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Il dubbio<br />
di Daniele Fratti<br />
A partire dal 2008 alcuni termini hanno<br />
fatto capolino nel linguaggio comune,<br />
i principali sono spread e default.<br />
Se del primo si è ampliamente discusso,<br />
per quanto riguarda il secondo, la<br />
declinazione in ambito pubblico rimane<br />
un’incognita. Nell’accezione economica<br />
privata il termine “default” indica<br />
il fallimento di una società, con conseguenze<br />
ben note. Ma se questa<br />
eventualità riguardasse uno Stato? Il<br />
fallimento di uno Stato implica l’impossibilità<br />
di far fronte ai debiti e agli interessi<br />
che maturano su di essi. A dichiarare<br />
questa insolvenza può essere<br />
il Governo o vari enti internazionali,<br />
come ad esempio le agenzie di rating.<br />
Le grandi crisi degli Stati hanno generalmente<br />
in comune alcuni elementi:<br />
a) squilibri dello Stato nei confronti del<br />
resto del mondo;<br />
b) una bilancia dei pagamenti<br />
persistentemente passiva;<br />
c) una “miccia” di natura politica o sociale<br />
che possa determinare instabilità<br />
e disordine.<br />
Dal punto di vista finanziario, i segnali<br />
d’allarme sono un rialzo eccessivo<br />
dei tassi di interesse, ovvero degli interessi<br />
che un Paese deve promettere<br />
16 la LUNA <strong>nuova</strong> - Maggio 2013<br />
IL DEFAULT DI UNO STATO<br />
Nell’accezione economica privata il<br />
termine “default” indica<br />
il fallimento di una società,<br />
con conseguenze ben note.<br />
Ma se questa eventualità<br />
riguardasse uno Stato?<br />
per farsi prestare i soldi, oppure l’improvvisa<br />
scomparsa della domanda per<br />
i titoli di Stato di un Paese. A differenza<br />
del fallimento di una banca o di<br />
un’azienda, non esiste un tribunale che<br />
può costringere uno Stato a pagare i<br />
suoi debiti e le istituzioni internazionali<br />
non possono comunque violare la<br />
sovranità di un Paese. E’ importante<br />
però capire che un default non è mai<br />
totale, ma ci sono diversi livelli di<br />
“ristrutturazione” del debito, cioè della<br />
ricerca di restituire una cifra inferiore<br />
dilazionata nel tempo.<br />
Di seguito vengono esposte alcune<br />
delle principali conseguenze di un fallimento<br />
statale.<br />
Effetti sui dipendenti pubblici<br />
Se uno Stato non ha più soldi con cui<br />
pagare i debiti, deve agire necessariamente<br />
sui suoi conti. Questo può avvenire<br />
in due modi: aumentare le entrate<br />
(alzando le tasse) o tagliare le<br />
spese.<br />
Nel secondo caso le voci più importanti<br />
sono tre: salari dei dipendenti<br />
pubblici, pensioni e sanità. Nel caso<br />
greco, gli stipendi dei dipendenti pubblici<br />
sono stati tagliati di oltre il 20% e<br />
l’IVA alzata di 2 punti.<br />
Effetti sui servizi pubblici<br />
<strong>La</strong> riduzione di spesa determina una<br />
riduzione dei servizi a partire da quelli<br />
meno essenziali come il trasporto pubblico<br />
fino a educazione e sanità.<br />
Effetti sui titoli di Stato<br />
A fronte di uno status di crollo dei valori<br />
dei titoli pubblici non verrebbero<br />
corrisposte, del tutto od in parte, cedole<br />
annuali. Ed è molto probabile che<br />
al termine naturale dell’investimento<br />
non potrebbe essere corrisposta la cifra<br />
completa.<br />
Effetti sui conti correnti<br />
Se lo Stato non può pagare le banche<br />
con cui ha contratto un debito, queste<br />
inevitabilmente si troverebbero senza<br />
liquidità e rischierebbero di fallire a loro<br />
volta. Esiste anche un non trascurabile<br />
effetto che coinvolge l’ambito psicologico<br />
dei mercati: se c’è il sentore di<br />
fallimento, parte l’assalto agli sportelli<br />
e non c’è istituto che possa resistere<br />
al prelievo contemporaneo di buona<br />
parte dei suoi clienti. <strong>La</strong> copertura di<br />
garanzia dei conti correnti, decisa dalle