IL REALE INTERESSE DEI VITIGNI AUTOCTONI - Vivaio Enotria

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I seguenti grafici evidenziano la polarizzazione del vigneto sulle varietà sopra descritte, incidenti nei “distretti”, sia nell’attualità che in tendenza. Questa ultima si può facilmente rilevare dal numero di innesti interessato dai differenti gruppi: PERCENTUALE SULLE SUPERFICI DEL VIGNETO ITALIA DEI DIVERSI GRUPPI: ANNI 1970 1982 1990 2000 VARIETA' DAL 01 a 10 43 45 48 47 11 a 30 17 18 21 23 31 a 70 19 16 16 16 70 a 100 4 3 3 6 var. MINORI 17 18 12 8 PERCENTUALE SULL’INNESTATO DEI DIVERSI GRUPPI: ANNI VARIETA' DAL 88/92 93/97 98/02 03/05 01 a 10 39 42 46 40 11 a 30 32 30 33 36 31 a 70 18 17 13 14 70 a 100 7 7 6 7 var. MINORI 4 4 2 3 G. Tempesta – M.Fiorilo I due grafici non sono sovrapponibili in quanto alcune varietà importanti quali i Catarratti siciliani e il Nero d’Avola sono ancora interessati dalla pratica dell’innesto in campo. Però indicano una chiara polarizzazione del Vigneto Italia sulle prime 30 varietà che già occupano oltre il 70 percento della superficie. 10
I vitigni autoctoni, come dall’istogramma seguente, sono perciò base e identità dei territori su cui insistono. Gli incentivi FEOGA degli anni ’70 reiterati dopo una generazione nelle attuali sovvenzioni al restyling hanno portato ad una discreta coetaneità del Vigneto Italia rilevata dall’entità delle produzioni vivaistiche. Alcuni di questi vitigni sono in netto abbandono: Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia Bianca Lunga, Nuragus, Canaiolo Nero, Trebbiano Giallo, Bombino Bianco, Bellone, Greco Nero, Molinara, Montù, Cococciola. Altri hanno avuto effimeri momenti di gloria: Brachetto, Sagrantino, ieri ed oggi il Pecorino. 8. VITIGNI AUTOCTONI MINORI Oltre ai cento vitigni precedentemente citati, che ricordiamo avere valore collegato ad un determinato territorio, sono iscritti al Registro Nazionale altre 300 varietà che dagli autori sono state analizzate in maniera certosina. Questi vitigni autoctoni possiamo etichettarli come “minori”. Di questi 140 hanno non solo valenza ed importanza storica ma reale e sostanziale presenza nel vigneto per un totale di 28.499 ettari sempre al censimento 2000. Da allora ad oggi è probabile che, insistendo in aree marginali, l’erosione abbia pesantemente inciso. Per questi vitigni la superficie media occupata è di 203 ettari cada uno pari a circa 10 mila ettolitri cioè quanto viene consumato dall’annuale raduno degli alpini. Per di più, l’incessante lavoro dei ricercatori continua a proporre la iscrizione nel Catalogo di nuovi vitigni. Riteniamo utili alcune considerazioni: Molti sono palese testimonianza della viticoltura da alberata quali:Empibotte, Pagadebito, Mostosa, Carica l’Asino, Fortana, Lambrusco Viadanese, Biancone di Portoferraio. Varietà di grande vigoria e qualità mediocre. Altri sono da “viticoltura eroica”: Avanà, Biancolella, Doux d’Enry, Erbaluce, Guarnaccia, Malvasia di Casorzo, di Lipari, di Schierano, Moscato di Scanso, Nero Buono di Cori, Pecorino ecc. cultivar che resistono all’oblio. Alcuni sono il residuo di viticolture “arcaiche e storiche” come: Olivella o Fosco Peloso - probabile discendenza del Falerno del Massico -; Uva Tosca, Vernaccia d’Oristano, Mammolo, Picolit - tanto nominato ma poco diffuso - ecc. 11
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Page 12 and 13: Molte varietà sono da definire qua

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