speculare“diritto di sapere” (diritto a essereinformato), il quale trascende inun “obbligo di sapere” per esserecurato, nel senso che il pazientenon può prestare il proprio consensoal trattamento senza essere previamenteinformato.Da una visione paternalistica delrapporto medico paziente, così comesopra ricordata, si trascende in unavisione di eccessiva responsabilizzazionedel paziente.Si tratta probabilmente di unproblema che dal punto di vistaoperazionale interessa maggiormenteil profilo di responsabilità delmedico per omessa informazione alpaziente, più che la violazione diun ipotetico diritto a non sapere:ciò è dimostrato dalla mancanzadi giurisprudenza che si pronuncisull’esistenza o meno nel nostroordinamento giuridico del diritto anon sapere.Ciò premesso in un’ottica ricostruttivaè necessario verificare inprimo luogo se esiste un fondamentonormativo al diritto di non sapere,inteso come interesse giuridicamenterilevante del paziente a non conosceree quindi a ignorare la propriacondizione personale in assoluto.La Convenzione di OviedoTale fondamento si rinviene nellaConvenzione di Oviedo – Convenzioneper i Diritti dell’Uomo e della dignitàdell’essere umano nei confrontidell’applicazione della biologiae della medicina: Convenzione suiDiritti dell’Uomo e la Biomedicina(4 aprile 1997) – la quale all’art.10 comma 2 stabilisce come “Ognipersona ha il diritto di conoscere ogniinformazione raccolta sulla propriaProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


salute. Tuttavia la volontà di unapersona di non essere informata deveessere rispettata”. Al pari del “dirittodi sapere” la Convenzione riconosceil “diritto di non sapere” quale dirittofondamentale dell’individuo.La Convenzione di Oviedo è stataratificata dall’Italia con legge 28marzo 2001 n. 145 la quale all’art.2 stabilisce come “piena e interaesecuzione è data alla Convenzionee al Protocollo di cui all’art. 1 a decorreredalla data della loro entratain vigore (in conformità a quantodisposto, rispettivamente dall’art.33 della Convezione e dall’art. 5 delProtocollo)”.Si tratta quindi di una legge delloStato che emana un ordine di pienae intera esecuzione alle autoritàdello Stato.È pur vero che all’art. 3 è stabilitocome “il Governo è delegato adadottare entro sei mesi dalla datadi entrata in vigore della legge unoo più decreti legislativi occorrentiper l’adattamento dell’ordinamentogiuridico italiano ai principi e allenorme della Convenzione e del Protocollodi cui all’art. 1”. Si trattaperò di decreti legislativi recantiinnanzitutto “disposizioni ulteriori”e quindi non integrative o di modificadel testo della Convenzione, einoltre diretti ad adattare l’ordinamentogiuridico italiano ai principie alle norme della Convenzione edel Protocollo. Si tratta quindi dinorme immediatamente capaci di disciplinareuna fattispecie concreta;ciò che è eventualmente in dubbio èla loro integrazione con le ulteriorinorme dell’ordinamento giuridiconazionale.Ai nostri fini possiamo quindiaffermare l’esistenza di un fondamentonormativo al “diritto di nonsapere”, e nello specifico di unalegge dello Stato, che fa proprio perintero il testo della Convenzione diOviedo, e di conseguenza l’art. 10comma 2.L’integrazione dei principi postidalla Convenzione di Oviedo nel nostroordinamento giuridico è stataperaltro recentemente confermatadalla Corte di Cassazione (Cass.,Sezione Prima Civile, Sentenza del16 ottobre 2007 n. 21748), il cuitesto afferma quanto segue: “Ora,è noto che, sebbene il Parlamentone abbia autorizzato la ratifica conla legge 28 marzo 2001, n. 145, laConvenzione di Oviedo non è stataa tutt’oggi ratificata dallo Statoitaliano. Ma da ciò non consegueche la Convenzione sia priva di alcuneffetto nel nostro ordinamento.Difatti, all’accordo valido sul pianointernazionale, ma non ancoraeseguito all’interno dello Stato,può assegnarsi – tanto più dopola legge parlamentare di autorizzazionealla ratifica – una funzioneausiliaria sul piano interpretativo:esso dovrà cedere di fronte a normeinterne contrarie, ma può e deveessere utilizzato nell’interpretazionedi norme interne al fine di dare aqueste una lettura il più possibilea esso conforme. Del resto la CorteCostituzionale, nell’ammettere lerichieste di referendum su alcunenorme della legge 19 febbraio 2004n. 40, concernente la procreazionemedicalmente assistita, ha precisatoche l’eventuale vuoto conseguente alreferendum non si sarebbe posto in99Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”100alcun modo in contrasto con i principiposti dalla Convenzione di Oviedodel 4 aprile 1997, recepiti nel nostroordinamento con la legge 28 marzo2001, n. 145 (Corte cost., sentenzen. 46, 47, 48 e 49 del 2005): conciò implicitamente confermando chei principi da essa posti fanno giàoggi parte del sistema e che da essinon si può prescindere”.Ritornando al tema del Dialogo,segnaliamo come il rapporto esplicativodella Convenzione di Oviedosottolinea il riconoscimento di undiritto del paziente a non conoscerele informazioni che lo riguardano,qualunque sia la ragione sottostante.Si tratta di un diritto insindacabile,che non costituisce comunqueostacolo alla validità del consensoall’intervento stesso.Alla presenza di un paziente cheformuli la propria rinuncia all’informazionee il contestuale consensoalla cura, consegue così l’obbligoper il medico di non comunicare alpaziente alcunché con riferimentoalla diagnosi e alla terapia da adottarsie relativi rischi, ma il contestualeobbligo di approntare tuttele cure idonee, qualora il consensoalle stesse sia manifestato.Deve trattarsi naturalmente diun paziente capace di intendere edi volere, ossia di orientarsi nellarealtà e di comprendere gli effetti ele conseguenze dei propri atti. 5L’esistenza del “diritto a nonsapere”, così come tratteggiato,validamente esercitato da un paziente,sarebbe di per sé sufficientea sollevare il medico da qualsiasiconseguenza derivante dalla conseguenteomessa informazioneprestata a monte della somministrazionedel trattamento.Dal punto di vista operazionale,e in particolare probatorio, parecomune opportuno suggerire alcuneaccortezze per ragioni cautelativedel medico stesso.È innanzitutto opportuno chela rinuncia all’informazione siaformulata dal paziente per iscritto,non in quanto ciò sia previsto aifini della validità della rinuncia, laquale non è subordinata a requisitidi forma scritta ab substantiame può quindi essere manifestataanche verbalmente (solo ai sensidel codice deontologico deve essere“documentata”), ma dovuta aragioni probatorie.Parimenti, pare opportuno l’inserimentonel formulario di unaclausola, la quale deve essere sottoscrittadal paziente, che esoneriil medico da responsabilità per ogniconseguenza derivante dalla mancatainformazione.Talvolta può essere addiritturalo stesso malato ad attivare meccanismidi difesa, inviando al medicosegnali dai quali si comprende chenon vuole conoscere il proprio stato,seppur senza un esplicito rifiutodell’informazione.In questi casi è chiaro che il medicodeve adottare tutte le precauzioninecessarie a evitare al pazienteuna doppia sofferenza – psichica,che si somma al dolore fisico – maciò può concerne solo il quantumdell’informazione e il modo disomministrazione della stessa, cherimane affidato esclusivamente allasensibilità del medico, il quale può,e spesso deve, mitigare i contenutiProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dell’informazione soprattutto incaso di malattia grave.<strong>Il</strong> medico non può però prescindereda una scelta del malato insenso o di rifiuto dell’informazioneoppure di pura e semplice manifestazionedel consenso informato.Se procede in questo senso lo fa aproprio rischio.Per il diritto, dal punto di vistatanto del malato, quanto del medico,non esistono zone grigie.<strong>Il</strong> consenso e, specularmene,la propria volontà di non sapere,devono essere manifestate in modoesplicito.<strong>Il</strong> Codice di Deontologia MedicaTuttavia le disposizioni della Convenzionedi Oviedo non sono le unichenorme che richiamano il dirittodel paziente a non sapere.Lo stesso Codice di DeontologiaMedica all’art. 33, ultimo comma,stabilisce come “la documentatavolontà della persona assistita dinon essere informata o di delegaread altro soggetto l’informazionedeve essere rispettata”.Le norme deontologiche sononorme di rango secondario, qualificabilicome regolamenti (interni)e non hanno quindi forza dilegge; trattasi di disposizioni chevincolano unicamente i soggettiappartenenti all’ordine dei medici,in quanto appartenenti al gruppoche le ha prodotte. 6In quanto tali, non sono quindinorme giuridiche idonee a costituiresituazione giuridiche soggettive incapo a soggetti terzi, ossia diversidal professionista, in questo casoil medico; esse non possono quindicostituire il fondamento di veri epropri diritti soggetti azionabili dasoggetti terzi (per esempio, i pazienti),la cui violazione costituiscail presupposto di un’azione civileper il risarcimento dei danni.È però vero che il Codice diDeontologia Medica, e in particolarel’art. 33 (diritto di non sapere),costituisce una fonte sì secondaria,ma caratterizzata da particolare autorevolezza,la quale autorevolezzaè data dalla presenza di una fonteprimaria, di rango superiore, nellaspecie la legge di recepimento dellaConvenzione di Oviedo.Ne consegue che la norma deontologicaviene utilizzata dal giudicequale criterio di valutazione di uninteresse tutelato, nella specie ildiritto di non sapere.Se e in quanto esiste una normaprimaria, il giudice può infattiutilizzare le fattispecie previste nelcodice deontologico e trasportarlenel giudizio di responsabilità.Se un paziente comunica almedico la propria volontà di nonvoler sapere e il medico comunicacomunque la diagnosi, causandoun danno (per esempio, shocknervoso) al paziente, la normadeontologica di cui all’art. 33relativa all’obbligo del medico dirispettare la volontà del pazientedi non sapere può quindi integrareil giudizio di responsabilità, qualecriterio di valutazione del fattocome “ingiusto”, ai sensi dell’art.2043 del codice civile. 7La violazione di tali norme deontologichecomporta naturalmentela comminazione di una sanzionedisciplinare in capo al medico che,101Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”102comunicando la diagnosi contro lavolontà del paziente, viola il suodiritto di non sapere.Fattispecie ulterioriRichiesta di non informare il malatoformulata da un parente del malatoo da un terzo.La prassi di assecondare richieste dicongiunti relative al desiderio di noncomunicare la diagnosi al malatonon ha alcuna rilevanza giuridica edi conseguenza nessun effetto scriminantenei confronti del medico;tale richiesta non trova riscontroin alcuna disposizione di legge econtrasta inoltre con il diritto adautodeterminarsi, diritto personalissimoe non delegabile (salvo inipotesi di minori o persone affetteda malattia mentale).Se il trattamento risulta esserenecessario e urgente, in assenzadi consenso del paziente, come giàaffermato poco sopra, il fondamentogiuridico dell’azione medica è lostato di necessità e non la volontàdei congiunti di procedere senzainformazione.Richiesta di non sapere accompagnatadall’individuazione di una diversapersona delegata a sapere, così comeprevisto dal Codice di DeontologiaMedica art. 33 e dal Comitato Nazionaleper la Bioetica.<strong>Il</strong> Codice di Deontologia Medicaprevede all’art. 33 “la documentatavolontà della persona assistita dinon essere informata o di delegaread altro soggetto l’informazione deveessere rispettata”.Seppur il codice deontologiconon è del tutto chiaro, certo è chel’affermazione “delegare l’informazione”non comprende altresìla delega della manifestazione delconsenso.La norma deve essere quindi lettanel senso che l’informazione può esseredelegata ad altro soggetto, mail consenso al trattamento rimanecomunque in capo al paziente chedecide di non sapere.Interesse del paziente a manteneresegreta una malattia potenzialmenterischiosa per soggetti terzi.Quid juris nell’ipotesi di un pazienteche abbia interesse a manteneresegreta una diagnosi in presenzadi rischio di danni ad altri soggetti(partner che ignora l’infezioneHIV della persona con la quale harapporti sessuali)? <strong>Il</strong> medico può oaddirittura deve infrangere il segretoprofessionale, informando il terzoche si trova in una situazione dipotenziale pericolo?La legge 135/1990 all’art. 5 (accertamentodell’infezione) tutela rigorosamenteil diritto di riservatezzadel malato di HIV o AIDS, obbligandoi sanitari al segreto professionalee indicando il malato come unicosoggetto legittimato a ricevere gliaccertamenti diagnostici.Secondo la dottrina 8 si è difronte a un classico caso di bilanciamentodi interessi diversi, nelquale il diritto alla riservatezzadel malato cede di fronte al dirittoalla salute del soggetto sano.Lo stesso codice di deontologiamedica all’art. 12 consente al medicoil trattamento dei dati personalidel paziente in assenza di consensodi quest’ultimo quando vi sia la ne-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


cessità di salvaguardare la vita o lasalute del paziente stesso o dei terzi.Ne consegue che il medico non èresponsabile della violazione del segretoprofessionale, ma non è conseguentementeobbligato a informarei terzi che vengano a contatto conil malato, quale il partner.Per il medico si tratta di un problemadi coscienza, non giuridico.Responsabile sarà diversamenteil soggetto malato qualora trasmettala malattia al partner ignaro.Sapere troppo e male.Ci si riferisce al problema del pazienteche pretende di ottenere dalmedico troppe informazioni e infinitidettagli: il medico è obbligatoad assecondare le continue, spessoinutili, domande del paziente?<strong>Il</strong> contenuto dell’informazioneai fini del consenso riguarda la diagnosi,la prognosi, le prospettivedi guarigione, il trattamento e leeventuali alternative.<strong>Il</strong> quantum dell’informazionerimane affidato esclusivamente almedico, il quale può incorrere inun giudizio di responsabilità soloqualora l’informazione sia statamantenuta sotto la soglia minimarichiesta (elementi essenziali delladiagnosi, prognosi, possibili trattamenti),ma sopra tale soglia minimanulla è dovuto.NOTE[1] Agnino F. Consenso informato altrattamento medico-chirurgico:profili penalistici e civilistici.Torino: Itaedizioni, 2006.Fresa R. La colpa professionalein ambito sanitario: responsabilitàcivile e penale, consensoinformato, colpa e nesso causale,casistica e giurisprudenza.Torino: UTET, 2008.[2] La bibliografia sul tema delconsenso informato è sterminata.Per tutti, unitamenteall’opera citata nella nota precedente,si veda Castaldi R et al.<strong>Il</strong> consenso informato: difesadel medico e diritto del paziente:formulario, giurisprudenza,normativa. Santarcangelodi Romagna (RN): Maggioli,2007.In tema di consenso e risarcimentodel danno si legga:Turillazzi E, Guerra C. “Consensoinformato: l’obbligo risarcitorio”,in Rivista Italiana diMedicina Legale On-Line 2007;6: 865.Sull’onere della prova inoltre:Izzo U. La precauzione nella responsabilitàcivile: analisi di unconcetto sul tema del danno dacontagio per via trasfusionale.Trento: Università degli Studidi Trento, 2007.[3] “La Repubblica riconosce egarantisce i diritti inviolabilidell’uomo, sia come singolosia nelle formazioni sociali ovesi svolge la sua personalità erichiede l’adempimento dei doveriinderogabili di solidarietàpolitica, economica e sociale”.[4] Rodotà S. Tecnologie e diritti.Bologna: <strong>Il</strong> Mulino, 1995.[5] È noto come in presenza di unpaziente affetto da malattiamentale il consenso al tratta-103Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e “silenzio terapeutico”mento sanitario obbligatoriopossa essere ottenuto daltutore, se nominato; in casocontrario il medico può attuarela terapia con tutte le cauteledel caso previste dalla legge.Qualora il paziente fosse, diversamente,incosciente, incaso di emergenza il medicopuò intervenire in assenzadi consenso, in quanto il suooperato è legittimato dallapresenza del c.d. “stato dinecessità”.[6] Sulla natura delle norme deontologichesi veda Alpa G, Zatti P(a cura di). Codici deontologicie autonomia privata. Giuffrè:2006.[7] Art. 2043 “Qualunque fattodoloso o colposo che causa adaltri un danno ingiusto obbligacolui che ha commesso il fattoa risarcire il danno”.[8] Rodotà S. Op. cit.Elena Ioriatti è Ricercatore in Dirittoprivato comparato Università di Trento104Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso ITempo fa ho oncontrato una signora di mia conoscenza che mi confidò la paura di avere “unbrutto male”, ma nessuno, nè famigliari né dottori, le aveva ancora detto nulla di preciso.Ella mi spiega che non è il cancro in sé a spaventarla, ma il non riuscire a definirne i limitiper la scarsità di informazioni a riguardo. Se conosci i confini e i limiti del tuo nemico haila possibilità di combatterlo con tutte le tue forze fisiche e psichiche, ma se ciò ti vieneprecluso le tue energie mentali, non più direzionate, sono preda degli stati d’animo quali lapaura, la rassegnazione e la depressione. Nonostante ciò la signora mi appare serena e quasifiduciosa. I dolori che aumentano sempre più in frequenza e intensità le danno la “quasicertezza” che il vecchio nemico non è mai stato sconfitto ma si è solo nascosto in lei.I medici e i suoi famigliari, al contrario di lei, conoscono molto bene la realtà, ma nonsono certi che per lei conoscerla sia la cosa migliore, perché temono che smetta di lottare;essi sono combattuti anche dalla vecchia consuetudine di nascondere al malato una bruttarealtà per una strana forma di pietà e rispetto.Qualche tempo dopo ritrovo la signora più serena che in precedenza, nonostante ildolore fisico. Mi confida che finalmente i suoi famigliari le hanno aperto gli occhi sullarealtà. I sospetti e le paure causati dall’ignoranza della conoscenza hanno lasciato il postoalla pace e alla serenità di chi non si sente condannato. Congedandomi da lei, mi resta laconsapevolezza che è di fondamentale importanza rendere partecipe il malato di ciò chelo aspetta, per togliergli almeno quella parte di dubbi e incertezze che accompagnano lemalattie incurabili.[Farmacista]105Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIPaziente adulto con neoplasia metastatizzata in fase avanzata di malattia, consapevoledella neoplasia, ma non della comparsa delle metastasi.La mancata comunicazione della progressione di malattia era stata decisa da parte delmedico specialista in accordo con la moglie del paziente, che affermava che il marito nonavrebbe potuto tollerare la notizia della progressione rapida della neoplasia.Alla presa in carico sono subito sorte difficoltà nella comunicazione con il paziente, inquanto sempre “presidiato” dai parenti con ordine tassativo di non dire nulla.<strong>Il</strong> MMG conveniva con loro per non creare dei conflitti. <strong>Il</strong> primo passo fatto è statodi effettuare un colloquio privato con la famiglia, durante il quale ho spiegato tutte ledifficoltà che avremmo incontrato nel mantenere tale atteggiamento, difficoltà che sarebberodiventate troppo pesanti non solo per loro, ma anche per gli operatori sanitari e ilpaziente stesso.Inoltre veniva comunque ribadito che l’interlocutore per noi era e rimaneva solo ilpaziente e che anzi avrebbe dovuto essere lui a concederci l’autorizzazione a informare iparenti e non viceversa, e che era indispensabile che il paziente facesse con noi un certotipo di percorso per portarlo a fare delle scelte sia terapeutiche sia di fine vita, scelte cheavrebbe potuto fare liberamente solo se fosse stato messo in determinate condizioni diautonomia, cioè dopo essere stato informato in modo adeguato ed esaustivo.La famiglia, suo malgrado, accettò e dopo alcuni incontri il paziente è stato pienamenteinformato riguardo la sua malattia. Attualmente è ancora in carico al nostro servizio, ha unrapporto di totale fiducia con tutti gli operatori, tutte le scelte sono state e continuanoa essere concordate con lui in prima persona, coinvolgendo in seconda istanza anche lafamiglia, che a distanza di tempo ha apprezzato il nostro operato ed è parte integrantedel piano di assistenza con un ruolo decisamente più sereno.[Medico]106Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIIDire o non dire la verità, e quando e come dirla sono tra gli aspetti più ostici e delicatidel rapporto con le persone. <strong>Il</strong> rapporto con l’utente non è sempre semplice, spesso citroviamo a dover scegliere fra ciò che noi pensiamo sia bene per il nostro paziente e quelloche invece il paziente vorrebbe per sé stesso.Non sempre queste due esigenze sono conciliabili, la soluzione passa attraverso ilrispetto della libertà, dell’autonomia e della dignità della persona, ma anche attraverso ilrispetto della giustizia sociale.Nella nostra società esiste una sorta di congiura del silenzio rispetto alla morte, vogliamoche la persona assistita possa morire senza accorgersene. Bene o male?Così la persona che muore è costretta a recitare fino alla fine la commedia della guarigionee dell’immortalità. È una situazione imbarazzante, impedisce un rapporto autenticobasato sulla sincerità. Morire non è più un fatto naturale ma un tabù da nascondere.Ma spesso di fronte alla affermazione di una persona anziana di essere arrivata alla finedella sua vita, non so come reagire, e lo so che non esiste una risposta pronta. La mortedella persona assistita è il simbolo della nostra morte ed è anche il segno della nostraimpotenza.[Infermiera professionale]107Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IVDiritto di sapere e di non sapere (ma manca la quota di dovere)Penso che il diritto del paziente di far modulare l’informazione secondo i suoi bisognisia legittimo. Ritengo però che sia molto difficile da parte di medici e operatori sanitaribilanciare questo diritto-desiderio con gli obblighi (dovere), imposti al medico, di fornireinformazione sullo stato di salute al soggetto.Ho sentito parlare di diritto del cittadino/paziente e di dovere del medico, ma non hosentito parlare di doveri del cittadino/paziente e di diritto del medico durante l’atto di cura.Questo sbilanciamento a favore del cittadino/utente può generare confusione. E laconfusione si crea quando il paziente si trasforma in cittadino e pretende trattamenti che,in quanto paziente, non riteneva utili. <strong>Il</strong> problema, secondo me, è dato dalla confusionedel ruolo paziente/cittadino che incarna diversi desideri, a seconda della veste che ricoprein quel momento, e spesso una veste collide con l’altra.Pertanto, è necessario che il codice deontologico della professione medica, anche serivisto da poco, venga rivisitato e prenda in considerazione problemi come il rapporto trala nuova dimensione medico-cittadino e anche il cittadino che lavora come medico cheincontra questi utenti che cambiano dimensione e pretese, a seconda di come decidonodi porsi in contatto.Penso che questa criticità dipenda dalla configurazione sociale del ruolo attuale delmedico, che talora deve essere all’antica (rapporto medico-paziente) e talora deve esseremoderno (rapporto medico-cittadino), senza che le regole siano state esplicitate da nessuno,rimanendo affidate al buon senso del medico.[Medico]108Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso VEsiste un diritto del paziente a non sapere, a non conoscere una diagnosi, in particolarmodo se si tratta di una diagnosi di malattia a prognosi infausta.Nella pratica clinica di tanti anni non mi è mai capitato che un paziente abbia espressoin modo chiaro questa sua volontà. Più frequentemente il paziente ci invia segnali moltosfumati. Spesso non ci chiede di tacere, ma di entrare in sintonia; ci chiede una comunicazionesu misura, che non espliciti una diagnosi in modo diretto e crudo, ma piuttosto che siarticoli in fasi successive e tempi rispettosi della sua situazione psicologica e culturale.In realtà il paziente vuole sempre sapere, vuole sempre potere sperare e, ovviamente,ne ha il diritto. <strong>Il</strong> medico si trova così gravato da una grande responsabilità e riveste unruolo ancora più importante e difficile, quello di unico e insostituibile riferimento per ilpaziente che vuole la verità, ma una verità filtrata secondo le sue esigenze. È dovere delmedico capire e informare.Molta attenzione va posta al rapporto con i famigliari, che possono dare notizie importanti(sempre da valutare con spirito critico), ma mai possono sostituirsi al pazientestesso. <strong>Il</strong> problema è quindi, più che sapere o non sapere, quanto e in che modo sapere equindi, per quanto riguarda il medico, come informare.Per questo non esistono schemi né protocolli, ma solo sensibilità e preparazione daparte del medico.[Medico]109Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Le riflessioni del gruppo di lavoro<strong>Il</strong> tema del terzo incontro dei Dialoghi ha riguardato il diritto di sapere e di non saperedel paziente. A seguito dell’incontro, sono giunti 106 elaborati inviati dalle diverse figureprofessionali presenti. L’analisi da parte del gruppo di formazione sul campo ha evidenziatoalcune linee comuni nei diversi elaborati considerati, che vengono qui riprese.Una esigua minoranza di casi (4) ha evidenziato l’opportunità di una non comunicazioneal paziente, talvolta su indicazione dei familiari, talvolta in base alla “interpretazione”della volontà del paziente. Tale orientamento, alla luce di quanto emerso nellerelazioni della conferenza, si pone, in linea di principio, in contrasto con gli obblighigiuridici degli operatori sanitari.A fronte di questo dato minoritario, la maggioranza degli elaborati pervenuti haevidenziato la necessità e l’opportunità che il paziente sia informato sulla propria condizionedi salute.In diversi elaborati emerge come difficilmente il paziente non voglia sapere. All’opposto,più di un operatore sanitario afferma esplicitamente di non avere mai incontratoun assistito che realmente non volesse essere informato. Questa considerazione si rivela“interdisciplinare”, poiché caratterizza le riflessioni di diversi operatori sanitari, nellospecifico: medici, infermieri, fisioterapisti.Data questa affermazione di principio, le considerazioni sulla comunicazione si articolanopoi su diversi piani.In primo luogo, si evidenzia un dato illustrato anche da uno dei relatori della conferenza(dott. Branz): la richiesta di non sapere e di non essere informato da parte diun paziente sottende spesso esigenze profonde. Se tali esigenze trovano comprensioneda parte dell’operatore sanitario, difficilmente il paziente persiste nella volontà di nonsapere. Questa considerazione emerge a più riprese negli elaborati pervenuti.Da questo punto di vista, si comprende il concetto di informazione come responsabilitàdell’operatore sanitario e, all’opposto, la non comunicazione come possibile formadi “deresponsabilizzazione” nell’ambito di un aspetto così complesso e delicato qualepuò essere la trasmissione di notizie negative.In secondo luogo, si evidenzia a più riprese come uno dei motivi in favore dellacomunicazione quanto più trasparente, possa essere individuato nella mancanza di conoscenzadella vita privata dei pazienti. In particolare, le ingerenze dei parenti o dellepersone più vicine possono essere determinate dai motivi più disparati, che possonoandare dall’affetto, agli interessi economici, a dinamiche di difficile comprensione edelle quali, in ultima analisi, solo il paziente è “arbitro”. In questi casi, la mancanza diinformazione interagisce con queste possibili problematiche, pur senza la consapevolezzadell’operatore sanitario.Accanto a questo aspetto, va poi evidenziato come una possibile “interferenza” possaprovenire dall’ampio numero di informazioni (e disinformazioni) a disposizione del paziente:la mancata comunicazione si scontra inevitabilmente anche con questo aspetto poiché,110Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


come richiamato da alcuni operatori, nel panorama attuale è difficile non sapere. La comunicazione,quindi, rischia di lasciare il campo alla ricerca di informazioni da parte delpaziente, senza il supporto scientifico necessario alla verifica della bontà delle stesse.In terzo luogo, l’affermazione della necessità di una comunicazione completa da partedell’operatore sanitario non può prescindere da una riflessione sulle modalità della stessa.Numerosi elaborati hanno preso in esame questo aspetto. Alcune, hanno evidenziato l’importanzadella gradualità della comunicazione, che consideri l’individualità del pazientee le sue personali esigenze di comprensione, culturali ed emotive. Da questo punto divista, è emerso il concetto di informazione parziale. Nelle parole di un fisioterapista:“Ma c’è anche, come spesso nella vita, la via intermedia, la comunicazione volutamenteparziale, quella che mette in luce maggiormente la positività e che, fin dove è possibile,ridimensiona, sdrammatizza, espone con le connotazioni più accettabili gli elementi negativi;e c’è la comunicazione volutamente graduale che trasmette le informazioni, speciese scoraggianti, un passo alla volta, affinché siano assorbite e lentamente accettate.”Da questo punto di vista, unanime sembra l’individuazione dell’opportunità di non“delegare” la comunicazione con il paziente ai moduli del consenso informato che andrebbe,all’opposto, “accompagnato” da spiegazioni chiare e dall’ascolto.L’attenzione per le modalità della comunicazione sembra rispondere a una serie diobiettivi importanti: la fiducia verso il curante, indispensabile per un buon “percorsoterapeutico”; la risposta alle esigenze inespresse, nondimeno presenti, del paziente;soprattutto, la cura degli aspetti della comunicazione quanto più partecipata e “umana”possibile sembra essere la via principale per coniugare gli obblighi giuridici che incombonosugli operatori sanitari in tema di comunicazione, con la deontologia professionalee quel margine di soggettività che inevitabilmente connota ogni paziente, ogni percorsopatologico e quindi, in ultima analisi, ogni relazione medico paziente.Da questo punto di vista, l’attenzione per le modalità della comunicazione perseguel’obiettivo di un connubio tra soggettività e garanzia, tra regole comuni e ascolto delsingolo individuo. Nelle parole di un medico: “[…] il sapere (cosa, come, quando, rispettoa chi, eccetera) all’interno della relazione di cura non è un diritto ma una costruzioneclinica fatta in collaborazione tra curante e curato.”A tal fine, si rivela indispensabile un buon livello di comunicazione tra gli operatorisanitari stessi: in questo senso si individua un collegamento con il tema del Dialogoprecedente (la comunicazione tra gli operatori sanitari). Questo si rivela necessario inprimo luogo per concordare le modalità della comunicazione: la gradualità della stessa,la “verità” della quale il paziente è al momento a conoscenza… Non a caso, il concettodi alleanza terapeutica è a più riprese riferito in primis agli operatori sanitari stessi, inun concetto corale e concordato di cura.Ancora una volta emerge l’importanza del tempo della comunicazione, inteso questavolta come momento più opportuno nel quale fornire la comunicazione. In relazione a ciò,sono evidenziate alcune lacune, tra cui le difficoltà della comunicazione stessa, talvoltadelegata da un operatore sanitario all’altro, specie se dolorosa.111Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Vi sono infine alcuni settori che presentano peculiarità loro proprie. È il caso, per esempio,della “medicina predittiva” e, più in generale, delle consulenze in ambito genetico.In questi casi si parla di malattia talvolta potenziale e la comunicazione con il pazientediventa più complessa sia in senso oggettivo (che cosa comunicare?), sia in senso soggettivo(a chi comunicare?), poiché spesso i soggetti coinvolti sono più d’uno, non tutti sono aconoscenza delle medesime informazioni e la comunicazione a un soggetto può ledere ildiritto alla riservatezza di un altro.Emergono poi accenni alle problematiche specifiche nei confronti di alcuni soggetti,in particolare i minori. In quest’ambito, le problematiche sia giuridiche, sia mediche, siadeontologiche si complicano e presentano caratteristiche del tutto peculiari, la cui analisirichiede un’attenzione specifica.Problematiche peculiari sorgono anche nei confronti dei soggetti anziani, per i qualisembra amplificarsi la richiesta di “non dire” avanzata dai terzi, in particolare dai parenti.Pur nella difficoltà di adoperare una valutazione che prescinda dalle specificità di ognisingolo caso, emerge la necessità di informare quanto più possibile e con le dovute modalitàanche tali soggetti.Infine, va riscontrato come molti operatori sanitari abbiano fatto riferimento a unmutamento rispetto al passato, in cui “non dire era le regola”. Da questo punto di vista,la medicina e la giurisprudenza si allineano; può essere citata, per esempio, la giurisprudenzadella Corte di cassazione, che ha subito un simile mutamento, dalla giustificazionedi un “non dire” all’obbligo di comunicazione (cfr. a es. il mutamento giurisprudenzialerappresentato da Cass. Civ., Sez. III, n. 3906, 6 dicembre 1968 a Cass. penale, sez. VI, 23marzo 1997, n. 3599).112Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioninell’era della comunicazioneDialogo di Bioetica e Biodiritto del 16 novembre 2007L’accesso ad informazioni di caratteresanitario è ampiamente facilitatodai mass media ed in particolare dallagrande ed indiscriminata offertadi dati presente in Internet. Talefacilitazione sembra talvolta attenuarel’asimmetria conoscitiva trale due figure dell’operatore sanitarioe del paziente, che pure sussiste edèforse amplificata dalle difficoltàche il cittadino incontra nel gestiretale massa di informazioni.L’incontro si propone la verificadell’effettiva portata di questo “avvicinamento”,analizzando in chemisura le informazioni reperite daicittadini-pazienti possono influiresulla comunicazione con il soggettocurante. I confini virtuali delle retid’informazione (siti di consulenzaon-line, newsgroup, riviste o trasmissionispecializzate, ecc.) entranotalvolta in conflitto con i confinidelle professioni sanitarie che, giuridicamente,sono delimitati da unatutela assai rigorosa (basti pensarealle norme penalistiche sull’esercizioabusivo di professione): ne deriva unquadro talvolta contraddittorio e didifficile definizione.113Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


L’informazione <strong>sanitaria</strong>in reteMaurizio BonatiLe possibilità informative di Internetsono un diritto da potenziare,ma senza prescindere dal fatto chel’informazione deve essere affidabileper il paziente e l’operatore sanitarioche vi accedono.Alle informazioni siamo espostie sottoposti, quotidianamente econtinuamente, consapevolmente einconsapevolmente. Le fonti sonodiverse, vanno dai “giornalacci” allepubblicazioni più blasonate, ma pertutte il tono dell’informazione tendea essere sensazionalistico e la ricercadello scoop caratterizza anchel’informazione sulla salute.Prendiamo come esempio l’aviaria.In alcuni contesti è ancora unargomento corrente: quanti investimentisono stati fatti? quantovaccino è stato acquistato? chene facciamo ora? Ma sulla stampal’aviaria è scomparsa. Eppure, a suotempo, l’informazione era di questotono: “Fino a 16 milioni di contagi,2 milioni di ricoveri, 150.000 mortisolo in Italia” (Corriere della Sera).<strong>Il</strong> tutto sottoscritto da autorevoliinfettivologi. <strong>Il</strong> dramma e l’apocalisse!Ma, fortunatamente, il virusha colpito molto più i media chele persone. <strong>Il</strong> caso dell’aviaria èemblematico di come venga gestital’informazione in quello che è,fondamentalmente, analfabetismosanitario. Le grandi paure o le grandiaspettative e la richiesta di unasoluzione immediata sono suffragatee supportate dall’ignoranza. Questonon vale solo per il paziente: c’èun’ignoranza anche da parte deglioperatori sanitari rispetto all’evoluzionedegli strumenti disponibiliper l’informazione.Internet è uno strumento semplice,poco costoso, di ampia distribuzione,che tutti possono consultare ea cui tutti possono contribuire. Peresempio, Wikipedia è un’enciclopediasemplice, ma ha il pregio chechiunque può aggiungervi o modificarnei testi. Con le risorse dellarete anche un non professionistaha a disposizione una potenzialitàdi informazione enorme, in gradodi condizionare e modificare laconoscenza.I blog fanno sì che non ci sia soloil semplice lettore passivo, ma chechiunque possa partecipare, inviandoe ricevendo commenti.Questo è quello che sta succedendocon Internet, anche se inItalia siamo ancora a un livello diutilizzo inferiore rispetto a quellodegli USA, dove il 75% della popolazione,indipendentemente dal livellosociale, lo utilizza.Si tratta di uno strumento ditale capacità di penetrazione che hascardinato i messaggi e le modalitàdell’informazione.Vari studi documentano che siutilizza Internet sempre di più ancheper avere informazioni sanitarie eche chi si collega alla rete non lo faa caso, e lo continua a fare almenotre volte in settimana e più. È una114Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


ealtà prevalentemente americana,ma questo utilizzo si sta espandendoanche in Europa.Di quel 75% di americani che sicollega a Internet, la metà lo usaper avere informazioni sanitarie: per“difendersi/tutelarsi” nell’incontro/visita con il medico. Questo implicala necessità di un nuovo modo dilavorare per i medici, che devonoessere non solo “informati(zzati)”,ma preparati a insegnare al pazientea valutare la struttura, i contenutie le finalità dei siti che riportanoinformazione <strong>sanitaria</strong>. Diventaquindi necessario un bagaglio diconoscenze non previsto né prevedibileancora pochi anni fa.Le possibilità offerte dalla retesono positive e vanno incentivate,perché fonte di democrazia,di partecipazione e condivisionedi un percorso di in-formazionee conoscenza. Ma c’è un aspettofondamentale di cui bisogna tenereconto: è importante non soltantoavere a disposizione degli strumenti,ma anche sapere in che misura essisiano utili, necessari e affidabili.Nel percorso curativo, il pazientee il medico interagiscono tra loro,ciascuno con il proprio ruolo; mal’interazione può modificarsi quandoil paziente rivendica una propriaautonomia decisionale “informata”.In questo percorso l’uso di Internetnon è solo una riposta a unbisogno, ma rappresenta anche undiritto. Per questo l’informazione inambito sanitario deve passare anchein Internet, non solo con le paginegestite dalle istituzioni del settore,ma anche con quelle elaborate daicittadini-pazienti, come momentodi partecipazione a una forma didemocrazia della realtà <strong>sanitaria</strong>.Un altro studio ci dice che il 35%di chi si collega cerca informazionisulla salute. È un dato che non puòessere ignorato: un terzo degli accessialla rete ha a che fare con lasfera dello “star bene”. È importantevedere dove si cerca: dal momentoche tutti possono partecipare alladiffusione dell’informazione, laqualità dell’informazione stessa saràvariabilissima.Un altro dato interessante, fornitoda uno studio su 12.000 utenti,è che la metà di chi si connettecerca informazioni su problemi disalute, che il 57-60% di loro lo fapiù volte alla settimana e che almenola metà di chi guarda paginerelative alla salute ha una malattiacronica. Lo scambio di informazioniavviene sempre di più nelle chatfra pazienti. È un dato da tenerein considerazione, una modalitàdettata dal bisogno, ma anche, efondamentalmente, un diritto chesarebbe bene potenziare.Tuttavia, non si può prescinderedal fatto che l’informazione deveessere corretta, adeguata, qualitativamentegarantita e quindi degnadi fiducia da parte del paziente edell’operatore sanitario che vi accedono.I sistemi per valutare l’attendibilitàdi un sito ci sono. È operante,per esempio l’HONcode (Health onthe Net Foundation Code of Conduct)un organismo internazionale checertifica la qualità del sito. Altreindicazioni si possono ricavare dal-115Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni116l’estensione dell’indirizzo del sito:per esempio, .org, .int, .edu ci informanoche il sito stesso è gestitoda una istituzione ufficiale.Un altro punto critico dell’informazionein rete è il rischio di banalizzareil messaggio o, al contrario,di renderlo di difficile comprensione.L’informazione è democrazia se ècomprensibile e se c’è interazione,il che non vuol dire necessariamentecondividere le reciproche posizioni,ma significa che almeno le sicapisce.Quanto più l’informazione data èscientificamente attendibile, tantopiù essa è difficile da comprendere:due studi che hanno analizzato unaserie di pagine web di largo utilizzodocumentano che, per comprendereappropriatamente quanto riportato,l’utente deve avere una formazionescolastica superiore. E ciò comportache chi non è messo in grado dicomprendere questa informazione diqualità si rivolgerà inevitabilmentead altre fonti più comprensibili,con il rischio di avere un’informazionescarsa o scorretta. <strong>Il</strong> fatto diconsultare un sito piuttosto che unaltro espone non solo al rischio diinformazioni diverse e magari contrastanti,ma anche alla possibilitàdi conseguenze sanitarie negative.In effetti, studi sulla qualità deisiti che danno informazione <strong>sanitaria</strong>rilevano che molti di questi nonforniscono dati corretti, rendendo“dannoso” uno strumento potenzialmenteutile. Dieci anni fa abbiamocondotto uno studio di analisisulle informazioni fornite in retein merito a un’operazione piuttostobanale: la misurazione della febbrenel bambino. Già allora, a secondadel sito consultato, venivano forniteinformazioni scorrette. In alcuni sitisi diceva che la febbre nel bambinopiccolo va misurata sotto l’ascella:un consiglio sbagliato. In altri sitisi diceva che al bambino con la febbresi devono applicare spugnaturefredde: un rimedio che non solo nonè evidence based, ma addiritturacontroproducente, quando non èdannoso.Più recentemente abbiamo fattouno studio di valutazione sui sitiitaliani che si occupano di fibrosicistica. In merito a questa patologiac’è un network di tutti i centri, inpratica una rete fitta di nodi e bendistribuita. I siti ufficiali sono circacinquanta: tanti, in particolare seconfrontati con quelli dedicati adaltre malattie croniche. <strong>Il</strong> nostrostudio ha rilevato che generalmentele informazioni riportate eranocorrette: solo un sito era al di sottodei requisiti minimi per esserevalutato (ma, purtroppo, potevaessere consultato). Alcuni siti eranopiù focalizzati sulla terapia, altrisulla diagnosi, altri ancora sullariabilitazione. In particolare, i sitidelle associazioni dei pazienti edelle loro famiglie sono risultati ipiù completi e bene affiancati dareferenti scientifici, forse perchéespressione diretta, “vissuta”, deibisogni informativi.Questo non succede per tutti sitidelle associazioni di pazienti/familiari.Spesso la mancanza di autonomiaculturale e scientifica espone leassociazioni al rischio di dipendenzada terzi, motivati da altri fini, ancheProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


speculativi (per esempio, le industriedel farmaco).Se si consultano i siti che trattanodella depressione si osserva chemolti non si attengono alle lineeguida, non danno un’adeguata informazioneo ne forniscono di sbagliatee addirittura di controproducenti.Va detto però che a fronte ditanti studi fatti sull’utilizzo e sullapositività di Internet, non ci sonostudi che documentino che la consultazionedella rete per ottenereinformazioni sanitarie possa anchenuocere. Per essere precisi, è statodescritto il caso di un cane mortoperché l’informazione veterinariatrovata in Internet era errata, manon si trovano episodi analoghi perquanto riguarda le cure mediche.Infine, un altro aspetto negativodella rete è l’esposizione inconsciaalla pubblicità. Digitando i termini“bambino” e “diarrea” in Google,compare una pagina standard coninformazioni generali, dove si citae si mette in evidenza uno specificoprodotto farmaceutico (Enterogermina).Se non viene soppesato ilmessaggio, è facile giungere allaconclusione: se c’è la diarrea meglioprendere l’Enterogermina, che poi fabene anche se prendo l’antibiotico eanche se il bambino dovesse avereil vomito.Partendo da questo fatto, abbiamocercato quale relazione ci sia tratra la pubblicità occulta o marginaledelle pagine web e la pubblicità deigiornali. Abbiamo preso in esamele cinque riviste più distribuite inambito pediatrico e abbiamo analizzatoil tipo di informazione fornita.Tolte le riviste di alcune associazioninon-profit, nelle altre un terzo dellepagine è dedicato alla pubblicità. <strong>Il</strong>che non è di poco conto se si pensaa quanto è lo spazio disponibilenell’ambito virtuale: infinito!Va poi detto che l’informazionefornita non era molto corretta. Peresempio, da più di dieci anni è statoratificato il codice sull’allattamentoal seno e in Italia c’è una legge chevieta la pubblicità degli starting, masulle riviste di pediatria si trova ancora.Non solo: in ogni riga potrebbeessere evidenziata dell’informazioneingannevole. Prendiamo la pubblicitàdi un biberon: “clinicamente testato,meno coliche e meno pianti”.L’espressione “clinicamente testato”dovrebbe rimandare a studi clinici,ma non c’è nulla di tutto ciò. “Imitail seno materno”: non pertinente eingannevole.Non va meglio con la pubblicitàsui giornali che arrivano al medico:“Reflusso gastroesfageo? No grazie!”,come se fosse una patologia enon un sintomo. Se ci sono messaggicome questi in un settore, le rivistesu carta, relativamente controllato,si pensi a cosa ci può essere inuno spazio “senza controllo” comela rete, e che cosa può sottostarea un messaggio apparentementeinsignificante.In un ambito sanitario il ruoloimportante decisionale spetta comunquee sempre al medico, anchedopo aver consultato Internet.Maurizio Bonati è Responsabile del Laboratorioper la <strong>Salute</strong> Materno-Infantilepresso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche“Mario Negri”.117Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


L’informazionefarmaceuticaRoberta CalzaL’industria farmaceutica non può essereuna fonte di informazioni sicure:non è possibile veicolare insiemepropaganda e informazione affidabile.Molte volte, nel mio lavoro, i mieiinterlocutori, siano essi colleghi,clienti o pubblico in qualche conferenzadi educazione alla salute, sirivolgono a me iniziando il discorsocon: “Ho letto sul giornale che…Alla televisione hanno detto che…Ho cercato su Internet e ho trovatoche…” E l’atteggiamento sottintendequasi sempre che, se lo ha dettoInternet, il giornale o la Tv, la cosaha sicuramente un fondo di verità.Tuttavia, accanto a chi prendeper oro colato l’informazione deimass media e mi si rivolge in modoquasi sprezzante, accusandomi discarsa informazione, per fortuna,almeno nella mia esperienza professionale,la maggior parte dellepersone si pone la domanda: “A chidar retta?” A volte i pareri non sonoconcordi neppure fra gli esperti e aconfondere ancor più le acque c’è ilbombardamento dell’informazione.Credo che non possiamo permettercidi ignorare questo disorientamento:l’attendibilità e la qualitàdelle informazioni riguardanti la salutenon riguarda solo gli operatorisanitari, ma anche i pazienti.A questo proposito, ho provatoad analizzare l’informazione<strong>sanitaria</strong> fornita recentemente dariviste e settimanali “specializzatiin salute” venduti in edicola, quotidianidi larga diffusione nazionale,pubblicità (televisiva, sui giornali,su Internet). Mi sono soffermatasugli argomenti più frequentementetrattati, sugli sponsor citati, sullapubblicità di farmaci e integratori.Cito degli esempi:– Da AS agenda della <strong>Salute</strong>, mensile,ottobre 2007, ed. Politecne,con la direzione scientifica diCarlo Gargiulo, della trasmissionetelevisiva Elisir.Titolo dell’articolo: “Gli integratorialimentari alleati dellacrescita: non sempre il regimealimentare dei bambini garantisceil necessario apporto difattori nutrizionali” … studicondotti dimostrano come siadiffusa la carenza di importantifattori nutrizionali tra i bambini… per questo, oltre a seguireun’alimentazione equilibrata,èutile integrare con fonti concentratedi vitamine, sali minerali edelementi “attivi” [attivi?] … oragli integratori sono sempre piùsimili a caramelle o “snack” …un modo semplice per rendere piùsana la merenda dei nostri figli …Alla fine dell’articolo si rimanda aun sito Internet dove si possonocomperare visionare e comperarei prodotti.Titolo dell’articolo: “L’intestinodalla A alla Z” … l’intestino è un118Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


organo del corpo spesso trascurato,poiché poco conosciuto [pococonosciuto?], ma è fondamentaleper il benessere della salute …ecco i consigli per aiutare le suefunzioni con un transito intestinaleregolare e una microfloraequilibrata … Segue poi unalunga disquisizione sui batteri“buoni” che aiutano il sistemadigestivo e quindi facilitano iltransito intestinale. In uno specchiettoc’è poi una “interessantedescrizione” del Bifidus actiregularis(bifidobacterium animalisDN-173 010) e, nelle pagineprecedenti e seguenti, un’ampiapubblicità di uno yogurt dellaDanone.Anche se in questa rivista nonho trovato pubblicità direttadi farmaci, nel sito Internet acui si rimanda per approfondimenti(www.agendadellasalute.com) sono citate in bella mostrale ditte Bayer Health Care,AstraZeneca,Pfizer.– Da Come stai? Mensile della saluteper la famiglia, ottobre 2007, ed.Unitop.Titolo dell’articolo: “Niente paurase c’è un fibroma” … si intervienesolamente nel caso in cui sia digrandi dimensioni e dia fastidio,altrimenti basta tenerlo sottocontrollo con visite periodiche dalginecologo … Segue poi un lungoarticolo dove vengono descrittii sintomi, le cause, gli esami dafare, i diversi interventi chirurgicie, infine, per combattereil decorso della malattia, specialmentenelle giovani donne,una dettagliata descrizione deifarmaci, con uno specchiettofinale dove ne sono elencatialcuni di fascia A, con nomecommerciale, forma farmaceuticae dosaggio (Danatrol, Enantone,Lutenyl, Farlutal) e altri di fasciaC, con il loro prezzo (Decapeptyl,Enantone).Titolo dell’articolo: “Aiuto, nonho più voce!” … sono numerosii motivi che possono determinarela raucedine o temporanea afonia.A tutto però c’è un rimedio… L’articolo descrive tutte lepossibili cause che spaziano daipolipi alle corde vocali, al reflussogastroesofageo, all’attaccodi virus o batteri, all’ansia e lostress. Nello specchietto finaledei farmaci efficaci per curarei disturbi della voce sono citaticortisonici di fascia A (Deltacortene,Deflan), antiacidi da banco(Maalox plus), inibitori di pompadi fascia A (Losec, Mepral),antibiotici di fascia A (Clavulin,Augmentin). Nell’articolo non sifa alcun cenno al fatto che sipotrebbe cominciare a stare unpo’ zitti…– Da Io Donna, supplemento settimanaledel Corriere della Sera,novembre 2007, ed. RCS. È unarivista che non si occupa specificatamentedi salute, ma spessosi trovano articoli riguardanti lasalute.Titolo dell’articolo: “<strong>Il</strong> Viagravisto dalle donne “ … chi la sciogliedi nascosto nel bicchiere delmarito e chi la trova con orrore nelsuo taschino. Aiuto rassicurante,119Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni120subdola rivale o droga che crea dipendenza?Ne abbiamo indagatoil lato più nascosto: quello femminile… L’articolo ha un taglio abbastanzacritico e con commentiironici (… la scelta è amplia:una pillola per ogni occasione,una al giorno per non perderneneppure una!), ma contiene unevidente specchietto in grassettodove vengono menzionati i nomicommerciali e i princpi attividei farmaci in commercio perla disfunzione erettile, il loromeccanismo d’azione e la duratadell‘ effetto.Infine, nelle riviste sopraccitateci sono pubblicità mascherate da“comunicazione educazionale” cherimandano a siti Internet sponsorizzatida ditte farmaceutiche. Peresempio: “Come è la tua vita dicoppia?”, che rimanda al sito www.tuttosulladisfunzioneerettile.it,sponsor Bayer per la coppia; “Questoè il mio papà: quando non fuma piùprofuma di buono”, che rimanda alsito www.iosmettocosì.it, sponsorPfizer costruire salute.<strong>Il</strong> problema dell’informazione deifarmaci prodotta dalle ditte è undato di fattoIn ambito europeo sta prendendosempre più corpo l’idea che anchele ditte farmaceutiche possanoprodurre informazioni sui farmaciper i pazienti.Una proposta di legge in talsenso sarà presentata alla CommissioneEuropea quanto prima. I sostenitoridi tale proposta appartengonoal “Pharmaceutical Forum”,un gruppo di lavoro formato da duecommissari dell’Unione Europea, treparlamentari europei, ministri degliStati Membri, almeno cinque associazionidi industrie farmaceutiche,rappresentanti di professionistisanitari e di assicurazioni.I rappresentanti dei pazienti chefanno parte del gruppo di lavoroprovengono dall’European Patient’sForum, un’associazione finanziatadall’industria farmaceutica. Che taleForum possa essere pesantementecondizionato nelle sue decisionidall’industria farmaceutica è undato di fatto.Solo due Paesi al mondo permettonoche si possa fare pubblicitàdiretta ai cittadini per i farmacida prescrizione: gli Stati Uniti e laNuova Zelanda.In entrambi i Paesi, è stato dimostratoche questo tipo di informazione– che altro non è se non pubblicità– anziché migliorare lo statodi salute, lo peggiora. La strategia ècollaudata: i messaggi delle ditte siconcentrano su pochi farmaci moltoprescritti, ne esaltano i benefici ene nascondono i rischi, ottenendocome risultato di confondere i pazienti,che finiscono col sollecitarei medici a prescrivere farmaci chealtrimenti non utilizzerebbero.Nelle informazioni promozionalimanca qualsiasi confronto conaltri farmaci della stessa categoriaterapeutica (così come peraltroavviene con le informazioni aimedici) e quindi i cittadini nonhanno la possibilità di sceglierefra le diverse opzioni disponibilipotendo soppesare vantaggi realie svantaggi.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Solo cinque anni fa il tentativodi introdurre nell’Unione Europea lapubblicità diretta ai consumatorinon ha superato il vaglio del votoparlamentare: la stragrande maggioranzadei parlamentari (494 controe solo 42 a favore) ha bocciato laproposta di legge. Tuttavia, gli attualiparlamentari sono in gran partedi nomina recente e conoscono benpoco, se non nulla, del dibattito chevi è stato in passato.In questo nuovo tentativo diintrodurre nell’Unione Europea lapubblicità diretta ai cittadini sicerca di mistificare l’iniziativa comeun modo “per migliorare la qualitàdell’informazione disponibile per icittadini”.Tutto ciò probabilmente porteràa un uso ancora più indiscriminatodei farmaci, aumentandone il consumocomplessivo, avrà un impattonegativo sulla salute (più effettiindesiderati, più errori medici) eil tutto si tradurrà in un aumentodei costi.<strong>Il</strong> mercato della salute non èun mercato come tutti gli altri e ipazienti non sono consumatori.Tutte le scoperte mediche nonverificate disorientano i malati ediscreditano la scienzaL’interesse sempre più crescenteverso la ricerca scientifica e i suoirisultati si traduce spesso in unaindebita spettacolarizzazione dinotizie circa immediati – e spessoimprobabili – vantaggi per l’uomo.Mentre invece il più delle voltedovrebbe limitarsi semplicemente aun’informazione in grado di aumentarele nostre conoscenze.Dimentichiamo che la conoscenzaè già di per se stessa un bene, questosembra importare poco: le si attribuiscevalore soltanto se è in gradodi generare benefici tangibili.Questa situazione oltre a esserefortemente diseducativa, finisce peralimentare false speranze e inevitabilidelusioni negli ammalati, con ilrisultato di screditare, nel tempo,anche la stessa scienza.Una volta, sbagliando, i ricercatoridialogavano solo all’interno dellacomunità scientifica: oggi sembraci sia la gara a chi la spara più grossaverso all’esterno, e “apparire” risultapiù vantaggioso che “essere”.In realtà i risultati delle ricerche,prima di essere divulgati (e spettacolarizzati),dovrebbero passareproprio al vaglio della comunitàscientifica per essere verificati.Nel mese di ottobre 2007 abbiamoassistito a due episodi di questogenere:– Un quotidiano britannico (la cuinotizia viene ripresa dalla rubricacultura e scienze del quotidianoon line Repubblica.it) comunicache biologi molecolari della CaseWestern Riserve University diCleveland sono riusciti a realizzareil primo cromosoma umanoartificiale. Si ipotizza che questopotrebbe sostituire i cromosominaturali diventai “difettosi” regolandola produzione carente oalterata di sostanze indispensabilialla nostra salute; e si arrivaalla conclusione che un cromosomaartificiale potrebbe essereprogettato ad hoc e innestatonelle cellule delle persone malatedi distrofia muscolare, compen-121Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni122sando cosi il difetto geneticoall’origine della patologia.– Un quotidiano italiano annunciala scoperta di nuovi effetti disidenafil e tadalafil, solitamenteutilizzati per l’impotenza. Sembrerebbeche siano in grado dimigliorare la funzionalità dellecellule endoteliali che tappezzanole arterie inibendo i radicaliliberi. Da qui l’ipotesi di una attivitàanti-invecchiamento. Nonrisulta però nessuna pubblicazionescientifica a tal proposito.Gli spot pubblicitari sui farmacida banco: alcune riflessioniCon il Decreto del Ministro della<strong>Salute</strong> del 18 luglio 2007 viene vietatala “compressione fonica” delleavvertenze di carattere sanitarionella pubblicità dei farmaci da bancoe pertanto durante la pubblicitàle avvertenze relative ai farmacidovranno essere pronunciate allastessa velocità delle restanti frasi, alfine di rendere più chiari e comprensibilii possibili effetti collaterali deiprodotti pubblicizzati.È un passo avanti, per quantopiccolo, perchè facilita una sceltaconsapevole dei cittadino nell’acquistodi prodotti importanti per lacura della salute e perché dà agliutenti la possibilità di avere un’informazionepiù chiara e trasparenteprima dell’acquisto di un farmaco.Ma questo provvedimento nonè sufficiente: il messaggio pubblicitariodovrebbe soddisfare in totoalcune regole di correttezza.Sarebbe auspicabile che nellospot, prima della promozione delfarmaco, ci fosse un invito a unostile di vita corretto e che alcunifarmaci non fossero presentati come”miracolosi”.Pensiamo, per esempio, ai medicinaliper le malattie da raffreddamentoe l’influenza: nei messaggipubblicitari non è affatto chiaritoche questi farmaci sono dei sintomaticianzi, da come vengono presentatisembra avere “poteri magici”, percui subito dopo la somministrazionei protagonisti dello spot riprendonoimmediatamente tutte le loro attivitàuscendo di casa e sfidando leintemperie.Questa non è un’informazionecorretta. Gli organi che autorizzanogli spot dei medicinali e dei prodottidi interesse sanitario dovrebberovigilare di più, affinché vengano trasmessimessaggi pubblicitari chiari,veritieri e trasparenti dal principioalla fine.Una proposta per una correttainformazione <strong>sanitaria</strong> per i cittadinieuropeiCinque organizzazioni indipendenti,Health Action International (HAI-Europa), International Society ofDrug Bulletins (ISDB), AssociationInternationale de la Mutualité(AIM), Bureau Européen des Unionsde Consommateurs (BEUC) e Medicinesin Europe Forum (MiEF), hannodi recente presentato a Bruxellesuna dichiarazione/proposta peruna corretta informazione <strong>sanitaria</strong>ai cittadini europei (”Relevanthealth information for empoweredCitizen”).In Europa non è permesso pubblicizzarefarmaci o prodotti medicalidirettamente ai consumatori,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


ma si assiste sempre più spesso atentativi di aggirare questo divieto“spacciando” per informazioni alpaziente quelle che in realtà sonoinformazioni promozionali. In questodocumento viene evidenziatacon forza la necessità di una chiaradistinzione fra informazione <strong>sanitaria</strong>e promozione.L’industria farmaceutica non puòessere una fonte di informazioni affidabilee sicura: pensare che questapossa essere vera informazione èingenuo, e confondere propagandacon informazione è un errore.Al contrario, sarebbe invecenecessario limitare l’influenza dell’industriasia sui pazienti che suimedici, migliorando l’utilizzo deifarmaci con informazioni attendibili,indipendenti e comparative inmodo da mettere i pazienti, e i cittadiniin generale, nelle condizionidi fare scelte consapevoli.Perché mai ci si dovrebbe sedereallo stesso tavolo dell’industria persviluppare una informazione direttaai pazienti? I professionisti cheoperano nel campo della salute, iconsumatori e le associazioni indipendentidei pazienti, le autoritàsanitarie non hanno certo avutobisogno dell’industria farmaceuticaper creare canali informativiindirizzati ai pazienti. In Europa,così come in molti altri Paesi extraeuropei,oggi sono disponibiliper il pubblico qualificate fonti diinformazione.Le ditte produttrici confidanomolto sul fatto che verrà loro concesso,in un prossimo futuro, dipubblicizzare i loro farmaci direttamenteai cittadini (o se questonon sarà possibile, altre formedi comunicazione che comunque“scavalchino” il medico): le varieagenzie di marketing stanno giàorganizzando seminari su comeutilizzare al meglio questa nuovaopportunità commerciale come fiorentefonte di guadagno.Questa intraprendenza delle dittedovrebbe orientarsi più utilmenteverso quanto stanno già facendo eche potrebbe essere fatto meglio,a partire dalla redazione di schedetecniche adeguate e di fogliettiillustrativi dedicati espressamenteal paziente.La soluzione esiste ed è piùsemplice di quanto si possa pensare:definendo criteri di registrazione deifarmaci che tengano conto della lororeale capacità di segnare un progressorispetto a quelli già presentisul mercato.Questo stimolerebbe la competitivitàtra le industrie farmaceutiche:sarebbe in questo casoil “mercato” a premiare i farmacimigliori, quelli che offrono un realevantaggio terapeutico. Rispetto allaquasi totalità delle attuali pseudonovitàe di farmaci me too (copiedei precedenti), questi farmaci nonavrebbero bisogno di grandi sforzipromozionali, avendo nella lorostessa capacità di rispondere aiproblemi di salute insoluti la forzaper prevalere sugli altri.BIBLIOGRAFIA[1] Informazione sui farmaci, n.12007, Bimestrale edito da Fcr,Reggio Emilia. Associato ISDB.123Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


[2] Relevant information for empoweredcitizens, Joint declarationby HAI Europe,ISBD,BEUC,AIM and the medicine inEurope Forum, www.isbdweb.accesso del 30.04.2007.[3] “Terapie con grandi attese,farmaci con pochi dati”, inBollettino di informazione suifarmaci (Bimestrale dell’AgenziaItaliana del farmaco) 2007;3: 108.Informazione e disinformazioniRoberta Calza è Farmacista e CoordinatoreTecnico delle Farmacie Comunali,Trento.124Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La relazione medicopaziente:i cambiamentinell’era dell’informazioneMarco ClericiBenché fenomeno complessoe non sempre positivo, Internet accelerapositivamente la tendenza a un modellodi relazione in cui paziente e medicosono partner di un progetto assistenzialecondiviso.La relazione medico-paziente, inparticolare quella che si instaurain medicina generale, basata com’èsu un lungo rapporto di continuitàtemporale che si articola in momentidi “crisi” acuta al sorgere dipatologie importanti e in lunghiintervalli di stasi, risente moltodella situazione sociale, culturale,tecnologica del tempo. Qualsiasicambiamento significativo cheinterviene in questo contesto produceun profondo mutamento nellarelazione.I medici, detentori fino a oradel braccio dominante di questarelazione, ne sono, prima ancora deipazienti, acutamente consapevoli,spesso in funzione difensiva.E questo vale anche per Internet,il cui avvento ha avutoun grande impatto innovativo. Èfacile osservare ancora reazioni ditimore e avversione da parte deimedici, ed è comune la descrizionestereotipata, nelle riviste mediche,dell’e-patient come persona che haperso ogni consapevolezza dellasua oggettiva ignoranza della medicinae che pretende, e si illude,di poter fare da sé diagnosi e terapiasemplicemente consultandoInternet. 1In realtà il fenomeno è moltopiù complesso e anche poco chiaroper quanto riguarda la direzione incui sta effettivamente andando.Due osservazioni iniziali vannofatte, in relazione all’impatto delletecnologie telematiche sulla relazionemedico-paziente. La prima èche si tratta di un fenomeno di massa.Gli argomenti relativi alla salutesono in assoluto i più “gettonati”,e il numero di siti dedicati quasiinfinito. La seconda è che si trattadi un fenomeno essenzialmente“democratico”, almeno finora. Tuttele informazioni sanitarie rilevanti,anche dei siti più istituzionali,sono accessibili a tutti, a prescindereda collocazione professionaleo grado di istruzione.Sulla relazione medico-pazientesi tratta quindi di un impatto pervasivo,che non riguarda solo unristretto numero di persone particolarmenteacculturate, e tendenzialmentedistruttivo del linguaggioiniziatico come strumento di poteredei detentori. Internet sembraquindi incidere profondamente sulrapporto medico-paziente nelladirezione di una maggiore partecipazionedel paziente informatoe di un maggiore bilanciamentoverso una collaborazione pariteticatecnico-utente. 2Fin qui tutto bene, ma se siva un po’ più in profondità lecose diventano più complesse.Innanzitutto va osservato che Internet,nel senso di strumento di125Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni126diffusione estrema di informazionianche tecnicamente complesse,ha agito molto in profondità nelrapporto medico-sapere medico.Anche questo si configura comeun rapporto di potere e riguardai detentori della conoscenza e gliutilizzatori finali delle sintesi dellaconoscenza.Prendiamo per esempio il rapportomedico-medico. Non è lontanal’epoca in cui pochi opinionleader(i cattedratici di un tempo),e la “loro” piramidale articolazioneterritoriale (i primari di una volta)avevano il privilegio, ma anchel’onere, di trasmettere l’innovazionea tutti gli altri professionisti.Oggi Internet consente l’accessoa tutti anche alle innovazioni “informazione”, per esempio con lapossibilità di consultare dati daricerche prima ancora della loropubblicazione.Un altro esempio di significativicambiamenti indotti da Internet èil rapporto medico-industria farmaceutica.Anche in questo caso non èlontana l’epoca in cui il medico, soprattuttoil più isolato, identificavanell’informatore scientifico delleindustrie produttrici una delle piùimportanti fonti di informazione edi aggiornamento. La disponibilitàpressoché illimitata di letteraturascientifica sul farmaco, in Internet,è certamente una delle cause, anchese non l’unica, della profonda crisidell’informazione scientifica curatadirettamente dal produttore.Internet e il medicoChe l’avvento di Internet abbia significatoper il medico la possibilitàdi accesso pressoché illimitato allefonti di informazione, e che quindilo abbia reso potenzialmente ingrado di migliorare la propria performancetecnico-professionale, èovvio.Meno evidente, ma altrettantocerto e rilevante, è l’aumento dellepossibilità che oggi il medico hadi risolvere problemi clinico-assistenziali,anche particolarmentecomplessi. Individuare centri dieccellenza per particolari patologieverso cui indirizzare i propri assistiti,venire a conoscenza di sperimentazionicliniche in corso, potenzialmenterilevanti per malattie ancorapressoché incurabili, e inserirvi ipropri pazienti, sono nuove abilitàprofessionali che ogni medico puògestire grazie a Internet. 3Ancor meno evidente, ma forsepiù affascinante, è l’ipotesi, indagatarecentemente in letteratura, cheInternet possa aumentare persino lacapacità diagnostica, una delle abilitàcentrali del medico, attraversoun percorso quasi fortuito, semplicementeinserendo in un motore diricerca una serie di parole chiaveidentificative di segni e sintomi,e vedere cosa ne viene fuori. Unadiagnosi raffinata, probabilmentealla portata di pochi grandi clinici,raggiungibile quasi per “serendipity”,sfogliando i risultati di unaselezione bibliografica. 4Internet e il pazienteUna prima osservazione da fare èche sarebbe limitativo soffermarsisul diffuso scarso livello di qualitàdi gran parte delle informazionisanitarie presenti in Internet, eProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dei rischi che questo comporta se,come sempre più spesso accade,il paziente sviluppa totalmente inautonomia una sua idea su diagnosie possibili opzioni terapeutiche,basandosi esclusivamente sullaconsultazione di siti web: tutto ciòè vero, ma non coglie l’ampiezzadei mutamenti in atto. In realtàil paziente non ha a disposizionesoltanto un’informazione “basic”più o meno corretta, ma può facilmenteaccedere a siti totalmenteattendibili e autorevoli, e quindialle ultime novità scientifiche,alle differenti opzioni terapeutichedisponibili, per sé ma anche per isuoi familiari più anziani.<strong>Il</strong> medico non si trova di frontequindi solo al paziente confuso daun ‘informazione distorta, ma anchea un soggetto piuttosto nuovo: unutente fortemente motivato dallasua malattia, che si presenta allavisita chiedendo di fatto un “secondoparere” rispetto a una propriavalutazione elaborata utilizzando leinformazioni reperibili in Internet. 5E che vuole condividere la scelta delleopzioni migliori (cosa fare e dovefarlo). In questo senso, Internetaccelera positivamente la tendenza,già peraltro in atto da tempo, apassare da una relazione totalmenteasimmetrica, dove il medico detienetotalmente la responsabilità dellacura, a un modello in cui paziente emedico sono partner di un progettoassistenziale condiviso. 6Internet e il rapportomedico-pazienteMa, proprio analizzando il rapportodi queste due figure, piuttostoche singolarmente il medico e ilpaziente, emergono gli aspetti piùinteressanti, e forse più problematici.Innanzitutto va osservato cheInternet si sta rivelando strumentopotente e privilegiato di quelfenomeno descritto come diseasemongering.<strong>Il</strong> disease mongering mira ad aumentareil numero di consumatoridi farmaci medicalizzando aspettidella vita comune (menopausa,calvizie…), trasformando fattoridi rischio in malattia (colesterolo,osteoporosi), enfatizzando disturbilievi descrivendoli come gravementedisturbanti. Si attua con campagnemediatiche tese formalmentea promuovere le conoscenze dellepersone per meglio prevenire e curare,si avvale di un’alleanza informalecon specialisti di riferimentoe associazioni di malati, si fondasia su un’opportunistica accentuazionedella crescente percezione difragilità sia sulla fede nel progressoscientifico e nell’innovazione.Moltissimi sono ormai i siti,spesso gestiti direttamente dallecase farmaceutiche, che contengonostrumenti diagnostici (peresempio, questionari da compilareon line), più o meno validati, cheportano a una possibile definizionedi esistenza di malattia, esuggeriscono anche un approccioterapeutico. Tutto ciò sembratendere a creare un rapporto direttotra il produttore della mercefarmaco e l’utilizzatore (pazienteo consumatore?) finale, saltandola mediazione tecnica del medico.Ovviamente questo è tanto più127Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni128fattibile e produttivo quanto più la“malattia” è frequente e non portatricedi importanti conseguenzeper il “malato”.Sta di fatto che sempre piùspesso il medico, in particolare ilmedico di medicina generale, si trovaa esercitare il ruolo un po’ stranodi chi, pur formato a diagnosticaree trattare patologie, deve cercaredi frenare una progressiva medicalizzazionedei sani, che a volteappare inesorabile, vista la potenzaeconomica degli interessi in giocoe la fascinazione persuasiva che unmezzo tecnologico come Internetindubbiamente possiede.Ma le cose sono anche più sottili.Prendiamo per esempio la diagnosi,uno dei “core elements” della professionedel medico, che forse piùdi ogni altra cosa ne definisce lacapacità. La diagnosi è, nella maggiorparte dei casi, il risultato diun’elaborazione mentale che a ognisingolo passaggio (valutazione di unsintomo o di un segno), attribuisceun aumento di probabilità di esseredi fronte a una codificata condizionepatologica. O che, viceversa,verifica, con lo stesso percorsoprocedurale, che diminuiscono lepossibilità che la diagnosi inizialmentesospettata sia vera.È ovvio che questo procedimento,per portare a risultati attendibili,richiede il possesso di una seriedi nozioni epidemiologiche, fisiopatologiche,cliniche, che consentonodi pesare correttamente i dati cheman mano vengono raccolti performulare la diagnosi.L’uso di Internet per raccogliereinformazioni su sintomi percepiti, osu risultati di esami di laboratorio,da parte di utenti che non possonopossedere questo bagaglio di conoscenzae di esperienza pratica,tende a spostare la conclusione“diagnostica” verso l’ipotesi peggioree più grave, anche se moltomeno probabile.Ne deriva, e anche di questoil medico di medicina generale haquotidiana esperienza, un progressivoaumento delle consultazionifinalizzate a tranquillizzare, a confutareconclusioni allarmate (“Dottore,sarà un cancro?”) su sintomiche poi si rivelano banali.Non è una consultazione facilequesta, e non sempre è sufficienterichiamare il paziente alla fiducianel proprio medico. Spesso la conclusionedella visita è la prescrizionedi esami diagnostici di livellosuperiore (Eco,TAC, RM), ancheper l’atteggiamento difensivo (leconseguenze legali di un errore…)che il medico tende ad assumeresempre di più.Ne consegue, a volte, una diagnosiincidentale, che non riguardacioè l’ipotesi per cui l’esame erastato prescritto, ma che vienecasualmente messa in evidenza.A volte ciò può rappresentare unacasualità fortunata (per esempio,un aneurisma dell’aorta addominale,facilmente operabile) ma altrevolte è un evento che può crearegrave ansia al paziente, come peresempio una risonanza magneticasuggestiva per sclerosi multipla inuna persona che non ha (ancora?)alcun sintomo della malattia.Tutto ciò contribuisce ulteriormentee progressivamente a creare,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


quasi a selezionare nel tempo, personesempre più preoccupate dellaloro salute, che ricorrono a secondipareri, magari sempre in Internet,che richiedono periodicamenteesami strumentali di controllo, cheabbisognano costantemente di rassicurazione.Qui a volte si raggiungeil controsenso che l’esame diagnosticovenga interpretato cometerapia, sia dal paziente, ma anchedal medico: se l’esame è negativosiamo tutti più tranquilli…L’avvento di Internet come fontequasi inesauribile di informazioniin tempo reale si inserisce in uncontesto più generale di sviluppodella capacità/possibilità di comunicazioneimmediata ovunqueci troviamo.Da questo punto di vista ancheil telefono cellulare ha avuto, amio parere, delle ricadute nontrascurabili sul rapporto medicopaziente.La mancanza di qualsiasifiltro di tipo temporale, quale semplicementeil tempo necessario perraggiungere un telefono fisso perpoter comunicare, ha fatto in modoche qualsiasi piccolo problema disalute, quasi sempre autorisolvibilein poco tempo, o anche la più lievecuriosità che viene improvvisamentealla mente, si trasformi immediatamente,e in ogni luogo ci si trovi,in una comunicazione telefonicacon il proprio medico. <strong>Il</strong> medico, asua volta, raggiungibile ovunque,si trova sempre più spesso immersoin un impegnativo “multitasking”,a volte semplicemente faticoso(mentre sto andando in auto a fareuna visita devo rispondere a due,tre telefonate), a volte disturbantela qualità del lavoro complessivo(mentre sto parlando a un pazientedella sua grave malattia, un altromi chiede una banalità).Ovviamente la questione non èrisolvibile semplicemente evitandodi rispondere. Lo “standard” è ormaiquesto, e se il proprio medico nonè raggiungibile, si va in prontosoccorso…L’incremento di questo “rumoredi fondo” ha già trovato in letteraturaun nome: empty medicine,medicina vuota.La possibilità di reperire immediatamentequalsiasi tipo diinformazione, e di comunicare subitoovunque ci si trovi, sta inoltrecreando, e questa è forse la conseguenzain prospettiva più rilevante,una sorta di percezione dei tempidi diagnosi e cura che sembra piùcoerente con un tempo virtuale checon il vero tempo biologico.Le conseguenze sono già visibilinella pratica quotidiana, enell’evoluzione del rapporto medico-paziente.Appare sempre menopraticabile, per esempio, l’utilizzodel tempo come strumento diagnostico.Aspettare alcuni giorni ainstaurare una terapia antibioticain caso di febbre, procedura assolutamentecorretta dal punto divista tecnico in quanto permette didiscriminare i più frequenti eventiautolimitanti, sta diventando semprepiù difficile. Difficile è persinoconvincere che una terapia antibioticarichiede comunque un temponon infinitesimo per manifestarela sua efficacia (“Ho preso il primoantibiotico sei ore fa e ho ancorala febbre…”).129Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni130La qualità delle informazionisanitarie in Internet e il rapportomedico-paziente: che fare?Da quanto sopra esposto sembraapparire chiara una constatazione:Internet si caratterizza come unmedium alternativo, in cui l’iniziativanon è più di chi trasmetteinformazioni, ma di chi usa la reteper costruirsi un percorso autonomodi acquisizione di informazionifinalizzate alla soluzione del proprioproblema di salute.È pertanto cruciale aiutare gliutenti a discriminare tra i siti disponibiliin funzione della qualitàdelle informazioni contenute.Un grande sforzo è stato fatto inquesti anni sia per costruire sistemidi valutazione della qualità delleinformazioni, sia per assistere iproduttori a sviluppare siti di qualitàe sia per aiutare i consumatoria valutarne la affidabilità. 7, 8In realtà però molti analisti delfenomeno Internet ritengono cheun qualche tipo di regolamentazione“interna” alla rete sulla qualitàdelle informazioni sanitarie siaun’utopia. Inoltre la “popolarità”dei siti di informazione <strong>sanitaria</strong>non coincide con il rispetto distandard di qualità riconosciuti,ma risponde a logiche del tuttodiverse.<strong>Il</strong> paziente comunque “userà”attivamente il proprio medico comesorgente di informazioni nel contestodelle nuove possibilità offerteda Internet. Ciò che i pazienti nonotterranno dal medico lo cercherannoin Internet, e viceversa.Come può il medico adeguarsi aquesta nuova modalità di relazione?Sembrano delinearsi tre modellicomportamentali possibili, ciascunocon vantaggi e svantaggi. 9Nel primo, che potrebbe esseredefinito come modello orientato alruolo, il medico consapevolmenterestringe la comunicazione con ilpaziente esplicitando che la diagnosi,la terapia, il counselling nonpossono essere garantiti da Internet,almeno allo stesso livello diqualità della relazione classica medico-paziente,e che non è correttodedicare troppo tempo ai pazientiutilizzatori di Internet rispetto aglialtri, che sono tra l’altro probabilmentei più svantaggiati.<strong>Il</strong> secondo modello, che si potrebbedefinire più orientato allasoddisfazione, prende atto che ognipaziente ha bisogni individuali dicomunicazione e che il medico deveadeguarsi e confrontarsi con il livellodi qualità delle informazioniche il paziente riporta. È questa unastrategia possibile finche i pazientiutilizzatori di Internet per i propribisogni di salute costituiscono unaminoranza.<strong>Il</strong> terzo modello è prevalentementeorientato all’educazione. <strong>Il</strong>medico si pone come mediatoreche cerca di aiutare i propri pazientia migliorare le capacità direperire informazioni di qualità,consigliando siti autorevoli eadatti al singolo problema di salute,indicando link utili, al limitecostruendo un proprio website. Èquesto il modello probabilmentepiù innovativo, molto dispendiosoall’inizio in termini di tempo, matendenzialmente finalizzato nonsolo allo sviluppo della qualità maProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


anche al mantenimento dell’equitàdel rapporto medico-paziente.Bibliografia[1] Jadad K. “Promoting partnership:challenges for the Internetage”, in BMJ 1999; 319:761-764.[2] Akerkar SM et al. “Doctor patientrelationship: changingdynamics in the informationage”, in J Postgrad Med 2004;50: 120-22.[3] Smithline N et al. ” Physiciansand the Internet: understandingwhere we are and wherewe are going”, in J Ambul CareManage 2001; 24: 39-53.[4] Tang H et al. “Googling for adiagnosis – use of Google as adiagnostic aid: Internet basedstudy”, in BMJ 2006; 333:1143-48.[5] Eysenbach G et al. “How do consumerssearch for and appraisehealth information on the worldwide web?“, in BMJ 2002;324: 573-76.[6] Ferguson T. “The first generationof e-patients”, in BMJ 2004;328: 1148-9.[7] Wilson P. “How to find the goodand avoid the bad or ugly: ashort guide to tools for ratingquality of health informationon the Internet”, in BMJ 2002;324: 598-60.[8] Gagliardi A et al. “Examinationof instruments used to ratequality of health informationon the Internet”, in BMJ 2002;324: 569-72.[9] Cees MJ. “The Internet andprimary care physicians:copingwith different expectations”,in Am J Clin Nutr 2003; 77(suppl): 1016S-8S.Marco Clerici è Medico di MedicinaGenerale.131Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


L’informazionee l’autonomia della sceltaGaia MarsicoLa razionalità non garantisce di per sél’autonomia: scelte libere e autonomesono quelle che alla razionalitàaggiungono la libertà di pensiero.La bioetica si è interessata moltopoco al problema dell’informazionesulla salute, nonostante tra le suecompetenze vi sia la verifica dicome avvengano le scelte, il capirese il paziente partecipa al percorsocurativo, in che misura vi partecipae quali sono le istanze negativenell’ambito della partecipazione edella scelta.Le persone acquistano farmaci,chiedono esami, arrivano dal medicocon delle diagnosi già pronte, ma intutto questo quanto sono consapevoli,libere, informate? Gli esempi diinformazione che abbiamo di frontesono decisamente scoraggianti: rivistescientifiche che fanno pubblicitàa farmaci, non-farmaci che vengonospacciati per farmaci…Se non c’è informazione, non èpossibile la partecipazione. È naturaleallora che le persone si rivolganoa una comunicazione informale, aInternet, ai blog tra pazienti, tra nonpazienti, tra pazienti immaginari…La responsabilità di questa situazioneè di tutti gli attori. Le mie esperienzenelle scuole, per esempio, benchémolto interessanti mi hanno spessolasciata sconcertata di fronte al caostotale nell’informazione. Gli studentisanno tutto (cioè: pensano di saperetutto) di cose su cui in realtà si è ancoraben lontani dalla certezza (peresempio, il vaccino per il papillomavirus), ma non hanno mai sentitoparlare di acido folico. L’eccesso diinformazione, non di rado cattivainformazione, cui sono esposti creaspesso confusione.Prendiamo in esame, per esempio,i test genetici per il cancro al seno,problema importante connesso ancheal tumore alle ovaie. Pensiamo alcaso di una giovane donna che senteparlare dei test genetici e appartienea una famiglia dove ci sono stati dueo tre casi di tumore al seno. Se sichiede a gente comune o a studentise hanno sentito parlare dei testgenetici per il cancro, la risposta èspesso positiva. E qui sorge un primoproblema poiché pensano che sianotest diagnostici: se eseguo il test,ho un tumore, o lo avrò. Dunque, ilmessaggio che il test indica solo lapossibilità di un rischio aumentatoancora non è passato, ed è la primainformazione da fornire.Si deve poi riflettere su ciò chesi può fare con un’informazione delgenere. <strong>Il</strong> test genetico BRCA1/BRCA1 è stato ottenuto dalla MyriadGenetics utilizzando fondi pubblicie alcuni studi di ricerca di base. <strong>Il</strong>vaccino è stato immediatamentepubblicizzato, coprendolo naturalmentecon brevetto commerciale,in un modo eccessivamente rassicurante,rafforzando l’idea che “laconoscenza è sicuramente sempre e132Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


comunque un bene”. Ma, in realtà,“sapere di più” è un dato positivoo un qualcosa che crea ansia? Nellanostra società cresce la sensazionedi essere sempre esposti a qualchecosa e tendiamo a sottoporci aqualsiasi test che misuri qualsiasirischio, anche se non se ne conoscela ragione. In questo caso specificoil messaggio è: “la conoscenza è poteree speranza”. Ma potere rispettoa cosa?Quando si illustrano le possibilitàche seguono a un test del generesi apre uno scenario al quale moltistentano a credere. <strong>Il</strong> sito web che,qualche anno fa, pubblicizzava ilvaccino è un esempio molto interessante.Per l’analisi del BRCAci sono dei quiz, ma non esistela consulenza genetica, mentre laConvenzione di Oviedo, le lineeguida, le Raccomandazioni, ecc.partono dall’assunto, che il test sipuò effettuare solo se c’è, prima edopo, una consulenza genetica.Ledomande del quiz, invece, sono diquesto tipo: “Hai madre, zia, sorellache ha avuto un tumore?” Su questabase, qualsiasi persona può risultarea rischio. Nel sito si sostiene che il 5-10% dei tumori può essere correlatoa dati genetici; eppure è noto che itumori sono patologie multifattoriali,determinate anche dallo stile divita, dall’alimentazione, ecc. Inoltre,essere a rischio non significa necessariamenteammalarsi, ma anchequesto non viene esplicitato.A cosa serve allora, concretamente,sottoporsi a un tale test?Ad avere notizie su dati geneticiimportanti, ma non determinanti. <strong>Il</strong>sito presenta con enfasi i beneficidel sapere, ma non fa cenno all’utilizzodi quell’informazione, cioè allascelta terapeutica che ne dovrebbeconseguire. Tali scelte non sono presentatenel sito, ma emergono dallaletteratura scientifica: mastectomiabilaterale, asportazione delle ovaie,chemioterapia preventiva. Secondoi protocolli di ricerca, per 20 donne(non pazienti) si prevede l’asportazionedelle ovaie a 20-25 anni, per20 chemioterapia preventiva, per20 mastectomia bilaterale, per 20solo osservazione.Emerge poi che,quando si asporta il seno, residuacomunque del tessuto mammarioe possono intervenire casi tumoralianche dopo la mastectomia.Sembra evidente che l’asportazionedelle ovaie incida in positivo, masi tratta di un percorso particolarmenteimpegnativo, ancor più seproposto a una donna giovane ogiovanissima.<strong>Il</strong> problema dei test di suscettibilità,non di diagnosi, è serioe complesso. Secondo studi perverificare la ricaduta psicologicadel test, le donne sono in generalesoddisfatte di poter avere informazionidi questo tipo. Ma, al riguardo,la posizione delle donne affetteda cancro appartenenti alla BreastCancer Coalition, risulta diversa.Successivamente alla diffusione diquesto test (accompagnato dalloslogan: “Preferisci sapere o nonsapere? La conoscenza è potere”),l’associazione nel 2001 lo bollavacome un’operazione esclusivamentecommerciale, sottolineando di nonessere favorevoli alla diffusionedi questo tipo di informazioni inmancanza di strategie preventive133Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni134serie non invasive né aggressive.L’associazione invita a far sì chetutti siano accompagnati a prenderedecisioni pienamente consapevoli.Come si può prendere una decisionedi questa portata basandosi sudi un’informazione mediata da chiha interesse a vendere il proprioprodotto? Sono scelte terapeuticheveramente impegnative: negliarticoli scientifici che confrontanola mastectomia, la chemioterapiapreventiva, l’asportazione delleovaie, ciò che viene riportato sonoprotocolli reali di medicalizzazionetalmente aggressiva da risultaretalvolta incredibile. Non stiamo parlandodi vitamine superflue, ma diuna mutilazione, dell’impossibilitàdi procreare.Ho scelto il caso del tumore alseno perché è particolarmente eclatante,ma non è l’unico: adesso sistanno diffondendo i test geneticiper il melanoma, per la poliposi, ecc.Molte richieste per il test geneticoprovengono da donne giovanissime:se a una donna di vent’anni sonomorte la madre, la zia e la nonnadi tumore al seno è normale cherichieda di effettuare il test.La responsabilità terapeuticain questi casi è del curante, maspesso si trova di fronte al “dannofatto”: la persona arriva dal medicoavendo già letto tutto ciò chepoteva leggere. Nell’era in cui siparla di partecipazione, di dirittie di bioetica c’è un’informazioneincontrollata: se tutto deve ruotareintorno al concetto di scelta, in uncontesto di questo tipo di informazionescegliere è impossibile. Se unadonna di ventinove anni ha vistomorire la nonna, la madre e la zia,si trova comunque in una situazionedi vulnerabilità, indipendentementedal suo livello culturale.Alla luce di tutto questo, comesi può rendere libera la scelta? Oltrealla Breast Cancer Coalition, vorreicitare Dipex, un sito inglese cheraccoglie esperienze di pazientiaffetti da diverse malattie (http://www.dipex.org). Se vi cerchiamol’esperienza di una donna affettada cancro al seno, troveremo quanteinfluenze ci sono da parte dei media,quali sono gli effetti della chemioterapia…La testimonianza è scrittada un paziente, ma filtrata da operatoricompetenti. A differenza dellacensura pura e semplice, un filtro diquesto genere può essere a beneficiodell’autonomia. In certe situazionidovremmo forse invocare una sortadi censura: un po’ di sobrietà informativaincentiva le domande. Difronte a cento informazioni non sifanno domande; se di informazionise ne ricevono tre, forse alcune domandenascono spontanee.Questo sito nasce dall’idea chela competenza personale sia imprescindibile:chi ha il problemariesce a raccontarlo meglio, e lasua testimonianza, con un sorta diguida, di filtro, diventa un passaggioimportante come esperienza dipartecipazione e di democrazia.Anche nell’ambito della ricercae della sperimentazione questafacilità di reperire informazionesta diventando un problema. Vorreicitare il caso del marito di una miacollega, ammalato di cancro. BenchéProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


tutti gli oncologi consultati avesserodichiarato che non c’era piùniente a fare, voleva entrare a tuttii costi in un trial e aveva iniziato acercarlo in Internet (il “reclutamento”dei pazienti viene fatto anchein questo modo). Sua moglie eradisperata perché si rendeva contoche, in quella situazione, lui potevacadere in qualunque trappola, anchedi accanimento terapeutico.Rispetto a questo fatto, i medicisi trovano in una posizione delicata,perché i pazienti arrivano già con larichiesta di entrare in una sperimentazione:quando non c’è più nienteda fare si prova qualsiasi cosa.Partecipare a una ricerca di questotipo è un diritto, ma dovrebbe essereanche una scelta consapevole e libera(per quanto questo sia realisticamenteimmaginabile), non dettataunicamente dalla disperazione.Nel sito Dipex si trovano ancheesperienze di persone che hannopartecipato a sperimentazioni, alcuniperché non c’era più niente dafare, altri in maniera più riflessiva,dopo aver avuto un colloquio, ecc.C’è anche il problema dei tempi:voglio avere una risposta veloce eguarire subito, ma la formulazionedella diagnosi può necessitare anchedi diversi mesi. Che conseguenzepuò avere una sceta in tempi brevibasata su strumenti inadeguati einattendibili? In questi casi il medicoè una vittima della situazione.Nasce un nuovo ruolo educativoper i medici di medicina generale, ipediatri. Ho partecipato a un convegnodell’ACP (Associazione CulturalePediatri) sui vaccini per il papillomavirus, sulla libertà di aderire o menoa queste vaccinazioni. Alla fine,dopo aver ascoltato gli altri relatori,sono intervenuta come mamma,dicendo che, nonostante non mimanchino gli adeguati strumenticulturali, avevo capito poco o, meglio,avevo capito solo che c’è unagran confusione sul tema.Tutto questo è veicolato anche alivello istituzionale: c’è un mandatoe si criticano le Regioni che non viaderiscono subito; come fa il medicoad avere un ruolo pedagogico?Credo che il pediatra e il medicodi medicina generale possano giocareun ruolo determinante proprionell’accompagnare, nel sostenere ilpaziente nel suo percorso curativo.Facilitare la scelta significa stare accanto,non porsi nell’atteggiamento“io informo, tu scegli, poi ti lasciosolo”. Generalmente, le persone inqueste situazioni vogliono essereaccompagnate. E questo non perdelegare: non voglio delegare almedico, voglio essere accompagnata.Non solo perché il medico nesa più di me, ma perché è anchepiù lucido, non essendo coinvoltopersonalmente nel problema. Accompagnaresignifica fare un pezzodi strada insieme.In questo senso si costruisceautonomia. Abbiamo incertezze dacondividere (mentre spesso i messaggicommerciali evocano solo certezze),bisogna avere il coraggio distimolare l’autonomia nelle persone,condividendone le incertezze. Dalpunto di vista bioetico, il centro dovrebbeessere l’ambito della scelta,che avviene in contesti specifici incui noi viviamo, con pressioni (an-135Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Informazione e disinformazioni136che di tipo economico) che possonocondizionare il nostro modo di vivere.La medicalizzazione è motivatadall’idea che si debba controllaretutto (dipendenza dai tecnici) e larazionalità che si invoca nelle sceltenon ha sempre senso: certe sceltesono razionali, ma non per questosono libere. La donna che scegliedi fare una mastectomia preventivacrede di fare una scelta razionale,ma resta da vedere se quel passo èdavvero ragionevole e libero.Anche la mamma che compra levitamine superflue per il figlio fauna scelta razionale, ma non libera,perché condizionata e quindi nonautonoma.La razionalità non garantisce diper sé l’autonomia: le scelte liberee autonome sono quelle che allarazionalità aggiungono la libertà dipensiero.L’ambiente in cui viviamo condizionala scelta. L’eccesso di informazioniche satura la nostraquotidianità deve essere nutritodi percorsi di autonomia, che èimpossibile costruire da un giornoall’altro. Prima c’era il paternalismomedico, adesso la situazione è inun certo senso peggiorata: primami affidavo a una persona, che potevoanche confutare se mi rendevoconto che mi stava manipolando;ora è difficile individuare chi mi stamanipolando, chi sta negando la miaautonomia.Non si sa neppure più a chiascrivere la responsabilità: chi sisostituisce a me come persona, laRoche, la Glaxo, le istituzioni, leriviste scientifiche? È un problematrasversale e quindi è ancora piùpreoccupante.Ma a fianco delle perplessità sipossano immaginare anche dellepossibilità: ricordiamo che nellamedicina ci sono anche incertezzee impariamo a condividerle; ricordiamoche dove le informazioninon sono esorbitanti (è questo ilconcetto di ”sobrietà informativa“)le persone saranno più motivate aragionare e quindi a compiere dellescelte autonome.L’autonomia, nel campo della salute,non si raggiunge introducendoil consenso informato: come non c’èun farmaco che risolve immediatamenteil problema, l’autonomianon si raggiunge semplicementeperché le persone firmano il consensoinformato. L’autonomia vapazientemente costruita, seminata,coltivata; con la partecipazione ditutti gli attori: gli operatori sanitari,i docenti di bioetica, i cittadini e leassociazioni.Gaia Marsico è Bioeticista e docente diBioetica presso l’Università di Padova.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IConto fino a 10Molti dei miei pazienti sono affetti da una patologia cronica, ben organizzati in un’associazionee… molto informati!Quando ho cominciato a lavorare con loro, avevo già dodici anni di professione allespalle e ho faticato non poco ad accettare pazienti che arrivavano con risposte prima checon domande, che erano presenti alle riunioni dell’associazione dei medici e che partecipavanoa convegni nazionali e internazionali in cui le sessioni sono aperte sia ai mediciche ai pazienti.Solo col tempo, contando spesso fino a 10, ho capito che questa poteva essere nonuna limitazione, ma un motivo di arricchimento culturale anche per me e ho imparato acondividere le informazioni e le scelte, con la sensazione che il mettersi al fianco, piuttostoche di fronte, portasse i pazienti stessi a fidarsi di più del loro medico.Con il trascorrere degli anni e la diffusione di Internet e della stampa medica, il fenomenosi è amplificato e il disagio dei primi tempi si rinnova. Soprattutto nei confrontidi chi, di solito i meno colti e meno critici rispetto alle informazioni dilaganti, arriva aconclusioni che giudico distorte e non condivisibili.Rinnovo lo sforzo di affiancamento, che trovo l’unica possibilità di pervenire a unacomune soluzione dei problemi, non sempre però realizzabile un po’ per arroganza deipazienti, ma anche per momenti di mia stanchezza e rassegnazione.[Medico]137Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIMi ha colpito notare che nel titolo del Dialogo “informazione” è al singolare e “disinformazioni”al plurale. Ma forse il problema è che anche anche le informazioni sono multiple. Inquesto periodo storico di facile accesso alle informazioni vi è un bisogno quasi compulsivodei cittadini di informazioni di salute. Spesso quelle trovate sono legate a farmaci dapromuovere e in questo gioco le donne sono il bersaglio preferito. Infatti molti giornalie siti di internet parlano di malattie considerate femminili (menopausa precoce, obesità,cellulite…) con percentuali più alte rispetto ad altri argomenti di salute.Ho trovato nel sito www.partecipasalute.it una frase della sociologa Doroty Nelkin moltointeressante: “Troppo spesso la scienza appare sui mezzi di comunicazione più come untema di consumo che come un soggetto da sottomettere al pubblico scrutinio, più comeuna fonte di divertimento che d’informazione. Troppo spesso la scienza viene presentatacome un’attività arcana che sovrasta le capacità di comprensione umane, e dunque anchedi controllo. Troppo spesso la trattazione giornalistica è di tipo promozionale e acritico,incoraggia un senso di apatia, un senso di impotenza, e la tendenza diffusa ovunque didelegare le decisioni agli esperti”.<strong>Il</strong> sito pubblica anche un prontuario per l’uso della consulenza in campo medico, descrivendodieci trappole (www.partecipasalute.it /cms/trappole):1. Fidarsi degli esperti2. Interrogare lo specialista sbagliato3. Confondere la fantascienza con la scienza4. Farsi ingannare dai numeri5. Prendere gli aneddoti come prove6. Non porre le giuste domande a uno studio clinico7. Estrapolare dalla ricerca pura alla pratica medica8. Enfatizzare le implicazioni cliniche di uno studio9. Trasformare un fattore di rischio in una malattia10. Presentare in modo alterato i rischiDi sicuro quello che si può intravvedere è la solitudine e il “fai da te” del paziente checrede di essere informato, ma in realtà ha informazioni che non sempre sono utili per lasua salute.Questa anarchia di percorso diagnostico può anche non portare buoni risultati per ilcittadino-utente-paziente. Anni fa ho avuto occasione di parlare con una paziente conC.A. mammario che sosteneva orgogliosamente di aver costretto i chirurghi a eseguirel’intervento come voleva lei perché era convinta, in base a informazioni ottenute nonso come, che quella era l’unica possibilità di cura, e concludeva: “Ho fatto tutto io, lorohanno solo tagliato, ma se avessi potuto avrei fatto anche quello.” Mi ha fatto molta penae il suo può essere un esempio di informazione-disinformazione (magari unito a sindromedi onnipotenza).[Medico]138Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIINel Dialogo si è fatto un gran parlare di Internet, che sicuramente rappresenta una grandissimarivoluzione nella possibilità di reperire informazioni in ogni ambito, anche in quellosanitario, ma non si è fatto alcun cenno alla televisione.Io credo che chi voglia reperire notizie attraverso Internet faccia un “atto attivo”,perchè volutamente accende il computer e comincia a navigare per cercare quello che gliinteressa; chi sta seduto in poltrona davanti al televisore, invece, si vede propinare varimessaggi, anche in tema di salute, benchè non li abbia chiesti e non ne avverta il bisogno.Ciò comporta un aumento di richieste di esami, accertamenti, visite specialistiche.I giornali hanno parlato, per esempio, di un "effetto Elisir": la gente il lunedì interpellavail medico lamentando qualche sintomo correlato alla patologia di cui si era parlato lasera prima in televisione durante la trasmissione Elisir.Ci sono poi trasmissioni che presentano particolari trattamenti per una data patologia,che si praticano in questo o quel centro, facendo passare come "informazione scientifica"un subdolo messaggio pubblicitario di fronte a uno spettatore passivo e, a volte, ancheindifeso.Credo che in ambito televisivo le trasmissioni che parlano di salute dovrebbero esserelimitate e, soprattutto, ben strutturate per dare una corretta informazione e non crearefalsi bisogni, con conseguente aumento dei costi per la società, in un settore dove i soldinon sono mai abbastanza e non dovrebbero essere sprecati in sterili e inutili ricerche diciò che un paziente non ha.[Medico]139Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Le riflessioni del gruppo di lavoroL’accessibilità alle informazioni di più vario genere ha subito uno sviluppo notevole negliultimi anni, sia attraverso i mezzi di comunicazione, sia attraverso Internet. L’informazionespecifica di carattere sanitario rientra appieno in questo fenomeno: negli ultimi tempi ladivulgazione sull’argomento salute è divenuta sempre più consistente.Da questo punto di vista si segnalano le trasmissioni televisive, le riviste dedicate o gliinserti dei quotidiani e i siti Internet. Questi ultimi, in particolare, unitamente alla stampa,sono stati oggetto di particolare attenzione nelle relazioni svolte e, di conseguenza, neglielaborati pervenuti.Fra tutti i mezzi d’informazione, Internet presenta alcune caratteristiche – sottolineatee analizzate anche nella letteratura internazionale – che si riassumono nell’essere centratesul consumatore che può essere al contempo autore, critico e consumatore dei canalid’informazione nella rete (cfr. a es. J.G. Anderson, M.R. Rainey, G. Eysenbach, “The Impactof CyberHealthcare on the Physician–Patient Relationship”, in Journal of Medical Systems,Vol. 27, n. 1, Feb. 2003).Tuttavia va sottolineato come Internet sia solo una delle fonti di informazione inmateria <strong>sanitaria</strong>. A tal proposito si può citare “European Union citizens and sources ofinformation about health”, sondaggio condotto nel 2003 dall’European Opinion ResearchGroup (EORG) nel quale la seconda fonte di informazione <strong>sanitaria</strong>, dopo i professionistidella salute, è la televisione. Questo dato trova parziale conferma nella più recente indagine“Fiducia, dialogo, scelta. La comunicazione medico-paziente nella sanità italiana”,condotta in Italia dal Censis e presentata il 5 luglio 2007, secondo la quale le fonti diinformazione più consultate, qualora sorga la necessità di uno specialista o di usufruiredi una prestazione <strong>sanitaria</strong>, sono per il 24,8% giornali e trasmissioni televisive e per il19,9% Internet. Va sottolineato come, secondo questa indagine, la fonte primaria rimanganogli operatori sanitari.La discussione del gruppo di formazione sul campo ha quindi considerato i cambiamentidovuti alle diverse fonti di informazione (così come le relazioni del Dialogo in oggetto),non limitandosi a Internet ma in una panoramica più generale.Gli elaborati giunti a seguito del Dialogo su informazione e disinformazioni, pur trattandoprincipalmente di Internet, focalizzano alcuni temi principali sui cambiamenti nelruolo del paziente. Questo fenomeno incide sulla comunicazione tra operatori sanitari epazienti secondo dinamiche differenti.Un elemento univoco emerge in maniera netta nelle considerazioni svolte negli elaborati.Da un lato, si evidenziano gli aspetti positivi dell’ampia reperibilità di informazionida parte degli operatori sanitari. Diverse considerazioni sottolineano questo aspetto,evidenziando come la circolazione di informazioni tra i professionisti del settore sanitarioabbia ricadute indubbiamente positive sulla professione e, di conseguenze, sulla qualitàdel servizio offerto ai pazienti.<strong>Il</strong> giudizio diventa più complesso quando si sposta l’attenzione sull’altro versante,quello dei pazienti. Anche da questo secondo punto di vista, pur nella diversità delle opi-140Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


nioni espresse, si possono tracciare alcuni elementi comuni. L’acquisizione di informazioninell’ambito dei mezzi di comunicazione è un dato di fatto. Da questo punto di vista, glielaborati pervenuti segnalano una prevalenza del ricorso a siti Internet, ma va sottolineatocome le fonti di informazione di carattere sanitario siano oggi ampiamente diffuse anchein programmi televisivi, riviste e testate giornalistiche (così come ricordato anche nellerelazioni svolte durante la conferenza).Non sussistono dubbi in merito alla quantità di informazioni reperibili, assai vasta, tuttaviala loro qualità, intesa come attendibilità, si caratterizza per una grande eterogeneità.Quest’aspetto rappresenta un primo elemento di problematicità, poiché le informazioni cheil paziente reperisce da solo possono essere valide, ma possono essere anche non corrette ofalse o, più semplicemente, di difficile interpretazione da parte di chi non abbia un bagagliodi conoscenza scientifica più ampio.In questa prospettiva, l’ampia disponibilità e reperibilità di informazioni attenua manon elimina l’asimmetria informativa con l’operatore sanitario.Per questi motivi, la grande maggioranza degli elaborati pervenuti evidenzia come passaggioobbligato il ricorso all’operatore sanitario per la verifica e la corretta interpretazionedelle informazioni ottenute. Quest’opera di “filtro” è ritenuta indispensabile e, tuttavia,incide sul contenuto e le modalità della comunicazione. L’operatore sanitario si trova a doverfornire spiegazioni, a volte smentendo dati non corretti o non correttamente interpretati.Quindi, una conseguenza – forse la principale – consiste nel dialogo e nelle spiegazioniulteriori che il curante deve fornire: conseguenza che si complica quando deve affrontarele premesse di un’informazione non corretta.Tali premesse presentano due aspetti principali: da un lato c’è la possibile “deriva” dellaricerca autonoma di informazioni, che può sfociare nella ”autocura”: concetto, questo, ripresopiù volte all’interno degli elaborati. D’altro lato, e come risposta a questo fenomeno,emerge la riaffermazione dell’autorevolezza della professioni sanitarie, che si manifesta nelricorso al curante, anche quando il paziente sia già in possesso di numerose informazionireperite autonomamente.Da questo punto di vista, il ricorso a mezzi di informazione disparati rappresenta unaspetto per certi versi inevitabile. In alcuni casi, esso può risultare utile: quando si costituiscanoassociazioni di malati o forum dedicati per esempio a patologie croniche. In essiil paziente può trovare non solo informazioni, ma anche un sostegno alle proprie esigenzeemotive nel percorso della malattia.La possibile conseguenza negativa dell’autocura, quindi, non sussiste se il malato sirivolga a un operatore sanitario; piuttosto essa sussiste nel caso di “perdita” del paziente,quando esso non dia più ascolto al curante.In tale prospettiva, possono risultare utili alcune considerazioni. In primo luogo lapreparazione dell’operatore sanitario. Oggi il confronto con un panorama informativo assaivasto è ineludibile, quindi è utile una consapevolezza in tal senso. Inoltre, la condivisione141Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dell’utilizzo: di fronte alla richiesta di approfondimento da parte del paziente, l’operatoresanitario può svolgere un ruolo di “guida”, indirizzandolo a fonti attendibili.Infine (ed è forse l’aspetto più importante) l’autorevolezza: la comunicazione con pazientiinformati e disinformati dalle più eterogenee fonti di informazione può essere consideratauno stimolo all’affermazione ancor maggiore dell’autorevolezza delle professioni sanitariee all’arricchimento della comunicazione con il paziente.142Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Tavola rotonda conclusiva:comunicazione e responsabilitàDialogo di Bioetica e Biodiritto del 7 dicembre 2007<strong>Il</strong> momento di chiusura dei Dialoghiè volto ad analizzare i profili emersinegli incontri precedenti.La tavola rotonda conclusivaconsidera la comunicazione alla lucedella responsabilità, intesa comecondivisione nella quale i diversisoggetti considerati (pazienti, operatorisanitari, cittadini, operatorinell’ambito dell’informazione) partecipanocoralmente all’individuazionee alla costruzione di un concetto,la salute, che concilia dimensionesociale e individuale.In questa prospettiva, libertà eresponsabilità del singolo e dellacollettività possono trovare unpunto d’incontro nella dimensionepiù propriamente etica della comunicazione,che pone a propriofondamento la possibilità di individuarealcuni punti di riferimentonella definizione dei concetti di“patologia” e di “malato”.143Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione <strong>sanitaria</strong>e responsabilitàGianfranco DomenighettiIn futuro internet e l’e-health sarannoun potente strumento di “empowerment”del cittadino-paziente, che tuttavianecessiterà della verifica tramitela comunicazione interpersonalecon un professionista della sanità.I sistemi sanitari “universali” sonosistemi complessi dominati dall’offerta.È infatti quest’ultima cheomologa la domanda, che potràquindi beneficiare di un accesso aprestazioni e a servizi il cui costosarà poi socializzato.Ogni sistema sanitario è purecaratterizzato da interessi moltospesso contrapposti tra gli attoriimplicati: pazienti-cittadini, fornitoridi prestazioni, produttori ditecnologia, amministratori, politici.Inoltre, dal lato dell’offerta, l’attività<strong>sanitaria</strong> è dominata dallacomplessità, dall’incertezza, dall’asimmetriadell’informazione, dallaqualità poco o non misurabile, daiconflitti di interesse, dall’autoritarismoe dalla opacità delle decisioni;dal lato della domanda, da preferenzeindividuali e sociali orientateverso un sempre maggior benesserepsico-fisico, spesso riconducibilead attese di efficacia dell’impresamedico-<strong>sanitaria</strong> che superano ogniragionevole evidenza.Queste ultime sono in largamisura indotte dai media e dagliopuscoli “informativi” prodotti daiservizi.Ne consegue che emettere informazionimedico-sanitarie versola società civile, in particolare se“buone notizie”, significa acquisiree/o mantenere “potere”.È pure indispensabile sottolineareche, oltre ai classici attori cheoperano su questo mercato (utentipazienti,fornitori di prestazioni eservizi, assicuratori, enti pubblici),ve n’è uno, generalmente “innominato”,rappresentato dai produttoridi tecnologia medico-<strong>sanitaria</strong>, cioèdall’industria, in particolare quellafarmaceutica.Obiettivi, espliciti e legittimi,di quest’ultimo attore sono essenzialmentel’espansione dei mercati ela crescita dei profitti. La strategiautilizzata è quella di influenzare iregolatori, i prescrittori, i cittadinie i pazienti tramite politiche soventeaggressive di marketing e di lobbyinglargamente fondate sull’informazionee la comunicazione direttao indiretta che mirano soprattutto acondizionare i prescrittori ponendolisovente in situazioni di conflittodi interesse. La conseguenza finaledi una tale strategia di mercato èla medicalizzazione della società 1, 2attuata in particolare tramite:– la sistematica revisione al ribassodelle soglie che definiscono“il patologico“ per tutta unaserie di fattori di rischio diffusi(ipertensione, ipercolesterolemia,diabete, ecc.);– la promozione della “diagnosiprecoce“, oggigiorno percepitadalla popolazione come sinonimodi guarigione e perfino di144Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


prevenzione dall’insorgenza diquesta o di quella morbidità;– lo statuto di “malattia“ vieppiùattribuito a condizioni che fannoparte del normale processo biologicodi invecchiamento oppurea “nuove” problematiche psicologicheconseguenti al mutaredel contesto sociale di vita e dilavoro.Oggigiorno la costruzione socialedelle malattie sta per essere sostituitadalla loro costruzione industriale.Paradossalmente i sistemisanitari, creati per lottare controla malattia e la morte prematura,stanno in realtà creando milioni diammalati supplementari e facendo apoco a poco scomparire le personein buona salute. 3 Questa dinamicaavrà conseguenze maggiori sull’ansiae l’angoscia sociale nonché sulle capacitàdi finanziamento dei sistemisanitari e quindi sulla loro durabilitàfutura quanto al mantenimento della”universalità“ di accesso nella formache oggi noi conosciamo.La comunicazione <strong>sanitaria</strong>In estrema sintesi, due sono iprincipali canali che convogliano,direttamente e/o indirettamente, leinformazioni medico-sanitarie versoil cittadino e la società civile:<strong>Il</strong> primo canale è rappresentatodai professionisti della salute,essenzialmente medici, quandooperano nell’ambito della praticaquotidiana. Essi si trovano condizionatiin misura più o meno grande dalmarketing industriale (in particolarefarmaceutico) inteso a influenzarela loro prescrizione. 4 L’informazioneche emana dall’industria è generalmenteunilaterale nel senso che, peresempio, i cosiddetti “informatoriscientifici del farmaco“ sono pagatiin base alla loro abilità di influenzarela prescrizione e pertantol’accento informativo sarà unicamenteposto sui benefici presuntio reali della tecnologia oggettodella sponsorizzazione e si tenderàall’omissione sistematica dei rischie degli eventi indesiderati. 5 Inoltrele ricerche su cui è fondata la ”innovazione“sono spesso manipolateo costruite metodologicamente inmodo tale da ottenere risultati positiviper il prodotto oggetto dellasponsorizzazione. 6 Anche le rivistemediche di miglior reputazionesono sovente accusate di fungereda cassa di risonanza del marketingindustriale. 7, 8La vera “innovazione“, cosa questapoco nota, è stata negli ultimivent’anni assai scarsa. 9La rivista indipendente Prescrireha evidenziato che dal 1981 al 2005sui 3335 nuovi farmaci messi sulmercato francese, solo 7 (0,21%)hanno rappresentato un progressoterapeutico “maggiore” e 78(2,34%) un progresso “importante”(con alcuni limiti), mentre gli altrierano sostanzialmente delle copieoppure farmaci senza nessun interesseclinico o perfino dannosi. 10<strong>Il</strong> secondo canale che convogliaverso il cittadino e la società civilel’informazione in materia medico<strong>sanitaria</strong>è rappresentato dai mediae, subordinatamente, dai supportiinformativi prodotti dai servizi sanitari.Tutti i sondaggi sulla fiduciapubblica verso le diverse professionimostrano come la professione me-145Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità146dica goda presso i cittadini del piùelevato grado di credibilità, seguitadagli insegnanti e dai professoriuniversitari. <strong>Il</strong> “privilegio” di averei più bassi indici di credibilitàspetta ai politici e, ultimi dellagraduatoria, ai giornalisti. Probabilmenteproprio per questo motivo igiornalisti che si occupano di sanitàutilizzano i medici in qualità diesperti per veicolare informazioni enotizie verso l’opinione pubblica.Tuttavia questi ultimi sono soventenon aggiornati, sottopostiall’influenza di vari conflitti diinteresse e, soprattutto, sottopostial giudizio della corporazione diappartenenza, che abitualmentegradisce e preferisce, quando ci sirivolge “ai laici”, i canti “corali” aquelli dei “solisti”. Solo i “guru”nazionali o regionali di riferimentopossono permettersi di uscire dalcoro dando così il “là” su questo oquell’argomento a tutta la corporazionedi riferimento.Diverse analisi hanno evidenziatocome i media (e gli opuscoli“informativi” prodotti dai servizi)costituiscano la principale minacciaa un’informazione fondata sulleevidenze.Le caratteristiche principali delleinformazioni e delle notizie relativealla scienza e all’arte medica diffusedai media sono quelle di essere:– fondate esclusivamente sull’enfatizzazionedei soli benefici dellepratiche e delle prestazioni (anchese essi sono solo potenziali);– silenti circa i rischi, gli effettinon desiderati e le “incertezze”;– silenti sulle eventuali controversiedi tipo scientifico, 11il che equivale a diffondere versoi cittadini un “pensiero unico” digenerale efficacia e onnipotenza,sovente intriso di conflittidi interesse di vario genere chemirano all’espansione dei consumi,dei mercati e dei profitti, almantenimento o alla promozionedel potere professionale e, in nonpochi casi, in particolare quando sipromuovono screening e check-up,alla ricerca di soggetti con questao quella morbilità da sottoporre aprotocolli di studio in particolaredi tipo oncologico.Oggigiorno (ad eccezione dell’Iraqe di qualche altra sfortunataregione) si domina con la seduzione,e quale miglior seduzionedi quella di rivolgersi a individui,che di regola preferiscono viverepiuttosto che morire, dicendo loro,magari dopo averli angosciati eresi ansiosi sull’ultimo problemadi salute che potrebbe colpirli:“Tranquilli stiamo lavorando pervoi e la soluzione eccola qua!”.Titoli quali “Assalto alle celluleper cercare l’immortalità”, “Partidi ricambio su misura”, “<strong>Il</strong> robotentra in circolo”, “Con un esamedel sangue tumori scoperti in anticipo”,“Tumori, chiamatelo maleguaribile”, “<strong>Il</strong> biochip al Dna trovail tumore al polmone in anticipo”, 12sono probabilmente devastanti.Un esempio recente fra i moltidi manipolazione informativadi cui sono oggetto i cittadini ècome La Repubblica informava suirisultati del recentissimo studioche ha mostrato l’inefficacia dellaTAC spirale preventiva nel ridurre lamortalità per tumore al polmone. 13Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Titolava l’illustre quotidiano del 7marzo 2007 “Tumore al polmone,così si batte. Giulia Veronesi: conla diagnosi precoce operabilitàal 90%”. Anche solo leggendo iltitolo il comune cittadino ne deducevaprobabilmente che, vista“l’operabilità al 90%”, il tumore alpolmone identificato precocementeera guaribile in 9 casi su 10.Come per altri casi anche quisiamo in presenza di un evidenteconflitto di interessi. Infatti i risultatidello studio americano sull’efficaciadella TAC spirale creavano unostacolo maggiore al reclutamentodi pazienti per uno studio analogocondotto dall’Istituto Europeo diOncologia.Comunicazione istituzionaleversus marketing industrialeLa comunicazione istituzionaledovrebbe mirare a promuovere unamigliore autogestione della salute eun accesso più consapevole ai consumimedico-sanitari da parte deicittadini. Essa rimane lo strumentoessenziale e di scelta poiché senzadi essa non si raggiungerebberoi singoli e i gruppi in vista di unloro libero e autonomo “empowerment”nella direzione desiderata enemmeno si potrebbe ipotizzare unriaggiustamento dell’asimmetria informativaesistente tra i produttoridi tecnologia, i fornitori di servizie prestazioni e i cittadini.Nel campo della promozionedella salute e di un accesso piùconsapevole ai consumi medicosanitariè tuttavia essenziale identificarechiaramente chi “emette”le informazioni, nel senso chel’agente “emittente” dovrà essereassolutamente insospettabilequanto a conflitti di interesse. Diconseguenza esso non potrà essereche l’attore almeno potenzialmentemeno sottoposto alle pressionidegli interessi particolari e delmercato, cioè l’attore pubblico, e lacomunicazione dovrà quindi esseredi tipo “istituzionale”.Se guardiamo tuttavia le risorsepubbliche destinate a tale scopo cirendiamo immediatamente contodella loro “povertà”, soprattuttose confrontata con le disponibilitàdi altri agenti e attori privati chefanno del marketing nella sanitàcon l’unico fine di espandere imercati, accrescere i profitti oppureaumentare la loro considerazione oautorevolezza sociale.Le undici più importanti casefarmaceutiche hanno destinato nel2004 circa 100 miliardi di dollari 4per spese di marketing (contro circail 50% per la ricerca e lo sviluppo)senza contare le somme chegli altri produttori di tecnologiamedico-<strong>sanitaria</strong> hanno speso perconvincere medici, associazioni dipazienti, media, opinione pubblicae la politica a investire nei loro prodotti.La salute pubblica ha ormaiabbandonato il suo modello socialedi riferimento, oggi sostituito daquello farmacologico fondato sullaprescrizione di statine, antiipertensivi,cerotti per la terapia contro iltabagismo e antidepressivi. 14La prevenzione primaria, cosìridefinita dall’industria farmaceutica,distoglie di fatto i governidall’onere di occuparsi in modosignificativo delle ineguaglianze147Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità148di salute, della precarizzazione edell’impatto delle politiche pubblichesullo stato sanitario deicittadini e dell’educazione <strong>sanitaria</strong>centrata sui fattori di rischio e diprotezione delle malattie cronicodegenerative.È quindi evidente che tecnologiepovere e senza mezzi, come l’educazione<strong>sanitaria</strong> del cittadino, sonoa rischio (se già non lo sono) diessere ridicolizzate dall’arroganzadel marketing industriale che hacapito che si possono fare moltisoldi convincendo i sani di essereammalati, aumentando così l’ansiae l’angoscia sociale che rappresentanol’incentivo di prima scelta nellapromozione del consumismo.Per una politica <strong>sanitaria</strong>anche di tipo“culturale”Un’ulteriore considerazione, piùdi fondo, è che, stante l’attualescollamento tra medicalizzazionedella vita (che eserciterà una pressionesignificativa sulla crescitadei costi, delle prestazioni e deiservizi) e risorse disponibili per ilfinanziamento dei sistemi sanitari,è indispensabile e urgente la messain atto, accanto alla classica politica<strong>sanitaria</strong> di tipo organizzativostrutturale,anche di una politica<strong>sanitaria</strong> di tipo culturale.Una politica, cioè, che miri acombattere il consumismo e a ricondurrealla realtà della ”evidenza” leattese smisurate (e in larga misuraindotte) degli individui e della societàverso l’efficacia dell’impresamedico-<strong>sanitaria</strong>. Una tale politicadovrebbe essere fondata sull’informazioneistituzionale e centratasulla comunicazione del rischio esulla messa in evidenza dell’incertezzadella medicina, dei conflitti diinteresse e della “corruzione” soggiacenti15 in modo tale da creare unsano sospetto (o se si preferisce “unapproccio scettico”) verso l’efficaciaa 360 gradi di tutto quanto propostodal sistema e dal mercato. 16<strong>Il</strong> problema è che il successo diuna tale politica <strong>sanitaria</strong> di tipoculturale in vista di una “deprogrammazione”della società civile richiederebbela partecipazione entusiastadei professionisti della sanità, il chenon sembra essere, almeno fino aoggi, per nulla evidente.ConclusioniOggigiorno la comunicazione <strong>sanitaria</strong>diretta verso la società civiledovrebbe quindi anche, se nonsoprattutto, orientarsi verso unalettura critica della medicalizzazionedella vita indotta direttamente oindirettamente dall’industria dellatecnologia della salute.Non a caso il rapporto 2006 diTransparency International è tuttodedicato alla “Corruzione nel settoresanitario”. 15 Infatti, asimmetria informativa,complessità e incertezzadanno ai produttori, ai fornitori e aiprescrittori di beni e servizi sanitariuna rendita di posizione sconosciutaagli altri settori economici di largoconsumo. Essa è in grado di manipolarele preferenze dei cittadiniche, nella loro quasi totalità, preferisconoovviamente vivere piuttostoche morire.L’uso dell’e-health e di internetpuò o potrà aiutare il cittadino adistinguere il grano dal loglio?Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Probabilmente già ora i giovani(più abili in informatica) nella misurain cui conoscono la lingua inglesee sono minimamente “letterati” algergo medico-sanitario possonoaccedere a siti di qualità come peresempio quelli prodotti dal NationalHealth Service britannico o daaltre agenzie pubbliche e, in Italia,dall’Istituto Mario Negri (www.partecipasalute.it).Sicuramente in un prossimofuturo internet e l’e-health sarannoun potentissimo strumento di“empowerment” del cittadino-consumatoreche tuttavia necessiterà,in particolare per il paziente, dellaverifica tramite la comunicazioneinterpersonale con un professionistadella sanità.In ogni caso, il confronto dialetticone sarà probabilmente arricchitoper tutte quelle situazionidove l’urgenza non imporrà decisioniimmediate. “Secondo Google stobenissimo” è una frase che si sentedire sempre più spesso. 17BIBLIOGRAFIA[1] Hadler NM. The Last Well Person:How to Stay Well Despitethe Health-care System. Montreal:McGill-Queens UniversityPress, 2004.[2] Moynihan R, Cassels A. Selling Sickness:How the World’s BiggestPharmaceutical Companies AreTurning Us All into Patients.Crows Nest NSW: Allen andUnwin, 2005.[3] Galovart J. “The last well person”,in N Engl J Med 1994; 331: 206.[4] Angell M. The truth about thedrug companies. New York:Random House, 2004.[5] Bobbio M. Giuro di esercitarela medicina in libertà e indipendenza:medici e industria.Torino: Einaudi, 2004.[6] Smith R. “Curbing the influenceof the drug industry: a Britishview”, in PLos Medicine 2005;2(9): e241 (http://medicine.plosjournals.org).[7] Smith R. “Medical journals arean extension of the marketingarm of pharmaceutical companies”,in PLos Medicine 2005;2 (5): e138 (http: //www.plosmedicine.org).[8] Smith R. “Lapses at the NewEngland Journal of Medicine”,in J R Soc Med 2006; 99: 380-2.[9] Le Fanu J. The rise and fall ofmodern medicine. London:Abacus, 2004.[10] “Les Palmarès Prescrire 2005”,in Prescrire 2006; 26 (269):84-87.[11] Coulter A. “Evidence basedpatient information”, in BMJ1998; 317: 225-226.[12] Corriere della Sera: alcuni titolidal gennaio 2000 a marzo2007.[13] Bach PB, Jett JR, Pastorino U,et al. “Computed tomographyscreening and lung cancer outcomes”,in JAMA 2007; 297:953-961.[14] Blackmann T. “Statins, savinglife, and shibboleths”, in BMJ2007; 334: 902.[15] Transparency International.Global corruption report 2006:corruption in health systems.149Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


London: Pluto Press, 2005.http://www.transparency.org/publications/gcr/download_gcr (accessed 15 Dec 2006).[16] Domenighetti G, Grilli R, LiberatiA. “Promoting consumer’sdemand for evidence-basedmedicine”, in Int J TechnolAssess Health Care 1998; 14:97-105.[17] Tang H, Ng Jh. “Googling for adiagnosis-use of google as adiagnostic aid: internet basedstudy”, in BMJ 2006; 333:1143-1145.Comunicazione e responsabilitàGianfranco Domenighetti è docente pressol’Istituto di Comunicazione Istituzionalee Formativa (ICIF), Università dellaSvizzera Italiana di Lugano e l’Istitutodi Economia e Management della Sanità(IEMS), Università di Losanna.150Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione, dialogoe responsabilitàJean-François Malherbe<strong>Il</strong> dialogo è una relazione fra almeno duepersone che parlano e ascoltano a turnoper scambiarsi informazioni, discutereargomenti, esprimere i propri sentimenti…La porta della comunicazione“Un giorno ti trovi qua presente,senza sapere affatto né lo scopo né ilperché. Qualcuno ti chiama, qualcunoti parla sollecitando una tua risposta.Lo ascolti, cogli intuitivamente chesi attende qualcosa da te, che nonsei una nullità ai suoi occhi, ma nonsenti nulla di quel che ti dice. Eglinon si scoraggia, insiste e persevera.Col passar del tempo tu cominci aintendere qualche parola. A poco apoco, egli ti fa prendere coscienza.Comprendi che ti parla di te stesso,di sè e anche di qualcun’altro che asua volta ti parla. Tenti di risponderema egli non capisce granché deituoi balbettamenti. Ciò malgrado,egli è incoraggiato a proseguire unaconversazione che non è più a sensounico. Finalmente la sua parola e iltuo esercizio ti offrono la chiave delrebus. <strong>Il</strong> tuo interlocutore ti apre laporta del linguaggio. Ti ha introdottonel regno dei simboli”. 1E questo regno dei simboli non èdiverso dal mondo umano, cioè dalmondo etico della responsabilitàcomunicativa.Che cos’è l’etica pratica?L’etica pratica è:– il lavoro che mi consente difare– con altri– qui e ora– di ridurre, nella misura del possibile,– la discrepanza fra- i miei valori proclamati (dichiarati)e- i miei valori effettivamentevissuti.Riprendiamo e commentiamo tuttigli elementi della definizione.<strong>Il</strong> “lavoro”…Per me, l’etica pratica non è unalista di norme, di regole o di leggi.È una pratica, qualcosa cioè che vaoltre il solo pensiero e la parola.Questa pratica è l’applicazione diuna particolare energia umana nelconseguimento di un fine determinato,ovvero la riduzione delladiscrepanza menzionata. L’energia inquestione è quella unitiva, caratteristicadella vita dell’ uomo. Questolavoro è socialmente utile perchécontribuisce a sviluppare il sensodell’armonia fra il dire e il fare. Questolavoro dona la vita a qualcuno: aun soggetto umano più autentico edunque meglio realizzato nella suaqualità umana.… che “consente” di fare …Non è possibile costringere né obbligareuna persona contro la sua volontàa praticare il lavoro dell’etica.<strong>Il</strong> passo verso l’etica si pratica solovolontariamente, deliberatamente,di proposito. Perché? Perché è un151Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità152lavoro interiore dell’uomo, un lavorofatto con se stesso su se stesso. Unlavoro di auto-trasformazione. Unlavoro auto-poietico.… “con altri” …In solitudine questo lavoro di solitonon si può fare, perché la coscienzaumana e la propria lucidità nonsi possono approfondire senza lospecchio, necessario per ingrandirela conoscenza che abbiamo di noistessi, che gli altri ci tendono.Nella filosofia, il metodo di lavorareinsieme si chiama intersoggettivitàcritica. L’intersoggettività criticaconsiste nel confronto argomentatodelle opinioni – tenute da diversepersone – a proposito di un temaparticolare. Non è una garanzia diobbiettività; permette però di evitarele decisioni arbitrarie.… “qui e ora” …L’etica pratica non si fa nel passatoe nemmeno nel futuro. Si fa nel momentopresente: nel piccolo e rapidosolco tra la memoria del passato el’anticipo del futuro. <strong>Il</strong> sentimentodi colpa verso avvenimenti passatie l’entusiasmo romantico per unfuturo necessariamente migliore nonc’entrano. <strong>Il</strong> lavoro dell’etica si compienella realtà vissuta del momentopresente. Non intendo toglierel’importanza al passato nel campoetico, abbiamo sempre da impararedagli errori commessi. Non voglionemmeno dire che il futuro non èimportante per l’etica, visto che noitutti siamo portatori di progetti invia di realizzazione. La memoria el’anticipazione del futuro sono attivinel momento presente.L’etica pratica è un lavoro dell’attimopresente, non c’è un soloattimo da perdere. Ora è il momentoopportuno per decidere e agire inmodo etico.… “valori proclamati” e “valori effettivamentevissuti” …Un valore è ciò che porta l’uomo. Sidice spesso nell’etica che “<strong>Il</strong> fattoè l’essere e il valore è il dover essere”.<strong>Il</strong> valore designa ciò in cui unsoggetto umano s’impegna in modoassoluto. I valori proclamati sono ivalori che dichiaro onestamente esinceramente di voler rispettare. Ivalori effettivamente vissuti sonoquelli che guidano realmente i mieicomportamenti.… la “discrepanza” …C’è una discrepanza fra valori proclamati(desiderio – ideale) e valorivissuti (realizzazione – realtà).Questa discrepanza non è una colpa,neanche il risultato di una colpa. Èpiuttosto una caratteristica dellacondizione umana (escludiamoqui, nella definizione dei valoriproclamati, i casi d’ipocrisia e didisonestà). La condizione umana sicontraddistingue notevolmente pertre caratteristiche:– la sua solitudine: <strong>Il</strong> fatto diessere la sola persona che puòdire “IO” per se stessa, da nonconfondere con il fatto di essere“solo al mondo”;– la sua finitudine (o i suoi limiti):il fatto di essere limitati nellarealizzazione dei desideri che cimettono in movimento;– la sua incertitudine (incertezza):il fatto di non sapere da dove ve-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


niamo, dove andiamo e nemmenochi siamo veramente.Dunque: il problema morale nonè nell’esistenza di una discordanzanella messa in atto dei valori, bensìil di determinare che cosa fare peravvicinare i valori vissuti a quelliproclamati, ovvero ridurne la discrepanza.… ridurre …La riduzione del disaccordo fra i valoriproclamati e vissuti può essererealizzata lavorando:– sui valori proclamati riformulandolipiù modestamente;– sui comportamenti concreti peravvicinarli più rigorosamente aivalori proclamati;– su ambedue le possibilità allostesso momento.Dunque, risolvere il problemamorale è un lavoro creativo checonsiste nell’inventare:– strategie,– mezzi,– processiper contribuire alla riduzione delladiscrepanza dei valori. Dal puntodi vista etico, non si è in torto setale diversità esiste, ma se nulla ètentato per ridurla!… nella misura del possibile …“Ad ogni giorno la sua pena”. La discrepanzadei valori non si restringein un solo giorno. L’esigenza etica èdi fare oggi ciò che è possibile fareoggi! Senza sentirsi in colpa per lapropria limitatezza e finitudine, maanche senza pigra compiacenza difronte ai propri limiti.Vorrei sottolineare alcune proprietàdel concetto di etica pratica.L’etica pratica è:– un processo (passaggio attivodalla potenzialità all’atto) piuttostoche uno stato stabile;– un’opera collettiva (realizzataalmeno in due o tre);– un lavoro di intersoggettività criticache tenta di superare l’arbitriosenza pretendere l’oggettività(che non esiste in campo etico);– il “paese” dove può nascere unsoggetto umano, umanamentepiù umano.<strong>Il</strong> soggetto umano nella suaresponsibilità comunicativaRimane allora un’altra questione:che cosa è un soggetto umano? Unsoggetto umano è un sorprendenteartigiano della propria armonia.… “soggetto” …Un “soggetto” è un essere che dice“IO” quando parla di se stesso. Machi è veramente questo “IO”? Chidice “IO” quando IO parlo? I mieigenitori dai quali ripeto le frasi? LaSanta Chiesa cattolica della qualeho integrato la dottrina? <strong>Il</strong> Partitocomunista del quale ho imparatoe adottato la visione del mondoe della società? Un bambino checerca di fare piacere al nonno o allanonna? Un innamorato che cerca disedurre la persona amata? … OppureIO stesso come soggetto abbastanzaautonomo della mia vita?Non è facile rispondere a questadomanda perché tutti noi abbiamoiniziato la nostra vita riprendendocome nostro il discorso di altri.Imparando la mia lingua materna,sono stato prima un “esso” nelleparole di coloro che parlavano di153Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità154me. Ero, per così dire, un oggettodel loro discorso. Loro parlavano dime come di un bambino che avevatante similitudini con il propriopadre, ecc. Mesi dopo, sono divenutoun “Tu” nella loro parola. Eraquando sono diventato capace didire qualcosa, di “rispondere” più omeno alle loro domande diventandoprogressivamente un interlocutorepertinente. E solo ancora più tardisono divenuto un “IO” autentico.Veramente autentico? Assolutamenteno! Perché questo “IO” non parlavacosi direttamente il proprio linguaggio.Inizialmente, lui ha imitato leparole degli adulti più vicini secondoun processo mimetico. Queste sueparole non erano ancora le paroleproprie del soggetto.Diventare adulto (e ci sono alcuniche non lo diventano mai!) significadiventare il soggetto della propriavita, l’“IO” autonomo, indipendentee libero che – nella misura delpossibile – sa perché lui fa questopiuttosto che quello. Un soggettocapace di fare le sue scelte in modoautonomo.… sorprendente …Ogni giorno mi sorprendo. Mi lasciosorprendere dagli avvenimenti chesuccedono. Sono sorpreso da mestesso, dai miei sogni, dai miei attiincomprensibili, dai miei lapsus(freudiani), ecc. “Non faccio IO ciòche voglio e non voglio IO ciò chefaccio!” diceva già San Paolo.Queste sorprese potrebbero esseremessaggi della nostra “autenticità”,del nostro “Sé” che riesconoad attraversare la nostra “maschera”.Questa differenziazione fra il “Sé” ela “maschera” fu fatta da Carl-GustavJung riprendendo una distinzioneclassica già compiuta da Socratee Meister Eckhart. Anche HannahArendt se ne occupa (vedi Tabella 1).Socrate definiva il suo “Daimonion”come “questa piccola voce senzaparole che mi indica gli errori da evitaresenza mai dirmi che cosa fare”!Non è la voce della coscienza delcristianesimo, poiché essa dice checosa fare. Non è neanche il Super-IOfreudiano, perché anch’esso dice nonsoltanto IO che sta male ma ancheIO che sta bene. Si può notare chela differenza fra il polo interiore e ilpolo esteriore è la stessa discrepanzadi quella che marca la differenza frai valori dichiarati o proclamati e ivalori effettivamente vissuti.La “sorprendenza” (neologismo)è la caratteristica della soggettività,della condizione umana sempredebordata e sorpassata da se stessa.L’etica è la costruzione artigianaledell’armonia fra attore e autore. Quest’armoniaè propriamente la felicità.“Felicità” in Greco antico si dice“eudaimonia”, letteralmente: “vita inarmonia con il proprio daimonion”! L’“energia unitiva” sopra menzionataè precisamente il risultato di questolavoro artigianale.<strong>Il</strong> dialogo come via maggioredella comunicazione<strong>Il</strong> dialogo è una relazione fra almenodue persone che parlano e ascoltanoambedue a loro turno per scambiarsiinformazioni, discutere argomenti,esprimere i propri sentimenti, ecc.Un dialogo non è una chiacchierata!Ci sono delle regole da seguireper dialogare e Platone ne ha datoProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Tab. 1.La differenzatra polo interioree polo esteriorein vari Autori.<strong>Il</strong> ruolo del dialogo in una filosofiadel piacereChe cosa cerchiamo nel dialogo conle persone assistite? Cerchiamo illoro benessere che vorrei qui desipolointeriorepolo esterioreSocrate > <strong>Il</strong> “Daimonion” <strong>Il</strong> ruolo socialeEckhart > Der innere Mensch Der äussere MenschJung > <strong>Il</strong> “Sé” La “maschera”Arendt >L’autore(dello scenario della propria vita)L’attore(dello scenario della propria vita)una formulazione molto precisa eacuta nel suo Gorgia 2 che riassumoqui in sette punti.1. Ciascuno parla e ascolta a turno.Ciò vuol dire anche che nessunopuò tacere quando è venuto ilsuo turno di parlare. Coloro chenon hanno mai niente da direnon fanno parte del dialogo, essisono piuttosto consumatori delleparole altrui.2. Ciascuno deve essere convintoche l’altro è una persona che valela pena di essere ascoltata, chel’altro ha qualcosa di intelligentee interessante da dire e che l’altropotrebbe anche lui trovare unaricchezza nel dialogo.3. Ciascuno cerca di esprimersi inmodo chiaro, conciso, rigorosoe senza aggiungere nessunadifficoltà inutile al suo modo dicomunicare.4. Ciascuno ricerca la verità, labellezza o il bene. Queste “trascendenze”sono le finalità deldialogo.5. Ciascuno è cosciente dei limitidella propria conoscenza nonarrischiandosi a oltrepassarequei limiti. In caso contrario, lapersona rischia di imporre ad altrila propria visione del mondo.6. Ciascuno è convinto che il rifiutodella propria opinione èpiù istruttivo che la confermadi essa. Quando la mia opinioneviene confermata, apprendo qualcosain più, ma ogni confermaconsecutiva mi porta un po’ menorispetto alla precedente. Al contrario,se la mia opinione si trovagiustamente rifiutata, apprendoqualcosa di molto più preziosovisto che mi trovo nella situazionedi ripensare e rielaborarela mia opinione! Questo è moltopiù creativo che la confermaindefinita della mia opinione disempre.7. Ciascuno preferisce essere vittimadella violenza dell’altro piuttostoche esserne l’autore. Per dialogarevale di più essere la vittimache l’aggressore! Questo nonsignifica lasciarsi fare del maleda un aggressore ma, piuttosto,protestare contro la violenza dell’altrosenza esercitare nessunavendetta! Dialogare sapendo chela migliore vendetta è il perdonoesplicito.155Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità156gnare come il loro piacere. Cercandoil loro piacere, noi cerchiamo ancheil nostro!Ma che cos’è allora il vero piacere?Ispirandomi alla filosofia di Epicuro3 e soprattutto alla sua Letteraa Meneceo (testo interessantissimoe di non difficile lettura): il piacereè, per così dire, la sanzione positivadi una vita vissuta in armonia conse stessi, con gli altri e con la natura.È uno stato di non sofferenzacorporea e mentale che, giunta all’accettazionedella vita così com’è,procura la gioia spirituale. E questagioia è moltiplicata quando è condivisacon i veri amici. La filosofiadi Epicuro non è l’edonismo, cioè ilpensare che il piacere sia la finalitàultima della vita. Per Epicuro, il piacereè la conseguenza di un mododi vivere in accordo con la nostranatura e quella degli altri. È unafilosofia dell’armonia integrale.Epicuro insegnava che esistonoquattro maggiori ostacoli da evitareper vivere la vita in armonia conla natura:1. Temere il dolore.2. Temere la morte.3. Temere gli dei.4. Temere la frustrazione.Di fronte a questi ostacoli, il filosofoproponeva quattro farmaci:1a. L’uso della memoria di un passatogioioso per controbilanciare eminimizzare il dolore attuale.1b. <strong>Il</strong> ricorso all’acido salicilico comeanalgesico.1c. L’uso della morfina se l’acidosalicilico non è sufficiente comeanalgesico.1d. <strong>Il</strong> ricorso al suicidio se veramentesi trova il dolore insopportabileal punto di impedire allapropria vita di avere ancora unsenso.2. L’educazione della propria coscienzain accordo con il principioche “Quando siamo noinon c’è la morte, e quando c’èla morte noi non siamo più”. Laretta conoscenza della morte liberala propria vita dal desideriodell’immortalità.3. “Considera la divinità un essereimmortale e beato, come lacomune nozione del divino suggerisce.Gli dei esistono perché laloro conoscenza è evidente, manon esistono nel modo in cui lamaggior parte li concepisce perchénon conservano la nozioneche ne hanno. In realtà essi sonodediti soltanto alle loro virtù eaccolgono i loro simili reputandoestraneo tutto ciò che non ètale”.4. Per quanto riguarda la frustrazione,bisogna considerare che:– alcuni desideri sono naturali ealtri vani,– e di quelli che sono naturalialcuni sono necessari per lafelicità (mangiare, bere, dormire,proteggersi, ecc.) e altriancora facoltativi.<strong>Il</strong> filosofo raccomandava di:– realizzare ogni giorno i desiderinecessari;– accettare la realizzazione deidesideri facoltativi (buon vino,sesso, ecc.) quando si presental’opportunità, ma senza maicercarli attivamente;– mai cercare la realizzazionedei desideri vani (soldi, prestigio,fama, ecc.) perché por-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


tano all’illusione coloro chese ne preoccupano, la qualediventa poi inevitabilmenteun’occasione di frustrazione.<strong>Il</strong> filosofo sottolineava ancheche non scegliamo ogni piacere,soprattutto quando hanno comeconseguenza prevedibile un fastidiomaggiore (ubriacarsi ne è unesempio). Epicuro diceva anche chepreferiamo molti dolori ai piaceriquando ne consegue un piaceremaggiore (cagionare sofferenza aipropri propri muscoli e arrivare incima a una montagna da dove sivede un panorama eccezionale).Queste due affermazioni definisconola “prudenza” epicurea: tutti ipiaceri sono buoni, ma non tuttivalgono la pena di essere cercati.La prudenza consiste nel giudicaretutte queste cose in base a unavisione opportunamente commisuratadei vantaggi e degli svantaggi,perché in certe circostanze il benepuò essere per noi un male e viceversa.La prudenza insegna che nonè possibile una vita felice se essanon è saggia, bella e giusta.“Medita dunque queste cose equelle dello stesso genere giorno enotte, in te stesso e con chi è similea te, e non avrai mai turbamento nénel sonno, né da sveglio, ma vivraicome un dio fra gli uomini: perché innulla è simile a un mortale un uomoche vive fra beni immortali”.L’amicizia epicureaSecondo Epicuro, l’amicizia è l’artedi diventare epicureo nella compagniadi un altro (o un’altra) ches’impiega nello stesso programmadi vita e che sa farsi gentilmentecritico (o critica) nel caso in cuinon siamo più fedeli alla praticaautentica dell’epicureismo. Evidentementequesto tipo di amicizia sivive sulla base della più strettareciprocità dialogale.BIBLIOGRAFIA[1] Malherbe JF. Per un’etica dellamedicina. Cinisello Balsamo(Milano): Edizioni Paoline,1989: 23.[2] Platone. Gorgia. Roma: EditoriLaterza, 1997.[3] Epicuro. Opere, Frammenti,Testimonianze. Roma: EditoriLaterza, 2003.Jean-François Malherbe è Titolario diEtica applicata presso l’Università diSherbrooke (Canada), Straordinariodi filosofia sociale presso l’Universitàdi Trento.157Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Dal dr. Arrieta al dr. House:frammenti di un dialogopossibile tra medicoe pazienteAnnamaria Marchionne<strong>Il</strong> rapporto tra pazienti e medici deveconfigurarsi come una collaborazioneche prenda atto delle asimmetrie di poteree dei rischi di reciproca sudditanza, per darvita a un patto basato su reciproca fiducia.La malattia e la relazione medicopazienteriguardano una condizioneche attraversa ogni percorso esistenziale:le testimonianze che ditale esperienza ci vengono offertedalla letteratura e dall’arte ci consentonouna possibilità di lettura“altra”, che può illuminare di lucepiù intensa, più penetrante, lanostra riflessione rispetto a quellaordinaria di carattere tecnico, scientifico,sociologico.Arte, medicina,arte della medicinaHans Georg Gadamer (1900-2002),filosofo tedesco allievo di Heidegger,che su questo aspetto ha scrittopagine fondamentali, ci aiuta adapprofondire il senso di questa relazionefra arte e medicina. Gadamer,cogliendo il cuore di “irrazionalità” omeglio di “oltre razionalità” che c’ènel mestiere del medico, dice: “Risultamotivato il fatto che il mediconon identifichi la sua professionesoltanto con il ruolo del ricercatoree dello scienziato e nemmeno conquello del tecnico specializzato cheapplica la sua scienza e le sue conoscenzeper “produrre la salute”. Inquesto lavoro esiste una prossimitàall’arte che non rientra nella sferadi quanto si può fornire con l’insegnamentoteorico e che risponde alnome di arte medica” (H.G.Gadamer,Dove si nasconde la salute).La soggettività del medico equella del paziente sono componentiineliminabili dalla conoscenza diagnostica,dalla cura, dal curare farmacologico,che non possono esseresemplicemente ricondotte nel solcodei criteri conoscitivi delle scienzedella natura.Ho scelto di iniziare il mio contributocon due figure di medici: ildr. Arrieta, del celebre autoritrattodi Goya, e il dr. House, protagonistadell’omonima serie televisiva. Leimmagini di Arrieta e di House risuonanociascuna di una propria peculiareforza evocativa, poli estremi edemblematiche sintesi visive di dueopposte concezioni del rapporto medico-paziente,separate da un arcocronologico – dal secondo decenniodell’800 alla contemporaneità – chene segna la siderale distanza.Nel 1819 il pittore spagnoloFrancisco Goya (1746-1828) si ammalagravemente: in un celebre dipintodel 1820 l’artista si autoritraeall’età di settantatre anni in predaa una crisi di subedema polmonareinsieme al suo medico curante, dott.Arrieta. Goya si ritrae nei panni diun paziente sofferente e riluttantetra le braccia del suo medico, chedelicatamente, ma con decisione,gli somministra una medicina. Goyarecupera la salute grazie all’amicoArrieta e lo ringrazia regalandogli il158Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


doppio ritratto di medico e pazientecon l’iscrizione: “Goya grato al suoamico Arrieta: per l’abilità e l’attenzionecon cui gli salvò la vita durantela sua breve e pericolosa malattia,insorta alla fine del 1819 all’età disettantatre anni“. L’autoritratto sitrasforma in una sorta di ex voto, dicui è <strong>destinatario</strong> il medico curante,visto come salvatore. C’è un legameindissolubile fra Goya e Arrieta, chela malattia sancisce e isola nella suaunicità. La guarigione irrompe quasicome un evento miracoloso, comeil frutto del fiducioso abbandonoalle cure del proprio medico, comeil frutto di quell’alleanza fra medicoe paziente di cui parla Ippocrate diKos, padre della medicina occidentale,che nel 450 a.C. auspicava: “Malatoe medico combattano insiemecontro la malattia”.Di fronte all’immagine di Arrietae del suo paziente la domandache ci poniamo è: quest’alleanza,suggellata dall’abbraccio di Arrietaattorno al corpo sfinito di Goya, è latappa di un percorso ininterrotto diquesta intesa tra medico e pazienteche attraverso i secoli si rinnova,senza soluzione di continuità? Oppure,più verosimilmente, quella tramedico e paziente è piuttosto unastoria assai più complessa, assaipiù “tormentata”, come più volte èstata definita?Medico e paziente:due solitudini a confrontoLa risposta ci viene data da alcunetra le pagine più alte della letteraturaeuropea dall’800 fino ai giorninostri. <strong>Il</strong> rapporto medico-pazienteè un tema molto diffuso in letteratura,tanto che se ne può parlarecome di un topos letterario.Qualche frammento tratto daqueste testimonianze letterarie, cipermette di cogliere elementi utilialla comprensione del senso, spessonascosto, dell’essere medici, dell’esserepazienti, che rivelano unastraordinaria attualità.TolstojIn un piccolo capolavoro, scritto frail 1884 e il 1886, La morte di Ivan<strong>Il</strong>’ic, Tolstoj descrive con grandeefficacia l’incontro fra il protagonista,Ivan <strong>Il</strong>’ic, Consigliere di Corted’Appello a San Pietroburgo, e unnoto luminare della medicina: “Eglici andò. Tutto fu come si aspettava.Tutto come sempre avviene.Gli uomini vanno presi alla stessamaniera. Esattamente come in tribunale.<strong>Il</strong> noto dottore teneva versodi lui lo stesso contegno che Ivan<strong>Il</strong>’ic teneva in tribunale verso gliimputati […] Per Ivan <strong>Il</strong>’ic una solacosa era importante, sapere se la suasituazione era grave oppure no. Mail dottore ignorava quella richiestainopportuna. Dal suo punto di vistaera una domanda oziosa che nonmeritava considerazione; si trattavasolo di soppesare alcune ipotesi:rene mobile, catarro cronico o affezioneall’intestino cieco. E il dottorerisolse brillantemente questa disputaa vantaggio dell’intestino cieco.Dalle parole del dottore Ivan <strong>Il</strong>’ic sicreò la convinzione di essere moltoammalato. E capì che la cosa nonimportava un gran che al dottore ein fondo nemmeno agli altri. Ma luistava male. La scoperta lo ferì dolorosamente,suscitandogli un sen-159Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità160timento di pena verso se stesso e dirabbia verso il dottore, indifferentea una questione tanto importante.Tuttavia non fece commenti, si alzò,depose i soldi sul tavolo e sospirandodisse soltanto: ‘Probabilmentenoi malati rivolgiamo spesso domandefuori luogo. Ma questa malattiaè grave o no?’ <strong>Il</strong> dottore gettò unosguardo severo da un occhio solo,attraverso gli occhiali, come a dire:imputato, se non rimanete nei limitidelle domande che vi vengono postesarò costretto a farvi allontanaredall’aula. ‘Vi ho già detto ciò cheritengo utile e necessario –rispose ildottore. – <strong>Il</strong> resto sarà rivelato dalleanalisi’ e con ciò si inchinò.”Thomas MannNei grandi romanzi di Thomas Mannla medicina e i medici hanno moltaimportanza e l’intuizione sferzantedello scrittore tedesco riesce acogliere il senso molteplice e camaleonticodell’arte medica. In due deisuoi romanzi quali emerge una percezionea volte sconvolgente dei modidi essere delle malattie e dei modidi confrontarsi con esse da parte deimedici. Nel suo primo stupefacenteromanzo, I Buddenbrook, scritto nel1901, ci è possibile cogliere un branodi discorso in cui la dimensionepsicologica della malattia, è descrittae illustrata magistralmente.Un altro grande romanzo di ThomasMann ci parla dei modi di faremedicina, La Montagna Incantata(1924), che sfida il tempo e cogliemodelli di vivere e morire ancoraoggi attuali. Che cosa ci dice ThomasMann? Questo: quando si entra inuna istituzione chiusa (nel sanatoriodi Davos metaforizzato e simbolizzatonel romanzo), si perde a mano amano ogni autonomia e ogni libertàdi scelta, ci si adatta all’ambiente,si è divorati dall’ambiente, nellospegnersi di ogni slancio vitale.Cosa fanno i medici in un’istituzionechiusa e come si confrontano con lamalattia? La figura e il modo di esseredel direttore del sanatorio in cuisi svolge la straordinaria avventuraesistenziale di Hans Castorp, il protagonistadel romanzo, rimandanoa quelle forme di fare medicina, diessere medici, contrassegnate dalpotere, dalla gelida strutturazionedei ruoli. Nella figura del consigliereaulico Behrens, direttore del sanatorio,Mann tratteggia con straordinariapercezione critica ambivalenze econtraddizioni della relazione fra medicoe paziente. Quando la moglie deldirettore del sanatorio muore, eglidecide di fermarsi definitivamente,immedesimandosi nel destino e nelmodo di vivere dei malati. A un certopunto si interroga su un aspetto dellarelazione che riguarda il rapportotra guaritore malato e paziente: “Maè mai possibile un giusto spiritualedominio su una forza in chi è tra glischiavi di essa? Può liberare chi èa sua volta sottomesso? <strong>Il</strong> medicomalato è pur sempre un paradossoper l’uomo semplice, un fenomenoproblematico. La sua conoscenzateorica della malattia non è forsetanto arricchita e moralmente consolidatadalla conoscenza empiricaquanto offuscata e confusa. Eglinon affronta la malattia con decisaostilità, è prevenuto, è un avversariopoco sicuro, e con tutta la dovutacautela conviene chiedersi se unProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


appartenente al mondo degli infermipossa avere interesse alla guarigioneo magari soltanto alla conservazionedel prossimo quanto un campionedella salute.“Hermann HesseNella cornice di una decadentestazione termale a Baden, HermannHesse, l’autore di Siddharta,scrive nel 1925 La cura, dedicandoal rapporto tra medico e pazientealcune straordinarie pagine. Consottile ironia ci descrive le proprieaspettative nei confronti del medicoche dovrà visitarlo: “Mi aspetto daun medico, nemmeno io so beneperché, un resto di quell’umanesimoper cui si richiede la conoscenza dellatino e del greco oltre a una certapreparazione filosofica, e che nellamaggior parte delle professioni, oggigiorno,non è più necessario. […]<strong>Il</strong> suo viso intelligente promettevacomprensione e, come si conviene adue pugili ben educati, ci salutammoprima dello scontro con una cordialestretta di mano […]. <strong>Il</strong> medico avevanel suo repertorio alcuni terminidel gergo sanitario che io decifravosolo in modo approssimativo, mache conferivano alle sue asserzioniun grande prestigio ornamentale erafforzavano in maniera sensibile lasua posizione nei miei confronti.”Franz KafkaLa solitudine del medico, la suaangoscia lacerante, la disperataesigenza di un colloquio, si delineain uno dei racconti più belli di KafkaUn medico di campagna scritto nel1919: il teatro è la povera casa di unvillaggio sferzato da una violenta buferadi neve, raggiunta con difficoltàdal calesse del medico condotto.Kafka mette in scena la solitudinedel medico, l’ambiente famigliare delmalato che non ne riconosce il sensoe che accresce lo scacco, la non utilitàdel medico, fino all’inconcludenzadell’azione medica. Le luci, le ombre,le antinomie e le contraddizioni, lesperanze la disperazione, i naufragifatali, i labili trionfi, che contraddistinguonol’arte medica, riemergonodal discorso implacabile di Kafka.Dal racconto scaturisce unastraordinaria descrizione del modo incui una volta, ma ancora oggi in areenon metropolitane, si poteva vederaccogliere in una casa: “ I cavalli sisono fermati, ha smesso di nevicare,chiaro di luna tutt’intorno; i genitoridel malato si precipitano fuoridella casa, seguiti dalla sorella, mitolgono quasi di peso dalla carrozza,non capisco nulla dai loro discorsiconfusi; nella stanza del malato l’ariaè quasi irrespirabile”. Come appareil malato agli occhi sbigottiti delmedico? “Magro, senza febbre, néfreddo, né caldo, con gli occhi vuoti,il giovane si solleva la camicia disotto ai piumini, mi s’attacca al collo,mi sussurra all’orecchio: Dottore,lasciami morire ”.<strong>Il</strong> medico non constata nulla nelpaziente: “La miglior cosa sarebbebuttarlo giù dal letto con uno scappellotto”e poi aggiunge: “Sono unimpiegato del comune e faccio ilmio dovere fino in fondo, fino quasiall’eccesso. Benché mal retribuito,sono generoso e soccorrevole versoi poveri“. Poi fulminea e lacerantel’affermazione emblematica per ognimedicina: “Scriver ricette è facile, ma161Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità162intendersi con la gente è difficile”.La conclusione del racconto sigillamodi di essere emblematici di ognisituazione e di ogni epoca: “Così lagente del mio paese. Pretende semprel’impossibile dal medico. Hannoperduto la vecchia fede, il parroco sene resta a casa a sfilacciare una dopol’altra le sue pianete, ma il medicodeve saper fare di tutto con la suamano leggera di chirurgo”.Le ultime righe del racconto conil linguaggio radicale ed essenzialedi ogni testo kafkiano descrivono laparabola del destino e del naufragiopossibile di ogni arte medica. Eccoquest’ultima citazione del raccontocosì realistico, così oscuro e cosìsplendente: “Nudo, esposto al gelodi questo secolo sciagurato, su unacarrozza reale, con cavalli irreali,vado vagando per il mondo, iopovero vecchio. La mia pelliccia sitrascina dietro la vettura, ma io nonla posso prendere, e nessuno fra laplebaglia irrequieta dei pazienti,muove un dito in mio aiuto. Sonostato ingannato! Ingannato! Se haiseguito una volta solo il suono illusoriodel campanello notturno, nonc’è più rimedio per te!”Marguerite YourcenarNel romanzo storico Memorie diAdriano (1951), protagonista è ilvecchio imperatore romano Adriano:ha 62 anni, si sente vicino alla fine,scrive una lunga lettera al giovaneMarco Aurelio per raccontargli lapropria vita. Nell’incipit del romanzoAdriano racconta all’amico Marcodi essersi recato dal suo medicoErmogene poiché è malato ed èsicuro di una sua prossima morteper un’idropisia di cuore. Adrianoracconta del suo rapporto con ilmedico, ma anche del rapporto con ilproprio corpo: “E per la prima volta,stamane, m’è venuto in mente che ilmio corpo, compagno fedele, amicosicuro e a me noto più dell’anima,è solo un mostro subdolo che finiràper divorare il padrone”.Thomas BernhardLa rappresentazione dei modi diessere e di agire dei medici cheThomas Bernhard fa in uno dei suoiromanzi più belli, <strong>Il</strong> nipote di Wittgenstein,1989, è crudele e spietata:si coglie nel suo discorso la criticaradicale di ogni arte medica che siesaurisca nella mera tecnica.Dal romanzo stralcio alcunibrani che mettono in evidenza lanostalgia implicita di una medicinaumanizzata e incentrata sullapersona del malato. Come si vive ecome si muore in ospedale si cogliebene in altre parole sferzanti e dolorosedi Bernhard: “Nel PadiglioneHermann i pazienti morivano senzadare nell’occhio, senza un grido,senza un’invocazione d’aiuto, lamaggior parte delle volte senza farerumore. Di primo mattino si vedevain corridoio il loro letto vuoto chesubito veniva coperto con lenzuolafresche per il prossimo paziente. Leinfermiere sorridevano quando noipassavamo accanto a loro, il nostrosapere non le turbava affatto.”E infine il senso della malattiae della guarigione: “I malati noncapiscono i sani come, viceversa, isani non capiscono i malati, e moltospesso nasce tra sani e malati comeun conflitto mortale che il malato inProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


definitiva non riesce ad affrontare.<strong>Il</strong> malato in effetti è sempre unuomo solo e l’aiuto che gli vieneconcesso dall’esterno si rivela quasisempre, questo lo sappiamo bene,soltanto un impedimento o soltantoun disturbo. L’aiuto di cui il malatoha bisogno è qualcosa di veramenteimpalpabile, che i sani però nonsono in grado di offrirgli.”Qui il discorso di Bernhard sifa meno reciso, meno drastico:riecheggia una nota dolorosa enostalgica in questo desiderio diumana vicinanza, questo qualcosa di“impalpabile” che realizza l’aiuto ela speranza di cui ogni malato sente,acuta e lacerante l’esigenza.Nella penombra della malattiae delle sue risonanze dolorose cheabbiamo attraversato insieme aTolstoj, Mann, Hesse, Kafka, Bernhard,Yourcenar, rifulgono alcunetestimonianze sulla profondità delleragioni che fanno della medicinanon una semplice e manichea articolazionescientifico-naturale, ma unamodalità di essere medici e di curarealla quale non può essere estraneala trascendenza della tecnica: non lanegazione della tecnica, ma la suaarmonizzazione con quelle che sonole aree della intuizione, del contattointerpersonale, del colloquio, dell’ascolto,della partecipazione.Gli artisti e i loro medici:un legame che va oltre la vitaL’arte ha la straordinaria capacità dipenetrare e mettere a nudo la solitudinedrammatica e il grido angosciatodella sofferenza. L’artista malatocomunica la propria sofferenza, lapropria fragilità nell’unico modopossibile per un artista, attraversole sue opere, facendo parlare i suoiquadri. L’artista lavora ai confinidell’indicibile per rivelare messaggiche le parole talora esprimono inmodo inadeguato.Ritratto del dr. Felix Rey<strong>Il</strong> dott. Felix Rey viene ritratto daVan Gogh nel mese di gennaio 1889:il 23 dicembre Vincent durante unacrisi si era tagliato il lobo dell’orecchiosinistro e il giorno successivoera stato ricoverato in gravi condizioniall’Ospedale psichiatrico diSaint Paul a Saint Remy, dove erastato curato affettuosamente appuntodal dott. Rey. Nello sguardodel dott. Rey Van Gogh sigilla ilproprio desiderio di comprensione:“ La stima che abbiamo di noi stessidipende molto anche dai nostri rapporticon il prossimo”. Lo sguardodel dott. Rey, capace di accoglierel’altro, sembra volerci comunicareuna serenità di fondo pur nelladrammaticità dell’esistenza.Ritratto del dr. GachetQuando nel maggio 1890 Van Goghsi trasferisce in quella che sarà lasua ultima abitazione a Auvers surOise, incontra il medico cardiologoPaul Gachet, un individuo eccentrico,anticonformista, amico di artistiche aiuta economicamente. Gachetcapisce che la terapia migliore allamalattia dell’artista consiste nell’aiutarloa lavorare, nel lasciargli lospazio e la possibilità di dedicarsialla pittura, così gli consente di dipingerenella sua casa, nel suo giardino.<strong>Il</strong> Ritratto del dottor Gachet,163Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità164dipinto da Van Gogh nel 1890, annodella sua morte, è per intensità psicologicae originalità compositivauna prova straordinaria delle infinitecapacità espressive del pittore: diquesto ritratto l’autore parla in unalettera alla sorella Wilhelmina: “Hotrovato nel dottor Gachet un veroamico e qualcosa come un fratello,tanto ci assomigliamo fisicamente eanche moralmente. È molto nervosoe bizzarro anche lui, e ha reso agliartisti della nuova scuola molti servizie molte prove di amicizia perquanto ha potuto. […] Ha perdutosua moglie qualche anno fa, il cheha contribuito molto a demolirlo.Siamo diventati amici, per così dire,subito. Ho fatto il ritratto del dott.Gachet con un’espressione di malinconiache spesso a chi guarderà ilquadro potrà sembrare una smorfia.[…] Triste ma dolce, chiaro e intelligente,così bisognerebbe farel’espressione dei ritratti.”Van Gogh, ormai alle soglie deldefinitivo tracollo che lo porterà nelluglio 1890 al suicidio, si autoritraein due opere riconosciute dallacritica come capolavori assolutidi Van Gogh. Nel primo, intitolatoAutoritratto con orecchio bendato delgennaio 1889, la crisi che lo avevaportato a tagliarsi con il rasoio illobo dell’orecchio sinistro è apparentementesuperata, il colore rivelatoni luminosi, il disegno giapponesesul fondo e il cavalletto con unatela bianca indicano la volontà diricominciare a dipingere, dunquea vivere. Nel secondo intitolatoAutoritratto del settembre 1889 VanGogh si raffigura con lo sguardo corrucciato,il volto smagrito, ossuto,immerso totalmente quasi a confondersicon lo sfondo. L’andamentovorticoso della pennellata costruiscela quinta contro cui si staglia confermezza il sofferto autoritratto, losguardo drammaticamente intensodi Vincent ci conduce nella profonditàdella coscienza, dove gli uniciappigli sicuri a cui sembra esserecondotto lo sguardo dell’osservatoresono gli intensissimi occhi celesti alcentro della scena.RenoirUn altro paziente del dott. Gachetfu Pierre Auguste Renoir, il Maestrodell’impressionismo che vediamo inun’intensa immagine, che ci rivelala drammaticità della condizionefisica dell’artista: egli soffrì infattia lungo di una grave forma di artritereumatoide, pur continuando finoall’ultimo a dedicare ogni attimodella sua vita alla pittura.Edvard Munch<strong>Il</strong> grande pittore norvegese Munch,come nessun altro artista del secoloscorso, ha vissuto sino in fondocon drammatica consapevolezza lacrisi della coscienza e della culturaoccidentale. In Munch la tragicità ela dissoluzione della propria vita sifondono e si combinano con la tragicitàdella propria opera. <strong>Il</strong> pittoremette a nudo la propria condizionepsicologica, scrutando la propriasolitudine in molti autoritratti. Unodi questi, del 1919, conservato aOslo, lo ritrae in poltrona, in vesteda camera, accanto al suo letto ancorasfatto: è affetto da influenzaspagnola, la terribile epidemia dispagnola che flagellò l’Europa inProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


quegli anni. <strong>Il</strong> suo volto è quasiirriconoscibile tanto la figura appareconsumata dalla malattia. Eglisopravvivrà alla spagnola e moriràdi polmonite nel 1944.Frida KahloLa vita della pittrice messicana FridaKahlo, moglie del grande pittoremuralista Diego Rivera, fu segnatada un lungo calvario di dolore,sofferenza fisica e disperazione. Dabambina fu colpita da poliomieliteinfantile e, a diciotto anni, l’autobussu cui viaggiava venne investitoda un tram, una sbarra metallicala colpì in pieno, la passò da partea parte, lasciandola con molteplicifratture dall’omero al bacino. Sisalvò per miracolo, ma i medicisottovalutarono la lesione che avevariportato alla spina dorsale, quandocorsero ai ripari imponendole novemesi di immobilità totale il dannoera ormai irreparabile. Fu poi costrettaa subire numerosi interventiper recuperare la mobilità.Fu comunque proprio durante illungo periodo di sofferenza che Fridacominciò a dipingere. Frida Kahlotrova l’ispirazione per dipingerenella propria immagine riflessa inuno specchio, l’unica compagna deilunghi periodi trascorsi immobilizzatanella solitudine della malattia,una grave forma di fibromialgiapostraumatica. Nel celebre autoritrattoLa colonna rotta, 1944, lasofferenza di Frida è raffigurata daichiodi conficcati nel suo corpo nudomartoriato, uno spacco che assomigliaa una fenditura di terremotole apre il busto, al cui interno unacolonna ionica spezzata ha presoil posto della colonna vertebrale. Ifianchi sono coperti da un perizomache evoca le figure di martiri cristiani,così come gli infiniti chiodinel volto e nel corpo che ricordanoSan Sebastiano trafitto dalle frecce.Frida volge lo sguardo fisso davanti asé, con dignità, le lacrime bagnanole guance, ma i suoi lineamenti sirifiutano di piangere. Curativa comeogni pratica di autocoscienza, diracconto di sé, per Frida la pitturaè un modo di venire a patti con ildolore e di tenere a bada la disperazione,riguadagnando il controllosull’immagine del proprio corpofrantumato e sterile.Henry Ford Hospital (1933) èun’opera di una violenza espressivacoraggiosa e quasi insopportabile,un autoritratto ambientato nell’ospedaledi Detroit dove, duranteil suo primo soggiorno negli StatiUniti, Frida era stata ricoverata perun aborto spontaneo. I sentimenti,le sensazioni, sono trasformati inoggetti concreti, che simboleggianoi profondi processi interiori. Al centroil feto, un ritratto atrocementeaccurato del suo bambino perduto,a sinistra un modello medico, cioèl’idea che la scienza ha di ciò cheuna donna ha dentro di sé, in bassoa destra una riproduzione della suazona pelvica, la parte “colpevole”, leossa rotte a causa dell’incidente chele impediscono di portare a terminela gravidanza.Anche Frida si ritrae con il propriomedico, nell’Autoritratto conun ritratto del dott. Farill (1951),in cui offre una risposta più serenaalla medicina. È l’unico fra gli autoritrattiin cui si rappresenta come165Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità166artista. Formalmente è uno degliautoritratti più controllati, ma lasua semplicità è illusoria. In modosignificativo sostituisce la tavolozzacon un cuore e i pennelli sembranogrondare sangue, il cuore è raffiguratocome reale e corporeo. <strong>Il</strong> sanguedella Kahlo rappresenta la pittura,mentre il cuore è la fonte delle sueraffigurazioni, ma sembra avere ancheuna funzione di offerta al dott.Juan Farill che l’aveva avuta in curaper diversi mesi l’anno precedente,in cui la Kahlo fu ospedalizzata esottoposta a due delicati interventialla spina dorsale.<strong>Il</strong> 13 luglio del 1954, a 47 anni,durante la notte Frida muore. Leultime righe scritte nel suo diariodimostrano la sua straordinaria eindomita capacità di affrontare ilpeggio con singolare determinazionee realismo senza compromessi:“Spero che l’uscita sia gioiosa espero di non ritornare più. Frida”René Magritte<strong>Il</strong> terapeuta (1962) di Magritte,grande protagonista del Surrealismo,identifica l’icona moderna del medico.Che cosa rappresenta questoterapeuta-viaggiatore? Magritteci invita a entrare nell’enigma diquesto personaggio seduto su unmuretto in una landa deserta. <strong>Il</strong>personaggio non ha volto, la cappaaperta svela al posto del viso e delpetto un cielo diurno, in contrastocol cielo notturno sullo sfondo.L’ambiente e gli oggetti riconoscibilisono associati in modo inatteso,provocando un senso di spaesamento.<strong>Il</strong> cielo luminoso che si apre alnostro sguardo è un invito al viaggio?L’immagine avvolta nel misteroci permette di recuperare il valoreancestrale del medico-stregone cheincute timore, inquietudine, rispettoin quanto è l’ultima difesa sul cigliodel baratro della malattia.La pittura assume un ruolo liberatorequando mette l’uomo inpresenza del mistero del mondo. <strong>Il</strong>terapeuta accompagna nella notteil viaggiatore alla scoperta dellapittura, delle cose invisibili, che sinascondono dietro le cose visibili.Karl Plattner<strong>Il</strong> pittore altoatesino Plattner, unotra gli artisti più interessanti eproblematici della pittura figurativaitaliana della seconda metà del ‘900,morto suicida nel 1986, si accosta inpiù occasioni al tema della medicina.Nell’opera <strong>Il</strong> chirurgo (1970-71)l’artista raffigura il personaggio amezzo busto, di profilo, emblematicamentefasciato come in atto di entrarein un’asettica sala chirurgica,rarefatta in traslucide trasparenzedi bianchi. <strong>Il</strong> chirurgo di Plattnerassume le sembianze di una presenzatotemica di dichiarata ieraticità.Lo sguardo vitreo fissato nel vuotolascia intravedere l’inquietudine perl’imprevedibilità e imponderabilitàche rimandano ad arbitri più decisiviper i destini di vita.<strong>Il</strong> genio sregolato: Dr. HouseGregory House è il protagonista delserial televisivo che è già di cultoe che ha addirittura ispirato libriimpegnati. La missione del medicozoppo, antipatico, con evidentiproblemi di dipendenza da farmaci,non è quella di far guarire iProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


pazienti: il suo vero scopo è quellodi sconfiggere la malattia – per lui,infettivologo dalle grande capacitàdiagnostiche, una vera sfida.Anticonvenzionale, privo di tatto,scontroso, misantropo, antipaticoai suoi pazienti, cinico, narcisista,egocentrico, sarcastico, violento,intemperante, eccessivo, infantile:l’antitesi dell’eroe empatico e positivo.House, è stato detto, è unafigura che eccede i modelli classicidi etica. House insegna che la malattiaè prima di tutto un oggetto dapensare: tocca al suo genio sregolatoe spregiudicato appropriarsenecon la mente per respingerla.<strong>Il</strong> medico esercita un grandefascino sui telespettatori sia per lasua trasgressività e non osservanzadelle regole, sia per la coivolgentestruttura del telefilm, costruitocome un giallo, in cui sulla basedegli indizi, spesso fuorvianti,disseminati nel corpo del paziente,House deve scoprire chi sia il colpevole,cioè la patologia di cui ilpaziente soffre.Ma il ruvido appeal di Housenon lo rende un buon medico: perchéè la negazione incarnata delbuon rapporto medico-paziente,perché tratta i malati come caviee li sottopone a raffiche di esamiche ammazzerebbero chiunque,oltre ad affossare qualsiasi sistemasanitario. House rappresenta uncerto tipo di immagine della professionemedica, ipertecnologizzata,disumanizzata che non può certoessere un modello positivo. <strong>Il</strong> dr.House è esattamente agli antipodidel modello di medicina incarnatodal dr. Arrieta.Umanità ed empatia di un medicod’altri tempiC’è un dipinto molto noto che raffigural’immagine di una medicinapaternalistica, ma, al tempo stesso,profondamente umana: The Doctor,(1891) di Sir Luke Fildes. In questodipinto il centro della scena è occupatodalla figura del medico, chevorrebbe salvare la piccola malata,ma ne è incapace e vive il drammadell’esperienza del proprio limite. <strong>Il</strong>dottore da un punto di vista mediconon può fare nulla per salvare la bambina,però rimane ancora lì, vigile,guardando il respiro lieve della bimbache si va via via affievolendo. <strong>Il</strong> padredella bambina con dignità e rispettoosserva l’operato del medico, tenendola spalla della madre disperata.L’idea del quadro si era fatta stradanella mente di Fildes quando il dott.Murray aveva visitato suo figlio Philipper la malattia di cui sarebbe mortoil mattino di Natale 1877. <strong>Il</strong> comportamentodel dott. Murray divenne perlui il simbolo della dedizione professionale.<strong>Il</strong> pubblico tardo-vittorianoapprezzò molto il quieto eroismodel dottore di famiglia: l’eroe, nonè colui che compie grandi gesta machi vive la pienezza del quotidiano.Un medico illustre ebbe a dire: “Tuttala biblioteca non farebbe ciò chequesto quadro ha fatto e farà per laprofessione medica: rendere il cuoredel nostro prossimo famigliare e caroa noi […] Soprattutto qualsiasi siail grado raggiunto nella tua professione,ricordati sempre di tenere difronte la figura ideale del quadro diFildes, ed essere al tempo stesso unnobiluomo e un nobile medico”. Imedici trovano difficile capire un167Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità168paradosso: riveriti quando eranorelativamente inefficaci (come Thedoctor, impotente nei confronti dellamalattia – forse polmonite – delbambino), essi si trovano semprepiù soggetti a critiche oggi, quandosono in grado di cambiare il decorsodi molte malattie gravi. Forsequesto accade perché il possesso ela gestione di tecnologie e rimedidi grande efficacia può trasformareil medico in esperto che ripara oguarisce guasti biologici, ma che haperso la capacità di vedere il malatocome una persona e di stabilire conlui quel particolare rapporto umanoche definiamo empatia.Anche il padre del cubismo, PabloPicasso, nei primi anni di studio all’Accademiadi Barcellona, si cimentacon il tema della malattia in Scienzae Carità (1897). L’opera è eseguitasecondo le esigenze del saggio accademico,ancora dentro il filonedel realismo spagnolo, da cui dopoqualche anno Picasso si emanciperà acontatto con la cultura artistica parigina.La Scienza è rappresentata dalmedico al capezzale di una paziente,mentre la Carità è rappresentata dauna monaca che tiene in braccio ilfiglioletto della malata. Scienza e Caritàche qui sono raffigurate insieme,a fianco della malata, si separerannopoi in modo sempre più netto nelcorso del ‘900.Da quando siamo un colloquioMolto ha esperito l’uomo.Molti celesti ha nominatoda quando siamo un colloquioe possiamo ascoltarci l’un l’altro.(Friedrich Hölderlin, 1770-1843).Un paziente “esigente”Integrare queste significative testimonianzeletterarie e artistichecon il racconto della mia esperienzadella malattia non intende personalizzarei problemi della relazionedi cura, ma cercare di evidenziarequelle che possono essere le attesedi ogni malato nei confronti dellarelazione e della comunicazione conil proprio medico.Nella mia vita ho incontrato diversimedici: bravi, meno bravi, piùo meno attenti, più o meno sensibili,più o meno capaci di comunicare, piùo meno inclini a disporsi all’ascoltodel paziente, ho incontrato medicipervasi di onnipotenza, oppure dotatidi una maturazione personale che,in qualche caso, passava attraversola cognizione del dolore, i “guaritoriferiti”, cioè i curanti consapevoli dellacomune matrice umana, corporea emortale che unisce al di là dei ruoli,medico e paziente.La malattia, il doloreHo capito, durante la malattia, che ilrapporto con il dolore, la sofferenza,la cura, l’esperienza della malattia,attengono al vivere quotidiano: lamalattia non è un mero accidente,ma in ogni caso la via di una trasformazione,l’accesso a un nuovopercorso interiore.La malattia, la sofferenza sono,in fondo, come colpi di una sondache rimuovono le nebbie dell’indifferenza,ridestandoci, come dicevaRainer Maria Rilke (Lettere a ungiovane poeta), a una conoscenzadiversa di sé e egli altri.La sofferenza cambia il nostromodo di vivere e di morire, cambiaProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


il mondo in cui siamo immersi e solose sorge in noi la consapevolezza didover accettare la nostra esistenzaquanto più ampiamente possibile,riusciamo a intendere il senso dellasofferenza e la sua dimensioneumana.La comunicazionenel rapporto medico-pazienteLa mia esperienza di malato cronicomi ha aiutato a comprendere l’importanzadella comunicazione tramedici e pazienti, che è un grossonodo etico, prima ancora che unproblema di virtù personali e ditecniche comunicative.Del resto come sosteneva unmalato eccellente quale fu MarcelProust, “una grande parte di quelloche i medici sanno è insegnato lorodai malati”.Oggi, alle soglie del terzo millennio,la medicina rivela aspetticontrastanti, talvolta decisamentecontradditori: ci troviamo nellasituazione paradossale di un progressotecnologico-scientifico cheha favorito enormemente, rendendolapiù agevole, sia la diagnosi siala terapia di molte malattie, d’altraparte, mai come ora è in crisi il rapportomedico-paziente, in cui l’uomosi è progressivamente annullato eil momento strumentale ha preso ilsopravvento. In altre parole il progressotecnologico ha portato consé il distacco del medico dal malatoe viceversa e la disumanizzazionedella medicina.Diventa sempre più difficiletrovare un medico che si prendacura “globale” di un malato nellasua complessità psicofisica e spirituale.Molto più facile trovare ladisponibilità di un “tecnico” capacedi risolvere un “guasto” organicomagari con interventi di altissimatecnologia sino al trapianto multiplodi organi. <strong>Il</strong> distacco del medicodal paziente riflette lo sguardodella medicina che analizzandoaspetti sempre più microscopicidella malattia finisce per perdere divista l’elemento più importante, lapersona malata.<strong>Il</strong> paziente è cambiatoAnche il paziente è molto cambiatonegli ultimi cinquant’anni: la modificazioneha una matrice positiva,tipica della modernità: l’uomo modernorivendica in ogni atto la suaindividualità e la sua autonomia.Infatti negli ultimi decenni si èassistito, in parallelo ad altri grandieventi sociali, a una crescita diautonomia del paziente, che lo haportato a rifiutare una medicina ditipo paternalistico per preferire unapproccio in cui anch’egli è parte incausa. L’istituzione del Tribunale deidiritti del malato o la regolamentazionedel consenso informato sonosegni indicativi di questa nuovaautonomia. <strong>Il</strong> paziente è oggi piùesigente e più informato: cresconole associazioni dei malati, in cui ipazienti decidono di tramutare lasofferenza privata in ricerca di miglioricondizioni di cura e assistenzae anche di una migliore comunicazionemedico-paziente.<strong>Il</strong> principio di autonomia rappresentaun passo avanti nella relazionemedico e paziente: il malato non èpiù oggetto passivo, ma diviene soggettoattivo nel processo decisionale169Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità170e persino nel processo di guarigionedalla malattia. In questo caso ilmedico lavora con il paziente.È chiaro che il rapporto medicopazientedeve evolversi in sintoniacon il progresso scientifico senzaperdere però la caratteristica fondamentalee irrinunciabile di essereun’alleanza tra persone.La crisi nella comunicazionemedico-pazienteLe esperienze di molti pazientimettono in luce invece che la comunicazionemedico-paziente è spessoinsoddisfacente e frustrante perentrambi, sia sul piano verbale chesu quello non verbale. Ogni pazientevorrebbe trovare nel proprio medicocurante una versione del vecchiocaro medico di famiglia, come ormaice lo tramanda solo la tradizionepopolare: uno specialista esperto,scrupoloso, ma prima di tutto unuomo: caloroso, amichevole e anchefine psicologo. Si tratta di unafigura mitica e forse anche il medicomosso dalle migliori intenzioni nonriuscirebbe a emularne le capacità el’umanità: il problema è che l’attualerapporto medico-paziente si risolvespesso in una visita sbrigativa, spersonalizzatae insoddisfacente per ilpaziente che non si sente capito eper il medico che vede i suoi sforziterapeutici vanificati spesso dallamancanza di collaborazione da partedell’assistito.Un dialogo più profondo e apertoinvece andrebbe vantaggio dell’efficaciadella cura: se i pazienti sonoinformati e coinvolti nelle decisioni,si rivelano più collaborativi e piùaderenti alle prescrizioni.Le aspettative del paziente sipossono riassumere in questi punti:– Essere riconosciuto come personache ha bisogno di aiuto e noncome organo da curare;– Essere rispettato;– Essere ascoltato;– Essere guardato;– Avere informazioni chiare esemplici sulla malattia e sullaterapia;– Poter esprimere i propri dubbi,paure, ansie;– Non sentirsi giudicato;– Essere accompagnato.Spesso, nel gergo sanitario, hosentito parlare di “presa in carico”del paziente: questa espressione,a ben vedere, evoca un senso dipesantezza, di oppressivo fardelloinanimato da sostenere. A questoproposito vale forse la pena di ricordareche il malato, la persona chesoffre, soffre prima di tutto quandosi sente un peso per gli altri. Inrealtà, forse, sarebbe più opportunoparlare di “accompagnamento” nellamalattia e nel tragitto finale checonclude il percorso esistenziale diogni essere umano.Alcune illuminanti riflessioni diKarl Jaspers (1883-1969), grandefilosofo e medico tedesco, nel suosaggio <strong>Il</strong> medico nell’età della tecnica,possono aiutarci a far luce sulsenso più profondo della medicina:“Giunti ai confini della medicinascientifica, senza filosofia non sipuò dominare la stoltezza, il medicoche sulla base del progressoscientifico è in grado di fare coseinaudite, diventa veramente medicosolo quando assume tali pratiche nelsuo filosofare. Attraverso l’intimitàProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


coi suoi malati il medico perviene,nella sua sobrietà, all’esperienzaumana”.Jaspers ci soccorre anche in unaltro aspetto molto importante dellariflessione: ”<strong>Il</strong> medico non è solo untecnico né un salvatore ma un uomoche sa di dover morire lui stesso,un’esistenza al servizio di altre esistenze,che realizza con il paziente,nel paziente e in se stesso le virtùdella dignità e della libertà.”Su questa riflessione di Jaspersdovrebbero meditare i medici, maanche i pazienti, che spesso corronoil rischio di idealizzare la figura delmedico. Non dovremmo scordarciinfatti che il medico è innanzi tuttoun essere umano che ha sceltouna professione, che, con tutti ilimiti e le discordanze della naturaumana, è stata per secoli quella diaccompagnare il proprio simile neldramma ineludibile della sofferenzae della morte, contrastandole conempatia.In particolare, ogni pazientedovrebbe avere ben presente cheil medico:– È un essere umano;– Non è onnisciente e onnipotente;– Può sbagliare;– Si aspetta la fiducia del pazientee la sua collaborazione.Chirone, il guaritore feritoKarl Jaspers chiarisce un altro aspettofondamentale per la nostra riflessione:“<strong>Il</strong> progresso della tecnica,della conoscenza scientifica, se nonsi accompagna a una consapevolezzadei propri limiti, viola la terapiae violenta il malato, frustrando lospirito e l’anima”.Chirone, il guaritore ferito, ilcentauro che insegnò l’arte medicaa Esculapio, era portatore di feriteinguaribili. <strong>Il</strong> filosofo H. G. Gadamer,recuperando il mito del centauroChirone, sostiene che quello occorreper una medicina più umana è lafigura del medico visto come unguaritore ferito. Ma per riuscire acomunicare con il malato sarebbeassurdo attendere che il medicosi ammali: questa consapevolezzadeve passare anche attraverso unpercorso di maturazione, fatto diuna diversa formazione, una praticaclinica più completa, una versioneaggiornata del binomio “scienza ecoscienza”.La diffusa istanza di “umanizzazione”della medicina sembra invocaremeno tecnica e meno scienza:in realtà occorrono più umanità epiù scienza: la scienza va arricchitacon il sapere delle relazioni, che nonè esterno alla professione medica, ilvissuto dei pazienti li fa diversi unodall’altro e richiede risposte diverseal medesimo protocollo.L’ostacolo maggiore nella comprensionereciproca consiste nellanatura intrinsecamente statisticadella conoscenza e del ragionamentomedico, che fa correre il rischio ditrascurare come rumore di fondoinformazioni essenziali che può dareil paziente e di perdere la ricchezzadi sapere che ogni caso individualeporta con sé.Un altro rischio che corre il pazienteè quello di essere ridotto adato biologico, alla malattia, se nonagli organi colpiti: l’utero, il cuore, ilfegato, di non sentirsi trattato comeuna persona intera dotata di corpo e171Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità172spiritualità. Si discute sempre di piùdel “dolore”inutile”, ma la sofferenzava oltre il dolore fisico. Nietzsche hascritto: “<strong>Il</strong> malato soffre più dei suoipensieri che della stessa malattia”.Se il medico è competente sulla malattia,il malato è l’unico competentea dire come la vive e la soffre, solo ilpaziente sa quali sintomi accusa e ladescrizione dei sintomi è varia quantoi pazienti stessi. <strong>Il</strong> medico deveimparare dal malato le informazionisu come vive la malattia.Quest’esigenza è molto sentitafra i malati e spiega perché moltiche si rivolgano alle medicine nonconvenzionali, forse perché in queicontesti curante e curato si interroganoinsieme sul male e la cura.Terzani nel suo racconto sull’approcciocon la medicina occidentaledice a questo proposito: “Io eroun corpo, un corpo ammalato daguarire. E avevo un bel dire: ma iosono una mente, forse anche unospirito e certo sono un cumulo distorie, di esperienze, di sentimenti,di pensieri, di emozioni che con lamia malattia hanno probabilmenteavuto un sacco a che fare! Nessunosembrava volerne o poterne tenereconto. Quello che veniva attaccatoera il cancro ben descritto neimanuali. Ma non il mio! Non persial fiducia nei medici a cui mi eroaffidato, anzi. Ma più li conoscevopiù sentivo che erano come violinicui mancava una corda. L’esperto diturno non veniva a toccarmi, o adauscultarmi. La sua attenzione erarivolta esclusivamente a pezzi, allaloro rappresentazione, all’immagineche di quei vari pezzi comparivasullo schermo del suo computer”.La responsabilità del pazienteTuttavia non è in gioco solo il miodiritto di malato a essere preso incura, a essere informato e ascoltato,a esprimermi sul modo in cuivivo la malattia.C’è anche il mio diritto/doveredi contribuire ad accrescere, comepaziente, la scientificità dellarelazione terapeutica. La quale,quando funziona, non produce solouna cura, ma un sapere, un saperenuovo, condiviso, prodotto dall’incontrotra competenza disciplinaredel medico e sapere di sé.Se per medici può risultarefondamentale potenziare maggiormentela propria formazione, anoi pazienti serve comunicare siaverticalmente che orizzontalmentetra noi: per imparare a trattare colmedico, per rassicurarci, per rafforzarci,ma anche per elevare il livellodi consapevolezza e costruire unpatrimonio culturale condiviso,fatto di esperienze di cura e comunicazione,che consenta di aumentarela conoscenza, di avere unconfronto con la scienza medica, dipensare nel merito e nel metodo dicura e di comunicazione. In quantopersone dotate di conoscenze (peresempio sugli effetti dei farmacisul proprio organismo), possiamotrasformare diversi aspetti dellaprassi medica, fra cui anche il modoin cui si guarda alla malattia.In generale tutte le associazionidei malati sono un luogo dimediazione tra pazienti e medicinae svolgono un ruolo propositivodando impulso alla ricerca anchesulla base dei dati epidemiologicidei propri soci. Medici e ricerca-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


tori hanno un’insperata fortunaad avere una fonte così mirata diinformazioni, di cui potrebberoavvalersi.Appare chiaro allora come quelloche serve tra pazienti e medici nonsia un rapporto paternalistico, oamicale, e, tantomeno, un rapportoformale, meramente contrattuale,ma un nuovo patto morale: il BritishMedical Journal ha parlato diun nuovo “contratto sociale”, unacollaborazione che parta senzademagogia dalla presa d’atto delleasimmetrie di potere e dei rischidi reciproca sudditanza, per darvita a un patto basato su reciprocafiducia.Da paziente esigente, innanzitutto con me stessa, vorrei chei malati, meglio se organizzati,si ricordassero che il loro primodovere – se si vuole davvero rinnovareun patto epocale come quelloche ci sta davanti – è quello diprendersi la loro parte di responsabilitàdella malattia e della cura,informarsi, uscire dall’ignoranza edalla rassegnazione comunicativa.<strong>Il</strong> ruolo di un’associazionedi malatiIn questi anni di impegno nell’AssociazioneTrentina Malati Reumaticiè maturata in me la consapevolezzadell’importanza che l’azione diun’associazione di malati può svolgereper migliorare le condizionidi cura e di assistenza dei malati,ma anche per migliorare il lavorodegli stessi medici: rendendoliconsapevoli che il paziente è, indefinitiva, il luogo stesso di originedell’arte medica, e che le opinionidel paziente, per quanto discutibili,non sono mai arbitrarie, che il medicopuò esercitare la propria artemettendosi in gioco, cimentandola propria “ verità” con quella delmalato, rammentando che la veritàscaturisce dalla comunicazione conl’altro.<strong>Il</strong> dialogo, il confronto continuocon i nostri medici del reparto diReumatologia dell’Ospedale SantaChiara e dell’Unità Operativa diMedicina Legale dell’APSS, ci hapermesso di avviare una fruttuosacooperazione, che ha prodottorisultati importanti sia sul pianodell’informazione che della comunicazione:insieme abbiamoprogettato e realizzato un sitointernet per i malati reumatici del<strong>Trentino</strong> (www.reumaticitrentino.it), che affianca un altro strumentoinformativo, il notiziario, di recentepubblicazione. Possiamo affermare,con un certo orgoglio, di essereriusciti a dar vita a una sinergiache mette in campo le competenzescientifiche dei medici e dall’altrole competenze dei malati sulle propriemalattie e sulle problematichesociali e relazionali che ogni giornodebbono affrontare.Insieme ai nostri medici stiamolavorando anche ad altri progetti,cui attribuiamo particolare rilievo:fra essi voglio ricordare, proprio perl’attinenza che ha con il tema deiDialoghi, un convegno intitolato Larelazione di cura: medico e pazientefra tecnica e nuovo umanesimo, cheè stato ideato dalla nostra Associazione,ma ha trovato l’adesioneconvinta di personalità che conil loro contributo faranno sì che173Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità174l’iniziativa sia un’occasione di incontroe confronto interdisciplinarefra medici, infermieri, studiosi diambiti disciplinari diversi, rappresentantidi associazioni dei malati.<strong>Il</strong> convegno, organizzato in collaborazionecon l’Ordine dei Medicie il Collegio degli Infermieri del<strong>Trentino</strong>, avrà luogo a Trento, allaSala della Cooperazione, l’8 marzo2008.Per il nostro convegno abbiamoscelto come immagine emblematical’affresco della Sala del Pellegrinaio(1440), un affresco Domenico diBartolo all’Ospedale di Santa Mariadella Scala, Siena. La sala delPellegrinaio è il più antico ambientesuperstite dell’architetturaospedaliera italiana, adibito fin daiprimi decenni del ‘300 al ricoverodi infermi, estremo rifugio dei disperati,poveri, malati contagiosi.La decorazione del Pellegrinaio, conl’affresco <strong>Il</strong> governo degli infermi fuaffidata all’artista senese Domenicodi Bartolo. Quest’immagine riassumeemblematicamente il senso profondodell’assistenza agli infermi comegesto di carità, in cui la cura delcorpo è importante tanto quelladell’anima…Per concludere, ritengo che lacollaborazione con il malato aiutiil medico a coinvolgersi nelladecifrazione del messaggio chel’ammalato cerca di comunicargli. Equesta collaborazione conduca medicoe malato fuori dalle rispettivesolitudini, facendoli ritornare allacomplicità dell’antichissima artedella guarigione, facendoli percorrereinsieme il cammino verso unnuovo Umanesimo.Medico aiuta te stesso, così aiuteraianche i tuoi malati. Questo sia il suoaiuto migliore: che egli guardi con gliocchi colui che risana se stesso.(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra).Annamaria Marchionne è Presidentedell’Associazione Trentina Malati Reumatici.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Attori e organizzazionedel processo informativosanitarioFederica RosaCreare condizioni organizzative significaanche costruire un clima in cui la centralitàdel paziente faccia crescere una culturadi complementarietà piuttosto chedi contrapposizione e dipendenza gerarchica.Le basi normativedella professione infermieristicaPrendendo in esame la responsabilitàche norma l’agire professionaledell’infermiere, e quindi la responsabilitàgiuridica, il primo riferimento,anche in ordine di importanza, è laCostituzione, che all’art. 32 parladel consenso ai trattamenti. Taleresponsabilità innegabilmente investeanche lo specifico professionaledell’infermiere che sempre di piùdiventa corresponsabile di scelteassistenziali quali, per esempio,l’applicazione di presidi, la decisionedel ricorso alla contenzionenon farmacologia (a cui nel codicedeontologico è dedicato un commadell’art.4,), la compartecipazione ascelte terapeutiche controverse siaper gli operatori che per i famigliaricome la nutrizione artificiale…Le leggi sul segreto professionalee d’ufficio e, più recentemente,la legge 675/96 sulla tutela dellaprivacy vanno considerate nellagestione quotidiana delle informazioni,anche in virtù della tipologiadi pazienti di cui prevalentementeci occupiamo (pazienti anziani e/ocronici), sia per la quantità di informazioniche li accompagnano, cheper la loro “delicatezza”. Ci sono deimomenti, quali i passaggi di informazioni(per esempio, la consegnanell’avvicendamento dei turni), cherichiedono un approccio particolarmenteresponsabile e attento. Prevedereinoltre degli spazi dedicati,anche per i colloqui con i pazientie con i loro famigliari, diventa unanecessità non più procastinabile.<strong>Il</strong> Profilo dell’infermiere (D.L.736/1994) da questo punto di vistasi può definire altamente innovativoin quanto, oltre all’autonomiain ambito assistenziale, riconosceall’infermiere una specifica responsabilitàin ambito relazionale,riconoscendo infatti che l’assistenzainfermieristica “è di natura tecnica,relazionale, educativa”.Un altro riferimento importanteè il Codice deontologico che dedicaun articolo alla relazione con l’assistito.L’articolo è strutturato in 18commi, tra i quali il 4.15 è dedicatoall’ascolto, che arricchisce la comunicazionerendendola qualcosa didiverso dall’informazione: “L’infermiereascolta, informa, coinvolgela persona e valuta con la stessa ibisogni assistenziali, anche al finedi esplicitare il livello di assistenzagarantito e consentire all’assistito diesprimere le proprie scelte”.La legge 42 del 1999 da pienoriconoscimento e forza al profilo:”<strong>Il</strong> campo proprio di attività e di responsabilitàdelle professioni sanitarie[…] è determinato dai contenutidei decreti ministeriali istitutivi deirelativi profili professionali e degli175Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità176ordinamenti didattici dei rispettivicorsi di diploma universitario e diformazione post-base nonché deglispecifici codici deontologici”.<strong>Il</strong> processo di comunicazioneQuali sono gli attori coinvolti? Inprimo luogo il paziente, che è l’unicodetentore delle informazioni chelo riguardano. Questa prerogativacrea talvolta situazioni di difficilegestione che chiamano in causamodalità di delega non contemplatedalla normativa vigente a cui sideve supplire ricercando alleanza,consenso, confronto e integrazioneanche tra le diverse figure allo scopodi ricercare soluzioni adeguate e,spesso, di compromesso.Attorno al paziente ruota unamolteplicità di persone che in qualchemodo entrano nel processo dellacomunicazione: gli operatori internialla struttura appartenenti ad altreunità operative e servizi, spessospecialisti, che devono gestire lacomplessità clinico-assistenzialedi cui sono portatori i pazienti;gli operatori esterni, operatori deiDistretti, medici di base, assistentisociali, con i quali è indispensabilecostruire una rete di collaborazionebasata sullo di scambio di informazioni.Tutte queste persone hannoformazione, ruoli e responsabilità,ma anche appartenenze e culture,diverse. La trasformazione culturaleche investe la nostra societàriguarda e riguarderà sempre di piùnon solo i pazienti, ma anche glioperatori. <strong>Il</strong> fenomeno delle badantiè già una realtà con cui quotidianamentedobbiamo misurarci. Lebadanti, che supportano le famigliee i care-givers, vengono coinvoltenell’assunzione di responsabilità,che gli operatori delegano loro attraversopratiche educative.Va sottolineata l’importanza dellacontinuità delle informazioni, finalizzataalla continuità assistenziale.C’è una responsabilità che investeogni operatore nel tenere un collegamentorispetto alle informazioniimportanti che riguardano il pazientee il suo contesto di riferimento,soprattutto se correlate al processodecisionale, considerando non soloquelle riguardanti il “qui e ora”, maanche quelle attinenti a “il primae il dopo” di un evento, come, peresempio, il ricovero in una strutturaospedaliera, di lungodegenza, RSA oil rientro a domicilio.L’educazione negli ultimi anniha assunto un ruolo di rilievo nelprocesso assistenziale anche se, perrispondere efficacemente alle nuoveesigenze e domande che riguardanola salute, sarebbe necessario unnotevole investimento professionalee organizzativo. In <strong>Salute</strong>, malattiae cura. Teorie e percorsi di clinicadella formazione per gli operatorisociosanitari, della pedagogista LuciaZannini, si trovano interessantispunti di riflessione sulla relazioneeducativa. In particolare,viene sottolineatal’importanza dell’ascoltodella persona che costituisce lacondizione per attuare un processodi educazione del paziente. La persona,con la sua storia, deve esserecoinvolta in modo attivo, anchemediante la relazione d’aiuto, nondeve essere lasciata sola nei momentidifficili, ma sostenuta nella sceltae nelle decisioni.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


La relazione d’aiuto ha acquisitoall’interno dei percorsi formativiun certo rilievo, non esteso peròautomaticamente al mondo lavorativo,il quale appare variegatoanche in termini di preparazione edi competenze professionali e chequindi richiederà tempo per il suoconsolidamento.La documentazione rimane unafinalità che indubbiamente responsabilizzail singolo operatore,quantunque comporti il rischio diuna mentalità difensivistica, da cuiè bene prendere le distanze.Rispetto alla documentazionee all’educazione anche a livello dimacro-organizzazione, il processodi accreditamento della strutturaha visto la realizzazione e diffusionedi un sistema di procedurecomportamentali che, a partiredal sistema informativo, ha ridisegnatoalcuni processi clinicoassistenziali. È stato avviato unimportante processo innovativoche rinforza modelli di assunzionedi responsabilità degli operatorie prevede l’utilizzo di strumentiquali la cartella integrata, per laregistrazione, la documentazionee il passaggio delle informazioni,contenente anche strumenti finalizzatialla gestione della continuitàassistenziale (piano assistenziale,di dimissione) e dell’educazione aipazienti e ai famigliari.La sicurezza (che approfondiremopiù avanti) è una finalitàimportante, sebbene talvolta risultitrascurata,anche per il peso chesta acquisendo nel dibattito tra iprofessionisti, soprattutto a livellodi macro-organizzazione.Lo scenario attuale<strong>Il</strong> progresso tecnologico ha interessatoprofondamente il mondodell’informazione. Da una parte, ciòsta producendo inflazione e consumismodell’informazione, talvoltadisorientando e creando disparitànell’accesso e nell’utilizzo dellastessa. Ma, al contempo, offre l’opportunitàdi dare il via a un processodi democratizzazione che rendeormai inevitabile (anche se lento etalvolta conflittuale) un processo ditrasformazione dei rapporti operatoresanitario-paziente.È utile allargare l’analisi del contestorichiamando l’importanza delprocesso di transizione epidemiologicadalla malattia acuta a quellacronica, legata all’allungamentodell’aspettativa di vita con le sueripercussioni sull’intero processoclinico-assistenziale. La radicaletrasformazione demografica (e conseguentementesocio-economica)avvenuta negli ultimi decenni, hamesso in crisi il sistema di Welfare,con una ricaduta del caricoassistenziale all’interno di famiglieche, sia sul piano strutturale chesu quello economico, sono sempremeno in grado di farvi fronte.Queste considerazioni spingono adisegnare nuovi modelli organizzativiche ridefiniscano la responsabilitàa diversi livelli, diano la possibilitàdi costruire relazione e integrazioneinterprofessionali e sostengano lanecessità di allargare a chi con noicondivide la gestione di pazienti i nostriconfini relazionali, che diventanosempre più complessi e più compromessi,sia sul piano funzionale che suquello psicologico/cognitivo.177Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità178Nella gestione di momenti incui la comunicazione mette a duraprova, anche in termini di coinvolgimentoemotivo, chi si trova agestirli in prima persona, gioca unruolo centrale il medico. Egli rimanela figura professionale maggiormentecoinvolta in alcune fasi crucialidel percorso clinico-assistenziale,quali la comunicazione di diagnosio prognosi infauste, la decisionein merito a scelte terapeutiche difine vita o nella fase avanzata dimalattie croniche, neurologiche, caratterizzateda grave deterioramentocognitivo. Diventa sempre piùimportante la ricerca del confrontoe dell’integrazione con altre figureprofessionali che contribuiscano allaraccolta di informazioni, all’internodi tempi e spazi della complessitàcomunicativa dedicati all’ascoltoe alla comprensione degli aspettipeculiari che riguardano il contestofamigliare, sociale e affettivo.Informazioni che diventano particolarmenteimportanti quando, pergarantire efficacia, appropriatezza econtinuità nelle cure al paziente, sidevono cercare strategie e modalità(anche comunicative e di integrazione)non consuete e, soprattutto,quando esse diventano determinantinel migliorare la qualità di vita delpaziente e della famiglia.La competenza linguisticaLa complessità del processo comunicativocomporta la ricerca dirisposte formulate da prospettivediverse e la necessità di attribuirediversi livelli di responsabilità. Siconsideri, per esempio, la competenzalinguistica che dovrebberopossedere i diversi protagonisti delprocesso di comunicazione per evitareconseguenze negative, soprattuttonell’ambito della sicurezza.La competenza linguistica (healthliteracy) è il grado di capacità cheha l’individuo nel raggiungere,elaborare e comprendere le informazionibasilari e il fabbisognodi servizi per decidere in modoappropriato.Moltissime persone (per svariatimotivi: età, condizioni economiche,o sociali, cultura e lingua diverse…)si trovano in una situazione disvantaggio rispetto alla competenzalinguistica. È importante sottolineareche anche le persone piùcompetenti possono essere limitatenella comprensione di informazionisulla salute quando sono toccate dauna malattia, in quanto si sentonopiù vulnerabili. Una ricerca pubblicatain Archives of Internal Medicinerileva come negli anziani con unascarsa competenza linguistica euna ridotta comprensione dei testiscritti vi sia un tasso di mortalitàsuperiore rispetto ai coetanei piùacculturati (più competenti linguisticamente).Da alcuni anni, nella letteraturamedica anglosassone la competenzalinguistica è oggetto di studi e ricercheche sottolineano come talvoltasi trascurino o si diano erroneamenteper scontate caratteristiche degliattori del processo di comunicazione.Caratteristicamente, il contestosocioculturale americano presentaconnotati di forte differenziazionee disomogeneità, ma profondi e rapidimutamenti stanno interessandoanche la realtà europea e italiana,Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


prospettando l’affermarsi di unasocietà multietnica e multiculturaleche sta già facendo emergere nuovibisogni e domande anche nel mondodella salute.La Joint Commission statunitenseha pubblicato un documento(white paper) contenente una seriedi raccomandazioni per migliorare leabilità dei pazienti nella comprensionedelle complesse informazioniin campo medico. <strong>Il</strong> documentomette a punto raccomandazioniper i diversi soggetti interessati,compresi i politici, allo scopo diridurre i rischi correlati alla scarsacompetenza linguistica.Tra gli argomenti presi in esamecompare anche il consenso ai trattamenti,rispetto al quale vengonoriportati dati che testimonianoquanto sia ancora attuale l’ormaiannoso dibattito sul tema: il 44%delle persone non comprendonoa fondo il significato di ciò chestanno firmando; il 60-70% nonleggono o non comprendono leinformazioni contenute nel testo.Queste percentuali comprendonouna quota, attualmente non quantificata,riguardante persone conbassa competenza linguistica.Un’altra importante segnalazioneriguarda l’alta percentuale dierrori ed eventi avversi causati dainsuccessi nella comunicazione: ildata base che raccoglie gli eventisentinella rileva che per il 65% sonodovuti a errori di comunicazione.Anche la comunicazione verbaleè causa di errori di omissione perdimenticanza, conseguenti adambiguità semantica, fonetica olessicale.<strong>Il</strong> documento riporta diversi casiemblematici, storie che probabilmentefanno parte della quotidianitàdi ogni operatore sanitario.Ne riportiamo due, a titolo esemplificativo:il caso della moglie diun paziente che acconsentì all’inserzionedi una PEG per la nutrizione,decisione che andava controi desideri della famiglia; il caso deigenitori che non furono in grado didescrivere correttamente l’episodioepilettico occorso alla figlia aglioperatori del servizio di emergenzai quali, sulla base delle informazioniricevute, iniziarono a trattarla peruna presunta polmonite.Nel documento si segnala chediverse iniziative sono in corso perpromuovere buone pratiche e favorireuna comunicazione centrata sulpaziente, tra cui la predisposizionedi una guida per far comprendereproposte di trattamenti e relativepossibili complicanze. Si incoraggia,per esempio, l’adozione dellatecnica della ripetizione di informazionisui trattamenti (back-teach),modalità che evidentemente non èscontata come potrebbe sembrare.I modelli organizzativiRaggiunta a domicilio, su segnalazionedei vicini, l’anziana signoraG.A. giunge nel reparto di geriatriain condizioni igieniche e nutrizionaliprecarie.Dall’infermiera che si occupadelle dimissioni difficili (Coordinatoredi percorso) viene contattatal’assistente sociale del territorio.Unico familiare di riferimento risultauna nipote che da anni non vede lazia; entrambe manifestano la non179Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità180disponibilità a incontrarsi. La signora,pur migliorata clinicamente,non aveva raggiunto la completaautosufficienza e, inoltre, un lievedeterioramento cognitivo la rendevainabile alla gestione autonomadella terapia. La realizzazione di unprogetto di continuità assistenzialesul territorio procedeva molto arilento. Ma, alla fine, anche graziealla nipote, si riuscì a creare unarete sul territorio proponendo allasignora una soluzione che lei accettò:un periodo in lungodegenzain attesa di un posto in RSA – chepoteva essere temporaneo, in attesadell’attivazione di adeguatosupporto sociosanitario a domicilio,oppure definitivo, se la signora sifosse trovata bene. Si è provvedutoinoltre a fornirla di un apparecchioacustico, eliminando una barrierache si poneva tra lei e gli altri. Recentemente,la nipote ci ha riferitoche la zia, nella RSA dove si trova,è soddisfatta e si sente protetta eaccudita.Questa storia è emblematica:avere creato le condizioni organizzative,avere cioè individuatouna figura dedicata alla gestionedi casi complessi, anche sul pianocomunicativo, ha permesso diarrivare a una soluzione soddisfacenteprevedendo anche il temponecessario alle persone coinvolteper maturarla.Sono necessari quindi modelliorganizzativi centrati sulla presain carico e sulla continuità assistenziale,aventi come finalitàanche la creazione di una rete disupporto che aiuti il paziente ela famiglia a trovare risposte adeguate.Di supporto a tali modellisono gli strumenti di integrazione(cartella clinica integrata, piani didimissione, percorsi educativi, letteredi dimissione…) il cui utilizzodeve consolidarsi diventando prassicondivisa.Ma sono necessari anche modelliorganizzativi che prevedano losviluppo e la differenziazione dellecompetenze. La sperimentazione diuna figura di collegamento, che nellanostra realtà è stata individuatanel coordinatore di percorso, è unadelle modalità organizzative sperimentatein diversi Paesi europeie anglosassoni. Questa scelta è inlinea con il dibattito che si sta sviluppandoall’interno della professione,riguardante la ricerca di modelliorganizzativi che meglio rispondonoai mutati bisogni di salute e chepermettano di sperimentare buonepratiche nella comunicazione centratasul paziente.Altri modelli organizzativi estrumenti di integrazione, quali ilprimary nurse e il case manager,già sperimentati in alcune realtà,ci suggeriscono di muoverci in altredirezioni. Creare le condizioni organizzativesignifica stabilire “chi risponde”e “a chi si risponde”, crearespazi organizzativi per ampliare“spazi mentali” e costruire un climadove la centralità del paziente e lafamiglia fanno crescere una culturadi complementarietà piuttosto chedi contrapposizione e dipendenzagerarchica. Creare le condizioni organizzativesignifica anche rivederemodalità e strumenti di gestioneche già possediamo, come l’inserimentodi un neoassunto, il profiloProvincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


delle competenze, le diverse fasidella valutazione.I modelli organizzativi di cui siè parlato fanno emergere anche lanecessità di prevedere diversi livellidi responsabilità:– una responsabilità diffusa, riferitaai mandati professionali,capace di integrare i diversiattori coinvolti, in virtù dellaquale ciascun operatore deveessere responsabile nel garantireun determinato standard dicomunicazione;– una responsabilità del singoloprofessionista, che riconduceallo sviluppo di competenzespecifiche e/o avanzate per lagestione non tanto di attivitàquanto di percorsi assistenziali,educativi, di gestione del progettoclinico-assistenziale neicasi più complessi.Federica Rosa è Infermiera.181Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazionee responsabilità:sintonie e interferenzeFabio CembraniLa responsabilità che fonda l’alleanzatra il professionista e il cittadinoè la responsabilità del sapere: del saperessere, del saper fare, della competenza,della lealtà, dell’impegno, dell’ascolto.<strong>Il</strong> tema di questo Dialogo è un temamodulato da ampie “sintonie” eda profonde “interferenze” checondizionano, alla stregua di forzevettoriali opposte, la relazione dicura che voglio intendere e rappresentarecome un ambiente socialedove il linguaggio è forma di vita edove il dire non è semplicemente farrumore, in quanto tra le parole e ildire esiste la dimensione dell’approvazionesociale (Cavicchi, 2004).Certamente sul tema della responsabilitàcomunicativa convergonoampie “sintonie” e mi riferiscoalle indicazioni, chiare e inequivoche,del diritto vivente, delle normesovranazionali e delle deontologieprofessionali che sanciscono un dirittopreciso: quello all’informazioneadeguata che, nel campo medico,conferisce alla persona la capacitàdi partecipare in maniera attiva alprocesso di cura e che rappresentala pre-condizione di esercizio dellalibertà personale e di affermazionedella dignità personale.Ma, altrettanto certamente, iltema è condizionato da profonde“interferenze” o, per dirla in altreparole, da forze che agiscono antiteticamentealle precedenti nontanto nel contrastare il diritto dellapersona di avere un’informazioneadeguata in campo bio-medico,quanto invece nel rendere talediritto statico e, molto spesso, purtroppo,formale-nominale.Riguardo le “sintonie” credo chein questi Dialoghi sia stato dettomolto in riferimento alle indicazioni,chiare e inequivoche, che emergonodalla Dichiarazione Universaledei Diritto dell’uomo (1948), dallaCarta costituzionale (1948), dallaConvenzione sui diritti dell’uomo esulla biomedicina adottata a oviedoil 4 aprile del 1997, dalla Carta deidiritti fondamentali dell’Unione europea(2000) e dalla Carta europeadei diritti del malato (2003).Indicazioni che non potevanonon essere accolte dai Codicidi deontologia professionale chehanno progressivamente perso laloro originaria impostazione “corporativa”con un progressivo egraduale allargamento di orizzontein cui trovano oggi ampio spazio leregole di condotta professionale inrapporto alle istituzioni, ai rapportiintra- e inter-professionali e, soprattutto,in relazione ai destinataridell’azione professionale e ai dirittifondamentali della persona. Traquesti, il diritto di ricevere un’informazioneadeguata e a esprimere,di conseguenza, il proprio personaleconsenso a qualsiasi attività diagnosticae/o terapeutica.Una carrellata dei diversi Codicidi deontologia professionale è certamenteutile per rafforzare ciò.182Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Codice di deontologia medicaArt. 33 (Informazione al cittadino)<strong>Il</strong> medico deve fornire al pazientela più idonea informazione sulladiagnosi, sulla prognosi, sulleprospettive e le eventuali alternativediagnostico-terapeutichee sulle prevedibili conseguenzedelle scelte operate.<strong>Il</strong> medico dovrà comunicare conil soggetto tenendo conto dellesue capacità di comprensione, alfine di promuoverne la massimapartecipazione alle scelte decisionalie l’adesione alle propostediagnostico-terapeutiche.Ogni ulteriore richiesta di informazioneda parte del pazientedeve essere soddisfatta.<strong>Il</strong> medico deve, altresì, soddisfarele richieste di informazione delcittadino in tema di prevenzione.Le informazioni riguardanti prognosigravi o infauste o tali dapoter procurare preoccupazione esofferenza alla persona, devonoessere fornite con prudenza,usando terminologie non traumatizzantie senza escludereelementi di speranza.La documentata volontà dellapersona assistita di non essereinformata o di delegare ad altrosoggetto l’informazione deveessere rispettata.Art. 35 (Acquisizione del consenso)<strong>Il</strong> medico non deve intraprendereattività diagnostica e/o terapeuticasenza l’acquisizione delconsenso esplicito e informatodel paziente.<strong>Il</strong> consenso, espresso in formascritta nei casi previsti dallalegge e nei casi in cui per laparticolarità delle prestazionidiagnostiche e/o terapeuticheo per le possibili conseguenzedelle stesse sulla integrità fisicasi renda opportuna una manifestazionedocumentata della volontàdella persona, è integrativoe non sostitutivo del processoinformativo di cui all’art. 33.<strong>Il</strong> procedimento diagnosticoe/o il trattamento terapeuticoche possano comportare graverischio per l’incolumità dellapersona, devono essere intrapresisolo in caso di estremanecessità e previa informazionesulle possibili conseguenze, cuideve far seguito una opportunadocumentazione del consenso.In ogni caso, in presenza di documentatorifiuto di persona capace,il medico deve desistere daiconseguenti atti diagnostici e/ocurativi, non essendo consentitoalcun trattamento medico controla volontà della persona.<strong>Il</strong> medico deve intervenire, inscienza e coscienza, nei confrontidel paziente incapace, nel rispettodella dignità della persona edella qualità della vita, evitandoogni accanimento terapeutico,tenendo conto delle precedentivolontà del paziente.Codice deontologicodel farmacistaArt. 51. Costituisce obbligo professionaledel farmacista fornire alpaziente le informazioni e i chiarimentiopportuni circa: conservazione,contenuto, attività terapeutica,posologia, modalità e183Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità184tempi di somministrazione, controindicazioni,effetti collateralie incompatibilità di qualunquenatura dei medicinali dispensati.Deve anche fornire consigli eindicazioni igieniche, sanitariee alimentari, a completamento esostegno dell’evoluzione e dellaappropriatezza della terapia,mirando al recupero e al mantenimentodello stato di salute.2. <strong>Il</strong> complesso degli interventiche accompagnano la dispensazionedel farmaco deve esseresvolto in condizione di riservatezzaper il paziente.3. <strong>Il</strong> farmacista concorre allacorrettezza della terapia attraversoun puntuale servizio difarmacovigilanza.4. <strong>Il</strong> farmacista promuove e partecipaa campagne di prevenzionee di educazione <strong>sanitaria</strong>.Codice deontologicodello psicologoArt. 24Lo psicologo, nella fase inizialedel rapporto professionale, fornisceall’individuo, al gruppo,all’istituzione o alla comunità,siano essi utenti o committenti,informazioni adeguate e comprensibilicirca le sue prestazioni,le finalità e le modalità dellestesse, nonché circa il grado e ilimiti giuridici della riservatezza.Pertanto, opera in modo chechi ne ha diritto possa esprimereun consenso informato. Se laprestazione professionale hacarattere di continuità nel tempo,dovrà esserne indicata, ovepossibile, la prevedibile durata.Art. 9Nella sua attività di ricerca lopsicologo è tenuto a informareadeguatamente i soggetti in essacoinvolti al fine di ottenerne ilprevio consenso informato...Egli deve altresì garantire atali soggetti la piena libertà diconcedere, di rifiutare ovvero diritirare il consenso stesso.Nell’ipotesi in cui la naturadella ricerca non consenta diinformare preventivamente ecorrettamente i soggetti sutaluni aspetti della ricerca stessa,lo psicologo ha l’obbligo difornire comunque, alla fine dellaprova ovvero della raccolta deidati le informazioni dovute e diottenere l’autorizzazione all’usodei dati raccolti. Per quantoconcerne i soggetti che, per etào per altri motivi, non sono ingrado di esprimere validamenteil loro consenso, questo deveessere raccolto da chi ne ha lapotestà genitoriale o la tutela e,altresì, dai soggetti stessi, ovesiano in grado di comprenderela natura della collaborazionerichiesta. […]Codice deontologicodel FisioterapistaArt. 23La persona assistita, o colui cheesercita la legale rappresentanzasullo stesso, deve essere debitamenteinformato su tutti gliaspetti riguardanti la terapiaconsigliata prima di iniziare lecure. In questo modo gli avràl’opportunità di accettare o rifiutarela proposta terapeutica.Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Codice deontologicodell’ostetrica/o3.1-Nel rapporto con la personaassistita l’ostetrica/o improntala propria opera professionale alrispetto dei diritti umani fondamentali.3.2-L’ostetrica/o assiste e consigliala persona assistita informandolain modo esauriente,con linguaggio adeguato allivello intellettivo e culturaledella stessa su tutte le pratiche eprovvedimenti socio-assistenzialiritenuti necessari.3.3-Ferma restando l’informazioneprescritta dal paragrafo3.2, l’ostetrica/o ha il dirittodoveredi acquisire il consensoinformato prima di intraprenderesulla persona qualunque attoprofessionale.<strong>Il</strong> consenso è espresso in formascritta nei casi previsti dallalegge.Codice deontologicodell’infermiere4.2 L’infermiere ascolta, informa,coinvolge la persona e valuta conla stessa i bisogni assistenziali,anche al fine di esplicitare illivello di assistenza garantito econsentire all’assistito di esprimerele proprie scelte.4.3. L’infermiere, rispettando leindicazioni espresse dall’assistito,ne facilita i rapporti con lacomunità e le persone per luisignificative, che coinvolge nelpiano di cura.4.4. L’infermiere ha il dovere diessere informato sul progettodiagnostico terapeutico, per leinfluenze che questo ha sul pianodi assistenza e la relazione conla persona.4.5. L’infermiere, nell’aiutaree sostenere la persona nellescelte terapeutiche, garantiscele informazioni relative al pianodi assistenza e adegua il livellodi comunicazione alla capacitàdel paziente di comprendere. Siadopera affinché la persona dispongadi informazioni globali enon solo cliniche e ne riconosceil diritto alla scelta di non essereinformato.Quest’ultimo Codice di deontologiaprofessionale meglio di tuttiesprime la responsabilità comunicativalungo l’asse del processo dicura in cui, ben oltre il consensotautologicamente chiosato con l’aggettivo“informato” nel linguaggioprofessionale (Cembrani, 2005),prevale l’ascolto, il coinvolgimentoattivo della persona e la valutazionecon la stessa degli specifici bisogni/necessità assistenziali.Ma si diceva, anche, delle “interferenze”che condizionano negativamenteil tema di questo Dialogo eche individuo:– in alcune pronunce giurisprudenzialiin punto di qualificazionegiuridica dell’attività medicaeffettuata senza l’informazionee il consenso;– nelle sollecitazioni (dirette eindirette) rivolte dalle Compagnieassicurative per ridurre icosti assicurativi e il contenziosoprofessionale;– in alcune norme di settore (Decretolgs. n. 196/2003: Codice185Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità186in materia di protezione deidati personali. Decreto Lgs. n.82/2005: Codice dell’amministrazionedigitale);– nella globalizzazione dell’informazionee nell’alfabetizzazioneinformatica condizionata dalleIndustrie, dai media e dallaPubblica amministrazione sullaspinta di una progressiva necessitàdi dematerializzazionecartacea di tutti i documenti siapur con l’intento di semplificarela vita al cittadino.Ed è molto verosimile che allabase di queste diverse forze vettorialiche agiscono alla stregua di“interferenze” ci sia quel fenomenoche Stefano Rodotà (2007) ha definitolaw-satured society; una societàstrapiena di diritto, di regole giuridichedalle provenienze più diversecon un diritto invadente in troppisettori e tuttavia assente là dove sene avvertirebbe più il bisogno che èall’origine della giuridizzazione dellamedicina (prodotta dalla progressivaespansione della norma giuridica interritori che ne erano originariamentescevri e dove i rapporti e lerelazioni erano regolati dai doverie dalle obbligazioni di ordine sostanzialmentemorale che ciascunosi assumeva all’interno di un rapportoprevalentemente fiduciario),di una spinta assiomatizzazione(proceduralizzazione/standardizzazione)della cura modulata daistanze diverse molto spesso di tipoeconomico e, non da ultimo, di unpericoloso emergere di una culturaprofessionale orientata in terminidifensivi, particolarmente attentaalla pre-costituzione di cause digiustificazione per non avere e perevitare guai.Le conseguenze della giuridizzazionedella medicina sono purtroppoevidenti e sotto gli occhi di tutti.<strong>Il</strong> contratto regola ormai tutti irapporti professionali e la medicinaè sempre più legata all’ottenimentodi risultato con il conseguentericorso al giudice ordinario nelcaso di inadempienza del contratto(giudiziarizzazione) che finisce conl’applicare la sanzione sociale all’attivitàmedica (penalizzazione dellacondotta); l’esplosione del contenziosogiudiziario per presunta colpaprofessionale e le deprecabili spintemediatiche riguardo a una presuntadilagante “malasanità” finiscono,infine, per dar conto dell’iper-responsabilizzazionegiuridica dei professionisticui fa da contrappunto laprogressiva de-responsabilizzazionesul versante etico e deontologico.L’assiomatizzazione della cura,intesa come la spinta proceduralizzazione/standardizzazionedeipercorsi assistenziali e della prassiprofessionale rispetto a procedure,protocolli, linee-guida, standard diaccreditamento istituzionale o nonistituzionalee a tutto quell’insiemeormai noto come evidence non semprecentrata sui diritti e sui bisognidella persona e che risponde – spesso– a esigenze di razionalizzazionee di razionamento delle risorse(Cavicchi, 2001), è una inevitabileconseguenza di tutto ciò che, a suavolta, condiziona alcune variabilidella medicina moderna; mi riferiscoalla diffusione della medicina difen-Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


siva orientata a garantire il medico ei professionisti della salute dai possibilirilievi mossi in sede giudiziaria(Benciolini, 1990), all’emergere diuna serie di “luoghi comuni” e/o dicliché stereotipizzati (Rodriguez,2006) che, ancorchè ampiamenteutilizzati nel lessico comune, nonsempre esprimono un significatounivoco e condiviso dalla comunitàscientifica e la consapevolezza delprocesso culturale grazie al quale siè determinata la scelta di una parolarispetto a un’altra (la confusioneche c’è, per esempio, tra “obiezione”e “clausola di coscienza” ne èun esempio sintomatico: Cembrani,2008) e al valore formativo-pedagogicoattribuito alle sentenze giudiziarie(si badi bene, solo a quelle dicondanna!) utilizzate per modulare,alla stregua di un’ulteriore evidence,l’agire professionale secondo l’adagio“Della scienza, della coscienzae della giurisprudenza”.Su quest’ultimo punto la responsabilitàdi molti giuristi e di moltimedici legali è stata e continua purtroppoa essere deleteria nell’innescarecircuiti di medicina difensivaanche se, esaminando il tema dellaresponsabilità professionale medica,si deve riconoscere l’esistenzadi un’ampia difformità tra l’ambitopenale pre-ordinato, con finalitàsanzionatorie, all’accertamento diquei comportamenti definiti comereati e l’ambito civile preordinatoalla regolamentazione dei rapportidi natura privatistica dove si privilegiala posizione del paziente eil ristoro economico del danno e diun ondivago (altalenante) fluttuaredella giurisprudenza sia in tema dinesso causale che di qualificazionegiuridica dell’attività medica effettuatasenza il consenso o con unacarente informazione.La Corte di Cassazione (Sezionepenale) ha esaminato tre situazionitra loro molto simili (1992, 2001e 2002) in punto di qualificazionegiuridica dell’attività medica effettuatasenza il consenso pervenendoa conclusioni di gran lunga diverse;in tutti e tre i casi si verteva su unintervento chirurgico ampiamentedemolitivo che è andato ben oltrea quanto consentito dal paziente,effettuato senza quello stato dinecessità (art. 54 C.p.) che avrebbeconsentito di modificare il pianochirurgico per il sopravvenire diimpreviste esigenze che lo rendevanonecessario nell’interesse dellapersona incapace di esprimere unamanifestazione di volontà e che hacomportato la morte dei pazienti.Ebbene in queste tre situazionila Sezione penale della Corte di Cassazioneè pervenuta a conseguenzegiuridiche ampiamente diverse sulpiano della rilevanza penale: nelprimo caso (Cassazione, Sezione IVpenale, 21 aprile 1992) il chirurgo,che sottopose una donna a un interventochirurgico di resezione addomino-perinealecon confezionamenedi una colostomia definitiva per unaneoplasia del retto quando la stessaaveva consentito a un interventochirurgico di resezione trans-anale,è stato reso responsabile di omicidiopreter-intenzionale e radiatodall’Ordine professionale [“Qualsiasiforma di intervento medico-chirurgicorichiede l’esplicito consenso del187Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità188paziente (o del suo rappresentantelegale), senza che possa avererilevanza un consenso meramentepresunto: risponde quindi del reato dilesioni volontarie (o, in caso di conseguentemorte del paziente, di quellodi omicidio preter-intenzionale) ilchirurgo che, senza che ricorrano ipresupposti dello stato di necessitàdi cui all’art. 54 c.p., cambi il tipo dioperazione e sottoponga il pazientea un intervento più cruento di quelloconsentito e inizialmente intrapreso.”];nel secondo caso (Cassazione,Sezione IV penale, 9 marzo 2001-12luglio 2001, n. 585) si è pervenutia un addebito di responsabilità peromicidio colposo per una scorrettagestione del post-operatorio manon per l’inosservanza della volontàdecisionale della persona [“Nellesituazioni di urgenza terapeutica checoncretizzano lo stato di necessità ol’adempimento di un dovere (ovveroaltre cause di giustificazione anchenon codificate) qualora siano in gioconon solo la vita fisica del pazientema anche la sua integrità fisica maipotrà affermarsi che il medico abbiaintenzionalmente provocato la lesionedella salute del paziente; perché,nelle ipotesi in esame, la condotta èintenzionalmente diretta a tutelarela salute del paziente e non a provocareuna menomazione della suaintegrità fisica o psichica.”]; nelterzo caso, infine, (Cassazione, SezioneI penale, 29 maggio-11 luglio2002, n. 3122) si è giunti alla pienaassoluzione del medico [“<strong>Il</strong> medicoche abbia adempiuto il suo obbligomorale e professionale di mettere ingrado il paziente di compiere la suascelta e abbia anche verificato lalibertà della scelta medesima e desista,in caso di esplicito e libero dissensodel paziente, dall’intervenire,non può essere chiamato a risponderedi nulla, giacchè, di fronte a un comportamentodel paziente nel qualesi manifesta l’esercizio di un vero eproprio diritto, la sua astensione daqualsiasi iniziativa di segno contrariodiviene doverosa, potendo altrimenticonfigurarsi a suo carico persino gliestremi del reato di cui all’art. 610c.p.. <strong>Il</strong> medico è peraltro legittimatoanche in assenza di esplicito assensoa sottoporre il paziente affidato allesue cure al trattamento che ritenganecessario alla salvaguardia dellasalute”].In tale non convincente direzionesi pongono altre pronunce dellaCorte di Cassazione che hanno esaminatoil tema della volontà manifestataanticipatamente dalla persona(Corte di Cassazione, IV sez. penale,18 maggio 2006: “<strong>Il</strong> sanitario nondeve tenere in conto il documento dacui risulti il rifiuto del paziente a pratichetrasfusionali anche se in caso dinecessità e urgenza, e cioè per dueragioni: sia perché ricorre una situazionedi necessità che imporrebbel’esecuzione dell’atto trasfusionale;sia perché comunque il dissenso precedentementeespresso dal pazientenon può vincolare il medico, essendouna manifestazione di volontàsprovvista dell’indispensabile requisitodell’attualità”) con conclusioniassolutamente non coerenti con ladeontologia professionale e conla Convenzione di Oviedo. QuestaConvenzione prevede, infatti (art. 9:Volontà espresse precedentemente)Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


che “saranno prese in considerazionele volontà precedentemente espressenei confronti dell’intervento medicoda parte del paziente che, al momentodell’intervento, non è in grado diesprimere la propria volontà”; e ancheil Codice di deontologia medicavà in questa stessa direzione conl’art 38 (Autonomia del cittadinoe direttive anticipate) laddove siprevede che “… il medico, se ilpaziente non è in grado di esprimerela propria volontà, deve tenere contonelle proprie scelte di quanto precedentementemanifestato dallo stessoin modo certo e documentato”.Se andiamo a esaminare, invece,la giurisprudenza della Cassazionecivile si deve notare come unarecente pronuncia (Cassazione, sezionecivile, n. 5444 del 14 marzo2006: “Poiché la responsabilità delsanitario per violazione dell’obbligodi consenso informato discende dallatenuta della condotta omissiva diadempimento dell’obbligo di informazionecirca le prevedibili conseguenzedel trattamento cui il paziente vienesottoposto, seguita dalla verificazione,in conseguenza dell’esecuzionedel medesimo trattamento (e quindiin forza di un nesso di causalità conesso), di un aggravamento dellecondizioni di salute del paziente, ilfatto che l’esecuzione dell’interventoeffettuato dal sanitario si rileviimmune da censure della lege artisnon impedisce di ritenere sussisterel’illecito per violazione degli artt. 32,secondo comma, e 13 Cost., nonchédell’art. 33 della legge 833/1978.L’obbligo di informare sui rischi esulle possibili conseguenze negativedella terapia prescritta al pazientegrava sul sanitario che effettual’intervento terapeutico, a nulla rilevandoil fatto che egli intervenga,su richiesta del paziente, per attuareuna terapia previamente prescrittada un diverso medico specialista”)contenga spunti di interesse per iltema affrontato in questo Dialogopur sollevando ampie difficoltà sulpiano pratico.Gli spunti di interesse riguardanotre precise circostanze fattuali:– l’auto-determinazione della persona(art. 13 Cost.) è funzionalerispetto alla salvaguardia dellasua integrità psico-fisica (art. 32Cost.);– l’obbligo di informazione è unobbligo contrattuale autonomorispetto alla esecuzione dellaprestazione <strong>sanitaria</strong> la cuiviolazione ha rilievo risarcitorioautonomo;– l’autonomia dell’obbligo informativoè posto in capo a ogni sanitario,senza alcuna distinzioneriguardo la fase terapeutica.Le difficoltà che si incontrano sulpiano pratico riguardano invece:– la coerenza dell’informazione chedeve essere garantita dai diversiprofessionisti che intervengononelle molte fasi del piano diagnostico-terapeuticoe del piano dicura (processo condiviso, supportatoda logiche organizzativechiare e condivise);– i contenuti quantitativi dell’informazioneper la parte relativain particolare ai rischi (accanimentoinformativo).189Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità190Riguardo al “quantum” e al“quomodo” informativo il Codicedi deontologia medica (art. 33: Informazioneal cittadino) stabilisceche il medico è tenuto a fornire alpaziente la più idonea informazionesulla diagnosi, sulla prognosi, sulleprospettive e le eventuali alternativediagnostico-terapeutiche esulle prevedibili conseguenze dellescelte operate, che l’informazionedovrà essere fornita tenendo contodelle capacità di comprensione dellapersona al fine di promuoverne lamassima partecipazione alle sceltedecisionali e l’adesione alle propostediagnostico-terapeutiche, che ogniulteriore richiesta di informazioneda parte del paziente deve esseresoddisfatta, che le informazioni riguardantiprognosi gravi o infausteo tali da poter procurare preoccupazionee sofferenza alla persona,devono essere fornite con prudenza,usando terminologie non traumatizzantie senza escludere elementidi speranza e che la documentatavolontà della persona assistita dinon essere informata o di delegaread altro soggetto l’informazionedeve essere rispettata.<strong>Il</strong> riferimento alla “più idonea”informazione lascia aperto il dubbio:l’informazione dovrà essereapofantica (“accanimento informativo”)considerando, per esempio,tutti i rischi, anche quelli statisticamentebassi o percentualmenteirrilevanti?O dovrà essere essenziale (“lealtàinformativa”) comunicando soloquei rischi che, avendo una significativitàstatistica, sono ragionevolmenteprevedibili?Ma, in quest’ultimo caso, chidecide il cut-off della significativastatistica e, dunque, della ragionevolezzacomunicativa: i medici?I pazienti? Le corti? Le societàscientifiche?È utile, a questo proposito, richiamarel’attenzione sul fatto che,a livello internazionale, si stannodiffondendo termini non ancoraentrati nel nostro lessico professionale:il riferimento è al rischio nonconcreto (immaterial risk) e al rischioconcreto (material risk) così definitoda Skene e Smallowood (2002): “…Se nelle circostanze del caso particolareuna reasonable person nei pannidel paziente, se avvisata del rischio,conferirebbe a questo un qualchevalore nella decisione o se il medicoè, o potrebbe ragionevolmente essere,conscio che quel particolare paziente,se informato del rischio, avrebbe conferitosignificato a quel rischio”.Ma chi è questa reasonable person?Una persona che ha la pienacapacità giuridica? Una personache ha conservate le sue capacitàcognitive? Una persona che è ingrado di decidere? Una persona cheè in grado di esprimere le propriepersonali preferenze? O, forse, unmix di tutto ciò?O, in alternativa, dobbiamoguardare a quanto stà avvenendo inAustralia dove le Corti impongonoai medici di comunicare i rischi inqueste specifiche circostanze:– Oftalmia simpatica a seguitodi chirurgia oculistica (rischio1:14.000);– Fallimento di intervento oculisticoelettivo con peggioramentodel visus;Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


– Fistola retto-vaginale dopoisterectomia e plastica vaginale(rischio 1:500);– Disturbi dell’ATM a seguito dichirurgia ortognatica (rischio10%);– Perforazione dell’utero e malattiainfiammatoria pelvica dopoapplicazione di IUD;– Stenosi anale dopo emorroidectomia;– Danno nervoso a seguito di linfoadenectomialatero-cervicale;– Asimmetria facciale, danno nervosoe retrazione delle labbra aseguito di lifting facciale;– Cicatrice ipertrofica dopo rimozionedi tatuaggio con tecnicalaser, dopo intervento di mastoplasticaadditiva.Quello che è certo è che esistonoorganismi nazionali, come ilNational Health system LitigationAutority che hanno approvato sistemidi Risk alert con le seguentiraccomandazioni:– attenzione estrema nella acquisizionedel consenso;– fornire informazioni complete ecomprensibili in merito a tuttii possibili significant adverseoutcomes;– il paziente deve essere invitatoa firmare per confermare che èstato informato sui rischi, che liha compresi e che li ha parimentiaccettati;– è comunque necessaria una firmase il trattamento viene rifiutatodal paziente includendo in notale relative ragioni.C’è da chiedersi se tutto ciò siaappropriato e necessario o se, andandoanche noi in questa direzione,non si corra il rischio di burocratizzareulteriormente la relazionedi cura e di rafforzare la medicinadifensiva!Si annotavano, tra le “interferenze”,le sollecitazioni (dirette eindirette) rivolte dalle Compagnieassicurative per ridurre i costi assicurativie il contenzioso professionalee alcune norme di settore,come il Decreto Lgs. n. 196/2003(“Codice in materia di protezionedei dati personali”) che non hannopurtroppo trovato spazio di analisiin questi Dialoghi. <strong>Il</strong> riferimento èall’art. 23, comma 2, della Legge n.675/1996 (“Tutela delle persone e dialtri soggetti rispetto al trattamentodei dati personali”) come modificatoda Decreto Lgs. n. 196/2003 nellaparte in cui si prevede che i datipersonali idonei a rivelare lo statodi salute possono essere resi noti all’interessato“… solo per il tramite diun medico designato dall’interessatoo dal titolare”.<strong>Il</strong> diritto vivente in materia diprivacy postula il principio dellatitolarità dell’informazione e dellatassatività del soggetto informatoreche è unico e che è espressamenteindividuato nel medico, circoscrivea un unico soggetto il rendere notoal paziente i dati personali idoneia rivelarne lo stato di salute edesclude dai compiti informativi coloroche, pur esercitando professionisanitarie, non sono medici senzaconsiderare:– che il presupposto comune atutte le professioni sanitarie del191Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità192dovere di informare il paziente èda ricercare nel dovere più generaledi operare per la salute cheincombe su ogni professionistasanitario;– che ogni professionista sanitarioha propri ambiti di attivitàe di responsabilità e specifichecompetenze professionali, inrelazione alle quali è ovvio ildovere di informazione;– che il profilo dell’infermiere(D.M. n. 739/94) nel qualificareil campo di responsabilità dell’infermiereindica che l’assistenzainfermieristica ha “… natura …relazionale” ed “educativa” (art.1, comma 2).Tutto ciò non può non influenzarenegativamente la relazione di curache è stata definita alla stregua diun chiliagono (figura geometrica inventatada Descartes per distinguerel’intelletto dall’immaginazione) che,in geometria, indica un poligonoavente mille lati impossibili darappresentare da parte della menteumana che lo identifica pertantocome un cerchio (la misura di ogniangolo in un chiliagono regolare èdi 179,64°).Un chiliagono in cui emergonoalmeno due figure: la persona malatacon il suo linguaggio descrittivo/narrativo, con la sua dimensionebio-psico-sociale, con la sua nonconoscenza, con la sua fragilità,sofferenza, richiesta di guarigione;e il medico con le sue conoscenze,con il suo linguaggio scientificoprescrittivo(nominalismo medico),con il suo metodo sperimentaleipotetico-deduttivo basato su schemianalitico-classificatori rigidi(scientismo medico).Scientismo medico che è caratterizzatoda una forte selettivitànei confronti degli altri saperi perla conservazione di un apparatoconcettuale storicizzato (nel dibattitoscientifico esiste la clamorosaassenza di qualsivoglia discorso sullinguaggio), da un rigoroso nominalismo(linguaggio rigidamentecentrato dentro lo schema del positivismoche riduce la persona a complessocellulare senza considerarnela realtà bio-psico-sociale), dallospinto verificazionismo (ciò che diceil malato evade spesso la verificasperimentale e osservativa), da unprocedimento che è prevalentementese non esclusivamente logico (loschema è prevalentemente ancoratoal metodo sperimentale ipoteticodeduttivo),da una pratica informativaorientata, uni-direzionalmente,in senso cibernetico (messaggiocome trasmissione di informazionida decodificare in senso nosologiconominalistico).E ritorna la domanda che spessoha animato questi Dialoghi: inmedicina occorre informare o comunicare?La nostra lingua (Dizionario dellaLingua Italiana Garzanti, 2003) assegnaalla parola informazione (dallatino informatio = rappresentazionementale) i seguenti significati:1. l’informare, l’informarsi, l’essereinformato: libertà di informazione;diritto all’informazione.Elemento che consente di avereconoscenza di fatti, situazioni,eventi, ecc.; notizia, ragguaglio:Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dare, prendere, chiedere informazioni;ufficio informazioni. Dim.Informazioncella;2. (inform.) dato che si affidaalla memoria di un elaboratoreelettronico. Teoria dell’informazione.Studio mediante la teoriadelle probabilità, dei problemidi trasferimento dei messaggida una sorgente emettitrice a unricevitore;3. informazione genetica, (biol.)l’insieme dei messaggi ereditaricontenuti nei geni dei cromosomidi una cellula;4. il formare, il formarsi: è dispostala terra nel principio de laprimavera a ricevere in sé la informazionede l’erbe e de li fiori(Dante, Convivio).L’informazione è, in questo senso,la produzione di una differenzain cui occorrono due entità (reali oimmaginarie) tali che la differenzatra esse possa essere immanente allaloro relazione reciproca; e il tuttodeve essere tale che la notizia dellaloro differenza sia rappresentabilecome differenza all’interno di unaqualche entità elaboratrice di informazioni,per esempio un cervello oun calcolatore (Bateson, 1979).<strong>Il</strong> conseguente modello ingegneristicoproposto da Shannon eWeaver (1949) presenta limiti deltutto evidenti se si applica alla comunicazionetra esseri umani perchépoggia sull’idea che la comunicazioneè uno scambio di informazioni,perché individua un modello linearee deterministico (meccanico, cibernetico)dove una parte attiva e unapassiva raggiungono il loro obiettivonel momento in cui il messaggioarriva a destinazione e soprattuttoperché è interessato unicamentealla sintassi del codice (costruzionedi una codifica valida) più che aisuoi aspetti semantici (studio dellerelazioni tra il codice e gli oggettiche indica) e pragmatici (studiodelle relazioni tra il codice, coloroche le usano e il comportamentoconseguente a questo uso).Questi problemi rendono ragionedell’ampio dibattito oggi in corsoriguardo al modello ideale di curache utilizza due stereotipi:– il modello cibernetico (intervista)centrato sulla malattia, prescrittivo(prescrive le scelte) interessatoai segnali (decodificati nelsistema analitico-classificatoriodel medico) e mono-logico;– il modello autopoietico (dialogo)centrato sul malato, dialogante(produce le scelte), interessato aprodurre informazioni (relazionitra soggetti dialoganti), dia-logico.In questo secondo modello la comunicazioneè rappresentata comeuno scambio interattivo osservabiletra due o più partecipanti, dotatodi intenzionalità reciproca e di unchiaro livello di consapevolezza,in grado di far condividere un determinatosignificato sulla base disistemi simbolici e convenzionali disignificazione (Anolli, 2002); ed è inquesto che la comunicazione che hauna radice sanscrita com (mettere incomune) evoluta nella parola latinacommunis (cum = insieme e munis =obbligazione, debito, dono) si differenzadall’informazione.193Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Comunicazione e responsabilità194Comunicare significa, dunque,condividere ed è l’intenzionalità(partecipo a questa forma di interazionecon lo scopo di condividere unsignificato con altri) e la consapevolezza(mi rendo conto che quantosta avvenendo è una comunicazionee che anche il mio interlocutore lasta vivendo come tale) che distinguelo scambio comunicativo dalloscambio informativo; è in questosenso che la comunicazione è unprocesso di costruzione collettivae condivisa del significato dotatodi livelli diversi di formalizzazione,consapevolezza e intenzionalità”(Paccagnella, 2004).Comunicazione, dunque: nonsolo come un qualcosa di meramentestrumentale al metodo sperimentale(dove i messaggi, le parole, i segnalie le mezze parole sono decodificatinel linguaggio della nosologiaclinica) ma come elemento che caratterizzala relazione di cura qualerapporto di reciproca comprensionecon un significato ontologicamenteampio (Heidegger), come “esserciinsieme”, come coesistenza intesacome la capacità delle personeadulte di dare significato e valore aogni singola azione.Ed è questa l’agire comunicativoche Habermas (1986) riferiva all’interazionedi almeno due soggetticapaci di linguaggio e di azione che(con mezzi verbali o extraverbali)stabiliscono una relazione interpersonale,in cui gli attori cercanoun’intesa per coordinare di comuneaccordo i propri piani di azione equindi il loro agire e dove gli agenticomunicativi si muovono sempre all’internodell’orizzonte del loro mondovitale da cui non possono uscire;interazione che rappresenta il luogotrascendentale nel quale parlante eascoltatore si incontrano, nel qualepossono avanzare reciprocamentela pretesa che le loro espressioni siarmonizzino con il mondo (quellooggettivo, sociale e soggettivo) enel quale essi possono criticare econfermare queste pretese di validità,esternare il proprio dissenso eraggiungere l’intesa.Rappresentare, dunque, la relazionedi cura come un ambiente(comunità) sociale e il linguaggiocome una vera e propria forma divita ci aiuta a fare chiarezza e arecuperare, con un orizzonte ontologicamenteampio, il senso dellanostra personale responsabilità.Una responsabilità che è l’impegnoprofessionale concreto aoperare nell’interesse della salutedella persona o della collettivitàsecondo idonee regole di condotta,una responsabilità che costruisce epartecipa al progetto di vita dellapersona stessa considerandone lasofferenza, valutandone i bisognie ispirandosi alla solidarietà. È laresponsabilità che, a mio giudizio,fonda l’alleanza tra il professionistae il cittadino: è la responsabilità delsapere, del saper essere, del saperfare, della competenza, della lealtà,dell’impegno, dell’ascolto.È la responsabilità dove il direassume il valore di una struttura socialevaloriale e dove il parlare nonè semplicemente far rumore, perchétra il dire e il rumore esiste la dimensionedell’approvazione sociale:Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


dimensione dove la relazione assumequell’importanza strategica dellarelazione clinica in una comunitàlinguistica che si rappresenta comeuna vera e propria struttura sociale,che da sola ha l’autorità di dire, inaccordo con l’insieme di regole cheessa, quale parte di una comunitàpiù grande, si è liberamente data(Cavicchi, 2004).Fabio Cembrani è Direttore dell’UnitàOperativa Medicina Legale, Azienda provincialeper i Servizi sanitari di Trento.195Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IHo saputo da pochi giorni che è stato eseguito un sondaggio i cui risultati mi hanno particolarmentesconvolto. Sembra che la maggioranza degli intervistati consideri la medicinauna scienza esatta, alla stregua della matematica. Mi preoccupa molto la presentazione delsondaggio che non parla immediatamente dell’assurdità del riscontro.La responsabilità della comunicazione viene sempre intesa come comunicazione trapaziente e medico, ma ci sono molti altri canali, per esempio questo appena citato. Sicuramentechi ha letto l’articolo, comparso nei giornali quotidiani locali, arriva dal medicocon aspettative e attese che vanno oltre la realtà (e secondo gli economisti anche oltrela disponibilità economica).Ogni processo informativo produce reazioni che lo caratterizzano in modo diverso aseconda di chi lo produce e lo consuma. La responsabilità della comunicazione in genereè percepita come compito del medico e del personale sanitario. Ma la quota di informazionidata da altri enti o istituzioni è in una zona franca che non deve sottostare ad alcunobbligo o vincolo.Faccio un esempio: se un medico o un’altra figura <strong>sanitaria</strong> dà al paziente una informazionenon esatta o incompleta viene subito stigmatizzato (si parla di malasanità), seinvece un giornale o un media dà informazioni non esatte non succede niente. Ma chi devepoi gestire il danno procurato da quella notizia è la classe <strong>sanitaria</strong>. Vi si dovrebbe porrerimedio, altrimenti possiamo eliminare lauree e ordini professionali e ognuno faccia quelloche vuole, ma senza alcun obbligo deontologico.[Medico]196Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIAl termine del percorso Dialoghi di Bioetica e Biodiritto penso sia molto importante, daparte di noi operatori sanitari e dei cittadini-utenti, una presa di coscienza dei proprilimiti: il limite del curare (non sempre le cure portano una completa guarigione), il limitedel chiedere (con la capacità di saper accettare la malattia).Nella realtà di oggi, in ambito sanitario, le tecnologie e la scienza hanno preso il sopravventosulla malattia. Di conseguenza dobbiamo prendere atto che la comunicazione haacquisito una valenza di primo piano, allo stesso livello della terapia vera e propria.[Infermiera]197Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Caso IIIL’infermiere ha una grande responsabilità nell’ambito educativo del paziente. Come è specificatonelle varie fonti legislative che regolano la sua professione, deve garantire l’assistenzanon solo di natura tecnica, ma anche di natura relazionale ed educativa.La comunicazione con il paziente avviene svariate volte durante il percorso assistenziale:quando si comunica una diagnosi, quando si eseguono le varie procedure, dall’esecuzionedegli esami diagnostici alla somministrazione della terapia.“Disturbati” dall’ambiente ospedaliero e dall’ansia del ricovero, non di rado i pazientifaticano a comprendere ciò che viene comunicato loro e molte volte acconsentono agliaccertamenti e alle terapie proposte senza aver capito esattamente in cosa consistono.Per questo si deve fare molta attenzione al momento in cui vengono date le informazionial paziente o alla sua famiglia. Spesso, infatti, chi ci ascolta non capisce ciò che comunichiamo,spesso perché forniamo nozioni troppo specialistiche senza aver prima valutato ilsuo grado di cultura. Per valutare se il nostro interlocutore ha compreso cosa gli abbiamocomunicato basterebbe mettere in pratica alcuni piccoli accorgimenti, come, per esempio,fargli ripetere ciò che abbiamo detto.<strong>Il</strong> paziente vuole essere ascoltato e riconosciuto come una persona che ha bisogno diaiuto: non vuole solo avere una semplice comunicazione, ma anche la possibilità di essereinformato chiaramente e di poter porre liberamente le sue domande. La comunicazionetra operatore sanitario e paziente ha sì lo scopo di informarlo, ma anche di coinvolgerloattivamente nel suo percorso assistenziale e di sostenerlo nelle sue decisioni, molte voltedeterminanti per il processo stesso. <strong>Il</strong> momento, o meglio i momenti in cui si danno informazioni,devono quindi essere considerati importanti come tutti gli altri elementi delpercorso terapeutico.[Infermiere]198Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


Le riflessioni del gruppo di lavoro<strong>Il</strong> tema proposto nell’ultimo dei Dialoghi era volto a focalizzare il concetto di responsabilitàed è stato concepito come momento di chiusura e sintesi del percorso compiuto negliincontri precedenti. In particolare, si è inteso mettere in luce la costruzione corale delconcetto di salute, come risultato dell’interazione tra i diversi soggetti rappresentati nelleconferenze (operatori sanitari, cittadini, operatori nell’ambito dell’informazione e pazienti)allo scopo di evidenziare la dimensione più propriamente etica della comunicazione, nellaricerca della possibilità di individuare alcuni punti di riferimento nella definizione delconcetto di “patologia” e di “malato”.Come negli altri incontri, quindi, il tema considerato – la responsabilità – è stato analizzatoalla luce delle sue implicazioni sul filo conduttore dei Dialoghi di quest’anno – lacomunicazione – cercando di ricercarne i tratti maggiormente condivisi.Innanzi tutto dagli operatori sanitari: in relazione a essi, sono richiamate le considerazionisvolte anche nelle tematiche affrontate durante gli incontri precedenti e chepossono essere riassunte nell’attenzione per la comunicazione stessa. Per esempio, emergenuovamente il tema dell’ “alleanza terapeutica” riferita agli operatori sanitari prima cheai pazienti. Ancora una volta, inoltre, a più riprese gli elaborati pervenuti sottolineanol’importanza dell’abilità e della competenza comunicativa, che si realizza sia nella chiarezzadelle informazioni fornite al paziente, sia nella comprensione di come esse debbano esserecalibrate alla luce della persona che si ha di fronte, considerata nella sua complessità(coinvolgimento emotivo, capacità di comprensione, ecc.). Quest’ultima considerazione, inparticolare, si lega alla necessità – anche questa richiamata in alcuni elaborati – di consentireal paziente di non sentirsi considerato “come un organo”, mantenendo una visioned’insieme e globale dello stesso, anche a fronte della sempre maggiore specializzazionedelle diverse branche mediche.La comunicazione, quindi, si pone per certi aspetti allo stesso livello della terapia, manon tutto si risolve in essa: i ruoli e, soprattutto, le loro diversità permangono. Parafrasandole parole di uno dei relatori intervenuti, il superamento della concezione paternalistica delrapporto con il paziente non deve condurre all’abbandono del paziente stesso (nel sensodi attribuirgli totalmente la scelta terapeutica). La comunicazione non esclude un ruolo diguida da parte dell’operatore sanitario, che si differenzia naturalmente secondo il contestoin cui è considerato (nell’ambito dell’emergenza, per esempio, esso trova probabilmenteuna delle sue realizzazioni più intense). Invece, nei percorsi terapeutici a lungo termine(tipicamente, nella patologie croniche) la comunicazione si modella in base alla costruzionedi un rapporto tra medico e paziente destinato a protrarsi nel tempo.Da questo punto di vista la comunicazione si concilia con il concetto di responsabilità,se fondata sul binomio dato da competenza e autorevolezza, che può fornire una rispostaalle problematiche che emergono sul secondo versante, quello del paziente.Nelle parole di uno degli elaborati pervenuti: “I cittadini acquisiscono attraverso i mediaconoscenze generiche e superficiali, spesso legate a logiche economiche, cosicché anchela salute si configura sempre più come un bene che si può acquistare. Quando invece il199Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


cittadino diventa utente della struttura <strong>sanitaria</strong>, i suoi bisogni reali lo portano a un’altravisione della salute, in cui è predominante la necessità di capire e di essere capito. Èchiara quindi l’esigenza di un rapporto comunicativo intenso e appropriao tra il soggetto el’istituzione <strong>sanitaria</strong> rappresentata dal suo personale medico e paramedico”.Anche per il paziente, tuttavia, il mutamento che porta alla condivisione del percorsoverso le scelte terapeutiche comporta un ruolo di responsabilizzazione maggiore.In particolare, emerge la necessità di un’accettazione del margine di incertezza che puòcaratterizzare le scelte di cura (esse non sempre si presentano come “giuste” o “sbagliate”,ma sono spesso complesse e possono presentare aspetti positivi e negativi), concretandouna soluzione i cui vantaggi sono superiori agli svantaggi, non eliminandoli. Da questopunto di vista, responsabilizzazione può significare, da parte del paziente, accettare l’ideadi non ricercare risposte “volute”, “preferite”, piuttosto che corrette ancorchè “impopolari”.In questa prospettiva, la consapevolezza dei limiti si propone come conquista e anche comeimportante passaggio culturale, sia per gli operatori sanitari che per i pazienti.Accanto al binomio dato da competenza e autorevolezza che si accompagna alla comunicazioneda parte degli operatori sanitari, si aggiunge quindi, nella prospettiva del paziente,quello di cultura e formazione. Entrambe, infatti, non caratterizzano solo l’operato deglioperatori sanitari, ma anche il paziente che si muove in una maggiore consapevolezza,in un panorama in cui l’informazione <strong>sanitaria</strong> può celare diverse motivazioni o interessi,specialmente nell’ambito dei mass media.200Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


A conclusioneDialogo immaginario tra un maestro di tanti secoli fa e un discepolo modernoSìcrite: O Criticone, come mai a quest’ora, non è forse già tardi?Criticone: Si, certoS: Ma che ore sono?C: È l’ora decima, Sìcrite, ma non potevo aspettare: ho perso l’equilibrio, non posso piùcurare se non ritrovo la saggezza.S: È vero: un Medico che ha perso l’equilibrio non può aiutare nessuno a ritrovare il suo.Dimmi dunque o Criticone, cosa ti turba.C: È un problema geometrico, Sìcrite, un problema di centri e circonferenze credo.S: <strong>Il</strong> centro è il punto di massimo equilibrio, quali problemi puoi avere con esso? <strong>Il</strong> nostroconcittadino Pitagola ha ragionato molto su questo puoi consultarlo.C: Non è di Pitagola ma di voi che ho bisogno. Molte volte avete parlato, con Platone inparticolare, di come deve essere un rapporto di cura per essere saggio, sano ed efficace.S: Certo e ho anche detto – non offenderti Criticone, ma mi pare che tu spesso abbia problemidi denaro, e forse è questo che ti sconvolge – che se curi un malato senza farticarico di lui, lui non ti deve nulla perché l’hai trattato non come persona, ma comeoggetto. Cito a memoria, anche qui nell’Ade esiste una forma di smemoratezza senile.Chiedi a Platone, sempre lì a prendere appunti, l’ha segnato di sicuro. Ebbene non tipare che quando hai capito questo non sono inutili tutte le altre considerazioni?C: Si è vero, ma… Ho partecipato a una agorà dove alcuni dotti parlavano e molta follaascoltava e interveniva. Parlavano di “comunicazione tra gli operatori sanitari” e avevanoproblemi di “centro”. Gli speziali lamentavano di essere emarginati, mentre sono il centrodella sanità; gli infermieri paventavano di aver perso il centro nella comunicazione colmalato, spostato verso altre figure come gli OSS; i medici non parlavano di centro, masi capiva bene che ci stavano comodamente sopra.S: Non riesco a capire quello che dici, non riesco a immaginare una simile organizzazioneper la cura. Ma non pensi che se ognuno cura il rapporto reale, personale, empaticocon il malato, le cose funzionano comunque?C: Si Maestro, ma… dove sta il malato? O è al centro, e tutti gli altri attorno (un veroassedio), oppure è al centro di un sistema come quello solare: lui è il sole e tutti ipianeti gli girano attorno, e ogni pianeta ha una sua orbita e un suo centro.S: Cosa dici Criticone?C: È vero, Sìcrite, ai tuoi tempi queste cose non si sapevano. Ma tu puoi immaginare… Tifaccio un disegno…S: Ho capito, ma se i vari… pianeti come tu li chiami, girano sempre ciascuno nella suaorbita senza incontrarsi mai, che rapporto hanno col sole al centro? Ricevono solo senzamai dare! Esistono perché esiste il sole, il centro… Non sarebbero nulla altrimenti. Nonti sembra che il tuo sia un modello di incomunicabilità?C: Sì, Sìcrite, lo credo.S: Non credi che, comunque, vi sia una responsabilità comune dei curanti verso chi chiedeil loro aiuto, e quindi una colpa comune se non vi è guarigione?C: Si, lo credo Sìcrite.201Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24


S: E non pensi che se tanti parlano tra loro di uno, in un passaparola gerarchico, soprattuttose ognuno vuole instaurare un vero rapporto profondo, la persona malata alla fine nonriconoscerà più se stessa nel come è percepita dagli altri?C: Certo, Sìcrite, anche questo è vero. E allora come è possibile fare?S: Non pensi che se tutti esercitano la fronesis, se ognuno si sente al servizio della personache chiede il suo intervento e non delle istituzioni, della categoria o di se stesso, ancheil comunicare è banale conseguenza?C: Si, hai ragione Sìcrite, anch’io la penso cosìS: Caro Criticone, riprendiamo la discussione domani, vediamoci al liceo, Platone prenderàappunti per i posteri… Ma quale era il problema che avevi col centro, o era la retta, ol’ipotenusa?C: Ora nessun problema Sìcrite, ho capito.S: Allora lasciami andare perché anche qui nell’Ade oggi va in onda la puntata del dottorHouse e non me la voglio perdere. Voglio vedere come va a finire perché non ho ancoracapito se egli è uomo libero che cura uomini liberi, o schiavo che cura degli schiavi…Per la verità, non ho nemmeno ben capito se cura… Non ha la stoffa, né l’equilibrio,né la salute… E poi non si parla mai di spirito, di logos, di futuro… Mah… Ma miaffascinano questi racconti anche se, devo ammettere, non ci sono più le Tragedie diuna volta… Lasciami andare Criticone.C: Buona visione Sìcrite, io vado a leggermi i fumetti di Asterix. A domani.[Medico di Medicina generale]202Provincia Automa di Trento - Punto Omega n. 24

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